Costituzioni scritte e non scritte - Abbiamo detto che la Costituzione è un documento scritto, ma
essa può anche essere composta da regole non scritte. Ad esempio, la Gran Bretagna è retta da una
Costituzione formata da poche regole scritte, risalenti alla Magna charta del 1215 e al Bill of Rights
del 1689, ma anche da molte regole non scritte - dette «consuetudinarie» perché basate sulla
consuetudine, sulla tradizione - che riguardano il funzionamento del Parlamento e del Governo. La
forma scritta della Costituzione si afferma durante la Rivoluzione francese per diventare costante
nei successivi sviluppi costituzionali e in quanto tale assicurare uno stabile sistema di potere.
Costituzioni «corte» e «lunghe» - Alla forma scritta si rifà anche la differenza tra Costituzione
«corta» e «lunga», con riferimento al numero e alla dimensione degli aspetti da regolamentare. Nel
primo caso la disciplina costituzionale di molti temi è limitata a generali enunciazioni di
principio, mentre nel secondo (è il caso della Costituzione italiana) è estesa ad aspetti applicativi
e di dettaglio.
COSTITUZIONE
Un nobile compromesso - Le elezioni per la Costituente furono libere e democratiche, e diedero per
la prima volta, dopo la dittatura fascista, un riflesso delle opinioni politiche degli italiani, cosicché
nell'Assemblea si confrontarono le principali forze partitiche del Paese. Anzi, la stessa Costituzione
fu il risultato di un compromesso molto nobile tra queste forze, portatrici di diverse visioni del
mondo e della società ma disposte a cedere ognuna qualcosa per dare all'Italia una nuova legge
fondamentale all'altezza della sfida che attendeva la popolazione, appena uscita dai disastri della
guerra mondiale.
Un equilibrio tra diversi valori - Tutti i costituenti erano comunque d'accordo sulla necessità di
creare uno Stato democratico che desse a ognuno una reale possibilità d'avanzamento sociale e
impedisse per sempre al potere politico di opprimere il cittadino e di irreggimentarlo come era
accaduto sotto il fascismo. Questo obiettivo fu effettivamente conseguito con la stesura della
Costituzione repubblicana, che trovò un equilibrio tra i diversi valori politici e tra i diversi organi
dello Stato.
Le norme di funzionamento degli organi istituzionali dettate dalla Costituzione hanno mostrato
efficacia per decenni e solo recentemente sono state sottoposte a discussione: per esempio nel 2001
è stata introdotta la riforma del Titolo V, che ha rivoluzionato la disciplina degli enti locali (il
cosiddetto «decentramento»). Ma quando due referendum, nel 2006 e nel 2016, hanno proposto la
modifica delle regole riguardanti il presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della Re-
pubblica e il bicameralismo, ossia i rapporti tra le Camere, e alcuni princìpi del rapporto Stato-
Regioni, gli italiani hanno clamorosamente bocciato le riforme.
Quanto ai princìpi e valori fondanti della vita repubblicana, delineati nei primi 12 articoli della
Costituzione, essi hanno una portata talmente profonda e universale che nessuna forza politica ha
mai ritenuto opportuno proporne il cambiamento.
COMPROMESSO COSTITUZIONALE
Gli altri organi costituenti - Il compito dei costituenti non era per niente semplice e, allo scopo di
facilitarlo e sveltirlo, fu creata una Commissione per la Costituzione composta di 75 membri, con
l'incarico di stendere il testo di massima della Carta, da discutere poi in aula. La Commissione fu a
sua volta divisa in tre sottocommissioni:
• la sottocommissione per i diritti e doveri dei cittadini;
• la sottocommissione per l'organizzazione costituzionale dello Stato;
• la sottocommissione per i rapporti economici e sociali.
I lavori delle tre sottocommissioni furono integrati e ordinati da un Comitato di redazione
composto di 18 membri. Il frutto di questa procedura fu rimesso all'Assemblea all'inizio del
febbraio 1947 e finalmente venne avviato il dibattito generale sul progetto costituzionale.
Le discussioni furono in qualche caso tempestose, ma già il 22 dicembre 1947 l'Assemblea approvò
il testo definitivo della Costituzione della Repubblica italiana, poi promulgato da Enrico De Nicola,
capo provvisorio dello Stato, ed entrato in vigore il 1° gennaio 1948.
ORGANI COSTITUENTI
La revisione costituzionale - È necessario tornare sulla natura «rigida» della Costituzione italiana
per illustrare le procedure della sua revisione, dettate dall'art. 138. Esso distingue prima di tutto tra:
• leggi di revisione costituzionale, che operano direttamente sul testo della Costituzione,
cambiandolo, arricchendolo o addirittura eliminando alcune sue parti. È in questo modo che
maturò nel 2001 la riforma del Titolo V della Carta;
• leggi costituzionali, che non intervengono sulla Costituzione ma servono a dare dignità
costituzionale a provvedimenti legislativi che ne sono privi. È quanto accadde, per esempio, con
l'approvazione in seno alla stessa Assemblea costituente degli statuti delle Regioni a statuto
speciale.
Le condizioni per la revisione - Proprio per la delicatezza delle materie trattate, la revisione
costituzionale deve essere il più possibile attenta, meditata e condivisa, frutto cioè di
un'elaborazione profonda e approvata da un larghissimo spettro di forze politiche. L'art. 138 afferma
dunque che il testo costituzionale rivisto va sottoposto a una doppia votazione in ciascuna
Camera: le due votazioni devono svolgersi a non meno di tre mesi l'una dall'altra, e la seconda
deve dare, affinché le modifiche siano approvate e ufficialmente promulgate, una maggioranza dei
due terzi.
La storia dei referendum costituzionali - Come si è già rilevato, tale tipo di consultazione si è
svolto nella storia della Repubblica tre volte: nel 2001, quando gli italiani approvarono la riforma
del Titolo V della Costituzione; nel 2006, quando invece bocciarono la revisione dell'intera parte
seconda; nel 2016, quando un nuovo tentativo di riforma della parte seconda fu ancora respinto.
L'art. 139 della Costituzione vieta espressamente che possa essere sottoposta a revisione la forma
repubblicana dello Stato. La giurisprudenza e le sentenze della Corte costituzionale hanno poi
sottratto a qualunque possibile modifica anche la forma democratica del nostro Governo e i
princìpi fondamentali sui quali si reggono la Costituzione stessa e la vita civile degli italiani.
Resta fermo, infine, il giudizio di legittimità della Corte costituzionale pure sulle leggi di revisione
della Carta: tali leggi non possono infatti essere in contrasto con i valori di base della Costituzione.
REVISIONE COSTITUZIONALE
Il principio del decentramento - Dal punto di vista dei rapporti interni allo Stato, la Costituzione si
ispira ai princìpi dell'autonomia e del decentramento. Infatti, l'art. 5 dispone che la Repubblica, una
e indivisibile, riconosca e promuova le autonomie locali e attui nei servizi il più ampio
decentramento amministrativo. Con la riforma costituzionale del 2001 (Titolo V), lo Stato italiano
ha rafforzato il ruolo delle Regioni, poiché vige oggi una ripartizione e una concorrenza di
competenze tra esse e lo Stato.