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LA COSTITUZIONE ITALIANA

1. Le caratteristiche di una Costituzione


Che cos'è una Costituzione? - La Costituzione è il documento scritto in cui la comunità politica
che forma lo Stato indica: da un lato, l'organizzazione e i compiti dei maggiori organi di governo
dello Stato stesso; dall'altro, i diritti e i doveri dei suoi cittadini.
Per questo una Costituzione viene elaborata nella massima condivisione possibile e in forme
particolarmente attente, ed è poi promulgata con grandissima solennità.
Tutto ciò fa di una Costituzione la legge fondamentale dello Stato, poiché rappresenta i valori
principali ai quali esso si ispira ed è la base di tutto il suo ordinamento giuridico. Essa, infatti, è la
legge principale da cui dipendono tutte le altre norme ed è capace di garantire nel tempo le regole
della convivenza civile.
In questo senso la Costituzione è appunto il testo che prescrive le forme e i limiti del potere politico,
ossia - secondo un'espressione oggi comune - le sue «regole del gioco».
Inoltre la Costituzione si configura come il riferimento esclusivo al quale è sempre necessario
richiamarsi in caso di vuoto legislativo oppure nei casi d'incertezza o difficoltà della comunità a
disegnare la propria strada.
Da questo punto di vista, la Costituzione è un documento vivo, non solo perché viene
continuamente aggiornata attraverso apposite leggi di revisione del suo testo, ma anche perché i
suoi princìpi e le sue norme vengono ogni giorno concretamente applicati da tutti i cittadini e quindi
adattati a una realtà in costante cambiamento.
La qualità di una Costituzione si evince proprio dalla sua attualità: quanto più ricco, profondo e
lungimirante è il suo testo, tanto più a lungo essa rimane attuale.

Costituzioni scritte e non scritte - Abbiamo detto che la Costituzione è un documento scritto, ma
essa può anche essere composta da regole non scritte. Ad esempio, la Gran Bretagna è retta da una
Costituzione formata da poche regole scritte, risalenti alla Magna charta del 1215 e al Bill of Rights
del 1689, ma anche da molte regole non scritte - dette «consuetudinarie» perché basate sulla
consuetudine, sulla tradizione - che riguardano il funzionamento del Parlamento e del Governo. La
forma scritta della Costituzione si afferma durante la Rivoluzione francese per diventare costante
nei successivi sviluppi costituzionali e in quanto tale assicurare uno stabile sistema di potere.

Costituzioni «corte» e «lunghe» - Alla forma scritta si rifà anche la differenza tra Costituzione
«corta» e «lunga», con riferimento al numero e alla dimensione degli aspetti da regolamentare. Nel
primo caso la disciplina costituzionale di molti temi è limitata a generali enunciazioni di
principio, mentre nel secondo (è il caso della Costituzione italiana) è estesa ad aspetti applicativi
e di dettaglio.

Costituzioni flessibili o «rigide» - Un’altra distinzione fondamentale è quella tra Costituzione


«flessibile» e «rigida».
• Le Costituzioni flessibili non prevedono per la loro revisione procedimenti particolarmente
complessi. Esse possono cioè essere modificate dalle leggi ordinarie del Parlamento, votate
semplicemente a maggioranza. Un esempio importante, perché riguarda proprio il nostro Paese, è
lo Statuto albertino, che guidò la vita istituzionale e civile del Regno d'Italia. La sua flessibilità
fece sì che restasse in vigore persino durante il fascismo, il quale ne stravolse i princìpi e le regole
con leggi del capo del Governo (Benito Mussolini) o dei suoi organi statali. Le Costituzioni
flessibili furono tipiche dello Stato liberale e borghese dell'Ottocento, che non disponeva di
particolari garanzie a difesa del testo costituzionale.
• Le Costituzioni rigide sono invece chiamate così perché la loro revisione si svolge attraverso
procedure assai lunghe e complicate: lo scopo è mettere la legge fondamentale dello Stato al
riparo dall'attacco di chi detenga momentaneamente la maggioranza politica e voglia sfruttarla a
proprio vantaggio e a danno della collettività. La rigidità, pertanto, è una garanzia della
Costituzione, che non può essere modificata con una semplice legge parlamentare. In genere, a
vegliare sulla conformità alla Costituzione delle leggi e degli atti degli organi dello Stato è
previsto un apposito organo di controllo, la Corte costituzionale. La Costituzione italiana del
1948 fu creata «rigida» proprio per evitare gli stravolgimenti subiti dallo Statuto albertino durante
il fascismo. Le Costituzioni rigide sono tipiche del Novecento, allorché la base sociale dello Stato
divenne così composita da rendere necessario rafforzarle e metterle per così dire al di sopra delle
parti e al sicuro da esse.

Costituzioni concesse e votate - I giuristi, inoltre, classificano la Costituzione anche in base a


ulteriori criteri. In particolare, essi parlano di Costituzione concessa o votata.
Si tratta di una distinzione molto importante, poiché riguarda la sostanza della democrazia. Infatti,
nella prima metà dell'Ottocento, le Costituzioni venivano concesse dai sovrani (vennero chiamate
«ottriate», dal verbo francese octroyer che significa appunto «concedere»). Ciò implicava l'idea
politica di un processo dall'«alto» (sovrano) verso il «basso» (cittadini), e dunque la Costituzione
concessa si basava sul presupposto che il re decideva a suo piacimento di riconoscere ai suoi sudditi
alcuni diritti. La stessa Magna charta fu concessa.
Viceversa, nel Novecento, le Costituzioni si sono formate attraverso un processo democratico che
comporta la votazione e l'approvazione da parte dei cittadini, per mezzo dei loro rappresentanti,
diretto cioè dal «basso» verso l'«alto». In questo senso la Costituzione si dice votata. La nostra
attuale Costituzione ne è un tipico esempio, in quanto il popolo italiano fu chiamato, conclusa la
guerra di liberazione dal nazifascismo, a scegliere mediante un referendum (2 giugno 1946), a
suffragio universale, la forma istituzionale da adottare (monarchia o Repubblica) e a eleggere
un'Assemblea costituente con l'incarico di elaborare e approvare la nuova Costituzione.

COSTITUZIONE

codificazione lunghezza flessibilità formazione

- scritta: interamente - lunga: entra nel - flessibile: può - concessa: concessa


formalizzata per dettaglio delle essere modificata dal sovrano al
iscritto regolamentazioni con leggi ordinarie popolo (ottriata)
- non scritta: basata - corta: si limita a votate a - votata: votata dal
sulla tradizione enunciare princìpi maggioranza popolo attraverso i
(Costituzione generali - rigida: richiede suoi rappresentanti
consuetudinaria) procedure
complesse per
essere modificata

2. La Costituzione italiana: un nobile compromesso tra culture politiche


La nascita della Repubblica italiana - La nostra Costituzione è uscita dalle deliberazioni
dell'Assemblea costituente, eletta dal popolo a suffragio universale diretto, il 2 giugno 1946,
proprio per redigere il testo costituzionale. Essa lavorò nei venti mesi seguenti per dare una
Costituzione alla Repubblica sorta in quello stesso 2 giugno dalla volontà popolare, espressa nel
referendum istituzionale che bocciò la monarchia.

Un nobile compromesso - Le elezioni per la Costituente furono libere e democratiche, e diedero per
la prima volta, dopo la dittatura fascista, un riflesso delle opinioni politiche degli italiani, cosicché
nell'Assemblea si confrontarono le principali forze partitiche del Paese. Anzi, la stessa Costituzione
fu il risultato di un compromesso molto nobile tra queste forze, portatrici di diverse visioni del
mondo e della società ma disposte a cedere ognuna qualcosa per dare all'Italia una nuova legge
fondamentale all'altezza della sfida che attendeva la popolazione, appena uscita dai disastri della
guerra mondiale.

Liberali, cattolici, socialisti e comunisti - Le culture politiche che dialogarono e cercarono un


accordo nell'Assemblea costituente furono soprattutto tre:
• quella liberale, incarnata dai notabili dell'era giolittiana sopravvissuti al fascismo. Questi si
richiamavano allo Statuto albertino e avevano a cuore più di ogni altra cosa i diritti delle libertà
civili e politiche del cittadino: privilegiavano quindi l'individuo e le sue possibilità d'azione.
Erano liberisti in economia e ritenevano giusto un intervento minimo dello Stato negli affari
sociali;
• quella cattolica, impersonata da Alcide De Gasperi e dagli altri esponenti della neonata
Democrazia cristiana. I cattolici si rifacevano alla dottrina sociale della Chiesa, che condannava
tanto gli eccessi e le sperequazioni del capitalismo, quanto l'egualitarismo radicale e l'oppressione
dei regimi comunisti. Essi non privilegiavano alcuna classe sociale (di qui il concetto di
«interclassismo») e mettevano al primo posto il solidarismo tra cittadini e i valori tradizionali
degli italiani, come la famiglia e la fede religiosa;
• quella socialista e marxista, che aveva le sue punte di diamante in Pietro Nenni, del Partito
socialista, e Palmiro Togliatti, del Partito comunista. Gli uomini della sinistra puntavano prima di
tutto a una società più giusta, che eliminasse le pesanti disuguaglianze tra la parte ricca e la parte
povera del Paese, e facevano leva soprattutto sulla classe lavoratrice (di qui il concetto di
«classismo»). I socialisti non erano aprioristicamente contro il capitale e la proprietà privata, ma
volevano che questi fossero messi al servizio dei bisogni della popolazione, mentre all'epoca i
comunisti ambivano al superamento del sistema capitalistico.

Un equilibrio tra diversi valori - Tutti i costituenti erano comunque d'accordo sulla necessità di
creare uno Stato democratico che desse a ognuno una reale possibilità d'avanzamento sociale e
impedisse per sempre al potere politico di opprimere il cittadino e di irreggimentarlo come era
accaduto sotto il fascismo. Questo obiettivo fu effettivamente conseguito con la stesura della
Costituzione repubblicana, che trovò un equilibrio tra i diversi valori politici e tra i diversi organi
dello Stato.
Le norme di funzionamento degli organi istituzionali dettate dalla Costituzione hanno mostrato
efficacia per decenni e solo recentemente sono state sottoposte a discussione: per esempio nel 2001
è stata introdotta la riforma del Titolo V, che ha rivoluzionato la disciplina degli enti locali (il
cosiddetto «decentramento»). Ma quando due referendum, nel 2006 e nel 2016, hanno proposto la
modifica delle regole riguardanti il presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della Re-
pubblica e il bicameralismo, ossia i rapporti tra le Camere, e alcuni princìpi del rapporto Stato-
Regioni, gli italiani hanno clamorosamente bocciato le riforme.
Quanto ai princìpi e valori fondanti della vita repubblicana, delineati nei primi 12 articoli della
Costituzione, essi hanno una portata talmente profonda e universale che nessuna forza politica ha
mai ritenuto opportuno proporne il cambiamento.

COMPROMESSO COSTITUZIONALE

liberali cattolici socialisti comunisti

- tutela delle libertà - solidarismo tra - eliminazione delle - superamento del


individuali cittadini e disuguaglianze sistema capitalistico
- liberismo interclassismo economiche
economico - difesa dei valori - difesa del lavoro
tradizionali
3. Assemblea costituente e Costituzione
Composizione e lavori dell’Assemblea - Le sedute si svolsero tra il 25 giugno 1946 e il 31 gennaio
1948. I costituenti erano 556, suddivisi tra le forze politiche presentatesi alle elezioni del 2 giugno
1946, proporzionalmente ai voti ricevuti. La Democrazia cristiana, con oltre il 35% dei suffragi, si
era aggiudicata 207 seggi. Il Partito socialista e il Partito comunista, che insieme sfioravano il 40%
dei consensi, occupavano 219 seggi: il primo 115 e il secondo 104. Le forze liberali e di centro
ottennero un numero cli rappresentanti molto più basso, ma contavano su personalità di grande
prestigio, come Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando. Presidente dell'Assemblea fu
designato il socialista Giuseppe Saragat.

Gli altri organi costituenti - Il compito dei costituenti non era per niente semplice e, allo scopo di
facilitarlo e sveltirlo, fu creata una Commissione per la Costituzione composta di 75 membri, con
l'incarico di stendere il testo di massima della Carta, da discutere poi in aula. La Commissione fu a
sua volta divisa in tre sottocommissioni:
• la sottocommissione per i diritti e doveri dei cittadini;
• la sottocommissione per l'organizzazione costituzionale dello Stato;
• la sottocommissione per i rapporti economici e sociali.
I lavori delle tre sottocommissioni furono integrati e ordinati da un Comitato di redazione
composto di 18 membri. Il frutto di questa procedura fu rimesso all'Assemblea all'inizio del
febbraio 1947 e finalmente venne avviato il dibattito generale sul progetto costituzionale.
Le discussioni furono in qualche caso tempestose, ma già il 22 dicembre 1947 l'Assemblea approvò
il testo definitivo della Costituzione della Repubblica italiana, poi promulgato da Enrico De Nicola,
capo provvisorio dello Stato, ed entrato in vigore il 1° gennaio 1948.

ORGANI COSTITUENTI

Assemblea costituente Commissione per la Comitato di redazione


(556 membri) Costituzione (75 membri) (18 membri)
- Democrazia cristiana - sottocommissione per i diritti - integra ed ordina il lavoro
(207 seggi) e doveri dei cittadini delle commissioni
- Partito socialista (115 seggi) - sottocommissione per
- Partito comunista (104 l’organizzazione
seggi) costituzionale dello Stato
- forze liberali e di centro - sottocommissione per i
(130 seggi) rapporti economici e sociali

4. La struttura della Costituzione


Articoli e disposizioni - Dal punto di vista della struttura, la Costituzione della Repubblica italiana è
composta da 139 articoli e XVIII disposizioni transitorie e finali. Queste ultime hanno carattere
di eccezionalità: sono concepite per traghettare lo Stato dal precedente ordinamento a quello
repubblicano. Alcuni articoli sono stati modificati nel corso dei decenni, e alcuni sono stati
addirittura abrogati. Quanto alle disposizioni, esse fecero il loro corso, perdendo nel tempo efficacia
e ragion d'essere, ma la XII disposizione ha un carattere permanente e attuale: essa vieta la
«riorganizzazione, sotto qualsiasi forma», del Partito fascista. La sua ragion d'essere è nella natura
della Costituzione, nata appunto dalla Resistenza e dalla lotta antifascista in nome della democrazia.

La struttura - La Costituzione è suddivisa come segue:


• artt. 1-12: princìpi fondamentali;
• artt. 13-54: parte prima relativa ai Diritti e doveri dei cittadini, a sua volta suddivisa in:
• artt. 13-28: Rapporti civili, che trattano le libertà individuali, le libertà collettive e il diritto
penale;
• artt. 29-34: Rapporti etico-sociali, aventi per oggetto la famiglia, la salute, la scuola e la cultura;
• artt. 35-47: Rapporti economici, incentrati sul lavoro e sulla proprietà;
• artt. 48-54: Rapporti politici, su elezioni, partiti, tasse, doveri dei cittadini;
• artt. 55-139: parte seconda intitolata Ordinamento della Repubblica, a sua volta divisa nella
trattazione di:
• artt. 55-82: Parlamento, con riguardo alle Camere e alla funzione legislativa;
• artt. 83-91: Presidente della Repubblica;
• artt. 92-100: Governo, specificamente su Consiglio dei ministri e Pubblica amministrazione;
• artt. 101-113: Magistratura, sull'ordinamento e le norme della giurisdizione;
• artt. 114-133: Regioni, Province e Comuni;
• artt. 134-139: Garanzie costituzionali, con riguardo particolare per la Corte costituzionale e i
procedimenti di revisione della Costituzione;
• le Disposizioni transitorie e finali I-XVIII.

La revisione costituzionale - È necessario tornare sulla natura «rigida» della Costituzione italiana
per illustrare le procedure della sua revisione, dettate dall'art. 138. Esso distingue prima di tutto tra:
• leggi di revisione costituzionale, che operano direttamente sul testo della Costituzione,
cambiandolo, arricchendolo o addirittura eliminando alcune sue parti. È in questo modo che
maturò nel 2001 la riforma del Titolo V della Carta;
• leggi costituzionali, che non intervengono sulla Costituzione ma servono a dare dignità
costituzionale a provvedimenti legislativi che ne sono privi. È quanto accadde, per esempio, con
l'approvazione in seno alla stessa Assemblea costituente degli statuti delle Regioni a statuto
speciale.

Le condizioni per la revisione - Proprio per la delicatezza delle materie trattate, la revisione
costituzionale deve essere il più possibile attenta, meditata e condivisa, frutto cioè di
un'elaborazione profonda e approvata da un larghissimo spettro di forze politiche. L'art. 138 afferma
dunque che il testo costituzionale rivisto va sottoposto a una doppia votazione in ciascuna
Camera: le due votazioni devono svolgersi a non meno di tre mesi l'una dall'altra, e la seconda
deve dare, affinché le modifiche siano approvate e ufficialmente promulgate, una maggioranza dei
due terzi.

Il referendum costituzionale - Se la modifica passa invece in Parlamento solo con la maggioranza


assoluta, cioè con un numero di voti uguale o superiore al 50% + 1 dei votanti, ma inferiore ai due
terzi, il progetto di revisione costituzionale viene notificato al pubblico attraverso la Gazzetta
ufficiale: sarà sottoposto a referendum confermativo se entro tre mesi lo chiederanno 500.000
elettori, cinque Consigli regionali o un quinto dei componenti di una Camera. Se il referendum non
approva le modifiche costituzionali, infatti, queste decadono. Esse si intendono invece approvate
qualora la richiesta di referendum non abbia corso.

La storia dei referendum costituzionali - Come si è già rilevato, tale tipo di consultazione si è
svolto nella storia della Repubblica tre volte: nel 2001, quando gli italiani approvarono la riforma
del Titolo V della Costituzione; nel 2006, quando invece bocciarono la revisione dell'intera parte
seconda; nel 2016, quando un nuovo tentativo di riforma della parte seconda fu ancora respinto.
L'art. 139 della Costituzione vieta espressamente che possa essere sottoposta a revisione la forma
repubblicana dello Stato. La giurisprudenza e le sentenze della Corte costituzionale hanno poi
sottratto a qualunque possibile modifica anche la forma democratica del nostro Governo e i
princìpi fondamentali sui quali si reggono la Costituzione stessa e la vita civile degli italiani.
Resta fermo, infine, il giudizio di legittimità della Corte costituzionale pure sulle leggi di revisione
della Carta: tali leggi non possono infatti essere in contrasto con i valori di base della Costituzione.
REVISIONE COSTITUZIONALE

percorso solo parlamentare consultazione popolare (referendum


confermativo)
- doppia votazione per ciascuna Camera ad - in caso di maggioranza assoluta alla
almeno 3 mesi di distanza seconda votazione
- l'ultima votazione con maggioranza - Almeno 500.000 firme, 5 Consigli regionali o
qualificata di almeno 2/3 1/5 di una delle Camere

5. I princìpi della Costituzione


I dodici articoli introduttivi - La Costituzione inizia con dodici articoli che - come un'introduzione
generale - dettano i princìpi fondamentali della nostra convivenza civile e rappresentano la bussola
dei valori repubblicani e della democrazia.

Il principio democratico - Il primo principio che la Costituzione esprime è quello democratico.


Nella nostra Repubblica ciò significa in primo luogo la sovranità del popolo (art. 1), inteso come
l'insieme dei numerosi gruppi sociali - portatori di interessi, programmi e ideologie - in
competizione tra loro. In tal senso, democrazia vuol dire che «il potere politico deriva da una libera
competizione tra tutti i soggetti sociali» (Gustavo Zagrebelsky). Tuttavia il popolo sovrano agisce
nelle forme e nei limiti della Costituzione. Da taluni questo è stato interpretato come il principio-
cardine della Costituzione; infatti esso insegna che non c'è potere al di fuori e al di sopra della
legge, e anzi la legge è la vera fonte del potere (principio di legalità).

Il principio dell'autonomia - Al principio della sovranità popolare fa da corollario il principio


dell'autonomia. La democrazia pluralista, ossia la competizione tra il diritto della maggioranza e il
diritto delle minoranze, comporta la libertà dell'individuo che si esprime, allo stesso tempo, in
forme singole e associate. Queste ultime sono le cosiddette «formazioni sociali» (famiglia, partiti,
sindacati, associazioni, confessioni religiose; più in generale la società civile) di cui parla l'art. 2. A
tutela di questa libertà, i cittadini sono chiamati poi ad adempiere i loro inderogabili doveri di
solidarietà politica, economica e sociale (art. 2). Come ha sostenuto uno dei padri costituenti, il
socialista Lelio Basso, vi «sono dei diritti che derivano dal principio di libertà e altri che derivano
dal principio dell'eguaglianza e della solidarietà sociale», altrimenti il soggetto sarebbe ridotto ad un
semplice atomo della società.

Il principio dell'uguaglianza - Il principio di uguaglianza è espresso nell'art. 3, vero architrave


della Costituzione repubblicana, che afferma la pari dignità sociale e l'uguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni
personali e sociali. Esso affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che si
frappongono in concreto alla propria realizzazione. Infatti, allo Stato repubblicano è attribuito il
compito di intervenire per combattere i più gravi squilibri della nostra società. Pertanto,
l'uguaglianza di cui parla la Costituzione non comporta un annullamento delle differenze, ma
l'affermazione del principio di pari opportunità, ossia la garanzia di fatto che ognuno abbia le
stesse possibilità e condizioni di partenza per esercitare i propri diritti. Così la legge può disporre
trattamenti differenziati e di sostegno per sopperire alle disparità. Si pensi, per esempio,
all'attribuzione da parte dello Stato delle borse di studio a chi è in condizioni di povertà o in
condizioni sociali sfavorevoli perché possa esercitare il diritto all'istruzione. In questo senso viene
superata la concezione dello Stato liberale - una sorta di mano invisibile o uno spettatore distaccato
delle vicende sociali - in favore di una concezione interventista dello Stato.
Il principio del diritto al lavoro - L’art. 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e a tutti
attribuisce il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e scelte, un'attività o una funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Il principio del decentramento - Dal punto di vista dei rapporti interni allo Stato, la Costituzione si
ispira ai princìpi dell'autonomia e del decentramento. Infatti, l'art. 5 dispone che la Repubblica, una
e indivisibile, riconosca e promuova le autonomie locali e attui nei servizi il più ampio
decentramento amministrativo. Con la riforma costituzionale del 2001 (Titolo V), lo Stato italiano
ha rafforzato il ruolo delle Regioni, poiché vige oggi una ripartizione e una concorrenza di
competenze tra esse e lo Stato.

Il principio di collaborazione internazionale - Infine, la Costituzione definisce l'assetto dei rapporti


della Repubblica italiana con gli altri Paesi. Lo Stato nato dalla Resistenza rifiuta il nazionalismo,
che fu appunto un pilastro del fascismo. L'Italia è uno Stato nazionale, a forma regionale, ma non è
nazionalistico. Pur avendo una propria identità e sovranità, lo Stato è aperto ai princìpi di
integrazione e collaborazione internazionale, che l'art.11 proclama solennemente. Infatti la stessa
sovranità può essere limitata a condizione di parità con gli altri Stati al fine di creare un
ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia delle nazioni. L'europeismo trova
proprio in questo articolo e principio la sua giustificazione giuridica e la sua ispirazione ideale.

PRINCÌPI FONDAMENTALI DELLA COSTITUZIONE

democratico sovranità del popolo nei limiti della Costituzione

dell’autonomia libertà dell’individuo

dell’uguaglianza pari opportunità nell’esercitare i propri diritti

del diritto al lavoro per il progresso materiale e spirituale della società

del decentramento autonomie locali (ruolo delle Regioni)

di collaborazione rifiuto del nazionalismo, europeismo


internazionale

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