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Riassunto a cura di Miriam La Rosa

Miriam La Rosa
INTRODUZIONE

1. Il problema economico
2. Come si suddivide la materia
3. Modellare le relazioni economiche
4. I sistemi economici

L’economia influenza la nostra vita quotidiana a livello locale, nazionale e internazionale, con temi che variano
dall’aumento dei prezzi, alle variazioni dei tassi d’interesse, disoccupazione e globalizzazione.

L’interesse verso l’Economia è cresciuto in seguito alla crisi economico-finanziaria del 2010, ed è per questo che chi
opera nel settore si ritrova a studiare un periodo molto interessante anche se turbolento.

Tutti i giorni siamo abituati a prendere decisioni, anche in merito a cosa comprare al Supermercato.

1. Il problema economico

Di che cosa si occupa l’economia?

Si potrebbe dire che l’Economia si occupi di denaro, e questo in parte è vero, poiché essa ha molto a che fare con
quest’ultimo, in quanto viene speso, esprime il valore dei diversi beni, la retribuzione dei lavoratori e molto altro.

Nonostante svolga un ruolo pressoché primario, l’economia affronta dei temi tipicamente economici, quali:

 La produzione di beni e servizi, ovvero quanto viene prodotto nell’economia, quando producono le singole
aziende e con quali tecniche di produzione.
 Il consumo di beni e servizi, ovvero quanto viene consumato dalla popolazione ( e quanto invece risparmiato ),
in quale quantità viene acquistato un dato bene etc.

Bisogna però considerare l’elemento cruciale che caratterizza ogni problema economico, ovvero la scarsità, radice
comune di ogni problema economico.

Il problema della scarsità nasce dal fatto che i desideri umani sono praticamente illimitati, in eccesso rispetto a quelli che
possono essere soddisfatti con la produzione. Essa è quindi l’eccesso dei desideri umani rispetto a quanto può essere
effettivamente prodotto.

Le risorse a disposizione sono quindi limitate, e per “risorse” si intendono:

a) Risorse umane, il lavoro


b) Risorse naturali, terra e materie prime
c) Risorse derivate, il capitale, che consiste di tutti i fattori produttivi che sono stati a loro volta prodotti. Il mondo
ha infatti a disposizione uno stock limitato di capitale ( un’offerta limitata di impianti, macchinari… )

Tutti noi affrontiamo il problema della scarsità, infatti, uno dei temi maggiormente studiati è la distribuzione delle risorse
tra i diversi individui, regioni o paesi del mondo.

----- Nel mondo ci sono persone ricche, che passano la loro vita nel lusso più sfrenato e con le maggiori comodità, e
molte altre che non possiedono nulla e che faticano a sopravvivere. La povertà è dunque definita come la condizione di
singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere, per varie ragioni un limitato (o del tutto
mancante nel caso della condizione di miseria) accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali
d’importanza vitale. La ricchezza nel nostro pianeta è distribuita in modo disomogeneo e queste condizioni si
concentrano in determinate zone del globo più o meno sviluppate.

Dalle analisi svolte si può osservare che:


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• l’1% della popolazione possiede oltre il 48% della ricchezza mondiale;
• il 19% possiede ricchezza per il 46,5% del totale;
• l’ 80% della popolazione mondiale si divide il restante 5,5% delle risorse.
Anthony Lake, direttore esecutivo del UNICEF: “Una strategia incentrata sull’equità produrrà non soltanto un successo
dal punto di vista etico, ossia qualcosa che è giusto in linea di principio, ma anche un risultato concreto più efficace”.
Per venire incontro alla parte di popolazione con difficoltà economiche o con gravi condizioni di povertà sono state
introdotte delle iniziative finanziarie come il microcredito (è uno strumento di sviluppo economico che permette l’accesso
ai servizi finanziari alle persone in condizioni di povertà ed emarginazione.
Nei paesi in via di sviluppo milioni di famiglie vivono con i proventi delle loro piccole imprese agricole nell’ambito di
quella che è stata definita economia informale. La difficoltà di accedere al prestito bancario a causa dell’inadeguatezza o
della mancanza di garanzie reali e delle microdimensioni imprenditoriali, ritenute troppo piccole dalle banche tradizionali,
non consente a queste attività produttive di avviarsi e svilupparsi libere dall’usura. I programmi di microcredito
propongono soluzioni alternative per queste microimprese), le banche dei poveri e etiche e molte altre.

L’oggetto di studio dell’economia diventano quindi le persone che consumano e comprano i beni che desiderano, le
istituzioni che influenzano le decisioni individuali e le ripercussioni di queste ultime sulle Istituzioni stesse.

Sia le Istituzioni che gli individui sono chiamati a rispondere alla seguente domanda  come impiegare le risorse scarse
in modo efficiente per soddisfare al meglio i propri bisogni?

1.2 Domanda e offerta

I fenomeni del consumo e della produzione generano la domanda e l’offerta, che nella loro interazione costituiscono il
nucleo della Scienza economica. Entrambi sono connessi al problema della scarsità. In che modo?

 La domanda è collegata ai desideri ( se beni e servizi fossero gratuiti, le persone domanderebbero tutto ciò che
vogliono )
 L’offerta è limitata in quanto collegata alle risorse

La domanda potenziale eccederà l’offerta potenziale.

La Società dovrà quindi impegnarsi per risolvere questo problema, affinché la domanda aggregata (quantità di beni e
servizi che le famiglie, le imprese ed il settore pubblico desiderano acquistare ad ogni dato livello di prezzo) sia pari
all’offerta aggregata (quantità di beni e servizi che le imprese decidono di produrre ad ogni dato livello di prezzo)= ( la
spesa totale dell’Economia dovrà essere uguale al valore della produzione totale )

2. Come si suddivide la materia

Che cosa si intende con micro e macroeconomia?

L’economia si divide tradizionalmente in macroeconomia ( che studia il “grande” ) e microeconomia ( il “piccolo”)

MACROECONOMIA MICROECONOMIA
Si occupa di un sistema economico nel suo complesso, Si occupa degli agenti individuali che operano nel sistema
della domanda e dell’offerta integrata. Gli economisti economico. Studia la domanda e l’offerta di particolari
usano il modello della Domanda e Offerta beni, servizi e risorse.
Aggregata per spiegare le fluttuazioni di breve periodo
delle attività economiche intorno al trend (andamento) di Le scelte microeconomiche si caratterizzano per il focus
lungo periodo sui singoli beni e servizi che compongono l’intero reddito
nazionale :
PROBLEMI DI STUDIO:
 La determinazione della produzione nazionale  Quali beni e servizi devono essere prodotti e in
(poiché essa non ha andamento costante ed è quali quantità?
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caratterizzata da fluttuazioni attorno al trend,  Come devono essere prodotti? Quali risorse
infatti a periodi di crescita si alternano periodi di devono essere utilizzate?
stagnazione o di crescita negativa. Tali  Per chi devono essere prodotti? Come sarà
fluttuazioni costituiscono il “ciclo economico”) e la distribuito il reddito nazionale? (poiché maggiore
sua crescita nel tempo è il reddito, tanto più elevato sarà il consumo del
 Recessione (livelli di attività produttiva più bassi prodotto nazionale)
di quelli che si potrebbero ottenere usando
completamente ed in maniera efficiente tutti i Le scelte comportano inevitabilmente delle rinunce alle
fattori produttivi a disposizione, in altre alternative possibili: quanto più cibo si acquista,
contrapposizione dunque al concetto di crescita minore sarà il denaro che potrà essere speso nell’acquisto
economica) di altri beni.
 Disoccupazione
 Inflazione (dal latino inflatio «enfiamento,  La rinuncia alla migliore alternativa possibile
gonfiatura» si indica l'aumento prolungato del viene chiamata costo-opportunità ( es. il costo
livello medio generale dei prezzi di beni e servizi opportunità di fare lavoro straordinario è il tempo
in un determinato periodo di tempo, che genera libero che siete costretti a sacrificare )
una diminuzione del potere d'acquisto della
moneta) Il concetto di “scelta razionale” si basa sulla
 Equilibrio delle transazioni internazionali considerazione di tutti i costi e i benefici di una data
 Instabilità ciclica (L’instabilità finanziaria dei attività, che condurrà alla scelta di quella particolare
sistemi capitalistici è, comunque, conseguenza di quantità di attività che permette di massimizzare i benefici,
decisioni economiche decentrate: banche, minimizzando i costi.
imprese. Un sistema capitalistico può quindi
trasformare una fase di boom in una depressione In tal senso una decisione razionale comporta la scelta,
profonda, è pertanto un economia che procede tra le alternative disponibili, di quella che dà il maggior
secondo un andamento ciclico che ne beneficio rispetto al costo. (La teoria della scelta
rappresenta un tratto ineliminabile. JM Keynes) razionale affonda le radici nel pensiero degli economisti
Fasi del ciclo economico: nel XIX secolo quando cioè, in seguito alle teorie
1) ESPANSIONE: si caratterizza per il progressivo edonistiche ed utilitaristiche, si iniziò a prendere in
aumento degli investimenti, della produzione, del considerazione il processo decisionale individuale in base
reddito e dell'occupazione; al desiderio di ottenere gratificazione o dal timore di subire
2) CRISI o Punto di svolta superiore: distingue il una sanzione. In particolare gli economisti, tra i quali
culmine della fase positiva e l'inizio del declino Adam Smith, David Ricardo e Carl Menger insistevano sul
dell'economia; fatto che la scarsità delle risorse, che caratterizzava
3) fase di DEPRESSIONE: in questo periodo il l'ambiente socio-economico, obbligava gli individui a
volume della produzione diminuisce compiere delle scelte. In questa cornice, i primi approcci
progressivamente e con esso il reddito e della scelta razionale si basarono sulla teoria dello
l'occupazione; scambio. Oltre agli economisti, anche alcuni antropologi
4) RIPRESA o Punto di svolta inferiore: rappresenta furono antesignani di tale ordine di idee. Bronisław
il limite della fase di depressione, in cui la Malinowski, ad es., effettuò degli studi sullo “scambio
domanda aumenta e porta al rialzo tutte le altre Kula”, un particolare rituale praticato nelle Isole Trobriand
variabili economiche. per dimostrare che l'obbligo di dare, ricevere e ricambiare
 Politiche adottate a livello statale formano una sorta di reciprocità per la quale gli oggetti
scambiati sono assimilati alla persona che li ha posseduti,
La politica macroeconomica del governo cerca di influire pur non avendo alcuna utilità apparente.)
sulle condizioni per il raggiungimento dell’equilibrio tra DA
e OA:
o Politica della domanda: quando cerca di Le scelte razionali comportano il confronto tra costi
influenzare il livello di spesa nell’economia, marginali e benefici marginali ( ad esempio, come
quindi i prezzi e i livelli di produzione scegliere razionalmente a che ora programmare la
o Politica dell’offerta: influenza il livello della sveglia? Ogni minuto in più passato a dormire contribuisce
produzione cercando di aumentare gli incentivi al riposo ( beneficio marginale ), ma subito dopo vi mette
dei lavoratori a migliorare la produzione fretta ( costo marginale ). E’ “marginale” proprio perché la
attraverso l’Innovazione. decisione si baserà su costi e benefici di un po’ di sonno
in più, e non su quelli del riposo totale di tutta la notte. )

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Le conseguenze di tali scelte sono anch’esse studio della
microeconomia.

 In alcuni casi, le scelte porteranno a


un’allocazione efficiente delle risorse di un paese
 In altri casi, possono generare una serie di
problemi quali inefficienze, sprechi,
disuguaglianze e inquinamento.

3. Modellare le relazioni economiche

Quale approccio viene adottato?

Per la spiegazione dei diversi concetti economici, è opportuno fare ampio ricorso alle rappresentazioni grafiche, che
costituiscono esempi di modello economico, ovvero una semplificazione della realtà finalizzata a studiare le relazioni tra
variabili economiche.

 Per “costruire” un modello economico occorre specificare come una variabile (la “variabile dipendente”) dipenda
da una o più variabili (le “variabili indipendenti”). E’ inoltre necessario mantenere costanti tutte le altre variabili
che potrebbero influenzare la relazione, con l’ipotesi del Ceteris Paribus (espressione latina utilizzata nella
teoria economica per intendere “a parità di condizioni”. Quando si utilizza questo termine, l’autore spiega un
fenomeno economico considerando invariate tutte le altre condizioni. Ad esempio, nell’equilibrio economico
parziale di Marshall, il PE di un mercato si forma nel punto di incontro della curva di domanda e della curva di
offerta del bene, senza considerare gli effetti economici provenienti dagli altri mercati)

3.1 La frontiera delle possibilità produttive

Si immagini che l’Italia destini tutte le sue risorse, capitale, terra e lavoro, alla produzione di due soli beni : cibo e
vestiario. Nella seguente tabella sono mostrate le varie combinazioni produttive che possono essere ottenute in un dato
periodo di tempo (ad esempio, un anno).

1) Il paese, destinando tutte le sue risorse alla produzione di cibo, potrebbe ottenere 8 milioni di unità, ma in
questo caso non produrrebbe alcun capo di vestiario.
2) Producendo, invece, 7 milioni di unità di cibo, potrebbe avere abbastanza risorse a disposizione per produrre
2,2 milioni di unità di vestiario

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3) All’estremo opposto, il nostro paese potrebbe produrre 7 milioni di capi di vestiario non destinando alcuna
risorsa alla produzione di cibo

Le informazioni della tabella possono essere riportate su un grafico, misurando le unità di vestiario su un asse (ascisse)
e le unità di cibo sull’altro (ordinate):

La curva mostra tutte le combinazioni dei due beni che


possono essere prodotte quando le risorse del paese vengono usate in modo efficiente.

1) Ad esempio, il nostro paese potrebbe trovarsi sul punto X e produrre 4 milioni di unità di vestiario e 6 milioni di
unità di cibo.
2) Non è possibile raggiungere i punti oltre la curva, come il punto W : il paese non dispone di risorse sufficienti
per realizzare quella combinazione di produzione.

 Grazie alla FPP siamo in grado di illustrare i concetti microeconomici di scelta e costo-opportunità.

Nel caso in cui il paese considerato scegliesse di produrre più capi di vestiario, dovrebbe sacrificare la produzione di
alcune unità di cibo. Tale sacrificio è il costo-opportunità della produzione di maggiori unità di vestiario.

Il fatto che la FPP sia rappresentata da una curva


decrescente mostra che per produrre un numero maggiore di unità di un bene è necessaria una minore produzione di un

1) Ad esempio, il paese potrebbe spostarsi dal punto X al punto Y producendo un milione di capi di vestiario in
più, ma un milione di unità di cibo in meno. Quindi il costo-opportunità di un milione di vestiti in più è dato dal
sacrificio di un milione di unità di cibo.
2) Se un paese vuole continuare a produrre quantità ulteriori di un bene deve sacrificare un ammontare sempre
crescente dell’altro bene ( costo-opportunità crescente ). Quindi, la produzione di quantità sempre maggiori di
capi di vestiario implicherà un costo marginale crescente, poiché quantità sempre maggiori di cibo dovranno
essere sacrificate per ogni unità addizionale di capi di vestiario.

Proprio a causa del costo-opportunità crescente la FPP non è una linea retta ma una curva concava.

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Non c’è alcuna garanzia che le risorse siano pianamente impiegate o usate nel modo più efficiente possibile. Il nostro
paese potrebbe quindi trovarsi:

In un punto all’interno della FPP ad esempio il punto V nella figura di fianco,


piuttosto che proprio sulla FPP.

E’ quindi possibile che l’economia produca una quantità di entrambi i beni


inferiore a quella che sarebbe in grado di produrre. Questo può accadere:

a) Perché alcune risorse non vengono utilizzate


b) Perché non vengono impiegati i metodi di produzione più efficienti
c) Entrambi i motivi

Se il paese utilizzasse pienamente le proprie risorse, potrebbe raggiungere


un punto sulla curva, come X o Y . Quello che interessa non è tanto la
combinazione di beni prodotta nel paese ( questione micro ) bensì il fatto
che la quantità totale ottenuta sia quella massima possibile ( questione
macro )

Quando l’economia si muove verso la piena occupazione (la condizione in cui tutti coloro che desiderano un lavoro
hanno accesso a tutte le ore di lavoro di cui hanno bisogno con "salari equi") le risorse produttive scarseggiano e
diventano quindi più preziose. E’ quindi probabile che si sviluppino pressioni inflazionistiche (pressione sui salari, gli
interessi aumentano e si riducono i cambi valutari) .

Nel lungo periodo è tuttavia probabile che le PP di un paese


aumentino: gli investimenti in nuovi impianti e macchinari
determinano un incremento dello stock di capitale; vengono
scoperte nuove materie prime; si verificano progressi tecnologici;
migliore istruzione.

Tutto ciò permette all’output ( la produzione ) di aumentare,


passando dal punto X al punto X’ , si verifica quindi uno
spostamento della FPP verso l’esterno.

3.2 Il flusso circolare del reddito

Il processo di soddisfazione dei bisogni umani coinvolge produttori e consumatori. Essi infatti sono legati a doppio filo da
una relazione che può essere rappresentata in un diagramma di flusso:

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o I consumatori di beni e servizi sono le famiglie. Alcuni componenti della famiglia sono anche lavoratori e in
alcuni casi sono proprietari di altri fattori di produzione, come la terra.
o I produttori di beni e servizi vengono chiamati imprese.

Imprese e famiglie sono legate tra loro da una relazione reciproca di domanda e offerta.

Nella figura sopra riportata, le famiglie domandano beni e servizi e le imprese offrono beni e servizi. Nel processo vi
sono una serie di scambi:

 In un’economia monetaria, le imprese scambiano beni e servizi contro moneta. Quindi, la moneta passa dalle
famiglie alle imprese nella forma di “spesa per i consumi” mentre i beni e servizi passano dalle imprese alle
famiglie.

L’interazione mediante un predeterminato insieme di regole basate sul diritto di proprietà e sul principio dello scambio
volontario avviene sul Mercato.

 Le imprese e le famiglie inoltre, si incontrano sul mercato dei fattori di produzione ( o input ). In questo caso le
imprese domandano l’uso dei fattori produttivi detenuti dalle famiglie, che forniscono tali fattori in cambio di
moneta, sotto forma di salari, rendite, dividendi o interessi.

Si origina quindi un flusso circolare del reddito: le famiglie forniscono i fattori produttivi alle imprese e le imprese
conseguono ricavi grazie alle famiglie.

4. I sistemi economici

Nonostante tutte le economie affrontino il problema della scarsità, esse si differenziano in base al criterio utilizzato per
risolverlo. Una differenza importante è il grado di intervento pubblico sull’attività economica.

ECONOMIA PIANIFICATA ECONOMIA DI MERCATO ECONOMIE MISTE

Essa si realizza in un sistema economico Essa si realizza in un sistema Si definisce “misto” poiché
socialista o comunista, dove terra e capitale capitalistico, dove terra e capitale contiene sia elementi di libero
sono di proprietà collettiva. Lo Stato pianifica sono di proprietà privata. Tutte le mercato sia di controllo pubblico.
l’allocazione delle risorse a tre livelli: decisioni sono prese da imprese e
famiglie che si presume agiscano La maggior parte dei sistemi
I. Pianifica l’allocazione delle in base a considerazioni odierni possono essere definiti
risorse tra consumo attuale e utilitaristiche. “misti”, dove le risorse scarse
investimento per il futuro. della società sono allocate
Sacrificando parte del consumo o Le imprese tendono a attraverso il mercato, ma non
attuale è possibile aumentare il massimizzare il loro manca una qualche forma di
tasso di crescita dell’Economia. profitto intervento pubblico.
II. Il governo pianifica l’output di o Gli individui cercano di
ciascuna industria, le tecniche trarre la maggiore  Il grado e i tipi di
utilizzate, il lavoro e le risorse soddisfazione possibile intervento pubblico
necessarie dai loro acquisti variano da paese a
III. Lo Stato pianifica la paese e da governo a
distribuzione dell’output tra i Si ipotizza che gli individui, siano governo.
consumatori in base ai suoi liberi di compiere le proprie scelte
obiettivi: per il perseguimento degli obiettivi. La questione dell’”intervento
a) In base ai bisogni pubblico” ha suscitato non pochi
b) Per incentivare a lavorare IL MECCANISMO DEI PREZZI dibattiti nel corso della storia, e
di più I prezzi aumentano in situazioni di soprattutto successivamente alla
Distribuisce in due modi: scarsità, e diminuiscono in crisi del 2010.
a) Direttamente: con un situazioni di abbondanza.
sistema di razionamento Perché SI ad un intervento
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b) Distribuire redditi monetari pubblico?
lasciando spazio alla scelta o Se i consumatori
di come spenderli desiderano una maggiore 1) Funzione allocativa: un
quantità di un bene ( o se governo può intervenire
La Russia i produttori ne riducono per influenzare
l’offerta) la domanda è l’allocazione delle
Nel 1917 con la Rivoluzione d’ottobre, i superiore all’offerta.  risorse, incidendo sui
bolscevichi guidati da Lenin giunsero al La scarsità che ne livelli di consumo e/o
potere introducendo il comunismo e abolendo deriverà causerà un produzione
l’economia di mercato. aumento del prezzo, che sovvenzionando
- Le industrie furono nazionalizzate agirà come incentivo per i l’istruzione obbligatoria o
- Vennero imposti i lavori produttori che aumentando il prezzo di
Nel 1921, la Russia era ormai in ginocchio, incrementeranno la alcuni beni come
così Lenin varò la NEP che sanciva il ritorno produzione, ora più sigarette per
ad un economia di mercato. L’economia conveniente.  tale scoraggiarne l’utilizzo.
mostrò i primi segnali di ripresa. Con la morte aumento causerà una 2) Funzione redistributiva:
di quest’ultimo e con l’ascesa al potere di diminuzione della può influenzare il
Stalin la Russia subì una trasformazione domanda = i prezzi reddito, la ricchezza ed il
radicale: collettivizzazione, industrializzazione continueranno ad benessere. I sussidi o la
e pianificazione centralizzate. aumentare fino a quando fornitura di servizi come
- I piani quinquiennali di Stalin non sarà eliminata la biblioteche possono
risultarono irrealistici e causarono scarsità. essere un modo per
carenze e occasionali eccedenze. o Se i consumatori garantire a tutti pari
Si sviluppò un’”economia domandano una minore accesso alle risorse
sommersa” nella quale i beni quantità di un bene ( o se scarse della società
venivano venduti al mercato nero i produttori ne aumentano
Nel 1985 con Gorbacev si attuò una politica l’offerta ) l’offerta eccede 3) Funzione di
di ristrutturazione, che comunque non frenò il la domanda.  il surplus regolamentazione: può
declino economico. Si diffuse ben presto un che ne deriva provocherà decidere di regolare il
atteggiamento di disillusione nei confronti un calo del prezzo. comportamento dei
della politica. Questo sarà un consumatori e produttori
disincentivo per i attraverso obblighi
Dopo la caduta del muro nell’’89 , il paese produttori che ridurranno normativi come la
intraprese un programma di riforme per il la produzione. Allo stesso corretta etichettatura dei
passaggio ad un’economia di mercato che in tempo i consumatori prodotti o il divieto di
una prima fase portò ad un’ulteriore declino saranno incoraggiati a accordi collusivi
della situazione economica; seguì però un comprare di più. = il (accordo fraudolento
periodo di crescita economica, rallentata poi prezzo diminuirà finchè il stipulato tra varie parti,
dal crollo del prezzo del petrolio, dalla crisi surplus sarà annullato. al fine di ottenere
ucraina e dalle sanzioni imposte alla Russia reciproci vantaggi)
dai paesi occidentali. Il prezzo in corrispondenza del
quale la domanda è uguale 4) Funzione
La Cina all’offerta è detto prezzo di macroeconomica:
equilibrio, in cui “equilibrio” è un interviene per
Contrariamente all’Unione Sovietica, in Cina il punto di stabilità, in cui nessun promuovere la crescita
passaggio ad un’economia di mercato venne operatore ha incentivo a cambiare economica. Nonostante i
gestito con maggiore accortezza. scelta. dibattiti, è ormai opinione
Gli individui reagiscono agli condivisa che il governo
Dopo la morte di Mao Zedong nel 1976 incentivi, che devono essere rivesta un ruolo decisivo
assunsero il potere alcuni politici che fusero quindi adeguati e devono avere nel favorire la crescita di
elementi del capitalismo con il controllo l’effetto desiderato. lungo periodo fornendo
governativo dell’economia. infrastrutture, istruzione
- Incoraggiarono gli investimenti esteri Le variazioni della domanda e e formazione.
- Stimolarono l’innovazione dell’offerta determinano un
aggiustamento sui mercati. La grande crisi che colpì
Questo condusse ad una crescita annua l'America e gli altri paesi
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media del 10,5%. Nonostante la crescita sia Quando si verificano tali variazioni occidentali nel periodo compreso
diminuita, oggi la Cina è la più grande il “disequilibrio” che ne consegue tra il 1929 e il 1932 smentiva le
economia mondiale. causa una variazione automatica teorie della scuola classica ed in
(preoccupa però la questione dei diritti umani del prezzo ripristinando l’equilibrio. particolare la teoria di Say, che
e alcuni problemi come l’inquinamento, riteneva che il sistema economico
disuguaglianze di reddito e instabilità del Variazione della domanda si trova sempre in una situazione
sistema finanziario) Un aumento della domanda, a di equilibrio.
partire da una situazione di Fu in questo contesto che si
equilibrio, è segnalato da un sviluppò la teoria dell'economista
VANTAGGI aumento del prezzo. Questo è inglese John Maynard Keynes,
 La destinazione di risorse verso gli quindi un incentivo per le imprese vissuto tra il 1883 e il 1946 autore
investimenti produttivi generava alti a produrre maggiormente un bene. dell'opera Teoria generale
tassi di crescita = l’offerta aumenta. dell'occupazione, interesse e
 Il reddito nazionale poteva essere L’aumento del prezzo segnala che moneta.
distribuito equamente i consumatori vogliono destinare
 Le risorse nazionali venivano gestite più risorse a questo bene a scapito Egli affermò che la condizione
in base ai bisogni di altri. tipica del sistema economico non
Contemporaneamente l’aumento è l'equilibrio, ma la
SVANTAGGI del prezzo disincentiva alcuni sottoccupazione.
 Burocrazia mastodontica per gestire consumatori. Quindi, per poter mantenere un
i piani Un calo della domanda è determinato volume di
 Uso inefficiente delle risorse segnalato da una diminuzione del occupazione è necessario che si
 Possibilità che se vengano dati prezzo effettuino investimenti sufficienti
premi per la quantità prodotta, Questo agisce come incentivo per ad assorbire la differenza tra la
un’impresa sia motivata ad le imprese a ridurre la produzione produzione totale e i consumi. Per
aumentare la produzione a scapito del bene, in quanto adesso è questo, Keynes, riteneva
della qualità meno conveniente= l’offerta necessario l'intervento dello Stato
 Riduzione della libertà individuale diminuisce. che, attraverso la spesa pubblica,
Contemporaneamente, il calo del può determinare un aumento del
prezzo incoraggia i consumatori a livello di occupazione e, di
domandare ulteriori quantità del conseguenza, un aumento dei
bene. redditi delle famiglie e, quindi, dei
consumi.
Variazioni dell’offerta
Un aumento dell’offerta è Le imprese, di fronte all'aumento
segnalato da una riduzione del della domanda, avrebbero
prezzo.  Questo agisce come aumentato la produzione creando
incentivo per i consumatori ad così nuovi posti di lavoro e
acquistare di più: la quantità innescando un meccanismo di
domandata aumenta. ripresa.

Un calo dell’offerta è segnalato da L'aumento della spesa pubblica,


un incremento del prezzo che essendo dispendiosa, poteva
incentiva i consumatori a comprare portare lo Stato verso un
di meno: la quantità domandata disavanzo del bilancio, detto
diminuisce deficit spending, termine con il
quale si intende proprio l'aumento
del deficit pubblico dovuto ad una
crescita della spesa pubblica che
Interesse individuale e interesse ha come finalità quella di portare
collettivo non sono in contrasto tra ad un aumento della domanda.
loro, bensì in armonia. Il
perseguimento dell’interesse Secondo Keynes, nei momenti di
personale condurrà al benessere sottoccupazione, è utile
collettivo.  questa è l’essenza aumentare la spesa pubblica
del noto teorema della mano anche a costo di incorrere in un
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invisibile di Adam Smith deficit spending, perché tale
aumento avrebbe portato
“Ogni individuo si sforza di successivamente ad una
impiegare il proprio capitale in situazione di avanzo.
modo che il suo prodotto possa
essere di grandissimo valore. Una situazione di disavanzo
Generalmente non intende né pubblico significa che lo Stato ha
promuovere il pubblico interesse, più spese di quelle che sono le
né sa quanto lo sta promuovendo. sue entrate. Quindi, per coprire le
Si prefigge solo la sua sicurezza, maggiori spese, deve far ricorso a
solo il suo guadagno. In ciò è dei prestiti che dovrà poi restituire
guidato da una mano invisibile per con il pagamento degli interessi,
prefiggersi un fine, che non ha prestiti che sono rappresentati da
nessun interesse della sua titoli del debito pubblico collocati
intenzione. Perseguendo il suo presso le banche. Poiché lo Stato
interesse spesso promuove quello si indebita e deve restituire anche
della società più efficacemente di gli interessi, un ricorso continuo al
quando realmente intenda deficit spending può portare ad un
promuoverlo.” aumento del debito pubblico.

VANTAGGI
Uno dei suoi maggiori vantaggi è il
fatto di funzionare A causa dei problemi posti
automaticamente: non è dall’economia di mercato, tutte le
necessaria una burocrazia costosa economie del mondo sono una
e complessa per coordinare le combinazione dei due sistemi.
decisioni economiche, poiché essa
può rispondere velocemente a Nelle economie miste, il governo
variazioni della domanda e può influire:
dell’offerta,
 Sui prezzi relativi dei
 Quando i mercati sono beni e degli input
altamente competitivi, introducendo imposte o
nessuno detiene un sussidi o con il controllo
grande potere di mercato. dei prezzi
La Concorrenza tra  Sui redditi relativi: con
imprese mantiene bassi i imposte sul reddito o
prezzi e agisce come controlli diretti sui salari
incentivo all’efficienza. e sui profitti
(quanto più le imprese  Sulla struttura della
competono tra loro, tanto produzione e del
più saranno reattive ai consumo: con leggi che
desideri dei consumatori) per esempio sanciscono
l’illegalità di alcune
PROBLEMI produzioni, con la
I mercati però non raggiungo nazionalizzazione o
spesso la massima efficienza attraverso la fornitura
nell’allocazione delle risorse, per diretta di alcuni beni e
questo, è necessario l’intervento servizi
del governo in funzione spesso  Può inoltre influire sulla
“correttiva”. disoccupazione,
sull’inflazione, sugli
I principali problemi di squilibri della bilancia dei
un’economia di mercato sono: pagamenti attraverso le
imposte e la spesa
1) Concorrenza tra imprese pubblica, la
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spesso limitata poiché determinazione di tassi
poche grandi imprese di interesse e il controllo
possono dominare il diretto dei prezzi, dei
mercato e praticare redditi e del tasso di
prezzi elevati per ottenere cambio
profitti
2) Alcune aziende svolgono
attività socialmente
indesiderabili come
un’industria chimica che
inquina l’ambiente
3) Può generare instabilità
macroeconomiche come
periodi di recessione,
disoccupazione, calo
della produzione
4) Inoltre, si ritiene che
incoraggiando il
perseguimento
dell’interesse individuale,
essa possa indurre
all’Egoismo, avidità e
materialismo

L’interdipendenza dei mercati dei beni e dei fattori

Un aumento della domanda di un bene ne farà aumentare il prezzo e quindi produrlo diventerà più vantaggioso, le
imprese quindi aumenteranno l’offerta. Per farlo però, occorrono più input, per questo motivo la domanda di input
aumenterà causandone un aumento del prezzo. I fornitori degli input a loro volta aumenteranno l’offerta.

Possiamo così riassumere la logica usando simboli ( una sorta di stenografia ):

La domanda del bene aumenta  si crea un eccesso di domanda  ciò provoca un aumento del prezzo  l’aumento
del prezzo elimina l’eccesso di domanda, in quanto incentiva le imprese ad aumentare la produzione e scoraggia i
consumatori a domandare quantità ulteriori.

La maggiore offerta di un bene fa


aumentare i bisogni di input per produrlo  si crea un eccesso di domanda di tali fattori  questo provoca un aumento

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del loro prezzo  l’aumento del prezzo elimina l’eccesso di domanda, in quanto incentiva i fornitori ad aumentare
l’offerta di input e gli acquirenti a ridurne la domanda. = il mercato dei fattori influenza il mercato dei beni.

CAPITOLO 1 – MERCATI, DOMANDA E OFFERTA

1. Le caratteristiche e le determinanti della domanda e dell’offerta


2. La determinazione del prezzo su un mercato concorrenziale
3. Pro e contro di un’economia di mercato
4. Razionalità limitata e distorsioni cognitive

1. Le caratteristiche e le determinanti della domanda e dell’offerta

Quando il prezzo di un bene aumenta, la quantità domandata diminuisce  Legge della domanda (*tranne che per i
beni Giffen), essa si fonda su due elementi:

1) In seguito ad un aumento del prezzo, gli individui si sentiranno più poveri poiché non potranno permettersi di
comprare la stessa quantità dello stesso bene con il proprio reddito. Il potere di acquisto del loro reddito reale,
dato dal rapporto tra reddito nominale, ovvero il reddito percepito, e il livello dei prezzi è diminuito e questo li
spingerà a rivedere le proprie decisioni di domanda ( Effetto reddito  la sua ampiezza dipende dalla quota di
reddito che il consumatore destina all’acquisto di quel bene. Quanto più caffè acquistiamo, tanto maggiore sarà
la riduzione del consumo in seguito ad un aumento del suo prezzo. )

*il reddito reale è il reddito misurato in termini del suo potere d’acquisto, ovvero delle quantità di beni
acquistabili. Se ad esempio, i prezzi raddoppiano e il vostro reddito monetario rimane invariato, il reddito
reale si dimezza, infatti sarete in grado di acquistare la metà dei beni che acquistavate in precedenza con
lo stesso reddito
2) Dato che ora il bene è più costoso, gli individui decideranno di sostituirlo con altri “beni alternativi” più a buon
mercato. ( Effetto sostituzione )

1.2 La curva di domanda

Consideriamo i dati ipotetici riportati nella tabella: essa mostra quanti chili di patate possono essere acquistati ogni mese
per diversi livelli di prezzo.

1) Le colonne (2) e (3) mostrano 5 punti della funzione di domanda per due individui, X e Y.
2) La colonna (4) mostra invece 5 punti relativi alla funzione di domanda di mercato, per ottenere la quale si
sommano le quantità domandate da tutti i consumatori per ciascun dato prezzo.

La funzione di domanda può essere rappresentata graficamente da una curva di domanda inversa:
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La fig. 1.1 mostra la curva di domanda di

1) Il prezzo delle patate è rappresentato sull’asse verticale


2) La quantità delle patate è rappresentata sull’asse orizzontale

 Il punto E indica che al prezzo di 1,25€ al kg, vengono domandate 100.000 tonnellate di patate al mese.
 Quando il prezzo scende a 1€, ci spostiamo nel punto D. Esso indica che la quantità domandata aumenta a
200.000 tonnellate al mese.
 Se il prezzo scende a 75 centesimi, ci spostiamo nel punto C, dove sono domandate 350.000 tonnellate al
mese.

I cinque punti sul grafico (A-E) corrispondono ai valori (1) e (4) della tabella. La figura ci consente di leggere la quantità
domandata in corrispondenza dei prezzi diversi da quelli riportati nella tabella.

N.B il termine “curva” di domanda è utilizzato anche quando il grafico è una retta!
1.3 Altre componenti della domanda

La domanda è influenzata da molti valori oltre al prezzo, quali:

 Gusti: la domanda aumenta quanto più sarà desiderabile un bene; i gusti sono infatti influenzati dalla pubblicità,
dalla moda..
 Numero e prezzo dei beni sostituti ( beni alternativi ): quanto maggiore è il prezzo dei beni sostituti, tanto
maggiore sarà la domanda di un particolare bene ( ad esempio, la domanda di caffè dipenderà dal prezzo del
tè: se il prezzo del tè aumenta, aumenterà di conseguenza anche la domanda di caffè)
 Numero e prezzo dei beni complementari: sono “complementari” i beni che si consumano “insieme” ( automobili
e benzina, scarpe e lucido..)  Quanto più alto è il prezzo di un bene complementare, tanto minore sarà la
domanda di entrambi i beni. ( ad esempio, la domanda di zucchero dipenderà anche dal prezzo del caffè: se il
prezzo del caffè aumenta, diminuirà la sua domanda, ma anche quella dello zucchero)
 Reddito: al crescere del reddito, aumenta la domanda di beni definiti “normali”. Quando le persone diventano
più ricche, cominciano a destinare una quota sempre minore del proprio reddito ai beni inferiori* come la
margarina, e una quota maggiore ai beni di qualità superiore.
 Distribuzione del reddito
 Aspettative di variazioni future dei prezzi: per esempio, se le persone pensano che i prezzi di un bene
aumenteranno, potrebbero domandarne di più adesso, prima che l’aumento temuto si realizzi.

1.4 Movimenti lungo la curva di domanda e spostamenti della curva di domanda


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Proprio perché le variabili che influiscono sulla domanda sono molteplici, è chiaro perché la curva di domanda viene
costruita ceteris paribus, ipotizzando che le determinanti della domanda diverse dal prezzo rimangano invariate.

FIG. 1.1 L’effetto di una variazione del prezzo è semplicemente illustrata da uno spostamento lungo la curva

1) Ad esempio, dal punto B al punto D, quando il prezzo aumenta da 50 centesimi a 1€ al kg.

Che cosa succede quando cambia una delle altre determinanti della domanda? ( la quantità )

 Dobbiamo costruire una nuova curva di domanda = l’intera curva si sposta.


a) Se una variazione di una delle altre determinanti causa un aumento della domanda (es. in seguito all’aumento
del reddito) l’intera curva di domanda si sposterà verso destra e, in corrispondenza di ciascun prezzo, la
quantità domandata sarà maggiore.

Nel grafico qui riportato, al prezzo p veniva domandata una quantità pari a Qo; ora ne viene domandata una quantità
Q1.

b) Se invece una variazione di una delle determinanti della domanda ne causa una riduzione, la curva si sposterà
verso sinistra.

2.1 Offerta e prezzo

Quale sarà la quantità di un bene prodotta dalle imprese?

Es. quanto maggiore è il prezzo di un prodotto agricolo, tanto maggiore sarà la quantità che vorrete coltivarne 
relazione generale tra offerta e prezzo = quando il prezzo di un bene aumenta, aumenta anche la quantità offerta.

1) quando le imprese aumentano la loro offerta, i costi cresceranno sempre più rapidamente. Nell’esempio della
coltura delle patate, il costo di produzione delle patate aumenterà non appena se ne inizi la coltivazione. Se la
terra viene sfruttata più intensivamente con l’utilizzo di fertilizzanti, il costo di produzione aumenterà sempre di
più.
2) Quanto maggiore è il prezzo di un bene, tanto più redditizia sarà la sua produzione. Le imprese quindi saranno
incentivate ad aumentare l’offerta, riducendo la produzione di beni meno redditizi.
3) Se il prezzo del bene rimane alto, nuovi produttori entreranno nel mercato per iniziarne la produzione, così che
aumenti l’Offerta Totale.

2.2 La curva di offerta

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La funzione di offerta descrive la quantità che i produttori sono disposti ad offrire per qualunque dato prezzo.

La tabella qui riportata mostra la funzione di offerta mensile di patate, sia per un produttore individuale ( agricoltore X )
sia per tutti gli agricoltori ( l’intero mercato ).

La figura 1.3 mostra la curva inversa di offerta dell’Industria delle patate. Analogamente alla curva di domanda, il Prezzo
è sull’asse verticale e la quantità sull’asse orizzontale.

a) Ciascuno dei punti A’- E’ corrisponde a un dato nella tabella 1.2:


- Ad esempio, un aumento del prezzo da 75 centesimi a 1 euro al chilo provocherà uno spostamento lungo la
curva del punto C’ al punto D’: l’offerta di mercato aumenterà da 350.000 a 530.000 tonnellate al mese.

N.B non tutte le curve di offerta sono inclinate positivamente: talvolta saranno verticali, orizzontali o negativamente
inclinate; questo dipende in gran parte dall’arco di tempo nel quale viene considerata la reazione delle imprese alla
variazione del prezzo.

2.3 Altre determinanti dell’offerta

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Così come per la domanda, anche nel caso dell’offerta non è solamente il prezzo a determinarla:

1) I costi di produzione: quanto maggiori sono, tanto minore sarà il profitto in corrispondenza di ogni dato prezzo

Le ragioni principali della variazione dei costi sono:

 Variazione del prezzo degli input: i costi di produzione aumentano al crescere dei salari, delle rendite, dei tassi
di interesse e dei prezzi delle materie prime
 Il cambiamento della tecnologia: i progressi tecnologici possono alterare i costi di produzione ( es. rivoluzione
del microchip )
 I cambiamenti organizzativi: la riorganizzazione della produzione può consentire risparmi

2) La redditività di prodotti alternativi ( sostituti ): se il prezzo delle carote aumenta, gli agricoltori vorranno coltivare
più carote. Di conseguenza l’offerta di patate potrebbe diminuire. Quindi alcuni “prodotti alternativi” potrebbero
diventare più redditizi.
3) La redditività dei prodotti congiunti: a volte la produzione da luogo alla produzione di altri beni, ovvero prodotti
congiunti. Ad esempio, il caso del petrolio ( in seguito alla sua raffinazione, si ottengono benzina, gasolio e
combustibile e un aumento della domanda di petrolio ne incentiverà l’offerta, aumentando anche la produzione
dei suoi “derivati” )
4) Natura, shock stocastici e altri venti imprevedibili: maltempo e malattie che colpiscono i raccolti, i guasti agli
impianti, i terremoti, gli allagamenti, gli incendi..
5) Gli obiettivi dei produttori: un’impresa che massimizza il profitto offrirà una quantità di beni diversa rispetto per
esempio ad un’impresa che massimizza le vendite.
6) Aspettative di variazioni future dei prezzi: se i produttori si aspettano un aumento del prezzo, potrebbero:
a) ridurre temporaneamente l’offerta per aumentare le scorte e vendere il prodotto a un prezzo più elevato in
futuro
b) pianificare un aumento della produzione assumendo più lavoratori per essere pronti ad aumentare l’offerta
in seguito all’aumento del prezzo
7) Il numero dei fornitori: l’offerta aumenta se entrano nuove imprese nel mercato

2.4 Movimenti lungo la curva di offerta e spostamenti della curva di offerta


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Vale lo stesso principio applicato alla curva di domanda: l’effetto di una variazione del prezzo è rappresentata da uno
spostamento lungo la curva di offerta, ad esempio dal punto D’ al punto E’ nella figura 1.3 quando il prezzo aumenta da
1 euro a 1 euro e 75 centesimi. La quantità offerta aumenta da 530.000 a 700.000 tonnellate al mese.

Se una delle determinanti dell’offerta cambia, l’intera curva di offerta si sposta:

a) Uno spostamento verso destra rappresenta un aumento dell’Offerta


b) Uno spostamento verso sinistra rappresenta una diminuzione dell’Offerta

Nel grafico qui riportato, se la curva


originaria è So:
a) La curva S1 rappresenta un aumento dell’offerta
b) La curva S2 rappresenta una diminuzione dell’offerta

N.B uno spostamento lungo la curva di offerta viene chiamato variazione della quantità offerta; mentre uno spostamento
della curva viene chiamato variazione della funzione di offerta

2. La determinazione del prezzo su un mercato concorrenziale


Miriam La Rosa
Ora si possono unire le analisi della domanda e dell’offerta per dimostrare come vengono determinati:

a) Prezzo effettivo di un bene


b) Quantità effettivamente acquistata e venduta in un libero e concorrenziale mercato

Usiamo i dati delle tabelle già analizzate ( tab. 1.1 e tab. 1.2 ) riportati nella seguente tabella:

Quali saranno il prezzo e la quantità


effettivi?

a) Se il prezzo iniziale fosse di 25 centesimi di euro al chilo, la domanda eccederebbe l’offerta di 600.000
tonnellate ( A – A’ ) = i consumatori non sarebbero in grado di ottenere quanto desiderano e sarebbero disposti
a pagare un prezzo maggiore. I produttori, non potendo o non volendo offrire una quantità sufficiente a
soddisfare la domanda, saranno contenti di vendere a un prezzo maggiore.
L’effetto dell’eccesso di domanda è quindi un aumento del prezzo.

All’aumentare del prezzo, la quantità domandata diminuisce e la quantità offerta aumenta: l’eccesso di domanda viene
progressivamente eliminato.

b) Se invece il prezzo inziale fosse di 1 euro e 25 centesimi al chilo, l’offerta eccederebbe la domanda di 600.000
tonnellate ( E’ – E ).
L’effetto dell’eccesso di offerta determinerebbe un calo del prezzo, dovuto alla concorrenza tra produttori

Solo un prezzo è sostenibile: il prezzo in corrispondenza del quale la domanda uguaglia l’offerta, cioè 75 centesimi al
chilo, con una quantità scambiata pari a 350.000 tonnellate = quando l’offerta soddisfa la domanda si dice che il mercato
è in equilibrio ( non c’è né eccesso di domanda né eccesso di offerta )

Rappresenta la situazione in cui decisioni indipendenti di individui con interessi contrapposti risultano compatibili. Solo in
corrispondenza dell’equilibrio la quantità che i consumatori sono disposti ad acquistare è pari a quella che i venditori
sono disposti ad offrire.

Miriam La Rosa
Curve di domanda e di offerta

La determinazione del prezzo e della quantità di equilibrio può essere illustrata usando le curve di domanda e offerta.
L’equilibrio è il punto di intersezione tra le due curve.

La figura mostra le curve di domanda e di offerta di patate costruite con i dati della tabella 1.3:

a) Il prezzo di equilibrio è 75 centesimi ( pe ) e la quantità di equilibrio è 350.000 tonnellate ( Qe )


b) In corrispondenza dei prezzi superiori a 75 centesimi, c’è un eccesso di offerta ( ad esempio, a un prezzo di 1
euro l’eccesso di offerta è pari a 350.000 tonnellate ( D’ – D ): viene offerto più di quanto i consumatori non
vogliano acquistare a quel prezzo. Quindi un prezzo pari a 1 euro non garantisce l’equilibrio del mercato.
Quindi il prezzo scenderà fino a 75 centesimi e nel frattempo indurrà uno spostamento lungo la curva di
domanda dal punto D al punto C , e lungo la curva di offerta dal punto D’ al punto C’
c) In corrispondenza di prezzi inferiori a 75 centesimi, c’è un eccesso di domanda ( ad esempio, a un prezzo di 50
centesimi l’eccesso di domanda è pari a 300.000 tonnellate ( B – B’ ). Il prezzo aumenta fino a 75 centesimi,
causando uno spostamento della curva di offerta dal punto B’ al punto C’ e lungo la curva di domanda dal
punto B al punto C .
 Il punto CC’ è l’Equilibrio, dove la domanda eguaglia l’offerta.

Miriam La Rosa
Spostamento verso un nuovo equilibrio

Una variazione della domanda Una variazione dell’offerta

Se una delle determinanti della domanda ( che non sia il Se una delle determinanti dell’offerta ( che non sia il
prezzo ) cambia, si sposta l’intera curva di domanda, prezzo ) cambia, si sposta l’intera curva di offerta,
causando un movimento lungo la curva di offerta verso il determinando un movimento lungo la curva di domanda
nuovo punto di intersezione. verso il nuovo punto di intersezione.

Ad esempio, nella figura qui riportata, se un aumento del Ad esempio, nella figura qui riportata, se i costi di
reddito dei consumatori facesse spostare la curva di produzione aumentassero, la curva di offerta si
domanda in D2, in corrispondenza del prezzo iniziale pe1, sposterebbe verso sinistra in S2.
ci sarebbe un eccesso di domanda pari a H – G.
Al vecchio prezzo pe1 ci sarebbe un eccesso di domanda
Tale eccesso di domanda farebbe aumentare il prezzo a ( G – J ).
Pe2.
Così facendo, indurrebbe un movimento lungo la curva di Il prezzo aumenterebbe da pe1 a pe2 e la quantità
offerta dal punto G al punto I, e lungo la curva di domanda scenderebbe da Qe1 a Qe3 ( ci sarebbe quindi un
( D2 ) dal punto H al punto I. movimento lungo la curva di domanda dal punto G al
punto K, e lungo la curva di offerta ( S2 ) dal punto I al
 La quantità di equilibrio aumenterebbe da Qe1 a punto K )
Qe2.

L’effetto dello spostamento della domanda, quindi, è stato


un movimento lungo la curva dell’offerta dal vecchio al
nuovo equilibrio ( dal punto G al punto I )

N.B Quindi, lo spostamento di una curva induce a un movimento lungo l’altra curva verso il nuovo punto di intersezione.
In alcuni casi, alcuni fattori cambiano contemporaneamente causando lo spostamento di entrambe le curve. In questo
caso, l’equilibrio si muove dal vecchio al nuovo punto di intersezione.

Miriam La Rosa
4- Razionalità limitata e distorsioni cognitive – L’economia comportamentale

Gli individui si comportano sempre in modo “razionale”?

L’approccio economico tradizionale parte dal presupposto che gli individui, di fronte ad una scelta, si comportino in modo
razionale. Questo non è “irragionevole” ma basta poco per individuare atteggiamenti “irrazionali” ( come comprare
qualcosa per seguire il trend )

 Gli individui infatti, vivono di “emozioni” e “impulsi” che spesso possono tradursi in “errori” e “distorsioni”

CAUSE DI SCELTE “IRRAZIONALI” DEL CONSUMATORE

 Modi diversi di presentare le alternative: gli individui, trovandosi a dover scegliere tra diversi beni e panieri,
mirano a massimizzare la propria utilità. Nella vita reale si osserva che le persone acquistano una quantità
maggiore di un bene quando è annunciata l’offerta rispetto a quando non ne è fatta menzione, anche se il
prezzo è lo stesso.
 Troppa varietà e difficoltà a scegliere tra le alternative: il rischio che si corre nell’avere molta scelta è la
confusione e l’essere ostacolati durante il percorso decisionale
 Razionalità limitata: di fronte a scelte complesse ed informazione imperfetta, gli individui, nonostante possano
cercare informazioni, lo evitano pensando sia troppo “impegnativo”, basando le loro scelte su esperienze simili
o passate.
 Scelte relative: nell’acquistare un auto, si può essere influenzati da fattori come il prezzo, il reddito, lo stile di
guida. Bisogna però considerare altri fattori. Per esempio, posso lasciarmi influenzare dalla scelta che mia
sorella ha fatto in ambito di auto e “giocare” al rialzo.
 Comportamento gregario e “pensiero di gruppo”: spesso si è influenzati dalle decisioni di acquisto delle altre
persone che ci fanno compiere delle scelte relative che possono comportare un pericolo, ovvero una “reazione
a catena” di scelte effettuate in modo gregario.
 Costi irrecuperabili: nella vita di ogni giorno gli individui commettono spesso degli errori nel proprio processo
decisionale, come il fatto di non ignorare i “costi irrecuperabili” o “sunk costs” ossia sostenuti in passato. Come
ad esempio, dopo avere acquistato un libro, vi rendete conto che non lo trovate interessante. Cosa fare? Si
dovrebbe lasciar perdere. Di fatto, molte persone ritengono che avendo acquistato il libro debbano leggerlo a
tutti i costi dando vita ad un atteggiamento irrazionale.

Miriam La Rosa
CAPITOLO 2 – DOMANDA INDIVIDUALE E DOMANDA DI MERCATO

1. La determinazione dell’insieme delle alternative all’interno del quale il consumatore sceglie


2. La descrizione e la rappresentazione delle sue preferenze
3. Come si determina la scelta ottima del consumatore e come varia questa scelta al variare dei prezzi e del
reddito
4. Il passaggio dalla domanda individuale alla domanda di mercato

In questo capitolo viene approfondita l’analisi dell’economia dal lato della domanda, ovvero la disponibilità dei soggetti
economici ( chiamati “consumatori” ) a domandare e acquistare un “bene”.

N.B useremo il termine “beni” per indicare “beni e servizi”; inoltre ci concentreremo sullo studio della domanda di beni
destinati al consumo individuale per soddisfare le proprie esigenze e i propri desideri.

 L’analisi sarà di tipo microeconomico, partendo dallo studio di un singolo individuo e della sua domanda, che, una
volta effettuata un’opportuna “aggregazione” darà origine alla domanda di mercato di un determinato bene e/o servizio o
alla domanda dell’intera economia.

Lo scopo principale è comprendere il processo decisionale del consumatore

1. Economia e scelta razionale

Come è descritto in microeconomia il problema di scelta del consumatore?

Per studiare il comportamento degli individui, l’analisi microeconomica si concentra non solo sulle loro decisioni, ma
anche sulle conseguenze di tali azioni, descrivendole come variazioni nell’insieme delle risorse disponibili di un individuo
( ad esempio: l’azione di acquistare un automobile a un prezzo di 10mila euro può essere descritta come una variazione
nelle disponibilità dell’acquirente caratterizzata da a) un aumento di un’unità nella sua diponibilità di automobili e b) una
diminuzione di 10mila euro nella sua disponibilità di denaro.

 Il comportamento degli individui viene guardato in un’ottica consequenzialista: il comportamento è dunque


descritto come scelta tra stati alternativi della sua disponibilità di beni.

L’insieme delle alternative a disposizione dell’agente dotato di una ricchezza pari a 20.000 euro sarà costituito da tutte le
combinazioni di beni disponibili nel mercato che è possibile acquistare spendendo al massimo quella cifra.

 In genere si ipotizza che un agente economico sia razionale* e che effettui una scelta solo se essa è idonea a
raggiungere gli obiettivi individuali e renda massima la sua soddisfazione.
L’analisi del comportamento del consumatore è soggetta a due interpretazioni alternative:
a) Interpretazione positiva o descrittiva: viene considerata la teoria come una descrizione di ciò che farebbe
un consumatore perfettamente razionale preoccupato solo delle conseguenze delle proprie azioni
b) Interpretazione normativa o prescrittiva: si afferma che la teoria del consumatore ci dice come si dovrebbe
comportare un consumatore che abbia come obiettivo la massimizzazione della soddisfazione.

N.B ipotizzeremo che i consumatori siano razionali* e ci riferiremo ad un’interpretazione descrittiva della teoria della
scelta razionale.

Miriam La Rosa
L’insieme delle alternative e il vincolo di bilancio

L’insieme delle alternative tra le quali il consumatore sceglie è costituito dall’insieme di beni e servizi almeno
potenzialmente a sua disposizione. Tale insieme è finito sia nel numero delle componenti ( dato di natura ), sia nella loro
quantità che dipende, direttamente o indirettamente, dalla dotazione di risorse naturali.

Inoltre, è finito:

a) Sia nel caso in cui egli si trovi in condizioni di totale isolamento, cioè non possa avere alcuna relazione
economica con altri agenti ( es. Robinson Crusoe )  In questo caso il numero e la quantità di beni a
disposizione dipenderanno dalla dotazione di risorse naturali e personali di cui egli sia in grado di appropriarsi
b) Sia nel caso in cui egli possa scambiare con altri agenti o vendere e acquistare beni sul mercato  in questo
caso, le alternative a disposizione del consumatore dipenderanno dalla dotazione iniziale di risorse possedute o
dal suo reddito.

In quel che segue ipotizzeremo il caso b), inoltre, ipotizzeremo che il consumatore non abbia alcun potere sulla
determinazione dei prezzi dei beni scambiati, che per lui costituiscono un dato

Consideriamo un insieme di alternative al quale appartengono quantità diverse di due soli beni. Ciascuna alternativa a
disposizione del consumatore è costituita da una particolare combinazione dei due beni, che è chiamata paniere*.

 Se i due beni a disposizione sono latte e libri, i panieri a disposizione del consumatore potrebbero essere:
1) Quelli costituiti da 1 litro di latte e un libro ( paniere A )
2) Quelli costituiti da 2 litri di latte e 3 libri ( paniere B )
3) Quelli costituiti da 3 litri di latte e nessun libro ( paniere C ).

Illustriamo questi tre panieri in un grafico, che rappresenta il quadrante positivo di un sistema di assi cartesiani. Se i tre
panieri considerati esauriscono le alternative a disposizione del consumatore, questi si troverà a scegliere tra i punti A, B
e C nel grafico.

Il problema della scelta di consumo tra libri e latte potrebbe essere più articolato e prevedere più di 3 alternative di
combinazione. Notiamo però un’importante differenza tra i due beni in esame:

 Quantità di libri oltre a quelle considerate costituiscono numeri interi ( sono definiti beni indivisibili*, come le
auto, le crociere.. )
 Le alternative per il latte sono molto più numerose, dal momento che includono frazioni di litro ( sono definiti
beni divisibili*, misurati non in unità ma con misure di peso o capacità )

Miriam La Rosa
Nel seguente grafico illustriamo l’insieme di tutti i panieri caratterizzati da un numero non superiore a 4 libri e da non più
di 4 litri di latte:

L’insieme dei panieri è composto da cinque segmenti rettilinei, uno per ciascun numero di libri potenzialmente a
disposizione del consumatore, incluso il caso in cui il consumatore non abbia alcun libro. In corrispondenza di ciascun
numero di libri, la quantità di latte può variare in maniera continua, data la perfetta divisibilità di tale bene.

Consideriamo ora la rappresentazione grafica dei vincoli fisici ed economici cui è soggetto l’insieme dei panieri a
disposizione del consumatore.

VINCOLI FISICI VINCOLI ECONOMICI

Un esempio di vincolo fisico all’insieme dei panieri a Il consumatore potrà consumare solo quanto già possiede
disposizione del consumatore con il quale ciascuno di noi o è in grado di acquistare dato quanto già possiede, cioè
si confronta giornalmente è quello dato dal tempo a dato il suo reddito.
disposizione.
Es: consideriamo il caso in cui un consumatore abbia un
Es: se si considera un insieme di beni composto da ore di reddito di 10 euro e abbia una dotazione costituita
tempo libero e litri di latte consumabili in un giorno, è esclusivamente da latte e pasta.
ovvio che la quantità di tempo libero non potrà eccedere  I prezzi di mercato di entrambi, sui quali il
le 24h, come mostra la seguente figura: consumatore non può influire, sono
rispettivamente di 1 euro al litro ( pL = 1 ) e 0,5
euro al chilo ( pP = ½ ).
a) Se il consumatore decide di consumare solo latte,
ne ottiene 10 litri.
b) Se sceglie di domandare solo pasta, ottiene 20
chili di pasta.
c) Se sceglie di dividere equamente le sue
disponibilità di reddito, avrà 5 litri di latte e 10 chili
di pasta.

I tre punti descritti sono rappresentati nella seguente figura:

Miriam La Rosa
Se uniamo tuti i punti che identificano nel grafico le alternative possibili che risultano da un impiego del reddito completo
a disposizione del consumatore otteniamo il segmento rettilineo AB, che divide il quadrante positivo del sistema di assi
cartesiani in due sotto insiemi, riportato nella seguente figura:

a) Se utilizza tutto il suo reddito, il consumatore potrà scegliere un punto di tale segmento
b) Tutti i punti che stanno al di sotto del segmento sono i panieri di cui il consumatore può disporre senza
utilizzare in alcun modo il suo reddito
c) Tutti i punti al di sopra del segmento sono i panieri di cui il consumatore non può disporre dato il suo reddito e i
prezzi

Se indichiamo con m il reddito monetario, e S la spesa del consumatore, x1 la quantità di latte e x2 la quantità di pasta,
possiamo scrivere il vincolo di bilancio*:

Questa espressione ci dice: dati i prezzi di pasta ( p2 ) e latte ( p1 ), quali


coppie di quantità dei due beni possono essere acquistate dal consumatore dato il vincolo che la spesa non può
eccedere il reddito monetario. Il segmento AB, rappresenta infatti il vincolo di bilancio del consumatore come
uguaglianza:

Questa equazione ci dice quali coppie di quantità dei due beni il consumatore può acquistare utilizzando completamente
il suo reddito m.

Una semplice trasformazione algebrica dell’equazione ci consente di evidenziare la relazione tra le quantità dei due
beni:

Miriam La Rosa
Quest’ultima equazione evidenzia alcune caratteristiche del vincolo di bilancio: esso ha forma rettilinea ed è espresso
algebricamente dall’equazione di una retta

 L’intercetta della retta con ciascuno degli assi esprime il reddito del consumatore in termini reale, e in
particolare in termini del bene la cui quantità è misurata su tale asse
( si noti infatti che per x1 = 0 il vincolo di bilancio interseca l’asse che misura la quantità di pasta ( x2 ) ad un
valore pari a m/p2, mentre per x2 = 0 l’intercetta è pari a m/p1 )

Dato che le intercette esprimono il reddito del consumatore in termini reali, un aumento del reddito monetario, a prezzi
costanti, sposta il vincolo di bilancio verso l’alto, come mostrato nella seguente figura nella quale è rappresentata una
variazione del reddito da m, per

Il rapporto tra i prezzi, ovvero il prezzo relativo del bene 2 rispetto al bene 1 ( p2/p1 ) ci dice, per ciascuna variazione
unitaria nel consumo di pasta, di quanto deve variare il consumo di latte per mantenere costante la spesa,

 Il prezzo relativo quindi esprime quante unità del bene 1 posso acquistare rinunciando a un’unità del bene 2

a) Aumento di p2 b) Aumento di p1

Mostriamo l’effetto sulla retta di bilancio di un aumento del Mostriamo l’effetto sulla retta di bilancio di un aumento del
prezzo del bene 2 prezzo del bene 1

Miriam La Rosa
Notiamo che la variazione del prezzo di un bene determina una modifica dell’intercetta della retta di bilancio con l’asse
sul quale è misurata la quantità di quel bene ( quindi, in seguito ad una variazione, la retta di bilancio ruota su se stessa
avendo come fulcro l’intercetta con l’asse che misura la q. del bene il cui prezzo non è cambiato )

2. La descrizione e la rappresentazione delle sue preferenze

Come si rappresentano le preferenze del consumatore?

Quali condizioni devono essere soddisfatte da tale rappresentazione?

La teoria economica propone due diversi approcci per studiare come il consumatore scelga tra le alternative disponibili:

1) Il primo si basa sul comportamento, cioè l’osservazione delle scelte. Il consumatore è razionale e quindi non
farà scelte incoerenti. In questo caso le motivazioni non hanno rilevanza e non si richiede che egli abbai degli
obiettivi propri e li persegua.
2) Il secondo si basa sull’analisi delle preferenze del consumatore. Si ipotizza che il consumatore abbia degli
obiettivi propri che si riassumono in una relazione di preferenza, oggetto primitivo dell’analisi. Lo svantaggio di
quest’approccio è avere come oggetto di indagine qualcosa di non osservabile, gli “Obiettivi” )

Consideriamo quindi una relazione di preferenza che consente al consumatore di ordinare i panieri a sua disposizione.

Es. prendiamo un considerazione un consumatore che abbia a disposizione i panieri A, B e C:

 Se il consumatore preferisce strettamente A piuttosto che B  A > B


 Se il consumatore è indifferente tra i due panieri scriviamo A ~ B (l'utilità percepita dal consumatore dai due
panieri è identica e questi è indifferente nella scelta dell'uno piuttosto che dell'altro )
 Se per il consumatore A è almeno buono quanto B  A ≥ B

Queste relazioni di preferenza devono soddisfare i due seguenti assiomi per rappresentare in modo adeguato i criteri di
scelta:

1. COMPLETEZZA : richiede che il consumatore sappia sempre scegliere tra panieri diversi, preferendo uno
all’altro, ovvero essendo indifferente tra i due ( A ~ B ). Tale assioma risulta difficile da soddisfare, in quanto
sembra esigere informazioni esaurienti per ordinare le preferenze, e ciò diviene tanto più irrealistico quanto più
numeroso è l’insieme delle scelte possibili.
2. TRANSITIVITA’ : enuncia un requisito di coerenza delle preferenze: se il consumatore preferisce il paniere A al
paniere B o è indifferente tra i due, e preferisce il paniere B al paniere C o è indifferente tra i due, allora deve
preferire il paniere A al paniere C o essere indifferente tra i due. ( se A ≥ B e B ≥ C allora anche A≥C )

Dal punto di vista analitico è necessaria un’altra proprietà da essere soddisfatta: IPOTESI DI MONOTONICITA’

Richiede che tra due panieri A e B, che contengano la stessa quantità di alcuni beni e una quantità diversa di altri beni,
in modo tale che A contiene una quantità maggiore di ciascuno di questi ultimi, il consumatore preferisca sempre A e B.

( quest’ipotesi implica che il consumatore preferisce avere a disposizione una maggiore quantità di beni. Ad esempio, tra
due panieri che contengono entrambi 20 fragole, ma dei quali il primo contiene 10 grammi di panna e il secondo 50
grammi di panna, se vale quest’ipotesi, il consumatore preferirà il secondo al primo. E’ come dire che ciascun bene è
desiderabile, quindi maggiore è la quantità disponibile meglio è ).

Miriam La Rosa
Se valgono completezza, transitività e monotonicità, è semplice costruire una rappresentazione grafica delle preferenze
del consumatore, che insieme al vincolo di bilancio ( insieme delle alternative possibili ) consente di individuare la scelta
ottima e di illustrarne il comportamento razionale.

Curva di indifferenza

1) Consideriamo il paniere A nella figura riportata, che contiene una quantità lA ( ad esempio 4 litri di latte ) e una
quantità rA ( ad esempio 3 chili di riso ).
 Data l’ipotesi di monotonicità , tutti i panieri che si trovano a nord-est di A sono preferiti ad A, poiché
contengono una quantità maggiore di entrambi i beni.

Dunque i panieri B con 7 chili di riso e 5 litri di latte, e il paniere C, con la stessa quantità di riso di A e 10 litri di
latte, sono preferiti ad A.

2) A è preferito a tutti i panieri che si trovano a sud-ovest di A e a tutti quelli che contengono la stessa quantità di
uno de beni e una quantità minore dell’altro. Ad esempio, il consumatore preferisce A sia a D sia a E.
3) Tutti gli altri panieri che si trovano nel quadrante positivo non sono immediatamente ordinabili rispetto ad A, dal
momento che contengono una quantità maggiore di uno dei due beni, ma una quantità minore dell’altro.

Consideriamo F  contiene poco più riso rispetto ad A, ma molto meno latte.

4) Un paniere indifferente ad A potrebbe essere il paniere H, che contiene circa 2 litri di latte e circa 6 chili di riso,
ma anche il paniere L o M.  se congiungiamo tutti i punti che corrispondono ai panieri che per il consumatore
sono indifferenti rispetto ad A, otteniamo una curva che chiameremo curva di indifferenza, che sarà
decrescente, poiché sia il latte che il riso sono desiderati dal consumatore.

Miriam La Rosa
Ciascun paniere appartiene a una curva di indifferenza e le preferenze del consumatore possono essere rappresentate
da un’intera famiglia di curve di indifferenza come nella seguente figura:

1) A curve di indifferenza più a nord-est corrispondono allocazioni preferite dal consumatore. La curva denominata
l4 corrisponderà di conseguenza ad allocazioni preferite a quelle che corrispondono a l3.
N.B: una proprietà fondamentale delle curve di indifferenza è che esse non si intersecano mai ( se valgono transitività e
monotonicità )

Saggio marginale di sostituzione

La curva di indifferenza ci dice in che misura uno dei beni deve essere rimpiazzato dall’altro affinché il
consumatore sia indifferente tra i due panieri.

Miriam La Rosa
Il saggio o tasso marginale di sostituzione è infatti la quantità di bene a cui si è disposti a rinunciare per
ottenere una unità aggiuntiva di un altro bene mantenendo costante l'utilità. Ad esempio, il tasso marginale di
sostituzione tra il bene x e il bene y è la quantità di y cui una persona è disposta a rinunciare per ottenere
un'unità in più di x.

Nella seguente figura è rappresentata una curva di indifferenza lineare per due generici beni x1 e x2

1) Consideriamo il paniere
A, appartenente a tale curva di indifferenza, che contiene 8 unità del bene 1 e 2 unità del bene 2.
Misuriamo di quanto deve aumentare la dotazione del consumatore del bene 2 a fronte di una
riduzione unitaria del bene 1, affinché egli resti indifferente rispetto alla situazione di partenza
2) Chiamiamo B , il paniere contenente 7 unità di x1

Le variazioni nelle quantità dei due beni ∆x1 e ∆x2 sono rappresentate in figura dai
cateti del triangolo rettangolo che ha come estremi dell’Ipotenusa A e B.

Notiamo che il rapporto tra le due variazioni ∆x1/∆x2, cioè il saggio al quale il
consumatore è disposto a sostituire x2 a x1, per una variazione unitaria di x1,
avendo come dotazione inziale il paniere A, dal punto di vista geometrico
corrisponde alla pendenza della retta di indifferenza .

N.B tale rapporto è negativo perché le variazioni nella disponibilità dei due beni devono
essere di segno opposto affinché si possano compensare tra loro.

N.B tale rapporto sarà costante qualunque sia l’ampiezza della variazione considerata e qualunque sia il suo
punto di partenza.

Dunque, per compensare il consumatore di una qualsiasi riduzione nella sua dotazione di uno dei due beni ,
dovremo mettere a sua disposizione sempre la stessa quantità dell’altro bene, qualunque sia la sua dotazione
iniziale, mentre la proporzionale tra le due variazioni rimarrà invariata qualunque sia la loro dimensione.

Questo tipo di relazione vale per quei beni detti perfetti sostituti*, chiamati così poiché sono in grado di
soddisfare il medesimo bisogno, tanto che il consumatore è disposto a privarsi completamente di uno di essi a
condizione di avere una sufficiente disponibilità dell’altro.

 Quindi, il caso di curve di indifferenza lineari è raro. Per la maggior parte dei beni, infatti, sembra
improbabile che la rinuncia a una data quantità possa essere compensata sempre da variazioni di
egual misura nella dotazione di un altro bene.

Miriam La Rosa
Per esempio, se possiedo 2 chili di ciliegie, rinunciare a una ciliegia è indubbiamente molto meno oneroso rispetto al
caso in cui ne possieda una soltanto  dunque, le variazioni compensative per lasciarmi “indifferente” dovranno essere
di entità ben diversa nei due casi.

 L’intuizione ci direbbe che l’ipotesi più naturale sia che le “necessità di compensazione” aumentano al diminuire
della dotazione iniziale. Quanto più ridotta è la dotazione iniziale, tanto più questa diventa preziosa agli occhi
del consumatore, che richiederà quantità sempre crescenti di un altro bene se gli si chiede di rinunciare al
primo.

Questo si traduce in curve di indifferenza effettivamente curvilinee con la convessità rivolta verso l’origine, come nella
seguente figura:

Si noti che con curve di indifferenza di questo tipo il rapporto ∆x1/∆x2 è molto sensibile al punto di partenza e
dunque, l’aumento nella dotazione di x1 che il consumatore richiede per essere compensato del tutto per una
riduzione unitaria di x2 è molto maggiore quando la disponibilità inziale di x2 è più bassa.

 Inoltre, il valore del rapporto ∆x1/∆x2 varia in questo caso anche al variare dell’ampiezza di ∆x2 rispetto
a un medesimo punto di partenza, come mostra la seguente figura:

Si noti
come i due triangoli, corrispondenti a due diverse variazioni in x2, e dunque in x1, a partire dallo stesso

Miriam La Rosa
 Dunque, con curve di indifferenza non rettilinee, da un lato il rapporto ∆x1/∆x2 varia al variare del
punto corrispondente al paniere di partenza, dall’altro anche con uno stesso punto di partenza le
differenze possono essere notevoli a seconda dell’ampiezza delle variazioni considerate.

La SOLUZIONE a entrambi i problemi è data dall’uso di una misura puntuale: rilevare il valore di ∆x1/∆x2 , in
ogni punto appartenente alla curva di indifferenza, calcolandone il valore per variazioni infinitesime, cioè
piccolissime di x2.

Tale valore è noto come saggio marginale di sostituzione ( SMS ) che è dunque il valore di ∆x1/∆x2 per ∆x2,
tendente a 0.

Il valore del SMS è la pendenza della curva di indifferenza nel punto in cui viene calcolato. Quindi,
muovendoci su curve di indifferenza non rettilinee, così come varia la pendenza varia anche il SMS.

L’analisi del SMS è giustificata nel caso in cui i beni considerati abbiano tra loro almeno un certo grado di
sostituibilità, e le curve di indifferenza corrispondenti non abbiano punti angolosi.

Un’ECCEZIONE è il caso dei beni detto perfetti complementi*, beni la cui natura impone che siano consumati
insieme, come computer e mouse.  Il consumatore può trarre beneficio dal loro consumo solo se ne ha una
disponibilità contemporanea in una proporzione data . Le curve di indifferenza per beni di questo tipo sono
rappresentate nella seguente figura:

Esse sono caratterizzate dalla presenza di un punto angoloso che corrisponde all’unica proporzione tra le
disponibilità dei due beni che ne consente un consumo proficuo.

1) Muovendo da uno dei punti angolosi verso destra o verso l’alto si modifica la quantità di uno dei due
beni senza che cambi quella dell’altro. Tali variazioni lasciano indifferente il consumatore e infatti si
resta sulla stessa curva di indifferenza.
2) Affinché un incremento nel consumo di uno dei due beni consenta al consumatore di raggiungere un
paniere da lui preferito a quello originario, è necessario che tale incremento sia accompagnato da un
aumento in proporzione data della disponibilità dell’altro bene.
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3. Come si determina la scelta ottima del consumatore e come varia questa scelta al variare dei prezzi e del
reddito

Studieremo ora quale sia la scelta ottima del consumatore e come questa si caratterizzi.

 l’insieme delle alternative ci dice tra quali panieri il consumatore debba scegliere;
 le preferenze e le loro rappresentazioni con curve di indifferenza forniscono il criterio di scelta.

Consideriamo un insieme di scelta delimitato da un vincolo di bilancio come quello della figura 2.5 e
sovrapponiamo ad esso la più comune mappa di curve di indifferenza simile a quella della figura 2.11 
otteniamo la seguente figura:

1) come prima cosa si nota che la scelta ottima del consumatore ( A ) si collocherà sulla retta di bilancio
e non al di sotto di essa; Infatti, a qualunque paniere appartenente all’area delimitata dal vincolo di
bilancio corrisponde almeno un paniere rappresentato da un punto sulla retta di bilancio che contiene
quantità maggiori di entrambi i beni e quindi ( B o C ) sarà preferito dal consumatore (p.monotonicità)

Tra tutti i panieri che si trovano sul vincolo di bilancio quale verrà scelto?

2) Dato che il benessere aumenta se ci spostiamo su curve di indifferenza verso nord-est, il consumatore
cercherà di scegliere il paniere che gli consenta di raggiungere la curva più lontana dall’origine. Questo elimina
dai candidati B e C, che appartengono alla retta di bilancio e inoltre a nord-est di B e C non ci sono panieri
raggiungibili dal consumatore.

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3) L’ottimo corrisponderà al punto A, cioè al punto della retta di bilancio che appartiene contemporaneamente
anche alla curva di indifferenza più a nord-est. Nessun paniere ottenibile dal consumatore si trova a nord-est di
A, infatti è l’unico paniere ottenibile dal consumatore tra quelli appartenenti alla sua curva di indifferenza.
= la curva di indifferenza che passa per il punto di ottimo è tangente alla retta di bilancio ( cioè ha in comune
con essa un solo punto, quello di ottimo )

¥ Due funzioni tangenti hanno la stessa pendenza nel punto di tangenza, dunque la curva di indifferenza passante per A
ha la stessa pendenza in quel punto della retta di bilancio.

a) L’inclinazione della retta di bilancio è data dal rapporto costante tra i prezzi dei due beni preso con segno
negativo
b) L’inclinazione delle curve di indifferenza è dato dal SMS

Possiamo dunque esprimere la condizione di tangenza per l’ottimo descritto già graficamente:

In corrispondenza dell’ottimo del consumatore il SMS è uguale al rapporto tra i prezzi. Inoltre, questi due fattori non
possono essere diversi tra loro, cioè la valutazione soggettiva ( il SMS ) non può discostarsi da quella “oggettiva” del
mercato rappresentato dal prezzo relativo.

L’individuazione del punto di ottimo A corrisponde alla determinazione della quantità di ciascun bene che il consumatore
domanda, cioè X*1 e X*2.

Saggio marginale di sostituzione e utilità marginale

Consideriamo un esempio di formalizzazione delle preferenze del consumatore utilizzato la forma lineare di curva di
indifferenza. Una sua possibile specificazione è la seguente:

In essa, ũ è il livello di benessere o di utilità del consumatore


per tutti i panieri che appartengono alla specifica curva di indifferenza considerata. Spostandoci da una curva all’altra, il
valore di ũ cambierà, scriveremo perciò:

che ci dice: dati i valori dei parametri a e b e per determinati livelli di consumo di ciascun bene x1 e x2. Su quale curva di
indifferenza ci troviamo, cioè qual è il livello di benessere o utilità del consumatore.

N.B i parametri a e b esprimono le c.d utilità marginali rispettivamente dei beni 1 e 2.  infatti, se dalla 5 ricaviamo
un’espressione per la variazione totale dell’utilità al
variare delle quantità consumate dei due beni:

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Considerando poi solo la variazione nel consumo di uno dei due beni, ( esempio bene 1 ) e uguagliando a 0 quella
dell’altro, otteniamo

Un semplice passaggio algebrico ci consente di scrivere:

Il rapporto tra variazioni dell’utilità/consumo del bene 1 = UMG1 è pari ad a. Lo stesso vale per x2 e b, per cui:

Ora è possibile individuare la relazione tra utilità marginali e SMS:

Consideriamo due variazioni simultanee di x1 e x2 che mantengano inalterata l’utilità del consumatore ( cioè che ci
facciano muovere da un punto all’altro appartenente alla stessa curva ). Queste due variazioni devono soddisfare la
seguente equazione:

Da questa, si ricava la seguente espressione, che individua la relazione tra SMS e utilità marginali:

Il SMS tra due beni è dunque uguale al rapporto tra le loro utilità marginali considerato con segno negativo ( affinché
l’utilità rimanga costante, a una variazione positiva nel consumo di un bene deve corrispondere una variazione negativa
in quello dell’altro )

Utilizzando la 11. Possiamo riscrivere la condizione di equilibrio n.3 :

Mettendo a sistema questa espressione con

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Che costituisce l’altra condizione per l’ottimo del consumatore. Risolvendo il sistema possiamo determinare il livello
ottimo di consumo dei due beni in funzione dei loro prezzi, p1 e p2, e del reddito m, che indichiamo genericamente come
X*1 ( p1, p2, m ) e X*2 ( p1, p2, m ).

In generale l’ottimo del consumatore appartiene alla retta di bilancio ( 1 ) e soddisfa la condizione di uguaglianza tra
SMS e rapporto dei prezzi ( 2 ).

1) La prima condizione è sempre soddisfatta


2) La seconda condizione non lo è sempre, perché dipende dalle preferenze e dal rapporto di esse con i prezzi dei
beni.

Vi sono in particolare 3 casi in cui vi sono metodi alternativi all’applicazione di tale uguaglianza con “soluzioni d’angolo”
per il problema del consumatore:

Un SMS sempre minore del rapporto Il caso di beni perfetti sostituti Il caso di beni perfetti complementi
tra i prezzi
L’ultimo esempio è quello di beni
Il primo esempio è quello delle curve Il secondo caso di ottimo del perfetti complementi. Per le curve di
di indifferenza che, pur avendo la consumatore che non soddisfa la indifferenza di tali beni, non è
classica forma con la convessità verso condizione di uguaglianza è quello di possibile rappresentare e calcolare
l’origine, sono caratterizzate da un beni perfetti sostituti: il SMS.
SMS sempre maggiore o minore del
rapporto dei prezzi.

Questa situazione è descritta nel


seguente grafico:

Anche in questo caso l’ottimo è Dal momento che tali beni devono
rappresentato solo dal punto A. essere consumati in una
1) Il paniere corrispondente proporzione data, il consumatore
1) L’ottimo del consumatore è contiene una quantità positiva potrà essere in una delle due
rappresentato dal paniere solo del bene 2: ciò dipende condizioni possibili:
corrispondente al punto A dalla natura stessa di perfetti a) È già in possesso dei beni
che contiene esclusivamente sostituti dei beni considerati, nella proposizione
il bene x1. per cui il consumatore, non desiderata, e allora non
Il consumatore le cui preferenze sono avendo nessun vantaggio a vorrà scambiare
qui rappresentate ha una predilezione consumare quantità positive di b) o non ha un paniere che
talmente forte per il bene 1, che il suo entrambi rispecchi tale proporzione
SMS è sempre inferiore al rapporto tra contemporaneamente, si e allora è disposto a
i prezzi dei due beni. concentrerà su quello dei due cedere tutta la quantità in
che ha un miglior rapporto tra eccesso del bene che
In altri termini, egli non trova sul prezzo e rendimento. possiede in abbondanza
mercato nessuno disposto a pagare il Dal momento che la mappa delle per ottenere un incremento
prezzo che pretende per cedere x1 preferenze è formata da rette, il SMS anche solo infinitesimo
anche quando il bene 1 è l’unico bene sarà costante e potrà uguagliare il nella sua disponibilità
da lui posseduto. rapporto tra i prezzi solo in un caso dell’altro.
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fortuito* ( la curva di indifferenza più
alta che abbia un punto in comune con
la retta di bilancio coincide con essa e
dunque qualunque punto che
appartenga alla retta di bilancio è un
punto di ottimo ).
Il SMS è più grande in valore assoluto
del rapporto tra i prezzi e il
consumatore per avere x2 è disposto a
cedere quantità del bene 1 maggiori di
quanto richiesto dal mercato.
Come cambiano le scelte del consumatore al variare del suo Reddito?

In questo paragrafo studieremo come la quantità domandata di un certo bene muti al variare del reddito a
disposizione del consumatore. Effettueremo quest’analisi isolando l’effetto di variazioni del reddito da altri
effetti, che considereremo costanti.

Nella seguente figura rappresentiamo un esempio dell’effetto di un aumento di reddito sul consumo dei beni 1
e 2:

1) a seguito dell’aumento del reddito, l’ottimo del consumatore si sposta dal punto A al punto B

A un aumento del reddito corrisponde un aumento nella quantità domandata di entrambi i beni: il consumatore diventa
più ricco e può soddisfare i suoi bisogni con quantità maggiori di entrambi i beni.

a) Il consumo del bene 1 aumenta da XA2 a XB2


b) Il consumo del bene 2 aumenta da XA1 a XB1

Questa regola vale per i c.d beni normali*.


Fanno eccezione i cd. “beni inferiori” per cui a
un aumento del reddito del consumatore
consegue una riduzione nel consumo,
come il cibo di bassa qualità ( se un consumatore
ha un reddito basso, si adatta a mangiare cibi

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che gli consentano l’apporto nutritivo necessario. Al crescere del reddito molti degli alimenti di bassa qualità vengono
sostituiti da cibi migliori, come illustrato nella seguente figura:

1) Il bene 2 è inferiore poiché a fronte di un aumento del reddito il suo consumo si riduce da XA2 a XB2

N.B Nel caso in cui si considerino solo due beni, essi non possono essere entrambi inferiori

Se determiniamo gli effetti di variazioni del reddito sulle scelte di consumo considerando una sequenza di possibili livelli
di reddito e congiungiamo tutti i punti di ottimo ottenuti, possiamo ottenere una curva che ci dice come variano le
quantità domandate al variare del reddito; tale curva è nota come sentiero di espansione del reddito ( SER )

a) Per i beni normali il SER è sempre inclinato positivamente

Con la curva di Engel invece, è possibile rappresentare l’evoluzione della quantità domandata per ciascun bene al
variare del reddito.

Come cambia la quantità domandata di un bene al


variare del suo prezzo?

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A differenza di quanto avviene per le variazioni del reddito, in genere quelle di prezzo non possono essere isolate da
effetti derivanti da variazioni di altre variabili che condizionano la scelta del consumatore ( variazioni del reddito
disponibile )

Infatti: variazioni dei prezzi modificano l’insieme delle alternative disponibili, facendo variare il vincolo di bilancio.
Dunque, agli effetti di prezzo si accompagnano inevitabilmente effetti di reddito.

Consideriamo la seguente variazione di prezzo nella seguente figura:

1) la retta di bilancio del consumatore si sposta da AB ad AC in conseguenza della riduzione del prezzo del bene
2.

La variazione del prezzo di un dato bene ( ad esempio il bene 2 ) sulla quantità domandata dello stesso bene produce
due effetti noti come:

a) EFFETTO DI SOSTITUZIONE ( in seguito ad una variazione del prezzo, il consumatore modifica le sue
scelte nel seguente modo: riduce le quantità consumate del bene divenuto relativamente più caro e, con il
risparmio conseguito, consuma maggiori quantità di quello divenuto relativamente meno caro.
b) EFFETTO REDDITO

Tale distinzione ci consente di distinguere la variazione del comportamento del consumatore attribuibile alla variazione
del prezzo in sé ( effetto di sostituzione ) da quella causata dalla variazione indotta del reddito disponibile, misurato
come potere d’acquisto o reddito reale.

La variazione del prezzo di un bene comporta una rotazione del vincolo di bilancio poiché l’inclinazione di tale retta è
data dal rapporto tra i prezzi:

a) Si avrà una rotazione verso l’esterno in corrispondenza di diminuzioni del prezzo


b) Si avrà una rotazione verso l’origine in corrispondenza di aumenti di prezzo

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Il metodo di Slutsky consente di misurare separatamente l'effetto di sostituzione e l'effetto di
reddito dopo una variazione di prezzo.

Dati due beni X1 e X2, l'aumento di prezzo del bene X1 modifica i prezzi relativi tra i due beni. Egli individua
sul piano un terzo paniere teorico di scelta a parità di potere di acquisto ( reddito reale ) del consumatore.

Come sappiamo l'effetto di prezzo è composto da variazioni del paniere di scelta del consumatore indotte sia
dalla variazione dei prezzi relativi e sia dalle variazioni del potere di acquisto (reddito) del consumatore.
L'effetto di prezzo sposta la scelta ottimale del consumatore dal paniere A al paniere B.

Slutsky propone di ipotizzare un sussidio tale da consentire al consumatore di acquistare il paniere iniziale A .
 Dal punto di vista grafico questo consiste nella traslazione della nuova retta del vincolo di bilancio, quella
ottenuta con i nuovi prezzi relativi, fino a farla passare per il punto A.

In queste condizioni il consumatore individua il punto di scelta ottimale nel paniere C , il quale è tangente ad
una curva di indifferenza più alta. Nel punto C il consumatore viene compensato della perdita di reddito reale,
è pertanto possibile osservare soltanto l'effetto di sostituzione

N.B fanno eccezione alla c.d “legge della domanda” ( ad una diminuzione del prezzo corrisponde un aumento
della domanda ) i c.d “Beni di Giffen”, la cui domanda diminuisce al diminuire del prezzo ( come ad esempio i
beni di status, la cui capacità di soddisfare il bisogno dell’acquirente di segnalare la propria condizione di
benestante, diminuisce al diminuire del prezzo) come raffigurato nella seguente figura:

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Così come per le variazioni di reddito, anche per le variazioni dei prezzi dei beni si possono costruire relazioni
che ci dicono quale sia la scelta ottima del consumatore. La prima relazione da considerare è la seguente, il
sentiero di espansione del “prezzo” ( SEP ):

Il SEP è costituito dall’insieme di punti di


ottimo del consumatore al variare del prezzo di uno dei beni, rappresentato nello sazio che misura i due beni
tra i quali il consumatore sceglie.

1) La figura mostra alcune rette di bilancio caratterizzate da inclinazioni via via inferiori, che
corrispondono ai prezzi via via inferiori del bene 2.
2) Al ridursi del prezzo del bene 2, il consumatore aumenta progressivamente la quantità domandata di
tale bene ( quindi non è Giffen )

Questo può essere riassunto nel seguente grafico che illustra la funzione di domanda individuale:

a) La funzione ha un andamento decrescente, cioè al decrescere del prezzo, la quantità domanda


aumenta. Questo vale per tutti i beni, tranne i beni di Giffen, per i quali la funzione di domanda è
invece crescente.

N.B esiste però anche un “effetto incrociato” delle variazioni di prezzo, cioè che a variazioni del prezzo di un
bene corrispondono variazioni anche nella quantità domandata dell’altro bene considerato.

Miriam La Rosa
4. Il passaggio dalla domanda individuale alla domanda di mercato

L’insieme delle domande individuali di un certo bene dei consumatori appartenenti ad un determinato territorio
individua la domanda di mercato di quel bene. ( Per quanto riguarda il territorio*, non esiste un unico criterio
generale per stabilire quale sia il territorio di riferimento per la definizione di un mercato di un determinato
bene)

a) La domanda individuale ci dice per ciascun prezzo di un determinato bene qual è la quantità
domandata da ciascun consumatore
b) La domanda di mercato sintetizza le informazioni delle domande individuali indicando la somma delle
quantità domandate per ciascun livello di prezzo

Si consideri ad esempio un mercato del bene 1 in cui siano presenti solo due consumatori A e B. I dati sono
riportati nella seguente tabella:

a) Nella seconda e nella terza colonna


sono riportate le quantità domandate da
ciascun consumatore ( rispettivamente
XA1 e XB1 ) in corrispondenza di tre
possibili livelli di prezzo p1, indicati nella
prima colonna
b) Nella quarta colonna sono indicati i
rispettivi livelli della domanda di mercato
( X1 = XA1 + XB1 )

Dal punto di vista grafico la domanda di mercato sarà la somma verticale delle domande individuali dei
consumatori.

Nella seguente figura abbiamo tracciato le curve di domanda individuali e quella di mercato ( in grassetto ) alle
quali appartengono i valori riportati nella tabella:

Se consideriamo un contesto più generale e


indichiamo con n il numero di consumatori presenti in un determinato mercato, possiamo dunque scrivere che
la domanda del bene 1 è, la somma delle domande individuali, considerando inoltre la dipendenza della
domanda di un bene anche dal reddito monetario e dal prezzo di altri beni, ovvero:

Miriam La Rosa
Funzione di domanda inversa

Dall’interpretazione fin ora data abbiamo dedotto che:

a) La quantità domandata è la variabile dipendente


b) Il prezzo relativo è la variabile indipendente

La medesima relazione si può però leggere in senso inverso, dando luogo alla rappresentazione della
funzione di domanda inversa. La sua rappresentazione grafica è di fatto la medesima di quella della funzione
di domanda ad assi cartesiani invertiti:

Essa ci dice per ogni quantità del bene considerato quale dovrebbe essere il prezzo affinché i consumatori
scelgano di domandare tale quantità. Ci da dunque una misura della disponibilità a pagare* del consumatore o
del mercato per una certa quantità del bene considerato. Inoltre ci dice qual è il prezzo che deve prevalere sul
mercato affinché sia venduta una certa quantità di bene.

Consideriamo un semplice esempio con funzione lineare per comprendere la relazione tra domanda e
domanda inversa:

La funzione di mercato del bene 1 è

Dalla quale si ricava facilmente la funzione di domanda inversa:

la prima ci dice che se il prezzo del bene 1 è, ad esempio, 2, la quantità domandata di tale bene
sarà 960 ( infatti X1= 1.000 – 20 x 2 = 960 ); invece, la seconda, esplicita che, affinché siano vendute 960
unità del bene 1, il suo presso deve essere pari a 2 ( infatti:

Miriam La Rosa
Surplus dei consumatori

La nozione di funzione di domanda inversa ci consente di introdurre più chiaramente un’importante misura di
benessere dei consumatori, spesso utilizzata per i confronti tra equilibri alternativi di un certo mercato, nota
come surplus dei consumatori. ( o rendita )

 è la differenza positiva fra il prezzo che un individuo è disposto a pagare per ricevere un determinato
bene o servizio e il prezzo di mercato dello stesso bene.
 Il massimo che un consumatore è disposto a pagare viene detto " prezzo di riserva ". Ad esempio: se
un individuo è disposto a pagare 100 euro per un determinato bene, ma ottiene infine lo stesso bene a
70 euro, avrà un surplus (totalmente psicologico) di 30 euro.
1) In generale, la domanda di un bene diminuisce all'aumentare del prezzo (fanno eccezione i beni ad elasticità
nulla e i beni di Giffen). La curva di domanda ha quindi un andamento decrescente.
2) La curva di offerta, ha invece un andamento crescente, in quanto un aumento del prezzo induce un aumento
dell'offerta.

1) Rappresentando le due curve


con due rette, come nella figura
a lato, domanda e offerta si
incontrano nel punto E.
2) A sinistra di tale punto, il
consumatore è disposto a
pagare il prezzo Pmax per la
prima quantità del bene, poi
prezzi via via minori per quantità
successive. Finché la curva di
domanda si trova sopra quella
di offerta, il consumatore è
disposto a pagare un prezzo
superiore a quello offerto
dall'impresa;
3) l'impresa quindi aumenta la sua
offerta, chiedendo un prezzo via via più alto, fino ad offrire la quantità Qe al prezzo Pe.
4) A destra del punto di equilibrio, invece, l'impresa offre maggiori quantità del bene, ma, per poterlo
fare, deve aumentare il prezzo ad un livello superiore a quello che il consumatore è disposto a pagare
(la curva di domanda si trova sotto quella di offerta);
5) la domanda quindi diminuisce e l'impresa riduce la sua offerta fino alla quantità Qe.

Da ciò segue che, quando si raggiunge l'equilibrio, il consumatore paga il prezzo di equilibrio Pe per tutta la
quantità consumata del bene, anche per quelle "dosi" che sarebbe stato disposto a pagare ad un prezzo più
alto. Il suo surplus, SC, è quindi pari all'area del triangolo PePmaxE

CAPITOLO 4 – ELASTICITA’ E AGGIUSTAMENTO DEI MERCATI


Miriam La Rosa
1. La definizione, la misura e le determinanti delle diverse elasticità
 Elasticità della domanda rispetto al prezzo
 Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo
 Elasticità della domanda rispetto al reddito
 Elasticità incrociata della domanda
2. Il legame tra elasticità della domanda e variazione della spesa totale del consumatore in seguito a una
variazione dei prezzi
3. L’aggiustamento dell’equilibrio in seguito a variazioni della domanda e dell’offerta
4. L’effetto della speculazione
5. Cosa succede se lo stato fissa i prezzi?

In questo capitolo osserveremo il funzionamento dei mercati dal punto di vista empirico.

Es. un raccolto abbondante potrebbe sembrare un evento provvidenziale per gli agricoltori, poiché potranno vendere di
più. Ma è davvero così? Nonostante essi possano vendere una maggior quantità di prodotto, l’effetto di un aumento
dell’offerta causerà una riduzione del prezzo-circostanza.

Alla fine gli agricoltori guadagneranno di più o di meno? Tutto dipende dall’ampiezza della riduzione del prezzo rispetto
all’aumento della domanda, che a sua volta dipende dall’elasticità della domanda di mercato per quel prodotto rispetto al
suo prezzo, che misura quanto varia la domanda in termini percentuali, in seguito a una variazione percentuale unitaria
del prezzo.

ELASTICITA’ DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO ELASTICITA’ DELL’OFFERTA RISPETTO AL PREZZO

Quando il prezzo di un bene aumenta, la quantità Quando il prezzo cambia, non ci sarà soltanto una
domandata diminuisce. In molti casi, vorremmo saperne di variazione della quantità domandata, ma anche una
più: di quanto diminuirà la domanda? E quindi, conoscere variazione della quantità offerta.
la sensibilità della domanda ad un aumento del prezzo.
Per sapere quando sia sensibile la quantità offerta a
Es. consideriamo due beni, benzina e cavolfiori variazioni del prezzo, utilizziamo la misura dell’elasticità
dell’offerta rispetto al prezzo.
1) Nel caso della benzina, un aumento del prezzo
causerà un lieve calo della domanda poiché se si La seguente figura ci mostra due curve di offerta:
vuole continuare ad usare l’automobile, bisogna
rassegnarsi al prezzo stabilito.
2) Nel caso dei cavolfiori, un aumento del prezzo
provoca una drastica riduzione della domanda
poiché ci sono altre alternative.

La variazione della domanda in termini % dovuta a una


variazione % unitaria del prezzo è chiamata elasticità della
domanda rispetto al prezzo.

Se conosciamo il valore numerico dell’elasticità, possiamo


prevedere l’effetto sul prezzo e sulla quantità di una 1) la curva S2 è più elastica della curva S1 per
variazione della curva di offerta di un bene. ciascun valore del prezzo.
2) All’aumentare del prezzo da p1 a p2, si ha un
aumento maggiore della quantità offerta con S2
( da Q1 a Q3 ) che non con S1 ( da Q1 a Q2 ).
3) Uno spostamento della curva di domanda
provoca un aumento maggiore della quantità
domandata e un aumento minore del prezzo con
La seguente figura mostra l’effetto di uno spostamento S2 che non con S1.
dell’offerta con due diverse curve di domanda ( D e D’ ).
Miriam La Rosa
Quindi, l’effetto su prezzo e quantità di uno spostamento
della curva di domanda dipende dall’elasticità della
funzione di offerta rispetto al prezzo.

L’elasticità dell’offerta al prezzo ( η ) è definita come il


rapporto tra la variazione % della quantità offerta e la
variazione % del prezzo:

1) La curva D’ è più elastica della curva D: la


variazione % della quantità domandata dovuta a
una variazione % unitaria del prezzo sarò
maggiore in valore assoluto sulla D’ che non La formula è identica a quella dell’elasticità della
sulla D. domanda, ma in questo caso al numeratore c’è la quantità
2) Consideriamo che inizialmente la curva di offerta offerta.
di S1, e che intersechi la curva di domanda in A, Quindi, se un aumento del prezzo del 10% facesse
a un prezzo p1e una quantità pari a Q1. aumentare la quantità offerta del 25%, l’elasticità
3) Ora la curva di offerta si sposta in S2. dell’offerta al prezzo sarebbe:

Cosa succede al prezzo e alla quantità di equilibrio?


a) Nel caso della curva meno elastica, D, si
verificano un aumento relativamente elevato del
prezzo (p2) e un calo modesto della quantità Se invece un aumento del prezzo del 10% facesse
domandata ( Q2 ): il nuovo equilibrio è B . aumentare l’offerta solo del 5%, l’elasticità dell’offerta
b) Nel caso della curva più elastica D’, si verifica sarebbe:
solo un moderato incremento del prezzo ( p3 )
ma un calo drastico della domanda ( Q3 ):
l’equilibrio si sposta in C .

N.B si noti che, a differenza dell’elasticità della domanda,


Da quanto visto quindi, se disegniamo due curve di qui il valore è positivo, essendo la curva di offerta funzione
domanda sullo stesso grafico, la curva più piatta risulta più crescente del prezzo.
elastica rispetto a quella più ripida.
Ma la pendenza della curva non ci da una misura precisa.
Infatti, noi vogliamo confrontare l’ampiezza di una
variazione della quantità domandata con l’ampiezza di
una variazione di prezzo.

Poiché prezzo e quantità sono misurati in unità diverse,


l’unico modo sensato per effettuare tale confronto è usare
variazioni percentuali %, così da ottenere l’elasticità della
domanda al suo prezzo ( ε )

Dove ε è il simbolo usato per l’elasticità e ∆ rappresenta


Miriam La Rosa
una variazione finita.
Determinanti dell’elasticità dell’offerta
Ad esempio, se un aumento del 40 % nel prezzo della
benzina provocasse un calo della quantità domandata pari 1) Ampiezza dell’aumento dei costi in seguito
al 10%, l’elasticità della benzina sarebbe all’incremento della produzione ( quanto minore è
il costo sostenuto per produrre un’unità
aggiuntiva di output, tanto più le imprese saranno
incentivate a produrre in seguito ad un aumento
Invece, se una riduzione del 5% nel prezzo dei cavolfiori del prezzo. L’offerta sarà più elastica )
provocasse un aumento della quantità domandata pari al 2) Orizzonte temporale:
15% , l’elasticità della domanda di cavolfiori rispetto al  Brevissimo periodo: difficilmente le
prezzo sarebbe: imprese riusciranno ad aumentare
l’offerta
 Breve periodo: dopo un dato periodo di
tempo, alcuni input possono essere
aumentati mentre altri rimarranno fissi.
L’offerta può aumentare in una certa
Quindi, secondo i valori numerici, i cavolfiori hanno una misura.
domanda più elastica della benzina.  Lungo periodo: ci sarà abbastanza
tempo perché tutti gli input possano
Come interpretare il valore dell’elasticità? essere aumentati e nuove imprese
possano entrare nell’industria. L’offerta
L’elasticità viene misurata in termini percentuali per le è più elastica.
seguenti ragioni:
1) Consente confronti tra grandezze
qualitativamente diverse, cioè con diverse unità
di misura
2) È l’unico modo sensato per decidere quanto è
grande una variazione del prezzo o della quantità
( per esempio, se il prezzo di un bene aumenta di
1 euro, per valutare se tale aumento è grande o
piccolo, dobbiamo conoscere il prezzo iniziale.
Se il prezzo dei fagioli aumenta di 1 euro, si tratta ALTRE ELASTICITA’
di un aumento considerevole. Se il prezzo di una
casa aumenta di 1 euro, si tratta di un aumento Il “prezzo” costituisce solo una delle determinanti della
trascurabile ) domanda e dell’offerta. In teoria, potremmo considerare la
sensibilità della domanda e dell’offerta a variazioni di una
Il segno qualsiasi delle loro determinanti e quindi calcolare diverse
Le curve di domanda di solito sono inclinate elasticità
negativamente. Questo significa che le variazioni del
prezzo e della quantità vanno in direzioni opposte.

 Un aumento del prezzo (segno positivo), causerà


un calo della quantità domandata (segno
negativo)
1) Elasticità della domanda rispetto al reddito;
Quindi, nel calcolo di ε, dividiamo sempre un valore misura la sensibilità della domanda rispetto al
positivo per uno negativo e viceversa, ottenendo sempre reddito dei consumatori ed è definita come il
un valore negativo. rapporto tra la variazione % della domanda e la
variazione % del reddito

La spesa totale per l’acquisto di un bene è semplicemente


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data dal prezzo per la quantità acquistata: E’ identica a quella dell’elasticità della domanda rispetto al
prezzo, tranne che in questo caso la variazione % della
S = pQ = RT domanda è divisa per la variazione % del reddito e non
del prezzo.
1) Se i consumatori acquistano 3 milioni di unità (Q)
a un prezzo unitario pari a 2 euro ( p )  La principale determinante è il “grado di
spenderanno un totale di 6 milioni di euro. necessità del bene”. In un paese industrializzato,
Si noti che la Spesa totale dei consumatori ( S ) coinciderà la domanda di beni di lusso aumenta
con il ricavo totale delle imprese ( RT ). rapidamente al crescere del reddito, mentre la
domanda di beni di prima necessità, come il
Cosa succederà alla spesa dei consumatori in seguito ad pane, cresce in misura scarsa.
una variazione del prezzo? ( quindi, beni come le automobili, hanno
un’elevata elasticità della domanda al reddito,
Se consideriamo il valore assoluto dell’elasticità, ovvero mentre beni come le patate hanno una bassa
ignorando il segno negativo, questo valore ci dirà se la elasticità della domanda al reddito e assume in
domanda è elastica o anelastica: entrambi i casi valore positivo per tutti i beni
normali * )
 La domanda di alcuni beni diminuisce
a) Elastica: | ε | > 1 : una variazione % del prezzo all’aumentare del reddito, e questo vale per i c.d
causa una variazione % più che proporzionale beni inferiori* ( la margarina è un bene inferiore.
della quantità domandata. E’ > 1 in quanto Quando le persone guadagnano di più,
dividiamo un numero per un numero più piccolo; acquistano burro )

All’aumentare del prezzo, la quantità domandata


diminuisce. In questo caso, la quantità domandata varia
più che proporzionalmente rispetto al prezzo. Quindi, la
riduzione della quantità prevale rispetto all’incremento del
prezzo sulla spesa totale , quindi:

a) P aumenta; Q diminuisce più che


proporzionalmente rispetto a p; quindi S
diminuisce; 2) Elasticità incrociata della domanda: è una misura
b) P diminuisce; Q aumenta più che della sensibilità della domanda di un bene al
proporzionalmente rispetto a p; quindi S prezzo di un altro bene ( sostituto o
aumenta. complemento).
Quindi, la spesa totale varia nella stessa direzione della
quantità, come illustrato nella seguente figura: Essa ci permette di prevedere la variazione nella
domanda del primo bene all’aumentare del prezzo del
secondo bene. ( ad esempio, se Coca-Cola fosse a
conoscenza dell’elasticità incrociata della domanda della
Coca-cola al prezzo della Pepsi, potrebbe prevedere
l’effetto sulle sue vendite di variazioni del prezzo di
quest’ultima.

Essa è data dal rapporto tra la variazione % della


domanda del bene 1 e la variazione % del prezzo del
bene 2.

La determinante principale è il grado di sostituibilità o di


complementarietà tra i due beni. Quanto maggiore è tale
Miriam La Rosa
1) L’area dei rettangoli nel diagramma rappresenta grado, tanto maggiore sarà l’effetto sulla domanda del
la spesa totale, essendo il prodotto del prezzo primo bene di una variazione del prezzo del bene sostituto
(l’altezza ) e della quantità acquistata ( la base ) o complemento, quindi tanto maggiore sarà l’elasticità
incrociata, sia essa positiva o negativa.
2) La domanda è elastica tra i punti A e B. Un
aumento del prezzo da 4 a 5 euro provoca un
calo più che proporzionale della quantità
domandata: da 20 a 10 milioni.

3) La spesa totale diminuisce da 80 milioni ( area


tratteggiata ) a 50 milioni ( area ombreggiata )

Quando la domanda è elastica un aumento del prezzo


comporterà un calo della spesa totale per consumi e
quindi una riduzione del ricavo totale delle imprese. Al
contrario, in seguito al calo del prezzo, i consumatori
spenderanno di più e le imprese vedranno aumentare i
ricavi.

b) Anelastica : 0 ≤ | ε | < 1 : una variazione % del


prezzo causa una variazione % meno che
proporzionale della quantità domandata. E’ < 1,
in quanto dividiamo un numero per un numero
più grande

Quando è anelastica, succede il contrario. Il prezzo varia


relativamente più della quantità, per cui ha un effetto
maggiore sulla spesa totale per consumi:

a) P aumenta; Q diminuisce meno che


proporzionalmente rispetto a p; quindi S
aumenta;
b) P diminuisce; Q aumenta meno che
proporzionalmente rispetto a p; quindi S
diminuisce.
La spesa totale del consumatore varia nella stessa
direzione del prezzo, come illustrato nella seguente figura:

La domanda è anelastica tra i punti A e C.


1) Un aumento del prezzo da 4 a 8 euro provoca un
calo relativamente inferiore della quantità
domandata: da 20 a 15 milioni.
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2) La spesa totale aumenta da 80 milioni ( area
tratteggiata ) a 120 milioni ( area ombreggiata).

In questo caso, il ricavo delle imprese aumenterà se il


prezzo aumenta, oppure diminuirà se il prezzo diminuisce.

c) Elasticità unitaria: | ε | = 1 : prezzo e quantità


domandata variano nella stessa proporzione. E’
= 1 in quanto dividiamo un numero per se stesso.

CASI PARTICOLARI
1) Domanda perfettamente anelastica: | ε | = 0 ; è
rappresentata da una retta verticale.
Indipendentemente dal prezzo, la quantità
domandata rimane la stessa. Tanto maggiore è il
prezzo, tanto più elevata sarà la spesa. Nella
seguente figura, la spesa per consumi sarà
maggiore per p2 che per p1:

2) Domanda perfettamente elastica: | ε |  + ∞; è


rappresentata da una retta orizzontale. Ad ogni
prezzo superiore a p1, nella seguente figura, la
domanda è nulla. In corrispondenza di p1 o di
ogni altro prezzo inferiore, la domanda è
infinitamente grande.

In questo caso, quanto maggiore è la quantità offerta dalla


singola impresa, tanto maggiore è il suo ricavo. Nella
figura, il ricavo è maggiore per Q2 che non per Q1.

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3) Domanda ad elasticità unitaria: | ε | = 1 : è il
caso in cui il prezzo e la quantità variano
esattamente nella stessa proporzione. Ogni
aumento del prezzo è perfettamente compensato
da una riduzione della quantità, per cui la spesa (
o ricavo totale ) rimane invariata.
Nella seguente figura , le due aree tratteggiate
sono esattamente uguali a 800 euro.

Determinanti dell’ ε della domanda


1) Il numero dei beni sostituti e il loro grado di
sostituibilità poiché maggiori sono il numero di
sostituti di un bene e il loro grado di sostituibilità,
tanto più questi verranno scelti dai consumatori
in caso di un aumento del prezzo e quindi,
maggiore sarà la sua elasticità della domanda al
prezzo
2) La quota di reddito spesa nel bene poiché quanto
maggiore è la quota di reddito spesa in un dato
bene, tanto maggiore dovrà essere la riduzione
del suo consumo all’aumentare del prezzo.
3) L’orizzonte temporale: per illustrare quest’effetto
del tempo sull’elasticità torniamo all’esempio del
petrolio: tra il dicembre 1973 e il giugno 1974 il
prezzo del greggio quadruplicò causando
aumenti dei prodotti derivati. Nei mesi successivi,
ci fu solo una modesta riduzione del consumo.
La domanda era quindi anelastica perché le
persone volevano continuare ad usare
l’automobile e a riscaldare le proprie case.
Tuttavia, in un orizzonte temporale più lungo, al
persistere di prezzi elevati, vennero inventate
automobili dai consumi ridotti.

Miriam La Rosa
2.Il legame tra elasticità della domanda e variazione della spesa totale del consumatore in seguito a una variazione dei
prezzi

Come rispondono i mercati a variazioni della domanda e dell’offerta?

L’aggiustamento completo di prezzo, domanda e offerta in seguito ad una situazione di disequilibrio non è istantaneo.
Per questo, è necessario analizzare:

a) Il sentiero di aggiustamento dell’offerta in seguito a variazioni della domanda


b) Il sentiero di aggiustamento della domanda in seguito a variazioni dell’offerta

Ai produttori e ai consumatori serve tempo per rispondere a variazioni del prezzo, per questo, le elasticità rispetto al
prezzo della domanda e dell’offerta sono diverse a seconda dell’unità di tempo considerata.

1. Questo fenomeno è illustrato nelle seguenti figure: 3. L’aggiustamento dell’equilibrio in seguito a variazioni della
domanda e dell’offerta

In entrambi i casi, quando l’equilibrio si sposta dal punto A al punto B e poi al punto C, ci sono una notevole variazione
del prezzo di breve periodo ( da p1 a p2 ) e una variazione contenuta della quantità nel breve periodo ( da Q1 a Q2 ).

Nel lungo periodo la variazione del prezzo si riduce ( da p1 a p2 ), mentre si ha una variazione ulteriore della quantità
( da Q1 a Q3 )

Miriam La Rosa
4. L’effetto della speculazione

In una situazione di domanda e offerta instabili, i prezzi cambiano continuamente: a volte salgono, a volte scendono.

 La variabilità dei prezzi condiziona il comportamento di acquirenti e venditori.

Se, ad esempio, a dicembre pensate di acquistare un cappotto nuovo, potreste decidere di aspettare i saldi di gennaio e
sfruttare il vostro vecchio cappotto fino ad allora.

Se invece a gennaio trovate una giacca estiva in saldo, potreste decidere di acquistarla e non aspettare l’estate nel
timore che i prezzi aumentino.

Quindi:

 Un’aspettativa di aumento dei prezzi indurrà le persone a comprare subito


 Un’aspettativa di riduzione dei prezzi le indurrà a posticipare i loro acquisti

Questo non accade per i venditori…

Se pensate di vendere la vostra casa in un momento in cui i prezzi stanno scendendo, vorrete concludere la vendita il
più presto possibile.

Se invece i prezzi stanno salendo, aspetterete il più a lungo possibile per avere il prezzo più alto.

Quindi:

 Un’aspettativa di riduzione dei prezzi indurrà a vendere subito;


 Un’aspettativa di aumento dei prezzi indurrà ad aspettare

Questo comportamento di guardare al futuro e basare le decisioni di compravendita sulle aspettative di prezzo con
l’obiettivo di massimizzare il proprio guadagno è chiamato speculazione, fondata sull’andamento corrente dei prezzi:

a) Se i prezzi stanno aumentando, gli individui dovranno cercare di capire se sono vicini al massimo e quindi in
procinto di scendere o se continueranno ad aumentare

Dopo aver fatto una previsione, agiranno di conseguenza. Per questo, domanda e offerta sono influenzate dalla
speculazione, e a loro volta, domanda e offerta influenzano il prezzo.

Essa tende ad autoavverarsi, nel senso che gli speculatori tendono a realizzare proprio l’effetto sui prezzi che essi stessi
hanno previsto. ( ad esempio, se gli speculatori sono convinti che il prezzo di alcune azioni stia per aumentare, ne
compreranno di più e in questo modo ne faranno aumentare il prezzo. La loro “profezia” si è autoavverata )

Essa può ridurre le fluttuazioni dei prezzi o aggravarle, si distingue infatti tra speculazione stabilizzante e destabilizzante

La speculazione avrà effetti stabilizzanti sulle fluttuazioni La speculazione tenderà ad avere effetti destabilizzanti
quando i venditori e/o gli acquirenti sono convinti che la sulle fluttuazioni quando i venditori e/o gli acquirenti sono
variazione di prezzo sia temporanea. convinti che una variazione del prezzo sarà seguita da
variazioni dello stesso segno.

Ipotizziamo, che di recente vi sia stato un incremento di Ipotizziamo che di recente vi sia stato un incremento di
prezzo, dovuto a un aumento della domanda. Nella prezzo dovuto ad un aumento della domanda. Nella
seguente figura, la domanda si è spostata da D1 a D2: seguente figura, la domanda si è spostata da D1 a D2:

Miriam La Rosa
a) L’equilibrio si è spostato dal punto A al punto B e a) Il prezzo è aumentato da p1 a p2.
il prezzo è aumentato da p1 a p2. b) I produttori, credendo che l’aumento del prezzo
ne anticipi altri, rinviano la collazione del prodotto
Come reagiranno gli individui a questa crescita del sul mercato
prezzo? c) L’offerta si sposta da S1 a S2
Credendo che tale aumento sia solo temporaneo, le d) Gli acquirenti comprano subito, prima di ulteriori
imprese vorrebbero vendere subito i loro prodotti, prima aumenti dei prezzi
che il prezzo diminuisca di nuovo. e) La domanda si sposta da D2 a D3.
Il prezzo continuerà ad aumentare fino a p3.
b) L’offerta si sposta da S1 a S2.
c) Gli acquirenti, tuttavia, aspettano il futuro calo del Ad esempio, nel mercato delle abitazioni, la speculazione
prezzo. La domanda in tal modo di sposta da D2 è spesso destabilizzante:
a D3.
d) L’equilibrio si sposta nel punto C e il prezzo Supponiamo che, dopo un lungo periodo di prezzi
tende a scendere verso p3. relativamente stabili, i prezzi delle case iniziano a salire, in
seguito ad esempio a un aumento della domanda dovuto
Un esempio è rappresentato dai mercati dei prodotti alla diminuzione dei tassi d’interesse sui mutui.
agricoli. Prendiamo il caso del grano:
Si potrebbe credere che l’aumento dei prezzi segnali una
In autunno, dopo la raccolta del grano, se ne ha un’offerta ripresa del mercato immobiliare e che questi
abbondante. Se tutto il grano disponibile venisse messo continueranno ad aumentare.
sul mercato, il prezzo scenderebbe a un livello molto
basso, mentre nel corso dell’anno, quando gran parte del I potenziali acquirenti cercheranno di comprare il più
grano è stata vendita, il prezzo potrebbe salire a livelli presto possibile, prima di un ulteriore aumento dei prezzi.
molto alti. Quest’aumento della domanda, causerà aumenti di
Per questo gli agricoltori  speculano: dopo la raccolta prezzo ancor più elevati.
sanno che il prezzo tenderà a scendere, perciò, invece di
mettere tutto il grano sul mercato, ne conservano gran
parte in magazzino in attesa di un aumento futuro del
prezzo. La decisione di tenere scorte impedisce crolli del
prezzo, stabilizzandolo.

Miriam La Rosa
Convivere con incertezza e rischio…

Se si aspettano variazioni di prezzo, gli acquirenti e i venditori cercheranno di anticiparle. Purtroppo, nessuno può
sapere con certezza quali saranno queste variazioni.

Prendiamo il caso delle azioni: se ci si aspetta che il prezzo di alcune azioni aumenti in modo considerevole nel
prossimo futuro, si potrebbe decidere di acquistarne alcune per rivenderle dopo l’aumento del prezzo. Ma
quell’”aumento” non può essere previsto con sicurezza. Il prezzo, potrebbe infatti diminuire. Per questo,
acquistare azioni è come fare una scommessa.

Le scommesse possono essere di due tipi:

1) Un primo tipo è quello in cui si conoscono le probabilità oggettive del verificarsi degli esiti sperati. Prendiamo
l’esempio del gioco “testa o croce”. Vince testa, perde croce. Sappiamo che la probabilità di vincere è del 50%.
In questo caso, se si scommette sul lancio di una moneta, si agisce in condizioni di rischio
2) C’è rischio infatti, quando la probabilità di un risultato è nota.
3) Il secondo tipo di scommessa è più comune. È’ il caso in cui le probabilità non sono note e lo sono solo in modo
approssimativo. Un esempio è il gioco in borsa, poiché potremmo avere una buona intuizione circa il rialzo del
prezzo di una data azione, ma qual è la probabilità che si avveri: il 90%, l’80% o altro? Non potete esserne
sicuri. Effettuate quindi una scelta in condizioni di incertezza, in cui la probabilità di un risultato non è
facilmente determinabile.

5. Cosa succede se lo stato fissa i prezzi?

In corrispondenza del prezzo di equilibrio, non ci sono né eccessi di domanda né eccessi di offerta. Tuttavia, il PE
potrebbe non rivelarsi adeguato. In quel caso, lo stato, potrebbe decidere di mantenere i prezzi al di sopra o al di sotto
del PE.

Un prezzo minimo ( elevato ) Un prezzo massimo ( basso )

Se lo stato fissa un prezzo minimo al di sopra Se lo stato fissa un prezzo massimo al di sotto
dell’equilibrio, ci sarà un eccesso di offerta: dell’equilibrio, ci sarà un eccesso di domanda:

Qs > QD come nella seguente figura: QD > Qs

E il prezzo non potrà scendere per eliminare tale eccesso. E il prezzo non potrà aumentare per eliminare tale scarsità
di offerta.

Miriam La Rosa
Lo stato fissa prezzi minimi per varie ragioni: Lo stato fissa un prezzo massimo, solitamente per ragioni
di equità, per evitare che esso aumenti oltre un certo
1) Per proteggere i redditi dei produttori: se il livello. In tempo di guerra o di carestia, lo stato può fissare
settore è soggetto a fluttuazioni dell’offerta prezzi massimi dei beni essenziali per permettere alle
( come a causa di improvvise variazioni persone povere di acquistarli:
metereologiche ) e se la domanda non è elastica
al prezzo, i prezzi tendono a fluttuare La scarsità di offerta che ne deriva, può però creare alcuni
considerevolmente. effetti indesiderati. Se lo stato si limita a fissare il prezzo
Prezzi minimi impediscono infatti il crollo dei senza intervenire in alcun modo, potrebbero verificarsi i
redditi dei produttori dovuti a lunghi periodi di seguenti problemi:
bassi prezzi
2) Per creare un surplus, specialmente in periodi di 1) Allocazione in base a “chi prima arriva meglio
abbondanza, che possono essere immagazzinati alloggia” che può generare liste d’attesa.
in vista di possibili scenari di scarsità futuri 2) Le imprese possono favorire alcuni clienti rispetto
3) Nel caso dei salari, i minimi salariali possono ad altri, privilegiando per esempio gli amici
essere usati per impedire che i redditi dei
lavoratori scendano al di sotto di un certo livello Nessuna delle situazioni descritte è equa. Alcune persone
di sussistenza bisognose potrebbero essere costrette a rinunciare al
bene razionato.
Per quanto riguarda il “surplus” generato dalla presenza di
prezzi minimi, lo stato può agire in diversi modi: Potrebbe essere lo stato stesso a gestire un
sistema di razionamento
a) Potrebbe acquistare il surplus, e immagazzinarlo,
distruggerlo o venderlo su altri mercati
b) L’offerta potrebbe essere ridotta applicando ai Inoltre, i prezzi massimi incoraggiano la formazione del
produttori quote massime di produzione mercato nero, poiché i consumatori che non riescono ad
c) La domanda può essere aumentata ricorrendo acquistare abbastanza al prezzo prefissato sul mercato
alla pubblicità, cercando usi alternativi del bene o legale sono disposti a pagare prezzi molto più elevati pur
limitando i beni sostituti ( ad esempio imponendo di avere maggiori quantità di quel bene.
tasse o quote sui beni sostituti )
Per eliminare gli effetti indesiderati di riduzione della
Uno dei problemi dei prezzi minimi è che le imprese con quantità offerta di un bene già scarso, lo stato può:
surplus potrebbero eludere il controllo sul prezzo,
riducendolo al di sotto del prezzo minimo fissato; inoltre, a) Incoraggiare l’offerta attingendo alle scorte,
prezzi elevati possono generare inefficienza. ( se i profitti producendo direttamente o concedendo sussidi
dell’impresa sono assicurati da prezzi fissi elevati alle imprese
prefissati, questa potrebbe essere disincentivata a trovare b) Ridurre la domanda con la produzione di beni
metodi di produzione più efficienti che permettano loro di alternativi o controllando il reddito dei cittadini
ridurre i costi )

Miriam La Rosa
CAPITOLO 4 – PRODUZIONE, COSTI, RICAVI E PROFITTI

1. La funzione di produzione e la legge della produttività marginale decrescente


2. La distinzione temporale tra breve e lungo periodo
3. Come variano i costi al variare del livello della produzione sia nel breve sia nel lungo periodo
4. Come variano i ricavi al variare del livello della produzione
5. La determinazione del livello di produzione che dà luogo al massimo profitto per l’impresa

Un’impresa consegue un profitto quando il guadagno ottenuto dalla vendita dei suoi prodotti supera il costo sostenuto
per produrli. Il profitto totale è quindi la differenza tra il Ricavo totale ( RT ) e il costo totale di produzione ( CT ). Per
sapere come un’impresa possa massimizzare il suo profitto, dobbiamo prima di tutto considerare cosa determini i suoi
costi e i suoi ricavi.

I COSTI DI BREVE PERIODO I COSTI DI LUNGO PERIODO

Come variano i costi di un’impresa al variare della Come variano i costi di un’impresa al variare della
produzione nel breve periodo ? produzione nel lungo periodo?

Il minimo costo che bisogna sostenere per produrre Possiamo illustrare il problema della scelta da parte del
un certo livello di output dipenderà dalla quantità di produttore della combinazione ottima dei fattori produttivi,
input utilizzati e dal prezzo che l’impresa deve pagare e per farlo, ci limiteremo al caso di due soli input variabili,
lavoro e capitale, in un’ottica di lungo periodo.
per acquistarli.
Consideriamo un’impresa la cui funzione di produzione è
Supponiamo di avere due soli fattori produttivi, data da q = q ( L, K ). La sua funzione di costo totale è
capitale (K) e lavoro (L), i cui rispettivi prezzi sono rappresentata da:
espressi da r e w, il costo totale di produzione può
essere scritto come CT = wL + rK

CT = wL + rK a) w è il costo unitario del fattore lavoro ( il salario )


b) L è la quantità di lavoro utilizzata
Se l’impresa vuole incrementare la produzione in c) r è il costo unitario
tempi brevi, sarà in grado di aumentare solo alcuni d) K è la quantità di capitale impiegata nella
input: produzione

 può utilizzare più materie prime, più utensili Come abbiamo precedentemente visto con la mappa degli
e possibilmente più lavoro assumendo altri isoquanti, anche la funzione di costo totale può essere
rappresentata graficamente nello stesso spazio ( piano L,
lavoratori, ma dovrà in ogni caso cavarsela
K ).
con gli impianti e i macchinari esistenti.
Per ogni livello di costo fissato, CTo, la funzione di costo
E’ infatti opportuno distinguere tra fattori di non è altro che l’equazione di una retta i cui punti
produzione fissi e variabili: rappresentano tutte le combinazioni di L e K che implicano
lo stesso costo per l’impresa.
a) un fattore fisso è un input la cui quantità non
può essere variata nel periodo di tempo
considerato ( come il capitale )
b) un fattore variabile può variare nel periodo di
tempo considerato.
Tale curva è chiamata retta di isocosto* e la sua pendenza
è data dal rapporto tra i costi unitari dei due fattori ( -w/r )
e l’intercetta con gli assi rappresenta la quantità di fattore
La differenza tra fattori fissi e variabili ci consente di che è possibile acquistare a quel dato costo.
distinguere il breve dal lungo periodo:
Miriam La Rosa
a) breve periodo: è un lasso di tempo  Ad ogni livello di costo corrisponde una retta di
sufficientemente breve in cui almeno un isocosto
fattore della produzione è fisso. La E’ quindi possibile disegnarne una mappa nel piano ( L, K)
produzione può essere aumentata solo come nella seguente figura:
usando più fattori variabili. ( periodo fino a 3
anni )
b) Lungo periodo: è un lasso di tempo
sufficientemente lungo perché tutti gli input
possono essere variati. Con il tempo
necessario, un’impresa può costruire un
secondo impianto e installare nuovi
macchinari. ( periodo superiore a 3 anni )

La relazione che lega input e output è detta funzione


di produzione* e si indica con q = q ( x1, x2,…, xn )
1) q è l’output Quanto maggiore è il costo totale sostenuto dall’impresa,
tanto più lontana dall’origine sarà la corrispondente retta di
2) gli x rappresentano i fattori produttivi
isocosto.
Es. per semplicità, consideriamo il caso in cui un Ora siamo in grado di determinare la scelta ottima della
unico input, come il lavoro L, è variabile e combinazione dei fattori
supponiamo che tutti gli altri input rimangano fissi.
Se solo un input è variabile e tutti gli altri sono fissi,
allora la quantità prodotta è funzione dell’unico fattore Dato il livello di produzione prescelto, al produttore, per
di produzione variabile e possiamo considerare la comportarsi in modo razionale, non rimarrà altro che
funzione di produzione q = q (L), come illustrato nella cercare di minimizzare il costo totale.
seguente figura: Nella seguente figura è raffigurato l’isoquanto cui
corrisponde il livello di output fissato q*.

La combinazione ottimale di L e K è rappresentata dal


a) i punti sulla funzione di produzione punto di tangenza tra questo isoquanto e una delle rette di
rappresentano combinazioni produttive isocosto. ( infatti, in corrispondenza di ogni altro punto
tecnicamente efficienti dello stesso isoquanto la quantità prodotta è uguale, ma il
costo è maggiore )
b) utilizzando una quantità di lavoro pari a Lo, è
possibile ottenere la quantità qo, oppure la Nel punto di tangenza ( E ) le pendenze dell’isoquanto e
quantità q2 o q1. dell’isocosto sono uguali:
c) La quantità qo corrisponde al punto A ed è
quella massima ottenibile
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d) Non è possibile quindi combinare i fattori in STS = -w/r
un altro modo per ottenere un maggiore
livello di output Il criterio di scelta della combinazione ottima degli input,
dato il livello di output, è dato dall’uguaglianza tra le
Con la funzione di produzione con un unico fattore produttività marginali ponderate:
variabile è possibile spiegare due concetti:
poiché il saggio tecnico di sostituzione è anche uguale, in
1) Il concetto di produttività media* valore assoluto, al rapporto tra le produttività marginali dei
due fattori, perciò si avrà che PMGL/PMGK = w/r, da
La produttività media del lavoro, L, è definita come il cui a sua volta discende che il rapporto tra produttività
rapporto tra il livello di output e la quantità di input marginali del lavoro e del salario deve essere uguale al
utilizzata per ottenerlo: rapporto tra produttività marginale del capitale e costo
unitario del capitale.

Nel lungo periodo tutti i fattori sono variabili. L’impresa ha


quindi tempo per costruire un nuovo impianti, di installare
Nella figura precedentemente riportata, essa è nuove macchine e di combinare i suoi input in qualsiasi
misurata dalla pendenza del segmento 0A. proporzione e quantità.

2) La produttività marginale* Se un’impresa raddoppiasse tutti gli input, produrrebbe un


output doppio, più che doppio, o meno che doppio ?
Essa è invece l’incremento di output che si ottiene
1) I rendimenti costanti di scala: è il caso in cui un
variando di un’unità la quantità utilizzata dell’input
dato aumento % di tutti gli input produce lo stesso
incremento % di output
2) I rendimenti crescenti di scala: è il caso in cui un
dato aumento % degli input produce un aumento
più che proporzionale dell’output
Se consideriamo variazioni infinitesime, la PMGL 3) I rendimenti decrescenti di scala: è il caso in cui
diventa: un dato aumento % degli input produce un
aumento meno che proporzionale di output

L’espressione “di scala” utilizzata significa che tutti gli input


aumentano nella stessa proporzione. Quindi i rendimenti
essa è misurata dalla pendenza della tangente nel decrescenti di scala sono cosa molto diversa dalla
punto della funzione di produzione in cui viene produttività marginale decrescente dove solo il fattore
calcolata. variabile aumenta.

Le differenze citate sono illustrate nella seguente tabella:


La seguente figura mostra la
funzione di produzione ( parte superiore ) e le
curve di produttività media e marginale ( parte
inferiore)

a) Nel breve periodo, la nostra impresa dispone


dell’input 1 solo in quantità fissa, 3 unità.
L’output può essere aumentato solo usando
quantità maggiore del fattore variabile ( input 2 .
b) Nel lungo periodo, tuttavia, sia l’input 1 sia l’input
2 sono variabili.

Miriam La Rosa
a) Nel breve periodo, gli effetti della produttività
marginale decrescente si manifestano in un
aumento dell’output a tassi via via decrescenti
( da 25 a 45.. ) in seguito ad un incremento
unitario dell’input 2.
b) Nel lungo periodo, la tabella riporta i rendimenti
crescenti di scala: quando entrambi gli input
aumentano, l’output aumenta più che
proporzionalmente ( da 15 a 35.. )

Il concetto di “rendimenti crescenti” è strettamente


connesso a quello di “economie di scala”.

 Un’impresa gode di economie di scala se i costi


medi di produzione diminuiscono all’aumentare
della quantità prodotta.
Nel breve periodo, la produzione è soggetta alla
legge della produttività marginale decrescente , una Presentiamo ora alcuni esempi, in cui diverse sono le
delle “leggi” economiche più note. ragioni per cui si manifestano le economie di scala:

Es: consideriamo un’azienda agricola. Essa ricorre a 1) Specializzazione e divisione del lavoro: negli
due fattori della produzione: impianti di grandi dimensioni, i lavoratori possono
svolgere mansioni semplici e ripetitive. La
1) Terra, fattore fisso
specializzazione e la divisione del lavoro riducono
2) Lavoro, fattore variabile l’addestramento necessario e consentono ai
lavoratori di diventare molto efficienti nelle loro
Poiché l’offerta di terra è fissa, la produzione di mansioni, specie nel lungo periodo.
ciascun periodo può essere aumentata solo 2) Indivisibilità: alcuni input hanno dimensioni
aumentando il numero di lavoratori. prestabilite e sono indivisibili. L’esempio più ovvio
è quello dei macchinari.
Se un numero sempre crescente di lavoratori affolla Consideriamo una mietitrice che consenta di
la superficie fissa di terra, essa non potrebbe raccogliere più prodotti: una piccola impresa
produrre una quantità infinita di raccolto. agricola non potrà sfruttarla a pieno, poiché
questo tipo di macchina è conveniente solo per
Ad un certo punto, l’incremento di output imputabile a aziende agricole di grandi dimensioni.
ciascun lavoratore aggiuntivo inizierà a diminuire. Il problema dell’indivisibilità* si complica quando
diverse macchine, hanno dimensioni diverse.
Ad esempio, se per la produzione occorrono 2
Ora siamo in grado di spiegare gli andamenti macchine, una che produce e l’altra che
confeziona, e la prima produce 6 unità ma la
delle curve rappresentate nella figura precedente:
seconda ne confeziona 4 al giorno, allora per
utilizzare pianamente la capacità produttiva si
1) Produttività marginale: la sua curva è dovranno produrre almeno 12 unità al giorno.
dapprima crescente; ( quantità aggiuntive di 3) Il principio del “contenitore” : qualsiasi bene
input determinano un aumento più che capitale usato come contenitore come i container
proporzionale dell’output) . sarà tanto meno costoso per unità di prodotto
A un certo punto, in corrispondenza di L1, per quanto maggiore è la sua dimensione.
la legge enunciata, la produttività marginale  Il costo di un container dipende dai
diventa decrescente; ( quantità di input materiali utilizzati per costruirlo e quindi
determinano un aumento meno che dalla sua superfice.
proporzionale dell’output )  L’output prodotto dipende in gran parte

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dal suo volume
2) Produttività media: l’andamento della sua
curva dipende da quello della produttività
marginale. Quanto più grande è il container, tanto maggiore sarà il
Nel suo tratto crescente la produttività media rapporto tra il suo volume e la sua superficie.
giace sempre al di sotto della produttività
4) Maggiore efficienza dei grandi macchinari: i quali
marginale, fino ad intersecarsi nel punto di
possono essere più efficienti nel senso che
massimo di PMEL in corrispondenza di L 2; possono produrre una quantità maggiore di
Nel suo tratto decrescente la produttività output per un dato ammontare di input.
media sta sempre al di sopra della 5) Prodotti congiunti: la produzione su larga scala
produttività marginale. potrebbe generare prodotti di scarto in quantità
a) Se unità aggiuntive di input provocano un sufficiente da ottenere alcuni prodotti congiunti.
aumento della produttività marginale 6) Produzione a stadi successivi: un’industria di
superiore alla media, esse provocano un grandi dimensioni può essere in grado di eseguire
aumento di quest’ultima molte fasi produttive al suo interno. Ciò permette
b) Se unità aggiuntive di input provocano una di risparmiare tempo e ridurre il costo di trasferire
produttività marginale inferiore alla i prodotti semifiniti da un’azienda all’altra.
media, esse fanno diminuire la
produttività media.
Ci sono altre economie di scala associate alle dimensioni
c) Essa rimane invariata quando è uguale
di impresa…
alla produttività marginale
1) Economie di organizzazione: in un’impresa di
grandi dimensioni, ciascun impianto può
specializzarsi in funzioni diverse.
2) Incidenza dei costi comuni: ci sono alcuni tipi
di spesa che soddisfano il criterio di
economicità solo quando l’impresa è grande,
Consideriamo ora il caso in cui nel lungo periodo i come le spese in ricerca e sviluppo: solo
due input sono variabili ( q = q ( L, K ) ) un’impresa di grandi dimensioni può
permettersi di costruire un laboratorio di
 A partire da questa funzione, è possibile ricerca.
fissare un livello di output, ad esempio q o, e 3) Economie finanziarie: le imprese di grandi
ottenere tutte le coppie possibili dei due input dimensioni possono ottenere finanziamenti a
che permettono di produrre tale quantità. tassi di interesse inferiori rispetto alle
imprese più piccole.
La seguente figura rappresenta nel piano ( L, K ) 4) Economie di varietà ( o scopo ): spesso
diverse curve, ognuna delle quali corrisponde a una un’impresa è di grandi dimensioni perché
diversa quantità di output prodotto. produce una vasta gamma di prodotti. Di
conseguenza, potrebbe accadere che ogni
singolo prodotto sia realizzato a un costo
minore rispetto a quello sostenuto da
un’impresa monoprodotto.

Quando le imprese superano una data


dimensione, i costi unitari potrebbero anche
aumentare. Queste “diseconomie” di scala
potrebbero essere dovute a varie ragioni:

1) Potrebbero sorgere problemi gestionali di


coordinamento
2) I lavoratori possono sentirsi alienati se il loro

Miriam La Rosa
lavoro è noioso e ripetitivo
3) Le relazioni industriali tra datori e lavoratori (e
sindacati) possono peggiorare
4) La produzione a catena e le complesse
interdipendenze della produzione possono essere
destabilizzanti per l’intera impresa se sorgono
problemi in una fase del processo

Ognuna di queste curve prende il nome di isoquanto* Quando la dimensione di un’industria, aumenta,
e raffigura tutte le combinazioni dei due input che possono sorgere economie esterne di scala per le
permettono di produrre la stessa quantità di output. imprese che ne fanno parte.

1) La “mappa degli isoquanti”di produzione Questo significa che un’impresa, qualunque siano le sue
rappresentata non è molto lontana dalle dimensioni, beneficia della dimensione dell’intera industria.
curve di indifferenza..
 Ad esempio, l’impresa può trarre vantaggio dalla
maggiore disponibilità di fornitura specializzata di
 A curve più lontane dall’origine materie prime, di forza lavoro.
corrispondono livelli di produzione maggiori
 Gli isoquanti sono decrescenti
 È impossibile che due isoquanti si Le imprese di una particolare industria potrebbero
intersechino anche sperimentare diseconomie esterne di scala.
 Gli isoquanti sono curve convesse: a causa
della legge della produttività marginale Ad esempio, quando un’industria cresce di dimensioni
decrescente, riducendo il lavoro di un’unità potrebbero scarseggiare specifiche materie prime. Ciò
a partire da una dotazione abbondante ( L 1 farebbe aumentare il prezzo di tali fattori e di conseguenza
) la quantità di capitale che bisogna anche i costi sostenuti dall’impresa.
aggiungere per lasciare invariata la
N.B poiché nel lungo periodo non ci sono fattori fissi, non
quantità di output è minore di quella che ci sono neppure costi fissi di lungo periodo, perciò:
bisognerebbe aggiungere quando si sottrae
un’unità di lavoro a partire da una Adesso, ci concentriamo sulla curva di costo medio di
dotazione più bassa ( Lo )  infatti, il lungo periodo ( CMELP ), che può avere diverse forme,
segmento b è minore del segmento a. ma quella tipica è illustrata nella seguente figura:

Il saggio tecnico marginale di sostituzione STs ci dice


di quanto deve aumentare il capitale nel caso di una
riduzione unitaria del lavoro se si vuole mantenere
costante la produzione di output.

E’ possibile mostrare come il STs sia uguale al Spesso si ipotizza che all’aumentare delle dimensioni di
prodotto delle produttività marginali dei due input: un’impresa ci siano inizialmente economie di scala ( con
una curva decrescente ), che dopo un certo punto tutte le
economie di scala vengano sfruttata e la curva diventa
orizzontale, poi, dopo un certo tratto, l’impresa diventerà
talmente grande che inizieranno a manifestarsi
diseconomie di scala e quindi il CMELP diventerà
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Crescente
L’effetto complessivo sarà quindi una curva a U come
illustrato in figura.

Le ipotesi alla base di tale affermazione sono 3:


Analizziamo ora come variano i costi al variare della
quantità prodotta dall’impresa. 1) I prezzi dei fattori sono dati: si ipotizza che per
ogni determinato livello di output l’impresa
 Ovviamente, dovendo decidere quanto fronteggi un insieme dato di prezzi dei fattori. Se i
produrre, è necessario conoscere i costi prezzi cambiano, di conseguenza le curve di
associati a ciascun livello di output. costo sia di lungo che di breve periodo si
spostano. Ad esempio, un aumento dei salari fa
spostare le curve verso l’alto.
I costi di produzione dipendono quindi dalla quantità
 I prezzi dei fattori possono essere tuttavia
di input utilizzato e più precisamente da: differenti per livelli diversi di output. Ad esempio,
una delle possibili fonti di economie di scala è
a) Dalla produttività dei fattori, poiché quanto è data dalla capacità delle imprese di ottenere
maggiore tale produttività, minore è la sconti per grandi forniture di materie prime. In
quantità di input necessaria per produrre un casi del genere le curve non si spostano.
dato livello di output e quindi minori i costi di 2) Lo stato della tecnologia e la qualità dei fattori
produzione sono dati: l’ipotesi è che questi elementi possano
b) Dal prezzo dei fattori: quanto maggiore è il cambiare solo nel lunghissimo periodo. Se
loro prezzo, tanto maggiori saranno i costi di un’impresa riesce a ottenere economie di scala, è
produzione. perché è stata in grado di sfruttare la tecnologia
esistente.
Se i prezzi dei fattori produttivi sono dati e se, data la 3) L’impresa sceglie per ogni livello di output la
combinazione dei fattori che minimizza i costi:
funzione di produzione, scegliamo opportunamente la
questa ipotesi implica che le imprese operino in
quantità di fattori in modo da minimizzare i costi di modo efficiente. Se un’impresa non operasse in
produzione, allora il costo di produzione dipenderà modo efficiente, starebbe producendo in un punto
solo dalla quantità di output: sopra la curva CMELP.

Ct = Ct ( q )
La relazione tra curve di costo medio di breve e lungo
Nel breve periodo, i costi sostenuti per acquisire i periodo
fattori fissi non variano con l’output prodotto . La
rendita sulla terra è infatti un costo fisso e non
dipende dalla quantità prodotta. Consideriamo un’impresa con un solo impianto e con una
curva di costo medio di breve periodo CMEBP, illustrata
Invece, il costo totale dei fattori variabili varia con nella seguente figura:
l’output. Il costo delle materie prime è infatti un costo
variabile (tanto più si produce, tanta più quantità di
materie prime viene utilizzata)

La seguente figura mostra l’andamento del costo


totale in funzione del livello di output ( q ).

a) Nel lungo periodo, l’impresa può costruire


impianti, se ciò risulta profittevole. Se in tal modo
riesce a beneficiare di economie di scala, ogni
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impianto successivo le consentirà di spostarsi
una curva diversa CMEBP,
b) Quindi, con due impianti fronteggerà la curva
CMEBP2 , con 3 impianti la curva CMEBP3 e
così via.
c) Ogni curva CMEBP corrisponde a un certo
ammontare del fattore che risulta essere fisso nel
breve periodo.
d) Da questa serie di curve di costo medio di breve
periodo possiamo derivare la curva di costo
medio di lungo periodo, costruita come inviluppo
a) Poiché il costo fisso non varia con la quantità inferiore delle curve di costo medio di breve
prodotta, esso è rappresentato da una retta periodo.
orizzontale
b) Il costo variabile, varia al variare dell’output e Infatti, nel lungo periodo, l’impresa può scegliere su quale
CMEBP posizionarsi in funzione della quantità di output
passa per l’origine degli assi ( infatti, se
che programma di produrre con l’obiettivo di minimizzare il
l’impresa non producesse nulla avrebbe costo medio di produzione.
bisogno di alcun fattore di produzione
variabile, il cui costo sarebbe pari a 0 )
c) La curva di costo totale ( Cf + Cv ) è data da
una semplice traslazione verticale della curva
di costo variabile. La forma della curva del Una ripartizione temporale più precisa :
costo totale e quindi del costo fisso è dovuta
alla legge della produttività marginale a) Brevissimo periodo: tutti i fattori sono fissi. La
decrescente: quando vengono utilizzate produzione è fissa. La curva di offerta è verticale.
poche unità del fattore variabile, il costo Di giorno in giorno l’impresa può non essere in
aumenta meno che proporzionalmente grado di variare la produzione.
Ad esempio, quando un fioraio ha già acquistato
rispetto alla quantità utilizzata del fattore ( ad
dal grossista i fiori per un’intera giornata, non può
esempio, un impresa con una dotazione data variare la quantità di fiori messi in vendita quel
di macchine impiega un maggior numero di giorno.
lavoratori: inizialmente essi possono svolgere b) Breve periodo: almeno un fattore è offerto in
mansioni sempre più specializzate facendo quantità fissa. L’impresa può produrre di più, ma
un migliore uso delle macchine disponibili. così facendo subirà la legge della produttività
Quando però il fattore variabile aumenta oltre marginale decrescente.
una certa soglia ( M ) si manifesta la legge c) Lungo periodo: tutti i fattori sono variabili.
della produttività marginale decrescente, L’impresa può presentare rendimenti di scala
poiché le ultime unità di fattore consentono di costanti, crescenti o decrescenti.
d) Lunghissimo periodo: non solo tutti i fattori sono
produrre sempre meno output. )
variabili, ma la loro qualità e produttività può
essere cambiata.
Oltre ai costi totali elencati, vi sono altre due
 La produttività può aumentare grazie a
categorie di costo importanti per l’analisi dei profitti: formazione, addestramento e la
produttività del capitale può aumentare
1) Il costo medio ( CMe ) è il costo per unità di per effetto di nuove invenzioni
produzione  Il miglioramento della qualità permette di
ridurre i costi
CME = CT/ q

Es. se produrre 100 unità di un prodotto costa 2.000


euro, il costo medio sarà 20 euro per unità
( 2.000/100 ).

Anche il costo totale può essere suddiviso in fisso e


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variabile. Quindi esso è uguale alla somma tra costo
fisso medio ( CFMe = CF/ q ) e costo variabile medio
( CVME = CV / q )

CME = CFME + CVME

2) Il costo marginale ( CMG ) è l’incremento di


costo che si sostiene per produrre un’unità in
più

CMG = ∆CT/∆q

Es. consideriamo un’impresa che produce un milione


di scatole di fiammiferi al mese. Essa decide di
aumentare l’output di 1.000 scatole ( ∆q = 1.000 ) .
Assumiamo che i costi totali aumentino di 40 euro
( ∆Ct = 40 ). Qual è il costo per produrre una scatola
aggiuntiva di fiammiferi ?

N.B tutti i costi marginali sono variabili, poiché non ci


sono costi aggiuntivi fissi quando la produzione
aumenta.

La seguente tabella mostra i costi di un’ipotetica


impresa in un dato periodo di tempo, e come ottenere
i costi medi e marginali del costo totale.

a) I costi fissi sono pari a 12


b) I costi variabili sono riportati in terza colonna
c) Le ultime 4 colonne sono state ottenute dalle
prime quattro

Miriam La Rosa
Che forma avranno le curve CFMe, CVMe, CMe e
CMg ?

Un caso tipico è illustrato nella seguente figura:

1) Costo marginale ( CMG ): anche la sua curva


è influenzata dalla legge della produttività
marginale decrescente. Inizialmente, le unità
aggiuntive di output costano meno di quelle
precedenti, in quanto vengono impiegate
quantità inferiori di fattore variabile ( CMG
diminuisce ). Con il manifestarsi della legge,
oltre un certo livello di output ( il punto A in
cui la curva ha un punto di minimo ) CMG
cresce al crescere della quantità prodotta, in
quanto si richiedono quantità sempre
maggiori di fattore variabile per aumentare la
produzione.
2) Costo fisso medio ( CFME ) : diminuisce
all’aumentare dell’output, poiché i costi fissi
totali sono distribuiti su una quantità sempre
maggiore di prodotto.
3) Costo medio ( CME ): la sua forma dipende
dalla forma della curva CMG. Finché unità
aggiuntive di output costano meno della
Miriam La Rosa
media, esse riducono il costo medio. Quindi,
se CMG è minore di CME, CME è
decrescente. Allo stesso modo, se unità
aggiuntive di output costano più della media,
esse aumentano il costo medio. Quindi, se
CMG è maggiore di CME, CME cresce.
Pertanto la curva CMG interseca la curva
CME nel punto di minimo di CME ( punto C )
4) Costo variabile medio ( CVME ): poiché
CVME = CME – CFME, la curva CVME è
semplicemente la differenza verticale tra le
curve CME e CFME. Si noti che quanto più
piccolo è CFME, tanto più la differenza tra
CVME e CME si riduce.
Poiché tutti i costi marginali sono variabili,
CMG e CVME sono uniti dalla stessa
relazione che lega CMG e CME.
Cioè, se CMG è minore di CVME, CVME è
decrescente; se CMG p maggiore di CVME,
CVME è decrescente.
Quindi, come con la curva CME, la curva
CMG interseca la curva CVME nel punto di
minimo di CVME ( punto B )

4. Come variano i ricavi al variare del livello della produzione

Miriam La Rosa
N.B ricordate che il profitto totale dell’impresa è dato dalla differenza tra i suoi ricavi totali e i suoi costi totali di
produzione

Anche nel caso dei costi, possiamo distinguere 3 concetti:

1) Ricavo totale ( RT ): è dato dalle entrate che l’impresa ottiene in un certo periodo di tempo in seguito alla
vendita di una data quantità di prodotto ( q )

Es. se un’impresa vende 1.000 unità ( q ) al mese al prezzo di 5 euro l’una ( p ), il suo ricavo mensile totale sarà 5.000
euro: 5 x 1.000 ( p x q )

RT = pq

2) Ricavo medio ( RME ): è l’ammontare che l’impresa ottiene per un’unità venduta:

RME = RT / q
Es. Quindi, se l’impresa ottiene 5.000 euro ( RT ) dalla vendita di 1.000 unità ( q ) otterrà 5 euro per ogni unità. Quindi
questo è il prezzo.

RME = p
3) Ricavo marginale ( RMG ): è l’incremento di ricavo ottenuto dalla vendita di un’unità aggiuntiva in un dato
periodo di tempo.

Quindi, se un’impresa vende 20 unità in più in un mese rispetto a quanto non si aspettasse di vendere, ricavando 100
euro in più, ottiene 5 euro per ogni unità aggiuntiva venduta:

RMG = 5 €
RMG = ∆RT / ∆q
Ora dobbiamo vedere come queste tre funzioni di ricavo variano con l’output. L’andamento di queste funzioni dipende
dalle condizioni di mercato in cui l’impresa opera ( un’impresa che sia troppo piccola per poter influenzare il prezzo di
mercato ha funzioni di ricavo diverse da quelle di un’impresa che ha influenza )

Se un’impresa è troppo piccola rispetto alle dimensioni del mercato, dovrà accettare come un dato il prezzo di
mercato determinato dall’interazione tra domanda e offerta. A tale prezzo essa sarà in grado di vendere quanto
output è in grado di produrre, come illustrato nella seguente figura:

La figura a) mostra domanda e offerta di


mercato. Il PE è 5 euro.

La figura b) mostra la domanda per una


singola impresa che sia sufficientemente
piccola rispetto alle dimensioni del mercato

Date le dimensioni dell’impresa, qualunque


variazione dell’output non è in grado di
influenzare il prezzo di mercato. A questo

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prezzo, l’impresa fronteggia una curva di domanda orizzontale: può vendere 200 unità, 600, 1200 senza influenzare il
prezzo. Il ricavo medio perciò è costante ed è pari a 5 euro.

Nel caso di una curva di domanda orizzontale il ricavo marginale è uguale al ricavo medio, in quanto la
vendita di un’unità aggiuntiva a un prezzo costante non farà che aggiungere quell’ammontare al ricavo totale. Se
un’unità addizionale viene venduta a 5 euro, verranno ricavati 5 euro in più.

Poiché il prezzo è costante, all’aumentare della quantità venduta, il ricavo totale aumenta a un tasso
costante. La curva RT è quindi una linea retta passante per l’origine e il prezzo rappresenta sia il ricavo medio
sia il ricavo marginale.

Se l’impresa intende vendere di più, deve accettare una riduzione del prezzo. Volendo ottenere un aumento del prezzo,
deve accettare una riduzione della quantità venduta.

Ricordiamo che il ricavo medio uguaglia il prezzo. Nel caso in cui quest’ultimo debba essere ridotto per
incrementare le vendite, anche il ricavo medio diminuirà all’aumentare dell’output.

La seguente tabella riporta un esempio numerico relativo a un’impresa con una curva di domanda decrescente:

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Quando un’impresa ha una curva di domanda decrescente, il ricavo marginale è inferiore al ricavo medio e può anche
essere negativo. Perché?

Se l’impresa vuole vendere di più, deve abbassare il prezzo, il quale va ridotto non solo sulle unità aggiuntive che si
spera di vendere, ma su tutte le unità di prodotto.

Quindi il Ricavo Marginale è dato dal prezzo al quale viene venduta l’ultima unità di prodotto al netto della perdita dovuta
alla riduzione del prezzo sulle unità che si sarebbero potute vendere a un prezzo maggiore.

Questo è quanto illustrato nella tabella precedente:

a) Assumiamo che il prezzo corrente sia 7 euro.


b) A questo prezzo vengono vendute 2 unità
c) L’impresa ora desidera vendere un’unità in più, per cui decide di ridurre il prezzo a 6 euro dalla vendita della
terza unità, ma perde 2 euro sulle unità che avrebbe potuto vendere a un prezzo pari a 7 euro.
d) Il suo guadagno netto è quindi: 6 – 2 = 4 euro, questo è il ricavo marginale ( il ricavo addizionale ottenuto
dall’impresa dalla vendita un’unità in più )

Vi inoltre una relazione tra ricavo marginale ed elasticità della domanda:

 se la domanda è elastica, una riduzione del prezzo provoca un aumento più che proporzionale della quantità
domandata e quindi dei ricavi. = il ricavo marginale è positivo
 Se invece la domanda è anelastica, una riduzione del prezzo provoca un aumento meno che proporzionale
delle vendite. In questo caso la riduzione del prezzo prevale sull’aumento delle vendite e il ricavo totale
diminuisce. = Il ricavo marginale è negativo

Il Ricavo totale è dato dal prezzo per la quantità, come illustrato nella tabella precedente. La colonna RT della
tabella è disegnata nella seguente figura:

a) La curva RT non è una retta, ma una curva dapprima crescente e poi decrescente. Perché?
 Fino a quando il ricavo marginale è positivo un aumento dell’output fa aumentare il ricavo totale.
Ma quando il ricavo marginale diventa negativo, il ricavo totale diminuisce.
b) Il punto massimo della curva RT si trova in corrispondenza di RMG = 0, in cui l’elasticità della domanda in
valore assoluto è uguale a 1.

5.La determinazione del livello di produzione che dà luogo al massimo profitto per l’impresa
Miriam La Rosa
Ora, possiamo unire costi e ricavi per determinare l’output in corrispondenza del quale il profitto è massimo, e trovare
anche a quanto ammonta tale profitto.

Ci sono due modi per arrivarci:

1) Il primo consiste nell’utilizzare le curve di costo e ricavo totale


2) Il secondo passa attraverso le curve di costo e di ricavo medio e marginale ( più complicata ma più utile per
confrontare la massimizzazione del profitto in diverse condizioni di mercato )

1 La seguente tabella mostra i valori numerici del costo, del ricavo e del profitto totali in corrispondenza della
quantità prodotta.

a) Il profitto totale si trova sottraendo CT da RT. Quando esso è negativo, l’impresa è in perdita.
b) Il profitto totale è massimo per un output di 3 unità, cioè quando la differenza è massima, infatti in
corrispondenza di questo output, il profitto totale è 4 euro ( 18 – 14 )

Le curve Rt, Ct e profitto sono disegnate nella seguente figura:

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2 La seguente tabella raccoglie i valori numerici che si ottengono dai dati della tabella precedentemente
illustrata:

Sono due le fasi per determinare il profitto massimo ottenibile da un’impresa:

FASE 1 : usiamo le curve marginali per determinare l’output che massimizza il profitto

Quando il profitto è massimo, RMG è uguale a CMG: la tabella qui sopra riportata infatti, mostra che il ricavo marginale è
uguale al costo marginale per un output pari a 3, rappresentato nel punto E della seguente figura:

Per capire per quale motivo il profitto è massimo quando RMG = CMG bisogna chiedersi cosa succede se al contrario,
RMG non è uguale a CMG.

a) Per livelli di output inferiori a 3, RMG eccede CMG. Ciò significa che la produzione di ulteriori unità
contribuirebbe più all’aumento dei ricavi che non all’aumento dei costi. Il profitto aumenta.
b) Per livelli di output superiori a 3, CMG eccede RMG. Quindi, tutti i livelli di produzione superiori a 3
contribuiscono più all’aumento dei costi che non all’aumento dei ricavi, per cui il profitto diminuisce.

Miriam La Rosa
FASE 2: usiamo le curve medie per misurare l’ammontare del profitto

Una volta trovato il livello di output che massimizza il profitto, usiamo le curve medie per misurare l’ammontare del
profitto. Le curve marginali e medie corrispondono ai valori della tabella ( sx ) e sono riprodotte nella figura ( dx )

a) Come prima cosa, si trova il profitto medio, dato da RME –


CME: in corrispondenza dell’output che massimizza il profitto ( q=3 ), si ottiene un valore del profitto medio pari
a 6 – (14/3 ) = 4/3 €

b) Allora il profitto totale si ottiene moltiplicando il profitto medio per l’output:


π = ( p – CME ) q

Miriam La Rosa
che è rappresentato dall’area ombreggiata della seguente figura:

c) L’area ombreggiata è pari a (4/3) x 3 = 4 €.

Il significato di profitto...
Una componente del costo è data dal costo-opportunità della gestione dell’impresa che deve sostenere il proprietario,
che è pari al rendimento minimo che egli deve ottenere dal capitale investito nell’impresa affinché non decide di
chiedere.

Al pari di salari e rendite, si tratta di un costo che deve essere coperto per continuare a dedicarsi all’attività
imprenditoriale. Questo costo-opportunità è talvolta chiamato anche profitto normale.

Questo tasso normale di profitto è determinato da due componenti:

a) Tasso di interesse privo di rischio


b) Premio per il rischio

Minimizzazione delle perdite…


Potrebbe darsi che non ci sia alcun livello di output che consenta all’impresa di ottenere profitti positivi. Tale situazione è
illustrata nella seguente figura:

Miriam La Rosa
a) La curva CME sta al di sopra della curva RME per ogni livello di produzione
b) L’output per cui RMG = CMG sarà quello che minimizza la perdita
c) L’ammontare della perdita è mostrato dall’area ombreggiata

Produrre o non produrre?


Il breve periodo Il lungo periodo

L’impresa continuerà a produrre a condizione che sia Se l’impresa non può coprire i suoi costi medi di
in grado di coprire almeno i suoi costi variabili. Se lungo periodo ( che includono il profitto normale )
non può coprirli, dovrà chiudere. Questo accade nel chiuderà.
caso in cui la curva CVME sta al di sopra di RME, Il punto di chiusura di lungo periodo si troverà dove la
come illustrato in figura: curva RME è tangente alla curva CMELP

Miriam La Rosa
CAPITOLO 5 - FORME DI MERCATO

1. La distinzione tra le diverse forme di mercato


2. La determinazione dell’equilibrio di concorrenza perfetta sia di breve sia di lungo periodo
3. La descrizione del monopolio e la determinazione dell’equilibrio
4. La differenziazione dei beni e la concorrenza monopolistica: determinazione dell’equilibrio di breve e
lungo periodo
5. L’equilibrio in un oligopolio nel caso sia di collusione sia di non collusione
6. Un confronto tra le implicazioni delle diverse forme di mercato sul benessere sociale

Cosa determina l’ammontare del profitto di un’impresa? Il profitto sarà alto, sufficiente appena per
sopravvivere o basso tale da costringere l’impresa a chiedere? Il prezzo praticato al consumatore sarà alto o
basso ?

 Per rispondere a queste domande, è necessario analizzare il contesto di mercato in cui un’impresa
opera.

Es. se un’impresa si trova ad operare in un ambito fortemente competitivo si comporterà in modo diverso rispetto a
un’impresa che non subisce alcuna concorrenza. La prima, infatti sarà costretta a mantenere i prezzi bassi e a essere
più efficiente possibile.

Il grado di concorrenza

Quanta concorrenza deve affrontare un’impresa?

Le diverse forme di mercato si distinguono in base al loro grado di concorrenza* che si determina tra le imprese. E’
possibile individuare 4 forme prevalenti di mercato:

1. A un estremo, quello del massimo grado di concorrenza tra le imprese  CONCORRENZA PERFETTA
( ciascun impresa è talmente piccola rispetto all’intera industria da non avere alcuna influenza sul prezzo, viene
detta infatti price-taker )
2. All’altro estremo vi è il MONOPOLIO, nel quale opera una sola impresa che non subisce alcuna concorrenza
3. Situazioni intermedie sono date dalla CONCORRENZA MONOPOLISTICA, nella quale diverse imprese, pur
avendo potere di mercato, non sono protette da barriere all’entrata
4. Un’altra situazione intermedia è l’OLIGOPOLIO, caratterizzato da un numero ridotto di imprese protette da
barriere all’entrata

N.B gli ultimi due casi vengono definiti di “CONCORRENZA IMPERFETTA”

Per distinguere ulteriormente le quattro forme di mercato, consideriamo i seguenti punti:

 Il grado di liberalità con cui nuove imprese possono entrare nell’industria


 La natura del prodotto ( prodotto omogeneo o differenziazione di prodotto? )
 Il grado di controllo sul prezzo da parte delle imprese ( l’impresa è price-taker o è libera di scegliere il suo
prezzo? Quanto è elastica la domanda? Se l’impresa aumenta il prezzo…
a) Perderà tutte le vendita ( curva di domanda orizzontale )
b) Perderà gran parte delle vendite ( curva di domanda relativamente elastica )
c) Perderà solo una piccola parte delle vendite ( curva di domanda relativamente anelastica ) ?

Miriam La Rosa
La seguente tabella mostra le principali differenze tra le quattro forme di mercato individuate, in base ai parametri più
importanti.

E’ importante comprendere come la struttura di mercato in cui un’impresa opera sia determinante per il comportamento
( o condotta ), che a sua volta influenza la performance dell’impresa, in particolare i suoi profitti, e a volte anche le
performance delle altre imprese. ( N.B la condotta aggregata di tutte le imprese influenza la performance dell’intera
industria )

A partire dal lavoro di Joe Bain, si è pensato all’esistenza di una relazione che lega la struttura del mercato alla
condotta delle imprese e quest’ultima alla performance dell’industria:

STRUTTURA  CONDOTTA  PERFORMANCE

CONCORRENZA PERFETTA

Questo modello si basa su 4 ipotesi fondamentali:

1) Esiste un numero elevato di imprese nell’Industria, di conseguenza, la singola impresa produce una quota
trascurabile dell’offerta totale
2) Tutte le imprese producono un prodotto identico e omogeneo. Gli acquirenti quindi non distinguono tra marche
se sono esposti a pubblicità persuasiva
3) Acquirenti e venditori hanno una conoscenza perfetta del mercato poiché tutte le informazioni sono di pubblico
dominio
4) Esiste completa libertà di entrata e di uscita nell’industria da parte di nuove imprese.

Le prime tre ipotesi, implicano che nessuno può influire sul prezzo. Tutti i clienti e le imprese sono quindi price-takers.

Miriam La Rosa
Ipotizziamo che nel breve periodo il numero di imprese dell’industria non possa aumentare poiché non vi è tempo per
l’entrata di nuove imprese. Illustriamo nei seguenti grafici l’equilibrio di breve periodo di un’industria ( a ) e di un’impresa
( b ) in condizioni di concorrenza perfetta:

Entrambe le parti del grafico hanno la stessa scala sull’asse verticale , mentre gli assi orizzontali hanno scale diverse, in
quanto la prima misura la quantità scambiata nell’industria ( Q ) mentre la seconda si riferisce a quella relativa alla
singola impresa ( q ).

La quantità scambiata dall’industria è data dalla somma delle quantità scambiate dalle imprese esistenti:

Il prezzo ( pe ) è determinato dall’intersezione tra domanda e offerta di mercato


( fig. a ). Poiché l’impresa è price-taker, a questo prezzo ha una curva di domanda orizzontale. Essa può
vendere quanto desidera al prezzo di mercato, ma non ad un prezzo superiore.
L’impresa massimizza il profitto quando il costo marginale eguaglia il ricavo marginale, quindi a un output pari a
qe ( fig. b ) N.B proprio perché il prezzo non è influenzato dall’output dell’impresa, il RMG è uguale al prezzo.
Se la curva di costo medio ( CME ) risulta al di sotto della curva di ricavo medio, l’impresa otterrà extraprofitti.
a) L’extraprofitto unitario in corrispondenza di qe è la differenza tra RME e CME.
b) L’extraprofitto totale è dunque dato dal rettangolo ombreggiato ( fig. b )

In concorrenza perfetta, la curva di offerta di un’impresa dipende interamente dall’andamento dei suoi costi di
produzione, per questo la curva è sempre crescente.

Dal momento che il costo marginale aumenta all’aumentare dell’output, sarà necessario un prezzo più elevato per
indurre l’impresa ad aumentare il suo output.

N.B l’impresa non produrrà comunque a un prezzo inferiore al costo variabile medio minimo.

Quindi, la curva di offerta di breve periodo dell’intera industria sarà data dalla somma delle curve di offerta di breve
periodo ( CMG ) di tutte le imprese dell’industria, ovvero una somma orizzontale in senso grafico.

Miriam La Rosa
Nel lungo periodo, se le imprese già operative ottengono extraprofitti, nuove imprese saranno attirate nell’Industria.
Inoltre, le imprese già operative potrebbero trovare conveniente aumentare la produzione.

L’entrata di nuove imprese o l’espansione di imprese già esistenti porterà comunque ad un aumento dell’offerta
dell’Industria illustrato nella seguente figura:

a) In corrispondenza del prezzo p1 si ottengono extraprofitti.


b) La curva di offerta dell’industria si sposterà quindi verso destra in seguito all’entrata di nuove imprese
c) Questo provoca a sua volta una riduzione del prezzo
d) L’offerta continuerà ad aumentare e il prezzo a diminuire fino al punto in cui la curva di domanda dell’impresa è
tangente al punto di minimo della curva di costo medio di lungo periodo ( qL è quindi l’output di equilibrio di
lungo periodo della singola impresa e pL è il prezzo di equilibrio di lungo periodo ).
e) Poiché la curva CMELP è ottenuta come inviluppo di tutte le curve di CMEBP l’equilibrio di lungo periodo
soddisfa la seguente condizione:

CMELP = CMEBP = CMG = RMG = RME

Questa situazione è descritta graficamente nella seguente figura:

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La concorrenza perfetta è comunque rara nel mondo reale, ed una delle ragioni più importanti è data dalle economie di
scala:

a) In molte industrie le imprese devono essere sufficientemente grandi per sfruttare a pieno le potenziali economie
di scala, però la concorrenza perfetta implica l’esistenza di molte imprese, che devono essere
necessariamente* piccole, spesso troppo piccole per poter beneficiare di economie di scala.

Quando una piccola impresa si espande e riesce a fruire di economie di scala è in grado di praticare prezzi inferiori a
quelli delle imprese più piccole, costringendole ad uscire dal mercato.

La concorrenza perfetta è un bene per i consumatori?

Generalmente si sostiene che essa sia un bene e che dovrebbe esserci maggiore concorrenza nei mercati. Le principali
argomentazioni a favore della concorrenza perfetta sono le seguenti:

1) Il prezzo è uguale al costo marginale: se il prezzo fosse > del costo marginale, il mercato darebbe alla
produzione di unità aggiuntive del bene un valore ( p ) superiore di quanto non costi produrle. Si dovrebbe
quindi produrne di più.
2) Le imprese producono al costo medio minimo e quindi ottengono solo profitti normali, mantenendo quindi i
prezzi al livello più basso possibile.
3) Essa implica la “sopravvivenza dei migliori” poiché le imprese inefficienti, dovranno lasciare il mercato, non
essendo in grado di conseguire profitti normali. Questo risulta quindi un incentivo per le imprese ad essere
efficienti e ad investire in nuova tecnologia.

MONOPOLIO

Si ha monopolio quando opera una sola impresa nell’industria. Tuttavia, non è sempre chiaro quando un’industria debba
essere classificata come monopolistica.

Es. un’impresa tessile può avere il monopolio su alcuni tipi di tessuto, ma non su tutti i tessuti in generale. Il
consumatore potrà quindi acquistare tessuti alternativi da altre imprese.

Affinché un’impresa riesca a mantenere una posizione monopolistica, ci devono essere delle barriere* all’entrata
sufficientemente elevate, le quali possono assumere forme diverse:

a) ECONOMIE DI SCALA: se il costo medio del monopolista, a causa dell’esistenza di notevoli economie di
scala, si riduce all’aumentare della sua offerta, è possibile che non più di un produttore sia in grado di rimanere
nell’industria facendo profitto. ( monopolio naturale* ). L’erogazione di energia elettrica attraverso una rete
nazionale è un esempio.
b) ECONOMIE DI RETE: si hanno quando gli acquirenti traggono un beneficio maggiore quando è più ampia la
rete di utenti a cui possono partecipare. Per esempio, il valore d’uso di un telefono è maggiore se è possibile
chiamare numeri di tutta Europa, situazione resa possibile da una piattaforma comune europea, il GSM (Global
System for Mobile Communications)
c) ECONOMIE DI VARIETA’: è probabile che un’impresa che realizza una vasta gamma di prodotti, come
un’azienda farmaceutica che produce una vasta gamma di farmaci e cosmetici possa suddividere tra i suoi
prodotti i costi di ricerca e sviluppo, marketing etc, rendendo difficoltosa l’entrata ad una nuova impresa
monoprodotto.

Miriam La Rosa
d) DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO E FEDELTA’ ALLA MARCA: nel 1885, l’americano Gillette inventò il
rasoio di sicurezza che brevettò in seguito. Anche ora, a distanza di un secolo, nonostante il monopolio legale
sia decaduto da un pezzo, non è infrequente sentire chiamare tutti i rasoi Gillette.
e) COSTI INFERIORI PER UN’IMPRESA ESISTENTE: è probabile che un monopolista operi con costi più bassi e
vantaggiosi rispetto a un potenziale entrante, il quale avrà notevoli difficoltà a competere.

Vediamo inoltre alcune barriere basate sulla minaccia credibile di comportamento aggressivo del monopolista….

f) PROPRIETA’ O CONTROLLO DI IMPORTANTI FATTORI DI PRODUZIONE E DELLE RETIDI VENDITA:


un’impresa che controlla l’offerta di input cruciali può non metterli a disposizione dei concorrenti potenziali.
g) PROTEZIONE LEGALE: la posizione monopolistica può essere protetta da brevetti* sui processi produttivi,
diritti d’autore, licenze di vario genere. ( ad esempio, il sistema operativo Windows costituisce un esempio di
monopolio basato sul rilascio di un brevetto )
h) FUSIONI E ACQUISIZIONI: il monopolista può lanciare un’offerta di acquisto sull’entrante, scoraggiandone
l’entrata.
i) TATTICHE AGGRESSIVE: un monopolista può sostenere perdite più a lungo, per cui può iniziare una “guerra
di prezzo” lanciando massicce campagne pubblicitarie o introdurre nuovi marchi.

Per definizione in un sistema di monopolio vi è una sola impresa sul mercato e la curva dell’impresa coincide con la
curva di domanda dell’industria.

 La domanda in monopolio tende ad essere meno elastica a ogni livello di prezzo: se il monopolista aumenta il
prezzo, i consumatori non hanno alternative, o comprano a un prezzo maggiore, o rinunciano al prodotto.
 l’impresa monopolistica è in grado di influenzare il prezzo, rimanendo pur sempre vincolata dalla curva di
domanda: un aumento del prezzo ridurrà la quantità domandata, come illustrato nella seguente figura:

a) il monopolista massimizza il profitto quando


RMG = CMG, nella figura, il profitto è massimo quando l’output è pari a qm.
b) L’extra profitto è l’area cerchiata in verde

L’extraprofitto, poiché non esistono barriere all’entrata, nel lungo periodo non viene eroso dalla concorrenza.

a) Nel lungo periodo l’impresa produce quella quantità di output per cui RMG e CMG di lungo periodo sono uguali

Miriam La Rosa
PREZZO E OUTPUT NEL BREVE PERIODO

La seguente figura permette di confrontare l’equilibrio in un’industria monopolistica e in un’industria perfettamente


concorrenziale in grado di produrre un bene con la stessa tecnologia e quindi con le stesse curve di costo

a) Nell’industria monopolistica si produce la quantità Qm al prezzo pm in modo che RMG = CMG.


b) In concorrenza perfetta si produce la quantità Qc al prezzo pc ( una quantità maggiore a un prezzo inferiore )

Perché?

La ragione è che per ciascuna impresa che opera nell’industria, il ricavo marginale è uguale al prezzo  ceteris paribus,
i consumatori preferiscono la concorrenza perfetta.

PREZZO E OUTPUT NEL LUNGO PERIODO

 In concorrenza perfetta, la libertà di entrata erode l’extraprofitto e costringe le imprese a produrre nel punto di
minimo della loro curva CMELP.  ciò permette di mantenere prezzi bassi nel lungo periodo
 In monopolio, le barriere all’entrata consentono di mantenere gli extraprofitti nel lungo periodo. Il monopolista
non è costretto a operare nel punto di minimo della curva di costo medio.

Ciò implica che, ceteris paribus, in monopolio i prezzi di lungo periodo saranno più elevati di quelli in C.P e
conseguentemente la quantità scambiata sarà inferiore. Ne risulta che i consumatori preferiranno la concorrenza
perfetta, mentre per le imprese sarà vantaggioso il monopolio.  ci sarà dunque un conflitto di interessi tra consumatori
( favorevoli alla concorrenza ) e imprese ( favorevoli al monopolio )

COSTI IN REGIME DI MONOPOLIO

Nel lungo periodo, un’impresa che opera in condizioni di C.P per sopravvivere dovrà usare le tecniche più efficienti e
sviluppare nuove tecnologie.

Miriam La Rosa
Il monopolista, protetto dalle barriere all’entrata, può sempre ottenere profitti anche se non usa le tecniche produttive più
efficienti. E’ quindi meno incentivato all’efficienza, tranne che per la concorrenza per il controllo dell’impresa, che la
costringe a impegnarsi e a mantenere elevato il valore delle sue azioni in modo da renderne difficile l’acquisizione.

Quindi, i costi di produzione potrebbero essere più elevati in monopolio che in C.P

Concorrenza potenziale o potenziale monopolio?

La “teoria dei mercati contendibili” è stata sviluppata da Baumol, Panzar e Willig, e sostiene che ciò che influenza in
modo cruciale la determinazione del prezzo e della quantità non è solo la forma di mercato effettiva, ma anche
l’esistenza di una “minaccia” di concorrenza.

Es. consideriamo un’impresa di catering cui venga dato il permesso di gestire le mense di un’azienda. Essa ha quindi il
monopolio dell’offerta di cibo ai lavoratori dell’azienda, ma se inizia a praticare prezzi elevati o a servire un servizio
scadente, l’azienda potrebbe offrire la gestione della mensa a un’altra impresa. Questa “minaccia” costringerà l’impresa
di catering a praticare prezzi ragionevoli e a fornire un buon servizio.

a) MERCATI PERFETTAMENTE CONTENDIBILI: lo è un mercato quando i costi di entrata e di uscita da parte di


potenziali rivali con la stessa tecnologia del monopolista sono nulli  quindi l’entrata può avvenire
rapidamente. In questi casi, quando si presenta l’occasione di avere extraprofitti, nuove imprese entreranno nel
mercato facendo scendere il profitto del monopolista al suo livello normale.
b) MERCATI CONTENDIBILI E MONOPOLI NATURALI : a volte, per operare con una scala minima efficiente,
l’impresa monopolistica deve avere una dimensione sufficientemente grande rispetto a quella del mercato,
grande a tal punto da non lasciare spazio ad una seconda impresa. ( monopolio naturale* )

L’importanza dell’uscita senza costi

Per creare una nuova impresa di solito sono necessarie spese in impianti e macchinari. Una volta impegnato il capitale,
esso diventa un costo fisso*, il quale, se non è superiore a quello dell’impresa operativa, consentirà all’entrante di
( probabilmente ) vincere la battaglia. Ma nulla lo garantisce.

Che significa “vincere la battaglia”? In caso di insuccesso l’entrante non potrebbe semplicemente spostarsi su un altro
mercato?

 La cosa non è semplice, specie se ci sono ingenti costi di uscita. Questo accade nel caso in cui il capitale
investito non possa essere trasferito *ad altri usi*. Quindi, i costi fissi prendono il nome di “costi fissi
irrecuperabili” ( o anche “ sunk costs” ).

L’impresa che si vede costretta ad uscire si ritrova con un capitale strumentale* che non può essere utilizzato in altri
modi, scoraggiandola e consentendo all’impresa operativa di ottenere extraprofitti.

 Se invece il capitale strumentale può essere trasferito, i costi di uscita saranno nulli ( o comunque bassi ) e i
potenziali entranti saranno disposti a correre il rischio.

La possibilità di uscire senza sostenere costi incoraggia nuove imprese, consapevoli che, in caso di insuccesso,
potranno trasferire il loro capitale altrove.

CONCORRENZA MONOPOLISTICA
Miriam La Rosa
Che cosa succede se ci sono molte imprese concorrenti, ma ciascuna di esse cerca di conquistare il consumatore con
un particolare prodotto?

La maggior parte delle imprese compete con altre imprese, spesso in modo piuttosto aggressivo, senza essere
necessariamente price-takers.

 La maggior parte dei mercati si colloca quindi in una posizione intermedia rispetto agli estremi del monopolio e
della C.P = nel regno della concorrenza imperfetta ( ne esistono due tipi : 1. Concorrenza monopolistica e 2.
oligopolio )

CONCORRENZA MONOPOLISTICA OLIGOPOLIO

Il modello della concorrenza monopolistica è dovuto a Si ha oligopolio quando poche imprese offrono un
Chamberlain, e si basa sulle seguenti ipotesi: determinato prodotto. Ci sono però differenze importanti tra i
diversi tipi di oligopolio esistenti e tra i loro comportamenti.
a) Esiste un numero piuttosto elevato di imprese,
di conseguenza, ciascuna ha una quota piccola a) Possono produrre un prodotto identico
di mercato e le sue azioni non influenzano in b) Possono produrre un prodotto differenziato
modo rilevante. Non c’è interazione strategica*
tra le imprese. Gran parte della concorrenza in caso di beni differenziati si
b) C’è libertà di entrata nell’Industria gioca sulle variabili di marketing.
c) Ciascuna impresa produce un prodotto
differenziato rispetto ai concorrenti. Essa può Due caratteristiche che distinguono l’oligopolio sono:
aumentare il prezzo senza perdere tutta la
domanda. La sua curva di domanda è 1) Interdipendenza strategica tra le imprese: il profitto
decrescente. di ciascuna impresa dipende non solo dalle proprie
scelte ma anche da quelle altrui.
Un esempio possono essere i distributori di benzina, i 2) Barriere all’entrata
ristoranti, i parrucchieri.

BREVE PERIODO Gli oligopolisti possono essere mossi da due esigenze


contrastanti:
Come nelle altre forme di mercato la massimizzazione
del profitto implica che CMG = RMG. Il grafico è uguale a a) Da un lato, eliminare l’interdipendenza strategica
quello dell’impresa monopolistica, a parte il fatto che le con i rivali, colludendo con questi al fine di
curve di RME e RMG sono più elastiche: massimizzare il profitto congiunto*, comportandosi
quindi come monopolisti
b) Dall’altro, competere con i rivali per conquistare
maggiori quote di mercato

OLIGOPOLIO COLLUSIVO

Quando le imprese oligopolistiche colludono, possono


accordarsi sui prezzi, sulle quote di mercato, sulle spese in
pubblicità. Questa “collusione” riduce l’incertezza
nell’industria e il rischio di una drastica riduzione dei profitti.

 Un accordo formale di collusione è noto come


cartello*, il quale massimizza i profitti congiunti dei
partecipanti ( quindi come se fosse un monopolio..
L’impresa che opera in condizioni di concorrenza
monopolistica può ottenere extraprofitti nel breve periodo Un esempio di cartello è quello dell’OPEC, formato dai
( area in verde ) paesi produttori di petrolio e costituito nel 1960.

L’ammontare dei profitti dipende dai parametri della  La politica principale perseguita dall’OPEC è
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domanda: quanto meno elastica e quanto più spostata a evitare un’eccessiva riduzione del prezzo del
destra è la curva di domanda rispetto alla curva del costo petrolio, attraverso l’istituzione di un sistema di
medio, tanto maggiore è il profitto di breve periodo. quote produttive a carico dei suoi membri.
Quindi, un’impresa il cui prodotto sia molto differenziato
da quelli dei concorrenti potrebbe ottenere elevati profitti
di breve periodo. Nella seguente figura, la curva CMG del cartello è la somma
orizzontale delle curve CMG delle imprese appartenenti
LUNGO PERIODO all’industria e partecipanti al cartello:

Se le imprese ottengono extraprofitti, nel lungo periodo


nuove imprese entreranno nel mercato, distogliendo
clienti dalle imprese esistenti facendone diminuire quindi
la domanda.

 Il processo continuerà e la curva di domanda


delle imprese esistenti si sposterà verso sinistra
fino ad azzerare completamente gli extraprofitti.

Ci sarà equilibrio di lungo periodo solo quando non vi


saranno più extraprofitti. In tal caso non ci sarà più
incentivo ad entrare o ad uscire. a) I profitti sono massimi in q1, dove CMG = RMG.
b) Il cartello deve quindi fissare un prezzo p1, in
corrispondenza del quale verrà domandato un
output q1
c) Essendosi accordate sul prezzo praticato dal
cartello, le imprese possono competere tra loro
attraverso una concorrenza non di prezzo per
ottenere la maggior quota di mercato possibile
d) Oppure, i membri del cartello possono accordarsi
per dividersi il mercato
e) A ogni impresa verrà assegnata una quota* e la
somma delle quote deve essere q1
f) Se le quote eccedono q1, si presentano due casi:
1. Se il prezzo rimane fisso, parte dell’output è
invenduta
2. Il prezzo scende
a) La curva di domanda dell’impresa si sposta in
pL, dove è tangente alla curva CMELP. Una volta fissata la quantità che il cartello deve produrre,
b) La quantità prodotta è qL, in corrispondenza come viene decisa la quota di ogni impresa?
della quale pL= CMELP e RMG = CMGLP.
c) Per qualunque altro livello di output, CMELP è  Il metodo più probabile è l’assegnazione di quote
maggiore di p e quindi le imprese subirebbero proporzionali* alla quota effettiva di mercato che
delle perdite. ciascuna impresa aveva prima dell’accordo

CONCORRENZA DI NON PREZZO

L’impresa che opera in concorrenza monopolistica deve In molti paesi i cartelli sono illegali, considerati come mezzi
decidere, oltre che sul prezzo e l’output, anche su altre per aumentare i profitti a scapito del pubblico interesse. ( nel
variabili, come la varietà di prodotto o la pubblicità. novembre 2001, l’UE ha imposto una multa record a otto
compagnie farmaceutiche che si erano accordate in segreto
a) Sviluppo del prodotto: il cui scopo è offrire un per fissare il prezzo delle vitamine )
bene che si vende con facilità, dalla domanda Alternativamente, le imprese possono colludere tacitamente
alta o potenzialmente alta, differenziato da quelli mantenendo il loro prezzo in linea con quello delle altre
concorrenti, con una domanda anelastica per imprese. Così, evitano di scatenare guerre di prezzo o
assenza di sostituti. campagne pubblicitarie aggressive.
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b) Pubblicità: il cui scopo è vendere un prodotto,
informando i consumatori dell’esistenza del COLLUSIONE TACITA
prodotto, ma anche tentando di persuaderli ad
acquistarlo. Una pubblicità efficace aumenta la Si ha quando le imprese fissano lo stesso prezzo del
domanda e rende la curva di domanda leader, che può essere l’impresa più grande o l’impresa
dell’impresa meno elastica. che domina l’industria.
Questi due fattori non solo aumentano la domanda e  In tal caso si ha una leadership di prezzo*
quindi i ricavi, ma generano anche maggiori costi. Qual è
allora la quantità ottimale di tali variabili, quella che Il leader di prezzo può essere anche un’impresa che è
massimizza il profitto ? emersa nel tempo come la più affidabile da seguire, quella
che svolge meglio la funzione di barometro delle condizioni
1) Per ogni dato prezzo e prodotto, l’ammontare di mercato.
ottimo di pubblicità, è quello in corrispondenza
del quale il ricavo marginale ( incremento di 1. Leadership di prezzo dell’impresa dominante:
ricavo dovuto a un aumento unitario di l’impresa leader fissa il prezzo in base alle sue
pubblicità) è uguale al costo marginale congetture sulle reazioni delle altre imprese alle
( incremento di un costo dovuto a un aumento variazioni del suo prezzo. Se si aspetta che i rivali
unitario di pubblicità) aumentino il prezzo nella stessa proporzione, è
possibile costruire il seguente modello:
CONFRONTO

Spesso si dice che la concorrenza monopolistica


produca un’allocazione delle risorse meno efficiente della
C.P. Osserviamo il seguente grafico che confronta
l’equilibrio di lungo periodo per due imprese:

a) Il leader ipotizza di mantenere una quota


costante di mercato ( ad esempio il 50 % ) e
a) Un’impresa opera in concorrenza perfetta e massimizza i suoi profitti uguagliando il RMG
quindi ha una curva di domanda orizzontale: al CMG.
produce q1 al prezzo q1. b) Egli, ad esempio, sa di trovarsi nel punto A
b) L’altra impresa opera in concorrenza c) Stima inoltre la variazione della quantità
monopolistica e ha una curva di domanda domandata in seguito a una variazione del
decrescente: produce un output minore q2, a un prezzo da parte di tutta l’industria e sulla base
prezzo maggiore p2. di ciò costruisce la sua curva di domanda e la
c) L’ipotesi cruciale è che entrambe le imprese relativa curva RMG.
abbiano la stessa curva di CMELP, grazie alla d) Sceglie quindi di produrre ql al prezzo pl
quale possiamo affermare che: e) Il punto L sulla curva di domanda ( dove
1) In concorrenza monopolistica viene CMG=RMG ).
venduta una quantità di output minore a un f) Le altre imprese seguiranno quel prezzo.
prezzo maggiore rispetto alla concorrenza g) La domanda di mercato viene rappresentata
perfetta con Dm
2) Le imprese in concorrenza monopolistica h) La domanda delle imprese gregarie ( follower )
non producono in modo tale da minimizzare viene ricavata in via residuale sottraendo alla
il costo medio di lungo periodo domanda di mercato la domanda del leader,
cioè q1 - ql
Le imprese in concorrenza monopolistica, se volessero
Miriam La Rosa
aumentare il livello di produzione per minimizzare il costo La teoria si basa sul presupposto che le imprese follower
medio, vedrebbero ridursi il prezzo più del costo medio e vogliano mantenere una quota costante di mercato. In
si troverebbero quindi in perdita. realtà, è possibile che, se il leader decide di aumentare il
prezzo, al nuovo prezzo le imprese follower vogliano
- per questa ragione, esse producono con eccesso di produrre di più.
capacità produttiva, illustrato nella figura precedente
come q1—q2 2. Leadership di prezzo dell’impresa barometro:
nonostante questa non domini l’industria, il suo
Quindi, la concorrenza monopolistica si caratterizza per prezzo sarà seguito dalle imprese.
un numero abbastanza elevato di imprese che L’impresa cerca di stimare la sua curva di
producono a un livello subottimale di output, costrette domanda e quella connessa di RMG assumendo,
quindi a praticare un prezzo piuttosto elevato una quota di mercato costante delle rivali e quindi
produce dove RMG = CMG, fissando il prezzo di
conseguenza.

Quali sono i fattori che favoriscono la collusione?

1) Ci sono poche imprese che si conoscono a


vicenda
2) Non ci sono segreti riguardo a costi e tecniche di
produzione
3) Le imprese hanno costi medi simili, quindi sono
disposte a variare il prezzo nello stesso momento e
nella stessa proporzione
4) Le imprese producono prodotti simili e quindi
possono accordarsi facilmente sul prezzo
5) C’è un’impresa dominante
6) Ci sono barriere all’entrata e quindi scarso timore
di concorrenza
7) Il mercato è stabile.
8) Non ci sono leggi contrarie alle pratiche collusive

In alcuni oligopoli, potrebbero non essere presenti tali fattori.


In tali casi, è più probabile che si verifichi concorrenza di
prezzo.

Anche se c’è “collusione” ci sarà sempre la tentazione di


“tradire”, riducendo il prezzo o vendendo oltre la quota di
mercato assegnata.

Il pericolo, in questo caso, è rappresentato dalla vendetta


delle imprese del cartello e da una conseguente guerra di
prezzo, che potrebbe portare l’intero cartello alla
distruzione.

La posizione delle imprese rivali assomiglia a quelle dei


generali delle armate nemiche. Si tratta infatti di scegliere la
strategia adatta, utilizzando al meglio le informazioni per
prevedere la strategia dei rivali, e ottenere il massimo
profitto.

Il modello di Cournot: è il primo modello di


Miriam La Rosa
oligopolio non collusivo

Si consideri il semplice caso di due imprese ( duopolio ) che


producono un bene identico, ad esempio, due compagnie
elettriche che riforniscono un intero paese.

- Supponiamo che esse debbano scegliere


simultaneamente la quantità di prodotto da offrire
- Sulla base delle loro scelte, il banditore
( un’autorità che gestisce il mercato ) individuerà il
prezzo di equilibrio.

La seguente figura mostra la quantità che massimizza il


profitto per la singola impresa ( l’impresa A ad esempio ) nel
duopolio.

a) la domanda inversa di mercato è la curva DM.


b) Se l’impresa A ipotizza che la rivale, l’impresa B,
produca la quantità di prodotto qb1, la sua curva di
domanda inversa ( Da1 ) è data dalla domanda di
mercato meno qb1 unità,
c) Data la curva di domanda così ottenuta, la curva di
ricavo marginale di A è RMGa1;
d) La quantità di output che massimizza il profitto di A
è quella che assicura l’uguaglianza tra costo e
ricavo marginale, ovvero qa1.
e) Se l’impresa A assumesse che l’impresa B produca
una quantità diversa da qb1, le sue curve di
domanda e di ricavo marginale si sposterebbero
quindi varierebbe anche la quantità di output che le
permette di massimizzare il profitto.

I profitti dell’industria duopolistica sono inferiori rispetto ai


casi di monopolio o di cartello. Si ha comunque un margine
di profitto positivo: le imprese conseguono un profitto
positivo, ben superiore a quello normale ottenibile in
concorrenza perfetta nel lungo periodo.

Il modello di Bertrand
Miriam La Rosa
Un’ipotesi alternativa è che le imprese concorrano sul
prezzo, e non sulla quantità da offrire. Anche Bertrand ha
considerato un duopolio, ma le sue conclusioni valgono per
qualunque numero di imprese > di 2.

Le imprese adottano una strategia di concorrenza ( non


cooperazione ) tramite la variazione del prezzo di vendita.
Nel modello di Bertrand ogni impresa fissa il prezzo di
vendita in modo strategico, tenendo conto del prezzo di
vendita deciso dall'altra impresa.

Trattandosi di un bene omogeneo, senza alcuna


differenziazione di prodotto, i consumatori acquistano il
prodotto al prezzo più basso. In tali circostanze, le due
imprese duopoliste tendono a offrire il bene a un prezzo di
vendita leggermente più basso rispetto all’altra, al fine di
conquistare l’intera domanda di mercato.

Le due aziende avrebbero la convenienza ad accordarsi tra


loro per praticare un prezzo comune, pari al prezzo di
monopolio, per massimizzare il profitto. Dovrebbero
comportarsi come un'unica grande impresa.

Tuttavia, trattandosi di due imprese distinte, ognuna delle


due è spinta a non cooperare e a non rispettare qualsiasi
accordo comune ( strategia non cooperativa ).

Secondo Bertrand a entrambe le imprese conviene ridurre il


prezzo di vendita ( strategia aggressiva ) per conquistare
l'intera domanda di mercato.

Qualsiasi promessa di accordo è, pertanto, una promessa


non credibile. Il risultato finale è una competizione di prezzo
che porta all'azzeramento dei profitti per entrambe le
imprese ( paradosso di Bertrand ).

L'equilibrio di Bertrand è stabile quando il prezzo di mercato


del bene eguaglia il costo marginale. Avendo il medesimo
costo marginale, nell'equilibrio di Bertrand le due imprese
duopoliste si dividono il mercato al 50%. Il profitto delle due
imprese è nullo.

Equilibrio di Nash

L'equilibrio di Nash è una combinazione di strategie in cui


ciascun giocatore effettua la migliore scelta possibile
(strategia dominante ) sulla base dalle aspettative di scelta
dell'altro giocatore.
L'equilibrio di Nash è la combinazione di mosse in cui la
mossa di ciascun giocatore è la migliore risposta alla mossa
effettuata dall'altro giocatore.

 Ogni giocatore formula delle aspettative sulla


scelta dell'altro e, in base a queste, decide la
propria strategia ( "fare il meglio per sé e per gli
Miriam La Rosa
altri”)

è un equilibrio stabile, poiché nessun giocatore ha interesse


a modificare la propria decisione ( strategia ).
Ogni giocatore trae l'utilità massima possibile dalle proprie
scelte, tenendo conto della migliore scelta dell'altro
giocatore.

 Qualsiasi variazione strategica potrebbe soltanto


peggiorare la sua posizione

La curva di domanda a gomito

La curva è costruita sul presupposto che in un regime


oligopolistico il numero ristretto di imprese faccia sì che
esse si influenzino a vicenda riguardo il livello di prezzo da
stabilire per i loro prodotti, che hanno delle caratteristiche
comuni.

Ad un aumento del prezzo da parte di un'impresa, infatti,


corrisponderà uno spostamento dei propri acquirenti verso
altre imprese concorrenti che presumibilmente non
modificheranno i loro prezzi.

Al contrario, se l'impresa riduce i propri prezzi di vendita,


sarà molto probabilmente seguita dalla concorrenza, per cui
la quantità di beni addizionali che riesce a vendere sarà
relativamente esigua rispetto alla riduzione del prezzo.

La Teoria dei giochi


Gli economisti usano la teoria dei giochi* per studiare l’interazione strategica tra più soggetti, attraverso l’applicazione
dell’equilibrio di Nash è possibile individuare per ciascuna impresa la strategia migliore, data una congettura razionale
sul comportamento del rivale.

Giochi semplici con Giochi più complessi senza Giochi ripetuti Giochi sequenziali
strategie dominanti strategie dominanti

Il caso più semplice è Si può pensare a giochi A differenza delle situazioni In molte situazioni i
quello di 2 sole imprese complessi quando ci si viste precedentemente, giocatori prendono le
identiche che devono riferisce a più di due ovvero giochi uniperiodali proprie decisioni
scegliere tra due prezzi imprese. ( o one-shoot ), le imprese simultaneamente ma
alternativi. hanno la possibilità di spesso può accadere che
incontrarsi ripetutamente. uno dei due prenda
Assumiamo che entrambe In tali casi, l’attitudine l’iniziativa e l’altro debba
le imprese X e Y fissino il prudente ( maximin ) può Ciascuna impresa, quando rispondere. ( es. briscola )
prezzo a 2 euro e suggerire una politica sceglie la propria strategia,
ottengano un profitto di 10 diversa ( come il “non far deve tenere in Si intuisce che la
milioni, per un totale di 20 nulla” ) dall’attitudine considerazione tutte le caratteristica principale di
milioni ( A ) ottimista( maximax ) possibili contromosse del questi giochi è che le azioni
rivale, come nel gioco degli di un giocatore possono
Assumiamo che entrambe In situazioni complesse, le scacchi*. influenzare le azioni ottimali
Miriam La Rosa
decidano ( in modo imprese possono cambiare degli altri, e questo
indipendente ) di ridurre il strategia alla luce delle Ad ogni azione incrementa le loro possibili
prezzo a 1,80. mutate circostanze. corrisponderà una reazione strategie, che adesso non
e questo si ripeterà per un coincidono più con le
Nel prendere questa Talvolta le imprese numero indefinito di volte. possibili azioni, infatti a
decisione, devono tenere possono farsi una ( giochi in forma estesa / queste vanno aggiunte le
conto della reazione della concorrenza spietata* per giochi ripetuti ) cosiddette strategie
rivale e delle sue un certo periodo di tempo e condizionali.
conseguenze. poi rendersi conto che
nessuno ne uscirà È importante che i giocatori
Ci sono, in questo caso, vincitore. successivi abbiano
due reazioni possibili: informazioni sulle scelte
Esse potrebbero allora precedentemente effettuate
1) La rivale abbassa accordarsi per alzare i dagli altri giocatori,
il prezzo a 1,80 prezzi e ridurre la altrimenti la differenza di
2) La rivale mantiene pubblicità. tempo non avrebbe alcun
il prezzo iniziale effetto strategico.

Se X tiene il suo prezzo a 2  Albero decisionale


euro, Y potrebbe
abbassarlo a 1,80. ( C )

Se X riduce il prezzo a
1,80, i profitti di X
scenderebbero, ma a 8
milioni. In questo caso, se
X fa bene i conti,
abbasserà il prezzo a 1,80.
Y farà lo stesso
ragionamento e abbasserà
il prezzo a 1,80.

 Questa politica di
adottare la
strategia da dà il
più elevato esito
( payoff ) minimo è
chiamato maximin.

Questo gioco rappresenta


un’applicazione alle
imprese del famoso
dilemma del prigioniero:
due individui sono stati
accusati di aver commesso
un furto. Tutti i sospetti
ricadono su di loro ( perché
già arrestati in passato ) ma
la polizia non ha prove per
condannarli.

Ad ognuno di loro,
separatamente, viene
quindi detto che, in caso di
confessione di entrambi, ci
Miriam La Rosa
sarà uno sconto di pena e
che nel caso in cui confessi
uno solo dei due, questi
riceverà l’abbuono della
pena, mentre l’altro
sconterà l’intera condanna.

I ladri sanno però che in


mancanza di prove, se
nessuno dei due confessa il
furto, potranno essere
condannati per un reato
minore che comporta solo 1
anno di reclusione (payoffs)

 Anche in questo
caso la strategia
dominante
conduce a un
risultato
subottimale per i
due prigionieri

DISCRIMINAZIONE DI PREZZO

In quali circostanze le imprese possono praticare prezzi diversi a diversi consumatori?

Quali sono le conseguenze per i consumatori?

Finora abbiamo ipotizzato che un’impresa venda il suo output a un solo prezzo. Talvolta, le imprese possono decidere di
praticare la discriminazione di prezzo* vendendo il prodotto a prezzi diversi nel tentativo di massimizzare il profitto.

Esistono 3 tipi di discriminazione di prezzo ( classificazione di Pigou )

1) Discriminazione di primo grado ( o perfetta ) : per ogni unità di bene venduta viene applicato al consumatore il
prezzo che è disposto a pagare, ovvero il prezzo di riserva. Così, sarà il produttore ad appropriarsi dell’intero
surplus del consumatore
2) Discriminazione di secondo grado : ai consumatori vengono applicati prezzi diversi a seconda dei quantitativi
acquistati di un bene ( es. gli sconti fatti a coloro che acquistano grandi quantità .. )
3) Discriminazione di terzo grado: gli acquirenti possono essere identificati per una loro caratteristica esogena
osservabile ( sesso, nazionalità ). Così i consumatori vengono raggruppati in due o più segmenti, a ciascuno
dei quali può essere praticato un prezzo diverso. (es. sconti in libreria per i professori )

Per potere attuare la discriminazione di prezzo, l’impresa deve:

a) Non essere price-taker


b) I consumatori che hanno acquistato a prezzo inferiore non devono essere in grado di rivendere il prodotto

Un vantaggio importante, oltre a far aumentare i ricavi dell’impresa per qualsiasi unità venduta, è la possibilità di
costringere alcuni concorrenti ad uscire dal mercato. ( politiche predatorie di prezzo ).

CAPITOLO 6 – FALLIMENTI DEL MERCATO E INTERVENTO PUBBLICO

Miriam La Rosa
1. I principali obiettivi dell’intervento pubblico: efficienza sociale ed equità
2. I casi in cui il mercato non conduce all’efficienza sociale: i c.d fallimenti del mercato ( esternalità, beni pubblici,
monopolio )
3. Le modalità di intervento pubblico: l’imposizione di tasse o l’emanazione di provvedimenti normativi
4. L’intervento dello stato può sempre aggiustare le cose?

E’ necessario chiedersi fino a che punto si può lasciare al mercato l’allocazione delle risorse, attraverso privatizzazioni,
deregolamentazioni, riduzione della spesa pubblica e del gettito fiscale e una significativa limitazione dell’intervento
pubblico in materia economica?

Nonostante la crescente fiducia nel mercato affermatasi negli anni novanta, non sempre questo funziona come
meccanismo efficiente. Il reddito nazionale infatti, nonostante abbia la tendenza di aumentare nel tempo, è
intrinsecamente instabile e la sua distribuzione è spesso diseguale.

Sebbene la natura e la misura dell’intervento pubblico vari da paese a paese, tutti ci aspettiamo che lo Stato svolga un
ruolo fondamentale nell’economia attraverso:

a) Tutela della concorrenza


b) Regolamentazione delle imprese
c) Promulgazione di leggi che proteggono gli individui
d) Fornitura di beni pubblici importanti come l’Istruzione, l’assistenza sanitaria, ordine pubblico, sistema giudiziario

Per identificare il livello ottimo di intervento pubblico, è necessario individuare i vari obiettivi sociali che tale intervento si
prefigge di raggiungere:

1) Massimizzazione del benessere sociale


2) Efficienza sociale:
- se i benefici sociali marginali ( BMGs di produrre o consumare un bene eccedono i corrispondenti costi
marginali sociali ( CMGs ) allora diciamo che è socialmente efficiente produrre o consumare quel bene in
misura maggiore.
- Se al contrario i costi marginali sociali di produrre un bene eccedono i benefici marginali, allora è socialmente
efficiente produrne di meno.
- Se i benefici marginali sociali di un’attività sono uguali ai costi marginali, allora il livello attuale di produzione è
socialmente ottimale e non va modificato.
L’efficienza sociale rappresenta un esempio di efficienza allocativa.
Nella realtà però, il mercato conduce raramente all’efficienza in modo spontaneo: questo è in parte dovuto
all’esistenza di esternalità, al basso grado di concorrenza dei mercati, mancanza di informazioni da parte degli
acquirenti e dei venditori e in parte al fatto che l’aggiustamento dei mercati verso l’equilibrio richiede tempo.
 I mercati sono infatti in un costante stato di aggiustamento. La domanda cambia in base alle variazioni della
tecnologia, della disponibilità di risorse naturali e di costi. Nella fase di “equilibrio generale” tutti i mercati sono
in equilibrio.
 Un’economia in cui tutti i mercati siano in concorrenza perfetta e in cui non vi siano esternalità garantisce
l’efficienza sociale quando si trova nella situazione di equilibrio generale. Perché?
In assenza di esternalità i benefici del consumo affluiscono direttamente ai consumatori, quindi il beneficio
privato è uguale al beneficio sociale, quindi p = UMG = BMGs. Allo stesso modo, i costi di produzione sono
sostenuti interamente dalle imprese e non vi sono costi imposti ad altri membri della società, quindi p = CMG =
CMGs
Miriam La Rosa
UMG = BMGs = p = CMG = CMGs

Quindi

BMGs = CMGs

Dunque, l’equilibrio in ciascun mercato perfettamente concorrenziale in assenza di esternalità è socialmente


efficiente.
3) Equità: molti sostengono infatti che il libero mercato non sia in grado di realizzare una distribuzione “equa” delle
risorse, visto che permette ad alcune persone di vivere nel lusso mentre costringe altre alla miseria. E’ diffusa
tra tutte le fazioni politiche l’idea che lo stato abbia il dovere di redistribuire il reddito dai ricchi ai poveri
attraverso il sistema fiscale e i trasferimenti pubblici, e garantire ai poveri forme di protezione sociale come un
salario minimo e un sussidio di disoccupazione.

ESTERNALITA’ E BENI PUBBLICI

Il mercato non conduce all’efficienza sociale se le azioni di produttori e consumatori hanno effetti diretti sul benessere di
altri individui, oltre che sul loro, senza che il mercato ne possa tenere conto.

Tali “effetti” sono noti come “esternalità”, ovvero effetti collaterali su terzi dovuti all’attività di produzione o di consumo.
Esse possono essere positive o negative.

ESTERNALITA’ NEGATIVE ESTERNALITA’ POSITIVE

1) Esternalità negative di produzione: 1) Esternalità positive di produzione:

Es. quando un’azienda chimica scarica rifiuti in un fiume o Es. se un’impresa che opera nel settore della silvicoltura
inquina l’aria, la comunità sopporta dei costi aggiuntivi pianta nuovi alberi i benefici non vanno a vantaggio solo
rispetto a quelli privati sostenuti dall’impresa stessa per dell’impresa, ma anche della società, grazie ad una
svolgere la sua attività. riduzione dell’anidride carbonica nell’atmosfera.

Il costo marginale sociale ( CMGs ) della produzione Il costo marginale sociale di fornire alberi da legname, è
eccede il costo marginale privato ( CMG ). dunque inferiore al costo marginale privato dell’impresa:
Graficamente, la curva CMGs sta al di sopra della curva
CMG.

a) la curva CMGs è più bassa della curva CMG.


b) Il livello di output dell’impresa è q1, determinato
dalla condizione p = CMG, ed è inferiore
Nella figura si assume che l’impresa operi in un mercato all’ottimo sociale q2, che si ha quando p = CMGs
perfettamente concorrenziale e sia quindi price-taker, con
una curva di domanda orizzontale. Un altro esempio di esternalità positiva di produzione è
dato dalle spese in ricerca e sviluppo: se altre imprese
Miriam La Rosa
a) L’impresa massimizza il suo profitto in hanno accesso ai risultati della ricerca, allora chiaramente
corrispondenza di q1, il livello di output per cui il i benefici si estendono oltre l’impresa che la finanzia.
prezzo è uguale al costo marginale Poiché l’impresa prende in considerazione solo i benefici
b) Il prezzo rappresenta la cifra che i compratori del privati, sceglierà un livello di ricerca inferiore a quello
bene sono disposti a pagare per averne un’unità socialmente ottimo.
in più e riflette il loro beneficio marginale.

Ipotizziamo che non siano presenti esternalità derivanti


dal consumo e che quindi il beneficio marginale per i
consumatori coincida con il beneficio marginale sociale
( BMGs )

c) L’output socialmente ottimo, che massimizza il


benessere sociale, è q2, in corrispondenza di p
( cioè BMGs ) = CMGs

L’impresa, tuttavia, produce q1 che è superiore all’ottimo


sociale, in quanto, nel decidere quanto produrre per
massimizzare il suo profitto, prende in considerazione solo
i suoi costi privati e non anche le esternalità.

Altri esempi di esternalità negative di produzione sono la


distribuzione di flora e fauna causata da un’agricoltura
intensiva, il riscaldamento globale causato dalle emissioni
di anidride carbonica.

2) Esternalità negative di consumo 2) Esternalità positive di consumo

La seguente figura mostra la funzione del beneficio Es. quando alcuni viaggiano in treno e non in automobile,
marginale dell’uso di un’automobile ( BMG ) e il suo altri beneficiano della riduzione del traffico, degli scarichi e
prezzo ( il costo della benzina e l’usura per km ) per del numero di incidenti.
individuo
Quindi il beneficio marginale sociale del trasporto su rotaia
è maggiore del beneficio marginale privato per il singolo
viaggiatore.

Quindi, il trasporto ferroviario presenta esternalità positive.

a) Il beneficio marginale diminuisce all’aumentare


della distanza percorsa
b) La distanza ottimale percorsa è pari a q1
chilometri, che corrisponde al punto in cui il a) La curva BMGs è superiore alla curva BMG e il
beneficio marginale del nostro automobilista è livello di consumo socialmente ottimo è q2,
uguale al prezzo dell’uso dell’auto ( p ) superiore al livello effettivo q1
c) Se il beneficio marginale relativo al consumo di
un bene o di un servizio misurato in termini di Nel caso di esternalità positive, la quantità prodotta e
ammontare massimo che si è disposti a pagare consumata è troppo bassa rispetto all’ottimo sociale.
Miriam La Rosa
per ogni sua unità eccede il prezzo, il Nel caso di esternalità negative, la quantità prodotta e
consumatore vorrà consumarne di più. consumata è troppo alta.
d) Se il beneficio marginale è inferiore al prezzo, il
consumatore vorrà consumarne di meno.  In entrambi i casi, le soluzioni di mercato non
e) Il livello ottimo di consumo è stabilito dalla portano all’uguaglianza tra BMGs e CMGs
condizione BMG = o, q1 chilometri

L’utilizzo dell’automobile da luogo a esternalità negative


quali gli scarichi, il traffico, il rumore, che riducono il
beneficio marginale dell’intera società rispetto al beneficio
marginale privato.

Quindi la curva BMGs è sempre inferiore rispetto alla


curva BMG.

f) Assumendo che non ci siano esternalità nella


produzione, e che quindi il costo marginale
sociale coincida con il prezzo, il benessere
sociale sarà massimo nel punto in cui BMGs = p,
quindi q2, inferiore rispetto alla distanza percorsa
dall’automobilista.

La categoria dei beni pubblici* ha la caratteristica di avere esternalità positive talmente elevate rispetto ai benefici privati,
che il libero mercato, non li produce: un esempio sono i fari, i marciapiedi.

Essi hanno due caratteristiche importanti:

1) NON RIVALITA’ NEL CONSUMO: se camminiamo lungo un marciapiede non impediamo ad altri di fare
altrettanto. Questa caratteristica li rende socialmente desiderabili, ma non profittevoli dal punto di vista privato.
2) NON ESCLUDIBILITA’: questa caratteristica fa sì che gli individui conseguano comunque dei vantaggi e quindi
abbiano l’incentivo a non contribuire al pagamento.
Se contribuisco a costruire una diga che protegge la mia casa da un’inondazione, arrecherò un beneficio anche
ai miei vicini che non vi hanno contribuito, poiché non posso impedire che traggano anch’essi vantaggio dalla
diga.
Le persone che ottengono vantaggi dall’utilizzo di beni pubblici senza aver contribuito sono definite free riders*

Quando i beni hanno queste caratteristiche, il libero mercato non li produce. Solo lo Stato o imprese private finanziate
dal governo possono essere disposti a produrre beni pubblici.

IL POTERE MONOPOLISTICO COME CAUSA DI FALLIMENTO DEL MERCATO


Miriam La Rosa
Ogni volta in cui i mercati sono imperfetti, BMGs non sarà uguale a CMGs, anche in assenza di esternalità.

Prendiamo il caso del monopolio:

 un monopolista produce una quantità di output inferiore a quella socialmente efficiente.


 La sua curva di domanda è decrescente, per cui il RMG è inferiore al RME, a sua volta uguale al prezzo
 Il suo profitto è massimo quando il ricavo marginale uguaglia il costo marginale, quindi in corrispondenza
dell’output q1 e del prezzo p1:

a) Poiché il prezzo è superiore al ricavo marginale, in equilibrio in prezzo deve essere anche superiore al costo
marginale
b) Se non ci sono esternalità, il prezzo coincide con il beneficio marginale sociale e il costo marginale privato con
quello sociale e quindi l’outpt socialmente efficiente è q2, dove BMGs = p = CMGs.
c) Poiché q2 > q1, il monopolista produce meno dell’ottimo sociale

Perdita di benessere sociale dovuta al monopolio

Per analizzare questo concetto usiamo i concetti di surplus del consumatore e del produttore. I due concetti sono
rappresentati nella seguente figura, che descrive un’industria che può operare alternativamente in concorrenza perfetta
o in monopolio alle stesse condizioni di costo:

a) Il surplus netto del consumatore è il beneficio


complessivo o l’utilità derivante dal consumo di un dato
bene al netto della spesa totale;
- In concorrenza perfetta l’industria produrrà un output Qe
al prezzo pe, dove CMG = p = RME, cioè si posizionerà
nel punto A.
- Il surplus lordo del consumatore è dato dall’area sotto la
curva di domanda ( la somma di tutte le aree da 1 a 7 ),
questo perché ogni punto sulla curva di domanda indica
l’ammontare massimo che il consumatore è disposto a
pagare per ottenere quella data unità de bene.

Miriam La Rosa
- L’area sotto la curva di domanda rappresenta quindi il totale di tutti questi benefici marginali, da un livello di
consumo nullo fino a Qe, cioè il beneficio totale di tutti i consumatori.
- La spesa totale dei consumatori è pe Qe ( area 4 + 5 + 6 + 7 )
- Il surplus netto del consumatore si ottiene come differenza tra il surplus lordo e la spesa totale , quindi il totale
formato dall’area 1 + 2 + 3

b) Il surplus del produttore è dato dalla differenza tra il suo ricavo totale e il suo costo totale.
- Il costo totale è l’area sotto la curva CMG, supponendo che non vi siano costi fissi ( area 6 + 7 )
- Ogni punto sulla curva del costo marginale indica quanto costa produrre l’ultima unità
- L’area sotto la curva CMG mostra tutti i costi marginali dal punto in cui l’output p nullo fino a Qe, cioè il costo
totale.
- Il ricavo totale è uguale alla spesa dei consumatori e quindi uguale a pe Qe ( area 4 + 5 + 6 + 7 )
- Il surplus del produttore è quindi l’area tra il prezzo e la curva CMG ( area 4 + 5 )

c) Il benessere sociale ( surplus del consumatore + surplus del produttore ) è l’area tra la curva di domanda e la
curva CMG, 1 + 2 + 3 + 4 + 5

Quando l’industria opera in regime di monopolio, essa produce in corrispondenza del livello di output per cui CMG =
RMG, quindi Qm al prezzo pm;

a) Essa si posiziona nel punto B sulla curva di domanda.


b) Il ricavo è pmQm ( area 2 + 4 + 6 )
c) Il costo totale è l’area sotto la curva CMG ( area 6 )
d) Il surplus del produttore è quindi  2 + 4 ( è chiaramente maggiore del surplus in C.P, dal momento che l’area
2 è > dell’area 5 )
e) Il surplus netto del consumatore è tuttavia molto minore: con un consumo pari a Qm, il surplus lordo dei
consumatori è dato dall’area 1 + 2 + 4 + 6, mentre la spesa è data dall’area 2 + 4 + 6. Il surplus netto è
semplicemente la differenza tra le due aree = area 1 ( mentre in C.P l’area 2 era parte del surplus netto del
consumatore, in monopolio è parte del profitto del monopolista )
f) Il benessere sociale è quindi la somma delle aree 1 + 2 + 4 ed è < rispetto alla C.P. ( la monopolizzazione
dell’Industria ha generato una perdita di benessere sociale. Il guadagno del produttore è inferiore rispetto alla
perdita del consumatore. Tale riduzione di benessere è detta perdita secca*

Altri fallimenti del mercato…

1) Ignoranza e incertezza: in concorrenza perfetta, i consumatori, le imprese e i fornitori dei fattori conoscono
esattamente costi e benefici di ogni attività e sanno fare calcoli di ottimizzazione. ( per ipotesi )  nel mondo
reale, c’è sempre un elevato grado di ignoranza e incertezza, per cui gli individui non sono in grado di
uguagliare benefici e costi marginali
2) Protezione degli interessi individuali
a) Soggetti dipendenti da volontà altrui: non sempre gli individui prendono personalmente le proprie decisioni
economiche, e dipendono spesso da decisioni altrui

Miriam La Rosa
b) Decisioni economiche inappropriate : lo stato potrebbe intervenire qualora ritenesse che gli individui
debbano essere protetti dagli esiti indesiderati delle proprie decisioni economiche ( es. scoraggiare il
consumo di bevande alcoliche )
3) Il problema principale-agente: nelle moderne economie complesse un individuo ( principale ) può realizzare un
certo obiettivo, solo attraverso l’azione di un altro ( l’agente ).
Dal momento che l’agente ha i propri obiettivi egoistici, non necessariamente in linea con quelli del principale,
anch’essi egoistici, queste relazioni presentano un pericolo intrinseco per il principale.
a) Vi è un’informazione asimmetrica tra le due parti: l’agente conosce particolari rilevanti dal punto di vista
economico che il principale non conosce
b) Il pericolo è dunque che l’agente approfitti di tale vantaggio informativo per fare i propri interessi

Cosa può fare il principale per ovviare al problema? Deve avere 2 elementi a disposizione:

 Deve avere qualche strumento per controllare la performance dell’agente


 L’agente deve avere l’incentivo ad agire nell’interesse del principale
4) Immobilità dei fattori e inerzia: può accadere che i fattori produttivi possano reagire con ritardo a variazioni della
domanda e dell’offerta, come ad esempio il lavoro, causando eccesso di domanda con salari elevati o eccesso
di offerta con la creazione di extraprofitti

3. Le modalità di intervento pubblico: l’imposizione di tasse o l’emanazione di provvedimenti normativi

Per far fronte ai fallimenti del mercato, lo Stato può, ad un estremo, sostituirsi completamente al mercato, fornendo
direttamente beni e servizi o dall’altro, indurre i soggetti privati ( produttori, consumatori o lavoratori ) a comportarsi in un
certo modo.

TASSE E SUSSIDI LEGGI E REGOLAMENTAZIONI

Essi hanno due effetti principali: 1) Leggi che vietano o che regolamentano
situazioni o comportamenti non desiderabili
a) Promuovono un più elevato benessere sociale a) Leggi che proibiscono o regolamentano
modificando il livello e/o la composizione di comportamenti che danno luogo a
produzione e consumo esternalità negative
b) Permettono una redistribuzione del reddito b) Leggi che scoraggiano le imprese dal fornire
informazioni fuorvianti o false
Concentriamoci sull’obiettivo a): è possibile utilizzare c) Leggi che regolamentano monopoli e
tasse e sussidi per correggere delle imperfezioni per oligopoli o che ne impediscono la
modificare il livello di output costituzione
- Prevedendo l’imposizione di tasse sui beni
prodotti in quantità eccessiva I vantaggi:
- Prevedendo l’imposizione di sussidi sui beni
prodotti in quantità insufficiente a) Sono semplici, di facile comprensione e facili da
amministrare
1) Tasse e sussidi per correggere le esternalità: b) Sono utili per vietare invece di ricorrere alla
tassazione ( inquinamento )
Per correggere l’esternalità lo Stato deve imporre una c) Sono utili per decidere in fretta in caso di
tassa uguale alla differenza tra costo marginale sociale e emergenza
costo marginale privato, ovvero accordare un sussidio d) Sono un sussidio per i consumatori,
uguale alla differenza tra beneficio marginale sociale e contrattualmente deboli
beneficio marginale privato. La seguente figura illustra il
caso di un’azienda chimica che emette fumi nocivi,
generando quindi un’esternalità negativa per chi respira.
Miriam La Rosa
Gli svantaggi:

a) Sono armi deboli senza un meccanismo che


assicuri l’osservanza delle norme

2) Istituzioni preposte alla regolamentazione o


agenzie di regolamento ( Antitrust, Autorità per
l’energia elettrica )

I vantaggi:

a) Sono in grado di applicare la filosofia del “caso


a) Il costo marginale sociale della produzione per caso” tenendo conto di tutte le circostanze
chimica eccede il costo marginale privato per specifiche
l’impresa. b) Possono individuare facilmente la soluzione
b) L’esternalità è data dalla distanza verticale tra le appropriata
curve CMG e CMGs
c) Si assume che l’impresa sia price-taker e che
produca la quantità q1 tale per cui p = CMG
( l’output che massimizza il suo profitto )
d) In tal modo essa non tiene conto del costo
dell’inquinamento che impone alla società
e) Introducendo una tassa t per ogni unità prodotta
pari al costo marginale dell’inquinamento, lo
Stato riesce a internalizzare l’esternalità ( tassa
di Pigou )

2) Tasse e sussidi per correggere il monopolio

Se il governo intende affrontare il problema degli


extraprofitti, può imporre una tassa in somma fissa
( lump-sum) , ovvero una tassa indipendente dalla
quantità prodotta o dal prezzo praticato, che causa un
aumento dei costi fissi.

Per incoraggiare il monopolista ad aumentare la


produzione, il governo può concedere un sussidio
specifico accompagnandolo con una tassa in somma
fissa, correggendo la distorsione sulla quantità prodotta
senza provocare un aumento dei profitti del monopolista.

I vantaggi:

a) Sono compatibili con un’economia di mercato


b) Tale soluzione induce comportamenti desiderabili
nel lungo periodo

Gli svantaggi:

a) Impossibilità di imporre tassi o sussidi diversi per


ogni impresa che produce diversi tipi e livelli di
esternalità
b) Difficoltà nel determinarli

Miriam La Rosa
ALTRE FORME DI INTERVENTO PUBBLICO

1) Estendere il contenuto del diritto di proprietà

Es. se qualcuno scarica dei detriti nel vostro giardino, la legge vi protegge. E’ il vostro giardino, pertanto potrete
pretendere che i detriti siano rimossi. Se tuttavia, qualcuno scarica un ammasso di detriti nel proprio giardino confinante
con il vostro, la vista potrebbe essere compromessa, ma non avete alcun diritto di proprietà sul giardino confinante.

2) Maggiore informazione

Quando il fallimento del mercato è dato da un’asimmetria informativa, la fornitura diretta di informazioni da parte del
governo può correggere tale distorsione.

3) Fornitura di beni e servizi

Anche nel caso in cui si ritrovi a fornire beni e servizi che non sono beni pubblici “puri”. Ci sono 4 motivi per cui tali beni
vengono forniti gratuitamente o sottocosto:

a) Giustizia sociale: per fornire tali beni non in base alla capacità di acquisto, ma di diritto
b) Forti esternalità positive: se una persona con una malattia infettiva viene curata, altri avranno il vantaggio di
non essere contagiati
c) Individui dipendenti da volontà altrui : se l’istruzione non fosse gratuita e se i genitori potessero decidere quanto
acquistarne, la qualità dell’istruzione dei figli dipenderebbe non solo dal reddito, ma anche da quanto i genitori
sono interessati all’istruzione dei figli. Il governo potrebbe quindi scegliere di fornire istruzione gratuita per
tutelare i ragazzi dal comportamento di cattivi genitori.
d) Ignoranza: la fornitura gratuita di cure mediche può persuadere le persone a consultare i medici prima che un
sintomo diventi serio

Lo stato può aggiustare sempre le cose?

Spesso, i problemi generati dall’intervento pubblico sono maggiori dei problemi che vuole risolvere.

a) Eccessi di domanda ed eccessi di offerta:


 se il prezzo viene fissato al di sotto del livello di equilibrio, c’è un eccesso di domanda lo stato
deve ricorrere al razionamento, alle liste di attesa o garantire un trattamento preferenziale
 se il prezzo fissato è a un livello superiore dell’equilibrio, c’è un eccesso di offerta.  l’offerta eccede
quindi la domanda, e lo Stato potrebbe decidere di comprare l’eccedenza e venderla a prezzo
inferiore su un altro mercato o adottare una politica delle scorte
b) Scarsa informazione: lo stato potrebbe interpretare male il comportamento dei cittadini
c) Burocrazia e inefficienza: poiché l’intervento dello stato genera costi amministrativi.
d) Mancanza di incentivi di mercato: ad esempio i sussidi potrebbero permettere a imprese inefficienti di
sopravvivere
e) Variazioni della politica pubblica: variazioni delle modalità di intervento possono danneggiare le industrie
f) Assenza di libertà individuale poiché l’intervento limita il perseguimento dei propri interessi con la minima
interferenza pubblica

Miriam La Rosa
I vantaggi:

a) Aggiustamenti automatici
b) Vantaggi dinamici del capitalismo: la possibilità di ottenere più profitti incoraggerà i capitalisti a investire
c) Un elevato grado di concorrenza anche in monopolio e oligopolio

Il dibattito tra i fautori dell’intervento pubblico e i fautori del laissez faire non permette di raggiungere una conclusione
chiara sul quesito “più o meno intervento pubblico in un’economia di mercato?”

Miriam La Rosa
PROBLEMATICHE MACROECONOMICHE – CAPITOLO 7

1. La descrizione dei principali obiettivi macroeconomici: crescita, disoccupazione, inflazione e bilancia dei
pagamenti
2. Perché e in che modo la moneta circola dalle imprese alle famiglie e viceversa
3. La distinzione tra crescita effettiva e potenziale; l’andamento della crescita effettiva: il ciclo economico
4. Come si misura la disoccupazione; la differenza tra disoccupazione di disequilibrio e di equilibrio
5. Le cause dell’Inflazione

Come abbiamo visto, la microeconomia si occupa di singoli individui, mercati ed istituzioni. Al contrario, la
macroeconomia ha una prospettiva più ampia e e studia l’economia nel suo complesso.

 I temi affrontati nello studio della macroeconomia si collegano alle decisioni individuali di famiglie e imprese
che, una volta aggregate, danno luogo rispettivamente alla domanda aggregata e al prodotto nazionale ( o
interno ) lordo.

In ciò che segue, descriverremo i quattro temi che interessano i policy maker.

Prima di continuare, è opportuno entrare in una prospettiva storica della


macroeconomia, spesso segnata da aspri dibattiti che riflettono le diverse
concezioni degli economisti sul funzionamento delle economie.

Essa nasce come branca autonoma dell’economia politica negli anni venti e
trenta del Novencento, con il problema della disoccupazione di massa. Le
vecchie teorie classiche furono totalmente smentite dai fatti attuali.

Con la figura di J.M Keynes si offrirono soluzioni al problema della


disoccupazione, con la nascita dell’”economia keynesiana”. Egli era fautore di
un solido intervento dei governi sul’economia, e favoriva un intervento sulla
politica fiscale, ovvero sulla spesa pubblica e sulla tassazione per sostenere la
domanda aggregata.

Dopo la seconda Guerra Mondiale la teoria continuò ad avere efffetti positivi;


Negli anni Settanta, il consenso alla teoria crollò. La disoccupazione aumentò e
diminuì la crescita; da qui la nascita di differenti “scuole di pensiero”.

Miriam La Rosa
1) Tema della crescita economica

Il governo cerca di raggiungere un alto tasso di crescita economica nel lungo periodo, quindi una crescita persistente
negli anni, che non sia quindi un fenomeno temporaneo.

L’obiettivo è quindi una crescita stabile, evitando recessioni e un’elevata crescita di breve periodo.

2) Tema della disoccupazione

I governi cercano di assicurare che il tasso di disoccupazione sia il più basso possibile, non solo per il bene dei
lavoratori, ma anche perché la disoccupazione rappresenta uno “spreco di risorse umane” e i relativi sussidi
costitutiscono un costo rilevante per il bilancio pubblico.

3) Tema dell’Inflazione

La politica del governo è volta a mantenere l’inflazione ( aumento generalizzato del livello dei prezzi ) bassa e stabile,
affinchè sarà più facile per gli operatori prendere decisioni.

Nella maggior parte dei paesi industrializzati lo stato fissa un particolare livello obiettivo per il tasso di inflazione: nell’UE
tale livello è pari al 2%. La Banca Centrale aggiusta il tasso in modo da raggiungere tale obiettivo.

4) Tema della bilancia dei pagamenti

La bilancia dei pagamenti di un paese registra tutte le transizioni avvenute in un dato periodo tra i residenti del paese e il
resto del mondo.

 Queste transazioni, sul piano finanziario, danno luogo ad attività e passività:


a) Le attività includono le entrate ottenute da altri paesi; esse danno luogo all’entrata di valuta estera
b) Le passività includono tutti i pagamenti effettuati in altri paesi; esse danno luogo all’uscita di valuta estera

Se un paese spende più valuta estera di quanto non ne riceva: o si genera un disavanzo della bilancia dei pagamenti,
oppure il tasso di cambio* ( numero di unità di moneta estera che possono essere acquistate con un’unità di moneta
nazionale ) diminuisce.

a) Deficit della bilancia dei pagamenti: la disponibilità di valuta estera si è ridotta, perciò, l’autorità centrale dovrà
coprire tale riduzione prendendo a prestito dall’estero ( aumentando il debito pubblico ) o attingendo dalle
riserve della banca centrale ( riducendo così le riserve, politica non sostenibile nel lungo periodo )
b) Diminuzione del tasso di cambio: il tasso di cambio è il “prezzo” al quale una moneta viene scambiata con
un’altra,

Ad esempio, un franco svizzero vale circa 0,72 euro. Se non si fa nulla per correggere il disavanzo della bilancia, il
tasso di cambio varia sul mercato. Ad esempio il franco potrebbe valere 0,80 e l’euro si deprezza nei suoi confronti,
rappresentando un problema poiché fa aumentare il prezzo delle importazioni dalla Svizzera calcolato in euro e può
generare inflazione.

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2. Perché e in che modo la moneta circola dalle imprese alle famiglie e viceversa

FLUSSO CIRCOLARE DEL REDDITO

Il perseguimento di uno degli obiettivi elencati può compromettere il raggiungimento di almeno uno degli altri. ( per
esempio, i tentativi di aumentare i tassi di crescita per incentivare la spesa ai consumi può generare inflazione ).

 Per questo, è necessario comprendere la relazione* che lega i quattro obietivi, ovvero la relazione con la
Domanda aggregata, ovvero la spesa totale per l’acquisto di beni e servizi effettuata da un’economia in un dato
periodo di tempo, essa si compone di 4 elementi:

Yd = C ( consumo delle famiglie ) + I ( investimenti delle imprese ) + G ( trasporti ) + X ( esportazioni )

Per spiegare il legame tra i quattro obiettivi e la domanda aggregata ci serviamo di un modello economico, ovvero il
flusso circolare del reddito:

Il settore privato dell’economia è formato da a) famiglie e b) imprese.

 Le imprese producono beni e servizi e per farlo, domandano lavoro e altri fattori produttivi offerti dalle famiglie.
 Le famiglie consumano beni e servizi e offrono lavoro e altri fattori della produzione.

Nella figura viene rappresentato un flusso di reddito ristretto e vari altri flussi di reddito che non coinvolgono solo a) e b)
ma altri operatori dell’economia come c) le banche d) lo Stato e e) l’estero

N.B non bisogna confondere i concetti di Moneta e Reddito

- La moneta è una grandezza stock: in ogni dato periodo vi è una determinata quantità di moneta in circolazione
nell’economia. L’ammontare della moneta non ci dice il livello del reddito nazionale.

- Il reddito è invece una grandezza flusso ed è misurato in un intervallo di tempo

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Le imprese pagano alle famiglie salari e stipendi, dividendi, interessi e rendite. Questi pagamenti sono il corrispettivo dei
servizi dei fattori produttivi ( lavoro, caitale e terra ).

 Quindi, nella figura, sul lato sinistro, la moneta circola delle imprese alle famiglie sotto forma di retribuzioni dei
fattori produttivi.

Le famiglie, a loro volta, pagano alle imprese il valore dei beni e servizi acquistati.

 Questo è rappresentato dalla freccia di destra  dalle famiglie alle imprese.

Se le famiglie spendono tutti i loro redditi per l’acquisto di beni e servizi prodotti internamente, se le imprese pagano lo
stesso ammontare che ricavano dalle vendite alle famiglie in retribuzione ai fattori della produzione e se la velocità di
circolazione della moneta è costante, il flusso continuerà indefinitamente.

Nella realtà, non tutto il reddito passa attraverso il flusso ristretto, infatti, vi sono prelievi dal flusso e immissioni nel
flusso:

1) I prelievi 2) Le immissioni

Solo parte dei redditi ricevuti dalle famiglie verrà spesa Solo parte della domanda dei prodotti delle imprese deriva
per l’acquisto di beni e servizi prodotti dalle imprese dalla spesa in consumi. Il resto proviene da fonti esterne
nazionali. Il resto uscirà dal flusso ristretto. al flusso ristretto. Queste componenti aggiuntive della
Analogamente, solo parte dei redditi generati dalle domanda aggregata sono note come immissioni:
imprese verrà pagata alle famiglie residenti. Il resto, uscirà
dal flusso secondo tre modalità di prelievo: a) Investimenti ( I ): ci riferiamo alla spesa delle
a) Risparmio netto ( S ) : il risparmio è il reddito che imprese per acquisire impianti e macchinari o per
le famiglie decidono di non spendere oggi, ma di costruire scorte di prodotti finiti e semilavorati.
conservare in vista del futuro. Questi vengono b) Spesa pubblica ( G ): è la spesa dello stato in
depositati presso istituzioni finanziarie, così che beni e servizi prodotti internamente, come la
la moneta circoli dalle famiglie alle banche. costruzione di strade, ospedali e scuole.
Sottraendo dal risparmio i pagamenti effettuati c) Esportazioni ( X ) : quando i non residenti
dalle famiglie alle banche in virtù di prestiti e acquistano beni e servizi dalla nostra economia
mutui ottenuti, si ottiene il risparmio netto. immettono moneta nel flusso ristretto del reddito.
b) Imposte nette ( T ) : quando le persone pagano
le imposte, statali o locali che siano, tolgono Immissioni totali = I + G + X
denaro dal flusso ristretto. Alcune imposte
vengono sottratte direttamente dai redditi delle
famiglie, altre, come l’IVA sono calcolate in
proporzione alla spesa per consumi.
Tuttavia, quando le famiglie ricevono pagamenti
dallo Stato, come sussidi di disoccupazione, la
moneta circola nella direzione opposta. ( essi
sono imposte negative* e prendono il nome di
trasferimenti dal contribuente al beneficiario )
c) Importazioni ( M ) : le famiglie, così come le
imprese, acquistano beni e servizi importati o che
contengono componenti importate. Anche se
inizialmente la monetaspesa in tali beni va a
distributori interni, prima o poi uscirà almeno in
parte dal paese, quando i produttori nazionali
pagheranno gli input importati.

Prelievi totali = S + T + M
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Un’economia è in equilibrio quando le decisioni di prelievo coincidono con le decisioni di immissione:

S+T+M=I+G+X
Esistono infatti legami tra risparmio e investimento, imposte e spesa pubblica, importazioni ed esportazioni:

a) Quanto maggiore è la quota di reddito risparmiata, tanto maggiore sarà l’ammontare di moneta che le banche
possono dare a prestito
b) Quanto maggiore è il gettito fiscale, tanto maggiore potrà essere la spesa pubblica
c) Quanto maggiori sono le importazioni, tanto maggiori saranno i redditi dell’estero, e di conseguenza tanto
maggiore sarà la domanda di beni prodotti interamente.

Questi legami, tuttavia, non garantiscono che S = I o T = G o M = X, quindi le immissioni programmate possono non
uguagliare i prelievi programmati. In questo caso, cosa succede?

1) Se le immissioni eccedono i prelievi, il livello di spesa aumenta ( aumenta la domanda aggregata ). Aumentano
quindi le vendite e le imprese vengono incentivate a produrre di più. Il reddito nazionale aumenterà:
a) Ci sarà crescita economica
b) La disoccupazione diminuirà
c) Aumento dell’inflazione
d) Deficit tendente della bilancia poiché la domanda genera importazioni, rendendo le esportazioni meno
competitive e le importazioni più a buon mercato
2) Se le immissioni sono superiori ai prelievi si darà luogo all’esatto contrario

Si crea quindi uno stato di disequilibrio* da cui inizia un processo di aggiustamento che riporta l’economia in una
situazione di equilibrio nella quale immissioni = prelievi.

Supponiamo che un maggior grado di fiducia delle imprese porti ad un aumento degli investimenti o anche a un aumento
della domanda estera per i nostr prodotto. ( la causa potrebbe essere una riduzione delle tre voci di prelievo come una
riduzione delle imposte* ). L’eccesso di immissioni condurrà all’aumento del reddito nazionale, così che le famiglie
spenderanno di più in beni nazionali, e risparmieranno di più, pagheranno più tasse e importeeranno di più. Quindi, i
prelievi aumenteranno fino a raggiungere il livello delle imissioni. L’equilibrio è stato raggiunto.

Il prodotto ( o il reddito ) è dato dal valore di tutti i beni e servizi finali prodotti dall’economia considerata, in un dato
periodo di tempo, e può essere individuato secondo due criteri:

a) Criterio della territorialità : vi fanno parte tutti gli individui residenti in un particolare territorio ( PIL )
b) Criterio della nazionalità : ( PNL )

Dunque, prendiamo l’Italia come paese di riferimento. Il prodotto dello stranieo che lavora in Italia rientra nel PIL ma non
nel suo PNL, mentre il prodotto dell’italiano all’estero rientra nel PNL dell’Italia ma non dei suo PIL.

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Quindi, se l’economia produce n prodotti finali, la cui quantità è rappresentata da q e il cui prezzo è rappresentato da p, il
prodotto dell’economia ( Y ) è:

N.B l’unità di misura monetaria rappresenta l’unica unità di conto comune per prodotti che in termini fisici vengono
misurati con diverse unità di misura ( Kg, m … ).

 Inoltre, vanno presi in considerazione solo i prodotti finali. Chiariamo questo pungo con un esempio:

Supponiamo di avere un unico bene finale prodotto da un’economia, il pane, nella misura di 1 kg. Per produrlo è
necessario passare attraverso tre stadi di produzione:

1. Nel primo si produce il grano  alla fine del quale 1 chilo di grano viene venduto a 0,25
2. Nel secondo di produce la farina  alla fine del quale la farina viene venduta a 0,70 euro al chilo
3. Nel terzo si produce il pane  il pane viene venduto a 1 euro al chilogrammo, cioè al valore dell’unico bene
finale prodotto

 Un procedimento alternativo per calcolare il prodotto dell’economia è quello del valore aggiunto* : con questa
metodologia si calcolano i valori di beni e servizi prodotti dalle imprese. Il PIL si modificherà in base al Valore
Aggiunto, ossia la differenza tra il ricavo conseguito dalla vendita di un bene o di un servizio ed il costo
sostenuto per produrlo.

 Un altro metodo è dato dal calcolo del prodotto a prezzi costanti, invece che a prezzi correnti:

Per calcolare il PIL reale, ovvero il valore di beni e servizi calcolato a prezzi costanti, bisogna innanzitutto prendere in
considerazione un anno di riferimento (B) rispetto a quello corrente (A). In altre parole moltiplico la quantità di quel bene
nell’anno corrente per il suo prezzo nell’anno di riferimento, poi faccio la somma.

Per calcolare il PIL nominale, ovvero il valore dei beni e dei servizi sulla base dei prezzi correnti, occorre moltiplicare la
quantità di ogni bene per il prezzo ad esso associato nell’anno corrente (A) e si fa la sommatoria.

Il PIL reale consente di confrontare la variazione della ricchezza economica ( PIL ) in un paese nel corso degli anni
depurandola dalle variazioni monetarie dei prezzi. Ciò consente di capire se la ricchezza economica di un paese sia
effettivamente aumentata o meno nel corso del tempo.

La sola crescita del PIL nominale potrebbe, infatti, avere una natura monetaria ossia potrebbe essere generata soltanto
da un forte aumento dei prezzi e non da un aumento reale della produzione.

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3. La distinzione tra crescita effettiva e potenziale; l’andamento della crescita effettiva: il ciclo economico

Prima di esaminare le cause della crescita economica, è necessario distinguere tra crescita economica effettiva e
potenziale.

a) La crescita effettiva viene misurata dal tasso di crescita percentuale annuo del reddito nazionale ( tasso di
crescita della produzione effettiva )
b) La crescita potenziale viene misurata dal tasso di crescita massimo a cui l’economia può crescere. ( incremento
% annuo della capacità produttiva dell’economia )
I principali fattori che contribuiscono alla crescita potenziale sono:
1. L’aumento delle risorse naturali, capitale e lavoro
2. L’aumento dell’efficienza dovuto al progresso tecnologico

Il “prodotto potenziale” è il livello di output realizzato quando l’economia opera impiegando tutta la propria
capacità produttiva a un livello “normale”, permettendo alle imprese di pianificare l’entità di capacità in eccesso
al fine di soddisfare una domanda eventuale inattesa. Esso è quindi di poco inferiore al prodotto di piena
occupazione, il massimo che le imprese possono realizzare sfruttando completamente i fattori produttivi.

La differenza tra prodotto effettivo e prodotto potenziale è detta output gap*

a) Se il prodotto effettivo è maggiore di quello potenziale esso è positivo e l’economia sta quindi operando a un
regime superiore a quello della normale capacità
b) Se il tasso di crescita effettivo è inferiore al tasso di crescita potenziale, ci sarà un aumento della capacità
produttiva inutilizzata e un aumento della disoccupazione  per colmare il divario creatosi tra i due tassi, il
tasso di crescita effettivo dovrebbe essere temporaneamente maggiore del tasso di crescita potenziale.

- Nonostante la crescita del prodotto potenziale vari in una certa misura nel corso degli anni, essa tenderà ad
essere molto più stabile della crescita del prodotto effettivo.
- La crescita effettiva tende infatti a fluttuare ( il tasso può essere elevato dando origine a un periodo di
espansione, in altri può essere basso generando recessione*  quando un’economia registra una diminuzione
dell’output per almeno due trimestri consecutivi )

Questo ciclo di espansioni e recessioni è chiamato ciclo economico* e si suddivide in 4 fasi:

1°: La ripresa: un’economia stagnante inizia a riprendersi e si verifica una crescita della produzione effettiva

2°: L’espansione ( boom ) c’è una rapida crescita economica. Viene impiegata una quantità maggiore di risorse e il
divario tra i due prodotti si riduce.

3°: Il rallentamento: al culmine del boom la crescita rallenta o inizia a ridursi.

4°: la recessione: la crescita è nulla o persino


negativa. Aumenta il sotto-utilizzo delle risorse
produttive.

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 N.B alcune fasi hanno durate diverse, per esempio, alcuni boom hanno vita breve, altri sono molto più lunghi
 N.B talvolta nella fase 2 c’è un tasso di crescita molto elevato e in altri casi la crescità è molto più dolce

Crescita effettiva Crescita potenziale

Le deteminanti principali del tasso di crescita effettivo nel Le determinanti del prodotto potenziale sono :
breve periodo sono rappresentate da variazioni nella
crescita della domanda aggregata. a) Le risorse disponibili
b) La produttività delle risorse disponibili
 Un aumento della domanda aggregata genera
un’ecceso di domanda e incentiva le imprese ad 1) CAPITALE: Il prodotto di un’economia dipende
aumentare la produzione, riducendo le dal suo stock di capitale. Un suo aumento
“inutilizzazioni”. attraverso l’investimento fa aumentare la
 Un calo della domanda aggregata farà produzione. La crescita del prodotto che ne
aumentare le scorte delle imprese, inducendole a risulta dipende dalla produttività del capitale: la
ridurre la produzione. quantità ( aggiuntiva ) di output prodotta con
un’unità ( aggiuntiva ) di capitale.
Quindi, nel breve periodo, domanda aggregata e crescita 2) LAVORO: se c’è un aumento della popolazione
effettiva si muovono nella stessa direzione. attiva, ci sarà un aumento del prodotto
potenziale. Quest’aumento può essere dato da
Tuttavia, un aumento della domanda aggregata non è un più elevato tasso di partecipazione* ( donne
sufficiente ad assicurare una crescita elevata per un certo con figli ) o a un aumento della popolazione
numero di anni. Bisogna infatti che ci sia un totale
contemporaneo aumento dell’output. 3) TERRA E MATERIE PRIME: le opportunità per
generare crescita sono limitate. La terra è infatti
Nel lungo periodo quindi, le determinanti sono: disponibile in quantità fissa e l’ulteriore
disponibilità di terreni può contribuire solo in
a) La crescita della domanda aggregata che modo trascurabile al prodotto nazionale.
determina se verrà realizzato il prodotto ( Es. la scoperta di nuove materie prime come il
potenziale ( la crescita della produzione si petrolo, genera crescita solo di breve periodo,
arresta quando si sfrutta pienamente la capacità fino a quando il tasso di estrazione cresce,
produttiva ) raggiungendo il picco, non registrando alcuna
b) La crescita del prodotto potenziale crescita )
4) PRODUTTIVITA’ MARGINALE DECRESCENTE:
se aumenta l’offerta di un solo fattore produttivo
mentre gli altri rimangono fissi, si manifesta la
legge.
( Es. se la quantità di capitale aumenta senza
che gli altri fattori aumentino, si manifesta la
legge della produttività marginale decrescente
del capitale. Il tasso di rendimento del capitale si
riduce,a meno che non aumentino tutti gli altri
fattori produttivi)

In che modo lo Stato può aumentare il tasso di crescita?

Le strategie possono essere classificate in due categorie:

3) Politiche della domanda: cerccano di generare una domanda aggregata sufficiente ad assicurare che le
imprese desiderino investire e che il prodotto potenziale venga raggiunto
4) Politiche dell’offerta: cercano di aumentare l’offerta aggregata favorendo l’incremento del prodotto potenziale,
con misure di incentivo alla ricerca e sviluppo, all’innovazione e alla formazione professionale.

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4.Come si misura la disoccupazione; la differenza tra disoccupazione di disequilibrio e di equilibrio

Se gli individui vogliono consumare beni in quantità maggiore, perché ci sono tanti disoccupati?

La disoccupazione può essere espressa in numero di persone disoccupate o in % sulla forza lavoro ( frazione dei
disoccupati rispetto al tot.della forza lavoro)

N.B per “forza lavoro” si intendono le persone occupate più le persone disoccupate

Bisogna però non includere nelle statistiche dei disoccupati bambini e pensionati, e neanche chi non cerca un lavoro per
una sua scelta.

La definizione più comune è la seguente:

I disoccupati sono le persone in età lavorativa che sono senza lavoro, ma che vorrebbero lavorare agli attuali salari e
stipendi di mercato.

Secondo l’ISTAT, deve ritenersi disoccupato chi:

Chi ha più di 15 anni e dichiara di non avere lavorato neanche un’ora in un dato periodo, ma di essere comunque in
cerca di lavoro, di aver effettuato almeno un’azione di ricerca di lavoro attiva nei 30 giorni che precedono il momento
della rilevazione e di essere disponibile ( 2 settimane ) ad accettare un lavoro se gliene viene offerta l’opportunità

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e l’OCSE misurano la disoccupazione a livello internazionale tramite i tassi
di disoccupazione standardizzati*. Esse definiscono i disoccupati come:

Persone in età lavorativa che non hanno un lavoro, che sono disposte a lavorare e cercano attivamente un impiego.

Poiché esse usano la stessa definizione standardizzata per tutti i paesi, i confronti internazionali sono più facili.

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Quali sono le cause della disoccupazione?

Esse possono essere raggruppate in due categorie:

a) Cause che danno luogo alla disoccupazione di equilibrio


b) Cause che danno luogo alla disoccupazione di disequilibrio

Per comprendere al meglio il loro funzionamento, osserviamo il funzionamento del mercato del lavoro:

Nella figura viene mostrata la domanda di lavoro e l’offerta di lavoro dell’intera economia.

a) Sull’asse verticale è rappresentato il salario reale* medio dell’economia, ovvero il salario espresso in termini di
poterre di acquisto ( salario medio percepito/ livello dei prezzi )
b) La curva di offerta di lavoro SL mostra il numero di lavoratori disposti ad accettare un laovoro per un dato
salario. Essa è anelastica ma non totalmente in quanto un maggior salario incoraggerà alcuni individui e i
disoccupati saranno più disponibili ad accettare un lavoro invece di continuare a cercarne uno
c) La curva di domanda di lavoro DL è decrescente: quanto maggiore è il salario, tanto più le imprese
cercheranno di risparmiare sul numero dei lavoratori. Ci sarà infatti un incentivo a sostituire il lavoro con altri
fattori produttivi.
d) Il mercato di lavoro è in equilibrio in corrispondenza del salario we, dove domanda e offerta sono uguali.
e) Se il salario fosse superiore a we, il mercato sarebbe in disequilibrio
f) Al salario w1 c’è un eccesso di offerta di lavoro pari ad A – B  disoccupazione di disequilibrio

Per avere una disoccupazione di disequilibrio, devono valere due condizioni:

1) L’offerta di lavoro deve essere maggiore della domanda di lavoro


2) Deve esseri rigidità dei salari

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Anche quando il mercato del lavoro è in equilibrio, non tutti coloro che cercano un lavoro lo troveranno, poiché alcune
persone rimarranno disoccupate in attesa di un lavoro migliore.

Nella seguente figura, la curva N mostra la consistenza totale della forza lavoro.

a) La differenza orizzontale tra la curva N e la curva di


offerta di lavoro rappresenta il numero di lavoratori che
cercano lavoro e che però non desiderano accettare un
lavoro al salario disponibile.
b) le rappresenta quindi il livello di equilibrio degli occupati
c) D – E rappresenta la disoccupazione di equilibrio
( “livello naturale della disoccupazione “)

Disoccupazione di disequilibrio - cause Disoccupazione di equilibrio - cause

1) La disoccupazione da salario reale si verifica Anche in una situazione di macroequilibrio generale, a


quando i sindacati usano il loro potere livello microeconomico domanda e offerta potrebbero non
monopolistico per ottenere salari superiori al coincidere su diversi mercati. Potrebbero infatti esserci
livello di equilibrio di lungo periodo di posti di lavoro in eccesso in alcuni settori e
concorrenza perfetta. disoccupazione in altri.
Questo problema potrebbe essere risolto da una
riduzione de salario, ma sarà comunque molto 1) Disoccupazione frizionale: quando le persone
difficile convincere i sindacati. che lasciano un impiego, rimangono disoccupate
Il loro potere è andato però declinando a causa in cerca di un nuovo impiego. Non è detto che
del processo di globalizzazione, grazie al quale i riescano ad ottenere il primo lavoro per cui fanno
mercati del lavoro sono più “flessibili” e domanda, poiché l’imprenditore potrebbe essere
numerose imprese devono affrontare la motivato a cercare un migliore candidato e gli
concorrenza proveniente da altri paesi aspiranti lavoratori potrebbero non accettare la
emergenti. Per questo, spesso le imprese non prima offerta.
possono concedere aumenti salariali. Anzi, se il Il problema che si pone è quindi quello
costo del lavoro è troppo elevato, si ricorre alla dell’informazione imperfetta* ( i datori non sono
delocalizzazione. informati sulla forza lavoro disponibile e i
2) La disoccupazione da carenza di domanda ( di lavoratori non sono informati sulla disponibilità di
beni ) è associata ai periodi di recessione: lavoro )
quando un’economia è in recessione, la
domanda si riduce. Le imprese non sono quindi 2) Disoccupazione strutturale: si ha quando la
in grado di vendere ciò che hanno prodotto. In un struttura dell’economia cambia. In alcuni settori
primo tempo potrebbero formare scorte di l’occupazione può aumentare e in altri diminuire
prodotti invenduti, ma prima o poi inizieranno a per due ragioni:
ridurre la produzione e la quantità di forza lavoro. a) Una variazione della domanda che alcune
industrie registrano per i loro prodotti, dovuto
Miriam La Rosa
a un cambiamento nei gusti dei consumatori
o a causa della concorrenza
b) Variazione dei metodi di produzione
( disoccupazione tecnologica )
Invece, in presenza di un aumento dell’offerta di lavoro, 3) Disoccupazione regionale dovuta alla
perché non si verifica una riduzione dei salari reali capace concentrazione di particolari industria in alcune
di eliminare la disoccupazione? aree ( declino del settore carbonifero nella Ruhr )
4) Disoccupazione stagionale nelle aree turistiche
a) Perché secondo la teoria dei salari di efficienza, i dove la domanda per alcuni tipi di lavoro fluttua
salari assolvono alla funzione di equilibrare la nel corso dell’anno
domanda e l’offerta di lavoro e motivano i
lavoratori ( se le imprese mantengono elevati i
salari, potrebbero ridurre i costi, grazie ad una
forza lavoro ben motivata e qualificata  un
salario reale alto è redditizio per l’impresa )
b) Se coloro che hanno già un lavoro ( insiders )
sono iscritti ad un sindacato, mentre quelli che
non lavorano ( outsiders ) non lo sono, o se gli
insiders sono dotati di particolari capacità che
danno loro un potere contrattuale nei confronti
del datore di lavoro, allora non può esistere alcun
meccanismo attraverso il quale l’eccesso di
offerta di lavoro può provocare una diminuzione
del salario reale eliminando la disoccupazione da
carenza di domanda.

3) Se l’offerta di lavoro aumenta senza un


corrispondente aumento della domanda di
lavoro, si avrà una diminuzione del salario reale
di equilibrio.

Miriam La Rosa
5.Le cause dell’Inflazione

Prima di esaminare l’inflazione occorre vedere cosa determina il livello dei prezzi nell’economia  esso è determinato
dall’interazione tra domanda e offerta aggregata

La seguente figura mostra una curva di domanda


aggregata e una curva di offerta aggregata, entrambe in funzione del livello medio dei prezzi:

Curva di domanda aggregata Curva di offerta aggregata

La domanda aggregata come accennato La domanda aggregata mostra la quantità di beni e servizi
precedentemente è data dalla spesa per l’acquisto dei che le imprese sono disponibili a offrire per un dato livello
prodotti nazionali ( spesa dei consumatori, del settore di prezzo a parità di altre condizioni.
pubblico, delle imprese e dei non residenti ). Mostra quindi
quanta produzione viene domandata per ogni livello di ( N.B stiamo analizzando la curva di offerta aggregata di
prezzo. breve periodo, mantenendo costanti variabili che variano
con il tempo come i prezzi degli altri input, la tecnologia, la
 La curva è decrescente. Vediamo 3 ragioni: forza lavoro e lo stock di capitale )

1) Effetto di sostituzione internazionale: se i prezzi Perché ipotizziamo che i salari e i prezzi degli altri input
aumentano, si avrà un incentivo a comprare siano costanti?
meno prodotti nazionali e più prodotti esteri. Il
paese esporterà meno prodotti, quindi le a) Spesso i salari sono determinati attraverso un
importazioni ( prelievo ) aumentano, e le processo di contrattazione collettiva, e una volta
esportazioni ( immissione ) diminuiscono. La trovato l’accordo, essi rimarranno al livello fissato
domanda aggregata sarà bassa. per anni. Anche in assenza di contrattazione, i
2) Effetto di sostituzione intertemporale: quando i salari non variano di frequente
prezzi aumentano, gli individui hanno bisogno di b) La medesima situazione si verifica anche nel
più denaro per i loro acquisti. Con un’offerta di caso dei prezzi degli altri input, poiché le imprese
moneta data nell’economia, ciò farà aumentare i che offrono beni capitale tendono a cambiare il
tassi di interesse, scoraggiando i prestiti e prezzo relativamente di rado.
incentivando il risparmio, inducendo gli individui a
posticipare il consumo corrente a favore del  Essa è positivamente inclinata ( quanto maggiore
consumo futuro. L’effetto finale sarà una è il livello dei prezzi, maggiore sarà la
Miriam La Rosa
riduzione della spesa e della domanda produzione)
aggregata.
3) Effetto dei saldi reali: se i prezzi aumentano, il Dal momento che teniamo costanti salari e i prezzi degli
potere d’acquisto degli individui si riduce. Per input, l’aumento del prezzo permette alle imprese di
compensare quest’effetto, essi potrebbero conseguire una redditività maggiore per un dato livello di
risparmiare di più e spendere meno. output.
Perché la curva di offerta non è orizzontale?

a) Rendimenti decrescenti: la quantità di alcuni


fattori di produzione è fissa, come la dotazione di
capitale, quindi le imprese incorrono nei
rendimenti decrescenti degli altri fattori, e hanno
una curva di costo marginale positivamente
inclinata.
b) Scarsità crescente di alcuni fattori variabili: gli
input possono diventare progressivamente più
scarsi in funzione di una maggiore produione
( es. trovare lavoro qualificato )
c) Inoltre, può non essere conveniente collocare
quantità elevate di prodotto all’aumentare del
prezzo

EQUILIBRIO

Il livello di equilibrio è quello che uguaglia domanda e offerta aggregata. Per mostrarlo, ipotizziamo ( fig. precedente )
che la domanda aggregata sia maggiore dell’offerta aggregata:

a) Prendiamo il prezzo p2 nella figura


b) La conseguente insufficienza di beni nell’economia spingerebbe i prezzi verso l’alto, fino al raggiungimento
dell’equilibrio in pe, con un livello corrispondente del reddito nazionale pari a Ye

 Se si verifica una variazione del livello dei prezzi allora si avranno movimenti lungo le curve di domanda e
offerta
Dunque, si hanno spostamenti della curva di domanda in seguito a variazioni di ciascun delle sue componenti
( consumo, investimento, spesa pubblica ed esportazioni ). Quindi, se il governo decide di aumentare la spesa
pubblica la curva di domanda aggregata si sposta verso destra. ( viceversa, in presenza di riduzioni, verso
sinistra )
La curva di offerta aggregata si sposta in risposta a variaioni di ciascuna delle variabili mantenute costanti nel
tracciare la curva ( tecnologia, forza lavoro, stock capitale ) che variano lentamente e fanno spostare la curva
verso destra in modo graduale.

 Se invece una qualsiasi delle determinanti della domanda e dell’offerta varia, la rispettiva curva di sposterà nel
piano.

Miriam La Rosa
Perché i prezzi tendono ad aumentare?

Con il termine “inflazione” indichiamo un aumento del livello generale dei prezzi; con “deflazione” ci si riferisce ad una
diminuzione del livello dei prezzi.

 Il tasso di inflazione misura l’aumento percentuale annuo del livello medio dei prezzi al dettaglio
a) Se negativo, allora i prezzi sono calati  stiamo misurando quindi il tasso di deflazione

Ogni mese, l’ISTAT pubblica un indice dei prezzi al consumo* e il tasso di inflazione viene calcolato come % di
incremento dell’indice rispetto ai dodici mesi precedenti

Una misura più “completa” del tasso di inflazione è data dal tasso di variazione di tutti i beni e servizi prodotti
internamente  indice di prezzo  deflatore del PIL

Le cause dell’inflazione

1. Inflazione da domanda: è causata da aumenti continui della domanda aggregata. Le imprese risponderanno
all’aumento della domanda in parte alzando i prezzi e in parte aumentando la produzione. Essa è tipicamente
associata ad una ripresa economica, e viene considerata come il fenomeno opposto alla disoccupazione da
carenza di domanda.
2. Inflazione da costi: è associata a continui aumenti dei costi necessari per produrre una data quantità di
prodotto. Se le imprese registrano un aumento dei costi, risponderanno in parte aumentando i prezzi
( scaricando l’onore dell’aumento sui consumatori ) e in parte riducendo la produzione .
Gli aumenti dei costi possono derivare da fonti diverse:
- I sindacati possono spingere per ottenere aumenti salariali
- Le imprese possono esercitare il loro potere monopolistico per aumentare i prezzi e quindi i loro profitti
- Il prezzo delle materie prime può aumentare sui mercati internazionali

I casi 1) e 2) possono anche presentarsi contemporaneamente. In ogni caso il risultato probabile è un continuo
spostamento della curva di domanda ( verso destra ) e della curva di offerta ( verso sinistra ). I prezzi continueranno ad
aumentare.

3. Inflazione strutturale: quando la struttura della domanda o dell’offerta dell’economia cambia, alcune industrie
registrano un aumento della domanda, mentre altre ne accusano riduzioni.
 Una corrente di pensiero economico, ispirandosi alla realtà dei paesi arretrati o in fase intermedia di sviluppo,
attribuisce l'i. a cause "strutturali".
Dare una definizione d'i. strutturale non è semplice, perché le sue determinanti possono essere numerose. -
----- Normalmente essa è generata da caratteristiche specifiche di uno o più settori dell'economia e, per lo
meno nella fase iniziale, si manifesta sotto forma di aumento di alcuni prezzi soltanto. Come primo esempio di
cause strutturali possiamo prendere in esame l'agricoltura. Consideriamo un paese in cui si ha espansione del
settore industriale e spostamento di popolazione dalla campagna alla città. Il processo di sviluppo determina un
aumento dei redditi degl'individui e una maggiore domanda di generi alimentari. Però nel breve periodo è
difficile rendere più produttiva l'agricoltura, per cui non è possibile espandere in misura consistente l'offerta di
tali beni, né è facile importarli, dato che ciò potrebbe generare forti disavanzi di bilancia dei pagamenti. Pertanto
l'eccesso di domanda sull'offerta di prodotti agricoli determinerà un aumento dei loro prezzi. Ciò indurrà i
lavoratori a chiedere aumenti salariali, e così si può innescare una spirale inflazionistica difficile da frenare.

Nel prendere le loro decisioni, lavoratori e imprese tengono conto del tasso di inflazione “atteso”.

Miriam La Rosa
 Inflazione e tasso di interesse

Il tasso di interesse, in generale, viene definito dalla Banca centrale europea come il costo del credito o il rendimento del
risparmio.

A seconda, quindi, che si tratti di chi richiede un finanziamento o di chi lo eroga, il tasso di interesse diventa:

 Il corrispettivo che un individuo versa all’istituto di credito al quale ha richiesto il finanziamento;


 Il rendimento che l’istituto di credito ottiene dall’erogazione di un finanziamento.

Il tasso di interesse nominale è quello concordato e pagato. E’ ad esempio il tasso versato sul mutuo da chi acquista
un’abitazione, oppure quello che i risparmiatori ricevono sui propri depositi. I prenditori di fondi corrispondono il tasso
nominale, mentre i risparmiatori lo percepiscono.

Tuttavia, per i prenditori e i risparmiatori non conta soltanto l’importo pagato in termini nominali, bensì la quantità di beni
e servizi ovvero tutto ciò che possono acquistare con quella somma.

 Per indicare questo concetto gli economisti parlano di “potere di acquisto della moneta”, che di solito
diminuisce nel tempo, con l’aumentare dei prezzi a seguito dell’inflazione.

Sottraendo questa perdita di potere di acquisto dal tasso di interesse nominale, i prenditori e i risparmiatori sono in grado
di determinare il tasso di interesse reale su prestiti e risparmi.

Tasso di interesse reale = tasso di interesse nominale – tasso di inflazione ( Equazione di Fisher )

Egli sostiene che un incremento della quantità di moneta in circolazione determina un proporzionale aumento del livello
generale dei prezzi, perciò una conseguente diminuzione del potere d’acquisto della moneta.
Per elaborare questa teoria Fisher partì dal presupposto che in un mercato circola tanta moneta per quanto è il valore
delle merci e dei servizi che in quel periodo vengono scambiati.
Questa corrispondenza venne espressa con la funzione:
MV=PQ
Dove:
– M= moneta in circolazione
– V= velocità di circolazione (cioè il numero di passaggi che, nel periodo considerato, la moneta subisce)
– P= livello generale dei prezzi
– Q= quantità di beni e servizi scambiati in un dato periodo

Miriam La Rosa
CAPITOLO 8 – LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO NAZIONALE

1. Liberisti e legge di Say; keynesiani e il principio della domanda effettiva: due visioni diverse di come si giunge
all’equilibrio
2. La determinazione dell’equilibrio in un modello keynesiano: il ruolo del moltiplicatore
3. L’impatto di variazioni della domanda aggregata su inflazione e disoccupazione

Nel campo di studi della macroeconomia esistono diverse scuole di pensiero. Nonostante siano numerosi, è possibile
individuare due filoni contrapposti:

o I keynesiani
o I liberisti

In questo capitolo illustreremo la teoria elaborata da J.M Keynes negli anni trenta del secolo scorso, la quale ha
esercitato una profonda influenza sugli studi macreoeconomici. Keynes sosteneva che, senza l’intervento dello Stato per
stabilizzare l’economia, a periodi di crescita “Insostenibile” si sarebbero alternati periodi di grave e prolungata
recessione. La sua teoria nasce in un periodo chiamato successivamente come “la Grande Depressione”.

 Egli riteneva che la causa del “problema” fosse un’insufficienza della domanda aggregata. L’economia era
quindi caduta in un circolo vizioso:
a) La spesa aggregata era bassa perché il reddito era basso
b) Il reddito era basso perché i salari erano bassi
c) I salari erano bassi perché la produzione era bassa.

Solo lo Stato poteva interrompere tale circolo vizioso, aumentando per esempio la spesa pubblica, offrendo una
maggiore quantità di beni pubblici o riducendo le imposte, incoraggiando così a spendere di più.

Il pessimismo keynesiano sulle capacità del mercato di portare l’economia in una situazione desiderabile si contrappone
all’ottimismo dei liberali, per cui l’intervento pubblico è ammissibile se diretto a garantire le condizioni ottimali affinchè il
mercato possa operare al meglio.

1. Liberisti e legge di Say; keynesiani e il principio della domanda effettiva: due visioni diverse di come si giunge
all’equilibrio

Dalla crisi del ’29 scaturirono diverse interpretazioni contrastanti. L’opinione si divise in due fazioni:

o l’interpretazione neoclassica, con la legge di Say


o e quella “keynesiana”, dal nome del celebre economista Keynes.

Analizziamo la c.d “Legge di Say”:

È dunque impossibile che si verifichino, a livello macroeconomico, crisi di sovrapproduzione che diano luogo a
persistenti fenomeni di disoccupazione. Sotto questo profilo, difatti per i neoclassici, crisi e disoccupazione sono soltanto
Miriam La Rosa
fenomeni accidentali che i meccanismi di mercato, se lasciati funzionare in modo autonomo, sono sempre in grado di
autoregolarsi. ( crisi = accumulo di veleni nel sistema = crisi per espellere tali veleni “ Lionel Robbins “ )

Quindi, un’eccesso di offerta, può essere eliminato con una riduzione del prezzo, noto dal processo di aggiustamento dei
mercati di concorrenza perfetta*.

 Dunque, se c’è sufficiente flessibilità dei prezzi, la legge di Say funziona. ( la flessibilità è assicurata solo se
tutti i mercati sono perfettamente concorrenziali ) ( inoltre, bisogna aggiungere come conditio sin e qua non
l’assenza di tesaurizzazione della moneta* )

La legge di Say in un’economia di baratto La legge di Say in un’economia monetaria

In questo caso l’offerta di un bene è contestualmente In questo caso, invece, la contestualità tra offerta e
domanda di un altro bene: domanda viene meno.

es. Il pastore che offre latte in cambio di scarpe, domanda Es. ciascun individuo, nel domandare un certo bene non
scarpe nello stesso momento in cui offre il latte. Lo offre un altro bene ma offre moneta*. Se l’individuo
scambio avviene a un “prezzo relativo concordato”. “tesaurizza la moneta” ( ovvero la trattiene ) si realizza un
eccesso di offerta di beni che non è eliminabile anche in
 Dunque, se c’è un eccesso di offerta di latte, c’è presenza della piena flessibilità dei prezzi.
contestualmente un eccesso di offerta di scarpe.

Una riduzione del prezzo relativo del latte rispetto alle


scarpe è sufficiente ad eliminare lo squilibrio su entrambi i
mercati.

La legge di Say viene quindi realizzata.

La validità della legge di Say ha effetti macroeconomici rilevanti:

a) Non ci può essere disoccupazione involontaria, quindi l’economia raggiunge spontaneamente la piena
occupazione;  la disoccupazione involontaria non è altro che un eccesso di offerta che può essere eliminato
con la riduzione dei salari reali
b) Lo Stato non può svolgere alcun ruolo “attivo” di politica economica ma dar luogo solamente a una
redistribuzione del reddito ( garantendo la legalità ) secondo il principio del laissez faire;
c) Aumenti dell’offerta di moneta producono solo aumenti di prezzo ( teoria quantitativa della moneta : i prezzi
generali dei beni sono direttamente proporzionali alla quantità di moneta in circolazione nel dato momento ) 
se la moneta non viene tesaurizzata, e viene quindi trasformata in domanda di prodotti, l’economia è in piena
occupazione, e un eventuale aumento dell’offerta di moneta si traduce in un aumento della domanda dei
prodotti.

Dal momento che i mercati non sono perfettamente concorrenziali, la legge di Say, non è valida ( per i keynesiani
)

Secondo il loro punto di vista, un’ipotesi di mercato dei beni di concorrenza imperfetta* è più coerente con la realtà ,
poiché le imprese, variando la quantità prodotta, possono influire sul prezzo di mercato; inoltre, le imprese possono
trarre vantaggio dal tenere i prezzi fissi a un dato livello p.

Miriam La Rosa
Nella seguente figura è rappresentato il mercato dei beni finali visto dai keynesiani:

a) Se la funzione di domanda aggregata si sposta da Yd a Yd ‘ ( rimanendo i prezzi e quindi la funzione di offerta


data ) il prodotto di equilibrio dell’economia varia da Y* a Y**. Quindi, una riduzione della domanda aggregata,
porta a una riduzione del prodotto di equilibrio dell’economia.

Questo risultato viene sintetizzato dal principio della domanda effettiva*: è la domanda aggregata a determinare il livello
di prodotto ( di equilibrio ) dell’economia.

Quindi, l’offerta aggregata si adegua ai livello di reddito stabiliti dalla domanda

a) Se l’economia si trovasse a un livello di prodotto Y1 ( più basso di Y* ) vi sarebbe un eccesso di domanda


( Yd > Y0 )
b) Le imprese continuerebbero a tenere i prezzi fissi al livello p ma utilizzerebbero le scorte di magazzino per far
fronte all’eccesso di domanda sulla produzione corrente
c) Una variazione indesiderata ( una riduzione ) e non prevista di scorte spingerebbe le imprese ad aumentare la
produzione , al fine di ricostituire le scorte.
d) In questo modo, il prodotto dell’economia aumenterebbe da Y1 verso Y*
e) Nel caso, invece, di un’eccesso di offerta realizzato in Y2, una parte della produzione corrente rimarebbe
invenduta e quindi le scorte in magazzino aumenterebbero in modo indesiderato. In questo caso, le imprese

Miriam La Rosa
ridurrebbero la produzione al fine di ridurre il livello delle scorte, quindi il prodotto dell’economia diminuirebbe
fino a raggiungere Y*.

Quindi, mentre nella visione liberista si verifica un aggiustamento all’equilibrio basato sulla variazione dei prezzi,
nella visione keynesiana l’aggiustamento si realizza mediante la variazione della quantità prodotta

2. La determinazione dell’equilibrio in un modello keynesiano: il ruolo del moltiplicatore

Una seconda importante innovazione teorica di Keynes riguarda la funzione del consumo. Per i liberisti, la determinante
principale del consumo è il tasso di interesse*, per i keynesiani è l’output totale prodotto dall’economia.

Liberisti Keynesiani

Il tasso di interesse è il principale parametro che influenza Le famiglie decidono quanto consumare ( o quanto
il costo del denaro e una sua riduzione stimolerebbe le risparmiare ) in base al proprio reddito corrente:
famiglie ad aumentare i consumi attraverso il ricorso
all’indebitamento. C = C (Y°)
- Y° indica l’offerta ( livello di prodotto )
dell’economia

Quindi, prendendo una funzione keynesiana del consumo


lineare*

C = a + bY° a > 0; 0 < b < 1


- Il parametro a è l’ammontare di consumo di
sussistenza dell’economia, ovvero quanto deve
produrre l’economia per sopravvivere anche se
non produce.
- Il parametro b rappresenta il rapporto
incrementale tra consumo e reddito ( dC/dY° ),
che chiamiamo propensione marginale al
consumo ( PMGc ), che nella nostra funzione
risulta costante per qualunque Y° ( ci dice quindi,
quanta parte di un incremento unitario di reddito
viene consumata )

E’ ragionevole assumere che solo una parte


dell’incremento unitario verrà destinata al consumo e che
l’altra parte sia risparmiata. ( questo implica che il
consumo sia minore del reddito; dC < dY° ).

La funzione lineare di consumo può essere rappresentata


nella seguente figura:

Miriam La Rosa
Definiamo inoltre il concetto di propensione media al
consumo ( PMEc ), ovvero la parte del reddito che viene
consumata ( PMG = C/Y )

Possiamo rappresentare la PMEc e la PMGc come


funzioni di Y° nella seguente figura

N.B PMEc diminuisce all’aumentare del reddito, in quanto


al crescere di Y il consumo di sussistenza medio ( a/y ) si
riduce, mentre il consumo variabile medio ( uguale a
PMGc e quindi a b ) rimane costante

PMEc > PMGc

Data la funzione del consumo, è possibile ricavare anche


la funzione del “risparmio” ( prodotto dell’economia al
netto del consumo )

S = Y° - C = Y° - a – bY° = - a + ( 1 – b )Y°
Rappresentata graficamente nella seguente figura:

Miriam La Rosa
a) A fronte del consumo di sussistenza a, vi è un
risparmio di sussistenza negativo pari a –a
b) La PMGr ( rapporto incrementale tra risparmio e
reddito ) risulta essere il complemento ad 1 della
PMGc b, vale a dire 1- b
c) N.B solo se b<1 la PMGr risulta positiva

La propensione media al risparmio invece, ( PMEr ) risulta


essere:

Dunque, essa è < della PMGr, che è uguale a 1- b.

Miriam La Rosa
Dopo aver esaminato il principio della domanda effettiva e la funzione keynesiana del consumo, siamo in grado di poter
descrivere un modello macroeconomico relativo a un’economia chiusa, basato sui principi elencati.

 Si ipotizza che il mercato della moneta sia indipendente rispetto al mercato dei beni ( nonostante si descriva
un’economia monetaria in cui la moneta svolge funzioni di mezzo di scambio e di unità di conto )
 L’economia è quindi divisa in due sottoinsiemi indipendenti:
1) Da un lato il mercato dei beni che determina il prodotto dell’economia
2) Dall’altro il mercato della moneta che determina il tasso d’interesse
 In questo modello inoltre, prendiamo in considerazione un solo periodo, prendendo come dato immodificabile il
prodotto di piena occupazione ( Ypo ), poiché l’orizzonte temporale a cui ci riferiamo è troppo breve per
consentire variazioni delle risorse produttive.

Quindi, considerati costanti gli investimenti privati, la spesa per il consumo è determinata da una parte autonoma a,
indipendente dal reddito, e da una parte legata al reddito tramite la propensione al consumo degli individui "b"

C = a + bY° a > 0; 0 < b < 1


L'individuo utilizza solo in parte il proprio reddito per le spese di consumo. Ad esempio, l'80% del reddito è speso in
consumi mentre la restante quota è messa a risparmio. Le spese determinano a loro volta il reddito di altri individui che,
a loro volta , ne destineranno una parte in consumi e il resto a risparmio, e così via. In pratica qualsiasi incremento del
reddito o delle variabili componenti genera un "effetto moltiplicativo" nella spesa superiore all'incremento iniziale. Il
fenomeno è rappresentato nel "moltiplicatore keynesiano", vediamo come costruirlo

Y = a + bY + I + G
Il prodotto dell’economia è dato da a) ovvero dall’ammontare della produzione di sussistenza dell’economia, più la
PMGc, più gli investimenti privati, più la spesa pubblica

Y (1-b) = a + I + G
Y = 1/(1-b)*(a + I + G)
Il moltiplicatore keynesiano è quindi il coefficiente 1 / (1-b).

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Per una propensione marginale al consumo dello 0,8 (80%) il moltiplicatore assumerà un valore pari a 5. Infatti, m= 1 /
(1-b), essendo b=0,8 si avrà k= 1/(1-0,8) = 1/0,2 = 5.

Il significato economico del moltiplicatore è evidente: qualsiasi incremento nella spesa o negli investimenti genera un
incremento nel reddito nazionale cinque volte superiore all'iniziale spesa pubblica.

La spesa addizionale, infatti, provoca effetti a cascata nei redditi di più individui.

Secondo l’impostazione keynesiana l’eventuale presenza di disoccupazione dipende da insufficienza della domanda.

Quindi, lo Stato, mediante il principio del moltiplicatore, spinge l’economia a occupare più risorse produttive, sostenendo
la domanda aggregata esogena, ( determinando un aumento più che proporzionale del reddito dell’economia) poiché
l’economia non riesce a occupare spontanemente tutte le risorse produttive disponibili, a causa dell’insufficienza della
domanda.

Finora abbiamo considerato un’economia in cui è assente qualsiasi tipo di imposizione fiscale. La spesa pubblica viene
quindi implicitamente finanziata con indebitamento o con emissione di moneta, che non producono effetti sul mercato
dei beni.

 Dato che la capacità da parte dello stato di finanziare i deficit di bilancio pubblico mediante indebitamento è
limitata, vediamo come il finanziamento della spesa pubblica con tassazione influisce sul moltiplicatore:

Tra le tassazioni maggiormente utilizzate vi sono:

a) La tassazione in somma fissa, secondo cui il livello di tassazione è deciso esogenamente


b) La tassazione proporzionale , secondo cui si fissa un’aliquota t ( per esempio, un’aliquota t pari al 10% implica
che su ogni 1.000 euro di reddito 100 sono versati all’erario )
c) La tassazione progressiva, secondo cui vengono determinati diversi scaglioni di reddito, per ognuno dei quali
viene individuata un’aliquota diversa, maggiore per livelli di reddito maggiori

In presenza di tassazione, le famiglie decidono i propri consumi sulla base del reddito disponibile ( reddito al
netto della tassazione Yd = Y – T )

Quindi, modifichiamo la funzione del consumo studiata precedentemente (C = a + bY°) :

C = a + bYd
Con questa piccola parentesi, possiamo ora studiare i vincoli presenti al bilancio della pubblica amministrazione,
considerando due casi:

1) Che vi sia obbligo del bilancio in pareggio tra tassazione e spesa pubblica ( T = G )

In presenza di questo obbligo, 1 euro di spesa pubblica genera anche 1 euro di tassazione. La condizione di equilibrio,
può essere scritta così:

Y = a + b( Y – G ) + I + G
Esplicitando per Y, si trova come soluzione:

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N.B in questo caso, un incremento unitario di spesa pubblica produce non solo un aumento della domanda aggregata
esogena, da cui scaturisce il processo di moltiplicazione del reddito, ma anche un incremento di tassazione che riduce il
reddito disponibile delle famiglie e quindi il consumo.

2) Che non vi sia tale obbligo, e che quindi vi siano situazioni di avanzo o disavanzo pubblico

In questo caso, la condizione di equilibrio è la seguente:

Y = a + b ( Y – T )+ I + G
Da cui si trae come soluzione di Y :

N.B la tassazione influisce solo sull’ammontare della domanda aggregata esogena, riducendola.

Quindi, se facessimo un confronto, un incremento dato della spesa pubblica produce sul reddito un effetto più elevato di
una riduzione della tassazione sullo stesso ammontare. ( Un aumento di spesa pubblica è più efficace nell’elevare il
reddito dell’economia rispetto a una riduzione della tassazione perché il primo ha un effetto DIRETTO sul reddito
mediante la domanda aggregata, mentre il secondo ha un effetto INDIRETTO che passa attraverso l’aumento del
reddito disponibile che a sua volta fa aumentare il consumo )

3. L’impatto di variazioni della domanda aggregata su inflazione e disoccupazione

Il semplice modello keynesiano fin qui studiato implica una curva di offerta aggregata come la AS1 nella seguente
figura:

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a) Fino a Ypo, produzione e occupazione possono aumentare e i prezzi rimangono fissi
b) Nel momento in cui viene raggiunta la piena occupazione delle risorse, un ulteriore aumento della produzione si
trasforma in un aumento dei prezzi, generando uno scarto inflazionistico*. Questo implica che possano
generarsi inflazione o disoccupazione, ma non contemporaneamente.

ATTENZIONE: nella realtà, è invece possibile osservare la presenza contemporanea di inflazione e disoccupazione,
soprattutto per due motivi:

1. Ci sono tipi di inflazione e disoccupazione non generati da eccessi di domanda o di offerta ( inflazione da costi
e inflazioni da aspettative; disoccupazione frizionale e strutturale )  quindi, anche se lo stato potesse portare
l’economia ad un livello di piena occupazione,non riuscirebbe ad eliminare tutta l’inflazione e tutta la
disoccupazione, ma solo l’inflazione trainata dalla domanda e la disoccupazione da carenza della domanda.
2. Inoltre, non tutte le imprese operano allo stesso livello di attività: un aumento della domanda aggregata può
generare sia una riduzione della disoccupazione sia un aumento dei prezzi; alcune imprese potrebbero infatti
reagire aumentando la produzione altre aumentando i prezzi. Quindi la curva AS1 precedentemente illustrata,
potrà assumere la forma della AS2.

Il legame tra inflazione e disoccupazione è stato studiato nel 1958 da Alban Phillips, il quale mostrò l’esistenza di una
relazione statistica tra inflazione misurata sui salari e disoccupazione nel Regno Unito:

a) Ogni punto rappresenta l’osservazione relativa ad un determinato anno


b) La curva che meglio approssima le osservazioni statistiche raccolte è nota come curva di Phillips, e descrive
una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione

Dal 1966 circa, la curva di Phillips è sembrata non essere più in grado di spiegare la relazione tra inflazione e
disoccupazione. Infatti, nei paesi del mondo industrializzato a tassi di disoccupazione crescenti si accompagnava
un’inflazione più elevata ( c.d fenomeno della “stagflazione” )

Perché i paesi vivono periodi di espansione e recessione?

Miriam La Rosa
I keynesiani attribuiscono la responsabilità delle fluttuazioni nella produzione e nella disoccupazione alle fluttuazioni
della domanda aggregata. La loro spiegazione del ciclo economico è quindi basata sulla domanda. Essi infatti
suggerirono di adottare appropriate politiche di stabilizzazione per limitare tali fluttuazioni, sostenendo che un’economia
più stabile favorisce un ambiente migliore per gli investimenti e la crescita sia delle singole imprese sia dell’economia nel
suo complesso.

 Uno dei fattori principali che contribuiscono alle fasi alterne del ciclo economico è l’Instabilità degli Investimenti*

In recessione non vengono più effettuati investimenti in nuovi impianti e macchinari. Quando un’economia inizia a
riprendersi, gli investimenti possono aumentare molto rapidamente. Quando la crescita dell’economia rallenta, gli I
possono diminuire drasticamente.Il punto cruciale è che gli investimenti non dipendono tanto dal livello del reddito
nazionale e dalla domanda di beni di consumo, quanto dal loro tasso di crescita.

 Gli investimenti danno luogo a nuova capacità produttiva, e quindi dipendono da quanto la domanda è
aumentata, non dal suo livello. Quindi, variazioni degli I tendono a essere molto più accentuate di quelle del
reddito nazionale ( fulcro della teoria dell’accelleratore* )

 Inoltre, le imprese tengono scorte di prodotti finiti e la loro entità tende a variare nel corso del ciclo economico,
contribuendo a loro volta alle variazioni della produzione. ( solitamente le imprese rispondono alla “ripresa” con
una riduzione delle scorte piuttosto che con un aumento della produzione , tuttavia, se la fiducia nella ripresa
aumenta, le imprese vorranno aumentare la produzione )

Ritardi. Gli aggiustamenti innescati dal moltiplicatore non sono


istantanei. Inoltre, consumatori, imprese e settore pubblico
Perché espansioni e
potrebbero non rispondere immediatamente alle mutate
recessioni durano condizioni, ma con una certa lentezza.
molti mesi o Effetto cumulativo. Quando l’economia comincia a riprendersi le
addirittura anni? aspettative sono improntate all’ottimismo, le persone guardano al
futuro, consumano e investono di più. Analogamente, in recessione,
si diffonde il pessimismo. L’effetto è cumulativo.

Massimi e minimi. C’è un livello minimo di consumo che le


famiglie vorranno mantenere. Durante una recessione, esse non
spenderanno molto in beni di lusso e in beni Perché le recessioni durevoli, ma
continueranno a comprare cibo e altri beni e le espansioni essenziali. C’è quindi
un livello minimo al di sotto del quale il consumo non
finiscono?
scende.
Effetto eco. I beni durevoli e i beni capitale possono essere
utilizzati per molti anni, ma alla fine dovranno essere rimpiazzati. La
sostituzione di beni acquistati nel boom precedente potrebbe contribuire a
condurre l’economia fuori dalla recessione.
L’acceleratore. Affinché gli investimenti continuino ad aumentare, la domanda dei consumatori deve
aumentare a un tasso sempre maggiore. Se questo non accade, gli I diminuiranno e il boom finirà.
Shock stocastici. La politica nazionale e internazionale possono influire sul comportamento delle imprese e
quindi sulla domanda aggregata.
Politica economica. Attuazione di politica deflazionistiche o inflazionistiche a seconda dei casi da parte del
governo, che provocano una svolta nel ciclo economico.
Miriam La Rosa
Secondo Keynes, il governo dovrebbe tentare di ridurre le fluttuazioni cicliche ricorrendo a politiche attive di
stabilizzazione, riducendo le incertezze, offrendo un contesto migliore per gli investimenti di lungo periodo consentendo
una crescita più rapida.

CAPITOLO 9 – LA MONETA

1. La definizione e le funzioni della moneta: mezzo di scambio, riserva di valore, unità di conto
2. Il ruolo della banca centrale, delle banche e degli altri intermediari finanziari
3. La definizione di domanda e offerta di moneta, le loro relazioni con il tasso di interesse e la determinazione
dell’equilibrio

In questo capitolo analizzeremo il ruolo del sistema bancario e della moneta nell’economia, poiché variazioni del
comportamento delle istituzioni finanziarie e della quantità di moneta possono avere un effetto importante su tutte le
principali variabili macroeconomiche quali l’inflazione, la disoccupazione, la crescita economica e la bilancia dei
pagamenti.

1- La definizione e le funzioni della moneta: mezzo di scambio, riserva di valore, unità di conto

La moneta è qualcosa di più dell’insieme di banconote e monete metalliche. Infatti, la componente principale dell’offerta
di moneta non è il denaro circolante, ma i depositi presso le banche e altre istituzioni finanziarie. Solo una piccola parte
di questi depositi viene detenuta dalle banche sotto forma di contante. La maggior parte, infatti, appare come “partita
contabile” nelle passività bancarie.

Quindi, la banca avrà contante a sufficienza per soddisfare la domanda dei propri clienti?

Nella maggior parte dei casi la risposta è sì, poiché in ogni dato momento , viene ritirata solo una frazione dei depositi
totali di una banca e gli istituti finanziari cercano sempre di assicurare la capacità di soddisfare la domanda dei clienti. ( il
caso opposto è raro, a meno che i clienti non perdano la loro fiducia nella solvibilità della banca (capacità di un debitore
di far fronte con puntualità alle proprie obbligazioni di pagamento ) e cerchino di ritirare i propri soldi subito e in massa
determinato la c.d “corsa agli sportelli” .

 Oggi, è infatti prevista un’assicurazione sui depositi bancari fino a un ammontare massimo abbastanza elevato
( ben più alto della giacenza media )

Nonostante la BCE abbia intrapreso interventi volti a offrire abbondante liquidità al sistema bancario a tassi molto bassi,
la crisi finanziaria del 2007 ha costretto varie istituzioni bancarie a ricorrere a operazioni di ricapitalizzazione*
( operazione mediante la quale si realizza un aumento effettivo del capitale sociale di un’impresa. ) Si è ritenuto che
molte banche e società finanziarie europee e statunitensi avessero esagerato nell’utilizzo della leva finanziaria, (rapporto
tra indebitamento finanziario netto e patrimonio netto di un'impresa ) e che ciò le rendesse molto vulnerabili
aumentandone la probabilità di insolvenza.

 Di qui le richieste ultimative rivolte a molti istituti bancari dalle autorità di vigilanza o da esponenti delle
istituzioni di procedere a significative r. mediante aumenti di capitale. Essi dovrebbero essere realizzati,
dapprima facendo ricorso al mercato, poi con interventi di sostegno a carico dei singoli Stati e, solo in caso di
ulteriore necessità, dal Financial European Stability Fund (cosiddetto Fondo salva Stati), posto nel frattempo in
condizioni di operare.

Miriam La Rosa
Il fatto che la maggior parte delle transazioni non avvenga più in contanti ( eccetti quelle di piccola entità ) è ormai
assodato, tramite l’uso di carte di credito, Bancomat e assegni la moneta viene trasferita dal debitore al creditore con
una variazione contabile*. Quindi, quali strumenti monetari dovremmo includere nella categoria di “moneta”?

Vediamo, prima di tutto, quali sono le sue funzioni:

a. La moneta come mezzo di scambio: in un’economia di sussistenza in cui ogni individuo “provvede da sé” non è
necessaria la moneta, poiché si può ricorrere al baratto. Al contrario, nella complessità di una moderna
economia industrializzata, il baratto è impraticabile. Un primo motivo è la presenza del c.d principio della
specializzazione del lavoro*, secondo il quale ognuno svolge una mansione differente che non permette di
pagare il lavoro in natura. Per questo è importante un mezzo di scambio* accettato da tutti non solo come
mezzo di pagamento, ma anche per remunerare tutti i fattori produttivi come il lavoro.
Affinchè essa possa svolgere questa funzione, devono sussistere delle caratteristiche fisiche:
1) Deve essere abbastanza leggere da poter essere trasportata
2) Deve poter essere espressa in tagli diversi
3) Non deve essere facile da riprodurre
4) Deve poter essere trasferita indirettamente e immaterialmente attraverso qualche meccanismo accettabile

b. La moneta come unità di conto: essa è l’unità usata per esprimere il valore di beni, servizi e attività finanziarie,
quindi il valore di tali attività viene espresso mediante i prezzi misurati in moneta, permettendo così di
confrontare i valori di due o più beni in diversi momenti del tempo.
c. La moneta come riserva di valore: gli individui devono poter conservare la propria ricchezza che permetta loro
di spendere il frutto del proprio lavoro ottenuto oggi, nell’acquisto di beni in futuro. Hanno bisogno di un mezzo
di risparmio che mantenga ( almeno ) il suo valore nel tempo. In questo caso, la moneta permette di conservare
ricchezza nel caso in cui i prezzi rimangano stabili ( così che il suo potere d’acquisto rimanga immutato =

Per rispondere adesso alla domanda precedentemente posta, possiamo dire che non c’è un confine netto tra ciò che è o
non è moneta.

 Il circolante* ad esempio ( banconote e moneta metallica ) è considerato moneta poiché assolve a tutte le sue
funzioni.
 I beni* come le automobili, non sono considerati monetta.

Nei vari paesi si usano definizioni diverse di moneta: tutte includono il circolante, ma si differenziano in base a quali altri
strumenti finanziari debbano essere inclusi. Consideriamo, a tal proposito, i tipi di conto* in cui la moneta può essere
conservata.

Miriam La Rosa
2- Il ruolo della banca centrale, delle banche e degli altri intermediari finanziari

Le banche hanno un ruolo cruciale nel sistema monetario, poiché la voce più importante nell’offerta di moneta è
rappresentata dai depositi bancari.

 Le banche più importanti per il funzionamento dell’economia e per l’attuazione della politica monetaria sono:
a) Le banche commerciali, che si rivolgono a un pubblico indistinto senza alcun limite nelle operazioni svolte (
“banche al dettaglio “ ) . Un esempio è dato dall’UniCredit, Intesa Sanpaolo, i quali sono specializzati nella
concessione di servizi al grande pubblico, ma prestano anche alle imprese ( anche se spesso a breve
termine )
b) Le banche di affari ( o “di investimento” ). Un esempio è la Mediobanca ( IT ) o la Goldman Sachs ( New
York ), le quali agiscono come procuratori di affari, organizzando linee di credito*( somma di denaro a
disposizione di un privato o di un’azienda, concessa da un operatore economico) a favore delle imprese
clienti. Inoltre, forniscono assistenza alle imprese nelle operazioni finanziarie ( es. fusioni per creare delle
sinergie tra le imprese prima indipendenti, ad esempio migliorando la competitività sul mercato delle
imprese coinvolte e scalate, ovvero il tentativo di assumere il controllo di una società quotata in borsa )

Entrambi i tipi di banche operano nel campo dei depositi e prestiti e hanno nei loro conti attività e passività:

Passività Attività

I depositi dei clienti presso le banche che raccolgono Le attività delle banche sono date dai loro crediti nei
risparmio ( come le Poste ) rappresentano delle passività. confronti di terzi. Le principali categorie sono 3:
Questo implica quindi che i clienti hanno diritto di riavere
tali depositi ogniqualvolta lo desiderino e che le banche 1) Circolante e conto presso la banca centrale
hanno il dovere di restituirli in ogni momento.
Le banche e altre istituzioni finanziarie hanno bisogno di
Vi sono 4 tipi di strumenti di raccolta di risparmio: detenere parte delle proprie attività in contanti per
soddisfare le richieste quotidiane dei loro clienti.
1) Depositi a vista
In più, esse mantengono dei “saldi operativi” presso la
Ovvero tutti i depositi che possono essere prelevati dal banca centrale, che svolgono la funzione di conti correnti
cliente in ogni momento senza penale, che dà di solito un delle banche e vengono utilizzati per esigenze di
interesse molto basso, prossimo a zero. compensazione, nonché per prelevare denaro contante a
richiesta.
Il più comune il deposito in c/c presso le banche, tramite il
quale i depositanti ricevono un libretto di assegni e/o carte ( durante la crisi del 2008, il prestito interbancario era
elettroniche quali Bancomat o carta di credito, che considerato troppo rischioso. Per questo motivo, molte
permettono non solo di prelevare contanti, ma anche di banche hanno deciso di incrementare i loro saldi operativi
spendere direttamente il proprio denaro per l’acquisto di presso la Banca Centrale, nonostante il tasso offerto fosse
beni senza dover fare uso di contanti inferiore al tasso interbancario, ovvero il LIBOR London
Inter-Bank Offered Rate )
N.B: le banche concedono ai clienti un credito fino a un
certo ammontare prestabilito ( il c.d fido: quel Inoltre, le banche devono mantenere riserve di liquidità
finanziamento al quale possono ricorrere sia i privati che presso la banca centrale ( esse non fruttano interesse e
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le imprese. Ai clienti che ne ricorrono la banca mette a non possono essere prelevate  RISERVA
disposizione una certa somma di denaro nel caso in cui il OBBLIGATORIA , un istituto con cui si impone alle
saldo sia in negativo. Con la richiesta di fido, per la quale banche di detenere una percentuale k delle loro passività
è necessario pagare un corrispettivo e presentare le depositato presso la Banca centrale. )
dovute garanzie, il cliente acquisisce il diritto a utilizzare la
somma prestabilita in caso di necessità ), così che i clienti  I contanti e i saldi attivi presso la Banca centrale
possano effettuare transazioni, anche per un valore rappresentano solo una fetta della totalità di
superiore al saldo effettivo del conto ( se pattuito ) attività delle banche. Una grande parte è infatti
rappresentata dai prestiti di vario genere, definiti
attività in quanto rappresentano crediti delle
2) Depositi vincolanti banche nei confronti di altri soggetti. Essi si
distinguono in :
Essi sono rimborsabili, ma solo con un certo preavviso, e
sfruttano un tasso di interesse maggiore di quello dei
depositi precedenti.  Prestiti a breve termine ( fidi o PCT )
- Prestiti monetari: sono concessi principalmente a
Il depositante può prelevare un certo ammontare di istituzioni finanziarie e consistono di:
denaro a vista, ma pagando una penale. a) Moneta di cui può essere chiesta la
restituzione con un preavviso di 24 ore
Tali conti non hanno diritto all’amissione di libretti di b) Moneta prestata per periodi inferiori a un
assegni bancari né di carte e non consentono scoperti sul anno
conto. ( il più comune è il libretto di risparmio ) c) Certificati di deposito conclusi con altre
banche
3) Certificati di deposito N.B il tasso di interesse dei prestiti interbancari è il LIBOR.
- Repo
Il certificato di deposito è un attestato che la banca è Si tratta di accordi di riacquisto: quando viene
obbligata a rilasciare ai propri clienti ogni volta che venga stipulato un accordo di vendita e riacquisto,
effettuato il deposito di una certa somma di denaro a l’istituzione finanziaria che acquista le attività
scadenza predeterminata, cioè con un vincolo temporale come titoli di stato, sta concendendo
fisso. effettivamente un prestito a breve termine. L’altra
parte acconsente a restituire il prestito, ovvero a
- Per il risparmiatore medio, essi hanno il riacquistare le attività a una data prefissata.
vantaggio di non essere esposti alle oscillazioni  Le attività temporaneamente detenute dalla
del mercato, dato che non sono quotati; questo banca che concede il prestito sono denominate
vuol dire che gli interessi rimangono sempre “repo”.
costanti.
- Nonostante oggi l’aliquota fiscale sui certificati di
deposito è penalizzante (20% anziché 12,5% nel  Prestiti a lungo termine
1996), è un tipo di investimento conveniente per
proteggere il benessere del risparmiatore Consistono soprattutto di prestiti a clienti, siano essi
- Obiettivamente, oggi sono più convenienti i conti famiglie o imprese. Sono principalmente 3:
deposito online; ad esempio con Widiba, il conto
corrente online a zero spese del Gruppo MPS, 1. A scadenza fissa ( tipicamente ripagabili in rate
chiudendo il vecchio conto e portando i propri da 6 mesi a 5 anni )
risparmi a Widiba si ottiene il beneficio di un 2. Scoperti ( a scadenza imprecisata )
tasso di interesse del 2,50% sui vincoli a 12 3. Mutui ( dai 10 ai 25 anni )
mesi.
------------------------- Le banche, inoltre, offrono anche la
4) Pronti contro termine ( PCT ) possibilità di effettuare investimenti:
I servizi di investimento sono dunque attività, prestate da
Se le banche hanno carenza temporanea di fondi, determinati soggetti, attraverso le quali possiamo
possono vendere parte delle loro attività finanziarie ad impiegare, sotto varie forme, i nostri risparmi in attività
altre banche ( c.d mercato interbarcario ) o alla banca finanziarie.
centrale, e poi ricomprarle a una data concordata.
Tutti i servizi di investimento hanno ad oggetto strumenti
Essi sono di fatto una forma di prestito, con i quali la finanziari, termine con il quale ci si riferisce ad azioni,
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banca prende a prestito una determinata somma usando obbligazioni, titoli di Stato, quote di fondi… ossia quegli
le sue attività finanziarie a garanzia. strumenti attraverso i quali è possibile effettuare
investimenti di natura finanziaria.
(contratti nei quali un venditore (generalmente una banca)
cede in cambio di denaro un certo numero di titoli a un
acquirente (con consegna immediata, quindi "a pronti") e
si impegna, nello stesso momento, a riacquistarli dallo
stesso acquirente a un prezzo (in genere più alto) e ad
una data predeterminata (la consegna è nel futuro quindi il
contratto è "a termine"). L'operazione consiste, quindi, in Cosa sono le azioni?
un prestito di denaro da parte dell'acquirente e un prestito
di titoli da parte del venditore.) Acquistare un’azione significa comprare una quota di
Le attività più comunemente usate sono i titoli del debito un'azienda, in termini più precisi con l’acquisto di
pubblico. azioni si partecipa al suo capitale di rischio (capitale
apportato dai soci) e di conseguenza si diventa
azionisti della società.
Poiché si partecipa al rischio di impresa, si riceve una
remunerazione che varia a seconda del risultato (utili
o perdite) dell’azienda.

Cosa sono le obbligazioni?

Le obbligazioni sono dei titoli di debito attraverso i


quali gli investitori prestano denaro alle aziende o ai
Governi (Titoli di Stato).
 Aziende e Stati, a loro volta, attraverso
l’emissione di obbligazioni, si finanziano fino
alla scadenza dell’obbligazione, pagando in
cambio interessi che possono essere fissi o
variabili. Un po’ come quando si chiede un
prestito in banca.
A differenza delle azioni, comprando obbligazioni non
si acquista una quota dell’azienda, ma un titolo di
debito. Quindi non si partecipa al suo capitale di
rischio e all’andamento della gestione, ma si diventa
creditori dell’azienda.

Quali sono i parametri dell’attività bancaria?


Redditività Liquidità Adeguatezza al capitale
I profitti si ottengono prestando Il grado di liquidità viene misurato Dopo gli Accordi di Basilea, si è
moneta a un tasso di interesse dalla facilità con cui essa può essere aggiunto anche l’adeguatezza al
maggiore del tasso pagato per la convertita in moneta senza sostenere capitale.
raccolta e imponendo commissioni costi.
per i servizi finanziari forniti. Le banche devono quindi avere
 La moneta prestata ad altre capitale sufficiente per soddisfare
Quindi, la redditività di una banca si istituzioni finanziarie può tutte le richieste di contati dei propri
misura in base al profitto medio essere convertità in contanti clienti e per poter “coprire le perdite”
ottenuto per denaro raccolto. con una certa facilità. nel caso in cui coloro a cui hanno
concesso un prestito non riescono a
L’unico problema è rappresentato ripagare i propri debiti.
Miriam La Rosa
dalla fiducia sulla capacità della
banca ha contratto il debito di
ripagarlo. L’adeguatezza è una misura del
capitale in cui le attività sono
 Altre attività, come i titoli, ponderate sulla base del loro grado di
possono essere convertite in rischio. ( quanto più è rischiosa
denaro contante con la un’attività, tanto maggiore è la
vendita sui mercati azionari: quantità di capitale che la banca deve
c’è però la possibilità di una detenere )
perdita dal momento che il  La quantità di capitale
loro prezzo ha un disponibile dovrebbe essere
andamento fluttuante. superiore all’importo di
capitale posto a rischio
Quindi, le banche, per assicurare alla (CaR).
clientela il prelievo del proprio denaro,  Se il CaR è più elevato del
devono detenere contanti sufficienti o capitale effettivamente
altre attività che possono essere disponibile occorre diminuire
convertite in contanti con facilità l’assunzione di rischio o,
(ovvero una buona % di attività alternativamente, procedere
liquidità ) alla raccolta di nuovo
capitale.
 Se il CaR è uguale al
capitale disponibile si ha una
situazione ottimale nella
quale la capacità di
assumere rischio di
un’istituzione creditizia è
interamente utilizzata

Nei periodi in cui la fiducia degli


investitori è bassa o si vive una
recessione, è probabile che molti più
debitori non siano in grado di onorare
i loro pagamenti. Potrebbe quindi
essere necessario aumentare il livello
del CaR affinchè si eviti che le
banche diventino insolventi.

Gli obiettivi di liquidità e redditività tendono a essere in conflitto tra loro:

a) Quanto più è liquida un’attività, tanto meno essa è redditizia ( i prestiti sono redditizi per le banche, ma
altamente illiquidi; il costante è perfettamente liquido, ma non da profitti )

 Per “ragioni di redditività”, le banche desiderano prendere a prestito “ a breve “ ( a basso tasso di interesse ) e
prestare “ a lungo “ ( a tassi elevati ).

In questo caso si pone però un PROBLEMA, ovvero il rischio che variazioni nei tassi di interesse di mercato producano
una riduzione della redditività e del valore economico di una banca.

La misurazione e la gestione del rischio di tasso di interesse avviene attraverso i due seguenti modelli:
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1) Repricing gap, utile per valutare l’incidenza di una variazione dei tassi sul margine di interesse
dell’intermediario. Prospettiva degli utili correnti.
2) Duration gap, utile per valutare, in linea più generale, l’effetto di una variazione dei tassi sul valore di attività e
passività finanziarie. Prospettiva del valore economico dell’intermediario.

Quindi, se i tassi di interesse aumentano, le banche potrebbero guadagnare più reddito dai loro prestiti, ma devono
anche pagare un tasso più elevato ai depositanti.

Quindi, un modo per conciliare i due obiettivi di redditività e liquidità ( tra loro contrastanti ), è possibile:

a) Detenere una combinazione di attività liquide e illiquide


b) Ricorrere al mercato secondario delle attività
c) Cartolarizzazione ( o “securitisation” )

 Si ricorre al mercato secondario quando si decide di vendere un’attività prima della sua scadenza. Questo
consente alle banche di colmare il maturity gap per fini di liquidità, ma di mantenerlo per fini di redditività. ( un
esempio sono i certificati di deposito, che possono essere venduti su un mercato secondario. Essi sono emessi
per un periodo di tempo prefissato a un tasso di interesse concordato ( ad es. un anno ). I certificati sono così
passività illiquide per la banca, che grazie alla loro emissione possono aumentare la proporzione di attività
illiquide senza avere un maturity gap alto. Chi ha acquistato il cert. di deposito può venderlo a qualcun altro.
Tale attività è quindi liquida per chi la deteniene, per questo essi permettono alla banca di aumentare la propria
redditività )
 Per quanto riguarda la “cartolarizzazione” illustriamo la seguente spiegazione “light” per poi approfondirla:

La cartolarizzazione è infatti una complessa operazione finanziaria che consiste nel ricorre a strumenti di debito, come
l’emissione di titoli obbligazionari, per ottenere nell’immediato il rimborso di un credito a lungo termine, senza attenerne
negli anni la restituzione da parte del debitore.

Il processo si svolge tramite l’intervento di apposte società denominate “società veicolo” poiché fungono da canale di
congiunzione tra il soggetto titolare di crediti ( originator ) e gli investitori sui mercati finanziari.

Il processo si articola in due fasi:

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1°: nella prima fase, al fine di recuperare nell’immediato il denaro prestato, l’originator “cede” ( o “rivende” ) i suoi crediti
alla società veicolo. A fronte della cessione, la società veicolo paga subito l’originator la somma corrispondente
all’ammontare del prestito, e quindi si sostituisce al creditore originario nel diritto a riscuotere il credito dal debitore.

2°: le società veicolo, emettendo titoli obbligazionari chiamati CDO ( Collateralised Debt Obligation ), si fanno prestare
nell’immediato denaro dagli investitori che li sottoscrivono, garantendo loro che lo restituiranno sul medio e lungo
termine.

N.B questa pratica presenta anche dei rischi: poiché essa consente di ridurre il tasso di liquidità e di aumentare il
maturity gap, se tutte le banche pensano di poter operare con un tasso di liquidità minore, l’intero sistema bancario sarà
meno liquido. Questo può condurre a un’eccessiva espansione del credito ( attività illiquide ) in tempi di espansione
economica. Inoltre, se una banca fallisce vi è il rischio di un effetto domino sulle banche che hanno acquistato le sue
attività, specie se ci si muove su segmenti di mercato più rischiosi, come quelli dei mutui sub-prime (quei prestiti che, nel
vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi
pregressi nella sua storia di debitore. I debitori subprime hanno tipicamente un basso punteggio di credito e storie
creditizie fatte di inadempienze, pignoramenti, fallimenti e ritardi. )

Il ruolo della Banca Centrale

La BC assolve due compiti vitali nell’economia:

1) Esercizio della vigilanza sul sistema bancario ( verifica di efficienza e stabilità )


2) Provvedere all’offerta di moneta e condurre la politica monetaria

Mentre in passato vi era un legame stretto tra banca centrale e governo, più recentemente si è affermato in Europa il
modello tedesco di indipendenza della Banca centrale dal governo, principio sul quale si fonda l’istituzione della BCE, la
quale:

a) Determina il tasso di interesse comune per i paesi dell’Eurozona


b) Stabilisce la politica monetaria dei paesi UE

N.B nell’Eurozona, il compito di vigilanza non spetta alla BCE bensì alle singole banche nazionali del paese.

Vediamo quali sono i compiti principali della BCE:

1) Emette banconote, infatti la BCE ha il monopolio nell’emissione di banconote e di moneta metallica.


L’ammontare dipende dal tipo di politica monetaria che si vuole perseguire, tenendo sempre conto della
domanda di moneta.
2) Agisce come banca:
a) Per il governo: finanziando la spesa pubblica emettendo moneta attraverso i conti di tesoriera del tesoro
b) Per le banche: le banche hanno conti operativi presso la BC, usati a scopo di compensazione per le
operazioni del mercato interbancario
c) Per le banche centrali estere: la BC tiene in deposito valuta di banche centrali estere come parte delle
proprie “riserve ufficiali”, allo scopo di influenzare l’andamento dei cambi. 
3) È agente del Tesoro nell’emissione di titoli del debito pubblico: ogni qualvolta il governo registra un disavanzo
di bilancio deve finanziarsi con emissione di moneta o prendendo a prestito ( in questo caso emette titoli del
debito pubblico come BOT, BTP o i CCT ed è la banca centrale ad organizzare le emissioni )
4) Fornisce la liquidità necessaria alle banche: infatti, essa cerca si assicurarsi che ci sia sempre un’offerta di
liquidità che soddisfi la domanda da parte dei clienti delle banche ( funzione di *prestatore di ultima istanza* )

Miriam La Rosa
5) Vigila sull’attività delle banche e delle altre istituzioni finanziarie, consigliando sulle modalità più appropriate per
la gestione interna e svolge su di esse un’attività di ispezione; inoltre, impone loro di mantenere un adeguato
tasso di liquidità ( c.d vigilanza prudenziale ) anche con lo strumento della riserva obbligatoria 
6) Attua la politica monetaria: attraverso una gestione accurata dell’emissione e dell’acquisto di titoli del tesoro e
dei PCT, influenza i tassi di interesse e la quantità offerta di moneta.
7) Attua la politica del tasso di cambio: gestisce le riserve valutarie influenzando l’andamento dei tassi di cambio

3. La definizione di domanda e offerta di moneta, le loro relazioni con il tasso di interesse e la determinazione
dell’equilibrio

OFFERTA DI MONETA DOMANDA DI MONETA

In molti paesi la misura più comune dell’offerta di moneta è Con l’espressione “domanda di moneta” ci riferiamo a
la moneta in senso ampio, che include tutti i tipi di deposito quanta moneta un’economia desidera detenere, invece di
( infatti, abbiamo visto che i depositi costituiscono la spenderla nell’acquisto di beni, servizi o attività finanziarie
componente principale dell’offerta di moneta ) . Essa è di ( azioni.. )
solito denominata M3.
Keynes individua 3 moventi che spingono gli individui a
Per capire come l’offerta di moneta aumenta e diminuisce, domandare moneta:
e come può essere controllata, è necessario capire cosa
determina l’ammontare dei depositi bancari. 1) Il movente transazionale: gli individui ricevono
redditi monetari solo a dati intervalli di tempo,
Le banche stesse, possono aumentare l’ammontare dei mentre vogliono spenderli in modo continuo
loro depositi ( e quindi l’offerta di moneta ) attraverso un 2) Il movente precauzionale: poiché possono
processo noto come *moltiplicazione della moneta* verificarsi circostante impreviste come il guasto di
un’automobile, è una buona idea avere moneta in
Es: più per preacauzione.
3) Il movente speculativo: se si mantiene parte
Assumiamo che le banche abbiano: della propria ricchezza in un conto presso la
a) Un solo tipo di passività: i depositi banca, si ottiene un tasso di interesse basso, ma
b) Due tipi di attività: conto di tesoriera con la BC e non si va incontro al rischio di perdite.
crediti v/ clienti Investendo, in azioni e obbligazioni si ha
Assumiamo inoltre che: sicuramente un rendimento maggiore, ma si corre
a) Debbano assicurare un adeguato livello di il rischio che il prezzo di tali titoli aumenti.
liquidità presso la BC del 10 % delle loro attività
( che rappresenta anche la misura della riserva La funzione della domanda di moneta è nota anche come
obbligatoria ) funzione della preferenza di liquidità*
b) Il restante 90 % sarà concesso in crediti
 La moneta tenuta per movente transazionale e
Assumiamo che inizialmente il bilancio del sistema precauzionale è nota come saldo monetario attivo
bancario sia il seguente: in quanto detenuta come mezzo di scambio, e le
sue determinanti sono:
1. Il livello del reddito nazionale ( Y ) : maggiore
è il reddito nazionale, maggiore è il valore
degli acquisti e più elevata è la domanda di
moneta.
2. La frequenza con cui si percepiscono i redditi
Miriam La Rosa
 I depositi totali ammontano a 100 miliardi, di nell’economia ( quanto è minore la
cui10 miliardi ( il 10% ) presso la BC frequenza, maggiore sarà la quantità di
 I restanti 90 miliardi vengono prestati ai clienti moneta di cui si avrà bisogno a scopo
transazionale )
Ipotizziamo ora che lo Stato aumenti la spesa pubblica con 3. Con tassi di interesse maggiori gli individui
10 miliardi di euro destinati alla costruzione di strade, saranno incoraggiati a rischiare riducendo il
pagando con assegni emessi sul suo conto presso la saldo monetario attivo.
banca centrale.
I beneficiari di tali assegni li depositano nei propri conti
bancari  le banche li restituiscono alla BC e il loro saldo
nei confronti di quest’ultima aumenta di 10 miliardi. Il  La moneta detenuta per scopo speculativo è
bilancio è il seguente: anche chiamata saldo monetario inattivo. Gli
individui che detengono ricchezza, devono
decidere in che forma detenerla.

La determinante principale della domanda di moneta a


scopo speculativo è data dalle aspettative relative al
potenziale guadagno.

Quanto maggiore è il prezzo di un’attività finanziaria,


minore sarà il pagamento di interessi in % rispetto al
prezzo.
Il problema è che adesso le banche hanno un surplus di
liquidità e i loro depositi presso la BC sono aumentati di 20
miliardi, quindi il loro tasso di liquidità è dato da 20/110
Se sommiamo la domanda di moneta per ciascun movente
 Per mantenere un tasso di liquidità del 10%, otteniamo la domanda totale di moneta ( 1= transazionale;
occorre avere un saldo presso la BC di soli 1 2 = precauzionale; 3 = speculativo ):
miliardi ( 11/110 = 10 % ).
 I restanti 9 miliardi possono essere dati a prestito

Quando le famiglie spendono questi 9 miliardi ottenuti in


prestito per l’acquisto di beni e servizi, i venditori
depositano gli assegni sui propri conti in banca. Quando la La domanda totale di moneta in funzione del tasso di
compensazione avverrà, al saldo delle banche dei clienti interesse determina la curva della preferenza per la
presso la banca centrale saranno addebbitati 9 miliardi, liquidità, una curva decrescente ( in quanto un minor tasso
ma a quello dei venditori saranno accreditati 9 miliardi, di interesse sulle obbligazioni spinge gli individui a tenere
lasciando inalterato il saldo della banca centrale. più moneta, specie quella per movente speculativo )

 Tuttavia, rimangono ancora 9 miliardi in eccesso.


I nuovi depositi di 9 miliardi possono essere usati
per concedere prestiti ulteriori.

Il 10% ( 0,9 miliardi ) deve rimanere presso la banca


centrale, il restante 90% ( 8,1 miliardi ) può essere dato a
prestito.
a) Una variazione del tasso di interesse corrisponde
a un movimento lungo la curva
b) Una variazione di Y fa spostare l’intera curva:
- Un suo aumento da luogo ad uno spostamento
verso l’alto
- Una sua riduzione da luogo ad uno spostamento
verso il basso
Miriam La Rosa
Questo processo continuerà fino a qundo non si
raggiungerà la seguente posizione:

Quindi, l’aumento inziale di 10 miliardi del saldo presso la


banca centrale ha permesso alle banche di aumentare i
depositi di 90 miliardi, facendo aumentare l’offerta di 100
miliardi.

In realtà, vi sono delle complicazioni per questo processo,


principalmente 4:

1) Il tasso di liquidità delle banche può variare: per


esempio, le banche possono scegliere un tasso
più alto del minimo obbligatorio in prossimità
2) I clienti possono non domandare tutto il credito
offerto, infatti essi potrebbero non essere disposti
a chiedere prestiti. A tal punto, le banche
possono ridurre il tasso di interesse per
incentivare gli individui
3) Può essere difficile calcolare il tasso di liquidità:
può essere difficile ponderare diverse attività
4) Parte del contante potrebbe essere prelevato
dalle banche

Che cosa fa aumentare l’offerta di moneta?

 Le banche decidono di ridurre il tasso di liquidità


in seguito all’aumento delle transazioni con
assegni, Bancomat etc. La liquidità che si libera
viene usata per aumentare il credito e quindi ha
un effetto moltiplicativo sulla moneta.
 Famiglie e imprese possono decidere di detenere
meno denaro in contanti. Quindi, una maggiore
quota dei contanti rimarrà depositata e non nelle
tasche della gente, permettendo così alle banche
di moltiplicare moneta.
 Per colmare il disavanzo del bilancio pubblico il
governo deve prendere a prestito moneta,
vendendo titoli del debito pubblico. Quindi,
quanto maggiore è il fabbisogno finanziario, tanto
maggiore sarà l’aumento dell’offerta di moneta.
 Afflusso di fondi dall’estero con il deposito di
valuta nazionale dai residenti stranieri nelle
nostre banche

 La teoria monetaria elementare assume che


l’offerta di moneta sia del tutto indipendente dai
tassi di interesse ed essa è quindi determinata
esogenamente dall’autorità centrale
 Tuttavia, è più plausibile assumere che l’offerta di
moneta sia endogena, direttamente proporzionale
al tasso di interesse.

Miriam La Rosa
Ci sarà equilibrio sul mercato della moneta quando la domanda di moneta ( Md ) è uguale all’offerta di moneta ( M° ).
L’equilibrio viene raggiuno, dato Y, attraverso variazioni del tasso di interesse.

Nella seguente figura il tasso di interesse di equilibrio è re e la quantità di moneta di equilibrio è Me:

a) Se il tasso di interesse fosse superiore a re gli individui avrebbero troppa moneta rispetto a quella domandata e
la utilizzerebbero per acquistare obbligazioni con un conseguente aumento del loro prezzo. Quindi, un prezzo
maggiore delle obbligazioni corrisponderà a un loro minore tasso di rendimento.
b) In seguito a diminuzioni del tasso di interesse si avrà una riduzione dell’offerta di moneta, ( movimento lungo la
curva M° ) e un aumento della domanda di moneta, specialmente quella speculativa ( movimento lungo la
curva Md )
c) Il tasso di interesse continuerà a diminuire fino a raggiungere il valore re  equilibrio

AUMENTO DELL’OFFERTA DI MONETA  AUMENTO DELLA DOMANDA AGGREGATA

1°: l’aumento dell’offerta di moneta porta a un eccesso di moneta; ciò provoca un calo del tasso di interesse. La curva si
sposta verso destra e il tasso di interesse diminuisce.

2°: questa diminuzione incoraggia le imprese a investire in nuovi stabilimenti o in nuovi macchinari e incoraggia i
consumatori a spendere e li disincentiva a risparmiare.

3°: aumento della domanda aggregata.

I tassi di cambio vengono determinati dall’interazione tra domanda e offerta di valute:

a) Se l’offerta di euro eccede la domanda di euro, il tasso di cambio diminuisce e l’euro si deprezza
b) Se la domanda di euro è superiore all’offerta, il tasso di cambio dell’euro aumenta e l’euro si apprezza.

Miriam La Rosa
CAPITOLO 10 – LA POLITICA ECONOMICA

1. La spesa pubblica e le imposte per influenzare il livello di attività economica: il ruolo e l’efficacia della politica
fiscale
2. Il controllo dell’offerta di moneta e dei tassi di interesse: il ruolo e l’efficacia della politica monetaria

In questo capitolo studieremo le politiche adottate dal governo e dalla banca centrale per affrontare problemi
macroeconomici quali la disoccupazione, l’inflazione e la crescita economica scarsa secondo due ottiche diverse: la
politica fiscale e la politica monetaria.

La politica fiscale La politica monetaria

Gli strumenti di cui si avvale la politica fiscale per Fino alla fine degli anni sessanta in cui l’adesione
influenzare la domanda aggregata sono: keynesiana raggiunse il suo apice, la politica fiscale era
considerata il miglior strumento per controllare l’economia.
a) La spesa pubblica Negli anni settanta, tuttavia, si determinò un’importante
b) L’imposizione fiscale svolta di pensiero con il ritorno al successo della posizione
liberista che condusse a un crescente interesse per la
 Una politica fiscale “espansiva” consiste in un moneta, al fine di evitare i danni che essa può creare se
aumento della spesa pubblica o in una riduzione non ben gestita.
delle imposte. Il suo effetto è quello di aumentare
la domanda aggregata e dar luogo ad un In molti stati del mondo il controllo dell’inflazione divenne il
incremento più che proporzionale del reddito principale obiettivo macroeconomico a breve termine.
nazionale. Vennero messe in atto politiche monetarie molto severe,
 Una politica fiscale “restrittiva” consiste in una che in molti casi prevedevano la fissazione di un livello
riduzione della spesa pubblica e/o in un aumento obiettivo ( target ) per la crescita dell’offerta della moneta (
delle imposte il c.d monetary targeting ).

Dato che il governo può influenzare il livello della Molte banche come la FED si avvalsero inizialmente di
domanda aggregata con una determinata politica fiscale, queste politiche per abbandonarle ben presto, dal
bisogna chiedersi: perché vorrebbe farlo? momento che raggiungere il target previsto si era
dimostrato difficile. L’unica banca centrale che ha
1. Potrebbe voler evitare disequilibri rilevanti continuato ad adottare tale strategia fu la Bundesbank.
usando una p. espansiva per prevenire una
grave e prolungata recessione  La BCE, che definisce e attua la politica
2. Inoltre potrebbe voler mitigare le fluttuazioni con monetaria di tutta l’eurozona dal 1999, è
politiche di “stabilizzazione” affinché il livello indipendente dai governi degli stati
effettivo della produzione non sia molto diverso dell’Eurozona. Anche per essa, lo scopo
dall’output potenziale ( quindi vuole minimizzare principale della p.monetaria è non superare un
l’output gap, ovvero la differenza tra il prodotto target per il tasso di inflazione ( non superiore al
interno lordo effettivo E e quello potenziale P ) 2% )

Se il governo desidera ridurre la crescita della


Per mettere in atto una p. fiscale espansiva sono moneta nel lungo periodo può tentare di
necessari un aumento della spesa pubblica e/o controllare una o due fonti:
Miriam La Rosa
una riduzione delle imposte:
a) Il ricorso al prestito da parte del settore pubblico
La differenza tra entrate (gettito fiscale) e uscite (spesa finanziato tramite il credito presso il settore
pubblica) è detta saldo pubblico: bancario
 se tale saldo è negativo, si parla di deficit (o b) Le banche scelgono di operare con un tasso di
disavanzo); liquidità inferiore
 se è positivo, si parla di avanzo;
 se, infine, è pari a zero, si parla di pareggio del
bilancio.
L’ammontare del disavanzo rappresenta il c.d “fabbisogno La banca centrale può imporre un coefficiente di
finanziario” del settore pubblico. Tale disavanzo può riserva minimo* obbligatorio alle banche, che sia
essere finanziato creando nuova moneta o indebitandosi superiore a quello con cui esse decidono
emettendo titoli del debito pubblico ( in cui lo stato, nei autonomamente di operare. Esse quindi
periodi seguenti, dovrà pagare gli interessi sul debito richiedono alle banche di detenere una % minima
contratto ). di depositi sotto forma di denaro liquido o di
depositi presso la banca centrale.
 Quindi, il saldo del bilancio pubblico ( Bs ) è dato
da:  L’obiettivo è evitare che le banche scelgano di
abbassare il loro tasso di liquidità, creando quindi
Bs = T(imposte nette) – G(spesa pubblica)- r(tasso sul maggiore credito.
debito)B(stock di debito pubblico accumulato fino all’anno in
corso) Le banche possono comunque trovare un modo per
aggirare tali restrizioni. Infatti, esse vogliono concedere
prestiti e gli individui vogliono prendere a prestito. E’
Molti paesi industrializzati negli ultimi decenni hanno infatti molto difficile vigilare ogni singola parte dei
registrato notevoli disavanzi di bilancio; i paesi complessi sistemi finanziari.
dell’Eurozona si sono tuttavia impegnati a non
oltrepassare il limite del 3% nel rapporto tra Se il governo desidera prevenire una crescita
eccessiva dell’offerta di moneta nel lungo
Deficit/PIL ( patto di stabilità e crescita ) periodo, dovrà preoccuparsi di non incorrere in
un elevato fabbisogno finanziario.

In un certo senso, le due strategie adottate dalla p.fiscale a) Se il debito pubblico viene finanziato con
agiscono come “stabilizzatori automatici” dell’economia. “operazioni di mercato aperto” in cui la banca
centrale acquista titoli dal sistema bancario,
 Per esempio, all’aumentare del reddito nazionale l’offerta di moneta aumenta
aumenta anche il gettito fiscale , con una b) Se il debito viene finanziato con aumento del
conseguente diminuzione del reddito disponibile debito attraverso nuove emissioni di titoli
sulle famiglie collogati presso il settore privato NON bancario,
non vi è aumento di offerta di moneta.
Non si possono però evitare le fluttuazioni, ma solo
attenuarne l’ampiezza. Se c’è un disequilibrio di fondo o Se il governo desidera ridurre la crescita della
forti fluttuazioni, gli stabilizzatori non saranno sufficienti. moneta ed evita l’effetto spiazzamento, deve
ridurre il suo fabbisogno finanziario limitando il
 In tal caso, lo stato può decidere di variare il disavanzo o raggiungendo un avanzo di bilancio.
livello della spesa pubblica o le aliquote di
imposta.
La banca centrale potrebbe voler cambiare gli
Politica fiscale discrezionale obiettivi della sua politica attraverso vari
strumenti utilizzabili classificabili in 3 categorie
di intervento:

Quindi, bisogna chiedersi adesso: quanto è efficace tale 1) Controllo dell’offerta di moneta
politica f. ? Sarà davvero in grado di condurre al c.d fine 2) Controllo dei tassi di interesse
tuning ( ovvero portare la domanda aggregata al livello 3) Razionamento del credito
desderato ) ?
Miriam La Rosa
Prima di rispondere a queste domande, cerchiamo di
comprendere quali fattori influenzano l’efficacia della
p.fiscale:

1. La precisione delle previsioni: il governo


vorrebbe agire più rapidamente possibile, quindi,
quanto più precise sono le previsioni relative
all’effetto sulla domanda aggregata di una p.,
tanto più il governo sarà in grado di intervenire
rapidamente;
2. La misura in cui variazioni di G e di T influenzano La seguente figura rappresenta la domanda e l’offerta di
i prelievi e le immissioni moneta:
3. La misura in cui variazioni di altri tipi di prelievi e
immissioni influenzano il reddito nazionale
4. Non è sufficiente essere in grado di prevenire gli
effetti della p. è anche necessario quando
avranno luogo e quanto dureranno. Se la p. ha
effetti ritardati, sarà molto meno efficace nel
ridurre le fluttuazioni.
5. La misura in cui variazioni della domanda
aggregata avranno gli effetti desiderati
sull’output, sull’occupazione, sull’inflazione..
6. La misura in cui la p.fiscale ha effetti collaterali
indesiderati, ad esempio la riduzione degli
incentivi al lavoro dovuto a un’elevata pressione
fiscale a) Inizialmente la quantità di moneta di equilibrio è
M1 e il tasso di interesse corrispondente è pari a
r1
PROBLEMA NUMERO 1 b) Se la banca centrale vuole attuare una
p.monetaria “restrittiva” per ridurre l’inflazione,
può:
Prima di fissare un nuovo livello di spesa pubblica o di  Cercare di spostare l’offerta di moneta
imposte, è necessario calcolare l’effetto di tali variazioni verso sinistra da M°1 a M°2, causando
sul reddito nazionale*, sull’occupazione* e sull’inflazione*. un aumento del tasso di interesse da r1
a r2
 Le previsioni, tuttavia, sono spesso poco  Aumentare il tasso di interesse da r1 a
affidabili: r2 causando la riduzione della quantità
di moneta
a) Un aumento di G in istruzione potrebbe  Mantenere il tassodi interesse r1 e
dissuadere i genitori dal far studiare i propri figli ridurre la quantità di moneta a M2,
presso le scuole private razionando il credito dalle banche e
b) Se lo stato ricorre alla c.d p.fiscale “pura”, ovvero riducendo il processo di moltiplicazione
non finanziando un aumento del disavanzo monetaria
tramite l’aumento dell’offerta di moneta, dovrà
indebitarsi con famiglie e imprese emettendo titoli N.B: il razionamento del credito era uno strumento molto
del debito pubblico. Dovrà quindi competere con usato in passato. Lo scopo era mantenere bassi i tassi di
il settore privato* per ottenere finanziamenti e interesse per non scoraggiare l’investimento, limitando
dovrà pagare tassi di interesse elevati. l’ammontare di credito concesso ai clienti più rischiosi.
Quest’ultimo, sarà costretto a offrire tassi di Queste politiche sono state tuttavia abbandonate poiché
interesse più elevati, con la conseguenza che le ostacolano la concorrenza e impediscono alle banche
imprese potrebbero essere scoraggiate efficienti di espandersi.
nell’attività di Investimento. ( la spesa pubblica
“spiazza” la spesa del settore privato 
spiazzamento ) La banca centrale può adottare 4 tecniche per
c) Una riduzione delle imposte fa aumentare il controllare l’offerta di moneta. Esse hanno una
Miriam La Rosa
reddito disponibile delle famiglie e anche il caratteristica importante in comune: comportano una
relativo risparmio. Non è possibile prevedere “di variazione della liquidità del sistema bancario. ( si
quanto”, poiché esso dipenderà dalla percezione modifica l’offerta di moneta agendo sull’ammontare di
dei consumatori sulla durata della riduzione delle credito concesso dalle banche )
imposte
d) Il governo potrebbe prevedere l’effetto netto
iniziale sul flusso circolare del reddito, ma non 1) Operazioni di mercato aperto: questa tecnica
potrà fare lo stesso con l’effetto finale sul reddito consiste in vendite o acquisti di titoli del debito
nazionale per le seguenti ragioni: pubblico da parte della banca centrale sul
 La dimensione del moltiplicatore può mercato. Essa influisce sull’ammontare di credito
essere difficile da stimare che le banche possono creare e quindi sul livello
 Gli investimenti indotti dall’accelleratore di moneta.
sono anch’essi difficili da stimare ( può
accadere che un piccolo stimolo fiscale Es. se la banca centrale vuole ridurre l’offerta di moneta,
sia sufficiente a ridare fiducia alle vende titoli sul mercato. Chi li acquista, li deve pagare in
imprese e che gli investimenti indotti contanti, riducendo in tal modo il saldo attivo del sistema
aumentino di molto o può accadere che bancario verso la banca centrale. Se questo riduce le
essi siano prudenti e temono che non vi riserve bancarie al di sotto del livello prudenziale, le
sia ripresa, quindi non investiranno ) banche ridurranno il credito.

e) Le previsioni, inoltre, non possono prevedere 2) Taglio dei prestiti alle banche da parte della
l’imprevedibile, come l’attacco alle Torri Gemelle. banca centrale: in alcuni paesi, la banca centrale
adotta la politica di mantenere il proprio tasso di
interesse ald i sotto dei tassi di mercato,
PROBLEMA NUMERO 2 incoraggiando le banche a prendere a prestito
ogniqualvolta sia possibile.
3) Aumento della scadenza dei titoli del debito
La p.fiscale può avere effetti ritardati nel tempo. Prima di pubblico: per aumentare la scadenza dei titoli del
tutto, il governo deve riconoscere la natura del problema e debito pubblico la banca centrale acquista titoli di
vedere se sia disposto a intraprendere un’azione. Inoltre, breve periodo, come i Buoni del Tesoro, e vende
per pianificare e deliberare ci vuole del tempo. quelli più a lunga scadenza come i BTP. Quindi,
le banche e il settore privato si troveranno a
 Se tali ritardi sono abbastanza lunghi, la p. detenere titoli del debito a più lunga scadenza e
fiscale può anche essere destabilizzante quindi il grado di liquidità del loro portafoglio si
riduce.
a) Politiche fiscali espansive attuate per curare una 4) Riserva obbligatoria: con una variazione del
recessione, in caso di ritardi, comincerebbero a coefficiente di riserva si può variare la liquidità
produrre effetti solo a ripresa iniziata. Sarebbero delle banche e quindi la loro capacità di
quindi fuori luogo e peggiorerebbero le pressioni concedere crediti
inflazionistiche.
b) Politiche restrittive attuate per impredire
espansioni eccessive potrebbero avere effetto
solo quando l’economia sta entrando nella fase
recessiva, peggiorando la situazione.
Oggi l’approccio più comune di p.monetaria consiste nel
controllare direttamente i tassi di interesse. La banca
EFFETTI COLLATERALI centrale annuncia una modifica nei tassi di interesse e la
realizza mediante variazioni del tasso di sconto* o di
quello su operazioni di PCT*.
Dato che l’obbietivo della p.fiscale è il controllo della
domanda aggregata, possono presentarsi degli effetti Es. supponiamo che la banca centrale voglia aumentare i
indesiderati, quali: tassi di interesse. In generale, essa cerca di sottrarre
quanta più liquidità possibile alle banche commerciali.
1. Inflazione da costi: se l’economia si surriscalda e Questo accade automaticamente ogni giorno, quando i
l’inflazione aumenta, il governo può aumentare la pagamenti delle imposte da parte dei clienti delle banche
pressione fiscale, provocando una riduzione della eccedono l’ammontare ricevuto dalle banche come spesa
Miriam La Rosa
domanda; un aumento delle imposte sui consumi pubblica.  il controllo sulla liquidità del sistema
e sul reddito delle imprese verrà scaricato sui bancario può essere usato come strumento per provocare
consumatori. variazioni dei tassi di interesse.
2. Benessere e giustizia distributiva: il governo può
voler introdurre tagli in G per ridurre l’inflazione.
Ma i tagli si ripercuotono sulle persone
relativamente svantaggiate, che più dipendono N.B: la gestione dei tassi di interesse, nonostante
dallo stato e dai beni pubblici; rappresenti lo strumento preferito per controllare la massa
3. Incentivi: stabilizzatori automatici o aumenti monetaria, presenta alcune difficoltà. I problemi si
discrezionali delle aliquote possono agire come concentrano sulla natura della funziona della domanda di
disincentivo all’impegno individuale. Perché credito:
lavorare di più se buona parte del salario se ne a) se la domanda è poco sensibile alle variazioni del tasso
va in tasse? di interesse
b) se la domanda è instabile perché dipende da altri fattori
Un’alternativa alla p.fiscale è la c.d politica monetaria, con come il reddito atteso
misure che influiscono sull’offerta di moneta e sui tassi di
interesse. Allora sarà molto difficile controllarla attraverso i tassi di
interesse.

 Se la domanda aumenta notevolmente, elevati


tassi di interesse provocano i seguenti problemi:
a) Scoraggiano l’investimento
b) Determinano un generale aumento dei costi
c) Alle persone non piace pagare alti tassi sui
mutui o prestiti ( “impopolari” )
d) Per ridurre la liquidità dell’economia il
governo dovrà emettere titoli e sarà costretto
a pagare alti tassi sul nuovo debito per i
prossimi anni
e) Alti tassi incentivano afflussi di capitale
dall’estero con effetti dannosi per le industrie
che esportano

Per definire in modo efficace la p.monetaria


è necessario che l’autorità competente sia in
grado di prevedere la curva della domanda
di moneta, ,la quale può però spostarsi
improvvisamente, a causa delle aspettative
degli individui e della speculazione:

a) Se gli individui si aspettano che i tassi aumentino


e il prezzo dei titoli diminuisca, domanderanno
moneta
b) Se gli individui si aspettano che il tasso di cambio
si apprezzi, domanderanno moneta quando il suo
valore è basso
c) Se gli individui si aspettano un aumento
dell’inflazione, anticiperanno i consumi e
domanderanno più moneta per gli scambi
d) Se gli individui si aspettano una crescita più
veloce dell’economia, la domanda di credito
aumenterà poiché le imprese cercheranno di
investire

Se la curva di domanda non è stabile e se è anelastica, sarà


Miriam La Rosa
molto difficile attuare politiche monetarie efficaci e la Banca
centrale dovrà intervenire con aggiustamenti frequenti che
possono minare il clima di fiducia e scoraggiare gli investimenti
Quindi, l’efficacia della p.monetaria è debole soprattutto quando
non tiene conto delle aspettative delle imprese e dei
consumatori.
CAPITOLO 11 – IL MODELLO IS-LM

1. Il ruolo del tasso di interesse nei mercati dei beni, delle obbligazioni e della moneta
2. L’equilibrio sul mercato dei beni: la curva IS; l’equilibrio sul mercato della moneta: la curva LM
3. La determinazione dell’equilibrio macroeconomico
4. Le possibili politiche fiscali e monetarie
5. La visione opposta di keynesiani e monetaristi sul ruolo dello stato nell’economia

Se vi siete mai chiesti per quale motivo giornali economici e finanziari dedichino così tanto spazio ai livelli e alle
variazioni dei tassi di interesse, sarà facile comprendere che il tasso di interesse è una variabile economica molto
importante che inflenza la determinazione dell’equilibrio nei tre principali mercati che costituiscono il sistema
macroeconomico nazionale :

1) Il mercato dei beni


2) Il mercato della moneta
3) Il mercato delle obbligazioni

L’ipotesi di raggiungimento dell’equilibrio di domanda aggregata = offerta aggregata non sembra del tutto realistica e i
maggiori problemi riguardano una particolare componente della domanda aggregata, gli investimenti, che abbiamo
definito come le risorse che le imprese devono utilizzare per acquistare impianti, macchinari e/o aumentare le proprie
scorte.

 Tali “risorse” vengono solitamente acquisite mediante prestiti bancari, emissione di obbligazioni oppure
attraverso l’utilizzo di utili precedentemente accumulati o l’emissione di azioni.

Nei primi due casi, le imprese dovranno restituire ai creditori ( es. banche ) la somma prestata più gli interessi ( in questo
senso si potrebbe vedere l’interesse come il pagamento accordato dal debitore al creditore in cambio del fatto che
quest’ultimo ha rinunciato, alla disponibilità di una certa somma di denaro concedendola al primo. )

N.B abbiamo già precedentemente affermato che è necessaria una distinzione tra tasso di interesse reale e tasso di
interesse nominale. Tuttavia, per semplicità analitica, in tutto il capitolo ipotizzeremo che i prezzi siano costanti e uguali
a 1 e, porremo il tasso di inflazione uguale a 0, per evitare di distinguere tra i tassi.

Quindi, tanto più alto sarà il tasso di interesse, tanto più alto sarà il “costo” dell’investimento, e tanto meno le imprese
saranno propense a realizzare tali investimenti.

Quindi, il livello degli investimenti è descritto dalla seguente espressione:

I = ī – dr d>0
a) ī rappresenta la parte autonoma degli
investimenti decisi dagli imprenditori (
animal spirits ), ovvero dalle aspettative
formate sull’andamento futuro della
domanda
Miriam La Rosa
b) dr è la parte degli investimenti che dipende ( in modo inverso ) dal livello del tasso di interesse.

L’equilibrio sul mercato dei beni diviene dunque dipendente dal tasso di interesse, dato che gli Investimenti sono una
componente della domanda aggregata

Con la seguente figura possiamo evidenziare le relazioni principali che determinano l’equilibrio sul mercato dei beni:

Per quanto riguarda la moneta, nel capitolo 9 abbiamo analizzato il funzionamento del mercato in cui essa viene
domandata e offerta e abbiamo visto come:

a) l’offerta di moneta viene determinata dalla banca centrale


b) la domanda di moneta ( espressione delle scelte degli operatori ) dipende in parte dal reddito e in parte dal
tasso di interesse

Possiamo utilizzare la seguente formula, che rappresenta un’approssimazione rettilinea* della domanda di moneta.

Md = ƒY – gr ƒ > 0, g > 0
Quindi, maggiore è il tasso di interesse, meno propensi saranno i risparmiatori a detenere la propria ricchezza in forma
liquida, perché più elevati saranno gli interessi a cui essi devono rinunciare.

Rappresentiamo nella seguente figura il mercato della moneta:

Nel capitolo 9 abbiamo anche visto come la moneta che non viene detenuta dagli operatori in forma liquida, venga da
questi investita in attività finanziarie meno liquide che garantiscono però il godimento di un tasso di interesse e il
vantaggio di godere di “redditività”;

Gli svantaggi invece sono rappresentati da:


Miriam La Rosa
1. la relativa illiquidità, ovvero la loro non immediata trasformabilità in potere d’acquisto
2. Incertezza relativa al valore di tali attività e il rischio assunto da chi decide di detenerle

Le attività finanziarie, che chiameremo semplicemente obbligazioni*, dopo la loro emissione a un certo valore nominale
vengono vendute e comprate in un mercato di concorrenza perfetta in cui l’equilibrio tra domanda e offerta è assicurato
da mutamenti del prezzo ( “quotazioni” ). Ilustriamo nella seguente figura il mercato delle obbligazioni:

a) Gli operatori quindi


tenderanno a comprare obbligazioni quando il loro prezzo sarà considerato basso e a vendere obbligazioni
quando il loro prezzo sarà considerato alto.

Anche in questo caso, il mezzo di transazione è costituito dalla moneta, così come nel mercato dei beni, quindi la
decisione di detenere moneta e quella di detenere obbligazioni sono decisioni complementari. Si tratta infatti di una
scelta relativa alla forma in cui si intenda detenere la ricchezza: in forma liquida o in obbligazioni.

 Il “vincolo di portafoglio” esprime infatti la somma della domanda di moneta e di obbligazioni di ogni operatore
che deve essere pari alla sua ricchezza totale.

Le obbligazioni sono contraddistinte da 4 parametri fondamentali:

1) Il valore nominale è la somma di denaro che il soggetto che emette l’obbligazione si impegna a restituire alla
scadenza della stessa
2) L’interesse nominale è la somma che viene fissata dal soggetto che emette l’o. al momento dell’emissione, per
remunerare il creditore dopo un lasso di tempo
3) La quotazione è il prezzo espresso dal mercato ( in ogni momento )
4) Il tasso di interesse effettivo, che indichiamo con r, il quale dipende sia dall’interesse nominale ( IN ) sia dalla
quotazione ( q )

Possiamo quindi esprimere la seguente relazione:

Es. se un’obbligazione del valore nominale di 100€ acquistata al momento dell’emissione a quel
prezzo, promettesse di restituire, dopo un anno, il capitale di 100€ pagando un interesse di 4€ l’anno, il tasso di
interesse annuo sarebbe del 4% ( r = 4/100 = 4% ). Se il prezzo scendesse dopo l’emissione, si potrebbe comprare la
medesima obbligazione ad un prezzo inferiore, ad esempio 80€, allora il tasso di interesse effettivo salirebbe ( r = 4/80 =
5% )

Quindi gli operatori venderanno obbligazioni, domandando conseguentemente moneta ( quando il tasso è basso ),
mentre compreranno obbligazioni, cedendo moneta ( quando il tasso è alto )
Miriam La Rosa
Per rappresentare in maniera sintetica l’equilibrio esistente sui tre mercati fondamentali è necessario utilizzare la Legge
di Walras, la quale ci assicura che se su tre mercati due di essi sono in equilibrio, allora siamo certi che anche il terzo sia
in equilibrio.

Ci serviamo inoltre di un risultato centrale della teoria economica noto come modello IS-LM

( I = S investimento = risparmio; L = M liquidità o domanda di moneta = offerta di moneta )

Nelle prossime pagine provvederemo a scomporre il modello analizzando l’equilibrio fra domanda e offerta sul mercato
dei beni ( curva IS ) e su quello della moneta ( LM ) in un’economia chiusa, ovvero priva di relazioni economiche con
l’estero.

Il mercato dei beni e la curva IS Il mercato della moneta e la curva LM

Il mercato dei beni è caratterizzato da una struttura Si assume ( con realismo ) che il mercato delle attività
imperfettamente concorrenziale, prezzi fissi e finanziarie sia perfettamente concorrenziale, caratterizzato
aggiustamenti all’equilibrio realizzati tramite variazioni di da una miriade di individui che operano e che non
quantità. Tali aggiustamenti saranno lenti e graduali. possono esercitare alcun potere di mercato. I prezzi sono
flessibili e permettono aggiustamenti pressoché istantanei.
 In base al “principio della domanda effettiva” sarà
la domanda a stabilire il livello di attività  METODO GRAFICO rappresentazione LM
economica, mentre l’offerta si adegua ad essa.
Procediamo utilizzando due grafici, affiancati poiché
Procediamo alla costruzione della curva IS in due modi: rappresentano entrambi il tasso di intersse sull’asse delle
uno grafico e l’altro analitico. y

 METODO GRAFICO

1. La figura (a) mostra la funzione di domanda della


moneta Md1 per un dato livello di reddito Y1 che
appare come una retta inclinata negativamente e
la funzione di offerta di moneta che è per
semplicità fissata al livello M/ ed è indipendente
dal tasso di interesse ( retta verticale )
2. L’incrocio tra domanda e offerta di moneta
determinano l’equilibrio in E1, in corrispondenza
di un tasso pari a r1.
3. Possiamo riportare tale equilibrio nella figura (b)

Miriam La Rosa
Nella seguente figura ( a ) rappresentiamo l’equilibrio dove al tasso r1 corrisponde uno e un solo livello
keynesiano nel mercato dei beni come intersezione fra la di reddito, Y1, tale per cui il mercato della moneta
retta degli investimenti I, ( che per ipotesi non dipende dal sia in equilibrio.
reddito ) e la funzione del risparmio S ( che può essere 4. Esaminiamo un aumento del reddito da Y1 a Y2.
ottenuta dalla funzione de consumo, ricordando che il Tale incremento genera un aumento della
risparmio è la parte del reddito non consumata, quindi S = domanda di moneta a scopo transazionale e
Y–C) precauzionale e si rifletterà in uno spostamento
della curva di domanda della moneta in quanto a
ogni livello del tasso di interesse corrisponderà
una domanda di moneta più elevata. ( che infatti
si sposta da Md1 a Md2 ) generando un eccesso
di domanda di moneta, che viene soddisfatta con
la vendita di obbligazioni, che gli operatori
detengono in portafoglio, generando un aumento
di offerta, provocando una riduzione del prezzo
delle obbligazioni e un aumento del tasso da r1 a
r2, facendo spostare l’equilibrio da E1 a E2

Possiamo ripetere questa operazione svariate volte per


individuare altri punti di equilibrio, ma nel caso di funzioni
lineari bastano due punti per identificare la funzione che
definisce tutti i punti di equilibrio, cioè quelle combinazioni
di Y e r per cui domanda e offerta di moneta si uguagliano,
cioè la retta LM.

 METODO ANALITICO

Nel capitolo 9 abbiamo visto come per trovare


analiticamente la condizione di equilibrio sul mercato della
moneta non dobbiamo fare altro che uguagliare la
 La funzione del risparmio è inclinata domanda di moneta all’offerta. Abbiamo inoltre visto che la
positivamente con inclinazione pari a domanda di moneta è formata da diversi componenti e che
(1 – b) e con intercetta ( intersezione dipende positivamente dal reddito e negativamente dal
della retta con gli assi ) pari a ( -a ) tasso di interesse:
a) Nella situazione inziale in cui il tasso di interesse
è pari a r1, il sistema economico è in equilibrio in
Md = ƒY – gr ƒ > 0, g > 0
E1, e il corrispondente livello di reddito è Ye1.
Per soddisfare la condizione di equilibrio Md = M°
Proviamo ad immaginare l’effetto di una riduzione del
dobbiamo risolvere la seguente equazione:
tasso di interesse da r1 a r2.

b) La riduzione del tasso di interesse causerà un Md = ƒY – gr = M = M°


aumento degli investimenti ( poiché sono legati al
tasso ). E quest’effetto viene espresso dallo Possiamo inoltre calcolare le intercette per la LM:
spostamento parallelo della funzione di
investimento, che diventa I2. Il reddito di a) L’intercetta con l’asse del reddito Y può essere
equilibrio cresce fino a Ye1 trovata ponendo r = 0, risolvendo l’espressione
per Y:
Possiamo ora riportare sul grafico ( b ) i due livelli di
reddito sull’asse delle x e sull’asse y ha i livelli di tasso di M = ƒY – gr
interesse.
Che, quando r= 0 diventa
c) Possiamo quindi rappresentare le coordinate dei pari a : ƒY =M
due punti di equilibrio E1 e E2, cioè le E dunque:
combinazioni di tasso e reddito che essicurano
Miriam La Rosa
l’equilibrio nel mercato dei beni.

Potremmo ripetere quest’operazione più volte, ma due


punti bastano per identificare la retta i cui punti
rappresentano situazioni di equilibrio nel mercato dei beni,
cioè quei punti in cui I = S.

N.B la retta ottenuta è inclinata negativamente


b) L’intercetta con l’asse del tasso r può essere
 METODO ANALITICO trovata ponendo Y = 0 e risolvendo l’espressione
per r:
Scriviamo la condizione di equilibrio sul mercato dei beni
M = ƒY – gr
C = a + bY
gr = - M
A questo punto possiamo scrivere l’equazione completa
della domanda aggregata:

Se sostituiamo la funzione della domanda aggregata nella


condizione di equilibrio otteniamo:

La seguente figura evidenzia come a sinistra e sopra la


curva LM ( punto K ) ci troviamo in una situazione in cui,
per ogni dato tasso di interesse, il livello del reddito è
minore di quello che assicura l’equilibrio ( eccesso di
Da cui possiamo ricavare il valore del reddito di equilibrio offerta di moneta )
Ye:
A destra e sotto la curva LM ( punto W ) ci troviamo in una
situazione in cui, dato il tasso di interesse, il livello del
reddito è maggiore di quello che assicura l’equilibrio.
( eccesso di domanda di moneta )

Quindi adesso possiamo notare come anche il reddito di


equilibrio dipenda dal tasso di interesse. N.B per ogni
tasso di interesse esiste uno ed uno solo livello di reddito
di equilibrio capace di garantire l’eguaglianza di domanda
e offerta sul mercato dei beni.

Adesso siamo in grado di disegnare la curva IS e


descriverne gli spostamenti nello spazio ( Y, r ) attraverso
il calcolo delle intercette della retta I = S con gli assi Y e r:

o L’intercetta della curva IS con l’asse del reddito Y


può essere trovata ponendo r = 0 e risolvendo
l’espressione per Y

Un aumento dell’offerta di moneta ( unica variabile


esogena della LM ) sposterà la curva LM verso destra,
parallelamente a sé stessa, come rappresentato in figura:

Miriam La Rosa
o L’intercetta della curva IS con l’asse del tasso di
interesse r può essere trovata ponendo Y = 0 e
risolvendo l’espressione per r:

Come evidenziato nella seguente figura, a destra e sopra


la curva IS ( come ad esempio K ) troviamo punti in cui,
dato il livello del reddito, il tasso di interesse è maggiore di
quello di equilibrio. Dunque la domanda di investimento è
minore di quella di equilibrio e ci troviamo in un caso di
eccesso di offerta di beni.

A sinistra e sotto la curva IS troviamo punti ( come W ) in


cui, dato il livello del reddito, il tasso di interesse è minore
di quello di equilibrio. La domanda di investimento è
maggiore di quella esistente in equilibrio e ci troviamo in
un caso di eccesso di domanda di beni.
Le due intercette precedentemente calcolate ( con l’asse Y
positiva; con l’asse r negativa ) ci dicono che la retta LM
avrà un’inclinazione positiva.

a) Una domanda di moneta molto sensibile al tasso


di interesse sarà rappresentata da una LM piatta
b) Una domanda di moneta molto sensibile al livello
del reddito sarà rappresentata da una LM
particolamente inclinata
c) In un caso particolare essa è piatta in un primo
intervallo e inclinata nell’intervallo successivo
come illustrato nella seguente figura:

Nella seguente figura evidenziamo gli effetti di un


aumento di una qualsiasi delle componenti esogene della

Miriam La Rosa
domanda aggregata ( consumo di sussistenza,
investimenti esogeni e spesa pubblica ) che sposterà la
curva IS parallelamente a sé stessa verso l’alto

 Entrambe le intercette sono positive e dunque


sappiamo già che l’inclinazione della retta che le
congiunge non potrà che essere negativa.

Però, per calcolare la pendenza con precisione, dobbiamo


calcolare la variazione di r causata da una variazione di Y:

a) Dato che (1 – b ) e d sono entrambi positivi, ha


valore negativo.
b) L’inclinazione negativa deriva dal fatto che una
diminuzione del tasso di interesse determina un
aumento della domanda aggregata e ,
conseguentemente, un aumento del reddito di
equilibrio

N.B: tanto più gli investimenti sono sensibili al tasso di


interesse, tanto più piatta sarà la curva IS. Inoltre tanto
minore è l’effetto moltiplicativo indotto da una variazione
della domanda aggregata esogena, tanto più inclinata
sarà la curva IS.

Dunque, tirando le somme, possiamo dire che condizione necessaria e sufficiente perché vi sia equilibrio in tutti i mercati
della nostra economia è che ci sia una combinazione di reddito e tasso di interesse tale per cui i mercati dei beni e della
moneta siano simultaneamente in equilibrio.

Miriam La Rosa
Dal punto di vista analitico, per individuare l’equilibrio dobbiamo risolvere il seguente sistema:

Ricaviamo r dall’espressione della LM e sostituiamo trale espresione nella IS:

A questo punto possiamo risolvere la prima equazione, che


presenta una sola incognita, e trovare il valore di equilibrio Y* e
poi, sostituendolo nella seconda equazione, ottenere il valore di
equilibrio r*:

N.B A = a + I + G

Una cosa importante da osservare è che ora vi sono due tipi distinti di
politica economica che possono influire sulla determinazione del reddito di equilibrio e cioè:

1) La politica fiscale, che opera attraverso variazioni della spesa pubblica ∆G


2) La politica monetaria, che opera attraverso variazioni dell’offerta di moneta ∆M

Per individuare graficamente l’equilibrio macroeconomico dobbiamo trovare un punto nello spazio ( Y, r ) che appartenga
sia alla retta IS sia alla retta LM, quindi trovare il punto di intersezione fra le due curve:

Miriam La Rosa
a) Tale punto di intersezione ci permette di individuare 4 regioni caratterizzate dall’essere contemporaneamente in
disequilibrio sul mercato dei beni e su quello della moneta.
 Regione 1: le combinazioni di r e Y che corrispondono a punti in questa regioni caratterizzano un’economia che
si trova contemporaneamente in eccesso di offerta nel mercato della moneta ( EOM ) e in quello dei beni
(EOB);
 Regione 2: l’economia presenta un eccesso di domanda nel mercato della moneta EDM e un eccesso di offerta
in quello dei beni
 Regione 3: un’economia si trova contemporaneamente in eccesso di domanda nel mercato della moneta e in
quello dei beni ( EDB )
 Regione 4: l’economia presenta un eccesso di offerta nel mercato della moneta e un eccesso di domanda in
quello dei beni

Purchè ci sia un punto di intersezione fra le due curve, allora esiste una combinazione di reddito e tasso in grado di
assicurare contemporaneamente l’equilibrio sul mercato dei beni e della moneta e dunque anche delle obbligazioni.

Abbiamo appurato l’esistenza dell’equilibrio macroeconomico, ma adesso dobbiamo provarne la stabilità*, cioè la sua
capacità di tendere verso l’equilibrio partendo da un punto arbitrario del diagramma.

 Le forze “spontanee” che assicurano questo movimento verso l’equilibrio sono:

a) Il reddito offerto aumenta quando c’è eccesso di domanda di beni e diminuisce quando c’è eccesso di offerta di
beni
b) Il tasso di interesse aumenta quando c’è eccesso di domanda di moneta e diminuisce quando c’è eccesso di
offerta di moneta ( quando c’è tale “eccesso”di domanda, esso deve essere eliminato attraverso la vendita di
obbligazioni, creando dunque sul mercato delle obbligazioni un’eccesso di offerta che condurrà ad un
deprezzamento della quotazione, facendo così salire il tasso di interesse .

Quindi, adesso è facile vedere che in qualunque punto del piano ( Y, r ) si trovi l’economia, essa tenderà
spontaneamente a raggiungere l’equilibrio individuato dall’intersezione delle curve IS LM. Esaminiamolo graficamente:

a) Nel punto K
( regione 1 , eccesso di offerta su entrambi i mercati ) il mercato della moneta è caratterizzato da un tasso pari
a rk, maggiore di quello che, per lo stesso livello di reddito Yk, assicurerebbe l’equilibrio monetario ( rLMw )
b) Quando il tasso di interesse è alto gli operatori comprano obbligazioni facendo quindi salire la quotazione,
facendo quindi scendere il tasso di interesse e muovendo l’economia verso la curva LM ( punto K’)
Miriam La Rosa
c) Nel punto K’ il mercato dei beni è in disequilibrio, caratterizzato da un eccesso di domanda di beni, che fa
comunque crescere il livello del reddito e la domanda di moneta, provocando anche un aumento del tasso di
interesse.
d) L’economia si muove dunque lungo la LM verso l’incontro con la curva IS che si identifica nel punto di equilibrio
E.

N.B può accadere che l’intersezione tra IS e LM non coincida con la piena occupazione dei fattori produttivi. Per questo
è possibile che l’operatore pubblico intervenga con appropriate misure fiscali e/o monetarie che spostano l’equilibrio al
fine di raggiungere l’obiettivo di reddito richiesto.

Studiamo adesso quindi, quali possono essere le variabili che possono essere controllate e determinate dagli operatori
pubblici per influire sul comportamento del sistema economico:

politiche fiscali Politiche monetarie


IS LM
Con le politiche fiscali quindi, il governo agisce sulla Come abbiamo visto, l’unica componente esogena della
domanda aggregata. LM è l’offerta di moneta, la quale costruisce la variabile su
cui agisce proprio la banca centrale.
Ricordandoci che l’aumento di una qualsiasi componente
esogena della domanda sposta la curva IS parallelamente Abbiamo visto come un aumento dell’offerta di moneta
a sé stessa verso destra, possiamo dire che né il sposti verso destra la LM.  tale “spostamento” è deciso
consumo di sussistenza né la componente autonoma dalla banca centrale e attuato attraverso tre strumenti
degli Investimenti possono essere modificati. Per questo, principali:
il governo agisce stabilendo l’entità di spesa pubblica.
a) Tasso di sconto
ATTENZIONE: è probabile che il governo, aumentando la b) Coefficiente di riserva obbligatoria
spesa pubblica di ∆G faccia ( sì.. ), crescere il reddito, ma c) Operazioni di mercato aperto
non raggiungendo la quantità obiettivo, e per di più,
facendo aumentare il tasso più alto di prima.
Supponiamo di trovarci in una situazione di equilibrio
 Questo fenomeno prende il nome di “effetto macroeconomico che è però inferiore al reddito di piena
spiazzamento” ( o “crowding out” ) e consiste occupazione. La banca vuole agire per muovere il sistema
appunto nel fatto che un incremento della spesa e per questo decide di aumentare l’offerta di moneta pari
pubblica non ottiene tutto l’effetto moltiplicativo a ∆M. Così facendo l’equilbrio si sposta e il tasso di
sul reddito di equilibrio perché, in parte, spiazza interesse scende.
gli investimenti privati ( cioè ne prende in parte il
posto ) a causa dell’incremento del tasso a) La banca può diminuire il coefficiente di riserva
obbligatoria così che le banche commerciali
siano maggormente disposte a concedere prestiti
e dunque la moneta circolante aumenta
b) In operazioni di mercato aperto essa si comporta
come un operatore finanziario privato che
compra e vende attività finanziarie, cedendo in
cambio quindi moneta
c) Può diminuire il tasso di sconto, ovvero il tasso a
cui essa compra, per un valore inferiore a quello
nominale.

L’effetto di queste 3 azioni sarà quello di aumentarre


l’offerta di moneta, facendo spostare LM verso destra e di
ridurre il tasso di interesse.

N.B la politica monetaria potrebbe sembrare uno


strumento infallibile. Esiste però un caso in cui si dimostra
totalmente infefficace nel determinare il reddito di
Miriam La Rosa
equilibrio di un sistema economico, chiamato da Keynes
come il caso della “trappola della liquidità” che si verifica
in una situazione in cui il tasso di interesse è pari a 0 ( o
così basso ) tale che gli operatori sono disposti a detenere
in forma liquide qualsiasi quantità di moneta offerta.
( G = + ∞  LM orizzontale )

Attraverso il modello IS-LM siamo in grado di rappresentare, sia pure con notevoli semplificazioni, due concezioni della
macroeconomia che costituiscono due posizioni estreme del dibattito macroeconomico, quella keynesiana e quella
monetarista.

Secondo i keynesiani, poiché gli Investimenti sono relativamente


insensibili al tasso di interesse, nel caso in cui l’economia si trovi in g
= + ∞ la politica monetaria è totalmente ineffcace e l’unica possibilità
di intervento è una politica fiscale che intervenga sulla domanada
aggregata. Questa pratica è utile anche per ridurre le fluttuazioni
cicliche a patto che esse siano prevedibili e che variazioni di politica
fiscale possano essere messe in pratica rapidamente

Nel caso dei monetaristi si assume che la domanda di moneta sia


totalmente insensibile al tasso di interesse, mentre gli investimenti siano
molto sensibili. Per loro quindi, la politica fiscale è inefficace, poichè ogni
manovra fiscale espansiva provocherà l’innalzamento del tasso di interesse.
Quindi, l’unica possibilità per ottenere una variazione della domanda
aggregata è un aumento dell’offerta di moneta.

N.B valendo la legge di Say, l’economia si trova sempre nelle vicicnanze


della piea occupazione,e quindi un aumento della domanda genererebbe
solo un aumento dei prezzi.

CAPITOLO 12 – IL COMMERCIO INTERNAZIONALE

1. In che modo gli scambi commerciali e i flussi finanziari tra paesi creano interdipendenza a livello globale
2. Gli argomenti pro e contro il libero mercato
3. La storia delle relazioni commerciali internazionali dagli anni trenta a oggi
4. I diversi tipi di accordi commerciali
5. I vantaggi e gli svantaggi connessi alla creazione di un mercato unico in Europa

Viviamo in un mondo caratterizzato da forti interdipendenze. Infatti, la solidità economica di un paese e le politiche
economiche in esso attuate hanno un’importante influenza sulle economie degli altri paesi, e i problemi che si
Miriam La Rosa
manifestano spesso si diffondono come un “contagio”. I canali attraverso cui questo processo influenza le singole
economie sono principalmente 2:

1) Il commercio
2) I mercati finanziari

Vediamoli nello specifico:

Interdipendenza derivante dal commercio Interdipendenza finanziaria

Se negli USA si affermasse la convinzione che la crescita Analogamente al processo del commercio mondiale,
sia troppo rapida, verranno adottate politiche monetarie e anche i flussi finanziari internazionali sono aumentati,
fiscali restrittive. I consumatori statunitensi quindi, non aumentando di circa il 30% all’anno.
solo domanderanno meno prodotti interni, ma ridurranno
anche la quantità di prodotti importati.  Ogni giorno, migliaia di dollari di attività
finanziarie sono scambiati nelle borse
 Quanto più un’economia è aperta, tanto più sarà internazionali. Molte di queste transazioni sono
vulnerabile a variazioni del livello di attività rappresentate da flussi finanziari a breve termine,
economica nel resto del mondo. Questo è ancora che si muovono nei paesi in cui il tasso di
più accentuato nel caso di paesi che dipendono interesse è più favorevole.
fortemente da altri stati ( es. Il Canada con gli
USA ). Anche questo contribuisce a rendere i paesi
maggiormente interdipendenti tra loro. A causa di questa
Possiamo notare come, nonostante un rallentamento interdipendenza, l’economia mondiale ( ma anche quella
economico verificatosi alla fine degli anni dieci di questo di qualsiasi paese ) è soggetta a fluttuazioni periodiche.
secolo, è possibile che il commercio continui ad Per questo i diversi paesi tenderanno a condividere
aumentare determinando una maggiore interdipendenza preoccupazioni e problemi, favorendo un processo di
tra pesi e un aumento della loro vulnerabilità alle “cooperazione internazionale”.
fluttuazioni del commercio mondiale.
 Essa avviene attraverso riunioni periodiche in
gruppi ristretti, noti come G8 o il G20.

In questo processo di instabilità giocano un ruolo


fondamentale organizzazioni internazionali come il FMI o
l’Organizzazione mondiale del commercio:

1) FMI: promuove la crescita globale e la stabilità


aiutando i paesi in via di sviluppo nel
raggiungimento della stabilità macroeconomica e
nella riduzione della povertà.

Il commercio internazionale va a vantaggio di tutti i paesi che vi partecipano?

Per quale motivo i paesi effettuano scambi e cosa ci guadagnano?

Piuttosto che vivere in autarchia, producendo ciò di cui si ha bisogno, per i paesi è più conveniente specializzarsi*.

Le imprese si specializzano nella produzione di certi beni in modo da sfruttare i vantaggi che derivano dalle economie di
scala (se i costi medi di produzione diminuiscono all’aumentare della quantità prodotta.) , consentendo inoltre di trarre
benefici dalla loro particolare localizzazione.

Miriam La Rosa
 Con i flussi di cassa derivanti dalle vendite le imprese acquistano da altre imprese i beni intermedi necessari
per il processo produttivo e assumono la manodopera di cui hanno bisogno, intrattenendo rapporti reciproci.

Così come per le imprese, anche i paesi si specializzano. Ciascun paese produce alcuni beni in quantità maggiore di
quella che consuma, affinchè il “surplus” venga esportato, e il ricavo proveniente dall’esportazione viene utilizzato per
acquisire prodotti all’estero la cui produzione interna non è sufficiente a soddisfare la domanda.

Abbiamo parlato di “vantaggio” secondo cui ogni paese deve specializzarsi nella produzione di beni. Dobbiamo però
distinguere due tipi di vantaggio:

1) Vantaggio assoluto: quando un paese ha un vantaggio nella produzione di un bene rispetto a un altro paese
poiché può produrlo utilizzando meno risorse di quest’ultimo. I costi complessivi di produzione vengono
minimizzati se ogni paese si specializza nella produzione di beni per cui ha il vantaggio c.d assoluto,
scambiando in seguito tale prodotto con l’altro paese. Entrambi i paesi traggono un beneficio dallo scambio.

N.B i paesi hanno diverse dotazioni di fattori produttivi ( densità di popolazione, abilità dei lavoratori, clima, materie
prime), differenze che tendono a perdurare nel tempo, determinando la differenza tra paesi in base alla loro capacità di
produrre e offrire i diversi beni.

2) Vantaggio comparato: consideriamo un paese industrializzato che è in assoluto più efficiente di uno in via di
sviluppo nella produzione sia di grano che di stoffa.

Nonostante il paese industrializzato abbia il vantaggio assoluto nella produzione di entrambi i beni, il paese in via di
sviluppo ha un vantaggio comparato nella produzione di grano, mentre quello industrializzato ha un vantaggio
comparato nella produzione di stoffa.

 Nel paese in via di sviluppo il grano è meno costoso di quanto non lo sia nel paese industrializzato ( quindi, solo
1 metro di stoffa deve essere sacrificato per produrre 2 chili di grano; mentre nel paese industrializzato si deve
rinunciare a 8 metri di stoffa per ottenere 4 chili di grano, quindi il costo-opportunità della stoffa è 4 volte più
grande nel paese in via di sviliuppo che in quello industrializzato 8/2=4 )
 La produzione di stoffa è invece più economica nel paese industrializzato poiché nel paese in via di sviluppo,
per produrre 8 metri di stoffa bisogna rinunciare a 16 chili di grano.

Per trarre beneficio dal commercio internazionale, è opportuno che ciascuno esporti il bene per cui ha un vantaggio
comparato e importi quello per cui ha un vantaggio comparato.

All’aumentare del grado di specializzazione nella produzione di un


particolare bene, si dovrà ricorrere a risorse sempre meno
Se in due paesi i costi-opportunità della adatte alla produzione di quel bene, che potrebbero però
produzione sono diversi, allora entrambi possono essere impiegate in modo più proficuo nella produzione di
trarre beneficio dal reciproco scambio se ciascuno altri beni. Decidendo quindi di continuare a produrre il
si specializza nella prouzione dei beni i cui costi- bene in questione, si dovranno sacrificare quantità
opportunità sono minori rispetto all’altro paese. crescenti di altri beni. ( es. se un paese si specializza nella
produzione di grano, alla fine dovrà utilizzate un tipo di terra
poco adatto alla sua produzione )
Miriam La Rosa
 Questi “costi crescenti” all’aumentare del grado di specializzazione conducono alla scomparsa del vantaggio
comparato iniziale. Quando si raggiunge questa situazione non vi è più ragione di specializzarsi.
 Il commercio internazionale, comunque, funge da “motore della crescita” fornendo uno stimolo al paese
esportatore e inoltre può condurre alla creazione e allo sviluppo di legami commerciali tra paesi.

Che prezzo spunteranno le nostre esportazioni?

Quanto dovremo pagare per le importazioni?

La risposta a queste domande è data dalla ragione di scambio*, definita nel seguente modo:

P*i rappresenta il prezzo internazionale del bene i, a rappresenta il tasso di cambio e pi il prezzo
nazionale del bene i. Se i due elementi al numeratore aumentano, la ragione di scambio aumenta,
ovvero la merce Nazionale è diventata più competitiva sul piano internazionale.

Se è vero che il libero scambio favorisce tutti, perché a volte si cerca di limitarlo?

Abbiamo visto i vantaggi derivanti dallo scambio. Tuttavia, nella realtà è facile osservare come alcuni paesi creino delle
barriere al commercio internazionale, poiché esso non dà luogo solo a benefici, ma anche a costi.

Gli strumenti per limitare il commercio internazionale sono i seguenti:

a) Tariffe o dazi doganali


b) Restrizioni alla quantità importabile di determinati beni
c) Concessione di sussidi alla produzione nazionale di alcuni beni
d) Regolamentazione amministrativa finalizzata a ostacolare le esportazioni ( es. oneri burocratici )
e) Politiche che favoriscono i produttori nazionali

Nel caso estremamente opposto, possiamo citare una tecnica nota come dumping* , tramite la quale gli stati agevolano
le imprese nazionali concedendo loro sussidi all’esportazione.

Argomenti a favore delle “restrizioni”…

1. Nei paesi in via di sviluppo, alcune industrie relativamente nuove sono ancora troppo piccole per poter sfruttare
le economie di scala e i lavoratori ancora inesperti; vi è carenza di strutture e infrastrutture. Si attuano quindi
Miriam La Rosa
restrizioni poiché esse potrebbero non sopravvivere alla concorrenza estera in quanto “nascenti”, consentendo
invece di espandersi e diventare più efficiente.
2. La concorrenza estera può inoltre far uscire dal mercato i produttori interni, affinchè essa diventi monopolista,
praticando quindi prezzi elevati con una conseguente inefficiente allocazione delle risorse.

Quindi, questo suggerisce di adottare un approccio strategico al commercio, proteggendo alcune imprese relativamente
deboli per ottenere vantaggi netti nel lungo periodo derivanti dalla concorrenza.

Esistono tutttavia anche altri motivi per limitare il commercio internazionale, i quali potrebbero andare a vantaggio solo
del paese che le adotta a scapito degli altri, dando origine ad una perdita di benessere a livello globale.

 Un paese può decidere di rinunciare ai vantaggi economici associati al libero scambio per raggiungere obiettivi
non economici:
a) Decidendo di mantenere un certo livello di autosufficienza, vitale in periodi di guerra in cui il commercio
internazionale viene meno
b) Può decidere di non intrattenere rapporti di scambio con regimi politici divresi
c) Può decidere di preservarele proprie tradizioni che potrebbero sentirsi minacciate dal commercio

In ognuno di questi casi è tuttavia necessario sostenere un costo. Preservare uno stile di vita tradizionale, significa che i
consumatori non possono accedere a beni più convenienti prodotti all’estero.

Il protezionismo e le conseguenze….

Le politiche protezionitiche provocano un innalzamento dei prezzi e una restrizione della scelta di beni disponibili. Inoltre,
si pongono altri problemi:

a) Il protezionismo si presenta come “second best” soluzione, poiché può esistere una forma più diretta di
intervento che non dà origine a effetti collaterali negativi ( es. l’uso di tariffe per proteggere industrie vecchie
dalla concorrenza internaliziona può da un lato servire a evitare un’elevata disoccupazione, dall’altro
costringerà i consumatori a pagare prezzi elevati. Concedendo sussidi per agevolare la conversione dei lavorati
delle industrie obsolete in modo da renderle nuovamente efficienti, eviterà la disoccupazione evitando di far
ricadere le conseguenze sul consumatore.
b) Un escalation nell’uso di tariffe e barriere può condurre ad una guerra commerciale in cui tutti i paesi coinvolti
riducono al massimo le loro importazioni ( alla fine, ci perdono tutti )

Dopo il crollo della borsa di Wall Street nel 1929 si aprì un periodo di recessione a livello
mondiale. In molti paesi le esportazioni subirono una radicale diminuzione e si ebbero seri
problemi di equilibrio della bilancia dei pagamenti. Molte nazioni decisero quindi di ridurre
le importazioni attraverso l’uso di quote o tariffe, determinando un’ulteriore riduzione delle
esportazioni. Il risultato della depressione fu una riduzione del commercio mondiale, che
condusse inesorabilmente ad una perdita di benessere globale. Dopo la Seconda Guerra
Mondiale la maggior parte dei paesi ridusse le barriere al commercio, cercando di evitare
le politiche beggar- thy-neighbour, che avrebbero potuto scatenare guerre commerciali inutili.

 Nel 1947, ventitre paesi siglarono il GATT ( General Agreement on Tariffs and Trade – focus sullo scambio di
beni ). L’organizzazione che ne derivò nel 2009, l’OMC ( o “World Trade Organisation” – focus su beni,
invenzioni e proprietà intellettuale) contava 153 paesi, tra i quali si svolge il 96% del commercio mondiale.

OMC richiede ai suoi membri di applicare alcune regole:


L’

Miriam La Rosa
1. NON DISCRIMINAZIONE: secondo il principio della “nazione più favorita” qualsiasi concessione che un paese
fa a uno stato membro deve essere garantita anche a tutti gli altri aderenti
2. RECIPROCITA’: ogni nazione che ottiene una riduzione tariffaria deve a sua volta ridurre le proprie tariffe in
modo analogo
3. DIVIETO GENERALE DI RICORSO ALLE QUOTE
4. CONCORRENZA LEALE: se vengono decide barriere commerciali ingiuste, l’OMC può sanzionare quel paese
5. TARIFFE VINCOLATE: ai paesi non è concesso aumentare i dazi esistenti senza una preventiva negoziazione
con i propri partner commerciali

I paesi membri si sono periodicamente incontrati in occasione dei c.d “rounds” per concordare la riduzione delle tariffe o
altre forme di barriere al libero scambio. Dal 1947 si sono svolti 8 di questi incontri. L’ultimo a essere completato è stato
l’Uruguay Round, conclusosi con la firma di un importante accordo, che prevedeva un programma di riduzioni
progressive dei dazi e di altre restrizioni fino al 2002.

Perché alcuni paesi si accordano per scambiare tra loro in modo più libero?

L’economia mondiale è sempre più caratterizzata dalla presenza di “regioni commerciali”:

a) Una regione europea con centro nell’UE


b) Una regione asiatica con al centro il Giappone e la Cina
c) Una regione nordamericana con centro negli USA
d) Una regione latinoamericana

Questi accordi sono esempi di “accordi commerciali preferenziali”che prevedono restrizioni agli scambi con il resto del
mondo e barriere scarse ( o nulle ) con gli altri stati partecipanti all’accordo, all’interno dei quali viene incentivato il libero
scambio. Tuttavia, molti sostengono che questo sia un serio ostacolo per la possibilità di crescita e sviluppo di molte
economie in via di sviluppo.

 Questi tipi di accordo possono assumere 3 forme diverse:

1) Aree di libero scambio: quando i paesi membri eliminano le tariffe e le quote nell’ambito dei rapporti
commerciali reciproci, mantenendo le restrizioni nei confronti di paesi non membri.
2) Unioni doganali: funziona come la precedente con l’aggiunta che i paesi membri devono decidere quote e
tariffe comuni nei confronti di paesi non membri
3) Mercati comuni: quando nei paesi membri vi è un solo mercato e ha le seguenti caratteristiche:
a. Un sistema fiscale comune: un mercato comune perfetto con aliquote di imposte uguali
b. Un sistema comune di leggi e regolamenti che governano la produzione, l’occupazione e il commercio
c. Libera circolazione di lavoratori, capitali, materiali , beni e servizi con totale assenza di controlli alle
frontiere
d. L’assenza di un trattamento di favore nei confronti delle industrie nazionali da parte del settore pubblico
e. Tassi di cambio fissi tra paesi membri
f. Politiche macroeconomiche comuni

Concentriamoci sulla costituzione di un’unione doganale o di un’area di libero scambio, la quale esercita un impatto sui
flussi commerciali internazionali di un paese, in particolare, si devono distinguere la creazione di commercio* e la
deviazione di commercio*.

Creazione di commercio Deviazione di commercio

Si verifica perché la domanda di un bene da parte dei Si verifica quando il consumo di un dato bene viene
Miriam La Rosa
consumatori viene ora soddisfatta da un produttore con soddisfatto da un produttore di un paese membro
bassi costi piuttosto che da uno con alti costi. dell’unione con alti costi piuttosto che da un prodottore di
un paese esterno all’unione con bassi costi.
 I consumatori non dovranno più pagare prezzi
elevati per acquistare beni domestici per i quali il  Il consumi quindi si indirizza verso il prodotto di
loro paese presenta uno svantaggio comparato, un paese che lo produce con costi più elevati,
ma potranno acquistare, a un prezzo più basso, dando luogo a un’allocazione inefficiente a livello
quelli di importazione provenienti dagli stati globale
membri

VANTAGGI DI LUNGO PERIODO SVANTAGGI DI LUNGO PERIODO

o L’aumento delle dimensioni di mercato può o È possibile che le risorse si spostino da un


consentire alle imprese di un certo paese di determinato paese o verso il centro geografico
sfruttare le economie di scala ( interne ) dell’unione, determinando così la presenza di
o L’aumento del commercio può indurre un “zone depresse”
miglioramento delle infrastrutture dei paesi o Una maggiore cooperazione tra imprese di stati
membri membri può incoraggiare un maggiore livello di
o Il maggiore potere contrattuale dei paesi aderenti collusione, contribuendo a mantenere i prezzi
all’unione può consentire migliori condizioni di elevati
scambio o I costi amministrativi dell’unione possono essere
o L’aumento della concorrenzainduce una elevati
maggiore efficienza, incoraggiando gli
investimenti e riducendo il potere di monopolio
delle imprese

Per quanto riguarda le regioni di “libero scambio”, esse vanno a vantaggio di quei paesi il cui mercato interno è troppo
piccolo per consentire loro di poter sfruttare economie di scala. Rientra in questa categoria la maggior parte dei paesi in
via di sviluppo, i quali hanno sottoscritto accordi commerciali preferenziali:

a) In America Latina e nei Caraibi si sono costituiti:


1. L’ALADI ( associazione per l’integrazione dell’America Latina )
2. La comunità andina
3. Il mercato comune dell’America centrale ( SIECA )
4. La comunità caraibica ( CARICOM )
5. Il mercato comune del Sud ( MERCOSUR )
b) In Asia
6. I 6 paesi dell’ASEAN ( ora 9 membri ) si sono accordati per lavorare allacostituzione di un’ASEAN Free
Trade Area
c) In Africa
7. La Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale ( ECOWAS ) sta cercando di creare un mercato
comune tra gli stati membri

Miriam La Rosa
N.B tuttavia, gli accordi commerciali più importanti e avanzati, non si trovano nei paesi in via di sviluppo ma in quelli
industrializzati. L’unione europea, costituisce il primo accordo preferenziale che dalla sua nascita ha attraversato fasi
diverse, passando da semplice unione doganale a unione monetaria.

Unione Europea
Nel 1957 venne istituita la CEE con il Trattato di Roma, divenuta operativa dal 1° gennaio 1958. I sei paesi
originariamente membri avevano già effettuato i primi passi verso l’integrazione con la formazione della CECA nel 1952,
con la quale era stata rimossa ogni restrizione al commercio di carbone, acciaio e ferro tra i sei paesi.

 Lo scopo era sfruttare le economie di scala e consentire una concorrenza effettiva dei paesi europei con gli
USA e con altri paesi produttori NON europei.

L’obiettivo principale della CEE era appunto creare un mercato comune totale con libero scambio di tutti i beni tra i paesi
membri e con una completa libertà di circolazione di lavoro, imprese ecapitali, con la speranza di evitare il ripetersi di un
altro conflitto mondiale.

 All’inizio la CEE era solo un’unione doganale ( infatti rimasero alcune restrizioni al commercio interno di natura
fiscale, legale e amministrativa ). Ciononostante, l’obiettivo era la creazione di un mercato comune perfetto*.

Ora l’UE ha 28 membri.

Da unione doganale a mercato comune


L’Ue è chiaramente un’unione doganale. Ha tariffe esterne comuni e nessuna tariffa interna. E’ anche un mercato
comune? Per molti anni vi sono state manovre comuni di politica economica, come:

a) PAC ( politica agricola comune ): ai sensi dell'articolo 39 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea,
persegue i seguenti obiettivi: incrementare la produttività dell'agricoltura; assicurare un tenore di vita equo alla
popolazione agricola; stabilizzare i mercati; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; assicurare prezzi
ragionevoli ai consumatori.
b) Politica regionale: eroga finanziamenti alle imprese delle regioni depresse dell’UE
c) Politica della concorrenza: interviene a tutela della concorrenza dei mercati europei, sia nei confronti delle
imprese ( intervento antitrust ) sia nei confronti degli stati membri. ( abuso di posizione dominante, fusioni,
acquisizioni… )
d) Armonizzazione fiscale: con l’IVA, la forma comune di tassazione indiretta applicata nell’Unione
e) Politica sociale: la commissione europea ha presentato un capitolo sociale ai capi di stato, in cui veniva
elencata una serie di diritti sociali e dei lavoratori che dovevano essere garantiti in tutti i paesi dell’Unione. Diritti
raggruppati in 12 aree riguardanti:
- Garanzia di un livello minimo di reddito
- Libertà di movimento
- Libertà di appartenenza a un sindacato
- Parità di trattamento.

Gli stati membri hanno cercato di includere un capitolo sociale nel Trattato di Maastricht ( 1992 ), incontrando però il
dissenso da parte del governo conservatore del Regno Unito, il quale sosteneva che tali misure avrebbero accresciuto i
costi di produzione rendendo di conseguenza meno competitivi i beni prodotti dall’unione.

N.B : nonostante le politiche comuni, la comunità degli anni settanta e ottanta era ancora lontana dall’essere un mercato
comune. Con l’Atto unico europeo nel 1987, si cercò di rimuovere le barriere( tasse elevate sul vino ) con l’intenzione di
formare un vero mercato comune. Ma quali sono i costi e i benefici di tale mercato?

Miriam La Rosa
a) creazione di commercio: costi e prezzi si riducono
b) i costi amministrativi si riducono
c) molte imprese potranno avere una dimensione tale da permettere lo sfruttamento delle economie di scala
d) maggiore concorrenza
e) maggiore innovazione

Tuttavia, sono presenti anche delle critiche:

a) in un’Europa caratterizzata da molti oligopoli, da disparità nella proprietà di risorse, tecnologie e industrie in
rapido cambiamento, la riduzione delle barriere commerciali ha inasprito i problemi di diseguaglianza e
rafforzato il potere di mercato di chi già lo deteneva
b) Ripercussioni negative in alcune regioni dovute alla scelta di localizzazione in prossimità dei “centri di gravità”
dei mercati finanziari
c) Aumento del potere di mercato delle imprese
d) Deviazione degli scambi ( specie se le barriere esterne rimangono alte mentre quelle interne vengono
completamente abolite )

CAPITOLO 13 – BILANCIA DEI PAGAMENTI E TASSI DI CAMBIO

1. La definizione e le componenti della bilancia dei pagamenti


2. Il tasso di cambio e la sua determinazione sul mercato delle valute; un confronto tra regime di cambi fissi e
regime di cambi flessibili
3. Le relazioni tra bilancia dei pagamenti e tassi di cambio
4. Il percorso che ha portato i paesi dell’UE dal sistema monetario europeo all’unione monetaria
5. Il problema del debito dei paesi in via di sviluppo

Come abbiamo già anticipato nel capitolo 7, la bilancia dei pagamenti di un paese registra i flussi di moneta tra i
residenti in quel paese e il resto del mondo:

 Le entrate di moneta dall’estero vengono considerate “crediti” e vengono inserite in contabilità con il segno
positivo
 Le uscite di moneta dal paese vengono considerate “debiti” e registrate con il segno negativo

Il conto della bilancia dei pagamenti si divide in 3 parti fondamentali, ciascuna delle quali è poi suddivisa in ulteriori parti:

1) Il conto delle partite correnti

Miriam La Rosa
Esso registra i pagamenti per le importazioni e le esportazioni di beni e servizi, nonché i redditi e i trasferimenti netti di
moneta in entrata e in uscita da un paese. Si suddivide a sua volta in 4 parti:

1. Il conto delle partite visibili: registra importazioni ed esportazioni di beni fisici. Le esportazioni determinano un
afflusso di moneta e quindi un credito. Le importazioni determinano un deflusso di moneta e quindi un debito. Il
saldo di debiti e crediti è detto saldo della bilancia delle partite visibili.
2. Il conto delle partite invisibili, che registra le importazioni ed esportazioni di servizi come i trasporti, il turismo
( quindi, l’acquisto di una vacanza all’estero rappresenta un debito, mentre l’acquisto da parte di un residente
all’estero di una soggiorno nel territorio nazionale rappresenta un credito. Il saldo è noto come saldo della
bilancia delle partite invisibili.
3. Flusso di reddito netti: salari, interessi e profitti che fluiscono dentro e fuori dal paese ( es. i dividendi percepiti
da un residente straniero che possiede le azioni di un’impresa del nostro paese, costituirebbero un flusso di
moneta verso l’estero ( una voce di debito ) )
4. Trasferimenti unilaterali netti: sono “doni” internazionali e includono i contributi dello stato all’UE o ad altre
organizzazioni internazionali effettuati da imprese o da singoli individui.

Il saldo delle partite correnti è dato dalla somma delle 4 categorie viste. Si ha un surplus quando i crediti sono maggiori
dei debiti.

2) Il conto dei movimenti di capitale

Registra flussi di fondi, nei paese ( crediti ) e verso i paesi esteri ( debiti ) collegati all’acquisto o alla vendita di beni
capittale e i trasferimenti unilaterali in conto capitale effettuati da soggetti pubblici o privati. ( include anche trasferimenti
di proprietà di attività intangibili, quali brevetti o avviamenti.. )

3) Il conto dei movimenti finanziari

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O più semplicemente “conto finanziario” registra i flussi di capitale investito o depositato presso le banche o altre
istituzioni finanziarie in entrate o in uscita dal paese ( azioni, prestiti bancari, titoli di stato ). E’ composto da 3 sezioni
principali:

1. Investimenti
 Investimenti diretti: se un’impresa straniera investe denaro in una delle sue filiali che ha sede nel
nostro paese si avrà un afflusso di denaro e quindi una voce di credito.
 Investimenti di portafoglio: rappresentano variazioni nel possesso di titoli cartacei, quali le azioni. In
questo modo se un residente nel nostro paese compra azioni di un’azienda straniera, si avrà un flusso
in uscita.
2. Altri flussi finanziari: sono vari tipi di movimenti monetari di breve periodo tra il nostro paese e il resto del
mondo.
3. Variazioni delle riserve monetarie: tutti i paesi hanno riserve di valuta estera e di oro. Ogni tanto la banca
centrale vende parte delle riserve per acquistare valuta nazionale sul mercato internazionale delle valute.
 La diminuzione delle riserve rappresenta un credito nel conto della bilancia dei pagamenti

TASSI DI CAMBIO

Il tasso di cambio rappresenta il rapporto con cui due monete vengono scambiate sul mercato delle valute.

 I tassi di cambio delle principali valute mondiali vengono calcolati ed esposti quotidianamente; variano
costantemente di minuto in minuto; gli operatori sul mercato dei cambi causano aggiustamenti dei tassi a
seguito degli ordini che ricevono.

Per questi “operatori” è necessario rimanere senza uno stock invenduto di valute e fare in modo che domanda e offerta
per ciascuna volta coincidano.

In un regime di cambi flessibili, il tasso di cambio viene determinato dalle interazioni tra domanda e offerta. E’ questo il
tasso di cambio flessibile, rappresentato nella seguente figura, in cui sono illustrate l’offerta di euro da parte dell’UE e la
domanda di euro da parte degli USA )

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Quando gli importatori dell’UE vorranno comprare beni dagli USA, essi offrono euro per ottenere dollari ( quindi, si
recano in banca per comprare dollari in cambio di euro ). Tanto più il tasso di cambio dollaro/euro è elevato, tanti più
dollari riceveranno in cambio di un certo ammontare di euro.

 Questo renderà i beni americani meno costosi e gli inventimenti negli USA più profittevoli

Quindi, maggiore è il tasso di cambio, tanti più euro saranno offerti. La funzione di offerta di euro avrà pendenza positiva
rispetto al tasso di cambio

Il processo tramite cui viene raggiunto l’equilibrio è estremamente rapido. I tassi variano continuamente in modo da
uguagliare domanda e offerta e le banche devono osservare attentamente cosa fanno le banche rivali: i tassi di cambio
devono essere allineati, altrimenti i clienti potrebbero recarsi a cambiare valuta nelle banche offrono le condizioni
migliori.

Qualsiasi spostamento della curva di domanda o di offerta provocherà variazioni del tasso di interesse. Perché si
spostano? Vediamo le principali cause per cui una valuta può subire un deprezzamento:

a) Una diminuzione del tasso di interesse nazionale


b) Un tasso di inflazione nazionale maggiore rispetto a quello dei paesi stranieri
c) Un aumento del reddito nazionale rispetto ai redditi stranieri
d) Migliori prospettive di investimento all’estero
e) Speculazione sulla diminuzione del tasso di cambio

TASSI DI CAMBIO E BILANCIA DEI PAGAMENTI

Se vige un regime di cambi flessibili, la bilancia dei pagamenti raggiunge automaticamente il pareggio.

= questo non significa che ogni voce della bilancia è in pareggio, ma solo che un disavanzo di parte corrente viene
controbilanciato per un esatto ammontare da un avanzo nei conti capitale e finanziario, o viceversa.

 Tuttavia, uno stato può non voler lasciare il tasso di cambio libero di fluttuare, poiché spostamenti frequenti
delle curve di domanda e offerta inducono variazioni continue nei tassi di interesse che sono a loro volta fonte
di incertezza per chi deve effettuare investimenti e scambi.

Quindi, lo stato può decidere di intervenire nel mercato dei cambi e la modalità dell’intervento varia seconda degli
obiettivi che si prefigge ( breve o lungo periodo ):

REGIME DI CAMBI FISSI

VANTAGGI SVANTAGGI

 Certezza: il commercio internazionale e  Se lo stato vuole evitare politiche


gli investimenti all’estero diventano protezionistiche, diminuzione delle esportazioni a
molto meno rischiosi, dato che gli utili causa di uno shock esogeno o a causa di un
non risentono delle fluttuazioni dei aumento della concorrenza estera, sarà costretto
cambi ad alzare i tassi di interesse, causando due effetti
 Speculazione ridotta ai minimi termini: negativi per l’economia nazionale:
se il cambio è assolutamente fisso e
non ci sono aspettative di un ritorno a 1) L’aumento dei tassi può scoraggiare gli
un cambio fluttuante, non c’è motivo per investimenti a lungo termine, facendo diminuire i
speculare profitti e il tasso di crescita riducendo infine la
 Inattuabilità di politiche capacità produttiva; le imprese vengono
Miriam La Rosa
macroeconomiche “irresponsabili” spiazzate dalla concorrenza mondiale;
2) L’aumento dei tassi rende più caro il denaro e
causa una riduzione sia dei consumi sia degli
investimenti, causando in ultimo stadio una
recessione con tassi di disoccupazione crescenti.

 Politiche restrittive che conducono a una


recessione mondiale
 Problemi di liquidità internazionale
 Incapacità di aggiustamento in seguito a
eventuali shock
 Speculazione

REGIME DI CAMBI FLESSIBILI

VANTAGGI SVANTAGGI

 Correzione automatica: il governo lascia che il  Tassi di cambio instabili


tasso di cambio si muova liberamente fino al  Speculazione: in un contesto dominato
livello di equilibrio, così che la bilancia dei dall’incertezza e in assenza di restrizioni alle
pagamenti sia sempre in pareggio e non si debba speculazoni sulle valute, la speculazione può
ricorrere a manovre correttive essere destabilizzante.
 Assenza di problemi di liquidità internazionale e  Incertezza sul commercio e sugli investimenti
di gestione delle riserve; dal momento che non vi  Mancanza di disciplina da parte delle economie
è alcun intervento nel mercato dei cambi da parte nazionali
delle banche centrali, non occorre detenere
riserve.
 Indipendenza degli eventi legati alle altre
economie: un paese non deve accettare un
elevato tasso di inflazione internazionale ( come
accade in un regime di cambi fissi ) ed è protetto
dagli shock e dalle fluttuazioni delle altre
economie
 I governi sono liberi di scegliere le proprie
politiche economiche

Oggi, i tassi di cambio sono diventati estramemente volatili. I motivi alla base di questa volatilità sono:

a) Gli obiettivi di inflazione e offerta di moneta delle banche centrali


b) La crescita dei mercati finanziari mondiali
c) Abolizione dei controlli sulle valute
d) Progressi delle tecnologie informative ( basta spingere il tasto di un PC per trasferire capitale )
e) Preferenza per la liquidità
f) Attività speculativa di società di intermediazione
g) Attività speculativa delle banche
h) La diffusa convinzione che dare ascolto alle “chiacchiere” e cercare di imitare i comportamenti di chi ottiene
enormi profitti siano determinanti più di quanto non lo sia una valutazione equilibrata.
i) L’opinione che i governi non abbiano il potere di controllare le fluttuazioni delle valute

Miriam La Rosa
LE ORIGINI DELL’EURO

Sin dal 1945 sono stati molti i tentativi di istituire accordi sul tasso di cambio.

Il più importante fu quello di Bretton Woods, un sistema con un regime di cambi fissi ma parità variabili: i tassi di cambio
erano agganciati al dollaro statunitense con un sistema di parità date, che però potevano essere modificate ( quindi il
cambio poteva apprezzarsi o deprezzarsi ) nel caso di persistenti squilibri della bilancia dei pagamenti.

Alla metà degli anni sessanta, con un sistema economico mondiale caratterizzato da un’inflazione e un’instabilità
entrambe in crescita, il sistema di Bretton Woods venne via via abbandonato, e sostituito da un sistemadi gestione dei
cambi denominato di “fluttuazione sporca” in cui i cambi potevano fluttuare, ma le banche centrali si impegnavano a
intervenire per impedire fluttuazioni eccessive ( “fluttuazione controllata” ).

Successivamente, altri tentativi vennero intrapresi per raggiungere una maggiore stabilità delle valute. Il nome dato al
sistema monetario europeo fu Meccanismo del tasso di cambio ( ERM, Exchange Rate Mechanism ), istituito nel 1979,
in vigore fino al 1999, quando fu sostituito dalla moneta unica.

 L’ERM era considerato una tappa sulla strada per il completamento dell’Unione economica e monetaria. Il
trattato di Maastricht condusse nel 1999 all’adozione della moneta unica.
- Una delle prime mosse del trattato fu la creazione dell’Istituto monetario europeo, il cui ruolo era coordinare le
politiche monetarie e incoraggiare una maggiore cooperazione tra le banche centrali dei paesi membri, nonché
monitorare l’andamento dell’ERM e preparare il terreno per l’istituzione della BCE per il lancio della moneta
unica.

Requisiti principali per l’adozione della moneta unica per ogni singolo stato membro erano 5:

1) Inflazione non più alta dell’1,5%


2) Il tasso sui titoli di stato di lungo periodo non poteva essere di più del 2%
3) Deficit del bilancio pubblico non poteva superare il 3%
4) Debito pubblico: non poteva essere più del 60% del PIL
5) Ogni tasso di cambio doveva essere rimasto entro le normali bande di oscillazione previste dall’ERM per
almeno due anni

 Prima dell’introduzione dell’euro, il Consiglio dei ministri doveva specificare quali paesi avevano soddisfatto i
“criteri di convergenza” ed erano considerati idonei all’unione valuaria fissando quindi la moneta unica e i tassi
di cambio, irrevocabilmente fissi.

Vantaggi di un’unione monetaria Opposizione all’unione monetaria

 Eliminazione dei costi di conversione delle valute  Impossibilità di formulare in modo indipendente
 Aumento della trasparenza sui prezzi la politica monetaria e quella del tasso di cambio
 Eliminazione dell’incertezza nel tasso di cambio  Shock asimmetrici
 Aumento degli investimenti
 Minori tassi di inflazione e di interesse

Miriam La Rosa
IL DEBITO E I PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Il problema di bilancia dei pagamenti più serio al mondo è quello che devono affrontare alcuni dei paesi in via di sviluppo
più poveri, i quali hanno sperimentato un massiccio deflusso di capitali, poiché devono ripagare i debiti contratti nei loro
tentativi di finanziare lo sviluppo. I debiti possono essere ripagati mediante rinegoziazione dei rimborsi o affrontando le
cause del problema.

a) Rinegoziazione dei prestiti ufficiali: gli accordi che vengono presi consistono nel ritardare le date di rimborso dei
prestiti al momento in scadenza, o scaglionare le date di rimborso.
b) Rinegoziazione dei prestiti delle banche: queste ultime, temendo un crollo del sistema bancario mondiale, si
accorsero che il disastro poteva essere evitato solo concertando un’azione collettiva. Esse erano pronte a
concedere alcuni prestiti ulteriori a patto che i paesi debitori si impegnassero a effettuare aggiustamenti
strutturali
c) Affrontare le cause del problema: nel 1996 la BM e il FMI lanciarono l’iniziativa per i paesi poveri pesantemente
indebitati. L’obiettivo era ridurre il debito dei 42 paesi che avevano urgente bisogno di un rallentamento della
pressione del debito. Il processo consiste di due fasi:
i. Bisogna dimostrare di avere conseguito una “buona performance” per 3 anni. Devono quindi attuare
misure di aggiustamento, riduzione della spesa pubblica, liberalizzazione de mercati, migliorare la
sanità e l’istruzione.
ii. Riduzione provvisoria del debito. Il paese deve al contempo attuare ulteriori politiche per alleviare la
povertà. Alla fine di questa fase, i debiti sono canccellati dai creditori pro rata, fino a che non si
raggiungono livelli di debito sostenibili.

N.B la proposta del FMI e della BM venne sottoposta a dure critiche. Secondo molte organizzazioni umanitarie, un
approccio migliore consisterebbe nel destinare le risorse liberate dalla cancellazione del debito direttamente a
programmi di riduzione della povertà, utilizzandole per investimenti in campi quali la sanità, l’istruzione, lo sviluppo rurale
e le infrastrutture di base.

Miriam La Rosa

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