Sei sulla pagina 1di 47

Macroeconomia

Capitolo 1 – Un viaggio intorno al mondo


Macroeconomia: branca della scienza economica che si occupa dei principi che regolano il funzionamento del
sistema eco-soc nel suo complesso, attraverso l’analisi dei grandi aggregati (reddito nazionale, investimenti,
prezzi, consumi…)

L’attenzione è rivolta a:
• Crisi finanziaria statunitense ed europea del 2007 che ha causato crisi economica mondiale nel 2008 (dopo
crisi americana del ‘39 e degli anni ‘70 con tagli alla fornitura di petrolio), che porta la ricchezza globale
media prodotta annualmente ad essere negativa per la prima volta
• Crescita post crisi dell’economia mondiale attuale
• Effetti a lungo termine di tale crisi nei vari paesi
L’America ha reagito investendo anche se in debito, in modo tale da aumentare la domanda e offerta. La stessa
cosa viene fatta in Europa, ma i paesi, che agiscono singolarmente, hanno minore credibilità sul mercato e sono
limitati. La Banca Centrale Europea inizia a dare prestiti a condizioni abbastanza vantaggiose anche ai paesi in
debito.
A livello globale la crisi è superata, ma le condizioni di crescita dei singoli paesi non sono ancora tornate ai
livelli originali. Non tutte le economie ne sono uscite con le stesse prospettive a lungo termine (es. Italia).

Prima della crisi si può vedere che la ricchezza


globale annua media prodotta, dagli anni ‘50 al
2000, è in generale in crescita economica.

1. La crisi economica recente


Innescata nel 2007 ed esplode nel 2008. Le economie emergenti hanno difficoltà ma ne escono con tassi di
crescita positivi, mentre quelle sviluppate in alcuni casi persino negativi.

Com’è iniziata?
Stati Uniti. Americani hanno soldi e tendono ad acquistare case, quindi il mercato delle abitazioni va in
sovrapproduzione e i prezzi salgono.
Ma cosa succede?
Iniziano segnali di cedimento e rallentamento a livello del mercato. I prezzi delle case calano, così come la
domanda (inizio contrazione del settore immobiliare e minore spesa da parte dei consumatori). Nel periodo di
espansione erano stati concessi molti mutui di scarsa qualità, cioè concessi a creditori di dubbia insolvenza.
Inoltre, col valore delle case in calo, molti si trovavano con valori ipotecari maggiori rispetto a quelli della casa
stessa; il che li spingeva a diventare debitori insolventi.
Cosa succede poi?

1
Si cerca di stimolare la domanda interna riducendo i tassi d’interesse. Visto la gravità della situazione questo
non fa altro che aggiungere ulteriore perturbazione, che porta ad un crollo.
Quali le conseguenze?
Le banche recuperano tali case, che però valgono molto meno di quanto avevano prestato. Aggregano poi i
mutui non pagati in nuovi strumenti finanziari e li vendono agli obbligazionisti (che avevano prestato soldi alle
banche) e ad altre banche che faranno la stessa cosa, creando circolo vizioso.
Le banche si trovano nel loro patrimonio una parte che non vale nulla, non sanno più come valutare le attività
detenute nei rispettivi bilanci. Non si presta più denaro, neppure tra banche1 - il sistema si blocca: restrizione del
credito, che ha reso più difficile e costoso ottenere finanziamenti.
I consumatori, colpiti dal crollo immobiliare e azionario, riducono i consumi.
Le imprese, vista la riduzione delle vendite, tagliarono gli investimenti. Il mercato immobiliare si blocca perché
i prezzi sono bassissimi e ci sono case invendute.

La crisi2 non rimane confinata negli USA perché:


1. Commercio internazionale: ridotto drasticamente l’import. I paesi che esportavano negli USA vedono
conseguente calo della produzione
2. Sistema finanziario globale: rimpatrio dei fondi detenuti all’estero delle banche USA per necessità di
fondi. Le banche estere iniziano ad avere problemi di finanziamento, riducono prestiti alle imprese che
diminuiscono investimenti e produzione
▪ I prezzi delle azioni crollano in tutto il mondo
▪ Governi esteri che avevano accumulato debito pubblico si ritrovano in deficit di bilancio (uscite
superiori alle entrate). Gli investitori temendo per la loro solvibilità chiedono interessi maggiori,
che vengono pagati tramite minor spesa pubblica e maggiori tasse, con conseguente calo di
domanda e di produzione > crisi dell’euro

Qualche altro dato


La crescita media nel 2009 per le economie avanzate fu del -3,4% (tasso più basso dalla depressione del ‘29), e
nei paesi in via di sviluppo, sebbene fosse positiva, fu comunque inferiore del 3,5% rispetto alla media nel
periodo 2000-2007.

Possibile soluzione?
La Fed (banca centrale USA) taglia i tassi di interessi a zero per incentivare lo scambio di moneta, e il governo
americano diminuì le tasse (per aiutare consumatori) e aumentò la spesa pubblica (per incrementare investimenti
delle imprese), ma la domanda continuò a diminuire seguita a ruota dalla produzione.

E oggi?
In alcune economie avanzate la disoccupazione è tornata al livello pre-crisi (USA), mentre nell’Eurozona il
tasso di crescita della produzione è positivo ma basso e la disoccupazione rimane elevata (anche se c’è buon
welfare state). Nei paesi in via di sviluppo e emergenti il tasso di crescita è minore rispetto a prima della crisi ed
è ulteriormente rallentato dopo il 2010.

2. Gli Stati Uniti d’America


Come valuto se paese va bene o male?
❖ Guardo quanto produce (poco affidabile perché dipende da grandezza paese)
❖ Valuto tenore di vita (= reddito/produzione pro capite)

1 15 settembre 2008 bancarotta della Lehman Brothers


2 È più grave se ad essere colpito è il settore bancario perché è quello che regola la circolazione della moneta
tra i vari settori.

2
Però è vero che un paese è grande quando ha un livello di affidabilità elevato, anche se il reddito pro capite è
minore.

Andando più a fondo, per valutare stato di salute dell’economia, bisogna considerare tre variabili:
1. Tasso di crescita di produzione (PIL): la produzione (PIL) è il valore totale di beni/servizi finali
prodotti da un paese in un certo tempo, con i fattori produttivi dei residenti (impiegati all’interno o
esterno)
2. Tasso di disoccupazione: rapporto tra lavoratori non occupati in cerca di occupazione e totale della
forza lavoro tra 15 e 64 anni
3. Tasso di inflazione: tasso al quale il prezzo medio dei beni nell’economia cresce nel tempo

Da metà degli anni ‘80 negli USA c’è disavanzo commerciale: più import che export. Di conseguenza è
aumentato l’ammontare di denaro preso a prestito.
Es. Compra beni per 700 mld dalla Cina, e deve chiederli in prestito sempre alla Cina. Di conseguenza il debito
pubblico americano è sempre più in mano ai cinesi. Per questo stanno mettendo tutti quei dazi (dai quali è
esclusa l’elettronica).

2.1 Bassi tassi di interesse e zero lower bound


Fra il 2007 e il 2008 le famiglie americane sono state colpite da
quattro shock economici:
1. diminuzione del prezzo delle abitazioni;
2. caduta della Borsa;
3. aumento del prezzo del petrolio;
4. restrizione del credito.

L’opzione di svalutare la moneta nazionale, che permette di abbassare i prezzi interni e esportare di più ma allo
stesso tempo aumenta terribilmente i prezzi delle importazioni, non è una scelta accettabile per l’America
(troppo import).
Allo scoppio della crisi, la FED, per limitare la caduta dei consumi, ridusse quindi i tassi di interesse3 dal 5,2%
(lug-07) allo 0,16% (dic-08). Ciò permette migliore circolazione della moneta e crescita economica perché il
costo del denaro è basso, i mutui sono convenienti. La crisi fu talmente grave da costringere a mantenere questi
tassi di interessi per moltissimo tempo4, con un rialzo solo nel 2015.
Non è possibile andare a tassi sotto lo zero (superare lo zero lower bound) perché altrimenti nessuno vorrebbe
più avere obbligazioni ma passerebbe alle banconote (più rischioso ma almeno il tasso di interesse è nullo).
Inoltre, è pericoloso perché:
❖ Bassi tassi riducono l’abilità della banca centrale di rispondere ad ulteriori shock negativi
dell’economia (non potrebbe abbassarli ulteriormente)
❖ Basso tassi incentivano investitori ad assumere rischi in eccesso e investire in attività rischiose per
aumentare i propri rendimenti, visto che le obbligazioni non rendono (accumulazione del rischio che
potrebbe portare ad ulteriore crisi)

Servono nuovi strumenti, oltre all’abbassamento dei tassi d’interesse, che riguardano la banca centrale. Ora
infatti:
▪ Banche costrette a depositare liquidità nella banca centrale (perché non concedono mutui) che per la
prima volta chiede soldi e non dà interessi per tenere i soldi, in modo tale da spingere a muovere la
liquidità

3O almeno la parte che era in grado di controllare, chiamata Federal funds rate
4Nel caso di un’economia che vada bene deve accadere il contrario perché altrimenti l’eccesso di consumo
potrebbe scatenare a lungo termine una sovrapproduzione.

3
▪ Quantitative easing (alleggerimento quantitativo): stati molto indebitati hanno bisogno di recuperare
capitali per le loro spese. C’è paura nel comprare titoli di stato di questi paesi anche se c’è liquidità.
Tali titoli vengono acquistati dalla banca centrale

2.2 Preoccupa la bassa crescita della produttività?


Sostenere la domanda interna giova ad una crescita economica a breve periodo. Per orizzonti più lunghi bisogna
puntare sulla crescita della produttività.
Negli USA la crescita della produttività è sempre positiva, ma anno dopo anno rallenta (i principali guadagni
delle nuove tecnologie Tic – tecnologie dell’informazione e della comunicazione – sono già stati assorbiti).
Cresce sempre meno la produzione e di riflesso i redditi, con però un innalzamento delle diseguaglianze a livello
reddituale. Stesso problema, ma ancora più grave, per l’Europa.
Problemi dell’Italia è che:
• Pochi investimenti in tecnologie
• Mercato del lavoro ingessato
• Debito pubblico rilevante significa tassazione pesante (che influisce su costo del lavoro – prendere
lavoratore è un grave carico fiscale)

I salti di scala a livello di crescita ci sono quando vengono inventate tecnologie rivoluzionarie, che
richiedono periodi di tempo molto lunghi; il modo in cui vengono gestiti i mercati; il grado di scolarizzazione
della forza lavoro.

3. L’Europa
• 1957 Trattato di Roma, 6 stati – Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi – istituiscono
la Cee (Comunità Economica Europea; il c.d. “mercato comune dell’acciaio e del carbone”), che gestivano
mercato dei materiali fondamentali per la costruzione. (e la Ceca)
• Si stabilisce un nuovo metodo per gestire interessi comuni, basato sull’integrazione economica: un unico
spazio dove persone e beni possano muoversi liberamente che parte dai mercati agricoli (post-guerra; anni 50).
Abbiamo ancora a che fare con stati principalmente rurali
• 1° gen 1973 primo ampliamento avviene con l’ingresso di Danimarca, Irlanda
e Regno Unito
• Il Parlamento Europeo accresce la propria influenza nelle attività dell’UE e nel 1979, per la prima volta viene
eletto a suffragio universale diretto.
• 1981 la Grecia diventa il decimo stato membro dell’UE seguita, nel 1986, da Spagna e Portogallo.
• 1987 firmato l’Atto Unico Europeo, con il quale è sancita una maggiore fluidità degli scambi tra gli stati
membri: si crea così il «Mercato Unico».
• Con l’unificazione della Germania nel 1990 entrano a far parte dell’UE i Länder della Germania dell’Est.
• Negli anni Novanta, il crollo del comunismo nell’Europa centrale e orientale determina la prospettiva di un
allargamento a Est
• 1993 completato il Mercato Unico in virtù delle «4 libertà» di circolazione di beni, servizi, persone e capitale.

Gli anni Novanta sono il decennio di 2 importanti trattati:


– il Trattato di Maastricht sull’Unione Europea nel 1993 (disegna strada che porterà all’Euro nel
2002). Requisiti per poter avere €:
1) inflazione inferiore al 2%;
2) debito pubblico rispetto al PIL inferiore al 60% (la quantità dei soldi che lo stato deve a
qualcuno non può essere superiore al 60% del PIL) – Italia e Francia sarebbero state escluse,
quindi ci furono fin da subito eccezioni perché non potevano permettersi di escluderle

4
3) deficit (entrate – uscite) non superiore al 3% del PIL – questo non fa altro che permettere di
accumulare debito agli stati, e inoltre questa azione limita le spese quindi anche in questo caso
vengono fatte eccezioni
4) ignora completamente il tasso di disoccupazione, ma se le persone non sono occupate non
producono ricchezza – disoccupazione in continua crescita
Su punta molto sull’input ma poco sull’output. Determina anche la struttura a pilastri che
articola le politiche dell’UE in 3 aree fondamentali: la Comunità Europea, la Politica estera e
di sicurezza comune e la Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale.
– il Trattato di Amsterdam nel 1999

1999 Eurozona: inizialmente 11 Paesi, ne include ora 19 Paesi5. Ha un livello di produzione non distante dagli
Usa. È un’area geografica che, seppur fragile nel complesso e singolarmente, è l’area più economicamente
potente del pianeta. Manca però di governo politico e di unità su alcuni elementi fondamentali, rendendo
difficile il mantenimento di una moneta unica.
2002 passaggio definitivo all’euro
Al momento c’è un tasso di disoccupazione quasi doppio degli USA e un reddito pro capite minore del 25%
(anche se migliore distribuzione delle ricchezze), oltre ad una crescita della produzione minore. Fenomeno del
double dip (recessione – ripresa – recessione; associata alla crisi dell’euro) nell’Eurozona nel 2012 non
avvenuto negli USA. La crescita economica nell’Eurozona post crisi è prossima allo 0, la disoccupazione in
crescita e l’inflazione molto bassa.

3.1. E’ possibile ridurre la disoccupazione in Europa?


La riduzione della disoccupazione va portata avanti considerando le caratteristiche specifiche di ogni paese.
Gran parte della disoccupazione attuale è dovuta alla crisi che ha causato calo di domanda. Con la crescita di
domanda, tale disoccupazione dovrebbe essere riassorbita.
Andrebbero riformate alcune leggi (ridurre rigidità di mercato), in quanto:
❖ Rendendo costoso per le imprese diminuire il numero di lavoratori anche se ne ha in eccesso le spinge
a non assumerne di nuovi (anche in momenti di necessità)
❖ Sussidi di disoccupazione eccessivi spingono la gente a non cercarsi un altro lavoro

3.2 Che benefici ha portato l’euro ai paesi dell’Eurozona?


• A favore: enorme importanza simbolica (fine delle guerre, anche quelle commerciali, nello spazio
europeo) e concreti benefici economici (eliminato il rischio cambio, temuto dalle imprese; eliminato il
cambio di valute per gli spostamenti delle persone; eliminate le barriere interne: creata una grande
potenza economica).
• Contro: costi economici per politica monetaria unificata (avendo un unico tasso di interesse, come
reagire quando un paese è in recessione e ha bisogno di tassi bassi mentre l’altro è in espansione e ne
necessita di alti?, tasso di cambio non più disponibile per aumentare competitività interna in modo da
sanare disavanzo commerciale – si amplia il divario Nord/Sud).

Il vero vantaggio per l’Italia è che avendo l’euro abbiamo ridotto il costo del mantenimento del debito pubblico,
i cui titoli vengono comprati principalmente dalle banche. Grazie alla disciplina di bilancio e alla credibilità
della BCE c’è stata una riduzione dei tassi nominali di interesse. E’ anche vero che a causa dell’euro, paesi
come Irlanda, Portogallo e Grecia sono in profonda recessione perché non hanno potuto svalutare la propria
moneta stimolando così l’export.

5Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Malta, Cipro,
Slovenia, Austria, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia

5
4. La Cina
È grande come sembra? Apparentemente no:
 Elevata popolazione ma solo 60% del prodotto USA
 Bassissimo reddito pro capite
Bisogna fare però attenzione al concetto di potere d’acquisto: uno stipendio in dollari in Cina ne ha molto di più
che in USA. Quindi usando le misure del Ppd (purchasing power parity), si può vedere che il reddito pro capite
cinese non è 15% dello statunitense ma il 25%. Inoltre, c’è da considerare che è in crescita rapida da più di 3
decenni.
Che effetti ha avuto la crisi sulla Cina?
Inferiori rispetto ad altri paesi, in quanto sebbene l’export fosse diminuito grazie a massicci investimenti
pubblici è stata incrementata la domanda e di conseguenza la produzione.

Fonte di crescita:
▪ Elevato tasso di accumulazione del capitale. Il tasso di investimento (rapporto tra investimento e
produzione) è del 48% (elevato). Più capitale implica più produttività.
▪ Rapido progresso tecnologico e incentivazione per le imprese straniere (più produttive delle cinesi) a
localizzare la produzione in Cina
▪ Incoraggiare joint ventures tra imprese straniere e cinesi (che imparano e incrementano produzione
Non in tutti i paesi si può agire così. La Cina è l’unico dei paesi passato da economia pianificata a economia di
mercato senza gravi danni. Questo perché:
▪ Transizione più lenta
▪ Continuità del severo regime comunista ha tutelato di più le imprese spingendole a investire

Rallentamento della crescita – c’è da preoccuparsi?


No, un rallentamento è auspicabile in modo che i cinesi smettano di risparmiare (50% del reddito) e inizino ad
incrementare i bassi consumi.

5. Italia
Secondo dopoguerra diviso in due fasi :
1. Anni ’50-'60 e in maniera minore fino anni’ 80: crescita della produzione
2. Anni’ 90 ad oggi: stagnazione della crescita , dovuta alla stagnazione della produttività. Le cause non
sono né l’ euro (crisi anteriore alla sua adozione) né la recente crisi (paesi simili come la Francia non
hanno questi problemi).
Le vere cause della situazione attuale sono varie:
• Inefficienza di burocrazia e giustizia unite a tassazione eccessiva impediscono sviluppo delle imprese
• Atteggiamento restio delle imprese ad acquisire nuove tecnologie (lavoratori meno informati a
riguardo, più costoso acquisirle perché le imprese sono più piccole)
• Mercato del lavoro precarizzato (pacchetto Treu del 1997 e legge Biagi 2003). È stato liberalizzato il
lavoro temporaneo per incentivare le assunzioni, ma in questo modo:
o Le imprese non investono sulla specializzazione dei dipendenti
o I dipendenti stessi, avendo contratti a tempo determinato, non si impegnano a incrementare la
produzione
Questo rallentamento della crescita non incide solo sul tenore di vita, ma grava anche sull’oneroso debito
pubblico da ripagare.

6
Capitolo 2 – Produzione,
disoccupazione, inflazione
Quali sono i dati macroeconomici più importanti (ovvero quelli rilevati dalla contabilità nazionale6)?
1. Produzione (ovviamente aggregata, e la correlata spesa) (consumo, investimenti, spesa pubblica,
esportazioni nette)
2. Disoccupazione (D/O e forme di occupazione)
3. Inflazione (ovvero dinamica prezzi di beni e servizi)
Chi raccoglie e pubblica dati macroeconomici per l’Italia? ISTAT, Bankitalia (in Italia)

Il tema della contabilità è emerso negli USA degli anni ’30 dopo la Grande Depressione del ’29 per capire cosa
succede nell’economia nazionale (si sta riprendendo o no?). A quei tempi veniva preso in esempio la produzione
di acciaio, ma era una misura grezza (es. Italia non ne produceva quasi nessuno). In Europa la misura della
produzione aggregata si sviluppa dopo il secondo dopoguerra.

Il sistema di contabilità nazionale misura l’attività


economica aggregata, mediante un insieme coerente
e integrato di conti macroeconomici, a loro volta
basati su di un insieme di concetti, definizioni,
classificazioni e regole di registrazione contabile
concordate a livello internazionale. Il System of
National Accounts 1993 (Sna) è stato concepito
sotto la responsabilità̀ congiunta di ONU, IMF,
WB, Commissione Europea, OECD.

1. La produzione aggregata (o totale)


Quanto produce un’economia nel suo complesso in beni e servizi in un determinato intervallo di tempo (anno).
Considera solo beni e prodotti finiti.

La produzione aggregata viene definita con PIL (Prodotto interno lordo). Equivale alla domanda aggregata di
un paese in un anno, e anche alla spesa per acquisire beni e servizi in un anno. Si può definire e calcolare in 3
modi (riflettono modi di generare ricchezze):

1) Valore monetario dei beni e dei servizi finali prodotti in un’economia in un dato periodo di tempo
(depurati dagli intermedi)
❖ (esclude beni/servizi intermedi, impiegati cioè̀ nella produzione di altri ben/servizi)
❖ (flusso monetario determinato dallo scambio di beni e servizi)

6Contabilità nazionale: sistema nato nei paesi europei dopo la seconda guerra mondiale che permette di
calcolare la produzione aggregata (totale)

7
❖ C (consumi7) + I (investimenti8) + G (spesa pubblica9) + NX (esportazioni nette10) = PIL
(=Spesa Totale ... = Domanda Aggregata)
❖ (dimostra che un paese deve il suo PIL a fattori nominati sopra. Qui c’è chi chiede)
2) Somma del valore aggiunto (prodotto dai singoli produttori) in un’economia in un dato periodo di
tempo. PIL come catena di generazione di valore.11
❖ (VA: è il valore che le imprese “aggiungono” al processo produttivo, ed è dato dal valore della
loro produzione meno quello dei fattori produttivi intermedi impiegati)
❖ (valore dei beni finali non può̀ essere diverso dalla somma degli incrementi di valore generati
in ogni passaggio della catena produttiva)
❖ (si mette in luce un’altra composizione del PIL: mostra come PIL si distribuisce in vari settori.
Qui c’è chi produce)
3) Somma dei redditi (corrisposti ai singoli percettori) in un’economia in un dato periodo di tempo. Non
si ragiona più sul lato della produzione ma su quello del reddito.
❖ reddito da lavoro (lordo) – parte dei ricavi (depurati da pagamento dei beni intermedi) usata
per pagare i lavoratori 12;
❖ reddito da capitale o profitto (lordo) – parte dei ricavi (depurati da pagamento dei beni
intermedi) che rimane all’impresa - concentrato in chi presta denaro13;
❖ imposte indirette (sulle vendite, non sui redditi: IVA, accise) – remunerazione delle attività
dello Stato (genera poca produzione perché molte spese sono solo trasferimenti)

Sottocategorie: (NON RICHIESTE per esame)


PIL (Prodotto interno lordo): è il reddito totale dei fattori di produzione localizzati in Italia, anche se esteri
PNL (Prodotto nazionale lordo): è il reddito totale dei fattori di produzione nazionali, anche se localizzati
all’estero. PNL = PIL + redditi ricevuti per fattori nazionali all’estero – redditi pagati per fattori esteri sul
territorio nazionale
PIL/PNL: Prodotto interno/nazionale lordo: è il reddito totale dei fattori di produzione e include il relativo
deprezzamento (ammortamento), connesso al processo produttivo
Reddito nazionale (RN) = PNN – imposte indirette
Reddito personale (RP) = RN +/- trasferimenti a/da imprese e PA (no tasse)
Reddito personale disponibile (RPD) = RP – tasse PA

a. PIL nominale e PIL reale


I salti dimensionale di PIL implicano un aumento esponenziale della produzione fisica?
No, significa che c’è stata:
▪ Crescita (in genere) della produzione nel tempo

7 Consumo: quantità di beni e servizi acquistati dai consumatori. Comprende beni durevoli, non durevoli (es.
cibo), servizi
8 Investimenti: valore di beni capitali acquisiti per uso futuro. Comprendono: investimenti (fissi) residenziali,,

investimenti (fissi) non residenziali (acquisto da parte delle imprese di nuovo capitale: impianti, attrezzature,
immobili industriali, ...), investimenti in scorte (variazione di magazzino)
9 Spesa pubblica: Valore dei beni e servizi acquistati dalla P.A. Comprende: stipendi dipendenti pubblici, spese

per infrastrutture. Esclude le spese per trasferimenti (non producono nuova ricchezza) come assistenza
sanitaria, pensioni, interessi sul debito pubblico.
10 Esportazioni nette: Valore esportazioni (X) meno valore importazioni (IM). Le esportazioni nette sono dette

anche saldo commerciale. Il saldo commerciale positivo è detto avanzo commerciale, quello negativo
disavanzo commerciale.
11 Pago casa 1000 €. In essi ci sono 100 + 400 di fattori di produzione. Di conseguenza la generazione di valore

è di 500 € (1000 – 100 – 400 €)


12 Mezzo migliore per generare nuova ricchezza perché è più difficile che “blocchino” il capitale ma tendono a

spendere
13 Se cresce troppo si rischia che il capitale venga accumulato da chi presta denaro e non venga investito in

nuove spese

8
▪ Crescita (sempre) dei prezzi dei beni nel tempo
Per questo si differenzia 14:
1) PIL nominale (€Yt)15: somma della quantità̀ dei beni finali prodotti nell’anno t e valutati ai loro prezzi
correnti (sempre anno t). Se valuto due anni diversi non riesco a capire a cosa è dovuta la crescita del
PIL, se a crescita di produzione o di prezzi
2) PIL reale (Yt)16: somma della quantità̀ dei beni finali prodotti nell’anno t ma valutati a prezzi costanti
di un anno x (anno specifico: in tal modo, la variazione del PIL dipende solo dalla differenza di
quantità di produzione, e non dai prezzi).
Problema del PIL reale è che i beni finali sono più di uno, quindi bisogna considerarlo come una media
ponderata della produzione di tutti i beni finali.

b. PIL – tasso o livello di crescita?


Ovvero, è importante in senso assoluto o da un POV dinamico?
PIL totale: misura la “dimensione economica” di un Paese (è la ricchezza prodotta, in un dato intervallo di
tempo). Non riflette il benessere del singolo (se ci sono più cittadini solitamente si produce di più, ma non per
questo il tenore di vita è automaticamente elevato).
PIL pro-capite (PIL reale / abitanti): misura il “benessere” degli abitanti di un Paese (è la ricchezza generata e
distribuibile, sempre in dato intervallo di tempo)

Il PIL è un indicatore imperfetto del benessere, poiché non misura:


- beni e servizi non di mercato (gratuità, dono, autoconsumo,
accudimento, volontariato, ...) – tutto ciò che non ha flusso monetario
- elementi qualitativi (ambiente fisico e sociale),
- elementi distributivi, condizioni patrimoniali, fattore familiare, condizioni soggettive, etc ... (squilibri di
distribuzione delle ricchezze)
Ma rimane rilevante perché́ c’è forte correlazione tra reddito materiale e benessere reale (accesso ai servizi, alle
dotazioni, alle opportunità̀).

Curva di Kuznetsk
Come varia la diseguaglianza al variare del reddito pro capite.
All’inizio, tanto più cresce la ricchezza, più cresce la
diseguaglianza. Dopo un ipotetico massimo, se cresce ricchezza
pro-capite, la diseguaglianza diminuisce (the trickle-down effect).
Ipotesi che non ha mai trovato piena risposa empirica, ma che
spinge governi ad accelerare ulteriormente crescita. Anzi, negli
ultimi 20 anni degli USA c’è dimostrazione empirica che cresce il
reddito medio ma allo stesso tempo anche le disuguaglianze nella
distribuzione del reddito.
In Italia la situazione sembra abbastanza florida, ma:
❖ Ricchezza dovuta principalmente dovuta a immobili e obbligazioni (bassa rendita)
❖ Distribuzione della ricchezza è diseguale17 e lo sta divenendo sempre di più

Variazione del PIL nel tempo

14 Italia in anno A produce quantità di beni che col prezzo dell’anno A mi danno un certo valore. Faccio la
stessa cosa con l’anno B. Ho dei PIL nominali, che non possono essere confrontati. Allora prendo le quantità di
B e le moltiplico per i prezzi di A. In questo modo ottengo PIL reale che permette di capire se è cresciuta
produzione fisica o sono solo cambiati i prezzi.
15 PIL a valori o prezzi correnti
16 PIL a prezzi costanti, PIL in termini di beni, PIL aggiustato per l’inflazione
17 Indice di Gini: è un indice di concentrazione, che misura la diseguaglianza di una distribuzione (compreso tra

0 e 1). Valori bassi indicano una distribuzione tendenzialmente omogenea (0 = pura equi-distribuzione, tutti
hanno la stessa ricchezza); valori alti indicano una distribuzione più diseguale (1 = massima concentrazione,
tutta la ricchezza nelle mani di una persona)

9
Il PIL nominale calcolato anno per anno è influenzato dall’inflazione (cambio dei
prezzi). Il PIL reale è depurato dall’effetto dei prezzi, ed è quello da utilizzare per fare
confronto storico con PIL passati (si produce di più o è solo effetto dei prezzi?). Si usano i
prezzi di un anno di riferimento. Prendo il PIL reale dell’anno t, gli sottraggo quello
dell’anno prima e divido per quello dell’anno prima. Il tasso di crescita del PIL reale
(crescita del PIL) indica andamento di un’economia da un anno all’altro:
▪ Espansione: periodo di crescita positiva;
▪ Recessione: periodo di crescita negativa (per convenzione quando si registrano almeno due trimestri
consecutivi di crescita negativa)

3. Il tasso di disoccupazione
▪ Occupati: coloro che hanno lavoro retribuito
▪ Disoccupati: chi non ha lavoro MA sono in cerca di occupazione
▪ Forza lavoro: somma di occupati e disoccupati
▪ Fuori dalla forza lavoro: soggetti in età lavorativa che non lavoro E non lo cercano in periodi in cui la
disoccupazione è alta (“lavoratori scoraggiati”). La disoccupazione potrebbe anche ridursi perché
aumentano i membri fuori dalla forza lavoro.
▪ Tasso di disoccupazione: rapporto tra il numero di disoccupati e la forza lavoro. Indica la forza lavoro
disoccupata
▪ Tasso di partecipazione: rapporto tra la forza lavoro e il totale della popolazione in età lavorativa (15-
64 anni). In periodi di crisi questo tasso sale insieme a quello di disoccupazione

Come si calcola la disoccupazione 18


Determinare se una persona è disoccupata è più complesso, perché come si fa a dire che sta effettivamente
cercando lavoro?
1. Elenchi dei disoccupati: poco affidabile perché bisogna registrarsi e alcuni stati lo disincentivano
avendo sussidi di disoccupazione più bassi
2. Interviste campionarie ad ampia scala presso le famiglie (ISTAT) che prendono il nome di Labour
Force Survey19 o Rilevazione sulle forze di lavoro. Un individuo viene considerato occupato se ha
svolto almeno un’ora di lavoro retribuita nella settimana precedente all’intervista

18 Da ricordare che le misure americane sono leggermente diverse da quelle europee.


19 Negli USA prende il nome di Current Population Survey

10
Ricordare inoltre che ci sono fluttuazioni dovute al momento economico, ma che in ogni caso il tasso di
disoccupazione rappresenta un diverso funzionamento del mercato locale del lavoro.

Perché gli economisti si preoccupano della disoccupazione?


1. Effetti diretti sul benessere dei disoccupati: disagi finanziari e psicologici non risolvibili da sussidi
finanziari, seppur superiori al passato. La gravità di tali disagi dipende anche dalla lunghezza del
periodo di disoccupazione
2. Segnale di un utilizzo inefficiente delle risorse umane

4. Il tasso di inflazione
Inflazione: aumento sostenuto del livello generale dei prezzi, o semplicemente livello dei prezzi. Contrario di
deflazione, che è indice di recessione.
Tasso di inflazione: tasso a cui il livello dei prezzi aumenta nel tempo (variazione percentuale).

Come calcolare il livello generale dei prezzi (indici dei prezzi)?


1. Deflatore del Pil20: rapporto tra il Pil nominale e il Pil reale all’anno t (1). E‘ un numero indice il cui
livello è scelto arbitrariamente e nell’anno base è uguale a 1. Preso da solo non ha alcuna
interpretazione economica, mentre il suo tasso di variazione indica il tasso di inflazione (2). Si riesce a
confrontare così il Pil dei diversi anni. E’ esprimibile anche con la seguente formula (3), che indica la
variazione relativa di prezzi e volumi meno variazione relativa di volumi.

(1) (2)

(3)
Il deflatore del Pil misura l’andamento del prezzo medio dei beni del Pil, ma i consumatori sono
interessati all’andamento dei prezzi dei beni che consumano effettivamente (e che influiscono sul loro
reddito). Ci serve indice che mostri l’inflazione per i singoli beni.
2. Indice dei prezzi al consumo: legato ad un determinato paniere di beni di consumo di una famiglia
urbana. Ogni paese europeo ha il proprio paniere di riferimento. A manutenzione annuale.

In Italia oltre all’IPC ci sono anche:


❖ NIC: misura inflazione generale, Italia come grande famiglia indifferenziata, utilizzata dai
governi come parametro di riferimento per le politiche europee
❖ FOI: si basa su famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente
Usano lo stesso paniere ma il peso attribuito ad ogni bene è diverso a seconda dell’importanza che
questi rivestono nei consumi della popolazione di riferimento. Considerano sempre il prezzo pieno di
vendita.
❖ Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC): paniere di riferimento a scala europea. È
un numero indice che all’anno di riferimento ha valore 100.
A manutenzione annuale, perché i servizi e il peso di servizi (e beni muta). Ha in comune con NIC la
popolazione di riferimento ma si riferisce ad un paniere diverso che esclude lotterie e simili. Inoltre si
riferisce al prezzo effettivamente pagato dal consumatore. Inoltre tiene conto anche delle riduzioni
temporanee di prezzo.

DEFLATORE IPC(A)
Prodotti Tutti Paniere consumo

20Sappiamo che Pil nominale può aumentare perché aumenta Pil reale o perché aumentano i prezzi. Se Pil
nominale aumenta più velocemente del reale, la causa sono i prezzi.

11
Beni considerati Italia Italia ed estero
Pesi dei beni Variabili Fissi

Bisogna preoccuparsi dell’inflazione 21?


Durante le fasi inflattive:
→ Non tutti i prezzi e salari aumentano proporzionalmente (influenza su distribuzione del reddito, come in
paesi che non retribuiscono pensionati indicizzando le pensioni in base al pagamento dei prezzi – il
loro potere d’acquisto diminuisce)
→ Ci potrebbe essere un’erosione del potere d’acquisto del reddito dei cittadini 22
→ Perturbazioni negative che portano ad un incremento di scarsità e ulteriore incremento di inflazione
(incertezza sui prezzi futuri)
È comunque finché rimane contenuta entro certo livello. Un incremento modesto di inflazione è normale in
situazione di crescita economica.
La deflazione ha ugualmente effetti negativi, perché implica scarsità di domanda e quindi crisi economica.
L’inflazione ottima si aggira sull’1-3%.

4. La legge di Okun e la curva di Phillips


Produzione, disoccupazione e inflazione sono legate tra di loro.

La legge di Okun
Vuole dimostrare relazione crescita – disoccupazione.
“Se il tasso di crescita (Pil reale) è elevato, il tasso di disoccupazione diminuisce”.
Servono infatti più lavoratori per produrre un numero maggiore di beni e servizi.

❖ Inclinata negativamente
❖ Stretta relazione tra le due variabili
❖ La pendenza (- 0,4) indica la riduzione percentuale della disoccupazione. Per ridurre in modo sensibile
la disoccupazione la crescita dev’essere notevole (1% di crescita implica -0,4% di disoccupazione)

21Non ci riferiamo a inflazione pura, che implica incremento proporzionale di tutti i prezzi e salari.
22Perché il prezzo aumenta o perché se mi si aggiungono soldi al reddito grazie all’inflazione ho un tasso
prelievo fiscale maggiore anche se in realtà il potere d’acquisto/il reddito reale non è aumentato (fiscal drag).
Per evitare questa situazione in USA si determinano gli scaglioni annualmente in base all’inflazione.

12
❖ Solo un tasso di crescita di almeno il 3% impedisce un aumento della disoccupazione (la retta interseca
l’asse orizzontale di y = 0 nel punto 3) 23
Perciò: è vero che in linea generale vale la legge sopra, ma per avere effetti significativi il tasso di crescita
dev’essere particolarmente elevato (valori sopra riferiti agli USA. In Europa i tassi di crescita necessari per
diminuire la disoccupazione è molto maggiore24).
Questa legge non tiene conto né della qualità del lavoro né della remunerazione.

La “curva” di Phillips
“Presa situazione di forte crescita economica che dovrebbe mantenere bassa la disoccupazione25, ci si aspetta
che ci siano fenomeni inflativi.”
Ovvero: quando la disoccupazione è ridotta, l’economia si trova in una fase di surriscaldamento26 che spingerà
l’inflazione ad aumentare.

❖ Retta inclinata negativamente (non precisa come la legge di Okun)


❖ Elevata disoccupazione porta a calo di inflazione (e viceversa)
❖ Solo se disoccupazione va sotto il 6% l’inflazione aumenta per surriscaldamento. Se va al di sopra si ha
un raffreddamento27 (per USA. Ciò che li differenzia dall’Europa sono che in Europa il rischio di
aumento di inflazione avviene con 8% di disoccupazione, in America già col 4-5%)

Politica macro-economica di successo dovrebbe mirare ad avere:


A. Elevato tasso di crescita di produzione
B. Ridotto livello di disoccupazione
C. Basso tasso di inflazione
E’ un sistema che va continuamente calibrato cercando di continuare a far crescere il paese.

5. Breve, medio e lungo periodo


Il livello di produzione aggregata è determinato nel:
❖ Breve periodo (qualche anno) dalla domanda

23 1. La popolazione aumenta nel tempo e l’occupazione deve aumentare per mantenere il tasso di
disoccupazione costante.
2. Anche il prodotto per lavoratore aumenta nel tempo, quindi la crescita della produzione dev’essere
maggiore della crescita dell’occupazione.
24 Questo perché il mercato del lavoro funziona diversamente. Il mercato del lavoro europeo è poco reattivo

alla crescita economica – ci sono più lavoratori del dovuto nei momenti critici e non abbastanza quando
servono a causa dei rigidi sistemi di protezione..

26 Economia cresce ad una velocità superiore a quello a cui farebbe se le risorse fossero utilizzate
efficientemente.
27 Economia cresce ad una velocità inferiore di quella ottimale.

13
❖ Medio periodo (decennio) dall’allineamento della produzione dei fattori relativi all’offerta
❖ Lungo periodo (oltre decennio) da sistema educativo, tassi di risparmio, ruolo del governo, nuove
tecnologie

Capitolo 3 – Il mercato dei beni (breve


periodo)
Termini chiave della macro economia sono il Pil, il tasso di disoccupazione, di inflazione e di interesse.
Il Pil è:
▪ La somma dei valori monetari dei beni finali prodotti da un’economia + scambi internazionali
▪ La domanda complessiva
▪ La somma dei redditi
C’è una coincidenza perché un aumento di domanda implica aumento di produzione. Una variazione di
produzione implica variazione di redditi perché saranno necessari più lavoratori. Una variazione di reddito
implica variazione di domanda.
Equilibrio (domanda = offerta) a che punto si raggiunge?

1. La composizione del Pil


C (consumi) + I (investimenti) + G (spesa pubblica) + NX (esportazioni nette28) = Pil
Consumi: beni e servizi acquistati dai consumatori. Componente più importante.
Investimento: somma dell’investimento non residenziale da parte delle imprese, investimenti residenziali per
immobili commerciali. Non si tiene conto dell’investimento in scorte29,
Spesa pubblica: beni e servizi acquistati da Stato ed enti pubblici. Include spese per i consumi e per gli
investimenti pubblici, redditi degli impiegati pubblici. Non include i trasferimenti come assistenza sanitaria,
pensioni, interessi sul debito pubblico.

2. La domanda di beni
La domanda totale di beni (Z) può essere scritta come:
Z ≡ C + I + G + X (export) – IM (importazioni)
Assunzioni da fare per calcolare Z:
❖ Tutte le imprese producono lo stesso bene, che può essere usato come bene di consumo, di
investimento e spesa pubblica
❖ Le imprese sono disponibili a fornire qualsiasi quantità di tale bene ad un dato prezzo P (non si prende
in considerazione le decisioni delle imprese)
❖ L’economia è chiusa: non avvengono scambi col resto del mondo (X = IX = 0)
Z≡C+I+G

Consumo (C)

28 Esportazioni – importazioni. Le esportazioni nette sono dette saldo commerciale. Se è positivo è detto
avanzo commerciale, se negativo è disavanzo commerciale.
29 Differenza tra beni prodotti e beni venduti in un dato anno. Se produzione > vendite, scorte di magazzino

aumenta e l’investimento in scorte è positivo.

14
Le decisioni di consumo dipendono soprattutto dal reddito disponibile30 (YD), che è reddito che rimane dopo che
i consumatori hanno ricevuto i trasferimenti pubblici 31 e pagato le imposte al fisco.
La funzione del consumo è quindi:

E’ funzione crescente/positiva (aumenta reddito, aumenta consumo del bene). Si tratta di un’equazione di
comportamento, che descrive un aspetto del comportamento degli agenti economici (qui, consumatori).
Il consumo non è sempre uguale al reddito disponibile perché gli individui possono anche risparmiare (e lo
fanno a livello aggregato – ovvero nell’economia nel complesso).

Che forma ha? Come possiamo esplicitare la loro relazione?


Si assume che sia lineare caratterizzata da due parametri, ovvero espressa come una linea:

▪ C0 consumo di sussistenza – consumo desiderato


in corrispondenza di un reddito disponibile nullo.
Anche in tale caso ci sono dei consumi dettati dai
bisogni naturali, quindi è sempre maggiore di 0
(ciò avviene con dei risparmi passati, o un
prestito). E’ quella parte di consumo di bene non
sensibile a variazioni di reddito. Il suo valore può
cambiare per cambiamenti nelle preferenze32 di
consumo o per difficoltà di accesso al debito.
▪ C1 propensione (marginale) al consumo –
effetto sul consumo di 1€ in più di reddito
disponibile. Dev’essere maggiore di 0 (ovvio che
se aumenta reddito aumenta consumo) ma minore
di 1, perché i consumatori non useranno tutto il
nuovo reddito ma una sua parte va in risparmi.

C0 sul grafico è l’intercetta sull’asse verticale: anche con 0 reddito c’è un consumo.
C1 è l’inclinazione. Dato che dev’essere minore di 1 (se fosse uno sarebbe bisettrice del piano), sarà leggermente
ruotata in senso orario.

Il reddito disponibile è definito come:


YD ≡Y−T
Y : reddito (totale)
T : imposte, al netto dei trasferimenti
Quindi, sostituendo YD e risolvendo per il consumo, si ha che
C = c0 +c1(Y–T)
Il consumo è una funzione del reddito e delle imposte. Essendo 0 < c1 < 1:

30 Il reddito totale include anche le tasse che il datore di lavoro deve pagare per voi e i contributi che voi
dovete pagare in modo tale per ricevere una pensione. Un lavoratore guadagna infatti la metà di quanto il
datore di lavoro paghi complessivamente per lui.
31 Sussidio per i disoccupati come il reddito di cittadinanza. Tale sussidio si trasforma in reddito utilizzabile per i

consumi.
32 Maggiore/minore ottimismo per il futuro che implica maggiore o minor consumo. Ottimismo porta a livelli di

C0 alto.

15
❖ Se reddito aumenta consumo aumenta, ma non in maniera unitaria
❖ Se tasse aumentano cala consumo, ma non in maniera unitaria

Investimenti (I)
Nei modelli economici ci sono due tipi di variabili:
❖ variabili endogene: spiegate all’interno del modello (dipendenti da altre variabili del modello)
❖ variabili esogene: non spiegate all’interno del modello (assunte come date)
La stessa variabile può risultare esogena o endogena a seconda della struttura del modello considerato.
Se l’investimento (I) è inteso come esogeno (semplificazione eccessiva, successivamente si cambierà 33) si ha:
La linea sopra la I indica che in realtà si tratta di una variabile endogena trattata momentaneamente come

esogena.

Spesa pubblica (G)


Spesa pubblica e imposte al netto dei trasferimenti descrivono la politica fiscale del governo (scelte su entrate e
uscite).
Vengono considerate esogene. Visione in parte corretta e in parte no:
• Corretta perché la decisione di cambiare il regime di tassazione è del governo (esogeno)
• Errata perché bisogna anche dire che le decisioni del governo sulle tasse sono influenzate anche dalle
aspettative, mentre le decisioni sulle spese pubbliche hanno vincoli europei basati sull’economia di
quel paese (endogeno)

3. La determinazione della produzione di equilibrio


In economia chiusa (no import ed export), la domanda totale di beni Z può essere espressa come:

Ignorando la presenza di variazione nelle scorte, la produzione Y dev’essere uguale alla domanda Z per
assicurare l’equilibrio nel mercato dei beni (condizione di equilibrio).
In equilibrio la produzione è uguale alla domanda. A sua volta la domanda dipende dal reddito Y che è uguale
alla produzione (si usa stesso simbolo Y per reddito e produzione).
Y = Z34

I macroeconomisti utilizzano tre tipi di strumenti:


1) L’algebra per assicurare coerenza logica del modello
2) I grafici per cogliere l’intuizione
3) Le parole per spiegare i risultati

33Significa che se aumenta la domanda e quindi la produzione, I non si modifica: irrealistico


34Modelli sono composti da tre tipi di equazioni: l’identità, le equazioni di comportamento e le equazioni di
equilibrio.

16
L’algebra
L’equazione numero 3 descrive la produzione di equilibrio,
ossia il livello di produzione che uguaglia la domanda.

Spesa autonoma: componente della domanda di beni che


non dipende dalla domanda di produzione. E’ positiva perché
i primi due addendi in parentesi lo sono, e ipotizzando che il
governo abbia bilancio in pareggio (imposte = spesa
pubblica) anche gli altri due lo sono.

Moltiplicatore: moltiplica l’effetto della spesa autonoma. E’


sempre positivo e maggiore di 1 perché c1 (propensione al
consumo) è compresa tra 0 e 1. Quindi, qualsiasi aumento della spesa autonoma (aumento dei consumi, degli
investimenti o della spesa pubblica o una riduzione delle tasse) avrà lo stesso effetto: un aumento della
produzione superiore all’effetto diretto della spesa autonoma.
Infatti, un incremento di c0 fa aumentare la domanda, che a sua volta genera un incremento della produzione,
che porta a un aumento del reddito dello stesso ammontare (i 2 sono identicamente uguali). La crescita del
reddito, a sua volta, aumenta ulteriormente il consumo che a sua volta genera un aumento della domanda e così
via.

I grafici
Come prima cosa si disegna in un grafico (1) la produzione Y in funzione del reddito Y. Dato che le grandezze
coincidono, si crea retta a 45°. Nello stesso grafico si disegna la domanda Z in funzione del reddito Y, espressa
dalla funzione:

La domanda Z dipende quindi dalla spesa autonoma e dal reddito Y attraverso il suo effetto sul consumo. Nella
figura questa relazione è rappresentata da ZZ.
▪ intercetta sulle ordinate è pari alla spesa autonoma (è il valore
della domanda per reddito uguale a 0)
▪ inclinazione della retta ZZ è uguale alla propensione al
consumo c1 (se il reddito aumenta di 1 unità, la domanda
aumenta di c1): essendo c1 positivo ma minore di 1, ZZ è
inclinata positivamente ma con una pendenza inferiore a 1
In equilibrio, la produzione è uguale alla domanda. La produzione di
equilibrio di trova nel punto di intersezione della retta a 45° con la curva
di domanda, nel punto A.
▪ A sx di A, la domanda eccede la produzione
▪ A dx di A, la produzione eccede la domanda

Caso di aumento della spesa autonoma sulla produzione

17
Vediamo perché la produzione è crescita in modo “più che proporzionale”
1. Il primo aumento della domanda (1 mld di €) è pari alla
distanza AB.
2. Questo (primo) aumento della domanda porta a un aumento
equivalente della produzione (cioè 1 mld di €), anch’esso
rappresentato dalla distanza AB (nb: domanda e produzione
sono entrambe rappresentate sulle ordinate; in equilibrio si
equivalgono).
3. Questo (primo) aumento della produzione porta a un
aumento equivalente del reddito (cioè 1 mld di €), rappresentato
dalla distanza BC (nb: produzione uguale a reddito e viceversa)
4. Avviene ora un secondo aumento della domanda,
rappresentato dalla distanza CD, che è dato dall’aumento di
reddito dovuto al primo aumento della domanda (1 mld €)
moltiplicato per la propensione al consumo (c1), cioè: c1 mld €.
5. Questo (secondo) aumento della domanda porta – come prima – a un aumento di pari ammontare della
produzione, rappresentato anch’esso dalla distanza CD, e quindi a un aumento di pari ammontare del reddito,
indicato dalla distanza DE.
6. Il terzo aumento della domanda sarà dunque uguale al prodotto del secondo aumento di reddito (c1 mld €)
per la propensione al consumo (c1), cioè: c1 mld € * c1, ovvero c12 mld €, e così via.

Seguendo questa logica, l’aumento totale della produzione dopo n+1 passaggi sarà uguale a 1 mld € moltiplicato
per la somma:
1+c1+ c12 +...+ c1n Questa somma è una serie geometrica.
Nel caso specifico, con c1< 1, all’aumentare di n la somma continua ad aumentare, ma si avvicina a un limite.
Questo limite è 1/(1-c1), così l’aumento finale della produzione sarà pari a 1/(1-c1) mld €, ovvero al
moltiplicatore della spesa autonoma: è quello che ci dovevamo aspettare!

A parole
Il reddito è uguale alla produzione (Y=Y), la produzione – in equilibrio – è uguale dalla domanda (Y=Z), la
domanda dipende dal reddito (oltre che da propensione al consumo, T, I, spesa pubblica; NB: Z=c0+c1(Y-
T)+I+G).
Quindi: un incremento (ad esempio) della spesa pubblica fa aumentare la domanda, che fa aumentare la
produzione e quindi il reddito. A sua volta, l’aumento di reddito fa aumentare la domanda e quindi la
produzione, e di nuovo il reddito, e così via. In altre parole: un cambiamento iniziale della domanda innesca un
processo di aggiustamento della produzione (attraverso il reddito e la domanda che ne deriva) che porta a un
nuovo livello di produzione di equilibrio.
Il risultato finale è un aumento della produzione (e del reddito) superiore all’incremento iniziale della domanda,
di un fattore pari al moltiplicatore.

Quanto impiega la produzione ad aggiustarsi?


Le equazioni precedenti prevedono aggiustamenti istantanei.
In realtà, ciò non è plausibile. La (più complessa, sul piano formale) rappresentazione dell’aggiustamento della
produzione nel tempo è detta dinamica dell’aggiustamento.
In parole:
– si supponga che le imprese decidano il loro livello di produzione all’inizio (ad esempio) di ciascun trimestre
– si supponga ora che i consumatori decidano (ad esempio) di spendere di più, cioè di aumentare c0
– dopo aver osservato un aumento della domanda, nel trimestre successivo le imprese fisseranno un maggior
livello di produzione, cui conseguirà un aumento di pari valore del reddito e un ulteriore aumento della domanda
– ovvero: in seguito a un aumento della spesa per consumi, la produzione non raggiunge subito il nuovo
equilibrio, ma aumenta progressivamente da Y a Y’

Può succedere anche il contrario: una riduzione della domanda che porta a una riduzione, più che proporzionale,
della produzione.
Nella recente crisi, la preoccupazione per il futuro ha indotto i consumatori a ridurre subito la propria spesa
(aumentando il risparmio: succede sempre in tempi di crisi!) prima ancora che il reddito si fosse ridotto. In

18
pratica sono crollati i consumi a parità di reddito (c0); in particolare sono crollati i consumi di beni durevoli
(auto, casa, etc..). Ciò si è riflesso sul prezzo di questi beni, portando le relative industrie a un crollo degli
investimenti (I), altra componente della spesa autonoma.
Crollata la spesa autonoma, non è difficile capire cosa può succedere: riduzione della domanda, quindi riduzione
della produzione, e poi del reddito, etc etc

4. Investimento = risparmio: un modo alternativo di


pensare
L’equilibrio nel mercato dei beni, finora pensato come produzione = domanda, si può esprimere anche in
termini di risparmio aggregato e investimento aggregato (Keynes, ‘36).

Risparmio aggregato = risparmio privato + risparmio pubblico.


❖ Il risparmio privato35 (S) è il reddito disponibile che i consumatori non destinano al consumo.
o S = YD - C Reddito disponibile al netto del consumo, o anche
o S = Y – T – C Reddito meno imposte, meno consumo
❖ Il risparmio pubblico (T-G) è la parte di imposte (al netto dei trasferimenti) (T), che non viene spesa
(G) dal governo.
o Se T > G, il governo ha un avanzo di bilancio
o se T < G, il governo ha un disavanzo di bilancio

Ripartiamo dall’equazione di equilibrio nel mercato dei beni, vista in precedenza (ovvero: Y=Z). Sappiamo
inoltre che la domanda (Y) è uguale alla seguente somma:
Y=C+I+G
Sottraendo le imposte (T) a entrambi i lati e spostando il consumo a sinistra, si ottiene:
Y−T−C=I+G−T
Il lato sinistro è uguale al risparmio privato (S), per cui:
S=I+G−T o anche I = S+(T−G)
Ovvero: per esserci equilibrio nel mercato dei beni, l’investimento deve essere uguale al risparmio aggregato,
cioè alla somma di risparmio privato e pubblico.
Questa nuova prospettiva spiega perché la condizione di equilibrio del mercato dei beni è chiamata curva IS, che
sta per “Investimento = Risparmio (Saving)”: quanto le imprese e i privati vogliono investire deve essere uguale
a quanto i consumatori e il governo intendono (o sono in condizione di) risparmiare.

Ricapitolazione
Ci sono 2 modi per esprimere la condizione di equilibrio sul mercato dei beni
a) Produzione = Domanda
b) Investimento = Risparmio
Le decisioni di consumo e di risparmio sono due facce della stessa medaglia (il risparmio si determina infatti
per differenza, dopo avere deciso quanto consumare del reddito disponibile e noto quanto è destinato a
tassazione).

Per esprimere lo stesso concetto con un l’equazione del risparmio privato S = Y- T – C e da quella del consumo
[C = c0+c1(Y–T)], si ha che:
S=Y−T−c0 −c1(Y−T)
Riordinando i termini otteniamo:
S=−c0 +(1−c1)(Y−T)

35In realtà c’è anche il risparmio delle imprese, ovvero i profitti non distribuiti e destinati agli investimenti; qui
non lo consideriamo, non cambiano le cose.

19
Come c1 era la propensione marginale al consumo, (1-c1) è la propensione marginale al risparmio, ovvero
quanta parte di un incremento unitario di reddito disponibile viene risparmiata.
Anche (1-c1) sarà compreso tra 0 e 1: il risparmio privato aumenta all’aumentare del reddito disponibile (Y-T),
ma meno che proporzionalmente.

Posto che in equilibrio l’investimento deve essere uguale al risparmio aggregato [ovvero I=S+(T-G)], avremo
I=−c0 +(1−c1)(Y−T)+(T−G)
Risolvendo per la produzione, otteniamo nuovamente:

5. Il governo è davvero onnipotente? Un avvertimento


In teoria, il governo decidendo il livello di spesa (G) e il gettito fiscale (T) può influenzare la produzione (Y). In
realtà non funziona così, infatti:
❖ Cambiare la spesa pubblica o le imposte potrebbe essere tutt’altro che facile (in termini normativi e di
consenso da parte dell’autorità legislativa)
❖ Le risposte di consumo, investimento e importazioni non rimangono invariate (e sono difficili da
valutare ex ante), così come tasso di cambio
❖ Le aspettative contano (ergo: percezione di transitorietà/permanenza del ciclo36 +
attendibilità/inattendibilità delle politiche)
❖ Mantenere il livello di produzione desiderato potrebbe causare spiacevoli effetti collaterali (es:
inflazione)
❖ Ridurre le imposte o aumentare la spesa pubblica potrebbe generare grossi disavanzi di bilancio e
portare all’accumulazione del debito pubblico

Capitolo 4 – I mercati finanziari37


I mercati finanziari giocano un ruolo essenziale nel funzionamento del sistema economico: determinano i
costi/rendimenti e le condizioni di finanziamento/investimento per famiglie, imprese e Stati.
Sono un insieme di di “istituzioni finanziarie” (anche commerciali, fondi comuni monetari/di investimento, e
per estensione anche assicurazioni,...) e di “strumenti finanziari” (azioni e titoli rappresentativi di capitale di
rischio, obbligazioni, titoli di Stato).

1. Domanda di moneta – da cosa è determinata?


Reddito = ciò che si guadagna (dal lavoro o sotto forma di interessi/dividenti) per unità di tempo (è quindi un
flusso)

36 Es. Risposta dei consumatori ad aumento di tasse varia in base alla convinzione che cambiamento sia
temporaneo o permanente.
37 Banca centrale: attore principale del mercato finanziario, determina i tassi di interesse ed emette moneta

circolante.

20
Risparmio = quota del reddito disponibile (ovvero al netto delle imposte) che non è consumata (è quindi un
flusso)
Ricchezza finanziaria (o ricchezza) = valore di tutte le attività finanziarie meno passività finanziarie in un dato
momento (quindi è variabile stock). In un preciso istante, il valore totale della ricchezza è fisso. Se ne può però
modificare la composizione.
• Attività finanziarie che possono essere usate direttamente per acquistare beni sono chiamate moneta
(stock)
Investimento = acquisto di nuovi beni capitale, dai macchinari agli impianti. Se ci si riferisce all’acquisto di
azioni o altre attività finanziarie, si parla di investimento finanziario.
Titoli = pagano interessi positivi i, ma non possono essere usati per le transizioni.
Moneta = ciò che può essere usato per pagare le transazione ma che non dà interessi. Circolante (valuta: moneta
metallica/cartacea) + deposito su conto corrente (assegni, carte di credito) = M1. Non inclusi i titoli.

Per semplicità ora non distinguiamo tra:


a) tra i tipi di moneta (circolante e depositi di c.c.) e
b) tra i diversi titoli su cui investire, immaginando che vi sia un solo tasso di interesse. In realtà sappiamo che vi sono numerosi
strumenti finanziari (azioni, obbligazioni societarie, titoli di Stato, etc.) e che vi è un mercato per ciascuno di essi. L’equilibrio
in ognuno di questi mercati, influenza l’equilibrio negli altri: si parla infatti di mercati finanziari per rappresentare l’insieme
di questi singoli mercati.
Ignorare tutto ciò è rilevante?
Certo, ma fino a un certo punto, per due buone ragioni:
1. intanto possiamo capire meglio il problema di scelta degli individui se detenere moneta o titoli;
2. la BC non agisce su tuti i mercati finanziari, ma su quello dei titoli, perché operare su questo mercato determina effetti a
catena su tutti gli altri mercati finanziari: il mercato dei titoli ha dunque un rilevanza del tutto speciale

In quale proporzioni è utile detenere moneta38 e titoli?


Dipende da due variabili fondamentali:
1) Il livello di transazioni: se aumenta numero/entità delle transazioni e/o il costo della liquidazione dei
titoli = si detiene + moneta
2) Il tasso di interesse offerto dai titoli: se aumenta tasso di interesse sui titoli = si detiene – moneta

La domanda di moneta di un’economia è la somma delle domande individuali di moneta.


❖ Aumenta proporzionalmente al reddito nominale (che rappresenta in modo più o meno preciso il livello
totale delle transazioni)
❖ Dipende negativamente dal tasso di interesse (più aumenta il tasso, meno domanda di moneta c’è)

La relazione tra domanda di moneta (quantità di moneta richiesta dal sistema) (Md), reddito nominale (€Y) e
tasso di interesse (i) sarà dunque la seguente:
Ovvero: la domanda di moneta Md è
uguale al reddito nominale €Y
moltiplicato per una (qualche) funzione
decrescente del tasso di interesse i,
indicata con L(i).
Il segno sotto i in L(i) meno significa che un aumento del tasso di
interesse riduce la domanda di moneta.
[NB: si fa riferimento al reddito nominale (in euro) e non a quello
reale perché sono i prezzi effettivi (dovuti all’inflazione) quelli che
realmente determinano la quantità di moneta necessaria alle
transazioni]
Spostandoci sul grafico, sul quale sono rappresentati il asso di interesse e la moneta, si può vedere come a parità
di tassi di interesse, un aumento del reddito nominale fa aumentare la domanda di moneta, spostando la curva
(inclinata negativamente perché tassi di interesse e domanda sono inversamente proporzionali) verso dx.

38Distanza tra dollari detenuti e dollari in circolazione è dovuta al fatto che le banche centrali dei paesi
accumulano riserve di valute straniere, perché possono operare per garantire il cambio della propria valuta
(patrimonializzo la mia moneta più debole).

21
2. La determinazione del tasso di interesse
Su un mercato oltre ad esserci una domanda c’è un’offerta che si incrocerà con la domanda e creerà un
equilibrio, determinato da un tasso d’interesse.

In genere, si parte assumendo


o che la sola moneta presente nell’economia sia la moneta circolante emessa dalla BC
o poi (b) si introducono i depositi di conto corrente e si indaga il ruolo delle banche
commerciali.
Supponiamo che la BC decida di offrire un ammontare di moneta uguale a M, cosicché Ms=M (s per supply). La
condizione di equilibrio nei mercati finanziari è che
l’offerta di moneta sia uguale alla domanda di moneta
(Ms=Md), dunque
M = Ms = Md = €YL(i) → M = €YL(i)
Questa equazione dice che il tasso di interesse deve essere
tale da indurre gli individui a tenere una quantità di moneta
pari all’offerta di moneta M (dato il loro reddito nominale
€Y).
Questa relazione di equilibrio è chiamata curva LM
(Liquidità, Moneta).

Parentesi sulla Banca Centrale


Come le banche commerciali, la BC riscuote interessi sui prestiti concessi ai propri debitori, in primo luogo lo
Stato e le banche commerciali (anche come prestatore di ultima istanza).
A differenza delle banche commerciali, la BC detiene il monopolio della creazione di moneta di una nazione,
prestata allo Stato sotto forma di moneta avente corso legale.

Politica monetaria e operazioni di mercato aperto


La BC modifica l’offerta [controlla la quantità] di moneta tramite acquisto/vendita di titoli nel mercato
obbligazionario. Sono le c.d. operazioni di mercato aperto (sul “mercato aperto” dei titoli).
• Operazione di mercato aperta espansiva. La BC acquista titoli (dalle famiglie e dalle imprese) e li
paga emettendo moneta: la moneta in circolazione nell’economia aumenta di pari importo.

22
• Operazione di mercato aperto restrittiva. La BC vende titoli ritirando moneta: la moneta in
circolazione diminuisce di pari importo.
Il bilancio della BC [di fatto, lo stato patrimoniale della BC]
✓ Attività: titoli che tiene in portafoglio
✓ Passività: stock di moneta presente nell’economia
Le operazioni di mercato aperto comportano variazioni di pari importo nell’attivo e nel passivo del bilancio
[SP].

Prezzo e rendimento dei titoli


Sul mercato dei titoli non si forma “l’interesse”, ma il prezzo dei titoli (e da questo deriva poi l’interesse sui
titoli).
Es. titolo annuale zero-coupon bond39; prezzo corrente (€PT); rimborso alla scadenza (100 €)
Il tasso di interesse è il seguente:
Tanto più elevato è il prezzo del titolo sul mercato, tanto minore sarà il tasso di
interesse pagato dal titolo stesso.

Ovviamente conoscendo il tasso di interesse si può risalire al prezzo del titolo utilizzando la seguente formula:

Operazioni di mercato aperto


In sintesi,
• il tasso di interesse è determinato dall’uguaglianza tra domanda e offerta di moneta
• variando l’offerta di moneta, la BC influenza il tasso di interesse
• la BC modifica l’offerta di moneta tramite operazioni di mercato
aperto (acquisti o vendite di titoli in cambio moneta).
• Le operazioni di mercato aperto fanno variare il prezzo dei titoli e quindi il tasso di interesse, in particolare:
a. politica espansiva: la BC acquista titoli e li paga in moneta: la moneta in circolazione
nell’economia aumenta di pari importo. Senza dimenticare che ciò fa aumentare il prezzo dei titoli e
quindi ne riduce il tasso di interesse (aumenta la disponibilità a tenere moneta);
b. politica restrittiva: la BC vende titoli in cambio di moneta: la moneta in circolazione nell’economia
diminuisce di pari importo. Senza dimenticare che ciò riduce il prezzo dei titoli e quindi ne aumenta
il tasso di interesse (si riduce la disponibilità a detenere moneta)

Politica monetaria: attraverso il controllo dell’offerta di moneta o del tasso di interesse?


Fin qui abbiamo immaginato che la BC operi
direttamente sull’offerta di moneta e poi lasci
che il tasso di interesse sia determinato
dall’uguaglianza tra offerta e domanda.
In realtà, la BC fissa un tasso di interesse
obiettivo e poi compra/vende titoli [“aggiusta
l’offerta di moneta”] in modo da raggiungere
quel tasso: infatti, si dice/legge “la BC ha
tagliato [o ha alzato] i tassi di interesse”.

3. La determinazione del tasso di interesse (pt.2)


Fin qui abbiamo assunto che tutta la moneta presente nell’economia sia rappresentata dal circolante emesso
dalla BC. In realtà, la moneta include sia il circolante che i depositi di conto corrente, questi ultimi forniti non
dalla BC ma dalle banche (commerciali), che influenzano tassi di interesse.

39 (titolo senza cedola, tutti gli interessi sono impliciti nel prezzo)

23
Il ruolo delle banche
Nelle economie moderne ci sono molti tipi di intermediari finanziari: ovvero di istituzioni che raccolgono fondi
(cash, bonifici, assegni) da individui e imprese e li usano per acquistare azioni/obbligazioni e/o per accordare
prestiti.
Nel loro bilancio (o meglio nel loro SP) :
❖ le attività sono costituite dai titoli (azioni/obbligazioni) acquisiti e dai prestiti concessi;
❖ le passività dai debiti verso individui/imprese per i fondi raccolti.
Le banche sono una tipologia specifica di intermediari finanziari. Ciò che le caratterizza – che qui è la ragione
di interesse – è che le loro passività sono costituite da moneta, ossia dai depositi di c.c. di individui e imprese,
che poi li impiegano per pagare le transazioni: prelevando circolante, emettendo assegni o usando le carte di
credito/debito, fino all’ammontare del saldo di c.c.

Le banche ricevono fondi da individui/imprese che


li depositano direttamente o con bonifici. In
qualsiasi momento possono prelevare o emettere
assegni fino all’ammontare del loro saldi di conto
corrente (= le passività delle banche sono pari al
valore totale dei depositi di conto corrente). Le
banche detengono parte dei fondi ricevuti sotto
forma di riserve (parte contanti e parte su conto presso BC da prelevare in caso di bisogno) perché:
1) ogni giorno, alcuni correntisti prelevano dai c/correnti e altri versano: bilancio tra le entrate e le uscite
di contante non in equilibrio, bisogna tenere un po’ di contante a disposizione.
2) ogni giorno, i correntisti di una banca emettono assegni o effettuano bonifici a favore di correntisti di
altre banche, e viceversa: bilancio tra le entrate e le uscite della banca verso altre banche non in
equilibrio, per cui la banca ha bisogno di tenere riserve.
3) riserve obbligatorie: ciascuna banca deve detenere una riserva di liquidità determinata in base alla
composizione del suo bilancio (ossia proporzionale ai depositi in conto corrente) con un’aliquota
dell’1% in area euro.

NB:
1. le banche commerciali hanno altri tipi di passività, oltre ai depositi in conto corrente, e sono coinvolte in
molte più attività, che non la sola detenzione di titoli, corresponsione di prestiti e gestione delle riserve. Ma non
sono qui rilevanti.
2. escluse le riserve, i prestiti rappresentano circa il 70% delle attività del sistema bancario. Il restante 30% è
costituito da titoli (non solo di Stato). Per ora, la distinzione tra titoli e prestiti non è importante: assumeremo,
per semplicità, che le banche non concedano prestiti e quindi dal lato delle attività vi siano solo riserve e titoli
3. La distinzione tra prestiti e titoli è invece molto importante per altri scopi, come l’analisi della probabilità che
si verifichino crisi di liquidità e del ruolo dell’assicurazione sui depositi bancari.

Focus: La corsa agli sportelli (crisi di liquidità)


Detenere depositi bancari equivale a detenere circolante?
Esiste una differenza tra concedere un prestito e acquistare un titolo di debito impiegando il denaro ricevuto
dai titolari dei depositi in conto corrente?
In entrambi i casi, si tratta del versamento di una somma iniziale di moneta in cambio di una promessa di
rimborso del capitale, a una data futura, più il pagamento degli interessi.
[per questa similitudine abbiamo assunto che le banche detengano solo titoli].
La differenza però c’è: i titoli, specie i titoli pubblici negoziati sui mercati principali, sono molto liquidi
(ovvero possono essere venduti rapidamente e in modo conveniente); i prestiti - spesso - non sono affatto
liquidi (l’impresa ha comprato un bene strumentale o scorte, l’individuo ha comprato l’auto, la casa o altro e
non hanno più disponibilità di contante). La banca può vendere il prestito a una terza parte per ottenere
contante, ma la cessione è spesso difficile (scarsa informazione sull’affidabilità del debitore) e comunque
impone una perdita.

Questo fatto ha un’importante implicazione.


Prendiamo una banca in buone condizioni, con un portafoglio di prestiti efficiente. Supponiamo ora che si
sparga la voce che la banca sia in difficoltà perché alcuni prestiti da essa concessi non saranno ripagati.
Credendo che la banca fallirà, i correntisti vorranno chiudere i loro conti correnti e ritirare il contante. Se un

24
discreto numero di persone si comporta allo stesso modo, la banca finirà le sue riserve. Dato che non può
chiedere il rimborso dei prestiti, la banca non sarà in grado di soddisfare la domanda di contante e sarà
costretta a chiudere.
In conclusione, il timore che una banca possa chiudere può causare la chiusura della banca, anche se tutti i
suoi prestiti fossero sicuri.
E’ successo negli USA (anni Trenta), si è manifestato il rischio in Grecia nel 2015. Il caso classico però è
quello di una banca che fallisce per ragioni valide (cioè perché i suoi prestiti sono rischiosi): ciò intimorisce i
correntisti di altre banche che corrono a ritirare i loro depositi, inducendo il fallimento delle altre banche,
indipendentemente dalla loro situazione finanziaria.

Cosa si può fare per evitare queste crisi di liquidità?


A. Narrow banking: le banche possono detenere solo strumenti finanziari sicuri e liquidi (tipo titoli di stato a
breve termine). Ad altri intermediari finanziari il compito di erogare i prestiti. In alcune legislazioni vige (in
parte) questo principio.
B. Assicurazione sui depositi. Negli USA, dal 1934 c’è una assicurazione federale.Nell’UE, la Dir.
94/19/CE ha previsto che ogni SM provveda affinché nel suo territorio vengano istituiti e ufficialmente
riconosciuti “sistemi di sicurezza dei depositi”. In Italia, c’è il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. In
Irlanda, dal sett-2008 (!), c’è una garanzia illimitata sui depositi.
Tutto bene? In realtà, l’assicurazione sui depositi de-responsabilizza i correntisti rispetto allo stato di salute
delle banche, incentivando le stesse a comportarsi in modo imprudente (concessione di prestiti rischiosi o
scarso accumulo di riserve). Inoltre le banche si finanziano non solo con i depositi, ma anche prendendo a
prestito (“all’ingrosso”) da altre istituzioni finanziarie: sono queste che sono corse a richiedere indietro le
somme prestate durante la crisi.
C. Programmi di offerta di liquidità. La BC fornisce fondi alle banche e ad altre istituzioni finanziarie per
un ammontare che dipende dall’attivo dei riceventi, così non devono svendere le proprie attività.

Offerta e domanda di moneta emessa dalla BC


La domanda di moneta emessa dalla BC è uguale alla domanda di circolante da parte di individui e imprese,
più la domanda di riserve da parte delle banche. Vediamo perché:
• la domanda (aggregata) di moneta è una domanda sia di circolante, che di depositi bancari di c.c.,
• poiché le banche devono detenere riserve in base ai depositi di c.c., la domanda di depositi genera una
domanda di riserve da parte delle banche
L’offerta di moneta emessa dalla BC è sotto il controllo diretto della BC.
Il tasso di interesse di equilibrio è tale per cui la domanda e l’offerta di moneta emessa dalla BC sono uguali.

a. Che cosa determina la domanda (aggregata) di


moneta (depositi di c.c. e circolante)?
b. Che cosa determina la domanda di riserve da
parte delle banche?
c. Che cosa determina la domanda di moneta
emessa dalla banca centrale?
d. Com’è possibile che il tasso di interesse assicuri
la condizione di uguaglianza tra domanda e offerta
di moneta?

a. la domanda (aggregata) di moneta


Riflette 2 decisioni degli individui:
1. quanta moneta detenere in tutto. Gli individui scelgono di detenere tanta più moneta quanto
maggiore è il livello delle transazioni e tanto minore è il tasso di interesse. La formula è
quella già vista
2. quanta di questa moneta detenerne in forma di circolante e quanta in depositi bancari di c.c. Il circolante è
più conveniente per piccole transazioni, ma tenere moneta in deposito è più sicuro che tenerla in contante, e
serve per fare transazioni di importo maggiore. Gli individui terranno quindi una percentuale fissa della loro

25
moneta in forma circolante (c) e una percentuale fissa (1 – c) in forma di depositi. La domanda di circolante
(CId) e di depositi (Dd) sarà:

b. la domanda di riserve (da parte delle banche)


Maggiore è l’ammontare dei depositi, maggiori sono le riserve che le banche devono tenere, sia per precauzione
sia per ragioni legali. La relazione tra ammontare di riserve in € (R) e ammontare di depositi in conto corrente in
€ (D) sarà:
R = θD
dove θ è il coefficiente di riserva (ammontare di riserve che le banche decidono di detenere per ogni euro di
depositi di conto corrente).
Combinando questa equazione con quella della Dd, si ottiene che la domanda di riserve (Rd) (ovviamente da
parte delle banche):
Rd = θ(1−c)Md

c. la domanda di moneta emessa dalla BC


Detta Hd la domanda di moneta della (emessa dalla) BC, essa è la somma della domanda di circolante (CId) e
della domanda di riserve (Rd):
Hd =CId +Rd

d. La determinazione del tasso di interesse


La condizione di equilibrio è che l’offerta di moneta emessa dalla BC (H) sia uguale alla domanda di moneta
emessa dalla BC (Hd), ossia H=Hd.
Ovvero, usando l’equazione appena derivata, si ha:

L’offerta di moneta emessa dalla BC (H) è uguale alla domanda di moneta emessa dalla BC (Hd), che a sua
volta è uguale al termine tra parentesi moltiplicato per la domanda (aggregata) di moneta.
Consideriamo ora il termine tra parentesi, in due ipotesi “estreme”
[c + θ ( 1 − c )]
1. Gli individui detengono solo circolante: c=1.
Allora, il termine tra parentesi è uguale a 1 e l’equazione diventa H = €YL(i) esattamente uguale all’espressione
già vista
M = €YL(i)
Sia H che M – a sx – indicano l’offerta di moneta emessa dalla BC.
(M era stata costruita in assenza di banche, qui H è con banche. Ma se gli individui detengono solo circolante, le
banche non hanno alcun ruolo nell’offerta di moneta e si torna a quanto detto nel § 2: l’offerta di moneta emessa
dalla BC è uguale alla domanda aggregata di moneta)

Consideriamo l’altra ipotesi per il termine tra parentesi.


[c + θ ( 1 − c )]
2. Gli individui detengono solo depositi di c.c.: c = 0.
Allora, il termine tra parentesi è uguale a θ e l’equazione diventa H =[θ]€YL(i)

Esempio: θ = 0,1.

26
In assenza di circolante, la domanda di moneta emessa dalla BC – che è data dalla sola domanda di riserve da parte delle
banche e, in equilibrio, è uguale all’offerta di moneta emessa dalla BC – è 1/10 della domanda (aggregata) di moneta.
In pratica: se gli individui sono interessati solo a depositi di c.c., la domanda di riserve, ovvero (in equilibrio) l’offerta di
moneta emessa dalla BC, è 1/10 della domanda (aggregata) di moneta.

Poiché gli individui in genere detengono sia


circolante che depositi di c.c. (cioè c < 1 ), il
termine tra parentesi è sempre compreso tra 0 e
1.
Ciò significa che la domanda di moneta emessa
dalla BC – in equilibrio: l’offerta di moneta
emessa dalla BC – è sempre inferiore alla
domanda aggregata di moneta (e non potrebbe
essere diversamente in ragione del fatto che la
domanda di riserve da parte delle banche è solo
una frazione della domanda di depositi).

FED e BCE: federal funds rate e tasso di


rifinanziamento
Esiste un mercato in cui la domanda e l’offerta di moneta emessa della BC determina davvero il tasso di
interesse? Sì.
Negli USA c’è un mercato per le riserve: è il federal funds market, con il relativo federal funds rate. La FED
opera su questo tasso mediante aggiustamenti dell’offerta di riserve.
Nell’Eurozona, la BCE ha una politica monetaria più articolata, con diversi tassi di interesse controllati
direttamente, anche se quello più importante è il tasso di rifinanziamento (principale), che rappresenta il costo
dei prestiti che le banche ottengono dalla BCE: maggiore è questo tasso, minore sarà la quantità di riserve che il
sistema bancario prende a prestito dalla BCE e minore sarà quindi l’offerta di moneta. Esso determina sia
l’offerta di riserve che il tasso di interesse a cui le banche si scambiano tra loro le riserve nel mercato
interbancario. Aumentando o diminuendo questo tasso, la BCE esercita un’influenza indiretta su tutti i tassi
d’interesse dell’economia.

4. La trappola della liquidità


Fin qui si è assunto che la BC, facendo variare l’offerta di moneta, possa sempre influenzare i tassi di interesse.
In realtà, la BC incontra un limite nella sua azione: non può ridurre il tasso di interesse al di sotto di zero (zero
lower bound).

NB: Md=€YL(i), cioè se si riduce il tasso di interesse sui titoli, aumenta la moneta in circolazione. E se il tasso
di interesse scende a zero?
La politica monetaria non è in grado di ridurlo ulteriormente, smette di funzionare e l’economia viene
considerata in una trappola della liquidità 40

Gli individui, quando hanno moneta sufficiente per le transazioni, sono indifferenti tra tenere il resto della
ricchezza finanziaria in titoli o in moneta perché sia titoli che moneta pagano lo stesso i, cioè zero.

40 Il concetto di trappola della liquidità fu sviluppato per primo da JM Keynes negli anni Trenta.

27
❖ Al diminuire del tasso di interesse gli individui
vogliono meno titoli e più moneta (aumento di
domanda di moneta)
❖ Al raggiungimento di i=0, gli individui vogliono
detenere una quantità di moneta che permetta loro
transazioni. Oltre quel punto la domanda di moneta
diventa orizzontale, perché gli individui sono
indifferenti tra titoli e moneta. Cioè: all’aumento della
moneta, non corrisponde alcun effetto su i.

Focus: La trappola della liquidità in azione


A seguito della crisi finanziaria americana, la FED diminuì il federal funds rate dal 5% (estate 2007) allo 0%
(fine 2008), mantenendolo a zero fino a dicembre 2015. In questo periodo, la FED continuò ad aumentare
l’offerta di moneta attraverso operazioni di mercato aperto (acquisto titoli in cambio di moneta).
La trappola della liquidità ci suggerisce il risultato finale: un aumento dei depositi di c.c. e delle riserve
bancarie.
Infatti, i depositi di c.c. di famiglie e imprese, in diminuzione negli anni precedenti al 2007 per l’uso di carte
e strumenti di credito, passarono da740 mld$ a 880 mld$ (2008), e poi a 2.020 mld$ (2014). Le riserve e il
contante tenuto in cassaforte dalle banche passarono da 76 mld $ (2007) a 910 mld $ (2008), e a 2.450 mld $
(2014).
In altre parole, il grandissimo aumento dell’offerta di moneta della FED fu assorbito dalle famiglie e dalle
imprese senza alcun cambiamento del tasso di interesse, che rimase uguale a zero.

Due modi alternativi di considerare l’equilibrio


Fin qui abbiamo analizzato l’equilibrio di mercato (ovvero, il tasso di interesse di equilibrio) attraverso la
condizione di uguaglianza tra offerta e domanda di moneta emessa dalla BC.
Esistono altri 2 modi di esaminare l’equilibrio:

A. Il mercato interbancario delle riserve e il tasso di interesse overnight


Proviamo a pensare in termini di riserve, introducendo – anche in questo caso – una condizione di equilibrio,
ossia l’uguaglianza tra la domanda e l’offerta di riserve: R d=R.
La domanda di riserve da parte delle banche è Rd. L’offerta di riserve è uguale all’offerta di moneta emessa
dalla BC (H), meno la domanda di circolante da parte del pubblico (CId).
Quindi:
Rd =H−CId
Ovvero H=CId +Rd
E dunque H=Hd
Guardare l’equazione in termini di domanda e offerta di riserve equivale a guardare all’equazione in termini di
domanda e offerta di moneta emessa dalla BC.
Il mercato in cui si incontrano domanda e offerta di riserve – ove si determina il tasso di interesse sulle riserve –
non è libero: la maggior parte delle BC interviene per influenzare questo tasso, perché tutti i tassi di interesse
nell’economia sono collegati a quello sulle riserve.
Il riferimento è il mercato interbancario: è il mercato del denaro residuale, in cui le banche con eccesso di
liquidità offrono agli altri istituti che necessitano di riserve liquide. I prestiti su questo mercato hanno scadenze
varie ma in genere ravvicinate: overnight (rimborso il giorno dopo), a 2 gg, una settimana, un mese e oltre. I
tassi applicati sono diversi a secondo la scadenza: overnight, Euribor, ecc.
La BC può influenzare direttamente l’offerta di riserve, effettuando operazioni di mercato aperto: se compra
titoli pubblici dalle banche, fa aumentare le loro riserve; si verifica, a parità di altre condizioni, un aumento
dell’offerta di riserve che dovrebbe ridurre il tasso di interesse (politica monetaria espansiva).

Negli USA e in Europa il controllo sul tasso di interesse sulle riserve da parte delle BC (FED e BCE) avviene in
modo differente.
❖ La Fed controlla il tasso sulle riserve (che si chiama Federal Funds Rate) cercando di mantenerlo
vicino all’obiettivo prefissato (Federal Funds Target).
❖ La BCE, invece, mantiene il tasso sulle riserve delle banche europee (che si chiama Eonia: Euro
Overnight Index Average) all’interno di un corridoio.

28
Normalmente, acquisire riserve dalla BC o da altre banche commerciali non fa gran differenza: infatti, il tasso al
quale le banche si prestano fondi l’una con l’altra (Libor: London Interbank Offered Rate) è normalmente molto
vicino al tasso Eonia (di solito, il Libor supera l’Eonia di circa 20 punti base). A fronte di questo (piccolo)
maggior costo vi è tuttavia una differenza importante.
Quando una banca prende a prestito riserve dalla BC deve fornire titoli in garanzia, mentre nessuna garanzia è
richiesta nel caso di prestiti fra banche commerciali.
Con lo scoppio della recente crisi finanziaria, la differenza tra Libor ed Eonia è letteralmente esplosa (nel 2008,
350 punti base). Ciò riflette una situazione in cui il rischio che una banca fallisca è molto più alto. Infatti, solo
l’offerta di garanzie sui bilanci delle banche da parte degli Stati ha riportato a 50 punti base lo spread tra Libor
ed Eonia.

B. Offerta di moneta, domanda di moneta e moltiplicatore della moneta


Fin qui abbiamo considerato l’equilibrio in termini di uguaglianza:
1. tra domanda e offerta di moneta emessa dalla BC.;
2. tra domanda e offerta di riserve.
Esiste un altro modo – in terzo modo – di considerare l’equilibrio, ovvero i termini di uguaglianza: tra domanda
aggregata e offerta aggregata di moneta (circolante e depositi bancari).

DX: domanda aggregata di moneta (circolante più depositi di c.c.) [nb: Md=€YL(i)] ...
SX: offerta aggregata di moneta (circolante più depositi di c.c.), che è pari a H (offerta di moneta emessa dalla
b.c. in assenza di banche) moltiplicata per 1/[ c+θ(1−c)]
Poiché [c + θ (1 – c)] è minore di 1, il suo inverso è maggiore di 1. Per tale ragione, è chiamato moltiplicatore
della moneta.
L’offerta aggregata di moneta è pertanto uguale alla moneta emessa dalla BC . per il moltiplicatore della
moneta.

In ultima istanza, l’offerta aggregata di moneta dipende dalla quantità di moneta emessa dalla BC: quest’ultima
viene perciò chiamata «moneta ad alto potenziale» per riflettere il fatto che aumenti di H portano ad aumenti più
che proporzionali dell’offerta aggregata di moneta. Allo stesso modo, viene chiamata «base monetaria» per
riflette il fatto che l’offerta aggregata di moneta dipende comunque da una “base”, ossia la quantità di moneta
emessa dalla BC
La presenza di un moltiplicatore implica che una variazione della moneta emessa dalla BC ha un effetto più
ampio sull’offerta di moneta – e quindi sul tasso di interesse – in un’economia in cui sono presenti le banche
rispetto a un’economia senza di esse.

Sul significato del moltiplicatore monetario - Esempio


Supponiamo che siano detenuti solo depositi bancari (c = 0). In questo caso, il moltiplicatore è 1/θ: un
aumento di un euro di moneta ad alto potenziale genera un aumento di 1/θ euro nell’offerta aggregata di
moneta.
Assumiamo, inoltre, che θ = 0,1, cosicché il moltiplicatore è uguale a 1/0,1 = 10 .
Lo scopo di quanto segue è comprendere le origini di questo moltiplicatore e, più in generale, come un
aumento iniziale di base monetaria generi un aumento dell’offerta di moneta di dieci volte superiore.

Supponiamo che la b.c. compri titoli per 100 euro con un’operazione di mercato aperto. Essa paga al
venditore – chiamiamolo venditore 1 – 100 euro e quindi crea 100 euro di base monetaria. Quando abbiamo
analizzato gli effetti di un’operazione di mercato aperto in un’economia senza banche, la storia finiva qui.
In questo caso, invece, siamo soltanto all’inizio ...

29
• Il venditore 1 (che, per ipotesi, non vuole tenere moneta) deposita 100 euro nel suo conto corrente presso la
propria banca – che chiamiamo banca A. Questo fa aumentare i depositi di 100 euro.
• La banca A tiene 100 × 0,1 = 10 euro come riserve e acquista titoli con il resto, pagando 90 euro al
venditore 2 come corrispettivo.
• Il venditore 2 deposita 90 euro sul conto corrente della sua banca – chiamiamola banca B. Questo fa
aumentare i depositi di 90 euro.
• La banca B tiene 90 × 0,1 = 9 euro come riserve e acquista titoli con il resto, pagando 81 euro al venditore
3 come corrispettivo.
• Il venditore 3 deposita 81 sul conto corrente della sua banca – banca C – e così via.
• A questo punto, la catena degli eventi dovrebbe essere chiara.

Qual è l’incremento finale dell’offerta di moneta?


L’incremento dei depositi è di 100 euro quando il venditore 1 deposita il ricavo della vendita dei titoli, più 90
euro del venditore 2, più 81 euro del venditore 3, e così via. Scriviamo questa somma come: 100*(1 + 0,9 +
0,92 + ...)
➢ La serie in parentesi è una serie geometrica, per cui la sua somma è pari a 1/(1 – 0,9) = 10;
quindi, l’offerta di moneta aumenta di 1.000 euro, cioè 10 volte l’aumento iniziale della base
monetaria.
Possiamo considerare l’aumento finale dell’offerta di moneta come al risultato di una serie di acquisti di
titoli, dei quali il primo è eseguito dalla b.c. attraverso un’operazione di mercato aperto e gli altri dalle
diverse banche coinvolte. Ogni operazione successiva provoca un incremento dell’offerta di moneta. Alla
fine, l’aumento dell’offerta di moneta è pari a 10 volte l’incremento iniziale della base monetaria
Si noti il parallelo tra questa interpretazione del moltiplicatore della moneta (risultato di una serie di acquisti
di titoli) e quella relativa al moltiplicatore del mercato dei beni (risultato di una serie di acquisti di beni), visto
in passato.

Capitolo 5 – Il mercato dei beni e i


mercati finanziari: modello IS-LM
1. Il mercato dei beni e la curva IS
L’equilibrio nel mercato dei beni attraverso la condizione di uguaglianza tra produzione, Y, e domanda, Z (la
somma di Consumi 41, Investimenti, e spesa del Governo), è definito dalla relazione IS.
Assumendo che il consumo sia funzione del reddito disponibile e considerando investimento, spesa pubblica e
imposte variabili esogene (valori dati), si ha che la condizione di equilibrio è data da:

Queste è tuttavia una semplificazione, perché non si considera che il tasso di interesse influenza in realtà la
domanda di beni.
Il tasso di interesse è il veicolo di interazione tra mercato dei beni e mercati finanziari.
Nel mercato dei beni è lo stato che interviene, mentre in quello dei mercati finanziari è la BCE che interviene.
Tuttavia l’intervento di uno ha influenze anche sull’altro.
Bisogna quindi cercare un equilibrio generale (IS-LM), un equilibrio sul mercato dei beni (IS) e sul mercato
della moneta (LM).

Investimento, vendite e tassi di interesse

41 In funzione del reddito disponibile YD (reddito al netto delle imposte).

30
Finora, abbiamo considerato l’investimento esogeno, per semplicità. In realtà, esso dipende principalmente da
due fattori:
• il livello delle vendite - Y (se le vendite aumentano le aziende dovranno incrementare la produzione, anche
con nuovi macchinari)
• il tasso di interesse – i (quando le aziende si trovano a dover comprare nuovi macchinari spesso ricorrono a
dei finanziamenti: tassi alti rendono l’investimento più costoso e quindi meno redditizio)
Ipotizzeremo quindi la seguente funzione per l’investimento:

✓ un aumento della produzione provoca un aumento di I


✓ un aumento del tasso di interesse provoca una riduzione di I

La determinazione della produzione


Se consideriamo gli investimenti come risultato dei livelli di produzione e tasso di interesse avremo che
l’equilibrio nel mercato dei beni diventa:

La produzione (lato sx) dev’essere uguale alla domanda di beni (lato dx). Questa è la relazione IS estesa.
⇒ un ↑ della produzione fa ↑ il reddito e quindi il reddito disponibile (e di conseguenza anche i consumi: effetto
moltiplicatore)
⇒ un ↑ della produzione fa ↑ l’investimento
In sintesi, un aumento della produzione fa aumentare la domanda di beni: questa relazione tra domanda e
produzione, per un dato tasso di interesse, è rappresentata dalla curva ZZ, positivamente inclinata.

La posizione della ZZ ne grafico è determinata da due elementi


1. Componente di domanda che non dipende dalla produzione
(consumi autonomi, spesa pubblica, ...)
2. Quanto varia la domanda al variare della produzione
(propensione marginale al consumo, ...)

La curva ZZ ha due caratteristiche:


• non avendo assunto che le equazioni del consumo e investimento
siano lineari, la ZZ sarà una curva e non una retta;
• avendo assunto che un aumento della produzione conduca a un
incremento meno che proporzionale della domanda, la ZZ sarà più
piatta della retta a 45°.

La curva IS
Finora abbiamo considerato l’equilibrio nel mercato dei beni dato il tasso di interesse.
La curva IS è l’insieme di combinazioni di produzione e tasso di interesse che garantiscono equilibrio nel
mercato dei beni. Ci dice come varia la produzione di equilibrio al variare del tasso di interesse.

31
Grafico 1. Ci troviamo nell’equilibrio A (punto di equilibrio). Se il
tasso di interesse aumenta:
1) Le imprese riducono gli investimenti (acquisti di
macchinari)
2) La produzione diminuisce (spostamento curva verso il
basso)
3) Anche i consumi e gli investimenti diminuiscono come
conseguenza del calo della produzione e quindi del reddito
(effetto moltiplicatore)
4) Ci troviamo nel nuovo equilibrio A’ (a) tra domanda e
offerta
Ad un tasso di interesse maggiore è associato un livello di
produzione di equilibrio inferiore (a parità di altri fattori, aumento
di tassi di interesse ha fatto diminuire investimenti e quindi
produzione). Una variazione del tasso di interesse provoca uno
spostamento lungo la curva IS (grafico 2).
Questo spiega la relazione negativa (b).

Che succede se a variare sono le altre componenti della domanda


che non dipendono dal tasso di interesse (T, G, ...)?
Per un dato tasso di interesse:
❖ ogni variazione che dà luogo ad un aumento della produzione provoca uno spostamento in alto (o a
destra) della curva
❖ ogni variazione che dà luogo ad una diminuzione della produzione provoca uno spostamento in basso
(o a sinistra) della curva

- Se aumentano le tasse, il reddito a disposizione dei consumatori


diminuisce
- Si riducono i consumi
- Il calo della domanda porta ad una diminuzione della produzione

Riassunto:
▪ l’equilibrio del mercato dei beni richiede che un aumento del tasso di interesse sia associato a una
riduzione della produzione
▪ questa relazione è rappresentata dalla curva decrescente IS
▪ ogni fattore che diminuisce la domanda di beni, dato il tasso di interesse, sposta la IS verso sinistra.
Ogni fattore che aumenta la domanda di beni, dato il tasso di interesse, sposta la IS verso destra

32
2. I mercati finanziari e la curva LM
Abbiamo visto che il tasso di interesse è determinato dall’uguaglianza tra domanda e offerta di moneta:
M= €Y L(i)
La variabile M sul lato sinistro è lo stock (livello totale) nominale di moneta. Il lato destro rappresenta la
domanda di moneta, funzione del reddito nominale €Y, e del tasso di interesse nominale i.
❖ Un aumento del reddito fa aumentare la domanda di moneta (più reddito quindi più transazioni)
❖ Un aumento del tasso di interesse fa ridurre la domanda di moneta (più interessi quindi più investimenti
e meno liquidità)
L’equilibrio richiede che l’offerta di moneta (sx) sia uguale alla domanda di moneta (dx).

Moneta reale, reddito reale e tasso di interesse


L’equazione stabilisce relazione tra moneta, reddito nominale e tasso di interesse, ma conviene riscriverla come
relazione tra:
a) Moneta reale: moneta in termini di beni che possono essere acquistati
b) Reddito reale: reddito in termini di beni che possono essere acquistati
c) Tasso di interesse
Pertanto, dividendo entrambi i lati per il livello dei prezzi P, si ottiene:

In tal modo, la condizione di equilibrio è data dall’uguaglianza tra offerta reale di moneta (potere reale di
acquisto) – cioè lo stock di moneta in termini di beni e non di euro – e domanda reale di moneta, che a sua volta
dipende dal reddito reale Y e dal tasso di interesse i (valore di quanto produciamo dal POV di quanto costano le
cose che produciamo).

La curva LM
Esiste una relazione negativa tra domanda (reale) di moneta e tasso di interesse.
Un aumento della produzione, e quindi del reddito, fa aumentare la domanda di moneta, che a sua volta fa
aumentare il tasso di interesse in modo che la domanda di moneta rimanga uguale all’offerta di moneta.
L’offerta di moneta è regolata dalla banca centrale che può:
1) Aumentare l’offerta di moneta acquistando titoli di stato immettendo banconote nel circuito
2) Diminuire l’offerta di moneta vendendo titoli di stato e ritirando banconote dal circuito

Andando a rappresentare i punti di equilibrio nel mercato della moneta e successivamente unendoli ottiene la
curva LM, che è positiva.

33
Tuttavia, le banche centrali moderne decidono il tasso di interesse, e aggiustano
l’offerta di moneta concordemente, soprattutto in base a: inflazione E occupazione.
Questa considerazione ci porta a una versione semplificata della curva LM: una retta
orizzontale in corrispondenza del tasso di interesse stabilito dalla banca centrale (il cui
obiettivo è la stabilità dei mercati).

3. Il modello IS-LM: l’equilibrio


Ogni punto della curva IS corrisponde a un possibile equilibrio nel mercato dei beni.
Relazione IS: Y = C(Y – T) + I(Y, i) + G
È una curva inclinata negativamente, ogni variazione di i provoca uno spostamento lungo la curva e ogni
variazione di una componente che non è legata a i provoca uno spostamento della curva.

Ogni punto della curva LM corrisponde a un possibile equilibrio nei mercati finanziari.
Relazione LM: i = i*
È una retta orizzontale. La banca centrale fissa un tasso di riferimento
indipendentemente dal livello di produzione.
Congiuntamente, queste due relazioni determinano la produzione (asse
x).

Esiste solo un punto in cui entrambi i mercati sono in equilibrio: punto


di equilibrio generale. In sé non serve a nulla, a noi interessa sapere
cosa succede a questo equilibrio se ci sono variazioni nei mercati.

Politica fiscale
Si consideri una riduzione del disavanzo di bilancio attraverso un
aumento delle imposte, mantenendo invariata la spesa pubblica
(un’alternativa sarebbe il taglio della spesa o spending review). Una politica di questo tipo è chiamata stretta o
contrazione fiscale.
Più di recente questo tipo di politiche vengono chiamate “di consolidamento”: tentativo di riportare debito
rispetto al Pil nei limiti del trattato di Maastricht (60%).

Quali sono le conseguenze di un consolidamento sul PIL?


1. Le imposte fanno parte dell’equazione IS (aumento imposte
provoca spostamento verso sx solo di IS) ma non della LM, perché
stiamo guardando a cambiamento di politica fiscale quindi BCE
non modifica il tasso di interesse
2. Il punto di equilibrio si sposta nel punto di intersezione tra la
nuova IS e la vecchia LM, quindi l’economia si sposta lungo la LM
In parole povere:
i. Incremento imposte > riduzione del reddito
ii. Riduzione del reddito > riduzione consumi
iii. Riduzione consumi > riduzione produzione
iv. Riduzione produzione > riduzione investimenti

Abbiamo assunto che il moltiplicatore (quanto aumenta il Pil se un componente autonomo della spesa pubblica
aumenti di 1 e viceversa) sia lo stesso sia quando la spesa pubblica aumenta sia quando diminuisce, ma nella
realtà non funziona così. La Grecia ha avuto quel crollo perché ha usato i moltiplicatori validi per quando c’era
politica di espansione.
Quindi esiste un effetto diretto dell’aumento delle imposte a cui si somma un effetto indiretto dovuto alla
riduzione del reddito disponibile che impatta sia i consumi che gli investimenti.

Politica monetaria
La BCE può operare:

34
❖ Una riduzione del tasso di interesse (con aumento dell’offerta di moneta), chiamata espansione
monetaria > LM si sposta verso basso
❖ Un aumento del tasso di interesse (con riduzione dell’offerta di moneta), chiamato stretta o contrazione
monetaria > LM si sposta verso l’alto
Un intervento di politica monetaria NON sposta la IS (non riguarda i fattori diversi dal tasso di interesse, la
relazione tra produzione e tasso di interesse non si altera). Al contrario, riguarda precisamente il tasso di
interesse, per cui ci spostiamo lungo la IS e c’è uno spostamento della LM.

Equilibrio in A caratterizzato da Y e i. La banca centrale decide per


espansione monetaria riducendo il tasso di interesse, con abbassamento di
LM. Il nuovo equilibrio è in A1. La diminuzione del tasso di
interesse ha l’effetto di stimolare la domanda di investimenti, producendo
una crescita del livello di produzione di equilibrio. Un aumento della
produzione fa aumentare la domanda con effetti indiretti sui consumi e sugli
investimenti (effetto moltiplicatore). Una stretta monetaria produrrebbe
effetti opposti.

Mix di politica economica


Abbiamo analizzato la politica fiscale e la politica monetaria separatamente, per mostrarne il funzionamento. In
pratica, esse sono spesso usate insieme42. La combinazione di politica monetaria e politica fiscale prende il
nome di mix di politica economica.
Qual è il giusto mix? Due politiche espansive? Due restrittive? Una per tipo? Quale?
✓ A volte, il giusto mix richiede cha la politica fiscale e la politica monetaria vadano nella stessa
direzione (spesso usata in periodo di recessione), a volte nella direzione opposta
✓ Il più delle volte è la politica monetaria che si adegua a quella fiscale: se l’economia è in recessione, la
BC può operare un’espansione monetaria per favorire la ripresa

Esempio in cui le due politiche vanno nella stessa direzione.


In questo esempio viene presa in considerazione un’economia in recessione e
con produzione troppo bassa. Entrambe le politiche possono essere usate per
incrementare la produzione.
Ci troviamo inizialmente nel punto A. I mercati dei beni e della moneta sono
in equilibrio e la produzione è al livello Y.
→ A seguito di un’espansione fiscale (aumento della spesa pubblica o
da un taglio delle tasse) la IS si sposta verso dx, da IS a IS’.
→ Allo stesso tempo la BC decide di assecondare la politica fiscale riducendo i tassi di interesse.
Parliamo di assecondare perché le due politiche perseguono lo stesso obiettivo, un aumento del livello di
produzione di equilibrio. Un maggior reddito e minori imposte implicano che anche l’investimento sia
maggiore. Una maggior produzione e un minor tasso di interesse implicano che anche l’investimento sia
maggiore.
In assenza di politica monetaria avremmo un aumento del livello di equilibrio della produzione più contenuto (la
politica monetaria amplifica gli effetti della politica fiscale).

Perché usare un mix di politica economica quando si potrebbe incrementare produzione anche con solo una
delle due?
 Espansione fiscale (aumento spesa pubblica o riduzione imposte) implica aumento del disavanzo di
bilancio (e del debito pubblico), pertanto bisogna affidarsi anche a economia monetaria
 Espansione monetaria ha poca manovra nel caso in cui tasso di interesse sia già basso, quindi dovrà
occuparsene la politica fiscale

42 In passato Banca d’Italia sceglieva politica monetaria insieme a ministro dell’economia che sceglieva politica
fiscale. Decidevano insieme. In Germania invece preferiscono mantenere ampiamente separate queste entità.

35
 Le due politiche hanno effetti diversi sulla composizione della produzione:
− Espansione fiscale aumenta consumo piuttosto che investimento
− Espansione monetaria aumenta investimento piuttosto che consumo
 Nessuna delle due politiche funzionano perfettamente, quindi è bene ricorrere ad entrambe nel caso una
non abbia effetto

Sono svariate le ragioni per cui i policy-maker potrebbero voler utilizzare mix in cui le due politiche vanno in
direzioni diverse:
1. Quando politiche fiscali restrittive rischiano di far entrare l’economia in recessione (causa disavanzo
commerciale), una politica monetaria espansiva può bilanciarne gli effetti
Nel marzo 2012 viene approvato l’accordo conosciuto con il nome di «Fiscal Compact 43», che
sostituisce il «Patto di stabilità e crescita».
Le nuove regole, più stringenti, vincolano gli stati membri a condurre politiche fiscali restrittive in
funzione della necessità di aggiustamento del rapporto debito/PIL.
In un contesto di crisi, ridurre e comunque limitare la spesa pubblica può avere effetti importanti sul
livello di produzione che un’espansione monetaria può mitigare.
2. Quando la banca centrale vuole aumentare il tasso di interesse (politica monetaria restrittiva per
contenere l’inflazione e il governo adotta una politica fiscale espansiva per evitare una recessione
Nel mandato della BCE c’è un impegno a mantenere l’inflazione introno ad un livello target, il 2%
• Se i prezzi non si muovono o si muovono lentamente, la BCE manterrà i tassi di interesse bassi
(come ha fatto negli ultimi anni)
• Se i prezzi corrono, la BCE fisserà tassi di interesse alti

Turchia: la Banca centrale rialza (ancora) i tassi di 125 punti base


Recentemente la Turchia ha sperimentato una forte pressione (esterna) sui prezzi.
Il deteriorarsi delle relazioni con gli USA e l’annuncio di Trump di nuovi dazi sui prodotti importati hanno
spinto in alto il tasso di cambio*, rendendo le importazioni molto costose.
La forte dipendenza della Turchia dalle importazioni (soprattutto di energia) ha fatto sì che l’aumento dei
prezzi si riflettesse sull’intera economia, creando inflazione (variazione dei prezzi).

Con inflazione la BC è costretta ad aumentare i tassi di interesse.


La risposta di Erdogan vorrebbe essere un alleggerimento della pressione fiscale (aumentando spesa pubblica
– ma dove prendi i soldi? O li ottieni con tasse ma è inutile, o li chiedi a prestito ma non ha credibilità
economica) per evitare una recessione. In realtà il livello di debito del paese non consente politiche fiscali
espansive e quindi l’unica cosa ragionevole per la Turchia è accettare la recessione.
Erdogan, noto per essere poco ragionevole, preme per togliere autonomia alla BC turca. Questo perché la BC
turca potrebbe comprare questo debito, ma se lo facesse il paese si indebiterebbe sempre di più (insolvibilità)
ed essendo autonoma si rifiuta.

*I beni americani per i turchi sono diventati costosissimi. Lira turca debolissima VS dollaro fortissimo.
Turchi sono costretti a comprare certi beni in dollari (materie prime).

Euforia di investimenti degli anni ‘90


Altre volte è utile che la politica fiscale e quella monetaria si muovano nella stessa direzione per raggiungere
il risultato desiderato.
Durante gli anni ’90, l’economia Americana ha intrapreso un lungo percorso di crescita guidato dagli
investimenti. Le potenzialità di internet avevano spinto le aziende ad investire molto (troppo – in seguito si
parlerà di bolla dot com – il vero potenziale di internet si sta svelando ora). I valori delle azioni vanno alle
stelle.
Questa fase di ottimismo «euforico» finì verso la fine degli anni ‘90. Ci si rende conto che aziende che
avevano fatto tante promesse a partire da potenzialità di internet non le avrebbero mantenute.

43Obbligo di porre vincoli costituzionali (= in Italia pareggio di bilancio) alla possibilità di fare deficit alla politica
fiscale di un paese e ridurre gradualmente livello di indebitamento complessivo (= taglio spesa pubblica). Ci
obbliga quindi a politiche fiscali restrittive.

36
Nel 2000 scoppia bolla dot com, insieme di tutte le imprese che avevano fatto investimenti eccessivi. Gli
investimenti cominciano a diminuire drasticamente facendo crollare valori dei titoli azionari e annunciando
una recessione.

L’allora governatore della Federal Reserve attuò quindi una significativa espansione monetaria che portò
gradualmente il tasso di riferimento dal 7% circa al 2%.
Questo non fu sufficiente ad evitare la recessione, anche se successivamente economia si risollevò:
❖ Tassi bassi di interesse fece riprendere gli investimenti
❖ A livello politico nel 2000 viene eletto GW Bush, che promette taglio delle tasse aumentando anche
spesa pubblica nel settore della sicurezza in seguito ad attentato dell’11 settembre (2001-2002,
ovvero nel periodo di recessione). Entrambe le politiche sono espansive. Questo permette di far
uscire immediatamente gli USA dalla recessione

Politiche fiscali e monetarie sono complementari


La giusta combinazione va valutata in base a fattori esterni (debito, inflazione, tassi di cambio, ...) e in funzione
degli effetti desiderati.
La politica monetaria e la politica fiscale hanno effetti diversi sulla composizione della produzione:
✓ Politica fiscale: una riduzione delle imposte agisce più sul consumo che sull’investimento, facendo
aumentare il primo più del secondo (effetto moltiplicatore). C’è un doppio aumento dei consumi, uno
diretto e uno indiretto dato da effetto moltiplicatore
𝑇↓𝑌𝑑 ↑𝐶↑𝑌↑ —— 𝐶↑ e 𝐼↑
✓ Politica monetaria: una riduzione del tasso di interesse agisce più sull’investimento che sul consumo,
facendo aumentare più il primo del secondo (effetto moltiplicatore). Effetto moltiplicatore sui consumi
ma effetto diretto sugli investimenti
𝑖↓𝐼↑𝑌↑ —— 𝐶↑ e 𝐼↑
Sia la politica monetaria sia la politica fiscale potrebbero non funzionare perfettamente. Nell’evenienza che una
politica economica non funzioni come sperato, è preferibile ricorrere ad entrambe.

Ulteriori considerazioni
• Se il tasso di interesse è già molto basso i margini per la politica monetaria sono minimi
• Un’espansione fiscale, operata come riduzione delle tasse ovvero come aumento della spesa pubblica, impatta
negativamente il saldo di bilancio dello stato T-G: il livello di debito pone stretti margini alla politica fiscale.

Il modello IS-LM descrive davvero quello che succede nella realtà?


Politica fiscale:
– aggiustamento lento della produzione nel mercato dei beni
– le fonti della dinamica nel mercato dei beni:
• la produzione si aggiusta lentamente alla domanda
• il consumo si aggiusta lentamente al reddito
• l’investimento si aggiusta lentamente alla produzione
Politica monetaria:
– aggiustamento veloce del tasso di interesse sul mercato finanziario
Nel complesso però abbiamo un quadro generale della dinamica e i dati empirici forniscono sostanzialmente un
buon risconto.

Perché Italia ha limiti a politiche fiscali?


A causa dell’enorme debito pubblico. Nel 1974 il debito pubblico in Italia, in percentuale del PIL ammonta a
54.5% In 20 anni è cresciuto fino a toccare il 124.3%
Anni ‘60, boom economico: si investe massicciamente nel welfare (sanità, istruzione e previdenza). I tassi di
crescita gravitano attorno al 5% per cui il governo può permettersi di fare deficit (debito).
Anni ’70, la crescita rallenta ma mostra ancora un buon ritmo (3-4%) mentre la crisi petrolifera fa aumentare
il prezzo delle materie prime spingendo in alto l’inflazione. Il Pil cresce molto in termini nominali grazie
all’inflazione e questo consente di tenere sotto controllo il rapporto Debito/PIL. Nel frattempo però lo stock
di debito (debito complessivo effettivo) aumenta considerevolmente.

E gli interessi?
Gli interessi sono ragionevolmente bassi

37
Tesoro (governo) e Bankitalia si muovono nella stessa direzione. Lo stato ha bisogno di soldi per sostenere la
spesa pubblica. Per non aumentare le tasse emette titoli di stato. Bankitalia compra i titoli di stato italiani e
per farlo stampa moneta.
Il fatto che ci sia abbondanza di compratori di titoli di stato fa sì che i prezzi dei titoli siano alti e che gli
interessi siano bassi.

Questo è quello che molti, soprattutto non economisti, chiedono alla BCE: di agire come «lender of last
resort» (compratore di ultima istanza).
In realtà è in parte quello che la BCE sta già facendo tramite il Quantitative Easing, che è un programma di
acquisto (a termine) e non implica alcun impegno.
Tassi di interesse bassi non attraggono gli investitori, che vendono titoli denominati in Lira per acquistare
titoli denominati in altre valute (dollaro, marco). La lira si svaluta (ottimo per l’export, pessimo per l’import)
Nel 1975 1$=650L > Nel 1983 1$=1500L

1981 la FED decide di contrastare l’inflazione aumentando i tassi di interesse (per evitare fughe di capitale in
Italia). Bankitalia è costretta a fare lo stesso. L’aumento del debito a spese della lira diventa insostenibile.
In questo contesto si verifica il famoso «divorzio» tra governo e Bankitalia che sancisce l’autonomia
dell’istituto, sollevandolo dall’obbligo di acquisto dei titoli di stato. Il divorzio avrebbe dovuto indurre
maggiore disciplina nella gestione della spesa pubblica. Così non fu.

L’Italia continua ad avere saldi primari (differenza tra spesa e tasse al netto degli interessi) negativi e ad
indebitarsi a tassi ancora alti a causa delle pressioni inflazionistiche. Questo fino all’inizio degli anni ’90.
1992 l’Italia aderisce al trattato di Maastricht. Il rapporto Debito/PIL (che per il trattato dovrebbe essere
60%) ha ormai raggiunto il 124%. Comincia il lento cammino di riduzione del debito, ma a questo punto la
situazione è difficile da gestire:
• L’ammontare di debito è tale per cui la spesa per interessi è ancora una voce importante della spesa
pubblica
• L’Italia non cresce: si è indebitata per finanziare spesa corrente (come pensioni), non progetti di
investimento
• Fortunatamente l’arrivo della moneta unica ha permesso di accedere a tassi di interesse bassissimi per il
finanziamento del debito

L’ultima campagna elettorale ha visto la partecipazione di forze che esplicitamente chiedevano (e chiedono):
1. Di aumentare la spesa pubblica, anche in deficit, anche andando contro le regole Europee
2. Di uscire dall’euro per stampare moneta, trovando così i fondi per finanziare la spesa
Promuovendo la narrativa per cui Euro e Europa sono i mali della nostra società (economica).

Metà Settembre 2018, il Min. Affari Europei, Paolo Savona propone un documento con il piano «A» («B» è
l’uscita dall’Euro) per risollevare l’Europa:
• BCE prestatore di ultima istanza
• Via tetto 3% al deficit (spendi quanto vuoi tanto la BCE compra titoli di stato)
• Piano di rientro straordinario (allungamento scadenze) per il debito (non rientriamo subito dal debito, ma
tra 20 anni pur continuando a pagare interessi)

Lezione 6 – I mercati finanziari II: il


modello IS-LM esteso
Finora abbiamo considerato un’economia con solo due attività finanziarie (moneta e titoli) e un unico tasso di
interesse44 (quello sui titoli) determinato dalla politica monetaria. Ma non è così. Ci sono molti tassi di interesse
e molte istituzioni finanziarie.

44Tasso di interesse: quanti euro dovremo restituire in futuro in cambio di un euro preso a prestito oggi.
Questa è la nozione di tasso di interesse nominale (quindi non tiene in conto cose come inflazione o tasso di
interessi in beni).

38
Ma qual è il tasso di interesse?
❖ Euribor, EurlRS
❖ Premio a rischio
❖ Titoli di Stato, durata, scadenza
Ha senso parlare di tasso di interesse visto che sul mercato ne esistono diversi45?
La crisi ha reso ancora più evidente questo legame:
▪ Propagazione delle variazioni del mercato primario ai mercati finali
▪ Crisi sistematica: la crisi di un mercato si estende ad altri mercati

1. Tasso di interesse nominale e reale


Il pagamento di un prestito è costituito da due componenti:
1. Rimborso del capitale preso a prestito
2. Remunerazione del capitale preso a prestito (interessi) in quanto un individuo si priva di capitale per
darlo in prestito ad un altro
Il tasso di interesse (nominale) dice quanto riceveremo alla scadenza del prestito, oltre al rimborso (espresso in
€). Se il tasso di interesse nominale per l’anno t è it, prendendo a prestito 1€ quest’anno si dovrà pagare (1 + it)
l’anno prossimo
Il tasso di interesse (reale) indica qual è il valore in termini di beni che verrà restituito. Se il tasso di interesse
reale per l’anno t è rt, per prendere a prestito l’equivalente di un paniere di beni quest’anno dovremo pagare (1 +
rt) panieri di beni l’anno prossimo
i = r + π 46
Per passare dal tasso di interesse nominale a quello reale è necessario correggere il tasso nominale per
l’inflazione attesa. Supponendo che ci sia un solo bene nell’economia:
1) Per comprare un kg di pane quest’anno al prezzo Pt ci dobbiamo far prestare Pt
2) Se interesse nominale annuo è it, dovremo ripagare (1 + it) Pt
3) Dato che a noi interessa la quantità di pane e non gli €, dobbiamo convertirli nella quantità di pane
acquistabile in un anno. Indicando con Pt+1 il prezzo del pane atteso l’anno successivo, ciò che
dovremo restituire l’anno prossimo in termini di kg di pane sarà:
a. € da rimborsare l’anno successivo (1 + it) Pt
b. Diviso per il prezzo atteso del pane l’anno prossimo Pt+1
1 + rt = (1 + it)
Manipoliamo la formula sostituendo l’aspettativa sull’inflazione tra t e t+1 con il termine πt+1. Dato che c’è solo
un bene, l’aspettativa sul tasso di inflazione equivale all’aspettativa sul cambiamento del prezzo del pane tra
l’anno scorso e l’anno successivo, rapportato al prezzo del pane dell’anno scorso:
πt+1 = (Pt+1 - Pt) / Pt
Riprendendo la formula vista sopra, si avrà quindi:
(1 + rt) = (1 + it) / (1 + πt+1)
Nel caso in cui tasso di interesse nominale e inflazione attesa sono al di sotto del 20%, si può semplificare la
formula scrivendo che il tasso di interesse reale è approssimativamente uguale al tasso di interesse nominale
meno il tasso di inflazione attesa:
rt ≈ it - πt+1

Implicazioni:
❖ Quando inflazione attesa è nulla, tasso nominale e reale si equivalgono
❖ Dato che inflazione è sempre positiva, tasso reale e di solito inferiore a quello nominale
❖ Fissato il tasso nominale, maggiore è l’inflazione attesa e minore è il tasso nominale
Sui mercati si contratta sempre il tasso nominale. Se dopo aver contratto un mutuo ad un tasso molto basso
l’inflazione aumenta, ci avete guadagnato.

45 In quanto esistono diversi mercati – a breve termine, a lungo termine, dei mutui, dei titoli, delle operazioni
interbancarie… - e sono tutti collegati tra di loro nel sistema finanziario.
46 R = rendimento; pi greco = inflazione

39
Zero Lower bound e deflazione
Tornando allo schema IS-LM, quale tasso dovrebbe entrare nel modello?
Dovrebbe essere quello reale, sulla base del quale le imprese prendono le decisioni. In realtà la BC controlla
solo quello nominale (LM), perché quello reale lo si può misurare solo ex-post quando si sanno i prezzi di t + q.
Tuttavia la BC tiene conto dell’inflazione attesa. Alcune note:
1) Quando si raggiunge lo zero Lower bound del tasso nominale, quello reale è pari al negativo
dell’inflazione attesa
2) Se gli individui si aspettano deflazione (diminuzione dei prezzi nel tempo) il tasso reale diventa
positivo, anche in presenza di un tasso nominale nullo

2. Rischio e premio per il rischio


Finora abbiamo considerato solo titoli privi di rischi. Esistono però diverse tipologie di titoli che differiscono:
♦ per scadenza (+ lungo il periodo, + rischioso)
♦ per rischiosità (probabilità che il debitore non ripaghi il debito).
Coloro che comprano titoli (= prestano soldi) chiedono un premo per assumersi tale rischio: il premio per il
rischio. La rischiosità di un titolo dipende dal debitore: il governo è generalmente meno rischioso di un’impresa
privata, ma è comunque rischioso.
Fintanto che la BC compra il debito del governo non esiste nessun rischio, perché il governo potrà sempre
pagare debiti facendo nuovi debiti. In caso contrario c’è rischio di default.

Premio per il rischio determinato da:


❖ Probabilità di fallimento del debitore
❖ Avversione al rischio del creditore
Indichiamo con x il premio per il rischio. Ignorando il punto 2, il premio per il rischio dev’essere tale da
uguagliare il rendimento atteso del titolo con il rendimento di un titolo privo di rischio:
(1 + i) = (1 - p)(1 + i + x) + (p) (0)
I è il rendimento di un titolo privo di rischio
I + x è il tasso di interesse su un titolo rischioso
X è il premio per il rischio
P è la possibilità di fallimento (titolo non rimborsa nulla)
Con probabilità (1 – p) non ci sarà fallimento del debitore e il titolo pagherà (1 + i + x). Con probabilità p ci sarà
fallimento del debitore, e il titolo non pagherà nulla.
Banalmente, più alto è p, maggiore dev’essere x. Riorganizzando i termini, l’espressione diventa:
x = (1 + i)p / (1 – p)
Se sono un emittente rischioso devo offrire un rendimento superiore rispetto a quello che offre un titolo risk-
free. Le agenzie di rating si occupano di dare giudizi su rischiosità dei titoli.

Da ricordare che
a) I tassi dei titoli scambiati nel mercato seguono sempre quelli dei titoli di stato
b) Il tasso dei titoli più rischiosi è sempre più alto di quelli meno rischiosi
c) Nel pieno della crisi, i tassi dei titoli di stato sono diminuiti per effetto delle politiche monetarie ma
queste politiche non hanno avuto effetti sugli altri titoli, la cui rischiosità percepita è invece aumentata
Il differenziale tra i rendimenti dei titoli di un paese con quelli della Germania è chiamato spread.

3. Il ruolo degli intermediari finanziari (banche)


Finora abbiamo considerato il finanziamento diretto, cioè il metodo secondo cui il debitore prende a prestito
direttamente dal creditore. In realtà gran parte dei prestiti avviene attraverso il finanziamento indiretto, cioè
intermediari finanziari che ricevono fondi dai risparmiatori e li prestano ad altri. Sono:
- banche (raccolgono direttamente tramite depositi - risparmi dei consumatori portati in banca)

40
- fondi privati (per entrare direttamente nel capitale delle imprese)
- fondi comuni di investimento
Gli intermediari finanziari sono molto importanti perché hanno competenze per valutare rischi/rendimenti dei
finanziati.

Tuttavia, a volte il meccanismo dell’intermediazione finanziaria si blocca, come accaduto durante la crisi
recente. Per capire quanto accaduto è necessario partire dal bilancio (semplificato) di una banca.

Passivo: come la banca si finanzia (depositi) +


capitale proprio/patrimonio netto (azioni)
Attivo: come la banca presta i soldi + riserve
(obbligatorie + volontarie)

Dal grafico si deduce che gli azionisti (proprietari


della banca) abbiano investito 20 di tasca propria, abbiano preso in prestito 80 da vari investitori e abbiano
comprato attività per un valore di 100.

Definizioni da ricordare
Leva finanziaria (leverage ratio) rapporto tra l’attivo (totale impieghi banca) e il capitale proprio.
Quota di capitale sugli impieghi (capital ratio) è il rapporto tra il capitale e l’attivo.
Ci dicono quanti impieghi la banca fa per ogni unità di capitale versato.

Nella scelta della leva finanziaria ottimale ci si basa su due considerazioni:


1. maggiore leva finanziaria implica maggiore tasso di profitto - a parità di capitale, la banca può
acquistare maggiori attività. Aumentando leva finanziaria i manager sono in grado di far aumentare il
valore dell’investimento per gli azionisti (utili), rendendo l’investimento in quella banca più attrattivo
Supponiamo che il rendimento delle attività sia il 5% mentre il costo delle passività il 4%. La banca
avrà un profitto di 100 × 5% − 80 × 4% = 1.8. Avendo gli azionisti investito 20, il profitto per ogni
unità di capitale investita sarà pari a 1.8/20 = 0,09 = 9%
Se gli azionisti decidessero di investire soltanto 10, prendendo a prestito gli altri 90, la banca avrebbe
un profitto di 100 × 5% − 90 × 4% = 1.4. Il profitto per ogni unità di capitale è 1,4/10, quindi 14%. I
profitti complessivi sarebbero minori ma il profitto per unità di capitale sarebbe maggiore.
2) maggiore leva finanziaria implica maggiore probabilità di insolvenza della banca stessa: una perdita di
valore dal lato delle attività rende la banca incapace di rimborsare quanto preso a prestito.
La banca con leva finanziaria 5 (100/80), diventa insolvente quando il valore dell’attivo diventa
inferiore a 80. Immaginiamo questo possa succedere perché la banca ha acceso 5 mutui da 20 euro e 1
di questi non viene rimborsato
A seguito dell’aumento della leva finanziaria, la banca diventa insolvente quando il valore dell’attivo
scende sotto 90. Quindi diventerà insolvente prima.

Leve finanziarie e prestiti


In realtà ci possono essere problemi con leve anche ritenute ottimali. Quando alla banca non vengono tornati i
soldi (es prestito divenuto inesegibile), c’è un innalzamento della leva finanziaria e quindi del rischio di
insolvenza.
Nell’esempio precedente abbiamo una leva pari a 5 (100/80). Immaginiamo che però a causa di un
mutuo inesigibile, l’attivo passi da 100 a 90. Il capitale della banca diventa 90-80=10 (calcolando che
la quota presa in prestito era 80) e la leva diventa 9 (90/10). A causa dell’insolvenza di un cliente, la
banca viene percepita come più rischiosa.
La banca può:
1. Chiedere maggiore capitale cercando altri azionisti (ricapitalizzazione) - più difficile
2. Diminuire l’attivo, chiedendo la restituzione di alcuni prestiti in maniera da portare, ad esempio,
l’attivo da 90 a 50 e con i 40 incassati ripagare i prestiti, trasformando il passivo da 80 a 40 - drastica
riduzione del prestito

Infine, sempre partendo dall’esempio precedente, immaginate che il mutuo non più esigibile abbia valore di 30.
La banca è insolvente (attivi non possono scendere sotto 80, che è liv. passivi) e può:
 liquidare attivo (vendere tutto) per ripagare depositari MA chi ha ricevuto i prestiti deve chiederli a
qualcun altro (in alcuni casi il prestito viene trasferito a un’altra banca ma in altri le imprese si
ritrovano a dover chiedere aiuto)

41
 recuperare prestiti concessi in precedenza, che però sono quasi sempre stati investiti
La mancata restituzione del capitale prestato è in grado di creare problemi alla banca che può diventare
insolvente o potrebbe decidere di ritirare il credito per ridurre la propria rischiosità (esposizione). In ogni caso
avremo riduzione del credito.

Gli effetti:
• Le imprese riducono gli investimenti e di conseguenza un crollo della produzione
• Investitori iniziano a dubitare della solvibilità di una banca.
Tentano di prelevare fondi dalla banca47 e questa deve vendere attività per rimborsare investitori. Ma questo è
possibile solo se le attività sono liquide (facilmente vendibili sul mercato).
Se però sono illiquide (mutui, prestiti, scoperti) non è facile venderle sul mercato in quanto per l’altra banca è
difficile valutarne il valore. Le attività illiquide verranno quindi vendute ad un prezzo inferiore ( = perdita =
riduzione dell’attivo). La banca rischia di diventare insolvente. Anche in assenza di riduzioni dell’attivo, il
differente grado di liquidità di attivo e passivo può rendere la banca insolvente (insieme alla leva finanziaria)

In che modo questo si collega alla macroeconomia?


Avvento avverso nell’economia che riduce valore attivo nei bilanci delle banche.
• Alcune banche falliscono e non concedono più prestiti
• Altre rimangono solventi ma riducono prestiti concessi
In ogni caso c’è contrazione dei prestiti, che avrà rilevanti conseguenze macroeconomiche (IS-LM) - recessione
(come nel 2008).

∙ ───⋅•⋅⊰∙∘۞༓۞∘∙⊱⋅•⋅─── ∙

1) Il caso Lehman Brothers


Banca d’affari che fa raccolta di fondi tramite canali particolari e poi fa investimenti. LB diceva che:
Se ciò che possiedi vale più dei tuoi debiti, sei solvente; diversamente, no.
12 set 2008 riunione vertici maggiori banche commerciali USA per decidere sorte di LB. Conviene farla fallire?
C’è qualcuno tra voi banche che metterebbe soldi per salvarla? (Ovviamente non Federal Reserve).

La banca aveva importanti perdite, ma anche buona capacità di recuperare capitali nel mercato. C’era però
dubbio che capitale iscritto a bilancio valesse meno. Si temeva che investitori avessero ritirato investimenti,
costringendo LB a vendere attività illiquide accettando svalutazioni (volatilizzazione del capitale).
Sei mesi prima della riunione era stata salvata la banca Bear Sterns dalla banca JPMorgan. Quando LB pubblicò
il suo bilancio molti finanziatori con operatori a breve termine si ritirarono. L’attivo di LB era stimato la metà di
quanto fosse iscritto al bilancio, principalmente perché aveva concesso moltissimi mutui immobiliari.

In teoria LB era quindi solvente.


In pratica, aveva finanziato tutto il suo attivo con capitale di terzi (leva finanziaria altissima) e con finanziamenti
a breve termine (VS attivo rappresentato da attività a medio-lungo termine).
L’intera capacità di LB di produrre profitti si basava su fiducia dei creditori. Crollata quella, crolla LB. Tutti
sostennero che era un buco (anche se LB nega) troppo grande da essere coperto.

∙ ───⋅•⋅⊰∙∘۞༓۞∘∙⊱⋅•⋅─── ∙

2) Il caso Monte Paschi di Siena


2007 BMPS acquista Banca Antonveneta per 9 miliardi (nonostante valesse molto meno).
I più raffinati analisti spacciarono l’operazione come frutto della megalomania dei vertici BMPS, che si
intendevano molto di Palio e poco di Finanza.
In realtà BAV era stata al centro di uno scandalo (Bancopoli) che aveva coinvolto anche il governatore di
Bankitalia Fazio. BAV era una banca solida su cui il gruppo Olandese ABN-AMmro e Banca Popolare di Lodi
(Fiorani) avevano messo gli occhi. ABN comincia a rastrellare azioni sul mercato fino a fare un’OPA 48. Fiorani

47 Problema ancora maggiore se investitori hanno depositi a vista (possibilità di prelevare senza preavviso). In
questi casi si scatena ”corsa agli sportelli”.
48
OPA: offerta pubblica di acquisto (operazione molto costosa). Quando uno ha più di 30% di una società
quotata deve fare offerta pubblica di acquisto agli azionisti, così che questi possano decidere di andarsene
(considerando che cambierà il vertice).
Rastrellare azioni: comprare azioni al dettaglio.

42
invece forma un patto occulto con altri soci (Ricucci) al fine di arrivare al controllo della BAV. La Consob
obbligherà BPL a fare un’OPA. Di fronte alle due OPA, Fazio ha privilegiato BPL tagliando fuori gli Olandesi.
Obiettivo era mantenere l’italianità della banca.
Passata agli olandesi di ABN per sentenza della magistratura, BAV viene poi ceduta agli spagnoli di Santander
dopo lo smembramento di ABN. Nel bilancio di Santander, BAV vale 6.6 miliardi. BMPS perfeziona
l’operazione pochi mesi dopo il passaggio per un controvalore di 9 miliardi.

BMS si ritrova con una crisi nell’attivo (che è sopravvalutato) con il crack Lehman Brothers, con il quale la
sfiducia dei creditori fa fallire banca. Il crack (dato da sfiducia, prestiti concessi a debitori inaffidabili - non
performing loans, operazioni su derivati) è evitato perché governo Monti salva la banca prestando dei soldi
perché le altre banche non erano disposte a salvarla.

∙ ───⋅•⋅⊰∙∘۞༓۞∘∙⊱⋅•⋅─── ∙

3) Le operazioni di cartolarizzazione/securitisation
SPV: società a cui vende tutti i mutui
(dei quali bisogna ottenere le rate).
Questa in cambio dà la liquidità alla
banca, ottenuta emettendo obbligazioni
sul mercato (che deve ripagare). Con
l’incasso delle rate dei mutui rimborsa
pian piano le obbligazioni (Mortgage
Backed Securities > i prestiti venduti alla
SPV sono in qualche modo assicurati, ad
es. con ipoteche).

Spinti da tassi di interesse estremamente


bassi, molti cittadini Americani hanno
acceso mutui impegnandosi a pagare una
rata evidentemente eccessiva rispetto alle
disponibilità reddituali Le banche si sono
prestate volentieri al gioco: prestando ad
individui più rischiosi, hanno potuto chiedere tassi di interesse maggiori (maggior premio al rischio),
aumentando la loro redditività.
Questo ha stimolato molto il mercato degli immobili, facendo crescere il prezzo delle case e, di conseguenza, il
valore di ipoteca. Le banche, consapevoli del rischio, lo hanno in parte scaricato fuori dal sistema tramite la
cartolarizzazione. Fondi appositamente costruiti compravano i mutui finanziando l’acquisto con obbligazioni, il
cui valore è chiaramente legato alla capacità dei debitori di ripagare le rate del mutuo. Le banche commerciali
hanno utilizzato il meccanismo per aumentare la leva finanziaria: la presenza di collaterali (ipoteca sulla casa)
ha permesso un più facile accesso al credito, usato per aumentare l’attivo, il leverage, e la profittabilità delle
azioni (quindi la compensazione dei manager).

Tutto bene quel che finisce bene. Qui è finita male. La bolla immobiliare49 costringe le persone ad esporsi
sempre di più fino a quando i primi contraenti cominciano a non pagare le rate. Le rate servono a ripagare le
obbligazioni. La fiducia verso questi strumenti diminuisce e il castello comincia a scricchiolare. In realtà se i
debitori non pagano le rate il fondo può appropriarsi dell’immobile (= vendita immobili)! La vendita degli
immobili fa scoppiare la bolla immobiliare. I prezzi crollano. L’attivo dei fondi si svaluta e crolla. I fondi si
scoprono insolventi. Se i fondi sono insolventi (non riescono a rimborsare le obbligazioni) il valore delle
obbligazioni crolla – nessuno le vuole comprare Il crollo delle obbligazioni, iscritte nell’attivo delle banche
commerciali, fa entrare in crisi il sistema bancario.

Anche la BMP aveva le obbligazioni emesse dalla SPV della LB. Quando queste diventano insolventi iniziano
problemi anche per la banca italiana.

49Bolla immobiliare: prezzi case crescono sempre più e le persone si indebitano sempre più per comprarle fino
a non essere più in grado di pagarle

43
4. Il modello IS-LM esteso
Il modello IS-LM di partenza considerava solo un tasso di interesse (deciso da BC), ma in realtà esistono tassi di
interesse nominali e tassi di interesse reali, così come tassi decisi da BC e quelli ai quali i debitori possono
prendere a prestito (determinati dal rischio associato ai singoli debitori e dallo stato di salute degli intermediari
finanziari).
Entrambe queste considerazioni influenzano direttamente l’investimento. Per semplificare l’analisi, assumeremo
inoltre che l’inflazione attesa sia nulla così che la banca centrale sia in grado di controllare direttamente il tasso
di interesse reale.

Relazione IS: 𝑌 = 𝐶(𝑌– 𝑇) + 𝐼(𝑌,𝑟 + 𝑥) + 𝐺


Relazione LM: 𝑟 = 𝑟 ∗
Chiameremo
▪ r “tasso di policy” reale (definito da BC)
▪ r + x “tasso sui prestiti”, poiché rappresenta il tasso a cui le imprese possono prendere a prestito (in
assenza di inflazione)
Il tasso di interesse ora include anche premio a rischio (r + x = tasso di interesse finale sul mercato). Se cambia r
(decisione di BC) ci muoviamo lungo la curva, ma se si modifica x si sposta la curva.
Come prima, la curva LM è data da una retta orizzontale in corrispondenza del tasso di policy e la curva IS è
data da una curva con pendenza negativa.
L’assunzione, non banale, che facciamo è che la BC sia in grado di fissare direttamente r conoscendo
l’inflazione. Alternativamente, potete pensare a questa assunzione come all’assenza di inflazione.

Immaginiamo ora che ci sia un shock finanziario avverso, che può essere interpretato come un aumento del
premio per il rischio:
• Gli investitori sono diventati maggiormente avversi al rischio
• Il fallimento di una banca ha generato paura di
fallimenti a catena
Attraverso l’investimento, tale shock ha rilevanti
conseguenze macroeconomiche:
1) L’aumento del premio al rischio rende più
costoso il finanziamento (modifica della curva
IS)
2) Gli investimenti diminuiranno di conseguenza,
causando anche una riduzione della produzione
(e quindi dei consumi e degli investimenti –
effetto moltiplicatore).

La causa dello spostamento a sx della curva IS è di


natura finanziaria. Il tasso sui prestiti aumenta,
provocando una contrazione della domanda e una
riduzione della produzione. Ecco come problemi del
sistema finanziario possono condurre ad una
recessione (da crisi finanziaria a crisi
macroeconomica).
• La politica fiscale potrebbe controbilanciare gli
effetti della crisi finanziaria tramite aumento di spesa
pubblica e riduzione di imposte. Questa non sembra la
soluzione migliore perché l’aumento del premio al
rischio rende, di fatto, l’espansione fiscale più costosa.
• La politica monetaria potrebbe sembrare la soluzione migliore
In principio, una sufficientemente grande riduzione del tasso di policy potrebbe riportare la produzione al suo
livello originario. Tuttavia, il tasso di policy necessario per stimolare sufficientemente la produzione potrebbe
benissimo essere negativo. E in presenza dello zero lower bound, la banca centrale potrebbe non essere in grado
di raggiungerlo, proprio come è accaduto durante la crisi recente.

44
5. Da una crisi immobiliare ad una crisi finanziaria
2000, bolla dot-com, sfiducia nelle attività finanziarie, politiche monetarie espansive (per riprendersi dalla crisi)
e bassi tassi di interesse (più facile ottenere prestiti 50): i prezzi delle case aumentano.
2006, i prezzi delle case cominciarono a scendere, gli economisti predicono una diminuzione della domanda
generale (predizione errata) e un rallentamento della crescita.
Quello che la maggior parte degli economisti non riuscì a prevedere fu l’effetto del crollo dei prezzi delle case
sul sistema finanziario e, a sua volta, il suo effetto sull’economia.

L’effetto del crollo immobiliare si trasmise al sistema finanziario attraverso una serie di fattori:
• elevata leva finanziaria delle banche dovuta al fatto che banche sottostimarono rischio (soprattutto perché
dirigenti erano incentivati ad ottenere alti rendimenti indipendentemente da rischio) e riuscirono a aggirare
regolamentazione. Quando i prezzi immobiliari cominciarono a diminuire il valore degli attivi bancari precipitò,
mutui insolventi
• diffuso ricorso alla cartolarizzazione:
• opacità dei bilanci bancari
• incapacità di valutare correttamente il grado di rischio delle attività finanziarie da parte delle agenzie
di rating
• un aumento generalizzato della sfiducia nel momento in cui scoppia il caso (risultato dei primi due
punti)
• elevata diffusione del finanziamento all’ingrosso:
• le banche si finanziavano attraverso altre istituzioni finanziarie, e quindi
in maniera più flessibile (e non direttamente dai depositanti)
• usavano passivo a breve per finanziare attività a lungo termine
• altre istituzioni finanziarie non hanno alcuna protezione (a differenza dei depositi che sono garantiti) e
lo scoppio di un caso può facilmente generare una fuga di capitali
La trasmissione all’economia reale avvenne attraverso l’aumento dei tassi di interesse causati dall’aumento della
rischiosità percepita e il crollo delle aspettative. Anche le imprese cominciano ad essere scettiche sul futuro. I
consumatori avevano anticipato che l’economia sta per entrare in crisi e smettono di consumare ancora prima
della crisi, amplificando gli effetti di quest’ultima. Anche le imprese ragionano allo stesso modo, acquistando
sempre meno materie prime, diminuendo produzione, licenziando lavoratori.

Il contagio internazionale
Il contagio internazionale (A trasmette a C passando attraverso B) avvenne principalmente attraverso tre canali:
• l’esposizione delle banche europee al mercato immobiliare statunitense. In questo caso non parliamo di
contagio vero e proprio perché l’esposizione delle banche Europee era diretta
• l’aumento della rischiosità percepita si rifletté anche sui tassi di interesse europei, rendendo difficile e più
costoso prendere a prestito anche alle imprese europee (trasmissione a economia reale)
• il commercio internazionale, sia per la contrazione della domanda di beni (anche esteri) sia per la contrazione
del credito per il commercio internazionale

Le risposte di politica economica


Tre elementi comuni della crisi nei diversi contesti:
1. Aumento del costo dei prestiti
2. Riduzione dei valori mobiliari e immobiliari
3. Peggioramento delle aspettative
Sia negli Stati Uniti sia in Europa, i policy-maker risposero alla crisi con tre tipologie di strumenti:
✓ politiche finanziarie, volte a rafforzare il sistema finanziario
✓ politiche monetarie
✓ politiche fiscali

50Concessi molti “mutui ipotecari subprime” (debitori più rischiosi). Inizialmente visti come positivi perché
permettono anche a poveri di comprare casa.

45
Tuttavia, sia per composizione sia per tempi di risposta, vi furono significative differenze nella risposta di
politica economica tra l’Europa e gli Stati Uniti.

Gli Stati uniti


Politiche finanziarie
• Aumento dell’assicurazione sui depositi da 100K a 250K per scongiurare una corsa agli sportelli
• Aumento dell’offerta di liquidità alle banche tramite prestiti concessi dalla FED (e contestuale
allargamento della lista di potenziali collaterali)
• Programma di «pulizia» die bilanci bancari tramite scambio di strumenti complessi con titoli di stato
– problemi nella valutazione di questi strumenti > semplice ricapitalizzazione
Politica monetaria
• Diminuzione lenta (2007) e poi via via più veloce (2008) dei tassi fino a toccare lo zero lower bound
(2010)
• Acquisto diretto di titoli nel mercato secondario (per farne aumentare i prezzi e per far implicitamente
ridurre i tassi – aumento della liquidità)
Politica fiscale
• Riduzione di imposte e aumenti di spesa
• Poi graduale riduzione del deficit
Si parte da equilibrio A che a causa della crisi passa a punto B. Stimolo monetario + fiscale portano a equilibrio
A1.

L’Europa
Politiche finanziarie
• Minore attenzione verso le sofferenze bancarie (eccetto UK): intervento di rifinanziamento bancario
molto contenuto (da considerare che negli USA lo shock è stato molto più importante causa fallimento
di LB). Infatti anche attualmente di sono sofferenze bancarie (prestiti che non verranno più restituite. In
realtà il tipo di intervento varia da paese a paese
Politica monetaria
• La Banca d’Inghilterra opta per acquisti diretti di attività finanziarie dopo aver toccato lo ZLB
(diversa perché non ha €):
comincia a comprare titoli di stato sul mercato secondario per far aumentare prezzi e diminuire
rendimenti impliciti di quei titoli
• La BCE diede il via da un programma di acquisto (di titoli secondari sul mercato – azione
straordinaria) solo nel 2015 (2 anni e mezzo dopo aver raggiunto lo ZLB). Sono stati imposti tassi di
interesse negativi – disincentivo a tenere liquidità
Politica fiscale
• Paesi che hanno disavanzi eccessivi devono assolutamente ridurli perché non sono gestibili per lunghi
periodi e perché lasciano poco margine d’azione per politiche fiscali nel caso di una crisi
• In Europa la politica fiscale adottata è molto eterogenea (varia in base a indebitamento). E’ negativa
perché maggiore il debito, minore la possibilità di rispondere alla crisi facendo debito. La retta del
grafico rappresenta una media (poco valida)

46
47

Potrebbero piacerti anche