Macroeconomia
Blanchard, "Macroeconomia"
La macroeconomia studia il funzionamento generale del sistema economico, in particolare:
Temi più dibattuti: infazione, persistenza della disoccupazione e politiche per ridurla, crescita
economica e sue determinanti.
capitolo 2
INTRODUZIONE ALLA MACROECONOMIA
1. La produzione aggregata
1.1. Cos'è il PIL
Il PIL, prodotto interno lordo, è la misura della produzione aggregata nella contabilità nazionale.
1) Il PIL è il valore di mercato dei beni fnali, nuovi, prodotti all'interno dell'economia in un dato
periodo di tempo.
Quindi sono i beni e servizi fnali prodotti all'interno dei confni nazionali (anche se la ditta è
straniera) in un dato periodo.
Es. Beni usati: no
Scorte di magazzino: sì
Beni intermedi: no
I beni scambiati nell'economia illegale? La transazione economica non viene contabilizzata e sfugge
al sistema di contabilità nazionale. Dal Settembre 2014 su indicazione Eurostat vengono
contabilizzate alcune forme di economia criminale (traffco di sostanze stupefacenti, prostituzione,
contrabbando di sigarette e alcohol). Questa contabilizzazione incide per lo 0,9% sul nuovo calcolo
del PIL 2011.
Il PNL, prodotto nazionale lordo, sono i beni e servizi prodotti da fattori di produzione nazionali.
pertanto può essere calcolato come PIL+redditi esteri dei residenti-redditi interni dei non residenti
Il valore aggiunto è un valore aggiunto da uno stadio produttivo alla produzione fnale, pertanto è
pari al valore del prodotto fnale meno il valore dei beni intermedi utilizzati per produrlo.
Il PIL nominale, o a prezzi correnti, è il valore totale dei beni e servizi fnali prodotti nell'anno t
valutati al loro prezzo corrente (all'interno dei confni nazionali).
€Yt
La variazione del PIL nominale può essere dovuta sia alla variazione delle quantità prodotte di beni
e servizi, sia alla variazione dei prezzi. Ciò crea un pò di confusione in quanto non si capisce se la
variazione è dovuta alla variazione della quantità o dei prezzi.
Se il nostro obiettivo è misurare la produzione e le sue variazioni nel tempo, dobbiamo eliminare
l'effetto dell'aumento dei prezzi (infazione) dalla nostra misura del PIL. A questo scopo si utilizza il
PIL reale.
Il PIL reale, o a prezzi costanti, è il valore totale dei beni e servizi fnali prodotti nell'anno t valutati
a prezzi costanti (invece che correnti).
Defnito anche PIL a prezzi dell'anno base o aggiustato per l'infazione o in termini di beni.
Yt
Pertanto per il calcolo utilizzo i prezzi di un anno di riferimento, detto anno base.
⇨ Sommatoria dei prodotti moltiplicati per il prezzo dell'anno base.
Siccome i prezzi relativi cambiano nel tempo, l'anno base dovrebbe essere cambiato
periodicamente. Si defnisce così il PIL reale a catena in cui per il suo calcolo la base è cambiata
anno per anno (nel 2016 ai prezzi del 2015, nel 2015 ai prezzi del 2014). Questo mi aiuta ad avere
prezzi di beni aggiornati. Se mi riferisco anni a dietro potrei oggi avere prodotti che non erano
neanche in commercio o tecnologicamente molto più avanzati. Pertanto è un metodo più accurato
per misurare la crescita.
Per valutare l'andamento di un'economia da un anno all'altro, gli economisti considerano il tasso di
crescita del PIL reale, chiamato semplicemente crescita del PIL.
Yt – Yt-1
Yt-1
I periodi di crescita positiva sono chiamati espansioni (PIL>0), i periodi di crescita negativa sono
detti recessioni (PIL<0). Siamo in recessione se abbiamo una crescita negativa per almeno 2
trimestri consecutivi.
2. Il tasso di infazione
L'infazione rappresenta un aumento del livello dei prezzi. Il tasso di infazione è il tasso a cui il
livello dei prezzi aumenta nel tempo. In modo simmetrico, la defazione è una riduzione del livello
dei prezzi; corrispondente a un tasso di infazione negativo.
Per calcolare il livello dei prezzi ( P ) affnchè sia possibile misurare l'infazione si utilizzano due indici
dei prezzi: il defatore del PIL (indice a pesi variabile) e l'indice dei prezzi al consumo (indice a pesi
fssi). Entrambi misurano il livello medio dei prezzi di uno specifco gruppo di beni rispetto ai prezzi
di un determinato anno di base.
Il defatore del PIL è un indice a pesi variabili (l'unico) in quanto il peso è un gruppo specifco di
beni, ovvero proprio il PIL, ed è variabile perchè di anno in anno la produzione cambia.
Pertanto, in sintesi, il defatore del PIL è il rapporto fra PIL nominale e PIL reale, prezzo delle
produzione aggregata in rapporto ai prezzi dell'anno base.
È defnito anche indice di Paasche o indice di prezzo ponderato all'anno corrente o indice a paniere
variabile.
È molto importante perchè conoscendo tale indice possiamo ricavare il PIL nominale: €Y t = PtYt
produzione dell'impresa. Avendo un paniere diverso non confronta gli stessi beni. Inoltre il defatore
del Pil contiene informazioni in merito al prezzo dei beni fnali prodotti nell'economia. Tuttavia, i
consumatori sono interessati al prezzo medio dei beni che consumano. Questi due prezzi medi
possono differire perché i beni prodotti nell'economia non coincidono necessariamente con i beni
acquistati dai consumatori.
L'indice dei prezzi al consumo è un indice a pesi fssi e il peso è un paniere specifco di beni di
consumo riferito all'anno base. È defnito anche indice di Laspeyres o indice di prezzi ponderato
all'anno base.
Pertanto non parliamo di produzione, di PIL, ma di uno specifco paniere di beni defnito nell'anno
base e si vedrà come nel tempo ha cambiato il suo valore.
In sintesi, l'IPC misura il livello dei prezzi di un paniere tipico di consumo delle famiglie. Viene
pubblicato dall'Istat ed è usato per:
• adeguare i contratti all'infazione (adeguare le retribuzioni al variare del costo della vita)
1. Inchieste per determinare il paniere di consumo tipico, ovvero indagine su famiglie italiane
estratte in modo casuale, è quindi sempre aggiornato
Deflatore IPC
Beni considerati Tutti Paniere di consumo
Prodotti in Italia Italia ed estero
Peso dei beni Variabili Fissi
Defatore PIL
→ Dato che si riferisce al PIL esclude i prezzi di prodotti importati (sottovaluta infazione nel
caso di aumento dei prezzi dei beni importati)
→ Non tiene conto delle perdite di benessere per sostituzione dei beni (sottostima aumento del
costo della vita)
IPC
→ Sopravaluta aumento costo della vita non considerando eventuali sostituzioni fra beni
(sovrastima aumento costo della vita)
→ Non considera aumenti di prezzi dovuti ad aumenti qualità del prodotto e introduzione
nuovi beni
• l'introduzione di nuovi beni aumenta l'utilità dei consumatori e aumenta il valore reale della
moneta ma non è considerato nel paniere di riferimento.
• non determina se la variazione del prezzo di un bene è dovuta al cambiamento di qualità del
bene stesso
Conclusione
L'IPC e il defatore del PIL mostrano trend molto simili nel tempo, a parte evidenti eccezioni:
Quando il prezzo dei beni importati aumenta rispetto al prezzo dei beni prodotti all'interno, l'IPC
aumenta più velocemente del defatore del Pil. Questo è esattamente ciò che è accaduto durante le
crisi petrolifera del 1974 e del 1979-80 (fgura 1) e nel 2008 (fgura 2) o dopo il 2007 in Italia quando
il costo dei beni di consumo importati era maggiore del costo dei beni prodotti in Italia (fgura 3).
Alla produzione:
Indice dei prezzi alla produzione (IPP): include i beni intermedi, esclude i servizi e rileva i prezzi ad
uno stadio che precede quello della commercializzazione al consumo. Aiuta a prevedere
l'andamento dell'IPC nel periodo successivo.
Al consumo:
Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC): riferito ai paesi dell'UE; calcolato a partire
dall'inizio del 2002 e siccome è armonizzato ai panieri dei beni consumati nell'UE viene calcolato
anche considerando prezzi che presentano riduzioni temporanee, cosa che l'IPC non fa in Italia.
Pertanto l'IPC sarà più alto dell'IAPC nei periodi ad es. dei saldi.
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI): il paniere è rappresentativo
degli acquisti delle sole famiglie dei lavoratori dipendenti non agricoli (esclusi i dirigenti).
Lo stesso NIC si può calcolare con riferimento a diverse tipologie di beni, ed es. in base alla
frequenza di acquisto: beni ad alta frequenza di acquisto (generi alimentari, bevande alcoliche e
analcoliche, spese per l'afftto, beni durevoli per la casa, carburanti, giornali e periodici, ecc.), beni a
frequenza media di acquisto (abbigliamento, tariffe elettriche, medicinali, servizi medici, libri,
alberghi, ecc.), beni a basa frequenza di acquisto (elettrodomestici, servizi ospedalieri, acquisto di
mezzi di trasporto, articoli sportivi, servizio di trasloco, ecc.).
Abbiamo detto che uno dei problemi dell'IPC è che il paniere è fsso e pertanto tende a mostrarci
un costo della vita sovrastimato, e inoltre contiene beni che non sono più nel paniere di beni di
consumo. Se ad es. ci riferiamo al 2000 come anno base fniamo per avere un paniere che non è più
consumato o addirittura faremo fatica a trovare i prezzi di quei beni. Questo grafco ci mostra come
viene fatta la rilevazione: i prezzi rilevati ogni mese sono 607.000, di questi 495.500 sono rilevati sul
territorio degli uffci comunali di statistica e 111.550 centralmente dall'Istat. È possibile per ogni
categoria vedere come è variato il prezzo e anche il peso delle categorie all'interno del paniere di
consumo. Alcuni servizi poco utilizzati escono dal paniere (es. cuccette e vagone letto), entrano
invece le auto usate, i tatuaggi, lampadine led, ecc. Possiamo quindi vedere che il cambiamento
nelle abitudini di consumo delle persone si rifette sulle indagini di consumo e possono verifcarsi
delle uscite e delle entrate nel paniere.
Alla fne degli anni 60 il tasso di infazione in Italia cominciò ad aumentare fno a raggiungere i suoi
valori più elevati (20%) nel corso degli anni 70 con il primo shock petrolifero, risentendo
dell'aumento del costo del petrolio. Quindi abbiamo avuto un livello di infazione superiore
all'obiettivo del 2% fssato dall'UE. Era anche un elemento che l'ex presidente della repubblica
Ciampi aveva bene in mente quando si accingeva a cercare di fare uno sforzo collettivo
dell'economia italiana per entrare nell'UE. Poi successivamente negli anni 80 con una politica
monetaria più restrittiva per raggiungere quell'obiettivo, l'ancoraggio del cambio della lira nel
sistema monetario europeo e un graduale riorientamento delle regole della determinazione dei
salari hanno portato a un tasso più basso.
Il valore positivo della variazione tendenziale +0,1 può essere un segnale positivo di una ripresa,
verso quell'obiettivo del 2% imposto dall'UE. Questo perchè come sappiamo un aumento dei prezzi
segnala un aumento della domanda a parità di offerta.
Cosa ha determinato la variazione congiunturale del NIC nel settembre 2016? Bisogna andare a
vedere cos'è successo all'interno del paniere di consumo.
In crescita In calo
Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+0,6%) Ricreazione, spettacoli e cultura (-1,9%)
Istruzione (+0,5%) Trasporti (-1,3%)
Servizi ricettivi e di ristorazione (+0,3%) Prodotti alimentari e bevande
Abbigliamento e calzature (+0,2%) analcoliche (-0,1%)
Altri beni e servizi (+0,1%)
In crescita In calo
Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+0,1%) Trasporti (-0,1%)
Ricreazione, spettacoli e cultura (+0,3%) Abitazione, acqua, elettricità e
Istruzione (+1%) combustibili (-1,4%)
Mobili, articoli e servizi per la casa (+0,3%) Comunicazione (-1%)
Servizi sanitari e spese per la salute (+0,2%)
Servizi ricettivi e di ristorazione (+0,8%)
Altri beni e servizi (+0,3%)
Bevande alcoliche e tabacchi (+2%)
Abbigliamento e calzature (+0,4%)
Pertanto la motivazione fondamentale è il fatto che rispetto a prima, pur essendo comunque in calo,
vi è stato un rallentamento del calo dei prezzi dei beni energetici.
Un'infazione elevata può costituire un costo per l'economia. Se l'infazione è imprevista i costi
saranno:
Alcuni redditi possono essere adeguati al costo della vita, mentre i redditi non indicizzati,
non legati all'andamento del livello dei prezzi fniscono col perdere potere d'acquisto. La
distribuzione del reddito cambierà a svantaggio di quelle categorie che non sono protette
dalla variazione dell'infazione quando questa è imprevista. Si creano così disuguaglianze.
→ Crea distorsioni (dato che, alcuni prezzi fssati per legge rimangono costanti, variano i prezzi
relativi)
→ Fiscal drag (se gli scaglioni non sono indicizzati si passa ad uno scaglione di reddito con
aliquota più alta per il solo effetto dell'infazione)
→ Incertezza
Incertezza nelle scelte: non so quello che avverrà domani. Se il tasso dell'infazione è elevato
si determina una maggiore volatilità. Se dovessi quindi prendere delle scelte di investimenti
dovrei cercare di capire se il reddito che produrrà quell'investimento sarà indicizzato o
meno. Io determino le mie scelte di consumo in relazione a quello che avverrà.
→ Costi di listino
Quando c'è un'elevata infazione mi dovrò recare più frequentemente in banca (come si dice
i contanti scottano) e quindi dovrò subire il costo delle suole che si consumano. È
sconsigliabile tenere contanti per non vedere il loro potere d'acquisto disgregarsi con
l'aumentare del livello dei prezzi.
3. Il tasso di disoccupazione
Il tasso di disoccupazione è un'altra variabile che rileva aspetti importanti dell'andamento di
un'economia.
Disoccupato: persona che non ha lavoro, ma è in cerca di occupazione (la domanda deve essere
stata presentata entro le 4 settimane prima dell'intervista).
Fuori dalla forza lavoro: persona che non ha un lavoro e NON è in cerca di occupazione.
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Tasso di partecipazione: rapporto tra forza lavoro e il totale della popolazione in età lavorativa.
3.1. Le fonti
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3.3. NEET
I Neet sono persone che non stanno seguendo un percorso scolastico ma che non stanno lavorando.
Nella crisi l'andamento dei Neet è aumentato e a partire dal 2014-2015 si è stabilizzato per poi
ridursi.
L'incidenza dei Neet è maggiore nel Mezzogiorno (31,5% dei giovani) rispetto al Nord (15,3%).
Maggiore è l'incidenza fra le donne 24,4% (uomini 20,3%). Maggiore è l'incidenza se i genitori
hanno un titolo di studio basso: 41,1% per i fgli di genitori con licenza elementare e 9,5% se
laureato
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Se una persona non lavora non produce. Questa perdita si può misurare con il vuoto del
PIL, gap del PIL. Contribuiscono alla perdita di PIL e di reddito gli individui che si
trasferiscono in altri paesi con la speranza di trovare più facilmente un'occupazione.
La legge di Okun
L'economista Okun osservò che un aumento del Pil porta a una diminuzione della disoccupazione.
Ciò viene confermato dal grafco che mette in relazione la variazione del tasso di disoccupazione e
la crescita della produzione per gli Stati Uniti dal 1960 al
2014.
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La curva di Phillips
Nell'economia italiana i dati dal 1970 al 2014 appaiano maggiormente in linea con quelli
statunitensi. La differenza principale è nella pendenza della retta che si traduce in un tasso di
disoccupazione pari a circa l'8,5% associato a un'infazione stabile.
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Senza dubbio un'economia di successo è un'economa che allo stesso tempo raggiunge un elevato
tasso di crescita della produzione, una ridotta disoccupazione e un basso tasso di infazione.
Vedremo più avanti se è possibile raggiungere simultaneamente questi tre obiettivi.
1. Nel breve periodo, cioè nell'arco di qualche anno, le variazioni annuali della produzione
sono dovute soprattutto a variazioni della domanda.
3. Nel lungo periodo, cioè nell'arco di qualche decennio o più, le vere determinanti della
produzione sono fattori come il sistema scolastico, il tasso di risparmio e la qualità del
governo che infuenzano le determinanti di medio periodo: le capacità dei lavoratori, lo
stock del capitale e l'effcienza delle imprese.
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capitolo 3
IL MERCATO DEI BENI
Il circuito reddito-spesa vede in azione fondamentalmente due attori: gli individui e le imprese.
Nel fusso reale gli individui forniscono alle imprese i mezzi di produzione sotto forma di lavoro e
capitale e le imprese attraverso la produzione forniscono beni e servizi agli individui. Nel fusso
monetario a fronte di quei beni e servizi gli individui pagheranno qualcosa alle imprese e tale spesa
può essere effettuata perchè allo stesso tempo le imprese li avranno retribuiti dei fattori produttivi
che gli hanno fornito. Mettendo insieme i due fussi otteniamo il circuito reddito-spesa.
Pil dal lato della produzione: valore di mercato dei beni fnali, nuovi, prodotti all'interno
dell'economia in un dato periodo di tempo;
Pil dal lato del reddito: reddito totale dell'economia del paese in un dato periodo di tempo;
Pil dal lato della spesa: spesa totale in beni e servizi fnali prodotti nel paese in un dato periodo
di tempo. Dentro la spesa troviamo:
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1. Consumo (C)
Beni (beni durevoli, semidurevoli, non durevoli) e servizi acquistati dai consumatori:. È la
componente più importante del Pil: in Italia rappresenta circa il 60%!
2. Investimento (I)
Somma degli investimenti non residenziali, cioè l'acquisto di nuovi impianti o macchinari da
parte delle imprese, e dell'investimento residenziale, cioè l'acquisto di nuove case o
appartamenti da parte degli individui. Attenzione a non confonderlo con l'investimento
fnanziario.
Beni e servizi acquistati dalla pubblica amministrazione. Include sia la spesa per consumi, sia
quella per investimenti pubblici.
La somma di queste 3 componenti rappresenta la spesa in beni e servizi da parte dei residenti.
Alla spesa in beni e servizi da parte dei residenti dobbiamo escludere le importazioni
(IM), cioè gli acquisti di beni e servizi dall'estero effettuati dai residenti, e includere le
esportazioni (X), cioè gli acquisti di beni e servizi nazionali da parte del resto del mondo.
Se esportazioni > importazioni = avanzo commerciale (NX > 0), se esportazioni <
importazioni = disavanzo commerciale (NX < 0). Siamo in pareggio se NX = 0.
5. Investimento in scorte
Differenza tra beni prodotti e beni venduti in un dato anno. Se produzione > vendite =
scorte aumentano, se produzione < vendite = scorte diminuiscono.
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2. La domanda di beni
Nei modelli economici troviamo due tipi di variabili: le variabili endogene, cioè spiegate all'interno
del modello, e le variabili esogene, cioè prese come date.
Z = C + I + G + X - IM
Ipotizziamo che:
→ le imprese producano uno stesso bene che può essere usato come bene di consumo dagli
individui, come bene di investimento dalle imprese e come spesa pubblica dal governo.
Abbiamo così un solo mercato;
→ le imprese forniscano qualsiasi quantità di tale bene ad un dato prezzo, P. Questa ipotesi
vale solo nel breve periodo;
→ l'economia sia chiusa, cioè che non commerci con il resto del mondo: sia le esportazioni
che le importazioni sono uguali a 0.
Z=C+I+G
Quindi la spesa in beni e servizi da parte dei residenti coincide con la spesa totale in beni e servizi nazionali.
Le decisioni di consumo dipendono prima fra tutti dal reddito disponibile (Y D). Quando il reddito
disponibile aumenta, anche il consumo aumento, quindi:
C = C(YD)(+)
Il consumo è una funzione del reddito disponibile. Tale funzione è defnita equazione di
comportamento perchè descrive alcuni aspetti del comportamento, in questo caso, dei consumatori.
La relazione lineare tra consumo e reddito disponibile è data da:
C = c0 + c1 YD
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Il reddito disponibile è dato dal reddito meno le imposte (ipotizziamo che le imposte siano esogene,
ovvero non dipendenti dal reddito):
YD = Y - T
L'investimento, per adesso per motivi semplifcativi, è considerata una variabile esogena, e la
contrassegniamo con una barretta sopra:
I=Ī
La spesa pubblica (come anche T) la considereremo una variabile esogena per tutto il corso perchè è
una variabile scelta dalla politica fscale.
3. La produzione di equilibrio
La domanda di beni può essere espressa come:
Z=C+I+G
Z = c0 + c1 (Y - T) + Ī + G
Assumiamo che non ci siano scorte nell'economia e che l'economia sia chiusa, quindi la
condizione di equilibrio nel mercato dei beni richiede che la produzione sia uguale alla
domanda:
Y=Z
Quindi:
Y = c0 + c1 (Y - T) + Ī + G
In equilibrio, la produzione, Y, è uguale alla domanda. A sua volta, la domanda dipende dal reddito
Y, che è uguale alla produzione.
Ricordiamo che reddito = produzione = Y (sono due modi diversi per guardare al Pil).
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3.1. Il moltiplicatore
Y = c0 + c1Y - c1T + Ī + G
Y - c1Y = c0 + Ī + G - c1T
(1 - c1)Y = c0 + Ī + G - c1T
• Il termine 1/(1 - c1) è chiamato moltiplicatore. Poichè 0 < c1 < 1 allora il moltiplicatore è
un numero maggiore di 1.
quindi la domanda dipende dalla spesa autonoma e dal reddito, attraverso il suo effetto sul
consumo. Quando il reddito è uguale a 0 la domanda è pari alla spesa autonoma, perchè
non dipende dal reddito. Mentre la pendenza della retta ZZ è data dalla propensione al
consumo, c1, pertanto è inclinata positivamente ma con pendenza inferiore a 1.
Y=Z
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Cosa succede se varia una componente della spesa autonoma, ad es. la spesa
pubblica?
Se aumenta, aumenta la spesa autonoma, quindi l'intercetta verticale, di ΔG. In altra parole, la
curva di domanda trasla verso l'alto in misura pari a ΔG. Per il principio di domanda effettiva, un
aumento di domanda genera un aumento di offerta, ovvero di produzione.
3. Un aumento di reddito genera un aumento del consumo, e quindi della domanda (punto D),
ma questa volta sarà dovuto a una componente endogena, il reddito: C = c0 + c1(Y + ΔG -
T) quindi la domanda varia di c1ΔG
4. Ancora una volta, un aumento di domanda genera un aumento di produzione pari a c1ΔG
6. ecc...
Si genera così un processo moltiplicativo tale per cui alla fne si forma un nuovo equilibrio nel punto
A' maggiore dell'equilibrio precedente. L'aumento totale della produzione è pari alla somma di tutti
gli aumenti nel processo moltiplicativo ovvero: ΔG (1 + c1 + c12 + ... + c1n) → serie geometrica
ΔY / ΔG = 1/(1 - c1)
Il moltiplicatore è Y'G (derivata prima della funzione di produzione rispetto alla spesa pubblica).
4. Investimento = risparmio
Un modo alternativo di considerare l'equilibrio (come faceva Keynes nella Teoria generale) è quello di
pensarlo in termini di risparmio e investimento.
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S = YD – C
S=Y-T-C
• Il risparmio pubblico è uguale alle imposte meno la spesa pubblica. Se RP > 0 siamo in
avanzo di bilancio, se RP < 0 siamo in disavanzo di bilancio.
RP = T - G
Y=C+I+G
Y-T=C+I+G–T
Y-T-C=I+G–T
S=I+G-T
Ovvero:
I = S + (T - G)
Questo spiega il perchè la condizione di equilibrio nel mercato dei beni è chiamata curva IS, che
sta per "Investimento = Risparmio (Saving)".
S = Y - T - c0 + c1 ( Y – T)
S = - c0 + (1 - c1) (Y - T)
I = - c0 + (1 - c1) (Y - T) + (T – G)
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In altre parole i consumatori a parità di reddito riducono c0 aumentando in tal modo il risparmio.
Diminuisce quindi la produzione Y, ovvero il reddito, e ciò diminuisce il risparmio!!
Torniamo all'equazione secondo cui investimento deve essere uguale al risparmio e ipotizziamo che
l'investimento sia una variabile esogena:
Ī = S + (T - G)
Neppure T e G cambiano. Pertanto neanche il risparmio privato S può cambiare. Anche se gli
individui vogliono risparmiare di più, dato un certo reddito, quest'ultimo si riduce in misura tale da
lasciare il risparmio invariato.
Ciò signifca che il tentativo di risparmiare di più si traduce in una riduzione del prodotto e in un
risparmio invariato. Lo stesso risultato si ottiene guardando il risparmio pubblico.
I risultati di questo modello hanno grande rilevanza nel breve periodo. Invece politiche economiche
che incoraggiano il risparmio potrebbero essere positive per l'economia nel medio e lungo periodo,
ma potrebbero condurre ad una riduzione della domanda e della produzione, e persino ad una
recessione, nel breve periodo.
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capitolo 4
I MERCATI FINANZIARI
1. La domanda di moneta
La ricchezza fnanziaria si può allocare in moneta o in titoli:
• La moneta può essere usata nelle transazioni, ma non paga interessi. Esistono due tipi di
moneta: quella circolante, cioè la moneta metallica e cartacea, e i depositi di conto corrente;
• I titoli pagano un interesse positivo, i, ma non possono essere usati per le transazioni.
Quale è preferibile? Da un lato, detenere tutta la ricchezza sotto forma di moneta è molto comodo
ma signifca anche non percepire alcun interesse sulla ricchezza. D'altra parte, detenere tutta la
ricchezza in titoli frutta interessi, ma costringe a rivolgersi all'intermediario di frequente. Quindi, è
utile detenere sia moneta che titoli. Ma in quali proporzioni? La decisione dipende da due variabili
fondamentali:
2. Il tasso di interesse offerto dai titoli: l'unica ragione per detenere parte della ricchezza in
titoli è che questi pagano un interesse.
Md = €Y L(i)(-)
L(i) indica una funzione decrescente del tasso di interesse i. Il segno meno sotto i indica che il tasso
di interesse ha un effetto negativo sulla domanda di moneta: un aumento del tasso di interesse
riduce la domanda di moneta.
Quindi riassumendo, la domanda di moneta: - aumenta proporzionalmente al reddito nominale;
- dipende negativamente dal tasso di interesse.
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Supponiamo che la sola moneta presenta nell'economia assuma la forma di moneta circolante, e che
la banca centrale decida di offrire un ammontare di moneta uguale a M, cosicchè:
Ms = M
L'equilibrio nei mercati fnanziari richiede che Ms = Md. Pertanto la condizione di equilibrio LM è:
M = €Y L(i)
LM ci dice il valore di i che induce gli individui a tenere una quantità di moneta pari all'offerta di
moneta, M, dato il loro reddito nominale €Y.
L'offerta di moneta è una retta verticale perchè non dipende dal tasso di interesse.
Possiamo ora considerare gli effetti di variazione del reddito nominale o dell'offerta di moneta sul
tasso di interesse di equilibrio:
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↑i ⇨↓Md ⇨ Md = Ms
↑M ⇨↑Ms ⇨ Md < Ms
↓i ⇨↑Md ⇨ Md = Ms
Nelle economie moderne, la banca centrale normalmente modifca l'offerta di moneta attraverso
l'acquisto e la vendita di titoli nel mercato obbligazionario. Se desidera aumentare la quantità di
moneta, compra titoli e li paga immettendo nuova moneta nel sistema (OMO+, operazione
espansiva di mercato aperto). Se, invece, vuole diminuire la quantità di moneta, vende titoli e
rimuove dalla circolazione la moneta che riceve in pagamento (OMO-, operazione restrittiva di
mercato aperto). Pertanto le attività della banca centrale sono costituite dai titoli che tiene in
portafoglio, mentre le passività sono costituite dallo stock di moneta presente nell'economia.
Prezzo e rendimento dei titoli. Nel mercato dei titoli si determina non il tasso di interesse, ma
il prezzo dei titoli. Queste due variabili sono direttamente collegate:
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• Supponiamo che i titoli nella nostra economia garantiscano il rimborso di 100€ dopo un
anno e che il loro prezzo oggi sia di €PT. Se compriamo il titolo oggi e lo teniamo per un
anno, il rendimento del titolo detenuto fno a scadenza (ovvero il tasso di interesse) sarà
uguale a:
i = €100 - €PT
€PT
Pertanto, quanto più elevato è il prezzo del titolo, tanto minore sarà il tasso di interesse
pagato dal titolo stesso ⇨ Se quanto si ottiene dal titolo tra un anno è fsso, più lo pago oggi
e meno interesse percepisco al momento del rimborso.
€PT = €100
1+i
Quindi, quanto maggiore è il tasso di interesse, tanto minore sarà il prezzo del titolo oggi
⇨ Per percepire un interesse maggiore, dato che il rimborso è fsso, devo pagare meno il
titolo oggi.
OMO+ → La banca centrale acquista titoli e li paga emettendo nuova moneta. Aumenta la
domanda di titoli e, di conseguenza, ne fa aumentare il prezzo. Quindi, il tasso di interesse sui titoli
scende.
OMO- → La banca centrale vende titoli e riduce l'offerta di moneta. Questo provoca un aumento
dell'offerta di titoli e, quindi, una riduzione del loro prezzo, che equivale ad un aumento del tasso di
interesse
Riassumendo:
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Le banche rappresentano una specifca tipologia di intermediari fnanziari. Ciò che le caratterizza è
che le loro passività sono moneta.
• Le banche ricevono fondi da individui e imprese che in qualsiasi momento possono emettere
assegni o prelevare fno all'ammontare del loro saldo di conto corrente. Quindi, le passività
delle banche sono pari al valore totale dei depositi di conto corrente.
• Le banche detengono parte dei fondi ricevuti sotto forma di riserve. Si tratta di riserve di
moneta detenute in parte in contanti e in parte su un conto che le banche hanno presso la
banca centrale e dal quale possono prelevare in caso di bisogno. Quindi, le attività delle
banche sono costituite da riserve e titoli (anche dai prestiti, ma per adesso li ignoriamo).
2. Gli individui devono decidere quanta parte di questo ammontare detenere in forma
circolante e quanta parte in forma di depositi di conto corrente.
Assumiamo che gli individui tengano una percentuale fssa della loro moneta in forma di
circolante (c) e, di conseguenza, una percentuale fssa (1 - c) in forma di depositi di conto
corrente.
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CId = cMd
Dd = (1 - c)Md
La domanda di depositi genera una domanda di riserve da parte delle banche. Tra riserve e
depositi esiste la seguente relazione: R = θD, riserve in euro = coeffciente di riserva x depositi in
euro.
Il coeffciente di riserva è l'ammontare di riserve che le banche decidono di detenere per ogni euro
di depositi di conto corrente.
Rd = θ (1 - c) Md
Hd = CId + Rd
Hd = cMd + θ (1 - c) Md = [c + θ (1 - c)] Md
La condizione di equilibrio è che l'offerta di moneta della BC sia uguale alla domanda di moneta
della BC:
H = Hd
ovvero: H = [c + θ (1 - c)] €Y L(i)
(High power money)
29
Un più elevato tasso d'interesse implica una minore domanda di moneta della BC poichè la
domanda per i depositi di conto corrente, e quindi la domanda di riserve da parte delle banche,
diminuisce quando i tasso d'interesse sono maggiori (con offerta fssa). Mentre se aumenta l'offerta di
moneta della BC diminuisce il tasso di interesse, se diminuisce l'offerta aumenta il tasso di interesse.
€Y L(i) = 1 xH
[c + θ (1 – c)]
Quando ↑θ ⇨ ↓m ⇨ ↓M
➡ la moneta si riduce quando ↑θ o↑c
Quando ↑c , se θ < 1 ⇨ ↓m ⇨ ↓M
se θ = 100% = 1 ⇨ m = 1
• BC acquista titoli per 100€ (OMO+) dal venditore 1 che riceve 100€
• ecc..
= 100€ [1 + (1 – θ) + (1 - θ2) + …]
= 100€ 1
[c + θ (1 – c)]
= 100€ (1/θ)
30
Quando le persone hanno abbastanza moneta per effettuare le transazioni, sono indifferenti tra
tenere il resto della loro ricchezza fnanziaria in titoli o in moneta. La ragione della loro indifferenza
è che sia i titoli che la moneta pagano lo stesso tasso di interesse, pari a zero. Così la domanda di
moneta diventa come quella rappresentata nella fgura:
• Al diminuire del tasso di interesse, gli individui vogliono tenere più moneta (e meno titoli): la
domanda di moneta aumenta.
• Quando il tasso di interesse diventa uguale a 0, vogliono detenere una quantità di moneta
pari a OB, ma sono disposti a tenere una quantità anche maggiore, poichè sono indifferenti
tra titoli e moneta (aumenta la liquidità). Quindi oltre a B, la domanda di moneta diventa
orizzontale.
5. Flussi e Stock
Un'immagine che ci rappresenta i fussi e gli stock potrebbe essere una vasca: il rubinetto (fusso)
alimenta la vasca, andando a creare un fondo (stock). L'attività fnanziaria e la moneta sono stock, il
reddito e i risparmi sono un fusso che si produce in un periodo di tempo.
31
capitolo 5
IL MODELLO IS-LM
L'investimento, che avevamo considerato costante, è tutt'altro che costante e dipende da 2 fattori:
1. Il livello delle vendite → un'impresa che vuole aumentare le vendite e deve aumentare la
produzione dovrà investire e acquistare nuovi macchinari.
I = I(Y, i)
(+, –)
Per un dato valore del tasso di interesse la domanda è una funzione crescente della produzione. La
produzione è invece una funzione decrescente del tasso di interesse.
1.3. La curva IS
Un aumento del tasso di interesse riduce l'investimento e la domanda, pertanto la curva di domanda
ZZ si sposta verso il basso in ZZ'.
Tuttavia la riduzione totale della produzione in equilibrio è maggiore dell'iniziale riduzione di I.
32
Questo perchè la riduzione di I fa diminuire la produzione che a sua volta riduce ulteriormente il
consumo e I attraverso l'effetto del moltiplicatore.
IN CONLUSIONE:
33
M = €Y L(i)
È conveniente riscrivere la relazione considerando la moneta reale (moneta in termini di beni che
possono essere acquistati), reddito reale (reddito in termini dei beni che possono essere acquistati) e
tasso di interesse. Il reddito reale è uguale al reddito nominale diviso il livello dei prezzi, pertanto
dividiamo entrambi i lati per il livello dei prezzi P, otteniamo l'equazione LM:
M/P = Y L(i)
offerta reale di moneta = domanda reale di moneta
È conveniente perchè, quando ci riferiamo all'equilibrio del mercato dei beni parliamo di reddito
reale Y, che è uguale alla produzione reale.
2.2. La curva LM
L'equazione LM appena vista ci dice che, per esempio, fssata l'offerta di moneta, un aumento del
reddito porta automaticamente ad un aumento del tasso di interesse.
34
3. Il modello IS-LM
La curva IS deriva dall'equilibrio nel mercato dei beni. La curva LM deriva dall'equilibrio nei
mercati fnanziari. Quindi, per raggiungere equilibrio nella nostra economia, sia la IS sia la LM
devono VALERE SIMULTANEAMENTE.
Supponiamo che il governo decida di ridurre il disavanzo di bilancio attraverso un aumento delle
imposte, mantenendo invariata la spesa pubblica.
Curva IS: dato un tasso di interesse, un aumento delle imposte riduce la produzione e la curva IS si
sposta verso sinistra (verso destra se si parla di espansione fscale, in quanto, ad esempio, un
aumento della spesa pubblica aumenta la produzione in quanto aumenta la domanda: Z = C+I+G)
Curva LM: poiché stiamo guardando ad un cambiamento della politica fscale, la BC non modifca
il tasso di interesse. Quindi, la curva LM rimane invariata e non subisce spostamenti.
35
Supponiamo che la BC riduca il tasso di interesse attuando una politica di espansione monetaria.
Curva IS: il cambiamento del tasso di interesse non altera la relazione tra produzione e tasso di
interesse pertanto la curva IS non si sposta.
Curva LM: al contrario la curva LM si sposta verso il basso in corrispondenza del nuovo tasso di
interesse (↑H o ↓m ⇨ ↓θ sapendo che: M = H(1/c+θ(1-c) ).
(Si sposta verso l'alto se si parla di contrazione monetaria: ↓H o ↑m ⇨ ↑θ ).
36
➢ A volte il giusto mix richiede che le due politiche vadano nella STESSA DIREZIONE.
37
STUDIO DI CASO. Questa combinazione fu adottata negli Stati Uniti nei primi anni 90.
Quando Bill Clinton fu eletto presidente nel 1992, una delle sue priorità era ridurre il
disavanzo di bilancio usando una combinazione di tagli alla spesa e aumenti delle imposte.
Tuttavia, Clinton temeva che, da sola, una tale stretta fscale riducesse la domanda e
causasse un'altra recessione. La strategia più corretta prevedeva la combinazione di una PF –
(per ridurre il disavanzo) e di una PM+ (per accertarsi che la domanda e la produzione si
mantenessero elevate). Il risultato di questa strategia fu una riduzione stabile del disavanzo di
bilancio e un aumento stabile della produzione nel resto del decennio.
1. Ai consumatori servirà del tempo per aggiustare il loro consumo in seguito a una variazione
del reddito disponibile;
2. Alle imprese servirà del tempo per aggiustare la spesa per investimento in seguito a una
variazione delle vendite/tasso di interesse;
3. Alle imprese servirà del tempo per aggiustare la produzione in seguito a una variazione della
domanda.
Di conseguenza, in seguito a un aumento delle imposte, ci vuole del tempo prima che la spesa per
consumi risponda alla riduzione del reddito disponibile, altro tempo prima che la produzione
diminuisca in seguito alla riduzione del consumo e altro tempo ancora prima che il consumo
diminuisca in seguito alla riduzione del reddito, è così via. In seguito ad una riduzione del tasso di
interesse, ci vuole tempo prima che la spesa per investimento reagisca alla riduzione del tasso di
38
interesse, altro tempo prima che la produzione aumenti in seguito all'aumento della domanda, altro
tempo ancora prima che il consumo e l'investimento aumentino in seguito alla variazione indotta
dal reddito, e così via.
La fgura confronta gli effetti di un aumento del tasso di interesse nell'Eurozona e negli Stati Uniti.
La linea nera al centro dell'intervallo rappresenta la miglior stima dell'effetto della variazione del
tasso di interesse sulla variabile considerata in quel riquadro. Le due linee rosse tratteggiate e lo
spazio tra queste ultime rappresentano un intervallo di confdenza.
• Produzione: l'aumento del tasso di interesse porta a una riduzione della produzione.
Nell'Eurozona, il miglior calo della produzione è raggiunto nel secondo e nel terzo trimestre
dopo l'aumento del tasso di interesse, mentre gli Stati Uniti dopo cinque trimestri.
• Prezzi: una delle ipotesi del modello IS-LM è che il livello dei prezzi sia dato, e quindi non
cambia al variare della domanda. Questo è vero nel breve periodo, ma nel medio periodo il
livello dei prezzi comincia a diminuire.
Sia il livello dei prezzi che la produzione reagiscono in misura maggiore negli Stati Uniti, anche se
l'intensità delle risposte alla è fne la stessa.
Possiamo concludere che il modello IS-LM è compatibile con l'andamento dell'economia nella
realtà nel breve periodo.
39
capitolo 6
IL MODELLO IS-LM ESTESO
Come è possibile passare dal tasso di interesse nominale a quello reale? Dobbiamo correggere il
tasso di interesse nominale per l'infazione attesa.
3. Ora bisogna convertire gli euro nella quantità di pane acquistabile in un anno. Indichiamo
con Pet+1 il prezzo del pane atteso l'anno prossimo. Quello che dovremo restituire il prossimo
anno in termini di chili di pane equivale a (1 + it) Pt/Pet+1.
Mettendo insieme la parte superiore e la parte inferiore della fgura, ne deriva che il tasso di
interesse reale a un anno è dato da:
40
(1 + x)/(1 + y) = 1 + x – y
(1 + it)/(1 + πet+1) = 1 + it – πet+1
Per it e πet+1 piccoli (meno del 20% per anno) si può approssimare a:
1 + rt ≈ 1 + it – πet+1
rt ≈ it – πet+1
• se πet+1 = 0 ⇨ rt = i t
Sebbene la BC scelga il tasso di interesse nominale, essa si concentra sul tasso reale perché è questo
che importa agli individui e alle imprese. Per raggiungere il tasso reale desiderato, la BC deve tenere
in considerazione le aspettative sull'infazione. Se, per esempio, vuole raggiungere un tasso di
interesse pari a r, deve scegliere un tasso di interesse nominale i tale che, fssate le aspettative
sull'infazione, πe, il tasso di interesse reale, r = i – πe, sia pari al livello desiderato.
Inoltre, come abbiamo già visto, lo zero lower bound implica che il tasso nominale non può essere
negativo (altrimenti gli individui non vorranno detenere titoli). Questo implica, a sua volta, che il
tasso reale non può essere minore del negativo dell'infazione. Ad esempio, se l'infazione attesa è
pari al 2% il tasso di interesse reale minimo può essere 0% – 2% = –2%.
Fintanto che l'infazione attesa è positiva è possibile raggiungere tassi reali negativi. Ma se
l'infazione attesa diventa negativa, cioè se gli individui si aspettano defazione, allora il valore
minimo raggiungibile dal tasso reale è positivo e può persino essere un valore elevato.
(1 + i) = (1 – p)(1 + i + x) + (p)(0)
41
Con probabilità p il debitore fallisce e il titolo non pagherà nulla, p(0)=0. Con probabilità
(1 – p) il debitore non fallirà e il titolo pagherà (1 + i + x). Riorganizzando i termini
otteniamo l'espressione del rendimento atteso del titolo rischioso:
x = (1 + i)p / (1 – p)
A parità di i: ↑p ⇨ ↑x
↑avversione ⇨ ↑x
La scala di valutazione della rischiosità varia AAA (praticamente prive di rischio), a BBB,
fno a C (titoli con un'elevata rischiosità). Il tasso di interesse sulle obbligazioni societarie più
rischiose (BBB) è maggiore del tasso sulle obbligazioni più sicure (AAA)
La fgura mostra i rendimenti dei titoli di Stato decennali di quattro paesi. Notiamo che:
▪ Fino al 2008 i rendimenti dei titoli di Stato di questi paesi erano allineati: questo
signifca che nessuno di questi era percepito come più ho meno rischioso degli altri.
42
Si può quindi pensare che gli azionisti della banca abbiano investito 20 di tasca propria, che
abbiano poi preso a prestito altri 80 da vari investitori e che abbiano comprato attività per un valore
di 100. Nel capitolo 4 abbiamo ignorato il capitale, ma ora diventa importante considerarlo;
cerchiamo di capire il perchè.
Nel decidere quale leva fnanziaria adottare, la banca deve valutare due fattori:
1. Maggiore leva fnanziaria implica un più elevato tasso di proftto atteso (diminuisce il
capitale investito dagli azionisti)
La banca deve quindi scegliere una leva fnanziaria che bilanci questi due fattori.
⇨ Tutto ciò si ricollega alla macroeconomia perché un evento avverso nel sistema fnanziario
riduce il valore attivo delle banche: alcune banche falliscono, le altre riducono i prestiti, e tale
riduzione nella concessione di prestiti avrà effetti sull'economia reale.
Liquidità
Consideriamo ora il caso in cui gli investitori abbiano dubbi sul valore dell'attivo di una banca e
credano, a torto o a ragione, che il valore dell'attivo sia diminuito.
La cosa più sicura da fare per loro e riappropriarsi dei fondi che avevano investito nella banca. La
banca deve trovare fondi suffcienti per rimborsare questi investitori ed è quindi costretta a vendere
le proprie attività (prestiti concessi). Vendere queste attività ad un'altra banca è altrettanto diffcile,
perché l'altra banca fatica a valutare il valore esatto. La banca e quindi costretta a venderle a un
prezzo di svendita, cioè a prezzi molto inferiori al valore di tali attività. Tuttavia, ciò peggiora solo
la situazione, in quanto con la diminuzione del valore dell'attivo, è possibile che la banca diventi
insolvente e vado in bancarotta.
Possiamo riassumere che minore è la liquidità delle attività (ovvero, maggiore la diffcoltà nel
venderle), maggiore è il rischio di svendita e quindi che la banca diventi insolvente e fnisca in
bancarotta. Lo stesso accade quando maggiore è la liquidità delle passività (ovvero, maggiore è la
facilità con cui gli investitori possono prelevare i loro fondi senza o con poco preavviso).
43
Introduciamo queste due considerazioni riscrivendo il modello IS-LM nel seguente modo:
• L'infazione attesa, πe, rifette il fatto che le decisioni di spesa dipendono dal tasso di
interesse reale, r = i – πe, piuttosto che da quello nominale.
Il tasso di interesse che entra nella relazione LM, i, non è più lo stesso che entra nella relazione IS,
r + x. Il tasso nella relazione LM è chiamato tasso di policy (poichè stabilito dai policy-maker),
mentre il tasso nella relazione IS è chiamato tasso sui prestiti (poichè è il tasso a cui gli individui
e le imprese possono prendere a prestito).
Ipotesi semplifcatrice: la BC stabilisce il tasso di policy reale, r. Tuttavia è il tasso reale sui prestiti, r
+ x, che determina le decisioni di spesa. Quindi possiamo riscrivere le relazioni:
La curva IS ha pendenza negativa: un aumento del tasso di policy reale riduce la spesa e, a sua
volta, la produzione. La curva LM è semplicemente una retta orizzontale in corrispondenza del
tasso di policy.
44
Shock fnanziari e politica economica. Supponiamo che x aumenti. Può accadere quando
aumenta la probabilità di fallimento del debitore, gli investitori sono diventati più avversi al rischio,
oppure, quando gli investitori hanno cominciato a dubitare della solvibilità delle banche, dando il
via ad una corsa agli sportelli e obbligando le altre banche a ridurre i prestiti concessi.
⇨ La curva IS si sposta verso sinistra: fssato il tasso di policy, r, il tasso sui prestiti, r + x, aumenta,
provocando una contrazione della domanda e una riduzione della produzione (→recessione).
Una PF+ può spostare la curva IS verso destra e aumentare la produzione, tuttavia potrebbe portare
a un disavanzo di bilancio. La soluzione migliore sembra essere una PM+ : infatti una riduzione del
tasso di policy può portare la produzione al suo livello iniziale.
⇨ in risposta ad un aumento di x, la BC deve ridurre r in modo tale da lasciare r + x, il tasso di
interesse rilevante per le decisioni di spesa, invariato.
Se x è molto alto, il tasso di policy suffciente per stimolare la crescita potrebbe essere negativo.
Questo solleva un problema: dato lo zero lower bound sul tasso di interesse nominale, il minor tasso
di interesse reale che la BC può raggiungere è dato da r = i – πe = 0 – πe = – πe, ovvero l'opposto
dell'infazione attesa. Quindi se l'infazione attesa è suffcientemente elevata allora un tasso nominale
nullo implica un tasso reale pari al suo opposto, che appare suffciente per controbilanciare
l'aumento di x. Ma, se l'infazione attesa è bassa o persino negativa, allora il minor tasso di interesse
reale che la BC può assumere potrebbe non essere suffciente a riportare l'economia alla sua
produzione di equilibrio iniziale (proprio come è accaduto durante la crisi recente → grande
aumento di x e bassa infazione, sia corrente che attesa, limitarono capacità della PM di
controbilancia l'aumento di x).
45
Dal 2000 l'indice aumentò fno a 226 a metà del 2006, per poi cominciare a ridursi. Entro la fne del
2008 era sceso a 162. Raggiunse un minimo di 146 all'inizio del 2012 ed allora ha ricominciato a
crescere. Il rapido aumento dei prezzi dal 2000 al 2006 era giustifcato da due fattori:
• Gli anni 2000 furono un periodo di tassi di interesse sui mutui ipotecari molto
bassi, che stimolarono la domanda di abitazioni e spinsero così i prezzi verso l'alto.
• Vennero concessi numerosi mutui ipotecari "subprime", ovvero prestiti molto rischiosi,
poiché si pensava che i prezzi delle case avrebbero continuato la loro ascesa, così che il
valore del mutuo ipotecario in termini del prezzo dell'abitazione acquistata sarebbe
diminuito nel tempo. Successe invece il contrario, e i prezzi delle case cominciarono a
diminuire cogliendo gli economisti di sorpresa. Molti debitori si ritrovarono a dover ripagare
mutui ipotecari il cui valore eccedeva quello delle loro case. Così, come molti debitori
fallirono, i creditori si ritrovarono a fronteggiare gigantesche perdite.
L'effetto del crollo del mercato immobiliare si trasmise al sistema fnanziario attraverso una serie di
fattori:
46
→ aumento dei tassi di interesse a cui le imprese e gli individui potevano prendere a prestito
→ crollo delle aspettative economiche a causa del timore di un'altra Grande Depressione
3. L'aumento dei tassi di interesse statunitense si rifette anche sui tassi di interesse europei,
rendendo diffcile prendere a prestito anche alle imprese europee.
47
L'elevato costo dei prestiti, la riduzione dei prezzi azionari e immobiliari e le peggiori aspettative
economiche portarono ad una diminuzione della domanda per i beni. In termini del modello IS-
LM, ci fu un drastico spostamento della curva IS verso sinistra. Le risposte di politica economica
furono diverse tra Stati Uniti ed Europa.
48
Politiche fnanziarie. Le misure più urgenti furono adottate per rinforzare il sistema fnanziario:
• Per diminuire il rischio di fallimento delle banche la Fed istituì una serie di PROGRAMMI
di OFFERTA di LIQUIDITÀ che resero semplice prendere a prestito dalla Fed stessa
evitando la svendita delle attività fnanziarie delle banche quando gli investitori vogliono
prelevare dalle banche i loro fondi
Politica monetaria. A partire dall'estate del 2007 la Fed aveva avviato una PM+
DIMINUENDO il TASSO di POLICY. Dicembre 2008, il tasso di interesse è stato abbassato fno
allo zero, e avendo raggiunto lo zero lower bound, non poteva essere ridotto ulteriormente. La Fed
adottò così quella che prende il nome di POLITICA MONETARIA NON CONVENZIONALE,
che consiste nell'acquisto di attività fnanziarie private e titoli di stato al fne di infuenzare
direttamente i tassi di interesse a cui debitori possono prendere a prestito (↓tasso sui prestiti).
Politica fscale. Successivamente il governo fece ricorso a una PF+ dando inizio nel 2009 a un
programma chiamato "AMERICAN RECOVERY and REINVESTMENT ACT" che prevedeva
una riduzione delle imposte e aumenti di spesa. Il disavanzo di bilancio statunitense passo dall'1,7%
del Pil nel 2007 ad un picco del 9% nel 2010.
49
La risposta in Europa
Politica fscale. Le politiche fscali furono molto ETEROGENEE a causa dei limiti dovuti alla
diversa esposizione debitoria dei paesi europei. I paesi in cui, allo scoppio della crisi, il livello del
debito pubblico era molto elevato ebbero poco spazio per aumentarlo ulteriormente e si ritrovarono
costretti ad adottare uno stimolo fscale molto limitato.
50
capitolo 7
IL MERCATO DEL LAVORO
1. Un viaggio nel mercato del lavoro
Popolazione attiva → 15-64 anni
Forze di lavoro ( L )→ occupati ( N ) + disoccupati ( U )
Inattivi → popolazione attiva – forze lavoro ( L ), nè
occupati nè in cerca di lavoro
Tasso di attività (65%) → forza lavoro ( L ) /
popolazione attiva
Tasso di occupazione (57%) → occupati / popolazione
attiva
Tasso di disoccupazione ( u ) (12,5%) → disoccupati /
popolazione attiva
Lavoratori scoraggiati → pur non essendo attivamente alla ricerca di un lavoro, lo accetterebbero
nel caso se ne presentasse l'occasione.
Ricordiamo che per essere classifcato come disoccupato bisogna: a) non avere un impiego; b) essere
alla ricerca di un impiego e la domanda deve essere stata presentata entro le 4 settimane prima
dell'intervista.
1. Mercato del lavoro attivo, con frequenti interruzioni dei rapporti di lavoro e nuove
assunzioni e quindi con molti lavoratori in entra e in uscita dalla disoccupazione;
2. Mercato del lavoro dove raramente nascono nuovi rapporti di lavoro o cessano quelli
preesistenti e la disoccupazione è di lungo periodo (disoccupato da almeno 12 mesi)
Per scoprire quale realtà si nasconda dietro ad un tasso di disoccupazione è necessario disporre di
informazioni circa i fussi di lavoratori. In Italia nel 2014 i fussi medi trimestrali sono stati:
51
• In media in ogni trimestre ci sono stati 21,2 milioni cambi di lavoro (movimenti interni), 606
mila lavoratori sono usciti dall'occupazione e diventati inattivi e 366 mila sono passati dallo
stato di occupati a quello di disoccupati → totale 22,2 milioni di interruzioni dei rapporti di
lavoro: come mai? 21,2 milioni di queste interruzione è rappresentata da dimissioni (lasciare
posto di lavoro per occupazione migliore) e il restante milione riguarda invece
licenziamenti che possono aver luogo per effetto di una redistribuzione dei livelli di
occupazione migliore.
• Il fusso medio trimestrale di uscita dalla disoccupazione è pari a 1,6 milioni di individui: 417
mila persone trovano un lavoro, mentre 1,2 milioni smettono di cercarne uno ed escono
dalle forze lavoro. La quota di disoccupati che abbandona la disoccupazione è pari a 1,6/3,2
= 50% ogni trimestre. Gli individui che vanno verso l'inattività sono pari a 1,2/1,6 = 75%
(CRITICITÀ). La durata media della disoccupazione è pari a 1/50% = 2 trimestri.
• Anche i fussi in entrata e uscita dalle forze di lavoro sono elevati: 1,8 milioni di lavoratori
sono usciti e circa 1,9 vi sono entrati. Da una parte ci sono coloro che terminano gli studi ed
entrano nelle forze lavoro per la prima volta e, dall'altro, i lavoratori che vanno in pensione.
Tuttavia in questi fussi sono compresi anche i lavoratori scoraggiati, fuori dalla forza
lavoro ma desiderosi di lavorare, equiparabili ai disoccupati.
• Perdita di produzione
• Perdita di reddito prodotto dalla imprese e dai lavoratori dipendenti → minor gettito fscale
52
• Disuguaglianze
In seguito a cali della domanda le imprese possono ridurre il numero dei loro occupati:
Forze lavoro potenziali (scoraggiati): non cercano lavoro ma sono disposti a lavorare o cercano
lavoro ma non sono immediatamente disposto a lavorare.
53
Tuttavia esistono elementi comuni ed è possibile costruire una sorta di TEORIA GENERALE della
DETERMINAZIONE dei SALARI.
→ I salari dipendono anche dalle condizioni prevalenti nel mercato del lavoro: quanto più
basso è il tasso di disoccupazione, tanto maggiori sono i salari.
Tanto maggiore è il costo di sostituzione per l'impresa e quanto più facile è per quest'ultimo trovare
un altro lavoro, tanto maggiore sarà la sua forza contrattuale, e di conseguenza maggiore sarà il
salario effettivo rispetto al salario di riserva. Due sono le conseguenze:
La maggior parte delle imprese vuole che i propri lavoratori siano ben disposti verso il lavoro e
verso l'impresa. Sentirsi bene incentiva a lavorare bene, il che a sua volta da aumentare la
produttività. Pagare un salario elevato è quindi uno strumento per raggiungere questi obiettivi. Le
teorie che legano la produttività al salario sono chiamate TEORIE dei SALARI di EFFICIENZA.
54
Come le teorie basate sulla contrattazione, le teorie dei salari di effcienza suggeriscono che:
• I salari dipendono dalla NATURA del LAVORO: le imprese che considerano essenziale il
morale e l'impegno dei lavoratori per la qualità del lavoro, pagheranno di più delle imprese
in cui i lavoratori scolgono attività di routine.
• I salari dipendono dalle CONDIZIONI del MERCATO del LAVORO: un'impresa che
voglia evitare un aumento delle dimissioni da parte dei suoi dipendenti, dovrà aumentare i
salari man mano che il tasso di disoccupazione scende. Al contrario se aumenta la
disoccupazione, aumenta il costo di lasciare l'impresa per il lavoratore (più diffcile trovare
lavoro), diminuisce quindi il turnover (tasso di avvicendamento) e il salario effettivo.
Nel 1914, Henry Ford decise di aumentare lo stipendio da 2,30 dollari per una giornata lavorativa
di 9 ore, a 5 dollari per una giornata lavorativa di 8 ore, che rappresentava circa la metà dei
proftti totali della società!! La ragione principale era la diffcoltà a mantenere i lavoratori alle sue
dipendenze: il tasso di turnover era particolarmente alto così come l'insoddisfazione tra i lavoratori. I
RISULTATI furono SORPRENDENTI...
Nonostante gli elevati salari, anche i proftti furono più elevati nel 1914 rispetto all'anno precedente.
Ma quanto questo aumento fosse dovuto a variazioni del comportamento e quanto al crescente
successo del modello T è diffcile da stabilire. Ma Henry Ford probabilmente aveva anche altri
obiettivi, come tenere lontani i sindacati dalla sua società - cosa che riuscì a ottenere - e come fare
pubblicità a se stesso e alle sue automobili - cosa in cui riuscì ancor meglio.
55
W = P e F (u, z)
(–, +)
2. il tasso di disoccupazione, u
Pe
Perchè il livello dei prezzi infuenza i salari nominali? Perchè i lavoratori e le imprese sono
interessati ai SALARI REALI, non a quelli nominali:
• Le imprese sono interessate al salario in termini del prezzo della produzione venduta, W/P.
Se le imprese si aspettassero che il livello dei prezzi raddoppiasse, sarebbero disposte a
raddoppiare i salari nominali.
Pertanto un aumento del livello atteso dei prezzi provocherà un AUMENTO dei salari nominali in
misura proporzionale, mantenendo costante il salario reale: ↑P e ⇨↑W
Comprende:
• Sussidi di disoccupazione: la prospettiva di percepire un'indennità in caso di
disoccupazione fa aumentare i salari a parità di tasso di disoccupazione.
• Salario minimo: un aumento del salario minimo aumenta anche i salari al di sopra di
esso, producendo un aumento del salario medio W, fssato il tasso di disoccupazione.
• Protezione dei lavoratori: una maggiore protezione da parte dello Stato rende più
costoso il licenziamento dei lavoratori da parte dell'impresa, aumenta il potere contrattuale dei
lavoratori facendo aumentare il salari per un dato tasso di disoccupazione.
56
Y = AN
P = (1 + m) W
Ipotesi semplifcatrice: i salari dipendono dai prezzi effettivi ( P ) invece che dai prezzi attesi ( P e ).
W = P F (u, z)
W/P = F (u, z)
L'equazione dei salari rappresenta la relazione tra salario reale e tasso di disoccupazione:
quanto maggiore è il tasso di disoccupazione, tanto minore sarà il salario reale. È rappresentata da
una curva decrescente chiamata WS (Wage Setting).
P = (1 + m) W
P/W = 1 + m
W/P = 1/(1 + m)
L'equazione dei prezzi ci dice che il salario reale fssato dalle imprese è una funzione delle
decisioni di prezzo: un aumento del markup fa aumentare i prezzi a parità di salari, facendo in tal
modo diminuire il salario reale. È rappresentata da una retta orizzontale PS (Price Setting). Il salario
reale derivante dalla determinazione dei prezzi è 1/(1 + m) che NON dipende dal tasso di
disoccupazione.
57
L'equilibrio nel mercato del lavoro richiede che il salario reale risultante dalla determinazione dei
salari sia uguale al salario reale derivante dalla determinazione dei prezzi.
F (un , z) = 1/(1 + m)
L'aggettivo "naturale" suggerisce che sia una costante di natura, non soggetta alle istituzioni e alla
politica economica. Tuttavia dipende sia da z sia da m.
• Aumento dei sussidi di disoccupazione (variazione di un fattore z). L'aumento dei sussidi rende meno
dolorosa la prospettiva di restare disoccupati, pertanto fa aumentare il salario reale scelto
nelle contrattazioni a parità di tasso di disoccupazione. La curva WS si sposta verso l'ALTO,
provocando un aumento del tasso naturale di disoccupazione per ristabilire l'equilibrio tra
salario reale dell'equazione dei salari (maggiore) e il salario reale dell'equazione dei prezzi
(invariato).
58
• Una legislazione antitrust meno restrittiva. Ciò consente alle imprese di colludere più facilmente e
aumentare il proprio potere di mercato, tale legislazione fa aumentare il markup, provocando
una riduzione del salario reale e di conseguenza lo spostamento verso il BASSO della curva
PS. È necessaria una disoccupazione più alta per costringere i lavoratori ad accettare questo
minor salario reale e questo fa aumentare il tasso naturale di disoccupazione.
u = U/L
U=L–N
(L – N) / L = 1 – (N/L)
L • u = 1 – (N/L) • L
Lu = L – N
N = L – Lu
N = L (1 – u)
⇨ Nn = L (1 – un)
F (un , z) = 1/(1 + m)
un = 1 – (Nn/L)
un = 1 – (Yn/L)
⇨ F (1 – (Yn/L), z) = 1/(1 + m)
59
capitolo 8
CURVA DI PHILLIPS, TASSO NATURA DI DISOCCUPAZIONE e
INFLAZIONE
1. Infazione, infazione attesa e disoccupazione
Equazione per la determinazione dei salari: W = Pe F(u, z)
Equazione per la determinazione dei prezzi: P = (1 + m)W
Nel cap. 7 avevamo ipotizzato Pe = P. Cosa accade quando rimuoviamo questa ipotesi?
P = Pe(1 + m) F(u, z)
Philipps trovò una relazione tra t. disoccupazione e salari nominali: •↑u ⇨↓W ⇩↓P
•↑Pe ⇨↑W ⇨↑P
F(u, z) = 1 – αu + z
relazione tra π, πe e u: π = πe + (m + z) – αu
• Data l'infazione attesa πe un aumento del markup m scelto dalle imprese, o un aumento dei
fattori che infuiscono sulla determinazione dei salari z porta a un aumento dell'infazione π.
Dato il livello atteso dei prezzi Pe un aumento di m direttamente (si sposta PS verso il basso) o
di z attraverso un aumento dei salari (si sposta WS verso l'alto) provoca un aumento del
livello dei prezzi P.
• Data l'infazione attesa πe un aumento del tasso di disoccupazione u porta a una riduzione
dell'infazione π.
Dato il livello atteso dei prezzi Pe un aumento del tasso di disoccupazione u porta a un minor
salario nominale, che a sua volta determina un minor livello dei prezzi P.
60
È utile usare degli indici temporali per riferirci a variabili in un dato anno. Pertanto riscriviamo
l'equazione (m e z possono variare nel tempo, ma lo fanno molto lentamente, perciò le possiamo
considerare variabili esogene, fattori istituzionali sul mercato dei beni e del lavoro):
πt = πet + (m + z) – αut
Phillips rilevò nel Regno Unito (Solow e Samuelson negli Stati Uniti) che esiste una relazione
negativa tra disoccupazione e infazione, cd. curva di Phillips: una riduzione della disoccupazione
genera infazione.
Spirale dei prezzi: con disoccupazione più bassa ⇨↑W ⇨↑P ⇨↑W ⇨↑P ulteriormente, e i
lavoratori chiedono salari ancora maggiori, e così via..
Allora: ↓ut ⇨↑Wt ⇨↑Pt ⇨↑(Pt–Pt–1)Pt–1 ⇨↑πt
Ipotizziamo che l'infazione futtui di anno in anno intorno a un certo valore che chiamiamo π, e
che l'infazione non sia persistente: πet = π. Quindi qualunque fosse l'infazione lo scorso anno,
quest'anno è uguale a π. Allora:
πt = π + (m + z) – αut
Negli Stati Uniti negli anni 61-69 il tasso di disoccupazione è diminuito e il tasso di infazione è
costantemente aumentato → l'economia statunitense si è spostata lungo la curva di Phillips.
Sembrò proprio che, se i policy-maker fossero stati disposti ad accettare maggiore infazione,
avrebbero potuto ridurre sensibilmente la disoccupazione.
61
1° formulazione
Curva Phillips
originaria
Dal 70 in poi la relazione tra tasso di infazione e tasso di disoccupazione venne meno
⇨ FALLIMENTO EMPIRICO della PC
2° formulazione
Curva Phillips
modifcata
Le nuove teorie nascono solitamente da fallimenti empirici delle teorie precedenti. Perchè la PC è
fallita?
πet = (1 – θ) π + θ πt–1
62
θ descrive l'effetto del tasso di infazione del periodo precedente sul tasso di infazione atteso per il
periodo corrente.
➢ Fintanto che l'infazione è ridotta e non persistente è ragionevole che gli individui assumano
un livello costante dell'infazione → θ = 0 e πe = π → PC originaria , relazione negativa
tra tasso di infazione e tasso di disoccupazione:
ut ↑⇨ πt ↓
πt = π + (m + z) – αut
➢ Quando l'infazione diventa più persistente gli individui iniziano ad assumere che, se
l'infazione era risultata elevate nell'anno precedente, sarebbe stata tale anche nell'anno
corrente → θ = 1 e πe = πt–1 → PC modifcata , il tasso di disoccupazione non infuenza il
tasso di infazione, ma piuttosto la sua variazione. L'equazione ci dice anche quale sia la nuova
relazione rilevante, quella tra la disoccupazione e la variazione dell'infazione:
ut ↑⇨ (πt – πt–1)↓
πt = πt–1 + (m + z) – αut
πt – πt–1 = (m + z) – αut
πt = (1 – θ) π + θ πt–1 + (m + z) – αut
63
0 = (m + z) – αun
un = (m + z) / α
αun = (m + z)
πt = πet + (m + z) – αut
πt = πet + αun – αut
πt = πet – α (ut – un)
➢ La variazione dell'infazione dipende dalla differenza tra tasso effettivo e tasso naturale di
disoccupazione. Quando: ut < un ⇨ l'infazione aumenta πt > πt–1
ut > un ⇨ l'infazione diminuisce πt < πt–1
ut = un ⇨ non c'è variazione di infazione πt = πt–1
siamo in corrispondenza di un (disoccupazione
ciclica: scostamento ut)
64
Quando si parla di "rigidità del mercato del lavoro" che affiggono l'Europa, che cosa
intendono gli economisti esattamente?
• Regole di contrattazione → un più forte potere contrattuale detenuto dai sindacati può
tradursi in una più elevata disoccupazione necessaria per riequilibrare la domanda dei
lavoratori.
Queste caratteristiche del mercato del lavoro sono davvero in grado di spiegare la disoccupazione in
Europa? Possiamo, quindi, considerare il caso chiuso? Probabilmente NO. A tal proposito,
proviamo a riconsiderare due fatti.
Fatto 1. Il tasso di disoccupazione europeo non è sempre stato elevato: è aumentato tra il 70 - 90.
Quali possono essere le cause di tale incremento?
Interrelazioni esistenti tra politiche passive e politiche attive. Alcune caratteristiche del mercato del
lavoro possono rivelarsi vantaggiose in determinati contesti e molto costose in altri. Si consideri, per
esempio, la protezione dei lavoratori: se le regole di protezione non cambiassero, una maggiore
concorrenza tra imprese genererebbe un più alto livello di disoccupazione naturale.
Fatto 2. Molti paesi europei registrano un basso livello di disoccupazione come nel caso di
Danimarca, Irlanda e Paesi Bassi nonostante abbiano un elevato grado di protezione sociale, in
particolare per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione e la forte infuenza esercitata dai
sindacati.
65
Il tasso naturale di disoccupazione è diminuito passando da circa il 7-8% negli anni 80 fno a
circa il 5% in tempi recenti. Spiegazioni:
2. L'invecchiamento della popolazione risultato della fne del boom delle nascite del
dopoguerra. Per i lavoratori giovani è più frequente trovarsi disoccupati. Quindi, una
riduzione della percentuale di giovani lavoratori porta una diminuzione del tasso di
disoccupazione totale. ↓giovani (con u↑) ⇨↓u
3. Un aumento del tasso di incarcerazione (dovuta dalla presenza di tanti neri). Nel
1980, lo 0,3% della popolazione statunitense in età lavorativa era in prigione. Oggigiorno la
percentuale si attesta all'1%. Dato che molti degli individui incarcerati sarebbero
probabilmente disoccupati se fossero in stato di libertà, questo ha probabilmente contribuito
a ridurre il tasso di disoccupazione di circa lo 0,2%.
Anni 70: ↑Poil ⇨↑m ⇨ π > π–1 Inizio anni 90: 90' u = 5,1% 92' u = 7,7%
(crisi petrolifera) (infazione da costi) ↑u ⇨↓π
66
Quando il tasso di infazione diventa elevato, l'infazione tende anche a risultare più variabile. Di
conseguenza, i lavoratori e le imprese sono più riluttanti a frmare contratti di lavoro che fssano i
salari nominali per un lungo periodo di tempo (maggiore incertezza): con infazione più alta del
previsto i salari reali scenderebbero e i lavoratori perderebbero potere d'acquisto; con infazione più
bassa del previsto i salari reali aumenterebbero e le imprese potrebbero non essere in grado di
pagare i lavoratori e rischierebbero di fallire → le condizioni delle contrattazioni salariali cambiano
al variare del livello di infazione. Pertanto:
1. I salari nominali vengono fssati per periodi di tempo più brevi (1 anno o un mese)
Economia con due tipi di contratti: • una proporzione λ di contratti è indicizzata: i salari nominali
si muovono nella stessa misura del livello effettivo dei prezzi, ovvero π t ;
• una proporzione (1 – λ) di contratti NON è indicizzata: i salari nominali sono fssati sulla base
dell'infazione attesa πet
Se πet = πt–1 :
Quando λ = 0, tutti i salari sono fssati sulla base dell'infazione attesa πet = πt–1 :
Quando λ > 0, una proporzione λ dei salari è fssata sulla base dell'infazione effettiva πt :
Quando λ = 1, cioè quando la maggior parte dei contratti di lavoro prevede l'indicizzazione
salariale, allora anche piccole variazioni della disoccupazione possono portare a variazioni molto
ampia dell'infazione. In altre parole, possono verifcarsi ampie variazioni dell'infazione associate a
variazioni quasi nulla della disoccupazione. È quello che succede in paesi dove l'infazione è molto
alta.
67
Cosa succede invece quando l'infazione è bassa, cioè quando c'è defazione?
I punti corrispondenti agli anni 30 della Grande Depressione (indicati da triangoli), giacciono a
destra degli altri, pertanto dato l'elevato tasso di disoccupazione, anche il tasso di infazione è
sorprendentemente alto (ci saremmo aspettati una forte defazione)⇨ la curva di Phillips non funzionava.
Due possibili spiegazioni:
1. La grande depressione provocò un aumento non solo del tasso effettivo di disoccupazione,
ma anche del tasso naturale di disoccupazione. Questa spiegazione però NON è
CONVINCENTE. Infatti la depressione è il risultato di un forte calo della domanda
aggregata che ha causato un aumento del tasso effettivo di disoccupazione al di sopra del suo
livello naturale e non, invece, un aumento di quest'ultimo.
2. Quando un'economia è in defazione, la curva di Phillips non vale più: i lavoratori non sono
disponibili ad accettare riduzioni dei propri salari nominali. È possibile che i lavoratori siano
disposti ad accettare, anche se inconsapevolmente, riduzioni dei propri salari reali dovute a
un aumento più veloce dell'infazione rispetto all'aumento dei salari nominali. Tuttavia, sarà
più diffcile che accettino riduzioni del salario reale dovute a forti riduzioni del salario
nominale.
68
capitolo 9
IL MODELLO IS-LM-PC
Mercato dei beni IS
(curva keynesiana) IS - LM
Mercato monetario LM
IS – LM - PC
Mercato del lavoro curva di Phillips
PC
1. Il modello IS-LM-PC
Comportamento della produzione nel breve periodo (cap.6):
! Non necessariamente
l'equilibrio di breve periodo
corrisponde a quello di medio
Dato che la relazione IS è espressa in termini della produzione, il primo passo sarà riscrivere la curva
di Philips in termini della produzione, invece che della disoccupazione.
69
quindi:
N = L (1 – u)
Y = N = L (1 – u)
Quando il tasso di disoccupazione è pari al suo livello naturale, anche l'occupazione sarà al suo
livello naturale Nn , così come la produzione Yn chiamato anche produzione potenziale.
Possiamo ora esprimere le deviazioni del tasso di disoccupazione dal suo livello naturale in termini
di produzione:
πt – πe = (α/L) (Y – Yn)
A parole: quando la produzione è superiore al suo livello potenziale, quando c'è quindi un output
gap positivo, l'infazione aumenta. Quando la produzione è al di sotto del suo livello potenziale,
quando c'è quindi un output gap negativo, l'infazione diminuisce.
La legge di Okun
In che modo la relazione tra produzione e disoccupazione rifette la relazione empirica tra le
due, conosciuta con il nome di legge di Okun (cap.2)?
u – u–1 ≈ – gY
70
• La crescita della produzione annuale deve essere pari ad almeno il 3% per impedire il tasso di
disoccupazione di aumentare, ovvero deve essere uguale alla somma del tasso di crescita delle forze
lavoro e del tasso di crescita della produttività del lavoro.
• Le imprese aggiustano l'occupazione meno che proporzionalmente in risposta a deviazioni della
crescita della produzione dal tasso naturale (una crescita della produzione dell'1% porta ad un
aumento pari a solo 0,6% del tasso di occupazione). Una ragione è che alcuni lavoratori sono
necessari all'impresa, a prescindere dal livello della produzione. Un'altra ragione è che formare
nuovi dipendenti è costoso: le imprese preferiscono mantenere i lavoratori già assunti piuttosto che
aggiustare le forze di lavoro in risposta a futtuazioni della produzione. In tempi di crisi, le imprese
di fatto mantengono lavoratori non necessari, che risulteranno necessari appena le condizioni di
mercato miglioreranno (cd. labor hoarding).
• β = coeffciente di Okun, cattura l'effetto degli scostamenti della crescita della produzione
dal suo livello naturale sul tasso di disoccupazione.
Perché la banca non aumenta il tasso di policy immediatamente, in modo tale che l'equilibrio di
medio periodo venga raggiunto senza ritardi?
• È spesso diffcile per la banca centrale sapere quale sia esattamente il livello della produzione
potenziale, e quanto la produzione attuale sia lontana dal suo potenziale.
• Anche se la banca centrale reagisse tempestivamente ci vorrebbe comunque tempo prima che
l'economia torni a un livello naturale della produzione in quanto le imprese hanno bisogno di tempo
per aggiustare le proprie decisioni di investimento in risposta a un maggior tasso di policy, causando
una diminuzione della domanda, della produzione e del reddito, ma ci vuole tempo prima che i
71
consumatori aggiustino il loro consumo in risposta alla riduzione del loro reddito, e ci vuole altresì
tempo prima che le imprese aggiusti il loro comportamento in risposta alla riduzione delle vendite
che ne consegue.
Il fatto che sia necessario tempo prima che la produzione ritorni al suo livello naturale solleva una
questione riguardo l'infazione. Durante il processo di aggiustamento la produzione è costantemente
al di sopra del suo livello potenziale, e così l'infazione aumenta costantemente. Se la banca centrale
decidesse di ridurla, dovrebbe aumentare il tasso di policy oltre rn , fno a un rientro a livelli
considerati accettabili di infazione. L'economia, partendo dal punto A, supererebbe il punto A'
raggiungendo, per esempio, il punto C. A quel punto, la banca centrale comincerebbe a diminuire il
tasso di policy fno a rn
In altre parole, se la banca centrale volesse mantenere un costante livello di infazione nel medio
periodo, l'espansione iniziale dell'economia dovrebbe essere seguita da una recessione.
Invece ci assumere che πet = πt–1 , assumiamo che gli individui si aspettino che l'infazione sia uguale
ad un certo valore costante π. L'equazione diventa:
π – π = (α/L) (Y – Yn)
Un output gap positivo produce ora un maggior tasso di infazione, invece che un tasso di infazione
crescente. Per tornare al tasso di infazione π, non è necessario che la banca centrale aumenti il tasso
di policy oltre rn , com'era invece necessario prima. In questo caso diciamo che le ASPETTATIVE
sono ANCORATE, non è necessario che la banca centrale compensi la fase di espansione con una
recessione.
72
L'infazione si trasformò in una sempre più elevata defazione, portando ad un costante aumento del
tasso di policy reale e facendo diminuire la spesa e la produzione, fno a quando non vennero
adottate altre misure di politica economica e l'economia invertì la sua rotta. La defazione e la
ridotta produzione si alimentano reciprocamente. Una minore produzione conduce a più
defazione, e più defazione conduce a un maggior tasso di interesse reale e a una minore
produzione. Invece di raggiungere l'equilibrio di medio periodo, l'economia si
allontana da esso: la produzione è in costante diminuzione e la defazione diviene sempre più
signifcativa.
Durante la crisi recente, il tasso di policy sceso a zero nelle principali economie avanzate, ha
sollevato preoccupazioni simili. Ma la defazione è rimasta limitata, e non si è verifcata alcuna
spirale defazionistica. Una delle ragioni è che le aspettative sull'infazione sono rimaste ampiamente
ancorate. Una ridotta produzione ha portato a una ridotta infazione e, in alcuni casi, a una leggera
defazione, ma mai a una sistematica e crescente defazione, come accadde invece durante la
Grande Depressione.
Y = C (Y – T) + I (r + x,y) + G
⇨ Sebbene un consolidamento fscale possa ridurre l'investimento nel breve periodo, lo aumenta
nel medio periodo.
73
L'aumento del tasso naturale di disoccupazione conduce, a sua volta, ho una diminuzione del livello
naturale di occupazione, che porta a una pari diminuzione della produzione potenziale.
⇨ Un aumento del prezzo del pretorio si porta a una diminuzione della produzione potenziale: la
curva PC si sposta verso l'alto.
74
capitolo 17
APERTURA del MERCATO dei BENI e dei MERCATI FINANZIARI
Il concetto di apertura internazionale ha 3 dimensioni distinte:
1. Apertura del mercato dei beni: l'opportunità per i consumatori e le imprese di scegliere
tra beni nazionali e beni esteri. Vincoli alla scelta: dazi (tasse sui beni importati) e quote
(restrizioni sulle quantità di beni che possono essere importate).
2. Apertura dei mercati fnanziari: l'opportunità per gli investitori fnanziari di scegliere
tra titoli nazionali ed esteri.
3. Apertura dei mercati dei fattori: l'opportunità per le imprese di scegliere dove
localizzare un'attività produttiva e per i lavoratori di scegliere dove lavorare.
• Proporzione di beni commerciali presenti nell'economia (= beni che competono con quelli
esteri sia sul mercato interno sia sui mercati stranieri).
La proporzione di beni commerciali è un indicatore migliore in quanto molte imprese sono esposte
alla concorrenza estera senza che questo generi un aumento delle importazioni: tenendo i prezzi
bassi per reggere la concorrenza, queste imprese riescono a mantenere la loro quota di mercato e
limitare le importazioni dall'estero.
Le differenze esportazioni/Pil tra i paesi dipende dalla geografa e dalla dimensione. Per esempio, in
Giappone è basso perchè è isolato dagli altri mercati, mentre l'Olanda, paese piccolo, non può
permettersi di produrre tutti i beni necessari a un'economia pertanto dovrà importarli.
75
I tassi di cambio nominali tra due valute possono essere espressi in uno dei due seguenti modi:
Noi adottiamo la prima defnizione: il tasso di cambio nominale E è il prezzo della moneta nazione
in termini di moneta estera. Es. il tasso di cambio tra Eurozona e Regno Unito indica il prezzo di un
euro in termini di sterline.
Le variazioni del tasso di cambio nel tempo sono chiamate apprezzamenti nominali o deprezzamenti
nominali:
• un apprezzamento della moneta nazionale ↔ aumento del prezzo della moneta nazionale in
termini di moneta estera ↔ aumento del tasso di cambio ↑E = più dollari per 1€
• un deprezzamento della moneta nazionale ↔ riduzione del prezzo della moneta nazionale in
termini di moneta estera ↔ riduzione del tasso di cambio ↓E = meno dollari per 1€
% = Et – Et–1 / Et–1
Regime di cambi fssi: sistema nel quale due o più paesi mantengono un tasso di cambio costante
tra le proprie valute. In questo sistema, gli aumenti del tasso di cambio sono chiamati rivalutazioni e
le riduzioni sono chiamate svalutazioni.
– Il prezzo dei beni dell'Eurozona in euro è P. Moltiplicandolo per il tasso di cambio nominale E
otteniamo il prezzo dei beni europei in sterline, EP.
� = EP / P*
Le variazioni del tasso di cambio reale sono chiamate apprezzamenti reali e deprezzamenti reali:
• apprezzamento reale ↔ aumento dei prezzi dei beni nazionali in termini di beni esteri ↔
aumento del tasso di cambio reale → più competitivo il bene estero;
76
• deprezzamento reale ↔ riduzione dei prezzi dei beni nazionali in termini di beni esteri ↔
diminuzione del tasso di cambio reale → più competitivo il bene nazionale.
Dall'inizio degli anni 90, i tassi di cambio nominale e reale sono stati molto simili, e ciò è dovuto dal
fatto che l'infazione è simile nei due contesti (Eurozona e Regno Unito).
Il tasso di cambio multilaterale rappresenta il prezzo medio dei beni di una nazione rispetto a quello di
tutti i suoi partner commerciali.
La fgura mostra l'evoluzione del tasso di cambio multilaterale (o effettivo) dei beni dell'Eurozona
rispetto ai beni esteri, dal 1999. È possibile constatare la tendenza all'apprezzamento reale dell'euro
dal 1999, seguita poi da un rapido deprezzamento a partire dal 2008. Nel 2015 il prezzo dei beni
dell'Eurozona in termini di beni esteri è tornato a livelli simili a quelli osservati nel 1999.
77
Le transazioni di un paese con il resto del mondo, siano esse fussi commerciali o fnanziari, sono
riassunte in una serie di conti chiamati bilancia dei pagamenti.
La tabella rappresenta la bilancia dei pagamenti dell'UE nel 2015. Si compone di due sezioni
separate da una linea; le transazioni si dicono sopra la linea o sotto la linea.
Il conto corrente. Le transazioni sopra la linea registrano tutti i pagamenti da e verso il resto
del mondo: sono chiamate transazioni di conto corrente:
• esportazioni e importazioni di beni e servizi;
• redditi da investimento: da capitale, da lavoro.
• trasferimenti: cancellazioni del debito, trasferimenti dovuti a brevetti, a diritti d'autore e a
marchi di fabbrica, e donazioni internazionali. Trasferimenti netti ricevuti = valore netto degli aiuti
dati e ricevuti dall'estero.
La somma dei pagamenti netti da e verso il resto del mondo prende il nome di saldo di conto
corrente. Se i pagamenti sono positivi si registra un avanzo di conto corrente, se invece sono
negativi si registra un disavanzo di conto corrente.
Il conto capitale. Le transazioni sotto la linea registrano i fussi fnanziari da e verso il resto
del mondo: sono chiamate transazioni di conto capitale.
I fussi netti di capitale positivi sono chiamati avanzo di conto capitale; fussi netti di capitale
negativi sono detti disavanzo di conto capitale. Dalla loro differenza si ottiene il saldo di conto
capitale.
Le cifre relative alle transazioni sopra la linea (conto corrente) e sotto la linea (conto capitale) hanno
origine da fonti diverse. Benchè debbano fornire lo stesso risultato, di solito ciò non avviene. La
differenza tra le due è detta discrepanza statistica.
78
Registrazioni
Voci + Voci –
Es. Impresa A in Italia vende una partita di agrumi in Svizzera ⇨ esportazioni di merci +conto
corrente
Una banca milanese incassa interessi su fnanziamenti consessi al Brasile ⇨ ↑redditi dall'estero
+conto corrente
Il signor Rossi residente in Italia acquista T-Bond (titoli di Stato americani) ⇨ ↑importazioni di
attività fnanziarie – conto capitale
A prima vista sembra che ci siano due nuove decisioni da affrontare: la scelta tra moneta nazionale ed
estera e la scelta tra attività fnanziarie fruttifere nazionali ed estere. Tuttavia detenere titoli esteri è
senza dubbio più conveniente che tenere moneta estera, in quanto essi pagano un tasso di interesse
positivo. Quindi, l'unica nuova scelta che è necessario considerare è quella tra attività fnanziarie
fruttifere nazionali ed estere.
Affnché sia conveniente tenere titoli sia italiani sia britannici, essi devono avere lo stesso tasso di
rendimento atteso, cioè deve valere la seguente condizione di arbitraggio:
79
Per capire meglio che cosa comporta la condizione di parità dei tassi di interesse, riscriviamo
Et/Eet+1 come 1/[1 + (Eet+1 – Et)/Et]
Se i tassi di interesse, it e it*, e il tasso di apprezzamento atteso, (Eet+1 – Et), non sono troppo elevati –
ad esempio sotto il 20% – una buona approssimazione di questa equazione è data da:
L'arbitraggio fa sì che il tasso di interesse interno sia (approssimativamente) uguale al tasso di interesse estero meno il
tasso di apprezzamento atteso (variazione attesa) della moneta interna.
80
capitolo 18
il MERCATO dei BENI in ECONOMIA APERTA
Come uno shock nell'economia possa propagandarsi nell'economia globale?
Z = C + I + G + X – IM/�
• sottrarre le importazioni in termini di beni nazionali (1/� è il prezzo dei beni esteri i termini di
beni nazionali)
• aggiungere le esportazioni, X.
1.2. Le determinanti di C, I e G
Possiamo usare la descrizione di consumo, investimento e spesa pubblica che abbiamo presentato
nei capitoli precedenti.
IM = IM(Y, �)
+ +
81
Se indichiamo con Y* il reddito (o la produzione) del resto del mondo, possiamo scrivere:
X = X(Y*, �)
+ –
La fgura mostra le varie componenti della domanda di beni nazionali in funzione della produzione,
mantenendo costanti tutte le altre variabili che infuenzano la domanda.
Per ottenere la domanda di beni nazionali, dobbiamo innanzitutto sottrarre le importazioni → nella
fgura b la retta AA rappresenta la domanda nazionale di beni nazionali: la distanza tra la DD e la
AA è uguale al valore delle importazioni IM/�. Poiché la quantità di importazioni aumenta col
reddito, la distanza tra le due rette aumenta anch'essa al crescere del reddito. Due caratteristiche
della curva AA:
– la AA è più piatta della DD: all'aumentare del reddito, la domanda interna di beni nazionali
aumenta meno della domanda interna totale.
– la AA è inclinata positivamente: un incremento del reddito fa aumentare la domanda interna di
beni nazionali.
82
Nella fgura d la relazione tra esportazioni nette e produzione è rappresentata dalla retta indicata
con NX: all'aumentare della produzione nazionale, le importazioni aumentano e le esportazioni
rimangono invariate, per cui le esportazioni nette diminuiscono.
Y=Z
83
RICORDA: quanto è minore l'inclinazione della curva di domanda, tanto inferiore è il valore del
moltiplicatore → la curva di domanda ZZ è più piatta della curva di domanda in economia chiusa
DD.
Causa dei due effetti: l'aumento della domanda interna ricade sia sui beni nazionali sia sui beni
esteri. Di conseguenza, quando la produzione aumenta, l'effetto sulla domanda di beni nazionali è
più piccolo di quello che si avrebbe in economia chiusa, e il valore del moltiplicatore è inferiore.
Inoltre, poiché parte dell'incremento della domanda è rivolto alle importazioni – e le esportazioni
sono invariate – ne risulta un disavanzo commerciale.
84
C = c0 + c1(Y – T)
I = d0 + d1Y – d2i
ipotesi: � = 1
IM = q1Y
X = x1Y*
Y = C + I + G – IM + X
q1 = propensione a importare
Variazione di NX al variare di G
ΔNX = – q1ΔY
= [– q1 / 1 – (c1 + d1 – q1)] ΔG
85
↑Y*
⇨↑X(Y*, �)
⇨↑domanda beni nazionali
⇨↑Y ⇨↑IM(Y, �) (inferiore a ↑X)
⇨↑NX
86
Due implicazioni:
1. Gli shock alla domanda in un paese hanno effetti anche in tutti gli altri paesi.
2. I paesi prediligono aumenti della domanda estera (che provoca un miglioramento della bilancia
commerciale) piuttosto che incrementi della domanda nazionale (che provocano un deterioramento
della bilancia commerciale). Si consideri un gruppo di paesi all'interno del quale vi siano ampi fussi
commerciali, e supponiamo che questi paesi siano tutti in recessione e che ognuno di essi abbia una
bilancia commerciale più o meno in pareggio. Ciascuno aspetterà prima di adottare misure che
stimolino la domanda interna, aspettando che sia un altro paese ad adottarle. Ma se tutti aspettano,
non accadrà nulla e la recessione persisterà.
• Le importazioni, IM, diminuiscono. Il deprezzamento reale, che rende i beni esteri relativamente
più costosi nell'economia nazionale, provoca un aumento della domanda interna di beni
nazionali e quindi una riduzione delle importazioni.
• Il prezzo relativo dei beni esteri in termini di beni nazionali, 1/�, aumenta. Questo tende ad
aumentare il valore delle importazioni, IM/�. La stessa quantità di importazioni, infatti,
adesso costa di più.
87
Il deprezzamento provoca una variazione della domanda, sia estera sia interna, a favore dei beni
nazionali che risultano relativamente meno costosi. Questo genera a sua volta un aumento della
produzione interna e un miglioramento della bilancia commerciale.
2. Per evitare questo effetto espansivo, il governo deve ridurre la spesa pubblica in modo da
riportare ZZ' in ZZ. Questa combinazione di deprezzamento e stretta fscale alla fne lascia
invariato il livello di reddito e migliora la bilancia commerciale.
88
Esempio in alto a destra: la produzione iniziale è troppo bassa e l'economia registra un disavanzo
commerciale. Un deprezzamento avrà effetti benefci sia sulla produzione sia sulla bilancia
commerciale. In base alla situazione iniziale e agli effetti relativi del deprezzamento sulla
produzione e sulla bilancia commerciale, il governo potrebbe aver bisogno di accompagnare il
deprezzamento con un aumento o una diminuzione della spesa pubblica: a questa ambiguità si
riferisce il punto di domanda nella tabella.
1. Nei primi mesi, l'effetto probabilmente si rifetterà sui prezzi: il prezzo delle importazioni
europea aumenta, mentre il prezzo delle esportazioni diminuisce.
Quando gli effetti sui prezzi relativi si rafforzano, ovvero quando i beni europei diventano meno
costosi, i consumatori imprese nell'eurozona ridurranno la propria domanda di beni stranieri, e
quando invece i beni europei diventano meno costosi all'estero, i consumatori e le imprese straniere
ne aumenteranno la domanda. Le esportazioni aumentano, le importazioni diminuiscono.
Se la condizione di Marshall-Lerner alla fne è soddisfatta, la variazione delle esportazioni e delle
importazioni diventa più forte dell'effetto negativo sui prezzi, e l'effetto fnale del deprezzamento
sarà un miglioramento della bilancia commerciale.
Gli economisti si riferiscono a questo processo di aggiustamento come alla curva J perché la curva
nella fgura assomiglia una J.
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La fgura sotto mostra la bilancia commerciale per l'Italia insieme all'evoluzione del tasso di cambio
reale multilaterale. Dal punto di vista della bilancia commerciale, espressa in rapporto al Pil, due
fatti sono evidenti:
1. Le variazioni del tasso di cambio reale si sono effettivamente rifesse in movimenti paralleli
del saldo della bilancia commerciale.
2. Tuttavia, si osservano ritardi nella risposta della bilancia commerciale a variazioni del tasso
di cambio reale: deprezzamento anni 90 → il miglioramento della bilancia commerciale
raggiunge il suo culmine solo un paio di anni dopo. La curva J è particolarmente evidente in
questo periodo.
Y = C + I + G – IM/� + X
S = I + G – T – IM/� + X
NX = S + (T – G) – I
NX > 0 ⇨ S + T – G > I
NX < 0 ⇨ S + T – G < I
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capitolo 19
PRODUZIONE, TASSO di INTERESSE e TASSO di CAMBIO
1. L'equilibrio nel mercato dei beni
Affnchè il mercato sia in equilibrio, la produzione nazionale deve essere uguale alla domanda di
beni nazionali:
Prima semplifcazione: P = P* ⇨ E = �
Seconda semplifcazione: πe = 0 ⇨ r = i
L'equilibrio del mercato dei beni implica che la produzione dipenda negativamente sia dal tasso di
interesse nominale che dal tasso di cambio nominale.
Affnché in equilibrio gli individui detengano sia i titoli nazionali che esteri, essi devono avere lo
stesso tasso di rendimento atteso; altrimenti, gli investitori sarebbero disposti a detenere gli uni o gli
altri, ma non entrambi, e questo non corrisponde ad una condizione di equilibrio.
Come abbiamo visto nel capitolo 17 deve essere soddisfatta la seguente condizione di arbitraggio –
la parità dei tassi di interesse:
Se Eet+1 > Et → apprezzamento atteso: acquisto titoli nazionali dato che a scadenza in cambio di
1€ riceverò più dollari.
Questa relazione ci dice che il tasso di cambio corrente dipende dal tasso di interesse nazionale, dal
tasso di interesse estero e dal tasso di cambio atteso:
• un aumento del tasso di interesse interno provoca un aumento del tasso di cambio (perché
più persone dall'estero acquisteranno nostri titoli)
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• un aumento del tasso di interesse estero provoca una riduzione del tasso di cambio
• un aumento del tasso di cambio atteso porta a un aumento del tasso di cambio corrente.
Pensiamo al tasso di interesse come al tasso di policy stabilito dalla banca centrale:
i=ῑ
La parità dei tassi di interesse fa sì che vi sia una relazione positiva fra il tasso di interesse interno e il
tasso di cambio:
LM: i=ῑ
2. (presente soltanto nel contesto di un'economia aperta) effetto che opera attraverso il tasso di
cambio: un aumento del tasso di interesse interno genera un apprezzamento.
Quest'ultimo, che rende i beni nazionali relativamente più costoso, provoca a sua volta una
riduzione delle esportazioni nette e, quindi, una riduzione della domanda di beni nazionali e
della produzione.
Entrambi gli effetti operano nella stessa direzione: un aumento del tasso di interesse riduce la
domanda direttamente e indirettamente, attraverso il tasso di cambio.
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La produzione e il tasso di interesse di equilibrio sono dati dall'intersezione delle curve IS e LM.
Dato il tasso di interesse estero e il tasso di cambio atteso, il tasso di interesse di equilibrio determina
il tasso di cambio di equilibrio.
• il primo, come in economia chiusa, è attraverso l'effetto del tasso di interesse sulla spesa;
• il secondo è attraverso l'effetto del tasso di interesse sul tasso di cambio e, quindi, attraverso
l'effetto del tasso di cambio su esportazioni importazioni.
Entrambi gli effetti vanno nella stessa direzione. Nel caso di una contrazione monetaria, un maggior
tasso di interesse e un apprezzamento del tasso di cambio riduco entrambi la domanda e la
produzione.
Un aumento della spesa pubblica fa aumentare la produzione a parità di tasso di interesse e quindi
sposta la curva IS verso destra. Dato che la banca centrale non modifca il tasso di policy, la curva
LM non si sposta.
⇨ Un aumento della spesa pubblica, quando la banca centrale lascia il tasso di interesse invariato,
provoca un aumento della produzione, senza alcuna variazione del tasso di cambio.
• Il consumo (a causa dell'incremento del reddito) e la spesa pubblica (per ipotesi) aumentano.
• Anche l'investimento aumenta dato che dipende sia dalla produzione che dal tasso di interesse
I = I(Y, i). La produzione aumenta, mentre il tasso di interesse rimane costante. Così,
l'investimento aumenta.
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• Cosa accade alle esportazioni nette? Ricordiamo che le esportazioni nette dipendono dalla
produzione estera, dalla produzione nazionale e dal tasso di cambio: NX = NX(Y, Y*, E).
La produzione estera è invariata, poiché abbiamo ipotizzato che il resto del mondo non
risponda all'aumento della spesa pubblica nazionale. Il tasso di cambio rimane anch'esso
invariato poiché il tasso di interesse non cambia. La produzione nazionale invece aumenta:
dato che fa aumentare le importazioni, fssato il tasso di cambio, le esportazioni nette
diminuiscono.
• Come nel caso precedente, il consumo (a causa dell'incremento del reddito) e la spesa pubblica
(per ipotesi) aumentano.
• Ciò che accade all'investimento è ora ambiguo. I = I(Y, i): da un lato, la produzione aumenta,
inducendo un incremento dell'investimento. Tuttavia, anche il tasso di interesse aumenta,
riducendo la spesa per investimenti.
• Le esportazioni nette diminuiscono sia per effetto dell'apprezzamento sia a causa dell'aumento
della produzione: l'apprezzamento riduce le esportazioni e aumenta le importazioni, e
l'incremento della produzione fa aumentare ulteriormente le importazioni.
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Da un lato vi sono paesi, come gli Stati Uniti, regno unito, il Giappone il Canada, con tassi di
cambio fessibili. Essi non hanno obiettivi specifci in termini di tasso di cambio e le banche centrali
si mostrano disposte a consentire ampie futtuazioni dello stesso.
All'estremo opposto, ci sono i paesi che operano in regime di tassi di cambio fssi, mantengono
cioè una parità tra il valore nominale della valuta nazionale e quello di qualche valuta estera. Alcuni
ancorano la loro moneta al dollaro.
Con o senza cambio fsso, il tasso di cambio e il tasso di interesse nominale devono soddisfare la
parità dei tassi di interesse:
Supponiamo ora che il paese ancori il suo tasso di cambio a un qualche livello, diciamo E, per cui
Et = E. Allora anche Eet+1 = E, e la parità dei tassi di interesse sarà:
⇨ Con un tasso di cambio fsso, il tasso di interesse interno deve essere uguale al tasso di interesse
estero. Pertanto: in un sistema di cambi fssi, la banca centrale italiana cede la possibilità di fssare il
tasso di interesse alla BCE, rinuncia alla politica monetaria come strumento di politica
economica.
Gli effetti di un aumento della spesa pubblica quando la banca centrale adotta un tasso di cambio
fsso sono identici a quelli che abbiamo visto nella fgura:
In un sistema di cambi fessibili la banca centrale potrebbe reagire all'aumento della spesa pubblica
aumentando il tasso di interesse. Questa opzione non è disponibile in un sistema di cambi fssi,
poiché il tasso di interesse nazionale deve essere uguale al tasso di interesse estero.
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Contro:
⇢ Fissando il tasso di cambio, si rinuncia a uno strumento effcace nella correzione degli
squilibri commerciali e nel controllo del livello di produzione aggregata.
⇢ Ancorandosi a un dato tasso di cambio fsso, un paese rinuncia anche al controllo del suo
tasso di interesse. Inoltre, deve seguire l'andamento del tasso di interesse estero, correndo il
rischio di effetti indesiderati sulla sua attività economica.
⇢ Nonostante il paese mantenga una piena disponibilità della politica fscale, un solo
strumento di politica economica non è sempre suffciente (come abbiamo visto nel capitolo
18).
Per capire cosa spinge alcuni paesi ad ancorare il tasso di cambio dobbiamo vedere che cosa
succede non solo nel breve periodo – che è quanto abbiamo fatto in questo capitolo – ma anche nel
medio periodo, quando livello dei prezzi si può aggiustare. Dobbiamo considerare anche la natura
delle crisi del tasso di cambio.
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