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RIASSUNTO “LEZIONI DI ECONOMIA AZIENDALE” DI ARNALDO

CANZIANI, QUARTA EDIZIONE


RIASSUNTO CAPITOLO 1: L’ATTIVITA ECONOMICA DALL’ANTICHITA ALLA CINA CONTEMPORANEA, ECONOMIA DI
MERCATO, MONETA, SVILUPPO E DECLINO
DELLE NAZIONI
1. L’attività economica quale attività sempiterna. Realisti e marxisti nella ricostruzione della storia antica. Gli
insegnamenti di Rostovzev
C’è distinzione tra Storia e Storiografia; la storia si articola in tre momenti, eretti uno sull’altro:
A. La cronologia, necessaria per stabilire l’esatta successione degli avvenimenti.
B. La biografia.
C. La storiografia, ovvero la storia conforme alla sua idea. È un’interpretazione che attraversa epoche e nazioni per
individuarne le leggi.
È necessario rifiutare implicitamente l’interpretazione materialistico-dialettica della Storia
proposta da Marx e Engels. Essi sostenevano che nelle società primitive vigeva un comunismo
originario, dove tutti mettevano tutto in comune. Poi, con la divisione del lavoro, nascevano
organizzazioni sociali, quindi la gerarchia e lo sfruttamento. Più si articolavano le attività produttive
e più complessa diventava la l’organizzazione sociale, per arrivare poi alla nascita dello Stato
(inteso come organizzazione politico-militare).
La storia, in particolare nei profili economici, si è svolta diversamente! L’attività economica è
antica. Partendo dall’economia antica, questa potrebbe essere articolata secondo quattro
principali stilizzazioni connotate:
a. Dalla rudimentalità
b. Dallo statalismo
c. Dall’affarismo
d. Dell’espansione marittima
La civiltà etrusca
Sviluppata la coltura dei cereali, della vite e dell’allevamento, nel V secolo a.C. le attività
economiche erano soprattutto di tipo artigianale e di laboratori. Inoltre, gli Etruschi avevano
ferventi contatti con la vicina Roma (prima dei conflitti) e contatti lungo l’asse Ovest-Est (presenza
di via etrusca).
Anche il grado di civiltà dimostra una discreta accumulazione di ricchezza e di cultura già avvenute.
La civiltà romana
Tra i IX e VI secoli a.C., l’economia romana è dedita all’agricoltura e alla pastorizia.Con la fecondazione reciproca tra
Etruschi e Romani dopo le guerre che li videro contrapposti,predominava ancora la pastorizia nell’agro romano, oltre ad
attività agricole e allevamento.Iniziavano già a svilupparsi le prime attività artigianali e commerciali.
Dal V al I secolo a.C., i patrizi conducevano direttamente le proprie grandi proprietà fondiarie: ciò indirizzò a
un’agricoltura e bovinicoltura estensive, e successivamente alle coltivazioni; questi prodotti venivano poi collocati nei
mercati settoriali, ma anche nei mercati generali. Successivamente, con la tarda Repubblica, essendo proibite alle classi
nobiliari attività di tipo economico, vennero in campo gli equites. Con la prima età imperiale, si svilupparono commerci
interni e commerci esteri. Si arrivò poi al secolo d’oro dell’Impero, il II secolo d.C., con lo sviluppo delle grandi Opere
Pubbliche e del loro effetto moltiplicatore che comportavano sull’intera economia, cioè dello sviluppo di tutti i settori
coinvolti nelle stesse opere pubbliche. Si affermò così la grande stagione dell’edilizia di Stato con finalità funzionali, di
ritrovo, ricreative e celebrative. Contemporaneamente, la spesa pubblica aumentava anche in altri settori, aumentando
così anche i campi d’azione per gli appaltatori.
L’insieme di queste attività economiche, diede origine ad una struttura statale complessa. I quattro
ceti più importanti erano: patrizi, equites, liberti e plebei. Un rilevante apporto a questi sviluppi venne dato dal sistema
monetario.
La monetazione standard iniziò nel 335 a.C. con l’aes grave; il sistema stesso:
● a. Era costituito da monete d’oro, argento, bronzo e rame-ottone.
● b. Fu governato con grande attenzione, mantenendo sorvegliata la circolazione totale rispetto
● ai volumi di scambio dell’intera economia.
● c. Mantenendo un sistema di cambi fissi.
Si arriva poi ai decenni della decadenza, verso il 116 d.C., imputabile a fattori economici ed extra-economici. Tra i fattori
economici è importante rammentare:
A. Il lento mutare delle tecniche di coltivazione.
B. La decadenza dell’agricoltura dopo il II secolo d.C., dovuta allo spopolamento dei campi e alle possibili vessazioni
ad opera di proprietari di latifondi.
C. Obbligatorietà delle corporazioni.
D. Oziosità delle classi urbane (si resero necessarie le leges sumptuariae).
E. Difficoltà di sviluppare produzioni su ampia scala.
F. Predominanza dell’esercito.
G. Strapotere degli appaltatori, soprattutto di imposte.
H. Insicurezza sulle strade e nei trasporti.
I. Corruzione dilagante negli uffici pubblici.
J. Inflazione di prezzi e rarefazione delle monete preziose.
Nonostante ciò, al muovere del V secolo d.C., quattro fattori avviarono la civilizzazione che
sarebbe poi rifiorita nei secoli successivi. Questi fattori sono:
a. Il ricordo dell’Impero
b. La Chiesa Cristiana
c. I barbari
d. L’esigenza di ordine

2. Dall’economie di baratto all’economia monetaria. Le tre funzioni della moneta. La legge


di Gresham nelle circolazioni metalliche o cartacee
Il principio del baratto è lo scambio di merce contro merce. I caratteri principali del baratto
sono:
a. Individuazione di controparti con cui risultasse possibile uno scambio di mutuo interesse.
b. Soggettività di determinazione dei valori, in funzione di bisogni e preferenze.
c. Complesse procedure per trovare l’accordo.
Con il passare del tempo, si arriva al baratto multiplo; questo risolveva alcuni aspetti, ma
ne complicava altri: rendeva infatti più complesso l’intero sistema degli scambi a causa
dell’infittirsi delle negoziazioni e il sorgere di intermediari.
I problemi del baratto, quindi, sono due:
a. La variabilità dei valori.
b. Il numero infinito dei rapporti di scambio che ne deriva; ogni bene, infatti, possiede un
valore in termini di ciascuno degli altri beni esistenti.
Per questo motivo, si arrivò ad una ulteriore fase del baratto, quella del baratto standard,
dove una delle merci era un oggetto standard utilizzato come forma di regolamento diffuso
(anticipa la moneta). Si trattava di beni:
a. Sufficientemente noti a tutte le controparti.
b. Accertati e sempre simili a sé stessi.
c. Di valore stabile.
d. Con una utilità derivata e talora anche con utilità diretta.
Oltre a ciò, questi bene erano facilmente reperibili e consentivano il diffondersi della propria
qualità di protomoneta.
Il regolamento degli scambi venne progressivamente accentrandosi con l’uso di metalli
preziosi; questi avevano però due inconvenienti:
a. La misura del peso.
b. La misura della purezza.
Per evitare tali inconvenienti si arrivò alla standardizzazione, cioè alle monete coniate dalla
zecca dalle Città-Stato.
Anche nell’antichità, quindi, vi fu quasi sempre la compresenza di economia di natura ed economia
monetaria; in particolare quest’ultima si sviluppò sempre maggiormente tramite mercati e scambi
sotto l’egida governativa, a partire dal 2000 a.C. fino alla moneta-carta in Cina, dal II fino al XV
secolo d.C..
Anche nell’economia monetaria si fecero registrare:
a. L’utilizzazione di moneta-merce.
b. L’uso di monetazione metallica in dipendenza dell’abbondanza di uno o dell’altro.
Altra invenzione occidentale (a parte il caso della moneta-carta della Cina), fu
l’introduzione della moneta cartacea, ovvero la banconota. Questa era emessa da un
banchiere che ne garantiva il valore quale mezzo di pagamento.
I problemi di fondo diventarono:
a. La garanzia fornita dal banchiere-emittente.
b. La fiducia che deriva dalla prima.
Per limitare questi problemi, il diritto di emissione di banconote venne riservato solo ed
esclusivamente allo Stato.
L’avvento della moneta metallica, di monetazioni con metalli sempre meno preziosi e infine
l’affermazione della moneta cartacea, consentirono i tre fondamentali vantaggi della moneta, i
quali sono al contempo le tre funzioni della moneta in qualunque spazio-tempo:
a. Unità di misura del valore.
b. Strumento di pagamento.
c. Riserva di valore.
Analizziamo nel dettaglio le singole funzioni:
Unità di misura del valore – l’esistenza di un unico bene ufficializzato dallo Stato (autorità) è
collettivamente conosciuto sia come valore intrinseco riconosciuto e definibile, ma anche come
mezzo per rendere possibile la fluidificazione degli scambi, i quali possono essere tutti ricondotti
ad un’unica unità di valore. Ogni bene, in questo modo, è valorialmente definibile in termini di un
unico altro bene, cioè la moneta. Ciò riconduce tutti i prezzi ad unum (moneta-misura), riducendo
alla moneta l’infinità dei rapporti di scambio.
Al rifiorire dell’economia nei Comuni e nelle Signore Italiane nei XIII-XIV secoli circa, inizia quasi
ovunque la monetazione, con monete in argento e in oro, e poi anche in altri metalli fino alla
prima metà del XIX secolo.
Strumento di pagamento – la moneta si è affermata per gradi a partire dall’antichità pre-cristiana
per sostituire il baratto, con una circolazione più locale o più diffusa a seconda della credibilità.
Al riguardo si dice che ha potere liberatorio, cioè può (deve) essere accettata come mezzo di
regolamento degli scambi in generale.
Con il sorgere degli Stati nazionali, la moneta diventa la loro propria espressione, fino all’arrivo
della moneta cartacea, la cui emissione era riservata allo Stato e alla Banca Centrale dello Stato.
A partire dall’Ottocento si affermarono i primi sostituti della moneta, cioè gli assegni di conto
corrente e la moneta elettronica (carte bancomat e carte di credito)
Riserva di valore – rappresenta una capacità di spesa generale, un mezzo tramite il quale è
possibile ottenere qualsivoglia bene. Per questo motivo, alcune volte, la moneta è detenuta come
tale (natura di potere d’acquisto indifferenziato). È riserva di valore dagli infiniti usi potenziali, cioè
per la spesa in qualsivoglia direzione desiderata dal possessore.
Corollario di quest’ultimo aspetto è la Legge di Gresham; essa sostiene che “la moneta cattiva
scaccia la moneta buona”. È una legge fondamentale, valida dall’antichità fino ai giorni nostri (e
fino a quando esisterà la moneta).
Questa legge sostiene che a partire dall’antichità, quando i governanti difettavano l’oro, il pubblico
iniziò ad accorgersi di ciò e, per questo motivo, tesaurizzava (teneva da conto) le monete più
preziose. Le monete meno preziose venivano utilizzate, fino a ritornare talvolta al baratto.
L’affermazione sostenuta dalla Legge di Gresham valeva nell’antichità; da quando la moneta è
cartacea, infatti, la legge vige in modo inverso. Il valore della moneta, oggi, è dato dalla prosperità
dello Stato da cui è emessa, dunque dalla fiducia che riscuote. Per questo motivo, quando
l’economia di uno Stato peggiora, anche la sua moneta perde valore: essa è meno accettata,
occorrono maggiori quantità e il pubblico cerca di liberarsene. Occorre quindi, da quanto domina
la moneta cartacea, controvertire la legge di Gresham sostenendo l’affermazione “la moneta
buona scaccia la moneta cattiva”. Proprio per questo motivo, la buona amministrazione dello
Stato è rilevante anche da un punto di vista monetario:
a. Per evitare che le monete preziose venissero tesaurizzate.
b. Per evitare che la moneta del proprio Stato perda valore rispetto alle altre.
3. Le “rivoluzioni industriali” dal 1730 a oggi
3.1. I fattori causali delle “rivoluzioni” industriali in Luzzatto e altri
Alcuni autori hanno criticato la terminologia nota per indicare il processo che prese per la prima
volta avvio in Inghilterra, nel 1770-1780 circa: la rivoluzione industriale. Eppure, ripensando alla
situazione antecedente alla rivoluzione industriale, non si possono non notare i cambiamenti,
anche drastici, che ha apportato all’occupazione, ai salari, ai consumi, ai risparmi (in generale,
all’intera vita economica e sociale).
È necessario tenere in considerazione i cinque fattori fondamentali di ogni rivoluzione industriale e
nel contempo a quali carenze degli stessi siano da attribuirsi rivoluzioni industriali tardive o
parziali, o addirittura mancate:
a. Quadro statuale organico.
b. Disponibilità di capitali e di manodopera.
c. Invenzioni, innovazioni e progresso tecnico.
d. Economia di mercato.
e. Domanda di mercato di beni realizzati in grande quantità e nuovi.
Analizziamo nel dettaglio i singoli fattori:
Quadro statuale organico - una nazione frammentata, disunita, divisa in sé stessa, non può
procedere sulla strada della rivoluzione industriale.
Il caso tipo è rappresentato dalla Rivoluzione Industriale Inglese, precedente di tutte le altre.
L’Inghilterra era costituzionalizzata dal 1215-1297 (Magna Charta Libertatum) e si unificò poi come
Gran Bretagna nel 1801; aveva un monarca, una burocrazia di governo, un esercito, una
diplomazia e un sistema giuridico sul diritto consuetudinario. Inoltre aveva accumulato ingenti
capitali con i commerci oltremare, oltre all’accumulo di altre ricchezze succedendo a Portogallo e
Spagna (sia come potenza coloniale, ma anche nel monopolio del commercio di schiavi). A livello
interno, i miglioramenti agricoli e i processi di recinzione delle proprietà agricole (un tempo
pubbliche) avevano spinto molte persone all’inurbamento. Infine, molteplici e rilevanti innovazioni
tecniche avevano preso corpo.
In conseguenza a questi aspetti, i settori tessile, estrattivo e siderurgico avevano preso un
rapidissimo e innovativo sviluppo.
Successivamente alla Rivoluzione Industriale Inglese, vi fu la Rivoluzione Industriale Belga e
Francese.
La Rivoluzione Industriale Tedesca fu ritardata ulteriormente perché la Germania fu unificata solo
nel 1867-1871 con Otto Von Bismarck (precedentemente, i principati si limitarono alla
sottoscrizione dell’accordo commerciale Zollverein, nel 1834).
La Rivoluzione Industriale Italiana fu ancora più tarda: si manifestò solo dopo l’unificazione ad
opera del Piemonte sabaudo nel 1860-1871 (questa portò alla rovina dell’economia meridionale).
A riguardo di queste ultime tre rivoluzioni, autori inglesi le definiscono “late industrial
revolutions”: in realtà è chiaro che si tratta di rivoluzioni industriali successive a causa di altri fattori
costitutivi.
Disponibilità di capitali e di manodopera – i fattori capitale e lavoro sono fondamentali per avviare
qualsiasi processo di trasformazione e decollo economico. Le produzioni in serie richiedono
capitali maggiori rispetto a produzioni artigianali; richiedono anche disponibilità di abbondante
manodopera. Per questi motivi è necessario aver accumulato in antecedenza ingenti capitali (o in
alternativa ricorrere a capitali di banche, dello Stato e esteri).
Nel contempo, è necessario assicurare alle produzioni risorse di manodopera sempre adeguate sia
dal punto di vista quantitativo sia qualitativo.
Progresso tecnico – si origina a partire dalle attività del settore industriale tese ad aumentare
volumi produttivi. Inoltre, questo processo richiede tre componenti fondamentali (e in successione
tra loro: invenzione → innovazione → industrializzazione.
Esso richiede la scoperta del nuovo (invenzione), seguita dalla realizzazione di un modello e di un
primo esemplare (prototipo) per vagliarne gli aspetti fondamentali (innovazione) e, infine, la
produzione in serie (industrializzazione). Caratteristica importante è la mancanza di certezza del
susseguirsi di queste componenti fondamentali.
Per l’invenzione è necessario un “inventore pazzo” (genio); per l’innovazione serve la
trasformazione del progetto in modello e poi in prototipo; poi, per l’industrializzazione occorre
l’iniziativa imprenditoriale e capitali per arrivare alla produzione in serie una volta accertata la
fattibilità fisico-tecnica e la convenzione economica.
Economia di mercato – è necessaria la libertà di mercato al fine della realizzazione della
rivoluzione industriale. È generalmente definita come “libertà di produrre e scambiare senza
essere soggetti ad azioni di forza o a coercizioni da parte di terzi e senza l’intervento dello Stato”.
Con economia di mercato invece si intendeva, nel Medioevo, le fiere, poi economia di commercio,
le libertà di importare/esportare/produrre e vendere liberamente; è una libertà che impiegò
centinaia di anni a diffondersi e affermarsi più largamente.
Inizialmente, la libertà di commercio fu bilaterale (parziale), poi multilaterale (ma sempre
preferenziale), quindi sempre più diffusa soprattutto dopo la II Guerra Mondiale, con la CEE
(Comunità Economica Europea) e il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade).
Questa, tuttavia, è solo una libertà di commerciare tra Stati, riducendo o abolendo i dazi doganali.
Economia di mercato, in realtà, ha un significato molto più ampio
La libertà è tutelata da una serie di condizioni strutturali; queste sono garantite dal sistema di leggi
chiamato ordinamento. È necessario quindi che:
Non siano privative
Non debbono esistere monopoli legali riservati allo Stato ed eventualmente da questo dati in
concessione a privati. Esse erano diffuse particolarmente nell’Italia medioevale e talora ancora
sussistono; in generale la loro esistenza offre privilegi, dunque induce a discriminazioni.
L’unica eccezione può essere fatta per settori speciali di interesse per la difesa nazionale. Un
tempo si riteneva che dovessero venire riservati allo Stato i cosiddetti servizi di pubblica utilità.
L’ordinamento tuteli efficacemente l’economia di mercato
L’economia di mercato si fonda sulla libertà di produrre, scambiare e possedere: è quindi rilevante
che tali libertà vengano garantite e protette in modo formale e analitico dall’ordinamento.
L’ordinamento è appunto un sistema organico di leggi; deve provvedere, affermare e tutelare in
via dinamica:
-Iniziativa privata, cioè la libertà di investire, produrre e commerciare liberamente sotto
l’egida delle norme, senza divieto in alcun campo se non quelli proibiti proprio
dell’interesse pubblico.
-Proprietà privata, cioè la libertà di acquistare, possedere e trasmettere per eredità
liberamente.
-Funzionamento dei mercati, proteggendo concorrenti e consumatori da abusi di mercato e
della credulità popolare.
Infine, anche se si tratta solo di condizioni indirette, risulta rivelante che lo Stato sia organico e
funzionante anche e soprattutto nelle pre-condizioni dell’economia di mercato, pre-condizioni
generali che riguardano l’intero svolgersi delle funzioni politico-amministrative nell’interesse di
tutti i cittadini, di tutti i consorziati, di tutti gli appartenenti alla comunità nazionale. Importano
cioè le determinazioni strutturali e le condizioni funzionali:
- Dell’ordine pubblico.
- Delle attività pubbliche.
- Dell’apparato burocratico.
- Del sistema tributario.
Domanda di mercato – (di beni realizzati in grande quantità e di beni nuovi). Se la nazione ha già
avuto processi di sviluppo, l’avvio della rivoluzione potrà trovare un primo sbocco nella domanda
interna. Se lo Stato che assiema tali fattori ha accumulato capitali nel tempo e se le nuove e larghe
assunzioni consentono di diffondere nel sistema grandi volumi di stipendi e salari, si generano
nella nazione larghe disponibilità di risorse che danno appunto vita a domanda di mercato, la
nuova domanda di beni. Ciò consente allo Stato di puntare sulla domanda interna quale vettore
del proprio sviluppo. Ma se lo Stato che sviluppa la propria rivoluzione industriale non ha potuto
accumulare finora grandi risorse, allora lo Stato stesso potrà/dovrà puntare sulla domanda estera
quale vettore del proprio sviluppo.

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