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M.

MONTANARI ; ‘’ STORIA MEDIEVALE ‘’

1) LA METAMORFOSI DEL MONDO ROMANO E LA FINE


DELL’IMPERO IN OCCIDENTE

Nei due secoli che precedettero la caduta dell’impero romano d’Occidente


( 476 d.C. ) , si verificò una profonda trasformazione che di fatto diede via al
collasso di quell’organismo politico che aveva esercitato la propria egemonia
in larga parte del Mediterraneo e dell’Europa.
Nella prima metà del III secolo Roma vive un periodo di relativa tranquillità e
di successi militari , tuttavia con la fine della dinastia dei Severi si arriva al
periodo dell’Anarchia militare.
Le strutture militari che servivano a contenere i popoli delle frontiere
cedettero , e più volte i Romani furono sconfitti ( sia da popolazioni ad
Oriente sia da quelle d’Occidente ).
Nel IV secolo addirittura la crisi militare aveva raggiunto un livello così alto
da determinare trasformazioni politiche e amministrative , in questi anni di
fatto avvennero le modifiche più importanti : aumento del divario tra ricchi e
poveri , cristianizzazione dell’impero , insediamento di popoli Barbari nei
suoi confini , ampliarsi del divario tra Oriente e Occidente.
Nel V secolo , i movimenti di questi popoli , fecero emergere in Occidente
una nuova società , una società senza l’impero.

1.1 L’IMPERO NEL III SECOLO

Verso il 200 d.C. l’impero romano comprendeva un territorio che


comprendeva tutti i paesi affacciati sul Mediterraneo e si prolungava ad
Ovest , nell’Europa occidentale e nella Britannia ( fino ai valli di Adriano e
Antonino Pio ) , mentre ad Oriente il suo confine arrivava alla Mesopotamia.
Il numero di abitanti si aggirava intorno ai 50 milioni , e al vertice della
società vi era un’aristocrazia ristretta e molto acculturata ( in grado di
parlare , scrivere e leggere greco e latino ) , proveniente dalla città e dotata
anche di grandi proprietà fondiarie.
L’aristocrazia romana combatteva ormai da un secolo solo guerre difensive , e
aveva così perso la sua originaria identità militare , e questo di fatto sarà un
fattore decisivo.
Il grande mutamento era però avvenuto nel I secolo a.C. , con le guerre
civili , quando il potere e le proprietà dell’aristocrazia senatoria erano state
minacciate da homini novi , plebei arricchiti , cavalieri.
I primi imperatori , si appoggiarono all’aristocrazia senatoria , al ceto
conservatore ; tuttavia con la fine delle guerre d’espansione il ceto produttivo
era di fatto messo da parte , visto che ormai non vi erano più le ricchezze
prese dalle sconfitte.
Di fatto il tesoro venne speso per amministrare e mantenere l’impero , ma
già dal II secolo le uscite erano superiori alle entrate , a ciò va anche aggiunta
la pressione dall’estero , con i Barbari alle porte lo scambio monetario calò di
molto.
La paura è così grande che nel 271 d.C. l’imperatore Aureliano arrivò a
cingere Roma con delle nuove mura ; gli imperatori sono dunque mossi da
necessità come queste , di fatto dall’età dei Severi ( 193-235 ) a Diocleziano
( 283-305 ) e Costantino ( 312-337 ) , le riforme fondamentali che furono
portate avanti in questo periodo non solo riuscirono a ristabilire la pace alle
frontiere , ma ebbero anche effetti sulla sfera economica , politica e sociale.

1.2 LE RIFORME DEL IV SECOLO

La nuova organizzazione dell’esercito , composto da 600.000 uomini ,


aumentò i costi del doppio ; e le spese furono mantenute con l’innalzamento
della pressione fiscale , che necessitò anche di un’espansione burocratica.
La risposta alla crisi , non essendoci una programmazione economica , fu
politica , bloccare i prezzi e redistribuire le ricchezze.
Nacque così una grande macchina statale centralizzata , il vero modello delle
successive monarchie nazionali.
Le necessità economiche portarono a escludere l’aristocrazia senatoria dai
ruoli di comando promuovendo militari che avevano fatto carriera partendo
da ceti umili ; di fatto la società del IV secolo è fatta da homini novi , figli di
liberti come Diocleziano o pastori come Galerio , ansiosi di uniformarsi
all’aristocrazia romana attraverso l’acculurazione.
Gli homines novi del IV secolo , tramite i soldi delle imposte , diedero vita ad
una rinascenza artistica ; tuttavia il mantenimento di questo stato tardo-
romano faceva riferimento solo sulle imposte ormai , ed esse divenivano
sempre più alte , nel 350 l’imposta fondiaria era uguale a 1/3 del reddito di un
contadino.
Chi poteva cercò dunque di sottrarsi ( legalmente o no ) alla tassazione , con il
risultato che i tributi andarono a pesare sulle classi più umili.

1.3 LA SEPARAZIONE TRA ORIENTE E OCCIDENTE

Una separazione netta si verificò anche tra le città : la diminuzione delle


ricchezze portò alla decadenza dei piccoli centri urbani e alla crescita di
quelli maggiori , allo stesso tempo si verificò anche una localizzazione delle
aristocrazie , fenomeno che si accelererà in età costantiniana.
Incisero anche altri fenomeni , la divisione della carriera civile da quella
militare decisa da Costantino , l’ingresso di elementi germanici nelle
gerarchie militari.
Inoltre scomparse la distinzione tra la ordine senatorio e ordine equestre ,
cosa che ampliò il vertice della società imperiale , senza ridurre però lo scarto
con la base.
Inoltre , sempre sotto Costantino i vescovi divennero guide delle società
urbane ; nel frattempo le imposte in natura assunsero un ruolo maggiore
rispetto a quelle in denaro.
La società di fatto si ancorava alla dimensione locale , attraverso il
patronaggio , per cui vescovi , grandi proprietari terrieri , notabili locali
divenivano punti di riferimento per la popolazione.
La differenziazione tra Oriente e Occidente , introdusse il decentramento
politico , e a scapito dell’uniformità erano esaltate le realtà locali , e questo
processo fu accelerato da Costantino , che spostò ( tra il 324-330 ) la capitale a
Bisanzio , che divenne Costantinopoli.
Tuttavia questo processo si impose definitivamente con il concilio di
Calcedonia ( 451 d.C. ) e con la morte di Valentiniano III ( 455 d.C. ).
Di fatto l’Oriente è un altro mondo rispetto all’Occidente , infatti il commercio
e la produttività in quest’area dell’impero avevano un ruolo molto più
importante che ad Ovest.
In Oriente non si era verificata la grande divaricazione tra grandi centri e
piccoli , tra ricchi e poveri , i contadini pagavano le imposte senza rinunciare
ai profitti , in Occidente invece i cittadini si rifugiavano nelle campagne dove
erano costretti a lavorare da grandi proprietari terrieri.
Le esigenze di trasformazione dell’impero in Oriente furono soddisfatte dalla
crescita economica , in Occidente la mancanza di questa crescita determinò il
tracollo dell’impero.
L’ultima fase di vita dell’impero occidentale si aprì con pressioni di popoli
alloctoni , tra 403-407 d.C. , che attraversano le frontiere ormai indifese e
investono l’impero , addirittura nel 410 a.C. i Visigoti di Alarico
saccheggiano Roma.
Le differenze tra Oriente e Occidente stanno anche nell’apparato militare , in
Oriente sono mantenute le istituzioni romane e c’è un forte anti-
Barbarismo, forte nelle classi elevate , mentre in Occidente personaggi di
origine germanica si fanno largo fino alle carche più alte ( Stilicone ) ,
nonostante l’ostilità delle elites ( cristiane o pagane , in lotta tra di loro ) a
popolazioni alloctone è concessa la possibilità di entrare nei territori
imperiali.
I Barbari però sanno anche agire su un piano politico più alto , di fatto la
deposizione di Romolo Augustolo , privata da tempo di valore periodizzante ,
da parte di Odoacre indica il rifiuto di assimilazione da parte dei Barbari.
I Barbari di fatto entrano in un mondo mediterraneo che al collasso
dell’impero ricerca nella sintesi patriottica e cristiana il ricordo di un’unità.

1.4 INTERPRETAZIONI DEL CAMBIAMENTO

La fine dell’impero romano d’Occidente è vista in età moderna come


l’archetipo di ogni decadenza ( Momigliano ) , infatti i moderni , e
successivamente anche gli uomini del Novecento , hanno visto in quel
periodo che va dal III secolo al V l’epoca terminale della classicità.
La modernità ha assegnato , anche in base ad esigenze proprie , valori
differenti a questa fase storica , chiamata Tarda antichità , basso impero ,
tardo impero.
Per lo scozzese Edward Gibbon , che scrisse nella secondà metà del 1700 , vi
erano evidenti affinità tra il II secolo d.C. e la sua epoca , infatti erano il
periodo di massimo splendore rispettivamente della civiltà classica e
moderna , e simili erano anche i processi di declino dell’una e dell’altra.
Riprendendo la visione illuminista di Montesquieu e Voltaire , Gibbon
identifica nel cristianesimo la causa della caduta dell’impero.
Nel 1800 arrivò anche una nuova consapevolezza storica , pur continuando
ad identificare la trasformazione come un fenomeno radicale e negativo , che
portò a distinguere i due periodi.
Lo studio della caduta di Roma si intrecciò con lo sviluppo dei nazionalismi ,
che identificò nello scontro tra etnie diverse la causa della caduta ; tuttavia
accanto a queste teorie se ne aggiungono alcune che evidenziano le cause
economiche e non solo politiche , in questo caso bisogna parlare della teoria
del materialismo storico-dialettico di Marx , la caduta è dovuta al collasso
del sistema economico basato sulla schiavitù , soppiantato da uno basato
sulla servitù e sui rapporti feudali.
Le posizioni nel corso del Novecento cominciano poi a differenziarsi , in
primo luogo tra gli storici dell’arte , che indicarono nell’età di Costantino un
periodo di evoluzione artistica , e più in generale le visoni ‘’decadentiste’’
vennero accompagnate da altre ‘’divisioniste’’ , o quanto meno più moderate ,
come quella Rostovtzev , che non parla più di Barbarizzazione ma
imBarbarimento , ovvero l’incapacità delle classi dirigenti ( romane e
germaniche ) di rispondere alla pressione contadina.
Negli anni 60-70 del Novecento si è anche cominciato a pensare al periodo
tardo-antico come autonomo , inoltre si è cominciato anche a valutare il
mondo orientale , svincolato dalla data del 476 d.C. ; inoltre si è anche
cominciato a valutare fonti non greco-latine ( in siriaco , aramaico ) e storie
di luoghi meno studiati ( Scandinavia , Nubia e Yemen ) per allargare la lente
che analizza le trasformazioni avvenute in questo periodo.
2) IL CRISTIANESIMO : CHIESE EPISCOPALI E IL
MONACHESIMO DELLE ORIGINI

Inizialmente il Cristianesimo fu una delle tante religioni salvifiche che si


diffusero nell’impero romano , che ebbe però straordinario successo
nell’ambiente urbano , soprattutto nei ceti eminenti.
Inoltre l’organizzazione gerarchica che la nuova fede si diede , riuscì a
conservare le strutture amministrative , sociali e culturali del decaduto
impero.

2.1 CRISTIANESIMO E EUROPA

Cristianizzazione è il termine che indica il processo di conversione ad una


fede comune , quella cristiana , avvenuta in primo luogo negli ambienti
urbani e poi nelle zone rurali dell’impero e infine anche tra i Barbari.
Il processo non è affatto omogeneo , segue due traiettorie :

1) Una via istituzionale ed ecclesiale , che si basava su chiese urbane


dominate dalle classe aristocratiche e dalla gerarchia sacerdotale che si era
rigidamente strutturata , attorno alla quale si raccolsero i cittadini e che fu
autrice della conversione delle campagne grazie a chiese battesimali e pievi.
Grazie a questo schema di fatto si riorganizzò l’antica cultura delle
aristocrazie romano-ellenistiche.

2) Una via individuale , ovvero la scelta monastica , che venne poi recuperata
alla società attraverso l’istituzione di monasteri e cenobi.
I monaci furono protagonisti dell’evangelizzazione di popolazioni rurali
lontane dalla città e dei ‘’Barbari’’ , facendosi promotori di
un’organizzazione sociale ed economica diversa da quella della città.
Il processo di attività missionaria e catechesi è inteso come un processo di
acculturazione , intesa come integrazione fra le popolazioni alloctone e
quelle che già risiedevano nell’impero , il cui esito sarà la nascita di valori
comuni mediati dal linguaggio religioso.
1.2 CHIESE , CITTÀ , DIOCESI

L’affermarsi dell’impero porta ad una perdita dell’autonomia politica in


ambito urbano , cosa che mandò in crisi le aristocrazie cittadine , e fece
declinare i culti classici , per cui nacque la necessità di attribuire
all’individuo un valore indipendente dalla sua appartenenza al gruppo
dirigente.
Arrivano dunque nuove religioni salvifiche , come il culto di Iside o di
Mitra , che avevano una prospettiva di trascendenza universale.
Già nel II secolo , nelle città , si organizzarono le prime società cristiane , e
già dal I secolo in esse si distinguevano i laici dai prelati , e vi era già una
gerarchia che vedeva all’apice i vescovi seguiti da preti e diaconi.
Nel IV secolo avviene il trionfo del Cristianesimo , con l’Editto di Milano nel
313 d.C. ( libertà di culto ) e quello di Tessalonica del 380 d.C. ( religione di
stato ).
Gli imperatori , da Costantino in poi , si accorsero subito che la nuova fede ,
con le sue gerarchie , poteva essere un utilissimo strumento per il controllo
della popolazione , nasce una razionale organizzazione del culto che
disciplina le masse urbane.
L’adesione al cristianesimo era inizialmente una scelta aristocratica , quella
urbana in particolare , su cui poggiava l’organizzazione sociale romana e
che , ormai lontana dall’esercizio militare , viveva di rendita , dedicandosi
gratuitamente alla politica o all’indagine filosofica.
Tutto ciò diede di fatto un’area di autorevolezza alle gerarchie ecclesiastiche ,
che infatti dopo il crollo delle magistrature urbane divennero una supplenza
dei poteri pubblici cittadini.

2.3 VESCOVI CITTADINI E PIEVI RURALI

Dal V secolo si avvia un’opera di evangelizzazione delle campagne ,


attraverso le fondazioni di chiese battesimali e pievi , entrambe controllate
dal clero cittadino e dall’episcopo.
Di fatto l’espansione corrispondeva all’organizzazione amministrativa
imperiale , ed è per questo che l’autorità episcopale si configura come il
tramite per la conservazione dell’organizzazione del territorio di eredità
tardo-antica.
L’opera di evangelizzazione però è una strada a due sensi , infatti anche il
cristianesimo assorbì la sensibilità contadina , nel culto dei santi e delle
reliquie in modo evidente.
L’organizzazione civile romana condizionò il successo delle diverse sedi
episcopali , nel Sud Italia per esempio il fitto numero di città permise
l’insediamento di un grande numero di sedi episcopali , che saranno anche la
causa della sopravvivenza di alcune di queste città , anche se con un
impianto urbanistico e socio-istituzionale mutato.
L’organizzazione territoriale e amministrativa ecclesiastica d’età imperiale
incise anche su quella ecclesiastica per ciò che attiene alle funzioni di
coordinamento , di fatto i vescovi di città più grandi ( Roma e
Costantinopoli su tutte ) ottennero supremazia su quelli di centri più
piccoli , le diocesi più grandi vennero dette metropolite.
Il primato del vescovo di Roma , almeno fino all’XI secolo , era di fatto ideale,
egli infatti era l’erede di Pietro , infatti fino al periodo sopraindicato lo stesso
primato era contrastato altre sedi patriarcali.

2.4 I MONASTERI E LE CAMPAGNE

Il monachesimo è un fenomeno che si sviluppa in epoca successiva


all’evangelizzazione delle città : solo nel III secolo si trovano le prime
manifestazioni nelle aree orientali dell’impero.
Esso si presenta come una scelta individuale , un radicale rifiuto del mondo
attraverso sacrificio e ascesi , che nelle sue forme originarie si presenta come
un atto eclatante , Sant’Antonio fu eremita nel IV secolo vivendo in un
cimitero del deserto della Tebaide in Egitto.
Altre forme sono quelle dei dendriti ( da δενδρον , ‘’albero‘’ ) che vivevano in
cima ad alberi , o gli stiliti ( da στυλον , ‘’colonna’’ ) che vivevano in cima a
colonne ; anche se i deserti di Siria ed Egitto erano le mete più gettonate.
Nel corso del IV secolo il fenomeno si diffonde anche in Occidente ,
attraverso una dottrina che però condanna l’individualismo , ma introduce
regole di vita comune , sia nell’abbigliamento che nell’alimentazione , anche
in questo caso però il primo esempio è orientale è Pacomio.
I primi gruppi monastici in Occidente si trovano in Gallia , dove si
applicarono le teorie di Giovanni Cassiano che tra la fine del IV secolo e
l’inizio del V elaborò opere celebri come le Istitutiones cenobiticae e le
Consolationes spirituales , in cui si esaltava la superiorità morale della scelta
cenobitica rispetto alla ricerca della perfezione eremitica.
In Italia le prime esperienze monastiche coinvolsero l’aristocrazia romana alla
fine del IV secolo , decisiva in questo caso l’azione di Girolamo , originario
della Dalmazia e appartenente all’aristocrazia senatoria si convertì poi al
cristianesimo e andò in ritiro nel deserto siriaco.
Tornato a Roma nel 382 egli divenne il riferimento spirituale per gli
aristocratici asceti nelle loro case ; dopo il suo magistero l’esperienza
monastica si diffuse in Occidente.
Il fenomeno dilagò nel V-VI secolo , e culminò con la fondazione del
monastero di Montecassino ad opera di San Benedetto da Norcia ( 529
d.C. ), la comunità si organizzò secondo la regola redatta da Benedetto nel
540 dell’ora et labora.
Benedetto non condanna però la scelta eremitica , infatti egli accoglie nel
monastero anche monaci che avevano intrapreso la via dell’ascetismo.
L’altra area europea in cui il monachesimo penetra fortemente è l’Irlanda ,
evangelizzata da San Patrizio , e questo anche perché non vi erano città.
I monaci ebbero ruolo fondamentale nell’opera di evangelizzazione ,
sostituirono i druidi celtici , e i monaci assunsero un’importanza così grande
che spesso gli abati avevano ruoli amministrativi di solito dati ai vescovi.
Il processo fu talmente efficace e genuino che i monaci irlandesi attuarono un
processo inverso , si riversarono in Europa fondando monasteri , in Gallia e
nell’Europa centrale e anche in Italia , famosa in questo senso l’attività di San
Colombano , che fondò le abazie di Luxeuil in Francia , San Gallo in Svizzera
e Bobbio in Italia ( vicino Piacenza ).

2.5 LA CONVERSIONE DEI BARBARI

L’azione dei monaci è fondamentale per l’opera di conversione dei Barbari ,


o convertendo le elites militari e politiche , o nel caso vi fosse un re convertire
quest’ultimo , cosa che avrebbe portato all’abbandono della vecchia religione.
Le popolazioni Barbariche si dimostrarono estremamente sensibili al
messaggio salvifico cristiano , inoltre le aristocrazie di questi popoli
compresero quanto fosse utile per rafforzare la preminenza politica sociale ed
economica intraprendere la strada dell’abbaziato o dell’episcopato.
Intraprendere una carriera ecclesiastica significava andare ad integrarsi con
la cultura della tradizione classica ; l’antropologia ha però osservato che
anche in questo caso si tratta di un percorso a due strade.
La penetrazione del messaggio cristiano coincise con l’introduzione di valori
tradizionali germanici , come violenza e forza , e da qui l’idea di monaco
come miles Dei ( ‘’soldato di Dio’’ ) e della sua vita come militia Christi
( ‘’servizio militare di Cristo’’ ).
Nella seconda metà del IV secolo le popolazioni germaniche si convertirono
all’arianesimo , una forma di cristianesimo nata con il sacerdote alessandrino
Ario , per cui Gesù aveva una natura di uomo , e per questo era sottoposto a
Dio.
La dottrina fu condannata da tutti i trecento vescovi del concilio di Nicea del
325 d.C. , ma ad esso avevano aderito i primi monaci che convertirono i
Germani , importante in questo caso il vescovo Ulfila , di origine visigota ma
di cultura greco-orientale , che tradusse in lingua gota la Bibbia.
Probabilmente per la sua maggiore comprensibilità dottrinale l’arianesimo si
impose tra i Germani , anche se oggi si pensa che sia solo un motivo
temporale , i monaci ariani furono i primi ad arrivare tra i Barbari.
In questo senso bisogna però osservare che popolazioni germaniche ariane
ebbero un doppio processo di integrazione-acculturazione , prima nelle loro
terre e un secondo nelle terre che essi conquistavano , dove entrarono in
contatto con le gerarchie ecclesiastiche locali.

2.6 QUESTIONI DOTTRINALI

La molteplicità delle sedi episcopali e l’iniziale autonomia delle sedi


patriarcali ebbe come conseguenza la produzione di una grande varietà
delle forme di culto e delle interpretazioni dottrinali , nacquero così forti
divergenze dogmatiche , date anche dalla volontà delle singole comunità
cittadine di distinguersi.
Il problema centrale fu sempre quello della Trinità , visto che nella cultura
classica l’Essere era considerato come unico , e successivamente il dibattito si
spostò sulla natura del Cristo.
Il primo contrasto si risolse a Nicea nel 325 d.C. , in cui si definì il credo , e
venne condannato l’arianesimo ; il concilio di Nicea è importantissimo perché
si discusse di questioni dottrinali per volontà dell’imperatore ,
preannunciando la compenetrazione fra cristianesimo potere pubblico.
L’imperatore deve difendere la chiesa per investitura dell’episcopato ,
dunque discostarsi da essa divenne reato come la disobbedienza civica.
Nella parte orientale dell’impero , nel V secolo , le città con la tradizione
ecclesiastica più antica erano Antiochia e Alessandria , in entrambe le
città si elaborarono le teorie sul figlio di Dio , in particolare ad Antiochia si
valorizza l’umanità di Cristo , grazie al nestorianesimo , dal nome del
patriarca Nestorio.
Ad Alessandria invece si esaltava la natura divina di Cristo a discapito della
natura umana , si parla di monofisismo ( μονη φυσις , ‘’unica natura’’ ).
Il concilio di Calcedonia ( 451 d.C. ) cerca di recuperare le istanze di tutte e
due le scuole andando a mediarne il messaggio , ma il compromesso dura
poco , infatti con l’imperatore Zenone , nel 482 a.C. , che accantona il
monofisismo , creando però malumore in Siria ed Egitto , dove prevaleva il
monofisismo.
La questione scoppia nuovamente con Giustiniano , che per attuare il suo
progetto di restaurazione dell’impero volle recuperare la fedeltà di Siria ed
Egitto , per recuperare l’Africa cacciando i Vandali.
Inoltre i nestorianesimo si era diffuso alle frontiere dell’impero e anche in
India e Persia che rischiava di non essere più controllabile essendo al di fuori
dell’impero , specialmente su un confine pericoloso come quello persiano.
Giustiniano emanò nel 544 d.C. l’editto dei Tre Capitoli ( detto così poiché
diviso in tre disposizioni ) che condannava le posizioni teologiche di
Nestorio , precedentemente assolti dal concilio di Calcedonia.
Questa disposizione però ebbe un risvolto difficile all’interno della chiesa
cristiana , i vescovi occidentali , guidati da Vigilio vescovo di Roma , si
rifiutarono di accogliere il nuovo editto , e anche per segnalare la loro
distanza dalle mire espansionistiche di Giustiniano verso Occidente.
Vigilio venne però deportato a Costantinopoli e costretto a ratificare l’editto ,
ma in Italia i vescovi di Milano e Aquileia si rifiutarono di aderire all’editto , e
guidarono l’opposizione ad ogni volontà centralistica.
L’obiettivo di Giustiniano era quello di dare autorevolezza alle sedi
episcopali delle città di Costantinopoli e di Roma , per dare unità politica e
sociale.
Il progetto col senno di poi , ebbe successo in Occidente , dove superata la
crisi portata dei Tre capitoli , si affermerà il vescovo di Roma , mentre in
Oriente Costantinopoli vede il suo ruolo troppo compromesso e non riesce
ad emergere come sede più autorevole.
3) LE INVASIONI E I REGNI ROMANO BARBARICI

Tra il IV e il V secolo le popolazioni che stavano ai confini dell’impero


romano , che con esso avevano stretto forme di convivenza o alleanza ,
migrarono al suo interno in seguito all’arrivo di popolazioni euroasiatiche o
anche per altre motivazioni ( economiche/politica/militare ).
E proprio queste migrazioni porteranno alla fine dell’impero romano
d’Occidente e alla formazione di nuovi regni.

3.1 CHI SONO I BARBARI ?

Per tutta l’età tardo-antica , sul limes ( ‘’confine’’ ) , vi fu una ripetuta


conflittualità tra le guarnigioni romane e le popolazioni alloctone , dette
‘’Barbari’’ , espressioni con cui erano designati popoli diversi tra loro , ma
tutti caratterizzati per non essere Romani.
Il termine ha forti connotazioni negative , come nella Grecia classica , ovvero
il non conoscere il latino/greco , parlare lingue incomprensibili ,
dall’espressione ‘’bar-bar’’.
Ovviamente il termine può essere utilizzato in senso storico per indicare
un’infinità di popolazioni dall’identità etnica fluida , in costruzione.
Questo termine venne così utilizzato nel XIX secolo per indicare la purezza di
un unico popolo ( Volk ) articolato in varie tribù ( Stamme ) da cui si
svilupparono gli odierni tedeschi.
Ovviamente questa teoria , da inserire nel contesto della nascita dei
nazionalismi , è riduttiva , infatti non avevano un’unica identità culturale ,
solo molto lentamente queste popolazioni divennero popoli , attraverso un
processo di etnogenesi , il formarsi e il ridefinirsi delle identità etniche in
base a elementi di natura culturale.

3.2 L’IRRUZIONE DEI Barbari NEL TERRITORIO DELL’IMPERO

Le interpretazioni che immaginano le incursioni delle popolazioni Barbariche


come un improvviso scontro tra romanità e mondo Barbarico non sono più
accettabili.
Nella storiografia francese e italiana nacque così l’espressione invasioni
Barbariche , che però è stata rifiutata dalla storiografia tedesca che parla di
migrazione di popoli , per indicare il ruolo positivo avuto dai popoli
germanici nello sviluppo della storia europea.
I rapporti tra Romani e Barbari di fatto divennero intesi a partire dal II
secolo , anche se vi sono storici che pensano che ‘’ il mondo germanico è stato la
più grande e durevole reazione del genio militare e politico romano ’’.
A partire dal III secolo molti Germani vennero assoldati dai Romani nel loro
esercito , che raggiunsero anche cariche elevate ; ma nel IV secolo il rapporto
esplose a causa dell’indebolimento politico ed economico dell’impero.
Ormai i Barbari entravano nell’impero non per fare razzie , ma per dare vita
a stanziamenti stabili , e questo per vari motivi , anche per la pressione
portata da popoli orientali che erano spinti dagli Unni , guerrieri nomadi che
provenivano dall’Asia centrale.
Gli spostamenti degli Unni coinvolsero in primo luogo i Goti , nome dato a
popolazioni che nel III secolo abitavano tra Danubio e Mar Nero ; queste tribù
diedero vita due raggruppamenti , i Tervingi-Vesi , detti anche Visigoti
( West-Gothen : ‘’Goti occidentali’’ ) che abitavano più a Occidente.
Gli altri erano i Greutungi-Ostroghoti , detti anche Ostrogoti ( ‘’Ost-Gothen :
‘’Goti orientali’’ ) , che abitavano più ad Oriente.
I primi ad entrare in contatto con i Romani furono i Visigoti , che
cominciarono a devastare i Balcani meridionali , dopo però aver avuto il
permesso dall’imperatore d’Oriente , Valente , di entrare nei confini
imperiali.
Valente fu costretto nel 378 d.C. ad affrontarli presso Adrianopoli , la
sconfitta che ne seguì ebbe un eco immenso , l’impero stesso fu costretto ad
adottare una nuova strategia verso i barbari.
Non potendo più sconfiggerli militarmente nacquero due sistemi foederatio e
hospitalitas ; quest’ultima prevedeva la concessione di un terzo delle
terre/tasse di una data regione alle popolazioni barbariche che dichiaravano
fedeltà all’impero , la foederatio è invece un’alleanza vera e propria in cambio
di compenso , nonostante ciò il tentativo di inquadrare le popolazioni
barbare furono inutili.
Per quanto riguarda i Visigoti in particolare , dopo Adrianopoli , si mossero
verso la Dalmazia , e nonostante la sconfitta subita da Stilicone , alla morte di
quest’ultimo , alla guida del re Alarico , saccheggiarono Roma nel 410 d.C.
Alla morte di Alarico i Visigoti si mossero verso Occidente , stanziandosi tra
Francia e Spagna ( le città più importanti erano Toledo e Tolosa ).
In queste zone essi dovettero affrontare popolazioni che stavano
sconfinando nell’impero , Franchi e Vandali.
Ma già prima del saccheggio di Roma , nell’inverno del 406-407 d.C. , la
frontiera del Reno fu oltrepassata da varie popolazioni , Burgundi , Alani ,
Svevi e Vandali.
Queste popolazioni si scontrarono in Gallia con Franchi e Alemanni che erano
foederati dell’impero ; i Burgundi riuscirono ad entrare e stanziarsi in Gallia,
mentre Vandali , Alani e Svevi furono spinti da Franchi e Alamanni verso la
Spagna.
Militarmente più organizzati degli altri Barbari i Visigoti entrarono anche
in Spagna , costringendo i gli Svevi a ritirarsi nella Galizia e gli Alani
nell’odierno Portogallo , i Vandali invece si ritirarono in Africa dove
costruirono un regno intorno a Cartagine.
Negli stessi anni la provincia di Britannia venne abbandonata , ormai poco
difendibile e tormentata dalle incursioni dei Pitti ( originari della Scozia ) , e
proprio per questi i Britanni ( romani dell’isola ) chiamarono , pensando ad
una foederatio , giunsero così oltre Manica , dalla Germania , Juti/Angli e
Sassoni , popolazione stanziata ad est del Reno.
Intorno al 450 d.C. dall’Europa centrale giunsero davanti all’impero gli Unni
di Attila , che devastarono i due imperi prima di essere sconfitti da Ezio ai
Campi Catalaunici ( Gallia ) nel 451 d.C. , Attila andò poi verso l’Italia ma si
allontanò , secondo la tradizione , dopo aver incontrato papa Leone I sul
Mincio ( anche se forse il khan si ritirò dopo aver ricevuto ingenti compensi ).
Di fatto dunque nel 476 d.C. , con la deposizione di Romolo Augustolo da
parte di Odoacre , era già in mano ai Barbari.
Odoacre , come molti altri capi , si prese il titolo di rex ; ma l’impero
d’Oriente non si rassegnò alla perdita dell’Italia , e Zenone stipulò così una
foederatio con gli Ostrogoti di Teodorico.
Ormai nella parte occidentale dell’impero vi erano ormai regni stabili , detti
romano-barbarici , così detti per la fusione tra la tradizione politico-
istituzionale romana e l’organizzazione sociale dei popoli barbarici.

3.3 CARATTERISTICHE COMUNE DEI REGNI ROMANO BARBARICI

Benché i nuovi regni romano-barbarici avessero caratteristiche differenti , vi


sono tratti comuni che li accomunavano.
In tutti i territori conquistati i Barbari erano in minoranza rispetto ai locali ,
e si pose subito il problema della convivenza , risolto attraverso una sorta di
compromesso.
Venivano da un lato mantenute le istituzioni giuridiche romane , e proprio
ai Romani erano riservati i compiti di amministrazione , allo stesso tempo
erano mantenute anche le leggi dei Barbari , e ad essi era riservato i compiti
politico- militari.
In questi regni , fatto che testimonia l’integrazione culturale e sociale ,
vennero redatte moltissime Leges ( ‘’Leggi’’ ) che erano scritte in latino , e
sulla cui applicazione vi sono molti dubbi ( valevano per tutti coloro che
abitavano nel regno o solo per i Barbari ? ).
Tutti ovviamente dovevano riconoscere il potere regio , il re era infatti era
depositario del banno ( ban ) ed aveva una sorta di aura sacrale , aveva
soprattutto il ruolo di guida militare ed aveva sempre un seguito di fedeli.
Questi nuovi regni differiscono dalla tradizione sociale tardo-antica , essi
infatti facevano dipendere la cittadinanza , l’essere un uomo libero ,
dall’essere guerrieri , e non dal pieno godimento dei diritti politici e civili ; i
guerrieri erano gli unici uomini liberi , che si trovavano in assemblea per
eleggere il re.

3.4 FRANCHI , ANGLOSASSONI , OSTROGOTI , VISIGOTI E VANDALI

I regni romano-barbarici più rilevanti sono :

1) Quello dei Franchi ; che all’inizio del V secolo erano posti tra Meno e Reno
e che erano divisi in Franchi salii ( stanziati sul basso Reno ) e Franchi
ripuarii ( tra Treviri e Colonia ).
Essi rimasero un gruppo eterogeneo fino alla fine del V secolo ( franco : ‘’uomo
coraggioso ‘’ ) , e divennero federati dell’impero nel 435 d.C. con Childerico;
solo con Clodoveo ( 466-511 ) , che si dichiarava discendente del leggendario
Meroveo ( da cui la dinastia dei Merovingi ) , i Franchi trovarono coesione.
Con lui si ebbe la fusione in un unico gruppo , egli era re dei Franchi salii e
sottomise i ripuarii , andando poi a vincere la resistenza del regno romano-
gallico del magister militum Siagrio.
Il regno fu diviso in Neustria ( ‘’ nuova terra dell’ovest ‘’ ) e Austrasia
( ‘’ terra dell’est ‘’ ) ; Clodoveo capì anche di doversi legare con l’episcopato
locale e la chiesa di Roma , egli nel 496 d.C. si fece battezzare dal vescovo di
Reims , Remigio , legittimandosi alla popolazione romano-gallica e
presentando i Franchi come il popolo di Dio.
Diffuse inoltre il culto di San Martino , un gallo-romano che divenne patrono
dei Franchi ; inoltre sempre Clodoveo ordinò di redigere , nel 510 d.C. , la Lex
salica , che raccoglieva le norme consuetudinarie franche.
Dopo la morte di Clodoveo il regno fu diviso tra i suoi eredi , di fatto il regno
dei Franchi sarà sempre diviso in sottoregni ( Neustria , Austrasia e
Burgundia , l’ex regno dei Burgundi ).
In questo modo l’autorità dei Merovingi cominciò a deteriorarsi , cedendo poi
sotto il potere dei maggiordomi/maestri di palazzo , funzionari pubblici che
avevano il ruolo di amministrare i tre regni.

2) Quello degli Anglosassoni ; negli anni in cui i Franchi si affermavano in


Gallia , popolazioni germaniche riunite sotto il nome di Anglosassoni ,
giunsero in Britannia.
Le popolazioni romano-celtiche si rifugiarono ad Ovest , nell’odierno Galles
( Wales , da Welsh termine usato per designare i non-Germani ).
Gli Anglosassoni inizialmente costituirono diversi regni , trovando poi unità
nel IX secolo sotto il regno del Wessex.
Con l’arrivo però degli Anglosassoni si arrivò alla ripaganizzazione
dell’isola , solo con la guida del monaco Agostino , alla fine del VI secolo , fu
avviata un’opera di rievangelizzazione , che porterà al battesimo di Etelberto
re del Kent , e alla fondazione della sede vescovile di Canterbury , che avrà
un ruolo centrale nella storia della chiesa anglosassone.

3) Quello degli Ostrogoti ; essi giungono in Italia su spinta dei Bizantini e


alla guida del loro re Teodorico , che sconfiggerà e ucciderà Odoacre.
Teodorico mantiene il titolo ricevuto da Bisanzio , patritius et magister
militum praesentalis , con cui aveva stipulato una foederatio , creando
ambiguità nell’amministrazione del regno.
Teodorico fa di Ravenna la sua capitale , lasciando ai romani
l’amministrazione e agli Ostrogoti l’apparato politico-militare , ma i più
stretti collaboratori del re erano romani , Severino Boezio e Cassiodoro.
Sulla fine del suo regno però , Teodorico divenne sospettoso , condannò
molti romani , o li escluse dal governo , allontanandosi da Bisanzio.
Teodorico muore nel 526 d.C. , i suoi successori si combatterono per il
potere , dando a Giustiniano il pretesto per condurre una guerra , che avrà
durata ventennale , e che porterà alla fine del regno Ostrogoto.
4) Quello dei Visigoti ; più duraturo sarà il regno dei Visigoti in Spagna che
nonostante per molto tempo mantengano la loro fede ariana ( almeno fino al
VI secolo, quando anch’essi si convertiranno ) al contrario della popolazione
romano-celtico-ispanica , si fonderanno con la popolazione locale.
Inizialmente essi erano presenti anche in Francia , con capitale Tolosa , ma
nel 507 d.C. Alarico II fu sconfitto a Vouillé da Clodoveo , e nel 531 d.C.
Tolosa cadde in mano ai Franchi dopo la sconfitta di Amalarico , i Visigoti
rimasti qui si recarono nel regno visigoto di Toledo guidato da Procopio.
La conversione dei Visigoti avverrà nel 589 d.C. con il III concilio di Toledo ,
con il IV concilio di Toledo invece , si sancì la nascita di una chiesa nazionale
visigota.
Importante , in questo regno multietnico , l’eredità giuridico-
amministrativa , non bisogna dunque sorprendersi della grande attività
legislativa dei sovrani.
Re Eurico fa redigere un codice che porta il suo nome tra il 466-480 d.C. , e da
lì a pochi anni vi sarà la Lex Romana Visigothorum ( o Lex Ludiciorum )
redatta sotto il regno di Alarico II.
Il regno visigoto sopravviverà fino al 711 d.C. , quando fu conquistato dagli
Arabi.

5) Quello dei Vandali ; essi giunti in Africa , dopo essere stati scacciati dalla
Spagna dai Visigoti , fondarono un regno con capitale a Cartagine.
I Vandali tuttavia si comportarono da dominatori con la popolazione locale ,
venendo per questo mal sopportati ; non riuscirono dunque a fondersi alla
popolazione romana come gli altri regni.
Per questo , quando nel 533 Giustiniano muoverà guerra la regno vandalo , al
suo generale Belisario bastò una campagna per ottenere la vittoria ,
ponendo fine all’unico regno romano-barbarico dell’Africa settentrionale.
4) L’IMPERO ROMANO D’ORIENTE

Nella sua parte orientale l’impero romano continuò ad esistere , di fatto i


secoli IV e V non rappresentarono un momento di cesura come in Occidente.
Nel corso del VI secolo anzi , l’Occidente fu incluso nel piano politico
dell’imperatore Giustiniano , che riuscì a riconquistare l’Italia/l’Africa/la
Spagna meridionale.
Questo progetto inoltre , si collega anche ad uno di rielaborazione delle
categorie culturali e politiche romane , una vera summa dei valori che il
mordo antico lasciava alla nuova società multietnica che si era creata nei
vecchi territori imperiali.

4.1 GIUSTINIANO E LA ‘’RENOVATIO IMPERI’’

Giustiniano regnò ben quarant’anni , dal 527 al 565 d.C. , e il perno della sua
azione politica fu quello della restaurazione dell’impero , riunificandolo ,
andando dunque a sconfiggere i regni romano-barbarici che si erano creati.
L’obiettivo era dunque la riconquista del Mediterraneo , andando prima
contro i Vandali , sconfitti da Belisario nel 533 d.C. , contro i Visigoti , venne
occupata solo la Spagna del sud , e anche contro gli Ostrogoti in Italia.
Le campagne , condotte da Belisario e Narsete , ebbero successo , ma furono
costose ( non solo in senso economico ) ed estremamente lunghe le campagne
militari in Italia.
La cosiddetta guerra greco-gotica ( 535-553 d.C. ) segnò la fine della civiltà
tardo-antica nella penisola italiana.
La politica portata avanti dal precedente re goto , Teodorico , era stata di
collaborazione con la popolazione romana , ad essa era stata lasciata
l’amministrazione , mentre ai Goti erano riservati i ruoli chiave nell’esercito.
Teodorico aveva sempre riconosciuto l’autorità di Bisanzio , ma verso la fine
del suo regno egli divenne sospettoso verso i suoi collaboratori romani.
La crisi dinastica che seguì alla morte di Teodorico ( la sua unica figlia
Amalasunta divenne reggente in nome del figlio Atalarico , ma alla morte di
questo divenne regina , associandosi il cugino Teodato , che poi l’avrebbe
uccisa , questo il pretesto usato da Giustiniano per muovere guerra )
frantumò definitivamente l’equilibrio nella convivenza tra Goti e Romani.
Inizialmente la classe senatoria preferì appoggiare i Goti , schierandosi
dunque contro il tentativo di riconquista imperiale.
La campagna partì da sud , e immediatamente Belisario incontrò difficoltà
nella presa di Napoli , che resistette per venti giorni prima di cadere ; già nel
540 d.C. la capitale Ravenna fu presa e i Goti si rifugiarono al di là del Po’.
A questo punto l’aristocrazia senatoria , che avrebbe mantenuto i privilegi
politici ed economici , si schierò con Bisanzio , lasciando i Goti da soli.
A questo punto emerge la figura del re Baduila , detto Totila
( ‘’immortale’’ ) , che cercò l’appoggio degli strati più umili della penisola ,
egli infatti emise una disposizione che garantiva ai coloni dipendenti libertà
personali e vietava loro di versare tributi e canoni ai padroni , d’ora in
avanti i tributi sarebbero stati dati direttamente al re e la libertà personale
comportava l’obbligo di servire il re combattendo.
L’azione militare di Totila mise in difficoltà di molto i Bizantini , ma il suo
progetto verso i coloni non fu particolarmente efficace ( i coloni non erano
stati convinti e molti preferirono combattere con i loro padroni ).
Pur avendo riconquistato la quasi totalità della penisola , l’impresa di Totila
finì con la sua sconfitta a Gualdo Tadino ( 552 d.C. ) , dove venne vinto dal
nuovo generale bizantino Narsete , che sconfisse anche il nuovo re dei Goti
Teia l’anno dopo , portando a termine la conquista della penisola.
Vent’anni di guerra lasciavano tuttavia un territorio desolato e depresso ,
l’Italia era ormai spopolata e in seguito anche colpita da un’epidemia di
peste.
L’impero bizantino aveva di fatto ridato unità al Mediterraneo , rendendolo
di nuovo il tramite delle comunicazioni interne.
Si trattò però di una conquista effimera , infatti nel 568 d.C. , solamente un
anno dopo la morte di Giustiniano , i Longobardi insero l’Italia e alla guida
di Alboino conquistarono la maggior parte della penisola , e già alla fine del
secolo successivo gli Arabi strapparono ai Bizantini l’egemonia
mediterranea,

4.2 LA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO ROMANO


Nel mondo romano le norme che regolavano la convivenza civile non erano
mai state raccolte in compilazioni coerenti , in codici.
Nel mondo romano infatti , oltre alle leggi emanate dall’autorità pubblica ,
avevano valore giuridico anche le elaborazioni teoriche dei giuristi.
Questo tipo di sistema giuridico si basava dunque sull’elaborazione delle
norme , sulla loro interpretazione teorica della loro applicazione e sulla
concretezza dell’esercizio della giurisdizione.
Un sistema che però rimase in vita fintanto che sopravvisse l’unità
culturale, una volta venuta meno quest’ultima si passò ad una
semplificazione di queste leggi e cominciarono a circolare delle compilazioni
che riassumevano la traduzione della giurisprudenza romana.
Nella prima metà del V secolo Teodosio fece raccogliere le leggi da lui
emanate e quelle dei suoi predecessori in un codice , non comprendendo le
norme elaborate dai giuristi.
Nella parte orientale dell’impero , lo studio della giurisprudenza continuò a
fiorire anche nella tarda antichità , in alcune scuole si elaboravano anche
percorsi innovativi rispetto al tradizionale diritto romano.
Giustiniano prese in mano la situazione e tolse a queste scuole il
riconoscimento imperiale , privilegiando giuristi impegnati in un’opera di
recupero geologico.
A questo gruppo , in cui vi era Triboniano , professore di diritto e magistrato
della corte imperiale , Giustiniano ordina di raccogliere e codificare il
patrimonio della prima età repubblicana e del principato.
Il progetto si protrae per soli cinque anni , 529-534 d.C. , ed ebbe come intento
sia quello di recuperare la legislazione che la normativa giurisprudenziale.
L’esito finale fu il Corpus iuris civilis , costituito da quattro parti :

1) Il Codex ; le leges emanate dai predecessori di Giustiniano.

2) I Digesta o Pandectae ; raccolta in cinque libri degli iura , frammenti della


giurisprudenza romana , riordinati come se fossero disposizioni normative ,
che sarebbero state poi interpretate.

3) Le Istitutiones ; trattazione scolastica e semplificata del diritto romano.

4) Le Novellae costitutiones ; testi delle nuove disposizioni emanate da


Giustiniano ( dal 534 fino al 565 d.C. ).
L’opera di Giustiniano di fatto permetteva di conservare quello che era stato
il diritto romano , ma con l’irrigidimento in tale codificazione , il diritto
romano perdeva l’adattabilità alle diverse situaziono.
4.3 LA RIFORMA AMMINISTRATIVA

Al termine della guerra greco-gotica venne adottata anche in Italia la


legislazione giustinianea ; nell’Agosto 554 d.C. l’imperatore emana la
Pragmatica Sanctio pro petitione Vigilii , ‘’ di Vigilio ‘’ dunque , il vescovo di
Roma che era stato imprigionato a Bisanzio per sottoscrivere l’Editto dei Tre
Capitoli , Vigilio era usato per sfruttare l’autorevolezza della sede episcopale
romana.
Il modello dell’amministrazione è quello proprio del tardo impero , le
prefetture erano le maggiori circoscrizioni , divise in diocesi che avevano
funzioni prevalentemente fiscali , esse erano divise in provinciae unità
territoriali primarie dell’amministrazione fiscale e giudiziaria.
La prefettura italica venne ristretta alla sola penisola , Corsica e Sardegna
furono accorpate alla prefettura del pretorio dell’Africa settentrionale , la
Sicilia e la Dalmazia erano governate direttamente da Bisanzio.
La Pragmatica sanctio doveva restaurare un ordine amministrativo , ma
continuava a distinguere l’amministrazione civile da quella militare , lasciata
ai duchi , che gestivano i territori in un periodo di continua conflittualità , vi
erano ancora sacche di resistenza gotiche e pressioni di popolazioni esterne.
Si voleva restituire alla classe senatoria il patrimonio fondiario sottrattole
da Totila , ma di fatto questa classe dopo la guerra era scomparsa , ma ormai
elementi di origine gotica si erano fusi alla società e le sfere ecclesiastiche
ormai avevano un potere effettivo più grande degli amministratori
bizantini.
Anche la restaurazione di un insegnamento scolastico pubblico fallì , ormai il
sapere si era spostato nei conventi e nei monasteri , la cultura classica aveva
ormai perso la sua autenticità , reinterpretata in chiave cristiana.
L’applicazione della giustizia processuale secondo la legislazione giustinianea
fu impossibile per motivi economici e di complessità , venne sostituita di
fatto dall’arbitrato , ovvero il poter risolvere una controversia senza il
tribunale , ma appellandosi al parere decisivo di una persona autorevole.
E sempre più spesso a fare da arbitri erano di fatto i vescovi , sempre più
autorevoli nella società , si perdeva così il riferimento certo e univoco a regole
di un diritto comune.
4.4 L’IMPERO DOPO GIUSTINIANO

Il programma di restaurazione di Giustiniano conosce il suo tramonto di fatto


con la morte del grande imperatore , infatti l’equilibrio lasciato ai
predecessori era molto precario , sia economicamente ( non vi erano i soldi
per pagare i mercenari ) che politicamente , troppo vasto e multietnico
l’impero perché il potere potesse intervenire , specie nelle aree più
periferiche.
L’impero perse subito l’Italia nel 568 d.C. a causa dell’invasione
Longobarda , e questo appena un anno dopo la morte di Giustiniano ; nel 602
d.C. avviene la rivolta di Foca , che porta all’uccisione dell’imperatore
Maurizio.
Inoltre anche le zone di della Dalmazia e dei Balcani vengono perse ,
occupate dagli Slavi e dagli Avari , che si insedieranno stabilmente nella
zona ; mentre ad Oriente i Sasanidi penetrarono in Armenia e Asia minore ,
prendendo persino Gerusalemme nel 614 d.C.
Decisiva fu la campagna dell’imperatore Eraclio , che radunò un grande
esercito nazionale , e sferrò un attacco diretto alla Persia , riconquistando
Gerusalemme e riportandovi le reliquie della vera croce.
Tutto ciò comportò l’abbandono della Spagna nel 629 d.C. e dell’area
Balcanica , Avari e Slavi arrivarono ad assediare Costantinopoli.
Eraclio rientra nella capitale trionfalmente nel 630 a.C. , dopo aver battuto i
Persiani e aver allargato i domini in Armenia ; l’imperatore fu acclamato
come ‘’il nuovo Costantino’’ , Eraclio tentò poi di risolvere la disputa
religiosa con i fedeli più orientali , che erano monofisiti , cercando di
incentrare l’attenzione sulla volontà di Cristo , è la nascita del monotelismo
( ‘’μονος’’ : una , ‘’θελεμα’’ : volontà ).
Questa nuova visione fu però osteggiata sia dagli ortodossi che dai
monofisiti , inoltre la chiesa occidentale la condannò come eretica.
Nel 638 d.C. ormai era tardi per risolvere la disputa , gli Arabi avevano già
preso Siria e Palestina , facendo crollare il dominio romano sul
Mediterraneo.
4.5 I TERRITORI BIZANTINI IN ITALIA

I Longobardi non occuparono tutti i territori bizantini in Italia : Istria e


laguna veneta , la Romagna , le Marche settentrionali , parte dell’Umbria e
del Lazio , Napoli e il suo entroterra , il Salento , la Calabria e la Sicilia
rimasero sotto il dominio bizantino , aprendo alla millenaria frammentazione
della penisola , che ritroverà unità solo nel 1861.
L’amministrazione dei territori italici fu riorganizzata sotto l’imperatore
Maurizio , l’esarca riuniva in se’ tutte le funzioni amministrative , civili ,
pubbliche e militari ; risiedeva a Ravenna ed esercitava autorità su tutti i
duchi dei territori bizantini , solo la Sicilia era governata direttamente da
Bisanzio.
In queste aree si mantennero caratteristiche peculiari della romanità , il
sistema di organizzazione è basato ancora sulle città , rimane il sistema
fondiario basato sul fondus ( ‘’fondo’’ ) e si conservarono le grandi proprietà
fondiarie , restò in vigore il sistema normativo romano , ordinato nel codice
giustinianeo ; ma il piano teorico e quello pratico non andavano alla stessa
velocità.
La militarizzazione del territorio aveva costretto a delegare ad altri
funzionari oltre all’esarca , alterando la tradizionale separazione tra la sfera
civile e quella militare , anche i duchi avevano responsabilità di reclutamento
e difesa del territorio , ma i continui conflitti e la difficoltà nei collegamenti
portarono ad una regionalizzazione delle aristocrazie e a una
concentrazione territoriale delle proprietà.
La grande aristocrazia senatoria , più che altro quella che sopravvisse alle
vicende del V e del V secolo , aveva cambiato completamente volto.
Il dominio dell’esarca era in realtà molto teorico , infatti egli aveva autorità
sul territorio della Romagna e delle Marche settentrionali ( la Pentapoli ) , il
cosiddetto Esarcato ; nel resto dell’Italia bizantina i duchi avevano il potere
effettivo , mentre Bisanzio solo quello nominale.
Il ducato romano entrò in concorrenza con il dominio bizantino , di fatto
divenne in breve tempo un protettorato , e venne meno dopo l’alleanza che i
pontefici strinsero nel corso dell’VIII secolo con i Pipinidi , re dei Franchi.
Nel 751 d.C. la capitale dell’Esarcato , Ravenna , venne occupata dai
Longobardi , e poi verrà inglobata nell’impero carolingio.
La Sicilia venne occupata dagli Arabi nel IX secolo , poi fu presa anche Bari
( dal 842 all’871 d.C. ) ; Bisanzio cominciò a reagire solo tra la fine del IX
secolo e gli inizi dell’XI , andando anche a riconquistare Bari nell’871 d.C. ,
riorganizzando la Calabria , la Lucania e la Puglia in nuove e più efficienti
forme amministrative , ma la conflittualità coi Longobardi e l’arrivo dei
Normanni portarono alla scomparsa del dominio bizantino in Italia , ma non
alla scomparsa dell’influenza culturale bizantina in molte zone della penisola.
5) I LONGOBARDI E LE DUE ITALIE

I Longobardi sono uno dei popoli germanici che ha suscitato più interesse
negli storici e negli archeologici per la loro particolare struttura sociale e le
modalità con cui fondarono un regno in Italia.
Valicarono le Alpi nel 568 d.C. e alla guida del re Alboino conquistarono
molte aree dell’Italia strappandole a Bisanzio , andando a creare un regno
che sarebbe durato due secoli , e con cui si ruppe l’unità politico-culturale
che sin dall’antichità aveva segnato l’Italia.

5.1 L’ORIGINE DEI LONGOBARDI

I Longobardi giunsero in Italia attraverso le Alpi Giulie nella primavera del


568 d.C. alla guida del re Alboino , che guidava un popolo di 150.000-100.000
persone ( tra guerrieri , donne e bambini , a cui vanno aggiunti guerrieri di
altre etnie come Gepidi , Svevi , Bulgari e Sassoni ) , con un seguito di cavalli
e buoi ; tutto ciò è riportato dal longobardo Paolo Diacono , che nell’VIII
secolo scrisse un’Historia Langobardorum.
I Longobardi , e questo si è detto valere per tutti i popoli germanici , non
avevano un’identità etnico-biologica , costituivano una gens , la loro
consapevolezza di essere comunità si basava su una presunta ascendenza
comune.
In questo caso quest’ascendenza si attiene ad un mito , prima trasmesso per
via orale , e solo in età tarda messo per iscritto nell’Origo gentis
Langobardorum.
Secondo questo mito i Longobardi sarebbero originari della Scandinavia ,
ma questa tesi è stata a lungo discussa , poi essi verso la fine del I secolo d.C.
si stanziarono sull’Elba , mentre all’inizio del V si stabilirono in Pannonia ,
l’attuale Ungheria.
In questa zona i Longobardi furono a più riprese coinvolti in guerre con
Gepidi e Avari , e il primo contatto con l’Italia lo ebbero poiché i Bizantini
utilizzarono guerrieri longobardi durante la guerra contro gli Ostrogoti.
Dunque al tempo della migrazione del 568-569 d.C. i Longobardi avevano già
da tempo rapporti militari con i Bizantini , che non avevano portato
modifiche nella loro organizzazione sociale.
5.2 L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE DEI LONGOBARDI PRIMA DELLA
MIGRAZIONE IN ITALIA

I Longobardi erano prima di tutto un popolo in armi , con un codice culturale


assai lontano da quello della civiltà latina ; erano guidati da un re e da
un’aristocrazia di cavalieri che trovava fondamento e legittimità nell’attività
della guerra.
Il re era prima di tutto un capo militare che aveva nella lancia il suo simbolo
di regalità , e la sua figura era priva di quel carattere sacrale o carismatico che
distingueva i sovrani di altre popolazioni germaniche , inoltre il titolo non era
ad appannaggio di un solo lignaggio , ma elettivo , il re era scelto dal
gairetinx , l’assemblea degli uomini liberi , detti arimanni , il cui status di
uomini liberi dipendeva dall’uso delle armi ( Mann : uomo ; Heer : esercito ).
Sotto di loro vi erano gli aldi , che avevano una certa autonomia specie in
ambito economico , ma le loro origini sono ancora discusse dagli storici.
In fondo alla scala sociale vi erano i servi , a cui erano affidati i lavori nei
campi o la pastorizia , e di fatto erano trattati come servi.
La cellula organizzativa della società longobarda è la fara , un
raggruppamento familiare con funzioni di unità militari , particolarmente
importanti in occasione delle migrazioni , davano coesione al ‘’popolo in
marcia’’ ( da fahren : andare , viaggiare ).
Intermediari tra il re e gli uomini liberi erano i duchi , termine di derivazione
bizantina , che inizialmente dovevano essere i capi delle fare.
Per quanto riguarda la fede , i Longobardi giunsero in Italia come cristiani
ariani , ma la cristianizzazione era molto limitata , al ceto dirigente ; mentre
la maggior parte del popolo per molto tempo seguiva ancora culti religiosi
di tradizione germanica.

5.3 LO STANZIAMENTO DEI LONGOBARDI IN ITALIA


I Longobardi giungono in Italia da Cividale del Friuli ( Forum Iulii ) , e già nel
572 d.C. hanno preso Pavia , che diverrà la loro capitale , senza incontrare
grandi resistenze bizantine.
Questi ultimi avevano probabilmente sottovalutato i Longobardi , preferendo
investire energie e forze contro nemici ritenuti più pericolosi come Avari e
Persiani.
I primi anni di occupazione longobarda sono particolarmente duri per la
popolazione italica ; inoltre si scatenarono violente lotte tra i duchi
conquistatori.
La situazione degenera alla morte di Alboino nel 572 d.C. , ad opera della
moglie Rosmunda , che lo avrebbe ucciso per vendicarsi del fatto che il
marito l’aveva obbligata a bere dal cranio del padre Cunimondo , re dei
Gepidi , che era stato sconfitto e ucciso da Alboino.
Nella narrazione di Paolo Diacono l’evento è particolarmente simbolico
( l’autore stesso dice di aver visto la testa ) , il re vinto celebra col cranio dello
sconfitto l’essersi impossessato del suo potere.
Ad Alboino succede Clefi , che però muore ucciso da un giovane della sua
scorta già nel 574 d.C. ; seguono dieci anni di interregno , nessun re è eletto ,
e i duchi compiono iniziative personali , alcuni si spingono a Torino e Asti ,
altri verso il Centro Italia , altri ancora verso il Meridione fondando i due
importanti ducati di Spoleto e Benevento ( i Longobardi hanno un territorio
a macchie di leopardo ).
Inizialmente lo stanziamento dei Longobardi fu parecchio duro per la
popolazione , i pochi membri rimasti della classe senatoria furono o eliminati
o gli furono tolti i beni , inoltre essi si scontrarono anche con i vescovi , che
avevano assunto il ruolo di difensori del popolo ; successivamente anche i
Longobardi si fusero con i locali dando vita ad una società culturalmente e
etnicamente mista.
La frammentazione politica rendeva il territorio vulnerabile ad un possibile
contrattacco bizantino , per questo i duchi elessero re nel 574 d.C. Autari ,
figlio di Clefi , e per rinforzare il potere della corona cedettero tutti metà del
loro patrimonio creando il fisco regio.
Con Autari di fatto si rafforza il potere regio , e si ha una graduale assunzione
del concetto territoriale di stato e della sua simbologia tardo-antico , egli
inoltre assunse il predicato di ‘’Flavio’’ , richiamandosi direttamente a
Teodorico che lo aveva a sua volta assunto anni prima.
Autari inoltre decise di sposare Teodolinda , figlia del duca di Baviera , che
secondo la tradizione discendeva dai Letingi , che avrebbero portato i
Longobardi dall’Europa settentrionale a quella meridionale.
Autari muore improvvisamente nel 590 d.C. , e il suo progetto è portato
avanti dal nuovo re Agilulfo , di origine turingia , e che sarebbe stato scelto
dalla stessa Teodolinda ( nessuno della coppia ‘’longobardo puro’’ ).
Agilulfo cercò di limitare i duchi più riottosi , e allo stesso tempo di
condurre una politica ecclesiastica autonoma , ma in questo ambito
Teodolinda ebbe un ruolo decisivo.
Teodolinda , pur essendo cattolica , era una sostenitrice dell’editto dei Tre
Capitoli , appoggiò il clero di Roma tentando di superare le
contrapposizioni tra i Longobardi ariani e i cattolici.
Avviò , senza mai caderne sotto l’influenza , una corrispondenza epistolare
con papa Gregorio Magno , e in questo contesto di dialogo va inserita la
fondazione del monastero di Bobbio ad opera del monaco irlandese San
Colombano , che aprì una tendenza di fatto , molti re longobardi fondarono
monasteri , a partire dal VII secolo , quando nel 653 d.C. re Ariperto abolì
l’arianesimo.

5.4 IL CONSOLIDAMENTO DEL REGNO

Con il rafforzamento del regno territoriale , i duchi divennero funzionari


regi , e gradualmente nei territori longobardi nacquero distretti pubblici e
ducati , posti intorno a città strategicamente importanti ( Brescia , Cividale ,
Verona , Ivrea ecc.. ) , particolare rimane la situazione dei duchi di Benevento
e Spoleto , che avevano una politica autonoma nei rapporti con Bisanzio e
Roma.
I duchi erano sostenuti da funzionari minori , detti centenarii o sculdasci e i
decani ; i primi con la maggiore territorializzazione divennero di fatto capi-
villaggio , e gli si affiancarono i gastaldi , coloro che gestivano le grandi
curtes regie , le aziende agricole che assicuravano sostentamento e redditi , le
cellule base del potere regio.
Importanza avevano i villaggi fortificati , i castra , le città dunque non erano
l’unica sede di importanza economico-militare del potere longobardo.
Specialmente nelle campagne importante , dopo l’iniziale durezza , fu la
fusione con la popolazione romana di piccoli possidenti terrieri.
Il consolidamento del potere si può constatare anche dal fatto che la capitale
Pavia ottenne un ruolo sempre più fondamentale , sede del palatium ( la corte
regia ), degli uffici amministrativi e luogo di emanazione delle leggi.
Nel 643 d.C. per volontà del re Rotari venne emanato un editto che
raggruppava le principali usanze e leggi longobarde ; l’editto di Rotari
raccolse importanti norme civili , militari e relative al patrimonio.
Esso si rivolgeva solo ai Longobardi , ai Romani restava un diritto romano
ridotto ad una consuetudine locale , ma ciò non vuol dire che Romani e
Longobardi fossero estranei , anzi , il testo dell’editto è proprio in latino.
Il principale scopo dell’editto era quello di proibire la giustizia privata , per
cui l’offeso o la sua famiglia avevano la possibilità di poter rimediare ad un
torto subito.
Nascevano così delle forme di mediazione , garantite dal re e che di solito si
costituivano nel pagamento di una somma di denaro ; il principio della
vendetta individuale lasciò dunque il posto a quello del guidrigildo
( Wertgeld ) , esso prevedeva in caso di uccisione o di lesione , un prezzo da
risarcire , diverso a seconda dello status sociale e giuridico degli individui.
Sostanzialmente agli inizi dell’VIII secolo la società longobarda è maturata e
le vecchie stratificazioni sociali tribali erano ormai superate , e si erano
creati ceti sociali etnicamente misti.

5.5 L’ESPANSIONE DEL REGNO LONGOBARDO E L’ORIGINE DEL


POTERE TEMPORALE DEI PAPI

La nuova società mista che si era affermata nel VII secolo trovò
consolidamento durante il regno di Liutprando ( 712-744 ) , che cercò di dare
coesione al regno attraverso un’intensa attività legislativa e amministrativa.
Liutprando , approfittando della debolezza dei Bizantini , conquista
l’esarcato e invade anche il ducato di Roma , occupando l’importante
castello di Sutri.
Tuttavia su pressanti richieste papali il castello fu liberato nel 728 d.C. ,
questo episodio è stato letto successivamente come l’atto costituente del
potere temporale dei papi , poiché il re longobardo non restituì il castello ai
Bizantini ma ‘’ai beatissimi apostoli Pietro e Paolo’’.
Ancora oggi la donazione di Sutri viene intesa come il principio del potere
temporale dei papi , anche se in realtà fu uno dei tanti episodi dell’altalenante
rapporto tra Roma e i Longobardi , inoltre segnala come nell’VIII secolo la
Chiesa di Roma si stesse allontanando dai poteri bizantini.
Alcuni anni dopo fu redatto negli atti papali , durante il pontificato di Paolo I,
uno dei più grandi falsi della storia , ovvero la Donazione di Costantino , poi
sbugiardata dall’umanista Lorenzo Valla.
Secondo il documento papa Silvestro I avrebbe guarito Costantino da una
grave malattia , e per questo l’imperatore gli avrebbe donato la parte
occidentale dell’impero.
In realtà la donazione è solo una mossa della strategia di rilancio dei vescovi
di Roma , eredi di dell’universalismo imperiale , che volevano impossessarsi
dei domini bizantini in Italia , entrando in competizione coi Longobardi che
vennero nuovamente come barbari aggressori della chiesa nelle fonti romane.

5.6 LA FINE DEL REGNO LONGOBARDO

A metà dell’VIII secolo d.C. avvenne una nuova alleanza tra i papi e i
Franchi , e parallelamente sale al trono longobardo una serie di re
appartenenti ad un’aristocrazia aggressiva , a cui va aggiunto il tracollo del
potere bizantino nella penisola.
Nel 751 d.C. il re Astolfo , riprende in maniera più incisiva il progetto
espansionistico di Liutprando , riuscendo anche a conquistare Ravenna ,
mossa drammaticamente decisiva , che portò all’alleanza tra il papa e i
Pipinidi , che avevano appena scalzato i Merovingi e volevano legittimare il
potere appena ottenuto.
Papa Stefano II chiede l’intervento del re franco Pipino il Breve , che
riconquista a vantaggio della chiesa di Roma i territori precedentemente
occupati dai Longobardi.
Il re longobardo successivo , Desiderio , cercò di rompere l’alleanza tra i
Franchi e il papa facendo sposare al re Carlo Magno una delle sue figlie , di
cui non si sa il nome , ma che è passata alla storia con il nome datole da
Manzoni nella sua tragedia ‘’Adelchi ’’ , Ermengarda.
Temendo che Desiderio volesse conquistare Roma , papa Adriano I chiese
l’intervento di Carlo Magno , che tra il 773/774 d.C. sconfisse i Longobardi ,
fino ad espugnare la capitale Pavia ; Desiderio fu confinato in un monastero ,
il principe Adelchi trovò rifugio a Bisanzio.
La divisione dell’aristocrazia longobarda impedì una vera resistenza al
dominio franco , che di fatto non fu mai in pericolo.
Il Regnum Langobardorum non fu soppresso e a lungo mantenne uno status
particolare , dando un contributo notevole , specie a livello culturale
all’impero carolingio.
Solo i Longobardi di Spoleto e Benevento rimasero indipendenti ,
respingendo le invasioni franche più volte , mentre altre volte si accordavano
con l’esercito franco in patti di non belligeranza.
Saranno i Normanni nell’XI secolo a portare a termine la vicenda longobarda
in Italia , la cui presenza ha lasciato profonde tracce nella storia della cultura
e dell’arte.

6 ) L’IMPERO ARABO-ISLAMICO

In poco più di vent’anni , dai primi decenni del VII secolo alla metà del
successivo , nella Penisola arabica si costituì un nuovo impero , che estinse i
sasanidi in Persia e mutilò l’impero bizantino.
Tutto comincia con la predicazione di Maometto , che unifica la penisola ,
successivamente è con i primi quattro luogotenenti del Profeta , in arabo detti
califfi , che l’impero si espanse al di fuori dell’Arabia ( dalla Spagna all’India ,
compreso il Nordafrica ).
La prima dinastia regnante , quella degli Ommayadi , scelse come capitale
Damasco , e con essi la netta separazione che era stata imposta tra
conquistatori ( Arabi ) e conquistati si trasformò in forme di integrazione.
Alla caduta della dinastia ommayade prese il potere quella degli Abbassidi
( 750-945 d.C. ) , che pose la capitale al Baghdad ; con la nuova dinastia si
fermò l’espansione e si consolidò l’amministrazione.
Con la fine degli Abbassidi si formarono una serie di regni dominati da
dinastie locali , che sopravvissero all’impero consegnando l’eredità del
mondo arabizzato.

6.1 LA NASCITA DELL’ISLAM IN ARABIA

Al tempo di Maometto la Penisola arabica era poco urbanizzata , e abitata da


tribù dedite alla pastorizia e al commercio , specie nelle aree delle oasi.
L’Arabia era sempre stata un’area difficile da controllare , per questo Persiani
e Bizantini avevano sostenuto , per controllarla , vari regni e stati cuscinetto ,
tuttavia i due imperi da 540 d.C. cominciarono una lunga guerra , che portò
alla fine di questi stati-cuscinetto.
L’unica città che riuscì a mantenere un ruolo di attrazione fu la Mecca , che
era dominata dal clan commerciale degli Qurayshiti e dove si teneva
annualmente una fiera durante la quale ogni conflitto era sospeso.
Da tutta la Penisola venivano pellegrini per venerare la Ka’ba , un santuario
religioso che raccoglieva i culti più disparati ( animisti , cristiani e giudaici ) ,
dunque un contesto di sincretismo.
Durante questa pausa le persone concludevano affari , saldavano debiti o
componevano conflitti.
Tuttavia questa politica ‘’non allineata’’ di sincretismo portata avanti dal clan
qurayshita non era sostenuta da tutti , e questo anche a causa della
penetrazione di culti monoteisti ( Ebraismo , Cristianesimo-abissino ).
La situazione cambiò a partire dal 610 d.C. , quando Maometto , figlio di un
ex mercante e nato probabilmente nel 570 d.C. , cominciò la sua predicazione.
Le tappe della sua vita sono raccontate nel Corano ( lett.
‘’lettura’’/’’recitazione’’ ) , nei Detti del profeta o in alcune biografie postume.
Maometto cercò di andare a superare i culti politeistici e allo stesso tempo
di superare le diatribe interne ai monoteismi già esistenti , Cristianesimo ed
Ebraismo.
Il termine Islam deriva dalla radice araba slm ( Islam e musulmano ) , che
rimanda al verbo arrendersi , l’azione che va rivolta a Dio ( Allah ) che è
padrone del mondo e della vita , onnipossente , non generato e non
generante, non conoscibile e non rappresentabile.
Allah era stato rivelato tramite le scritture ad ebrei e cristiani , che però lo
avrebbero tradito associandogli delle sostanze non divine , Maometto rifiutò
drasticamente ogni tipo di politeismo , ‘’ Non esiste altro Dio all’infuori di
Allah e Maometto è il suo profeta ‘’.
Questo uno dei cinque pilastri della fede musulmana , assieme alle preghiere
quotidiane , il digiuno che santifica nel mese del Ramadam , il
pellegrinaggio a la Mecca e l’elemosina ai poveri.
I Qurayshiti denunciarono Maometto come indovino , ed egli nel 622 d.C. fu
esiliato da la Mecca , per rifugiarsi con i suoi fedeli a Medina ; è l’egira
( hijira ) , la migrazione , con cui comincia il calendario musulmano e con cui
nasce la nuova comunità dell’Umma.
A Medina Maometto eliminò ( uccidendole o esiliandole ) le componenti
cristiano/ebraiche e respinse gli attacchi meccani , per poi conquistare la città
nel 628 d.C. , reinterpretando il pellegrinaggio alla città in chiave monoteista.
Nel 630 d.C. anche le restanti tribù dell’Arabia si convertirono all’Islam ,
Maometto lasciò all’Arabia una nuova comunità capace di oltrepassare il
livello dei clan tribali.

6.2 I PRIMI QUATTRO CALIFFI ( 632-660 d.C. )

Alla sua morte nel 632 d.C. Maometto non aveva indicato alcuna modalità
per la propria successione , e così nacquero due fazioni.
Secondo i sostenitori dell’ortodossia il califfo ( khalifa rasul Allah : ‘’successore
dell’inviato di Dio’’ ) doveva ripercorrere il comportamento di Maometto ,
secondo altri invece l’ispirazione divina risiedeva nei parenti diretti del
profeta , in particolare nei discendenti del cugino e genero Alì , le virtù del
profeta rivivevano nei suoi familiari.
Il contrasto tra queste due opzioni segnò per molto tempo le comunità
islamiche , e si accese dopo il periodo califfi ben guidati , i primi quattro :
Abu Bakr , Omar , Othman e Alì.
Abu Bakr (632-634 d.C. ) , suocero del Profeta , combatté le tribù che si erano
convertite più recentemente e le spinse verso Iraq e Siria , dove fecero
scorrerie che scatenarono reazioni da parte dei Bizantini.
A queste seguono spedizioni arabe organizzate , che tra il 635-645 d.C. ,
conquistarono varie aree della Persia , dell’Asia Minore e dell’Africa
settentrionale, già nella cronaca del franco Fredegario si ricordavano le
conquiste militari degli Arabi ( 658 d.C. ).
Gli storici si sono lungamente interrogati sulla rapidità e l’efficacia di questa
espansione , oggi però si rifiutano le visioni della ‘’guerra santa’’ o di
fascinazione religiosa ( esse sono legate al colonialismo ottocentesco e alla
corrente di studi generata : l’Orientalismo ) , mentre si tende a valutare il
fatto che molti generali arabi avevano combattuto per Bizantini e Sasanidi ,
che gli imperi attaccati fossero molto deboli.
La prima conquista ebbe come effetto la costruzione di città-fortezze per
concentrare le truppe : Fustat in Egitto ( che poi si evolverà nel Cairo ).
Al tempo del secondo califfo Omar ( 634-644 d.C. ) gli Arabi divennero un
elitè militare che addirittura non poteva possedere terre , mentre i
conquistati mantenevano lo stesso tipo di tradizioni culturali ,
amministrazione , religiose , ma con pagamento di un tributo ai
conquistatori.
L’afflusso di ricchezze però sconvolse la società araba , andando ad acuire il
conflitto tra le varie fazioni , a cui se ne aggiunse una , quella di un gruppo
radicale , i kharigiti , che vedeva nell’attività di Maometto un attività divina
in se’ , e che alla sua morte il potere era stato trasferito alla comunità.
E il califfo sarebbe dovuto essere eletto in base alla dignità personale ; al
contrario gli sciiti avrebbero voluto che al califfato potessero salire solo i
discendenti di Alì , che era stato assassinato ( come i suoi due predecessori
Omar e Othman ).
A spuntarla furono quelli che poi sarebbero stati conosciuti come sunniti ( da
sunna ) che ritenevano di poter recuperare l’insegnamento profetico con il
senso della comunità , il califfo avrebbe avuto solo un compito politico , non
di leader religioso.
La prima guerra civile cominciò con l’assassinio di Alì nel 660 d.C. ,
riferimento principale degli sciiti , a vincere fu Mu’awuya , aristocratico
meccano della dinastia ommayade , sostenuto dai sunniti ; si fece strade la
corrente che vedeva come una necessità l’organizzazione dell’impero intorno
ad un potere centrale.

6.3 L’IMPERO OMMAYADE

Nel primo periodo di regno della dinastia ommayade , che stabilì la propria
corte a Damasco , alle tensioni tra gli altri partiti del mondo islamico si
aggiunsero anche ribellioni e scontri che portarono ad un processo di
ridefinizione dell’impero.
La sedentarizzazione e l’abbandono della vita militare portarono
all’integrazione tra conquistatori e conquistati , verso le città giunsero anche
immigranti provenienti da aree dell’impero conquistate , ma non islamizzate :
zoroastriani dalla Persia , cristiani dalla Siria ed Ebrei.
Vi furono inoltre numerosissime conversioni , anche poiché permettevano di
entrare nell’elité e di godere dell’esenzione fiscale , questo portò però allo
sfaldarsi dell’aristocrazia tradizionale , che attorno al 700 cambiò
profondamente l’amministrazione dei territori conquistati.
Nel frattempo la lingua araba si sostituiva alle altre , andando ad
uniformare l’impero , e all’inizio dell’VIII secolo venne rilanciato lo slancio
espansionistico , con attacchi pianificati in regioni lontane , e spesso con
l’appoggio di popolazioni locali.
Tra il 711-715 d.C. l’impero islamico si affacciò sull’Europa del Nord ,
cercando di espandersi in Francia , sostenuto da contingenti nordafricani e
baschi , ma le truppe arabe furono sconfitte da Carlo Martello nel 732 d.C. a
Poitiers.
Va ricordato però , al contrario dell’immaginario fornito dalla tradizione , che
molto spesso gli Arabi non furono visti come oppressori o feroci invasori ,
anzi molto spesso membri dell’aristocrazia visigota strinsero alleanze
matrimoniali con gli Arabi.
Gli Ommayadi accompagnarono a questa politica espansionistica anche una
rivolta alla grande edilizia , per opere come la Cupola della Roccia a
Gerusalemme.
Un’epoca di importanti cambiamenti fu quella di Omar II ( 717-720 d.C. ) , il
califfo infatti abolì lo status a parte degli Arabi , per costruirne uno basato
sull’eguaglianza di tutti i musulmani , abbandonò anche la tassazione legata
allo status etnico , ormai tanto gli Arabi ( ormai proprietari terrieri ) quanto i
convertiti dovevano pagare le tasse.
Anche i mawali ( ‘’clienti’’ ) , membri di una casta inferiore , furono iscritti
nei ruoli militari a pieno titolo.
Alla morte di Omar II tuttavia , le grandi novità introdotte si ritorsero contro
l’impero , facendo riesplodere i conflitti interni ; si rifecero avanti gli sciiti , e
allo stesso tempo i kharigiti si battevano per la necessità di rendere elettivo il
califfato.
Inoltre i governatori locali si lamentavano per il cattivo sfruttamento delle
risorse , i convertiti di una non sufficiente applicazione delle riforme ; tutto
ciò portò alla caduta del potere ommayade , in favore della dinastia degli
Abbasidi ( si accordarono diplomaticamente con i ribelli ) , discendenti di
Abbas , uno zio del profeta.

6.4 L’IMPERO ABBASIDE ( 750-945 d.C. )

Con la caduta degli ommayadi ( almeno in Oriente , in Spagna alcuni di loro


continuarono a regnare ) , salì al potere la dinastia Abbaside.
Un cronista musulmano dell’XI secolo la definì una ‘’dinastia persiana’’ , al
contrario di quella araba degli Ommayadi.
In effetti la rivolta che portò alla caduta di quest’ultimi fu sostenuta dai
Persiani , cosa che diede vita ad un organismo politico nuovissimo ; il nuovo
impero si impegnò nel consolidamento dell’amministrazione imperiale
secondo il modello persiano-sasanide.
Tutto ciò comportò una profonda trasformazione dell’impero , basata su uno
schema flessibile che si impegnava nell’intervento nelle province.
La nuova capitale fu costruita a Baghdad , sulle rive del Tigri ; in pochi anni
la città divenne ( escludendo la Cina ) la più grande città del mondo
( 300/500.000 abitanti ) , con quartieri militari , zone residenziali , mercati ,
abitazioni per gli operai.
I califfi abbasidi nel primo secolo dell’impero ( 750-850 d.C. ) condussero una
ristrutturazione dell’impero , rifacendosi alle riforme di Omar II , che di fatto
non erano mai state applicate.
Il ramo burocratico fu tripartito : cancelleria , esattoria fiscale ,
amministrazione delle spese militari , che si divisero in uffici specializzati.
Proprio per controllare tutti questi uffici nacque la figura del wazir ( ‘’visir’’ ),
che in origine era un semplice collaboratore del califfo , ma che poi divenne
un capo dell’amministrazione con il compito di controllare la burocrazia ,
nominare i funzionari provinciali e sedere in alcuni tribunali.
L’altra caratteristica dell’impero abbaside fu l’abbandono definitivo della
politica espansionistica , e di fatto le regioni più decentrate divennero regni
autonomi.
In Spagna nacque l’emirato di Cordova , governato da una succursale degli
ommayadi , consolidò il suo dominio nelle città dell’Andalusia ; nello stesso
quadro gli Aghalbiti , a cui nell’801 d.C. gli Abbasidi concessero il dominio
sull’emirato di Kairuan , nel Nord-Africa , da dove compirono azioni
piratesche verso il Sud Italia.
Essi conquistarono la Sicilia , strappandola ai Bizantini tra l’827-907 d.C. ;
addirittura da qui gli Arabi compirono una scorreria al Monastero di
Montecassino.
In Oriente la fine dell’espansione comportò il rientro dei soldati , le uniche
truppe mantenute furono quelle al confine con l’impero bizantino e quelle per
la polizia interna.
Le provincie più vicine furono assegnate a dei governatori , mentre alcune ,
zone ad est e ad ovest i rappresentanti del potere centrale presero il ruolo di
‘’governatori del califfo’’.
All’inizio dell’IX secolo , dopo il califfato Harun al-Rashid ( 786-809 d.C. ) , il
processo di consolidamento si concluse , e cominciarono gravi rivolte , in
Persia ( detta Khurasan ) dove i governanti locali non accettavano più il
controllo califfale , provocando una crisi del reclutamento , cosa che portò
alla mobilitazione di una grande quantità di schiavi , che a sua volta causò
malcontento nelle città ( gli schiavi turchi erano mal sopportati ).
L’aumento di queste problematiche portò ad un aumento del potere del
wazir , che nel IX secolo portarono alla creazione clientele potentissime ,
causando la frammentazione dell’impero.
A queste pressioni si aggiungono anche pressioni dalle altre province e si
devono aggiungere le opposizioni degli strati sociali più bassi e delle
aristocrazie.
Tutte le istanze di questi classi sociali vennero raccolte da movimenti
religiosi sciiti , che proposero movimenti autonomisti ; tra il IX e X secolo
molte dinastie locali si sottrassero agli Abbasidi , nominando califfi.
Solo nel 945 d.C. una di queste dinastie , i Buwayhidi , assunsero il controllo
di Baghdad , lasciando il califfo abbaside come autorità formale.
7) I FRANCHI E L’EUROPA CAROLINGIA

Il giorno di Natale dell’anno 800 d.C. , papa Leone III , incoronò imperatore
Carlo Magno , re dei Franchi , il quale aveva creato un impero che andava
dalla Spagna all’Italia ; e in questo regno , l’impero carolingio , molti
avevano visto le basi costitutive di alcune nazioni odierne e il primo esempio
di Europa unita.
Oggi invece si guarda a questo periodo come ad un’età di sperimentazione ,
durante la quale nacque una società multietnica che cercò di fondere
l’elemento romano con quello germanico , dando vita a forme di
organizzazione sociale e politica che avrebbero lasciato tracce profonde nella
storia europea.

7.1 DAI MEROVINGI AI CAROLINGI

Nei primi decenni del VI secolo , precisamente alla morte di Clodoveo nel
511 d.C. , il regno franco conosce una grande conflittualità interna , data dalla
divisione del territorio tra i quattro figli del re defunto.
Questa procedura era consuetudinaria nel mondo franco , che non conosceva
il diritto della primogenitura , il regno dunque era una patrimonio privato e
andava diviso tra gli eredi del sovrano.
Questa divisione però non portò ad una frammentazione dello stato franco ,
anzi , il regno riuscì anche ad espandersi ( Borgogna/Turingia/Frisia ) ; inoltre
la presenza di importanti centri urbani ( Reims/Parigi/Orleans ) creò intorno
ai sovrani e ai potenti una rete di fedeli.
Dall’altra parte l’inurbamento portò ad un incontro tra la classe romano-
gallica , spesso rappresentata dai vescovi , con l’aristocrazia franca , e ciò fu
fondamentale per la trasmissione nel regno di pratiche di potere e
amministrative di tradizione romana.
Il regno andò in crisi a metà del VI secolo , alla morte di Clotario I , che aveva
assunto il potere su tutto il regno ; infatti i suoi figli Chilperico I e
Sigiberto I , re rispettivamente di Neustria e Austrasia entrarono in guerra.
Un ruolo determinante nel conflitto fu assunto da Brunilde , vedova di
Sigiberto , che assunse la guida del regno ; la sua sconfitta ( e brutale
uccisione ) segnò una svolta nella storia politica franca.
Infatti Brunilde è un personaggio che si trova a metà tra il vecchio regno di
Austrasia e la nuova Francia , la sua sconfitta segna l’affermazione dei
Franchi della Neustria e un interessamento alle aree mediterranee.
Dopo aver ucciso Brunilde , Clotario II ( figlio di Childerico I ) rafforzò
l’organizzazione politico-amministrativa dell’impero , creando l’articolazione
in tre regni Neustria , Austrasia e Burgundi ; egli inoltre diede nuovo vigore
alla carica di maggiordomo/maestro di palazzo ( da maior domus ) che prima
aveva il compito di occuparsi delle problematiche legate alla corte ( palatium ).
Ora invece il maggiordomo è il titolo che indica i tre principali funzionari regi
che sono posti a capo dei tre regna ; e in questo contesto , nel VII secolo ,
emersero due figure importanti dell’aristocrazia dell’Austrasia , decisivi per la
vittoria di Clotario II : Arnolfo e Pipino il Vecchio.
Il primo fu vescovo di Metz e precettore del figlio di Clotario II , Dagoberto I ;
il secondo invece fu maggiordomo d’Austrasia.
La svolta avvenne quando la figlia di Pipino , Begga , sposò il figlio di
Arnolfo , Ansegiselo , unificando gli interessi delle due famiglie e dando
vita a quel lignaggio denominato ‘’Arnolfingi’’ , ‘’Pipinidi’’ o ‘’Carolingi’’ ; e
gli esponenti di questa famiglia riuscirono a rendere ereditaria la carica di
maggiordomo e poterono usufruire del patrimonio del re per crearsi delle
clientele militari.
Di fatto andarono a togliere potere a sovrani merovingi , e in questo senso
centrale fu la figura di Carlo Martello ( ‘’piccolo Marte’’ , per le sue doti
militari ) che nel 732 d.C. condusse l’esercito franco alla vittoria sugli Arabi
a Poitiers.
Questo fu il punto di svolta nel rapporto tra i Pipinidi e i Merovingi , infatti il
figlio di Carlo Martello , Pipino il Breve , depose l’ultimo re merovingio
Childerico III , a cui furono tagliati i capelli lunghi ( simbolo di potere ) e
successivamente venne rinchiuso in monastero.
Pipino su fece consacrare ( su modello del re Davide ) con l’olio santo da
Bonifacio , monaco sassone che già con Carlo Martello aveva avuto un
ruolo fondamentale nel creare una relazione tra i Franchi e Roma.
L’unzione fu poi ripetuta da papa Stefano II che chiamò Pipino in Italia per
difendersi dai Longobardi , in questo modo Pipino rafforzò la sua legittimità
all’estero , mentre per rafforzare la posizione all’interno venne fatta una
damnatio memoriae nei confronti dei re Merovingi , attraverso opere
storiografiche esistenti a corte già dal IX secolo : coloro che avevano retto il
regno dei Franchi per due secoli erano ora ricordati come ‘’re fannulloni’’.

7.2 DA PIPINO IL BREVE A CARLO MAGNO

L’ascesa la potere dei Pipinidi corrispose ad una ripresa dell’espansione


militare , in primo luogo favorita dall’alleanza con il papa di Roma ; già nel
754-756 d.C. Pipino scese in Italia e sconfisse il re longobardo Astolfo ,
obbligandolo a restituire l’Esarcato e la Pentapoli alla chiesa romana ( due
territori precedentemente bizantini ).
Pipino consolidò poi il suo potere sulla Gallia e condusse campagne a est del
Reno contro i Sassoni ; alla sua morte il regno fu diviso tra i suoi due figli
Carlo , poi detto Magno , e Carlomanno , che morì precocemente nel 771 d.C.
lasciando Carlo come unico regnante franco.
A partire dal 772 d.C. Carlo intraprese campagne , che si sarebbero protratte
per ben trent’anni , contro i Sassoni guidati dal loro duca Vitichindo ( la
guerra fu durissima , Carlo fece abbattere l’Irminsul , l’albero sacro dei Sassoni
pagani , e accecò un loro intero esercito catturato ).
Si espanse anche a sud-ovest , conquistando il ducato di Baviera , e anche a
est , conquistando la Catalogna , ma in Spagna egli fu sconfitto , a
Roncisvalle , in un’imboscata tesagli dalle popolazioni basche , che si
volevano vendicare dei saccheggi dell’esercito franco ; in questa battaglia
morì anche il prefetto della marca di Bretagna , Rolando , e da qui nacque il
mito della Chanson de Roland.
Già citata la conquista del regno longobardo , che come istituzione
quantomeno formale venne mantenuto ( regnum Langobardorum ) , qui , come
in altre zone conquistate i Franchi non diedero vita ad un’emigrazione ma
crearono alleanze con i ceti dominanti locali , sostituiti con aristocratici
franchi , ma anche alammanni o burgundi ( ormai integrati profondamente
coi Franchi ) nel caso di tradimento.
La conquista del regno longobardo , fondamentale a livello ideologico ,
terminava l’opera di legittimazione cominciata da Pipino : i Franchi ormai
erano stretti alleati della chiesa di Roma , che proprio tramite questa alleanza
si impose definitivamente come egemone sulle altre sedi concorrenti come
Milano e Costantinopoli.
E il legame fu definitivamente consolidato nell’800 d.C. , quando papa
Leone III , aggredito fisicamente , scappò da Roma rifugiandosi a Paderborn ,
chiedendo aiuto a Carlo , che lo ricondusse a Roma , dove nel giorno di
natale fu incoronato imperatore dal papa.
Questo evento è stato più volte commentato , anche per le diverse visione
che sono state fornite ( le fonti franche dicono che Carlo abbia subito
l’influenza del papa , altre fonti dicono il contrario ) , fatto sta che l’800 d.C.
segnò la nascita di un impero , con il senso che questo termine poteva avere
in età antica.
L’incoronazione legittimava l’operato di Carlo , che aveva unito la cristianità ,
divenendone anche il principale difensore e campione, sostituendo i
Bizantini , che erano guidati in quel tempo da Irene , e che successivamente ,
al tempo dell’imperatore Michele I , dovettero riconoscere Carlo come
βασιλευς , ovvero riconoscerne l’autorità imperiale.
Negli anni successivi Carlo non continuò campagne di espansione , piuttosto
rafforzò l’impero e i suoi confini , anche a livello amministrativo.

7.3 UNA CORTE , TANTE CORTI

Nel regno franco non c’era una vera e propria capitale , i sovrani risiedevano
piuttosto in palazzi costruiti all’interno delle proprietà della corona , definito
fiscus ( il ‘’fisco regio’’ ).
A partire dal IX secolo però , con Carlo Magno , la capitale fu posta nella città
termale di Aquisgrana , modellata sull’esempio di Roma e Costantinopoli ;
nella città assunsero importanza soprattutto la reggia ( palatium regium ) e la
cappella palatina , chiamata così perché custodiva il mantello ( cappa ) del
santo nazionale dei franchi , san Martino.
Nel palatium vi erano diversi funzionari , ma la carica di maggiordomo fu
abolita , ormai la gestione amministrativa era affidata a un laico e a un
ecclesiastico , il primo era il comes palatinum ( ‘’conte palatino’’ ) , il secondo
l’apocrisiarius/custos palatii ( ‘’arcicappellano’’ ).
Il conte palatino esercitava l’alta giustizia e coordinava altri funzionari , il
camerarius ( addetto al tesoro regio ) , il controllore del fisco regio ( il
siniscalcus ) e anche l’addetto all’organizzazione logistica dell’impero ( il
comes stabuli ).
L’arcicappellano invece era il responsabile dei numerosi ecclesiastici che
vivevano a corte e gestiva la cancelleria regia , luogo dove erano emanati i
capitolari o altri atti come diplomi o documenti in cui i sovrani concedevano
proprietà a laici o ecclesiastici.
Per gli atti si uniforma la scrittura , nasce la minuta carolina ; inoltre Carlo
Magno invitò a corte grandi intellettuali : Alcuino da York e Paolo Diacono ,
ma anche il visogoto Benedetto di Aniane , che uniformò la vita monastica
( adozione ovunque la regola benedettina ).
Questi cercarono di recuperare la saggezza antica , ma furono anche
incaricati di organizzare l’istruzione del clero , a cui era affidata la
propagazione della nuova culura.

7.4 DOPO CARLO MAGNO

Carlo Magno si attenne alla concezione franca del regno patrimoniale ,


suddividendo il regno in tre nuclei ( nell’806 d.C. l’atto della Diviso imperii ).
Alla morte di Carlo nell’814 d.C. era sopravvissuto solo uno dei suoi figli ,
Ludovico detto il Pio ( 814-840 d.C. ) , che modificò molto l’organizzazione e
l’ideologia dell’impero , accentuandone il carattere cristiano.
Inizialmente Ludovico attuò un ricambio degli uomini della corte ,
allontanando collaboratori importanti all’epoca di Carlo , agendo in modo
energico e duro talvolta.
Nell’817 d.C. egli emano l’Ordinatio imperii , con cui divise il regno tra i suoi
figli , volendo emarginare Bernardo , figlio del fratello Pipino , vicino
all’ambiente tradizionalista che era vicino all’ordinamento di Carlo.
Un’altra svolta importante è la Constitutio romana dell’824 d.C. , che
vincolava la consacrazione papale ad precedente giuramento di fedeltà
all’imperatore , cosa che aumentava la compenetrazione tra poteri pubblici e
ambito ecclesiastico.
La seconda fase del regno di Ludovico il Pio , dall’830 d.C. in poi , è
caratterizzata da una forte conflittualità interna , causata dalle modifiche
fatte all’Ordinatio imperii , vista la nascita di un quarto figlio , di nome Carlo.
Fino alla sua morte nell’841 d.C. Ludovico Pio fu in contrasto con i suoi figli ,
che alla morte del loro zio Pipino si fecero guerra aperta ; sempre nell’841
d.C. gli eserciti dei figli di Ludovico : Lotario ( re d’Italia ) , Carlo detto il
‘’Calvo’’ ( aveva la Francia occidentale , la Gallia ) e Ludovico detto il
‘’Germanico’’ ( aveva la Francia orientale , territori ad est del Reno ) , si
affrontarono a Fontenoy.
L’anno successivo a Strasburgo Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo si
giurarono reciproca fedeltà davanti ai loro eserciti , trattato di Strasburgo ,
scritto in alto-francese per essere letto all’esercito di Carlo e in alt-tedesco per
essere letto all’esercito di Ludovico.
Nell’843 d.C. i fratelli si accordano a Verdun : a Lotario sarebbe andata la
fascia centrale che separava la Francia occidentale da quella orientale
( Lotaringia ) e il regno d’Italia, a Carlo i territori tra Mosa/Rodano/Senna ,
mentre a Ludovico quelli ad est del Reno
Dopo questi scontri si arrivò ad un trentennio di pace e stabilità , dove però si
coglieva l’idea che l’imperium fosse un insieme di regni autonomi , ma legati
da un coordinamento centrale.
Le contraddizioni emersero alla morte dell’energico Ludovico II ( figlio di
Lotario , fu re d’Italia dall’855-875 d.C. , non va confuso con Ludovico II il
Germanico ) , che era riuscito a ridare vigore ai poteri pubblici almeno nel
regno d’Italia.
Egli morì senza lasciare eredi , lasciando l’impero insidiato da poteri locali
sempre più forti e arroganti , pressato da popoli esteri : da nord i Vichinghi ,
da sud i Saraceni.
Addirittura dall’881 d.C. l’impero era in mano a Carlo il Grosso , malato e
incapace di reggere autorevolmente la sua carica ; egli fu infatti deposto già
nell’887 d.C. , e almeno nominalmente ( di fatto già da tempo ) ciò segnò la
fine dell’impero carolingio.
8) CONTI E VASSALLI , FEUDI E COMITATI

Efficaci forme di organizzazione sociale e politica si realizzano nel regno


franco tra VII e VIII secolo , e su di esse si basò l’affermazione dei Pipinidi e
di Carlo Magno , e proprio con la nascita del suo impero tali modelli
organizzativi si diffondono in Europa.
Queste forme istituzionali sono state accomunate dalla storiografia con
l’aggettivazione ‘’feudale’’ , termine che indica il fatto che le persone fossero
legate da rapporti di fedeltà personale , feudale l’attribuzione a fedeli di
cariche pubbliche , feudali le forme di organizzazione economiche , ossia il
sistema curtense e lo sfruttamento dei benefici o feudi.
La storiografia tradizionale ha utilizzato il termine feudale per riferirsi al
nascere di questi processi con l’impero carolingio ( VII-IX secolo ) , alle forme
che assunse questo processo nell’età signorile ( X-XI secolo ) sia al tempo del
riposizionamento istituzionale ( XII-XIII secolo ) ; la storiografia attuale cerca
invece di distinguere questi fenomeni nei loro tempi e modi.
8.1 I RAPPORTI VASSALLATICO-BENEFICIARI

Al tempo di Carlo Martello ( 716-741 d.C. ) si fa risalire una delle soluzioni


istituzionali che ebbe più efficacia nel regno dei Franchi , la formalizzazione
dei rapporti vassallatico-beneficiari.
L’esercito franco si componeva di uomini liberi armati , legati tra di loro da
complesse relazioni che andavano dalla parentela allargata a rapporti di
fedeltà e di dipendenza personale , in sostanza si trattava di uomini che
volontariamente combattevano per un capo.
Quando poi nel V secolo i Franchi si stanziano nella Gallia , essi vengono a
contatto con la cultura politica del mondo romano , in cui il reclutamento
dell’esercito così come quello della classe dirigente dipendevano dal
rapporto che il singolo aveva con la res publica , con lo stato insomma.
Ciò non significa che nel mondo romano non esistessero rapporti personali o
clientelari , che però non costituivano il modello ideale a cui ci si rifaceva
nell’organizzazione politica e sociale.
L’incontro tra un modello di organizzazione sociale basato sui rapporti
personali , quello dei Franchi , e uno fondato su rapporti di tipo pubblico ,
quello romano , portarono da un lato al fatto che divennero più importanti le
relazioni clientelari nella selezione dei ceti dominanti , e dall’altro emerse la
necessità di codificare , di rendere più espliciti e controllabili questi rapporti
personali.
Questo processo per completarsi e stabilizzarsi dura all’incirca due secoli , in
cui si arrivò alla definizione formale dei rapporti vassallatico-beneficiari.
Questo rapporto consisteva sostanzialmente in un contratto stabilito
liberamente tra due persone , per cui una si impegnava alla fedeltà e l’altra
al mantenimento.
Con questo contratto il vassus ( termine latino di origine celtica , ‘’servo’’ ) di
fatto entrava nella clientela del potente , che si impegnava a mantenerlo ,
direttamente nella propria casa o indirettamente concedendo fonti di reddito
o terre ; l’oggetto di tali concessioni era chiamato beneficium , che verrà
sostituito nel tempo dal termine di origine germanica feudum.
Questo tipo di rapporti caratterizzava tutta la società franca , questo il modo
in cui il re si circondava di funzionari e di capi militari , e questo il modo in
cui quest’ultimi riuscivano a trovare combattenti.
La concessione di beneficia presupponeva una disponibilità di ingenti risorse
patrimoniali , allo stesso tempo avere un ampio numero di rapporti
clientelari permetteva di ottenere maggiori risorse , non di rado a scapito del
patrimonio ecclesiastico , incamerato con l’occupazione o con particolari
contratti di cessione a lunghissimo termine.
Questo sistema creava una grande aristocrazia potente rispetto al sovrano e
ai suoi fedeli , ma allo stesso tempo emarginava dall’esercito e dagli incarichi
pubblici tutti quegli uomini liberi che però non potevano permettersi di
costruire rapporti di clientela.
Con questa organizzazione sociale si diffonde anche l’organizzazione
economica della grande proprietà del mondo franco , la curtes ( sistema
curtense ) , che causò di fatto l’assoggettamento delle piccole proprietà in
quelle più grandi , cosa che ebbe risvolti duri nelle aree non-franche
dell’impero , come l’ex regno longobardo , che si basava proprio sulla piccola
proprietà.
In tutto l’impero avvenne l’uniformazione sociale dei lavoratori della terra
nella condizione di umili contadini dipendenti.

8.2 L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DELL’IMPERO CAROLINGIO

L’impero carolingio , nel periodo della sua massima espansione , era


composto da diversi territori assoggettati dai Franchi , come l’Aquitania e il
regno longobardo , che pur conservando caratteri autonomi , avevano dovuto
adottare un sistema amministrativo che andava ad uniformare il territorio
imperiale.
All’interno del regno il territorio venne diviso in comitatus ( ‘’comitati’’ ) , al
cui interno il funzionario regio , il comes ( ‘’conte’’ ) amministrava la
giustizia , riscuoteva le tasse , guidava l’esercito.
I comitati potevano essere molto diversi , infatti nelle aree del mondo romano
essi andavano a ricalcare l’area delle antiche provinciae , il cui ricordo
sopravviveva nell’organizzazione ecclesiastica diocesana.
Nelle zone di confine erano invece costituite le marche , coordinate da un
marchio ( ‘’marchese’’ ) , in esse era particolarmente l’ambito militare.
Diverso ancora il caso dei ducati , che erano istituiti nelle aree appena
assoggettate all’impero e ancora non stabili , come Baviera e Bretagna.
L’organizzazione si basa sul fatto che i singoli territori venivano assegnati a
personaggi , marchesi/duchi/conti erano legati al re da un rapporto
vassallatico-beneficiario , un rapporto che implica dunque fedeltà e un
assoggettamento personale al re.
Il sovrano non poteva però scegliere arbitrariamente gli uomini da innalzare
a tali cariche , e spesso la complessità di alcune dinamiche territoriali ,
costringevano il re a scegliere un uomo di prestigio del luogo.
Personaggi che erano dunque imposti per la loro condizione sociale , che
talvolta erano potenti in proprio e sui quali il sovrano non poteva contare
ciecamente ; proprio per questo dunque nacque una complessa rete parallela
di controllo.
La forma di controllo più immediata erano i missi dominici , già presenti in
età merovingia , però fu Carlo Magno nell’802d.C. a riformularne il ruolo ,
facendone una componente essenziale.
I missi erano sia laici che ecclesiastici , e avevano vari compiti , ma quello più
importante era vigilare sui funzionari pubblici ; inoltre erano portavoce
dell’autorità imperiale e diffondevano gli editti regi , i capitolari , detti così
poiché composti da più articoli ( ‘’capitula’’ ) , che riguardavano ogni aspetto
della vita militare , politica , economica , religiosa , questi erano letti in
piazza pubblicamente.
Ogni vescovo era missus della sua diocesi , ciò rendeva centrale la gerarchia
religiosa , e allo stesso tempo imponeva ai re di porre uomini fedeli sui seggi
episcopali , esercitando forti pressioni sulle elezioni dei vescovi.

8.3 L’ISTITUTO DELL’IMMUNITÀ. VERSO L’AFFERMAZIONE DEI POTERI


LOCALI

Molto importante , come strumento di controllo , l’istituto dell’immunità ,


ovvero la concessione da parte del sovrano , a proprietari/vescovi/abati (
spessissimo erano elementi ecclesiastici ) di una prerogativa che rendeva le
loro proprietà immuni dal potere regio.
Esistevano dunque zone in cui i funzionari pubblici non potevano svolgere
il loro ruolo , e allo stesso tempo isole dove il marchese o il conte di turno
non potevano riscuotere le tasse , reclutare l’esercito e neppure amministrare
la giustizia.
Ciò aveva due conseguenze : la prima il fatto che i poteri pubblici erano
enormemente limitati , la seconda che si aveva un pieno inserimento delle
autorità ecclesiastiche nell’ambito politico-amministrativo ; vescovi e abati
potevano fare tutte le attività soprindicate nell’osservanza dell’autorità regia.
L’istituto dell’immunità creava di fatto un obiettivo possibile per tutti i
grandi proprietari terrieri non inseriti nella compagine imperiale , e di fatti
nel IX secolo , dopo la morte di Carlo Magno , le patenti d’immunità si
moltiplicarono.
Esse erano nate solo per poter contenere le attività di pochi possidenti
terrieri particolarmente difficili da accontentare e controllare , ma il
processo di fatto porterà alla frammentazione del territorio , a scapito
dell’autorità pubblica.
La convivenza di così tanti centri di potere resse fintanto che a reggere
l’impero vi furono uomini carismatici , ma la fragilità del sistema era
enorme, tant’è che in poco tempo funzionari pubblici , immunisti e grandi
proprietari terrieri si comportavano come signori.

9) ECONOMIA E PAESAGGI

Ormai da due secoli gli storici si interrogano sulle modalità e le ragioni della
grande trasformazione che interessò l’economia europea tra VI e XI secolo.
La difficoltà nell’esprimere una posizione unitaria è dovuta in primo luogo
alla scarsità delle fonti , anche se su almeno due punti si è d’accordo :

1) Nei secoli tra 200 e 600 d.C. la popolazione europea diminuì


drasticamente , per risalire solo a partire dal 700 d.C. e arrivare solo nell’anno
Mille al livello di partenza ( 30-40 milioni di abitanti ).

2) La diminuzione delle ricchezze ; per esempio dal VII secolo è stato notato
che non vi sia più presenza di edilizia monumentale né di ceramica africana.
Solo a partire dall’VIII secolo , forse in virtù di un nuovo modo di
sfruttamento della terra , sembra ricomparire la ricchezza , senza raggiungere
il livello e la diffusione dell’età tardo-antica.
9.1 IL DIBATTITO SULLA FINE DELL’ECONOMIA ANTICA

La volontà di definire l’economia dei secoli VI-X come un’invenzione


germanica portò a inizio Ottocento a esaltare il ruolo delle invasioni
barbariche nell’interruzione della continuità romana.
Altri storici invece ( Mommsen ) opposero la tesi di una continuità delle
forme romane , questo spunto fu colto dagli storici francesi ( Fustel de
Coulanges ) per ridimensionare l’apporto germanico.
Una tesi tutta nuova fu proposta dal belga Henri Pirenne , nella sua opera
‘’Carlo Magno e Maometto’’ ( 1937 ) , affermando che i Germani avevano solo
portato cambiamenti di facciata , senza modificare la struttura dell’economia
romana , di fatto anche la vita urbana , commercio e navigazione a lunga
distanza non si erano interrotte.
La continuità si mantenne fino al VII-VIII secolo , e fu interrotta quando il
Mediterraneo divenne ‘’un lago musulmano’’ , cosa che isolò l’Europa
dell’oriente , spostando il baricentro a Nord : cosa che aveva costretto a
rivolgersi a nuove forme economiche che si basavano sull’autosufficienza ,
che avrebbero caratterizzato l’Europa dall’impero carolingio all’XI secolo.
A questa tesi si schierarono contrari sostenitori della continuità , come Alfons
Dopsch , che contestò sia la cesura tradizionale individuata nelle invasioni
barbariche e anche in quella individuata da Pirenne ; medesima
l’impostazione della storiografia italiana a inizio Novecento , dai giuristi di
inizio secolo agli studi di Cinzio Violante sulla società milanese , che ebbe
come eversore Giampiero Bognetti , che esaltò il ruolo innovativo
dell’invasione longobarda.
L’intera questione fu ripresa dall’antropologia economica di Karl Polanyi , il
quale accusò gli storici di attuare anacronismi , cercando di leggere
l’economia tra la Tarda-Antichità e l’XI secolo con le leggi dell’economia
moderna basate su domanda-offerta.
Per leggere l’economia delle epoche anteriori bisogna soprattutto constatare
l’influenza e il condizionamento politico fatto dalle istituzioni ; in sostanza
la circolazione di beni e ricchezze dipende da decisioni politiche e
atteggiamenti culturali socialmente condivisi.
La suggestione di Polanyi fu ripresa da storici della romanità e delle tardo-
antichità , che dagli anni Sessanta hanno ridimensionato il ruolo delle
attività commerciali/industriali per esaltare il ruolo dell’economia agricola.
Si è proposta dunque una visione che vede l’impero incentivare l’iniziativa
privata e mantenere le condizioni ( strade , navi , corporazioni e città ) per
mantenere meccanismi di scambio necessari all’espansione politica.
La ceramica africana dunque , giunse in Europa fintanto che vi furono navi
imperiali che portavano il grano lungo varie rotte.
Accogliere la tesi di Polanyi significò anche dare un nuovo significato alla
monetazione tra VI-X secolo ; in questa prospettiva si configura la tesi di
Philip Grierson di dare un nuovo significato alla moneta d’oro fino al VI
secolo e alla comparsa di una d’argento alla fine dell’VIII.
Se Pirenne aveva considerato il primo fenomeno come segno della continuità
e il secondo come simbolo del cambiamento , Grierson osservò che le
monete d’oro erano orma divenute oggetti di lusso , perdendo funzione
monetaria ( nel V secolo si era interrotta dunque la produzione di monete
d’argento e rame ).
L’abbandono dell’oro invece , significava che la moneta era utilizzata spesso
per gli scambi ; e al contrario la coniazione di moneta d’argento ad opera di
Carlo Magno era sintomo della ripresa.

9.2 L’ECONOMIA STATALE DELLA TARDA ANTICHITÀ

Attorno al 500 d.C. le proprietà fondiarie non erano più coltivate solamente
da schiavi come nei secoli precedenti , questo sistema era entrato in crisi già
nel II secolo d.C. , con la fine delle conquiste e la conseguente fine del
mercato degli schiavi.
Si era dunque affermata nel mondo romano la pratica della conduzione
indiretta , ossia la concessione a famiglie contadine di lotti di terra che erano
poi tenute al pagamento di un tributi in denaro o natura.
Alcune terre erano date a famiglie di schiavi , che però non potevano
allontanarsi dalla terra e di risiedervi in una casa propria ( erano per questo
detti ‘’casati’’ ).
I casati erano obbligati al versamento di una parte del raccolto e a prestazioni
anche sulle terre che il padrone gestiva direttamente ; altre porzioni erano
affidate a liberi coltivatori , i coloni , che non erano obbligati a risiedere sulla
terra , anche se fra III e IV secolo , a causa delle trasformazioni politiche
dettate dalle invasioni , l’impero stabilì che anche i coloni fossero vincolati
alla terra , così da non poter sfuggire alle tasse.
In questo modo di fatto la condizione degli schiavi e dei coloni si assimilò , e
se da un lato le terre lavorate davano un surplus ai padroni , a schiavi e
coloni bastavano a mala pena per pagare le tasse e il tributo al padrone.
Di fatto le tasse avevano come scopo quello di mantenere un esercito enorme ,
l’amministrazione e le due capitali Roma e Costantinopoli.
Se da un lato talvolta i contadini potevano ricavare un surplus per un
commercio non di lusso , dall’altra il surplus padronale consentiva l’acquisto
di ricchezze ingenti e di pagare le tasse , entrambe le cose fatte in città.
Per questo le circa duemila città dell’impero divennero , in Occidente fino al
V secolo/in Oriente fino al X-XI secolo , il fulcro di un ciclo fiscale e
ridistributivo.
Di fatto dunque assimilazione di schiavi e coloni , sviluppo delle città ,
esistenza di un’attività commerciale e manifatturiera , erano alimentati
proprio dalla macchina imperiale.

9.3 FINE DEL SISTEMA FISCALE ROMANO ; UN NUOVO PAESAGGIO


URBANO E RURALE

Data la sua centralità , la fine dello stato romano comportò una profonda
modificazione delle strutture produttive , di fatto gli elementi di economia
tradizionali erano a corto di ossigeno , anche se già la presenza dei Barbari
nei confini dell’impero aveva comportato la riduzione dell’area fiscale ,
provocando l’aumento delle tasse e favorendone l’evasione.
Nel VI secolo le tasse imperiali non c’erano più , l’Italia era divenuta
longobarda , mentre resta incerto se Visigoti e Vandali continuarono o no a
riscuotere le imposte , certo è che dal 550 d.C. non esiste più il fisco pubblico.
Una prima conseguenza fu la contrazione degli scambi in moneta , per i
proprietari terrieri che investivano nel commercio privato aumentarono i
costi di attività , che la presenza di infrastrutture aveva fino ad ora tenuto
bassi.
Il crollo della fiscalità pubblica e la perdita della centralità economica delle
città , portarono grandi cambiamenti nel paesaggio urbano e rurale , le città
subirono flessione demografica , si ridussero d’estensione e assunsero
aspetto rurale.
Nelle campagne i proprietari investirono meno nelle loro aziende , non
avendo più un mercato dove vendere il surplus , e ciò comportò l’abbandono
di terre coltivabili e l’ampliamento di aree boschive e incolte.
9.4 TERRE E BOSCHI

I boschi , ridotti di superficie in età romana , si dilatarono nuovamente e per


questo crebbe l’importanza dell’economia forestale : noi boschi si praticava
l’allevamento , si andava a caccia e si raccoglievano frutti spontanei oltre che
il legname per fabbricare case e attrezzi.
Il passaggio a queste forme di sfruttamento dell’ambiente ebbe anche risvolti
positivi , l’alimentazione contadina fu caratterizzata come non mai da un
notevole consumo della carne , inoltre la varietà delle risorse utilizzate rese
meno drammatici gli effetti della crisi.
D’altronde se in età romana la produzione rurale era scarsa , in questi secoli
fu ancora più scarsa , il rapporto tra seminato e raccolto era di uno a tre nella
migliore delle ipotesi.
La scarsità della resa e la necessità di sacrificare il raccolto per la nuova
semina , portarono a ricorrere alla pastorizia e alle altre forme di
sfruttamento dei boschi , tuttavia non vi fu integrazione tra il settore silvo-
pastorale e l’agricoltura , soprattutto perché gli animali erano portati nei
boschi per l’allevamento , e lì il loro concime era disperso.
L’abbandono delle terre coltivate e la crescita dell’incolto si accompagnarono
al declino demografico dei secoli VI-VII , anche se è difficile trovare tra
questi fenomeni dei rapporti di causa-effetto.
Infatti la storiografia demografica ha indicato infatti che le linee di sviluppo
della popolazione seguono dinamiche interne , legate a diversi fattori ( età
dei matrimoni , forme di convivenza ecc.. ).
L’esperienza contemporanea invece mostra che le popolazioni in maggiore
incremento demografico sono quelle che soffrono più drammaticamente di
crisi alimentari.
Fu forse proprio la scarsa quantità di popolazione che consentì agli uomini
di riprodursi e poi moltiplicarsi ( la bassa popolazione del VI-XI secolo non
può essere dunque assunta come indice di una precaria situazione
alimentare ).

9.5 LA FINE DELLA SCHIAVITÙ


Secondo Marc Bloch , la fine dell’impero romano comportò la fine della
schiavitù , infatti il mantenimento degli schiavi divenne antieconomico , e i
padroni li resero casati , facendo variare il loro stato sociale in liberi coloni.
Da ciò sarebbe nata una nuova classe sociale , che sarebbe a metà tra la
condizione di schiavitù e la libertà , definita ‘’servaggio’’ , dunque il termine
servus in età romana si traduce con ‘’schiavo’’ , ma nei documenti di epoca
successiva sarebbe dunque da tradurre con termine ‘’servo’’.
La storiografia più recente , a partire dagli studi di George Duby , propone di
collocare la fine della schiavitù antica solo attorno all’anno Mille , in
concomitanza con l’accelerazione dello sviluppo economico.
Sul piano lessicale dunque bisogna continuare a tradurre servus con
‘’schiavo’’ ; sulla scorta di Duby anche Guy Bois fino al X secolo gli schiavi
continuarono a essere esclusi a dal godimento di servizi , diritti civili e
proprietà.
A cambiare però fu la loro funzione economica , la crisi del tradizionale
proprietà fondiaria antica spinsero ad utilizzare gli schiavi in maniera
omogenea , differenziandone le condizione a seconda delle esigenze , si
continuò anche a praticare la scelta dei casati.
In ogni caso essi mantenevano il loro stato giuridico , erano appartenenti ai
padroni e solo nei secoli successivi la schiavitù cominciò a sparire e si
diffusero ‘’affrancamenti’’ individuali o collettivi.
9.6 LO SVILUPPO DI UNA NUOVA DOMANDA ECONOMICA

La fine dell’impero , sul lungo periodo , ebbe un’altra conseguenza : la


cessazione di un prelievo generale e pesante come l’imposta fondiaria
romana , potrebbe aver messo in circolazione una maggiore quantità di
ricchezza , e fra il VII e VIII secolo essa contribuì a far nascere una domanda
economica diversa.
In assenza dell’impero questa nuova domanda scaturì e fu organizzata
principalmente dalle aristocrazie locali , ma non solo le aristocrazie , anche i
contadini ne trassero profitto potendo contare su un reddito maggiore
ricavato dalla terra.
Prima dell’età carolingia questa nuova economia non si concretizzò in un
sistema coerente , nell’Italia longobarda infatti si ha notizia di diversi modi
di gestione della terra : grande proprietà pubblica ( re/duchi ) , grande
proprietà privata ( laici ed ecclesiastici ) , piccola proprietà dei liberi ,
proprietà collettiva delle comunità di villaggio.
Importante nel mondo longobardo il ruolo dell’incolto , per esempio il
bosco , dove venivano fatti pascolare i maiali ; inoltre sappiamo anche che
nelle aziende si distingueva la parte gestita dal padrone e quella affidata ai
contadini.
Poco rilevante il ruolo delle corvées , ovvero delle prestazioni dei contadini
sulla terra gestita direttamente dal padrone ; la svolta verso una nuova
economia sarà però proprio qui , nell’aumento e dalla fissazione di queste
prestazioni , in questo modo i proprietari fecero sentire nuovamente la loro
presenza dopo la ‘’latitanza’’ tra V e VII secolo.

9.7 IL SISTEMA CURTENSE

Il modello di organizzazione che scaturì dalle corvées viene chiamato sistema


curtense in Italia , régime domanial in Francia , Villikationsverfassung in
Germania e manorial system in Inghilterra.
Esso si basa su due elementi : in primo luogo la bipartizione delle aziende ,
in un settore a conduzione diretta , la riserva padronale o dominico
( dominicum , sala , casa ) e una a conduzione indiretta o massarìcio formato
da piccole aziende familiari contadine ( mansi , sortes , case massaricie ).
In secondo luogo lo stretto legame tra queste due parti , i contadini infatti
dovevano svolgere corvées sul dominico , andando ad integrare il lavoro degli
schiavi ( servi prebendari ) , che invece risiedevano permanentemente sul
terreno del padrone dove lavoravano , la prebenda ; senza questo legame non
era possibile mettere in luce il dominico , ‘’ non c’è sistema curtense senza
corvées ‘’ dice Pierre Toubert.
Questo sistema si venne a fissare per la prima volta nelle corti regie e
abbaziali tra Loira e Reno , e all’aumento dello sfruttamento contribuì la
necessità per i grandi amministratori regi e abbaziali di redistribuire le
scorte tra possedimenti lontani tra di loro.
Infatti non tutte le aziende producevano tutte le merci di cui avevano bisogno
si venne ad intensificare lo scambio delle eccedenze, sia all’interno delle
grandi corti , sia verso l’esterno.
A questo commercio esterno , quello del surplus agricolo , contribuì la
presenza di mercanti provenienti dalla Sassonia e dalla Frisia ; si trattava
probabilmente di contadini arricchiti che riuscivano a investire parte del
raccolto nel commercio ; questi fecero la fortuna di alcuni centri minori
dell’impero carolingio , disposti attorno al Mare del Nord , in cui si
ricominciò a scambiare moneta argentea.
In Italia il sistema curtense si impose solo dopo la conquista franca del 774
d.C. , e qui le corvées non sono solo nelle grandi aziene , ma anche nelle
curtes piccole.
Come in Francia a questo sistema si accompagnò la ridistribuzione delle
eccedenze e dunque una maggiore presenza dell’economia di scambio ,
interno ed esterno , ma in Italia con caratteri particolari , per esempio ai
contadini di censi costintenti talvolta era chiesto di fabbricare prodotti
artigianali ( seta , minio , attrezzi agricoli ) , talvolta usati nel dominico ,
talvolta venduti fuori dalla curtes.
Il movimento delle merci era determinato dalla necessità di merci da
importare e dalla specializzazione della curtes ; va ricordato però che a
partite dal X secolo , nelle regioni continentali , pesò la presenza dei castelli ,
le città di origine romana si affermarono come centri di mercato e dunque di
produzione di ricchezza da reinvestire nella terra.
Secondo Pierre Toubert la curtis aveva un livello di produzione molto basso ,
si parla infatti di un’ipotesi minimalista , e molti altri storici consolidarono la
tesi mostrando che l’affermazione della curtis concise con la stagnazione
demografica.
Ultimamente però questa tesi è stata superata , pur ammettendo che la curtis
privilegiò l’autosufficienza , gli storici hanno ridimensionato il ruolo della
crisi demografica insistendo sul dinamismo economico che caratterizza i
secoli dell’affermazione della curtis ( VIII-X secolo ).
Infine vi sono ragioni prevalentemente economiche fu molto redditizio e
permise anche un certo accumulo di ricchezze , infatti i sostenitori
dell’ipotesi minimalista non hanno considerato ciò che vi era accanto alla
rendita fondiaria ( canoni in denaro e natura , tutt’altro che simbolici ).
Inoltre molti proprietari facevano investimenti economici , come la ricerca di
migliorie tecnologiche o la costruzione di fabbriche di birra , che i proprietari
gestivano direttamente ricavandone grandi profitti.
Un altro segno di miglioramento fu la riduzione del dominico a vantaggio
delle famiglie di contadini , cosa che permetteva un grande aumento della
produttività , ma ciò è anche indice di un aumento demografico che rendeva
necessario la messa a cultura di nuove terre per nuove famiglie.
Da un lato si cerca però anche di ottimizzare la produttività , riducendo il
dominico e affidandosi all’intraprendenza delle famiglie contadine ; per questo
tra IX e X secolo poterono svilupparsi nelle curtes una nuova industria e un
nuovo mercato.
Dunque l’affermazione del sistema curtense gettò le basi per una ripresa
economica capace di sopravvivere al quadro politico dell’impero carolingio ,
che l’aveva sostenuta e orientata.

10) LA CITTÀ

L’impero romano aveva basato il suo ordinamento civile e politico su


un’ordinata rete di città , il crollo di questo ordinamento comportò dunque
una profonda trasformazione del tessuto urbano : scambi di merci ad ampio
raggio e apparati amministrativi vennero meno , la popolazione diminuì e la
città perse il ruolo di coordinamento delle campagne.
Mutarono completamente i rapporti tra campagna e città , con il ridursi di
spazi urbani e la ruralizzazione degli abitanti.
Partendo da elementi archeologici e letterari alcuni storici sostengono che vi
sia una netta cesura , che si sarebbe ricomposta solo nei secoli dopo il Mille
( come riteneva Henri Pirenne ) , o già nell’età carolingia ( tesi di Cinzio
Violante ) , mentre altri studiosi rilevano elementi di continuità , pur con
grandi cambiamenti istituzionali e materiali , che garantirono la
sopravvivenza e il rinnovamento delle funzioni urbane anche nei secoli
della crisi.

10.1 LA CITTÀ

La struttura politico-amministrativa dell’impero romano aveva nelle città i


centri di coordinamento del territorio ; infatti i Romani provvidero sempre a
fondare o ristrutturare centri di insediamento.
La città romana era costruita lungo le grandi vie consolari e strutturate in
base all’incrocio geometrico del cardo e del decumano , in mezzo al loro
incrocio vi era il forum ( la piazza pubblica ) , il palatium ( palazzo
dell’autorità politica ) , il praetorium ( sede dell’amministrazione locale ) , la
curia municipale ( il senato locale ) e il grande mercato pubblico coperto.
Nella città come si è già detto arrivavano i prodotti in surplus delle
campagne , in parte venduto qui e in parte entrava nel flusso di merci
dell’impero.
La crisi dell’economia imperiale dunque , colpì in primo luogo le città , dove
il tracollo demografico fu enorme ( Roma dopo il V secolo arrivò ad avere tra
i 25-40.000 abitanti ) , ma nonostante tutto la rete urbana resistette , furono i
centri più piccoli a scomparire.
Le città, pur con enormi cambiamenti dell’impianto urbano e organizzativo,
sopravvissero ; la trasformazione però , materiale e funzionale , avvenne.
L’elemento centrale della trasformazione fu la figura del vescovo , che
apparteneva alla ex classe senatoria ( che si era convertita al cristianesimo per
prima ) e che al crollo delle curie municipali assunsero un ruolo di guida
della comunità.
Le città vennero ‘’ristrutturate’’ in base alle nuove esigenze : i nuovi poli
aggregativi erano la cattedrale , il palazzo del vescovo , il battistero e il
cimitero tutte strutture che erano all’interno del perimetro urbano , molto più
piccolo dell’età romana , si scelse di salvare le aree sopraelevate o delimitate
dai fiumi.
La cattedrale e i suoi annessi erano edificati presso una delle porte della
nuova cinta muraria , di solito quella che poi controllava le direttrici del
traffico commerciale.
Dell’impianto romano si conservarono le parti che furono adattate alle
nuove esigenze , il vecchio foro si conservò solo nei casi in cui divenne
piazza di una chiesa , ma in generale la nozione dello spazio pubblico tese a
scomparire.
I municipia romani , che a intorno al 400 d.C. erano descritti da
Sant’Ambrogio come ‘’cadaveri di città semidistrutte ’’ , risorsero a nuova vita
grazi alla loro cristianizzazione.

10.2 CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO: IL DIBATTITO STORIOGRAFICO

Henri Pirenne osservò un importante aspetto dell’evoluzione della città al


crollo dell’impero romano d’Occidente ; egli riteneva essenziale la funzione
politica della città , per questo nel momento in cui il Mediterraneo divenne
un ‘’ lago musulmano’’ e gli scambi commerciali sicuri non erano più
possibili , le città decaddero a semplici centri urbani circondati da mura.
Solo dopo l’anno Mille , con la ripresa del commercio su ampie tratte , la città
poté risorgere e accanto al centro fortificato vescovile sorse un borgo , nato
grazie all’insediamento di mercanti , la città dunque fu l’unione fra il
castrum e il burgus .
Gli studi successivi hanno dimostrato che la tesi di Pirenne è valida solo per
le città del Nord , come quelle delle Fiandre e del Mare del Nord , aree
dunque che non avevano conosciuto l’urbanizzazione romana , dove le città
nel X-XI secolo erano un fenomeno nuovo.
La tesi di Pirenne però non era valida per la Francia meridionale , l’Italia e
anche la penisola iberica , dove lo sviluppo del Mille si innesta su un lungo
processo di continuità.
Dunque non è solo la funzione commerciale a caratterizzare un centro
urbano , la città infatti svolgeva funzioni fondamentale culturale , sociale ,
politico e religioso , che possono non essere presenti tutte assieme allo stesso
momento.
La nozione di città rimane quasi sfuggente , al punto che ebbe tanto successo
la formula di Roberto Lopez , che definì la città ‘’uno stato d’animo’’ ,
espressione che coglie anche l’esperienza emotiva del singolo
nell’appartenenza alla comunità cittadina.
Cinzio Violante riprese la tesi di Pirenne , riconoscendo alla città un cruciale
ruolo economico , e ha dimostrato che la prima ripresa avvenne prima di
quando lo storico belga l’avesse indicato , già al tempo dell’età carolingia ,
momento della ripresa della produzione rurale e dei flussi commerciali , mai
scomparsi , ma che rivitalizzarono economicamente le città.

10.3 ISTITUZIONI E POTERI FRA CITTÀ E CAMPAGNA

Nelle aree dove l’urbanizzazione romana era stata intensa , il legame tra la
città e il proprio territorio non venne mai meno completamente , ma con
importanti cambiamenti negli assetti giurisdizionali.
Per l’Italia bisogna però distinguere due aree , quella conquistata dai
Longobardi e la Romania , l’Italia rimasta sotto il controllo dei Bizantini.
Nelle aree longobarde l’organizzazione territoriale fu modificata molto : le
aree circoscrizionali in cui era diviso il regno , i ducati , non avevano un
centro urbano coordinante , la stessa capitale del regno , Pavia , non fungeva
da coordinatrice del territorio , poiché ciò non era concepito nella tradizione
longobarda.
Molti centri importanti di coordinamento si affermarono nelle campagna
stesse , semplici villaggi furono al centro delle circoscrizioni pubbliche ;
molto più legato alla tradizione romana il territorio della Romania.
In queste aree i centri urbani conservarono le prerogative dell’età romana , in
queste città i proprietari terrieri ( soprattutto ecclesiastici ) risiedevano
proprio nelle città.
La successiva conquista carolingia determinò una rinnovata attenzione al
ruolo delle città ; il periodo carolingio fu il primo ‘’rinascimento’’ europeo ,
visto che per la prima volta ci si richiamò all’autorevolezza degli antichi.
In questo contesto ebbe un posto di rilievo la valorizzazione delle città sia
nell’impianto urbanistico che nelle funzioni giurisdizionali , e importante
testimonianza sono le laudes civitatum ( ‘’lodi di città’’ ) , composte nella
prima età carolingia , e fra di esse sono famose le lodi di Milano e Verona.
In queste lodi si descrivono i meriti delle città , ponendo in evidenza le
testimonianze che il passato romano aveva lasciato nell’impianto urbanistico ,
ma anche il nuovo ordine sociale : mura , chiese e liste episcopali.
Di fatto le circoscrizioni politico-amministrative dell’impero carolingio
ebbero come centro una città in Italia , e qui dovevano convivere il vescovo
e il conte , ma difficilmente questa convivenza ebbe successo , infatti il potere
pubblico del conte aveva un teatro che andava molto oltre la città.
10.4 MERCATO E COMMERCIO URBANO

La funzione commerciale della città rimase anche dopo la fine dell’impero ,


essa rimase sempre il punto di riferimento del territorio che la circondava ,
per distribuire le eccedenze produttive.
La città rimaneva sempre il polo di una rete commerciale mai del tutto
scomparsa , per esempio in alcune città padane vi erano piccole ‘’celle’’
dipendenti da grandi monasteri extra-urbani , che garantivano l’entrata del
libro religioso in città.
Il commercio con l’Oriente , nonostante lo scisma con la chiesa ortodossa e
l’espansione araba nel Mediterraneo , i collegamenti tra Bisanzio e i porti
adriatici italiani rimasero in vita , e prodotti rari e preziosi ( impossibile la
richiesta di una produzione standardizzata ) giunsero fino nell’area padana.
La funzione commerciale della città rimase importante nel Sud Italia ,
specialmente in quelle costiere : sia in quelle di tradizione antica come
Napoli , Taranto e Otranto , sia città che si svilupparono da centri minori
Salerno e Bari , che durante l’epoca longobarda rimasero a Bisanzio e dunque
mantennero aperti i canali con l’Oriente.
In questi centri era fondamentale soprattutto l’attività manifatturiera , specie
nel campo tessile , dell’artigianato artistico e delle costruzioni navali.
Nei centri urbani , come ricordato , il potere pubblico era rappresentato
dalla presenza e dall’autorità del vescovo , che aveva interesse a controllare
le reti commerciali della città e dei porti fluviali , e con molto impegno i
vescovi vollero legittimare il diritto di ricavare i proventi connessi alle tasse.
Non bisogna tuttavia pensare che il vescovo utilizzasse le tasse dei controlli
per arricchimento personale ; il vescovo ( eletto dal clero e dal ‘’popolo’’ ,
termine con cui si intendeva la parte politicamente attiva della società
cittadina ) era diretta espressione dei ceti eminenti urbani.
Dunque il controllo episcopale significava pertanto la possibilità di
arricchimento della città nel suo insieme e dei suoi ceti dominanti in
particolare.

10.5 I CITTADINI

All’interno delle città sussistevano necessità amministrative , di protezione e


di controllo del mercato urbano , e da ciò si intuisce che nelle città vi era una
complessa realtà sociale articolata e complessa.
L’attività giurisdizionale e amministrativa dei vescovi era coadiuvata da un
gruppo professionale di giudici e notai , nelle città risiedevano mercati e
artigiani, ma anche proprietari fondiari che vivevano nell’ombra.
Nelle società urbane italiane non vi era netta distinzione tra mercanti ,
artigiani e proprietari fondiari ; la documentazione privata ( per esempio
della società milanese del X secolo ) testimonia che vi erano mercanti che
investivano nelle proprietà fondiarie , e allo stesso tempo molti grandi
proprietari terrieri preferivano vivere in città.
L’articolata composizione sociale della città , il permanere di interessi
economici dei cittadini nelle campagne , costituì una caratteristica precipua
della realtà italiana , e in seguito , a partire dal XII secolo , ebbe importanti
conseguenze nel determinare la proiezione del controllo urbano sul
territorio.

11) ALFABETISMO E CULTURA SCRITTA

Dal IV secolo la capacità di scrivere si concentrò nelle mani di un numero di


persone sempre minore , e tra la fine del V secolo al VII questo processo si
intensificò , il libro stesso non fu più inteso come trasmettitore di cultura , ma
uno ‘’scrigno di misteri’’.
Il processo si legò sia al fatto che la cultura divenne monopolio
ecclesiastico , visto che con l’impero era crollata l’istruzione pubblica , e di
conseguenza anche l’insegnamento della cultura scritta scomparve , tranne
nelle scuole ecclesiastiche , vescovili o monastiche , che venivano frequentate
anche da laici.
In età carolingia , VIII e IX secolo , si cercò di riportare ‘’cultura scritta’’ , ma
il crollo dell’alfabetizzazione non venne fermato , anche se i sovrani carolingi
riuscirono a moltiplicare gli scriptoria presso i monasteri , aumentando la
produzione di codici.
Proprio nei monasteri e nelle corti si svilupparono esperienze culturali
nuove , come la rinascita del classicismo e una nuova speculazione teologica
e scientifica , esperienze che portarono a una nuova stagione maturata nel XII
secolo , quando i laici tornarono alla ribalta della produzione culturale.

11.1 POCHI SCRITTORI , POCHISSIMI LETTORI

La società di V-VII secolo era profondamente analfabeta , mentre il mondo


romano era altamente alfabetizzato ( scritte sui muri di Pompei una prova ) ,
dove vi era un sistema scolastico pubblico nato nel II-III secolo d.C. , che si
inclinò nel V secolo e scomparve nel VII.
Gli studiosi , specie quelli dell’Ottocento come Dresdner , hanno discusso
sull’estensione di questo fenomeno , e solo con i recenti studi sulle
sottoscrizioni dei documenti ( sottoscrizioni autografe ) hanno dato un’idea
della grandezza del fenomeno.
Si può così calcolare la percentuale di persone in grado di scrivere il loro
nome , nel VII secolo in Francia nessun sottoscrittore ecclesiastico era
analfabeta , mentre il 40% dei laici non sapeva scrivere il proprio nome.
Nell’Italia longobarda si scende al 30% , mentre nelle campagne e nei piccoli
centri urbani l’alfabetizzazione scompare ; risulta dunque evidente che i
sottoscrittori di documenti costituivano una ristretta elite della popolazione.
Come osservarono Armando Petrucci e Carlo Romeo questi dati non bastano
a dare un’idea delle dimensioni del cambiamento , anche perché era
scomparso il modo di scrittura d’età romana.
Nell’Italia longobarda infatti esistevano due tipi di scrittura , uno più veloce
e disinvolto e uno più stentato e tracciato faticosamente e con le lettere
separate.
Questo dimostra esisteva ancora un’istruzione di base , portata avanti da
laici ed ecclesiastici , ma il divario tra questi laici che ‘’imparavano’’ a scrivere
e coloro che scrivevano veramente era sempre più ampio.
Nell’Europa del VI-VII secolo andò anche ampliandosi la distanza tra le
scritture utilizzate nei diversi paesi , un processo che rientra nel fenomeno
di differenziazione culturale dei vari regni romano-barbarici.
Dopo il VI secolo poi , scomparvero le officine libraie che nel I-II secolo
avevano contribuito alla diffusione letteraria , esse furono sostituite da una
pluralità di piccoli centri scrittori , presso le chiese cattedrali cittadine , anche
presso i monasteri.
Ma questi nuovi centri non avevano rapporti con possibili fruitori esterni
alla realtà a cui appartenevano , e come dice per l’appunto Armando Petrucci
‘’nei mosaici ravennati il libri sono aperti e pieni di parole , nelle miniature dei secoli
successivi solo chiusi e coperti di gemme’’.
Questo processo di ‘’chiusura del libro’’ , indica un passaggio dal codice che
deve essere letto a quello che deve rappresentare valori estetici , simbolici e
magico-evocativi.
Inoltre i libri non sono scritti per essere letti , mancano segni atti a rendere
agevole la lettura ( spaziatura , punteggiatura , uso logico di maiuscole ) e
questo perché manca confidenza con la lettura ; solo raramente la domanda
di lettura riuscì a svilupparsi , ma solo in certi contesti isolati.

11.2 L’EDUCAZIONE CRISTIANA

Nel V secolo erano poche scuole laiche ( specie in Gallia e Italia ) a garantire
il principale canale di formazione ; tuttavia nel momento in cui l’impero
d’Occidente cadde , queste scuole persero la loro base economica , facendo sì
che rimanessero in piedi solo le scuole cristiane , nate prima del 476 d.C. per
formare negli studi superiori i sacerdoti.
Esse già nel VI secolo divennero il luogo dell’apprendimento elementare , non
solo per sacerdoti , ma anche per i laici.
Tuttavia la chiesa non andò semplicemente a sostituire l’impero , come
principale referente dell’istruzione , ma andò ad elaborare una nuova e
autonoma politica culturale , necessaria anche per l’evangelizzazione delle
campagne.
Questo processo in realtà partì già in età romana , ma conobbe una svolta
importante a partire dal concilio di Vaison del 529 d.C. , con cui si stabilì che
i parroci rurali dovessero insegnare ad alcuni laici a leggere il salterio ( libro
dei Salmi ) assieme ad altre parti della Scrittura , con lo scopo di formare una
società consapevolmente cristiana , alfabetizzata anche al di fuori dei grandi
centri urbani.
Questo processo fu guidato in primo luogo dai vescovi di Roma , che tra VI-
VII secolo acquisirono sulle altre sedi un’egemonia culturale e politica , e
proprio la produzione pontificia è fonte importante per cogliere i caratteri
della diffusione della cultura scritta.
Un esempio è l’epistolario di papa Gregorio Magno , il quale mette in
evidenza l’analfabetismo dei laici , e da cui si coglie la volontà del pontefice di
spiegare la parola divina attraverso immagini e rituali.
Dal VII secolo , soprattutto grazie alle fondazioni dei monaci irlandesi ,
nacquero scuole monastiche ( Bobbio , Luxeuil , San Gallo ); anche se va
ricordato che soprattutto tra i monaci benedettini vi erano molti semi-
analfabeti , in grado di leggere solo la regola o la Bibbia.
Anche se sarò proprio in questi luoghi che si sarebbero sviluppati nuovi
fermenti culturali , il primo tentativo di rinnovamento letterario avvenne in
età carolingia.
L’azione del sovrano ( Carlo Magno ) fu improntata in tre direzioni :

1) Miglioramento della formazione del clero , affinché conoscesse al meglio


la lingua latina in modo tale da istruire correttamente il popolo sul messaggio
cristiano.

2) Riforma liturgica ; affinché tutti pregassero allo stesso modo.

3) Riaffermazione dell’importanza della scrittura nell’amministrazione , nel


diritto e nella diplomazia , come in età romana e merovingia.

Si cercò di riorganizzare le scuole , da quelle più alte ( quelle degli


aristocratici di palazzo ) a quelle più basse ( scuole vescovili , monastiche o
parrocchiali ) , ma tutto ciò comportò solo una ‘’crescita qualitativa e non
quantitativa ‘’ ( Graff ).
Sulla linea di Carlo si mossero anche alcuni suoi successori , come Ludovico il
Pio e Carlo il Calvo soprattutto , che furono grandi collezionisti di testi e
biblioteche , ma che non riuscirono a migliorare la società profondamente
analfabeta che avevano ereditato.

11.3 I MODI DELL’INSEGNAMENTO


Vi fu , prima e dopo l’età carolingia , una sostanziale continuità nei modelli
d’istruzione , che seguivano ancora il modello antico : si insegnava prima a
leggere ( lettere , poi sillabe e poi frasi , facendone memorizzare alcune dalla
Bibbia ) ; molto raro invece l’insegnamento della scrittura.
La scrittura veniva insegnata , come in età romana , attraverso la copiatura di
frasi ( dei Salmi di solito ) su tavolette di cera.
Oltre a scrittura e lettura venivano date nozioni anche di calcolo , canto e
lingua latina , e quest’ultima , nonostante non fosse più lingua ufficiale esso
era ancora il tramite fondamentale dell’istruzione religiosa.
In queste tre materie citate per ultime , non si rilevano differenze
nell’insegnamento tra VI-XI secolo ; più dinamico il panorama della
formazione superiore , che si svolgeva tramite le distinzioni tardo antiche
delle arti del Trivio ( grammatica , retorica e dialettica ) e del Quadrivio
( musica , matematica , astronomia e geometria ) , tutta via la dialettica e le
discipline del Quadrivio , fino al secolo VIII furono poco studiate.
Esse subirono una riscoperta nell’età carolingia e successivamente ebbero un
ruolo fondamentale per la nascita e lo sviluppo della filosofia scolastica , che
ebbe influenze sia dalla Spagna islamica ( Averroè , Avicenna ) che del
mondo greco-bizantino , favorendo una rinascita della classicità nel periodo
carolingio.
Dunque accanto a nuove richieste economiche , ne giungono anche nuove
dal punto di vista culturale.

11.4 AVANGUARDIE CULTURALI

Nel corso dei secoli che vanno dal VI all’XI gli elementi della classicità tardo-
romana riuscirono a conservarsi, essere trasmessi e arricchiti ( o contaminati )
solo in contesti eccezionali ; di fatto già nel VI secolo si chiuse il canone di
testi che sarebbe arrivato pressoché immutato agli umanisti , contenente
Orazio , Virgilio ,Ovidio , Terenzio , Stazio , Lucano , Persio , Donato ,
Cicerone , Quintiliano , Seneca e Prisco a cui vanno aggiunta la raccolta di
sentenze della Disthica Catonis e l’opera enciclopedica di Marziano
Cappella ‘’Le nozze di Mercurio e Filologia ‘’ , in cui compariva la distinzione
in Trivio e Quadrivio.
Di fatto , come commenta Ovidio Capitani , vi era grande scarsità di
materiale culturale , molto più dinamica la produzione cristiana , come
quella dei padri della chiesa , Tertulliano e Sant’Agostino , che arrivano in
Europa tramite la Spagna visigotica.
In questa zona si ebbe , nel VII secolo , un’importante momento di rilevanza
culturale , vanno ricordate le ‘’Etimologiae’’ di Isidoro di Siviglia ,
fondamentale opera enciclopedica per il Medioevo.
In età longobarda molto importante fu l’attività culturale dei monasteri ,
sovvenzionata dai re ; anche se molto spesso gli abati utilizzarono codici
antichi per scrivere nuove opere ( opere di palingenesi furono fatte anche sul
De re publica di Cicerone ).
Il mondo anglosassone possedeva ancora molti testi della classicità ,
importante qui l’attività del monaco Bonifacio.
Tutto questo fu però nulla rispetto al ruolo avuto dall’accademia palatina , il
cenacolo di intelletuali riunito da Carlo Magno alla sua corte di Aquisgrana ,
che ebbe una confidenza mai più avuta fino all’Umanesimo con la
classicità.
La politica portata avanti dai successori di Carlo moltiplicò i centri di
produzione culturale , e il processo non si fermò neppure al tempo delle
seconde invasioni , anzi la successiva riorganizzazione intensificò i contatti
tra i monasteri e le città.
Per esempio nei nuovi monasteri cluniacensi di X e XI secolo lo studio di
Trivio e Quadrivio era aperto anche a giovani provenienti dalla città , ma
anche la stessa corte imperiale , attraverso intellettuali come Wipo , elaborò
una propaganda improntata al classicismo.
Sul continuo richiamarsi all’autorità del classicismo poggiava molto del
prestigio della dinastia degli Ottoni , difensori del papato e rinnovatori
dell’immagine della dignità regia : in sostanza la cultura classica continuò ad
essere un riferimento importante per l’Occidente europeo.

12) LE SECONDE INVASIONI E LA RISTRUTTURAZIONE


DEL TERRITORIO EUROPEO

Tra il IX e il X secolo l’Europa occidentale fu teatro di nuove ondate


migratorie , che modificarono profondamente gli assetti politici, sociali e
territoriali.
Queste popolazioni , che arrivarono praticamente in parallelo , erano
Vichinghi ( o Normanni ) , Saraceni , Slavi e Ungari , e vennero fin da subito
percepite dai contemporanei come facce dello stesso pericolo all’interno del
fenomeno oggi detto delle ‘’seconde invasioni’’.
In realtà le loro vicende , pur incrociandosi , ebbero strade molto diverse.

12.1 UNA LENTA ESPANSIONE: GLI SLAVI

Gli Slavi sconvolsero gli equilibri d’Europa in maniera molto silenziosa , o


quantomeno questo è quello che appare dalle fonti.
Essi giunsero per la prima volta nel VI secolo , per poi scomparire e
riapparire nell’VIII , quando avevano messo sotto il loro controllo la
maggior parte dei territori che dagli Urali vanno all’Europa centrale.
Si sa poco delle origini degli Slavi , ma a differenza dei popoli germani che
trovavano coesione nell’attività militare , essi erano una popolazione
sedentaria , originaria dell’area trai fiumi Dnepr/Vistola/Dnestr , spinti via da
qui da popolazioni bellicose come gli Unni.
Gli Slavi erano organizzate in piccoli gruppi tribali e comunità di villaggio ,
conosciute come sklaviniae , prive di un coordinamento centrale , cosa che
favorì , tra V-VI secolo , un’espansione a irraggiamento.
Gli Slavi tra VIII e IX secolo si divisero in tre gruppi principali : Slavi
orientali ( da cui scaturirono Russi e Ucraini ) , Slavi meridionali ( da cui
scaturirono Serbi , Sloveni e Croati ) e infine Slavi occidentali ( da cui
scaturirono Polacchi , Sorabi , Cechi e Slovacchi ).
Per quanto riguarda gli Slavi meridionali essi si mescolarono o soppiantarono
popolazioni già presenti come Avari e Bulgari , addirittura nel caso di
quest’ultimi ciò è intuibile dal nome stesso della popolazione : Bulgari da
bulgha = mescolare .
Nonostante il fatto che gli Slavi si stanziarono in tutta l’Europa orientale , non
si sa nulla sulla loro espansione , cosa che nell’Ottocento fece nascere il mito
dell’alterità slava ( Herder : ‘’gli Slavi occupano più terra che pagine di storia’’ )
che si fece forte durante la nascita dei nazionalismi , ma che diede origine
anche a teorie razziste ( riprese con forza dal nazismo , lo slavo ‘’ospite non
gradito ).
Questo pregiudizio dipendeva anche dal fatto che gli Slavi si organizzarono
lentamente in forme politiche stabili , cosa che avvenne solo nel IX secolo ,
con Slavi orientali e meridionali che si scontrarono con i Franchi e Bizantini.
Per cercare di ricondurli all’interno di alleanze che li neutralizzassero
Bizantini e Franchi inviarono tra gli Slavi missionari cristiani , i più famosi
sono ovviamente i bizantini Cirillo e Metodio ( si recarono tra gli Slavi
meridionali ), che tradussero la Bibbia in paleoslavo e inventarono un
alfabeto.
Grazie alla loro missione Serbi e Bulgari , i quali avevano fondato un regno
sempre pericoloso per i Bizantini , entrarono nella sfera d’influenza di
Costantinopoli , mentre Croati/Sloveni/Cechi/Slovacchi , raggiunti da
missionari franchi , si avvicinarono alla chiesa di Roma.
Con lo scisma d’Oriente del 1054 queste distinzioni cominciarono a pesare
sempre di più , e sempre negli stessi anni varie popolazioni slave ,
approfittando della debolezza bizantina , fondarono regni : regno di
Serbia , ducato e regno di Polonia e principato di Kiev.

12.2 I CAVALIERI DELLE STEPPE: GLI UNGARI

Se lo stanziamento slavo fu molto lento , gli Ungari invece apparvero


improvvisamente in Occidente nella seconda metà del IX secolo , e per cento
anni compirono spedizioni militari veloci e devastanti.
Gli Ungari , equiparati agli Unni di Attila , logorarono l’Europa post-
carolingia , già dilaniata da scontri legati all’affermazione dei nuovi poteri
locali.
Gli Ungari provenivano probabilmente dalle pianure attorno agli Urali , da
cui si sarebbero mossi nel VI secolo per giungere verso le ultime propaggini
uraliche , chiamate oggi dagli storici Magna Hungaria ; qui essi condussero
una vita basata su un’organizzazione sociale ed economica seminomade.
Nell’VIII secolo si spostarono verso il fiume Don , entrando in contatto coi
Cazari e con popolazioni tuco-bulgare ; forse proprio per il rafforzamento dei
Cazari gli Ungari migrarono oltre i Carpazi verso la Pannonia.
La regione , ex provincia romana , venne ribattezzata poi Ungheria , e da qui
gli Ungari combatterono per la prima volta con gli eserciti occidentali , che
rimasero stupiti dal modo in cui essi conducevano la guerra , azioni veloci di
cavalleria e imboscate improvvise.
Talvolta gli stessi re d’Europa ingaggiavano eserciti ungari , è il caso del re
dei Franchi orientali Arnolfo I di Carinzia che scagliò gli Ungari contro
Berengario I re d’Italia , che fu sconfitto e addirittura nel 924 gli Ungari
saccheggiarono Pavia.
Spesso si è associato proprio alle invasioni ungare la causa del fenomeno
dell’incastellamento , tuttavia questa visione è stata rigettata , in quanto il
fenomeno non è legato solo a necessità difensive , ma anche di affermazione
di poteri locali.
Anche l’immagine degli Ungari come popolazione primitiva è stata rigettata ,
e ciò è provato semplicemente dalle loro innovative tecniche di guerra , che
ebbero un ruolo influente nello sviluppo della cavalleria europea , specie il
nel diffondersi e nell’utilizzo della cavalleria leggera.
Le invasioni ungare terminarono solo a fine del X secolo ; Enrico I re di
Germania sconfisse gli Ungari nel 933 d.C. , utilizzando proprio la cavalleria
leggera , ma la data decisiva fu il 955 d.C. , anno in cui Ottone I figlio di
Enrico , sconfisse gli Ungari a Lechfeld ponendo fine alle loro scorrerie.
Da questo momento gli Ungari si stanziarono definitivamente in Pannonia ,
cercando di accordarsi con i re di Germania , e questa nuova strategia politica
ebbe il culmine a inizio del Mille , quando Stefano I re d’Ungheria si
convertì al cristianesimo , facendo entrare il suo popolo nella sfera della
chiesa romana.
In generale proprio la scelta di una vita sedentaria e basata prevalentemente
sull’agricoltura , osservò Marc Bloch , determinò in modo decisivo la fine
delle invasioni e il radicamento nella regione a cui gli Ungari diedero nome.

12.3 PERICOLI DAL MARE: I SARACENI

L’immagine negativa che le cronache assegnano agli Ungari , è riservata


anche ai Saraceni , nome con cui le fonti occidentali chiamavano gli Arabi o le
popolazioni islamizzate del Nord-Africa.
Di fatto contro i Saraceni venne utilizzato l’armamentario ideologico
elaborato nel VII e nell’VIII secolo quando gli Europei incontrarono i primi
popoli islamici.
Tuttavia nel periodo abbaside , quando si fermò l’espansione sistematica , si
ebbero numerose incursioni o atti di pirateria ad opera di singoli gruppi.
Uno di questi conquistò la Sicilia , dopo una guerra di occupazione che
dall’827 d.C. si protrasse per cinquant’anni ; dall’isola i Saraceni occuparono
alcune città del Sud Italia , Bari e Taranto.
In certe occasioni però si limitarono al saccheggio , andando a colpire i
monasteri , come Montecassino o San Gallo in Svizzera ( erano partiti dalla
loro base in Costa Azzurra , Frassinetto , l’odierna Saint-Tropez ) , luoghi
dove vi erano grandi ricchezze.
Inoltre saccheggiarono Roma nell’846 d.C. , spingendo l’imperatore Lotario a
compiere una campagna , poco efficace , contro i Saraceni del Sud Italia ;
tuttavia la loro forza fu proprio quella di non avere un centro coordinatore ,
solo a partire dall’XI secolo con l’affermazione di poteri locali che potevano
controllare le coste , le incursioni saracene vennero meno.

12.4 GLI UOMINI DEL NORD: I VICHINGHI O NORMANNI

Tra coloro che contribuirono ad indebolire i Saraceni vanno annoverati


sicuramente i Vichinghi ( o Normanni ) , che dal IX secolo compirono
incursioni e scorrerie in tutta Europa.
La denominazione Normanni ( dal franco Nortmann : ‘’uomini del Nord’’ ) le
popolazioni europee occidentali si riferivano a popoli della penisola
scandinava , a cui si fa riferimento anche coi termini Vichinghi ( da Vik:
baia , utilizzato nelle fonti inglesi ) o Variaghi ( Vaeringi da var :
‘’giuramento‘’ , termine nelle fonti orientali ).
Al di là della denominazione, ciò che è importante è che questi popoli dal IX
secolo diedero vita ad incursioni costiere o piratesche , che in seguito
divennero vere e proprie campagne di conquista e insediamento.
L’espansione normanna fu favorita sia dalla loro posizione originale , sia
dall’uso delle skia , particolari imbarcazioni adatte anche alla navigazione
atlantica.
Dalla Norvegia partirono colore che giunsero in Scozia , Irlanda , nelle isole
Shetland , nella Francia settentrionale , in Groenlandia e Islanda e forse in
America del Nord ( Vinland , che alcuni storici identificano con il Labrador ).
Dalla Danimarca coloro che giunsero in Inghilterra e sulle coste del Mare del
Nord e dalla Svezia coloro che , attraverso i fiumi Dnepr/Volga/Dvina ,
giunsero fino a Bisanzio.
Importantissimo per la storia europea fu lo stanziamento dei Normanni in
Francia , nel 911 d.C. , quando il re dei Franchi Carlo il Semplice concesse il
titolo di duca al capo dei Normanni Rollone , col fine di far cessare gli scontri
con gli uomini del Nord.
La regione da loro occupata divenne la Normandia , da cui nel secolo
successivo partirono gruppi di Normanni con intenti di conquista , il caso di
Roberto il Guiscardo nel Sud Italia ( inizialmente aveva combattuto per
signori bizantini o longobardi in lotta tra loro ).
Egli inoltre tra il 1050-1080 conquistò la Sicilia , dando vita al regno degli
Altavilla ( il nome della sua famiglia ) nel Meridione ; parallelamente
avvenne anche la conquista dell’Inghilterra ad opera di Guglielmo duca di
Normandia , detto poi il Conquistatore , che otterrà il dominio sul regno anglo-
sassone dopo la battaglia di Hastings del 1066.

13) IL TRIONFO DEI POTERI LOCALI NELLE CAMPAGNE


E NELLE CITTÀ
I secoli X e XI in Europa sono caratterizzati da un sistema politico e sociale
definito a lungo come ‘’feudale’’ , e che oggi la storiografia preferisce
chiamare ‘’signorile’’.
Il termine feudale fu legato al concetto di anarchia , mentre parlare di
‘’ordinamento signorile’’ significa dare importanza al periodo in se’ ,
piuttosto che ad un epoca di disordine e trapasso compresa tra la fine
dell’impero carolingio e l’affermazione di nuove strutture politiche : comuni
cittadini , principati e regni nazionali.

13.1 UN CONCETTO AMBIGUO: FEUDALESIMO

Il termine feudalesimo non si trova nelle fonti coeve , infatti venne coniato nel
Settecento nell’ambito culturale illuminista , e da quel momento è stato
impiegato per dagli storici per indicare realtà di diversa natura.
Le definizioni che sono state date di feudalesimo nell’ultimo secolo e mezzo
furono riassunte da Chris Wickham in tre categorie :

1) La definizione data da Karl Marx , che identifica nel feudalesimo uno


specifico modo di produzione.

2) L’immagine della società europea dei secoli X-XIII come ‘’società feudale’’,
come la definì Marc Bloch.

3) Una definizione giuridica , legata alle norme che regolavano le relazioni


vassallatico-beneficiarie.

Il termine feudo deriva dal germanico antico fihu , che significava


‘’gregge/bestiame’’ , ma che presto assunse il significato latino di beneficium.
Feudo e beneficio in origine erano termini diversi per indicare la stessa cosa ;
per beneficio si intendeva uno degli elementi imprescindibili del legame
vassallatico-beneficiario , ovvero la concessione che il senior faceva al vassallo
in cambio del servizio reso.
La stretta connessione fra servizio e beneficio ha portato spesso a sovrapporre
le due nozioni , facendo pensare che il feudo non fosse il beneficium , ma
l’ambito dove il vassallo stesso svolgeva il servizio , e dunque il termine
‘’ottenere in feudo’’ è stato erroneamente inteso come l’ottenere una terra e
con essa la delega a esercitarvi poteri di natura pubblica.
La storiografia dunque ha suddiviso le diverse componenti della società
feudale per precisare le fasi di sviluppo e le modificazioni e di tale rapporto
nei secoli successivi.
Prima fase ( VIII-IX secolo ) , prima nel regno dei Franchi e poi con Carlo
Magno , in tutto il territorio dell’impero si diffusero rapporti vassallatico-
beneficiari , un sistema che rende oggetto di diritto pubblico i rapporti
clientelari , che però restano distinti dalla delega regia di esercitare funzioni
pubbliche in un determinato territorio.
Seconda fase ( IX-X secolo ) , dopo la fine dell’impero venne meno il
coordinamento centrale e la grande aristocrazia patrimonializzò la carica di
ufficiale pubblico : conti/marchesi/duchi divengono dinasti nel loro territorio.
Terza fase ( XI prima metà-XII secolo ) siamo alla massima frammentazione
del potere pubblico , la fase definita ordinamento signorile , e la cellula di
base di questo ordinamento era il castello.
Quarta e ultima fase ( dalla metà del XII secolo in avanti ) , i poteri signorili
vengono progressivamente coordinati all’interno di nuove compagini
territoriali , i signori furono assoggettati ai regni tramite nuovi strumenti
giuridici.
I poteri signorili furono ricomposti secondo una struttura gerarchica , solo i
questo momento si poté parlare di piramide feudale , una rete gerarchica
basata su rapporti politici basati sul legame feudo-vassallatico
La storiografia tedesca di fine Ottocento definì come ‘’anarchico’’ il sistema
che si creò al collasso dell’impero carolingio , i re avevano la colpa di aver
frammentato il potere , dando vita alla ‘’piramide feudale’’: al vertice il re ,
poi i suoi vassalli , i valvassori ( vassalli dei vassalli ) e infine i valvassini
( vassalli dei valvassori ).
Agli inizi del Novecento gli storiografi tedeschi e francesi , pur mantenendo
una visione negativa del sistema , ma l’anarchia sarebbe derivata dallo
spontaneo sviluppo dei poteri che i grandi proprietari terrieri poterono
esercitare sui loro uomini , cosa possibile per la mancanza di autorità
pubbliche.
Questa ipotesi fu accolta e arricchita da molti studiosi , tra cui Marc Bloch ,
che identificò come fattore decisivo di costruzione della società feudale
l’istituto dell’immunità e la patrimonializzazione dei poteri pubblici nelle
famiglie dei funzionari.
Dopo la Seconda guerra mondiale la storiografia francese ( Duby , Toubert ,
Bonassie ) elaborò una nuova teoria mutilazionista , basandosi sulla fine del X
secolo e la prima metà dell’XI , epoca della vera rivoluzione signorile , in cui
venne meno l’autorità dei funzionari pubblici sui loro territori.
Studi compiuti su altri territori europei , in questo caso Italia e Spagna ,
hanno però dimostrato i limiti di questa teoria , che condensa in un periodo
troppo breve fenomeni e cambiamenti che si svolsero in un lungo arco di
tempo.

13.2 LA FRAMMENTAZIONE DEL POTERE CAROLINGIO

Negli ultimi anni dell’impero carolingio i signori feudali avevano acquisito


sempre maggiore importanza e autonomia , quest’ultima poi riconosciuta
ufficialmente nel cosiddetto capitolare di Quierzy , del 14 Giugno 877 d.C. ,
emanato da Carlo il Calvo mentre si apprestava a compiere una spedizione
contro i Saraceni del Sud Italia.
Esso sostanzialmente sanciva l’eredità del feudo , che evidentemente in
precedenza , alla morte del vassallo , tornavano al senior ; il capitolare di
Quierzy venne utilizzato dall’alta aristocrazia come una legittimazione
dell’ereditarietà dei benefici e delle cariche maggiori.
Il fatto poi che dall’888 d.C. l’autorità imperiale sia rimasta vacante o gestita
da uomini incapaci di gestire un potere reale , consolidò il privilegio
dell’ereditarietà dei benefici e degli incarichi per la grande aristocrazia.
Dalla fine del IX secolo , conti e marchesi esercitarono le loro funzioni in
modo svincolato dal controllo dell’autorità pubblica , la legittimità del potere
si basò sulla possibilità concreta di esercitarlo , ovvero di possedere grandi
capitali e fedeli armati , ricompensati a loro volta con la concessione di
benefici.
I discendenti di di antichi funzionari carolingi però , non erano gli unici a
poter esercitare concretamente il potere , ma esistevano anche proprietari
terrieri che per le disponibilità economiche potevano emulare i discendenti
delle grandi famiglie comitali.
Grazie al servizio militare svolto per i sovrani , che cercavano di volta in
volta di riaffermare il loro potere , questi gruppi familiari potevano ottenere
l’immunità nelle loro proprietà.
Di fatto le grandi aziende fondiarie divennero isole di giurisdizione
economica dagli altri centri di potere ; ma va ricordato che anche le grandi
proprietà ecclesiastiche ( grandi abbazie , patrimoni dei vescovi o delle
canoniche episcopali cittadine ) godevano del diritto d’immunità già in età
carolingia , ma anche se un proprietario non fosse riuscito a farsela
riconoscere , si comportava come se l’avesse.
Su questa frammentazione del potere pubblico provò ad incidere nel 1037 ,
l’imperatore Corrado II , nell’Edictum de beneficiis ( detto anche Constitutio de
feudiis ) , per cui si stabiliva l’ereditarietà dei benefici concessi dall’alta
aristocrazia ai suoi vassalli , aggiungendo che nessun vassallo poteva essere
privato del beneficio senza una giusta causa , che veniva giudicata dal
sovrano o da un tribunale di pari.
Quest’azione voleva ricondurre l’insieme di detentori di poteri signorili in
un ambito di fedeltà unitaria , quella dovuta al re , per fermare l’eccesso di
potere dell’alta aristocrazia , ma non fece altro che legittimarne i poteri e
svuotare le capacità d’intervento sui rispettivi territori dei funzionari regi.

13.3 L’INCASTELLAMENTO

Uno dei fenomeni che accompagnarono la fine dell’impero carolingio fu


l’incastellamento , fenomeno che spesso viene collegato alle ‘’seconde
invasioni’’ , specialmente riferito alle spedizioni degli Ungari.
Gli imperatori persero autorevolezza non riuscendo a difendere il territorio ,
gli imperatori persero fiducia e autorevolezza , diffondendo ovunque
l’incertezza.
Avvenne dunque che qualunque grande proprietario in grado di allestire una
fortificazione cercò di realizzarla , con una palizzata in legno o un fossato
inizialmente.
Con tali mezzi si chiusero sia molti centri dominicali delle grandi aziende
curtensi , sia laiche che ecclesiastiche ; i contadini piccoli proprietari spesso
trasferirono la loro residenza nell’area fortificata.
Il fenomeno dell’incastellamento dunque contribuì all’affievolirsi delle
differenze sociali tra coltivatori , accomunati dalle necessità di essere difesi
dal proprietario , che assumeva verso il castrum prerogative che diventavano
di schietta natura pubblica , ben oltre la sfera patrimoniale.
Il fenomeno però non si può legare solo al timore diffuso , infatti esso fu
usato dai grandi proprietari terrieri ( laici ed ecclesiastici ) per consolidare le
loro posizioni di potere , l’incastellamento dunque divenne un mezzo per
estendere l’autorità del grande proprietario non solo sui coltivatori , ma anche
su tutti i residenti nell’area in cui si trovava la grande proprietà.
L’incastellamento apportò modifiche al paesaggio , facendo diminuire le
abitazioni che nelle campagne sorgevano direttamente sui poderi ,
l’insediamento divenne più accentrato , si concentrarono coltivazioni di
maggior pregio , vigneti e orti contorniate dai campi/pascoli e anche boschi ,
a ridosso delle mura dei castelli.
L’intera fisionomia dell’Europa di fatto divenne di carattere duramente
militare.

13.4 SIGNORIA FONDIARIA , SIGNORIA TERRITORIALE

L’incastellamento fu uno degli strumenti che permisero ai grandi proprietari


terrieri di divenire signori territoriali ; ma esistono dunque due forme di
signoria : fondiaria e territoriale.
Per signoria fondiaria si intende l’insieme di poteri che un grande
proprietario esercitava sui lavoratori di condizione servile che gli
appartenevano e sui coloni che lavoravano sulle sue terre.
Oltre ai canoni in natura e denaro , il proprietario esercitava anche
prerogative non economiche : i contadini dovevano donare donativi ,
svolgere le corvées e accettare la iustitia domincia , ossia accettare che nelle
controversie ci si attenesse al giudizio del signore feudale.
Se già in questo tipo di signoria esistevano forme di controllo sulla natura
pubblica degli uomini , ancora più presente è nella signoria territoriale o di
banno.
Se la signoria fondiaria è stata legata al fenomeno economico della curtis e al
suo sviluppo , la signoria territoriale è legata al fenomeno
dell’incastellamento.
Ora la signoria territoriale si caratterizza per il fatto di esercitare tutte le
prerogative di quella fondiaria , ma anche di alcune applicate a soggetti non
legati da alcun vincolo patrimoniale al padrone del castello.
L’aggettivo ‘’territoriale’’ dunque è usato dunque per precisare i luoghi
dell’esercizio dei poteri signorili , non limitata a singole persone
economicamente soggette al signore , ma a tutto il nucleo abitativo di un
insediamento.
All’interno del castello il signore poteva richiedere prestazioni di qualsiasi
tipo : dalla manutenzione alle mura alle ronde per i turni di guardia ; inoltre
incamerava le tasse tradizionalmente dovute al potere pubblico :

- Il fodro , inizialmente la tassa per il sostenimento dell’esercito regio , poi


divenuta la regolare tassa per la contribuzione tributaria.

- L’albergaria ( tassa per il sostentamento del sovrano ospite ) e la curadia


( tassa sui mercati ).

- Il teloneo ( il pedaggio stradale ) assieme al ripatico e al pontatico ( tasse


per l’utilizzo di un porto fluviale o un ponte ).

- Infine le tasse per le pene comminate ai condannati ai morte.

Il signore riscuoteva anche una ‘’taglia’’ , detta focatio , una somma in


denaro che la popolazione del castello dava al signore per la sua protezione ;
ma riscuoteva tasse anche per l’utilizzo di pozzi , boschi , pascolo ; inoltre
aveva il monopolio sulla vendita di alcuni generi alimentari ( sale ecc.. ) ma
anche su servizi collettivi ( cottura del pane , molitura dei cereali ).
Non bisogna però pensare che questo tipo di distinzione tra signoria
fondiaria e territoriale fosse percepita dalla popolazione , questi due aggettivi
furono infatti applicati a posteriori , tuttavia è certo che queste forme di
potere nate tra X e XI secolo abbiano comportato aumento di imposizioni ed
esenzioni per la popolazione delle campagne , facendo sorgere una
microconflittualità.
In un castello infatti potevano vivere abitanti economicamente soggetti al
signore vicino ad altri che coltivavano terre di un diverso proprietario ,
fisicamente lontano ma che poteva rivendicare l’esercizio dei poteri
connessi alla signoria fondiaria.
Dunque la medesima persona poteva essere soggetta a diversi signori , che
potevano entrare in conflitto tra di loro , tramite azioni di saccheggio o
rapina, che incidevano sulla sicurezza patrimoniale e personale dei
dipendenti.
I diritti dei signori erano considerati come un diritto proprietà , il castello
stesso poteva essere diviso in più parti tra i vari eredi del signore defunto ,
ma venivano divisi anche i diritti signorili ; va detto però che proprietà e
diritti erano acquistabili.
13.5 LE CITTÀ E I VESCOVI

Nel complesso dei poteri che si contendevano il territorio un ruolo particolare


era occupato dai vescovi , specie nella città.
Le strutture ecclesiastiche di fatto , si conformarono e riprodussero
velocemente l’organizzazione dell’impero romano , le sedi episcopali
avevano dunque sede in città , e i poteri giurisdizionali del vescovo
ricalcavano le provinciae romane.
L’insieme di varie circostanze porta a dire che ‘’ la città è il luogo dove vi è
continuità di una nozione pubblica del potere’’ , e tra di esse anche la figura
del vescovo , che era comunque appartenente alle classi elevate della società ,
che riuniva periodicamente la cittadinanza per ascoltarne le istanze , e ciò
nei pressi della cattedrale.
La presenza del vescovo come elemento di ordine pubblico era già stata
intuita nell’impero carolingio , che li utilizzò come strumenti di controllo dei
funzionari pubblici : sono i missi dominici ( inoltre a chiese episcopali e alle
loro pertinenze patrimoniali talvolta era dato il diritto di immunità dai
poteri pubblici ).
Nel periodo delle ‘’seconde invasioni’’ i vescovi accrebbero la loro importanza ,
ordinando spesso di rafforzare o costruire mura per difendere i cittadini dai
nemici pagani , come Ungari e Saraceni , ma anche dai mali christiani ,
signori e loro vassalli che abusavano del loro potere.
Nel X secolo , da Ottone I in avanti , ai vescovi venne associato non solo il
diritto di immunità , ma anche la districtio , ovvero il potere di obbligare
forzare a fare qualcosa , ovvero la sostanza del potere pubblico : di cui i
vescovi erano ormai legittimi padroni.
Ad essi venne anche concessa la giurisdizione sull’area della città murata e su
una fascia che la circondava fino a 5-7 km.
Le città vescovili rientrano nel fenomeno di frammentazione del territorio in
molteplici centri locali , tuttavia la presenza nella gestione del potere dei ceti
urbani eminenti rendeva molto diversi tali organismi , specie nell’Italia
centro-settentrionale.
14) IMPERO E REGNI NELL’ETÀ POST-CAROLINGIA

La ridefinizione di poteri che seguì alla deposizione di Carlo il Grosso


nell’887 d.C. , con cui terminò l’impero carolingio ,venne letta
tradizionalmente dalla critica in chiave negativa , come una fase di
decadenza.
Inoltre , nei primi decenni del XIX secolo , la storiografia ha individuato in
questo periodo le radici degli stati nazionali ; oggi però entrambe le
interpretazioni sono rifiutate dagli storici , che preferiscono leggere questo
periodo nelle sue specificità.
Il X secolo fu caratterizzato dai poteri signorili , e proprio sulla loro base si
basò la riorganizzazione del potere regio ; e questo policentrismo riguardò
tanto i nuovi regni quanto l’impero , il cui ruolo universalistico fu rilanciato
solo a metà del X secolo con gli imperatori della dinastia sassone.

14.1 AL DI FUORI DELL’IMPERO: LA FRANCIA POST-CAROLINGIA

Nei territori dei Franchi occidentali , il potere effettivo dei re di Francia


( nome usato per indicare i territori a ovest del Reno ) , riguardava un’area
molto limitata attorno a Parigi.
Il titolo reale venne così conteso tra gli ultimi discendenti di Carlo Magno e i
conti di Parigi , riconducibili alla famiglia dei Robertingi , che nel 987 d.C. ,
con Ugo Capeto si impossessarono del titolo regio.
Il ruolo di fondatore avuto da Ugo Capeto venne esaltato dalla dinastia , che
si ribattezzò capetingia , la quale mantenne il potere in Francia fino ai primi
decenni del XIV secolo.
Tuttavia la Francia di Ugo Capeto era un contesto molto diverso da quello dei
suoi successori , i contemporanei infatti non avvertirono la sua nomina come
un momento di svolta , il concetto di regno di Francia in quel periodo era
una nozione molto indeterminata.
Di fatto il potere del re era ristretto ad un area limitatissima , limitato ai
territori che poteva controllare direttamente o ai suoi patrimoni personali ,
l’unica cosa che lo contraddistingueva era la sua autorità morale e religiosa ,
che altri grandi signori territoriali non avevano ( conti di Bretagna , duchi di
Normandia ).
Il re era un’autorità lontana , a cui rivolgersi in caso di guerra come giudice ,
che però si confrontava con poteri di fatto autonomi , gli stessi duchi e conti
facevano fatica ad imporsi : il potere era in mano ai numerosissimi signori di
banno.
Inoltre , in quella che un tempo era la Gallia , vi erano altri due regni
autonomi di carattere regionale: il regno di Borgogna e quello di Provenza ; e
se il primo ebbe breve durata , venendo assorbito dal secondo , quello di
Provenza ebbe un ruolo importante nell’area dell’alto Rodano , controllando
le vie commerciali.
Alcuni sovrani di questi due regni furono collegati alle vicende del regno
italico ; più in generale le storie di questi due brevi regni si collegarono a
quelle di Germania e Italia , mentre il regno di Francia ebbe uno sviluppo
indipendente da quello degli altri regni ‘’eredi’’ dell’impero carolingio.

14.2 IL REGNO ITALICO

In Italia la fine dell’impero carolingio non comportò mutamenti territoriali


immediati , il regno italico ricalcava il precedente regnum Langobardorum ,
estendendosi dunque su gran parte dell’Italia settentrionale , escluse alcune
zone costiere , la Campania ( in mano ai Longobardi ), le aree bizantine e la
Sicilia araba.
Nonostante l’apparente situazione d’immobilità politica , vi erano realtà
politiche assai differenti da quelle d’età carolinge.
Un fenomeno di grande rilevanza fu la mancanza di una discendenza diretta
dai Carolingi , ciò fece sì che nella penisola il titolo regio venisse conteso tra
capi di grandi famiglie aristocratiche , dando vita a sovrani che la
storiografia ottocentesca d’ispirazione patriottica definì ‘’re italici o
nazionali’’.
Ciò che caratterizzò il regno italico rispetto al suo antecedente carolingio fu
una dialettica tra poteri nuovi e vecchi , un precario equilibrio tra il regno e i
poteri locali , in particolare quelli signorili e le immunità degli enti religiosi.
La presenza di un così grande numero di poteri fu definita negli anni Settanta
da Giovanni Tabacco come ‘’anarchia politica’’ , una definizione che metteva
in relazione la presenza di poteri locali con interessi privati in una cornice di
legittimità data dalla sopravvivenza dell’idea si stato.
Questa definizione non è accettata da tutti nel panorama storiografico per
riferirsi al regno italico del X secolo , poiché da valore negativo all’affiorare
distinzioni e definizioni nelle varie componenti della società.
La fine dell’impero carolingio causò una lunga fase di conflittualità per la
guida del regno , conteso tra quattro grandi famiglie: duchi e marchesi di
Spoleto , di Ivrea , di Toscana e del Friuli ; che erano riuscite a rendere
dinastiche le cariche pubbliche ricoperte in età carolingia , costituendo una
solida base patrimoniale.
Schierati su due fronti contrapposti , signori del nord-Italia contro signori
del centro-sud , che coinvolsero anche i duchi di Carinzia e i re di Borgogna e
Provenza.
Tra l’888 e il 924 d.C. a contendersi il regno furono il marchese del Friuli
Berengario I e diversi personaggi della casata spoletina , ma visto che
nessuno riuscì a prevalere definitivamente , venne richiesto l’intervento del re
Rodolfo di Borgogna , che tenne il titolo di re d’Italia dal 924 a 926 d.C.
Il titolo in seguito passò a Ugo re di Provenza , che detenne il titolo di re
d’Italia dal 926 al 946 d.C. , che attuò una politica di violenza contro
l’aristocrazia di origine carolingia , facendo emergere un’aristocrazia nuova.
Gli uomini che emersero sotto Ugo furono di origine longobarda , privi dei
rapporti internazionali e della cultura della nobiltà carolingia , ma capaci di
garantire al re un maggiore controllo sul territorio.
Divenuto anziano Ugo si ritirò in Provenza , lasciando al figlio Lotario il
governo del regno italico , tuttavia quest’ultimo morì dopo appena quattro
anni ( 950 d.C. ) , facendo sì che il titolo regio passasse ai marchesi d’Ivrea ,
nella figura di Berengario II.
Egli eliminò gli avversari sostituendoli con fedeli propri , andando anche a
rinchiudere la vedova di Lotario , Adelaide , in una fortezza ; tuttavia uno dei
principali vassalli di Lotario , Adalberto Atto ( da cui derivò la dinastia dei
Canossa ) , liberò Adelaide ( matrimonio come legittimazione del potere ) e
chiamò in Italia il re di Germania Ottone I , che sposò Adelaide e costrinse
Berengario II a giurargli fedeltà , detronizzandolo poi nel 961 d.C.
Dalla discesa di Ottone I le vicende italiane si legarono a quelle della
Germania , alla restaurazione dell’impero da parte degli Ottoni.

14.3 IL REGNO TEUTONICO E L’INCORONAZIONE IMPERIALE DI


OTTONE I

Nel regno dei Franchi orientali , definito in età post-carolingia regno


teutonico , dopo la deposizione dell’887 d.C. , i grandi del regno elessero re
Arnolfo di Carinzia , che governo fino alla sua morte nell’899 d.C.
Alla sua morte , a causa della giovane età di suo figlio Ludovico il Fanciullo ,
si aprì una lunga stagione di conflitti tra le grandi famiglie aristocratiche che
avevano solide basi territoriali.
Il regno teutonico era caratterizzato dalla presenza di grandi ducati: Baviera ,
Svevia o Sassonia , ma anche ambiti politico-territoriali carolingi ( Lotaringia
e Franconia ) controllate da famiglie che avevano reso ereditaria la carica.
Pur mantenendo i titoli precedenti , queste realtà erano di fatto regni
autonomi , il re di Germania , eletto dai grandi del regno , aveva un ruolo
simbolico , era un giudice e una guida militare.
Ciò ha portato ad abbandonare le teorie nazionaliste che vedevano nel regno
teutonico di X secolo un’entità politicamente ed etnicamente compatta ; i
sostenitori di questa tesi ( storiografi nazionalisti dell’Ottocento ) vedevano
nell’elezione regia di Corrado I di Franconia nell’911 d.C. la ‘’data di nascita
della Germania’’ , la prima volta in cui le stirpi tedesche si unirono sotto un
solo re.
In realtà le trame politiche sono molto più complesse , vi era infatti di dare
unità ai diversi ducati e ridare vigore al titolo imperiale , quest’ultimo
progetto portato avanti soprattutto dai discendenti di Corrado I.
Alla sua morte nel 919 d.C. venne eletto Enrico I di Sassonia , definito il
‘’padre della Germania’’ , ma anche il simbolo della ‘’vendetta dei Sassoni’’ ,
popolo che un secolo prima era stato massacrato dai Franchi.
Il fatto che Enrico I riuscì a fermare le incursioni ungariche venne letto dalla
storiografia nazionalistica come esempio della ‘’missione tedesca’’ di
germanizzare l’Europa orientale.
Il mito di Enrico I in realtà fu esaltato già dai contemporanei , come modello
stesso della regalità , un esempio è l’opera storiografica di Widukindo di
Corvey.
L’efficacia dell’azione di Enrico I fu tale che alla sua morte venne eletto re suo
figlio Ottone I , che la storiografia tedesca ricorda come Ottone il Grande.
Ottone I governò dal 937 al 973 d.C. , rafforzando il titolo regio e ridando
valore al titolo imperiale.
Il suo progetto ebbe inizio con la sua incoronazione imperiale di
Aquisgrana, che avvenne con una cerimonia solenne che riprendeva la
tradizione carolingia , ma andando anche ad agire in modo innovativo nel
rapporto tra laici ed ecclesiastici , creando uno schema che avrebbe
determinato gli equilibri dei secoli successivi.
Ottone dovette fare i conti con una realtà istituzionale di fatto intangibile ,
dato che funzionari e rappresentanti del potere regio agivano con una
volontà tutta propria , gli stessi signori ecclesiastici inglobati nel sistema
della ‘’chiesa imperiale’’ , non erano in realtà fedeli esecutori del re , ma
personaggi in grado di trarre il massimo profitto dalla loro condizione di
fedeltà verso il sovrano.
Sostanzialmente il potere di Ottone e dei suoi successori si basò sulla
mediazione tra i vari gruppi di potere , sapendo scegliere di volta in volta i
principali alleati e le strategie d’affermazione.
Il pragmatismo politico e la dimensione sacrale ridata all’impero permisero
ad Ottone I di inserirsi nella contesa per il regno d’Italia: egli dunque sposò
Adelaide , si impossessò del regno d’Italia ( 961 d.C. ) e l’anno seguente venne
nominato imperatore ; ma Ottone I non si era mosso solo verso l’Italia , infatti
nel 955 d.C. egli ottenne una vittoria definitiva sugli Ungari , presso il fiume
Lech , con cui terminarono le incursioni degli Ungari in Europa.
Ottone I in questo modo portò a termine un progetto che era cominciato con
l’incoronazione di Aquisgrana , avviando la rinascita imperiale ,
richiamando simboli carolingi e anche della tradizione imperiale romana e
bizantina: la corona , la veste , lo scettro e i cerimoniali di corte , andando
anche a riprendere il rito della sacra unzione.
Attraverso quest’ultimo l’imperatore diveniva difensore della cristianità e
della chiesa di Roma , e richiamando proprio ciò egli promulgò il
Privilegium Othonis , con il quale ( seguendo il modello carolingio )
l’imperatore riconosceva diritti e proprietà della chiesa romana , ma allo
stesso tempo egli riprendeva la Constitutio romana di Ludovico Pio dell’824
d.C. , per cui il papa , una volta eletto dal popolo e dal clero di Roma ,
dovesse prestare giuramento all’imperatore.
Si ponevano così le basi per lo scontro tra impero e papato , con quest’ultimo
che in età ottoniana era lacerato dai conflitti tra esponenti dell’aristocrazia
romana che si contendevano la carica papale , affidata a personaggi di basso
profilo morale.
Nella realtà dunque il Sacro romano impero di Ottone I era molto diverso da
quello carolingio , di cui ereditava parte dell’ideologia e della simbologia , ma
non l’organizzazione politica né tanto meno quella territoriale.

14.4 L’IMPERO DAGLI OTTONI A SALII

Il progetto espansionistico di Ottone I non si fermò al regno italico e alla


corona imperiale , egli tentò un’espansione verso i domini bizantini del
Meridione , ma fallita l’iniziativa militare , egli cercò un accordo diplomatico.
Ottone I riuscì a far riconoscere la sua autorità all’imperatore bizantino
Giovanni Zimisce , che era salito al trono uccidendo il suo predecessore.
Ottone I riuscì a legarsi con i Bizantini anche a livello matrimoniale , infatti
egli ottenne per suo figlio , il futuro Ottone II , la principessa Teofàno , nipote
dell’imperatore.
Tuttavia il progetto di acquisire l’Italia matrimoniale tramite Teofàno fallì ,
essendo essa solo una nipote dell’imperatore e non una figlia , infatti alla
morte del padre ( 973 d.C. ) Ottone II constatò che i Bizantini non erano
intenzionati a far valere gli accordi: nel 976 d.C. , morto Giovanni Zimisce ,
salì al trono di Bisanzio Basilio II , esponente della dinastia spodestata
precedentemente , il quale rinnegò le scelte del predecessore.
Ottone II compì anche una spedizione contro i Saraceni , che si rivelò
fallimentare ; egli morì precocemente nell’983 d.C. , bloccando ogni iniziativa.
Alla morte del padre , Ottone III , era ancora bambino , e a garantirgli il trono
furono la nonna Adelaide e la madre Teofàno , che permisero l’incoronazione
di Ottone III nel 996 d.C. , quando aveva sedici anni.
Ottone III cercò di rendere reale il modello di regalità elaborato da
intellettuali della sua corte come Gerberto di Aurillac , che l’imperatore fece
nominare papa , che assunse il nome di Silvestro II , richiamando la
simbologia di Silvestro I ( quello del falso della Donazione di Costantino ).
Ottone III e Silvestro II si impegnarono sul versante ideologico, scontrandosi
con i poteri locali in Germania e Italia ; Ottone III infatti riteneva che la sua
sovranità e la sua autorità fossero garantiti dalla sacralità del suo titolo.
Cacciato da Roma da una rivolta dell’aristocrazia romano-italica , Ottone III
morì a soli ventun anni in un monastero nel 1001 , senza lasciare eredi.
Si riaprì così una nuova lotta per la successione al termine della quale fu
eletto imperatore Enrico II duca di Baviera , della famiglia dei Liudolfingi ,
nel 1002 ( regnerà poi fino al 1024 ) .
Egli abbandonò il progetto di ‘’impero romano’’ , per riaffermare il suo potere
nei confronti dei poteri locali consolidati nell’impero , egli infatti sconfisse
Arduino marchese d’Ivrea , che era stato eletto re d’Italia da una compagine
di signori , l’unica cosa che non riuscì a Enrico II fu mantenere il titolo
imperiale nelle mani della sua famiglia , infatti fu eletto come suo successore
Corrado II duca di Franconia , proveniente da una famiglia di origine franca ,
che cominciò una dinastia che deterrà il titolo imperiale fino al 1125
nonostante i contrasti con il papato.
15) L’ANNO MILLE: CONTINUITÀ E TRASFORMAZIONI

Da più di un secolo gli storici hanno smesso di pensare al Mille come


momento di massima decadenza dell’Occidente , come l’epoca di
un’umanità schiava del pregiudizio e dell’ignoranza , idea che nacque nel
Rinascimento , costituendo uno dei modi con cui la cultura europea espresse
disprezzo verso secoli ritenuto ‘’rozzi’’ e ‘’oscuri’’.
Nonostante quest’opinione sia stata abbandonata , molti studiosi ritengono
ancora l’anno Mille un momento di cesura ; ora , nonostante questa sia una
convenzione , questa visione , fondata su alcune buone ragioni , è ripresa
ancora da vari storici.
Ma nonostante il paragone tra società carolingia e quella del 1050 riveli
decisivi cambiamenti dal punto di vista politico/sociale/economico , a questa
convezione non si può dare un valore troppo ampio o rigido.
C’è stato anche chi ha visto nel Mille un punto di svolta tra l’età antica e
quella moderna , cercando di individuare in questo secolo gli embrioni del
capitalismo e la formazione della borghesia , ovvero elementi tipici della
modernità.
Oggi il dibattito si è spostato sulla ‘’mutuazione feudale’’ , creando
sostanzialmente due gruppi: da un lato coloro che sostengono che nel Mille si
verificò un cambiamento veloce e radicale , che cancellò il volto dell’Europa
carolingia producendo una società basata su una nuova società fondiaria
basata sulla signoria territoriale e sui rapporti feudali , che sarebbe durata
fino alla riaffermazione del potere regio tra XII e XIII secolo.
L’altro gruppo sostiene che il cambiamento sia avvenuto gradualmente ,
portando ad un’evoluzione lenta , fatta di aggiustamenti progressivi.

15.1 I TERRORI DEL MILLE

Come è stato dimostrato da March Bloch e Henri Focillon quando l’anno


mille scoccò nessuno se ne accorse: i sistemi di datazione infatti erano
diversi e dunque molti furono i capodanni del Mille e in molti luoghi gli anni
non si contavano nemmeno con l’era cristiana ( ma riferendosi a papi , re e
imperatori ).
Le teorie apocalittiche erano note solo a frequentatori di dotte e ristrette
cerchie di intellettuali , ma lungi da costituire una leggenda popolare , visto
che le fonti ne parlano molto poco.
Solo la cronaca di Sigeberto di Gembloux parla del Mille come un momento
tragico , annunciato da vari simboli che richiamano al libro dell’Apocalisse
( la cometa , il serpente ecc.. ) ; nonostante questo nelle varie teorie
millenariste come ha evidenziato Duby , il Mille non ha particolare rilievo.
Questa visione apocalittica è di elaborazione rinascimentale e fu ripresa fino
al Romanticismo , quando cominciò ad essere contestata dalla storiografia
scientifica.

15.2 CONTINUITÀ E DISCONTINUITÀ DELL’ECONOMIA.


L’ESPANSIONE AGRARIA

Dal punto di vista demografico la mutazione non fu repentina ; per la


maggior parte degli storici l’anno Mille si pone a metà della curva ascendente
che va dalla fine dell’VIII secolo alla metà del XIV.
In questi secoli il numero e la densità di uomini aumentarono
enormemente , dal X al XIV secolo in Italia e Francia la popolazione
raddoppiò , in Germania triplicò , e per spiegare ciò sono state date varie
spiegazioni.
Alcuni hanno pensato al miglioramento economico ( Pirenne ) , altri al
miglioramento tecnico e dell’alimentazione ( White Jr ) e altri allo stimolo
dato alla produzione dalla domanda aristocratico ( Duby ) ; tuttavia oggi
come ha sottolineato Giuseppe Petralia si tende a chiedersi quali furono i
motivi del blocco , identificati nella fine dell’economia imperiale.
Oggi la crescita demografica è vista come un fenomeno fisiologico , ma in
ogni caso l’incremento demografico costrinse a ricercare maggiori risorse ,
sollecitando un incremento della produzione sia una rinnovata attività
commerciale.
Nuove tecnologie come il mulino ad acqua , il giogo frontale dei bovini e il
collare del cavallo assieme ad un nuovo tipo di aratro ( tutto in metallo e in
grado di rivoltare la terra ) intensificarono la possibilità di sfruttamento delle
fonti energetiche.
Si diffuse anche la pratica della rotazione triennale , ovvero l’uso di far
riposare una parte della terra , il maggese , una volta ogni tre anni , e non ogni
due , coltivando leguminose e primaverili , permettendo di avere cibo per gli
uomini e foraggio per gli animali.
La difficoltà in questo caso è datare la diffusione di queste migliorie: a volte
datate al periodo tra XI-XII secolo ( Duby ) , ma più recentemente si sono
poste le origini dell’innovazione in età carolingia.
Sono stati individuati però dei limiti geografici del fenomeno , assente
nell’Europa mediterranea e circoscritto ad alcune regioni del centro-nord ,
più adatte per motivi di clima e suolo ( alta piovosità , terreni profondi ).
Più decisivo del miglioramento delle tecnologie fu l’allargamento degli spazi
coltivati , che nei primi secoli dopo la fine dell’impero avevano subito una
diminuzione notevole.
Questa riduzione degli spazi coltivati fu maggiore nell’Europa del Nord ,
dove già vi erano molti boschi ( che si ingrandirono ) , ma colpì anche forme
più coltivate in età romana , come la pianura padana.
La pressione demografica prodotta dall’inversione di tendenza dell’VIII
secolo , portò a ricercare nuove forme di coltivazione della terra , ma anche
soprattutto nuovi spazi da coltivare , avviando un vasto fenomeno di
occupazione di terre , di dissodamenti ( messa in coltura di terreni attraverso
bonifiche e disboscamenti ) e di colonizzazione ( invio di uomini per mettere
a coltura nuovi terreni ).
L’ampliamento della superficie coltivata , pur situate nella curtes , erano
ancora incolte , anche in ambienti isolati e disabitati dove i signori cercavano
di crearsi nuovi spazi di potere e ricchezza , attirando uomini promettendo
l’esenzione fiscale , facendo nascere le ‘’villenuove’’ e i borhi ‘’franchi’’.
Molti luoghi prendono il nome da questo fenomeno : in Italia i ‘’ronco’’ o i
‘’roncole’’ ; al X secolo risalgono i più antichi contratti tra i signori e i
contadini che si impegnano a pagare un canone nel momento in cui la terra
comincerà a produrre ( già nel secolo dopo le ‘’villenuove’’ sono numerose ).
La ricerca tende ora a spostare indietro la crescita , nonostante le prime
tracce documentate di disboscamento risalgono all’XI secolo , si deve pensare
che l’assenza sia connessa alla scarsità di documentazione.
Per la saturazione dello spazio tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII secolo
si cominciò a ricavare nuovi terreni dall’acqua , nelle Fiandre nacquero per
esempio nacquero i polders , facendo asciugare gli acquitrini della costa e
sottraendoli all’invasione delle acque marine , ma anche nella pianura padana
si pianificarono paludi.
Ciò significa che sostanzialmente i terreni recuperati dal disboscamento non
erano sufficienti per una domanda così accresciuta.
All’occupazione e allo sfruttamento di nuove terre contribuirono in maniera
diversa grandi proprietari , laici ed ecclesiastici , ma anche i contadini liberi.
I processi che li portarono ad agire vanno valutati prima dell’anno Mille e
nella vicenda del sistema curtense , già nel X secolo infatti entrò in crisi la
bipartizione su cui si basava la curtis: dominicum e massaricium , e in
particolare la riserva cominciò ad essere intaccata , frazionata e concessa
giuridicamente a contadini di varia condizione giuridica.
A ciò si accompagna la riduzione dei prebendarii , gli schiavi agricoli
alloggiati nella riserva ; i contadini invece , alleggeriti dalle corvées , poterono
ottimizzare in maniere diverse le proprie rendite.
I proprietari ebbero il merito di incoraggiare questi fenomeni
( colonizzazione ecc.. ) , andando ad amministrare il sovrappiù ,
contribuendo alla domanda e all’offerta di beni.
Dal punto di vista economico dunque l’anno Mille e l’XI secolo non
rappresentarono una mutazione improvvisa , sia nello sfruttamento delle
terre disponibili , nell’ampliamento della superficie coltivata sia nella
realizzazione degli altri processi economici.
Oggi la maggior parte degli storici concorda sul fatto che la trasformazione
iniziò più di un secolo prima e continuò a lungo , ma nonostante ciò gli
storici continuano ad attribuire all’anno Mille il valore di una svolta epocale ,
pur non avendo un valore periodizzante dal punto di vista economico.

15.3 LA ‘’ MUTAZIONE FEUDALE ’’

Il termine ‘’mutazione feudale’’ si collega all’idea secondo cui attorno al Mille


si realizzò una delle più importanti trasformazioni nella storia delle
istituzioni politiche: la nascita della signoria di banno , esercitata da grandi
proprietari terrieri capaci di attorniarsi di clientele vassallatiche , tenere a
bada ai rustici e costruire fortezze come strumenti di dominio e difesa.
La prima formulazione di questa tesi risale agli studi di Duby e Lemarignier
negli anni Cinquanta del XX secolo.
Sempre Duby cercò di dimostrare che la trasformazione politica ne avesse
innescate altre , egli sul piano della mentalità ha notato come la violenza del
cambiamento sociale imponga all’inizio dell’XI secolo un mutamento del
linguaggio documentario e narrativo.
Molti storici francesi cercano di verificare la proposta di Duby per le altre
aree , sia per la stessa Francia e poi anche per l’Europa meridionale , dando
sempre all’anno Mille una cesura più o meno generale.
Tra coloro che cercarono di allargare la tesi di Duby vi fu Robert Fossier , per
cui tra 990 e 1060 le campagne europee furono coinvolte in una rivoluzione
di cui la signoria costituiva solo l’elemento centrale.
Grazie a questo processo di generale incellulamento insediamenti sparsi
avevano lasciato spazio a villaggi accentrati , le strutture ecclesiastiche
avevano visto nascere le parrocchie , la produzione agraria aveva prodotto
unità fondiarie più coerenti e organizzate , le famiglie estese avevano
lasciato spazio a quelle nucleari , formate da una coppia di figli.
Tra chi ha enfatizzato l’aspetto epocale del Mille vi fu Guy Bois , che
enfatizzò il passaggio dal sistema di produzione antico ( basato sul lavoro
degli schiavi e sulla presenza dello stato ) al sistema di produzione
signorile , in cui la dimensione economica era decisiva.
Molto particolare la tesi di Dominique Barthélemy , il quale ha sostenuto che
l’apparente mutamento dell’anno Mille sia imputabile alle modifiche nella
redazione dei documenti , a un cambiamento di stile che non ha agganci con
la realtà.
Dall’età carolingia al XIII secolo secondo Barthélemy non vi furono scosse
rilevanti , ma grande continuità ; tuttavia questa tesi fu giudicata troppo
estremista , poiché fondata su un’area troppo ristretta , tuttavia le venne dato
il merito di riportare al centro dell’attenzione la vicenda delle strutture
politiche carolinge nei secoli successivi alla fine dell’impero.
Esse infatti erano interpretate sempre in chiave semplicistica come un
semplice ‘’crollo’’ , ora invece è letta nei termini di una permanenza e di un
continuo aggiustamento.
Oggi però pochi sono gli storici disposti a condividere una simile sfiducia
nella mutazione feudale.

15.4 FRA POLITICA ED ECONOMIA: L’ANNO MILLE COME SINTOMO

Sorse dunque la problematica di conciliare l’evoluzione economica con quella


politica , il mettere in relazione lo sviluppo lento delle strutture agrarie e del
commercio con il rapido imporsi della signoria di banno.
La tesi di Duby , per cui la mutazione feudale ( la trasformazione delle
strutture politiche ) ebbe un forte impatto sull’economia , non trova molti
sostenitori.
Più praticata la tesi inversa: che le nuove condizioni economiche furono una
delle ragioni che condussero alla mutazione feudale ; quest’ipotesi fu
realizzata da Pierre Bonassie , il quale aveva a disposizioni fonti più antiche
dell’XI secolo , studiando la Catalogna verso l’anno Mille , dove l’accumulo
economico favorì l’ascesa di un’aristocrazia capace di minare il potere regio e
di provocare la nascita della signoria.
Chris Wickham ha invece proposto una nuova periodizzazione , in grado di
valutare comparativamente le diverse esperienze locali.
Secondo Wickham verso la fine dell’VIII secolo si passò da un sistema
sociale ‘’a base contadina’’ , dove era assente l’intervento aristocratico , a un
sistema sociale orientato in senso aristocratico.
Prima la società era povera perché i contadini non erano stimolati si
mantenevano sulla soglia dell’autosufficienza , mentre gli aristocratici
avevano una rendita fondiaria bassa , e non incentivava né l’artigianato né
il commercio.
Dopo la trasformazione le nuove elités cominciarono a intervenire
direttamente nella conduzione delle terre: la rendita fondiaria aumentò e
con essa il resto della produzione: artigianato e commercio.
Su questa esperienza comune alla società europee si innestarono le diverse
vicende politiche dell’età post-carolingia: in alcune aree come la Catalogna
la crescita economica delle elités territoriali permise loro di prendere il potere
al posto del conte carolingio , in altre aree come la pianura padana ( dove il
potere carolinge aveva coinvolto le aristocrazie locali nella gestione del
potere ) furono gli stessi signori a promuovere lo sviluppo economico.
16) IL NUOVO MONACHESIMO E LA RIFORMA
DELLA CHIESA

L’integrazione di vescovi e abati nella gestione del potere risulta essere un


fenomeno nato in età carolingia , ma si diffuse nel X secolo , l’età
dell’affermazione dei poteri locali.
Le famiglie aristocratiche tentarono di impossessarsi in maniera duratura
delle cariche ecclesiastiche , a loro volta vescovi e abati utilizzarono il
privilegio dell’immunità per costituire aree di dominio signorile che
parallelamente venivano costruite da signori laici.
Si affermò anche il sistema delle ‘’chiese private’’ , ovvero fondate da famiglie
eminenti , poste sotto il loro controllo diretto ; questo rafforzamento delle
istituzioni ecclesiastiche coincise con l’indebolimento del papato , in balia a
famiglie dell’aristocrazia romana che imponevano personaggi non adeguati al
ruolo di pontefice.
La parallela restaurazione imperiale compiuta dagli Ottoni , orientata anche
ad un forte condizionamento dell’episcopato , sottolineò ulteriormente la
debolezza della chiesa romana.
Si sentì per questo l’esigenza di riorganizzare la chiesa , ripristinando
l’autorità morale e politica della sua guida , il papa.
La presenza dunque di papi privi di autorevolezza morale e politica , che
agivano più come esponenti di un’aristocrazia militare , contribuì alla nascita
di movimenti religiosi ‘’pauperistici’’ , che rifiutavano la chiesa come
istituzione temporale proponendo un ritorno al cristianesimo evangelico.
In questo modo prendono forma progetti di riforma della chiesa , interni ed
esterni alle sue istituzioni.

16.1 VERSO LA RIFORMA DELLA CHIESA

L’XI secolo fu decisivo per l’affermazione dell’organizzazione centralizzata


della chiesa , basata su un modello monarchico.
Il processo non fu lineare e organico , ma influenzato da vari eventi
drammatici , ma non si può parlare per essi di semplici contrasti tra
‘’conservatori’’ e ‘’riformatori’’ , la ‘’riforma ‘’ infatti non fu un evento
organico , ma esito di vicende improvvise e inaspettate che influenzarono le
scelte di vari papi.
Un contributo importante fu dato dal mondo monastico , infatti più nei
monasteri che negli ambienti vescovili si sentì la necessità di ridare
credibilità e prestigio morale alla chiesa , affinché potesse difendere davvero
la cristianità.
Questa ‘’riforma monastica’’ non contestava le ricchezze , che anzi erano
legittimi se servivano a dimostrare il fulgore della chiesa ; si proponeva
l’estensione del modello monastico a tutta la chiesa , basato sulla preghiera
e sulla purezza del corpo , cosa che avrebbe ridato prestigio al cristianesimo e
alle sue guide.
I principali portavoce furono i monaci dell’abazia di Cluny ( da qui ‘’riforma
cluniacense’’ ) , fondata intorno al 910 d.C. in Borgogna dal duca Guglielmo
d’Aquitania , era dunque un ‘’monastero privato’’.
Grazie all’abile mediazione politica dei suoi abati , Cluny ottenne grande
autonomia , il diritto d’immunità da Guglielmo IX d’Aquitania e anche
un’esenzione papale che rendeva l’abazia libera dalla dipendenza dei vescovi
e delle loro diocesi.
Cluny divenne molto famosa anche per il suo modello di vita monastica ,
basata sulla specializzazione liturgica , molto abili furono i suoi abati , che
presentarono ai nobili locali una comunità monastica angelica , dove
attraverso le loro preghiere i monaci avevano un rapporto privilegiato con
l’aldilà.
Furono proprio i monaci di Cluny ad inventare la festa dei morti ( 2
Novembre ) , andando anche a ribadire il valore della verginità come
requisito fondamentale per essere mediatore con l’aldilà.
Il modello monastico cluniacense basato sulla preghiera riscontrò molto
successo in quanto non metteva in discussione l’ordine sociale , Cluny in
breve tempo divenne una delle abazie più ricche d’Europa , grazie alle
donazioni dei potenti che confidavano nelle preghiere dei monaci per
ottenere la salvezza , inoltre grazie all’appoggio papale gli abati di Cluny si
svincolarono dall’autorità del vescovo , sottoponendosi solo al papa.
Nacque così una rete di priorati ( affidati ad un priore , un ‘’vice-abate’’ ) che
formarono una congregazione che influì a lungo sulla storia della chiesa fino
al XII secolo.
Cluny e i priorati non furono gli unici protagonisti del rinnovamento
monastico tra X e XI secolo , in Italia per esempio nacquero piccoli
monasteri che rifiutavano la trasformazione delle grandi abazie
benedettine in centri di potere.
Esse cercavano di recuperare il primo monachesimo e allo stesso tempo
associarlo all’eremitismo orientale , un esempio è l’opera di Romualdo di
Ravenna che , ispiratosi ai ‘’padri del deserto’’ , fondò nell’Italia centrale
alcuni ‘’eremi’’ , comunità monastiche che offrivano spazi di isolamento e
ascesi individuale , il più importante a Camaldoli nell’Appennino tosco-
romagnolo.
Il monachesimo d’ispirazione eremitica si diffuse in tutta Italia e anche in
Francia , dove nell’XI vi era polemica contro lo sfarzo ecclesiastico di Cluny,
e ciò portò alla nascita presso Grenoble della Grande Chartreuse , che diede
vita all’ordine certosino , fatto da monaci che , pur vivendo in grandi abazie
( dette appunto ‘’certose’’ ) , passavano la loro giornata in preghiera.
Un esempio famoso è l’abazia di Citeaux dove tra XI e XII secolo si sviluppò
un modello monastico basato sulla prima esperienza benedettina , detto
‘’cistercense’’.
Proprio dai movimenti riformatori monastici nacque la critica a simonia e
nicolaismo ; con il primo termine ( dal personaggio biblico Simon Mago , che
cercò di comprare da S. Pietro il dono delle guarigioni ) si indicava l’acquisto
delle cariche ecclesiastiche , divenuto comune nel X secolo.
Col secondo termine invece ( da Nicola , un diacono ) , che appare già
nell’Apocalisse di Giovanni , si indicano i favorevoli al concubinato o al
matrimonio degli ecclesiastici , una posizione che si stava allargando nel X
secolo , nonostante la posizione del celibato proposta dai padri della chiesa
come S. Agostino fosse stata ribadita da varie disposizioni ecclesiastiche.
I movimenti anti-simoniaci e anti-nicolaiti , che volevano moralizzare la
chiesa , fecero breccia nella stessa gerarchia ecclesiastica: essi fornirono
ottimi strumenti dottrinali per restaurare l’autorità papale , riproposto come
l’unica forza che potesse assegnare cariche ecclesiastiche , sostanzialmente
accusando di simonia i vescovi di nomina imperiale.
Si anticipava quella stagione di duro confronto tra papato e impero , che
proprio a partire dalla metà del X secolo con gli Ottoni aveva rilanciato il
coinvolgimento dell’alto clero nella gestione del potere politico.
Accanto ai movimenti riformatori interni all’ordinamento ecclesiastico , tra X
e XI secolo se ne svilupparono anche alcuni di stampo ‘’pauperistico’’ , che
predicavano un ideale evangelico di povertà che si rifaceva alla chiesa delle
origini.
Questi movimenti , pur essendo anti-simoniti e anti-nicolaisti proponevano
una radicale riforma della chiesa , in modo tale che essa non fosse più
coinvolta nelle questioni temporali.
In ambito cittadino questi movimenti contestarono l’alto clero locale , e in
certi casi essi ebbero come alleati proprio i papi , che tentavano in quegli anni
di recuperare potere sulle chiese locali , un esempio è la patarìa di Milano.
Esso fu un movimento pauperistico ( poche le fonti sulla sua origine , il nome
forse è denigratorio: ‘’straccioni’’ o ‘’straccivendoli’’ ) nato nell’XI secolo nella
città meneghina ad opera del diacono Arialdo , e fin da subito fu coinvolto
nella contesa tra il vescovo e il clero riformatore.
I patarini furono in realtà un grande alleato papale , infatti anche grazie ad
essi si riuscì a riportare sotto il controllo di Roma una sede fiera della sua
autonomia come Milano , nel corso dell’XI secolo molti riformatori fecero
riferimento ai patari per rafforzare l’autorità papale mediante la
subordinazione delle chiese locali.

16.2 LA RIDEFINIZIONE DEL PAPATO

L’accelerazione verso un profondo rinnovamento della chiesa avvenne


paradossalmente quando l’elezione papale fu riportata sotto il diretto
controllo imperiale , dopo che per diversi anni era stata monopolizzata da
influenti famiglie dell’aristocrazia romana come i Tuscolo o i Crescenzi.
Intorno al 1045 il conflitto per la carica papale assunse toni particolarmente
violenti , vista la presenza contemporanea di tre papi , che si accusavano
reciprocamente di simonia , pratica tutt’altro che inusuale anche nel
conferimento della carica papale.
Questa situazione determinò l’intervento dell’imperatore Enrico III , che con
il concilio di Sutri depose tutti e tre i papi , nominando un vescovo tedesco:
Clemente II.
In questo modo egli cercava di imporre anche a Roma il modello della
‘’chiesa imperiale’’ , che non portò ad un’ulteriore decadenza della chiesa di
Roma , bensì ad una rinascita.
Infatti la selezione dei vescovi in Germania era attentissima , in quanto il
potere regio dipendeva proprio dalla sua attendibilità e per questo i primi
vescovi anti-simoniaci furono proprio quelli tedeschi.
Tra i papi voluti da Enrico III quello che lasciò un’impronta più forte fu
sicuramente Leone IX , che chiamò a Roma alcuni dei principali esponenti
riformatori e ingaggiò una dura battaglia contro la simonia e il nicolaismo.
Leone IX , nella sua opera da riformatore , si scontrò col patriarca di Bisanzio
Michele Cerulario , e da questo conflitto avvenne , nel 1054 il Grande Scisma
d’Oriente.
Leone IX morì lo stesso anno , ma la sua opera venne portata avanti dai suoi
successori , che agirono però i un contesto diverso: Enrico III morì nel 1056 e
suo figlio Enrico IV salì al potere ancora minorenne , permettendo alle
famiglie dell’aristocrazia romana di riprendere il potere , anche se si
doverono confrontare con altri potenti dell’Italia centrale , in questo caso gli
esponenti della famiglia Canossa-Lorena.
Questi ultimi , che avevano ottenuto il controllo di una parte dell’Italia
centrale ( area appenninica ) , dopo la nomina di vari papi , riuscirono a far
eleggere ( sostenuti dai riformatori ) Niccolò II , che riprese la politica anti-
simoniaca.
Egli inoltre impose nuove modalità per l’elezione papale , legalizzando la
modalità con cui lui era salito al potere: il papa sarebbe stato eletto d’ora in
avanti solo dai cardinali ( termine chi indicava tutti i vescovi , preti , diaconi
titolari delle basiliche romane e delle sue vicinanze , dette ‘’chiese cardine’’ ).
Il papa era indicato dai cardinali vescovi , che poi interpellavano i cardinali
preti e infine il clero e il popolo romano che davano assenso e acclamavano il
pontefice , è il Decretum in electione papae ( 1059 ).
Ciò però significava di fatto annullare la disposizione della Constitutio romana
dell’824 d.C. e anche il Privilegium Othonis del 962 d.C. , per cui era
l’imperatore a dare l’assenso definitivo nell’elezione papale.
Che ovviamente tutto questo non andasse bene alla corte imperiale fu chiaro
alla morte di Niccolò II , quando si doveva eleggere un nuovo papa ; l’eletto
Alessandro II non fu riconosciuto dalla corte imperiale , che gli contrappose
un altro papa: Onorio II.
Ormai era chiaro che intorno all’elezione papale vi erano interessi più ampi ;
la chiesa romana in alcuni tormentati decenni era riuscita a darsi una nuova
struttura gerarchica , gli intellettuali riformatori avevano elaborato un
rinnovamento morale e politico che ridava peso all’autorità papale
togliendo alla carica imperiale quella sacralità ottenuta in età carolingia.
Dunque l’imperatore , svuotato di sacralità e divenuto un re come tanti altri ,
non avrebbe in teoria più potuto nominare vescovi , e proprio su questo
punto avverrà il conflitto tra Enrico IV e il papato , l’imperatore infatti
voleva restituire al titolo imperiale un ruolo e un titolo che erano stati
svuotati di gran parte delle loro prerogative.
16.3 ENRICO IV , GREGORIO VII E LA LOTTA PER LE INVESTITURE

Il contrasto tra papato e impero dell’XI secolo è ricordato come ‘’lotta per le
investiture’’ , ovvero la possibilità di eleggere i vescovi ; in realtà questo era
solo uno degli aspetti di un contrasto più radicale , che riguardava la
legittimazione del potere imperiale.
Con Enrico IV ormai maggiorenne il conflitto con il papato apparve
inevitabile , soprattutto perché da lì a poco fu eletto papa ( per acclamazione
popolare ) uno dei principali fautori del movimento riformatore , Ildebrando
di Soana , poi papa Gregorio VII.
Le modalità della sua elezione però pose il problema della sua legittimità ,
contestata soprattutto da Wilberto arcivescovo di Ravenna ( una di quelle
sedi che con Milano e Bisanzio avevano contrastato l’ascesa di Roma ) , ma
anche egli dovette piegarsi al progetto di Gregorio VII di una chiesa di
stampo monarchico ( papato e impero come Sole e Luna ) e di
desacralizzazione del titolo imperiale.
L’obiettivo del papa era quello di escludere l’imperatore da ogni ingerenza
nella vita religiosa ; andando a ribaltare il modello consueto per cui
l’imperatore si intrometteva nelle vicende di Roma fu proprio Gregorio VII a
mandare legati in Germania.
Egli cercò di trarre profitto dal malumore di alcuni grandi del regno , poco
propensi ad accettare il ripristino del potere imperiale dopo la lunga minorità
di Enrico IV.
Tuttavia l’intromissione dei legati pontifici produsse però un effetto
contrario , gran parte dei vescovi tedeschi si schierò con Enrico IV , facendo
cominciare interventi di reciproca delegittimazione tra papa e imperatore.
Nel 1075 Gregorio condannò le investiture imperiali , rendendo nulle tutte
le cariche che i vescovi avevano ottenuto dall’imperatore ; probabilmente
sempre nello stesso anno il papa volle ribadire il suo primato attraverso il
Dictatus papae.
Questo era un insieme di 27 proposizioni , forse in origine accompagnate da
un testo di sostegno , che definivano ruoli e funzioni della chiesa romana , di
fatto si andava a ratificare la nuova struttura verticale della chiesa , di cui il
papa era indicato come unica e vera guida.
Solo il papa poteva deporre l’imperatore e utilizzare le insegne imperiali ,
solo il papa poteva sciogliere i sudditi dall’obbedienza al sovrano e istituire o
deporre vescovi.
Negli anni successivi Gregorio VII cercò di rendere realtà queste disposizioni,
ma Enrico IV non restò certo fermo , egli nel 1076 indisse un concilio a
Worms , in cui i vescovi tedeschi con l’imperatore dichiaravano deposto il
papa , ma a sua volta Gregorio VII scomunicò Enrico , sciogliendo i suoi
sudditi dall’obbligo di servirlo , e così gli oppositori dell’imperatore si fecero
forza.
Enrico IV fu costretto a venire a patti , egli nell’inverno del 1076-1077 giunse
in Italia , presso Canossa ( residenza della contessa Matilde , principale
sostenitrice del papa ) dove si trovavano il papa e l’abate di Cluny , Ugo.
L’imperatore in abito da supplica restò tre giorni e tre notti ad aspettare di
essere ammesso al cospetto del pontefice , che infine ritirò la scomunica ,
permettendo all’imperatore di tornare in Germania e riprendere con più
vigore la politica precedete.
Approfittando dell’indebolimento militare del papa ( Matilde stava
combattendo i suoi nemici ) Enrico IV convocò un sinodo di vescovi filo-
imperiali a Bressanone ( 1080 ) , che elesse come papa Wilberto arcivescovo di
Ravenna , poi Clemente III.
Quattro anni dopo Enrico entrò Roma e insediò Clemente III sul trono di San
Pietro , mentre Gregorio VII fu portato in salvo da Roberto il Guiscardo a
Salerno , dove morì nel 1085.
Nonostante la sconfitta di Gregorio VII , i suoi predecessori portarono avanti
la sua politica di rafforzamento della monarchia papale e di desacralizzazione
del titolo imperiale.
La conflittualità tra papato e impero dunque continuò , nonostante i
successori di Gregorio VII cercarono di attuare una politica più flessibile ,
distinguendo il ruolo spirituale e quello temporale dei vescovi.
Dopo un quindicennio di conflitti , nel 1122 si arrivò a risolvere la lotta per le
investiture , con il concordato di Worms , sottoscritto dall’imperatore
Enrico V e da papa Callisto II.
In esso si sanciva che la nomina dei vescovi sarebbe avvenuta normalmente ,
ovvero scelti dal clero e dal popolo delle città , ma allo stesso tempo in
Germania vigeva la regola per cui , dopo l’elezione , l’imperatore potesse
attribuire ai vescovi funzioni e beni temporali.
L’imperatore doveva consegnare al vescovo a cui attribuiva incarichi solo uno
scettro , anello e pastorale erano invece simboli della nomina ecclesiastica.
Di fatto con ciò la lotta per le investiture si concluse qui , ma essa di fatto era
stata superata dai nuovi modelli di chiesa e impero scaturiti dalle lotte
dell’XI secolo.
Di fatto questo conflitto lasciò profonde tracce nella storia successiva , infatti
da queste vicende derivò la struttura monarchica della chiesa , strutturata su
una gerarchia piramidale , che sopravvive fino ad oggi.
L’organizzazione odierna del clero cattolico trae origine proprio in età
gregoriana , così come la contrapposizione con la chiesa orientale e
l’intolleranza a forme di dissenso interne o esterne alla chiesa.
Il conflitto però ebbe gravi ripercussioni anche sull’ideologia imperiale ,
proprio a partire da quest’epoca gli imperatori tedeschi videro sempre più
messa in discussione la loro autorità , e nonostante l’arrivo di imperatori
autorevoli come Federico I ‘’Barbarossa’’ e Federico II , il titolo imperiale ,
oltre alla tradizione , non ebbe più valore di quello degli altri regnanti
europei i cui stati si stavano consolidando.
17) LA COSTRUZIONE DELLE MONARCHIE FEUDALI

Il panorama politico di varie zone d’Europa , tra la fine dell’XI secolo e la fine
del XIII , cambiò in maniera decisiva ; la pluralità di signorie e principati
infatti lasciò spazio a monarchie capaci di esercitare la loro egemonia su
ampie porzioni di territorio.
Questo processo di ricomposizione territoriale ebbe degli sviluppi diversi in
Francia , penisola iberica , Inghilterra e Italia , il punto comune fu il ruolo
importante delle relazioni vassallatico-beneficiarie.
Le nuove monarchie se ne servirono , modificandole , per affermare la
propria autorità su principi e signori locali ; la novità dunque fu
rappresentata dall’emergere di casate desiderose di porsi come superiori a
principi e signori locali , attraverso nuove conquiste/relazioni diplomatiche/
vicende dinastiche.
Queste casate ristrutturarono i poteri feudali e inquadrarono i soggetti politici
esistenti , andando però a ridurre l’autonomia dei nobili più potenti , non
richiedendo più solo l’omaggio feudale , ma anche istituendo nuove forme di
controllo , anche tramite riforme giudiziarie e redazione di elenchi scritti.
Dunque sebbene ad inizio del XIII secolo era avvenuta una ristrutturazione in
senso monarchico , signori/chiese/comunità urbane e rurali sembravano
ancora dotate di poteri , inquadrati tuttavia in una nuova struttura politica
gerarchica che aveva al vertice il sovrano.

17.1 L’USO POLITICO DEI RAPPORTI FEUDALI DA PARTE


DELLE MONARCHIE

Le popolazioni germaniche attribuivano al re la funzione di mantenere la


pace , difendere i deboli e condurre la guerra , e sebbene queste funzioni
nell’XI secolo fossero ancora percepite , tra l’epoca dei regni-romano barbarici
e l’età carolingia , si era consolidato l’aspetto territoriale dei poteri politici.
A tenere unita le società ora non era più la relazione personale tra il re , il suo
popolo e i grandi del regno , ma il fatto che queste società vivessero in un
determinato spazio , ciò però non valeva solo per i domini regi , ma anche
per i signori grandi e piccoli , possedere un territorio ed essere in grado di
mantenerlo costituivano il fondamento del potere.
Le monarchie europee andarono a differenziarsi dai signori locali attraverso
due modalità: rivendicare titoli/funzioni/carisma superiori , diversi da quelli
dell’aristocrazia signorile , ma allo stesso tempo istituire con essa relazioni
vassallatico-beneficiarie che rendessero evidente l’eminenza regia su di
esse.
Grazie anche alla riflessione di ecclesiastici a loro vicini , i re rivendicarono la
natura sacra del loro potere , questo rapporto privilegiato con la divinità si
esprimeva nell’allestimento di liturgie di incoronazione ( unzione fatta da
un’autorità ecclesiastica , ma anche acclamazione dei guerrieri e del popolo ).
In Francia e in Inghilterra nacque anche grazie a ciò il mito dei ‘’re
taumaturghi’’ , ovvero in grado di guarire malattie tramite il tocco: per questo
in periodiche adunanze i sudditi ammalati si presentavano dal re ( la scrofola
venne definita ‘’male regio’’ , perché curabile col tocco del re ).
I re si diedero anche appellativi aulici che dovevano ribadire la superiorità
regia , Filippo Augusto re di Francia , titolo che si rifaceva al mondo romano
per legittimare la propria autorità.
Nel momento in cui le monarchie cominciarono ad affermarsi , la gestione
del potere era al massimo della sua frammentazione , e a tale
frammentazione si erano adeguate le relazioni feudali , con una notevole
riduzione degli obblighi che il vassallo doveva compiere.
Era venuto meno l’obbligo del servizio armato , anche perché ogni vassallo
era legato ad un grande numero di signori , creando così conflitti di priorità ;
di fatto il beneficio era divenuto puramente patrimoniale , aveva obblighi
solo formali , e dal 1037 era divenuto ereditario.
Dalla fine dell’XI secolo però la tendenza si invertì , e alcuni grandi principi
territoriali cominciarono a restaurare la propria autorità sui vassalli , a
questi fu imposto il ligio ( in caso di conflitto era superiore a tutti gli altri
omaggi prestati ) , inoltre si cominciò ad utilizzare il feudo di ripresa.
Con questa pratica il vassallo cedeva al sovrano un bene che veniva
immediatamente riconcesso allo stesso vassallo , in questo modo il re
legittimava la sua autorità.
Principi e re cercarono poi altri modi di affermarsi come poteri superiori ,
intervenendo anche nelle vicende dei propri vassalli e controllandone i
diritti ; inoltre i re istituirono ufficiali per amministrare i territori ( non
dovendoli così concedere in feudo ).
Inoltre misero nero su bianco i diritti e i doveri dei feudatari , in dei registri
che contribuirono alla rinascita dello studio del diritto scritto ; inoltre i re
ristabilirono anche il loro primato giuridico , stabilendo che i sudditi
dovessero rivolgersi al tribunale regio per delitti gravi.
Gli sforzi non furono vani , infatti i re limitarono le controversie tra vassalli e
le inquadrarono in una nuova sfera separata da quella , superiore , del re.

17.2 LA MONARCHIA NORMANNA D’INGHILTERRA

Con la battaglia di Hastings del 1066 d.C. si concluse il regno anglo-sassone


in Inghilterra , conquistato da Guglielmo duca di Normandia ( definito poi il
‘’Conquistatore’’ ).
Prima della conquista la società era organizzata in tun ( da cui town ) ,
insediamenti rurali la cui popolazione partecipava alle corti giudiziarie (
hundreds ) , in cui si amministrava periodicamente la giustizia.
Esse erano a loro volta raggruppate nelle shires , circoscrizioni regionali che
prima l’ealdormam e l’earl dopo governavano militarmente e dove lo sherif
riscuoteva le imposte regie.
Guglielmo eliminò subito gli earls , impiantando una fitta rete di castelli posti
sull’unità fondiaria della manors , che il re concedeva in cambio dell’omaggio
feudale , facendo in modo che i manors di un unico detentore fossero distanti
l’uno dall’altro , impedendo che il loro accorpamento creasse signorie
territoriali.
Per evitare le appropriazioni indebite fu creato il ‘’Domesday book’’ ( ‘’Libro
del giorno del giudizio’’ ) , ultimato nel 1086 , in cui furono registrate tutte le
proprietà fondiarie del regno, la loro estensione , il nome dei vassalli regi
possessori e del numero dei capifamiglia residenti.
Questo registro divenne la base dell’imposizione dei tributi , affermandosi
come simbolo stesso del potere reale ; ma nonostante questo alcune
organizzazioni precedenti sopravvissero: hundreds e shires.
Gli sherifs furono inglobati nella società , e assimilati ai visconti normanni ,
ebbero il compito di custodire i castelli regi e i manors , ma anche di
riscuotere le tasse , e proprio per l’importante ricavo economico che si
guadagnava , a partire dalla morte di Enrico I ( 1100-1135 ) , molti baroni
vassalli del re vollero impossessarsene , cosa che avrebbe portato alla nascita
di signorie territoriali , minacciando il potere regio.
Enrico I morì senza lasciare eredi ( l’erede Guglielmo era morto nel naufragio
della ‘’nave bianca’’ ) , aprendo al ventennio dell’Anarchia , in cui si
confrontarono Stefano , nipote di Guglielmo il Conquistatore , che aveva
preso il potere e Matilde , figlia di Enrico I.Stefano , dopo un lungo coflitto ,
dovette infine nominare erede Enrico II il figlio di Matilde ( che si era stabilita
in Normandia ) e Goffredo d’Angiò il ‘’Plantageneto’’ ( dalla
‘’ginestae’’=ginestra , il simbolo della casata ).
Con l’avvento della dinastia dei Plantageneti fu sventata la minaccia della
grande nobiltà , Enrico II infatti ne ridusse enormemente il potere d’acquisto
distruggendone le fortezze o recuperando i feudi regi.
Inoltre impose ai baroni il pagamento dello scutage , un tributo che esentava i
baroni dal servizio militare , cosa che però indeboliva il ruolo militare della
grande nobiltà.
Enrico II migliorò anche il ruolo dell’amministrazione , e la progressiva
espansione di quest’ultima e della giustizia apriva ai baroni la
partecipazione ai tribunali locali e a quello regio , che aveva competenza
sulle offese più gravi , sugli omicidi e sui delitti contro il sovrano o i diritti
feudali.
Enrico II cercò anche di sottomettere alla giustizia il clero , a scapito del
privilegio di immunità di cui essa godeva ; con le Assise di Clarendon ( 1164-
1166 ) , un elenco dei diritti rivendicati dalla corona , egli definì in termini
larghissimi la potestà giudiziaria del re.
Il suo precedente cancelliere , Thomas Becket , divenuto arcivescovo di
Canterbury , si oppose a ciò e per questo innescò un conflitto col sovrano che
nel 1170 gli costò la vita.
L’omicidio di Thomas Becket scatenò una vasta reazione , ma nonostante il re
fu costretto a pentirsi inginocchiandosi sulla sua tomba e a fare concessioni
alla chiesa , alla fine la giurisdizione regia ne uscì rafforzata.
Essa diventava il centro di un sistema , definito poi di Common Law , in cui le
varie giurisdizioni particolari ( locali , ecclesiastiche , speciali ) potevano
essere private di alcune cause che venivano trasferite alla corte del re.
Dunque alla morte di Enrico II esisteva in Inghilterra un sistema politico
forte e organizzato con al proprio vertice il re , ‘’una gerarchia duplice ,
feudale e amministrativa’’.
Ognuna delle due sfere garantiva al sovrano rendite importanti: da un lato i
canoni dovuti da concessionari di terre e i versamenti straordinari cui erano
tenuti i vassalli in caso di vendita del feudo o di esenzione dall’esercizio
armato ; dall’altro il prezzo degli appalti dei vari uffici legati
all’amministrazione dello stato e a quella della corte , la household formata
dagli ufficiali regi.
Questa struttura cominciò a collassare alla morte del primogenito di Enrico
II , Riccardo Cuor di Leone ( 1189-1199 ) , infatti durante il successivo regno
del fratello Giovanni Senza Terra ( ‘’The lackland ‘’ ) , 1199-1216 , la corona
perse la maggior parte dei possedimenti oltre Manica , sostanzialmente le
terre del ducato di Normandia , che nel XII secolo furono conquistate dal
regno di Francia.
Anche all’interno del regno però la situazione era grave , infatti si
riaffacciarono le pretese di baroni e chiesa , e anche le città mercantili , come
Londra , crescevano in potenza.
Fu la coalizzazione di queste forze che costrinse Giovanni a firmare la Magna
Charta nel 1215 , un documento che avrebbe dovuto limitare l’eccessivo
potere che la corona aveva assunto durante il regno di Enrico II , tornando a
riconoscere le prerogative di città , chiese e nobili all’interno del sistema
dominato dalla corona.

17.3 I CAPETINGI IN FRANCIA

I primi sovrani della dinastia capetingia esercitarono il loro potere solo in


una limitata fascia di territorio , posta tra Loira e Senna ; tale dominio
partecipava a quel ‘’sistema di principati’’ , infatti il dominio capetingio non
era molto diverso da quello dei conti e dei duchi vicini.
Le cose cominciarono a cambiare a inizio del XII secolo , con Luigi VI ( 1108-
1137 ) , che cercò di reprimere l’indipendenza dei signori di banno , che si
erano impossessati delle cariche pubbliche e imponevano tasse a chiese e
mercanti.
In una biografia di Luigi VI , redatta dal suo consigliere Suger abate di Saint-
Denis , si ricordano le campagne contro Tommaso di Marle e Ugo del
Puiset , e fu grazie a questi scontri ( contro piccoli eserciti ) che il re riuscì a
lasciare al suo successore un regno più unito e l’immagine di un re capace di
difendere i deboli , la chiesa e il diritto.
Tuttavia i Capetingi non erano gli unici a rafforzarsi in questi anni , e per
ottenere questi territori i re di Francia agiranno per acquisizioni dinastiche a
partire dalla metà del XII secolo.
Nonostante molti di questi territori fossero legati al regno da rapporti
vassallatici , questi principi trattarono a lungo alla pari col regno di Francia ,
addirittura molti duchi non pagavano nemmeno l’omaggio feudale.
Per motivi di diritto feudale i Capetingi entrarono in conflitto con i duchi di
Normandia , i Plantageneti , che dal 1154 con Enrico II erano anche re
d’Inghilterra ; il loro potere infatti ( che si estendeva anche sul Maine , grazie
al matrimonio di Matilde con Goffredo V d’Angiò il ‘’ Plantageneto’’ duca di
quelle terre , da quest’unione nacque il futuro Enrico II ) bloccava
l’espansione del regno di Francia.
Il conflitto cominciò nel 1150 , quando Goffredo V nominò Enrico duca di
Normandia senza il consenso del re Luigi VII , che minacciò la guerra
ottenendo l’omaggio di Enirco II.
Successivamente ( 1152 ) però Eleonora , moglie di Luigi VII , divorziò dal
marito e sposò Enrico II portandogli in dote l’Aquitania ; di fatto solo due
anni dopo il re d’Inghilterra era vassallo di Luigi VII pur essendo molto più
potente di quest’ultimo e avendo una buona fetta di Francia nelle mani.
Ne seguì una guerra che si portò avanti fino al 1177 , quando una pace sancì
il riconoscimento del rapporto vassallatico e il mantenimento dello status quo
territoriale.
Il regno di Luigi VII fece accrescere l’autorità regia , attraverso un processo di
razionalizzazione amministrativa e istituzionale , a cui seguì una
riorganizzazione dei rapporti tra i vassalli e la corona.
Fu con Luigi VII che i re di Francia affermarono la superiorità giudiziaria del
loro titolo , ottenendo l’omaggio ligio , che stabiliva che prima
dell’obbedienza verso il vassallo , veniva quella verso il re ; parallelamente
venne riconosciuto anche il primato giuridico dei re ( anche nelle
controversie tra i signori ).
La formalizzazione dei rapporti feudali fece un passo avanti con il regno di
Filippo Augusto ( 1180-1223 ) , caratterizzato dall’espansione territoriale e
dalla centralizzazione politica e amministrativa.
Uno dei momenti salienti fu sicuramente il matrimonio con Isabella di
Hainaut , che gli portò in dote la regione dell’Artois , egli inoltre combatté i
Plantageneti , sconfiggendo Giovanni Senza Terra , strappandogli la maggior
parte dei territori al di qua della Manica ( Maine , Normandia , Berry ,
Angiò ).
La sua vittoria su Giovanni a Bouvines nel 1214 legò definitivamente questi
ducati e contee alla corona di Francia.
In questo territorio appena ricostituito , con unità politiche molto differenti ,
che mantenevano ancora un’organizzazione interna autonoma
( Normandia ) , Filippo Augusto istituì delle modalità di controllo attraverso
un doppio ordine di fuzionari.
I ‘’balivi’’, che controllavano i beni posseduti dalla corona in signoria , delle
altre entità politiche si occupavano i ‘’prevosti’’ , funzionari itineranti addetti
alla riscossione delle imposte , alla raccolta degli omaggi prestati da signori e
comunità e all’amministrazione della giustizia regia.
Con queste misure di fatto la monarchia capetingia andava a modificare la
natura signorile del suo potere , anche se ciò non significò l’abbandono del
legame feudale come elemento di coordinazione.
Si cominciò invece a mettere per iscritto i privilegi, si cercò di rendere più
gerarchica la rete delle fedeltà esistenti e aumentò il controllo sulla
trasmissione ereditaria dei benefici.
Le truppe dei vari vassalli vennero obbligate a giurare fedeltà al re e venne
anche meno il principio per cui ‘’ il vassallo del mio vassallo non è mio
vassallo’’ , non creando più una barriera di controllo verso alcune entità
territoriali , e andando a creare una piramide gerarchica.

17.4 LA MONARCHIA NORMANNA IN ITALIA MERIDIONALE

I cavalieri normanni giunsero dalla Normandia nel Mezzogiorno nei primi


anni dell’XI secolo , chiamati in origine dai duchi longobardi e bizantini in
perenne conflitto tra loro , e proprio grazie a questa loro attività essi poterono
inserirsi nella rete di protei locali.
Per i loro servizi i condottieri normanni vennero ricompensati con la contea
di Aversa il ducato di Melfi , e con la nascita di queste due realtà ebbe fine la
prima fase dell’insediamento normanno , legata all’attività da mercenari.
Il papa Leone IX , preoccupato dal costituirsi di questo nuovo potere ,
raccolse un esercito per disperdere i Normanni , ma fu sconfitto a Civitate
nel 1053 da Roberto il Guiscardo d’Altavilla ; dopo questa sconfitta i papi
successivi preferirono scendere a patti con i Normanni.
Nel 1059 papa Niccolò II stipulò un accordo con i capi normanni ( sono gli
accordi di Melfi ) Roberto il Guiscardo ( signore ormai di parte della Puglia )
e Riccardo di Anversa.
In cambio della sottomissione feudale al papa i capi Normanni ottenevano
rispettivamente il principato di Capua e il ducato di Puglia, Calabria e Sicilia
( da strappare ai musulmani ) ; nonostante l’accordo è probabile che Roberto
fosse già stato acclamato duca dal suo esercito , ma l’accordo col papa
( interessato a ostacolare Impero , Bizantini e musulmani ) legittimava
universalmente la sua carica.
Sostanzialmente il papa veniva riconosciuto ( qui si sente il fatto che l’accordo
sia stato fatto in età di riforma ) come una figura più importante di un
semplice signore , in quanto possessore di una supremazia spirituale sui
vassalli , l’accordo di Melfi dunque aveva valenze feudali e teologico-sacrali.
La conquista normanna della Sicilia fu promossa da Ruggero , fratello di
Roberto , e cominciò nel 1061 e si concluse solo nel 1091 con la caduta
dell’ultima fortezza musulmana , Noto.
La campagna in realtà non procedette senza interruzioni , fu più volte
interrotta e ripresa , inoltre i Normanni incontrarono resistenze da parte della
popolazione ( gli stati musulmani era invece in contrasto tra di loro , cosa
che agevolò le campagne di Roberto prima e Ruggero poi ).
Sull’isola venne mantenuta l’amministrazione islamica ( e suoi funzionari ) ,
mentre vennero completamente ridefinite le circoscrizioni ecclesiastiche
dell’isola , sarà la nomina dei titolari delle diocesi il principale strumento di
affermazione dei Normanni e fu giustificata dal ruolo di legato apostolico
che il papato conferì a Ruggero nel 1098.
Nel 1081 Roberto avviò poi una campagna nella Dalmazia contro i
Bizantini , arrivando a conquistare Corfù , avendo sconfitto l’imperatore
Alessio Comneno a Durazzo.
Nel 1083 tuttavia egli venne richiamato da papa Gregorio VII in Italia ,
assediato da Enrico IV a Castel Sant’Angelo ; Roberto entrò a Roma con
36.000 uomini e la saccheggiò per tre giorni , disperdendo le truppe
imperiali , scortando poi il papa a Salerno.
Con la morte di Roberto e Ruggero i destini della Sicilia e del continente si
separarono , se infatti l’isola mantenne unità negli anni di minorità del figli
di Ruggero , nel Meridione si avviò una frantumazione politica.
Ruggero II , divenuto infine re , riuscì a riunire i domini normanni ,
facendosi poi ungere dal vescovo di Salerno e prestando omaggio al papa per
il ducato di Puglia , Calabria e Sicilia ( 1128 ).
Solo due anni dopo però egli si fece attribuire dall’antipapa Anacleto II il
titolo reale per se’ e per i suoi eredi , ciò di fatto attribuiva al duca normanno
un elemento di enorme differenziazione rispetto agli altri poteri del nuovo
regno.
Nel 1130 Ruggero II venne incoronato , con una cerimonia che rimanda alle
tradizioni dei musulmani e dei bizantina e all’influenza papale , un qualcosa
di obbligatorio per dei nuovi sovrani che fino a pochi anni prima erano eletti
dai loro vassalli , non avendo un potere consolidato come Capetingi o
Plantageneti.
Nel 1140 Ruggero in un’assemblea aperta promulgò le Assise di Ariano , una
serie di ordinamenti volti ad estendere il controllo del re sulle giurisdizioni
particolari ( feudatari e città ).
Nonostante l’unzione e l’assunzione del titolo regio però il margine di
manovra del re rimase molto limitato , egli infatti doveva sempre temere
rivolte dei feudatari ; l’unica cosa che la monarchia normanna riuscì ad
allestire fu il ‘’catalogo dei baroni’’ ( XII secolo ) , un censimento dei vassalli e
dei loro obblighi , e per lo stesso motivo di controllo territoriale fu conservata
l’amministrazione musulmana in Sicilia.
Alla morte di Ruggero II nel 1154 vi fu un’esplosione di rivendicazioni e
ribellioni da parte di nobili e città , ma nonostante ciò la monarchia normanna
riuscì a mantenere equilibrio.
A Ruggero II seguì il figlio Guglielmo I ( 1154-1166 ) , a cui seguì il proprio
figlio Guglielmo II ( 1166-1189 ) ; alla morte di quest’ultimo , privo di eredi ,
la corona passò alla figlia Costanza , che sposando l’imperatore Enrico VI
portò il regno di Sicilia nelle mani della casa di Svevia.

17.5 I REGNI IBERICI E LA ‘’RECONQUISTA’’

Lo sviluppo delle monarchie iberiche si inserisce nel contesto della


reconquista , il processo che tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XVI secolo ,
portò piccoli regni cristiani del nord della penisola a conquistare i territori
musulmani , ribaltando l’equilibrio etnico e religioso.
Alla base del fenomeno vi fu la crisi del mondo musulmano , che
esattamente come in Sicilia era diviso al proprio interno in piccole signorie
territoriali , in El-andalus ( il califfato iberico ) vi erano accanto ai domini
degli emiri anche feudi concessi ai Berberi dell’armata , e queste realtà solo
occasionalmente erano capaci di riunirsi in alleanze più vaste.
La fragile unità di questo contesto si ruppe nel 1002 , alla morte del califfo
Al-Mansur , e di fronte alla debolezza degli stati musulmani rinacquero dei
sentimenti religiosi nella Spagna che aveva resistito all’Islam: il regno delle
Asturie e Leòn , quello di Navarra e la contea di Barcellona e alcuni
principati franchi.
Questo fenomeno è stato letto come un momento di preparazione delle
crociate , che fu favorito dalla riforma cluniacense , cosa che si può leggere
nell’organizzazione del pellegrinaggio a Santiago de Compostela.
Nella prima metà dell’XI secolo nacquero due nuove entità politiche: dai
discendenti del re di Navarra si separò una contea che assunta dignità regia
divenne il regno di Castiglia , che assunse egemonia su
Navarra/Asturie/Leon.
Dall’unione di alcuni principati invece nacque l’Aragona ; il quadro si
complicò poi tra XI e XII secolo in virtù di evoluzioni dinastiche che
portarono il Portogallo a separarsi dalla Castiglia e all’unificazione della
contea di Barcellona con l’Aragona.
Questi regni cristiani riuscirono , nel corso dell’XI secolo , a strappare regioni
periferiche ai musulmani , tuttavia l’avanzata subì una prima interruzione
quando nel 1086 la dinastia berbera degli Almoravidi prese il potere ,
riunificando il territorio e consolidando le strutture politiche.
I regni cristiani incontrarono le prime difficoltà nel centro della penisola ,
dove vi erano città grandi e dunque un’organizzazione maggiore e una
presenza musulmana molto più forte.
Questa situazione non variò nemmeno col la fine degli Almoravidi , che
vennero sconfitti e sostituiti dagli Almohadi , provenienti dal Marocco e
creatori di un potere che andava dalla Libia all’Andalusia.
A frenare l’avanzata fu anche l’evoluzione interna dei regni del nord , come
Castiglia-Leòn , dove la monarchia , a causa della scarsità delle risorse , aveva
organizzato l’espansione dietro un’aristocrazia relativamente povera , che
cominciò ad arricchirsi con il sistema delle parias , tributi che i cristiani
chiedevano alle entità politiche musulmane per cessare le scorrerie e vedere
riconosciuta la sua autorità.
Questa aristocrazia si arricchì a tal punto da impensierire le monarchie , agli
inizi del XII secolo , creando la necessità di riscrivere le relazioni tra regno e
baroni che faceva spendere tante energie ai sovrani di Francia, Inghilterra e
Sicilia.
Nel regno di Sicilia e Leòn , Alfonso VI fu il primo a cercare di sacralizzare il
potere monarchico , nel 1085 conquistò Toledo , decisiva strategicamente , e
per questo si nominò ‘’imperatore’’ di tutta la Spagna , venendo riconosciuto
anche dal re d’Aragona.
Assunse anche il titolo di ‘’imperatore delle due religioni’’ , per manifestare il
rispetto delle strutture amministrative islamiche e la libertà di culto concessa
ai musulmani.
In realtà solo col successore Alfonso VII ( 1126-1157 ) la monarchia
castigliana riorganizzò le strutture feudali imponendo prestazioni collettive
e legando i benefici dei vassalli alla prestazione dell’omaggio al re.
In Catalogna si era giunti a risultati simili nel 1068 , quando il conte
Raimondo Berenguer aveva fatto redigere gli Usatges ( ‘’usanze’’ ) , un
codice di leggi che faceva derivare dal conte l’autorità degli altri signori.
Il rafforzamento del potere monarchico , ora al vertice di una struttura
gerarchica tendenzialmente estesa sulla società , dove si riproponeva però il
problema del ruolo delle altre componenti politiche del regno: baroni ,
città , chiese e altri corpi intermedi.
In Castiglia e in Aragona ala fine del XII secolo queste componenti trovarono
spazio nei parlamenti , grandi assemblee rappresentative in cui si era evoluta
la curia feudale del re.
18) SOCIETÀ CITTADINA E ORIGINE DEGLI
ORDINAMENTI COMUNALI

Tra la fine dell’XI secolo e gli inizi del XII nacquero e si svilupparono
all’interno della società urbana ordinamenti e magistrature indipendenti dai
poteri tradizionali , che miravano all’autogoverno della comunità.
Lo sviluppo dei comuni cittadini costituisce uno degli argomenti
maggiormente dibattuti dagli storici italiani a partire dall’Ottocento , periodo
in cui si legò la nascita del comune alla nascita di uno spirito nazionale
italiano , che si contrappose all’impero germanico.
Nel secondo Novecento si cominciò a contestare la centralità del fenomeno
comunale nella storia italiana , e rileggendo le vicende europee di XI-XII
secolo lo si mise in relazione con altri fenomeni europei contemporanei ,
valorizzando lo studio delle campagne e dei poteri signorili.
Proprio questa nuova prospettiva ( meno ideologica e più concreta ) ha fatto
emergere tratti assolutamente originali e caratteristici delle vicende urbane
nell’Italia centro-settentrionale.

18.1 COME NACQUERO I COMUNI ?

La frammentazione territoriale e il nascere di signorie locali , che avvenne


alla fine dell’impero carolingio , si accompagnò in Italia all’acquisizione da
parte dei vescovi dell’intera gamma dei poteri pubblici nelle città.
Le città furono parte attiva del processo di frammentazione politica , pur
rimanendo un luogo di partecipazione della società alla gestione degli affari
comuni.
Dunque nelle città non vi era solo un signore , ma assunse importanza un
gruppo di persone che , pur non abbracciando l’intera cittadinanza , aveva un
ruolo importante nella scelta dei vertici politici e nel governo effettivo.
Il vescovo era eletto dall’insieme dei canonici (addetti al servizio della chiesa
cattedrale ) e dai cittadini maggiorenti ; nelle città il potere non era
ereditario dunque.
La società che gestiva l’elezione del vescovo era articolata: proprietari
terrieri , monetizzavano la rendita fondiaria nel mercato cittadini , giuristi
( notai , giudici ) , ai quali si affidava nel quotidiano il governo vescovile.
18.2 MILANO E GLI ‘’ORDINES’’ DELLA SOCIETÀ CITTADINA

La vicenda più esemplificativa è quella di Milano ; qui nella prima metà del
secolo XI , l’arcivescovo Ariberto d’Intimiano apparteneva al gruppo sociale
dei cosiddetti ‘’capitànei’’ , grandi signori stretti da legami vassallatico-
beneficiari con la chiesa arcivescovile , a loro volta tali grandi signori si erano
stretti , con gli stessi legami , i valvassores o secundi milites.
Negli anni Trenta dell’XI secolo però , scoppio un conflitto tra capitànei e
valvassores , poiché quest’ultimi volevano rendere ereditario il loro beneficio,
sottraendolo ai loro signori.
L’arcivescovo si schierò con i capitànei , che infine riuscirono a sconfiggere
gli esponenti della nobiltà minore ; tuttavia la situazione si complicò con
l’intervento dell’imperatore Corrado II ( 1024-1039 ).
Egli , volendo restaurare il potere imperiale in Italia , emanò nel 1037
l’Edictum de beneficiis , che garantiva ai vassalli dei capitànei la trasmissione
ereditaria dei loro benefici , oltre alla possibilità di ricorrere al tribunale
regio nelle controversie con i seniores ( i loro signori ).
Nonostante ciò la piccola nobiltà milanese gli si schierò contro , infatti
quando egli decise di processare l’arcivescovo milanese e pose d’assedio la
città , si confrontò contro tutta la cittadinanza unita: capitànei , valvassores e
populus ( tutta la cittadinanza , a prescindere dalla condizione economica ,
non erano soggetti a legami vassallatico-beneficiari ).
I Milanesi ebbero la meglio e dimostrarono come la cittadinanza era decisa a
far fronte comune rispetto a un potere esterno che intendesse aggredirne
l’indipendenza.
Questa partizione della società in ordines ( strati caratterizzati ognuno da una
diversa condizione giuridica ), non costituisce un modello esportabile alle
altre città dell’Italia centro-settentrionale , nelle quali è evidente la
contrapposizione tra milites ( aristocratici ) e populus , su questa dicotomia
molte città del XII secolo si auto-rappresentano.
Questa cittadinanza ordinata in base a ordini giuridici connessi al sistema
delle relazioni signorili ha fatto pensare a molti storici che a ideare gli
ordinamenti comunali , dandogli modelli di governo ed egemonia
territoriale , furono i rappresentanti di questi poteri.
Altri invece sostengono che proprio gli istituti comunali , voluti da una
società composita e che si riconosceva senza rigide distinzioni di ceto
nell’appartenenza alla comunità cittadina , abbiano ideato e imposto un
nuovo sistema di governo e di egemonia territoriale.
18.3 I COMUNI CITTADINI NELLA LOTTA PER LE INVESTITURE

Negli anni centrali dell’XI secolo l’azione degli imperatori della dinastia salica
e la riforma della chiesa determinarono una profonda crisi nell’equilibrio
delle città italiane.
L’azione dell’Impero e del papato era quella di porre sotto il proprio
controllo la nomina dei vescovi cittadini , strappandola alle relazioni
parentali , sostanzialmente andando a combattere simonia e nicolaismo , ma
andando allo stesso tempo a colpire il legame tra il clero e gli strati eminenti
della cittadinanza.
Tutto ciò fu favorito anche dal nascere di fenomeni religiosi popolari
( patarìa milanese ) che , al di là degli scopi religiosi erano insofferenti al
dominio dei tradizionali certi dominanti.
La scelta delle autorità imperiali e papali fu quella di porre nelle città vescovi
estranei alla società locale , culturalmente e politicamente indirizzati a
riformare il clero urbano.
Ciò portò alla nascita di una fazione , composta dal ceto urbano eminente ,
che voleva la conservazione delle autonomie locali , e di un’altra fazione che ,
formata dagli esclusi del regime precedente , era favorevole alla riforma.
In questo contesto era indifferente schierarsi con il papa o l’imperatore, ma
si trattava piuttosto di opporsi o favorire chi proponeva/ostacolava il
rinnovamento ; fra gli anni Settanta e Novanta dell’XI secolo in molte città
dell’Italia centro-settentrionale scoppiarono violente lotte interne , spesso
con la presenza di due vescovi , uno legato al papa e uno all’imperatore.

18.4 LE PRIME ISTITUZIONI COMUNALI

Da uesta situazione di conflitto , compresa nella lotta per le investiture ,


emerse una generale volontà di pacificazione sociale da cui derivò un nuovo
modello politico detto ordinamento comunale.
I cittadini si distaccarono dalla tradizionale figura del vescovo e dai suoi
luoghi tradizionali ( cattedrale e la piazza di questa dove avvenivano le
assemblee , il conventus ante ecclesiam ) , d’ora in avanti vi furono assemblee
non elettive dette ‘’arenghi’’ o ‘’conciones’’ , da cui venivano eletti i consules
( consoli ).
Il consolato era una magistratura collegiale composta da almeno due fino a
ventiquattro membri , che divenivano guide politiche/militari/giudiziarie del
comune.
Di solito per indicare l’inizio dell’esperienza comunale si utilizza la prima
elezione dei consoli: Cremona 1112 , Bologna 1123 ; tuttavia alcuni storici
ritengono che si possa parlare di comune da quando la cittadinanza agisce in
modo autonomo , anche se i suoi rappresentanti non sono detti consoli
( anticipando la vicenda già al X secolo ).
Altri studiosi invece , estremizzando , ritengono che non si possa definire
comunale una città dove vi sono consoli che sembrano ancora agire sotto la
protezione del vescovo , cosa ampiamente diffusa fino al XII secolo , come a
copertura giuridica del nuovo ordinamento.

18.5 BASI CULTURALI E IDEOLOGICHE DEL MOVIMENTO COMUNALE

Le discussioni storiografiche sulla magistratura consolare , sono in realtà


estranee ai contemporanei , che infatti ritenevano momento fondante della
loro autonomia il cominciare a conservare la documentazione relativa ai
loro diritti patrimoniali e giurisdizionali.
Questo fu di fatto uno dei momenti di rottura della storia europea , cessò
l’egemonia ecclesiastica nella conservazione dei documenti ; grazie agli
archivi comunali infatti è possibile analizzare e studiare strutture sociali e
istituzionali indipendentemente dal fatto che fossero entrate in contatto con
un patrimonio religioso o ecclesiastico.
La produzione e la conservazione documentaria è il tratto più caratteristico
dell’istituzione comunale , il ricorso a forme contrattuali e la necessità di
fissare le conquiste del nuovo organismo si accompagnarono con la
riscoperta e l’impiego del diritto romano , strumento-base della convivenza.
Vi furono i richiami alla romanità repubblicana , consules per indicare i
magistrati , regiones o horae per la partizione amministrativa cittadina , ma lo
stesso definizione giuridica della cittadinanza in base al principio di
residenza nella cinta urbana ; queste caratteristiche hanno come scopo quello
di contrapporre la società cittadina ai regimi di stampo signorile diffusi nel
territorio.

18.6 LA CONQUISTA DEL CONTADO

Assieme all’indipendenza politica ciò che differenzia le città dell’Italia centro-


settentrionale da quelle delle altre regioni europee è la capacità di proiettarsi
al di là delle mura , ovvero di lanciarsi alla conquista del territorio che in
larga misura coincideva con quello della diocesi cittadina ( ovvero la
circoscrizione religiosa , che a sua volta aveva conservato l’antico territorium
civitas ).
La conquista di questi territori fu rapidissima e violenta nell’Italia centro-
settentrionale: nella prima metà del XII secolo le città avevano assoggettato i
propri contadi ( da comitatus , che venne ad identificare il territorio
direttamente governato dai comuni cittadini ) ; talvolta però la rapidità di tale
processo portò ad una conflittualità fra città vicine
Molti poteri signorili vennero a patti con le città , anzi molti aristocratici che
vivevano nelle campagne scelsero di trasferirsi nelle città , per partecipare
alle nuove forme di azione politica.
Il controllo del contado diveniva fondamentale economicamente , lo stesso
sostentamento delle città dipendeva dal mercato , e dunque dalla capacità
delle classi dominanti di garantire un regolare approvvigionamento.
Questo risultato fu inseguito in modi diversi: con l’assoggettamento politico e
fiscale del contado , che comportava la corresponsione delle derrate
alimentari ; in secondo luogo con provvedimenti che tutelavano la proprietà
cittadina e ne favorivano l’incremento.
La concentrazione della proprietà della terra nelle mani dei cittadini
comportò cambiamenti importanti nell’organizzazione del lavoro nelle
campagne , i possessori urbani videro nel possesso della terra una risorsa
economica , per questo investivano nella proprietà fondiaria.
Essi di fatto si sostituirono all’aristocrazia , che si basava sul controllo
personale degli uomini e sull’esercizio di poteri signorili , andando ad avviare
anche operazioni di affrancamento dei servi fatte da alcuni governi cittadini
( Vercelli , Bologna , Firenze ).
L’intento era triplice: togliere manovalanza ai signori , recuperare denaro
( tutti i liberi dovevano pagare le tasse ) e favorire la circolazione della mano
d’opera.
Altra conseguenza fu la trasformazione dei rapporti di lavoro: i contratti
agrari che fino al XII secolo prevedevano una lunga durata e canoni legati
all’effettiva produttività della terra , cominciarono a ad essere stipulati per
periodi più brevi , contemplando canoni fissi e indipendenti dagli andamenti
stagionali.
Scomparvero le richieste di prestazioni d’opera e la libertà dei coloni venne
garantita, anche se le nuove forme contrattuali crearono forme di dipendenza
economica dei contadini dai proprietari.
A partire dal XII secolo la legislazione cittadina intervenne per tutelare i
modi della produzione agricola , per motivi pubblici ( da essa dipendeva il
rifornimento del mercato urbano ) sia per interessi di classe ( difendere i
diritti dei cittadini proprietari terrieri , ossia del ceto eminente che governava
il comune ).

18.7 LA SPECIFICITÀ DEL FENOMENO:


LE CITTÀ EUROPEE E DELL’ITALIA MERIDIONALE

La nascita delle istituzioni comunali nelle città dell’Italia centro-settentrionale


segna un netto divario tra esse e quelle delle altre aree d’Europa e quelle
dell’Italia meridionale.
Se lo sviluppo commerciale e la crescita demografica sono fattori comuni a
tutte le città occidentali tra IX e XI secolo , gli sviluppi istituzionali no , infatti
nella maggior parte delle città europee vi era una società omogenea di
artigiani e mercanti , che non reinvestiva i propri capitali nella proprietà
fondiaria e non aveva legami vassallatico-beneficiari con l’aristocrazia delle
terre circostanti.
In Francia le città lottarono col re o col signore territoriale per il
riconoscimento di uno statuto giuridico diverso e privilegiato rispetto agli
abitanti delle campagne ; altre invece rivendicarono l’autogoverno.
Si crearono così comuni o città di franchigia , nel primo caso alla città era
dato un diploma regio o principesco che riconosceva l’autogoverno della
cittadinanza ( charte de commune ) , nel secondo caso fu concessa la charte de
franchises che consentiva ampi margini d’autonomia , ma il governo era in
mano ad un funzionario regio.
Le città di questo tipo , così come in Inghilterra , divennero delle roccaforti
del potere regio , dei punti di opposizione a signori particolarmente riottosi
che venivano controllati proprio attraverso di esse.
Le città tedesche invece rimasero a lungo sotto il potere dei vescovi , e
successivamente furono controllate strettamente da grandi dinastie locali ,
fattesi forti a causa della crisi imperiale , e nonostante in tempi successivi si
svilupparono in esse anche forme assembleari che riunivano le varie
articolazioni della cittadinanza , non si poté mai parlare di indipendenza
concreta da principati e signori territoriali ( si impose il potere dei
landstad ).
Le città del Sud-Italia invece fra la metà dell’XI secolo e il 1130 vennero prese
dai Normanni e per questo non poterono costituire delle realtà comunali , e
anche se svilupparono delle istituzioni autonome , esse erano inquadrate
come forme di autonomia amministrativa sotto il controllo politico del
regno normanno.
Nelle Fiandre la caratteristiche principali delle città sono legate soprattutto
all’aspetto commerciale , come ha osservato Henri Pirenne , ma si parla
sempre di concessioni del signore cittadino.
19) LA NASCITA DELLA CAVALLERIA E L’INVENZIONE
DELLE CROCIATE

A partire dal X secolo nelle fonti di diverse aree europee compare in modo
sempre più frenquente il termine miles , con accezioni di volta in volta
differenti ( dal generico ‘’guerriero’’ , al tecnico ‘’vassallo’’ ).
La risposta alla domanda su chi erano questi ‘’milites’’ intorno al mille , va ad
intrecciarsi con altre questioni cruciali per conoscere l’organizzazione sociale
dell’epoca , a cominciare dalle definizioni di nobiltà e feudalesimo , fino a
quella di crociata.

19.1 LA CAVALLERIA: UN NUOVO PROTAGONISTA DELLA STORIA


EUROPEA ?

La questione dell’origine della cavalleria venne affrontata negli anni Trenta


del XX secolo da Marc Bloch , il quale la legò strettamente a quella relativa
allo sviluppo del feudalesimo.
Bloch infatti distinse tra una prima età feudale , caratterizzata dalla centralità
del giuramento di fedeltà del vassallo al signore , e una seconda età
feudale , caratterizzato dalla centralità del beneficio ; l’avvicendamento di
queste due età avvenne ( per Bloch ) nell’XI secolo.
L’affermazione del feudalesimo avrebbe portato a termine un importante
mutamento nell’organizzazione sociale , circoscrivendo sempre più il
‘’mestiere delle armi’’ , a un elitè formata da signori e loro vassalli.
Questa specializzazione sarebbe confermata dall’affermazione , sempre nel
secolo XI , di una nuova cerimonia , attraverso la quale una persona poteva
accedere al mestiere delle armi ; essa era detta adoubement ( dal francone
dubban = ’’colpire’’ ).
Durante l’adoubement , chi era destinato a diventare cavaliere , otteneva una
spada e riceveva un colpo simbolico , sulla nuca o sulla gota , dal cavaliere
più anziano che dirigeva la cerimonia.
Secondo Bloch la diffusione dell’adoubement , fece sì che i cavalieri si
percepissero come gruppo sociale a se’ stante , dal quale si sarebbe
sviluppata una nuova classe sociale , basata su un preciso stato giuridico: la
nobiltà.
Bloch non negava che già nei secoli precedenti vi fossero dei nobili , ma egli
ritenne che fino all’XI secolo , l’aggettivo nobilis indicasse generalmente gli
appartenenti ai ceti dirigenti , con riferimento all’ascendenza familiare o al
ruolo eminente svolto.
Bloch propose allora la locuzione di ‘’nobiltà di fatto’’ o ‘’aristocrazia’’ per
designare la ‘’prima nobiltà’’ , mentre i termini di ‘’nobiltà di diritto’’ per
definire la nuova classe sociale , giuridicamente definita , e sviluppatasi con
l’affermazione della cavalleria.
La tesi di Bloch determinò un vasto dibattito ( anche al di fuori della
storiografia francese , specie in Germania e Italia ) e venne infatti messa in
discussione da Georges Duby , che propose una nuova tesi , che si basava
sugli studi da lui compiuti sulla regione del Maconnaise , dove il termine
‘’miles’’ non indicava solo il semplice guerriero , ma anche i signori di
castello.
Il titolo di cavaliere , secondo Duby , si sarebbe esteso a tutto il ceto
aristocratico , divenendo già nell’XI secolo , l’elemento distintivo dell’antica
nobiltà , una definizione che si era caratterizzata attorno al mestiere delle
armi e ai privilegi giuridici che questo mestiere procura ; una delle novità
del Mille , secondo Duby , sarebbe stata proprio l’emergere di questa nuova
nobiltà coincidente con la cavalleria.
Anche queste affermazioni suscitarono a loro volta nuovi studi , che in
Francia e in altri paesi europei , evidenziarono evoluzioni molto diverse tra di
loro.
I vari risultati furono comparati e ricondotti in una nuova teoria sulla
cavalleria , elaborata dallo storico francese Jean Flori.
Secondo quest’ultimo , fino al XIII secolo , la cavalleria non costituì né un
ordine né una classe , ma una professione , praticata da persone provenienti
da ceti sociali diversificati , e solo nel Duecento si arrivò ad una chiusura
graduale della cavalleria.
Per Flori dunque , la cavalleria non si trasformò in nobiltà , ma al contrario la
nobiltà si appropriò nel tempo della dignità cavalleresca , andando a
renderla un proprio monopolio.
Alla fine del XIII secolo infatti , la militia era divenuta ormai parecchio
onerosa , trasformandosi di fatto in un titolo , un onore che non tutti i nobili
seguono.
Inoltre , solo in questo periodo emersero valori etici e regole di
comportamento cavalleresche per coloro che , nell’XI secolo , erano guerrieri
violenti e brutali.
E questi cambiamenti si rifletterono nel significato dell’adoubement , che tra XI
e XII secolo si distinse da altre cerimonie di consegna delle armi ( per lo più
pubbliche ) , assumendo il significato di porta d’ingresso all’ordine della
cavalleria , caratterizzato da legami ideologici che riconducevano a un
modello etico cristiano.

19.2 I PRIMI CAVALIERI

Attorno al Mille , lo sviluppo e la diffusione della signoria di banno incentrate


su castelli avevano reso necessario un numero crescente di specialisti della
guerra , persone che si dedicassero alla difesa alla difesa del signore e dei
suoi beni.
Questi erano i milites , ovvero i cavalieri , che in questi anni erano
frequentemente di umili origini , e in diversi lingue volgari il termine miles
rimandava proprio a un contesto sociale basso ( termine inglese ‘’ knight ’’
deriva da ‘’chith’’ usato per designare i servitori ).
Nello stesso periodo , specie in ambito tedesco , emersero le figure dei
‘’ministeriali’’,servi che ricoprivano importanti incarichi ( ministeria =servizi )
e spesso guidavano gli uomini armati di un signore , e da esso potevano
essere dotati di un castello , a conferma di come fosse soprattutto la qualità
del servizio ad essere importante , piuttosto che l’origine sociale.
Nel corso dell’XI secolo , però , il mestiere del cavaliere venne sempre più
specializzandosi , infatti i cavalieri non erano impiegati sempre , per esempio
essi difficilmente erano utilizzati negli scontri campali , mentre nei brevi
combattimenti e negli assedi sì.
I cavalieri si specializzarono nell’utilizzo della lancia , un’asta in legno con
una punta di metallo , che ponevano sotto l’ascella per puntare e colpire
l’avversario , che poteva essere disarcionato dall’urto , e in seguito catturato e
restituito alla famiglia dietro pagamento di un riscatto.
Questa nuova tecnica di combattimento portò alla necessità di nuove armi ,
armature migliori , protezioni: insomma di necessità sempre più costose ;
parallelamente però le loro spettacolari azioni di guerra determinarono la
crescita personale e del loro prestigio.
Infatti gli ‘’allenamenti’’ dei cavalieri , i tornei , divennero uno spettacolo
guerresco di grande fortuna , e con il crescente prestigio acquisito , la
cavalleria cominciò a divenire un elitè sociale ristretta , infatti il prestigio che i
cavalieri acquisivano spinse sempre più persone a intraprendere questo
mestiere ( in un certo senso dunque sia l’ipotesi di Duby , sia quella di Bloch
appaiono verificate ).
Il crescente numero di cavalieri però , era anche determinato da un altro
fattore , ovvero l’affermarsi della pratica del maggiorascato , infatti ,
soprattutto con la definitiva affermazione della signoria di banno , i signori
più piccoli non avevano alcun interesse a dividere il territorio.
Per questi ai figli ‘’cadetti’’ veniva imposta o la vita ecclesiastica , o il mestiere
cavalleresco , ed essi , privi di beni personali , dovevano spesso trovare
rifugio al di fuori della casa paterna , spesso mettendo a frutto le proprio
abilità marziali.
Capitava spesso che i cavalieri non affermati , si unissero a vere e proprie
compagnie di cavalieri , che si spostavano di corte in corte , partecipando ai
tornei e offrendo i loro servigi militari , col fine di contrarre matrimonio.
Molti raggiungevano l’obiettivo solo in età matura , coloro che invece non
l’avevano ancora fatto erano detti ‘’iuvines’' , col riferimento alla loro
condizioni di celibi più che all’età.
Molte bande si davano però anche a razzie e saccheggi , e proprio per
disciplinare il loro comportamento e ricondurlo a condizioni di maggior
vantaggio sociale si diffuse ( per iniziativa ecclesiastica ) la pratica delle ‘’paci
di Dio’’.
Queste sostanzialmente erano emanate durante delle assemblee , in cui i
vescovi e i signori facevano giurare ai cavalieri di astenersi da violenze
ingiustificate , e di non usare le armi in certi periodo dell’anno
( specialmente in occasione delle festività religiose ).
Gli ecclesiastici , che avevano proposto queste iniziative , cercarono di
definire un modello etico , a cui tutti i cavalieri dovevano attenersi: dovevano
essere difensori dei deboli , delle donne e dei fanciulli ; si andava così
costituendo il modello di cavalleria rappresentato dall’epica cavalleresca.
E si andava così a definire anche un modello di organizzazione sociale
tripartita: organizzata in oratores ( gli ecclesiastici , ‘’coloro che pregano’’ ) , i
bellatores ( i nobili , ‘’coloro che usano le armi’’ ) e i laboratores ( coloro che
devono produrre il sostentamento di tutto il corpo sociale , ‘’coloro che
lavorano’’ ).
Dunque la società è trina come la natura di Dio , e tutte le sue membra
devono agire con un solo fine , la difesa e la propagazione della cristianità ; è
in questo contesto che si inserisce l’origine delle crociate.
19.3 CAVALIERI E PELLEGRINI: L’INVENZIONE DELLA CROCIATA

Mentre si affermavano la signoria di banno e la cavalleria , avveniva anche il


rinnovamento della chiesa , partito da grandi abazie come Cluny , e uno dei
principali componenti di questo rinnovamento fu la crescente importanza e
diffusione della pratica del pellegrinaggio religioso ( specie quello diretto a
Gerusalemme e Roma ).
Molte persone , spinte dai motivi più diversi ( adempimento di un voto , la
richiesta di guarigione da una malattia e lo spirito d’avventura ) , intrapresero
il pellegrinaggio.
Alle due città sante per antonomasia , si aggiunse , anche una nuova tappa: il
santuario di S. Giacomo a Santiago de Compostela , nella Spagna nord-
occidentale ( nel IX secolo venne rinvenuta una tomba che fu attribuita a S.
Giacomo Maggiore , fratello di S. Giovanni Evangelista ).
Il santuario divenne un importante luogo di pellegrinaggio , anche grazie
all’intervento dei monaci di Cluny , che propagarono il culto del santo in
tutta Europa , favorendo l’arrivo di fedeli cristiani là dove si stava
conducendo la guerra di espansione contro i musulmani.
E nel 1064 lo stesso papa Alessandro II promise l’indulgenza a coloro che si
recavano a combattere contro i musulmani in Spagna ; in questo contesto va
inserito l’appello di papa Urbano II alla cristianità durante il concilio di
Clèrmont del 1095.
Il papa invitava sostanzialmente i cavalieri a cessare le lotte fratricide ( che
stavano distruggendo l’Europa ) e di avviare ‘’un pellegrinaggio armato’’
verso la Terrasanta per strapparla ai Turchi ( popolazione dell’Asia centrale
che si era convertita all’Islam e aveva occupato il Vicino Oriente ).
In realtà il discorso di Urbano II al concilio di Clèrmont è riferito da una fonte
successiva , in una cronaca che narra la conquista di Gerusalemme a fatti
ormai avvenuti.
Comunemente cominciò a pensare al concilio di Clèrmont come al momento
in cui fu bandita la prima crociata , come se già allora si avesse la
consapevolezza di cosa essa sia ( ovvero l’idea di organizzare una spedizione
militare volta a conquistare Gerusalemme ).
In realtà il termine ‘’crociata’’ compare solo nel Duecento ( proprio per
indicare le spedizioni avviate per espandere la cristianità in Terrasanta),
prima si vedono utilizzati i termini ‘’iter’’ , ‘’pelegrinatio’’ o ‘’passagium’’ ;
l’idea che ‘’Urbano II abbia bandito la prima crociata’’ , è legata ad una superata
visione unitaria delle otto spedizioni ( ad alterna fortuna ) che tentarono di
conquistare stabilmente Gerusalemme.
Quelle che noi chiamiamo crociate dunque , sono una ‘’serie frammentaria di
attività religiose e civili prive di una coerenza ideologica’’ ( Tyerman ).

19.4 IN ARMI VERSO LA ‘’TERRASANTA’’

Le vicende della prima crociata si legano strettamente con la storia


dell’Impero bizantino , infatti fu la l’espansione dei Turchi selgiuchidi e dei
Fatimidi d’Egitto , che spinse l’imperatore bizantino Alessio I a chiedere
l’aiuto di papa Urbano II ( nonostante Roma avesse appoggiato anni prima la
guerra di Roberto il Guiscardo contro i Bizantini ).
Tuttavia questa lettura degli eventi oggi è stata superata , infatti è più
probabile che con il suo discorso al concilio di Clèrmont del 1095 , il papa non
volesse accogliere le richieste d’aiuto bizantine , né rispondere ad una
presunta oppressione dei musulmani sui cristiani , ma solamente rivolgersi
ricondurre l’azione dei nobili cristiani all’interno della riforma gregoriana ,
gli esiti della sua predicazione andarono però oltre ogni aspettativa.
La lettura più corretta dunque potrebbe essere una commistione dunque , il
papa da un lato voleva sia limitare la presenza di cavalieri riottosi , sia
sostenere i Bizantini ( avviando un possibile ricongiungimento alla chiesa
d’Oriente ).
Comunque la si voglia leggere , l’appello di Urbano II ebbe un eco
straordinario , infatti si diffusero per tutta l’Europa predicatori che
invitavano re , nobili e popolani a liberare il Sepolcro dagli infedeli.
Le motivazioni che spingevano a compiere il pellegrinaggio armato e a
divenire ‘’miles Christi’’ erano molteplici: il fatto che il papa lo avesse
dichiarato ‘’atto di penitenza’’ , la brama di ricchezze , il forte esotismo
esercitato dall’Oriente , amicizia o anche solo obbedienza vassallatica.
Nel corso del tempo lo stimolo ad intraprendere la crociata venne di volta in
volta perfezionato: nel 1095 Urbano II aveva promesso tutela sui beni e sulla
famiglia dei pellegrini , e nel 1147 papa Eugenio III promise una moratoria
sui debiti e l’astensione dai processi per i pellegrini.
La prima crociata si divide in due momenti , e il primo è quello della ‘’crociata
dei pezzenti’’ , così definita poiché portata avanti da pellegrini provenienti da
ceti sociali umili ( su cui la predicazione esercitava forte presa , per sentimenti
religiosi e di rivalsa sociale ) , essa venne guidata da un predicatore di nome
Pietro l’Eremita.
La loro spedizione partì dalla Germania ( 1096 ) , e durante tutto il suo
percorso i pellegrini compirono violenti atti di intolleranza contro i nemici
della fede ( specie contro gli Ebrei ).
Giunti a Costantinopoli , essi vennero accolti da Alessio I , che li invitò ad
aspettare ulteriori rinforzi , ma la maggior parte di essi decise di proseguire
verso la meta.
I pellegrini giunsero infine stremati e decimati già in Anatolia , e qui , presso
Nicea , si scontrarono coi Turchi , che distrussero l’esercito crociato ( 1096 ) ,
lasciando pochissimi superstiti ( tra di essi anche Pietro l’Eremita ).
Il secondo momento della prima crociata è la ‘’crociata dei baroni’’ , ovvero
quella condotta dalla nobiltà d’Europa , che era stata persuasa dagli appelli di
Urbano II.
Essa partì sempre nel 1096 , e a guidarla furono Goffredo di Buglione duca
di Bassa Lorena , Boemondo ( figlio di Roberto il Guiscardo ) e Tancredi di
Taranto e infine Raimondo di Saint-Gillet conte di Tolosa.
Tra tutti loro , il papa vedeva come primus inter pares proprio Raimondo ( che
probabilmente aveva combattuto nella reconquista ) , anche se durante la
crociata ad emergere come condottiero massimo sarà Goffredo.
Nel 1097 i crociati giunsero a Bisanzio , dove Goffredo ( dimenticate gli
iniziali contrasti ) e Boemondo giurarono fedeltà ad Alessio I , Tancredi si
rifiutò di farlo , mentre Raimondo , ostile all’imperatore , giurò di non
attentare ai suoi domini e alla sua vita ; sta di fatto che i territori conquistati
non furono mai restituiti a Bisanzio , come sperava Alessio I.
I crociati nel 1097 cominciarono ad assediare Nicea , ma la città si arrese
presto , con profonda delusione dei cristiani , che speravano invece di
saccheggiarla.
Successivamente i crociati si mossero verso la Siria , anche se in Cilicia
Boemondo e Baldovino di Boulogne conquistarono la regione con l’aiuto
degli Armeni, che conquistarono la regione con l’aiuto del Regno della
piccola Armenia ( nato alcuni anni prima da una rivolta anti-bizantina ).
Baldovino e Boemondo erano inizialmente stati invitati nella città di Edessa ,
dal suo governatore Thoros , che però fu ucciso da Baldovino , che prese la
città e in seguito con l’aiuto del re della piccola Armenia Thoros ( di cui
sposò la figlia ) creò la contea di Edessa ( il primo stato crociata ).
Il resto dell’esercito prese Antiochia ( 1098 ) , dove però i crociati furono
assediati dai Turchi ; tuttavia durante l’assedio i crociati furono rianimati da
un evento ancora oggi discusso , infatti un soldato ritrovò la lancia di
Longino ( quella che trafisse il costato di Cristo ).
A seguito di ciò l’esercito ritrovò lo spirito e vinse i Turchi spezzando
l’assedio ; andando ancora verso sud , vennero presi gli importanti porti di
Giaffa e Tiro.
Gerusalemme cadde nel 1099 , dopo che le navi dei Genovesi portarono il
legno per costruire le macchine d’assedio necessarie per superare le difese
della città , Goffredo fu nominato ‘’custode del Santo Sepolcro’’.
Raimondo fu messo a capo della Contea di Tripoli , Boemondo ottenne
invece il principato di Antiochia , mentre Baldovino rimase conte di Edessa.
Jacques Le Goff definì la prima crociata come il primo esempio di
colonialismo europeo , e allo stesso tempo per la loro organizzazione politica
basata su legami feudali tra i cavalieri e i loro signori ( ovvero coloro che
avevano partecipato alla crociata ed erano rimasti , molti infatti erano tornati
in patria una volta ottenute grandi ricchezze ) i regni crociati furono il primo
esempio di monarchia feudale.
In essi assunsero un ruolo molto importante gli ordini religiosi nati per
difendere i luoghi sacri ( e per proteggere i pellegrini lungo il corso in
Terrasanta ).
Nacquero così i Poveri cavalieri di Cristo ( che Ugo di Payns mette al servizio
dei canonici del Santo Sepolcro ) , mentre i difensori del Sepolcro erano i
cavalieri Templari , vi erano anche i cavalieri Ospitalieri di San Giovanni e i
cavalieri Teutonici , oltre a quelli di San Lazzaro ( cavalieri lebbrosi ).
Essi erano dei veri e propri monaci-guerrieri che erano votati alla difesa dei
luoghi della cristianità ; successivamente trasferirono le loro sedi anche in
Europa.
Dietro alle crociate vi erano in realtà anche profondi interessi economici ,
nelle città crociate costiere infatti si stabilirono moltissimi mercanti europei ,
provenienti in particolare da Pisa , Genova , Venezia e Amalfi.
Mercanti , signori , cavalieri e monaci-guerrieri avevano tutti interessi propri
e diversi , e ciò determinò una grossa conflittualità interna agli stati crociati ,
cosa di cui approfittarono i musulmani dopo lo scacco del 1099.
La reazione degli stati musulmani avvenne solo con l’avvento di Zanji ,
atabeg ( ‘’governatore’’ ) di Mosul , che intraprese la jihad ( guerra santa ) ,
andando a conquistare Aleppo e la contea di Edessa.
A Zanji successe il figlio Noradino , che sconfisse Luigi VII , che aveva
intrapreso con l’imperatore Corrado III la seconda crociata ( 1147-1148 ) , che
ebbe un esito disastroso , cosa che si intuì già dai problemi avuti con l’impero
bizantino.
La paura della reazione musulmana, che portò alla riconquista di varie città ,
venne enfatizzata molto in Occidente ; e la prova fu che proprio la caduta di
Edessa spinse Luigi VII a intraprendere la crociata , che fu poi bandita da
papa Eugenio III , che coinvolse l’imperatore Corrado III ( nelle parole di
Bernardo di Chiaravalle , promotore della riforma cistercense , la crociata
doveva essere un atto di redenzione , volto a purificare le colpe ).
Intanto in Egitto avveniva un episodio decisivo , infatti il figlio di uno dei
generali di Noradino , Saladino , riuscì a soppiantare la dinastia Fatimide
dichiarandosi sultano , andando poi a riconoscere la sovranità di Noradino.
E proprio mentre quest’ultimo ( che aveva anche conquistato Damasco ) si
preparava ad attaccare Saladino , la malattia lo colpì , fatto che segnò la
definitiva ascesa al potere di Saladino.
Saladino ( di origine curda ) andò poi a conquistare la Siria ( acquisizione
sancita col matrimonio con la vedova di Noradino ) , stringendo accordi con
Federico Barbarossa contro i Bizantini , e andando a sconfiggere anche il re
di Gerusalemme Baldovino III.
La situazione mutò quando divenne re di Gerusalemme Guido di Lusignano,
che aveva sposato la sorella Sibilla del defunto re Baldovino IV ( che seppure
lebbroso e osteggiato da varie fazioni del regno era riuscito a sconfiggere e
trattare con Saladino ) , a cui avrebbe in realtà succedere proprio il giovane
figlio di Sibilla , Baldovino V , che però morì un anno dopo lo zio ( 1186 ).
Guido , assieme al signore dell’Oltregiordano Rinaldo di Chatillon ,
cominciò ad attaccare le carovane musulmane , e proprio in queste incursioni
morì la sorella di Saladino , che così ebbe il pretesto per attaccare il debole
regno di Gerusalemme.
Saladino vinse Guido sui corni di Hattin , e successivamente assediò
Gerusalemme , difesa da Barisano di Hibelin , che resistette eroicamente
all’assedio , riuscendo a strappare un accordo al sultano ( che garantì un
salvacondotto a chiunque potesse pagarselo , ma lui stesso contribuì a
garantirlo a tutti ).
Gerusalleme cadde nel 1187 , e due anni dopo fu bandita la terza crociata
( 1189-1192 ) , che fu guidata dai più importanti regnanti europei: Filippo
Augusto re di Francia , l’imperatore Federico Barbarossa e Riccardo re
d’Inghilterra.
Barbarossa nel 1190 però , morì annegato attraversando il fiume Salef ,
mentre Filippo Augusto abbandonò Riccardo da solo ; ma quest’ultimo si
dimostrò un validissimo stratega , riuscendo a sconfiggere Saladino ad Arsuf
nel 1191.
Riccardo durante la crociata dimostrò grande coraggio e durezza ( appese i
prigionieri musulmani alle mura di Acri ) , guadagnandosi il soprannome di
‘’cuor di leone’’.
La spedizione servì di fatto a soccorrere gli ultimi domini cristiani , mentre
Gerusalemme fu lasciata a Saladino , con cui nel 1192 Riccardo strinse un
accordo.
Nel 1195 papa Innocenzo III convinse Enrico VI ad intraprendere una
crociata , ma egli morì prima che la spedizione cominciasse , lasciando che
fosse l’arcivescovo di Magonza a conquistare ( 1197 ) Sidone e Beirut.
Nel corso del tempo il concetto di ‘’crociata’’ cambiò parecchio , infatti
Innocenzo III la definì un ‘’tentativo di restituire alla cristianità i territori che le
erano appartenuti ’’ , e dunque anche l’Impero bizantino , che se ne era
distaccato dopo lo scisma del 1054.
L’esito di questa nuova impostazione si ebbe con la quarta crociata ( 1202-
1204 ) , che venne bandita dopo l’enciclica del 1198 , in cui si indicava come
necessaria la liberazione di Gerusalemme.
I nobili francesi si radunarono attorno a Teobaldo di Champagne e Bonifacio
di Monferrato , mentre il doge di Venezia Enrico Dandolo promise di
provvedere ai trasporti ; tuttavia in questa crociata gli obblighi religiosi si
intrecciarono alle necessità economiche.
Infatti il prezzo delle navi veneziane fu l’aiuto crociato dato ai Veneziani per
la presa di Zara ( città cristiana ) , e alla fine anche l’obiettivo finale cambiò ,
fu presa Costantinopoli ( 1204 ) , e venne fondato l’Impero latino d’Oriente ,
che sopravvisse un sessantennio.
Durante il V concilio lateranense del 1215 venne bandita la quinta crociata
( 1217-1221 ) , a cui parteciparono crociati ungheresi , francesi , ciprioti ,
fiamminghi e austriaci , guidati tutti da Giovanni di Brienne e dal legato
pontificio Pelagio.
Lo scopo della crociata era quello di occupare posizioni in Egitto per poi
scambiarle con quelle in Terrasanta , e inizialmente l’obiettivo fu raggiunto ,
venne presa la città di Damietta , tuttavia i dissidi tra Pelagio ( che avrebbe
voluto marciare sul Cairo ) e i capi crociati portarono al fallimento della
spedizione.
Tra l’altro , durante la campagna , precisamente nel 1219 , San Francesco
d’Assisi raggiunse i crociati , con la speranza di poter convertire al
cristianesimo i musulmani.
La sesta crociata ( 1228-1229 ) fu condotta da Federico II , re di Sicilia e
detentore del titolo imperiale , che era stato scomunicato nel 1227 per non
aver intrapreso la crociata promessa nel 1223 ( nel 1225 aveva anche sposato
la figlia di Giovanni di Brienne ).
Federico II stipulò con il sultano Al-Kamil il trattato di Giaffa , per cui
Gerusalleme sarebbe andata ai crociati e si promise un pace di dieci anni.
Dopo essersi incoronato re di Gerusalemme , Federico tornò in Italia , ma la
città rimase ai cristiani per pochi anni , nel giro di pochi anni sarebbe stata
ripresa dai musulmani ( 1244 ).
La settima crociata ( 1248-1254 ) invece , fu bandita durante il concilio di
Lione ( 1245 ) a seguito della perdita di vari territori crociati , che erano stati
conquistati dal sultano Al-Ayyub con l’aiuto dei Mongoli suoi alleati.
La spedizione venne promossa e guidata da Luigi IX di Francia , che era
spinto da una religiosità profonda e inquieta.
Luigi IX inizialmente riuscì a riconquistare Damietta , ma in seguito , mossosi
verso il Cairo , il suo esercito venne distrutto , e lo stesso Luigi venne fatto
prigioniero ( 1250 ).
Luigi IX fu liberato dietro il pagamento di un enorme quantità di monete ,
che venne anticipata al sovrano dai cavalieri templari ; dopo la sua
liberazione il re di Francia rimase altri quattro anni nelle terre d’oltremare ,
per tentare di rianimare i regni crociati , ma riuscì solo a riavvicinare il
principato di Antiochia alla monarchia armena della Cilicia ( il Regno della
piccola Armenia ).
L’ottava crociata ( 1270 ) ebbe ancora una volta come protagonista Luigi IX ,
che stavolta morì di malattia appena sbarcato a Tunisi , e con il fallimento di
quest’ultima spedizione , vennero abbandonati definitivamente i tentativi di
riconquistare Gerusalemme.

19.5 LE ‘’ALTRE’’ CROCIATE

Durante gli inizi del XIII secolo la crociata divenne un mezzo per reprimere i
nemici della cristianità , anche all’interno della cristianità stessa ; e un
esempio famoso è quello della crociata contro gli Albigesi bandita nel 1208
da papa Innocenzo III.
Essa era indirizzata contro i catari della città di Alby , nella Francia
meridionale , che erano numerosi e appoggiati politicamente da Raimondo
duca di Tolosa e da altri signori territoriali che facevano leva sui catari per
rafforzare la loro autonomia dal re di Francia.
Lo scontro fu durissimo e particolarmente lungo , dal 1209 al 1229 , e durante
esso la volontà del papa di controllare la cristianità ( per radunare un grande
numero di crociati egli estese gli stessi vantaggi spirituali concessi a chi
andava a combattere in Terrasanta ) si fuse con quella del re di Francia di
controllare tutti i territori del suo regno.
Tuttavia vi furono anche campagne per estendere i confini della cristianità ,
come le famose crociate del Nord , portate avanti dai cavalieri Teutonici
( ordine che era nato durante le crociate ) , e che crearono un loro stato
‘’crociato’’ nella Germania nord-orientale , e nel corso del XIII secolo essi
cercarono di sottomettere e convertire Lituani , Lettoni e Livoni ( andando
anche a confliggere con la Repubblica di Nogvorod guidata dal duca
Aleksander Neivskij ).
20) L’IMPERO BIZANTINO E L’EST EUROPEO

Gli storici si sono a lungo interrogati su quale sia il momento in cui non si
possa più parlare di impero romano d’Oriente , ma di un impero bizantino
con caratteristiche diverse.
Superata l’iniziale teoria del dato cronologico , si è passati al dato territoriale,
‘’le sorti dell’impero seguono quelle del suo territorio’’ ( Guillou ) ; dunque la
storia bizantina comincia con la ridefinizione territoriale causata dalle
conquiste di Arabi , Slavi e Bulgari.
La storia bizantina può essere divisa in quattro fasi: la prima ( VIII-IX secolo ),
di riassestamento politico-amministrativo , la seconda ( IX-X secolo ) di
rinnovata espansione , la terza ( XI-XIII secolo ) di massimo ripiegamento ,
dovuto alle conquiste degli occidentali a seguito della quarta crociata ( 1204-
1259 ) ; e la quarta che consiste in un difficile tentativo di ricostruire lo stato
bizantino , fino alla caduta di Costantinopoli in mano turca ( 1453 ).

20.1 IL RESTRINGIMENTO TERRITORIALE

L’episodio che segnò la storia di Bisanzio nel VII secolo fu l’espansione


araba , che si estese dai paesi costieri del Medio Oriente all’Africa
settentrionale ( e poi anche nella penisola iberica nell’VIII secolo ) ; ciò per
l’impero comportò la perdita di Mesopotamia , Siria , Armenia e poi Egitto ,
perdendo anche il dominio dei mari , visto che gli Arabi si dotarono di una
possente flotta , grazie alla collaborazione delle popolazioni costiere
sottomesse.
Grazie a questa nuova flotta gli Arabi colpirono e progressivamente
occuparono molte basi insulari bizantine ( Creta , Rodi e Cipro ) , arrivando
infine ad assediare Costantinopoli nel 678 d.C. , dove furono però fermati
grazie all’utilizzo del fuoco greco ( petrolio , calce viva , pece , zolfo , salnitro
e fosforo ) , una sostanza che prendeva fuoco a contatto con l’acqua , per
questo usata più spesso nelle battaglie navali.
Anche a Nord-Est l’impero perse diverse aree , a causa degli stanziamenti
Slavi nelle aree balcaniche ( VIII secolo ) , e successivamente i Bulgari
fondarono tra il Danubio e i Balcani uno stato indipendente di cui Bisanzio
nel 681 d.C. riconobbe l’autorità.
20.2 IL RIASSESTAMENTO AMMINISTRATIVO

Agli inizi dell’VIII secolo il territorio di Bisanzio non raggiungeva un terzo di


quello governato da Giustiniano un secolo prima , per questo motivo le
strutture amministrative furono ridisegnate.
La base dell’organizzazione territoriale divenne il θεμα ( thèma ) , una
circoscrizione originariamente militare che venne istituita nei territori di
frontiera ; il thèma venne affidato ad uno στατεγος ( ‘’stratego’’ ) , che aveva
ruoli militari e civili ( come l’esarca in Italia ), facendo venire definitivamente
meno la tradizionale divisione romana dei due ruoli.
Questa ridefinizione fu avviata dagli imperatori Maurizio ( 582-602 d.C. ) ed
Eraclio ( 610-641 d.C. ) , che cominciarono ad estenderla progressivamente a
tutto lo stato , processo che si concluse alla fine del IX secolo.
Una delle finalità principali della riforma amministrativa era favorire lo
stanziamento dei soldati , gli στρατιωται ( ‘’stratioti’’ ) , concedendo loro
terre che potevano trasmettere ereditariamente ai figli , assieme all’obbligo
di servizio militare ; gli stratioti erano inoltre esentati da parte dei carichi
fiscali ed erano stipendiati per il servizio militare.
Si venne così formando un esercito nazionale , reclutato in sede regionale ,
secondo un modello efficace , per la difesa del ristretto territorio imperiale.
Vennero favorita la piccola proprietà contadina e le comunità di villaggio
rurali, che divennero unità di base dell’amministrazione e dell’esenzione
fiscale a scapito delle città , addirittura al tempo dell’imperatore Leone VI
( 886-912 ) vennero abolite le autonomie municipali , segno che le città ormai
avevano perso il ruolo di centro di coordinamento avuto nell’ordinamento
romano.
Venne riformata anche l’amministrazione centrale , andando a creare
quattro grandi ministeri: quello dell’esercito , quello delle finanze , quello
degli affari imperiali e quello delle comunicazioni.
Altro cambiamento decisivo fu il passaggio dal latino al greco come lingua
ufficiale della corte e dell’amministrazione pubblica , lo stesso diritto
giustinianeo venne progressivamente abbandonato , dando sempre maggiore
importanza a istituti e consuetudini orientali.
All’interno della corte era fortissima la penetrazione di elementi orientali , a
partire dagli sfarzosi e fastosi apparati modi di vita della corte imperiale , con
l’imperatore stesso che diveniva oggetto di culto.
Per quanto riguarda la successione imperiale , al contrario di altri regni
d’Occidente ( Merovinigi/Pipinidi ) , essa non era ereditaria , andando così a
seguire la tradizione romana.
Gli imperatori comunque andavano ad agire per mantenere la carica in
ambito familiare , anche per tutelare gli interessi dei gruppi dominanti ; ma a
parte ciò la modalità più semplice per ascendere alla carica imperiale era una
brillante carriera militare , solo nel X secolo prevalse il concetto dinastico.
Parallelamente a ciò , si distinse nel tempo , all’interno della società civile ,
una nuova aristocrazia che aveva le proprie basi nell’uso delle armi e nella
proprietà fondiaria , ed era caratterizzata da una rigida ereditarietà familiare.

20.3 LA CONTROVERSIA INCONOCLASTA

L’impero bizantino si presentava all’inizio dell’VIII secolo come uno stato


profondamente rinnovato amministrativamente e con delle frontiere molto
ristrette , con un’economia basata prevalentemente sull’agricoltura e un
impianto circoscrizionale basato sui centri rurali.
Solamente la religione , il cristianesimo , rimaneva baluardo dell’identità
collettiva , di fatto vi era forte connessione tra vita civile e religiosa ; per
questo non bisogna stupirsi del fatto che la controversia iconoclasta travagliò
la vita politica dell’impero per un secolo.
Gli inconoclasti ( distruttori di immagini ) negavano che il divino fosse
rappresentabile , pertanto non si dovevano adorare né riprodurre
pittoricamente immagini di Cristo o della Madonna.
Questa concezione era sicuramente influenzata dagli altri culti monoteistici ,
islam ed ebraismo , che rivedevano l’idolatria pagana nel culto delle
immagini.
Gli iconoduli ( adoratori di immagini ) invece , credevano che l’incarnazione
di Cristo permettesse la sua rappresentazione pittorica e il culto della sua
immagine materiale.
La controversia divenne una questione politica nel 726 d.C. , quando
l’imperatore Leone III Isaurico ( 717-741 d.C. ) abolì il culto delle icone con
un decreto.
Le motivazioni per gli storici sono molteplici , e vanno considerate tutte
valide , in primo luogo la volontà di colpire i ricchi ordini monastici ,
praticamente autonomi dal potere imperiale e influenti sulla popolazione
proprio grazie al culto delle icone.
L’altro motivo era quello di creare un fronte compatto all’interno di un
impero minacciato dagli Arabi ( anch’essi iconoclasti ) ; dunque dando voce
a istanze religiose delle province orientali l’impero si ristrutturò in un nuovo
assetto geopolitico ed ideologico , che lasciava a margine aree come la Grecia
e le regioni bizantine in Italia.
La prova di ciò è che quando venne meno la paura araba , il culto delle icone
fu riabilitato ( 11 Marzo 843 d.C. ) , in una data che ancora oggi è celebrata
dalla chiesa ortodossa.

20.4 IL PERIODO D’ORO

Sotto la dinastia Amorica ( 813-867 d.C. ) e soprattutto sotto quella Macedone


( 867-1057 d.C. ) , l’impero visse le positive conseguenze della
riorganizzazione territoriale/politica/ideologica vissuta tra VI e VIII secolo.
Bisanzio visse un periodo di notevole floridità economica e di rinnovato
spirito espansionistico , in particolare in dinasti macedoni si impegnarono su
tutti i fronti: Arabi a est e ad ovest e i Bulgari a Nord ; vennero riconquistate
Cappadocia , Cilicia , Alta Mesopotamia e venne ripresa anche l’Armenia.
Durante il regno del grande imperatore Basilio II ( 976-1025 ) venne distrutto
il regno dei Bulgari , concludendo una guerra durata ben trent’anni ; venne
riconquistata anche Bari ( 876 d.C. ) assieme ad ampia parte del territorio
peninsulare , riorganizzato nei thèmata di Lucania , Langobardia ( Puglia ) e
Calabria.
Vennero anche riconquistate le basi mediterranee cadute in mano agli
Arabi , come Creta , la cui riconquista portò alla fine dell’egemonia araba nel
Mediterraneo , riaprendo gli scambi tra Costantinopoli e l’Occidente.
La nuova politica espansionistica comportò tuttavia una riorganizzazione
territoriale , visto che il sistema dei thèmata era legato ad un impianto
difensivo.
Per questo a partire dalla metà del X secolo si cominciò a sostituire l’esercito
a reclutamento regionale con uno di professionisti stipendiati , e allo stesso
tempo le alte gerarchie militari si concentrarono nelle mani di pochi fidati
dell’imperatore.
Così facendo si separò nuovamente la sfera militare da quella civile , ma si
perdeva una base di reclutamento sicura per l’esercito.
Nello stesso periodo avvenne anche una rinascita economica e commerciale ,
restituendo un ruolo di primo piano a Bisanzio e alle città in generale ; la
classe produttiva e mercantile però rimanevano assoggettati a forti vincoli
da parte dello stato , che regolava prezzi , modalità di vendita e acquisto e di
produzione dei prodotti.
Ciò inizialmente favorì una crescita economica ordinata , ma in seguito
bloccò i mercanti bizantini che non ressero la concorrenza con altre
politiche commerciali più aggressive come quelle dei Veneziani.
Avvenne anche una rinascita culturale , notevole nelle arti e nelle lettere , ma
anche nella cultura giuridica: venne infatti redatta una nuova grande raccolta
di leggi , i βασιλικοι ( ‘’Basilici ’’ ), che di fatto andarono a soppiantare il
Codex giustinianeo.
Fu proprio tra il IX e l’XI secolo poi , che l’impero bizantino riuscì a
dispiegare le proprie influenze al di là dei suoi confini , e in questo caso si
parla della bizantinizzazione degli Slavi.
Il processo era inizialmente cominciato con l’opera dei missionari Cirillo e
Metodio , presso gli Slavi , e di Fozio , presso i Bulgari ; ma in seguito
vennero fatte partire nuove missioni di evangelizzazione , che portarono alla
conversione dei Serbi e dei popoli semi-nomadi della Valacchia e della
Moldavia , fino ad arrivare alla conversione di Vladimir principe di Kiev ,
che sposò anche Anna ,sorella dell’imperatore Basilio II.
Di fatto i Bizantini portarono a queste popolazioni un modello di
educazione , di stato , forme di diritto e di governo , che sarebbero
sopravvissute a Bisanzio stessa.
L’avvicinamento al mondo dell’Europa orientale comportò però la rottura
definitiva tra la chiesa orientale e quella occidentale , sia per motivi
dogmatici , come il ruolo del Padre , del Figlio e dello Spirito Santo nella
Trinità e la controversia iconoclasta , con la chiesa romana che aveva
rifiutato l’editto di Leone III Isaurico.
Ma vi erano anche ragioni politiche , il controllo della chiesa bulgara , che
voleva avvicinarsi a Roma per svincolarsi da Costantinopoli , ma molta
importanza ebbe anche la politica del papato di costituire un potere
temporale e spirituale universalistico.
Lo Scisma d’Oriente avvenne il 15 Luglio 1054 , quando il patriarca di
Bisanzio Michele Cerulario e il papa Leone IX si scomunicarono a vicenda ;
l’avvenimento in se’ non fu particolarmente sentito , già molte volte vi erano
state scomuniche , ma proprio le diverse politiche intraprese dalle due sedi
causarono la rottura definitiva.
Una grande differenza tra la chiesa romana e quella greca , da ora detta
‘’ortodossa’’ , era anche nell’organizzazione: se da un lato entrambe avevano
una struttura verticistica , la seconda era di tipo conciliare ( governo
assembleare di vescovi ) e basata sull’autonomia delle chiese locali.
20.5 IL MERCATO MEDITERRANEO E LE CROCIATE

Nell’XI secolo l’economia occidentale entrò in rapida espansione , e molto


velocemente l’attività commerciale si spostò verso Oriente , e ciò per opera
dei mercanti delle città costiere italiche , e per prima Amalfi.
Formalmente ancora sotto il dominio bizantino , la città campana sin dal X
secolo era diventata un tramite commerciale fra la penisola iberica , il
Maghreb , l’Egitto e Costantinopoli , dove i suoi mercanti avevano già dal 994
d.C. una base tutta loro.
Nell’area adriatica invece Venezia , già dall’VIII secolo , era divenuta
un’importante tramite tra l’Occidente e l’Oriente islamico , il Maghreb e le
aree bizantine ( generalmente l’Occidente dava legname e ferro e l’Oriente
spezie , tessuti e pietre preziose ).
Nell’XI secolo i porti dell’Italia meridionale decaddero a seguito della
conquista normanna , mentre si affermavano centri del Mediterraneo
occidentale come Genova e Pisa , che attuando una politica territoriale molto
aggressiva scacciarono gli Arabi da Corsica e Sardegna , garantendosi libera
e sicura navigazione commerciale.
Bisanzio a causa dei Normanni perse i thèmata dell’Italia meridionale ( Bari
cadde nel 1071 ) andando anche ad attaccare l’impero in Dalmazia , e ad
Oriente era pressato dai Turchi ‘’selgiuchidi’’ ( dal loro emiro Selgiuq ).
I Veneziani , in occasione della guerra coi Normanni , avevano concesso
l’aiuto della loro flotta ai Bizantini , ed in seguito l’imperatore Alessio I
Comneno ( 1081-1118 ) emanò in favore dei mercanti veneziani la ‘’bolla
aurea’’ , con cui i Veneziani ottenevano l’attracco completamente privo di
dazi in tutti i porti bizantini dell’Egeo , dell’Adriatico e del Mediterraneo ,
e nel 1126/1148 la bolla fu estesa anche a Creta e Cipro , di fatto i Veneziani
ottenevano così il monopolio assoluto degli scambi con l’Oriente.
Le ripercussioni sulle finanze e l’economia dell’impero furono gravissime ,
l’economia locale cadde in profonda recessione ed entrò in crisi anche la
situazione politico-militare.
Gli imperatori della dinastia dei Comneni ( 1081-1185 ) tentarono di arginare
i nemici classici , ma ad essi si aggiunsero nel XIII secolo i crociati , che nel
1204 , manipolati politicamente dal doge di Venezia Enrico Dandolo
saccheggiarono Bisanzio.
20.6 L’IMPERO LATINO D’ORIENTE

Il territorio dell’impero venne diviso dai vincitori in diversi principati feudali,


l’impero latino di Costantinopoli , i ducati di Atene e Tebe , il principato di
Acaia e il regno di Tessalonica ; i Veneziani ottennero invece tutti i principali
centri commerciali.
Ciò che restava delle classi dominanti bizantini si organizzò in diverse
formazioni politiche: l’impero di Nicea , il regno di Trebisonda e il
despotato d’Epiro ; fu a Nicea che la dinastia dei Lascaridi ( 1204-1259 )
elaborò un progetto e un ambiente adatto alla ricostruzione dell’impero.
Il collante politico e ideologico fu la fede ortodossa , che doveva essere difesa
dal clero romano arrivato da Occidente ; nel 1261 fu ripresa Costantinopoli ,
che tuttavia conservava poco dello splendore precedente , sia per le vicende
militari che per l’incuria del governo occidentale.
Nonostante i grandi sforzi il territorio imperiale era molto limitato , si
estendeva di fatto al solo Bosforo e a poche isole dell’Egeo.
Nonostante i suoi sforzi , la dinastia dei Paleòlogi ( 1259-1453 ) non riuscì a
risollevare le sorti di un impero ceduto alla forza dell’aristocrazia fondiaria ,
ai costi di un esercito di mercenari , e al fatto che il commercio e le finanze in
mano ai Genovesi e ai Veneziani.
Nella prima metà del XV secolo i Turchi ‘’ottomani’’ ( guidati da Othman e
dai suoi successori ) conquistarono la maggior parte dei territori bizantini ,
restavano ormai separati da Bisanzio il despotato di Mistrà e il regno di
Trebisonda.
La lunga vicenda dell’Impero Romano d’Oriente si concluse il 29 Maggio
1453 quando Costantinopoli cadde in mano al sultano ottomano
Maometto II , l’ultimo imperatore di Bisanzio fu Costantino XI Paleòlogo.
21) IL RINNOVAMENTO CULTURALE

Il numero dei testi scritti , in Europa , si moltiplicò a partire dal XII secolo ,
segno della ripresa di una tradizione culturale laica , che andò a porre fine al
monopolio ecclesiastico sulla produzione e la conservazione delle scritture.
Questa novità è alla base di una serie di fenomeni che consentirono l’aumento
dell’alfabetizzazione al di fuori della cerchia dei chierici: l’origine delle
università , la riscoperta del diritto romano e della lingua greca e la
produzione in lingua volgare.

21.1 NUOVI MODI DI SCRIVERE E DI LEGGERE

Per comprendere questo cambiamento bisogna considerare due fattori


generali: la crescita economica , che rese la società più complessa scatenando
il bisogno di fissare i diritti per mezzo della scrittura e la ricomposizione
politico-territoriale , dovuta alla nascita di organismi differenti ( papato ,
Impero, comuni, monarchie e principati ) che avevano al vertice gruppi di
funzionari che utilizzavano la scrittura a scopi burocratici.
Tutto ciò portò alla nascita di nuove sedi per la trasmissione del sapere , e
produsse un nuovo pubblico interessato a nuovi generi letterari ; per questo
il fenomeno che si verificò nel XII secolo fu maggiore della rinascita
carolingia.
Infatti , come sostiene Jacques Le Goff , ciò che avvenne durante il regno di
Carlo Magno e dei suoi successori aveva poco a che fare col valore dato al
termine rinascita.
Infatti l’attività degli intellettuali della Schola Palatina fu piuttosto limitata ,
essi si impegnarono a recuperare lo studio dei classici per migliorare le
competenze grammaticali , e di fatto elevando poco il numero delle persone
colte.
Il libro rimaneva di fatto un oggetto prezioso ed elitario , più da ammirare
che da consultare , solo nel XII secolo , con la crescita dell’alfabetizzazione , si
verificò una svolta qualitativa al fenomeno dell’acculturazione.
Infatti con il crollo del sistema scolastico romano , si era giunti a forme di
alfabetismo imperfette ( pochi sapevano leggere e scrivere , a volte si sapeva
scrivere solo il proprio nome ), come la ruminatio dei monaci amanuensi, una
sorta di lettura e apprendimento a memoria.
Solo nel XII secolo il libro divenne un oggetto da leggere , si introdussero
dispositivi testuali ( indici , divisione in capitoli , paragrafi e sotto-paragrafi
ecc.. ).
Queste innovazioni nella forma materiale del libro , connesse alla nascita di
un sistema di studio , la scolastica , furono espressione dei nuovi centri della
trasmissione del sapere , le università.

21.2 LA NASCITA DELLE UNIVERSITÀ

Nel X e nell’XI secolo il termine universitas , indicava una comunità


organizzata e dotata di un proprio statuto giuridico , le università di maestri e
studenti vennero invece alla luce assieme ad associazioni di altro tipo , come
le universitates , formate da persone che svolgevano lo stesso mestiere o da
uomini che abitavano nello stesso villaggio.
Si trattò sempre di sviluppi spontanei , stimolati da necessità di difesa
dall’interno e dall’esterno, le stesse che avevano portato alla nascita dei
comuni ; gli svolgimenti delle varie università all’inizio delle loro esistenza
furono diversi , come si nota dalle vicende di Bologna e Parigi.
Secondo la tradizione a Bologna l’iniziativa sia partita dagli studenti , per lo
più laici , che si riunivano in società pagando un maestro che leggesse e
spiegasse loro ‘’le antiche leggi dei Romani ‘’ , ovvero il Corpus iuris civilis.
A Parigi invece ad associarsi furono i professori di teologia , per lo più
chierici provenienti dalle principali scuole cittadine , preoccupati dalla
presenza del cancelliere dell’arcivescovo , unico a poter conferire la licentia
docendi.
Una volta divenute importanti sedi per la formazione intellettuale ( XII
secolo ) dovettero affrontare i tentativi egemonici dei poteri vicini e lontani ,
Federico Barbarossa rilasciò per esempio la Authentica Habita nel 1158.
Con essa l’imperatore , in cerca di alleati , concedeva a tutti gli studenti il
privilegio di non essere giudicati da tribunali locali ( comunali o
principeschi ) , ma da quelli presieduti dai vescovi o dai loro maestri.
Barbarossa soddisfaceva la richiesta di un’associazione che subiva le pressioni
di poteri che volevano controllarla , e allo stesso tempo egli diveniva un
precedente.
In Francia , nel 1200 , il re Filippo Augusto concesse agli studenti parigini lo
stesso privilegio , accompagnato dalla sua protezione.
Dai primi decenni del Duecento furono più rilevanti gli interventi pontifici ,
spesso giustificati dalla volontà di mettere pace alle contese tra poteri locali e
università ; nel 1219 Onorio III concesse agli studenti il diritto di protestare
contro il comune attraverso lo ‘’sciopero’’ e l’emigrazione in altre sedi , ma
che le uniche licenze d’insegnamento valide sarebbero state quelle
concesse dall’arcidiacono della chiesa bolognese.
In questo modo il papa si sostituì al potere comunale , facendo dipendere la
nomina di insegnati da un potere dipendente da lui ; a Parigi la migrazione
degli studenti del 1229 , originata dalle condanne fatte dal cancelliere contro
alcuni di loro , portò all’intervento di papa Gregorio IX.
Con la bolla Parens scientiarum del 1231 egli ridisegnò l’organizzazione
universitaria affermandone l’autonomia rispetto al cancelliere , alle autorità
civili e agli ordini mendicanti che volevano egemonizzarla.
Il modello di queste università nate spontaneamente fu ripreso e snaturato
dai principi , un esempio fu la fondazione dell’università di Napoli nel 1224
ad opera di Federico II di Svevia , che voleva creare un scuola per la
formazione dei funzionari.
Nel decreto che istituiva il nuovo studium l’imperatore prometteva grandi
benefici agli studenti del regno di Sicilia avessero scelto di frequentarlo , e
stabiliva gravi pene per chi fosse emigrato altrove: ciò era una minaccia per
l’università di Bologna , ma allo stesso tempo il segno che il sistema di
studio nato a Bologna costituiva una realtà imprescindibile per la
promozione intellettuale del ceto dirigente.

21.3 L’ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA DEL SAPERE

Sia dove si studiava diritto ( Bologna ) , che in posti dove si studiava medicina
o le arti del trivio e del quadrivio , la base dell’insegnamento era un testo di
riferimento classico e atorevole ( la Bibbia , il Corpus iuris civili , il trattato
sulla grammatica di Prisciano o quello sulla medicina di Galeno ).
Di fronte alla grande richiesta di libri , le università adottano un sistema
nuovo : la pecia.
Sostanzialmente il procedimento partiva da un’analisi del manoscritto , fatta
da una commissione universitaria , che poi dava il manoscritto modello ,
l’exemplar , ad uno stationarius , il quale divideva l’exemplar in fascicoli , e
ciascun fascicolo veniva affidato ad uno studente o ad un copista di
professione ( veniva fatto un numero di copie per il numero di fascicoli in
cui era diviso l’exemplar ).
Se da un lato dunque si stava attenti a preservare l’immutabilità del testo ,
dall’altra vi era molta libertà sulla lettura del testo , per segnalarne
contraddizioni , andando a proporre delle possibili soluzioni ( quaestiones ).
Esse dovevano essere risolte attraverso un percorso logico , e va detto che le
quaestiones non sorgevano solo dall’interno del testo , ma anche dal desiderio
di applicare testi e principi presi da altri testi ; così l’esegesi diveniva un utile
mezzo per risolvere problemi nuovi con strumenti antichi , e ciò causò la
necessità di reperire altri libri antichi e scriverne dei nuovi.

21.4 IL RECUPERO DEI TESTI GRECI

Con il crollo dell’impero ( e dell’istruzione imperiale ) venne meno anche il


sistema educativo bilingue , basato sul latino e sul greco ; la conseguenza di
ciò fu nel tempo la scomparsa della conoscenza del greco in Occidente.
Infatti i Romani non avevano tradotto in latino le opere greche , e proprio per
rimediare a ciò Severino Boezio ( 480-526 d.C. ) avviò il progetto , purtroppo
non concluso , di tradurre in latino le opere di Platone e Aristotele.
Inoltre le grandi opere enciclopediche della Tarda Antichità avevano
compreso solo relativamente il parzialmente il pensiero greco , è il caso delle
Etimologiae di Isidoro di Siviglia.
Diversa invece la situazione ad Oriente , dove la conoscenza del greco era
sopravvissuta , e dove infatti si traducevano i testi dei filosofi e dei Padri della
Chiesa anche in ebraico , siriaco e arabo ; e questa disparità tra le due aree
spiega perché ad Occidente , quando una nuova curiosità intellettuale spinse
a ricercare testi greci , la ricerca partì da aree di confine ( mondo orientale e
Spagna musulmana ).
I modi in cui i classici greci arrivarono , dal XII secolo , in Occidente furono
due: la traduzione dall’arabo e dalle altre lingue orientali , soluzione che
prevalse nella penisola iberica in Sicilia , e la traduzione dal greco , in questo
caso soprattutto in Italia.
Nella penisola iberica personaggi come Gerardo da Cremona tradussero
opera dall’arabo come l’Almagesto di Claudio Tolomeo ( principale opera
astronomica del Medioevo ) , ma anche le opere storiche di Aristotele e gli
Elementi di Euclide ; successivamente altri traduttori ( Michele Scoto , Alfredo
Anglico , Ermanno di Carinzia ) tradussero i commenti arabi di Averroè e
Avicenna.
Eugenio l’Emiro ed Enrico Aristippo , funzionari della della corte normanna
di Sicilia , tradussero opere dal greco ( alcuni dialoghi di Platone , opere
scientifiche , Meteorologia di Aristotele ecc.. ) , Mosè da Bergamo tradusse
invece la Nuova logica di Aristotele (molte però furono le traduzioni anonime).
Il confronto fra le traduzioni dall’arabo e quelle dal greco , fatto nel XIII
secolo , rese evidente che le prime erano poco affidabili , avendo subito
troppi passaggi da una lingua all’altra.
In generale però la mediazione araba , che arricchì moltissimo la tradizione
aritmetica/scientifica/astronomica , si rivelò importantissima , scatenando in
Occidente il desiderio di cercare nuovi testi antichi e di un nuovo metodo di
sperimentale che avrebbe contribuito allo sviluppo della conoscenza e
dell’indagine della natura.

21.5 LA SCRITTURA DELLE LINGUE VOLGARI

L’aumento delle persone alfabetizzate avvenne in maniera sensibile tra la fine


dell’XI secolo e l’inizio del XIII ; questo mutamento culturale venne
analizzato nel 1950 dallo studioso Herbert Grundmann che lo sintetizzò
andando a sostenere che in quel periodo mutò la contrapposizione tra litterati
e illitterati.
Prima del XII secolo questi erano due gruppi non comunicanti , il primo
composto da chierici e laici in grado di scrivere e leggere il latino e la lingua
volgare , il secondo da chi non sapeva fare queste cose.
Di fatto però non si può parlare di una superiorità dei litterati , in quanto
quella con gli illitterati era una distinzione di funzioni , solo dal XII il
termine litteratus indicava la superiorità di una persona in grado di scrivere e
leggere il latino.
Poiché dunque la principale caratteristica della cultura d’elité era la
conoscenza del latino , sorprende il fatto che la prima grande produzione di
testi in lingua volgare avvenne proprio nel XII secolo.
La messa per iscritto dei testi in lingua volgare , portò allo sconfinamento di
una nuova cultura in uno spazio , quello della pagina scritta , che prima le
era precluso , ma non fu ovunque così.
In Germania , Irlanda e nelle isole britanniche ( paesi di ceppo linguistico
celtico/germanico ) , ovvero luoghi dove la lingua usata dai litterati era
diversa da quella delle altre persone , l’utilizzo di lingue nazionali nello
scritto fu precoce.
Addirittura le prime saghe irlandesi sono del VII-IX secolo , e nello stesso
periodo furono scritti anche l’Hildebrandslied , in alto-tedesco , e il Beowulf ,
testo alla base della letteratura anglosassone.
In questi luoghi fu proprio la separazione linguistica che portò il volgare a
svilupparsi prima che in altri luoghi , mentre in Francia/Italia/penisola
iberica il fatto che i chierici e la popolazione parlassero la stessa lingua
ritardò questo processo.
Solo tra il XII e il XIII secolo la letteratura volgare si sviluppò anche in
Francia, prima nella poesia epica: Chanson de Roland ( in antico francese , è
datata all’XI o al XII secolo ) e la poesia occitanica , il primo lirico trobadorico
fu il duca Guglielmo IX d’Aquitania.
In Italia invece i primi testi in volgare furono i placiti cassinesi , l’indovinello
veronese e i ritmi religiosi di Sant’Alessio , nel XII comparirono anche i primi
poemetti didattico-morali e il Cantico delle creature di San Francesco.
La produzione dunque cominciò ad aumentare in corrispondenza delle
novità sociali che si stavano sviluppando tra XII e XIII secolo nella sfera
sociale, politica e religiosa ; e in quest’ambito la riforma della chiesa monaci e
preti cercavano mezzi efficaci per la sua edificazione: testi in volgare dunque.
Le nuove corti signorili inoltre , coordinate su relazioni vassallatico-
beneficiarie , innalzavano al vertice della società un laicato militare incapace
di scrivere in latino , ma bisognoso di manifestare i propri valori.
Accanto a chiesa e corte dunque acquisirono spessore numerico e identità
culturale gruppi alfabetizzati per statuto professionale: dottori di diritto ,
giudici , notai ; tutti loro espressero istanze e valori differenti da quelli
tradizionali , che avrebbero pesato molto sulla nascita di nuove esperienze
culturali e letterature.
22) L’IMPERO E LA DINASTIA SVEVA

Quando Federico I di Svevia , detto il Barbarossa , venne incoronato re di


Germania e imperatore , si aprì una stagione di rinnovamento , in cui i
sovrani della casa di Svevia cercarono di rilanciare l’autorità imperiale.
Tuttavia la dinastia sveva ebbe breve vita , infatti dopo solo tre generazioni ,
l’impero passò da una fase di ritrovata affermazione ad una che sancì la fine
del suo potere universale.
Federico I , Enrico VI e Federico II tentarono di definire giuridicamente ,
attraverso il recupero del diritto romano e la formalizzazione di un diritto
feudale , gli ambiti in cui il potere imperiale era legittimato ad agire.
Nonostante la loro azione si rivelò talvolta estremamente efficace , venne
contrastato da molteplici forze ostili , che si trovavano in territori
formalmente sotto l’autorità dell’imperatore.
I cambiamenti avvenuti nelle città del Nord-Italia e nel regno germanico nel
XII secolo resero inefficace la robusta azione dei sovrani svevi.

22.1 UN REGNO ELETTIVO E UNIVERSALE

Se fra XII e XIII secolo i sovrani di Francia , Inghilterra e dell’Italia del sud
miravano a ricomporre l’unità territoriale , nel regno tedesco e nell’Italia
centro-settentrionale seguirono processi politico-territoriali diversi.
Nel regno di Germania non si era affermato il principio di ereditarietà e della
trasmissione dinastica del potere regio , la nomina continuava ad essere
soggetta all’approvazione dell’assemblea dei principi , non la discendenza
familiare.
Al regno germanico era poi collegata la dignità imperiale , legata anche
all’unzione pontificia , che conferiva valore universale e sacrale al titolo
imperiale.
Nel 1125 alla morte dell’imperatore Enrico V gli succedette Lotario di
Supplimburgo , della dinastia di Baviera , nonostante l’imperatore avesse
designato alla sua successione i principi della casata Honestaufen di Svevia.
Il fatto che la decisione dipendesse dall’assemblea fu evidente quando fu
scelto come successore , alla morte di Lotario , Corrado III di Honestaufen.
Ciò di fatto rende evidente che la designazione si era polarizzata su due
dinastie , gli Honestaufen di Svevia e i Welfen di Baviera ; solo con un abile
strategia matrimoniale questa problematica fu risolta: nel 1152 fu eletto
imperatore Federico I Honestaufen duca di Svevia , la cui madre era
Giuditta di Baviera.
Fu la personalità del nuovo sovrano , assieme alle sue capacità politiche e
militari che resero possibile la permanenza della sua dinastia per tre
generazioni , nonostante l’incertezza della successione venisse allo scoperto
nei momenti della successione.

22.2 LA POLITICA ITALIANA DI FEDERICO I

Nel 1154 Federico I giunse per la prima volta in Italia , su richiesta del papa
e di alcune piccole città lombarde che richiesero l’intervento di un’autorità
superiore in difesa dei loro confini territoriali e della loro autonomia politica ,
minacciata da città più grandi come Milano.
L’imperatore riunì un’assemblea che condannò Milano , e in seguito si recò a
Roma , dove sostenne il papa condannando anch’egli l’eretico Arnaldo da
Brescia , chierico legato alla patària milanese , che osteggiava il potere
temporale dei papi ; catturato dall’esercito imperiale fu poi ucciso.
La prima campagna italiana servì a Federico I e ai suoi intellettuali per
conoscere la situazione politica e sociale delle città italiane , così diversa da
quella tedesca.
La testimonianza di questo tentativo di comprendere la situazione italiana è
l’opera di Ottone di Frisinga , ecclesiastico zio dell’imperatore , nella quale vi
sono annotazioni sulla società comunale italiana , annotando con stupore
l’ampia partecipazione dei cittadini al governo.
Nel 1158 , durante la dieta di Roncaglia ( vicino Piacenza ) , emanò la
Constitutio de regalibus , un decreto in cui si definivano le prerogative
dell’autorità regia o regàlie: controllo delle vie di comunicazione , autorità di
battere moneta , riscossione delle imposte , diritto di muovere guerra.
Queste prerogative furono ristabilite per ridefinire ( tramite il diritto
romano , studiato dai maestri di Bologna , da cui provenivano i collaboratori
dell’imperatore ) gli ambiti di pertinenza del potere imperiale , dispersi a
causa delle dinamiche dei poteri signorili.
Federico emanò anche la Constitutio pacis , con cui proibì le leghe fra città
comunali e le guerre fra privati , rivendicando solo per l’imperatore il diritto
di pace e di guerra.
Barbarossa andò anche a riordinare l’intreccio di poteri che le dinastie
aristocratiche esercitavano sul territorio: garantì continuità del potere a quelli
che già lo detenevano , ma impose loro il riconoscimento della sua autorità
superiore , attraverso la sottoscrizione di un rapporto feudale.
Milano non si assoggettò all’autorità imperiale , e così fu attaccata da
Federico , alleato ai comuni di Cremona/Lodi/Como ; le mura della città
furono abbattute e fu inviato un funzionario imperiale che doveva far
rispettare quanto era stato deciso a Roncaglia.
L’obbedienza alle disposizioni regie divenne forte pressione fiscale , che
spinse i comuni a riunirsi nel 1167 nella Lega lombarda , che poté contare
anche dal pontefice Alessandro III , che voleva ostacolare una forte presenza
imperiale nella penisola.
Dopo vari scontri l’esercito imperiale venne sconfitto definitivamente a
Legnano nel 1176 ; Barbarossa fu costretto a firmare con il papa la pace di
Venezia ( 1177 ) , ma l’esito più importante fu la pace di Costanza del 1183.
Con il documento della pace , emanato come diploma , Federico I attribuiva
ai comuni la possibilità dell’esercizio delle regàlie , in cambio del
riconoscimento dell’autorità imperiale.
Del documento della pace di Costanza , furono fatte numerosissime copie ,
molti comuni ne conservarono una copia nei loro archivi , esso infatti venne
visto dai contemporanei come il riconoscimento ufficiale della legittimità
dei governi cittadini ; Barbarossa invece morì annegato nel fiume Salef in
Anatolia , mentre partecipava alla terza crociata ( 1190 ).

22.3 L’UNIONE CON IL REGNO NORMANNO

La mossa più importante di Federico I fu il matrimonio combinato tra il


figlio Enrico VI e Costanza , figlia di Ruggero II re di Sicilia ; infatti alla
morte di quest’ultimo e del suo unico figlio Guglielmo II ( 1189 ) , vi fu una
contesa per la corona , che nel 1194 passò ad Enrico VI.
Egli tuttavia morì già nel 1197 e l’anno dopo lo seguì Costanza , lasciando
erede il figlio di quattro anni Federico II , che la madre aveva lasciato sotto la
tutela di papa Innocenzo III , che approfittò della minorità dell’erede per
rafforzare il dominio temporale della chiesa in Umbria/Marche/Romagna.
Egli però non mancò ai patti , e nel 1208 , quando Federico II compì
quattordici anni , lo incoronò re di Sicilia.
Innocenzo III si fece anche arbitro nelle contese al trono imperiale , conteso
tra un rappresentante della dinastia di Baviera , Ottone d Brunswick ( figlio
di Enrico il Leone ) , e uno della dinastia Svevia , Filippo di Svevia ( fratello
del defunto Enrico VI ).
A prevalere fu Ottone , forte dell’appoggio papale , che fu incoronato
imperatore nel 1209 ; tuttavia non appena la minaccia di Filippo fu lontana ,
Ottone rivendicò per se’ i territori su cui il papa stava consolidando il
proprio potere temporale.
Ciò portò alla scomunica di Ottone e alla scelta del papa di sostenere un
nuovo candidato , proprio Federico II , che nel 1212 fu incoronato imperatore
di Germania , ma dovette promettere di tenere separate le due corone di
Germania e Sicilia , tenendole a titolo personale e senza poter designare un
unico successore.
La politica del pontefice era ovviamente molto attenta a far sì che il nascente
dominio territoriale della chiesa non rimanessa schiacciato da un potere
politico coerente nella penisola italiana.
La contesa imperiale si risolse con la battaglia del ponte di Bouvines del
1214 , nelle Fiandre , dove Federico II , con il decisivo aiuto del re di Francia
Filippo Augusto , sconfisse Ottone , sostenuto invece dal re inglese Giovanni
Senza Terra e dai grandi feudatari della Francia del nord.
Ottone fu costretto a rinunciare alla carica imperiale , consacrando Federico
imperatore nel 1220 ; l’ex imperatore si ritirò infine nei suoi domini personali.

22.4 FEDERICO II

Federico II , nato a Jesi, dopo la nomina imperiale si recò in Germania , dove


rimase ben otto anni ( 1212-1220 ) , per risolvere quelle problematiche
politico-territoriali che ostacolavano l’azione dell’imperatore.
La situazione politica tedesca era molto complessa , a partire dal fatto che
non era applicato il principio di eredità dinastica , fino al fatto che nei
principati il potere dei principi non poteva essere contrastato.
Il legame che legava l’imperatore ai suoi vassalli non costituiva una rete di
controllo come nelle altre monarchie europee , e proprio in questo senso agì
Federico II nel suo periodo in Germania: garantì al re di Boemia una completa
indipendenza ( 1212 ) ed emanò un privilegio detto la Bolla d’oro di Eger
( città della Boemia , oggi Cheb ).
Con la Bolla d’oro Federico II rinunciava alle disposizioni del concordato di
Worms ( 1122 ) , ovvero quelle riguardanti l’elezione dei vescovi.
Quando poi nel 1220 Federico ripartì per la Sicilia , egli strinse un accordo
con i principi tedeschi , essi da un lato riconoscevano la sua autorità ,
dall’altro l’imperatore permetteva l’esercizio di prerogative normalmente
proprie: coniare moneta , riscuotere dazi e costruire fortezze.
Questa concessione venne poi ribadita nel 1231 dallo Statutum in favorem
principium , con cui Federico II limitò le prerogative regie riguardo la
fondazione delle città e alla loro protezione , cosa che negli altri regni era
utilizzata come forma di controllo.
Nel 1220 Federico II fu incoronato solennemente imperatore a San Pietro a
Roma , e successivamente ritornò nel regno di Sicilia per ristabilire l’autorità
centrale , messa in crisi alla morte di Enrico VI dai militari germanici giunti
con lui.
Qui l’azione del re fu completamente diversa , rivendicò a se’ tutti i diritti
regi usurparti negli ultimi anni , ordinò la demolizione di tutti i castelli
privati costruiti sulle loro terre e si appropriò di quelli costruiti sul suolo
pubblico , andò infine a imporre il proprio controllo sui governi cittadini
autonomi , ribadendo la soggezione delle comunità urbane al regno , azione
già perseguita dai primi re normanni.
Dal 1222 al 1224 egli condusse campagne contro gli Arabi di Sicilia , che una
volta sconfitti furono deportati Lucera in Puglia , dove poterono abitare
seguendo la loro fede ; l’imperatore ne reclutò alcuni nel proprio esercito , un
corpo di arcieri musulmani divenne la sua scorta personale.
I punti forti del regno di Federico II furono la promozione di un commercio
statale ( che rimpinguò le finanze, ma indebolì le classi mercantili ) , il
controllo del territorio con una rete di castelli presidiati da guarnigioni
militari , la costruzione di un efficiente apparato amministrativo.
Quest’ultimo era svincolato da quello militare , e si formava allo studium di
Napoli , creato dal sovrano proprio per questo scopo , formare la classe
dirigente.
L’insieme delle disposizioni emanate dall’imperatore nei primi anni furono
raccolte nelle Constitutiones Melfitane o Liber Augustalis , un testo
legislativo emanato a Melfi nel 1231 , che testimoniava la volontà del re di
riappropriarsi delle regalie , suddividendo il territorio in circoscrizioni ( dove
erano posti dei tribunali regi ) , e creando un apparato finanziario in grado di
riscuotere il patrimonio demaniale, riscuotere dazi, pedaggi e collette.
Solo il clero godeva di assoluta immunità fiscale e giurisdizionale.
Federico II fu anche uomo di grande cultura e vivacità intellettuale , egli
infatti mantenne relazioni epistolari con molti dotti , si circondò di
poeti/filosofi/giuristi/scienziati di tutte le etnie , e lui stesso fu autore di un
trattato sull’arte della caccia col falcone: De arte venandi cum avibus o Ars
vevandi cum avibus.
Lo sviluppo delle arti fu favorito , durante il suo regno infatti nacque la
scuola siciliana , uno movimento poetico che raccolse l’eredità dei trovatori
provenzali e che segnò la nascita della letteratura italiana.
Tra il 1235-37 l’imperatore tornò in Germania per sedare la rivolta del figlio
Enrico , che una volta sconfitto venne portato prigioniero in Italia ; in
generale comunque Federico portò avanti in Germania una politica opposta
a quella italiana , privilegiando i principi per garantirsi la loro fedeltà ,
sapendo di non poterne controllare l’azione.
Nel 1235 tuttavia egli emanò la costituzione di pace imperiale , un testo di
ventinove capitoli che riordinavano i principi del diritto del regno.
L’ultima fase della vita dell’imperatore fu impegnato nello scontro con i
comuni dell’Italia centro-settentrionale , una volta consolidato il suo potere
nei due regni.
Egli si scontrò contro la rinata lega lombarda , raccolta intorno a Milano ;
inizialmente il conflitto fu favorevole all’imperatore , Federico II si fermò a
Verona dove venne raggiunto da eserciti di signori a lui alleati come Ezzelino
da Romano.
I comuni ottennero l’aiuto del pontefice Gregorio IX , che scomunicò Federico
( 1228 ) e avviò contro di lui una violenta campagna diffamatoria.
La scomunica contro l’imperatore aveva avuto come causa il fatto che
Federico nel 1227 non avesse intrapreso la crociata per riconquistare
Gerusalemme , cosa che farà nell’anno della scomunica , ottenendo la città
dopo una trattativa con sultano Al-Kamil ( la città rimase poco in mano
cristiana , pochi anni dopo fu ripresa dai musulmani ) , ma questa modalità
pacifica non piacque per nulla al papa.
Federico nel 1238 sconfisse la lega a Cortenuova vicino a Bergamo , andando
poi a imporre la sua autorità sull’Italia centrale: Toscana/Marche/Romagna ,
ma non seppe sfruttare appieno il trionfo di Cortenuova.
Alla fine degli anni Quaranta del XIII secolo l’imperatore subì varie sconfitte ,
nel 1248 a Parma e nel 1249 a Fossalta , dove fu catturato Enzo re di Sardegna
e rettore di Romagna nonché figlio di Federico; queste sconfitte fecero
arretrare le posizioni imperiali nell’Italia centro-settentrionale.
22.5 GLI ULTIMI SVEVI

Federico II morì il 13 Dicembre del 1250 a Lucera , e con lui morì anche la
concezione di un impero capace di coordinare il regno di Germania e quello
di Sicilia , addirittura nessun principe fino al 1273 riprese il titolo imperiale ,
ma non svolgendo più un ruolo significativo a sud delle Alpi.
Nell’Italia centro-settentrionale non si concluse lo scontro tra le città
favorevoli all’impero ( Cremona per esempio ) e quelle a lui ostili
( Milano ) , dividendo l’Italia politicamente in due schieramenti ( detti poi
Guelfi e Ghibellini ).
Federico II aveva indicato come erede unico delle due corone il suo unico
figlio legittimo , Corrado , escludendo gli altri e venendo meno alla promessa
di non unire i due regni fatta a papa Innocenzo III.
Corrado però sopravvisse al padre solamente quattro anni ( 1254 ) , lasciando
solo il figlio Corradino di appena dieci anni , che salì al trono sotto tutela ;
tuttavia un altro figlio di Federico II , Manfredi , che si impadronì nel 1258
del regno di Sicilia.
Questo conflitto tra gli ultimi Svevi però permise ai papi , di cui i re di Sicilia
erano ancora vassalli formalmente , di realizzare un piano politico che
avrebbe avuto come esito l’ascesa al trono di Sicilia di una dinastia vicina al
pontefice e capace di coordinare le forze guelfe d’Italia.
Il papa chiamò così in Italia il fratello del re di Francia Luigi IX , Carlo
d’Angiò , che nel 1266 sconfisse a Benevento Manfredi , che morì in
battaglia.
L’ultimo esponente della dinastia sveva , Corradino , cercò di riprendersi il
trono ( aiutato dai grandi esponenti del ghibellinismo Ezzelino da Romano ,
signore della marca trevigiana , e Oberto Pallavicino , signore di alcune città
lombarde ed emiliane ) , ma venne sconfitto a Tagliacozzo nel 1268 ,
successivamente venne poi catturato e ucciso.

22.6 IL MITO DEGLI SVEVI E LA DISCUSSIONE STORIOGRAFICA

L’azione politica degli imperatori Svevi fu oggetto di numerosi studi a partire


dall’Ottocento , che assunsero forte connotazione ideologica.
La storiografia tedesca esaltò Federico I , come colui che riuscì a tenere unite
le popolazioni tedesche , imponendole sullo scenario europeo , e generando
la leggenda del ‘’grande dormiente’’ , per cui l’imperatore svevo non era
morto , ma addormentato in una montagna , da cui si sarebbe svegliato per
guidare i Tedeschi all’unità nazionale e al dominio sull’Europa.
La storiografia italiana invece indicò Federico I come un invasore straniero a
cui si oppose uno spirito italico , che riuscì a opporsi a chi voleva
sottometterlo ; a lungo questa visione ha condizionato gli studi.
Quanto a Federico II vi è un’immagine duplice , da un lato c’è chi come Ernst
Kantorowicz esaltò l’azione dell’imperatore svevo , considerandolo un
precursore della sovranità moderna e un monarca illuminato , dall’altro chi
come David Abulafia , che ha ridimensionato le iniziative dell’imperatore ,
inserendole nella particolare in cui visse e nella particolare monarchia
normanna.
Nonostante la visione riduttiva di Abulafia abbia avuto grande influenza
sulla storiografia dell’ultimo decennio , si continua a considerare Federico II
come una delle personalità di maggior rilievo della storia occidentale
europea.
23) I COMUNI ITALIANI

Nel corso del periodo tra XII-XIV secolo la conformazione dell’aristocrazia


cittadina e il sistema di governo cambiarono profondamente nei comuni
italiani.
Se nel 1150 i comuni non erano stati riconosciuti dall’imperatore ( che
formalmente li governava ancora ) , dal 1183 con la pace di Costanza
Federico I riconobbe l’autonomia comunale aprendo ad uno sviluppo sociale
e istituzionale che nel giro di due secoli cambiò il paesaggio politico italiano.
Impero e signorie locali smisero di essere le principali strutture di
inquadramento territoriale , soccombendo a nuovi regimi cittadini, disposti
in reti di alleanza che sarebbero divenute più vaste coordinazioni politiche.
Attorno al 1350 , dagli stessi comuni si erano sviluppati ampi stati
territoriali, la cui salute politica era più florida di quella dell’impero stesso.

23.1 I NUOVI CONFLITTI SOCIALI E L’ISTITUTO DEL PODESTÀ

Il processo di crescita economica che accompagnò le grandi monarchie


europee , in Italia centro-settentrionale avvenne attorno alle città comunali,
ma in assenza di una corte e di un re , a beneficiare di questa crescita fu una
parte più estesa della società.
Le nuove possibilità economiche favorirono l’inurbamento dalle campagne ,
anche in città di media grandezza come Vercelli , Pisa o Padova tra la fine del
XII secolo e quella del XIII la popolazione si moltiplicò notevolmente ( x2 ,
x3 , x4 rispettivamente ).
Questa crescita demografica è testimoniata dalla costruzione di tre cerchie di
mura concentriche: la prima in selenite ( anteriore al XII secolo ) , la seconda
del XII secolo e la terza di fine Duecento.
La società urbana divenne dunque molto più complessa e difficile da
governare , e la prova è che tra XII e XIII secolo entrò in crisi il sistema
consolare.
Esso nella sostanza si trattava di un accordo tra le famiglie più ricche e
potenti , che alternavano i propri membri alla carica consolare , rendendo la
loro egemonia informale in una prevalenza legittima e riconosciuta.
Le decisioni dei consoli erano ratificate dal parlamento o dall’arengo , ovvero
l’assemblea di tutti i cittadini maschi adulti , che tuttavia non interveniva
realmente nelle decisioni , ma dava solo il proprio assenso.
L’arrivo dalle campagne di nuove famiglie ricche e l’ascesa sociale di famiglie
di provenienza rurale e urbana ampliò il vertice politico , e ciò complicò la
possibilità di accordarsi politicamente e riguardo lo sfruttamento delle
materie prime , creando nelle città fazioni in lotta tra di loro.
La presenza di conflitti interni al ceto consolare si intensificò dopo la pace di
Costanza , spingendo i cittadini a ricercare delle soluzioni nuove: in molte
città si crearono consigli del consolato più ampi , ma più stretti all’arengo ,
poiché formati tramite elezioni e dotati di potere decisionale.
Solo dopo diverso tempo si arrivò a conferire poteri supremi ad un singolo
individuo , la figura del podestà ( da potestas = autorità/potere ) in origine
indicava proprio quel funzionario che Federico I aveva posto nelle città per
governare e riscuotere le tasse , ma in seguito fu usato per indicare il
magistrato a cui era affidato il compito di ‘’reggere la città’’.
Inizialmente i modi con cui essi agirono furono molteplici , i podestà erano a
volte anche più d’uno , scelti fra i cittadini o stranieri ; in generale va detto
che già nei primi decenni del Duecento quasi tutti i comuni affidavano la
massima magistratura cittadina , per un tempo limitato ( inizialmente due
anni , poi solo sei mesi ) , ad un forestiero ‘’super partes’’.
Il podestà firmava col comune un vero e proprio contratto , impegnandosi a
portare con se’ i propri giudici ( che avrebbero amministrato la giustizia ) ,
notai ( si occupavano con quelli locali di registrare atti pubblici ) anche i birri
o birrovieri , ovvero le guardie.
Tra i suoi compiti vi era anche il presiedere il consiglio comunale ( nel quale
erano proposte e votate a maggioranza le leggi ) , la direzione dei tribunali
cittadini , la conduzione dell’esercito in guerra e il mantenimento della pace e
dell’ordine interno.
Il podestà era pagato solo al termine dell’incarico , e solo dopo un processo
amministrativo che stabiliva se avesse esercitato effettivamente in modo
corretto le sue funzioni.
Il podestà forestiero dunque era un professionista della politica , in grado di
separare la cosa pubblica dall’influenza privata dei cittadini più potenti , per
conseguire il ‘’bene comune’’.
E la prova di questo processo di divisione tra pubblico e privato si evidenzia
sia nella produzione di documenti scritti , capace di garantire i diritti del
comune rispetto ad altre autorità o a privati cittadini , e nella costruzione di
palazzi comunali , testimonianza fisica della presenza del governo.
I primi podestà furono soprattutto milanesi e cremonesi , ovvero delle città
che erano al centro dei principali sistemi di alleanze dell’Italia comunale del
Duecento , la struttura podestarile fu un espediente delle grandi città per
controllare gli alleati meno potenti.
Successivamente molti podestà vennero da Bologna , scelti poiché studiosi
conoscitori del diritto e per le loro capacità oratorie ; successivamente col
cristallizzarsi dei fronti guelfo e ghibellino , si cominciò a scegliere il
podestà all’interno della proprio schieramento.
Nonostante al podestà si richiedeva di essere una figura neutra , nella pratica
ciò non si verificava sempre , molti podestà forestieri infatti vennero cacciati o
uccisi per aver preso scelte impopolari , come rivelano le cronache.
Questo sistema si rivelò in grado di mantenere a un livello accettabile i
conflitti di una società sempre più complicata , e la prova è che fu utilizzata
per più di un secolo e mezzo.

23.2 IL CONFLITTO SOCIALE: POPOLO E PARTI

La crescita demografica ed economica della città non creò tensioni solo al suo
vertice , ma causò anche lo scontro tra i ceti ‘’popolari’’ e l’aristocrazia , tra
milites ( cavalieri ) e pedites ( fanti ).
Infatti i ceti popolari ( mercanti , artigiani , banchieri ) pur crescendo in
ricchezza erano esclusi dalla vita politica , e obbligati a pagare le imposte ,
al contrario degli aristocratici che non le pagavano ed erano pure risarciti per
eventuali spese e danni di guerra.
Nel momento in cui , con l’inurbamento dalle campagne , il numero dei
cavalieri si ampliò e le risorse comunali diminuirono , i popolari
cominciarono a protestare contro i loro privilegi , chiedendo equa divisione
delle imposte e la possibilità di accedere ai consigli.
Già a metà del Duecento i popolari avevano fatto passi avanti: erano entrati
nei consigli , si erano ampliati nel numero dei componenti , e avevano
consolidato la propria presenza politica in un organismo generale , la
‘’società del popolo’’ , le proprie associazioni particolari: le corporazioni , che
riunivano quanti svolgevano lo stesso mestiere , e quelle territoriali , che
riunivano quanti abitavano nelle stesse parrocchie.
Verso il 1260-1270 le società del popolo avevano un proprio consiglio generale e
un collegio più ristretto , ed erano presiedute da una magistratura di vertice
speculare a quella del podestà , il capitano del popolo , anch’esso
forestiero e dotato di un incarico a termine.
Il popolo dunque non si era limitato ad entrare nelle strutture politiche
comunali tradizionali ( quindi aristocratiche ) modificandole , ma vi aveva
affiancato un altro organismo politico , un ‘’comune parallelo’’ , che ne
imitava la struttura.
Addirittura nelle città con presenza popolare maggiore ( Firenze, Bologna,
Perugia ) le istituzioni popolari presero il sopravvento , divenendo il centro
della politica cittadina ; fu in luoghi come questi che si promulgarono le
norme magnatizie.
Queste erano delle leggi che prevedevano: una protezione particolare per i
magistrati e i membri della società del popolo , e allo stesso tempo pene molto
gravi per chi , tra coloro che li avessero offesi , fossero stati indicati come
‘’magnati’’ , termine con cui si indicavano i cittadini più ricchi e potenti che
col loro comportamento minacciavano la pace e l’ordine pubblico.
Mentre il popolo otteneva queste conquiste , gli aristocratici non rimasero
certo immobili , ma provvidero ad organizzarsi , già all’inizio del Duecento è
testimoniata la presenza di società di milites i cui membri si giuravano
reciproca fedeltà e si impegnavano a contrastare le rivendicazioni del popolo.
Dopo la morte di Federico II le energie degli aristocratici si rivolsero
all’organizzazione delle partes , associazioni che dovevano condurre o
mantenere la propria città all’interno di una delle due fazioni cittadine che si
erano formate: guelfa ( anti-impero ) o ghibellina ( pro-impero ).
Le partes ebbero una struttura meno formalizzata di quella della società del
popolo , specie nei comuni che sentirono l’influenza di Carlo I d’Angiò (
Firenze e quelli toscani in primo luogo ) , giungendo anch’esse a creare una
sorta di ‘’comune parallelo’’.
Quando una parte trionfava , i membri dell’altra erano esiliati , spogliati dei
loro beni e privati della cittadinanza , quei pochi che rimanevano invece
erano costretti al soggiorno forzato in alcuni luoghi del contado.
Ciò che risulta significativo nelle vicende dell’Italia centro-settentrionale , a
differenza di quella meridionale e del resto d’Europa , è la situazione di
grande spontaneità politica.
Se infatti le grandi monarchie europee orientarono le spinte del corpo sociale
ristabilendo le relazioni vassallatico-beneficiarie o regolando attraverso leggi
il sistema di rapporti con la corona , nei comuni italiani nacquero
spontaneamente dai conflitti fenomeni come le società del popolo e le
partes , che nel tempo giunsero a costruire istituzioni parallele capaci alle
volte di prendere il sopravvento sul comune stesso.
23.3 LA TRASFORMAZIONE DELLE ISTITUZIONI CITTADINE NEL
TRECENTO E L’EREDITÀ DEL COMUNE

Tra le molte forme che il comune italiano assunse nel Duecento vi fu anche il
conferimento straordinario di importanti funzioni politiche a membri
dell’aristocrazia cittadina.
Questa delega poteva passare anche attraverso il prolungamento della carica
di podestà o di capitano del popolo oltre i limiti normali ( ciò avvenne a
Milano ) , talvolta invece la città insignì qualcuno del titolo di ‘’singnore’’ ,
cosa che fecero a Firenze o a Piacenza con Carlo d’Angiò.
Si trattava in ogni caso di una variazione nell’elastica istituzione comunale,
solo nel Trecento le cose cominciarono a cambiare, infatti i signori cercarono
di legittimare il loro potere , attraverso il riconoscimento formale del comune
o l’acquisizione del titolo di ‘’vicario’’ concesso dall’imperatore.
In situazioni particolarmente stabili il signore passava il titolo al figlio, in
altri contesti invece si arrivò ad un governo monocratico attraverso congiure
di palazzo o colpi di stato.
Tutto ciò però non va considerato uno sviluppo generale: talvolta i signori
venivano scacciati e si ricostituivano governi repubblicani, oppure le città
venivano annesse da altre più grandi o dal pontefice.
Fu generale invece , nel corso del XIV secolo , il processo di ridefinizione
delle istituzioni comunali , che nate in modo spontaneo , erano ora
ridisposte secondo un nuovo ordine gerarchico , indipendentemente dalla
forma di governo che si impose.
Come ricorda Giovanni Tabacco , si fece ciò sia nelle città signorili che in
quelle di ordinamento tradizionale , si volle cercare di dare
un’amministrazione più ordinata.
Dunque quel movimento sociale che nel XII secolo aveva creato la
stratificazione comunale si era fermato , ormai incapace di creare nuove
istituzioni , l’assestamento di una nuova aristocrazia favorì invece la
stabilizzazione dell’assetto politico esistente.
La fine della fase dinamica non significò un abbandono di quello che il
comune aveva significato come esperienza politica , molte novità introdotte
dai comuni rimasero nei sistemi successivi , divenendo spunti per
evoluzioni future.
I comuni inoltre avevano creato un la necessità di un apparato burocratico-
amministrativo di cui nessun governo poté più fare a meno , e furono sempre
usati come modello di partecipazione cittadina alla cosa pubblica.
24) IL CONSOLIDAMENTO DEI REGNI EUROPEI

Jacques Le Goff ha affermato che uno degli aspetti più importanti della storia
europea nel XIII secolo fu l’ascesa del delle monarchie e dello stato che
costituirono.
Dopo infatti la difficile costruzione di queste monarchie su base feudale
avvenuta nel XII secolo, nel secolo successivo si assistette al consolidamento
di queste monarchie in gran parte dell’Occidente europeo , e anche al
tramonto delle ambizioni universalistiche di papato e Impero.
Questo rafforzamento venne poi inteso come un primo passo verso
l’affermazione dello stato moderno , dunque si vide in questo periodo il
percorso che portò all’idea di stato del Cinquecento e del Seicento.
Oggi si preferisce invece analizzare la formazione duecentesca di un nuovo
modello monarchico come un processo a se’ , slegato dagli sviluppi
successivi.

24.1 GLI STATI MONARCHICI DEL DUECENTO

Espansione territoriale , riforma amministrativa e conflitti tra ceti eminenti


sono gli aspetti che contraddistinsero l’evoluzione degli stati monarchici nel
XIII secolo.
L’affermazione degli stati monarchici non interessò tutto l’Occidente , esso fu
un espressione del rinnovamento di quei poteri che nel XII secolo , attraverso
la ridefinizione dei legami vassallatico-beneficiari , avevano costruito la base
del loro potere.
In questo caso il fenomeno si riferisce soprattutto a Francia , Inghilterra e ai
regni della penisola iberica , le cui monarchie vissero una fase di
rafforzamento o di assestamento.
Un tratto che accomuna tutti questi stati fu l’espansione territoriale, che
aveva come fine quello di imporre un dominio diretto su quei territori che
formalmente facevano parte del regno , ma erano di fatto controllati da
signori locali.
I re cercarono anche di conquistare nuovi territori, ritenuti importanti per il
consolidamento della loro posizione nell’assetto geopolitico europeo.
Questa espansione si legò al cambiamento degli eserciti regi , in cui assunsero
un ruolo decisivo le milizie mercenarie , composte da professionisti della
guerra , che combattevano per il miglior offerente ; si sostituivano così gli
eserciti feudali , meno costosi ma problematici per mobilitazione e
omogeneità.
Se dunque il vantaggio delle compagnie mercenarie era il fatto di poter essere
mobilitate in tempi brevi assieme all’uniformità dal punto di vista della
tecnica militare, lo svantaggio era rappresentato dai costi.
Il costo crescente delle spedizioni militati fu una delle cause dell’introduzione
da parte dei sovrani di nuove forme di prelievo fiscale, creando una rete
amministrativa capace di collegare il più possibile il centro alla periferia.
Questo è dunque un altro aspetto comune nella storia delle monarchie del
Duecento ; si arrivò dunque ad un rafforzamento dell’apparato burocratico ,
che molto spesso però entrarono in conflitto coi signori locali.
Il rafforzamento regio comportò in alcuni luoghi fu causa di conflittualità tra
la corona e la nobiltà , mentre in altri portò al riconoscimento di poteri di
fatto, ponendo i signori al centro di nuovi legami vassallatico-beneficiari o
nell’organizzazione amministrativa.
Allo stesso tempo il potere regio dovette confrontarsi con le aspettative di
nuovi ceti emergenti , specialmente quelli urbani , che assumevano
un’importanza politica ed economica sempre maggiore.

24.2 IL REGNO DI FRANCIA

Il processo di rafforzamento territoriale avviato da Filippo II Augusto tra il


XII e il XIII secolo fu proseguito dal figlio Luigi VIII ( 1223-1226 ) e dal nipote
Luigi IX ( 1226-1270 ).
Il primo si impegnò nella crociata contro gli Albigesi , avviando la graduale
espansione territoriale del regno di Francia verso sud, in territori che dalla
fine dell’età franca avevano avuto delle vicende proprie.
Grazie all’intervento contro gli eretici di Alby il re di Francia poté acquisire
per se la Linguadoca, area fondamentale per le ulteriori espansioni territoriali
dei secoli successivi.
Luigi VIII contribuì anche al rafforzamento ideologico della monarchia ,
processo anch’esso avviato da Filippo II Augusto ; egli cercò di consolidare il
ruolo del re come successore legittimo di Carlo Magno.
I Capetingi furono rappresentati come eredi dinastici , che basavano la loro
legittimità propri su questo legame.
Luigi IX proseguì il progetto avviato dal nonno e dal padre , tuttavia il suo
regno fu caratterizzato da una profonda vena religiosa , che portò il re stesso
a essere considerato già in vita un santo ( venne canonizzato solo vent’anni
dopo la sua morte ) , ma anche a intraprendere due crociate fallimentari , la
seconda che lo portò alla morte ( 1270 ).
Queste vicende contribuirono però all’affermazione di una ‘’religione regia’’ ,
che si ricollegava alla tradizione carolingia, enfatizzando le componenti sacre
della regalità.
Luigi IX con le sue azioni , le sue scelte e l’aiuto dei giuristi del diritto romano
che chiamò alla sua corte, rilanciò l’autorità regia sul piano ideologico e su
quello amministrativo-militare.
Luigi IX consolidò le conquiste territoriali del regno, rafforzando il ruolo
della Francia nel contesto europeo.
Le tappe essenziali furono: l’acquisizione dei domini francesi della
monarchia plantageneta , ma anche la conquista del regno di Sicilia , da
parte del fratello di Luigi IX , Carlo d’Angiò ( nel 1266 sconfisse Manfredi ,
figlio di Federico II ).
Molto importanti però furono anche le misure intraprese da Luigi IX per
completare la riorganizzazione amministrativa del regno ; in questo senso
vanno intesi vari provvedimenti , come le ‘’inchieste’’.
Egli le promosse a partire dal 1247, inviando degli inquirenti in tutto il regno
con il compito di registrare tutti gli abusi compiuti da funzionari pubblici e
dare un rimborso/compensazione a chi li aveva patiti.
Come è stato messo in risalto da Le Goff , le inchieste ( la prima soprattutto )
furono concepite dal re come misure penitenziali , una sorta di purificazione
dai ‘’peccati’’ compiuti nel nome del re, ma da lui non voluti.
Questa lettura deve essere utilizzata anche per leggere le crociate intraprese
da Luigi IX ; questa generale aurea religiosa , associata alla centralità della
giustizia regia aumentarono il prestigio e il ruolo del sovrano.
Luigi IX andò anche ad abolire il delitto giudiziario , introdurre l’obbligo per
tutti i vassalli del regno di giurare fedeltà al re e non solo ai loro signori ,
contemporaneamente venne anche rafforzato il ruolo della corte regia , che
divenne il cuore dell’amministrazione statale , avviando anche un processo di
unificazione giuridica e normativa del regno.
Con Luigi IX dunque venne completato il processo di affermazione della
monarchia avviato da Filippo Augusto.
I successori di Luigi IX , Filippo III l’Ardito ( 1270-1285 ) e Filippo IV il
Bello ( 1285-1314 ) , ebbero come compito principale quello di consolidare le
conquiste del padre/nonno.
Essi operarono in una realtà in profondo mutamento , specie Filippo IV volle
inserirsi in questo vuoto , contrapponendosi a papa Bonifacio VIII , e dopo
la morte di questo egli pose il papato sotto diretto controllo della monarchia
francese , trasferendo la sede papale ad Avignone.
Quello tra Filippo IV e Bonifacio VIII non fu uno scontro isolato , ma il
risultato di una linea politica condotta dai re francesi per tutto il XIII secolo ,
ovvero limitare l’autonomia giurisdizionale ecclesiastica , entrando spesso in
conflitto con la chiesa di Roma.
Lo stesso Luigi IX , pur essendo profondamente devoto e religioso , contrastò
papi e vescovi qualora non avessero rispettato l’autorità regia , andando così
a creare una chiesa nazionale ( detta ‘’gallicana’’ ) , che riconosceva al papato
il primato nell’ambito della fede , ma che era considerata comunque uno dei
corpi costitutivi dello stato.

24.3 IL REGNO D’INGHILTERRA

Gli eventi che videro coinvolti i re d’Inghilterra nel primo decennio del
Duecento , sconfitta a Bouvines 1214 e la concessione della Magna Charta
nel 1215 , ponevano la monarchia plantageneta in una condizione diversa da
quella del regno di Francia.
Nel corso del Duecento i re d’Inghilterra si confrontarono sia con l’alta
nobiltà , sia con la piccola nobiltà ( detta poi gentry ) , ma anche con la
borghesia cittadina.
In particolare Enrico III ( 1216-1272 ) fu costretto a effettuare concessioni che
limitavano il potere regio ; nel 1258 vi fu la rivolta dei baroni , guidati da
Simon de Montfort .
Essi contestavano sia la politica fiscale del re , sia la presenza nei luoghi
chiave della corte di persone provenienti dall’entourage della moglie
Eleonora di Provenza.
Il re fu costretto a concedere le Provisions of Oxford ( provvisioni di Oxford )
che imponevano il controllo dei baroni sulla politica regia ; ma di fronte a
questo provvedimento la reazione della gentry non si fece attendere.
Scoppiò una conflittualità endemica , che si protrasse fino al 1265 , con la
battaglia di Eversham , che vide la vittoria del sovrano.
La fine dei conflitti interni andò in parallelo con il consolidamento della
struttura amministrativa e dei rapporti vassallatici tra nobili e re.
Il primo risultato fu un rapido incremento delle entrate fiscali , di cui
beneficiò Edoardo I ( 1272-1302 ) , figlio di Enrico III , che riuscì ad
impadronirsi di tutta l’isola britannica.
Egli riuscì ad annettere il Galles nel 1285 , e nel 1290 , con la morte di
Margherita regina di Scozia e la seguente crisi dinastica , si impadronì di quel
regno rendendosi ‘’giudice’’ della successione.
Alcuni nobili scozzesi gli si opposero , scatenando un insurrezione , guidata
da William Wallace , la cui vicenda nel XV secolo diverrà uno dei miti
fondanti dell’identità scozzese.
Il regno di Scozia risorgerà solo alla fine delle guerre d’indipendenza
scozzesi , che si conclusero nel 1328 col trattato di Edimburgo-
Northampton , con cui si sanciva la rinuncia inglese alla Scozia ( nel 1314 il re
di Scozia Robert de Bruce aveva sconfitto il figlio di Edoardo I , l’omonimo
Edoardo II a Bannockburn ).
Le conquiste di Galles e Scozia ( temporanea ) compiute da Edoardo I vanno
lette nella chiave di rafforzamento militare e territoriale della monarchia ,
come era stato fatto in Francia decenni prima.

24.4 I REGNI IBERICI

Nel corso del XII secolo i regni della penisola iberica: Portogallo , Castiglia ,
Aragona e Navarra , col sostegno ideologico della chiesa romana e quello
militari degli altri regni europei , cominciarono una nuova fase della
reconquista , a scapito degli Almoravidi e degli Almohadi.
Nei primi decenni del XII secolo questa espansione ebbe una forte
accelerazione , specie dopo la vittoria ottenuta dai Castigliani e dagli
Aragonesi , supportati da cavalieri venuti da tutto l’Occidente , a Las Navas
de Tolosa nel 1212 ( località presso Cordova ).
In seguito il regno di Castiglia riuscì ad impadronirsi di Cordova ( 1236 ) e
Siviglia ( 1248 ) , mentre il regno di Aragona prese Valencia e le isole Baleari.
Negli stessi anni il regno di Portogallo consolidò le proprie posizioni
sull’Atlantico , mentre il regno di Navarra rimase schiacciato tra Castiglia e
Aragona , ai musulmani restò solo il regno di Granada.
Castiglia e Aragona divennero in poco tempo guide politiche nella penisola
iberica , ma si diversificarono molto l’una dall’altra.
Il regno di Castiglia occupava le grandi pianure centrali della penisola , e i
sovrani promossero la costruzione di nuovi insediamenti , grazie alla
concessione di terre e carte di franchigia ( fuerso ).
Questa politica riguardò soprattutto le zone urbane , mentre nelle aree rurali
la scarsità di uomini favorì l’emergere di proprietà signorili ( laiche o
ecclesiastiche ) , che favorirono a loro volta l’affermazione o il consolidamento
della nobiltà.
Questi ceti nobiliari entrarono spesso in collisione con la volontà dei
sovrani castigliani di dare al regno un ordinamento amministrativo e
giuridico omogeneo , solo attraverso la convocazione di parlamenti ( cortes )
nobiltà e sovrano riuscivano ad arrivare ad un accordo.
L’evoluzione del regno di Aragona fu molto diversa , anche perché era
composto da regioni molto eterogenee , in cui vi era una nobiltà molto
radicata sul territorio.
La stessa sovranità dei re aragonesi si basava su un giuramento tra il re e i
gruppi sociali eminenti del regno , che aveva come scopo il mantenimento
della consuetudine.
Per questo carattere del potere regio le cortes , nel regno aragonese , assunsero
un ruolo centrale nel controllo da parte della nobiltà delle disposizioni regie ;
ciò però non impedì scontri tra la nobiltà e il re , che spesso dovette limitare
le proprie prerogative.
I due regni erano molto diversi anche dal punto di vista economico , infatti se
da un lato la Castiglia era basata su un’economia rurale , quella dell’Aragona
era molto dinamica , di tipo commerciale , basata su scambi di prodotti in
tutto il Mediterraneo.
Per questo gli Aragonesi erano interessati ad un espansione al di là del
territorio iberico , cosa che li portò ad intervenire nella rivolta della Sicilia
contro Carlo I d’Angiò , quella dei Vespri siciliani ( poiché il tutto sarebbe
scoppiato al vespro , tramonto , quando dei soldati francesi avrebbero
molestato una nobildonna di Palermo ) del 1282.
Furono gli stessi rivoltosi , guidati da Alaimo da Lentini , ad offrire la
corona di Sicilia a Pietro III d’Aragona ( marito di Costanza , ultima degli
Svevi , e figlia di Manfredi ) , che intervenne in Sicilia , riuscendo a strapparla
agli Angioini solo nel 1302 , acquisizione ratificata poi con la pace di
Caltabellotta.
Successivamente andarono anche a strappare la Sardegna ai Pisani.
L’intervento aragonese in Sicilia e Sardegna , quello inglese in Galles e
Scozia , quello francese in Italia meridionale , possono essere letti come parte
di una nuova fase dei regni europei , all’insegna dell’espansione territoriale
e da una forte conflittualità.
25) PAPATO UNIVERSALE E STATO DELLA CHIESA

Tra XI e XII secolo anche il papato sentì l’esigenza di rinnovarsi , attuando


una riorganizzazione territoriale, istituzionale e amministrativa , che lo portò
già nel corso del Duecento a esercitare la sua influenza su soggetti politici fino
a quel momento dotati di autonomia e indipendenza ( chiese , città , nobili ).
Rispetto ai regimi comunali però , il papato presenta specificità proprie ,
come il prestigio spirituale e il carattere elettivo della sua teocrazia.
Caratteristiche come queste pesarono molto sul modello organizzativo che si
diede , sia come potere temporale in un territorio determinato ( lo Stato
pontificio ) , sia come vertice della gerarchia ecclesiastica che come punto di
riferimento e guida spirituale universale di tutta la cristianità.

25.1 L’ELEZIONE DEL PAPA E IL CARDINALATO

Il decreto che nel 1059 aveva stabilito una procedura per l’elezione papale
( scelta preliminare dei cardinali-vescovi ; consultazione cardinali-preti ;
acclamazione del popolo e del clero ) non divenne una norma accettata e
condivisa , ma generò nuovi scontri lungo tutta la lotta per le investiture.
A metà del XII secolo questi scontri non si erano ricomposti: nel 1159 , mentre
i partigiani di papa Alessandro III ponevano l’accento sulla partecipazione
dei cardinali , i sostenitori dell’antipapa Vittore IV , sostenevano l’uguale
importanza del popolo e del clero.
Questa situazione di scontro era nata già nel periodo dell’elezione di
Alessandro III , durante la quale un gruppo di sei cardinali si era rifiutato di
riconoscere il nuovo papa , decidendo di eleggere per l’appunto Vittore IV.
L’imperatore Federico I nel 1160 indisse un concilio a Pavia per risolvere la
situazione ( il suo intento era quello di porsi come giudice delle vicende
pontificie ) , ma Alessandro III declinò l’invito , sostenendo che il papa
‘’potesse essere giudicato solo da Dio’’.
Barbarossa allora si appoggiò a Vittore IV , con cui partecipò alla
rifondazione di Lodi , che era stata distrutta dai Milanesi , la cui città era
stata a sua volta distrutta da Federico.
Alla morte di Vittore IV venne scelto un nuovo anti-papa , Pasquale III , che
ancora una volta venne sostenuto da Barbarossa , fino al 1168 , quando morì e
gli succedette un terzo antipapa , Callisto III , che nel 1178 fu obbligato da
Federico I stesso a riconoscere Alessandro III , con cui venne sottoscritta ,
dopo la sconfitta imperiale a Legnano nel 1176 , la pace di Venezia ( 1178 ).
Solo con il terzo concilio lateranense ( 1179 ) lo stesso Alessandro III ( al
secolo il giurista Rolando Bandinelli ) introdusse la possibilità per tutti i
cardinali di partecipare all’assemblea per eleggere il papa , e stabilì che
sarebbe stata valida solo solo se compiuta sulla base di una maggioranza di
due terzi.
Nel corso del XIII secolo si affermò l’idea che né l’impero né il popolo di
Roma dovessero influire sull’elezione papale , affidata solo ai cardinali.
Per porre freno all’abitudine di quest’ultimi di prolungare eccessivamente
l’elezione papale , dando luogo a lunghe vacanze della sede apostolica
durante i quali si verificavano conflitti , papa Gregorio X ( 1271-76 ) emanò la
bolla Ubi periculum , per accelerare l’elezione papale.
I cardinali sarebbero stati costretti a risiedere per tutta la durata
dell’elezione in un luogo chiuso a chiave ( conclave ) , al quale nessuno
avrebbe avuto accesso , la quantità di cibo sarebbe gradualmente diminuita e
i cardinali non avrebbero potuto godere delle entrate dovute normalmente.
I cardinali , pur con l’istituzione del conclave , ottennero una posizione di
preminenza , rimanendo detentori esclusivi della possibilità di eleggere il
pontefice ; inoltre tra XII e XIII secolo divennero i principali collaboratori del
papa.
Lo assistevano nel concistoro ( principale consiglio della curia romana dopo
la riforma gregoriana ) , nel quale si emettevano sentenze sulle più
importanti questioni spirituali e temporali.
Firmavano poi le lettere i privilegi emessi dal papa, esercitando dunque un
ruolo di governo non indifferente , e formavano anche commissioni che
istruivano e dibattevano le cause indirizzate alla curia romana , sulle quali
poi il papa emetteva il suo giudizio.
Per divenire cardinali serviva la nomina papale , e tra la metà del XII e gli
inizi del XIV secolo il numero dei cardinali oscillò tra meno di dieci e più di
trenta ( le sedi cardinalizie era in realtà una cinquantina , ma molte sedi
rimanevano vacanti o erano accorpate ).
Di fatto la diminuzione del collegio cardinalizio , aumentò il potere dei
singoli cardinali , rendendo le nomine uno strumento strategico in mano ai
pontefici , una precondizione necessaria era però l’appartenenza alla
famiglia o alla clientela del papa.
Al XII secolo i cardinali erano soprattutto italiani , nel XIII aumentò il numero
dei francesi , e nel frattempo crebbe l’importanza dei chierici con formazione
universitaria , dei professori e dei funzionari della curia.

25.2 LO STATO PONTIFICIO

Secondo Pierre Toubert ‘’ lo stato pontificio nacque dallo stesso terreno della
riforma ’’ , intendendo che la crescita dei poteri papali nell’XI secolo fu la
premessa per al formazione dello Stato della chiesa.
Per Daniel Waley in realtà la sua costruzione cominciò molto dopo , poiché
‘’fino al XII secolo i papi non ampliarono di molto l’estensione del loro dominio’’.
Alla crescita del potere pontificio si opponevano infatti i baroni e i signori
territoriali del Lazio , i comuni cittadini ( tra cui quello formatosi a Roma
assumendo il nome antico e legittimante di ‘’senato romano’’ ) e al di fuori
del Lazio vi era anche il regno normanno nel Meridione.
Nel XII secolo la presenza dell’impero in Italia tornò a farsi sentire , e per
impedire che esso esercitasse di nuovo troppe pressioni sul pontificato , il
papato appoggiò i comuni nemici di Federico I , scelta che con la pace di
Venezia ( 1177 , Alessandro III ottenne la concessione delle regalìe ) e quella
di Costanza ( 1183 , regalìe estese anche ai comuni ) si rivelò vincente.
La crescita del papato si arrestò per alcuni anni con l’unione della corona di
Sicilia e di quella di Germania nella figura di Enrico VI , cosa che stringeva
il papato in una morsa.
Con la morte precoce di Enrico VI e della moglie Costanza ( 1197 il primo ,
1198 l’altra ) però , il papato poté approfittare della crisi dinastica di Sicilia
( Innocenzo III ottenne la tutela del giovane erede Federico II ) e della
debolezza del nuovo imperatore Ottone di Brunswick.
La prima fase di espansione avvenne proprio con Innocenzo III ( 1198-1216 )
che la definì ‘’recupero’’ , presentandola come la ricostruzione di un ordine
antico , formatosi con le donazioni fatte ai papi dai sovrani carolingi.
Innocenzo fece giurare fedeltà ai nobili di Marche/Lazio/Umbria con l’aiuto
dei comuni locali , scacciando poi i rettori imperiali , e facendosi riconoscere
queste acquisizioni dai due deboli pretendenti alla corona imperiale: Ottone
IV di Bruswick e Federico II ( ancora troppo giovane ).
Al termine del suo pontificato, Innocenzo III aveva delineato i tratti essenziali
dello stato pontificio , diviso in quattro province maggiori ( ducato di Spoleto
in Umbria , Campagna e Marittima nel Lazio meridionale , patrimonio di
Tuscia nel Lazio settentrionale , marca di Ancona nelle Marche ), a cui nel XIII
secolo si aggiunsero circoscrizioni minori ( la Romagna nel 1278 ).
‘’Rettori’’ di nomina pontificia , di solito cardinali , presiedevano i
‘’parlamenti’’ locali , a cui partecipavano signori e rappresentanti delle città.
Fin da subito bisogna osservare che si trattò di uno stato che ( come la
maggior parte di quelli coevi ) concedeva grandi autonomie ( militari , fiscali
e giurisdizionali ) ai propri sudditi.
Lo stato pontificio aveva però una fondamentale importanza strategica ,
poiché , in quanto posto al centro dell’Italia , separava il regno di Sicilia ( dal
1194 in mano agli Svevi ) dall’antico regnum Italiae , ovvero l’Italia centro-
settentrionale divisa tra i vari comuni cittadini , su cui gli imperatori svevi
cercavano di imporre la propria autorità.
La reazione a questo accerchiamento avvenne alla morte di Federico II
(1250) , quando papa Urbano IV , francese , chiamò in Italia il fratello di Luigi
IX di Francia , Carlo d’Agiò , che sconfisse gli ultimi Svevi , Manfredi e
Corradino.
Carlo si sciolse poi dalla tutela pontificia e cominciò a condizionare la politica
papale , ma va anche ricordato che in età di influenza angioina l’esercito
papale estese i domini pontifici alla Romagna ( 1278 ).
L’influenza di Carlo d’Angiò si fece sentire fino a che ebbe in mano la
Sicilia, che dopo la rivolta del 1282 passò agli Aragonesi ( 1302 ).
Questa espansione territoriale però non risolse problemi strutturali , come la
mancanza di una dinastia che tutelasse la continuità temporale , ma anche il
mancato appoggio di ampi strati sociali interessanti all’espansione dello stato
( il caso delle monarchie e dei principati il primo caso , quello dei comuni il
secondo ).

25.3 LE RELAZIONI CON LE CHIESE LOCALI E L’UNIVERSALITÀ DEL


PAPATO ; L’APPARATO BUROCRATICO E AMMINISTRATIVO

Nello Stato della chiesa vanno evidenziati anche molti punti di forza: come il
fatto di essere punto di coordinamento delle strutture ecclesiastiche , che il
pontefice aveva rivendicato a se’ a partire dalla riforma.
Tra il XII e XIV la centralità del papato progredì notevolmente , per i pontefici
essere il vertice supremo della cristianità significò riscuotere tasse in tutta
Europa , consolidando la propria regalità in una figura di sovrano assoluto.
Dal punto di vista finanziario al papa spettavano tributi in quanto sovrano
( tasse per il mantenimento della corte, spesso itinerante nel Lazio ) sia in
quanto signore territoriale ( censi , affitti , diritti di passaggio e commercio
dentro lo stato ) , a cui si aggiungevano le decime locali ( ovvero la decima
parte dei prodotti della terra e dell’attività pastorale ) che proprietari e
coltivatori dovevano versare alle chiese locali e ai monasteri , e le decime
ecclesiastiche dovute al papato dai titolari di benefici.
Nel corso del Duecento dalle decime e ai tributi si sviluppò un sistema fiscale
complesso , nel quale un collettore generale delegava la riscossione a
subcollettori che prelevavano dalle chiese gli introiti delle decime e le
depositavano presso sedi vescovili e grandi abbazie.
Tutti questi introiti confluivano nella ‘’camera apostolica’’ , il cui capo , detto
camerlengo , si occupava di registrarli/custodirli/reimpiegarli , talvolta
reinvenstiti in attività politiche e guerre.
Dal punto di vista giurisdizionale il Duecento fu un momento di crescita del
papato , se fino ad allora si era limitato a difendere le chiese locali , nel XIII
secolo esse furono di fatto tolte al potere dei vescovi e dei monasteri.
E così alla fine del XIII secolo si cominciò a studiare anche il diritto canonico ,
e si moltiplicarono le cause che richiedevano l’arbitrato papale , crebbe anche
il numero dei ‘’peccati riservati’’ , come l’adulterio , da cui si poteva essere
assolti solo grazie all’intervento pontificio.
Nacquero così nuove figure come i giudici delegati , incaricati di istituire
processi su delega papale , e i penitenziari , autorizzati ad assolvere i fedeli
dai peccati riservati.
Cambiò anche il sistema di elezione dei vescovi , prima affidato al clero
della diocesi e ai canonici della cattedrale , e che nel Duecento fu sempre più
legato ai pontefici ( questa funzione sarà riservata esclusivamente a loro a fine
XIII secolo , per decreto di Bonifacio VIII ).
I pontefici acquistarono sempre più potere anche nel controllo dei benefici ,
cioè delle rendite e dei possedimenti assegnati a chi riceveva incarichi
ecclesiastici.
Il raggio d’influenza dei pontefici si estese anche all’ambito più spirituale ,
mediante una più stretta disciplina dei fenomeni di religiosità spontanea ( da
cui nacquero nel XIII secolo gli ordini mendicanti ) , specie del culto della
santità.
Le nuove istanze di intervento nella politica e nell’amministrazione,
comportarono il moltiplicarsi delle lettere e dei documenti che partivano
dalla curia pontificia per le varie destinazioni ; e per controllarle tutte la
cancelleria fu separata dalla camera apostolica , dotata di un numero di
agenti addetti alla lettura delle lettere e delle suppliche indirizzate al papa da
tutta Europa.
Essa era anche addetta al controllo della concordanza tra le delibere di volta
in volta emanate , e infine alla redazione delle risposte.
La necessità di coordinazione aumentò il bisogno di raccogliere lettere e
minute in appositi registri ; le decretali ( lettere sulle questioni più
importanti ) , che divennero delibere e decreti veri e propri , e dunque la base
dell’elaborazione del diritto canonico.
Secondo alcuni storici , come Daniel Waley , il papato rimaneva comunque
un potere debole , nonostante il grande sviluppo burocratico , infatti vi erano
varie problematiche legate alla pacificazione del territorio , ma anche il
deficit tra entrate e uscite.
Tuttavia questa visione risulta molto rischiosa , infatti non si deve valutare il
papato del XIII secolo con parametri moderni , e soprattutto porta a
sottovalutare il modello di sovranità inventato dai pontefici , punto di
riferimento per i principi di epoca successiva.
Ciò avvenne poiché il papa affiancava il potere spirituale a quello
temporale , e ciò avvenne grazie all’elaborazione fatta da teologi e canonisti
del Duecento , che indicarono il potere del papa come superiore a quello
degli altri , specie a quello imperiale.
Da questi spunti i papi legittimarono il proprio potere assoluto , già
Innocenzo III sostenne che il potere spirituale del papa era superiore a quello
temporale e che in caso di necessità il pontefice potesse sostituirsi agli altri
sovrani.
Innocenzo IV ( 1243-1254 ) , celebre canonista , affermò il potere papale
sostenendo che il pontefice avesse il diritto di scegliere tra i candidati
all’impero , ma anche quello di deporre e amministrare il potere imperiale
in caso di vacanza.
Fu però solo con Bonifacio VIII ( 1294-1303 ) che quest’idea di superiorità
raggiunse il punto più alto , nella bolla Unam sanctam del 1303 , egli riscrisse
l’intera gerarchia dei poteri ponendo al suo vertice il papato.

25.4 IL PAPATO AD AVIGNONE


La redazione dell’Unam sactam da parte di Bonifacio VIII era volta a rilanciare
la figura del papa e la centralità di Roma , mentre da molte altre parti invece
nascevano movimenti che auspicavano il ritorno ai valori del Vangelo e il
rinnovamento della Chiesa.
Per rispondere al movimento millenaristico secondo cui nel 1300 si sarebbe
verificata la fine del mondo , Bonifacio VIII stabilì per quell’anno il primo
giubileo , con cui concesse l’indulgenza ( promessa di salvezza eterna ) a
chiunque avesse visitato Roma e i suoi luoghi santi in stato di grazia , cioè
confessato e comunicato.
Non ebbero successo altre iniziative politiche di Bonifacio , in particolare
contro la corona francese , in quegli anni impegnata in una riorganizzazione
fiscale , che aveva tassato anche il clero , prima esente.
La bolla Unam sanctam fu redatta per rispondere a quest’azione, vista da
Bonifacio come un attentato alla libertà e all’indipendenza della chiesa ; a sua
volta il re di Francia Filippo il Bello avviò una campagna di discriminazione
contro il papa.
Egli poi , appoggiato da vari nemici di Bonifacio VIII , organizzò una
spedizione in Italia giungendo ad Anagni ( leggenda dello schiaffo ) , dove si
trovava in quel momento la curia ( e dove la famiglia di Bonifacio VIII , i
Caetani , aveva i propri domini personali ) , per prelevare il papa e portarlo
in Francia per processarlo per lesa maestà.
Il progetto non venne portato a termine , ma dopo la morte di Bonifacio nel
1303 e il pontificato del suo successore Benedetto XI , Filippo riuscì a far
salire al soglio pontificio il vescovo di Bordeaux , che salì al soglio pontificio
col nome di Clemente V ( 1305-1314 ) , e che nel 1309 decretò il trasferimento
della curia ad Avignone.
Il periodo avignonese viene normalmente letto come un periodo di crisi del
papato, poiché controllato dalla corona francese ; in realtà questa ‘’parentesi’’
liberò il papato dai conflitti delle famiglie romane e del Lazio , Avignone
divenne un centro finanziario enorme per l’attività di cambiatori italiani ed
europei , inoltre proseguì la campagna , iniziata nel Duecento , di privazione
delle autonomie che ancora rimanevano alle chiese locali.
I papi francesi andarono a creare un vero e proprio asse guelfo , che
estendeva la propria sfera d’interesse su tutta l’Europa , e il papato era perno
tra la corte di Parigi e quella angioina a Napoli.
La fine del periodo avignonese nel 1378 , segnò una nuova stagione di
conflitto nel papato , segnato dal conflitto tra cardinali , che portò all’elezione
di due papi.
Si andò ad ampliare la divisione tra i sostenitori di una prevalenza del papa ,
e i ‘’conciliaristi’’ , che volevano una gestione del potere più allargata ; il
Grande scisma d’Occidente ( 1378-1417 ) cominciò alla morte di Gregorio IX
che aveva riportato la curia a Roma.
Alla sua morte si temette che il concistoro , prevalentemente fatto da cardinali
francesi , potesse riportare la curia ad Avignone , per questo il popolo romano
creò agitazioni che portarono all’elezione di Urbano VI , di origine
napoletana.
Un gruppo di cardinali si riunì però ad Anagni e dichiarò invalida l’elezione
del papa , eleggendo poi Clemente VII come papa ( che prese sede ad
Avignone ).
La vicenda si trascinò fino al 1414 , quando cominciò il Concilio di Costanza
( 1414-1417 ) quando venne risolta la questione , che portò poi all’elezione di
un unico papa Martino V.
Con questa stagione finirono le ambizioni teocratiche create tra XII e XIV
secolo , ma le loro innovazioni economiche , burocratiche e politiche diedero
importanti frutti nelle corti europee.
26) ERESIE E ORDINI MENDICANTI

Le vicende religiose e politiche che dall’XI secolo videro protagonista la


chiesa di Roma furono decisive per l’affermarsi di un coerente potere
temporale , ma causarono forti disagi nella cristianità occidentale.
La risposta del potere ecclesiastico a questi movimenti religiosi sorti
spontaneamente e che auspicavano un ritorno agli ideali evangelici
( criticando le ambizioni papali ) , fu duplice: alcuni movimenti , anche di
radicale contestazione , furono riportati in seno alla chiesa , mentre altri
furono condannati sul piano teologico e quello giudiziario e qualificati
come eresie.
Essi però ebbero un riflesso politico immediato , non solo perché
sovvertivano l’ordinamento ecclesiastico creando chiese parallele e
minacciano anche l’ordine sociale , e allo stesso tempo con la loro stessa
esistenza intaccavano l’autorità e la supremazia spirituale della chiesa
romana.

26.1 LE PRIME ERESIE ( SECOLI XI E XII )

Un primo scoppio di predicazioni eterodosse avvenne nella Francia


meridionale dell’XI secolo , ma gli uomini di chiesa che ne trattarono
ricondussero questo fenomeno al mondo della follia e dell’influenza
demoniaca , della marginalità.
E i protagonisti furono proprio i ‘’marginali’’: contadini , semplici preti ,
persone ignoranti istigate da forze oscure.
Il ricorso a pratiche ascetiche di purificazione , il rifiuto della mediazione
ecclesiastica e dei sacramenti , la lettura integrale della Bibbia come azione
che assicurava un contatto con Dio , sono tutti elementi comuni agli episodi
ereticali di questi anni.
E va ribadito anche la fascinazione che in questi anni suscitava l’ascetismo
radicale , che spingeva un gran numero di persone a sperimentare vie di
salvezza individuali , alternative a quelle della chiesa.
Queste spinte religiose si sovrapposero a un processo di contestazione
ufficiale delle strutture ecclesiastiche ufficiali , da parte di popolazioni
urbane , nel solco della tracciato dalla riforma gregoriana molti laici si erano
levati contro la corruzione , la mondanità della chiesa e del suo clero e la
prepotenza di alcuni vescovi ; peccati che rendevano inefficaci i sacramenti
somministrati da preti indegni.
In questo caso però si trattava di una ‘’rivolta morale’’ , non di un rifiuto della
dottrina cristiana , e anche nei casi di movimenti evangelici definiti ereticali ,
esse non avevano elaborato una dottrina estranea ai dettami cristiani.
Per esempio il movimento milanese della pataria , fu inizialmente sostenuto
nell’XI secolo da papa Gregorio VII.
Simile fu la vicenda , di fine XII secolo , Valdo e dei suoi seguaci , un ricco
mercante di Lione , che abbandonati i beni visse in povertà predicando il
Vangelo.
Egli venne inizialmente condannato nel 1184 , e venne poi scomunicato nel
1215 , ma non per aver deciso di vivere in povertà , ma per la aver avuto la
presunzione di predicare nonostante il divieto delle gerarchie
ecclesiastiche.
Il controllo della predicazione infatti era un monopolio della chiesa , che
voleva essere unica depositaria dei mezzi e dei riti necessari alla salvezza
dell’uomo ; i seguaci di Valdo invece , ritenevano la predicazione laica una
componente fondamentale , al punto che nella diocesi di Lione , predicavano
anche le donne.

26.2 NASCITA E SVILUPPO DELL’ERESIA CATARA

In questo contesto così vivace e aperto alla trasformazione nacque una nuova
forma di eresia , il ‘’catarismo’’ , le cui origini vanno ricercate nelle religioni
di stampo dualistico ( mazdeismo ) e nelle sette dualistiche dell’Asia minore
( manichei IV secolo d.C. ).
I catari infatti professavano una religione di stampo dualistico , che si
allontanava di molto dalla dottrina cristiana , e che si basava sui principi di
bene e male e sulla loro costante lotta.
Più sicuri però furono i legami con i bogomili , una setta nata in Bulgaria del
X secolo , e da lì , forse al tempo della prima crociata queste dottrine
dualistiche giunsero in Italia.
Quando venne individuata , l’eresia catara si era già diffusa in tutti gli strati
sociali , organizzata in strutture territoriali ricalcate su quelle cattoliche , ed
era guidata da una gerarchia di ‘’vescovi’’ che svolgevano un’intensa opera
pastorale di governo.
Nel 1167 , evento eccezionale per le chiese eretiche , avvenne anche un
concilio cataro a Saint-Felix de Caraman , in Francia ; in questa occasione ,
assieme ai vescovi di Francia e Italia intervenne un ‘’papa’’ , Niceta ( di
origine greca ) che impose un dualismo radicale.
Ciò significava che male e bene erano principi increati ed eterni , da un lato
il mondo terreno era opera di Satana ( figura dell’Antico Testamento ) che
aveva imprigionato nei corpi le anime degli angeli perduti.
Questa la visione dei catari radicali , i catari moderati invece pensavano al
bene come principio primordiale ,insidiato da un essere maligno dopo la
creazione.
La lotta contro il male era per i catari , un percorso di continua purificazione ,
che arrivava al suo punto più alto nel lasciarsi morire di fame , come atto
finale della vittoria dello spirito sul corpo.
Sono cose come questa che rendono evidente la severità dei culti catari ,
riservati ad i ‘’perfetti’’ , la fascia della gerarchia catara , che aveva avuto il
‘’consolamento’’ , una sorta di battesimo durante il quale si riceveva lo spirito
santo.
La massa dei credenti catari invece si limitava ad aiutare i perfetti a ricevere il
consolamento in punto di morte ; ma in generale fu la promessa di liberazione
dal male a garantire una veloce diffusione del catarismo in Italia
settentrionale , dove ebbe sviluppo eccezionale.
Sei sono le grandi chiese catare in Italia: Desenzano ( dualista radicale ) ,
Concorezzo ( dualismo moderato ), Bagnolo , Vicenza e Firenze ; ma i catari
di fatto erano presenti in tutte le città comunali.
E grazie alla loro enorme base sociale essi ebbero un rilievo politico
importante ( cosa che in altre aree d’Europa era impensabile ): essi
ricoprirono magistrature pubbliche , presero parte ai conflitti cittadini ( a
Orvieto , nel 1199 , si allearono con i nobili per uccidere il rettore Pietro
Parenzo , inviato dal papa per eliminare gli eretici ).
Inoltre essi portavano avanti pubblicamente la loro predicazione , con
grande indignazione dei vescovi , e nonostante le bolle papali contro di loro
fossero sempre più pesanti.
Nel 1184 con la bolla Ad abolendam di papa Lucio III si prevedeva il bando
per gli eretici , specie catari e patarini , e successivamente Innocenzo III nelle
sue decretali , equiparò gli eretici a rei di lesa maestà , pena che prevedeva la
condanna a morte , e nel 1208 egli arrivò a bandire una crociata contro i catari
della città di Albi nella Francia del Sud , che portò al massacro della
popolazione.
Nel 1215 , nel IV concilio lateranense , si ribadì l’anatema per gli eretici e i
loro fautori ; lo stesso Federico II di Svevia , appena eletto imperatore ,
condannò l’eresia come reato capitale nelle leggi del 1220 , in accordo con
papa Onorio III.

26.3 LA RISPOSTA DELLA CHIESA: GLI ORDINI MENDICANTI

Oltre alla soppressione di questi movimenti pauperistici , al papato premeva


anche recuperare il primato nella predicazione ( specie nelle città ) , e per
farlo , durante i pontificati di Innocenzo III e Onorio III , furono inclusi
nell’ortodossia religiosa due movimenti , quello francescano e quello
domenicano.
Domenico de Guzmàn ( 1175-1221 ) nacque in Spagna , e fu inizialmente
sacerdote nella cattedrale di Osma , in Castiglia , decidendo in seguito di
dedicarsi alla conversione degli eretici della Francia del Sud.
Egli propose una predicazione basata su un’ideale di cristianità ortodossa ,
fondato su una solida cultura teologica e su un’esemplare vita ascetica.
Egli dapprima organizzò una comunità itinerante costituita da sacerdoti suoi
seguaci , che , in coppia , andavano a predicare nelle città della Francia del
Sud ; nel 1215 , trasferitosi a Tolosa , ottenne l’approvazione vescovile , a cui
seguì l’anno successivo quella di papa Onorio III ( 1216 ).
Da questo momento i ‘’frati predicatori’’ , così chiamati , si mossero per tutta
l’Europa , seguendo la regola adottata dai canonici regolari ( sacerdoti che
vivevano in comunità presso una cattedrale ) , ovvero quella agostiniana.
A questa regola si aggiunse l’obbligo di povertà , non solo personale , ma per
tutto l’ordine , e a ciò e legata la definizione di ordine mendicante , che
contraddistinse i domenicani come i francescani , i quali vivevano solo di
quanto donato loro come elemosina ( lo stesso convento non era loro , ma
della chiesa romana ).
Nel 1221 i domenicani tennero un capitolo a Bologna , dove diedero un
definitivo assetto organizzativo all’ordine, suddiviso territorialmente in
province ; durante questo capitolo avvenne anche la morte di Domenico.
Francesco invece nacque ad Assisi , in Umbria , nel 1182 , da una ricca
famiglia di mercanti.
Egli dopo aver combattuto nella guerra della sua città contro Perugia , visse
per tre anni presso il monte Subasio con la comunità benedettina eremita
che lì risiedeva.
Ritornato alla vita associata egli si dedicò alla predicazione itinerante della
penitenza , raccogliendo anche un piccolo gruppo di confratelli , che si
dissero minores , poiché si definivano ‘’sottomessi a tutti ‘’.
In origine il movimento francescano non si distingueva dagli altri
movimenti pauperistici accusati di eresia , e che Innocenzo III condannò nel
IV concilio lateranense ( 1215 ).
Solo con Onorio III ( 1216-1227 ) i francescani furono visti con benevolenza ,
nel 1213 nacque anche una sezione femminile guidata da Chiara , e dal 1217
la confraternita fu organizzata territorialmente espandendosi in
Francia/Germania/Ungheria/Spagna.
In questi paesi però essi furono perseguiti dal clero regolare , e talvolta
anche scambiati per catari e incarcerati , tutto ciò ( assieme alla pressione
fatta dai suoi confratelli ) spinse Francesco , che originariamente non voleva
istituzionalizzare l’ordine , a redigere una regola , meno radicale , e che
potesse essere accettata a Roma.
La Regula bullata , ossia approvata dal pontefice , fu accolta da Onorio III il
29 Novembre 1223 , Francesco morì solamente tre anni dopo , e nel 1228 fu
dichiarato santo ( una rapidità straordinaria ).
La contraddizione fra una piena adesione agli ideali evangelici e
strutturazione in un ordine , era palese già durante la vita del fondatore e
venne a galla in maniera più evidente al tempo della bullata.
L’ordine si divise in due gruppi: i conventuali , che trovarono pieno
inquadramento nella chiesa cattolica ( specie dopo il concilio di Lione del
1274 , con cui furono soppressi tutti gli ordini mendicanti nati dopo il 1215 a
ad eccezione di francescani conventuali , domenicani ed eremiti di
Sant’Agostino ) , e gli spirituali , che invece furono sempre sotto la minaccia
dell’eresia.
Se il monachesimo benedettino aveva riguardato soprattutto le campagne , gli
ordini mendicanti hanno come ambiente naturale la città , sin dai primi
decenni del Duecento infatti essi stabilirono i loro conventi ai margini delle
aree urbane.
I domenicani divennero un tramite tra il papato e i governi locali per favorire
l’istituzione di norme antiereticali , e in generale entrambi gli ordini si fecero
promotori di un associazionismo religioso favorevole alla pacificazione.
Il successo dei due ordini dipese dalla loro capacità di coinvolgere i laici in
attività religiose che rimanevano nell’ambito dell’ortodossia , cosa che creò
profondi attriti col clero regolare , conflitto che si spostò dalle donazioni pie
e dai diritti di sepoltura al confronto culturale e speculativo , specialmente
nella massima sede per gli studi teologici , l’università di Parigi.

26.4 IL TRIBUNALE DELL’INQUISIZIONE

La nascita e l’approvazione degli ordini mendicanti fu decisiva per le lotte


all’eresia , francescani e domenicani dovevano combattere gli eretici sul piano
dottrinale , attraendo consensi con una predicazione mendicante.
Lo stesso compito fu affidato alla Santa Inquisizione , un tribunale speciale
dipendente dal papa , con poteri giurisdizionali in materia di fede ; davanti a
quest’ultima iniziativa la risposta degli eretici fu violenta.
Nel 1239 fu distrutto il convento domenicano di Orvieto , nel 1252
l’inquisitore lombardo Pietro da Verona , fu ucciso a Milano ; ma nonostante
ciò le cose erano ormai cambiate.
Tra il 1268 e il 1280 portò alla distruzione fisica di importanti comunità
eretiche , nel 1276 furono uccisi solo a Verona centosettantasei membri della
setta catara di Bagnolo.
Anche sul piano politico il sostegno all’egemonia diveniva difficile anche per i
comuni più indipendenti , l’egemonia di Carlo d’Angiò sulle città guelfe
dell’Italia centro-settentrionale aveva favorito l’identità eresia=disobbedienza
politica ; i grandi signori ghibellini nemici del papato ( come Visconti o
Scaligeri ) furono combattuti proprio con la minaccia di eresia.

26.5 LE ERESIE DEL TRECENTO FRA PAUPERISMO E RIVOLTA SOCIALE

La mancanza di appoggio territoriale condannò le ultime grandi


manifestazioni ereticali , così fu per esempio per gli ‘’apostolici’’ di Gerardo
Segarelli , un illetterato di Parma che predicava preghiera e povertà assoluta.
Gerardo fu condannato nel 1300 , ma la sua opera fu continuata da Dolcino
di Novara , un frate che riorganizzò il movimento dandogli un’accezione
politica.
Incerto è lo spessore delle sue tesi , visto che sono conosciute solo per il
resoconto del suo persecutore , il domenicano Bernardo Gui ; furono più che
altro le regole di comportamento esposte da Dolcino che attaccarono
formalmente tutte le forme in cui la chiesa si manifestava.
Dolcino si alleò con i signori ghibellini , combattendo la chiesa sul campo ,
riuscendo a radunare un grande numero di seguaci in Lombardia , Emilia e
Trentino , riuscendo a tenere testa alle forze papali per ben quattro anni.
Dolcino fu poi sconfitto dall’esercito ‘’crociato’’ inviatogli contro da papa
Clemente V ; la fine dell’eretico assunse i caratteri di un martirio , anche per
la fierezza d’animo di Dolcino , che si rifiutò sempre di rinnegare la sua fede.
Nonostante la fine dell’età delle grandi eresie , una richiesta di una religiosità
più autentica non si spense , esso fu un tratto comune delle eresie tre-
quattrocentesche , che presero i tratti di una rivolta sociale ( non pagare
decime alla chiesa ) e di opposizione politica alla potenza di Roma , che solo
un secolo più tardi verrà definita da Martin Lutero la ‘’nuova Babilonia ’’.
27) CRISI E NUOVI EQUILIBRI

La storia del XIV secolo è caratterizzata da alcuni eventi drammatici , dalla


crisi alimentare dovuta ad una serie di cattivi raccolti , alla peste del 1348 fino
alle rovinose campagne militari che coinvolsero gli eserciti delle maggiori
monarchie.
Questi eventi presero corpo in un contesto economico-sociale dagli equilibri
precari , che fece scoppiare le contraddizioni di una lunga fase di espansione ,
che lasciò il campo ad una profonda depressione.
Definire il Trecento come una fase esclusivamente di crisi sarebbe riduttivo ,
infatti lo sconvolgimento degli equilibri economici ( oltre a causare forti
tensioni sociali nelle città e nelle campagne ) fu anche l’occasione di avviare
una riorganizzazione produttiva , che pose le basi dell’economia moderna.

27.1 PRIMA DELLA CRISI: LO SVILUPPO ECONOMICO DEL DUECENTO

Nel Duecento la stabilizzazione delle strutture politiche , e il conseguente


aumento delle capacità di controllo dei conflitti locali da parte dei poteri
pubblici , assieme anche ad una fase climatica relativamente mite , favorirono
la positiva tendenza economica cominciata nei primi decenni del Mille.
Gli sviluppi duecenteschi interessarono in primo luogo commercio e
produzione di manufatti ; generale fu la ripresa dei commerci su larga scala ,
sostenuti dalla nuova stabilità politica e dal ripristino di condizioni di
relativa sicurezza lungo le principali vie di collegamento.
Si affermarono in questi anni le grandi fiere , dove mercanti di tutti Europa si
incontravano per scambiare e acquistare merci ; ogni fiera era specializzata in
un settore ( vendita di stoffe, tinture , spezie ).
Famose erano le fiere della Champagne , regione della Francia del nord , in
cui si svolgevano fiere in varie località ( Bar/Provines/Troyes ) e duravano
tutte circa sei settimane , e venivano venduti e acquistati vari prodotti , tra cui
spiccavano i ‘’panni franceschi’’ , ovvero panni prodotti nella Francia
settentrionale e nelle Fiandre.
La produzione di tessuti subì un incremento qualitativo e quantitativo grazi
all’impiego di nuovi macchinari , come gualchiera e telaio a pedali orizzontali ,
che permettevano di produrre in meno tempo un tessuto più robusto.
L’intensificazione dei commerci portò alla produzione di nuova moneta , fu
proprio nel Duecento che le autorità presero a coniare monete in argento
( dette ‘’grosso’’ ) di valore maggiore rispetto a quelle circolanti. , e in seguito
vennero coniate anche in oro , cosa che non si faceva dall’età carolingia.
Nacquero così l’augustale di Federico II , il fiorino di Firenze , il ducato di
Genova e lo zecchino di Venezia.
L’ampliamento dei raggi di commercio spinse i mercanti a costituire
compagnie e società , volte a compiere le imprese commerciali o anche un
unico viaggio d’affari: queste erano le commende ( cummendare = affidare ), in
base a cui un mercante raccoglieva finanziamenti necessari prima della
partenza da persone a cui poi restituiva le somme prestate con l’aggiunta di
una parte dei guadagni.
Alla crescente domanda di somme di denaro fecero fronte le nuove attività
redditizie , i ‘’banchi’’ , specializzati nello scambio di moneta nel prestito.
Lo sviluppo economico si legò anche ad un vistoso aumento demografico ,
causato anche da nuovi flussi migratori , dalla montagna verso la pianura , e
soprattutto dalla campagna alla città ; per la prima volta dall’età antica le
città tornarono a superare i 10.000 abitanti ( Milano ne aveva 150.000 ,
Firenze/Genova/Venezia già 100.000 ).
Il processo di inurbamento comportò però il calo della manodopera rurale , e
alla crescita del fabbisogno alimentare delle città ( cereali soprattutto ) , ma
le tecniche agricole ( rotazione triennale , attrezzi ) non permettevano di
ottenere rese adeguate alla domanda.
Ciò spinse molti proprietari fondiari a mettere a cultura nuove terre , che
spesso per la loro conformazione o posizione non erano particolarmente
fertili , in quanto esposte ad intemperie.
Già verso la fine del Duecento , la crescita della popolazione urbana e la
messa a cultura delle terre marginali , posero le premesse della crisi del 1300.

27.2 IL RITORNO DELLA CARESTIA E DELLA PESTE

Le contraddizioni del Duecento emersero nel primo decennio del secolo


successivo , quando tra il 1313 e il 1317 , una serie di cattivi raccolti portò a
gravi carestie.
Fino all’ultimo trentennio del XIII secolo , le risorse di autoconsumo e i
meccanismi del mercato , avevano fronteggiato le annate difficili , ma nel
Trecento la congiuntura negativa era generalizzata , e ciò ridusse al minimo
le capacità compensative del mercato , specie nelle città.
Esse infatti erano sature di immigrati provenienti dalla campagna , e ciò in
breve tempo rese insostenibile la domanda alimentare , rendendo proibitivo
il prezzo del pane , ormai alimento fondamentale della società urbana.
Anche nelle campagne vi furono momenti drammatici , i coltivatori delle
terre marginali furono travolti dalla crisi e costretti a spostarsi dal contado
alla città , tuttavia i governi cittadini ( provati dalla crisi alimentare )
tentarono in ogni modo di allontanare i nuovi arrivati.
In Europa si ricominciò a morire di fame , ma al di là di quello che si può
pensare i fenomeni metereologici furono una concausa , infatti quella del
Trecento fu una crisi strutturale , che aveva origine negli scompensi generati
dall’evoluzione economica e demografica degli ultimi decenni del Duecento.
Nel 1348 in Europa si diffuse una violenta carestia di peste bubbonica , che
ebbe un tasso di mortalità del 90% ; e si manifestava attraverso
febbre/tremito/vomito/sete/diarrea e la diffusione di bubboni sull’inguine.
La diffusione della peste fu rapida e improvvisa , i contemporanei non ne
trovarono le cause , scoperte solo in tempi recenti , e legate in primo luogo
alle pessime condizioni igenico-sanitarie.
La malattia si diffonde dal cosiddetto ‘’bacillo di Yersin’’ , dal nome del suo
scopritore , ed è trasportato dal ratto nero , che giungeva in Europa
specialmente attraverso le navi commerciali.
Le prime tracce della peste si rivennero in Kazakistan (1318) , poi a
Samarcanda , punto nevralgico della via della seta , e da lì a Caffa , porto del
Mar Nero dove i mercanti genovesi avevano molti magazzini.
Da qui si diffuse a Costantinopoli , poi a Messina e da lì gradualmente in
tutta Europa.
La peste non si vedeva in Europa dal VI secolo , e venne vista come una
punizione divina o la manifestazione stessa del maligno , e per scongiurarla
vennero colpiti i ‘’nemici della cristianità’’ , in questi anni si segnalarono
gravi violenze contro le comunità ebraiche.
La prima epidemia fu quella del 1348 , ne seguirono tre , nel 1348-50 , nel
1360-90 e nel 1397-1402 , e la malattia di fatto rimase endemica fino al XVIII
secolo.
La peste eliminò 1/3 della popolazione europea , e colpì duramente le città ,
e soprattutto tra i ceti medio-bassi , dove vi erano condizioni igieniche
precarie e un’alimentazione povera.
27.3 LA PESTE E IL DIBATTITO STORIOGRAFICO SULLA CRISI DEL
TRECENTO

Tra Settecento e Ottocento cominciò il dibattito sul ruolo della peste nella
crisi del Trecento , ovvero se essa fosse stata la causa stessa della crisi o solo
una delle sue più drammatiche componenti.
Una delle prime interpretazioni fu quella data seguendo le testi
dell’economista inglese Thomas Robert Malthus , che aveva analizzato i
problemi portati dalla prima rivoluzione industriale.
Il problema che lo tormentava era quello della prolificità dei ceti più umili ,
verso i quali non bisognava mostrare alcun sentimento caritativo ; nel suo
testo del 1798 ‘’Saggio sul principio di popolazione’’ egli osservò che la
popolazione aveva una crescita geometrica ( 1,2,4,8,16 ) mentre i mezzi di
sostentamento avevano una crescita aritmetica ( 1,2,3,4,5 ).
Per questo motivo è salutare impedire ai poveri di far figli e alzare il loro
tasso di mortalità , poiché così si riequilibrava il rapporto
popolazione/risorse , tramutandosi in vantaggio collettivo.
Gli studiosi , come lo storico inglese Michael Postan e quello tedesco
Wilhelm Abel , che applicarono questa tesi alla crisi del trecento sono detti
‘’neomalthusiani’’ , e la loro posizione , per quanto cinica , è piuttosto
diffusa , specie nella sua visione ‘’depressionista’’ , per cui il Trecento sarebbe
stato caratterizzato da una lunga depressione cominciata prima della peste.
La depressione economica e il calo demografico portarono alla
concentrazione delle materie prime in mano ad un gruppo ristretto di
abitanti , che poterono utilizzare dunque una grande somma di capitali per
lo sviluppo economico e culturale ( è l’arrivo del pre-Umanesimo ) , nella
filosofia e nella letteratura , ma anche nell’arte ( sono gli anni di Giotto ).
Queste posizioni sono state rifiutate da storici di matrice marxista , che
leggevano la crisi trecentesca e i suoi processi demografici attraverso l’analisi
dei modi di produzione.
Leggendo infatti le vicende del Trecento secondo la teoria marxista del
materialismo storico-dialettico , essi individuarono in questi anni il
passaggio dall’economia feudale a quella capitalistica , con l’ascesa della
borghesia a classe egemone.
Nel secondo dopoguerra il dibattito sulla ‘’fase di transizione al
capitalismo’’ , coinvolse anche studiosi di altra formazione ; ma al di là delle
‘’scuole’’ di appartenenza oggi si concorda che la peste del 1348 e le carestie
vadano inserite in un processo più ampio di trasformazione economica e
sociale , su come questo processo debba essere interpretato , le posizioni
differiscono.

27.4 VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE SOCIALE: LE CAMPAGNE

Se la peste nera non fu la causa del camabiamento economico e sociale , essa


comunque lo accelerò ( diminuzione della popolazione contadina , aumento
dell’incolto ecc.. ) ; in alcune aree cambiarono i paesaggi ( in Inghilterra e
Germania villaggi interi furono abbandonati , cosa che portò all’aumento
dell’incolto ).
L’abbandono delle terre marginali favorì l’aumento della pastorizia ,
finalizzata alla produzione di lana per le industrie cittadine , e con la
riorganizzazione delle colture , venuta meno la richiesta di cereali , si
affermarono nuove colture specializzate ( riso , gelso e lino ).
Se le nuove colture specializzate portarono miglioramenti , quello
dell’allevamento ovino fu causa di degrado e impoverimento territoriale ,
specie in Italia centro-meridionale e Spagna.
Nelle campagne cambiò anche l’habitat e il lavoro contadine , anche se
molte furono le varianti regionali ( portarono a esiti diversi , aumento del
lavoro servile o alla sua eliminazione ) , specie in Italia centro-settentrionale.
Qui il crollo demografico dovuto alla peste portò ad una razionalizzazione
della gestione fondiaria e all’incremento degli investimenti produttivi.
La chiave di tutto ciò fu la possibilità di rinnovare i patti agricoli ( prima per
la forza della consuetudine non era possibile ) , approfittando del ricambio di
terre e uomini causato dal collasso economico-sociale.
In Toscana ed Emilia per esempio i proprietari cominciarono ad accorpare i
loro possedimenti , trasformandoli in ‘’poderi’’ , aziende compatte dotate di
una casa colonica e delle infrastrutture necessarie per il lavoro.
Ciascuno di questi poteri era dato in lavoro ad una famiglia contadina
attraverso brevi contratti ( da 1 a 5 anni ) che prevedevano degli investimenti
fatti dal proprietario ( fatti per sementi , attrezzi e animali ) in cambio della
consegna di una cospicua parte del raccolto ( di solito la metà ).
I contratti di mezzadria sostituirono i tradizionali contratti a lungo termine
( come i ‘’savelli’’ di durata ventinovennale , e che prevedevano la
corresponsione di un terzo/quarto/quinto o di quote ancora minori , a
seconda delle zone ) e quelli a canone fisso , che non potevano reggere in un
età di grande fluttuazione dei prezzi.
Quello della mezzadria è un tema molto discusso dagli storici , ci si chiede
infatti se essa abbia comportato un miglioramento delle condizioni di vita
dei contadini e anche dell’organizzazione della proprietà fondiaria.
La mezzadria comportò infatti un miglioramento economico , ma anche
comportò l’aumento dell’oppressione contadina , impedendo ai lavoratori di
andare oltre la semplice economia di sussistenza.
Dunque bisogna distinguere il dato economico da quello sociale , se infatti
per l’economia la mezzadria fu un passo in avanti , essa portò anche ad un
maggiore sfruttamento del lavoro contadino.
Questa riorganizzazione determinò dunque nuove modalità per lo
sfruttamento contadino , cosa che diede vita a moti e rivolte , spesso legate a
sollevazioni nelle città.
In Francia nel 1358 , nell’Ile-de-France , scoppiò una rivolta contadina che si
estese fino a Parigi ; essa fu chiamata Jacquerie , nome che poi andò ad essere
usato per tutte le rivolte contadine ( dal nome del presunto leader Jacques , da
cui l’espressione dispregiativa ‘’faire le Jacques’’ , lett. ‘’fare il tonto’’ ).
La Jacquerie erano volte a dare una voce alle istanze contadine ( si voleva una
soluzione come quella parlamentare inglese ) e a contrastare la crescente
oppressione delle campagne , ma venne repressa nel sangue ( i monti
calcolati furono circa 20.000 ).
Ebbe invece miglior esito la rivolta dei contadini inglesi del 1381 , portata
avanti da contadini e salariati urbani che si opposero all’aumento delle tasse,
poll tax , che ogni persona era tenuta a versare nelle casse regie per
finanziare le campagne militari della guerra dei cent’anni.
Molto ambigua fu in questa rivolta la posizione dei lollardi , gli esponenti di
un movimento religioso che credeva nella predestinazione dell’anima ( cosa
che portava a rifiutare istituzioni terrene , quindi la chiesa ) , fondato da un
professore di Cambridge , John Whitecliff.
Il leader della rivolta , Wat Tyler , venne infine sconfitto nel 1384 da re
Riccardo II , tuttavia venne a patti con gli esponenti moderati dei rivoltosi ,
mentre i membri delle frange più radicali ( proponevano l’abolizione della
servitù , intrecciandosi proprio con alcuni gruppi dei lollardi ) vennero uccisi.

27.5 VERSO UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE SOCIALE: MANIFATTURE


E COMMERCI

Anche l’attività manifatturiera e commerciale nel corso del Trecento andò a


rinnovarsi profondamente , in molte città gli artigiani divennero minoritari
rispetto ad un nuovo sistema organizzativo basato sulla suddivisione del
lavoro e sull’impiego di operai salariati.
Gli imprenditori con una disponibilità economica maggiore andarono a
aprire laboratori in cui gli addetti svolgevano solo una fase del ciclo
produttivo , che così veniva razionalizzato e sveltito ; in questo modo si creò
un ampio strato di salariati urbani , dalla bassa qualifica lavorativa , che non
aveva alcuna rappresentanza nelle associazioni di mestiere.
Tra il XII e il XIII secolo si erano costituite associazioni di persone che
operavano nel medesimo settore produttivo , le arti ( o corporazioni ,
compagnie ecc.. ) , il cui scopo era tutelare i propri interessi comuni.
Nel giro di poco tempo esse ottennero il monopolio del proprio settore ,
dandosi anche strumenti di autogoverno , consigli e statuti che
determinavano prezzi di vendita , qualità del prodotto , orari di lavoro e
modalità di produzione e vendita.
Le arti assunsero anche un decisivo ruolo politico , infatti esse accoglievano
capi-bottega , i loro collaboratori e gli apprendisti , ma non i lavoratori
salariati , che non potevano nemmeno formare corporazioni.
Fu proprio su questi che ricadde il peso della nuova situazione economica ,
infatti l’aumento dei prezzi ( specie di manufatti ) portò solo ad un parziale
aumento dei prezzi.
Privi dunque di tutela e rappresentanza i lavoratori salariati diedero vita a
rivolte urbane , come quella scoppiata nelle Fiandre tra il 1323-1328 , o la
cosiddetta ‘’rivolta dei ciompi’’ ( termine dispregiativo con cui si indicavano
gli operai che si occupavano della pulizia della lana ) a Firenze nel 1378.
Come molte altre di queste rivolte , anche quella dei ciompi conobbe un
iniziale successo e una dura repressione.
Nel Trecento si diffusero anche nuovi sistemi di contabilità , come la partita
doppia , che separava in conti diversi le operazioni in dare e avere , o di
pagamento come la lettera di cambio , un’antenata dell’assegno ( si trattava in
ogni caso di sistemi che permettevano di gestire in modo più proficuo i
commerci ).
Le nuove esigenze commerciali portarono ad un parallelo sviluppo
creditizio, molto rilevante non solo nell’ambito dei commerci ; anche i
sovrani ricorsero all’aiuto dei banchieri , soprattutto di quelli fiorentini ( che
si costruirono una solida base finanziaria ).
Furono proprio quest’ultimi i protagonisti del primo grande crollo bancario
della storia , causato dalla mancata restituzione dei prestiti fatti a sovrani
europei , ma soprattutto di quelli fatti ad Edoardo III d’Inghilterra ;
decaddero così alcune delle più grandi banche fiorentine , quelle dei Bardi e
dei Peruzzi.
Il loro crollo portò ad una vera e propria reazione a catena , che coinvolse
anche le compagnie mercantili ; questa serie di fallimenti suggerì una
ristrutturazione del sistema bancario , per evitare un effetto domino si
comprese come fosse meglio dotare le varie filiali di indipendenza
amministrativa e finanziaria , così che il fallimento di una non portasse al
crollo dell’intera impresa.
Il Trecento nell’evoluzione dell’attività creditizia rappresentò un momento
decisivo per l’avviamento di una profonda opera di riconversione
economica.
28) GLI STATI REGIONALI IN ITALIA

Il processo di composizione territoriale , cominciato nell’XI secolo , che in


Europa era stato portato avanti dalle grandi monarchie , in Italia era stato
condotto dalle città comunali.
Attraverso la conquista del contado i comuni avevano contribuito alla
riduzione del complessivo numero di poteri presenti sul territorio , anche
se essa non era andata oltre un certo limite.
Le città-stato italiane erano riuscite a porre il loro controllo su aree di piccola
dimensione ; questa situazione cominciò a cambiare alla fine Duecento , ma
solo a metà del Quattrocento il pulviscolo di comuni e signorie territoriali
lasciò spazio a cinque stati regionali che , salvo poche eccezioni , si
dividevano l’intera penisola.
Si arrivò a ciò attraverso una lunga fase di guerre , al termine delle quali i
poteri più grandi assorbirono quelli più piccoli , e inoltre proprio questi
conflitti determinarono il profondo mutamento degli stati che si erano
ingranditi.
Le novità territoriali portarono a nuove necessità economiche ( maggiori
entrate ) e allo sviluppo di nuovi meccanismi di prelievo economico ;
l’estensione territoriale portò al promuovere importanti riforme
amministrative e operazioni diplomatiche tramite le quali , tra Trecento e
Quattrocento , vennero riformate le relazioni con i poteri assoggettati.

28.1 GUELFI E GHIBELLINI

Sin dalla loro nascita i comuni avevano combattuto guerre tra di loro , ma
all’inizio del Duecento i conflitti si furono inquadrati in un contesto più
grande , che divise le forze politiche della penisola in due schieramenti: guelfi
e ghibellini ( termini coniati a Firenze durante il regno di Federico II ).
Si creò dunque una ‘’coordinazione guelfo-ghibellina’’ ( Tabacco ) , che
interessò le città e i signori in scontri apparentemente lontani , anche realtà
fino a quel momento separate.
In questo contesto grandi eventi di politica internazionale ( l’elezione di un
nuovo papa/imperatore o una rivolta nel regno ) cominciarono ad avere
immediate ripercussioni in ogni luogo , catalizzando i conflitti locali.
Nel meridione la divisione in guelfi e ghibellini avvenne dopo la rivolta dei
Vespri siciliani del 1282 , al termine della quale gli Aragonesi ottennero la
Sicilia , strappandola agli Angioini.
Dunque da un lato vi erano i territori continentali in mano a Carlo d’Angiò (
storico alleato papale e dei comuni del centro-nord ) che sosteneva i guelfi ,
dall’altro gli Aragonesi di Sicilia che sostenevano i ghibellini.
I ghibellini però , con la fine della dinastia sveva , non avevano più un vero
punto di riferimento politico , infatti i nuovi imperatori si erano
disinteressati delle vicende italiane , e così i comuni ‘’ghibellini’’ trovarono
la loro ragion d’essere nell’opposizione al papa e agli Angioini piuttosto che
nella speranza di un intervento imperiale.
Questa speranza però si rianimò a inizio Trecento con l’elezione imperiale di
Enrico VII ( 1310-1313 ) che volle anche essere incoronato a Milano , e dopo
un’iniziale fase di equidistanza egli venne coinvolto nello scontro che
divideva la penisola.
Egli fu forzato a schierarsi dalla parte dei signori ghibellini , guidati dai
signori di Milano , i Visconti , e quelli di Verona , gli Scaligeri , che si erano
rafforzati con i privilegi imperiali concessi alle città.
La morte dell’imperatore nel 1313 di fatto permise a loro di estendere i
confini al di fuori del contado cittadino , tale espansione scatenò poi la
reazione di papa Giovanni XXII , ma nonostante i suoi sforzi egli non riuscì
ad arrestare la prevalenza dei signori ghibellini , che continuò fino al terzo
decennio del Trecento.
I Visconti di fatto acquisirono il dominio sulla Lombardia , gli Scaligeri sulle
città veronesi , mentre i ghibellini di Toscana , riuniti intorno a Pisa , si
imposero su Firenze e sui guelfi.
Spinti da questi successi i ghibellini nel 1327 chiamarono in Italia l’imperatore
Ludovico il Bavaro , che esattamente come nel caso di Enrico VII , non
impose una presenza imperiale in Italia , ma rafforzò l’alleanza ghibellina.
Verso il 1330 i termini guelfo e ghibellino vennero ad avere sempre meno
importanza , contavano meno dei concreti equilibri politici e militari , e
l’esempio più chiaro è quello di Giovanni di Boemia.
Egli venne chiamato da alcune città lombarde ed emiliane per governarle ,
tuttavia a lui si opposero sia i ‘’guelfi’’ ( Firenze e Roberto d’Angiò ) e i
‘’ghibellini’’ ( Visconti e Scaligeri ) che si confederarono per scacciare dalla
penisola il nuovo sovrano.
Le grandi signorie dunque , pur essendosi svincolate dagli schieramenti
tradizionali , continuarono a estendersi scontrandosi tra di loro.
28.2 I NUOVI STATI TERRITORIALI: GUERRA,FINANZA,BUROCRAZIA

L’ampliamento di scala dei conflitti portò gli eserciti cittadini a combattere


non più solo su scala regionale , ma anche a grande distanza dal loro luogo
di origine , contribuendo a far cessare il sistema della leva generale ( a
combattere erano tutti i cittadini , distinti in base alla capacità economica in
cavalieri e fanti ).
Dunque si creò la necessità di assoldare un esercito mercenario , e con
l’ampliamento del potere territoriale si dovette anche ampliare il numero di
‘’ufficiali’’ della burocrazia e dell’apparato.
Furono dunque allestiti ovunque sistemi di prelievo fiscale e anche forme di
redistribuzione delle risorse , si deve segnalare la pratica del debito
pubblico, per cui i cittadini investivano i loro risparmi in titoli dello stato ,
che davano diritto alla riscossione di interessi e che potevano essere
scambiati.
Questa pratica mise nelle tasche dello stato una quantità di denaro molto alta
( dovevano poi essere aggiunti alle imposte dirette e indirette ) , in quanto i
sudditi più ricchi erano interessati alla politica di espansione e conquista ,
visto che avevano investito in titoli di debito pubblico.
Con lo stesso fine si diffuse anche la distribuzione di uffici , in quanto,
assieme alle rendite dei beni demaniali e ai cespiti fiscali come dazi , davano
diritto a rendite economiche.
Questo meccanismo i signori lo utilizzarono per mantenere il consenso degli
aristocratici per mantenere il consenso degli aristocratici e crearsi delle
clientele , questo fenomeno è noto come ‘’venalità delle cariche’’ , cioè
concessione di uffici pubblici in cambio di denaro.
Si sviluppò parallelamente una nuova burocrazia , che aveva il compito di
prelevare e redistribuire risorse , ma anche di smistare informazioni e
istruzioni all’interno di ambiti notevolmente più estesi di quelli comunali.
Al fine di creare una classe dirigente istruita e competente , i signori ricorsero
ad una soluzione già utilizzata da Federico II , ovvero fondare delle
università ( un esempio è l’università di Pavia , fondata nel 1361 per essere il
serbatoio di funzionari per lo stato visconteo ).
La riorganizzazione amministrativa fu condotta in modi simili da tutti i nuovi
stati , e di fatto stati che solo cento anni prima erano diversissimi ( Firenze , il
regno angioino e lo stato pontificio ) si trovarono nel tardo Trecento ad
affrontare problemi simili: costo della guerra , l’organizzazione diplomatica ,
costruzione di un ampio apparato burocratico.
28.3 DAL COMUNE CITTADINO ALLO STATO REGIONALE: VARIETÀ
DI MODELLI

Milano , Firenze e Venezia sono tre esempi , diversi tra di loro , di evoluzione
del comune cittadino.
MILANO ; la città compì già nel Duecento alcuni passi verso la
trasformazione in signoria , in primo luogo con le azioni di alcuni membri
della famiglia Della Torre , che a capo dello schieramento popolare ,
cercarono di monopolizzare la carica di ‘’anziano perpetuo del popolo’’.
Il loro esempio fu seguito dalla famiglia dei Visconti , che legittimarono il
potere attraverso la nomina a ‘’vicari imperiali’’ , ovvero rappresentanti
dell’imperatore , titolo che mantennero a lungo nel Trecento.
Solo nel 1395 però , Gian Galeazzo Visconti , ottenne dall’imperatore il titolo
di ‘’principe e duca’’ , del tutto nuovo per la struttura comunale ; anche se da
molto tempo quest’ultima aveva subito enormi modifiche , basti pensare che
la nomina dei membri dei consigli della città era ormai in mano al signore.
La città aveva poi un vasto contado , e intratteneva anche rapporti privilegiati
coi comuni vicini , occupando un’area che andava dal Piemonte occidentale
alla Marca trevigiana e all’Emilia ( in questi territori i rapporti con Milano
divennero di soggezione , tramite l’istituzione di relazioni feudali ).
Un motivo propagandistico molto comune delle forme di annessione di
viscontee era la necessità di pace dei piccoli comuni , e di avere dunque un
signore superiore , non coinvolto nelle lotte locali e forte a tal punto da porre
fine alle dispute.
FIRENZE ; a differenza di Milano la città sull’Arno mantenne a lungo le
forme di partecipazione politica allargata tipiche del mondo comunale
( nonostante vi fossero delle istituzioni previste per la partecipazione
aristocratica ), solo dopo la rivolta dei Ciompi , si cominciò a limitare a un
numero di famiglie l’accesso alle istituzioni di vertice.
Tuttavia va ricordato che Firenze aveva conquistato il proprio contado ben
prima che che tutto ciò avvenisse , già alla fine del XIII , avendo assunto un
ruolo strategico e avendo enormi disponibilità economiche ( commerci con la
Sicilia , prestiti delle grandi banche fiorentine ai re d’Europa ) , Firenze andò
ad egemonizzare in maniere indiretta le città circostanti , a cui imponeva i
propri podestà o chiedeva forme di contribuzione economica/militare.
Caddero così sotto il suo controllo Pistoia , San Gimignano , Colle Val d’Elsa ,
che a loro volta avevano occupato il proprio contado , e che dunque Firenze
non dovette disciplinare.
Firenze però andò anche a frazionare i vari contadi , creando così una forma
di governo fortemente centralizzata , annullando in alcuni casi ( Pisa ) il
potere di una città sottomessa sul proprio territorio.
VENEZIA ; la vicenda della città di San Marco , dove nel XIII secolo si era
cristallizzata una classe di governo ristretta e compatta , che trovò la sua
maggiore espressione nel Maggior Consiglio.
L’accesso a questo consiglio ( che prendeva le decisioni più importanti )
venne limitato nel 1297 , stabilendo che potesse entrarvi solo chi ne aveva
fatto parte negli ultimi quattro anni o coloro che fossero stati cooptati dal
consiglio stesso.
Dal 1323 il consiglio accoglieva solo figli o nipoti di consiglieri , divenendo
dunque una struttura completamente chiusa , a cui si accedeva solo per
diritto di nascita.
Venezia nel corso del Duecento si era disinteressata del proprio contado ,
mentre aveva volto le proprie ambizioni al mar Adriatico e all’Oriente , e
questa politica continuò fino a buona parte del XIV secolo.

28.4 I REGNI MERIDIONALI: ANGIOINI E ARAGONESI

Il Meridione era ormai dalla fine della rivolta dei Vespri siciliani ( 1282 ) ,
divisa tra la Sicilia aragonese ( occupata da Pietro III d’Aragona ) e il regno
angioino nel continente ( che cadrà nel 1442 , quando Alfonso V d’Aragona
conquistò Napoli ).
La prima svolta nel regno di Sicilia avvenne nel 1296 , quando la contesa tra i
successori di Pietro III portò all’ascesa al trono di Federico III ( 1296-1334 ) ,
con cui la corona siciliana si separò da quella di Barcellona ( Federico III era
appartenente ad un ramo parallelo della dinastia d’Aragona ).
Importante nella storia del regno siculo fu la forza dei signori locali , spesso
in lotta tra di loro , in quanto divisi in due fazioni ( latini e catalani ) che si
dividevano gli uffici e combattevano per il controllo delle risorse territoriali e
delle città demaniali ( di spettanza regia ).
L’isola era perennemente in conflitto con il regno angioino del continente ,
che tuttavia era divenuto molto debole dopo la morte di Roberto d’Angiò
( 1309-1343 ).
I sovrani infatti si erano indebitati pesantemente con i banchieri fiorentini
( base dell’alleanza guelfo-angioina ) , inoltre vi erano forti lotte dinastiche
tra i rami della casa angioina ( ungherese e quello maggiore , napoletano ,
provenzale ) e infine l’insubordinazione dei poteri locali , che minavano il
potere territoriale della corona.
I re angioini ricorsero più volte alla convocazione di assemblee
rappresentative della nobiltà e delle città , riprendendo una soluzione nata
proprio in Sicilia.

28.5 LO STATO PONTIFICIO

Con l’abbandono del progetto teocratico universale , il papato si concentrò


sul rafforzamento del proprio stato regionale , il cui primato nel centro Italia
fu messo in discussione durante la cattività avignonese.
Infatti nelle campagne e nelle città molti poteri signorili già esistenti si erano
sviluppati fino a produrre trasformazioni in seno ai comuni ( come la
Signoria dei Monaldeschi ad Orvieto ).
A Roma , privata delle entrate legate alla presenza papale , il malcontento
favorì l’iniziativa di Cola di Rienzo , un notaio che nel 1347 occupò il
campidoglio presentandosi come ‘’tribuno’’ , e proponendosi come garante di
una rinata grandezza imperiale.
Egli venne poi allontanato da Roma nel 1350 da una congiura aristocratica ,
che poi ne decretò la morte nel 1354.
Contro questo movimento centrifugo il papa inviò il cardinale Egidio
Albornoz , la cui attività a Roma si svolse tra il 1353 e il 1367.
Egli andò a riordinare lo stato , cercando di porre le città al controllo di
rettori provinciali e riuscendo a far riconoscere ai vari signori locali
l’autorità papale , instaurando un sistema di fortificazioni ed emanando nel
1357 le cosiddette ‘’leggi egidiane’’ , base legislativa fino all’Ottocento dello
stato pontificio.

28.6 DALLA GUERRA ALL’EQUILIBRIO

Una volta rese marginali o occupate le realtà più piccole , le grandi potenze
regionali si confrontarono tra di loro a partire dalla seconda metà del
Trecento.
Inizialmente i conflitti furono tra la potenza più forte , i Visconti , e le altre ,
organizzate in ‘’leghe anti-viscontee’’ , periodicamente rinnovate. I
I Visconti conobbero sotto la signoria di Gian Galeazzo ( 1385-1402 ) la
massima espansione del loro stato.
Essi occuparono Verona ( ponendo fine alla signoria scaligera ) , e spintesi
nell’Italia centrale assoggettarono Pisa , Siena , Perugia , Spoleto e Bologna ;
ma non sempre queste acquisizioni erano definitive , infatti dopo la rapida
espansione di Gian Galeazzo le città manifestarono spinte autonomistiche.
La sua morte e la crisi di successione che ne conseguì permisero alle
repubbliche di Firenze e Venezia di espandersi , arrivando ad occupare
grandi porzioni di territorio.
Firenze occupò Arezzo e nel 1406 Pisa , città ricchissima e che godeva di un
prestigio pari a quello fiorentino ; la motivazione che spinse Venezia ( che si
contendeva con Genova il dominio del Mediterraneo ) ad espandersi invece
fu la necessità di reinvestire le ricchezze del commercio sulla terraferma.
Già negli anni Venti del Quattrocento la Serenissima occupò Bergamo e
Brescia , estendendo il proprio dominio fino alla Lombardia orientale.
Durante la fine del Trecento molti stati attraversarono crisi di successione , fu
il caso del regno angioino , dove dopo la reggenza di Giovanna I ( 1381 ) si
arrivò alla contesa fra Carlo di Durazzo , che era sostenuto dal papa , e Luigi
d’Angiò , con quest’ultimo favorito dal Giovanna stessa.
Il confronto fra Durazzeschi e Angioini si protrasse a lungo , ma di fatto non
fece altro che favorire la conquista aragonese di Napoli , che avvenne infine
nel 1442 , riunendo infine le due corone.
Anche nello Stato pontificio si aprì una sorta di ‘’crisi di successione’’, infatti
la scelta di papa Gregorio XI nel 1377 di riportare la sede pontificia a Roma ,
produsse , dopo la sua morte l’anno successivo , una scissione tra i cardinali.
Quelli francesi si recarono ad Anagni dove elessero come papa Clemente
VII , avviando il cosiddetto ‘’Grande Scisma d’Occidente’’ ( 1378-1417 ) , che
divise l’Europa tra i sostenitori della sede avignonese e quelli della sede
romana.
Con il concilio di Pisa del 1409 si cercò la risoluzione dello scisma , ma esso
paradossalmente portò all’elezione di un terzo papa ; solo con il concilio di
Costanza del 1417 si arrivò alla fine dello scisma con l’elezione unanime di
Martino V.
Una volta tornati stabilmente in Italia i papi continuarono l’opera iniziata nel
Duecento , andando a regolare i rapporti con le grandi città ( Perugia ,
Bologna , Macerata e Ancona ), che avevano avuto esperienze comunali o di
signoria importante , sostanzialmente si stabilirono rapporti convenienti con
il dominio pontificio , mantenendo almeno una parte degli antichi diritti.
Solo con Filippo Maria Visconti ( 1412-1447 ) lo stato visconteo si risollevò e
riuscì a recuperare parte dei territori perduti , quando poi nel 1450 fu
acclamato duca il capitano di ventura Francesco Sforza , genero di Filippo
Maria , egli si trovò a governare uno stato che andava dalla Svizzera alla
Liguria ( quindi molto più piccolo di quello di fine Trecento ).
Questo lungo periodo di guerra, riorganizzazione e ridimensionamento
della forza espansiva di alcuni stati , produsse una generale volontà di
mantenere gli equilibri raggiunti.
Fu di fatto la fine dell’Impero bizantino ( con la caduta di Costantinopoli in
mano ai Turchi ottomani di Maometto II nel 1453 ) che tolse ai Veneziani il
principale punto d’appoggio per i commerci ad Oriente , a ridurre anche le
mire espansionistiche della Serenissima.
Si arrivò così alla pace di Lodi ( 1454 ) , con cui furono fissati i confini di ogni
singolo stato.
L’Italia settentrionale era divisa fra il ducato di Milano , la repubblica di
Venezia , il ducato di Savoia e i marchesati del Saluzzo e del Monferrato , vi
era anche la repubblica di Genova e le signorie di Mantova e Ferrara.
Nel centro Italia vi erano la repubblica di Firenze e quella di Siena , oltre allo
Stato pontificio ; a sud invece gli Aragonesi avevano riunito la Sicilia al
continente.
Di fatto le ragioni che avevano portato ai conflitti tra le varie realtà politiche
egemoni erano venute meno e si era raggiunto un assetto politico destinato a
durare a lungo.
29) VERSO LA FORMAZIONE DEGLI STATI NAZIONALI

Tra il Trecento e il Quattrocento i regimi monarchici sviluppatisi in Europa


nei secoli precedenti , si stabilizzarono a livello di estensione territoriale e di
organizzazione politico-amministrativa , per questo motivo questo momento
storico è quello in cui si individua il passaggio allo stato nazionale di età
moderna.
Questo processo di costruzione delle monarchie nazionali riguardò
esclusivamente il regno di Francia e quello d’Inghilterra , che dopo un
conflitto durato più di un secolo , assunsero una stabile fisionomia.
In altre regioni europee invece , continuarono a prevalere dei poteri
regionali , che determinarono una vasta frammentazione politica.

29.1 TENDENZE COMUNI

Seppur diversi nella formazione , gli stati europei , a partire dal Trecento ,
dovettero far fronte a necessità comuni: ascesa di nuove elités ( specie nelle
città ) , crisi economiche e crisi dinastiche.
I sovrani si trovarono a controllare una società sempre più complessa , e per
questo dovettero elaborare nuovi strumenti per controllare in modo più
diretto il territorio.
All’inizio del Trecento molti intellettuali cominciarono ad indagarsi sul tema
della sovranità , un esempio è il ‘’Defensor pacis’’ di Marsilio da Padova , che
attribuiva al sovrano , come primo compito , quello di difendere la pace.
L’idea di re come garante della pace fu alla base di molte iniziative portate
avanti dai sovrani nel Trecento e nel Quattrocento , poiché se egli si
legittimava come difensore della pace , egli doveva essere in grado di
garantire l’ordine pubblico e giustizia.
Per questo fu istituita o ampliata una rete amministrativa di funzionari
pubblici , i cosiddetti ‘’ufficiali’’ ( da officium = compito, incarico ) , dei veri e
propri dipendenti del re , che venivano retribuiti per il servizio.
La loro origine sociale era varia , infatti per svolgere questi ruoli servivano
competenze specifiche , mentre le cariche militari rimanevano ad
appannaggio esclusivo dei ceti nobiliari e cavallereschi.
L’attività di questa rete di funzionari è testimoniata dall’ampia massa
documentaria che essi produssero , che crebbe parallelamente alla
riorganizzazione delle cancellerie.
Le nuove forme amministrative prevedevano l’istituzione di organi centrali ,
sviluppati dalle preesistenti corti regie, e di raccordo di ordini periferici ; un
simile sistema necessitava di un presupposto: controllo effettivo del
territorio del regno e ampia disponibilità finanziaria.
Il primo fu ottenuto con la creazione di corpi armanti stabili , preposti a
garantire ordine pubblico e difesa ; il secondo fu ottenuto con l’introduzione
di nuove imposte ( sia dirette , come i dazi sulle merci , tasse su prodotti di
largo consumo , che indirette , come quelle sui nuclei familiari ).
Il rafforzamento del potere però , alterò gli equilibri politici creando
conflittualità con coloro che venivano vedere meno i propri ambiti di potere.
Uno strumento utilizzato dai sovrani per risolvere questa problematica fu
l’utilizzo di assemblee rappresentative ; anche se va ricordato che l’utilizzo
di parlamenti sii era già diffuso nel Duecento.
Nel corso del Trecento e del Quattrocento però , essi acquistarono importanza
sempre maggiore , in quanto in essi si riunivano tutti i corpi dello stato: re ,
nobili , borghesi , ecclesiastici e in alcuni casi anche i contadini ( inizialmente
le riunioni riguardavano soprattutto le misure fiscali ).
Le assemblee assunsero un ruolo centrale nei rapporti tra i sovrani e la
società, e contribuirono alla creazione di una comunanza di interessi tra i
diversi corpi del regno.
Questo processo fu decisivo per la costruzione di una coscienza unitaria , che
trasformasse un regno , un territorio sottoposto ad un re , in un ‘’paese’’ , una
comunità caratterizzata da interessi comuni.

29.2 DUE REGNI IN TRASFORMAZIONE: FRANCIA E INGHILTERRA

I regni in cui già nel Duecento si era affermato un nuovo modello di sovranità
erano Francia e Inghilterra , e il processo di consolidamento di questa nuova
forma di potere continuò nel XIV e nel XV secolo , e fu collegato ai nuovi
assetti territoriali dei due regni dopo la Guerra dei cent’anni.
Per quanto riguarda la FRANCIA , i re nel Trecento cercarono di consolidare
la struttura amministrativa locale e centrale estendendo una rete di ufficiali a
tutto il regno , incaricati di garantire il buon funzionamento della fiscalità.
Vennero anche avviati progetti di mappatura delle possibili entrate fiscali ,
attraverso la stesura di catasti , che registravano i nuclei familiari del
territorio.
Si introdussero poi i cosiddetti ‘’fuochi’’ , imposte dirette che colpivano in
modo uguale tutti i gruppi familiari , cosa che però andò sfavorire i ceti più
poveri.
Proprio per il carattere iniquo di queste imposte scoppiarono ripetuti moti
sociali a più riprese , sia nelle città che nelle campagne ; inoltre va ricordato
che il rafforzamento del potere regio e dell’amministrazione fu causa spesso
di conflitto coi poteri locali.
La politica dei re di Francia nei confronti di questi poteri oscillò tra lo scontro
militare e l’integrazione nelle strutture del regno ( sia che si trattasse di
signorie che di città libere ).
In questa chiave vanno lette sia la nomina a funzionario di membri
dell’aristocrazia , ma anche la prima convocazione , nel 1302 , degli stati
generali , l’assemblea che riuniva i tre principali ordini sociali: clero , nobiltà
ed elitès urbane.
Quest’assemblea , convocata inizialmente nel pieno della lotta contro il
papato ( per manifestare unità nelle scelte del re contro il pontefice ) , divenne
l’organismo con cui i re francesi cercarono di garantire il confronto e di
comporre i conflitti fra i diversi interessi sociali.
Questo sforzo i riorganizzazione però si rivelò spesso contraddittorio , infatti
mentre si cercava di si espandere il regno territorialmente e dargli uniformità
amministrativa , furono intraprese iniziative che andavano in altre direzioni.
Importanti territori furono assegnati a membri della casa reale , che li
potevano governare autonomamente ( qualora si trattasse di piccoli regni ) ; il
caso più importante fu quello del ducato di Borgogna , che fra XIV e XV
secolo fu uno degli stati più prosperi d’Occidente.
Solo nel XV secolo l’autorità monarchica conobbe un rafforzamento decisivo ,
soprattutto grazie ad alla Guerra dei cent’anni , che riuscì a creare un sentire
comune tra popolo e sovrano, superando le identità di carattere locale o
regionale e permettendo così ai re di agire con maggior forza verso
l’omogenizzazione delle strutture politico-amministrative del regno.
Diverse le vicende in INGHILTERRA , dove già dall’età della Magna Charta
( 1215 ) il parlamento aveva acquisito un ruolo fondamentale , specie durante
il regno di Edoardo I ( 1272-1307 ) , mentre in precedenza il suo parere
riguardava soprattutto le imposte.
A metà del XIV secolo si impose un modello bicamerale , che suddivideva il
parlamento nella camera dei lords ( o dei pari , ‘’peers’’ ) , composta dai
signori dell’antica nobiltà inglese , e la camera dei comuni ( dei ‘’commons’’ ),
composta invece dai membri della medie e piccola nobiltà ( detta poi
‘’gentry’’ ) e da altri notabili , eletti localmente in rappresentanze di contee e
città.
La camera dei comuni si dotò in seguito di uno ‘’speaker’’ , un portavoce , che
rappresentava gli interessi dei ‘’comuni’’ , specie in ambito fiscale.
Si venne creando dunque un un sistema politico bilanciato , dotato di una
struttura amministrativa ampia e radicata sul territorio ,e sui gruppo sociuali
dei rappresentati dai loro diversi , specifici interessi.
Questo sistema permise al regno di superare gravi momenti di crisi , come le
rivolte contadine del XIV secolo , ma anche la successiva Guerra delle due
rose , cominciata nel 1455 , e che vide la deposizione di re Enrico VI nel 1461
( ad opera di Edoardo di York , poi re Edoardo IV , anche se la guerra era
stata aperta dal padre Riccardo di York ), colpevole di aver perso tutti i
territori inglesi in Francia ad eccezione di Calais.
La guerra sostanzialmente vide contrapposte le casate di York ( la rosa
bianca ) e di Lancaster ( la rosa rossa ) , e si concluse solo nel 1485 , con
l’ascesa al potere di Enrico VII di Tudor ( ramo dei Lancaster ) , che sconfisse
l’usurpatore Riccardo III di York ( i figli di Edoardo IV erano troppo giovani
alla morte del padre , Riccardo , fratello del re , fu nominato lord protettore ,
ma fece uccidere gli eredi e si prese la corona ) , ma sposò la figlia di Edoardo
IV per riconciliare le casate , Elisabetta di York.

29.3 VERSO NUOVI ASSETTI TERRITORIALI: FRANCIA E INGHILTERRA


E LA GUERRA DEI CENT’ANNI

Le vicende dei regni di Francia e Inghilterra erano unite dalla conquista


normanna del regno inglese nel 1066 ad opera di Guglielmo il Conquistatore
duca di Normandia.
A lungo i due regni furono caratterizzati da una commistione di
aristocrazie , ma a lungo andare , la presenza di diritti dei sovrani inglesi in
Francia divenne mal sopportata , specie col rafforzamento del regno francese.
La situazione esplose nel 1328 quando il re di Francia Carlo IV morì senza
lasciare eredi ; a questo punto fu Edoardo III re d’Inghilterra a rivendicare
per se’ la corona , in quanto genero di Carlo IV ( di cui aveva sposato una
figlia ).
Nonostante la rivendicazione inglese , la guida del regno fu assunta da un
lontano parente di Carlo IV , Filippo VI di Valois , che inaugurò una dinastia
che avrebbe governato la Francia per duecento anni.
Tuttavia Edoardo III non rinunciò alle sue pretese , e nel 1377 egli sbarcò in
Francia con un esercito , pronto a rivendicare i propri diritti di successione ;
così ebbe inizio la Guerra dei cent’anni.
La crisi dinastica fu solo una delle tante cause che scatenarono il conflitto ,
infatti più che alla difficilmente realizzabile conquista del regno di Francia ,
Edoardo III mirava a conquistare le Fiandre , importantissime per il
commercio della lana inglese , ma che erano controllate dai Francesi.
La prima fase del conflitto ( 1337-1360 ) sorrise agli Inglesi , che ottennero
importanti vittorie a Crecy ( 1346 ) e Poitiers ( 1356 ) , in cui l’esercito francese
( che si basava ancora molto sull’utilizzo della cavalleria pesante ) venne
sbaragliato dall’esercito inglese , costituito da fanti e arcieri ( e che aveva già
cominciato ad utilizzare armi da fuoco ).
Si arrivò così alla pace di Bretigny ( 1360 ) per cui l’Inghilterra rinunciava alla
corona francese , ma le venivano riconosciute le acquisizioni territoriali nel
continente.
La pace fu durissima per la Francia , infatti a Poiteirs il re Giovanni II il
Buono era stato catturato , e l’enorme riscatto pagato dai Francesi mandò in
crisi economica il regno.
La prima fase del conflitto dunque , detta guerra edoardiana , si era conclusa ,
ma nemmeno un decennio dopo Bretigny il nuovo re di Francia Carlo V
riaprì il conflitto nel 1369.
La seconda fase del conflitto , detta guerra carolina , si protrasse fino al 1389 e
vide il prevalere dei Francesi , che sotto la guida di Carlo V recuperarono vari
territori ( a riprova di quanto erano effimere le conquiste inglese ) ,
utilizzando una nuova tattica di guerra , basata sul logoramento e la
guerriglia.
Alla morte di Carlo V ( 1380 ) gli successe il figlio Carlo VI , che tuttavia
manifestava dei comportamenti instabili , figli di una pazzia che si sarebbe
poi palesata nel 1392.
Importante in questi anni fu il ruolo svolto da un consiglio di reggenza
guidato dalla regina Isabella , ma dove il potere maggiore era detenuto da
Filippo l’Ardito duca di Borgogna , zio del re.
A contrastare l’autorità di Filippo era Luigi d’Orleans , fratello del re , che fu
ucciso dai partigiani del successore di Filippo , il duca Giovanni Senza
Paura , che rispetto al padre godeva di minor influenza nel consiglio.
Il figlio di Luigi , Carlo , si alleò con Bernardo conte d’Armagnac , dividendo
così il regno tre le fazioni degli Armagnacchi e dei Borgognoni.
Ad approfittare di questa crisi interna furono gli Inglesi , che nel 1415
riaprirono il conflitto alla guida di Enrico V ( 1413-1422 ) , che era succeduto
al padre Enrico IV , che aveva deposto il precedente re Riccardo II.
Enrico V ebbe in questa fase del conflitto , detta guerra dei Lancaster ( 1415-
1429 ), l’appoggio militare dei duchi di Borgogna , le cui rivendicazioni sul
trono erano venute meno con la nomina a successore di Carlo VI del figlio
Carlo VII.
Enrico V ottenne una straordinaria vittoria ad Azincourt ( 1415 ) , a cui seguì
poi anche la presa di Parigi , e il successivo trattato di Troyes ( 1420 ) , con
cui Carlo VI fu costretto a riconoscere Enrico V come suo erede.
Il trattato tuttavia non venne mai rispettato , anche perché entrambi i sovrani
morirono poco dopo ; nonostante ciò la maggior parte del territorio francese
era in mano agli Inglesi.
Il regno di Francia si ‘’spostò’’ a Sud , e solo con l’avvento di Giovanna
d’Arco nel 1429 ( con cui si aprì la quarta e ultima fase del conflitto , che si
protrasse fino al 1453 ).
Giovanna , animata da una religiosità visionaria e ad un forte lealismo verso
il re di Francia , riuscì a coinvolgere emotivamente la popolazione francese ,
mettendo la lotta popolare all’interno del conflitto , e dopo aver liberato
Orlèans dall’assedio inglese , l’esercito francese avviò una riscossa
contrassegnata da importanti successi.
Giovanna fu però catturata dai Borgognoni e consegnata agli Inglesi , che la
fecero processare da un tribunale ecclesiastico che la condannò al rogo per
stregoneria ( 1431 ).
Tuttavia le sorti del conflitto erano decise , Carlo VII riuscì a riappacificarsi
con i Borgognoni , ed ottenne vittorie decisive che portarono alla fine del
conflitto nel 1453 , a quella data agli Inglesi in Francia era rimasta solo la città
di Calais.
Il trattato che pose definitivamente fine al conflitto fu però quello di
Picquigny del 1475 , con cui i due regni arrivarono ad una fisionomia che li
avrebbe contraddistinti per secoli , sia territorialmente sia dal punto di vista
di un’identità nazionale sempre più chiaramente delineata.

29.4 LA FINE DELL’UNIVERSALISMO IMPERIALE E L’AFFERMAZIONE


DEI POTERI TERRITORIALI IN GERMANIA

L’affermazione sulla scena europea di monarchie nazionali , in Germania


andò di pari passo col declino dell’istituzione imperiale , che di fatto
perderà ogni ambizione universalistica con la ‘’Bolla d’oro’’ , emanata da
Carlo IV ( 1356 ).
Con essa si sanciva la scissione tra l’elezione imperiale e la consacrazione
papale , infatti l’elezione imperiale sarebbe spettata solo a sette grandi
principi territoriali: re di Boemia , conte del Palatinato , duca di Sassonia ,
margravio di Brandeburgo , arcivescovi di Magonza/Treviri/Colonia.
La bolla di fatto sanciva il tracollo del potere dell’impero , avviata già durante
i vent’anni d’interregno seguiti alla morte di Federico II , e coronato dai
fallimentari progetti in Italia di Enrico VII e Lodovico il Bavaro nel corso del
Trecento.
Inoltre si andava così a rinunciare di fatto alla corona del regno d’Italia , che
dall’età carolingia era legata a quella di Germania.
In Germania si rafforzarono così i poteri territoriali , specie quelli che
facevano capo ad una città , dove i ceti eminenti si organizzarono in solide
rappresentanze , che acquisirono indirettamente il potere.
In altri luoghi , spesso nei principati laici ed ecclesiastici , furono istituite
assemblee parlamentari ( dette Landtage ), attraverso le quali i suoi
rappresentanti riuscivano ad incidere sulle scelte dei poteri territoriali.
Vi erano poi anche dei periodi in cui erano proibiti gli scontri armati nel
proprio territorio ( detti Landfrieden ) , con cui molti signori eliminarono le
conflittualità endemiche che indebolivano il proprio potere.
Era dunque del signore il compito di garantire la pace , mentre l’imperatore
aveva il ruolo di mantenere la pace tra i vari stati.
Nell’area linguistica tedesca , nel Trecento , si affermarono solo due stati , al
di fuori dell’ordinamento imperiale: la Confederazione svizzera ( che si
svicolò dal dominio degli Asburgo al termine di un lungo conflitto ) , nata nel
1291 da un patto stipulato tra gli uomini delle comunità di Uri, Schwyz e
Unterwalden.
L’altro era il principato religioso dell’Ordine teutonico , istituito nel
Duecento lungo le coste del Mar Baltico per convertire con le armi gli Slavi e i
Baltici pagani.

29.5 REGNI E STATI TERRITORIALI ‘’AI CONFINI DELL’EUROPA’’

L’affermazione delle istituzioni monarchiche riguardò anche la periferia


dell’Occidente , come Scandinavia o le vaste pianure abitate dei popoli slavi.
Tranne poche eccezioni però , i regni di queste aree erano più deboli che in
Occidente , in quanto meno stratificati socialmente , poco urbanizzati , privi
di un’organizzazione politico-amministrativa basata su funzionari regi.
L’asse portante di queste monarchie era il rapporto tra la nobiltà e il re , non
vi fu il coinvolgimento di altri ceti ; inoltre questi regni si basavano
soprattutto sulla grande proprietà fondiaria.
In Scandinavia , i regni di Norvegia e Svezia non riuscirono ad assumere un
ruolo sovra-regionale , molto più dinamica fu invece l’azione del regno di
Danimarca , le cui ambizioni di dominio nel Mar Baltico furono frustrate
dalle città della Lega anseatica ( da Hansa=lega ).
Più volte le corone di Svezia , Norvegia e Danimarca furono unite ( a volte
per legami matrimoniali , altre per scelte politiche , unione di Kalmar 1361 ) ,
ma nessun re riuscì a dare stabilità al proprio regno.
Questi regni furono caratterizzati dall’introduzione di legami feudali ,
proprio in un’età in cui altri paesi europei venivano limitati o messi in
discussione.
Per quanto riguarda invece l’Europa orientale , il suo assetto tra XIV e XV
secolo cambiò radicalmente , infatti l’espansione dei Turchi ottomani portò
alla fine dei principati serbi e a quella dell’Impero bizantino nel 1453.
Di fatto i regni di Ungheria e Boemia divennero stati di confine , ed essi
furono anche gli unici ad avere un una fisionomia organizzativa simile a
quella dei regni occidentali.
Il regno di Boemia era parte dell’impero dall’età ottoniana , la sua guida
all’inizio del Trecento fu assunta dalla casata Lussemburgo , famiglia che
riuscì anche ad ottenere la corona imperiale.
In particolare durante il regno di Carlo IV , la Boemia assunse un ruolo
centrale , infatti egli trasferì la capitale a Praga , fondando anche il Collegium
Carolinum.
Tuttavia sia Carlo IV che i suoi successori favorirono l’ascesa alle cariche
principali di membri dell’aristocrazia tedesca , tuttavia questa emarginazione
creò molto malumore fra i Boemi , creando un ‘’precoce sentimento di
identità nazionale’’.
I Boemi però vennero alle armi solo dopo la morte sul rogo di Jan Hus
( 1415 ), professore dell’università di Praga che aveva fortemente criticato la
mondanizzazione dell’alto clero ( specie quello tedesco ).
Hus venne catturato e poi processato a tradimento durante il concilio di
Costanza , ma dopo la sua morte avvenne la prima defenestrazione di Praga,
che scatenò la rivolta dei Boemi , che tennero testa alle truppe imperiali fino ,
al 1434 , quando furono sconfitti nella battaglia di Lipany , riuscendo
comunque a strappare una pace vantaggiosa.
Simile e comunque diversa , la situazione del regno d’Ungheria , la cui
corona ad inizio del Trecento passò nelle mani degli Angioini , che cercarono
di creare nel regno un’amministrazione basata sul modello francese ; in
seguito a crisi dinastiche la corona d’Ungheria passò poi alla casata dei
Lussemburgo.
Diverso ancora il caso del regno di Polonia , che era riuscito a trovare la sua
unità grazie all’appoggio della chiesa romana ( che ne fece un proprio
baluardo in un’area di fede greco-ortodossa ) , suo vicino geografico era il
granducato di Lituania , che era nato dall’unione dei vari stati locali per
difendersi dalle mire espansionistiche russe.
Approfittando poi di una crisi di successione all’interno del regno polacco ,
Jadislao II Jagellone unì i due stati nel 1386 , andando poi a occupare i
territori dell’Ordine Teutonico , che sconfisse nella battaglia di Grunwald.
Diverso invece il caso della Russia , infatti fino al XII secolo il principale stato
degli Slavi orientali era il regno di Kiev , costituito da principati autonomi
legati tra di loro per motivi di difesa militare.
Nel Duecento il regno di Kiev cadde distrutto dall’orda mongola , che
avevano occupato gran parte della Russia odierna , che integrò direttamente
al proprio impero attraverso patti di sottomissione.
Questi patti però non impedirono ad alcuni principati russi di emergere , fu il
caso di Nogvorod e Mosca , che svolsero una politica autonoma e di
espansione territoriale ; il primo soprattutto al tempo del granduca
Aleksandar Neivskij ( 1221-1263 ) che sconfisse gli Svedesi e i Teutonici , ma
si dovette piegare all’Orda d’oro di Batu Khan.
Nel XIV secolo , approfittando dell’indebolimento dei Mongoli , il principato
di Mosca rafforzò il prestigio politico e religioso della propria capitale ; al
tempo di Ivan III il Grande ( considerato il vero fondatore dello stato russo )
venero conquistate Nogvorod e gli altri principati minori , e Mosca divenne il
principale riferimento degli Slavi cristiano-ortodossi.

29.6 I REGNI DELLA PENISOLA IBERICA

Il XIV secolo vide anche la riorganizzazione politica dei regni iberici , che
all’inizio del Trecento erano quattro: Castiglia, Navarra, Portogallo e Aragona
a cui si doveva aggiungere il regno di Granada , ultimo stato musulmano
della penisola.
I regni iberici erano eterogenei tra di loro a livello economico, sociale ,
culturale e linguistico , ma avevano un tratto in comune: l’instabilità politica
e le ricorrenti crisi dinastiche.
Nonostante essi avessero avviato processi di rafforzamento amministrativo ,
i re si scontravano spesso con i poteri locali , che non volevano rinunciare alle
loro autonomie.
Solo nel Quattrocento si posero le basi per la nascita di uno ‘’stato nazionale’’,
quando Isabella erede di Castiglia , sposò Ferdinando erede di Aragona nel
1469.
Il processo di integrazione tuttavia , era definitivo solo a livello personale ,
per creare un’unione culturale e formale servì recuperare lo spirito della
reconquista , infatti i due sovrani identificarono nella religione un ottimo
collante nazionale.
Venne promossa una campagna contro le eresie , gli Ebrei furono espulsi
dalla penisola nel 1492 e fu anche bandita una crociata per conquistare
Granada , che fu presa proprio nello stesso anno dell’espulsione ebraica.
Il regno del Portogallo nel frattempo andò ad esplorare nuove rotte
marittime , e al tempo del principe Enrico il Navigatore ( 1394-1460 ) ; sotto il
suo regno i Portoghesi avviarono l’era delle esplorazioni geografiche.
L’impulso all’espansione economica tramite la scoperta di nuove rotte fu un
progetto ripreso anche da Isabella e Ferdinando , alla ricerca di nuove rotte
commerciali verso Oriente ( dopo che l’espansione ottomana aveva reso
difficile il viaggio sulle vie carovaniere che attraversavano l’Asia ).
Fu per conto dei due sovrani , che nel 1492 partì la spedizione verso le
‘’Indie’’ del navigatore genovese Cristoforo Colombo.
30) L’INVENZIONE DEL MEDIOEVO

- Il Medioevo è una convenzione cronologica moderna , un concetto che si


sviluppa nel XV sec.

30.1 UNA PAROLA NATA PER POLEMICA

- La parola ‘’Medioevo’’ nacque per indicare un vuoto nella storia , un’età che
aveva rotto la continuità della civiltà antica.

- Per indicare in primo luogo un’età di decadenza ; un termine famoso è


quello usato dal vescovo Giovanni Andre Bussi , ‘’media tempestas’’.

- Medioevo è sinonimo di imbarbarimento , tanto culturale quanto artistico.

- Con la Riforma luterana questo concetto si fa ancora più forte , il Medioevo


è visto come un’età di superstizione e oscurità , e questo in primo luogo per
colpa della Chiesa di Roma ( da ricordare l’opera di Mathias Vlacic ,
‘’Historia Ecclesiastica’’ ).

30.2 IL MEDIOEVO PRENDE CORPO E DIVENTA UN PERIODO STORICO

- Tra il XVI-XVII secolo si sviluppa un filologia sulle fonti medievali ; da


ricordare è la data del 1643 , anno in cui Heryberd Rosweyde e Jean Bolland
pubblicano gli ‘’Acta Sanctorum’’.

- Il problema dell’autenticità delle fonti sorge con il lavoro di Jean Mabillon ,


autore del ‘’De re diplomatica’’ ( 1681 ) , con cui nasce la scienza diplomatica.

- Charles du Fresne du Change è invece autore , nel 1678 , del ‘’Glossarium ad


scriptores mediae et infimae latinitas’’ , un tratta sul latino medievale.

- Georg Horn è il primo ad utilizzare nel 1666 il termine ‘’medium aevum’’ ,


mentre C. Keller scrive una ‘’Historia Medii Aevi’’ , che va dal 476 al 1453.
30.3 IL MEDIOEVO SI ARRICCHISCE E SI DIVERSIFICA

- Anche l’erudizione del XVIII secolo condannarono il Medioevo ; per questo


motivo la posizione di Ludovico Antonio Muratori ( ‘’Rerum italicarum
scriptores’’ e ‘’Antiquitates Medii Aevi’’ ) deve essere ricordata.

- Muratori conferma la condanna fatta dall’Illuminismo nei confronti dei


‘’Secoli bui ‘’ , ma sottolinea un miglioramento dopo il Mille.

- Voltaire , che nelle sue ‘’Essai’’ va a condannare il feudalesimo , è il primo a


concepire il Medioevo come un’esperienza storica a tutto tondo.

30.4 L’IMMAGINE ROVESCIATA: IL MEDIOEVO COME SOGNO

- Il Pre-Romanticismo ( fine del XVIII sec. ) e soprattutto col Romanticismo


andarono ad attuare una riabilitazione del Medioevo , visto come un luogo
privilegiato della reazione contro la razionalità dell’Illuminismo.

- Autori come W. Scott , J. Macpherson , Gray , Chateaubriand , fanno del


Medioevo l’ambientazione delle loro opere.

30.5 LA RICERCA DELLE RADICI E LA SVOLTA NAZIONALISTICA

- Novalis , Schiller e Novalis: tutti questi autori pongono l’accento sullo


spirito comunitario delle prime popolazioni entrate nell’impero.

- Marx ed Engels citano invece il ‘’comunismo primitivo’’ delle popolazioni


germaniche.

- Fustel de Caulange pone invece l’accento sull’importanza della Gallia per


la mediazione tra Franchi e Romani.

- La storiografia italiana pone l’accento sul ‘’genio italico’’ , che si esprime in


primo luogo nei comuni che si oppongono agli imperatori tedeschi ; va
rifiutata però , secondo Sergi , una visione finalista sul ruolo dei comuni nella
formazione di uno spirito nazionale.
30.6 L’IMMAGINE E LA REALTÀ: IL MEDIOEVO RICOSTRUITO

- Il Medioevo risulta talvolta un ‘’altrove indefinito’’ , un luogo di valori


perduti , quello descritto dai Preraffaelliti , dai Nazareni e dal movimento del
Gotish-Revival.

30.7 UNA PERIODIZZAZIONE DIFFICILE

- Il Medioevo in origine , venne pensato non come un’unità a se’ significativa,


ma come un’unità contrapposta in negativo a qualcosa di migliore e
diverso, in questo caso l’Antichità classica.

- Falco legge il Medioevo sotto l’unità del Cristianesimo ; Giovanni Tabacco


vede invece il Medioevo come un’età di sperimentazione.

- Sono state fatte molte periodizzazioni , quella più famosa è quella di Le Goff
( ‘’Alto’’ e ‘’Basso’’ Medioevo ) ; ma va ricordata anche quella di Guy Bois ,
secondo cui il Medioevo comincia dall’anno Mille.

- Il Medioevo deve essere visto dunque come un contenitore , da riempire


con la varietà delle esperienze che lo contraddistinguono ; il pregiudizio più
grande che va affrontato è ovviamente quello che sia esistito un ‘’Medio-Evo’’
nel senso che questo termine avrebbe effettivamente , ovvero di ‘’età di
mezzo’’.

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