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20. I catari:
conosciuti anche come albigesi poiché si trovavano nella città di Albi. Il catarismo si diffuse intorno
alla metà del XII secolo in Germania, Italia e Francia meridionale, dove divenne un movimento di
massa. I catari fondavano la loro visione religiosa sull’esistenza di due principi motori dell’universo,
Dio e Satana, bene e male, e rifiutavano i beni temporali e la materialità come emanazione del
demonio. All’interno della chiesa catara vigeva una distinzione tra “perfetti”, i sacerdoti impegnati a
condurre una vita di assoluta purezza, che amministravano l’unico sacramento riconosciuto dai
catari, il consolamentum, e “credenti”, i fedeli, che partecipavano al culto ed erano collegati ai
perfetti da un patto spirituale. Il catarismo si pose in concorrenza con la chiesa di Roma,
proponendo un modello di vita alternativo, basato modi di vita ispirati alla povertà evangelica, e in
tal modo ne divenne, il più temibile nemico. I catari si caratterizzavano per l’adesione al modello
apostolico, per il disprezzo dei beni del mondo, per il rifiuto della materia e delle sue forme di
riproduzione, a partire dal rapporto carnale. il movimento fu condannato come eretico. Fu proprio
per contenere l'estendersi del fenomeno cataro che Domenico di Guzmán concepì un nuovo modo
di predicazione: per combattere i Càtari bisognava usare i loro stessi principi, vale a dire, oltre alla
predicazione, operare in povertà, umiltà e carità. Questa nuova formula portò Domenico, dieci anni
più tardi, alla fondazione dell'ordine domenicano. Innocenzo III inviò, nel 1203, dei legati pontifici,
con il compito di combattere l'eresia. L'uccisione nel 1208 del legato papale Pietro di Castelnau, di
cui furono incolpati i Catari, fu la scintilla che scatenò la crociata contro gli albigesi. che doveva
limitarsi ad una rappresaglia contro i nemici della Chiesa ma assunse la forma di un vero e
proprio genocidio, terminò nel 1229 con la sconfitta del Sud.
26. Chi ha coniato termine medioevo (cosa si intende e come facciamo a definire questo periodo
storico).
Fu solo a partire dalla prima età moderna che gli intellettuali umanisti cominciarono ad utilizzare
termini e definizioni quali media aetas, media tempora, media tempestas. Essi proiettarono
un’immagine “buia” ai secoli dalla caduta dell’impero romano fino almeno a tutto il Trecento.
Seconde invasioni barbariche VIII/X secolo saraceni/normanni/ungari. In pieno Seicento si coniugò
il termine che oggi comunemente adoperiamo, ossia medium aevum. Il primo storico del medioevo
può essere considerato proprio un umanista, Flavio Biondo, che raccontò le vicende storiche del
mondo occidentale grosso modo dalla caduta dell’impero romano d’occidente sino agli anni ’40 del
Quattrocento. I limiti cronologici di questo periodo sono: il 476, ossia l’anno della deposizione
dell’ultimo imperatore romano d’Occidente, cui si associa la caduta dell’impero, e il 1492, l’anno
della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. La storiografia italiana preferisce
riconoscere l’inizio del medioevo con l’arrivo dei Longo bardi nel 568-69. Soprattutto la data di
chiusura del lungo medioevo non è da tutti comunemente accettata: in Inghilterra si preferisce fare
riferimento al 1485, anno di avvento sul trono della dinastia Tudor, in Francia, al 1453, anno della
fine della guerra dei Cent’anni, o al 1494, anno d’inizio delle grandi conquiste, anche in suolo
italiano, di Carlo VIII, in Spagna al 1492, anno della conquista dell’emirato musulmano di Granada,
in Germania al 1517-1519, triennio coincidente con l’inizio della controriforma. Ma l’inizio di questo
lungo millennio non può essere fissato in un anno, non fu in un anno che l’impero si dissolse e fu
spazzato via dall’irruzione violenta dei popoli barbari, ma va ricercata tra IV e VII secolo; vale lo
stesso per la fine del medioevo, tra i XIV e il XV.
Il concetto di medioevo nacque, per opera degli umanisti, con una connotazione negativa, ma
questa connotazione cambiò molte volte nel corso dei secoli: gli fu data una connotazione positiva
dopo la revisione da parte dello storiografo modenese Ludovico Alfonso Muratori; Il giudizio tornò
a farsi negativo con l’Illuminismo, che attribuiva al medioevo qualunque bruttura e orrore
precedente la Rivoluzione francese; Valutazione di nuovo ribaltata nell’Ottocento della
Restaurazione, del Romanticismo e della scoperta delle identità nazionali, propenso ad una rilettura
positiva di quegli stessi aspetti che l’Illuminismo condannava.
Fu in Germania che si realizzò la maggiore impresa di edizione delle fonti medievali, Si tratta delle
collane dei Monumenta Germaniae Historica, che posero al centro della propria attività l’edizione
sistematica delle fonti riguardanti le popolazioni germaniche insediatesi in Europa e poi organizzate
nel sacro romano impero fondato da Carlo Magno. Le fonti medievali furono suddivise in tre grandi
classi: la collana degli Scriptores contenente le narrazioni storiche; le Leges (LL), con le fonti
normative e legislative, e la collana dei Diplomata (DD), comprendente le fonti documentarie. Fu il
romanticismo a recuperare un’immagine positiva di quel lungo millennio. La successiva età del
positivismo, con il suo rigore scientifico corresse le istanze romantiche, impedendo lo sviluppo di
costruzioni fantasiose.
Una spinta alla rivalutazione piena del medioevo fu data, in Italia, dai processi di costruzione
dell’unità nazionale (1861- 1866) durante il Risorgimento. Poiché si ricercava un’unità non solo
politica ma anche identitaria.
Fu uno storico svizzero a produrre la prima grande sintesi di storia delle città comunali italiane nel
medioevo: la Storia delle Repubbliche italiane nel Medioevo (1808-1818) di Jean-Charles-Leonard
Simonde de Sismondi. L’opera contribuì a fissare alcuni parametri di giudizio poi riproposti
costantemente nella valutazione del medioevo italiano e della storia d’Italia in generale: la rinascita
delle città come strettamente correlata allo sviluppo dei commerci e dell’economia, il parallelismo
tra slancio e liberazione dell’economia e sviluppo delle libertà civiche, il declino di tali libertà con
l’avvento delle tirannie signorili, prima, e poi soprattutto dei domini stranieri.
Se il medioevo continua ad essere pervaso da una immagine buia, questo lo si deve al giudizio
negativo che ne hanno dato gli uomini del Rinascimento. i due secoli finali del medioevo sono stati
molto importanti nel determinare una tale immagine, che poi si è consolidata. Gli uomini della
prima età moderna conoscevano quel medioevo e su quell’immagine – di crisi, malessere e
decadenza – rilessero anche i secoli precedenti. Ma i secoli finali del medioevo furono anche
decenni di profonde ricomposizioni politiche, con la genesi degli stati nazionali in Francia,
Inghilterra e Spagna e degli stati regionali in Germania e in Italia.
Si identificano all’interno del millennio medievale per convenzione, alcuni blocchi di
secoli, dotati di una loro propria coerenza interna:
- l’Alto medioevo: secoli iniziali del millennio, dal V fino al X. Sono i secoli in cui la popolazione
prima diminuì e poi ristagnò; in cui i popoli germanici, dopo la fase migratoria, conobbero processi
di sedentarizzazione e di fissazione stabile nei nuovi territori occupati, mescolandosi con le
popolazioni autoctone; in cui si propagò il cristianesimo sino all’affermazione progressiva della
chiesa come istituzione. Al suo interno viene individuata una fase iniziale, definita Tardo antico,
comprendente i secoli IV-VI, in cui vennero dissolvendosi i tratti caratteristici del mondo romano.
- il Pieno medioevo i secoli centrali del millennio, i secoli dal IX all’XI. È l’età della
crescita demografica, dello sviluppo urbano e di una rinascita culturale ed economica.
- il Basso medioevo i secoli più tardi, dall’XI-XII a tutto il XV secolo. Sono i secoli che
vedono il passaggio dall’esplosione demografica alla recessione e alla crisi. All’interno di tale
periodo si distingue un tardo medioevo, coincidente con i suoi secoli finali, secoli di profonde
trasformazioni ma anche di ricomposizioni, sino alla genesi degli stati europei di età moderna.
Questa periodizzazione varia di cultura in cultura.
27. Rinascita anno 1000, dimensione agraria e innovazioni tecnologiche:
Dal secolo X agli inizi del Trecento, il paesaggio e la vita materiale dell’Europa medievale furono
profondamente trasformati dagli effetti di una crescita demografica ed economica senza
precedenti. si passò dai 23 milioni ai circa 70 milioni del 1350. Tutto ciò grazie ad un clima più mite,
alla fine delle invasioni, al consolidamento del sistema feudale e ai cambiamenti nello statuto
giuridico della popolazione agricola. I servi che prima lavoravano alle dirette dipendenze dei
proprietari vennero lasciati liberi di coltivare piccoli poderi in situazioni di autonomia, purché
pagassero un canone d’affitto. Molti individui passarono dall’essere nullatenenti a possedere una
casa, una terra ed una moglie. Era un cambiamento epocale, che incise anche sulla natalità. Si avviò
dovunque un processo di allargamento delle aree già coltivate. Ad essere ampliati furono in
particolare gli spazi della cerealicoltura, dalla quale soprattutto dipendeva la sopravvivenza delle
popolazioni, ma nelle regioni mediterranee conobbe una forte affermazione anche la viticoltura.
Miglioramenti significativi, soprattutto nella cerealicoltura, si ottennero grazie all’adozione di nuovi
sistemi di aratura, tramite un aratro più pesante, introduzione dei mulini ad acqua, uso del
bestiame e divenne sempre più importante la rotazione triennale, che aveva permesso una nuova
organizzazione degli spazi e dei sistemi del lavoro agricolo, perché prevedeva che solo un terzo
della terra venisse fatto riposare, mentre gli altri due erano destinati uno ai cereali invernali e uno
ai cereali primaverili. Anche l’incremento demografico, che spingeva verso l’alto i consumi
alimentari, aumentò il volume delle attività di trasformazione, ampliando la domanda di materie
prime industriali e di beni manufatti. Si sviluppò una produzione tessile su più vasta grazie
all’invenzione del telaio orizzontale che aumentò la produttività e portò alla creazione di distretti
industriali. Lo sviluppo dei consumi urbani e delle manifatture tessili favorì l’impianto di colture
specializzate, come la vite o il lino. Il risultato fu una maggiore sensibilità del sistema economico
locale.
28. Incastellamento:
Tra il IX ed il X secolo, l'Europa fu travolta dagli attacchi di tre diverse popolazioni: i saraceni,
ovvero i pirati che, partendo dai porti controllati dagli arabi, compivano scorrerie nelle terre
costiere; i normanni ; e gli ungari. Il potere carolingio del periodo era ormai in piena crisi e i
sovrani si dimostrarono del tutto incapaci di fronteggiare questi nemici. I feudatari, così,
cominciarono a fortificare i propri possedimenti e a organizzare una difesa indipendente.
L’incastellamento non si esaurì con la fine delle incursioni, ma proseguì invece per generazioni,
talora fino al XII e al XIII secolo. con la nascita dei castelli, la popolazione abbandonò i minuscoli
villaggi e le fattorie isolate, concentrandosi in questi nuovi abitati fortificati. l’incastellamento
ebbe l’esito di rafforzare la fisionomia locale del potere, garantendo un controllo più efficace del
territorio e dei suoi abitanti.
29. Le repubbliche marinerie scontro per egemonia:
Venezia si trovò a dover fronteggiare, nella seconda metà del Duecento, una crisi dove le rivali, in
particolare Genova, mal sopportavano l’egemonia della città e rivendicavano maggiori spazi
d’azione. Genova, infatti, già alla fine del XII secolo aveva raggiunto una posizione commerciale di
rilievo nella capitale bizantina, Costantinopoli, in più la IV crociata aveva inferto un duro colpo
all’intraprendenza commerciale genovese, in quanto i veneziani avevano acquisito il diritto di
ammettere o escludere i mercanti di altre nazioni dall’accesso al mercato della capitale imperiale.
Per tale motivo, nel 1256 l’antagonismo tra Venezia e Genova deflagrò in conflitto aperto. La guerra
scoppiò inizialmente ad Acri, in Siria, dove Venezia riportò una vittoria eclatante, obbligando i rivali
a lasciare la città. lo scontro proseguì per Venezia con un rovescio pesantissimo, che la privò della
supremazia commerciale e delle posizioni di privilegio godute a Costantinopoli dopo la costituzione
dell’impero latino. A Genova si spalancarono nuove prospettive commerciali, assicurandole il
controllo del commercio con il Mar Nero e una posizione dominante a Costantinopoli, dove prese il
posto che era stato dei veneziani e fondò colonie di grande importanza. L’imperatore bizantino,
però, spazientito dal potere acquisito da Genova, promulgò la pace con Venezia che riottenne i
precedenti privilegi commerciali, la disponibilità di un quartiere a Costantinopoli e Tessalonica. l
conflitto tra Genova e Venezia si concluse solo nel 1270, con una pace firmata dai contendenti a
Cremona, ma fu temporanea dato che le due potenze marinare erano in scontro per la supremazia
del Mediterraneo. Scoppiò la guerra nel 1293 per il controllo di Laiazzo, città privilegiata per le vie
commerciali con l’oriente. Nel 1298 la flotta veneziana subì una grande sconfitta ma con la pace di
Milano del 1299 non ci furono vincitori. Nel Trecento il confronto fra le due potenze marinare si
mantenne persistente, poiché la posta in palio era davvero alta: erano in gioco la supremazia
marittima mediterranea e il controllo delle rotte più calde del commercio internazionale. Venezia
acquisì una supremazia evidente nelle piazze egiziane, mentre Genova segnò un netto predominio
nel Mediterraneo occidentale e nei traffici atlantici con le Fiandre e l’Inghilterra.
Prima di affermare la propria egemonia nel Tirreno e nel Mediterraneo occidentale, Genova aveva
dovuto affrontare la rivalità di Pisa. Solo nel 1284, con la vittoria conseguita nella battaglia della
Meloria, Genova ebbe la meglio. Genova e Pisa si erano trovate in contrasto anche per
l’affermazione di un proprio dominio in Sardegna e in Corsica. Nel XIII secolo le ostilità furono
frequenti, anche nel Mediterraneo orientale, in particolare a Costantinopoli. molto aspra era stata
anche la concorrenza tra le due rivali per il controllo dei traffici verso la Sicilia. . Per tutto il Trecento
Pisa, come piazza commerciale, e la nascente Livorno, come porto, rimasero tra i più importanti
nodi dei traffici mediterranei. Sin dai primi decenni del Trecento le relazioni tra Pisa e Genova
tornarono ad essere buone.
30. Il secolo delle crisi (rivolte ed epidemia) 1300:
Il Trecento è da sempre stato connotato come secolo di crisi: la crescita demografica incrementò a
dismisura e le risorse alimentari calarono. A causa di carenze strutturali l’agricoltura non riuscì a
incrementare ulteriormente la produzione cerealicola per sfamare una popolazione sempre più
numerosa. Già alla fine del Duecento la curva demografica cominciò a calare. Una prima serie di
pesanti carestie colpì l’Europa, tali carestie si accompagnarono al diffondersi di malattie infettive e
a vere e proprie epidemie.
Nel 1348 si abbatté sull’Europa una gigantesca epidemia nota come “peste nera” proveniente
dall’Asia. Si trattò all’origine di una peste bubbonica, trasmessa all’uomo dalle pulci dei ratti neri;
comparvero poi anche le forme polmonari e setticemiche e arrivò in Italia nell’autunno del 1347
sulle navi genovesi provenienti dal Mar Nero. La popolazione subì una discesa graduale, a scalini,
raggiungendo il punto più basso solo nei primi decenni del Quattrocento. La peste rimase da allora
endemica, colpendo l’Italia e l’Europa con successive ondate di contagio. Nel Nord Europa la peste
arrivò più tardi e durò più a lungo, tra il 1349 e il 1350, ma con una virulenza inferiore, e il recupero
fu più veloce, sia per crescita naturale che per l’immigrazione. Le condizioni igienico-sanitarie,
ovunque carenti, e il modesto livello della cultura medica del tempo non consentirono di arginare
in alcun modo il dilagare della malattia. Vi furono diverse epidemie, quella del 1360-1362 colpì
bambini e adolescenti, per il fatto che molti degli adulti avevano sviluppato adeguate risposte
immunitarie.
Una delle conseguenze più dirette e immediate della forte diminuzione degli uomini fu il sostenuto
aumento dei salari, di cui beneficiò sia la manodopera urbana che quella rurale, con forti
incrementi. Nelle campagne la crisi demografica ebbe come conseguenza, oltre al calo della
manodopera e all’aumento dei salari, il fenomeno dell’abbandono dei terreni marginali e degli
appezzamenti di minore produttività, con conseguente spopolamento di interi villaggi e ciò permise
una maggiore produttività del lavoro agricolo e una maggiore resa nelle colture cerealicole. crebbe
il prezzo degli alimenti, e crebbero nel contempo i salari reali, e dunque il potere di acquisto delle
fasce anche più deboli. Ma questo miglioramento delle condizioni di vita dei contadini durò poco.
L’inasprimento della pressione signorile sui sottoposti e la voluta dai proprietari terrieri a tutela
della rendita fondiaria pose fine a tutto ciò e spinse all’indebitamento e all’emarginazione di molti
contadini. Il loro malcontento si trasformò in rivolta. Improvvisa e violenta fu la rivolta dei contadini
scoppiata nel nord della Francia nel 1358, nota come jacquerie. I ribelli furono appoggiati dalla
borghesia parigina che vide nella sommossa la possibilità di ridurre, a proprio vantaggio, il potere
politico dei nobili e di cancellarne i privilegi. Ma la ribellione fu prontamente domata dalla nobiltà,
incendiando villaggi e sterminando non meno di 20.000 persone.
Oltre alle campagne, anche le città furono segnate da acuite difficoltà del quadro economico e
agitate da fermenti. Crebbe il malcontento fra i salariati, oggetto di uno sfruttamento sempre più
pesante, e l’insoddisfazione dei piccoli artigiani. la rivolta urbana dalle maggiori implicazioni sul
piano politico, economico e sociale fu quella scoppiata a Firenze nel 1378 e conosciuta come
“tumulto dei ciompi”. I ciompi, ossia i più umili lavoratori della produzione laniera, insorsero
nell’estate del 1378, per reclamare maggiori diritti politici e ottenere un miglioramento delle
proprie condizioni economiche. Anche grazie all’alleanza con gli artigiani più poveri, i ciompi
conseguirono inizialmente alcuni degli obiettivi della rivolta. Le città europee furono funestate
anche da persecuzioni e massacri contro i gruppi marginali, in particolare gli ebrei, spesso accusati
della diffusione della peste, attraverso rituali macabri di avvelenamento dei pozzi. Uno dei più
sanguinosi pogrom si ebbe a Strasburgo nel 1349: nell’occasione scomparivano forse 2.000
persone, accusate e arse vive.