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FINE IMPERO ROMANO

CONTESTO
Fino all’inizio del III secolo l’impero romano aveva garantito stabilità e sviluppo
economico su un’area vastissima, che raggiunse la sua massima espansione nel 117
d.C., sotto Traiano; ciò grazie ad un efficiente sistema di comunicazioni e all’unità
dei gruppi dirigenti.
Terminate le guerre di espansione, però, l’economia cominciò a ristagnare:
mancanza di manodopera schiavistica, inasprimento del prelievo fiscale, contrazione
dei mercati. Nel corso del III secolo l’elezione degli imperatori dipese sempre più
dall’esercito, che finì per acclamare imperatori comandanti delle varie legioni, ben
ventotto fra 235 e 284.
Diocleziano, imperatore dal 284 al 305, avviò una serie di riforme. Egli diede vita al
modello della tetrarchia: divise l’impero in due parti (occidentale ed orientale) e si
associò un “augusto”, Massimiano, cui spettò la cura della zona occidentale, mentre
Diocleziano stesso si occupò di quella orientale; ad essi furono affiancati due
“cesari”, Galerio e Costanzo Cloro, che si occuparono rispettivamente della zona
orientale ed occidentale, allo scopo di sottrarre la nomina dei successori al controllo
dell’esercito.
Diocleziano, inoltre, suddivise le province in tante piccole aree da sottoporre a un
doppio comando, civile e militare, ed estromise l’aristocrazia senatoria dai comandi.
Dal punto di vista economico introdusse un sistema più equo di esazione delle tasse
e cercò di arginare l’inflazione fissando i prezzi massimi dei beni di consumo e delle
prestazioni d’opera.
Dopo una serie di conflitti, Costantino, figlio di Costanzo Cloro, divenne imperatore,
dal 324 al 337. Egli rafforzò gli uffici ministeriali, separò le carriere militari da quelle
civili ed incrementò l’esercito mobile. Si rese conto soprattutto del fatto che il
baricentro politico, economico e culturale era andato progressivamente spostandosi
verso Oriente: per questo motivo rese Bisanzio capitale, nel 330, dandole il nome di
Costantinopoli. Parte occidentale e parte orientale avevano profonde differenze
economiche e sociali; peraltro, mentre in Occidente decaddero le città, in Oriente
mantennero un ruolo centrale nei commerci e nell’attività produttiva.
Teodosio, imperatore dal 379 al 395, dispose la divisione dell’impero tra i due figli:
ad Arcadio spettò l’Oriente, ad Onorio l’Occidente (nel 402 la capitale d’Occidente
venne spostata da Milano a Ravenna).
CAUSE DELLA CADUTA
DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO
Fino agli inizi del IV secolo il cristianesimo era ancora una religione minore, anche
per via delle varie persecuzioni portate avanti da Decio, Valeriano e Diocleziano. La
libertà di culto venne concessa con l’editto di Milano, emanato da Costantino nel
313. In seguito poi all’editto di Tessalonica, emanato da Teodosio nel 380, il
cristianesimo divenne religione ufficiale.
Costantino convocò anche il concilio di Nicea nel 325, primo concilio ecumenico, nel
quale venne condannato l’arianesimo, quella dottrina teorizzata da Ario, un prete di
Alessandria d’Egitto, secondo la quale il Figlio ha una natura divina gerarchicamente
inferiore rispetto al Padre.
Il cristianesimo rimase a lungo una religione prettamente urbana, mentre penetrò
più lentamente nelle aree rurali, che conservarono il culto tradizionale; per questo
motivo, coloro i quali rifiutavano il cristianesimo erano noti col nome di “pagano”,
dal latino pagus, villaggio rurale.
Per molte popolazioni barbariche la conversione al cristianesimo avvenne passando
prima per l’arianesimo. L’evangelizzazione dei popoli barbarici fu condotta
soprattutto attraverso la conversione dei re, nella speranza che, data la natura
sacrale che veniva loro riconosciuta, le popolazioni si sarebbero convertite
anch’esse. La prima conversione fu quella di Clodoveo, battezzato nel 496 da
Remigio vescovo di Reims, seguita dal burgundo Sigismondo e dal visigoto
Recaredo. L’evangelizzazione degli angli e dei sassoni iniziò verso la fine del VI
secolo.

INVASIONI BARBARICHE
L’altro grande fenomeno che provocò la caduta dell’impero romano fu l’ondata di
invasioni barbariche, che forse è più corretto definire migrazioni, tra il IV e il VI
secolo. I vari popoli provavano un’attrazione sempre maggiore verso le più miti aree
mediterranee e ricche regioni imperiali, oltre a subire la pressione delle tribù
seminomadi delle steppe asiatiche che cominciarono a premere su di esse per via
del peggioramento delle condizioni climatiche, soprattutto degli unni, che crearono
un regno in Pannonia tra la fine del IV e la metà del V secolo.
Barbari erano quei popoli che non parlavano il latino o il greco, ma ben presto il
termine venne ad indicare tutte quelle popolazioni stanziate al di là del limes, cioè il
confine dell’impero lungo il Reno e il Danubio e fino al vallo di Adriano, che venne
dotato di un sistema di fortificazioni.
Per via della mancanza di uomini, l’impero volle favorire l’integrazione dei barbari
attraverso due pratiche: foederatio e hospitalitas. Con la prima, truppe barbare
vennero inquadrate come alleate dell’impero; ad esempio, a capo dell’esercito fu
posto un vandalo, Stilicone, che fu però fatto uccidere da Onorio, che lo sospettava.
Con la seconda, si prevedeva la concessione di un terzo delle tasse sulle terre di una
determinata regione a gruppi barbari che, insediandovisi, dichiaravano fedeltà
all’impero e si impegnavano a fornire un appoggio militare pur rimanendo
indipendenti.
L’elemento che destabilizzò l’impero romano fu lo spostamento dei visigoti di
Alarico alla ricerca di uno stanziamento definitivo. Aggrediti dagli unni, essi furono
accolti in Tracia, ma la loro presenza si risolse in una serie di saccheggi e rapine fino
allo scontro con l’impero romano, che fu clamorosamente sconfitto nel 378 nella
battaglia di Adrianopoli, nella quale morì l’imperatore Valente. Essi saccheggiarono
prima Aquileia, nel 401, e poi Roma nel 410. Nel 418 formeranno il primo regno
barbarico all’interno del territorio imperiale, nell’Aquitania.
Il limes fu superato tra il 406 e il 407 da una serie di popolazioni: alani, burgundi,
svevi, vandali. Su incarico dell’impero, i visigoti dispersero gli alani e strinsero i
vandali nell’estremo sud, stanziandoli nel nord Africa. Sotto Valentiniano III, il
generale Ezio riuscì a respingere le invasioni burgunde, contenendoli nella Sapaudia,
e soprattutto quelle unne, sconfitti nel 451.
Quando le migrazioni sembravano finalmente cessate, si ripresentarono dei
contrasti ai vertici dello stato, dove si susseguirono una serie di imperatori privi di
reale potere. Il culmine si raggiunse nel 476, quando il re sciro ed erulo Odoacre
depose il giovane Romolo Augustolo a Ravenna, facendosi incoronare re.
Chiaramente l’imperatore d’Oriente Zenone non poteva accettare tutto questo, e
mandò Teoderico, re degli ostrogoti, che li aveva guidati nel 488 al saccheggio di
Costantinopoli, a combattere Odoacre: egli verrà sconfitto nel 493 e Teoderico darà
vita ad un regno nella penisola italiana che durerà fino al 553.

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