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I REGNI ROMANO-BARBARICI

Lo stanziamento dei barbari entro i confini dell’impero d’Occidente promosse la


formazione di una serie di regni nel corso del V secolo: i burgundi si stanziarono in
Borgogna, i vandali nel nord Africa, i visigoti e gli svevi in Spagna, i franchi in Gallia.
Nel progressivo venire meno delle strutture imperiali furono le istituzioni
ecclesiastiche a garantire l’inquadramento delle popolazioni latine: nelle campagne,
i monasteri si offrirono come nuclei importanti di coesione sociale e culturale; nelle
città abbandonate dai funzionari imperiali, i vescovi si fecero carico dell’assistenza
degli abitanti e trattarono coi barbari.
I barbari si stanziarono prevalentemente in territori ristretti, intorno ai centri politici
e ai luoghi di difesa strategica, lasciando quasi disabitate le aree rurali ma anche
quelle urbane di minor interesse. I re erano innanzitutto capi militari eletti dagli
uomini armati riuniti in assemblea e godevano di una serie di poteri: punire,
confiscare ricchezze, comandare sugli abitanti, disporre del patrimonio dei territori
privi di padrone.
Mentre i romani continuarono a vivere secondo le regole del diritto romano, i
barbari conservarono le proprie consuetudini giuridiche, che privilegiavano la
personalità del diritto e verranno messe per iscritto solo nel momento in cui i vari
popoli cominciarono a stabilizzarsi. Col passare del tempo, le leggi barbariche
assunsero una validità territoriale.
I VANDALI
Le esperienze più durature dei vari regni furono dovute alla riuscita integrazione fra
le popolazioni barbariche e romane. La mancanza di questa caratteristica determinò
la debolezza del regno vandalo, sorto nell’Africa del nord. Essi si resero fautori di un
duro dominio militare, di un pesante sfruttamento economico e di una rigida
intolleranza religiosa, che alienarono loro l’appoggio delle popolazioni romane.
La conflittualità all’interno del regno offrì il pretesto all’imperatore Giustiniano per
intervenire militarmente nel 533, nel quadro del suo disegno di ripristino
dell’integrità territoriale dell’impero. Con una rapida campagna militare i bizantini
riconquistarono l’Africa nel 534 ponendo fine al regno vandalo.

I VISIGOTI
Qualche mese dopo il sacco di Roma, Alarico muore e viene sepolto in un fiume
della Calabria, il Busento. I visigoti superstiti conquistano la Spagna assieme ad
un’altra popolazione germanica, gli svevi; sorgerà quindi il regno visigoto che durerà
fino al momento in cui inizieranno le invasioni arabe, nel 711. La solidità del regno
visigoto si deve alla riuscita integrazione con le popolazioni romane.
Per riconciliare i rapporti coi romani, in un primo tempo, Onorio, imperatore
d’Occidente, fece sposare la sorella Galla Placidia con il re visigoto Ataulfo, che però
morirà poco dopo, nel 415.
Superata la fase delle guerre che consolidarono il regno nella penisola iberica, re
Leovigildo rinnovò l’apparato legislativo e spense gli ultimi focolai di ribellione. La
conversione al cristianesimo avviene con re Recaredo, nel 589.
La cooperazione tra le varie componenti del regno si espresse nei concili generali,
dal 633 aperti alla partecipazione dell’aristocrazia laica; essi si configuravano come
grandi assemblee del regno, le cui deliberazioni andavano ad integrare la
legislazione ordinaria. Al tempo di re Recesvindo, fra il 649 e il 672, venne
pubblicato un corpo di leggi, il Liber iudiciorum, valido per entrambe le popolazioni.
Tra VI e VII secolo, infine, si assistette ad una notevole fioritura culturale, di cui fu
massimo esponente il vescovo di Siviglia Isidoro, autore di una monumentale
enciclopedia dello scibile umano: le Etimologie.
GLI OSTROGOTI
In Italia, nella seconda metà del V secolo, formalmente esiste ancora l’Impero
Romano, ma gli imperatori sono figure molto deboli, spesso adolescenti, mentre il
vero potere lo hanno una serie di capi militari. Si arriva infatti al 476 quando
l’imperatore Romolo Augustolo, un adolescente, viene deposto da Odoacre, re degli
Eruli, il quale si fa incoronare re dell’Italia a Ravenna.
Chiaramente, Zenone, imperatore d’Oriente, non può accettare tutto questo, ma
non avendo truppe a sufficienza manda in Italia Teoderico coi suoi Ostrogoti. Dopo
un assedio di 3 anni, Teoderico nel 493 entra a Ravenna.
Teoderico fa una politica rispettosa nei confronti delle popolazioni romane, non si
presenta come conquistatore ma come inviato dell’imperatore d’Oriente. Essendo
analfabeta, si circonda di personaggi dell’aristocrazia romana cui affida loro incarichi
amministrativi e se ne serve anche per le comunicazioni scritte: tra questi figurano
Boezio, Cassiodoro e Simmaco. Viene quindi elogiato da tutti come promotore di
una civilitas, una civiltà: fa ricostruire strade, acquedotti, terme, palazzi.
Teoderico è ariano ma rispetta i cattolici, essendo la maggioranza della popolazione
romano-italica. Per oltre un ventennio, le cose sembrano dunque procedere bene.
Nel 518 sale al trono di Costantinopoli Giustino, il quale cambia la politica di
Zenone: egli comincia infatti una politica discriminatoria nei confronti degli ariani.
Teoderico comincia a sospettare che possa esserci una congiura per farlo fuori,
anche nei confronti degli intellettuali della classe romana di cui si era circondato,
soprattutto verso Boezio e Simmaco, i quali vengono condannati a morte per
tradimento.
Teoderico manda papa Giovanni I a Costantinopoli affinché convinca l’imperatore
bizantino a cambiare politica nei confronti degli ariani. Non essendo Teoderico
contento del risultato, il papa viene incarcerato. In ogni caso, Teoderico mantiene il
potere fino al 526.
Non si era verificata una fusione perfetta tra Ostrogoti e Romani poiché, anche
durante gli anni migliori del regno, permanevano due differenze:
- religiosa: gli Ostrogoti erano ariani e i Romani erano cattolici;
- giuridica: gli Ostrogoti seguivano la legge germanica e i Romani quella
romana.
Per la mentalità germanica è importante l’appartenenza: si viene giudicati dalla
legge del proprio popolo a prescindere dal luogo in cui si commetta l’illecito. Gli
Ostrogoti, inoltre, mantenevano un potere militare, mentre alcune cariche
amministrative e civili venivano affidate a uomini appartenenti all’élite romana.
Alla morte di Teoderico si generano due fazioni: una che vorrebbe ricucire i rapporti
con l’impero bizantino e una che preferisce rimanere indipendente e mantenere il
potere. Teoderico aveva lasciato una figlia, Amalasunta, la quale si scontrò col
partito ostrogoto intransigente e venne uccisa.
Nel frattempo era salito al potere bizantino Giustiniano, nel 527, che era deciso a
ripristinare l’unità dell’Impero Romano e cacciare i barbari: nel 535 manda le truppe,
guidate da Belisario, in Italia. La guerra dura ben 18 anni e, dato che Giustiniano non
si fida più di Belisario, prende il potere Narsete, che nel 553 riconquista l’Italia: sono
le guerre gotiche o greco-gotiche.

ANGLI E SASSONI
L’Impero Romano non aveva mai conquistato tutte le isole britanniche: in Inghilterra
era arrivato fino al vallo di Adriano, mentre Scozia e Irlanda non erano mai state
conquistate.
Tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, due popoli germanici, gli Angli e i Sassoni,
sconfiggono le popolazioni celtiche dell’Inghilterra: i Britanni (o Bretoni), i quali si
rifugiano in Cornovaglia e nella Britannia. Colui che narra della distruzione della
Britannia è Gildas.
Angli e Sassoni rimangono pagani fino al VII secolo, quando inizia la conversione al
cristianesimo. Inoltre, in Inghilterra non si arriva mai ad un regno unico, come
avviene invece in Italia (Teoderico), Spagna (Visigoti) e Francia (Franchi): si arriva
anche ad un numero di 7 piccoli regni, tant’è che diversi storici parlano di eptarchia
anglosassone. La storia degli Angli viene scritta da un monaco, Beda, durante l’VIII
secolo.
Gli irlandesi non erano stati conquistati dai Romani e si convertono al cristianesimo
attraverso i missionari, soprattutto grazie a san Patrizio, e non per via di una scelta
politica; sull’onda della conversione imparano anche il latino, al punto tale da
insegnarlo agli abitanti del continente europeo che lo avevano pesantemente
imbarbarito. Il cristianesimo irlandese è soprattutto monastico: viene teorizzata la
peregrinatio, che consiste nell’abbandonare la propria terra, in favore di un
pellegrinaggio, come forma penitenziale.

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