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FILOLOGIA ROMANZA:

Romania antiqua e romana nova:

l’insieme delle aree geografiche e delle culture in cui si parlano le lingue romanza si dice Romania o anche
dominio romanzo. In Europa corrisponde alle aree in cui si è parlato latino in età imperiale. Nella situazione
attuale si distinguono in Europa due aree geografiche separate; la prima va dall’atlantico fino al Friuli e la
riva italiana dell’adriatico, la continuità geografica di questo insieme di lingue si chiama Romania continua;
l’altra area è quella del romeno e comprende la Romania e la moldava.

Le lingue romanze si classificano in:

- Iberoromanze: portoghese, catalano e castigliano;


- Galloromanze: francese, francoprovenzale e occitano;
- Italoromanze: italiano e il sistema dei dialetti;
- Retoromanze: romancio, ladino e friulano;
- Balcanoromanze: romeno, dalmatico.

La Romania occidentale comprende: le lingue iberoromanze, galloromanze e le varietà italiane


settentrionali;

la Romania orientale: retoromanze, balcanoromanze e le varietà italiano centro-meridionali.

Con il nome di Romania perduta si designano l’insieme delle aree in cui il latino parlato è stato soppiantato
da altre lingue: l’Inghilterra; la fascia est del reno, svizzera e Austria, Slovenia, Bosnia-Erzegovina e Serbia
dove si parlano le lingue slave; la fascia occidentale dell’africa;

mentre la Romania nova comprende i territori colonizzati dagli europei a partire dalla scoperta
dell’America.

IL LATINO E I SOSTRATI:

si dicono sostrati, le lingue alle quali il latino si è sostituito. Ogni area dove è arrivato il dominio romano, fra
latino e la lingua del posto si è avuto un rapporto dapprima di bilinguismo, poi di diglossia e infine la lingua
del luogo è stata abbandonata.

Gli etruschi erano insediati in un’area che corrisponde all’attuale toscana e al nord del Lazio, e nel periodo
di maggior espansione anche nell’Appennino e nell’età leggendaria dei re hanno dominato anche Roma.
L’estruso è una lingua non indoeuropea al quale è stato attribuito il fenomeno fonetico della cosiddetta
gorgia toscana.

Una popolazione del Lazio, i sabini, è implicata nelle origini di Roma, il cui nucleo più antico sarebbe
risultato da una fusione tra i due popoli. Il sabino si è parlato sicuramente nella Roma arcaica, in
subordinazione al latino. È una lingua del gruppo delle lingue italiche, affine per molti aspetti al latino da cui
si è ben distinto.

Sulle coste dell’Italia meridionale e della Sicilia si parlava il greco; un’altra area greca è quella di Marsiglia,
fondata nel VI secolo A.C. il greco si parlava anche a Roma, era la lingua degli schiavi e dei liberti; gli
ambienti commerciali erano bilingui, e si parlava greco nel mondo dell’artigianato e dei mestieri. La cultura
romana, partire dal II sec, si svolge in stretto rapporto con quella greca; le classi colte erano bilingue e
mandavano i figli a studiare in Grecia. Il lessico intellettuale si modella sul greco, artefice di ciò: Cicerone.

Le lingue celtiche. Si parlava il gallico in Italia settentrionale, divenuta provincia della Gallia Cisalpino fra III e
II secolo, e nella Gallia Transalpina che corrisponde all’attuale Francia e parte del Belgio.
Il gallico è una lingua indoeuropea della famiglia del celtico, e fa parte del Celtico continentale, insieme con
la lingua celtibero (spagna nordorientale) e dei galati (asia minore). Le lingue del celtico continentale si
sono tutte estinte entro il 500 d.C. sono invece ancora parlate le lingue del celtico insulare che consta di
due gruppi: il gaelico cui appartengono l’irlandese, lo scozzese; e il britannico: il gallese e il bretone.
Quest’ultimo è la lingua della Bretagna, importato dalle popolazioni celtiche che emigrarono quando l’isola
fu invasa dagli angli e dai sassoni nel V secolo. Nel XII secolo la tradizione popolare espressa nelle lingue
celtiche ha giocato un ruolo importante nella narrativa francese.

Le lingue iberiche preromane. nonostante due secoli di resistenza la spagna fu profondamente


romanizzata. La documentazione delle lingue della penisola iberica è scarsissima e interpretabile con
difficoltà. Una di queste lingue si parla ancora oggi: il basco, lingua non indoeuropea, parlata nel Pais Vasco,
nella Navarra e nell’estremo sudovest della Francia.

Il ruolo del cristianesimo.

Un ruolo fondamentale di innovazione della lingua ha avuto il cristianesimo, nonostante le ripetute


persecuzioni, dalla prima di Nerone (64) all’ultima di Diocleziano.

L’editto di Milano di Costantino nel 313 rende lecita la religione cristiana e l’imperatore assume il ruolo di
capo della Chiesa; con l’editto di Tessalonica emanato da Teodosia nel 380, il cristianesimo diventa religione
ufficiale dell’Impero. È importante negli autori cristiani l’orientamento nello stile della cultural che deve
essere accessibile agli ignoranti.

La dottrina cristiana, in forma radicale, poteva cancellare la letteratura pagana e la cultura greco-romana. E
in effetti i padri antichi della chiesi sostenevano quest’idea. Ma per fortuna prevalse il fronte opposto che
prevede la conservazione della tradizione antica e al servizio della nuova cultura cristiana e nei limiti in cui
le fosse utile: sant’Agostino.

Frammentazione dell’Impero Romano e il superstrato germanico:

dal III secolo, l’impero è attraversato da crisi economiche e sociali sempre più gravi. Le contese tra
pretendenti al titolo imperiale tendono a creare aree di potere distinti. Nel 326-330, Costantino trasferisce
la capitale a Costantinopoli. Alla morte di Teodosio l’impero è definitivamente diviso in due parti. Dalla fine
del V secolo l’impero d’occidente è travolto dalle invasioni germaniche.

Nella seconda metà del III secolo, gli alemanni invadono l’area dell’attuale Baden-Württemberg, nella
Germania meridionale. Nel 358 i franchi invasero la Gallia belgica. Nl 375 i visigoti, sotto pressione degli
unni, si muovono verso l’occidente arrivando a saccheggiare Roma nel 410.

I movimenti di popoli che avvengono portano alla frammentazione dell’impero in una serie di regni
romano-germanici. Nel 476 l’ultimo imperatore Romolo Augustolo fu deposto da Odoacre, re degli eruli e
l’impero cadde definitivamente.

Fra il 488 e il 493 conquista stano l’Italia gli ostrogoti, guidati da Teodorico, legittimata dall’imperatore
d’oriente con il quale Odoacre era entrato in conflitto.

Nel 486, sotto il re Clodoveo, i franchi conquistarono con la battaglia di Soissons, l’area fra le somme e la
Loria. I visigoti costituirono un regno in spagna che sarebbe durato fino all’invasione araba nel 711. Nel 568
i longobardi invasero l’Italia.

Con un concetto parallelo a quello di sostrato, le lingue germaniche si dicono lingue di superstrato, cioè
lingue che si sono sovrapposte al latino ma che alla fine sono state anch’esse abbandonate. La conversione
al cattolicesimo di questi popoli favorì la fusione tra i due popoli e l’affermazione del latino.
Il re dei franchi Clodoveo si convertì per avere l’appoggio della chiesa; Recando, re dei visigoti si convertì
insieme al suo popolo; più lungo fu il processo di conversione dei longobardi.

L’influsso arabo. Nel 711 gli arabi conquistarono la penisola iberica, la loro espansione era cominciata
subito dopo la morte di Maometto nel 632.

Gli arabi entrarono profondamente in Francia ma furono fermati a Poitiers nel 732 da Carlo Martello. La
Sicilia fu oggetto di incursioni arabe e conquistata nel 827; restò araba fino alla conquista normanna nel
1091.

Un momento decisivo è la battaglia di Las Navas de Tolosa vinta da Alfonso VIII di Castiglia nel 1212, dopo la
quale il dominio arabo declinò irreversibilmente.

L’influsso dell’arabo si esercita sul lessico: numerose parole arabe sono passate alle lingue romanze.
Altrettanto importante è il canale dell’alta cultura: si ricorderanno le corti di Alfonso X il Saggio e di
Federico II di Svevia.

Le origini della lingua romanza.

nei secoli dal V al VIII si compie la progressiva trasformazione delle diverse forme di latino parlato nelle
diverse lingue romanze che emergono nella documentazione a partire dall’ XI secoli.

La lingua scritta resta il latino che si insegna nelle scuole ecclesiastiche. In un contesto modesto questo
latino subisce le interferenze del parlato. Nel Vi secolo si nota nella franchia del Nord una crescente
confusione grammaticale e nella grafia. In Italia e nella spagna visigota e nella franchia meridionale il latino
scritto è negli stessi secoli relativamente più stabile perché la cultura latina è rimasta meglio conservata.

La riforma carolingia:

una svolta fondamentale nella storia del latino medievale che ha ripercussioni su quella delle lingue
romanze, si ha alla fine del secolo VIII grazie alla politica di Carlo Magna. Va ricordato che i re franchi
rivendicavano a sé l’autorità religiosa. Proseguendo le iniziative già avviate da Pepino il breve, Carlo svolge
rigorosamente un programma di riforma della disciplina ecclesiastica e della scuola che serve non solo a
scopi religiosi ma anche alla formazione di funzionari all’altezza delle necessità del regno. A realizzarlo sono
chiamati i migliori intellettuali dell’epoca da regioni in cui una tradizione latina era rimasta più viva. La
presenza e la collaborazione di questi fa della corte di carlo magno un centro culturale vivacissimo, e
produce una vera rinascita delle lettere, molto al di la dello scopo politico e religioso dichiarato. È quella
che si dice rinascita carolingia.

Il primo documento scritto dal quale risulta una distinzione netta fra latino dalle persone istruite e la lingua
del popolo è negli atti del concilio di tours nel 813 dove i preti furono invitati a predicare in lingua romanza.

Meno di 30 anni dopo è redatto il più antico testo in una lingua romanza coscientemente scritto e
conservato come tale, le formule di giuramento note come Giuramenti di Strasburgo. Si stratta della
cronaca che nitardo, nipote di carlo magno, scrisse su richiesta di carlo il calvo per narrare le contese che
opposero i figli di Ludovico il Pio, figlio e successore di Carlo Magno, cioè lo stesso carlo il calvo, Ludovico il
germanico e Lotario. I tre successori si accordarono il 10 agosto del 843 a Verdun dividendosi l’impero: a
carlo il calvo fu affidata la parte francese; a Ludovico la parte tedesca; a Lotario la fascia intermedia che da
lui si chiamò Lotaringia.

Coalizzati contro il fratello, carlo il calvo e Ludovico si incontrarono il 14 febbraio 842 a Strasburgo con i loro
soldati come testimoni. I soldati di Ludovico sono di lingua germanica, quelli di carlo di lingua romanza. I
due capi pronunciarono pubblicamente il giuramento nella lingua ognuno dei soldati dell’altro: Ludovico
per primo in quella che nitardo definisce lingua romana e carlo ripete la stessa formula in lingua teudisca.
CLASSIFICAZIONE DELLE LINGUE:

Le lingue iberoromanze.

Il portoghese: è la lingua ufficiale del Portogallo, brasile, dell’Angola, del monzanbico, della Guinea-
Bissau, di Capo Verde, di slotone e principe e di timor-est.

Il portoghese antico ha origine nell’area nord-occidentale della penisola iberica, in Galizia e nella contea di
portogallo, costituita con la prima riconquista da parte del regno di Leon. Nel 1143 il re di Castiglia e leon
Alfonso VII riconobbe re del portogallo Alfonso I Henrique, che ampliò considerevolmente il regno verso
sud.

Le parlate medievali della Galizia e del portogallo costituiscono un insieme omogeno sul quale si forma la
lingua letterario, oggi detto gallego-portoghese. Questa è la particolare lingua della poesia lirica di tutta la
penisola iberica.

Intorno alla metà del ‘300, il portoghese si sviluppa sulla base delle parlate centro-meridionali, con una
forte evoluzione fonetica che lo rende, per questo aspetto, decisamente diverso dal galego. Con l’era
dell’espansione dei commerci oltremare e della colonizzazione di regioni extraeuropee, cominciato nel ‘400
in Africa e dalla fine del secolo verso l’America, il portoghese s’impianta in altri paesi: il più importante di
tutti è il Brasile.

Il galego: è la lingua ufficiale della comunità autonoma della Galizia. La sua storia alle origini è
corrispondente a quella del portoghese. La subordinazione alla Castiglia fece però si che il castigliano del
secolo XV si imponesse sul galego come lingua del potere e nell’uso colto e letterario. Nel ‘800 i movimenti
di rinascita del galego a lingua sono parte, nel contesto europeo, dell’affermarsi delle ideologie nazionali,
per la quale la lingua è l’elemento di identità di un popolo. La promozione del galego da parte degli
intellettuali andò incontro alla repressione del franchismo (1937-1975), ostile a tutte le autonomie.

Lo spagnolo (castigliano): è la lingua ufficiale del regno di spagna e, nelle due Americhe, di tutti i paesi dal
Messico fino all’argentino e al Cile, escluso il brasile, e inclusi nei caraibi la repubblica dominicano e Puerto
rico. In africa è una delle lingue ufficiali in Guinea equatoriale. In asia è parlato da una minoranza nelle
filippine. Lo spagnolo è anche detto castigliani per via della sua origine. È infatti la lingua dell’antica contea
di Castiglia che divenuta regno ha avuto il ruolo maggiore nella riconquista.

Il catalano: è la lingua ufficiale della comunità autonoma della catalogna e della repubblica di Andorra; si
parla in parte dell’Aragona e nel Rossiglione, nelle isole Baleari e nella comunità valenciana.

Fin dall’inizio del secolo XIII la politica dei conti di Barcellona che erano re d’Aragona e conti di Provenza fu
rivolta alla francia meridionale. Ha a che fare con questo, oltre alla somiglianza della lingua, il fatto che la
poesia lirica catalana del XII-XIII secolo è in provenzale.

Nel sec XIII comincia l’espansione della corona d’Aragona e del catalano nel mediterraneo; gli aragonesi-
catalani conquistarono la Sicilia, la Sardegna e Napoli. Nel 1707-1716, l’Aragona e la catalogna furono
annesse alla Castiglia, il castigliano dichiarato lingua ufficiale e il catalano ridotto a dialetto.

Nel clima romantico e nazionalistici del primo ‘800 gli intellettuali catalani promuovevano la ripresa della
lingua nella letteratura e la produzione di studi linguistici che ne permettevano la standardizzazione.
Represso dal franchismo il catalano ha ripreso vigore con il ritorno della democrazia.

Le lingue galloromanze.

L’ occitano è parlato nella francia meridionale in un’area a sud di una linea che partendo da Bordeaux
aggira a nord del massiccio centrale e raggiunge le alpi passando a sud di Lione e Grenoble. In Italia si parla
in alcune province di Torino e cuneo e a guardia piemontese in Calabria. Il confine occitano (lingua d’oc) e
francese (lingua d’oil) nel medioevo era più settentrionale. Nel medioevo entro il sistema delle varietà
occitaniche si è formata una lingua letteraria chiamata in Italia, ma non solo, provenzale, nonostante
l’imprecisione del riferimento alla sola Provenza; con una letteratura d’importanza europea, al centro della
quale è la poesia dei trovatori. Le vicende storiche del midi francese sono segnate dalla progressiva
egemonia del regno di francia. L’occitano è rimasto rapidamente confinato allo stato di un insieme di
dialetti, tanto più dopo l’editto di Viller-cotteres di francesco I (1539) che sanciva l’uso pubblico del
francese. È dell’800 il movimento di ripresa dell’occitano dagli studi di Reynouard al felibridge di mistral.

Il francese è la lingua ufficiale della Francia, del Belgio vallone, della svizzera romanda, del Québec e di
Haiti; è ancora parlato nelle ex colonie d’Africa.

Il normanno è la lingua della regione in cui si stanziarono i normanni, di lingua germanica del gruppo
scandinavo; nel 911 l’insediamento normanno in franchia fu riconosciuto da ciarlo il semplice e
successivamente divenuto ducato di Normandia. Nel XI secolo i normanni erano completamente
francesizzati.

Chanson de Roland:

al centro della chanson de Roland è la distruzione della retroguardia dei franchi a Roncisvalle da parte dei
musulmani di spagna, che avvenne, seconda la Vita Károly, ad opera dei baschi al ritorno di una campagna
del 778. Nel poema si è invece alla fine di una guerra di sette anni con ciarlo magno ha conquistato tutta la
spagna, tranne Saragozza, e la disfatta è per colpa di un tradimento.

A capo dell’ambasciata da inviare al re Marsilio, che ha proposto la pace, rollando propone Gano.
Mortalmente offeso, gano si accorda con Marsilio e fa si che sia Rolando a condurre la retroguardia. Sulla
via del ritorno la retroguardia è attaccata da forza schiaccianti ma Rolando rifiuta di suonare il corno e
avvertire carlo magno. Lo suono quando sono tutti morti. Rolando muore e gli angeli scendono dal cielo per
prendere la sua anima. Carlo ritorna e insegue i mori e il sole si ferma fin quando non li raggiungerà e li
sterminerà tutti. Ritornato carlo ad Aquisgrana, gano viene processato. Il suo campione sconfitto e gano
viene squartato da quattro cavalli.

Il fatto che Gano sia stato presentato come un traditore deriva dalla lettura ideologiche della chanson de
roland. Si tende infatti ad omettere che carlo regnasse su un esercito costituito anche da germani. Si
descrive gani (un germano) come traditore perché ci troviamo negli anni della costruzione delle identità
nazionali. Ma se la chanson de roland fosse stata letta senza sovra interpretazioni ci si renderebbe conto
che in realtà Gano è un pacifista strategico che consiglia di non ascoltare roland che era contro la pace.
Roland voleva continuare la guerra contro Marsilio. Il fatto di rappresentare gano come un traditore è in
realtà una forzatura. Gano è un uomo saggio, è sicuramente più ascoltato e autorevole di Roland. E proprio
per questa ragione che la mossa di Roland di proporre gano come ambasciatore è da considerarsi una
mossa meschina. Inoltre, quando ormai gano non può più rifiutarsi perché ne vale del suo orgoglio, minacia
pubblicamente roland che gliel’avrebbe fatta pagare. La visione di gano come traditore è difficile da
abbattere perché radicata nel periodo della costruzione delle identità nazionali, di conseguenza era
importante che fosse proprio lui il traditore.

I trovatori:

la lirica dei trovatori occitani nasce in Provenza intorno al XI secolo in un contesto di piccole corti. La
Provenza era un territorio molto frammentata in materia di proprietà feudali. Gran parte delle produzioni
dei trovatori si collega strettamente alle modalità di rappresentazione dell’Eros: la poesia occitana fonda
l’idea dell’amore come servizio e omaggio. Questo modello su cui costruire un rapporto tra uomo e donna
attraversa l’occidente e arriva fino alla modernità- non a caso si usa il verbo “corteggiare” -, conquistare
una donna attraverso un’azione che ha le sue radici nell’amore Courtois. Omaggio e servizio sono le parole
chiave della lirica occitanica: la donna è una creatura superiore ed è una creatura a cui l’uom può
avvicinarsi conoscendo e predicando alcune regole.

La letteratura occitanica non è un corpo monolitico, essa infatti è fatta da poeti diversi che hanno un modo
diverso di rappresentare l’amore. Ne consegue che vi siano diversi approcci alla tematica amorosa: si va
dall’amore carnale e passionale a quello idealizzato.

Il primo e anche più noto trovatore è Guglielmo d’Aquitania il cui pezzo più celebre è “di del gat ros”:
questo componimento racconta in prima persona un aneddoto erotico vissuto dall’autore stesso, il quale
travestendosi da pellegrino incontrò le mogli di due suoi vasali che non riconoscendolo e crendolo muto, lo
raggirano per convincerlo ad accettare la loro ospitalità e a coinvolgerlo ad un “triangolo amoroso”. La sua
rappresentazione carnale dell’amore è a poco a poco resa esplicita.

CHRETIEN DE TROYES:
nel Cligès, chretien narra una storia in ambientazione greca, nel gusto dei romanzi antichi, e la lega alla
materia arturiana. Ricco di analisi psicologiche, di discussioni di casistica amorosa, di monologhi, cligés è
condotta in contrappunto esplicito con la storia di Tristano e Isotta.

Per non essere come Isotta, Fenice, innamorata di Cligés, nipote del marito Alis, imperatore di Grecia, fa
bere al marito una pozione che gli fa credere di averla ma in relatà è tutto un sogno. Non vuole fuggire in
Inghilterra con Cligés perché non si parla di loro come Tristano e Isotta e un’altra pozione provoca la sua
morte apparente grazie alla quale si sottrae ad alis e può vivere in una torre con Cligés. Quando i due
amanti vengono scoperti e fuggono a cercare l’aiuto di Artù, alis muore di rabbia. Cligès sale al trono e
sposa Fenice.

È ricordando questa storia, conclude l’autore, che gli imperatori di Costantinopoli tengono le mogli chiuse e
sorvegliate da castrati.

IL CHEVALIER DE LA CHARRETTE (LANCILOT): è il primo romanzo noto in cui si parla dell’amore di Lancilotto
e Ginevra.

Impegnato sulla ricerca della regina rapita nel paese di Gorre, da cui nessuno ritorna, dove sono prigionieri
degli uomini di Artùm Lancilotto accetta per amore di salire nella carretta dei condannati. Supera tutte le
prove e affronte il rapinatore Maleagat, figlio del re Bademangu, il quale interrompe il duello, rinviandolo
ad un anno. Ginevra respinge Lancilotto ma si dispera quando lo crede morto, gli dice di averlo respinto
perché aveva tentennato nel salire la carretta. Lancilotto, però, è ferito e Maleagat accusa il siniscalco Keu,
che giace accanto ferito, di essere stato con la regina. Lancilotto combatte come campione di Ginevra
contro Malegat giurando che Keu è innocente. Anche questo duello è interrotto. Nel seguito, lancilotto è
rapito dal suo nemico e riesce a convincere la moglie del siniscalco che lo sorveglia di partecipare al torneo
di Nouez. Ginevra, sospettando chi sia gli manda a dire di combattere per il peggio. Lui si copre di vergogna
fin quando non riceve l’invito di combratter al meglio e mostra tutto il suo valore. Quando ritorna in
prigionia, Maleagat lo fa chiudere in una torre e va da Artù poiché pretende il duello. La sorella di Maleagat
parte in cerca di Lancilotto, lo trova e lo libera. Lancilotto sconfigge di nuovo Maleagat e gli taglia la testa.

IL CONTE DU GRAAL (PERCEVAL): è il primo romanzo nel quale compare il graal, è rimasto incompiuto,
probabilmente a causa della morte dell’autore.

Perceval è un ragazzo cresciuto dalla madre in una foresta perché non perisce come il pdre e i fratelli
cavalieri. Non conosce neanche il suo nome. Vede dei cavalieri che gli paiono angeli e vuole farsi cavaliere
di artù, non curandosi della madre che si accascia alla sua partenza. Trova una damigella in una tenda, e
fraintendendo i consigli della madre, la bacia con forza e le ruba l’anello. Ad artù chiede le armi del
cavaliere vermiglio che Keu concede per prendersi gioco di lui, e lui se le prende uccidendo il cavaliere con
un cikpo di giavelotto nell’occhio. Giunge il castello di Gornement che gli insegna come combattere e come
comportarsi. Riparte per sapere che ne è stato della madre e giunge nel castello del re Pescatore, invalido
per una ferita all’inguine. Assiste ad una processione in cui vede un valletto che porta una lancia che
sanguina e una damigella che porta un graal. Memore degli insegnamenti di Goverment, non pone alcuna
domanda. Il giorno successivo non c’è nessuno al castello. Incontra una damigella che si rivela sua cugina, la
quale gli chiede quale sia il suo nome. Lui lo “indovina” e lei gli confessa della morte della madre a causa
della sua partenza.

Pervebal ritrova poi la damigella della tenda, lacera su un ronzino per punizione per mano dell’Orgoglioso
della Landa che Perceval sconfigge e lo mando a farsi prigioniero di Artù, il wuale decide di muovere la
corte fin quando non troverà perceval. Dopo una nevicata notturna, perceval in vista dell’accampamento,
cade in contemplazione di tre goccie di sangue, lasciate da un’oca che è stata ferita da un’aquila, perché gli
ricordano i colori dell’amata Blancheflor.

Senza riconoscerlo, vanno incontro a lui, per condurlo dal re, Sanglemor e Keu, che ignorati lo assalgono ma
perceval li abbatte. Si fa condurre a corte da galvano. Da questo momento si seguono le avventure di
Galvano. Quando si ritorna a Perceval sono passati cinque anni dove lui si è scordato di dio. È Venerdì Santo
e una processione di penitenti lo convince ad andare dall’eremita con la quale si confessa e si pente. Il graal
viene portato al padre del re pescatore, il quale si rivela essere il fratello della madre di perceval e
dell’eremita stesso.

Il romanzo ritorna alle avventure di Galvano e poi si interrompe.

LE ROMAN DE LA ROSE si attribuisce a jean Renard e a Guillome de Lorris.

è la storia di un sogno: l’amante sogna di svegliarsi e d’entrare, grazie alla Bella Oziosa, in un giardino
cintato, dove vede Piacere e il Dio dell’Amore e una compagna di persona danzanti che gli paiono angeli.
Nella fontana di Narciso vede riflesso, fra i roseti, un boccio di rosa: qui lo colpisce il dio dell’amore e da qui
in poi la sua unica volontà è di baciare la rosa. Lo aiutano un giovinetto, Bel Accuiel, Franchezza e Pietà; lo
contrastano Rifiuto, Vergogna e Paura. Tenta di dissuaderlo Ragione, gli da buoni consigli Amico. Quanto
tenta di baciare la rosa, la sua fortuna gira: Malabocca diffonde la notizia e Gelosia chiude Bella Accoglienza
sotto sorveglianza di una Vecchia in una torre, davanti alla quale l’Amante si dispera. Qui il racconto si
interrompe.

LETTERATURA IBERICA:

nella seconda metà del XII secolo, la poesia romanza fiorisce in Catlogna in provenzale con autori catalani.
Nelle corti di castiglie e del portogallo sono molto probabilmente già attivi negli ultimi decenni del sec. XII i
primi trovatori gallego-portoghesi. L’importanza europea della cultura castigliana è nelle traduzioni in latino
dei testi arabi. Toledo era già un centro culturale quando era la capitale del regno dei visigoti e durante la
dominazione araba vi si era raccolto un importante patrimonio librario.

Dell’antica epica castigliana resta quasi integro solo il poema del Cid datato 1207. L’eroe del poema è un
personaggio storico Rodrigo Diaz de Vivar, esiliato da Alfonso VI dal 1081 al 1087 e combatte a servizio
dell’emiro di Saragozza (Cid-signore in denominazione araba); nuovamente esiliato, conquista Valenza che
fu ripresa dai musulmani nel 1102. Una figlia di Rodrigo sposò Raimondo Berengario III di Barcellona.

Il poema narra le imprese militari del Cid e una vicenda privata non documentabile: il matrimonio delle
figlie con gli infanti di Carrion, l’oltraggio che ne subiscono e la giustizia ottenuta presso il re.

Esiliato il Cid esce da Vivar con il nipote Alvar Fanez e non è accolto a Burgos per timore del re. Si procura
denaro che gli serve dando in pegno a due ebrei per in prestito due forzieri pieni di sabbia, da non aprire
per un anno. Affida moglie e figlie all’abbate di San Pedro de Canteno e passa in terra musulmana. Prende
Castejon, poi Alcocer e distrugge l’esercito venuto da Siviglia. Accumulato denaro sempre più grande, invia i
doni al re che continua a non perdonarlo. Estende le conquiste sempre con grandi razzie, giungendo a
scontrarsi con il conte di Barcellona che è sconfitto e fatto prigioniero. Il Cid conquista Valencia e sconfigge
il re di Siviglia. Alvar fenex portando al re i doni, ottiene che la moglie e le figlie si ricongiungano con il cid.il
re del marocco assale valenza; nuova vittoria, nuovi guadagni e nuovi doni da portare al re. Gli infanti di
carrion vogliono sposare le figlie del Cid, il re appoggia; incontra il Cid e lo perdona. Il Cid accetta il
matrimonio controvoglia. Gli infanti si disonorano quando un leone fugge dalla gabbia e in battaglia.
Scherniti, partono per Carrion con la moglie e vengono ospitati da un castellano che tramano di uccidere e
derubare. Vengono scoperti e cacciati e nel querceto di Corpas, feriscono e frustano le mogli. Il Cid non
vuole farsi giustizia da solo e lo chiede al re che convoca le cortes a Toledo. Il torto degli infanti, che si
giustificano dicendo che la moglie non erano adatte a stare con uomini dell’alta nobiltà, è dimostrati bek
dibattito e poi in un duello giudiziario; gli infanti ne escono sconfitti e le flie del Cid sposano gli infanti di
Navarra e d’Aragona.

LA FILOLOGIA A SERVIZIO DELLE NAZIONI:

la moderna filologia è indubbiamente un’invenzione tedesca, databile tra il 1770 e il 1810. Schlegel
raccoglie degli appunti sotto il titolo di Zur Philology e rappresenta la prima apparizione del termine
“filologia”.

È dunque in Germania che il termine acquista un nuovo significato rispetto a quello degli ambiti della
filologia classica e filologia umanistica

Quella che nasce in Germania è una nuova concezione della filologia, che diremmo universalistica, che per
la prima volta parte dalla riflessione del linguaggio e manifesta un interesse insieme e indissolubilmente
storico-documentario; linguistico-grammaticale; linguistico-filosofico e editoriale nei confronti dei prodotti
di una determinata cultura.

Nell’ambito dei seminari tedeschi la filologa è una scienza universale del discorso che sta alla base di tutte
le scienze, anche quelle naturali, e mira ad essere la scienza dell’interpretazione del testo, di ogni forma di
testo.

Il filologo, in questo modello, è un tuttologo del passato e proprio in questa tuttologia sta la sua forza, il suo
approccio totalizzante allo studio razionale delle civiltà storiche attraverso i loro prodotti linguistici e
testuali.

Negli anni che vanno tra il 1770 e 1810, dunque, tra il consolidamento del quadro politico tedesco e
l’apogeo dell’età napoleonica, in un momento storico segnato dalla modernizzazione si vari principati
tedeschi, la filologia si istituzionalizza, acquista centralità pedagogica nei curricola scolastici e universitari,
forma attorno a sé un ceto di professionisti della materia.

L’università moderna è, in questa chiave, un’invenzione tedesca nel quale la filologia è al servizio del
progetto educativo di formare un nuovo ceto moderno di funzionari e burocrati adatti alle crescenti
funzioni dell’amministrazione degli stati.

L’evoluzione dei singoli stati-nazione in direzione agonista e competitiva avrà presto bisogno di una
disciplina che si presti alla definizione di strumenti identitari. Queste pulsioni statal-nazionali, collegate al
problema della costruzione delle identità nazionali, riducono l’ambizione originaria della filologia di
configurarsi come un’ermeutica testuale generale per ridursi piuttosto a scienza particolare e specialistica.

Agli stati servono le filologie nazionali. Non è un caso che la prima filolfia nazionale sia quella germanica. A
partire dal 1831 la filologia germanica diventa materia d’esame per coloro che aspirano all’insegnamento
nelle scuole secondarie di Prussia e Hannover.
Le filologie nazionali, e con esse anche la romanza, nascono in una fase storica di Nation-building, di
definizione delle identità nazionali e di competizione tra stati. Talvolta si riscontra persione un nesso tra
nascita della filologia e umiliazione nazionale. È in assenza di solide radici identitarie che si attribuiscono le
sciagure politiche e militari, quando si verificano, e da questo trauma collettivo parte l’esigenza di fondare
una filologia nazionale.

È da questo trauma che prende impulso la filologia dei fratelli Grimm, per la rinascita della Germania, e in
particolare della Prussia dopo l’umiliazione napoleonica; ed è questo trauma che si ritrova in franchia dopo
la catastrofe della guerra del 1870-71 contro la Germania; nell’Italia dei risorgimento e dell’unificazione che
si trova divisa in un’aera settentrionale celtica e la parte meridionale latina-greca-araba; nella Spagna dopo
il disastro della perdita di cuba, di Puerto ricco e delle filippine.

In cosa consiste l’umiliazione nazionale? Nel fatto che dopo aver vinto la guerra del 1870, aver firmato la
pace sotto l’arco di trionfo e proclamato il II impero tedesco nella sala degli specchi di Versailles che
rappresenta tutta la grandezza della franchia assolutista e napoleonica, i tedeschi stavano umiliando i
francesi anche in ambito culturale pubblicandone i monumenti della lingua e della letteratura, i testi della
coscienza naturale. Nulla meglio di Paris rappresenta lo stato d’animo di rimpianto, umiliazione e spirito di
competizione nei confronti di coloro che stavano mettendo le mani sul patrimonio identitario francese.

La Francia, constata Paris, è in una situazione di arretratezza assoluta nei confronti della Germania. Il
divario tra che due nazioni è formidabile soprattutto nell’ambito del provenzale. I tedeschi ne hanno
massima considerazione all’interno dello studio comparato delle lingue romanza, considerandolo
l’equivalente del gotico per le lingue germaniche. Fino al 1870 l’interesse francese è scarso.

La nascita della provenzalista è dunque l’effetto di un grande fenomeno che si è avverato con l’ecclissi
dell’impero napoleonico e che si completerà con l’invasione tedesca nel 1870. La grande potenza francese
che ha dominato politicamente e militarmente l’Europa nei secoli XVI-XVIII, sta cedendo il passo a una
nuova emergente potenza continentale e sta perdendo anche il predominio che deteneva in molti campi
della cultura e delle scienze.

Dopo la disfatta della guerra del 1870 parte la reazione o il tentativo di reazione francese. Si finanzia la
cultura come si finanzia la guerra. La nuova rivista Romania è agonistica sin dal titolo, che imita la Germani
d’oltre reno, e la sua fondazione germina dal disastro della nazione. Scrive il suo fondatore Paris che le
sciagure della franchia sono state provocate dalla brusca rottura con tradizioni del passato, dalla ignoranza
dei francesi per la loro storia culturale morale.

Ma non sono solo gli anni della guerra franco-prussiana. In questo periodo storica la Francia conquista
l’Algeria. L’occitanista Mary-Lafon presenta Carlo Magno e il saraceno convertito Fierabras come figure
esemplari da proporre al mondo arabo, e in particolare la scena in cui Fiebras si inginocchia davanti Carlo
Magno per convertirsi al cattolicesimo così come bella realtà storica Abd-el-Kader, maggiore esponente
della resistenza algerina, si inginocchiò a Napoleone.

In questo contesto che vede la guerra franco-prussiana e l’invasione dell’Algeria non c’è tempo per fare una
sofisticata distinzione tra vendetta e tradimento. Ci risulta difficile pensare di Gano, nella Chanson di
Roland, come un Giuda e Roland come martire della fede. L’ideologia nazionale francese ha modellato
l’immagine di Gano, un ostrogoto, come traditore perché ovviamente le conveniva.

Ciò che accade tra filologia tedesca e francese accade anche nell’ambito dei rapporti tra tedeschi e inglesi. I
tedeschi considerano la fillodia inglese una loro pertinenza, la finanziano e fondano cattedre, inviando
filologi per trovare delle documentazioni da analizzare. L’Inghilterra reagisce cercando di resistere ma senza
riuscirci, la Germania trionfa.
Meno drammatica è il rapporto franco-inglese. Paris pone il problema con una recensione al poema
Riccardo cuore di leone che è animato da finalità patriottiche, fanatiche e antifrancesi quando in realtà
riccardo cuore di leone è più francese che inglese, sia di nascita che di cultura.

Nel 1872 veniva chiamato a Strasburgo il giovane germanista Scheler, considerato il filologo più
promettente della nuova generazione. Gli fu affidata una cattedra a Strasburgo con lo scopo di impiantare
una vetrina del migliore germanismo, sia antico che moderno. Scherer avrebbe dovuto instaurare, nella
alsazia-lorena, una tradizione neo-germanica, tramite la raccolta e lo studio di canti tradizionali e memorie
ancestrali che enfatizzassero l’appartenenza tedesca della regione.

I tedeschi studiano la cultura occitanica con lo scopo di enfatizzare il particolarismo storico della Francia del
sud. In altre parole, per spezzare la Francia in due. Che la valorizzazione della lingua occitanica abbia un
profondo potere politico lo dimostrò una manovra elaborata dai filologi romanzi tedeschi in favore
all’attribuzione del premio Nobel all’occitano Mistral. Il conferimento del premio avvenne nel 1904 ma le
operazioni iniziarono tempo prima senza alcun coinvolgimento del premiato. L’interesse filo lofio per il
provenzale, la rinascita contemporanea della sua letteratura vanno al pari passo con la speranza germanica
di riuscire a minare il centralismo francese, spingendo la nazione verso il separatismo.

Se Francia e Germania sono divise dalla questione dell’al sazie e della Lorena, l’impero asburgico e l’Italia lo
sono sulla questione di Trento e Trieste.

Nel 1866 gli austriaci inaugurarono una politica di germanizzazione del territorio attraverso la presenza
capillare di pubblica amministrazione, giustizia, scuola e stampa; dal lato italiano si moltiplica la fondazione
di associazioni irredentiste. Risale questo periodo l’opera di Bolognini, militante garibaldino, irredentista
appassionato, fondatore nel 1872 della Società degli Alpinisti del Trentino in contrapposizione con il
Alpenverein austriaco. Fra i prosecutori dell’opera di bolognini, zenatti occupa un posto di rilievo sotto il
profilo scientifico. L’attenzione di zematti è rivolta al trentino meridionale, il quale rimarca
incessantementente l’italianità, testimoniata da canti popolari che vennero raccolti in un’opera, tuttavia,
incompiuta. La pubblicazione del corpus viene perfezionata da un’allieva di zanetti, anna pasetti che ne
prosegue l’opera in un volume anch’esso intitolato Canti popolari trentino. L’attenzione della Pasetti si
sposta anche verso il problema del ladino di cui gli austriaci sottolineavano l’alloglossia anche rispetto le
varietà italoromanze. Tuttavia, conquistate le terre irredente, le operazioni identitarie non avranno più
alcun significato. Qui e più che mai la filologia è proseguimento di una guerra con altri mezzi.

Nel periodo antecedente la Seconda guerra mondiale, nei totalitari, Germania e Italia, naturalmente il
servizio della filologia all’ideologia è pressoché incondizionato. Il filologo è creatore di identità e questo
giustifica la sua esistenza nei ruoli del pubblico insegnamento e della ricerca.

IL PARADIGMA DI CURTIS:

sulle macerie dei nazionalismi si apre un nuovo paradigma che prende il nome di Curtis.

Curtis nasce al confine tra due mondi, il germanico e il latino, nell’Alsazia da poco conquistata dal II impero
tedesco. Combatte per la Germania e per la Germania viene ferito. Pur nella fedeltà alla patria, curtis è un
cosmopolita: ama la cultura francese e nel gusto universalista di Goethe, la Weltliteratur. È convinto della
necessità di una riconciliazione franco-tedesca.

Essere un francesista in Germania lo rende sospetto e viene trattato con diffidenza dai suoi colleghi
universitari.

Un libro del 1932 parrebbe mostrare Curtis in una veste meno luminosa e antidemocratica. In realtà quella
di curtis è un’antipatia verso quello che le democrazie sociali possano portare, quello che oggi chiameremo
populismo.
Donà, nel tentativo di decostruzione del mito di Curtis, afferma che egli era un antibolscevico filofascista. In
una famosa lettera curtis si auto-descrive quale conservatore e liberale e Donà accetta questa definizione.
Nessuno meglio dei nazisti s’accorge che il bersaglio di curtis è il rischio del degrado intellettuale indotto
dalla democrazia di massa. Altrattento assurdo è accusare curtis di non essersi schierato pubblicamente
contro gli hitleriani.

Una lettera di curtis al suo allievi italianista gass sgombera ogni equivoco sulle eventuali simpatie fascite.

Quando curtis parla di Roma non parla della Roma di mussolini ma della Roma di augusto, della Roma dei
papi della Roma rinascimentale, univerale, non alla provinciale Italia fascista.

Sulle macerie dei nazionalisti, l’opera del dopoguerra Europeische literatur und Lateinisches Mittelalter,
curtis è a conoscenza di aver proposto un paradigma diverso rispetto a quello sino ad allora dominante,
quello delle filologie nazionali.

È sbagliato, infatti, affermare che le filologie romanze siano comparatiste sin dalla nascita. Gli unici veri
comparatisti erano piuttosto gli orientalisti, che sono anche i primi internazionalisti. Sono gli orientalisti a
comparare civiltà, lingue e letterature, eliminando ogni confine non solo tra nazione ma anche tra oriente e
occidente.

I moderni filologi e linguisti parrebbero fare una grande fatica a comprendere il mondo delle lingue nel
medioevo. Faticano a immaginare un mondo dalle frontiere mobile, liquide, intrinsecamente plurilingue,
dalle identità variabili, sfumate, mutevoli e con esso una carta geografica priva di confini. Non meno
stentano i filologi moderni a sbarazzarsi dell’idea di una lingua omogenea, sistematica e coerente. Al
contrario le lingue medievali sono disomogenee, non normate, non livellate e Suzanne Fleischmann
demolisce la tendenza a considerare i volgari scritti come se fossero dotati di un’unità morfosintattica. Il
linguaggio è in sé stesso multiplo, l’identità di una singola lingua è data solo in rapporto con le altre lingue.
L’unico requisito delle lingue scritte è che siano comprensibili.

Curtis si muove all’interno dell’utopia di un europa cosmopolita. All’Europa che si va costruendo dopo il
trattato di Roma, il paradigma curtis fornisce la base di un europeismo culturale speranzosamente basato
sulla continuità sovranazionale delle lingue e delle letterature nate dal latino.

La ricerca della totalità è uno degli obiettivi del paradigma curtis. In generale la filologia che si pratica entro
questo paradigma è ben lieta di poter constatare scambi, collaborazioni, imitazioni, citazioni, fenomeni di
intertestualità, piuttosto che competizione, affermazione di primato ed esclusione.

L’interpretazione della chanson de Roland come poema nazionale francese implica una buona dose di
omissione o forzatura delle fonti testuali e storico-geografici. Carlo magno regnava su un esercizio costituito
dalla maggioranza da soldati germanici. Solo nel paradigma curtis diventa possibile recuperare la vasta e
ottima ricerca scientifica tedesca sulla chanson de Roland.

All’inizio degli anni ’60 si ripropone da parte tedesca l’aggiornamento del Grandis der romanischen
literaturen des mittelalters di Grober che avrebbe poututo e dovuto essere l’opera-simbolo del paradigma
curtis ma rimase incompiuto a causa di complicazioni organizzative e relazionali, estenuazioni psicologiche,
ad affievolimenti di entusiasmi che mostrano il segno che qualcosa era cambiato.

L’opera che doveva consacrare il paradigma curtis, rappresenta un segno del suo declino. Senza
nazionalismo, la filologia si raffredda.

IL PARADIGMA DELLA SEMIOTICA FILOLOGICA:

quello che emerge dai trattati di Roma è, a livello politico, la realizzazione del paradigma curtis: un’europea
della continuità, senza barriere né frontiere nazionali. Tuttavia, l’Europa dei popoli e delle culture è tagliata
in due zone di influenza politica e militare quella che, dopo un celebre discorso di Churchill, si definisce
cortina di ferro. Nel clima della guerra fredda e dello scontro tra blocchi rimane aperto il problema storico-
culturale dell’unione sovietica e dei paesi del patto di Varsavia.

L’elemento slavo rimane programmaticamente fuori dal disegno del filologo alsaziano Curtis. Lo slavismo, la
proiezione verso est, è una minaccia per lo spirito tedesco. Nella tensione tra i due mondi la cultura tedesca
deve guardare verso sud e non verso l’est.

Il fatto che la cultura russa medievale e della prima età moderna e slava in generale, mostri una debole
interazione con le omologhe epoche europee non permette di allargare il paradigma curtis ai paesi del
patto di Varsavia.

Se nelle scienze dure l’unione sovietica degli ’50-’60 tiene bene il passo con l’Occidente, arrivando persino a
guadagnare dei primati, non si può dire lo stesso per le scienze umanistiche e sociali. La stragrande
maggioranza delle discipline rimane attardata e intellettualmente bloccata negli esercizi di ortodossia
leninista-marxista.

Una delle preoccupazioni dei romanisti sovietici riguarda la classificazione della lingua moldava, unica
lingua della repubblica socialista sovietica ad essere marcata da tratti neolatino e ad essere pericolamene
vicino al rumeno. La principale finalità dei romanisti sovietici è enfatizzare la singolarità di questa lingua nel
loro panorama linguistico e soprattutto di neutralizzare la latinità.

Dopo la morte di Stalin e l’inizio del disgelo, qualcosa cambia nelle scienze umane sovietiche. Un
movimento, il formalismo, esce dalla semi-clandestinità e propone due nuove scienze: la cibernetica e la
semiotica, le quali venivano sospettate di essere incompatibili con la dottrina marxista-leninista.

Il movimento denominato dapprima formalismo e successivamente strutturalista si sviluppa a partire dalle


teorie di Saussure, il quale mirava a fondare una scienza nuova che separasse lo studio sincronico e studio
diacronico della lingua a cominciare dal livello fonetico/fonologico cui egli conferiva un primato speciale.
Per Saussure la lingua è un sistema; lo studio scientifico deve distinguere tra storia evolutiva di un elemento
del sistema e il modo in cui quell’elemento funziona in una determinata fase storica.

Essendo la lingua un sistema ogni mutamento che si produce su un elemento si trasmette a catena ad altri
elementi del sistema. Più ampiamente il linguaggio è un sistema di segni. Nella prima edizione del Cours de
linguistique generale, compare una parola, destinata ad avere grande fortuna, la semiologia.

Particolarmente importante all’interno del gruppo di linguisti di Mosca è Jackobson, il quale trasferitosi a
Praga getta le basi del formalismo russo in quella che sarà chiamata la scuola di Praga.

Politicamente, oltre al vantaggio di rappresentare una scienza umana in cui l’unione sovietica non sfigura
nel confronto competitivo con l’occidente, la semiotica gode anche dell’ulteriore vantaggio di essere
praticata da scienziati che risultano ricoprire posizioni poco ortodosse rispetto alla dottrina scientifica di
stampo sovietico. Ciò porta l’occidente a guardare con occhio nuovo questa nuova scienza.

Dopo anni di marginalità viene recuperato Bachtin, il quale considera i testi portatori polifonici di voci, cioè
espressione di soggetti vari e molteplici, dotati di soggettività; il linguaggio non è un deposito sociale di
parole, non è assoluta scientifica referenzialità, ma individualista evocazione. Solo così si può comprendere
quanto la poetica di Dotoviescki e Gargantua e Pantagruel siano eterodosse; e solo così si può intendere il
non detto, il detto tra le righe, in un sistema repressivo nel quale i comunicatori più audaci usano ciò che si
può dire per alludere a ciò che non si può dire. Egli esalta il potere creativo del linguaggio e la libertà di
plasmare spazio e tempo di cui uno scrittore si serve nella costruzione dei mondi possibili.
LE ROMANCE ARABISTS:

alla metà degli anni ’80, la filologia romanza torna a essere calda, ma non in Europa, ove appunto
dominano formalismi, strutturalismi e tecnicismi del testo. Ciò accade negli stati uniti dove un gruppo di
giovani studiose di formazione islamica si dedica a lavorare sul tema dell’incontra tra due culture. Quelli
delle romance arabists sono libri che escono nel periodo della crisi americano-iraniana.

Non è un caso che le romance arabists siano di formazione ispanica: la spagna medievale fornisce loro uno
straordinario punto di vista per l’osservazione delle culture in contatto; la presenza arabo-islamica sul suolo
iberico ha determinato un lungo dibattito a proposito dell’effetto dell’arabismo sulla civiltà spagnola. Su
questo importante dibattito c’è chi attribuisce alla presenza arabo-islamica la principale peculiarità della
storia di spagna e chi invece la ritiene un male.

A partire dallo stadio della spagna medievale, la filologia delle romance arabists presenta un forte impegno
civile rispetto alla contemporaneità: la loro missione ideologiche è di contribuire alla costruzione di
reciproca tolleranza fra culture e che la spagna medievale possa servire al mondo come modello di pacifica
convivenza nella diversità.

LA FILOLOGIA MATERIALE:

l’idea di base della new philology è che il testo medievale non esiste separatamene e indipendentemente
dal supporto materiale sul quale è tramandato, e che la forma materiale del testo sia parte integrante del
suo significato. Inoltre, i new philologists vanno costantemente rimarcando il fatto che il testo come
oggetto fisico nasce all’interno di una serie di processi di produzione articolati nel tempo e nello spazio, ai
quali, oltre che l’autore, partecipa anche una pluralità di soggetti ciascuno dotato di propri peculiari e
distinti fini.

La new philology costituisce un movimento di risposta: da un lato all’astrazione tecnica e alla puntigliosità
logo centrica della filologia tradizionale; dall’altro, agli eccessi di un esercizio sempre più incontrollato de
de-costruzionismo; agli sfondamenti sempre più imprudenti dei limiti di interpretazione; alle derive di
letture impressionistiche, auto-orientate e narcisistiche.

Essa è soprattutto un new mediavalism, un tentativo di riscrivere la storia della disciplina a partire dalla sua
fondazione ideologica, facendo interagire col puro tecnicismo filologico-testuale anche la storia, politica,
biografia e psicologia.

La new philology si va progressivamente idealizzando, le modalità di indagine provenienti dagli studi


cosiddetti post-coloniali, nei quali si esercita un’attenzione critica verso le modalità e le finalità di
produzione della conoscenza, dei processi e dei contesti storici e ideologici in cui essa è stata prodotta,
elaborata e trasmessa; dei pre-giudizi e pre-concetti, di razza, di genere, di cultura che la produzione della
conoscenza filologica può celare al suo interno di scienza apparentemente neutrale.

Infine, per completare il quadro americano, andrà citato un ultimo fenomeno che sul new medievalism si
innesta: il ritorno alla filologia senza aggettivi, alla filologia come forma di disciplina mentale, metodo di
lettura, strumento pedagogico.

LA WORD-PHILOLOGY:

appare ad oggi quello che sembra essere l’ultima paradigma della filologia universale, la World Filology.

Tutte le civiltà che si basano sulla trasmissione scritta del pensiero, dell’esperienza, della memoria hanno
bisogno di una filologia in grado di studiare e analizzare le modalità di produzione di un testo, della loro
trasmissione e conservazione, i supporti materiali su cui questi testi sono stati fissati e le modalità di
collocazione del testo nel tempo e nello spazio.
Le filologie con aggettivi o senza aggettivi sono sempre state una disciplina europa. Le civiltà mondiali, la
arabo-islamica, cinese, giapponese, l’indiana, tutte quelle che presentano una tradizione scritta hanno un
diverso senso di testualità rispetto a quello europeo; una diversa concezione di storicità, delle modalità di
trasmissione e di verifica.

La world philipgy esprime dunque l’intento di ripensare trans-storicamente e trans-culturalmente


l’eurocentrismo della disciplina.

LA LNGUA SPAGNOLA NEL MONDO:

lo spagnolo è la lingua romanza più diffusa al mando i cui parlanti sono stimati tra i 480 e i 570 milioni.

La conquista della penisola iberica avvenne nel quadro dell’espansione mediterranea di roma che sconfisse
la potenza cartaginese nelle guerre puniche.

Alla fine del III secolo a.C. all’arrivo dei primi continenti militari, la popolazione indigena dell’Iberia era
varia: una piccola parte di essi era certamente composta dagli antenati degli attuali baschi ma per la
maggioranza si trattava di popolazioni autoctone che si erano mescolate per quasi 16 secoli con le
popolazioni di origine celtica, formando così una nuova popolazione tradizionalmente denominata
Celtiberica.

L’occupazione romana scatenò l’ostilità delle tribù autoctone che resistettero agli invasori per quasi due
secoli, la conquista del territorio iberico si verificò sotto l’imperatore Ottaviano. Dopo anni di sanguinose
battaglie le popolazioni autoctone furono cancellate dalla storia.

L’occupazione romana era culminata nella creazione della provincia di Hi spania nel 206 a.C. il nome deriva
forse da un’espressione di origine punica, “terra di conigli”. Qualche decennio più tardi la provincia fu
ulteriormente divisa in Hispania Citerior e Hispania Ulterior con capitali rispettivamente Terragone e
Cordova.

Nei primi decenni della conquista i romani si trovarono a dover fronteggiare nella parte occidentale della
penisola una tenace opposizione guidata dal capo lusitano Viriato, che diventò l’eroe per antonomasia della
resistenza contro gli invasori. Questa figura sarà significative nell’otto-novecento, nel periodo, dunque,
dell’istaurazione delle identità nazionali.

Un successo determinante per i romani fu la caduta della roccaforte celtiberica di Numanzia che segnò il
consolifamento definitivo della potenza romana sulla Hispania Ulterior e Citerior. Le due province separate
da una linea di demarcazione che dalla città di Cartago Nova arrivava ai Pirenei occidentali. Sotto Ottaviano
le due province furono abrogate e i territori spagnoli furono suddivisi in tre nuove province: La Lusitania,
l’Hispania Baetica e l’Hispania Tarraconensi.

Lo spagnolo è una delle lingue che più delle sue sorelle tende all’arcaismo perché si è sviluppata in una zona
periferica dell’Impero Romano dove più lentamente giungevano le innovazioni che partono dal centro.

Durante la conquista romana, ovunque il latino si diffondesse, preesistevano già delle lingue che la
linguistica storica definisce “lingue di sostrato”. La teoria del sostrato è quella che i linguisti storici hanno
elaborato per spiegare i fenomeni successivi sulla base di fenomeni precedenti. Se una lingua si sovrappone
a un’altra, la lingua dei conquistati tende ad affievolirsi a vari livelli, che possono andare da quello
fonologico a quello morfosintattico.

Pur essendo abitato fin da epoca antichissima, il quadro linguistico della penisola iberica prima della
conquista romana è povero di informazioni ma doveva essere sicuramente molto variegato. La penisola
iberica è l’unica regione dell’Europa ad aver conservato una lingua che è tutt’oggi in uso: il basco è parlato
in tre province della regione basca autonoma in territorio spagnolo, Vizcaya, Guipuzcoa, Alava, nonché in
Navarra e in tre province francesi: Labour, Basse-Navarra e Suole. Il basco ha una struttura piuttosto diversa
da quelle delle lingue indoeuropee e la sua classificazione è stata ed è tutt’oggi oggetto di discussione. I
progenitori dei baschi sarebbero venuti nella penisola in un’epoca remota e l’ipotesi è che siano una
popolazione di origine caucasica.

Nel 416 i Visigoti giungono ad occupare la Penisola iberica. Al loro arrivo l’Hi spania è profondamente
latinizzata; ha assorbito in profondità la cultura di Roma, ne ha adottato la lingua, i costumi e il diritto. Sul
latino iberico, dunque, si stende a partire dal IV secolo come superstrato la lingua degli invasori germanici, i
quali erano già a loro volta profondamente romanizzati. Ne risulta una lingua di base latina, e più tardi
protoromanza, con qualche innesto germanico, parlata dai discendenti autoctoni della popolazione ibero-
romanza e dai nuovi conquistatori discesi dal Nord.

Nella spagna visigotica visse uno degli più importanti della cultura medievale, Isidoro di Siviglia, il quale
scrisse la storia della spagna a partire dalle vicende degli insediamenti nella penisola delle tribù germaniche
dal 265 D.C. La storia dei vandali si è aggiunta a quella dei goti, seguita da una storia a parte degli svevi. Ma
al di là delle incongruenze, ciò che fa l’importanza dell’opera è che Isidoro vi elabora e sostiene l’idea di una
nuova identità ispanica che sarebbe il prodotto dell’introduzione del Lex Visighotorum. Il corpus di leggi
visigote fu annullato dall’invasione araba nel 711.

L’impatto della presenza germanica fu duraturo sebbene non vi siano molte sopravvivenze materiali nella
sagna moderna. Quanto ai lasciti linguistici, il germanico visigoto introdusse nella lingua di spagna vari
elementi lessicali. Sotto il profilo onomastico compaiono nomi nuovi destinati a grande fortuna nella storia
spagnola.

Nella penisola iberica i conquistatori aravi giunsero nel 711. A sud dei Pirenei gli arabi si stabilirono in modo
duraturo e crearono uno o più organismi politici la cui importanza per l’evoluzione culturale dell’Europa
non può essere sottovalutata. Non soltanto essi costituirono delle amministrazioni efficienti ma resero
fertile la terra grazie a ingegnosi sistemi di irrigazione ed esercitarono un fiorente commercio, ma
arricchirono di importanti conoscenze discipline scientifiche.

Al-andalus era un paese bilingue o addirittura plurilingue, se consideriamo la compresenza di tre o quattro
varietà di arabo. Come lingua delle funzioni alte veniva sicuramente utilizzato l’arabo coranico, e varietà
dialetti dovevano essere parlate negli usi quotidiani. La popolazione romana residente non era costretta a
parlare l’arabo ma adottò i costumi dei nuovi conquistatori. Politicamente, con l’emirato, e più tardi il
califfato, di Cordova gli arabi aveva costituito l’entità statale più potente tra le tante della penisola iberica.

La situazione della spagna arabo-islamica solleva vari problemi. Uno dei principali riguarda il numero degli
invasori e il rapporto che si instaura tra di loro e gli autoctoni romano-visigoti. Questo tema ha sollecitato
controversi interventi. Uno di questi è dello storico Olague il quale afferma che gli arabi non hanno
conquistato i territori con le armi in mano. Ma non si potrebbe spiegare l’islamizzazione e l’arabizzazione
che ne conseguì al loro arrivo.

Un tema spinoso restava quello della convivenza. A metà degli anni Settanta del novante usciva un altro
controverso contributo dovuto allo storio Guichard, il quale elaborò una tesi. Affermava che le civiltà
islamiche e cristiane si fondavano su principi opposti di organizzazione sociale e familiare e che questi
principi si riflettevano nelle differenze dei sistemi di discendenza, nei modelli di matrimonio, nel ruolo
pubblico delle donne. Inoltre, secondo Guichard, gli arabi erano molti di più di quanto ci si possa
immaginare e questo ne conseguì la crescita demografica di musulmani nel territorio.

Il dibattito scientifico sul tema è rimasto molto calso. Negli ’80 un gruppo di agguerrite studiose degli stati
uniti le Romance Arabists sulla base della spagna araba spingeva sulla tolleranza tra culture e religioni.
Fu nella battaglia presso la località di Covadonga, nel nord della spagna, che gli aravi subirono la loro prima
vera sconfitta. Questo momento è considerato l’inizio della Riconquista e il vincitore Pelayo è da allora eroe
nazionale. Pelayo estese il suo regno asturiano in direzione ovest fino alla Galizia e a sud fino al fiume
duero. La corte di trasferì da Oviedo a leon che da allora in poi diede il nome del regno. Gli arabi tentarono
di penetrare in Francia ma la sconfitta di Covadonga segnalava che non erano invincibili.

Nella parte settentrionale e nordorientale il regno di navarra assunse il ruolo di guida nella riconquista che
poi lasciò al regno d’aragone che trappò Saragozza agli arabi e si unì alla catalogna.

Mentre la monarchia aragonese-catalano guardava verso il mediterraneo, la Castiglia assume l’iniziativa


della riconquista, consolida il suo status feudale di contea, assorbe per via ereditaria il regno di leon. Dopo
un processo di espansione durato 500 anni le cui tappe furono la conquista di Toledo, Siviglia, Cordova,
Cartagena e Cadice, infine Granada, la penisola iberica si trova riunita sotto la corona di Castiglia.

Il 1492 fu un anno importantissimo per la storia del mondo e lo fu per quella spagna per almeno tre ragioni.

In quell’anno la coppia reale Ferdinando d’arpagone e Isabello di Castiglia fede il suo ingresso trionfale nella
città di Granada dopo la capitolazione di Abu Abdul, ultimo sovrano dell’impero arabo.

Inoltre, Ferdinando e isabella firmarono nella città di Granada l’editto che obbligava i sudditi spagnoli di
relione ebraica a scegliere se accettare il battesimo o abbandonare la spagna. Molte migliaia di ebrei
spagnoli lasciarono il paese, soprattutto in direzione del Nordafrica dell’Impero ottomano. Le varietà
iberoromanze che essi portano con sé nel loro esodo avrebbero seguito un proprio sviluppo autonomo nel
nuovo contesto mediterraneo e balcanico.

Il 3 agosto di quell’anno, Cristoforo colombo lasciò il vecchio mondo per andare verso le indie ma scoprì le
Americhe.

Sono due gli aspetti della diffusione delle spagnole nelle Americhe che meritano speciale considerazione: la
relazione tra spagnolo parlato dai nuovi conquistatori e le lingue indigene già presenti nel continente e
l’evoluzione dello spagnolo d’America rispetto allo spagnolo di spagna.

Si pose subito il problema di quale lingua impiegare per comunicare con gli indigeni. Il primo obiettivo era
l’evangelizzazione dei popoli e per fare ciò la corona decise di obbligare i religiosi a imparare la lingua infia
nonostante la mancanza di strumenti che gli permettessero di farlo. Si tentò la politica della lenguas
generales che filippo II dichiarò nel 1570: il nahuatl. Il concilio di Trento nel 1580 suggellò questa politica
decretando che l’evangelizzazione dovesse avvenire nella lingua indigena.

Sarà il consiglio delle indie a decretare il solo uso dello spagnolo, obbligando di conseguenza gli indios ad
apprenderlo, causando l’estinzione delle loro lingue.

Come la Francia con l’editto di Viller-cotteres nel 1539 promosse la lingua francese del nord contro il
provenzale e il latino, anche la corona di spagna agì per decreto per promuovere il solo uso del castigliano e
reprimere le altre varietà della penisola.

Il catalano era proibito anche come lingua parlata, oltre che scritta. Carlo III fu il regnate che più si impegnò
nell’espansione del castigliano in tutti gli ambienti sociali e familiari.

Non meno centralista fu la visione della lingua che si ebbe nell’800, il secolo delle Nation building per
eccellenza, ea maggior ragione nel secolo successivo, durante la dittatura di Rivera e in epoca franchista.

In epoca franchista si inasprì la lotta contro il catalano. Coloro lo parlavano venivano immediatamente
puniti. Ovviamente la situazione riguardava anche le altre varietà regionali.
La costituzione del 1978 segnò la rottura con il modello centralista dello stato. La spagna ha realizzato una
formula propria e singolare, capace di assicurare l’unità della nazione tutelando allo stesso tempo le
diversità territoriali che ne caratterizzano la storia. Lo stato e organizzano in comunità autonome e in un
livello inferiore in province e comuni. La costituzione del ’78 si è mostrata equilibrata tra mantenimento
della tradizione centralista e le mai sopite pulsioni regionaliste. L’articolo 3 rema il tema delle lingue
regionali co-ufficiali e del loro rapporto con il castigliano, lingua ufficiale dello stato. È particolarmente
significativo qui l’uso terminologico: il castigliano è solo una delle lingue spagnole e indica ciò che
comunemente chiamiamo lingua standard; mentre spagnolo non è il nome della lingua ma solo aggettivo
geografico; lingua spagnola el testo costituzionale non indica lo spagnolo ma ciascuna delle lingue parlate in
spagna.

Comunità EBREO-SEFARDITE:

con la denominazione di giudeo-spagnolo ci si riferisce a un insieme di varietà di spagnolo propagate in


diverse regioni del mediterraneo e dell’Europa dalla diaspora delle comunità ebraiche in spagna in seguito
all’espulsione del 1492. Alcune di queste varietà sono parlare e scritte tutt’oggi. Ricordiamo che quella
sefardita è una delle due grandi famiglie in cui si dividono gli ebrei di origine europea. Oggi non si crede più
che qualche forma particolare di giudeo-spagnolo esistesse prima del 1492 in quanto i testi del periodo
prima dell’espulsione non mostra una varietà tanto diversa rispetto a quella iberoromanza di ambito non
ebraico.

Giudeo-spagnolo è una denominazione moderna e accademica. Nel corso della storia queste varietà hanno
assunto diversa denominazione tra queste, quella di ladino che si riferisce a un tipo molto specifico di
lingua, quella risultante dalle pratiche di traduzione interlineare della Bibbia ebraica e dei libri di preghiera.
Il Deuteronomio raccomanda il rispetto assoluto, letterale delle scritture bibliche. Le traduzioni dovranno
mirare a rendere la lettera dell’originale. Accade così che il volgare parlato venga utilizzato per realizzare
dei costrutti ricalcati sull’ebraico, creando uno spagnolo ebraizzante o un ebraico spagnoleggiante. Questo
sarebbe insomma il ladino. Col passare del tempo, il termine ladino ha travalicato questa accezione stretta
e si riferisce alle aree geografiche dei Balcani, e si è sostituito a giudeo-spagnolo.

Il giudeo-spagnolo è parlato nelle comunità che si trovano a Israele, Turchia, Grecia, Bulgaria, Bosnia ed
Erzegovina. Prima della Seconda guerra mondiale il numero dei parlanti era relativamente stabile, dopo
l’annientamento la maggior parte dei sopravvissuti andarono in sleale e negli stati uniti, dove le nuove
generazioni hanno tolto dal loro repertorio linguistico questa varietà. Un altro problema risiede nell’età di
coloro che parlano il giudeo-spagnolo in quanto di tratta di una parte di popolazione anziana.

Quando furono espulsi dalla spagna delle comunità si mossero verso il Nordafrica, altre verso l’impero
ottomano. In Nordafrica si creò una situazione di diglossia tra spagnolo e haketia in cui lo spagnolo divenne
la lingua alta e l’haketia quella bassa soprattutto nelle comunità di giovani.

Un’importante comunità sefardita si istaurò a Livorno. Le costituzioni livornesi garantivano agevolazioni alle
comunità sefardite espulse dalla spagnale, permettendo loro libertà di culto e residenza a quartiere aperta,
senza quindi stare nei ghetti. Questa situazione permise di indirizzare i traffici maritmi verso le coste
nordafricane. Dopo il 1830, per effetto dell’invasione di Algeri, il porto della città ridusse il volume degli
scambi e si avviò al declino così come la comunità sefardita di Livorno, fino all’abolizione del porto franco.

Un numero rilevante di comunità sefardite si trasferirono nel nord Europa. Ad Amsterdam c’era la più
grande comunità sefardita. I sefarditi divennero pionieri del moderno capitalismo globalizzato e vissero nei
territori per diversi secoli. All’arrivo dei nazisti in olanda la popolazione ebraica contava circa 5000 persone i
quali si ridussero, alla fine della guerra, ad essere circa 800.
La base politica dell’impero ottomano era il cosiddetto millet: con questo si indicavano le comunità non
mussulmane residenti nel territorio e assicurava che le minoranze potessero preservare le loro
caratteristiche culturali e linguistiche e condusse i giudeo-sefarditi alla formazione di una forte identità
collettiva.

Con la digregazione dell’impero e le seguenti indipendenze dei nuovi stati, la comunità si disperse.

Sebbene le potenze europee assumessero l’onore della tutela della minore, il giudeo-spagnolo fu
ulteriormente abbandonato dalla maggior parte dei parlanti a favore della lingua nazionale del luogo in cui
si trovavano.

Il trattato di Losanna stipulato tra Turchia e i paesi dell’Intesa si impegnava a proteggere le minoranze. Ma
con l’arrivo di Kemal e con l’attuazione della nuova politica nazionalista, buona parte della comunità
sefardita decise di muoversi verso altri paesi dove si sentivano più tutelati mentre altri rimasero.

La politica nazionalista ha apportato un processo di turchizzazione dei nomi ebraici e l’obbligo di


frequentare scuole di stato. La comunità sefardita si ridusse nuovamente e con essa anche la lingua.

SPAGNOLO D’AFRICA:

vera cerniera d’Europa e africa, Ceuta è conosciuta per essere sede di una delle leggendarie Colonne di
Ercole. Nell’immaginario medievale europea lo stretto braccio di mare tra Ceuta e Gadia rappresentava la
fine del mondo conosciuto al di là del quale vi era l’ignoto.

Ceuta fu da sempre considerata una dei capi saldi della sicurezza spagnola e uno dei punti avanzati della
predicazione e dell’attività missionaria. Nei secoli della dominazione araba fece clamore un episodio di
martirio di frasi francescani italiani che disobbedendo alla dhimma, cioè le regole di convivenza arabe-
musulmane, avviarono un processo di evangelizzazione della popolazione e questo li porto alla morte.

Ceuta fu fortemente contesa tra Spagna e Portogallo. Passò sotto la sovranità del Portogallo nel 1415,
durante il regno di enrico il navigatore che volevo sottrarre il dominio marino degli arabi. Dopo l’accordo di
pace di Lisbona tra Alfonso VII di portogallo e Carlo II di spagna nel 1668, Ceuta sarà ininterrottamente e
definitivamente spagnola.

A differenza di Ceuta, Melilla non ebbe una fase portoghese. Nel 1497 passò di4rettamente alla corona di
spagna, nell’ambito delle azioni militari della riconquista. Il regno di Marocco tentò di sottrarre il territorio
alla corona spagna e sotto i sultani Mohammed ben Abdallah la mise sotto assedio senza alcun risultato.

Nel 1975 il governo marocchino la reclama formalmente, insieme a Ceuta e le isole canarie. Ma le trattative
con la spagna non ebbero mai inizio.

Nel corso dei primi anni Novanta, in seguito a trattato di Schengen, Ceuta e Melilla furono oggetto di
tentatici di immigrazione di massa che colsero impreparati il governo spagnolo e la stessa Europa, i quali
decisero in comune accordo, nel 1995, di costruire una barriera di separazione delle due città dal Marocco
con una recinzione elettrificata. Ovviamente il Marocco si è opposto in quanto riteneva le due città parte
del proprio territorio nazionale, avanzando infatti richieste di annessione dal 1995.

Ci furono nel corso dei secoli vari tentativi marocchini per impossessarsi dei territori ma uno di questi gli
costò caro. Dopo la sconfitta di Tetouan, il sultano fu costretto a firmare il trattato di Wad-ras che gli fece
perdere il territorio di Sidi-Ifni. A partire da questa data, lo sceriffo entra in un lungo letargo dalla quale
uscirà quando diventerà protettorato franco-spagnolo.

Solo dopo l’indipendenza della marocca nel 1956 riprenderanno gli “scontri” per Ceuta e Melilla.
Sidi-Ifni era la regione del primo insediamento spagnolo nel 1476 dalla quale gli spagnoli furono espulsi
qualche decennio più tardi per la resistenza delle tribù sahariane. Quando si aprì la corsa all’Africa, e
Francia e spagna competevamo per l’egemonia del Maghreb, la spagno tentò di riprendersi le fortezza
medievali che un tempo le erano appartenuto. Il territorio circostante con la sua capitale Sidi-Ifni venne
ceduto dal Marocco alla spagna nel 1859, in seguito ad una breve guerra.

Tuttavia, non appena il Marocco si rese indipendente tentò la riconquista di Sidi-Ifni con un’impre militare
mal gestita. La spagna tentò di resiste alle pressioni della decolonizzazione fin quando con un atto di
recessione sidi-ifni passò sotto la sovranità del Marocco.

Il Sahara spagnolo restò sotto il controllo portoghese sino al 1884, quando alla conferenza di Berlino essa
sarà attribuita alla spana nell’ambito delle intese relative alla sistemazione della zona costiera della
Mauritania. Anche la Francia aveva forti interessi per la zona e infatti con essa la spagna dovette molte
volte negoziare. Per regolare i rapporti le due nazioni fu stipulata nel 1912 la conferenza di Madrid per
designare i confini precisi. Ma la Francia non mollò.

L’unica città di fondazione non spagnola è Smara fondata da un capo tribale. La città verrà proclamata città
santa del popolo saharawi, lo sceicco si proclamò imam e si impegnò in una jihad contro il colonialismo
spagnolo e francese. Perso il supporto marocchino a causa delle pressioni francesi, Smarra fu saccheggiata
per due volte, da francesi e poi dagli spagnoli, ques’ultimi ne avevano assunto il controllo nel 1920.

Il tentativo di invasione di sidi-ifni creò tensioni tra Marocco e spagna che riuscì insieme ai francesi a non
far dilagare la ribellione verso il Sahara occidentale. Ma è il periodo della decolonizzazione e dopo un
tentativo dei saharawi di chiedere l’indipendenza pacificamente si arrivò a veri e propri atti di violenza.
Prima della morte di Franco, la spagna concesse l’indipendenza al territorio nonostante non le sia stata
riconosciuta dal marocco e la Mauritania.

La Guinea equatoriale raggiunse l’indipendenza nel 1968 dopo un plurisecolare dominio coloniale spagnolo
con l’alternanza di presenza portoghesi. La Guinea ha sempre mantenuto rapporti culturali con l’ex
metropoli. Lo spagnolo è rimasto d’uso sovralocale ed è stato riconosciuto nella costituzione come lingue
ufficiale.

LO SPAGNOLO NELLE AMERICHE:

la diffusione dello spagnolo nelle Americhe è conseguenza delle esplorazioni di cristi foro colombo e del
seguente trattato di Tortillias il quale divideva il mondo extraeuropeo in un duopolio tra la corono di spagna
e il regno di portogallo. Le terre che si trovavano a ovest del meridiano che si trova a 370 leghe da Capo
Verde erano di appartenenza spagnole mentre tutte le nuove terre scoperte a est del portogallo.

Papa Alessandro VII, di nascita spagnolo proclamò un Inter Caetera che suggellava questo accordo e nel
secondo Inter Caetera proclamava che tutti i popoli dei territori scoperti dovevano essere evangelizzati.

Il primo insediamento fu fondato da ponce de leon nel 1508 che in seguito fu ritenuto il primo governatore
dell’isola. L’anno successivo il baricentro dell’insediamento fu spostato verso il più promettente porto della
costa settentrionale, Puerto Rico. Qualche anno dopo fu fondato un secondo insediamento a San German.
Agli inizi del marzo del 1513, sempre al comando di ponte de leon, una spedizione navale salpò alla ricerca
di terra ferma che fu trovata il giorno di Pasqua, il 2 aprile, in quella che fu definita terra florida. Ponce de
leon tentò di insediarsi ma senza successo. Trascorsero vari decenni primo di stabilirsi in florida. L’attuale
città di St. augustine vanta dunque il primato di essere il più antico insediamwnto europeo continuamente
abitato nei territori degli stati uniti. Le esplorazioni dei nuovi territori riguardavano anche l’altro lato del
continente che comprende le zone dell’attuale California.
Si istaura la nuova spagna che durò fino alla perdita della colonia più preziosa, il Messico. Il Messico
comincia a manifestare un’aspirazione sempre più ampia di autonomia che progressivamente si tramutò in
segni di disaffezione nei confronti della corona di spagna. Agli inizi dell’800 si presentarono le condizioni per
un tentativo di secessione armata. Tra il 1810-1821 si svolse la guerra d’indipendenza del Messico che fu tra
le più travagliate dell’America latina anche per il suo valore simbolico. Il Messico si separò dalla
madrepatria coloniale. Non ci fu un governo stabile, si passò a varie istituzioni.

Nel 1836 i texani avviarono una nuova indipendenza ma per staccarsi dal Messico. Per anni gli stati uniti
non si interessarono alla situazione fin quando il presidente Tyler non propose l’annessione al Texas che
accettò. Il neoeletto presidente Polka si propose di acquisire la provincia messicana della California. Polk
inviò in Messico una missione diplomatica per negoziare ma si arrivò ad una guerra che tuttavia il Messico
non era capace di sostenere. Con il trattato di Guadalupe gli stati uniti videro l’annessione della California.

L’afflusso progressivamente crescente di parlanti spagnoli verso il Nordamerica ha modificato il rapporto


tra anglofoni e ispanofoni. Le prime ondate migratorie messicane risalgono al periodo della rivoluzione
messicana del 1910-1920 e da quella data divennero costanti.

Alcuni stati mostrano infatti un avanzato livello di bilinguismo che è praticata anche a livello istituzionale.

La lingua mista che incorporee interferenze e code swiching tra inglese e spagnolo ha ricevuto il nome di
spanglish che consiste nell’atto linguistico di variazione da un codice ad un altro o di incorporazione di
singoli termini o di decalcazione di una lingua e di adattamento nell’altra.

Nei territori immensi dell’ispanofonia ci sono regioni che si vantano di parlare senza accento o con un
accento neutro. La presunta neutralità dell’accento è in realtà una percezione del tutto soggettivo, legata a
variabili di tipo sociolinguistico. Linguisticamente lo spagnolo neutro si può definire un’invenzione
dell’industria americana dell’intrattenimento. Lo chiameremo dunque neutral spanish ma potremmo anche
definirlo spagnolo cinematografico.

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