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L’UMANESIMO

Il ‘400 è il secolo del trionfo della lingua latina ma anche della grande letteratura in volgare.
Petrarca e Bocaccio sono i grandi precursori dell’umanesimo.

Periodo molto fervido per la cultura italiana e di grande rinnovamento dal punto di vista del pensiero
(filosofia) periodo che è stato lasciato in eredità alla cultura europea.
È un movimento che ambisce ad essere il più vasto possibile e ricerca la comunicazione tra autori di paesi
diversi il mezzo più utilizzato è il latino.

Ci si concentra sugli studi umanistici, ovvero quegli studi non scientifici che guardano prevalentemente a
ciò che definisce l’essenza dell’essere umano l’oggetto è l’uomo in senso lato.
Vi è un interesse per questi studi e si esprime attraverso la riscoperta dei classici e il superamento del
medioevo erano la sede in cui l’attenzione per l’uomo aveva avuto la sua massima espressione.

È un movimento di riscoperta il testo più importante è una lettera di Poggio Bracciolini a Guarino
Veronese (due grandi del movimento) che si riferisce ad alcune scoperte che aveva fatto a Costanza.
Si era mosso alla ricerca di monasteri, sapendo che spesso vi si trovavano manoscritti che contenevano
opere classiche andate perdute durante i secoli bui, i monaci avevano copiato questi testi senza capirli
ed erano rimasti lì, lontano da tutti.

Scopre un’opera di Quintiliano essa espone le doti necessarie a formare un oratore perfetto.

La lettera è il mezzo principale dell’espansione della cultura umanistica (già Petrarca aveva gettato le basi),
in maniera da tessere una sorta di rete a livello europeo che permettesse la condivisione di modi di
pensare totalmente nuovi.
La lettera ha anche una modalità di espressione legata al suo essere molto pratica.

In questa lettera, Bracciolini parla dell’opera di Quintiliano come se fosse una persona era tipico degli
umanisti considerare i libri degli oggetti vivi, quasi degli esseri viventi.
La letteratura è uno strumento che ci permette di metterci in contatto con situazioni e con persone che non
potremo mai incontrare e/o vivere.
Riscoprire i classici è come riportare qualcuno alla vita.

Bracciolini non ha riportato alla luce solamente quest’opera ma anche il De Rerum Natura di Lucrezio ha
avuto degli effetti rivoluzionari sul pensiero. È un testo improntato sulla filosofia di Epicuro (diversissima
dalla filosofia cristiana, dava importanza alla sfera del piacere).
Sono dimensioni che trovano adesso un’attenzione particolare che prima non avevano la centralità
dell’essere umano si ha anche nel dare importanza alla corporeità e al piacere terreno.

Riscoprire i classici significa anche impossessarsi sempre di più della lingua latina e cercare di porsi di
fronte al testo antico in una maniera diversa dal medioevo interesse per il testo e per l’accertamento della
sua lezione autentica.
Gli umanisti sviluppano una conoscenza delle lingue antiche tale che essi sviluppano una coscienza
diversa rispetto a quella che conferisce la sola lingua latina Lorenzo Valla diventa così padrone della
lingua dal rendersi conto del fatto che il documento della donazione di Costantino era un falso.

Secondo la Chiesa era stato Costantino ad aver donato alla Chiesa la città di Roma e il territorio
circostante ma era un documento falso già Dante aveva contestato questo documento ma era comunque
considerato vero.
Conteneva parole e riferimenti a oggetti che non erano possibili ai tempi di Costantino si parlava di
Costantinopoli quando la città non esisteva ancora.

La chiesa vantava un potere temporale basandosi su un documento falso.


È centrale nell’umanesimo l’idea di medioevo (età di mezzo) rispetto alla rinascita incarnata dal tempo
attuale nel ‘500 inizia appunto il Rinascimento.

Prefazione agli “Elegatiarum libri” di Valla

Idea che il dominio esercitato attraverso la cultura sia migliore di quello esercitato attraverso le
armiimportanza di contribuire ad un progresso complessivo.

A questo periodo segue un periodo di decadenza Valla vuole restaurare la piena e corretta conoscenza
della lingua latina, attraverso questo suo libro.
Si paragona a Furio Camillo (eroe) l’opera di chi cerca di riportare la lingua e la cultura latina (Roma
dell’antico splendore) è sullo stesso piano dei grandi eroi che combatterono per Roma.

Si chiude con una chiamata alle armi degli altri umanisti, perché partecipino a questa “battaglia”.

Il cristianesimo è ancora molto presente nell’umanesimo ma presenta caratteristiche diverse, già anticipate
da Petrarca ci si concentra sull’etica dell’uomo.

Inizia una sorta di consapevolezza a proposito della tradizione in volgare, che si deve far strada nella
rinascita del latino (lingua universale dei dotti) il latino era una lingua stabile, con delle regole
grammaticali fisse e ritrovabili.
Una delle questioni principali è che gli umanisti iniziano a guardare indietro nella storia di Roma e iniziano a
interrogarsi su questioni di tipo storico si interrogano sul volgare, su da dove nasca e sui suoi rapporti col
latino.

Qual è il rapporto storico tra latino e volgare?


Ci sono 2 opinioni (anni ’30 dell’’800).

Leonardo Bruni (fiorentino) rappresenta un umanesimo che vede nell’impegno civile uno dei compiti più
rilevanti dell’intellettuale secondo lui esistevano da un lato il latino e dall’altro il volgare, già nell’antichità.
Il latino aveva regole stabili ed era parlata dai colti, mentre il volgare era agrammaticale ed era tipica del
popolo (destinata all’orale e al pratico).

Anche Dante pensava che il latino fosse una lingua artificiale che non aveva rapporti diretti con la
funzionalità e l’oralità apprendere il latino significava apprenderne la grammatica e basta.

Un altro umanista, Biondo Flavio, esprime una visione diversa nell’antichità esistevano semplicemente
diversi livello sociolinguistici del latino. La lingua era utilizzata in modo diverso a seconda della classe
sociale.
Ad un certo punto il latino colto si è corrotto (invasioni barbariche) e da lì è nato il volgare non propone
una visione positiva del volgare ma lo giustifica e gli dona una dignità di lingua.
Latino e volgare sono viste entrambe come lingue vere e proprie anche il volgare è una vera e propria
lingua e presenta delle regole, anche se non sono scritte (ha un’evoluzione storica).

Da questa contrapposizione nascono delle proposte di giustificazione del volgare come lingua di cultura.

LEON BATTISTA ALBERTI


È un personaggio molto significativo che si fa promotore della valorizzazione e legittimazione del volgare
fu anche architetto, scrittore, teorico della pittura e della scultura.
Spazia in varie discipline con grande maestria capacità di cogliere in anticipo sui tempi alcuni aspetti del
volgare per proporne una rivalutazione. È il primo a comporre una brevissima grammatica della lingua
volgare: la Grammatichetta.

Nel 1441 Alberti si fa promotore di una gara tra poeti che devono comporre dei versi in volgare su un tema
tipicamente classico della letteratura latina: l’amicizia la giuria composta da umanisti non assegna il
premio perché denigravano il volgare.
Questo fatto lo spinge a scrivere i Libri della Famiglia, un dialogo genere tipicamente classico, che serve
a trattare un tema.

Il dialogo ha per protagonisti i membri della sua famiglia e il tema centrale è la famiglia riflette la
coscienza nuova della realtà tipica dell’umanesimo.
Si parla in maniera laica di matrimonio, educazione, rapporti che la famiglia deve intessere ecc…
importanza alle attività economiche, denaro, si parla del tempo in termini economici (va gestito con
saggezza e determina il prezzo delle merci).

L’inizio dell’opera dà molta importanza al tema della virtù individuale l’uomo è fabbro della propria
fortuna.
Molte opere teorizzano la capacità dell’uomo di modellare l’ambiente circostante a propria immagine e
somiglianza l’uomo ha potere sulla realtà.

Eccellenza dell’essere umano l’uomo è dotato di grandi capacità e può scegliere il proprio destino.

Proemio del 3° libro:


Viene trattato il tema del volgare ammette che la lingua latina sia molto ricca e abbondante di termini e
sfumature, ma non per questo capisce il perché dell’odio provato per la lingua toscana (volgare).

Se qualcuno si prendesse la briga di analizzare il volgare, si renderebbe conto che non è meno ricca di
ornamenti del latino la lingua volgare può arrivare allo stesso livello della lingua latina solo se i dotti lo
vorranno.

Lo sforzo di Alberti di legittimare il volgare resta un po’ un fatto isolato fino alla seconda metà del ‘400.

Epistola a Federico d’Aragona


Lorenzo de’ Medici molto significativo.

Lorenzo de’ Medici è, sostanzialmente, signore di Firenze i Medici, per tutto il ‘400, non sono
ufficialmente i signori di Firenze (è ancora una repubblica) ma riescono comunque a controllarla per vie
traverse.
Lorenzo decide di riunire in una raccolta una parte delle poesie in volgare, donandola a Federico
d’Aragona.

È un testo importante perché ci dona una veduta generale sull’Italia dell’epoca si incomincia a usare il
volgare nella letteratura dell’epoca come mezzo di comunicazione tra vari Stati italiani.
Lorenzo dona al figlio del re di Napoli questa raccolta è significativo perché i testi non sono inseriti a
caso, vi è un primo sviluppo della tradizione della poesia in lingua volgare.

Piena dignità del volgare qualcosa in più rispetto ad Alberti. Consapevolezza che già ci siano stato degli
autori che abbiano dato alla produzione poetica in volgare una sua piena dignità.

A questo punto vi è una coscienza radicata dell’autorevolezza della poesia in lingua volgare si parla di un
umanesimo latino accanto ad un umanesimo volgare.
Ormai (nella seconda metà del’400) gli umanisti sono sia estimatori delle lingue classiche sia autori in
volgare.

ANGELO POLIZIANO
È l’esempio di un autore raffinato che sa usare anche con grande libertà la lingua volgare.
Nasce nel 1454 e muore nel 1494 è una stagione colma di figure molto giovani, in grado di comporre
testi molto rilevanti.

Entra nell’entourage di Lorenzo de’ Medici quando è ancora molto giovane, a causa della sua grande
padronanza e conoscenza delle lingue antiche a 15 anni traduce dei canti dell’Iliade dal greco al latino in
esametri latini.
Autore di opere molto rilevanti in latino ma, al tempo stesso, produce anche delle poesie in volgare.

Stanze per la giostra

Giuliano de’ Medici aveva vinto un torneo cavalleresco (era fatta apposta per farlo vincere) e la sua vittoria
fu cantata da Poliziano non è il solito poemetto per esaltare la giostra (non se ne parla nemmeno).

Il poemetto non viene mai concluso, dato che Giuliano viene assassinato nel 1478 durante la congiura dei
Pazzi questo pone fine al tentativo di comporre l’opera.

Il poemetto è una trasfigurazione in chiave mitologica della figura di Giuliano, chiamato perciò Iulio è un
giovane cacciatore devoto solo alla caccia che cerca in tutti i modi di evitare l’amore.
Cupido decide di vendicarsi della sua indifferenza e lo fa innamorare di una ninfa trasfigurazione della
donna effettivamente amata da giuliano, ovvero Simonetta Cattaneo.

Viene composto in un lasso di tempo abbastanza breve, dato che è un testo breve testo molto prezioso,
nonostante la brevità.

La docta varietas composizione del testo che si serve di apporti molto diversi tra loro, sia classici che
volgari, fatti confluire nel testo.
Poesia che nasce per riutilizzo di materiali preesistenti è come se gli autori avessero in mente l’intera
letteratura che li precede, come tessere di un mosaico da riprendere e mettere assieme in modo diverso
per creare qualcosa di nuovo.

È un’arte che consiste nel saper riprendere ma variare rifare ma facendo percepire al lettore il senso
dell’operazione che viene compiuta.
Il lettore dell’epoca riusciva ad estrapolare i testi antichi da cui era partito l’autore per formulare il testo.

Amore gli fa apparire una cerva lui vuole cacciarla e la insegue ma la cerva si trasforma in una ninfa
bellissima, a quel punto Amore scocca la freccia.
Il poemetto parla dell’innamoramento di Iulio l’amore è visto come un fattore di elevazione e raffinamento
spirituale per il personaggio.

Le stanze sono ottave metro molto fortunato a partire dal ‘400, utilizzato perla poesia di carattere
narrativo. Le stanze sono composte da 8 endecasillabi che seguono lo schema AB AB AB CC.

Poliziano concepisce le sue ottave come stanze, come strofe indipendenti tra loro non sono comunicanti
l’una con l’altra.
No continuità sintattica racconta per sequenza di “fotogrammi”.

Come con Ariosto, torna il tema dell’inseguimento dell’oggetto del desiderio.

Alternanza tempi verbali diversi: passato per la narrazione e presente per dare un senso di attualità di ciò
che viene raccontato. 

Insiste sulla unità e sull’illusione con un linguaggio aulico e raffinato, con rime particolari. Ricorda le Cobas
capfinidas ma presenta temi fiabeschi di ispirazione dei cantari.

La fiera sparì davanti ai suoi occhi, ma il giovane ormai non si preoccupa più della cerva, anzi tira la briglia
del cavallo e lo fa arrestare su quel prato fiorito e verde. Completamente rapito da questa meraviglia (ninfa)
—> rapimento mistico come Dante

Pare che dal viso e dagli occhi, apparve una nuova dolcezza al cuore. In Iulio nasce un sentimento nuovo,
quello della dolcezza. (rima inclusiva, occhi tocchi, occhi fiocchi) Giulio viene paragonato (similitudine) alla
tigre, che secondo antiche leggende, veniva vista come un animale al quale era possibile fregare i cuccioli
alla tigre, e mettendole uno specchio davanti, lei pensa di aver ritrovato i cuccioli specchiandosi. Lui è
come una tigre a cui vengono tolti i cuccioli da un cacciatore, e li insegue rabbiosa per il bosco, con
l’intento di ferirli con gli artigli, ma poi si ferma davanti ad uno specchio, e vede un’immagine che sembra
assomigliare a quella dei suoi cuccioli. 

Ora siamo nel momento in cui Cupido può scoccare la freccia. Cupido subito, nascosto dentro ai suoi occhi
(ninfa), adatta la lunghezza della freccia così tanto da raggiungere i due estremi dell’arco (rima equivoca, la
cocca dell’arco e l’altra) tocca la mano sinistra la punta d’oro con l’oro focoso, quello che accende l’amore,
mentre con la mano destra tocca la corda dell’arco. 

La ninfa si trova in un posto idilliaco circondata dalla natura.  

MATTEO MARIA BOIARDO

Autore accanto a Poliziano. Era un feudatario. Feudatario degli Este. Era molto legato agli Estensi
(Ferrara). Astrologia importante (come nel Medioevo ). Autore de “l’innamoramento de orlando” :

 Poema in tre libri, che Boiardo compone lungo l’arco di decenni (l’inizio della composizione si
colloca  probabilmente quando è ancora duca di Ferrara, Modena e Reggio Emilia Borso d’Este,
che muore nel 1471)

 Poema incompiuto, di estensione maggiore rispetto a quello di Poliziano

 Essendo incompiuto, si chiude all’ottava 26 del canto IX del libro III (gli altri due sono di 29 e 31
canti rispettivamente) nel momento in cui Carlo VIII re di Francia sta scendendo in Italia

 Tradizionalmente indicata come L’Orlando Innamorato, e questa costituisce la premessa


dell’Orlando Furioso di Ariosto, poiché quest’ultima si pone come continuazione di questa di
Boiardo. A causa di questo l’opera di Boiardo è stata schiacciata, e da un’opera in sé è diventata
una specie di “prologo”

 Gli Este erano molto interessati ai poemi cavallereschi, il successore sarà meno interessato, per
questo Boiardo dovrà cambiare strada, cercando di rivedere il testo dandogli un testo diverso. In
relazione ad Ercole (il successore) forse decide di inventare il personaggio Ruggero, indicato come
il capostipite degli Este e discendente diretto di Ettore.

 Indole encomiastica —> serve per onorare e commemorare una famiglia (in questo caso gli Este)

 Il poema si chiude parlando di un fatto storico molto importante

Boiardo, ormai anziano per gli standard dell’epoca, scrive l’ultima ottava; Boiardo racconta del personaggio
Fior di spina che racconta del cavaliere del quale si è innamorato, che in realtà è una donna. Fa riferimento
ad un fatto storico questa ottava:

1492 —> morte Lorenzo de’ Medici 

Nel 1494 Ludovico Sforza il Moro, che aspira al ducato di Milano contro il legittimo erede, il nipote Gian
Galeazzo, il quale si è legato tramite matrimonio con gli Aragonesi, sollecita il re di Francia, Carlo VIII a
scendere in Italia per rivendicare i diritti degli Angiò sul Regno di Napoli. (periodo guerre d’Italia)
[Tra le conseguenze della discesa di Carlo VIII c’è anche la fine del regime mediceo a Firenze. I Medici
vengono cacciati da Firenze e successivamente si instaura il periodo di Savonarola.]

Questa ascesa pone fine ai precedenti decenni di pace.

Lo stato degli Este (Ferrare) di Modena e Reggio Emilia, oltre ad essere dei territori di estrema cultura,
erano altrettanto fragili da un punto di vista politico

L’Inamoramento de Orlando

 L’opera si basa sulla fusione di ciclo carolingio e ciclo arturiano (ma in realtà non è una novità
boiardesca): i personaggi sono i paladini della corte di Carlo Magno, ma le loro avventure sono
quelle tipiche dei romanzi artigiani (presenza determinate dell’amore, avventure solitarie dei
cavalieri, presenza della magia..).

 Il motore di tutta l’azione è rappresentato dalla bellissima Angelica nella corte di Carlo Magno. I più
forti cavalieri (cristiani e musulmani ) sono soggiogati dalla sua bellezza e cominciano una serie di
avventure al sue inseguimento

 L’opera è caratterizzata da una straordinaria proliferazione di vicende che Boiardo guida dall’alto
utilizzando la tecnica dell’ entralecement (intreccio), tipica dei romanzi francesi: racconta una storia,
la interrompe per raccontarne un’altra, riprende poi la storia precedente e così via..

Questo poema veniva recitato a corte, infatti c’è una forte componente di oralità e teatralità. Boiardo prende
quasi le vesti di un poeta canterino.

Nei primi quattro versi, la lingua che utilizza Boiardo, anche se cerca di allontanarsi da quella più connotata
vocalmente, conserva però dei tratti tipici della lingua locale dell’epoca. Lui invita il pubblico ad ascoltare,
non a leggere, il suo poema, dove potremo conoscere le fatiche e le avventure che Orlando fece per amore
ai tempi di Carlo Magno.

Scritta questa ottava si accorge che ha raccontato dei fatti smisurati, compiuti da Orlando per amore, e dice
di non meravigliarsi di tutti questi fatti compiuti per il “semplice amore” perchè anche colui che è più
orgoglioso al mondo, alla fine sarà soggiogato dall’amore.
Amore è visto come una forza naturale che domina il cosmo. Tutta la natura e il creato sono vinti da amore.
L’amore è una potenza a cui è impossibile opporsi.

La terza ottava è ironica, poiché è come se Boiardo dicesse che si tratta di una storia tenuta nascosta,
poiché poteva sembrare poco rispettosa nei confronti di Orlando, questa novella è nota a poca gente
poiché “Turpino” stesso la tenne nascosta (lui è l’autore di un’opera) credendo forse che le sue scritture
potessero risultare fastidiose per quel conte valente (Orlando) poiché egli risultò sconfitto contro ad Amore,
colui che vinse e sconfisse tutto il resto.
Epiteto formulare (adatto inteso come valoroso, ma serve anche per riempire il verso). La poesia di Boiardo
pur essendo bellissima, si serve più di formule ripetitive. Chiude dicendo “basta le parole, ora veniamo ai
fatti”  fenomeno dello scempiamente: la consonante doppia è ridotta ad una sola (es. adato, fato e non
adatto e fatto)

L’Orlando furioso ne è la continuazione episodio emblematico dello spirito di una parte importante della
letteratura del 400.
Certi valori portanti dell’umanesimo finiscono col comparire in opere diverse come il poema cavalleresco.

Boiardo non è solamente l’autore dell’Inamoramento de Orlando ma è stato anche un autore cresciuto in
un clima che dà importanza alla letteratura classica c’è una possibilità perfetta di utilizzare sia il latino
umanistico che il volgare.

Questo episodio si trova nel 18esimo canto del primo libro vediamo lo scontro tra Orlando e Agricane
(saraceno), sottolineando la visione cristiana verso i pagani (musulmani). Non esiste una conoscenza delle
altre religioni e culture.
Orlando è il paladino della cristianità mentre l’altro è il re dei Tartari si fronteggiano di fronte alla città in
cui è rinchiusa Angelica.

Il duello è un classico della letteratura cavalleresca il motivo ricorrente è il duello tra il campione della
cristianità e il campione del mondo pagano. Di solito si chiama Ferraù o Ferraùto, mentre in questo caso
viene sostituito da Agricane.
Il paladino cristiano vuole convertire l’avversario è uno scontro di civiltà tra due fedi contrapposte che si
fronteggiano.

Boiardo riprende questo motivo ricorrente, facendoli combattere non per la cristianità ma per l’amore di
Angelica alla fine, quando Agricane perde, si fa comunque battezzare, come da tradizione.

Non sono tanto a fronteggiarsi due fedi diverse ma due concezioni diverse di essere cavaliere Agricane
dice che il cavaliere deve essere abile con la spada e deve essere innamorato, Orlando propone una
visione diversa, per cui a queste due qualità se ne aggiunge una terza: l’interesse per il sapere.
Il cavaliere di orlando è una sorta di umanista non solo uomo d’armi ma anche ricercare e approfondire i
misteri stessi dell’universo.

I due cavalieri si fermano a riposare per la notte sotto il cielo stellato iniziano a parlare e Orlando cerca di
convincere l’altro della bellezza del creato e dell’importanza della volontà di conoscenza. La fede cristiana
assume la conformazione di interesse generale per l’universo.

Questi versi sono citati nel sonetto proemiale degli Amorum Libri.

Amorum Libri

Alla base della mentalità umanistica c’è il petrarchismo movimento non solo italiano ma di dimensioni
europee. Si fa poesia seguendo l’esempio di Petrarca.
La sua poesia è molto selettiva nella rappresentazione della realtà ma non è monotona, anche se i poeti
hanno di fronte a sé una raccolta poetica in cui gli oggetti della poesia sono qualcosa di limitato, come
fossero già codificati come se avessero davanti qualcosa di già pronto.
Il Canzoniere è un’opera che ha un altro grande vantaggio, ovvero si tratta di un libro poetico l’opera è
definita da dei confini molto chiari, delimitati dall’autore stesso.

Per questi motivi la sua opera viene presa quasi da subito come modello.

Poliziano faceva della docta varietas uno dei suoi punti cardine è il teorico di questa pratica. Si trova
anche a polemizzare con un umanista che gli dice che bisognerebbe imitare il modello singolo sia nella
prosa che nella poesia, mentre Poliziano crede nella necessità di rifarsi a tanti autori di valore.

Petrarca stesso riteneva che la poesia dovesse nascere dalla capacità di riprendere e ricreare dalla
tradizione poetica precedente il poeta deve essere come l’ape, ovvero gira per vari fiori da cui ricava il
polline con cui farà il miele.

Esisteva una grande libertà nell’imitazione i modelli potevano essere diversi, anche se comincia in
questo periodo a farsi strada il modello di Petrarca.
Il confronto con Petrarca è ineludibile, non si può sorvolare sull’opera di Petrarca.

La lingua ha molte influenze del parlato settentrionale dell’epoca Boiardo utilizza una lingua venata di
particolarità linguistiche dovute alla sua origine emiliana.
PIETRO BEMBO
Autore molto interessante che si pone il problema di quale lingua debbano utilizzare i poeti essi non
hanno una sola nazione e quindi non hanno una sola lingua.

A metà del’400 viene introdotta la stampa si passa dalla trasmissione di testi attraverso copie fatte a
mano alla possibilità di fare molte copie di un testo attraverso un procedimento che dà vita all’industria
della tipografia.
Egli è di Venezia (centro tipografico più importante).

Essendoci l’industria tipografica i libri hanno larga diffusione e c’è una richiesta di fissare delle regole
linguistiche per rendere il prodotto di tipografia fruibile ad alto raggio il copista modificava il testo (nel
medioevo) ma in questo periodo la produzione su larga scala implica che le copie siano esattamente uguali
l’una all’altra.

Inizia una discussione tra i letterati: quale lingua va utilizzata per la letteratura, sulla base del fatto che non
esiste una lingua nazionale?
3 tesi:

1. Lingua cortigiana la lingua deve essere quella parlata nelle corti rinascimentali. In queste corti
vivono uomini che spesso vengono da luoghi diversi ma parlano tra loro attraverso una lingua
depurata da tutte le influenze locali (formata da una mescolanza e selezione delle lingue di
partenza).

2. Lingua fiorentina viva il fiorentino del ‘400 è una lingua viva che subisce delle evoluzioni e delle
modifiche. Alcuni autori (Machiavelli) propongono di utilizzarlo come lingua della letteratura in
quanto Firenze è il centro di maggior prestigio letterario.

3. Tesi di Bembo offre un modello più facilmente praticabile. Propone di seguire per la lingua
letteraria il modello stilistico di Petrarca per la poesia e, per la prosa, il modello di Boccaccio. Si
fissano dei modelli per fare del volgare una lingua basata sui suoi classici.

Questo ha un grande vantaggio perché chi deve scrivere può farlo attraverso dei modelli conosciuti.

Le Prose della volgar lingua

L’opera fondamentale di Bembo sono le Prose della volgar lingua e sono concepite per la stampa (1525).

È un dialogo in cui i personaggi si fronteggiano confrontando le loro tesi su quale lingua debba essere
utilizzata per la letteratura Giuliano de’ Medici (figlio di Lorenzo de’ Medici), Federico Fregoso, Ercole
Strozzi e Carlo Bembo (fratello di Pietro).

Giuliano de’ Medici fiorentino vivo.


Ercole strozzi è un dotto poeta in latino primato del latino sul volgare.
Federico Fregoso è un uomo di corte lingua mista di corte.
Carlo Bembo idea di Pietro.

Lo data ad un anno precedente alla sua uscita per rivendicare una sorta di primato rispetto ad un’altra
opera: le Regole della volgar lingua di Fortunio, che parlava di un argomento simile.

È importante la funzione svolta dal dialogo in questo periodo risale alla classicità e fa sì che le tesi
emergano dal confronto tra i personaggi che dialogano.
La conversazione è un grande rito del rinascimento, dato che l’uomo di corte doveva essere in grado di
conversare in maniera egregia.
Lo svolgimento si divide in 3 libri:

1. Problema del rapporto tra latino e volgare e problema del modello da imitare si fissano i modelli di
Petrarca e Boccaccio.
2. Approfondimento di carattere stilistico Bembo dimostra di essere un grande estimatore della
poesia petrarchesca e della prosa boccacciana.
3. Si offre una grammatica della lingua italiana, seppur non sistematica (segue l’andamento del
dialogo).

Nella sua tesi, Carlo Bembo afferma che la lingua letteraria deve discostarsi da quella del popolo la vera
letteratura deve durare nel tempo e bisogna fare in modo che le composizioni siano dotate di una
composizione e forma tali che possano essere apprezzate in qualsiasi tempo.

Secondo Bembo, Petrarca è stato in grado di unire


Gravitas  onestà, dignità, magnificenza
Piacevolezza tutto ciò che fa parte del piacere, della grazia della dolcezza.
È questo il modo in cui deve essere fatta la poesia, unendo questi due fattori.

Rime-Crin d’oro crespo e d’ambra fresca e pura

Rime è una raccolta che rappresenta un’applicazione quasi estrema del modello petrarchesco inizia
appunto nel 1530 (anno di pubblicazione) il cosiddetto petrarchismo cinquecentesco.
Inizia un fenomeno di scrittura di massa, di poesia, secondo i dettami dell’imitazione del modello
petrarchesco estremamente standardizzata, anche se tra i vari poeti ci sono grandi differenze.

È un ritratto idealizzato della donna amata, pare Lucrezia Borgia.

Si prende spunto da Petrarca anche per quanto riguarda lo stile:


- Utilizzo di coppie in clausola tersa e pura, distringe e fura, ecc…
- Altre coppie d’oro…e d’ambra, rubini e perle, ecc…
- Costruzione parallelistica da far giorno seren la notte oscura; giunta a somma beltà somma onestade.
- Versi in chiasmo senno maturo a la più verde etate.

Caleidoscopica ricombinazione dei frammenti di testi di Petrarca.

Allo stesso tempo si affianca al petrarchismo una tendenza a rifiutare il modello standardizzato
petrarchesco Francesco Berni crea una parodia di Erano i capei d’oro a l’aura sparsi.

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