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LETTERATURA ITALIANA

PROF. CRISTIANA CAPPELLETTI

ED. A-D 2021/22


PRIME ATTESTAZIONI IN VOLGARE

La lingua italiana deriva si dal latino, ma da quale? Deriva dal latino d’uso, dal latino utilizzata dal popolo.
Però esattamente come in italiano c’è un volgare scritto e un volgare parlato, anche in latino esiste una
forma più classica ed una più parlata dalla popolazione.

Con il passare delle epoche questa distinzione tra una forma scritta e una forma parlata è andata
assottigliandosi; ai tempi degli grandi autori classici questa distinzione era chiaramente ben distinguibile.

Nel volgare una delle prime cose che cambiano sono le finali delle parole; infatti le consonanti desinenziali,
che nel latino indicavano l’appartenenza ad un caso ad un tempo, vengono soppresse.

Quest’evoluzione della lingua ha delle fasi molto lunghe nel tempo e non avvengono subito in una forma
precisa. Esistono delle forme inter regne, dove si trovano delle forme di latino più semplici e anche meno
preciso. Nel Medioevo quindi, affianco all’uso di un latino più semplice, si vedono comparire le prime
testimonianze del volgare italiano, utilizzato nelle prime opere.

● appendix probi → lista di 227 parole, messe in appendice al manuale Instituta grammaticae,
stilata dal maestro Probo

speculum → speclus frigida → frigda

vetulus → veclus oculus → oclus

columna → colomna viridis → virdis

● indovinello veronese (VIII-IX) → si tratta di un appunto trovato sul foglio di guardia di un


manoscritto copiato da un monaco. Fu scoperto da Luigi Schiapparelli nel 1924 (storico
piemontese). Affascinato da questa scrittura, decide di studiarlo e ne ricava una trascrizione.

Questo indovinello raccoglie in sé elementi della cultura latina classica dell’epoca (scripta continua
e poco spazio), però nota anche la coesistenza di forme latine poco corrette.

pareba ← parebant si può immaginare quindi che chi scrive questo testo si prenda

teneba ← tenebant gioco di coloro che il latino non lo conosce pienamente.

negro ← nigro Perchè farlo su un manoscritto di testi sacri? Perchè si tratta di

di una prova di penna.

Schiapparelli tenta di decifrarlo (1924) e due anni dopo, viene letto durante una lezione
universitaria e una ragazza fornisce un’interpretazione seguendo una filastrocca tipica romagnola.
Non potendo attestare una prova simile, Schiapparelli ricerca e scova una poesia di Pascoli Il
piccolo aratore (Myricae,1903)

→ una nonna guarda il suo nipotino scrivere, con una mano molto pesante, che comincia i primi
tentativi di scrittura che saranno di successo dopo l’inverno, dopo la scuola. Impossibile per motivi
storiografici è da escludere la lettura di Pascoli dell’indovinello; più attendibile è l’ipotesi che
questa poesia sia frutto di una tradizione popolare.

Dall’VIII secolo si arriva a Pascoli. Cosa vuol dire? I testi letterari creano e nutrono altri testi letterari. Ogni
testo letterario ha un substrato, un qualcosa di precedente a loro che ha influenzato lo scrittore; allo stesso
modo esiste un dopo → ogni testo crea un’intertestualità tra i testi precedenti o successivi.
● Placito Capuano → quattro formulazioni testimoniali volgari all’interno di quattro ampie sentenze
giuridiche latine degli anni 960-963. Tutte queste testimonianze sono scritte in volgare (mentre i
registri del processo sono scritti in latino). Le sentenze assegnano al monastero di Montecassino e
ad altri monasteri della sua orbita terre contese da signori laici. La testimonianza viene riportata
in volgare, poiché impossibile da tradurre nel latino ecclesiastico.

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti

Si ha una consapevolezza, anche da chi il latino lo conosce, che esiste un latino più semplice (atti
notarili, giudici,..) e anche una lingua diversa, che gli stessi parlanti riconoscono profondamente
nuovo dal latino.

● Iscrizione di San Clemente in laterano → viene rappresentato in un’iscrizione il santo. Viene


imprigionato da Sisinnio, affinchè potesse compiere per lui un miracolo. Non potendo farlo, viene
condotto in prigione, ma quando si tenta di spostarlo, le guardie si rendono conto di star spostando
una colonna di marmo.

Si potrebbe parlare di protofumetto, poiché i discorsi vengono riportati dall’autore

SISINIUM: Fili de le pute, traite!

GOSMARIUS: Albertel, trai!

ALBERTELLUS: Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!

SANCTUS CLEMENS: Duritiam cordis vestris, saxa traere meruistis

A questo punto la duplicità di linguaggio (volgare/latino) non è più a sottolineare una presa in giro,
bensì diventa un elemento di discrimine sociale. Per questo motivo la letteratura volgare avrà
difficoltà ad affermarsi, perché gli autori verranno sempre messi di fronte al fatto che la lingua
letteraria è il latino.

NASCITA DELLA LETTERATURA


La letteratura al momento non fa ancora la sua comparsa.

Mentre in Francia si hanno esempi di letteratura in lingua romanza (ramificatasi poi in lingua d’oc e lingua
d’oil) già a partire dal X-XI secolo:

- cantari → testi in poesia piuttosto estesi e accompagnati in musica

A cosa serviva la poesia nel medioevo? O per pregare o per divertimento. Spesso nelle corti
venivano chiamati dei giullari per intrattenere gli ospiti durante le feste (letteratura cortese)

- Nascono anche dei poemi veri e propri, in cui si narrano le vicende di alcuni personaggi; in
particolare, nella letteratura francese antica nascono due cicli cavallereschi:

❖ ciclo carolingio → tratta principalmente vicende guerresche (cristiani vs saraceni); vede


come protagonista Carlo Magno e i suoi paladini (tra i più famosi Orlando)

❖ ciclo bretone (o arturiano) → tratta delle vicende di Re Artù e dei suoi cavalieri. In questo
ciclo, si parla si di scontri e di guerre, ma si affianca anche la tematica amorosa

Quindi si può notare che la Francia ha già una tradizione più consolidata e ricca rispetto all’Italia. Tra l’XI-
XII secolo si hanno ben pochi elementi legati alla letteratura, si comincia ad avere qualche testo letterario
solo verso la fine del 1200. Spesso si tratta di testi scritti o in maniera pragmatica (con uno scopo preciso;
es: letteratura religiosa → fornire mezzi espressivi in alternativa ai cantici latini) oppure testi di argomenti
sentimentali.

Francesco De Santis individua come primo testo della letteratura Il cantico delle creature, mettendo in
rilievo come in quasi tutta la letteratura delle origini ci sia un forte confronto tra autori laici e autori legati
alla chiesa. Mette in rilievo anche il fatto che forse l’arretratezza culturale dell’Italia fosse dovuta ad
un’eccessiva intromissione della chiesa negli affari che riguardavano la letteratura anche non religiosa.

È un’idea che viene portata avanti spesso. Un’eccessiva interferenza della cultura cattolica porta anche ad
un rallentamento dello sviluppo di una cultura, lingua e una nazione unitaria.

Il problema di una lingua unitaria si porrà nel ‘500, mentre invece in altri stati europei (vedi Francia)
passato il Medioevo la lingua diventa una sola.

In una lettera a Claude Faurielle del 1810, Manzoni dice che a causa di questa situazione politica
frammentaria (che si risolverà solamente con l’unificazione nel 1861) non si capisce nemmeno quale sia la
lingua letteraria.

Nell’800 rimane l’idea di un’arretratezza culturale, anche se in realtà nel 300 la letteratura italiana conosce
una grande spinta con l’avvento di tre grandi autori che avranno grande risonanza in tutta Europa→ Dante,
Petrarca, Boccaccio.

De Santis lamenta e continua a sostenere quanto l’arretratezza della nostra letteratura si debba
all’ingerenza della chiesa.

Questo sarà un pregiudizio che durerà a lungo, fino a quando intorno agli anni ‘60 del 1900, Carlo Dionisotti
cercherà di porre ordine in questa visione (sopratutto dei primi secoli della nostra letteratura) in un’opera
chiamata Chierici e Laici.

Chierici e Laici

Dionisotti sostiene che nella letteratura italiana, da sempre viaggi su due binari distinti e separati:

- uno religioso → costituito dagli uomini del clero

- uno laico → costituito da giuristi, notai e uomini di corte (poesia amoroso)

Questa forte distinzione funziona molto bene per i secoli degli esordi; basti vedere nel 200 come molte
figure religiose scrivevano dei testi per istruire i fedeli. Questa distinzione viene meno nel secolo successivo
(300) → Petrarca per esempio è un chierico, ma lo è non per una particolare vocazione, bensì perché la
carriera ecclesiastica gli permette di studiare e scrivere.

O si intraprende una carriera religiosa, oppure gli scrittori possono vivere di scrittura se mantenuti in una
corte (Federico II, Carlo d’Angiò, Estensi,...)

LETTERATURA RELIGIOSA

La nascita della poesia religiosa è spesso legata a finalità pratiche → molti testi sono scritti in latino, ma nel
Medioevo c’era necessità di fornire ai fedeli strumenti per capire la messa:

- teatro (sacre rappresentazioni)

- dipinti
- poesia religiosa narrata sulla pubblica piazza per spiegare avvenimenti religiosi che la maggior
parte dei fedeli non capiva.

In Italia c’è una situazione felice → l’economia ricomincia a circolare, il commercio è fiorente → possibile
promuovere le arti (non producendo nulla l’artista, in periodi floridi è possibile mantenerli)

In questo periodo l’Italia è spezzata in due dallo stato della Chiesa (da Roma a Ferrara):

- Italia a nord del papato → nascita dei comuni con forti rivalità tra di loro → guerre civili

- Italia del sud → stato unitario (Svevi e Aragonesi) dove c’è una corte centrale, alla quale
approderanno molti letterati. Nel 300 → Federico II in Sicilia fonda una delle corti più
culturalmente sviluppata

Nell’Italia centrale, soprattutto tra il 200-300 troviamo una forte tradizione di poesia religiosa → autori più
importanti San Francesco e Iacopone da Todi. Questa poesia religiosa è favorita da una nuova concezione
religiosa, ossia che la vita religiosa non debba essere eremitica, bensì deve essere predicativa e comunicare
ai fedeli i principi della religione, trovando dei metodi di predicazione efficaci.

Passato l’anno mille c’è anche un cambio della visione religiosa: Dio non è più concepito come un’entità che
vendica e punisce, ma è concepito come un’entità magnanima → questa nuova visione deve essere spiegata
a tutti i fedeli. Questa istruzione è principalmente portata avanti da due ordini:

- Francescani → vogliono riportare la chiesa alla sua originaria umiltà; in realtà nel 200 la chiesa è
una potenza politica ed economica e per questo motivo la regola francescana fatica ad essere
approvata dal papa

- Domenicani → crea un ordine di predicatori, ma a differenza dell’ordine francescano che cerca di


promuovere una spiritualità più semplice, i domenicani sono molto legati alla cultura (per questo
verranno anche messi a capo dell’Inquisizione culturale).

SAN FRANCESCO (VD VITA AUTONOMAMENTE)

Nonostante si definisse semplice e illetterato non è vero, poiché figlio di un ricco mercante assisiate. Studia
sopratutto la cultura francese. Scrive molte opere in latino: Admonitiones o lettere per approvazione della
regola (quindi non è vero che è poco istruito).

Lascia due testi in volgare: Laudes creaturarum e Audite poverelle vocate dal signore

LAUDES CREATURARUM
Preghiera per i fedeli che gli permettesse di pregare Dio. Le preghiere devozionali sono molto comuni, ma
questa è scritta in volgare, perciò costituisce la prima grande novità. Infatti le lauda erano una forma
ripresa dei salmi biblici che nella liturgia cattolica sono intonati nelle prime ore del giorno. → San Francesco
non inventa nulla, ma rende fruibile a tutti qualcosa che prima era accessibile solo ai letterati.

La lauda passerà anche nella cultura laica → si avrà una poesia che loda la donna amata dal poeta.
Il cantico è formato da 33 versi, connotati da un forte anisosillabismo (irregolarità del numero delle sillabe
che compongono i versi). Di solito i componimenti italiani sono caratterizzati da una versificazione
piuttosto regolare (almeno fino a Leopardi), questa non ha uno schema metrico regolare.

Le ipotesi di datazione sono due:

1) è stata composta, secondo alcuni intorno al 1224, mentre san francesco è infermo a San Damiano
→ la detta a qualcuno dei suoi frati.

2) composta in tre diversi momenti → i primi 22 versi composti nel 24 quando è a san Damiano e in
seguito ad una visione mistica; 23-26 dopo la risoluzione del conflitto vescovo-podestà e gli ultimi
versi sono legati agli ultimi giorni del santo (elogiano la morte)

Scritto in assisiate illustre, ossia un volgare parlato dalle classi istruite. Nell’antico manoscritto (XIII)
abbiamo il titolo in latino e anche degli appunti in latino → ciò vuol dire che San Francesco detta il testo in
volgare, ma lascia il paratesto (=titolo e appunti) in latino.

LAUDES CREATURARUM (PARAFRASI E ANALISI)


Altissimo onnipotente bon signore - formula rituale per iniziare una preghiera. Tutti i termini che
finiscono per u, derivano dal dialetto di Assisi → cade la consonante del latino e in molti casi rimane la u.
tue sono le lodi, la gloria e ogni benedizione - vuole essere una lode a Dio, quindi tutto gli pertiene
A te solo (unico), Altissimo, si confanno/addicono (queste lodi) e nessun uomo è degno di
menzionarti (se non per lodarti) → questo verso può avere in realtà una doppia interpretazione: 1)
nessun uomo è degno di menzionarti se non per cantare le tue lodi; 2) nessuno può menzionare Dio, se non
le creature chiamate in causa.

Dopo questre premesse cominciano le lodi vere e proprie. Si può notare un’irregolarità delle strofe; di solito si
immaginano le canzoni con strofe do dieci/dodici versi, qui invece cambiano.

Tu sia lodato, mio Signore, con tutte le tue creature - il cum è ancora di retaggio latino; equivale al nostro
con ma nella forma ancora latina; tucte → il nesso ct che diventa poi una doppia t.
specialmente messer lo frate sole - frate perchè tutti sono creature di Dio e quindi il Sole e la Luna sono
nostri fratelli e sorelle
il quale (il sole) è il giorno, e tu (Signore) ci illumini attraverso di lui. E il sole è bello e radiante con
grande splendore e per questo è il simbolo migliore per raffigurare Dio.

Laudato si, mi signore per sorella luna e le stelle:


in cielo le hai formate preziose chiarite e belle → questa et è di retaggio latino, ma a questa altezza
temporale non si sente già più la consonante.
C’è un andamento anaforico (ripetizione di una parte di verso) che si nota fin da subito → Laudato si

Laudato si, mio signore, per frate vento


per l’aria, le nubi, il sereno e tutto il tempo,
perchè danno sostentamento/fanno crescere le tue creature.

Laudato si, mio signore per sorella acqua,


la quale è molto utile, umile, preziosa e casta.
Spesso gli aggettivi hanno due funzioni: 1) connotare gli elementi che vengono lodati; 2) esplicitare la funzione
che questi elementi hanno. Nel caso del vento → funzione; nel caso dell’acqua → connotazione:

- utile → è indispensabile alla vita

- umile → facilmente reperibile

- preziosa → serve, senza di essa non avremmo la vita

- casta → simbolo di purezza (pensare al battesimo)

Laudato si, mio signore, per fratello fuoco,


attraverso il quale illumini la notte:
è bello, giocondo, robusto e forte → è un elemento indispensabile perchè aiuta a cucinare, forgiare

Laudato si, mio signore, per la nostra sorella madre terra,


la quale sostenta e governa,
e produce diversi frutti con fiori colorati e erba → in questa strofa non si loda Dio soltanto perchè
attraverso la terra da sostentamento alle creature, ma anche perchè attraverso i fiori dona gioia agli uomini.
Laudato si, mio signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore
e che per questo sopportano infermità e tribulazioni.
| con questi versi si arriva al verso 22 scritto a San Damiano, mentre SF è in fermo e per questo spiegherebbe
questi due versi conclusivi|
Beati quelli che sostengono (ogni difficoltà) in pace,
perchè da te, Altissimo, saranno incoronati. → questi che sosterrano in pace ogni difficoltà, dovrebbero
essere il podestà e il vescovo che hanno trovato un accordo.

|Quella che segue dovrebbe essere, secondo i biografi, l’ultima parte composta da SF durante i suoi ultimi anni
di vita|
Laudato si, mio signore, per la nostra sorella morte corporale, → per i cattolici la morte è solo quella
del corpo, mentre lo spirito continua a vivere
dalla quale nessun uomo vivente può scappare:
guai a quelli che morrano nel peccato mortale;
beati quelli che moriranno seguendo le volontà di Dio,
perché la seconda morte non farà male. → quella che avverrà con il giudizio universale e le anime
avranno la dannazione o la salvezza eterna.

Lodate e benedite il mio signore e ringraziatelo


e servitelo con grande umiltà.
| laudate, benedicete e serviateli → forme di imperativo che rivolge ai fedeli|

C’è una sorta di struttura ad anello: il canto comincia con una strofa che ricorda che la benedizione e la gloria
spettano a Dio e nell’ultima strofa si ricorda che i fedeli devono lodare, ringraziare e servire Dio|

uso del per → può avere due significati: 1) attraverso (sia lodato per mezzo di…) 2) uso francese (par) dativo
→ come se volesse che le creature lodassero il signore (dalle tue creature tu sia lodato).
Sono 33 versi, numero significativo:

- gli anni di cristo

- 3 il numero della perfezione → Dante giocherà tutta la commedia su questo 3

Anche nell’ostentata semplicità, si nota comunque una grande cultura legata alla numerologia e al suo
significato

Si ha come modello di questo componimento:1) il Salmo 148 → tutti gli angeli ma anche gli elementi vengono
chiamati a lodare Dio (nel caso del componimento di San Francesco hanno una componente più terrena); 2)
il libro di Daniele → Benedite opere tutte del Signore, lodatelo ed esaltateli nei secoli.

San Francesco scrive anche una musica, quindi si ha la certezza del volere dare una valenza di preghiera da
cantare in una situazione di funzione religiosa.

La convivenza musica-poesia attraversa tutta la letteratura. Questa discordanza da origine a delle opere di
meta-teatro in cui poeta e musicista discutono su hi avesse maggior importanza. Ciò non accade nel testo
delle origini -> musica e poesia sono scritte dalle stesse persone.

Anche la lirica religiosa ha degli sviluppi e acquisisce una sua dimensione ben precisa.

Dalle forme più elementari, si arriva sul finire del 200 a forme più complesse non più solo destinate ad un
pubblico semplice ed illetterato, bensì vengono composti anche dei testi poetici ben più complessi.

BOVESIN DELLA RIVA

Autore milanese. Non si sa se il cognome sia suo oppure indichi le sue origini. Si hanno poche notizie, ma
dalle sue opere si percepisce che è un magister (—> ottima preparazione, si definisce anche frate. Le due
cose non si escludono, poiché è proprio nell’ambito della chiesa che nascono le prime scuole. | Questo
autore scappa un po’ alla definizione di Dionisotti|

De magnalibus urbis Mediolani → descrizione delle bellezze milanesi

De quinquaginta curialitatibus ad mensam- è una sorta di galateo che spiega le norme conviviali. Questo
avrà grande importanza nella trattatistica del 500

Libro delle tre scritture (finito prima della fine del 1274)

- scrittura nigra (inferno)

- Scrittura rubra (passione di Cristo)

- Scrittura dorata (Paradiso) → dove vivono coloro che avevano vissuto una vita santa

Manca il Purgatorio. Il dogma del Purgatorio avviene solo nel ???.

L’opera è scritta in quartina monorime di verso alessandrino

Sono dodici le pene dell’inferno. Anche in questo testo, come in Dante, viene sconsigliato di entrare nelle
porte dell’inferno. Questa coincidenza, potrebbe essere il risultato delle letture fatte da Dante nel corso
della scrittura.
Dodici pene dell’Inferno → dodici glorie. Esiste una certa corrispondenza.

Ci sono diversi richiami al latino (dodex), però ci sono molti termini che hanno perso le desinenze del latino
e altri che rimandano al dialetto milanese.

Ci sono elementi che anche geograficamente connotano i testi.

|poesia religiosa:

- testi semplici per i fedeli

- Testi più complessi - più lunghi, versi con una strutta precisa |

È sicuramente un testo per persone più dotte

GIACOMINO DA VERONA

È uomo di chiesa ed è anche un predicatore -> non può predicare in latino per via del grande seguito; ecco
perché predica in volgare e lo fa usando due poemi scritti da lui:

- De Ieserusalem celesti (tratta del Paradiso. Gerusalemme viene portata nelle alte sfere del
Paradiso) - scritto in quartine monorime

- De Babilonia civitate infernati (tratta dell’inferno)

Per descrivere ciò che accade a chi sta nel Paradiso e nell’Inferno usa delle immagini molto semplici:

- la città infernale viene rappresentata come una città molto calda/fredda; si soffriva la fame/la sete.
Non si allontana molto dunque dalla condizione sociale delle persone più povere. | cesare Beccaria:
se il possibile reo conoscesse ciò che gli spetterebbe se commettesse il reato, sarebbe sicuramente
molto meno proteso a commetterlo|

- Nella Gerusalemme celeste non si lavora, c’è grande abbondanza di cibo, non si soffre, ci si diverte.
Anche in questo caso si tratta di una visione molto semplice —> per impressionare il pubblico e
far si che i fedeli siano ligi alla chiesa.

Anche in questo caso ci sono delle alterazioni ortografiche dovute alla collocazione geografica.

DE IERUSALEM CELESTI

[scrivere parafrasi Ierusalem celesti]

A differenza di dante, che usa immagini più complesse, Giacomino utilizza delle immagini molto più
concrete.

Dalla poesia religiosa, anche molto semplice, si arriva ad una poesia destinata a diventare sempre più
complessa (Commedia dantesca).

NASCITA DELLA LIRICA


Nel 1999, Alfredo Stussi ritrova una pergamena dove all’interno è scritta una canzone in volgare italiano
(Quando eu stava). Risale ai primi anni del 200 ed è uno dei primi testi appartenenti alla tradizione italiana
volgare ben più antico della scuola siciliana.

Riprende i modelli della poesia provenzale; la lingua però è di difficile identificazione, poiché si nota una
commistione di termini dialettali meridionale con tratti dell’area padana. Questo è un grande problema,
perché non si capisce quale sia la reale origine geografica → Carlo giunta ipotizza che questo testo sia la
trascrizione di un testo ben più antico. Un copista non capendo totalmente ciò che è scritto, cambia le forme
che non capisce con delle forme più simili facenti parte della loro area geografica.

Oltre al problema della grafia, che non permette la reale identificazione dell’autore del testo.

|autografo => colui che scrive di suo pugno un testo|

Questo testo è di forte influenza trobadorica. Non si sa chi sia l’autore, ma rappresenta sicuramente il testo
più antico della tradizione della poesia sentimentale.

SCUOLA SICILIANA

Con questo termine vengono indicati i rimatori che appartengono alla corte di Federico II di Svevia. Ciò che
conosciamo di questa scuola, lo dobbiamo ad un manoscritto Canzoniere Vaticano 3793. Accanto a questa
prima parte dedicata alla scuola siciliana, si affianca quella tosco-emiliana —> si nota che la veste linguistica
è la medesima; quindi questo manoscritto non riporta i testi nella lingua originale, bensì in quella del
copista.

Conosciamo ben poco della poesia della scuola siciliana, però conosciamo alcuni nomi (Federico II, il figlio
re Enzo, il “notaio” Giacomo da Lentini,..). Fanno tutti parte della schiera laica e sono tutti dediti alla poesia.
Non si conoscono le cause della nascita della poesia e dello sviluppo della lingua volgare.

| figlio naturale = figlio illegittimo|

Argomenti? Amor cortese.

Andrea Cappellano scrive un trattato in latino su cosa sia l’amore. Si occupa in particole dell’amore delle
corti. Sul finire del 1100, l’amore è un sentimento destinato solo ai cuori nobili (non legato al modo di
vivere, ma legato alla stirpe).

Ha delle regole ben precise:

- al centro c’è la donna, diviene quindi propriamente la domina latina. È lei che sceglie ciò che l’uomo
deve fare; si instaura così una sorta di legame vassallatico. Come nel medioevo esisteva un legame
tra l’uomo e il feudatario, allo stesso modo nasce questo legame tra la donna e l’uomo (egli deve
essere fedele alla donna, ligio e serviente)

- Non è un amore coniugale. Nel Medioevo (e forse fino all’800) è un mezzo per stringere delle
alleanze politiche e non certo la coronazione di un sentimento. | Emblematica la storia di Paolo e
Francesca. Lei sposa Gianciotto per procura. Rientra propriamente in quello che è la prassi
dell’amore cortese|

- Concezione dell’amore che rivendica la libertà e l’autonomia della donna -> sorta di rivendicazione
sulla condizione storica della donna

Conosciamo la scuola siciliana praticamente grazie al ritrovamento di alcuni manoscritti:


- vaticano latino 3973

- Banco rari 217

- Redi 9

Sono i più importanti codici che riportano testi della corte di Federico II, poeti toscani.

I tre codici derivano da un originale comune, il che lo rende un po’ inutile, poiché quando si studia un testo
si cerca di trovare manoscritti diversi e autonomi per cercare di trovare versioni diversi nella speranza di
trovare quello corretto. Per questo motivo si a una conoscenza molto parziale della scuola siciliana.

Esistono delle fonti che mantengono la veste linguistica siciliana illustre:

- libro siciliano, ms perduto da cui Francesco Barbieri ricava testi in siciliano illustre

- Frammento di una canzone di Giacomino pugliese → mettendo a confronto i frammenti con la


versione posseduta, si può notare come sia stata cambiata la lingua

- Memoriali modenesi -> vengono ritrovati sei componimenti, che servivano per evitare che gli atti
notarili venissero cambiati (1280-primi decenni del ‘300)

- 4 poesie in siciliano, ritrovate a Bergamo, trascritte tra il 1250 e il 1270

RE ENZO - S’EO TROVASSE PIETANZA

Nel 1249 viene catturato in battaglia e resta in carcere a Bologna per vent’anni. È stato ritrovato il testo
siciliano, di cui è poi stata fatta una trascrizione in toscano.

La scuola si sviluppa intorno alla corte di Federico II. Molti poeti sono diplomatici di corte e hanno una
cultura omogenea. Questa scuola è un progetto culturale portato avanti dallo stesso imperatore, per evitare
che molti giovani di corte lasciassero la corte per andare a Bologna e a Parigi. Nonostante ciò, gli argomenti
trattati sono sempre di poco valore (non si tratta di satira, politica, …) perchè la lingua ufficiale della corte
è e rimane il latino.

Il volgare viene quindi utilizzato per cercare di svecchiare un po’ la corte e coinvolgerla maggiormente; per
fare ciò è inutile dire che la forma metrica più utilizzata è quella della canzone.

LA CANZONE

I temi della canzone sono prevalentemente sentimentali, di fatto manca in maniera completa la trattazione
politica. Solo con l’avvento della trattatistica di Dante, il volgare comincerà ad essere implicato in
componimenti di carattere politico-invettivo. Nonostante ciò il latino, rimane ancora nel ‘300, la lingua
attraverso la quale i poeti aspirano alla grandezza (lo stesso Petrarca sperava di raggiungere la fama
attraverso un grande poema in latino, ma al contrario egli raggiungerà la fama grazie al suo Canzoniere).

Le donne sono rappresentate quasi in maniera stereotipata (bionde, occhi chiari, pelle bianca, labbra
rosse,..) e questi ci fa pensare che forse queste spesso non erano nemmeno reali, ma fossero solo un pretesto
a cui affidare le proprie pene d’amore ad un testo poetico.

Spesso ci si è chiesto se queste donne, come la Laura di Petrarca, fossero davvero esistite o non fossero
altro che l’incarnazione di un qualcosa di più grande (Laura = poesia per Petrarca). Anche le vicende
sembrano rientrare in un canone letterario: laura incontra Petrarca in chiesa e allo stesso modo accade per
Dante e Beatrice.

Uno dei temi che piace molto è l’amore visto come sentimento che ingentilisce (un po’ come la poesia, che
rende gentili anche gli animi più schivi, rozzi e insofferenti) => da qui nasce la figura di una donna che
ingentilisce

Questi amori celebrati sono amori cortesi → amore extraconiugale e per questo moytivo uno dei temi
ricorrenti è la necessità di mantenere il segreto della relazione tra il poeta e l’innamorata. Il motivo del
segreto si ricollega alla presenza della figura del maldicente → figura che installa nel poeta un duplice
sentimento: 1) gioia nel vedere l’oggetto del desiderio; 2) paura di essere scoperto e di essere tradito da
qualche gesto che potrebbe rivelare il sentimento del poeta.

Un elemento che caratterizza quasi tutti i poeti della scuola siciliana è la loro scarsa biografia (spesso si sa
solo che sono stati alla corte di Federico II) → cosa strana perchè siamo abituati ad avere un focus sull’io
del poeta, qui invece il poeta si cela dietro l’immagine di poeta che soffre per amore.

Dal punto di vista metrico, a caratterizzare la scuola siciliana, sono sopratutto la canzone e il sonetto →
inventato da Giacomo da Lentini (e destinato ad essere utilizzato moltissimo anche nei secoli successivi),
formato da 14 versi endecasillabi, 2 quartine e 2 terzine; talvolta organizzati in cicli, ma mantenendo
sempre una certa autonomia. Il termine sonetto significa canzone in provenzale, e questo ci rimanda al fatto
che in origine dovessero essere musicati anche questi.

La suddivisione in quartine e terzine permette di dividere idealmente il componimento in due, dedicando


la parte più estesa ad un argomento e la parte conclusiva per ribaltare i concetti detti prima. Spesso le
quartine sono conclusive (hanno un punto alla fine) e le terzine sono legate da enjambement.

GIACOMO DA LENTINI “NOTARO” → 1 POETA A DEFINIRSI COME TALE

Viene considerato dalla tradizione letteraria come il primo (non in senso cronologico) della scuola siciliana,
anche se il primo vero poeta da considerarsi sarebbe Federico II. è il primo ad essere riconosciuto tale dai
suoi contemporanei.

Da Lentini è uno dei più importanti notai della corte di Federico II. Si conoscono circa una quarantina di
poesia e tutte di argomento amoroso.

Si hanno poche notizie biografiche; il suo nome figura in alcuni atti redatti da lui per la corte.

IO M’AGGIO POSTO IN CORE A DIO SERVIRE


In questo sonetto ritornano gli elementi tipici della poesia della corte federiciana.

1° QUARTINA

Mi sono messo in animo di servire Dio, → di essere coerente e devoto


affinché io possa andare in paradiso,
il santo luogo che come ho sentito dire,
ci sono sempre sollazzo, gioco e riso.
Questo quartina è isolata dal resto del testo. L’argomento è religioso e non ci fa intravede risvolti
sentimentali. Sollazzo, gioco e rire→ richiamano una dimensione popolaresca e terrena simile a quella con
cui Giacomino da Verona descrive il Paradiso. L’immagine che si crea non è proprio confacente
all’immaginario realista, ma ricorda la poesia comico-realistica di Cecco Angiolieri.

2° QUARTINA

Dalla seconda quartina la questiona religiosa viene intaccata e cambiata di segno da quella sentimentale.

Senza la mia donna non vorrei andare.

quella che ha i capelli biondi e il viso pallido, → particolare che evidenzia l’appartenenza alla nobiltà

poiché senza di lei non potrei godere/gioire, → allusione molto terrena quasi sessuale. Questa quartina
crea quindi una sorta di contrato tra le intenzioni del poeta, anche se in realtà mette in risalto quanto sia
innamorato della sua donna, a tal punto da rinunciare al paradiso se questo volesse dire separarsi da lei.

TERZINE

Io non lo dico con l’intento


di voler peccare con lei,
ma vorrei vedere con gioia

il suo bel portamento e il suo bel viso:


che per me è di grande consolazione vedere la mia donna stare là.
Il poeta chiarisce le sue reali intenzioni → non vuole peccare con lei, bensì vuole avere vicino la donna amata
per godere appieno delle gioie del paradiso. L’idea della donna che attraverso il suo sguardo e il suo saluto
può dare consolazione al poeta, sarà un concetto sul quale insisteranno molto i poeti successivi (3 corone
fiorentine) => donna angelica

ANALISI

- Sono presenti alcuni latinismi → claro, gaudere, audito

- Sono presenti termini che connotano geograficamente il sonetto → dialetto siciliano (aggio)

- Sono presenti caratteristiche della donna ricorrenti nella poesia siciliana

|Una delle poche donne a fare eccezzione è Lucia (Promessi Sposi): contadina, capelli neri,..!

- Spesso la donna è lontana (non solo fisicamente), è nobile, devota, raffinata e intelligente. Quello
cantato è un amore impossibile e per questo motivo il poeta spera di averla vicino almeno dopo la
morte.

Benedetto Croce nota un forte contrasto tra: l’elemento dell’attrazione fisica e il valore morale; amor sacro
vs amor profano.

L’idea del paradiso che traspare da questo sonetto è molto terrena e concreta. ( diversamente da Giacomino
da Verona che lo faceva per istruire, Da Lentini lo fa per intrattenere)

Si ha una materializzazione del Paradiso in funzione della donna, il quale la eleva e la rende ancora più
irraggiungibile. Viene divinizzata in qualche modo e s’instaura quindi un rapporto di sudditanza tra la
donna e il poeta.

Si può notare una forte cesura tra la prima quartina (che potrebbe essere una poesia religiosa) e il resto del
testo.
Alla morte di Federico II, gli succede il figlio Manfredi e l’opera poetica continua, anche se la corte si sposta.
Anche se vengono meno le grandi personalità, l’attività continua. La vivacità di questa corte è testimoniata
dal De vulgari eloquentia (trattato sull’uso dei volgari, dove si pone l’accento sull’importanza che la corte di
Federico II ha avuto per la nascita di una letteratura in volgare.)

Dalla Sicilia, gli argomenti della poesia sicilia raggiungono presto anche il resto d’Italia. Dalla Sicilia passano
a Napoli e alla terra ferma del Sud italia; il raggiungimento è dovuto però in gran parte a Re Enzo, il quale,
dopo essere stato catturato in battaglia e tenuto prigioniere a Bologna comincia a dettaread un copista i
suoi testi in dialetto siciliano → rimagono in veste originale

Un frammento di una poesia di Giacomino Pugliese è presente in un manoscritto del nord-italia, il quale
arriva senza passare dal centro italia, mantenendo quindi la sua veste originale.

Il Libro siciliano, oggi perduto, era uno dei pochi manoscritti che conservava i testi in lingua originale. Di
questo testo però ne trae copia un modenese (Gianmaria Barbieri) che nel 500 desume quattro testi della
scuola siciliana.

A partire dal 300 comincia ad essere imitata da alcuni poeti: Bonagiunta Orbicciani e Guittone D’Arezzo →
non solo tematiche ma anche forme metriche e stile. Accanto a questi poeti toscani si affianca Guido
Guinizzelli, il quale riprende lo stile siciliamo apportando qualche modifica → Dolce Stilnovo

STILNOVO

CODICE CHIGIANO 313 → manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana che attesta un cambio poetico:
vengono inseriti primariamente i testi di Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia, Dante e Guinizzelli; solo
secondariamente vengono inseriti i poeti della scuola siciliana. Questo manoscritto attesta quindi il
cambiamento di un canone stilistico.

Dante si fa teorico del nuovo stile nel Purgatorio, quando incontra Bonaggiunta Orbicciani e Guido
Guinizzelli; parlando con loro si confronta e si arriva a quella che è la prima trattazione teorica di cosa sia
lo stile.

PURGATORIO XXXIV, 49-63

Bonaggiunta vede Dante e si stupisce (perchè non è un’ombra, bensì un’anima) e chiede se lui è quello che
ha scritto Donne che avete intelletto d’amore. Sembra incoronare Dante come capostipite di un nuovo stile.
Risponde di essere lui e dice anche quale è la sua novità poetica: le sue poesie sono dettate da un’ispirazione
poetica e non sono solo un esercizio di stile legato a stereotipi.

|Con gli occhi della modernità questo sembra scontato, ma all’epoca non era così|

Bonaggiunta quindi capisce quale sia il punto focale del discorso di Dante (frate = legati dall’amore per la
poesia) e quale sia l’elemento che fa da discrimine il suo modo di poetare (luoghi comuni, esercizio di stile)
il nuovo modo (ispirato dal vissuto).

dittatore: 1) colui che detta, 2) colui che impone la propria volontà ai poeti.

PURGATORIO XXVI, 92-148 → Dante incontra Guinizzelli nel girone dei Lussuriosi. Egli viene considerato
da Dante come il capostipite dello Stilnovo.

Dante fa riferimento alla mitologia classica → mito di Ligurgo: durante il regno di ligurgo, due figli vengono
imprigionati e allontanati dalla madre; quando si ricongiungono la gioia è immensa. Con la stessa gioia
Dante ascolta Guinizzelli proclamarsi copostipite di tutti gli stilnovisti. Guinizzelli non capisce bene chi sia
e non capisce perchè Dante si rivolga a lui come “padre”. Dante spiega che si è ispirato ai suoi testi, quali
rimarranno cari alla gente fino a quando questa maniera di poetare rimarrà.

C’è una sorta di continuità tra la poesia provenzale e quella siciliana. Questi modelli verranno ripresi anche
per la prima generazionedi poeti toscani, per poi essere ripresa (con qualche variazione) dalla generazione
dei grandi poeti.

Cosa cambia? L’ispirazione poetica -> al centro ci sono i poeti stessi e una diversa valenza della nobiltà.

GUIDO GUINIZZELLI

È il primo a proporre questo nuovo modo di poetare.

Nasce intorno agli anni ‘30 del 1200 a Bologna (si sa perchè cosi viene indicato nel Codice Vaticano). È un
giurista, appartiene alla categoria dei laici e pare appartenesse ad una famiglia ghibellina.

| Guelfi - sostenitori del potere temporale del papato(neri: completo potere al papa; bianchi: potere nelle mani
sia del papa che dell’imperatore); ghibellini - non riconosco l’autorità temporale al papa e vedevano
l’imperatore come unico … del potere civile. Parlare di imperatore non è così semplice, perchè il ruolo cambia
a seconda della posizione geografica dei ghibellini.|

Queste diatribe politiche porteranno i poeti a finire in queste dispute.

|quando viene esiliato da Firenze, Dante prende posizioni sempre più radicali, tanto da sembrare quasi
ghibelline|

Si hanno parecchi atti notarili che portano il nome di Guinizzelli.

Pare che abbia contatti con gli ambienti universitari.

Possediamo un corpus di testi piuttosto esiguo, 5 canzoni e 15 sonetti -> dato dal fatto che 1) non fosse un
poeta di professione 2) i corpora sono il risultato di una cernita fatta dai copisti.

Uno degli episodi più importante della vita di guinizzelli è lo scambio di poesie con Bonagiunta Orbicciani
-> si rende conto che Guinizzelli ha mutato la maniera di fare poesia e parlare dell’amore. Viene accusato di
essere troppo filosofico e incline all’oscurità.

VOI CHE AVETE MUTATO LA MAINERA - GUINIZZELLI

Supera la maniera di poetare dei provenzali e viene visto come il capostipite (ha fatto come un lume che
rischiara anche le zone più buie.

Vuole illuminare gli altri poeti, ma non riescono a stargli dietro tanto è oscuro il suo poetare.

È strano, anche se questo modo di fare viene da una città prestiogiosa come Bologna, voler scrivere poesie
a partire dalle sacre scritture —> donna angelicata e cotinui riferimenti quindi alla bibbia.

Bonaggiunta vede una sorta di tradimento poetico : pur appartenendo alla stessa generazione ci sono delle
novità

È forse a partire da questa tenzone che Dante mette in scena il dialogo presente nel Purgatorio.

Nella poesia di guinizzelli ci sono temi tipici della poesia provenzale:

- donna descritta come portatrice di gioia


Ciò che cambia in maniera sostanziale è il fatto che il poeta comincia a parlare non solo di amore ma anche
di ideologia -> l’amore della donna non appartiene solo alla sfera terrestre, ma diventa quasi un mezzo di
elevazione spirituale.

L’elemento che differenzia di più è il modo di intendere l’amor gentile -> non appartiene più ad una stirpe
illustre; gentile cambia semantizzazione ed è legato al fatto di comportarsi e avere dei sentimenti nobili.

SONETTO X <XV>

Guinizzelli tende a lodare la donna amata (= poesia siciliana) ma cambia il metro di paragone

Io voglio davvero lodare la mia donna


E a paragonarla alla rosa e al giglio -> purezza e bellezza
La mia donna splende e appare più della stella del mattino -> no per convinzione
E la paragono a tutto ciò che di più bello trova (in cielo e in terra)

Voglio paragonare a lei la campagna verdeggiante e l’aria,


Tutti i colori dei fiori, (in particolare) il giallo e il rosso,
All’oro e l’azzurro (metonimia, = lapislazzulo)
Lo stesso amore diventa più gentile grazie alla presenza di questa donna .

La paragona sempre per contrasti. Le prime due quartine potrebbero essere una porzione di testo unitario.
Le due quartine sono destinate alla lode della donna; le terzine sono destinate alla presenza della donna.

Questa donna passa per la via così elegante, e così gentile (nell’animo)
Che riesce a piegare l’orgoglio di chiunque lei saluta,
E fa diventare cristiani anche coloro che in dio non credono; -> novità

E non si pò avvicinare a lei nessun uomo che sia vile,


E vi dirò qualcosa di più sulle sue virtù
Nessun uomo può pensar male finchè lei è presente ->

Estremizzazione del mito di Morfeo - rendeva migliori le fiere con la musica e la poesia. La donna lo fa solo
con la sue presenza.

Si lega anche il tema del saluto -> il saluto della donna salute e salvezza (più in Cavalcanti e Dante).

Spesso si parlava di amore infelice, con la seconda generazione l’amore viene visto come una fonte di gioia e
salvezza.

La prima parte del sonetto è tecnicamente chiamato plazer - viene fatto un elenco delle cose che piacciono.

In alcuni caso c’è un contrasto tra le quartine destinate al plazer e le terzine che sono destinae alle cose che
danno fastidio (tedium).

Nell’ultima terzina c’è una sorta di climax -> elevemanto di tono e soggetto

Al cor gentile rempaira sempre amore

Canzone manifesto dello Stilnovo


C’è una predisposizione dell’animo umano a trovare ciò che gli somiglia. Guinizzelli procede proprio per
similitudini e confronti. All’inizio lo fa con immagini quotidiani (uccellino, fogliame, fuoco,..), ma procede
via via sempre con immagini più elevate. Si ha nelle prime cinque stanze un movimento ascensionale; fino
ad arrivare nella quinta ad una visione filosofico-spirituale. Il processo ascensionale viene ripreso da moltri
altri autori (Dante- divina commedia; Canzoniere -Petrarca, Decameron - Boccaccio)

Metrica: primi quattro versi endecasillabi alla quale si oppone una seconda parte (sirma) di settenari. Primi
versi in rima ABAB a cui si contappone la sirma di CDCEE.

L’ultima parola della prima strofa e la prima della seconda strofa si ripete - coblas capfindas

Al (in) un cuore gentile ritorna (gallicismo) sempre l’amore


Come l’uccellino torna sempre nella selva e in mezzo alle fronde;
Ne ha creato la natura l’amore prima di un cuore nobile,
Come non appena fu creato il sole la sua lucentezza furono subito manifesti
Allo stesso modo l’amore trova luogo nella gentilezza dell’animo nobile
In una maniera così natrale
Come il calore nella lucentezza del fuoco.

Il fuoco dell’amore si accende nel cuore nobile


Allo stesso modo in cui la bellezza sta nella pietra preziosa
Poichè dalla stella non viene infusa nessuna proprietà particolare
Prima che il sole non l’abbia resa una cosa pura;

Cosi la donna come una stella fa innamorare quel cuore che diventa,grazie alla natura, eletto e gentile
—> l’immagine della donna paragonata ad una stella arriva ancora dalla scuola siciliana. Si hanno immagini
della tradizione, ma rivisti con una visione moderna

L’amore sta nel cuore nobile


Per lo stesso motivo per cui il fuoco sta in cima al candelabro: (illuminare e rendere sicura la via)
E non potrebbe starvi in altro motivo
Cos una natura cattiva respinge l’amore
Come fa l’acqua con il fuoco, perchè è fredda.
L’amore prende dimora nel cuore gentile
Perchè è ha le stesse caratteristiche dell’amore
Come il diamante trova dimora nel minerale del ferro. -> hanno la stessa natura

Si ha una serie di paragoni: come il sole rende bella una pietra, allo stesso modo anche la donna che colpisce
il cuore di un uomo lo rende puro e gentile. Questo non è solo un paragone tangibile, ma si basa anche sulla
credenza medievale che l’influenza delle stelle su alcune pietre desse loro quasi delle virtù magiche.

Il sole ferisce il fango per tutto il giorno:


Eppure rimane vile e non perde calore; - due elementi diversi non si influenzano e non cambiano . Un cuore
gentile, anche se colpito dalla donna angelo, non cambia.
|elemento presento anche nel De Amore - > la donna può innamorarsi solo di un cuore elitario; per
Guinizzelli un uomo è degno dell’amore solo se ha un cuore gentile|
Un uomo altero può dire di essere nobile per
Ma io lo paragono al fango, …:
Perchè non bisogna credere
Che la nobiltà sia estranea al coraggio
E legata al privilegio ereditario
Ma se la virtù non ha il cuore gentile,
Come l’acqua che riflette il cielo
Non è bello come il cielo e il suo splendore.

Dio creatore risplende davanti alle intelligenze angeliche più che davanti ai nostri occhi: > visione
geocentrica. Elementi che si ritroveranno anche nel paradiso dantesco
ella (intelligenza angelica) intuisce la forma ma non riescono ad andare oltre il cielo, e faceno voltare
il cielo comincia ad obbedire a dio.
E a come ciò segue il giusto disegno di Dio,
Allo stesso modo una bella donna, dopo ce ha colpito l’uomo,
Dovrebbe suscitargli il desiderio di non smettere mai di obbedirle. ->non fare ciò che vuole,ma ciò che è
giusto (≠ femme fatale)

La donna viene paragonata a Dio. Pieno trionfo della donna angelo.

Di solito nell’ultima stnza il poeta tira le somme del suo discorso rivolgendosi alla donna o alla canzone stessa.

Donna (apostrofe), Dio mi dirà quando la mia anima sarà davanti a lui “Cosa credesti? Il cielo
oltrepassasti e sei arrivato fino a me e i presenti con questo amore terreno. Hai paragonato me ad un
amore terreno (non paragona la donna a Dio, ma invece di cantare le proprie lodi a dio le ha cantate a lei)
…. A me convengono le lodi e alla regina del paradiso per cui cessa ogni inganno. (Onne fraude>
latinismo)”

Potrò dirgli “aveva la sembianza di un angelo appartenente al tuo regno, non fu per te un errore se
posi in lei amore”

Guinizzelli conclude la canzone evidenziando come la donna sia divenatata un tramit tra l’uomo e dio; ed ella
non potrebbe mai allontanarlo da Dio, poichè è stata messa sul suo cammino da Dio stesso.

Le capacità della donna di essere una donna angelo porranno il poeta al riparo da ogni accusa.

Commento

- elementi legati al mondo scientifico e naturale

- Coblas capfinidas

- Linguaggio dolce e leggiadro

- Nobiltà ereditaria -> nobiltà d’animo

Dante trova già in Guinizzelli gli elementi che caratterizzano lo stilnovo


- difficile convivenza tra etica cristiana e amore sensuale. 1277- il vescovo di Parigi condanna la
lettura del De Amore di Cappellano

- Visione contemplativa dell’amore. Si attiene ad una visione platonica

- Donne così perfette da sembrare allegoriche (beatrice = filosofia) -> sono così perfette da non avere
più nemmeno una descrizione fisica. Questa perfezione fa si che nel poeta nasca un sentimento di
disperazione e frustrazione, perchè non si crede adeguato a trattare la materia

CAVALCANTI (1258)

Fiorentino, di famiglia nobile e ricca guelfa.

All’interno delle dispute guelfi-ghibellini, Cavalcante viene promesso in sposa alla figlia di Farinata degli
Uberti (ghibellini) per cercare di riappacificare le fazioni.

Si dedica alla vita politica fino al 1293, quando a causa di un ordinamento di giustizia di Giano della Bella
viene proibito ai facenti parte della giunta dei cavalieri di partecipare alla vita politica. Nel 1300, in piena
guerra civile, vengono esiliati tutti i maggiori esponenti delle due fazioni.

È molto famoso per essere stato un grande pensatore, un filosofo e un logico -> è un personaggio che ha
molta fortuna sia in vita che dopo la morte.

La produzione di Cavalcanti è caratterizzata da sonetti e ballate (componimento con un ritornello ed è


scritta in endecasillabi)

Purgatorio X: dante incontra Oderisi da Gubbio (miniatore)

Viene spiegata quanto sia effimera la gloria terrena

Come nella miniatura oderisi è stato superato nella miniatura, Cavalcanti ha tolto la gloria a Guinizzelli, allo
stesso modo Dante supererà entrambi. Consegna in questo modo il primato a cavalcanti.

Riprende molti temi di guinizzelli, ma lo caratterizza un tono di malinconia dovuto alla mancanza di abilità
di rendere la donna amata come vorrebbe e la frustrazione dovuta a questo

SONETTO IV

1 quartina

La quartina comincia con un interrogativo:

Chi è la donna che avanza, che ogni uomo guarda,


che con la sua sola presenza fa tremare l’aria di splendore → allusione alla brillantezza delle stelle (scuola
siciliana)
e porta con sé Amore, così che nessun uomo
può parlare, ma ciascun uomo può solo sospirare?→incapacità del poeta di esprimere i proprio sentimenti,
motivo che genera frustrazione nel poeta, poiché non riesce a parlare di ciò che gli sta maggiormente cuore.
La donna è diventata qualcosa di trascendente e il poeta non può descriverla con parole umane. Di fronte a
questa donna che esprime virtù e rettitudine ogni uomo fa fatica a parlare (in Guinizzelli è ancora più incisiva,
perché gli uomini non solo non riescono a parlare, ma non possono fare nemmeno empi pensieri). Il “sospirar”
è un topos della poesia stilnovista.
2 quartina

O dio, cosa sembrano i suoi occhi quando si muovono! →è qualcosa che sono una divinità potrebbe dire
Lo dica Amore, perché io non lo saprei raccontare:
mi appare una donna talmente umile,
che di fronte a lei qualsiasi altra donna viene chiamata ira. →suberba
1 terzina

Non si può cantare la sua bellezza →fisica e morale; piagenza è più incisiva che il termine bellezza
che di fronte a lei si inchina ogni virtù
e la bellezza la mostra come sua dea. → quasi come una Venere. La bellezza classica non viene usata molto,
ma anzi c’è una ripresa della cultura cattolica; non si allude quindi a Venere, ma alla bellezza che la
sceglierebbe come sua rappresentante.

Non fu così perspicace la nostra mente


E non ci fu in noi tanta salute (=salvezza, grazia)
Da averne un ‘appropriata conoscenza →la dimensione umana del poeta rende impossibile conoscere e
descrivere in maniera appropriata questa donna che trascende lo stato umano e diventa già in terra un angelo.
ANALISI:

Si tratta di un sonetto. Il sistema di rime ABBA ABBA CDE EDC (rima speculare nelle terzine). Si ha un
riferimento preciso al sonetto di Cavalcanti Io voglio del ver’ la mia donna laudare. Quella di Cavalcanti
potrebbe sembrare una sorta di risposta:

Guinizzelli : le ultime due terzine hanno il verso centrale che rima in salute e vertute →uguale a Cavalcanti
=> questo è sembrato a Giancarlo Contini (autore di un’antologia di poeti del 200-300), che questa scelta
volesse essere un modo per avvertire il lettore che questo sonetto volesse essere una sorta di risposta
quello che diceva Guinizzelli.

La seconda parte del sonetto è dedicata ad illustrare gli effetti salutiferi che questa donna ha sugli uomini
→ qualcosa di simile si ritrova in Cavalcanti.

Anche il tema della salute viene ripreso, ma non ciò basta per aver la piena conoscenza dell’essenza e della
bellezza di questa donna.

In entrambi i testi vengono ripresi gli effetti che questa donna ha passando per via, ma assumono accezioni
diverse:

- Guinizzelli → positiva = la donna ha degli effetti benefici (gli uomini diventano degni; converte chi non è
cristiano,..)

- Cavalcanti → negativa = gli effetti benefici ci sono ma non vengono capiti, non è possibile descrivere questa
donna e parlare in maniera concreta degli effetti benefici che questa provoca al suo passaggio; cambia anche
il punto di vista: all’inizio sono tutti gli uomini che al vederla passare sospirano, però poi (seconda quartina)
si focalizza sul fatto che è lui a non poter cantare le lodi di questa donna; nell’ultima terzina si passa da un
io che focalizza la situazione sul poeta, a un noi => tutti gli uomini che la incontrano per via. Si passa dalla
soggettività del poeta ad una generalizzazione di questa afasia. È come se tutto il mondo si fermasse davanti
a tanta bellezza.

Non → ripetizione anaforica, da l’idea della cifra negativa delle conclusioni a cui giunge il poeta
Ogni parte del sonetto è autonoma → si crea un gruppo tematico ben distinto. Ogni quartina e terzina
esprime in maniera coerente un discorso. Anche i singoli versi sono autonomi, ad eccezione del secondo e
terzo verso che sono strettamente collegati da una e (enjambement).

Il primo verso richiama l’incipit del cantico dei cantici e al libro di Isaia LXIII → si comincia con una domanda
che si riferisce a Dio => già all’inizio Cavalcanti vuole descrivere questa donna che ha un forte legame con
il mondo religioso.

Il secondo verso, secondo Federico De Robertis, sarebbe la descrizione del fenomeno ottico della
scintillazione (come nascia un’illuminazione dovuta ad una luce)

C’è un climax ascendente: si passa dalla difficoltà soggettiva del poeta a parlare della donna a una
collettività.

SONETTO VII

In questo sonetto la donna non è più al centro

La mia anima è sbigottita in maniera vile


Dalla battaglia che è scatenata all’interno del mio cuore
Che se ella (l’anima) sente anche per poco Amore
Più vicino di quanto non sia abituata, lei muore
→ la mia anima è disperata dalla battaglia che c’è al suo interno; i sentimenti contrastanti che tormentano
l’anima del poeta, la quale non essendo abituata ad avere vicino Amor, se lo ritrova troppo vicino a sé rischia
di morire.

[la mia anima] sta come se non avesse alcun valore,


che per paura ha lasciato il cuore;
e chi vedesse com’è fuggita lontano
direbbe per certo “questi non ha vita”
→ è quasi sfuggita dal corpo l’anima così svilita del poeta che chi lo vedesse, non potendone vedere l’anima
(adynaton = qualcosa di impossibile), penserebbe che egli non ha più vita

La prima battaglia passa attraverso gli occhi,


che rompe ogni barriera
così che da questo colpo venga distrutta la mente
→ il primo attacco passa attraverso gli occhi = di solito è lo sguardo della donna che colpisce per primo il poeta
e l’idea è che sia attraverso lo sguardo che passi il sentimento d’amore (elemento tipico dello stilnovo, ma
anche della tradizione poetica precedente.)

Chiunque viva e possa sentire una qualche gioia


Vedendo gli spiriti fuggir via
Proverebbe una grande compassione
→ nella fisiologia medievale si immaginava che attraverso il sangue passassero le funzioni vitali, quindi se
vedesse gli spiriti lasciare il corpo del poeta piangerebbe di pietà chiunque abbia dei sentimenti (disperazione
per un amore infelice). Non si allude mai direttamente alla donna. L’idea della battaglia che avviene
attraverso lo sguardo rimanda sicuramente all’amore; non si parla mai della donna, ma piuttosto
degli effetti devastanti. Il tema centrale di questa terzina è quello della compassione, poiché in molti sentono
questi effetti devastanti dell’amore; un amore che sembra descritto quasi una battaglia interiore. Cavalcanti
sta cercando di oggettivare le proprie passione, rappresentandole come qualcosa di concreto.
In questo testo si vedono solo elementi negativi, la forza distruttrice dell’amore e la disperazione del poeta.
Quasi come se il poeta immaginasse di essere condannato in maniera negativa dagli altri → nella seconda
stanza, c’è anche un’idea di un giudizio negativo da parte degli altri nel vederlo comportarsi in questo modo.

Il riferimento agli spiriti è un elemento tecnico e scientifico → sia Villani che Boccaccio ricordano quale sia la
dimensione filosofica di Cavalcanti. La filosofia del Medioevo riguarda vari ambiti (fisica, scienza), per questo
rientra in questo côté anche la descrizione di fenomeni scientifici.

L’elemento di novità presente in questo sonetto è la funzione comunicativa che Cavalcanti gli associa: si rivolge
ai lettori, come se fosse certo di avere un gruppo di lettori [si rivolge a qualcuno che potrebbe aver visto la sua
anima fuggitiva; qualcuno che vedendolo possa provare pietà] → dà per certo che ci sia un interlocutore alle
sue opere poetiche e questo non è scontato. Sarà un elemento che acquisirà sempre più importanza (in Dante,
ma soprattutto in Petrarca).

DANTE ALIGHIERI (1265-1321)

Si posseggono poche informazioni biografiche riguardo il poeta e per molto tempo ci si è affidati al
Trattatello di laude di Dante, scritto da Giovanni Boccaccio (grande ammiratore di Dante; però essendo
scritto per l’appunto da un amico si trova la lode e non la verità). Anche le informazioni sono
approssimative → rientrano nella sfera aneddotica più che della biografia.

Nasce a Firenze tra il maggio e giugno del 1265 (data ricavata dal mezzo del cammin di nostra vita).
Appartiene ad una famiglia nobile (Alighiero di Bellincione di Alighiero), non è particolarmente fiorente a
livello economico, ma già il padre e il nonno fano attività nel campo degli affari come prestatori (leggi
usurai). Si rende conto di non avere una famiglia molto benvoluta → mito genealogico: trova un antenato
illustre (di cui parla anche nella Divina Commedia. Nei canti XV, XVI, XVII incontra Cacciaguida), si inventa
tutta una notizia sul fatto che dovesse essere un cavaliere della seconda crociata, al servizio di Corrado III
Hohenstaufen.

Il nome di Dante, è una forma accorciata, familiare di Durante. Viene cresciuto come un cavaliere nobile,
anche se la famiglia non ha grandi mezzi economici, e partecipa anche ad alcuni avvenimenti bellici. Studia
grammatica e filosofia (forse con Brunetto Latini → autore di un poema molto famoso nel medioevo;
conosciamo poco di questa figura se non che fosse un sodomita e per questo motivo Dante lo inserirà
nell’inferno nell’omonimo girone).

Rimane orfano molto presto e comincia da subito ad occuparsi degli affari di famiglia → dà la dimensione
di un personaggio occupato non solo nel campo letterario, ma anche in un campo più tecnico e pratico.
Viene destinato al matrimonio con Gemma Donati (appartenente ad una famiglia di parte guelfa nera, con
l’idea di riappacificare le due fazioni). Al di là del matrimonio con Gemma, Dante racconta quasi sempre
della donna di cui si innamora quando ha dodici anni: Beatrice (Bice Portinari).

Studia forse a Bologna filosofia e negli stessi pare coincida l’incontro con Beatrice → per molti quindi la
figura di Beatrice potrebbe reincarnare la filosofia stessa.

È un cavaliere a tutti gli effetti → partecipa alla battaglia di Campaldino (Guelfi fiorentini > ghibellini di
Arezzo e Firenze) come feditore a cavallo e alla preda del castello di Caprona (Guelfi > Ghibellini). | I guelfi
fanno ancora fronte comune; quando i Ghibellini saranno cacciati da Firenze, all’interno degli stessi Guelfi
ci sarà una spaccatura. |

Nel 1295, gli ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, portano Dante a iscriversi all’ordinamento dei
medici e degli speziali (forse per studi filosofici), di modo da poter partecipare alla vita politica. Viene eletto
nel Consiglio dei Trentasei, nel Consiglio dei Cento e nel Consiglio dei Savi → particolarmente ristretto
all’interno dei quali si sceglievano i priori di Firenze. Tutto va abbastanza bene fino a quando non viene
eletto Bonifacio VIII (vuole estendere potere politico e possedimenti territoriali). Per ampliare la sua
influenza politica, finge di inviare un possibile mediatore tra le fazioni guelfe → invia nel 1301 Carlo di
Valois, quando arriva a Firenze, la reggenza invia tre ambasciatori per chiedere informazioni sul ruolo di
Carlo. Uno di questi è Dante, la scelta ricade su di lui forse per allontanarlo dalla città (era tra i più onesti
amministratori di Firenze). Il papa lo trattiene più a lungo e questa sua lontananza fa si che apprenda solo
dopo che in città è scoppiata una guerra civile e che su di lui pesa una condanna ingiuriosa → condannato a
pagare un’ammenda e due anni di esilio per baratteria → non potendo recarsi in tempo a pagare la multa
inflittagli viene condannato in contumacia all’esilio perpetuo e alla confisca di tutti i suoi averi.

È costretto a ricorrere all’aiuto di alcuni signori che lo mantengono → va a Forlì, a Verona. Nella commedia
racconta gli avvenimenti dell’esilio sotto forma di profezia. I dannati e le anime del paradiso gli profetizzano
ciò che avverrà (anche se lui lo sa già, ma scrive degli avvenimenti come se ancora non ne fosse a
conoscenza).

Nel 1303 muore il papa → gioia di Dante, che spera che il venir meno della causa della vittoria dei neri,
possa far rientrare i bianchi a Firenze; cerca qualche intercessione presso Benedetto XI, che sembra
propenso a trovare una conciliazione tra le due fazioni. Nel 1304 la fazione dei Bianchi cerca di rientrare a
Firenze, Dante si rende conto che i tentativi non corrispondono a quell’idea pacifica che aveva in mente,
abbandona la lotta con i bianchi e vede una possibilità di rientro nella discesa di Arrigo VII in Italia; spera
che possa riunificare l’Italia e vede in lui una possibilità di riscatto per gli esiliati politici. Invia una serie di
epistole ai signori che l’hanno ospitato per chiedergli di appoggiare Arrigo VII. Con la sua morte pone fine
ad ogni speranza di Dante. Non riuscirà maia tornare a Firenze (si instaura un regime di guelfi neri e anche
se viene promulgata un’amnistia, le condizioni di essa sono così infamanti e ripudianti verso gli esuli che
Dante rinuncia → la pena di morte e l’esilio vengono estesi anche ai figli di Dante.

Gli ultimi due anni della sua vita Dante li passa a Ravenna. Mandato in missione diplomatica a Venezia, nel
tornare a Ravenna si ammala gravemente di una febbre malarica e muore. Viene sepolto a Ravenna

Primo autore con produzione che non si limita solo allo stilnovismo. Abbiamo testi di struttura diversa (sia
prosa che poesia) e di carattere diverso: studi linguistici, testi di argomento politico, poesia amorosa
stilnovista, testi che rimandano al mondo classico (alcuni in latino).

Primo letterato ad avere una vastità d’interessi e una capacità di destreggiamento in tipi di testo diversi,
che fino ad allora non era mai stata contemplata.

Con Dante comincia una nuova generazione di autori, dove la scelta di sperimentare diventa una necessità
abbastanza impellente → con Dante comincia a delinearsi una figura di letterato che non si adegua allo stile
dell’epoca, ma cerca di mettersi alla prova sperimentando tipologie testuali differenti tra loro.

OPERE

ESPERIMENTI GIOVANILI

Molto diffusa la poesia siciliana, ma abbiamo i primi sintomi di una tendenza poetica diversa →conosce
Guinizzelli e Cavalcanti e comincia ad approcciarsi ai generi differenti presenti nella sua epoca. Comincia a
farlo occupandosi inizialmente di poesia comico-realistica (parodia comica della poesia convenzionale).

↪ Lo fa in una tenzone poetica con Forese Donati, dove parlano di questioni politiche, trattandosi anche in
malo modo. La comicità ricorda quella del profondo inferno. Uno dei primi esperimenti si inserisce in
questa tradizione (particolarmente diffusa in Toscana).
Comincia ad approcciarsi alla letteratura seguendo una maniera abbastanza canonica (scelta abbastanza
comune e anche poco impegnato) → rientra nel divertissement.

IL FIORE: attestazione dubbia, per via della mancanza di autografo. Il titolo non è quello originale, ma viene
dato, nel 1880, da Salomone Molpurgo quando trova e pubblica questa raccolta di 332 sonetti in un
manoscritto della Biblioteca Laurentiana di Firenze. Nella prima versione di quest’opera manca il titolo,
poiché mancava già anche nella versione medievale. Questa raccolta è una traduzione in volgare toscano
del Roman de la rose → opere francese; in forma allegorica viene narrata una vicenda d’amore→ la rosa =
donna di cui il poeta innamorato, vorrebbe coglierne l’amore in senso platonico e non. La forma è differente
da quella del testo originale (poema in alessandrini francesi): sceglie di dividere la vicenda in sonetti.

La mancanza di titolo e la difficoltà a riconoscerla come opera dantesca si ritrova anche in DETTO
D’AMORE (1280). Viene attribuita a Dante, ma non si hanno prove che sia davvero sua. È un poemetto
allegorico, in cui si racconta una storia d’amore, con una forte presenza della personificazione di Amore, il
quale fa fare ai poeti ciò che vuole. Il metro è un settenario, ma i versi sono distici (spesso in rima e che
formano un’unità sintattica). Riprende questa forma metrica dalla poesia classica latina (distici elegiaci;
Catullo, Properzio) → commistione di stili (Medioevo e tradizione classica latina).

Negli scritti giovanili si hanno spesso traduzioni di opere francesi e non organizzate in maniera unitaria:
RIME EXTRAVAGANTI (non inquadrate in un canzoniere, sparse); RIME PETROSE → non si chiamano
davvero così; nell’800 Vittorio Imbriani (letterato e romanziere, appassionato di studi danteschi) trova
questo nucleo di rime dedicate ad una donna con il “cuore di pietra”; conia quindi il titolo “petrose”, il quale
non indica solo la donna insensibile all’amore di Dante, ma anche un linguaggio aspro e secco (ripreso nel
canto XIII dell’inferno, Pier delle vigne e il girone dei suicidi), oscuro e di difficile interpretazione → non
dice chi sia questa donna, è vago anche nella descrizione dei luoghi (ermetismo ante litteram)

CONVIVIO: opera organizzata; ci lavora quando già in esilio. Questo trattato in volgare dovrebbe essere
una piccola summa del sapere medievale. Non è scritto tutto in prosa, ma lo concepisce come un banchetto
allegorico dove cibarsi del sapere e delle lingue classiche. Immagina di creare una piccola enciclopedia a
vantaggio di tutti. È composto da 14 testi poetici originali, con un autocommento in prosa → duplice
valenza: legati al significato del testo, ma forniscono anche un’interpretazione allegorica. Non completa
l’opera (arriva al quarto capitolo), questo forse perché gli anni di lavoro al convivio coincidono con quelli
della divina Commedia.

Non si rivolge solo ai letterati, ma anche a chi non ha modo di accedere alla cultura classica.

Nel secondo trattato parla dei 4 sensi della scrittura; viene trattato anche in un’epistola a Cangrande della
Scala. Un testo può essere analizzato secondo il suo significato: letterario, allegorico, morale e anagogico
(in relazione alle sacre scritture). Questo trattato serve ad alcuni critici a dimostrare come la lettera sia
autenticamente di Dante.

È un testo senza redazione; Gianfranco Folena dice che questi testi derivino da un “archetipo malconcio”.
Anche Gorni parla di un testo che si presenta in forma provvisoria.

Questo trattato dona la chiave di lettura per la Commedia

DIVINA COMMEDIA

↪ titolo desumibile da due canti dell’inferno: il XVI e il XVII (Dante parla della sua opera come di una
comedìa; nel Paradiso ne parla come di un testo sacro). Trova una doppia giustificazione:

• stile → stile comico in antitesi con lo stile tragico; è umile e di facile lettura. Con questo stile comico
Dante si rifà alla scelta della lingua. Uno stile tragico e alto avrebbe dovuto essere sostenuto
dall’uso del latino; la scelta del volgare implica invece un lessico più facile, semplice e destinato a
scritti di natura meno formale. Chiunque può accedere a quest’opera.

• Contenuto →riprende le caratteristiche di tutte le commedie: inizio difficoltoso e esito positivo.

Lo stesso Boccaccio non è convinto di questa spiegazione dell’uso comedia, perché lo stile non gli sembra
né umile né piana soprattutto nel Paradiso → da qui Divina, individua una novità dal punto di vista del
genere. Si trova effettivamente la stampa del termine divina, solo due secoli dopo la conclusione.

Non si ha una datazione precisa, ma sappiamo da Boccaccio che Dante sarebbe partito in esilio con i primi
sette canti dell’inferno → ciò non è provato. Boccaccio vive in un’epoca molto vicina a Dante, ma nessuno
parla di questi canti antecedenti all’esilio; molti parlano di una stesura posteriore.

Sembrerebbe che la stesura coincida con l’interruzione della scrittura del Convivio e del De Vulgari
Eloquentia. Sembra anche che alcune delle informazioni presenti nel Convivio siano una sorta di studio
preliminare della commedia.

Non si sa bene come e quando cominci a circolare questo testo. Nel 1314 l’inferno è concluso e sembra
essere pronto alla diffusione. La diffusione sembra avvenga o per singole cantiche oppure a blocchi di canti
→ per entrambe le ipotesi esistono prove.

Il Purgatorio viene composto probabilmente in meno tempo dell’inferno; sembra che cominci a lavorarci
prima del 1316 e lo si sa due notizie presenti nella cantica stessa: nel canto XXIII ricorda in maniera
profetica la Battaglia di Montecatini (1315) e riprende i versi del volgarizzamento dell’Eneide di Andrea
Lancia (1316).

Dopo il 1321 comincia a circolare come cantica il Paradiso. Occupa gli ultimi anni della vita di Dante. Il 1319
come possibile data di inizio, si ricava da una Egloga indirizzata a Giovanni del Virgilio, in cui parla di una
cantica non ancora ultimata, mentre le altre due sono già note.

Molto attento alla numerologia, all’uso del tre e dei suoi multipli e del 10 e multipli. Ci sono anche degli
elementi che danno una percezione di unità (tutti i sesti canti → canti di argomenti politici, man mano che
si procede, si amplia lo spettro).

All’interno della commedia vi sono due figure dantesche (Contini):

Dans agens → dante personaggio

Dans autor → autore della commedia

DE VULGARI ELOQUENTIA →trattato in latino strutturato in quattro libri (rimasto incompiuto). Parla
della superiorità del volgare sul latino, in latino. Sembra quasi un controsenso, ma lo fa per dare particolare
autorità all’opera (dal momento che le grandi opere di grammatica e linguistica sono scritte ancora in
latino), per rivolgersi ad un pubblico di intellettuali, per convincerli della superiorità della lingua e ad
utilizzarla come linguaggio letterario → perché è la lingua naturale (quella che si apprende dai genitori) a
differenza del latino che è una lingua artificiale.

NB: il latino ai tempi di Dante era ed è una lingua morte, non si parlava. Esiste solo come lingua scritta e
non ha un’evoluzione (almeno quello letterario). Riprendendo l’episodio biblico della Torre di Babele, Dante
sottolinea come secondo lui in quel momento siano nate le lingue volgari → individua, in Italia, quattordici
varietà dialettali, nessuna delle quali sembra coincidere con la sua idea di volgare illustre → volgare parlato
dalle classi colte. Deve essere cardinale (un cardine su cui possa ruotare ogni altra lingua); aulico (degno di
una reggia); curiale (utile alla diplomazia); sovracomunale (deve essere in grado di diffondersi).
Il secondo libro del De Vulgari Eloquentia parla dello stile letterario e definisce quali siano gli argomenti da
trattare in volgare illustre, ma anche di questioni tecnica (metrica, retorica...); voleva essere un trattato su
come usare al meglio questo volgare illustre.

DE MONARCHIA → trattato in latino di argomento politico. Esprime il suo interesse politico. Sappiamo da
Boccaccio che ci lavora tra il 1307-08, ma delle altre fonti sostengono che la stesura possa essere avvenuta
intorno al 1312, in coincidenza con la discesa di Arrigo VII in Italia. Avrebbe avuto interesse a parlare delle
sue concezioni politiche per dimostrare la necessità che tutti riconoscessero Arrigo VII come imperatore e
dell’elezione di Giovanni XII che rilancia le dispute tra papato e impero.

Parla della necessità che esista un impero guidato da un potere politico laico, in grado di riportare un’unità
e una pace che la divisione aveva eliminato. Secondo dante l’unico a poterlo fare è l’imperatore, poiché
possessore di tutto e desideroso di nient’altro.

Nel terzo libro parla distintamente della divisione tra potere temporale e potere spirituale, dando una
spiegazione scientifica: come l’uomo è formato da un corpo e un’anima e tutti e due hanno diverse necessità
e il bisogno di arrivare alla felicità in maniera differente, così l’impero per soddisfare l’anima e il corpo dei
sudditi necessitano un potere temporale e un potere spirituale distinti.

Riscuote grande successo agli inizi degli anni 20 del Trecento → viene molto copiato e molto letto negli
ambienti filo imperiali. Gli ambienti filo teocratici non sono molto benevoli nei confronti della monarchia
dantesca e quando, nel 1559, esce l’editio princeps del De Monarchia in Svizzera, a Basilea (città luterana →
siamo negli anni della scissione tra la chiesa romana e quella luterana), perché gli ambienti cattolici non
vedranno mai di buon occhio questo testo.

ULTIME OPERE

↪ di rilevanza minore e non pensate per essere pubblicate (→ nel senso di rendere pubblico, non di
proporla alle stampe)

EPISTOLE → alcune sono pensate per essere pubblicate (genere letterario usato per la comunicazione
reale, ma anche come genere letterario vero e proprio → soprattutto con Petrarca). Alcune di queste lettere
hanno più destinatari:

• la V, VI, VII → indirizzate ai signori delle principali corti italiane per convincerli ad assecondare la
discesa di Arrigo VII.
• L’XI → è molto famosa, perché dopo la morte di Clemente V, chiede ai vari cardinali di eleggere un
papa italiano → unico modo per riportare la corte papale in Italia (in quegli anni era stata spostata
ad Avignone)
• XIII → indirizzata a Cangrande della Scala, in cui spiega i quattro sensi della scrittura per
interpretare la Commedia. Dedica a lui la terza cantica.

EGLOGHE → genere (appartenente al mondo classico) di poesia in distici in cui si parla della vita del poeta
sotto forma di vita agreste. Si svolge di solito nell’Arcadia, il poeta è un pastore che compone delle poesie
messe poi in musica con l’accompagnamento di una lira, cetra,..

Dante riprende questo genere, in uno scambio di epistole metriche con un letterato di Bologna: Giovanni
del Virgilio, che manda una lettera per invitarlo a Bologna per farsi incoronare poeta. → testimonia che ci
sono delle città che riconoscono il valore poetico di Dante (rifiuterà questa proposta, perché appena arriva
a Ravenna viene mandato in giro per fare attività diplomatiche). Oltre ai dati biografici, in queste egloghe è
presente una difesa all’uso del volgare (sconsigliato da Giovanni del Virgilio). Questo scambio avrà grande
successo nei secoli futuri (nel 400, molti poeti utilizzeranno questo genere).

QUESTIO DE AQUA ET TERRA → scritto di carattere cosmogonico (conformazione dell’universo) e


dibatte principalmente sul problema delle sfere → nel Medioevo c’era la concezione che l’universo fosse
organizzato in sfere concentriche, ma questo non spiegava perché sulla terra ci fossero numerose massa
d’acqua. Dante spiega l’esistenza delle terre nella sfera dell’acqua, come un’escrescenza che nasce
all’interno della sfera acquatica → terre emerse.

L’opera non è di attribuzione certa, soprattutto perché l’idea delle escrescenze ricorda la formazione della
montagna del Purgatorio (Lucifero cade: sprofondando nella terra crea l’Inferno e dall’altra parte,
l’escrescenza crea il Purgatorio)

VITA NOVA

↪ composta tra il 1293-94. È un testo particolare, perché decide di farne una raccolta antologica delle sue
liriche. Questa è la prima raccolta organica di testi fatta dallo stesso autore e con la precisa volontà di
raccontare una storia. Quest’idea verrà ripresa anche da Petrarca. Le poesie hanno sia un ordine
cronologico che logico; Dante per raccontare la sua storia con Beatrice non si accontenta solo delle liriche,
ma utilizza anche delle parti in prosa. L’opera è organizzata così: parte in prosa che funge da premessa,
lirica, parte in prosa che funge da commento (stessa struttura usata nel Convivio). La scansione cronologica
fa riferimento non a quando sono stati scritti, ma alle vicende che descrive. Non è un racconto solo
biografico, ma in qualche modo si tratterebbe di un’agiografia (scienza che studia la vita dei santi). Viene
presentata la loro storia platonica (Beatrice ha solo salutato Dante), ma questo si inserisce in un passaggio
cruciale dalla poesia cortese alla poesia stilnovista.

La storia raccontata non è solo d’amore, ma è una storia di redenzione e rinnovamento spirituale. Ci
racconta nel canto V dell’Inferno come l’amore possa portare alla dannazione eterna, l’amore di cui parla
nella Vita Nova porta alla redazione. Abbiamo una bipartizione: nella prima parte racconta del suo amore
per Beatrice ancora in termini cortesi; nella seconda parte (Capitolo XIX) cambia perché a partire da questo
punto cambia l’immagine di Beatrice → donna angelo portatrice di salvezza; situazione accentuata ancora
di più dalla morte di Beatrice → rinnovamento spirituale e poetico → il prosimetro si conclude con una
riflessione sulla sua inadeguatezza a cantare le lodi di Beatrice → promette di non scrivere più niente di lei,
fino a quando non troverà un modo più degno di parlarne (pare alludere al Paradiso)

Capp. I-III: primo dei due incontri con Beatrice in chiesa; saluto che infonde salute. Già nel terzo capitolo,
Dante sogna in maniera allegorica Amore che offre a Beatrice il cuore di Dante. In questo sogno vede
Beatrice che scompare verso l’alto → anticipazione della morte prematura di Beatrice

Capp. IV-IX: Dante per nascondere il proprio amore, si inventa due donne dello schermo che finge di
celebrare nei suoi versi; la prima si allontana da Firenze, riceve l’ennesima visione onirica in cui Amore gli
dice di trovare un’altra donna a cui indirizzare i suoi versi.

Capp. X-XVII: Beatrice toglie il saluto a Dante, perché pensa che le liriche rivolte alle altre donne siano
troppo accorate. Amore suggerisce a Dante di abbandonare la finzione e celebrare apertamente Beatrice.
Beatrice incontra Dante ad una festa di matrimonio e l’imbarazzo che prova lui, fa sorridere Beatrice; Dante
prende coscienza che il suo modo di poetare non è degno di Beatrice e con i sonetti “donne che avete
intelletto d’amore” e “amor e il cor gentile sono una cosa” ha una svolta, in senso stilnovista, estremizzando
la donna angelo, il saluto che da salute e l’idea che possa fungere da tramite tra Dio e l’uomo.

Dopo la morte di Beatrice, Dante comincia a lodarla come una santa; viene distratto però da una “donna
gentile”, tanto che Beatrice gli appare in sogno e lo rimprovera di aver abbandonato il suo culto. Dante
riflette sul suo amore per Beatrice e sulle sue lodi → durante la settimana santa, incontra nei pressi della
casa di Beatrice dei pellegrini e questa visione è per lui un’illuminazione: quello che i pellegrini vanno
cercando a Roma (indulgenza, salvezza, …) lui l’ha già trovato nella figura di Beatrice. Quest’idea verrà
ripresa anche da Petrarca.

L’OPERA

↪ il titolo lo dobbiamo al primo capitolo.

Capitolo I

Dante paragona la propria vita ad un libro, nel quale trova un appunto che dice “Qui inizia una nuova vita”,
data dall’incontro di Beatrice, ma sarà un’anticipazione della vita che inizierà con la conclusione di
quest’opera. Trova tutta una serie di parole che raccontano questi episodi della sua vita nuova che egli
intende scrivere in questo libro.

Spiega con paragoni astronomici che quando si incontrano per la prima volta lui ha nove anni e Beatrice ha
otto anni e quattro mesi. E poi spiega come gli appare vestita: con un abito rosso (tipico di chi ha molte
virtù; nota di Michele Barbi) adeguato all’età. Quando la vede capisce che qualcosa più forte di lui l’ha
soggiogato (questo Dio è Amore, che riuscirà a farlo innamorare di Beatrice; viene però subito identificata
come qualcosa che porta salvezza) e capisce anche che sarà destinato a soffrire.

Amore che si impossessa dell’animo del poeta, il quale non può sottrarsi alla sua tirannia. La sua
immaginazione non gli permette di sottrarsi a ciò che Amore decide per lui.

Capitolo XIX

In questo capitolo dice di incontrare delle donne gentili che sembrano capire il motivo della sua sofferenza.
Mentre godono della reciproca compagnia, lo fermano e lo interrogano sul motivo della sua sofferenza.
Vedendole così be disposte, decide di spiegare loro qual è la sua condizione. Dopo aver raccontato l’episodio
della festa, le donne gli chiedono come sia possibile che se è innamorato di Beatrice, non riesca a sostenere
di stare in sua presenza. Tutte vogliono capire che tipo di amore sia il suo e Dante spiega che il fine
dell’amore che lui prova per questa donna è stato il ricevere il suo saluto, nel quale dimora la beatitudine.
Dopo che lei gli toglie il saluto, Amore ha fatto si che tutto il suo desiderio stava nel saluto che gli era negato.

Le donne parlano tra di loro escludendo Dante. Ad un certo punto gli chiedono in cosa risieda la beatitudine
del saluto rivoltogli. Dante spiega che la sua beatitudine sta nel lodare il perché il saluto della mia donna mi
da beatitudine. La donna risponde che se la beatitudine risiede nel lodare la donna nell’atto di salutarti,
vuol dire che questa deriva da qualcos’altro. Dante medita su queste parole e capisce che la beatitudine
deriva dalle parole usate, questo passaggio lo porta a dire che deve parlare e spiegare di Beatrice a ogni
persona che sia gentile. “Donne che avete intellecto d’amore” suona particolarmente poetica e va cercando
nei giorni successivi di scrivere una poesia che cominci proprio con questo verso.

DONNE CHE AVETE INTELLECTO D’AMORE

Donne che conoscete attraverso il vostro intelletto che cos’è l’amore


Voglio parlare con voi della mia donna,
non perché creda di esaurire la sua lode
ma voglio parlare di lei per dare sfogo all’ammirazione che ho in mente verso di lei.
Io vi dico che pensando al suo valore
L’amore si manifesta in maniera così evidente
Che se io in quel momento non perdessi la capacità di parlare,
parlando di lei farei innamorare chiunque.
Io non voglio parlare di lei con termini troppo elevati
Perché rischierei di non essere adeguato a fare questo
Ma parlerò della sua gentilezza d’animo
E del rispetto che ho di lei in maniera sobria,
alle donne e alle fanciulle, come siete voi,
perché non è questo argomento da trattare con altri.

Dante si rivolge a quelli che i critici chiamano i fedeli d’amore, coloro che conoscono cosa sia l’amore e la
sofferenza causata da esso. Solo loro possono comprendere la poesia stilnovista.
Questa prima strofa funge da proemio: Dante pensa quali siano stato i termini con cui ha parlato di Beatrice
fino ad ora e concepisce un modo nuovo per parlare di lei in maniera semplice senza offenderla.

Un angelo parlando a Dio


Gli dice “Signore nel mondo c’è qualcosa di meraviglioso
Che è il procedere di un’anima che risplende così tanto → tema stilnovista che Dante esagera
Che il suo splendore arriva fino al paradiso”.
Il cielo, a cui non manca nulla
Se non avere lei, i Santi chiedono al Signore di averla in Paradiso. → segno che predice la morte di
Beatrice. Elemento tipico della letteratura agiografica: la grazia di queste donne è tale che persino i Santi
chiedono a Dio di farle andare in Paradiso velocemente.
Dio risponde ai beati che chiedono questa grazia
“miei diletti sopportate serenamente questa mancanza
Perché la vostra speranza non rimarrà a lungo sulla terra,
qualcuno già teme sulla terra di perderla (=Dante) e se anche questo dovesse finire all’inferno potrà
dire loro “o dannati io in terra vidi la speranza dei beati”.

Madonna (=Beatrice) è desiderata nell’alto dei cieli:


e voglio dividere con voi quale sia la sua virtù sulla Terra.
Qualunque donna che vuole sembrare gentile
Vada a vedere Beatrice, cerchi di vederla quando passa per via → tema guinizzelliano
E getta nei cuori villani un gelo,
ogni pensiero che sia vile si scioglie e muore
e chi ha la pazienza di starla a vedere diventerà o cosi nobile o morirà.
E quando capita che Beatrice trovi qualcuno che è degno di osservarla
Questo cuore nobile sperimenta la virtù che è in lei,
e li rende così umili e fa dimenticare ogni offesa ricevuta.
Il saluto di Beatrice ha una doppia funzione: rende nobili gli animi e fa dimenticare anche le offese subite,
questo ha un effetto benefico.
Ancora di più Dio per la sua grande grazia ha concesso
Che non possa essere dannato chi riuscirà a parlare con lei.
La virtù di Beatrice è tale che chiunque riuscirà a parlare con Beatrice non potrà nemmeno essere dannato,
tanto è il potere salutifero di Beatrice.
Dice Amor: “Come può essere una cosa mortale così bella e pura?”
Poi la guarda attentamente, e giura a sé stesso
Che Dio ha davvero voluto fare di lei una creatura mai vista prima.
La sua pelle è quasi del colore delle perle (attributo della tradizione siculo-toscana, indica una nobiltà di
discendenza)
L’aspetto che si addice ad una bella donna, che non può essere eccessivo:
è la cosa più bella che la Natura possa creare;
e questo è dimostrato dalla sua bellezza.
Dai suoi occhi, quando li muove,
escono come degli spiriti infiammati d’amore
che feriscono gli occhi di chi la guarda
e giungono fino al cuore.
Elemento tipico della poesia stilnovista: l’amore passa attraverso lo sguardo e per quanto riguarda gli
Stilnovisti, lo sguardo è l’unico mezzo attraverso il quale passa l’amore, poiché il loro amore è del tutto
platonico.
Voi potreste vedere Amore dipinto sul suo volto,
quel viso che nessuno può contemplare a lungo.
Elemento legato alla dimensione angelica. Quando Dante parlerà della candida rosa e Dio, la luce che
emanano rende difficile guardarli a lungo → elemento divino attribuitole ancora da viva.

L’ultima strofa funge da commiato e come è tipico nelle canzoni medievali, Dante non si rivolge alle donne che
hanno intelletto d’amore, ma si rivolge direttamente alla canzone e gli chiede di fare qualcosa. Di solito nei
poeti siciliani, il congedo prevedeva che la canzone arrivasse direttamente alla donna amata evitando i mal
dicenti; Dante riprende questa tradizione.

Canzone io lo so che andrai parlando


a molte donne quando io ti avrò terminata.
Ora ti impongo, visto che ti ho composta
Per l’ispirazione di una figliola d’Amore
Giovane e ingenua,
vai e dove tu giungi di pregando:
“insegnatemi qual è la strada, perché io devo andare
Da colei della cui lode sono adorna”.
E se non vuoi andare come un detto vano
Non restare in luoghi dove ci sia gente villana:
ingegnati, se puoi, di parlare
solo con donne o uomini nobili,
in maniera che ti possano portare
per la via più corta da Beatrice.
Tu troverai Amore accanto a lei
Raccomandami a lui come ti ho insegnato a fare
→ per far si che Amore possa intercedere presso Beatrice e possa convincerla ad essere più magnanima nei
confronti di Dante.
In queste sei strofe da una premessa in cui individua il suo pubblico d’interesse, poi immagina che Dio taciti le
schiere degli angeli che vorrebbero avere in Paradiso; parla degli effetti salutiferi che Beatrice ha sulla terra;
e infine si rivolge alla canzone e chiedendole di andare presso le donne e gli uomini che hanno buoni sentimenti
e dir loro di portare questa canzone a Beatrice nella speranza che lei possa essere più indulgente nei confronti
del poeta.

CAP. XX: AMOR E ‘L COR GENTIL SONO UNA COSA

l’amore e il cuore gentile sono una cosa sola,


cosi come il saggio scrive nel suo dettare,
così l’una senza l’altra cosa può stare,
così come l’anima razionale senza la ragione.
Amore non può esistere senza un cuore gentile → c’è quasi un superamento dell’idea guinizzelliana, non è
l’amore che trova dimora nei cuori gentili, ma amore e cuore gentile sono una cosa sola. Dante fa riferimento
alla filosofia: non può esserci un’anima razionale senza la ratio. Le cose sono quasi inscindibili.

Quando la Natura è benigna,


fa si che Amore sia il signore e il cuore sia la sua dimora,
dentro la quale riposa dormendo
a volte per poco tempo a volte per molto.
Anche se un cuore non prova sentimenti d’amore, in realtà amore già risiede in lui addormentato.

Quando la beltà appare in una donna saggia,


che piace agli occhi di un uomo, al punto che dentro al suo cuore
nasce un desiderio per una donna così bella;
l’amore e la bellezza sono due cose collegate, dove la bellezza appartiene solo alla donna saggia. Quando un
uomo vede la bellezza di una donna saggia, e attraverso lo sguardo lo colpisce tanto da arrivare a colpire il
cuore, fa risvegliare lo spirito d’amore.

E questo desiderio dura così tanto tempo nell’uomo,


che sveglia lo spirito d’Amore.
E lo stesso effetto produce l’uomo nobile nella donna.
C’è anche una reciprocità che spesso non c’era negli autori della poesia siculo-toscana e delle stilnovo. Se in
Cavalcanti la donna è sdegnosa e produce infelicità, in Dante c’è una sorta di reciprocità: la donna saggia e
bella instilla sentimenti d’amore e risveglia nel fondo del cuore dell’uomo amore dormiente, ma allo stesso
modo succede alla donna. Non è più Amore che passa attraverso lo sguardo nei cuori nobili, ma è già nei cuori
gentili.

Nella Vita Nova ci sono due testi che fondano la nuova poetica dantesca. “Donne che avete intellecto d’amore”
ci da l’idea di una nuova materia poetica, il superamento dei moduli e dei modelli dello stilnovo per cantare
solo le lodi, la santità e la beatitudine di Beatrice, e invece in questo il superamento della visione stilnovista
di un cuore gentile che suscita amore in un altro cuore gentile, non lo suscita ma lo risveglia solo.
Diventa molto più radicale rispetto a Guinizzelli; amore non suscita sentimenti in cuori gentili, ma vive in
simbiosi con essi.
L’amore dà si elevamento spirituale e virtù, ma è anche razionale. Manca quella dimensione di un amore
che porta alla follia e fa perdere la ragione.
Con i due testi si ha una nuova definizione di bellezza → non è più solo quella esteriore, ma è anche un
morum probitas (un costume di virtù e moralità). La bellezza non può essere slegata dalla virtù. |L’idea che
si ritrova nella femme fatale si contrappone a questa visione|.
Viene data anche una visione dell’amore nuova → non viene suscitato sempre in maniera immediata; ma
può impiegarci maggior tempo per radicarsi nel cuore; quello che si radica subito è il desiderio per una
bella donna.

FRANCESCO PETRARCA

Si sottrae alla distinzione chierici-laici. Dovrebbe appartenere alla schiera dei chierici.

È figlio di un notaio (nel Medioevo era una casta ereditaria), il padre gli fa studiare giurisprudenza, ma
Petrarca decide di non continuare e decide di prendere gli ordini minori per poter studiare. Accetta di
andare alla corte dei Colonna, per far si che lo mantengano e svolge anche dei servigi diplomatici. Può
dedicarsi per la maggior parte del tempo alla composizione delle sue opere → nasce così l’idea del poeta
che vive nella corte di un mecenate (idea sviluppatasi per tutto il 400). In questo periodo i signori delle
corti italiane accolgono gli artisti per beneficiare delle loro opere, essere celebrati e sfoggiare le loro
ricchezze (stessa idea della Chiesa: bellezza → ricchezza e potenza).

Petrarca accetta una condizione che per molti altri letterati sarà mal tollerata. Al contrario di Ariosto, che
vive malissimo, Petrarca non testimonia alcun malessere. Accetta per poter continuare a lavorare alle sue
opere e a studiare altri autori. Nel 1330 diventa il cappellano del cardinale Giovanni Colonna, e andare in
giro al seguito del cardinale gli permette di andare in giro per biblioteche a cercare manoscritti → oltre a
essere un letterato è anche uno studioso (si hanno delle prove a riguardo, poichè possiede dei libri e
prendeva appunti su di essi). Studia soprattutto classici latini, ma capisce che la cultura greca è
fondamentale → è il primo a imparare il greco → aprirà all’umanesimo. Va in giro per biblioteche, cerca
testi latini, confronta manoscritti, si rende conto che ci sono degli errori e li corregge. → in qualche modo
inventa la filologia.

Alla biblioteca ambrosiana è conservato uno di questi manoscritti, il Virgilio Ambrosiano (perché contiene
le opere di Virgilio e un commento di Servio). È un manoscritto regalatogli dal padre, rientra nei beni che
alla morte del padre vengono confiscati. Riesce a ricomprarlo, lo postilla e lo corregge. Quando rientra in
possesso di questo codice, chiede a Simone Martini di fare un disegno raffigurante una scena dell’eneide. È
un manoscritto che tiene conto della vita dell’autore, per dimostrare che il suo rapporto con i classici non è
solo di studio ma è vivo. Quando muoiono Francesco degli Alvizzi e Laura, Petrarca annota in latino la morta
di queste due figure → il manoscritto diventa quindi una sorta di diario esistenziale; questo perché ha una
sensibilità nuova: non vede più lo studio dei classici come qualcosa di estraneo, ma anzi che fa parte della
sua vita.

Il fatto che scriva in latino, lo rende un punto di discontinuità. Scrive in volgare due opere: Il Canzoniere e I
Trionfi, ma le scrive confidando che non le legga mai nessuno. Quando scrive il Canzoniere, immagina che
il suo primato poetico non sarà legato a quest’opera, ma ad un poema epico in latino intitolato l’Africa.
Secondo Petrarca, solo l’uso del latino può effettivamente migliorare la letteratura. Si rivolge solo ad
un’élite, non ha interesse di rendere largamente diffondibili le sue opere.

Anche Petrarca si ritira in isolamento, si trasferisce ad Arquà, dove si dedica interamente alle sue opere
letterarie e ai suoi studi.

OPERE LATINE

Scrive moltissime opere in latino, sia in prosa che in versi. Sono opere di erudizione, di carattere più
tradizionale.

L’AFRICA → scritto in esametri come l’Eneide di Virgilio; vuole essere un poema epico; è dedicato alla
seconda guerra punica. Ha un solido inquadramento storico erudito → Petrarca studia perfettamente la
storia romana per narrare nella maniera più fondata possibile gli eventi storici; ma conosce anche in
maniera più o meno approfondita tutte le scienze. La scelta dell’argomento non è casuale, vuole collocarsi
nella tradizione latina e far sfoggio della sua ampia conoscenza.

Non ha molto successo non perché è scritta in latino, ma perché non è mai propriamente soddisfatto e non
le da una veste ufficiale.

DE VIRIS ILLUSTRIBUS → raccolta incompiuta di biografie di uomini illustri dell’antichità, ma anche di


personaggi che trae dalla bibbia o dal mito. Non c’è una distinzione tra personaggi storici e letterari
(carattere erudito ed enciclopedico, in prosa): vengono tutti trattati nell’opera senza alcuna distinzione.

È un genere molto diffuso nel Medioevo -> anche Boccaccio scriverà di uomini e donne illustri

RERUM MEMORANDARUM LIBRI -> raccolta di aneddoti ed episodi storici; i personaggi sono distinti in
base alla virtù cardinale

BUCOLICUM CARMEN -> raccolta poetica di 12 egloghe allegoriche di ispirazione virgiliana. Tratta temi
universali, ma anche di stretta attualità (anche politiche; viene trattata anche la situazione post peste 1348).
Fa riflessioni su modi e problemi del suo tempo con un modello della tradizione classica. Non lascia che
questi generi siano confinati al passato, ma vuole renderli adatti a raccontare il mondo in cui vive.

DE VITA SOLITARIA -> piccolo saggio di argomento filosofico. Si parla della necessità del letterato di
dedicarsi all’otium per potersi dedicarsi all’attività letteraria.
DE OTIO RELIGIOSO -> trattato composto dopo la monacazione del fratello; illustra al fratello quali siano
i vantaggi di una vita condotta in isolamento, dedicata allo studio e alla preghiera. Qui sembra esserci un
prevalere di argomentazioni retoriche (usa anche testimonianze di questa vita).

SECRETUM -> trattato latino in forma dialogica. Sogna di dialogare con Sant’Agostino. Diventa una vera e
propria guida e lo rimprovera di peccare di accidia. Gli rimprovera anche il suo amore per Laura, e come
questo lo abbia allontanato dalla vita contemplativa e dalla religione. Quando scrive l’opera, Petrarca ha già
superato il dissidio dell’amore per Laura, ma continuerà a viverlo come una colpa. C’è una volontà di
autoanalisi, cerca di analizzare i suoi sentimenti.

DE REMEDIS UTIRIUSQUE FORTUNIS -> enciclopedia morale, in prosa, ispirata agli esempi classici di
Cicerone, Seneca e Boezio. Spiega attraverso dei dialoghi allegorici come comportarsi di fronte ad alcune
situazioni che capitano spesso nelle vite delle persone.

EPISTOLAE METRICAE -> genere che usa spesso sia per l’epistolografia fittizia che per quella legata
all’attualità. Parla della sua vita quotidiana e anche degli eventi che coinvolgono l’Italia. Se l’epistola è un
genere comune nell’Antichità, diverso è per Petrarca. Non scrive solo delle lettere e poi diffonderle. Rivede
tutte le lettere della sua vita per renderle poi una raccolta organica. Sono indirizzate ad amici, a personaggi
politici, intellettuali dell’epoca e a scrittori della classicità greca e latina. Rimaneggia queste lettere, per
tramandare un’idea precisa e idealizzata della sua vita.

OPERE IN VOLGARE

TRIONFI -> raccolta di sei visioni allegoriche riguardante l’amore di Petrarca per Laura. Nel primo trionfo
vede il dio Amore attorniato da una schiera di autori classici che sono stati vittime dell’amore passionale.
Mentre assiste a quesa visione, compare Laura che lo distrae da questa visione -> lo distrae a tal punto da
farlo faticare nella sua vita letteraria.

Ogni trionfo viene superato da quello successivo: Trionfo della castità > trionfo dell’amore. La virtù di laura
si oppone alla forza di amore.

A sconfiggere la castità viene il Trionfo della Morte -> rievoca la morte d Laura e la sua apparizione in sogno
dopo la morte, per dirgli che l’aveva sempre amato senza però rivelarlo per difendere la propria onestà e
la salvezza di entrambi.

Segue poi il trionfo della Fama -> la morte che porta nei sepolcri viene sconfitta dalla fama, che permette di
ricordare anche oltre la morte. Si parla sempre di Laura e del fatto che essendo stata cantata da Petrarca, la
morte è solo corporea.

La fama può essere sconfitta solo dal passare del tempo -> personaggi famosissimi in altre epoche, sono per
noi oggi pressoché sconosciuti.

Trionfo dell’Eternità -> per rimanere per sempre nella mente dei posteri è necessario cantare di temi più
alti.

Si comincia a vedere un percorso di redenzione -> si parte da una condizione che potrebbe portarlo alla
dannazione eterna e si finisce con una condizione di totale fede in Dio. Si parla dell’amore di Laura come un
allegoria universale di redenzione e salvezza: partendo dalla propria storia sentimentale, Petrarca vuole
dare una lettura unitaria del mondo e dell’uomo.

IL CANZONIERE -> ha una gestazione molto lunga, seppur non avesse grande interesse per quest’opera.
Si conoscono molte revisioni (conservata nella Biblioteca Vaticana). Non ha un titolo in volgare, il titolo
originale sarebbe Rerum Vulgarium Fragmenta -> usa questa definizione, per fa vedere come attraverso
poesie autonome giustapposte, si costruisca una vicenda unitaria.
Sono 366 -> numero che ricorda un anno bisestile oppure 365 giorni + proemio generale all’opera. Vuole
rispecchiare i tempi di una vita umana, la stessa che racconta nel canzoniere e che è ricca di eventi e
ricorrenze. È un anno bisestile ed è legato anche alla tradizione del carattere funesto degli anni bisestili >
vorrebbe raccontare che forse il suo incontro con laura è stato funesto, perché portatore di dolori.

È diverso da quello di Petrarca, perché riesce a mettere in ordine prosa e sonetti per raccontare una storia.
Non ha bisogno di prosa per raccordare i testi e raccontare l’amore per Laura.

È idealmente diviso in due parti:

1-265 → in vita di Laura

266 → racconta la morte di Laura

Vengono messi in ordine non cronologico, ma secondo un ordine logico (il proemio è per esempio l’ultimo
ad essere stato scritto). Si nota un’influenza classica, ma anche l’influenza di Cavalcanti, Guinizzelli e
persino Dante.

Fragmenta = rendono l’idea di qualcosa di autonomo, ma anche l’idea che solamente quando si ha l’insieme
completo si è in grado di avere la piena visione della redenzione del poeta.

Petrarca riprende un topos già usato → incontro in chiesa nel giorno del venerdì santo. Da indicazioni da
un punto di vista letterario (il venerdì santo del 1300 comincia il viaggio di Dante) -> sembra volersi
mettere in competizione con egli; un modo per confrontarsi sullo stesso terreno: da un lato sul lato poetico
(in ambito del prosimetro); dall’altro sulla commedia -> non sceglie un poema di argomento sacro con
struttura organizzata, ma racconta della sua vita con un viaggio che equivale al percorso che P fa durante
la sua esistenza umana, ricalcando però il carattere ascensionale di Dante.

Le due opere hanno delle parti comuni; anche il Decameron si assomiglierà dal punto di vista del percorso
ascensionale. Per rendere evidente questo riscontro, Petrarca inserisce un sonetto in cui incontra Laura

RERUM VULGARIUM FRAGMENTA I (PARAFRASI)

“Ai lettori che ascoltano in rime sparse i sospiri,


di quando il poeta nutriva il cuore del suo giovanile
errore, quando era in parte diverso da quello che è adesso;

piangendo e ragionando in vario stile,


tra le speranze vane e il dolore effimero spera di trovare pietà e perdono
, e di trovare accoglienza da chi conosce amore.

Io ora vedo bene, che il popolo mi prendeva in giro


Per il mio amore infelice; e molto spesso per questo mi vergono di me stesso;

e della mia follia e dei mie vaneggiamenti io mi vergogno


e il pentirsi di essere innamorato è ciò che affligge tutto il mondo.

III
Era il giorno in cui al sole si scolorano i raggi
per la compassione che essi hanno nei confronti del loro Creatore
quando io fui conquistato dall’amore, e non pensai di difendermi,
perché i tuoi occhi mi legarono indissolubilmente a te.
(essendo un giorno di lutto) Non mi pareva quello il momento di difendermi
Dall’attacco improvviso di amore; perciò andavo
Fiducioso e senza timori: ragion per cui il mio dolore interiore e personale
Ebbero inizio in mezzo al dolore generale per la Passione di Cristo

Amore mi colse del tutto disarmato,


e trovò libero il commino per entrare nel cuore attraverso gli occhi
che da quel momento sono diventati una sorgente da cui sgorgano lacrime.

Però, a mio parere, da parte di Amore fu comportamento da vigliacco


Colpire con la freccia me, che ero in quello stato inerme [di pietà e contemplazione],
e non mostrare neppure l’arco a te, Laura, che eri ben difesa (dalla tua virtù e castità).

XVI
il vecchiarello canuto e imbiancato dall’età si separa
dal suo tranquillo paese natale, che lo ha nutrito per l’intero numero dei suoi anni
e dalla sua famiglia, commossa
che vede il caro padre partire;

da li, trascinando a fatica le vecchie membra


attraverso le ultime giornate della sua vita,
si fa coraggio quanto più può con la buona volontà,
sfiancato dagli acciacchi dell’età e affaticato dal cammino;

e viene a Roma, seguendo il suo desiderio


di vedere il cosiddetto velo della Veronica, l’immagine di Cristo
che spera di poter vedere di nuovo in cielo, dopo la morte:

allo stesso modo, a volte, cerco io, sfinito,


Laura, per quanto possibile, in altre donne
Il vostro desiderato volto in carne e ossa.

POEMI CAVALLERESCHI

LA CHANSON DE GESTE

Tra il XI-XIII nasce in Francia i l poema cavalleresco, veniva generalmente accompagnato dalla musica ed
era una forma di intrattenimento della corte. Si raccontano le vicende dei cavalieri di Carlo Magno, Re Artù
e i cavalieri della tavola rotonda.

Carlo magno e i suoi dodici paladini sono spesso protagonisti. L’episodio più celebre è la battaglia di
Roncisvalle, dove muore Orlando -> diventerà il protagonista di questo ciclo. La più famose chanson è la
chanson de Roland scritta in lingua d’oil. Le vicende hanno inizialmente carattere guerresco, il testo si limita
spesso alla descrizione di duelli che coinvolgono singoli paladini. Già in Francia la materia subirà un leggero
cambiamento, venendo influenzata nella Francia del sud dalla poesia cortese

Tradimento di Ginevra dati del re Artù con uno dei suoi cavalieri più fedeli più valorosi sviluppo e un
elemento nuovo che è quello della magia.

Questi poemi vengono scritti in ottave (o endecasillabi, rima alternata nei primi sei e rima baciata per gli
ultimi due). Viene utilizzato già dal Medioevo, è una forma abbastanza antica. La prima attestazione si trova
nel cantario di Florio e Biancifiiore, ma forse riprende una versione ben più antica. Crea problemi, perché
alcuni studiosi hanno identificato come inventore dell’ottava Boccaccio in particolar modo nel filostrato,
teseida, …fiesolano. Lucia Battaglia Ricci ha dimostrato che questo metro, oltre ad essere derivato da forme
di canzoni siciliane, doveva essere un verso popolare legato alle ballate → si trovano esempi di ottave in un
affresco (campo santo a Pisa).

[…] proprio perché appartengono alla tradizione popolare si ritrovano anche in Francia. Nel 500 diventerà
il metro tipico del poema cavalleresco (tasso), ma anche del poema didascalico → riprende le georgiche di
Virgilio (dove spiegava alcuni particolari sulla vita e l’addomesticamento degli animali), nel 500 si riprende
questo tema ma si scrive in ottave.

Tra il 400-500 c’è una grande diffusione del poema cavalleresco, con risultati abbastanza felici e mettendo
insieme tradizioni diverse (Boiardo →ciclo carolingio + ciclo bretone). In alcuni di questi poemi si trova
anche l’elemento del comico: avremo quindi una contrapposizione tra personaggi virtuosi, cavallereschi e
personaggi comici (giganti, mezzi giganti) → spesso venivano recitati a corte e gli episodi comici servivano
per alleggerire il clima.

Spesso si hanno invocazioni al pubblico di corte.

LUIGI PULCI

↪ Appartiene ad una famiglia cavalleresca. Originario di firenze, molto giovane comincia a lavorare come
segretario presso Francesco Castellani (appartenente alla corte Medicea). Viene a contatto con la famiglia
medicea, la quale contribuisce alla formazione letteraria. Viene ben visto da Lucrezia Tornabuoni;
nonostante ciò non sarà mai assunto dalla famiglia. Lavorerà per Roberto Sanseverino, con il quale sceglierà
di lavorare anche per allontanarsi da Firenze → si diffondono le idee neoplatoniche, le tradizioni classiche
greche e latine che lo fanno sentire estraneo a questo ambiente letterario.

Pulci viene visto dalla corte come un autore quasi eretico, poiché ha un mood di trattare la religione in
modo scanzonato, concedendosi anche delle parodie quasi blasfeme → questo fa si che venga sepolto in
terra sconsacrata.

Scrive un gran numero di poesie gioiose e burlesche

VOCABOLISTA

Piccolo repertorio di parole colte e popolari con una particolare valenza poetica. Sembra una sorta di
preparazione poetica.

Quando Savonarola brucia i testi eretici, uno dei primi ad essere bruciato è il morgante di Pulci.

IL MORGANTE

È un’opera su commissione di Lucrezia Tornabuoni. Il titolo deriva dal nome del protagonista. Morgante è
un gigante, vorrebbe diventare un cavaliere e incontrando Orlando diventa il suo scudiero e aiutante. La
presenza di Margutte (mezzo gigante)

In tutti i poemi cavallereschi le prime cinque ottave svolgono la funzione di proemio:

• Si ha la spiegazione della materia


• L’invocazione alla musa
• la dedicatoria del poema -> spesso dedicato alla famiglia ospitante

Nel caso di Pulci il mecenatismo dei medici non è così esplicita. C’è una commissione da parte di Lucrezia
Tornabuoni.
L’eroe eponimo è colui che da il nome al poema →Morgante. Orlando è il difensore della fede cristiana, ma
non viene presentato nemmeno nel titolo come eroe. La scelta ricade su un personaggio anomalo. Per la
prima volta l’eroe non è il classico eroe stereotipato, bensì un personaggio stereotipato. Alcuni stuiosi
individuano in questo poema e nell’Orlando furioso i primi poemi eroicomici.

L’eroe che si macchia di peccato è una novità rispetto alla tradizione. Nei poemi cavallereschi il malvagio
non è mai presentato come totalmente cattivo.

Margutte non ha alcun tratto di eroicità, è introdotto solo come personaggio comico. Gli viene attribuito il
solo compito di divertire; Pulci vuole trovare anche elementi di divertimento che stemperi l’eccessiva
rigorosità del tema trattato: guerra contro i saraceni. L’eccessiva libertà nel trattare i temi religiosi, lo porta
ad essere sepolto in un cimitero sconsacrato.

Il credo di Margutte ci fa credere come potesse essere facile prendere Pulci per miscredente.

CANTARE 1

1. In principio era il Verbo presso Dio e Dio era il Verbo, e il Verbo era Dio: questo era al principio,
secondo me, e non si può far nulla senza di Lui. Perciò, o Signore giusto, benigno e pio, mandami solo
uno dei tuoi angeli, che mi accompagni e mi riporti alla memoria una storia famosa, degna e antica.

2. E tu, Vergine che sei figlia, madre e sposa di quel Signore che ti diede la chiave del Cielo, dell'abisso
e d'ogni cosa, quel giorno in cui l'arcangelo Gabriele ti disse "Ave", dal momento che tu sei pietosa
verso i tuoi servi, aiuta benevolmente i miei versi con rime dolci e uno stile soave e gradevole, e
illumina la mia mente sino alla fine [dell'opera].

3.Era il tempo [la primavera] in cui Filomela [l'usignolo] si lamenta e piange con la sorella [Procne,
la rondine], poiché si rammenta del suo antico dolore, e fa innamorare le ninfe nei boschetti; ed era
il tempo in cui Febo [Apollo] conduce il suo carro [il sole] non troppo vicino alla Terra, poiché suo
figlio Fetonte ancora lo ammonisce, e appariva appena all'orizzonte colei [l'aurora] per cui Titone
ancora si graffiava la fronte [era l'alba],

4. quanto io misi in mare la mia barchetta [iniziai a comporre dei versi] anzitutto per obbedire coloro
cui deve sempre obbedire la mia mente [la famiglia Medici], e comporre faticosamente opere in prosa
e in rima, e mi dispiacque del mio imperatore Carlo Magno; infatti so quanti sono stati esaltati dalla
penna dei poeti, mentre sarebbero vinti dalla sua gloria: questa storia di Carlo, a quel che vedo, è stata
compresa male e scritta ancora peggio.

CANTARE XVIII

112. Un giorno Morgante, giunto ad un incrocio dopo essere uscito da una valle in un gran bosco,
vide venire da lontano con la coda dell'occhio un uomo, che sembrava avere il volto tutto nero. Diede
un colpo con la punta del batacchio a terra, e disse: «Non conosco costui»; e si mise a sedere su una
pietra, finché quell'altro non arrivò da lui.

113. Morgante guarda tutte le sue fattezze più volte, dalla testa ai piedi, e gli sembravano deformi,
orrende e brutte: - Dimmi il tuo nome, viandante - diceva. Quello rispose: - Il mio nome è Margutte e
volli anch'io diventare un gigante, poi mi pentii a metà della trasformazione: vedi che, appunto, sono
alto sette braccia [circa quattro metri].

114. Morgante disse: - Tu sia benvenuto: ecco che avrò al mio fianco un fiaschetto, visto che non bevo
da due giorni; e se verrai insieme a me, durante il viaggio ti tratterò come meriti. Dimmi ancora: non
ti ho chiesto se sei cristiano o saraceno, se credi in Cristo o in Apollo -.
115. Allora Margutte rispose: - Per farla breve, io non credo all'azzurro più che al nero, ma credo nel
cappone, lesso o arrosto; e qualche volta credo anche nel burro, nella birra e, quando ne ho, nel succo
d'uva, e molto più nell'aspro che nel mangurro [due monete turche]; ma soprattutto ho fede nel vino,
e credo che chi crede in esso sia salvo;

116. e credo nella torta e nel tortello: uno è la madre e l'altro è suo figlio; e il vero padrenostro è il
fegatello, e possono essere tre, due e uno solo, e almeno quello deriva dal fegato. E poiché io vorrei
bere con un recipiente per il ghiaccio [assai capiente], se Maometto vieta e condanna il vino, credo
che sia un sogno o un fantasma;

117. e Apollo dev'essere un delirio, e Trivigante è forse una tregenda. La fede è come il solletico [c'è
chi la sente e chi no]: se sei saggio, credo tu possa capirmi. Ora potresti dire che io sia un eretico: per
non sprecare parole, vedrai che la mia stirpe non tradisce le sue origini e io non sono un terreno
buono per piantarvi una vigna.

118. Questa fede è fatta come l'uomo vuole. Vuoi sapere quale sia la mia fede? Io sono nato da una
monaca greca e da un sacerdote islamico a Bursia, in Turchia. E all'inizio mi piaceva suonare la
ribeca [strumento a corde], perché volevo cantare di Troia, Ettore e Achille, non solo una volta ma
mille.

119. Poi quando mi stancai di suonare la chitarra, iniziai a portare l'arco e la faretra. Uno giorno,
poi, quando feci una rissa in moschea e vi uccisi il mio vecchio padre, mi misi al fianco questa
scimitarra e cominciai ad andare a zonzo per il mondo; e come compagni portai con me tutti i
peccati turchi e greci;

120. anzi, tutti quelli che sono contenuti all'inferno: io ne ho settantasette dei mortali, che non mi
lasciano mai né d'estate né d'inverno; pensa quanti peccati veniali possiedo! Non credo, se anche il
mondo durasse in eterno, che si possano compiere tanti mali quanti quelli che ho commesso in vita
mia; e me li ricordo in ordine alfabetico.

MATTEO MARIA BOIARDO

Appartiene ad una famiglia nobile -> posizione privilegiata perché non ha bisogno di rendite, a si trova
strettamente legato alla corte estense. Farà il funzionario e il governatore; avrà meno tempo per dedicarsi
al suo lavoro letterario. Questo lavoro lo porterà ad andare incontro alle passioni dei suoi signori. La
famiglia este riceve in concessione il ducato di Ferrara e i possedimenti circostanti dal papa, con una
clausola scomoda per la famiglia -> vengono dati in gestione, ma quando verrà meno la successione della
famiglia il ducato tornerà in possesso dello stato pontificio-> problematiche anche dal punto di vista
letterario:

• hanno bisogno di consolidare il loro ducato


• Devono trovare una giustificazione per il loro possedimento di Ferrara e lo cercano anche
attraverso la letteratura -> verrà introdotta una leggenda sulla discendenza estense. Viene
introdotto Ruggero:un cavaliere saraceno allevato dal mago Atalante, il quale cercherà sempre di
tenerlo lontano dalla guerra, perché vede in un libro il suo destino (sarà un prode cavaliere,
incontra Bradamante, si converte al cattolicesimo e poi muore in giovane età . Ruggero discende
da Enea, ha dei figli, dai quali discendono gli estensi). Per non perdere il ducato, finiranno per
legittimare anche i figli naturali -> nonostante questi tentativi il Ducato tornerà in mano allo stato
pontificio.

POESIE LATINE ED ENCOMIASTICHE


Versi in latino che celebrano la famiglia estense. Sono poesie encomiastiche (dedicate alla famiglia estense):

• Carmina de laudibus Estensium


• Pastoralia
• Epigrammata

In latino, celebra fatti storici. Il latino diventa la lingua con cui si racconta la storia presente (pieno
umanesino -> riscoperta dei classici)

AMORUM LIBRI TRES

Canzoniere scritto per Antonia Caprara. Di ispirazione petrarchesca: scritto in volgare; iter di redenzione.
Questi tre libri sono creati in maniera assolutamente simmetrica: 50 sonetti e 10 canzoni

In qualche modo sono la premessa alla grande diffusione del petrarchismo 500entesco.

INNAMORAMENTO DE ORLANDO

Già dal titolo, Boiardo vuole mettere in rilievo la novità del suo poema -> per la prima volta il grande eroe
finisce con l’innamorarsi di un personaggio d’invenzione di Boiardo. Il poema racconta la solita storia dei
cavalieri di CM che difendono Parigi dall’assalto dei saraceni. Per la prima volta viene innestata un elemento
tipico della saga bretone (innamoramento), ma viene innestato nell’eroe valoroso. Tutto ha inizi nella corte
di Carlo Magno, con l’arrivo di Angelica (esperta in arti magiche). Accompagnata a Parigi dal fratello;
presento come un guerriero che propone ai francesi di sfidarlo -> chi lo vince avrà in sposa Angelica. Argalia
ha delle armi magiche che gli garantiscono l’invulnerabilità. Angelica ha lo scopo di indebolire i paladini di
Carlo magno. Un paladino saraceno, ucciderà Argalia per rubargli l’armatura -> tutto per sposare Angelica.
Comportamento antieroico.

Nel secondo libro, Parigi è assediata e Rinaldo e Orlando sono visti nella difesa di Parigi. Resa difficile dal
tradimento del cugino di Carlo Magno. L’esercito di CM riesce a non essere sconfitto grazie all’intervento di
Ruggero e Bradamante

Il terzo libro rimane incompleto a causa della morte di boiardo. L’incompiutezza deriva anche dalla discesa
in italia di Carlo VIII. Questo viene scritto in un’ottava del terzo libro, donando quindi un finale provvisorio.

Nelle vicende di guerra si inserisce l’innamoramento non ricambiato di Orlando per Angelica. Viene
corteggiata da tutti; nel secondo libro, scortata da Ranaldo si imbatte in una fontana che da un lato fato
innamorare e dall’altro fa disinnamorare: Ranaldo si disinnamora di Angelica, lei si innamora di lui. Per la
prima volta ssi vede una donna che rincorre un uomo.

Per secoli questo poema è stato letto in una veste diversa da quella scritta da Boiardo. Pubblica i primi due
libri. È scritto in una lingua non predominante -> koiné padana (lingua comune della pianura padana).
Viene riscritto in volgare toscano -> Francesco Berni traveste in toscano il testo, facendo scomparire la
koiné padana. Raggiunge così una grande fama. Nei primi anni nessuno legge la veste originale, a causa
dell’arrivo dei Francesi e della lingua difficile. Almeno fino al recupero di Panizzi nel 1830. Nonostante ciò,
si continuerà a leggere la versione di Berni fino al 1999.

Anche Calvino, riscrive l’Orlando di Ariosto per uso scolastico. All’inizio della sua versione , fa una
riflessione su Boiardo.

LIBRO PRIMO, CANTO I

Uomini e cavalieri, che siete riuniti ad ascoltare cose divertenti e nuove; state attente e tranquilli e
potrete ascoltare la storia che il mio canto narra e vedere le grandi imprese e le incredibili avventure
che fece per amore Orlando franco al tempo dell’imperatore Carlo Magno.
• uso delle i sovrabbondanti;
• Si annuncia una novità, qualcosa che non è mai stato raccontato prima
• Da l’impressione di rivolgersi ad un pubblico vero e proprio, c’è un appello diretto verso un pubblico
ideale
• Tradizione orale, imitazione inizio dell’opera → si sa che veniva letto a corte e fungeva da
intrattenimento per i gran signori
• Il teatro a corte arriverà successivamente, togliendo così il ruolo al poema cavalleresco
• Nel 500 a Ferrara la tragedia farà successo
• Gioca sul ricordare la lettura a corte
• Anticipa quale sarà lo scopo dell’opera: divertire e istruire il pubblico di corte
• Cambia la causa del guerriero → le imprese sono condotte per amore e non per il padrone o per la
cristianità
• C’è una contaminazione dei due filoni principali dell’epoca (carolingio + bretone)
• Orlando per la prima volta assume una dimensione e un ruolo differenti

“non vi sembri signori qualcosa di strano, meraviglioso ma anche di raccapricciante, sentir parlare
dell’innamoramento di Orlando, perché chiunque esista nel mondo è vinto e soggiogato dall’amore.
Neanche un forte guerriero e un animo coraggioso, né alcuna altra corazza potrebbe mai essere
sufficiente e sarà sconfitta dall’amore. “ → anche Orlando sarà sconfitto dall’amore

“Questa novella è nota a poca gente, perché Turpino stesso la nascose, credendo forse che i suoi versi
potessero essere offensivi, per quel valoroso condottiero, poiché lui, che vinse contro tutte le altre cose,
contro Amore fu perdente: parlo di Orlando, il cavaliere perfetto. Non dirò più parole, veniamo al
fatto.”

• L’archetipo perduto è di Turpino


• Per secoli Orlando è stato considerato come un eroe invincibile
• La locuzione “Dico di Orlando” → da l’impressione che ci sia unl pubblico ad ascoltare
• Mancano degli elementi: invocazione alla musa; una dedica esplicita agli Estensi; manca l’esordio
canonico → sottolinea quanto Boiardo voglia che il suo poema sia innovativo

Il tema dell’amore nel peoma di Boiardo sarà fondamentale :

• Fontana dell’amore e del disamore


• Amore non corrisposto tra Angelica e Orlando
• L’oggetto dell’amore è un’oggetto che sfugge → i personaggi errano per cercare l’amore e non per
imprese guerresche
• La maggior parte dei cavalieri è innamorata di Angelica
• Angelica è un personaggio nuovo, introdotto da Boiardo → scombina l’esercito di Carlo Magno

| Tasso, nel IV canto della Liberata mette in scena un concilio infernale che pensano un modo per
sconfiggere i cristiani → una donna: Armida. È un espediente perfetto. L’idea della donna che interrompe
la guerra e scombussola i cavalieri è un’idea che avrà grande seguito nella storia letteraria|

LIBRO III, CANTO IX


Mentre io canto, o Dio,
vedo che l’Italia è messa a ferro e fuoco
dall’esercito di Carlo VIII che viene a liberare con grande valore
non so quale luogo.
Perciò vi lascio con questo vano amore di Orlando;
e se mi sarà concessa un’altra occasione,
vi racconterò tutto.
• Si rivolge a Dio
• Il papa non aiuta l’impresa
• Evento di portata incredibile → tanto da far smettere di scrivere di un amore, perché ritenuto vano
in confronto alla situazione che sta vivendo l’italia.
• 1494 – Carlo VIII, chiamato in Italia da Ludovico il Moro, perché tolga la corona partenopea agli
aragonesi; con le sue truppe attraversa le terre neutrali del dicato di Ferrara.
• Gli italiani sono destabilizzati dalla brutalità delle truppe francesi
• L’opera rimane in compiuta; ma Boiardo non da un’interruzione netta: chiarisce che se avrà
l’occasione di continuarla lo farà
• Verrà portata avanti da Ariosto

LUDOVICO ARIOSTO

↪ Calvino trova un filo conduttore → “ una damia che scappa da un poema all’altro” (si tratta di Angelica
che scappa da Ferrau).

Ariosto ha un rapporto totalmente diverso da quello di Boiardo con la corte, infatti non ci vive volentieri ed
è costretto a lavorare per gli Este. È costretto a continuare il poema di Boiardo e definisce il suo come una
gionta.

Questi poemi si prestano ad una lettura ad episodi, forse dovuto al fatto che nelle corti non ci fossero sempre
gli stessi ospiti ed era quindi necessario donare una conclusione al singolo canto (anche se non sempre
fatto da Ariosto)

È destinato a studi notarili dal padre non nobile, ma lu ha interessi letterari, per questo motivo deve trovare
una corte che sia disposto ad ospitarlo. Prende gli ordini minori per assicurarsi una rendita. Con la morte
del padre si ritrova a dover pagare dei debiti, per questo va a lavorare come segretario alla corte di Ippolito
D’Este; svolge una mansione di scribacchino che lo allontana dagli studi letterari. È costretto a dissimulare,
dare un’immagine di sé diversa da quella vera.

Nel 1518 il Cardinale d’Este viene nominato a Buda (pest), Ariosto si rifiuta di seguirlo e ci va dunque il
fratello. Passa al servizio del Duca Alfonso d’Este. Viene spedito come commissario a Garfagnana (territorio
conteso), il popolo è sempre in rivolta, divaga il brigantaggio → Ariosto vive anni difficili; fatica a scrivere
e questo è reso noto nelle satire.

Nel 1500 molte corti italiane sono in crisi, sistema fragile e precario, destinato a scomparire. Il Gran Ducato
di Ferrara torna ad essere territorio del papato, non trovando più eredi.

Nella sarira I, 34-42 fornisce una serie di scuse futili per non andare in Ungheria con il cardinale Ippolito
d’Este: 1) l’inverno freddo 2) caldo delle stufe 3) si mangia male.

Nelle satira però parla anche della difficile condizione di chi vive a corte. Ha una relazione clandestina con
una donna degli Strozzi (Alessandra Benucci).

Una volta tornato a Ferrara, Ariosto viene incaricato alla direzione del teatro. Negli ultimi anni vive fuori
dalla corte, in una casa “parva sed adapta mihi”. Si dedica alla revisione linguistica dell’Orlando furioso.

OPERE

SATIRE (1517): lamentele riguardo la vita dei letterati a corte, non usati come tali ma come dei segretari
o impiegati in lavori utili alla corte. Rimpiange quado il letterato poteva vivere come tale a corte, pensando
ai modelli latini (anche se Orazio volesse scappare da Roma). Usa l’ironia per esprimere il suo disagio, Croce
nota che con l’ironia descrive un mondo che sta per esaurirsi. Parla anche delle difficoltà economiche e
sociali. Caretti dice che il profondo realismo di Ariosto mostra tratti simili a Macchiavelli (che scade nel
cinismo)

Orlando furioso (1516-32); lavoro di revisione ossessiva. La prima edizione (1516) è composta da 40 canti,
scritti in una lingua simile a Boiardo (stampate 1500 copie). Per la seconda edizione (1521) attua una
revisione linguistica rendendola in una forma più toscaneggiante. La terza edizione (1532) prevede
l’aggiunta di 6 canti (+5 canti che non conclude), adatta la lingua e lo stile a Petrarca. Questa edizione sarà
quella che riscuoterà più successo. Nel 1500 i libri più popolari erano i libri devozionali.

Il Canzoniere di Petrarca non è più il modello, ma l’Orlando Furioso (l’imitatore diventa più famoso
dell’imitato)

[1525, Bembo pubblica le Prose della volgar lingua]

L’ORLANDO FURIOSO

La trama è semplice e complessa allo stesso tempo. La vicenda narra dell’amore di Orlando, non ricambiato,
per Angelica. A circa metà dell’opera si assiste alla pazzia di Orlando dovuto all’abbandono di Angelica.
Diventerà un personaggio diverso da quello che è stato; i “due” non hanno memoria l’uno dell’altro. Ariosto
inventa questa tematica ex novo, per quanto riguarda le altre vicende sono riprese dal poema di Boiardo,
da Pulci, ma soprattutto riprende notizie dai due cicli e da Andrea Barberino (scrittore di romanzi in prosa)

I TEMI

• La follia: tema centrale dichiarato nel titolo; espone il tema a metà dell’opera
• guerra tra franchi e saraceni →vicenda di Bradamante e Ruggero (lasciata in sospeso da Boiardo)
ripresa per creare la genealogia mitologica degli estensi.
• caso. Il caso prevale sulla virtù. Spesso i paladini sono vittime del caso (tratto di realismo in
un’opera di fantasia).
• pessimismo (germe che si installa nella tradizione cavalleresca), testimone del declino che sta
incombendo sulle corti. Attraverso la decadenza del mondo dei cavalieri erranti, vuole are prova
della decadenza del suo mondo: le corti non sono più un buon posto dove vivere. Di questo si ha
prova nel personaggio di Orlando: viene riportato ad una dimensione terrena, che contrasta con il
carattere eroico da sempre avuto.
• Quête: ogni personaggio è alla ricerca di un oggetto del desiderio
• Il tempo non ha uno sviluppo cronologico lineare (ritorna spesso indietro per riprendere il filo del
discorso interrotto -> entrelacement). Anche se nell’opera si possono individuare tre temi
principali (pazzia di Orlando, guerra e fondazione della casata d’Este), si ritrovano più episodi e
più personaggi. È quindi impossibile provare a fare un riassunto unitario dell’opera intera.
Migliano, prova a riassumere l’opera per singoli personaggi. Ariosto infittisce la trama per creare
maggior interesse nella corte.

Ariosto gioca a creare una trama molto fitta per solleticare gli interessi della corte e per mantenere alta
l’attesa. Per fare ciò utilizza diverse tecniche narrative:

Tecniche narrative

• Entrelacement: più storie legate tra loro che si svolgono in contemporanea, sospese e riprese
(sviluppo parallelo di più vicende narrative, focus diversi con formule di stacco)
• Non coerenza dell’unità canto: passaggio da un racconto all’altro all’interno del canto
• Sospendere il racconto crea suspence
• Intreccio complesso e imprevedibile ma armonico
• Modello di equilibrio compositivo
• Inchiesta/quête : ogni personaggio è alla ricerca di un proprio oggetto del desiderio
ORLANDO FURIOSO, VIII, 29

“Signori mi conviene fare come fanno i bravi suonatori, quindi devo spesso cambiare corda e cambiare
il suono, spesso grave oppure acuto e di tenere lo strumento accordato. Mentre sono impegnato a
raccontare di Rinaldo, mi sono ricordato di Angelica che lasciai al punto in cui incontra un’eremita”

• Si rivolge da subito al pubblico


• Dice che deve cercare di variare; dal divertente al tragico
• Metafore del suonatore
• Abbandona una vicenda per raccontare di un’altra senza concluderle
• Gioca a passare da una storia all’altra

ORLANDO FURIOSO, XIII, 80-81

“Ma lasciamo Bradamante, e non vi deve dispiacere che sia intrappolata nella costruzione di Atlante,
perché quando sarà giunto il tempo la farò uscire, e con lei anche Ruggero. Mi sembra che la mia
storia quando cambia è meno noiosa e suscita più interesse per chi l’ascolta. Ho bisogno di molti fili
per portare a termine la mia tela, e per questo non dispiacetevi ad ascoltare di come il popolo saraceno
abbia preso le armi per andare a combattere”

• Come il pescatore cambia esca per attirare nuovi pesci, così fa Ariosto per mantenere l’interesse
• Tessitura =scrittura dell’opera letteraria
• Varia spiegando per quale motivo passa da un episodio all’altro

ORLANDO FURIOSO, XXXV, 31

“lasciamo Astolfo con lo scrittore del Vangelo. Io voglio fare un salto dal cielo alla terra, perché non
voglio raccontarvi di stare così in alto. Torno alla donna che era stata mossa da un grande assalto di
gelosia che avevo lasciato a combattere con tre diversi re che sconfisse uno dopo l’altro”

• Canto in cui Astolfo si reca sulla Luna e viene accolto da San Giovanni
• Ariosto indica al suo lettore che sta per abbandonare l’argomento
• Non ci dice nulla del combattimento, salta alcuni episodi, crea suspence
• Quello che interessa ad Ariosto è creare interesse nel pubblico

• Presenza del narratore: Ariosto poeta e personaggio
• Stile orale: concretezza e fluidità, tipiche della letteratura “canterina”

I PERSONAGGI

• Attenzione alla coerenza dei loro atteggiamenti, all’interno delle vicende, non alla loro dimensione
psicologica (vengono solo abbozzati)
• Vengono divisi in cristiani e pagani :
• Orlando → conte paladino di Carlo Magno, feudatario di Bretagna; nella tradizione è il difensore
della fede cristiana; leale nei confronti dell’imperatore e della patria. Nel Furioso insegue Angelica,
fino a quando non scopre l’amore della principessa per Medoro e impazzisce di gelosia. Rinsavisce
e torna ad essere un valoroso combattente per la fede, quando Astolfo recupera il senno dalla Luna
• Rinaldo → paladino di Carlo Magno, cugino di Orlando con cui è in contesa per Angelica; nel
Furioso lascia il campo cristiano per inseguire la principessa del Catai
• Astolfo → principe inglese, cugino di Orlando e paladino di CM; protagonista di straordinarie
avventure; nell’isola della fata Alcina viene trasformato in mirto; compie lunghi voli su un
ippogrifo; raggiunge l’inferno, il paradiso terrestre e la luna
• Bradamante → sorella di Rinaldo; indossa gli abiti di un guerriero e va in ricerca del saraceno
Ruggiero di cui è innamorata; dal suo matrimonio nascerà la casata estense
• Alcina -> maga inventata da Ariosto. Attira tutti i paladini trasformandoli poi in alberi o in animali.
Viene descritta come una donna bellissima, affascinante, capace di incantare. In realtà è una
vecchia signora, che grazie alla magia riesce ad ingannare tutti.

La magia non è vista come qualcosa di malvagio; aiuta in modo indistinto cristiani e saraceni. Non c’è una
magia destinata ad una fede o all’altra (come succederà invece per Tasso). È un elemento che crea
divertimento.

• Cloridano e Medoro → due mori di umili origini, venuti in guerra al seguito del loro signore
Dardinello; in un’irruzione notturna nel campo cristiano, Cloridano viene ucciso, mentre Medoro
viene ferito; curato da Angelica, la sposerà e andrà in Catai con lei:
• Ferraù → nipote di Marsilio (re saraceno di Spagna); ha ucciso in duello Argalia (fratello di
Angelica); tra gli spasimanti di Angelica
• Sacripante → re di Circassia (Caucaso), alleato dell’esercito saraceno; innamorato di Angelica, la
aiuta quando la fanciulla si trova in fuga dal campo cristiano di Carlo Magno.

LA VICENDA

Canti I-XIII

• Orlando e Rinaldo inseguono Angelica; Bradamante insegue Ruggero e ode la profezia del mago
Merlino
• Ruggiero raggiunge la maga Alcina, si lascia sedurre, ma viene poi liberato dalla maga Melissa
• Orlando salva la principessa Selandia
• Ruggiero salva Angelica
• Tutti i personaggi si ritrovano nel palazzo di Atlante

Canti XIII-XVIII

• Agramante assedia Parigi


• Compaiono due guerrieri pagani: Rodomonte e Mandricardo → quest’ultimo vuole vendicarsi di
Orlando, ma si imbatte e innamora nella futura sposa di Rodomonte
• Astolfo incontra Aquilante e Grifone
• I Mori si ritirano da Parigi

Canti XIX-XXIX

• Angelica si imbatte in Medoro e fugge con lui


• Bradamante raggiunge la famiglia
• Orlando si scontra con Madricardo, ma viene a conoscenza della fuga di Angelica e impazzisce
• La Discordia introduce contrasti tra i Saraceni

Canti XXX-XXXIX

• Madricardo è ucciso da Ruggero


• Rinaldo compie una strage di Saraceni
• Astolfo riceve il mandato di andare sulla Luna e recuperare il senno di Orlando

Canti XL-XLII

• Agramante salpa per l’Africa


• Agramante con Gradasso, sfida Orlando a duello
• Rinsavito, Orlando li uccide
• Rinaldo si libera della passione per Angelica
Canti XLIII-XLVI

• Orlando, Rinaldo e Ruggiero partono per Marsiglia


• Ruggiero parte per l’Oriente e guadagna la stima di Leone, figlio dell’imperatore Costantino
• Bradamante è promessa in sposa a Ruggiero, ma si va avanti Rodomonte
• Il cruento scontro tra i due si conclude con l’uccisione del saraceno

ORLANDO FURIOSO, CANTO I, 1-4 (PARAFRASI)

- proemio, elemento di novità nella musa ispiratrice che non deve per forza ispirare, ma che non deve far
impazzire troppo

“Delle donne, dei cavalieri, delle battaglie, degli amori,


degli atti di cortesia, delle audaci imprese io canto,
che ci furono nel tempo in cui gli Arabi
attraversarono il mare d’Africa, e arrecarono tanto danno in Francia, seguendo le ire e i furori
giovanili
del loro re Agramante, il quale si vantò
di poter vendicare la morte di Traiano
contro il re Carlo, imperatore romano.

Nello stesso tempo, racconterò di Orlando


cose che non sono state mai dette né in prosa né in rima:
che per amore, divenne completamente folle,
lui che prima era considerato uomo così saggio;
dirò queste cose se da parte di colei che mi ha quasi reso tale
e che a poco a poco consuma il mio piccolo ingegno,
me ne sarà concesso a sufficienza (di ingegno)
che mi basti a finire l’opera che ho promesso.

Vi piaccia, generosa e nobile prole del [duca] Ercole I,


che siete ornamento e splendore del nostro tempo,
Ippolito, di gradire questo poema che vuole
e darvi solo può il vostro umile servitore.
Il mio debito nei vostri confronti, lo posso solo
pagare in parte con le mie parole ed opere scritte;
non mi si potrà accusare di darvi poco,
perché io vi dono tutto quanto posso donarvi, non ho altro.

Voi mi sentirete ricordare fra i più valorosi eroi,


che mi appresto a citare lodandoli,
di quel Ruggiero che fu il vostro
e dei vostri nobili avi il capostipite.
Il suo grande valore e le sue imprese
vi farò udire se mi presterete ascolto;
e ile vostre profonde preoccupazioni cedano un poco,
in modo che tra loro i miei versi possano trovare spazio

CANTO XXIII

103. Vede Angelica e Medoro in diversi modi,


intrecciarti insieme ed in diversi luoghi.
Tante sono le lettere, tanti sono i chiodi
con i quali Cupido gli ferisce e punge il cuore.
Va a cercare in mille modi con il pensiero
di non credere quello a cui, suo malgrado, crede:
si sforza di credere che sia un’ altra Angelica
ad aver scritto il suo nome sul quella corteccia.

104. Poi dice: “Io conosco la grafia di queste lettere:


di queste (lettere) ne ho viste e ne ho lette tante.
Potrebbe essersi inventata questo Medoro:
forse mi ha dato questo soprannome”.
Con tali opinioni remote,
continuò ad assillare se stesso, ponendo
il suo malcontento nella speranza
che seppe procurare a se stesso.

110. Era scritto in arabo, che il cavaliere


capiva bene come il latino:
tra molte lingue che conosceva,
il paladino sapeva benissimo quella;
e gli fece evitare più volte danni e scontri,
quando si trovò tra il popolo saraceno:
ma non si rallegri, se altre volte (la conoscenza dell’arabo) gli fu propizia;
perché ora gli arreca un danno tale da cancellare tutti i vantaggi ottenuti.

111. Lesse tre, quattro, sei volte la triste poesia


l’infelice, ed anche cercando invano (di immaginare)
che non ci fosse ciò che vi era scritta;
ma gli risultava sempre più chiaro e facile da comprendere:
ed ogni volta (che leggeva) si sentiva in mezzo al petto afflitto
stringere il cuore con mano gelida.
Rimase lì con gli occhi e con il pensiero
rivolti al sasso, impietrito.

114. Poi ritorna abbastanza in sé, e pensa se


la cosa potrebbe essere non vera:
che qualcuno voglia così infamare il nome
della sua donna, e crede e spera e brama,
oppure (che qualcuno voglia) gravarlo di un così insopportabile peso
di gelosia, da farlo morire;
e abbia, chiunque sia stato,
imitato molto bene la sua calligrafia (di Angelica).

IRONIA DELL’ORLANDO

Attraverso l’ironia riesce a raccontare un mondo che lui vede ormai alla fine. In quest’ironia non manca
qualche polemica nei confronti del poeta (percepibile attraverso il confronto con Tasso); mentre Tasso da
una grande importanza al poeta, mettendolo quasi alla stregua di uno che persegue la verità, Ariosto parla
del poeta come di qualcuno che racconta favole, che si diverte ad ingannare il lettore e a creare realtà
alternative; a far credere, per celebrare i potenti che lo mantengono, anche cose non vere → ironico e vuole
prendere in giro il ruolo che ha a corte.

Questo modo di dissacrare l’aurea del poeta, co fa capire come Ariosto utilizzi l’ironia come chiave di lettura
del mondo.
- messa a nudo dell’errore romanzesco (Turpino)

LA MODERNITà DEL FURIOSO

È nuovo non solo per l’argomento, ma anche per come viene trattato: trama interrotta, pluralità di storie e
eroi unitaria; umanità abituata ad abbandonare il senno (permette al lettore di immedesimarsi nella
lettura).

Mette insieme non solo la materia nuova di Boiardo, ma anche lo spirito molto ironico di Pulci. Tutti i
personaggi vengono trattati con grande ironia, rispettando la condizione umana.

La grande bravura di Ariosto sta nel fatto che è stato in grado di partire da un’azione in medias res
conferendole però comunque un carattere autonomo.

Nella seconda metà del secolo viene composto un altro poema epico-cavalleresco: la Gerusalemme liberata,
che presto diventa il metro di paragone dell’Orlando Furioso. Quando viene pubblicata nel 1580, comincia
una diatriba tra i sostenitori delle due opere, che troverà una rappacificazione solo quando, nel 1808,
Foscolo scrive un articolo in cui dice che le due opere sono così diverse da risultare incomparabili. Fa un
paragone per immagini:

• Orlando Furioso è paragonato alla Cattedrale di San Marco -> costruita con materiali di recupero
(è una “gionta” al poema di Boiardo); non particolarmente simmetrica e talmente riccamente
decorata da distogliere l’attenzione dal resto della chiesa e della città (stessa cosa accade nel poema
di Ariosto: troppi personaggi/vicende rendono caotica la lettura).
• La Gerusalemme liberata è paragonata ad un tempio geco -> esempio di perfezione architettonica
per eccellenza (rivisto fino allo sfinimento); ottima visione di insieme (è facile capire e seguire la
storia).

Ariosto Tasso

Non unitario Aristotelico

Discontinuità Unità e simmetrica

Fantastico Verosimile

Meraviglioso laico Meraviglioso cristiano

Inventa un testo da cui prende le informazione non Basato su fonti storiche


sempre vere

TORQUATO TASSO

↪ nasce nel 1544 a Sorrento in una famiglia non particolarmente ricca e per questo è costretto a lavorare
a corte (come Ariosto). Il padre lavora prima per la Repubblica di Venezia e poi per la corte Estense e per
la corte di Napoli. È un letterato. Bernardo Tasso è un grande estimatore e imitatore di Ariosto; scrive un
poema (Amadigi) che parla di cavalieri ed è ambientato in Spagna, ripreso dall’originale spagnolo Amadis
de Gaula.

Tasso comincia giovanissimo a scrivere poemi cavallereschi:


1559 – Gierusalemme, poema in ottave racconta della prima crociata (1099); una delle poche crociate
favorevoli per gli occidentali guidata da Goffredo di Guglione → vittoria sui mori (che dura poco)

1561 – Rinaldo, personaggio appartenente già all’opera precedente (Gierusalemme) e cavaliere


dell’esercito di Goffredo di Guglione. Già dalle prime edizioni delle sue opere si nota un’ossessione verso
l’argomento della liberazione di Gerusalemme;

1576 – Goffredo → l’argomento tratto è sempre quello della prima crociata e il protagonista è Goffredo di
Guglione. Anche questo poema verrà riscritto e modificato; gli verrà cambiato il nome diventando così La
Gerusalemme liberata.

Continuerà a lavorare alla Liberata in maniera ossessiva: si autodenuncia due volte al tribunale
dell’Inquisizione, mandando a degli amici in lettura singoli canti per vedere se ci sono lementi contrari alla
religione cattolica. Alla fine ricuserà tutto quello che scrive, anche per problemi editoriali → quando viene
pubblicata la prima edizione nel 1580, è rinchiuso in un manicomio a causa di attacchi d’ira e follia durante
la sua permanenza a corte. Si dice che si innamori di Eleonora d’Este e questo amore non possibile lo faccia
impazzire. Ci sono delle altre ragioni che potrebbero averlo portato a fare questa scelta:

1- La nascita del tribunale dell’Inquisizione lo porta a fare una revisione ossessiva dalla Liberata per paura
di andare contro i dettami della religione cattolica.

2- Tasso vive male l’ambiente della corte. Si vede da una favola pastorale, l’Aminta, in cui parla dell’amore
del pastore Aminta per la ninfa Silvia e in cui rappresenta anche la corte, la quale è corrotta, falsa e
governata dall’ipocrisia. Esiste solo la dissimulazione (termine inventato da Francesco Guicciardini), ossia
l’arte di saper fingere per potersi adattare al contesto della corte dove non si ha una particolare libertà di
espressione.

3- è costretto a guardarsi dalle gelosie degli altri cortigiani; non è l’unico poeta a corte ma la sua bravura fa
sì che gli altri cortigiani non lo vedono di buon occhio. Spesso parla di questa invidia. Vive male anche
l’aspetto di subire questi “piccoli inganni” messi in atto per screditarlo e fargli perdere la sua importanza a
corte.

Nel 1586 viene liberato grazie al successo del suo poema. Nel periodo in cui è rinchiuso viene cambiata
anche dai suoi amici. Cominciano a circolare edizioni diverse, non volute dall’autore e spesso anche parziali.
Quando esce dalla reclusione in Sant’Anna disconosce tutto ciò che circola sotto il nome di Gerusalemme
Liberata e trovando dei difetti decide di riscriverla ex novo → Gerusalemme Conquistata.

GERUSALEMME CONQUISTATA (1593) →quest’opera vuole essere ancora più coerente con i fatti
storici della prima crociata; elimina tutti i fregi che nelle cronache storiche non ci sono (vicende
sentimentali) per creare un vero e proprio poema cristiano. Questo gli riesce, ma risulterà essere un poema
meno bello della Liberata.

Non si posseggono testi autografi della Liberata e questo impedisce di capire quale fosse la veste che volesse
dargli Tasso. Nessun testo conservato della Liberata, nemmeno il Codice Baruffaldi è in grado di risolvere
questo dubbio.

La fase redazionale tra il 75-76 quella che viene mandata ai vari amici in revisione (tra cui anche Scipione
Gonzaga, il quale sceglierà le versioni dei canti che più gli piacevano per poi pubblicarli in autonomia; anche
se non corrispondevano ad una versione cronologica). Possiamo dire quindi che la Liberata è un falso
storico, perché non è il frutto dell’ultima versione di un’opera, ma è ciò che da sempre leggono i lettori.

Non è molto legato alla scrittura e alla revisione della Conquistata. Anzi smetterà di lavorarci per dedicarsi
a dei testi ancora più legati al mondo religioso. Nel ’95 si trasferisce a Roma, dove presso il convento di
Sant’Onofrio si dedica alla stesura del Mondo creato → opera che si rifà al Genesi. Abbandona i fatti storici
per dedicarsi completamente ad un testo fortemente religioso.

Tasso è un letterato che sperimenta generi diversi:

LE RIME (1591-94) → 1700 componimenti suddivisi in:

• liriche d’amore
• liriche religiose
• liriche encomiastiche → costretto a scriverle perché richieste dai suoi mecenati

Scritte con un stile grave e dal ritmo spezzato. Molte di queste liriche sono messe in musica, in particolare
i madrigali. Anche alcune delle ottave della Liberata vengono musicate → sottolinea la fortuna popolare di
questo testo.

Le riorganizza in più occasioni e questo ci da l’idea di un letterato molto attento alla stesura delle sue opere.
Non sempre sono di facile organizzazione dal punto di vista filologico, perché accanto ai tre nuclei principali
(liriche d’amore, religiose, encomiastiche, d’occasione) si affiancano delle rime che vengono definite
disperse che Tasso colloca in varie raccolte poetiche (fatte per occasioni encomiastiche).

Abbiamo un autore che da una parte brucia e distrugge tutto ciò che scrive per la paura di essere accusato
e giudicato negativamente dall’inquisizione; dall’altro lato abbiamo un autore che lima e perfeziona i suoi
scritti.

AMINTA (1573) → dramma pastorale che crea un genere letterario nuovo. La favola pastorale è
un’invenzione di Tasso e costituisce un nuovo genere teatrale [ fino ad allora c’era solo la commedia, la
tragedia, dramma satiresco (coinvolgeva satiri e ninfe)]. Riprende in parte il dramma satiresco donandogli
però un lieto fine, ambientata nel mondo pastorale della Grecia Arcaica.

Trama: il pastore Aminta s’innamora della ninfa Sivia, il quale a causa di una serie di equivoci crede morta
e tenta di suicidarsi. Grazie all’aiuto di Mopso, riesce a scoprire la verità (non è morta, ma ferita) e decide
di non attentare alla sua vita.

È una favola che avrà una fortuna relativa (non si hanno molte favole pastorali scritte in Italia; sono spesso
scritte per la corte Estense e in occasione di matrimoni). Un elemento interessante è la rappresentazione
utopica che Tasso da del mondo antico in opposizione alla vita di corte: alla libertà caratteristica della
Grecia antica contrappone il sentimento di costrizione che percepisce nelle corti. Il confronto tra l’antico e
il contemporaneo avviene spesso nei cori. Il rimpianto per la felicità degli antichi, sarà un tema ripreso da
Leopardi.

IL RE TORRISMONDO (1578)→ poca fortuna in Italia. È una tragedia ambientata nel Medioevo e in
Norvegia. Storia di un amore incestuoso (Torrismondo e Alvida scoprono alla fine di essere fratelli →
suicidio di entrambi). È una tragedia in cinque atti regolari separati dai cori [nel 500 si è cercato di dare
una forma tragica che si adattasse alle unità aristoteliche]. Riprende la vicenda di Tristano e Isotta, ma ne
radicalizza il pessimismo: Torrismondo è infatti tormentato dal dubbio e dell’incertezza, preda di un
conflitto interiore. Il coro finale sottolinea il destino tragico dell’esistenza umana, dove onore, gloria e
felicità sono speranze vane.

EPISTOLARIO → circa 1700 lettere che fanno luce sulla complessa personalità dell’autore. Sono
importanti quelle che scrive durante la prigionia in Sant’Anna; hanno un carattere a volte favolistico dettato
anche dalla realtà in cui vive.
DIALOGHI → ultimata la stesura della Gerusalemme Liberta si rende conto di avere dei problemi, tra cui
la definizione del genere di appartenenza.

Comincia a scrivere testi di carattere teorico, in particolare sulla Gerusalemme Liberata e non solo. Sono
molto importanti gli scritti SULL’ARTE POETICA → spiega qual è la differenza tra il suo poema e i poemi
scritti in precedenza. Da questi discorsi nasceranno i DISCORSI SUL POEMA EROICO. Cerca di definire quali
siano le caratteristiche di un poema epico-cavalleresco o eroico. Ci sono alcuni elementi che devono essere
ben definiti:

- il poema eroico non può avere un meraviglioso ariostesco ma cristiano (tutti gli elementi che non hanno
uno stretto realismo sono legati alla sfera religiosa);

- facendo leva sul fatto che nella poetica di Aristotele la tragedia viene paragonata al poema epico e sia
tragedia che poema epico devono avere tre precise unità (luogo, tempo – 24h per la tragedia, non troppo
vasto per il poema-, azione). A differenza del poema di Ariosto in cui tutta la narrazione è caotica, in Tasso
abbiamo unità di luogo (Gerusalemme assediata dai cristiani capeggiati da Goffredo), tempo (arco
cronologico ben definito -1099), azione (elemento di novità perché negli altri poemi si seguivano le vicende
di più personaggi; nel poema di Tasso tutti i personaggi sono legati dal comune intendo di liberare
Gerusalemme dai saraceni). Parte dalle fonti storiche e tutto ciò che è di più (vicende sentimentali, che si
andranno perdendo nelle varie revisioni della Conquistata) viene esplicitato nella Protasi dell’opera.

Per difendersi dalle critiche mosse alla Gerusalemme Liberata scrive due testi:

- APOLOGIA IN DIFESA DELLA GERUSALEMME LIBERATA (1585)

- GIUDICIO SOVRA LA SUA “GERUSALEMME” DA LUI MEDESIMO RIFORMATA (1593) →scritta in


occasione della pubblicazione della Conquistata, in cui spiega il passaggio da un poema storico ad uno più
cristiano.

Tasso ha una grande attenzione per il dato storico. Sulla base delle sue ricerche scrive gran parte dei poemi
che pubblica sull’argomento della conquista o della liberazione di Gerusalemme. Troveremo questa stessa
attenzione forse solo di nuovo in Manzoni (Promessi Sposi, Il conte di Carmagnola, Adelchi).

I POEMI MINORI

IL GIERUSALEMME → composto negli anni 1559-1561. È un poema epico che tratta della prima crociata
(1099) guidata da Goffredo di Guglione. Il problema di non potersi recarsi a Gerusalemme è molto legato al
tempo di Tasso. Questo problema viene risolto in una maniera ingegnosa: vengono realizzati dei Sacro
Monti → grande scenografia, con costruzione di cappelle in cui venivano rappresentate scene di carattere
religioso. (idea post concilio di Trento). L’interesse di Tasso coincide con un reale bisogno sentito dai fedeli:
fare pellegrinaggio nella città simbolo della cristianità, dove a causa della dominazione di popolazioni non
cristiane, era impossibile recarsi. L’idea di parlare di questa crociata scaturisce da un interesse comune
della popolazione; nasce anche dall’impegno del Concilio di contrastare la diffusione della religione
protestante. [Dal concilio, oltre a regole di carttere religioso, escono anche delle regole riguardanti l’ambito
artistico-letterario: non è possibile rappresentare scene classiche; viene indetto un indice dei libri proibiti].
Scrive l’opera un po’ per questo motivo religioso, un po’ per il pericolo incombente dei Turchi; l’episodio la
sorella scampata ad un’incursione di pirati si pone al centro di questo problema.

RINALDO → ha un impianto più ariostesco. Rinaldo è il personaggio di cui parla anche in parte Ariosto.
Nel poema di Ariosto, Rinaldo è il cugino di Orlando; qui è uno dei crociati. Diventerà nella Gerusalemme il
capostipite della famiglia Estense. Quando scrive questo poema, cerca di competere con il padre (in quegli
anni impegnato nella stesura dell’Amadigi); tenta di innovare il poema → cerca di essere aristotelico

GERUSALEMME LIBERATA → pubblicata nel 1580. In questo poema la storia non è più un pretesto (come
era accaduto per le opere precedenti), ma qui è il frutto di attente ricerche e studi sulla guerra santa (studia
sui testi di Guglielmo di Tiro → realmente esistito: la sua opera esiste per davvero sia in latino che in
volgare). Cerca di essere molto legato alle unità aristoteliche, attraverso la figura di Goffredo di Guglione (il
titolo originale dell’opera era Il Goffredo), attraverso questo personaggio unifica l’azione. Attraverso
quest’opera vuole educare moralmente e divertire (vicende sentimentali). cerca di conciliare la verità
storica con l’invenzione fantastica, narrando quindi non “il vero” ma il “verosimile”. Il “meraviglioso”
tassiano è legato ad una sfera religiosa (≠ Ariosto, il quale meraviglioso è legato all’immaginazione). La
magia di Ariosto, non è vista in senso negativa ed è molto neutrale (i maghi aiutano sia l’uno che l’altro
esercito); in Tasso la magina è negativa ed aiuta solo l’esercito saraceno. In Ariosto sia nell’esercito cristiano
che in quello musulmano ci sono cavalieri valorosi; in Tasso la bipartizione è molto netta: cristiani →
buoni ; musulmani → cattivi.

Le tre tematiche principali sono:

• religioso → problema del senso di colpa; fede sofferta, dovere, obbedienza, asoirazione alla prezza
• eroico → tormento dell’aspirazione alla gloria e all’onore; minaccia della morte; lotta contro il male
dentro e fuori di noi
• amoroso → conflitto irrisolto tra passione sensuale e senso di colpa

Dalla revisione dei suoi amici, escono delle critiche:

CRITICHE STILISTICHE

• uso di termini troppo dimessi


• forme dialettali e straniere
• latinismi desueti
• circolazione incontrollata

Decide così di revisionare il suo poema e di ampliarlo (lo ripulisce da un punto di vista stilistico e retorico;
e sistema anche l’impianto complessivo.

PERSONAGGI CRISTIANI: grande complessità psicologica; coinvolgimento emotivo e identificazione


dell’autore in alcuni di essi; incarnano i valori della Controriforma e sottomettono i loro interessi personali
alla missione religiosa;

• Goffredo di Buglione → personaggio storico; guida militare e morale dei cristriani, che richiama
all’ordine e ai valori della religione cristiana
• Tancredi D’altavilla → personaggio storico; nella Gerusalemme figura inquieta e tromentata,
vicina alla sensibilità di Tasso. Attratto dalla gloria, ama Clorinda, guerriera pagana, che ucciderà
inconsapevolmente in duello
• Rinaldo → indicato da Tasso come il leggendario capostipite degli Estensi. Rende possibile la
vittoria finale, sconfiggendo l’incantesimo diabolico della selva si Saron, che impediva la conquista
della città santa. (personaggio inventato)

PERSONAGGI PAGANI: non particolarmente approfonditi psicologicamente; incarnano l’individualismo e


la ricerca del piacere sessuale.

• Clorinda → guerriera che compie coraggiose imprese contro i crociati. Figlia del re cristiano
d’Etiopia Senapo, coosce le sue origini soltanto poco prima del duello con Tancredi; ma decide di
mantenere fede alla religione in cui è stata educata. Ferita da Tancredi, in punto di morte, chiede
di essere battezzata. (Unico personaggio pagano valoroso perché ha origini cristiane)
• Ferminia → versione femminile del personaggio di Tancredi; di cui è segretamente innamorata:
inquieta e dubbiosa, cerca una felicità irraggiungibile ed esprime la sensibilità malinconica di
Tasso.
• Armida → principessa dotata di poteri magici, che seduce i crociati, imprigionandoli in un palazzo
incantato. Innamoratasi di Rinaldo nel finale si converte e lo sposa.

Ne I discorsi sull’arte poetica, Discorso 1 → riflette sull’argomento del poema eroico. Deve essere storico
(non inventato); anche le storie religiose sono credute solo nella misura in cui le crediamo noi. Da cristiano
posso tirare spunto solo da vicende che riguardano i cristiani (o ebrea al massimo). Serve un elemento
meraviglioso nel poema, che non è più rappresentato dalla magia, ma è rappresentato dal cristianesimo.

GIOVANNI BOCCACCIO (1313)


Non è un nobile → influisce sulla rappresentazione dei personaggi; è un mercante, non si hanno notizie
della madre; ha un rapporto difficile con il padre → vuole avviarlo alla mercatura, ma a Boccaccio non
interessa. Lo manda a studiare a Napoli, conosce importanti esponenti della corte angioina e comincia ad
appassionarsi alla letteratura. Comincia a scrivere le prime opere e entra in contatto con la letteratura
cavalleresca. In questo periodo abbiamo le prime opere in prosa.

Passa un periodo felice: lavora, scrive, conosce Fiammetta (che probabilmente cela un personaggio
celebre della corte: Maria d’Angiò, il quale resterà un personaggio ricorrente delle sue opere.

1340 – è costretto a lasciare Napoli; torna a Firenze per supplire i disastri finanziari del padre; quando
muore per la peste, Boccaccio è costretto ad occuparsi degli affari di famiglia e trovarsi un lavoro
(ambasciatore per il comune fiorentino). In questa situazione difficile, in cui il lavoro materiale sottrae
tempo alla scrittura, avvengono due eventi importantissimi:

1) 1348 – peste. Che sconvolge il mondo e l’Italia; morte del padre


2) 1350 – Boccaccio incontra Petrarca. Già dagli anni napoletani aveva letto Dante e Petrarca, nel
quale vedrà una sorta di modello da seguire. Questo incontro segna una svolta: Boccaccio
abbandonerà la letteratura di diletto e comincia a studiare, comporre opere in latino seguendo
l’esempio di Petrarca. Abbandonerà in parte la scrittura volgare per scrivere in latino

A causa di problemi economici prenderà gli ordini minori, nel 1360.

Il coinvolgimento in una congiura anteguerra, lo porta ad essere allontanato dalla vita pubblica. Viene
richiamato nel 73-74 dal comune, per fare delle letture pubbliche della Commedia.

Nel 1370 riscrive in bella copia il Decameron (conservato nella collezione Hammiton).

Non è ricco → utilizza carta e inchiostro scadenti. Un amanuense nel 400 decide di riscrivere ripassando
tutte le parole; per fare questo inserisce molti errori → hanno fatto pensare a molti studioso che fosse un
falso

Caratteri comuni delle opere di Boccaccio

Ha una produzione letteraria vastissima. Ha tre fasi principali:

• Anni napoletani → letteratura cavalleresca; componimenti di divertimento


• Anni fiorentini → letteratura cavalleresca che si lega alla città di Firenze
• Post 1350 → comincia a scrivere in latino, soprattutto opere di erudizione
Pur riprendendo dei caratteri a lui precedenti, cerca di misurarsi con tutti i generi letterari noti al suo
intento. Reinterpreta quei temi cari ai poemi degli autori a lui cari → nel Decameron sembra riprendere in
chiave mondana la Divina Commedia di Dante, in cui la sua guida, Fiammetta, lo guida in un percorso di
redenzione.

Un’idea ricorrente è quella di una letteratura consolatoria per le donne (spesso sono dedicate a loro le
opere) → gli uomini hanno tante consolazioni; le donne hanno come unica consolazione la lettura. Secondo
Boccaccio, le sue opere dovranno sanare quella mancanza di svago → questo non vuol dire che non tratti
nelle sue opere valori morali → il Decameron in primis vuole aiutare il lettore ad imparare qualcosa.

Nel 400 viene sfrondato da quelle novelle considerate immorali, ma questo è giustificabile dalle molte
indicazioni di lettura poste da Boccaccio → inserisce novelle che hanno come argomento qualcosa di
immorale, servono da monito per i comportamenti da seguire.

LE OPERE

In qualunque opere appare la tematica amorosa e spesso troviamo un conflitto tra due idee d’amore:
sensuale e un amore casto (dedica tutte le sue forze al perseguimento degli ideali del culto di Diana).

Legge di natura → per l’uomo è naturale ricercare l’amore

PERIODO NAPOLETANO

CACCIA DI DIANA → poemetto mitologico in terza rima; si ispira al mito di Diana e racconta della
ribellione delle ninfe a lei devote (ideologia dell’amore cortese); celebra l’amore (mito di Diana vs mito di
Venere)

FILOSTRATO → poema epico-narrativo in ottava rima; si ispira al cantare francese Il romanzo di Troia;
racconta le vicende di Filostrato, che perde dignità e vita per amore; il nome del protagonista significa “il
vinto d’amore”

IL PERIODO FIORENTINO

NINFALE D’AMETO → prosimetro pastorale ed allegorico; narra gli incontri fra un pastore e sette ninfe
(allegoria delle virtù); esalta l’amore, fonte di civiltà e nobilitazione

AMOROSA VISIONE → poema allegorico-didascalico in terzine; è dedicato a Fiammetta; ha per temi la


ricerca delle virtù e la conquista della saggezza; riscrittura mondana del poema dantesco; esempio di
ekphrasis: descrizione dei dipinti che decorano le pareti, rappresentando vizi e virtù.

Nel Decameron si ritrovano alcune tematiche/episodi delle opere precedenti. Possiamo quindi considerarlo
come un punto di sintesi. Tutto quello che scrive Boccaccio ha una grande coerenza.

DOPO IL DECAMERON

A partire dagli anni Sessanta Boccaccio si orienta verso una letteratura più impegnata e dotta: la poesia
deve essere lezione morale → la componente del diletto non sparisce, mantiene la sua funzione ricreativa
e consolatoria. Negli ultimi anni si dedica alla composizione di opere in lingua latina → si dedica allo studio
e alla composizione di opere di erudizione come Petrarca.

BIOGRAFIE

DE MULIERIBUS CLARIS → catalogo di storie di celebri donne; assenza di giudizi morali (vengono
narrate anche vicende di prostituzione); ispirato al De viris illustribus di Petrarca
DE CASIBUS VIRORUM ILLUSTRIBUS → personaggi della storia antica sacra e profana, con
un’attenzione particolare per quelli biblici; destino comune di tutti i personaggi: finale tragico della loro
esistenza → gloria terrena colpita da sventura

IL MITO GRECO-ROMANO

GENEALOGIA DEORUM GENTILUM → enciclopedia dei miti greco-latini organizzata in quindici libri

IL CORBACCIO → satira misogina, ha il tono dell’invettiva. Boccaccio immagina di essersi perso e di


incontrare lo spirito di un defunto, il marito della donna di cui si è invaghito; l’anima lo mette in guardia
contro la malattia dell’amore, elencando i difetti della moglie. Rimandi al De Amore di Cappellano, alla
Commedia di Dante, alle satire di Giovenale, a Petrarca.

IL DECAMERON

↪ Non si hanno date certe di composizione → ma sicuramente successivamente al 1348. Alcuni studiosi
ritengono che alcune novelle risalgano a prima della composizione del Decameron.

Vittorio Branca pone come data di conclusione il 1351(sulla base della sua conversione poetica) anche se
probabilmente la data ultima sarebbe quella 1353 (più coerente con la stesura di un’opera così articolata e
complessa).

Si tratta di una raccolta di novelle su temi vari, tra cui Fortuna, Amore e Ingegno

LA STRUTTURA riprende quella del novellino (raccolta di novelle che inizialmente erano meno di 100, ma
poi diventano 100 come quelle del Decameron per sottolineare la corrispondenza tra i due testi); nasce da
una tradizione orale (può subire una variazione del numero delle opere che lo contengono) ed è anonimo.
A differenza del novellino che non ha una struttura continua, Boccaccio cerca di inserirle in una narrazione
di grado superiore → la cornice: 10 ragazzi che fuggono da Firenze per scappare dall’epidemia di peste e
dallo scompiglio morale causato dalla morte di chi amministrava le leggi (questa fuga è fortemente voluta
dalle 7 ragazze del gruppo). Il fatto che ci siano dei ragazzi è un fatto di naturale morale -> non è opportuno
che delle ragazze vadano in giro da sole.

[La critica americana vede in Petrarca il precursore del femminismo moderno, perché le fa girare e agire
come meglio credono. Questo si vede nelle novelle (dove a volte il loro comportamento non è modello da
seguire), ma già nella cornice non è così.]

IL TITOLO = dal greco, dieci giorni. Non corrisponde al tempo effettivo; stanno in campagna più tempo ->
sabato e domenica sono dedicati alla cura personale e alla preghiera. Riprende il titolo dall’hexamerón di
Sant’Ambrogio, in cui si racconta la creazione del mondo. La tematica della creazione del mondo viene
ripresa anche da Boccaccio -> i ragazzi che fuggono e che si raccontano novelle è testimone di una volontà
di ricostruire un mondo ordinato e civile -> la prima cosa che fanno è quella di stabilire delle regole su come
si svolgeranno le giornate.

Ogni giorno sceglieranno un re o una regina che saranno incaricati di scegliere un tema per le novelle (il
primo e il nono giorno ci sarà un tema libera), ma anche di prendersi cura degli altri giovani affinché stiano
bene → è stato visto dagli studiosi come la creazione di un mondo democratico sulle fattezze della Firenze
dantesca dove le cariche elettive sono molto brevi, affinché nessuno le utilizzi per scopi personali.

L’opera è destinata ad un pubblico molto vasto. Dichiara che sia dedicato alle donne, in realtà è dedicato in
larga parte a mercanti e borghesi.

Si hanno diversi gradi di narrazione:


• 1 grado → la cornice
• 2 grado → i giovani che raccontano la novella
• 3 grado → ci sono delle novelle in cui è il protagonista a raccontare la novella.

Boccaccio interviene in prima persona tre volte:

• Nel proemio → dedica alle donne l’opera e spiega che è un’opera che consola (anche per il periodo
pestilenziale che stanno vivendo)
• Nella quarta giornata → si difende dall’accusa di immoralità per aver messo in scene tante figure
femminili e di compiacersi di questo ; tratta di amori immorali e illegittimi
• Nella conclusione → ribadisce che il Decameron deve essere letto come opera unitaria, ma essendo
che contiene novelle che potrebbero urtare la sensibilità di alcune lettrici, queste potranno
scegliere di non leggerle

NARRATORI

1 GIORNATA – PAMPINEA (la rigogliosa; è la più matura del gruppo femminile; l’idea di trasferirsi fuori
città è sua; compare nel Ninfale d’ameto): tema libero

2 GIORNATA – FILOMENA (colei che ama il canto; è prudente e paurosa. Nella mitologia, Filomena è il
nome di una giovane donna, trasformata in usignolo) : storia a lieto fine con l’aiuto della fortuna

3 GIORNATA → NEIFILE (la giovane nuova amante; ha un carattere sensuale): storie di desideri soddisfatti
grazie all’ingegno e all’abilità

4 GIORNATA → FILOSTRATO (il vinto dell’amore; è l’innamorato on corrisposto; il nome rimanda al


titolo): storie d’amore infelici

5 GIORNATA → FIAMMETTA (la splendente fiamma d’amore; ha il nome della donna amata da Boccaccio
e protagonista dell’Elegia di Madonna Fiammetta): storie d’amore a lieto fine

6 GIORNATA → ELISSA (l’appassionata; è la più giovane; è innamorata ma non corrisposta): storie di chi
ha la risposta arguta

7 GIORNATA → DIONEO (il lussurioso; è narratore di novelle erotiche e licenziose; di nome rimanda a
Dione, madre di Venere, dea dell’amore): beffe di donne che ingannano i mariti

8 GIORNATA → LAURETTA (la timida; è gelosa; il suo nome richiama la donna amata e cantata da Petrarca
nel Canzoniere) : beffe ai danni di persone ingenue

9 GIORNATA → EMILIA (la lusingatrice; è bella e vanitosa e compare nel Teseida): tema libero

10 GIORNATA → PANFILO (l’amate fortunato; è il nome dell’uomo amato da Fiammetta nell’Elegia):


vicende del mondo cortese-cavalleresco e azioni di liberalità e magnificenza

LE FONTI DI ISPIRAZIONE

• Esempla, racconti orali con cui gli oratori medievali trasmettevano insegnamenti morali
• Fabliaux francesi, brevi componimenti in versi di ambientazione realistica e argomento licenzioso
• Le “storie di storie”: Libro dei sette savi e Mille e una notte → racconto che allontana la morte
• Fonti classiche, in particolare le Favole milesie e L’asino d’oro di Apuleio
• Le cronache fiorentine

Il tempo: prevalenza di vicende presenti rispetto alle passate


Lo spazio: città e regioni d’Italia (Firenze, Bologna; Milano, Napoli, Sicilia) e d’Europa (Parigi e la Francia);
ma anche luoghi esotici per raccontare viaggi dei mercanti o avventure dei corsari.

PRINCIPALI NUCLEI TEMETICI

• FORTUNA → forza imprevedibile che condiziona le vicende umane


• NATURA → forza primordiale, energia basata sugli istinti
• EROS → istinto che domina ogni relazione amorosa
• INGEGNO → razionalità e intelligenza con cui gli uomini possono affrontare Fortuna e Natura
• SAGGEZZA → capacità di cogliere le occasioni favorevoli e di reagire alla sorte con prontezza

LA PESTE

• Fornisce l’occasione per la cornice narrativa, attraverso la descrizione degli effetti fisici e sociali
della malattia
• L’allontanamento dalla città appestata e la purificazione sono struttura come un percorso di
conoscenza

ANALISI E COMMENTO DELL’OPERA

EPIGRAFE INIZIALE (Proemio) → Comincia il libro chiamato Decameron, chiamato principe Galeotto, nel
quale si contengono cento novelle in raccontante in dieci giorni da sette ragazze e tre ragazzi

Principe galeotto → Personaggio del ciclo arturiano; amico fraterno di Lancillotto; quello che lo aiuta a
conquistare Ginevra e sacrifica la sua vita per consolarlo. È anche un libro di sventura → Dante, Inf, V:
Paolo e Francesca vengono uccisi proprio mentre leggono il libro di Lancillotto. Con questa citazione
Boccaccio si rifà ad uno dei valori principali del principe, ossia consolare a tutti i costi Lancillotto →
questo perchè il Decameron vuole avere una funzione consolatoria.

CORNICE

• Macrotesto, che vuole inglobare microtesti e creare unità nella frammentarietà, senzza rinunciare
all’autonomia delle singole novelle

• Cornice → si passa dalla forma breve del racconto a quella lunga del romanzo

• Tentativo di trovare un fattore unificante: problema che coinvolge le opere dei tre grandi autori
del Trecento (Dante con la Vita Nova, Petrarca con i Rerum vulgarium fragmenta, Boccaccio con il
Decameron)

ANALISI DELLE NOVELLE

Introduzione alla prima giornata

E in tanta afflizione e miseria della nostra città era la reverenda autorità delle leggi, così divine come umane,
quasi caduta e dissoluta tutta per li ministri e esecutori di quelle, li quali, sì come gli altri uomini, erano tutti
o morti o infermi o sì di famigli rimasi stremi, che uficio alcuno non potean fare.

→ l’autorità e la legge sono andate perdute perché quelli che le esercitavano sono venuti meno; le leggi non
ci sono più e le fanciulle, non potendo vivere in un mondo dove tutto è lecito, decidono di fuggire

Raccontandosi le novelle della prima giornata, i ragazzi mettono in scena se stessi e la loro difficoltà do
sopravviere a questa situazione; tutti i personaggi della prima giornata corrono dei rischi, ma riescono a
salvarsi grazie alla loro forza, al loro ingegno e alla loro capacità di parola (tematica ricorrente → ex. In ser
ciappelleto)
[…] estimo che di necessità sia convenire esser tra noi alcuno principale, il quale noi e onoriamo e ubbidiamo
come maggiore, nel quale ogni pensiero stea di doverci a lietamente viver disporre.
→ eleggono per ogni giorno un re o una regina che sceglie il tema delle novelle di quella giornata;
ristabilisce un ordine democratico simile a quello della Firenze dantesca.

Giornata I, novella settima

Bergamino, con una novella di Primasso e dello abate di Clignì, onestamente morde una avarizia nuova
venuta in messer Can della Scala. [si tratta di una rubrica, ossia di una sorta di riassunto della novella
(poteva variare di lunghezza) che doveva aiutare le donne a capire se questa avrebbe trattato degli
argomenti scabrosi]

Narratore: Filostrato
Argomento analogo a Dec, I,3: la parola e l’ingegno vincono l’avarizia e tolgono da situazioni difficili.

[leggere novella]

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