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Sicuramente il versante della lirica nel corso del Duecento conosce una
maggiore ricchezza di esperienze rispetto alla prosa.
La posizione inaugurale viene assegnata alla poesia che matura intorno alla
corte di Federico II , un insieme di autori che si concentra sulla teorizzazione
del sentimento amoroso , sulla scia della poesia trobadorica e del ‘’De Amore’’
di Andrea Cappellano ( fine del XII sec. ) ; nella sostanza si tratta di un
recupero del concetto e dell’ideologia dell’amor cortese.
Al principale rappresentante dei poeti siciliani , Giacomo da Lentini , è tra
l’altro attribuita anche l’invenzione della forma sonetto.
Aspetto importante è da riscontrare nella scelta , da parte dei poeti siculi , di
utilizzare uno stile alto: solo un registro linguistico formale e selezionato può
parlare dell’esperienza amorosa.
Più in generale si osserva un recupero dell’esperienza del ‘’fin’amours’’ dei
trovatori provenzali e del ‘’labor limae’’ di Catullo.
Molto importante è inoltre il fatto che le poesie dei siciliani ci siano pervenute
in manoscritti successivi , composti da autori che però hanno ‘’tradotto’’ le
poesie dei siciliani in lingua toscana.
È proprio l’area della Toscana a raccogliere l’eredità dei Siciliani , tuttavia in
un’area come quella comunale ( attraversata dal confronto tra Papato e
Impero ) la lirica si allarga a tematiche non esclusivamente amorose
( politica , morale , filosofia ecc… ) ; esemplificativa in questo senso è l’opera
di Guittone d’Arezzo , il più importante poeta precedente a Dante.
Il Duecento è però anche la grande stagione della poesia religiosa , che
comprende l’esperienza di San Francesco d’Assisi , le laudi di Iacopone da
Todi e la produzione tarda di Guittone d’Arezzo.
In questo filone è da inserire anche il ‘’Libro delle tre scritture’’ di Bonvesin de
la Riva ( 1274 ) , che contiene una descrizione dell’Inferno , della Passione di
Cristo e del Paradiso , anticipando in qualche modo il viaggio dantesco.
Dal modello di Guittone ( vicino al cosiddetto ‘’trobar clus’’ provenzale , un
poetare difficile e complesso ) si discostano per toni e temi i primi esponenti
dello Stilnovo , un filone che ha nel bolognese Guido Guinizzelli il primo
modello.
I successori di quest’ultimo sono Guido Cavalcanti , Lapo Gianni , Cino da
Pistoia e Dante , poeti che guardano all’amore come ad un’esperienza
nobilitante: si viene a creare una sorta di schiera eletta di fedeli d’Amore.
Accanto a questa poesia alta e filosoficamente fondata si registrano le
esperienze di Rustico Filippi e Cecco Angiolieri , caratterizzate dalla polemica
e dalla contestazione dei valori in chiave comico-realistica.
3. LA REALTÀ DELLA PROSA
Le prime prove della prosa del Duecento muovono dai precedenti offerti
dalla tradizione latina , in particolar modo dalle artes dictandi , importanti
soprattutto nelle comunicazioni ufficiali.
Le prime esperienze riguardano dunque l’ambito della retorica , dove si
registrano le esperienze di Guido Faba e soprattutto di Brunetto Latini ,
autore nel 1260 di una ‘’Rettorica’’ , una riscrittura del ‘’De inventione’’ di
Cicerone.
È proprio con Brunetto che si assiste ad un vero investimento sul volgare , la
sua opera più importante , il ‘’Tresor’’ , è scritto infatti in lingua d’oil ( in
seguito verrà volgarizzato in italiano ).
I volgarizzamenti sono inoltre la chiave per acquisire anche le tradizioni
narrative francesi: dai racconti antichi , come l’Istorietta troiana tratta dal
Roman de Troie e i Fatti di Cesare , al patrimonio cavalleresco , da cui verrà
prodotto il Tristano riccardiano.
Accanto a queste riprese si collocano le prime esperienze della tradizione
narrativa , che conosce una prima notevole prova nel ‘’Novellino’’ , un
precedente dal quale si muoverà Boccaccio.
Già a fine Duecento però la realtà comincia a premere sulle pagine del
‘’Milione’’ , opera nata dalla collaborazione tra la voce di Marco Polo e la
trascrizione attiva di Rustichello da Pisa.
1) LE PRIME TESTIMONIANZE POETICHE
2. I RITMI ARCAICI
Tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo sono attestati i primi ‘’ritmi’’ ,
termine con il quale sono indicati testi di argomento religioso con finalità
principalmente didattiche , trascritti soprattutto in ambiente monastico e
dotati di accuratezza stilistica e retorica.
La produzione di questi testi interessa in questo periodo soprattutto l’area
dell’Italia centrale: Marche , Umbria e Lazio , dove sono localizzabili due dei
più importanti testi , il Ritmo su Sant’Alessio e il Ritmo cassinese.
Il primo è una traduzione della più celebre versione francese ( la ‘’Vie de saint
Alexis’’ ) composto in lasse monorime di ottonari-novenari , il secondo invece
( che presenta un metro simile ) appartiene alla tradizione dei contrasti ed è
scritta in una lingua piena di francesismi e latinismi.
Il ritmo cassinese riprende una fonte latina , la ‘’Collatio Alexandri cum Didimo
Rege’’ , in cui Alessandro Magno discuteva con il re indiano Didimo.
Il testo è in sostanza un confronto tra il mondo orientale e la sua esistenza
ascetica e dedicata a Cristo , rappresentato dall’indiano Didimo , e il mondo
occidentale.
In Toscana è collocato invece il Ritmo laurenziano ( tra il 1188 e il 1207 ) , in
cui un giullare loda il vescovo Grimaldesco per la sua generosità.
Altri due ritmi molto celebri sono quello Bellunese e quello Lucchese
( rispettivamente 1193/1196 e 1213 ) , di argomento storico-politico: il primo
ricorda le vittorie di Belluno e Feltre su Treviso , mentre il secondo quella di
Lucca sui feudatari del contado
4. Quattro poesie siciliane rinvenute a Bergamo nel 2013 , trascritte tra il 1250
e il 1270.
Il Vaticano 3793 è un codice composto dal 190 fogli (26 fascicoli complessivi) ,
per lo più curato da una singola mano , anche se molto importante è una
‘’seconda mano’’ , che copia solo alcune carte.
Entrambi sono copisti fiorentini , che lavorarono tra la fine de XIII secolo e gli
inizi del XIV.
L’importanza di questo testo è immensa , senza di esso non avremmo alcuna
traccia della poesia italiana del Duecento.
Il codice è diviso in due parti secondo un criterio metrico: prima le canzoni e
poi i sonetti , come nei mscritti che racanocolgono la tradizione trobadorica.
La priorità della canzone è dovuta al fatto che essa era considerata (come
ricorda Dante nel ‘’De vulgari eloquentia’’) il genere metrico più importante ,
seguito da ballata e sonetto.
Come già ricordato il Vaticano 3793 segue un ordine cronologico , parte dai
poeti legati alla Scuola siciliani , poi ci sono i poeti cosiddetti siculo-toscani ed
infine infine i poeti dell’Italia comunale , quelli della generazione precedente
a Dante.
L’indice occupa tutto il primo fascicolo , il secondo si apre con Giacomo da
Lentini , il terzo con Rinaldo d’Aquino ( altro poeta siciliano ) , il quarto con
testi di livello meno elevato ( si apre con il contrasto attribuito a Cielo
d’Alcamo ) , il quinto con delle rime successive ( come quelle di Re Enzo ) ,
mentre il sesto si apre con Guido Guinizzelli.
I fascicoli successivi sono dedicati prevalentemente a Guittone d’Arezzo e ai
due poeti fiorentini precedenti a Dante più importanti , Chiaro d’Avanzati e
Monte Andrea.
Alla fine della sezione delle canzoni il secondo copista annota , a prova di un
cambiamento di gusto , un testo della ‘’Vita Nuova’’ di Dante: Donne ch’avete
intelletto d’amore.
8. IL REGISTRO UMILE
L’esperienza poetica della Scuola siciliana ebbe una rapida influenza su tutta
la penisola , forse in parallelo con le vicende politiche di Federico II e dei suoi
eredi.
Le dinamiche di passaggio nel continente sono però molto complesse: benché
non si possa escludere la presenza di tradizione poetiche precedenti , è
evidente che nel giro di pochi anni molti rimatori abbiano adottato lo stile e i
generi metrici di Giacomo da Lentini.
I poeti più importanti di questa fase storica sono Bonagiunta Orbicciani da
Lucca , Guittone d’Arezzo e Guido Guinizzelli , il più importante poeta di
bolognese del Medioevo.
Il fascicolo sesto si apre nel Vaticano 3793 proprio con Guinizzelli , a cui
segue direttamente Bonagiunta , che ebbe un ruolo centrale nel processo di
acquisizione del modello siciliano in Toscana.
Al contrario di quanto le vicende personali possano dire , tanto Guinizzelli
( definito da Dante come ‘’padre’’ dello Stilnovo ) quanto Bonagiunta
anticipano alcune innovazioni degli stilnovisti.
Bonagiunta è essenzialmente un poeta d’amore , come si può evincere dalla
prima canzone che di lui riporta il Vaticano 3793 , Quando apar l’aulente fiore.
In essa si espone il contrasto , presente anche in Giacomo da Lentini , tra il
mondo in festa per l’arrivo della Primavera e la sofferenza del poeta per un
amore non corrisposto.
Bonagiunta ha anche il merito di reintrodurre nella lirica in volgare alcuni dei
temi che erano stati messi da parte dai poeti della corte federiciana , come la
politica e la morale.
In ‘’Tant’è l’om da pregiare’’ Bonagiunta elogia la liberalità contro l’avarizia , un
ottimo esempio di poesia civile che anticipa alcuni tratti delle rime dottrinali
di Dante.
Bonagiunta vede la poesia come un insegnamento , per cui egli si rivolge ai
cavalieri ( ‘’milites’’ ) e spiega loro che merita lode chi agisce secondo ragione
( ‘’opra per ragione’’ ).
Deve invece essere disprezzato chi , pur avendone potere e facoltà ( ‘’potensa’’
e ‘’intendensa’’ ) non fa ‘’messione’’ , ovvero non compie atti liberali ; anche
questo testo riprende il mondo trobadorico , in cui c’erano la ‘’misura’’
( l’utilizzo oculato delle proprie risorse ) e la liberalità ( la disponibilità a
condividere con i propri familiari , amici e membri della corte ).
Il testo più famoso di Bonagiunta è però Voi ch’avete mutata la mainera , al
quale Guinizzelli risponde con Omo ch’è saggio non corre leggero , un confronto
tra un stile ancora legato alla Scuola siciliana e uno stile che invece sarà poi
proprio di Dante.
3) LA CENTRALITÀ DI GUITTONE D’AREZZO.
IL LAURENZIANO REDI 9
2. UN POETA ‘’IMPEGNATO’’
Guittone riuscì ad entrare in contatto con alcune delle più importanti casate
nobiliari toscane di parte guelfa , come i conti Guidi.
Dalle poesie di Guittone è possibile ricostruirne la biografia e anche il
continuo interesse per eventi storici e politici di una fase delicata per la città
di Arezzo , nel mezzo delle lotte tra guelfi e ghibellini.
Se i poeti siciliani avevano trattato nelle loro liriche esclusivamente di
argomenti amorosi , Guittone introduce nella poesia italiana anche la
riflessione morale , politica e religiosa (seguendo più fedelmente il modello
trobadorico).
Nel 1259 si trovò in netta opposizione con le decisioni politiche e militari del
suo comune e decise di andare in esilio , posizione che però non gli impedì di
interessarsi agli avvenimenti contemporanei.
Nella sua opera più celebre Ahi lasso, or è stagion de doler tanto Guittone
ricorda la sconfitta dei guelfi fiorentini contro i ghibellini appoggiati da
Manfredi di Svevia nella battaglia di Montaperti (1260).
Come nei sirventesi dei trovatori gli eventi vengono messi in parallelo con la
decadenza di valori universali: la sconfitta di Firenze è un riflesso del declino
della giustizia.
Questo modello è ripreso poi da Dante nella sua poesia sull’esilio ( Tre donne
intorno al cor mi son vedute ) , anche se nel discorso di Guittone non c’è nessun
elemento astratto: Firenze è stata sconfitta perché divisa al suo interno e ha
rinunciato alla propria libertà.
I guelfi cacciati dai ghibellini devono ora accettare di servire l’Imperatore ( ‘’e
poi che li Alamanni in casa avete’’ ) ; fu probabilmente questa posizione politico-
morale che spinse Guittone ad entrare a far parte dei frati Gaudenti.
La canzone Ora parrà , che apre la prima sezione dedicata a Guittone nel Redi
9 , mette in scena la dialettica tra canto d’amore e canto morale e proclama la
scelta di una poesia ispirata a Dio e alla sua saggezza.
Guittone dice di rifuggire la poesia amorosa ( ‘’poi che del tutto Amor fug[g]h’ e
disvoglio’’ ) e nella seconda strofa spiega come chi voglia poetare debba
lasciarsi guidare dalla giustizia.
Per frate Guittone non solo chi ama può essere poeta , un concetto a cui si
oppone nettamente Dante , che crede invece che i poeti volgari possano
cantare solo di argomenti morali ( anche lui però negli anni successivi si
muoverà in una direzione simile a quella di Guittone , introducendo
argomenti morali e politici ).
L’altra metà del corpus di Guittone è invece di argomento amoroso , anche se
dal punto di vista logico queste liriche dovrebbero precedere quelle di
argomento morale-religioso.
Nella sezione amorosa è presente anche il cosiddetto ‘’Manuale del libertino’’ ,
ovvero 24 sonetti che forniscono all’amante istruzioni su come sedurre la
donna amata, secondo il modello dell’Ars Amandi di Ovidio e del ‘’De Amore’’
di Andrea Cappellano.
La sezione più importante è però composta da 86 sonetti che dovevano
comporre un testo unitario , che a differenza del ‘’Canzoniere’’ di Petrarca e
della ‘’Vita nuova’’ di Dante non racconta una storia attraverso una voce
narrante.
Nei sonetti di Guittone compaiono solo il poeta e la donna amata , che parla
in alcuni sonetti in tenzone.
I motivi principali , a riprova dell’influenza di Dante su Guittone , sono gli
stessi della ‘’Vita nuova’’: la donna schermo , la lontananza dell’amata e il
gabbo.
Nel primo sonetto ‘’Amor m’à priso e incarnato tutto’’ Guittone descrive la
propria completa sottomissione ad Amore , una situazione da cui si libererà
solo nella seconda parte della sua vita quando si rivolgerà alla poesia di
argomento morale-religioso.
IL ‘’DOLCE STIL NOVO’’: IL NUOVO CANONE DEL
CHIGIANO L VIII 305
Il canone del manoscritto Chigiano L VIII 305 conta ancora due nomi
rilevanti: Lapo Gianni de’Ricevuti e Guittoncino de’Sinibuldi da Pistoia
( detto Cino ).
Lapo Gianno è notaio e giudice attivo in Toscana , a Bologna e a Venezia tra il
1290 e il 1328 , inoltre è anche rimatore ( ricordato tra gli stilnovisti nel ‘’De
vulgari eloquentia’’ ) per stile e temi molto vicino a Guinizzelli.
Cino da Pistoia , nato da famiglia ricca e nobile (e appartenente al gruppo dei
guelfi neri intorno) al 1270 , è uno dei più importanti giuristi del suo tempo ;
lo stesso Bartolo da Sassoferrato fu suo allievo.
Divenuto giudice nel 1292 , egli viaggerà per la Penisola ( Napoli , Siena,
Perugia ) e si recherà anche in Francia , dove gli verrà comunicato di essere
stato condannato in contumacia all’esilio ; muore nel 1336.
La sua produzione è intrecciata con quella di Dante , con cui intrattiene una
fitta relazione epistolare e a cui dedica numerosi sonetti per consolarlo della
morte di Beatrice.
Alla morte di Dante , che l’aveva elogiato nel ‘’De vulgari eloquentia’’ , scrive
una canzone ( 1321 ) in cui possiamo comprendere quanto già fosse nota la
‘’Commedia’’ alla morte del suo autore.
Nella canzone Cino ribadisce l’appartenenza , sua e dell’Alighieri , alla stessa
corrente stilistica ( ‘’lo stil del nostro ragionare’’ ) e allo stesso tempo lancia
un’invettiva contro Firenze e compie un elogio di Ravenna perché ‘’serba/il
tuo tesoro’’ ovvero le spoglie di Dante ( dove ‘’tuo’’ si rivolge a Firenze , che ha
malamente allontanato il poeta ).
La frattura tra antico e nuovo offerta dal Chigiano non è definitiva , infatti
Guittone e i poeti siciliani avranno ancora peso rilevante nella produzione
del Trecento.
Tuttavia è innegabile che il poeta più importante dopo Dante , Petrarca , sia
stato influenzato soprattutto dai poeti maggiormente presenti nel Chigiano L
VIII 305: Dante ( il ‘’Canzoniere’’ è modellato sulla ‘’Vita nuova’’ dantesca ) ,
Cavalcanti , Cino da Pistoia.
Di fatto chi nel Trecento scrive d’amore e di virtù , deve confrontarsi con una
nuova tradizione , che inizia con i poeti indicati come ‘’stilnovisti’’.
5) LA POESIA COMICO-REALISTA
Anche il senese Cecco Angiolieri ( 1260-di lui non si hanno più notizie dopo
il 1313 ) scrive delle invettive , alcune tra l’altro rivolte a Dante ( tre sonetti tra
il 1290 e il 1300 ) , anche se non sono purtroppo conservate le risposte di
quest’ultimo.
Tra le poche notizie giunteci sulla vita di Cecco , sappiamo che egli partecipò
alle operazioni militari del comune di Siena , tra cui probabilmente la
battaglia di Campaldino (1289) , in cui ebbe modo forse di conoscere proprio
Dante.
Una delle principali novità della poesia di Cecco sta nel fatto che essa ruota
attorno a pochi temi costanti che si richiamano a vicenda , come il lamento
per la povertà e le avversità della fortuna , che a loro volta si ricollegano
all’amore non ricambiato per Becchina , il contrario della donna-angelo , che
mortifica l’amante , lo insulta e talvolta lo malmena.
Su tutto dunque domina la tendenza autobiografica: la malinconia per la
malasorte , l’amore per la crudele Becchina , la forte autoironia , l’esaltazione
goliardica della sregolata vita di taverna ( ‘’Tre cose solamente mi so’ in grado/le
quali posso non ben ben fornire/ciò è la donna , la taverna e ‘l dado/queste mi fanno ‘l
cuor lieto sentire’’ ).
I sonetti per Becchina costituiscono invece un nucleo coerente , incentrato sui
tratti grotteschi e triviali dell’amore nei confronti di questa donna molto
schietta, che respinge brutalmente il corteggiamento del poeta.
‘’Becchin’amor!’’ ‘’Che vuo’, falso tradito?’’….’’Vuo’ pur ch’io muia?’’ ‘’Anzi mi par
mill’anni!’’ , addirittura non vede l’ora che giunga la morte del poeta.
Il codice cortese è qui ben presente , sebbene parodizzato , quindi dobbiamo
supporre che Cecco lo conoscesse bene , visto che la sua opera è una
sostanziale deformazione del linguaggio e dell’immaginario cortese.
All’io nobile e virtuoso della poesia cortese subentra così un io degradato e
antiesemplare.
Si può parlare di vera e propria parodia però , solo con l’opera di Cenne de la
Chitarra , un giullare aretino vissuto a cavallo tra XIII e XIV secolo autore di
una corona che parodizza una corona di Folgore da San Gimignano ( ad ogni
immagine gentile del secondo si oppone un abbassamento caricaturale del
secondo ).
Quello di Cenne è comunque un caso isolato , visto che i modelli più fortunati
sono proprio quelli di Cecco e Rustico , destinati a far da modello a rimatori
trecenteschi come Nicolò de’ Rossi , Franco Sacchetti e Antonio Pucci.
6) LA POESIA ALLEGORICO-DIDATTICA IN AREA
SETTENTRIONALE E IN TOSCANA: DAL CODICE
SAI BANTE AL ‘’TESORETTO’’
Nel Medioevo, accanto alla poesia che parla d’amore profano, esiste una vasta
tradizione di componimenti scritti e cantati che celebrano l’amore divino.
Il Cristianesimo infatti rielabora la tradizione poetica greco-latina in funzione
della celebrazione di Dio , e questo tramite il genere dell’inno.
Il legame tra Cristianesimo e poesia è in realtà molto profondo , infatti la
Bibbia è anche un testo in versi: il libro dei Salmi era considerato un esempio
per la varietà metrica e stilistica delle liriche in esso contenute , senza
dimenticare il Cantico dei Cantici , considerato un’allegoria dell’unione tra
l’uomo ( Cristo ) e la sposa ( la Chiesa ).
La lode di Dio era dunque un’esperienza comune nel Medioevo, ed è naturale
che alle origini delle letteratura italiana sia individuabile anche una fiorente
tradizione di poesia religiosa , i cui autori principali sono San Francesco e
Iacopone da Todi.
1. VOLGARIZZARE E TRADURRE
2. SCRIVERE LETTERE
3. SCRIVERE LA STORIA
Come altri generi , anche la storiografia compie solo molto tardi il passaggio
al volgare ; le più importanti cronache del Duecento infatti sono ancora in
latino.
Le prime esperienze sono la ‘’Cronichetta lucchese’’ o i ‘’Gesta florentinorum’’ ,
che hanno carattere annalistico e si limitano alla registrazione di eventi.
Di più ampio respiro sono l’anonima ‘’Cronica fiorentina’’ (1293) , attribuita
allo pseudo-Brunetto Latini , e la ‘’Sconfitta de Monte Aperto’’.
Uscendo dalla Toscana si trova invece ‘’Lu rebellamentu di Sichilia’’ , una
cronaca dei Vespri Siciliani scritta da un anonimo messinese (1282-1283).
Il primo storico della letteratura italiana è però Dino Compagni (1260-1324) ,
guelfo bianco e priore nel 1301 , che nella ‘’Cronica’’ ( 1310-1312 ) racconta in
prima persona le vicende di cui fu protagonista nei primi anni del Trecento.
4. SCRIVERE LA SCIENZA
Il latino resterà a lungo la lingua della scienza , unica eccezione nel XIII
secolo è l’opera di Restoro d’Arezzo ‘’La composizione del Mondo colle sue
cascioni’’ , un trattato sulla struttura del mondo che si concentra soprattutto
sulla descrizione degli ordinamenti e movimenti del cielo e delle sfere
celesti.
Il manoscritto più antico in cui è contenuta l’opera di Restoro è il Riccardiano
2164 , scritto in volgare aretino.
L’opera si apre con una dichiarazione d’intenti , in cui Restoro proclama
l’eccellenza dell’uomo su tutti gli altri animali: ‘’l’omo è più nobele de tutti li
animali’’.
Benché l’opera di Restoro sia molto distante dall’odierna mentalità scientifica,
la ‘’Composizione’’ è comunque la prima opera della letteratura italiana capace
di divulgare conoscenze scientifiche tratte soprattutto da opere latine , ma
basato anche sull’osservazione diretta della natura.
5. SCRIVERE NOVELLE
Nel Duecento , eccezion fatta per i volgarizzamenti dal francese , non esiste
ancora il romanzo in volgare ; si sviluppa tuttavia una ricca tradizione di
narrativa breve in prosa che trova i suoi modelli nella letteratura mediolatina
e romana.
Il capolavoro di questo tipo di narrativa duecentesca è il ‘’Novellino’’ , una
raccolta di novantanove novelle ( per lo più rielaborate da fonti latine e
galloromanze ) più un prologo.
Gli argomenti del libro sono indicati nel prologo: le azioni nobili (belle
cortesie), risposte argute (be’risposi) e gli atti di generosità (nelle valentie e doni).
Nel ‘’Novellino’’ ci sono molte figure bibliche e vari protagonisti dei romanzi
francesi , ma soprattutto agiscono personaggi storici antichi e modelli , e in
generali uomini nobili per stirpe e valore individuale.
Il mondo dell’opera è molto vario , si passa da Re Salomone a Carlo Magno ,
ma l’immagine che vuole fornire è molto netta: è il mondo della cortesia con
i suoi valori.
Il fine dell’opera è esplicitamente duplice: l’utilità e il piacere di chi desidera
sapere.
Da un lato dunque il ‘’Novellino’’ si attiene al gusto dell’exemplum tipico della
letteratura medievale , secondo il quale una storia deve avere sempre un
significato esemplare , dall’altro vuole dilettare e divertire ( si nota però una
maggiore autonomia della componente narrativa rispetto a quella esemplare).
Il tema della nobiltà è al centro della novella D’una quistione che fu posta ad
uno uomo di corte , giocata sulla distanza tra nobile e giullare.
Il nobile in questione è Marco Lombardo , un personaggio di difficile
identificazione , menzionato in varie fonti medievali come un cortigiano
dotato di alte doti morali e intellettuali.
Questa era anche l’immagine che di lui aveva Dante , che nel XVI canto del
Purgatorio gli fa pronunciare un importante elogio della libertà e della
personalità dell’uomo.
La struttura originaria del ‘’Novellino’’ è complessa: è un testo vulgato ,
composto da novantanove novelle , allestito ad inizio del Trecento e
denominato ‘’Novellino’’ solo nel Cinquecento per influsso del ‘’Decameron’’.
Vi è anche un ‘’Ur-Novellino’’ , probabilmente trasmesso con il titolo di ‘’Libro
di novelle et di bel parlare gientile’’ allestito da un compilatore anonimo di fine
Duecento e contenente sezioni narrative di carattere morale-didascalico.
Il capolavoro della prosa duecentesca è però la ‘’Vita nuova’’ di Dante , la
prima opera originale , che pur fondata sulla conoscenza diretta di testi
classici e mediolatini , raggiunge una totale autonomia rispetto ai modelli.