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TEORIA E PRASSI DELLA

TRADUZIONE
IL CONCETTO

Traduzione  TRANS + DUCERE = “oltre” + “portare” (= “trasportare oltre”, “trasferire”,


“condurre di là”, “far conoscere”)

Anticamente  INTERPRETARE = operazione compiuta sia sulla lingua scritta sia su quella
parlata

Fine della latinità = distinzione dell’interpretazione (orale) dalla traduzione (scritta)

L’ORIGINE DELLA “POLVERIZZAZIONE” DELLE LINGUE


La polverizzazione linguistica degli umani, considerata quasi un enigma, ha spinto in passato
alla ricerca di spiegazioni mitiche (Torre Babele).

Babele ritorna in molti titoli di testi sulla traduzione = condanna alla confusione, prezzo da
pagare per il peccato d’orgoglio degli uomini, nuova cacciata dall’Eden di una lingua unica, di
una comunicazione senza ostacoli.

Riferimento alla dispersione dell’umanità e differenziazione delle lingue: a lungo interpretato


come una punizione divina (anche la traduzione potrebbe essere avvicinata alla blasfemia).

La confusione babelica, interpretata a lungo come una maledizione e condanna alla


incomunicabilità (e implicitamente alla intraducibilità), è stata recentemente oggetto di alcune
riletture in una direzione più ottimistica.

Paul Ricoeur, partendo dalla constatazione che la traduzione esiste, ne fa conseguire che
essa è possibile e aggiunge: «se essa è possibile, ciò avviene in quanto esistono, sotto la
diversità delle lingue, delle strutture nascoste che portano la traccia di una lingua originaria
perduta che bisogna ritrovare».
Antoine Berman non vede nel mito di Babele una sciagura, quanto piuttosto una realtà di fatto,
dalla quale può derivare l’esaltazione delle differenze e «alla dispersione babelica si può
opporre l’ospitalità linguistica»

PERIODI DELLA TRADUZIONE

 Periodo prescientifico: può essere diviso in due fasi: la fase di riflessione sul tradurre, in
Occidente, che va dall’epoca classico-romana (Cicerone) fino ai primi decenni del
Novecento - da inizio Novecento fino agli anni Quaranta del Novecento. Non si può
parlare di studi con una teoria articolata. Le teorie si concentrano solo sulle traduzioni
letterarie o di testi sacri; sono riflessioni nate dall’attività pratica del tradurre
(introduzione, epilogo o parte aggiuntiva delle opere tradotte).

La storia della teoria della traduzione in Occidente va fatta risalire alla classicità latina che per
prima si è rivolta verso le culture e le lingue altrui come fonti di conoscenza  Livio
Andronìco, Plauto, Ennio  Romanizzare il testo (traduzioni etnocentriche), l’originale
diventa solo lo spunto iniziale - esercizio pedagogico e retorico.

 Periodo scientifico vi è una svolta fondamentale. Nella seconda metà del Novecento:
emergono numerosi studi che danno il via alla formazione di una disciplina con un
approccio teorico che si affronta con criteri sempre più consapevoli e rigorosi
o difficoltà: denominazione. Chiamata con nomi diversi a seconda della diversa
impostazione teorica.
o Identificata: inizialmente ‘Scienza della traduzione’, ‘Teorie della traduzione’, e
‘Traduttologia’, si è affermato infine in ambito internazionale il termine
Translation Studies.

ORIGINI – ASIA MINORE, ANTICO EGITTO E GRECIA

III MILLENNIO A.C.  TESTIMONIANZA STORICA PIÙ ANTICA DELL’ATTIVITÀ DEL


TRADURRE  iscrizioni sulle tombe dei Principi dell’Isola di Elefantina (riva ovest del Nilo
nell’Egitto Meridionale)
Egitto (6° dinastia – 2423-2263 a.C.)  origine delle diverse lingue associata a Thot, dio della
magia, patrono degli scribi e dio della scrittura  geroglifici = incisioni sacre

Chi non parlava la lingua d’Egitto = colui che balbetta perché non parla la lingua “civile” 
barbaro

Contatti con lo straniero limitati ai fini pratici del commercio e della guerra  i faraoni si
servivano di figure comparabili agli odierni interpreti (stranieri EGIZIANIZZATI usati come
interpreti  spie, agenti, corrieri, mercenari – chiamati PROTOINTERPRETI – di cui abbiamo
riferimenti in iscrizioni della necropoli egiziana che non recavano alcuna riflessione sulla
traduzione, ma menzionavano i nomi di tre alti funzionari definiti “capo-interpreti”)

SCOPERTA CIVILTÀ SUMERA = mette in luce la discendenza della lingua accadica da quella
sumera

Dopo che i sumeri furono conquistati dai semiti accadici (2335-2279 a.C.)  i professori
sumeri intrapresero la redazione dei più antichi “dizionari” che si conoscano  gli accadici
improntarono la loro scrittura su quella sumera

Esistenza di glossari bilingui sumero accadici che riportavano insieme l’ideogramma sumero,
la trascrizione fonetica in accadico e la sua traduzione accadica (+ sinonimo o definizione) 
PRIME REALI TRADUZIONI NATE IN SENO AD UNA SOCIETÀ BILINGUE

Successivamente il faraone Psammetico I (664-610 a. C.), in controtendenza rispetto al


passato e per una precisa strategia che intendeva ottenere il sostegno militare della Grecia, si
aprì alla lingua dello straniero e «ai mercenari greci che avevano reso possibile la
riunificazione dell’Egitto sotto il suo potere dopo averli sistemati in stanziamenti stabili sul
territorio egiziano, decise di inviare presso di loro alcuni bambini egiziani in modo che questi
potessero imparare la lingua greca e, in seguito, divenire gli interpreti fra i due popoli»
(Erodoto).

ALESSANDRO III conquista l’Egitto  la situazione linguistica muta profondamente in


direzione dell’effettivo bilinguismo  si stringono i legami tra Egitto e Grecia  si iniziano a
tradurre i primi testi  Prima di allora i greci non avevano tradotto mai dei testi, o almeno non
ce ne è giunta testimonianza perché, come succedeva nell’Antico Egitto, consideravano le
altre lingue «barbare» e la propria come l’unica lingua che contenesse tutto ciò che si dovesse
sapere.
Epoca alessandrina = prime traduzioni in greco  Bibbia dei Settanta (Septuaginta)
dall’ebraico  settanta furono i sacerdoti che lavorarono, ognuno da solo, per poi scoprire che
la traduzione era la stessa per tutti e settanta

Sotto la dinastia tolemaica: Stele di Rosetta (la più celebre traduzione dell’antichità – rinvenuta
a Rosetta nel 1799 – due tipi di scrittura diversa (egiziano geroglifico ed egiziano demotico) –
Champollion decifra nel 1822 la scrittura geroglifica) - Storia dell’Egitto scritta dal sacerdote
egiziano Maneton (redatta in greco traducendo fonti autentiche egiziane per Tolomeo I)

TOLOMEO I (320-290 a.C.)  mediazione linguistica orale per fini pratici nei contatti tra
Grecia ed Egitto  figure per le quali Erodoto usa il termine hermeneus (corrispondere
all’interpretes romano)  entrambi i termini usati per indicare una funzione prettamente
commerciale  inter = “in mezzo a” + pretium = “prezzo”, “valore”  gli interpreti erano dei
mediatori linguistici, culturali e commerciali

TRADUZIONE NELL’ANTICA ROMA: DALLA PRATICA ALLA


TEORIA

Diverso orientamento della cultura romana (satellite della cultura greca) nei confronti della
traduzione  processo di apertura e assimilazione delle culture colonizzate  TRADUZIONE
= RUOLO PRIMARIO

Interpretariato con fini politici, militari e commerciali  ma anche traduzione di testi sacri e
opere letterarie  prime riflessione sul tradurre  traduzioni = interesse per la creazione
letteraria e per lo stimolo che la traduzione può dare in questo senso

Primi letterati latini (Livio Andronico, Ennio, Plauto, Terenzio)  traduzione (o imitazione) =
fonte primaria della loro scrittura – natali della letteratura latina – pratica di un tipo di traduzioni
chiamato “etnocentrico”

Prima opera dell’epica latina = Odusia di Livio Andronico  traduzione in versi saturni
dell’Odissea di Omero (III secolo a.C.)

Livio Andronico  primo poeta romano della storia e primo traduttore europeo  schiavo, fu
portato a Roma da Taranto  lavorò sul testo greco di Omero, forse con finalità didattiche,
con un’operazione per alcuni aspetti simile alla traduzione  vertere = approccio rivolto
decisamente al testo e alla lingua d’arrivo)

«Virum mihi Camena insece versutum»

(ita.: «l’eroe astuto a me canta, Camena!»).

resa in latino del celebre incipit omerico

«ándra moi énnepe Móusa polútropon»

Camena (divinità italica delle fonti) al posto di Móusa (figlia di divinità greche)  Nel suo
nome i romani trovavano, forse erroneamente, la stessa radice di carmen, il canto e quindi la
poesia.

Andronico si preoccupa della leggibilità del testo nella cultura di arrivo che, se era abituata ai
carmina convivalia dell’età preletteraria, non aveva ancora prodotto un testo epico in forma
scritta.

Linguaggio  decisamente innovativo per i romani  attinto dai carmina convivalia (i canti
eroici delle gentes romane più illustri), dagli annales pontificum che riportavano gli accadimenti
più importanti di Roma  costretto (come nel caso del titolo) al richiamo diretto dal greco

Opera letta nelle scuole  II millennio a.C. = presenta al lettore romano una mitologia nuova,
avvicinando così il pantheon romano a quello greco

Odusia = prima traduzione artistica della storia romana per il tentativo di riproporre anche lo
stile dell’opera originaria, creando una “poesia latina” e non una “poesia greca in lingua latina”
 romanizzazione del testo, assenza totale di parole greche  resa di espressioni
metaforiche che sa non essere in uso nella lingua latina

Es. «Igitur demum Ulixi cor frixit prae pavore»

«Allora a Ulisse si raggelò il cuore per la paura»

che traduce l’esametro omerico

«kaì tót’Odyssêos lìto goúnata kaì phílon êtor

«Allora si sciolsero a Odisseo le ginocchia e il cuore» (Od. V, 297).


Andronico a volte elimina espressioni contenute nell’originale, a volte amplia il testo fonte,
aggiungendo elementi ripresi da altri passi dell’ Odissea, o addirittura dell’Iliade, attraverso un
processo di “appropriazione a distanza”.

Andronico si dedica anche alla produzione teatrale  per aemulatio (rielaborazione artistica
che comporta una sorta di competizione creativa, esplicita o meno, col modello che è possibile
solo dopo una profonda assimilazione con quest’ultimo) o per imitatio (versione libera che
combina anche più fonti di modelli greci o rimanere legata alla forma o al contenuto di un
singolo modello straniero) riprende i modelli greci (Eschilo, Sofocle, Euripide) e adottano
anche metri di derivazione greca.

ENNIO  mediatore tra le due culture, greca e romana  imita i modelli greci, contribuendo
a diffondere un approccio alla creazione letteraria fondato sull’appropriazione del testo
straniero che, una volta romanizzato, veniva presentato come un originale latino.

Preoccupazione di Ennio diversa da L. Andronico  NON rimanere fedele alla tradizione


romana, quanto piuttosto di rinnovarla  neologismi adottati insieme all’esametro dattilico,
metro di discendenza greca ancora sconosciuto alla letteratura latina.

PLAUTO  ricorre alla tradizione greca per trovare la materia per le proprie opere in latino 
contaminatio = a metà strada tra la traduzione e l’imitazione dell’opera straniera assunta a
modello – viene arricchita con nuove scene o personaggi tratti da altre opere straniere 
creare un’opera originale che riattualizza in un altro contesto culturale l’opera straniera, nel
tentativo di superarla e appropriandosene a fini creativi.

Vertere barbare  definizione del proprio approccio peculiare alla traduzione  vertere =
rimando all’idea di una metamorfosi generata da una forza magica (anche il verbo latino
mutare viene usato talvolta col senso di “tradurre”)
CICERONE  più antica riflessione teorica sul tradurre  Libellus de optimo genere
oratorum, scritto dedicato all’eloquenza oratoria che, pur non trattandosi di un vero e proprio
lavoro teorico sulla traduzione, dal Medioevo al XVIII secolo è stato oggetto di riferimento in
quasi ogni intervento sulla traduzione  46 a.C. = premessa alla traduzione dei Discorsi di
Eschine e Demostene – L’intento di Cicerone è quindi quello di dare vita ad una traduzione
che non rispetti un’equivalenza numerica perfetta, bensì sia in grado di rendere la forza
comunicativa di cui le parole sono dotate. Il suo scopo è al contempo far raggiungere al latino
lo stesso livello supremo di oratoria del Greco.
“[…] ho tradotto da oratore, non già da interprete di un testo, con le espressioni stesse del
pensiero, con gli stessi modi di rendere questo, con un lessico appropriato all’indole della
nostra lingua. In essi non ho creduto di rendere parola per parola, ma ho mantenuto ogni
carattere e ogni efficacia espressiva delle parole stesse. […]”

Duplice funzione del tradurre  arricchisce chi la usa, facendogli conoscere l’opera dello
straniero e soprattutto permettendogli di assimilarne alcuni caratteri – funzione didattica e
divulgativa per i “cultori della materia”

Convertere  per dire di aver tradotto  pone l’attenzione sulla forma del testo d’arrivo che è
conseguenza anche della libertà con la quale lo scrittore-traduttore agisce al fine di rendere
una traduzione “d’autore” con “ogni carattere e ogni efficacia espressiva delle parole stesse”

Le affermazioni ciceroniane sono state anche interpretate come una predilizione per
l’approccio dell’orator piuttosto che per quello dell’interpres, e talvolta anche come una difesa
di entrambi gli approcci.

Convertere = transferre = “trasferire”, “portare al di là”  concezione tipicamente greca e


calcata sul meta-phérein, il “portare al di là”

Cicerone NON promuove una traduzione libera ma dice che lui ha reso i testi greci in latino
come un oratore, in antitesi al modo in cui avrebbe lavorato un traduttore  fornire un’idea di
stile e di eloquenza praticato dai greci  contraddizione  non si può dare un’idea di stile
latinizzando il testo greco e veicolando un testo originario “con le espressione stesse del
pensiero” però “con un lessico appropriato all’indole della nostra lingua”

Posizioni ciceroniane  riprese da Quintiliano e Orazio  ribadimento dell’importanza di


essere fedeli ai contenuti piuttosto che ad una traduzione letterale  traduzione riferita anche
a quella intralinguistica (dal latino al latino) = esercizio creativo per perfezionare abilità =
leggere un’opera del passato, riscriverla imitandola e appropriandosene entrando in
competizione con l’originale per migliorarla.

QUINTILIANO  Institutio Oratoria (96 d.C. ca.)  importanza per l’oratore di una
formazione bilingue, utilità della conversio dei latini  parafrasi non deve essere una semplice
interpretazione, ma una gara e una forma di emulazione attorno ai medesimi significati.

ORAZIO  propone lo stesso tipo di traduzione utilitaristica (esercizio praticato per


perfezionare lo stile)  esortazione a non rendere l’originale parola per parola ( fidus intepres)
= introduzione per la prima volta nella storia della traduzione letteraria l’immagine del
traduttore “fedele” al quale suggerisce di non somigliare affinché la materia comune diventi
propria  tratta la traduzione come risorsa della creazione in proprio svolta sui testi antichi e
non necessariamente stranieri  riflessioni estremamente importanti fino a tutto il Medioevo,
maggiormente durante il Rinascimento  trasferiranno un’idea di traduzione come
appropriazione e come mezzo per perfezionare la lingua = traduzione quindi intesa come
trasferimento di contenuti e forme tra tradizioni letterarie diverse

DALLA TORAH ALLA VETUS LATINA: CENNI SULLE PRIME


TRADUZIONI DELLA BIBBIA

La storia della Bibbia è legata alle traduzioni che nel corso dei millenni hanno comportato
importanti cambiamenti relativamente a fede e pratiche religiose, risultando fondamententali
anche nella transizione tra culture (semitica  ellenica  latina)

Bibbia (lat. Biblia derivato dal greco biblion, ovvero «i Libri») = Antico e del Nuovo Testamento
 originariamente tradizione orale del popolo giudaico (Vecchio Testamento), poi scritti su
rotoli e organizzati in tre gruppi  Torah (primi cinque libri della tradizione – Pentateuco
cattolico) – Nebiim (Profeti) – Ketubim (altri scritti)

TORAH  rivelata direttamente in ebraico da Dio a Mosè  tradotta per la prima volta in
greco nella versione conosciuta come Septuaginta, la Bibbia dei Settanta  inizio della storia
della traduzione (secondo Lefevere – ritiene anche che alla leggenda della Septuaginta sono
da ricondurre le principali categorie della storia della traduzione: autorità (persona o istituzione
che promuove la traduzione del testo che deve essere tradotto e dell’autore) – competenza –
responsabilità del traduttore – fiducia nei suoi confronti – immagine che dalla traduzione deriva
del testo tradotto, del suo autore e della sua cultura  per volere del sovrano egiziano
Tolomeo il Filadelfo (308-280 a.C.)  leggenda vuole che fu tradotta da settanta saggi.
Inizialmente si ritenne che la traduzione fu il risultato di un lavoro collettivo ma per una
leggenda successiva si ritenne che i settanta traduttori lavorarono individualmente senza
possibilità di comunicare tra loro, producendo però alla fine delle traduzioni identiche, a riprova
dell’ispirazione divina che aveva guidato l’operazione.

DUPLICE EFFETTO  1. Traduzioni ritenute a lungo ispirate dal divino, quasi come una
rivelazione; 2. Avvio di una pratica traduttoria della Bibbia caratterizzata da lavori collettivi 
responsabilità condivisa = protezione del singolo traduttore dalla condanna.
Fondo di verità  Pentateuco tradotto in greco ad Alessandria durante il III secolo a.C. 
incontro alle necessità della comunità ebraica che viveva ad Alessandria e in Egitto (comunità
vicina a cultura greca - traduzione delle Sacre Scritture = diffondere ebraismo)  traduzione
dal 275 al 100 a.C.  traduttori di periodi e competenze linguistiche diverse = stili e approcci
diversi all’originale  Septuaginta = testo dal quale fu a lungo tradotto il Vecchio Testamento

II SECOLO A.C.  NUOVA TRADUZIONE IN GRECO = BIBBIA DI AQUILA per differenziarla


anche dalla Septuaginta che, avendo suscitato l’interesse dei primi cristiani, iniziava ad essere
guardata con sospetto dai rabbini.

Comunità cristiana = traduzione (Vecchio Testamento) e i libri in greco del Nuovo Testamento
 traduzione in siriaco della Bibbia e traduzioni in latino che vanno sotto il nome collettivo di
Vetus Latina, per le quali si ipotizza un lavoro collettivo partendo sempre dalla fonte greca 
inizio della lunga serie di traduzioni della Bibbia = testo più diffuso della storia, veicolo di
diffusione della cristianità.

PADRI A CONFRONTO: SAN GIROLAMO, SANT’AGOSTINO E


LA TRADUZIONE

GIROLAMO (347-420 d.C. ca.) – PATRONO DEI TRADUTTORI = TRADUZIONE DELLA


BIBBIA DAL GRECO E DALL’EBRAICO IN LATINO = VULGATA
 Nato in Illiria da genitori cristiani, raggiunse Roma per studiare.
 Decise di seguire l’esempio di alcuni anacoreuti egiziani e una volta rientrato a Roma,
prese i voti
 Dopo un periodo passato in una comunità di asceti, partì verso l’Oriente dove passò
due anni nel deserto prima di spostarsi a Costantinopoli. In quegli anni intraprese lo
studio dell’ebraico e del greco.
 Nel 382 diventa il segretario, interprete e consigliere spirituale di Papa Damaso I, che
gli commissiona la traduzione della Bibbia.
 Girolamo iniziò dalla traduzione del Nuovo Testamento e dei Salmi in greco.
 Alla morte di Papa Damaso I Girolamo, che non fu scelto come suo successore, fu
costretto da alcuni contrasti con la curia romana ad allontanarsi e a raggiungere
Betlemme dove proseguì la sua traduzione.
 Dopo aver fatto una traduzione del Vecchio Testamento dal greco (una sorta di
revisione della Vetus Latina) decise di ritradurlo partendo dall’originale ebraico,
ritenendo la Septuaginta imprecisa e scritta in una lingua greca non convincente 
Girolamo si spinge oltre  definisce la leggenda della Septuaginta una menzogna 
“una cosa infatti è esser profeta, un’altra essere traduttore”  quando Girolamo
renderà pubblica la sua traduzione = accoglienza non sempre favorevole

405 d.C.  Agostino scrive a Girolamo  critica la sua traduzione delle Sacre Scritture – utile
soltanto dove mostrava le discrepanze tra versione originale ebraica e la versione greca dei
Settanta  scambio epistolare tra Agostino e Girolamo in cui i due si confrontano anche su
alcuni brani tradotti in cui Agostino esprime la sua perplessità nel presentare ai fedeli qualcosa
di nuovo e talvolta distante dalla Septuaginta, accettata dagli apostoli e che i fedeli sentono
vicina

Agostino  convinto della natura divina della traduzione  Agostino ripropone il racconto
della Septuaginta nella quale, benché i Settanta sedessero separati uno dall’altro «il
consensus fra le parole usate dai singoli traduttori fu così meraviglioso, stupefacente e
chiaramente divino [...] davvero un solo spirito era in tutti».  critico nei confronti della
traduzione latina di Girolamo dei testi in ebraico  «nessun traduttore possa essere
anteposto all’autorità di tanti uomini [...]. Infatti, anche se in loro non si fosse rivelato un unico
spirito sicuramente divino, ma i Settanta si fossero limitati a confrontare fra loro le parole che
avevano usato nelle singole traduzioni [...] non si dovrebbe mai anteporre a loro un unico
traduttore»  discrepanze tra versione ebraica e Septuaginta = “profondo significato
profetico” piuttosto che errore dei Settanta = discordanza tra i traduttori di origine divina  ciò
che sembra errore in realtà è ispirazione divina, inspiegabile dall’uomo

LETTERA A PAMMACCHIO = DE OPTIMO GENERE INTERPRETANDI  Girolamo si


difende dalle accuse per una sua traduzione DAL greco di una lettera che il vescovo di
Costanza aveva precedentemente scritto al vescovo di Gerusalemme  un monaco del
monastero gli chiese di tradurla  in fretta e furia, sotto dettatura ad uno scrivano, per uso
privato  rubata e messa in circolazione, vengono messe in dubbio le abilità di Girolamo nel
tradurre  ricorda il De optimo genere oratorum di Cicerone (lo definisce suo “maestro”) 
«nelle mie traduzioni dal greco in latino, eccezion fatta per i libri sacri, dove anche l’ordine
delle parole racchiude un mistero, non miro a rendere parola per parola, ma a riprodurre
integralmente il senso dell’originale (non verbum de verbo, sed sensum exprimere de sensu).
E di questo mio metodo ho a maestro Cicerone. […] Anche Orazio nella sua Arte Poetica dà
questi precetti ad un traduttore erudito: “Non ti sforzerai di rendere fedelmente parola per
parola il tuo testo”»  tradurre curando la lingua di arrivo, se no testo risulta illeggibile!

IMPORTANTE  distinzione netta fra pratiche diverse del tradurre in funzione alla tipologia di
testo  Sacre Scritture = metodo diverso in quanto anche l’ordine delle parole è portatore di
verità  Testi non sacri = esempio di Cicerone e del suo De optimo genere oratorum  “È
assai difficile, quando si segue il pensiero di un autore, non allontanarsene mai: è arduo
conservare nella traduzione tutta l’eleganza e la bellezza dell’originale […] Se traduco alla
lettera, genero delle assurdità, se, costretto dalla necessità, altero in qualche cosa l’ordine e lo
stile, mi si dirà che manco al mio dovere d’interprete.”

Queste osservazioni di Girolamo, insieme ai suoi precetti in merito alla traduzione delle
Scripturae Sanctae, ispireranno la pratica della traduzione nei secoli successivi al periodo
antico di cui Girolamo, nel campo della traduzione, fu l’ultimo grande rappresentante.
L’impresa di Girolamo si pone come modello oltre che tra due culture anche tra due epoche,
contribuendo ad avviare il processo di trasformazione che caratterizza la storia del continente
Europeo a partire dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente.

IL MEDIOEVO. LA TRADUZIONE COME TRASMISSIONE DEL


SAPERE
Idea diffusa che durante il Medioevo si tradusse meno e solo Sacre Scritture  non
condivisibile

Ruolo fondamentale della traduzione in questo periodo:

 Nella trasmissione dei saperi e nella genesi delle lingue neolatine e dei volgari
d’Europa
 Nella nascita delle letterature e di alcuni alfabeti (gotico, cirillico, armeno)
 Nella nuova definizione del ruolo del traduttore e della funzione delle traduzioni intese
non più esclusivamente come esercizio retorico
 Nella nascita delle “scuola” di traduzione
 Nel processo di cristianizzazione delle popolazioni pagane (“cristianizzare = tradurre”)
 Nell’incontro tra civiltà ebraica, araba e cristiana attraverso la traduzione di testi
dall’arabo al latino o verso il volgare

Non possiamo indicare una tendenza comune di traduzione  limitante  rischio di


accomunare sotto un unico orientamento la molteplicità di approcci alla traduzione che
caratterizzò questo periodo (date di inizio e fine non definite con esattezza)  periodo storico
che va dalla Vulgata di Girolamo, che chiude l’epoca Antica, alla traduzione della Bibbia di
Lutero

Medioevo  diversi approcci alla traduzione la cui fedeltà o meno al testo di partenza varia di
volta in volta anche in base al rapporto del traduttore coi centri del potere  traduttori
lavorano sotto l’egida della Chiesa = diffondere il messaggio delle Scritture = promuovere le
traduzioni con un veto nei confronti di quanto non ne rispecchia l’ortodossia = si traduce
VERSO il latino, con una resa quanto più letterale possibile  traduttori vicini ai patroni laici
(monarchi del continente) = traduzione ha ruolo di rilievo nella trasmissione delle idee = si
traduce VERSO I VERNACOLI delle diverse regioni d’Europa

Ruolo della ricezione dell’opera tradotta rispetto alla forma della traduzione stessa 
accentuandosi la differenziazione culturale dei fruitori delle traduzioni, il traduttore opera nel
Medioevo scelte che sono anche modulate sul lettore nella lingua di arrivo.

Anche se non si può parlare di un pubblico di lettori di massa, la traduzione potrà essere letta
in ambito ecclesiastico o da lettori che conoscono solo il proprio volgare. Non è raro trovare
traduzioni che fanno sfoggio del sapere del traduttore attraverso il ricorso a traslitterazioni
talvolta incomprensibili mentre, nel caso in cui l’opera tradotta sia rivolta ad un numero più
vasto di lettori che non conoscono il latino, il traduttore ricorre ad un vernacolo il più
comprensibile possibile  chiarezza espressiva
Chi traduce verso un volgare non è considerato allo stesso livello (almeno nell’Alto Medioevo)
allo stesso livello di chi traduce per un lettore più colto che conosce il latino  il vernacolo
rappresenta per il traduttore un limite nel rendere concetti espressi in lingue più evolute 
difficoltà nel tradurre la ricchezza lessicale e semantica della lingua latina con la povertà
peculiare del volgare  maggiore sforzo sulla lingua e sullo stile, maggiore formazione
culturale rispetto a chi traduce verso il latino  Per questi traduttori si parla di «patriottismo»
perché operarono spesso sotto lo stimolo dei propri sovrani che, in nome del rafforzamento
dell’identità linguistica dei propri popoli, attuarono politiche culturali molto interessate alle
traduzioni (Alfredo in Inghilterra, Carlo V in Francia, Alfonso X in Spagna)

Difficoltà = reperire i testi originali  limitazione nella scelta del materiale da tradurre, non
secondo le inclinazioni personali del traduttore  lasciare il proprio Paese per cercare i testi-
fonte su cui lavorare  Es. alla ricerca dell’Almagesto di Tolomeo giungono in Spagna il
traduttore slavo Ermanno di Carinzia (il Dalmata) e il suo amico Roberto di Kent, l’italiano
Gerardo di Cremona e Michele Scoto dalla Scozia, insieme ad Abelardo di Bath dall’Inghilterra

Periodo delle prefazioni  il traduttore informa il lettore in merito al proprio metodo 


osservazioni riferite soltanto alla traduzione in questione, raramente riflettono sulla traduzione
in generale

“SCRIVERE SULL’ACQUA”: TRADUZIONI E NASCITA DI NUOVI


ALFABETI E LETTERATURE

Durante il Medioevo  traduzioni di carattere filosofico, trattati di medicina, matematica e


astronomia  conoscenza della cultura greca ma anche quella araba

Attenzione alle traduzioni di testi religiosi aumenta  influenza maggiore nella formazione di
alcuni nuovi alfabeti, nell’evoluzione di certe lingue nazionali e di qualche letteratura scritta 
importanza fondamentale nella catechizzazione di gran parte delle popolazioni pagane del
continente  Gli esiti interessano però ambiti più ampi rispetto a quello prettamente religioso:

- contribuiscono alla nascita di alfabeti

- nel caso di culture che hanno già un alfabeto, concorrono alla formazione delle
letterature nazionali (inglese, tedesca, armena)

ULFILA (311-384 d.C. circa)  necessità di inventare un alfabeto per evangelizzare le


popolazioni di origine gotica, in quanto la loro lingua è ancora esclusivamente orale 
invenzione dell’alfabeto gotico (ventisei lettere)  caratteri del greco e del latino per
trascrivere i suoni del gotico  traduzione della Bibbia dal testo greco mantenendo lo stesso
ordine delle parole e la stessa sintassi dell’originale  primo testo letterario scritto in un
dialetto germanico

IV SECOLO d.C.  MESROP MASHTOTS (monaco e teologo armeno)  crea l’alfabeto


armeno  parlava greco, siriano e persiano = Sacre Scritture in queste lingue rendevano
difficile la predicazione e la liturgia  traduzione della Bibbia in armeno dai testi greci 
viene attuato un piano di acculturamento moderno nell’approccio  venne promossa
l’alfabetizzazione delle diverse stirpi armene attraverso la creazione di scuole pubbliche,
contribuendo così a rafforzare un’identità comune armena  maggiori traduzioni di opere
straniere di diverso genere, incentivazione della scrittura di opere originali in lingua armena 
origine della letteratura armena

NECESSITÀ DI TRADURRE LE SACRE SCRITTURE PER LE GENTI SLAVE  imperatore


Michele III (836-867) = inizio del processo di evangelizzazione nella regione della Moravia  i
vescovi Franchi non parlavano alcuna lingua diversa dal latino  CIRILLO E METODIO
dovevano compiere l’impresa in lingua slava  Cirillo accetta solo “se, però, hanno le lettere
(dell’alfabeto) per la loro lingua”  risposta negativa – frase celebre “Capisco, ma chi può
scrivere le sue parole sull’acqua? Oppure ci si deve procurare il nome di eretico?”  ottenere
la protezione dell’imperatore  creazione del più antico alfabeto slavo, il glacolitico 
traduzione dei Vangeli

SCUOLE, CIRCOLI E COLLÈGES: BAGHDAD, TOLEDO,


SALERNO E I CENTRI DI TRADUZIONE

Europa medievale  incontro con la cultura araba  ripercussioni nell’ambito delle traduzioni
 affermazione e genesi della cultura islamica

Cultura musulmana  VII secolo  traduzione di documenti ufficiali dell’amministrazione 


IX secolo  attività traduttoria di testi scientifici e filosofici della cultura classica greca 
molto spesso direttamente dal greco, ma a volte anche da traduzioni in siriaco, persiano e
sanscrito

IX e X secolo  traduzioni = assimilazione della cultura greca  opere di Platone, Aristotele


e soprattutto l’opera di Galeno, di Ippocrate e l’ Almagesto di Tolomeo
Biblioteche pubbliche e private  ruolo fondamentale nella genesi della cultura islamica 
“Casa della Sapienza” a Baghdad  in seguito definita “Scuola di Baghdad”  Hubayn Ibn
ishaq, lo “sceicco dei traduttori”  tradusse il maggior numero di trattati medici e scientifici –
medico del califfo – conosceva greco, arabo, persiano e il siriaco – approccio alla traduzione =
modello per le successive generazioni = rispettare la lingua di arrivo (difficile visto che
mancavano gli equivalenti di alcuni termini scientifici nella lingua araba)  maggiore
accessibilità delle traduzioni fatte da specialisti = parafrasi con commenti e spiegazioni di
nuove idee  stimolo per produzione di opere originali in arabo

Approccio della Scuola di Baghdad = traduttori ebrei della Spagna islamica  Mosè
Maimonide (1138-1204)  scrisse numerosi trattati medici in arabo  riprende l’approccio
della Scuola di Toledo, ma anche di Cicerone e Girolamo  “Chi vuole tradurre da una lingua
all’altra e si propone di rendere sempre una data parola unicamente con una parola che le
corrisponda, durerà molta fatica e darà una traduzione incerta e confusa. Questo metodo non
è giusto: il traduttore, invece, deve anzitutto chiarire lo svolgersi del pensiero, quindi esporlo e
riferirlo in modo che lo stesso pensiero divenga chiaro e comprensibile nell’altra lingua ”
Eredità della cultura araba in Occidente  Spagna e Sud Italia  punti di contatto tra mondo
musulmano e Europa

XI secolo  fiorente pratica traduttoria nelle città della penisola iberica – max sviluppo dal XII
al XIII secolo  visione idealizzata delle traduzioni e dei traduttori che operarono
principalmente in quei due secoli e nella maggior parte dei casi a Toledo –credenza
dell’esistenza di una vera scuola di traduzione, denominata “Scuola di Toledo” anche se è
certo la città spagnola rappresentò il più rilevante centro di traduzioni specialistiche del
medioevo, un «vero e proprio centro interlinguistico»  Questa “etichetta” non solo “non
rende giustizia alla profonda portata culturale di questo straordinario movimento di traduzione,
ma ha anche dato origine alla leggenda secondo cui sarebbe esistita fisicamente un’istituzione
a Toledo, in cui i traduttori volgevano i testi dall’arabo in latino e insegnavano regolarmente ad
alcuni studenti” (Pergola)  idea non supportata da nessun documento

Altri centri  Tarazona (comunità ebraiche, musulmane e cristiane) – Barcellona (tra il 1133 e
il 1145 il matematico e astronomo Platone di Tivoli tradusse in latino alcuni trattati arabi ed
ebraici, tra cui un trattato di geometria greco-araba, tradotto dall’ebraico al latino tramite un
volgare spagnolo – uno dei primi trattati attraverso i quali la matematica greco-araba è arrivata
all’Occidente cristiano – peculiare tecnica di traduzione collaborativa insieme ad un altro
matematico-traduttore  diffusione di una prassi che, nella penisola iberica del XII secolo,
caratterizzerà l’opera di altri traduttori  imprecisioni  “L’avventuroso studioso europeo che
prendeva la via della Spagna e arrivava a Toledo era completamente ignaro della lingua araba
e prendeva i primi contatti con qualche membro del clero cristiano indigeno (mozarabo), che
naturalmente parlava il volgare romanico, conosceva più o meno bene l’arabo, ma non aveva
nessuna preparazione scientifica che potesse renderlo atto a comprendere le grandi opere
islamiche. I due assieme ricorrevano ad uno studioso ebreo: questo ignora il latino, ma sa
bene l’arabo e il volgare ed è uomo di cultura scientifica e filosofica. È lui che traduce frase per
frase il testo arabo in volgare; il mozarabo dal volgare lo rende in latino, naturalmente con tutta
la difficoltà della sua preparazione scientifica, della sua imperfetta conoscenza della lingua e
della differenza di pronuncia col latino che parla lo studioso occidentale; questo infine cerca di
dare una forma letteraria al testo che gli viene trasmesso col doppio veicolo del mozarabo e
dell’ebreo. Si comprende quindi, attraverso un procedimento così travagliato, l’imperfezione di
quelle traduzioni latine che sono giunte sino a noi” (M. da Villard)

Toledo = più importante centro di traduzioni di tutto l’Occidente dall’arabo verso il latino (XII
secolo) e poi verso il vernacolo spagnolo (XIII secolo) – traduttori di diversa origine, si
spostarono in altre città spagnole = ricerca di testi e desiderio di conoscenza

GERARDO DI CREMONA  Toledo, 1157 – desiderio di trovare l’ Almagesto tolemaico in


versione araba (non era a conoscenza del manoscritto greco) – più produttivo traduttore
dell’epoca, tradusse dall’arabo opere di astrologia, algebra, geometria, aritmetica, filosofia e
medicina oltre al trattato astronomico di Tolomeo) – collaborazione di un gruppo di discepoli
che avevano sposato la sua stessa causa = “socii”

COSTANTINO L’AFRICANO  già dall’XI secolo – traduzioni = testi di riferimento per la


scuola medica salernitana nel XII secolo – origini arabe – viaggi dal Cairo all’India all’Etiopia –
si stanzia nel centro di medicina pratica di Salerno e poi a Cassino – traduce opere di carattere
scientifico = ampliamento del corpus medico sino ad allora conosciuto in latino  approccio =
criticato per l’abitudine di “appropriarsi” del testo tradotto riassumendolo, parafrasandolo e a
volte omettendo parti dell’originale – criticata anche la tendenza a nascondere la fonte araba di
alcune opere proponendole come proprie

SICILIA  cultura araba ancora molto presente  Federico II accolse a corte intellettuali
dall’oriente e filosofi e studiosi di provenienza e interessi molto distanti tra loro (Michele Scoto)
VERSO LA RIFORMA DELLA TRADUZIONE: TRADURRE LE
SCRITTURE DURANTE IL BASSO MEDIOEVO

Medioevo  cristianesimo = religione del libro tradotto alla base dell’evangelizzazione e della
diffusione della parola di Dio

Traduzione della Bibbia dal VII al XVI secolo verso il latino e verso i volgari d’Europa =
importanza fondamentale anche nell’abito delle riflessioni teoriche scaturite

 Atto di trasgressione = percepita maggiormente se Bibbia è tradotta in una lingua che


volgarizza la lingua latina della Vulgata (considerata la Bibbia originale – rischio di
essere accusati di eresia)
Traduzione di testi sacri nel Medioevo = DUPLICE PERCORSO  1. Traduzioni in volgare 2.
Traduzioni in latino = nuovi rapporti tra forma, contenuto e ricezione della Bibbia  cambia la
ricezione dell’opera tradotta  conseguenza = necessità di tradurre nei volgari d’Europa 
chi legge i testi religiosi non è più un uomo colto del clero = fruitori sono anche laici e ordini
monastici femminili che non sempre hanno una buona conoscenza del latino  diffusione di
traduzioni dal latino verso il volgare e parallelamente traduzioni VERSO il latino di opere
originariamente scritte in volgare (lette oltre i confini nazionali)

Traduzione testi religiosi = inni liturgici o per insegnamento religioso – spesso traduzioni “a
memoria” senza manoscritto per ricostruire brani della Bibbia (citazioni bibliche contenute nella
liturgia come fonte) o combinazioni di diverse versioni dall’originale latino aggiungendo glosse
e spiegazioni

Periodo delle “Bibbie istoriate” = traduzione (adattamento) + immagini = “Bibbie dei poveri”

FRANCIA  circolazione di “racconti” biblici in versi  spazio all’aspetto narrativo del fatto
biblico + traduzioni “eretiche” + traduzioni parziali in prosa  Bibbia del XIII secolo o Bible
Historiale (des Moulins – tradotta in francese sotto forma di storia santa – prime traduzioni in
prosa francese della Bibbia – riprende la Vulgata di Girolamo)

ITALIA  lontani dalla formazione di uno Stato nazionale (a differenza da altre zone europee)
– questione linguistica diversa da UK, FRA e SPA – traduzione = NON meno importante =
ruolo trainante della cultura del tempo  XI secolo = pratica della traduzione di opere
scientifiche (da Lazio e Campania fino in Spagna, in Sicilia e a Costantinopoli – traduzioni in
latino = traduzioni in volgare ostacolate dalla Chiesa = solo traduzioni parziali di alcuni libri
della Bibbia (nate da divario tra conoscenza latino e persone che volevano leggere la Bibbia
nella propria lingua volgare)

Malgrado le proibizioni e i numerosi provvedimenti della chiesa nei confronti dei libri messi
all’indice, le prime traduzioni in italiano antico iniziarono a circolare tra il Veneto e la Toscana a
partire dal XIII secolo, dove i diversi tentativi di volgarizzare le Sacre Scritture nelle lingue
locali si moltiplicano  svolta = strategia politica della Chiesa per soddisfare un’esigenza di
massa

Traduzioni in volgare della Bibbia = non viste di buon occhio dalla Chiesa  Concilio di
Tarragona (1229) = rogo per tutte le traduzioni in volgare – stesso atteggiamento fino al XVI
secolo – dopo Concilio di Trento e Index librorum prohibitorum (1654) = niente traduzioni in
volgare per due secoli

TRADURRE IL SACRO NEL MEDIOEVO: JAN HUS (1372-1415


CA.) – JOHN WYCLIF – JOHN PURVEY

EUROPA = traduzioni della Bibbia in vernacolo = presa di distanza dalla centralità della
Chiesa Romana (corrotta)  BOEMIA = JAN HUS = primo riformatore cristiano della storia 
1405 = commenti in ceco alla Bibbia – condannato a morte perché non abiurò, arso vivo nel
1415

Al pensiero riformatore di Jan Hus contribuirono sicuramente anche l’opera del teologo
britannico JOHN WYCLIF (1320-1384 circa) portata a Praga e che Jan Hus aveva ricevuto dal
suo intimo collaboratore Gerolamo di Praga, in seguito condannato anch’egli al rogo.

WYCLIF  prima traduzione in inglese della Bibbia (Vulgata latina) – principale versione
medievale della Bibbia in inglese – opera principalmente di JOHN PURVEY e di NICHOLAS DI
HEREFORD  DE OFFICIO PASTORALI (1379)  difesa della traduzione in volgare della
Bibbia contro le accuse dei frati che criticano le traduzioni in volgare delle Sacre Scritture  “I
frati e i loro sostenitori dicono che è eresia scrivere la legge di Dio in inglese e divulgarla tra gli
ignoranti.. Ma prima di tutto sembra che il significato della legge di Dio dovrebbe essere
insegnato nella lingua più conosciuta, poiché questo è l'intendimento della legge di Dio.... Così
Cristo e i suoi apostoli insegnavano al popolo nella lingua più conosciuta da questi. Perché ora
gli uomini non dovrebbero agire allo stesso modo?”  si pone sulla scia dei precedenti
traduttori in volgare, ma anche in latino dei quali non critica l’opera, ma anzi, la usa come fonte
per la sua Bibbia inglese – traduce la Bibbia di Girolamo per l’uso della traduzione latina fatta
dalla Chiesa per il controllo dei fedeli – opera posta in una prospettiva di work in progress =
corretto successivamente per mano di altri  chiarezza espressiva tipica delle traduzioni delle
opere sacre in volgare = NON raggiunta  approccio troppo preoccupato alla resa fedele
dell’originale – illeggibile per frequente ricorso ai latinismi

PURVEY  revisionò nel 1382 la traduzione di Wyclif e di Nicholas di Hereford  renderla


più accessibile e comprensibile = quella di partenza troppo fedele all’originale, a volte
incomprensibile – alla prima edizione di Wyclif ne seguì una seconda, curata da Purvey, più
apprezzabile per la scorrevolezza della forma – prologo = trattato di traduzione sul miglior
modo di tradure le Scritture dal latino all’inglese  tradurre solo dopo aver letto la frase, e non
dopo la parola così che la frase sia più “piena e aperta” possibile – intento di rendere le parole,
se necessario, più vere e più aperte di quanto lo siano in latino = non riconosciuta la piena
autorevolezza della lingua fonte (Vulgata)  riconosciuto come eretico, arrestato e
condannato al rogo

SCRITTORI, TRADUTTORI E VOLGARIZZATORI TRA


MEDIOEVO E UMANESIMO
XII secolo  diffusione di traduzioni nei vari volgari italiani

In Europa  traduzioni verso i volgari = legate a istituzioni (religiose e laiche) ≠ In Italia 


traduzioni verso i volgari = legate ai “notari”, banchieri, mercanti = traduzioni anonime e in
prosa, a volte incompiute  gli stessi lettori si trasformano in scrittori = processo di
volgarizzamento

Diffusione delle traduzioni = conseguenza del contesto socio-culturale dell’Italia  notari =


mediatori culturali = traducono la legge scritta in latino per il popolo che parla volgare 
predicatori = volgarizzamento delle scritture per diffondere il loro messaggio

Volgarizzamento della letteratura latina = NON importare qualcosa di straniero, MA


cambiamento di registro e di classe sociale che riceve un determinato testo  clero verso la
corte oppure da una classe più colta ad una che non conosce il latino = trasferimento
linguistico nell’ambito della stessa cultura = NON traduzioni BENSÌ transposition intralinguale
da lingua della cultura a lingua della diffusione

Trasposizione dal latino al volgare = comporta un inevitabile tradimento  non primaria la


correttezza, bensì la trasmissione dei contenuti  educazione del popolo meno istruito con la
loro lingua  volgarizzamento = pratica “addomesticante” = adattamento alla cultura di arrivo
Scrittore = traduttore  traduzione = attività fondamentale per esercizio retorico o per
assimilazione caratteri opera straniera  riferimento all’Antichità latina (Cicerone)  attuata
nelle diverse letterature europee che nel XIII secolo iniziano ad assumere una nuova
fisionomia grazie soprattutto alle traduzioni

Non esiste una definizione generale della traduzione  diverse strategie a seconda del testo
di partenza, alla sua ricezione

BRUNETTO LATINI  volgarizza tre orazioni di Cicerone e scrive il Tesoretto, poema


didascalico-allegorico in volgare fiorentino precursore della Divina Commedia

JACOPO DA LENTINI  capofila della Scuola Poetica Siciliana, primo poeta-traduttore della
letteratura italiana e primo nostro poeta  inventore del sonetto  opera = riflesso del
disegno culturale del re Federico II = produzione di poesia in volgare e laica di ispirazione
amorosa = riferimenti ai poeti della tradizione francese – ripresi e adattati nelle strutture
metriche del siciliano illustre

MADONNA DIR VO VOGLIO  apertura del canzoniere Vaticano lat. 3953 = traduzione di A
voa, midontç del trovatore Folchetto di Marsiglia  importante perché apre il canzoniere,
emblematica in rapporto ai testi successivi – porre tutta la raccolta sotto la prospettiva di una
discendenza della poesia in volgare dei trovatori  dal francese, Jacopo da Lentini costruisce
frasi più brevi, aggiunge, cambia e sposta lo schema ritmico per comporre dei versi che
saranno di riferimento per tutta la poesia duecentesca  eco di questa canzone in molte altre
opere = Donne ch’avete intelletto d’amore di Dante e Donna me prega perch’io voglio dire di
Cavalcanti = ripresa dei tre lessemi portanti “(ma)donna” “dire” “amore”  importante lavoro di
J. Da Lentini = magistrale esempio di traduzione poetica + inizio di una “moda”  da lì, molti
scrittori della Scuola Siciliana si cimentarono nella traduzione poetica dal provenzale

DANTE e rapporto con traduzione = riflessioni sulla traduzione della poesia nel Convivio –
Commedia presa come esempio di opera che non può essere scritta e/o tradotta in
nessun’altra lingua  interesse per la traduzione è vastissimo In merito all’intraducibilità
della poesia Dante si esprime nel Convivio in questi termini:

«E però sappia ciascuno che nulla cosa per legame musaico armonizzata si può della sua
loquela in altra transmutare sanza rompere tutta sua dolcezza ed armonia».

Il poeta afferma che non si può tradurre poesia, non perché non si possa trasferire una poesia
da una lingua all’altra, ma perché traducendo si romperebbe il «legame musaico», quello con
la Musa, e quindi l’organizzazione musicale che sottostà alla creazione poetica.
Per quanto Dante non abbia mai tradotto un’opera intera nè estratti importanti di opere
straniere, la sua intera opera è costellata di frammenti di poeti latini (Virgilio e Ovidio), di
filosofi (Aristotele, mediato dalle traduzioni latine, e Cicerone) oltre a quelli di scrittori medievali
e quelli tratti dai libri della Bibbia.

Inserzioni di altre lingue nella Commedia (arabo) + allusioni a opere di altri scrittori

Nelle opere teoriche invece non di rado egli riporta delle citazioni tradotte da Aristotele o dalla
Bibbia. Dante si dispiace di non poter apprezzare direttamente la musicalità del testo ebraico e
di doverla immaginare solamente attraverso i parallelismi e i ritmi delle traduzioni latine, dove
la musicalità è ormai rotta, come scrive nel Convivio: «I versi del Salterio sono sanza dolcezza
di musica e d’armonia: ché essi furono trasmutati d’ebreo in greco e di greco in latino, e nella
prima trasmutazione tutta quella dolcezza venne meno».

Dante, che si rifiutò di essere considerato un volgarizzatore, tradusse in effetti in volgare i


commenti del Convivio inizialmente scritti in latino, diventando “volgarizzatore di sé stesso” per
evitare che altri lo traducano malamente («Fidandomi più di me che di un altro»).  La
traduttrice della Commedia in francese, la poetessa Jacqueline Risset arriva ad immaginare la
tutta la Commedia come una traduzione, nei seguenti termini: «si potrebbe addirittura
considerare la Commedia nel suo insieme come una traduzione, nella misura in cui la lingua
letteraria, ai tempi di Dante, era il latino»

Due opere anonime composte negli anni ottanta del XIII secolo, Il fiore e Il detto d’amore, sono
state da alcuni attribuite a Dante, e costituiscono una riscrittura in versi della prosa del Roman
de la Rose
JEAN DE MEUNG  1275-1280 = continua la stesura del Roman de la Rose, poema
allegorico iniziato 50 anni prima da Guillame de Lorris, ribaltandone l’aspetto ideologico 
17000 versi, Jean de Meung ne scrive oltre 13000 – riprende (adattandoli) autori latini del
passato come Ovidio o Boezio  traduzione si inerisce nella genesi e creazione di uno dei più
importanti testi della letteratura europea, tra i più copiati nel Medioevo  originalità sta nel
modo in cui l’autore è riuscito a legare traduzioni e adattamenti inquadrandoli in una storia
d’amore

LETTERATURA INGLESE  nasce dall’incontro di Dante, Boccaccio, Petrarca, de Meung,


Boezio, Livio e Ovidio  trasformati da Chaucer nella sua lingua  influenze più o meno
evidenti

“Myn eyen two, in veyn with whiche I se,/Of sorwful teris salt arn waxen welles” (Troilo e
Criseide)  rappresenta la disperazione di uomo per un amore impossibile = appropriazione
di alcuni versi di Boccaccio del Filostrato “Gli occhi dolenti, dopo il tuo partire/di lagrimar non
ristetter giammai” = versi letti nella Vita Nuova di Dante “Li occhi dolenti per pietà del
core/hanno di lagrimar sofferta pena/sì che per vinti son remasi omai” + ispirazione dal
Paradiso dantesco

Fa la sua comparsa in Troilus and Criseyde anche Petrarca del quale lo scrittore inglese
inserisce la traduzione di un sonetto del Canzoniere (la critica ha dato il nome di Canticus
Troili), che il narratore chauceriano introduce così:

“As writ myn auctour called Lollius, “

Viene menzionata la fonte del Canticus in un certo Lollius, e nascosta l’effettiva discendenza
petrarchesca  Boccaccio non viene mai menzionato da Chaucer per quanto siano frequenti
le sue influenze nell’opera dello scrittore inglese. (Boccaccio che non era tra le auctoritates)

Se il suo nome di Petrarca viene taciuto nel Canticus Troili, Chaucer menziona però il suo
nome nel Clerk’s Tale nel prologo («Fraunceys Petrak, the lauriat poete, / Highte this clerk,
whos rethorike sweete/ Enlumyned al Ytaille of poetrie»)
Ampie parti del racconto in questione sono tratte da Griselda di Boccaccio, novella del
Decameron ma attraverso la traduzione in latino di Petrarca
Chaucer traduce la storia dal testo latino che era a sua volta già una traduzione e Chaucer cita
ora il nome della fonte per il fatto che egli vuole suggerire delle fonti autorevoli per il suo
racconto in vernacolo inserendosi al contempo in una più ampia tradizione letteraria.

PETRARCA  traduce la Griselda di Boccaccio  rivisitazione in età avanzata traducendo in


latino l’originale in volgare  traduzione = tra gli scritti petrarcheschi di maggior successo 
funzione strategica = mirata diffusione internazionale della novella ispirando versioni e
rifacimenti in lingue romanze e anglosassoni  opera inversa al volgarizzamento di
Boccaccio = latinizzatore  Canzoniere e Trionfi = riferimenti all’antichità – es. verso Canz. =
traduzione versi di Ovidio  Resa in latino delle opere di Omero che per volere suo e
iniziativa dell’amico Boccaccio, il monaco e traduttore di origini calabresi Leonzio Pilato compie
a partire dal 1360  P. e Leonzio Pilato si erano conosciuti a Padova – P. piacevolmente
colpito perché credeva fosse di origini bizantine, poi opinione negativa  traduzione di
Leonzio (rende accessibili le opere dello scrittore greco all’Occidente) troppo legata alla
trasposizione della lettera dell’originale = latino poco apprezzabile – Leonzio conosce bene il
greco, traduce Aristotele ed Euripide = dotto, profondo conoscitore del mondo greco, ma
ignorante del mondo latino  questa mancanza in latino lo costringe a ricorrere a parole in
volgare o addirittura a termini dialettali meridionali propri del dialetto calabrese  Petrarca =
non soddisfatto ma desiderio sempre presente  Il risultato finale dell’impresa di Leonzio
confermerà le impressioni iniziali di Petrarca  La poesia omerica ne usciva malconcia, ma
pure il metodo doveva presentare i suoi pregi, primo tra tutti quello della fedeltà alla lettera, e
come prova comunque del valore delle traduzioni leontee si adduce il continuo riferimento che
i successivi traduttori umanisti fecero a questo primo Omero in latino e l’influsso che queste
versioni ha esercitato sull’opera di Boccaccio e, malgrado il giudizio negativo espresso, sulle
opere tarde di Petrarca

UMANESIMO E TRADUZIONE
Petrarca, Dante e Boccaccio = anteprima del clima di fine Trecento/inizi Quattrocento =
rinnovato interesse per culture classiche

QUATTROCENTO = chi coltiva studia humanitatis (ovvero la letteratura, la grammatica, la


retorica insieme alla storia, alla poesia e alla filosofia) = novità per approccio a queste opere =
rilette sotto un altro punto di vista

UMANISTI = distanti dal sapere dei secoli precedenti – viaggiano per ricercare testi –
rinnovata percezione delle opere del passato = avvicinamento ad esse attraverso la ricerca del
loro messaggio autentico – mossi dal desiderio di perfezionare lo stile del testo latino
attraverso eleganza stilistica e retorica (peculiari delle traduzioni medievali, additate dagli
umanisti come rudi e povere)  ricorso alla latinità = forma di rottura e differenziazione
rispetto al passato  rendere i testi dal greco al latino nonostante traduzioni in vernacolo
siano diffuse

Maggiori traduttori  Coluccio Salutati  Per conoscere meglio Omero, anche Coluccio
Salutati si auspica una nuova traduzione in latino e in una lettera che egli scrive all’amico
Jacopo Angeli mentre questo è a Costantinopoli, che bene trasmette l’entusiasmo col quale il
gruppo di umanisti si rivolge alle opere greche:

“ecco ora quello che devi fare. Innanzitutto convinci Manuele [...]. Poi fate in modo di
arrivare al più presto, onde soddisfare la nostra spasmodica impazienza, così grande che
non saprei descriverla. Terzo: porta quanti più libri puoi. Fa’ che non manchi nessuno
storico che si riesce a trovare, nessun poeta né autore che abbia discusso i testi poetici.
Fa’ anche in modo di procuraci dei trattati di metrica. Vorrei che portassi tutte le opere
platoniche e quanti più vocabolari possibile, perché sono fondamentali nel difficile compito
di apprendere le lingue. Per me, poi, compra tutto quello che c’è di Plutarco e quanto lo
riguarda. Compra anche Omero, a caratteri grossi su pergamena [...]. Quanto ai costi,
pagheranno i soci di Giovannozzo de’ Biliotti; e se per caso Manuele ha bisogno di soldi,
fa’ pure in modo che se li procuri mettendoli in conto a me”.  Dal tono della lettera si
comprende facilmente con quale desiderio Salutati si rivolga, anche a nome degli amici,
alle opere greche ancora da scoprire o che egli vuole rileggere in una nuova veste latina.
Quando Jacopo Angeli rientrerà a Firenze porterà con sé, insieme a Manuele Crisolora,
una preziosa cernita di volumi greci poco o nulla conosciuti dal Medioevo latino

Traduzione salutiana = revisione stilistica della traduzione già esistente  spiegazione nella
“lettera al cardinale Corsini” = “non si aspettino [i lettori] di vedere conservato l’ordine originale
delle parole: di fatto non l’ho rispettato, un po’ per motivi di eleganza, ma soprattutto per
chiarezza. Sappiano che ho piuttosto mirato al senso generale del discorso […] Per migliorare
lo stile, fermo restando il significato originale, è lecito ravvivare un po’ un lungo discorso
indiretto e animarlo con punti esclamativi e di domanda.”  comprensibilità del testo – vuole
che sia più chiaro – consigli che scrive anche ad Antonio Loschi per la sua revisione
dell’Eneide di Leonzio Pilato

Interesse per la Commedia di Dante  soprattutto dell’Inferno

Manuele Crisolora = interesse verso la lingua greca  greco (sulla scia di Petrarca e
Boccaccio che promuovono la traduzione di opere omeriche) = lingua per risalire direttamente
alle fonti  Crisalora = umanista itinerante, insegna a Venezia e Milano = pioniere
dell’insegnamento del greco, avvia una tradizione che soprattutto dopo l’assedio di
Costantinopoli richiamerà diversi dotti bizantini nella penisola

COLUCCIO SALUTATI  per conoscere meglio Omero = nuova traduzione in latino - lettera
all’amico Jacopo Angeli mentre questo è a Costantinopoli, = entusiasmo degli umanisti per le
opere greche

“ecco ora quello che devi fare. Innanzitutto convinci Manuele [...]. Poi fate in modo di
arrivare al più presto, onde soddisfare la nostra spasmodica impazienza, così grande
che non saprei descriverla. Terzo: porta quanti più libri puoi. Fa’ che non manchi
nessuno storico che si riesce a trovare, nessun poeta né autore che abbia discusso i
testi poetici. Fa’ anche in modo di procuraci dei trattati di metrica. Vorrei che portassi
tutte le opere platoniche e quanti più vocabolari possibile, perché sono fondamentali nel
difficile compito di apprendere le lingue. Per me, poi, compra tutto quello che c’è di
Plutarco e quanto lo riguarda. Compra anche Omero, a caratteri grossi su pergamena
[...]. Quanto ai costi, pagheranno i soci di Giovannozzo de’ Biliotti; e se per caso
Manuele ha bisogno di soldi, fa’ pure in modo che se li procuri mettendoli in conto a
me”.

Desiderio per opere greche ancora da scoprire o rileggere in una nuova veste latina. Quando
Jacopo Angeli rientrerà a Firenze porterà con sé, insieme a Manuele Crisolora, una preziosa
cernita di volumi greci poco o nulla conosciuti dal Medioevo latino

Interesse per la Commedia di Dante  frammenti dell’Inferno

LEONARDO BRUNI  traduzioni greco>latino = figure di maggior rilievo dell’Umanesimo 


DE INTERPRETATIONE RECTA = basi della riflessione moderna sulla traduzione – opera più
importante dopo le tesi esposte da San Girolamo

 Essenza stessa della traduzione = riportare correttamente in una lingua ciò che si trova
scritto in un’altra
 Ottima competenza linguistica del traduttore verso entrambe le lingue con cui lavora
(prerequisito necessario ma non sufficiente)  grazie a lettura dei filosofi, oratori, poeti
e ogni genere di scrittori
 Approccio enciclopedico al tradurre fondato su un’ampia preparazione culturale del
traduttore, rivolta all’opera completa degli autori oggetti della traduzione, al contesto in
cui essi operano e non solo ai testi da tradurre – nessuno, senza averli letti, può
cogliere il significato e le sfumature delle singole parole  riuscire a percepire
(soprattutto per Aristotele e Platone) il loro stile elegante e ricco di detti e massime di
antichi poeti
 Ruolo cardine della padronanza della lingua verso cui si traduce  non lasciare parole
in greco o che si “arrampichi sugli specchi” per ignoranza della lingua latina
 Divieto categorico per i neologismi  necessità di attenzione per la musicalità delle
parole (significante oltre che significato)
 Illustrazione degli errori da evitare per non rischiare di fraintendere il testo e di indurre il
lettore in errore o di fare apparire l’autore ridicolo e assurdo
 Immedesimazione totale del traduttore con l’autore originale

Se la traduzione rispetta questi punti può essere considerata degna di lode  miglior modo di
tradurre = conservare alla perfezione lo stile proprio dell’autore, i suoi concetti e la raffinatezza
e l’eleganza della sua opera  non soltanto presa di posizione sulla maniera di tradurre MA
ANCHE opera importantissima che influenza il programma culturale del primo Umanesimo
italiano.
GIANNOZZO MANETTI  riscontro maggiore delle opere di Bruni sulla traduzione –
segretario pontificio, incaricato da Papa Niccolò V di tradurre i Salmi dall’ebraico e il Nuovo
Testamento dal greco (prima traduzione in latino dopo la Vulgata di Girolamo)
Difesa della propria traduzione per prevenire le accuse  scrive l’Apologeticus – riprende le
affermazioni di San Girolamo per le traduzioni sacre e di Leonardo Bruni per quelle dei testi
profani + proprie idee  quinto libro del trattato riprende più da vicino le teorie di Bruni – non
lo menziona  buona traduzione = conoscenza della lingua di partenza e di arrivo 
illustrazione dei rischi di una traduzione troppo letterale  distinzione tra traduzione di poeti,
oratori e storici da una parte e quelle di filosofi e teologi dall’altra  1. Libertà = lecita per
abbellire e/o migliorare l’originale se risulta arido o poco chiaro 2. Non hanno la stessa libertà
 non devono allontanarsi troppo dall’originale ma nemmeno seguirlo passo passo = trovare
via media e sicura (maggiormente per traduttori delle Sacre Scritture – esplicito riferimento a
San Girolamo)

LA BIBBIA RIFORMATA: TYNDALE E LUTERO

Libro liturgico boemo 1572 = immagine che rappresenta Wyclif (1320-1384) che è intento ad
accendere una scintilla, Hus (1371-1415) che aggiunge legna alla fiamma e Lutero (1483-
1546) che alza una fiaccola verso l’alto

Raffigurazione = capire legame tra traduttori della Bibbia  Wyclif = iniziatore di un processo
di riforma della Chiesa e di opposizione alla supremazia di Roma  proseguito da Hus e
portato a termine da Lutero un secolo dopo  autori medievali = ruolo imprescindibile per
l’opera di Lutero

WILLIAM TYNDALE Oxford, stessi anni di Wyclif  non ottiene appoggio del vescovo di
Londra per traduzione della Bibbia = segno che il suo progetto di traduzione non è ben visto
dagli ambienti ufficiali = fugge sotto falso nome  nel 1525 pubblica in Germania (dopo
incontro con Lutero) la prima traduzione a stampa del Nuovo Testamento in inglese
dall’originale greco (Erasmo, 1516)  in UK = criticata dai centri del potere laico – clero
acquista e distrugge tutte le copie  corregge la sua versione e inizia a tradurre l’ Antico
Testamento (inizio pubblicazione = 1530)  molte opere successive si rifecero alla sua
traduzione della Bibbia = Versione Autorizzata o Bibbia di Re Giacomo I, voluta dal Re e
scritta da 47 vescovi – per 3 secoli Bibbia inglese ufficiale
Caratteristiche delle sue traduzioni  chiarezza espressiva (frutto dei suoi studi – conosceva
8 lingue – abile predicatore – studioso della tradizione dell’inglese scritto – conoscitore della
lingua parlata il cui suono e vocabolario si riversarono nelle traduzioni) + formato tascabile
delle Bibbie (contrabbando più facile, > ricezione)

Incontro con Erasmo = tappa fondamentale – influenza del pensiero di Erasmo su Tyndale 
Erasmo: «non condivido affatto il parere di coloro che non vogliono che i Testi siano letti dagli
incolti o siano tradotti in lingua volgare, come se cristo avesse insegnato delle cose tanto
oscure da poter essere a stento capite da un ristretto numero di teologi [...] Vorrei che ogni
donnetta leggesse il Vangelo e le lettere di San Paolo e volesse il cielo che queste fossero
tradotte in tutte le lingue in mondo»  Tyndale: «riuscirò a fare in modo che il ragazzo che
spinge l’aratro conosca la Scrittura meglio di voi»

LUTERO  traduzione Nuovo Testamento a partire dal 1521  base = edizione del testo
greco di Erasmo (1519)  traduzione scritta nascosto nel castello di Wittemberg –
condannato a morte dall’Editto di Worms – Nuovo Testamento uscito a settembre 1522
(chiamato anche Testamento di Settembre)  seconda edizione dicembre 1522

Vecchio Testamento = anni di lavoro (anche collettivo)  edizione del 1534 – ricorretta nel
1546 – revisione agevolata dall’attività pastorale = possibilità di vedere subito la reazione degli
ascoltatori e di giudicare il potenziale di assimilazione delle sue parole

Lutero non intende scrivere un trattato sulla traduzione o fornire una nuova teoria, ma le sue
riflessioni riguardano aspetti linguistici, stilistici e culturali della traduzione, e si riferiscono
anche alle problematiche della fedeltà o meno all’originale come anche alla ricezione
dell’opera tradotta. In merito alla lingua scelta egli precisa:

“Non si deve chiedere alla lettera della lingua latina come parlar tedesco, secondo
quanto fanno questi asini; lo si deve chiedere piuttosto alla madre di famiglia, ai ragazzi
sulla strada, all’uomo comune al mercato, e lì si deve guardare direttamente sulla
bocca per capire come parlano, e poi tradurre in conseguenza.”

Lingua da conoscere  NON solo quella dei letterati, MA ANCHE quella del popolo (non deve
tradurre solo con questa)  Bibbia di Lutero = in Ostmitteldeutsch = specifico gruppo
dialettale del tedesco  affermazione e standardizzazione + desiderio di lingua unica e
nazionale

EPISTOLA SUL TRADURRE  serie di esempi in cui un eccessivo attaccamento alla lettera
dell’originale renderebbe la traduzione incomprensibile  pur privilegiando la lingua d’arrivo
 se è la tendenza è quella di una traduzione ad sensum, rivolta a quello che egli definisce il
“senso del testo” e alle caratteristiche peculiari della lingua tedesca, egli non esita a tradurre
letteralmente, dove ci sia rischio di fraintendimento

Rispetto alla lingua dell’orginale, quella luterana si distingue dalle precedenti traduzioni, per
una maggiore vicinanza alle prime versioni in ebraico e greco, allontanandosi dalla Vulgata di
San Gerolamo (che comunque prende in considerazione – originale, ma anch’essa traduzione)
 «Quale arte e quale fatica sia tradurre» scrive Lutero «io, l'ho provato davvero» e non nega
di aver impiegato talvolta diverse settimane, per quanto sostenuto dai collaboratori, per
tradurre una sola parola e per rendere una lingua tedesca "pura e chiara"

La rivoluzionaria scoperta di Gutenberg, qualche decennio prima della pubblicazione delle


traduzioni luterane, costituisce la condizione tecnica che permette la loro distribuzione di
massa, contribuendo all’influenza di queste sulla lingua, sulla letteratura e la cultura tedesca
(anche sulla religione e la politica).

L’eco luterana sulla lingua e le traduzioni è evidente già nei decenni che seguono la morte del
riformatore nel rilievo che le prime grammatiche tedesche pubblicate nel XVI secolo danno agli
esempi citati direttamente dalla traduzione di Lutero e pure nel dizionario di Grimm del XIX 
Anche al di fuori della Germania la Bibbia luterana avrà un’eco notevole, diventando il modello
di successive traduzioni bibliche.

IMITARE TRADUCENDO DURANTE IL RINASCIMENTO

Nascita della stampa a caratteri mobili e sua diffusione = moltiplicazione delle traduzioni

Volgari = status di lingue ufficiali nei diversi ambiti della cultura (amministrativo, diplomatico,
giuridico, …)

Riforma protestante = democratizza il testo = riconoscimento e affermazione definitiva delle


lingue nazionali europee – emancipazione dei volgari

> imitazione delle opere classiche e dei modelli del passato

XVI secolo  traduzioni maggiormente VERSO il volgare  degno di sostituire o affiancare il


latino

Venezia, 1556  DIALOGO DEL MODO DE LO TRADURRE D’UNA LINGUA IN ALTRA


SECONDA LE REGOLE MOSTRATE DA CICERONE di Sebastiano Fausto da Longiano 
primo trattato in italiano sulla traduzione  fino a quel momento scritti in latino  attraverso
le domande di Inquieto e le risposte di Occulto ( alter ego dell’autore) = distinzione dei diversi
tipi di resa di un teso in un’altra lingua – definiti indistintamente “traduzioni”  parafrasi –
compendio – commento (o “metafrasi” – tipo di traduzione tipica del Cinquecento, tradirebbe lo
stile e il contenuto dell’originale per soddisfare le esigenze dei lettori nella lingua d’arrivo) 
discussione sul modo di condurre una traduzione – conclusione = vero modo di tradurre = via
di mezzo tra la traduzione alla lettera e quella a senso – tendenziale attenzione verso il testo di
partenza  novità di da Longiano  oltra a riflettere sul giusto modo di tradurre e fare una
netta distinzione tra i diversi tipi di traduzione, propone una traduzione “straniante”  il lettore
dovrebbe essere condotto verso il testo di partenza e non viceversa (anche se, pur rispettando
l’ordine delle parole della lingua di partenza, si dovrebbe sottostare alle regole dell’uso della
lingua di arrivo)

Schematizzazione:

1. Attenzione al modo in cui si traduce


2. Distinzione della traduzione vera e propria dalle forme affini
3. Opzione per la traduzione straniante
4. Rifiuto di scegliere fra traduzione a senso e traduzione alla lettera

FRANCIA  interesse per la lingua greca – insegnata dai greci o da italiani in Francia che
affiancano i professori francesi che insegnano greco e lettere antiche  riservato ad una élite
di colti = stampatori diffondono adattamenti della letteratura medievale = mercato più ampio

Re Francesco I  1539 = Editto di Viller-Cotterets = obbligo di far redigere in francese gli atti
ufficiali e i documenti pubblici  sviluppo di una letteratura nazionale = impulso importante nei
confronti delle traduzioni

Due scuole diverse (antitetiche) di pensiero sulla traduzione di opere straniere  1.


Traduzione = genere letterario utile all’arricchimento della lingua francese 2. Pléiade =
traduzioni = pericolose per lingua francese – si sostituiscono alla creazione direttamente in
francese

ÉTIENNE DOLET ricordato per martirio dovuto ad una sua traduzione dei dialoghi di
Platone sull’immortalità dell’anima – accusato di eresia e condannato al rogo

LA MANIÈRE DE BIEN TRADUIRE D’UNE LANGUE EN AULTRE (1540)  buona


traduzione = serie di principi o regole (ricordano quelli di Bruni)
1. Comprendere perfettamente il senso e il significato dell’argomento trattato dall’autore
che si sta traducendo, affinché il traduttore non sia oscuro (certi di capire ciò che
leggiamo – padronanza della lingua)
2. Conoscere perfettamente la lingua dell’autore originario come quella verso cui si
traduce, nella quale bisogna eccellere per non impoverire nessuna delle due lingue
(padronanza della lingua – non riempire il TA di prestiti – NO neologismi)
3. Non essere asserviti al testo originale tanto da tradurlo parola per parola. Se questo
succede infatti è per povertà e mancanza di spirito (evitare troppa letterarietà)
4. Evitare, traducendo verso lingue che ancora non hanno raggiunto la categoria di lingue
artistiche o perfette, l’uso dei termini appartenenti ad altre lingue e dei neologismi,
cercando di attenersi alla lingua d’uso
5. Utilizzare uno stile bello, armonico, elegante che non sia pretenzioso ma che provochi il
piacere dell’ascolto secondo le regole dell’oratoria

Ricorda anche Cicerone  tradurre secondo le regole dell’oratoria senza essere troppo
vincolati alla traduzione letterale

INGHILTERRA  durante il Cinquecento attenzione dei traduttori  rivolta a scrittori romani


e greci dell’Antichità  interesse per testi di tipo storico, epico, morale, filosofico del passato
 scelta influenzata dalle autorità, che ne temevano il potenziale sovversivo

> successo = opere che trasmettono insegnamenti sul modo di comportarsi in società,
soprattutto se vengono da società “avanzate” come l’Italia rinascimentale  Il libro del
cortigiano (Baldassare Castiglione, tradotto da Thomas Hoby – 1561)
Prefazioni e premesse = rivolte ai lettori  traduttori durante il regno elisabettiano = ruolo
importante all’interno della società = consapevoli di contribuire al bene pubblico = reclamano
direttamente nei paratesti un riconoscimento anche in termini materiali  XVI secolo =
traduzione promossa e difesa in nome del valore del suo pubblico

Si allarga la cerchia dei traduttori  lettori = mercanti, proprietari terrieri, donne (secondo le
introduzioni dei traduttori ai lettori) – traduttori = persone senza preparazione universitaria

LAWRENCE HUMPHREY  1559 = INTERPRETATIO LINGUARUM  in oltre 600 pag. si


ripercorre la storia della traduzione  per lui arte della traduzione può essere insegnata =
suddivisione della traduzione in tre modi:

1. Letterarietà definita puerilis et superstitiosa


2. L’adattamento libero o licenzioso
3. La giusta via media = equilibrio fra i diversi modi di tradurre
Il vero traduttore mirerà all’adeguatezza scegliendo un testo che risponda alla propria
sensibilità  qualità del risultato finale = lingue coinvolte (“maggiori” o “ordinarie”) =
traduzione tra lingue “maggiori” per la storia, la filosofia e la letteratura che esprimono
(ebraico, greco e latino) = unica per Humphrey ad essere significativa

LE “RAGIONI” DELLE TRADUZIONI: IL SEICENTO

XVII secolo = attenzione rivolta alla “purificazione” e alla codificazione della lingua  1635 =
cardinale Richelieu fonda sotto Luigi XIII l’Académie française che Luigi XIV porrà sotto il
proprio patronato  missione = dare delle regole certe alla lingua per renderla pura,
eloquente e capace di trattare le arti e le scienze

XVII secolo  centro più dinamico per gli studi sulla traduzione è la FRANCIA 
ammirazione per le lingue e le culture classiche – convinzione di aver raggiunto il più alto
livello di civiltà, vivendo tra l’idealizzazione dell’antico e il senso della propria superiorità.

Francia = fautrice di una traduzione che si concentri sulla cultura di arrivo, che si adegui al
principale criterio stilistico dell’epoca, che sia cioè agréable ed élégante, e non offenda les
délicatesses della lingua francese.
Sono questi i principi che devono seguire le traduzioni dell’epoca, denominate
metaforicamente belles infidèles (genere di traduzione che domina per circa trent’anni): la
traduzione è considerata re–invenzione, il traduttore un co–scrittore.

Scopo = ottenere lo stesso effetto che aveva in mente l’autore, adattandolo però al gusto della
propria cultura e del proprio tempo  Ideale supremo = bellezza che giustifica ogni intervento
sul testo in nome del buon gusto

ROMANTICISMO - OTTOCENTO

Passaggio dal tardo Settecento al primo Ottocento = epoca di grande fermento filosofico e
letterario per la Germania, che diventa anche centro di dibattiti sul tradurre  inizia il secondo
periodo della fase prescientifica.

Traduzione = studiata sotto l’aspetto filosofico oltre che linguistico  tendenza a valorizzare
questa attività come fonte di accrescimento della propria lingua e della propria cultura
1750  due possibili approcci:

 universalistico  tutte le lingue si differenziano solo in superficie mentre alla base


hanno degli universali linguistici comuni, 
 relativistico, che considera invece irriducibile la diversità delle lingue, giungendo al
concetto ultimo dell’intraducibilità.

Universali linguistici = principi generali ricorrenti in ogni lingua, ossia principi comuni
caratteristici di ogni variante del linguaggio verbale umano  presupposto che il pensare
umano si esplichi nello stesso modo in tutte le persone del mondo.

Sebbene la differenza tra le lingue sia molto notevole esistono degli universali comuni a tutte
le lingue del mondo. Filosofi come Pascal, Descartes, Arnault e Leibniz li hanno chiamati "idee
semplici", mentre i linguisti moderni li chiamano "universali semantici".

Ne hanno individuati circa 60 e fungono da concetti universali, ovvero i mattoni base per
comporre una miriade di significati complessi.

Primitivi semantici universali

 Sostantivi  IO, TU, QUALCUNO, GENTE, QUALCOSA, CORPO, PAROLA


 Elementi determinanti  QUESTO, LO STESSO, ALTRO, UNO, DUE, ALCUNI,
MOLTO, TUTTO
 Verbi di esperienza  SAPERE, PENSARE, VOLERE, SENTIRE, VEDERE, UDIRE
 Azioni e processi  DIRE, FARE, AVVENIRE, MUOVERE
 Esistenza e possesso  ESSERCI, AVERE
 Vita e morte  VIVERE, MORIRE
 Valutazione e descrizione  BUONO, CATTIVO, GRANDE, PICCOLO
 Concetti spaziali  DOVE, QUI, SOPRA, SOTTO, VICINO, LONTANO, DENTRO,
LATO
 Concetti temporali  QUANDO, ORA, PRIMA, DOPO
 Elementi relazionali TIPO DI, PARTE DI, MOLTO, PIU, COME

 Elementi logici SE, PERCHE, NO, FORSE, POTERE

Contributo maggiore  Goethe, von Humboldt, Schleiermacher  teorie sulla natura della
lingua, sull’interpretazione del testo letterario e riflessioni sul tradurre nate dall’esperienza
diretta di traduttori  traduzione = incontro tra lingue e culture  lettore deve tentare di
muoversi verso la lingua straniera e le diversità del testo originale

Compito del traduttore = orientare la propria lingua verso quella straniera

Wilhelm von Humboldt  1816 introduzione alla traduzione dell’Agamennone di Eurìpide =


importante riflessione sulla traduzione.

Lingue non involucri per concetti prefissati ma strutturano il pensiero stesso  Humboldt
sottolinea la reciproca dipendenza tra pensiero e parola. Nessuna parola, quindi, fatta
eccezione per quelle che designano oggetti fisici, è uguale a quella di un’altra lingua: le parole
possono essere solo sinonimi, ma ognuna esprime il concetto in modo diverso

È dunque impossibile che una parola corrisponda pienamente a un’altra parola in un’altra
lingua. Humboldt afferma che il linguaggio è l’organo costitutivo del pensiero, tradurre significa
passare da un’area dotata di una determinata concezione del mondo a un’altra diversamente
caratterizzata

Ciononostante egli non dissuade certo dal tradurre; al contrario sostiene che questo è uno dei
compiti più necessari sia per dare la possibilità a chi non conosce una determinata lingua di
leggere opere letterarie che altrimenti resterebbero estranee, sia per accrescere la capacità
espressiva della propria lingua. Se la traduzione deve far acquisire alla lingua e alla nazione
ciò che esse non possiedono o possiedono diversamente, la sua caratteristica fondamentale
deve essere la fedeltà. La traduzione non deve far sentire la ‘stranezza’ ma ‘l’estraneo’.

Susan Bassnett avanza l'esempio del termine inglese “butter” e della sua traduzione italiana
“burro”, i quali designano entrambi, nelle rispettive culture, un prodotto caseario commestibile,
commercializzato sotto forma di panetto di grasso; tuttavia, è errato dire che “burro” e “butter”
significano la stessa cosa nei rispettivi contesti culturali, in quanto in realtà sussistono le
seguenti differenze:

BURRO BUTTER
Colore chiaro Colore giallo
Sapore dolce Sapore salato
Impiegato per cucinare Spalmato sul pane (bread and butter)
Nessuna connotazione sociale connotazione sociale elevata
(in contrapposizione alla
meno nobile margarina)
Possiamo perciò distinguere, a questo punto, due tipi di traduzione:

Traduzione orientata al Traduzione orientata al


testo di arrivo: (TARGET ORIENTED) testo di partenza:

“Traduzione che consiste nella produzione (SOURCE ORIENTED)


di un testo di arrivo conforme agli usi e alle
“Traduzione che consiste nella produzione
convenzioni della lingua e della cultura di
di un testo di arrivo in cui viene riprodotta il
arrivo.
più possibile la lettera del testo di partenza
Il traduttore che adotta questo approccio e in cui vengono importati elementi
pone l’accento sul senso del discorso che linguistici e culturali presenti nel testo di
deve essere resto con risorse proprie della partenza.
lingua e della cultura a cui il testo è
Il traduttore che adotta questo approccio,
destinato; privilegia le aspettative
concentra l’attenzione sui significanti della
linguistiche, stilistiche e socioculturali dei
lingua del testo di partenza che è detta
destinatari e cerca di dare vita a una
lingua di partenza”.
traduzione idiomatica che non crei
spaesamento

IL NOVECENTO (XX SECOLO)

Fioritura di ricerche e studi organici sull’argomento  traduzione = NON PIÙ branca minore
della linguistica o della letteratura comparata, MA disciplina autonoma con un proprio campo di
ricerca  maggiore attenzione al lavoro dei traduttori

Anni Venti  BENEDETTO CROCE  sostiene la varietà irriducibile delle forme espressive
 ogni atto linguistico è senza precedenti  intraducibilità = vita del discorso – impossibilità
= natura della traduzione  Ogni traduzione deforma e sminuisce l’originale poiché è
creazione di una nuova espressione, nata dalla fusione dell’espressione originale con le
impressioni del traduttore

L’unica possibilità, anche se relativa, di traduzione = somiglianza delle espressioni.  buona


traduzione = approssimazione che ha valore originale d’opera d’arte, autonomia propria

Traduzioni = strumento pedagogico per facilitare la comprensione dell’opera originale – rende


possibile l’analisi e il chiarimento dei suoi elementi
WALTER BENJAMIN  testo sul compito (“Aufgabe”) del traduttore di tutt’altro orientamento
 inquadrare la traduzione come genere particolare e autonomo, intermedio tra la filosofia e
la produzione letteraria  Rifiuto della centralità del problema della ricezione: in un’opera
poetica, quindi anche in una traduzione, l’essenziale non è la comunicazione. Ciò che conta è
l’essenza dell’opera, e la traduzione ha il compito di cogliere questa essenza e di farla
sopravvivere  nella sopravvivenza, l’originale si trasforma - nel corso del tempo molte cose
si modificano, cambiano le stesse parole e il loro modo d’uso all’interno di una lingua  in
questo senso la traduzione serve anche a vivificare l’opera. Tra il testo tradotto e il testo
originale si instaura un rapporto necessario: quest’ultimo è la sorgente da cui deriva la
traduzione, la quale però è di fondamentale importanza per tenere in vita l’originale

EZRA POUND  Teorie sulla traduzione:

 Le traduzioni dovrebbero essere come dei nuovi poemi ed artisticamente corrette


 Ogni traduzione è una sorta di critica dell’originale  accentua la forza dell’originale
ma ne mostra anche i limiti che può avere.
 Nessuna traduzione deve riprodurre TUTTI gli aspetti dell’originale  può scegliere di
concentrarsi solo su alcuni aspetti. Può lasciare fuori alcune parti dell’originale. Può
avere delle aggiunte o dei riarrangiamenti per accontentare gli obiettivi del traduttore.

Periodo scientifico: può essere suddiviso in diverse momenti in base alla delimitazione del
campo di indagine  parola – testo – cultura

Negli anni 50-60 si parla di scienza della traduzione. Con la comparsa dei computer e dei
traduttori automatici si apre un nuovo capitolo nella storia delle teorie traduttive: dato per
acquisito che la traduzione sia possibile, il panorama cambia radicalmente, si tenta di
elaborare una sorta di decalogo del buon traduttore, si cercano cioè modelli matematici,
fondamenti scientifici, che portino a una traduzione perfetta, fatta interamente dalle macchine.
A prendere parte a questi studi, infatti, sono prevalentemente informatici, linguisti, ingegneri,
matematici, i quali ritengono che il problema della traduzione possa essere descritto e
formalizzato in termini logici. È quest’aspetto a dare un’impronta nettamente scientifica,
ovvero scientistica, a questa prima fase.

La fase di grande entusiasmo non è destinata a durare a lungo poiché i risultati ottenuti da
questi metodi tecnici e meccanici iniziano a mostrare grossi limiti: queste teorie si rivelano
ancora orientate verso la fonte (source–oriented), ossia tendono a pensare la traduzione come
funzionale solo all’originale, al testo di partenza, senza considerare minimamente la cultura di
arrivo; sono inoltre aprioristiche, tendono cioè a formulare delle regole generali che
prescindono dalla specifica situazione testuale, contestuale, linguistica.
Il termine venne per la prima volta usato da James Holmes in The Name and the Nature of
Translation (1972). Holmes considera la definizione translation studies appropriata per una
disciplina che si pone due obiettivi: descrivere il fenomeno della traduzione secondo
l’esperienza personale (descriptive translation studies), e stabilire i principi generali attraverso
cui detti fenomeni possono essere spiegati (theoretical translation studies)

Translation Studies

'Pure' Applied

Theoretical Descriptive

General Partial Product Process Function Translator Translation Translation


Oriented Oriented Oriented Training Aids Criticism

Medium Area Rank Text-Type Time Problem


Restricted Restricted Restricted Restricted Restricted Restricted

DESCRIPTIVE TS  3 AREE DI RICERCA


PRODUCT (synchronic; diachronic): si occupa delle traduzioni già esistenti. Il punto di
partenza di questo tipo di analisi riguarda la descrizione di traduzioni individuali.
Successivamente, come seconda fase, queste traduzioni verranno raggruppate per effettuare
una descrizione comparativa, sia sincronica che diacronica.

FUNCTION (translation sociology): si occupa della descrizione delle funzioni delle traduzioni, a
seconda delle varie situazioni socio-culturali. È più uno studio del contesto storico-sociale,
piuttosto che del testo stesso

PROCESS (psychology of translation or psycho-translation studies): Si cerca di illustrare cosa


accade con esattezza nella mente del traduttore nel momento in cui deve affrontare un testo.

I risultati delle ricerche dei Descriptive TS possono essere applicati ai Theoretical TS per
sviluppare:

- una teoria generale della traduzione


- teorie paziali ristrette per quanto concerne:
Mezzo Area Ceto sociale Tipo di testo Tempo Problema

PARTIAL THEORIES  SEI SOTTOCATEGORIE A SECONDA DELL’AREA DI INTERESSE

a) Medium-restricted translation theories, ovvero teorie che si focalizzano sul mezzo utilizzato,
come ad esempio la differenza tra la traduzione umana e quella meccanica;

b) Area-restricted theories, ovvero teorie che si focalizzano sulle differenti lingue o differenti
culture coinvolte;

c) Rank-restricted theories, ovvero teorie che riguardano lo studio e l’analisi di un ristretto rank
o livello del testo, come ad esempio quello lessicale;

d) Text-type restricted theories, ovvero teorie che riguardano il problema di tradurre testi
specifici o generi, come ad esempio testi letterari o testi scientifici.

e) Time-restricted theories, che si dividono in due sottocategorie: teorie che riguardano la


traduzione di testi contemporanei e teorie che riguardano la traduzione di testi più antichi.

f) Problem-restricted theories, ovvero teorie che si riferiscono a specifici problemi all’interno


dell’area della general translation theory, come ad esempio domande sui limiti della traduzione
e sul problema dell’equivalenza.
MAGGIORI TEORICI DELLA TRADUZIONE DEL XX SECOLO

 1900s - 1930s: W. Benjamin (Germ.), E. Pound (U.S.A.), Jorge Luis Borges (Argen.),
Ortega y Gasset (Spa.)

 1940s - 1950s: Vladimir Nabokov (Russia), R. Jakobson (Russia)

 1960s - 1970s: E. Nida (U.S.A.), Jiri Levy (Ceco.), J. Holmes (g.b.) , G. Steiner
(Francia), I. Even-Zohar (Isra.), G. Toury (Isra.), A. Lefevere (Belgio), A. Berman (Fra.).

Anni Sessanta  svolta – Roman JAKOBSON (formalismo russo) elabora teorie tutt’ora
valide  traduzione è un atto di comunicazione , soprattutto tra culture diverse, poiché
consiste nel trasporre il significato di una parola con altre parole ; senza di essa non sarebbe
possibile la conoscenza di oggetti che non appartengono alla propria cultura  schema
tripartito dei tre tipi di traduzione:

1. endolinguistica, che consiste nell’interpretazione dei segni linguistici per mezzo di altri
segni della stessa lingua
2. interlinguistica, o traduzione propriamente detta, che consiste nell’interpretazione dei
segni linguistici per mezzo di un’altra lingua
3. intersemiotica, quando segni linguistici vengono interpretati attraverso i segni di un
sistema non linguistico

Comune ai tre tipi = impossibilità di arrivare ad un’equivalenza completa tra i sistemi culturale
e linguistico del testo di partenza e quelli del testo di arrivo, a causa delle loro diversità, tanto
che neppure la sinonimia può dare equivalenza  equivalenza nella differenza

LEFEVERE (1945-1996) 

Ispirandosi alla teoria del polisistema (di Itamar Even-Zohar), concepisce la traduzione come
una forma di riscrittura (rewriting), in cui il traduttore = COAUTORE e che tiene conto di una
serie di vincoli ideologici e politici all'interno del sistema della cultura ricevente. Ogni metatesto
ottenuto da un prototesto è quindi mirato all'adattamento del prototesto stesso a una certa
ideologia o poetica.

• Il traduttore ha la facoltà di riformulare il messaggio a seconda della lingua/cultura.

• Non è la parola, né il testo, bensì la cultura a rappresentare l'unità funzionale della


traduzione”.
• Il traduttore diventa una figura centrale non solo nella comunicazione interculturale, ma
anche nella reale creazione della cultura.

• II traduttore non agisce in maniera del tutto neutra: consapevolmente o meno, egli
"manipola" il testo, attraverso la propria interpretazione e in base a fattori socioculturali.

• L’atto traduttivo è condizionato da fattori politici e ideologici e la traduzione (riscrittura)


è un efficace strumento di manipolazione:
• I traduttori svolgono un importante ruolo di mediazione, in quanto non creano la
letteratura, ma la riscrivono e sono responsabili, forse più degli stessi autori, della
ricezione e del successo delle opere letterarie .
• I 'riscrittori' contribuiscono a creare l’immagine di un autore o di un’opera, poiché essi,
nel trasformare gli originali, manipolano i testi per adattarli all’ideologia o alle
concezioni poetiche del proprio tempo
• Le traduzioni, inoltre, svolgono un ruolo fondamentale per quanto riguarda la
compenetrazione tra sistemi letterari e l’evoluzione delle letterature e dei generi
letterari: (vengono introdotti nel sistema ricevente nuovi modelli e forme letterarie)

Negli anni Sessanta, JURIJ LOTMAN apre la strada alle teorie della traduzione della scuola di
Tel Aviv, della quale GIDEON TOURY E ITMAR EVEN ZOHAR sono tra i massimi esponenti
 “Il testo in generale non esiste in se stesso, esso è inevitabilmente incluso in un contesto
(storicamente determinato o convenzionale). […] La carne reale dell’opera letteraria consiste
di un testo[…], del suo rapporto con la realtà extratestuale - con la realtà, con le norme
letterarie, con la tradizione, con il sistema delle credenze. È impossibile una percezione del
testo avulsa dallo “sfondo” extratestuale”  Riprendendo queste tesi, Itmar Even-Zohar conia
la definizione di Polysystem Theory per riferirsi alla rete di sistemi correlati in un rapporto
dialettico, all’interno della quale egli inserisce anche il sistema della letteratura tradotta.
La letteratura non è che un elemento di quel complesso di sistemi interagenti che si definisce
cultura. Ad essere determinanti diventano così fattori sociali, culturali, ideologici, oltre che
letterari e linguistici.

EVEN ZOHAR  POSIZIONE DELLA LETTERATURA TRADOTTA NEL POLISISTEMA


LETTERARIO (sistema globale della letteratura, costituito da vari sottosistemi)  Interessante
soprattutto per quanto riguarda:
• le influenze reciproche tra sistemi nazionali

• la relazione tra la letteratura tradotta e la letteratura in generale.

1. è la cultura ricevente a decidere quali testi debbano entrare a far parte, mediante
traduzione, dei testi pubblicati nella cultura ricevente;
2. una volta che una traduzione è pubblicata, la sua vita all’interno del sistema cultura
ricevente è del tutto autonoma dal prototesto, determina influenze in quanto testo a sé
stante.

Tali influenze, che si ripercuotono soprattutto sulla cultura ricevente, possono essere di tipo
conservatore (quando il sistema della letteratura tradotta è periferico in una determinata
cultura) o di tipo innovativo (quando il sistema della letteratura tradotta è centrale in una
determinata cultura).

Il fatto che in una certa cultura la letteratura tradotta abbia funzione conservatrice o innovativa
dipende da vari fattori.

La letteratura tradotta è innovativa:

• se si tratta di un sistema non ancora del tutto formato, di una letteratura giovane, aperta
agli stimoli esterni derivanti dalle opere straniere tradotte

• se si tratta di una letteratura nazionale periferica rispetto a quelle dominanti a livello


mondiale (per esempio in questo momento le letterature occidentali), oppure se
contiene testi di livello poco significativo;

• se una data letteratura originale sta attraversando una fase di svolta, di crisi, di vuoto
letterario.

Questo ragionamento ha precise conseguenze sulle strategie traduttive più marcatamente


seguite nei due tipi estremi di sistemi. Le traduzioni fatte per sistemi culturalmente forti, con
norme letterarie ben consolidate e che stanno vivendo momenti di splendore, tendono a
essere dominate da una strategia di adattamento alle norme della cultura d’arrivo.

Per essere accolto dalla cultura d’arrivo, il prototesto deve subire una trasformazione che
tende a omologarlo ai canoni della letteratura ricevente.

Il comportamento traduttivo è improntato a criteri di accettabilità, a discapito dell’adeguatezza


filologica (Toury)
Viceversa, nei sistemi culturali periferici in cui il «sistema letteratura tradotta» ha un ruolo
centrale e una funzione innovatrice, le strategie traduttive hanno maggiore indipendenza dai
canoni della metacultura, da un lato perché tali canoni sono più deboli, dall’altro perché tale
cultura è più aperta all’innovazione, alla stimolazione esterna, all’arricchimento proveniente da
culture diverse. Le traduzioni tendono più facilmente al polo dell’adeguatezza, della traduzione
filologica, della nota esplicativa.

Quando assume una posizione centrale, l’attività traduttiva partecipa al processo di creare
modelli nuovi, primari, la preoccupazione principale del traduttore:

1) non consiste soltanto nel cercare nel suo repertorio nazionale modelli preesistenti entro cui
siano trasferibili i prototesti.

2) In questi casi il traduttore è invece disposto a violare le convenzioni locali.

- In questo periodo, notevole importanza rivestono gli studi sulla traduzione della Bibbia di
EUGENE NIDA.

- L’orientamento di Nida è di tipo linguistico-pragmatico: per descrivere le difficoltà legate al


processo di traduzione, egli riporta numerosi problemi pratici ed esempi tratti dalle traduzioni
della Bibbia in diverse lingue  “Due lingue non presentano mai sistemi identici di
organizzazione dei simboli in espressioni dotate di senso […] e sostituisce al concetto di
identità il principio di equivalenza dinamica, basata sul concetto di effetto equivalente e di
equivalenza formale, concentrata sia sulla forma che sul contenuto del messaggio: Tradurre
consiste nel produrre nella lingua di arrivo il più vicino equivalente naturale del messaggio
nella lingua di partenza, in primo luogo nel significato e in secondo luogo nello stile[…] Con
“naturale” intendiamo che le forme equivalenti non dovrebbero suonare “straniere”, né nella
forma[…] né nel significato. Vale a dire, una buona traduzione non dovrebbe rivelare la sua
natura non nativa”
HENRI MESCHONNIC anticipa le teorie di Itmar Even-Zohar, individuando due pratiche di
traduzione:

1) Il decentramento è un rapporto testuale fra due testi in due lingue-culture fin nella struttura
linguistica della lingua, e questa struttura linguistica è valore nel sistema del testo.

2) L’annessione è l’annullamento di tale rapporto, l’ illusione del naturale, come se un testo


nella lingua di partenza fosse scritto nella lingua d’arrivo, a prescindere dalle differenze di
cultura, di epoca, di struttura linguistica.
Per GIDEON TOURY, i concetti di annessione e di decentramento diventano sinonimi
rispettivamente di traduzione target-oriented, che tenta di naturalizzare il testo nel contesto
culturale-letterario del sistema arrivo, e di traduzione source-oriented, che, al contrario, si
propone di trascinare il lettore verso il contesto del sistema di partenza, con l’obiettivo di non
far dimenticare che si tratta di un testo tradotto

Anni 70-80 gli studiosi spostano l’accento sulla ‘teoria della traduzione’  Abbandonano l’idea
di esattezza connessa all’uso del termine ‘scienza’: all’impostazione che vedeva l’impegno
teorico–scientifico funzionale alla pratica, si contrappongono ora studi teorico – descrittivi,
studi cioè che parlano di teorie funzionali al fenomeno in sé, descrivendo i fattori e gli elementi
che caratterizzano la traduzione

Una forte reazione scoppia così tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 soprattutto nei
Paesi Bassi, per poi diffondersi in tutta Europa. Toury ed Even-Zohar, strenui sostenitori della
corrente target-oriented, sono tra i maggiori responsabili del passaggio dalla prospettiva
prescrittiva a quella descrittiva, nella quale la teoria non è più separata dalla pratica.

L’analisi si allarga all’intero testo e l’aspetto linguistico è solo uno dei tanti elementi coinvolti
nei fenomeni di traduzione; lo scopo non è più quello di prescrivere regole, ma di elaborare
una teoria in grado di capire e descrivere i fattori in base ai quali una traduzione possa essere
definita tale

In questi anni si dedica grande attenzione al testo letterario  L’interesse di coloro che si
muovono all’interno dei Translation Studies si incentra non tanto sul prodotto, né su giudizi di
valore, ma sul processo stesso, nel tentativo di chiarire da che cosa sono state determinate le
scelte del traduttore. La traduzione non è più considerata una copia di seconda mano del testo
originale, frutto di un processo meccanico, ma come atto creativo essa stessa, come lavoro di
reinterpretazione

Il successo della disciplina è stato decretato dal proliferare di corsi universitari, pubblicazioni,
convegni e seminari che si occupano di traduzione, nonché dalla nascita di collane e periodici.
Anche in Italia sono uscite le riviste “Testo a fronte” e “Il traduttore nuovo”.

A partire dagli anni Novanta gli studi sulla traduzione si sviluppano ulteriormente: si dà sempre
maggiore importanza agli aspetti ideologici e culturali e ai problemi che nascono dalle relazioni
che si instaurano in alcune circostanze tra le culture più lontane ed eterogenee; questo porta
tra l’altro ad un ampliamento del discorso nella direzione degli studi post-coloniali.

Partecipano infatti più attivamente al dibattito studiosi non occidentali che introducono le
problematiche dei cultural studies.
Le teorie più recenti tendono appunto ad analizzare le conseguenze che la cultura post-
coloniale necessariamente determina all’interno del processo traduttivo: fenomeni di
ibridazione e nuovi rapporti culturali (ad esempio culture europee ‘trapiantate’ e sistemi
indigeni con un impulso sempre crescente di recupero di una identità propria). I più recenti
studi di traduttologia poggiano proprio sulla consapevolezza della mancanza di una ‘purezza’
culturale assoluta e dell’inevitabile intreccio tra sistemi culturali diversi

ANTHONY PYM: LE CONSEGUENZE DELLA


GLOBALIZZAZIONE SULLA TRADUZIONE

Professore di Traduzione e Studi Interculturali all’Università Rovira i Virgili (Spagna) –


Presidente della Società Europea per i Translation Studies – uno dei primi ad allontanare dal
testo lo studio della traduzione e ad avvicinarlo ai traduttori come persone

Globalizzazione = processo economico con precise conseguenze per il ruolo sociale della
traduzione  influenzeranno l’organizzazione politica dei Translation Studies

TS = cercare di capire e spiegare effetti della globalizzazione  NO resistere ad essi 


provare ad influenzare il processo politico più negativo sviluppando i propri fini politici e
coltivare la propria organizzazione politica

Globalizzazione = riduzione del costo di comunicazione  alcune cose spariranno in quanto


le distanze saranno più facili da coprire  tecnologia che migliora = comunicazione più
efficiente attraverso periodi di tempo e spazio  diminuiscono i costi di transazione (sforzo
totale necessario)  electronically based globalization  conseguenze per la traduzione?

 Comunicazione a distanze maggiori  più comunicazione (email, cellulari…)


 Il quantitativo aumento nella comunicazione è primo all’interno dei confini di culture e
linguaggi, poi progressivamente attraversa questi confini
 Quando la comunicazione attraversa questi confini di lingue e culture regolarmente,
tende a lavar via questi confini. Così i dialetti locali erano sommersi dagli stati nazione.
E perciò gli stati nazione e i loro linguaggi sono trasformati in parti di regioni più grandi
con una crescente lingua franca.

Globalizzazione = necessità di un linguaggio comune  inglese


Dato che questi confini non esistono più, non c’è più bisogno della traduzione  tutti
parleremo inglese  traduzione professionale si estinguirà  Translations Studies
perderanno il loro oggetto di traduzione  conseguenze della tecnologia

Lingua Franca (English as a Lingua Franca)  uso dell’inglese come comune mezzo di
comunicazione per chi è di un’altra madrelingua. ELF è anche definito funzionalmente per il
suo uso nella comunicazione interculturale più che formalmente per il suo riferimento alle
norme dei madrelingua  usata per secoli  fenomeno insolito per le aree in cui è utilizzata
(sia funzionalmente che geograficamente)

Inglese come Lingua straniera (English as a Foreign Language)  mira all’incontro con le
regole dei madrelingua e dà rilievo ai loro aspetti culturali

LINGUA FRANCA:

 Uso della 3° persona singolare “zero” (non si mette la “s” alla terza persona singolare)
 Variazione nell’uso degli articoli (preferenze per non mettere l’articolo)  es. “Our
countries have signed agreement about this”
 domande a fine frase invariate (e uso di altre forme universali)  es. “you’re very busy
today, isn’t it?”
 Trattare “who” e “which” come pronomi relativi interscambiabili  es. “in the picture
who…” o “a person which…”
 Variazione dello schema dell’uso delle preposizioni  es. “We have to study about”
 Preferenza per il bare e/o full infinitive (infinito con o senza “to”) sull’uso del gerundio
 es. “I look forward to see you tomorrow”
 Estensione dei campi di collocazione delle parole con una generalità semantica alta 
es. “take an operation”
 Aumento dell’esplicitazione  es. “how long time” invece di “how long”

C’è molto di sbagliato con quel modello  usato per ridurre la globalizzazione ad
un’omogeneità culturale (McDonalds, Coca Cola, …)  globalizzazione = processo a cui
bisogna resistere

Opposizione = cercare di leggere il modello al contrario, sperando che i mali della


globalizzazione possano essere contrastarti dal promuovere politicamente le lingue,
dall’aumentare del numero delle traduzioni o semplicemente dal tradurre diversamente.
Le statistiche indicando un costante aumento del numero di traduzioni effettuate in tutto il
mondo. Questo aumento sarebbe a fianco (non opposto) dalla crescita dell’inglese
internazionale.

Globalizzazione = promuove sia la lingua franca sia la richiesta di traduzioni  non capire
questo paradosso = non afferrare il concetto di globalizzazione

Globalizzazione non è né amica né nemica della traduzione  E’ semplicemente cambiando


molte delle situazioni in cui la traduzione è chiamata ad operare, ed è facendolo su un livello
tecnologico che ingloba elementi di irreversibilità  gli studiosi di traduzione dovrebbero
cogliere e rispondere a questo processo

Com’è possibile che il numero di traduzioni possa aumentare quando allo stesso tempo l’uso
dell’inglese trionfa e molte lingue sono obbligate a stare nell’ombra?  DIVERSITY
PARADOX

Come può esattamente la globalizzazione portare sia ad una lingua franca internazionale sia
ad un aumento del mercato delle traduzioni?

La risposta a queste domanda deve trovarsi nelle differenze tra le categorie economiche dei
prodotti e la distribuzione.

Gli effetti della globalizzazione sulla produzione possono essere visti come creazione di centri
di specializzazione internazionale

Alcuni economisti diranno che il commercio internazionale promuove la specializzazione, non


l’omogeneità globale. (Tendiamo a non lamentarci della globalizzazione quando il nostro porto
proviene da Porto, il nostro whisky dalla Scozia, i nostri film di Hollywood o Bollywood o il
Cairo, i nostri abiti dall’Italia, i nostri software dalla costa occidentale degli Stati Uniti ....)

Per altri economisti, il vino di Porto è prodotto in Portogallo perché è lì che lo fanno per il
minimo dispendio di lavoro. D'altra parte, la programmazione dei computer tende ad essere
fatta in varietà di inglese perché è la lingua più adatta al compito, non importa dove avviene la
produzione attuale ...

Le persone diventano sempre più in grado di partecipare a rapporti di produzione


indipendentemente dalle culture e lingue che essi avevano in precedenza, e
indipendentemente dalla cultura e la lingua operativa nel paese in cui lavorano.

Il passaggio dal primo modello (linguaggio e comunicazione come costi commerciali


supplementari) al secondo (linguaggio e comunicazione come formazione di rapporti di
produzione) assume proporzioni radicali nei settori di produzione più colpiti dalla tecnologia, in
particolare tecnologie di comunicazione.

Solo quell modello revisionato può esprimere veramente la prolungata vitalità della traduzione.
Solo quell modello può vedere le lingue con un ruolo nella produzione e un altro nella
distribuzione: la lingua franca gioca il suo ruolo globale come fattore di produzione, mentre la
traduzione gioca il suo ruolo di mercato come strumento della distribuzione. Da questo punto
di vista, la traduzione in più lingue di produzione dovrebbe essere fondamentalmente diversa,
in generale, dalla traduzione da quelle lingue.

Inglese internazionale opererebbe come il latino internazionale nel period medieval, facilitando
numerosi scambi e democratizzando potenzialmente la produzione di sapere. Se vuoi fare
scienze, impair l’inglese, così come tutti gli alunni una volta dovevano imparare il latino.
Questa non è necessariamente una brutta cosa. E ovviamente non è un fenomeno totalmente
nuovo. All’interno di queste sfere di produzione, la traduzione tende a ricoprire un ruolo
marginale.

L’immagine è differente se consideriamo le esigenze linguistiche operative nella distribuzione


dei prodotti. La globalizzazione muove le cose, il commercio migliora e innumerevoli prodotti
raggiungono consumatori che non condividono il linguaggio e la cultura dei produttori. Qui
vediamo che la traduzione non sta solo aumentando, ma sta anche cambiando i suoi concetti
chiave.

Nelle industrie = mercato nelle lingue locali = concetto regnante = localizzazione (traduzione +
adattamento culturale)

Cambiamenti nella produzione discorsiva:

 1) considerando che la traduzione è ancora pensata in termini di di “lingua-incontra-


lingua”, dove è significativo per parlare di "source" e "target", la distribuzione
globalizzata opera sulla base di “one-to-many”, che forndamentalmente è una
geometria diversa. Troviamo la produzione centralizzata di un testo
"internazionalizzato" o di un prodotto, che è quindi più efficientemente "localizzata"
(tradotto e adattato) ad una vasta gamma di ambienti di consumo ("locali").

 2) Nello scenario “one-to-many”, il tempo diventa una componente essenziale delle


condizioni di successo discorsive. Questo può essere visto negli ideali della spedizione
simultanea di nuovi prodotti, in cui una traduzione può essere corretta, ma non è
operativa se si arriva tardi.
 3) Localizzazione idealmente significa traduzione più adattamento, ma questi due
aspetti sono sempre più separati. I vari programmi di memoria e gli strumenti di
localizzazione restringono le scelte del traduttore, ritornando al paradigma di frase-
livello di equivalenzs, e lasciando l’adattamento agli specialisti del mercato.

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