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LA POESIA TOSCANA

La poesia siciliana si propaga e trova subito in Toscana un centro di diffusione importante qui viene
creato qualcosa di nuovo e la poesia d’amore prende delle nuove forme.

La fase di transizione tra scuola siciliana e stil novo è complicata vi sono poeti che alcuni definiscono
siculo-toscani, anche se non sono propriamente dei poeti che si limitano a copiare e reinventare la poesia
siciliana (ci mettono parecchio del loro). Vengono denominati quindi semplicemente toscani.

La poesia toscana presenta delle caratteristiche principali:

1. Spettro tematico ampio l’amore non è più l’unico tema.


I poeti toscani vivono in un mondo diverso da quello dei poeti siciliani essi vivono in una realtà
comunale, in cui i poeti partecipano alla vita di questi comuni (città autonome). Sono quindi parte delle
lotte e delle divisioni che li coinvolgono (Dante).
La poesia toscana del ‘200 è spesso dentro la vita del comune e il tema politico è molto fortecanzone
sulla battaglia di Monteaperti del 1260.

Testi morali il poeta si pone come una guida, un maestro.

2. Poesia artificiosa complicata, che gioca sull’ambiguità delle parole. Il poeta si impone di affermare
la propria abilità tecnica puntando su giochi di parole, lessico alto e inusuale e strutture complicate.
Si creano addirittura nuovi metri viene modificato il sonetto e vi è la tendenza spiccata a sperimentare
e innovare, con esiti che risultano molto artificiosi.
Il desiderio di mostrare l’abilità tecnica spesso rende difficile decifrare il messaggio della poesia.

Guittone d’Arezzo fu un poeta toscano di grande importanza, godeva infatti di grande prestigio.
Normalmente la poesia del ‘200 è costituita da raccolte di poesie di autori diversi le poesie di Guittone
d’Arezzo sono sottolineate in queste raccolte (hanno particolare prestigio).
Gli stilnovisti si oppongono a questo maestro della poesia toscana.
Egli ebbe una produzione varia e trattò i temi dell’amore e della religione (periodo post-conversione) la
sua produzione presenta degli aspetti che si discostano sia dai siciliani che dagli stilnovisti, principalmente
perché l’amore non è l’unico tema.

IL DOLCE STIL NOVO


Per reazione a questo modo di fare poesia, nasce il Dolce Stil Novo, che riporta nuovamente l’attenzione
sull’amore come tema principale della poesia e come esperienza fondamentale dell’essere umano.
È una poesia che esprime concetti filosofici elevati con metodi che si possono definire semplici la forma è
chiara e semplice, frutto di una grande sapienza stilistica (argomenti difficili).

Eliot dice che, per poter far poesia, bisogna farsi un’idea di ciò che è venuto prima di noi in quel campo.
Dante concepisce appunto la sua poesia come un continuo ripensare e riconcepire la storia passata; egli
stabilisce dei prima e dei dopo nella storia della poesia si fa storico.
Usiamo infatti la denominazione Dolce Stil Novo grazie a Dante e allo studioso Francesco de Santis.

Nel 24esimo canto del Purgatorio appare il “dolce stil novo” Dante incontra un poeta toscano (Bonagiunta
Orvicciani) nel cerchio dei golosi e nasce un dialogo che ha valore storiografico molto forte.
Bonagiunta riconosce Dante e gli chiede conferma della sua identità si auto-cita, poiché Bonagiunta fa
riferimento all’importanza di un testo che Dante ha scritto.

La risposta di Dante è una sintesi del suo modo di far poesia lui esprime con dei segni sulla carta ciò che
Amore detta dentro di lui.
Vi è una fedeltà estrema del poeta a ciò che l’amore suscita ispira e detta allo stesso modo in cui la
divinità detta a dei profeti (forza spirituale).
Bonagiunta risponde con la definizione di dolce stil novo parla come qualcuno che è ancorato alla propria
origine locale (usa issa=ora, è dialetto locale), mentre gli stilnovisti ricercavano una lingua standardizzata e
libera dalle influenze locali.
Bonagiunta dice “ora ho capito la differenza tra noi (modo antico di far poesia) e chi attinge a questo dolce
stil novo. Le vostre penne seguono attentamente colui che detta (Amore), cosa che noi non siamo stati in
grado di fare.”

De Santis individua in queste parole la possibilità di designare questo gruppo di poeti gli studiosi, tuttavia,
discutono perché non è detto che Dante stesse parlando riferendosi a tutti (parla solo di sé). Però
Bonagiunta parla al plurale, come se si riferisse a tutti quei poeti, ed è improbabile che stesse dando del
voi a Dante.

Dolce Stil Novo è una definizione molto sintetica, che presenta due aspetti:

1. Dolce si riferisce ad un carattere formale e stilistico. La poesia è semplice, con sonorità


melodiosa e dolce.
2. Novo è una poesia nuova dal punto di vista dei contenuti. Non solo si parla d’amore a livello
filosofico, ma la donna è un essere soprannaturale, è un angelo.

GUIDO GUINIZZELLI
Dante individua un poeta come suo precursore, sempre nel Purgatorio dice “Guido Guinizzelli, iniziatore
di queste rime d’amore dolci e leggiadre”.
Altri esponenti dello stilnovismo sono Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi e
Gino da Pistoia.

“Al cor gentil rempaira sempre Amore” (dispensa)


In questa poesia si può notare l’identità fortissima tra la capacità di provare l’amore vero e la nobiltà di
cuore gli unici che possono provare il vero amore sono i nobili di cuore e di animo (no nobiltà di nascita).
C’è l’idea che i poeti stilnovisti (nobili d’animo) costituiscano un’élite spirituale, non di classe.

Il testo è una canzone polistrofica, in cui le strofe hanno lunghezza regolare e stesso schema di rime (come
vuole la convenzione).
La prima parte del testo si chiama fronte (diviso in due piedi dalla stessa forma sillabica) e la seconda parte
si chiama sirma.

Questa canzone ha un andamento piuttosto arcaico è una poesia molto estesa e l’argomentazione di
Guinizzelli procede per ripetizione, anche se si notano delle variazioni se si legge attentamente.
Vi sono paragoni continui col mondo naturale per rendere più efficace il discorso.

Coblas Capfinidas stanze legate l’una all’altra dal ricorrere di termini simili o per radice e significato o per
gioco di parole (paronomastiche).
La relazione di capfinidad manca, in questo caso, tra 5° e 6° stanza, che funge da congedo si stacca
dalle altre e ha significato affidato alla canzone stessa.
Questa divisione risale al periodo trobadorico, poiché era necessaria affinché si potesse stabilire e
distinguere l’ordine delle stanze nella canzone.

Parafrasi:
1° stanza
- L’amore torna sempre al cuore nobile (sono sempre associati), come l’uccello si rifugia nel bosco.
La natura non creò per primo né l’amore né il cuore nobile, poiché non appena fu creato il sole, fu
immediatamente sprigionata una luce, ed essa non esisteva prima del sole è presente una perfetta
connessione tra l’amore e il cuore nobile, dato che non si può concepire l’uno senza l’altro. La natura li ha
creati per essere associati, li ha creati insieme.
- E l’amore prende dimora nel cuore nobile in maniera naturale, come il calore fa nella luce del fuoco.
2° stanza si apre con una similitudine che ribadisce l’unione tra amore e cuore gentile. Guinizzelli però
aggiunge l’analisi di come si crea e su cosa si basa questa unità.
- Il fuoco d’amore prende dimora nel cuore gentile come la virtù nella pietra preziosa, poiché la virtù non vi
discende dalla stella, prima che il sole l’abbia resa (la pietra) qualcosa di nobile. Dopo che il sole ne ha
tirato fuori, per sua forza, tutto ciò che è vile (nella pietra), la stella le conferisce la virtù similitudine coi
lapidari.

Nel medioevo c’era l’idea corrente che alle pietre fossero attribuite delle qualità dettate dagli influssi delle
stelle i lapidari erano delle enciclopedie di queste virtù.
Si può notare l’influenza della filosofia aristotelica: un oggetto, per poter subire un’evoluzione, deve avere
dentro di sé (in potenza) il carattere che vuole raggiungere perché la pietra possa ricevere la virtù dalle
stelle, deve essere purificata dal sole.

- Allo stesso modo il cuore che viene reso eletto, puro, gentile (asletto) dalla natura viene poi fatto
innamorare dalla donna la donna è un essere superiore, è paragonata ad una stella.

S’apprende Dante poi lo cita nell’Inf. V, 100.


Il motivo del fuoco d’amore è molto ricorrente e Dante riprende in maniera consapevole e voluta il testo di
Guinizzelli, per rendere omaggio al grande testo fondante della poesia stilnovista.

3° stanza vi è una ripetizione del concetto precedente con delle varianti.


- L’amore si trova nel cuore gentile per lo stesso motivo per cui il fuoco sta in cima alla torcia l’amore è
nobilitante, sta in alto.
- Lì risplende a suo piacere, in modo chiaro e luminoso. Non potrebbe stare in altro luogo, tant’è feroce (è
nella sua natura).
- Per questo, ciò che contrasta l’amore come fa l’acqua col fuoco è l’animo cattivo l’amore non può
esistere se la natura dell’uomo è malvagia.
- L’amore prende dimora nel cuore gentile, poiché esso è un luogo a lui simile, come il diamante risiede nel
minerale del ferro nella miniera si pensava che il diamante avesse proprietà magnetiche (Pier delle
Vigne).

4° stanza cos’è la vera nobiltà? Problema complesso che trovò fertile accoglienza nel mondo comunale
del ‘200. La nobiltà vera, per gli stilnovisti, è quella di cuore.
Guinizzelli afferma che la nobiltà discenda dalle qualità insite nella persona e va contro chi dice il contrario.

- Il sole colpisce il fango tutto il giorno ed esso rimane vile, né il sole perde il suo calore. L’uomo superbo
dice “io spicco per diritto ereditario”, paragono lui al fango e al sole il valore della vera nobiltà (animo),
poiché non bisogna dare credito al fatto che la nobiltà sia al di fuori del cuore (coraggio), nell’ereditarietà.
- Se (sed) non si possiede un cuore nobile per accogliere la virtù ???

5° stanza complessa (no parafrasi). Guinizzelli fa un’ulteriore similitudine che segna un salto nel suo
discorso.
La donna=Dio i cieli si muovevano a causa delle intelligenze angeliche che seguivano il volere di Dio; la
donna esercita sull’uomo lo stesso potere che Dio esercita nei cieli.
Le dà quindi il talento, il desiderio che non si allontana mai dal suo volere lui agisce inconsapevolmente
in funzione di lei, dato che lei esercita questo potere divino.

La donna assume configurazione soprannaturale ella esercita per natura questo potere, non lo comanda
lei ma succede per natura.
Questo potere porta poi l’uomo verso il cielo al di là della propria volontà.

6° stanza tono autoironico. Guinizzelli immagina di essere chiamato in giudizio da Dio stesso, poiché ha
appena affermato che la donna possiede poteri divini. Si rivolge direttamente alla donna.
- Donna, Dio mi dirà “perché sei stato così presuntuoso?” essendo la mia anima di fronte a lui. “Hai
superato i cieli e sei giunto fino a me, e mi hai usato come termine di paragone per un amore vile. Mentre
solo a me e alla Madonna spettano le lodi.”
- Gli dirò “La donna aveva sembianze d’angelo che appartenesse al tuo regno, quindi non è colpa mia se
l’ho amata (se le ho posto amanza) ha visto la scintilla di bellezza propria del paradiso poiché lei è una
sorta di tramite. Attraverso di lei è riuscito a vedere il divino.
Dante porterà questo concetto alla perfezione.

In Guinizzelli troviamo anche testi in cui la donna (essere superiore) provoca nell’uomo un senso di
sbigottimento Cavalcanti.

GUIDO CAVALCANTI
Fu una sorta di fratello maggiore per Dante, anche se la sua visione della donna è molto diversa dalla
concezione di donna-angelo.
È presente il tema dello sbigottimento e della sofferenza provocata dall’amore lo sbigottimento nasce
dalla concezione filosofica secondo la quale esistono 3 anime nell’uomo:

1. Vegetativa componente fisiologica.


2. Sensitiva sensazioni e sentimenti (qui nasce
l’amore).
3. Intellettiva razionalità.

Siccome l’amore nasce nell’anima sensitiva, non può essere conosciuto razionalmente spaventa perché
non lo si comprende.

Questo tema è espresso nella 2° grande canzone manifesto dello stil novo forse è presente una
relazione con “Donne che avete intelletto d’amore” di Dante, anche se dice l’opposto di Cavalcanti.

“Donna me prega, - per ch’eo voglio dire”

Presenta le rime al mezzo, ovvero le rime all’interno della frase è un testo filosofico molto complesso dal
punto di vista metrico.
Cavalcanti esprime la sua idea d’amore un accidente che spesso è feroce.

In Cavalcanti troviamo ciò che era già presente nel testo di giacomo da Lentini, ovvero l’amore è qualcosa
di psicologico e fare poesia d’amore corrisponde allo studiare i processi psicologici dell’uomo.

“Tu m’hai sì piena di dolor la mente”

La donna è una presenza soverchiante, inconoscibile per questo crea sbigottimento.


Figura dell’automa il poeta è reso un essere inanimato dalla sofferenza.

Guido Cavalcanti e Dante Alighieri


Il dolce stil novo è un movimento basato sull’amicizia i poeti sono legati da una forte amicizia. Il loro
essere amici rappresentava quasi un carattere elitario, pur evidenziando la differenza totale tra le loro
visioni è uno scambio emblematico.

Dante e Cavalcanti sono due poeti molto diversi l’amore di Cavalcanti è qualcosa che porta con sé la
passione, l’alienazione dell’individuo e lo smarrimento delle proprie facoltà (diversissimo da dante).

Il loro rapporto è un tema difficile da trattare non si riesce a capire se già all’altezza della vita nova fosse
già attivo il distacco tra i due (se le due ideologie d’amore siano o meno già distinte). Sembra che la
canzone dottrinale di Guido “Donna me prega” sia una risposa alla “vita nova” di Dante.
Per Dante si può rinunciare a tutto, anche alla ricompensa fisica, dato che l’amore porta l’uomo in un luogo
così alto che non è necessaria alcun contatto tra amante ed amato l’amore ha in sé la sua perfezione.
Si nota la differenza tra i due già nel canto X dell’Inferno, dove Dante incontra Farinata e Cavalcante de’
Cavalcanti, il padre di Guido si capisce la distanza profonda tra le visioni di Dante e Guido sull’amore e
sulla donna.

“Guido, i’vorrei che tu e Lapo ed io”

In questa poesia l’amicizia si lega al tema del rapporto tra Dante e Guido Cavalcanti (definito nella vita
nova come il suo primo amico).
Il sonetto (di Dante) è uno scambio tra amici in cui Dante esprime il desiderio di andare in barca con i suoi
amici e le donne da loro amate.

Testo che appartiene alle cosiddette “Rime” di Dante poesie che Dante non ha raccolto in un’opera
unica, sono poesie sparse che sono state riunite successivamente.
Una delle prime raccolte d’autore è la “Vita Nova”, Dante ha raccolto le varie poesie che aveva scritto in
un’opera gli studiosi si interrogano sul motivo dell’esclusione o inclusione di alcuni testi nella Vita Nova.
Pare che Dante non abbia inserito questa poesia nella Vita Nova perché la donna di cui parla non è
Beatrice.

Si è discusso sull’identità del terzo amico (Lapo/Lippo) potrebbe essere Lapo Gianni o Lippo Pesci de’
Bardi (entrambi poeti toscani stilnovisti).
Secondo Guglielmo Gorni bisogna leggere Lippo, anche se tendenzialmente si preferisce leggere Lapo.

Lapo e Lippo sono due lezioni concorrenti, due varianti che si trovano nella tradizione manoscritta (i testi
erano copiati dagli amanuensi) sembra che i due nomi fossero intercambiabili, per questo ci sono molti
dubbi.

Claudio Giunta è uno studioso che sostiene che questa poesia sia da far appartenere alla sottospecie di
plazer, ovvero il souhait Dante si lascia andare a una specie di sogno in cui elenca una serie di cose
piacevoli che desidera. Si aggiunge successivamente la componente dell’immaginazione (féerie).
Dante non immagina cose belle né doni fantastici (no ricchezze) il suo sogno è di amicizia, di una vita
insieme tra poeti, secondo lo spirito cortese.

Secondo Gianfranco Contini, questo è un sogno di amicizia e qui trova la sua più grande testimonianza.

V.10 “quella che è sul numero delle 30” si pensa che qua Dante stia alludendo a un testo in cui parla
nella vita nova.
Ha composto una lettera in forma di serventese (componimento lungo di quartine) in cui fa un elenco delle
donne più belle di Firenze. In questo elenco “Beatrice sopportò di stare solo al numero 9” (numero perfetto,
dotato di un particolare potere, moltiplicazione della trinità per se stessa).

Un’altra interpretazione è quella secondo l’etica dell’amor cortese, ovvero l’amante doveva cercare di
nascondere l’identità della donna amata Dante si trova una donna che finge di essere l’oggetto del suo
amore: la donna dello schermo.
Forse la donna di cui parla Dante in questa poesia è proprio la donna dello schermo di cui parla nella vita
Nova.

Secondo altri il 30 è una quantità generica e quest’espressione in realtà vuol dire con colei che è al di
sopra delle 30 donne più belle come quando noi diciamo mille per indicare una quantità indefinita, stessa
cosa Dante col 30 o Boccaccio col 6.

“S’io fosse quelli che d’Amor fu degno”

La risposta di Guido è esemplare Guido dice che è un sogno impossibile e che non lo può riguardare.
Il rapporto tra i due è contraddistinto spesso da risposte di Guido che sono evasive ed ironiche (lui era
così) ironia distaccata di qualcuno che si sente al di sopra, guarda al sogno dell’amico come un sogno
giovanile che non può realizzarsi.
Guido rimarca la propria natura di poeta e amante fortemente malinconico (la malinconia era intesa come
una malattia d’amore).
Il sonetto si chiude rimarcando che ciò risponde alla volontà stessa di chi è colpito dall’amore.
Egli stesso desidera questa condizione, poiché questa sofferenza d’amore è in realtà una sofferenza che
l’amante accetta come connaturata alla propria condizione (tema della poesia cavalcantiana).

Le rime petrose di Dante


Vi è un gruppo di testi molto importanti: le rime petrose 4 testi lunghi (canzoni) caratterizzati sia da stile
complesso ed elevato, punta sull’esibizione della propria abilità nel gestire dei congegni che sono
particolarmente complessi dal punto di vista metrico.
Sono tutti dedicate a una donna chiamata Petra (Pietra) nome che facendo riferimento a qualcosa di
concreto serve per designare una donna non col suo vero nome ma in maniera diversa e metaforica (la
donna è vista come pietra). Dà l’idea della durezza di questa donna.

Amore per una donna giovane che è insensibile all’amore del poeta amore che si manifesta in maniera
diversa dall’amore della vita nova è un amore sensuale e passionale, fisico, anche se l’ossessività del
desiderio amoroso tende a fissarsi in immagini che sono delle cristallizzazioni astratte del desiderio stesso.
È come se la parola stessa fosse una sorta di cristallo vengono ripetute delle parole che sono quasi un
correlato della fissità del desiderio amoroso e della sua ossessività (pensiero fisso sul desiderio
inappagato).

Nel 26esimo canto del purgatorio Dante incontra Guinizzelli e ne fa un precursore, poi Guinizzelli gli indica
un altro poeta “egli fu meglio di me nel parlar materno”, ovvero la lingua effettivamente da lui parlata a
casa e appresa dalla madre (è il volgare).
Arnaut Daniel fu un grande trovatore provenzale, che componeva poesie molto difficili nelle loro
configurazioni tecniche è come se Dante accostasse le sue figure ispiratrici più grandi: Guinizzelli (stil
novo) e Daniel (rime petrose).

Il grande tema delle petrose è la passione amorosa che non trova via d’uscita.
Il paesaggio invernale, rime ripetute a sottolineare l’ossessività dell’amore accostamento del freddo
paesaggio invernale e dell’ardore dell’amore del poeta.
Nella lirica cortese invece il paesaggio è sempre primaverile (l’amore fiorisce con la primavera).

La donna è omicida e ladra priva il poeta di se stesso.


È quasi come la visione di Cavalcanti l’amore è però visto come una forza soverchiante che controlla
tutto, sia il bene che il male nella natura (non è una condizione quasi patologica come in Cavalcanti).

“Così nel mio parlar voglio esser aspro”

I poeti successivi riprendono lo schema di questa canzone è diventata molto popolare.

1° stanza:
Siccome l’oggetto della poesia è una donna crudele, allora anche lo stile deve essere aspro, conforme
all’oggetto. Probabilmente aspro non si riferisce solo allo stile ma anche a ciò che viene detto.
Contrassegnata dall’asprezza sia di carattere fonico (rime: aspro-diaspro, petra-impetra, cruda-ignuda…).
Sono rime ricercate, la maggior parte delle rime stilnoviste invece sono rime semplici (cuore-amore…).
Questa Petra è una donna insensibile di fronte all’amore e sferra colpi che uccidono.

2° stanza:
Impossibilità del poeta di difendersi da lei. L’amore è una lima che corrode il cuore in maniera silenziosa.

FRANCESCO PETRARCA
Francesco Petrarca è una figura di primo piano della letteratura italiana ed europea sta alla base di quel
movimento definito petrarchismo che nel ‘400 non influenza solo gli scrittori italiani, ma anche scrittori
europei.
L’italiano diventa così una lingua di cultura del tempo. Nonostante sia un fenomeno graduale già presente
nel ‘400, si può dare una data che sembra simboleggiare l’inizio vero e proprio del movimento: nel 1525
Pietro Bembo identifica apertamente Boccaccio come precursore e modello per quanto riguarda la prosa, e
Petrarca per la poesia.

Petrarca ha avuto la capacità di modificare la visione dei sentimenti e dell’uomo grazie alla visione
dell’umanesimo la riscoperta dei classici che erano andati dispersi nelle biblioteche dei monasteri e dei
privati.
Fu lui il primo ad attivarsi per ritrovare queste opere e raccoglierle in volumi, confrontando più manoscritti e
mettendosi quindi al principio della filologia.

Già dalle due origini, l’umanesimo mette in contatto diversi autori forte amicizia tra Petrarca e Boccaccio,
i quali collaborarono alla riscoperta dei classici eliminando le parti ridondanti e mantenendo semplicemente
la parte più pura possibile.
Sono convinti che la mentalità degli antichi latini e greci sia molto simile a quella attuale Petrarca riesce a
trovare una matrice comune tra la mentalità classica e quella cristiana, mettendo l’animo umano e
l’interiorità al centro della speculazione.

Petrarca è forse il primo autore moderno che ci ha lasciato molto di sé e della sua vita quotidiana in un
racconto particolarmente dettagliato e completo non possediamo infatti alcun testo scritto di pugno da
Dante o alcun libro che gli sia appartenuto, però possediamo di Petrarca entrambe queste cose: sia
manoscritti (autografi) anche delle sue poesie in volgare, e anche gran parte della sua biblioteca, quindi i
codici su cui si era formato con le rispettive annotazioni.

Trascorre gran parte della sua vita al di fuori dell’Italia, a differenza di Dante, che rimarrà legato a Firenze
anche dopo il suo esilio dopo la morte del padre si sposta ad Avignon in Francia dove si era spostato
anche il papato per ragioni politiche.
Viene appoggiato dalla famiglia Colonna e verrà in contatto con molti artisti ed intellettuali dell’epoca.

Tornato in Italia, passa un decennio a Milano prima di postarsi a Venezia e quindi a Padova, dove morirà.

Petrarca è principalmente un autore latino, che a volte utilizzava per annotazioni o anche per comunicare
con eruditi il volgare viene considerato non una lingua parlata, ma una lingua essenzialmente letteraria
che decide di utilizzare per alcune delle proprie opere (non usa il volgare corrente che serve ad indicare
oggetti concreti, ma una lingua di carattere letterario, trascendentale e sublimato al di sopra della lingua
parlata).

“RVF 1 dal Canzoniere”

Sta per “Rerum Volgarium Fragmenta”, il titolo vero e proprio che Petrarca avrebbe voluto dargli
(Frammenti di cose volgari).
È un testo importante perché apre quella che dovrebbe essere una delle prime raccolte d’autore italiane
(assieme alla Vita Nova).

Si tratta di una raccolta organica fatta dallo stesso Petrarca nella quale sono presenti 366 poesie ordinate
da lui stesso secondo criteri precisi: la successione dei testi ha un valore ed un significato forte.

L’opera si apre con un vocativo col quale Petrarca cerca di ritardare l’arrivo del verbo della principale
(spero) dilatando il tempo che lo precede con delle frasi subordinate.
Il protagonista autentico di tutto il Canzoniere è l’io del poeta, non la donna amata (Laura) il primo
sonetto serve per indirizzare il lettore verso la lettura di tutta l’opera.

Questi testi poetici d’amore risalgono al tempo della giovinezza, ormai chiusa nel tempo, considerato un
periodo di errori ora, infatti, si considera un uomo completamente diverso da quello che era prima.
Petrarca vuole raccontare come l’io del poeta si sia liberato da quell’errore.

Con il termine sparse indica o che i testi sono staccati gli uni dagli altri, che non hanno un vero e proprio
disegno unitario a priori, oppure che hanno un’origine differente uno dei grandi temi della poesia
petrarchesca è l’oscillazione tra gli stati d’animo del poeta, per questo la frammentazione dei testi potrebbe
essere anche la frammentazione dell’anima di Petrarca stesso.
Il poeta cerca di ricomporre queste rime sparse, dando loro una sorta di filo che potrebbe indicare anche
una stabilità ed un’unità dell’io, sgretolato durante la fase giovanile caratterizzata dall’errore.

Vi è un parallelismo tra il primo ed il quinto verso, nel quale parla di una varietà di soggetti così come una
varietà degli stili, entrambi segno delle oscillazioni tra le emozioni interne.

Insiste sulla vanità, su ciò che è inutile e non sembra portare


frutti. Accanto alla vanità vi sono due stati d’animo, la speranza PASSATO FUTURO
ed il dolore che fanno parte dell’errore di cui parlava in + gioia speranza
precedenza stoicismo cristiano per cui la saggezza è in grado - dolore timore
di staccarsi dalle passioni.

Nelle terzine parla di come sia senza senso inseguire le cose vane in quando appare solamente come un
sogno molto breve che non dà alcun risultato.

Risalta l’avversativa caratterizzata dal ma nonostante non dica nulla che vada contro quello appena
affermato. È invece il segno di divario con il passato ed un senso di consapevolezza da parte sua che
quando era giovane ed immaturo non aveva. Comprende quindi la fugacità delle cose terrene.
Formalmente vi è un ampio uso dell’allitterazione che serve per suddividere le diverse tematiche della
poesia e a sottolineare delle parole di carattere morale forte.

Petrarca si evolve nel tempo e così anche le sue opere subiscono delle modifiche.
In “Africa e deliris” voleva porsi come il Virgilio del suo tempo appartiene ad un periodo erudito e legato al
classicismo.

A 40 anni c’è la svolta pianifica 3 progetti di dimensione autobiografica, di cui uno di essi è una raccolta
di 360 lettere in latino, attraverso le quali cerca di ricostruire una sorta di autobiografia.
L’ultimo libro di lettere è indirizzato direttamente agli autori classici, con i quali era convinto di poter
conversare.

Queste 3 raccolte hanno qualcosa in comune, ovvero creano un macrotesto testo di grandi dimensioni
che comprende vari microtesti. È come se, unendoli e organizzandoli secondo un criterio, acquisissero un
significato ulteriore.
Il significato del macrotesto è quindi maggiore rispetto al significato della somma dei singoli microtesti.

La sua è un’autobiografia ideale nasce dalla realtà ma segue un certo disegno di maturazione, mettendo
in luce l’evoluzione dell’autore e la maniera in cui ha superato i suoi errori.

Le lettere senili raccontano molto della sua vita privata e dei suoi rapporti umani al tempo stesso egli
ritocca i dati della realtà, dato che è chiaro come alcune lettere non seguano la realtà della sua vita.
Egli scrive da zero alcune lettere della sua giovinezza, dando loro una conformazione idealizzata.
Questo non significa che Petrarca volesse esaltare se stesso, egli voleva solamente rileggere la sua
esperienza col senno di poi, attraverso un disegno ricompone il proprio io all’unità.

“Il Secretum”

Si tratta di un’opera molto interessante, che riesce ancora oggi ad affascinare molto attuale.
La vicenda è ambientata nel 1343 ma fu scritta e corretta successivamente a 40 anni di età Petrarca
ebbe la conversione.

Dialogo tra Francesco (suo alter ego) e Agostino (figura importante per Petrarca) parlano per 3 giorni in
presenza di una donna, la Verità, che ascolta in silenzio.
È il dialogo tra le due metà di Petrarca Francesco è più simile al vero Petrarca, mentre Agostino è la
guida morale.
Le 3 giornate sono caratterizzate dal cosiddetto travaglio Francesco non vuole modificare il proprio modo
di agire, nonostante i consigli di Agostino.

La sua condizione di infelicità è causata da lui stesso influenza della filosofia stoica (è l’uomo che è
causa della propria condizione).
Francesco è perennemente ripreso da Agostino sulla riflessione sulla morte e sul giudizio divino e sulla
caducità della vita impronta fortemente cristiana che si nota soprattutto nel secondo giorno.
Si parla di 7 peccati capitali ci si concentra sull’accidia, quella malattia dell’anima che ha qualcosa di
simile alla depressione, l’individuo è preda del labirinto dei suoi stessi pensieri. È questo il peccato che
affligge Petrarca.

Si parla di una condizione dell’animo che non era al centro della riflessione.

Nel terzo libro Agostino mette Francesco di fronte alle due catene che trattengono Francesco dal
convertirsi alla vita cristiana: l’amore per Laura e la ricerca della fama letteraria è significativa la
discussione sul tema dell’amore.
Ha grosse ripercussioni su come dobbiamo leggere Il Canzoniere.

I tentativi di Francesco di giustificare il suo amore per Laura come l’amore per una creatura con particolari
capacità non ha in realtà basi cristiane secondo Agostino per lui Laura non è che una donna qualsiasi.
Francesco si giustifica perché in Laura egli ha amato soprattutto delle qualità che hanno qualcosa di divino
e fa della donna un tramite di elevazione, uno strumento di affinamento dell’animo umano.
Secondo Francesco è solo grazie a Laura che lui è diventato ciò che è adesso lei ha guidato il suo
cammino e ha risvegliato il suo animo assopito.

La risposta di Agostino è dura.


L’amore significa dipendere da una persona l’amore portato al massimo grado significa identificare tutta
la propria felicità in un unico oggetto e dipendere da esso. È una sorta di baratro, di prigione.
È lei che stabilisce la felicità o infelicità dell’amante l’amore è uno stato patologico in cui l’individuo non è
più padrone di se stesso.

Oltre a questo c’è una cosa importante da l punto di vista concettuale sembra mettere in crisi la visione
positiva della donna che caratterizza lo stil novo.
Agostino dice che l’amore è inconciliabile con la concezione religiosa cristiana la donna devia dall’amore
celeste e porta a quello terreno.

Francesco è ritenuto responsabile di aver sovvertito l’ordine naturale delle cose per un cristiano non deve
amare dio per la creatura che egli ha creato ma dovrebbe amare le creature perché le ha create dio.

Alla fine del dialogo, Francesco non riesce a distaccarsi totalmente dalle cose mortali (conversione non
avviene totalmente) ma acconsente a riunire gli sparsi frammenti della propria anima e della propria
esistenza il canzoniere riflette ciò che è contenuto in quest’opera, si mette in discussione l’amore come
principio di elevazione spirituale, come l’amore sia una sorta di patologia che impedisce all’individuo di
essere se stesso a tutti gli effetti.
Si riconosce l’intenzione di delineare l’abbandono dell’amore per una creatura terrena per poi arrivare a
Dio.

“Il Canzoniere”

Il Canzoniere mette in scena il travaglio interiore dell’individuo e tutta la difficoltà che presenta tratti di
grande modernità.

Questo progetto ha una lunga gestazione e una lunga storia che i filologi hanno cercato di ricostruire.
Possediamo un manoscritto al tempo stesso autografo e idiografo (copiato da un copista sotto la
sorveglianza dell’autore), dato che la versione copiata è stata completata dallo stesso Petrarca (il copista
aveva abbandonato il lavoro).
Gli studiosi hanno ricostruito le diverse fasi di costruzione del Canzoniere.

“Sestina 22”

Testo importante che tratta il tema topico dell’amante che non riesce a trovare riposo dalla sua pena
romantica sottoposto perennemente al proprio desiderio.

È il primo esempio del canzoniere della forma metrica della sestina è uno dei generi più difficili dal punto
di vista metrico.
Una sestina è composta da 6 stanze di 6 endecasillabi ciascuna + congedo  le 6 stanze ripetono 6 sole
parole in rima, esse ritornano lungo tutto il componimento secondo uno schema preciso chiamato
retrogradatio cruciata.
La retrogradatio cruciata è la regolare alternanza d’inversione e progressione, per cui l’ultima parola-rima di
una strofa diventa la prima della strofa successiva, la prima slitta a seconda, ecc. secondo lo schema
ABCD DABC CDAB.

La rima è un luogo di condensazione del significato il testo gioca sulla ripetizione di parole emblematiche
per il significato del testo.
Sostantivi che individuano degli elementi generici e la ripetizione è come se giocasse sull’approfondimento
de significati (la stessa parola può avere significati diversi a seconda del contesto e dell’uso sempre
differente).

È come se l’autore potesse scendere in profondità nei significati della parola e coglierne le diverse
sfumature grazie alla genericità delle parole scelte si ha più possibilità di esplorare le varie sfumature di
significato. Sono parole che anche si richiamano tra loro.

Il testo è dedicato alla rappresentazione di uno stato tipico, ovvero l’incapacità di trovare pace e
ripososeparazione dell’amante rispetto a tutto il creato, si sente esterno.

La seconda stanza mette l’accento sulla condizione diversa dell’io del poeta rispetto al resto del creato.
Petrarca mostra un io che non trova mai riposo rispetto alla propria sofferenza d’amore è contrassegnato
da una profonda innaturalezza, è separato dalla condizione naturale degli esseri viventi.

L’et avversativo è tipicamente dantesco Inf. II 1-6. E rime petrose. È importante perché Petrarca negava
di essere influenzato da Dante, ma è interessante notare come sia invece estremamente influenzato dal
dante della Commedia e dal Dante delle rime petrose.

Siccome il sole viene spesso utilizzato come metafora della donna amata, si gioca su questa ambiguitàlui
maledice il giorno in cui ha visto la donna per la prima volta, perché lo ha reso un animale selvatico.

Nella 4 stanza la donna assume conformazione petrosa.

Nelle ultime due stanze Petrarca si abbandona a un sogno di trovare da parte della donna pietà e
compassione.
Sogna di poter stare con la donna senza essere visto da nessun altro che dalle stelle e che non venga mai
l’alba poi fa un riferimento molto importante a un mito. Laura è associata alla pianta dell’alloro ed esso è
la pianta in cui si trasforma la ninfa Dafne inseguita da Apollo innamorato di lei (chiede al padre di essere
trasformata in alloro per sfuggirgli). Per questo è la pianta sacra ad apollo.

Petrarca sogna che non succeda a lei ciò che è successo a Dafne con Apollo (lui si riconosce in Apollo).

Il congedo ritornano tutte le parole in rima.

“Solo et pensoso”

È il sonetto 35 del Canzoniere.


Con Petrarca, la canzone acquisisce grande dinamismo, dato che esprime un vero e proprio flusso di
coscienza salti temporali e logici simili al flusso del pensiero umano.
Anche il sonetto viene portato a un livello artistico molto alto pur essendo così breve, diventa luogo di
dramma.

In questo sonetto le inversioni sintattiche sono molto presenti, per mettere in rilievo degli elementi piuttosto
che altri.

I primi due versi danno l’idea della lentezza “Solo et pensoso”, “passi tardi e lenti”, la coppia di termini
con significato molto simile è detta dittologia sinonimica.
Crea una sensazione di equilibrio, dato che le due coppie di termini sono poste in luogo squisitamente
simmetrico.

2° quartina fornisce il motivo di questa ricerca di solitudine, senza però dirlo in maniera chiara.

“Altro schermo non trovo che mi scampi” somiglia al verso di Dante nelle Rime Petrose, sicuramente
Petrarca aveva in testa il verso Dantesco.
Tuttavia, la memoria poetica permette la ripresa di alcuni versi ma calandoli in una dimensione diversa in
Dante abbiamo un soggetto preso dalla rabbia, mentre qui è malinconico.

Lo schermo non è un semplice scudo ma è il ritirarsi, è assenza e cancellazione introversione estrema.


Vuole fuggire dalle persone perché sarebbe palese il suo stato d’animo di innamoramento doloroso. Si
sente vulnerabile e se ne vergogna.

3° quartina conseguenze del suo fuggire.

Conclusione finale che sovverte le aspettative e introduce qualcosa di inaspettato e spiazzante.


Non c’è modo per il poeta di sottrarsi alla presenza di Amore (è sempre con lui) la ricerca di solitudine
diventa, di fatto, un continuo dialogo con Amore.

Epifrasi si aggiungono, in coda a un verso, delle parole che ne amplificano, correggono o specificano il
significato.
“Dolce e chiara è la notte, e senza vento” -Leopardi

“Erano i capei d’oro a l’aura sparsi”

Laura viene descritta in modo simile a come viene presentata per la prima volta Venere nell’Eneideanche
Petrarca, come Dante, amava Virgilio.
Ella si eleva al di sopra dell’umano; Venere è la dea che appare a Enea in veste di cacciatrice e lui si
accorge del fatto che non può essere una creatura mortale Laura non è una divinità che sembra donna
ma, al contrario, una donna che sembra una divinità.

Laura non è come Beatrice per Dante non è una creatura scesa in terra “a miracol mostrare”, è una
donna mortale che si eleva a creatura celeste solo grazie alla sua bellezza e alle sue virtù.

In questa poesia è importante la dimensione della memoria sia Venere (Eneide) che Beatrice sono
sempre descritte in diretta, usando il tempo presente, mentre Petrarca introduce il manifestarsi della figura
femminile nella memoria.
Vengono revocati i ricordi e l’immagine della donna amata, la quale è indelebile nella mente del poeta.

Laura viene rappresentata coi capelli sciolti e mossi dal vento il testo originale gioca sull’ambiguità tra il
nome Laura e l’aura (=l’aria), dato che, a quel tempo, non esistevano ancora gli apostrofi.
Nel suo nome sono presenti ulteriori significati Laura=vento=alloro (lauro)=oro=aurora.

Il tema del sonetto è la fissazione dell’immagine di Laura nella mente del poeta, immagine che rimane al di
fuori della dimensione presente.
Laura sta invecchiando, per questo la luce che brillava nei suoi occhi si è affievolita quella descritta è
un’immagine che non può più ripetersi.

L’andamento è binario i primi 2 versi hanno come tema i capelli, i secondi 2 gli occhi, i versi 7-8
l’interrogativa retorica e così via.
Le due terzine possono essere divise in due parti: ½ della prima terzina costituisce il fenomeno visivo e
l’altro ½ il fenomeno uditivo, nella seconda terzina ½ costituisce l’interpretazione della visione e l’altra metà
il ritorno al presente.

L’accostamento di più sintagmi formati da aggettivo + sostantivo è tipicamente petrarchesco vivo sole,
spirto celeste.

“Chiare, fresche e dolci acque”

Lo scenario di questa poesia è Val Chiusa abbiamo il trionfo della dimensione della memoria e del testo
poetico come luogo in cui viene rappresentata la coscienza umana.

Il poeta invoca tutti gli oggetti che sono stati toccati da Laura sono stati sacralizzati.
Successivamente, il poeta immagina il suo futuro immagina di essere sepolto in quei luoghi e che Laura
passi di lì e sia mossa a compassione, piangendo per lui e cambiando così il suo destino ultraterreno (tale
è il potere che le attribuisce).

Nella stanza successiva si passa alla rievocazione del passato (visione di Laura stampata nella mente del
poeta) e poi si lascia spazio alla descrizione del sentimento d’amore del poeta.

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