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Disciplina fondamentale per la critica del testo, che richiede una dote
importante: la logica, necessaria più della memoria.
Ma che cos’è la Filologia?
«La filologia è l’insieme delle attività che si occupano metodicamente del
linguaggio dell’uomo, e delle opere d’arte composte in questo linguaggio».
(Alberto Varvaro, Prima lezione di Filologia)
È una disciplina che si occupa di ricostruire l’originale di un testo, di stabilire
l’autenticità di un testo manoscritto. Della Divina Commedia, che leggiamo oggi
nell’edizione critica di Giorgio Petrocchi, non esiste un solo manoscritto che
coincida con una pagina del testo a stampa. Leggere dei testi nella forma più
vicina a quella voluta dall’ autore è un’esigenza mossa dal riconoscimento del
valore dell’opera d’arte Di Boccaccio abbiamo un autografo completo, di
Petrarca disponiamo di un solo manoscritto, peraltro di dubbia interpretazione,
ma per quanto riguarda Dante non abbiamo possibilità di leggere niente che sia
stato scritto di suo pugno.
Conoscere il contesto storico non è meno importante della conoscenza della
lingua. La capacità di fare una parafrasi in italiano standard di quanto si è letto
è da esercitare continuamente. Beltrami, in A che serve un’edizione critica?, a
ragione definisce la Filologia come un «abito mentale», grazie al quale possiamo
e dovremmo interrogare ciò che ci viene riferito testualmente. In questo la
Filologia è profondamente educativa, ha delle affinità con l’ermeneutica,
«un’igiene mentale contro il presappochismo» (ibidem).
La sopravvivenza delle opere d’arte del passato è resa possibile dal lavoro
filologico. Ma stabilire quale forma avesse un’opera per un autore non è mai del
tutto del tutto possibile: c’è un limite invalicabile per la conoscenza profonda dei
testi. [Umberto Eco in Opera aperta dava un insegnamento riassumibile nella
seguente frase: «non esiste un’unica interpretazione corretta, tuttavia è
possibile dire quale sia una sbagliata». Ciò vale anche per l’edizione critica].
- Gli Umanisti furono straordinari studiosi delle lingue classiche. Pietro Bembo
all’età di ventidue anni era in grado di scrivere in greco e latino con assoluta
padronanza di entrambe le lingue. Tuttavia la Filologia umanistica ha un
difetto: non supera il concetto di edizione vulgata. I filologi umanisti sono in
grado di intervenire, di correggere con straordinaria efficacia sui testi, ma
non superano l’idea concettuale che il testo “può non esistere”, poiché tutte
le testimonianze sono difettose. La bontà di un manoscritto non è
direttamente proporzionale alla sua antichità: recentior non deterior. Un
manoscritto antichissimo può essere la settima, l’ottava copia che ha
accumulato un grande numero di errori. Un manoscritto che è recente, ma è
copia di un originale, o comunque di un manoscritto molto vicino ad esso, è
chiaramente un manoscritto su cui vale maggiormente la pena lavorare per
l’elaborazione di un’edizione critica.
30/04/2019
Storia della teoria della critica del testo
A
B
C D E
G H L M
06/05/19
Metodo errori comuni, o metodi stemmatico una volta riconosciuti i rapporti trai
testimoni di un testo, questi potevano essere disposti in un “albero genealogico”, uno
stemma codicum.
Fino a Lachmann e poco dopo il metodo degli errori comuni era quello della filologia
tedesca nell’ambito della filologia classica. Questo metodo si diffonde, toccando in
primis la Francia e poi arriva in Italia. Gaston Paris uno dei primi che applica il
metodo ad un testo medievale, nascita del metodo di come è oggi. Paris
pubblica un’edizione nel 1872 di La vie de saint Alexis, precedente alla Chanson de
Roland, declinato non come la tradizione agiografica latina declinava queste vite, ma
il racconto è tutto meno che la vita di un santo come. La vita di Sant’Alessio è
attestata da più di un testimone, che si dispongono nel tempo, il testo subisce dei
rimaneggiamenti. Nel medioevo non esiste l’idea di un prodotto letterario
come uno e intangibile, infatti l’opera letteraria può essere soggetti a mutamenti di
forme e contenuti, possono toccare la lingua, ad esempio ci sono dei testimoni della
Commedia che non sono scritti in fiorentino trecentesco; in alcuni casi il testo è più
lungo, alcuni episodi vengono ampliati: cambia il pubblico a cui il testo viene offerto e
cambiano i gusti. L’autore medievale si pone il problema del pubblico, anche perché
ha un rapporto molto più diretto con il pubblico, e di ciò l’editore deve tenere conto,
con prudenza, ma deve tenerne conto. L’editore e l’interprete devono decidere. Per
fare un’edizione critica bisogna dare un minimo di interpretazione, anche solo per
scegliere una lezione piuttosto che un’altra. L’interpretazione ha bisogno di usare
un testo affidabile; un testo affidabile si costruisce anche interpretando.
L’interpretazione umanistica non è mai riuscita ad andare oltre l’intervento puntuale
sul testo, ed è ciò che Lachmann non vuole che si faccia.
Le condizioni in cui si esercita la critica testuale dei testi medievali sono allo stesso
tempo migliori e peggiori di quelli della tradizione classica. Ogni generazione
modifica le opere per adattarle al proprio gusto, differenza tra filologia dei testi
classici e quella dei testi volgari, le corruzioni dei testi classici sono dati da errori
meccanici, errori migliori perché riusciamo a capire il meccanismo dell’errore e il
testo originale, trasmissione quiescente, tradizione il cui testo non viene cambiato
volontariamente, iato temporale grosso tra testi e manoscritti, mentre per i testi
medievali c’è anche un’altra modalità di errore, vicinanza tra testi e manoscritti,
questa è la trasmissione attiva, i copisti non sono lontani dal tempo in cui l’autore è
vissuto, molte volte sono magari dei contemporanei; ciò comporta che il copista senta
come vicino a lui il testo e non lo senta lontano. Gli autori del medioevo ammirano la
letteratura classica perché la considerano un monumento, mentre i testi più
contemporanei, dove si parte del loro mondo. Ricchezza della riflessione, condizioni
migliori e peggiori, rimaneggiamenti.
Il medioevo italiano è molto suis generis, la tradizione italiana è importata
dall’estero, perché infatti la nostra tradizione inizia nella prima metà del 1200,
mentre la letteratura francese aveva già 200 anni di letteratura. L’Italia è una
letteratura senza romanzo, il romanzo è propriamente del medioevo, almeno
di quello francese. La letteratura determinante per la nascita dei due generi
fondamentali della letteratura europea, ancora viventi, che sono la poesia lirica e il
romanzo, è quella francese.
Ringiovanimenti testo ringiovanito perché adattato al gusto del tempo.
Fine ‘800 metodo di Lachmann inizia ad entrare nel circolo degli studi anche
romanzi, e continua la sua crescita anche nell’ambito della filologia classica.
Si ricostruisce la genealogia di un testo attraverso gli errori comuni, solo gli errori ci
permettono di legare tra di loro i testimoni. Errori guida errori che ti permettono di
capire le parentele tra i manoscritti.
Teorizzati da Paul Maas. Errori congiuntivi/separativi congiuntivo: errore che
congiunge due o più manoscritti contro altri ed è tale che non può essere stato
commesso indipendentemente da quei copisti, che hanno copiato da un solo modello.
Un errore non deve essere solo congiuntivo ma la seconda qualità che l’errore guida
deve avere è quello separativo: deve separare il manoscritti dagli altri, perché è un
errore tale che non si può correggere, quindi un copista non può averlo copiato da un
manoscritto che l’ha e soprattutto non può averlo corretto. Quando abbiamo un
errore congiuntivo separativo allora possiamo stabilire una parentela.
Bisogna tenere conto delle condizioni in cui lavoravano in copisti e degli stessi
copisti.
07/05/19
Michele Barbi anni ’30, piena età idealista per l’Italia, cultura idealistica non amica
della filologia, ne disdegna l’aspetto materialistico, che non funziona con idealismo.
La filologia è necessariamente materialistica, perché si fonda sui dati e sul loro
scrutinio. Ciò difficilmente poteva entrare nelle corde di una filosofia che
vedeva nella lingua e nella letteratura l’espressione dell’istanza creatrice del
singolo, che è in grado di superare tutto e tutti e che non sempre è tracciabile.
Michele Barbi è uno dei massimi dantisti in assoluto, edizione critica della Vita Nova,
impostazione storicistica e filologica. La nuova filologia filologia nuova e rinnovata,
nuova anche perché la scuola scientifica italiana vi aggiunge degli atteggiamenti,
quanto di meno idealistico possibile. Non si può applicare la stessa ricetta a tutti i
testi. I casi sono infiniti, quindi bisogna che il riproduttore odierno di quei testi si
comporti secondo i casi: dice cose già dette da Gaston Paris, problema della lingua.
La conoscenza della lingua non finisce mai, le peggiori tagliole si incontrano nella
lingua che si conosce. Problema non solo linguistico, quindi formale (la filologia
distingue tra le varianti sostanziali e le varianti formali: le prime sono le varianti che
attengono al significato, quelle formali alla forma, fonologiche. I ragionamenti si
fanno sulle varianti sostanziali). Come spesso accade il confine tra i due tipi di
varianti non è netto. Un perfetto sinonimo è una variante sostanziale o formale? Una
doppia forma di un tempo di un verbo è sostanziale o formale? Queste varianti ci
possono dire qualcosa sulla provenienza del testimone: ad esempio possono spostare
la localizzazione di un manoscritto che trasmette la commedia, ci da informazioni
importanti, specie se è molto antico, è meno importante anche se è nella parte alta
della tradizione. Più si sta in alto, meglio si è piazzati: un manoscritto che si colloca in
alto nella prima riga è molto autorevole. Se però analizzando bene il manoscritto dal
punto di vista della lingua denuncia un ‘origine che ha poco a che vedere con l’autore
la sua autorevolezza sarà relativamente minore.
Barbi dice inoltre dice che bisogna conoscere molto bene il testo che si pubblica e
l’autore. Usus scribendi il modo di scrivere dell’autore, dal sistema linguistico, alle
costruzioni usate, alle figure metriche allo stile in generale. Fare edizione critica dei
testi in versi è più facile perché non si scappa dalla rima e dalla metrica. Errore di
rima non sempre evidente: la rima cuore/amore è ammessa in italiano anche se le
varietà di vocali sono diverse, nella tradizione dei trovatori e della poesia provenzale
non vale la stessa cosa. Rima siciliana in italiano non si può fare, anche perché
nella rima siciliana la è rima con ì e ó con u. L’edizione critica non si fa senza
interpretare; l’emendatio, cioè la correzione, può avvenire quando si trovano degli
errori, si può fare interpretando. Caratteristica italiana, si parla di critica. Dura
filologia, oltre i principi richiede una pazienta ricerca di fatti minuti.
Pasquali filologo classico. Alcune cose che Pasquali mette in chiaro. Prima si da la
storia e poi la critica di un testo. Pasquali fa una specie di decalogo.
Non bisogna solo applicare delle regole, ma queste devono essere confortate.
Lectio difficilior e Usus scribendi la prima in soccorso quando lo stemma non ci
aiuta, quando abbiamo due lezioni differenti che vanno entrambe bene. La traduzione
è lezione più difficile, quindi di fronte a due o più lezioni accettabili, ciò vuol dire che
non si può predicare la qualità erronea della lezione, a parte il raro caso della
variante d’autore, secondo un criterio extra-stemmatico scegliamo quella più difficile,
per un banale ragionamento di tipo economico, perché è più probabile che l’autore
abbia scritto una cosa più difficile e che il copista che l’ha semplificata, questo
succede soprattutto nei testi medievali, perché la tradizione dei testi romanzi è una
tradizione attiva.
Strofa IV
Amoros le sue parole suscitano amore. Sai topico, vuol dire qui sulla terra. Verso
25 cuore gentile, gentile di Dante, nobile, costante della poesia d’amore, la dama è
superiore nelle sue qualità interiori ed è anche bella. È snella, giovane, col corpo
piacente, e non credo che una più bella si cinga, cioè stringa la cintura della sua
veste, né mai nessuno non la poté vedere.
Strofa V
Alegre il semantismo dell’aggettivo allegro è molto diverso anche in italiano, non
vuol dire essere allegro, ma essere in un alta valutazione di sé stessi. Jacopone da
Todi incomincia una delle sue laude rivolgendosi a un interlocutore molto importante
ricordandogli la morte; incomincia e dice quando ti rallegri uomo potente, va’ e
guarda alla tomba, cioè hai poco da vantarti perché poi muori anche tu. Alegrar vuol
dire conscio della propria potenza ed esserne felice. Sono contento perché va
cercando ciò che è meglio per me: cosa c’è di meglio dell’amore per un poeta
d’amore. Bon Guiren questo è un signal, stampato con le maiuscole, che esiste
nella tradizione trobadorica e raramente nelle poesie antiche italiane; è uno
pseudonimo, vuol dire buon garante, protettore, è qualcuno che il poeta non vuole
dire, oppure qualcuno che si sa chi è ma gli affibbia un soprannome. Qualcuno dice
che potrebbe essere la donna ma non è plausibile. Rapporto con le sacre scritture
molto stretto. L’io poetico che abbandona l’amore muore.
Nella tradizione c’è una sesta strofa perché viene attestata in quella che secondo
Chiarini è la seconda versione scritta da Rudel
Sesta strofa una risposta alla V.
Strofa VI
Per l’aristocrazia esiste un solo mestiere è quella di fare la guerra. La
rappresentazione della società medievale ha tre ordini: gli oratores, i bellatores e i
laboratores, più il quarto ordine delle donne, dove giustamente hanno buttato tutto.
La funzione degli oratores è quella di chiedere il perdono per gli altri; i bellatores
impugnano le spade per ciò che considerano cause giuste, mentre i laboratores
devono provvedere per tutti e tre, rappresentazione estremamente semplicistica della
società. L’aristocrazia si sentiva investita della missione che era quella della guerra.
Seguire Dio a Gerusalemme vuol dire fare la crociata, ciò ha rappresentato per molti
una specie di ideale positivo, anche un modo con cui la cultura occidentale ha
incanalato la violenza endemica della società medievale. Come se la parte prima
fosse un omaggio al pubblico aristocratico e poi ci fosse un’esortazione alla crociata.
Andrea Cappellano dice che l’amore è una questione da ricchi, perché gli altri devono
faticare, la rivoluzione democratica dell’amore arriva con il dolce stil novo. Il
problema dell’amore è un problema sociale che investe il tessuto sociale, modo per
fare antropologia della persona umana perfetta, e anche la poesia d’amore dei
trovatori svolge questa funzione, macrometafora per parlare della condizione
umana. Siamo ancora dentro un’epoca che pensa che la nobiltà sia data dal sangue.
William the conqueror per gli inglesi era il figlio illegittimo di un duca, chiamato dai
francesi Guilleme le batârd. I nobili sono convinti che attraverso il sangue del padre
tu diventi nobili. Il discorso di amore concepito attorno alla figura di una donna
nobile può entrare in un discorso più grande sulla nobiltà, fonti medievali che si
concentrano solo sulla nobiltà, no anche sugli altri. Coronamento della vita di un
aristocratico è andare a morire da un’altra parte per Dio, una jihad cristiana.
Collatione.
Mangiai/ho mangiato variante formale o sostanziale? Formale anche perché
vogliono dire la stessa cosa, anche se dobbiamo vedere il contesto in cui stanno.
21/05/19
Chierico che aveva ricevuto un’istruzione superiore, non voleva per forza dire che
era dentro il clero.
Il copista medievale può copiare due volte dallo stesso testo, oppure fare un mix tra
due testi, perché magari un testo non lo convince questo fenomeno si chiama
contaminazione, ma è raro che avvenga perché di solito si ha un solo testo. La
tradizione dei testi romanzi è attiva, a differenza della tradizione quiescente della
tradizione classica.
Aprire una canzone d’amore con un addio non è molto usuale.
Strofa H non entrai in nessun raggruppamento della critica esterna, tradizione fatta
da chi ha strofa H e un insieme fatto da utti gli alti, ma entra in contraddizione con la
ripartizione fatta secondo le strofe c, d, f ? Strofa H determinante e sospetta, proprio
perché senza di lei il nostro componimento ci lascia incerti sul significato. Quando
strofa attestata a tutta la tradizione possiamo essere tutti tranquilli a proposito della
sua autenticità.
Strofa V caratteristiche di chiusura, strofa con cui il componimento si arresta, la
citazione di un personaggio, cioè Bon Guiren, indicato tramite un segnal, un
soprannome, il fatto di rivolgersi, ringraziare e celebrare un personaggio indicato con
uno pseudonimo, che può evidenziare o nascondere.
Nella Commedia di Dante, anche se ci sono tante varianti non abbiamo dubbi, anche
senza autografo, che la Commedia l’abbia scritta lui.
Rudel tra i primi cinque poeti della tradizione occidentale, anche perché la tradizione
trobadorica è la più antica europea, scrive poesie nella lingua materna e non in
latino.
Strofe C D ed E F sono autentiche? Se ci sono in qualche caso e non in altre arrivano
tutte dalla stessa fonte o no?
Le strofe hanno le stesse rime, sono unisonanti, coblas unissonans, le strofe hanno
gli stessi suoni finali. Schema universale: ababbcd. Italiano ossitonia molto rara,
perché le nostre parole hanno una sillaba atona dopo l’accento, 7 o 8 con ‘ vuol dire
che dopo accento c’è una sillaba atona, rima femminile, l’altra maschile.
Controprova separatività dell’errore.
Se un errore congiuntivo e separativo lega tutti i testimoni, vuol dire che tutti i
manoscritti lo hanno copiato da un modello che ce lo aveva già, dimostrando che la
discendenza non è quella di un originale di Jaufre ma da un altro. L’errore si è
tramandato ed ha dimostrato l’archetipo.
Chiarini nel suo lavoro mette a confronto due tradizioni, dicendo che discendono
indipendentemente da Jaufre. Comincia ad esaminare la tradizione più ampia, cioè la
tradizione che è individuata dalla presenza delle strofe d e f. Chiarini dice che
emergono due diverse fasi redazionali dei manoscritti, anche se quando afferma ciò
non sa che CEr e b3 non sono ancora stati scoperti.
I Strofa una ha il verbo ven e l’altra vai. Chiaro che nessuna delle due fasi può
venire.
Apparato positivo contiene tutte le lezioni, mentre quello negativo è quello che mette
solo lezioni rifiutate. Chiarini critica cosa ha fatto Jeanroy, edizione del 1924. J.
Sceglie una delle due coppie di strofe che in una parte della tradizione ci sono,
sceglie di mettere la strofa VI, da una tradizione in francese, e da un apparato. Le
due strofe le pubblica in apparato, pubblicandole secondo il testo del manoscritto A,
senza dirci niente di più e rifiutandole entrambe. Le pubblica e ci mette l’apparato,
non fa un’operazione scadente.
27/05/19
Lega componenti famiglia α alla famiglia A.
Se il verso è ipermetro si capisce cos’è che lo rende ipermetro e si va a cercare nelle
grammatiche.
Ha senso guardare una sintassi del francese antico perché ci si sta occupando di un
testo medievale, in cui la solidarietà grammaticale tra le lingue romanze è molto
accentuata, non è un errore cercare giustificazioni in lingue vicine che hanno
relazioni più strette dal punto di vista della parentela linguistica ma anche dal punto
di vista delle influenze culturali. Spesso si trovano completive non introdotte dal che.
Se si guarda l’edizione Chairini al v.20. Q con sopra il titulus: che accorciato in
maniera convenzionale.
Ciò che a noi interessa sono le famiglie, la maggioranza delle tradizioni che abbiamo
ricostruito.
La valutazione è stilistica e non meccanica. Anche i trovatori molto abili nella
versificazione cadono nel mot tornat, e bisognerebbe chiedersi nella poesia di Jaufre
se esistono altri mot tornat. Si prendono tutti i testi e li si passa in rassegna, bisogna
controllare guardando l’apparato, con autori lontano nel tempo è difficile farlo,
rispetto a quegli autori di cui non abbiamo niente. Una lezione da rifiutare è da
rifiutare tutta, non solo una parte, es v.23 f.2: doutz e plazen/fin e valen. Se ritengo
che plazen sia un errore, perché dovrei accettare anche doutz?
Valen ha più chance perché non è una mot tornat. Si sceglie fac fin e valen perché
sono in α e β. Tutto ciò si regge sull’ipotesi che valen sia giusto perché non è una mot
tornat.
In f7 della collazione troviamo una netta differenza tra α e β.
Avec viene da ab, che provengono dal latino apud, nel significato di con. Al v. 28
Chiarini preferisce la lezione di M perché plazen si trova già in rima al verso 26. La
variatio serve a rimarcare un concetto, la si trova anche negli antichi manuali di
retorica. Magari però risponde a volontà autoriali, perché magari in realtà a lui
interessa battere il taso sul plazer. Articolo innovazione delle lingue romanze. Noi
non abbiamo enclisi dell’articolo, ma proclisi, appoggio in avanti. Il corpo non è stato
tramandato nella tradizione come articolo all’indietro. Cosa più rilevante e
interessante è che β si separi. Escien latinismo secco che viene dal latino. Chiarini al
v.25 corregge con cor senza s, tradotto come cuore. L’italiano non può confondere il
continuatore di cordis da quello di corpo, mentre la lingua d’oc sì, perché perde non
solo la consonante ma anche le vocali finali. Col latino corpus cadono vocale e
consonante finale. Cosa fa confondere ancora di più? La lingua d’oc, come il francese
antico, mantiene una declinazione a due casi, soggetto e altri complementi, e sono le
due uniche lingue romanze, oltre al rumeno, che lo fanno. Marca morfologica che li fa
distinguere è la presenza della s, quando cuore è soggetto ha la s, quando è oggetto
non l’ha, mentre corpus ha sempre la s. Cors in questo caso è complemento oggetto.
Chiarini nell’edizione critica toglie la s.
Pippone sulle pastorelle occitane e sul fatto che le pastorelle abbiano la pelle scura
quindi i cavalieri non se le filano (sinceramente ho smesso di ascoltarlo e ho
canticchiato questo: https://www.youtube.com/results?
search_query=carlo+martello+ritorna+dalla+battaglia+di+poitiers)
Correzioni di Chiarini: ab cor è da prendere corretta?
Se plazen è assicurato avrebbe ragione Chiarini nel dire che ab cor non funziona, se
cor diventa cors bisogna cambiare cors in cor. Due correzioni sul testo trasmesso
sono onerose, anche se a volte bisogna farlo, anche se siamo sicuri a volte che ab cor
sia la versione giusta. Numerose sinalefi, che alle volte provocano un’ipometria nei
manoscritti I e K. Nella poesia antica la scelta tra dialefe e sinalefe è abbastanza
linera, mentre nella poesia moderna no, perché vengono utilizzate in maniera non
casuale dagli autori, che cercano di aggiungere o togliere materia fonica al verso per
renderlo più o meno suggestivo secondo le loro esigenze. Dolce e chiara è la notte e
senza vento. Se non contiamo le sinalefi vengono 14 sillabe. Perché Leopardi sceglie
di fare un verso di 14 sillabe? Operazione tipicamente moderna. I copisti fanno
pasticci quando vi è possibilità di più dialefi/sinalefi. Ora si sa che tutta la poesia
antica tende ad essere meno rigorosamente conseguente, tende a dare meno peso
significante, la poesia medievale la tiene come comodo artificio per sistemare la
misura del vero. Se ab cor non bisogna metterlo, il ragionamento del v.5 non ha senso
28/05/19
A è ipometro, ma se contiamo le posizioni metriche di B ciò non succede, non è più in
grado di ricostruire ciò che manca. Non è in grado di ricostruite d’als, quindi la
integra mettendoci eu, cioè io. Funziona come cosa, ma è molto più probabile che la
lezione sia quella degli altri, anche perché dopo c’è un topos ricorrente nella canzone
medievale, e di altro non osa chiedere, tutto ciò che rappresenterebbe un progresso,
topos che troviamo molto nella lirica medievale, come anche l’evidenza della
collazione ci mostra è evidente che sia un errore separativo è che B fa capire bene
cos’è il carattere separativo dell’errore. Se il copista si accorge che il verso è
ipometro tenta di sistemarlo, senza essere però in grado di rimetterlo bene a posto.
Chi corregge per congettura sbaglia. B ci da la prova che è ragionevole supporre che
gli altri manoscritti hanno d’als non possono averlo per congettura.
2 – K e M scrivono uno dompna e domna. Non possiamo propriamente considerarlo
né congiuntivo né separativo. In I e K al verso 24 in f.3 errore paleografico. Poiché
quel qu’. Nella Bibbia si usa formare l’uomo, topos molto importante nella
letteratura, Jaufre usa quest’espressione. Confusione tra n e v e n e u. nella scrittura
gotica non veniva scritta la v, anche se c’era il suono. La confusione tra v ed u,
dovuta alla fonetica, in latino è perché i latini non avevano il suono della v, che poi
nelle lingue neoromanze si è evoluta, anche se in maniera traballante, bisgona
aspettare l’età moderna per avere dei suoni e una scrittura fissa.
Se uno si prende la pena di copiare un testo è perché vuole che vengono trasmessi,
non pubblicherà testi che nessuno vuole, sono testi che sono arrivati alla scrittura, al
livello del libro, in cui la dominante della comunicazione è l’oralità, da secoli scrittura
dominante.
Ramo che mette assieme β e α. Chiarini mette cor tra gli errori perché per lui là c’è
cors. Quando un editore mette a testo una lezione vuol dire che per lui è originale. Se
ab cor è una zeppa vuol dire che è un errore, inserita da tanti copisti. Altro caso di
valutazione interna.
Concezione sinalefica della prosodia, copisti che tendono a fare sinalefi, come I e K,
che sicuramente sbagliano.
Si spinge verso l’idea che ad cor sia veramente una zeppa, vedere la lingua d’uso di
cor. Far valere zeppa come errore congiuntivo che lega insieme A e B. possibile che i
copisti del modello di AB e di B abbiano avvertito il pericolo di una dialefe che
avrebbe fatto perdere posizioni. A genera α1famiglia più o meno tutta unita. Zeppa
poligenetica.
29/05/19
È più economico pensare osservando la collazione che sia stato beta, antenato di a e
M, a perdere o a togliere il verbo perché lo riteneva inutile. Copisti di a e M
integrano con un aggettivo, bel nel caso di a e bon nel caso di M. le varianti indicano
quindi una zeppa. Cre e cug sono la stessa cosa, quindi non ce ne accorgiamo.
Mentre alfa è ben definito perché i testimoni che si raggruppano sotto alfa non hanno
variazioni rilevanti, in beta invece la famiglia è molto variegata. Alfa potrebbe
benissimo essere un manoscritto o un modello più o meno strutturato e scritto come i
suoi discendenti, beta non è così. Non conosciamo la lirica siciliana come doveva
essere perché c’è stata la toscanizzazione, rari casi in cui abbiamo la scuola toscana
in siciliano.
Il cambiamento della scrittura greca ha provocato una serie di perdite.
Testo passato attraverso contenitore e memoria umana, che poi prende
successivamente forma scritta, noi abbiamo concezione post-umanistica della
letteratura, quindi usiamo i libri, e il manoscritto beta non doveva essere un libro
come alfa, quindi si può anche spiegare come beta abbia delle relazioni con dei
manoscritti della tradizione B, perché non è esattamente un libro. Libri che magari
hanno delle varianti nei margini, libri nei quali il copista ha inventato delle cose in un
determinato momento.
Futuro in III strofa è meglio del presente, quindi n’aurai > n’ai
S che marca il soggetto perché marca il nominativo.
Alegres analogia, perché se seguiamo formazione da latino a provenzale arriviamo
ad alegre, che poi per analogia prende s.
Ovvio che il pronome clitico si unisce solo ad una vocale e non ad una consonante, se
non c’è vocale non avviene.
Scambio di felicità che dama e uomo si danno, poesia provenzale che dei trovatori si
trovano anche cose non esattamente delicate.
Chiarini dice che c’è una diffrazione in assenza (cioè c’è una lectio difficilior che il
copista non capisce, quindi la banalizza. Detta in assenza perché non è presente la
lezione).
Cercano di riprodurre una figura etimologica.
03/06/19
Ad edizione Chiarini si aggiunge b3 , errore che non ha osservato perché non
conosceva b3. Errori isolati non sono rilevanti, quindi non si trascrivono mai, a meno
che non siano interessanti per altri motivi, editore tiene conto degli errori isolati, che
non servono a stabilire il testo, ma danno altre informazioni.
V. 26 (per noi strofa b verso 5.) comune a tutta la tradizione, molto interessante.
B5, continuatore avverbio latino, che qualche volte nel passaggio da latino a lingue
romanze svolgono anche funzione pronominale, ibi ad i. Funzione abbastanza
generica che non indica una persona ma l’attinenza di ciò che viene detto con ciò di
cui si parla. In questo caso se lo traducessimo letteralmente sarebbe il mio cavallo vi
corre, in questo caso i attinenza a situazione, da tradurre come “a questo proposito”,
serve a legare il discorso, funzione coesiva come ne. Cavallo centrale per la società
alto-medievale, immagine del cavallo per indicare ciò che il soggetto fa e vuole
attraverso il cavallo, se il soggetto è un uomo aristocratico della società feudale. E e
b3 sono ipometrici. Se avessimo solo C non ci accorgeremmo di nulla, ma non è solo
così. CR sanano la loro ipometria mettendo aitan al posto di tan, perché manca i.