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29/04/2019

Presentazione, bibliografia, generalità sulla critica testuale.

Disciplina fondamentale per la critica del testo, che richiede una dote
importante: la logica, necessaria più della memoria.
Ma che cos’è la Filologia?
«La filologia è l’insieme delle attività che si occupano metodicamente del
linguaggio dell’uomo, e delle opere d’arte composte in questo linguaggio».
(Alberto Varvaro, Prima lezione di Filologia)
È una disciplina che si occupa di ricostruire l’originale di un testo, di stabilire
l’autenticità di un testo manoscritto. Della Divina Commedia, che leggiamo oggi
nell’edizione critica di Giorgio Petrocchi, non esiste un solo manoscritto che
coincida con una pagina del testo a stampa. Leggere dei testi nella forma più
vicina a quella voluta dall’ autore è un’esigenza mossa dal riconoscimento del
valore dell’opera d’arte Di Boccaccio abbiamo un autografo completo, di
Petrarca disponiamo di un solo manoscritto, peraltro di dubbia interpretazione,
ma per quanto riguarda Dante non abbiamo possibilità di leggere niente che sia
stato scritto di suo pugno.
Conoscere il contesto storico non è meno importante della conoscenza della
lingua. La capacità di fare una parafrasi in italiano standard di quanto si è letto
è da esercitare continuamente. Beltrami, in A che serve un’edizione critica?, a
ragione definisce la Filologia come un «abito mentale», grazie al quale possiamo
e dovremmo interrogare ciò che ci viene riferito testualmente. In questo la
Filologia è profondamente educativa, ha delle affinità con l’ermeneutica,
«un’igiene mentale contro il presappochismo» (ibidem).
La sopravvivenza delle opere d’arte del passato è resa possibile dal lavoro
filologico. Ma stabilire quale forma avesse un’opera per un autore non è mai del
tutto del tutto possibile: c’è un limite invalicabile per la conoscenza profonda dei
testi. [Umberto Eco in Opera aperta dava un insegnamento riassumibile nella
seguente frase: «non esiste un’unica interpretazione corretta, tuttavia è
possibile dire quale sia una sbagliata». Ciò vale anche per l’edizione critica].

Commento dell’introduzione ai materiali del corso

- In Introduzione alla filologia romanza, Erich Auerbach traccia una storia


della disciplina, che ha origine in Grecia (pp. 13-20). Disciplina antica che
non si esaurisce con l’arrivo della modernità: Vico, Montaigne, Pascal e
Shakespeare sono autori moderni presi in considerazione da Auerbach per
sottolineare i problemi della filologia romanza davanti ai testi a stampa.
L’edizione dei testi non è un lavoro del tutto indipendente: è necessario
l’ausilio di scienze «ausiliarie» come la paleografia, ad esempio. È vero,
specularmente, che un paleografo debba essere anche un po’ filosofo;
tuttavia questa nomenclatura (scienze ausiliarie) non è più usata nell’ambito
della ricerca. Auerbach, in quelle poche pagine, insiste sull’importanza della
competenza linguistica, che va distinta dalla competenza della propria
lingua. Non basta parlare e saper scrivere correttamente in italiano per
saper interpretare un testo italiano, e ciò vale per ogni altra lingua. Con una
lunga attività di frequentazione dei testi è possibile arrivare a maneggiare
testi antichi. Rileggere Ariosto, Tasso, Dante è un esercizio preziosissimo.

- La filologia ellenistica delle origini non ebbe un vero e proprio metodo


scientifico, ebbe una funzione assai pratica, unicamente volta
all’interpretazione dei testi di Omero e alla loro diffusione. Avendo un
importante testo a disposizione, riconosciutone il valore, prima di distribuirlo
era necessario capire quale fosse il miglior modo per far ciò. In
quest’operazione inventarono la Filologia, come la intendiamo ancor oggi.
«Un altro motivo per cui gli antichi, Aristaco in particolare, meritano ancora
lode è lo sviluppo del principio critico che la miglior guida all’uso di un autore
è il corpus dei suoi stessi scritti e perciò, dove possibile, le difficoltà si
dovrebbero spiegare con riferimenti ad altri testi dello stesso autore
(Interpretare Omero con Omero)».

- Gli Umanisti furono straordinari studiosi delle lingue classiche. Pietro Bembo
all’età di ventidue anni era in grado di scrivere in greco e latino con assoluta
padronanza di entrambe le lingue. Tuttavia la Filologia umanistica ha un
difetto: non supera il concetto di edizione vulgata. I filologi umanisti sono in
grado di intervenire, di correggere con straordinaria efficacia sui testi, ma
non superano l’idea concettuale che il testo “può non esistere”, poiché tutte
le testimonianze sono difettose. La bontà di un manoscritto non è
direttamente proporzionale alla sua antichità: recentior non deterior. Un
manoscritto antichissimo può essere la settima, l’ottava copia che ha
accumulato un grande numero di errori. Un manoscritto che è recente, ma è
copia di un originale, o comunque di un manoscritto molto vicino ad esso, è
chiaramente un manoscritto su cui vale maggiormente la pena lavorare per
l’elaborazione di un’edizione critica.
30/04/2019
Storia della teoria della critica del testo

Lucrezio, Lachmann e la genesi del metodo filologico.


La Filologia europea del XIX secolo ha come polo di riferimento la scuola tedesca di
Karl Lachmann. Lachmann è il protagonista della temperie culturale animatasi
attorno alla disciplina e il suo metodo lachmanniano sarà quello utilizzato, con poche
e precise variazioni, per l’intero secolo successivo, e ancora oggi tenuto in
considerazione dagli studi filologici contemporanei. Tra gli anni ’50 e ’60
dell’Ottocento, quando Lachmann era già morto, il metodo di riferimento per la
critica testuale classica, specie se applicata ai classici latini, si conferma quello
lachmanniano. Come mai? Qual è il contributo portato dal filologo tedesco? Il merito
di Karl Lachmann fu quello di individuare un sistema di studio degli errori nei
manoscritti, un sistema di emendatio distinto dall’ emendatio ope codicum e
dall’emendatio ope ingenii o divinatio, metodi non sistematici del passato.I tre gradi
del lavoro di edizione definiti da Lachmann sono quelli ancora oggi generalmente
accettati: recensere, emendare, originem detegere. Recensio: raccolta e confronto
dei testimoni di un dato testo. Il confronto, la collatio, è essenziale per delineare lo
stemma, una sorta di albero genealogico che rappresenti i rapporti che intercorrono
tra i testimoni. Una volta fatto questo è necessario emendare, (Contini, Filologia «La
filologia è un esercizio di logica formale») eliminare i testimoni superflui dal dominio
della nostra indagine, sempre finalizzata alla pubblicazione di un’edizione critica
(come spiega l’etimologia della parola ecdotica). Quest’operazione è indicata da
Lachmann come eliminatio codicum descriptorum (eliminazione dei codici de-scritti,
cioè delle copie). L’inutilità dei testimoni descritti è sempre relativa, mai assoluta:
nell’eventualità in cui ad un manoscritto manchi una pagina, ad esempio, sarebbe
molto utile disporre di una sua copia che, pur con gli errori di un codice descritto,
potrebbe avere quella pagina mancante.
Quando si fa una recensio, raggruppando i testimoni con la collatio, non ci si limita al
rilievo di lezioni erronee da scartare, ma ci si preoccupa di rendere visibili i rapporti
tra i vari testimoni nel tempo. La domanda che Lachmann pone a se stesso e alla
disciplina è grosso modo la seguente: «È possibile stabilire la natura dei rapporti di
interconnessione tra i manoscritti, così da poter individuare un albero genealogico,
che abbia in cima un testo quanto più vicino possibile ad un originale?» Ciò è
possibile sulla base di opportune considerazioni sugli errori. Le uguaglianze tra due
lezioni sulle quali è possibile supporre dei rapporti di parentela sono, logicamente,
quelle tra errori. Se due o più testimoni attestano una lezione indubitabilmente
erronea è ragionevole supporre la presenza di una qualche parentela.
La ricostruzione dell’archetipo
Per Lachmann è opportuno credere che il punto più alto al quale sia possibile
arrivare con il metodo ecdotico non coincida mai con l’originale: dall’accordo di tutti i
testimoni possiamo arrivare alla ricostruzione di un solo manoscritto, che ha dato
origine a tutta la tradizione, ma che non è, e non può essere, l’originale. L’esistenza
di questo testo deve essere tuttavia dimostrata. Questo testimone è l’archetipo, un
manoscritto che presenta degli errori rispetto all’originale, che sono individuabili in
tutta la tradizione, cioè in tutti i testimoni, i quali al più hanno aggiunto errori. Nella
pratica delle volte non si ha motivo di dubitare che l’archetipo ricostruito coincida
con l’originale, ma per definizione l’archetipo contiene sempre degli errori.
Archetipo, definizione in poche parole.
Il testimone perduto, dal quale discende tutta la tradizione di cui disponiamo.
L’esistenza dell’archetipo è giustificata dalla presenza di un certo numero di errori,
riscontrabili in tutti i manoscritti testimoni. Questa affermazione ha come logica
implicazione l’ipotesi che l’originale non abbia errore, e che sia dunque impossibile
da ricostruire. L’archetipo ricostruito coincide con un’eventuale edizione critica.
Il metodo scientifico lachmanniano non esclude la necessità di una buona dose di
intuito, quello della divinatio del passato, giustificato sempre dal buonsenso del
filologo.

A
B

C D E

G H L M

La recensio porta a stemmi di questa forma dove le lettere maiuscole indicano i


manoscritti e le linee segnano i rapporti di parentela. I è un codice descritto, C ed E
sono il risultato della ricostruzione data dalla “somma”, rispettivamente, di G e H e di
L e M. Per la ricostruzione di B, che è l’archetipo, terremo conto di C, D, E, F, cioè
dei quattro rami derivati direttamente dall’archetipo. La maggioranza dei rami
ricostruiti è un concetto ben diverso dalla maggioranza dei testimoni. Se C,D,E
presentano una lezione che non è in F, avremo ragione di credere che la lezione da
ricostruire sarà da fare a partire da quei tre.

06/05/19
Metodo errori comuni, o metodi stemmatico una volta riconosciuti i rapporti trai
testimoni di un testo, questi potevano essere disposti in un “albero genealogico”, uno
stemma codicum.
Fino a Lachmann e poco dopo il metodo degli errori comuni era quello della filologia
tedesca nell’ambito della filologia classica. Questo metodo si diffonde, toccando in
primis la Francia e poi arriva in Italia. Gaston Paris uno dei primi che applica il
metodo ad un testo medievale, nascita del metodo di come è oggi. Paris
pubblica un’edizione nel 1872 di La vie de saint Alexis, precedente alla Chanson de
Roland, declinato non come la tradizione agiografica latina declinava queste vite, ma
il racconto è tutto meno che la vita di un santo come. La vita di Sant’Alessio è
attestata da più di un testimone, che si dispongono nel tempo, il testo subisce dei
rimaneggiamenti. Nel medioevo non esiste l’idea di un prodotto letterario
come uno e intangibile, infatti l’opera letteraria può essere soggetti a mutamenti di
forme e contenuti, possono toccare la lingua, ad esempio ci sono dei testimoni della
Commedia che non sono scritti in fiorentino trecentesco; in alcuni casi il testo è più
lungo, alcuni episodi vengono ampliati: cambia il pubblico a cui il testo viene offerto e
cambiano i gusti. L’autore medievale si pone il problema del pubblico, anche perché
ha un rapporto molto più diretto con il pubblico, e di ciò l’editore deve tenere conto,
con prudenza, ma deve tenerne conto. L’editore e l’interprete devono decidere. Per
fare un’edizione critica bisogna dare un minimo di interpretazione, anche solo per
scegliere una lezione piuttosto che un’altra. L’interpretazione ha bisogno di usare
un testo affidabile; un testo affidabile si costruisce anche interpretando.
L’interpretazione umanistica non è mai riuscita ad andare oltre l’intervento puntuale
sul testo, ed è ciò che Lachmann non vuole che si faccia.
Le condizioni in cui si esercita la critica testuale dei testi medievali sono allo stesso
tempo migliori e peggiori di quelli della tradizione classica. Ogni generazione
modifica le opere per adattarle al proprio gusto, differenza tra filologia dei testi
classici e quella dei testi volgari, le corruzioni dei testi classici sono dati da errori
meccanici, errori migliori perché riusciamo a capire il meccanismo dell’errore e il
testo originale, trasmissione quiescente, tradizione il cui testo non viene cambiato
volontariamente, iato temporale grosso tra testi e manoscritti, mentre per i testi
medievali c’è anche un’altra modalità di errore, vicinanza tra testi e manoscritti,
questa è la trasmissione attiva, i copisti non sono lontani dal tempo in cui l’autore è
vissuto, molte volte sono magari dei contemporanei; ciò comporta che il copista senta
come vicino a lui il testo e non lo senta lontano. Gli autori del medioevo ammirano la
letteratura classica perché la considerano un monumento, mentre i testi più
contemporanei, dove si parte del loro mondo. Ricchezza della riflessione, condizioni
migliori e peggiori, rimaneggiamenti.
Il medioevo italiano è molto suis generis, la tradizione italiana è importata
dall’estero, perché infatti la nostra tradizione inizia nella prima metà del 1200,
mentre la letteratura francese aveva già 200 anni di letteratura. L’Italia è una
letteratura senza romanzo, il romanzo è propriamente del medioevo, almeno
di quello francese. La letteratura determinante per la nascita dei due generi
fondamentali della letteratura europea, ancora viventi, che sono la poesia lirica e il
romanzo, è quella francese.
Ringiovanimenti testo ringiovanito perché adattato al gusto del tempo.
Fine ‘800 metodo di Lachmann inizia ad entrare nel circolo degli studi anche
romanzi, e continua la sua crescita anche nell’ambito della filologia classica.
Si ricostruisce la genealogia di un testo attraverso gli errori comuni, solo gli errori ci
permettono di legare tra di loro i testimoni. Errori guida errori che ti permettono di
capire le parentele tra i manoscritti.
Teorizzati da Paul Maas. Errori congiuntivi/separativi congiuntivo: errore che
congiunge due o più manoscritti contro altri ed è tale che non può essere stato
commesso indipendentemente da quei copisti, che hanno copiato da un solo modello.
Un errore non deve essere solo congiuntivo ma la seconda qualità che l’errore guida
deve avere è quello separativo: deve separare il manoscritti dagli altri, perché è un
errore tale che non si può correggere, quindi un copista non può averlo copiato da un
manoscritto che l’ha e soprattutto non può averlo corretto. Quando abbiamo un
errore congiuntivo separativo allora possiamo stabilire una parentela.
Bisogna tenere conto delle condizioni in cui lavoravano in copisti e degli stessi
copisti.

07/05/19
Michele Barbi anni ’30, piena età idealista per l’Italia, cultura idealistica non amica
della filologia, ne disdegna l’aspetto materialistico, che non funziona con idealismo.
La filologia è necessariamente materialistica, perché si fonda sui dati e sul loro
scrutinio. Ciò difficilmente poteva entrare nelle corde di una filosofia che
vedeva nella lingua e nella letteratura l’espressione dell’istanza creatrice del
singolo, che è in grado di superare tutto e tutti e che non sempre è tracciabile.
Michele Barbi è uno dei massimi dantisti in assoluto, edizione critica della Vita Nova,
impostazione storicistica e filologica. La nuova filologia filologia nuova e rinnovata,
nuova anche perché la scuola scientifica italiana vi aggiunge degli atteggiamenti,
quanto di meno idealistico possibile. Non si può applicare la stessa ricetta a tutti i
testi. I casi sono infiniti, quindi bisogna che il riproduttore odierno di quei testi si
comporti secondo i casi: dice cose già dette da Gaston Paris, problema della lingua.
La conoscenza della lingua non finisce mai, le peggiori tagliole si incontrano nella
lingua che si conosce. Problema non solo linguistico, quindi formale (la filologia
distingue tra le varianti sostanziali e le varianti formali: le prime sono le varianti che
attengono al significato, quelle formali alla forma, fonologiche. I ragionamenti si
fanno sulle varianti sostanziali). Come spesso accade il confine tra i due tipi di
varianti non è netto. Un perfetto sinonimo è una variante sostanziale o formale? Una
doppia forma di un tempo di un verbo è sostanziale o formale? Queste varianti ci
possono dire qualcosa sulla provenienza del testimone: ad esempio possono spostare
la localizzazione di un manoscritto che trasmette la commedia, ci da informazioni
importanti, specie se è molto antico, è meno importante anche se è nella parte alta
della tradizione. Più si sta in alto, meglio si è piazzati: un manoscritto che si colloca in
alto nella prima riga è molto autorevole. Se però analizzando bene il manoscritto dal
punto di vista della lingua denuncia un ‘origine che ha poco a che vedere con l’autore
la sua autorevolezza sarà relativamente minore.
Barbi dice inoltre dice che bisogna conoscere molto bene il testo che si pubblica e
l’autore. Usus scribendi il modo di scrivere dell’autore, dal sistema linguistico, alle
costruzioni usate, alle figure metriche allo stile in generale. Fare edizione critica dei
testi in versi è più facile perché non si scappa dalla rima e dalla metrica. Errore di
rima non sempre evidente: la rima cuore/amore è ammessa in italiano anche se le
varietà di vocali sono diverse, nella tradizione dei trovatori e della poesia provenzale
non vale la stessa cosa. Rima siciliana in italiano non si può fare, anche perché
nella rima siciliana la è rima con ì e ó con u. L’edizione critica non si fa senza
interpretare; l’emendatio, cioè la correzione, può avvenire quando si trovano degli
errori, si può fare interpretando. Caratteristica italiana, si parla di critica. Dura
filologia, oltre i principi richiede una pazienta ricerca di fatti minuti.
Pasquali filologo classico. Alcune cose che Pasquali mette in chiaro. Prima si da la
storia e poi la critica di un testo. Pasquali fa una specie di decalogo.
Non bisogna solo applicare delle regole, ma queste devono essere confortate.
Lectio difficilior e Usus scribendi la prima in soccorso quando lo stemma non ci
aiuta, quando abbiamo due lezioni differenti che vanno entrambe bene. La traduzione
è lezione più difficile, quindi di fronte a due o più lezioni accettabili, ciò vuol dire che
non si può predicare la qualità erronea della lezione, a parte il raro caso della
variante d’autore, secondo un criterio extra-stemmatico scegliamo quella più difficile,
per un banale ragionamento di tipo economico, perché è più probabile che l’autore
abbia scritto una cosa più difficile e che il copista che l’ha semplificata, questo
succede soprattutto nei testi medievali, perché la tradizione dei testi romanzi è una
tradizione attiva.

Trivializzazione sostituzione di parole e forme difficili con altre più banali,


sostituzione del più frequente al più raro. In certi casi dell’uso del corrente rispetto a
ciò che è più dotto.
Recentiores non deteriores sunt l’autorità di un testimone è indipendente dalla
sua antichità. Criterio ovvio ma non troppo, visto che il codex optimus per gli
umanisti era spesso il più antico, visto che era più vicino all’autore.
La trasmissione dei testi non è unicamente verticale, questo è un pregiudizio. Il
copista non si limita solo a copiare il modello che ha davanti, trasmissione verticale,
ma anche orizzontale, nel senso che il copista non ha di fronte un modello solo, ma
confronta anche un altro modello facendo una collazione, non solo A ma anche B,
può anche capitare che inserisca elle lezioni di B dentro A, la critica testuale chiama
questo fenomeno contaminazione. Non è che il copista sta copiando il modello A, ma
disponendo di un altro modello migliore la sua copia. Nella tradizione della commedia
la contaminazione è la prassi, per questo non abbiamo un testo critico unico.
Jaufre Rudel, Quan lo rossignols el foillos. Vissuto prima metà del XII secolo, autore
importante perché è un autore molto antico. La poesia dei trovatori, poeti di corte
della Francia meridionale, che si sono espressi in occitano, sono importanti perché
sono la prima tradizione poetica dell’Europa post-romana, in una lingua che non è il
latino, primi che scrivono cose nella lingua in cui parlano, i trovatori non sono certo i
primi fondatori di un nuovo modo di fare poesia. Rudel è uno dei più interessanti
perché più antichi. Il primo trovatore di cui ci sono arrivati dei testi, muore un po’
prima di Rudel. Il testo è interessante perché ha dei problemi testuali dati da una
tradizione separata, perché abbiamo due versioni, e una di queste è più lunga di
un’altra.

- Tradizione: se prendiamo questo testo e ne facciamo la recentio, i testimoni


manoscritti li troviamo abbastanza facilmente; un canzoniere è un libro che
raccoglie una serie di canzoni, significato etimologico che oggi si è perso, testo
poetico che viene anche cantato. Siamo certi che la poesia dei trovatori fosse
cantata, in un numero limitato di casi ci conservano la notazione musicale; ciò
non è presente nella tradizione italiana. Testi poetici per i trovatori che
nascono cantati. Questo testo non ha la melodia, non interviene filologia
musicale. Canzonieri sono delle antologie, importante perché sono delle
raccolte che sono simili alle nostre antologie, testi poetici raccolti per autore
che si susseguono, con criteri diversi, ad esempio prima quelli celebri e poi gli
altri, criteri che si possono anche ricostruire.
08/05/2019
Lingua nazionale che è una lingua letteraria. La storia dell’italiano è molto giovane,
inizia con la diffusione della radio.
Diverse sigle che hanno significati diversi. MG Mahn Gedishte (poesie al plurale),
titolo abbreviato della sua raccolta. Questa sigla è ormai un po’ inutile perché i
manoscritti sono digitalizzati. In lettere minuscola sono in carta, maiuscola in
pergamena.
In una poesia della tradizione accade che queste possano perdersi o cambiare
d’ordine. Nella poesia lirica, nel senso tecnico vuol dire poesia con la musica, che si
canta con la lira. Poesia lirica formata da strofe. Il copista può fare errori materiali,
oppure copisti che eliminano parte di un testo o cambiano un personaggio all’interno
di un romanzo. Ciò avviene più facilmente nella poesia lirica, perché essendo la
poesia del soggetto non ha narrazione. In una poesia medievale tipica l’esordio non
può essere spostato perché ha marcature evidenti, le altre invece possono essere
spostate. 2 e 3 bis strofe che stanno dove al II e al III posto che sono diverse dalle
altre.
Il filologo punta ad avere il testo originale, non il migliore, perché ha un valore
culturale anche se non è bello. La critica testuale punta a dare il testo originale.
Critica esterna critica che si esercita sul testo a partire da ciò che non è testo,
mentre la critica interna si occupa le varianti delle lezioni.
I testimoni che hanno una strofa apocrifa vuol dire che l’hanno presa da un modello.
I copisti non copiavano da un libro ma da fascicoli slegati. Poesia di Rudel trasmessa
in due redazioni differenti, cioè che Rudel ha scritto una versione uno e poi ne ha
scritto una versione due. Come avveniva la pubblicazione? Venivano eseguite delle
copie. Nel medioevo nessuno legge poesie, si ascoltano solo, anche perché le persone
non sanno leggere.
13/05/19
Sigla D 1254. Raramente i manoscritti hanno una data.
Raccolte antologiche che originano da luoghi diversi. Assi da Barcellona a Venezia e
da Venezia a Napoli. Questi sono i luoghi di fabbricazione dei manoscritti, ad esempio
i canzonieri che hanno sigla AIK sono stati molto probabilmente scritte a Venezia.
Percorso verso lingua nazionale molto lungo, con i contemporanei di Rudel non era il
caso di parlare di lingua nazionale, varietà linguistiche che si impongono su altre.
Brunetto Latini fiorentino, ma scrive il tesoro, cioè la sua enciclopedia, in francese,
pensata per coloro che hanno il compito di governare la città. Trovatori italiani che
scrivono solo in lingua d’oc, come ad esempio Sordello. In questa espansione è
possibile che le lingua, la forma e il contenuto dei nostri testi sia stato modificato,
anche per errori che avvengono per puro lapsus, ab variante di avec.
Siamo abituati nella letteratura moderna a sapere molto dell’autore. Condizione
tipica dell’autore medievale, sappiamo molto poco su di loro rispetto agli autori
antichi, anche se noi italiani su qualche autore medievale sappiamo molto, anche
perché il medioevo in Italia arriva molto tardi.
Chrétien de Troyes, corte di Champagne, non sappiamo molto della sua vita.
Biografia di Rudel molto romanzata, illustra anche la tendenza medievale a
modificare i testi e a ingrandirli, queste biografia stanno nei canzonieri che ci hanno
trasmesso le poesie, libri molto raffinati. La vita ci dice che Rudel è stato signore di
Blaya e del territorio circostante. Successivamente ci viene raccontata una storia
probabilmente non vera, a cui Carducci aveva dedicato una poesia: questo si
innamora della contessa di Tripoli in Siria senza averla mai vista. La contessa di
Tripoli è cristiana e non musulmana. El (no et9) se croset si fece crociato. La
malattia lo colse nella nave (lett.). La contessa viene a sapere che sto tipo che si era
innamorato di lei, quindi lo va trovare e quello le muore tra le braccia dopo aver
lodato Dio. La contessa lo fece seppellire nella casa dei templari e per il dolore della
morte di lui, lei si fece monaca. Microromanzo di una categoria che piace molto agli
occidentali, amore e morte. Connubio amore morte fa molto successo. È dal veneto
che si originano queste biografie.
Poesia italiana prima di Dante: 3 canzonieri. Poesia d’amore dei trovatori hanno
sempre il topos della dama lontana che non può ricambiare l’amore dell’uomo per
vari motivi, irraggiungibilità dell’oggetto d’amore, archi tema poetico che ha
delle ragioni che veicolano messaggi anche piuttosto rilevanti anche nella storia della
cultura, Beatrice e Laura anche frutto di influenza della poesia dei trovatori. Questa
poesia cerca di portare a livello narrativo una specie di interpretazione della poesia
di Jaufre.
L’editore racconta come è arrivato alla costituzione del testo critico.
Occitano e francese prevalentemente ad ossitonia, non hanno sillabe atone dopo
l’accento.
Edizione senza note è un’edizione scadente.
14/05/19
Verso d’amore secondo tematica preferita di Jaufre è l’amore lontano. Donna è un
titolo di rispetto, che ha una continuazione in Dame, la donna nell’italiano antica si
chiama femina/feminetta, le donne sono quelle a cui si porta rispetto. Strofa
innovativa che nella storia letteraria si chiama strofa primaverile, inizio
primaverile/stagionale, che è una specie di segnale introduttivo che la poesia del
medioevo utilizza per dire che inizierà a parlare di qualcosa di molto bello. L’inizio
primaverile diventerà topico, ci saranno dei racconti che inizieranno con un inizio
primaverile, come i Canterbury Tales. Anche Eliot inizia The Waste land con «aprile è
il più crudele dei mesi». Jauzen joios è una figura etimologica e un’allitterazione.
Deport vuol dire allegria, grande gioia che è il suo amore, il soggetto lirico è riacceso
dalla primavera. Inizia il motivo lirico nella seconda strofa. Amore in lingua d’oc è
femminile, quindi poteva essere anche un soggetto femminile perché l’io lirico è
maschile, quindi lui va verso lei, cioè l’amore. Il cavallo è una presenza costante,
anche perché lui è un aristocratico, il suo cavallo corre lento anche perché la sua
mente è pesante; er continuatore di ero, futuro del verbo essere latino. Verso 18:
espressione propria della lingua d’oc, cors può voler dire cuore ma anche corpo; i
trovatori giocano sulla cosa perché sono omografi e omonimi, lingua d’oc uso del
significato mon corpus al posto di io e ton cors per dire tu. Cors me’en sia vengo
meno io, sia viene meno il mio cuore. Nella poesia dei trovatori spesso si utilizzano
immagini che originano dal mondo aristocratico e feudale (dir per sieu lo dice il re al
vassallo). Come se la dama chiedesse di accoglierlo come suo servitore; le fonti
quando descrivono il rapporto feudale lo descrivono come un rapporto d’amore. Non
è una diminutio il paragonare il sentimento d’amore dell’uomo verso la donna ad
un’immagine feudale del vassallo che si giura al signore. Il soggetto lirico sa
benissimo che sta cosa non si realizzerà mai, ma ciò nonostante continua col suo
sforzo perché ha una ripercussione su di lui soggetto.

Strofa IV
Amoros le sue parole suscitano amore. Sai topico, vuol dire qui sulla terra. Verso
25 cuore gentile, gentile di Dante, nobile, costante della poesia d’amore, la dama è
superiore nelle sue qualità interiori ed è anche bella. È snella, giovane, col corpo
piacente, e non credo che una più bella si cinga, cioè stringa la cintura della sua
veste, né mai nessuno non la poté vedere.
Strofa V
Alegre il semantismo dell’aggettivo allegro è molto diverso anche in italiano, non
vuol dire essere allegro, ma essere in un alta valutazione di sé stessi. Jacopone da
Todi incomincia una delle sue laude rivolgendosi a un interlocutore molto importante
ricordandogli la morte; incomincia e dice quando ti rallegri uomo potente, va’ e
guarda alla tomba, cioè hai poco da vantarti perché poi muori anche tu. Alegrar vuol
dire conscio della propria potenza ed esserne felice. Sono contento perché va
cercando ciò che è meglio per me: cosa c’è di meglio dell’amore per un poeta
d’amore. Bon Guiren questo è un signal, stampato con le maiuscole, che esiste
nella tradizione trobadorica e raramente nelle poesie antiche italiane; è uno
pseudonimo, vuol dire buon garante, protettore, è qualcuno che il poeta non vuole
dire, oppure qualcuno che si sa chi è ma gli affibbia un soprannome. Qualcuno dice
che potrebbe essere la donna ma non è plausibile. Rapporto con le sacre scritture
molto stretto. L’io poetico che abbandona l’amore muore.
Nella tradizione c’è una sesta strofa perché viene attestata in quella che secondo
Chiarini è la seconda versione scritta da Rudel
Sesta strofa una risposta alla V.

Strofa VI
Per l’aristocrazia esiste un solo mestiere è quella di fare la guerra. La
rappresentazione della società medievale ha tre ordini: gli oratores, i bellatores e i
laboratores, più il quarto ordine delle donne, dove giustamente hanno buttato tutto.
La funzione degli oratores è quella di chiedere il perdono per gli altri; i bellatores
impugnano le spade per ciò che considerano cause giuste, mentre i laboratores
devono provvedere per tutti e tre, rappresentazione estremamente semplicistica della
società. L’aristocrazia si sentiva investita della missione che era quella della guerra.
Seguire Dio a Gerusalemme vuol dire fare la crociata, ciò ha rappresentato per molti
una specie di ideale positivo, anche un modo con cui la cultura occidentale ha
incanalato la violenza endemica della società medievale. Come se la parte prima
fosse un omaggio al pubblico aristocratico e poi ci fosse un’esortazione alla crociata.
Andrea Cappellano dice che l’amore è una questione da ricchi, perché gli altri devono
faticare, la rivoluzione democratica dell’amore arriva con il dolce stil novo. Il
problema dell’amore è un problema sociale che investe il tessuto sociale, modo per
fare antropologia della persona umana perfetta, e anche la poesia d’amore dei
trovatori svolge questa funzione, macrometafora per parlare della condizione
umana. Siamo ancora dentro un’epoca che pensa che la nobiltà sia data dal sangue.
William the conqueror per gli inglesi era il figlio illegittimo di un duca, chiamato dai
francesi Guilleme le batârd. I nobili sono convinti che attraverso il sangue del padre
tu diventi nobili. Il discorso di amore concepito attorno alla figura di una donna
nobile può entrare in un discorso più grande sulla nobiltà, fonti medievali che si
concentrano solo sulla nobiltà, no anche sugli altri. Coronamento della vita di un
aristocratico è andare a morire da un’altra parte per Dio, una jihad cristiana.

La critica esterna non ha lo stesso valore della critica interna, ma ci consente di


avere un’idea di come sia fatta una tradizione, critica delle lezioni molto minuta, che
non ti fanno concentrare sul testo. Compito di pubblicare il testo più vicino a quello
della volontà autoriale. La poesia lirica per suo stesso statuto è una poesia
soggettiva, in cui il soggetto parla d’amore per parlare di sé, che comincia con il
primo verso della strofa e termina all’interno del confine della strofa. Non spostano
né la prima né la quinta strofa. Grasso vuol dire florido. Es amors bon’ ab bon saber,
che discende direttamente dalla Bibbia. Tema del pensiero d’amore che non si
allontana mai dal soggetto, di quest’amore sono pensieroso, doloroso, pensiero che
impegna vegliando e nel sonno dormendo. Jau jauzitz jauzen figura etimologica
triplice.
15/05/19
Recentio Quan lo rossignols el foillos, cioè raccogliere e confrontare i testimoni di
questo testo. Nella carta 127r (recto, cioè la pagina di destra, v vuole dire verso, cioè
il retro). Problemi attributivi, uno stesso testo può essere attribuito ad autori
differenti, questo fa sì che si inserisca tra parentesi tonde la stringa di testo che
attribuisce il testo, che è scritta in rosso e si chiama rubrica.
Karl Bartsch fa una storia della letteratura attraverso i vari generi e come si sono
tramandati i manoscritti. Fa elenco dei trovatori e delle loro poesie. Dà un numero ad
ogni trovatore della poesia ordinata in modo alfabetico. Il Grundriss di Bartsch ha
molto successo. I testi medievali e in particolare i testi lirici non hanno titolo, ma
vengono citati secondo l’incipit, cioè il primo verso.
Bibliographie der Troubadours, Alfred Fillet le poesie hanno lo stesso numero di
quelle che hanno in Bartsch, bibliografia un po’ più amplia, ripubblicati tutti i
manoscritti più uno che Bartsch non aveva citato. La scrittura antica va sempre
interpretata. Non è semplice trascrivere un manoscritto anche se è scritto con una
scrittura semplice, come la minuscola carolina, scrittura alla base della nostra
stampa.
I canzonieri, cioè le raccolte di poesia lirica nel senso storico, possono essere
composti da tanti generi poetici, che non corrispondono alla nostra idea di poesia,
perché l’idea di poesia per noi è quella del Romanticismo e post-Romanticismo, nel
medioevo un genere di poesia, la Canzone di Crociata, predica in versi che incita alla
guerra santa, non ha nessuno degli scopi che si prefigge un discorso in versi moderni,
a nessuno importa niente delle opinioni soggettive dell’autore, che in genere sta nel
testo, quello che importa è costituire un discorso persuasivo, dopo un certo periodo
sfugge alla scrittura inversi, esce dalla letteratura, non la consideriamo letteratura o
la consideriamo ma in senso molto lato, queste distinzioni ne medioevo non hanno
senso, non esiste il primato del discorso lirico soggettivo, inteso come un discorso
apprezzabile a con meno lirismo, senza differenza tra discoro persuasivo, come può
essere quello dell’esaltazione alla crociata.
A è un manoscritto fatto su commissione, manoscritto fatto molto bene, con margini
larghi e molta pergamena usata inutilmente, manoscritto molto caro anche perché ha
più di trecento carte, pergamena molto cara, più duratura della carta. È costruito
molto bene, poesia scritta come prosa, si va a capo con ogni strofa, lettera marcata
d’inizio strofa. In rosso abbiamo la vita di Rudel. Libro mai stato letto, probabilmente
depositato. Famiglia nobile o mercantile di grandi possibilità. Miniatura di Rudel che
muore tra le braccia della contessa di Tripoli. numero 1 per dire che in quell’officina
scrittoria si numeravano i componimenti ogni volta che cambiava l’autore.
In alcuni manoscritti c’è anche la notazione medievale.
Autore di un manoscritto che mette una nota di possesso.
e manoscritto descriptus.
Biblioteca colombina molto interessante.
Un tipo c’ha due versioni dello stesso manoscritto, una è una copia di una fonte
perduta.

Collatione.
Mangiai/ho mangiato variante formale o sostanziale? Formale anche perché
vogliono dire la stessa cosa, anche se dobbiamo vedere il contesto in cui stanno.
21/05/19
Chierico che aveva ricevuto un’istruzione superiore, non voleva per forza dire che
era dentro il clero.
Il copista medievale può copiare due volte dallo stesso testo, oppure fare un mix tra
due testi, perché magari un testo non lo convince questo fenomeno si chiama
contaminazione, ma è raro che avvenga perché di solito si ha un solo testo. La
tradizione dei testi romanzi è attiva, a differenza della tradizione quiescente della
tradizione classica.
Aprire una canzone d’amore con un addio non è molto usuale.
Strofa H non entrai in nessun raggruppamento della critica esterna, tradizione fatta
da chi ha strofa H e un insieme fatto da utti gli alti, ma entra in contraddizione con la
ripartizione fatta secondo le strofe c, d, f ? Strofa H determinante e sospetta, proprio
perché senza di lei il nostro componimento ci lascia incerti sul significato. Quando
strofa attestata a tutta la tradizione possiamo essere tutti tranquilli a proposito della
sua autenticità.
Strofa V caratteristiche di chiusura, strofa con cui il componimento si arresta, la
citazione di un personaggio, cioè Bon Guiren, indicato tramite un segnal, un
soprannome, il fatto di rivolgersi, ringraziare e celebrare un personaggio indicato con
uno pseudonimo, che può evidenziare o nascondere.
Nella Commedia di Dante, anche se ci sono tante varianti non abbiamo dubbi, anche
senza autografo, che la Commedia l’abbia scritta lui.
Rudel tra i primi cinque poeti della tradizione occidentale, anche perché la tradizione
trobadorica è la più antica europea, scrive poesie nella lingua materna e non in
latino.
Strofe C D ed E F sono autentiche? Se ci sono in qualche caso e non in altre arrivano
tutte dalla stessa fonte o no?

Le strofe hanno le stesse rime, sono unisonanti, coblas unissonans, le strofe hanno
gli stessi suoni finali. Schema universale: ababbcd. Italiano ossitonia molto rara,
perché le nostre parole hanno una sillaba atona dopo l’accento, 7 o 8 con ‘ vuol dire
che dopo accento c’è una sillaba atona, rima femminile, l’altra maschile.
Controprova separatività dell’errore.
Se un errore congiuntivo e separativo lega tutti i testimoni, vuol dire che tutti i
manoscritti lo hanno copiato da un modello che ce lo aveva già, dimostrando che la
discendenza non è quella di un originale di Jaufre ma da un altro. L’errore si è
tramandato ed ha dimostrato l’archetipo.
Chiarini nel suo lavoro mette a confronto due tradizioni, dicendo che discendono
indipendentemente da Jaufre. Comincia ad esaminare la tradizione più ampia, cioè la
tradizione che è individuata dalla presenza delle strofe d e f. Chiarini dice che
emergono due diverse fasi redazionali dei manoscritti, anche se quando afferma ciò
non sa che CEr e b3 non sono ancora stati scoperti.
I Strofa una ha il verbo ven e l’altra vai. Chiaro che nessuna delle due fasi può
venire.
Apparato positivo contiene tutte le lezioni, mentre quello negativo è quello che mette
solo lezioni rifiutate. Chiarini critica cosa ha fatto Jeanroy, edizione del 1924. J.
Sceglie una delle due coppie di strofe che in una parte della tradizione ci sono,
sceglie di mettere la strofa VI, da una tradizione in francese, e da un apparato. Le
due strofe le pubblica in apparato, pubblicandole secondo il testo del manoscritto A,
senza dirci niente di più e rifiutandole entrambe. Le pubblica e ci mette l’apparato,
non fa un’operazione scadente.
27/05/19
Lega componenti famiglia α alla famiglia A.
Se il verso è ipermetro si capisce cos’è che lo rende ipermetro e si va a cercare nelle
grammatiche.
Ha senso guardare una sintassi del francese antico perché ci si sta occupando di un
testo medievale, in cui la solidarietà grammaticale tra le lingue romanze è molto
accentuata, non è un errore cercare giustificazioni in lingue vicine che hanno
relazioni più strette dal punto di vista della parentela linguistica ma anche dal punto
di vista delle influenze culturali. Spesso si trovano completive non introdotte dal che.
Se si guarda l’edizione Chairini al v.20. Q con sopra il titulus: che accorciato in
maniera convenzionale.
Ciò che a noi interessa sono le famiglie, la maggioranza delle tradizioni che abbiamo
ricostruito.
La valutazione è stilistica e non meccanica. Anche i trovatori molto abili nella
versificazione cadono nel mot tornat, e bisognerebbe chiedersi nella poesia di Jaufre
se esistono altri mot tornat. Si prendono tutti i testi e li si passa in rassegna, bisogna
controllare guardando l’apparato, con autori lontano nel tempo è difficile farlo,
rispetto a quegli autori di cui non abbiamo niente. Una lezione da rifiutare è da
rifiutare tutta, non solo una parte, es v.23 f.2: doutz e plazen/fin e valen. Se ritengo
che plazen sia un errore, perché dovrei accettare anche doutz?
Valen ha più chance perché non è una mot tornat. Si sceglie fac fin e valen perché
sono in α e β. Tutto ciò si regge sull’ipotesi che valen sia giusto perché non è una mot
tornat.
In f7 della collazione troviamo una netta differenza tra α e β.
Avec viene da ab, che provengono dal latino apud, nel significato di con. Al v. 28
Chiarini preferisce la lezione di M perché plazen si trova già in rima al verso 26. La
variatio serve a rimarcare un concetto, la si trova anche negli antichi manuali di
retorica. Magari però risponde a volontà autoriali, perché magari in realtà a lui
interessa battere il taso sul plazer. Articolo innovazione delle lingue romanze. Noi
non abbiamo enclisi dell’articolo, ma proclisi, appoggio in avanti. Il corpo non è stato
tramandato nella tradizione come articolo all’indietro. Cosa più rilevante e
interessante è che β si separi. Escien latinismo secco che viene dal latino. Chiarini al
v.25 corregge con cor senza s, tradotto come cuore. L’italiano non può confondere il
continuatore di cordis da quello di corpo, mentre la lingua d’oc sì, perché perde non
solo la consonante ma anche le vocali finali. Col latino corpus cadono vocale e
consonante finale. Cosa fa confondere ancora di più? La lingua d’oc, come il francese
antico, mantiene una declinazione a due casi, soggetto e altri complementi, e sono le
due uniche lingue romanze, oltre al rumeno, che lo fanno. Marca morfologica che li fa
distinguere è la presenza della s, quando cuore è soggetto ha la s, quando è oggetto
non l’ha, mentre corpus ha sempre la s. Cors in questo caso è complemento oggetto.
Chiarini nell’edizione critica toglie la s.
Pippone sulle pastorelle occitane e sul fatto che le pastorelle abbiano la pelle scura
quindi i cavalieri non se le filano (sinceramente ho smesso di ascoltarlo e ho
canticchiato questo: https://www.youtube.com/results?
search_query=carlo+martello+ritorna+dalla+battaglia+di+poitiers)
Correzioni di Chiarini: ab cor è da prendere corretta?
Se plazen è assicurato avrebbe ragione Chiarini nel dire che ab cor non funziona, se
cor diventa cors bisogna cambiare cors in cor. Due correzioni sul testo trasmesso
sono onerose, anche se a volte bisogna farlo, anche se siamo sicuri a volte che ab cor
sia la versione giusta. Numerose sinalefi, che alle volte provocano un’ipometria nei
manoscritti I e K. Nella poesia antica la scelta tra dialefe e sinalefe è abbastanza
linera, mentre nella poesia moderna no, perché vengono utilizzate in maniera non
casuale dagli autori, che cercano di aggiungere o togliere materia fonica al verso per
renderlo più o meno suggestivo secondo le loro esigenze. Dolce e chiara è la notte e
senza vento. Se non contiamo le sinalefi vengono 14 sillabe. Perché Leopardi sceglie
di fare un verso di 14 sillabe? Operazione tipicamente moderna. I copisti fanno
pasticci quando vi è possibilità di più dialefi/sinalefi. Ora si sa che tutta la poesia
antica tende ad essere meno rigorosamente conseguente, tende a dare meno peso
significante, la poesia medievale la tiene come comodo artificio per sistemare la
misura del vero. Se ab cor non bisogna metterlo, il ragionamento del v.5 non ha senso
28/05/19
A è ipometro, ma se contiamo le posizioni metriche di B ciò non succede, non è più in
grado di ricostruire ciò che manca. Non è in grado di ricostruite d’als, quindi la
integra mettendoci eu, cioè io. Funziona come cosa, ma è molto più probabile che la
lezione sia quella degli altri, anche perché dopo c’è un topos ricorrente nella canzone
medievale, e di altro non osa chiedere, tutto ciò che rappresenterebbe un progresso,
topos che troviamo molto nella lirica medievale, come anche l’evidenza della
collazione ci mostra è evidente che sia un errore separativo è che B fa capire bene
cos’è il carattere separativo dell’errore. Se il copista si accorge che il verso è
ipometro tenta di sistemarlo, senza essere però in grado di rimetterlo bene a posto.
Chi corregge per congettura sbaglia. B ci da la prova che è ragionevole supporre che
gli altri manoscritti hanno d’als non possono averlo per congettura.
2 – K e M scrivono uno dompna e domna. Non possiamo propriamente considerarlo
né congiuntivo né separativo. In I e K al verso 24 in f.3 errore paleografico. Poiché
quel qu’. Nella Bibbia si usa formare l’uomo, topos molto importante nella
letteratura, Jaufre usa quest’espressione. Confusione tra n e v e n e u. nella scrittura
gotica non veniva scritta la v, anche se c’era il suono. La confusione tra v ed u,
dovuta alla fonetica, in latino è perché i latini non avevano il suono della v, che poi
nelle lingue neoromanze si è evoluta, anche se in maniera traballante, bisgona
aspettare l’età moderna per avere dei suoni e una scrittura fissa.
Se uno si prende la pena di copiare un testo è perché vuole che vengono trasmessi,
non pubblicherà testi che nessuno vuole, sono testi che sono arrivati alla scrittura, al
livello del libro, in cui la dominante della comunicazione è l’oralità, da secoli scrittura
dominante.
Ramo che mette assieme β e α. Chiarini mette cor tra gli errori perché per lui là c’è
cors. Quando un editore mette a testo una lezione vuol dire che per lui è originale. Se
ab cor è una zeppa vuol dire che è un errore, inserita da tanti copisti. Altro caso di
valutazione interna.
Concezione sinalefica della prosodia, copisti che tendono a fare sinalefi, come I e K,
che sicuramente sbagliano.
Si spinge verso l’idea che ad cor sia veramente una zeppa, vedere la lingua d’uso di
cor. Far valere zeppa come errore congiuntivo che lega insieme A e B. possibile che i
copisti del modello di AB e di B abbiano avvertito il pericolo di una dialefe che
avrebbe fatto perdere posizioni. A genera α1famiglia più o meno tutta unita. Zeppa
poligenetica.
29/05/19
È più economico pensare osservando la collazione che sia stato beta, antenato di a e
M, a perdere o a togliere il verbo perché lo riteneva inutile. Copisti di a e M
integrano con un aggettivo, bel nel caso di a e bon nel caso di M. le varianti indicano
quindi una zeppa. Cre e cug sono la stessa cosa, quindi non ce ne accorgiamo.
Mentre alfa è ben definito perché i testimoni che si raggruppano sotto alfa non hanno
variazioni rilevanti, in beta invece la famiglia è molto variegata. Alfa potrebbe
benissimo essere un manoscritto o un modello più o meno strutturato e scritto come i
suoi discendenti, beta non è così. Non conosciamo la lirica siciliana come doveva
essere perché c’è stata la toscanizzazione, rari casi in cui abbiamo la scuola toscana
in siciliano.
Il cambiamento della scrittura greca ha provocato una serie di perdite.
Testo passato attraverso contenitore e memoria umana, che poi prende
successivamente forma scritta, noi abbiamo concezione post-umanistica della
letteratura, quindi usiamo i libri, e il manoscritto beta non doveva essere un libro
come alfa, quindi si può anche spiegare come beta abbia delle relazioni con dei
manoscritti della tradizione B, perché non è esattamente un libro. Libri che magari
hanno delle varianti nei margini, libri nei quali il copista ha inventato delle cose in un
determinato momento.
Futuro in III strofa è meglio del presente, quindi n’aurai > n’ai
S che marca il soggetto perché marca il nominativo.
Alegres analogia, perché se seguiamo formazione da latino a provenzale arriviamo
ad alegre, che poi per analogia prende s.
Ovvio che il pronome clitico si unisce solo ad una vocale e non ad una consonante, se
non c’è vocale non avviene.
Scambio di felicità che dama e uomo si danno, poesia provenzale che dei trovatori si
trovano anche cose non esattamente delicate.
Chiarini dice che c’è una diffrazione in assenza (cioè c’è una lectio difficilior che il
copista non capisce, quindi la banalizza. Detta in assenza perché non è presente la
lezione).
Cercano di riprodurre una figura etimologica.
03/06/19
Ad edizione Chiarini si aggiunge b3 , errore che non ha osservato perché non
conosceva b3. Errori isolati non sono rilevanti, quindi non si trascrivono mai, a meno
che non siano interessanti per altri motivi, editore tiene conto degli errori isolati, che
non servono a stabilire il testo, ma danno altre informazioni.
V. 26 (per noi strofa b verso 5.) comune a tutta la tradizione, molto interessante.
B5, continuatore avverbio latino, che qualche volte nel passaggio da latino a lingue
romanze svolgono anche funzione pronominale, ibi ad i. Funzione abbastanza
generica che non indica una persona ma l’attinenza di ciò che viene detto con ciò di
cui si parla. In questo caso se lo traducessimo letteralmente sarebbe il mio cavallo vi
corre, in questo caso i attinenza a situazione, da tradurre come “a questo proposito”,
serve a legare il discorso, funzione coesiva come ne. Cavallo centrale per la società
alto-medievale, immagine del cavallo per indicare ciò che il soggetto fa e vuole
attraverso il cavallo, se il soggetto è un uomo aristocratico della società feudale. E e
b3 sono ipometrici. Se avessimo solo C non ci accorgeremmo di nulla, ma non è solo
così. CR sanano la loro ipometria mettendo aitan al posto di tan, perché manca i.

Strofa e V. 6 abbiamo solo quattro testimoni, niente da dire perché E e b3 scorciano


quella che dovrebbe essere una rima femminile, totalmente sbagliate come lezioni.
Topos ricorrente, soggetto che ama ha una gioia soltanto dormendo perché in quel
momento sogna la sua dama. Bellezza che non serve a nulla perché non ha nessun
consigliere che lo aiuti in modo che lui ne abbia felicità. Errore di rima, si va a vedere
chi l’ha corretta e non corrotta. Aveva intrinsecamente una difficoltà, scegliamo
quella che dovremmo mettere a testo, quella di R denuncia utilizzando segna.
Soggetto nella lirica medievale più antica deve fronteggiare degli avversari, nemici
dell’amore, etc., mentre ha anche dei consiglieri, delle persone che lo aiutano e lo
appoggiano, riflette situazione corte medievale, questa situazione conflittuale che si
giova di appoggi da un’altra parte doveva riflettere le dinamiche di una corte
medievale, che durerà fino alla fine dell’ ancient regime, che termina con la
Rivoluzione Francese. Al centro del cuore pulsante e del verminaio di questa società
è la corte, dove ci stanno quelli che contano.
La società di corte, di Elias Norbert, parla soprattutto della corte di Versailles del Re
Sole, culmine della funzione della corte.
Termini morfologia aiutante, diffuso nella narrativa, in questo caso un soggetto
lirico. Bisogna mettere a testo quella di C, da cui poi deriva R, che è costretto a
cambiare tutto, come si dicesse “non c’è amico che si comporti meglio di me”.
Possibile che la lezione fosse deteriorata già da b, non siamo neanche sicuri che C sia
la versione originale. Rientra in ciò che diciamo della versione b, individuata in
origine, anzi supposta, sulla base della presenza di certe strofe, cioè la versione b ha
le strofe C ed E. oltre ad essere individuata da presenza/assenza di strofe, individuata
da un numero abbastanza soddisfacente di errori, che ci permettono di legare
assieme le lezioni e dividere in due famiglie, CR e Eb 3.
Ipotesi di Chiarini quella più economica, nasceva alle origini da un aspetto preciso,
componimento con 7 strofe, 3 sono comuni a tutti o quasi tutti, mentre due e due
sono alternative in una parte o nell’altra della tradizione. Di fronte ad una situazione
del genere ci sono solo due soluzioni, una potrebbe essere quella di pubblicare una
canzone con otto strofe, mettendo tutto, raccogliendo tutto da tutto, mettendoci
anche la strofa h (Stimming). Errore perché una divaricazione della tradizione fa
pensare a due ipotesi, una che queste due versioni siano due versioni d’autore, l’altra
possibilità è che, sempre in riferimento a strofe che ci sono/ non ci sono, è che siano
una il rifacimento della altre, non corretto pubblicarle tutte assieme senza porsi il
problema sul come mai ne sono arrivate solo alcune piuttosto che altre.
Motivo declinato della perfezione della dama, motivo del dono e del sogno, presenti in
Jaufre e in altre poesie, non abbiamo elementi interni per poter pensare o dire che
una di queste due copie sia apocrifa, cioè anche il prodotto di un falsario talmente
bravo e vicino allo stile di Jaufre che non riusciamo a riconoscerlo, copie di strofe che
sono stilisticamente simili tra di loro e allo stile di Jaufre e hanno gli stessi temi, ma
saremmo anche nell’imbarazzo di dover scegliere quali sono quelle vere e quali
quelle apocrife. Autore può benissimo rifare le sue opere, ad esempio Manzoni e
Ariosto riscrivono le loro opere, in altre abbiamo la documentazione manoscritta,
come in Leopardi che ci testimoniano queste fasi redazionali successive, non ci deve
stupire che l’autore faccia scriva le cose più volte.
Diversamente dobbiamo ragionare sulla strofa h, perché la strofa h ha un problema.
O meglio prima senza h: componimento senza strofa h potremmo pensare di essere di
fronte ad un componimento che avrà successo, dopo, la Chanson de change (canzone
di cambio, abbandono della dama, sotto il signal c’è il signore feudale di Rudel). I
signori rinascimentali saranno dei mecenati, ma non degli intellettuali, lo fanno per
accrescere la loro fama, la loro ricchezza e la loro potenza. Generalmente ciò che sta
a cuore ad un signore feudale è l’esaltazione della sua ricchezza e potenza che viene
da arte e scienza, prolungamento della propria mano, si ritenevano loro i veri facitori
delle opere, perché era grazie alla sua idea e ai suoi denari che riescono a fare
l’opera. Aspetto di arte di corte chi deve capire capisce, gli altri non importa. Idea
moderna della letteratura tutti la devono leggere. Strofa h da finale perfetto a
componimento, ciò che lo rende felice è la partenza per la crociata, un poeta d’amore
non può abbandonare l’amore, ma può abbandonarlo per Dio, che è grande. Ci sono
delle difficoltà: se la strofa h è originale, perché è stata eleminata, visto che fornisce
una spiegazione al componimento, perché i copisti degli altri rami l’hanno eliminata,
perché nella versione A l’ha soltanto M, e nella versione B, se si tratta di strofa
originale, perché R non l’ha? Strofa finale, quindi è soggetta a caduta meccanica.
Questo fa sorgere il sospetto che la strofa h sia apocrifa, percorrere altra ipotesi,
costruire stemma dove ci sia opposizione dove si conserva la strofa h, ramo che l’ha
perduta.
04/06/19
Reversos voce semi dotta, in questa operazione la vicinanza di C ed M, non vuol dire
nulla, perché in questi casi il copista capisce in significato ma non la forma quindi la
cambia. R mette raizos, che vuol dire giustamente. Stringhe in grigio vuol dire che
per Meliga non hanno senso. R viene da Tolosa, C da Narbona, mentre K e N2 sono
manoscritti italiani, mentre gli altri vengono dalla Francia meridionale.
Enveios da sostituire con invidioso
Segnale salvato da Dio.
Medici che hanno scritto d’amore, come Guido Cavalcanti, che scrive Donna me
prega. Canzone piena di riferimenti filosofici ha anche ricevuto commenti da molti
medici, significato dentro le parole che oggi metteremmo di più dentro l’ambito della
psicoanalisi e delle psicologia.
Nota v.12 chiamare pari una compagna femminile è molto progressista. Par si usa
per le donne per elevarle.
05/06/19
Tradizione quiescente copista non è indotto ad intervenire, ma anche se ne avesse
la tentazione non lo fa, anche perché il testo ha un grande prestigio, testo dei classici
e dei maestri. Forma di ritegno ad intervenire sul testo, ma poi anche se volesse
intervenire non sa intervenire, non è capace e non domina il sistema letterario del
testo che sta copiando. Il testo classico richiede competenze che vanno al di là delle
competenze di un semplice copista.
Dentro famiglia veneta di epsilon ci sono due famiglie venete che abbiamo anche nel
nostro schema. Molti manoscritti accoppiati nello stemma se sono identici,
discendono anche magari dallo stesso modello. Nel nostro caso I è più giovane di K
perché ha dei testi che si riferiscono ad avvenimenti successivi a K. I copiato una
ventina di anni dopo K, errori di K non passati in I e viceversa. Epsilon doveva essere
una specie di scatola in forma scritta, impensabile che fossero tradotti oralmente,
copiati con tempi e modi diversi.
Parlando di y, Varvaro dice che la matrice non può essere più identificata con un
singolo codice, sia pure a varianti, bensì come un ambiente. Non si può escludere
anche se siamo nell’età della decadenza che y abbia risentito di vari apporti che sono
diversi da quelli che hanno costituito epsilon.
Scarso elemento del dato cronologico.
Copie tratte in diversi momenti tra più collettori devono considerarsi raccoglitori
variabili. Capo dello scriptorium.
Editio variorum edizione correlata da varianti, applicata alla filologia classica. Il
concetto di editio variorum. Possibile che epsilon fosse un’editio variorum, materiale
con cui si lavorava nello scriptorum, materiale dagli stessi redattori/scrittori. Avalle
continua facendo degli esempi, pezzo di una canzone di un trovatore che si chiama
Peire Vidal, trova che manoscritto A ed E hanno più o meno lo stesso testo, io ne
vengo innamorato, chauzitz vuol dire raffinato, che sa stare a corte, talmente
raffinato che da fastidio ai mariti. Se andiamo a vedere il testo di D è molto più lungo,
aggiunge delle cose che negli altri non ci sono. Trascritti in E nel margine a fianco
delle varianti rispetto a quelle che erano presenti, quindi D ha fatto un miscuglio dei
due. D ci da un indizio, perché conserva in qualche modo integra la versione
originale.

Varianti redazionali o d’autore chiaro che le varianti di un testo sono facilmente


dimostrabili in un’epoca in cui ci sono i documenti, filologia che si occupa delle
varianti d’autore. Molto difficile è dimostrarle in epoca in cui non c’è documentazione
come l’epoca medievale. Nel campo della poesia trobadorica le varianti portano la
firma dell’autore, ma non è il caso di Rudel che si sta studiando. L’ultima strofa della
poesia, cioè il congedo, può cambiare, strofa un po’ più corta. Nella tradizione
francese l’invio si chiama envois, mentre in provenzale tornada. Manoscritti che
hanno diversa tornade. Probabile pensare che siamo di fronte a delle cose nuove.
Poesia che viveva nell’oralità e nelle tradizioni.
Nel caso della poesia di Jaufre si potrebbe dire che non si tratta di una seconda
versione, non è detto che siano opere di Rudel, ma potrebbero essere stati scritti da
qualcun altro, strofa h non di Rudel, l’ignoto rifunzionalizza la canzone per renderla
canzone di crociata.
Soggetto che nella poesia lirica parla di sé. Confine tra variante redazionale e
rifacimento è molto labile, qui solo valutazione di ordine stilistico. Contiene o non
contiene temi e espressioni che possiamo ragionevolmente attribuire a Jaufre?
Quiditas di genere e autore.

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