Sei sulla pagina 1di 87

FILOLOGIA ROMANZA (contesto storico, storia della filologia) - GIUSEPPE

LONGO
05\10\2020
La filologia è una disciplina che punta a ricostruire un testo e a fornirne una corretta
interpretazione attraverso un’analisi della lingua ed un’analisi critica dei testi.
Filologia significa “amore per le parole, per i testi”. La filologia si occupa di testi
antichi ma non di testi classici. La filologia romanza, si occupa di testi medioevali. La
filologia ovviamente non è solo romanza. Questa è una disciplina che si applica a
testi di varie lingue. Parliamo anche di filologia moderna ed il suo scopo è quello di
individuare qual è la volontà dell’autore. Il lavoro del filologo è quello di risalire ad
una versione che maggiormente si avvicini al testo originale depurandolo dagli errori
di copia, errori voluti, commessi in maniera volontaria (basti pensare ai copisti che
spesso commetteva degli errori volontari e involontari). Parliamo anche di errori di
fonetica, quindi di lingua. Il filologo mette insieme una serie di procedure chiamate
critica testuale o ectodica. Dunque le copie che si legano ad un testo originale, si
chiamano testimoni. Dunque il filologo cerca di scoprire quali sono i legami tra le
copie relative ad un testo e ricostruire una versione del testo quanto più vicina
all’originale. Il filologo arriva ad ipotizzare un albero genealogico (STEMMA
CODIGUM) ovvero scoprire da dove discende una determinata copia. I filologi sono
chiamati anche in campo giuridico perché in grado di analizzare e collezionare le
diverse versioni di un imputato e rintracciare le possibili incongruenze.
Il metodo filologico ha una vasta estensione, si applica ai testi antichi, classici,
medioevali ma anche ai testi cinquecenteschi, contemporanei. Si parla di Filologia
genetica ovvero lo studio degli avantesti ovvero tutte le fasi che precedono la stesura
dell’opera.
Nell’era dell’informatizzazione e con l’avvento del web, l’applicazione del metodo
filologico è diventata ancor più necessaria non solo in ambito letterario ma anche e
soprattutto nell’analisi e nella ricostruzione delle cosiddette Fake News.
Per quel che concerne le opere letterarie medievali dobbiamo tenere presente diversi
fattori:
- Dei testi medievali, solo in rari casi, ci sono pervenuti gli originali ovvero la
versione autografata dell’autore.
- In epoca medievale se le opere letterarie scritte in latino e greco erano trattate
con un certo rispetto dagli scribi, quelle in volgare non sempre erano ritenute
“degne” di cotanta cura. La letteratura volgare (del popolo), era considerata
una letteratura di serie B e quindi veniva trattata con meno cura a livello di
copia. Molto spesso si modificavano addirittura i testi, venivano dunque
manipolati.
- Quando si copia, anche involontariamente, si commettono degli errori.
- L’insieme delle copie di una particolare opera non risalgono tutte alla stessa
zona geografica e agli stessi anni. I testi dunque hanno delle caratteristiche
diverse tra loro.
- Nel medioevo molte opere letterarie circolavano anche e soprattutto oralmente.
Tutto ciò contaminava le tradizioni poiché il copista poteva ibridare una
tradizione scritta ad una orale.

In sintesi il lavoro del filologo è quello di interpretare una particolare opera


letteraria mettendo a confronto le varie copie pervenute.
Il Filologo rende fruibile al pubblico un testo letterario molto antico, nel nostro
caso, Il Filologo Romanzo si occupa di testi romanzi. Alla fine del proprio
lavoro, il Filologo avrà elaborato un’edizione critica del testo. Per edizione
critica si intende una pubblicazione del testo stesso mirante a ristabilirne la
forma originale, ovvero quella che maggiormente si avvicina alle volontà
dell’autore.

CHRETIEN DE TROYES OU LE CONTE DU GRAL


Parliamo di un’opera medievale; unica miniatura che descrive due scene
narrate in ciascuna delle due colonne: l’arrivo di Perceval al castello del Re
Pescatore e il banchetto.
Dunque vediamo che i testi medievali sono anche fatti di immagini e dunque le
competenze di un filologo, comprendono anche le sue conoscenze artistiche.

L’aggettivo “romanza”
- Le lingue romanze o neolatine (discendono dal latino).
- Il termine romanzo deriva dall’avverbio latino ROMANCE riferito al parlare in
vernacolo (ROMANICE LOQUI) rispetto al parlare latino (LATINE LOQUI).
La letteratura medievale
- La nostra idea di “letteratura” implica necessariamente una attività di lettura
tuttavia, nel Medioevo, la lettura è privilegio di pochi che conoscevano le
lettere = latino
- La fruizione del testo avveniva, molto spesso, durante un’esecuzione orale ad
un pubblico di ascoltatori.

CHAYTOR E LA FRUIZIONE DEI TESTI MEDIEVALI


Nell’età MEDIEVALE “i lettori erano pochi e gli ascoltatori molti, la
letteratura ai suoi albori era un prodotto destinato in gran parte alla pubblica
recitazione. Gli autori leggevano i loro lavori in pubblico, dal momento che
questo era l’unico modo in cui avrebbero potuto divulgarli”.
CON L’INVENZIONE DELLA STAMPA LA “VISTA” HA SOSTITUITO
L’”UDITO”, LA “LETTERA” HA SOSTITUITO LA “VOCE”.

TIPI DI ORALITA’
Non va sottovalutato il ruolo della scrittura nella letteratura medievale.
Zumthor, per esempio, parla di:
 Oralità primaria: società senza scrittura
 Oralità secondaria: oralità si ricompone a partire dallo scritto ( i testi erano
composti per iscritto e poi diffusi oralmente)
 Oralità mista:

IL PUBBLICO NEL MEDIOEVO


- Pubblico medievale è fatto di ascoltatori più che di lettori.
- Si tratta di un uditorio formato in massima parte da ILLETTERATI interessati
a storie ricche di azione e movimento.
- Lo spettatore medievale amava essere scosso attraverso ripetizioni.
Enfatizzazione di sentimenti e situazioni o luoghi comuni (topos) che poteva
riconoscere agevolmente.
LA PERFORMANCE
La teatralità nell’esecuzione attraverso la gestualità, il cambio di voce, l’uso della
prima persona, il sovente rivolgersi al pubblico per attrarre l’attenzione, sono
elementi peculiari nella creazione e nella divulgazione di un’opera medievale. E
quella peculiarità che oggi noi chiamiamo “stile”, nel medioevo era fornita dalla
personalità dell’oratore o del narratore e la seduzione stilistica erano indirizzate
soltanto all’orecchio.
ORALITA E SCRITTURA
A partire dal XII secolo assistiamo ad un aumento nell’uso della scrittura in Europa,
inizialmente per scopi pratici. Monarchia (inglese e francese>) avevano bisogno di
controllare l’amministrazione statale: registri e documenti sulle finanze, ecc.
Graduale sviluppo di cultura dello scritto, più peso alla parola scritta meno a quella
orale.
LA SCUOLA
- Latino è la lingua della scuola, della cultura ufficiale, gestita dalla Chiesa
- Solo in Italia nascono le prime scuole laiche
- Università di Parigi (1180-1210
- Studenti (tutti uomini) erano chierici
ORGANIZZAZIONE DELLA SCUOLA
Praticamente uguale in tutta Europa. Fondata su modelli che risalivano in ultima
analisi all’Antichità classica:
- Si basava sull’insegnamento delle arti liberali:
 Trivio: Grammatica, retorica, dialettica
 Quadrivio: aritmetica, geometria, astronomia, musica
- Lezioni: lettura e memorizzazione dei testi degli auctores ovvero autori latini,
cristiani o pagani- modelli di lingua, stile, contenuti, ecc.
- Sempre gli stessi argomenti: Ars maior, ars minor di Donato, i Disticha
catonis, Esopo in latino ecc.
INTERNAZIONALIZZAZIONE
Cultura alta dell’Europa medievale era internazionale. Le frontiere nazionali non
costituivano delle barriere linguistiche e la conoscenza non cambiava da paese a
paese.
LA LETTERATURA DELLE ORIGINI
- I più antichi documenti romanzi: nei quali abbiamo semplicemente
un’attestazione scritta della lingua romanza.
- I più antichi testi letterari romanzi: che presentano una struttura formale e
tematica letteraria autonoma e impiegano una lingua romanza.

TESTI ITALIANI
- L’indovinello veronese = 780 circa
- I placiti campani = 960- 963
Questi testi ci interessano per la storia evolutiva della letteratura.

INDOVINELLO VERONESE
Separebaboues albapra taliaaraba &albo uersorio teneba &negrosemen | seminaba
SE PAREBA BOVES ALBA PRATALIA ARABA E ALBO VERSORIO
TENEBA E NEGRO SEMEN SEMINABA
(spingeva avanti i buoi arava un campo bianco e teneva un bianco aratro e
seminava un nero seme)
Questo testo, apparentemente, potrebbe sembrare latino ma in realtà non lo è. Ad
esempio “araba” richiama l’imperfetto latino “arabat” ma come vediamo, in
questo caso manca la T, quindi vediamo che la parola non corrisponde più alle
caratteristiche del latino o meglio, si sta allontanando da esse.
Questo, è un indovinello che in realtà il copista non scrive più in latino ma in una
lingua che parlava. Il latino dunque si stava disgregando, come vediamo sono
venute meno le desinenze verbali come quelle nominali ed il copista sta dunque
scrivendo attraverso la lingua che parla.
La soluzione dell’indovinello è: l’atto della struttura. I buoi sono le dita della
mano, il campo bianco è la pagina ed il bianco aratro è la penna dell’oca ed il
seme nero rappresenta l’inchiostro. Dunque ciò che si sta rappresentando
metaforicamente è l’atto della scrittura. Questo indovinello è importante non dal
punto di vista del concetto ma dal punto di vista del contenuto perché ci mostra
che la lingua si sta evolvendo, il latino si sta evolvendo.
I PLACITI CAMPANI O CASSINESI
I documenti sono in latino, sono degli atti giuridici (sono 4) scritti da alcuni
giudici. Tra il monastero di Monte Cassino ed alcuni signori feudali c’erano state
delle diatribe riguardo il possedimento di alcuni feudi. Tutti gli atti del processo
sono scritti in latino perché la chiesa e i signori feudali capivano il latino.
Tuttavia, quando il giudice chiama a testimoniare delle persone illetterate
(contadini, agricoltori) che probabilmente vivevano in quei feudi, la loro
testimonianza viene scritta in una lingua che non è più il latino ma rispecchia il
modo, la lingua parlata da questi illetterati. Quindi abbiamo a che fare con degli
inserti che coinvolgono un volgare meridionale.
Dunque questi testi ci interessano perché sono i primi testi italiani che si
allontanano dal latino.

TESTI FRANCESI
- I Giuramenti di Strasburgo: 842 duplice forma di giuramento in lingue volgari,
in romanzo e in germanico, contenuta nella Historia filiorum Ludovicii Pii
scritta dal letterato Nithard, nipote di Carlo Magno
Atto ufficiale di nascita delle lingue romanze come strumento espressivo
evoluto.
12\10\2020

RILEVANZA DELL’ESPERIENZA TROBADORICA


 PRIMO esempio di poesia d’arte laica in una lingua volgare (l’Occitano
o Provenzale)
 Influenzerà lo sviluppo delle tradizioni poetiche delle altre letterature
europee

CHI SONO I TROVATORI?


 Poeti d’arte ma anche musicisti (la poesia dei trovatori era sempre una
poesia musicata)
 Prevalentemente laici
 La provenienza geografica non è necessariamente il sud della Francia
 La lingua adottata è l’OCCITANO, qualunque sia il loro luogo di origine
 Poesia legata alla CORTE (sistema feudale delle corti medioevali ovvero
ambiti politici-amministrativi legati ad un signore feudale)
 Esecutori ma anche autori (l’esecutore viene chiamato GIULLARE che
può essere un esecutore ed anche un autore sia del testo che della
musica).

GIULLARI

 Esecutori ma anche autori sia della musica che del testo

Differenza tra

GIULLARE DELL’EPICA
- Pubblico di piazza
- Rimaneggiatore dei testi
- Spaziava tra diverse tipologie testuali

GIULLARE DELLA LIRICA


- Pubblico della corte (pubblico aristocratico, selezionato)
- Fedele esecutore
- Recitava prevalentemente lirica
- Il giullare spesso usava dei canovacci chiamati rotuli per poter appuntare
musica e testo.
La poesia dei trovatori, è un po' diversa dalla poesia di oggi. Oggi la poesia, la
leggiamo silenziosamente. Pensiamo ad esempio a Pascoli, egli scrive per essere
letto mentre questi poeti trovatori, scrivono per essere recitati, per essere messi in
scena.

PERIODIZZAZIONE DELLA LIRICA PROVENZAZLE SECONDO F.


DIEZ
 La prima fase va dalle origini fino al 1140 circa.
 La seconda generazione va dal 1140 al 1250
 La terza generazione va dal 1250 alla fine del XIII secolo (1292).
CONCISTORI DEL GAY SABER (1323 Tolosa) rifondazione della poesia in
lingua d’Oc. Scuola d’imitazione, conservazione e cristallizzazione.

RAPIDA ASCESA MA ALTRETTANTO RAPIDO DECLINO


 Primo trovatore: Guglielmo IX d’Aquitania (attivo intorno al 1100)
 Ultimo trovatore: Guiraut Riquier (ultimo testo datato 1292)
La fine della grande stagione trobadorica è imputabile a cause INTERNE ed
ESTERNE.
I trovatori erano molti, provenienti da qualsiasi parte del mondo, anche dal
nord Italia ad esempio.

SUCCESSO E DIFFUSIONE DELLA LIRICA TROBADORICA


 2542 liriche- Un centinaio di manoscritti
 Circolazione orale, su rotuli o su manoscritti giullareschi. Solo dopo si
ebbe una circolazione manoscritta su codici pergamenacei.
 Le prime sillogi non sono giunte fino a noi
 I trovatori, così come i giullari, si spostano di corte in corte e valicano le
Alpi e i Pirenei. Oltre ad avere frequenti contatti con la Francia del Nord
 DIASPORA TROBATORICA (dispersione trobadorica) si ebbe poiché
cominciò la CROCIATA ANTIALBIGESE O CROCIATA CONTRO I
CATARI (questa scoppiò poiché si diede vita ad un’eresia chiamata
catara. Coloro che applicavano l’eresia vennero chiamati Catari o
Albigesi. La chiesa pensa di distruggere questa eresia attraverso una
crociata contro gli albigesi. La crociata inizierà nel 1200 e durerà per
molto tempo e porterà molta distruzione. Questa è una delle CAUSE
ESTERNE della fine della poesia trobadorica. Una delle CAUSE
INTERNE è la RIPETITIVITA’ degli schemi della poesia trobadorica.
Alcuni poeti trobadorici dopo questa crociata, scappano in differenti corti come
quella di Federico II, altri scappano nelle corti del Nord Italia ecc. portando
con sé i propri testi.
I TROVATORI IN ITALIA
I trovatori dunque, non sono soltanto della zona occitana, essi vengono anche
dall’Italia. Tanti sono i poeti che scrivevano in lingua d’Oc ma in realtà
venivano dall’Italia.
 Almeno 27 sono i trovatori italiani che poetarono in OCCITANO ben
prima della diaspora
 Ezzellino ed Alberico da Romano
 Uc (Ugo) de Saint Circ- a lui si deve il travaso dell’eredità trobadorica in
Italia e in un nuovo contesto socio culturale. Egli si trasferisce nella
corte dei due personaggi menzionati sopra.
 Molti dei manoscritti che possediamo, sono stati copiati e tradotti in
veneto nella zona che conosciamo come MARCA TREVIGIANA.
 Marca Trevigiana e Liber Alberici.
La lingua dei trovatori è una lingua di KOINE’ ovvero una lingua che mette insieme i
differenti dialetti francesi. E’ una lingua che mescola.

GUGLIELMO IX D’AQUITANIA
Signore feudale di grande rilievo
 Una vita trascorsa tra guerre e scandali. Guglielmo IX ha una forte personalità
e fu scomunicato almeno due volte. Scomuniche dovute in parte alla sua
condotta morale ed in parte perché si era appropriato di molti terreni che
appartenevano alla chiesa; è per questo che parliamo di una vita molto
scandalosa.
 Trovatore bifronte: esaltazione delle virtù cortesi Vs elogio del sesso e della
sregolatezza. E’ stato definito un libertino ante-litteram poiché perseguiva
principalmente il principio del piacere. Presumibilmente, si dice che volle
fondare un monastero al contrario ovvero un monastero di prostitute portato
avanti da una badessa. Dunque egli fece di un monastero, un bordello. Inoltre,
in una delle sue battaglie, egli scelse di portare sul suo scudo, l’immagine
semi-nuda della sua amante al posto della madonna che soleva fungere da
protettrice nelle battaglie. Egli invece sceglie di portare con se la sua amante e
di far sì che fosse stata lei la protettrice della sua battaglia.
 Questo era una grande feudatario, tant’è vero che egli possedeva più terre di
quante ne possedeva il re stesso. Egli partecipò almeno a due crociate una delle
quali fu organizzata da egli stesso. Combattè contro gli arabi di Spagna, si è
sposato almeno due volte ed ha avuto una grande dinastia.
Della produzione lirica di Gugliemo IX ci sono pervenute 10 poesie e sono state
divise in 3 gruppi:
 6 poesie rivolte ai companhos caratterizzate da un tono giocoso e dai contenuti
spinti quasi osceni
 3 poesie propriamente cortesi
 1 canzone di pentimento scritta probabilmente quando rimase ferito alla gamba
e pensava di morire.
AB LA DOLCHOR DEL TEMPS NOVEL
Nel testo compaiono elementi caratteristici della poesia trobadorica riconducibili alla
metafora feudale
METAFORA FEUDALE: L’amore concepito nei termini di un rapporto feudale. Il
poeta si rivolge all’amata come un vassallo si rivolgerebbe al suo signore.

TESTO
Ab la dolchor del temps novel
foillo li bosc, e li aucel
chanton, chascus en lor lati,
segon le vers del novel chan:
adonc esta ben c'om s'aisi
d'acho dont hom a plus talan.

De lai don plus m'es bon e bel


non vei mesager ni sagel,
per que mos cors non dorm ni ri
ni no m'aus traire adenan,
tro qu'eu sacha ben de la fi,
s'eI'es aissi com eu deman.

La nostr'amor va enaissi
com la brancha de l'albespi,
qu'esta sobre l'arbr'en creman,
la nuoit, ab la ploi'ez al gel,
tro l'endeman, que·l sols s'espan
per la feuilla vert el ramel.

Enquer me menbra d'un mati
que nos fezem de guerra fi
e que·m donet un don tan gran:
sa drudari'e son anel.
Enquer me lais Dieus viure tan
qu'aia mas mans soz son mantel!

Qu'eu non ai soing d'estraing lati
que·m parta de mon Bon Vezi;
qu'eu sai de paraulas com van,
ah un breu sermon que s'espel:
que tal se van d'amor gaban,
nos n'avem la pessa e·l coutel.
(Guglielmo IX)

Questa è una CANZONE formata da 5 COBLAS di 6 versi (ovvero strofe) e sono


COBLAS UNISSONAS ovvero tutte hanno tutte la stessa struttura di rime, tutte
sono uguali.

TRADUZIONE
Nella dolcezza della primavera
i boschi rinverdiscono, e gli uccelli
cantano, ciascheduno in sua favella,
giusta la melodia del nuovo canto.
E' tempo, dunque, che ognuno si tragga
presso a quel che più brama.
 In questa prima cobla vi è il classico TOPOS PRIMAVERILE, luogo
comune della poesia occitana ma anche della tradizione poetica italiana.
Questo è anche il TOPOS DEL LOCUS AMENUS ovvero classico esempio
di luogo piacevole, luogo primaverile. Dobbiamo sottolineare che i TOPI non
sono qualcosa inventati dai trovatori, già la cultura classica, latina aveva questi
topos).
 Tra la prima e la seconda cobla vi è l’incertezza dell’autore che non sa se farsi
avanti o meno alla sua amata. Quindi qui abbiamo a che fare con il
SECONDO LUOGO COMUNE ovvero il SECONDO TOPOS che è quello
dell’INCERTEZZA DEL POETA.
IL topos è qualcosa di previsto, un luogo comune, una scena quasi scontata, un
passaggio obbligato.
Dall'essere che più mi giova e piace
messaggero non vedo, né messaggio:
perciò non ho riposo né allegrezza,
né ardisco farmi avanti
finché non sono sicuro che l'esito
sarà così come io lo voglio.

Il nostro amore è
come un ramo, una branca del biancospino,
che sta sulla pianta tremando
la notte alla pioggia e al gelo,
fino a domani, quando il sole si diffonde
attraverso le foglie verdi sulle fronde.

Ancora mi ricordo d'un mattino


che smettemmo di fare la guerra tra noi due ,
e che mi diede un dono così grande:
il suo amore e il suo anello. (La drudaria è la concessione dell’amore carnale che
l’amante fa al suo amato).
Dio mi conceda ancor tanto di vita
che il suo mantello copra le mie mani!

Io non ho cura degli altrui discorsi


che dal mio Buon-Vicino mi distacchino;
delle chiacchiere so come succede,
per picciol motto che si profferisce:
altrui van dandosi vanto d’amore,
noi disponiamo di pane e coltello.
Questo ultimo verso, ha una doppia valenza: vi è una valenza a livello strumentale ma
ha anche una valenza di metafora sessuale.
Innanzitutto in questo testo, troviamo alcuni riferimenti riconducibili alla poesia
trobadorica. Il poeta è quasi un vassallo del suo signore feudale o meglio: il poeta si
rivolge alla sua amata così come un vassallo si rivolgerebbe al suo feudatario.
Dunque possiamo dire che qui vi è la presenza di una METAFORA FEUDALE un
po' come in tutte le poesie trobadoriche.
TEMI e DOPPIA INTERPRETAZIONE DI ESSI
Amore e sottomissione al verso 10
Vincolo giuridico del patto ai versi 11-12
Anel (anello) al verso 22. La concessione di un anello,non è solo un simbolo amoroso
ma è anche un simbolo feudale. Il feudatario, regalava un anello al proprio vassallo.
Mas mans soz son mantel al verso 24. Questo mantello in cui venivano inserite le
mani dell’amante, può essere ricondotto anche ad un’altra interpretazione a sfondo
feudale che vede l’amore come servizio di sottomissione del vassallo nei confronti
del feudatario.
Nos n’avem la pessa e l coulter al verso 30: allusione sessuale ma al tempo carica di
riferimenti feudali.
Bon Vezi al verso 26: senhal al maschile (pseudonimo con cui veniva indicata la
donna amata, e ciò che dobbiamo notare è che lo pseudonimo utilizzato è al maschile
e dunque con questo dobbiamo capire, che anche qui vi è un riferimento feudale
quindi anch’esso ricco di riferimenti feudali)

L’IDEOLOGIA CORTESE E LA FIN AMOR


 L’impiego di un senhal (pseudonimo) nella poesia trobadorica ha sspecifiche
giustificazioni: tra le principali virtù cortesi c’è quella del celar, di nascondere
rigorosamente il nome della dama-amante
 L’amore dei trovatori riguarda una donna considerata inaccessibile, quindi il
loro amore è possibile ed è molto ostacolato (inaccessibile perché sposata e di
rango elevato). Cioè la donna che il poeta canta, è la donna del suo feudatario e
quindi come detto, di rango differente.
 Gilos: il marito geloso
 Lauzzengiers: i maldicenti (che sono presenti anche nel testo letto nell’ultima
cobla nei primi tre versi. I maldicenti dunque sono dei disturbatori che sono
quasi sempre presenti nelle poesie occitane.

IDEOLOGIA CORTESE E LA FIN AMOR


La fin amor celebra un amore generalmente adultero
Benchè la donna si configuri come inaccessibile e il rapporto sia adultero e segreto,
non mancano elementi di accesa sessualità.
RENE’ NELLI: L’Érotique des troubadours
Le forme della fin’amor:
 Al primo stadio l’amante è chiamato fenhedor ovvero spasimante
 Poi diventa precador ovvero supplicante
 Dopo entendedor ovvero amante accettato
 Assag, il grado immediatamente precedente alla consumazione dell’atto
sessuale. Qui parliamo di un assaggio che la donna, dopo aver accettato
l’amore del suo spasimante, concede ad esso. Può consistere ad esempio, ad
una notte passata a dormire completamente nudi ma senza sfiorarsi.
 Infine drut ovvero amante carnale, drudo.
Dunque:
 La realizzazione concreta dell’atto amoroso non è esclusa dalla poesia
trobadorica ma è sempre presente come ricordo o come sogno lontano
 L’essenza di questa poesia è la tensione continua verso qualcosa di
irraggiungibile o comunque molto lontano
 E’ una poesia fondata sul desiderio, l’amore del poeta tende verso una meta
posta al di fuori del suo raggio d’azione
 Rapporto tra verità e poesia.

L’IDEOLOGIA CORTESE E LA FIN AMOR


 Il jazer, il giacere, quindi la realizzazione totale dell’amore e della gioia, se
non escluso, non ricorre nella lirica trobadorica che nel ricordo o nel sogno.
(Joi,Jauzir, Jazer sono terini chiave nella poesia cortese).
 La fin amor, difatti, si basa sul desiderio e su una tensione continua verso
qualcosa di irraggiungibile perché la soddisfazione erotica annullerebbe
l’amore pure. Spitzer parla difatti di paradosso amoroso “un amore che non
vuole possedere, ma godere di questo stato di non possesso”.

16\10\2020
Abbiamo detto la volta precedente che Ab la dolchor del temps novel come abbiamo
detto, tratta di un amore di sottomissione, di un patto che c’è tra gli amanti, tratta
espressioni ambigue come la mano sotto al mantello (nell’ambito feudale, è un
simbolo di ricchezza).
FARAI UN VERS, POS MI SONELH
Questo componimento appartenente a Gugliemo IX appartiene alla produzione
PARODICA dell’amor cortese poiché questo appunto viene trattato in vesti
differenti, in vesti ironiche appunto.
Anche questo componimento è UNA CANZONE. Le canzoni come detto sono fatte
di COBLAS SINGULAS ovvero strofe, ogni cobla ha 6 versi ed ognuna di esse ha
una tornada.
STRUTTURA METRICA: Canzone formata 14 coblas singulars di 6 versi ciascuna +
1 tornada di 6 versi

CANZONE
Farai un vers, pos mi sonelh,
E-m vauc e m'estauc al solelh.
Donnas i a de mal conselh,
Et sai dir cals:
Cellas c'amor de cavalier
tornon a mals.

Donna no fai pechat mortal


Que ama cavalier leal;
Mas s'ama monge o clergal
Non es raizo:
Per dreg la deuri'hom cremar
ab un tezo.

En Alvernhe, part Lemozi,


M'en anei totz sols a tapi:
Trobei la moller d'En Guari
E d'En Bernart;
Saluderon mi sinplamentz
per san Launart.

La una-m diz en son latin:


"O, Deus vos salv, don pelerin;
Mout mi semblatz de belh aizin,
Mon escient;
Mas trop vezem anar pel mond
de folla gent."

Ar auzires qu'ai respondutz;


Anc no li diz ni ba ni butz,
Ni fer ni fust no ai mentagutz,
Mas sol aitan:
"Babariol, babariol,
babarian."

So diz n'Agnes a n'Ermessen: (la sta per “signora”)


"Trobat avem que anam queren”:
Sor, per amor Deu l'alberguem,
Que ben es mutz,
E ja per lui nostre conselh
non er saubutz."

La una-m pres sotz son mantel (il termine mantello è importante poiché era presente
anche nell’altra canzone).
Et mes m'en la cambra, el fornel:
Sapchatz qu'a mi fo bon e bel,
E-l foc fo bos,
Et eu calfei me volentiers
als gros carbos.

A manjar mi deron capos,


E sapchatz agui mais de dos,
Et no-i ac cog ni cogastros, In questa cobla è forte la METAFORA EROTICA
Mas sol nos tres;
E-l pans fo blancs e-l vins fo bos
e-l pebr'espes.
.
"Sor, si aquest hom es ginhos
Ni laicha a parlar per nos,
Nos aportem nostre gat ros
De mantement,
Qe-l fara parlar az estros,
si de re-nz ment."

N'Agnes anet per l'enoios:


Et fo granz, et ag loncz guinhos:
Et eu, can lo vi entre nos,
Aig n'espavent,
Qu'a pauc no-n perdei la valor
e l'ardiment.

Quant aguem begut e manjat,


Eu mi despoillei per lor grat;
Detras m'aporteron lo gat
Mal e felon:
La una-l tira del costat
tro al tallon.
Per la coa de mantenen
Tira-l gat, et el escoisen:
Plajas mi feron mais de cen
Aquella vetz
Mas eu no-m mogra ges enquers
qi m'ausizetz.

Pos diz N'Agnes a N'Ermessen:


"Mutz es, que ben es conoissen.
Sor, del banh nos apareillem
E del sojorn."
.xli. jorn estei
az aquel torn.

Tant las fotei com auziretz:


Cen e quatre vint et ueit vetz,
Q'a pauc no-i rompei mos corretz
E mos arnes;
E no-us pues dir los malaveg
tan gran m'en pres.

Monet, tu m'iras al mati,


Mo vers porteras el borsi
Dreg a la molher d'en Guari
E d'en Bernat,
E diguas lor que per m'amor
aucizo-l cat
Le due strofe sono una sorta di introduzione mentre poi inizia la parte narrativa.
Il “don” utilizzato, viene utilizzato in segno di rispetto e non perché i soggetti in
questione siano preti.

TRADUZIONE
Farò un canto, appena desto,
mentre al sol passeggio e sosto.
Ci son donne poco a posto,
questo è l’errore:
di cavaliere
non vogliono amore.

Non fa peccato mortale


chi ama cavalier leale;
ma monaco o prete è male,
non c’è ragione:
giustizia è bruciarla
con un tizzone.

In Alvernia e Limosino
me n’andavo pellegrino:
Ecco le mogli di Guarino
e di Bernardo;
mi salutarono,
per San Leonardo.

Una disse, in suo latino:


“Dio vi salvi, pellegrino,
mi sembrate perbenino;
a mio parere,
vediamo in giro
troppe brutte cere”

Io così mi comportai:
non le dissi ne ai ne bai,
ferro o legno non citai.
Dicevo pian pian:
“Babari-ol, babari-ol,
babarian”.

Disse allora Agnese: “Andiamo,


ecco quel che cercavamo!
Vivaddio, noi l’ospitiamo
ché è proprio muto
e per lui nulla
sarà risaputo”.

Una sotto il suo mantello


mi portò fino al fornello.
Sappiate: fu buono e bello,
tutto mi piace,
specialmente
il calore della brace.

Da mangiare ebbi capponi


belli grassi e molto buoni;
nessun servo tra i coglioni,
loro ed io.
Pane, buon vino, spezie
e un lieto trio.

“Se costui è un uomo astuto


a ingannarci qui venuto,
ci sarà il gatto d’aiuto,
ché prontamente
lo farà parlar,
se per caso mente”.

Prende Agnese il gatto rosso,


ben baffuto e molto grosso.
Io, pensandomelo addosso,
per lo spavento
per poco non persi sensi
e ardimento.

Mangiato l’ultimo piatto,


già nudo per l’altro fatto,
sul dorso mi mettono il gatto
tristo e fellone;
dal costato lo tirano
al tallone.

Per la coda tutto a un tratto


strattonato, graffia il gatto.
Cento piaghe lui m’ha fatto
tutte qua addosso;
però manco morto
mi sarei mosso.

Disse Agnese ad Ermessena:


“Questo è muto, stai serena.
Dopo il bagno ci si sfrena
la notte e il giorno”.
Otto e più giorni rimasi
lì attorno

Tante volte me le fotto:


ebben cento ed ottantotto.
Quasi ruppi il fil che ho sotto
e anche l’arnese:
non posso dire il male
che mi prese.

Monet, tu andrai al mattino


coi miei versi e un borsellino;
dì alla moglie di Guarino
e di Bernardo
che uccidano il gatto
per mio riguardo.

ANALISI
Testo ricco di elementi feudali e cortesi, benchè parodizzati:
- Il MANTELLO (mantel v. 37)
- Pellegrino muto (mutz v. 34): rimanda alla legge cortese del celar (proteggere
sempre l’identità della donna amataa, virtù del perfetto amante).Vi è anche una
parodia del pellegrinaggio religioso questo anche perché sappiamo che
Guglielo IX non era in buon rapporti con la religione. Dunque possiamo vedere
che c’è un rovesciamento parodico del canone cortese.
- Sopportare dure prove per entrare nelle grazie della donna amata
- Il tema del pellegrinaccio
- Canzone rivolta ai companhos
- Nota come “canzone del Gatto rosso”
- Lirica a carattere narrativo
- Di ispirazione fabliolistica, somiglia ad un fabliau comico burlesco
- Elementi feudali e cortesi si mescolano con elementi comico- burleschi
- Componimento narrativo che richiama più generi poetici
- Coblas I-II: DEBAT
- Dalla cobla III comincia una sorta di FABLIAU
- A partire dalla cobla VII la canzone prende le forme di un PLAZER
- La cobla XIV è un GAP ovvero una VANTERIA SESSUALE
- La torrnada rispetta gli schemi classici della canzone, ovvero rispetta gli
schemi classici
- La lirica assume un tono epico quando Guglielmo racconta e al tempo stesso si
vanta di aver subito terribili ferite. Un guerriero che non lascia il campo di
battaglia nonostante la forza del nemico (nemico cattivo e malvagio). (parodia
della narrativa epica).
- Ogni parte della poesia sembra parodizzare un aspetto della poesia occitana

GENERI DELLA POESIA OCCITANA


La poesia occitana è ricca di sottogeneri;
TROBAR CLUS Gap
VS Alba (è l’addio del cavaliere alla dama)
TROBAR LEU Canso (testo d’amore)
Tenzo Mala canso (invece di dichiarare amore,
dichiara disprezzo)
Partimen o Joc partit Planh (lamenti, pianti che si scrivono
Pastorella quando muore la dama)
Asag Saluto (saluto, il congedo del cavaliere
Alla dama).
Il trobar clus e il trobar leu sono due modi di fare poesia occitana. Il trobar clus
rappresenta un tipo, genere di poesia ermetico, difficile. Il trobar leo è invece un tipo
di fare poesia in maniera leggera.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------
Per fare parodia di un genere, c’è bisogno che questo genere esista e ride soltanto chi
conosce questo genere. Con questo, si vuole dire che se Guglielmo IX fa parodia del
genere occitano, fa parodia di una poesia che già si era sviluppata. Dunque Guglielmo
IX oltre ad essere un trovatore, è anche un mecenate. Ma quello che dobbiamo
sottolineare è che in realtà egli risulta essere per noi il primo trovatore ma in realtà
non è il primo trovatore poiché la poesia provenzale doveva essere un genere già noto
poiché come detto, egli già parodizza questo genere e che quindi era un genere già
conosciuto.

19\10\2020
VIDAS E RAZOZ
Sono dei testi in prosa che vengono scritti soltanto quando la grande poesia degli
occitani, la poesia cortese, volge al termine (epoca della diaspora trobadorica). Per
vidas intendiamo delle piccole biografie (vidas viene da vidam) che ci parlano della
vita del trovatore in questione. Chi compone le vidas, non ha conoscenze, non ha
consapevolezza della reale biografia di quegli autori. Sono testi in prosa che
accompagnano le liriche.
VIDA-VITAM
Una breve biografia anonima di un trovatore o di una trobairitz che accompagna e
introduce il corpus poetico di un autore.
Poiché le vidas e le razos, alcune di esse, sono state composte in tempi molto distanti
dalla vita di un autore, non sono molto attendibili.
RAZO-RATIONEM
La razos spiega la ragione per la quale il poeta scrisse una determinata opera.
E’ una spiegazione, breve, anonima, che accompagna un testo poetico di un trovatore
o di una trobairitz. Il breve passo in prosa introduce una lirica spiegando la
RAGIONE e le circostanze che indussero l’autore a comporla.

VIDAS E RAZOS
- Sistemazione della produzione lirica occitana
- Tentativo enciclopedico
- Transizione da una cultura prevalentemente orale ad una cultura
prevalentemente scritta nella II età feudale
- Aumenta la richiesta di libri
- Si diffonde la carta, più economica e duttile della pergamena.
- Vidas e Razos si inseriscono e spiegando entro la generale rinascita
dell’autorialità.
Non sono solo gli autori a sentire l’esigenza autoriale, ma anche il pubblico reclama
notizie sull’autore.
 ACCESSUS AD AUCTORES: Introduzioni, più o meno brevi, che i
commentatori medievali di opere mediche, astronomiche, giuridiche,
filosofiche, letterarie solevano premettere al testo da commentare, con lo scopo
di informare il lettore sulla biografia dell’autore e, talvolta, sulla sua
produzione.
Dunque le vidas e le razos, non fanno altro che sciogliere curiosità da parte del
pubblico nei confronti della vita di un determinato autore.
- Vidas e Razos sono forme di ACCESSUS AD AUCTORES ma al tempo stesso
hanno un carattere spiccatamente narrativo.
- Sono TESTI FITTIZI elaborati lontani dalla Provenza e a distanza di molto
tempo.
- Inutile indagare la veridicità: informazioni desunte dai testi stessi o prese a
prestito da altre tradizioni narrative.
- Funzione storicizzante e concretizzante dell’astratto sentimento lirico in forma
di racconto in prosa.
- Nascono come forma di aneddotica (volontà di sapere del “gossip” ovvero
volontà di conoscere aneddoti) trobadorica legate strettamente al testo poetico
- Si presentano a rimaneggiamenti e a trasformazioni che li rendono narrazioni
autosufficienti (possono diventare una sorta di racconto che circola
autonomamente)
- Circolazione autonoma e recupero novellistico.
- Il nucleo narrativo di una novella di Boccaccio, era proprio una vida.
STRUTTURA DELLE VIDAS
PROLOGO: luogo di provenienza del poeta, coordinate storico-geografiche e
informazioni socio-culturali sul poeta. (Chierico-giullare- nobile-povero- ricco ecc.)
parliamo dunque di informazioni molto generiche e scarse.
NARRATIO: Si svela l’identità della donna amata e protetta dal Senhal. Si stabilisce
l’importanza del poeta all’interno del grande canto cortese e il suo contributo.
EPILOGO: Viene rivelata la sorte del suo amore e le sue cause (morte di lui o di lei,
rifiuto, partenza, ecc.)

VIDA DI JAUFRE RUDEL


Presenta un’anomalia poiché questo poeta canta un amore un po' diverso dal classico
amore della fin amor (questo prevede che si canti un amore per una dama, moglie di
un signore feudale). Parliamo di un poeta che non era povero ma era nobile. Quello
che si trova nella vida, presumibilmente è vero poiché da alcuni documenti riportano
proprio ciò che dice la vida (che come detto, non sempre è attendibile). Questa
biografia è un grande esponente del trobar leu poiché presenta un linguaggio molto
semplice.
TESTO
Jaufres Rudels de Blaia si fo mout gentils hom, princes de Blaia. Et enamoret se de la
comtessa de Tripol ses vezer per lo ben qu’el n’auzi dirc als pelerins que venguen
d’Antiocha. E fez de leis mains vers ab bons sons, ab paubres motz. E per volontat de
leis vezer, el se croset e se mes en mar, e pres lo malautia en la nau e fo condug a
Tripol en un alberc, per mort. E fo fait saber a la comtessa et ella venc ad el, al son
leit e pres lo entre sos bratz. E saup qu’ella era la comtessa e mantenent recobret
l’auzir e.l flairar e lauzet Dieu que l’avia la vida sostenguda tro qu’el l’agues vista; et
enaissi el mori entre sos bratz. Et ella lo fez a gran honor sepellir en la maison del
Temple; e pois, en aquel dia, ella se rendet morga, per la dolor qu’ella n’ac de la mort
de lui.
TRADUZIONE
Jaufré Rudel di Blaia fu un uomo molto nobile, fu principe di Blaia. S’innamorò della
contessa di Tripoli senza averla vista, per il bene che ne sentì dire ai pellegrini che
erano venuti da Antiochia. Fece su di lei molte canzoni con belle melodie e con
parole semplici, povere. Per la volontà di vederla si fece crociato e si mise in mare,
ma una malattia lo prese sulla nave, e fu portato a Tripoli, in un ostello, come morto.
La cosa fu fatta sapere alla contessa ed ella andò da lui, presso il suo capezzale e lo
prese fra le braccia. Egli comprese che quella era la contessa e recuperò l’udito e il
respiro e lodò Dio perché lo aveva mantenuto in vita fino a che l’aveva vista; e così
egli morì fra le braccia di lei. Ed ella lo fece seppellire con grande onore nella casa
del Tempio; e poi, in quello stesso giorno, si fece monaca per il dolore che ebbe della
morte di lui.
Quindi, Rudel si era innamorato della donna senza mai averla vista. Di Rudel
sappiamo che quasi probabilmente ha partecipato realmente ad una crociata.
L’elemento nuovo che viene introdotto all’interno di questa vida, è la sua storia
d’amore che viene dedotta attraverso le sue poesie. Questa vida, ha avuto una grande
fortuna nel Medioevo ed ha avviato la concezione dell’uomo che muore per amore. Si
pensava che Rudel avesse in mente la moglie o la figlia di Enrico II di Trivoli ma
molto più probabile è il fatto che in realtà, nelle sue poesie, egli non cantava il suo
amore verso una donna lontana.
POESIA DI JAUFRE RUDEL
Vi è un esordio primaverile che abbiamo già trovato all’interno di una poesia di
Gugliemo IX.
Quello che caratterizza questa cobla è che si apre con un esordio primaverile (mese di
maggio) e si chiude con l’inverno nell’ultimo verso della cobla .
Il sistema delle rime è sempre uguale in tutte le coblas. Quando vi è questo schema
rimico, si parla do COBLAS UNISSONANCE. Si parla di 7 coblas che ha 7 versi ì,
tranne l’ultima cobla che è una tornada ed è fatta solo di 3 versi.
TESTO
Lanquan li jorn son lonc en mai
m’es belhs dous chans d’auzelhs de lonh,
e quan me sui partitz de lai
remembra·m d’un’amor de lonh:
vau de talan embroncx e clis,
si que chans ni flors d’albespis
no·m platz plus que l’iverns gelatz.
Ja mais d’amor no·m jauzirai
si no·m jau d’est’amor de lonh:
que gensor ni melhor non sai
ves nulha part, ni pres ni lonh.
Tant es sos pretz verais e fis
que lai el reng dels sarrazis
fos ieu per lieis chaitius clamatz!
Iratz e jauzens m’en partrai,
s’ieu ja la vei l’amor de lonh;
mas no sai quoras la veirai,
car trop son nostras terras lonh:
assatz i a pas e camis,
e per aisso no·n sui devis…
Mas tot sia cum a Dieu platz!
Be·m parra jois quan li querrai,
per amor Dieu, l’alberc de lonh:
e, s’a lieis platz, alberguarai
pres de lieis, si be·m sui de lonh.
Adoncs parra·l parlamens fis
quan drutz lonhdas er tan vezis
qu’ab cortes ginh jauzis solatz.
Ben tenc lo Senhor per verai
per qu’ieu veirai l’amor de lonh;
mas per un ben que m’en eschai
n’ai dos mals, quar tan m’es de lonh.
Ai! car me fos lai pelegris,
si que mos fustz e mos tapis
fos pels sieus belhs huelhs remiratz!
Dieus, que fetz tot quant ve ni vai
e formet sest’amor de lonh,
mi don poder, que cor ieu n’ai,
qu’ieu veia sest’amor de lonh,
veraiamen, en tals aizis,
si que la cambra e·l jardis
mi resembles totz temps palatz!
Ver ditz qui m’apella lechai
ni deziron d’amor de lonh,
car nulhs autres jois tan no·m plai
cum jauzimens d’amor de lonh.
Mas so qu’ieu vuelh m’es atahis,
qu’enaissi·m fadet mos pairis
qu’ieu ames e non fos amatz.
Mas so qu’ieu vuelh m’es atahis.
Totz sia mauditz lo pairis
que·m fadet qu’ieu non fos amatz!

TRADUZIONE
Quando i giorni sono lunghi a maggio,
mi piace il dolce canto degli uccelli di lontano,
e quando mi sono partito di là
mi ricordo di un amor lontano.
Vado per il desiderio imbronciato e a capo chino,
così che né canto né fior di biancospino
mi giovano più dell'inverno gelato.

Mai d'amore io godrò se non godo


di questo amor lontano,
perché non conosco donna più nobile e buona
in nessun luogo, vicino o lontano;
tanto è il suo pregio verace e fino
che là, nel regno dei Saraceni,
fossi io per lei tenuto prigioniero!

Triste e gioioso me ne partirò,


dopo averlo visto, l'amore lontano:
ma non so quando la vedrò,
perché le nostre terre sono troppo lontane:
vi sono molti valichi e strade,
e perciò non posso indovinare quando la vedrò:
ma sia tutto secondo la volontà di Dio!

Mi sembrerà certo gioia quando io le chiederò,


per amore di Dio, l'albergo lontano
e, se a lei piaccia, abiterò
presso di lei, anche se di lontano:
dunque sarà fino il parlare,
quando l'amante lontano sarà tanto vicino,
che sarà consolato dalle belle parole.

So bene che il Signore è veritiero,


per questo io vedrò l'amor lontano;
ma per un bene che ne traggo
ne ho due mali, tanto sono lontano.
Ahi! perchè non sono andato laggiù da pellegrino,
così che il mio bordone e il mio saio
fossero visti dai suoi begli occhi!

Dio che fece tutto ciò che viene e va


e creò questo amor lontano,
mi dia la possibilità, che io certo lo voglio,
di vedere questo amor lontano;
veramente, con tale agio
che la camera e il giardino
mi ricordino sempre una reggia!

Dice il vero chi mi chiama ghiotto


e desideroso dell'amor lontano,
che null'altra gioia tanto mi piace
come il godere dell'amor lontano.
Ma ciò che voglio mi è negato,
che così mi dette in sorte il mio padrino,
che io amassi e non fossi amato.

Elemento oscuro: rimando al padrino che avrebbe stregato il poeta nel suo amore
verso la dama, una dama lontana.
Importante è la parola lonh, questa parola compare sempre alla fine del secondo e
quarto verso. Secondo alcuni, questo amore da lontano, è un simbolismo religioso.
Appel ad esempio, ci vede la vergine mentre Picone vede la ricerca stessa di Dio in
questo innamoramento. Spizzer invece, sostiene che l’amore lontano non è altro che
l’estrema codificazione del paradosso amoroso ovvero quel sentimento così ambiguo
dell’amor cortese che gode dello stato di non possesso, possesso che non può
avvenire e dunque il poeta si muove in quella condizione amorosa irraggiungibile.
Dunque vi è un’estremizzazione del paradosso amoroso, un desiderio irraggiungibile.
Dunque in senso letterale, non vi è nulla di oscuro mentre a livello d’interpretazione
dell’amore a distanza, lontano, vi è un senso più oscuro al quale, come detto, sono
state date differenti interpretazioni

MARCABRUNO (MARCABRU IN PROVENZALE)


Anche Marcabru appartiene alla seconda generazione dei poeti (epoca classica dei
trovatori). Sappiamo che era un giullare e non era di estrazione sociale alta, non era
un principe, feudatario (come Gugliemo e Jonh). Era figlio di una certa Marca Bruna
e morì ammazzato. Lavorò alla corte di Gugliemo X come giullare, figlio di
Gugliemo IX d’Acquitania e probabilmente arrivò anche alla corte di Eleonora
d’Acquitania quando questa era ancora regina di Francia.
Successivamente egli si esibì anche alla corte di Alfonso VII di castiglia.
Dai suoi componimeti, ci sono state tramandate una quarantina di liriche e da queste,
possiamo dire che questo prese parte a numerose guerre. Marca bru è un esponente
del TROBAR CLU ovvero poetare oscuro perché i suoi testi, nel loro complesso,
sono di difficile interpretazione; questo perché viene utilizzato un linguaggio
complesso, oscuro. Parliamo di un poeta moralista e polemico che si scaglia contro la
corruzione dei costumi, egli polemizza sui “poeti falsi” ovvero poeti che hanno
tradito la purezza della poesia cortese facendo un tipo di poesia che non la rispecchia.
Il suo moralismo è un moralismo poetico ma anche religioso. Nei suoi testi, vi è
molta religione, molto sentimento religioso (vi è un desiderio di purezza non solo
poetica ma anche religiosa). Il suo fin amor è un amore puro, è un amore che non
prevede l’aspetto erotico, dunque non è un amore adultero (come abbiamo visto
invece nella poesia lirica occitana). Nella sua produzione poetica, vi è una grande
polemica tra soldatierers (giovani cavalieri, scapoli) e i moglieratz (gli ammogliati
ovvero i mariti, quelli che ormai hanno un feudo). In questa contrapposizione vi è
probabilmente una contrapposizione sociologica tra i cavalieri giovani che ancora
non hanno un feudo ed i cavalieri sposati e che quindi già possiedono un feudo.
Vi è la politica tra il FALSO AMOR ed il VERO AMOR.

26\10\2020
Di Marcabru studieremo un paio di testi. Anche lui appartiene alla seconda
generazione dei trovatori. Collochiamo la sua attività poetica tra il 1130-1149. Della
sua biografia ci pervengono poche opere tra le quali due vidas (una delle quali ci
parla di un’estrazione sociale bassa, questo è un dato su cui possiamo essere
d’accordo). Dunque probabilmente era un giullare, lo troviamo presso varie corti
(corte di Guglielmo X ovvero figlio di Gugliemo XI d’Acquitania, lo troviamo presso
la corte di Eleonora d’Acquitania, presso le corti dei sovrani di Castiglia). Dunque
vediamo che pè un poeta che si è mosso presso differenti corti importanti.
La sua opera, è un’opera intrisa di moralismo, di elementi cristiani. Parliamo di un
moralismo in vesti religiose, egli esalta l’amore coniugale, ha uno spirito molto
polemico nei confronti del suo tempo, nei confronti della corruzione morale che si
viveva al suo tempo.

DUNQUE:
 Nelle liriche di Marcabru compaiono molti elementi cristiani e il suo
moralismo ha uno sfondo religioso
 Secondo A Roncaglia l’amore cantato da questo trovatore sarebbe addirittura
l’amore coniugale.
- Come spiegare gli attacchi violenti di Marcabru ai molheratz?
- Perché Marcabru contrappone costantemente i Joven ai Molheratz?
- Perché esalta a larguezaz (generosità) come requisito fondamentale dei
signori?
Una risposta potrebbe venire dalla TESI SOCIOLOGICA di Koler. Koler ha
cercato di spiegare il paradosso amoroso (continua tensione). Egli cerca di
spiegare la poesia trobadorica nel contesto sociale. Questo studioso dunque
fornisce una lettura sociologica della poesia provenzale, un’interpretazione che
tiene conto della corte feudale entro cui si sviluppa questa corrente.
TESI SOCIOLOGICA DI KOLHER
Secondo Kolher sia il paradosso amoroso che la metafora feudale possono essere
spiegati se si colloca la poesia dei trovatori nel suo contesto sociale. La scena
sociale di questa poesia è la corte, un ambiente dovevano spiccare i cavalieri senza
feudo, gli IUVENS.
 I trovatori hanno in comune con questa classe di iuvens lo stesso stile di
vita, la dipendenza economica, sono anch’essi dei marginal men e
diventavano quindi i rappresentanti ufficiali e gli ideologi del gruppo.
 Le tesi di Kohler, seppur interessante, ha dei punti deboli dovuti a problemi
non risolti. Confrontando l’ideologia della fin’amor con la società dei
cavalieri senza feudo. Kohler però non tiene conto del fatto che i trovatori
più antichi come Guglielmo IX, Ebles di Venatdorn e Jaufrè Rudel erano
tutti aristocratici. Dunque questo è il punto debole della tesi di K. Poiché
questa tesi può essere applicata per Marcabru ma non ad esempio per
Gugliemo IX.
 L’intuizione principale di Kohler è quella di aver sottolineato la profonda
omologia dell’amante e il disagio di una classe sociale che mira ad elevarsi.
 Dunque k. Ha capito che il disagio dell’amante, è la proiezione del disagio
del iuven che non ha un possedimento, non ha un feudo.
 In questa tesi, si spiega bene la differenza e l’opposizione tra gli ammogliati
ed i giovani. Questa tesi, ci riporta a Marcabru al quale dobbiamo appunto
questo spirito di contrapposizione tra gli ammogliati ed i giovani senza
terra. Marcabru attacca moltissimi trovatori all’interno delle sue liriche,
eccetto Jaufré Rudel.
Un’altra interpretazione in cui Marcabru può essere letto, è attraverso una chiave
cristiana. Viene attribuito a Marcabru un moralismo cristiano, egli ha un modo di
fare poesia piuttosto oscuro, allegorico (i testi religiosi vanno infatti letti in chiave
allegorica), ha dunque un modo di scrivere molto forte. E’ stato considerato un
estremista poiché le sue tematiche sono pienamente religiose e trattate attraverso
uno stile molto difficile. Egli ebbe un grande successo, tant’è vero che ci
pervengono di questo, 40 liriche.
IL GENERE DELLA PASTORELLA
La pastorella è un genere lirico che ha avuto più fortuna in Francia (circa
centocinquanta testi supersiti, lingua d’oil) che in Provenza (lingua d’oc, circa
venticinque), benchè quella di Marcabru sia il più antico esemplare conservato.
 Dal punto di vista formale il genere presenta caratteri misti, oscillando tra il
polo del dialogo (come nella tenso) e quello narrativo (è un breve racconto),
ma è importante notare che la narrazione è fatta in prima persona.
 La pastorella racconto dell’incontro in campagna tra un cavaliere e una pastora.
Questa rappresenta il capovolgimento della fin’amore e degli ideali cortesi ( il
cavaliere cerca di approfittare sessualmente della pastorella, infatti la pastorella
racconta scene molto cruente di violenza sessuale).
 La pastorella è sempre ambientata all’aperto mentre l’amor cortese è sempre
chiuso tra le mura del castello.
 Rispetto al canone cortese le situazioni, i luoghi, i personaggi e comportamenti
appaiono infatti diametralmente rovesciati (è quasi una parodizzazione
dell’amor cortese; qui il soggetto in questione non è una dama bensì una
pastorella che presenta canoni estetici totalmente opposti rispetto a quelli della
dama infatti ci viene descritta una pastorella bruttina, che non si cura e alle
volte anche pelosa).
 Origine della Pastorella (alcuni la situano all’interno del racconto bucolico ma
sulle sue orgini ci sono ancora molti dubbi)
 Figure stereotipate della pastora e del cavaliere (la pastora è sempre avida di
regali ed anche qui vi è una contrapposizione con la dama che non chiede mai
nulla al suo cavaliere).
 Non solo i personaggi sono contrapposti ma anche l’ambientazione è
diametralmente opposta rispetto a quella del canone cortese.
- Ora leggiamo una pastorella di Marcabru che non è convenzionale rispetto al
resto delle pastorelle poiché si conclude con un finale differente, questa si
conclude con un certo moralismo. In questa pastorella c’è ironia e critica
sociale benchè siano comunque presenti elementi osceni. Questa pastorella non
è convenzionale poiché non si conclude con una violenza bensì con la vittoria
della pastorella

L’AUTRIER IOST’UNA SEBISSA

La forma metrica
o Genere: pastorella
o Schema rimico: a- a-a-b-a-a-b
o 12 coblas composte da 7 versi ottonari + 2 tornadas di 3 versi ciascuna
o Coblas doblas – sono tutti versi ottonari
- L’au-trier.iost’-u-na-se-bis-sa
- Tro-bey-pas-to-ra-mes-tis-sa
- De-joy-e.de.sen-mas-sis-sa

TESTO
L'autrier jost' una sebissa
Trobei pastora mestissa,
De joi e de sen massissa,
Si cum filla de vilana,
Cap' e gonel' e pelissa
Vest e camiza treslissa
Sotlars e causas de lana.

Ves lieis vinc per la planissa.


Toza, fi·m ieu, res faitissa,
Dol ai car lo freitz vos fissa.
--Seigner, so·m dis la vilana,
Merce Dieu e ma noirissa,
Pauc m'o pretz si·l vens m'erissa,
Qu'alegreta sui e sana.

--Toza, fi·m ieu, cauza pia,


Destors me sui de la via
Per far a vos compaignia!
Quar aitals toza vilana
No deu ses pareill paria
Pastorgar tanta bestia
En aital terra, soldana.

--Don, fetz ela, qui que·m sia,


Ben conosc sen e folia!
La vostra pareillaria,
Seigner, so·m dis la vilana,
Lai on se tang si s'estia,
Que tals la cuid' en bailia
Tener, no·n a mas l'ufana.

--Toza de gentil afaire,


Cavaliers fon vostre paire
Que·us engenret en la maire,
Car fon corteza vilana.
Con plus vos gart, m'etz belaire,
E per vostre joi m'esclaire,
Si·m fossetz un pauc humana

--Don, tot mon ling e mon aire


Vei revertir e retraire
Al vezoig et a l'araire,
Seigner, so·m dis la vilana!
Mas tals se fai cavalgaire
C'atrestal deuria faire
Los seis jorns de la setmana.
--Toza, fi·m ieu, gentils fada,
Vos adastret, quam fos nada,
D'una beutat esmerada
Sobre tot' autra vilana!
E seria·us ben doblada,
Si·m vezi' una vegada,
Sobira e vos sotrana.

--Seigner, tan m'avetz lauzada,


Que tota·n sui enojada!
Pois en pretz m'avetz levada,
Seigner, so·m dis la vilana,
Per so n'auretz per soudada
Al partir : bada, fols, bada,
E la muz'a meliana.

--Toz', estraing cor e salvatge


Adomesg' om per uzatge.
Ben conosc al trespassatge
Qu'ab aital toza vilana
Pot hom far ric compaignatge
Ab amistat de coratge,
Si l'us l'autre non engana.

--Don, hom coitatz de follatge


Jur' e pliu e promet gatge:
Si·m fariatz homenatge,
Seigner, so·m dis la vilana!
Mas ieu, per un pauc d'intratge,
Non vuoil ges mon piucellatge,
Camjar per nom de putana.

--Toza, tota creatura


Revertis a sa natura:
Pareillar pareilladura
Devem, ieu e vos, vilana,
A l'abric lonc la pastura,
Car plus n'estaretz segura
Per far la cauza doussana.

--Don, oc! mas segon dreitura


Cerca fols sa follatura,
Cortes cortez' aventura,
E·il vilans ab la vilana!
En tal loc fai sens fraitura
On hom non garda mezura,
So ditz la gens anciana.

--Toza, de vostra figura


Non vi autra plus tafura
Ni de son cor plus trefana.

--Don, lo cavecs vos ahura,


Que tals bad' en la peintura
Qu'autre n'espera la mana
TRADUZIONE
L’altro giorno accanto a una siepe
Trovai un’umile pastora,
piena di gioia e di giudizio, In questa prima cobla vi è la descrizione della pastora
ed era figlia di contadina:
mantella e gonnella di pelle,
veste e camicia di tela grossa,
scarpe e calze di lana.

Verso di lei venni per la pianura:


“Ragazza”, dissi io, “creatura graziosa,
mi dispiace per il freddo che vi punge.”
“Signore”, rispose la villana,
“grazie a Dio e alla mia balia,
poco mi importa se il vento mi scompiglia i capelli,
perché sono allegretta e sana.”

“Ragazza”, dissi “essere dolce,


mi sono allontanato dal mio cammino
per farvi compagnia,
perché una ragazza di campagna come voi
non deve senza una compagnia adatta
pascolare tanto bestiame
in questa terra solitaria.”

“Signore”, fece lei, “quale che io sia,


so distinguere bene tra il senno e la stupidità.
La vostra compagnia”,
questo disse la villana,
“stia lì dove conviene,
perché c’è chi crede di tenerla al suo comando,
ma non ne ha altro che l’apparenza.”

“Ragazza di nobile condizione,


vostro padre fu un cavaliere,
che vi generò in vostra madre,
perché fu una cortese villana.
Quanto più vi guardo, più mi sembrate bella,
e m’illumino per la gioia che mi aspetto da voi,
se solo foste un po’ benevola.”

“Signore tutto il mio lignaggio e la mia famiglia


vedo che risale e che appartiene
alla vanga e all’aratro,
signore”, disse la villana;
“ma chi si spaccia per cavaliere
dovrebbe farlo
sei giorni alla settimana.”

“Ragazza”, io feci, “una fata gentile


vi dotò, quando nasceste,
di una bellezza meravigliosa,
superiore a qualsiasi altra villana;
e vi sarebbe raddoppiata
se una volta potessi vedermi
io di sopra e voi di sotto.”
“Signore, mi avete fatto tante lodi
che dovrei essere molto invidiata per questo.
E poiché mi avete esaltata nei miei meriti”,
disse la villana,
“di ciò avrete come ricompensa
alla partenza: ‘Aspetta e spera cretino!’
e un’inutile perdita di tempo a mezzogiorno.”

“Ragazza, un cuore schivo e selvaggio


si doma con la consuetudine.
Ben capisco, andando avanti,
che con tale ragazza di campagna
si può fare una buona compagnia
con amicizia di cuore,
senza che ci si inganni a vicenda.

“Signore, l’uomo che è preso nella sua stupidità


giura e garantisce e promette ricompense;
così mi rendereste omaggio,
signore”, questo disse la villana;
“ma per un misero guadagno
io non voglio scambiare la mia verginità
con il nome di puttana.”

“Ragazza, ogni creatura


ritorna alla natura.
noi dobbiamo prepararci a fare coppia,
io e voi, villana,
a riparo della siepe lungo il pascolo,
dove sarete più sicura
per fare la dolce cosa.”

“Signore, sì; ma a buon diritto


lo stupido cerca la stupidità,
il cortese, l’avventura cortese,
e il villano la villana.
Viene meno il giudizio
là dove non si conserva la misura,
così dicono i vecchi.”

“Bella, non ho visto nessun’altra


della vostra bellezza più perfida
e più traditrice nel suo cuore.”

“Signore, la civetta vi dà il malaugurio,


perché c’è chi si incanta davanti a un dipinto
e chi aspetta la manna.

ANALISI
Ciò che caratterizza questo testo, è il linguaggio molto diretto utilizzato dalla pastora
ed anche il moralismo.
 Verso 31- Corteza Villana (contrapposizione)
 Verso 49- “Stare sotto a stare sopra” - Risvolti sociali oltre che erotici. ( Il
cavaliere rivendica il suo “stare sopra” rispetto alla contadina sia socialmente
che sessualmente).
 Verso 70- Moralità della fanciulla, moralità che emerge in tutto il testo.
Sana saggezza popolare della pastorella contrapposta alla finta cortesia del cavaliere
(la saggezza perviene dai modi di dire, dal modo di parlare).
RICORDA:
La finalità di questi testi è quella di intrattenere le corti, ha un carattere orale e
veniva accompagnato da un accompagnamento musicale oltre che ad avere un
tema di intrattenimento. Dunque queste poesie non sono testi scritti fatti per essere
letti, sono diventati scritti soltanto quando sono usciti fuori dalla Provenza ma
come detto, la loro finalità è quella di essere tramandati oralmente.

30\10\2020
Leggiamo un altro testo di Marcabru.
A LA FONTANA DEL VERGIER
 Schema metrico: 6 coblas singulars (ogni cobla ha un sistema autonomo) con 2
rime fisse ( 4 e 7 verso di ciascuna cobla); ogni cobla ha 7 ottonari a rima
maschile (ovvero quando non c’è un’altra sillaba dopo la vocale accentata)
 A8, a8, a8, x8, a8, a8, y8. (con x ed y si indicano le rime fisse)
Lirica a carattere narrativo
 I e II cobla parla il locutore-personaggio maschile rivolto al lettore\ascoltatore).
Quasi come se il protegonista stia parlando con noi.
 III e IV cobla parla la fanciulla rivolta a Dio
 V cobla parla il personaggio maschile rivolto alla ragazza
 VI cobla parla la ragazza rivolta al personaggio maschile
 Limpidezza contenutistica e compostezza formale
 Pluralità di registri narrativi e di piani temporali.
 Esordio primaverile con descrizione del locus amoenus (che si prolunga anche
nella II cobla)
 V.7- Selha que no vol mon solatz- il narratore si identifica come qualcuno che
soffre per amore, non avendo il solatz (piacere, gioia)
 V. 11, 35, 41- joy
 V. 22- amicx
 Ambiguità del termine gioi e delle intenzioni del cavaliere ( joy e solatz che
quindi hanno anche un riferimento erotico)
 La fanciulla sembra non cogliere, oppure risponde all’assalto del cavaliere
mantenendo una certa ambiguità del discorso. Infatti conferma che il Joy lo ebbe
dal suo amore.
 Il personaggio maschile è battuto sul terreno linguistico
 Il riferimento alla crociata e a re Luigi nascondono la critica e le opinioni
personali di Marcabru (egli infatti dice “maledetto sia quel re Luigi”).
 Il moralismo marcabruniano si manifesta nella virtù della fanciulla che respinge
l’assalto (solo linguistico) del cavaliere e nella critica alla politica delle crociate
TESTO
A LA FONTANA DEL VERGIER

A la fontana del vergier,


On l'erb' es vertz josta·l gravier,
A l'ombra d'un fust domesgier,
En aiziment de blancas flors
E de novelh chant costumier,
Trobey sola, ses companhier,
Selha que no vol mon solatz.

So fon donzelh'ab son cors belh


Filha d'un senhor de castelh!
E quant ieu cugey que l'auzelh
Li fesson joy e la verdors,
E pel dous termini novelh,
E quez entendes mon favelh,
Tost li fon sos afars camjatz.

Dels huelhs ploret josta la fon


E del cor sospiret preon.
Ihesus, dis elha, reys del mon,
Per vos mi creys ma grans dolors,
Quar vostra anta mi cofon,
Quar li mellor de tot est mon
Vos van servir, mas a vos platz.
Ab vos s'en vai lo meus amicx,
Lo belhs e·l gens e·l pros e·l ricx!
Sai m'en reman lo grans destricx,
Lo deziriers soven e·l plors.
Ay mala fos reys Lozoicx
Que fay los mans e los prezicx
Per que·l dols m'es en cor intratz

Quant ieu l'auzi desconortar,


Ves lieys vengui josta·l riu clar :
Belha, fi·m ieu, per trop plorar
Afolha cara e colors!
E no vos cal dezesperar,
Que selh qui fai lo bosc fulhar,
Vos pot donar de joy assatz.

Senher, dis elha, ben o crey


Que Deus aya de mi mercey
En l'autre segle per jassey,
Quon assatz d'autres peccadors!
Mas say mi tolh aquelha rey
Don joys mi crec! mas pauc mi tey
Que trop s'es de mi alonhatz.

TRADUZIONE
ALLA FONTANA DEL VERZIERE

Alla fontana del verziere,


fra l'erba verde ed il ghiaietto,
lì sotto un albero da frutto,
contornata di fiori bianchi
e di canti del tempo nuovo,
trovai sola, senza compagno,
colei che non vuol la mia gioia.

Era una donzella formosa,


figlia del sire di un castello;
pensai subito che gli uccelli,
il verde e la nuova stagione
l’avrebbero resa gioiosa;
ella avrebbe inteso il mio parlare
e avrebbe immediatamente cambiato espressione.

Bagnava la fonte il suo pianto,


dal cor sospirando pregava:
"Gesù”, disse ella, “re del mondo,
per voi la mia gran pena è sorta
perché l’onta vostra mi perde
e i migliori di questo mondo
van per servir, come a voi piace.

Con voi, se ne va il mio amico


bello, gentile, audace e forte!
Qui m’è rimasta una gran pena,
il desio frequente ed il pianto.
Ahi! Malvagio fu re Luigi!
Ché troppo chiamò alla Crociata
per cui m’entrò pena nel cuore!

Allor che sentii il suo lamento,


venni a lei presso il chiaro rio:
“Bella mia”, dissi, “il troppo pianto
vi sciupa il viso e il colorito!
E non vi serve disperare:
Ei, che fa crescere le foglie,
vi può donare gioia assai”.

“Signor”, diss’ella, “ben lo credo,


di me Dio avrà misericordia
e di molti altri peccatori
nel mondo eterno da venire!
Ma ora qui mi toglie il solo
ch’era per me gioia e soccorso:
troppo da me l’ha allontanato.

ARAM.M PLATZ, GIRAUT DE BORNELH


Tenso: dialogo a due voci, ciascun poeta sostiene una tesi che di solito è in
disaccordo con l’altra.
o Raimbaut sostiene il trobar clus (visione aristocratica\elitaria della poesia).
Importa solo qualità del prodotto artistico, non quanto sarà apprezzato e compreso
dal pubblico.
o Giraut, più attento al confronto con il suo pubblico, sostiene il trobar leu. La
poesia non porta altro premio se non il consenso del pubblico, e quindi bisogna
puntare a essere comprensibili per tutti.
Il tenso che andiamo ad analizzare è avvenuto tra Raimbaut e Giraut. Il dibattito
viene avviato da Raimbaut
RAIMBAUT D’AURENGA (1144-1173)
 Nato come sembra nel 1144, Raimbaut, morì meno che trentenne nel suo castello
di Courthézon, tra Orange e Avignone, nel maggio del 1173.
 Le quaranta poesie di sicura attribuzione ne fanno un trovatore di prima grandezza
e rivelano non solo un’inesauribile ricerca formale.
 Chiamato col sehnal di Linhaure\ Linhaura (nome d’arte)
 Coinvolse il poeta Giraut in una tenso (ovvero un dibattito) sul modo corretto di
fare poesia (trobar clus VS trobar leu).
GIRAUT DE BORNELH (1170 circa)
 Noto come il maestro dei trovatori
 La sua vida ci parla dell’amore per una donna e del fatto che non si sposò mai
 Partecipò alla III crociata
 Poeta moralista, molto amato da Dante che lo cita nel De Vulgari Eloquentia
 Corpus di ben 77 liriche.
TESTO
Ara · m platz, Giraut de Borneill,
Que sapcha per c'anatz blasman
Trobar clus, ni per cal semblan.
Aiso · m digaz,
Si tan prezatz
So que es a toz comunal;
Auto adonc tut seran egual.

Seign'en Lignaura, no · m coreill


Si qecs s'i trob'a son talan.
Mas eu son jujaire d'aitan
Qu'es mais amatz
E plus prezatz
Qui · l fa levet e venarsal;
E vos no m'o tornetz a mal.

Giraut, non voill qu'en tal trepeil


Torn mos trobars; que ja ogan
Lo lauzo · l bon e · l pauc e · l gran.
Ja per los faz
Non er lauzatz,
Car non conoisson (ni lor cal)
So que plus car es ni mais val.

Lingnaura, si per aiso velo


Ni mon sojorn strappato en affan
Sembla que · m dopte del mazan.
A que trobatz
Si non vos platz
C'ades o sapchon tal e cal?
Que chanz non port'altre cabtal.

Giraut, sol que · l miels appareil


E · l dig'ades e · l trag'enan,
Mi non cal sitot non s'espan.
C'anc granz viutaz
Non fon denhtatz:
Per so prez'om mais aur que sal,
E de tot chant es atretal.

Lingnaura, fort de bon conseill,


Etz fis amans contrarian,
E per o si n'ai mais d'affan.
Mos sos levatz,
C'us enraumatz
Lo · m deissazec e · l diga mal,
Que no · l deing ad home sesal.

Giraut, per cel ni per soleil


Ni per la clardat que resplan,
Non sai de que · ns anam parlan,
Ni don fui natz,
Si soi torbatz
Tan pes d'un fin joi natural.
Can d'als cossir, no m · es coral.

Lingnaura, si · m gira · l vermeil


De l'escut cella cui reblan,
Qu'eu voill dir "a Deu mi coman".
Cals fols pensatz
Outracuidatz!
M'a mes doptanza deslial!
No · m soven com me fes comtal?

Giraut, greu m'es, per San Marsal,


Car vos n'anatz de sai nadal.

Lingnaura, que ves cort rial


M'en vauc ades ric e cabal.
TRADUZIONE
Ora, mi piacerebbe sapere, (Giraut de Bornelh),
perché critichi
Trobar Clus e perché è importante.
Allora dimmi, per favore,
perché significa così tanto per te
che tutto sia comune a tutti,
perché allora tutto sarebbe uguale.

Lord Lignaura, non mi oppongo


al fatto che ogni uomo componga come desidera,
ma è mia opinione
che [la canzone] sia più da amare
e più lodevole
quando è leggera e popolare
- e non fraintendetemi qui.

Non voglio che le mie canzoni si


trasformino in una sorta di fracas;
che il buono, il piccolo e il grande
non li lodino mai più.
Non troveranno mai il favore degli sciocchi
perché non riconoscono (né gliene importa)
ciò che è più prezioso e degno.

Lignaura, se questo mi tenesse sveglia la notte,


o le mie giornate piacevoli si trasformassero in miseria,
sembrerebbe che avessi paura di essere agli occhi del pubblico
quindi perché comporre,
se non vuoi che tutti capiscano
subito?
Perché questo è tutto ciò che vale una canzone.
Giraut, la mia abitudine è creare il meglio,
comporlo e pronunciarlo subito,
a me non importa se non va lontano
per niente la base
è mai stata apprezzata:
per questo l'oro vale più del sale.
Lo stesso vale per le canzoni.

Lignaura, dai un consiglio così buono


ma sei davvero un amante delle discussioni,
ed è per questo che sono più perplesso che mai.
Preferirei che un vecchio cantante dalla voce roca
Canta male la mia nobile canzone,
perché non la considero degna
di qualcuno di maggiore levatura.

Giraut, dal cielo, e dal sole


e dalla chiara luce che splende attraverso il cielo,
non so di cosa stiamo parlando
né so da dove vengo
Sono in uno stato così vertiginoso,
perché io pensa così tanto a quella gioia naturale e nobile
che non riesco a pensare a nient'altro.

Lignaura, la signora che servo, gira verso di me


il lato cremisi
dello scudo,
quindi penso: "Che Dio mi aiuti".
Questo pensiero sciocco e avventato!
Mi ha fatto pensare in modo sleale.
Sicuramente mi ricordo come ha fatto di me un comtal?

Giraut, di Saint Martial, mi dispiace


che tu parta di qui a Natale.

Lignaura, vado a una corte reale


ricca e nobile.
RIFLESSIONI
G. che sostiene il trobar leu, ha praticato il trobar clus e allo stesso tempo Raimbaut
che sostiene il trobar clus, ha praticato anche il trobar leu.
Il trobar clus è un trobar oscuro ma dal suo canto, cerca comunque di coinvolgere il
pubblico.
Le strofe VII ed VIII sono un po' più complesse. C’è quasi un brusco passaggio da un
carattere letterario ad un carattere amoroso. Sembra quasi normale che il loro punto
di vista di fare poesia, influisca anche nel modo di concepire l’amore (ecco che il
passaggio da un carattere letterario ad uno amoroso risulta essere brusco).
Vi è un’opposizione sul modo di vedere l’amore. Dunque vediamo che la polemica
letteraria, scivola praticamente nel modo di vedere l’amore.
N.B.
Il trobar clus o trobar ric fa riferimento alla parau’escura di Marcabru. Questo
modo di poetare non vuole escludere il lettore, piuttosto vuole rendere il poetare
più allegorico, denso di significati anche morali, richiedere una partecipazione più
attenta del lettore stesso.
I prossimi tre testi, vanno studiati insieme poiché parlano di un dibattito a distanza.
Dibattito più famoso della lingua occitana che discute di amore. Inizialmente
avremmo due poeti che dialogheranno sull’amore ed alla fine un terzo poeta, si
inserirà nel dibattito sulla lirica sull’amore attraverso il suo punto di vista. Quindi ciò
che andremmo ad analizzare saranno i tre punti di vista di tre poeti differenti su come
bisogna comportarsi in amore, analizzeremo dunque soluzioni differenti
sull’argomento.
09\11\2020
DIBATTITO SULLA NATURA DELL’AMORE
L’amor cortese è nato in Provenza, cioè nel sud della Francia. Tuttavia, già
precocemente, si era spostata anche altrove (come nel nord della Francia e nella
tradizione catalana). Abbiamo detto che la Francia è divisa la lingua d’oil a nord e la
lingua doc a sud.
Una delle legende che appartengono all’amor cortese, è la vicenda di Tristano del
quale parlano anche i due poeti che andremo ad analizzare successivamente. Questa
vicenda ha riscontrato un grande successo. Nel medioevo sono stati scritti due
romanzi su Tristano (leggi la trama su internet). In questa vicenda, tutti sono infelici:
re Marco, Tristano il quale possiede l’amore di Isotta ma non il suo corpo, Isotta è
infelice poiché deve dare il corpo al marito Marco quando in realtà vorrebbe darlo a
Tristano. Dunque tutti i personaggi, provano un senso di frustrazione, la stessa Isotta
dalle bianche mani prova infelicità. Quando Tristano beve il filtro d’amore
innamorandosi di Isotta, i due consumano il loro amore carnalmente.
IN SINTESI
L’AMOR CORTESE TRASPOSTO FUORI DALLA PROVENZA
- La tematica dell’amor cortese, con la sua formulazione di amore impossibile, di
continua tensione e desiderio viene trasposta anche in altri generi e in’altra lingua:
romanzo francese.
- Una delle vicende più paradigmatiche è quella di Tristano. Abbiamo almeno due
formulazioni della leggenda di Tristano: Thomas e Béroul.
- Insoddisfazione amorosa e frustrazione di tutti i personaggi: re Marco, Isotta,
Tristano e l’altra Isotta, Isotta “bianche mani”.
- La dialettica ruota intorno ai due poli di cuer e cors (cuore e corpo).
DIBATTITO SUL COMPORTAMENTO IN AMORE
- Raimbaut d’Aurenga nella canzone Non chant per auzel ni per flor riprende la
vicenda di Tristano e si paragona all’infelice amante.
- Da questa canzone prende il via uno dei dibattiti più interessanti sulla natura
dell’amore.
- Partecipanti: Raimbaut d’Aurenga Bernart de Ventadorn, Chrétien de Troyes.
- Intertestualità piuttosto che scambio diretto di pareri
- Tre canzoni
- Plurilingue (perché chiaramente Raimbaut e Bérnat scrivono in occitano mentre
Chretien scrive in francese).
RAIMBAUT D’AURENGA (1144-1173)
- Nato, come sembra nel 1144, Raimbaut d’Aurenga, morì meno che trentenne nel
suo castello di Couphézon, tra Orange e Avignone, nel maggio del 1173.
- Le quaranta poesie di sicura attribuzione ne fanno un trovatore di prima grandezza
e rivelano un’inesauribile ricerca formale.
- Chiamato col sehnal di Linhaure\ Linhaura
- Coinvolse il poeta Giraut in una tenso (ovvero un dibattito) sul modo corretto di
fare poesia (trobar clus VS trobar leu).

NON CHANT PER AUZEL NI PER FLOR


E’ una canzone che presenta strofe di 8 versi ottonari, sono 6 coblas unissonas
(ovvero hanno tutte la stessa struttura delle rime) ed una tronada.
SCHEMA METRICO
A8-B8-A8-B8-C8-D7-C8-D7
TESTO
I
 No chant per auzel ni per flor
ni per neu ni per gelada
ni neis per freich ni per calor
ni per reverdir de prada,
ni per nuill autr’ esbaudimen
non chan ni non fui chantaire,
mas per midonz en cui m’ enten
car es del mon la bellaire.
In questi primi 8 versi abbiamo un’ANAFORA ovvero la ripetizione della stessa
parola in tutti i versi che in questo caso è “NI”. Qui abbiamo un rovesciamento
dell’esordio primaverile che abbiamo già trovato nella poesia di Gugliemo IX (nella
canzone: “ab la dolchor del temps novel” ad esempio). In questo caso, ciò che fa
cantare il poeta, non è la primavera, bensì la donna da lui amata.
II
Ar sui partitz de la peior
c’ anc fos vista ni trobada
et am del mon la bellazor
dompna e la plus prezada:
e farai ho al mieu viven
que d’ alres non sui amaire,
car ieu cre qu’ ill a bon talen
ves mi segon mon veiaire.
Qui abbiamo un cambio di donna da parte del poeta.
III
Ben aurai, dompna, grand honor
si ja de vos m’ es jutgada
honranssa que sotz cobertor
vos tenga nud’ embrassada;
car vos valetz las meillors cen,
qu’ eu non sui sobregabaire:
sol del [pes] ai mon cor gauzen
24 plus que s’ era emperaire.
Lo stare nudi sotto la coperta simboleggiava l’ultima prova che la donna concedeva
all’uomo ma senza toccarsi. Questo ci fa quasi capire che la dama gli ha concesso
l’assage ovvero l’ultima prova che il poeta deve superare prima di arrivare alla
felicità ed il poeta stesso, è felice di mettersi alla prova perché sa che poi otterrà la
donna che ama.
IV
De midonz fatz dompn’ e seignor
cals que sia ·il destinada:
car ieu begui de l’ amor,
que ja ·us dei amar celada.
Tristan[s], qan la ·il det Yseus gen
e bella, non saup als faire:
et ieu am per aital coven
midonz don no ·m posc estraire.
V
Sobre totz aurai gran valor
s’ aitals camisa m’ es dada
cum Yseus det a l’ amador,
que mais non era portada.
Tristan[s], mout presetz gent presen;
d’ aital sui eu enquistaire:
si ·l me dona cill q’ eu [ten],
no ·us port enveia, bels fraire.
VI
Veiatz, dompna, cum Dieus acor
dompna que d’ amar s’ agrada;
q’ Iseutz estet en gran paor,
puois fon breumens conseillada:
qu’ il fetz a son marit crezen
c’ anc hom que nasques de maire
non toques en lieis. mantenen
atrestal podetz vos faire.
VII
Carestia, esgauzimen
m’ aporta d’ aicel repaire
on es midonz qe ·m ten gauzen
plus q’ ieu eis non sai retraire.
TRADUZIONE
I
Non canto per uccello né per fiore
né per neve né per gelo,
e nemmeno per freddo, né per caldo
né per il rinverdire del prato
né per nessun’altra gioia
non canto né fui cantore,
se non per la mia donna, che io amo
perché è la più bella del mondo.
II
Ora mi sono allontanato dalla peggiore
che sia mai stata vista e trovata
e amo la più bella donna del mondo
e la più pregiata
e lo farò per tutta la vita
perché di nessun’altra cosa sono amatore
ecredo che lei sia ben disposta
verso di me, per quello che io vedo.
III
Sarà per me un grande onore, signora,
se voi mi concedete l’onore
che sotto la coperta
vi tenga nuda abbracciata,
poiché voi valete cento volte le migliori
(e non esagero)!
Solo a pensarla ho il mio cuore gioioso
più che se fossi imperatore.
IV
Della mia donna feci signore e padrone,
a chiunque lei sia destinata,
perché io bevvi dall’amore
certamente devo amare di nascosto.
Tristano, quando la bella e gentile Isotta
gliela diede, non seppe fare altro
e io amo per tale patto
la mia donna, da cui non mi posso allontanare.
V
Il mio valore supererà tutti
se mi sarà data la camicia,
comeIsotta dette al suo amante,
che non era mai stata portata.
Tristano, molto apprezzaste quel gentil dono:
e dello stesso potessi io essere conquistatore!
Se me lo dona colei che amo,
non v’invidio, bel fratello.
VI
Vedete, donna, come Dio aiuta
la donna che ha piacere ad amare.
Che Isotta ebbe gran paura
e poi fu presto consigliata;
che fece credere a suo marito
che nessun uomo al mondo
l’avesse toccata: adesso
voi potete fare altrettanto!
VII
Carestia, portami gioia
da quella dimora
dove è la mia donna, che mi tiene gaudente
più di quanto io non possa esprimere.
COMMENTO
- Rovesciamento del topos primaverile- I cobla
- Chanson de change (cambia dama)- II cobla
- Richiamo dell’asag- quindi si tratta di un amore corrisposto e già in una fase
avanzata di corteggiamento- III cobla ( Il i a bon talen\ ves mi).
- Parallelismo tra Raimbaut\ Tristano e la sua amata\ Isotta: filtro amoroso.
- Allusione alla verginità offerta da Isotta a Tristano- V cobla
- La donna amata da Raimbaut è invitata dunque, a comportarsi come Isotta ed
ingannare quindi il marito per concedersi al poeta- VI cobla
Questa è la canzone che scatena delle polemiche, delle reazioni soprattutto da parte di
due poeti ovvero quelli menzionati precedentemente. Chi risponde per primo a questa
canzone è Bernart de Ventadorn.
BERNART DE VENTADORN
Sulla sua vita sappiamo molto poco. L’antica vida ci dice che Bernart nacque nel
castello di Ventadorn. Sicuramente non era un nobile e forse lavorò a corte come
segretario. Era comunque una persona acculturata e questo si evince dai numerosi
riferimenti ad ovidio che ritroviamo nelle sue liriche.
Generalmente considerato il più importante poeta amoroso di tutti i tempi e questo
perché la sua produzione è esclusivamente dedicata all’amore, con un tono nostalgico
e malinconico.
Ha saputo rielaborare il patrimonio tradizionale attraverso uno stile semplice e
sincero.
La canzone che analizzeremo è:
CAN VEI LA LAUZETA MOVER
Formata da 7 coblas unissonas ed una tornada
SCHEMA METRICO (riprende quello di Raimbaut)
A8-B8-A8-B8-C8-D8-C8-D8
TESTO
I
Can vei la lauzeta mover
De joi sas alas contra.l rai,
Que s’oblid’ e.s laissa chazer
Per la doussor c’al cor li vai,
Ai! tan grans enveya m’en ve
De cui qu’eu veya jauzion,
Meravilhas ai, car desse
Lo cor de dezirer no.m fon.
Anche qui abbiamo un esordio primaverile.
II
Ai, las! tan cuidava saber
D’amor, e tan petit en sai,
Car eu d’amar no.m posc tener
Celeis don ja pro non aurai.
Tout m’a mo cor, e tout m’a me,
E se mezeis e tot lo mon!
E can se.m tolc, no.m laisset re
Mas dezirer e cor volon .

III
Anc non agui de me poder
Ni no fui meus de l’or’ en sai
Que.m laisset en sos olhs vezer
En un miralh que mout me plai.
Miralhs, pus me mirei en te,
M’an mort li sospir de preon,
C’aissi.m perdei com perdet se
Lo bels Narcisus en la fon.
IV
De las domnas me dezesper!
Ja mais en lor no.m fiarai!
C’aissi com las solh chaptener,
Enaissi las deschaptenrai.
Pois vei c’una pro no m’en te
Vas leis que.m destrui e.m cofon,
Totas las dopt’ e las mescre,
Car be sai c’atretals se son.
V
D’aisso.s fa be femna parer
Ma domna, per qu’e.lh o retrai ,
Car no vol so c’om deu voler,
E so c’om li deveda, fai.
Chazutz sui en mala merce,
Et ai be faih co.l fols en pon;
E no sai per que m’esdeve,
Mas car trop puyei contra mon.
VI
Merces es perduda, per ver,
Et eu non o saubi anc mai,
Car cilh qui plus en degr’aver,
No.n a ges, et on la querrai
A! can mal sembla, qui la ve,
Qued aquest chaitiu deziron
Que ja ses leis non aura be,
Laisse morrir, que no l’aon.
VII
Pus ab midons no.m pot valer
Precs ni merces ni.l dreihz qu’eu ai,
Ni a leis no ven a plazer
Qu’eu l’am, ja mais no.lh o dirai.
Aissi.m part de leis e.m recre!
Mort m’a, e per mort li respon,
E vau m’en, pus ilh no.m rete,
Chaitius, en issilh, no sai on.
VIII
Tristans, ges no.n auretz de me,
Qu’eu m’en vau, chaitius, no sai on.
De chantar me gic e.m recre,
E de joi e d’amor m’escon.

TRADUZIONE

Quando vedo l’allodoletta muovere

per la gioia le sue ali contro il sole,

che s’oblia e si lascia cadere

per la dolcezza che le va al cuore,

ah! Tanto grande invidia me ne viene

di chiunque io veda gioioso,

che mi meraviglio che in quel momento

il cuore non mi si sciolga per il desidero.

II

Ahimè! Tanto credevo di sapere

Dell’amore, e tanto poco ne so!

Perché non posso trattenermi dall’amare

colei dalla quale non avrò mai vantaggio.

Tolto mi ha il cuore, e tolto me stesso,

e se stessa e tutto il mondo;

e quando mi privò di sé, non mi lasciò


che desiderio e cuore bramoso.

III

Non ebbi più il potere di me stesso

né fui mio dall’ora in cui

mi lasciò guardare nei suoi occhi

in uno specchio che mi piace molto.

Specchio, da quando mi guardai in te,

mi hanno ucciso i sospiri di profondo,

e mi persi così come si perdette

il bel Narciso nella fonte.

IV

Nelle donne non ho più speranza;

e di loro non mi fiderò mai più;

e così come solevo difenderle,

allo stesso modo ora le abbandonerò.

Poiché vedo che nessuna mi aiuta

contro di quella che mi distrugge e mi confonde,

tutte le temo e diffido di loro

perché so bene che sono tutte uguali.

In questo si rivela veramente donna

la mia signora, e per questo io la rimprovero,

perché non vuole ciò che si deve volere

e ciò che le si vieta, fa.


Sono caduto in disgrazia,

e ho fatto proprio come il folle sul ponte;

e non so perché mi capita questo,

se non che ho mirato troppo in alto.

VI

Pietà è veramente perduta per me,

— e io non lo seppi mai —

se colei che più dovrebbe averne

non ne ha affatto, e dove la cercherò?

Ah! Quanto è triste per chi lo vede

che lei lasci morire e non aiuti

questo infelice prigioniero del desiderio

che non avrà mai bene senza di lei.

VII

Poiché con la mia signora non mi possono valere

Né preghiera, né pietà né il diritto che io ho,

e poiché a lei non piace

che io la ami, non glielo dirò mai più.

Così mi allontano da lei e rinuncio;

lei mi ha ucciso, e come morto le rispondo,

e me ne vado, poiché lei non mi trattiene,

infelice, in esilio, non so dove.

VIII

Tristano, nulla avrete da me,


perché me ne vado, infelice, non so dove.

Rinuncio a cantare e smetto,

e abbandono la gioia e l’amore.

COMMENTO

- Topos dell’esordio primaverile ma rivisitato: La gioia dell’allodola che gode dei


raggi del sole.
- Visione dell’amore come sofferenza
- Mito di Narciso: Gli occhi della donna sono uno specchio in cui annegare
- Topos misogino (topos antifemminile) da domna a femna (V cobla)
- Finale tragico, totale rinuncia all’amore ma soprattutto al canto
- Il Tristan chiamato in causa nella tornada è Rimbaut. Si tratta di un senhal.

13\11\2020
Nel mondo occitano, nella lirica provenzale, la caratteristica particolare è il dibattito
tra poeti. Dunque il canto cortese, è incline a questi dibattiti. La poesia occitana
dunque è caratterizzata dal dialogo che risulta essere abbastanza frequente; il genere
più praticato infatti, è quello della tensò ovvero di dibattito a distanza.
I due testi analizzati precedentemente, sono scritti in occitano, mentre quello che
andremo ad analizzare oggi è in lingua d’oil e dunque in francese. Il primo testo che
abbiamo analizzato, presenta numerose differenze rispetto al secondo testo. Nel testo
di Raimbaut abbiamo visto dei riferimenti molto chiari alla vicenda di Tristano ed
Isotta; dunque la sua visione dell’amor cortese, esce un po' fuori dal canone cortese
tradizionale. Da un punto di vista diametralmente opposto, Bernard de Ventadorn
rispose al testo di Raimbaut. I due testi si rispondono già nell’esordio. Bernard, non si
richiama a Tristano, bensì a Narciso (narciso è il mito di colui che è morto annegato
specchiandosi in uno specchio d’acqua). Bernard, rinuncia a cantare, vi è un finale
tragico poiché vi è una totale rinuncia all’amore. Egli chiama Rimbaut, Tristano e gli
dice che egli è pronto a rinunciare all’amore e dunque rinuncia a cantare.
In questo dibattito di inserisce Cretien de Troi (parliamo di un troviere, di un poeta
del nord e dunque un poeta francese).
Il testo che andiamo ad analizzare di questo troviere è:
D’AMORS, QUI M’A TOLU A MOI
- 6 stanze doppie, o Coblas doblas in occitano
- Ristabilire l’ortodossia dell’amor cortese che entrambi i poeti (Rimbaut e Bernart
avevano forzato).
- Topos dell’invio del cuore – v.16 cobla II e topos di parlare al proprio cuore ed
insegnargli i canoni dell’amor cortese.
- Maggiore livello di astrazione. Sentimento lirico rarefatto.
- La prima e la seconda stanza hanno lo stesso schema metrico.
- Ovviamente anche De Trois utilizza lo stesso genere per rispondere a questi due
poeti e dunque attraverso la canzone.

TESTO
I.
D’Amors, qui m’a tolu a moi,
n’a soi ne me veut retenir,
me plaing ensi, qu’adés otroi
que de moi face son plesir.                           
Et si ne me repuis tenir
que ne m’en plaigne, et di por quoi:
car ceus qui la traïssent voi
souvent a lor joie venir
et g’i fail par ma bone foi.                            
 
II.
S’Amors pour essaucier sa loi
veut ses anemis convertir,
de sens li vient, si com je croi,
qu’as siens ne peut ele faillir.                       
Et je, qui ne m’en puis partir
de celi vers qui me souploi,
mon cuer, qui siens est, li envoi;
mes de noient la cuit servir
se ce li rent que je li doi.                               
 
III.
Dame, de ce que vostres sui,
dites moi se gre m’en savez.
Nenil, se j’onques vous conui,
ainz vous poise quant vous m’avez.               
Et puis que vos ne me volez,
dont sui je vostres par ennui.
Mes se ja devez de nului
merci avoir, si me souffrez,
que je ne sai servir autrui.                             
 
IV.
Onques du buvrage ne bui
dont Tristan fu enpoisonnez;
mes plus me fet amer que lui
fins cuers et bone volentez. (ha trovato un amore puro e buona volont)                         
Bien en doit estre miens li grez,
qu’ainz de riens efforciez n’en fui,
fors que tant que mes euz en crui,
par cui sui en la voie entrez                            
donc ja n’istrai n’ainc n’en recrui.                  
 
V.
Cuers, se madame ne t’a chier,
ja mar por cou t’en partiras:
tous jours soies en son dangier,
puis qu’empris et comencié l’as.                    
Ja, mon los, plenté n’ameras,
ne pour chier tans ne t’esmaier;
biens adoucist par delaier,
et quant plus desiré l’auras,
plus t’en ert douls a l’essaier.                       
 
VI.
Merci trovasse au mien cuidier,
s’ele fust en tout le compas
du monde, la où je la quier;
mes bien croi qu’ele n’i est pas.                   
Car ainz ne fui faintis ne las
de ma douce dame proier:
proi et reproi sanz esploitier,
comme cil qui ne set a gas
Amors servir ne losengier. 

I.
Di Amore, che mi ha tolto a me stesso e con sé non mi vuole tenere, io mi lamento,
eppure permetto che di me faccia ciò che vuole. Non posso però trattenermi dal
lamentarmene, e dico perché: perché vedo che coloro che lo tradiscono raggiungono
spesso la loro gioia, mentre io non riesco in ciò con la mia fedeltà.

II.
Se Amore, per esaltare la sua legge, vuole convertire i suoi nemici, la logica impone,
così credo, che non possa venir meno ai suoi fedeli. E io, che non posso separarmi da
colei a cui sono sottomesso, le invio il mio cuore, che le appartiene; ma di niente
credo di farle dono, se le restituisco ciò che le devo.
(In questa seconda cobla vi è il topos dell’amor cortese che è quello del dono,
inoltre, Cretien si mostra alquanto fedele alla sua donna).
III.
Dama, ditemi se vi è gradito che io sia vostro. Certo no, se vi conosco bene; anzi vi è
di fastidio che vi appartenga. E poiché non mi volete, vi appartengo vostro malgrado.
Ma se mai dovete avere pietà di qualcuno, sopportatemi, perché io non posso servire
nessun’altra.
(Qui scopriamo che anche l’amore di Chrétien è un amore infelice; in questa cobla,
egli risponde a Raimbaut che nella sua canzone, aveva esplicitato di aver cambiato
dama; ciò che dice Chrétien è che egli preferisce sottostare alla propria dama
nonostante questa non lo voglia ma non di certo si permetterebbe di cambiare la sua
dama).
IV.
Io non ho mai bevuto il filtro da cui fu avvelenato Tristano; ma più di lui mi fa amare
cuore puro e retta volontà. E ben me ne tocca il merito, perché non vi sono stato
costretto da niente se non che ho creduto ai miei occhi, attraverso i quali sono entrato
in una via da cui non uscirò mai, né mai sono tornato indietro.
(Chrétien, in questa stanza, fa riferimento a Tristano che viene citato da Raimbaut
nella sua canzone; in particolare, Chrétien, riprende il verso 27 della canzone di
Raimbaut dove fa riferimento alla pozione bevuta appunto da Tristano; Chrétien
invece, dice di non aver bevuto nessuna pozione e che si sia innamorato della sua
dama per il cuore puro e la buona volontà).

V.
Cuore, se la mia dama non ti ha caro, non per questo tu la lascerai: sii sempre in suo
potere, dal momento che così hai cominciato a fare. Mai, in fede mia, amerai
l’abbondanza, né devi spaventarti per la carestia. Un bene diventa dolce se ritarda, e
quanto più l’avrai desiderato tanto più ti sarà dolce gustarlo.
(Il poeta in questa stanza, parla al proprio cuore. Egli insegna al suo cuore a
comportarsi rispettando i canoni dell’amor cortese. Il canone per eccellenza dell’amor
cortese è l’attesa; maggiore è l’attesa e maggiore sarà il desiderio).

VI.
Io penso che avrei trovato pietà là dove la cerco, se pietà esistesse in tutto il cerchio
del mondo; ma so bene che non esiste. Però non ho mai smesso né mi sono stancato
di pregare la mia dolce dama: io la prego e la riprego senza ottenere niente, come
colui che non sa servire Amore per gioco né sa ingannarlo.
(Chrétien sa che l’amore è una cosa impossibile ma insiste, prega seppur non ottiene
nulla in cambio. Egli dice che non sta servendo amore per gioco e neanche lo sta
ingannando; qui fa riferimento ai due poeti, Raimbaut per esempio, fa riferimento
all’amore ingannevole).
RIASSUMENDO LE TRE POSIZIONI
La distanza tra la posizione di Raimbaut- Tristano e quella di Bernart è ben chiara. In
un certo senso, entrambi forzano, in direzioni opposte, lo spazio lirico cortese:
Raimbaut propone il superamento dell’ostacolo dell’adulterio con la finzione e con
l’inganno, e comunque con la perfetta intesa tra gli amanti, e teorizza un rapporto
segreto ma sotto ogni aspetto felice; Bernart, al contrario, forza lo spazio cortese
perché rinuncia alla condizione di amante. L’intervento dall’esterno, e da una
prospettiva rigorosamente equidistante dai due, di Chrétin de Troyes appare senza
dubbio finalizzato al ristabilimento dell’ortodossia con la teorizzazione di un
equilibrio interno, di una condotta morale che consiste nel non inseguire la
realizzazione e la soddisfazione dell’amore, ma anche nel non desistere in tempo di
‘carestia’ amorosa, perché l’attesa rende più prezioso e più dolce ciò che si desidera.
RAPPORTI TRA TESTI E AUTORI
Fu l’editore di Raimbaut d’Aurenga, Pattinson, a individuare la relazione eistente tra
Non chant e la canzone dell’allodoletta di Bernart, proponendo per primo che in
Tristano andasse visto uno dei senhals del conte.
Roncaglia appuntava la sua attenzione sul misterioso Carestia.
Carestia è un gioco di parole fatto con il nome di Chétien (in antico francese
Chrestien) occitanizzato, cioè Carestia. Inoltre, è proprio Chrétien a menzionare la
“carestia” (chier tans) in opposizione all’abbondanza (plenté).
Opuure Carestia è Bernart che rinuncia all’amore e rinuncia a cantare? Carestia
dunque, d’amore?

Dunque ciò che fa Chrétien, è ammettere la dottrina generale dell’amore a differenza


di quello che fanno gli altri due poeti. Ha dunque una visione più astratta.
ARNAUT DANIEL (1150-1210 circa)
L’eredità dello sperimentalismo linguistico e metrico di Raimbaut d’Aurenga
sarebbe stata raccolta a distanza di pochi anni da Arnaut Daniel, un trovatore di
cui si hanno ben poche notizie biografiche. Secondo la vida, nascque a Ribérac nel
Périgord, e ebbe una formazione da chierico; si sarebbe poi fatto giullare.
- Lessico raro e oscuro.
- Sperimentalista ed erede del trobar clus
- Tra i massimi trovatori del periodo classico
- Codificazione e superamento- cesura con la tradizione precedente
- Amore come scelta ragionata, amore reso razionale e ponderato (nella scelta
della donna
DANTE E ARNAUT
La storia dell’interpretazione di Arnaut Daniel è stata fortemente condizionata dal
giudizio di Dante Alighieri nel De Vulgar eloquentia e dall’eccezionale rilievo a lui
attribuito nel canto XXVI del Purgatorio. (Dante, nel XXVI canto del purgatorio,
lascia per un attimo il fiorentino ed inizia a scrivere in occitano, quasi per tre strofe;
questo perché qui incontra proprio Arnaut che si rivolge a Dante utilizzando
l’occitano).
Del trovatore si è sempre sottolineata, anche sulla scia della definizione dantesca il
miglior fabbro del parlar materno, l’eccellenza tecnica e la ricercatezza formale.
De vulgari Eloquentia, Purgatorio XXVI, Trionfi.

LA SESTINA
Arnaut inventore della sestina
Forma particolare della canzone a stanze indivisibili, costituita da 6 stanze di 6
endecasillabi ciascuna, e da un commiato di 3 endecasillabi. Le 6 stanze sono legate
tra loro dalla ripetizione, al posto della rima, delle 6 parole con cui terminano i 6
versi della prima stanza mediante “il sistema della retrogradazione incrociata”:
l’ultima parola-rima di una stanza diviene la prima della stanza seguente, mentre la
prima diviene la seconda, e così via, secondo lo schema 123456 ------ 615243, che
genera l’ordine ABCDEF-FAEBDC- CFDABE- ECBFAD- DEACFB- BDFECA.
LO FERM VOLER

Vedere il testo dalle fotocopie


TRADUZIONE
Questo fermo volere che nel cuore mi penetra
strapparmelo non può becco né unghia
di chi per la maligna sua lingua perde l’anima;
io non oso picchiarlo con un ramo o una verga,
ma tuttavia di frodo là dove non c’è zio
godrò gioia in giardino o dentro camera.
Quando penso alla camera
dove a mio scorno so che nessuno mai penetra
perché tutti le fanno da fratello e da zio,
in ogni membro tremo, anche nell’unghia,
più di un bambino davanti alla verga:
mi angoscia non esserle vicino con quest’anima.
Oh, le fossi vicino col corpo, non con l’anima
e mi aprisse in segreto la sua camera!
Perché mi strazia il cuore come un colpo di verga
che là dove lei è il suo servo non penetra.
Sempre le sarò unito come la carne all’unghia,
sordo a rampogne d’amico o di zio.
Perfino la sorella di mio zio
non ho amato così, per la mia anima!
Così, io vicino a lei come lo è il dito all’unghia
vorrei, se lo volesse, essere alla sua camera.
Di me può far l’amore che nel cuore mi penetra (sta dicendo che l’amore può
distruggerlo)
quello che un uomo forte fa di fragile verga.
Dal tempo che fiorì la secca verga (qui vi è un riferimento biblico, più precisamente
all’antico testamento)
e da Adamo discesero i nipoti e gli zii,
amore come questo che nel cuore mi penetra
fu mai vivo in un corpo? No, nemmeno in un’anima!
Ovunque ella si trovi, in una piazza o in camera,
30 da lei non mi distacco per lo spazio di un’unghia.
E s’attacca e s’inunghia
il cuore a lei come scorza alla verga,
ch’ella è per me di Gioia torre, palazzo e camera.
L’amo più ch’io non ami fratello, padre o zio;
doppia gioia ne avrà in Paradiso l’anima,
36 se merito d’Amore lassù penetra.
Invia questa canzone d’unghia e zio
al piacere di lei che di sua verga ha l’anima
Arnaut che la sua camera sogna e mai non vi penetra

16\11\2020
LO FERM VOLER
Termini aspri e al tempo stesso realistici
Allusività, figure di suono aspre, similitudini oscure e al tempo stesso concrete e
realistiche (trobar clus)
Cor e cors: due campi concettuali solo apparentemente in contrasto. Nel congedo c’è
una definitiva fusione.
Lessico che rimanda al corpo
Lessico che rimanda all’animo
<<Carnalizzazione del cuore >>.

DECADENZA DELLA POESIA OCCITANA


Crociata contro i catari 1209-1229 (Causa esterna) - viene chiamata Eresia Catara
olbigese. In realtà, le crociate non hanno mai soltanto un obiettivo cristiano, dietro
una crociata, vi è sempre anche un obiettivo economico-politico.
Crollo del sistema politico- sociale (Causa esterna) – non vi sono più le corti, non vi è
più un’ autonomia economico - sociale.
Ripetitività dei temi (Causa interna)
Diaspora trobadorica (sparpagliamento dei trovatori). Questa parla della generazione
che si sviluppa dopo Arnaut, parliamo di una generazione che si sparpaglierà per
diversi luoghi e che porterà alla diffusione della poesia occitana.
VIDAS E RAZOS
Vida > Vidam
Una breve biografia anonima di un trovatore o di una trobairitz che accompagna e
introduce il corpus poetico di un autore.
Razo > Rationem
Una spiegazione, breve e anonima, che accompagna un testo poetico di un
trovatore o di una trobairitz. Il breve passo in prosa introduce una lirica spiegando
la ragione e le circostanze che indussero l’autore a comporla.
VIDAS E RAZOS
- Sistemazione della produzione lirica occitana
- Tentativo enciclopedico
- Transizione da una cultura prevalentemente orale ad una scritta nella II età
feudale
- Aumenta la richiesta di libri
- Si diffonde la carta, più economica e duttile della pergamena.
- Vidas e Razos si inseriscono e spiegando entro la generale rinascita
dell’autorialità
- Non sono solo gli autori a sentire l’esigenza autoriale, ma anche il pubblico
reclama notizie sull’autore.
- Accessus ad auctores: introduzioni, più o meno brevi, che i commentatori
medievali di opere mediche, astronomiche, giuridiche, filosofiche, letterarie
solevano premettere al testo da commentare, con lo scopo di informare il
lettore sulla biografia dell’autore e, talvolta, sulla sua produzione.
- Vidas e Razos sono forme di accessus ad auctores ma al tempo stesso hanno un
carattere spiccatamente narrativo
- Sistemazione dei canzonieri provenzali in area veneta:
o Marca Trevigiana
o Ezzellino Alberico da Romano
o Uc de Saint Circ
o Liber Alberici.
o Vidas e Razos sono TESTI FITTIZZI elaborati lontani dalla Provenza e a
distanza di molto tempo
- Inutile indagare la veridicità: informazioni desunte dai testi stessi o prese in
prestito da altre tradizioni narrative
- Funzione storicizzante e concretizzante dell’astratto sentimento lirico in forma
di racconto in prosa.
- Nascono come forma di aneddotica trobadorica legate strettamente al testo
poetico
- Si prestano a rimaneggiamenti e a trasformazioni che li rendono narrazioni
autosufficienti
- Circolazione autonoma e recupero novellistico
STRUTTURA DELLE VIDAS
Prologo: luogo di provenienza del poeta, coordinate storico- geografiche e
informazioni socio-culturali sul poeta. (Chierico- giullare- nobile- povero- ricco ecc.)
Narratio: si svela l’identità della donna amata e protetta dal Senhal. Si stabilisce
l’importanza del poeta all’interno del grande canto cortese e il suo contributo.
Epilogo: viene rivelata la sorte del suo amore e le sue cause (morte di lui o di lei,
rifiuto, partenza, ecc.)
DAGLI ACCESSUS AI CANZONIERI
- In Italia, Spagna, Catalogna assistiamo ad una sistemazione di tutta la produzione
lirica in codici per permettere la conservazione e la diffusione. Questi codici sono
chiamati Canzonieri.
- Questo periodo letterario corrisponde storicamente alla II età feduale, anzi a quel
Rinascimento del XII secolo che vede la nascita delle Università e ad una
maggiore diffusione della cultura.
- Nel XIII secolo nascono gli ACCESSUS: brevi biografie che servivano ad
introdurre l’opera di un determinato autore. Questi accessus venivano introdotti
nelle Raccolte dell’autore ovvero in un codice che conteneva tutte le liriche di un
solo autore.
- In una fase successiva abbiamo la creazione di veri e propri Canzonieri, ovvero
compilazioni più grandi dove confluiscono le liriche già precedentemente
organizzate in raccolte d’autore.
- La Raccolta d’autore tramanda diversi testi di un solo autore, il Canzoniere
tramanda la produzione poetica di più autori.
GUIRAUT RIQUER (1230 -1292 circa)
- Trovatore Narbonese che ben presto cercò rifugio e protezione altrove
- Sovrani di Castiglia e di Aragona
- Antologista di se stesso, dedica la sua raccolta d’autore alla Vergine.
- Raccolta d’autore datata
- Tra il trovatore e l’intellettuale di corte.

Il testo ha due tornadas, è una canzone quasi di addio.

TESTO
I.
Be·m degra de chantar tener,
quar a chan coven alegriers
e mi destrenh tant cossiriers,
que·m fa de totas partz doler,
remembran mon greu temps passat,
esgardan lo prezent forsat
e cossiran l’avenidor,
que per totz ai razon que plor.

II.
Per que no·m deu aver sabor
mos chans qu’es ses alegretat;
mas Dieus m’a tal saber donat,
que·n chantan retrac ma folhor,
mo sen, mon gauch, mon desplazer
e mon dan e mon pro, per ver,
qu’a penas dic ren ben estiers,
mas trop suy vengutz als derriers.

III.
Qu’er non es grazitz lunhs mestiers
menhs en cort, que de belh saber
de trobar; qu’auzir e vezer
hi vol hom mais captenhs leugiers
e critz mesclatz ab dezonor;
quar tot quan sol donar lauzor
es al pus del tot oblidat,
que·l mons es quays totz en barat.

IV.
Per erguelh e per malvestat
de cristias ditz, luenh d’amor
e dels mans de nostre Senhor,
em del sieu sant loc discipat
ab massa d’autres encombriers;
don par quelh nos es aversiers
per desadordenat voler
e per outracuiat poder.

V.
Lo greu perilh devem temer
de dobla mort, qu’es prezentiers:
que·ns sentam Sarrazis sobriers,
e Dieus que·ns giet a nonchaler.
Ez entre nos qu’em azirat,
tost serem del tot aterrat;
e no·s cossiran la part lor,
segon que·m par, nostre rector.

VI.
Selh que crezem en unitat,
poder, savïeza, bontat,
done a sas obras lugor
don sian mundat peccador.

VII.
Dona, maires de caritat,
acapta nos per pïetat
de ton filh, nostre redemptor,

48
gracia, perdon ez amor.

TRADUZIONE
I. Dovrei smettere di cantare, perché il canto ha bisogno di spensieratezza, e
invece l’inquietudine mi opprime così tanto che soffro per qualsiasi cosa
intorno a me, mentre ripenso alle mie difficoltà passate, contemplo il
presente violento, e guardo con preoccupazione al futuro. Ho tutti i motivi
per piangere.

II. Il mio canto non dovrebbe darmi gusto, poiché è privo di allegria; ma Dio
mi ha dato proprio la capacità di esprimere nel canto i miei pensieri folli o
saggi, le mie gioie, le mie insoddisfazioni, e ciò che mi nuoce o mi giova,
così che non riesco a esprimere nulla altrettanto bene in un’altra maniera,
visto che sono nato troppo tardi.
III. Oggigiorno nessuna attività è meno stimata a corte della bella arte di
comporre canzoni; la gente preferisce vedere atti frivoli e ascoltare
pettegoloezzi scandalosi. Tutto ciò che era solito suscitare lodi ora è del
tutto dimenticato, perché il mondo è quasi interamente in svendita.

IV. Per la superbia e la malvagità dei cosiddetti cristiani, ben lontani dall’amore
e dai comandamenti di nostro Signore, siamo stati cacciati dal suo santo
luogo e [abbiamo patito] molti altri rovesci. Con ciò è chiaro che Egli è
contro di noi, a causa delle nostre brame sfrenate e della nostra prepotenza.

V. Dobbiamo temere il grave pericolo della doppia morte che incombe su di


noi: che ci si ritrovi vinti dai Saraceni e che Dio ci abbandoni nella Sua
indifferenza. Inoltre, quelli di noi che sono odiati saranno ben presto
annientati; e mi sembra che i nostri capi (ecclesiastici?) non pensino alla
loro responsabilità.

VI. Colui nella cui unità, potere, saggezza e bontà crediamo, dia splendore alle
sue opere, così che i peccatori siano purificati.

VII. Signora, madre di carità, per pietà ottieni per noi da parte di tuo figlio,
nostro redentore, grazia, perdono ed amore.

23\11\2020
LA NUOVA POESIA PROVENZALE
Scompare ogni traccia di amore adultero
Scompare soggettività, autobiografismo e vis polemica (forza polemica, voglia di
contraddirsi; basti pensare alle tensò e dunque tutto ciò che caratterizzava la
vecchia poesia occitana)
Si riducono i temi; le tematiche politiche e morali, vengono ridotte. L’unico tema
che rimane è quello amoroso.
Monotona dei contenuti e delle forme; le liriche diventano sempre più stereotipate,
omogenee. E’ dunque, una poesia d’imitazione. Questi sono considerati degni
epigoni ovvero imitatori che vengono dopo e si adeguano ai temi copiandoli.
Poesia in occitano senza la fin’amor
Scompare l’oralità e la musica; non sono più poesie fatte con accompagnamento
musicale, sono poesie scritte per essere lette. Si scrivono poesie per effettuare
concorsi, dunque non si parla più di lirica fatta per essere recitata oralmente.
Assistiamo dunque ad un divorzio tra musica e poesia che fino ad ora sono state
faccia della stessa medaglia.
Mancanza di originalità, sterili e nostalgici epigoni (?). Il punto interrogativo,
significa che in verità vi è un’originalità di questi testi che però dalla critica
verrano definiti poco originali. In realtà, questi testi sono caratterizzati da
un’originalità che però si riversa soltanto nella forma metrica.
JOHAN DE CASTELLNOU
Fgirua di spicco del Concistori: mantenedor (commissario che giudicava le
poesie) nel 1341
Produzione didascalico- dottrinale (testi teorici su come si fa la poesia)
Compendis de la conecenca dels vicis que.s podon es
Il testo che analizzeremo di questo autore è: Valor ses frau, dona, tenetz en car.
Il testo non ha nulla di rilevante, è una serie di enunciazioni di caratteristiche che
formano la donna.
TESTO
1 Valor ses frau, dona, tenetz en car; A
2 beutat servan no faytz descausimen; B
3 barat fugetz, no dan respos cosen, B
4 lauzor ses brutg vos play leu gazaynar; A
5 saber voletz be ses mal angoxos; C
6 secretz valens, no croys, tenetz desotz D
7 siguetz d’amor, cert, no d’engan, la votz; D
8 plazer ses dan ay eu xantan per vos. C

9 Dever, no tort, faitz vos, cors gracios;


10 tenetz me gay, no trist, jur vos per crotz;
11 coletz ap ley d’onor, bels, no laigs, motz;
12 esper veray, no fals, donatz als bos;
13 Amor ses fol dezir faitz aut montar;
14 dat m’avetz gaug e no sol marrimen;
15 guazaynat ay plazer ses languimen;
16 honor ses mal, bela, faitz conquistar.

17 Favor ses platg, dona, play vos mostrar;


18 vertat gardan, no ges erros dizen;
19 amat avetz, certas, preti, no vill sen;
20 baudor ses dol ap letg faitz exaussar;
21 conquerer faitz, dona, joys ses fols dos;
22 pretz ses erguyll mostratz, per cert, a totz;
23 ubretz de gautg, no ges de mal, la dotz,
24 poder ses greug donatz als amoros.

25 Ver, no malvat, cofort tractatz als pros;


26 mantenetz joy, no plor, doblan sanglotz;
27 discretz, no fols, cosseyls donatz a motz;
28 tener vos play fe ses cor envegos;
29 flor ses ram sech, dona, voletz portar;
30 grat, no despietg servatz, comunalmen;
31 pujat avetz joy ses latg chauzimen;
32 doussor, no planx, dona, faitz meylurar.

33 Sabor trobatz mostran be, no mal, far;


34 baylat m’avetz gautg ses defalimen;
35 estat ay bautz, no tristz, vos mantinen;
36 odor plazen, no vill, play vos donar;
37 vezer me faitz gaug ses planx doloros;
38 cuylletz d’amor lo frutg, no ges los brotz;
39 decretz, no toriz, posatz preon del potz;
40 parer me faitz, dona, just, no fraudos.

41 Lezer a trops datz vos sant, no dapnos;


42 trametetz çay ris, no plorans sanglotz;
43 pretz clar, no crim servatz espanden motz;
44 plazer, no mal, de vos ditz ma xanços.
NON VA FATTA LA TRADUZIONE
COMMENTO
Questo testo, seppur dichiarato privo d’originalità, ha invece un’originalità
interna. Prendiamo ad esempio la parola “motz” che significa parola, questa si
ripete molto spesso. Dunque vediamo che l’originalità del testo, sta proprio nelle
parole e nei giochi di parole. I versi, vengono segnati con dei punti metrici.
Questa poesia viene scritta andando a capo. Il copista, fa un grande sacrificio di
pergamena (la quale costava tantissimo) e andava a capo. Questo testo ha un
sistema di rime che permettono di essere lette al contrario. Cioè, è possibile
leggere il testo al contrario; tuttavia, se lo si legge dall’inizio, questo risulta essere
una lode alla donna mentre se lo si legge al contrario, questo invece capovolge il
senso, diventando un’ingiuria contro la donna. Lo schema rimico dunque,
permette di retrogradare i versi ed anche le coblas (che sono 5) le quali, possono
essere invertite. Dunque, il testo può essere retrogradato interamente: possono
essere invertiti i versi, le coblas ed anche tutto il testo che avrà comunque un
senso (il gioco delle rime, fa del testo un testo interamente retrogradabile).
Dunque, l’originalità di questi poeti del 1300, non sta nel contenuto bensì nelle
forme, nella struttura metrica, nell’articolazione estrema delle liriche.

RIASSUMENDO CIO’ CHE ABBIAMO FATTO FINO AD ORA


Il medioevo è un’epoca in cui ci sono maggiormente ascoltatori più che lettori ed
infatti la poesia dei poeti provenzali, è una poesia fatta per essere ascoltata dunque
è una poesia fatta inizialmente da musica e parole. Per quanto riguarda il pubblico,
parliamo di un pubblico che ha bisogno di essere sempre attento e per mantenere
l’attenzione del pubblico, si dava luogo a ripetizioni e tutti aspetti che nella poesia
moderna, odierna, non ci sono più. L’oralità, è un fenomeno che va man mano a
diminuire ed infine a scomparire (la fine dell’oralità coincide con la fine della
poesia occitana) e darà luogo alla poesia scritta, elaborata per essere letta.
Nel medioevo, fattore molto importante, è la memoria. L’uso della memoria era
fondamentale poiché serviva a memorizzare queste poesie.
Abbiamo parlato anche del latino che man mano si avvia verso una crisi. Ciò che
funga da “collante” del latino, è la chiesa che mantiene quest’ultimo come lingua
di cultura. Il predominio del latino, viene interrotto dall’introduzione della poesia
dei trovatori. Questo rappresenta la rivoluzione del latino che man mano va
perdendo la sua importanza.
Abbiamo parlato degli antichi testi, dei testi dove per la prima volta, non troviamo
più il latino bensì una lingua nuova ovvero il volgare. Abbiamo analizzato i Placiti
Campani ovvero testi giuridici all’interno del quale c’era un contenzioso per il
possesso di terre. In merito a questa contenzione di territori, il giudice chiama dei
testimoni che sono contadini e che dunque non conoscendo il latino, parlano in
volgare. La caratteristica sta nel fatto che il giudice, il quale parlava in latino
poiché era un uomo colto, trascrive le testimonianze di questi contadini attraverso
la lingua parlata da questi ultimi e non in latino. Dunque egli cerca di trascrivere
esattamente quello i contadini stanno testimoniando attraverso la loro lingua che
appunto, come detto, non era il latino.

30\11\2020
RICAPITOLAZIONE
INDOVINELLO VERONESE
Separebaboues albapra taliaaraba &albo uersorio teneba &negrosemen | seminaba
Se pareba boves paratalia araba e albo versorio teneba e negro semen seminaba
Come vediamo, nell’evoluzione della lingua latina, assistiamo alla caduta delle
consonanti finali.
Spingeva avanti i buoi arava un campo bianco e teneva un bianco aratro e
seminava un nero seme.
SAO KO KELLE TERRE
Vi è la presenza dell’evoluzione della lingua latina e vediamo che qui i nessi sono
conservativi ma tutto il resto si è rivoluzionato.
Abbiamo visto i giuramenti di Strasburgo che rappresentano l’atto ufficiale della
nascita delle lingue romanze. Parliamo una duplice forma di giuramento in lingue
volgari, in romanzo e germanico (parliamo di un testo scritto in antico francese ed
uno scritto in tedesco), contenuta nella Historia filiorum Ludovicii Pii scritta dal
letterato Nithard, nipote di Carlo Magno. Hanno anche una data certa della
scrittura di quest’opera che è l’842.
Vi è un assoluto dominio di testi religiosi che verrà spezzato dalla poesia
provenzale, dall’esperienza trobadorica (daranno il primo esempio di poesia laica
e scritta in lingua volgare ovvero l’occitano). L’occitano è una lingua di koinè
ovvero lingua nata da elementi diversi ovvero dalle diverse parlate appartenenti al
sud della Francia. Dunque la poesia trobadorica rappresenta il distacco dal
carattere religioso dei testi. I testi dei trovatori sono tutti testi musicati tranne il
testo di Jhoan de Castelnò che è un testo elaborato soltanto per essere letto.
Dunque chi sono i trovatori?
Poeti d’arte ma anche musicisti
Prevalentemente laici
La provenienza geografica non è necessariamente il sud della Francia
La lingua adottata è l’OCCITANO (lingua doc), qualunque sia il loro luogo di
origine
Poesia legata alla CORTE (dunque erano testi fatti per essere musicati, cantati
davanti ad un pubblico cortese)
Esecutori ma anche autori ( vi è sempre la figura del giullare ovvero la persona
che avrebbe dovuto dar luogo alla rappresentazione dell’opera ma che molto
spesso poteva anche essere la persona che realizzava essa stessa l’opera per poi
rappresentarla).
Dunque i GIULLARI sono:
Esecutori ma anche autori sia della musica che del testo
GIULLARE DELL’EPICA vs GIULLARE DELLA LIRICA
Pubblico di piazza - Pubblico della corte
Rimaneggiatore dei testi - Fedele esecutore
Spaziava tra diverse tipologie testuali - Recitava prevalentemente lirica

PERIODIZZAZIONE DELLA LIRICA PROVENZALE SECONDO F. DIEZ


 La prima fase va dalle origini fino al 1140 circa (Guglielmo XI d’Aquitania attivo
intorno al 1100; PRIMO TROVATORE)
 La seconda generazione va dal 1140 al 1250 (Raimbaut d’aurenga, Guiraut de
Borneil (?) ecc.)
 La terza generazione va dal 1250 alla fine del XIII secolo (1292). L’ultima
generazione comprende tutti i poeti vissuti durante e dopo la guerra cataro-
albigese. Uno degli esponenti della terza generazione è per esempio Guiraut
Riquier ovvero autore dell’ultima poesia trobadorica e dunque ULTIMO
TROVATORE
 Quarta generazione: Concistori del Gay Saber (1323 Tolosa) rifondazione della
poesia in lingua d’Oc. Scuola d’imitazione, conservazione e cristallizzazione.
SUCCESSO E DIFFUSIONE DELLA LIRICA TROBADORICA
2542 liriche- un centinaio di manoscritti
Circolazione orale, su rotuli o su manoscritti giullareschi
Le prime sillogi non sono giunte fino a noi.
I trovatori cosiì come i giullari si spostano di corte in corte
I TROVATORI ITALIANI
 Almeno 27 sono i trovatori italiani che poeteranno in OCCITANO ben prima della
diaspora.
 Ezzellino e Alberico da Romano
 Uc de Saint Circ: a lui si deve il travaso dell’eredità trobadorica in Italia e in un
nuovo contesto socio culturale
 Marca Trevigiana e Liber Alberici.
GUGLIEMO IX D’AQUITANIA: PRIMO TROVATORE
 Signore feudale di grande rilievo
 Una vita trascorsa tra guerre e scandali
 Trovatore bifronte: esaltazione delle virtù cortesi (Ab la dolchor del temps novel
ad esempio) VS elogio del sesso e della sregolatezza (canzone del gatto rosso ad
esempio che è una parodia proprio di quelle che sono le virtù cortesi).
I testi di Gugliemo IX erano testi musicali
AB LA DOLCHOR DEL TEMPS NOVEL
Esalta l’amor cortese che genera sempre un triangolo amoroso: una dama che è
sempre sposata ed un terzo incomodo chiamato il GILOS ovvero il geloso. Vi è
sempre la presenza dei mal parlieri ovvero coloro che vanno a riferire al marito
geloso che la dama viene celebrata dal poeta. Dunque in realtà, i malparlieri hanno
l’obiettivo di separare la coppia marito-moglie.
o L’impiego di un senhal (pseudonimo) è tra le principali virtù cortesi poiché vi è
l’esigenza di celar ovvero di nascondere il vero nome.
La fin amor celebra un amore generalmente adultero (caratterizza la poesia dei
poeti fiorentini come Cavalcanti ad esempio). Si basa sul desiderio e su una
tensione continua verso qualcosa di irraggiungibile perché la soddisfazione erotica
annullerebbe l’amore puro, Spitzer parla difatti di un PARADOSSO AMOROSO
ovvero un amore che non vuole possedere.
IL GENERE DELLA PASTORELLA
La pastorella è un genere lirico che ha avuto più fortuna in Francia
o Rispetto al canone cortese le situazioni, i luoghi, i personaggi ed i comportamenti
appaiono diametralmente rovesciati.
o Testo appartenente a questo genere è ad esempio A LA FONTANA DEL
VERZIERE
PARAUL’ ESCURA
Il trobar clus o trobar ric fa riferimento alla paraul’escura di Marcabru.
COS’E UNA TENSO’?
E’ un dibattito tra poeti, dialogo a due voci, ciascun poeta sostiene una tesi.
Raimbaut d’Aurenga avvia il dibattito di Guiraut de Borneilh (dibattito sulla visione
dell’amore).
Raimbaut sostiene il trobar clus
Giraut sostiene il trobar leu.
L’AMOR CORTESE TRASPOSTO FUORI DALLA PROVENZA
La tematica dell’amor cortese, con la sua formulazione di amore impossibile, di
continua tensione e desiderio viene trasposta anche in altri generi e in’altra lingua:
romanzo francese.
o Una delle vicende più paradigmatiche è quella di Tristano. Abbiamo almeno
due formulazioni della leggenda di Tristano: Thomas e Béroul.
o Insoddisfazione amorosa e frustrazione di tutti i personaggi.
o L’amor cortese non è altro che il bisogno di servire a tutti i costi la dama per
arrivare ad una soluzione che sembra essere lontanissima ma è proprio ciò che
aumenta il desiderio, la passione da parte del poeta.
ARNAUT
E’ ritenuto l’inventore della SESTINA che è un modello avanzato della canzone.

Potrebbero piacerti anche