Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
LONGO
05\10\2020
La filologia è una disciplina che punta a ricostruire un testo e a fornirne una corretta
interpretazione attraverso un’analisi della lingua ed un’analisi critica dei testi.
Filologia significa “amore per le parole, per i testi”. La filologia si occupa di testi
antichi ma non di testi classici. La filologia romanza, si occupa di testi medioevali. La
filologia ovviamente non è solo romanza. Questa è una disciplina che si applica a
testi di varie lingue. Parliamo anche di filologia moderna ed il suo scopo è quello di
individuare qual è la volontà dell’autore. Il lavoro del filologo è quello di risalire ad
una versione che maggiormente si avvicini al testo originale depurandolo dagli errori
di copia, errori voluti, commessi in maniera volontaria (basti pensare ai copisti che
spesso commetteva degli errori volontari e involontari). Parliamo anche di errori di
fonetica, quindi di lingua. Il filologo mette insieme una serie di procedure chiamate
critica testuale o ectodica. Dunque le copie che si legano ad un testo originale, si
chiamano testimoni. Dunque il filologo cerca di scoprire quali sono i legami tra le
copie relative ad un testo e ricostruire una versione del testo quanto più vicina
all’originale. Il filologo arriva ad ipotizzare un albero genealogico (STEMMA
CODIGUM) ovvero scoprire da dove discende una determinata copia. I filologi sono
chiamati anche in campo giuridico perché in grado di analizzare e collezionare le
diverse versioni di un imputato e rintracciare le possibili incongruenze.
Il metodo filologico ha una vasta estensione, si applica ai testi antichi, classici,
medioevali ma anche ai testi cinquecenteschi, contemporanei. Si parla di Filologia
genetica ovvero lo studio degli avantesti ovvero tutte le fasi che precedono la stesura
dell’opera.
Nell’era dell’informatizzazione e con l’avvento del web, l’applicazione del metodo
filologico è diventata ancor più necessaria non solo in ambito letterario ma anche e
soprattutto nell’analisi e nella ricostruzione delle cosiddette Fake News.
Per quel che concerne le opere letterarie medievali dobbiamo tenere presente diversi
fattori:
- Dei testi medievali, solo in rari casi, ci sono pervenuti gli originali ovvero la
versione autografata dell’autore.
- In epoca medievale se le opere letterarie scritte in latino e greco erano trattate
con un certo rispetto dagli scribi, quelle in volgare non sempre erano ritenute
“degne” di cotanta cura. La letteratura volgare (del popolo), era considerata
una letteratura di serie B e quindi veniva trattata con meno cura a livello di
copia. Molto spesso si modificavano addirittura i testi, venivano dunque
manipolati.
- Quando si copia, anche involontariamente, si commettono degli errori.
- L’insieme delle copie di una particolare opera non risalgono tutte alla stessa
zona geografica e agli stessi anni. I testi dunque hanno delle caratteristiche
diverse tra loro.
- Nel medioevo molte opere letterarie circolavano anche e soprattutto oralmente.
Tutto ciò contaminava le tradizioni poiché il copista poteva ibridare una
tradizione scritta ad una orale.
L’aggettivo “romanza”
- Le lingue romanze o neolatine (discendono dal latino).
- Il termine romanzo deriva dall’avverbio latino ROMANCE riferito al parlare in
vernacolo (ROMANICE LOQUI) rispetto al parlare latino (LATINE LOQUI).
La letteratura medievale
- La nostra idea di “letteratura” implica necessariamente una attività di lettura
tuttavia, nel Medioevo, la lettura è privilegio di pochi che conoscevano le
lettere = latino
- La fruizione del testo avveniva, molto spesso, durante un’esecuzione orale ad
un pubblico di ascoltatori.
TIPI DI ORALITA’
Non va sottovalutato il ruolo della scrittura nella letteratura medievale.
Zumthor, per esempio, parla di:
Oralità primaria: società senza scrittura
Oralità secondaria: oralità si ricompone a partire dallo scritto ( i testi erano
composti per iscritto e poi diffusi oralmente)
Oralità mista:
TESTI ITALIANI
- L’indovinello veronese = 780 circa
- I placiti campani = 960- 963
Questi testi ci interessano per la storia evolutiva della letteratura.
INDOVINELLO VERONESE
Separebaboues albapra taliaaraba &albo uersorio teneba &negrosemen | seminaba
SE PAREBA BOVES ALBA PRATALIA ARABA E ALBO VERSORIO
TENEBA E NEGRO SEMEN SEMINABA
(spingeva avanti i buoi arava un campo bianco e teneva un bianco aratro e
seminava un nero seme)
Questo testo, apparentemente, potrebbe sembrare latino ma in realtà non lo è. Ad
esempio “araba” richiama l’imperfetto latino “arabat” ma come vediamo, in
questo caso manca la T, quindi vediamo che la parola non corrisponde più alle
caratteristiche del latino o meglio, si sta allontanando da esse.
Questo, è un indovinello che in realtà il copista non scrive più in latino ma in una
lingua che parlava. Il latino dunque si stava disgregando, come vediamo sono
venute meno le desinenze verbali come quelle nominali ed il copista sta dunque
scrivendo attraverso la lingua che parla.
La soluzione dell’indovinello è: l’atto della struttura. I buoi sono le dita della
mano, il campo bianco è la pagina ed il bianco aratro è la penna dell’oca ed il
seme nero rappresenta l’inchiostro. Dunque ciò che si sta rappresentando
metaforicamente è l’atto della scrittura. Questo indovinello è importante non dal
punto di vista del concetto ma dal punto di vista del contenuto perché ci mostra
che la lingua si sta evolvendo, il latino si sta evolvendo.
I PLACITI CAMPANI O CASSINESI
I documenti sono in latino, sono degli atti giuridici (sono 4) scritti da alcuni
giudici. Tra il monastero di Monte Cassino ed alcuni signori feudali c’erano state
delle diatribe riguardo il possedimento di alcuni feudi. Tutti gli atti del processo
sono scritti in latino perché la chiesa e i signori feudali capivano il latino.
Tuttavia, quando il giudice chiama a testimoniare delle persone illetterate
(contadini, agricoltori) che probabilmente vivevano in quei feudi, la loro
testimonianza viene scritta in una lingua che non è più il latino ma rispecchia il
modo, la lingua parlata da questi illetterati. Quindi abbiamo a che fare con degli
inserti che coinvolgono un volgare meridionale.
Dunque questi testi ci interessano perché sono i primi testi italiani che si
allontanano dal latino.
TESTI FRANCESI
- I Giuramenti di Strasburgo: 842 duplice forma di giuramento in lingue volgari,
in romanzo e in germanico, contenuta nella Historia filiorum Ludovicii Pii
scritta dal letterato Nithard, nipote di Carlo Magno
Atto ufficiale di nascita delle lingue romanze come strumento espressivo
evoluto.
12\10\2020
GIULLARI
Differenza tra
GIULLARE DELL’EPICA
- Pubblico di piazza
- Rimaneggiatore dei testi
- Spaziava tra diverse tipologie testuali
GUGLIELMO IX D’AQUITANIA
Signore feudale di grande rilievo
Una vita trascorsa tra guerre e scandali. Guglielmo IX ha una forte personalità
e fu scomunicato almeno due volte. Scomuniche dovute in parte alla sua
condotta morale ed in parte perché si era appropriato di molti terreni che
appartenevano alla chiesa; è per questo che parliamo di una vita molto
scandalosa.
Trovatore bifronte: esaltazione delle virtù cortesi Vs elogio del sesso e della
sregolatezza. E’ stato definito un libertino ante-litteram poiché perseguiva
principalmente il principio del piacere. Presumibilmente, si dice che volle
fondare un monastero al contrario ovvero un monastero di prostitute portato
avanti da una badessa. Dunque egli fece di un monastero, un bordello. Inoltre,
in una delle sue battaglie, egli scelse di portare sul suo scudo, l’immagine
semi-nuda della sua amante al posto della madonna che soleva fungere da
protettrice nelle battaglie. Egli invece sceglie di portare con se la sua amante e
di far sì che fosse stata lei la protettrice della sua battaglia.
Questo era una grande feudatario, tant’è vero che egli possedeva più terre di
quante ne possedeva il re stesso. Egli partecipò almeno a due crociate una delle
quali fu organizzata da egli stesso. Combattè contro gli arabi di Spagna, si è
sposato almeno due volte ed ha avuto una grande dinastia.
Della produzione lirica di Gugliemo IX ci sono pervenute 10 poesie e sono state
divise in 3 gruppi:
6 poesie rivolte ai companhos caratterizzate da un tono giocoso e dai contenuti
spinti quasi osceni
3 poesie propriamente cortesi
1 canzone di pentimento scritta probabilmente quando rimase ferito alla gamba
e pensava di morire.
AB LA DOLCHOR DEL TEMPS NOVEL
Nel testo compaiono elementi caratteristici della poesia trobadorica riconducibili alla
metafora feudale
METAFORA FEUDALE: L’amore concepito nei termini di un rapporto feudale. Il
poeta si rivolge all’amata come un vassallo si rivolgerebbe al suo signore.
TESTO
Ab la dolchor del temps novel
foillo li bosc, e li aucel
chanton, chascus en lor lati,
segon le vers del novel chan:
adonc esta ben c'om s'aisi
d'acho dont hom a plus talan.
La nostr'amor va enaissi
com la brancha de l'albespi,
qu'esta sobre l'arbr'en creman,
la nuoit, ab la ploi'ez al gel,
tro l'endeman, que·l sols s'espan
per la feuilla vert el ramel.
Enquer me menbra d'un mati
que nos fezem de guerra fi
e que·m donet un don tan gran:
sa drudari'e son anel.
Enquer me lais Dieus viure tan
qu'aia mas mans soz son mantel!
Qu'eu non ai soing d'estraing lati
que·m parta de mon Bon Vezi;
qu'eu sai de paraulas com van,
ah un breu sermon que s'espel:
que tal se van d'amor gaban,
nos n'avem la pessa e·l coutel.
(Guglielmo IX)
TRADUZIONE
Nella dolcezza della primavera
i boschi rinverdiscono, e gli uccelli
cantano, ciascheduno in sua favella,
giusta la melodia del nuovo canto.
E' tempo, dunque, che ognuno si tragga
presso a quel che più brama.
In questa prima cobla vi è il classico TOPOS PRIMAVERILE, luogo
comune della poesia occitana ma anche della tradizione poetica italiana.
Questo è anche il TOPOS DEL LOCUS AMENUS ovvero classico esempio
di luogo piacevole, luogo primaverile. Dobbiamo sottolineare che i TOPI non
sono qualcosa inventati dai trovatori, già la cultura classica, latina aveva questi
topos).
Tra la prima e la seconda cobla vi è l’incertezza dell’autore che non sa se farsi
avanti o meno alla sua amata. Quindi qui abbiamo a che fare con il
SECONDO LUOGO COMUNE ovvero il SECONDO TOPOS che è quello
dell’INCERTEZZA DEL POETA.
IL topos è qualcosa di previsto, un luogo comune, una scena quasi scontata, un
passaggio obbligato.
Dall'essere che più mi giova e piace
messaggero non vedo, né messaggio:
perciò non ho riposo né allegrezza,
né ardisco farmi avanti
finché non sono sicuro che l'esito
sarà così come io lo voglio.
Il nostro amore è
come un ramo, una branca del biancospino,
che sta sulla pianta tremando
la notte alla pioggia e al gelo,
fino a domani, quando il sole si diffonde
attraverso le foglie verdi sulle fronde.
16\10\2020
Abbiamo detto la volta precedente che Ab la dolchor del temps novel come abbiamo
detto, tratta di un amore di sottomissione, di un patto che c’è tra gli amanti, tratta
espressioni ambigue come la mano sotto al mantello (nell’ambito feudale, è un
simbolo di ricchezza).
FARAI UN VERS, POS MI SONELH
Questo componimento appartenente a Gugliemo IX appartiene alla produzione
PARODICA dell’amor cortese poiché questo appunto viene trattato in vesti
differenti, in vesti ironiche appunto.
Anche questo componimento è UNA CANZONE. Le canzoni come detto sono fatte
di COBLAS SINGULAS ovvero strofe, ogni cobla ha 6 versi ed ognuna di esse ha
una tornada.
STRUTTURA METRICA: Canzone formata 14 coblas singulars di 6 versi ciascuna +
1 tornada di 6 versi
CANZONE
Farai un vers, pos mi sonelh,
E-m vauc e m'estauc al solelh.
Donnas i a de mal conselh,
Et sai dir cals:
Cellas c'amor de cavalier
tornon a mals.
La una-m pres sotz son mantel (il termine mantello è importante poiché era presente
anche nell’altra canzone).
Et mes m'en la cambra, el fornel:
Sapchatz qu'a mi fo bon e bel,
E-l foc fo bos,
Et eu calfei me volentiers
als gros carbos.
TRADUZIONE
Farò un canto, appena desto,
mentre al sol passeggio e sosto.
Ci son donne poco a posto,
questo è l’errore:
di cavaliere
non vogliono amore.
In Alvernia e Limosino
me n’andavo pellegrino:
Ecco le mogli di Guarino
e di Bernardo;
mi salutarono,
per San Leonardo.
Io così mi comportai:
non le dissi ne ai ne bai,
ferro o legno non citai.
Dicevo pian pian:
“Babari-ol, babari-ol,
babarian”.
ANALISI
Testo ricco di elementi feudali e cortesi, benchè parodizzati:
- Il MANTELLO (mantel v. 37)
- Pellegrino muto (mutz v. 34): rimanda alla legge cortese del celar (proteggere
sempre l’identità della donna amataa, virtù del perfetto amante).Vi è anche una
parodia del pellegrinaggio religioso questo anche perché sappiamo che
Guglielo IX non era in buon rapporti con la religione. Dunque possiamo vedere
che c’è un rovesciamento parodico del canone cortese.
- Sopportare dure prove per entrare nelle grazie della donna amata
- Il tema del pellegrinaccio
- Canzone rivolta ai companhos
- Nota come “canzone del Gatto rosso”
- Lirica a carattere narrativo
- Di ispirazione fabliolistica, somiglia ad un fabliau comico burlesco
- Elementi feudali e cortesi si mescolano con elementi comico- burleschi
- Componimento narrativo che richiama più generi poetici
- Coblas I-II: DEBAT
- Dalla cobla III comincia una sorta di FABLIAU
- A partire dalla cobla VII la canzone prende le forme di un PLAZER
- La cobla XIV è un GAP ovvero una VANTERIA SESSUALE
- La torrnada rispetta gli schemi classici della canzone, ovvero rispetta gli
schemi classici
- La lirica assume un tono epico quando Guglielmo racconta e al tempo stesso si
vanta di aver subito terribili ferite. Un guerriero che non lascia il campo di
battaglia nonostante la forza del nemico (nemico cattivo e malvagio). (parodia
della narrativa epica).
- Ogni parte della poesia sembra parodizzare un aspetto della poesia occitana
19\10\2020
VIDAS E RAZOZ
Sono dei testi in prosa che vengono scritti soltanto quando la grande poesia degli
occitani, la poesia cortese, volge al termine (epoca della diaspora trobadorica). Per
vidas intendiamo delle piccole biografie (vidas viene da vidam) che ci parlano della
vita del trovatore in questione. Chi compone le vidas, non ha conoscenze, non ha
consapevolezza della reale biografia di quegli autori. Sono testi in prosa che
accompagnano le liriche.
VIDA-VITAM
Una breve biografia anonima di un trovatore o di una trobairitz che accompagna e
introduce il corpus poetico di un autore.
Poiché le vidas e le razos, alcune di esse, sono state composte in tempi molto distanti
dalla vita di un autore, non sono molto attendibili.
RAZO-RATIONEM
La razos spiega la ragione per la quale il poeta scrisse una determinata opera.
E’ una spiegazione, breve, anonima, che accompagna un testo poetico di un trovatore
o di una trobairitz. Il breve passo in prosa introduce una lirica spiegando la
RAGIONE e le circostanze che indussero l’autore a comporla.
VIDAS E RAZOS
- Sistemazione della produzione lirica occitana
- Tentativo enciclopedico
- Transizione da una cultura prevalentemente orale ad una cultura
prevalentemente scritta nella II età feudale
- Aumenta la richiesta di libri
- Si diffonde la carta, più economica e duttile della pergamena.
- Vidas e Razos si inseriscono e spiegando entro la generale rinascita
dell’autorialità.
Non sono solo gli autori a sentire l’esigenza autoriale, ma anche il pubblico reclama
notizie sull’autore.
ACCESSUS AD AUCTORES: Introduzioni, più o meno brevi, che i
commentatori medievali di opere mediche, astronomiche, giuridiche,
filosofiche, letterarie solevano premettere al testo da commentare, con lo scopo
di informare il lettore sulla biografia dell’autore e, talvolta, sulla sua
produzione.
Dunque le vidas e le razos, non fanno altro che sciogliere curiosità da parte del
pubblico nei confronti della vita di un determinato autore.
- Vidas e Razos sono forme di ACCESSUS AD AUCTORES ma al tempo stesso
hanno un carattere spiccatamente narrativo.
- Sono TESTI FITTIZI elaborati lontani dalla Provenza e a distanza di molto
tempo.
- Inutile indagare la veridicità: informazioni desunte dai testi stessi o prese a
prestito da altre tradizioni narrative.
- Funzione storicizzante e concretizzante dell’astratto sentimento lirico in forma
di racconto in prosa.
- Nascono come forma di aneddotica (volontà di sapere del “gossip” ovvero
volontà di conoscere aneddoti) trobadorica legate strettamente al testo poetico
- Si presentano a rimaneggiamenti e a trasformazioni che li rendono narrazioni
autosufficienti (possono diventare una sorta di racconto che circola
autonomamente)
- Circolazione autonoma e recupero novellistico.
- Il nucleo narrativo di una novella di Boccaccio, era proprio una vida.
STRUTTURA DELLE VIDAS
PROLOGO: luogo di provenienza del poeta, coordinate storico-geografiche e
informazioni socio-culturali sul poeta. (Chierico-giullare- nobile-povero- ricco ecc.)
parliamo dunque di informazioni molto generiche e scarse.
NARRATIO: Si svela l’identità della donna amata e protetta dal Senhal. Si stabilisce
l’importanza del poeta all’interno del grande canto cortese e il suo contributo.
EPILOGO: Viene rivelata la sorte del suo amore e le sue cause (morte di lui o di lei,
rifiuto, partenza, ecc.)
TRADUZIONE
Quando i giorni sono lunghi a maggio,
mi piace il dolce canto degli uccelli di lontano,
e quando mi sono partito di là
mi ricordo di un amor lontano.
Vado per il desiderio imbronciato e a capo chino,
così che né canto né fior di biancospino
mi giovano più dell'inverno gelato.
Elemento oscuro: rimando al padrino che avrebbe stregato il poeta nel suo amore
verso la dama, una dama lontana.
Importante è la parola lonh, questa parola compare sempre alla fine del secondo e
quarto verso. Secondo alcuni, questo amore da lontano, è un simbolismo religioso.
Appel ad esempio, ci vede la vergine mentre Picone vede la ricerca stessa di Dio in
questo innamoramento. Spizzer invece, sostiene che l’amore lontano non è altro che
l’estrema codificazione del paradosso amoroso ovvero quel sentimento così ambiguo
dell’amor cortese che gode dello stato di non possesso, possesso che non può
avvenire e dunque il poeta si muove in quella condizione amorosa irraggiungibile.
Dunque vi è un’estremizzazione del paradosso amoroso, un desiderio irraggiungibile.
Dunque in senso letterale, non vi è nulla di oscuro mentre a livello d’interpretazione
dell’amore a distanza, lontano, vi è un senso più oscuro al quale, come detto, sono
state date differenti interpretazioni
26\10\2020
Di Marcabru studieremo un paio di testi. Anche lui appartiene alla seconda
generazione dei trovatori. Collochiamo la sua attività poetica tra il 1130-1149. Della
sua biografia ci pervengono poche opere tra le quali due vidas (una delle quali ci
parla di un’estrazione sociale bassa, questo è un dato su cui possiamo essere
d’accordo). Dunque probabilmente era un giullare, lo troviamo presso varie corti
(corte di Guglielmo X ovvero figlio di Gugliemo XI d’Acquitania, lo troviamo presso
la corte di Eleonora d’Acquitania, presso le corti dei sovrani di Castiglia). Dunque
vediamo che pè un poeta che si è mosso presso differenti corti importanti.
La sua opera, è un’opera intrisa di moralismo, di elementi cristiani. Parliamo di un
moralismo in vesti religiose, egli esalta l’amore coniugale, ha uno spirito molto
polemico nei confronti del suo tempo, nei confronti della corruzione morale che si
viveva al suo tempo.
DUNQUE:
Nelle liriche di Marcabru compaiono molti elementi cristiani e il suo
moralismo ha uno sfondo religioso
Secondo A Roncaglia l’amore cantato da questo trovatore sarebbe addirittura
l’amore coniugale.
- Come spiegare gli attacchi violenti di Marcabru ai molheratz?
- Perché Marcabru contrappone costantemente i Joven ai Molheratz?
- Perché esalta a larguezaz (generosità) come requisito fondamentale dei
signori?
Una risposta potrebbe venire dalla TESI SOCIOLOGICA di Koler. Koler ha
cercato di spiegare il paradosso amoroso (continua tensione). Egli cerca di
spiegare la poesia trobadorica nel contesto sociale. Questo studioso dunque
fornisce una lettura sociologica della poesia provenzale, un’interpretazione che
tiene conto della corte feudale entro cui si sviluppa questa corrente.
TESI SOCIOLOGICA DI KOLHER
Secondo Kolher sia il paradosso amoroso che la metafora feudale possono essere
spiegati se si colloca la poesia dei trovatori nel suo contesto sociale. La scena
sociale di questa poesia è la corte, un ambiente dovevano spiccare i cavalieri senza
feudo, gli IUVENS.
I trovatori hanno in comune con questa classe di iuvens lo stesso stile di
vita, la dipendenza economica, sono anch’essi dei marginal men e
diventavano quindi i rappresentanti ufficiali e gli ideologi del gruppo.
Le tesi di Kohler, seppur interessante, ha dei punti deboli dovuti a problemi
non risolti. Confrontando l’ideologia della fin’amor con la società dei
cavalieri senza feudo. Kohler però non tiene conto del fatto che i trovatori
più antichi come Guglielmo IX, Ebles di Venatdorn e Jaufrè Rudel erano
tutti aristocratici. Dunque questo è il punto debole della tesi di K. Poiché
questa tesi può essere applicata per Marcabru ma non ad esempio per
Gugliemo IX.
L’intuizione principale di Kohler è quella di aver sottolineato la profonda
omologia dell’amante e il disagio di una classe sociale che mira ad elevarsi.
Dunque k. Ha capito che il disagio dell’amante, è la proiezione del disagio
del iuven che non ha un possedimento, non ha un feudo.
In questa tesi, si spiega bene la differenza e l’opposizione tra gli ammogliati
ed i giovani. Questa tesi, ci riporta a Marcabru al quale dobbiamo appunto
questo spirito di contrapposizione tra gli ammogliati ed i giovani senza
terra. Marcabru attacca moltissimi trovatori all’interno delle sue liriche,
eccetto Jaufré Rudel.
Un’altra interpretazione in cui Marcabru può essere letto, è attraverso una chiave
cristiana. Viene attribuito a Marcabru un moralismo cristiano, egli ha un modo di
fare poesia piuttosto oscuro, allegorico (i testi religiosi vanno infatti letti in chiave
allegorica), ha dunque un modo di scrivere molto forte. E’ stato considerato un
estremista poiché le sue tematiche sono pienamente religiose e trattate attraverso
uno stile molto difficile. Egli ebbe un grande successo, tant’è vero che ci
pervengono di questo, 40 liriche.
IL GENERE DELLA PASTORELLA
La pastorella è un genere lirico che ha avuto più fortuna in Francia (circa
centocinquanta testi supersiti, lingua d’oil) che in Provenza (lingua d’oc, circa
venticinque), benchè quella di Marcabru sia il più antico esemplare conservato.
Dal punto di vista formale il genere presenta caratteri misti, oscillando tra il
polo del dialogo (come nella tenso) e quello narrativo (è un breve racconto),
ma è importante notare che la narrazione è fatta in prima persona.
La pastorella racconto dell’incontro in campagna tra un cavaliere e una pastora.
Questa rappresenta il capovolgimento della fin’amore e degli ideali cortesi ( il
cavaliere cerca di approfittare sessualmente della pastorella, infatti la pastorella
racconta scene molto cruente di violenza sessuale).
La pastorella è sempre ambientata all’aperto mentre l’amor cortese è sempre
chiuso tra le mura del castello.
Rispetto al canone cortese le situazioni, i luoghi, i personaggi e comportamenti
appaiono infatti diametralmente rovesciati (è quasi una parodizzazione
dell’amor cortese; qui il soggetto in questione non è una dama bensì una
pastorella che presenta canoni estetici totalmente opposti rispetto a quelli della
dama infatti ci viene descritta una pastorella bruttina, che non si cura e alle
volte anche pelosa).
Origine della Pastorella (alcuni la situano all’interno del racconto bucolico ma
sulle sue orgini ci sono ancora molti dubbi)
Figure stereotipate della pastora e del cavaliere (la pastora è sempre avida di
regali ed anche qui vi è una contrapposizione con la dama che non chiede mai
nulla al suo cavaliere).
Non solo i personaggi sono contrapposti ma anche l’ambientazione è
diametralmente opposta rispetto a quella del canone cortese.
- Ora leggiamo una pastorella di Marcabru che non è convenzionale rispetto al
resto delle pastorelle poiché si conclude con un finale differente, questa si
conclude con un certo moralismo. In questa pastorella c’è ironia e critica
sociale benchè siano comunque presenti elementi osceni. Questa pastorella non
è convenzionale poiché non si conclude con una violenza bensì con la vittoria
della pastorella
La forma metrica
o Genere: pastorella
o Schema rimico: a- a-a-b-a-a-b
o 12 coblas composte da 7 versi ottonari + 2 tornadas di 3 versi ciascuna
o Coblas doblas – sono tutti versi ottonari
- L’au-trier.iost’-u-na-se-bis-sa
- Tro-bey-pas-to-ra-mes-tis-sa
- De-joy-e.de.sen-mas-sis-sa
TESTO
L'autrier jost' una sebissa
Trobei pastora mestissa,
De joi e de sen massissa,
Si cum filla de vilana,
Cap' e gonel' e pelissa
Vest e camiza treslissa
Sotlars e causas de lana.
ANALISI
Ciò che caratterizza questo testo, è il linguaggio molto diretto utilizzato dalla pastora
ed anche il moralismo.
Verso 31- Corteza Villana (contrapposizione)
Verso 49- “Stare sotto a stare sopra” - Risvolti sociali oltre che erotici. ( Il
cavaliere rivendica il suo “stare sopra” rispetto alla contadina sia socialmente
che sessualmente).
Verso 70- Moralità della fanciulla, moralità che emerge in tutto il testo.
Sana saggezza popolare della pastorella contrapposta alla finta cortesia del cavaliere
(la saggezza perviene dai modi di dire, dal modo di parlare).
RICORDA:
La finalità di questi testi è quella di intrattenere le corti, ha un carattere orale e
veniva accompagnato da un accompagnamento musicale oltre che ad avere un
tema di intrattenimento. Dunque queste poesie non sono testi scritti fatti per essere
letti, sono diventati scritti soltanto quando sono usciti fuori dalla Provenza ma
come detto, la loro finalità è quella di essere tramandati oralmente.
30\10\2020
Leggiamo un altro testo di Marcabru.
A LA FONTANA DEL VERGIER
Schema metrico: 6 coblas singulars (ogni cobla ha un sistema autonomo) con 2
rime fisse ( 4 e 7 verso di ciascuna cobla); ogni cobla ha 7 ottonari a rima
maschile (ovvero quando non c’è un’altra sillaba dopo la vocale accentata)
A8, a8, a8, x8, a8, a8, y8. (con x ed y si indicano le rime fisse)
Lirica a carattere narrativo
I e II cobla parla il locutore-personaggio maschile rivolto al lettore\ascoltatore).
Quasi come se il protegonista stia parlando con noi.
III e IV cobla parla la fanciulla rivolta a Dio
V cobla parla il personaggio maschile rivolto alla ragazza
VI cobla parla la ragazza rivolta al personaggio maschile
Limpidezza contenutistica e compostezza formale
Pluralità di registri narrativi e di piani temporali.
Esordio primaverile con descrizione del locus amoenus (che si prolunga anche
nella II cobla)
V.7- Selha que no vol mon solatz- il narratore si identifica come qualcuno che
soffre per amore, non avendo il solatz (piacere, gioia)
V. 11, 35, 41- joy
V. 22- amicx
Ambiguità del termine gioi e delle intenzioni del cavaliere ( joy e solatz che
quindi hanno anche un riferimento erotico)
La fanciulla sembra non cogliere, oppure risponde all’assalto del cavaliere
mantenendo una certa ambiguità del discorso. Infatti conferma che il Joy lo ebbe
dal suo amore.
Il personaggio maschile è battuto sul terreno linguistico
Il riferimento alla crociata e a re Luigi nascondono la critica e le opinioni
personali di Marcabru (egli infatti dice “maledetto sia quel re Luigi”).
Il moralismo marcabruniano si manifesta nella virtù della fanciulla che respinge
l’assalto (solo linguistico) del cavaliere e nella critica alla politica delle crociate
TESTO
A LA FONTANA DEL VERGIER
TRADUZIONE
ALLA FONTANA DEL VERZIERE
III
Anc non agui de me poder
Ni no fui meus de l’or’ en sai
Que.m laisset en sos olhs vezer
En un miralh que mout me plai.
Miralhs, pus me mirei en te,
M’an mort li sospir de preon,
C’aissi.m perdei com perdet se
Lo bels Narcisus en la fon.
IV
De las domnas me dezesper!
Ja mais en lor no.m fiarai!
C’aissi com las solh chaptener,
Enaissi las deschaptenrai.
Pois vei c’una pro no m’en te
Vas leis que.m destrui e.m cofon,
Totas las dopt’ e las mescre,
Car be sai c’atretals se son.
V
D’aisso.s fa be femna parer
Ma domna, per qu’e.lh o retrai ,
Car no vol so c’om deu voler,
E so c’om li deveda, fai.
Chazutz sui en mala merce,
Et ai be faih co.l fols en pon;
E no sai per que m’esdeve,
Mas car trop puyei contra mon.
VI
Merces es perduda, per ver,
Et eu non o saubi anc mai,
Car cilh qui plus en degr’aver,
No.n a ges, et on la querrai
A! can mal sembla, qui la ve,
Qued aquest chaitiu deziron
Que ja ses leis non aura be,
Laisse morrir, que no l’aon.
VII
Pus ab midons no.m pot valer
Precs ni merces ni.l dreihz qu’eu ai,
Ni a leis no ven a plazer
Qu’eu l’am, ja mais no.lh o dirai.
Aissi.m part de leis e.m recre!
Mort m’a, e per mort li respon,
E vau m’en, pus ilh no.m rete,
Chaitius, en issilh, no sai on.
VIII
Tristans, ges no.n auretz de me,
Qu’eu m’en vau, chaitius, no sai on.
De chantar me gic e.m recre,
E de joi e d’amor m’escon.
TRADUZIONE
II
III
IV
VI
VII
VIII
COMMENTO
13\11\2020
Nel mondo occitano, nella lirica provenzale, la caratteristica particolare è il dibattito
tra poeti. Dunque il canto cortese, è incline a questi dibattiti. La poesia occitana
dunque è caratterizzata dal dialogo che risulta essere abbastanza frequente; il genere
più praticato infatti, è quello della tensò ovvero di dibattito a distanza.
I due testi analizzati precedentemente, sono scritti in occitano, mentre quello che
andremo ad analizzare oggi è in lingua d’oil e dunque in francese. Il primo testo che
abbiamo analizzato, presenta numerose differenze rispetto al secondo testo. Nel testo
di Raimbaut abbiamo visto dei riferimenti molto chiari alla vicenda di Tristano ed
Isotta; dunque la sua visione dell’amor cortese, esce un po' fuori dal canone cortese
tradizionale. Da un punto di vista diametralmente opposto, Bernard de Ventadorn
rispose al testo di Raimbaut. I due testi si rispondono già nell’esordio. Bernard, non si
richiama a Tristano, bensì a Narciso (narciso è il mito di colui che è morto annegato
specchiandosi in uno specchio d’acqua). Bernard, rinuncia a cantare, vi è un finale
tragico poiché vi è una totale rinuncia all’amore. Egli chiama Rimbaut, Tristano e gli
dice che egli è pronto a rinunciare all’amore e dunque rinuncia a cantare.
In questo dibattito di inserisce Cretien de Troi (parliamo di un troviere, di un poeta
del nord e dunque un poeta francese).
Il testo che andiamo ad analizzare di questo troviere è:
D’AMORS, QUI M’A TOLU A MOI
- 6 stanze doppie, o Coblas doblas in occitano
- Ristabilire l’ortodossia dell’amor cortese che entrambi i poeti (Rimbaut e Bernart
avevano forzato).
- Topos dell’invio del cuore – v.16 cobla II e topos di parlare al proprio cuore ed
insegnargli i canoni dell’amor cortese.
- Maggiore livello di astrazione. Sentimento lirico rarefatto.
- La prima e la seconda stanza hanno lo stesso schema metrico.
- Ovviamente anche De Trois utilizza lo stesso genere per rispondere a questi due
poeti e dunque attraverso la canzone.
TESTO
I.
D’Amors, qui m’a tolu a moi,
n’a soi ne me veut retenir,
me plaing ensi, qu’adés otroi
que de moi face son plesir.
Et si ne me repuis tenir
que ne m’en plaigne, et di por quoi:
car ceus qui la traïssent voi
souvent a lor joie venir
et g’i fail par ma bone foi.
II.
S’Amors pour essaucier sa loi
veut ses anemis convertir,
de sens li vient, si com je croi,
qu’as siens ne peut ele faillir.
Et je, qui ne m’en puis partir
de celi vers qui me souploi,
mon cuer, qui siens est, li envoi;
mes de noient la cuit servir
se ce li rent que je li doi.
III.
Dame, de ce que vostres sui,
dites moi se gre m’en savez.
Nenil, se j’onques vous conui,
ainz vous poise quant vous m’avez.
Et puis que vos ne me volez,
dont sui je vostres par ennui.
Mes se ja devez de nului
merci avoir, si me souffrez,
que je ne sai servir autrui.
IV.
Onques du buvrage ne bui
dont Tristan fu enpoisonnez;
mes plus me fet amer que lui
fins cuers et bone volentez. (ha trovato un amore puro e buona volont)
Bien en doit estre miens li grez,
qu’ainz de riens efforciez n’en fui,
fors que tant que mes euz en crui,
par cui sui en la voie entrez
donc ja n’istrai n’ainc n’en recrui.
V.
Cuers, se madame ne t’a chier,
ja mar por cou t’en partiras:
tous jours soies en son dangier,
puis qu’empris et comencié l’as.
Ja, mon los, plenté n’ameras,
ne pour chier tans ne t’esmaier;
biens adoucist par delaier,
et quant plus desiré l’auras,
plus t’en ert douls a l’essaier.
VI.
Merci trovasse au mien cuidier,
s’ele fust en tout le compas
du monde, la où je la quier;
mes bien croi qu’ele n’i est pas.
Car ainz ne fui faintis ne las
de ma douce dame proier:
proi et reproi sanz esploitier,
comme cil qui ne set a gas
Amors servir ne losengier.
I.
Di Amore, che mi ha tolto a me stesso e con sé non mi vuole tenere, io mi lamento,
eppure permetto che di me faccia ciò che vuole. Non posso però trattenermi dal
lamentarmene, e dico perché: perché vedo che coloro che lo tradiscono raggiungono
spesso la loro gioia, mentre io non riesco in ciò con la mia fedeltà.
II.
Se Amore, per esaltare la sua legge, vuole convertire i suoi nemici, la logica impone,
così credo, che non possa venir meno ai suoi fedeli. E io, che non posso separarmi da
colei a cui sono sottomesso, le invio il mio cuore, che le appartiene; ma di niente
credo di farle dono, se le restituisco ciò che le devo.
(In questa seconda cobla vi è il topos dell’amor cortese che è quello del dono,
inoltre, Cretien si mostra alquanto fedele alla sua donna).
III.
Dama, ditemi se vi è gradito che io sia vostro. Certo no, se vi conosco bene; anzi vi è
di fastidio che vi appartenga. E poiché non mi volete, vi appartengo vostro malgrado.
Ma se mai dovete avere pietà di qualcuno, sopportatemi, perché io non posso servire
nessun’altra.
(Qui scopriamo che anche l’amore di Chrétien è un amore infelice; in questa cobla,
egli risponde a Raimbaut che nella sua canzone, aveva esplicitato di aver cambiato
dama; ciò che dice Chrétien è che egli preferisce sottostare alla propria dama
nonostante questa non lo voglia ma non di certo si permetterebbe di cambiare la sua
dama).
IV.
Io non ho mai bevuto il filtro da cui fu avvelenato Tristano; ma più di lui mi fa amare
cuore puro e retta volontà. E ben me ne tocca il merito, perché non vi sono stato
costretto da niente se non che ho creduto ai miei occhi, attraverso i quali sono entrato
in una via da cui non uscirò mai, né mai sono tornato indietro.
(Chrétien, in questa stanza, fa riferimento a Tristano che viene citato da Raimbaut
nella sua canzone; in particolare, Chrétien, riprende il verso 27 della canzone di
Raimbaut dove fa riferimento alla pozione bevuta appunto da Tristano; Chrétien
invece, dice di non aver bevuto nessuna pozione e che si sia innamorato della sua
dama per il cuore puro e la buona volontà).
V.
Cuore, se la mia dama non ti ha caro, non per questo tu la lascerai: sii sempre in suo
potere, dal momento che così hai cominciato a fare. Mai, in fede mia, amerai
l’abbondanza, né devi spaventarti per la carestia. Un bene diventa dolce se ritarda, e
quanto più l’avrai desiderato tanto più ti sarà dolce gustarlo.
(Il poeta in questa stanza, parla al proprio cuore. Egli insegna al suo cuore a
comportarsi rispettando i canoni dell’amor cortese. Il canone per eccellenza dell’amor
cortese è l’attesa; maggiore è l’attesa e maggiore sarà il desiderio).
VI.
Io penso che avrei trovato pietà là dove la cerco, se pietà esistesse in tutto il cerchio
del mondo; ma so bene che non esiste. Però non ho mai smesso né mi sono stancato
di pregare la mia dolce dama: io la prego e la riprego senza ottenere niente, come
colui che non sa servire Amore per gioco né sa ingannarlo.
(Chrétien sa che l’amore è una cosa impossibile ma insiste, prega seppur non ottiene
nulla in cambio. Egli dice che non sta servendo amore per gioco e neanche lo sta
ingannando; qui fa riferimento ai due poeti, Raimbaut per esempio, fa riferimento
all’amore ingannevole).
RIASSUMENDO LE TRE POSIZIONI
La distanza tra la posizione di Raimbaut- Tristano e quella di Bernart è ben chiara. In
un certo senso, entrambi forzano, in direzioni opposte, lo spazio lirico cortese:
Raimbaut propone il superamento dell’ostacolo dell’adulterio con la finzione e con
l’inganno, e comunque con la perfetta intesa tra gli amanti, e teorizza un rapporto
segreto ma sotto ogni aspetto felice; Bernart, al contrario, forza lo spazio cortese
perché rinuncia alla condizione di amante. L’intervento dall’esterno, e da una
prospettiva rigorosamente equidistante dai due, di Chrétin de Troyes appare senza
dubbio finalizzato al ristabilimento dell’ortodossia con la teorizzazione di un
equilibrio interno, di una condotta morale che consiste nel non inseguire la
realizzazione e la soddisfazione dell’amore, ma anche nel non desistere in tempo di
‘carestia’ amorosa, perché l’attesa rende più prezioso e più dolce ciò che si desidera.
RAPPORTI TRA TESTI E AUTORI
Fu l’editore di Raimbaut d’Aurenga, Pattinson, a individuare la relazione eistente tra
Non chant e la canzone dell’allodoletta di Bernart, proponendo per primo che in
Tristano andasse visto uno dei senhals del conte.
Roncaglia appuntava la sua attenzione sul misterioso Carestia.
Carestia è un gioco di parole fatto con il nome di Chétien (in antico francese
Chrestien) occitanizzato, cioè Carestia. Inoltre, è proprio Chrétien a menzionare la
“carestia” (chier tans) in opposizione all’abbondanza (plenté).
Opuure Carestia è Bernart che rinuncia all’amore e rinuncia a cantare? Carestia
dunque, d’amore?
LA SESTINA
Arnaut inventore della sestina
Forma particolare della canzone a stanze indivisibili, costituita da 6 stanze di 6
endecasillabi ciascuna, e da un commiato di 3 endecasillabi. Le 6 stanze sono legate
tra loro dalla ripetizione, al posto della rima, delle 6 parole con cui terminano i 6
versi della prima stanza mediante “il sistema della retrogradazione incrociata”:
l’ultima parola-rima di una stanza diviene la prima della stanza seguente, mentre la
prima diviene la seconda, e così via, secondo lo schema 123456 ------ 615243, che
genera l’ordine ABCDEF-FAEBDC- CFDABE- ECBFAD- DEACFB- BDFECA.
LO FERM VOLER
16\11\2020
LO FERM VOLER
Termini aspri e al tempo stesso realistici
Allusività, figure di suono aspre, similitudini oscure e al tempo stesso concrete e
realistiche (trobar clus)
Cor e cors: due campi concettuali solo apparentemente in contrasto. Nel congedo c’è
una definitiva fusione.
Lessico che rimanda al corpo
Lessico che rimanda all’animo
<<Carnalizzazione del cuore >>.
TESTO
I.
Be·m degra de chantar tener,
quar a chan coven alegriers
e mi destrenh tant cossiriers,
que·m fa de totas partz doler,
remembran mon greu temps passat,
esgardan lo prezent forsat
e cossiran l’avenidor,
que per totz ai razon que plor.
II.
Per que no·m deu aver sabor
mos chans qu’es ses alegretat;
mas Dieus m’a tal saber donat,
que·n chantan retrac ma folhor,
mo sen, mon gauch, mon desplazer
e mon dan e mon pro, per ver,
qu’a penas dic ren ben estiers,
mas trop suy vengutz als derriers.
III.
Qu’er non es grazitz lunhs mestiers
menhs en cort, que de belh saber
de trobar; qu’auzir e vezer
hi vol hom mais captenhs leugiers
e critz mesclatz ab dezonor;
quar tot quan sol donar lauzor
es al pus del tot oblidat,
que·l mons es quays totz en barat.
IV.
Per erguelh e per malvestat
de cristias ditz, luenh d’amor
e dels mans de nostre Senhor,
em del sieu sant loc discipat
ab massa d’autres encombriers;
don par quelh nos es aversiers
per desadordenat voler
e per outracuiat poder.
V.
Lo greu perilh devem temer
de dobla mort, qu’es prezentiers:
que·ns sentam Sarrazis sobriers,
e Dieus que·ns giet a nonchaler.
Ez entre nos qu’em azirat,
tost serem del tot aterrat;
e no·s cossiran la part lor,
segon que·m par, nostre rector.
VI.
Selh que crezem en unitat,
poder, savïeza, bontat,
done a sas obras lugor
don sian mundat peccador.
VII.
Dona, maires de caritat,
acapta nos per pïetat
de ton filh, nostre redemptor,
48
gracia, perdon ez amor.
TRADUZIONE
I. Dovrei smettere di cantare, perché il canto ha bisogno di spensieratezza, e
invece l’inquietudine mi opprime così tanto che soffro per qualsiasi cosa
intorno a me, mentre ripenso alle mie difficoltà passate, contemplo il
presente violento, e guardo con preoccupazione al futuro. Ho tutti i motivi
per piangere.
II. Il mio canto non dovrebbe darmi gusto, poiché è privo di allegria; ma Dio
mi ha dato proprio la capacità di esprimere nel canto i miei pensieri folli o
saggi, le mie gioie, le mie insoddisfazioni, e ciò che mi nuoce o mi giova,
così che non riesco a esprimere nulla altrettanto bene in un’altra maniera,
visto che sono nato troppo tardi.
III. Oggigiorno nessuna attività è meno stimata a corte della bella arte di
comporre canzoni; la gente preferisce vedere atti frivoli e ascoltare
pettegoloezzi scandalosi. Tutto ciò che era solito suscitare lodi ora è del
tutto dimenticato, perché il mondo è quasi interamente in svendita.
IV. Per la superbia e la malvagità dei cosiddetti cristiani, ben lontani dall’amore
e dai comandamenti di nostro Signore, siamo stati cacciati dal suo santo
luogo e [abbiamo patito] molti altri rovesci. Con ciò è chiaro che Egli è
contro di noi, a causa delle nostre brame sfrenate e della nostra prepotenza.
VI. Colui nella cui unità, potere, saggezza e bontà crediamo, dia splendore alle
sue opere, così che i peccatori siano purificati.
VII. Signora, madre di carità, per pietà ottieni per noi da parte di tuo figlio,
nostro redentore, grazia, perdono ed amore.
23\11\2020
LA NUOVA POESIA PROVENZALE
Scompare ogni traccia di amore adultero
Scompare soggettività, autobiografismo e vis polemica (forza polemica, voglia di
contraddirsi; basti pensare alle tensò e dunque tutto ciò che caratterizzava la
vecchia poesia occitana)
Si riducono i temi; le tematiche politiche e morali, vengono ridotte. L’unico tema
che rimane è quello amoroso.
Monotona dei contenuti e delle forme; le liriche diventano sempre più stereotipate,
omogenee. E’ dunque, una poesia d’imitazione. Questi sono considerati degni
epigoni ovvero imitatori che vengono dopo e si adeguano ai temi copiandoli.
Poesia in occitano senza la fin’amor
Scompare l’oralità e la musica; non sono più poesie fatte con accompagnamento
musicale, sono poesie scritte per essere lette. Si scrivono poesie per effettuare
concorsi, dunque non si parla più di lirica fatta per essere recitata oralmente.
Assistiamo dunque ad un divorzio tra musica e poesia che fino ad ora sono state
faccia della stessa medaglia.
Mancanza di originalità, sterili e nostalgici epigoni (?). Il punto interrogativo,
significa che in verità vi è un’originalità di questi testi che però dalla critica
verrano definiti poco originali. In realtà, questi testi sono caratterizzati da
un’originalità che però si riversa soltanto nella forma metrica.
JOHAN DE CASTELLNOU
Fgirua di spicco del Concistori: mantenedor (commissario che giudicava le
poesie) nel 1341
Produzione didascalico- dottrinale (testi teorici su come si fa la poesia)
Compendis de la conecenca dels vicis que.s podon es
Il testo che analizzeremo di questo autore è: Valor ses frau, dona, tenetz en car.
Il testo non ha nulla di rilevante, è una serie di enunciazioni di caratteristiche che
formano la donna.
TESTO
1 Valor ses frau, dona, tenetz en car; A
2 beutat servan no faytz descausimen; B
3 barat fugetz, no dan respos cosen, B
4 lauzor ses brutg vos play leu gazaynar; A
5 saber voletz be ses mal angoxos; C
6 secretz valens, no croys, tenetz desotz D
7 siguetz d’amor, cert, no d’engan, la votz; D
8 plazer ses dan ay eu xantan per vos. C
30\11\2020
RICAPITOLAZIONE
INDOVINELLO VERONESE
Separebaboues albapra taliaaraba &albo uersorio teneba &negrosemen | seminaba
Se pareba boves paratalia araba e albo versorio teneba e negro semen seminaba
Come vediamo, nell’evoluzione della lingua latina, assistiamo alla caduta delle
consonanti finali.
Spingeva avanti i buoi arava un campo bianco e teneva un bianco aratro e
seminava un nero seme.
SAO KO KELLE TERRE
Vi è la presenza dell’evoluzione della lingua latina e vediamo che qui i nessi sono
conservativi ma tutto il resto si è rivoluzionato.
Abbiamo visto i giuramenti di Strasburgo che rappresentano l’atto ufficiale della
nascita delle lingue romanze. Parliamo una duplice forma di giuramento in lingue
volgari, in romanzo e germanico (parliamo di un testo scritto in antico francese ed
uno scritto in tedesco), contenuta nella Historia filiorum Ludovicii Pii scritta dal
letterato Nithard, nipote di Carlo Magno. Hanno anche una data certa della
scrittura di quest’opera che è l’842.
Vi è un assoluto dominio di testi religiosi che verrà spezzato dalla poesia
provenzale, dall’esperienza trobadorica (daranno il primo esempio di poesia laica
e scritta in lingua volgare ovvero l’occitano). L’occitano è una lingua di koinè
ovvero lingua nata da elementi diversi ovvero dalle diverse parlate appartenenti al
sud della Francia. Dunque la poesia trobadorica rappresenta il distacco dal
carattere religioso dei testi. I testi dei trovatori sono tutti testi musicati tranne il
testo di Jhoan de Castelnò che è un testo elaborato soltanto per essere letto.
Dunque chi sono i trovatori?
Poeti d’arte ma anche musicisti
Prevalentemente laici
La provenienza geografica non è necessariamente il sud della Francia
La lingua adottata è l’OCCITANO (lingua doc), qualunque sia il loro luogo di
origine
Poesia legata alla CORTE (dunque erano testi fatti per essere musicati, cantati
davanti ad un pubblico cortese)
Esecutori ma anche autori ( vi è sempre la figura del giullare ovvero la persona
che avrebbe dovuto dar luogo alla rappresentazione dell’opera ma che molto
spesso poteva anche essere la persona che realizzava essa stessa l’opera per poi
rappresentarla).
Dunque i GIULLARI sono:
Esecutori ma anche autori sia della musica che del testo
GIULLARE DELL’EPICA vs GIULLARE DELLA LIRICA
Pubblico di piazza - Pubblico della corte
Rimaneggiatore dei testi - Fedele esecutore
Spaziava tra diverse tipologie testuali - Recitava prevalentemente lirica