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Parlare sinteticamente delle principali figure e delle principali idee della storia della traduzione

europea nell’Ottocento.

L’Ottocento ritrova lo spirito critico del Settecento, infatti, sono anni intensamente vissuti e discussi
dagli studiosi e critici letterari sull’attività traduttiva. L’Ottocento vede la nascita del Romanticismo
farsi spazio in uno scenario europeo in cui emergono il sentimento e si rafforzano le lingue e le
identità nazionali, le letterature e le culture. Novità del secolo è la produzione letteraria aperta a un
vasto pubblico, anche ai ceti sociali medio-bassi.

La più importante novità che ritroviamo nel Romanticismo è la concezione moderna di traduzione
intesa come forma autonoma e indipendente. Ci si chiede se un testo è traducibile o intraducibile, se
il testo tradotto è un testo di valore ed è accettabile dal punto di vista semantico e sintattico, se è
valida la funzione del traduttore. La traduzione è definita un atto creativo.

Durante il Romanticismo nascono due filoni di pensiero principali in cui si espongono due processi
traduttivi ben precisi:

- Il processo universalistico, ovvero in cui tutte le lingue sono diverse solo superficialmente,
ma sostanzialmente hanno tutte degli elementi comuni da individuare, chiamati ‘gli
universali linguistici’;
- Il processo relativistico, cioè in cui tutte le lingue sono considerate diverse in maniera
irriducibile.

Nell’Ottocento si criticano le ragione che hanno portato ‘Les Belles Infidéles’ a esistere, criticità
apparsa nella traduzione dell’opera di Milton ‘Paradise Lost’, da parte del traduttore François-
Auguste-René de Chateaubriand, anche autore di ‘Essai sur la littérature anglaise’ (1836). L’autore
descrive idee nuove e innovative e pone la sua attenzione sulle conseguenze della Rivoluzione del
1789 sulla lingua francese.

In Inghilterra nascono personaggi di spicco come Samuel Coleridge, William Wordsworth e Percy
Bysshe Shelley.

Coleridge si ribella alle riduzioni in prosa dei testi poetici e inizia la sua attività di adattamento dei
poeti latini e neolatini nella lingua inglese, convinto del fatto che avrebbe dato una carica
innovatrice al testo. Grazie a Coleridge si diffonde la versione della traduzione inglese della ‘Divina
Commedia’ ad opera di Henry Francis Cary.

Wordsworth evita lo stile basso e mira a conseguire una traduzione letterale che tenta di accostare il
lettore all’autore con la sua versione dei primi tre libri de ‘L’Eneiden’.
Percy Bysse Shelley è lo scrittore più radicale tra i tre citati e scrive un saggio intitolato ‘Defense of
Poetry’ in cui porta avanti la sua idea di intraducibilità di un testo, ma, allo stesso tempo, si cimenta
in una attività di traduzione molto intensa difendendo l’imitazione dei poeti.

In Germania, troviamo un altro trittico a capeggiare nel Romanticismo ottocentesco: Goethe, Von
Humboldt e Schleiermacher che sostengono la direzionalità del lettore che deve assumere nei
confronti del testo di partenza e la sua cultura di origine, inneggiando alla ricchezza che il diverso
può implementare nella lingua di arrivo.

Von Humboldt sostiene che una traduzione deve arricchire la lingua di arrivo e deve essere molto
fedele all’originale.

Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher scrive nella sua opera ‘Über die verschiedenen Methoden
des Übersetzen’ (Sui diversi metodi del tradurre) che la traduzione è una trasposizione di culture,
ognuna delle quali è dotata di una propria versione di mondo. Egli critica e rigetta l’idea della
letteratura universale.
Goethe scrive un’opera importante ‘Divano occidental-orientale’ in cui distingue tre tipi di
traduzione: la traduzione prosaica, parodistica e quella più fedele all’originale, considerata, da
Goethe, il tipo di traduzione più elevato.
Altra importante personalità tedesca è Wilhelm von Schlegel che esprime la sua idea di lingua
tedesca come la più pratica ed efficace da usare nelle traduzioni in quanto è la lingua più flessibile e
aperta a nuove forme di espressione.

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