Alfonso D Agostino
progressive di un testo, nate in genere da un esigenza poetica dell autore o da mutate condizioni di ricezione e fruizione delle opere artistiche, in un orizzonte d attesa, o modernamente anche in un mercato editoriale, che per le pi svariate ragioni (tributo alla tradizione, mancanza di idee nuove, ripiegamento su se stesso ecc.) ha bisogno di ringiovanire e riproporre i classici in veste moderna. E non solo i veri e propri classici; si pensi alla quantit di remakes cinematografici che solo in minima parte costituiscono opere di livello artistico non inferiore al modello. La traduzione e il rifacimento, cos come il compendio, la prosificazione e altri tipi di manipolazione linguistica rientrano in quello che chiamerei il testo secondo . La parola secondo volutamente bisemica, o se preferite dilogica: aggettivo ordinale (un testo che viene dopo un altro testo) oppure preposizione (un testo fatto secondo, in base a un altro testo, alla francese un testo d aprs). Non sono molto amico delle formule, ma in questo caso mi sono concesso, per la prima volta, l invenzione di una formuletta, anzi di un paio di formulette che comunque sono del tutto innocue: chiamiamo T un testo, L la lingua in cui scritto, R il complesso di strategie retoriche e poetiche messe in atto dall autore. Una trasposizione endolinguistica o interlinguistica (lasciamo da parte la transmutazione) risponderebbe alla seguente formula: T1 (L1, R1) > T2 (L1/L2, R2) Invece un rifacimento, nel presupposto che basti a definirlo la sottrazione di materiale testuale interno (omissione o, se fortuita, lacuna) o l aggiunta di materiale testuale esterno (in gergo filologico interpolazione), potrebbe riassumersi nella seconda formuletta: T1 (L1, R1) [Tex, Tin] > T2 (L1/L2, R2) In verit le vie del rifacimento se non sono infinite, non sono certo solamente queste; per esempio basterebbe invertire l ordine cronologico degli episod di un racconto (passando dall ordo naturalis all ordo artificialis o viceversa) per ottenere un testo poco o tanto diverso dall originale. Ma, parlando di Medio Evo, dobbiamo sempre tenere presenti alcune caratteristiche fondamentali che riguardano tanto la traduzione quanto la semplice tradizione dei testi. Credo cio che la paronomasia pi importante per l Et di mezzo non sia quella ben nota traduttore-traditore , bens quella pi filologica tradizione-traduzione .3 Da un lato va richiamata l opposizione fra quelle che Gianfranco Folena (19731991) ha definito con efficaci espressioni traduzione verticale e orizzontale : la prima pi propriamente il cos detto volgarizzamento, il passaggio dal latino a una lingua volgare, il secondo una traduzione fra lingue volgari. La differenza non tanto di tipo contenutistico, cio non detto che un testo di partenza latino sia sempre pi alto di un testo di partenza volgare, anche se questo succede spesso, in particolare se T1 un opera del latino classico (Ovidio, Virgilio, Cicerone) e non del latino medievale (i trattati di Albertano da Brescia, le Meditationes de vita Christi); ma si ricordi che spesso i libri medievali
La vedova consolata (cf. D Agostino 1995b), in cui i sei mss. manifestano una varianza testuale del tutto in linea con lo standard delle tradizioni normali , quelle intendo dire in cui non si notano interventi considerabili come varianti d autore o rifacimenti allotr; infatti, pur presentando situazioni appendicolari (un ms. aggiunge dieci versi, evidentemente apocrifi e del tutto superflui, al finale), i sei ms. si distribuiscono abbastanza facilmente in due famiglie con un probabile archetipo. 3 Fra gli interventi pi recenti sulla traduzione medievale si vedano Copeland (1991), Rubio Tovar (1997), Ellis/Tixier/Weitemeier (eds.) (1998).
Traduzione e rifacimento nelle letterature romanze medievali sono collettori di testi antichi, per cui, ad esempio, nello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais (ca. 1264) si riversano, alla lettera, brani di Cicerone, Seneca e altri autori della cos detta latinit aurea (o argentea). Si tratta piuttosto d una differenza di tipo strettamente linguistico: rendere la morfologia e la sintassi del latino certo pi difficile ( forte , dicevano i medievali, in tutte le lingue: francese fort, spagnolo fuerte, italiano forte) che ricalcare una struttura morfologica e sintattica di una lingua sorella. L altra osservazione capitale riguarda la tradizione manoscritta dei testi medievali, a proposito della quale sempre utile l opposizione messa in risalto da Alberto Vrvaro (1970: 86) fra quelle che lui chiama tradizione attiva e tradizione quiescente . Qui la discriminante d ordine pi contenutistico: la tradizione quiescente caratterizzata da un rispetto per il testo da copiare, da un attenzione particolare da parte del copista, che cerca di contenere al minimo le deviazioni dall antigrafo; la tradizione attiva invece quella in cui il copista si cura assai poco di rispettare il testo del suo esemplare e tende a migliorarlo (almeno nelle sue intenzioni) dal punto di vista stilistico, o ad aggiornarlo o comunque a piegarlo alla sua visione complessiva del testo: il copista si fa in questo caso collaboratore dell autore, coautore. Sempre a proposito della tradizione manoscritta, pure da ricordare il fatto che spesso il copista, per le ragioni pi varie, tende oppure costretto a utilizzare pi d una fonte; il fenomeno detto della contaminazione, per cui uno scriba ricorre a var manoscritti, dei quali finisce per miscelare le lezioni, a volte nel tentativo di ricuperare la lezione originale (nel Medio Evo esistevano appunto anche i copisti-filologi), pi spesso con lo scopo di adeguare il testo alle proprie esigenze. A ben vedere, quindi, non c da stupirsi del fatto che il lieve diaframma che nell Et di mezzo separa traduzione (o volgarizzamento) e rifacimento sia con frequenza infranto: al contrario, si potrebbe quasi dire che la versione medievale istituzionalmente un rifacimento. Si pensi al capitolo dedicato a Socrate nei Fiori di filosafi, volgarizzamento toscano di alcuni capitoli dei Flores historiarum di Adamo di Clermont, che a loro volta sono il compendio di un amplissima compilazione storiografica, il gi ricordato Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais:4 il testo latino il seguente:5
Socrates [ ] duas habebat uxores. Que cum crebro inter se iurgarentur et ille eas solitus esset irridere, quod propter se, fedissimum hominem, simis naribus, recalva fronte, pilosis humeris, repandis cruribus, disceptarent, novissime verterunt in eum impetum et male mulctatum fugientemque diu persecutae sunt.
Ed ecco come questo testo, di per s gi colorito, diventa nella mani del volgarizzatore, probabilmente un fiorentino che scriveva nei primi anni 70 del Duecento (l autore dei Fiori di filosafi):6
Socrate [ ] fue molto laido uomo a vedere, ch elli era piccolo malamente, el volto piloso, le nari ampie e rincazzate [rincagnate, camuse], la testa calva e cavata, piloso il collo e gli omeri, le gambe sottili e ravolte [storte]. E avea due mogli in uno tempo [era bigamo], le quali contendevano e garriano [strillavano] molto spesso perch l marito mostrava amore oggi pi all una e domane pi all altra. E questi, quando le trovava garrire, s le innizzava [aizzava] per farle venire acapelli e facasine beffe, veggendo ch elle contendeano per cos sozzissimo uomo. S che un giorno, faccendo questi beffe di loro, che si traeano i capelli, quelle in
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Cf. ora Nadeau (1990). A. Claromontensis (1269-70: 44v). 6 In D Agostino (a cura di) (1979: 116-118).
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concordia si lasciaro e vengorli indosso e mttollosi [se lo mettono] sotto e plallo [lo pelano], s che di pochi capelluzzi ch egli avea no li ne rimase uno in capo. E quelli lievasi e viene fuggendo e quelle co li bastoni battendolo tanto li diedero che per morto il lasciaro.
Come si intende agevolmente, non solo questione di amplificare il testo, che pure in italiano risulta quasi triplicato: il volgarizzatore scompone e rimonta le parti costitutive dell aneddoto latino, introduce un fil rouge ignoto al suo modello nei capelli strappati (qualche studioso potrebbe credere anche a una valenza psicoanalitica), movimenta l azione con una serie di verbi che, grazie anche alla coordinazione, acquistano vivezza e accelerazione narrativa (in termini cinematografici come se il volgarizzatore-autore fosse passato da un trattamento a una sceneggiatura), cosparge il testo di felicissime soluzioni lessicali (ravolte, garriano, plallo etc.), introduce strutture bimembri a volte in parallelo e a volte in chiasmo (le nari ampie e rincazzate, la testa calva e cavata, piloso il collo e gli omeri, le gambe sottili e ravolte), ricorre ad allitterazioni (calva e cavata) e sfrutta il valore simbolico di certi suoni, come la zeta (rincazzate, innizzava, sozzissimo, capelluzzi) che conferiscono al suo dettato i toni della letteratura comico-realistica. Il risultato quello che in un altra circostanza ho definito uno dei pochissimi fabliaux in prosa del Duecento italiano avanti il Novellino .7 In questo caso siamo di fronte a un rifacimento diretto del testo eterolinguistico; potremmo chiamare questa modalit di manipolazione adattamento . Notevolissime, in quest mbito, le versioni di poesie dei trovatori provenzali realizzate dai poeti della scuola siciliana. Invece possiamo mantenere il termine jakobsoniano di riformulazione per i casi in cui si abbia adattamento endolinguistico, ossia quando una traduzione viene ripresa e arrangiata con esiti simili a quelli visti, magari in un testo diverso da quello di partenza. Si pensi, per esempio, ad alcuni capitoli degli stessi Fiori di filosafi che furono ripresi dall autore del Novellino (opera, questa di fine Duecento o primi Trecento):8 costui non si rifece allo Speculum historiale o ai Flores historiarum, che sono, come s detto, la fonte dei Fiori di filosafi, ma si rifer direttamente a questi (o forse a entrambi i testi, il latino e il toscano), riscrivendo a modo suo (spesso plagiando) i capitoli dedicati a Papirio, a Seneca e a Traiano. Si veda il caso di Papirio; questo il testo dei Fiori di filosafi:9
Questo Papirio, essendo garzone, andava sovente col padre al consiglio [al Senato]. E la madre il domand un die che nel consiglio fosse fatto [fosse stato deciso]. El garzone rispuose: Elli credenza [segreto] e non da dicere . A la madre venne troppo magiore voglia di saperlo e, battendo il figliuolo, isforzavalo di dicere. Allora il garzone, vegendo che dicere li convenia, pens una molto bella buscia [bugia] e disse che nel consiglio era ragionato [s era discusso] qual iera meglio tra che un omo avesse due mogli o una femina avesse due mariti, per moltipricare la gente di Roma, per ci che terre si rubellavano. La madre promise di tenerlo credenza e s tosto and e parl con altre donne, s che la parola and tanto d una donna in altra che le grandi donne di Roma si raunaro tutte e andaro al consiglio d ivi al terzo die [dopo tre giorni] e dicevano e consigliavano ch elli era meglio che la femina avesse due mariti che l uomo due mogli e meglio si potrebe sofferire. Li sanatori del consiglio, non sapiendo che stemperamento [che razza di agitazione] di femine quello fosse, n quello che volesse dicere l adomandagione [la domanda] loro, temettero quella maraviglia e la follia e l ardire de le donne. Allora Papirio iscoperse [svel] il fatto asanatori. Esanatori saviamente acomiataro le
D Agostino (1995a: 606). Cf. D Agostino (1995a: 615). 9 In D Agostino (a cura di) (1979: 136-139).
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Come si vede, i Fiori di filosafi sono pi aderenti al testo latino, e in questo caso si direbbe che ne sortiscano un effetto positivo. Si pensi alla frase Mulier fit avidior audiendi , tradotta con A la madre venne troppo magiore voglia di saperlo , mentre il Novellino omette il particolare. Inoltre il discorso indiretto ( disse che nel consiglio era ragionato ecc. ) pi fluido del diretto del Novellino, che infatti espone un tempo passato alquanto incongruo, sia pure linguisticamente giustificabile per attrazione ( Li Romani tennero consiglio qual era meglio tra che gli uomini avessero due mogli, o le donne dui mariti, acci che la gente multiplicasse, perch terre si rubellavano da Roma ). Si noti che il particolare delle terre che si rubellavano non si trova nel testo latino, ma ripreso alla lettera dai Fiori. Analogamente il Novellino riprende dai Fiori la frase La madre, che li avea promesso di tenere credenza che mancava nel latino. Si rilevino ancora altri dettagli. Adamo di Clermont scrive: Hic Papirius cum esset puer, cum patre suo in curiam iverat . I Fiori mutano iverat in andava sovente (azione ripetitiva) e poi, per contestualizzare l aneddoto, introducono nella frase successiva un die etc. Il Novellino, usando un imperfetto
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In Segre-Marti (a cura di) (1959: 856-857), in attesa della prossima edizione critica di Alberto Conte, per i Novellieri italiani della Salerno editrice. 11 A. Claromontensis (1269-70: 28v). Il testo latino, attraverso Vincenzo di Beauvais, risale in definitiva alle Noctes Acticae di Aulo Gellio (I, 23).
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(lo menava) e il successivo complemento di tempo (Un giorno) mostra di dipendere dai Fiori, ma ne scorcia il dettato, omettendo sovente, per amore di brevitas. Nel segmento seguente i Fiori, a parte l espansione temporale, seguono Adamo ( E la madre il domand un die che nel consiglio fosse fatto riprende pi o meno Illum revertentem percunctari cepit mater quid in senatu egissent Patres ), mentre il Novellino anticipa il riferimento al segreto ( Un giorno il Consiglio s domand credenza ), ma poi costretto a ripetere ch volea sapere di che i Romani aveano tenuto consiglio . I Fiori trasformano la frase Puer respondit tacendum esse neque id dici licere in discorso diretto: El garzone rispuose: Elli credenza e non da dicere , mentre il Novellino omette questa prima risposta. I Fiori seguono lo stesso sviluppo del racconto di Adamo: la madre chiede che cosa abbiano deciso i senatori il fanciullo risponde che un segreto la madre si incuriosisce ancor di pi e strapazza il figlio12 messo alle strette, il fanciullo se la cava con una spiritosa invenzione . Il Novellino manifesta un atteggiamento contraddittorio: abbrevia e sfuma la curiosit morbosa della donna, ma considera necessario aggiungere che il Consiglio stabilio ch era meglio e pi convenevole che l uomo abia due moglie , mentre il testo latino e i Fiori preferiscono far s che l agitazione femminile abbia carattere preventivo nei confronti di una decisione non ancora presa in via definitiva. Pure nel resto del racconto il Novellino riduce il dettato dei Fiori dissipando alquanto la felicit narrativa del testo.13 Infine, accanto all adattamento e alla riformulazione, chiamerei revisione una ripulitura meramente linguistica della traduzione. Ovviamente possiamo distinguere i rifacimenti anche da un punto di vista quantitativo: a) quando il rifacimento non varia sostanzialmente l ampiezza della traduzione originale si rientra in un caso vagamente assimilabile alla parafrasi. b) quando abbrevia la traduzione, ci accostiamo al compendio;14 c) quanto l amplifica, lo pu fare sia con le risorse di un ornatus difficilis che espande retoricamente un dettato pi facilis, sia col ricorso a inserzioni e interpolazioni d ogni genere. Per quanto riguarda l aspetto generico , cio riferito al genere letterario, il rifacitore pu passare da un genere all altro, come nel caso del libro biblico dei Maccabei, che diventa, in francese, un roman in versi,15 o pu passare sia dalla poesia alla prosa (come
In realt il volgarizzatore attribuisce erroneamente l everberat del latino (verbo che ha come soggetto doppio il segreto richiesto dai senatori e il silenzio di Papirio, i quali eccitano la curiosit morbosa della donna) alla madre, che batte il figlio per costringerlo a parlare. 13 Si confronti: Adamo: illa [ ] ad ceteras matronas retulit post tridueque ad senatum confluunt, orantes ut una pocius duobus nupta fieret quam uni due. Senatores quenam esset illa mulierum intemperies et quid sibi postulacio hec vellet mirabantur et non ut parve rei prodigium illam verecundi sexus impudicam pavescebant insaniam; Fiori: e [la madre] s tosto and e parl con altre donne, s che la parola and tanto d una donna in altra che le grandi donne di Roma si raunaro tutte e andaro al consiglio d ivi al terzo die e dicevano e consigliavano ch elli era meglio che la femina avesse due mariti che l uomo due mogli e meglio si potrebe sofferire. Li sanatori del consiglio, non sapiendo che stemperamento di femine quello fosse, n quello che volesse dicere l adomandagione loro, temettero quella maraviglia e la follia e l ardire de le donne; Novellino: La madre [ ] il manifest a un altra donna, e quella a un altra. Tanto and d una in altra, che tutta Roma il sent. Ragunrsi le donne e andrne asanatori, e doleansi molto. Ed elli temettero forte di maggiore novit. 14 Si pensi ad alcuni esempi estraibili dall analisi dell aneddoto di Papirio. 15 La cos detta Chevalerie de Judas Machabe o Roman de Judas Machabe; cf. Smeets (ed.) (1991).
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Traduzione e rifacimento nelle letterature romanze medievali nel caso del Teseida di Boccaccio, tradotto in prosa spagnola nel Quattrocento),16 sia dalla prosa alla poesia (come molti bestiari francesi versificati derivati dal prosastico Physiologus latino);17 e certo c anche la possibilit di creare un prosimetron, che pu dipendere da un testo interamente in poesia, oppure interamente in prosa, oppure ancora dall accostamento di entrambi i tipi di testo. Tipico il caso delle mises en prose dugentesche dei romans francesi che originariamente erano in versi (ottosillabi a rima baciata): dal Roman de Troie di Benot de Sainte-Maure derivano ben cinque versioni diverse in prosa del Duecento (il Roman de Troie en prose);18 dal roman in versi deriva, in mbito spagnolo, un prosimetrum anepigrafo, che stato intitolato Historia troyana en prosa y verso o Historia troyana polimtrica e che io preferisco chiamare Historia troyana prosimtrica per maggior aderenza al dato tecnico.19 notevole il fatto che le parti versificate non sono staccate dal testo in prosa (come avviene per esempio in alcune sezioni dell Histoire ancienne jusqu Csar, compilazione degl iniz del XIII sec.); al contrario succede che a volte, all interno di una frase in prosa, l autore decida bruscamente di passare al verso. Da queste e da altre considerazioni che far via via, emergono alcune indicazioni che mi sembrano interessanti per il problema del rifacimento. Possiamo distinguere infatti i rifacimenti elaborati a partire dalle traduzioni in base a una serie di istanze, che spesso si trovano intrecciate nello stesso testo: 1) L ISTANZA RETORICA. Tra le principali procedure retoriche codificate dalle varie arti poetiche medievali ci sono le tecniche dell amplificatio e della breviatio. Queste modalit, fondamentali per le opere originali, si rivelano importanti anche per il passaggio da una traduzione a un rifacimento, soprattutto in opere di notevole valore letterario (in questo caso spesso nel senso dell ampliamento), ma anche in testi di natura didattica o scientifica, dove l efficacia stilistica al servizio del messaggio didascalico (in questo caso spesso nel senso dell abbreviazione). 2) L ISTANZA TESTUALE. La tendenza alla tradizione attiva e alla contaminazione provoca, anche nelle traduzioni, un rimescolamento testuale che spesso sfocia nel rifacimento. L insofferenza per il testo trdito innesca un procedimento testuale, che pu portare alla sovrapposizione della figura dell autore su quella del copista. Rimaniamo ai Fiori di filosafi. Dallo Speculum historiale, attraverso i Flores historiarum di Adamo di Clermont, il testo della Vita e detti di Secondo, di lontana origine greca, arriva ai Fiori, di cui costituisce il cap. XXVIII; spesso i Detti di Secondo si presentano per isolati, ma, tranne un caso (il ms. It., XI.27 della Marciana, dipendente dal Liber de vita et moribus philosophorum di Walter Burley)20 notevole il fatto che essi dipendano in forma organica dai Fiori di filosafi, di cui costituiscono un excerptum.21 Caratteristica dello stemma dei Fiori non certo lo stemma bifido complicato da contaminazioni, ma la presenza di tradizioni extrastemmatiche che palesano tracce di filoni testuali precocemente dissecctisi. Inoltre
Cf. Campo/ Rubio rquez (eds.) (1996). Si veda la ricca antologia curata da Morini (a cura di) (1996). 18 Cf. Jung (1996). 19 Cf. chi scrive, in Caravaggi/D Agostino (a cura di) (1996: 162-163). 20 Cf. D Agostino (1977). 21 Cf. D Agostino (1998).
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(caso assai eloquente di tradizione attiva) alcuni dei manoscritti che tramandano il cap. XXVIII, presentano versioni rielaborate della Vita di Secondo, sovente per pruderie, allo scopo di evitare l aneddoto dell incesto sfiorato tra il protagonista e la madre, mentre sogliono adeguarsi alla serie di sentenze che costituisce la parte finale dei Detti. Ancora, il cap. XXVI dei Fiori, dedicato a Traiano, mostra una tale irriducibilit di lezione da aver costretto l editore a pubblicare, per una parte del testo una sinossi di tre versioni differenti, che pi che far pensare a varianti d autore, sembrano puntare verso l iniziativa di copistiautori probabilmente insoddisfatti delle condizioni testuali discendenti da un archetipo lacunoso o comunque danneggiato. 3) L ISTANZA LINGUISTICO-FORMALE. Quando l insofferenza puramente di natura linguistica, il prodotto quello che abbiamo definito piuttosto una revisione . Tipico caso quello delle traduzioni alfonsine, ossia di Alfonso X el Sabio (1221-1284), re di Castiglia. In pi d un occasione il monarca rivide le versioni approntate dalle sue quipes di traduttori e, malcontento dalla resa linguistica, in particolare dell insufficiente abilit dimostrata nel rendere termini scientifici delle opere astronomiche e astrologiche arabe, ordin una nuova versione.22 Questa istanza non da confondere con la riformulazione diacronica, che consiste nell aggiornamento linguistico del testo, procedimento illustrato assai bene da Cesare Segre (1976) col ricorso al concetto di diasistema. 4) L ISTANZA INTERPRETATIVA. Molti testi latini sono provvisti di una serie di glosse, cio di spiegazioni, pi o meno coordinate, che chiariscono il significato di singole parole o di espressioni pi complesse. Con la didattica universitaria, la lectio, costituita dalla lettura del testo e dal suo commento, questa pratica si intensifica e i traduttori in lingue romanze sono soliti inglobare queste glosse nella loro versione, cos che il volgarizzamento scivola insensibilmente nel rifacimento; il saggio di Claude Buridant (1983), Translatio medievalis, offre un buon numero di esemp di questo tipo. 5) L ISTANZA IDEOLOGICA. la pi forte delle istanze esterne al testo. Una traduzione pu subire tagli, aggiunte e cambiamenti in base a una nuova ideologia dominante, alla volont di compiacere un signore o un gruppo di potere, alla censura che fa purgare il testo di riferimenti ritenuti sconvenienti verso autorit politiche o ecclesiastiche e cos via. Per esempio l Anonimo senese che nel Duecento volgarizza le Vies des Pres,23 depura la sua fonte da ogni attualit polemica (elimina in particolare i riferimenti al malcostume clericale), accentuando l astrattezza esemplare della narrazione.24 Si pensi anche, come esempio di censura morale, ai rifacimenti subiti dal gi ricordato aneddoto incestuoso di Secondo. Un altro caso notevole di intreccio di istanze, fra le quali predomina quella latamente ideologica, fornito dal Milione di Marco Polo, con parole di Giorgio Manganelli (1982: IX), libro irrequieto e instabile . La mobilit del testo, collegata alle difficolt di inquadramento dei testimoni manoscritti e a stampa, tra le pi notevoli. Nessuno dei manoscritti oggi noti pu essere considerato come la riproduzione pura e semplice del testo scritto a quattro mani da Marco Polo e Rustichello da Pisa nella prigione di Genova.
Cf. D Agostino (2001a). Cf. A. del Monte (a cura di) (1966). 24 Cf. D Agostino (1995a: 609-610).
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Traduzione e rifacimento nelle letterature romanze medievali All origine si trova il testo franco-veneto perduto, intitolato Divisament dou monde (descrizione del mondo); tradotto in toscano (prima del 1309), in latino (dal domenicano Francesco Pipino da Bologna, nel 1320), ritradotto in francese e in altre lingue, tramandato da oltre cento codici e da edizioni che presentano varianti macroscopiche (alcuni testi tardivi sembrano mantenere parti di testo anteriori al codice pi antico della redazione franco-italiana) praticamente impossibile stabilirne in modo definitivo la fisionomia autentica. Libro per tutte le stagioni, il Divisament dou monde assunse il titolo di Milione a partire dalla versione toscana detta dell Ottimo, pi incline a una lettura mercantiledel testo, ma nel ramo francese della tradizione divent il Livre des Merveilles ( Libro delle meraviglie ) e De mirabilibus mundi ( Sulle meraviglie del mondo ) in virt di una ricezione che ne apprezzava soprattutto la dimensione fantastica (affine ai Viaggi di Mandeville), mentre altrove semplicemente il Libro di Marco Polo (nella cinquecentesca silloge di Navigazioni e viaggi di Giovan Battista Ramusio) o De consuetudnibus et condicinibus orientalium regionum ( Caratteristiche e costumi delle regioni orientali ) nell edizione maneggiata da Cristoforo Colombo. In questa intricata vicenda sono significative molte circostanze: qui mi limiter a rammentarne altre due:25 a) da un lato il fatto che ancora in piena epoca rinascimentale non cessa la trasformazione dei volgarizzamenti in rifacimenti: la famosa edizione curata dal Ramusio, uscita a Venezia presso la stamperia deGiunti nel 1559 un testo composito, che risulta dalla fusione di cinque testi diversi uniformati, sul piano linguistico, nell italiano del tempo: la versione pipiniana in primo luogo, secondariamente le redazioni date da V (una redazione veneta scorretta), L (un compendio latino), VB (un rimaneggiamento veneziano) e infine quella oggi attestata da Z (il manoscritto latino di Toledo), che contribu i capitoli mancanti in tutte le altre fonti e costitu la novit e l importanza dell edizione. b) dall altro lato un osservazione di tipo filologico: se un testo critico non pu non fondarsi su F (manoscritto fr. 1116 della Bibliothque Nationale di Parigi, il codice linguisticamente pi vicino all originale) il contributo di Z (almeno a livello contenutistico) comunque di primaria importanza, visto che il toledano deriva da fonti pi corrette e conservative persino di F. Tra l altro a proposito della materia etnografica bisogner osservare che alcuni passi di contenuto scabroso (ad esempio la danza rituale delle fanciulle nude nei templi di Maabar, con le considerazioni sui loro corpi sodi e i loro seni eretti; la verifica della verginit delle damigelle del Catai [...]) ci sono conservati soltanto da Z, mentre sono stati espunti in tutte le altre versioni ;26 in definitiva, nella storia della 27 tradizione poliana deve essere stata esercitata una certa censura . La difficolt di distinguere fra revisioni e rimaneggiamenti risulta evidente nel caso del gruppo di testi della tradizione che sono indicati dalla sigla FG: questa indica il testo francese di Grgoire, il quale deriverebbe per rami oscuri da una sottofamiglia che risale indirettamente all originale; per secondo un recente intervento di Philippe Mnard (1998), che si appoggia su validi argomenti, i mss. di FG non costituiscono un vero rifacimento, bens derivano da un antecedente comune che rappresenta solo una rassettatura linguistica di F. 6) L ISTANZA COMPILATIVA. Una ricca serie di opere, appartenenti anche a generi molto diversi, costituita dall accumulo di fonti disparate nell organizzazione di un nuovo testo che tende
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Mi permetto di rimandare anche a D Agostino (2001b). Barbieri (a cura di) (1998: 576). 27 Cardona (1975: 708, nota 14).
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all enciclopedico (intendo enciclopedico sia in senso generale, riferito cio a tutto lo scibile umano, sia in senso parziale, riferito alle conoscenze complete su un singolo settore del sapere). Cos ad esempio il Tresor di Brunetto Latini, che un enciclopedia vera e propria, organizza, sull ossatura dello schema tassonomico del commento di Eustrazio all Etica Nicomachea di Aristotele, riformato secondo la Retorica di Giovanni d Antiochia, un discorso didascalico che intreccia e a volte giustappone una somma di testi, dal Pantheon di Goffredo da Viterbo all Historia scholastica di Pietro Comestore, dall Imago mundi di Gossouin de Metz ai Collectanea di Solino, al De quattuor virtutibus di Martino di Braga al De arte loquendi et tacendi di Albertano da Brescia e cos via.28 7) L ISTANZA ANTOLOGICA. legata indissolubilmente a quella compilativa, tanto che spesso difficile distinguerle. Occorre tener presente, oltre all evoluzione diacronica delle opere, un altra caratteristica notevole delle opere medievali, quella che si riferisce al loro confine testuale, almeno cos come esse si presentano nei manoscritti. In molti casi, anzi nella maggioranza di essi, non pare vi possa essere dubbio: un incipit e un desinit univoci (ovviamente non sto pensando agli accidenti meccanici di codici acefali, mutili etc.) chiariscono le soglie entro le quali si colloca una certa opera. Ma non troppo raramente, e soprattutto non in un solo genere letterario, si assiste a situazioni molto diverse: i testi in parte possono crescere continuamente su se stessi, aggiornandosi e incorporando via via nuovo materiale; e in parte sfondano decisamente i confini tra textus e liber. Concordo con Francisco Rico: La pluralit dei contesti e la materialit dei supporti determinano la sostanza dell opera medievale in una proporzione che poco ha a che vedere con la nostra esperienza attuale .29 Si prendano, ad esempio, i Fatti di Cesare, che dovrebbero essere il volgarizzamento dell opera francese intitolata Li fait des Romains: una redazione tramandata dal manoscritto che attualmente smembrato nel codice Hamiltoniano 67 [H] e nel Riccardiano 2418 [R]: l estensore, Lapo di Neri Corsini, comp nel 1313 una cospicua operazione di rimaneggiamento nella prima parte (quella di H): all inizio inser un volgarizzamento sconosciuto dell Histoire ancienne jusqu Csar (cc. 1r-46v), quindi il volgarizzamento di Bartolomeo da S. Concordio del Bellum iugurtinum di Sallustio (cc. 47r-70v), poi di nuovo un brano interrotto della versione dell Histoire ancienne (cc. 71r-81v) e finalmente la traduzione dei Fait des Romains, farcita per con la versione di Bartolomeo da S. Concordio della Catilinaria di Sallustio (cc. 82r-92r, cc. 95v-100v), con la prima Catilinaria volgarizzata (cc. 92r-95v), con brani tratti dal volgarizzamento italiano del Tresor di Brunetto Latini (cc. 102r-103r) e con la traduzione della quarta Catilinaria (cc. 103r-105v).30 Questo vale anche per i testi di carattere scientifico,31 mentre a proposito delle opere cronachistiche gi Alberto del Monte aveva ben chiarito il modus operandi di certi copisti [del Monte (1950: 186187)]:
[Il ms. Magl. XXV.566 della Nazionale di Firenze, contenente la Cronica fiorentina] prezioso perch rivela il metodo di lavoro con cui stata fatta la compilazione. Infatti una colonna nel mezzo contiene la cronica dello Pseudo-Petrarca, secondo la versione del Riccard. 1938, con alcune modificazioni; nei margini, fra gl interlinei, talora anche negl interlinei, sono notizie tratte dai Gesta e segnate con altra calligrafia. Tutto ci invece fuso insieme, bench talora incertamente, nella copia [il ms. Gadd. 77 della Laurenziana]. Segue una lacuna dal 1242 al
Cf. D Agostino (1995a: 559). Traduco da Rico (1997: 151). 30 Si veda Papini (1973). 31 Si vedano, per il Lucidario, le belle osservazioni di Donadello (1980: 193-194).
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Termino con un ultimo caso che mi sembra abbastanza significativo ed esemplare, e che riguarda un altro testo dalle vicende assai complesse: il Libro dei sette sav, secondo un intuizione che risale al grande studioso dalmata Adolfo Mussafia, si divide in due rami fondamentali, chiamati versione italica e versione francese-italica.32 Entrambe le versioni in realt risalgono, direttamente o indirettamente, a testi francesi del cosiddetto gruppo A.33 Tutti i testi italiani appartenenti alla versione italica sono noti attraversi testimoni padani , soprattutto di area veneta, mentre i componenti della versione francese-italica , tranne la redazione chiamata S, sono tutti di area toscana. Notevole appunto la redazione in prosa S, tramandata da un unico codice veneziano del Quattrocento, che deriva da var testi contaminati; ma quel che pi interessante che in un punto di S si sente l eco precisa di un passaggio del Boccaccio, precisamente nella novella Puteus, contaminata con la quarta della settima giornata del Decameron. In effetti il testo di riferimento per questo punto di S la redazione latina L:34
Quidam homo habebat quandam uxorem adulteram, quae cum quodam iuvene semper adulterium commisit. Uno autem sero venit ille iuvenis cum signis consuetis, quae intelligens dicta mulier causam surgendi sumpsit propter explusionem superflui naturalis aperiensque ostium exivit ad dilectum suum.
Ma S dice:
El fo uno lo quale aveva mogliera la quale cometeva adulterio con uno zovene e, questa dona continuando, adevene che l doloroso [sventurato] marito se ne vene acorziando [si accorse] che ela li voleva dar da bevere e lei non voleva bevere, e de che lui prese sospeto che la dona el volese inbriegare per poder meio far el suo piazere. E uno zorno, lui voiando far la prova, mostrandose di esere inbriago, vene una sera a casia mostrando non poder star in piede e non poder parlare, di che la dona, credendo e stimando che pui [pi] da bere no li bixoniase, a dormire el messe prestamente. E fato questo lie, secondo come la era uxata de fare, ins de casia e las in casia el marito e andosene a caxa del suo amante e steteno infina a la mezianotte con el suo amante a piazere.
Evidentemente il copista-autore di S (il veneziano Andrea Vituri) ebbe presente la novella 4 della VII giornata del Decameron, della quale riprodusse quasi alla lettera una serie di frasi:35
E in questa maniera la innamorata donna continuando, avvenne che il doloroso marito si venne accorgendo che ella, nel confortare lui a bere, non beveva per ci essa mai; di che egli prese sospetto, non cos fosse come era, cio che la donna lui inebriasse per poter poi fare il piacer suo mentre egli addormentato fosse. E volendo di questo, se cos fosse, far pruova, senza avere il d bevuto, una sera mostrandosi il pi ebbro uomo e nel parlare e nemodi, che fosse mai, il che la donna credendo n estimando che pi bere gli bisognasse a ben dormire il mise prestamente. E fatto ci, secondo che alcuna volta era usata di fare, uscita di casa, alla csa del suo amante se n and e quivi infino alla mezznotte dimor.
Cf. Mussafia (1867). La suddivisione delle versioni francesi in otto gruppi risale a Paris (1876). Per la documentazione si veda Runte/Wikeley/Farrell (1984). Si veda ora lo studio di Bozzoli (1997). 34 Cito il testo latino e il successivo testo veneto da Bozzoli (a cura di) (1999: 115). 35 In Branca (a cura di) (1980: 816).
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Mi sembra che non ci possa essere miglior suggello a un breve discorso sul nostro tema che una citazione del Boccaccio, traduttore e rifacitore di eccezionale levatura, e a sua volta oggetto di infinite traduzioni e rifacimenti (in primis quello latino della Griselda petrarchesca), segno inequivoco che le due attivit sono intrinsecamente collegate e che alimentano entrambe la vicenda letteraria alla pari delle invenzioni e dei testi cos detti (spesso abusivamente) originali .
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