Oltre alla pittura visionaria di Blake, in Inghilterra nel primo ‘800 si sviluppò una tendenza
più strettamente naturalista, ad opera principalmente di Constable e Turner. In J. Constable,
ispirato soprattutto dal paesaggio inglese a lui ben noto, si nota l’influenza di Lorrain, degli
acquerellisti inglesi del ‘700 e soprattutto del paesaggio oggettivo dei fiamminghi. Per
Constable, è l’uomo a dare senso alla natura ritratta con la propria visione e per questo lo
spazio è sempre l’unione degli oggetti visti: si veda Il mulino di Flatford, dove la resa
meticolosa dei particolari osservati dal vero si unisce all’applicazione del colore locale, inteso
come variante del colore reale data dalla prospettiva aerea, che garantisce la veridicità della
visione. J.M.W. Turner, invece, pur muovendo dal paesaggio classico e dal vedutismo,
manifesta subito la qualità romantica del suo paesaggismo: lo spazio è estensione infinita in
cui si agitano forze che rapiscono l’uomo e si concretano in immagini ampie, dove la linea è
pressoché assente e la forma è ottenuta grazie al colore modulato a macchia (L’incendio alla
Camera dei Lords e dei Comuni), dove il realismo del particolare è parte di un contesto
sublime di grande valenza emotiva.
Nell’opera di C.D. Friedrich vediamo in pittura le principali idee del romanticismo: natura e
uomo parti di un’anima universale e la tensione dell’uomo verso l’infinito (Viandante nel
mare di nebbia, dove la figura anonima e insieme universale dell’uomo di spalle si trova di
fronte all’immensità della natura). Nella sua pittura il paesaggio reale trascolora sempre in
una figura di paesaggio interiore e spunti realistici di edifici reali e paesaggi noti producono
un’atmosfera irreale, consona all’espressione del sentimento e della meditazione interiore
sulla vita, la morte, il posto dell’uomo nell’universo (Abbazia nel querceto e Spiaggia
paludosa). Che il paesaggio possa essere espressione del divino è l‘idea sottesa anche alla
Croce sulla montagna, dove la presenza di Dio non è espresso tramite un classico episodio
sacro ma attraverso gli elementi del paesaggio.
Dopo l’esposizione al Salon del 1824 dell’opera di Constable, si formò in Francia il gruppo dei
pittori di Barbizon, che intendevano sviluppare l’idea dell’artista inglese di realizzare studi e
bozzetti en plein air e dare così nuovo vigore alla pittura di paesaggio. Se per alcuni di loro
come Rosseau e Daubigny continuò l’attenzione per i valori cromatici e luministici della resa
di un paesaggio, per altri come Millet entrò prepotentemente a far parte del paesaggio la
figura umana, tanto da poter parlare di una sorta di pre-realismo. Tuttavia, nonostante aspetti
di descrizione realista ne Le spigolatrici e ne L’angelus, questi soggetti non sono ancora
davvero realismo, dal momento che i due contadini dell’Angelus sono presi a modello di una
religiosità rurale da contrapporre alla città e che l’insistenza sugli effetti di luce o di penombra
è funzionale alla qualità poetica dei soggetti e non certo a una pura rappresentazione spaziale.
Ben diversa è la posizione di G. Courbet, che si può considerare veramente un realista
oggettivo. In opere come Gli Spaccapietre, Sepoltura a Ornans e L’atelier del pittore non ci
sono più la ricerca di effetti di luce al fine di poetizzare i soggetti (Millet) né l’attenzione agli
accordi tonali e al dettaglio (Constable). Qui il protagonista è l’uomo col suo duro lavoro (Gli
spaccapietre) e nella sua reale condizione (Sepoltura a Ornans, dove persone di bassa
estrazione sociale sono ritratte nelle stesse dimensioni dei grandi personaggi delle opere di
storia) o anche ne L’Atelier del pittore come allegoria del pensiero dell’artista.
Dopo un secolo, il paesaggio è diventato paesaggio urbano. Affreschi murali come il Ritratto
della borghesia di D.A.Siqueiros e Storia del Messico di D. Rivera, che risentono di molteplici
influenze, dal surrealismo (Siqueiros) all’arte italiana e a Picasso (Rivera), mostrano come al
centro ci sia il “paesaggio umano”, non più attraverso una figura singola o un gruppo
omogeneo, ma tramite il panorama brulicante di individui proprio della società di massa. Al
contempo, il paesaggio urbano si sostituisce alla natura nell’opera del precisionista C. Sheeler
Interno di città, dove elementi tradizionali quali la rigida inquadratura prospettica e la cura
realista si applicano a una nuova realtà, in cui si rinnova la ricerca paesaggistica ottocentesca.
Tradizioni artistiche realistiche e paesaggistiche come quella fiamminga del ‘400 rivivano
nello stile regionalista di G. Wood, autore di Gotico americano, che si contrappone alle
metropoli e ripropone una naturalità rurale che tuttavia non può che qualificarsi in contrasto
con la realtà cittadina. Fusione di paesaggio urbano e di paesaggio umano connota invece
l’opera di E. Hopper, che, interessato alla vita anonima delle metropoli e una struggente
visione di essa come paesaggio, in Ufficio di notte ferma la sua visione del mondo in una
sospensione che scaturisce dall’imparzialità realista della raffigurazione e dalla suggestione
evocata dai soggetti.