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MANUALE RENZI-ANDREOSE

LINGUISTICA → disciplina che studia il linguaggio umano, dal momento che la


manifestazione primaria della lingua è quella orale, il suo oggetto primo è la
lingua parlata.
L’oggetto di studio della linguistica romanza è il complesso degli idiomi romanzi,
anche del loro sviluppo storico.

FILOLOGIA → letteralmente significa ‘amore per la parola’. Può essere intesa in


diversi modi: (I) è lansomma di linguistica e letteratura, (II) è la loro zona di
sovrapposizione e cioè lo studio linguistico dei documenti letterari oppure (III) è la
disciplina che studia la storia e i processi di trasmissione dei testi antichi, al fine
di fornirne edizioni per il lettore moderno. La filologia spesso richiede conoscenze
di linguistica.

Linguistica e filologia si implicano a vicenda → la linguistica è una scienza rivolta


a stabilire regolarità, la filologia mira a indagare dei fenomeni singoli. La
linguistica è una scienza nomotetica, la filologia è idiografica.

Il territorio in cui si parlano le lingue romanze è detto Romània. In Europa le


lingue romanze continuano il latino parlato dall’impero romano, nella cui parte
orientale tuttavia, prevaleva il greco.
Il latino era entrato in profondità nell’uso quotidiano in molti territori dove poi si
è sviluppata una lingua romanza. Nella Romània, tuttavia, ci sono delle ‘isole’ di
lingua non romanza (basco, bretone).
Le zone in cui il latino non ha avuto continuazione, vengono chiamate Romània
perduta (Africa nord-occidentale e parte meridionale della Gran Bretagna).
La Romània nuova comprende invece i territori in cui si parlano le lingue
romanze che non continuano in loco il latino, ma sono state importate più tardi.
La più importante espansione delle lingue romanze, è quella conseguente alla
scoperta dell’America.

PRINCIPALI LINGUE ROMANZE

LINGUE DELLA PENISOLA IBERICA → galego, portoghese, spagnolo (castigliano),


catalano. Nel nord della penisola c’è il basco, lingua non romanza ne
indoeuropea.
Il loro punto di partenza per lo sviluppo è la conquista della penisola da parte
degli Arabi (711-718) quando il latino si era già trasformato in romanzo.
Il romanzo dei territori arabizzati era definito mozarabico.
L’assetto linguistico odierno della penisola è il frutto della Riconquista e
dell’espansione dei dialetti settentrionali verso sud.
Le lingue che predominarono dopo la Riconquista furono a ovest il portoghese, al
centro il castigliano e a est il catalano. A partite dal ‘500 il castigliano fu
chiamato anche ‘spagnolo’.
GALEGO → originariamente formava un’unità con il portoghese, il Galego-
portoghese, lingua letterariamente importante. Nel ‘200-‘300 fu adottata come
strumento espressivo della lirica.
Dal 1903, anno della separazione tra Galizia e Portogallo (e dunque anche delle
lingue), Galego e portoghese hanno avuto sviluppi autonomi.
Il galego ha ottenuto lo statuto di lingua ufficiale dopo la fine della dittatura du
Franco.
Dal punto di vista linguistico, ill galegol è storicamente meno evoluto del
portoghese.
PORTOGHESE → lingua ufficiale, oltre che del Portogallo, di molte ex colonie.
SPAGNOLO → lingua romanza più parlata al mondo, in Spagna è detto anche
castigliano. La sua grande diffusione è dovuta a due avvenimenti storici: la
cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492 (sefarditi) e la scoperta dell’America.
CATALANO → riconosciuta come lingua ufficiale dopo la fine della dittatura.

FRANCESE → lingua della regione dell’Ile de France che nell’800 si diffuse in


tutto il paese (industrializzazione, emigrazione interna e scolarizzazione). Il
francese si divide in francese antico, medio e moderno. La sua individualità
rispetto alle altre lingue romanze è il risultato di radicali trasformazioni. Tuttavia,
al contrario, la sua grafia rimane sempre etimologizzante e conservativa.

ITALIANO → la sua base è nel fiorentino del ‘300, dialetto particolarmente


conservativo. È stata a lungo una lingua prevalentemente scritta, accanto alla
quale sono parlati moltissimi dialetti (continuazioni locali del latino).

ROMENO → il blocco delle parlate romene due varietà principali: il tipo muntene
e quello moldavo. Quando la dacia fu conquistata da Traiano, venne popolata da
coloni. Tuttavia, quando venne abbandonata da Aureliano, una parte della
popolazione locale romanizzata rimase nel territorio. Il romeno costituisce la
cosiddetta Romània continua, essendosi sviluppato secondo delle tendenze
peculiari, influenzato anche dallo slavo, dall'ungherese e dal turco.

OCCITANO (PROVENZALE) → lingua romanza del meridione della Francia , oggi è


ridotta a patosi locali, nonostante sia riconosciuto come lingua regionale.
L’occitano si è differenziato meno dal latino rispetto al francese.

DALMALTICO → si era formato lungo le coste della Dalmazia, nel corso dei secoli
ha perso gradualmente importanza fino ad estinguersi del tutto.

I TRE PARADIGMI DEGLI STUDI ROMANZI

PARADIGMA → complessi di principi e di risultati acquisiti, in base ai quali è


possibile agli scienziati portare avanti la ricerca.

I° → il primo paradigma è quello classico, nato nella cultura greco-romana e


portatore di una visione ‘statica’ della lingua, che deve obbedire ad un modello
assoluto, fuori dal tempo.

II° → il secondo paradigma è quello del metodo storico-comparativo, portato dalla


temperie culturale romantica, che ha segnato la scoperta della dimensione storica
della lingua e anche della cultura in generale (letteratura, arte ecc.)

III° → il terzo paradigma è quello strutturale, sviluppatosi a partire dalle teorie


linguistiche innovatrici di Ferdinand de Sassure. Lo strutturalismo ha attirato
l’attenzione sullo studio dei caratteri generali della lingua, concepita come un
sistema complesso, come una struttura, che da allora è tornata a essere studiata
prioritariamente nella sua forma statica, ma poi anche nel suo sviluppo storico.
IL PARADIGMA CLASSICO

Il pensiero greco, culmina con Aristotele → il suo esame è al tempo stesso


linguistico e logico, esamina si la lingua così come si presenta, ma anche come
questa esprime quelle che secondo lui sono le corrette operazioni del pensiero
umano.
La fusione di linguistica e logica, con la subordinazione della linguistica, resta un
tratto costante del pensiero classico.
Gli Alessandrini riprendono questo genere di analisi applicandola ai testi letterari
della tradizione classica → nasce così la filologia. Sempre ad Alessandria si
sviluppa la grammatica, studiata ormai proprio come un’arte. Le categorie
grammaticali elaborate da Aristotele e messe a punto dagli Alessandrini, sino
fondamentalmente le stesse note ancora oggi.
Il pensiero classico, greco e poi latino, aveva evitato, entro i limiti del possibile, il
problema della varietà delle lingue naturali → il pensiero greco avevan carattere
strettamente ellenocentrico, incentrato quasi esclusivamente sulla propria
cultura; mostrava scarso interesse per i popoli vicino. Questo carattere si ritrova
anche nel pensiero Alessandrino che gli succede.
Lo studio della lingua fondato sull’analisi delle categorie morfologiche e funzionali
è di origine greca ed è arrivato fino a noi attraverso alcune mediazioni:
alessandrina, romanza, medievale, rinascimentale e cartesiana, attraverso le
grammatiche ragionate.
Per i greci, la lingua scritta era giudicata superiore rispetto a quella parlata e il
cambiamento linguistico veniva giudicato come una deviazione della primitiva
correttezza della lingua originaria, come una corruzione. La grammatica era vista
così come la conoscenza della lingua pura, letteraria.
Questo punto di vista oggi non è più accettato, tanto da essere stato definito
‘classical fallacy’.
IDEA CENTRALE → la buona lingua (letteraria) non cambia, il cambiamento
(corruzione) deve essere combattuto ed emarginato. Questa idea ha avuto molte
riprese nel corso del tempo, come quella del Purismo italiano tra ‘700 e ‘800.
A questa idea si oppone la concezione che le lingue sono portate naturalmente a
cambiare, ed il cambiamento è utile, non è una degenerazione.

La visone grammaticale classica è rimasta però salda per secoli → i grammatici


del medioevo, non avendo accesso diretto alla cultura greca, riscrivessero
esclusivamente grammatiche latine. Il latino nel medioevo continuava ad essere la
lingua di riferimento, tuttavia nota solo ad una ristretta élite.
Le prima grammatiche delle lingue romanze arrivarono molto tardi, nel XIII secolo
→ la causa principale di questo ritardo è da ricondurre al prestigio di. Cui
continuava a godere il latino.
Le prime grammatiche romanze, all’inizio del ‘200 furono quale dell’Occitano,
destinate a poeti italiani e catalani per comporre lirica in lingua d’oc. Dunque
erano grammatiche combinate alla retorica.
Per quanto riguarda il francese, le prima grammatiche furono prodotte in
Inghilterra, riguardavano principalmente ortografia e pronuncia ed erano
destinate a tenere vive le norme del buon francese in una realtà plurilingue.

In italia, Dante da il via alla trattatistica dedicata all’italiano, contrapponendo


volgare e latino. Nel ‘De vulgari eloquentia’, trattato incompiuto, afferma
l’eccellenza del volgare italiano → questa eccellenza è solo una questione della
poesia lirica, non della lingua in se (di fatto il tratto è scritto in latino).
Alcuni studiosi hanno visto Dante come il primo ‘dialettologo’ → nel trattato
passa in rassegna molti dialetti italiani, con lo scopo, però, di condannarli tutti.
Nonostante Dante credesse che il latino fosse solo una creazione artificiale dei
dotti, riconosceva una parentela genetica tra francese, occitano ed italiano → un
tempo formavano tutte una sola lingua (che non era il latino).
A vedere per primi che le lingue romanze derivano dal latino, sono stati degli
umanisti italiani nel ‘400 → da quel momento in poi, le concezione a-storiche
(come quella di Dante) vengono abbandonate.
Le lingue romanze appaiono come il frutto della corruzione del latino, prodotta
dall’usura del tempo o dalle invasioni barbariche. La trasformazione che il latino
subisce, viene chiamata dagli umanisti ‘corruptio’.
Successivamente, questo termine non viene più accettato e viene sostituito da
quello di ‘generazione’.
Dal ‘500 in poi l’idea della derivazione delle lingue romanze dal latino si impone
presso gli eruditi italiani, spagnoli e francesi.

Nella prima metà del XVI secolo cominciano ad apparire le prime grammatiche e i
primi dizionari destinati alle lingue romanze → in ogni paese sono però preceduti
da opere che affermano la dignità del volgare nei confronti del latino (es. ‘De
Vulgari Eloquentia’).
1° grammatica italiana → Leon Battista Alberti, di poche pagine, 1435.
1° grammatica spagnola → de Nebrija, 1492.
In questo periodo nasce anche il vocabolario → il più importante vocabolario
romanzo del Rinascimento è quello degli accademici della Crusca, 1612.

All’approccio medievale circa l’interpretazione dei testi antichi (allegorica o


morale), l’umanesimo contrappone una lettura filologica.
Il primo problema che incontrarono gli umanisti, fu quello del recupero dei testi
antichi → molte opere erano andate perdute, mentre altre circolavano in versioni
piene di errori. Diventava necessario correggere e migliorarne i testi.
Per farce ciò, gli umanisti fecero ricorso a due tecniche → intervento congetturale
(correzione attraverso l’intuizione) e la collazione dei codici ritenuti più autorevoli
(correzione attraverso i codici). È con l’umanesimo che muove i primi passi la
filologia testuale (critica del testo).
Questa tecnica filologica venne applicata in Italia anche alla letteratura volgare →
ciò avvenne sotto l’influenza della ‘questione della lingua’. All’inizio del ‘500, si
sviluppò un dibattito circa i modelli della lingua letteraria volgare. Prevalse la tesi
di Bembo che prendeva l’adozione della lingua degli autori del ‘300 (fiorentino).

IL PARADIGMA STORICO

Tra ‘700 e ‘800, con il Romanticismo, si compie una rivoluzione → l’idea che le
culture classiche siano dei modelli da imitare viene messa in dubbio. L’idea
centrale che deriva dal romanticismo è che solo attraverso lo studio del
mutamento e dello sviluppo di un’istituzione (la lingua) si può conoscere la sua
vera natura.questo punto di vista, che è quello dello Storicismo, rompe con l’idea
classica che vedeva nel cambiamento solo una degenerazione e una decadenza.
La filologia, intesa come disciplina vera e propria, nasce nell’800 con la linguistica
storica e le prime teorizzazioni del metodo storico-comparativo.

La linguistica dell’800 è storica perché prende in esame la lingua nel suo divenire
(ne esamina l’evoluzione), ed è comparativa perché, mediante il confronto, punta
a raggruppare le lingue affini in famiglie e a definire i rapporti intercorrenti tra
esse.
Il primo importante risultato ottenuto da questo metodo è stata la dimostrazione
della derivazione di molte lingue europee ed alcune dell’Asia da un comune
capostipite → l’indoeuropeo.
Nei primi decenni dell’800, il metodo storico-comparativo inizia a costituire un
vero e proprio nuovo paradigma di studio scientifico.

FRIEDRICH DIEZ → linguista e filologo tedesco, primo ad applicare


rigorosamente il metodo storico-comparativo alle lingue romanze. Diez riporta al
latini le sei principali lingue romanze: italiano, spagnolo, occitano, francese,
portoghese e romeno.

IDEA CENTRALE → in una lingua, gli stessi suoni si trasformano nello stesso
modo in tutte like parole: il suono x diventa y in tutte le parole, a prescindere la
significato. C’è una regolarità nei cambiamenti fonetici. Questa regolarità
permette di formulare vere e proprie leggi fonetiche che descrivono i
cambiamenti. Le leggi fonetiche dovevano però essere senza eccezioni.

Esempio di legge fonetica → evoluzione delle vocali latine Ĭ e Ē che in italiano


danno <e>. Quasi duecento parole in italiano presentano questo sviluppo
regolare, contro un massimo di una ventina di casi contrari, che presentano <ε>
oppure <i>.
Dunque → c’è una regola generale per cui Ĭ e Ē danno <e>, c’è poi un’altra regola,
più particolare, condizionata dal contesto, secondo la quale si ha come esito <i>.
Questa regola è altrettanto ‘regolare’ della prima. Inoltre, possono esistere delle
eccezioni.

Le leggi fonetiche da sole, tuttavia, sarebbero ben lontane dallo spiegare tutti i
cambiamenti avvenuti storicamente. Non solo esse hanno bisogno di essere
integrate dai cambiamenti che avvengono agli altri livelli della lingua, ma allo
stesso livello dei fonemi si devono considerare altri tipi di processi.

ALCUNE CAUSE DELL’IRREGOLARITÀ

ANALOGIA → consiste nell’attrazione che una forma subisce da parte di un’altra.


È attiva soprattutto nei verbi irregolari (spesso l’irregolarità di questo verbi
consiste nella compresenza di più di una radice nel paradigma, allomorfia).
In alcuni casi, l’analogia rende simili tra loro alcune forme, anche se, facendo ciò,
cancella il risultato regolare delle leggi fonetiche.
Esempio → in italiano antico c’è stato il cambiamento dell’imperfetto, da ‘io
cantava’ o ‘io vedeva’ a ‘io cantavo’ e ‘io vedevo’, la prima persona in -a è passato
ad -o come nel presente dell’indicativo ‘io canto’ ‘io vedo’.

CULTISMI → parole che non presentano lo sviluppo fonetico previsto, ma sono


rimaste più vicine o uguali alla forma di partenza. Queste forme non sono state
trasmesse per via popolare (è nella trasmissione orale che le leggi fonetiche
agiscono). Le parole trasmesse per via popolare, costituiscono il lessico ereditario.
I cultismi sono parole ripescate per via colta dai dotti.
Quando nei vocabolari si trovano due tipi di voci derivate dalla stessa parola (una
evoluta e una dotta), si hanno due allotropi. Due parole che risalgono allo stesso
etimo ma si presentano diverse nella forma.
Esempio → aggettivo ‘oculare’.
È possibile che una forma di origine dotta abbia subito in parte i cambiamenti
che interessano il lessico ereditario: si parla di parole semidotte.

PRESTITI → ultima causa di irregolarità. Parole che non sono passate


direttamente dal latino alle lingue romanze, ma attraverso un’altra lingua. I
prestiti ovviamente non provengono solo da altre lingue romanze.

METAFONESI → processo fonetico di assimilazione per il quale, in una parola, la


vocale tonica subisce un cambiamento regolare per effetto della vocale finale.

Ogni lingua possiede le proprie leggi fonetiche. Ci sono tuttavia dei fenomeni
evolutivi che sono comuni a molte lingue del mondo. Nelle opere dei
neogrammatici, questi fenomeni sono denominati ‘accidenti (cambiamenti non
sistematici) generali (comuni a molte lingue)’. Eccone alcuni:

ASSIMILAZIONE → processo per il quale un segmenti vocalico o consonantico


diviene simile a un segmento adiacente, assumendone i tratti fonetici.
Esempio → AD-VENIRE = avvenire, OCTO = otto, SCRIPTUM = scritto.
Opposta all’assimilazione è la dissimilazione, processo per il quale un segmento si
differenzia da un segmento adiacente a cui è simile.
Esempio → RARUM = rado, ARMARIUM = armadio.

INSERZIONE → aggiunta di una vocale o di una consonante, volta a facilitare la


pronuncia diana sequenza di suoni. Se avviene all’inizio di una parola c’è protesi,
se avviane alla fine c’è epitesi, se avviene all’interno c’è epentesi.
PROTESI → un esempio è l’aggiunta di una vocale davanti alla sequenza
‘s+consonante’. SPATHAM = espada, SCHOLAM = école, escuela.
EPENTESI → mira ad eliminare l’incontro tra due suoni affini. MANUALEM =
manovale, VEDUAM = vedova, RUINAM = rovina.
EPITESI → dovuta alla necessità di rendere omogenea la struttura accentuale
delle parole.

CANCELLAZIONE → eliminazione di uno o più segmenti. Se avviene all’inizio


della parola di parla di aferesi, se alla fine di apocope, se avviene al centro si
parla di sincope.
AFERESI → EVANGELIUM = vangelo, HISTORIAM = storia.
SINCOPE → già nel latino volgare, la vocale post tonica tende a cadere nelle
parole sdrucciole. SOLIDUM = soldo.
APOCOPE
Un quarto tipo di cancellazione è l’ELISIONE → si realizza quando due vocali
entrano in contatto. BUONA ORA = buonora.

METATESI → alterazione dell’ordine dei suoni. FORMATICUM = formage.

Uno dei meriti maggiori del metodo storico-comparativo è quello di aver orientato
e disciplinato la ricerca etimologica. L’etimologia è la disciplina che studia
l’origine di una parola (etimo), e il rapporto che c’è tra la parola e il suo
precedente storico. Il suo dominio di ricerca si estende anche all’origine di nomi
propri di persona e di luogo.
Già l’antichità classica e il medioevo avevano dimostrato interessa per l’origine
delle parole. Gli studi etimologici si sono perfezionati nell’Umanesimo e nel
Rinascimento.
Tuttavia, tale ricerca cadeva spesso nell’arbitrario → dopo l’opera di Diez diviene
chiaro che chi vuole stabilire l’origine di una parola, deve farlo nel rispetto delle
leggi che regolano l’evoluzione fonetica.

Dai lavori di Diez però, rimaneva fuori lo studio scientifico degli dialetti,
inaugurato dal linguista italiano Ascoli. Nella sua opera ‘Saggi ladini’ esamina
molti fenomeni linguistici disposti in modo ordinato su tutta l’area dell'Italia
settentrionale, identificando uno spazio linguistico relativamente uniforme, che
ha pensato di chiamare ‘ladino’.
A partire dagli studi di Ascoli, inoltre, si è fatta strada della linguistica che le
lingue si differenzino le une dalle altre in modo graduale, senza confini linguistici
netti. C’è dunque un continuum dialettale che si differenzia via via. È difficile
stabilire gli elementi di distinzione tra le lingue.
Dopo Ascoli, non è più pensabile di considerare lo studio del dominio romanzo
come limitato alle sole grandi lingue di cultura. La dialettologia romanza forma da
allora un campo di studio immenso.

LIMITI E SVILUPPI DEL METODO STORICO-COMPARATIVO

Nella seconda metà dell'ottocento, il metodo storico-comparativo si era inserito


nella cornice filosofica del positivismo. All'inizio del novecento, però, si afferma
nella cultura europea una diffusa reazione al pensiero del positivismo.
Anche il metodo storico-comparativo è messo sotto accusa → si critica l'idea di
legge, e più in generale la pretesa analogia tra linguistica e scienze naturali.
Le critiche rivolte al metodo storico-comparativo hanno avuto in realtà l'effetto di
ampliarne e completarne le prospettive di analisi.
L'attenzione inizia rivolgersi, oltre che alla fonetica e alla morfologia, anche alla
semantica e alla geografia linguistica.
Alcuni linguisti, influenzati dalla corrente filosofica del neoidealismo, hanno
tentato di ampliare l'orizzonte di analisi studiando la storia dei diversi paesi in
connessione con la storia della loro lingua. Le diverse lingue vengono immaginatie
come universi incomunicabili in cui i vari popoli sono quasi rinchiusi.
Il neoidealismo linguistico ha provato inoltre a superare lo iato che si era creato
tra linguistica e studio letterario, considerando lingue e letterature allo stesso
modo come manifestazioni culturali. Ma la lingua appartiene alla dotazione
primaria dell'uomo, ed è un errore volerla mettere sullo stesso piano della
letteratura, che un'elaborazione ulteriore.

Lo sviluppo di una metodologia rigorosa nell'ambito dell'edizione dei testi antichi


è pressoché contemporaneo all'affermarsi del metodo storico-comparativo.
I limiti della filologia umanistica erano evidenti → la correzione congetturale di
testi antichi comportava sempre una forte dose di soggettività da parte
dell’autore, il confronto tra testimoni mancava di sistematicità.
La consapevolezza di questi difetti portò, a metà dell'ottocento, all'elaborazione di
un metodo editoriale fondato su nuovi presupposti.
Questo moderno metodo di edizione dei testi ha il suo fulcro nella ‘recensio’, nella
classificazione dei testimoni sulla base degli errori comuni, e nella correzione del
testo grazie criteri meccanici → questi due criteri erano sconosciuti alla filologia
umanistica.
Il padre di questo metodo viene considerato LACHMANN.
I principi basilari del metodo Lachmann sono → ricostruzione dei rapporti
genealogici tra i manoscritti grazie agli errori comuni, adozione di criteri che
permettono oggettivamente di determinare quale, tra le varianti tramandate,
risalga all' originale (la cosiddetta legge della maggioranza).

Ci sono numerosi legami tra il metodo Lachmann e quello storico-comparativo →


l'idea di albero genealogico, la volontà di ricostruire mediante la comparazione un
elemento originario perduto, la pretesa oggettività di criteri che permettono la
classificazione, l'approccio quasi deterministico ai dati e l'idea di legge.
Anche il metodo Lachmann fu soggetto a critiche e revisioni all'inizio del
novecento → si tentò di ampliare gli orizzonti di analisi. L'obiettivo del filologo non
era più quello di fornire il testo critico di un'opera, ma anche quello di
ricostruirne la storia della tradizione, e cioè l'insieme delle vicende che ne hanno
caratterizzato la trasmissione attraverso i secoli.
Bédier, riguardo il metodo lachmann, metteva in dubbio la presunta oggettività
su questi fonda la recensio e conseguentemente la liceità di ricostruire
meccanicamente il testo originario combinando lezioni tramandate da testimoni
diversi.
Questa critica ha avuto l'effetto positivo di portare ad un'applicazione meno rigida
dei principi di Lachmann.

BILANCIO

I risultati del metodo storico-comparativo sono stati senza dubbio notevoli e


rimangono ancora oggi i pilastri su cui si fonda la linguistica storica.
Tuttavia, la realizzazione di questo grande lavoro era stata possibile grazie al
notevole restringimento prospettico → rimanevano esclusi dalla ricerca temi di
grande importanza come, ad esempio, l'analisi dei rapporti tra lingua, pensiero e
mondo esterno, l'individuazione precisa delle parti costitutive della lingua, la
definizione dello studio approfondito dei vari livelli in cui essa si organizza. La
fonetica era trattata a fondo, ma la sintassi in molti studi compariva appena.
All'inizio del novecento queste carenze sono state affrontate dal linguista
FERDINAND DE SASSURE che impose un radicale rinnovamento dei presupposti
teorici fondamentali della ricerca linguistica.
Il grande merito del metodo storico comparativo è senza dubbio quello di aver
affrontato con rigore il problema dell'evoluzione delle lingue, che invece il
pensiero linguistico classico aveva del tutto emarginato. Il suo limite più evidente
di aver concentrato tutto l'interesse su questo problema.
Nel suo complesso questo metodo appare del tutto superato alle importanti novità
teoriche della linguistica strutturale.
Il tramonto del metodo storico-comparativo può essere considerato come un
aspetto della crisi di un orientamento più generale, quello espresso in filosofia
dallo storicismo e nelle sue varie forme, dall'idealismo fino al marxismo.

IL PARADIGMA MODERNO

Le critiche più radicali al metodo storico-comparativo sono venute dallo


strutturalismo → movimento affermatosi alla fine degli anni 20. All’origine di
questo movimento c'è l’opera ‘cours de linguistique générale’ di Ferdinand de
Sassure. Allo strutturalismo sono succeduti vari altri movimenti, che hanno
sviluppato e superato i suoi presupposti teorici. Tra questi, i principali sono la
grammatica generativa, la linguistica del testo e la sociolinguistica.

Nel quadro dell'analisi strutturale la lingua è rappresentata come una realtà


statica → tuttavia, a differenza della concezione classica, non sono stati elaborati
modelli ma si è provato a descrivere ogni lingua in sé.
Il punto di vista prioritario è quello che mira a descrivere una lingua in un
preciso ‘stato’, cioè in un momento cronologico determinato, ed è definito da
Sassure sincronico. L'analisi sincronica diviene così il punto di partenza per lo
studio della lingua.
Lo strutturalismo, tuttavia, non ha compiuto un semplice ritorno al punto di
vista classico. Per lo strutturalismo il cambiamento, detto diacronia, è l’altro
punto di vista necessario per cogliere la natura del linguaggio.
Lo studio del cambiamento, cioè lo studio diacronico, viene concepito come il
confronto di due o più stati sincronici di una lingua.

STRUTTURA → termine centrale di questo nuovo approccio. Il suo significato è


strettamente dipendente da quello di valore (le idee di Sassure si rifacevano in
parte all’economia).
La lingua è una struttura perché il valore dei suoi elementi fondamentali non
esiste in sé, ma solo in rapporto al valore di tutte le unità che la compongono nel
loro complesso. Non si può sopprimere un elemento della lingua senza alterare il
valore degli elementi vicini, e spesso anche di elementi lontani.
Nello strutturalismo, il paradigma classico e quello romantico trovano una
sintesi.

Ogni atto linguistico è individuale e perciò unico e irripetibile → d'altra parte però
è possibile vedere tutto ciò che accomuna tutti gli atti linguistici.
Oltre a sincronia e diacronia, un'altra delle distinzioni fondamentali di Sassure è
quella tra langue e parole. La lingua si presenta come un insieme di emissioni
sempre nuove e diverse: in questa realtà complessa si distinguono un aspetto
fisso, regolare (langue) ed uno irripetibile, individuale (parole).
LANGUE → può essere oggetto di studio rigoroso, scientifico; di fatto è questo
l'oggetto di studio della linguistica.
Jackobson ha paragonato la langue un codice e la parole a un messaggio → il
messaggio di un'emittente è recepito dal ricevente perché entrambi condividono lo
stesso codice.
Una coppia di termini equivalenti e quella coniata da Chomsky, fondatore della
grammatica generativa, che parla di competence e performance → la competenza
di un parlante è il suo dominio istintivo della lingua, l'esecuzione è la sua
estrinsecazione effettiva. Solo la competenza è oggetto della linguistica.

Il tipo di analisi elaborata dallo strutturalismo è ancora oggi alla base dello studio
della fonologia.
Sul piano del significante, una parola può essere divisa in unità minime → cane =
/k/ /a/ /n/ /e/, pane /p/ /a/ /n/ /e/.
Due parole che si differenziano per un solo suono, come cane e pane, sono dette
coppie minime → in queste due coppie /k/ e /p/ non sono solo semplici suoni,
ma sono elementi dotati di carattere distintivo. Elementi che permettono di creare
un'opposizione all'interno del sistema di suoni di una lingua → sono fonemi.
FONEMA → non è un suono, ma una rappresentazione astratta, mentale, del
suono. Indicato tra //.
FONO → suono, manifestazione fisica attraverso la quale il fonema si realizza
concretamente. Indicato tra [].

Il fonema non ha sempre la stessa realizzazione → esempio: la /n/ davanti a /k/


o /g/ non è alveolare ma velare. La sua rappresentazione grafica è diversa.
Allofoni o varianti posizionali sono i suoni che non hanno funzione distintiva e
che sono invece più predicibili dal contesto. Le varianti di uno stesso fonema non
si trovano mai nello stesso contesto, ma in distribuzione complementare.

Ci sono inoltre alcuni suoni che sono dotati di funzione distintiva solo in certi
contesti → l'opposizione che c’è tra questi suoni è detta neutralizzata.

Suoni e fonemi sono segmenti → elementi distintivi successione.


Esistono anche dei tratti soprasegmentali → accento, lunghezza, tono.
L'individuazione nella lingua di un livello fonologico al di sopra di quello fonetico è
una delle acquisizioni più importanti dello strutturalismo. Il sistema dei fonemi e
il loro funzionamento sono stati studiati dalla fonologia, distinta dalla branca che
si occupa dell'analisi dei suoni nella loro natura fisica e articolatoria, la fonetica.

FONOLOGIA → studia i fonemi e il loro funzionamento. Per individuare delle


coppie minime utilizza a prova di commutazione.
I rapporti che intercorrono tra i fonemi di una stessa parola sono sintagmatici (in
presenza), i rapporti di commutazione invece sono paradigmatici (in assenza).
Questi ultimi intercorrono tra i fonemi di una determinata parola e tutti gli altri
fonemi che potrebbero commutarli.

Secondo la fonologia strutturale, ogni lingua appare diversa per numero, qualità
a modo di combinare i fonemi. Il superamento di questa fonologia è avvenuto
attraverso l’osservazione della scindibilità del fonema, sostenuta da Jackobson.
Il fonema è scomponibile in una serie di proprietà articolatorie e acustiche, dette
tratti distintivi. Tutti i fonemi di tutte le lingue del mondo possono essere derivati
da combinazioni di un numero limitato di tratti distintivi.
IDEA DELL’UNIVERSALITÀ FONOLOGICA → sostituisce l’affermazione della
filologia strutturale, per la quale ogni lingua i suoi tipi particolari di fonemi.
I tratti distintivi in cui sono scomponibili i fonemi costituiscono l’ultima
articolazione del sistema fonologico della lingua.
In questa prospettiva, ogni sistema fonologico si configura come un sistema di
fonemi che si oppongono per uno o più tratti distintivi.
La rappresentazione dei fonemi in base ai tratti distintivi rende meglio le affinità
tra suoni. In base a questa rappresentazione, è possibile definire delle classi di
suoni naturali.
Un esempio di rappresentazione di fonemi in base ai tratti distintivi, è il triangolo
vocalico: per quello dell’italiano occorrono 5 tratti distintivi → alto, basso,
arretrato, arrotondato, teso.
Un elemento fondamentale della teoria di Jackobson è l’idea che i tratti distintivi
siano organizzati in modo binario → un fonema è caratterizzato da un tratto (+) o
non lo è (-).

Partendo dagli studi di Jackobson, altri studiosi come Chomsky, hanno


sviluppato la fonologia generativa, dove è fondamentale l’idea che il sistema
fonologico vada riferito annui sistema soggiacente, di cui le concrete realizzazioni
foniche costituiscono l’aspetto di superficie.
A unire i due livelli intervengono delle regole fonologiche che trasformano la
rappresentazione fonetica → regole = responsabili delle differenze tra livello
fonologico e fonetico.

È tuttavia possibile che tra indie livelli intervenga un cambiamento più radicale
→ queste regole fonologiche che regolano il passaggio dalla rappresentazione
soggiacente a quella di superficie, non si limitano a produrre degli allofoni;
possono alterare del tutto la corrispondenza tra fonema a relativa realizzazione
fonetica.

SINTASSI → l’analisi sintattica fu rinnovata a fondo, soprattutto con la


grammatica generativa.
La grammatica generativa ha provato ad andare oltre il principio sassuriano di
della linearità, secondo il quale le unità minime dotate di significato di una lingua
(morfemi) si strutturerebbero secondo dei rapporti lineari di contiguità.
Per Chomsky non ci si può limitare a questa analisi di superficie → anche perché
è semplice mostrare come nelle lingue si stabiliscano delle dipendenze tra
elementi non contigui.
In questo modo è stato possibile andare oltre l’analisi in morfemi.
La rappresentazione della struttura di una frase, può avvenire tramite un sistema
di parentesi oppure attraverso ‘l’albero sintagmatico’.
In entrambe le rappresentazioni, appaiono delle ‘etichette’ che riprendono la
terminologia della divisione classica delle parole in categorie.

La grammatica è ora immaginata come un sistema matematico in cui, alcune


regole precise, devono essere in grado di generare sequenze grammaticali e di
evitare frasi agrammaticali (*).

IPOTESI DI FONDO → esistono nella lingua due piani, uno più generale, astratto,
ed uno che ci appare in modo sensibile. Da un piano all’altro si passa attraverso
delle regole formali, che ci portano da una struttura astratta soggiacente ad una
struttura di superficie.

Nella grammatica generativa, inoltre, è molto importante il concetto di


trasformazione → capacità di spostare degli elementi da un punto all’altro
dell’indicatore sintagmatico (rappresentazione). Il movimento dei sintagmi è detto
trasformazione.

Le regole della grammatica generativa mirano a descrivere la lingua e a darne una


rappresentazione formale, per mostrare come dalle strutture della sintassi si
possa passare al lessico di una lingua.
Un altro aspetto importante della grammatica generativa è quello di considerare
tutte le lingue umane come simili tra loro.
Questa universalità linguistica si trova nelle strutture astratte → a mano a man
che ci avviciniamo alla superficie, le lingue si differenziano. Creando scetticismo
alla sua comparsa, nella prima parte del ‘900, oggi questa convinzione è del tutto
accettata.

GEOGRAFIA LINGUISTICA → Ha avuto ampio sviluppo nel dominio romanzo, il


suo scopo è la rappresentazione dettagliata delle varietà dialettali. Fu fondata a
Jules Gilléron con ‘Atlas linguistique de la France’.
SOCIOLINGUISTICA → nasce in America e nella seconda metà del ‘900 impone i
suoi metodi anche sul dominio romanzo. Fondata da Weinreich e portata avanti
da Labov.

La lingua varia, oltre che geograficamente, anche socialmente, in base alle diverse
classi sociali → secondo lo schema di Labov, il rapporto tra lingua e classe sociale
è mediato dai registri (o stili) usati di volta in volta in contesti comunicativi
differenti. Ci sono diverse situazioni comunicative a cui sono associati diversi
registri → discorso casuale, discorso accurato, lettura di un testo, lettura di una
lista di parole. Ogni classe sociale si avvicina alla norma linguistica riconosciuta
come alta negli ultimi due stili. Ma contemporaneamente si avvicina a quella
bassa nel discorso casuale (anche la norma bassa è dotata di un proprio sistema
di regole).

Riguardo il cambiamento linguistico, la sociolinguistica ha individuato le


innovazioni linguistiche come delle ‘mode’ tipiche di una determinata classe
sociale. A seconda della situazione storica, la classe sociale ‘guida’ per le
innovazioni può essere sia quella popolare che quella elitaria.
Va sottolineato però che cambiamento linguistico avviene con estrema lentezza e
la ricerca della sociolinguistica suggerisce che, dietro ad ogni cambiamento, c’è
una lunga concorrenza tra diverse forme o fenomeni, che si conclude con
l’eliminazione di una delle due a favore dell’altra.
Si parla di fenomeni di conservazione quando in una lingua, una forma nuova
non riesce ad imporsi sulla forma tradizionale; si parla di innovazione quando
invece una forma nuova soppianta quella vecchia.

LINGUA E DIALETTO → tracciare un confine tra le due è molto complesso. I


concetti di lingua e dialetto sono l’eredità di un’elaborazione colta, non sono delle
idee spontanee.
Il termine ‘dialetto’ è stato ripreso dalle opere grammaticali della Grecia classica,
dove in realtà designava tutte le varietà linguistiche locali usate ognuna per un
genere letterario diverso (comprendeva dunque anche la lingua comune).
Quando venne ripreso questo termine, nel ‘500, venne interpretato come
opposizione al termine ‘lingua’ → la lingua rappresentava la varietà superiore, il
dialetto quella inferiore.
In questa nuova prospettiva, i dialetti sono subordinati ad una varietà linguistica
qualitativamente superiore.

Questa ideologia soppiantò la dicotomia precedente tra latino e latino volgare →


dal rinascimento in poi, il termine ‘dialetto’ prese un valore peggiorativo. Si
trasferisce sui dialetti quello che un tempo di era pensato circa il latino volgare.
Oggi questa distinzione non esiste più → tutte le lingue sono considerate uguali.

Per far si che un dialetto sia riconosciuto come una lingua autonoma c’è bisogno
innanzitutto di una norma che lo regoli → è necessario che una comunità di
parlanti operi una standardizzazione della loro lingua per renderla adatta
all’insegnamento e agli usi ufficiali. Se ciò non avviene, il dialetto è destinato a
restare subordinato ad un’altra lingua.
È inoltre necessario che ciò, per avvenire, debba essere di interesse collettivo.

IL CAMBIAMENTO NELLA LINGUISTICA CONTEMPORANEA → l’idea di


cambiamento linguistico è mutata dopo lo strutturalismo.
Si può definire cambiamento linguistico ciò che differenzia il sistema sincronico
di una lingua, da quello diacronico.

CAMBIAMENTO SINTATTICO

La descrizione sintattica della frase fu messa a punto dalla grammatica


generativa.
Il cambiamento sintattico è la conseguenza del cambiamento semantico → una
volta avvenuto il cambiamento semantico, il rapporto tra struttura sintattica e
struttura semantica non è più diretto come era in origine, si tende, dunque, ad
assegnare alla costruzione una nuova struttura sintattica che corrisponda meglio
alla struttura semantica e alla struttura generale della lingua in cui avviene il
cambiamento.
Quando una parola cambia il suo significato (cambiamento semantico), deve
necessariamente modificarsi anche la struttura sintattica della frase che la
contiene.
Esempio → genesi degli ausiliari romanzi. Evoluzione del verbo latino ‘habeo’ dal
valore di ‘possedere’ a quello di ausiliare (‘avere’).
Nella frase ‘habeo epistulam scriptam’ (A) (ho una lettera scritta) il verbo indica
possesso e non ha nessun rapporto diretto con ‘scriptam’ → il soggetto di habeo
può essere diverso dal soggetto semantico di scriptam, il participio.
Se passiamo alla forma romanza, invece, ‘ho scritto una lettera’ (B) vediamo che il
verbo ‘avere’ è il relazione con il participio → si può dire che ‘avere’ è il verbo
ausiliare che regge il participio. Inoltre, il soggetto di ‘avere’ e del partecipo
coincidono necessariamente. Il participio ha qui funzione verbale e regge l’oggetto.
Il cambiamento tra le due forme è iniziato a livello semantico → la struttura (A)
ha cambiato significato arrivando ad avere lo stesso senso della perifrasi
romanza. Successivamente, il nuovo significato della costruzione ha imposto una
modificazione sintattica che ha portato alla struttura (B).
I due fattori alla base del cambiamento sono stati → svuotamento semantico di
habeo e la frequente coincidenza tra soggetto di habeo e soggetto del participio
che con il tempo si generalizza.

CAMBIAMENTO MORFOLOGICO

La morfologia studia la struttura interna della parola e i processi che ne


determinano la formazione. Il morfema è l’unità minima, dotata di significato, in
cui è possibile scomporre una parola. I morfemi si combinano per formare le
parole.
La morfologia analizza le regole che governano i processi morfologici,
distinguendo processi flessivi (amic-o, amic-a) e quelli derivativi (amich-etto,
amich-evole).
Il confronto tra sistemi morfologici relativi a stati di lingua cronologicamente
differenti (morfologia diacronica) ha permesso di individuare tre tipi di processi
alla base del cambiamento morfologico: analogia, rianalisi e
grammaticalizzazione.

ANALOGIA → gli elementi di un sistema morfologico che si trovano all’interno di


un stesso paradigma tendono ad influenzarsi reciprocamente. Essa opera
attraverso due processi: il quarto proporzionale o il livellamento. Entrambi i
procedimenti operano in direzione di una semplificazione del sistema morfologico.
QUARTO PROPORZIONALE → processo che favorisce l’introduzione di un nuovo
morfema, fondato sulla tendenza della lingua ad assegnare forma uguali a
significati uguali.
Esempio → in italiano antico c’è stato il cambiamento dell’imperfetto, da ‘io
cantava’ o ‘io vedeva’ a ‘io cantavo’ e ‘io vedevo’, la prima persona in -a è passato
ad -o come nel presente dell’indicativo ‘io canto’ ‘io vedo’.
LIVELLAMENTO ANALOGICO → consiste nella soppressione di allomorfi (diffrenti
realizzazioni di uni stesso morfema).
Esempio → in italiano, moti verbi hanno una radice che ha due allomorfi, uno
dittongato e uno no (muore/moriamo, vuole/vogliamo). Tale alternanza è fonte di
irregolarità nel paradigma ed in alcune forme è stata livellata dall’analogia. In
genere, il livellamento è ottenuto con l’introduzione del dittongo anche nelle forme
che non lo prevedono (nuoto/nuotiamo, cuoce/cuociamo) ma può avvenire anche
il contrario (levo/leviamo, nego/neghiamo → entrambe le parole, avendo una
vocale aperta in sillaba aperta, avrebbero dovuto dittongare → per il livellamento
analogico non dittongano).

RIANALISI → operazione di senso opposto all’analogia. È un’errata segmentazione


di una sequenza di elementi linguistici, che ha per conseguenza la formazione di
nuovi morfemi.
Esempio → l’errata segmentazione do alcune parole latine, ha fatto si che,
elementi facenti parti del tema delle parole, siano finiti invece nelle desinenze,
creando parole nuove.
A volte, questo processo avviene anche su un intero sintagma → in questo caso,
alla rianalisi segue il processo di grammaticalizzazione.

GRAMMATICALIZZAZIONE → in base a questo processo, un elemento


semanticamente pieno e morfologicamente autonomo si svuota del suo significato
lessicale originario per diventare un morfema grammaticale legato ad un’altra
parola.
Esempio → sviluppo nel latino volgare del suffisso -mente per la formazione degli
avverbi. Nel latino classico, l’avverbio di modo poteva essere sostituito da una
forma perifrastica composta da ‘mens’ (atteggiamento) e da un aggettivo.
Successivamente, la forma ‘mente’ perde il suo significato lessicale di nome ed è
stata reinterpretata come morfema grammaticale.
Un altro esempio è la formazione del futuro romanzo e del condizionale attraverso
forme perifrastiche.

CAMBIAMENTO FONOLOGICO

Il cambiamento fonologico ala manifestazione a livello fonologico di un


cambiamento fonetico. Non necessariamente però un cambiamento fonetico
corrisponde ad uno fonologico.
Il cambiamento fonologico si ha solo quando le modificazioni fonetiche che
intervengono tra due stati di lingua portano all’acquisizione, alla perdita o alla
ridefinizione di un’opposizione distintiva.
L’acquisizione è detta fonologizzazione, la perdita è detta defonologizzazione e la
ridefinizione è detta rifonologizzazione.

FONOLOGIZZAZIONE → succede quando un determinato fenomeno fonetico fa


aumentare il numero dei fonemi di una lingua.
Esempio → la fusione dei suoni latini <l> e <j> ha portato alla formazione in
italiano di del fonema <ʎ>.
La fonologizzazione può essere anche la conseguenza della riorganizzazione dei
rapporti di opposizioni distintive di un sistema fonologico. Può capitare che, quelli
che in uno stato di lingua sono due semplici allofoni di un fonema, in uno stato
successivo diventino due fonemi distinti.
Esempio → palatalizzazione di /k/ e /g/ che produce due nuovi fonemi.

DEFONOLOGIZZAZIONE → avviene innanzitutto quando un fonema scompare


dal sistema fonologico di una lingua.
Esempio → scomparsa di H nel latino volgare.
Inoltre avviene anche quando l’opposizione che in uno stato di lingua permette di
distinguere due fonemi, in uno stato successivo viene neutralizzata.
Esempio → perdita del sistema vocalico quantitativo del latino classico. Le vocali
distinti Ă e Ā sono diventate due allofoni del fonema /a/.
La defonologizzazione può avvenire anche se un fonema si assimila del tutto a un
altro, oppure ancora quando due fonemi confluiscono in un terzo fonema.

RIFONOLOGIZZAZIONE → quando un’opposizione distintiva viene ridefinita in


altri termini.
esempio → nel latino classico, la quantità vocalica aveva valore distintivo. Nel
latino volgare, le vocali lunghe tendono a chiudersi e quelle brevi ad aprirsi → la
quantità vocalica perde il suo valore distintivo, quella che per alcune vocali era
stata un’opposizione di lunghezza, diventa un’opposizione di timbro. Nasce così
l’opposizione fonologica tra vocali medio-alte e medio-basse.

CAMBIAMENTO SEMANTICO

SEMANTICA → ramo della linguistica che si occupa del significato delle parole.
Nel ‘900, lo studio della semantica fu eseguito dallo strutturalismo con una
prospettiva sincronica → ciò ha permesso di definire con maggiore esattezza
concetti basilari della semantica come ‘significato’ e ‘referente’.

Ogni parola (lessema) è dotata di un significato e di un significante → il


significante, in quanto arbitrario, è diverso da lingua a lingua (ma anche i
significati a volte possono differire).
Esempio → i lessemi ‘capello’ e ‘cheveau’ hanno significanti diversi da uguale
significato.
L’entità extralinguistica a cui il segno linguistico si riferisce è detta referente.
A fare da mediazione tra referente e segno linguistico si colloca il concetto
(categoria extralinguistica).

Abbiamo cambiamento semantico quando il significato di un lessema muta da


uno stato all’altro di una lingue. La parte di una lingua che cambia più
velocemente è il lessico.
Esempio → OS = bocca, CABALLUS = cavallo, ADRIPARE = arrivare.
Le ragioni del cambiamento semitiche sono molte → ci sono fattori di carattere
socioculturale (mutamenti della società) e fattori di ordine interno, linguistico =
tendenza ad evitare casi di omofonia, a sostituire forme monosillabiche con altre
più corpose, a eliminare le irregolarità, a preferire lessemi più enfatici a quelli più
neutri ecc.
Ogni cambiamento semantico appare dettato dalla necessità di esprimere dei
concetti in modo più efficace e adeguato.
Quando un parlante si trova a dover esprimere un nuovo concetto ha tre
possibilità → creare una parola nuova sfruttando i processi morfologici della
lingua (neologismo), avvalersi di una parola straniera (prestito), usare una parola
vecchia in una nuova accezione (cambiamento semantico).

Processi che regolano i cambiamento semantico → ASSOCIAZIONE.


È l’associazione tra due elementi che fa scattare il processo di cambio semantico.
L’associazione tra due concetti può essere metaforica → esempio: gru animale e
gru macchina. L’uso del termine gru per indicare la macchina, inizialmente è solo
metaforico e circoscritto, poi adottato dall’intera comunità dei parlanti
(lessicalizzazione).
Dal punto di vista sincronico, il risultato di ogni cambiamento semantico è la
polisemia.
Le relazioni associative possono essere di tre tipi → di similarità, di contiguità, di
contrasto. L’associazione può avvenire a tre livelli → a livello del concetto, del
significato o del significante.
Solo l’associazione per similarità riguarda tutti e tre i livelli, quella per contiguità
solo a livello del concetto e del significante, quella per contrasto solo al livello del
concetto.

PER SIMILARITÀ → un esempio è ‘spina’ intesa come ‘escrescenza acuminata


delle piante’ e ‘elemento da inserire in apposite cavità’.
PER CONTIGUITÀ → tipo di cambiamento semantico più diffuso. Os vs. Bucca,
oppure Focus vs. Ignis (focus indicava il focolare → associazione per contiguità
perché era il luogo che conteneva il fuoco). Questo cambiamento può verificarsi
anche per contiguità tra due parola, nel caso una di esse venga eliminata
(elisione). IECUR FICATUM → fegato ripieno di fighi. L’aggettivo FICATUM che
voleva dire ‘ripieno di fichi’, a seguito dell’elisione di IECUR passò a significare
‘fegato’.
PER CONTRASTO → in genere ha poco peso nel cambiamento semantico. È un
procedimento antifrastico, che per eufemismo o ironia associa a un concetto un
termine del significato opposto.

LATINO E LATINO VOLGARE

LATINO → fa parte del dominio delle lingue indoeuropee. Il nome ‘indoeuropeo’


deriva dalla localizzazione geografica prevalente dei popoli che parlavano e
parlano le lingue che ne derivano, stanziati in India e Europa.
La famiglia indoeuropea si divide in sottofamiglie:
- Indiano
- Iranico
- Armeno
- Slavo
- Baltico
- Germanico
- Ellenico
- Albanese
- Italico
- Celtico
Nel territorio occupato da Roma e latinizzato, si parlavano in origine diverse
lingue indoeuropee → tutte queste lingue sono dette di ‘sostrato’.
Tuttavia, nell’impero romano erano presenti anche lingue non indoeuropee ed
anche esse costituiscono dei sostrati del latino, sono definite lingue pre-
indoeuropee.
Molte regioni presentato diversi strati linguistici → la parte del linguaggio che è
maggiormente frutto di stratificazione è il lessico. Nel caso delle lingue romanze,
tutto ciò che non è di origine latina, viene riportato ad uno strato anteriore al
latino

Le lingue romanze derivano dal latino volgare → lo scarto che c’era tra il latino
classico e quello volgare è emerso da numerose testimonianze.
Del latino non si può parlare nella solo dimensione sincronica → la sua fase
documentata copra 8 secoli. Dal VI in poi si può supporre che la sua scrittura
diventi in parte artificiale. In gran parte di questo periodo è stata attiva una
norma (classica) che ha bloccato nell’espressione letterario sviluppo delle lingue
romanze che però era già in atto.
Il termine ‘latino volgare’ designa il registro più basso della lingua, usato da tutte
le classi sociali.

FONTI → alcuni testi latini sono utili per ricavare informazioni sul latino volgare .

OPERE DEI GRAMMATICI → queste opere segnalano, per condannarle, delle


forme ritenute scorrette. Dal punto di vista del lessico, si ricavano molte
informazioni dall’APPENDIX PROBI: elenco di volgarissimi con affianco la forma
corretta. Nel manuale vengono segnalati molti fenomeni fonetici che sono alla
base di molte forme romanze.
Ciò che interessa del manuale, sono le forma sbagliate → nella maggior parte dei
casi, queste forme sbagliate sono le uniche passate nelle lingue romanze.

ISCRIZIONI → le iscrizioni pubbliche sono solitamente in ottimo latino, ma non è


esclusa qualche forma sbagliata. Le scritture più modeste, quelle simili agli
odierni graffiti, invece, sono più interessanti perché rivelano una forma di
scrittura il più possibile vicino all’oralità. Un esempio molto interessante sono i
graffiti di Pompei e Ercolano → il latino di questi graffiti è presentato nella sua
veste quotidiana.

LETTERE → le lettere che interessano sono quelle scritte fuori dai rigidi canoni
letterari. Dall’Egitto provengono circa 300 lettere scritte da soldati che riflettono
un uso vivo della lingua. Gli errori riflettono spesso l’evoluzione del latino in
corso, per cui possono essere considerati romanismi.

LETTERATURA TECNICA → le discipline scientifiche e tecniche erano ritenuta sin


dall’antichità pratiche inferiori. I tratti dedicati a queste materie si sottraggono
dalle norme dell’uso classico.

OPERE LETTERARIE → le commedie teatrali di Plauto e Terenzio, ad esempio, si


servono di una lingua retoricamente meno elaborata e più affine al parlato.
Anche Cicerone nelle sue ‘Epistole’ ci ha tramandato coscientemente
testimonianze di un latino meno letterario e più familiare.
Anche il ‘Stayricon’ di Petronio è un’importante testimonianza della società
romana e dei suoi livelli linguistici.
In questa prospettiva, risultano importanti anche i testi cristiani → il latino degli
autori cristiani è all’inizio umile e popolare.

Per tutto il Medioevo, in occidente si è scritto in Latino → nell’alto medioevo però,


vista la carenza di scuole, il livello del latino scritto era spesso molto modesto.
Nel IX secolo c’è un relativo miglioramento del latino, indotto dalla riforma
carolingia → bisognerà però aspettare il XV perché gli Umanisti cercarono di
raggiungere di nuovo la correttezza e lo splendore del latino classico.
I volgarismi e i romanismi dei testi, scritti dopo la trasformazione del latino alle
lingue romanze, rivelano in trasparenza delle lingue romanze che sono già nate
ma che non verranno scritte se non alcuni secoli dopo.
Testi importanti per capire la trasformazione → scritture giuridiche e pratiche,
opere storiografiche, regole monastiche e glosse.
GLOSSE → testimonianze del latino tardo e del primo periodo romanzo.
Precedono i primi testi interamente in volgare e sono delle spiegazioni, parafrasi o
traduzione di parole o testi. Tra le più importanti ci sono quelle di Reichenau, di
Kassel, quelle emilianensi e quelle silensi.

ERRORI → utili per ricostruire il cambiamento linguistico. I più diffusi erano


quelli circa la lunghezza vocalica (di cui se ne ha già testimonianza suoi graffiti di
Pompei) e quelli derivati dall’ipercorrettismo (errore che porta a modificare una
parola per paura di sbagliare → HOCTOBER in realtà l’H non c’è mai stata, ma il
fatto di trovarla scritta in modo errato ci fa capire che al tempo della scritta l’H
aveva già iniziato a scomparire).

Fonologia, morfologia e sintassi delle lingue romanze si sono molto diversificate


da quelle del latino, tanto da sembrare dei tipi linguistici molto diversi.

FENOMENI SINTATTICI E MOROFOLOGICI

Una caratteristiche del latino classico, che doveva già essersi persa nel latino
volgare, è la grande libertà nell’ordine delle parole in una frase. In latino poteva
avvenire ciò grazie ala presenza dei casi → nessuna delle lingue romanze
conserva traccia di questa libertà.
Un’altra caratteristica abbondata già in latino volgare, riguarda la posizione del
verbo e la struttura SOV o OSV del latino → il verbo, in latino, erano
normalmente posto alla fine della frase. Nelle lingue romanze invece il verbo deve
prendere sempre l’oggetto (SVO).
Per quanto riguarda l’aggettivo, in latino prendeva sempre il nome, nelle lingue
romanze invece lo segue. L’avverbio in latino prendeva il verbo, nelle lingue
romanze no.
Tutti questi cambiamenti rivelano un’unica tendenza → invertire l’ordina latino
modificatore-modificato nell’ordine inverso. È possibile che questa tendenza, che
ha suscitato un cambiamento tipologico nel passaggio dal latino alle lingue
volgari, abbia avuto un’influenza anche sulla riduzione e caduta dei casi,
sostituiti dalle preposizioni.

CONDIZIONALE E FUTURO → una novità romanza, invece consiste


nell’invenzione del condizionale → in latino era espresso da un congiuntivo. Il
condizionale romanzo si sviluppa da forme composte, perifrastiche. Un caso
analogo è quello del futuro.
PRONOMI CLITICI → il latino aveva una sola serie di pronomi personali → le
lingue romanze ne presentano due (una tonica, libera e una atona, clitica),
probabilmente sviluppati già all’altezza del latino volgare.

DECLINAZIONI NOMINALI → il latino aveva una morfologia nominale molto


complessa → i nomi si raggruppavano in cinque declinazioni. Le declinazione
vengono ridotte già in latino volgare, fino a diventare 3: una per il maschile in -u,
una per il femminile in -a e una per entrambi in -e.

CONIUGAZIONI → in latino, i verbi erano divisi in quattro coniugazioni → nelle


lingue romanze, queste coniugazioni sono meglio conservate delle declinazioni,
ma sono frequenti, tuttavia, passaggi di coniugazione di singoli verbi
(metaplasmi). Inoltre il latino presentava molti verbi irregolari, la maggior parte
dei quali sono soggetti a regolarizzazione per analogia.

PASSIVO → nella formazione del passivo, a seconda dei tempi verbali, il latino
usava forme sintetiche o analitiche. Nelle lingue romanze le forme sintetiche
cadono in disuso ed assieme ad esse anche i verbi deponenti (di forma passiva
ma di senso attivo).

Di tanti fenomeni di cambiamento, i più interessanti sono → evoluzione del


sistema casuale, genesi dell’articolo e sviluppo degli ausiliari.

SISTEMA CASUALE → il latino aveva un sistema casuale, tuttavia con il tempo, i


casi vennero affiancati e poi sostituiti dalle preposizioni. Nelle lingue romanze più
conservatrici, le desinenze hanno perso la funzione casuale, ma hanno
mantenuto quelle di genere e numero.

ARTICOLO → il latino non aveva articolo. L’articolo definito può sia indicare la
classe o opporre un membro di una classe noto al parlante e all’ascoltatore a uno
generico. Di questa seconda funzione, si ha traccia in alcuni testi latini, nei quali
veniva impiegato ILLE per indicare un elemento già noto (uso anaforico). La prima
insorgenza in latino dell’articolo definito è ad uso testuale.
Alla sua origine ci sono le forme → ILLE, ILLA, ILLUD che verranno utilizzati in
forma ridotta già in latino volgare (fatta eccezione per lo spagnolo).
L’articolo indefinito deriva da UNUS che aveva già preso il posto di QUIDAM, con
una maggiore diffusione.

AUSILIARI → un’importane innovazione delle lingue romanze è la creazione di


forme verbali perifrastiche per l’espressione di anteriorità, di cui il latino non
disponeva.

EVOLUZIONE FONOLOGICA → lunghezza sillabica, vocalismo tonico, dittonghi,


vocalismo atono, consonantismo.

LUNGHEZZA SILLABICA → il sistema fonologico del latino possedeva una doppia


serie di vocali e consonanti, lunghe e brevi. Mentre le consonanti lunghe venivano
segnate nella grafia, le vocali no. L’italiano conserva le consonanti lunghe, mentre
l’opposizione di vocali lunghe e brevi non è stata mantenuta da nessuna lingua.
Già in latino volgare l’opposizione di vocali lunghe e brevi non era più distintiva
ma era diventata predicibile dal contesto sillabico. Mentre in latino erano
possibile tutte le combinazioni di vocali e consonanti, si raggiunge la
‘complementarietà’ → se la consonante è lunga, la vocale è breve e viceversa.
Per quanto riguarda l’accento, in latino vigeva la ‘legge della penultima’ →
l’accento cadeva sulla penultima sillaba se questa era lunga, se era breve, cadeva
sulla terzultima. L’accento non aveva carattere distintivo a meccanico.
La perdita del carattere distintivo della lunghezza vocalica, ha portato alla perdita
della legge della penultima → l’accento diventa un tratto distintivo nelle lingue
romanze, subisce una fonologizzazione.

VOCALISMO TONICO → il sistema vocalico del latino viene riorganizzato. In un


piccola parte della Romània, le coppie vocaliche qualitativamente uguali
confluiscono nello stesso suono. Nel resto dei territori, invece, le vocali lunghe
tendono a chiudersi e quelle brevi ad aprirsi. Una volta perduta la lunghezza, le
vocali si sono differenziate per la loro apertura/chiusura.
Le vocali aperte, inoltre, in molte lingue, hanno dato origine a dittonghi (in
italiano solo in sillaba aperta, in spagnolo anche in sillaba chiusa).

DITTONGHI → la riduzione dei dittonghi latini è stata molto precoce → molte


volte da dittonghi latini monottongati in volgare si è sviluppato poi un nuovo
dittongo nella lingue romanze.

VOCALISMO ATONO → nel latino volgare è frequente la sincope di vocali post-


toniche in parole sdrucciole (già in Orazio è presente, ed anche nell’Appenidx
Probi).
Inoltre, nel latino volgare si assiste alla semplificazione della struttura sillabica
volta ad eliminate gli iati (che comportavano difficoltà articolatorie). Il primo
elemento dello iato viene modificato per rafforzamento o cancellazione.

CONSONANTISMO → semiconsonanti w e i, nesso yod, caduta di h-, caduta di -


m, nesso -ns-, spirantizzazione di -b-.

SEMICONSONANTI → in latino erano presenti due semiconsonanti, w e j →


spesso perdono il loro tratto vocalico e diventano delle consonanti per
semplificarne l’articolazione.

CADUTA H- → il latino possedeva una consonante aspirata iniziale. La tendenza


alla sua eliminazione è visibile già in età repubblicana, attraverso tracce di
ipercorrettismo.

-M → articolata già debolmente in latino classico, la sua tendenza a cadere è


documentata già nelle iscrizioni pompeiane.

-NS- → la -n-, già articolata debolmente in latino classico davanti alla -s-, cade.

FENOMENI GRAMMATICALI NELLE LINGUE ROMANZE

CASI → le lingue romanze hanno operato una radicale diminuzione del neuro dei
casi. Processo lento e progressivo che si conclude quasi sempre con la perdita
totale dei casi. L’ultimo passaggio di questo processo è l’eliminazione
dell’opposizione tra nominativo e accusativo.

ARTICOLO → invenzione romanza, formatasi circa verso il VI secolo.


NEUTRO → genere del latino che viene perso nelle lingue romanze, le parole
neutre vengono suddivise tra maschili e femminili.

AVVERBIO → l’innovazione romanza è la formazione di nuovi avverbi con il


suffisso -mente (in latino usa diversamente, con valenza nominale).

CONDIZIONALE → invenzione romanza. In latino era espresso sia dal congiuntivo


che dall’indicativo. Le lingue romanze lo creano attraverso una forma composta.

FUTURO → le lingue romanze hanno tutte perso il futuro latino e lo hanno


sostituito con una forma perifrastica.

ORDINE DEI SINTAGMI → in latino l’ordine dei sintagmi era molto libero, ed il
verbo veniva generalmente posto alla fine della frase. Nelle lingue romanze
quest’ordine si fa più rigido ed il verbo si trova sempre tra soggetto e oggetto.
SOV-OSV → SVO (ordine diretto).

PERFETTO → tempo verbale latino (sintetico) che viene perso e sostituito da una
forma composta (analitica).

PLURALE → espresso dalle lingue romanze o con una -s (plurale sintagmatico)


che deriva dall’accusativo plurale in latino, oppure con alternanza vocalica
(plurale vocalico), questi plurali risalgono al nominativo latino.

LENIZIONE → indebolimento o scomparsa di occlusive intervocaliche. Attraverso


questo processo, le occlusive possono sonorizzarsi, spirantizzarsi o dileguarsi.
Inoltre c’è anche lo scempiamento delle consonanti geminate.

TESTI ROMANZI

Le prime attestazioni scritte delle lingue romanze sono relativamente tarde


rispetto al loro presupposto sviluppo. Questo ritardo potrebbe essere dovuto al
prestigio che il latino continuava ad esercitare come lingua per lo scritto.
Il primo riconoscimento ufficiale dell’individualità del romanzo avviene nell’813
durante il Concilio di Tours, dove viene raccomandato ai vescovi di tenere omelie
in tedesco o nella rustica romana lingua.
Per iniziare a scrivere in romanzo, c’era bisogno che questo venisse riconosciuto
come una lingua a parte, diversa dal latino.
La presa d’atto che avviene nel Concilio di Tours è il momento conclusivo di un
processo di evoluzione linguistica che era iniziato secoli prima.
Sin dal I secolo era presente, in latino, una distinzione tra un registro stilistico
alto ed uno più dimesso (sermo vulgaris). Dall’età imperiale, la varietà basse
appare talmente lontana da quella alta che si può parlare di una situazione di
diglossia → coesistenza di due norme linguistiche. Solo quella più alta veniva
scritta, la seconda era limitata all’uso orale.
Le ragioni di questa differenziazione sono molteplici → in particolare sono dovute
alle evoluzioni della società romana e all’espansione dell’impero.
Tra il IV be il VI secolo d.C. iniziano ad apparire in alcuni testi latini dei fenomeni
che sono indice di un mutamento profondo del sistema → fino a quel momento il
latino scritto aveva occultato la nascita del romanzo.
Datare il passaggio dal latino al romanzo significa stabilire quando si è passati da
una situazione di diglossia ad una situazione in cui il latino era solo una lingua
scritta che pochi conoscevano, mentre la sua lingua universalmente parlata era il
romanzo.
I primi a perdere la capacità di parlare e di capire il latino classico probabilmente
furono gli analfabeti, che rappresentavano la maggioranza.
Alla fine dell’impero romano, il latino classico era ormai una lingua solamente
scritta, che solo la piccola fascia di popolazione che aveva accesso all’istruzione
sapeva padroneggiare. A quel tempo si parlava solamente il romanzo.
Tuttavia, della netta distinzione tra latino e romanzo si comincerà ad avere
coscienza solo nel IX secolo → nei secoli precedenti il romanzo veniva parlato ma
non scritto, si trovava nella sua fase sommersa.
Altri eventi importanti per lo sviluppo delle lingue romanze, furono la
frammentazione politica dell’impero romano e le invasioni barbariche.
Inoltre, la crisi della scuola, fece si che il latino diventasse patrimonio esclusivo di
una ristretta classe di colti, i quali però dimostrano una conoscenza della
grammatica latina molto limitata. Questo generale abbassamento del livello
culturale dei ceti alfabetizzati si traduce in un peggioramento della lingua scritta
→ ci sono molte scritture ricche di errori.
A volte però, il marcato ibridismo latino-romanzo di alcuni testi, appare come un
consapevole tentativo di diminuire la distanza tra i due codici.
La netta separazione che c’era tra lingua scritta e romanzo, spingeva le persone a
cercare un codice intermedio → scripta latina rustica.
Secondo alcuni studiosi, il contatto tra lingua scritta e romanzo poteva avvenire
in due direzioni:

- dal parlante romanzo allo scrivente latino → è il caso dei testi di carattere
testimoniale, testi in cui lo scrivente cerca di riprodurre secondo le
consuetudini della lingua scritta, una testimonianza orale in lingua romanza.
Esempio → testi che contengono deposizioni verbali, inventari di beni, brevi testi
orali.
INDOVINELLO VERONESE → VIII-IX secolo, scritto da una mano nord-italiana
all’interno di un manoscritto di origine spagnola.
Nell’indovinello, l’atto dello scrivere viene paragonato all’aratura e alla semina.
Alcuni studiosi vedono nell’indovinello il primo documento volgare italiano,
tuttavia, la patina volgare del testo è solo superficiale → dal punto di vista
morfologico e semantico è il testo è ancora legato al latino.

- dallo scrivente latino all’ascoltatore romanzo, ignaro di latino → è il caso dei


testi di carattere didattico-prescrittivo, testi scritti per essere compresi dalla
popolazione analfabeta.
Esempi → leggi e scritture religiose.
GLOSSE DI MONZA → X secolo, traducono in neogreco delle espressioni latine
ricche di elementi romanzi.

In questa tradizione scritta intermedia tra latino e volgare, emergono le prime


spie di una progressiva presa di coscienza della diversità del romanzo rispetto al
latino.

Le più antiche attestazioni delle lingue romanze risalgono al IX e X secolo →


questi testi mostrano una spiccata differenza rispetto alle scritture intermedie, c’è
più consapevolezza della differenza tra latino e romanzo.
Il primo fattore che permise questa presa di coscienza è di ordine linguistico → la
differenza tra le due lingue era ormai enorme.
Tuttavia, le ragioni decisive furono una serie di mutamenti storici, politici e
culturali che rivoluzionarono l’Europa tra VIII e IX secolo.
Fine VIII secolo → Carlo Magno unificò un’ampia parte dell’Europa centrale o
occidentale. La sua ambizione era quella di riedificare l’impero romano ed il suo
modello era Costantino. Avviò una serie di riforme economiche, amministrative e
religiose che risollevarono l’Europa. Importanti turno anche le riforme in campo
culturale e scolastico → il sovrano incoraggiò le arti e favorì l’istruzione. Si parla
di questo periodo come ‘Rinascenza carolingia’.
Ci fu anche l’introduzione di un nuovo tipo di scrittura, la minuscola Carolina.
Fattori che favorirono la definitiva emersione delle lingue romanze →
miglioramento della qualità del latino e il suo allontanamento dalla lingua
parlata, adozione di una nuova pronuncia scolastica più aderente alla grafia,
attenzione da parte delle autorità politiche e religiose per tutte le forme di
comunicazione.
inoltre, contribuì anche la situazione delle province germaniche, in cui il latino
usato nella vita religiosa e amministrativa doveva essere sempre tradotto.
Romanzo e tedesco si trovano affiancati, come due lingue di pari livello, differenti
dal latino, nella diciassettesima disposizione del Concilio di Tours (813).
Che la scrittura del tedesco abbiamo incoraggiato anche quella del romanzo si
evince anche dai primi testoni francese → GIURAMENTI DI STRASBURGO e
SEQUENZA DI SANT’EULALIA, dove francese e tedesco si trovano nuovamente
affiancate.
Propio durante l’età carolingia vede la luce il primo documento redatto
intenzionalmente in volgare.

TESTI ROMANZI DEL IX SECOLO

GIURAMENTI DI STRASBURGO → il 14 febbraio 842, Ludovico il Germanico e


Carlo il Calvo rinnovarono la loro alleanza contro il fratello Lotario, dopo la pace
di Verdun. A Strasburgo, Carlo giurò in antico tedesco per farsi comprendere dai
soldati del fratello e Ludovico fece lo stesso in lingua romanza. Il giuramento degli
eserciti avvenne invece nelle rispettive lingue.
La lingua dei Giuramenti fa emergere molti dubbi → una questione abbastanza
dibattuta è quella circa la localizzazione del documento. Second alcuni studiosi,
la compresenza nel testo di tratti meridionali e settentrionali, autorizza a
localizzare il testo in una zona di transizione tra lingua d’oc e d’oil. Secondo altri,
questa ibridazione è giustificata dal fatto che il suo trascrittore cercasse di creare
una lingua intermedia di più diffusa comprensione. In realtà, al lingua presente
nel documento è tanto lontana dal francese moderna quanto da quello antico di
testi posteriori.

Dopo una quarantina d’anni dai Giuramenti di Strasburgo, viene trascritto il più
antico monumento letterario del francese.
SEQUENZA DI SANTA EULALIA → tra 878 e 882, breve componimento di 29 versi
che narra il martirio della santa. Si tratta di un testo di uso liturgico, conservato
in un manoscritto dove fu copiato assieme al suo modello latino e a un poema
epico in tedesco antico.
La lingua presenta tratti di varie parlate del nord-est della Francia e nel testo, la
resa grafica del volgare si mostra molto matura.

Il terzo dei testi romanzi del IX secolo è italiano, è un graffito conservato nella
Catacomba di Cammodilla.
GRAFFITO DELLA CATACOMBA DI CAMMODILLA → fine prima metà IX secolo,
contemporaneo ai Giuramenti.
Il testo recita ‘non pronunciare le segrete a voce alta’ → le segrete erano alcune
preghiere che il nuovo uso liturgico imponeva si pronunciassero a bassa voce. Il
testo presenta dei caratteri nettamente volgari → forma negativa imperativo
formata da ‘non + infinito’, il passaggio da /w/ a [b], presenza dell’articolo ILLE.
Tuttavia, l’elemento più vistosamente volgare è il raddoppiamento fono-sintattico.
Il testo appare scritto nel volgare antico di Roma ed è notevole che in un testo
rivolto ai religiosi si usi il romanzo invece del latino.

X SECOLO

A partire dal X secolo, il numero di testimonianze in romanzo aumenta →


emergono documenti eterogenei nella forma e nel contenuto, che appartengono
essenzialmente a quattro tipologie:

- Testi giuridici → la prassi di incorporare all'interno di documenti in latino


deposizioni e formule testimoniali in romanzo, deriva dalla volontà degli
scriventi di riprodurre fedelmente un testo orale così come era stato
pronunciato al momento dell'azione giuridica da chi conosceva soltanto la
propria lingua materna.

- Testi pratici → scritture redatte per le esigenze della vita pratica e non
destinate ad usi ufficiali. Le scritture pratiche non sono molte perché non
erano scritte per essere conservate: quelle che sono giunte fino a noi si sono
conservate per ragioni fortuite. Dunque, i reperti conservati sono pochi, ma in
origine dovevano essere numerosi: è probabile che l'uso del volgare fosse più
frequente in questo tipo di scritture informali che in altri documenti di
carattere maggiormente ufficiale.

- Testi di argomento religioso → l'uso del volgare in ambito religioso muove


sempre da un intento pastorale. La necessità di predicare il messaggio cristiano
alle persone di scarsa cultura e agli analfabeti, imponeva alla chiesa di aprirsi
alle lingue del popolo. Questa apertura è già evidente dal Concilio di Tours.
La maggior parte dei documenti di argomento religioso delle Origini è costituita da
testi paraliturgici, testi che, pur non facendo parte della liturgia ufficiale, erano
inseriti organicamente in essa. Questi testi prendono il nome di sequenze o di
tropi → un esempio di sequenza è quella di Sant’Eulalia.
Anche il romanzo fa la sua comparsa sin dalle Origini in altri testi di analoga
funzione paraliturgica → nei drammi liturgici, rappresentazioni drammatizzate di
vite dei santi episodi o di episodi biblici che aveva luogo nei monasteri o nelle
cattedrali in occasione di determinati eventi. L'idea di usare il romanzo all'interno
della liturgia, aveva uno scopo pedagogico in quanto mirava a fornire ai fedeli,
ignari di latino, alcune semplici informazioni sulle festività celebrate o sulla vita
dei santi.

- Testi poetici di argomento profano → la comparsa dei primi documenti letterari


di argomento profano è precoce nei domini francese e occitano, più tarda in
Italia e nella penisola iberica. Alcuni studiosi pensano che la poesia profana
nasca come imitazione della poesia religiosa; altri, ritengono che sia stata la
poesia religiosa ad attingere forme metriche e stilemi da componimenti orali
profani, oggi perduti. Ci sono molti indizi circa l'esistenza di una poesia
popolare in volgare di tipo orale e di soggetto profano precedente alle prime
testimonianze scritte. Tuttavia, la poesia romanza di argomento profano
comincia ad essere messa per iscritto solo dopo che in ambito religioso l’uso di
scrivere il volgare può dirsi ormai legittimato.

FRANCIA → il francese inizia ad essere impiegato nei documenti più tardi rispetto
all’occitano. L'uso del volgare in ambito giuridico si diffonde rapidamente nel
corso del XIII secolo.
I documenti più antichi del francese sono per la maggior parte di argomento
religioso.
SERMONE DI VELENCINNES → prima metà X secolo, presenta tratti linguistici
tipici del vallone. L'alternanza del latino e del romanzo valletta alla luce della
ricordata disposizione del Concilio di Tours. Scritto su un pezzo di pergamena che
fu riutilizzato per coprire un manoscritto più tardo.
Il più antico testo inversi di ambito liturgico è la sequenza di Sant’Eulalia.
VIE SANT LETHGIER e PASSION → fine del X secolo, due poemetti in ottosillabi
dotati anche di notazione musicale. Entrambi presentano numerosi tratti
meridionali.
VIE DE SANT ALEXIS → conservata da manoscritti più tardi ma composta
nell'ultimo quarto del XI secolo nel nord della Francia, probabilmente Normandia.
È un poema agiografico lungo 625 versi → dalla lunghezza si può dire che è
completamente svincolato dall'uso liturgico. Dal punto di vista metrico è
composto da cinque strofe di decasillabi assonnanzati → la sua struttura metrica
preannuncia quella delle prime chansons de geste, mentre l'elevato grado di
elaborazione formale e la raffinata tecnica versificatoria mostrano come le
ambizioni del testo vadano ben oltre il mero intento edificante dei poemetti
agiografici precedenti.
CHANSON DE ROLAND → la più antica la versione è ascrivibile al secondo quarto
del XII secolo. Capolavoro epico del medioevo francese tramandato da un
manoscritto anglo-normanno. Con questo opera inizia la poesia profana e il
francese diventa lo strumento di una nuova cultura volgare in rapida ascesa.
Attorno alla metà del XII secolo, sempre in Francia, viene creato un nuovo genere
letterario, il romanzo in versi.

OCCITANO → la primogenitura volgari nella Francia meridionale è un po' più


tarda ma sempre religiosa. La più antica testimonianza sono le FORMULE DI
CLERMONT-FERRAND → due formule magiche volte a invocare la guarigione da
alcuni mali, trascritte i margini di un codice latino e databili alla seconda metà
del X secolo.
L’occitano, però, è attestato in ambito documentario relativamente presto → già
alla fine del X secolo, inizia ad apparire all'interno di testi giuridici latini.
Per quanto riguarda i testi religiosi, anche nel sud dell'uso di tradurre parte della
liturgia è attestato solo sporadicamente. Più diffuse e precoce è invece l'impiego
del volgare in testi para-liturgici in versi.
Nell'ultima parte del XI secolo, appaiono le prime attestazioni di liriche volgari di
argomento profano.
Con la fioritura nel XII e XIII secolo della lirica trobadorica, l’occitano si emancipa
definitivamente dal latino e diviene una delle grandi lingue di cultura del
medioevo.

ITALIA → in Italia l’uso scritto del volgare si afferma solo nel XIII secolo e la
tipologia dei primi testi è speculare a quella della Francia.
A differenza dei primi documenti francesi, nei quali erano già attivi fenomeni di
omogeneizzazione linguistica, gran parte dei testi di area italiana si presentano
ancora fortemente connotati in senso dialettale.
PLACITO DI CAPUA → prima registrazione di volgare italiano in documento
latino, 960. È la formula testimoniale che un giudice elabora per la deposizione di
testimoni ignari di latino.
PLACITI CAMPANI → testi legati all’abbazia di Montecassino (luogo che ha svolto
un ruolo fondamentale nella promozione dell'uso scritto del volgare), 963.
Nella seconda metà del XII secolo capita sempre più spesso che il volgare affiori
dal latino dei documenti.
Per quanto riguarda i testi pratici, è particolarmente precoce ed isolato il CANTO
NAVALE PISANO → XI e XII secolo, all'interno di questo documento sono
registrate le spese per la costruzione di una nave.
L’uso del volgare in ambito religioso è meno diffuso in Italia che in Francia → ci
sono però due notevoli testi in prosa di ambito liturgico: FORMULA DI
CONFESSIONE UMBRA (atto di penitenza in volgare) e i SERMONI SUBALPINI
(22 prediche in piemontese antico).
Di carattere paraliturgico c’è il PIANTO DI SANTA MARIA → componimento in
versi in volgare posto alla fine di un dramma liturgico latino sulla passione di
Cristo.

L'Italia si mostra unica nel panorama romanzo per la precocità di un tipo di testo
religioso molto particolare → le scritture esposte: iscrizioni parietali scolpite sul
marmo oppure eseguita in mosaico o a pennello. Si tratta di testi edificanti o
pratici rivolti a quelle persone che erano dotate di una minima alfabetizzazione. Il
GRAFFITO DI COMMIDILLA ne è un esempio.

SPAGNA → in Spagna la tradizione di scrittura in volgare si affermò con molto


ritardo rispetto alla Francia e all’Italia: ciò è dovuto alla crisi culturale e
all'isolamento che iniziò dopo la conquista araba e durò fino al XI secolo.
Il più antico documento scritto in castigliano è un testo pratico: si tratta di un
elenco di formaggi.
In Spagna erano più frequenti le scritture volgari di carattere religioso → si tratta
di aggiunte di varia lunghezza a testi religiosi latini fatte allo scopo di aiutarne la
comprensione.
Per quanto riguarda i testi poetici profani, il primo testo letterario di argomento
profano è il CANTAR DE MIO CID → tramandato da un manoscritto del trecento e
composto verso la fine del XII secolo da un autore anonimo.
Altrettanto interessanti sono alcuni brevi testi in romanzo che provengono dalla
parte della Spagna occupata dagli arabi → le jarchas.
Per quanto riguarda il galego-portoghese, i primi testi lirici in questa lingua
appaiono cronologicamente precoci (inizio XIII secolo). Per tutto il XIII e metà del
XIV secolo, questa lingua fu la lingua ufficiale della lirica di argomento amoroso e
religioso in tutta la penisola.
La situazione del catalano è invece diversa → il volgare compare relativamente
presto in ambito documentario (XII secolo) ed anche in ambito giuridico e
legislativo.
CRITICA DEL TESTO

La critica del testo è la disciplina che si occupa specificamente dell'edizione di


testi. Sin dalle sue origini ottocentesche, la filologia romanza è stata anche critica
del testo. L'unione della ricerca linguistica e dell'attività di edizione di testi
romanzi antichi deriva dal tipico circolo tra filologia e linguistica per cui, per
studiare i testi antichi, la filologia ha bisogno di conoscenze di linguistica storica
e, viceversa, la linguistica storica fonda la sua ricerca sulle testimonianze scritte
del passato.
I testi sono, in poche parole, l’irrinunciabile punto di partenza di qualsiasi ricerca
di carattere storico.
Per accostarsi alla documentazione scritta medievale è, inoltre, innanzitutto,
necessario possedere delle nozioni di paleografia (disciplina che studia nello
specifico la storia della scrittura) e di codicologia (disciplina che si occupa di
materiali scrittori e della struttura del libro antico). Se poi il testo è di carattere
documentario, si dovranno conoscere i caratteri principali del documento
medievale, oggetto di studio della diplomatica.
Per rendere accessibile un documento antico ai non specialisti, si deve
trascriverlo, interpretarlo, e infine pubblicarlo secondo criteri grafici ed editoriali
moderni → in ciò consiste il lavoro del filologo testuale.
Può succedere, però, che di un determinato testo non si conservi l’originale → il
compito del filologo è allora quello di ripristinare le caratteristiche originali del
testo, correggendo eventuali errori mediante lo studio della tradizione e mediante
la congettura.
La critica del testo mira a fornire di un testo antico un'edizione che sia accessibile
a un lettore moderno e al tempo stesso conforme alla volontà del suo autore.

La tradizione di un testo consiste nell'insieme delle copiature a cui un testo è


stato sottoposto. Esistono diversi tipi di tradizioni dei testi:
- Esiste l'originale autografo dell’opera (Decameron o Canzoniere);
- Esiste un'opera tramandata da un’unica testimonianza che però è una copia
dell’originale (Sequenza di Sant’Eulalia e Cantar de Mio Cid):
- Esiste un'opera che è trasmessa da due o più testimoni che sono copie dirette o
indirette dell’originale (Sant’Alexis, Chanson de Roland, Commedia).

Nel primo caso, il filosofo si limita fare l'edizione critica dell’opera → fornisce un
testo il più vicino possibile alla volontà dell'autore e allo stesso tempo leggibile per
un pubblico moderno. Ne fornisce cioè un'edizione interpretativa.
Nel secondo caso, in un'opera pervenuta come copia di un originale, sono spesso
presenti molti errori che il suo autore originale non avrebbe mai potuto fare → il
filologo allora deve attuare un intervento di correzione di questi errori.
Nel terzo caso, il filologo si trova a lavorare con più testimoni, detti varianti, di
una stessa opera, che tra loro possono presentare differenze più o meno vistose.
Il filologo deve decidere quale tra le testimonianze sia da preferire → per fare ciò,
confronta i testimoni e li classifica sulla base degli errori comuni.

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