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Title: Configurazioni dell'aforisma /

Volume: 2
Issue:
Month/Year: 2000
Pages: 29-49

Article Author:

Article Title:IvanLevrin-Forma breve e filosofia. Eraclito e Nietzsche

Bologna : CLUEB, ©2000.


FORMA BREVE E FILOSOFIA: ERACLITO E NIETZSCHE

I V A N LEVRINI

1. In margine all'aforisma filosofico: brevità, condensazione, speri-


mentazione
È lecito considerare alcuni aspetti salienti della scrittura aforistica
come elementi di un genere filosofico a sé stante? Esiste cioè una filoso-
fia che sia aforistica non solo per occasionale inclinazione espressiva
dell'autore? È difficile rispondere. Indubbiamente la pratica dell'afo-
risma è per sua natura proteiforme, sfuggente, pronta a smentire ogni
possibile teoria che voglia irretirla e la fatica della critica è resa ardua
anche dalla varifetà e quantità di testi che ormai rientrano sotto la voce
aforisma: ricordi, pensieri, massime, caratteri, diari, osservazioni, ecc.
L'analisi dovrebbe tenere conto anche del piano diacronico. La for-
ma breve era già praticata nella fase aurorale del pensiero greco, l'età
della "sapienza", in cui essa appariva idonea ad esprimere l'intreccio di
entusiasmo ed enigma 1 quale emerge in modo esemplare nei Frammenti
di Eraclito. Il genere ricorre poi lungo tutta l'antichità: gli Aforismi di
Ippocrate, le Massime capitali di Epicuro, il Manuale di Epitteto, i Ri-
cordi di Marco Aurelio. Vi è dunque una lunga tradizione di testi filoso-
fici in forma aforistica che attraversa l'Umanesimo e il Rinascimento,
l'età moderna, raggiungendo una vasta fortuna tra '800 e '900. E possi-
bile scorgere in questa produzione testuale alcuni tratti che mettano in
relazione la forma breve, e i vantaggi espressivi che essa implica, con
alcune costanti di rilevanza concettuale? Naturalmente non si può far
altro che abbozzare qualche ipotesi di ricerca.

1
Cfr. G. COLLI, La nascita della filosofìa, 3a ed., Milano, Adelphi, 1980,
p. 66.
30 Ivan Levrini

Il primo punto riguarda il rapporto fra brevità della singola tessera


aforistica e mosaico complessivo. Gli aforismi sono brevi periodi di sen-
so compiuto, che però si integrano a vicenda nell'unità più vasta di un
macrotesto, in cui le singole parti si richiamano l'un l'altra con l'effetto
di potenziare il senso. Ciò costituisce indubbiamente uno degli aspetti
specifici della forma aforistica 2 . Ma non si deve insistere troppo sulla
brevità, dato che vi sono testi intenzionalmente aforistici che a tratti pro-
cedono con lunghezza fluviale. Gli Aforismi sulla saggezza della vita di
Schopenhauer, ad esempio. E considerazioni analoghe varrebbero per
Montaigne, Pascal, o per gli aforismi di Bacone sull'interpretazione
della natura e sul regno dell'uomo. Anche molti pensieri leopardiani 3
hanno una consistenza quantitativa che smentisce il requisito della bre-
vitas.
Vi è un altro aspetto di contenuto che sembra facilmente collegabile
alla scrittura aforistica in filosofia. Essa favorisce una certa inclinazione
sperimentale. La forma breve offre spazio al procedere circospetto, alla
sperimentazione delle ipotesi, non richiedendo quel tipico apparato ar-
gomentativo che contraddistingue il saggio filosofico. E il luogo adatto
alla "decantazione dell'esperienza" 4 .
Inoltre l'aforisma appare idoneo a un pensiero segnato da un'accen-
tuata inclinazione dinamica, poiché l'opera aforistica genera struttural-
mente un'area che favorisce l'inserzione, la correzione, l'accenno, senza
l'obbligo di sottostare a quei principi di coerenza interna e di comple-
tezza che sono propri di altre modalità di pensiero. Ma sarebbe sbagliato
ritenere incompatibili aforisma e spirito di sistema 5 , e allo stesso modo
accordare troppo facilmente all'aforisma il gusto dell'oscurità, o addi-
rittura della contraddizione logica.
Semmai l'aforisma filosofico può ricorrere facilmente al paradosso,
all'espressione dal significato molteplice o enigmatico. E questa caratte-
ristica, connessa all'aspetto della brevità, quando effettivamente prati-
cata, produce un particolare effetto che riguarda il lato della fruizione.
La ricerca di una minima ridondanza interna, tipica della forma breve,

2
Cfr. C. BENEDETTI, Aforisma, sistema, frammento, in La lingua scorciata:
detto, motto, aforisma, "Quaderni di Retorica e Poetica", 2, 1986, p. 18.
3
Cfr. G. LEOPARDI, Pensieri, in Scrittori italiani di aforismi, I, a cura di G.
Ruozzi, Milano, Mondadori, 1994.
4
F. M ASINI, Aforismi di Marburgo, Milano, Spirali, 1983, p . 11.
5
Cfr. C. BENEDETTI, Aforisma, sistema, frammento, cit., p. 17.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 31

genera nel lettore il massimo stimolo alla comprensione attiva. Questo è


un altro tratto distintivo della filosofia aforistica. Al lettore è offerta una
partecipazione che non vale solo nell'interpretare, come in ogni scrittura
filosofica, ma anche nel reinterpretare. L'aforisma stimola il gioco er-
meneutico ed esercita un ruolo evocativo per l'immaginazione facendo
leva sul pensiero analogico, ma agisce senza imposizione offrendosi al
lettore in termini di estrema leggerezza.
Con attenzione al momento costruttivo, potremmo dire che l'afori-
sma, in particolare quello filosofico, è l'esito finale e condensato di
un'attività di pensiero, o di una serie di indagini 1 , di cui al lettore è for-
nito solo il distillato finale. Con attenzione al lato della fruizione, il let-
tore di aforismi non è costretto alla fatica del concetto, non deve sop-
portare il travaglio del negativo 8 . Il lettore è stimolato a cercare con la
sua personale indagine che cosa giustifichi una certa conclusione, quali
siano i dati e le premesse che attraverso passaggi inespressi producono
un particolare esito testuale. Ma può anche leggere e adagiarsi al piacere
della lettura senza sciogliere nodi e aporie, senza cercare il sistema im-
plicito laddove sia presente, assumendo il risultato finale in tutta la sua
immediata evidenza, oppure respingendolo, oppure ancora manipolan-
dolo.
La modalità presente nella scrittura aforistica non è certo quella della
necessità. Non c'è dubbio: l'aforisma è "faticoso da costruire, facile da
leggere; più difficile, forse, da capire" 9 . Nella scrittura aforistica è im-
plicita una forma di cortesia, anche quando l'ellissi espressiva tende a
sconfinare nell'oscurità. Al lettore è offerta una conclusione e volendo
risalire la strada che porta alle premesse si ha piena libertà di cammino.
L'aforisma può toccare corde emotive senza stancare con tediose dilui-
zioni, ma oltre che breve, per avere quest'effetto, deve essere anche den-
so. Ecco un altro carattere: la condensazione.
Ancora un punto implicito in quanto detto sopra. Se il pensiero afori-
stico non esibisce gli anelli nascosti della sua genesi logica, allora biso-
gna riconoscergli un taglio antinarrativo. La forma aforistica è poco
adatta a un pensiero narrativizzato, cioè un pensiero che esibisce il pro-

6
ibid., p. 20.
7
Cfr. G. Ruozzi, Forme brevi, Pisa, Goliardica, 1992, p. 45.
8
Cfr. G. W. F. HEGEL, Fenomenologia della spirito (Phänomenologie des
Geistes, 1807), trad, di V. Cicero, Milano, Rusconi, 1995, p. 69.
9
G. Ruozzi, Forme brevi, cit., p. 46.
32 Ivan Levrini

prio svolgimento (premesse, passaggi, conclusioni) come requisito di


credibilità.
Si tratta solo di alcuni spunti, molti dei quali spiccano nei testi di
Eraclito e Nietzsche, cui sono dedicate le pagine seguenti. Partiamo
dunque da Eraclito, visto come ideale di forma breve da uno dei maestri
novecenteschi dell'aforisma. Bisognerebbe potersi esprimere - afferma
Canetti - "in così poche frasi come Lao Tzu o Eraclito - e, fino a quan-
do non si potrà, non si avrà veramente niente da dire" 10.

2. Eraclito, l'enigma, il logos


L'opera di Eraclito consiste, come noto, in una collezione di propo-
sizioni tramandate sotto citazione o parafrasi, sulle quali grava la que-
stione dell'autenticità. Il punto che qui interessa è quello della forma in
cui si presenta lo scritto eracliteo, fatto di brevi periodi che a volte si ri-
ducono a sentenze di poche parole. Come considerare questa forma
espressiva? E involontariamente frammentaria? Ci giunge tale solo per
effetto di una lunga tradizione che avrebbe spezzato una ben diversa ar-
ticolazione testuale? Oppure si manifesta un'intenzionale impronta afo-
ristica, connessa a un peculiare modo di fare filosofia? Certamente sa-
rebbe anacronistico intendere la scrittura di Eraclito come effetto di un
pensiero debole, titubante dinanzi alla complessità del reale, circospetto
sotto il peso degli scacchi subiti. Leggerli in tal modo significherebbe
inoltre fraintendere l'impronta teoretica di Eraclito, basata sulla fiducia
nella possibilità di ricomporre l'infinita gamma dei fenomeni che la sola
percezione sensoriale non è in grado di intendere. C'è unità nel suo pen-
siero, anche dietro la molteplicità dei contrari che vengono colti nella
cangiante sfera delle percezioni sensibili: "intero e non intero, conver-
gente divergente, consonante dissonante: e da tutte le cose l'uno e dal-
l'uno tutte le cose" u . È l'unità disvelata dal logos, che si presenta nel
duplice carattere di legge eterna, universale, e di discorso capace di
svelare la relazione che lega gli opposti, oltrepassando l'esperienza e le
parole che l'abitudine usa per nominarla I2 .

10
E. CANETTI, La provincia dell'uomo {Der Provinz des Menschen, 1973),
trad, di F. Jesi, Milano, Adelphi, 1978, p. 263.
11
ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, a cura di C. Diano e G. Serra,
a
2 ed., Milano, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, 1987, Fr. 19. D'ora in
poi i frammenti saranno citati con la numerazione della presente edizione.
12
Fr. l . A questo riguardo cfr. E. HOFFMANN, Il linguaggio e la logica ar-
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 33

Ma questo contenuto filosofico si coniuga con una forma di rifles-


sione dall'indubbio carattere rapsodico 13. E la forma breve sembra par-
ticolarmente adatta ad esprimere un tale andamento, poiché offre lo spa-
zio idoneo al continuo approfondirsi di un'intuizione e al suo necessario
confronto con le "infinite esperienze della vita" 14. Dai frammenti emer-
ge un'acuta osservazione rivolta sia al mondo fisico sia al mondo uma-
no, visti e interpretati alla luce della teoria degli opposti. Veglia-sonno,
giovinezza-vecchiaia 15, malattia-salute, fame-sazietà sono solo alcuni
dei contrari "vitali" che ricorrono nei frammenti: "la malattia rende pia-
cevole la salute e di essa fa un bene, la fame rende piacevole la sazietà,
la fatica il riposo" 16. Nel testo di Eraclito convivono forma frammenta-
ria e orizzonte unitario, emerge un pensiero compatto che include una
logica, la quale collega gli opposti, mettendo in relazione esperienza
sensibile e attività intellettiva, e una fisica, che postula un preciso ordine
del mondo e culmina nella tesi dell'eternità del cosmo n . In questo oriz-
zonte sistematico non mancano poi un ambito di tipo etico 8 e uno di
tipo politico 19.
Indubbiamente vi sono sentenze di abbagliante luminosità: "non è un
bene per gli uomini che le cose vadano sempre come essi vogliono",
"non bisogna operare e parlare come dormendo", "nello stesso fiume
entriamo e non entriamo, siamo e non siamo" 20. Eppure Eraclito è stato
il filosofo oscuro per antonomasia. Certo è uno dei pensatori presocratici
"più ardui e inaccessibili" 21, e ciò anche per la natura del suo lin-
guaggio, del suo stile. Ma è probabile che abbia gravato un pregiudizio
favorevole a un'espressione più ampia, fluente e articolata, fornita di
adeguata forza argomentativa, di interna compiutezza e chiarezza sintat-
tica, come richiesto ad esempio da Aristotele: "ciò che si scrive dev'es-
sere facile a leggersi e facile a pronunziarsi" e per questo "la maggior

caica (Die Sprache und die archaische Logik, 1925), trad, di L. Guidetti, Ferra-
ra, Spazio Libri, 1991, pp. 53-60.
R. LAURENTI, Eraclito, Roma-Bari, Laterza, 1974, p. 23.
14
Ibid., p. 22.
13
Fr. 22.
16
Fr. 35.
17
Fr. 37.
18
Fr. 33, 50, 74, 93, 95,108.
19
Fr. 8.
20
Fr. 92, 12, 16.
21
G. COLLI, La nascita della filosofia, cit., p. 68.
34 Ivan Levrini

parte non usa troppe congiunzioni, né frasi difficili da punteggiarsi, co-


me fa invece Eraclito" 22. Giudizio non a caso ripreso da Cicerone, se-
condo cui Eraclito parla in modo intenzionalmente oscuro 23. Ma hanno
veramente ragione questi interpreti, cui andrebbe aggiunto Hegel, il
quale, pur riconoscendo che "l'oscurità" era dovuta a un "profondo pen-
siero speculativo" 24 , parlava di "trascuratezza nel periodare" e di
"improprietà nel linguaggio"? Oppure è preferibile intendere "l'arte sin-
golare di questo periodare e la profondità delle metafore eraclitee" 25 in
relazione a un peculiare stile di pensiero? La questione coinvolge diret-
tamente il tema dell'enigma e del suo ruolo.
Si può iniziare con una narrazione leggendaria; infatti perfino i rac-
conti relativi alla morte di Eraclito sono in linea con la sua fama di pen-
satore oscuro e schivo. Nella prima delle versioni riportate da Diogene
Laerzio è detto che il filosofo di Efeso, malato di idropisia, scese in città
per curarsi e "ai medici chiese in modo enigmatico se da un'inondazione
sapessero creare una siccità". Visto che i medici non capivano la sua
domanda, Eraclito decise di farsi medico di se stesso, seppellendosi "in
una stalla di buoi, nella speranza che il caldo dello sterco bovino avreb-
be fatto evaporare l'acqua che lo affliggeva" 26 . Qui non interessa
l'inattendibilità della notizia, ma solo l'effetto enigmatico in essa conte-
nuto e la sua relazione con quel tono oracolare che "non dice e non na-
sconde" ma parla per cenni, o meglio "significa" 27 .
Esprimere un contenuto di pensiero sotto forma di enigma è uno dei

22
ARISTOTELE, Retorica, III, 5, 1407b, in Opere, XI, trad, di A. Plebe, Ro-
ma-Bari, Laterza, 1983. Qui Aristotele fornisce un esempio, poi divenuto cele-
bre, riguardo la collocazione di una virgola e al mutamento di senso che essa
produce. Cfr. H. G. GADAMER, L'anima alle soglie del pensiero nella filosofìa
greca, Napoli, Bibliopolis, 1988, pp. 112-113.
23
CICERONE, De natura Deorum, I, 26. Cfr. anche III, 35.
24
G. W. F. HEGEL, Lezioni sulla storia della filosofia ( Vorlesungen über die
Geschichte der Philosophie, 1833) I, trad, di E. Codignola e G. Sanna, Ia ed.
anastatica, Firenze, La Nuova Italia, 1981, p. 310.
25
H. G. GADAMER, L'anima alle soglie del pensiero nella filosofia greca,
cit., p. 116.
26
DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, I, a cura di M. Gigante, Roma-Bari,
Laterza, 1983, p. 353.
27
Fr. 120. Cfr. B. SNELL, Il linguaggio di Eraclito (Die Sprache Heraklits,
da Gesammelte Schriften, 1966), trad, di B. Maj, Ferrara, Corbo, 1989, pp. 24-
25.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 35

tratti distintivi dello stile eracliteo e ha una precisa funzione: mettere


alla prova la sapienza. I medici, posti dinanzi alla contrapposizione sic-
cità-pioggia, che allude manifestamente alla teoria dei contrari, si smar-
riscono e non colgono il senso della domanda, ossia verificare la possi-
bilità di recuperare l'asciuttezza del corpo malato di idropisia. L'enigma
è una sfida alla loro intelligenza e il fallimento rappresenta il fallimento
di quanti si perdono in un inutile cumulo di nozioni senza giungere
all'autentica sapienza. L'espressione eraclitea assume forma condensata
ed enigmatica, ma diventa impenetrabile solo per chi non colga la logica
sotterranea che regola il divenire naturale.
Ogni trasformazione, ogni mutamento è basato su una norma, che
vale sia per il mondo naturale sia per il mondo umano: è la legge del
polemos, il conflitto che si esercita fra contrari e che "è padre di tutte le
cose" 28 . Vedere il conflitto e in esso sentire un'armonia invisibile 29 si-
gnifica leggere il mondo cercando l'essenziale non in una sostanza ma
in una relazione, superando la fiducia nella predicazione dei nomi, che è
sempre ambigua, dato che una cosa trapassa nell'altra: "la stessa cosa
sono il vivo e il morto, il desto e il dormente, il giovane e il vecchio:
questi mutando trapassano in quelli e quelli ritornano a questi" 30. Era-
clito indaga "il punto in cui nel linguaggio l'univocità del nome appare
superata e così il nome rimanda sempre oltre, al logos che abbraccia il
senso e il senso opposto" 31 .
L'aforisma è perfettamente adatto ad esprimere il carattere enigmati-
co della filosofia eraclitea, la forma breve è misura idonea per una sfida
all'intelligenza, e per costringere l'uomo a scavare intomo al senso
dell'esperienza 32.
Quindi, tomando alla domanda iniziale, non sembra plausibile ipo-
tizzare che il carattere frammentario sia dovuto solo alla trasmissione
del testo, che i frammenti oggi disponibili siano una sommatoria di cita-
zioni ricavate da un testo che nella sua originaria compiutezza avrebbe
avuto carattere più ampio e disteso 33. Universo di pensiero e stile afori-

28
Fr. 14.
29
Fr. 24, 26, 27.
30
Fr. 22.
31
B. SNELL, Il linguaggio di Eraclito, cit., p. 22.
32
D'altronde l'enigma costituisce uno dei grandi modelli in cui ricapitolare
la scrittura aforistica; cfr. G. Ruozzi, Forme brevi, cit., pp. 112-132.
33
Naturalmente non sono mancate interpretazioni in tal senso. Ad esempio
G. S. KIRK, Heraclitus, The Cosmic Fragments, Cambridge, 1954, ha ritenuto i
36 Ivan Levrini

stico, la naturale forma espressiva di uno "spirito sintetico" 34, appaiono


in piena consonanza. Non si addiceva certo l'uso di altre forme espressi-
ve, fossero quelle della prosa lunga e distesa dei logografi del tempo,
oppure quella del poema in versi, come avviene nel caso di Parmenide.
Semmai, volendo scavare nel linguaggio di Eraclito, andrebbe ipotizzata
la pista che lo mette in rapporto col linguaggio della lirica e fa emergere
possibili consonanze con Pindaro 35 . Nei frammenti, anche se è abban-
donato il metro della poesia, permane un certo ritmo, una particolare cu-
ra nel modo di collocare i termini, disposti spesso in opposizione a chia-
smo 36. Vi sono giochi di parole, ma sempre al fine di rendere la duplice
essenza del logos37. È uno stile che già Diogene Laerzio definiva
"incomparabile" per concisione e peso, cioè per densità 38 . Stile breve e
denso, due attributi che difficilmente possono conciliarsi nelle casuali
lacerazioni di una lunga tradizione del testo, attraverso il solo gioco
delle citazioni. La forma breve è idonea a cogliere il carattere mobile
dell'essere, consentendo tagli netti, è adatta a un pensiero che non ha
bisogno di accumulare e nominare molte cose, caratterizzato dall'esat-
tezza e dalla concisione, privo di anse e diluizioni, e al quale non occor-
rono abbondanza di spiegazioni e giustificazioni interne.
C'è un altro importante presupposto filosofico connesso a questo
stile. Si potrebbe definire antipedagogico, perlomeno nel senso che ogni
procedere pedagogico ha un taglio didascalico. Infatti se tutti sono depo-
sitari del logos, dell'unico logos al quale si accede uscendo" dal sonno in
cui dormienti e desti sembrano sprofondati, non c'è alcun bisogno di
un'argomentazione distesa che prenda per mano il lettore conducendolo
passo dopo passo alla conclusione voluta. Piuttosto è preferibile la scos-
sa della provocazione, dato che "comune a tutti è pensare" 39 anche se
"agli uomini sfugge quello che fanno da svegli, e di quanto fanno dor-

frammenti massime isolate raccolte da qualche discepolo dopo la morte per


formare il libro.
34
R. LAURENTI, Eraclito, cit., p. 22.
35
Cfr. l'Introduzione di B. MAJ a B. SNELL, Il linguaggio di Eraclito, cit.,
p. XIII.
36
Ad esempio Fr. 12, 27.
37
B. SNELL, Il linguaggio di Eraclito, cit., p. 26.
38
DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, cit., IX, 7. Cfr. R. LAURENTI, Eracli-
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 37

mendo non hanno il ricordo" 40. La provocazione, difficilmente efficace


in uno stile di ampio fluire, è adatta a produrre una scossa. Anche per
questo la forma eraclitea appare orientata a fissare il meno possibile, ma
in modo memorabile.
Gli esempi si sprecano. Con probabile riferimento alla norma che ga-
rantisce la solidarietà sociale, è detto che bisogna spegnere la dismisura
"più che le fiamme di un incendio" 41. Vi sono assalti carichi di potente
invettiva contro i propri concittadini: "non venga mai meno la vostra
ricchezza, o Efesii, perché nelle vostre opere possiate essere svergogna-
ti" 42. Vi sono considerazioni psicologiche dal sapore proverbiale: "è
difficile combattere contro il proprio animo: quello che vuole lo compra
a prezzo della vita" 43. Certo, a tratti, vi è anche un altro andamento, un
periodare più disteso, ma sono le frasi lapidarie e taglienti in stile anti-
narrativo che rappresentano meglio il suo pensiero.
Si accennava all'invettiva. In Eraclito prende corpo un'aspra pole-
mica verso la tradizione. "Il sapere molte cose non insegna ad avere in-
telletto: lo avrebbe insegnato ad Esiodo e a Pitagora, e così a Senofane e
a Ecateo" 44. Qui l'accumulazione delle conoscenze o delle esperienze
viene declassata al rango di nozionismo inconcludente, incapace di ge-
nerare autentica intuizione. Mitografi e logografi sono dileggiati in
quanto persi a inseguire un'inutile "specializzazione delle ricerche che
uccide la visione diretta del reale" 45. Al di là delle differenze (la Teogo-
nia insegue ad esempio la successione delle genealogie divine, mentre il
pitagorismo cerca le relazioni armoniche presenti nel cosmo), per essi
vale l'ideale di un sapere multiplo che impedisce, secondo Eraclito, di
cogliere l'unità 46 . "Al posto del sapere estensivo", Eraclito "esige
quello intensivo" 47. La polemica ritorna in numerosi altri frammenti ri-

40
Fr. 1.
41
Fr. 108. Cfr. il commento di C. Diano e G. Serra in ERACLITO, I fram-
menti e le testimonianze, cit., p. 186.
42
Fr. 124.
43
Fr. 93.
44
Fr. 82.
45
L. ROBIN, Storia del pensiero greco (La pensée grecque et les origines de
l'esprit scientifique), trad, di P. Serini, Torino, Einaudi, 1951, p. 99.
46
Cfr. il commento di C. Diano e G. Serra a ERACLITO, 1 frammenti e le te-
stimonianze, cit., p. 172.
47
B. SNELL, La cultura greca (Die Entdeckung des Geistes. Studien zur
Entstehung des europäischen Denkens bei den Griechen), trad, di V. Degli
38 Ivan Levrini

volti contro la paideia tradizionale che costituiva la base


dell'educazione di ogni greco. Sapere molte cose è una vana somma di
parole e fermarsi alle esperienze, senza attingere alla chiarezza del lo-
gos, non conduce ad alcuna sapienza: "cattivi testimoni sono agli uomini
gli occhi e gli orecchi, se hanno anime da barbari" 48 . L'esperienza non è
rigettata, essa rimane indispensabile, ma è "priva di valore se non con-
duce alla comprensione intensiva del logos, del significato che si cela in
fondo a ogni discorso, e al cui essere è diretto ogni discorso vero" 49 .
Ciò che viene rigettato è la tracotanza dell'opinione, l'illusione di un sa-
pere quantitativo, lo spirito da collezionista.
Ma il culmine della vena polemica è raggiunto contro Omero, visto
come produttore di racconti che spacciano per fatti veri storie inventate
o addirittura fantastiche 50 . Omero compare in tre frammenti, uno dei
quali riprende un aneddoto antichissimo, in cui si narra che il poeta fu
catturato al laccio dell'enigma. Per "il sapiente l'enigma è una sfida
mortale. Chi eccelle per l'intelletto, deve dimostrarsi invincibile nelle
cose dell'intelletto" 51 , e Omero, "più sapiente di ogni altro fra gli Elle-
ni" 5 2 , il depositario dell'identità ellenica, diventa bersaglio ideale per
demolire una falsa idea di sapienza. Alcuni bambini sono intenti a
schiacciare pidocchi, dice Eraclito, e con lo scopo di ingannare Omero
gli pongono un quesito: "quello che vediamo e prendiamo lo lasciamo,
quello che non vediamo né prendiamo lo portiamo" 53 . Di nuovo una
struttura antitetica, dove lo stile accurato produce un effetto di conden-
sazione particolarmente adatto a fornire un esempio del fatto che "la
natura ama nascondersi" 54 . Omero non scioglie l'enigma e si fa ingan-
nare rispetto alle cose viste e prese. Allo stesso modo l'uomo che si affi-
da all'opinione rischia di farsi ingannare rispetto alle cose manifeste e
separate, credendole reali. Il disvelamento è possibile solo abbandonan-
do la doxa. L'enigma è la "formulazione di un'impossibilità razionale

Alberti e A. Solmi Marietti, 10a ed., Torino, Einaudi, 1981, p. 200.


48
Fr. 64.
49
B. SNELL, La cultura greca, cit., p. 200.
50
Cfr. V. MATHIEU, Eraclito, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana,
1993, p. 10
51
G. COLLI, La nascita della filosofìa, cit., p. 62.
52
Fr. 83.
53
Fr. 83.
54
Fr. 28.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 39

che esprime tuttavia un oggetto reale" 5S, perciò assume la forma di


un'aporia, e il sapiente è colui che la scioglie senza subire l'inganno.
Omero esce sconfitto e merita "di essere espulso con la frusta dagli ago-
ni" 56.
Certamente non si può sostenere che l'ordine frammentario sia un
invito alla libertà ermeneutica, dato che il logos è comune a tutti ed eter-
no 57, non lascia spazio all'individualismo del pensiero: "per i desti il
mondo è uno e comune, ma quando prendono sonno si volgono ciascuno
al proprio" 58 . Semmai la tipica condizione dell'individuo è la conoscen-
za sensoriale 59. Eppure vi è un compito affidato al singolo. L'aforisma
eracliteo è spesso una provocazione che obbliga a un personale sforzo
interiore e presuppone ben altro che una supina assimilazione dottrina-
ria. Quindi forma breve e contenuto filosofico, anche per questa via,
sembrano rimandare l'una all'altro. Si consideri uno degli aforismi di
più denso valore etico e di lapidaria brevità: "non bisogna comportarsi
come figli dei padri" 60. Qui si è tentati di vedere non solo l'esortazione
a liberarsi dalle opinioni ricevute per tradizione, ma anche una profonda
sapienza, che invita gli uomini a trascurare tutto quanto appare estrinse-
co, per farsi allievi di se stessi attraverso l'indagine della propria anima,
che è tanto vasta da essere senza confini 61 .
In Eraclito ci sono tutti i segni di una scrittura intenzionalmente bre-
ve, capace di improvvise folgorazioni che hanno l'effetto di riprodurre
l'inesauribile varietà del mondo esperibile 62. Il testo di Eraclito "va
avanti per allusioni, per accenni" e la sua parola ha un effetto di
"rivelazione che chiede comprensione - e per questo è destinata a tutti -
e quanti vi si applicano con intelletto riescono a scorgere i sottili nessi
che legano questo a quel frammento, l'un vocabolo illuminando
l'altro" 63 . In tutto ciò, si potrebbe scorgere un esempio di quella
"specificità della forma aforistica" che deriva dal modo in cui essa "si

55
G. COLLI, La nascita della filosofia, cit., p. 62.
56
Fr. 84.
57
Fr. 7 e 1.
58
Fr. 9. Cfr. fr. 7.
59
Cfr. L. ROBIN, Storia del pensiero greco, cit., p. 105.
60
Fr. 95
61
Fr. 51.
62
R. LAURENTI, Eraclito, cit., p. 22.
63
Ibid., pp. 22-23.
40 Ivan Levrini

costituisce come unità integrata in un macrotesto" 64 .


Concludendo, sembra lecito riaffermare un'interna aderenza fra il
modo eracliteo di pensare l'unità posta al di sotto dei contrari che scan-
discono il divenire e l'espressione breve e condensata: "l'aforisma era
l'unico modo in cui poteva trovare forma il suo meditare" 65. Frammen-
to, enigma, provocazione, stupore, e senso dell'infinito divenire: si capi-
sce perché Nietzsche sia tornato a Eraclito 66 e l'abbia scelto come uno
dei pensatori a lui più vicini: "Eraclito, nella vicinanza del quale sento
più calore e mi sento di miglior umore che ovunque altrove" 6 .

3. Nietzsche, la contraddizione, il tempo


"Le convinzioni sono nemici della verità più pericolosi delle menzo-
gne" 68, afferma Nietzsche nella raccolta di aforismi con cui prende av-
vio la "filosofia del mattino", la fase in cui indossa la maschera della
scienza per criticare le illusioni metafisiche. La verità appare sempre più
lontana, irraggiungibile, ma questo non giustifica alcuna rinuncia, sem-
mai implica la coscienza che il libero esercizio della ragione è un com-
pito infinito. "Chi pensa profondamente sa che ha sempre torto, comun-
que agisca e giudichi" 69, e chi abbia provato anche solo parzialmente la
"libertà della ragione" si sentirà "sulla terra nient'altro che un viandante
- per quanto non un viaggiatore diretto a una meta finale: perché questa
non esiste" 70 .
La figura del viandante esprime l'incessante ricerca che porta
Nietzsche a criticare la fissità dei convincimenti, soprattutto i propri, a
denunciare le opinioni consolatorie, a indossare maschere che rimanda-
no l'una all'altra 71 in un "infinito giuoco di specchi" 72, ad assumere il

64
C. BENEDETTI, Aforisma, sistema, frammento, cit., p. 18.
65
R. LAURENTI, Eraclito, cit., p. 22.
66
Cfr. E. FLNK, La filosofìa di Nietzsche (Nietzsches Philosophie, 1960),
trad, di P. Rocco Traverso, 3a ed., Venezia, Marsilio, 1973, p. 40.
67
Ecce homo, in Opere, a cura di G. Colli e M. Montinari, VI, 3, 2a ed.,
Milano, Adephi, 1976, p. 321. Le opere di Nietzsche saranno d'ora in poi citate
dalla presente edizione richiamando titolo, volume, tomo e aforisma
68
Umano troppo umano, I, IV, 2, 483.
69
Umano troppo umano, I, IV, 2, 518
70
Umano troppo umano, I, IV, 2,638.
71
"Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera", Al di là del bene e
del male, VI, 2, 40.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 41

paradosso come lente d'ingrandimento. "Per vedere interamente una co-


sa, l'uomo deve avere due occhi, uno dell'amore uno dell'odio" 73 .
C'è però un punto da chiarire, che ha stretta inerenza col tema
dell'aforisma. Questi aspetti della filosofía di Nietzsche spesso sono
stati intesi come segno di una facile tendenza alla contraddizione, che a
sua volta è stata giudicata uno dei tratti distintivi della parola
"aforismatica", cioè una parola che "tollera il paradosso" e "ignora deli-
beratamente la completezza e [...] la contraddizione" 74 . Ma si può dav-
vero sostenere che Nietzsche sia stato un pensatore intrinsecamente
contraddittorio?
Già Lou Andreas-Salomé interpretava la sua capacità di mutare il
proprio pensiero, rinnovando il punto di vista, come "capacità di con-
traddirsi", e indicava tale aspetto come "la parte essenziale della filoso-
fia di Nietzsche", quella che "determina in maniera assoluta il carattere
della sua conoscenza" 75. In modo simile si è espresso anche Jaspers:
"tutte le affermazioni di Nietzsche sembrano essere negate da altre sue
affermazioni", benché la contraddizione, "il tratto fondamentale del pen-
siero nietzschiano", non sia dovuta a un procedere confuso, poiché deri-
va dallo sforzo di oltrepassare la superficie dell'essere. Essa è dunque
"necessaria, un segno di veridicità, e non il segno di un cattivo modo di
pensare" 76 .
È un tema importante per interpretare l'aforisma nietzschiano e il suo
rilievo in quanto forma espressiva. Ma bisogna anzitutto intendersi, e
Aristotele appare imprescindibile quando chiarisce che si ha contraddi-
zione se si pretende di attribuire una proprietà a un oggetto e contempo-
raneamente, e nello stesso senso, negarla 11 . La contraddizione è definita
in relazione al significato e al tempo, sorge solo se i termini usati hanno
un significato stabile, se è stato sciolto il gioco dell'equivocità, e se il

72
C. ROSSO, La "maxime". Saggi per una tipologia critica, Napoli, ESI,
1968, p. 150.
73
Frammenti postumi 1876-1878, IV, 2, 16 [45].
74
M. BALDINI, Contro il filosofese, Roma-Bari, Laterza, 1991, p. 119.
75
Cfr. L. ANDREAS-SALOMÉ, Nietzsche, una biografia intellettuale (F.
Nietzsche in seinen Werken), trad, di A. Barbaranelli e G. Maragliano, Roma,
Savelli, 1979, p. 51.
76
K. JASPERS, Nietzsche (.Nietzsche. Einfìirung in das Verständnis seines
Philosophierens, 1974), trad, di L. Rustichelli, Milano, Mursia, 1996, pp. 29-30.
77
Cfr. ARISTOTELE, La Metafisica, IV, 3, 1995b, trad, di G. Reale, Napoli,
Loffredo, 1978, p. 298.
42 Ivan Levrini

riferimento all'oggetto e alle sue proprietà è fatto nel medesimo tempo.


In questo preciso istante senza dubbio non posso essere contempora-
neamente seduto e non seduto, a meno che non si intenda seduto (sugli
allori) e non seduto (sulla sedia). Allo stesso modo non c'è alcuna ne-
cessaria contraddizione se la stessa proprietà (intesa nello stesso senso) è
affermata e negata in tempi diversi, poiché nello scorrere del tempo può
esservi mutamento. C'è una differenza fra la contraddizione apparente,
per la quale sarebbe preferibile esprimersi in altro modo, e la contraddi-
zione vera e propria, che è sempre un'impossibilità, una strada senza
uscita, un ostacolo il quale, a differenza dell'aporia, non ammette supe-
ramento. In mancanza di una chiara distinzione si rischia di attribuire
carattere contraddittorio a un oggetto solo per effetto dei nostri gorghi
linguistici.
Anche in tempi più recenti è stata sostenuta la tesi della contradditto-
rietà di Nietzsche. Jean Wahl ha parlato del pensiero di Nietzsche come
tipico di un uomo sospeso fra disordine (il càos in cui vive) e ordine
(quello che la volontà vorrebbe imporre), un pensiero che diventa
"campo di battaglia fra i propri pensieri" 78 e nel quale "le contraddizio-
ni sono necessarie" 79. Consideriamo uno degli esempi fomiti come pro-
va. Nietzsche è contro la storia, dice Wahl, e in particolare contro il suo
predominio nella seconda metà del XIX sec., eppure, ogni volta che in-
dividua un valore, si propone di fame la storia Ma qui non sembra
esservi traccia di autentica contraddizione, considerato chè si può fare
storia in tre modi radicalmente diversi, come insegna la Seconda inat-
tuale 81, e che la genealogia, attuata ad esempio nell'esame dei valori
morali, potrebbe essere vista come un'ulteriore forma della ricostruzione
storica. L'interpretazione molto spesso scioglie la contraddizione appa-
rente, consentendo nuovi rimandi di significato che proprio il caleido-
scopio aforistico rende possibili.
Si può pensare il conflitto, il paradosso, si può esprimere l'infinito
gioco dei punti di vista, ma non per questo essere necessariamente con-

78
J. WHAL, Ordre et désordre dans la pensée de Nietzsche, in AA. VV.,
Nietzsche, "Cahiers de Royaumont", Philosophie n. VI, Paris, Les Éditions de
Minuit, 1967, p. 87.
79
Ibid., p. 85.
80
Ibid., p. 94.
81
Cfr. Sull'utilità e il danno della storia per la vita, IH, 1, dove si distin-
guono storia monumentale, antiquaria e critica.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 43

traddittori. Prima di attribuire a un pensiero tanta potenza da includere la


contraddizione, e di vedervi la capacità di pensare l'essere, occorre cau-
tela. Ci si espone troppo facilmente al rischio di favorire l'assimilazione
fra linguaggio metaforico, enigmatico e frammentario, e quel tono che
"preferisce le metafore ai concetti, le libere associazioni ai ragionamenti
rigorosi, le generalizzazioni illegittime alle analisi accurate" 2. Non c'è
ragione per cedere così a buon mercato il campo del metaforico e del
frammentario al dominio del contraddittorio.
Qui può soccorrere una considerazione che si potrebbe fare intomo
ad altri casi simili, in cui la contraddizione è stata piegata secondo un
uso linguistico e concettuale differente rispetto a quello del campo logi-
co. Secondo Hegel "tutte le cose sono in se stesse contraddittorie" 83, e
per Marx vi è contraddizione tra "forze produttive" e "rapporti di produ-
zione" 84. Vi è anche chi ha inteso l'inconscio, nella sua accezione freu-
85
diana, come autocontraddittorio . Tutte situazioni in cui la contraddi-
zione sembrerebbe esprimere un aspetto essenziale dell'oggetto, ma per
le quali si può osservare che "un antagonismo di forze contrapposte, sia
pur forte quanto si vuole, non è di per sé minimamente contradditto-
rio" 86. Se si intende alludere a stati di conflitto, non solo estremi, ma
anche irresolubili entro un determinato quadro di riferimento, si avrà
una situazione assai complessa, anche dolorosa, ma che di per sé non
comporta "alcuna intrinseca contraddizione" 87.
E se poi, dicendo che Nietzsche è un pensatore contraddittorio, si
allude al fatto che esprime odio per Socrate, pur avendo amore per lui,
che ama Gesù, pur opponendosi al cristianesimo 88 (e l'elenco sarebbe

82
M. BALDINI, Contro ilfilosofese, cit., p. 166.
83
G. W. F. HEGEL, Scienza della logica (Vissenschaft der Logik, 1812,
sgg.), trad, di A. Moni, riveduta da C. Cesa, II, 3a ed., Roma-Bari, Laterza,
1988, p. 490.
84
K. MARX, Per la critica dell'economia politica (Zur Kritik der Politischen
Ökonomie, 1859), trad, di E. Cantimori Mazzomonti, 3a ed., Roma, Editori Ri-
uniti, 1974, p. 5.
85
Cfr. I. MATTE BLANCO, L'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla Bi-
logica (The Unconscious as Infinite Sits. An Essay in Bi-Logic, 1975), trad, di P.
Bria, Torino, Einaudi, 1981, pp. 41-69.
86
E. MELANDRI, L'inconscio e la dialettica, in Sette variazioni in tema di
psicologia e scienze sociali, Bologna, Pitagora, 1984, p. 309.
87
Ibid., p. 310.
88
J. WHAL, Ordre et désordre dans la pensée de Nietzsche, cit., p. 94.
44 Ivan Levrini

lungo: Wagner, Schopenhauer, Spinoza, ecc.), allora sembra preferibile


concludere che il suo pensiero è sede di aspri conflitti interni, ed è ne-
cessariamente caratterizzato da una forte inclinazione evolutiva. Si potrà
parlare di controsenso, o anche di irrazionalità, ma non bisogna dimenti-
care che razionalità e irrazionalità sono questioni pratiche che di per sé
hanno poco a che vedere con la logica 89 .
Tanto più che nel linguaggio di Nietzsche vi è una forte componente
figurata e che, anche se il suo pensiero si muove in un orizzonte siste-
matico, non gli si può fare il torto di irrigidirlo in un sistema cristalliz-
zato. Nietzsche è un pensatore dell'opposizione e del conflitto, della dif-
ferenza, della mobilità. Il suo pensiero riflette un continuo interrogare,
indica al filosofo il compito di un'interpretazione infinita 90 . E questo
implica una forte accentuazione dinamica che non consente mai un ap-
prodo definitivo: "Una volta che si sia trovato se stesso, bisogna essere
capaci di tempo in tempo di perdersi - e poi di ritrovarsi: presupposto
che si sia un pensatore. A questo è infatti dannoso essere legato sempre
alla stessa cosa" 91.
Sono molti gli aforismi in cui Nietzsche interviene intorno al suo
modo di procedere, teorizzando l'apertura verso possibili mutamenti di
direzione e di convinzione, resi necessari dal continuo confronto con
l'esperienza della vita e col cambiamento di senso che essa implica:
"non ci faremo bruciare per le nostre opinioni: non siamo abbastanza
sicuri di esse. Ma ci faremo forse bruciare per poter avere e per poter
cambiare le nostre opinioni" 92. Occorre abituarsi all'idea che ogni "cosa
ha più sensi che esprimono le forze e il divenire delle forze che si agita-
no in essa" 93.
C'è un rifiuto, dichiarato in linea di principio, nei confronti di ogni
fissità. Affermare una convinzione lascerebbe intendere di essere giunti
in possesso di una verità assoluta, ma questa credenza presupporrebbe
che si diano verità assolute, che si siano trovati i metodi perfetti per
giungere ad esse, infine che se ne faccia uso. Tutto ciò dimostrerebbe, al

89
Cfr. E. MELANDRI, L'inconscio e la dialettica, cit., p. 321.
90
M. FOUCAULT Nietzsche, Marx, Freud, in AA. VV., Nietzsche, cit.,
p. 187.
91
Umano troppo umano, IV, 3, 306.
92
Umano troppo umano, IV, 3, 333.
93
G. DELEUZE, Sur la volonté de puissance et l'éternel retour, in AA. VV.,
Nietzsche, cit., p. 276.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 45

più, "che l'uomo delle convinzioni non è l'uomo del pensiero scientifi-
co" 94. Semmai è interessante indagare l'origine delle convinzioni, cosa
che Nietzsche fa in un abbozzo di natura genealogica: "Dalle passioni
crescono le opinioni; l'inerzia dello spirito fa irrigidire queste ultime in
convinzioni. Ma chi sente di avere uno spirito libero, instancabilmente
vivo, può con un continuo cambiamento impedire questo irrigidimento",
e può procedere "di opinione in opinione, attraverso il mutar dei partiti,
come nobili traditori di tutte le cose che in genere si possono tradire - e
tuttavia senza un sentimento di colpa" 95. La tesi del libero gioco delle
possibilità, dell'apertura alla differenza, della discontinuità che non si
ricompone in una sintesi conciliante è uno dei motivi più profondi del
pensiero di Nietzsche e vale anche come criterio di autodisciplina: "Mai
trattenere o tacere a te stesso qualcosa che può essere pensato contro il
tuo pensiero! Promettilo a te stesso! Ciò rientra nella prima rettitudine
del pensare. Ogni giorno devi anche muovere contro te stesso la tua
campagna di guerra" 96.
Nietzsche non è un pensatore che si pone di fronte al mondo con
l'ossessione di fermarne il mutamento, non c'è traccia di platonismo, si
"conosce bene la critica che Nietzsche, in tutta la sua opera, rivolge alle
nozioni generali di Uno, Stesso, Uguale, e Tutto" . Semmai vale
un'impronta più simile a quella di Eraclito, che cercava una regola del
divenire, e forse non a caso riprende il suo tratto aforistico. La filosofia
di Nietzsche, anche quando allude a un orizzonte di sistema, è sempre
ahmentata da uno sguardo indagatore che insegue l'essere nel suo cam-
mino, cercando le differenze che il tempo porta alla luce. Da qui deriva
la sua capacità di pensare fino al limite della contraddizione, ma al li-
mite soltanto, perché, se si ammettono le precisazioni fatte sul signifi-
cato e sul tempo, allora risulta difficile sostenere che Nietzsche si spinga
al di là di esso, o perlomeno occorrono prove molto circostanziate.
E chiaro l'intento: negare che l'ordine frammentario in cui è orga-
nizzata la filosofia di Nietzsche sia così ospitale verso la contraddizione.
L'ordine del frammento, e il gioco di opposizioni e giustapposizioni che
esso produce, costituisce una delle cifre più silenziose e audaci del suo

94
Umano troppo umano, IV, 2, 630.
95
Umano troppo umano, IV, 2, 637.
96
Aurora, V, 1,370.
97
G. DELEUZE, Sur la volonté de puissance et l'éternel retour, in AA. VV.,
Nietzsche, cit., p. 284.
46 Ivan Levrini

pensiero. È l'ordine in cui si dispongono le osservazioni compiute nella


tenace aderenza al mutamento. "La filosofìa di Nietzsche - ha affermato
Karl Löwit - non è un sistema unitario chiuso, né una varietà di aforismi
98
smembrati, bensì un sistema in aforismi" . La peculiarità della forma
filosofica caratterizza il contenuto, in quanto l'aforisma diventa un mez-
zo di sperimentazione, e questo carattere dello sperimentare, che è vero
e proprio principio del suo fare filosofia, chiarisce il senso delle sue
molteplici variazioni
La formulazione breve, che spesso rinuncia a fornire un'argomenta-
zione stringente, l'effetto folgorante dello stile sentenzioso che colpisce
per forza intuitiva, la complessiva forma artistica dei suoi libri, a volte
hanno offuscato il suo tenore di pensiero e sono stati "pregiudizievoli
alla rappresentazione della filosofia di Nietzsche" I0°. Ma non c'è dub-
bio che la scrittura aforistica, benché non sia stata l'unica praticata, ri-
specchia efficacemente il carattere mobile della sua esperienza di pen-
siero e l'incessante compito che il filosofo assume su di sé: non rinun-
ciare mai a demolire le proprie convinzioni e non essere mai sazio nella
ricerca della verità, al di là del gioco delle maschere in cui si presenta:
"La filosofia, così come io l'ho intesa e vissuta fino a oggi, è vita fra i
ghiacci e le alture - ricerca di tutto ciò che l'esistenza ha di estraneo e
problematico, di tutto ciò che finora era proscritto dalla morale [...].
Quanta verità può sopportare, quanta verità può osare un uomo? questa è
diventata la mia vera unità di misura, sempre più. L'errore ( - la fede
nell'ideale - ) non è cecità, l'errore è viltà" 1
Gli aforismi di Nietzsche formano un campo di forze 102 in cui
l'indagine su di sé e sul mondo è condotta col medesimo scrupolo chi-
rurgico, tutto è offerto senza residui allo sguardo del lettore, per cui si ha
l'impressione di uno spiazzamento, rispetto alle forme tradizionali della

98
K. LÖWIT, Nietzsche e l'eterno ritorno (Nietzsches Philosophie der
ewigen Wiederkehr des Gleichen, 1956), trad, di S. Ventura, Roma-Bari,
Laterza, 1982, p. 9.
99
II carattere sperimentale dell'aforisma ha una grande tradizione (Leonar-
do, Guicciardini, Bacone, ad esempio). Cfr. Scrittori italiani di aforismi, I, a
cura di G. Ruozzi, cit.
100
E. FINK, La filosofia di Nietzsche, cit., p. 38.
101
Ecce Homo, VI, 3, pp. 266-267.
102
G. DELEUZE, Divenire molteplice. Nietzsche, Foucault ed altri interces-
sori, a cura di U. Fadini, nuova ed. accresciuta, Verona, Ombre corte, 1999,
p. 35.
R

I
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 47

scrittura filosofica. Sembra eliminato il movimento che va dall'interno,


i quello non detto ma intuito della fase di gestazione, all'esterno, quello
1 offerto al lettore. Gli aforismi ospitano questo gioco di forze come se
I non ci fosse più una netta distinzione fra esterno e interno, tra la forma
I levigata di un testo e il moto che l'ha prodotto. Tutto è dato come se fos-
¡ se disposto su una stessa superficie, compreso il più riposto atto interio-
i re, e questo è uno degli aspetti della profondità che Nietzsche raggiunge
( in virtù dello stile aforistico, che permette un'apertura totale eliminando
j confini e gerarchie. Forse ha ragione Deleuze quando afferma che è "a
¡ livello del metodo che si pone la questione del carattere rivoluzionario
I di Nietzsche" 103, perché questo metodo fondato sull'aforisma è capace
di ospitare il conflitto, fino al limite del controsenso, e chiede a chi leg-
ge di immettervi una propria energia, di manomettere l'aforisma come
un fenomeno in attesa di nuove forze che lo facciano "saltare in aria".
j Libertà di ricercare e di ricreare, fuori da ogni cornice definitiva di senso
e di potere.
I Ancora un'ultima osservazione. La continua ricerca e la durezza con
¡ se stessi, incluso il riflesso nella scrittura aforistica, e lo stimolo a una
continua sperimentazione, che ognuno ha sempre da ripetere in proprio,
* hanno una implicazione antipedagogica. Ancora una volta la consonanza
con Eraclito. Ascoltiamo Zarathustra nell'ultimo dei suoi discorsi, Della
' virtù che dona: "Ora vado da solo, discepoli miei! Anche voi andatevene
da soli! [...] andate via da me guardatevi da Zarathustra [...]. L'uomo
> della conoscenza deve non soltanto saper amare i suoi nemici, bensì an-
che odiare i suoi amici. Si ripaga male un maestro, sé si rimane sempre
j scolari" 104.

I 4. Aforismi in testi allotri come sintesi di sistema


I Un ultimo cenno a un problema già richiamato. Vi sono testi che
' hanno la consistenza del trattato, oppure del racconto, hanno cioè quel
! tono narrativo, che, come visto in precedenza, non sembra caratterizzare
la scrittura aforistica. Tuttavia in alcuni di questi testi si possono estra-
. polare frasi, massime, osservazioni o sentenze, che per molti aspetti
; hanno la valenza dell'aforisma: brevità e densità anzitutto. E quel tipo di
i aforisma che nasce in testi allotri. In questo ambito rientrano anche al-
• cuni esempi di aforisma dotati di forte valenza riassuntiva, in cui viene
i
103
Ibid., p. 36.
104
' Così parlò Zarathustra, VI, 1, p. 92.

I
L
48 Ivan Levrini

riepilogato e condensato un intero sistema di pensiero.


Che cosa rappresenta nella filosofia cartesiana l'espressione cogito
ergo sum? Non è solo una formulazione memorabile. In essa è effetti-
vamente contenuto il fulcro del pensiero cartesiano: la svolta in direzio-
ne della soggettività. Analogamente si può dire della sentenza di Spino-
za in base a cui la filosofia "è meditazione non della morte, ma della vi-
ta" 105, che ha una forte potenza riassuntiva, in forma breve,
dell'ontologia spinoziana e del compito assegnato alla filosofia.
• La breve sentenza riassuntiva sembra ricorrere in molti dei grandi si-
stemi filosofici dell'età moderna. Certo vale per la conclusione aforistica
della Critica della ragion pratica in cui è condensato l'intero dualismo
kantiano fra mondo fenomenico e mondo noumenico: "due cose riem-
piono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente,
quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo
stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me" 1 .
E sembra valere anche per il sistema hegeliano, il cui immanentismo
viene efficacemente racchiuso nel celebre aforisma dei Lineamenti di
filosofia del diritto: "ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è ra-
zionale" 107.
Gli esempi possono continuare. Marx è scrittore ampio, dai tratti
potentemente narrativi, eppure il suo pensiero può essere ricapitolato in
alcuni celebri aforismi. L'undicesima delle Tesi su Feuerbach, "I filo-
sofi hanno finora soltanto interpretato il mondo ma si tratta di trasfor-
108
marlo" , illustra magistralmente il valore assegnato alla prassi. La
massima posta a chiusa del Manifesto del 1848, "proletari di tutti i paesi,
unitevi!" 09 , condensa il senso del programma comunista. E vi è anche
la celebre frase in cui è riassunta la concezione materialistica della sto-

105
SPINOZA, Etica, a cura di E. Giancotti, 3a ed., Roma, Editori Riuniti,
1997, Parte quarta, Prop. LXVII, p. 278.
106
I. KANT, Critica della ragion pratica (Kritik der praktischen Vernunft,
1788^ trad, di F. Capra, 4 a ed., Roma-Bari, Universale, 1979, p. 197.
G. W. F. HEGEL, Lineamenti di filosofia del diritto (Grundlinien der Phi-
sophie des Rechts, 1821), trad, di F. Messineo, 2a ed., Roma-Bari, Laterza,
1979^. 16.
K. MARX, Tesi su Feuerbach (Thesen über Feuerbach, 1 8 4 5 ) , in MARX-
ENGELS, Opere scelte, a cura di L. Gruppi, 3A ed., Roma, Editori Riuniti, 1994,
p. 190.
109
K. MARX e F. ENGELS, Manifesto del partito comunista (Manifest der
Kommunistischen Partei, 1848), in Opere scelte, cit., p. 326.
Forma breve e filosofia: Eraclito e Nietzsche 49

ria: "Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina


la coscienza" u 0 .
In tutti questi casi, una frase, divenuta poi particolarmente celebre e
celebrata, condensa la complessa parabola di un intero sistema di pen-
siero. Anche se compaiono in testi non aforismatici, queste brevi frasi
hanno un'indiscutibile valenza aforistica. Verrebbe da ipotizzarla come
proprietà dei grandi sistemi di pensiero. Forse solo un sistema, tanto più
quanto più articolato, coerente, strutturato secondo un ordine gerarchico,
si presta ad essere riassunto in un aforisma, o in un piccolo mosaico di
aforismi. Mentre difficilmente potrebbe accadere la stessa cosa per filo-
sofie che già nascono col taglio interno della forma breve. Sarebbe
molto più difficile trovare un aforisma o una breve sequenza di aforismi
in cui condensare e riassumere il pensiero di Marco Aurelio, di Montai-
gne, di Pascal o dello stesso Nietzsche.
Forse una modalità di pensiero aforismatico per sua natura è meno
organizzabile, sfugge alla prensione riassuntiva di una forma breve che
abbia anche il carattere a cuspide degli aforismi prima citati. Una tale
modalità di pensiero tende a includere nel macrotesto della scrittura in
cui si esprime troppi aspetti a rizoma, i quali non si prestano a essere di-
sposti secondo un gerarchia d'ordine, e questo rende difficile una sintesi
per aforismi particolarmente significanti e riassuntivi. Forse ogni afori-
sma avanza la pretesa di essere conclusivo di un proprio implicito siste-
ma di pensiero.

110
K. MARX e F. ENGELS, L'ideologia tedesca (Die deutsche Ideologie,
1845), in Opere scelte, cit., p. 240.

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