N. 401
comitato scientifico
MIMESIS
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Sommario
Il risveglio dellanima.
Sulla Fenomenologia dello spirito di Hegel 7
Giovanbattista Tusa
Preliminare 23
Slegami 27
Catherine Malabou
8
Lo scuotimento, lUnruhe, batte nel cuore di ogni
cosa: la cosa vivente nega la semplice continuit, di-
staccandosi dal medium fluido e universale in cui le
figure vengono poste quietamente luna fuori dellaltra,
per opporsi a questo flusso, affermandosi come non
dissolta in questa universalit, separandosi da questa
sua natura inorganica e consumandola. Come scrive
ancora Hegel:
9
: fine che, precedendo il processo, non altro che il
risultato stesso del processo.5
Nellorganismo animale la finalit quella di conser-
varsi; ma vi anche unurgenza, che lo porta fuori di s.
Il termine Begierde allinizio sembra avere solo il signifi-
cato di fame animale, come Hegel scrive nel primo capi-
tolo dellEnciclopedia, affermando che ildesiderio(Be-
gierde) la forma nella quale appare lautocoscienza,
al primo grado del proprio sviluppo. Nella seconda
parte della dottrina dello spirito soggettivo, il desiderio
non ha ancora alcunaltra determinazione che quella
dellimpulsorivolto a un oggettoesterno, nel quale cer-
ca soddisfazione. Tale bisogno animale di uscire da s
e tendersi verso lalimento per consumarlo, segnala che
solo un vivente sente mancanza:
10
capitale dello sviluppo della filosofia dello spirito per-
ch l, secondo Malabou, che vediamo svegliarsi,
mettersi in piedi, camminare, parlare, il primo uomo
del Sistema. LAntropologia segna la nascita del vi-
vente chiamato Mensch,7 la sua apparizione allinterno
del sapere enciclopedico.
Il sentire umano caratterizzato per Hegel dal sen-
timento di s, e la differenziazione dellindividualit
tra s come Essente-per-s e s come soltanto Essente,
, in quanto giudizio (Urteil) immediato, il risveglio
dellanima.8 con il risveglio dellanima che vedia-
mo emergere un distacco interno del sentire, o meglio
uno sdoppiamento del sentire, assente nella vitalit ani-
male. Urteil, come Hegel aveva specificato in preceden-
za nellEnciclopedia, ha nella lingua tedesca un signifi-
cato etimologico pi profondo del semplice giudizio,
esprimendo lUnit del Concetto come Primo, e la sua
Differenziazione come Ur-Teil, partizione, divisione
originaria.9
Tutto il processo di formazione dellindividualit un
processo di rottura e decisione, o per dirlo in una parola,
come scrive Catherine Malabou, una crisi:
11
di sonno originario, che per sprofondare nellalienazione
[] La costituzione progressiva dellIo saccompagna
paradossalmente a una mancanza di fluidit che provoca
una rovina e un disastro dello spirito in se stesso. La cri-
si ha origine nel fatto che il soggetto, costituendosi come
rapporto libero a s, si esperisce allo stesso tempo come
un altro, cosa che lo fa tremare (durchzittern).10
12
zione per la quale loggetto ci che si oppone quale
esistenza autonoma, ma allo stesso tempo esso dentro
di lei. Come scrive Jean Hyppolite in Gense et Structure
de la Phnomnologie de lEsprit de Hegel:
13
secondo luogo, essa ha con ci superato laltro, poich
essa, inoltre, non vede laltro come essenza, bens
vedese stessanellaltro.15
Il movimento dellautocoscienza prima smarrita e poi
ritrovatasi in se stessa ha rivelato laltro come il s, per
poi toglierlo: togliere laltro, per restaurare se stessa dallo
smarrimento iniziale, significa, infatti, togliere la propria
essenza, cio quellalterit che la costituisce, essendo in
realt questo altro lei stessa (denn dies Andere ist es selbst).
Nel suo testo Soggetti di desiderio, ricostruzione della
complessa rielaborazione delleredit hegeliana nella fi-
losofia francese, Judith Butler sottolinea come lautoco-
scienza iniziale che cerca di riflettere se stessa nellaltra
autocoscienza, non si trovi esclusivamente riflessa, ma
totalmente assorbita da essa, consumata dallAltro. In
tal senso, secondo Butler, luscita fuori da s dellauto-
coscienza (auer sich) indica, nel tedesco di Hegel:
15 Ibid.
14
e trasforma questo incontro di due desideri in una lotta
(Kampf).16
15
La continuazione dellerotismo che introduce il capi-
tolo di Hegel: il desiderio trasformato, ancora una volta,
in distruzione, un progetto che d per assunto che la vera
libert esiste solo oltre il corpo. [] Nel progettare di libe-
rare lAltro dalla sua vita determinata, ogni autocoscienza
si impegna in un erotismo anticorporeo che tenta di tutto
per dimostrare, invano, che il corpo il limite definitivo
alla libert, piuttosto che il suo necessario fondamento e
mediazione.18
16
La libert sembra possibile solo oltre il corpo, in un
soggetto disincarnato, come libert disgiunta dallesi-
stenza determinata. Nella dialettica signore-servo, il
signore continua ad agire come se il corpo non facesse
parte del suo progetto di identit, e acquisisce una con-
ferma illusoria di tale concezione richiedendo al servo
di essere il corpo che egli progetta di non essere.21
Ma la soppressione del corpo nella Fenomenologia
mostra in realt di aver bisogno proprio del corpo che
cerca di sopprimere: esso viene preservato dallatto del-
la sua soppressione, in quanto il soggetto che sorge in
questa separazione dal proprio corpo necessita ancora
di esso per sostanziare il suo progetto di distacco. Il
padrone, continua Butler, si pone come desiderio di-
sincarnato per lauto-riflessione, e questo desiderio ri-
chiede la subordinazione del servo nella condizione di
corpo strumentale, ma comporta anche che il servo sia
il corpo del padrone, e lo sia in modo tale che il padrone
disconosca la sua stessa attivit nel produrre il servo:
21 Ivi, p. 60.
17
mento: se pu sembrare attivo o autonomo solo perch
si mimetizza in quel lavoro.22
18
NOTA DEL CURATORE
G.T.
20
Judith Butler
Catherine Malabou
24
mazione di s) prevale su un altro Hegel, che considera
al contrario il distacco e tutti i significati estatici che
ne derivano come fondamentale?
Butler ritorna alla Fenomenologia per esaminare in
che modo le nozioni di vita, di forma e di desiderio cir-
coscrivano in Hegel il luogo del corpo, insistendo sul
motivo ricorrente della forma in questo sviluppo. Nel
corso del processo in cui le forme si incontrano, il
corpo perde progressivamente lo statuto di oggetto e di-
viene relazione conflittuale, essendo, e allo stesso tem-
po non essendo, fuori di se stesso. La discussione che
segue si focalizza su sapere come e dove trovare il corpo
in Hegel, come comprendere la relazione tra vita, forma
e costruzione di s. Il s deve rimanere attaccato a s per
potersi formare? O deve invece distaccarsi da s? Come
dobbiamo comprendere questa plasticit (secondo il
termine utilizzato da Malabou)? Non una figura del
sapere assoluto chiaramente in relazione con il corpo,
una condizione essenziale del divenire di questo ente,
il corpo, che allo stesso tempo qui e altrove, in parte
le due cose insieme, mai pienamente n luna n laltra?
25
SLEGAMI
Catherine Malabou
Introduzione
28
sempre fuori di s (auer sich). Ci significa che il
corpo sin dalla partenza espulso, vissuto altrove. Il di-
stacco dal corpo ha sempre gi avuto luogo. Per questa
stessa ragione, nella lotta tra la vita e la morte, un tale
distacco al contempo possibile (ha gi avuto luogo,
il luogo strutturale della coscienza del proprio corpo) e
impossibile (in quanto struttura preesistente, non pu
avere luogo, non pu prodursi nuovamente). Dovr
dunque trasformarsi, essere lavorato, essere formato.
Viene tuttavia sottolineato che Hegel non impiega
mai la parola corpo nella sezione Signoria e servit.
Diversi interpreti hanno tentato di portarlo a spiegarsi
su questo. Confronter qui a questo proposito tre grandi
sforzi interpretativi, tre maniere di far parlare Hegel, tre
tipi di ventriloquio; dato che il ventriloquio presenza
di una voce propria in un altro corpo, conquista di se
stessi attraverso il furto dellidentit dellaltro ad esse-
re in gioco in questa sezione.
Queste letture sono rispettivamente quella di Kojve
nella sua Introduzione alla lettura di Hegel,2 quella
di Derrida in Dalleconomia generale alleconomia
ristretta,3 e quella di Judith Butler ne La vita psichica
del potere.4
29
A dire il vero, bisogna aggiungere una quarta voce.
Vedremo in effetti come Judith Butler arriva finalmen-
te, nel suo ventriloquio di Hegel, a far parlare anche
Foucault!
Ognuna di queste letture, come dicevo, cerca di por-
tare Hegel a spiegarsi, a precisare cosa lui intenda per
attaccamento e distacco, a chiarire soprattutto
quale sia il ruolo che assegna al corpo. Presuppongono
tutte, senza necessariamente dirlo in maniera esplici-
ta, che Hegel intenda lattaccamento e il distacco come
operazioni di delega e di sdoppiamento del corpo. In
effetti, il gesto che consiste nel distaccarsi dalla vita non
ha senso che per un altro. Implica sempre e necessaria-
mente che laltra coscienza, testimone di questo distac-
co, proprio a causa di ci rinforzi da parte sua lattacca-
mento alla propria vita e al proprio corpo, ovvero che
si attacchi eccessivamente alla propria vita e al proprio
corpo per la coscienza distaccata, al posto suo.
Secondo Kojve, questo doppio movimento di attac-
camento e di distacco provoca una scissione allinterno
dellautocoscienza. Lattaccamento alla vita appariva
come laspetto animale della coscienza, il distacco come
la sua dimensione propriamente umana. Mostrare che
non si attaccati alla vita significa dunque liberare lu-
mano dal suo involucro animale. Questa liberazione
conduce la coscienza a usare la propria voce, a ventrilo-
quiare per cos dire la propria carne, a parlare allo stes-
so tempo in essa e per essa; insomma a spiritualizzare
il proprio corpo. Per Kojve, le coscienze impegnate
nella lotta per la vita e la morte sono necessariamente
coscienze parlanti. Una lotta silenziosa per il riconosci-
mento inimmaginabile. La libert la voce stessa del-
30
la vita, essa perci disloca, distacca la vita dallambito
dellempirico e la conduce al concetto. La coscienza si
libera e si distacca dalla vita donandogli la parola, tra-
sformando la vita in vita del linguaggio, distaccando
cos la vita da se stessa. Attraverso il linguaggio, la vita e
il desiderio divengono concetti, vale a dire delle istanze
non biologiche.
La vita e il desiderio sono cos doppi, animali (attac-
cati) e umani (distaccati). Pertanto, come vedremo, il
distacco simbolico autentico emerge attraverso il lavoro
del servo. Il lavoro appare in fin dei conti come la realiz-
zazione di un attaccamento che certamente si distacca
dalla vita ma che al tempo stesso la preserva. Lattacca-
mento ha dunque lultima parola.
Derrida compie una doppia operazione di ventrilo-
quio nella sua interpretazione di Signoria e servit.
Dapprima, legge Hegel attraverso Bataille. In un secon-
do momento, utilizza Bataille come un doppio per far
parlare Hegel contro se stesso. La nozione batailleana di
signoria doppiata dalla nozione batailleana di so-
vranit. Secondo Bataille, letto da Derrida, la sovranit
sarebbe latteggiamento del distacco autentico, mentre
la signoria non sarebbe che laltro nome dellattacca-
mento servile alla vita, cosa che Hegel avrebbe ricono-
sciuto se avesse parlato di pi del corpo!
Per Kojve come per Derrida, anche se per ragioni as-
sai differenti, sempre lattaccamento che, come regola-
mentazione necessaria, esercita in ultima istanza la sua
signoria sul distacco, sul godimento, sul dispendio, sulla
perdita. Il servo colui che appare finalmente come que-
sta figura del potere che dona alla felicit e alle anonime
felicit e potenza della vita la forma della soggettivit. In
31
altri termini, per Hegel, il distacco assoluto non sarebbe
mai possibile, dato che il distacco e la libert stessi sono
in ultima istanza garantiti e conservati dallo schiavo che
lavora alla sussistenza del signore, producendo cos, in
un processo altamente contraddittorio, la sostanza del
distacco.
Questa conclusione comune, come dicevo, non ha
per assolutamente lo stesso significato per Kojve e
per Derrida. Per il primo, la realizzazione finale della
spiritualizzazione del corpo attraverso la servit non
una diminuzione della figura del signore ma il mezzo
della sua conservazione. Senza il lavoro, senza lattac-
camento, la dimensione umana che rappresenta il gesto
del signore sparirebbe, si dissolverebbe. La produzione
della sostanza, creatrice di una corporeit resistente,
capace di perpetuarsi, , nella sua ostinazione anima-
le, necessaria per dare al significato la sua materialit,
il suo supporto, il suo tenore di cosa. Per Derrida cos
come per Bataille, al contrario, la vittoria dialettica del
servo appare in realt come una sconfitta, una disfatta,
come un brutto scherzo che Hegel gioca al signore. Il
corpo servile non certo corpo sovrano ma piuttosto
corpo incatenato, misurato, inibito, ammaestrato. Il di-
stacco del signore produce un corpo distaccato pi che
un distacco dal corpo e, in quanto tale, un corpo di pia-
cere. questo qui il corpo che il lavoro del servo distrug-
ge consegnandolo al soggiorno forzato, incatenandolo
attraverso il lavoro e la disciplina. La verit dialettica
sempre servile, essa ammortizza la propria potenza, la
incatena, la uccide volendola preservare.
Butler ritiene che le questioni della delega, del rad-
doppiamento, dellattaccamento, del distacco conver-
32
gano tutte, dalla sezione Signoria e servit a quella
della Coscienza infelice, verso un solo e unico proble-
ma: quello della sostituzione dei corpi. La muta carne
animale che deve essere sacrificata (quella dalla quale
necessario che la coscienza si distacchi per meglio
ritrovarsi, secondo Kojve) il corpo sovrano che si trova
dialetticamente asservito (secondo Derrida) non rin-
viano per Butler che a questa urgenza: come delegare il
proprio corpo? Butler ventriloquia Hegel dando la paro-
la al signore: che tu sia il mio corpo, ma non dire che
questo corpo che tu sei il mio.5
La sostituzione dei corpi implica allo stesso tempo il
distacco e lattaccamento:
Il distacco, perch il signore, delegando il proprio
corpo al servo, si distacca dalla propria carne. Il corpo
del signore dunque interamente fuori di se stesso,
in un altro essere, unaltra coscienza. Il corpo sembra
essere per Hegel listanza distaccabile, dislocabile per
eccellenza.
Lattaccamento, dato che il distacco assoluto, sotto la
forma di una sostituzione corporale completa (che tu
sia il mio corpo, per me, al mio posto) evidentemente
impossibile. Il corpo del signore, supportato da quello
del servo, il corpo del lavoro, non totalmente espulso,
delegato. Si pu certamente desiderare di delegare total-
mente il proprio corpo, distaccarsene completamente,
ma sappiamo anche che questa delega, questo distacco
non potrebbero essere che parzialmente realizzati. Il
distacco implica dunque sempre un certo attaccamento.
33
E di fatto latto medesimo di rivendicare con un impera-
tivo il distacco assoluto (che tu sia il mio corpo) rivela
un attaccamento a questo atto. Se no, perch sarebbe
necessario rivendicarlo?
Butler afferma dunque anche lei unimpossibilit del
distacco assoluto in Hegel. Per quale ragioni il distacco,
la delega, la sostituzione dei corpi non sono che parzial-
mente possibili? In primo luogo perch la sostituzione
dei corpi negata dal signore. Il signore pretende di
essere pronto a distaccarsi dal proprio corpo ma nega,
con questa dichiarazione, di delegare il proprio corpo al
servo. Chiede al servo di essere il suo corpo al posto suo,
negando allo stesso tempo questa stessa richiesta:
6 Ibid.
34
ma nega anchegli allo stesso tempo questoperazione,
divenendo cos in effetti complice del disconoscimento
da parte del signore. Il contratto implicito per il quale
il servo si sostituisce al signore viene immediatamente
intrapreso e dimenticato.7 in questo senso che la
sostituzione dei corpi rende attaccamento e distacco
indiscernibili, non accordando possibilit piena e intera
n alluno n allaltro
7 Ibid.
8 A. Kojve, Introduzione alla lettura di Hegel, cit, p. 69.
35
concettuale di cui laltra coscienza, in preda alla paura,
priva. La dimensione propriamente corporale della vita
appare improvvisamente in questa doppia operazione:
da un lato il corpo ci da cui una coscienza pretende di
potersi distaccare, e dallaltro ci da cui laltra coscien-
za non pu separarsi.
Rischiando la propria vita in una lotta di puro pre-
stigio che non legata a nessuna necessit data, la co-
scienza del signore nega la propria animalit, la propria
preoccupazione per la sussistenza e la conservazione, in
una parola la propria dimensione puramente naturale,
nella quale laltra coscienza rimane invece immersa.
Kojve scrive: Perch luomo sia veramente umano,
perch si differenzi essenzialmente e realmente dalla-
nimale, occorre che il suo Desiderio umano in lui ef-
fettivamente prevalga su quello animale. Ora, ogni De-
siderio desiderio di un valore. Il valore supremo per
lanimale la sua vita animale. Tutti i Desideri dellani-
male sono, in ultima analisi, una funzione del desiderio
che esso ha di conservare la vita. Il Desiderio umano.
deve dunque prevalere su questo desiderio di conserva-
zione. Detto altrimenti, luomo risulta umano solo se
rischia la propria vita.9 Questa vita, chiamata ancora
vita biologica, identificata in seguito con la vita cor-
porale, e il desiderio non-biologico con la dimensione
linguistica dellesistenza.
Il propriamente umano appare cos come laltro del
corpo biologico. Lumano assimilato al concetto, al
significato, in una parola allo spirito. Il significato
precisamente ci che pu essere separato da qualsiasi
36
contesto. Le parole possono essere separate dalle cose
empiriche e materiali che esse designano, possono esse-
re combinate e ricombinate, sostituirsi luna con laltra.
Diventano allora dei veri corpi spirituali, incarnano lo
spirito e insieme cessano di vivere una vita semplice-
mente naturale: fintanto che il Significato (o lEssenza,
il Concetto, il Logos, lIdea, etc.) incarnato, in unenti-
t esistente empiricamente, questo Significato o Essen-
za, e questentit, vivono. Fintanto che, per esempio, il
Significato (o lEssenza) cane incarnato in unentit
sensibile, questo Significato (Essenza) vive: il cane re-
ale, il cane vivo che corre, beve e mangia. Ma quando il
Significato (Essenza) cane passa nella parola cane,
diventa cio un Concetto astratto, diverso dalla realt
sensibile chessa rivela attraverso il suo Significato, il Si-
gnificato (lEssenza) muore: la parola cane non corre,
non beve e non mangia; in essa il Significato (lEssenza)
cessa di vivere, muore. Per questo la comprensione con-
cettuale della realt empirica equivale a un assassinio.10
Un assassinio che il pegno di unaltra vita, che non
pi una vita da cane!
certamente lanimalit della coscienza che si trova
esposta nella lotta per il riconoscimento. essa che deve
essere messa a morte. da essa che bisogna staccarsi
affinch laltra vita sia possibile. Il sacrificio dellanimale
coincide con lassunzione dello spirituale. E allorch il
simbolico separato dal biologico, la separazione stessa
entra nellesistenza come potere del linguaggio.
Kojve spinge Hegel a parlare dellumano, del-
lanimale, del significato, del linguaggio. Questi
10 Ivi, p. 464.
37
termini sono in effetti totalmente assenti dalla scena
dialettica della signoria e della servit. Lo fa per per-
mettere al corpo di mostrarsi un momento, di apparire
come carne animale, empirica, biologica, prima di spa-
rire subito e di prendere la forma di questo corpo spiri-
tuale chiamato libro dello spirito. Kojve interpreta in
effetti ancora un ventriloquio il sapere assoluto come
lopera del saggio che scrive il libro dello spirito.11
Sotto leffetto della scrittura, il corpo diviene corpus.
Dematerializzato nel linguaggio, il corpo spirituale si
ri-materializza sotto la forma di questa memoria ogget-
tiva che il libro della Fenomenologia dello spirito, che
ritraccia tutto il percorso.
Ma alla fine paradossalmente il servo che, attaccato
al suo corpo, incapace dapprima di distacco simbolico,
finisce secondo Kojve per produrre la sostanza del libro
e per rendere possibile la permanenza dellesistenza.
Una volta che la separazione si compiuta attraver-
so il signore, il servo a prolungarla. Non lavorando e
accontentandosi di consumare e di godere, il signore
non supera la dimensione naturale del desiderio, non
si distacca alla fine n dalla vita n dal proprio corpo
che puro piacere. Il Signore resta schiavo della na-
tura a causa del suo desiderio (Begierde).12 Nel servire
il signore, il servo realizza in realt anchegli una forma
di distacco, pi sostenibile, che quella del rischio della
vita: servendo il signore, il servo segue la volont dun
altro; la sua coscienza mediata: egli vive in funzio-
ne dellAngoscia (umana) e non in funzione della sua
38
Begierde (animale).13 Attraverso il lavoro si libera di
fatto dalla Natura.14 Questa liberazione, che corrispon-
de allattualizzazione della dimensione storica della
coscienza, il compimento ultimo del senso, rivelato
dal signore, ma mancante di durata e di sostanza.
Vediamo dunque che per Kojve, ossia per lHegel
di Kojve, il distacco assoluto dal corpo e dalla vita ,
nello stesso tempo, possibile e impossibile. possibile
in quanto distacco del simbolico dal biologico, presente
allinizio come laffermazione della libert pura rivelata
nel rischio: soltanto rischiando la vita che si mette
alla prova la libert; solo cos si dimostra che lessenza
dellautocoscienza non lessere,15 scrive Hegel. im-
possibile nella misura in cui corrisponde a unimpasse
esistenziale.16
Come dice altres Hegel, mediante la morte, tut-
tavia, questa prova rimuove tanto la verit che doveva
scaturirne, quanto lautocertezza in generale.17 E pi
avanti, nel corso di questa esperienza, lautocoscienza
apprende che la vita le tanto essenziale quanto lauto-
coscienza pura,18 che la vita altrettanto essenziale che
la libert del distacco.
Di conseguenza, nel rimanere attaccata alla vita at-
traverso la mediazione del lavoro che la coscienza pu
conservare tutto il guadagno del suo distacco iniziale, il
frutto della sua libert. Se bisognava decidere tra possi-
39
bilit e impossibilit del distacco, sar indubbiamente
limpossibilit a vincere in ultima istanza.
40
desiderio, a differire (aufhalten) il godimento e la sparizio-
ne della cosa. Nella misura in cui il signore dipendente da
questo lavoro, ne schiavo, egli resta un servo rimosso.23
Il preteso distacco del signore dunque una com-
media che provoca il riso di Bataille. Alla maniera
kojviana di fare parlare Hegel, Derrida oppone una
voce che non parla ma ride. Un ventriloquio contro un
altro. Questo riso trasgredisce lorizzonte del senso, della
conservazione laboriosa della vita. In effetti, per Hegel:
23 Ivi, p. 330.
24 Ibid.
25 Ibid.
41
per dare un senso alla morte e, nello stesso tempo, per
rendersi cieco al senza-fondo del non-senso a cui attinge
e in cui si esaurisce il fondo del senso.26
26 Ibid.
27 Ivi, p. 333.
28 Ivi, p. 336.
29 Ivi, p. 331.
30 Ibid.
31 G. Bataille, Mthode de meditation, citato in J. Derrida, Dalleco-
42
per-s, a s, presso di s.32 permanentemente fuori di
s come solo un corpo pu esserlo.
Questo essere fuori di s si disperde in una moltitudi-
ne di giochi possibili, giochi che ogni volta mostrano la
loro assenza di senso. Il linguaggio accompagna questi
giochi. Vi inoltre in Bataille tutta una tematica della
scrittura, scrittura sovrana, che appare per questa ragio-
ne come il doppio mostruoso della scrittura del saggio
che Kojve vede depositata nel libro del sapere assoluto.
Cos come ci sono signoria e sovranit, cos c scrittura e
scrittura, due scritture.33 Il libro hegeliano a cui fa rife-
rimento Kojve parla il linguaggio del servo, la sua scrit-
tura quella del lavoratore.34 Laltra scrittura non forma
una totalit, non diviene un libro. Come il corpo di cui
lespressione, essa non subordinata a niente e a nessuno.
La prima scrittura la scrittura della signoria, in
cui la volont vuole preservarsi nella traccia, farsi rico-
noscere, e ricostituire la sua presenza. Scrittura servile
anche che Bataille, quindi, disprezzava [] la sovrani-
t pone simultaneamente unaltra scrittura: quella che
produce la traccia in quanto traccia. Questultima una
traccia solo nel caso che in essa la presenza sia irrime-
diabilmente sottratta, fin dal suo primo annunciarsi
e che essa stessa si costituisca come possibilit di una
cancellazione assoluta. Una traccia incancellabile non
una traccia.35
43
Bataille presta la sua voce a Derrida per dire ci che
Hegel non avrebbe accettato di dire: che lessere fuori di
s costitutivo del corpo conduce alla cancellazione della
dialettica, al suo divenire traccia. La traccia infatti la
possibilit della sostituibilit assoluta, di quella del sen-
so cos come di quella del corpo.
44
In altri termini, il servo legge nella cosa come in un
libro. Lesilio del servo fuori dal proprio corpo (doven-
do lui incarnare quello del signore) non si trova dialet-
ticamente superato dalla riappropriazione di un altro
corpo che, attraverso la produzione, il servizio, il lavo-
ro, diventato in effetti corpus, testo?
Tuttavia proprio a questo punto, lanalisi prende una
nuova piega. Si pu affermare dunque che il lavoro ap-
partenga, in ultima istanza, al servo?37 Domanda Butler.
Il servo impara certamente a leggere la sua firma sulla cosa
a cui d forma. Ma dato che questa firma in realt quella
del maestro, allora al maestro che appartengono la cosa
e il prodotto fabbricato, almeno nominalmente. Nel
momento stesso in cui si appresta a diventare lettura di un
libro, la relazione del servo con il senso, sostenuta dallat-
tivit formatrice, si decostruisce immediatamente. Nessun
bisogno qui di una sovranit per raddoppiare o mimare,
dallesterno, la dominazione o la signoria, alcun bisogno di
un atto extra-dialettico di cancellazione delle tracce. I segni
che il servo impara a leggere si cancellano da soli non appena
vengono decifrati. La firma viene cancellata nel momento
in cui loggetto viene consegnato al padrone: il padrone vi
imprime il suo nome, loggetto diventa di sua propriet e lo
consuma. Lagire del servo s dunque un contrassegnare,
ma questo atto si autocensura regolarmente, si annienta nel
momento in cui inizia a circolare, poich la circolazione ha
sempre a che fare con lespropriazione da parte del padrone.
[] La firma sulloggetto verr sempre cancellata, sovra-
scritta, espropriata, riscritta. [] Quanto emerge, dunque,
pi un segno di propriet, effetto di una serie di successive
37 Ivi, p. 71.
45
cancellature, che un oggetto di palinsesto un po come le
topografie di Franz Kafka.38
La scrittura sulla cosa non costituisce quindi uniscri-
zione essenziale o spirituale. Questa scrittura in effetti,
avendo la sua origine in una sostituzione permanente,
che viene sempre da un altro corpo, da unaltra mano, da
un altro dettato quello del signore, che manipola e fa
parlare, in ventriloquio, il corpo del servo consiste in
una serie di tracce che non vengono mai alla presenza,
che non conoscono n permanenza n sostanzialit.
La maniera in cui Butler fa parlare Hegel cortocircu-
ita quindi allo stesso modo sia la lettura di Kojve che
quella di Derrida. Libro e traccia si cancellano recipro-
camente. Il libro decostruito fin dal principio. Per
contro, la decostruzione, il movimento della traccia,
appaiono come compresi nella e dalla dialettica.
Questo vuol dire che la sostituzione del corpo non
perviene ad alcun risultato stabile? Che non conosce
altro esito che la cancellazione della propria origine e
la ripetizione vana della propria firma? In realt, Butler
distingue due tappe in Signoria e servit, che corri-
spondono proprio a unevoluzione dialettica della situa-
zione e della sostituzione dei corpi. Queste due tappe
corrispondono a una doppia relazione con la morte.
Allinizio della sezione, nella lotta per la vita e la morte,
la morte si realizza con la violenza dellaltro e il potere
costituisce un modo per obbligare laltro a morire.39 La
morte appare dapprima come una minaccia che viene
dallaltro (dal signore). Una volta che il servo si scopre
38 Ivi, p. 72.
39 Ivi, p. 74.
46
come coscienza che si forma essa stessa mentre forma
le cose, la morte appare come suo destino e non, cosa
che era in un primo momento, come un pericolo pura-
mente esteriore. soltanto alla fine che il servo diviene
una coscienza finita, mortale. Hegel dichiara: lattivit
formatrice, comunque, non ha soltanto questo signifi-
cato positivo per cui la coscienza servile, in quanto puro
essere-per-s, diviene qui a se stessa lessente. Il formare
ha anche un significato negativo rispetto al primo mo-
mento, il momento della paura. In effetti, formando la
cosa, la coscienza vede divenire suo oggetto la propria
negativit, il proprio essere-per-s, solo perch essa ri-
muove la forma essente opposta. Ora, questo negativo
oggettivo proprio quellessenza estranea dinanzi a cui
la coscienza servile ha tremato; adesso, invece, la co-
scienza distrugge tale negativo estraneo, pone se stessa
come negativo permanente e diviene quindi, per se stes-
sa, un essente-per-s.40 Ci sono dunque due momenti
distinti nella scena.
Butler allora afferma: il corpo, a sua volta, nel co-
noscere se stesso mediante la creazione delloggetto,
realizza al contempo la propria transitoriet. Non solo il
servo nega le cose (cio le trasforma per mezzo del lavo-
ro) ed egli stesso unattivit di negazione, ma anche
soggetto allassoluta e decisiva negazione nella morte.
Il paragone con la morte, operato da Hegel alla fine del
capitolo, richiama la lotta fra la vita e la morte illustra-
ta allinizio di esso. [] [Questa volta] con il fallimento
del dominio in quanto strategia si assiste alla reintro-
duzione della paura della morte, pur identificata quale
47
destino inevitabile di tutti gli esseri, la cui coscienza
determinata e incarnata, e non pi come una minaccia
fatta da un altro.41
La finezza di questa lettura appare in tutta la sua for-
za. La scena produce la propria verit dialettica, che la
finitezza del servo. Lungi dal concludersi con il rileva-
mento della coscienza finita attraverso la sostituzione
del corpo biologico con il corpo spirituale (Kojve), o
attraverso lo spostamento non dialettico ed esteriore
della signoria per opera della sovranit (Derrida), la
sezione Signoria servit rivela la verit dellessere-
per-la-morte. La sostituzione del corpo rivela al servo
il carattere insostituibile della propria mortalit. Nes-
suno pu assumersi il morire di un altro, possiamo in-
tendere da unaltra voce, da un altro ventriloquio di He-
gel.42 La sostituzione termina nellinsostituibilit. Non
allora ci che Hegel suggerisce chiaramente alla fine
della sezione: Nel signore, lessere-per-s appare alla
coscienza servile come qualcosa daltro [] nella paura,
lessere-per-s nella coscienza stessa?43 La coscienza
giunge cos alla consapevolezza di essere in s e per
s,44 e non per un altro.
Invece di sviluppare come Kojve una teoria del
corpo essenziale simbolico il corpo significante che
viene a sostituire il corpo vivente , Butler disloca ci
che per questultimo il telos della servit: la possibi-
48
lit paradossale del distacco attraverso il linguaggio. Il
linguaggio si trova certamente incorporato nella cosa
fabbricata come firma, serie di marche o di impronte
spirituali sulloggetto. Ma secondo Butler, il proprio
corpo, e non chiss quale libro di saggezza, che il ser-
vo scopre come un insieme di tracce cancellate, luogo
di un proprio decostruito. Lavventura del senso come
processo di cancellazione conduce il servo a interioriz-
zare la propria finitezza. Questo significa anche che il
distacco assoluto (pur mediato dallattaccamento) e la
sovranit non sono possibili. Butler rimette in questio-
ne non soltanto la possibilit del distacco assoluto, ma
anche il distacco mediato dallattaccamento al quale
crede Kojve.
In opposizione alla teoria della sovranit, Butler mo-
stra che la finitezza, scoperta alla fine di Signoria e ser-
vit, appare come un attaccamento allo stesso tempo
definitivo e decostruito a s, al proprio, al carattere
insostituibile della propria vita. Questo vale sia per il
servo che per il signore. il corpo lavoratore che sem-
pre qui e altrove, che sostituisce quello del signore; ma
nel consumare, il signore fa apparire, nella relazione col
corpo in prestito che lo rifornisce di beni, ci che resta
del suo proprio corpo, il desiderio, il godimento. Il cor-
po del signore, alla fine, non mai totalmente espulso,
esso si trova altrove ma anche qui. Il lavoro alimenta
i corpi-consumatori, e allo stesso tempo, i corpi-signori
non spariscono mai. Qualsiasi processo di negazione o
di delega del corpo perci sempre riuscito a met, e per
questo impossibile.
49
2. Foucault e lattaccamento ostinato
50
Come si sviluppa questa lettura foucaultiana di Hegel,
che allo stesso tempo anche una lettura hegeliana di
Foucault? Alla fine di Signoria e servit, labbiamo vi-
sto, il servo si conosce come finito, come soggetto morta-
le. La dualit dellautocoscienza non pi rappresentata
da due coscienze distinte, esistenti e in lotta. Essa ades-
so interiorizzata e riconosciuta come la struttura stessa
di qualsiasi coscienza. Ora, interiorizzare la propria fini-
tudine, significa anche riconoscere il proprio corpo. Una
volta che il servo interiorizza la propria finitudine a causa
della paura (Angst) estrema che ha provato nel suo com-
battimento con il signore, egli riabilita il proprio corpo.
Ma questa riabilitazione e questa interiorizzazione
non sono che presagi della nuova sostituzione corpora-
le, che ha luogo nella sezione seguente della Fenome-
nologia dello spirito, la Coscienza infelice. Il servo,
scrive Butler:
47 Ivi, p. 75.
51
La sostituzione dei corpi qualora si consideri che ce
ne sono due, come allinizio di Signoria e servit fi-
nisce con la liberazione del servo attraverso il lavoro. Ma
la sconfessione del corpo non cessa, e diviene la forma
stessa di questa coscienza ormai infelice costretta a
nascondere il corpo estraneo che essa non pu ricono-
scere veramente come il proprio.
In quel momento, linteriorizzazione del corpo
sconfessato produce questa sconfessione stessa come
regola etica. bene sconfessare il proprio corpo. Lin-
giunzione etica, (sconfessa il tuo corpo, il tuo piacere,
la tua carne, il tuo godimento!) pu allora essere con-
siderata come superamento dialettico del primo impe-
rativo di sostituzione (che tu sia il mio corpo!). Questa
sconfessione, questa cancellazione del corpo sono or-
mai propri della coscienza e non rispondono pi a un
imperativo esteriore. La paura crea lingiunzione, per
la coscienza, di stringersi al corpo, al suo proprio cor-
po, che essa aveva delegato, per delegarlo unaltra volta
trattandolo come un estraneo. Questa nuova forma di
attaccamento a s attraverso il disconoscimento di s
diviene norma etica.
Si riconosce qui limpostazione foucaultiana.
Lassoggettamento, per Foucault, suppone la repres-
sione del corpo e il disconoscimento di questa repres-
sione, e queste due operazioni congiunte producono
la norma o linsieme di norme che sembrano dirigere
questa repressione e non esserne il risultato. Butler
pensa che il concetto foucaultiano di assoggettamento
sia prefigurato nellanalisi hegeliana dellauto-asservi-
mento etico del servo che conclude la sezione del capi-
tolo Signoria e servit. Foucault dichiara in effetti che
52
lattaccamento strutturale allassoggettamento assurge
a condizione per la soggettivazione morale.48
Lassoggettamento suppone la sconfessione del cor-
po: il soggetto si separa dal proprio corpo, ma intrattie-
ne con questo corpo represso una relazione essenziale,
non fosse altro che per mantenere loperazione di re-
pressione. Siamo pertanto autorizzati/e a confrontare
su questo punto le analisi di Hegel con quelle di Fou-
cault? della stessa repressione che si tratta? Dello stes-
so disconoscimento del corpo?
Foucault marca il suo disaccordo con Hegel su un
punto essenziale: per lui il mantenimento dellopera-
zione di repressione, il processo stesso del superamento
dialettico, che allo stesso tempo sopprime e conserva,
mostrandosi cos abbastanza simile alla sublimazione
freudiana, un processo impossibile. La repressione fa
molto di pi che sopprimere/conservare, essa produce
ci che reprime. Butler lo sottolinea:
53
fallimento nel pensare la libert e la resistenza. Infatti,
per Foucault, la proliferazione del regime di regolamen-
tazione appare paradossalmente come il luogo della re-
sistenza alla regolamentazione stessa. Su questa proli-
ferazione si basa daltronde la distinzione fra le teorie di
Hegel e Foucault, ed essa rappresenta, inoltre, il luogo
della potenziale opposizione alla regolamentazione.50
Foucault concepisce la resistenza allinterno dellas-
soggettamento, e questa resistenza appare ancora come
un certo tipo di distacco: quello dai piaceri (il plurale
qui di fondamentale importanza). Qualsiasi moda-
lit dellattaccamento, dellassoggettamento corporale
sarebbe al tempo stesso una modalit di piacere, di di-
stacco dal corpo, e cos il distacco gaudente corrisponde
allattaccamento costrittivo. Questo distacco coincide
con la molteplicit irriducibile delle pratiche di piacere,
vale a dire in primo luogo con limpossibilit di unificare
queste pratiche attraverso una sintesi, qualunque essa
sia: il sesso o il corpo. Il primo volume della Storia della
sessualit afferma ci con forza: i piaceri sono dappri-
ma distaccati dalla norma dellunit, come il sorriso, in
Alice nel paese delle meraviglie, distaccato dal gatto.51
Grazie a questa capacit di pluralizzazione, i desideri, i
piaceri, le parti del corpo distaccate sono capaci di resi-
stere alla norma, di rovesciarne lautorit.
50 Ivi, p. 89.
51 Il riferimento qui al gatto del Cheshire in Alice nel paese delle
meraviglie di Lewis Carroll, che ha il potere di svanire e diventare
invisibile. Riportiamo qui il passo del libro di Caroll a cui Malabou
sembra accennare:
Be! Mi capitato spesso di vedere un gatto senza sorriso, pens
Alice, ma un sorriso senza gatto! la cosa pi curiosa che abbia
mai visto in vita mia. (N.d.t.)
54
Foucault, scrive Butler, sembra ammettere proprio
questa capacit di distacco del desiderio, affermando
che gli incitamenti e i capovolgimenti sono imprevedi-
bili fino a un certo punto, e che hanno la caratteristica,
fondamentale per la nozione di resistenza, di eccedere
gli obiettivi regolatori per i quali sono stati creati.52 Una
norma produce cos la proliferazione, e non la restri-
zione, di ci che essa interdice o regola. dunque im-
possibile prevedere o determinare in anticipo come un
corpo risponder alle regole che lo controllano. Per cui,
le risposte possibili del corpo si separano da ci a cui esse
rispondono, ossia dalle norme regolatrici. Questo scarto
tra ingiunzione e risposta costituisce il luogo della resi-
stenza al potere. Resistenza che, secondo Foucault, non
apparirebbe per nulla in Signoria e servit. Il servo
non resiste al signore, il suo lavoro che resiste per lui.
Pur riconoscendo il disaccordo tra i due filosofi,
Butler, in maniera assolutamente hegeliana, rivolge la
propria attenzione alla contraddizione che a suo parere
inerente alla versione foucaultiana del distacco. Un
tale distacco rimane attaccamento ostinato (stubborn
attachment) a se stesso. Esso diviene, a sua volta, nor-
ma. Produce un attaccamento supplementare alla rego-
la perch senza alcuna regola, alcun piacere:
55
pressione nella nuova struttura e nel nuovo oggetto del
desiderio, per lo meno quando lassoggettamento risulta
effettivo. Tuttavia, se un regime regolatore necessita della
produzione di nuovi luoghi di regolamentazione, e dun-
que di una pi completa moralizzazione del corpo, quale
ruolo giocano limpulso corporeo, il desiderio e lattac-
camento? II regime regolatore produce solo desiderio o
magari anche prodotto dallalimentare un certo attac-
camento alla norma della soggettivazione?53
3. Plasticit ed etero-affezione
53 Ivi, p. 89.
54 Ivi, p. 91.
56
per questo che altrettanto impossibile distaccarsi
assolutamente da Hegel. Infatti, dato che non riusciamo
a contrapporgli la possibilit di un distacco sovrano, li-
bero, sontuoso, aperto alla molteplicit dei piaceri, a un
corpo pensato esso stesso come distaccabile, multiplo,
senza unit, sembra che non si possa uscire veramente
dalla dialettica. per questo che per Butler, in fin dei
conti, la soluzione non pu essere che di compromes-
so. Non esiste n attaccamento n distacco definitivo,
ma una serie di ritrazioni, e di ri-attaccamenti. Hegel ci
porta a pensare la necessit di una serie di tentativi di
distacco, sempre infruttuosi, ma ripetuti.
Mi sembra necessario mettere in discussione questa
interpretazione. In effetti, la separazione tra coscienza
e corpo che sembra strutturare la Fenomenologia dello
spirito forse meno lespressione dellattitudine filoso-
fica classica dispirazione platonica che consiste nello
svilire il corpo piuttosto che un gesto decostruttore ante
litteram, che denunci limpossibilit dellauto-affezione.
Contrariamente a Kant, Hegel non concepisce il sog-
getto individuale come ununit differenziata tra la sua
forma empirica e quella trascendentale. La coscienza
non per lui il luogo della permanenza e dellidentit
a s, della costanza attraverso il flusso cangiante del
vissuto. Essa non coincide con lipseit. Lipseit e lau-
to-affezione non sono per Hegel i dati necessari della
soggettivit. Sin dallinizio, la forma empirica e la forma
trascendentale dellio sono estranee luna allaltra, e
il corpo in qualche modo il luogo di questa distanza.
Non ha statuto in quanto il s della coscienza, divi-
so dallorigine, non pu essere auto-affetto n toccarsi
da se stesso. Il corpo cos dal principio al di fuori, il
57
fuori stesso del soggetto, fuori di se stesso, struttura
delletero-affezione.
questa struttura etero-affetta della soggettivit
allinterno della quale lio costantemente altro per se
stesso, e in cui il corpo ha in qualche maniera due signori,
uno empirico e uno trascendentale, senza averne nessu-
no, che in Hegel prende il nome di plasticit. perch
la coscienza al principio estranea sia a se stessa che al
proprio corpo, che essa deve modellarsi da sola, formar-
si in quanto coscienza e in quanto corpo. La plasticit
designa proprio la doppia operazione di donazione e
ricezione della forma, doppia operazione che comporta
allo stesso tempo un rischio di esplosione (esplosione al
plastico) della forma. Il corpo certo un dato di natura,
ma anche e soprattutto ci che facciamo di lui, la ma-
niera in cui lo scolpiamo, in cui lo congegniamo, in cui lo
lavoriamo, con la parte indissolubile di alienazione e di
libert che tali azioni comportano.
Quando Hegel nella Prefazione alla Fenomenolo-
gia dello spirito dice che il soggetto plastico, designa
la doppia capacit del soggetto di ricevere e, allo stesso
tempo, darsi la propria forma. Lindividuo forma il pro-
prio corpo e la coscienza del proprio corpo, ed esat-
tamente questo il senso dellassoggettamento. Tuttavia,
questa forma coscienza-corpo, anche se propria, ap-
pare al principio come se venisse dallesterno, come se
fosse distaccabile, estranea, sempre nella condizione di
incarnarsi in un altro corpo. Qualsiasi corpo, come dici
giustamente tu, Judith, sempre legato ad altri corpi,
a tutti gli altri corpi. in quanto la formazione di s
comprende una dimensione di alienazione irriducibile,
che essa appare sempre come unopera estranea, come
58
il prodotto di un altro, una minaccia di distruzione e di
esplosione dellidentit che tuttavia proprio essa contri-
buisce a modellare. Moda, imitazione, mutilazione tal-
volta, la plasticit esprime cos la natura contraddittoria
delletero-affezione. Io sono altro per me stesso, cosa
che mi lascia allo stesso tempo tutto lo spazio per essere
chi voglio!
Bisogna abituarsi a se stessi, la struttura del soggetto
da fare, non mai data a priori. Questo ancora una
volta ci che spiega come corpo e coscienza appaiono
come fondamentalmente estranei luno allaltro: la co-
scienza stessa si scinde sotto la forma di due coscienze.
Il meccanismo sintetico dellunit del soggetto deve co-
stituirsi. Un soggetto non esiste mai per Hegel al di fuori
della propria autoproduzione.
In ogni caso, difatti, questa produzione, questo mo-
dellamento di s, come abbiamo visto, contraddittorio
e non si risolve mai nellunit di un me. Infatti, scrive
Hegel, il me il mio corpo, la mia coscienza
non esiste. La prima persona una finzione filosofica,
una versione possibile, ma una versione soltanto, del
soggetto individuale.
Il motivo dellestraneit originaria di questo soggetto
individuale appare in maniera evidente in altri testi, oltre
alla Fenomenologia: per esempio nellAntropologia,
che costituisce la primissima parte della Filosofia dello
spirito dellEnciclopedia delle scienze filosofiche.55
In questo testo Hegel dimostra che lorigine delliden-
tit individuale una disgiunzione paradossale del s
59
che conduce lanima alla follia. La follia il primo sta-
to spirituale del soggetto. Al principio, il soggetto non
dunque identico a s: lo spirito e il corpo, testimoni
di questa disgiunzione, sono radicalmente separati.
Questa scissione intollerabile, essa che rende folli.
Il sentimento di s ha cos la forma immediata di un
disordine mentale.56 Questo corpo un essere estra-
neo, testimone e attore allo stesso tempo di questa
assenza dunit. Ne prova la situazione prenatale del
corpo condiviso con la madre. Che tu sia il mio cor-
po non la prima ingiunzione, espressa dal bambino,
prima di ogni parola? Per contro, che tu sia il mio cor-
po non la risposta della madre dopo la nascita del
suo bambino: che tu sia la mia giovinezza, prolungami?
LAntropologia di Hegel accorda una parte inattesa
al corpo doppio della madre e assimila questa dualit
anchessa a una forma di follia. La prima follia di essere
(ne)il corpo dellaltro. Cos, il che tu sia il mio corpo
lorigine della coscienza di s, che non superer mai di
fatto questa scissione. Cercher giustamente di distac-
carsi, ma gli sar difficile superare per sempre laliena-
zione che questo distacco lascia al signore e al servo.
Nonostante ci, nellultimissima parte della Fenome-
nologia dello spirito, un distacco supremo, presentato
come lassoluto stesso, interviene. La plasticit ac-
quisisce allora il suo senso definitivo. Il s che appare
alla fine non pi attaccato alla forma della coscienza,
perde la forma di me o di io, cos come la disso-
ciazione che gli propria. La forma del me esplode
60
e si dissolve. Questo distacco esplosivo presentato
da Hegel come un Aufgeben, un abbandono. Questo
Aufgeben, non esattamente un superamento, ma un
libero disfarsi, un libero abbandono. Scrive Hegel:
61
IL CORPO DI HEGEL IN FORMA:
QUALE FORMA?
Judith Butler
***
64
mente o solamente inchiodato, legato, poich chiunque
io sia, ho la capacit di apparire da unaltra parte.
A quanto pare, sono un essere che insieme qui e l.
Posso in qualche modo pormi di fronte a me, il che im-
plica una qualche perdita di me stesso (sono diventato
altro per me stesso); ne consegue il singolare caso di un
me stesso situato a distanza spaziale da chi io pensavo
di essere. Io non sono completamente legato allo spazio
che supponevo, e questa mancanza che mi caratterizza
sembra adesso essa stessa legata, in qualche modo, a
uno sdoppiamento di me stesso. Lio sarebbe diven-
tato doppio.
Evidentemente, il problema che questo altro che
mi sta di fronte in un certo senso me, in un altro senso
non me la duplicazione di me stesso che avviene
durante questo incontro iniziale istituisce qualche al-
tro che non me. Mi ritrovo cos a distanza spaziale
da me stesso, duplicato; incontro, nello stesso tempo,
e attraverso la stessa figura, il me, limite di ci che
posso chiamare me stesso. Questi due incontri avven-
gono allo stesso tempo ma tuttavia non si riconciliano;
permangono al contrario in una certa tensione luno
con laltro, perch questo altro che ha laria di essere
me, me senza essere me. Devo dunque vivere non sol-
tanto con il fatto che sono divenuto doppio ma anche
col fatto che posso trovarmi a distanza da me stesso,
e che ci che io incontro allo stesso tempo non me.
Limprovviso sorgere dellaltro ha da sempre creato
problemi ai commentatori della Fenomenologia dello
spirito. Perch laltro appare dimprovviso, e perch
come unaltra forma? Ricordiamo che prima di questo
evento, allinizio del quarto capitolo, il lettore ha se-
65
guito uno sviluppo sulla vita, il desiderio, la maniera in
cui le forme vengono allessere e si dissolvono. Questo
discorso preliminare prepara allentrata in scena di ci
che sembra essere un incontro inatteso allinizio del
quarto capitolo? Se s, in che senso? La subitaneit
di questa apparizione semplicemente arbitraria o al
contrario il suo carattere inatteso possiede un signifi-
cato particolare?
Lapparizione dellaltro uno scandalo per una cer-
ta maniera di pensare che mantiene ferma la certezza
che lio abbia il proprio fondamento nella propria esi-
stenza specifica; posizione che sottintende allo stesso
modo che il corpo proprio sia il fondamento di qualsiasi
tipo di certezza che lio possa avere di se stesso.
In una sezione precedente della Fenomenologia dello
spirito, il tempo, lo spazio e la distanza sono concepiti
nella loro relazione con la forza (Kraft) e lintelletto
(Verstand).1 Lintelletto viene differenziato dalla perce-
zione [Wahrnehmung].2 Nella percezione, la conoscen-
za della determinabilit di una cosa va di pari passo con
le sue qualit distinte e determinate. Questa maniera
di legare insieme percezione e determinabilit potreb-
be essere compresa come la prefigurazione del senso
distinto e attaccato dellio, allorch questo ultimo
sia di fronte per la prima volta alla sua duplicazione
(Verdopplung) nellaltro e in quanto altro. Benin-
teso, ci che avviene nellambito della percezione non
analogo che in parte a ci avviene nellambito dellin-
telletto, della coscienza e dellincosciente (Unbewusste);
66
ci sono distinzioni progressive e qualitative tra questi
ambiti. Per il momento restiamo su tale analogia, visto
che i capitoli seguenti ricapitolano questa struttura pi
che negarla.
Perch una cosa sia determinata, essa deve di-
stinguersi dalle altre cose determinate e deve avere un
modo per assumere questa distinzione. Se una cosa non
determinata che nella misura in cui essa non unal-
tra cosa determinata, allora ne segue che la definizione
della prima cosa come della seconda daltronde con-
siste da una parte nel fatto che essa non laltra; a questo
stadio la distinzione si manifesta come una negazione
determinata. La determinabilit non caratterizza sol-
tanto la diversit delle cose, ma anche il modo in cui
esse acquisiscono il loro carattere separato e di fatto la
loro forma, in virt delle modalit precise secondo le
quali esse non sono altre cose. Ne conseguirebbe dun-
que che una forma assunta e mantenuta nella misura
in cui essa non unaltra forma, ma ancora sarebbe ne-
cessario anche che essa non sia questa altra forma e
questa forma in un modo specifico.
Quando Hegel, un po prima, parla de la cosa, ha
in mente la vanit dellautosufficienza che caratterizza
la comprensione abituale di essa. La cosa autonoma,
definita in opposizione con le altre cose e la sua auto-
nomia dipende da questa opposizione sostanziale.3 Una
tale concezione della cosa si rivela insostenibile, come
suggerito dalla formula precedente (la sua autonomia
dipende da . . . X), ma questa impossibilit particolare
un momento del movimento proprio della cosa, essen-
67
ziale in questo stadio dello sviluppo. Hegel scrive: la
cosa, per, cosa, cio Uno che per s, solo in quanto
non sta in rapporto ad altro; in tale rapporto, infatti,
posto piuttosto il legame con altro, e il legame con altro
il cessare dellessere-per-s. (der Zusammenhang mit
Anderem ist das Aufhren des Frsichseins).4
La cosa cessa quindi di esistere in maniera autonoma.
Cosa bisogna intendere esattamente con questo? Ci
significa in primo luogo che la sua forma determinata,
qualunque essa sia, cessa di esistere allorch la cosa si
scopre non come un ente fissato e legato a s ma come
unistanza in relazione ad altri enti fissati e legati a se
stessi. In generale, la nozione di relazione [Zusammen-
hang] sembra avere la meglio sullidea di determinabili-
t, almeno provvisoriamente. Ma certamente, neanche
questa inversione resister. Diciamo per il momento
che lessere in relazione rovescia la convinzione secon-
do cui la specificit e lautonomia di una forma o di una
cosa derivano dal suo carattere determinato.
Forse ho utilizzato troppo presto il concetto di for-
ma, dato che in questa transizione fondamentale tra
percezione e intelletto non si fa ancora uso di questo
concetto. Tuttavia, non appena facciamo riferimento
alle modalit determinate secondo le quali una cosa
legata e fissata, allora facciamo riferimento, evidente-
mente, anche solo in maniera implicita, alla sua forma;
o almeno quello che vorrei mostrare.
Nel corso dello sviluppo della Fenomenologia dello
spirito, la convinzione secondo la quale la cosa una
verit autosufficiente cede il posto a unaltra verit, la
4 Ibid.
68
quale asserisce che le differenze sono le verit ultime.
Hegel esamina i modi in cui le differenze sono raccolte
o raggruppate e si chiede come conoscere ci che per-
mette loro di stare insieme, quale sia il principio, o la
regola, secondo la quale ununit costituita considera-
ta sia come inerente a una serie determinata, sia come
appartenente a una sfera cognitiva soggettiva, un mon-
do interno separato da questa serie. In fin dei conti,
la mediazione tra il principio che unifica la serie della
realt esterna e quello che unifica la serie della realt
interna cede il posto a un mondo invertito,5 che pone
un nuovo problema: che cosa far adesso da mediazione
tra questi due mondi?
Senza enumerare tutte le fondamentali transizioni
che generano questa mediazione, bisogna insistere sul
fatto che qui in gioco addirittura la relazione tra ci
che appare nella forma di due mondi: il sensibile e il so-
prasensibile. Ci che li differenzia si rivela essere, nelle
parole di Hegel, una differenza interna o immanente,
come latto con cui lomonimo in quanto omonimo si
respinge da se stesso, come lessere-uguale a s del di-
suguale in quanto disuguale (Gleichsein des Ungleichen
als Ungleichen rein darzustellen und aufzusetzen)6.
Questa interpretazione della differenza non esatta-
mente una formula statica, perch i due mondi si rige-
nerano costantemente attraverso la loro scissione e la
loro correlazione. Pensare questa differenza tra i due
mondi, significa essere trasformati da questo pensiero
69
stesso, perch il pensiero deve adesso partecipare a sua
volta del sensibile e del soprasensibile.
Come caratterizzare questo pensiero che comprende
se stesso a partire da una tale divisione? in questo pre-
ciso momento, proprio quando la figura di un pensiero
diviso diviene pensabile, che Hegel introduce la nozione
di autocoscienza. In altri termini, un siffatto pensiero non fa
solo apparire la differenza tra i due mondi come differenza
tra due oggetti, ma esso rigenera anche perpetuamente que-
sta differenza, la sostiene dinamicamente questo pro-
cesso si rivela infinito. Allo stesso tempo, proprio a causa di
tale processo, questa apprensione modifica la coscienza,
donandole una nuova forma, o pi esattamente donandole
una forma (Gestalt) dapparire. Paradossalmente, linfini-
t prende forma, una forma nuova, determinata.
a questo punto che la nozione di forma diviene
importante per il ragionamento di Hegel. Egli scrive:
7 Ivi, p. 257.
70
il quale essa prende una nuova forma. In altri termini,
entrare in scena, che deve essere una nuova scena (do-
potutto, la coscienza appena entrata da qualche parte),
consiste anche nel prendere una nuova forma. La scena
e la forma appaiono dunque allo stesso tempo. Entrare
in scena, prendere una forma, e prendere una forma,
effettivamente entrare in scena.
Ma se sono linfinit o lautocoscienza stesse a pren-
dere forma, comprendiamo allora che la forma non
una nozione semplice: essa non pu essere identificata
con una forma fissa e statica. La forma viene allesisten-
za (essa al contempo il processo e il risultato finale del-
la formazione), e cessa di esistere (dissolvendosi, perde
la sua forma). Inoltre Hegel sottolinea che la forma
scissa, divisa in se stessa8: un modo di descrivere
la forma che ne mette in questione lapparenza stabile,
spaziale. La forma appare come un qualcosa di deter-
minato che per altro,9 essa non semplicemente sus-
sistente per s; essa definita in relazione a una serie
infinita di altre forme. Lidea che una relazione e un
processo di differenziazione definiscano ci che la
forma rimette in questione una nozione di forma stret-
tamente spaziale e statica. Un processo temporale, cos
come un insieme di relazioni, sembrano essere allopera
nella forma, tanto che necessario comprendere gli
interstizi tra le forme come parte integrante di ci che
definisce la forma stessa. Hegel comprende come ci
rimetta in questione la forma nella sua accezione comu-
71
ne, un approccio che tende a considerare la forma come
sussistente per s o esistente.
Non si comprende la forma come sussistente per se
stessa se non si considera lesistenza determinata per
definire cosa una forma sia. Pertanto, rimane uninfi-
nit di differenze, allinterno della quale e attraverso la
quale, questa forma esistente prende forma. Questin-
finit dunque al centro di ci che la forma ; essa non
costituisce solamente uno sfondo necessario di qual-
siasi forma esistente, ma anche unessenza che non
interamente riducibile a questesistenza. Questo tempo
aperto e illimitato sembra definire sia la forma che le-
sistenza spaziale. Cos come la forma non pu ridursi
alla sua esistenza particolare, essa non pu neppure ri-
dursi allinfinit alla quale appartiene. La forma oscilla
dunque tra lesistenza particolare e linfinit, e questa
incertezza diviene la sua caratteristica e la sua azione
principale.
Abbiamo il diritto di supporre che, facendo riferimen-
to alla forma, Hegel faccia anche riferimento al corpo? Il
corpo ha una forma, e potrebbe essere uno dei modelli
fondamentali di cui disponiamo per pensare la forma
in generale. Ma prima di poter fare il collegamento fra i
due, dobbiamo passare in esame alcune transizioni fon-
damentali nel testo: la relazione della forma con la vita,
con il desiderio e poi con le due autocoscienze emergen-
ti il cui desiderio conduce alla lotta per la vita e la morte;
cosa impossibile senza un corpo capace di combattere e
morire. Tuttavia, Hegel parler pi avanti di due autoco-
scienze che si incontrano come di forme autonome.
significativo che questa discussione intorno alla
contraddizione apparente che definisce e motiva la
72
forma porti Hegel a discutere della vita. Cos, po-
tremmo dire, la scena allestita di modo che un insieme
di forme appaiano sulla scena della vita, una scena
che nel prossimo capitolo (Autonomia e non-autono-
mia dellautocoscienza; signoria e servit) sar carat-
terizzata tanto dalla morte quanto dalla vita, la morte
come parte integrante della vita. La forma sembra
a volte conservarsi, a volte essere dissolta; essa si
conserva in unesistenza determinata ma si dissolve
in ci che Hegel chiama una sostanza universale o
un elemento. Per conservarsi, essa deve separarsi
da questa sostanza universale di cui fa parte.10 Questo
processo di separazione, di particolarizzazione (die
Absonderung), che sembra assicurare unesistenza de-
terminata di fronte alla dissoluzione, assimilata a un
certo punto al consumo (das Aufzehren). Si procede
quindi a una sorta di analisi grammaticale o di cerni-
ta delle forme, che quietamente, con calma (ruhig),
descrive il processo dinamico dellapparizione simulta-
nea di queste forme.
Come in altre transizioni della Fenomenologia, un
nuovo termine viene introdotto o piuttosto entra in
scena allorch si compie un ulteriore passo concettua-
le. Una nuova parola, la vita, descrive questa dinami-
ca in cui tutto si conserva e si dissolve, questa dinamica
di forme che non bastano a se stesse, ma che sono inve-
ce legate le une alle altre.11 interessante constatare che
si tratti di un medium12 calmo, distinto in questo senso
10 Ibid.
11 Ibid.
12 Ivi, p. 265. (Nella traduzione francese di Jean Hyppolite: milieu
N.d.t.).
73
dalla Unruhigkeit, dallagitazione che caratterizza
la traiettoria drammatica del soggetto desiderante, (si
veda la prefazione alla Fenomenologia). Siamo di fronte
a un concetto di vita, e persino di vivente (das Leben-
dige), concepito come medium. Questa vita un calmo
movimento di forme. Cosa vuol dire? Non si tratta di un
qualsiasi movimento, ma bens di quel movimento che
dona la forma e la dissolve, che non caratterizza soltanto
questa o quellaltra specifica forma, ma ogni forma. Le
vite determinate vengono allesistenza e spariscono, ma
la vita sembra essere il nome del movimento infinito
che conferisce e dissolve la forma in generale.
Nessuna vita determinata esaurisce la vita, e non si
pu comprendere la vita attraverso questa o quellaltra
vita determinata. La vita Stessa si caratterizza come il
processo per il quale la forma conferita o costituita
(Gestaltung) e rilevata (das Aufheben). evidente che
questo processo non lineare, ma che si tratta di un
circolo o di un circuito: questo circolo nella sua tota-
lit costituisce la vita.13 Pur se infinita, la vita non
permane in un processo calmo. Lagitazione non appare
che dopo lentrata in scena di qualcosa chiamata co-
scienza. La coscienza dapprima chiamata genere
nella traduzione Miller (come in quella di Hyppolite),
ma dovrebbe piuttosto essere chiamata specie (Gat-
tung), prefigurando cos ci che diverr per Feuerbach
e Marx lessere generico (Gattungswesen). In quanto
specie, sembrerebbe che la vita sia legata ad altre vite,
che questa vita condivisa o comune si specifichi come
vita che appartiene allautocoscienza. Questo termi-
13 Ivi, p. 269.
74
ne viene introdotto per descrivere la scena nella quale
lio si considera come universalit semplice. Esiste
la vita in generale, ma in seguito la vita si differenzia
secondo la specie, includendo quella alla quale lio
appartiene. Non conosciamo cosa circoscriva precisa-
mente tale specie, ma diventa chiaro nel paragrafo 174
che lidea di una vita semplice e di un medium che
avevamo visto essere calmo perturbato dallesi-
stenza di una vita autonoma. Beninteso, la nozione
di vita autonoma era gi presupposto dallidea stessa
di specie, perch una specie una maniera di riunire o
raccogliere un insieme di vite autonome. Eppure, se la
vita viene compresa come lelemento universale che ri-
unisce o raggruppa, rimane difficile comprendere come
essa possa designare anche ciascuna delle vite autono-
me che sono per lappunto raccolte sotto tale termine
generico. Possiamo dire che lidea di specie sottintende
logicamente lesistenza di un gruppo di differenziazioni
interne, ma Hegel pu altrettanto suggerire che lidea di
specie sia legata alla riproduzione. dunque certamen-
te difficile sapere cosa giustifichi lingresso di questa
altra vita sulla scena. Comunque, una vita autonoma
entra effettivamente in scena e ci avviene prima delli-
nizio del capitolo Signoria e servit.
Lio, preso qui come esempio delluniversalit,
semplice e persino calmo, ma lagitazione sembra
sopraggiungere quando la coscienza cerca di essere cer-
ta di se stessa, certa della sua verit. Come esempio di
universalit, lio non che una forma tra le altre che
viene allesistenza e sparisce. Questa forma perturba-
ta, da una parte dalla sua sostituibilit, dallaltra dalla
sua finitudine. Lidea di specie suggerisce certamente la
75
sostituibilit: lio una forma tra le altre, soggetta al
processo del sorgere e del dissolversi. La specie si defi-
nisce attraverso la differenziazione, ma lidea di specie
stessa si dissolverebbe se questa differenziazione non
conoscesse limiti. Ci presuppone almeno due dimen-
sioni della vita corporale: primo, noi siamo un corpo tra
gli altri; secondo, questo corpo implica un processo di
formazione e dissoluzione. La specie sopravvive allesi-
stenza individuale, anche se essa ha bisogno delle esi-
stenze individuali per riprodursi. Cosa racchiude dun-
que lidea di certezza da rendere cos inquietante la
condizione dellessere sostituibile ed effimero? Perch
non restare semplicemente calma e soddisfatta in que-
sto Kreislauf (circuito) che la vita?14
Per essere certa di se stessa in quanto singolare e de-
terminata, la coscienza (Bewutsein), gi cosciente di
essere duplicata, deve superare laltro e riguadagnare la
propria autocertezza. Se essa non pu raggiungere nuo-
vamente lautocertezza su questa base, deve trovarla a
partire da un altro fondamento. Una volta che questat-
to avvenuto, un altro termine, lautocoscienza
(Selbtsbewutsein), entra in scena e il suo sforzo per
superare laltro caratterizzato come desiderio (Be-
gierde). La duplicazione appare tuttavia insormonta-
bile in questa scena. Se il processo di superamento (il
desiderio) essenziale per lautocoscienza, sembra che
76
esso richieda al tempo stesso la sopravvivenza e la per-
sistenza dellaltra autocoscienza (si riveler infatti come
sia necessario, ancora e ancora, allinfinito, vincere que-
sta vita autonoma). Superare la vita autonoma dellaltro
equivale a superare la propria vita autonoma almeno
potenzialmente. Lio duplicato e, in quanto tale, or-
mai inchiodato a una scena di desiderio e di paura: ha
bisogno dellaltro, ma ha egualmente bisogno del suo
annientamento.
Allinizio di Signoria e servit, questa forma viven-
te autonoma che appartiene a unaltra esistenza si rivela
essere un problema, una minaccia inquietante. Come
pu lio essere certo di se stesso se duplicato? Il pro-
blema non soltanto che laltra vita autonoma esiste l
fuori senza alcun possibile dubbio, e che essa non in
alcun caso me, il problema, la violazione, lo scandalo sa-
ranno piuttosto che questa vita autonoma l fuori allo
stesso tempo me, e non me. La logica di non contrad-
dizione non funziona quando lio cerca di conoscersi
e affermarsi con inequivocabile certezza. Apparente-
mente questa duplicazione non pu essere superata, e
lio che si pensava conoscesse la propria verit con
certezza dovr riconoscerla nella propria duplicazione.
Questa situazione non pone forse un problema che non
proviene soltanto dal desiderio il termine (Begierde)
conserva un senso danimalit ma pi in generale dalla
vita incarnata, incorporata?
In che senso lio duplicato? In primo luogo, sem-
brerebbe che ci sia unaltra forma l fuori, sussistente
per s, che sar anchessa un io e apparterr dunque
alla mia stessa specie, co-istituendo cos con me una for-
ma di vita universale. Successivamente, anche se questo
77
io una forma determinata che prende questa forma
come fondamento della sua vita, sembrerebbe tuttavia
che essa appartenga a una vita che non questa o
quella, ma il processo stesso del sorgere e del dissol-
versi della forma. Cos, parlare di mia vita rinvia gi
a una forma propria e persistente, e la determinabilit
gioca qui il suo ruolo. Ma la vita rinvia anche alla non-
persistenza, al tempo in cui questa forma non esisteva
ancora, alle alterazioni che hanno formato la traiettoria
della sua esistenza, cos come al tempo in cui questa vita
non esister pi. Neppure il questa di questa vita
mi appartiene. Che questa forma si distacchi nettamen-
te come esteriore, delineando e opponendo un io si-
mile a me, lega il senso della mia soppressione alla mia
sostituibilit. Come comprendere la correlazione tra
finitezza e sostituibilit? Non si tratta soltanto di affer-
mare che esista un tempo prima e dopo la mia esisten-
za, e neanche che questo tempo faccia parte della vita
compresa come processo di differenziazione. Altri pure
esistono che precedono o eccedono questo io, che so-
pravvivono a questa vita o la conducono laddove questo
io non lha condotta. E in questa vita, esistono anche
tutte queste forme autonome che non sono identiche
alla mia, che sfidano questo io a trovare la propria
verit nella relazione di desiderio (e anche di paura, di
uccisione) con gli altri. Lio legato agli altri ma, in
quanto forma, ne anche slegato.
Nel corso di queste tappe, Hegel ha definito la so-
cialit costitutiva dellautocoscienza. I primi paragrafi
del capitolo Signoria e servit illustrano come essa
funzioni a livello astratto. Tuttavia Hegel si chiede come
questo concetto puro del riconoscimento, della dupli-
78
cazione dellautocoscienza nella sua unit, [] si mani-
festi per lautocoscienza,15 e se non sia in questo svilup-
po pi strettamente fenomenologico che noi appren-
diamo che, in questa giustapposizione immediata,16 i
due individui di fronte sono luno per laltro come degli
oggetti qualsiasi. Sono figure autonome.17
Queste forme sono viventi e la vita, di conseguenza,
compresa come qualche cosa che appartiene a questa o a
quellaltra cosa vivente. La vita come medium processo
che conferisce e distrugge la forma non ancora sta-
ta percepita, perch lautocoscienza comprende la vita
come questa o quella vita. In altri termini, la forma
definisce e contiene la vita; distruggere la forma equi-
varrebbe a negarne la duplicazione, e cos a eradicare lo
scandalo della sostituibilit stessa. Ma, come sappiamo,
questa coscienza vivente non pu tornare alla sua asso-
luta singolarit se non a condizione di rischiare la pro-
pria vita, e dunque, una volta morta, questa coscienza
vivente non pu pi raggiungere lautocertezza cercata.
Ma questo pone una questione pi grande: come ar-
rivare alla certezza partendo dalla sostituibilit? Chi
questo io che in un certo senso sostituibile, ma in
altro senso ha una vita del tutto singolare? Se si ritiene
che questo io debba comprendere la propria sostitui-
bilit, allora non pu farlo che vivendo questa vita, la
propria. Detto altrimenti, la sua singolarit che, sola,
permette la comprensione della sua sostituibilit. Lidea
stessa di sostituzione la presuppone (un termine prende
il posto dellaltro). in questo senso che la condizio-
15 Ivi, p. 279.
16 Ibid.
17 Ibid.
79
ne persistente, logica ed esistenziale della sostituibi-
lit non altro che il non-sostituibile. Luno non pu
cercare di affermare la sua singolarit che nel sostitu-
irsi allaltro; pu cercare di affermare la sua singolarit
solo distruggendo questo altro e prendendone il posto
(prendendo tutti i posti esistenti in effetti). Ma pu
darsi che esistano altri che cercheranno anche loro di
distruggerlo per lo stesso scopo. E allora come soprav-
vivere in un mondo cos senza ammettere una socialit
interdipendente? Cos come lio minacciato dalla
negazione o minaccia laltro di negazione chiaro
che la vita delluno dipende dalla vita dellaltro. Questa
interdipendenza diventa una nuova maniera di conce-
pire la vita come socialit. Non si pu ridurre la socialit
allesistenza di questo o quel gruppo: essa la traiettoria
temporale aperta dallinterdipendenza, dal desiderio,
dalla lotta, dalla paura, dalle tendenze omicide (in tal
senso Hegel prefigura chiaramente il lavoro psicanaliti-
co di Melanie Klein).
Beninteso, bisognerebbe ancora spiegare come la
scoperta della finitezza segua quella della sostituibi-
lit. Sembra che la mediazione tra le due, mediazione
assente nel testo, sia il corpo stesso. Potremmo sempli-
cemente trarne la conseguenza che laltra autocoscienza
divenga il luogo in cui lio incontra la propria finitez-
za. Non soltanto io posso essere scambiato e laltro pu
sostituirsi a me, ma addirittura, proprio qui che faccio
lincontro con la mia morte, nel luogo stesso della sosti-
tuibilit. Pertanto non posso morire che nel caso in cui
lio sia animale, faccia parte di una natura organica.
Ecco una presupposizione che percorre tutto il testo ma
che viene raramente formulata da Hegel. Questa ellisse
80
funziona come una sorta di diniego leggibile e costante,
visto che il corpo presupposto ovunque ma non viene
nominato da nessuna parte. Il testo ci richiede di pre-
supporre questo corpo, di comprendere che esso funzio-
na come condizione necessaria di qualsiasi argomento
che concerna la forma, la vita, il desiderio e la morte.
Ma se condannato a non potere essere conosciuto che
a condizione di rimanere indicibile, cosa apprendiamo
su di esso e su come dovrebbe agire in questo processo?
Sarebbe del tutto corretto dire che il corpo non appa-
re nel testo di Hegel o che ne semplicemente assente.
Per, sostenere tale idea non basterebbe a spiegare come
questa non-apparenza si lasci conoscere proprio nel
campo di ci che appare. Dopotutto, se i discorsi sulla
vita, la forma, il desiderio e il piacere presuppongono
tutti il corpo, questultimo allora costantemente sup-
posto anche se non apertamente tematizzato.
Possiamo gi tirare alcune conclusioni dalle analisi
precedenti: lio una forma legata ma che si scopre
duplicata, e la sostituibilit impedisce quindi che la
singolarit del proprio corpo sia il tratto caratteristi-
co di questo io. Due affermazioni sembrano essere
entrambe vere, e in maniera paradossale: questo corpo
qui costituisce la mia vita; quel corpo l anchesso me.
Questo significa che io sono nello stesso tempo qui
l, e che qualunque certezza io acquisisca sulla verit di
questo io, dovr comporsi con questa indetermina-
tezza spaziale che la sua condizione necessaria.
Se io sono semplicemente compreso come questo
corpo qui, allora questa altra forma non me. Ma diven-
ta chiaro che la mia forma non assume la propria forma
che differenziandosi da questa altra forma. Sono dunque
81
legato a questo altro. Perch un corpo sia un corpo, esso
deve essere legato a un altro corpo. Questo essere legato
pu essere compreso come un attaccamento, ma sa-
rebbe falso comprenderlo come mio attaccamento.
Non che io sia attaccato o attacchi me stesso a un
altro corpo, ma senza un tale attaccamento non esiste n
io n tu. Le due autocoscienze che si preparano alla
lotta cercano di dimostrare che esse non sono attaccate
alla vita. Quando esse comprendono la necessit di vi-
vere, comprendono la necessit di vivere insieme; la so-
stituibilit essenziale alla socialit diventa essenziale per
la sopravvivenza individuale. Tutti i corpi devono essere
legati prima ancora di poter apparire come corpi: nessu-
na forma singolare esiste al di fuori di questa relazione
differenziata con altre forme. E cos come si dimostra-
toche, logicamente e fenomenologicamente, la sosti-
tuibilit necessita la sopravvivenza della vita singolare,
intesa come insostituibile, al contrario questa singolarit
non pu sopravvivere senza questa sostituibilit.
Quale il rapporto tra tutto questo e il nostro ten-
tativo di ritrovare il corpo in Hegel? E quale la sua
relazione specifica con il desiderio come mezzo attra-
verso il quale un corpo legato a un altro? Lincontro
tra due autocoscienze un incontro muto. Nessuna si
rivolge allaltra. Tuttavia, una forma di dialogo implicito
non avviene forse nella lotta per la vita e la morte, e poi
pi tardi, nella relazione di signoria e servit? Non
possibile, o addirittura necessario, giocare al ventrilo-
quo per dare voce al rivolgersi diretto che avviene impli-
citamente in questo incontro? Tu, hai laria di vivere,
ma poich sono io che vivo, allora la vita non pu avere
82
luogo laggi, fuori da me, senza che tu mi abbia tolto la
vita! E poi:
83
opera senza essere esplicitamente nominato. Pu darsi
che vi sia qualcosa nel corpo che non possa essere no-
minata come tale, o che venga sempre concettualizzata
da Hegel esclusivamente attraverso lespressione for-
ma determinata, e misconosciuta quando essa diviene
il corpo. Dopotutto abbiamo gi visto come la verit
della forma non deriva per Hegel dalla sua specificit; la
forma definita tanto dallinfinit quanto dallo spazio; la
vita conferisce e dissolve la forma, ed essa dunque parte
di tale processo pi ampio, in realt infinito.
La sostituibilit sembra dunque non essere altro che un
nuovo modo di concepire la forma e il desiderio in termini
temporali aperti allinfinit; si tratta di dimostrare che la
forma non pu essere pensata al di fuori della sua tempo-
ralit costitutiva, e che questa temporalit condiziona e
insieme eccede la sua esistenza determinata.
Una questione sorge a questo punto dellanalisi: la du-
plicazione del corpo infinita? La scena diadica ma fa
in realt parte di una serie infinita di sostituzioni? Sorge
una seconda questione: come comprendere questa du-
plicazione a livello del corpo? Se tu sei il mio corpo
per me, allora sei il mio corpo al mio posto e io sono cos
liberata dallobbligo di essere un corpo. Tu lo prendi in
carico e lo vivi per me, e io sono capace di rimanere in
relazione con questo mio-corpo-come-un altro. Ci
significherebbe che il corpo non esattamente dupli-
cato ma che espulso, prestato e vissuto altrove. Ha un
significato diverso dallessere hors de soi,18 o auer
sich gekommen.
84
Nel capitolo Signoria e servit, il corpo operaio
ad essere altrove, l, che un corpo per il signore. Ma
il signore continua a consumare; in questo senso rima-
ne un corpo, in relazione con ci che gli fornisce il suo
corpo esteriorizzato. Il corpo del signore non dunque
mai completamente espulso. Nessun corpo vivente lo
mai: il processo stesso di espulsione, di delega o di pre-
stito del corpo inevitabilmente parziale e per questo
parzialmente impossibile.
Come pensare limpossibilit parziale di questa
sostituzione? Se latto stesso di prestare fa parte
della traiettoria del desiderio, allora in quale misura il
desiderio riposa su questa espulsione sempre parziale
del corpo in un altro corpo, e in quanto altro corpo? La
logica della duplicazione fa parte della traiettoria del
desiderio, inteso come doppio desiderio di sopprimere
e conservare laltro. In quanto negazione che deve ri-
petersi, che non pu completamente lasciare ci su cui
si appoggia, il desiderio sempre una vittoria parziale,
non solamente sul corpo dellaltro ma sul proprio corpo.
Se il desiderio sempre desiderio di vincere unesi-
stenza corporale, esso allo stesso tempo sempre moti-
vato dalla necessit di conservarla. Le modalit dellas-
sassinio simulato, i vani sforzi in vista di una strumen-
talizzazione completa, i tentativi costanti di espulsione
del corpo che abbiamo e che siamo, tutto questo ci rinvia
allobbligo dellessere legati (the bind of being bound).
Essere duplicati non dunque n una disfatta n una
vittoria totale ma la ripetizione, senza fine e senza esito,
dellespulsione del corpo in seno alla sua persistenza.
85
MA COS FORMARE IL CORPO?
Catherine Malabou
88
minciare vorrei riformulare la tua questione, Judith,
in questi termini, che sono i miei (un altro esercizio di
ventriloquio!): possiamo supporre che parlando di for-
ma e di corpo (del corpo considerato come una forma),
Hegel ridefinisca la prefigurazione concettuale del s
come essa viene definita da Foucault? Pi precisamen-
te: possiamo supporre che, con il nome di plasticit,
Hegel descriva ante litteram ci che Foucault presenta
come stilizzazione o trasformazione di s? La conce-
zione foucaultiana della stilizzazione di s, sviluppata
in particolare in Lermeneutica del soggetto, veramente
differente dalla concezione hegeliana della plasticit dei
corpi2?
Anche se Foucault rigetta in maniera decisa la dialet-
tica, non potremmo considerare le sue definizioni della
trasformazione di s molto simili alla problematica he-
geliana della cultura e della formazione? Leggere Hegel
insistendo sulle nozioni di modellamento, di forma, di
acquisizione o di dissoluzione della forma, accordando
alla plasticit un privilegio ontologico (il riconoscimen-
to del primato dellattivit formatrice sullessere), non
significa forse essere inclini a considerare che la cultura
del s, come viene definita da Foucault, gi compresa,
in tutti i suoi aspetti, nella e dalla Fenomenologia dello
spirito, che proprio essa il processo stesso di una fe-
nomenologia dello spirito? In effetti sono stata sempre
colpita, leggendo Lermeneutica del soggetto, proprio
89
nel vedere fino a che punto Foucault fosse, senza dirlo,
vicino a Hegel nella sua descrizione della cura di s,
nellinsieme di pratiche attraverso le quali ci si trasfor-
ma e ci si trasfigura.3
Il corpo e lanima divengono, nelle pratiche di s,
strumenti di cui possiamo godere a piacimento. Gli
esercizi consistono nel modellarli come dei materiali
duttili. Foucault postula la necessit che il soggetto si
modifichi, si trasformi, cambi posizione, divenga cio in
una certa misura e fino a un certo punto, altro da s, per
avere il diritto di accedere alla verit.4
Non siamo quasi di fronte allaffermazione della Fe-
nomenologia dello spirito secondo cui il soggetto non
unistanza fissa e passiva, che riceve da fuori i suoi
accidenti, ma piuttosto una forza plastica, che riceve in
qualche modo attivamente la forma? Non riesco a non
essere sensibile ai toni hegeliani delle analisi di Foucault.
Infatti, ne Lermeneutica del soggetto, Foucault non di-
sconosce questa strana filiazione, che mette, al centro
della genesi della soggettivit, la relazione tra verit e for-
mazione della forma.5
Mi sembra, Judith, che quando ti confronti con Fou-
cault sulla resistenza, sul distacco e sul ri-attaccamento,
forse non precisi abbastanza la differenza fra la conce-
zione hegeliana e quella foucaultiana della formazione
di s e del modellamento del corpo. Anche se Foucault
rifiuta di vedere in Signoria e servit larchetipo di
ogni assoggettamento, mi sembra che si possa, esage-
rando un po, considerare a posteriori questo passaggio
3 Ivi, p. 13.
4 Ivi, p. 17.
5 Ivi, notare il riferimento a Hegel, p. 25.
90
della Fenomenologia come un capitolo della Storia della
sessualit, o come una prefazione al testo Quest-ce que
la critique?.6 In questo testo, Foucault mostra come il
soggetto sia costituito e formato da una serie di norme di
regolamentazione che esso interpreta a modo suo, e che
egli stesso forma come risposta. Lasservimento e la
pratica della libert sono entrambi, lo ripetiamo nuo-
vamente, chiamati in causa nellassoggettamento.
Ora, tu difendi lidea che si possa essere asserviti attra-
verso la pratica della libert stessa, e dunque reintrodu-
ci il punto di vista hegeliano (alienazione), e freudiano
(sublimazione) nella considerazione foucaltiana del
s. Ma lasci da parte la questione della plasticit
di questo s.
Condivido la tua comprensione della forma. Sono
perfettamente daccordo nel dire che: a) la forma stes-
sa non qualcosa di semplice, qualcosa che potrebbe
essere assimilata a unistanza fissa e immobile. Le for-
me vengono allessere (emergono, dice Hegel) e se
ne allontanano (il loro essere esplode); b) la forma
cos presa nel doppio movimento della propria conser-
vazione e della propria perdita; c) il corpo stesso com-
porta un processo di formazione e dissoluzione. Lho
ricordato, la plasticit designa proprio questo doppio
movimento. Semplicemente, nella tua analisi, non si
vede esattamente quale sia la differenza tra la compren-
sione hegeliana della plasticit e la concezione foucaul-
tiana della formazione o stilizzazione di s. o non la
91
stessa cosa, e Foucault avrebbe forse accettato di parlare
del corpo in termini di plasticit?
Esistono tuttavia molte discrepanze tra i due pen-
satori. Va ricordato che per Foucault la critica uno
strumento di libert rispetto alla signoria. In questo
senso, la critica legata alla virt. Il soggetto, auto-
criticandosi, si libera dai suoi pregiudizi e dalle sue
tendenze al controllo. Sembra quindi che il soggetto
foucaultiano, per la sua dimensione critica, possa sem-
pre essere consapevole del tipo di trasformazione in cui
si trova coinvolto. Anche se non in grado di dirigere
questa trasformazione, pu comunque farsene unidea,
esserne coinvolto volontariamente e farne un processo
virtuoso, un processo di cura di s. Il s foucaul-
tiano sembra essere costantemente auto-affetto dalla
propria forma, anche se non conosce la propria forma a
venire. Il s stesso si auto-affetta nel formarsi. Questa
la base dellesercizio della saggezza. In ogni caso, il s
non si perde, legato a se stesso, attaccato, in effetti,
non fosse altro che per la relazione critica che mantiene
con se stesso.
Ripetizione, esercizi, pratica, modellamento di s,
fanno s dunque che la soggettivit si raccolga intorno
a se stessa. Il momento plastico della dissoluzione e
dellesplosione non appaiono, mi sembra, neppure nel
distacco dai piaceri.
Si capisce perci come mai Hegel fosse cos diffidente
rispetto alla critica! La critica infatti non perde il con-
trollo di se stessa. La soggettivit critica sempre affetta
dalla formazione del proprio corpo. Ecco perch, come
Hegel illustra con grande forza, la critica non pu mai
essere qualcosa di diverso da unautocritica del soggetto.
92
per essenza legata, attaccata al me di cui essa mar-
ca proprio lauto-attaccamento. Certamente, lattivit
critica, come Kant ha dimostrato, anche unattivit
dissolvente che, al pari di unanalisi, scioglie, separa in
elementi, frammenta e decostruisce lautosufficienza. A
ci, Hegel ha risposto che questa dimensione negativa
della critica non mai abbastanza radicale, abbastanza
lesiva da distruggere la struttura dellauto-affezione se-
condo la quale il soggetto sempre compreso come un
me o un io, un soggetto individuale, un soggetto
che si critica. La struttura dellauto-affezione, dellauto-
attaccamento, implica un rapporto determinato tra me
e laltro, tra la mia anima e il mio corpo, tra la mia at-
tuale forma del corpo e la forma in cui questultima sar
presto trasformata.
Se la nozione di trasformazione di s autentica-
mente critica, esso deve trasformarsi concettualmente
e conflagrare la nozione tradizionale del me. Hegel
il pensatore di questa esplosione, di questa demolizione
del plastico dellio.
Quando lautocoscienza interiorizza la propria condi-
zione finita, mortale, quando comprende che essa non
forma mai che la propria mortalit, che la finitudine
unavventura plastica, si dissolve da se stessa. Il legame
tra la coscienza e il s si disfa. Quando lo spirito appare,
la coscienza scompare e con essa il tu e il me. Nes-
suno pu pi dire che tu sia il mio corpo, perch non
c pi io n tu, n esiste pi neppure un mio cor-
po. Il sapere assoluto, separato per sempre dalla forma
dellauto-affezione, espone un corpo anonimo e senza
ermeneutica. Ancora, il significato del disfacimento
finale che ha luogo nel sapere assoluto, lAufgeben:
93
abbandono, lasciare andare, slegami!. Il s che si
trasforma quindi non coincide mai con se stesso, diven-
ta estraneo al proprio corpo cos come al proprio me.
La trasformazione di s un etero-affezione.
La plasticit dunque il doppio movimento di at-
taccamento a s e il distacco estatico da questo attac-
camento. capace il soggetto foucaultiano di un tale
distacco esplosivo nei confronti di se stesso? Non resta
irragionevolmente e ostinatamente attaccato alla pro-
pria trasformazione?
94
UN CHIASMO TRA NOI,
MA NON UNO SCISMA1
Judith Butler
2 S. Freud, Zur Einfhrung des Narzimus (1914), tr. it. di Renata Co-
lorni, Introduzione al narcisismo, 1914, Boringhieri, Torino 1976.
96
dere lattaccamento a s come pi insormontabile o pi
assoluto del distacco da s. Ma vorrei sviluppare altri
due punti in questo contesto.
In primo luogo, se non possiamo completamente
sfuggire n allattaccamento n al distacco, allora forse
vediamo apparire un chiasmo che d forma, in qualche
modo, al problema della vita. Questa figura del chiasmo
potrebbe essere importante, potrebbe in realt essere
la forma ultima, perch suggerisce che attaccamento e
distacco sono entrambi vincolati dalla vita, proprio
dove si eccedono e si oppongono uno allaltro. In altre
parole, esiste una zona di incontro e repulsione, che po-
trebbe anche chiamarsi la vita del corpo, e che consiste
nel movimento opposto di una propulsione verso e via
dallautoconservazione come tale. Ci permetterebbe a
qualcosa come la pulsione di morte di entrare nella
nostra concezione della vita in Hegel; essa distingue-
rebbe Hegel da Spinoza e dai suoi lettori pi spinozi-
sti, e metterebbe la tensione irriducibile tra questi due
movimenti (attaccamento e distacco) al centro di una
rinnovata concezione della vita stessa.
In secondo luogo, in Hegel come anche in Foucault,
impossibile attaccarsi a s senza mediazione, e lat-
taccamento a s, pertanto, non pu funzionare n come
base metafisica n come forma di certezza di s. La no-
zione di vita in gioco in questo attaccamento non prece-
de la sua formulazione linguistica e sociale: la socialit
condiziona e interrompe ogni relazione pur apparente-
mente intima che io possa avere con la mia esistenza.
Questo non significa che qualsiasi rapporto con la mia
esistenza sia riflessivo o cosciente, perch le condizioni
sociali e linguistiche attraverso le quali divengo coscien-
97
te di me stesso non mi sono completamente accessibili;
e non posso neanche comprendere riflessivamente tut-
to lambito dei processi storici che condizionano la mia
soggettivit e tutte le relazioni che essa presuppone.
A mio avviso, la critica non una pratica che pro-
viene da uniper-riflessivit, ma lincontro necessario
con il limite che rende possibile qualsiasi conoscenza.
La definizione ontologica classica del s raggiunge
qui precisamente il suo limite; esso non pu pi essere
concepito come originariamente attaccato a s: piut-
tosto attaccato a un futuro, che si definisce attraverso
la sua relazione negativa con ci che esiste. Quello che
mi interessa di pi in Foucault la maniera in cui con-
cepisce tali limiti come discorsivi, istituiti da modi di
razionalit e di potere storicamente variabili. Se la criti-
ca una virt, allora forse quella del coraggio richiesto
per lesercizio della libert che sfida i limiti dei modelli
di intelligibilit definendo chi sar un soggetto degno
di riconoscimento e chi non lo sar. Vorrei aggiunge-
re che la critica comporta il rischio e persino la perdita
di questa forma di riconoscibilit che rende possibile
lattaccamento al s: come posso essere attaccato a me
stesso se non so ancora quale s io sto divenendo o posso
divenire? Essere attaccato a s, pertanto, significa essere
attaccato a ci che ancora non sono e che ancora non
posso conoscere, a ci che non posso mai interamente
conoscere.
Naturalmente, il tuo modo di connettere il problema
della forma allidea di plasticit pi che pertinente.
Mi domando se la plasticit corrisponda a una specifica
ontologia o piuttosto se, secondo te, essa eccede sempre
lontologia. Com possibile? Se la finitudine un pro-
98
cesso plastico, come tu ritieni, se la dissoluzione di s
il risultato di questo processo, allora si pu tornare forse
a questo doppio movimento di attaccamento e distacco,
di persistenza e desistenza, secondo la formula di Derri-
da, per comprendere come la plasticit sia un altro nome
del sapere assoluto. Lalienazione propria del corpo, do-
vuta alla ricezione e donazione della forma implica, nei
tuoi termini, una dissoluzione dellautocoscienza.
Sarei daccordo nel dire che indipendentemente dal
s contingente a cui cerco di legarmi, esso sempre
ecceder e confonder (poich questo s un corpo
vivente) gli sforzi che faccio per questo attaccamento.
un corpo tra gli altri, ma anche un corpo che da questi
altri dipende, nel processo di ricezione e donazione
della forma. Se il s-corpo si lega a se stesso a prescinde-
re dagli altri, allora non in grado di vivere; se si distacca
completamente da se stesso, segue unaltra via verso la
morte. Questi due spettri della non-vita costituiscono
la vita propria. Pertanto, ci che persiste nellessere, si
potrebbe dire, non la costanza, e nemmeno lattacca-
mento a s, ma un movimento di repulsione interna: la
forma instabile di un essere legato/non legato, senza
risoluzione n armonia.
In questo senso, sarebbe forse meglio interpretare il
nostro disaccordo come un chiasmo costitutivo del testo
di Hegel. Un intreccio di movimenti che si attirano e si
respingono. Figura dellintersezione, che non unim-
magine stabile o certa; tale sembra essere, se il corpo
in forma, la forma del corpo.
99
FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
(ESTRATTO)1
G. W. F. Hegel
104
entro se stessa. In primo luogo, infatti, rimuovendo il
proprio essere-altro, lautocoscienza diviene nuova-
mente uguale a s e riottiene quindi se stessa. In secon-
do luogo, per, essa cos restituisce laltra autocoscienza
nuovamente a se stessa; prima, infatti, lautocoscienza
era s in questaltra, e poich adesso rimuove il proprio
essere nellaltra, rende questultima nuovamente libera.5
[110] Tuttavia, questo movimento dellautocoscienza
nel rapporto con unaltra autocoscienza, stato fin qui
rappresentato solo come lattivit6 di una delle due auto-
coscienze. Questa attivit delluna, dunque, ha anches-
sa il duplice significato di essere tanto attivit propria
quanto attivit dellaltra. Laltra autocoscienza, infatti,
altrettanto autonoma e chiusa entro s, e non c nulla
che non faccia da se stessa. La prima autocoscienza non
ha pi dinanzi a s loggetto del desiderio, ma un ogget-
to che autonomo ed essente per s; su questo oggetto,
pertanto, lautocoscienza non ha per s nessun potere, a
meno che loggetto non faccia in se stesso proprio quello
che lautocoscienza intende farne.
Il movimento, dunque, puramente e semplicemen-
te il movimento duplice delle due autocoscienze. Cia-
scuna vede laltra fare la stessa cosa chessa fa; ciascuna
fa quello che esige dallaltra, e quindi fa quello che fa,
soltanto perch laltra fa lo stesso. Unattivit unilaterale
105
sarebbe inutile, perch ci che deve accadere pu realiz-
zarsi solo mediante il fare identico di entrambe.
Il fare, dunque, non ha soltanto il doppio senso di
essere tanto rispetto a s quanto rispetto allaltro, ma
ha anche laltro doppio senso per cui esso , inseparabil-
mente, tanto il fare delluno quanto il fare dellaltro.7 In
questo movimento rivediamo, stavolta allinterno della
coscienza, lo stesso processo prima presentatosi come
gioco delle forze. Ci che l era per noi, adesso per gli
estremi stessi. Il termine medio lautocoscienza, la
quale si scompone negli estremi; ciascun estremo lo
scambio della propria determinatezza, un passaggio
assoluto nellestremo opposto. Essendo per coscien-
za, ciascun estremo passa fuori di s, e tuttavia nel suo
essere-fuori-di-s8 a un tempo trattenuto entro s,
per s; e il suo fuori-di-s per lestremo stesso. Ades-
so per ciascuno estremo il fatto di essere e non essere
immediatamente unaltra coscienza; e, analogamente,
per ciascuno estremo che questo altro sia per s solo
quando, rimuovendo se stesso come essente-per-s,
per s nellessere-per-s dellaltro. Rispetto allaltro, cia-
scun estremo il termine medio grazie a cui si media e
si conclude sillogisticamente con se stesso. Rispetto a
s e allaltro, ciascun estremo unessenza immediata
essente per s, la quale, a un tempo, per s solo grazie
106
a questa mediazione. I due estremi si riconoscono come
reciprocamente riconoscentisi.9
dunque giunto il momento di prendere in conside-
razione questo concetto puro del riconoscimento, della
duplicazione dellautocoscienza nella sua unit, cos
come il suo processo si manifesta per lautocoscienza.
Inizialmente, questo concetto presenter il lato della di-
suguaglianza delle due autocoscienze, cio il passaggio
del termine medio negli estremi; ciascuno di questi, in
quanto estremo, si contrappone allaltro: un estremo
solo riconosciuto, laltro, invece, riconosce soltanto.10
107
dal carattere del negativo. Laltro, per, anchesso
unautocoscienza. Un individuo sta di fronte a un altro
individuo.
In questa giustapposizione immediata, gli indivi-
dui sono luno per laltro come degli oggetti qualsiasi.
Sono figure autonome, coscienze immerse nellessere
della vita (infatti, lessere delloggetto si venuto qui
determinando come vita): non hanno ancora compiuto,
luna per laltra, il movimento dellastrazione assoluta,
il quale movimento consuma e distrugge ogni essere
immediato e costituisce soltanto il puro essere negativo
della coscienza uguale a se stessa. In definitiva, nessuna
di queste due coscienze si ancora presentata allaltra
come puro essere-per-s, cio come autocoscienza.12
Ciascuna autocoscienza certa di se stessa, ma non
dellaltra. Questo significa allora che la propria certezza
di s non ha ancora alcuna verit. La verit di questa cer-
tezza, infatti, ci sarebbe solo se lessere-per-s dellauto-
coscienza le si fosse presentato come oggetto autonomo,
qualora cio loggetto si fosse presentato come questa
autocertezza pura. Ora, sulla base del concetto del rico-
noscimento, ci possibile solo quando ciascuno degli
oggetti, per laltro, compie in se stesso lastrazione pura
dellessere-per-s13 mediante il proprio fare e, di nuovo,
mediante il fare dellaltro.
108
La presentazione di s nella qualit di astrazione pura
dellautocoscienza, invece, consiste nel mostrarsi come
negazione pura della propria modalit oggettiva, cio
nel mostrare di non essere legato a nessuna esistenza
determinata, n alla singolarit universale dellesistenza
in generale, in altre parole: consiste nel dimostrare di
non tenere alla vita.
Questa presentazione un fare duplicato: fare dellal-
tro e fare da se stesso. Nella misura in cui si tratta del
fare dellaltro, ciascuno tende dunque alla morte dellal-
tro.14 Ma in ci gi dato anche il secondo fare, il fare da
se stesso, in quanto il fare dellaltro comporta la messa
a rischio della propria vita. Il rapporto tra le due auto-
coscienze, dunque, si determina come un dar prova15 di
s, a se stesso e allaltro, mediante la lotta per la vita e la
morte.
La necessit di questa lotta risiede nel fatto che cia-
scuna autocoscienza deve elevare a verit, nellaltra e in
se stessa, la propria certezza di essere per s. Ed sol-
tanto rischiando la vita che si mette alla prova la libert;
solo cos si dimostra che lessenza dellautocoscienza
non lessere, n la modalit immediata in cui lautoco-
scienza stessa entra in scena, n, infine, la sua immer-
sione nellespansione della vita: cos si dimostra che in e
per lautocoscienza sono dati unicamente dei momenti
dileguanti, e che essa soltanto puro essere-per-s.
109
Lindividuo che non ha messo a rischio la propria vita
potr pure essere riconosciuto come persona,16 ma non
avr raggiunto la verit di questo riconoscimento, non
verr cio riconosciuto come unautocoscienza autono-
ma. Parallelamente, quando mette a rischio la propria
vita, ogni individuo deve tendere alla morte dellaltro
proprio perch ritiene di non valere meno dellaltro.
Lindividuo vede presentarsi dinanzi la propria essenza
come un altro, e ci significa che lindividuo fuori di
s; esso deve allora rimuovere questo essere-fuori-di-s.
Laltro una coscienza essente e variamente coinvolta
[112] nel processo vitale: lindividuo deve allora intuire il
proprio essere-altro come puro essere-per-s, cio come
negazione assoluta.
Mediante la morte, tuttavia, questa prova rimuove
tanto la verit che doveva scaturirne, quanto lautocer-
tezza in generale. Infatti, come la vita la posizione na-
turale della coscienza, lautonomia senza la negativit
assoluta, cos la morte la negazione naturale della co-
scienza, la negazione senza lautonomia: tale negazio-
ne, dunque, non ha quel significato del riconoscimento
di cui siamo alla ricerca. Mediante la morte certamen-
te risultata la certezza che ciascuna autocoscienza, met-
tendosi a rischio nella lotta, ha disprezzato la propria
vita e la vita dellaltra; questa certezza, per, non di-
venuta tale per coloro che hanno sostenuto la lotta. Essi
rimuovono la loro coscienza posta in questa essenzialit
estranea che lesistenza naturale, rimuovono cio se
110
stessi e, a un tempo, vengono rimossi come estremi che
vogliono essere per s. In questo modo, per, dal gioco
dello scambio dilegua proprio il momento essenziale,
quello della scomposizione in estremi con determi-
natezze opposte; e il termine medio sprofonda in una
morta unit che si scompone in estremi morti, mera-
mente essenti e non opposti. Nessuno dei due estremi si
concede allaltro ed disposto ad accoglierlo mediante
la coscienza, ma lo lascia piuttosto in una libert solo
indifferente, come fosse una cosa. La loro attivit la
negazione astratta, non la negazione della coscienza, la
quale invece rimuove in modo tale da conservare e man-
tenere il rimosso, e con ci questultimo sopravvive al
proprio venire-rimosso.17
Ora, nel corso di questa esperienza, lautocoscien-
za apprende che la vita le tanto essenziale quanto
lautocoscienza pura. Nellautocoscienza immediata,
loggetto assoluto lIo semplice, il quale, per noi o in
s, tuttavia la mediazione assoluta, e il cui momen-
to essenziale costituito dallautonomia sussistente.
Il risultato della prima esperienza dellautocoscien-
za, invece, la dissoluzione di quella unit semplice.
Adesso sono poste (a) unautocoscienza pura e (b) una
coscienza che non puramente per s, ma per un al-
111
tro, una coscienza, cio, meramente essente, che ha la
figura della cosalit.18
Entrambi i momenti sono essenziali. Inizialmente
essi sono disuguali e opposti, e non si ancora determi-
nata la loro riflessione nellunit. I momenti si presen-
tano dunque come due figure opposte della coscienza:
luna la coscienza autonoma che ha per essenza les-
sere-per-s, laltra la coscienza non-autonoma la cui
essenza la vita, lessere per un altro. Uno il signore,
laltro il servo.
3. Signoria e servit19
112
Il signore si rapporta a questi due momenti: a una
cosa in quanto tale, cio alloggetto del desiderio, e
allautocoscienza cui la cosalit lessenziale. Il signore
si rapporta: a) immediatamente a entrambi i momen-
ti20; b) mediatamente a ciascuno di essi attraverso lal-
tro, in quanto egli stesso ormai a un tempo: a) con-
cetto dellautocoscienza, e perci rapporto immediato
dellessere-per-s;21 b) mediazione, cio essere-per-s
che per s solo mediante un altro.
Il signore si rapporta dunque mediatamente al servo
attraverso lessere autonomo. Il servo, infatti, legato
proprio a questo essere, da cui non ha potuto astrarre
nel corso della lotta e che adesso costituisce la sua ca-
tena: egli si rivelato non-autonomo proprio perch
ha voluto avere la propria autonomia22 nella cosalit. Il
signore, invece, avendo dimostrato nella lotta di consi-
derare lessere autonomo soltanto come un negativo,
la potenza che domina su questo essere. Ora, poich il
signore domina su questo essere, e questo essere a sua
volta la potenza che domina sullaltro, cio sul servo,
ecco allora che la conclusione di questo sillogismo : il
signore domina su questo altro.
113
In parallelo, il signore si rapporta mediatamente alla
cosa attraverso il servo. Anche il servo, infatti, in quanto
autocoscienza in generale, si rapporta negativamente
alla cosa e la rimuove; per lui, per, la cosa a un tem-
po autonoma, ed egli pertanto, pur negandola, non
pu annientarla del tutto: il servo pu solo elaborare la
cosa, trasformarla col proprio lavoro.23 In virt di questa
mediazione del servo, per converso, il rapporto imme-
diato diviene per il signore la negazione pura della cosa,
diviene cio il godimento; e ci che non era riuscito al
desiderio annientare la cosa e appagarsi nel goderne
riesce adesso al godimento del signore. Il fallimento del
desiderio era dovuto allautonomia della cosa; adesso,
invece, inserendo il servo tra la cosa e se stesso, il signore
si conclude sillogisticamente solo con la non-autonomia
della cosa, e quindi ne gode allo stato puro. Il lato dellau-
tonomia della cosa egli lo lascia al lavoro del servo.24
In questi due momenti, per il signore si viene at-
tuando il suo essere-riconosciuto da parte di unaltra
coscienza. Questaltra coscienza, infatti, si pone come
inessenziale, una volta, nellelaborazione della cosa, e,
unaltra volta, nella dipendenza da unesistenza deter-
minata. In nessuno dei due momenti, dunque, questa
114
coscienza pu dominare sullessere e pervenire alla ne-
gazione assoluta.
Qui dunque dato quel momento del riconosci-
mento in cui laltra coscienza rimuove se stessa come
essere-per-s e fa la stessa cosa che la prima coscienza fa
verso di essa. A un tempo, dato anche laltro momento,
quello cio in cui il fare della seconda coscienza il fare
proprio della prima: ci che fa il servo, infatti, propria-
mente il fare del signore. Il signore soltanto lessere-
per-s, lessenza, la pura potenza negativa agli occhi
della quale la cosa non nulla, e il suo dunque un fare
puro ed essenziale allinterno di questo rapporto; il fare
del servo, invece, non puro, ma inessenziale.
Al riconoscimento vero e proprio, tuttavia, manca il
momento in cui ci che il signore fa verso laltro, lo fa
anche verso se stesso, e ci che il servo fa verso se stes-
so, lo fa anche verso laltro. Mancando questo momen-
to, pertanto, sorto un riconoscimento unilaterale e
disuguale.25
[114] Per il signore, in tal modo, la coscienza inessen-
ziale loggetto che costituisce la verit della certezza di
se stesso. chiaro, per, che questo oggetto non corri-
sponde affatto al suo concetto. Proprio quando il signo-
re si realizza compiutamente come signore, egli vede
dinanzi a s tuttaltro che una coscienza autonoma, ma
115
piuttosto una coscienza non-autonoma. Il signore, dun-
que, non certo dellessere-per-s come verit, al con-
trario: la sua verit la coscienza inessenziale e il fare
inessenziale di questa coscienza.
Di conseguenza, la verit della coscienza autonoma
la coscienza servile. Certo, questa appare inizialmente
fuori di s e non come la verit dellautocoscienza. Come
per la signoria ha mostrato che la sua essenza proprio
linverso di ci che la signoria stessa vuole essere, cos
anche la servit, una volta compiuta, diventer il con-
trario di ci che immediatamente. Tornata al proprio
interno come autocoscienza risospinta entro s, la ser-
vit si trasformer allora nel proprio rovescio, e diverr
la vera autonomia.
116
te, cio del signore assoluto. In questa angoscia, la co-
scienza stata intimamente dissolta, ha tremato fin nel
suo pi remoto recesso, e tutto quanto cera in essa di
fisso stato scosso. Questo puro movimento universa-
le, questo assoluto divenire-fluida di ogni sussistenza,
per, appunto lessenza semplice dellautocoscienza,
la negativit assoluta, il puro essere-per-s: ecco perch
la coscienza servile ha tutto ci in se stessa.26
Daltra parte, come abbiamo visto, il momento del
puro essere-per-s anche per la stessa coscienza servi-
le, in quanto essa lo ha come oggetto nel signore. La co-
scienza servile, inoltre, non soltanto dissoluzione uni-
versale in generale, ma lo anche realmente, in quanto
il suo servizio compie effettivamente tale dissoluzione.
Il servo rimuove in tutti i singoli momenti il proprio
attaccamento allesistenza naturale, e, lavorandola, la
trasforma e lelimina.27
Il sentimento della potenza assoluta in generale, e in
particolare il sentimento del servizio, invece solo la
dissoluzione in s. Anche se la paura dinanzi al signore
costituisce linizio della saggezza, la coscienza qui per
essa stessa, ma non ancora lessere-per-s.28 In realt,
la coscienza giunge a se stessa mediante il lavoro.
Nel momento corrispondente al desiderio nella co-
scienza del signore, sembrava che alla coscienza servile
117
spettasse il lato del rapporto inessenziale verso la cosa,
poich in tale rapporto la cosa mantiene la propria auto-
nomia. Il desiderio si riservato [115] la pura negazione
delloggetto, e quindi lintegrit del sentimento di s. Tut-
tavia, mancandogli il lato oggettivo, cio la sussistenza,
questo appagamento anchesso soltanto un dileguare. Il
lavoro, invece, desiderio tenuto a freno, un dileguare
trattenuto, e ci significa: il lavoro forma, coltiva.
Il rapporto negativo verso loggetto diviene adesso
forma delloggetto stesso, e diviene qualcosa di perma-
nente, proprio perch loggetto ha autonomia agli occhi
di chi lo elabora. Questo termine medio negativo, cio
lattivit formatrice, costituisce nello stesso tempo la
singolarit, il puro essere-per-s della coscienza: con
il lavoro, la coscienza esce fuori di s per passare nell
elemento della permanenza. In tal modo, dunque, la
coscienza che lavora giunge a intuire lessere autonomo
come se stessa.29
Lattivit formatrice, comunque, non ha soltanto
questo significato positivo per cui la coscienza servile,
in quanto puro essere-per-s, diviene qui a se stessa les-
sente. Il formare ha anche un significato negativo rispet-
to al primo momento, il momento della paura. In effetti,
formando la cosa, la coscienza vede divenire suo oggetto
la propria negativit, il proprio essere-per-s, solo per-
ch essa rimuove la forma essente opposta. Ora, questo
negativo oggettivo proprio quellessenza estranea di-
29 Questo testo contiene una filosofia del desiderio e del lavoro che
Hegel ha sviluppato nei sui lavori di Jena. Cfr. in particolare: Sy-
stem der Sittlichkeit, W., VII, pp. 425 a 432 e i corsi sulla filosofia
dello spirito W., XIX, p. 220; XX, p. 197. Nel lavoro si realizza una
prima unit della coscienza teoretica con la coscienza pratica.
118
nanzi a cui la coscienza servile ha tremato; adesso, in-
vece, la coscienza distrugge tale negativo estraneo, pone
se stessa come negativo permanente e diviene quindi,
per se stessa, un essente-per-s.30
119
paura resta solo formale e non si riversa sullesistenza
reale consapevole. Senza lattivit formatrice, la paura
resta interiore e muta, e la coscienza non diviene per se
stessa. Inoltre, se la coscienza si mette a formare senza
prima aver provato quella paura assoluta, allora il suo
senso proprio resta vano; in tal caso, infatti, la sua for-
ma, cio la sua negativit, non la negativit in s, e la
sua attivit non pu quindi procurarle la consapevolez-
za di s come essenza.33
In definitiva, se la coscienza non ha sofferto la paura
assoluta, ma solo qualche angoscia particolare, allora
lessenza negativa le rimasta solo esteriore e non ha
pervaso intimamente la sua sostanza. Se non viene fatto
vacillare ogni elemento che riempie la coscienza natu-
rale, allora questa coscienza appartiene ancora, in s,
allessere determinato, e il senso proprio ostinazione,34
cio libert [116] ancora irretita nella servit. Nel caso
dellostinazione, la forma pura non pu divenire essen-
za, n tantomeno, considerata come espansione che
oltrepassa la singolarit, pu essere formazione univer-
sale, Concetto assoluto; nellostinazione, la forma al
massimo unabilit particolare che ha potere soltanto su
qualcosa di singolare, ma non sulla potenza universale e
sullintera essenza oggettiva.
120
Finito di stampare
nel mese di ?? 2017
da Digital Team - Fano (Pu)