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CORPI GUARDATI


Cos il corpo nella pittura, per la pittura (e nelle arti plastiche in generale)?

Il corpo , esso stesso, lorigine della pittura. Il corpo consiste nel fatto che noi sappiamo
presentare la nostra immagine. La nostra immagine, ovvero noi stessi: io sono presente al
mondo solo tramite il mio corpo. I miei pensieri, i miei sentimenti non si esprimono o non si
rivelano se non tramite il mio corpo. Io penso con la mia parola e parlo con la mia bocca. Io
provo uninquietudine e questa emozione stringe la mia gola o il mio stomaco. Io non esisto
che secondo questa materialit, che non ha niente di materiale opposto alla supposta
sostanza spirituale di un soggetto, ma che non altro che lesposizione, la presentazione, la
manifestazione di ci che io posso certamente comprendere come una interiorit o una
intimit, ma che pu essere tale solo perch essa pu esporsi, offrirsi agli altri. E daltronde,
gli altri non sono solamente gli altri umani. Gli altri animali, nondimeno, se non pure i
vegetali o i minerali, tutti insieme e tutti intorno a me, con i miei congeneri, sono ci a cui il
mio corpo si presenta e con cui pu entrare in contatto.

Il contatto, qui, non deve essere limitato al toccare. Esso designa tutte le forme di rapporto.
Un corpo una possibilit di rapporti. Tocca, guarda, sente ma soprattutto si sa, esso stesso,
toccato, guardato, sentito, ecc. Io sento il mondo e mi sento sentito da tutte le parti da tutti gli
elementi del mondo.

Il mio corpo non dunque un involucro esterno sotto il quale io esisterei in modo
indipendente. Esso non affatto un involucro: lo sviluppo di questo punto singolare che si
designa come qualcuno. Senza questo sviluppo, il punto resterebbe limitato alla propria
esistenza di punto, che senza dimensione e (dunque) inesistente. In questo sviluppo, il punto
si fa linea e volume, contorno, statura, andatura, figura.




[Roger de la Fresnaye, Alice au grand chapeau]

esattamente questo che il corpo sa : esso si sa come linea, tratto, tracciato, sagoma,
atteggiamento, tenuta e quindi modalit, maniera, tono, aspetto. Il corpo aspectus nel doppio
senso che il termine poteva assumere: latto di guardare o il fatto di essere guardato. Questi
due sensi sono daltronde legati nel nostro termine aspetto: [laspetto] che nomina il modo
in cui qualcosa o qualcuno si presenta allo sguardo, e anche pi precisamente a un tale o tal
altro sguardo determinato (qualcuno si mostra o anche guardato sotto tale o tal altro
aspetto).

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Aspetto: come qualcosa si presenta ci che implica al tempo stesso essere visti dallaltro e
come ci si propone alla vista dellaltro un proporsi allo sguardo consapevole o
inconsapevole, o piuttosto, bisognerebbe dire, un proporsi operato da me di ci che laltro
avvista in me, su di me, questo senso del mio essere-esposto allaltro e dessere visto,
guardato, in una modalit che resta per me sempre estranea e che nello stesso tempo ritorna su
di me e mi attira ad essa o contro essa, attrazione o repulsione ci costituisce precisamente
linconscio: il corpo linconscio, ovvero il rapporto al mondo.

Tutte le immagini provengono da l, da questimmagine che precede ogni immagine che
limpossibile immagine di me. In altre parole, limmagine di una forma figura, statura,
andatura che per me resta sempre lettera morta.

Letteralmente ci di cui solo la mia morte dar una somiglianza compiuta divenendo allora
somiglianza di ci che presto non somiglia pi a niente. Se limago limmagine del morto
presso i Romani, effige sacra conservata sullaltare di famiglia, allora ogni immagine
innanzitutto immagine del proprio corpo morto, del corpo che precede se stesso e cos come
appare, cos come si d a vedere non sapendo nulla, non vedendo nulla di ci che esso d a
vedere, ma vedendo, esso medesimo, che visto dagli altri e non vedendo nientaltro che
questo, che niente.

Lo specchio, il riflesso non per niente un sostituto di questa figurazione o messa in
immagine operata dagli altri sguardi, poich lo specchio mi mostra soltanto come io mi
mostro a me stesso, cio non solo invertito nello spazio, ma in scarto rispetto a me e in ritorno
presso di me, ci che precisamente la condizione impossibile del corpo. Lo specchio mostra
come una sorta di scorticatura, di ritorno vivo e subito perso pi morto del morto: vetrificato
nella sottile profondit inconsistente del riflesso.


[Pistoletto, Il disegno dello specchio, 1979]


Limmagine al contrario, [cio limmagine dello specchio] disegno, pittura, scultura, foto,
mostra me stesso a me stesso cos come io mi conosco, cio cos come io mi sento, cos come
un altro si sente in me visto, avvistato, guardato dallaltro. Da un altro uomo o da un altro
essere. Gli animali dipinti sulle pareti delle grotte e tra i quali non si vedono nessuno o
pochissimi uomini non sono altro che altri sguardi che luomo mentre dipingeva sentiva posati
su di s: nel medesimo tempo questo bisonte mi guarda, poich anchesso , come me, un
io che guarda, e mi vede bisonte poich in esso che io mi vedo essere visto.

Limmagine, la pulsione dimmagine degli uomini risponde a questo: noi siamo sempre in
uno sguardo relazionale [en regard]. Questa espressione che significa di fronte o viso
contro viso - tutte espressioni costruite sul viso e la visione sta a indicare qui che siamo
sempre nel doppio sguardo che da una parte il nostro, dallaltra parte quello di chi ci
guarda e al quale il nostro sguardo indirizza sia la sua messa a nudo, sia la sua intensit visiva.
Io sono visto vedendo, voglio vedermi visto, voglio divenire vedente del mio essere-visto.

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Limmagine la traccia di una vista che ogni volta avvista e visiona limpossibile:
linaccessibile essere in relazione al mondo [en regard] in cui il mondo mi vede guardare.
sempre lo sguardo che viene abbagliato da se stesso Lo sguardo che ritorna a s
dallinaccessibile fuori in cui andato a perdersi. Il mio sguardo ritorna a me come la mia
visione di un altro che porta alla luce la vista da fuori sulla mia propria vista: come essa si
apre, si spalanca, si abbaglia, si acceca.



[Picasso, Figura]


I corpi umani si vedono come umani, nel senso in cui lintendiamo - vale a dire nel senso
della conformazione e dell'anatomia della specie animale homo sapiens sapiens, solo nelle
culture in cui il corpo considerato come tale. Come sappiamo vi sono delle culture intere in
cui sono presenti altri modi per designare le immagini [del corpo]: altre funzioni o altre
pulsioni del corpo, altre immagini, dunque, in cui i corpi sono innanzitutto forze, segni,
pensieri, operazioni.

Ma nelle culture per le quali il corpo avvistato come corpo della specie, la
rappresentazione di questa morfologia viso, busto e ventre, membra immediatamente
compromessa se non confusa con le esigenze di unintenzione che tuttaltra rispetto
allintenzione zoologica. La mimesis attraversata dalla ricerca di qualcosa daltro rispetto
alla conformit di un quadro rappresentativo. N i corpi dalla statuaria greca, n quelli della
pittura cinese dellepoca degli Han sono delle rappresentazioni: essi formano delle immagini
generate da intenzioni ogni volta proprie di una cultura nella quale il corpo del vivente
avvistato si sente avvistato, desidera essere avvistato secondo tale o tal altro aspetto: esso
grazia quella grazia, ogni volta differente, quella curva greca, quellondulazione cinese o
forza, tensione, desiderio, prestanza. Diventa il modello di quello di cui precisamente
crediamo ne vorrebbe essere la rappresentazione.

Quando, ben pi tardi, la civilt sembrer tornare verso la rappresentazione inventando la
fotografia, che inizialmente si lascia pensare come riproduzione fedele dellimpressione
luminosa dunque visibile , lintenzione visiva dei fotografi anche immediatamente
anchessa avvistamento dellavvistamento attraverso il quale il corpo afferrato, toccato,
sentito, avvicinato; la ripresa fotografica accentua anche il rapporto di ci che offerto alla
vista la foto con lintenzione che lha prodotta, perch esibisce, in qualche modo, il clic
dellocchio, gesto istante dello scatto, attraverso il quale lobiettivo si apre e si chiude. In
questo scatto, se sono io il fotografo, il mio occhio si vede, si sente e persino si commuove
del fatto stesso che il mio sguardo che si raddoppia e si espone in quanto macchina, camera,
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scatola nera in cui si trova messo in visione lo sguardo dellaltro (il suo sguardo o la
sottrazione se non addirittura lassenza del suo sguardo).



[Patellani, Anna Magnani n 88.3.3]

Quindi, il corpo in pittura sempre rivolto su verso se stesso, verso se stesso. sempre corpo
che si avvista, che si cerca, che si desidera e si teme in quanto quellassolutamente
inconoscibile, quellinvisibile nascosto non soltanto dietro una camera o pennelli e matite, ma
ancora pi nascosto dietro se stesso, inaccessibile nella profondit senza dimensione di cui il
corpo la messa in vista.

per questo che il corpo in pittura sempre pittura di unintensit di sguardo: non solo
lintensit degli occhi che a volte si perdono allinfinito fuori della cornice dellimmagine, a
volte vogliono venire a fissarsi dritti nei nostri che li guardano, ma anche lintensit
dellintero corpo, in quanto si sa o si sente dandosi a vedere.

Pu avere coscienza di s senza viso o come viso che non vede nulla davanti a s, ma tutto
allinterno senza spessore della superficie dipinta sulla quale appare. Pu sentirsi tensione o
torsione, estensione, massa invadente o traccia fugace. Ogni volta un gesto del corpo e del
pittore che fa apparire limmagine, cio la presenza vera di quellassente che si proietta verso
se stesso ritornando a s per offrirsi come spettacolo, gioco di tratti o di macchie, disposizione
di ci che effettivamente incorporato nel corpo che dipinge: non si tratta affatto di un corpo
figurato, non affatto una piccola rappresentazione del corpo, poich precisamente il corpo
non si rappresenta a se stesso, ma presenta il fatto che si presenta al fuori. Come si volge al
fuori, come esso questo fuori di me che non ha dentro salvo a farlo venire
nellimmagine, come, in che maniera, su che tono, con quale sfumatura, ecco la posta in gioco
della pittura, dellarte in generale.

Quando Fautrier dipinge My fair Lady - il cui titolo rinvia chiaramente alla commedia
musicale ideata lo stesso anno e che riprende largomento del Pigmalione di Bernard Shaw
pu darsi che egli incorpori, sia dei ricordi visuali della scena sia degli elementi della favola,
la quale racconta come una donna viene trasformata, modellata con una precisa intenzione,
ma ci che forma in realt lopera tutta unaltra scena e un altro modellamento: lo spessore
di materie pesanti (bianco di Spagna, olio), i cui strati visibilmente applicati gli uni sugli altri
coinvolgono la visione di un corpo che allo stesso tempo ondeggia in uno spazio cosmico,
simile a una galassia, e si deposita in sedimenti che la propria densit offre al toccare;
[materie pesanti] che si pressano contro i nostri occhi come un ventre modellato su uno
sguardo molto vicino, proteso su questo corpo, uno sguardo che si vede nel modo in cui un
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ventre pu vederlo posato su di s, letteralmente posato su, fino a diventare la sua pelle. Da
ci deriva che il quadro rappresenta tanto un corpo di donna quanto un occhio, o meglio
ancora, una pura impressione colorata.

[Fautrier, My fair Lady]

Si comprende perch c una storia della rappresentazione del corpo allinterno della storia
dellarte europea: nel movimento che nasce dallepoca della rappresentazione o della
figurazione e che va oltre tutte le posture di uno sguardo guidato dal ritiro degli schemi di
questa figurazione le scene religiose, mitologiche, leggendarie o storiche il corpo non si
aspetta pi di essere visto come il corpo delleroe, del dio o del principe. Esso si cerca come
corpo anteriore a queste figure, esso si raffigura pi immediatamente come corpo di pittore,
come fonte delle immagini. Gi Rembrandt fa sentire questo passaggio attraverso la serie
degli autoritratti: ha inizio un nuovo interesse per le trasformazioni di ci che non pu essere
contenuto in nessuna figura. con Goya che la figura giunge fino alla defigurazione. Ma nel
XIX secolo, si potrebbe dire che il corpo si cerca sempre di pi come sa di essere visto,
avvistato, ricevuto o rifiutato da un mondo che non dispone pi n di figure, n di schemi, ma
che si preoccupa, al contrario, sulla fragilit dei corpi, della loro instabilit se non addirittura
della loro cancellazione. L dove aveva potuto esserci una sorta di trasfigurazione generale in
corpi canonici di prestanza, di santit o di sensualit, si tratta ormai di ispezionare uno
sguardo che innanzitutto si pensa a fior di pelle, esposto a una crudezza di visione che le
forme canoniche non rivestono pi.

Ci non pi realista - come saremmo pronti a dire : pi intimamente immerso in
uninquietudine, in una curiosit e in una interrogazione. Chiediamo meno di vedere come ci
si fa vedere, chiediamo piuttosto come sia possibile venire alla luce, diventare visibili, e grazie
a chi e per chi e come. Linvisibile che certo era sempre in gioco in questa visibilit di s
buca allora la figura e viene in superficie; dimentica, deforma o dissemina non solamente la
figura e il viso, ma latto del guardare e il vedere stessi.



[Annette Messager, Mes voeux, 1988]
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Ecco ci che significa presentarsi, venire al mondo, esporsi, essere e fare segno duna
esistenza; ecco ci che significa dare nascita alle immagini: lasciarle venire dal pi lontano,
dal pi isolato al fondo dello sguardo che cerca se stesso, sapendosi guardato da un mondo
intero provvisto di milioni di apparecchi da vista, di visioni, di video che scavano tutti forse
disperatamente in questa profondit da cui lintimit si eccede essa stessa fino ad aprire in
essa la notte di un universo senza immagini. Pi immagini del mondo, in effetti, pi visioni
del mondo, pi configurazioni disponibili rispetto a ci che vedere vuol dire, e, di
conseguenza, rispetto a ci che essere visto comporta.

Restano, tuttavia, ostinatamente dei corpi che della loro propria notte fanno apparire dei
bagliori di passaggio, cos come essi stessi si percepiscono, passanti incessanti offerti agli
sguardi delle stelle e dei buchi neri, corpi in relazione/guardati dal cosmo.



[Cindy Sherman, United Film Still 54]

Jean-Luc Nancy

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