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Tecnologia e società - nell'era Digitale
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La conoscenza non nasce mai dal nulla, senza lo scambio e la condivisione gratuita di essa non
può esistere produzione culturale
Fotografia e antropologia
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La fisionomica - avente quale oggetto il volto e le varie caratteristiche somatiche che questo
esprimeva.
L'etnografia - ovvero la descrizione della vita, degli oggetti , dei rituali propri di un
determinato popolo.
e proprio grazie alla fotografia era possibile. documentare importanti aspetti in tutti i settori
dell'antropologia.
La fotografia antropometrica:
Proprio perchè la fotografia era ritenuta una copia oggettiva della realtà, si ritenne che da essa
si potessero ottenere dati importanti relativi al corpo umano come l'altezza, la lunghezza degli
arti, il bacino, il torace, la forma della mano delle dita, oltre alle caratteristiche dei capelli, alla
forma della testa, ecc. Quando si pensa alla fotografia antropometrica bisogna immaginare le
procedure effettive mediante le quali gli antropologi erano in grado di giungervi. Ovvero ad una
persona posta in piedi, contro un muro, ricoperta di quel poco che si mostrasse sufficiente per
nasconderne le parti intime, con a fianco un asta metrica capace di restituire con precisione
l'altezza, con le braccia lungo il corpo in modo che fossero ben visibili le manie le dita.
Attraverso questo tipo di fotografia gli specialisti si garantivano importante materiale
documentario su cui esercitare le dovute analisi. Del resto, proprio perchè vennero pubblicate
delle apposite istruzioni su come queste fotografie dovessero essere realizzate, gli antropologi
si assicurarono che queste, da qualsiasi parte del mondo provenissero, a condizione che
fossero realizzate seguendo proprio quelle direttive, potessero essere impiegate per le analisi
comparative.
La fotografia fisionomica:
A differenza della fotografia antropometrica avente per oggetto il corpo intero, quella
fisionomica era indirizzata a riprodurre soltanto le sembianze del volto umano. Secondo vari
studiosi dell'epoca, era proprio studiando analiticamente le forme del volto, e non soltanto
quelle del corpo, che era possibile risalire alle diverse razze. Ed è proprio per il raggiungimento
di questo obiettivo conoscitivo che si ritenne di primaria importanza l'impiego della fotografia
che consentiva di riprodurre le caratteristiche peculiari del volto: le arcate sopracciliari, gli
occhi, la bocca, le orecchie, il mento, gli zigomi, ecc.. Anche in questo caso era possibile
separare il momento della rilevazione da quello dell'analisi in quanto anche in questo ambito le
fotografie fatte pervenire agli antropologi costituivano una importante ed incontrovertibile base
documentaria per teorizzazioni e classificazioni razziali.
La fotografia craniomertica:
Una parte davvero consistente degli studi e delle teorizzazioni circa la classificazione razziale
trovarono un importante punto di convergenza nelle analisi del cranio. È sottoponendo ad una
vasta rigorosa operazione di misurazione il cervello, che sarebbe stato possibile giungere ad
una classificazione razziale. A dire il vero, la pratica più diffusa consisteva nel raccogliere i
teschi e nel farli recapitare ai musei di antropologia, Quando questo non era possibile si
ricorreva alla fotografia. Riproduzioni di crani, inoltre, relativi a "razze" di particolare interesse,
consentivano ai vari studiosi disseminati in Europa di prenderne visione pur non disponendo
direttamente dell'oggetto. Anche in questo caso, pertanto, la fotografia in quanto ritenuta copia
oggettiva della realtà, fungeva da sostituto della realtà stessa.
La fotografia etnografica:
L'antropologia ottocentesca, non sottopose l'uomo soltanto ad una analisi di carattere fisico-
anatomico, ma estese le proprie ricerche alla cultura materiale (abitazioni, oggetti d'uso
domestico, attrezzi di lavoro, armi, ornamenti, ecc..) ai rituali religiosi, magici ecc..
Compatibilmente con le tecniche dell' epoca che consentivano di fotografare soprattutto
soggetti immobili, la rilevazione fotografica venne utilizzata per fini documentari e probatori sul
versante etnografico. Tutto ciò che non era possibile trasportare in patria o spedire ai musei,
come avveniva regolarmente con gli oggetti poco ingombranti, diveniva di competenza della
riproduzione fotografica. Edifici, villaggi, ecc.. che si sottraevano dalla consueta pratica del
raccogli e spedisci, venivano fotografati. Anche riti, festività, momenti vari di coesione sociale e
di attività di gruppo, di caccia, di lavoro ecc. finirono nell'obietivo di una antropologia sempre
più interessata, con il passare degli anni, ad avviare studi sul fronte più specificamente socio-
culturale andandosi sempre più svincolando dalla matrice antropometrica e naturalistica da cui
si era originata.
Tommy
Antropologia visuale
Antropologia visuale
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Che cos'è l'antropologia visuale?
Nello stesso saggio, Mazzacane si sofferma su un impiego ulteriore dei dati visuali, quello
basato sui fotoschemi, definibili come: "sistema integrato di immagini" in cui le fotografie
entrano in relazione le une con le altre. Secondo questa modalità di impiego delle fotografie,
ogni imagine dice qualcosa di per sè, salvo che poi tutte insieme dicano qualcosa in più. Mentre
nel primo caso la riflessione teorica di Mazzacane è protesa a capire cosa, ad esempio di una
ritualità festiva sia restituibile visivamente. In questo caso l'obiettivo è di fissare alcune linee
teoriche che servono per impiegare più fotografie in modo integrato.
Anche lo studioso Francesco Faeta si è occupato di tematiche che afferiscono ad una
definizione teorico-metodologica dell'uso della immagini nella ricerca demo-antropologica. Nel
saggio "strategie dell'occhio", l'antropologo segnala alcuni aspetti che connotano l'immagine di
cui la ricerca demo-antropologica deve tener conto come:
• L'attitudine critica
• Il potenziale apocalittico
• Il coefficiente interpretativo.
Secondo quello detto fino ad ora, notiamo come in questa disciplina dalle mille sfaccettature,
acquistano sempre più importanza gli strumenti di registrazione visuale. E dunque il carattere
teorico-tecnico. dell'antropologia visuale. Cioè lo studio delle modalità attraverso le quali la
documentazione visuale prodotta debba essere archiviata e conservata affinchè le
informazioni siano sempre reperibili e potranno poi, essere successivamente divulgate.
Un'altro aspetto dell'antropologia visuale, è quello di impiegare immagini preesistenti al fine di
risalire ed analizzare secondo quali modalità queste siano state concepite, prodotte ed
impiegate nelle diverse culture e nei diversi contesti sociali.
Nella società post-moderna e multimediale, per esempio, si è diffusa nella popolazione l'utilizzo
di strumenti di registrazione visuale che copre i momenti più disparati della nostra vita
quotidiana (compleanni, matrimoni, gite ecc..). Il fatto di ricorrere alla macchina fotografica o
alla telecamera, nell'intento di riprodurre ad immortalare tutto ciò che è ritenuto degno di
essere ricordato e non disperso. L'antropologia visuale , in questo caso, assume quale proprio
campo di indagine lo studio delle modalità attraverso le quali in determinati contesti storico-
culturali si fa ricorso a mezzi di registrazione audio-visuale. L'obiettivo conoscitivo è quello di
capire cosa sia ritenuto riproducibile visivamente, e quali impieghi di queste immagini venga
fatto.