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Il mito di Pigmalione, oltre a essere uno dei pi raffinati fra quelli narrati nelle Metamorfosi,
costituisce anche un accesso privilegiato per entrare nel multiforme universo creativo di Ovidio e
comprendere il modo originale con cui egli rileggeva la mitologia, conferendole nuova vita. Non
possediamo, purtroppo, attestazioni della leggenda di Pigmalione anteriori a quella ovidiana, ma di
questo personaggio parlarono anche Clemente Alessandrino e Arnobio (due Padri della Chiesa), che
inoltre individuarono in modo esplicito in Filostefano di Cirene la propria fonte comune. Filostefano visse nella prima et ellenistica e fu autore di una raccolta di mirabilia (cio di fatti prodigiosi)
dal titolo Sugli eventi straordinari accaduti a Cipro, opera da cui ha probabilmente attinto lo stesso
Ovidio.
In base alla versione (forse originaria) del mito, Pigmalione, re di Cipro, si innamora perdutamente di una statua davorio raffigurante Afrodite nuda e arriva a un punto tale di follia da congiungersi fisicamente con essa. Lambientazione cipriota ha fatto pensare che si tratti di un mito locale (quindi non greco), a cui si faceva risalire il costume della prostituzione sacra. Tale pratica arcaica, ancora vigente a Cipro e in altre localit dellAsia Minore in epoca ellenistica, non poteva
non risultare eterogenea ed eccezionale a un esponente della cultura greca di allora come Filostefano (che perci inser la vicenda fra i suoi mirabilia, eventi fuori del comune). I due Padri della
Chiesa, invece, se ne servono per mostrare a quale sorta di empiet il culto dei pagani poteva condurre luomo. Clemente, inoltre, alla polemica contro le divinit olimpiche, consueta nella produzione cristiana del tempo, aggiunge anche una severa requisitoria contro larte, accusandola di essere in grado, se praticata ad alti livelli, di riprodurre la realt in modo cos perfetto da ingannare
luomo, sino a fargli perdere il senno.
Lepisodio del re cipriota non rappresenta lunico caso di agalmatofilia (cio, amore per una
statua) documentato dalle fonti antiche: nella Storia varia di Eliano e nei Deipnosofisti di Ateneo
si narra, in pi occasioni, di individui colti da unirresistibile attrazione per un simulacrum. Lo stesso Arnobio racconta di come un giovane di Cnido si fosse acceso di desiderio per una statua di Afrodite nuda scolpita da Prassitele, fino a volersi congiungere con questa. Anche gli Amori, attribuiti
in modo incerto a Luciano, fanno riferimento alla stessa leggenda popolare, con in pi un particolare macabro circa la terribile morte che linnamorato si diede dopo la profanazione delleffigies: egli
si lasci cadere da un dirupo oppure, secondo altri, si gett in mare. Pene analoghe erano previste
per lincesto, considerato dagli antichi una tra le pi gravi aberrazioni sessuali.
Capiamo, dunque, in che modo fossero considerati dalletica del tempo questi amori paradossali. Limmagine di una divinit era considerata sacra quanto la divinit stessa e dunque era assolutamente intoccabile: chiunque la profanasse, anche amandola, era interdetto dalla societ civile e,
non potendo pi entrare in contatto con essa, era lasciato in balia delle forze naturali quasi alla stregua di un mostro. Proprio in questo il Pigmalione ovidiano si differenzia dalla tradizione, presentando caratteristiche proprie, nonostante in generale si ispiri al personaggio della tradizione inaugurata da Filostefano e ricalchi altre figure ad esso simili. Innanzitutto non un sovrano, ma un artista
che si invaghisce della sua stessa creazione; questa poi, lungi dal rappresentare una divinit,
limmagine della sua donna ideale; con la statua, infine, egli non ha alcun rapporto sessuale, ma si
limita a ricoprirla di attenzioni, come il pi tenero degli amanti. Se il racconto di Ovidio pu a tal
punto distanziarsi dalla tradizione ci dipende dal fatto che egli trasferendo la leggenda dalla sfera
sacrale, cui tutti i racconti menzionati appartengono, a quella umana laicizza il mito, rinnovandolo.
Pigmalione aveva visto le Propetidi vivere questa loro vita colpevole e, indignato dai difetti di cui [245]
la natura aveva abbondantemente dotato la donna, aveva rinunciato a sposarsi e passava la sua vita da celibe, dormendo da solo nel suo letto9. Grazie per alla
felice ispirazione dettatagli dal suo talento artistico,
scolp in candido avorio una figura femminile di bellezza superiore a quella di qualsiasi donna vivente e
si innamor della sua opera.
250
Spesso allunga le mani verso la sua opera per accertarsi se si tratti [255] di carne o di avorio e nemmeno
dopo il contatto ammette che sia avorio. La bacia e
gli sembra di essere baciato, le parla, la stringe e crede che le sue dita affondino nelle membra che tocca:
teme perfino che per la pressione spuntino dei lividi
sulla pelle. E la colma di tenerezze, [260] e le porta
quei doni che le fanciulle amano: conchiglie, sassolini levigati, piccoli uccelli, fiori variopinti, gigli, palle
colorate e gocce d'ambra dall'albero delle Eliadi. Le
mette anche addosso dei bei vestiti, le infila anelli
alle dita e lunghe collane intorno al collo; [265] pendono dalle orecchie perle leggere, dal petto catenelle.
1
Quas... aevum per crimen agentis: nei versi immediatamente precedenti (vv. 238-242), Ovidio ha fatto riferimento alle Propetidi, fanciulle di Cipro che, per aver oltraggiato la divinit di Venere prostituendosi, furono da
questa mutate in pietre. Lespressione aevum per crimen agere non di uso frequente nellautore, il quale si avvale solitamente di iuncturae di senso opposto, quali sine crimine vivere, esse, moriri: ci pone ovviamente in
massimo risalto la gravit della trasgressione compiuta dalle Propetidi.
2
A differenza del Pigmalione di Clemente o di Arnobio, il personaggio ovidiano non un insanus che, vinto
dal furor, commette atti di empiet, ma un artista che sceglie in modo consapevole di evadere da una realt che lo
scontenta per vivere la perfezione dellarte e abbandonarsi alla sua illusione. Lamore per la statua non nasce allora come mera perversione sessuale, ma allopposto trova la sua ragion dessere in unesigenza tutta interiore, che
comprende anche il desiderio di un amore puro. Lungi dallessere un profanatore di immagini cultuali, Pigmalione
un uomo dalla spiccata sensibilit, che preferisce la solitudine alla vita con una donna senza pudore. Il poeta vi
insiste pi volte, prima con il pleonasmo sine coniuge, che caratterizza fortemente laggettivo caelebs (245), poi
attraverso unulteriore reiterazione del concetto nel nesso allitterante consorte carebat (246).
3
Lestetica antica aveva il suo principio cardine nella mimesis, vale a dire nella fedele riproduzione del reale:
quanto pi larte si avvicinava al vero tanto pi era degna di lode. Espressioni come Virginis est verae facies,
quam vivere credas (v. 250) e soprattutto ars adeo latet arte sua (v. 252) ci fanno intendere che la scultura eburnea di Pigmalione rispondeva perfettamente al criterio dellimitazione. Vi , tuttavia, una differenza sostanziale rispetto al tradizionale modo di fare arte: lopera darte qui non riproduce un oggetto reale, ma cerca di dare concretezza a unidea e allispirazione interiore dellartista. La sua pi una creazione che una riproduzione. Ne
conferma, per esempio, il v. 248, in cui si dice che egli formam(que) dedit, qua femina nasci nulla potest: larte,
dunque, supera in bellezza la realt. Tale ribaltamento attestato anche altrove nella produzione di Ovidio e rispecchia fondamentalmente i principi della sua poetica, incline a non porre limiti alla creazione artistica soggettiva e a sancirne lautonomia dagli aspetti oggettivi essenziali nellestetica tradizionale.
4
Dopo la presentazione del personaggio e delle motivazioni che lo hanno indotto a scolpire la sua statua, si
possono individuare due sezioni principali, separate dallintervento risolutore di Venere (vv. 270-279): nella prima si narra con chiarezza di particolari come lo scultore si abbandoni alla propria illusione artistica, amando e adorando la propria opera darte (vv. 250-269); nella seconda questa illusione, grazie a Venere (autentica dea ex
machina), diviene realt e leffigies si trasforma in essere umano (vv. 280-294).
munera et parvas volucres et flores mille colorum ripropone una situazione presente anche in Properzio
(III, 13, 27 ss.), che a sua volta riprende un passo di Teocrito. Nella descrizione delle attenzioni amorose
dellartista verso la propria opera darte possibile riscontrare tpoi propri della poesia erotica elegiaca. Le premure che Pigmalione riserva con tenerezza e trasporto allebur che ha scolpito sono infatti le azioni tipiche
dellamante elegiaco: lunica sostanziale differenza sta nel fatto che qui lamata non in carne ed ossa e ha una
sua realt soltanto nella dimensione immaginaria in cui lartista si calato.
6
Dopo lintermezzo relativo allintervento di Venere, la seconda parte del racconto (vv. 280-294), incentrata
sulla realizzazione del sogno di Pigmalione, interamente costruita sul rovesciamento della prima sezione: la scena damore che se ne ricava , infatti, limmagine speculare di quella tra lartista e la sua statua, solo che questa
volta lamata in carne e ossa. Non solo linnamorato ripete gli stessi gesti che aveva riservato allamato simulacrum, ma anche la terminologia adoperata identica. Il miracolo di Venere non comporta effetti immediati, ma
lascia che leffigies prenda vita pian piano, sotto le mani dello scultore innamorato, cosicch sembra che sia egli
stesso a farle acquisire calore e mobilit con il suo solo tocco. Gli oscula del v. 281 danno allamante il primo segno dellavvenuta metamorfosi, dal momento che la statua visa tepere est. Essi corrispondono simmetricamente
agli oscula del v. 256, i quali, per, trovavano risposta solo nella finzione di Pigmalione.
7
Ora che la bellissima donna eburnea prende pian piano vita tra le braccia di Pigmalione, egli assolutamente
incredulo rispetto a quanto ha sotto gli occhi. Ovidio rende bene il suo stato di completo sbalordimento, servendosi della tecnica della ripetizione: al v. 282 troviamo admoves os iterum; subito dopo temptat ripreso da temptatum (v. 283) e ancora da temptatae (v. 289); mollescit (v. 283) raddoppiato da remollescit (v. 285), cos tractata
(v. 285) da retractat (v. 288) e rursus da rursusque (v. 288).
8
In posizione enfatica ad inizio di verso, sensit racchiude in s quasi visivamente il passaggio dalla condizione inanimata a quella di essere vivente.
9
I primi versi (vv. 243-246) sono funzionali a contrapporre lepisodio di Pigmalione alla vicenda delle Propetidi. La metamorfosi che rende per sempre visibile la loro durezza interiore infatti esattamente il processo inverso a quello subito dallebur di Pigmalione: nel caso delle Propetidi, Venere toglie la vita; nel caso di Pigmalione,
la dona.
10
Accanto al tema erotico tradizionale emerge un altro motivo portante della vicenda: la capacit dellarte non
solo di riprodurre il reale, ma anche di sostituirlo. Gi Clemente Alessandrino vi aveva accennato nella sua redazione del mito, ma Ovidio vi mette senza dubbio maggiore enfasi. Giampiero Rosati, sulla scia di E. Frnkel (che
ha definito lepisodio uno dei pi fini apologhi della meraviglia dellimmaginazione creativa), parla del Pigmalione ovidiano come di una delle figure antonomastiche dellartista e ritiene che il tema dellarte sia il vero fulcro del
racconto: in effetti, lintero passo pare fondarsi proprio sullopposizione fra illusione e realt.
11
Ovidio di solito non si dilunga troppo nella descrizione di scene damore; se questo passo costituisce
uneccezione a tale abitudine, la motivazione va ricercata nellintento di sottolineare lassurdit della situazione e
permettere cos al lettore di percepire meglio la condizione psicologica del protagonista.
L'aurea Venere, che presente in persona alla sua festa, percepisce il significato reale di questa supplica
ed ecco che la fiamma, interprete della benevolenza
della dea, tre volte si riaccende e guizza verso l'alto.
[290] Allora s che il giovane di Pafo trabocca di gratitudine e cerca le parole per esprimerla a Ven ere! Finalmente preme le sue labbra su una bocca vera e d
dei baci che la fanciulla sente: arrossendo ella leva
timidamente verso di lui lo sguardo e ai suoi occhi
appare contemporaneamente la visione del cielo e
quella delluomo che l'ama.
295
[295] La dea presenzia al matrimonio di cui stata
artefice. Dopo che per nove volte la luna ebbe congiunto le sue corna a completare il cerchio, la sposa
gener Pafo, da cui l'isola ha preso il nome.
[Trad. G. Faranda Villa]