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Semiotica, linguistica, filologia

La semiotica la disciplina quadro di linguistica e filologia. L'oggetto della 1 SEMIOTICA (o SEMIOLOGIA) la lingua parlata, considerata come aspetto essenziale della natura umana. A parte i casi di patologia linguistica, nei quali il soggetto non riesce a comunicare tramite la parola, la comunicazione umana avviene attraverso l'emissione e la ricezione di suoni (significanti) provvisti di significato. I gesti che accompagnano questa emissione sono detti paralinguistici e non hanno un valore semantico proprio: non possono cio sostituire l'atto linguistico, se non in alcuni casi circoscritti (cenno del capo per dire di s o di no; rotazione della mano per dire pi tardi). Come detto sopra, la semiotica la disciplina quadro di tutte le scienze della comunicazione. Essa, infatti, si occupa di tutti i sistemi di comunicazione, siano essi sistemi animali o umani. Fra questi rientrano manifestazioni linguistiche secondarie quali quella mediata dalla scrittura.

Il filologo deve avere conoscenze di paleografia,

La LINGUISTICA, invece, ha come oggetto la comunicazione linguistica umana e considera l'atto linguistico spogliandolo di tutte le caratteristiche che non sono pertinenti. Infine, la FILOLOGIA si caratterizza per l'ampiezza del campo di competenza. Per prima cosa, il filologo lavora su codici e grafie antichi: ha nozioni, cio, di paleografia, bench sia il paleografo il titolare di una conoscenza specifica in questo mbito.

In secondo luogo, egli deve avere conoscenze di storia della cultura, che gli permettano di individuare gli autori di un certo testo, il loro retroterra culturale, l'ambiente in cui s'inseriscono, ecc. Va poi sottolineato come linguistica e filologia si implichino a vicenda. Se la filologia restituisce la lezione originale di un testo antico, lo pu fare solo ricorrendo anche a strumenti della linguistica. C' per una differenza fra il metodo linguistico e quello filologico. Il primo cerca riscontri concreti, nei testi, per apriorismi teorici, princpi formulati deduttivamente. Il secondo lavora sulla multiforme variet dei testi e non ne sacrifica la diversit alla ricerca di costanti. Quindi, possiamo dire con Weber che la linguistica una scienza nomotetica (ossia normativa), perch volta a stabilire regolarit, leggi [il richiamo qui alla designazione del metodo delle scienze naturali fatta da Kant e poi da Windelband]. La filologia, al contrario, ideografica [riferimento alla distinzione operata sempre da Windelband in relazione alle scienze storiche o dello spirito], ossia si rivolge al singolo, al particolare, e rifugge dalle generalizzazioni.

La SEMEIOTICA si occupa invece di studiare i sintomi di una malattia. La SEMIOLOGIA CONNOTATIVA, invece, interpreta fenomeni tipicamente umani come la letteratura e la moda come sistemi di comunicazione (cfr. Barthes, Miti d'oggi, Torino, Einaudi, 1974).

I tre paradigmi degli studi romanzi


Lo storico della scienza Thomas Kuhn ha introdotto il concetto di paradigma in La struttura delle rivoluzioni scientifiche [The structure of scientific revolutions, 1962]. Secondo Kuhn, la scienza procede stabilendo dei paradigmi, formati da un insieme di princpi e risultati acquisiti, all'interno dei quali si compie la ricerca scientifica. Quando si mettono in discussione risultati e princpi, si verificano le cosiddette rivoluzioni scientifiche. Ora, anche nel campo della filologia si sono succeduti diversi paradigmi. Tuttavia, bene esprimere una prima cautela: se vero che paradigmi passati non possono pi costituire l'ambiente nel quale si fa ricerca scientifica, non altrettanto vero che tutti i risultati anteriori si debbano respingere. Hjemlsev, uno dei fondatori dello strutturalismo, afferm infatti che [i]n campo scientifico si pu parlare di risultati definitivi, non di punti di vista definitivi. Lo schema dell'evoluzione della filologia include tre paradigmi. 1. Paradigma classico. 2. Paradigma storico. La filologia qui assume tratti e confini chiari e un metodo unitario. 3. Paradigma strutturalista. La grammatica generativa considerata una sua evoluzione, nonostante che i suoi rappresentanti si oppongano agli strutturalisti.

Il pensiero classico
Il pensiero linguistico classico
Aristotele inaugur il pensiero linguistico classico dando una preminenza alla logica sulla linguistica. Nelle Categorie e nell'Interpretazione, egli esamina il linguaggio come riflesso del pensiero, e sulla base di questo analizzer le categorie grammaticali e la loro combinazione come manifestazione concreta del modo di pensare umano. Solo con Leibniz la logica si smarcher dalla linguistica. La prima assumer, grazie al filosofo tedesco vissuto tra il Seicento e il Settecento, forma matematica. La logica simbolica che nasce permette cos da un lato un rinnovamento radicale della logica classica, dall'altro nuovi interessi sperimentali per le lingue. La variet delle lingue ignorata L'impostazione dell'analisi linguistica greca ellenocentrica. Sia la tradizione aristotelica sia quella alessandrina, infatti, ignorano l'esistenza di altre lingue. I motivi di ci possono essere due: 1) i greci non consideravano le lingue dei barbari degne di considerazione; 2) le categorie che si erano trovate per il greco dovevano essere valide anche per tutte le altre lingue.

L'impostazione dell'analisi linguistica greca ellenocentrica. Cambiamento e

Questa idea di universalit prosegu anche con la tradizione grammaticale latina il cui contributo scarsamente originale, come sottolinea Renzi che eviter di analizzare altre lingue e di evidenziare le differenze fra latino e greco (l'indubbia somiglianza fra le due lingue che in epoca posteriore sar ricondotta alla comune matrice indo-europea favoriva questa operazione).

Da ci si ricavano categorie universali, il cui valore indipendente dalla lingua cui si applicano. La prassi scolastica attuale continua a considerarle valide universalmente, tant' che sono considerate filtri per passare, nelle due direzioni, dall'italiano al latino, al greco e alle altre lingue moderne. Il pensiero linguistico greco, in sostanza, si esaurisce nella grammatica, che ancora si insegna oggi nelle scuole: analisi logica e grammaticale sono infatti il retaggio mediato dalle traduzioni alessandrina, romana, medievale, rinascimentale e cartesiana di quell'apparato di analisi creato dalla filosofia greca antica. Se vero che il sistema scolastico attuale ancora fermo sostanzialmente al primo paradigma, va ricordato che, in mbito accademico, il secondo paradgima non ha portato novit nei modelli sintattici, preferendo innovare piuttosto fonetica e morfologia. Il cambiamento linguistico negato La scuola alessandrina ha inaugurato quello che poi sar riconosciuto come

errore classico (classical fallacy). Essa infatti afferm la superiorit della lingua scritta su quella parlata (grammatica significa arte dello scrivere): lo scopo dei grammatici era quello di restituire lo stato linguistico originale dei testi e di corredarli di commenti e spiegazioni. Perci, essi ritenevano che il cambiamento linguistico dovesse essere sottoposto a un vaglio normativo: tutto ci che si discostava dalla primigenia purezza era considerato corrotto. Ancora, la linguistica sconta ancora, in certi mbiti umanistici, il pregiudizio secondo cui sarebbe al servizio della letteratura. Ma evidente che, stante l'oggetto della linguistica, essa non si pu limitare alla letteratura, ma si deve piuttosto occupare di tutte le manifestazioni linguistiche, letterarie e no. Il cambiamento linguistico stato considerato, da questo paradigma, come un tralignamento, una degenerazione da combattere, giacch la buona lingua non si cambia, cio non si corrompe (cfr. il Purismo tra Sette e Ottocento). Tutto questo complesso di errori classici verr tramandato dapprima nel Medioevo e poi nel Rinascimento e nel Classicismo razionalistico.

Un parallelo: la poetica classica


Nella Poetica, Aristotele formula le definizioni dei generi e degli stili, che rimarranno valide fino al Settecento e oltre. Nella poesia, egli distingue due generi: Commedia (basso) e Tragedia (alto). La Tragedia sarebbe nata dall'evoluzione dalle improvvisazioni ditirambiche fino a raggiungere, dice Aristotele, la sua forma naturale. In questo modo, egli rifiuta una concezione storica, per concentrarsi sul raggiungimento della maturit e della perfezione. Nel Medioevo, questa formalizzazione aristotelica di generi e stili finir per assorbire tutte le innovazioni letterarie. Dante stesso, nel De Vulgari Eloquentia, attribuir generi nuovi, come la canzone, a categorie antiche, come la tragedia. Ma che cos' che distingue l'uso artistico dall'uso pratico della lingua? Gli antichi formularono i concetti di ornatus e conveniens: l'uso artistico, dunque, dipendeva dalla presenza di una serie di artifici retorici. Ma, giacch le figure retoriche non sono esclusive del dominio letterario (anzi, si dice che si sentano pi metafore in un giorno di mercato che in mille poesie), si doveva trovare la caratteristica distintiva della letteratura: gli antichi la trovarono nell'adeguatezza (conveniens) di queste figure al contenuto. Ma anche questa labile distinzione, la retorica essendo bene comune a letteratura e oratoria. Con Benedetto Croce, perci, diciamo che questo paradigma non stato in grado di stabilire veramente che cosa sia poesia. Il paradigma classico, dunque, si fatto sostenitore di una spiegazione che si fonda sull'universalit astorica e statica delle categorie letterarie e linguistiche. I fenomeni nuovi che si sono sviluppati nel tempo sono stati ricondotti a concetti nati dalla sola osservazione e analisi della lingua greca. Cos, anche la teoria letteraria riconduceva a modelli di conoscenza gi consolidati concetti nuovi, reprimendo l'elaborazione di nuove norme. In alcuni casi, come nel Rinascimento italiano, questa staticit si trasformata in precettistica. La lingua rimasta quindi ancorata alla logica; la letteratura alla retorica.

Sennonch, se la linguistica stata liberata del fardello della logica da Leibniz, la letteratura si affrancata dalla retorica, nello stesso periodo, da un lato nella Querelle des Anciens et des Modernes, dall'altro nell'opera di pensatori inglesi e soprattutto tedeschi, che si smarcarono dal pensiero estetico classicista dell'Illuminismo.

Prime grammatiche romanze


Il persistere del paradigma classico stato la causa del ritardato riconoscimento delle lingue romanze. Anche quando queste guadagnarono dignit letteraria, il metodo di analisi rimarr, come abbiamo visto, sostanzialmente quello aristotelico. Le forme letterarie nuove saranno inserite nel quadro della formalizzazione di stili e generi operata da Aristotele. Provenzale Nel Duecento, a seguito della diffusione della letteratura provenzale in Italia e Catalogna, vennero redatte grammatiche e retoriche del provenzale. Raimon Vidal nella prima met del XIII secolo redasse la prima grammatica, a uso dei poeti di lingua non provenzale, dal titolo Razos de Trobar (I soggetti del poetare). Il suo fine di insegnare la dreicha maniera de trobar (il giusto modo di poetare): scopo grammaticale si mescola a tecnica poetica. Esempi dai migliori trovatori. Trattazione non sistematica, ma raccolta di osservazioni sui punti difficili della grammatica. Doctrina de compondre dictatz (Dottrina del comporre) segue le Razos in uno dei manoscritti pervenuti. Forse stesso autore delle Razos. Contiene i 16 generi principali della lirica. Jofr de Foix, Regles de trobar (Regole del poetare) inizia al saber de trobar, il sapere poetico. In Italia, Terramagnino da Pisa mise in rima le Razos (espediente mnemonico) arricchite con esempi propri. In Italia, per un pubblico di rimatori che aveva pi bisogno dei catalani di apprendere il provenzale come lingua straniera, venne composto il Donat proensal di Uc Faidit. Origine forse Treviso maggior centro di lirica provenzale in Italia bench la dedica sia a personaggi della corte di Federico II. Grammatica vera e propria esemplata su Ars minor (parti del discorso, primi rudimenti) di Elio Donato, popolarissima opera di grammatica latina medievale. Il titolo deriva proprio dal nome del grammatico latino: la fama dell'Ars Grammatica di Donato fu tale che il suo nome, Donat, divenne sinonimo di grammatica. Francese In Italia, in particolare in Italia settentrionale, il francese fu largamente usato. Esso, per, si appogger sulle parlate locali, finendo col fondersi addirittura con esse. Questa lingua non fu avvertita come straniera e, in pi, era adoperata dagli uomini senza lettere, perch pi comprensibile del latino. Questa fu la ragione per cui in Italia non si produssero grammatiche.

In Inghilterra, invece, il francese importato dai Normanni divenne la lingua della corte e dell'aristocrazia (ma anche di altri strati sociali) fino al XIV e XV secolo. Opere dedicate a ortografia e pronuncia Orthografia Gallica, in latino, fine XIII o inizio XIV sec. Prima grammatica vera e propria opera di un parigino attivo in Inghilterra, Jehan Barton: Donat franois, inizi XV sec. Scopo: probabilmente tenere viva la norma della buona lingua francese in un periodo di riscossa dell'inglese, desiderio di tutelarne la purezza in terra straniera.

Dante e l'eccellenza linguistica dell'italiano


Dante nel De Vulgari Eloquentia (1303-1305) afferm l'eccellenza del volgare romanzo, e fu la prima affermazione di questo genere. L'operazione di Dante contrappone l'italiano allora nascente al latino, mentre le precedenti grammatiche del provenzale e del francese erano sorte in una situazione di bilinguismo (c'era due lingue realmente parlate). A Dante sta a cuore il problema della lingua letteraria, poetica, non della lingua in s. Egli passa in rassegna i dialetti italiani per condannarli tutti: il suo scopo quello di proporre una lingua letteraria di koin, una sorta di centone di tutto ci che di bello e buono si trova nei dialetti. evidente come la sua prospettiva sia estetica e sia il risultato di un atteggiamento realistico, nato da un vivace e polemico interesse per ogni aspetto della societ del suo tempo. Pi tardi, Petrarca riprender il tema dantesco dell'eccellenza dei poeti, collocando, nel Trionfo dell'Amore, i siciliani all'ultimo posto nel paragone dell'eccellenza, pur essendo stati essi gl'iniziatori della poesia in volgare italiano. (Questo passo avr effetti sulla provenzalistica, ante litteram naturalmente, dei secoli XVI e XVII.) Nel Cinquecento, Trissino riprender i temi di Dante nella Questione della lingua. I temi della questione erano infatti gli stessi di Dante: latino e volgare, quale volgare usare, ecc. Prima della questione della lingua volgare, gli umanisti affrontarono quello di quale lingua latina impiegare.

Riflessione medievale sull'origine delle lingue romanze


Dante non fa cenno delle questioni del cambiamento linguistico. Egli non stabilisce un'origine per l'italiano, e ritiene che il latino sia un'invenzione dei dtti, artificiale e fortemente normata. Tuttavia, afferma esservi una parentela fra italiano, provenzale e francese, che formavano secondo D. una sola lingua un tempo, pur non riportando questa parentela al latino. 1435, l'umanista Flavio Biondo riporta in una epistola la discussione fra umanisti avvenuta nell'anticamera papale fiorentina di Eugenio IV sul tema di quale latino fosse all'origine dell'italiano. Con Biondo partecipano alla discussione Bracciolini, Andrea Fiocco, Antonio Loschi e Leonardo Bruni. Bruni sostiene che a Roma esistevano due latini: uno usato dai letterati e l'altro dal popolo, immaginato come simile al volgare dei suoi tempi. Biondo sostiene che vi erano tre variet di latino (poetica, oratoria e vulgaris) [oggi diremmo tre stili, non tre lingue diverse]. Verso la fine del XVI sec. Henri Estienne (Stephanus, grande editore di Platone, 1576) e il Cittadini (Trattato della vera origine e del processo e nomo della nostra

lingua, 1601) parlarono di qualcosa di simile al concetto ottocentesco di latino volgare. Il problema non era tanto l'individuazione di tale concetto, quanto il posto in cui esso s'inseriva. Infatti, l'idea era quella di una degenerazione, di una corruzione del latino, successivamente aggravata, nella visione umanistica, rinascimentale e pi tarda, dalle invasioni barbariche che inquinarono la lingua. Una compensazione contro la tristezza dei tempi il sentimento di una superiorit culturale italiana. Mentre Benedetto Varchi nell'Ercolano trov per primo la via giusta parlando non di corruzione, ma di generazione, altri seguirono altre vie, cercando origini differenti. Giambullari (Origine della lingua fiorentina) rintraccia l'origine del toscano nell'etrusco. Monosini (1604) sostiene invece l'ipotesi di una discendenza greca. Ma sono posizioni isolate. In Francia sono rappresentate sia le idee di una derivazione dal greco (Bud, De analogia, 1532; Estienne, Trait de la comformit du langage Franois avec le Grec, 1567), sia quelle di una mescolanza di gallico e latino sia, infine, quelle della commistione di latino, greco e ebraico. Cos anche per lo spagnolo, Valds e Aldrete sostengono l'ipotesi della mescolanza di lingue. Bench riguardi la lingua, per, la questione, che porter a incessanti confutazioni delle stesse tesi, non veramente intorno alla lingua, ma concerne l'eccellenza, la nobilt linguistica. Si tratta, insomma, di rinvenire antenati gloriosi (il greco, l'ebraico) per il proprio volgare, cercando cos, con questi titoli di nobilt, di superare in prestigio le altre lingue. Nasce cos una questione genealogica che prolunga il concetto di nobilt linguistica in quello di nobilt delle origini.

Grandi opere dedicate alle lingue romanze


Grammatiche e dizionari sono in diretto rapporto con l'affermazione dell'eccellenza della lingua nazionale. In Italia, l'opera che afferma l'eccellenza della lingua volgare italiana il gi citato De Vulgari Eloquentia (1303-1305). Nel Quattrocento, in epoca di ritorno del latino, Leon Battista Alberti riafferma l'eccellenza dell'italiano e scrive la sua grammatichetta (1440). Aprono la questione della lingua, al contempo affermandone la superiorit, le opere di Bembo (Prose della volgar lingua, 1525), Castiglione, Speroni e altri. Francia: Du Bellay (1549) scrive la Deffence et illustration de la langue francoyse, quasi plagiando il Dialogo delle lingue di Speroni (1530). Il suo intento quello di affermare la nobilt della lingua francese che, bench giovane, mostra la capacit di superare lingue classiche come il latino e il greco. Spagna: esaltazione della lingua nazionale e produzione di dizionari nel Cinquecento. Primo dizionario Universal Vocabulario en latn y romance (1490). Il primo bilingue non basato sul latino Vocabulario arbigo en letra castellana (1506), di P. de Alcal. Nel 1611, esce il Tesoro de la lengua castellana. Portogallo: 1530, Dilogo em louvor da nossa linguagem di Joo de Barros. I grandi vocabolari sanciscono il sentimento di raggiunta eccellenza della lingua.

Il primo vocabolario europeo (non bilingue) quello dell'Accademia della Crusca (1612). Seguiranno il Dictionnaire de l'Acadmie Franaise (1694) e, pi tardi, il Diccionario de la lengua castellana (1726-1739). Nel 1789 esce il Diccionario da lingoa portuguesa. Abbiamo parlato di portoghese, spagnolo, italiano e francese perch sono queste le lingue che emergono nell'et moderna. L'occitanico e il catalano, invece, cominceranno il loro declino, mentre nel Cinquecento inizia a muovere i primi timidi passi il rumeno. In Italia, fioriscono le lessicografie dialettali, che proseguiranno fino all'Ottocento.

L'erudizione settecentesca
Il fermento di erudizione settecentesco dovuto all'attivit degli studiosi illuministi ha prodotto una messe di discussioni e opere sul medioevo e sulla prima letteratura volgare. Tuttavia, va ricordato che essi agivano ancora all'interno del paradigma classico. In Francia, va ricordata l'opera di Jean-Baptiste Lacurne de Sainte-Palaye. Egli si prefigge l'intento di dissipare le nebbie del Medioevo: questo proponimento di carattere razionalistico portato avanti per con un metodo improvvisato. Ci nonostante, Sainte-Palaye riuscir a avere alcune importanti intuizioni, come quella del cambiamento sensibile tra lingua d'oc e lingua d'oil fra il XII e il XIII secolo, e quella sull'origine del futuro romanzo. A lui si deve il recupero della poesia dei Trovatori: eppure la sua Histoire des Trobadours pubblicata postuma a Parigi in tre volumi nel 1774 non riusc a suscitare interesse attorno alla poesia trobatorica, verso la quale Saint-Palaye cercava di mantenere un atteggiamento neutrale.

Sotto il segno della storia


Linguistica e letteratura
Gli albori del paradigma storico vedono linguistica e letteratura ancora saldamente uniti. Nello stesso momento in cui sorge la linguistica storica, infatti, nascono anche le storie letterarie (si pensi, per l'Italia, a Francesco De Sanctis). Le concezioni di linguistica e letteratura di questo paradigma condividono la necessit di studiare il mutamento e lo sviluppo di un'istituzione qualsiasi (la lingua; la letteratura; la societ) per capirne davvero il funzionamento e le caratteristiche. C' quindi un nesso, nel caso della linguistica romanza, fra lo studio della storia letteraria del medioevo e quello della lingua. La Querelle des ancients et des modernes Si tratta di un episodio culturale di rilievo avvenuto in Francia fra il Seicento e il Settecento. Si discusse se la superiorit degli antichi potesse o no essere a sua volta superata dai moderni. Questa disputa fu possibile perch si ragionava ancora all'interno del paradigma classico: si consideravano cio alcuni parametri ritenuti immutabili, come generi e stili. Pi tardi, pensatori come Schlegel e Schiller ritennero incommensurabili la letteratura classica e quella moderna.

La filosofia della storia


Il primo a rompere, sullo scorcio del Settecento, col pensiero neoclassico e con la concezione che la perfezione risieda in un particolare momento della storia dell'umanit (e si mantenga immutata nei suoi valori e nelle sue qualit attraverso i secoli) fu Johann Gottfried Herder. Egli, in Ancora una filosofia per l'educazione dell'umanit (1773) depreca la generalizzazione, per affermare la conoscenza per empatia dell'individuale. Il lettore, dunque, nell'affrontare un'opera, deve immedesimarsi nei personaggi, calarsi nell'ambientazione, adattarsi ai costumi e allo spirito dell'epoca in cui fu scritta. Herder propugna la relativizzazione dell'idea di umanit, ch in nessun popolo particolare n in nessun'epoca risiede la perfezione. Essa, al contrario, particolare, nazionale e, in ultima istanza, individuale. In tale concezione, i popoli passati non hanno nessun prestigio maggiore rispetto ai predecessori e ai successori. Herder esalt le antichit germaniche; tradusse romances spagnoli; riabilit il gotico (con Goethe). In una parola, diede vita al filone dello studio della filologia e del folclore.

Rivolgimenti nella teoria linguistica e letteraria


dunque a partire dalla Querelle che si comincia a percepire la differenza fra letteratura classica e moderna. Schiller affermer che l'arte classica ingenua (naiv), prodotto della natura, mentre quella moderna sentimentale, cio prodotto di scissioni e tensioni, risultato della tensione dell'uomo moderno. Non a caso, questa divisione si colloca in un periodo di grandi rivolgimenti sociali e politici: la fine dell'ancien rgime, l'ascesa della borghesia, la fine del feudalesimo. Per Schlegel, invece, la letteratura classica disinteressata, perfetta nei suoi generi, organizzati in un insieme armonico; la letteratura moderna interessante, perch coinvolge gusto e fini personali dello scrittore, caratteristica e manierata (maniera stile soggettivo, mentre, per Goethe, solo quel che oggettivo stile). I moderni non rispettano i generi oppure ne rispettano uno solo, il romanzo. Per Schlegel, dunque, resta essenziale la distinzione antico ~ moderno (classico ~ romantico). Da Schlegel partiranno due filoni: il primo, hegeliano, che riprende la distinzione in generi; il secondo, storicistico, che porta alla distruzione dei generi e alla storia letteraria come strumento di conoscenza. In Schlegel, inoltre, rimangono saldamente legati pensiero estetico e linguistica, che, successivamente, vedranno dividersi i loro destini.

Il rinnovamento linguistico schlegeliano ber die Sprache unde Weisheit der Indier, 1808: pietra miliare nel rinnovamento della linguistica. Qui Schlegel espone per la prima volta nella storia della disciplina una divisione tipologica, fra lingue flessive e lingue isolanti. Il fratello di S., August Wilhelm, e poi Schleicher svilupperanno questa bipartizione, aggiungendo un tipo, quello delle lingue agglutinanti. Non esistono lingue isolanti e flessive pure. Schlegel, per, colloca a un capo del continuum il sanscrito (antico indiano) e poi, in una scala dalla lingua perfetta a altre lingue sempre pi imperfette, il greco, il latino, il persiano, il germanico, le lingue slave, l'armeno, il celtico. Tutte queste lingue, secondo S., hanno nel sanscrito il capostipite (successivamente si capir che a unirle una lingua non attestata, l'indoeuropeo). La perfezione della lingua flessiva per eccellenza secondo S. dovuta alla sua somiglianza con un elemento biologico che crescendo prende forme e funzioni diverse. All'altro capo del continuum, invece, sta il cinese, tanto puro nella sua essenza isolante quanto lo era il sanscrito per quella flessiva. Il difetto del cinese risiederebbe nella sua natura non organica, quasi fosse composto di atomi aggregati. Con S. si guarda per la prima volta alle differenze fra lingue anzich ai tratti comuni. Ma la dicotomia asserita da S. non porta a una semplice separazione fra lingue, ma a un'organizzazione che mira a lumeggiare i rapporti genealogici tra esse. L'opera di S. segna la nascita del metodo storico comparativo (che fior nell'Ottocento) e degli studi tipologici. Per S. il primo e i secondi dovevano andare insieme (egli riteneva che il cambiamento pu avvenire solamente

all'interno di un tipo linguistico), oggi, invece, si separa lo studio del cambiamento linguistico dal tipo.

Jakob Grimm Attratto dal folclore popolare delle nazioni germaniche, raccoglitore assieme al fratello Wilhelm delle celebri fiabe, i suoi sforzi si concentrarono con vigore sullo studio del problema delle origini.

Le grandi grammatiche storiche


Con Franz Bopp (1791-1867) si costituisce formalmente come paradigma il metodo storico comparativo e la tecnica dello studio storico (genealogico) della lingua. Con B. il campo d'indagine si restringe e la tecnica d'analisi si raffina. Egli da un lato corregge l'intuizione di Schlegel e pone l'indoeuropeo come capostipite delle maggiori lingue europee, dall'altro si dedica a studi pi tardi accantonati come il confronto fra lingue semitiche e indoeuropeo e l'ipotesi di un'origine agglutinante delle formazioni morfologiche. La sua opera pi importante (1816) ber das Conjugationssystem der Sansrkit-sprache in Vergleichung mit jenem der griechischen, lateinischen, persischen und germanischen Sprachen (Il sistema di coniugazione del sanscrito comparato con quello delle lingue greca, latina, persiana e germanica). Rasmus Rask scrive grammatiche storiche di antico scandinavo e anglosassone. Jakob Grimm scrive nel 1822 la Deutsche Grammatik, grammatica comparata delle lingue germaniche. Per il campo romanzo, in Francia Franois Raynouard, sotto l'influenza dell'opera di Bopp e di Grimm, pubblica fra il 1838 e il 1844 il Choix des troubadours (Scelta dei Trovatori) completato dal Lexique roman ou dictionnaire de la langue des troubadours. Opera improvvisata e carente di materiali, contiene anche un grave equivoco: quello di considerare il provenzale come fase intermedia fra il latino e l'italiano, il francese e lo spagnolo. Quest'errore verr corretto dal fratello di Schlegel, August, nel suo Observations sur la langue et la littrature provenales (1818), in cui riprende anche i princpi linguistici del fratello.

Friedrich Diez
Diez pu considerarsi il perfetto esecutore delle intenzioni ancora imperfette e talora velleitarie di quelli che l'hanno preceduto. Fra il 1836 e il 1843 pubblica a Bonn la Grammatik der romanischen Sprachen (Grammatica delle lingue romanze) e nel 1854 il Etymologisches Wrterbuch der romanischen Sprachen (Dizionario etimologico delle lingue romanze). Nell'elenco delle lingue romanze include le sei principali lingue di cultura: italiano, valacco (rumeno), portoghese, spagnolo, provenzale e francese. Queste opere rimarranno i pilastri della romanistica fino al Meyer-Lbke. D. lasci contributi importanti anche nell'mbito della Provenzalistica.

Diez fu il vero iniziatore della disciplina della filologia romanza, assieme a Bopp e Grimm: egli mise in atto una tecnica atta allo svolgimento di una ricerca orientata dal metodo. La sua attenzione, per, prevalentemente per la lingua. Cultura e lingua, al contrario di quando avviene in Herder, Schlegel e Humboldt, sono separati. Lo studio letterario si concentra sulla poesia provenzale, senza tuttavia cadere nel punto di vista romantico della ricerca di origini mitopoietiche dei popoli.

Espansione del metodo storico-comparativo


Nel corso dell'Ottocento il metodo linguistico storico comparativo si diffonde in tutta Europa, in un continente che gi facilita il libre change intellectuel. Quest'espansione del metodo porta anche alla diffusione di un'opposizione interna al paradigma. August Schleicher supera l'opera di Bopp nel suo Compendium der vergleichenden Grammatik der indo-germanischen Sprachen (Compendio della grammatica comparata delle lingue indo-germaniche) del 1861. A lui per si deve anche la teorizzazione della linguistica come scienza naturale (Die Darwinische Theorie und die Sprachwissenschaft, 1863). Secondo S. le lingue presentano un'evoluzione indipendente da quella degli individui che le parlano. Per Schleicher il linguista studia le lingue come il botanico le piante. Il parlante non ha pi facolt di cambiare la propria lingua che un usignolo di modificare il proprio canto. La sua idea di lingua come organismo lo porta a creare un albero genealogico della lingua che un albergo darwiniano.

I Neogrammatici e il loro metodo


Per i neogrammatici attributo polemico di alcuni studiosi della scuola di Lipsia i cambiamenti fonetici devono essere regolari. Il carattere scientifico della ricerca linguistica, dunque, deve concentrarsi sull'individuazione di leggi fonetiche ineccepibili. In seguito, il granitico rigore della parola leggi fu mitigato da altre denominazioni, quali norme o addirittura tendenze. Il cambiamento linguistico proviene dunque, secondo i neogrammatici, dall'analogia. Inoltre, essi affermano anche che sono esclusi dall'applicazione delle leggi i prestiti e i cultismi.

Esempi di leggi fonetiche Le e latine si sviluppano, in italiano, in [e]: STEM in ste, STA in sta. Ci sono per parole oltre a lenticchia < LENTCULAM che spiegabile con l'analogia che presentano esito [i]. Sono pi spesso parole con latina che con : lingua < LNGUA, vigna < *VNJA; ischio < SCLUM. Questa non un'eccezione, ma un'altra regola: le e davanti a nasale + palatale o velare oppure davanti a laterale [l] + [j] o [sk] + [j] confluiscono in [i]. Lo stesso fenomeno vale per le e . In francese, l'esito della A tonica latina (breve e lunga confluiscono senza dare esiti diversi gi in latino volgare) presenta diverse leggi fonetiche:

a) in sillaba chiusa, si mantiene come tale (tranne nel caso in cui il gruppo consonantico che chiude la sillaba occlusiva + r, es. pre < PATREM): part < PARTEM) b) in sillaba aperta, se seguita da consonante nasale, dittonga in [ai] + N (consonante nasale): es. faim < FAMEM. c) in sillaba aperta, se preceduta da [] esito di [k] latina, dittonga in fr. a. in [je] (semplificato in francese moderno in [e]): es. CAPRAM > chivre > chvre. d) nei casi rimasti fuori, diventa [e]: es.
CANTATUM

> chant.

La grafia non deve per trarre in inganno: clair (lat. CLARUS) non potrebbe, stante la seconda legge, dare come esito un dittongo (nel francese antico) e, stante la quarta legge, dovrebbe dare origine a una [e]. La spiegazione che la grafia latineggiante: nel fr. a. si scriveva cler.

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