Letteratura italiana D.
Romanzo negli anni del miracolo economico (1957-1962).
Argomento del corso legato al cambiamento sociale ed economico italiano, e la
relativa trasformazione del romanzo.
Programma: I parte generale, II parte profilo degli autori e la traiettoria che
compiono nella loro vita, termini mutuati da Pierre Bourdieu. Metafore di tipo fisico
per creazione di campi di forza, III parte sui libri.
Esame: 3 domande, una su storia della letteratura, due domande sugli argomenti del
corso. Esame dura due ore.
La nuvola di smog, Italo Calvino, 1958. Uomo senza nome che arriva in una città
senza nome per lavorare in una rivista che ha come soggetto la pulizia dell’aria.
Protagonista accompagnato da una donna, città non nominata che potrebbe essere
Torino vista dalla collina. Parla il protagonista. Il protagonista grida alla compagna,
Claudia, di guardare la nuvola di smog che si muoveva. Lei è distratta da degli uccelli
che volano là vicino. Modo di scrivere di Calvino in queste pagine centrali del libro
diverso dal resto del libro. Per la prima volta osserva dal di fuori qualcosa che abita e
che lo abita, diventa l’unica cosa importante. La trasformazione è totale e
complessiva, cambia tutto dal paesaggio alle relazioni sociali. Cambia anche la
lingua, l’io si dispiace di non avere le parole per descrivere questa nuvola di smog. La
trasformazione riguarda anche l’aspetto dei modi di produzione la trasformazione
sociale di questi anni è legata allo sviluppo industriale, si parla quindi di letteratura
industriale. Boom e Miracolo economico nascono in quegli anni come termini.
Rapporto tra letteratura e industria può essere riassunta da citazioni di Ottiero
Ottieri, che sul n°4 del Menabò scrive una pagine del suo diario, che si chiama
Taccuino Industriale “Il mondo delle fabbriche è un mondo chiuso”, anni 50.
Da una parte Calvino che nel libro fa osservazione dall’alto, come se la vedessimo per
la prima volta, stessa cosa dei formalisti russi, dall’altra parte invece Ottieri
descrivere uno spazio chiuso. Chi sta dentro le fabbriche può darci dei documenti ma
non rielaborarli, non si può essere operai e artisti allo stesso tempo secondo lui. Gli
artisti che hanno questa capacità di creare e rielaborare non possono entrare, e se
entrano diventano muti perché non hanno tempo. Gli altri artisti non possono capire.
Il sociologo può interpretare ma se è operaio resta muto. L’industria non può essere
un soggetto artistico o letterario, rimane muta. Ognuno dice “lo faccia qualcun altro”
di parlare dell’industria, perché è troppo difficile.
Narrazione e trasformazione sociale: senso dell’interpretazione e del rapporto tra
questi due poli sarà preso in quattro modi:
1) La letteratura come una fonte che può essere usata per comprendere il
fenomeno storico; letteratura come specchio della realtà di un periodo.
Accornero, nato nel 1931, ha fatto l’operaio nel dopoguerra licenziato per
motivi politici, sociologo che intitola il suo primo libro “FIAT confino”. Era il
secolo del Lavoro, 1997, sguardo retrospettivo, ora è l’epoca dei lavori, con la
L minuscola. Passa in rassegna come il Lavoro abbia lasciato un segno nella
nostra società, chi l’abbia creato, etc. Inizia a parlare degli operai perché sono
i più numerosi: “è stato il processo di uniformazione taylor-fordista a livellare
le rappresentazioni del lavoro, che però è diversa da quella di Dickens, Hardy,
Hugo. I modi di lavorare dell’industria del 900 hanno cambiato le
rappresentazioni precedenti. Come la scrittura ha cambiato la storia della
lavorazione industriale. Si potrebbe fare una rassegna dei personaggi dei libri
scritti in Italia e vedere come cambia il tessuto sociale e cambiano i modi di
produzione. Storia del lavoro attraverso l’analisi dei personaggi del 900.
Muratore (Metello), I tre operai (anni 30), Apprendista (Luigi Davis),
Donnarumma (Ottieri), Addetto Macchina (Volponi), Tino Faussone ( Chiave a
Stella), Benassa (Mammut, Pennacchi, 1994). Si va dagli anni 30 a fine 900.
Pennacchi intitola il libro Mammut perché parlare di operai nel primo 900 è
come parlare di cose antiche. Letteratura come specchio della società è
inevitabile. Citazione di Guido Crainz, storico contemporaneo, che ha studiato
la società italiana e la sua trasformazione sociale nel 900, “Giornale e tv,
cinema e letteratura sono allo stesso tempo riflesso ma anche attori nella
società italiana” teoria del rispecchiamento che è in tutto a partire da
Stendhal, difesa degli scrittori realisti contro le accuse di parlare di cose basse
e volgari, il romanzo è uno specchio che riflette la realtà. Crainz aggiunge
anche questi media sono attivi in questo cambiamento.
2) L’industria come tema della letteratura, il contrario rispetto a prima. Questo
apre un problema teorico e tecnico, come si può scrivere di queste cose che
riguardano l’impostazione dello studio della letteratura per temi: teorici perché
ci si interroga sul concetto di tema letterario, discusso dai protagonisti negli
anni ’60.
3) Sviluppo delle forme della cultura di massa. Esempi di editoria per un grande
pubblico. Nasce cultura di massa, cambiamento culturale di massa. Momento
centrale che porta alla situazione odierna è quella di quegli anni. Fare una
letteratura che cambia perché cambia il contesto in cui è inserita. Ruolo della
letteratura cambia, viene trasformata, dal punto di vista di chi scrive è un
cambiamento delle possibilità. Molti scrittori lavoravano all’interno della
produzione editoriale. Ottieri collabora in modo ancora più stretto con
l’industria.
4) Cambiamento degli scrittori nel rapportarsi con la letteratura, rappresentando
anche una sfida per la letteratura. Nuova realtà, quindi bisogna cambiare
anche il modo di scrivere. Bisogna scrivere nello stesso modo dell’Ottocento o
cambiamo modo? Trasformazione delle forme letterarie.
In Francia la storia della letteratura industriale è centrale ma in momenti diversi,
prima e dopo rispetto a noi.
Due fuochi metodologici: un modo storico e cronologico, uno più teorico tematico,
legato all’interpretazione.
Il primo è legato a queste trasformazioni. I testi sono pubblicati nel corso di pochi
anni, nel momento più vivo del mondo economico. Corso che ha una cronologia molto
precisa, che va dal 57 al 62.
Il secondo problematizza delle questioni più ampie. Usare questo esempio per degli
sguardi più ampi, nodo della critica tematica. I generi letterari in quegli anni
cambiano di significato. Ragionamento critico sul ruolo della scrittura rispetto ad altri
modi espressivi.
Problemi dell’ingresso dell’Italia in mondo industriale e come questo ingresso ha
cambiato la letteratura. Punto di vista della società italiana trasformata nel tempo dai
modi di produzione. Società italiana che nasce il quel periodo, ora libri che
analizzano il declino di questa trasformazione dei vecchi modi di produzione. La
dismissione, Ermanno Rea, 2002, protagonista simile a quello di Faussone, area
industriale vicino a quella di Bagnoli. Il nostro punto di vista non è neutro. Siamo in
una pluralità di forme di lavoro e agli inizi degli anni 2000 boom di libri italiani che
affrontavano le nuove forme di lavoro di vario tipo. Romanzo degli anni 50 e 60 punto
di vista non neutro, trasformazione successiva interpretata dalla letteratura.
Calvino parla del palinsesto, cioè la forma del saggio, molto importante nel 900
italiano.
Musil, L’uomo senza qualità: «Un uomo che vuole la verità diventa scienziato, un
uomo che vuole lasciare al libero gioco la propria soggettività magari diventa uno
scrittore. Cosa deve fare un uomo che vuole essere a metà tra i due? Deve scrivere
un saggio, perché scrive il vero ma lascia libero sfogo all’espressione dell’autore.»
19/02/2019
Diversa da cosa scrive nel numero di apertura, più riferimenti a collettività, qua tutto
più liricizzato. Vittorini pubblica una poesia perché pensa che la poesia sia la forma
più avanzata in questo rapporto con l’industria. Come la poesia dovrebbe operare
nell’industrializzazione, raccogliere testi letterari per vedere a che punto le cose
nuove tra cui oggi viviamo abbiano un riscontro nell’immaginazione umana. I
narratori non ottengono novità di guardo su questa materia. I narratori secondo
Vittorini vedono questa novità come cose nuove, argomento come filtro della realtà
già conosciuta.
27/02/2019
Menabò rivista in cui si sviluppa discussione dei primi anni ’60 su discussione
letteratura. Sul II numero del Menabò Calvino pubblica un saggio che si intitola Il
mare dell’oggettività nel ’60, immagine del flusso ininterrotto di ciò che esiste,
osservazione di Calvino su cultura letteraria contemporanea e straniera. La prima
calata nell’oggettività è stata La Nausea di Sartre, vista dal punto di vista della
coscienza, ora sono visti dal punto di vista del magma, si perde il punto di vista
dell’individuo, esempio con pittura di Pollock. Rapporto di Calvino tra conoscere il
mondo e cambiarlo sembra impossibile, ma Calvino rivendica una letteratura della
coscienza, una non accettazione della realtà, ma reagire e contrastare un’ostinazione
senza illusioni.
L’obbiettivo di Vittorini per il Menabò è osservare fino a che punto le cose nuove in
cui si vive dopo l’ultima rivoluzione industriale abbaino prodotto una novità
nell’immaginazione umana, il giudizio di Vittorini è molto negativo nei confronti dei
narratori più che dei poeti. Secondo Vittorini i narratori si limitano a presentare dei
tagli descrittivi che sono sostanzialmente naturalistici, influsso della scuola francese
che rimane alla base della narrazione di questo nuovo mondo.
È su questa base che il rapporto tra Calvino-Vittorini e neoavanguardia si può
avanzare. Vittorini ha in mente i francesi del nuovo romanzo, gruppo messo insieme a
fine anni ’50 che accosta un sacco di esperienze diverse, come quelle di Beckett. Il
nuovo romanzo propone attacco a forma romanzo con attacco alla figura del
personaggio che p ridotto al solo punto di vista, concezione fredda e concentrazione
sugli oggetti quasi scientifica. Nel discorso di Vittorini l’avversario è il naturalismo, il
difetto comune osservato nella narrativa che entra nel merito del processo produttivo
industriale, a partire dai due blocchi, americano e russa, che continuano a proporre
delle fette di vita in un modo già usato per parlare di miniere, fabbriche e operai
della prima industrializzazione, mentre la seconda muta i ritmi e le visuali del mondo,
cambiano i luoghi dove ci sono le fabbriche, ma il paese viene completamente
cambiato, spostamento delle persone. In questo discorso quindi Vittorini usa la parola
naturalismo quasi come insulto, visto che scrivere un romanzo come Zola non è
essere avanguardia; l’altro nome che cita è Frank Norris, usato come esponente del
naturalismo americano, autore di The Pit, sia la borsa che la miniera, ambientato a
Chicago, città della borsa e delle grande macellerie industriali, che ispira Ford per il
modello fordista. Per Vittorini nel ’61 non si possono portare avanti delle sensibilità
stilistiche e tematiche ottocentesche. Se questo vale per la letteratura americana
negli anni ’30 è chiaro che quella della letteratura italiana sembra una forma di
fossilizzazione, come se il contenuto delle fabbriche non possa essere trattato in
modo diverso, come se si fossero formati dei topoi fissi, stessa cosa che fanno i
sovietici, Dudinzev Vladimir, Non si vive solo di pane, condannato da critica ufficiale.
Dal punto di vista di Vittorini questi romanzi sono per gli industriali perché sembrano
pezzi in più di una realtà già conosciuta nel suo complesso. Si può osservare la realtà
dall’altro punto di vista: tutti continuiamo a vedere il mondo dagli occhi dei padri e
dei nonni, cioè anche chi scrive non di fabbriche deve tenere conto dei nuovi metodi
di produzione, bisogna tener conto anche di come le cose vecchie, investite dai ritmi
nuovi, non sono più le stesse, quindi la letteratura è più indietro di arte, sociologia e
musica. Non tutta la letteratura è allo stesso punto: non tutta la narrativa è estranea
a questo fenomeno: quella che si concentra sul piano del linguaggio è avanti, tipo la
nuova letteratura francese non parla di industria, ma è molto più industriale dei libri
che parlano di fabbriche.
Nuovo pezzo di Calvino: La tematica industriale, parla di qualcosa di preciso in
campo letterario italiano. Calvino dice di essere d’accordo con Vittorini, perché se la
letteratura si stacca dalla pura mimesi ma si occupa del linguaggio è meglio che
cercare di riprodurre una sorta di taglio che fanno i naturalisti. Esempi:
1) Una nuvola d’ira, romanzo meno riuscito, non riesce a rappresentare il
linguaggio.
2) La vita agra, Bianciardi.
Menabò V sfida al labirinto.
II Parte
Natalia Ginzburg, nata Levi, nata nel ’16. A 17-18 anni inizia a scrivere dei racconti,
costante di interni borghesi, che vivono in questo mondo non proprio popolare. La
prima pubblicazione è un racconto nel ’34, pubblicato anche grazie al marito, che
viene arrestato nel 1934 come antifascista, pubblicati nel corso degli anni ’30, si
iscrive all’università ma non la completa. Raggiunge il marito al confino e scrive il
primo romanzo La strada che va in città, scritto con pseudonimo a causa di leggi
razziali, Alessandra Tornimparte. Campagna e città distinti in modo assoluto, non si
capisce in che tempo e in che luogo è ambientato in romanzo, non romanzo storico
ma no indicazioni precise. Molto importante l’elemento del dialogo, che ne Le voci
della Sera arriverà a punti altissimi. Netta svolta di ambientazione segnata
dall’esperienza del confino.
Nel ’43 vanno a Roma, Leone nel PdA. Arrestato nel novembre ’43 per una tipografia
clandestina, febbraio del ’44 morto per le torture subite. Inizia a guerra non ancora
finita a lavorare con Einaudi a Roma nel ’44, traduzioni dal francese. 8 novembre
’44 poesia scritta in seconda persona per la morte del marito. Primo scritto firmato
con Natalia Ginzburg. Oltre a romanzi e racconti tra la fine della guerra scrive
centinaia di interventi su giornali e riviste, circa 300 testi di questo tipo, solo un
quarto finisce in una raccolta di saggi. Le piccole virtù, 1962.
Torna a Torino nel 1945, continuando il lavoro nella sede torinese, lavorando con
Pavese ed Einaudi, coordina traduzione della Recherche pubblica È stato così, inizia
con narrazione di aver ucciso il marito, ripercorrendo le circostanze che l’hanno
portata al gesto estremo, pubblicato nel 1947, recensito da Calvino, che parla di una
narrativa tutta occhio. Calvino è il lettore più importante della Ginzburg. Nei primi
due romanzi brevi della Ginzburg c’è uno schema comune che si può trovare:
protagoniste sempre donne giovani che cercano di conquistare un loro spazio
all’interno del mondo, schema comune anche a qualche racconto. Queste giovani
donne proiettate nel mondo si trovano in un punto diverso da quello che sognavano,
non possono tornare indietro, ma è difficile andare avanti, qualcosa è stato rotto per
sempre e non si può fare. Nel ’47 si iscrive al PCI e nel ’48 scrive Discorso sulle
donne, importante per la sua idea sulla donna e per la propria scrittura, volontà di
cambiare modo di scrivere, non fare più delle frasi ben studiate ma andare più in
direzione di una maggiore oralità, di una lingua della narrazione che aderisce ad
un’impressione di oralità, quindi frequenti ripetizioni e anacoluti.
Lessico familiare si conclude con il trasferimento a Roma insieme e al secondo
marito. Nel ’52 lascia il PCI. Nel ’52 circa scrive un testo dove accusa gli scrittori
italiani di essere troppo piegati su se stessi perché non citano i luoghi degli operai, e
lo dice prima dei discorsi del Menabò e i romanzi che sono stati scritti sono testi
incommestibili, anticipando di una decina d’anno il discorso di Vittorini, facendolo
dal punto di vista dal basso, dal punto di vista di chi tutti i giorni discute con il
linguaggio. Non è possibile scrivere di una fresatrice nello stesso modo in cui si
scrive di un tavolo o di una sedia, perché gli ultimi due ci sono sempre stati.
Valentino, ’57, forma più circolare. Agli inizi degli anni ’60, mentre Vittorini fa quella
discussione su letteratura russa e americana, Ginzburg vive a Londra e scopre
numerosi artisti come Pinter e Burnett, perché il marito dirige il centro di studi di
cultura italiana. Nel ’61 scrive Le Voci della Sera, quasi un romanzo conversazione
dove compaiono tante volte dissi e disse, apertura verso un gergo familiare, che
prepara Lessico Familiare, che inizia qua, personaggi lessico quasi piemontese
mescolato con modo di parlare di un gruppo familiare. Il romanzo industriale esce
proprio nel momento in cui sul Menabò si sviluppa il dibattito su Menabò. Il romanza
viene presentato al premio Strega da Calvino, che si collega al discorso sul Menabò,
visto che Natalia, concentrandosi sul parlato riesce a costruire un intervento artistico
doloroso sulla realtà della fabbrica. Recensito anche da Montale e Caproni. Nel ’62
esce Le piccole virtù, raccolta di scritti già pubblicati, finto dialogo con Calvino, c’è
un solo inedito che si chiama Lui e Io, una specie di testo musicale che lei scrive sul
rapporto con il secondo marito giocato come uno dei vertici del lavoro sul parlato e
delle ripetizioni, qua in particolare sul modulo contrastivo, piacere dell’affinità
presentato attraverso l’opposto.
Luciano Bianciardi, nato nel 1922 a Grosseto e morto a Milano nel ’71. È quello
che si interroga più esplicitamente sul lavoro culturale, che è anche il titolo di uno
dei suoi libri, che però non parla di professione intellettuali, ma lì l’espressione
lavoro culturale è inteso come missione, come necessità politica, e nel suo contesto
provinciale è legata alla militanza politica all’interno del PCI, lavoro culturale inteso
in maniera gramsciana. Titolo articolo di una rivista, insieme di interviste degli
scrittori: La generazione degli anni difficili. Fin dalla nascita la realtà dell’infanzia e
dell’adolescenza è quella del fascismo e della guerra. Più giovane della Ginzburg,
quasi coetaneo degli altri due. Il percorso di Bianciardi e Ottieri si possono
accostare senza problemi: affrontano gli stessi problemi storici avendo la stessa età,
ma arrivano in modo diverso al campo letterario. Uno di questi fattori è il contesto
d’origine. Arrivano agli stessi problemi partendo da una situazione famigliare diversa,
che ha anch’essa implicazioni diverse. Come tanti altri coetanei, PPP e Fenoglio,
vivono il periodo dell’impegno, delle lotte con i lavori. Sia Bianciardi che Ottieri
arrivano a Milano partendo da regioni più meridionali, ma questi percorsi sono
diversi: in Ottieri ci sono due fasi fondamentali, la prima verso l’industria e ai modi di
produzione, la seconda legata all’io e alla psicologia, mentre in Bianciardi c’è solo la
prima, e l’impegno per capire i meccanismi del lavoro e dell’industria culturale non
avviene in un fase precedente e poi dismessa ma è contemporanea alla ribellione
dell’io contro il mondo che osserva e questi meccanismi. Il lavoro di Bianciardi mette
successivamente al centro chi campa come intellettuale all’interno di un contesto
neocapitalista. Bianciardi non paragonabile agli altri: spinta ad essere un bravo
studente ed un intellettuale dalla madre maestra, ma in un contesto diverso rispetto
agli altri (Ginzburg figlia di professore universitario, Calvino figlio di scienziati,
Ottieri di famiglia nobile). I mille da Genova a Capua, di Giuseppe Bandi, scrittore di
Grosseto, libro preferito regalatogli a 8 anni, visione romantica del Risorgimento
come avventura. In comune con Fenoglio amore per l’inglese e storia simile a quella
dello scrittore, incontra l’antifascismo all’università. Parte come allievo ufficiale e va
in Puglia. Ciò segna per lui l’incontro ufficiale con le classi popolari. Nel ’43 si
incontra con dei soldati inglesi, per cui diventa un interprete. Si iscrive nel ’45 al
PdA. Si laurea e si sposa nel ’48. Conosce una tipa con cui ha una relazione, Maria
Jtatosti, che poi diventa la protagonista femminile di La vita agra. Bianciardi non ha
lo stesso rapporto organico con il partito, ma una presa di posizione che viene
dall’incontro con le persone. Ad esempio nel ’52 pubblica su Belfagor un articolo che
si intitola Nascita di uomini democratici, una sorta di percorso autobiografico che
spiega la sua scelta di non aderire al fascismo, vivendo a contatto con i minatori e gli
operai che lavorano nei fiumi. In quegli anni compie delle indagini sul lavoro degli
operai nelle miniere in Maremma, che saranno molto utili per La vita agra, insieme a
Carlo Cassola, autore di La ragazza di Bube, più grande di lui, pubblicate tra il ’53 e
il ’54 su Avanti! Una delle premesse per La vita agra: esplosione in una delle miniere
in Maremma nel ’54, con oltre 40 morti, funerale a cui partecipano 50.000 persone a
cui parla il segretario della CGIL. In quell’anno si trasferisce a Milano, e lavora per
Gian Giacomo Feltrinelli. Bianciardi racconta il mondo della zona Brera di Milano,
non ancora una zona bene, zona di provinciali e artisti. Il primo libo esce nel ’56, I
lavoratori della Maremma, firmato insieme a Cassola. Licenziato da Feltrinelli, il suo
lavoro da proletario intellettuale diventa traduttore a cottimo. I tempi stretti
dell’industria di Ottieri sono riprodotti dall’operaio della traduzione Bianciardi. I
primi due libri sono pubblicati da Feltrinelli, l’altro è pubblicato da Rizzoli, meno
connotato culturalmente, nello stesso anno di Lessico Famigliare percorso individuale
simile a quello della Ginzburg. La vita agra ha molto successo, ed inizia ad avere
proposte di collaborazione molto più pagate e facili. Vive la Milano del Boom. Riceve
la proposta di lavorare per Montanelli al Corriere della Sera ma rifiuta, accetta di
lavorare per Il giorno, più centro-sinistra. La battaglia soda, che uscì nel 1964 per
Rizzoli, parla della speranza e delle delusioni post-unitarie. Mette insieme la
contemporaneità con la sua passione per il Risorgimento. Aprire il Fuoco parla delle
cinque giornate di Milano come se fossero avvenute nel ’59. Scrive di sport e altro.
La compagna si riconosce nella protagonista e lo lascia, uno dei tipi che ha lo stesso
nome di uno dei personaggi lo denuncia, trasferimento a Rapallo in Liguria con Maria
e il figlio, scrivendo articoli di ogni genere. Negli ultimi anni fa un viaggio in Nord-
Africa, sponsorizzato dalla FIAT e dall’«Automobile», che poi viene scritto in forma di
libro dal titolo Viaggio in Barberia.
Il lavoro culturale, Feltrinelli ’57. Parla di attivismo a Grosseto all’inizio degli anni
’50, percorso generazionale e personale contemporaneamente, romanzo
autobiografico sdoppiato, condizione molto cambiata rispetto agli anni che descrive,
ironia distaccata. I protagonisti sono due: Luciano e Marcello Bianchi, due fratelli,
non esistono io autobiografico, riprendono aspetti di Bianciardi stesso. Luciano fa
lavoro culturale con il PCI. Questo sdoppiamento continua anche in L’integrazione
che ha fine ne La vita agra. Il testo è una testimonianza di una generazione. Ritorno a
Kansas City, confessione individuale, libro nuovo rispetto a Il lavoro culturale,
aggiunge delle pagine in più, non più sdoppiamento. Missione di fare il lavoro
culturale in provincia, contrapposto alla cultura della metropoli e della città: da una
parte Roma, corrotta dai suoi costumi, mentre a Milano non è possibile un’azione
intellettuale autonoma perché si perde tutto nello strapotere dell’industria, quindi
l’unico luogo in cui si può fare lavoro culturale è la provincia. Nel centro di Milano
non si vedono gli intellettuali se non singolarmente. Gli intellettuale che non possono
fare gruppo o sono come die braccianti dell’industria culturale o sono dei funzionari.
Questa distinzione è prodotta proprio dal capitalismo, forze ingiustamente divise dal
capitale, sia gli intellettuali, poiché alcuni si sono proletarizzati, mentre gli operai
non si vedono. Composizione di una forza politica, diversa da integrazione, che vuol
dire accettare ciò che le forze capitalistiche hanno deciso. In L’integrazione il
protagonista non vede la vita industriale, sdoppiamento dei sé possibili: l’integrato e
l’anarchico. Questi due personaggi vivono a Milano e lavorano ad una grande
iniziativa culturale, travestimento della nascita di Feltrinelli.
05/03/19
La vita agra consapevolezza dell’impossibilità del lavoro culturale impegnato unito
a forme di nostalgia, consapevolezza che sarebbe necessario. Proletarizzazione del
lavoro culturale, fenomeno che succede ancora oggi. Via d’uscita da questa
situazione nella rivolta, no costruzione di una prospettiva rivoluzionaria, ma visione
anarchica, visione della torre di cemento della Montecatini da far saltare in aria.
Aspetti strettamente regressivi. Immagine di utopia di tornare indietro ed
interrompere una crescita continua. Nella vita di Bianciardi dopo il successo del
romanzo, nel ’63, ci fa vedere l’intellettuale all’interno del mondo dello spettacolo.
Italo Calvino, nasce a Cuba nel 1923. Il padre e la madre sono scienziati, punto di
partenza più vicino a quello della Ginzburg. La famiglia torna nel 1925 in Liguria.
Come cittadina di provincia si può avvicinare al discorso di Bianciardi, ma il livello
culturale è più alto, anche perché il paesino è un cosmopolita. Il percorso di Calvino è
un percorso di eccezionalità rispetto alla media, e con la guerra cambia tutto per
Calvino, e il suo luogo di nascita, Sanremo, perde la sua dimensione cosmopolita, e
dopo la guerra diventa una “Periferia torinese-milanese”. Partecipazione diretta alla
Resistenza, entrando in diverse brigate partigiane, si iscrive al PCI nel 1944 come
una reazione immediata alla morte di un giovane medico. Non solo costruzione
ideologica, il suo studio antifascista e marxista era ancora nebulosa. Ciò che era
fondamentale era l’azione, non un’ideologia perfetta, e i comunisti erano quelli più
attivi. Nel 1945 si stabilisce a Torino, iscrivendosi alla Facoltà di Lettere, e come
Bianciardi, grazie alle facilitazioni concesse ai reduci, riesce a finire gli studi,
laureandosi con una tesi su Conrad. Calvino dice che Torino rappresentava e lo era,
era la città che meglio raccontava il clima del movimento operaio e meglio lo
rappresentava ed esprimeva, incontro tra movimento operaio e movimento di idee,
continuità con la Resistenza, collabora con l’unità. Conferenza del ’59 viaggio negli
USA, per conferenza “Tre correnti nel romanzo italiano di oggi”, raccolte all’interno
di Una pietra sopra, produzione fino al ’54 completamente eliminata. Parte
politicamente impegnata di Calvino è stata quasi dimenticata perché è Calvino stessa
che in parte cancella questo discorso. Nella conferenza dice che non c’è una scuola
dominante, a differenza della Francia, anche se 15 anni prima l’etichetta era quella
del Neorealismo, che dominava la letteratura e il cinema, e Calvino riparte da lì.
L’altro punto di partenza non citato importante anche per La nuvola di Smog è
l’ermetismo e Montale. Calvino non è né uno scrittore né un critico di poesia, ma la
presenza di Montale è molto importante anche per la costruzione dei personaggi. Per
lui era molto importante come punto di partenza il suo universo petroso, secco e
glaciale e senza illusioni è stato per loro l’unico punto solido dove affondare le radici.
In Calvino riconoscimento della realtà senza illusioni accompagnato da slancio ideale.
No rifiuto della modernità come Bianciardi e PPP. La Resistenza come risveglio unico
nella nostra storia ancora nel ’59, quel momento eccezionale fece credere possibile
una letteratura mitica tesa all’epica. Il rapporto diretto con Pavese è la possibilità
concreta di esordire, primo racconto di Calvino pubblicato nel 1945 grazie a Pavese.
C’è in questo periodo di almeno 10 un aspetto meno conosciuto di Calvino, ricca
attività di collaborazione con stampa PCI e militanza politica. Nel 1947 si laurea e
pubblica Il sentiero dei nidi di ragno. Parla della Resistenza in modo diretto, ma
punto di vista dislocato di un ragazzino che vede le cose attraverso un filtro fiabesco,
libro letto da Pavese e recensito sull’Unità, che coglie tutti i riferimenti, recensito
anche da Fortini, uno degli interlocutori costanti di Calvino. Il secondo libro di
Calvino è Ultimo viene il corvo. Entriamo negli anni ’50, e Calvino deve fare il passo
successivo. Una delle ambizioni di Calvino che viene frustrata è quella di un testo
narrativo più ampio di ambientazione contemporanea, perché i suoi romanzi lunghi
sono ambientati quasi fuori dal tempo, o in un tempo mitico. Questo romanzo è
qualcosa che è presente all’interno della sua opera: dopo due tentativi di romanzi più
realisti che non vengono accettati, Il bianco veliero e I ragazzi del Po, nel ’52 viene
pubblicato Il visconte dimezzato, che entra nei Gettoni Einaudi, in cui Vittorini
tentava di portare avanti un discorso di critica sulle opere che pubblicava. Calvino
viaggia molto e ci sono due viaggi fondamentali: nel 1951 viaggio in URSS. Nel 1952
per parlare del Visconte dimezzato Vittorini dice che in Calvino «c’è un senso di
realistico a carica fiabesca e un senso di fiaba a carica realistica», e la trilogia degli
Avi è la fiaba a carica realistica. L’altro punto di vista è quello della Nuvola di smog,
della Formica argentina, dove Calvino parla della parte contemporanea vicina a lui.
Nel ’52 inizia a pubblicare i Racconti di Marcovaldo, che escono nel 1963. Nel ’53
tenta il terzo tentativo di un romanzo collegato alla realtà contemporanea, La collana
della regina. Nel 1955 ottiene al qualifica di dirigente all’Einaudi, fortissimo impegno
editoriale, Calvino dirà che si è occupato molto di più dei libri degli altri che dei suoi.
Nel 1955 tiene la conferenza «Il midollo del leone», che entra in Una pietra sopra a
conclusione dei saggi e delle conferenze che non pubblica. Tema importante del
personaggio, ripreso da Vittorini nel Menabò, e le trasformazioni della società e dei
metodi della produzione hanno reso difficile usare il personaggio come si usava
prima. Partendo dal tipo di personaggio ermetico alla Montale, caratterizzato
dall’assenza, dalla non adesione alla realtà, una definizione in negativo, presente
anche nei maestri della definizione di Calvino, Moravia ne Gli indifferenti. Questa
però è la generazione precedente, ora i giovani tentano una rappresentazione
realistica delle persone d’oggi. La letteratura secondo Calvino non deve mimare la
realtà politica. Per Calvino i romanzi che ci interessano sono quelli d’azione, non un
personaggio intellettuale ma neanche un personaggio che è la rappresentazione
oggettiva della realtà, perché ciò che ci interessa sono:
«le prove che l’uomo attraversa e il modo in cui le supera. Le favole più remote: il bambino abbandonato
nel bosco e il cavaliere che deve superare incontri con belve e incantesimi, resta lo schema insostituibile
di tutte le storie umane, resta il disegno dei grandi romanzi esemplari in cui una personalità morale si
realizza muovendosi in una natura o in una società spietata» .
Inizia relazione con attrice che diventa personaggio di Claudia in La nuvola di smog.
Conclusione di un periodo ideologico e politico e costruzione narrativa e del
personaggio. Nel 1956 entra nella commissione cultura del PCI, che coincide quasi
con l’uscita dal PCI e con la crisi politica, dando le sue dimissioni politiche nel 1957,
affermando che comunque rimane comunista. Tra il ’59 e il ’60 sta negli USA per sei
mesi, tenendo diverse conferenze e lavorando per Einaudi.
11/3/2019
Dieci inverni esce con Feltrinelli nel 57.
In questo libro parla anche di disegno industriale, primi saggi improntati sul design
in Italia.
Presente anche lettera a un comunista ‘ fuori dalle tende del caffè c’era la Milano …
agra’
Fortini compare come personaggio trasfigurato in La speculazione edilizia di calvino.
altra apparizione di fortini trasfigurato in opera letteraria in Aprire il fuoco di
Bianciardi.
Otto e Novecento vengono uniti insieme, contesto è quello dell’Ottocento ma
personaggi che compaiono sono recenti.
Personaggio che sta facendo lezione di letteratura, legge delle poesie, una
sull’inverno.
Versi che non sono di Fortini, parodia che Bianciardi fa, ispirata da un’ammirazione.
Ritornano l’inverno e l’aggettivo ‘agro’, fondamentale per Bianciardi.
Testo di Fortini, ‘Cari nemici’, lettera quasi testamentaria, pubblicata dopo la sua
morte.
Fortini dalle colonne del Manifesto cerca di mettere in luce quello che è il terreno
dello scontro politico; dire che terreno dello scontro sono le redazioni ci fa
comprendere il punto di nascita e origine di Fortini come saggista.
Anni della guerra fredda (94 anno in cui Fortini muore) comunicazione con chi è
dentro dal partito o chi è fuori e si propone di organizzare la cultura è molto solenne.
Di fronte a fenomeno di grande concentrazione di produzione capitalistica editoriale,
di fronte a episodi di contestazione e repressione nasce cultura alternativa, persone
che combattevano al di fuori del partito per rinnovamento culturale nel panorama
italiano.
Lavoro di Fortini è di fatti un ruolo di organizzatore della cultura.
Fortini cerca di indicare quello che c’è in questo lavoro, estratti dell’Avanti,
Comunità, Ragionamenti.
Gruppo di ragionamenti importanti sia dal punto di vista biografico sia per calibro
intellettuale che sviluppa in questo periodo.
A Fortini importava testimoniare il suo metodo di lavoro, a partire da dibattito
culturale sulle pagine delle riviste culturali del momento.
Queste testimonianze che sono spesso in prima persona diventano suo carattere
stilistico. Io che si mette al centro del testo davanti all’interlocutore, con tentativo di
ricostruire un dialogo, un pensiero comune, così fortini tenta di dare contributo che
vuole essere socialista.
Marxista la sua formazione, socialista la prospettiva di organizzazione della cultura.
Descrive il suo lavoro nella prefazione chiamata Il senno di poi, uso della parola
solidarietà che sarà importante nel Saggio sulla liberazione di Marcuse (?) pubblicato
dopo contestazioni studentesche in Germania, ci si concentra su esperienza di chi si
tenta di opporre.
Principalmente classe dei letterati, chi cerca di elaborare cultura e farla circolare. E’
un lavoro che porta ad autoregolamentare i compiti. In un momento in cui PCI aveva
realizzato controllo della diffusione culturale attraverso riviste e i propri intellettuali
(tutto passava attraverso il partito), c’è problema id direzione ideologica che
intellettuali marxisti come Fortini cercano di dirigere non solo attraverso mezzi
politici ma tramite cultura.
Opere pubblicate in questi anni Miti d’oggi di Barthes, Morin L’industria culturale.
Industria culturale è tema privilegiato di Fortini, ma il vero lavoro che fortini tenta di
compiere è lavoro di organizzazione attraverso propri strumenti: erudizione letteraria
e coscienza critica.
Prima parte chiamata Discorso indiretto, in cui parla id fenomeni di produzione
culturale, design ecc.
Fortini comincia da sua esperienza fondamentale del dopoguerra, arriva a Milano,
conosce Vittorini, comincia sua palestra saggistica, sperimenta recensioni, lettere,
lavoro redazionale.
Con la fine del politecnico cerca di dire che cosa è stato, tentativo di dare il via ad
una nuova cultura. Non solo esperienza della rivista ma anche tipo di critica operato
in alcune riviste, critica con alcuni autori per cercare di mediare l’importanza del
ruolo della cultura.
Contestata costruzione di una biblioteca immaginaria=inconscio fatto di testi,
accumuli culturali che però hanno un forte rapporto con i modi di lettura che vanno
modificandosi in questi anni.
Cerca di mettere in relazione operazione stilistica con la realtà e parla di critica al
significato totale dell’opera che significa per fortini non soltanto affrontare tradizione
di un autore, lo stile, ma vedere in che modo le opere possono essere utili a fare
entrare l’uomo in una dimensione conoscitiva maggiore.
Affrontando Kafka, Camus, Fortini cerca di parlare di affrontare temi negativi più
vicini alla psiche umana. Legge Kafka e tenta di difenderlo dai suoi ammiratori, non
in luce come lui sia scrittore di favole, non accetta che si parli di Kafka come uno che
si è accorto di determinati fatti dell’essere umano per poi denunciarli, ma per lui
Kafka è una continua domanda, un lettore che deve essere ‘assistente di misteri’ per
affrontare temi della sua opera.
Esalta il negativo che autori riescono problematizzare nelle loro opere, questo per
fortini amplifica valore dell’opera letteraria.
Fortini sperimenta dei saggi che vanno su temi come design industriale e questo per
fare operazione critica tra tecnologia e ideologia, come mezzi tecnologici producono
ideologia.
Questo circuito non è così libero ma dipende da mani di chi produce questo lavoro.
Vede produttori di cultura come connessi con quello che si sviluppa ideologicamente,
modificazione delle abitazioni ad es. che modifica modo di interazione con i luoghi.
Produzione di ideologia nel campo culturale letterario è inscindibile dall’elaborazione
della politica e sociale perché la seconda è responsabile della prima.
Fortini si rende conto che quella che si sta svolgendo è operazione che cerca di
coinvolger il più possibile le masse tramite strategia populistica, autori che scrivono
con immagini di progresso, riscatto sociale.
Mitizzando così i temi viene perso di vista il punto fondamentale: quale attore è più
responsabile delle contraddizioni della società. Difficile è individuare caratteri
contraddittori della società.
chi elabora la cultura ha un peso enorme per le idee di chi fruirà di giornali e
volantini.
Fortini imposta la sua critica trovandosi davanti realismo socialista e quelli che sono
stati massacri e storture che quel sistema ha prodotto e deve affrontare una vera
critica.
Il cambiamento della società è in mano a rapporto tra lui e i compagni del partito.
12/03/2019
Analisi dei testi letterari
1. Tempi Stretti, 1957 – Ottiero Ottieri
Esce nei Gettoni. TS inaugura il filone della letteratura industriale, come prototipo di
questa nuova corrente italiana.
Composizione e edizioni del testo: continue rielaborazioni e riscritture, in parte
ricostruibili sui suoi documenti, conservate a Pavia – sono attestate almeno 3 edizioni
preparatorie prima della pubblicazione sul periodico. Il romanzo è annunciato a
Calvino in una lettera nell’aprile del ’56. Primo titolo provvisorio è Le schiene di
vetro. L’edizione oggi disponibile è una riscrittura e modifica, e nel ’64 esce la
seconda edizione (tra inizio e fine del percorso industriale analizzato, compreso tra il
’57-64).
Paratesto: usata nell’analisi critica per indicare tutti gli elementi intorno al testo, in
senso stretto. Titolo, introduzione, dedica, avvertenza, postfazione, note. Le
indicazioni fornite dal paratesto sono importanti per la comprensione complessiva.
Luoghi che l’autore/editore fornisce per la chiave di lettura, si propone una
possibilità di interpretazione del testo condensato in una breve frase o titolo.
18/03/2019
Tra 57 e 58 Calvino pubblica i giovani del Po che, dice, può servire come oggetto di
studio sul tavolo anatomico, lo presenta come romanzo fallito.
Di nuovo su rivista nel 58 pubblica La gallina di reparto che cercava di affrontare in
modo più diretto il reale. Parlava del contrasto fra naturalità e industria.
La nuvola di smog conclude una trilogia che sta a metà tra quella davvero realizzata,
che forma fortuna internazionale di calvino e quella mancata, che avrebbe dovuto
essere più neorealista, più legata al mondo contemporaneo.
Nella Formica argentina c’è un male di vivere, si inserisce nella raccolta La vita
difficile. È un male di vivere che viene dalla natura, invece nella nuvola di smog
l’aggressione proviene dalla società industriale.
Ci sono luoghi, campagna e città, diversi, ma molto simile è l’atteggiamento del
personaggio centrale, accostato progressivamente ad una serie di modi di
comportarsi rispetto al male.
Il nemico, l’avversario nella Formica argentina sono queste formiche piccole,
numerose, esseri molto piccoli che sono impalpabili, come se fossero mosse dal
prurito, dall’effetto che danno sul corpo.
Nuova partenza della relazione in questa nuova casa viene sfidata a questa
situazione. ‘Un nemico impercettibile che si impadronisce della nostra casa’, ‘un
nemico come la nebbia (questa frase potrebbe benissimo essere presa dalla nuvola di
smog) o la sabbia contro cui niente vale’.
E’ un tipo di nemico che sfida la resistenza, ma nessun tipo di eroe può combattere
questi nemici, le formiche o gli elementi di paragone, la nebbia, la sabbia.
Struttura che funziona allo stesso modo è il confronto con i vicini di casa, ognuno ha
una tattica diversa rispetto allo stesso nemico.
Quello che mette il veleno nelle case viene accusato di essere un untore perché senza
formiche non avrebbe lavoro. Ente a metà tra pubblico e privato, nel caso della
nuvola di smog sarà legato anche alla storia economica-industriale italiana.
Formica argentina finisce senza trovare soluzione a questo problema, prot. deve
accettare di convivere con questo nemico ‘Il mio nuovo paese è questo’.
Però non è questa accettazione che conclude il testo, ma finisce nello stesso modo
della nuvola di smog, la moglie e il prot. arrivano al porto e vanno verso il mare.
Calvino parla sempre di personaggi liguri delle campagne, ma finale verso il mare
‘qua non c’è formiche’ ‘e c’è un bel fresco e ci sta bene’.
Finale forte in contrapposizione con senso angoscioso di essere attaccati da qualcosa
di incontrollabile, di sporco, che fa venire prurito, che invade tutta la realtà umana,
una sporcizia, polvere, come sarà la nuvola di smog.
Ultima frase ‘Io pensavo alla distanza d’acqua così, ai granelli di sabbia infiniti sottili
giù nel fondo’ come le formiche, altra forma di infinità, ma sono in fondo al mare. E le
onde che portano gusci di conchiglia ‘puliti’, ultimo aggettivo.
Calvino parla di provvisoria catarsi attraverso le immagini.
Possiamo parlare di tragedia moderna, problema non è stato debellato, ma
provvisoriamente risolto attraverso le immagini, costruzione delle immagini di
calvino.
Dichiarazione di Calvino molto tarda, un anno prima della morte. ‘Ma quale Kafka? È
un racconto perfettamente realistico, descrive con assoluta esattezza invasione delle
formiche argentine della riviera’
Leggendo la formica troviamo già molte caratteristiche fondamentali della nuvola di
smog. Nella nuvola di smog caratteristiche che poi rimarranno fino alla fine.
C’è un ‘io’ non un noi come nella formica argentina.
Tempi stretti differisce per posizione del narratore, domande sulla diegesi: le due
domande che ci poniamo per definire posizione del narratore sono dove si colloca
narrativamente rispetto al racconto stesso (extradiegetico, intradiegetico). Quello che
differenzia Ottieri dagli altri è il secondo punto: di chi si sta parlando? Quali le
persone di cui parla il narratore? il narratore è personaggio della sua stessa
narrazione? Narratore eterodiegetico, che è esterno e parla solo di altri,
omodiegetico parla anche di sé ed è personaggio della narrazione; questa distinzione
fondamentale tra Tempi stretti, romanzo più ottocentesco, con narratore
eterodiegetico, mentre invece in Calvino narr. omodiegetico.
Questa voce, questo io del narratore contiene sicuramente elementi autobiografici
che sono sottoposti a processo di rarefazione, astrazione, l’io diegetico è per molti
aspetti dipendente da calvino stesso, però in modo totalmente diverso da ad es. il
quartiere di pratolini, elementi riconducibili all’autore del libro, descrizione di
Firenze. In Calvino tutto questo non è possibile se non in modo indiretto.
Calvino dice una cosa sul personaggio senza soffermarcisi, ‘il protagonista - l’io lirico
o l’autore nella sua proiezione narrativa – ‘.
L’io lirico non è automaticamente il soggetto, l’autore, ma è proiezione. Proprio
perché c’è messa in forma della poesia l’io del lettore diventa universale, in parte è
anche autore.
questo io arriva in un luogo nuovo per lavorare a un periodico che si chiama la
purificazione. Deve comporre dei pezzi, attività intellettuale strettamente legata a
realtà produttiva-industriale, strettamente legata a realtà di enti pubblici o pubblico-
privati, di rapporti tra strutture produttive del capitalismo e dello stato che si
occupano di questioni.
Protagonista di calvino: io lirico, universalizzabile, lotta contro nemici invisibili che
rendono difficile la vita, contatto del personaggio con un mondo della produzione
difficile.
19/03/2019
Protagonista ‘spinto’ da difficoltà interiori, ma mai agganciata a vicende, origini o
spiegazioni precise, espresso solo in forme indirette. Non è possibile parlare di un
‘personaggio – uomo’. De Benedetti parlando di questo periodo letterario, scrive
Commemorazione provvisoria del personaggio – uomo di cui si può parlare come se
fosse un defunto; (‘provvisorio’ rivisto in Calvino con la catarsi momentanea delle
immagini).
Il personaggio – uomo è alter ego del lettore/spettatore, persona che va incontro al
pubblico durante la lettura. Il personaggio che si avvicina ad un essere umano
completo, dopo le esperienze di Joyce e Proust, questo esempio di p. classico,
omogeneo e compatto, è sostituito da una successione di atomi, momenti, immagini,
molto più autonomi nel modo di rappresentare rispetto al personaggio in sé.
“Appare, gli è imposto un nome, uno stato civile, poi si dissolve”. Calvino non fornisce
neanche tutto questo, solo impressioni della realtà rispetto ai personaggi che
incontra. Visto come supporto di stati e percezioni, non come figura centrale.
Il I capitolo presenta il personaggio con l’affitto della stanza, in una parte della città
tradizionale/popolare, prendendo proprio questa poiché non voleva nulla di definitivo,
ma tutto provvisorio. E’ difficile parlare di psicologia del personaggio in senso stretto,
data dalla volontà di essere provvisorio.
Romanzo ambientato in una città industriale, indeterminata, ma che per alcuni
particolari sembra Torino. Si inquadra in una combinazione sociologica, in quegli
anni di passaggio: esempio di qualcosa di più vasto, non interessa parlare della realtà
storica di Torino alla fine degli anni ’50, al contrario di Ottieri.
Anni di passaggio come forma di ricognizione sociologica, di comprensione sociale,
che è di tutti o molti scrittori italiani di quel momento o di tematica
Cerca volontariamente di percorre le vie ‘secondarie’ nella vita sordida e squallida,
con un accenno di ‘passato’ o motivazione: rumori che vengono percepiti, con
presenza umana moltiplicata che produce suono e umori di vita. Forma di
scontentezza o trauma che il personaggio si porta dietro.
Luogo: attenzione del protagonista/narratore per la realtà della città anche come
sensibilità sociale alle differenze che compongono le parti della città. Stanza situata
sopra l’Urbano Rattazzi (locanda). Sede dell’ente in cui va a lavorare è
completamente diversa.
Cronotopo della sezione: incontra un operaio impegnata politicamente, descrive la
collocazione nello spazio e le discussioni legate al mondo sindacale.
Personaggi: se il protagonista è indefinito, non è somma di percezioni o momenti, al
contrario gli altri personaggi sono nominati, hanno un mestiere, una situazione
sociale determinata, caratterizzazioni psicologiche e possono essere anche descritti.
Sono funzioni della struttura complessiva del testo: non sono esseri umani a tutto
tondo, ma dei ‘tipi’ ma in maniera più astratta, tipica nel senso di un’astrazione o
categoria di persona con grado di individualità o complessità/realismo del singolo
personaggio piuttosto bassa. I personaggi sono legati alla struttura complessiva del
testo poiché essa si può suddividere in tre grandi parti concettuali:
- La scoperta della polvere: una parte introduttiva, fornisce i caratteri di fondo
del modo di scrivere, del protagonista, del luogo etc. Questa si configura come
un’introduzione al tema di fondo – contaminazione, la percezione del grigiore della
polvere, dell’accumularsi di questo nemico indomabile;
- La seconda parte è tipo strutturale, quantitativamente più ampia,
approfondisce in diversi quadri e momenti la relazione del protagonista con la
polvere in sé, proponendo qui l’incontro del protagonista con una serie di personaggi,
di cui interessa solo il confronto del protagonista e i modi di affrontare questa realtà
che tocca tutti. La padrona Margheriti, l’ingegner Cordà, Claudia comparendo prima
a distanza come voce e poi in presenza fisica nel cap. X, il collega Avandero, e infine
il sindacalista Basaluzzi.
Si individuano due momenti chiave dei rapporti interpersonali: Claudia e Cordà.
L’incontro con Claudia, designazione della realtà (cap. X) e il cap. XIII della presa di
coscienza del nome di questa realtà, dell’origine da dove deriva questa realtà dello
smog;
- Cap. XVIII, compare il pericolo/terrore nucleare, paura della contaminazione
del mondo da parte dell’essere umano, rischio della distruzione complessiva del
pianeta, dall’innalzamento del rischio fino al cap. XIX della purificazione, per quanto
provvisoria nella catarsi.
Alla fine del I capitolo vi è già la percezione del luogo fondamentale: palazzo Gentilizi,
sede dell’ente, parvenza di modernità e di efficienza, di ‘ordine’. La polvere sui
carteggi: invasività della polvere ritrovata dappertutto ma anche una punta ‘satirica,
della realtà degli uffici, dove quel che conta non è essere efficienti sul serio ma far
finta di esserlo, presentare le cose in un certo modo, fare scena.
Passaggio tipico dei racconti di Calvino: da un momento iniziale si prosegue con una
progressività, del vedere la polvere dappertutto, spostando il piano su un racconto di
tipo realistico, per quanto astratto o non definito, spingendo su una situazione
ossessiva – esagerata, con un nemico impossibile da sconfiggere, con una situazione
kafkiana (riferimento che Calvino rifiuta), elementi che spingono in lettura in chiave
di apologo, non tanto di testo narrativo che racconta una vicenda determinata, ma
che ha un suo senso, morale, che si allarga nella realtà privata della stanza, con la
polvere perennemente presente.
Intermezzi comici, come il cap. VIII, parla delle locande (come nella Vita Agra,
elemento di realtà contemporanea nonostante tutta l’astrazione del romanzo).
Modo di procedere a pezzi: il personaggio calviniano affronta poco a poco aspetti
diversi della vita man mano con la progressione dei capitoli. Variazioni sul modo di
cercare di comprendere, di organizzare in schemi sensati la realtà.
Dal cap. IV comincia la parte seconda, passando in rassegna modi di affrontare la
realtà. Comincia con la padrona di casa, con le stanze pulitissime, in cui non vive mai,
solo per scena. Vive in una cucina logora e sporca – vivere continuamente nella
polvere per poter aver qualcosa di pulito che non si vive mai.
Avandero: vive per il ‘weekend’. Lavora tutta la settimana freneticamente, la città è il
luogo del lavoro in cui si è costretti a rimanere, è proiettato solo nel momento in cui
non nella città – accumulare possibilità materiali per uscirne appena possibile;
riassumibile anche nella storia dei mezzi di locomozione come possibilità di uscire
dalla città, uomo medio della personalità del boom, sopravvive in un lavoro alienante
accettato come tale. Avandero è un prodotto strettamente cittadino.
Basaluzzi l’operaio: nel cap. XIV lo conosce. Operaio impegnato, ma con elementi di
astrazione del romanzo stesso: opinioni politiche spinte. Un altro punto di vista di
reagire alla realtà, diverso a quello ‘integrato’, con impostazione ideologica, per cui il
modo di risolvere la situazione dello smog, non è lottare contro di esso, far finta che
non ci sia ma invece lottare per cambiare la struttura sociale complessiva, si risolverà
poi il problema dello smog, come sovrastruttura. Cap. XVII, Basaluzzi è licenziato e si
lega pienamente all’attività sindacale – attivazione del cronotopo.
Claudia: modellata su Elsa de Giorgi. All’inizio il rapporto è visto solo attraverso la
voce, il telefono come amori difficili. Ha vita opposta al protagonista, in un mondo
scintillante, mondano.
Appare improvvisamente nel cap. X, bella ed elegante. Scena dell’osservazione
dall’alto della città, preso da un bisogno di analisi, mancano le parole per descrivere
la realtà che vede, improvvisa consapevolezza della Nuvola in cui i personaggi sono
immersi. Rappresenta un altro modo di reagire, come se non fosse intaccata, visione
di una femminilità al di sopra della realtà, non toccata dalle cose basse del mondo.
Percezione e dell’individuazione del nemico.
Altro momento fondamentale è legato all’ingegnere Cordà: cap. V, compito del
redattore/protagonista è scrivere articoli che rispecchino i pensieri dell’ingegnere –
legato all’intellettuale che si piega ai pensieri altrui. Spesso assente perché è
consigliere delegato di una serie di industrie, inserito pienamente a livelli più alti nel
congresso produttivo. Nel cap. XIII esplode il paradosso: il protagonista va a trovare
l’ingegnere in una fabbrica per consegnargli delle bozze, direttore come padrone
della nuvola che soffia sulla città. L’ente che combatte per la purificazione dell’aria è
una creatura dello smog, per dare speranza di una vita che non sia lo smog ma anche
per celebrarne la potenza: pensiero progressista del capitalismo, pensa che lo
sviluppo tecnico, legato alla produzione industriale, che producendo lo smog,
produrrà anche la soluzione a questo problema – la rivista dà questa prospettiva dal
pdv dell’ingegnere. Non è tornando indietro che si risolve, né con il capovolgimento
della società che si miglioreranno questi problemi, ma andando avanti nella stessa
direzione (visione dell’industriale).
Il protagonista non ha posizione netta rispetto a tutto questo: non ha nome, non ha
caratteristiche, perché è moltiplicato nelle diverse relazioni con i personaggi.
Nel finale c’è l’innalzamento ulteriore del pericolo: sgridato dal direttore perché ha
pubblicato un pezzo su radiazioni atomiche, e infine l’ultimo capitolo si ricollega con
l’inizio, chiudendo circolarmente il testo. Ricorda il momento in cui è arrivato in città,
cercando i segni di ogni cosa, cercando i segni di una realtà concreta. Segni che
rimandano ad altri segni, all’infinito, continua produzione di immagini. L’immagine
conclusiva è un’immagine di pulizia, con un tocco arcaico – sempre parlando di
catarsi provvisoria delle immagini.
Lettera a Boselli: scritta sul proprio usus scribendi, compie una forma di autoanalisi
stilistica, parla di parti più o meno scritte, parti più o meno descrittive.
Il discorso sullo stile della lingua che Calvino compie serve per far capire che il tema
del libro non è tanto il grigiore in sé ma il rapporto con esso. La struttura del libro, i
personaggi, funzionano come un prisma in cui si decuplicano le possibilità di questi
rapporti. In qualche modo il racconto non è soltanto una narrazione ma ha intento di
comprensione della realtà storico/sociale, di scrittura non puramente narrativa ma
anche con elementi saggistici. Un saggio nascosto dentro il racconto, tutto
cancellato. Si esprime in senso autocritico, auspicando a scrivere senza aggettivi, per
una lingua meno possibile vaga e suggestiva, di tipo concreta, non astratta, con
parole che significano precisamente quello.
20/03
3. Le voci della sera – Natalia Ginzburg, 1961
Pensato e scritto a distanza rispetto al mondo che rappresenta, dal ’59 vive a Londra
dove dirige l’Istituto Italiano di Cultura. E’ famosa per la sua narrazione, costruita
quasi integralmente da dialoghi.
Come per Tempi Stretti, viene costruito editorialmente in dialogo diretto con Calvino.
Reazione positiva dell’amico con una lettera, sviluppa un discorso sull’onnipresenza
del dialogo, senza mai battuta di introspezione o commento psicologico, considerato
un modello di condotta narrativa. Lascia emergere pienamente la sua piemontesità,
città ricostruibile a Torino e altri luoghi riconducibili al Piemonte, non è tanto una
questione di ambientazione geografica ma di spirito di fondo: forme di riserbo, di
understatement, emergono dall’Inghilterra.
Definito romanzo ‘conversazione’, ha tradizione inglese, ricostruibile dall’800 alla
prima metà del 900, non contano gli sviluppi narrativi, le descrizioni ma appunto la
riproduzione di conversazioni, che in versioni ottocentesche sono dialoghi filosofici –
variante del romanzo intellettuale e di idee, i personaggi sono portatori di opinioni.
Nella versione ginzburgiana non è versione moderna di un romanzo di idee, ma sono
conversazioni che ad una prima lettura sono scarnificate e in larga parte portate sul
nulla o su cose di poco conto, oppure sulle relazioni dei personaggi, affrontate con
poche parole, non con intento filosofico/intellettuale.
LVDS sono appunto delle voci, la parola dei personaggi crea un aspetto teatrale,
un’apertura nella direzione nella ricca attività di testi teatrali, la quale diverrà poi la
prima occupazione dell’autrice.
Emerge lo studio del gergo tipico di una famiglia, vi sono due esempi che spingono in
questa direzione:
Kate, parla di un gergo come privato, come un ‘lessico famigliare’ e la conversazione
della prima cena dei genitori di Elsa con Tommasino, dove tutta la conversazione è
gestita dalla madre, con ricordi famigliari, un continuo richiamo a un romanzo
famigliare condiviso. Alla fine dell’episodio interviene il padre, che era stato zitto per
tutto il momento.
La piemontesità emerge nei nomi: Balotta, Purillo, piccole presenze, singole
inserzioni, però molto lontani dal piemontese tradotto in italiano di Davì ad esempio,
non è italiano regionalizzato.
Anticipazioni di LF: onnipresenza del dialogo. Una delle spie stilistiche più continue
notate sin da subito è l’uso intensivo, quasi fastidioso del disse, lui disse, dice,
dicevano, i verbi dicendi che vengono inseriti come didascalie dei dialoghi anche lì
dove non necessario. Sicuramente legato alle traduzioni recenti degli scrittori
americani, ma diventa elemento musicale/ritmico del testo, è usato anche per
sottolineare la ripetizione, il ritorno continuo.
Il testo ad un certo punto non riporta più le voci a due a due, ma costruiti come
discorsi paralleli, come un’esibizione di incomunicabilità, come monologo di un’unica
persona che parla portato all’esasperazione con i continui ‘disse’, costruendo
l’intelaiatura del dialogo anche lì dove il dialogo non c’è. Ragionamento intorno alla
difficoltà o impossibilità della comunicazione, di parlarsi o capirsi profondamente.
Non deve far pensare che sia romanzo senza la figura del narratore: non è romanzo
teatrale in sé, non sono i personaggi a tenere in mano la parola che lega insieme i
diversi personaggi. Il narratore esiste, anche se nascosta in molti momenti –
narrazione gestita da un io che nelle prime pagine non è definito.
Calvino, presentando il libro, ricordava che l’autrice narra sempre in prima persona,
spesso di giovane donne assorte fino al punto di apparire un po’ tonte. Questo
strumento dell’io è il modo per raggiungere direttamente il mondo, esprimere il
rapporto diretto del mondo, che non è filtrato dalla psicologia o liricizzato, con una
grande differenza rispetto alla maggior parte dei narratori. Le caratteristiche
esistono ma non emergono con il narratore che entra nei pensieri, ma con il
comportamento delle persone ma con le parole che dicono ma con un’interpretazione
diretta delle persone.
Altro caso di narratore extradiegetico e omodiegetico, a differenza de LNS non è
senza nome o senza passato – sviluppo interno – proiezione verso il futuro, molto più
vicino al personaggio uomo. All’inizio si nasconde, registra le voci degli altri ma
raramente aggiunge la propria, non racconta di sé.
Somiglia a un flusso di parole, gestito dall’io di Elsa. In realtà ha struttura narrativa
complessa e raffinita che si nasconde sotto l’apparenza di ripetizioni di frasi dette. A
differenza di Tempi Stretti e VA, con capitoli numerati o LNS con una divisione
generale, non c’è nessuna partizione tra le pagine, dando l’idea di una colata unica di
narrazione, di concentrazione di parole e discorsi. Vi sono importanti suddivisioni
interne, segnalate da spazi, come delle pause in un movimento musicale. Montale per
parlare di questo libro ha usato immagini musicali e artistico/pittoriche insieme, una
musica di ‘bassocontinuo’, e un racconto così grigio da risultare vivamente luminoso,
frase contraddittoria, una volta che gli occhi si siano abituati a quell’uniformità di
colore.
Calvino dice che lavorando sul parlato, riesce a raggiungere una musica grigia e
dolorosa, fanno riferimento a vere caratteristiche individuabili nel testo, con le pause
che conferiscono ritmo alla narrazione.
Di due tipi: breve e lunga. Seguendo queste pause, quelle più lunghe,
tipograficamente con parti bianche più grandi, si può ricostruire una suddivisione in
capitoli che non esistono, in partizioni del flusso indistinto. Queste corrispondono a
svolte fondamentali nella narrazione, anche molto forti.
La struttura narrativa è ampiamente asimmetrica, la partizione non è divisa in ugual
durata, non c’è costruzione di isocronie, di tempi uguali nelle diverse parti. La svolta
avviene oltre la metà del testo, dove si capisce che la storia portante del testo è
quella dell’amore tra Elsa e Tommasino.
Si struttura l’insieme in sei parti, diverse tra loro per contenuto narrativo e per
ampiezza/durata.
1 – Narrazione al presente, dominata dalla voce petulante di Elsa, si inizia a vedere
l’ambientazione e i personaggi, fino alla menzione della fabbrica.
2 - Da pp. 7 a 16, si salta con la narrazione al passato, parte il discorso dalla fabbrica,
presentando la famiglia i De Francisci, i proprietari, presentata la ‘prima
generazione’ del vecchio Balotta, con i figli piccoli e il Purillo – adottato - . Questa
parte al passato ricostruisce il prima della guerra, il durante e il dopo. Periodo
cronologico lungo e pieno di eventi condensato in pochissime pagine. LVDS può
essere letto come ‘una saga familiare’, un romanzo fiume condensato, in discorsi
brevi. Si accenna anche all’uccisione del Nebbia, sembra una comparsa per ora.
Alla fine della guerra Nebbia è ucciso, il vecchio Balotta torna in paese, chiedendogli
il discorso per la Liberazione, pronunciandosi con poche parole, muore durante la
notte. Segno del passaggio generazionale.
3 – pp. 16-20, ritorno al presente della narratrice, fa un rapido resoconto molto più
breve di quello che è successo alla famiglia di Elsa, sfollati in varie città. Si sanno
rapide cose sulle sorella, si sa che ha frequentato l’Università ed è laureata in Lettere
e torna in città due volte alla settimana. Ritmata da pause minori, dal resoconto del
passato al presente, sembra inserzione oziosa, un dialogo insulso tra la protagonista
e la sua amica, Giuliana Bottiglia, su un film visto da Giuliana. Impressione di dialogo
vuoto, annunciando invece il tema fondamentale con Tommasino.
4 – Inizia la parte quantitativamente più ampia, da 20 a 64, piena di pause interne,
tornando a una narrazione al passato ma di tipo ravvicinato, quello della seconda
generazione con la rassegna dei figli del Balotta. All’inizio procede con la forma del
catalogo come rassegna di un poema epico di eserciti e navi, si parla di ogni figlio con
stacchi interni, con la narrazione che procede in modo sinuoso, avanti e indietro nel
tempo con informazioni che vengono lasciate cadere. Germina, innamorata del
Nebbia. Compaiono le gite in montagna come elemento di ritorno poi in LF. Altro
elemento musico – ritmico del testo.
Vincenzino interessa per il discorso più industriale, che richiama per certe
caratteristiche Adriano Olivetti.
E’ lui a conoscere il Nebbia durante gli studi universitari, facendolo entrare a
lavorare nella fabbrica. Personaggio del Nebbia visto sempre e solo nei ricordi,
centrale nella sua assenza, visto comparire dalla morte fino alle relazioni
interpersonali e alla vita. Cambiamento di Vincenzino dovuto a un viaggio in America.
Mario, personaggio vivace, disinvolto ed elegante, si sposa con una pittrice russa.
Xenia come personaggio opposto, sofisticato e internazionale.
Da questa parte in poi la narrazione viene mescolata, raccontato tutto in maniera più
contemporanea ad altri fatti. Kate inizia ad avere amanti, arrivando poi alla
separazione con Vincenzino.
In poche pagine passano anni ed eventi. Un momento fondamentale è un episodio che
sembra marginale: Kate e Raffaella vanno a vedere il punto in cui hanno ammazzato il
Nebbia. Momento di osservazione della propria vita, con il riconoscimento che il
meglio è nel passato, con tutte le cose significative, e noi abbiamo sciupato tutto.
Si arriva Tommasino, vive da solo con una governante, rappresentato dal pdv di lei.
Fa studi sulla programmazione lineare, di ricerca matematica, legandosi alla gestione
dei tempi industriali, per l’ottimizzazione del lavoro. Modo di toccare i punti
fondamentali della trasformazione del lavoro, che l’autrice fa nel romanzo inserendo
termine tecnico come questo, trattandolo alla stregua di un termine comune,
diventando una voce del dialogo complessivo.
5 – Solo adesso emerge il nome della narratrice, acquisito non direttamente ma
attraverso lo specchio dell’altro. Elsa e Tommasino s’incontrano in città, e da un
dialogo involontario un’amica della madre fa quasi scoprire la relazione, nasce il
tentativo di un fidanzamento ufficiale, facendo morire il sentimento. A pag. 76 con
una frase si capisce che è passato solo un giorno dall’inizio del libro, tutto quello che
è vi stato in mezzo è stato un salto temporale. E’ la prima dei due elementi circolari
della narrazione. E’ raccontato il fidanzamento fino alla rottura del rapporto.
6 – Allontanamento provvisorio del paese per evitare i pettegolezzi, con la
conclusione della seconda circolarità, è di nuovo ottobre. E’ passato un anno, si torna
all’inizio. Eterno ritorno all’autunno diventa in questo quasi una condizione perenne,
le voci della sera sono quelle autunnali, da un imperfetto iniziale si passa ora al
presente, un continuo monotono, una chiusura tombale, un’impossibilità di
cambiamento.
Quasi asfissiando la presenza della voce di Elsa, coprendola completamente come
esempio estremo della forma del dialogo portato da un’unica persona, vi sono i segni
del discorso diretto ma con poche risposte da parte di entrambe – la madre che
‘ipotizza’ un nuovo inizio meno glorioso, ribassato, una proiezione verso il futuro,
tutto intestato a lei. Non si sa cosa pensi Elsa.
Nel complesso la struttura narrativa del testo ha forma narrativa che unisce un
cerchio ad andamento sinuoso, da un giorno a quello dopo, così come per l’anno, con
un movimento che serpeggia continuamente nel passato, tornando al presente. La
vicenda portante: da un tempo non precisato va avanti la relazione tra i due, il libro
inizia il giorno prima dell’invito a cena, tutto il resto è proiettato nel passato e solo le
poche pagine finali arrivano all’anno dopo.
Costruzione raffinata e complessa nei tempi narrativi, una grande saga familiare
condensata nel piccolo, gestione ipnotico del tempo – richiamante L’Orlando Furioso
di Ariosto. Intero mondo narrativo sostenuto da un brevissimo spazio di narrazione al
presente che è quello principale.
25/03/19
Le voci della sera libro molto importante, fortuna immediata molto importante,
presentata al Premio Strega, presentatore Italo Calvino, e la sua introduzione viene
messa nell’introduzione del libro della Ginzburg. Vince un romanza di Lacapria,
Ginzburg non vince. Le voci della sera ottiene il Premio Chianciano per la narrativa,
giuria presieduta da Vasco Pratolini. In un numero di pagine molto limitato ha la
stessa quantità di vicende che potrebbe essere di una saga familiare molto lunga e
ampia. L’impatto del libro si può misurare anche dalle recensioni illustri che riceve,
viene tradotto in molte lingue, una presenza internazionale. Questione fondamentale
della complessa gestione dei tempi narrativi, poco appariscente ma molto elaborata,
andamento sinuoso avanti e indietro nel passato, andirivieni molto rapidi, tenendo
aperti diversi livelli temporali. Struttura possibile anche perché vengono attivati nel
testo molti personaggi. Altro punto fondamentale è quello del modo di affrontare i
personaggi, in 150 pagine, dice Calvino, ci sono vicende e personaggi numerosi come
in una saga familiare, anche se la narrativa della Ginzburg non è ottocentesca, anche
se i suoi maestri sono Cechov e Tolstoj e la più affine al suo animo e Jane Austen. La
famiglia non è più vista come un mondo sicuro, come una realtà naturale, ma
qualcosa di veramente vivo solo nel passato, evocato con un misto di nostalgia e
ferocia. Questione della musica e del ritmo fondamentali, ricorso a qualcos’altro che
va oltre la letteratura. In una famiglia con un misto di nostalgia e ferocia, Calvino fa
riferimento a Henri Rousseau, detto il doganiere.
Personaggi: dall’apertura del libro tutta la prima parte del romanzo, che si
conclude circolarmente, il personaggio principale è apparentemente quello della
madre, di cui vengono riportate molte parti di frasi. Voce della protagonista soffocata
dal ripetersi delle parole della madre, entra difficilmente in una relazione dialogica
profonda con gli altri personaggi. Madre tipico personaggio che si pone in una
situazione che sembra di dialogo ma non ascolta sul serio gli altri personaggi, scena
che anticipa Lessico, dove il padre dice che quella storia l’ha già sentita e lei dice che
lo fa per parlare. Situazioni che possono essere lette in modo comico. Lunga
tradizione il personaggio materno che ha questo modo di fare, come un monologo che
viene applicato alla realtà in una situazione di finto dialogo, dove la propria
comprensione della realtà viaggia al di sopra di quella degli altri personaggi. Il
rapporto tra madre e figlia non è un rapporto intimo e familiare di comprensione e
condivisione profonda, rappresentato fin dall’ini zio dal dialogo iniziale che avviene
per strada e non in casa, costituito da una serie di osservazioni, con la madre che
commenta gli incontri e le situazioni che vivono, si viene poi a sapere che esiste
anche una padre ma solo molto più avanti, e avrà qualche caratterizzazione in più,
più avanti si sa che il padre ha combattuto sul Carso con Balotta, il fondatore della
fabbrica, ed è affezionato al figlio di lui, più tardi sappiamo anche che si chiama
Ignazio, il nome vero dei personaggi, come succede nei libri della Ginzburg, o non
compare proprio, e si sceglie un soprannome, oppure compare più tardi. C’è una zia,
Ottavia, e una serva, Antonia. La protagonista, Elsa, ha 27 anni, ha un fratello e una
sorella, si dice la cosa fondamentale: il padre è notaio della fabbrica, tutto il paese
vive in funzione della fabbrica fondata da Balotta, probabile soprannome, fabbrica
tessile che produce stoffe, “l’odore che manda la fabbrica è ineliminabile, permea
tutto”, come Nuvola di Smog. I padroni della fabbrica sono i De Francisci. La fabbrica
è ciò che collega la realtà del paese. La prima generazione della fabbrica è Balotta,
possibile riferimento a Camillo Olivetti. Presentate abitazioni della famiglia, luoghi
trattati come personaggi, come la “casetta”. Modo di trattare i personaggi:
l’elemento fondamentale è che non sono mai presentati frontalmente, mai a tutto
tondo, ma diagonalmente, mettendo in lue alcune caratteristiche o solo un elemento,
come il tipo di copricapo che quel personaggio usa diventa il suo soprannome, e a
fine libro la narratrice è costretta a spiegare chi sia. Riferimento a testo di analisi del
personaggio a tutto tondo. E.M. Fost tiene delle conferenze negli anni ’20 che
vengono pubblicate sotto il titolo Aspetti del romanzo. Lontani da cose evocative e
troppo complicate. Parlando dei personaggi Fost divide in flat characters e round
characters. Quelli che ci interessa incontrare sono gli ultimi, quelli che secondo De
Benedetti possono essere chiamati personaggi-uomo. Se un personaggio non ci
sorprende mai è un personaggio piatto e stereotipato che non sembra vivo, non
personaggio a tutto tondo. Se ci sorprende ma in modo non convincente ci sembra
una cosa finta fatta apposta per sorprendere. L’autentico personaggio a tutto tondo
ha in sé un elemento incalcolabile della vita. Definizione suggestiva non analitico
scientifica. Questa definizione ci permette di fare un passo ulteriore sui personaggi
della Ginzburg, che sono personaggi vivi, che però Natalia Ginzburg riesce a creare
dei round characters senza psicologia e senza descriverli frontalmente, ma solo
attraverso le parole riportate e le azioni che compiono, che sono presentate di
scorcio. Distinzione sul modo di presentare i personaggi tra Omero e Virgilio, ripreso
da Tasso: Omero come archetipo, cerca di presentare tutti gli aspetti del
personaggio; Virgilio invece presenta alcuni tratti illuminati e altri invece non
illuminati, stessa distinzione tra Tasso e Ariosto: il secondo come Omero, il primo
come Virgilio. La Ginzburg è dalla parte di Virgilio, presentazione con molte ombre e
oscurità, parti che emergono acquistano un rilievo più vistoso ed importante. Molti
dei personaggi scorciati sono descritti in maniere indiretta, attraverso altre parole
che non sono le loro né quelle di Elsa: modo di presentare i personaggi agli antipodi
con Tempi Stretti. Pochi elementi distintivi che diventano degli emblemi, modo che si
fissa ma che può cambiare. Tra questi personaggi assume un ruolo centrale il . Tema
fondamentale del romanzo arriva intorno alla tomba del , personaggio che inizia con
la morte e via via si torna indietro, capendo solo alla fine cosa succede. Adriano
descrizione che somiglia a quella di Olivetti in Lessico Familiare, la sua separazione
con Cate può ricordare la separazione con Paola, la sorella di Natalia. Morte che lo
coglie improvvisamente in viaggio, come Olivetti; altro personaggio fondamentale è
Tommasino, il figlio del Balotta con cui la protagonista ha una relazione, importante
anche perché Tommasino incarna quella difficoltà ed impossibilità di esprimere i
sentimenti e il significato della propria vita ed una presentazione di sé dell’aridità,
segnato dalla mancanza rispetto ad una pienezza dell’essere, riferimento ad uno dei
dialoghi dove chiede ad Elsa se le sembra poco l’amore che le dà,
autorappresentazione di Tommasino, esempio perfetto di presentazione dei
personaggi di scorcio.
Tema:
1) storia dei soggetti, storia di una relazione segnata dalla difficoltà di
espressione e comunicazione, storia che comincia il giorno prima del
fidanzamento ufficiale con una breve coda alla fine a fidanzamento rotto, e su
questa vicenda si innesta il racconto della famiglia proprietaria della fabbrica.
Il significato secondario. In questo caso sappiamo che nel 1961 c’è il dibattito
letteratura industria sul «Menabò», tema dell’industria in ambito sociale e
letterario;
2) Possiamo dire che il soggetto secondario del romanzo di Natalia Ginzburg è la
versione di un romanza industriale; come negli altri tutto il paese è permeato
dalla fabbrica, Tommasino è un cazzo di sporco padrone che disumanizza i suoi
lavoratori. Ci sono anche delle cose più piccole che vanno in questa direzione,
Vincenzino regala a raffaella un frigo per il matrimonio, simbolo del miracolo
economico italiano. Questa cosa è prodotta dall’industria, che sfiora il
problema di Vittorini sul «Menabò», quindi come i prodotti dell’industria
cambino la vita di tutti i giorni. “Natalia parla di cose, non dice parole”, dice
Calvino, tutto lo stile complessivo è quella. Quella cosa che viene nominata
emerge con un profilo particolare. Tra queste cose che nomina Calvino si
possono leggere queste cose nuove. Mondo che era ancora tradizionale, la
casetta, luogo dove il Balotta confina i parenti di secondo grado. Le case che i
figli costruiscono sono segnate dalla modernità. Questi elementi poco vistosi e
non dichiarati ci fanno leggere il libro come la versione originale di un
romanzo industriale, originale perché come diceva Vittorini, non è importante
parlare solo di assemblee in sezioni e scioperi per parlare di industria, ma
capire come i metodi di produzione cambiano i luoghi e le relazioni tra le
persone, infatti nel libro non compaiono mai i luoghi di lavoro e i lavoratori. Le
voci della sera sono quelle delle donne borghesi;
3) Dal piano secondario e il terzo, significato profondo e intrinseco, tra quello di
cui parla il testo e ciò che l’opera dice, il piano dell’interpretazione, non c’è
riposta esatta e unica, il libro si struttura come una serie di motivi, ritmi e
questione musicale importante a diversi livelli, che si ripetono e ci danno della
indicazioni abbastanza forti per questa interpretazione di fondo sul vero tema e
sul significato complessivo dell’opera, una delle voci che dà il titolo all’opera,
che emerge quando Cate va a vedere dove è stato ucciso Il Nebbia, che diventa
personaggio centrale in sua assenza, e Cate dice «ma perché si è perso tutto?».
Questa mancanza è percepita come qualcosa che si è perso, che si è sciupato,
frase ripetuta da tutti, anche da Elsa, che alla fine dice «ma perché si è
sciupato tutto?». Tono di fondo che è una melodia struggente e disperata che
dà degli indizi sul tema del romanzo, come significato intrinseco, che Calvino
dice essere la storia di persone che vogliono sotterrare i pensieri che si
indentificano solo per le cose che fanno e le parole che dicono e che finiscono
per trovarsi stretti in una morsa di dolore, sono personaggi troppo controllati,
tema della scoperta di questa condizione esistenziale prima elencata. Nel
momento in cui le cose non sono nascoste vengono fatte emergere, momento
raro nell’economia del romanzo, solo in questo momento si esprime
consapevolezza dell’impossibilità di una felicità nell’attimo attuale,
consapevolezza che il tempo migliore della vita è retrospettivo, nel passato,
tema che può ricordare il saggio Inverno in Abruzzo, pubblicato in Le piccole
Virtù. Inverno in Abruzzo scritto poco dopo la morte di Leone, prima della fine
della guerra, primi mesi del ’45; la Ginzburg rievoca il tempo vissuto con il
marito al confino. In quel momento di mancanza viene riconosciuto in maniera
retrospettiva il tempo migliore della sua vita. La madre dice che «non legge, ci
sono tante cose tristi nella vita, perché leggere romanzi? Non sono anch’essi la
vita?». Andamento della relazione di Tommasino ed Elsa paradossale: non si sa
perché stanno insieme, come si sono conosciuti, ma la loro storia va avanti lo
stesso. Finchè noi lettori non sappiamo niente dei loro sentimenti e delle loro
azioni la storia va avanti; nel momento in cui ei esprime una scontentezza
inizia il momento che porta al fidanzamento, anche se l’aspettativa del lettore è
quella di una rottura. Quando lui per la prima volta esprime i suoi sentimenti
qualcosa si rompe. La felicità si scopre soltanto retrospettivamente, ripensando
a qualcosa che non più tornare, tutto questo si può legare al punto precedente
più storico sociale, Le voci della sera come versione origina le di un romanzo
industriale, relazione dei due legata alla trasformazione storico sociale del
secolo: non è che le relazioni della generazione precedente fossero fondate su
relazioni più aperte e comunicative, ma reggevano lo stesso. Ora nel presente
le famiglie esplodono in quest’ambito sociale, separazione che ricorda quella di
Paola e Adriano, al momento della rottura del fidanzamento la madre si sente
male perché ha paura di cosa dirà la gente, mentre il padre commenta che «i
giovani di oggi hanno problemi mentali sottili che quelli della generazione
prima non riescono a capire». Modo di costruire la relazione collegata al
cambiamento temporale e storico-sociale riconosciuto dal padre. Il punto in cui
emerge questo discorso è il momento in cui Tommasino parla più a lungo.
Calvino dice che l’arte letteraria è far passare il mare in un imbuto, necessità di porsi
dei limiti. Costringersi quindi ad una ristrettezza per arrivare a qualcosa di
estremamente complessa. Si potrebbe quindi dire che Le voci della sera, rispetto agli
esperimenti di narrativa di quegli anni, è la sfida al labirinto, per dirla come Calvino.
26/03/19
La vita agra esplosione nella fabbrica di Ribolla non è stata una tragedia, ma dietro
c’è la colpa dei padroni, che hanno deciso di risparmiare sulle misure di sicurezza.
I luoghi di lavoro sono leggibili sotto la deformazione della parodia nei luoghi dove
ha lavorato Bianciardi, la Feltrinelli, quindi, e la rivista «Cinema Nuovo».
Licenziamento dalla Feltrinelli e il lavoro del traduttore la traduzione coatta. Più in
generale l’impatto con Milano, che è negativo, contro la città della modernità, città
che non è il luogo primario. Separazione tra intellettuali che lavorano legati alle case
editrici e gli operai che lavorano nelle fabbriche funzionale per il capitale. La Milano
di Ottieri il centro lo vede dall’altra parte: leggere i due testi come speculari. In
Tempi Stretti solo il protagonista ha un rapporto con la classe borghese più alta.
Documentari con Bianciardi dove spiega cosa fa per il successo del suo libro. Luoghi
e personaggi deformati a partire dal nome, anche proprio sui nomi delle strade. Si
capisce che è Milano, ad esempio, ma non ci sono gli stessi nomi delle strade. Ad
esempio l’ultima casa è in via meneghino, a Milano si chiama domenichino.
Molto interessanti le lettere di Bianciardi a Mario Terrosi, rimasto a Grosseto, dove
commenta la sua vita e ci dà delle indicazioni perché le scriveva mentre scriveva La
vita agra. Lettera del 1960: «Le case editrici sono piene di fannulloni frenetici. Gente
che non combina una madonna dalla mattina alla sera e riesce, non so come, a dare
l’impressione, fallace, di star lavorando. Si prendono persino l’esaurimento nervoso.
La cosa migliore, caro Mario, è prendersela calma, e possibilmente sfotterli. » . Si
prendono persino l’esaurimento nervoso, la cosa più importante è prendersela con
calma». Allo stesso Terrosi scrive ne 1962: «In quanto a me riesco finalmente a
lavorare un po’ meno, sono riuscito a scrivere un libro he ritengo la mia cosa
migliore. Calvino ne è entusiasta, lo pubblicherebbe anche subito. Si chiama La vita
agra, ed è la storia si una solenne incazzatura scritto in prima persona singolare. ».
Pubblicato con Rizzoli e non con Einaudi.
Film su La vita agra, altro dei punti che collega la narrazione con la trasformazione
dei metodi culturali.
Nel 1962 dice a Terrosi che l’aggettivo Agro sta diventando di uso comune,
Bianciardi ha chiaro il ruolo che lui sta assumendo, sta diventando “l’arrabbiato
italiano”. Il mondo va così, cioè gli daranno lo stipendio per fare “l’arrabbiato
italiano”.
La vita agra è la parodia di La dolce vita di Fellini, e Bianciardi contesta questa
scelta di Fellini. Agro già aggettivo con indicazione toscana ed espressionista.
Rispetto al film internazionale c’è anche un’espressione provinciale. Libri
fondamentali per Bianciardi due libri di Bontempelli del 1919: La vita operosa e La
vita intensa, tema di fondo lo stesso: impatto tra luogo, scrittore e lavoro culturale
dell’intellettuale. Incontro tra intellettuale di cultura classica e la città che si muove a
ritmi elevati. Le due Vite sono micro-romanzi che rompono con qualsiasi forma
narrativa del passato, come quelli di avventura o quella del romanzo psicologico. In
Le voci della sera mai descritto aspetto psichico dei personaggi. Oltre alle forme dei
romanzi c’è anche la cultura di massa. Bianciardi cita un film western e lo parodizza,
come cita anche personaggi televisivi ormai dimenticati. Romanzo di Bianciardi può
funzionare come quelli a parodia di Bontempelli. La vita agra denuncia
l’atteggiamento delle lettere precedenti, ed è presente nello stesso testo, cioè nel
capitolo X dove c’è tirata sulla produzione e l’aumento di tutto quello che è medio.
Va a Milano perché vuole vendicare la morte dei minatori di Ribella, colpendo il
nemico nei grattacieli milanesi, con un mandante preciso, Otello Tacconi, che poi
denuncerà Bianciardi perché sto tipo esisteva davvero, non per vivere il boom
economico, questa cosa è detta nel capitolo X durante la tirata sulla produzione. Il
titolo viene spiegato pienamente all’interno del testo, già spiegazione
dell’impossibilità, sconfitta di una missione ribella. Testo già riassuntivo di tutto. Il
punto successivo, importante per tutti i testi, è quello del narratore che coincide con
la voce del personaggio principale. In un’introduzione ad una stampa successiva alla
morte di Bianciardi, Pampaloni diceva che si dovrebbe fare una storia di io nella
narrativa italiana contemporanea, solo in Tempi stretti non c’è in modo preciso, cioè
che non è raccontato da un personaggio, mentre Le voci della sera, La vita agra, e La
nuvola di smog sì; io è sempre meno personaggio, ma luogo di crisi del rapporto con
la realtà, e si avvicina sempre di più all’uomo personaggio di De Benedetti. Il lavoro
di Bianciardi sull’io è fondamentale nel suo lavoro narrativo: in Bianciardi
sdoppiamento dell’io nei libri precedenti, cioè L’integrazione e Il lavoro culturale. In
La vita agra non più sdoppiamento, io che filtra i personaggi e il luogo. Altro punto
riguardo all’io è la questione dell’autobiografia: si può parlare di autobiografia per
La vita agra? No perché non c’è il patto autobiografico, cioè devono coincidere
nome e cognome di chi scrive, di quello sulla copertina e del protagonista della
storia. Questo funziona solo ad un certo punto perché l’io de La vita agra non ha un
nome, anche se ha cose in comune con Bianciardi, ma il narratore è disposto a dirci
delle persone che incontra e dei luoghi che vive; rapporto con la vita dell’autore
fondamentale ma non si può parlare di patto autobiografico; in più sempre
deformazioni dei luoghi e dei personaggi che allontana dall’autobiografia, e oltretutto
ci vorrebbe un percorso cronologico più lungo, La vita agra parla di un periodo
della vita dell’io più breve. Lessico Familiare, libro simile a La vita agra, è molto più
vicino all’autobiografia. Questione dell’io in La vita agra è centrale: struttura
narrativa complessiva e l’intertestualità, parti collegate tra di loro. Quando
compare il personaggio femminile di Anna l’io viene separato dal noi collettivo, il
mondo degli intellettuali dei fotografi e degli artisti poveri, ma diventa un io di
coppia, anche se verso la fine si isola sempre di più, anche rispetto alla stessa
compagna, e molto di più l’io non è diretta espressione della sincerità interiore di una
persona, reazione viscerale di Milano, colpisce subito questa voce che parla
continuamente di sé, non espresso in maniera di confessione diretta, ma come
indiretta, io costruito attraverso l’uso di una serie di materiale precedente, sia
proprio che altrui, sia sul piano delle lingua, questo io unica voce che si sente e fa
riferimento a dialetti diversi in italiano a e ci sono parti in inglese, e sul piano
dell’intertestualità ci sono altre cose sull’io prese da altri libri di Bianciardi. La vita
agra è quello più metaletterario: in alcuni momenti si parla del farsi stesso del
testo, parti che vanno nella direzione della critica, e anche quello che varia di più
linguisticamente rispetto agli altri 3, Le voci della sera ha una musicalità e una
tonalità grigia, e bisogna come adeguare l’orecchio a questa musica, alle variazioni di
grigio, mentre La vita agra è quello con più escursioni linguistiche e stilistiche,
perché fa riferimento a molti modi letterari ma anche perché ha una pluralità
linguistica, riferimenti a diversi accenti e dialetti, ci sono diversi tipi di linguaggio
contemporaneo che vengono presi in considerazione, parodizzanti o presi
considerazione, come la lingua degli uffici, il linguaggio politico e quello della
burocrazia, ricerca del linguaggio sempre frustrata a Milano. Questi linguaggi sono
sempre accompagnati dalla posizione satirica. Negli anni ’90 Rita Guerricchio ha
parlato di assunzione del parlato in La vita agra, uso diverso da quello che ne fa la
Ginzburg, perché in Bianciardi monologo dell’io che ha di per sé un andamento di
lingua parlata perché ha questa componente di monologo, rivolgendogli ai lettori in
modo diretto, tra io che racconta e il lettore che legge, e sembrano lettere scritte ad
un amico. Andamento monologico che presuppone l’ascolto dei lettori come succede
con un monologo a teatro, coinvolgimento diretto del destinatario e uso di forme
iterative. La Guerricchio parla di ibridismo linguistico, fatta mettendo insieme
lingue diverse con una vicinanza a Gadda, che ha a che fare con la polifonia del
romanzo, modo di porre i personaggi da parte dell’autore, autore affronta i
personaggi ed è in grado di rispondergli, autore e personaggi sullo stesso piano, tutti
gli elementi della costruzione del romanzo dono dialogici, riferimento a Bachtin, studi
su Dostoevskij, per Bachtin scrittore che in tutta la vita umana coglie i rapporti
dialogici, e quindi ogni suo romanzo è un grande dialogo, momenti in cui diversi
personaggi sono congregati in mondo non proprio realistico ma parla o tantissimo, il
dialogo entra all’interno di ogni romanzo. Non si può quindi parlare di romanzo
polifonico per La vita agra, perché parla solo l’io e vediamo le cose solo dal suo punto
di vista e spesso i personaggi sono personaggi piatti, l’unico round character è l’io.
L’io è un io esploso, non integro, che pur non comprendo tutta la scena fa venire fuori
diverse voci, costruisce sé stesso attraverso parole anche altrui, quindi volendo si può
dire che è una forma completamente a sé di romanzo polifonico. Come la realtà è
stratificata, quindi è la realtà barocca e complessa, anche lo stile accumula elementi
di complessità, deforma la lingua per cercare di descrivere questa realtà nuova. Nel
1959 Alberto Arbasino conia la definizione “I nipotini dell’ingegnere”, in riferimento a
Gadda, mitizzato come padre letterario per Pasolini e per Arbasino. La deriva
Gaddiana si può leggere nel secondo capitolo de La vita agra, dove c’è uno dei primi
salti nella narrazione, tutto il testo vive di questi salti, da parti più narrative a grandi
tirate, dove si parla di come scrivere un testo e passa in rassegna a tutte le possibilità
di scrivere, prima grande presentazione dell’enciclopedia dell’io, riferimenti
principali, quali sono i pezzi che compongono la sua attuale scrittura, pedale della
deformazione parodica. Esplosione die riferimenti da subito evidenti, esplosione di
riferimenti, qui nella poetica del secondo capitolo compaiono nomi e situazioni
letterarie diversissime, andando da Burchiello, poesia giocosa del Quattrocento
italiano, la poesia lotta con il rasoio, Rabelais, letteratura francese del Cinquecento, e
Henry Miller, Molinari Enrico, da NY, letteratura scandalosa dal punto di vista
sessuale, la Beat Generation, fino a Lorenzo Viani, il pittore-scrittore di Viareggio
anarchico, che richiama tante cose di Bianciardi, e anche Amarilli Etrusca, scrittrice
toscana di fine ‘700, nome arcadico, poetessa che improvvisava in versi. Tutto questo
discorso finisce con “Ma tu moro mi stai a sentire?” Perché ci chiama “mori”? Non
comprensibile senza il riferimento della lettera di Leonardo a Ludovico il Moro. Uno
dei primi modi di esprimere da parte di Bianciardi la sua capacità e la sua conoscenza
del mondo culturale, che esprime e condanna al tempo stesso, perché lui non vuole
essere il servo dei nuovo mori.
27/03/2019
Il cap. per il discorso dell’esibizione, della messa in primo piano di questo è l’VIII,
inizia con un discorso quasi saggistico, parodia di un trattato sull’argomento della
traduzione in sé, con aspetto satirico – caricaturale, con testi che lavorano su tempi e
relazioni umane all’interno delle aziende, attraverso la satira degli olivettiani, l’idea
di un lavoro sui rapporti umani dentro le aziende con una produzione di testi.
Su un discorso del lavoro a cottimo intellettuale, parte con un discorso sull’Irlanda,
con una descrizione con un elenco fitto di nomi del luogo, inserito/innestata nel
discorso; sono ripresi i testi di Brendan Bhean, come maschera dell’irlandese ‘puro’,
giovane militante, Bostal Boy, tradotto da Bianciardi stesso, nel ’60. Il termine Bostal
indica il nome del carcere minorile dove l’autore è rinchiuso a sedici anni per
possesso di esplosivi – l’intertestualità è collegato direttamente alla missione del
protagonista; l’intertestualità è meno dichiarata e meno evidente, il significato di
fondo che si lega alla struttura complessiva non è dichiarato;
altro autore è Don Leavy, nato negli USA, naturalizzato irlandese, ha successo con
The Ginger Man, accusato di oscenità etc.
Questi pezzi di libri entrano nel romanzo, con il ricordo personale contaminato di
quanto abbia fatto. Nell’insonnia, anche i ricordi non suoi si infiltrano nella mente
dell’Io del libro.
Il cap. sfuma come una sonnolenza, concludendosi con un brano direttamente in
inglese, a sua volta in forma di enumerazione, sono passate in rassegna categorie di
persone, da venditori di piccole cose a prostitute, poliziotti e preti.
L’io stesso diventa più personaggio e meno proiezione dell’autore. La struttura di
fondo del libro si può rivedere ‘mimata’ nell’intertestualità con un passaggio nel cap.
XI, il collegamento è un libro di Fortner, A fable; il passaggio a quest’autore svela il
significato complessivo del libro, si collega alla struttura complessiva e ai temi
fondamentali del libro.
- Temi: rifiuto del miracolo economico, tema fondamentale è analisi delle forme
del lavoro nell’industria culturale, divisa in tre momenti: lavoro in una rivista
(Cinema Nuovo), lavoro in casa editrice, interessa la descrizione dei
funzionamenti delle logiche da ufficio/azienda (Feltrinelli) e il terzo a cottimo
da casa, della traduzione, senza un luogo effettivo di lavoro.
Questi temi di fondo sono sviluppati anche attraverso un ritorno di motivi che si
disseminano al di là del luogo in cui viene affrontato l’argomento stesso: il camminare
culmina in un momento dove il protagonista è licenziato per il modo in cui cammina,
dello strascicare i piedi;
I momenti più famosi del romanzo sono il rifiuto, il mi oppongo e la reazione di
visionaria dell’Io disattivistico, per i toni, gli argomenti, per il modo di scrivere,
Bianciardi è stato associato alla linea dell’opposizione al presente industriale, con
riferimento a La sfida al labirinto di Calvino che trattava della rivoluzione industriale,
rispetto alla letteratura e arte in generale, da cui ha avuto un trauma non più
ripresasi, il tentativo di tracciare una mappa di questo labirinto, con la conclusione
che il modo migliore che ha la letteratura è quella di non mantenere un
atteggiamento di sfida al labirinto contro la resa a quest’ultimo.