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LE FORME e LA STORIA

Rivista del Dipartimento di Filologia Moderna


Università degli Studi di Catania
n.s. IV, , -

Saperi umanistici oggi

a cura di
Antonio Pioletti

Rubbettino
2011
Francesco Citti
Philologia delenda?
Alcune riflessioni sullo studio dei classici

.
Sappiamo che il filologo Karl Reinhardt, a proposito della sua conferenza
del  La filologia classica e il classico ebbe a dichiarare che, se non fosse
stato invitato a farlo, non si sarebbe mai espresso su quel tema. Anch’io
con tutta semplicità confesso che, se non fossi stato invitato a farlo, pro-
babilmente non avrei mai scelto di mia iniziativa di trattare l’argomento
di questa relazione:
così Italo Lana apriva la sua relazione su La filologia latina nel secolo XX
(Italia) al Convegno internazionale La filologia greca e latina nel secolo
XX . Tanto più chi scrive non ha né le competenze né l’autorità per
tracciare una panoramica complessiva di tendenze e risultati della filo-
logia classica in Italia: il solo dato quantitativo basterebbe a scoraggia-
re. Dei . articoli e monografie censiti dall’Année Philologique, re-
lativamente alla scienza dell’antichità nel suo complesso per il ,
. sono scritti in lingua italiana; . su . nel . E a que-
sti lavori si dovrebbero aggiungere i saggi di autori italiani scritti in lin-
gua straniera, sempre più numerosi. Ci si limita perciò a poche rifles-
sioni su alcuni fenomeni macroscopici del dibattito italiano degli ulti-
mi anni.
I. Lana, Italia. La filologia latina nel secolo XX, in La filologia greca e latina nel
secolo XX, Giardini, Pisa , vol. II, pp. -; nello stesso volume a E. Degani era
affidata Italia. La filologia greca nel secolo XX, vol. II, pp. -, rist. in Filologia e
Storia. Scritti di E.D., Olms, Hildesheim-Zürich-New York , vol. II, pp. -
; si veda anche S. Mariotti, Filologia classica -, in Scritti di Filologia Classi-
ca, Salerno Editrice, Roma , pp. -. Sono state poi tradotti in italiano i gros-
si compendi di F. Graf (cur.), Introduzione alla filologia latina, Salerno Editrice, Ro-
ma ; H.-G. Nesselrath (cur.), Introduzione alla filologia greca, Salerno Editrice,
Roma .

«Le forme e la storia» n.s. IV, , -, pp. -


 Francesco Citti

.
Uno dei grandi dilemmi» – scrive Remo Ceserani – «che ha percorso tut-
ta la storia degli studi letterari istituzionalizzati nell’epoca moderna, e ha
determinato controversie, spaccature, tentativi di riconciliazione è stato
fra studio storico e studio estetico della letteratura, filologia e critica,
l’una impegnata a preservare il testo nel tempo, ricostruirne la forma ori-
ginaria correggendone gli errori e le deformazioni provocati dalla sua tra-
smissione, collocarlo nella situazione storica della sua produzione (filolo-
gia, critica testuale), recuperandone il più possibile i significati originari
(filologia della parola), l’altra a darne un’interpretazione e una valutazio-
ne o ‘giudizio critico’. La divaricazione massima fra questi due tipi di stu-
dio, che per loro natura non dovrebbero essere incompatibili, la si è avuta
in epoca positivista, negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del
Novecento:
nell’ambito della filologia classica basti ricordare l’aspra polemica anti-
filologica e spesso nazionalisticamente antigermanica che coinvolse tra
gli altri l’estetizzante, ma anticrociano Ettore Romagnoli (che conclu-
deva il suo pamphlet Minerva e lo scimmione con un significativo capi-
tolo Ceterum censeo philologiam esse delendam) e Girolamo Vitelli che,
prendendo le parti della Wortphilologie, la filologia ‘formale’ basata su
una solida conoscenza linguistica, affermava
senza lo studio minuto e paziente della lingua greca (il che vuol dire della
grammatica, della prosodia, della metrica, delle varie lezioni, degli scolii e
di tante altre pedanterie) le ‘geniali’ costruzioni e divagazioni, per quanta
vernice abbiano di filologia, di archeologia e di scienza storica, saranno
spesso e volentieri castelli in aria.
Ma è bene ricordare che il dibattito tedesco si muoveva su ben altri li-
velli rispetto all’idealismo estetizzante italiano, e coinvolgeva due stu-
diosi come Gottfried Hermann, paladino della Wortphilologie, e Au-
gust Boeckh, rappresentante di una solida ed olistica filologia storica –
 R. Ceserani, Guida allo studio della letteratura, Laterza, Roma-Bari , pp.  s.
Su questo dibattito, vd. in particolare E. Degani, Ettore Romagnoli, in Filologia
e Storia. Scritti di E.D., cit., vol., II, pp. -; Italia. La filologia greca nel secolo XX,
ibid., vol. II, pp. - ( passim) e soprattutto Filologia e storia, ibid., vol. II, pp.
- (in part. -), da cui sono tratte le citazioni di Vitelli e Boeckh (pp. 
e ).
 Non per niente Emozione estetica e preparazione linguistica è il titolo del capito-

lo iniziale di G. Pasquali, Filologia e storia, introduzione di F. Giordano, Le Monnier,


Firenze  ().
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

mai disgiunta dalla Sprachkenntnis – che prospettava se mai l’idea che


la «filologia, lunghi dal fermarsi alla comprensione della lingua, deve
rappresentare al completo il dominio del dato di fatto e del pensiero»,
studiando tutte le manifestazioni dell’antichità, compresi i dati anti-
quari, mitologici e artistici. Ed è per questo, che si impose la «comple-
mentarità dei due indirizzi, sentiti entrambi come indispensabili del
procedere filologico»: un’acquisizione che, continua Enzo Degani, «va
ritenuta un kth`ma ej~ aijeiv».
Consciamente o inconsciamente – ha osservato Stephen Harrison,
introducendo il volume Texts, Ideas, and the Classics. Scholarship, Theo-
ry, and Classical Literature (UP, Oxford ) – anche il filologo for-
male non può oggi non risultare influenzato, nel suo lavoro, dall’idea
che dell’opera o della lingua gli viene dai moderni approcci critici al te-
sto letterario, da quelli più strettamente linguistici, narratologici o sui
generi letterari, a quelli dedicati alla fortuna e alla storia degli studi; il
che è immediatamente evidente se si considera come «modern com-
mentaries allocate more space to broader literary analysis and ideas,
and become more flexible in format». Già nel , Scevola Mariotti,
nel saggio Imitazione e critica del testo: qualche esempio dall’Aegritudo
Perdicae  – utilizzando gli ipotesti virgiliani che l’anonimo impiega per
correggere alcuni passi corrotti – trattava «dell’utilità che presenta per
l’interprete e il critico del testo lo studio sistematico delle imitazioni».
È attraverso il confronto con l’elaborazione critica di Curtius e Benja-
min, ma anche della semiologia di Barthes e Genette, che si è rinnova-
to profondamente il concetto ottocentesco di Quellenforschung – peral-
tro già rivisitato dalla allusività pasqualiana – sostituendo alla nozione
di modello-esemplare, incentrata sul rapporto intersoggettivo, quella di
intertestualità. E recuperando le lezioni dei formalisti – in polemica
 Significativo che mentre Degani rintraccia in Wilamowitz la sintesi dei due

metodi, complementari ed indispensabili (Filologia e storia, in Filologia e Storia. Scritti


di E.D., cit., vol., II, pp. -, Luciano Canfora vi sente soprattutto l’anima boec-
khiana, cfr. Enzo Degani e la storia degli studi classici, in Da Aijwvn a Eikasmós, Pàtron,
Bologna , pp. -, in part. .
 Rist. in Scritti di Filologia Classica, cit., pp. -.
 G. Pasquali, Arte allusiva, in Pagine stravaganti, Sansoni, Firenze , vol. II,

pp. - (ed. or. ).


 Dell’immensa bibliografia sull’argomento, cfr. almeno G.B. Conte, Memoria

dei poeti e sistema letterario, Einaudi, Torino  (); Lexis ,  (= Atti del
convegno internazionale Intertestualità, il dialogo tra testi nelle letterature classiche, Ca-
gliari - novembre ); S. Hinds, Allusion and Intertext, UP, Cambridge ;
 Francesco Citti

con Bloom – si è prestata maggiore attenzione alla centralità della no-


zione di testo, «langue poetica, proiezione simultanea di codificazioni e
modelli letterari, non solo corpus organico di singole scelte ormai isti-
tuzionalizzate, ma anche sistema di regole e prescrizioni», che condi-
zionano e caratterizzano i generi letterari. Di qui una rinnovata atten-
zione alla lingua, come langue, e alla selezione e alla combinazione del
lessico nella parole, alla semantica, ma anche al suono, capace di inter-
ferire potentemente anche sulla ‘norma’: e spesso dal lessico hanno
preso l’avvio – continuando la lezione di Benveniste – non poche ri-
cerche in campo antropologico, non di rado capaci di gettare luce an-
che su oscuri problemi del testo. Lo spostamento dell’interesse dal-
l’autore al testo e al suo contesto ha promosso il dibattito sull’orizzonte
d’attesa, sulla performance e, in tempi più recenti anche sulla pragma-
tica del testo. Anche le letture di tipo freudiano non si appuntano più
sulla biografia dell’autore, cercando di indagarne la psiche per ricavare
le ragioni della sua opera, come gli studi ottocenteschi sulla personalità

M.G. Bonanno, L’allusione necessaria, Edizioni dell’Ateneo, Roma ; e la panora-


mica di V. Citti, Intertestualità: un termine nuovo per una prassi antica, intervento al
convegno Latinum est, et legitur. Prospettive, metodi, problemi dello studio dei testi lati-
ni, in c.d.s.
 Conte, cit., p. ; cfr. anche Id., Virgilio, Il genere e i suoi confini, Garzanti,

Milano  e Generi e lettori. Lucrezio, l’elegia d’amore, l’enciclopedia di Plinio, Mon-
dadori, Milano : anche qui punto di avvio – per la letteratura ellenistica – è la
germanica Kreuzung der Gattungen, per cui vd. W. Kroll, L’intreccio dei generi, in «Ae-
vum Antiquum» , , - (ed. or. ). La ricaduta anche più largamente divul-
gativa dovevano essere le introduzioni alle letterature greca e latina per generi lettera-
ri: cfr. Da Omero agli Alessandrini, NIS, Roma  (Carocci, ); La poesia latina,
NIS, Roma  (Carocci, ); La prosa latina, NIS, Roma  (Carocci, ) e i
numerosi volumi dedicati ad elegia, epica, romanzo, satira dell’editore Carocci.
 Per questo aspetto, basti ricordare A. Traina, Forma e suono. Da Plauto a Pa-

scoli, Pàtron, Bologna ; J.B. Hofmann, A. Szantyr, Stilistica latina, Pàtron, Bolo-
gna  (con aggiornamenti di R. Oniga, pp.  ss.).
 Si vedano ad esempio M. Bettini, Antropologia e cultura romana. Parentela,

tempo, immagini dell’anima, NIS, Roma , Id. Affari di famiglia. La parentela nella
letteratura e nella cultura antica, Il Mulino, Bologna  (in part. le non poche sug-
gestioni esegetiche in L’arcobaleno, l’incesto e l’enigma. A proposito dell’Oedipus di Sene-
ca, pp. -); e quindi Id., Anthropology, in A. Barchiesi, W. Scheidel (edd.), Ox-
ford Handbook of Roman Studies, UP, Oxford , pp. -.
 Cfr. ad esempio B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, da Omero al V

secolo, Laterza, Roma-Bari ; M. Citroni, Poesia e lettori in Roma antica: forme della
comunicazione letteraria, Laterza, Roma-Bari ; e per la pragmatica L. Ricottilli,
Gesto e parola nell’Eneide, Pàtron, Bologna .
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

scissa di Lucrezio (l’Antilucrezio in Lucrezio), che pure hanno conti-


nuato ad avere vasta eco fin oltre il secondo dopoguerra: l’indagine si
è spostata ad esempio sulle modalità espressive di fenomeni dell’incon-
scio, un tipo di studio che nell’ambito del latino ha trovato vasta appli-
cazione nel teatro di Seneca, teatro delle passioni e del furore. Ma an-
che nell’ambito più propriamente filologico, la lezione di Freud ha ul-
teriormente sottolineato la necessità di spiegare la genesi degli errori
dei copisti non solamente su basi razionali e paleografiche, ma anche
sulla base di fenomeni inconsci, quali associazioni e rimozioni, che so-
no alla base del lapsus .
«Mescolare le schiere, le attività, i linguaggi», confrontandosi con
le altre letterature e metodologie, piuttosto che resistere chiusi nel ca-
stello assediato è l’invito ai filologi di Remo Ceserani: per quanto la
tentazione di rinchiudersi possa essere talvolta assai forte, bisogna rico-
noscere che ad una maggiore apertura verso l’attualità del dibattito cri-
tico, si deve l’affiancarsi alle riviste storiche di numerose nuove riviste:
mi limiterò qui a ricordare, con una selezione forzatamente semplici-
stica, almeno i «Quaderni Urbinati di Cultura Classica» (dal ) i
«Quaderni di Storia» (dal ), i «Materiali e Discussioni» (dal ),
ben diversi fra di loro, ma spesso fondamentali nel mettere in rapporto
la filologia italiana con quella internazionale, e nell’anticipare prospet-
tive di ricerca particolarmente fruttuose. Ed anche grandi opere enci-

 Cfr. H.J.G. Patin, Du poème de la nature. L’Antilucrèce chez Lucrèce, Bourdier

et Cie, Paris , B.C. Martha, Le poème de Lucrèce: morale, réligion, science, Hachet-
te, Paris , e sulle più recenti riprese di questo filone interpretativo, I. Dionigi,
Due interpretazioni unilaterali di Lucrezio, in «Studi Urbinati di storia, filosofia e let-
teratura» , , pp. -.
 Mi limito a un paio di titoli: A. Traina, La voce dell’inconscio (Sen. Thy. -

), in «Aufidus» , , -, rist. in La lyra e la libra (tra poeti e filologi), Pàtron,
Bologna ; A. Schiesaro, The Passions in Play. Thyestes and the Dynamics of Senecan
Drama, UP, Cambridge ; vd. anche E. Oliensis, Freud’s Rome. Psychoanalysis and
Latin Poetry, UP, Cambridge .
 Il confronto (polemico) fra metodi della psicoanalisi e metodi della filologia

nella determinazione della ratio corruptelae è stato inaugurato dal volume di S. Tim-
panaro, Il lapsus freudiano. Psicanalisi e critica testuale, a c. di F. Stok, Bollati, Torino
 (ed. or., La Nuova Italia, Firenze ).
 R. C., Il castello assediato, in I. Dionigi (ed.), Di fronte ai classici, Rizzoli, Mila-

no , pp. -: cit. da p. .


 Anche «Eikasmos», fondata da E. Degani nel , per quanto ispirata fonda-

mentalmente alla filologia formale hermanniana non manca di un’apertura reception


studies, intesi innanzi tutto come ‘Storia della filologia’.
 Francesco Citti

clopediche come Lo spazio letterario di Roma antica (Salerno Editrice,


Roma -), Lo spazio letterario della Grecia antica (Salerno Edi-
trice, Roma -) testimoniano il medesimo sforzo di offrire una
lettura multifocale e non classicistica dei testi antichi.
Ne è una riprova anche il fiorire degli studi sulla ricezione del clas-
sico: un tempo confinati al campo più tradizionale della storia della
tradizione e della storia della filologia, stanno conquistando uno spa-
zio sempre maggiore, grazie al confronto con modernisti e comparati-
sti: difficile tenere dietro alla ormai dilagante bibliografia dedicata a
studi tematici, indagini su singoli miti e personaggi, raccolte di testi,
rivolte ad un pubblico di lettori colti e al mondo della scuola, oltre che
agli specialisti. I benefici di un simile approccio non sono solo quelli
più evidenti (mostrare come la cultura antica abbia pervaso e animato
e continui a sollecitare ancora oggi la Weltliteratur), ma anche l’inter-
pretazione dei testi classici ne può trarre luce: si tratta non solo di ve-
dere come un testo è stato riscritto, ma come esso si inserisca in una
più ampia storia interpretativa che comprende nel suo complesso edi-
zioni, traduzioni, commenti e analisi critiche. Viene così demitizzata e
relativizzata la funzione dell’interprete, che non può essere pensato co-
me oggettivo ed estraneo al processo di interpretazione e ricezione, ma
ne è inevitabilmente parte.
 Basti menzionare lavori ormai classici come quelli di L. Canfora (ed.), Cultura

classica e crisi tedesca: gli scritti politici di Wilamowitz -, De Donato, Bari ;
La Germania di Tacito da Engels al nazismo, Liguori, Napoli ; Ideologie del classi-
cismo, Einaudi, Torino ; e M. Cagnetta, Antichisti e impero fascista, Dedalo, Bari
; Antichità classiche nell’Enciclopedia italiana, Laterza, Bari-Roma .
 Mi limito ad alcune collane: “Le tradizioni del mito” (aperta da G. Paduano,

Edipo. Storia di un mito, Carocci, Roma , cui sono seguiti Arianna ed Elettra),
“Mythologica” di Einaudi (con volumi dedicati a Circe, Edipo, Elena, Narciso, Sire-
ne), le “Variazioni sul mito” nei Tascabili Marsilio (Alcesti, Anfitrione, Antigone,
Edipo, Elena, Elettra, Fedra, Filottete, Medea, Orfeo, Persefone, Prometeo), e, per la
critica tematica, a M. Fusillo, L’altro e lo stesso. Teoria e storia del doppio, La Nuova
Italia, Firenze  e al repertorio – che ha coinvolto anche alcuni filologi – curato da
R. Ceserani, M. Domenichelli, P. Fasano, Dizionario dei temi letterari, UTET, III
voll., Torino .
 Non è da dimenticare la ‘dimensione latina’ dell’Occidente, come indicato da

F. Waquet, Latino. L’impero di un segno (XVI-XX secolo), Feltrinelli, Milano , e


vd. anche J. Farrell, Latin Language and Latin Culture, from ancient to modern times,
UP, Cambridge .
 Su questo, vd. in particolare C. Martindale, Redeeming the text. Latin poetry

and the hermeneutics of reception, UP, Cambridge , con opportune estensioni ai
reception studies dell’estetica della lettura di Wolfgang Iser.
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

Anche nel recente Companion to Classical Reception (UP, Oxford


), alla traduzione è riconosciuto uno spazio di rilievo all’interno
dello studio del Fortleben, e non a caso: infatti, come ha scritto Traina,
la traduzione non è trasparente, perché «la lingua non è un vetro, ma
una lente, attraverso cui si trasmette un’immagine del mondo». E lo
studio delle traduzioni, per i classicisti, non si apre solamente alla mo-
dernità e alle varie lingue moderne, ma significa in primo luogo inda-
gare il rapporto greco/latino o greco/ebraico e greco/arabo, dunque
indagare l’origine della letteratura di Roma, ma anche la riscoperta
umanistica degli autori greci, o ancora verificare il modo in cui nei se-
coli è stato tradotto il libro sacro, da Girolamo, per esempio, ma anche
da Erasmo da Rotterdam: e di Erasmo non sono da dimenticare gli
Adagia, da una parte straordinario collettore della tradizione proverbia-
le e linguistica dell’antichità, greca e latina, dall’altra vera auctoritas per
la fortuna successiva dei proverbi.
Lo scontro tra Wortphilologie e Sachphilologie, tra filologia formale
e filologia storica, cui si è accennato sopra, potrebbe dunque apparire
lontano e superato oggi in Italia – soprattutto per l’autorevolezza di
modelli come Giorgio Pasquali ed Eduard Fraenkel, maestri di filolo-
gia, capaci di lavori di dettaglio come di grandi opere d’insieme – ma
una pagina, recentissima, di Alessandro Barchiesi e Walter Scheidel,
premessa all’Oxford Handbook of Roman Studies, richiama l’attualità
della questione, ponendosi il problema della differenza di approcci e di
interessi tra Romanists (principalmente storici ed archeologi) e Latinists

 A. Traina, Vortit barbare. Le traduzioni poetiche da Livio Andronico a Cicerone,


Edizioni dell’Ateneo, Roma , p. ; e dello stesso, Le traduzioni, in Lo spazio lette-
rario di Roma antica, Salerno Editrice, Roma , vol. II, pp. - (ma sulla tradu-
zione artistica non si può non citare almeno S. Mariotti Livio Andronico e la traduzio-
ne artistica, Università degli Studi, Urbino ); La traduzione e il tempo. Tre versio-
ni del proemio dell’Eneide (-), in Poeti latini (e neolatini), Pàtron, Bologna , vol.
III, pp. -; Alfieri traduttore di Seneca, in La lyra e la libra, Pàtron, Bologna ,
-: un filone importante neller ricerche del Centro studi “La permanenza del
Classico”, per cui vd. I. Dionigi (ed.), Poeti tradotti e traduttori poeti, Pàtron, Bologna
; cfr. anche Hermeneuein. Tradurre il greco, a c. di C. Neri e R. Tosi, Pàtron, Bo-
logna .
 Basterà rimandare all’impresa dell’«Edizione nazionale delle traduzioni dei te-

sti greci in età umanistica e rinascimentale», per cui vd. <http://www-.unipv.it/entg/


progetto.html>. E, per la tradizione proverbiale, a R. Tosi, Dizionario delle sentenze
latine e greche, Rizzoli, Milano  (tr. fr. Jerôme Millon, Grenoble ); La donna
è mobile e altri studi di intertestualità proverbiale, Pàtron, Bologna .
 Francesco Citti

(specialisti soprattutto della forma, della grammatica e dello stile): i


Roman Studies si propongono così come un’area interdisciplinare di
fruttuosa cooperazione e di coordinamento tra
archaeologists, historians, linguists, and literary critics – and indeed anthro-
pologists, artists, botanists, climatologists, economists, geologists, philoso-
phers, sociologists, zoologists, and many others who share the interest in
the period and territory circumscribed by the Roman Empire, in the lega-
cy of its cultural production, and in our engagement with this legacy.

Persistono dunque steccati, difficili da superare, proprio nell’ambito


dell’Altertumswissenschaft, benché – anche per l’influenza del neo-stori-
cismo – dopo il rifiuto dell’approccio storico, legato alle correnti for-
maliste e strutturaliste, gli studi filologici e letterari sembrino oggi
aprirsi all’interazione con la cultura materiale e artistica.

. Erasmo da Rotterdam, additando l’edizione delle lettere plinia-


ne di Aldo () come l’esempio più significativo della sua attività, ri-
conosceva come attività tipiche della ricerca filologica – definita come
un Herculanum facinus – quelle di latentia pervestigare, eruere retrusa,
revocare exstincta, sarcire mutila, emendare tot modis depravata (Festina
lente, Ad.  ASD II/ p. ,  s.). E questa fatica erculea, di edita-
re, commentare e interpretare i testi – sia quelli noti, sia quelli nuovi
che ancora numerosi, soprattutto in ambito greco, accrescono le nostre
conoscenze – costituisce tuttoggi il fondamento dell’attività filologica
in Italia: è significativo che i capitoli dedicati alla critica del testo, ri-
spettivamente nell’Oxford Handbook of Hellenic Studies e in quello of
Roman Studies, sono stati affidati a due filologi italiani, Luigi Battezza-
to e Mario De Nonno. Sono soprattutto i poeti, lirici ed epigramma-
tisti, a beneficiare delle nuove scoperte.
 E parallelamente, si potrebbe dire lo stesso per Grecisti ed Ellenisti.
 Cfr. ad esempio A. Barchiesi, Learned Eyes: poets, viewers and image-makers, in
K. Galinsky (ed.), The Cambridge Companion to the Augustan Age, UP, Cambridge
, -, Id., Bellum Italicum: l’unificazione dell’Italia nell’Eneide, in G. Urso
(ed.), Patria diversis gentibus una? Unità politica e identità etniche nell’Italia antica,
ETS, Pisa , -, e vd. anche J. Elsner, Roman eyes. Visuality and subjectivity
in art and text, UP, Princeton .
 L. Battezzato, Textual Criticism, in G. Boys-Stones, B. Graziosi, P. Vasunia

(edd.), The Oxford Handbook of Hellenic Studies, UP, Oxford , pp. -; M.
De Nonno, Transmission and Textual Criticism, in Oxford Handbook of Roman Stu-
dies, cit., pp. -.
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

Nel  Gronewald e Daniel hanno pubblicato alcuni frammenti


di Saffo contenuti nel papiro di Colonia : la combinazione di que-
sto testo con il già noto fr.  V. (testimoniato dal P.Oxy.  fr. ) ha
restituito quasi per intero un componimento che descrive la «patogra-
fia della vecchiaia», in cui la poetessa ormai incapace di guidare il coro
delle danze, paragona la sua vicenda a quella di Aurora e Titono. Lo ri-
porto nella traduzione di Franco Ferrari:
[Se amate,] o fanciulle, i bei doni [delle Muse] del seno di viola,
[danzate al suono di questa] cetra sonora amica del canto,
[ma a me la pelle] che un tempo era [delicata] ormai la vecchiaia
[l’ha sciupata,] e i capelli da neri sono diventati bianchi,
e l’animo mi si è fatto greve, e non reggono le ginocchia
che una volta erano agili a danzare come cerbiatti.
Di questo spesso gemo: ma cosa posso farci?
Un essere umano sfuggire a vecchiaia non può,
e infatti dicevano che un tempo Aurora dalle braccia di rose,
trafitta (?) dalla passione, andò a portare Titono,
che era bello e giovane, ai confini del mondo, ma pure lui che aveva
una sposa immortale lo ghermì col tempo la vecchiaia canuta.

E il felice ritrovamento ha innescato a sua volta un attento riesame


delle possibilità combinatorie di frammenti già noti dalla tradizione di-
retta e indiretta, che ha portato (come illustrano tra l’altro i lavori di
Franco Ferrari e di Enzo Puglia) a felici ri-scoperte: ha trovato un nuo-
vo assetto, ad esempio, l’ode in cui Cipride accorre in soccorso di Saf-
fo, garantendole la Nemesi contro l’arroganza di Andromeda. Del
 è poi la pubblicazione nel vol. LXIX degli Oxyrhynchus Papyri, di
un ampio frammento di Archiloco: si tratta (oltre ad alcuni frustuli) di
una ventina di versi di un’elegia che narra le imprese guerresche di Te-
lefo. Quali fossero il contesto, l’occasione, ed eventuali rapporti con la
vicenda personale del poeta, è discusso. Certo è che si tratta di un’ac-
quisizione destinata a far riconsiderare il ruolo dell’elegia nella produ-
zione del giambografo di Paro, più noto per la sua poesia del biasimo,
o per il realismo con cui nell’Epodo di Colonia (fr. a W.), irridendo
la ‘vecchia’ Neobule, descrive il suo approccio seduttivo nei confronti
 Basti rimandare a F. Ferrari, Una mitra per Kleis. Saffo e il suo pubblico, Giar-

dini, Pisa  (che dà conto della già ampia bibliografia) e a E. Puglia, Per la ricom-
posizione del quarto libro dei canti di Saffo (POxy ), in «Seminari Romani» ,
, pp. -; Id. Appunti sul nuovo testo lirico di Colonia, ZPE , , pp. -.
 Francesco Citti

di una giovane fanciulla, verosimilmente sorella dell’antica sua ‘pro-


messa sposa’.
E naturalmente l’arricchirsi delle nostre conoscenze sui lirici non è
senza conseguenze anche per l’apprezzamento della poesia ellenistica in
genere, e latina in particolare: si pensi ad esempio al caso dell’elegia sul-
la battaglia di Platea di Simonide, pubblicata da Parsons (P. Oxy. 
in The Oxyrhynchus Papyri , , - = fr.  W. e g-f Gentili-
Prato) che si è rivelata essere il modello del paragone oraziano tra la
morte di Achille e un pino abbattuto (carm. , , - ille, mordaci ve-
lut icta ferro / pinus aut impulsa cupressus Euro, / procidit late posuitque
collum in / pulvere Teucro). Anzi proprio grazie all’epitesto oraziano si è
potuto confermare che il frammento simonideo tratta di Achille.
Non si può tacere poi del Papiro Milanese Vogliano VIII , il
cosiddetto Nuovo Posidippo, comprendente  epigrammi (di cui solo
 già noti), pubblicato da Bastianini e Gallazzi nel , che non ha
mancato di suscitare vastissimo interesse:  i contributi su Posidippo,
in Italia e all’estero, censiti dal  ad oggi dall’Année Philologique .

 Cfr. oltre all’edizione princeps di D. Obbink, in «The Oxyrhynchus Papyri»

, , -, A. Nicolosi, Ipponatte, Epodi di Strasburgo. Archiloco, Epodi di Colo-
nia (con un’appendice su P.Oxy. LXIX ), Pàtron, Bologna  e A. Aloni, A. Ia-
nucci, L’elegia greca e l’epigramma dalle origini al V secolo, Le Monnier, Firenze ;
per l’Epodo di Colonia, vd. E. Degani in E. D., G. Burzacchini, Lirici greci. Antologia,
Pàtron, Bologna , pp. - (con gli aggiornamenti bibliografici di M. Magnani,
pp.  s.; ed. or., La Nuova Italia, Firenze ). Un quadro d’insieme in A. Capra,
Lyric poetry, in The Oxford Handbook of Hellenic Studies, cit., pp. - che, a con-
clusione del saggio, rileva – su base statistica, rispetto alle pubblicazioni sulla lirica ne-
gli anni - – che l’Italia «has produced far the largest volume of publications
in the field of early Greek lyric: over one third of the overall output on lyric is written
in Italian (the statistics do not take into account the increasing number of Italian
scholars writing in English)».
 A. Barchiesi, Simonide e Orazio sulla morte di Achille, ZPE , , pp. -,

e gli interventi di Barchiesi e S. Harrison in D. Boedeker, D. Sider (edd.), The New


Simonides. Contexts of Praise and Desire, UP, Oxford , ed anche G. Burzacchini,
Note al nuovo Simonide, in «Eikasmos» , , pp. -, in part.  ss. Ma potrei ci-
tare anche il caso di carm. , , -, dove Saffo e Alceo sono immaginati cantare di-
nanzi alle umbrae, che V. Di Benedetto, La nuova Saffo e dintorni, ZPE , , -
 ha confrontato con i versi in cui Saffo si augura di essere onorata dalle anime dei
morti (versi che nel PKöln  precedono il citato testo sulla vecchiaia), cfr. anche
F. Ferrari, Una mitra, cit., pp. -.
 Mi limito ai soli volumi italiani, oltre alla già citata editio princeps e all’edizio-

ne complessiva di Posidippo, con traduzione italiana e inglese a c. di C. Austin e G.


Bastianini, Led, Milano : Un poeta ritrovato: Posidippo di Pella, LED, Milano
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

Una fortuna vasta, ma limitata in gran parte agli specialisti: niente, in


confronto alle polemiche mediatiche suscitate dal papiro di Artemido-
ro, esposto a Torino (febbraio ) nella mostra Le tre vite del papiro
di Artemidoro. Voci e sguardi dell’Egitto greco-romano. Ancora prima
della editio princeps (C. Gallazzi, B. Kramer, S. Settis, LED, Milano
), la contesa tra sostenitori dell’autenticità e negazionisti era di-
vampata sulle pagine dei quotidiani. Per gli uni straordinario docu-
mento che combina il proemio finora sconosciuto del geografo Arte-
midoro di Efeso con diverse tipologie di immagini: una carta geografi-
ca, numerosi disegni di animali reali e fantastici e di figure umane. Per
gli altri un grottesco assemblaggio, realizzato intorno alla metà dell’Ot-
tocento dal falsario Costantino Simonidis: in ogni caso un interessan-

; G. Bastianini, A. Casanova, Il papiro di Posidippo un anno dopo, Istituto papiro-


logico G. Vitelli, Firenze ; Posidippo e gli altri. il poeta, il genere, il contesto cultu-
rale e letterario, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa-Roma  (= Ap-
punti romani di filologia, , ); W. Lapini, Capitoli su Posidippo, Edizioni del-
l’Orso, Alessandria ; Posidippo. Epigrammi, a c. di G. Zanetto et all., Mondadori,
Milano ; Posidippo di Pella. Epigrammi, trad. di V. Gigante Lanzara, Bibliopolis,
Napoli ; M. Di Nino, I fiori campestri di Posidippo. Ricerche sulla lingua e lo stile
di Posidippo, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen .
 Cito anche qui i soli volumi italiani: L. Canfora, The True History of the So-cal-

led Artemidorus Papyrus, Edizioni di Pagina, Bari ; Id., Il papiro di Artemido-
ro, con contributi di L. Bossina et all. e un saggio del nuovo papiro, Laterza, Roma-
Bari ; Id. (ed.), The True History of the So-called Artemidorus Papyrus. A Sup-
plement, Edizioni di Pagina, Bari ; Id., L. Bossina, Ma come fa a essere un papi-
ro di Artemidoro, Edizioni di Pagina, Bari ; Id. (a c. di), Artemidorus Ephesius. P.
Artemid. sive Artemidorus personatus, Edizioni di Pagina, Bari ; Id., Il viaggio di
Artemidoro. Vita e avventure di un grande esploratore dell’antichità, Rizzoli, Milano
; Id., La vera storia del papiro di Artemidoro, Editoriale Stilos, Catania ; Id.
La meravigliosa storia del falso Artemidoro, Palermo ; Id. et all., Fotografia e falsifi-
cazione, AIEP, San Marino ; C. Gallazzi, S. Settis (a c. di), Le tre vite del Papiro di
Artemidoro. Voci e sguardi dall’Egitto greco-romano, Mondadori-Electa, San Marino
; C. Gallazzi, B. Kramer, S. Settis (edd.), Il papiro di Artemidoro (P. Artemid.),
LED, Milano ; Idd. con A. Soldati (a c. di), Intorno al Papiro di Artemidoro, I.
Contesto culturale, lingua, stile e tradizione (Atti del Convegno internazionale del 
novembre  presso la Scuola Normale Superiore di Pisa), LED, Milano ; I.A.
Santangelo, Il papiro controverso. La geographoùmena di Artemidoro di Efeso, Morrone,
Siracusa ; C. Schiano, Artemidoro e la scienza del suo tempo, Dedalo, Bari ; S.
Settis, Artemidoro. Un papiro dal I secolo al XXI, Einaudi, Torino . A questi volu-
mi si aggiungano ampie sezioni dei «Quaderni di Storia» dall’annata , vol.  del
, fino ad oggi. Per una paziente, quanto documentata rassegna (anche se ovvia-
mente di parte), cfr. F. Condello, “Artemidoro” -: l’ultima vita, in breve, QS
, , in c.d.s.
 Francesco Citti

te esempio della necessità di un approccio multidisciplinare (anche con


il concorso delle cosiddette scienze esatte) ai testi antichi.
Molto meno numerosi ed eclatanti i nuovi ritrovamenti di testi la-
tini: forse proprio per questo la ormai remota pubblicazione, nel 
del papiro Qasr Ibrîm inv. --/, con  versi in parte lacunosi, at-
tribuiti a Cornelio Gallo (= fr. - Bl.) fin dall’editio princeps di Parson
e Nisbet, e la quasi contestuale pubblicazione dell’Alcesti di Barcellona,
dotto poemetto del IV sec., hanno suscitato un intensissimo clamore,
che non solo ha portato a riconsiderare l’origine del genere elegiaco,
ma ha avviato un riesame più complessivo della poesia latina in fram-
menti, sollecitando progetti di riedizione. Qualche nuova speranza
viene dall’attività legata al Centro Internazionale per lo Studio dei Pa-
piri Ercolanesi: dopo i pochi frustuli enniani (dal VI libro degli Anna-
li), e gli ancora più scarsi versi di Lucrezio, si attende ora la pubbli-
cazione dei  versi – per quanto anch’essi assai lacunosi e tormentati
– della commedia Obolostates sive Faenerator di Cecilio Stazio.

 Non si considerano qui i nuovi testi patristici, come i sermoni agostiniani

pubblicati nelle Wiener Studien ,  e , , destinati senz’altro a suscitare
vasto interesse.
 Per cui vd. L. Nosarti (a c. di), Anonimo. L’Alcesti di Barcellona, introduzione,

testo, traduzione e commento, Pàtron, Bologna .


 Cfr. V. Tandoi (a c. di), Disiectae Membra Poetae. Studi di poesia latina in

frammenti, Atlantica, Foggia, vol. I, , vol. II , vol. III ; A. Traina, M. Bi-
ni (edd.), Supplementum Morelianum, Pàtron, Bologna : ne hanno tenuto conto
gli editori successivi, da ultimo J. Blänsdorf (ed.), Fragmenta Poetarum Latinorum
Epicorum et Lyricorum, De Gruyter, Berlin-New York .
 Cfr. K. Kleve, Ennius in Herculaneum, in «Cronache Ercolanesi» , , pp.

- e M. Gigante, Ennio tra Ercolano e Pozzuoli, Rudiae , , -: ne tiene
conto l’edizione commentata di E. Flores (a c. di), Quinto Ennio. Annali (Libri I-
VIII). Introduzione, testo critico con apparato, Liguori, Napoli ; Flores E. et all. (a
c. di), Quinto Ennio. Annali (Libri I-VIII). Commentari, Liguori, Napoli , pp.
 s., proponendo l’unificazione, all’inizio del libro VI dei vv.  + - V. (=
vv. - Flor.).
 In realtà il riconoscimento di versi di Lucrezio nei frammentini del P.Herc.

 è piuttosto discussa: cfr. la prudente rassegna di K. Obbink, Lucretius and the
Herculaneum Library in P. Hardie (ed.), The Cambridge Companion to Lucretius, UP,
Cambridge, pp. -. La recente edizione di Flores (III voll., Bibliopolis, Napoli
-) accoglie anche il P.Herc.  tra i suoi testimoni (cfr. ad esempio l’appa-
rato a Lucr. ,  s.).
 Per ora se ne hanno solo delle sintetiche anticipazioni in K. Kleve, Caecilius

Statius, The money-lender (PHerc. ), in Atti del XXII congresso internazionale di papi-
rologia, Istituto Papirologico G. Vitelli, Firenze , vol. II, , e in G. Calboli, Ho-
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

. Non è neppure possibile ipotizzare a questo punto di dare


un’idea della molteplice attività di edizione, commento, traduzione e
interpretazione dei testi antichi in collane di assoluto prestigio interna-
zionale, come la Bibliotheca Teubneriana (Graeca e Latina), o in altre
collane italiane (anche a seguito delle sollecitazioni offerte dalle nuove,
epocali edizioni dei tragici e dei comici greci), di taglio scientifico
(come ad esempio i Classici Greci e Latini della UTET, fondata da Au-
gusto Rostagni e diretta per lungo tempo da Italo Lana, o la Lorenzo
Valla, con edizioni e commenti di autori come Aristofane, Erodoto,
Omero, Ovidio, Pausania, Pindaro, Sofocle, curate da équipes di spe-
cialisti, talora anche tradotti in inglese) o divulgativo (si pensi, tra le
numerose collane del genere, alla BUR rinnovata da Evaldo Violo, con
molteplici traduzioni di testi antichi, più o meno ‘classici’, con intro-
duzioni di alto livello scientifico, e spesso anche ricchi apparati di com-
mento). Mi limito perciò ad alcune osservazioni di carattere molto ge-
nerale, sul commento e sul canone.
È sufficiente prendere in mano un commento alle Odi di Orazio –
tanto per citare un autore a caso – dell’Ottocento (da H. Schütz, Oden
und Epoden, Weidmann, Berlin ,  pp., a A. Kiessling, Oden
und Epoden, Weidmann, Berlin ,  pp.) e della prima metà del
Novecento (come l’Ussani, in due volumetti, Loescher, Torino -
, + pp., il Kiessling-Heinze, Weidmann, Berlin , 
pp.) e uno più recente, come l’ormai classico Nisbet-Hubbard, che al
solo libro primo dedica  pagine, al secondo  pagine (Clarendon
Press, Oxford  e ), mentre il terzo, curato da Nisbet e Rudd
(UP, Oxford ) ne occupa , per rendersi conto di come sia au-
mentato nel tempo il volume dei commenti ai classici. Sia per il peso

race et la comédie romaine (à propos de carm. ,, -), in «Arctos» , , -;
cfr. anche la più ampia trattazione nella tesi dottorale di G. Carosi, Cecilio Stazio e il
PHerc.: Obolostates sive Faenerator, Bologna .
 Cfr. i Poetae Comici Graeci, edd. R. Kassel et C. Austin, I-VIII, De Gruyter,

Berlin-New York - e i Tragicorum Graecorum Fragmenta, edd. B. Snell, S.


Radt et R. Kannicht, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen  (II),  (I), 
(IV),  (V/-),  (III).
 E si è del tutto trascurato, peraltro, tutto il versante della tradizione del testo,

della storia del libro e della scrittura, non certo disgiungibile dalla filologia: vd. ad
esempio C. Questa, R. Raffaelli, Il libro e il testo, Università degli Studi, Urbino ;
G. Cavallo (ed.), Le strade del testo, Adriatica, Bari , o ancora la recente rivista
«Segno e testo», e infine il volume di O. Pecere, Roma antica e il testo. Scritture d’auto-
re e composizione letteraria, Laterza, Roma-Bari .
 Francesco Citti

di modelli monumentali come il VI libro dell’Eneide di Norden, il IV


di Pease, l’Agamennone di Fraenkel o l’Eracle euripideo di Wilamowitz,
sia per un crescente bisogno di esaustività, unito all’accumularsi della
bibliografia (più facilmente accessibile grazie alle nuove tecnologie), al-
la scoperta di nuovi ipotesti greci, e la necessità di ricorrere a sempre
più sofisticati strumenti di interpretazione letteraria – soprattutto nei
commenti a raccolte poetiche, che richiedono vere e proprie ‘letture’ di
ogni singolo testo, come appunto è il caso delle Odi oraziane. Tutte
necessità legittime, tanto più in testi di difficile tradizione testuale, ma
il rischio, talora, è quello di soffocare la voce dell’autore. Trovare la
misura non è assolutamente facile: certo questo tipo di commentari
sembra spesso più rivolto allo specialista, che non ad accompagnare
nella lettura del testo. Sul problema della ‘incomunicabilità’ e inattua-
lità del commento tradizionale ha in effetti più volte richiamato l’at-
tenzione negli ultimi tempi uno specialista del commento come Paolo
Fedeli che – proprio per cercare di combinare molteplicità e problema-
ticità di approcci con la facilità di lettura – ha rigettato la forma tradi-
zionale, frammentata nei singoli lemmi, per adottare un tipo di com-
mento continuo, che si avvicina di fatto ad un saggio, ad una lettura
commentata. Questa forma, sicuramente più vicina alle esigenze del
lettore contemporaneo, non risolve tuttavia il problema dell’‘ipertofia’
del commento, che si è anche ipotizzato di affrontare con l’ausilio del-
le nuove tecnologie. Il dilemma tra necessità dell’esegesi e rischio di
soffocare il testo rimane dunque aperto: come scrive epigraficamen-
te Alfonso Traina: «Il commento è l’indispensabile intermediario fra
l’autore e il lettore, soprattutto se appartenenti a contesti culturali e
linguistici diversi e lontani; ma credo che noi commentatori faremmo
bene a meditare le parole di un critico-poeta, G. Carducci: “i com-
menti nocciono alla poesia” (il che non gli ha impedito di commentare
il Petrarca)».
Riguardo al canone, pare evidente il suo progressivo allargamento a
generi non strettamente letterari, come commenti, lessici, testi scolio-

 Cfr. ad esempio Q. Horati Flacci Carmina Liber IV, introduzione di P. Fedeli,

commento di P. F. e I. Ciccarelli, Le Monnier, Firenze , nella «Biblioteca Nazio-


nale. Serie dei Classici greci e latini», nuova serie diretta da G.B. Conte (dopo la pri-
ma, diretta da A. Ronconi e G. Pugliese Carratelli).
 Cfr. A. Traina, Il Virgilio di Nicholas Horsfall, in «Atti Accademia Virgiliana di

Mantova» , , pp. -: p.  s.; ed anche M. Geymonat, Commento/tormento:


eccessi antichi e moderni nell’esegesi dei testi, in «Eikasmos» , , pp. -.
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

grafici e grammaticali; tale ampliamento, indispensabile per la com-


prensione della letteratura ellenistica, fatta da poeti-filologi, come lo
stesso Callimaco, è ovviamente fondamentale anche per lo studio di
tutti gli autori in frammenti e della tradizione indiretta in genere. Di
qui alcune grandi iniziative di équipes, come i Commentaria et Lexica
Graeca in Papyris reperta (CLGP), che intendono raccogliere edizioni
di tutti i papiri da cui è documentata l’attività di studio della letteratu-
ra antica (hypomnemata, marginalia, glossari e lessici), o il Lessico dei
Grammatici Greci antichi, ad essi correlato. E parallelamente non si
può dimenticare il lavoro (cui ha dato un notevole impulso Scevola
Mariotti) di riedizione – nella collana Collectanea Grammatica Latina
– dei trattati grammaticali latini antichi e altomedievali, già pubblicati
da Keil alla metà dell’Ottocento nella raccolta dei Grammatici Latini,
accanto a nuovi testi che Keil aveva trascurato. Anche la cronologia si
è dilatata, dall’età arcaica al tardoantico, un tempo riservato soprattut-
to ai cristianisti: per la prima, basti menzionare – limitatamente al lati-
no – la nuova edizione critica urbinate di Plauto, cresciuta intorno agli
studi di metrica della scuola di Cesare Questa, di cui sono usciti già al-
cuni volumetti. E per il tardoantico, il rinnovato interesse per autori
come Ausonio, Claudiano, ma anche per enciclopedisti come Isidoro
 Analoghe iniziative sono il Corpus dei Papiri Filosofici Greci e Latini, Olschki,

Firenze , e il Corpus dei papiri storici greci e latini, Serra, Pisa-Roma .
 Dei CLGP, curati da G. Bastianini, M. Haslam, H. Maehler, F. Montanari,

C. Römer, sono usciti i voll. I/, I/, Saur, München-Leipzig -, e II/, De
Gruyter, Berlin-New York ; vd. anche il fasc. / della rivista «Trends in Clas-
sics» e F. Montanari, L. Pagani, From Scholars to Scholia. Chapters in the History of
Ancient Greek Scholarship, De Gruyter, Berlin-New York . E non si possono di-
menticare le iniziative sulla scoliografia omerica, dall’edizione degli Scholia Graeca in
Odysseam, libri a-b, curati da F. Pontani (Edizioni di Letteratura, Roma ), al sito
degli Scholia minora in Homerum.
 Cui si accompagna il repertorio curato da G. Morelli et all., Nomenclator me-

tricus graecus et latinus, I, Alpha-Delta, Olms-Weidmann, Hildesheim .


 Asinaria (ed. M. Danese, ), Bacchides (ed. C. Questa, ), Casina (ed.

C. Questa, ), Cistellaria (ed. W. Stockert, ), Curcilio (ed. S. Lanciotti, ),
Vidularia et Fragmenta (ed. S. Monda, ) cui si aggiugono i Cantica, con com-
mento critico e metrico di C. Questa (QuattroVenti, Urbino ) e dello stesso
Questa, La metrica di Plauto e di Terenzio, ibid., . L’importanza degli studi me-
trici urbinati, in campo greco e latino, intorno alle scuole di Bruno Gentili (cui si de-
ve ora la Metrica e ritmica. Storia delle forme poetiche nella Grecia antica, assieme a L.
Lomiento, Mondadori, Città di Castello ) e Cesare Questa, così come le raffinate
analisi di studiosi come Luigi Enrico Rossi e Roberto Pretagostini, meriterebbero una
riflessione a parte, che qui, purtroppo si deve tralasciare.
 Francesco Citti

di Siviglia. Anche gli studi sull’epica, del resto, non si concentrano più
sui soli Virgilio ed Ovidio (oggetto, peraltro, di una notevole mole di
studi e di commenti, non ultimo il commento in progress a tutte le
Metamorfosi per la Valla), ma si sono estesi all’età post-classica, a Luca-
no e a Stazio in particolare, così come quelli sulla satira si aprono
maggiormente a Persio e Giovenale. Inoltre, la letteratura antica non è
certo rimasta estranea al rinnovato interesse per la prosa tecnica e
scientifica, mentre, anche grazie all’estetica bachtiniana si è fatto spazio
alla poesia minore, parodica e centonaria, così come al romanzo, alla
letteratura di consumo e alla paraletteratura, che ben si prestano ad es-
sere esplorati a diversi livelli: critico-testuale, linguistico, narrativo, an-
tropologico. Un posto sempre maggiore in questo ambito sta assu-
mendo la ricerca sulla declamazione sia greca che latina, anche in rap-
porto con gli studi sulla retorica e sul mondo della scuola, nell’antichi-
tà classica.

. L’apporto delle nuove tecnologie agli studi linguistici e filologi-


ci, infine, è di lunga durata e ormai imprescindibile: sono divenuti
strumenti di ricerca quotidiana le edizioni online dei i due repertori bi-
bliografici più significativi per lo studio delle letterature classiche e me-
dievali, Année Philologique e Medioevo Latino, spesso preferibili per la
rapidità di consultazione ai volumi a stampa. Analogamente il ricorso

 Basti ricordare i numerosi lavori di Emanuele Narducci, e il commento di A.

Perutelli al libro VII delle Argonautiche di Valerio Flacco, Le Monnier, Firenze .
 Si può rimandare sia per Apuleio, che per Petronio, a due recenti rassegne bi-

bliografiche: G. Vannini, Petronius -: bilancio critico e nuove proposte, in «Lu-


strum» , , e C. Schlam, E. Finkelpearl, A Review of Scholarship on Apuleius’
Metamorphoses –, , , pp. -.
 Per la declamazione greca, rinvio ai lavori di R. Cribiore su Libanio, o quelli

di E. Amato su Coricio, Procopio di Gaza, su progimnasmi ed etopee; per il mondo


latino numerosi i saggi su Seneca il vecchio, ma soprattutto sulle declamazioni pseu-
doquintilianee: ricordo solo il commento a tutte le Maiores ormai ultimato da un
gruppo di ricerca internazionale, e stampato dalle Edizioni dell’Università di Cassino:
cfr. A. Stramaglia, Le Declamationes maiores pseudo-quintilianee: genesi di una raccolta
declamatoria e fisionomia della sua trasmissione testuale, in E. Amato (cur.), Approches
de la Troisième Sophistique. Hommages à J. Schamp, Latomus, Bruxelles , pp. -
. Per la scuola, vd. almeno Escuela y Literatura en Grecia Antigua, Ed. dell’Universi-
tà, Cassino ; Libri di scuola e pratiche didattiche. Dall’Antichità al Rinascimento,
Ed. dell’Università, Cassino .
 Ci si limita a poche osservazioni legate all’antichistica, e per un quadro gene-

rale si rimanda all’articolo di G.M. Anselmi e F. Tomasi.


Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

ad indici e concordanze per i principali testi della grecità e latinità è


ormai soppiantato dal ricorso alle numerose ed efficienti banche dati
testuali. Si potrebbe ricordare che il padre dell’informatica umanistica,
il filologo gesuita Roberto Busa, per studiare il lessico di San Tomma-
so d’Aquino, sperimentò per primo – fin dal secondo dopoguerra –
l’applicazione delle tecnologie informatiche alle discipline umanistiche,
realizzando l’Index Thomisticus, pubblicato in  volumi comprendenti
– oltre all’edizione dell’opera di Tommaso – indici e concordanze
complete: e anch’esso ora è affiancato dalla più comoda base dati ricer-
cabile via Web.
I tentativi di sviluppare una stemmatica automatica si sono via via
scontrati con le difficoltà di individuare su base statistica i luoghi va-
riante, procedere alla scelta delle varianti e alla valutazione della loro
pertinenza. A questo si aggiunga che la ricostruzione dello stemma non
sempre conduce alla determinazione delle lezioni dell’archetipo e che
nel caso di contaminazione è impossibile determinare in modo mecca-
nico i rapporti di parentela. La ricerca si è così indirizzata su altre
possibilità offerte dal mezzo digitale, soprattutto nel caso, frequente
nella filologia mediolatina, di testi per cui non esiste una versione uni-
ca e autentica del testo, testi a tradizione ‘fluida’ (come i commentatori
o gli scoliasti medievali), o con una complessa tradizione a stampa: in
questi casi le diverse versioni possono avere una forma di rappresenta-
zione più piena e autonoma solo nella forma digitale e ipertestuale: ci
si potrebbe anzi spingere ad affermare che «l’edizione digitale si giusti-
fica pienamente solo se può fornire soluzioni a problemi difficilmente
 All’indirizzo <http://www.corpusthomisticum.org/it/index.age>; cfr. inoltre
almeno R. Busa, Rapida e meccanica composizione e pubblicazione di indici e concor-
danze di parole mediante macchine elettrocontabili, in «Aevum» , , - e Id.,
Index Thomisticus. Sancti Thomae Aquinatis operum omnium indices et concordantiae,
digessit R. Busa, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Canstatt -.
 Dalla celebre affermazione maasiana per cui contro la contaminazione non c’è

rimedio («gegen Kontamination ist kein Kraut gewachsen») partono anche le riflessio-
ni di P. Fedeli (Verso l’edizione critica elettronica: alcune riflessioni, in Poesia latina,
nuova e-filologia. Opportunità per l’editore e l’interprete, Herder, Roma , pp. -).
Sulle debolezze del metodo di Quentin, fondato sulla coincidenza in errore, cfr. S.
Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, UTET, Torino , p.  n. , e in
generale si veda la oculata posizione di G.P. Zarri, Linguistica algoritmica e mecca-
nizzazione della «collatio codicum», L&S , , pp. - e Une méthode de dériva-
tion quentinienne pour la constitution semi-automatique de généalogies de manuscrits;
premier bilan, in La pratique des ordinateurs dans la critique des textes, CNRS, Paris
, pp. -.
 Francesco Citti

affrontabili in modo diverso». A questo si aggiunga la possibilità di


poter fruire eventualmente anche delle immagini digitali dei diversi te-
stimoni.
Notevoli in questo quadro alcuni progetti, come il database online
Musisque deoque che raccoglie i testi poetici latini, dalle origini fino al
XVI secolo: grazie ad una raffinata codifica si possono effettuare ricer-
che assai complesse, selezionare i testi a seconda del metro, includere o
escludere l’extratesto, i titoli, le didascalie. Si tratta inoltre di una stra-
ordinaria biblioteca virtuale che consente l’accesso a testo pieno a ope-
re di difficile reperibilità, per gran parte delle quali, inoltre, non esisto-
no indici e concordanze. Attualmente – come sottolinea Mastandrea –
il rischio di questo tipo di database è quello di fornire una forma «au-
toritaria», una sorta di «neo-vulgata», che nasconde le problematicità
del testo e la sua dimensione storica: su numerosi testi classici si sta
dunque sviluppando la possibilità di introdurre una più ampia codifica
relativa alla tradizione manoscritta: scopo è quello di realizzare un iper-
testo dinamico di edizioni critiche in formato elettronico.
In parallelo ad altre grandi collezioni di papiri (come ad esempio
Duke, Genève, Heidelberg, Kölner, Oxyrhynchus), anche i Papiri del-
la Società Italiana sono ora online nel sito PSIonline. Si tratta di un ca-
talogo dei papiri editi nella serie dei PSI, custoditi in particolare presso
la Biblioteca Medicea Laurenziana, l’Istituto Papirologico Vitelli e il
Museo Archeologico del Cairo: le schede descrittive, corredate da una
ampia e aggiornata bibliografia, sono accompagnate da immagini ad

 Così D. Buzzetti, Ambiguità diacritica e markup. Note sull’edizione critica digi-


tale, in Soluzioni informatiche e telematiche per la filologia. Atti del Convegno (Pavia,
- marzo ) <http://lettere.unipv.it/dipslamm/pubtel/Atti/dino_buzzetti.
htm>, § ; cfr. anche D. Buzzetti, A. Tabarroni, Informatica e critica del testo: il caso di
una tradizione ‘fluida’, in «Schede Umanistiche» , , -, e il saggio di G.M.
Anselmi, F. Tomasi, in questo volume.
 Merita una menzione anche il database bibliografico e testuale Corpus Gram-

maticorum Latinorum, reso accessibile online nel sito <http://htl.linguist.jussieu.


fr:/CGL/index.jsp>, che porta a realizzazione un progetto avviato nel  da
Nino Marinone, uno dei pionieri della informatica umanistica per le discipline classi-
che in Italia.
 Cfr. P. Mastandrea, Poesia ‘italiana’ in latino: cerca nel web, in From Manu-

script to Digital Text. Problems of interpretation and markup, ed. by F. Citti, T. Del
Vecchio (= Papers on Grammar IX.), Herder, Roma , pp. -; A. Fassina, G.
Musa, L. Tessarolo, Musisque deoque: primi risultati di un work in progress, in Poesia
latina, nuova e-filologia, cit., pp. -.
Philologia delenda? Alcune riflessioni sullo studio dei classici 

alta definizione dei papiri. Gli archivi digitali di intere collezioni di


papiri e manoscritti sono oggi tra gli strumenti più utili per il filologo:
basti menzionare l’altra grande iniziativa fiorentina, la digitalizzazione
dei Plutei della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, che ha reso
accessibili i cataloghi settecenteschi della collezione assieme ad «oltre
.. immagini, corrispondenti a più di . manoscritti inte-
gralmente riprodotti, fra cui si annoverano […] alcuni dei più rilevanti
testimoni della produzione culturale e intellettuale dell’Occidente».
Un ulteriore e forse ancora più rilevante applicazione delle nuove
tecnologie, sempre nel campo della elaborazione delle immagini, è il
ricorso alla fotografia digitale multispettrale – sia sulla banda del visibi-
le che dell’invisibile – per la lettura di papiri e manoscritti, in partico-
lare palinsesti, la cui leggibilità era stata compromessa dall’impiego di
reagenti come la tintura di noce di galla: le fotografie ad alta risoluzio-
ne, e la successiva rielaborazione per separare i diversi livelli di scrittura
consentono di far emergere tracce evanide: numerosi i progetti e i ri-
sultati in questo campo. Basterà ricordare – oltre a “Rinascimento Vir-
tuale – Digitale Palimpsestforschung. Rediscovering written records of
a hidden European cultural heritage” (-), progetto comunita-
rio che ha coinvolto  partner tra università, istituti di ricerca, fonda-
zioni e biblioteche – le applicazioni ai papiri ercolanesi, agli scoli vero-
nesi a Virgilio, e infine all’Ambrosiano di Plauto.

E allora, cosa rispondere alla domanda: delenda philologia? Non de-


lenda, sed semper renovanda.

 Cfr. <http://www.psi-online.it/>; sui progetti del Vitelli, vd. tra l’altro E. Ca-

mandona, G. Poli, Informatica e papiri. Un progetto di archiviazione digitale all’Istituto


papirologico “G. Vitelli”, Griseldaonline, cfr. <http://www. griseldaonline.it/informati-
ca/camandona.htm>.
 Cfr. E. Degl’Innocenti, Il Progetto di digitalizzazione dei Plutei della Biblioteca

Medicea Laurenziana di Firenze, Digitalia /, pp. - <http://digitalia.sbn.it/


upload/documenti/digitalia_deglinnocenti.pdf>: la citazione è tratta da p. .
 Oltre a W. Stockert, Die Wiedererweckung eines Codex (Virtuelle Arbeit am Co-

dex Ambrosianus des Plautus), in «Atti Accademia dei Lincei» , , pp. -; ri-
mando per la bibliografia a F. Citti, T. Del Vecchio, Premessa, in From Manuscript to
Digital Text, cit., pp. VII-XVIII, in part. XIV-XV e a C. Faraggiana di Sarzana, Leg-
gere manoscritti palinsesti nell’era digitale: nuove prospettive di ricerca e vecchi problemi,
ibid. -. Si veda inoltre il caso del papiro di Archimede, per cui cfr. R. Netz, W.
Noel, Il codice perduto di Archimede, Rizzoli, Milano , e <http://www.archimede-
spa limpsest.org/>.

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