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D ' A R C O SILVIO AVALLE

PRINCIPÎ
DI CRITICA TESTUALE

RISTAMPA DELLA
SECONDA EDIZIONE RIVEDUTA E COR11ETTA

EDITRICE ANTENORE

ROMA-PADOVA • MMII
ISBN 88-8455-162-5

Tutti i diritti riservati - Ail rights reserved


Copyright © 1978 by Editrice Antenore S.r.l., lloma-Padova. Sono ri-
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che parziale o per estratti, per qualsiasi uso c con qualsiasi mezzo effet-
tuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione
elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta délia Editrice
Antenore S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.
INDICE GENERALE

AVVERTENZA VII

INDICE DELLE SIGLE IMPIEGATE NEL TESTO IX

P R I N C I P Î DI CRITICA TESTUALE I

0 . INTRODUZIONE. L'ANALISI DELLE FORME E LA CRITICA DEL TESTO 3

1 . PRINCIPÎ GENERALI 21

2 . STORIA DÉLIA TRADIZIONE 33

3 . COSTITUZIONE DEL CANONE 65

4 . COSTITUZIONE DEL TESTO 95

INDICE TOPOGRAFICO DEI MANOSCRITTI 127

INDICE DEI NOMI 132

INDICE DEGLI AUTORI E DELLE OPERE 134

INDICE ANALITICO DEL CONTENUTO 136

INDICE ANALITICO DEL CONTENUTO (IN ORDINE ALFABETICO)


A CURA DEL DOTT. GIANCARLO ALESSIO 138
A V V E R T E N Z A

Questo manuale è nato da un seminario di critica del testo


tenuto a Torino nel 1969-1970. La materia, disposta secondo
l'ordine alfabetico délia terminologia relativa, è entrata poi a
far parte di un « Piccolo lessico délia critica testuale ». L'idea
era di compiere un primo inventario linguistico délia critica del
testo sulle linee già indicate nella terza Appendice, « L'imma-
gine délia trasmissione manoscritta nella critica testuale », délia
mia Letteratura medievale in lingua d'oc nella sua tradizione
manoscritta (Torino 1 9 6 1 , pp. 183-196). Dato che anche in
questo campo si procédé per estrapolazione da realtà fisiche
visibili, si era pensato che un approccio terminologico délia
nostra scienza, proprio nella misura in cui consente di indivi-
duare con maggiore immediatezza la serie di « modelli », ge-
nealogico, giudiziale, fisico e cosî via, che ne costituiscono i
fondamenti teorici, facilitasse il compito, oramai ritenuto indi-
lazionabile, di rivederne i presupposti pratici e metodologici.
La materia, in parte ritoccata ed ampliata, è ora disposta
secondo l'ordine delle operazioni connesse con la « restitutio
textus », per cui il Lessico si è trasformato, contrariamente
aile mie previsioni, in Manuale. Dell'impostazione primitiva è
rimasto perô, ineliminabile o quasi, il sottofondo linguistico-
terminologico. Di qui l'attenzione particolare al problema dei
« modelli », e, quel che piu conta, la proposta, già allora for-
mulata, di traslitterare la terminologia corrente in sistemi di
segni piu formalizzati. Molto probabilmente qualche lettore si
interrogherà sul valore di questa proposta, soprattutto se si
tien présente che gli strumenti impiegati (provenienti dalla
teoria delle funzioni - insiemistica, grafi, etc. - ed in genere
dalla matematica - probabilità, calcolo combinatorio - ) non
contribuiscono certo a modificare di molto l'assetto logico e i
procedimenti tradizionali délia nostra scienza. Le motivazioni

vu
in effetti sono completamente diverse. Esse si legano alla que-
stione linguistica degli ostacoli che una terrninologia sostan-
zialmente antropomorfica corne quella tradizionale frappone di
fatto alla soluzione di taluni problemi rimasti insoluti (o qua-
si), quale ad esempio quello délia « contaminazione » (cfr. 2.9.,
3.3. e 4.3.). Proprio alla luce di tali problemi il lettore benevolo
ci perdonerà quindi l'impiego di materiale ricavato dalle scienze
cosiddette esatte, e potrà giudicare délia opportunità délia nuova
terrninologia, anche se qui applicata con intendimenti logico-for-
mali piu che strettamente matematici.
Ringrazio a questo proposito il collega délia Facoltà di Scien-
ze Pascal Dupont (animatore assieme ad altri valenti collabo-
ratori del primo seminario di matematica, 1 9 7 0 - 1 9 7 1 , presso
la Facoltà di Lettere di Torino), che ha avuto la pazienza di
rivedere alcuni paragrafi del manuale e m'ha permesso di pre-
cisare ulteriormente il mio pensiero su non pochi altri proble-
mi. Pel resto, corne il lettore potrà sincerarsene immediata-
mente, la trattazione è delle piu semplici e non implica piu
che una conoscenza a livello elementare dei principî délia ma-
tematica « moderna ».

AVVERTENZA ALLA SECONDA EDIZIONE

Questa seconda edizione non présenta novità sostanziali nei


confronti délia prima. Sono state corrette le sviste e colmate
le lacune piu rilevanti; si è aggiornata la bibliografia; è stato
infine aggiunto in appendice, su richiesta di non pochi benevoli
lettori, un indice analitico del contenuto (a cura del dott.
Giancarlo Alessio che ringrazio qui pubblicamente per la sua
pazienza).

Torino, mano 1977.

VIII
INDICE DELLE SIGLE
IMPIEGATE NEL TESTO

Per abbreviare le citazioni nel testo si dànno qui di séguito


le indicazioni bibliografiche delle opere ricordate più frequente-
mente, facendole precedere dall'anno délia loro pubblicazione. Le
singole voci sono disposte in ordine cronologico; in ordine alfabe-
tico per nome d'autore invece le opere comparse in un medesimo
anno, e con esponente progressivo dopo l'anno a seconda delle
edizioni. Nel testo i rinvii saranno costituiti dal cognome (con la
lettera o le lettere iniziali del o dei nomi agglutinate al cognome,
ad es. GPasquali per Giorgio Pasquali) dell'autore seguito dall'an-
no (con il relativo esponente, quando necessario) in cui l'opéra
che si cita è stata pubblicata. Nel caso che si diano più opere di
un autore in uno stesso anno, la cifra dell'anno sarà preceduta dal-
la prima parola del titolo (es. GContini, Rapport! 1970).

1926 QUENTIN, dom Henry, Essais de critique textuelle (Ecdotique),


Paris, pp. 179.
1927 MAAS, Paul, Textkritik, Leipzig (Parte vu délia Collezione
GERCKE-NORDEN, Einleitung in die Altertunnoissenschajt, Vol. 1,
edizione).
Seconda edizione, Leipzig 1950; Terza edizione, Leipzig 1957;
Quarta edizione, Leipzig i960, pp. 34.

1928 BÉDIER, Joseph, La tradition manuscrite du « Lai de l'ombre ».


Réflexions sur l'art d'éditer les anciens textes, in « Romania »,
LIV, pp. 161-196 e 321-356.

1934 PASQUALI, Giorgio, Storia délia tradizione e critica del testo,


Firenze [Prima edizione].
IX
1949 D A I N , Alphonse, Les manuscrits, Paris, pp. 180 [Prima edizio-
ne],
1950-1951 H I L L , Archibald A., Some Postulâtes for Distributional
Study of texts, in « Studies in Bibliography » (Papers of the Bi-
bliographical Society of the University of Virginia), ni, pp. 63-95.

1952 MAAS, Paul, Critica del testo, trad. dal tedesco di Nello M A R T I -
NELLI,presentazione di Giorgio P A S Q U A L I , Firenze, pp. xvi-63
[Prima edizione],

1952 2 P A S Q U A L I , Giorgio, Storia délia tradizione e critica del testo, Fi-


renze, pp. xxiv-529 [Prima ristampa 1962].

1957 A V A L L E , dArco Silvio, Una « editio variorum » delle canzoni di


Peire Vidal, in Studia Ghisleriana, Pavia, pp. 57-78 (Pubblica-
zioni del Collegio Ghislieri in Pavia e dell'Associazione Alunni.
Serie n, vol. 11 « Studi Letterari »).

1957 CASTELLANI, Arrigo, Bédier avait-il raison? La méthode de


Lachmann dans les éditions de textes du moyen âge, Fribourg,
pp. 62.

1958 2 M A A S , Paul, Critica del testo, Firenze, pp. xvi-63. Ristampe del
1963, 1966 (riproduzione délia I éd., compresi gli errori).

1958 M A A S , Paul, Textual Criticism, trad. Barbara FLOWER, Oxford


(trad. délia terza edizione délia Textkritik).

1959 DEARING, Vinton A., A Manual of Textual Analysis, Berkeley


and Los Angeles, pp. ix-108.

1961 AVALLE, d'Arco Silvio, La letteratura medievale in lingua d'oc


nella sua tradizione manoscritta, Torino, pp. 228.

1961 M A R I C H A L , Robert, La critique des textes, in L'Histoire et ses


méthodes, sous la direction de Charles SAMARAN, Paris, pp. 1247-
1366. (Encyclopédie de la Pléiade, vol. xi).

1963 TIMPANARO, Sebastiano, La genesi del metodo del Lachmann,


Firenze, pp. vm-145.

19642 DAIN, Alphonse, Les manuscrits, Paris, pp. 197.

1966 DEARING, Vinton A., Some Routines for Textual Criticism, in


« Transactions of the Bibliographical Society. 'The Library' »,
London, December, pp. 309-317.
IX
1967 BRAMBILLA AGENO, Franca, L'edizione critica dei testi volgari,
Parma, Vol. I, pp. 133. Vol. Il, pp. 136.
1967 DEARING, Vinton A . , Some Notes on Genealogical Methods in
Textual Criticism, in « Novum Testamentum », ix, 4, pp. 278-
297.

1968 CONTINI, Gianfranco, Scavi alessiani, in Linguistica e Filologia.


Omaggio a Benvenuto Terracini, Milano, pp. 57-95.

1968 DEARING, Vinton A., Abaco-Textual Criticism, in « The Papers


of the Bibliographical Society of America », 62, 4, pp. 547-578.
John G . , A Taxonomic Study of the Manuscript Tra-
1968 G R I F F I T H ,
dition of Juvenal, in « Muséum Helveticum », 25, fasc. 2.
pp. 101-138.

1968 M A A S , Paul, Postilla retrospettiva, trad. di Luciano CANFORA, in


« Belfagor », X X I I I , fasc. m, pp. 358-360 (dal « Riickblik 1956 »
délia terza edizione délia Textkritik).
1968 REYNOLDS, Leighton D. e WILSON, Nigel G., Scribes and Scholars,
Oxford.
1968 FROGER, dom Jacques, La critique des textes et son automatisa-
tion, Paris, pp. xxn-280.
1969 FRANKEL, Hermann, Testo critico e critica del testo, trad. di Lu-
ciano CANFORA, Nota di C . F. Russo, Firenze, pp. x i v - 9 0 .
1969 REYNOLDS, Leighton D . e W I L S O N , Nigel G . , Copisti e filologi.
La tradizione dei classici dall'Anlichità al Rinascimento, tradu-
zione di M . FERRARI con una premessa di G . BILLANOVICH, Pado-
va, pp. xvi-201.

John G . , Numerical Taxonomy and some Primary Ma-


1969 G R I F F I T H ,
nuscripts of the Gospels, in « Journal of Theological Studies »,
20, p p . 389-406.

1970 CONTINI, Gianfranco, Rapporti fra la filologia (corne critica te-


stuale) e la linguistica romanza, in Actele celui de-al XlI-lea Con-
gres International de Lingvistica fi Filologie Romanica, Bucureçti,
v o l . 1 , p p . 47-65.

1970 VARVARO, Alberto, Critica dei testi classica e romanza. Problemi


comuni ed esperienze diverse, in « Rendiconti dellAccademia di
Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli », vol. XLV, pp. 73-
117.

XI
1970 C O N T I N I , Gianfranco, La « Vita » francese « di sant' Alessio » e
l'arte di pitbblicare i testi antichi, in Un augurio a Raffacle Mat-
tioli, Firenze, pp. 343-374.
1970 AVALLE, dArco Silvio, Introduzione alla critica del testo, Tori-
no, pp. vni-119.

1971 C O N T I N I , Gianfranco, La critica testuale corne studio di strutture,


in Atti del II Congresso Internationale délia Società ïtaliana di
Storia del Diritto, Firenze, pp. 11-23.

1972 L A U F E R , Roger, Introduction à la textologie. Vérification, établis-


sement, édition des textes, Paris, pp. 159.

1973 A V A L L E , dArco Silvio, La Critica testuale, in Grundriss der


romaniscben Literaturen des Mittelalters, Band 1, Heidelberg,
pp. 538-558-
1973-42 REYNOLDS, Leighton D. e W I L S O N , Nigel G . , Copisti e filologi.
La tradizione dei classici dall'antichità ai Tempi Moderni, tradu-
zione di M . FERRARI con una premessa di G . B I L L A N O V I C H , secon-
da edizione riveduta e ampliata, Padova, pp. xx-280.

1974 TIMPANARO, Sebastiano, Il lapsus freudiano. Psicanalisi e critica


testuale, Firenze, pp. VIII-214.
1975 BRAMBILLA AGENO, Franca, L'edizione critica dei testi volgari,
Padova, pp. 289.
N.B. Per una bibliografia ragionata délia critica del testo cfr. RMarichal
1961, pp. 1360-1366.

XII
PRTNCIPÎ DI CRITICA TESTUALE
0. INTRODUZIONE
L'ANALISI DELLE FORME LETTERARIE
E LA CRITICA DEL TESTO

o.i. Dato (D) in quanto testo e processo (P) in quanto tradizione.


0.2. Analisi del processo. 0.2.1. Conseguenze di una insufficiente ana-
lisi del processo (esempio pratico: La vie de saint Alexis anglonor-
manna). 0.3. Ipotesi inversa: mancanza di uno o più elementi (codici)
del processo in quanto tradizione. 0.3.1. Esempi pratici: La vie de
saint Alexis. 0.3.2. Bonvesin da la Riva. 0.3.3. I Proverbia pseudoia-
coponici. 0.4. Tradizioni basate su codici tardi. 0.4.1. Esempio pra-
tico: il Cantar de mio Cid. 0.5. I due processi. 0.6. Corne si ricava il
processo (Pi) che unisce l'originale (O) ai codici non « descripti ».
0.7. Come si ricava il processo (P2) che sta alla base dell'edizione (De).
0.8. Impossibilità di utilizzare il concetto di funzione: (a) per il re-
cupero dell'originale (O) e (b) nel caso di tradizioni contaminate.
0.8.1. Un esempio (G. Guinizzelli, Al cor gentil, vv. 1-2) di rapporto
funzionale fra P2 e De: (a) descrizione dei P2. 0.8.2. (b) conseguenze
sui De. 0.9. De £0 O.

0 . 1 . Il patrimonio letterario, filosofico, scientifico, etc.,


su cui si fondano i valori permanenti di una cultura puô
essere trattato da due diversi punti di vista. Innanzi tutto
esso ci si présenta come un d a t o ( D ) a cui ricorriamo
per informazioni e modelli di comportamento tanto sul pia-
no culturale quanto su quello più genericamente pratico.
Sotto questo rispetto esso non implica apprezzamenti di
sorta sul modo in cui si è costituito. E s s o si situa sincro-
nicamente sull'asse dell'osservatore e viene trattato come
qualcosa di fisso e di immutabile. D a l punto di vista dia-
cronico taie patrimonio ci si présenta invece come un p r o -
c e s s o ( P ) , vale a dire come qualcosa che si è venuto mo-
dificando nel tempo, per cui il d a t o si pone come punto
estremo di una linea che puô anche non coincidere con
l ' o r i g i n a l e ( O ) (avremo modo di ritornare su questo
concetto più di una volta).
D a t o e p r o c e s s o , in quanto i n s i e m i rispetti-
vamente di edizioni moderne o antiche (i manoscritti ad
esempio) di un'opera e di prove logiche (lo « stemma codi-
cum »; 3 . 1 . ) o di fatto, costituiscono per altro una unità
inscindibile. F r a i due esiste infatti un rapporto di d i -
p e n d e n z a secondo la notazione:

(a) D = f(P)

dove D (variabile dipendente) a parte le sue caratteristiche


individuali, prende valori corrispondenti a quelli di P (va-
riabile indipendente) tramite la funzione f. I n taie notazio-
ne D con tutto quanto lo caratterizza dal punto di vista
délia lezione (errori, etc.) rappresenta il punto di a r r i v o
o « immagine », P invece, in quanto attualizzato da un i n -
s i e m e ordinato di « codices interpositi » (3.6.) il punto
di p a r t e n z a . L'operazione potrà quindi essere rappre-
sentata nel seguente modo:

f
(b) P D

Ogni p r o c e s s o ( P ) relativo a i l ' o r i g i n a l e ( O ) ap-


proda dunque a un d a t o (D) tramite una funzione. Per
tanto sembra escluso che il d a t o , tanto quello c o r -
r e n t e (De) - ad esempio la vulgata ( 1 . 6 . 3 . ) del ' 2 1 per
la Commedia, il nuovo testo di G P e t r o c c h i ( 1 9 6 6 - 6 7 ) e cosî
via - quanto quello di p a r t e n z a (Dp), cosï definito dal
punto di vista dell'editore, da non confondersi quindi con
il concetto qui sopra utilizzato di insieme di partenza, - ad
esempio i manoscritti trecenteschi sempre délia Comme-
dia - , proprio i n quanto funzione di P , rispecchi di nor-
ma O . A l contrario fra i due non si potrà stabilire che un
rapporto di tipo:

(c) D(DpoDc)~0,

4
dove il segno ^ sta ad indicare che D è più o meno équi-
valente a O (vedi più avanti 0.8.).

0.2. I l problema del testo critico ha, nonostante tutto,


una sua importanza fondamentale. L'utente in genere si
serve dei d a t i c o r r e n t i (De) senza preoccuparsi del
p r o c e s s o ( P ) che sta alla loro base. L'atteggiamento non
dipende tanto da « disdegno » nei confronti del p r o c è s -
s o (per quanto non siano mancati studiosi, anche illustri,
propensi a considerare le « minuzie testuali » come questio-
ni oziose), quanto piuttosto da vera e propria ignoranza
délia fenomenologia relativa alla trasmissione delle opere
letterarie. E p p u r e - sembra verità ovvia - non ci si puo
illudere di analizzare correttamente un d a t o (D), se non
ci si informa previamente sulla sua qualità, se, in altre pa-
role, non ci si rende conto del p r o c e s s o ( P ) che sta
alla sua base. E s e m p î clamorosi di « letture » (e di inter-
pretazioni) fondate su testi corrotti per via di sostituzioni,
di aggiunte, di ritocchi di vario genere, e cosi via, sono
già stati raccolti più di una volta, per cui è inutile ritor-
nare sull'argomento. M o l t o più intéressante osservare inve-
ce quanto succédé a certa critica odierna basata sull'analisi
dei valori formali in praesentia per cui il problema del testo
dovrebbe essere di primaria importanza; ora in tali casi è
accaduto più di una volta che lettori in buona fede abbiano
p r o f u s o tesori di ingegnosità e sottigliezza su testi di consi-
stenza quanto meno dubbia, senza rendersi conto délia la-
bilità degli elementi di prova addotti a sostegno délia loro
interpretazione.

0.2.1. Si veda ad esempio il caso del Saint Alexis anglonor-


manno. Di questo antichissimo monumento délia letteratura
francese (fine X I secolo) abbiamo quanto meno tre recensioni.
Una lunga di 125 strofe, con due conclusioni nel ms. L (ora dél-
ia Godehardikirche a Hildesheim - Hannover), e due brevi ca-

5
ratterizzate dall'esclusione délia prima (strofe 1 0 8 - 1 1 0 ) , nei mss.
V (Vat. lat., 5334) e P (Parigi, B.N., fr. 19525), oppure délia
seconda conclusione (strofe 1 1 1 - 1 2 5 ) , nel ms. A (Parigi, B.N.,
nouv. acq., fr. 4503). La recensione lunga costituisce da tempo
il terreno preferito di analisi matematiche di ogni genere (da
ERCurtius, Zur Interprétation des Alexiusliedes, in « Zeitschrift
fur romanische Philologie », LVI [ 1 9 3 6 ] , 1 1 3 - 3 7 , dove il proble-
ma viene comunque affrontato con una certa prudenza, sino a
AGHatcher, The Old French Poem St. Alexis: a Mathematical
Démonstration, in « Traditio », v i n [ 1 9 5 2 ] , 1 1 1 - 1 5 8 , HLaus-
berg, Zur altfranzosischen Metrik, in « Archiv fur das St. der
neuer. Spr. und L i t . » , 1 9 1 [ 1 9 5 5 ] , 1 8 3 - 2 1 7 , e EWBulatkin,
The Arithmetic Structure of the Old-french « Vie de Saint
Alexis », in « Publications of the Mod. Lang. Ass. » , L X X I V
[ 1 9 5 9 ] , 495-502), come se essa rappresentasse senz'altro l'ori-
ginale. Nulla perô ci vieta di pensare che la recensione conser-
vata da L non corrisponda esattamente a quella dell'originale e
che siano state aggiunte o eliminate strofe anche in questo
manoscritto. Nel quai caso il totale di 125 strofe, quantunque
allettante per il gran numéro di combinazioni matematiche che
se ne possono ricavare, sarebbe un dato puramente fortuito, pri-
vo di ogni consistenza reale e significato critico, o, quel ch'è
peggio, il frutto di un rifacimento (2.13.).

0 . 3 . A riprova di quanto si è venuto dicendo si prenda


in considerazione l'ipotesi inversa e cioè il caso di un testo
che ci sia stato trasmesso da più manoscritti, e immaginia-
mo che alcuni di tali manoscritti siano andati persi. L a do-
manda che ci si puô porre a questo punto è la seguente: se
di questi manoscritti (esclusi naturalmente i « descripti »;
cfr. 3.8 e 3 . 1 1 . ) fosse andato perso anche uno solo,
l'idea che ci facciamo dell'originale sarebbe sempre la stes-
sa? L a domanda non è retorica e, come vedremo, è già
stata posta più di una volta da studiosi giustamente consa-
pevoli dei limiti di ogni operazione critica attuata in assenza
dell'originale.

6
0.3-I- Torniamo al caso del Saint Alexis anglonormanno. Co-
rne si è detto, di quest'opera ci sono pervenute due recensioni,
di cui una lunga (ms. L ) ed una brevé, rappresentata dai mss.
VP ed A. Le due recensioni risalgono apparentemente al Saint
Alexis primitivo composto di strofe monoassonanzate di cinque
décasyllabes. Sempre del Saint Alexis abbiamo perô rifacimenti
(2.13.), uno in lasse assonanzate (comprendente 1 3 5 6 vv.) rap-
presentato dal ms. S (Parigi, B.N., fr. 1 2 4 7 1 ) , un altro in lasse
rimate (comprendente 1278 vv.) rappresentato dai due mss. Ma
(Parigi, B.N., fr. 1 5 5 3 ) e Mb (Carlisle, The Cathedral Library),
ed un ultimo, Q, in quartine monorime di alessandrini. Il
Saint Alexis ha formato l'oggetto di una delle prime edizioni
cosiddette « lachmanniane » nel campo delle letterature roman-
ze a cura di GParis e di LPannier [La Vie de Saint Alexis,
poème du XI siècle et renouvellements des XII, XIII et XIV
siècles, publiés avec préfaces, variantes, notes et glossaire par
Gaston Paris et Léopold Pannier, Paris 1872). Ad un certo pun-
to GParis si pone la domanda: quale idea ci faremmo dell'opera
in questione se alcuni dei manoscritti più antichi fossero andati
perduti? La risposta di GParis è la seguente: se non ci fossero
giunti i manoscritti contenenti la recensione in strofe regolari
di 5 décasyllabes, vale a dire L, P ed A (GParis non conosceva
ancora V), « on regarderait S comme contenant l'oeuvre primi-
tive » (p. 201), vale a dire non avremmo motivi per dubitare
dell'autenticità délia redazione in lasse che è un genere di ver-
sificazione già ritenuto nell'Ottocento più antico, in quanto più
« popolare », di quello in strofe regolari.

0.3.2. Indipendentemente da GParis, una domanda non dis-


simile se l'è posta anche GContini a proposito di Bonvesin da
la Riva. I componimenti di Bonvesin da la Riva ci sono stati
trasmessi da più manoscritti (cfr. Le opere volgari di Bonvesin
da la Riva a cura di Gianfranco Contini, Volume primo. Testi,
Roma 1 9 4 1 , e Poeti del Duecento, Tomo 11, a cura di Gianfran-
co Contini, Milano-Napoli i960, pp. 845-6). I più importanti
sono i seguenti:
a ) Berlino, Deutsche Staatsbibliothek (già Oeffentliche Wis-

7
senschaftliche Bibliotbek), Ital. qu. 26, membranaceo del X I V
sec.
|3) Ambrosiano T. 10 sup., membranaceo del XV sec.
Y) Ambrosiano N. 95 sup., cartaceo del XV sec.
La recensione del ms. a è estremamente rigorosa per quel
che riguarda la correttezza numerica dei versi (alessandrini ce-
surati 6 più 6). Negli altri due, (3 e soprattutto Y, invece i versi
presentano numerose irregolarità dal punto di vista del computo
delle sillabe, come se insomma si ispirassero ai canoni délia co-
siddetta versificazione anisosillabica. Dato che numerosissimi
sono i componimenti délia letteratura delle Origini a versifica-
zione irregolare, « se il rigidissimo Bonvesin da la Riva - scrive
Contini (Esperienze di un antologista del duecento poetico ita-
liano, in Studi e problemi di critica testuale, Bologna 1 9 6 1 ,
pagg. 241-272, a pag. 242) - fosse noto soltanto dall'Ambro-
siano N. 95 sup. [. . .], otterrebbe un buon punteggio per li-
cenziosità "giullaresca" ».

0.3.3. Consideriamo un terzo esempio riguardante questa vol-


ta la tradizione manoscritta dei Proverbia pseudoiacoponici. I
Proverbia erano tradizionalmente conosciuti attraverso laudari
quattrocenteschi, un incunabulo del 1495 ed alcune stampe del
Cinque- e del Seicento. Scritti in alessandrini estremamente ir-
regolari, sembrerebbero appartenere alla tradizione délia poesia
anisosillabica centro-meridionale. Sennonché FAUgolini prima
(Testi volgari abruzzesi del Duecento, Torino 1959) e VBigazzi
poi ( I "Proverbia" pseudoiacoponici, in « Studi di filologia ita-
liana », x x i [ 1 9 6 3 ] , 5-124) hanno valorizzato nuove testimonian-
ze (il codice del Museo di Arte Sacra dell'Aquila, detto di Papa
Celestino, del XIV secolo, C, Ugolini, il ms. C, il Bolognese
Universitario 2650 del X I V secolo, B, ed il codice 10077 délia
Biblioteca Nacional di Madrid del XV secolo, scoperto da IBal-
delli, M, Bigazzi), dove il testo dei Proverbia è metricamente
ineccepibile. Ora, riprendendo quanto si è avuto modo di os-
servare altrove (DSAvalle, Le origini délia quartina monorima
di alessandrini, in Saggi e ricerche in memoria di Ettore Li Got-
ti, Palermo 1962, vol.. 1 , pp. 1 1 9 - 1 6 0 , a p. 126, n. 30), se
non fossero venute alla luce queste nuove testimonianze, si

8
potrebbe essere tentati ancora una volta di identificare, sempre
per le stesse ragioni, l'originale con la tradizione dei laudari
quattrocenteschi.

0.4. A fortiori tanto più sospetta non puô quindi che


apparire la lezione di opere per cui l'attestazione manoscrit-
ta si limiti ad uno o a due codici tardi.

0.4.1. Questo è il caso ad esempio, come messo in rilievo


da GChiarini, Osservazioni sulla tecnica poetica del « Cantar de
mio Cid», in Lavori Ispanistici, Firenze-Messina 1970, pp. 7-45,
del Cantar de mio Cid (c. i r 4 o ) , trasmessoci da un unico ma-
noscritto dell'inizio del X I V secolo (1307), ora passato dalla col-
lezione privata degli eredi del Marqués de Pidal alla Biblioteca
Nacional di Madrid, dove i versi vanno da un minimo di dieci
ad un massimo di venti sillabe. Ramon Menéndez Pidal nella
sua edizione, Cantar de mio Cid. Texto, gramàtica y vocabu-
lario, Madrid 1954 3 , vol. 1, p. 86, conserva intatte quasi tutte le
misure attestate nel codice in base al fatto che sarebbe « im-
posible admitir un métro regular que no se conserve en un 90
por 100 de casos ». In effetti osserva GContini (Esperienze cit.,
p. 243), se la tradizione del Cid è di quelle che non consentono
neppure la congettura, non è con questo lecito trasferire, come
fa Pidal, « questa realtà irriducibile [. . .] sul piano délia razio-
nalità ». Sull'argomento si veda anche AMonteverdi, Problèmes
de versification romane, in Actes du Xe Congrès International
de Linguistique et Philologie Romanes, Paris 1965, tome 1er,
PP- 33-54-

0.5. Concludendo, gli esempi portati stanno dunque a


provare che non si puô opporre il p r o c e s s o ( P ) al
d a t o ( D ) e ritenere l'analisi del p r o c e s s o una atti-
vità puramente ausiliaria. L o studio del d a t o sarà cor-
retto solo nella misura in cui l'operatore avrà raccolto tut-
te le informazioni necessarie sul modo in cui esso si è
costituito. D ' a l t r o canto l'utilità di tali informazioni si
manifesta sotto un duplice aspetto. E s s e infatti consento-
no all'operatore non solo di controllare la qualità e l'at-
tendibilità del D e , ma anche eventualmente di ritoccar-
lo in base ai risultati ottenuti attraverso lo studio del
p r o c e s s o ( P i ) che intercorre f r a O e D p (vale a dire
le copie più antiche di cui non ci siano noti i rispettivi
esemplari), secondo il diagramma:

P.
(I) O * Dp.

( N . B . I n questo e negli altri diagrammi I I e I I I , la


freccia non sta ad indicare una applicazione funzionale,
come nella notazione (b) di o . i . , ma una direzione nel
tempo; si osservi che i D p , vale a dire i manoscritti esi-
stenti, si situano al termine di un processo, P i , vale a
dire di una più o meno lunga serie di « codices interposi-
ti », 3 . 6 . , che li collegano all'originale, O ) .
Sotto questo punto di vista l'edizione critica è quindi
un D e per cui vengono forniti tutti gli elementi del p r o -
c e s s o (P2) che la f o n d a , secondo il diagramma:

P2
(II) Dp y De.

0.6. I l presupposto di ogni edizione critica è che i D p


(i manoscritti) costituiscano un messaggio la cui qualità
d i p e n d e da Pi e che per ricostruire O sia necessario
rendersi conto nel modo più esatto possibile dei rapporti
che intercorrono f r a O e D p , vale a dire di P i . D a t o che
(v. più sopra 0 . 1 . ) :

(a') D p = f(P,),

vale a dire che i D p sono una funzione di Pi (« notazione


storica »), l'unico mezzo per ricavare Pi sarà di invertire

/ 10
la funzione (a') in modo che l'incognita Pi divenga l'im-
magine dei termini noti, i D p (o manoscritti):

(i) Pi = F ( D p ) (« notazione operativa »)

Taie operazione è possibile solo nella misura in cui,


preso a piacere un manoscritto (ad esempio D p i , oppure
Dp2, etc.) in f(Pi), esista in Pi un solo « codex interposi-
tus » (ad esempio a o etc.) taie che Dpi = f ( a ) e cosi
via, in altre parole se la tradizione non è contaminata
(0.8.), come ad esempio nel caso:

P, Dp

ti 3 . 1 . ) .
M a questo non basta. I n pratica l'i n s i e m e dei D p
di una certa opéra non si présenta sempre nello stesso
modo in tutte le edizioni. L a strutturazione di taie i n -
s i e m e dipende dai criteri, dalla discrezione come anche
dall'abilità dei singoli operatori. P e r tanto la notazione ( x )
andrà ulteriormente precisata nel seguente modo:

(ibis) P, = f(DpJ?)

dove J ? è un coefficiente di variabilità da applicarsi alla


r e l a z i o n e d i o r d i n e (cfr. J F r o g e r 1 9 6 9 , pp. 1 7 7
e 2 0 2 - 3 ) e di e q u i v a l e n z a (cfr. J F r o g e r 1 9 6 9 , p. 1 7 4 )
stabilita dagli operatori f r a i dati ofEerti dai D p (a rigore
solo gli errori cosiddetti s i g n i f i c a t i v i ; cfr. 2 . 6 . 1 . e
3.1.).
Cosï ad ogni r e l a z i o n e d i o r d i n e e d i e q u i -
v a l e n z a ( D p J ? ) corrisponderà un Pi secondo i seguenti
schemi di i n s i e m e , dove con D p i , Dp2, Dp3, Dp 4 , si
indicano i vari manoscritti, o elementi d e l l ' i n s i e m e d i
p a r t e n z a , e con a e J3 i « codices interpositi » (3.6.),
o elementi d e l l ' i n s i e m e d i a r r i v o Pi:

0.7. Se ora prendiamo in esame P2, osserveremo che


esso d i p e n d e da Pi nel senso che quest'ultimo forni-

12
sce all'operatore gli strumenti per giudicare délia varia
lectio dei D p , secondo la notazione:

(2) P2 = f(Pl).
Il D e terminale, o edizione critica, infine è una funzione,
come si è visto, di P2, secondo la notazione:

(3) D e = f(P 2 ).

P e r tanto alla linea di sviluppo del testo, ( I ) + ( I I ) :

(III) o — Dp h ^ De
corrisponderà una serie di operazioni ( 1 ) (2) (3):

(4) (2) P2 = f(P,)

Ci) P, = F(Dp)

distribuite scalarmente in base al progressivo passaggio del-


l ' i n c o g n i t a a t e r m i n e n o t o . I n questa serie, tanto
la disposizione specularmente inversa in ( 1 ) e ( 3 ) dei d a t i
- D p e D e - nei confronti dei p r o c e s s i - Pi e P2 - ,
quanto la presenza dei termini délia funzione (2), Pi e P2,
nelle funzioni ( 1 ) e (3), rappresentano con straordinaria
evidenza intuitiva l'inversione di marcia compiuta dall'edi-
tore (P 2 ) nei confronti degli amanuensi (o assimilati) che
hanno trascritto i codici di cui si serve (Pi):

Dp

O De
13
Più concretamente la situazione si presenterà nel seguente
modo su uno stemma immaginario, anche se in effetti, co-
me si è detto, D e non coincide necessariamente con O , e
non è possibile misurare con esattezza il margine di im-
precisione dei risultati ottenuti in sede di P2:

Dp, Dp; Dp, Dp4 Dp, Dpi Dp. Dpj Dp. Dp,

L a situazione x qui prospettata corrisponde al senso di


marcia dall'originale ai dati di partenza, e la situazione y
invece indica il senso di marcia (inverso) dell'editore dai
dati di partenza (i manoscritti) verso l'originale.

0.8. Quanto infine al concetto di funzione, andrà osser-


vato che esso non solo esclude la possibilité di recuperare
O nella sua integrità, ma è anche del tutto inutilizzabile
nei casi di tradizione c o n t a m i n a t a (2.9., 3.3.). L e ra-
gioni del primo punto derivano essenzialmente dalla assenza
di O nella notazione (4). P e r tanto fra D e e O non potrà es-
serci che un rapporto di e q u i v a l e n z a approssima-
tiva (cfr. più sopra 0 . 1 . ) , determinata oltre che dai
criteri, dalla discrezione, etc., etc. dell'operatore, anche dai
numéro e soprattutto dalla qualità dei D p (che sono l'unico
strumento di misura a nostra disposizione). Il secondo
punto dipende invece dai concetto stesso di funzione. Dato
che in caso di contaminazione gli elementi dell'insieme di
partenza, i singoli D p , risalgono a più di un elemento,
a e |3, dell'insieme di arrivo, Pi, viene a mancare una
delle due propriété fondamentali delle funzioni, vale a
dire l ' u n i c i t à dell'immagine degli elementi di partenza
(dei D p ) nell'insieme di arrivo (Pi).

H
L a situazione in questo caso potrà essere rappresentata
dalla seguente figura dove i rapporti f r a D p i , Dp2, Dp3, Dp4
stanno ad indicare contaminazione in D p i , Dp2 e Dp4 e
comportano per tanto una molteplicità di esiti neU'insieme
di arrivo (Pi):

O.8.I. A titolo di esempio compiamo un'indagine sul testo


délia canzone-manifesto del « dolce stil novo », Al cor gentil,
di Guido Guinizzelli. L'analista in questo caso ha più di un
De a sua disposizione. Scartati quelli più antichi e meno atten-
dibili, puo servirsi dell'edizione MCasella (« Al cor gentil re-
para sempre amore », in « Studi romanzi », x x x [ 1 9 4 3 ] , 5-53)
oppure di quella GContini (in Poeti del duecento cit., vol. 11,
pp. 460-466). Già ai primi due versi perô si imbatte in diffe-
renze di non poco conto che non possono non lasciarlo perples-
so. Mentre infatti il testo Casella si présenta nel seguente modo
[art. cit., p. 3 1 ) :
A l cor gentil repara sempre amore
com'a la selva ausello'n la verdura;

Contini invece preferisce leggere:


Al cor gentil rempaira sempre amore
come l'ausello in selva a la verdura;

Quale delle due lezioni è la piu corretta? Questa è la prima


domanda (sia pure ingenua) che ci si puô porre. Ed ancora:

15
in base a quali criteri Casella e Contini hanno ricavato lezioni
cosi divergenti utilizzando praticamente i medesimi Dp? La
risposta non puô venire che dall'esame dei manoscritti piu
antichi di cui non siano noti i rispettivi esemplari (cioè i Dp),
e soprattutto dei criteri che sono stati posti a fondamento
delle due edizioni.
I manoscritti principali che ci hanno tramandato la canzone
sono i seguenti:

P = Firenze, Biblioteca Nazionale, Banco Rari 2 1 7 (già Pal.


418), délia fine del X I I I sec., membranaceo, di origine luc-
chese.
V = Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, lat. 3793, délia
fine XlII-inizio X I V secolo, membranaceo, di origine fiorentina.
L — Firenze, Biblioteca Laurenziana, Red. 9, dell'inizio del
X I V secolo, membranaceo, di origine pisana (con aggiunte flo-
rentine).
B = Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano lat.
3953, del 1 3 2 5 - 1 3 3 5 , membranaceo, di origine veneto-trevi-
giana.
G = Firenze, Biblioteca délia Società Dantesca Italiana, ms.
3 (già Ginori-Conti), délia meta del X I V secolo, membranaceo,
di origine bolognese.
C' = Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Chig. v i n 305,
délia metà del x i v secolo, membranaceo, di origine fiorentina.
T = Milano, Biblioteca Trivulziana, n. 1058, datato 1425,
cartaceo, compilato a Treviso da Niccolô Benzoni da Crema.
Ve — Verona, Biblioteca Capitolare, cod. 445, délia fine X I V
inizio XV secolo, cartaceo, d'origine veneta.

Me' = Venezia, Biblioteca Marciana, IX Ital. 1 9 1 , dell'ini-


zio del X V I secolo, cartaceo, trascritto da Antonio Isidoro
Mezzabarba, veneto.
Ca = Roma, Biblioteca Casanatense, n. 433, cinquecentesco,
cartaceo, di origine ignota.

16
E d ecco, tenendo come testo base di collazione il ms. V ,
lo schéma delle lezioni divergenti attesta te dagli altri mss.:

V.I

V Al core gientile rim pair a sempre


P gentile ripara
L cor gientil repara senpre
B cor gientil repadria
G Ai cor gientil renpadria senpre
C' chor gentil repara
T cor gentil ripara
Ve cor gentil ripara
Me' cor gentil ripara
Ca cor gentil ripara

V.2

V corn a la selva ausgiello jlla verdura


P come ausello la
L augielio ala
B come loxello in selva a la
G chôme loxello in selva alla
C' chomo laugello in selva ala
T come laugello in selva ala
Ve come laugellon fronda selva ala
Me' Ccome augello in selva alla
Ca como fa augellon selva a la

Le edizioni di Casella e di Contini sono, come s'è detto, cri-


tiche e le differenze fra i risultati ottenuti riguardano unica-
mente la diversa utilizzazione dei d a t i di p a r t e n z a (Dp).
Nel primo verso la difïerenza fra le due edizioni riguarda
il verbo, per cui Casella preferisce la lezione repara délia mag-
gioranza dei mss. e Contini invece rempaira (ricavato dal rim-
paira di V con modificazione di rim- in rem-).
Nel secondo verso il testo di Casella rispecchia la lezione
dei mss. V P e L (tranne che per a la al posto di in la; in

l7
P si puô presumere la caduta di un compendio, tilde, sulla o
di ausello, in altre parole ausello'n), vale a dire dei codici più
antichi. Il testo adottato da Contini invece è quello degli altri
mss. (con h. sola eccezione di Ca che al posto di corne l'au-
sello, legge como fa augello, évidente tarda manipolazione del
testo).
Le scelte operate da Casella e da Contini naturalmente non
sono casuali. Esse sono infatti giustifkate rispettivamente nel
cit. art. di Casella e in DSAvalle, La tradizione manoscritta
di Guido Guinizzelli, in « Studi di filologia italiana », (1953),
137-62 (ed ancora in GContini, Poeti del duecento cit., vol. n ,
pp. 895 e 897-8, pei due nuovi codici, Comunale di Siena
I.VIII. 36, e Melzi A, già Martin Bodmer, ora alla Bibliothèque
Publique et Universitaire di Ginevra). Dato che in tali articoli
sono forniti tutti gli elementi di P2, vale a dire del processo
che sta alla base del testo critico adottato, e dato che P2 è una
funzione di P>:

P. - f(P.)

sarà dunque a Pi, vale a dire in questo caso allo stemma co-
dicum, che dovremo rivolgerci per mettere in chiaro le ragioni
che hanno determinato le due diverse scelte. Ed ecco corne
si configura P. in quanto funzione di ( D p J ? ) per Casella:
x.

B G

e per Avalle (limitatamente ai mss. più importanti):

18
0.8.2. A questo punto l'analisi délia canzone-manifesto di
Guinizzelli comincia ad acquistare un senso. Messo in pre-
senza di tutti i dati che fondano P2, l'osservatore è in grado
di rendersi conto dei De proposti, del processo (P2) che sta
alla loro base e soprattutto dei limiti di una sua eventuale
indagine sul contenuto letterario e ideologico délia canzone.
Il verbo rimpaira conservato dai solo fiorentino V nella sua
veste gallo-romanza (tranne per remp- > rimp-) è una garanzia
di autenticità. Inoltre rimpaira < R E + I N + P A T R I A T è voce
concettualmente più corretta di repara < R E P A R A T per il
fatto che l'idea di consustanzialità implicita in essa meglio
risponde aile intenzioni dell'autore dell'altra voce dove amore
non sarebbe sinonimo di cor gentile, ma termine ad esso estra-
neo proprio in quanto legato al cor gentile da ragioni pura-
mente utilitaristiche (« cercare rifugio, riparo »).
Il secondo verso nelle due edizioni è invece il frutto di un
diverso apprezzamento di Pi, vale a dire del processo che da
O conduce a Dp. In base allo stemma Casella, delle due le-
zioni concorrenti è molto più probabile (cfr. su questo con-
cetto 4.1.) che l'originale (O) sia quella attestata da LPV (i
manoscritti, fra l'altro, più antichi), dato che delle due ipotesi:
1 ) che L ed a abbiano innovato indipendentemente l'uno
dall'altro nello stesso modo, e

19
2) che l'innovazione invece sia frutto dell'iniziativa di b,
la prima indubbiamente è più onerosa e quindi meno econo-
mica délia seconda.
In base allô stemma Avalle al contrario la lezione attestata
da BGC' etc. è quella dell'originale (O), in quanto delle due
ipotesi:
1 ) che l'innovazione sia frutto dell'iniziativa indipendente e
parallela di N O R D e di (3, da cui Y ricava la lezione che ha
in comune con N O R D , e
2) che invece sia stato SUD a modificare la lezione dell'ori-
ginale, la seconda è senza dubbio più probabile (sempre per i
medesimi motivi) délia prima e per tanto va ad essa preferita.
Questo non è certo il caso di entrare nel merito dei di-
versi risultati ottenuti in sede di analisi dei Dp délia canzone
di Guinizzelli. Comunque sia, dato che gli elementi di taie
diverso apprezzamento vengono forniti nella discussione che
précédé il testo critico, l'osservatore ha tutti i mezzi per farsi
un'idea tanto delle ragioni dei singoli editori, quanto délia
maggiore o minore correttezza delle illazioni (P2) che sul filo
délia logica formale tali editori hanno ritenuto di ricavare
da P,.

0.9. Concludendo, l'ideale, nel caso che di un'opera non


si sia conservato l'autografo, è quello di ricostruirlo con
l'aiuto delle copie che ci sono pervenute (Dp). Naturalmente
non si tratta più che di un « ideale ». In efïetti taie ope-
razione ha limiti obiettivi, come si è visto, nelle capacità
dell'operatore, nel metodo impiegato e nella qualità délia
o delle copie. L'edizione critica è il risultato di questa ope-
razione e, in quanto taie, va intesa come un omaggio estre-
mo alla verità nascosta, all'autografo scomparso. Omaggio
le cui prospettive non mutano sostanzialmente, sia nei casi
in cui la verità prorompa trionfante dalla congerie dei D p ,
sia anche negli altri casi, e sono numerosissimi, in cui l'edi-
tore riconosca onestamente il fallimento di ogni suo sforzo
inteso a ristabilire il testo dell'originale.

20
I. P R I N C I P Î GENERALI

i.i. Ecdotica. 1.2. « Recensio ». 1.3. Tradizione e recensione.


1.4. « Collatio codicum ». 1.5. «Codex unicus ». 1.6. Criteri an-
tiquati. 1.6.1. «Codex optimus ». 1.6.2. « Codices plurimi ».
1.6.3. « Textus receptus » (« vulgata »). 1.7. « Interpretatio ».

1 . 1 . Scopo fondamentale délia critica del testo o e c d o -


t i c a (secondo la terrninologia di H Q u e n t i n 1 9 2 6 ) è la
pubblicazione dei testi antichi e moderni secondo criteri rigo-
rosamente scientïfici. L a tecnica relativa non muta da tra-
dizione a tradizione (sia essa quella dei testi dell'antichità
classica, oppure orientali, o ancora romanzi e cosi via) o
a seconda delle condizioni in cui taie tradizione si è svi-
luppata (trasmissione scritta o trasmissione parzialmente
orale).
Dato che, come si è visto, ogni trascrizione, tranne casi
eccezionali, comporta di norma un numéro più o meno
grande di deviazioni dall'esemplare, l'ecdotica - per adot-
tare la definizione di PMarichal 1 9 6 1 , p. 1 2 5 1 — è in 1,
sostanza « una applicazione délia patologia dell'attenzione ». Il

1 . 2 . L'editore che intenda pubblicare criticamente un


testo antico o moderno, deve procedere preliminarmente
all'esame (« recensio ») délia sua tradizione manoscritta o
a stampa, diretta o indiretta ( 1 . 3 . ) . Taie esame consiste
nella analisi comparativa («collatio c o d i c u m » , 1 . 4 . ) délia
« varia lectio », del complesso cioè delle lezioni o varianti,
quando l'opéra ci sia stata trasmessa da più testimoni.
Quando invece la tradizione si identifica con il « codex
unicus » ( 1 . 5 . ) , nello scrutinio puntuale e rigoroso dell'unico
testimonio che ci ha conservato l'opéra in questione.
L a « recensio » nel primo caso puô portare alla costi-
tuzione dello stemma ( 3 . 1 . ) . Se la « v a r i a l e c t i o » non
présenta elementi atti a taie fine (errori significativi, 2 . 6 . 1 . ) ,
sarà opportune» che l'operatore lo dichiari esplicitamente
(2.6.4.). Comunque sia, l'editore scrupoloso dovrà evitare
di costituire stemmi con elementi di ripiego, ad esempio
innovazioni (2.3.), lezioni adiafore (4.2.), trivializzazioni po-
ligenetiche (2.8.), e cosi via.

Dunque, a differenza da quanto sostenuto da JBédier 1928,


pp. 175-6, l'editore « sa a che punto ha il dovere di arrestar-
si ». Questo perô non toglie che resti pur sempre - come
provato da GContini, Vita 1970, p. 340 — una certa « latitu-
dine d'iniziativa [ . . . ] nel cernere fra i chiamati errori », e
che la tendenza a stabilire raggruppamenti sempre più vasti
sui piani alti dello stemma sia un dato di fatto incontrover-
tibile nella storia délia critica del testo da KLachmann in poi,
anche in assenza di quelle innovazioni, trivializzazioni polige-
netiche, etc., etc. che si diceva. Esemplare a taie riguardo il
secondo dei sei alberi genealogici proposti da PRajna (1929)
per la Vie de Saint Alexis, dove il raggruppamento, fondatis-
simo, VA sembra essere considerato elemento più che suffi-
ciente per giustificare Funione degli altri manoscritti L e PS
(cfr. G . Contini, Vita 1970, p. 3 7 1 : « s i scatena forse anche
nel Rajna la forza dicotomica denunciata da Bédier? »).

1 . 3 . Con il termine di « t r a d i z i o n e » (o « r e c e n s i o n e » )
si indicano due diversi concetti:

( 1 ) Complesso delle lezioni che caratterizzano un mano-


scritto o una famiglia di manoscritti, e
( 2 ) Complesso delle testimonianze di un'opera, divisa
in tradizione diretta, che comprende i manoscritti e le
stampe dove essa è conservata in forma esplicita, e in
tradizione indiretta, che comprende le citazioni, le tradu-
zioni, e tutte le altre attestazioni anche di seconda mano
risalenti a rami délia tradizione diretta diversi da quelli
noti.

22
Alla tradizione indiretta appartiene per esempio l'antica ver-
sione norvegese Karlamagmis saga délia Chanson de Roland,
studiata da PAebischer (1954) e EFHalforsen (1959). Secondo
la dimostrazione di CSegre, Un progetto di edizione critica
délia « Chanson de Roland » e la posizione stemmatica di n
e di V4, in « Cultura neolatina », x x i ( 1 9 6 1 ) , 20-33, e H Pr0~
blema delle lasse assonanzate nei codici rimati délia « Chanson
de Roland », in « Boletîn de la R. Academia de Buenas Letras
de Barcelona », x x x i (1965-1966), 2 9 5 - 3 1 1 , taie tradizione a
causa délia sua posizione privilegiata nello stemma assume la
funzione di arbitra fra le testinionianze del gruppo |3 (si veda
ora la monumentale edizione La chanson de Roland, a cura di
CSegre, Milano-Napoli 1 9 7 1 ) .
In altri casi invece la tradizione indiretta è del tutto delu-
dente, come ad esempio per quel che riguarda l'apporto del
Fiore di virtù (almeno nei limiti delle nostre conoscenze at-
tuali) al problema dell'opposizione fra le due diverse recen-
sioni del v. 2 délia canzone di Guinizzelli Al cor gentil-, « co-
rne l'ausello in selva a la verdura » e « com'a la selva ausello'n
la verdura ». Ed ecco il testo del Fiore nella lezione del Lau-
renziano Gadd. 1 1 5 (ed. Ulrich, Zurigo 1890): « E'1 bene [...]
repaira en çascuno core çentille, cum fanno i oxelli alla ver-
dura délia selva », dove l'ordine delle parole, sovvertito per
le esigenze délia sintassi, non ci dice più nulla sul testo del-
l'originale.

L e recensioni si dividono in due tipi: ( 1 ) le recensioni


per cui valgono i criteri meccanici di ricostruzione propri
del « metodo lachmanniano », basati sulla « legge délia
maggioranza » ( 4 . 1 . ) , e (2) le recensioni per cui invece è
necessario f a r ricorso a criteri interni, « lectio difficilior »
(4.9.), « usus scribendi » ( 4 . 1 0 . ) , ed in generale il « iudi-
cium ». Sin dai 1 9 3 4 G P a s q u a l i proponeva di chiamare
questi due tipi di tradizione con i termini rispettivamente
di « recensione chiusa » e di « recensione aperta ».
Ora si dice che una recensione è « chiusa », quando:

23
( 1 ) è incontaminata, e
(2) la lezione dell'archetipo ( 3 . 5 . ) o dell'originale ( 2 . 1 . )
è ricostruibile in base alla « legge délia maggioranza » ( 4 . 1 . ) .

Una recensione è invece « aperta »:


( 1 ) quando è contaminata (2.9. e 2 . 1 0 . ) , e
( 2 ) le lezioni concorrenti sono adiafore (4.2.) e per tanto
non si puô applicare la « legge délia maggioranza ».

Dubbi, forse non del tutto infondati, sull'utilità délia ter-


minologia pasqualiana, dopo le confusioni introdotte al riguardo
da taluni filologi, sono stati espressi da GBAlberti, « Recen-
sione chiusa » e « recensione aperta », in « Studi italiani di
filologia classica », X L (1968), 44-60. Comunque, sarà forse
opportuno evitare di introdurre ulteriori varianti terminologi-
che (anche se giustificate da talune sfumature di significato),
come fa ad esempio JGGriffith 1968, che invece di recensione
chiusa e di recensione aperta parla di « monothetic systems »
e di « polythetic systems ».

1 . 4 . Il confronto (o collazione) delle varie attestazioni


manoscritte e a stampa dell'opera che si vuole pubblicare
è generalmente indicato con il termine di « collatio codi-
cum ».
Taie operazione che è la prima nell'ordine dei lavori
connessi con l'allestimento materiale dell'edizione, implica
précisé responsabilité da parte di chi la compie soprattutto
dal punto di vista délia correttezza délia trascrizione. Ogni
errore di collazione puô avere ripercussioni di vario genere
sulla « recensio » e di conseguenza sulla « restitutio textus »
(cfr. cap. 4). Onde evitare rischi, oggi si osserva una certa
tendenza ad affidare taie operazione aile macchine, soprat-
tutto per i testi di una certa estensione (per i testi brevi
l'operazione sarebbe antieconomica). Questo perô non toglie
che la scelta e la classificazione delle lezioni dipenda in
ultima analisi dall'operatore, soprattutto là dove le varianti

24
di forma sono talmente numerose da obbligare la macchina
a trascrivere praticamente quasi tutto il testo dei singoli
manoscritti.

Sui limiti e sugli innumerevoli errori che un editore puô


compiere durante la « collatio codicum » ha scritto pagine im-
portanti GPasquali 1952 2 , pp. 56, 62, 63, 72-73 e 77. Cu-
riose, ma non per questo meno interessanti, le istruzioni date
da VADearing 1959, p. 56, riguardo alla « igiene » délia copia
ed aile tecniche relative. Comunque sia, una volta stabilito il
« testo di collazione » (per lo più, e preferibilmente, l'ultima
edizione dell'opera che si vuole pubblicare, oppure, nel caso
che taie edizione manchi, il manoscritto più completo), è con-
sigliabile trascriverlo su schede distinte a seconda dei versi
(se l'opéra è poetica) oppure in capoversi (se l'opéra è in
prosa), avendo l'avvertenza che, una volta stabilito il tipo di
commatizzazione del testo, sarà opportuno non modificarlo più,
se non altro per evitare le fatiche, sempre penosissime, di tra-
slitterazione dai tipo di commatizzazione adottato all'inizio a
quello nuovo. La divisione del testo in base aile righe dell'edi-
zione, è la peggiore che si possa immaginare.
Per una bibliografia sulle collazioni affidate aile macchine si
aggiungano ora aile indicazioni contenute in VADearing 1959,
pp. 65-68, JFroger 1969 passim e pp. 278-80, le proposte di
GZarri, Linguistica algoritmica e meccanizzazione délia « colla-
tio codicum», in « Lingua e stile », m , fasc. 1 (1968), 21-40
e II metodo per la « recensio » di Don Quentin esaminato cri-
ticamente mediante la sua traduzione in un algoritmo per ela-
boratore elettronico, in «Lingua e stile», iv, fasc. 2 (1969),
161-182.

1 . 5 . Quando un'opera ci è stata trasmessa da un solo


manoscritto, taie manoscritto viene indicato con il nome
di « codex unicus ».
È questo un caso abbastanza frequente, quasi normale,
per le opere più antiche delle letterature romanze. L e tra-
dizioni basate sul « codex unicus » rappresentano una gros-

25
sa responsabilité per l'editore. A parte la laboriosità délia
messa in opéra, è infatti più facile pubblicare un testo per
cui si abbiano due o più manoscritti, che non un testo tra-
smesso da un solo manoscritto. I n casi di questo genere
gli editori vanno da un prudente conservatorismo, sconfi-
nante nell'edizione diplomatica o semidiplomatica, quando
il testo è breve ed ha una certa importanza storica
(questo è ad esempio il caso dei Giuramenti di Strasburgo;
cfr. D S A v a l l e , Latino « circa romançum » e « rustica ro-
mana lingua », Padova 1 9 7 0 2 , pp. 3 2 - 3 5 ) , ad un maggior
senso di responsabilità critica, quando gli errori sono
sicuramente emendabili ed il testo puô essere ritoccato
senza danno per la veste originale del codice (comunque
registrabile in apparato, 4 . 1 4 . ) .

Naturalmente, una vclta adottata la soluzione di correggere,


sorgono subito i primi dubbi sull'entità ed i limiti degli inter-
venu. Ogni testo costituisce un sistema, per cui singole corre-
zioni imposte ad esempio, pei testi in versi, dalla misura del
verso o dalla qualità delle assonanze o delle rime, possono
provocare frane in settori che almeno inizialmente si era rite-
nuto di lasciare intatti (ad esempio nell'interno del verso).
Inoltre si puô correre il rischio di estendere indebitamente
all'interno del verso norme che sono proprie del solo sistema
delle assonanze o delle rime, in quanto « norme fossili di
'lingua spéciale' » (GContini, Rapporti 1970, p. 50) introdotte
in contesto diverso (ad es. la « rima siciliana » in testi toscani).
Comunque sia, una volta accertati l'errore o anomalia, è dovere
dell'editore di intervenire soprattutto quando l'errore o anomalia
sono facilmente emendabili. Nel Sant Lethgier del manoscritto
di Clermont-Ferrand lasciare intattc, come fa JLinskill, Saint
Léger, Paris 1937, forme di tipo savier (v. 23), fied (v. 24),
tiemps (vv. 28, 32), etc. etc., dopo aver dimostrato che appar-
tengono agli amanuensi che hanno trascritto il componimento
nel codice di Clermont-Ferrand, è inconseguenza non meno
grave di chi volesse lasciare nella Commedia di Dante forme di

26
tipo Inf., x x v i , 24 bien, 65 tien, 67 atiend(i)er, 55 mieritar, etc.
etc., attestate da non pochi manoscritti délia antica vulgata
(cfr. ed. GPetrocchi, Milano 1966).

1 . 6 . Prima délia cosiddetta epoca lachmanniana i criteri


seguiti per la costituzione del testo erano, schematizzando,
i seguenti: ( 1 ) il criterio del « c o d e x optimus », (2) il
criterio dei « codices plurimi », e ( 3 ) il criterio del « textus
receptus ». I primi due erano i criteri impiegati normal-
mente dagli umanisti, il terzo invece veniva usato soprat-
tutto nella edizione délia Bibbia; il « textus receptus » è
il testo délia vulgata (« ne varietur »), il testo accolto dagli
organi ufficiali délia Chiesa quale si è venuto formando
nel corso délia tradizione.

1 . 6 . 1 . I l « c o d e x o p t i m u s » è generalmente identificato
con il « codex vetustissimus ». O g g i che ci si è resi conto
che un codice vale solo per la posizione occupata nello
stemma ( 3 . 1 . ) , il criterio del « codex optimus » non è più
seguito almeno sul piano teorico. Questo perô non toglie
che soprattutto nella filologia classica taie identificazione
sia ancora accettata dalla maggioranza degli editori. I l pre-
supposto è che delle copie più recenti, quelle ad esempio
del Quattrocento e del Cinquecento, non ci si possa fidare
completamente per l'abitudine degli umanisti ad interve-
nire sul testo copiato con congetture e correzioni di ogni
genere. Come perô dimostrato da G P a s q u a l i 1 9 5 2 2 , pp. 4 1 -
1 0 8 (« Recentiores non détériorés »; e si veda ancora L D
Reynolds e N G W i l s o n 1 9 6 9 , pp. 1 5 4 - 5 ) , presupposto
non ci deve esimere dall'obbligo di controllare anche i
« recentiores », non essendo escluso che lezioni genuine si
siano conservate in manoscritti tardi (cfr. su questo feno-
meno 4.4.). Codici « antichi » per altro, come ad esempio
i papiri per la letteratura greca (cfr. G P a s q u a l i 1 9 5 2 2 ,
p. x v n i , RMarichal 1 9 6 1 , p. 1 2 8 5 , L D R e y n o l d s e N G W i l -

27
son 1 9 6 9 , p. 1 5 5 ) , e i « Memoriali Bolognesi » ad esempio
per la letteratura italiana, hanno dimostrato che la conta-
minazione (2.9.) è fenomeno difïuso sin dall'inizio délia
storia di un testo e che non poche edizioni di codici « an-
tichi » sono peggiori delle tradizioni cui f a n n o capo codici
più « recenti ».

Indipendentemente dalla identificazione del « codex opti-


mus » con il « codex vetustissimus », il concetto stesso di
« codice più degno di fiducia » è stato sottoposto a una revi-
sione radicale da HFrânkel 1969, pp. 23-28, con argomenti
statistici e logici che vanno al di là délia fattispecie, per inve-
stire il principio stesso, giudiziale, dei « precedenti » e délia
« credibilità dei testimoni ». La conclusione cui giunge HFran-
kel è che « la rispettiva credibilità dei testimoni in quanto
taie va ignorata » e che la testimonianza dei manoscritti va
valutata caso per caso indipendentemente dalla loro qualità.
Nel campo delle letterature romanze ricorderemo che il
concetto di « codex cptimus » è stato riesumato da JBédier
in occasione délia célébré discussione intorno allo stemma del
Lai de l'ombre, per cui si rimanda al saggio del 1928. JBédier
si serve del termine, in tutto e per tutto équivalente, di « bon
manuscrit ». L'aleatorietà dei risultati ottenuti con l'utilizza-
zione dello stemma (3.1.) e la mancanza di criteri obiettivi
sicuri su cui basarsi all'atto délia fondazione dello stesso,
costituiscono i presupposti délia sua dimostrazione. Dato che
lo stemma, o, se si vuole, qualsiasi stemma, puô portare alla
costituzione di un testo mai esistito, tanto vale - questa è la
conclusione di JBédier - basarsi su un solo manoscritto, il
« bon manuscrit », che almeno présenta il vantaggio di avere
avuto un'esistenza reale nel Medioevo.
L'« argument de Bédier » è in apparenza irreprensibile, al-
meno nella misura in cui si dà aile operazioni connesse con
la « restitutio textus » (cfr. cap. 4) un valore assoluto. In efietti
l'originale (O), come si è visto, è per principio inattingibile
se non in condizioni particolarmente privilegiate, per cui i
risultati acquisiti in séguito a quelle operazioni vanno intesi

28
come una pura e semplice ipotesi di lavoro. Tutti conoscono
l'afïanno e la fatica durati da JBédier nel difendere ad ogni
costo la preeccellenza del manoscritto di Oxford nella sua edi-
zione délia Chanson de Roland. Come scrive GContini, Ricordo
di Joseph Bédier, in Un anno di letteratura, Firenze 1942,
pp. 129-30, « il difetto di Bédier è evidentemente quello di
non accorgersi che un'edizione critica è, come ogni atto scien-
tifico, una mera ipotesi di lavoro, la più soddisfacente (ossia
economica) che colleghi in sistema i dati. Quando egli, per-
fettamente consequenziario, pubblicô il lai e il Roland sulla
base d'un solo manoscritto, e per il Roland s'afïannô a difen-
dere con geniale ostinazione la lezione del manoscritto per
moite ragioni migliore anche in infimi particolari poco verisi-
mili, certo non si rendeva conto che conservare criticamente
è, tanto quanto innovare, un'ipotesi (quante volte ci ripeté:
« le conservatisme n'est pas une opinion paresseuse »): resta
a vedere se sia sempre l'ipotesi più economica » (sempre sullo
stesso tema e sia pure con diversi argomenti, si veda ora
GContini, Rapport,i 1970, p. 62, e Vita 1970, p. 350).
Il metodo di Bédier ha avuto notevolissima diffusione nella
filologia applicata ai testi romanzi ed ha tuttora numerosi se-
guaci soprattutto in talune zone « periferiche » particolarmente
sensibili, per ragioni culturali, ai grandi modelli délia filologia
francese. Questo non toglie che l'incoraggiamento a tecniche
di questo genere sia venuto anche dalla particolarissima natura
délia tradizione manoscritta dei testi romanzi (molto meno for-
malizzata di quella dei classici nelle sue zone più « popolari »
e correnti), e soprattutto dall'influenza esercitata sui filologi
dalle tecniche dei medievisti e dall'incomparabile esempio délia
École des chartes.

1 . 6 . 2 . I l consenso délia maggioranza dei testimoni (« co-


dices plurimi ») è stato considérato a lungo come il cri-
terio base per la scelta delle lezioni da adottarsi nell'edi-
zione. I n taie principio è come un presentimento dei ca-
noni probabilistici ( 4 . 1 . ) su cui si basa l'attuale stemma-
tica. Con la difïerenza che nell'attuale stemmatica la « legge

29
délia maggioranza » è stata trasferita più correttamente
dalla somma materiale dei testi a nostra disposizione alla
somma dei « codices interpositi » ( 3 . 6 . ) risalenti diretta-
mente all'archetipo ( 3 . 5 . ) o, eventualmente, all'originale.
Un numéro indefinito, x , di testi trascritti da uno stesso
esemplare ( a ) non ha più autorità di un solo testo appar-
tenente ad altra tradizione (P).

1 . 6 . 3 . Con il termine di « textus receptus » si intende


il testo dell'edizione corrente (« vulgata ») di un'opera ac-
cettato dalla maggioranza degli editori in ossequio alla
tradizione, senza riguardo per la qualità délia lezione.
L'autorità del « textus receptus » è stata messa in forse
per la prima volta nel Sei-Settecento dai teologi protestanti
a proposito délia Bibbia. Oggi un'edizione è critica nella
misura in cui esclude in partenza ogni concetto di impo-
sizione. Naturalmente questo non toglie che nelle edizioni
commerciali e scolastiche ancor oggi si faccia ricorso all'edi-
zione ritenuta più autorevole. Resistenze nei confronti delle
edizioni « moderne » ne sono sempre esistite, dalla ver-
sione délia Bibbia di San G e r o l a m o (combattuta per vari
motivi dalle comunità più sensibili ai valori délia « V ê t u s »)
sino all'edizione nazionale delle Opere di Dante ( 1 9 2 1 ) a
suo tempo accolta con scetticismo o, addirittura, scandalo
per le sue novità grafiche e morfologiche.

1 . 7 . Riassumendo, il concetto stesso di edizione critica


comporta l'utilizzazione di elementi di valutazione da parte
dell'editore sin dall'inizio delle sue operazioni, vale a dire
ancor prima délia costituzione del canone. A questo pro-
posito si parla di « interpretatio », anche se poi il termine
viene usato per indicare, ma per estensione indebita, ope-
razioni di genere estremamente vario. Prima di tutto la
valutazione ( A ) délia rilevanza che le singole lezioni hanno
ai fini délia costituzione dello stemma (cfr. 2.6.), (B) del

30
peso (« poids », « weight »), o signifieato, o valore delle
singole lezioni attestate dalla tradizione manoscritta in rap-
porto allo stemma ( 4 . 1 . ) , e ( C ) delle varianti di pari auto-
rità stemmatica, in sede di « selectio » (4.7.). Sempre con
il termine di « interpretatio » suole essere infine indicata
la messa in chiaro del testo attraverso « la separazione delle
parole e dei paragrafi, la colometria, la interpunzione, le
lettere iniziali maiuscole, etc. » ( P M a a s 1 9 5 2 , p. 3 2 ) .
L e operazioni connesse con l'« interpretatio », corne an-
che con l'« examinatio » (cap. 4 introduzione), sono par-
ticolarmente delicate, nel senso che possono comportare
sbandamenti anche notevoli sul piano delle impressioni
soggettive (« iudicium »). D i qui l'importanza sempre più
grande che si dà attualmente alla scelta degli elementi di
valutazione: ( 1 ° ) in sede di « recensio », per quel che ri- ^ te
guarda il concetto di errore significativo ( 2 . 6 . 1 . ) , e ( I F ) ,
in sede di « selectio », insistendo sui principî dell'« usus
scribendi » ( 4 . 1 0 . ) e délia « lectio difficilior » (4.9.), e
soprattutto sui limiti délia loro applicabilità (o mutua
esclusione). Comunque sia, se ai tempi di K L a c h m a n n il
« iudicium » rappresentava un grosso ostacolo sul cammino
del progresso scientifico e ci si puo quindi spiegare il suo
ideale di una « recensio sine interpretatione », oggi insi-
stere, come si f a , sulle orme di dom H Q u e n t i n su taie
presupposto, significa ignorare gli enormi progressi com-
piuti nel campo délia « interpretatio » per quel che riguarda
la razionalizzazione dei suoi strumenti e i procedimenti
logici connessi.

31
2. S T O R I A D E L L A T R A D I Z I O N E

I. Fenomenologia dell'originale: 2.1. Originale. 2.2. Varianti


d'autore.
II. Fenomenologia délia copia: 2.3. Innovazione. 2.4. Lezione
(variante). 2.5. Lezione caratteristica. 2.6. Errore. 2.6.1. Errore
significativo. 2.6.2. Errore congiuntivo. 2.6.3. Errore separativo.
2.6.4. Vincolo dell'errore. 2.6.5. Dubbi sull'errore. 2.6.6. Confusio-
ni fra errori e varianti indifferenti. 2.6.7. Falsi errori separativi.
2.7. Omeoteleuto. 2.8. Trivializzazione poligenetica. 2.9. Contami-
nazione. 2.10. « Editio variorum ». 2.11. Diffrazione. 2.12. Interpo-
lazione. 2.13. Rifacimento. 2.14. « Editio princeps ».

I. FENOMENOLOGIA DELL'ORIGINALE

2 . 1 . I l concetto di originale, nel senso di testo autentico


esprimente la volontà dell'autore, è uno dei più sfuggenti
ed ambigui délia critica del testo. Questo ci spiega - a
parte le considerazioni già fatte nel capitolo iniziale (0.8.) -
perché il testo critico presenti molto spesso un aspetto cosi
problematico ed in alcuni casi francamente aleatorio. D'al-
tronde a taie condizione non sfuggono neppure gli auto-
grafi, soprattutto quelli contenenti varianti d'autore (2.2.),
tutte le volte che si cerca di fissarli sotto una forma meno
provvisoria di quella in cui ci sono stati trasmessi nella
copia dell'autore. L'impressione è che l'originale, cosi come
l'intendiamo generalmente, vale a dire come testo perfetto
in ogni sua parte, non sia mai esistito. I n effetti il con-
cetto di originale dériva da una visione statica, modelli-
stica, dell'opera letteraria, mentre le singole opere di uno
scrittore costituiscono a rigore una sezione a volte casuale
e provvisoria — e non sempre operata dall'autore stesso
(cfr. ad esempio il caso dell'edizione definitiva [ 1 8 4 0 ] dei
Promessi Sposi « strappata » in varie fasi di elaborazione
dal tipografo a Manzoni) - di quel flusso continuo di adat-
tamenti e di spostamenti successivi attraverso cui si espri-

33
mono le tendenze fondamentali di un sistema letterario
(si veda a questo proposito D S A v a l l e , L'analisi letteraria
in ltalia. Formalismo, Strutturalismo, Semiologia, Milano-
Napoli 1 9 7 0 , pp. 52-3).
Per lo più si considéra come originale la prima stesura
dell'autore. Anche questa stesura perô non sempre rappre-
senta l'originale, ma è una copia (né più né meno come
qualsiasi manoscritto compilato da persona différente dal-
l'autore; cfr. 3 . 5 . ) , o meglio la prima copia in assoluto
di un testo elaboratosi lentamente nella mente dello scrit-
tore.
N o n diversamente dagli apografi (3.8.), anche la copia
d'autore puô quindi presentare errori ( 2 . 6 . ) di vario gé-
néré. L'osservazione è già stata fatta più di una volta e
val qui la pena di riprodurre una pagina célébré di Péguy
citata da RMarichal 1 9 6 1 , pp. 1 2 7 0 - 1 2 7 1 : « I l est bien
rare que la main de l'auteur marche comme sa tête. J e
veux dire: l'auteur a un souci constant d'inventer son
propre texte que le typo n'a pas. L e typo à la rigueur
peut ne penser qu'au texte qu'il compose. Mais l'auteur,
s'il est vraiment un auteur, vit dans un affleurement per-
pétuel de textes. L ' u n fait tort à l'autre, celui qui attend
presse celui qui passe. E t une remémoration intempestive
de celui qui vient de passer, d'un de ceux qui viennent
de passer, peut encore troubler les uns et les autres ».
Naturalmente questa rappresenta la condizione ideale dello
scrittore, e riguarda in sostanza solo la sintassi e lo stile.
Tuttavia nella copia d'autore allignano sporadicamente an-
che altri errori, forse meno nobili, come ad esempio errori
di « pronuncia interna », di disattenzione dovuta a stan-
chezza o a noia per il testo scritto, di confusione f r a parole
simili le une aile altre, di scambio fra fatti storici diversi
dovuti a scarsa o comunque insufficiente informazione, e
cosi via, la cui casistica sfiora in taluni casi l'assurdo e che

34
dovranno essere tenuti nella dovuta considerazione, se non
altro per evitare di degradare, corne vedremo, eventuali
varianti d'autore ( 2 . 2 . ) a innovazioni di secondaria impor-
tanza.

Una frustrante impressione di aleatorietà dànno ad esempio


gli autografi con varianti d'autore di Carlo Porta e di Giu-
seppe Parini pubblicati da DIsella {Le poesie di Carlo Porta,
Firenze 1956; Giuseppe Parini, Il giorno, Milano-Napoli
1969, 2 voll.). Isella che è uno dei maggiori specialisti in
edizioni di varianti d'autore, fornisce al riguardo il quadro
forse più istruttivo che ci si potesse augurare délia fisiologia
di un testo in fieri, e nello stesso tempo ci mette in guardia
contro eventuali analisi basate su testi supposti definitivi.
Errori d'autore sono già stati elencati più di una volta da
LHavet, Manuel de critique verbale appliquée aux textes la-
tins, Paris 1 9 1 1 , pp. 254-55, in P°i. Notissimo quello di John
Keats nel sonetto On first looking into Chapman's Homer,
v. 1 1 , dove per disattenzione si attribuisce la scoperta del Pa-
cifico allo « stout Cortez » invece che a Balboa. Per quel che
riguarda la letteratura italiana moderna basterà ricordare il
caso, recentemente divulgato da LRebay nel suo eccellente
saggio I diàspori di Montale (in « Italica », X L V I , I , 1969,
pp. 33-53), di un verso délia Elegia di Pico Farnese (v. 38)
di Montale, dove al posto di un corretto « diospiri » (i kaki)
compare un'altra parola formalmente simile « diàspori » (fonte
a sua volta di equivoci di vario genere nei suoi commentatori).
A questo riguardo andrà osservato che, se mancasse l'attesta-
zione del poeta che riconosce corne sua la lezione « diàspori »
(cfr. art. cit., p. 42), ed il testo fosse noto solo nelle tre reda-
zioni stampate da Rebay, A (del 1 maggio 1939), B (del 5 mag-
gio) e C (forse del 9 giugno), l'editore medio, propenso a
lasciarsi guidare dalle leggi del sistema (il cosiddetto « metodo
lachmanniano »), potrebbe anche correre il rischio (sempre am-
messo che riuscisse a riconoscere in « diàspori » un errore):

(i°) di riunire le ultime due redazioni, B C, contro la pri-


ma, A (dove non compare ancora la lezione « diàspori »), in

35
quanto contenenti l'errore congiuntivo « diàspori » [in questo
caso ci si sentirebbe autorizzati ad escludere la trivializzazione
poligenetica (2.8.)], e
(2 0 ) di considerare le lezioni caratteristiche delPultima reda-
zione, C, non delle correzioni del poeta (come in eflEetti lo
sono), ma delle « innovazioni tarde » introdotte nel testo ad
iniziativa di altra persona (un copista, un lettore?).

Le tre redazioni si ridurrebbero dunque a due, A e BC


(adiafore - 4.2. - oppure varianti d'autore?), e l'ultima reda-
zione scomparirebbe nell'apparato delle varianti (4.14.) a
tutto danno délia verità testuale.
Naturalmente la verità potrebbe essere ricuperata per altra
via: introducendo ad esempio il concetto di trivializzazione po-
ligenetica, che separerebbe C da B, oppure facendo risalire C
a B, nel senso che, l'autore avrebbe introdotto le varianti délia
terza redazione in una copia di B sfigurata dall'errore « diàspo-
ri ». Tuttavia I'eventualità (accettabile solo se gli originali fos-
sero andati persi) non interessa perché sprovvista di qualsiasi
garanzia di ordine scientifico.
Un caso inverso è quello ben noto di Cicerone (cfr.
LDReynolds e N G W i l s o n 1969, p. 1 5 3 ) che, accortosi trop-
po tardi di alcuni suoi errori, cerca di recuperare (senza perô
riuscirci completamente) le copie già vendute di alcune sue
opere. Anche in questo caso, se non avessimo l'attestazione
dell'autore, si potrebbe essere tentati di far risalire le copie
non corrette ad un inesistente « codex interpositus » (3.6.),
con tutte le conseguenze che si possono immaginare sul piano
délia « restitutio textus » (cfr. cap. 4).
In una novella di Fenoglio, Nella valle di San Benedetto,
pubblicata in « Strumenti critici », m , 1 0 (1969), 3 6 1 - 3 7 8 ,
compare (p. 3 7 1 , r. 9) il nome di « Bob » invece di quello di
« Giorgio ». Se taie lezione fosse rimasta nel testo edito,
credo che non ci sarebbero forti obiezioni a considerarlo er-
rore di copia. L'errore invece è dell'autore, come risulta dal-
l'autografo.

36
2.2. L e varianti d'autore (redazionali) possono essere i'
attestate direttamente dagli autografi, o da altre prove sto-
riche, oppure indirettamente dai reperti délia tradizione i
manoscritta.
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente ( 2 . 1 . ) , la
variante d'autore coinvolge il concetto stesso di attività
letteraria, nel senso che non è sempre facile distinguere
nel flusso o continuum artistico-compositivo di un autore
fra le varianti di una stessa opéra e la serie delle opere
che fanno parte délia sua produzione.
Il primo a utilizzare in modo sistematico il principio di
variante d'autore è stato G P a s q u a l i (sin dalla recensione
[ 1 9 2 9 ] alla Textkritik di P M a a s , poi allargata e rifusa nella
Storia délia tradizione e critica del testo [ 1 9 3 4 1 , 1 9 5 2 2 ] )
e non solo per quel che riguarda i classici in genere, ma
anche gli autori in lingua volgare, come ad esempio quelli
del Trecento (Petrarca e Boccaccio) e dell'Ottocento (Man-
zoni). Sempre nel campo délia letteratura italiana, ricor-
deremo i lavori di G D e Robertis, di G C o n t i n i (per cui si
rimanda alla cit. Analisi letteraria), di LCaretti, Filologia
e critica nel volume dello stesso titolo (Milano-Napoli 1 9 5 5 ,
pp. 1 - 2 5 ) e di DIsella cit. in 2 . 1 , A l t r e notizie infine
si troveranno in FBrambilla A g e n o 1 9 7 5 , pp. 1 6 5 - 2 1 0 .
Problemi metodologici di interesse generale sulle varianti
d'autore, sono stati trattati da V A D e a r i n g , Dryden's
« MacFlecknoe »: The Case for Authorial Revision, in
« Studies in Bibliography », v u ( 1 9 5 5 ) , 87-92, ed ancora in
I
959> PP- 48-50 e 1 0 6 - 1 0 7 .

Varianti d'autore attestate direttamente sono ad


esempio quelle del sonetto Era venuta ne la mente mia, per
cui Dante stesso, Vita Nuova, x x x i v , fornisce due diverse
redazioni. Varianti d'autore attestate i n d i r e t t a m e n t e so-
no state portate alla luce da DDe Robertis, Il Canzoniere
Escorialense e la tradizione « veneziana » delle rime dello

37
Stil Novo, Torino 1954 (suppl. n. 27 al « Giornale storico délia
letteratura italiana ») per la tradizione lirica dantesca laddove
la lezione dei codici di rime varie o canzonieri (ad esempio
l'Escorialense, cod. e. n i . 23) diverge dalla lezione dei mano-
scritti délia Vita Nuova. In questo caso infatti si puô pensare
che Dante stesso abbia mutato il testo di alcune sue liriche
quando le riprese in mano per comporre la Vita nuova. Ulte-
riori precisazioni si troveranno nell'altro studio di DDe Ro-
bertis, Sulla tradizione estravagante delle rime délia « Vita
Nuova», in « S t u d i danteschi » , X L I V (1967), 5-84. Numerosi
esempi di varianti d'autore sono elencati in DSAvalle 1 9 6 1 ,
pp. 65-72.

L e varianti d'autore sono in alcuni casi difficilmente di-


stinguibili dai rifacimenti ( 2 . 1 3 . ) , soprattutto per le opere
medievali ad alto grado di stilizzazione formale.

Si confrontino ad esempio le due redazioni sicuramente


d'autore del sonetto dantesco qui sopra citato:

Primo cominciamento
Era venuta ne la mente mia
la gentil donna, che per suo valore
fu posta da l'altissimo signore
nel ciel de l'umiltate, ov'è Maria.

Secondo cominciamento
Era venuta ne la mente mia
quella donna gentil cui piange Amore,
entro'n quel punto che lo suo valore
vi trasse a riguardar quel ch'eo facia.

e le due redazioni ad esempio del sonetto di Guido Guiniz-


zelli, xi (xij) ed. Contini, Poeti del duecento, cit., vol. n ,
p. 473, rispettivamente dei mss. L e C ' :

38
L
Lamentomi di mia disaventura
e d'un contrarïoso distinato,
di me medesmo ch'amo for misura
una donna da cui non sono amato;
e dicemi Isperanza: « Sta' a la dura,
non ti cessar per reo semblante dato,
ché molto amaro frutto si matura
e diven dolce per lungo aspettato ».
Donqua creder vogl'io a la Speranza:
credo che mi consigli lealmente
ch'eo serva a la mia donna con leianza.
Guigliardonato serô grandemente:
ben mi rasembra reina di Franza,
poi de l'altre mi pare la più gente.

C'
Io mi lamento d'una mia ventura,
d'un contradecto forte distinato
ched i'am'una donn'a dismisura,
ned i' da • llei niente son'amato.
Dicemi la Speranza: « Sta' a la dura,
non ti partir per mal semblante dato,
ché molto acerbo fructo si matura,
dolce diventa per lung'astettato ».
Dunqua ben vo' credere a la Speranza,
che m'ha donato tutto'l su conforto
si che mia donna non poss'obliare.
E la mia donna è ben si ricc'amanza,
avegna ch'ella m'aggia facto torto,
sol in un punto mi puô ristorare.

o ancora dell'altro sonetto di Guinizzelli, x v (xviij) ed. Con-


tini, ibid., p. 477, dei mss. L da una parte e C' e V2 (Vat.
lat. 3 2 1 4 ) dall'altra:

39
L
Pur a pensar mi par gran meraviglia
come l'umana gent'è si smarrita
che largamente questo mondo piglia
corn' regnasse cosi senza finita,
e'n adagiarsi ciascun s'assottiglia
come non fusse mai più altra vita:
e poi vène la morte e lo scompiglia,
e tutta sua 'ntenzion li vèn fallita;
e sempre vede l'un l'altro morire
e vede ch'ogni cosa muta stato,
e non si sa'l meschin om rifrenire;
e perô credo solo che'l peccato
accieca l'omo e si lo fa finire,
e vive come pecora nel prato.

C'V2
Pur a pensar è ben gran maraviglia
come l'umana gent'è si smarrita,
che d'esto secol largamente piglia
come non fosse più mai altra vita,
e'n adagiarsi ciascun s'assottiglia
come regnasser qui sanza finita:
po' ven la mort'e tutti li scompiglia,
cosi la'ntenzïon lor vien fallita;
e ciascun vede l'un l'altro morire,
conoscon ch'ogni cosa muta stato,
e non si sa'l meschin om rifrenire;
ma credomi che sia solo'l peccato
che l'om accieca e fallo si smarrire
che vive come pecora nel prato.

Le difïerenze stilistiche e di contenuto fra le due redazioni


del sonetto dantesco non implicano, almeno apparentemente,
un « progresso » o comunque una evoluzione sul piano for-

40
maie. Esse sono, per attestazione stessa di Dante, « alternative ».
Lo stesso si puô dire delle differenze fra le redazioni dei due so-
netti di Guinizzelli, talché sarà difficile stabilire se si tratti di va-
rianti redazionali oppure no, e, nel secondo caso, quale sia l'origi-
nale (sempre ammesso che non siano ambedue dei rifacimenti...).

È già stata dimostrata da G C o n t i n i (cfr. Dante Alighieri,


Rime, Torino 1 9 6 5 , pp. X I I - X I I I ) la difficoltà di proeedere a
perizie attributive in un settore cosi altamente stilizzato come
quello délia lirica dugentesca (e soprattutto stilnovistica).
Questo non toglie che tentati.vi di attribuzione siano stati espe-
riti anche in taie campo, utilizzando strumenti di carattere
formale, ad esempio tematico, sintattico o ritmematico. Inté-
ressante la metodologia impiegata da G C o n t i n i per quel che
riguarda l'attribuzione a Dante del Fiore e del Delto d'Amore,
dove ha avuto modo di portare alla luce elementi caratteristi-
ci e strutturalmente rilevanti del sistema letterario dantesco.

Sul problema del Fiore e del Detto si vedano i saggi di


Contini: Un'interpretazione di Dante, in « Paragone. Lettera-
tura », x v i , 188-8 (1965), 3-42, La questione del « Fiore »,
in « Cultura e scuola », n.i 3-4 (1965), 768-773, e Stilemi
siciliani nel « Detto d'Amore », in Dante e la Magna Curia,
Palermo 1966 (estratto). Sempre sul problema delle perizie
distintive si potrà vedere FBrambilla Ageno 1 9 7 5 , pp. 251-275,
« Problemi di attribuzione e questioni di autenticità ». Me-
todi più sofisticati, sempre in questo campo, sono stati propo-
sti dalla cosiddetta « stilistica statistica ». Qui basterà ricor-
dare i lavori di G U Y u l e , GHerdan, ChMuller, AEllegard e
FMosteller-DLWallace, per cui si rimanda all'ottima rassegna
di RWBailey in LDolezel and RWBailey, Statistics and Style,
New York 1969, pp. 222-227, e£ l a ' saggio di ChMuller, Moyens
statistiques et problèmes d'attribution des textes anonymes: à
propos d'une recherche sur Jean Renart, in « Etudes de linguis-
tique appliquée», NS 6 (1972), pp. 1 0 7 - 1 1 5 .
Un problema tuttora irrisolto è quello del Libro de buen

41
Amor di Juan Ruiz (Arcipreste de Hita). Questo célébré testo
del Trecento spagnolo ci è stàto trasmesso da tre manoscritti
(i frammenti non servono):
S — Salamanca, Biblioteca de la Universitad Antigua, 2663,
fine del XIV sec., inizio del XV secolo.
G = manoscritto Gayoso, ora presso la Biblioteca de la
Real Academia Espanola, ms. 19 (Madrid), del 1389.
T = manoscritto di Toledo, ora a Madrid, Biblioteca Na-
tional, V a -6-i, ant. Hh 1 0 1 , délia fine del sec. X I V .

Come osservato dagli ultimi due editori (GChiarini, Mila-


no-Napoli 1964, e JCorominas, Madrid 1967), i tre mano-
scritti hanno in comune un certo numéro di errori. Questi
perô, se stanno - come sembra - ad indicare l'esistenza di un
archetipo (3.5.), non escludono la possibilità che le due reda-
zioni, quella più breve di GT (datata 1 3 3 0 ) e quella più
lunga di S (datata 1343), risalgano ambedue all'autore. Nulla in-
fatti vieta di pensare che Juan Ruiz si sia servito per la seconda
redazione di una copia délia prima, contrassegnata dagli stessi
errori che si trovano in G e T, e che ne abbia corretti alcuni
(quelli rimasti nei soli G e T; le non poche lacune di carattere
sospetto saranno di epoca più tarda), lasciandone altri (quelli
comuni a S G e T). Questi ultimi sono in tutto sedici, almeno
secondo i calcoli di Chiarini (p. x x m ) , venticinque invece se-
condo Corominas, p. 16 e n. 9 (ma si vedano i dubbi espressi
da AVarvaro in «Romance Philology », x x n [ 1 9 6 8 ] , 143-7,
su buona parte di tali errori), per cui, contrariamente a quanto
sostenuto da Corominas, dovremmo caso mai meravigliarci
délia cura con cui Ruiz ha corretto l'esemplare utilizzato per
la «seconda edizione » (il testo comprende ben 7 2 1 3 versi,
e sedici o anche venticinque errori in tutto, per di più non
assolutamente certi sono una percentuale minima che nume-
rosi editori moderni invidierebbero senza dubbio . . .).
Le due ipotesi, come si vede, si equivalgono. Tutto sta ora
a studiare il relativo peso stilistico e soprattutto la funzio-
nalità (a) delle parti diverse di 5 nei confronti di GT, e
(b) delle parti in più di S nei confronti di G(T). Dunque,

42
rifacimento, come Ruiz stesso sembra augurarsi délia sua opéra,
oppure doppia redazione?

II. FENOMENOLOGIA DELLA COPIA

2 . 3 . L e deviazioni dall'originale o dall'esemplare che


non infirmano la correttezza formale del dettato, vengono
per lo più chiamate con il termine di innovazione. P e r • <"•<--
tanto innovazione è molto spesso sinonimo, sui piani bassi,
di lezione caratteristica (2.5.), e, limitatamente a quanto
non rispecchia l'originale, di lezione adiafora o indifférente
(4.2.). D a t o pero che ogni innovazione, in quanto modifica
il testo tràdito, costituisce errore ( 2 . 6 . 2 . e 2.6.6.), succédé
molto spesso che editori non sufficientemente premuniti
contro la « force dichotomique » del metodo, finiscano con
l'utilizzare anche le lezioni adiafore per stabilire parentela
fra codici e famiglie di codici.

2.4. Quello di lezione o variante è concetto relativo e w - ^


vale nella misura in cui si rapporta un manoscritto (o
testimonio, 3 . 7 . ) ad un altro manoscritto. Si dira quindi
che un manoscritto présenta in un luogo (costituito da una
o più parole) una lezione variante nei confronti di un altro
manoscritto, quando il suo contenuto diverga da quest'ul-
timo.
Il concetto di lezione o variante è fondamentale nelle
tradizioni manoscritte per cui manchi l'autografo (originale).
Naturalmente gli stessi termini possono essere usati anche
per l'autografo, ma sempre in rapporto con altri testi, ad
esempio i suoi eventuali apografi (3.8.) o copie.

2.5. Si intende per lezione caratteristica la lezione pro-


pria di una famiglia di manoscritti, frutto dell'iniziativa
dell'amanuense che ha compilato il suo capostipite (3.4.).

43

1
L a lezione earatteristiea rappresenta in altre parole una
innovazione ( 2 . 3 . ) , e (tranne che pei piani bassi dello stem-
ma, dove è oramai sufficientemente isolata) non basta di
per se stessa a dimostrare l'esistenza di una famiglia se
non accompagnata da almeno un errore significativo ( 2 . 6 . 1 . ) .
Nella giustificazione dello stemma le lezioni caratteristiche
vanno tenute distinte dagli errori, quanto meno per i piani
alti dello stemma. P e r tanto esse andranno registrate a
parte dopo l'elenco degli errori.

iJxnjo"^- 2.6. Per errore si intende qualsiasi tipo di deviazione


dalla lezione deU'originale. Dato che l'errore i n n o v a nei
confronti del testo dell'autore, esso costituisce l'unico ele-
mento di prova per quel che riguarda i rapporti fra i
codici che ci hanno trasmesso una stessa opéra. L'errore
infatti, in quanto deviazione, c o n t r a s s e g n a tutti i
manoscritti derivati dai codice dove taie deviazione ha
avuto luogo, raggruppandoli in famiglie o sistemi omo-
genei.

2 . 6 . 1 . N o n tutti gli errori - a parte gli errori d'autore


( 2 . 1 . , 3 . 5 . ) , le lacune e le trasposizioni di notevole esten-
sione (cfr. STimpanaro 1 9 6 3 , pp. 6 1 n. e 1 2 7 ) che pos-
sano essersi verificate nell'esemplare ( 3 . 1 0 . ) dopo la tra-
scrizione di alcune copie, le lezioni adiafore (4.2.) e quelle
caratteristiche (2.5.), che non servono - possono essere
utilizzati per definire una tradizione manoscritta. Come
luminosamente dimostrato da P M a a s , 1 9 5 2 , pp. 5 3 e sgg.,
(« Errori-guida e tipi stemmatici »), gli unici errori utiliz-
/ zabili a questo fine, vale a dire gli e r r o r i significa-
t i v i (o e r r o r i - g u i d a , o errori direttivi -
« Leitfehler » - ) devono presentare i seguenti requisili:

1 ) devono essere errori, propri di due o più manoscritti,


che non possano essere stati compiuti dai loro amanuensi

44
indipendentemente gli uni dagli altri ( e r r o r i congiun-
t i v i , « Bindefehler »), e
2) devono essere errori che non possano essere stati eli-
minati per congettura nell'epoca cui risalgono i manoscritti
interessati ( e r r o r i s e p a r a t i v i , « Trennfehler »).

2 . 6 . 2 . G l i e r r o r i c o n g i u n t i v i valgono a provare
la connessione di due o più manoscritti contro altri mano-
scritti secondo la seguente definizione: « L a connessione
fra due testimoni ( B e C ) contro un terzo ( A ) viene dimo-
strata per mezzo di un errore comune ai testimoni B e C ,
che sia di tal natura, che secondo ogni probabilità B e C
non possono essere caduti in questo errore indipendente-
mente l'uno dall'altro » (PMaas). D a t o che P M a a s non
studia metodicamente le cause di taie coincidenza, accon-
tentandosi di portare alcuni esempi fra i più banali, sarà
forse opportuno aggiungere che la connessione fra due te-
stimoni contro un terzo è comunque esclusa:

( 1 ) nei due casi di sviluppo identico per convergenza,


( A ) per imitazione (contaminazione ad esempio di errori
di scarsa evidenza), e (B) per uguaglianza di tendenze o
poligenesi (cfr. D S A v a l l e 1 9 6 1 , pp. 1 8 6 e sgg., e 2 . 7 . e
2.8.),
( 2 ) quando, come abbiamo osservato in 2 . 6 . 1 . , si puo
presumere che l'errore comune sia dovuto a danneggia-
mento meccanico (ad esempio la caduta o la trasposizione
di un foglio) dell'esemplare, posteriore all'epoca cui risale
la trascrizione di altre copie,
( 3 ) quando taie connessione sia fondata su lezioni adia-
f o r e , per cui è impossibile decidere se si tratti di innova-
zione ( 2 . 3 . ) o di lezione genuina.

2 . 6 . 3 . G l i e r r o r i s e p a r a t i v i valgono a provare la ^f-^^t


indipendenza di un manoscritto da un altro manoscritto in

45
base alla seguente definizione: « L a indipendenza di un
tesdmonio (B) da un altro ( A ) viene dimostrata per mezzo
di un errore di A contro B , che sia di tal natura, che,
per quanto ci è dato sapere riguardo allo stato délia cri-
tica congetturale nel tempo intercorso fra A e B , non puô
essere stato eliminato per congettura in questo spazio di
tempo » (PMaas). Taie dimostrazione vale anche per i rap-
porti di dipendenza fra manoscritti esistenti, ad es. B , e
manoscritti ricostruiti (« codices interpositi »; 3.6.), ad es.
a . Naturalmente il principio non è valido in caso di tra-
dizioni contaminate, quando il manoscritto esistente B si
è limitato a correggere per collazione con altro esemplare
solo l'errore o gli errori che lo s e p a r a n o dagli altri de-
rivati dal suo capostipite o testo-base a (4.3.8.).

2.6.4. Sotto questo punto di vista abbiamo quindi cri-


teri obiettivi per giudicare délia maggiore o minore atti-
tudine di un errore a provare connessione f r a due o più
testimoni. D i conseguenza, se un editore non riesce a tro-
vare errori di questo genere (errori significativi), dovrà
dichiarare esplicitamente che non si puô costituire lo stem-
ma; molto meglio una onesta confessione di impotenza che
una falsa certezza ( 1 . 2 . ) .

2.6.5. « L'eterno circolo e paradosso délia critica testuale


- scrive GContini nella "Rassegna délia letteratura italiana",
L V I I (1953), p. 3 1 3 - è che errori predicati certi servono a
decidere l'erroneità di varianti per sé indifferenti : un giudizio
non soggettivo si fonda sopra un'evidenza iniziale, che, fuor
di casi particolarmente grossi, è o rischia di essere soggettiva.
Per sfuggire al corto circuito occorre non stancarsi di discernere
l'errore sicuro e la variante adiafora, almeno nei raggruppa-
menti alti dell'albero, poiché nei suoi piani bassi poco im-
porta che la variante sia palesemente cattiva o indifférente;
tanto è già in minoranza, sprovvista di autorità ». L'osservazione
risale a JBédier 1928, p. 182. Cfr. su questo argomento anche

46
HQuentin 1926, che si rifiuta di distinguere fra lezioni « erra-
te » e lezioni « genuine », PCollomp, La critique des textes,
Strasbourg 1 9 3 1 , p. 6 1 , e AAHill 1950-1, pp. 65-6.

2.6.6. Se due o più manoscritti hanno in comune uno o [


più errori che abbiano nello stesso tempo valore congiuntivo
e separativo, essi fanno gruppo a sé contro tutto il resto délia
tradizione. A questo riguardo bisognerà fare attenzione che
- come già osservato da PMaas 1 9 5 2 , p. 58, « l a maggiorif
parte degli errori congiuntivi non hanno alcun valore sepa-
rativo, mentre la maggior parte degli errori separativi si
possono utilizzare nello stesso tempo come errori congiuntivi ».
Questo è i l p u n t o p i ù d e l i c a t o di tutta la critica del
testo ed anche l ' e l e m e n t o p r e g i u d i z i a l e di ogni va-
lutazione di merito riguardo all'operato degli editori. Il con-
cetto di errore è già stato introdotto da tempo nella critica
testuale. Eppure, soprattutto nel campo délia filologia appli-
cata aile letterature romanze, non pochi editori procedono an-
cor oggi alla classificazione dei manoscritti in base a lezioni
che non si possono definire in alcun modo errori significativi.
Tutte queste edizioni sono sbagliate, e (andrà pur osservato)
i loro eventuali stemmi « a due rami » non hanno alcuna rile-
vanza critica, vale a dire non meritano tutta l'attenzione che
si è ritenuto di dover prestare loro da JBédier in poi. Facciamo
un esempio a caso prendendolo dalla recente edizione del
Donat Proensal di Uc Faidit, a cura di JHMarshall (London
1969). Secondo l'editore i manoscritti che ci hanno trasmesso
la grammatica di Faidit:

A = Firenze, Biblioteca Laurenziana, Aedilium 187 del


X I I I secolo,
B = Firenze, Biblioteca Laurenziana, XLI. 42, inizio XIV
secolo,
C = Firenze, Biblioteca Riccardiana 2 8 1 4 , fine del X V I se-
colo,
D = Milano, Biblioteca Ambrosiana, D.465. inf., fine X V I
secolo,

47
L = New York, Pierpont Morgan Library 8 3 1 , fine X I I I
inizio X I V secolo,

si dispongono sullo stemma in questo modo (p. 1 5 , qui ripro-


dotto con alcune semplificazioni):

Lo stemma fortunatamente non è « a due rami », ma la


prova dell'esistenza di a è affidata a considerazioni quanto
meno discutibili, e più precisamente (p. 35):
(i'°) al fatto che CL hanno in comune un certo numéro di
varianti (« variants »), e
(2'°) che C utilizza aggiunte (« additions ») conservate anche
da L.

Ora, nessuna delle sette varianti elencate da Marshall puô


essere definita un errore significativo. Le varianti 1 , 2, 4, 5
sono pure e semplici lezioni adiafore (4.2.). La variante 3 fei
C, sei L invece di sen è un errore congiuntivo, ma non se-
parativo (puô essere stato corretto negli altri manoscritti per
congettura in base al contesto). La variante 6 è un fatto gra-
fico (vos est CL contro etz A, vos es D; gli scambi st / ts /
tz, etc., sono frequentissimi anche nei manoscritti occitanici).
La variante 7 infine rientra, sia pure sotto forma di lacuna
questa volta di C L , nella seconda categoria.
Per questa seconda categoria andrà tenuto conto del seguente
principio:
Nei testi in prosa a scarso rilievo stilistico (ad esempio

48
compilazioni, grammatiche, trattati scientifici, cronache e cosi
via) la presenza o l'assenza di parti inessenziali alla economia
del discorso non possono essere utilizzate ai fini délia costi-
tuzione dello stemma. Se infatti la presenza di parti in più
puô derivare da i n t e r p o l a z i o n e (2.12.), non è escluso
che, allo stesso modo, l'assenza di queste medesime parti pos-
sa essere interpretata come una 1 a c u n a . Le due ipotesi si
equivalgono; per tanto l'elemento presenza-assenza non ha
alcun valore critico.
Ora, nessuna delle sette « aggiunte » (come anche la « la-
cuna » di cui si è detto qui sopra) elencate da Marshall intac-
ca l'economia del discorso. Nessuna inoltre présenta diver-
genze stilistiche notabili (per quanto un certo scetticismo a
questo riguardo non sarebbe forse superfluo, ed anche senza
giungere aile conclusioni drastiche di A A H i l l 1950-r, p. 66:
« Un'altra obiezione più importante al metodo basato sull'ap-
prezzamento letterario è che i critici non sono ancora giunti
ad un accordo su ciô che costituisce l'eccellenza artistica. Forse
ci si puô augurare che un taie accordo sia raggiunto; co-
munque sia, nell'attesa, l'eccellenza artistica difficilmente puô
essere considerata uno strumento scientificamente corretto »).
Di conseguenza vengono a mancare i presupposti stessi délia
dimostrazione. Il lavoro di Marshall è esemplare nella misura
in cui ci insegna come non si deve fare uno stemma.

2.6.7. Gli errori separativi più comuni sono le lacune


(senza perô valore congiuntivo quando di una certa esten-
sione; cfr. più sopra il caso (2) di 2.6.2.) che rendono il
testo inintelleggibile e che nes^un copista come nessun edi-
tore moderno riuscirebbe mai a colmare per congettura se
non in casi di eccezionale fortuna. Non sarà quindi un errore
separativo quello segnalato da Casella (v. più sopra nel capi-
tolo introduttivo, 0.8.1.) nella canzone di Guinizzelli Al cor
gentil, v. 37, per dimostrare l'indipendenza di L da a. Se-
condo Casella infatti taie indipendenza sarebbe provata dal
fatto che L conserverebbe la lezione genuina rede contro il
re di tutti gli altri manoscritti. Ma anche ammesso che re sia
errore congiuntivo, non è per questo separativo: la lezione

49
rede insomma puo anche essere come lo è sicuramente, e
Casella stesso ce lo dimostra quando afferma che « una scorsa
delle varianti caratteristiche di L ci rivela un copista che non
trascrive meccanicamente » {art. cit., p. 16), una ricostruzione
congetturale introdotta da L per ristabilire la rima col fede
del v. 35. Per tanto cade ogni elemento di prova per s é -
p a r a r e L dai resto délia tradizione manoscritta, e lo stem-
ma cambia completamente fisionomia.

2 . 7 . L e lacune che interessano un tratto di testo com-


preso fra due parole identiche o quasi identiche, vengono
/>« <ALjJ~> chiamate con il nome di omeoteleuto (in francese « saut
du même au même », o « bourdon »; nella terminologia
dei tipografi italiani « pesce »).
I l fenomeno è dovuto al fatto che l'occhio del copista
in questi casi scivola (cfr. inglese « eye-skip ») dall'una
all'altra parola. L'incoraggiamento al salto è nel testo stesso
ed il luogo costituisce, per cosi dire, un trabocchetto per
! copisti (« piège-à-copiste »). P e r tanto salti di uno stesso
j tratto di testo dovuti ad omeoteleuto (« omissio ex homoeo-
i teleuto ») possono essere compiuti da più amanuensi indi-
>' pendentemente gli uni dagli altri (2.8.). L'errore ( 2 . 6 . 2 . )
non ha valore congiuntivo e quindi eviteremo di utilizzarlo
per stabilire parentela fra i manoscritti interessati.

Per una definizione dell'omeoteleuto in rapporto al concetto


di errore si potrà vedere PMaas 1 9 5 2 , p. 58. Una bella serie
di esempi di omeoteleuto si trova in RMarichal 1 9 6 1 , pp. 1259-
1260. Nella Vida di Arnaut Daniel (cfr. ed. GToja, Firenze
i960, pp. 165-168) alcuni episodi délia giovinezza del poeta
sono variamente attestati nella tradizione manoscritta. La
recensione più ampia è quella dei manoscritti E (Parigi,
B.N., fr. 1749) I (Parigi, B.N., fr. 854) K (Parigi, B.N.,
fr. 1 2 4 7 3 ) N2 (Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, cod. Phil-
lipps 1 9 1 0 ) (si dà il testo in grafia unificata): « Et amparet
ben LETRAS E (deleitet se EN [trobar et abandonet las LETRAS
•] „
E) fetz se ioglar e près una maneira de trobar EN] caras ri-
mas ». La sezione posta fra parentesi tonde e delimitata dalla
frase LETRAS E manca in R (Parigi, B.N., 22543). La sezione
posta fra parentesi quadre e delimitata dalla preposizione EN
manca in A (Roma, Biblioteca Vaticana, lat. 5232) B (Parigi,
B.N., fr. 1592) a (Firenze, Biblioteca Riccardiana 2814). Tanto
nel primo quanto nel secondo caso la lacuna è dovuta a un
« saut du même au même » e quindi non vale per dimostrare
parentela ad esempio fra A, B e a.

2.8. Per trivializzazione poligenetica o sviluppo identico


per convergenza (per uguaglianza di tendenze; 2 . 6 . 2 . ) si U.ù
intende il fenomeno per cui più strutture, morfologiche,
sintattiche o lessicali, si modificano in uno stesso modo
anche in ambienti ed in epoche diverse. Taie tendenza va
per lo più nel senso délia corruzione e délia banalizzazione.
Questo perô non toglie che in alcuni casi essa comporti
oscillazioni di tipo sinonimico o parasinonimico. Natural-
mente si dà trivializzazione poligenetica solo nella misura
in cui l'incoraggiamento alla modificazione sia in re. A taie
categoria appartengono per tanto l'« omissio ex homoeo-
teleuto » ( 2 . 7 . ) , la « lectio facilior » (4.9.), le ripetizioni
in genere, comprese le cosiddette « anticipations de la dic-
tion intérieure », e cosi via, con una varietà di impieghi
e di adattamenti tanto maggiore quanto più l'opéra è espo-
sta per sua natura ai rischi délia memorizzazione e délia
iterabilità. Nessuna di queste modificazioni, comprese le
oscillazioni o coincidenze in varianti sinonimiche, vale co-
me errore congiuntivo (2.6.2.).

Per esempi in lingua d'oc cfr. DSAvalle 1 9 6 1 , pp. i86-r90.


Anticipi o echi mnemonici nel Saint Alexis sono citati da
GContini 1968, p. 65. E si veda anche FBrambilla Ageno
x
975> PP- 54 sgg (passim).

62
2 . 9 . L a contaminazione è il f e n o m e n o per cui un ama-
nuense corregge il testo del suo esemplare (3.10.) con
altri manoscritti appartenenti a diversa tradizione. Taie
correzione puô essere fatta dall'amanuense stesso attra-
verso la collazione di più esemplari o p p u r e , e questo è
il caso più f r e q u e n t e , con l'aiuto di varianti già segnate
sui margini o nell'interlinea del suo esemplare ( 2 . 1 0 . ) . Ne-
gli stemmi ( 3 . 2 . ) in genere si usa distinguere la linea di
derivazione del testo base da quella délia o delle conta-
minazioni usando per la prima la linea continua e per la
seconda la linea tratteggiata. L e v a r i e f o n t i di derivazione
andranno c o m u n q u e tenute distinte p e r le ragioni che si
v e d r a n n o in 3 . 3 . e 3.3.6.

Non bisogna confondere l'attività congetturale con l'attività


contaminatoria. Un amanuense puô introdurre congetture fre-
quenti senza con questo ricorrere ad altri testi, e viceversa
si dànno amanuensi abilissimi nel combinare diverse recen-
sioni ( 1 . 3 . ) senza con questo essere capaci di proporre con-
getture personali.
Uno dei canzonieri apparentemente più corretti délia tradi-
zione manoscritta trobadorica è il ms. C (Parigi, B.N., fr. 856).
GBertoni, I trovatori d'Italia, Modena 1 9 1 5 , p. 188, n. 2,
parla di « eccellenti emendamenti » e di lezioni « spesso per-
sino troppo buone ». In effetti, come è stato dimostrato al-
trove (cfr. Peire Vidal, Le poesie, a cura di DSAvalle, Mi-
lano-Napoli i 9 6 0 , vol. 1, p. x c v ) , tutte le lezioni che garan-
tiscono a C questa eccellenza si ritrovano tali e quali e sia
pure distribuite in modo ineguale negli altri mss. che assieme
a C fanno capo allo stesso ambiente ( 2 . 1 0 . ) y. Questo non toglie
che l'amanuense di C abbia lavorato con intelligenza, ma solo
sul piano combinatorio, utilizzando materiali già presenti nel
suo esemplare.
Dai paragone con il canzoniere A risulta invece che l'ama-
nuense del suo gemello B non solo ha fatto ricorso ad altre
fonti, ma si è anche dimostrato più di una volta accorto e
discreto correttore in proprio del comune capostipite.

52
Se differenti dunque possono essere le motivazioni délia cor-
rettezza di un codice, resta tuttavia assodato che, tranne casi
di particolare fedeltà all'esemplare, la testimonianza di taie
codice non vale più di quella di altri mss. formalmente meno
corretti.

2.10. Per « editio variorum » o collettore di varianti


si intende un manoscritto, non necessariamente depositato vo*">
presso u n o scriptorium, f o r n i t o di varianti marginali o in-
terlineari.
L'esistenza di tali codici, definiti anche con il n o m e di
« archetipi con varianti » o « bacini di raccolta », è già
stata dimostrata da t e m p o p e r quel che riguarda le o p e r e
classiche (cfr. l'articolo 9 del « decalogo » di GPasquali
1 9 3 4 ) . T u t t a v i a il p r i m o ad aver messo in rilievo l'impor-
tanza di questa tecnica in r a p p o r t o al f e n o m e n o délia con-
taminazione ( 2 . 9 . ) è stato A D a i n nella sua opéra fonda-
mentale del 1 9 4 9 , p p . 124-127 ( 1 9 6 4 2 , pp. 139-142). È
D a i n che si serve p e r p r i m o del termine « editio v a r i o r u m »
nel senso su indicato, e di altri ancora dello stesso genere,
come ad e s e m p i o « m i n u t e d'atelier » (p. 2 5 , 1 9 6 4 2 , p. 2 7 )
e « m o d è l e d ' a t e l i e r » (p. 1 2 6 , 1 9 6 4 2 , p. 1 4 1 ) . S e m p r e se-
condo D a i n infine, è dall'utilizzazione di tali esemplari che
d i p e n d o n o in sostanza i due f e n o m e n i (i'°) délia contami-
nazione e ( 2 ° ) degli stemmi « a d u e rami ».
Q u a s i nessuna « editio v a r i o r u m » è giunta sino a noi
( c f r . R M a r i c h a l 1 9 6 1 , p. 1 2 6 4 ) . T u t t a v i a la l o r o esistenza
p u o essere ricostruita in parte attraverso l'analisi compara-
tiva délia varia lectio dei codici legati gli uni agli altri da
rapporti di affinità genetica (come già f a t t o ad esempio
da L a c h m a n n per l'archetipo di L u c r e z i o ) , ed in parte con
l'aiuto di manoscritti d o v e le lezioni concorrenti (quella
ad esempio del testo base e le altre trascritte nell'interlinea
o sui margini délia « editio v a r i o r u m ») sono state rico-

53
piate di séguito senza preoccupazioni per la correttezza
ed il significato del testo.

Una célébré « editio variorum » è costituita dal manoscritto


9 1 4 di San Gallo ( A ) contenente la Régula di San Benedetto;
cfr. GPasquali 1 9 5 2 2 , pp. 1 5 3 - 4 , e d ora Benedicti Régula, rec.
RHanslik, Vienna i960, pp. x x v i - x x i x ( C S L E , vol. LXXV).
Per le letterature romanze ricorderemo il caso del canzoniere
trobadorico délia Biblioteca Estense di Modena (a.R.4.4.), D,
già segnalato da DSAvalle 1 9 5 7 (e 1 9 6 1 , pp. 59-63). In questo
codice non pochi testi, ad esempio la canzone di Peire Vidal,
Dieus en sia grazitz (ed. Avalle, xiv), presentano lezioni dop-
pie o, se si vuole, alternative per uno stesso luogo, come se
insomma l'amanuense si fosse servito contemporaneamente di
più fonti. In effetti come risulta dal raffronto con i mano-
scritti A ed E (Parigi, B.N., fr. 1 7 4 9 ) , che assieme a D fanno
capo allo stesso esemplare (s), queste varianti si dovevano già
trovare tutte nel loro comune capostipite. L e prove nella fat-
tispecie ci sono fornite dalla varia lectio dei vv. 1 4 - 1 8 di
quella canzone per cui A ed E forniscono rispettivamente la
seguente lezione (in edizione interpretativa):

A E

E l fruitz es cars e bos E - l fruitz es quars e bos

E t eu torn amoros Et ieu tant amoros


Vas dompnas et chausitz Vas donas e chauzitz
Tant que enoia als maritz Tan qu'enuei'als maritz

e D invece una lezione, per cosl dire, « composita »:


E ' 1 fruitz es cars e bos

E t eu tant amoros
E dolz e saboros
E t eu torn amoros
Vas domnas e chauziz
Tan qu'enoj'als mariz.

54
Ovvie le illazioni in sede di « r e c e n s i o » (1.2.). Accanto ai
versi:
E ' 1 fruitz es cars é bos

E t eu tant amoros
etc.

erano stati sicuramente trascritti in e i versi E dolz e saboros


Et eu torn amoros, che avrebbero dovuto servire, almeno nelle
intenzioni del correttore, a colmare la lacuna del v. 1 5 ed a cor-
reggere il tant del v. 16 (inutile, perché si ritrova al v. 18). Po-
sto in mano ai copisti il testo di s fu quindi variamente modi-
ficato: l'amanuense di E (o chi per lui, trattandosi di testo
tardo) lasciô cadere la variante, quello di A si limito a retti-
ficare tant in torn, quello di D invece, non riuscendo forse
a comprendere le intenzioni del correttore o per scrupolo di
fedeltà, trascrisse i due versi, segnati molto probabilmente in
margine, di séguito al v. 16, conservando in tal modo intégra
la fisionomia originaria dell'esemplare.
Altri esempi del medesimo tipo, attestati da D o da altri
manoscritti trobadorici, si troveranno in DS Avalle 1961,
pp. 60-63. Per le letterature classiche basterà ricordare i casi
segnalati recentemente da J G G r i f f i t h 1968, p. 1 1 7 , a propo-
sito délia tradizione manoscritta di S. Cipriano studiata da
Bévenot ( 1 9 6 1 ) . Quanto infine alla letteratura medievale si
vedano ad esempio le osservazioni di ALabhardt, Contribu-
tions à la critique et à l'explication des Gloses de Reichenau,
Neuchâtel 1 9 3 6 , p. 7 1 : « I l compilatore, poco pratico di cri-
tica verbale [ . . .] ha preso queste variae lectiones per delle
glosse marginali o interlineari e le ha incorporate nel glos-
sario ». Una « editio variorum », sia pure embrionale, è invece
probabilmente il manoscritto di Firenze, Biblioteca Nazionale,
Pal. lat. 700, contenente il Candelabrum di Bene da Firenze,
dove, come dimostrato dai mio allievo G . Alessio, aile corre-
zioni delFamanuense se ne aggiungono altre del direttore dello
scriptorium ricavate da diversa tradizione.

55
2 . i i . U n a lezione puô essere interpretata, corretta o de-
f o r m a t a in v a r i o m o d o dai copisti che l ' h a n n o trascritta
( A ) sia p e r ragioni inerenti alla sua struttura m o r f o l o g i c a
e semantica (« lectio difficilior »; 4 . 9 . ) , ( B ) sia p e r il parti-
colare aspetto paleografico dell'esemplare d o v e essa com-
pare. Q u a n d o una lezione si sfrangia nelle copie per le
ragioni intrinseche ed estrinseche che abbiamo visto, si
dice che si ha difErazione.
L a difErazione p u ô sfociare:

I ) in lezioni errate,

I I ) in lezioni apparentemente corrette, e

I I I ) in lezioni parte errate e parte apparentemente cor-


rette.

Gli esempi che qui si allegano riguardano unicamente la


prima serie (A). Per la categoria ( I ) si veda il toponimo, va-
riamente deformato nella canzone di Peire Vidal, ed. DSAvalle,
xxj, 28, lamieras IK, lameiras C, lameras D, lanieras N, lane-
res c (Firenze, Biblioteca Laurenziana, x c inf., cod. 26), e
addirittura monferratz AB (ripetizione dal v. 1 7 ) e trevisans
Q (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 2909) (ma il poeta si trova
in Piemonte!). La soluzione in questo caso ci è offerta dal
contesto dove il toponimo costituisce iterazione sinonimica
con \'Ailla{n)s che segue; Agliano e Lanerio, quindi Laneris
(distrutto fin dal 1 2 2 5 dagli Alessandrini e ricostruito più
tardi con il nome di Nizza Monferrato), formavano il consor-
tile di Acquosana. Per h categoria ( I I ) sempre in una canzone
di Peire Vidal, ed. DSAvalle, xxj, 1 6 , abbiamo più lezioni
divergenti, gaia AB, blond. C, fresq D, « lectio singularis »
(4.4.) R, contro la lezione corretta conservata dagli altri mss.,
gras. La difficoltà in questo caso sta forse nell'attributo « gras-
sa » usato dal poeta per lodare la sua donna; difficoltà, aggiun-
geremo affatto relativa, perché in epoca arcaica esso è del
tutto normale nella poesia trobadorica. Per la categoria ( I I I )
ricorderemo il luogo del Saint Alexis anglo-normanno corretto

56
da ATobler (cfr. GContini 1968, pp. 59-62, Rapporti 1970,
p. 59, Vita 1 9 7 0 , p. 365), v. 1 5 5 :

L tu del tun seinur, jo-l frai pur mun filz


A tu pur tun sire e je pur mun chier filz
P tu por tun s e i gn o r, je-l ferai por mun fiz
2
P tu tun s e i gn u r,
^ l'une son fil et l'autre son am i

dove LP dànno una lezione manifestamente errata (cesura dopo


la quinta sillaba accentata), A una lezione che è un anacro-
nismo morfologico, nominativo sire invece dell'obliquo seinur,
e P2 (John Rylands Library, Manchester) ed S correggono in
vario modo. La correzione proposta da ATobler, « tu por ton
per », è indubbiamente superiore a tutte le altre, anche se
non propriamente difficilior (cfr. Tobler-Lommatzsch, A F W ,
v u , 704-5, dove sono portati non pochi esempi anche di per
maschile ed uno in particolar modo riferito aU'immagine délia
« tortorella »: puis qu'ele [la tortre] pert son premer par,. . .
ne s'ajostera puis ob autre, Serm. poit. 95).

C o m u n q u e sia, sotto questo rispetto il p r e s u p p o s t o più


importante non è tanto l'erroneità quanto piuttosto la
dispersione delle varianti. I l f e n o m e n o è stato descrit-
to p e r la prima volta e definito con il termine di diffra-
zione da GContini in Ancora sulla canzone « S'eo tro-
uasse Vietanza », in « Siculorum G y m n a s i u m », VIII ( 1 9 5 5 ) ,
1 3 4 : « quella che io soglio chiamare la difïrazione di lezione
suole alludere a uno stato dell'archetipo ».

L'esempio allora portato riguardava piuttosto il gruppo (B)


(ma cfr. anche 2.10.). Si tratta del v. 39 délia canzone S'eo
trovasse, per cui « i manoscritti divergono radicalmente, pur
presentando ognuno lezioni in astratto plausibili: Bb [vale a
dire la copia Barbieri del Libro Siciliano, Ls] Poi che non
po campare, V che e Ch [Vat. Cbig., v i n 3 0 5 ] poi non po

57
mai c., LV2 da che non p{u)o c. ( L isolato iscampare), P
k'eo non porta c. (e con lui la Giuntina [. . .] ». Secondo Con-
tini, dato che « non si riesce a immaginare una lezione sino-
nima e difficilior delle presenti », è probabile che l'archetipo
« offrisse, mediante supplementi sostitutivi ed espunzioni, non
ben chiari ai copiatori, una lezione plurima, per esempio:

poi mai
da che non po campare »

è che gli amanuensi abbiano poi ciascuno per conto proprio


interpretato e corretto il testo dell'esemplare.
Sempre per quel che riguarda il gruppo (B) ricorderemo il
caso délia canzone di Guinizzelli Al cor gentil, v. 56, dove
le lezioni si consegnio L, e comsi qui V, consequi P Ch Giunt.,
invece délia lezione corretta e con' segue, sono provocate per
diffrazione da un codice S U D (cfr. più sopra p. 19), dove il
luogo in questione doveva essere poco leggibile. Di lezioni
ipermetre variamente scorciate nei diversi manoscritti aveva
già parlato GParis nella sua edizione del Saint Alexis, laddove
di fronte a L P [...] furent tut sul remés contro AS [...]
furent amdui remés ( 1 3 8 = 6 1 ) postula un archetipo ipermetro
furent amdui tut sul remés.

S e c o n d o Contini perô è soprattutto il g r u p p o ( A ) q u e l l o


che sta alla base délia difïrazione. « L a semplice d i f f r a z i o n e ,
s'intenda in assenza di qualsiasi variante peregrina, è suffi-
ciente a legittimare la congettura 'difficilior' » (GContini
1 9 6 8 , p . 6 2 ) . S e m p r e C o n t i n i d i v i d e le diffrazioni in due
catégorie:

( 1 ) diffrazione in assenza, q u a n d o la lectio difficilior (o


l ' e r r o r e ) n o n si è conservata in nessuno dei mss. esistenti.
I l caso è già prospettato d a P M a a s 1 9 5 2 , p. 24, laddove
parla di varianti « che si possono interpretare come errori
che sono stati determinati dalla m e d e s i m a lezione dell'arche-
tipo » ( 4 . 8 . ) .

58
Numerosi esempi di diffrazione in assenza sono elencati da
Contini 1968, fra cui quelli dei vv. 440, 445 (e 465) del
Saint Alexis, cfr. 4.6., dove la varia lectio dei mss. si spiega
come dovuta a riduzione di un più arcaico mereveille a mer-
veille con conseguente necessità di supplire alla mancanza délia
sillaba, oppure del v. 1 5 5 corretto da ATobler. Altre diflfra-
zioni in assenza si spiegano ancora, secondo Contini, in base
alla normale evoluzione linguistica, per cui si potrà restituire
l'originale reintroducendo forme arcaiche, per lo più il pperf.
ind., v v . 82 deuret (art. cit., p. 82), 160 pouret (p. 83), o
cong. 4 1 8 deuisset (oppure deiisset) (p. 88) con la e délia
desinenza ancora conservata.

( 2 ) diffrazione in presenza, che è il f e n o m e n o p e r cui


uno dei mss. conserva la lectio difficilior (o l ' e r r o r e ) che
ha p r o v o c a t o la diffrazione negli altri mss. L ' e v e n i e n z a per
altro è già stata prospettata da P M a a s 1 9 5 2 , p. 2 3 , d o v e
descrive il « caso tipico » p e r cui di due v a r i a n t i una « si
p u o spiegare come errore che p r e s u p p o n e c o m e lezione del-
l'archetipo l'altra v a r i a n t e ».

Anche in questo caso ricaveremo gli esempi dal Saint Alexis.


Al v. 1 2 5 L legge firet « contro fist di AP (paghi dell'ipome-
tria) e S 475 (che invece interpola par), Mb est (très), M 489
(forment. . .) fu (interamente soppresso s'en) » (Contini 1968,
p. 66). La varia lectio si spiega come frutto di diffrazione del
pperf. firet (conservato dal solo L ) , forma arcaica, oramai
completamente scomparsa nell'epoca cui risalgono i mss. del
Saint Alexis. Altrettanto arcaico (cfr. DSAvalle, Alcune par-
ticolarità metriche e linguistiche délia « Vita ritmica di San
Zeno », in Linguistica e filologia. Omaggio a B. Terracini, Mi-
lano 1968, pp. 35-6) l'uso dell'imperativo preceduto dal pron.
sogg., v. 3 3 5 tu nus i fai venir (conservato dal solo L), varia-
mente corretto dagli altri mss.
Una sottospecie di questa categoria è rappresentata dai casi
in cui delle varianti diffratte alcune sono congetturali e pre-

59
suppongono come lezione dell'archetipo (3.5.) una delle va-
rianti erronee presenti negli altri manoscritti.
Trattandosi questa volta di errore, la lezione genuina da
ricostruire per congettura non sarà necessariamente difficilior.
Si veda ad esempio il v. 370 del Saint Alexis-,
L qu'or en puisum gr arir
A que nus en p. go i r
P qu{e) or li p. plaisir
S qu'encor p. garir

GParis preferisce la lezione di S. Come perô dimostrato da


GContini 1968, p. 87, la lezione dell'originale è molto pro-
babilmente nascosta sotto l'errore di L « grarir », da interpre-
tarsi a norma del prov. grazir, come gra'ir o greïr, con valore
intransitivo di « piacere » (« essere grato a »).

2 . 1 2 . P e r interpolazione si intende l'aggiunta in u n com-


p o n i m e n t o di elementi estranei (e per tanto spurî) ad opéra
di copisti o, più genericamente, di lettori, che p e r ragioni
varie hanno ritenuto opportuno modificare il testo del
loro esemplare. L a tecnica dell'interpolazione rientra nella
categoria dei rifacimenti ( 2 . 1 3 . ) ; per i documenti storici
invece in quella dei falsi ( c f r . R M a r i c h a l 1 9 6 1 , p p . 1265-
1268).

L e interpolazioni sono molto frequenti nei testi scolastici,


grammaticali, storici, letterari, scientifici, etc. Ma al livello più
basso (per esempio nelle opere in lingua volgare) la prova
dell'interpolazione non è sempre facile, soprattutto quando si
puô sospettare l'inverso: e cioè che le parti in più conservate
in alcuni manoscritti risalgano all'originale e si debba per tanto
parlare di l a c u n e nei manoscritti che ne sono sprovvisti
(2.6.6.).

2 . 1 3 . P e r r i f a c i m e n t o si intende di n o r m a una rielabora-


zione sotto f o r m a sia di adattamenti o aggiornamenti stili-

60
stici o linguistici, sia di collaborazione poetica, cui puô
andare soggetto un certo c o m p o n i m e n t o ad opéra di co-
pisti, di imitatori dozzinali o addirittura di grandi scrittori.
I l r i f a c i m e n t o è u n o dei f e n o m e n i più vistosi nella pratica
letteraria medievale.
F r e q u e n t i s s i m i i r i f a c i m e n t i délia poesia epica, p e r altro
attestati direttamente dalla cura con cui i giullari, i mene-
strelli ed in genere i p r o f e s s i o n i s t i del canto t u t e l a v a n o il
p r o p r i o repertorio nei c o n f r o n t i di « f u r t i » e « manomis-
sioni » da parte dei concorrenti. U n genere particolare di
rifacimenti, s e m p r e nel c a m p o délia poesia epica ed agio-
grafica, sono i rifacimenti « metrici » p e r cui un testo
poetico viene aggiornato stilisticamente sulle ultime novità
délia versificazione.

Esemplare il caso del poemetto anglonormanno del Saint


Alexis, già citato nel capitolo iniziale, per cui si hanno più
redazioni (oltre quella originaria in strofe monoassonanzate di
cinque décasyllabes), dove le assonanze sono trasformate in rime,
o ancora le strofe regolari in lasse, o ancora 1 décasyllabes in
alessandrini, le lasse o le strofe in quartine, e cosi via, segno,
se non altro, délia durevole fortuna e délia popolarità del
componimento. Per la tecnica del rifacimento si potrà vedere
D S A v a l l e 1 9 6 1 , pp. 74-82.

R i f a c i m e n t i di v a r i o genere si h a n n o anche nella poesia


lirica, sotto f o r m a sia di ritocchi al testo base sia di am-
pliamenti e di giunte.

Un célébré rifacitore è Semprebene da Bologna intervenuto


con ampliamenti in una canzone di R e Enzo (cfr. GContini,
Poeti del duecento, cit., vol. 1, pp. 1 5 5 - 1 5 9 ) , cui ha aggiunto
le due ultime stanze, e con ritocchi ed ampliamenti in una
canzone di Percivalle Doria (cfr. Contini, op. cit., vol. 1,
pp. 1 6 1 - 1 6 4 , e vol. 11, p. 8 1 7 ) , per cui abbiamo una redazione
(di Percivalle) di tre stanze nel ms. V , ed una redazione di

61
quattro stanze, di cui le prime due comuni con l'altra, (di
Semprebene) nel ms. C'; nella parte comune infine non si puô
escludere che « alcune delle numerose varianti di C ' siano
redazionali e possano insomma attribuirsi a Semprebene » (Con-
tini). Per altri rifacimenti sempre del medesimo genere si po-
trà vedere GContini, Ancorct sulla canzone « S'eo trovasse Pie-
tanza », cit., pp. 1 3 6 - 1 3 7 . Un rifacimento radicale che sconfina
nella « parodia » è infine quello attuato da Meo Abbracciavacca
in Considerando l'altéra valenza, che ricalca la struttura e i temi
délia canzone di Panuccio del Bagno, Di sz alta valenza ha si-
gnoria. Un rifacimento inteso a modificare il « genere » si ha
per esempio nell'introduzione (segnalata da IBaldelli, Dialetto
e problemi di localizzazione nella poesia cortese antica, in I
dialetti dell'Italia mediana con particolare riguardo alla regione
umbra. Atti del quinto convegno di studi umbri, Perugia 1 9 7 0 ,
pp. 264-278, a p. 269) « délia rima chiave ad ogni quartina
[di un testo umbro] sî da passare dall'arcaica struttura délia
quartina monorima a una ballata con la sua ripresa ».

R i f a c i m e n t i di tipo particolare sono quelli costituiti dalle


versioni di un'opéra in una lingua diversa da quella del-
l'originale (4.9.).

Questo fenomeno è corrente nella letteratura medievale e


sin dall'epoca più antica. La prima e più nota « versione » è
quella del Sant Lethgier, X sec., scritto originariamente in una
coinè del Nord-Est (cfr. DSAvalle, Monumenti prefranciani. Il
Sermone di Valenciennes e il Sant Lethgier, Torino 1 9 6 7 ,
pp. 235-8) e pervenutoci nel codice di Clermont-Ferrand in
versione rimaneggiata ad opéra di copisti originari délia Sain-
tonge (cfr. DSAvalle, Monumenti prefranciani, cit., pp. 238-43,
e Sant Lethgier cit.). Per la lirica italiana delle origini basterà
qui ricordare le versioni toscane dei « siciliani » nei grandi
canzonieri délia fine del X I I I ed inizio del X I V secolo.

Sul piano letterario è a volte difficile stabilité i limiti


délia originalité in un'opera medievale (per cui vigevano

62
criteri di giudizio molto diversi dagli standards attuali; c f r .
DSAvalle 1 9 6 1 , p p . 7 2 - 4 ) . D a l p u n t o di vista délia dina-
mica letteraria non si v e d e che differenza intercorra fra un
autore che lavora su modelli, « auctoritates » o archetipi
(le cosiddette « fonti ») ed un imitatore che manipola opere
precedenti. Q u e s t o non toglie che nel p r i m o caso il « testo
imitato » sia posto di norma in nota f r a le f o n t i , e che nel
secondo invece costituisca l'oggetto stesso dell'edizione e
in nota finiscano i prodotti degli imitatori. I n effetti le dif-
ferenze fra le opere appartenenti alla prima ed alla seconda
categoria sono unicamente quantitative e riguardano
la diversa capacità messa in mostra dai singoli operatori nel
rielaborare i propri modelli.

2 . 1 4 . L a prima edizione a stampa (in genere quattrocen-


tesca o cinquecentesca - quindi « incunabula » - ma anche
di secoli posteriori) di un'opera antica o medievale prima
trasmessa sotto f o r m a manoscritta è di norma chiamata col
nome di « editio princeps ».
L ' i m p o r t a n z a dell'« editio princeps » sta soprattutto nel
seguente duplice ordine di considerazioni:

( I ) essa puô f o n d a r e una vulgata, vale a dire l'edizione


corrente, del testo pubblicato, o p p u r e

( I I ) per le opere antiche e del m e d i o e v o , essa puo ripro-


durre la lezione di codici andati poi persi nei secoli suc-
cessivi.

In questo secondo caso un'edizione a stampa, indipendente-


mente dal fatto che si tratti di « editio princeps » o no, dovrà
essere presa in considerazione assieme a tutti i codici manoscritti
di cui sia andato perso l'esemplare (3.10.). Sul principio « recen-
tiores non détériorés », sia pure in una prospettiva più vasta e in-
dipendentemente dalle riserve che si è creduto di avanzare nei
suoi confronti, ha scritto pagine di notevolissimo interesse meto-

63
dico GPasquali 1 9 5 2 2 , pp. 4 1 - 1 0 8 . Per quel che riguarda le
letterature romanze basterà qui ricordare l'« editio princeps »
delle laudi di Jacopone da Todi, pubblicata a Firenze dall'edi-
tore Bonaccorsi nel 1 4 9 0 , per la quale furono utilizzati ma-
noscritti di cui oggi non si ha più notizia (cfr. FBrambilla Ageno
1 9 7 5 , P- 18).

64
3. COSTITUZIONE DEL CANONE
I. Lo stemma: 3.1. Famiglia o gruppo di manoscritti. 3.2. Il
grafico. 3.3. Tradizioni contaminate. 3.3.1. Ipotesi di contaminazione.
3.3.2. Esempio (I) di applicazione. 3.3.3. Esempio (II) di applica-
zione. 3.3.4. Riduzione delle ipotesi (minimizzazione). 3.3.5. Identifi-
cazione dei manoscritti contaminati. 3.3.6. Discriminazione fra te-
sto-base e testo-di-collazione. 3.3.7. « Ipotesi più economica ».
3.3.8. Concetto di « ipotesi ». 3.3.9. Storia del concetto di « ipotesi
più economica » (nella stemmatica). 3.3.10. Storia del concetto di
« ipotesi più economica » (nel campo délia contaminazione).
I I . Gli elementi dello stemma: 3.4. Capostipite. 3.5 Archetipo.
3.6. « Codex interpositus ». 3.7. Testimonio. 3.8. Apografo. 3.9. An-
tigrafo. 3.10. Esemplare. 3 . 1 1 . « Eliminatio codicum descriptorum ».

I - LO STEMMA

3 . 1 . G l i errori significativi, come abbiamo visto (2.6.),


r i v e l a n o il g r a d o di p a r e n t e l a o affinità f r a i t e s t i m o n i di
una tradizione. Per famiglia o gruppo (JFroger 1968,
p . 1 4 2 n . ) si i n t e n d e q u i n d i un i n s i e m e di m a n o s c r i t t i ,
M , r i s a l e n t e ad u n o s t e s s o c a p o s t i p i t e o « c o d e x interposi-
tus » ( 3 . 6 . ) , a r c h e t i p o ( 3 . 5 . ) o s u b a r c h e t i p o ( 3 . 6 . ) che sia,
d i s t i n t o , n e l s e c o n d o caso, da altri i n s i e m i di m a n o s c r i t t i .
Passando dai m o d e l l o « genealogico » a quello « ma-
tematico », d i r e m o che l'esistenza di u n i n s i e m e di ma-
noscritti è p r o v a t a o d i p e n d e dalla p r e s e n z a di almeno
u n e r r o r e s i g n i f i c a t i v o , E , in tutti i suoi m e m b r i .

Si diano quattro manoscritti A B C D contenenti una stessa


opéra in versi. Se due di questi manoscritti, per esempio A e B,
hanno in comune due errori significativi ai versi, mettiamo
4 e 25, dell'opera in essi contenuta, contro D e C , noi diremo
che A B costituiscono un i n s i e m e secondo la seguente
notazione:

M 1 = {A, B} =/(E,= {4, 25}) .

65
L o stesso dicasi se C e D hanno in comune ad esempio tre
errori (ai v v . 2 , 1 1 e 1 7 ) :

Mi = { C,D } = f(E 2 = { 2,11,17 } ) •

I l rapporto in questo caso è funzionale, come dimostrato


da J F r o g e r 1 9 6 9 , pp. 204-206, in quanto è l'insieme degli er-
rori, E , presenti in più di un manoscritto, che si applica sul-
P« insieme delle parti » dell'insieme dei manoscritti. G l i er-
rori che sono contenuti nello stesso « gruppo » di manoscritti
formano a loro volta una « collezione » (vale a dire una parte
dell'« insieme delle parti » dell'insieme degli errori), per cui
la funzione potrà essere rappresentata dalla seguente figura:

In questo caso le « collezioni » degli errori non avendo nulla


in comune, sono disgiunte. La loro intersezione è l'insieme
vuoto:

{4,25} fl { 2,11,17 } = 0

e si darà il seguente stemma senza archetipo:

A
/\ B
/\
C D
66
Se invece due o più « collezioni » di errori, ad esempio:

M i = {A,B} = f ( E i = { 2,4,25} ) ,

M , = {C,D}= f(E,= { 2,11,17,25})

contengono uno stesso errore o uno stesso gruppo di errori,


vale a dire se si dà intersezione, Ei n E 2 , la parte comune
{ 2 , 2 5 } sta ad indicare l'esistenza di un capostipite w secondo
lo stemma:

w
I

A B C D
Le notazioni qui impiegate equivalgono a quella già discussa
nel capitolo iniziale (0.6.):

P, = F ( D p )

dove Pi corrisponde ai « codices interpositi » e Dp agli errori


che caratterizzano i manoscritti.
Una trattazione molto simile si troverà in AKaufmann e
PhPoré, La critique textuelle automatique. La recherche des
manuscrits perdus (estratto dall'articolo Critique textuelle
automatique di JPoyen e PhPoré), pubblicato in A K a u f m a n n ,
Méthodes et modèles de la recherche opérationnelle, Tome 2,
Paris 1968, pp. 64-81 (Collection Dunod, « L'économie d'en-
treprise », n° 10).

3.2. Le vicende délia trasmissione manoscritta ed a


stampa di u n ' o p e r a p o s s o n o essere rappresentate mediante

67
un grafico costituito da punti (i manoscritti o le stampe)
legati gli uni agli altri da linee (le relazioni di filiazione
fra i singoli codici). Questo grafico è chiamato con il nome
di « stemma codicum » o albero genealogico.
In matematica lo stemma si identifica con la rappresen-
tazione di un « grafo » orientato, intendendo per « grafo »
(G) un insieme di oggetti distinti (X) e una legge di
corrispondenza (T), secondo la notazione:
G = (X.T)
Gli oggetti nel nostro caso sono rappresentati dai ma-
noscritti e la legge di corrispondenza riguarda i rapporti fra
tali manoscritti.
Si dia ad esempio un insieme di otto oggetti (ma-
noscritti), { A,B,C,D,E,F,G,H} relazionati nel seguente
modo:

Dati i rapporti qui stabiliti dalla direzione e verso delle


linee (« archi »), taie legge sarà nel nostro caso la seguente:
V(A) = {B,C,D} , V(B) = {E,F} , T(D) = {G,H}
r ( E ) = 0 , T(F) = <t>, n o = </>, n o = 0, n w = 0

dove 0 è un simbolo, come abbiamo visto, che significa


« insieme vuoto ». Il concetto di legge di corrispondenza
e la relativa rappresentazione possono essere sostituiti van-
taggiosamente al concetto di famiglia, se non altro perché
evitano l'inconveniente del modello « genealogico » già la-
68
m e n t a t o d a J F r o g e r 1 9 6 9 , p . 2 6 9 (« G l i alberi genealogici
dei mss. [. . .] n o n p a r l a n o che di ' p a d r i ' e di ' f i g l i ' : dove
s o n o le m a d r i ? E c c o u n a curiosa p a r t e n o g e n e s i m a s c h i l e »).
L o stesso dicasi degli i n s i e m i di o g g e t t i d i s t i n t i che defini-
scono i « codices i n t e r p o s i t i » ( 3 . 6 . ) e degli i n s i e m i vuoti
che coincidono con i singoli manoscritti esistenti non
« descripti » ( 3 . 1 1 . ) .
Se poi la tradizione d o v e s s e p r e s e n t a r e dei manoscritti
c o n t a m i n a t i , I e K, ad e s e m p i o :

la costellazione (3.3.) si chiude e tre dei cinque insie-


m i v u o t i si m o d i f i c a n o in: T(C) = {I,K} , F (F) = {/} ,
T(G) = {K} .
La c o n t a m i n a z i o n e in q u e s t o caso è p r o v a t a dai fatto
che la l e g g e c o m p o r t a la p r e s e n z a d e g l i stessi o g g e t t i (ma-
noscritti) in p i ù di u n a c o r r i s p o n d e n z a , q u i IK rispettiva-
m e n t e in r ( C ) , T ( F ) e T ( G ) .
L o s t e m m a ha nello stesso tempo:
( 1 ) u n o s c o p o storico di r i c o s t r u z i o n e delle v i c e n d e délia
tradizione di u n ' o p e r a , e
(2) uno scopo pratico di guida aile operazioni délia
« restitutio » e délia « emendatio » (4.1.). Sotto questo
rispetto dunque lo stemma costituisce il c an o n e del-
l'editore.

69

I
Il primo « stemma codicum » è stato tracciato nel i 8 3 r da
Cari Gottlob Zumpt nella sua edizione delle Verrine (cfr.
STimpanaro 1 9 6 3 , pp. 45-6). Il primo tentativo di tradurre la
critica testuale nel linguaggio délia teoria degli insiemi e dei
grafi è di JFroger e dei suoi collaboratori PhPoré e JPoyen
(1961).

3 . 3 . Q u a n d o i r e p e r d délia « recensio » (errori signifi-


e ^ z b ^ - ••^t. cativi, 2 . 6 . 1 . , lezioni caratteristiche, 2 . 5 . , etc., etc.) sono
contraddittori e i rapporti f r a i manoscritti variano da
l u o g o a l u o g o ( c f r . incostanza delle costellazioni, 4 . 3 . ) , la
tradizione è sicuramente contaminata ( 2 . 9 . ) . I n questo caso
i criteri usuali non sono più sufficienti e sarà necessario
ricorrere a strumenti critici più differenziati di tipo, tanto
per intenderci, probabilistico (come ad e s e m p i o si f a nella
ricerca o p e r a t i v a applicata a questo o a quel sistema di
programmazione lineare).

3 . 3 . 1 . Si diano due codici (manoscritti realmente esi-


stenti, denominati A e B, e « codices interpositi » [3.6],
denominati a e p, da intendersi ai nostri fini c o m e capo-
stipiti [ 3 . 4 . ] rispettivamente di A + n manoscritti e di
B +- n manoscritti) caratterizzati da lezioni ed errori pro-
pri a due diversi rami (« f a m i g l i e »; 3 . 1 . ) di u n o s t e m m a
e f r a loro interrelati (« contaminati ») da una o più le-
zioni c o m u n i (lezioni caratteristiche, ad esempio innova-
zioni, 2 . 3 . , e, addirittura, errori) secondo schemi di questo
genere:

A B ; a P ; A P ; B a ,
d o v e a e p si intendono rappresentati rispettivamente da
A + n mss., e da B + n mss.
I n base ai p r e s u p p o s t i del calcolo c o m b i n a t o r i o , quat-
tro sono le ipotesi f o n d a m e n t a l i che si p o s s o n o f o r m u l a r e
p e r o g n u n o di questi schemi. P e r n o n allungare troppo


l ' e s p o s i z i o n e , p r e n d e r e m o in e s a m e s o l o il p r i m o schéma,
A B. N a t u r a l m e n t e il n o s t r o d i s c o r s o v a r r à anche p e r
gli altri.

(i) A contamina con B:

a 8

( 2 ) B contamina con A:

A B

(3) A risale in parallelo con B a (3 e contamina con a:

(4) B risale in parallelo con A a a e contamina con

71
Altre combinazioni non sono immaginabili, tranne gli
i n v e r s i di ( 3 ) :

(3 bis)

e di ( 4 ) :

(4 b i s )

Queste due ultime combinazioni (ipotesi) sono pero


estremamente improbabili, almeno in r a p p o r t o aile altre
q u a t t r o , c o m p o r t a n d o u n ' i n u t i l e m o l t i p l i c a z i o n e delle f o n -
ti di c o n t a m i n a z i o n e ( n o n solo A e B, m a anche u n a f o n t e
i g n o t a di cui si s a r e b b e r o s e r v i t i r i s p e t t i v a m e n t e A e B
per c o r r e g g e r e gli e r r o r i di (3 e di a ) , o l t r e che u n a tra-
smissione per via orizzontale di errori (cfr. più avanti
3.3.6. e 3.3.7.).

3.3.2. Vediamo o r a di applicare queste ipotesi a due


diversi s t e m m i , f o r s e non del t u t t o i m m a g i n a r i , che de-
n o m i n e r e m o r i s p e t t i v a m e n t e con le sigle I e I I .

72
I] si dia una tradizione manoscritta di sei codici, deno-
minati A B C D E F, divisi da errori comuni in tre grup-
pi, A (= a), BCD (= (3) di cui BC risalgono ad un ulte-
riore subarchetipo ( 3 . 6 . ) , e EF (= y), secondo lo
schéma:

B c

Mettiamo inoltre che A e B siano legati a loro volta


da un certo numéro di lezioni caratteristiche contro gli
altri manoscritti appartenenti alla famiglia |3. La tradizio-
ne, si dira a questo punto, è contaminata. Secondo le ipo-
tesi che si son fatte (3.3.1.), avremo i seguenti risultati:
(1) A contamina con B (o un suo affine):

Le lezioni che A e B hanno in comune non contano per


la « restitutio textus » (3.n.), in quanto sicuramente « lec-
tiones singulares » ( 4 . 4 . ) di B.
73
( 2 ) B c o n t a m i n a con A (o u n s u o affine):

Le lezioni che A e B hanno in c o m u n e risalgono a a


(a e A nella f a t t i s p e c i e si i d e n t i f i c a n o , anche se l'esisten-
za di a in q u e s t o caso sembra garantita dalla seconda
possibilité - B c o n t a m i n a con u n affine di A).

( 3 ) A d i p e n d e dal « c o d e x i n t e r p o s i t u s » ( 3 . 6 . ) o subar-
c h e t i p o (32 in p a r a l l e l o con B:

I n q u e s t o caso A p u o a v e r e c o r r e t t o gli e r r o r i di (3 e di
P' o l t r e che con u n codice a p p a r t e n e n t e alla f a m i g l i a a,

74
anche con altro codice appartenente p e r esempio alla fa-
miglia y ( E F e cosi via). L o s t e m m a , in base a questa
seconda possibilità che rappresenta l ' « ipotesi più econo-
mica » ( c f r . più avanti 3 . 3 . 7 . ) , non è più a tre ma a due
rami. L e lezioni infine che A e B hanno in c o m u n e risal-
g o n o a p 2 e quindi n o n contano per la « restitutio textus ».

(4) B dipende da a in parallelo con A e ha ricavato


gli errori e le lezioni caratteristiche che ha in c o m u n e con
C da P' o da un suo affine:

A B C
L e lezioni che A e B h a n n o in c o m u n e risalgono a a .
I n conclusione, l'utilité delle lezioni che A e B hanno
in c o m u n e , varia in misura n o t e v o l e a seconda delle v a r i e
ipotesi. E s s a v a da un m a s s i m o nel caso delle ipotesi 2
e 4 ad un m i n i m o p e r l'ipotesi 1 . N e l l ' i p o t e s i 3 la situa-
zione è ambigua.

3-3-3-
I I ] Si dia u n a tradizione manoscritta a sette codici, de-
nominati A B C D E F G, divisi d a errori c o m u n i in due
g r u p p i , ABCD ( = a ) e EFG ( = §), suddivisi a loro
volta in tre r a m i , AB ( = y) C e D, il p r i m o (a), e
EFG, il secondo (§):

75
A B

Nello stesso tempo mettiamo che E F e G presentino,


ciascuno per conto proprio, lezioni caratteristiche di D,
p e r cui si p u ô p e n s a r e a s i n g o l e c o n t a m i n a z i o n i f r a D da
u n a p a r t e , e, v i a v i a , E F e G , d a l l ' a l t r a , o p p u r e a rap-
porti fra D ed il c a p o s t i p i t e (3 di E F G. Prendiamo in
e s a m e q u e s t a s e c o n d a e v e n t u a l i t à ( c h e è anche la p i ù pro-
bable in b a s e alla l e g g e dell'« ipotesi più economica »;
3 . 3 . 7 . ) - A n c o r a u n a v o l t a d i r e m o che la tradizione è con-
t a m i n a t a . N e l l o stesso m o d o d i v e r s i s a r a n n o i risultati a
s e c o n d a délia c o m b i n a z i o n e ( i p o t e s i ) che si v o r r à addot-
tare (3.3.x.).

( 1 ) L ' a m a n u e n s e di (3 r i c a v a da D alcune lezioni che ri-


p o r t a sui m a r g i n i délia sua c o p i a :

(0

/I B
76
G l i a m a n u e n s i di £ F e G ne accolgono poi, ognuno per
c o n t o p r o p r i o , u n c e r t o n u m é r o d i v e r s o da caso a caso.
L e lezioni che D e i p r o d o t t i di (B h a n n o in c o m u n e s o n o
« lectiones singulares » di D e n o n s e r v o n o p e r la « resti-
tutio t e x t u s ».

(2) L'amanuense di D ricava dai margini di |3 ( d o v e


e r a n o state r i p o r t a t e d a altra tradizione, 5 ) u n c e r t o nu-
m é r o di v a r i a n t i d i v e r s o da q u e l l o utilizzato v i a v i a dai
p r o d o t t i diretti di [3, E F e G:

10
__ , . 5

/I B

L e lezioni che D e i p r o d o t t i di j3 h a n n o in c o m u n e rap-


p r e s e n t a n o u n terzo r a m o ( S ) d i v e r s o da a e |3.

( 3 ) L ' a m a n u e n s e di (3 h a r i c a v a t o il testo-base d a l l ' e s e m -


plare ( 3 . 1 0 . ) , che i n d i c h e r e m o con la sigla a 1 , di D ed
ha r i p o r t a t o sui m a r g i n i lezioni v a r i e d a altra tradizione
( S ) f r a cui alcune i n t e s e a c o r r e g g e r e gli e r r o r i di a e
di a1:

77
L e lezioni che D e i p r o d o t t i di j3 h a n n o in c o m u n e ri-
salgono a a 1 .

(4) L'amanuense di D ha ricavato il testo-base da P


e v i h a i n t r o d o t t o p e r c o n t a m i n a z i o n e e r r o r i e lezioni ca-
ratteristiche di a o di u n suo p r o d o t t o . Dato che non
tutte le lezioni di P si r i t r o v a n o nei suoi p r o d o t t i E F e
G , si d o v r à p e n s a r e che taie m a n o s c r i t t o p o r t a v a sui mar-
gini v a r i a n t i tratte da altra tradizione (S):

Impossibile dire se le lezioni che D e i prodotti di p


h a n n o i n c o m u n e , siano di ^ o di q u e l l ' a l t r a t r a d i z i o n e ( S ) .
I n conclusione, ancora u n a volta l'utilità delle lezioni
che D e i prodotti di (3 h a n n o in c o m u n e , v a r i a a se-
c o n d a delle i p o t e s i . E s s a v a d a u n m a s s i m o nel caso delle
ipotesi 2 e 4 ad u n m i n i m o p e r le ipotesi i e 3.

3 . 3 . 4 . C o m e si è già a v u t o m o d o di o s s e r v a r e altrove
( D S A v a l l e 1 9 6 1 , p . 1 7 1 ) , la p r o p o s i z i o n e di P M a a s 1952,
p. 62, « c o n t r o la c o n t a m i n a z i o n e non si è ancora sco-
p e r t o alcun r i m e d i o », v a intesa non t a n t o nel s e n s o che
il fenomeno délia contaminazione impedisca la costitu-
zione d e l l o s t e m m a , q u a n t o p i u t t o s t o c o m e u n a m e s s a in |
guardia contro stemmi cui se ne possono opporre altri
senza che ci sia d a t a la p o s s i b i l i t é di d e c i d e r e sul loro
rispettivo valore. La constatazione di PMaas è corretta, i
a l m e n o nelle s u e g r a n d i linee. Q u e s t o p e r ô n o n toglie che
si d i a n o casi in cui la tradizione m a n o s c r i t t a p r é s e n t a ele-
menti obiettivi sufEcienti per restringere la scelta delle
ipotesi e p e r o r i e n t a r c i v e r s o la « soluzione-unica ».
Come si è già v i s t o in 3 . 3 . 1 . , il p r o b l e m a fondamen-
tale c o n s i s t e nella p r e c i s a z i o n e dei s e g u e n t i d u e punti:
!
( 1 ) identificazione dei m a n o s c r i t t i c o n t a m i n a t i
( 2 ) discriminazione in tali manoscritti del testo-base
dai testo-di-contaminazione.

Se due manoscritti A e B appartenenti a diverse tradi-


zioni p r e s e n t a n o u n c e r t o n u m é r o di lezioni in comune,
la p r i m a o p e r a z i o n e c o n s i s t e r à d u n q u e nel d e c i d e r e quale
dei d u e m a n o s c r i t t i sia q u e l l o contaminato, A (cfr. ipo-
tesi 1 e 3 ) o p p u r e B ( c f r . ipotesi 2 e 4). U n a v o l t a risol-
to il p r o b l e m a , le ipotesi si r i d u r r a n n o da q u a t t r o a d u e ,
o 1-3 o 2-4. A questo punto bisognerà decidere quale
delle d u e (o p i ù ) tradizioni p r e s e n t i nel m a n o s c r i t t o che
si p r é s u m é c o n t a m i n a t o appartenga al testo-base e quale
i n v e c e al testo- o ai testi-di-contaminazione.

3 . 3 . 5 . P e r q u e l che r i g u a r d a il p r i m o p u n t o , si d à n n o
casi p a r t i c o l a r m e n t e p r i v i l e g i a t i di m a n o s c r i t t i - ad es. A —

79
in cui le lezioni c o m u n i ad altro m a n o s c r i t t o - ad es. B -
a p p a r t e n e n t i a d i v e r s a tradizione sono g i u s t a p p o s t e (copiate
di s é g u i t o ) aile lezioni caratteristiche délia tradizione cui ap-
p a r t e n g o n o . E s s e n d o a l t a m e n t e i m p r o b a b i l e che l ' a m a n u e n s e
dell'altro manoscritto - nel n o s t r o caso B - abbia accolto
per v i a di c o n t a m i n a z i o n e da A p r o p r i o le v a r i a n t i di lezione

Uno dei manoscritti più ricchi di varianti alternative giu-


stapposte alla lezione del testo-base, almeno per quel che ri-
guarda la poesia trobadorica, è il canzoniere estense, D, per
cui si rimanda a D S A v a l l e 1 9 6 1 , pp. 60-63.

Un altro caso per cui l'identificazione del manoscritto


c o n t a m i n a t o présenta ancora minori difficoltà è q u e l l o dei
codici d o v e le lezioni prese a prestito da d i v e r s a tradizione
non sono trascritte di s é g u i t o alla lezione del testo-base,
ma spostate e r r o n e a m e n t e in altro l u o g o .

Un esempio, sempre riguardante il canzoniere D, è già stato


segnalato più sopra, 2 . 1 0 .

3 . 3 . 6 . U n a volta identificato il m a n o s c r i t t o c o n t a m i n a t o ,
si d o v r à p r o c e d e r e alla d i s c r i m i n a z i o n e delle lezioni appar-
tenenti al testo-base dalle v a r i a n t i di lezione r i c a v a t e per
collazione da altro m a n o s c r i t t o .
I l p r o b l e m a non présenta difficoltà per le v a r i a n t i trascrit-
te in l u o g o d i v e r s o da q u e l l o c o r r e t t o o, c o m u n q u e , a n n o t a t e
nell'interlinea o sui margini del codice. P e r le altre sarà
necessario ricorrere a criteri di critica interna, f r a cui mi sia
lecito ricordare i primi d u e già f o r m u l a t i in D S A v a l l e 1957,
pp. 6 3 - 4 (e ripresi in D S A v a l l e 1 9 6 1 , pp. 171-2):

( 1 ) P r i m a di t u t t o , c o m e già o s s e r v a t o da P M a a s 1952,
p. n , e r i c o n f e r m a t o più tardi da G P a s q u a l i 1 9 5 2 , p. x v n
(articolo 7 ) , « guasti e v i d e n t i , s p e c i a l m e n t e lacune, v e n g o n o

80
tramandati [ . . . ] ben difficilmente per contaminazione ». I l
testo-base di un manoscritto che si présumé contaminato ap-
parterrà quindi piuttosto ad una f a m i g l i a con cui ha in cornu-
ne una lacuna, che non ad un'altra con cui ha in c o m u n e
alcuni errori di minore evidenza (che possono cioè passare
per lezioni corrette) od una serie di lezioni caratteristiche.

(2) In secondo luogo, l'attenzione di chi collaziona è


attratta in genere più dalle varianti macroscopiche che non
da quelle rilevabili solo attraverso un certo grado di con-
centrazione (le varianti grafiche, fonetiche, morfologiche,
le particelle ed in genere i monosillabi); molto più proba-
b l e quindi, quando mancano lacune o guasti e v i d e n t i , che
un manoscritto che si présumé contaminato faccia parte di
una tradizione con cui ha in comune una serie cospicua di
lezioni di scarsa rilevanza testuale, che non di un'altra di
cui riproduca solo talune varianti macroscopiche. Il ragio-
namento vale soprattutto pei manoscritti appartenenti ai
piani bassi dello stemma.

In base a questo criterio si è distinto in DSAvalle, La tra-


dizione manoscritto di Guido Guinizzelli, cit., pp. 144-5, il
testo-base dal testo di collazione di C ' , spostando di conse-
guenza questo codice dalla tradizione N O R D , cui l'aveva col-
legato MCasella, alla tradizione S U D e più precisamente al-
l'area del canzoniere P. Casi di lacune indotte per contamina-
zione sono segnalati da RRichter nella tradizione manoscritta
del Breviari di Matfre Ermengau ( P e r il problema délia tradi-
zione contaminata nel « Breviari d'amor », in « Medioevo ro-
manzo », I, 1974, 3, pp. 375-388, aile pp. 379 e 382).

L'applicazione del p r i m o criterio v a r r e b b e già di per se


stessa ad eliminare l'ipotesi 4, almeno come è stata pro-
spettata nei paragrafi 3 . 3 . 2 e 3 . 3 . 3 .
A l t r i criteri infine si potrebbero aggiungere, senza con
questo illuderci di esaurire la casistica estremamente varia
e complessa degli alberi genealogici.

81
3-3-7- I n mancanza di elementi obiettivi di prova e
solo in questo caso, sempre nel 1 9 5 7 (cfr. anche
DSAvalle 1961, p. 1 7 2 ) si è p r o p o s t o u n terzo criterio
che si è d e n o m i n a t o délia « ipotesi più economica ». T a i e
ipotesi consiste essenzialmente nella combinazione (o stem-
m a ) che limita al m i n i m o (minimizzazione) le sedi e le
f o n t i di contaminazioni, e, a parità di condizioni, che im-
plica il m i n o r n u m é r o di contaminazioni, sempre beninteso
che non v i siano m o t i v i - lacune ad e s e m p i o - per cui
sia necessario ricorrere ad altre ipotesi m e n o economiche.
A g g i u n g e r e m o ora, p e r m a g g i o r e chiarezza, che la limi-
tazione delle sedi e delle f o n t i di contaminazione non d e v e
andare a scapito dei principî stabiliti in 2 . 6 . 1 . L a racco-
mandazione sembra superflua. D a t o p e r ô che c'è ancora chi,
nonostante i ripetuti a v v e r t i m e n t i ( c f r . ad esempio D S A v a l l e
1 9 6 1 , pp. 1 6 8 - 9 ) dà aile lezioni a d i a f o r e (cfr. 2 . 3 . ) il va-
lore di errori significativi, cadendo nella ben nota petizione
di principio già lamentata da JBédier (2.6.5.), diremo
che se in una tradizione a tre rami, a |3 e y , a e |3 pre-
sentano u n n u m é r o di c o i n c i d e n z e in innovazio-
n i superiore a quello delle coincidenze f r a {3 e y oppure
f r a a e y , non p e r questo l'editore è autorizzato a postu-
lare l'esistenza di u n c o m u n e capostipite di aj3 tanto per
ridurre di una unità il n u m é r o delle sedi e delle f o n t i di
contaminazione. A l t r a p r o v a questa che gli stemmi bipartiti
non d i p e n d o n o tanto da d i f e t t o del m e t o d o o da qualche
caratteristica particolare délia trasmissione manoscritta nel
m e d i o e v o (tranne in casi eccezionali), q u a n t o da u n a certa
carenza di rigore logico e da scarsa dimestichezza, soprat-
tutto nei teorici, col l a v o r o pratico di edizione.

3.3.8. Secondo JBédier 1 9 2 8 , p. 3 5 2 , « né la semplicità di


una ipotesi è una prova délia sua giustezza, né la complessità
è un segno délia sua erroneità ». La proposizione, che risponde
forse al noto principio di GParis {La vie de Saint Alexis, cit.,

82
p. 2 1 : « M i limitera a dire che se non si accetta il rapporto
da me stabilito fra L A da una parte e P S dall'altra, resta
esclusa la possibilité di trovare una spiegazione razionale dei
fatti che ho esposto; comunque sia, non si puô rifiutare le
mie conclusioni se non ricorrendo a i p o t e s i t a n t o c o m -
plicate quanto inverosimili».), è indubbiamente
corretta. A essa andrà perô aggiunto che, non essendo la tra-
smissione trasversale un dato costante (anche se molto fré-
quente) délia tradizione manoscritta medievale, l'onere délia
prova non potrà che ricadere su chi fra due i p o t e s i ritenga
di dover sostenere la m e n o economica.
L'interesse precipuo délia proposizione di JBédier sta perô
nelle premesse gnoseologiche su cui si basa la terrninologia da
lui impiegata. JBédier parla di « giustezza» e di « erroneità »,
vale a dire fa una questione di ricerca délia verità obiettiva
(« soluzione-vera ») secondo il postulato razionalistico che tutta
la conoscenza debba essere dimostrabile come vera. Nessuno
scienziato intraprenderebbe una ricerca se non avesse ferma
fede nella possibilité di scoprire dati permanenti obiettivi, in
altre parole di ricostruire con la maggiore accuratezza possibile
le leggi ed il funzionamento di quello che si ritiene essere il
reale. In efletti da un punto di vista empirico la ricerca non
puô procedere che su basi essenzialmente statistiche. La consta-
tazione è corrente ad esempio nelle scienze rivolte allo studio
del mondo fisico, per cui si sono formulati approcci vari di ca-
rattere per lo piu probabilistico (cfr. HReichenbach, La na-
scita délia filosofia scientifica, Bologna 1 9 6 1 , pp. 224 sgg.). Il
criterio fondamentale è quello délia « semplicità ». « Una teoria
soddisfacente - scrive RJBlin-Stoyle in Svolte decisipe in fisica,
Torino 1 9 6 1 , p. 1 3 - deve essere coerente con tutti i dati
disponibili e, nel caso di possibili alternative, la sémplicità è
generalmente usata come elemento importante di scelta ». Lo
stesso criterio è impiegato dai linguisti più aperti ai metodi
delle scienze cosiddette esatte: LHjelmslev, a cui dobbiamo la
formulazione del « principio di semplicité » ( I fondamenti délia
teoria del linguaggio, Torino 1968, pp. 2 1 - 2 e 66-7J e ancora
ultimamente RJakobson e MHalle, Fundamentals of Language,

83
T h e Hague 1 9 5 6 , p. 4 5 , che identificano la « soluzione più eco-
nomica » con la « soluzione ottimale ».

. / •&•<•> /.«*• 3.3.9. I l criterio dell'« ipotesi più economica » è stato usato
ttP0, prima volta esplicitamente nella critica testuale da
A A H i l l 1 9 5 0 - 5 1 , pp. 87 e sgg., in risposta all'« argument de
Bédier », e più precisamente alla sua osservazione sulla im-
possibilité di decidere fra due o più spiegazioni (o stemmi)
apparentemente equipollenti in presenza di uno stesso sistema
di lezioni varianti.
Anche A A H i l l parla di taie criterio (per cui si serve di varie
espressioni: « c r i t e r i o délia semplicità » [ « criterion of simpli-
city » ] , p. 87, « l'ipotesi più semplice » [ « simplest hypothe-
sis » ] , p. 7 7 , n. 1 0 , o « ipotesi economica » [ « economical hypo-
t h e s i s » ] , p. 80) come uno dei principî basilari délia moderna
scienza descrittiva (p. 86). P e r maggiore precisione andrà perô
osservato che nella prospettiva tassonomica e statistica di
A A H i l l taie criterio comporta più vaste applicazioni, in quanto
sostitutivo del concetto stesso di « errore » (da lui escluso in
partenza, in quanto fondato, come abbiamo visto, su una peti-
zione di principio). A suo avviso infatti taie criterio serve a
dare una sistemazione aile « somiglianze » ed aile « differenze »
di lezione osservate nella tradizione manoscritta, indipenden-
temente da ogni valutazione di merito sulla loro qualità. « La
semplicità - scrive a p. 87 - va intesa come inversamente pro-
porzionale al numéro delle ipotesi [da lui identificate, in questo
caso, con le linee di derivazione presenti nello stemma] con-
nesse ad una data spiegazione. I n altre parole, se due spiega-
zioni dànno conto dei fatti ugualmente bene, si dovrà prefe-
rire quella che comporta il minor numéro di ipotesi ». I l
principio, come si vede, in questo caso ha validità universale,
anzi è il solo scientificamente corretto che si possa applicare
in sede di critica del testo.

3 . 3 . 1 0 . N e l campo délia contaminazione, il criterio délia


« ipotesi più economica » viene impiegato per la prima volta
verso la fine degli anni cinquanta, sia pure in prospettive di-
verse, nel quadro di una impostazione empirica dei fatti

84
( D S A v a l l e 1 9 5 7 ) o in diretto rapporto con le formulazioni di
A A H i l l ( V A D e a r i n g 1 9 5 9 , p. v i n ) . L e conclusioni sono perô
molto simili, come risulta da un confronto fra le premesse teori-
che di cui a 3.3.7. e questa frase ad es. di V A D e a r i n g 1 9 5 9 ,
p. 6: « Dal momento che la continuità testuale è basata sul pro-
gressive cambiamento delle somiglianze e delle difïerenze da
una recensione all'altra, sistemi contraddittori nelle somiglianze
e nelle difïerenze provocati da contaminazione ci impongono
di scegliere la più semplice delle varie possibilité di spiega-
zione ». L o stesso si potrà dire delle norme pratiche relative
per cui V A D e a r i n g 1 9 5 9 , p. 9, propone soluzioni non molto
diverse: « Quando si ha contaminazione e la continuità testuale
è turbata da uno o più elementi contraddittori, la migliore
soluzione è quella per cui le varie recensioni sono interrotte
il meno possibile da tali elementi di disturbo » (in altre parole
la combinazione, come si diceva in 3 . 3 . 7 . , che limita al mi-
nimo le sedi e le fonti di contaminazione, etc., etc.).
L a casistica studiata da V A D e a r i n g 1 9 5 9 , pp. 3 1 - 4 4 (ma si
vedano le aggiunte e le rettifiche in V A D e a r i n g 1 9 6 7 e 1 9 6 8 )
è particolarmente complicata e non sempre molto chiara. Essa
perô rappresenta il primo tentativo concreto di razionalizzare
la varia fenomenologia délia contaminazione su basi e con stru-
menti meno approssimativi di quelli usuali. Per tanto ad essa
si rinvia per maggiori informazioni sul problema e soprattutto
sulle prospettive che taie ipotesi apre nel campo délia ricerca
operativa.
Sempre in questa sede andrà ricordato che il criterio délia
« ipotesi più economica » è posto oggi a base dei programmi
dei calcolatori laddove i dati in presenza siano passibili di più
di un trattamento. L'applicazione è nota e qui basterà ricordare
le parole scritte da RMarichal nella Prefazione a J F r o g e r 1 9 6 8 ,
p. VI, dove appunto riferisce sulle possibilité offerte da quelle
macchine nel campo délia critica del testo: « G i à da più di
dieci anni si poteva prevedere che un calcolatore fosse capace,
teoricamente, [ . . .] di costruire uno stemma genealogico in
tutti i casi, per altro assai rari, di genealogie 'normali', o di
proporre degli stemmi probabili, con la lista delle varianti irri-
ducibili, in tutti gli altri casi; d'altronde fra i molti problemi

85
che, secondo la pubblicità dei produttori, questi strumenti rie-
scono a risolvere, quello classico è il problema delP i t i n e r a -
r i o p i ù e c o n o m i c o nel caso di percorsi complicati desti-
nati a passar per un gran numéro di punti ». In pratica, come
è noto, non si è ancora giunti a tanto. Secondo PMarichal, p. x ,
l'uso dei calcolatori per la costruzione degli stemmi va riser-
vato al controllo del lavoro dell'operatore. M a anche in questo
caso mancano « programmi » soddisfacenti, la collaborazione fra
le « due scienze » è appena agli inizi [ P e r una apphcazione
pratica del criterio délia « ipotesi più economica » cfr. DSAvalle
1 9 6 1 , pp. 1 7 3 - 1 7 7 ] .

II. G L I E L E M E N T I D E L L O STEMMA

3 . 4 . È chiamato capostipite (o antenato, o ascendente)


il manoscritto cui risale un g r u p p o di testimoni ( 3 . 7 . ) co-
stituenti famiglia (3.1.) oppure tutti i testimoni che ci
hanno trasmesso u n ' o p e r a (nel quai caso si identifica con
l'archetipo, 3 . 5 . ) . Se taie manoscritto ci è p e r v e n u t o , esso
déclassa a « codices descripti » ( 3 . 8 . ) tutti i suoi derivati.
I n caso contrario esso v a ricostruito mediante l'analisi com-
parativa délia varia lectio délia tradizione manoscritta re-
lativa.

La prima e più célébré r i c o s t r u z i o n e del capostipite


è quella attuata da KLachmann nel Commentarius («recensio»)
délia sua edizione del De rerum natura di Lucrezio. Essa è ba-
sata sul concetto che t r a s p o s i z i o n i e lacune sono
legate molto spesso alla disposizione dei righi nell'esemplare
(3.10.). Come confermato ancora recentemente da HFrànkel
1969, p. 74, « l'attacco più delicato è all'inizio di un nuovo
rigo ». Per tanto se t r a s p o s i z i o n i e l a c u n e (natural-
mente non basta un solo caso, perché allora si potrebbe trat-
tare di semplice omeoteleuto, 2.7.) coincidono nell'interessare
costantemente un numéro identico di lettere e i loro multipli,
è molto probabile che esse siano legate alla costituzione fisica

86
del capostipite. In tal modo KLachmann studiando le t r a -
s p o s i z i o n i e l e l a c u n e comuni a tutta la tradizione
di Lucrezio riuscl a dimostrare che le pagine dell'archetipo
avevano 26 righe ciascuna e che, di conseguenza, le pagine
erano in tutto 302. Oggi tali conclusioni, anticipate con tocco
da maestro all'inizio del Commentarius, non sono più accettate
nella loro integrità da tutti gli studiosi. Dubbi sono sorti ad
esempio sul numéro esatto delle pagine. Questo perô non to-
glie che i criteri da lui stabiliti siano ancora validi e vengano
applicati correntemente nelle edizioni critiche (cfr. RMarichal
1 9 6 1 , p. 1 2 7 9 , e V A D e a r i n g 1 9 5 9 , pp. 46-8).
Per quel che riguarda le letterature romanze un tentativo del
genere è già stato attuato per il Sant Lethgier da EStengel
(comunicazione orale a FSpenz 1 8 8 7 ) , ora confermato da
DSAvalle, Sant Lethgier, in Studia Ghisleriana, Pavia 1 9 6 7 ,
pp. 349-362 (Serie spéciale per il IV centenario del Collegio
Ghislieri in Pavia 1567-1967. Serie 11, vol. n i « Studi lette-
rari »), dove si ricostruisce il numéro delle pagine, tre, ed il
numéro delle colonne, tre, contenute in ciascuna delle pagine
dell'esemplare utilizzato dai copisti del manoscritto di Cler-
mont-Ferrand, e si prova che la lacuna fra le strofe x x v i
e x x v i i si trovava già nell'esemplare del codice.

3 . 5 . P e r archetipo si intende il codice cui risalgono tutti


i manoscritti contenenti u n ' o p e r a , che si interpone (3.6.)
f r a tali manoscritti e l'originale.
I l f a t t o che K L a c h m a n n nella p r e f a z i o n e délia célébré
edizione del De rerum natura di L u c r e z i o (pubblicata po-
stuma nel 1 8 5 2 ) scriva: « I d e x e m p l a r ceterorum A R C H E -
TYPON (ita appellare soleo) consistit paginis [...] », ha
f a t t o pensare che egli sia stato il p r i m o ad usare la parola
in questo senso. I n realtà il termine archetipo nel senso
di capostipite sfigurato da errori e lacune di una tradizione
manoscritta, era già stato usato p r i m a di lui da altri stu-
diosi. S e c o n d o S T i m p a n a r o 1 9 6 3 , p . 5 2 , taie termine com-
parirebbe i n f a t t i p e r la p r i m a v o l t a nella dissertazione di

87
JNMadvig, De emendandis Ciceronis orationibus pro P.
Sestio et in P. Vatinium, pubblicata a Kopenhagen nel
1 8 3 3 , e si t r o v e r e b b e ancora presso Orelli ed altri stu-
diosi in epoca anteriore all'edizione di L u c r e z i o .

Da KLachmann in poi ci si serve del termine archetipo per


indicare qualsiasi codice (ricostruito o esistente) cui faccia
i capo tutta la tradizione manoscritta di un'opera. Tuttavia sa-
rebbe preferibile riservare questo termine, come suggerito da
ADain, aile sole edizioni ufficiali antiche, eventualmente firmate
dal o dai revisori, depositate presso una biblioteca o quanto
meno dotate di una particolare autorità. Per quel che riguarda
le letterature medievali, tali esemplari sono piuttosto rari.
Fra questi si potrebbe porre la Raccolta Aragonese di rime
italiane, compilata nell'ambiente di Lorenzo de' Medici e fonte
in pratica délia vulgata cinquecentesca.

L ' e s i s t e n z a dell'archetipo è d i m o s t r a b i l e q u a n d o tutti i


codici che contengono l ' o p é r a presa in esame, hanno in
c o m u n e q u a n t o m e n o un errore ( 2 . 6 . ) significativo, e più
precisamente, p e r servirci délia terminologia di P M a a s , un
errore c o n g i u n t i v o , intendendo per errore c o n g i u n t i v o un
errore in cui, secondo ogni probabilité, d u e o più ama-
nuensi non p o s s o n o essere caduti i n d i p e n d e n t e m e n t e l ' u n o
dall'altro. C o s i una lacuna determinata da un saut du même
au même ( 2 . 7 . ) non potrà servire per d i m o s t r a r e l'esistenza
dell'archetipo. Per lo più la probabilité di scoprire un
errore c o n g i u n t i v o è tanto maggiore q u a n t o più è ridotto
il n u m é r o dei manoscritti che ci hanno trasmesso l'opéra
presa in esame.

Errori congiuntivi comuni a tutta la tradizione mancano ad


esempio per la Commedia di Dante (se ne veda la dimostra-
zione a cura di GPetrocchi in Dante Alighieri, La Commedia
secondo l'antica vulgata, vol. I, Introduzione, Milano 1 9 6 6 )
trasmessaci da numerosissimi codici, per cui si dovrà pensare
che i vari gruppi di manoscritti risalgono recta via all'originale.

88
L o stesso dicasi per non pochi testi délia lirica trobadorica so-
prattutto laddove le testimonianze manoscritte sono particolar-
mente numerose (si veda ad esempio il caso di alcune canzoni
di Peire Vidal). Si puô invece dimostrare l'esistenza di un
archetipo per quasi tutta la lirica italiana del Duecento ed in
particolar modo per la « lirica siciliana ». Intéressante infine
osservare che, se più componimenti lirici sono disposti nel me-
desimo ordine nei manoscritti che ce li hanno trasmessi, lo
stemma non dovrà variare da componimento a componimento,
quando taie ordine sia stato stabilito dai loro capostipite. Oltre
a rappresentare un vero e proprio errore significativo, taie ordi-
ne riunisce infatti i singoli componimenti in un tutto unico
che l'operatore dovrà trattare unitariamente all'atto délia costi-
tuzione dello stemma. Eventuali variazioni e differenze fra i
singoli stemmi andranno quindi interpretate come prova che
tutti gli stemmi tranne uno, o addirittura tutti gli stemmi senza
eccezione, non corrispondono alla realtà.

N a t u r a l m e n t e si parte sempre dai presupposto che l'au-


tore n o n sbagli mai. T u t t a v i a questo a v o l t e non è v e r o
( 2 . 1 . ) . P e r tanto la dimostrazione dell'esistenza dell'arche-
tipo esige cautele particolari ed argomenti inequivocabili
sulla natura del o degli errori addotti a p r o v a délia dipen-
denza di tutti i manoscritti da un unico codice non d ' a u t o r e .

Il riconoscimento dell'errore (in quanto anomalia, singolarità,


nonsenso, etc.), sia esso dell'archetipo o dell'autore, implica
sempre un certo grado di rischio per l'operatore. Comunque,
fra i due estremi, come già osservato da PMaas (4-6.), è pre-
feribile l'atteggiamento di chi non ha timoré di esprimere i
suoi dubbi a quello di coloro (particolarmente numerosi quando
il testo preso in esame è di un contemporaneo) per cui la
giustificazione ad ogni costo délia lezione sospetta costituisce,
per cosi dire, un alibi aile proprie responsabilità di lettore.
Curioso a questo riguardo il caso di un luogo di Montale,
Voce giunta con le folaghe (in La bufera e altro), v. 4 1 , per
cui l'edizione di Venezia ( 1 9 5 6 ) présenta la lezione pur son
giunto con le folaghe, e la prima edizione pubblicata in « L'im-

89
magine » ( 1 9 4 7 ) e le altre di Mondadori dal 1 9 5 7 in poi leg-
gono invece concordemente pur son giunta con le folaghe.
Il diverso genere, giunto - giunta, ha provocato qualche sbanda-
mento nella critica. E cosl si è parlato di eventuali varianti
d'autore (2.2.) e di altri problemi del genere, si è equivocato
sul soggetto (il poeta o il padre del poeta, o addirittura il poeta
giovane, maschile, la donna o la voce o l'ombra - del poeta
0 di chi per lui, oppure délia donna - femminile?), mentre si
trattava di un banale scorso tipografico dell'edizione del 1 9 5 6
(cfr. DSAvalle, Tre saggi su Montale, Torino 1970 2 , p. 39, n. 1).
Per una casistica sui vari tipi di errore (di copista, di auto-
re?) nella tradizione manoscritta relativa alla letteratura italiana
cfr. FBrambilla Ageno 1 9 7 5 , pp. 48 e sgg.

3.6. Per « codex interpositus » si intende un codice


p e r d u t o che si ricostruisce mediante l'analisi comparativa
délia varia lectio. Q u a n d o taie codice rappresenta il capo-
stipite di tutti i manoscritti, esso si identifica con l'arche-
tipo ( 3 . 5 . ) . Quando invece rappresenta il capostipite di
una f a m i g l i a di manoscritti, p r e n d e il n o m e di subarche-
tipo. I n genere l'archetipo viene indicato con la Jettera 10.
1
•' I subarchetipi invece con le lettere d e l l ' a l f a b e t o greco, a,
etc etc
P, Y> ' - I manoscritti esistenti infine con le lettere
d e l l ' a l f a b e t o latino, maiuscole - A, B, C, etc. - quando
1 mss. sono m e m b r a n a c e i , minuscole invece - a, b, c, etc. - ,
q u a n d o sono cartacei. N e l l a pratica gli editori p o s s o n o p e r ô
variare questo sistema in base aile disponibilité dell'alfa-
b e t o ed all'utilità delle sigle, come p e r altro risulta dagli
stemmi che c o m p a i o n o in questo m a n u a l e , d o v e i subar-
chetipi sono spesso designati con le lettere minuscole del-
l ' a l f a b e t o latino.

3 . 7 . Si chiamano testimoni ( « testes ») i libri a penna


(manoscritti) o a stampa che ci hanno trasmesso u n ' o p e r a .
I l termine si richiama al m o d e l l o « giudiziario ». L ' o p e r a -

90
t o r e è c o m e u n g i u d i c e c h e i n t e r r o g a i m a n o s c r i t t i (i testi-
moni) per ricostruire la lezione dell'originale (la verità).
Di qui i concetti di attendibilità del manoscritto (testi-
m o n e ) in b a s e ad u n e s a m e p r e v e n t i v o sul s u o comporta-
m e n t o g e n e r a l e , a sua v o l t a m i s u r a t o p e r c e n t u a l m e n t e sul
n u m é r o d e g l i scarti dalla lezione d e l l ' o r i g i n a l e l a d d o v e essa
sia e s a t t a m e n t e misurabile (precedenti), di versione data
dei f a t t i (la l e z i o n e d e l P o r i g i n a l e ) d a p a r t e d e i s i n g o l i testi-
moni, di valore relativo dei singoli manoscritti (testimo-
nianze), di f e d e c h e si d e v e p r e s t a r l o r o in c a s o di dub-
b i o , etc., etc. N e s s u n o d i q u e s t i c o n c e t t i , c o m e d i m o s t r a t o
da H F r a n k e l 1 9 6 9 , pp. 2 3 e sgg., résisté ad un esame un
po' approfondito délia probabilità statistica delle singole
testimonianze (1.6.1.).

3.8. U n manoscritto in q u a n t o c o p i a t o da u n modello


(«exemplar») viene chiamato con il n o m e di a p o g r a f o . «-A•"}"•"-
Quando taie m o d e l l o o esemplare ( 3 . 1 0 . ) , sia e s s o l'ori-
ginale (autografo) stesso ( 2 . 1 . ) o un codice che ne dériva,
è g i u n t o f i n o a n o i , l ' a p o g r a f o , r i d o t t o alla c o n d i z i o n e di
« descriptus », v a eliminato (3.11.).

3.9. L'esemplare preso come modello ( 3 . 1 0 . ) viene in-


d i c a t o da alcuni nella filologia italiana c o n il t e r m i n e di
antigrafo. I n efïetti àvu'ypacpoç significa l ' o p p o s t o « tra-
scrizione » o , m e g l i o , « c o p i a c h e sta al p o s t o di [un a l t r o
t e s t o ] ». L ' a n t i g r a f o n e l s i g n i f i c a t o tecnico c h e ha questa
p a r o l a n e l l a p r a t i c a d e g l i « s c r i p t o r i a » greci e latini non
ha e q u i v a l e n t i n e l l a t r a d i z i o n e m a n o s c r i t t a d e l l e l e t t e r a t u r e
romanze.

3 . 1 0 . E s e m p l a r e h a il d o p p i o s i g n i f i c a t o , c o m e p e r a l t r o J>y-»«•/-
gli e q u i v a l e n t i latini « e x e m p l u m » e « e x e m p l a r » , di ma-
noscritto m o d e l l o d a cui si trae il testo che si t r a s c r i v e ,

91
e di manoscritto c o p i a t o da u n m o d e l l o , nel quai caso
si identifica con l ' a p o g r a f o ( 3 . 8 . ) .
L'esemplare-m o d e 1 1 o è qualcosa di più che un ca-
postipite (3.4.). Esso i n f a t t i , come nel caso dei mano-
scritti universitari, présenta u n carattere particolare di uffi-
cialità e di autenticità che manca di n o r m a ai « codices
interpositi » ( 3 . 6 . ) ed ai capostipiti nel senso più generale
délia parola. D e p o s i t a t o presso u n libraio, l ' e s e m p l a r e co-
stituisce il m o d e l l o autorizzato ed autentico, fornito di
tutte le garanzie legali necessarie, da cui si traggono, pezzo
per pezzo { « pecia »), fascicolo p e r fascicolo, le copie de-
stinate aile lezioni universitarie.

Sulla « pecia » universitaria cfr. JDestrez, La « Pecia » dans


les manuscrits universitaires du XIIIe et du XIVe siècle, Pa-
ris 1 9 3 5 , e GBattelli, Ricerche sulla « pecia » nei codici del
« Digestum Vêtus », in Studi in onore di Cesare Manaresi, Mi-
lano 1 9 5 3 , pp. 3 1 1 - 3 3 0 . Indipendentemente dalla tecnica délia
« pecia », andrà osservato che l'alternarsi di più mani in uno
stesso codice sta a provare, anche per le opere in volgare,
l'utilizzazione successiva ed, in alcuni casi, contemporanea di
più amanuensi per la trascrizione del o dei testi in esso con-
tenuti.

N e l m e d i o e v o è f r e q u e n t e l ' u s o di as- o assemplare (as-


o assemprare) nel significato di « copiare, ritrarre, trascri-
v e r e », riferito all'attività tanto dell'amanuense (cfr. Ragio-
nato di Cepperello Dietaiuti da Prato, a. 1 2 8 8 - 1 2 9 0 , ed.
A . Schiaffini, Testi fiorentini del dugento e dei primi del
trecento, Firenze 1 9 2 6 , 2 5 7 , 3 4 - 3 5 , asenprare-, D a n t e Ali-
ghieri, Vit a Nuova, X, 1 e n , 1 0 ; G u i d o C a v a l c a n t i , lo non
pensava che lo cor giammai, ed. G . F a v a t i , i x , 4 3 ) q u a n t o
del pittore che copia ( c f r . D a n t e A l i g h i e r i , Inf., xxiv, 4)
da modelli, o essempli (Purg., x x x i i , 6 7 ) . L a stessa parola
axempro o asempro, sempre nel significato di « esemplare-
m o d e l l o » , è usata dall'amanuense di V2; c f r . Rime antiche

92
italiane secondo la lezione del codice vaticano 3214 e del
codice casanatense d.v. 5 pubblicate p e r cura di M . Pelaez,
Bologna 1895, n.i 9 2 (« G u i d o caualchanti e guido or-
landi dicea 1 a x e m p r o ma elli lo f e c e D a n t e allighieri »),
9 3 (« G u i d o Caualchanti e guido orlandi dicea 1 a x e m p r o .
M a elli lo f e c e D a n t e allighieri ») e 2 0 1 (« G . D . d e . cosi
era nell asempro »).

3 . 1 1 . U n a volta giunto al termine delle operazioni pre- e-^U-,. '^«^fe


liminari ( « r e c e n s i o » ) , l'editore procédé aU'eliminazione dei
codici trascritti (« descripti ») da esemplari esistenti (« eli-
minatio codicum descriptorum »). Considerazioni interes-
santi a questo riguardo sono state f a t t e da G P a s q u a l i 1 9 5 2 2 ,
pp. 23-40.
P e r il passato e soprattutto nelle letterature classiche si
tendeva ad eliminare con una certa disinvoltura i codici
più recenti addebitando le loro eventuali lezioni migliori
a congetture tarde. O r a invece si esigono p r o v e più sicure,
come ad esempio la mancanza di lettere o di parole nel
codice che si suppone « descriptus » in corrispondenza di
un d a n n e g g i a m e n t o meccanico nel testo di un altro codice
che si s u p p o n e suo esemplare ( c f r . G P a s q u a l i 1 9 5 2 2 , p. 3 3 ) .
C o m e dimostrato da P M a a s 1 9 5 2 , p p . 5-6 e pro-
ve sicure sono in genere rarissime, per cui, soprattutto
nella tradizione manoscritta delle letterature in lingua vol-
gare, si dànno p e r lo più dimostrazioni délia dipendenza
di un codice da un altro codice esistente solo p e r i codici
tardi, mentre p e r quelli del X I I I secolo, ed a f o r t i o r i dei
secoli precedenti, sarebbe difficile citare casi di dipendenza
diretta.

La dimostrazione délia dipendenza di un manoscritto da un


altro esistente in base a difetti o caratteristiche materiali del-
l'esemplare, è già stata fatta più di una volta pei codici greci
e latini (cfr. da ultimo per la tradizione manoscritta dei Dia-

93
loghi di Epitteto A A H i l l 1 9 5 0 - 5 1 , p. 82). Per quel che riguarda
le letterature romanze segnaleremo l'opéra magistrale di MBarbi,
Studi sul canzoniere di Dante, Firenze 1 9 1 5 , dove si prendono
in esame per la prima volta in modo sistematico i rapporti fra
i canzonieri italiani del X I V - X V I secolo e si sgombra il terreno
dai « descripti » cinquecenteschi, fra cui andranno ricordati i
molti risalenti alla cosiddetta Raccolta Aragonese (per le sezioni
ricavate da L, C', etc.) compilata nell'ambiente di Lorenzo
il Magnifico.

94
4. C O S T I T U Z I O N E D E L TESTO

I. « Emendatio ope codicum »: 4.1. Criteri statistici di probabi-


lité. 4.2. Lezioni adiafore. 4.2.1. Stemmi a tre rami. 4.2.2. Lo
stemma del Lai de l'ombre. 4.2.3. Esame di sette « loci critici »
délia canzone Al cor gentil di G. Guinizzelli. 4.3. Instabilité delle
costellazioni. 4.3.1. Stemma a tre costellazioni. 4.3.2. Contamina-
zione esterna. 4.3.3. Contaminazione interna. 4.3.4. Contaminazione
esterna-interna. 4.3.5. Stemma a due costellazioni. 4.3.6. Contami-
nazione esterna. 4.3.7. Contaminazione interna. 4.3.8. Contamina-
zione esterna-interna. 4.4. « Eliminatio lectionum singularium ».
II. «Emendatio ope ingenii »: 4.5. « Divinatio ». 4.6. Conget-
tura. 4.7. « Selectio ». 4.8. « Combinatio ». 4.9. « Lectio difficilior ».
4.10. « Usus scribendi ».
I I I . Norme pratiche: 4 . n . Testo critico. 4.12. « Crux despera-
tionis ». 4.13. Manoscritto-base. 4.14. Apparato critico. 4.15. Edi-
zione diplomatica.

Operazione mediante la quale si ricostruisce il testo pre-


sumibilmente più vicino all'originale (2.1.). Taie opera-
zione, q u a n d o la tradizione ( 1 . 3 . ) c o m p r e n d e più di un
manoscritto, si compie in genere con l'aiuto dello s t e m m a
( 3 . 1 . ) e c o m p o r t a , tanto nel caso che la tradizione faccia
capo ad un archetipo ( 3 . 5 . ) , q u a n t o nel caso che l ' o p é r a
sia stata trasmessa da un solo manoscritto (« codex uni-
cus » ; 1.5.), operazioni supplementari di « examinatio »
(per cui si rimanda a P M a a s 1 9 5 2 , p p . 1 e 1 3 ) e di « di-
vinatio » (4.5.).

I. « EMENDATIO OPE CODICUM »

4 . 1 . U n a volta fissato il canone, l'editore procédé alla


correzione, « emendatio » , del testo. T a i e operazione puô
avvenire:

( 1 ) « o p e codicum » o p p u r e « ex libro », q u a n d o si cor-


regge il testo con l'aiuto dei manoscritti, vale a dire in

95
base ai risultati ottenuti in sede di «recensio» (1.2.),
oppure
( 2 ) « o p e ingenii » ( o p p u r e « e x i n g e n i o ») o « coniectu-
r a e », q u a n d o i n v e c e la c o r r e z i o n e è f r u t t o di congettura
( 4 . 6 . ) o , con altro t e r m i n e , di « d i v i n a t i o » (4.5.).

O g g i la « d i v i n a t i o » è c o n s i d e r a t a o p e r a z i o n e necessaria
s o l o l a d d o v e la « r e c e n s i o » si d i m o s t r i insufficiente ai fini
délia « r e s t i t u t i o t e x t u s ». D a t o che la « d i v i n a t i o » com-
p o r t a i n e v i t a b i l m e n t e un c e r t o g r a d o di a r b i t r i o , si capisce
perché dall'inizio dell'Ottocento in poi, vale a dire da
q u a n d o ci si è resi c o n t o d e l l ' i m p o r t a n z a d e l l ' a n a l i s i délia
tradizione m a n o s c r i t t a ai fini délia « r e s t i t u t i o t e x t u s », si
tenda a r i d u r r e s e m p r e p i ù i m a r g i n i d e l l ' e m e n d a z i o n e con-
g e t t u r a l e , r i s e r v a n d o l a ai l u o g h i p e r cui i criteri meccanici
délia « r e s t i t u t i o » p o r t a n o a lezioni m a n i f e s t a m e n t e erro-
nee.
y L ' « e m e n d a t i o o p e c o d i c u m » è b a s a t a sulla « l e g g e délia
' m a g g i o r a n z a » e s u l « calcolo delle p r o b a b i l i t à ». I l prin-
c i p i o n o r m a l m e n t e a p p l i c a t o in q u e s t o caso è il s e g u e n t e .
S e p e r u n c e r t o l u o g o si d à n n o d u e lezioni concorrenti,
a d i a f o r e ( 4 . 2 . ) , x e y (che n o n siano v a r i a n t i sinonimiche,
p e r cui p o t r e b b e r o e n t r a r e in g i o c o f a t t o r i di p u r a casua-
lità; c f r . 2 . 8 . ) , e d il testo r e l a t i v o ci è stato t r a s m e s s o p e r
e s e m p i o da tre codici (o da tre tradizioni i n d i p e n d e n t i le
u n e dalle altre), A B e C, l ' e d i t o r e sceglierà q u e l l a che è
attestata dalla m a g g i o r a n z a , v a l e a d i r e da d u e m a n o s c r i t t i
(o da d u e tradizioni), ad e s e m p i o x , se attestata da A B,
c o n t r o y d e l solo C . L a « l e g g e délia m a g g i o r a n z a » agisce
n o n t a n t o in b a s e a r a g i o n i di p u r a e s e m p l i c e p r e p o n d e -
ranza n u m e r i c a q u a n t o p i u t t o s t o p e r u n calcolo di p r o b a -
bilità. D u e s o n o le ipotesi che si p o s s o n o f a r e a questo
r i g u a r d o . I n a s t r a t t o t a n t o l ' u n a ( x ) q u a n t o l ' a l t r a ( y ) delle
d u e lezioni c o n c o r r e n t i p o t r e b b e r o risalire al c o m u n e capo-
stipite ( 3 . 4 . ) di A B e C. N e l p r i m o caso la lezione y sarà

96
il f r u t t o d e l l ' i n t e r v e n t o dell'amanuense di C e p e r tanto la
lezione x di A B rispecchierà le condizioni di partenza; nel
secondo caso invece si d o v r à pensare che la lezione x sia
stata introdotta in A e in B p e r iniziativa indipendente
e parallela dei loro amanuensi. O r a , d a t o che la seconda
ipotesi (innovazione identica, introdotta in u n medesimo
l u o g o da d u e amanuensi indipendentemente l'uno dall'al-
tro) c o m p o r t a una diminuzione dei rapporti percentuali per
il moltiplicarsi delle singole probabilità, è o v v i o che, sem-
pre a parità di condizioni, non p o t r e m o che scegliere la
prima ipotesi ( c f r . per una applicazione di questo principio
nel capitolo iniziale, 0 . 8 . 2 . ) . Calcoli precisi a questo ri-
g u a r d o è impossibile f a r n e . C o m u n q u e , p e r dare un'idea
dello scarto probabilistico f r a le d u e ipotesi, basterà rile-
v a r e che, se per esempio la probabilità p di innovazione
(e non di una certa innovazione, diciamo x ) in un luogo
determinato (ad esempio al v. 2 0 del c o m p o n i m e n t o Ci)
"2
è del tre p e r cento (p = , o meglio p = 0 , 0 3 ) , la
100
probabilità che due amanuensi introducano una innovazione
(non si dice la medesima innovazione x ) in quel luogo
(v. 2 0 ) indipendentemente l ' u n o dall'altro è dello 0 , 0 9 p e r
, 3 3 9 °>°9 v 1
cento (p = —-— • —-— = = — ) solo se
100 100 10000 100
le condizioni (ambientali, psicologic'he, culturali, etc.)
sono identiche. Le probabilità che essi introducano una
stessa innovazione x sono ancora più r e m o t e (ed estrema-
mente variabili a seconda dei vari tipi di innovazione) e
addirittura incalcolabili se si d o v e s s e r o p r e n d e r e in con-
siderazione tutte le condizioni (ambientali, psicologiche,
culturali, etc.) délia copia.

4 . 2 . S o n o chiamate a d i a f o r e le lezioni o varianti con-


correnti che non inficiano la correttezza f o r m a l e del det-

97
tato e f r a cui è impossibile decidere con l ' a i u t o dello stem-
ma o p p u r e in base ai criteri interni d e l l ' « usus scribendi »
( 4 . 1 0 . ) o délia « lectio difficilior » (4.9.).

4 . 2 . 1 . Si veda ad esempio il caso del seguente stemma a


tre ramr

dove ABCD rappresentano i manoscritti utilizzabili ed w e a


dei « codices interpositi » (3.6.) ricostruiti attraverso l'analisi
délia « varia lectio ». Immaginiamo che in un certo luogo si
trovino tre lezioni concorrenti di pari peso tanto sul piano ad
esempio dello stile (versificazione, etc.) quanto su quello délia
lingua, a b c , distribuite in questo modo:
a in AB
b in C
c in D.

Con uno stemma di questo genere la lezione dell'archetipo w


non puô essere che a perché è improbabile che due amanuensi
11 ( A e B) abbiano innovato indipendentemente l'uno dall'altro
nello stesso luogo e nello stesso modo. Dato che la scelta délia
lezione è in casi come questo affidata al calcolo delle proba-
bilité, sarà lo stemma stesso ad imporci la soluzione (a).
Mettiamo ora che le lezioni a b c si distribuiscano in quest'al-
tro modo:
a in CD
b in A
c in B.

98
In questo caso la lezione "a" andrà addebitata al comune ca-
postipite (3.4.) di CD, a , per cui sarà impossibile decidere quale
delle tre lezioni risalga ad w. L o stemma non ci è di alcuna
utilità e si parlera di lezioni adiafore aventi pari valore stem-
matico.

4.2.2. Un altro intéressante caso pratico ci viene dagli studi


di JBédier sulla tradizione manoscritta di un'opera di Jean
Renart, il Lai de l'Ombre (fine X I I inizio X I I I secolo). I ma-
noscritti più importanti di questa operetta (cfr. Le Lai de
l'Ombre de Jean Renart, Fribourg 1 8 9 0 1 , Paris 1 9 1 3 2 , e La
tradition manuscrite du « Lai de l'Ombre ». Réflexions sur l'art
d'éditer les anciens textes, par JBédier, in « Romania », LIV
( 1 9 2 8 ) , 1 6 1 - 1 9 6 e 3 2 1 - 3 5 6 ) sono i seguenti:

A - Pa igi, Bibl. N a t , fr. 837 ( X I I I sec.)


B - » » » 1 5 9 3 ( X I I I sec.)
C - » » » 1 2 6 0 3 ( X I I I - X I V sec.)
D - » » » 1 9 1 5 2 ( X I I I sec.)
E - » » nouv. acq., f r . 1 1 0 4 ( X I I I sec.)
F - » fr. 1 4 9 7 1 ( X I I I sec.)
G - » » 1 5 5 3 ( X I I I sec.)

Si parta da uno degli stemmi a tre rami (quello proposto da


GParis, 1890, nella recensione alla prima edizione del Lai de
l'Ombre a cura di JBédier. L e sigle degli « interpositi » sono
quelle usate da Bédier nell'art. del 1 9 2 8 , p. 167).

w t E

x y D F

A B C G
99
e si prenda in esame la varia lectio del v. 2 1 7 :
AB en son penser et en sa voie
DE a son penser et a sa voie
CG celant son penser et sa voie
F a ses amours et a sa joie

La lezione di F è isolata sui piani bassi e va quindi eliminata


come « lectio singularis » (4.4.). La lezione di AB risale al loro
comune capostipite x. L o stesso dicasi di quella di CG che
proverrà da y. La lezione che resta è attestata invece in due
rami, quello di D da una parte e quello di E dall'altra. Essendo
altamente improbabile che due amanuensi abbiano innovato nel
medesimo luogo e nel medesimo modo indipendentemente l'uno
daU'aitro, si dovrà pensare che taie lezione risalga ad O. Su
questa per tanto dovrà cadere la nostra scelta. Generalmente,
a taie proposito, si parla délia « legge délia maggioranza »
(4.1.): le lezioni isolate dei singoli rami, F, AB ( = x) e CG
( = y) sono minoritarie in confronta all'ultima che si trova
[ contemporaneamente in due rami t ed E. In effetti quello
che conta è, come abbiamo visto, il calcolo delle probabilità.
Se passiamo ad un altro degli stemmi costruiti da JBédier,
quello primitivo a due rami (1890):

y z

t [w] v E

A B C [G] D F

il quadro cambia comp'etamente. La lezione di DE apparterrà


a z ed a questo punto sarà impossibile decidere quale delle
tre lezioni, AB ( = t) CG ( = w ) e DE ( . = z) - F non conta -
sia quella di X. L e tre lezioni divengono adiafore.

100
4.2.3. Prendiamo ora in esame sette loci critici délia tradi-
zione manoscritta relativa alla canzone di Guido Guinizzelli,
Al cor gentil (per la bibliografia ed altre notizie cfr. 0.8.1.).
Per ciascuno di essi si darà prima la soluzione Casella, poi
quella Contini ed infine la varia lectio dei manoscritti (in
grafia unificata e con esclusione delle lezioni singolari).
(1) v. 24 No li stari' altra guisa, tant'è fero
No li stari' altra guisa, tant'è fero
VLPOT no(l)li staria altra
BG no i staria in altra
VeCa non staria in altra

In base allo stemma Casella (cfr. piu sopra p. 18) no i


è lezione isolata sui piani bassi dello stemma e risale sicura-
mente a d. Afïatto conseguente quindi la scelta délia lezione
no li per altro attestata concordemente da tutta la tradizione
manoscritta. Vediamo ora questa lezione alla luce dell'altro
stemma per cui si rimanda a p. 19. No(l)li è lezione di SUD.
Noi di X e non di W . Noi, scisso in no i, sembra dare la mano
a No li. Nulla vieta perô di pensare che un amanuense abbia
scisso erroneamente no istaria (cfr. il non staria di W ) . In tali
condizioni si dovrà ammettere l'opposizione adiafora: N O R D
no istaria (oppure no i staria), contro S U D no li staria. N O R D
inoltre aggiunge in, da cui si ricava: ( 1 ) che considéra no i
monosillabo (cfr. anche v. 1 3 che da la Stella valor no i discen-
de), e (2) che ammette, non diversamente da SUD, unTsinalefe
complessa, sta-ria al-tra (tre sillabe), per altro confermata da
v. 47 cosi dar dovriaal vero. L e due lezioni sono, come s'è
detto, in sostanza adiafore. Se poi si dovesse preferire (come
fa Contini) la lezione altra guisa (SUD) a in altra guisa ( N O R D ) ,
resta sempre la possibilité di scandire no i-sta-ria-a al-tra (cin-
que sillabe) né più né meno come in altre poesie di Guinizzelli
(si cita dall'ed. GContini, Poeti del duecento cit., vol. 11), x , 9
vi-a a-dorna, x v n , 1 Lu-ci-a un (e cfr. x v m , 6 sia e con una
leggera variante x i , 9 vo-gl'i-o a la). Comunque sia, la scelta
di Contini cade in questo caso su SUD.

101
(2) v. 25 Perd prava natura
Cosi prava natura
VLPOT per(r)o
BGVeCa co(s)si

Casella in base al suo canone non poteva che scegliere Perd.


Nell'altro stemma invece le due lezioni hanno pari peso (sono
adiafore). La situazione è identica alla precedente, ma Contini
questa volta preferisce la recensione N O R D .

v
(3) - 38 Se da vertute non ha gentil core
Sed a vertute non ha gentil core
V P C ' T se(d) a
L sen
B sello a
G sol a
Ca s'egli ha

Entrambi gli editori, a parte la diversa divisione delle parole,


optano per la famiglia SUD. Casella è obbligato a taie scelta
dal suo canone. In base all'altro stemma invece le due lezioni
sono adiafore, come per altro riconosciuto da Contini stesso
(op. cit., 11, p. 462, n. 38, «s'ell'a dell'altra famiglia è
sinonimo »).

(4) (5) v. 43 Quella lî'ntende'l fattor so oltra cielo


Ella intende suo fattore oltra'l cielo

Per questo verso (a parte le difïerenze riguardanti la parte


centrale dovute ad altre ragioni) abbiamo due coppie oppositive
di varianti:
(4) VLPC'[T] Quella
BGCa Ella
(5) V[L]POT oltre (-a)
BGCa oltra'l

La scelta di Casella è legata ancora una volta al suo canone.


Alla luce dell'altro stemma le due lezioni si equivalgono (sono
adiafore), e Contini torna ancora una volta a N O R D .

102
(6) v. 44 Lo ciel volgiando, a lui obedir tole
E'I ciel volgiando,- a Lui obedir tole
VLPOT lo
BGCa el (il)

Scelta obbligatoria per Casella e opzione per la costellazione


N O R D {el, contro S U D lo) nel testo Contini.

(7) v. 60 Non me f o fallo, s'eo li puosi amanza


Non me f u fallo, s'in lei posi amanza
VLP[OT] s'eo (oppure: io) li (oppure: le)
BG[Ca] (s')in lei

L e soluzioni sono le stesse. Scelta obbligata per Casella e


preferenza per N O R D nel testo Contini.
In conclusione lo stemma Casella présenta notevoli vantaggi
per quel che riguarda la valutazione delle lezioni caratteristiche
(2.5.). Nell'altro stemma invece tali lezioni si trasformano in
adiafore. Come si è visto, Contini ha preferito due volte (1 e 3)
la recensione S U D e cinque volte (2, 4, 5 , 6 e 7 ) la recen-
sione N O R D . I motivi di taie varietà sono a rigore impondera-
bili e d'altronde nulla impedirebbe di unificare le scelte (o tutto
S U D o tutto N O R D ) . Ma anche quest'ultima soluzione, per
altro adottata da non pochi editori, di decidere cioè in par-
tenza il manoscritto o la tradizione su cui fare cadere la scelta
a parità di condizioni, présenta rischi non minori, predispo-
nendo psicologicamente l'operatore a discriminare a priori fra
testimoni (3.7.) attendibili e testimoni non attendibili, mentre
le scelte sono sempre singole e vanno valutate caso per caso.
Si vedano su questo argomento le pagine illuminanti di HFrânkel
1969, pp. 23 e sgg., e qui stesso 1 . 6 . 1 .

4 . 3 . P o s s i a m o essere messi di f r o n t e a lezioni a d i a f o r e


anche nel caso di tradizioni contaminate, e più precisa-
m e n t e q u a n d o la contaminazione c o m p o r t i la presenza di
errori significativi ( 2 . 6 . 1 . ) tali da p r o v o c a r e continue va-
riazioni nei r a p p o r t i f r a i manoscritti. I l f e n o m e n o è fré-
quente nella tradizione délia poesia lirica d o v e i r a p p o r t i

103
fra i codici ( « canzonieri » ) v a r i a n o spesso non solo da
c o m p o n i m e n t o a c o m p o n i m e n t o , m a anche ( c o m e d ' a l t r o n -
d e in o g n i tradizione m a n o s c r i t t a c o n t a m i n a t a ) a seconda
j di q u e s t o o q u e l l u o g o di u n o stesso c o m p o n i m e n t o . Tali
v a r i a z i o n i a n d r a n n o i m p u t a t e al f a t t o che gli a m a n u e n s i si
s o n o s e r v i t i c o n t e m p o r a n e a m e n t e di p i ù e s e m p l a r i (3.10.).
•ï> P e r tanto l'instabilità delle costellazioni (intendendo per
costellazione il m o d o con cui i m a n o s c r i t t i o u n gruppo
di m a n o s c r i t t i si d i s p o n g o n o r i s p e t t i v a m e n t e sull'albero o
j su u n r a m o di u n a l b e r o ) d e v e essere c o n s i d e r a t a come
u n a p r o v a i n d i r e t t a di c o n t a m i n a z i o n e ( 2 . 9 . e 3.3.).

4 . 3 . 1 . Se per esempio in un testo trasmesso da tre mss.,


ABC, il ms. A présenta uno o più errori in comune con B
(x) contro C , e poi ancora con C (y) contro B, ed infine il
ms. B présenta a sua volta uno o più errori in comune con C
(z) contro A, si puo andare certi che la tradizione è contaminata.
In questo caso si dànno tre possibilità:
( I ) che gli errori comuni aile tre coppie (x = AB, y = AC,
z = BC) siano dell'archetipo (w) (3.5.) e siano stati corretti
via via dai terzo amanuense (C per x , B per y, A per z) con
mss. esterni alla costellazione;
( I I ) che gli errori comuni provengano dall'interno délia co-
stellazione;
( I I I ) che il vario accoppiarsi dei mss. dipenda in parte dai
motivi indicati sotto il punto ( I ) ed in parte per i motivi
indicati sotto il punto ( I I ) .

4.3.2. N e l primo caso x y z non esistono e w si ricostruisce


mediante la « legge délia maggioranza » (cfr. 4 . 1 . ) .

4 . 3 . 3 . N e l secondo caso i rapporti fra x y z non possono


essere fissati. Comunque, anche se per ipotesi si riuscisse a rico-
struire lo stemma, la « legge délia maggioranza » non ci offri-
rebbe garanzie di alcun genere per quel che riguarda la lezione
dell'archetipo (w). Come prova basterà qui prendere in esame
la soluzione a tre rami:

104
w

In questo caso, se A e B hanno una lezione caratteristica


in comune contro C e A si serve ad es. di x e B di z, è
ovvio che la lezione di w sarà la loro qualunque sia stata la
fonte utilizzata da C. M a se tanto A quanto B si sono serviti
di x è altrettanto ovvio che le lezioni in presenza, quelle di
AB e di C , sono adiafore. L o stesso dicasi di tutte le altre
combinazioni possibili. La costellazione in tali condizioni è
chiusa e puô essere rappresentata con il seguente esagono (sulla
disposizione « anulare » degli stemmi rappresentanti tradizioni
contaminate cfr. il concetto di « conflation ring » proposto da
V A D e a r i n g 1 9 6 7 , pp. 2 9 1 e sgg., e 1 9 6 8 , pp. 5 5 3 e sgg.):

105
4-3-4- Nel terzo caso infine si daranno costellazioni di vario
tipo, tutte perô inadatte a garantirci l'applicabilità délia « legge
délia maggioranza ».

4.3.5. Si ammetta ora che gli accoppiamenti siano solo due:


A B ( x ) contro C e AC(y) contro B.

4.3.6. N e l primo caso x y non esistono e « si ricostruisce


mediante la « legge délia maggioranza ».

4.3.7. Nel secondo caso si puô andare sicuri che le lezioni


di BC contro A sono quelle dell'archetipo per la « legge délia
maggioranza », se lo stemma è a due rami:
(.0

A B A C
Se invece è a tre rami secondo le tre possibilità qui sotto
elencate:
X V z

A B A C C
2 X V z

A B A C A
106
A B A C B
si dànno ancora tre probabilité su quattro:

(I)

che BC contro A rappresentino w.


Si prenda per esempio in esame la possibilité (x). In questo
caso la lezione dell'archetipo (co) sarà incerta solo nella pro-
balité ( I I I ) :

107
in quanto BC potranno rappresentare w, solo se A f a gruppo
con B o con C :

A B C

mentre se è isolato:
ricadiamo nel caso delle lezioni adiafore (4.2.). Nello stesso
modo la lezione dell'archetipo (w) restera incerta nella proba-
bilité I I di (2) e nella probabilité I V di (3) .
La costellazione, sotto questo punto di vista, è aperta e puô
essere rappresentata con il seguente diagramma:

4.3.8. N e l terzo caso infine saré impossibile stabilire quale


dei due gruppi, x o y, sia a contaminazione interna e quale
invece a contaminazione esterna; nello stesso tempo andré perô
osservato che la « legge délia maggioranza » permetteré pur
sempre di ricostruire la lezione di 10, quando B va con C con-
tro A. Qui basteré prendere in esame lo stemma a due rami.
Ora, se è impossibile decidere fra le due possibilité:

dove i gruppi rispettivamente AC e AB in caso di contamina-


zione esterna sono fittizi in quanto l'errore o gli errori che
hanno in comune sono effettivamente di w e sono stati cor-
retti rispettivamente da B e da C con altra recensione esterna
(cfr. 2.6.3.), r e s t a P u r sempre assodato che la lezione di 10
o addirittura di un altro manoscritto più alto (se si ammette
la contaminazione esterna) è quella di BC.

109
4-4- P e r « eliminatio lectionum singularium » si intende
l'operazione con cui l'editore élimina le lezioni particolari
dei singoli codici che in base allo s t e m m a ( 3 . x . ) risultano
essere state introdotte ad iniziativa dei loro amanuensi
senza giustificazione alcuna nella tradizione manoscritta.
Secondo P M a a s 1 9 5 2 , p. 3 0 , tali lezioni d o v r e b b e r o essere
eliminate anche d a l l ' a p p a r a t o (4.14.). Dato perô che in
taluni casi lezioni apparentemente singolari p o s s o n o deri-
v a r e da tradizioni parallele (e f o r s e più antiche) rimaste
latenti p e r secoli sotto f o r m a di varianti alternative regi-
strate sui margini dei « codices interpositi » ( 3 . 6 . ) , o p p u r e
da tradizione orale parallela alla tradizione scritta, sarà più
o p p o r t u n o che anche le « lectiones singulares » siano regi-
strate, se non altro p e r garantire la possibilité di recuperi
in e x t r e m i s di tradizioni più genuine.

II problema di quelle che chiamerei le « tradizioni latenti »


non è stato ancora afïrontato sistematicamente. Accenni molto
interessanti al riguardo si troveranno in J G G r i f f i t h 1968,
pp. 1x7-8, dove si fa cenno fra l'altro al modello genetico, al
riapparire in altre parole di « mutant genes » a distanza anche
di più generazioni. Fatti non dissimili sul piano délia conta-
minazione (2.9.) sono stati osservati da CSegre, Appunti sul
problema délia contaminazione nei testi in prosa, in Studi e
problemi di critica testuale, Bologna 1 9 6 1 , pp. 63-67, a p. 67,
dove viene presa in esame la tradizione manoscritta del Bes-
tiaire di Richart de Fornival. Ma forse non si è prestata suf-
ficiente attenzione all'esistenza di tradizioni orali parallele
(e non solo sostitutive) délia tradizione scritta. D'altronde,
come dimostrato da GContini per la tradizione manoscritta
délia Commedia di Dante, è indubbio che non poche devia-
zioni dall'esemplare siano state determinate in alcuni codici
da un diverso ricordo che i loro amanuensi avevano dell'opera
dantesca.

110
II. « EMENDATIO OPE INGENU »

4.5. Per «divinatio» si intendono le operazioni con-


nesse con la correzione congetturale ( 4 . 6 . ) dei luoghi pre-
sumibilmente guasti ed in genere delle anomalie ( c f r . P M a a s
1 9 5 2 , p p . 1 4 - 1 9 ) . I n q u e s t o secondo caso l ' o p e r a t o r e d o v r à
distinguere accuratamente f r a anomalia d e r i v a t a da corrut-
tela ed anomalia v o l u t a d a l l ' a u t o r e p e r ragioni stilistiche.
N e l l a scelta delle congetture bisognerà p e r tanto f a r luogo
in egual misura ai due principî opposti d e l l ' « usus scri-
bendi » ( 4 . 1 0 . ) e délia « lectio difficilior » ( 4 . 9 . ) , nel senso
che quello che s a p p i a m o dello stile di u n o scrittore puo
spingerci a scartare le lezioni a b n o r m i e v i c e v e r s a il prin-
cipio délia « lectio difficilior » ci induce piuttosto a pre-
f e r i r e la lezione rara o , c o m u n q u e , singolare.
Per quel che riguarda i criteri délia « divinatio » an-
dranno tenute presenti contemporaneamente:
( I ) le leggi generali délia psicologia délia copia, e
( I I ) le condizioni culturali e linguistiche dell'epoca at-
traverso la quale passa la tradizione manoscritta presa in
esame.

P e r il p r i m o p u n t o basterà qui rimandare all'opera, ora-


mai classica di L H a v e t , Manuel de critique verbale appli-
quée aux textes latins, P a r i s 1 9 1 1 , d o v e gli errori v e n g o n o
classificati in catégorie e sottocategorie, errori diretti, er-
rori indiretti, errori di udito, errori di vista, influenza del
contesto, influenza del m o d e l l o , etc., etc. U n ' a l t r a lista più
recente degli errori di copia è quella di V A D e a r i n g 1959,
p p . 1 0 - 1 8 . I m p o r t a n t i anche gli apprezzamenti di assieme
nell'opera di A D a i n 1 9 6 4 2 , p p . 4 0 - 5 5 . Q u a n t o aile condi-
zioni culturali e linguistiche, mancano ancora manuali di
carattere generale e non solo p e r la tradizione manoscritta
delle letterature in lingua v o l g a r e , ma anche delle opere
classiche (cfr. P M a a s 1 9 5 2 , pp. 18-19).

m
coth>Ju-x^ 4 . 6 . P e r congettura si intende una correzione introdotta
nel testo p e r eliminare un errore o una anomalia presumi-
bilmente non voluta dall'autore (3.5.) e non altrimenti
sanabile con l'aiuto délia tradizione relativa ( 4 . 5 . ) . E s i s t o n o
congetture antiche e congetture m o d e r n e . C o n g e t t u r e an-
tiche sono chiamate le correzioni i n t r o d o t t e nel testo da
amanuensi, eruditi ed editori in epoca anteriore all'inven-
zione délia stampa. C o n g e t t u r e m o d e r n e sono invece tutte
le altre. L a distinzione è p u r a m e n t e empirica, in quanto
fra congetture antiche e moderne non esiste difïerenza
alcuna tanto p e r quel che riguarda le motivazioni psico-
logiche q u a n t o soprattutto le tecniche relative.
L e congetture antiche, in assenza délia lezione corretta,
r a p p r e s e n t a n o u n o dei m a g g i o r i ostacoli alla « recensio »
( 1 . 2 . ) , in q u a n t o alterano le condizioni normali délia tra-
smissione manoscritta introducendo elementi di disturbo
che spezzano i r a p p o r t i di derivazione f r a ms. e ms.
« C o n s i d e r o cattivi copisti — scrive A D a i n 1 9 6 4 2 , p p . 1 8 -
1 9 - n o n tanto quelli che scrivono con negligenza, q u a n t o
p i u t t o s t o quelli che r i p r o d u c o n o il testo senza rispettarlo,
o p p u r e , a più f o r t e ragione, lo correggono. I n e f f e t t i il
m a g g i o r torto che si possa f a r e a un testo è di e m e n d a r l o
all'atto délia copia. C i sono sempre state p e r s o n e che si
sono considerate f u r b e e non hanno esitato a m a n i p o l a r e
i testi d a l o r o trascritti. Q u e s t o n o n significa che io neghi
i diritti délia critica. L a critica del testo è senza d u b b i o
una delle pratiche essenziali délia filologia m o d e r n a . Non
i g n o r o che nel corso délia l o r o storia i testi antichi sono
stati f a t t i oggetto periodicamente di tali necessarie revi-
sioni. Sin dall'epoca imperiale S v e t o n i o f o r m u l a v a le n o r m e
del lavoro critico: distinguere, emendare, adnotare {De
Grammaticis, cap. 2 4 ) , v a l e a dire introdurre la punteggia-
tura, correggere ed annotare i testi. Q u e s t o p e r ô n o n toglie
che si d e b b a r i p r o v a r e quei copisti che, senza alcun fon-

112
d a m e n t o critico, n o n f a n n o altro che correggere il testo
da l o r o trascritto ». A m a n u e n s i di questo genere sono dop-
p i a m e n t e pericolosi, in q u a n t o n o n solo r e n d o n o estrema-
mente ardua, come s'è detto, la ricostruzione dello « stem-
ma codicum » ( 3 . 1 . ) , ma p o s s o n o anche indurre in e r r o r e
l'editore con la loro apparente correttezza a tutto danno
delle tradizioni parallele f o r s e non altrettanto corrette ma
più f e d e l i all'esemplare ( c f r . 2 . 1 1 . ; diffrazione [in assenza]).
L a v e r i t à si nasconde m o l t o più spesso sotto l ' e r r o r e che
non sotto una ingannevole apparenza di congruenza stili-
stica e semantica.
Sulle congetture m o d e r n e e sulle pratiche relative m o l t o
è stato scritto soprattutto f r a la fine del secolo scorso e
l'inizio di questo. S o n o state o s s e r v a t e difïerenze f r a edi-
tori propensi a correggere ed editori invece particolarmente
timidi o , c o m u n q u e , p i ù rispettosi délia tradizione. Tali
difïerenze non riguardano solo i casi singoli, ma anche la
storia stessa délia critica testuale nel senso che, soprattutto
negli studi romanzi da J B é d i e r in p o i , si è d i v e n u t i m o l t o
più cauti e più conservatori di q u a n t o non lo si f o s s e nel
secolo scorso.
I n genere una b u o n a congettura è come una b u o n a eti-
mologia: essa si t r o v a , n o n si cerca. N a t u r a l m e n t e esistono
n o r m e al riguardo ( 4 . 5 . ) , ma la responsabilité délia scelta
è p u r sempre dell'operatore nel senso che le b u o n e con-
getture d i p e n d o n o in sostanza dalla sua discrezione, dalla
sua cultura, dalla sua f a n t a s i a , e soprattutto dal suo senso
dello stile e délia lingua. « P e r q u a n t o riguarda l o stile,
- scrive P M a a s 1 9 5 2 , p. 1 4 , § 14 - la responsabilité è
tutta del filologo, e durante tutta la v i t a egli d o v r é conti-
n u a m e n t e sforzarsi in ogni m o d o p e r affinare il suo senso
stilistico, anche se egli d e v e riconoscere che l'intera vita
di u n u o m o non basta p e r a r r i v a r e a una p e r f e t t a padro-
nanza in questo c a m p o ». L ' o s s e r v a z i o n e è importante e

113
d ' a l t r o n d e è c o n f e r m a t a dalla storia délia critica letteraria,
d o v e risultati particolarmente convincenti ( p r o p r i o sotto il
rispetto dello stile e délia lingua) sono stati ottenuti m o l t o
spesso dagli studiosi che si sono f o r m a t i n e l l ' a m b i t o délia
scuola filologica.
S e la pratica délia congettura è e s t r e m a m e n t e aleatoria,
non p o t r e m o con questo negare ( i ) che essa è, nonostante
tutto, necessaria, e ( 2 ) che c o m u n q u e , coglie a v o l t e nel
segno come p r o v a t o da talune c o n f e r m e sperimentali pro-
venienti dalla scoperta di n u o v e testimonianze.

Sulla necessità delle congetture si sono sofïermati più i filo-


logi classici che non i filologi romanzi. La difïerenza consiste
forse nel fatto che mentre i primi godono del vantaggio di
una specializzazione linguistica unica (latino o greco, al mas-
simo latino e greco), gli altri invece sono costretti per forza
di cose ad un alto grado di eclettismo scientifico su un piano
temporale più ridotto di quanto non avvenga nella filologia
classica (i cui documenti spaziano dai papiri dell'Antichità ai
mss. umanistici). Comunque sia, ha già osservato PMaas 1 9 5 2 ,
P- I 5 , § 1 5 , una congettura anche sbagliata permette se non
altro « di riconoscere perché lo scrittore ha evitato l'espres-
sione normale ». « Naturalmente - aggiunge PMaas 1 9 5 2 , p. 2 3 ,
§ 18 - è cosa molto più dannosa, se un guasto resta ignorato,
che se un testo sano viene attaccato a torto. Poiché ogni con-
gettura provoca una confutazione, per mezzo délia quale in
ogni caso viene migliorata l'intelligenza del passo, e soltanto le
migliori congetture s'imporranno: invece il guasto che non
viene indicato, reca danno all'effetto stilistico generale, e chi
disconobbe una giusta congettura, si espone oltre tutto alla
taccia di ingratitudine, se non anche addirittura d'invidia. Chi
ha paura di dare un testo non sicuro, farà meglio a occuparsi
soltanto di autografi » (cfr. anche HFrankel 1969, p. 54).
La prova délia necessità delle congetture suol farsi in rap-
porto all'analisi di luoghi apparentemente corretti di un ms.
che invece il resto délia tradizione rivela come guasti. Se per
esempio del Saint Alexis avessimo solo il ms. L , è indubbio

114
che i nostri interventi correttorî sarebbero molto meno nume-
rosi e che passeremmo su moite sue lezioni senza neppure
fermarci. Un primo emistichio come ço est grant merveile che
troviamo al v. 440 ed è inoltre confermato al v. 445, è appa-
rentemente corretto; come perô dimostrato da GContini 1968,
pp. 79-80, l'analisi délia restante tradizione manoscritta ci
rivela che grant è una zeppa di L introdotta per colmare la
lacuna di una sillaba, a sua volta provocata (secondo GContini)
dai logoramento per ettlissi di un più arcaico mereveille in
merveille.
L e conferme vengono a loro volta dai fatto che in alcuni
casi correzioni puramente congetturali sono state poi convali-
date dalla scoperta di nuove testimonianze (nuovi manoscritti,
citazioni di altri autori e, soprattutto per le opere dell'Anti-
chità, i papiri). Sull'apporto dei papiri si potranno vedere
PMaas 1 9 5 2 , p. 2 1 , e PIFrankel 1969, pp. 1 4 , 55 e 58-61. Nella
letteratura mediolatina ricorderemo le notevolissime correzioni
proposte da GParis (in « Romania », x x x , 1 9 0 1 , 597-602) al-
l'edizione LBiadene ( 1 9 0 1 ) dei Carm'tna de mensibus di Bon-
vesin da la Riva (pubblicati da LBiadene secondo la lezione
del cod. Vat. lat. 3 1 1 3 ) . Queste correzioni sono state poi
confermate in gran parte da un altro manoscritto scoperto più
tardi, il lat. 5 2 7 ( B 3 1 3 ) délia Biblioteca di Lucca (cfr. LBia-
dene, Un altro manoscritto dei « Carmina de mensibus » di
Bonvesin da la Riva, in « Giornale storico délia letteratura ita-
liana », XLIV, 1904, 269-274). Per i testi romanzi infine le
conferme sperimentali sono più rare. Qui infatti le scoperte
di nuove testimonianze hanno interessato molto spesso opere
édité in modo approssimativo, oppure senza interventi corret-
torî di fondamentale importanza critica. Pel resto l'apporto di
fonti parallele o più antiche, i « Memoriali Bolognesi » ad
esempio per la lirica italiana del '200, non è mai stato cosi
importante e decisivo come quello dei papiri per le letterature
classiche.

4 . 7 . « Selectio » è termine assai v a s t o che comprende:


( 1 ) la scelta f r a varianti a d i a f o r e di pari v a l o r e stemma-
tico ( 4 . 2 . ) o f r a varianti di d i v e r s a natura p e r cui è im-
possibile decidere in base a criteri meccanici ( 2 . 1 1 . e P M a a s
1 9 5 2 , pp. 23-25), e
( 2 ) la scelta f r a più congetture ( 4 . 6 . ) egualmente pos-
sibili rispetto aile condizioni délia tradizione manoscritta
(cfr. P M a a s 1 9 5 2 , p p . 1 6 - 1 7 ) . I n questo secondo caso si
ricorre di norma ai due principî d e l l ' « usus scribendi »
(,4.10.) e délia « lectio difficilior » (4.9.).

4 . 8 . C o n il termine « combinatio » si intende l'operazione


p e r cui da d u e varianti erronee o presunte tali si ricava
la lezione dell'archetipo ( 3 . 5 . ) . P M a a s , 1 9 5 2 , p. 2 4 , sem-
b r a ammettere che la lezione dell'archetipo da trovarsi p e r
mezzo délia « combinatio » possa anche essere completa-
mente d i v e r s a dalle v a r i a n t i prese in esame. O n d e evitare
equivoci ( c f r . 2 . 1 1 . ) , sarà meglio restringere q u e s t o ter-
m i n e ai soli casi in cui (per ragioni indipendenti dalla qua-
lité dell'archetipo) le varianti conservino porzioni varie
délia lezione originaria, e che taie lezione sia ricostruibile
attraverso la l o r o combinazione.

Che due amanuensi indipendentemente l'uno dall'altro defor-


mino in diverso modo uno stesso luogo altrimenti sano (?), è
evenienza troppo rara (appunto in quanto casuale) perché
possa essere considerata tipica.
La canzone di Peire Vidal, Atressi co-l perf.jans (ed. Avalle,
xxviij) è stata trasmessa da due mss.: C ( = Parigi, B.N.,
fr. 856) ed R ( = Parigi, B . N . , fr. 22543). A l v. 26 C legge:
Tornari l'ir'en conort, ed R : E tornara l'ir'en conort (in grafia
interpretativa). La lezione dell'archetipo: Tornarai (il verso
in R è ipermetro per l'anticipazione délia congiunzione E dal
verso seguente) si ottiene combinando le due desinenze errate:
-i di C e -a di R (« trasformerô il dolore in gioia »).
Ancora più difficile lavorare su lezioni adiafore (4.2.) appa-
rentemente corrette, ma in realtà erronee, e tali da permettere
la ricostruzione délia lezione dell'archetipo combinando l'una
con l'altra.

6
4-9- P e r « lectio difficilior » si intende una lezione
attestata (o una congettura) che si distingua da tutte
le altre lezioni attestate (o da tutte le altre congetture)
per una sua intrinseca m a g g i o r e difficoltà o rarità dai p u n t o
di vista morfologico, semantico e, in genere, lessicale.
Quello délia « lectio difficilior » è u n o dei due criteri,
assieme all'altro d e l l ' « usus scribendi » ( 4 . 1 0 . ) , n o r m a l m e n t e
impiegati in sede di « selectio » ( 4 . 7 . ) . E s s o si basa sul
p r e s u p p o s t o che gli amanuensi tendono di n o r m a a trivia-
lizzare ( 2 . 8 . ) il testo trascritto; p e r tanto a parità di condi-
zioni, laddove non soccorrono elementi di riferimento
obiettivi (« legge délia maggioranza » , « calcolo delle pro-
babilité »; c f r . 4 . 1 . ) , m a a v o l t e anche in contrasto con
tali elementi obiettivi (la statistica p u ô anche cedere di
f r o n t e alla « lectio difficilior » ; c f r . D S A v a l l e 1 9 6 1 , p. 1 9 0 ) ,
f r a p i ù lezioni aventi p a r i autorité documentaria (o più
congetture press'a poco e q u i v a l e n t i dai p u n t o di vista sti-
listico e del contenuto), o p p u r e ancora, come s'è detto,
contro le leggi stesse del canone, andré scelta la lezione
p i ù difficile.

Sulla tendenza, psicologicamente fondata, a trivializzare o


banalizzare (2.8.) il testo trascritto, si potrà qui ricordare l'os-
servazione, interessantissima, di Francesco da Barberino nei
Document! d'Amore, ed. FEgidi, Roma 1 9 0 2 , vol. 1, 95: « Isto-
rum scriptorum aliqui vitium quoddam maximum patiuntur.
Nam, dum eis occurrunt s u b t i l i a [le cosiddette « lectiones
difficiliores » ] , que animis eorum applicari non possunt, suo
quodam intellectui crosso conformant, ut credunt se intelligere
scribentes, ac, credentes corrigere, corrumpunt [ « lectio faci-
lior » ] ». Un tipo particolare di banalizzazione è quello attuato
dai « modernizzatori » e dai « traduttori ». Esemplare il caso
délia Chanson de Roland nella recensione P, dove non poche
lezioni rare e arcaiche attestate dai parallelo O, vengono varia-
mente modificate, deformate, modernizzate o addirittura sop-
presse non solo a livello dei singoli « codices interpositi » (ad

7
esempio y), ma anche di taluni manoscritti come V 4 délia
Marciana di Venezia, fr. 225 (cfr. ARosellini, Rolandiana Mar-
ciana, Venezia-Roma 1 9 6 2 , pp. 21-44, m a n e i limiti indicati
da CSegre in « Zeitschrift f u r romanische Philologie », 80
[ 1 9 6 4 ] , 147-154).
Il criterio délia « lectio difficilior » è già applicato, sia pure
sporadicamente, sin dall'Antichità. Brevi cenni sulla storia délia
sua formulazione si troveranno in STimpanaro 1 9 6 3 , pp. 20-1.
Per esempi di « lectio difficilior » si veda il paragrafo 2 . 1 1 .

C o m e d i m o s t r a t o da G C o n t i n i 1 9 6 8 , p p . 6 1 - 2 , il feno-
m e n o délia diffrazione è legato alla presenza di « lectiones
difficiliores ». D i conseguenza, ogniqualvolta si dà diffra-
zione, la responsabilità délia scelta délia lezione da adot-
tare nel testo critico, andrà trasferita dal canone o s t e m m a
( 3 . 1 . ) al principio délia « l e c t i o d i f f i c i l i o r » . L a diffrazione
in presenza esalterà la « lectio difficilior » attestata; quella
invece in assenza, la congettura « difficilior » ( c f r . G C o n -
tini 1 9 6 8 , p. 6 2 : « L a legittimità délia congettura 'diffi-
cilior' [...] è legata alla diffrazione », « [...] la semplice
diffrazione [...] è sufficiente a legittimare la congettura
'difficilior' »).
Le limitazioni introdotte da Contini in questo settore
sono molto importanti, nel senso che l'utilizzazione del
principio délia « lectio difficilior » - fatalmente esposto,
nella maggioranza dei casi, all'arbitrio personale - viene qui
legata e f a t t a d i p e n d e r e da un f e n o m e n o di consistenza
o b i e 1 1 i v a come la diffrazione per cui q u e l l o che conta
non è l ' e r r o n e i t à ma la d i v e r g e n z a o disper-
sione delle lezioni attestate.

4 . 1 0 . O g n i ' e p o c a c o m e ogni scuola letteraria ed anche


ogni scrittore presentano caratteristiche p r o p r i e dal p u n t o
di vista délia lingua e dello stile. I l complesso di tali ca-
ratteristiche viene generalmente indicato con il termine di

118
« usus scribendi ». O r a , l ' « usus scribendi » è u n o dei d u e m-vm-
v K
criteri assieme a quello délia «lectio difficilior» (4.9.) *
n o r m a l m e n t e impiegati p e r arbitrare ( q u a n d o possibile) f r a
lezioni aventi pari autorità documentaria.

Il principio è già applicato nell'Antichità soprattutto da


Aristarco (cfr. GPasquali 1 9 5 2 2 , p. 240). Per le letterature
romanze, a parte le questioni di stile, spesso opinabili, si potrà
qui ricordare l'apporto, sotto parecchi rispetti illuminante, di
talune costanti linguistiche e culturali proprie dei primi secoli,
come ad esempio la legge Tobler-Mussafia per quel che ri-
guarda l'uso dei pronomi atoni ad inizio di periodo, il « cur-
sus », l'anisosillabismo di certo genere di versificazione, le
assonanze e le rime di tipo « mediolatino » e cosi via. Tutti
questi elementi sono estremamente utili per discriminare fra
lezioni, adiafore (4.2.) quanto al contenuto, di opere apparte-
nenti all'epoca più antica. Questo perô non toglie che si diano
oscillazioni anche nell'« usus scribendi » (cfr. per la legge To-
bler-Mussafia GContini, Esperienze d'un antologista, cit., p. 260,
n. 3). D i qui la necessità di procedere con una certa prudenza
nel livellare i dati linguistici e culturali in nome di principî
che non hanno, tutto sommato, rispondenza assoluta nella realtà
(e soprattutto in una cultura come quella medievale).

III. NORME PRATICHE

4 . 1 1 . U n testo si chiama critico q u a n d o è stabilito in


base aile leggi délia critica testuale. E s s o è presentato di
n o r m a in veste interpretativa con tutti i segni diacritici
correntemente usati nella stampa delle o p e r e m o d e r n e .
Q u a n d o il testo riposa su u n « codex unicus » (1.5.),
si suole rappresentare in m o d o più diretto la lettera di
taie « codex unicus » m e t t e n d o in rilievo le correzioni più
importanti introdotte dall'editore nel testo dell'originale.
Ed ecco u n elenco degli a c c o r g i m e n t i . tipografici p i ù co-
muni:

119
( 1 ) f r a parentesi uncinate o acute i s u p p l e m e n t i intro-
dotti p e r colmare lacune,
( 2 ) f r a parentesi q u a d r e le interpolazioni,
( 3 ) in c o r s i v o o f r a parentesi tonde ( q u a n d o non siano
possibili c o n f u s i o n i ) le abbreviazioni sciolte,
( 4 ) u n asterisco ( « c r u x » ; 4 . 1 2 . ) p r i m a e d o p o i luoghi
non sanabili per via di congettura,
( 5 ) u n p u n t i n o p e r ogni lettera illeggibile, etc., etc.

T a n t o in linea di m a s s i m a . I n pratica gli accorgimenti


v a r i a n o p o i n o t e v o l m e n t e a seconda delle necessità tipo-
grafiche, c o m e anche del carattere dei codici utilizzati.

Per una bibliografia in argomento si vedano le seguenti


opere: PMaas 1 9 5 2 , pp. 29-30; PMeyer, Instructions pour la
publication des anciens textes français, in « Bulletin de la
Société des Anciens Textes français » 1909, pp. 64-79, e P ° '
ancora in « Bibliothèque de l'Ecole des Chartes », LXXI ( 1 9 1 0 ) ,
224-233; MRoques, Etablissement de règles pratiques pour
l'édition des anciens textes français et provençaux, in « Ro-
mania »R LU ( 1 9 2 6 ) , 243-249; CBrunel, A propos de l'édition
de nos textes français du moyen âge, in « Bulletin de la Société
de l'Histoire de France, année 1 9 4 1 », Paris 1 9 4 2 , pp. 67-74.
Nel campo délia poesia l'anisosillabismo e le vocali e con-
sonanti caduche possono essere contrassegnate rispettivamente:
( 1 ) col far rientrare nel rigo i versi più brevi, secondo
l'esempio di MRoques nelle edizioni del Roland à Saragosse
e del Ronsasvals, e di GContini nei Poeti del Duecento, cit. e
(2) col mettere un punto sotto tali vocali e consonanti.
L'uso in questo secondo caso risale, sull'esempio délia filologia
germanica, a G P a r i s , La vie de saint Alexis, Paris 1 8 7 2 , p. 1 3 2 ,
n. 2, ed ha avuto applicazioni varie nella filologia francese
(cfr. l'edizione critica délia Chanson de Roland a cura di
TAtkinson, Boston 1 9 2 4 ) e nella filologia italiana (per cui si
rimanda ad esempio all'edizione di Bonvesin da la Riva curata
da GContini nei Poeti del Duecento, cit.).

120
4 - 1 2 . G l i e d i t o r i , s o p r a t t u t t o nella filologia classica, so-
g l i o n o d e l i m i t a r e n e l testo i l u o g h i il cui r i s a n a m e n t o p e r
c o n g e t t u r a ( 4 . 6 . ) si sia r i v e l a t o i m p o s s i b i l e , con u n aste-
risco (« crux desperationis » o « i n t e r p r e t u m »). Tutti i
casi in cui n o n è stato p o s s i b i l e t r o v a r e u n s e n s o soddi-
s f a c e n t e al testo t r a m a n d a t o v a n n o a c c u r a t a m e n t e segnalati
in a p p a r a t o (4.14.).

« I n generale a me sembra - scrive P M a a s 1 9 5 2 , pp. 22-23 -


di poter giudicare che da un lato si accolgono troppo spesso
congetture che presuppongono una profonda deformazione del
testo (deformazione perciô propriamente non sanabile), dal-
l'altro si è troppo inclini a passar sopra a guasti délia tradi-
zione o délia vulgata, perché non è stato ancora possibile elimi-
narli in modo abbastanza évidente. L ' u n o e l'altro fatto deve
la sua origine a un biasimevole timoré di dover confessare che
non si è raggiunto un risultato pienamente soddisfacente. Ma
colui che présenta come sicuro ciô che è incerto, si allontana
dallo scopo più di colui che confessa i suoi dubbi. Quello
abbisogna certo di un minor numéro di parole, ma la sua
brevità è ingannatrice; essa trascina facilmente ad asserire con
la sua stessa brevità il contrario. E cosî fra le due opposte
posizioni solo una terza maniera di rappresentare le cose sarà
adeguata alla realtà, cioè al dubbio. Certo le cose vanno cosi
in tutti i campi di ricerca, e l'esame troppo scrupoloso delle
varie probabilité puo alla fine soffocare il germe del progresso.
M a i testi, come fondamento di ogni ricerca filologica, dovreb-
bero essere trattati in modo taie che regnasse la maggiore
chiarezza possibile sul grado di sicurezza che a loro è da
attribuire ».

4 . 1 3 . C o n il t e r m i n e m a n o s c r i t t o - b a s e si i n t e n d o n o d u e
diversi concetti:

( 1 ) il m a n o s c r i t t o la c u i lezione v i e n e a d o t t a t a di pre-
f e r e n z a , q u a n d o le lezioni c o n c o r r e n t i siano a d i a f o r e ( 4 . 2 . ) .
Q u e s t o m a n o s c r i t t o , s o p r a t t u t t o nelle edizioni di t i p o bé-

121
dieriano, si identifica con il « bon manuscrit », nel quai
caso la scelta non riguarda unicamente le lezioni a d i a f o r e ,
ma qualsiasi lezione, anche singolare, tranne quelle mani-
festamente erronee (cfr. su questo argomento 4.2.3. e
1.6.1.), e
( 2 ) il manoscritto (capostipite o e s e m p l a r e ; 3 . 4 . e 3 . 1 0 . )
da cui un amanuense ha ricavato il f o n d a m e n t o délia sua
edizione o testo-base, da lui poi contaminato o corretto
con altri manoscritti (2.9.).
( 3 ) il manoscritto la cui ortografia sia stata adottata
nell'edizione (come si f a n o r m a l m e n t e p e r la lirica troba-
dorica).

4 . 1 4 . I l complesso delle varianti di lezione n o n accolte


nel testo p e r m o t i v i inerenti alla sua costituzione viene
relegato nell'apparato critico. N e l l ' a p p a r a t o v a n n o registrate
tutte le varianti di sostanza, c o m p r e s e quelle che PMaas
1 9 5 2 , p. 3 0 , chiama le sottovarianti o « lectiones singu-
lares », p e r le ragioni indicate in 4 . 4 . Q u a n t o aile varianti
di f o r m a (grafiche e m o r f o l o g i c h e ) , è consigliabile, nel caso
che presentino un qualche interesse linguistico o comun-
que storico, raccoglierle in appendice o , q u a n t o m e n o , darne
una descrizione compléta nella p r e f a z i o n e (si v e d a ora su
questo a r g o m e n t o G C o n t i n i , Rapporti 1 9 7 0 , pp. 60-61).
Generalmente l'apparato viene p o s t o in calce al testo
adottato. I copisti d e l l ' A n t i c h i t à e del M e d i o e v o usavano
invece trascrivere le varianti sul margine esterno dei co-
dici in corrispondenza diretta con il testo adottato. Taie
m e t o d o è i n d u b b i a m e n t e più c o m o d o , e P M a a s 1 9 5 2 , p. 3 0 ,
ha già p r o p o s t o di adottarlo nella s t a m p a « in casi parti-
colarmente appropriati, p e r e s e m p i o nella tragedia greca,
naturalmente soltanto p e r le osservazioni p i ù i m p o r t a n t i ».
P e r le letterature romanze un tentativo del genere è stato
esperito da M B r a c c i n i nella sua edizione di Le canzoni di

122
R i g a u t de B a r b e z i e u x (Firenze i 9 6 0 ) , ma limitatamente aile
lezioni degli editori precedenti, e da B P a n v i n i in Le rime
délia scuola sicïliana, v o l . 1 (Firenze 1 9 6 2 ) .
L ' a p p a r a t o è p o s i t i v o q u a n d o oltre aile varianti n o n ac-
colte si registrano quelle accolte con l'indicazione del ma-
noscritto da cui sono state ricavate. È invece negativo
l ' a p p a r a t o che elenca solo le varianti rifiutate. I l p r i m o è
più esauriente e più chiaro, soprattutto q u a n d o i mano-
scritti sono numerosi ed è a v o l t e f a t i c o s o riconoscere (per
esclusione) il manoscritto da cui è stata ricavata la lezione
accolta nel testo critico. L a maggioranza degli editori pre-
ferisce p e r ô l ' a p p a r a t o n e g a t i v o p e r una sua maggiore snel-
lezza e soprattutto per ragioni di economicità.
N e l l ' a p p a r a t o le varianti sono contrassegnate dalla sigla
dei manoscritti che le presentano e sono disposte nell'or-
dine n o r m a l e del testo in g r u p p i distinti e o p p o r t u n a m e n t e
numerati a seconda dei versi (se si tratta di poesia) op-
pure dei righi di stampa o dei periodi (se si tratta di
prosa).
N e l caso in cui non risulti chiaro dai contesto a quale
delle lezioni del v e r s o o p p u r e del rigo (o p e r i o d o ) si rife-
risca la variante riprodotta in apparato, sarà o p p o r t u n o f a r
precedere la variante dalla lezione del testo, separandole
mediante una parentesi quadra (]) oppure dalla parola
del testo che la précédé i m m e d i a t a m e n t e . N e l l ' i n t e r n o dei
singoli g r u p p i d o p o la c i f r a che rinvia al verso o p p u r e al
rigo (o p e r i o d o ) , è consigliabile mettere una v i r g o l a fra
le varianti che rimandano ad una stessa lezione, u n p u n t o
e v i r g o l a f r a le serie di varianti che r i m a n d a n o a lezioni
d i v e r s e del testo critico, ed infine un p u n t o f e r m o alla fine
del g r u p p o p r i m a délia c i f r a che r i n v i a al v e r s o oppure
al rigo (o p e r i o d o ) i m m e d i a t a m e n t e successivo. Natural-
mente si p o s s o n o adottare sistemi anche più semplici. Co-
m u n q u e , sarà b e n e tener sempre distinte le serie di va-

123
rianti che r i m a n d a n o a d i v e r s e lezioni del testo, se non
altro p e r evitare c o n f u s i o n i più gravi.
Nell'interno dell'apparato si dovrà rendere conto nel
modo più chiaro possibile dell'aspetto paleografico non
solo delle lezioni rifiutate, m a anche di quelle accolte nel
testo. Quindi si indicheranno ad esempio le espunzioni
dovute alFamanuense (« delevit prima manus »), oppure
al direttore dello scriptorium o ad altri lettori (« delevit
secunda, tertia, etc. manus »), le aggiunte ad opéra di una
seconda (o terza o q u a r t a ) m a n o (« addidit secunda, ter-
tia, etc. manus »), le parti integrate dall'amanuense in u n
secondo m o m e n t o (« supplevit p r i m a m a n u s ») su lacuna
ad esempio o p p u r e su rasura, i luoghi resi d u b b i da dan-
neggiamento meccanico o da scarsa chiarezza del ductus
( « l e c t i o dubia », o p p u r e « p a r u m legitur una littera » o
« parum leguntur nonnullae litterae », etc.), e cosî via.
S e m p r e n e l l ' a p p a r a t o , in casi di particolare interesse, an-
d r a n n o registrate le congetture degli editori precedenti, i
dubbi sulla lezione adottata ed e v e n t u a l m e n t e le lezioni
d i v e r g e n t i délia o delle altre edizioni critiche. N e l l ' e d i z i o n e
dei testi italiani da M B a r b i in poi ( c f r . l'ed. délia Vita
Nuova di D a n t e , M i l a n o 1907) si usa raccogliere tutte
queste informazioni in una seconda fascia sotto l ' a p p a r a t o
v e r o e p r o p r i o ( l ' u s o ha precedenti nella filologia applicata
ai testi antico-francesi; c f r . W F o e r s t e r - E K o s c h w i t z , Altjran-
zôsisches Ubungsbuch, L e i p z i g 1 8 8 4 1 [. . . 1 9 3 2 7 ] ) . P e r una
bibliografia in a r g o m e n t o si Veda 4.11.

4 . 1 5 . L ' e d i z i o n e del testo di u n manoscritto in cui ven-


g o n o rispettate tutte le caratteristiche esterne dell'esem-
plare, come la p u n t e g g i a t u r a , le abbreviazioni, l ' u s o delle
maiuscole e delle minuscole, etc., etc., viene c o m u n e m e n t e
chiamata con il n o m e di edizione diplomatica. T a i e genere
di edizione non h a più oggi che rari cultori.

124
E s s o ha a v u t o una sua utilità contingente, q u a n d o gli spo-
stamenti da biblioteca a biblioteca non erano agevoli e la
f o t o g r a f i a non a v e v a ancora raggiunto l'attuale perfezione tec-
nica. C o n questo p e r ô non bisogna credere che la f o t o g r a f i a ,
anche quella attuata con i mezzi più raffinati, sostituisca in
tutto e per tutto la consultazione diretta delPoriginale. Spesso
la fedeltà delle copie fotografiche ha limiti precisi non solo
p e r quel che riguarda, come è o v v i o , l'apprezzamento del ma-
teriale impiegato nel codice, ma anche soprattutto in rapporto
a dettagli importanti, come le rasure, i cambiamenti di inchio-
stro, le aggiunte, le macchie, le o m b r e e tutti quegli altri dati
o difetti che in un modo o in un altro sono di grande aiuto
p e r la « lettura » del testo e la valutazione délia sua qualità.

Nelle Ietterature romanze le edizioni diplomatiche più im-


portanti riguardano soprattutto la lirica. Indicazioni bibliografi-
che al riguardo si troveranno:

( 1 ) per la letteratura italiana in BPanvini, Studio sui mano-


scritti dell'antica lirica italiana, in « Studi di filologia italiana »,
XI
( 1 953)> 5 - 1 3 5 , e GFolena in Geschichte der Textiiberliefe-
rung der antiken und mittelalterlichen Literatur. Band II.
Uberlieferungsgeschichte der mittelalterlichen Literatur, Zurich
1964, pp. 368-420.

(2) per la letteratura in lingua d'oc in APillet e HCarstens,


Bibliographie der Troubadours, Halle X933 (nei « Schriften der
kônigsberger gelehrten Gesellschaft », Sonderreihe, Band 3), ri-
stampato in tiratura limitata nel 1968, e in CBrunel, Biblio-
graphie des manuscrits littéraires en ancien provençal, Parigi
1 9 3 5 (in « Société de publications romanes et françaises », XIII).

(3) per la letteratura in lingua d'oïl in G. Raynauds Biblio-


graphie des altfranzôsischen Liedes, neu bearbeitet und erganzt
von Hans Spanke, Erster Teil, Leiden 1 9 5 5 .

(4) per la letteratura galego-portoghese in G T a v a n i , Poesia


del duecento nella penisola iberica, Roma 1969 (in « Officina
Romanica », 12).
125
Numerose anche le edizioni diplomatiche di opere apparte-
nenti al genere epico. Fra queste basterà qui ricordare quelle
relative alla Chanson de Roland, per cui si rimanda aile indica-
zioni fornite da RBossuat, Manuel bibliographique de la litté-
rature française du moyen âge, Melun 1 9 5 1 , n.i 684 e sgg.
(cui andranno aggiunte le indicazioni contenute nei due supple-
menti del 1 9 5 5 e del 1 9 6 1 ) .

126
INDICE TOPOGRAFICO DEI MANOSCRITTI

AQUILA

M U S E O DI A R T E SACRA

(1) Codice di papa Celestino (Proverbia pseudojacoponici) 8

BERLINO

DEUTSCHE STAATSBIBLIOTHEK (già OEFFENTLICHE WISSEN-


SCHAFTLICHE BIBLIOTHEK)

(2) Ital qu. 26 (Bonvesin da la Riva) 7, 8


(3) cod. Phillipps 1910 (canzoniere occitanico) = N 2 50

BOLOGNA

BIBLIOTECA COMUNALE DELL'ARCHIGINNASIO

(4) B. 3467 (carte Barbieri) = Bb 57

BIBLIOTECA UNIVERSITARIA

(5) cod. 2650 (Proverbia pseudojacoponici) 8

CARLISLE (Cumberland)

THE CATHEDRAL LIBRARY

(6) codice miscellaneo (Vie de saint Alexis) = Mb 7, 59

CLERMONT-FERRAND

BIBLIOTHÈQUE M U N I C I P A L E ET UNIVERSITAIRE

(7) 240 (ant. 189) (Sant Lethgier) 26, 62, 87

EL ESCORIAL (Madrid)

R E A L BIBLIOTECA DE SAN LORENZO

(8) cod. e. I I I . 23 (canzoniere di rime italiane) 38

127
FIRENZE

BIBLIOTECA MEDICEO-LAURENZIANA

Fondo principale
(9) XLI, cod. 42 (Donat Proensal) = B 47,48
(10) XC inf., cod. 26 (canzoniere occitanico) = c 56
Fondo Edili
(11) Aedil. 187 (Donat Proensal) = A 47,48
Fondo Gaddiani reliqui
(12) 1 1 5 (Fiore di virtù) 23
Fondo Redi
(13) 9 (canzoniere di rime italiane) = L 16,17,19,39,40,49,
50, 58, 9 4 , 1 0 1 , 1 0 2 , 1 0 3

BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE

(14) Banco Rari 217 (ant. Palatino 418) (canzoniere di rime


italiane) = P 16,17,19,58,81,101,102,103
(15) Palatino latino 700 (Candelabrum) 55

BIBLIOTECA RICCARDIANA

(16) 2814 (Donat Proensal) = C 47. 4 8


(canzoniere occitanico) = a 51
(17) 2909 (canzoniere occitanico) = Q 56

BIBLIOTECA DELLA SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA

(18) ms. 3 (già Ginori Conti) (canzoniere di rime italia-


ne) = G 1 6 , 1 7 , 1 9 , 2 0 , 1 0 1 , X02,103

H I L D E S H E I M (Hannover)

ST. GODEHARDIKIRCHE

(19) Salterio di Saint Albans (Vie de saint Alexis) = L 5, 7, 22,


57,58,60,83,114,115

GINEVRA

BIBLIOTHÈQUE P U B L I Q U E ET UNIVERSITAIRE

(20) fondo M. Bodmer (già Melzi A) (canzoniere di rime


italiane) 18

128
LUCCA

BIBLIOTECA S T A T A L E DI L U C C A

(21) lat. 527 (B 392) (Carmina de mensibus di Bonvesin


da la Riva) 115

MADRID

BIBLIOTECA DE LA R E A L A C A D E M I A ESPANOLA

(22) Manoscritto Gayoso (Libro de buen amor) = G 42

BIBLIOTECA NACIONAL

(23) cod. 10077 (Proverbia pseudojacoponici) 8


(24) Va-6-1 (ant. Hh - 101) (Libro de buen amor) = T 42
(25) Fondo eredi del Marqués de Pidal (Cantar de mio Cid) 9

MANCHESTER

JOHN R Y L A N D S LIBRARY

(26) French 6 (Vie de saint Alexis) = P 2 57

MILANO

BIBLIOTECA AMBROSIANA

(27) D. 465 inf. (Donat Proensal) = D 47, 48


(28) N. 95 sup. (Bonvesin da la Riva) 8
(29) T. 10 sup. (Bonvesin da la Riva) 8

BIBLIOTECA TRIVULZIANA

(30) cod. 1058 (canzoniere di rime italiane) = T 16, 1 7 , 1 9 ,


1 0 1 , 1 0 2 , 103

MODENA

BIBLIOTECA NAZIONALE ESTENSE

(31) a . R. 4. 4. (ant. IV, 163) (canzoniere occitanico)


= D 54,55,56,80

129
NEW YORK

PIERPONT MORGAN LIBRARY

(32) M 819 (canzoniere occitanico) = N 56


(33) 831 (già manoscritto Finaly-Landau) (Donat Proen-
sal) = L 48

OXFORD

BODLEIAN LIBRARY

(34) 1624 (Digby 23) (Chanson de Roland) = O 29,117

PARIGI

BIBLIOTHÈQUE NATIONALE

(35) fr. 837 (Lai de l'Ombre) = A 99, 100


(36) fr. 854 (canzoniere occitanico) = I 50, 56
(37) fr. 8 5 6 (canzoniere occitanico) = C 52,56,116
(38) fr. 1553 (Vie de saint Alexis) = M 7.59
(38 bis) (Lai de l'Ombre) - G 99.100
(39) tr. 1592 (canzoniere occitanico) = B 51,52,56
(40) fr. 1593 (Lai de l'Ombre) = B 99,100
(41) fr. 1749 (canzoniere occitanico) = E 5°, 54» 55
(42) fr. 12471 (Vie de saint Alexis) = S 7,22,57,58,59,60,83
(43) fr. 12473 (canzoniere occitanico) = K 50, 56
(44) fr. 12603 (Lai de l'Ombre) = C 99,100
(45) fr. 14971 (Lai de l'Ombre) = F 99,100
(46) fr. 19152 (Lai de l'Ombre) = D 99, 100
(47) fr. 19525 (Vie de saint Alexis) = P 6, 7 , 22, 5 7 , 58, 59, 6 0 , 83
(48) fr. 2 2 5 4 3 (canzoniere occitanico) = R 51,56,116
(49) nouv. acq. fr. 1 1 0 4 (Lai de l'Ombre) = E 99,100
(50) nouv. acq. fr. 4 5 0 3 (Vie de saint Alexis) = A 6, 7, 22, 57,
5 8 , 5 9 , 6 0 , 83

ROMA

BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

Latini
(51) 3113 (Carmina de mensibus di Bonvesin da la Riva) 115
(52) 3 2 1 4 (canzoniere di rime italiane) = V 2 39,40,58,92
(53) 3 7 9 3 (canzoniere di rime italiane) = V 16,17,19,57,
58, 6 1 , 1 0 1 , 1 0 2 , 1 0 3

130
(54) 5232 (canzoniere occitanico) = A 51,52,54.55,56
(55) 5334 (Vie de saint Alexis) = V 6, 7, 22
Barberiniani latini
(56) 3953 (canzoniere di rime italiane) = B 16,17,19,
20, i o i , 102,103
Chigiani
(57) VIII 305 (canzoniere di rime italiane) = C' (Ch) 16, 17,19,
20, 39, 40, 57, 58, 62, 81,94, i o i , 102, 103

BIBLIOTECA CASANATENSE (PONTIFICALE)

(58) cod. 433 (canzoniere di rime italiane) = Ca 16,17,19,


i o i , 102,103

SALAMANCA

BIBLIOTECA DE LA UNIVERSIDAD ANTIGUA

(59) 2663 (Libro de buen amor) = S 42

SAN GALLO

STIFTSBIBLIOTHEK

(60) 914 (Régula Benedicti) 54

SIENA

BIBLIOTECA COMUNALE

(61) I. VIII. 36 (canzoniere di rime italiane) 18

VENEZIA

BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA

(62) IX Ital. 191 (canzoniere di rime italiane) = Me' 16,17,19


(63) fr. 225 (Chanson de Roland) = V4 118

VERONA

BIBLIOTECA CAPITOLARE

(64) cod. 445 (canzoniere di rime italiane) = Ve 16, 17,


19, i o i , 102
131

10»
INDICE DEI NOMI

Aebischer, P. 23 61, 62, 101, 102, 103, 110,


Alberti, G. B 24 115, 118, 119, 120, 122
Alessio, G. viii, 55 Corominas, J. 42
Atkinson, T. 120 Curtius, E. R. 6
Avalle, d'A. S. x, xii, 8, 18, 19,
20, 26, 34, 38, 45, 51, 52, 54, Dain, A. x, 53, 88, m , 112
55. 56, 59, 61. 62 > 63> 79. 8o> De Robertis, D. 37, 38
81, 82, 85, 86, 87, 90, 116, 117 De Robertis, G. 37
Dearing, V. A. x, xi, 25, 37, 85,
Bailey, R. W. 41 87, 105, i n
Baldelli, I. 8, 62 Destrez, J. 92
Barbi, M. 93, 124 Dolezel, L. 41
Battelli, G. 92
Bédier, J. ix, 22, 28, 29. 46, 47, Egidi, F. 117
82, 83, 99, 100, 113 Ellegârd, A, 41
Bertoni, G. 52
Bévenot, M. 55 Favati, G. 92
Biadene, L. 115 Ferrari, M. xii
Bigazzi, V. 8 Flower, B. x
Billanovich, G. xii Folena, G. 125
Blin-Stoyle, R. J. 83 Frankel, H . xi, 28, 91, 103, 114,
Bossuat, R. 126
115
Braccini, M. 122
Froger, J. xi, 11, 12, 25, 65, 66,
Brambilla Ageno, F. xi, xii, 37,
69, 70, 85
41, 51, 64, 90
Brunei, Cl. 120, 125 Griffith, J. G. xi, 24, 55, 110
Bulatkin, E. W. 6
Halforsen, E. F. 23
Canfora, L. xi Halle, M. 83
Caretti, L. 37 Hanslik, R. 54
Carstens, H. 125 Hatcher, A. G. 6
Casella, M. 15, 16, 17, 18, 49, Havet, L. 35, 111
50, 81, 101, 102, 103 Herdan, G. 41
Castellani, A. x Hill, A. A. x, 49, 84, 85, 93
Chiarini, G. 9, 42 Hjelmslev, L. 83
Collomp, P. 47
Contini, G. xi, xii, 7, 8, 9, 15, Isella, D. 35, 37
16, 17, 18, 22, 26, 29, 37, 38,
39, 41, 46, 51, 57, 58, 59, 60, Jakobson, R. 83

132
Kaufmann, A. 67 Pillet, A. 125
Poré, Ph. 67, 70
Labhardt, A. 55 Poyen, J. 70
Lachmann, K. 22, 31, 53, 86,
Quentin, H. ix, 21, 31, 47
87, 88
Laufer, R. xii Rajna, P. 22
Lausberg, H. 6 Rebay, L. 35
Linskill, J. 26 Reichenbach, H. 83
Reynolds, L. D. xi, xii, 27, 36
Maas, P. ix, x, xi, 31, 37, 44, Richter, R. 81
45, 46, 47, 50, 58, 59, 79, 80, Roques, M. 120
88, 89, 93, 95, n o , m , 113, Rosellini, A. 118
114, 115, 116, 120, 121, 122 Russo, C. F. xi
Madvig, J. N. 88
Marichal, R. x, xii, 21, 27, 34, Samaran, Ch. x
50, 53, 60, 85, 86, 87 Schiaffini, A. 92
Marshall, J. H. 47, 48, 49 Segre, C. 23, 110, 118
Martinelli, N. x Spanke, H. 125
Menéndez Pidal, R. 9 Stengel, E. 87
Meyer, P. 120
Monteverdi, A. 9 Tavani, G. 125
Mosteller, F. 41 Timpanaro, S. x, xii, 44, 70, 87,
Muller, Ch. 41 118
Mussafia, A. 119 Tobler, A. 57, 59, 119
Toja, G. j o
Orelli, J. C. 88
Ugolini, F. A. 8
Pannier, L. 7 Varvaro, A. xi, 42
Panvini, B. 123, 125
Paris, G. 7, 58, 60, 82, 99, 115, Yule, G. U. 41
120
Pasquali, G. xi, 23, 25, 27, 37, Wallace, D. L. 41
53, 54, 64, 80, 93, 119 Wilson, N. G. xi, xii, 27, 36
Péguy, Ch. 34
Pelaez, M. 92 Zarri, G. 25
Petrocchi, G. 4, 27, 88 Zumpt, C. G. 70

133
01
INDICE DEGLI AUTORI E DELLE OPERE
(Gli autori del medioevo compaiono sotto il nome di battesimo)

Al cor gentil cfr. s.v. Guido Gui- Dialoghi 93 (cfr. anche s.v. Epit-
nizzelli teto)
Aristarco 119 Dieus en sia grazitz 54 (cfr. an-
Arnaut Daniel 50 che s.v. Peire Vidal)
Atressi co l perilhans 116 (cfr. Document! d'Amore 117 (cfr. an-
anche s.v. Peire Vidal) che s.v. Francesco da Barbe-
rino)
Bene da Firenze 55 Donat Proensal 47 (cfr. anche
Bestiaire d'Amours 110 (cfr. an- s.v. Uc Faidit)
che s.v. Richart de Fornival)
Boccaccio, Giovanni 37 Enzo (Re) 61
Bonvesin da la Riva 3, 7, 8, 115, Epitteto 93
120 Fenoglio, B. 36
Breviari d'amor 81 Fiore 41
Fiore di virtù 23
Candelabrum 55 (cfr. anche s.v.
Francesco da Barberino 117
Bene da Firenze)
Cantar de mio Cid 3, 9 Gerolamo (san) 30
Carmina de mensibus 115 (cfr. Giuramenti di Strasburgo 26
anche s.v. Bonvesin da la Riva) Glosse di Reichenau 55
Chanson de Roland 23, 29, 117, Guido Cavalcanti 92, 93
120, 126 Guido Guinizzelli 3, 15, 16, 17,
Cicerone 36 18, 19, 20, 23, 38, 39, 41, 49,
Cipriano (san) 55 58, 95, 101
Commedia 4, 26, 88, 110 (cfr.
anche s.v. Dante Alighieri) lo non pensava che lo cor giam-
Considerando l'altéra valenza 62 mai 92 (cfr. anche s.v. Guido
(cfr. anche s.v. Meo Abbrac- Cavalcanti)
ciavacca)
Jacopone da Todi 63
Dante Alighieri 30, 37, 38, 41, Jean Renart 99
88, 92, 93, ixo, 124 Juan Ruiz 41
De rerum natura 86, 87 (cfr. an- Karlamagnûs Saga 23
che s.v. Lucrezio) Keats, J. 35
Detto d'Amore 41
Di si alta valenza ha signoria Lai de l'Ombre 28, 95, 99
62 (cfr. anche s.v. Panuccio Libro de buen amor 41, 42 (cfr.
del Bagno) anche s.v. Juan Ruiz)

134
Lorenzo il Magnifico de' Medici Raccolta Aragonese 88, 94
88, 94 Régula di san Benedetto 54
Lucrezio 53, 86, 87, 88 Richart de Fornival 110
Rigaut de Barbezieux 123
Manzoni, A. 33, 37 Roland à Saragosse 120
Matfre Ermengau 81 Ronsasvals 120
Memoriali bolognesi 27, 115 S'eo trovasse Pietanza 57
Meo Abbracciavacca 62 Sant Lethgier 26, 62, 87
Montale, E. 35, 36, 89 Semprebene da Bologna 61, 62
Svetonio 112
Panuccio del Bagno 62
Parini, G. 35 Uc Faidit 47
Peire Vidal 54, 56, 89, 116
Percivalle Doria 61 Verrine 70
Petrarca, F. 37 Vie de saint Alexis (La) 3, 5, 6,
Porta, C. 35 7, 22, 51, 56, 58, 59, 61, 114,
Promessi Sposi 33 120
Proverbia pseudojacoponici 3, Vita nuova (La) 38, 92, 124 (cfr.
8, 9 anche s.v. Dante Alighieri)

135
INDICE ANALITICO DEL CONTENUTO

O. INTRODUZIONE. L ' A N A L I S I DEL- De: (a) descrizione dei P2 15


LE FORME E LA CRITICA DEL 0.8.2. (b) conseguenze sui De 19
TESTO 3 0.9. De ~ O 20
o.i. Dato (D) in quanto testo e
1. P R I N C I P Î GENERALI 21
processo (P) in quanto tradi-
zione 3 1.1. Ecdotica 21
0.2. Analisi del processo 5 1.2. « Recensio » 21
0.2.1. Conseguenze di una insuf- 1.3. Tradizione e recensione 22
ficiente analisi del processo 1.4. « Collatio codicum » 24
(esempio pratico: La vie de 1.5. «Codex unicus » 25
Saint Alexis anglo-normanna) 5 1.6. Criteri antiquati 27
0.3. Ipotesi inversa: mancanza 1.6.1. « Codex optimus » 27
di uno o più elementi (codici) 1.6.2. « Codices plurimi » 29
del processo in quanto tradi- 1.6.3. « T e x t u s receptus » (« vul-
zione 6 gata ») 30
0.3.1. Esempi pratici: La vie de 1.7. « Interpretatio » 30
Saint Alexis 7
0.3.2. Bonvesin da la Riva 7 2 . STORIA DELLA TRADIZIONE 33

0.3.3. I Proverbia pseudojacopo- I. Fenomenologia dell'originale 33


nici 8 2.1. Originale 33
0.4. Tradizioni basate su codici 2.2. Varianti d'autore 37
tardi 9 I I . Fenomenologia della copia 43
0.4.1. Esempio pratico: il Can- 2.3. Innovazione 43
tar de mio Cid 9 2.4. Lezione (variante) 43
0.5. I due processi 9 2.5. Lezione caratteristica 43
0.6. Come si ricava il processo 2.6. Errore 44
(Pi) che unisce l'originale (O) 2.6.1. Errore significativo 44
ai codici non « descripti » 10 2.6.2. Errore congiuntivo 45
0.7. Come si ricava il processo 2.6.3. Errore separativo 45
(P2) che sta alla base dell'edi- 2.6.4. Vincolo dell'errore 46
zione (De) 12 2.6.5. Dubbi sull'errore 46
0.8. Impossibilité di utilizzare il 2.6.6. Confusioni fra errori e va-
concetto di funzione: (a) per rianti indifferenti 47
il recupero dell'originale (O) 2.6.7. Falsi errori separativi 49
e (b) nel caso di tradizioni 2.7. Omeoteleuto 50
contaminate 14 2.8. Trivializzazione poligenetica
0.8.1. Un esempio (G. Guiniz-
51
zelli, Al cor gentil, vv. 1-2) di
2.9. Contaminazione 52
rapporto funzionale fra P 2 e
2.10. « Editio variorum » 53
136
2.11. Diffrazione 56 3 . n . « Eliminatio codicum de-
2.12. Interpolazione 60 scriptorum » 93
2.13. Rifacimento 60
2.14. « Editio princeps » 63 4 . COSTITUZIONE DEL TESTO 95

I. «Emendatio ope codicum» 95


3 . COSTITUZIONE DEL CANONE 65 4.1. Criteri statistici di probabi-
lité" 95
I. Lo stemma 65
4.2. Lezioni adiafore 97
3.1. Famiglia o gruppo di mano- 4.2.1. Stemmi a tre rami 98
scritti 65 4.2.2. Lo stemma del Lai de
3.2. Il grafico 67 l'Ombre 99
3.3. Tradizioni contaminate 70 4.2.3. Esame di sette « loci cri-
3.3.1. Ipotesi di contaminazione tici » délia canzone Al cor
7° gentil di G. Guinizzelli 101
3.3.2. Esempio (I) di applicazio- 4.3. Instabilité delle costellazio-
ne 72 ni 103
3.3.3. Esempio (II) di applica- 4.3.1. Stemma a tre costellazio-
zione 75 ni 104
3.3.4. Riduzione delle ipotesi 4.3.2. Contaminazione esterna 104
(minimizzazione) 79 4.3.3. Contaminazione interna 104
3.3.5. Identificazione dei mss. 4.3.4. Contaminazione esterna-
contaminati 79 interna 106
3.3.6. Discriminazione fra testo- 4.3.5. Stemma a due costellazio-
base e testo-di-contaminazio- ni 106
ne 80 4.3.6. Contaminazione esterna 106
3.3.7. « Ipotesi più economica » 4.3.7. Contaminazione interna 106
82 4.3.8. Contaminazione esterna-
3.3.8. Concetto di « ipotesi » 82 interna 109
3.3.9. Storia del concetto di 4.4. « Eliminatio lectionum sin-
« ipotesi più economica » (nel- gularium » 110
la stemmatica) 84 II. « Emendatio ope ingenii » n i
3.3.10. Storia del concetto di 4.5. « Divinatio » 111
« ipotesi più economica » (nel 4.6. Congettura 112
campo délia contaminazione) 4.7. « Selectio » 115
84 4.8. « Combinatio » 116
II. Gli elementi dello stemma 86 4.9. «Lectio difficilior» 117
3.4. Capostipite 86 4.10. « Usus scribendi » 118
3.5. Archetipo 87 I I I . Norme pratiche 119
3.6. « Codex interpositus » 90 4.11. Testo critico 119
3.7. Testimonio 90 4.12. « Crux desperationis » 121
3.8. Apografo 91 4.13. Manoscritto-base 121
3.9. Antigrafo 91 4.14. Apparato critico 122
3.10. Esemplare 91 4.15. Edizione diplomatica 124
137
INDICE ANALITICO DEL CONTENUTO
(in ordine alfabetico)
a cura del dot t. Giancarlo Alessio

3.9. Antigrafo 91 4.3.4.,8. c) contaminazione ester-


3.8. Apografo 91 na-interna 106, 109
4.14. Apparato critico 122 1.6. Criteri antiquati in critica te-
3.5. Archetipo 87 stuale (v. 1.6.1., 1.6.2., 1.6.3.)
3.4. Capostipite 86 27
3.6. « Codex interpositus » 90 4.1. Criteri statistici di probabi-
1.6.1. «Codex optimus » 27 lità nella costituzione del te-
1.5. «Codex unicus» 25 sto 95
1.6.2. « Codices plurimi » 29 4.12. « Crux desperationis » 121
1.4. « Collatio codicum » 24
0.1. Dato (D) in quanto testo e
2.10. Collettore di varianti 53 suo rapporto funzionale col
3.1. « Collezioni » di errori 66 processo (P) 3
4.8. « Combinatio » 116 2.11. Diffrazione 56
4.6. Congettura 112
4.5. « D i v i n a t i o » 111
2.9. Contaminazione 52
1.1. Ecdotica 21
3.3. Tradizioni contaminate 70
2.14. « Editio princeps » 63
3.3.1. Ipotesi di contaminazione
2.10. « Editio variorum » 53
70
3.3.2.,3. Esempi di applicazione 4.15. Edizione diplomatica 124
delle ipotesi 72, 75 3.11. « Eliminatio codicum de-
3.3.4. Riduzione delle ipotesi (mi- scriptorum » 93
nimizzazione) 79 4.4. « Eliminatio lectionum singu-
3.3.5. Identificazione dei mano- larium » 110
scritti contaminati 79 4.1. « Emendatio ope codicum»
3.3.6. Discriminazione fra testo 95
base e testo-di-contaminazione 4.11. «Emendatio ope ingenii »
80 ni
3.3.7.-10. « Ipotesi più economi- 2.6. Errore
ca » 82-4. 2.6.1. Errore significativo 44
4.3. Costellazione 103 2.6.2. Errore congiuntivo 45
4.3. Instabilità delle costellazio- 2.6.3. Errore separativo 45
ni 103 come prova indiretta di 2.6.4. Vincolo dell'errore 46
4.3.2.,3. a) contaminazione ester- 2.6.5. Dubbi sull'errore 46
na 104, 106 2.6.6. Confusioni fra errori e va-
4.3.3.,7. b) contaminazione inter- rianti indifferenti 47
na 104, 106 2.6.7. Falsi errori separativi 49

138
2.7. Falsi errori congiuntivi: 0.6. a) Pi, fra l'originale (O) e i
a) omeoteleuto 50 codici non « descripti » 10
2.8. b) trivializzazione poligene- 0.7. b) P2 che sta alla base del-
tica 51 l'edizione critica 12
3.10. Esemplare 91 1.2. « Recensio » 21
3.1. Famiglia o gruppo di mano- 1.3. Recensione 22
scritti 65 1.3. Recensione chiusa 23-4
3.2. Il grafico 67 1.3. Recensione aperta 23-4
2.3. Innovazione 43 2.13. Rifacimento 60
2.12. Interpolazione 60
4.7. « Selectio » 115
1.7. « Interpretatio » 30
3.1. Lo stemma 65
4.9. «Lectio difficilior » 117
2.8. «Lectio facilior » 51 3.6. Subarchetipo 90
2.4. Lezione (variante) 43 3.7. Testimonio 90
4.2. Lezione adiafora 97 4.11. Testo critico 119
2.5. Lezione caratteristica 43 1.6.3. « Textus receptus » («vul-
4.13. Manoscritto-base 121 gata ») 30 (v. 1.6.)
2.7. Omeoteleuto 50 2.8. Trivializzazione poligenetica
2.1. Originale 33 51
0.1. Processo (P) in quanto tra- 1.3. Tradizione 22
dizione 3 3.3. Tradizione contaminata 70
0.2. Analisi del processo 5 4.4. «Tradizione latente» 110
0.2.1. Conseguenze di una insuf- 4.10. « Usus scribendi » 118
ficiente analisi del processo 5 2.4. Variante 43
0.5. I due processi (Ph P2) 9 2.2. Variante d'autore 37

139

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