Sei sulla pagina 1di 52

Finalità e metodi della filologia

(modulo 276)

Luca Carlo Rossi


Università di Venezia

Ultima revisione 10 Marzo 2003


ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Presentazione del modulo

Questo modulo intende presentare che cosa sia la filologia, quali sono i suoi scopi generali e gli
obiettivi particolari. Con una serie di brevi quadri storici e l'esposizione di alcuni risultati acquisiti,
il modulo mostra attraverso quali metodi la filologia cerca di dare risposte fondate ai problemi
relativi alla ricostruzione dei testi e alla conoscenza documentata e precisa della civiltà letteraria e
artistica, antica e moderna. In particolare viene mostrato che cos'è un'edizione critica, attraverso
quali metodi viene allestita e in quale modo la si legge.

2
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Guida al modulo

Scopo del modulo

Questo modulo si propone di illustrare che cosa si intende per "filologia" attraverso alcune
definizioni e soprattutto attraverso le applicazioni dirette della disciplina. Lo scopo è quello di
indicare quali sono le finalità complessive della mentalità filologica da applicare allo studio dei
testi, soprattutto quelli letterari, e attraverso quali metodi sia possibile tentare una conoscenza
filologicamente fondata di un testo, di un ambiente culturale, di codici intellettuali e così via. In
particolare si intende mostrare come la filologia arrivi a definire l'edizione critica di un testo
nell'ambito della letteratura italiana e quanto sia importante tale operazione; infine si offrono alcune
istruzioni per la consultazione di edizioni critiche.

Lista degli obiettivi

UD 1 - Che cos’è la filologia

Obiettivo di questa unità didattica è illustrare il significato del termine "filologia" attraverso una
breve storia della parola e del concetto che essa rappresenta nelle varie epoche fino alla nostra.

Sottoobiettivo: conoscere la storia della parola "filologia" dall'antichità a oggi.

Sottoobiettivo: conoscere l'atteggiamento filologico nella sua applicazione a


problemi specifici.

Sottoobiettivo: conoscere l'ininterrotto sforzo della filologia nel servirsi di strumenti


sempre più avanzati.

UD 2 - A cosa serve la filologia

Obiettivo di questa unità didattica è far conoscere l'utilità dell'approccio filologico ai problemi di
ricostruzione del passato e alla conoscenza fondata del presente.

Sottoobiettivo: conoscere alcuni casi specifici nei quali la filologia ha permesso di


capire meglio alcuni ambienti culturali, dinamiche intellettuali e codici intellettuali.

Sottoobiettivo: verificare come la filologia serva a non accogliere passivamente


notizie, interpretazioni acquisite e a porsi sempre nuovi problemi fondati.

Sottoobiettivo: apprendere alcuni termini specifici della ricerca filologica.

3
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 3 - Competenze del filologo

Obiettivo di questa unità didattica è indicare quali sono le principali conoscenze che il filologo deve
avere per affrontare lo studio dei testi, per realizzare uno studio filologicamente fondato di ambienti
e situazioni, e infine per produrre edizioni critiche.

Sottoobiettivo: conoscere discipline e relativi contenuti.

Sottoobiettivo: verificare la natura interdisciplinare della filologia.

Sottoobiettivo: apprendere alcuni termini specifici della ricerca filologica.

UD 4 - Che cos'è un'edizione critica

Obiettivo di questa unità didattica è definire l'edizione critica, mostrare le due principali fasi nelle
quali si realizza, sintetizzare i due principali metodi ricostruttivi correntemente adottati.

Sottoobiettivo: conoscere il significato dell'operazione critica di ricostruzione del


testo.

Sottoobiettivo: apprendere alcuni termini specifici della ricerca filologica.

Sottoobiettivo: conoscere le linee metodologiche per la ricostruzione del testo


critico.

UD 5 - Come si legge un'edizione critica

Obiettivo di questa unità didattica è illustrare come si usa un'edizione critica attraverso la
descrizione delle parti principali nelle quali si articola.

Sottoobiettivo: conoscere come si presenta il resoconto di un'edizione critica.

Sottoobiettivo: conoscere i principali simboli usati nei testi critici.

Sottoobiettivo: conoscere i principali problemi affrontati dall'editore critico e i modi


per risolverli.

Sottoobiettivo: apprendere alcuni termini specifici della ricerca filologica.

4
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 6 - Altre questioni filologiche

Obiettivo di questa unità didattica è indicare una serie di problemi specifici legati a determinate
tipologie di testi e mostrare altri problemi connessi alla valutazione critica dell'autenticità o della
falsità di un testo.

Sottoobiettivo: conoscere situazioni particolari legate a forme specifiche della


produzione letteraria.

Sottoobiettivo: conoscere i principali modi per risolvere alcune precise situazioni


testuali legate a forme peculiari di testi.

Sottoobiettivo: apprendere alcuni termini specifici della ricerca filologica.

UD 7 - Immagini di edizioni critiche

Obiettivo di questa unità didattica è mostrare con esempi tratti da edizioni critiche alcune fasi
illustrate nelle precedenti unità didattiche.

Sottoobiettivo: conoscere la tipologia generale delle edizioni critiche.

Sottoobiettivo: verificare l'identificazione delle principali fasi del lavoro critico.

Sottoobiettivo: apprendere alcuni termini specifici della ricerca filologica.

Contenuti del modulo

Il modulo è costituito dal testo delle lezioni.

Attività richieste

Lettura e studio dei materiali che compongono il modulo. Svolgimento degli esercizi di
autovalutazione.

5
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Indice delle unità didattiche

UD 1 - Che cos’è la filologia

Un rapido viaggio attraverso l'etimologia della parola e la storia della filologia mostra il significato
e il dinamismo della disciplina.

1.1 - Storia di una parola

1.2 - Storia della disciplina I

1.3 - Storia della disciplina II

1.4 - Una filologia, tante filologie

1.5 - La filologia al tempo dei computer

UD 2 - A cosa serve la filologia

L'illustrazione di alcuni casi specifici mette in luce l'utilità della filologia nei processi di
ricostruzione e di comprensione esatta di opere, ambienti culturali e modi di pensiero.

2.1 - Ricostruzione di un testo

2.2 - Ricostruzione di un ambiente culturale

2.3 - Ricostruzione di dinamiche intellettuali

2.4 - Ricostruzione di codici intellettuali

2.5 - Conclusioni

6
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 3 - Competenze del filologo

Si presentano le principali conoscenze indispensabili per praticare in modo attivo la filologia.

3.1 - Competenze necessarie al filologo

3.2 - Paleografia, codicologia, bibliografia testuale

3.3 - Storia della lingua

3.4 - Tecniche ecdotiche

3.5 - L'uso dell'informatica nella filologia

UD 4 - Che cos’è un’edizione critica

Viene spiegato che cosa s'intende per edizione critica di un testo e si illustrano le relative modalità
di realizzazione.

4.1 - Definizione

4.2 - Trasmissione e tradizione del testo

4.3 - Fase documentativa

4.4 - Fase interpretativa secondo il metodo lachmanniano

4.5 - Fase interpretativa secondo il metodo neolachmanniano

UD 5 - Come si legge un’edizione critica

Si offrono alcune istruzioni per la lettura e la consultazione delle edizioni critiche.

5.1 - I destinatari

5.2 - La Nota al testo

5.3 - Gli apparati

5.4 - La grafia e la punteggiatura

5.5 - Simboli e soluzioni grafiche

7
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 6 - Altre questioni filologiche

Sono trattati altri problemi di vario genere che si presentano al filologo durante le sue indagini.

6.1 - Edizioni critiche di raccolte di rime

6.2 - Edizioni critiche di lettere, epistolari e carteggi

6.3 - Edizioni critiche di testi riconducibili alla tradizione orale

6.4 - Uso delle fonti

6.5 - Questioni di attribuzione e di autenticità

6.6 - Un piccolo lessico per precisare

UD 7 - Immagini di edizioni critiche

Gli esempi tratti da edizioni critiche permettono di verificare l'aspetto e le varie fasi di un testo
critico.

7.1 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Elenco dei manoscritti

7.2 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Descrizione di un


manoscritto

7.3 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Discussione delle


varianti

7.4 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Lo stemma

7.5 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Testo critico e


apparati

7.6 - Testo e apparato delle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti

7.7 - Discussione critica relativa alle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti

7.8 - Nota al testo della Nuova cronica di Giovanni Villani

8
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 1 - Che cos’è la filologia

Un rapido viaggio attraverso l'etimologia della parola e la storia della filologia mostra il significato
e il dinamismo della disciplina.

1.1 - Storia di una parola

1.2 - Storia della disciplina I

1.3 - Storia della disciplina II

1.4 - Una filologia, tante filologie

1.5 - La filologia al tempo dei computer

1.1 - Storia di una parola

Il termine "filologia" deriva da una parola greca che in origine significava "amore per la parola, per
il discorso" e anche "attenzione scrupolosa alla dottrina".

Col tempo il valore di "filologia" è cambiato, e la parola è passata a indicare l'erudizione, lo studio
delle discipline necessarie a comprendere il testo di un autore e a restaurarlo quando presentava
evidenti guasti (per il concetto di testo vedi 2.1).

Oggi il significato della parola si è ampliato, e con filologia si intende l'insieme dei procedimenti
che, a partire dallo studio dei testi (i testi letterari, i documenti linguistici, e anche i testi figurativi,
musicali, e così via), ne propone la ricostruzione e il restauro nella loro forma originale e, attraverso
attività di raggio sempre più ampio, mira alla conoscenza integrale di un ambito culturale, di un
periodo storico, studiandone la lingua, la letteratura e le varie espressioni culturali. Si tratta di una
scienza di carattere pluridisciplinare, fondamentalmente storica, nella quale si combinano
precisione, concretezza, attenzione ai dati di fatto.

Tale disciplina nasce dal bisogno di conoscere il testo oggetto di studio nella forma e nella struttura
che gli sono state date dall'autore, e che possono aver subìto danni e modifiche durante il processo
di trasmissione del testo (vale a dire la sua riproduzione fisica nel corso del tempo, in copie
manoscritte o a stampa).

Dopo aver ricostruito il testo secondo la volontà d'autore, la filologia si propone di comprenderlo e
interpretarlo nei suoi singoli elementi (le parole, le strutture sintattiche) e nel suo insieme. A tale
scopo occorre una conoscenza il più possibile ampia dell'ambiente culturale e dell'epoca in cui il
testo fu composto, così da chiarire il significato di parole scomparse o che hanno mutato significato,
i richiami e le allusioni a persone, oggetti e istituzioni che non esistono più. Quanto più precisa e
ampia è la conoscenza e la ricostruzione del contesto nel quale è stato composto il testo in esame,
tanto più sicuro sarà il restauro del testo.

9
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

1.2 - Storia della disciplina I

La filologia viene praticata inizialmente nel mondo ellenistico (III-II secolo a.C.), presso la
biblioteca del Museo di Alessandria d'Egitto e poi anche a Pergamo, con l'intento di raccogliere,
trascrivere e ordinare la produzione letteraria della Grecia antica, con particolare attenzione ai testi
di Omero.

A Roma si registra una fervida attività filologica attorno alle opere di Plauto da parte di Varrone
Reatino (II-I secolo a.C.), mentre Aulo Gellio (II secolo) presta grande attenzione all'antiquaria, e si
arriva poi alla fioritura di commenti ai classici insegnati a scuola (Virgilio, Terenzio) ad opera dei
due grammatici del IV secolo Donato e Servio.

Nel Medioevo l'interesse filologico viene applicato soprattutto al restauro dei testi sacri, promosso
da Alcuino nell'ambito della riforma voluta da Carlomagno (VIII-IX secolo), ma ha effetto anche
sullo studio e sul restauro di alcuni autori classici, grazie in particolare a Lupo di Ferrières (IX
secolo). Una grande ripresa degli studi storico-filologici avviene nel XII secolo per impulso delle
scuole capitolari nelle città francesi di Orléans e Chartres e delle prime università europee, da Parigi
a Bologna, e si estende anche ad altre discipline (filosofia, diritto).

Con intento polemico verso il passato, Francesco Petrarca (1304-1374) rilancia gli studi filologici,
restaurando testi classici (Livio), scoprendo opere di classici finora ignorate e promuovendo una
ricostruzione il più possibile ampia di Roma antica. Col suo esempio avvierà il movimento
dell'Umanesimo, che allarga la sua competenza anche alla Grecia antica e approfondisce lo studio
degli autori e delle istituzioni romane, con la produzione di commenti e di repertori ancor oggi
fondamentali (basta ricordare i nomi di Lorenzo Valla, 1404-1457, e di Angelo Poliziano, 1454-
1494). Si tratta di un fenomeno che attraversa il Rinascimento e che dall'Italia dilaga in tutta
Europa, come mostrano personaggi come Erasmo da Rotterdam (1466-1536).

Diventa sempre più consapevole il bisogno di una tecnica precisa e obiettiva per restaurare i testi
antichi: non basta mettere a confronto manoscritti di varie epoche o intervenire sul testo attraverso
la congettura individuale del filologo; occorre trovare un sistema scientifico capace di rendere meno
estemporanei e provvisori i ritocchi proposti.

1.3 - Storia della disciplina II

Nel corso dell'Ottocento vengono elaborati alcuni principi basilari di "critica testuale" (attività
filologica di ricostruzione di un testo): la ricerca di tutti i testimoni (manoscritti, stampe) conservati
del testo in esame; l'analisi delle varie testimonianze per classificarle e sistemarle e tracciare uno
stemma o albero genealogico di dipendenza, proprio come per le famiglie nobiliari; la ricostruzione
e la correzione del testo sulla base dello stemma. Il desiderio era quello di arrivare a offrire un testo
critico (ossia frutto dell’attività filologica) attraverso un procedimento oggettivo: tale metodo venne
messo a punto e applicato dal filologo tedesco Karl Lachmann (1793-1851).

10
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Le critiche mosse a questo sistema, troppo meccanico e rigido, portarono a successivi ritocchi e a
proposte alternative. In particolare, il filologo francese Joseph Bédier (1864-1938) propose di
basare l'edizione di un testo su un solo testimone, scelto per la qualità della lezione presente (per
"lezione" si intende la forma del testo come compare in un testimone), rifiutando il sistema
combinatorio di Lachmann.

Durante il Novecento si sono poi rivelate le diverse esigenze di filologie settoriali, dal momento che
i processi e i modi della trasmissione dei testi variano nel tempo: una cosa è la copiatura dei
manoscritti, un'altra cosa è il procedimento delle copie a stampa. Altra differenziazione è quella dei
tipi di testi: alcune opere molto popolari sono state molto ritoccate e costantemente adattate al gusto
del pubblico, e il filologo non le potrà trattare come i testi per i quali ci sono stati maggior cautela e
scrupolo.

La tendenza attualmente accettata è quella che accoglie le linee fondamentali del metodo
lachmanniano (raccolta dei testimoni; esame dei loro rapporti; correzione del testo; vedi la
trattazione in 3.4) ma ne respinge l'applicazione meccanica, sottolineando il ruolo fondamentale
delle scelte operative del filologo e del suo personale giudizio. Il filologo dovrà conoscere la storia
della trasmissione del testo e la storia dei singoli testimoni, dietro i quali sta la storia di uomini e dei
loro scambi, e dovrà essere consapevole dei limiti della propria ricostruzione, cercando però di
ridurre al minimo i margini di incertezza. L'ideale è una combinazione equilibrata di storicismo,
empiria e relativismo, definita come metodo neolachmanniano (vedi 4.5): il filologo dovrà trovare il
sistema operativo più adeguato al suo oggetto di studio, dimostrando flessibilità, intelligenza e
abilità nel risolvere problemi concreti.

1.4 - Una filologia, tante filologie

L'atteggiamento filologico è uno in riferimento alla precisione operativa, al senso storico


dell'oggetto di studio, ma poi l'applicazione concreta obbliga a tener conto delle diversità specifiche
dei vari settori d'intervento.

Una distinzione fondamentale riguarda le epoche oggetto di studio: la filologia classica e la filologia
moderna presentano problemi diversi in rapporto alla critica del testo. Dell'antichità classica infatti
non possediamo nessun autografo e nessuna copia antica, pertanto i testi relativi sono testimoniati
da copie molto più tarde; mentre per l'età moderna (che in questo caso va dal Medioevo a oggi)
possediamo molti autografi o copie autorizzate dall'autore. Di conseguenza, e in via di massima, il
filologo classico tende a correggere il testo più di quanto faccia il filologo moderno, anche contro le
attestazioni dei testimoni, per il fatto che comunque le fasi più antiche della tradizione non sono
testimoniate. Inoltre la filologia classica non prevede la ricostruzione complessiva della tradizione
manoscritta di un testo, ma si limita alle copie ritenute più autorevoli.

Il filologo moderno, a sua volta, avrà da risolvere problemi specifici, come quello della forma
linguistica del testo criticamente ricostruito: una lezione sicura nella sostanza può essere
inattendibile sotto il profilo fonetico. Nella filologia moderna poi gli interventi attivi dei trascrittori
(o copisti) sono numerosi, proprio per una certa familiarità che essi sentono con il testo, scritto in
una lingua viva, e che li porta a ritoccarne la lingua o anche il contenuto. Tipico della filologia

11
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

moderna è infine il caso di una medesima opera che presenta più redazioni da parte dell'autore: ne è
un esempio l'Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1474-1533), che esiste in tre diverse stesure
sicuramente eseguite da lui (1516, 1521, 1532). Se lo stesso fenomeno avviene in opere delle quali
non si conosce la storia, il filologo cercherà di chiarire, fin dove gli è possibile, se si tratta di
modifiche dell'autore, e dovrà quindi rispettarle, o se sono interventi estranei da respingere.

Le filologie si differenziano poi per la lingua cui si riferiscono e, all'interno di una medesima
lingua, per i suoi vari stadi storici: la filologia classica riguarda il latino e il greco antichi, la
filologia romanza studia i testi neolatini nella loro fase nascente, la filologia medievale e umanistica
esamina i testi nel latino in uso fra XI e XV secolo, e così via. In molti casi la filologia applicata
allo studio di una lingua prevede soprattutto uno studio linguistico dei testi, e non necessariamente i
problemi ricostruttivi del testo o di un ambiente culturale.

Infine ci sono filologie legate allo studio di un singolo autore, soprattutto quello costitutivo di una
identità nazionale: è il caso della filologia dantesca per l’Italia e di quelle shakespeariana e
cervantina rispettivamente per Gran Bretagna e Spagna.

Con l'espressione "filologia della letteratura italiana" si cercano di superare le divisioni linguistiche
(latino, volgari delle regioni italiane) e le divisioni cronologiche: essa considera tutti i prodotti
letterari di autori italiani dalle prime attestazioni fino ai giorni nostri.

1.5 - La filologia al tempo dei computer

Una disciplina fondamentalmente storica come la filologia ha la necessità di stare nel flusso della
storia per trarre nuovi stimoli per le proprie inchieste e per porre nuove questioni e avviare nuove
ricerche. Fin dal primo apparire degli strumenti informatici i filologi hanno affidato ai calcolatori
alcune fasi del lavoro dell'edizione critica (vedi 3.5), in particolare quelle dove c'è bisogno della
massima oggettività possibile.

Sono seguiti numerosi dibattiti e diversi tentativi di inventare metodi capaci di sfruttare le risorse
dell'intelligenza artificiale, soprattutto la precisione, la velocità, la capacità di memoria sempre più
vasta. Non sempre i risultati sono stati soddisfacenti: infatti si è verificato che lo scrutinio dei dati
risulta troppo meccanico, e che alcune situazioni non possono essere ricondotte dentro modelli
prestabiliti e fissi. Anche il ricorso a metodi statistici di calcolo, per quanto validi come teorie, non
ha dato effetti concreti tali da sostituire i risultati ottenuti coi sistemi tradizionali.

Invece l'informatica è di grande utilità filologica per eseguire altre operazioni: la preparazione di
"concordanze" (repertorio alfabetico di tutte le parole presenti in un testo o in una serie di testi),
l'allestimento di "banche dati", ossia di sconfinate quantità di testi e di informazioni, il cui controllo
sarebbe impossibile alla capacità umana del singolo ricercatore, e infine l'interrogazione dei testi
secondo molteplici chiavi di accesso ottenute da motori di ricerca sempre più flessibili e complessi.
Anche la riproduzione digitale di manoscritti permette letture più accurate, soprattutto quando è
possibile elaborare l'immagine.

12
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

La smaterializzazione del testo (e dei testi) su supporto magnetico lo rende paradossalmente più
maneggevole, dal momento che diventa un "ipertesto" navigabile in tutte le direzioni. La gestione
dei dati diventa più semplice soprattutto nel caso di edizioni critiche particolarmente complesse,
come quelle che presentano stesure plurime di un medesimo testo. Grazie al cd-rom è possibile
presentare contemporaneamente le immagini dei testimoni usati nell'allestimento dell'edizione e il
risultato finale del lavoro filologico, o anche complessi apparati di varianti assai scomodi da
consultare nei libri a stampa.

Anche Internet potenzia le risorse della filologia, in quanto rende possibile sia la ricerca sia l'offerta
di dati e informazioni in tempo reale e secondo modalità diverse rispetto ai tradizionali canali di
informazione, non altrettanto facilmente accessibili (è alla portata di tutti pubblicare un testo in rete,
mentre è molto complesso farlo stampare).

Le immense potenzialità dell'informatica non fanno tuttavia che ribadire la centralità dell'ingegno
umano: il computer è solo uno strumento che senza l'uso intelligente dello studioso resta
desolatamente muto.

13
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 2 - A cosa serve la filologia

L'illustrazione di alcuni casi specifici mette in luce l'utilità della filologia nei processi di
ricostruzione e di comprensione esatta di opere, ambienti culturali e modi di pensiero.

2.1 - Ricostruzione di un testo

2.2 - Ricostruzione di un ambiente culturale

2.3 - Ricostruzione di dinamiche intellettuali

2.4 - Ricostruzione di codici intellettuali

2.5 - Conclusioni

2.1 - Ricostruzione di un testo

La filologia si propone in primo luogo di ricostruire un testo o di verificare la sua qualità. Il termine
"testo" deriva dal mondo tessile e indica il tessuto del discorso, ossia la tessitura di parole (e, per
estensione, di suoni, segni, ecc.) che costituiscono un enunciato di estensione varia, dalla forma più
semplice (una frase, un documento) alla più complessa (un'opera letteraria, musicale, figurativa,
ecc.).

Il concetto di testo è un concetto dinamico, dal momento che esso subisce variazioni e modifiche sia
da parte dell’autore - che prima di arrivare a una stesura definitiva lo corregge, lo modifica, e anche
dopo la pubblicazione può continuare a rivederlo (perché insoddisfatto, perché intende pubblicarlo
nuovamente, ecc.) - sia da parte di coloro che lo riproducono, come i copisti, che nell'antichità
trascrivevano manualmente le copie di un esemplare, o come i tipografi e i compositori odierni.

Durante la trasmissione del testo, ossia il viaggio che il testo compie fisicamente nel tempo e nello
spazio, da un esemplare all'altro, da un'epoca a un'altra, da una nazione all'altra, è facile che
avvengano dei problemi, in seguito ai quali il testo subisce alterazioni di varia natura e di varia
entità. I fraintendimenti del testo possono essere di natura materiale (per esempio perdita o
danneggiamenti di fascicoli contenenti parti di testo) o di natura linguistica e culturale (alcuni
termini, che hanno cambiato radicalmente significato o dei quali si è perduto il valore, sono stati
alterati o sostituiti), e avvengono tanto per le opere del passato quanto per quelle contemporanee,
soprattutto quando sono molto complesse.

Il filologo mette in atto diverse strategie per riportare il testo alla sua forma primaria e per favorire
la sua esatta comprensione, nel rispetto della lettera e del significato dato dall'autore.

14
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

2.2 - Ricostruzione di un ambiente culturale

Edizione e comprensione di un testo sono due elementi connessi, dal momento che senza una
corretta interpretazione dei termini è impossibile verificare la loro esattezza e quindi proporre una
ricostruzione critica del testo. La filologia deve così allargare il suo raggio d'azione e tendere alla
conoscenza il più possibile esatta e ampia dell'ambiente culturale all'interno del quale è stato
prodotto un testo: in tal modo potrà meglio controllare i significati e le allusioni lì presenti, scoprire
eventuali alterazioni e proporre un restauro.

Il filologo procede a ricostruire la rete dei rapporti che il testo e il suo autore (se è noto) hanno
costituito con i testi precedenti (le opere appartenenti allo stesso genere letterario e che l'autore
effettivamente conosceva) e con i loro contemporanei: la conoscenza della biblioteca posseduta da
un autore, il recupero dei singoli libri a lui appartenuti, le notizie e le nozioni che erano a sua
disposizione attraverso contatti e amicizie offrono informazioni preziose per la datazione e per la
comprensione esatta di un testo, e, via via, per la conoscenza di più testi e degli uomini che li hanno
prodotti. In tal modo si compone il quadro di un'epoca e di una stagione culturale sulla base di dati
precisi e concreti.

Un esempio della ricostruzione filologica di ambienti culturali è quello effettuato da Giuseppe


Billanovich (1913-2000) in relazione a Francesco Petrarca: il recupero della biblioteca di Petrarca è
passato attraverso la storia dei singoli volumi, le vicende umane e gli scambi di amicizia e di idee
che stanno dietro ogni libro, e ha messo in luce imprese letterarie, filologiche, culturali compiute da
Petrarca o da lui favorite, che non si sarebbero potute conoscere per altre vie. Ha consentito poi di
comprendere meglio alcuni testi di Petrarca, di restaurarli nelle parti danneggiate proprio per
l'ignoranza di specifici episodi, di conoscere e, talvolta, di scoprire nuovi testi petrarcheschi fino ad
allora ignorati. Lo studio della "fortuna" delle opere petrarchesche, ossia della loro circolazione e
del loro effetto su lettori e scrittori, hanno permesso di conoscere episodi ignoti di storia della
cultura e di comprendere meglio vicende già note ma non indagate con gli strumenti della filologia.
Il risultato complessivo di tale impresa è stato quello di mostrare con dati precisi, con attenzione ai
documenti, con analisi dettagliata, la portata europea del ruolo intellettuale svolto da Petrarca nella
sua età, il Trecento, e nelle epoche successive.

2.3 - Ricostruzione di dinamiche intellettuali

Nella sua applicazione sempre più ampia, la filologia permette, a partire dai testi e dall'ambiente
culturale, di conoscere modi di comunicazione e codici intellettuali attivi in determinati momenti
storici e in determinati luoghi, con lo scopo di comprendere nel modo più esatto possibile la storia
della cultura e la storia delle idee, che si sono depositate nella concretezza dei testi, siano essi
letterari, documentari, artistici, musicali.

Per esempio, attraverso lo studio dei commenti e delle note scritte ai margini dei manoscritti o delle
stampe è possibile capire dove, come e per quale ragione si è sviluppata un'idea e in quale direzione
ha circolato, dove è stata accolta o rifiutata. Lo studio della fortuna di un autore nel corso del tempo
mostra come le reazioni dei lettori siano collegate al clima culturale in cui essi vivono e come il
messaggio dell'autore venga adattato ai diversi momenti storici. Tale studio si realizza attraverso un
censimento di tutti gli esemplari della sua opera, la valutazione delle aree di provenienza e della

15
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

consistenza numerica divisa cronologicamente; occorre poi radunare le opinioni espresse su di lui
nel più ampio numero di documenti. L'osservazione attenta dei dati raccolti e il controllo parallelo
con altre discipline storiche permettono al filologo di spiegare le ragioni delle alterne vicende di un
autore o di un'opera o di un genere letterario, il suo successo e il suo oblio.

Lo studio dei meccanismi e del linguaggio di comunicazione permette anche di capire affermazioni
e richiami che, allo stadio delle conoscenze attuali, risultano sbagliati. Per esempio, Dante Alighieri
(1265-1321) in Inferno 1, 70 afferma che Virgilio nacque "sub Iulio", ossia sotto Giulio Cesare: si
tratta di un'informazione errata, in quanto anche le fonti antiche dichiaravano che la nascita di
Virgilio avvenne sotto il consolato di Pompeo e Crasso, nel 70 a. C. Tuttavia la notizia usata da
Dante si poteva ricavare dalla lettura dei commenti medievali alle opere virgiliane, secondo i quali
il poeta scrisse le Bucoliche a 28 anni in seguito alla confisca dei propri poderi, avvenuta dopo la
battaglia di Azio del 31 a. C. La somma di 28 più 31 (stiamo parlando dell'era avanti Cristo) dà 59,
anno nel quale Cesare ebbe il primo consolato nella Gallia Cisalpina, dove si trovava Mantova, la
patria di Virgilio. In tal caso lo studio filologico della tradizione dei commenti virgiliani, presentato
da Violetta de Angelis e Gian Carlo Alessio (de Angelis e Alessio 2000), ha giustificato
un'affermazione dantesca, mostrando come Dante ricorresse ai normali strumenti di studio del suo
tempo, e ha reso comprensibile anche il seguito del testo dantesco. Infatti Virgilio dice "Nacqui sub
Iulio, ancor che fosse tardi", ossia "benché fosse tardi": sulla base dei conteggi esposti, Virgilio
aveva appena 15 anni quando Cesare venne ucciso nel 44 a. C., e per questo il poeta si rammarica
dell'impossibilità di essere apprezzato da Cesare.

La combinazione di varie competenze filologiche ha così individuato le ragioni della formazione di


un dato, i modi e le vie della sua circolazione, e ha permesso di capire il senso del testo dantesco.

2.4 - Ricostruzione di codici intellettuali

Attraverso la ricostruzione dei testi, del loro contesto culturale di provenienza e della loro
circolazione la filologia arriva a comprendere anche i codici intellettuali collegati ai testi, ossia il
linguaggio specifico secondo il quale è costruito un testo e che spesso consiste nell'interazione fra
diverse discipline.

Sandro Botticelli, La Primavera, Firenze, Galleria degli Uffizi, 1478 ca.

Un esempio di questa applicazione della filologia è la nuova interpretazione della Primavera di


Sandro Botticelli (1445-1510) [Fig.1], il celebre quadro eseguito nella Firenze di Lorenzo il
Magnifico (1449-1492) e popolato di divinità [fig. 1]. Per alcuni è un'allegoria della stagione
suggerita dalla poesia di Angelo Poliziano e collegata con la filosofia neoplatonica di Marsilio

16
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Ficino (1433-1499), due intellettuali in diretto rapporto con Botticelli; per altri è un'allegoria civile
nella quale il personaggio di Flora, dea della primavera, raffigura Firenze con valore politico.
Nessuna spiegazione però è riuscita a giustificare in modo coerente e semplice l'insieme delle figure
e dei loro gesti.

Attraverso l'analisi filologica condotta da Claudia Villa (Villa 1998), è stato possibile identificare
Flora, la figura in primo piano, come una nuova versione della Retorica, tradizionalmente
rappresentata come una donna le cui vesti contengono i flores retorici, ossia le figure retoriche che
abbelliscono il discorso, e rintracciare la fonte che contiene tutti i personaggi del dipinto, ossia il
libro De nuptiis Mercurii et Philologiae di Marziano Capella (V secolo), nel quale si narra del
matrimonio del dio Mercurio con Filologia, rispettivamente il giovane a sinistra e la figura centrale
nel quadro. Botticelli riprende le personificazioni delle varie discipline presenti in un libro allora
circolante negli ambienti laurenziani e le adegua a raffigurare l'idea di nuova poesia elaborata nella
cultura fiorentina del tardo Quattrocento, che si fonda sulla filologia intesa come amore per
l'esercizio della ragione e su un nuovo rapporto con la classicità antica.

Questo caso illustra come il filologo debba sapersi muovere tra varie discipline e tenere conto di
tutti gli elementi storico-culturali che possono spiegare con prove precise e nel miglior modo
possibile il problema oggetto di indagine.

2.5 - Conclusioni

Dal breve panorama tracciato si vede come la filologia sia insieme una tecnica di ricostruzione e
restauro dei testi e un modo di approccio alla realtà concreta e storicamente giustificata delle arti,
con lo scopo di una loro comprensione sempre più precisa e coerente con le intenzioni e col mondo
culturale degli autori.

Nell'ambito della letteratura, il filologo ha dunque un compito delicato in quanto lavora sulla
materia fondamentale, il testo, senza il quale non esiste una letteratura, e dal suo lavoro dipende la
qualità di ogni atto relativo allo studio letterario, dalla semplice lettura, anche quella più ingenua,
alle operazioni più ricercate.

Benché la filologia resti materia confinata fra gli addetti ai lavori e il suo nome sia spesso
intimidatorio, è necessario che anche il lettore comune conosca i procedimenti e le finalità ultime di
questa disciplina, che ricorre a procedimenti multiformi e tende alla pluridisciplinarietà. La filologia
intende offrire al lettore e allo studioso la consapevolezza della complessa e affascinante realtà che
sta dietro ogni testo, e aspira a spiegarlo in modo esauriente, preciso, con l'uso contemporaneo di
esattezza documentaria e visione storica. La filologia tende alla compiutezza e alla perfezione, nella
ricostruzione di un testo e del tessuto culturale, ma senza illudersi di poter comprendere e spiegare
tutto, in quanto nelle opere d’arte e nelle opere dell’ingegno esistono elementi che, col passare del
tempo, diventano incomprensibili, allusioni, connotati che sono morti per sempre, ma che
potrebbero anche tornare a illuminarsi.

17
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 3 - Competenze del filologo

Si presentano le principali conoscenze indispensabili per praticare in modo attivo la filologia.

3.1 - Competenze necessarie al filologo

3.2 - Paleografia, codicologia, bibliografia testuale

3.3 - Storia della lingua

3.4 - Tecniche ecdotiche

3.5 - L'uso dell'informatica nella filologia

3.1 - Competenze necessarie al filologo

La filologia tende a essere una scienza totale, di natura interdisciplinare, trasversale, pertanto il
filologo deve possedere una serie di conoscenze, di competenze e di abilità legate a materie diverse,
utili a risolvere il caso specifico in esame. Tuttavia, dal momento che il filologo non può sapere
tutto, dovrà comunque sapere dove e come procurarsi informazioni e strumenti di base necessari
alla sua ricerca. In questa unità faremo riferimento solo alla filologia della letteratura, ma va
precisato che alcuni procedimenti sono comuni al lavoro filologico applicato ad altre discipline.

È ovvio che il filologo deve avere una conoscenza della storia letteraria di prima mano, soprattutto
in rapporto all'autore o al testo del quale si occupa: ossia deve ricorrere alla lettura diretta dei testi
letterari, conoscere i modi della loro composizione e della loro trasmissione, e immergersi nel
concreto clima culturale dell'epoca. Anche la biografia degli autori è un elemento indispensabile per
conoscere le condizioni materiali nelle quali essi lavoravano e che possono aver condizionato la
realizzazione del testo o le sue diverse fasi redazionali. Accanto a questi prerequisiti, il filologo
deve avere soprattutto una grande curiosità intellettuale, nel senso che deve sapersi porre domande e
trovare il modo di dare risposte: il suo lavoro infatti consiste nell'aprire nuove finestre e nel seguire
nuovi link per conoscere i percorsi del testo e arrivare a fissarlo nella forma il più possibile vicina a
quella voluta dall'autore. Fondamentale è infine, non solo per l'applicazione filologica, la
conoscenza delle principali lingue straniere, tanto per comunicare quanto per leggere testi relativi a
un preciso argomento.

3.2 - Paleografia, codicologia, bibliografia testuale

I testi di una letteratura sono tramandati per lo più sotto forma di libro, e attualmente anche sotto
forma digitale; talvolta i testi compaiono sotto forma di fogli sciolti (nelle rilegature) o all'interno di
documenti di altra natura (per esempio molte rime antiche sono conservate nei Memoriali
bolognesi, i registri di tutti i contratti privati stipulati a Bologna nella seconda metà del Duecento).
Il libro ha subìto diverse trasformazioni nel corso dei secoli sulla base dei materiali di supporto

18
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

(papiro, carta, pergamena), dei materiali scrittori (stilo, penna) e della tecnica di riproduzione
(manoscritta, a stampa). Nell'Antichità e nel Medioevo i libri erano trascritti per opera di copisti
professionali e di lettori, una pratica che durò anche dopo l'introduzione della stampa, il cui primo
esemplare è una Bibbia del 1456. Nel lessico filologico i manoscritti sono anche chiamati "codici",
mentre con "stampe", "libri a stampa" si intende il libro riprodotto con strumenti meccanici.

Per il filologo è fondamentale conoscere i vari tipi di scrittura che si sono sviluppati nel corso dei
secoli, le loro diverse tipologie (per esempio scrittura "libraria", per la confezione di volumi
accurati, o scrittura "cancelleresca", quella usata per i documenti ufficiali delle amministrazioni, o
"corsiva", poco elaborata) e le abbreviazioni correnti: egli farà dunque ricorso alla paleografia, una
disciplina che studia la scrittura antica e le sue evoluzioni. Le nozioni paleografiche servono a
leggere i testi, a datarli, a riconoscere la loro provenienza geografica, la loro destinazione d'uso, la
loro autenticità. Inoltre il filologo deve avere competenze di codicologia, una materia che studia le
tecniche di confezione, di legatura dei manoscritti, e tutti gli aspetti fisici del libro; e ricorre talvolta
allo studio delle miniature e delle illustrazioni. L'uso combinato di paleografia e codicologia è
indispensabile per lo studio filologico dei testi antichi (vedi 7.1 e 7.2).

Per lo studio dei testi tramandati a stampa si è sviluppata una disciplina denominata "bibliografia
testuale", che esamina tutte le caratteristiche materiali dei libri stampati e le tecniche tipografiche
adottate, alla ricerca soprattutto di modifiche testuali introdotte nel corso di ristampe e nelle
edizioni successive di un testo (vedi 6.6). Le innovazioni tecnologiche introdotte nella stampa
possono avere riflessi nella riproduzione dei testi e per questo interessano al filologo.

Se, come capita, un testo viene tramandato nella doppia veste manoscritta e a stampa, il filologo
dovrà ricorrere alle diverse discipline specialistiche sopra descritte.

3.3 - Storia della lingua

Poiché la lingua si evolve nel corso del tempo, il filologo deve conoscere le forme e le vicende della
lingua nella quale è stato scritto il testo in esame. Nel caso della letteratura italiana occorre tener
presente che, fra il Duecento e il Seicento, le lingue della scrittura letteraria (ossia quella dotata di
caratteri formalizzati di cultura) sono in generale il latino e il volgare della zona d'origine
dell'autore, ma privato degli elementi marcatamente locali (ci sono poi casi di autori che scrivono
nella lingua straniera della cultura dominante in un certo periodo, per esempio in francese antico fra
Due e Trecento). A partire dal Cinquecento l'ideale "repubblica delle lettere" ha scritto in una lingua
letteraria che possiamo definire italiana, in quanto adottata da tutti coloro che in Italia intendevano
scrivere opere letterarie, dai caratteri sostanzialmente fiorentini e toscani: una lingua principalmente
libresca, estranea alla lingua d'uso quotidiano e insensibile ai cambiamenti della lingua viva. Con il
Romanticismo e, più tardi, con l'Unità d'Italia (1861), e per effetto dei movimenti culturali del
Realismo e del Naturalismo, la lingua letteraria si apre cautamente anche alle forme linguistiche
regionali del tempo, e, pur mantenendo sempre un aspetto convenzionale e omogeneo, assume una
forma più varia e complessa che dura anche oggi.

19
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Tale sommario panorama indica che non sempre esiste una lingua stabile di riferimento nella
ricostruzione critica di un testo. Infatti le abitudini linguistiche dell'autore risentono tanto della
realtà linguistica sottostante quanto della forma linguistica letteraria assegnata alle opere a seconda
della loro destinazione. Inoltre, soprattutto per i testi antichi, le abitudini linguistiche di copisti di
regioni diverse possono essersi sovrapposte alla lingua originaria dell'autore fino ad alterarla o a
cancellarla: il caso più clamoroso è quello dei versi dei funzionari poeti della corte di Federico II
(1230-1250 circa), scritti in un siciliano illustre (ossia ripulito dei caratteri eccessivamente
dialettali) ma sopravvissuti nella quasi totalità in una forma toscaneggiante per intervento di
trascrittori toscani sul finire del Duecento.

Il filologo dovrà cercare di restituire al testo la forma linguistica il più possibile vicina a quella
voluta dall'autore, ma, per una serie di interferenze, di vicende di trasmissione del testo, di
connotazione geografica dei testimoni, non sempre è possibile arrivare a determinarla con sicurezza
e a ricostruirla fedelmente.

3.4 - Tecniche ecdotiche

A seconda dell'epoca di composizione, della destinazione e delle modalità di trasmissione di


un'opera, il filologo dovrà scegliere il metodo più opportuno per arrivare a fissare l'edizione critica
del testo. Gli è dunque necessario conoscere le diverse tecniche elaborate per ricostruire il testo
critico, indicate nel loro insieme coi termini "critica del testo" o "ecdotica".

Tali metodi hanno diversa validità in base al tipo di trasmissione del testo in esame: per esempio il
metodo di Lachmann (vedi 1.3) presuppone che tutte le copie di un'opera discendano in modo
verticale e meccanico da un unico capostipite, proprio come nelle vicende dinastiche di famiglie
nobili, e che la loro parentela si possa riconoscere attraverso la presenza o l'assenza in esse di errori
dotati di particolare rilievo. Tuttavia nella realtà esistono numerosi casi in cui il copista trascrive
non da un solo esemplare ma da più copie appartenenti a diverse famiglie di manoscritti: la
"contaminazione" così effettuata mette in crisi il modello di trasmissione supposto da Lachmann e
rende difficile, incerta o anche impossibile la ricostruzione dei rapporti genetici fra i codici. Negli
stemmi la discendenza diretta è indicata con una linea continua, la contaminazione è segnalata con
una linea tratteggiata (vedi l’esempio di 7.4).

Davanti a simili situazioni di trasmissione orizzontale o trasversale, soprattutto attiva in opere di


grande diffusione e successo e in testi di scarso valore stilistico (manuali, commenti), Bédier (vedi
1.3) ha proposto di non ricostruire alberi genealogici poco probabili e, sulla loro base, un testo
arbitrario, ma di ricorrere invece alla testimonianza storicamente certa di un solo manoscritto scelto
per la sua alta qualità e per la sua storia. Questo metodo rischia però di accreditare come autentico
un testo che può essere stato rielaborato dal copista del codice; inoltre l'assenza di un confronto fra
diversi testimoni della medesima opera impedisce di capire se e come si siano verificati
cambiamenti durante la trasmissione del testo.

Le tecniche ecdotiche elaborate successivamente tengono conto delle diverse obiezioni a questi due
fondamentali sistemi e tendono a un cauto eclettismo operativo per adottare i vantaggi di ciascuno
ed evitarne i difetti. In ogni caso il filologo deve essere consapevole che la sua edizione critica ha

20
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

carattere non dogmatico di verità assoluta: è il risultato di un calcolo di probabilità, la più alta
possibile sulla base dei dati disponibili, e di un continuo esercizio mentale.

3.5 - L'uso dell'informatica nella filologia

Dal momento che per un proficuo esercizio della filologia occorre una vasta apertura mentale, il
filologo deve saper disporre di tutti gli strumenti utili al suo scopo disponibili nella propria epoca.
L'informatica e le sue sempre più precise applicazioni offrono un formidabile aiuto in tutte le fasi
del lavoro, dalla più semplice alla più complessa. Si comincia con la raccolta dei dati, la loro
archiviazione, la possibilità di controllarli e di correggerli con estrema velocità e precisione. Anche
il lavoro di "collazione" (vedi 4.4) e di confronto di dati risulta facilitato grazie alla disponibilità di
appositi software capaci di gestire più fasce di apparati (vedi 5.3).

In base a precise necessità filologiche sono stati elaborati programmi capaci di interrogare banche
dati testuali (per esempio l'opera omnia di uno scrittore, una raccolta di testi monotematici,
l'insieme di opere raggruppate per ordine cronologico) attraverso diverse chiavi di ricerca, come
l'individuazione di una precisa parola o di più parole, di una sequenza di parole o di caratteri,
secondo una forma precisa o simile (assai utile quando il termine presenta più grafie, per esempio
uomo, omo, homo, huomo), e con l'indicazione dei luoghi che le presentano (di solito capitolo e
paragrafo per la prosa; canto o libro o numero di componimento e verso per la poesia). È possibile
anche ottenere vari tipi di indici e di statistiche, come l'indice dei termini all'interno di un testo o di
un corpus di testi, la loro frequenza relativa e assoluta; si può ottenere anche una "concordanza",
ossia la raccolta in ordine alfabetico di tutte le forme presenti. Per l'estrema duttilità, precisione e
maneggevolezza, le collezioni di testi, dotate di motori di ricerca, e le concordanze in cd-rom stanno
sostituendo nell'uso dei ricercatori gli equivalenti cartacei.

Anche nella lettura dei testi manoscritti l'informatica dà un prezioso aiuto: esistono programmi in
grado di elaborare le immagini di manoscritti per rendere leggibili le parti sbiadite o le scritture che
si sono sovrapposte nei "palinsesti" (manoscritti sui quali, dopo la raschiatura del testo presente, è
stato scritto un secondo testo).

21
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 4 - Che cos’è un’edizione critica

Viene spiegato che cosa s'intende per edizione critica di un testo e si illustrano le relative modalità
di realizzazione.

4.1 - Definizione

4.2 - Trasmissione e tradizione del testo

4.3 - Fase documentativa

4.4 - Fase interpretativa secondo il metodo lachmanniano

4.5 - Fase interpretativa secondo il metodo neolachmanniano

4.1 - Definizione

L’edizione critica di un testo letterario è il risultato di una serie di operazioni condotte con metodo
scientifico, ossia verificabile e dimostrato, che mirano a stabilire, secondo l’ipotesi più economica,
la forma del testo in oggetto più vicina possibile alla volontà dell’autore. Il concetto di testo è un
concetto dinamico, dal momento che esso subisce variazioni e modifiche, sia da parte dell’autore sia
da parte dei copisti durante la trasmissione nel corso del tempo. Le procedure di ricostruzione
critica avvengono in due momenti: il primo documentativo, con la raccolta di tutte le testimonianze
esistenti del testo stesso, dirette (manoscritti, stampe) e indirette (citazioni presenti in altre opere); il
secondo interpretativo, nel quale, attraverso procedimenti differenziati a seconda se si tratta di testi
antichi o di testi moderni e contemporanei, si fissa il testo e si procede, ove necessario, al restauro
testuale.

Come si può comprendere da tale sommaria esposizione, l’edizione critica, quando è buona,
costituisce una garanzia ma non raggiunge la verità assoluta, perché risulta da un calcolo esatto di
possibilità e di probabilità che resta aperto a ogni ulteriore verifica o rettifica: è, come ogni atto
scientifico, una mera ipotesi di lavoro capace di collegare in un sistema razionale i dati della
tradizione superstite. La sua validità può variare nel tempo sia per la scoperta di testimoni
precedentemente ignoti e forniti di autorevolezza (per antichità o per provenienza), la cui lezione
(cioè la forma del testo da essi presentata) dovrà essere valutata e integrata ai risultati acquisiti, sia
per il mutare delle procedure ricostruttive e delle prospettive filologiche. La "critica testuale", ha
scritto Cesare Segre, non è chirurgia plastica, ma apertura a un inesauribile esercizio mentale.

Quando esiste l'autografo di un'opera, l'edizione critica non avrà più la necessità di ricostruire il
testo a partire dalle sue copie, ma dovrà comunque verificare la tenuta del testo, in quanto anche
l'autore può trattare la propria opera come fa un copista davanti a un testo, ossia commettendo
inesattezze, ritocchi incompleti, a volte veri e propri errori. Inoltre l'edizione critica darà conto degli
eventuali abbozzi dell'opera (appunti, prime stesure, materiali di lavoro), delle rielaborazioni e delle
stesure successive, documentando le varie fasi di scrittura.

22
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

4.2 - Trasmissione e tradizione del testo

Con l'espressione "trasmissione del testo" si indica il trasferimento di un testo da un esemplare alla
sua copia, un procedimento che avviene in modi diversi: la trasmissione può essere infatti
manoscritta (l'unica fino all'introduzione della stampa), a stampa o nei due canali
contemporaneamente (a queste modalità tradizionali si affianca ora quella elettronica). Essa si
origina a partire dall'originale, ossia dal testo che è stato scritto materialmente dalla mano
dell'autore (autografo) o che è stato da lui controllato e approvato (una stampa, un dattiloscritto: e in
tal caso si parla di testi idiografi); dall'originale derivano le copie che a loro volta generano altre
copie.

La trasmissione manoscritta non garantisce una riproduzione meccanica del testo, come quella a
stampa, dove, all'interno di una stessa "tiratura" di copie (ossia l’insieme degli esemplari ricavati da
una sola matrice), ogni copia è identica alle altre (esistono tuttavia eccezioni). Per questo i metodi
per realizzare un'edizione critica sono differenziati sulla base della trasmissione specifica del testo
in esame. In ogni caso, indipendentemente dai modi di trasmissione, il testo originale può subire
modifiche o alterazioni che sta all'editore critico individuare e, se possibile, correggere.

Il complesso delle testimonianze che hanno tramandato un testo nel corso del tempo e dello spazio
costituisce la "tradizione del testo": quella "diretta" comprende le copie che contengono
esplicitamente l'opera, quella "indiretta" è costituita dalle citazioni del testo entro altre opere o
anche dalle traduzioni (che possono essere state basate su testimoni perduti). Lo studio della
tradizione permette di comprendere le vicende del testo nel suo viaggio dentro la storia e la
geografia, e di conoscere le interpretazioni che ne sono state fatte e che si sono depositate sui
margini degli esemplari in forma di notazioni.

L'edizione critica illustra i problemi di trasmissione, legati alla natura del testo e alla qualità dei
copisti e dei tipografi, e traccia una storia della trasmissione del testo per dare un fondamento il più
possibile saldo alla ricostruzione che essa propone.

4.3 - Fase documentativa

L'editore critico deve radunare tutte le testimonianze del testo, dirette e indirette. Utilizzando le
notizie raccolte dai filologi e dagli editori critici precedenti, risalirà a tutte le copie esistenti del testo
e ne preparerà un "censimento", ossia un elenco con tutti gli estremi identificativi (indicazione di
città, biblioteca o istituzione o proprietario privato, segnatura, datazione; vedi gli esempi in 7.1). Per
allargare il più possibile la ricerca, soprattutto nel caso dei manoscritti, il filologo deve consultare i
cataloghi delle biblioteche e gli speciali repertori per trovare nuovi testimoni dell'opera: talvolta
però la scoperta di una copia sconosciuta di un testo avviene in circostanze casuali ed estranee al
lavoro per l'edizione critica.

Da un'osservazione attenta dell'elenco dei testimoni si ricavano informazioni e dati utili anche alla
storia della trasmissione e della fortuna del testo: si può conoscere e misurare la diffusione e
l'influsso del testo in generale e in rapporto a luoghi e tempi determinati, a gruppi sociali e
professionali ben precisi. Tali fattori possono aver condizionato il testo stesso: per esempio il
Decameron di Giovanni Boccaccio (1313-1375) si è diffuso ampiamente presso il ceto mercantile
23
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

che si vedeva ritratto nel libro, e spesso è stato adattato e riscritto in vari passaggi con la
sostituzione di nomi, luoghi e situazioni più familiari ai possessori di alcune copie.

Lo studio diretto dei testimoni porta a verificare notizie già note e ad eventuali nuove scoperte sui
possessori del codice, sulla provenienza del testo contenuto, sulle fasi di trascrizione del testo (un
aspetto che difficilmente si coglie attraverso le riproduzioni del manoscritto in microfilm o in
riproduzioni fotografiche), ecc.

4.4 - Fase interpretativa secondo il metodo lachmanniano

Una volta completata la fase documentativa, l'editore critico procede a "collazionare" il testo di tutti
gli esemplari raccolti, ossia confronta il testo parola per parola secondo la forma presentata da
ciascun testimone, al quale assegnerà una sigla, di solito una lettera alfabetica maiuscola, in ordine
di semplice successione - A, B, C, ecc. - oppure con funzione di richiamo alla città, alla biblioteca,
al fondo di appartenenza del codice - A per codice della Biblioteca Ambrosiana di Milano, L per
codice del fondo Laurenziano della Biblioteca Laurenziana di Firenze, e simili -. Se fra i testimoni
non esiste l'autografo, occorre ricostruire il testo originale a partire dalle copie superstiti secondo un
metodo che è stato utilizzato per la prima volta da Lachmann (vedi 1.3 e 3.4) e poi reso più
sistematico dai successori.

Per effettuare la collazione, il filologo sceglierà un "testo base", ossia il testo di un manoscritto
determinato, che si presenta con garanzie di qualità, che diventa il testo di riferimento in rapporto al
quale si segnalano le forme presentate dagli altri codici: le forme che si presentano diverse rispetto
al testo base si chiamano "varianti". L'esame comparativo consente di verificare lo stato del testo
presente nella tradizione, se esso è stabile o se presenta vistose modifiche, e di capire la natura di
tali scarti: bisogna valutare se il testo originale compare integro o se è stato frainteso e contiene
errori. Nel caso che contenga errori (ed è il caso più frequente), questi diventeranno l'elemento che
permette di ricostruire il rapporto genealogico tra i testimoni esistenti e gli eventuali codici perduti
ma necessariamente esistiti, in quanto hanno reso possibile alcuni snodi della trasmissione
testimoniata.

Se il numero di copie da esaminare è eccessivo, quindi incontrollabile, l’editore critico sceglie


alcuni passi dell’opera, detti "loci critici", che presentano forti differenze fra i testimoni. Una volta
ricostruiti i rapporti di dipendenza esistenti fra i testimoni, viene elaborato il relativo stemma (un
autentico albero genealogico), che permette di avere un modello dei rapporti esistenti fra i codici; in
base a questa classificazione l'editore elimina i codici copia di altra copia superstite (definiti codici
"descripti"), poi identifica a) le lezioni che, in base al consenso dei rami dello stemma, possono
ritenersi originali, b) le lezioni dell'intera tradizione che invece sono decisamente errate, e che
richiedono una correzione, c) le lezioni che, pur essendo diverse fra loro, sono "equivalenti" (o
"adiafore").

Per scegliere tra le lezioni equivalenti l'editore usa un criterio di maggioranza (l'accordo del
maggior numero di famiglie, valido quando lo stemma sia almeno a tre rami, proprio per rendere
possibile una maggioranza) oppure, quando non vale la legge della maggioranza, i criteri della
lectio difficilior ("la lezione più difficile", la meno ovvia, quindi facilmente esposta a
semplificazione) e dell'usus scribendi ("conformità con le abitudini stilistiche dell'autore").

24
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Gli errori (o l'errore) presenti nell'intera tradizione, e che si presuppongono assenti nell'originale,
appartengono all'"archetipo", ossia alla prima copia ricavata dall'originale (di solito segnalato con
O) e dalla quale discendono tutte le altre copie, vengono corretti non più col ricorso allo stemma o
coi criteri interni alla tradizione stessa sopra ricordati, ma con un intervento congetturale
dell'editore critico.

Fra l'archetipo (solitamente indicato con x o con ) e le copie superstiti si possono collocare dei
subarchetipi, ossia i capostipiti di alcune famiglie (indicati con lettere alfabetiche, talvolta greche).
Archetipo e subarchetipo sono copie che possono anche non essere esistite fisicamente ma
costituiscono uno snodo necessario per valutare i rapporti stemmatici. Va tuttavia ricordato, come
scrive Stussi, che "Lo stemma non è la rappresentazione dettagliata di come in concreto è avvenuta
la trasmissione di un testo, ma è soltanto lo schema dei rapporti genealogici decisivi per valutare le
diverse testimonianze" (Stussi, Introduzione agli studi di filologia italiana: 130).

4.5 - Fase interpretativa secondo il metodo neolachmanniano

L'applicazione rigida del metodo di Lachmann è impossibile nel caso, assai frequente nelle
letterature romanze, che la tradizione non avvenga in modo verticale e meccanico, ma si diffonda
anche in modo orizzontale, cioè che il copista trascriva da due o più codici appartenenti a famiglie
diverse; oppure quando i rimaneggiamenti del testo sono profondi, o quando la tradizione risale a un
autografo e presenta varianti d'autore, o risale a un archetipo ritoccato nel corso del tempo e dal
quale sono state ricavate copie riproducenti i diversi stadi del testo. Il modello di Lachmann entra in
crisi quando viene applicato a una tradizione attiva, ossia quando i copisti non trascrivono
passivamente dal loro esemplare ma intervengono correggendo e congetturando. Inoltre la frequente
presenza di alberi genealogici a due rami impedisce l'applicazione della legge della maggioranza
(che sceglie le varianti equivalenti secondo un criterio probabilistico; vedi 4.4).

Numerosi filologi hanno allora corretto il metodo di Lachmann, mantenendo inalterato il processo
di censimento, di collazione e di elaborazione di uno stemma (quando è possibile costituirlo), ma
lasciando più spazio all'iniziativa del filologo, al suo giudizio critico nelle varie fasi della
costituzione del testo. L'editore critico neolachmanniano dispone così di una maggior flessibilità e
adatta il metodo alla specifica realtà del testo; o addirittura escogita un sistema specifico, caso per
caso, capace di razionalizzare, fin dove si può, i dati offerti dalla tradizione, così da ridurre entro
limiti accettabili gli interventi soggettivi del filologo. Sarà sempre cura dell'editore critico dichiarare
con onestà tutti i passaggi del suo lavoro, nella consapevolezza che "un'edizione critica è, come
ogni atto scientifico, una mera ipotesi di lavoro, la più soddisfacente (ossia economica) che
colleghi in sistema i dati" (Contini, Esercizî di lettura: 369). La duttilità non è rinuncia al metodo
scientifico, arbitrio sfrenato, ma sano empirismo, consapevolezza dei rischi di inserire a ogni costo
la realtà dei dati storici in un rigido modello preconfezionato. Come ha scritto Cesare Segre (1928),
"la ricostruzione di un testo ha limiti e gradi che di volta in volta si devono identificare, non
essendo scopo dell'editore fornire un testo che plachi ogni preoccupazione di regolarità, di
chiarezza, di leggibilità, ma un testo che, risultando da un calcolo esatto di possibilità e
probabilità, espliciti questo calcolo per ogni ulteriore verifica o rettifica" (Segre, La tradizione
della "Chanson de Roland": 195).

25
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 5 - Come si legge un’edizione critica

Si offrono alcune istruzioni per la lettura e la consultazione delle edizioni critiche.

5.1 - I destinatari

5.2 - La Nota al testo

5.3 - Gli apparati

5.4 - La grafia e la punteggiatura

5.5 - Simboli e soluzioni grafiche

5.1 - I destinatari

L'edizione critica si rivolge a tutti i lettori, tanto agli specialisti della disciplina cui appartiene il
testo in oggetto quanto al lettore comune. Le aspettative di questi due gruppi sono diverse. Gli
specialisti desiderano ricevere dall'editore critico tutti gli elementi testuali e la giustificazione del
lavoro compiuto, così da valutare la qualità della proposta: a loro in particolare si rivolge la Nota al
testo, quella sezione nella quale il filologo presenta tutte le fasi operative, i problemi che ha
affrontato, i modi con i quali li ha risolti o anche la dichiarazione che non è possibile risolverli, tutte
le informazioni e i dati attraverso i quali egli è giunto a proporre il proprio testo critico.

Il lettore comune probabilmente non sa che cosa sia un'edizione critica e anzi è facilmente dissuaso
a leggere la Nota al testo dall'aspetto intimidatorio delle pagine fitte di sigle, stemmi, elenchi di
parole. Tuttavia il risultato del lavoro filologico lo riguarda direttamente, perché da quello dipende
la qualità del testo che egli legge e che a volte risulta profondamente diverso da altre edizioni,
soprattutto da quella corrente di un testo, la cosiddetta "vulgata", cioè quella forma del testo che
viene di solito ristampata senza che se ne indaghi la provenienza e la qualità. È facile capire le
responsabilità che un'edizione critica affronta, visto che il suo risultato condiziona ogni operazione
che il lettore compie, dalla lettura puramente informativa alla riflessione che da essa scaturisce. Sta
all'editore critico saper condensare in una parte introduttiva le ragioni del suo operato, spiegandole
in modo piano e semplificato, e ripercorrere le vicende, spesso appassionanti, che stanno dietro la
"caccia" filologica, che molto spesso somiglia a una vera e propria indagine da detective.

Negli ultimi decenni molti editori critici hanno completato il loro lavoro con un commento puntuale
che spiega le difficoltà del testo, giustifica alcune lezioni scelte, dichiara i punti oscuri e i problemi
interpretativi incontrati, "traduce" in italiano corrente le parti del testo più lontane dall'attuale
assetto della lingua, indica le fonti (vedi 6.4) che hanno permesso di restaurare il testo.

26
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

5.2 - La Nota al testo

La qualità di un'edizione critica si decide in base alle dichiarazioni contenute nella Nota al testo,
dove il filologo dichiara le fasi del lavoro compiuto, mette a disposizione la documentazione sulla
quale ha costruito la sua ipotesi di lavoro, argomenta le conclusioni e giustifica ogni scelta relativa
al testo critico.

Di solito la Nota al testo si apre con l'elenco dei testimoni e delle sigle loro assegnate; quando è
necessario, viene tracciata la storia dei singoli testimoni, importante anche per stabilire la
provenienza del testo contenuto. Segue la classificazione dei testimoni effettuata sulla base del
metodo ecdotico prescelto (lachmanniano, neolachmanniano o di altra natura combinatoria): il
filologo deve rendere espliciti e chiari i passaggi concettuali (relativi ai rapporti di dipendenza
diretta fra i testimoni e relativi ai rapporti di collateralità, ossia quelli derivanti dalla comune
dipendenza di testimoni da un capostipite), dai progressivi raggruppamenti fino alla costruzione di
uno stemma, se è possibile, o alla conclusione che non si può razionalizzare la tradizione secondo
un albero genealogico (esempi in 7.3, 7.4, 7.7). Il lettore deve poter verificare passo dopo passo la
tenuta della costruzione critica del testo: se l'editore critico tace o sorvola o presenta apparati
insoddisfacenti (vedi 5.3), si può ragionevolmente dubitare della serietà del suo lavoro.

La Nota al testo giustifica anche le scelte di resa grafica (vedi 5.4), spiega i simboli usati nel testo e
negli apparati; talvolta presenta anche osservazioni filologiche sulla lingua e sullo stile del testo,
utili anche a motivare alcune delle proposte critiche testuali.

5.3 - Gli apparati

L'editore critico offre tutta la documentazione e le argomentazioni della propria condotta nella Nota
al testo. In particolare hanno rilievo gli apparati, ossia quegli elenchi dove compaiono le lezioni dei
singoli manoscritti sottoposti a valutazione. In alcuni casi l'apparato filologico viene collocato nella
stessa pagina del testo critico, come una fascia di note al piede: in tal modo il lettore può controllare
in quale forma il testo si presenta nei vari testimoni, nell'archetipo, nei subarchetipi o negli
interposti (copie intermedie "virtuali", poste tra la linea che congiunge nello stemma due elementi).
L'apparato di solito riporta una porzione di testo critico (una parola, un intero verso) seguita da
parentesi quadra chiusa, cioè il segno ], dopo il quale compaiono le relative lezioni dei testimoni,
indicati mediante la loro sigla indicativa (vedi gli esempi in 7.5, 7.6, 7.7, 7.8).

Per esempio, "acque] acqua A B, aqua C, aigua D" significa che l'editore critico, in seguito alle
conclusioni dichiarate nella Nota al testo, pubblica come testo critico la lezione acque, e segnala le
varianti a tale forma presenti negli altri testimoni utilizzati. In questo caso l'apparato si definisce
"negativo" (o "implicito") perché non indica quale o quali testimoni presentano la lezione acque
accolta nel testo critico. Quando invece l'editore critico dà anche tale indicazione, l'apparato è detto
"positivo" (o "esplicito"): "acque] acque E F, acqua A B, aqua C, aigua D". Alle volte l'editore
aggiunge prima della sigla qualche minima indicazione specifica, per esempio "aqua in interlinea
C": ossia segnala che nel testimone C la lezione aqua è stata aggiunta sopra la linea del testo;
"Acque om. G": significa che il testimone G omette la lezione acque; in altri casi l'editore aggiunge
un'altra fascia d'apparato nella quale commenta e discute la sua scelta.

27
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

L'apparato che registra le lezioni della tradizione in assenza di autografo o di varianti d'autore
accertate si definisce "sincronico", perché pone sullo stesso piano le lezioni di trascrittori di varie
epoche; se invece presenta le varianti d'autore, viene chiamato "diacronico", in quanto mostra il
dinamismo del testo da una redazione all'altra (nell'esempio fittizio "acque] le acque P, l'acque Q,
acque R"). In quest'ultimo caso si distingue anche tra apparato "genetico", che segnala le fasi
anteriori al testo critico accolto, quelle della sua formazione, e apparato "evolutivo", che registra le
fasi successive di elaborazione. La rappresentazione grafica di tali apparati è estremamente
variabile, come si vede dagli esempi dell’UD 7.

5.4 - La grafia e la punteggiatura

Il lettore di un'edizione critica può facilmente trovarsi davanti a grafie che non coincidono con
quelle dell'uso corrente, ma che riprendono fedelmente quelle dell'autore, se testimoniate, o
rispecchiano la grafia di un determinato testimone, di solito il più vicino all'area geografica
dell'autore e il più antico, o riprendono la grafia desunta da documenti coevi all'epoca di
composizione del testo. Il filologo giustificherà la propria scelta di resa del testo: prevale di solito
una scelta conservativa, che mantiene l'aspetto d'epoca, e solo in certi casi si effettua un
ammodernamento delle forme. In ogni caso, il filologo, anche quando intende rispettare il testo
originario, introduce delle modifiche, più o meno vistose, rispetto ai sistemi grafici usati dall'autore
o dalle copie contemporanee, proprio perché l'assenza di qualsiasi adattamento alle abitudini di
scrittura e di lettura in vigore all'epoca dell'edizione critica rischia di rendere muto il testo che si
intende restituire.

L'editore critico distingue u da v, resi almeno fino al Settecento coll’unico segno u; separa le parole
che nei testi antichi sono spesso unite (el può indicare sia l’articolo determinativo sia la
congiunzione seguita dall’articolo e ’l), introduce la punteggiatura che nei testi antichi segue altre
modalità o non è sistematica.

L'ammodernamento delle grafie avviene con la sostituzione della forma antica (per esempio, kari,
singnore, intellecto, triumphal) con quella attuale (cari, signore, intelletto, trionfal), soprattutto per
evitare che alcune soluzioni grafiche, soprattutto quelle che mantengono la grafia del latino,
vengano scambiate per sostanza fonetica: sappiamo infatti che la loro pronuncia corrisponde a
quella attuale (intellecto si leggeva intelletto; et si leggeva e davanti a consonante, ed davanti a
vocale; sexto si leggeva sesto). Esistono però casi nei quali non si conosce la corrispondenza
fonetica tra grafia e pronuncia; e anche nel caso in cui l'editore critico deve correggere o integrare il
testo in assenza di autografo, o di precise forme grafiche nell'autografo, resta il dubbio circa la
grafia da usare. In ogni caso il filologo deve informare delle grafie dei testimoni utilizzati e
giustificare la sua scelta operativa.

28
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

5.5 - Simboli e soluzioni grafiche

L'uso di simboli e di soluzioni grafiche nell'edizione critica serve sostanzialmente a due scopi:
rappresentare la situazione o l'elaborazione del testo nei singoli testimoni e indicare gli interventi
del filologo nel testo critico. Non esiste ancora un sistema unificato di simboli, anche se alcuni sono
molto diffusi, pertanto è opportuno che ogni edizione critica presenti una tavola con tutti i simboli
adottati e le relative spiegazioni. Nella seguente tabella sono riportati i simboli e le soluzioni
grafiche più frequenti in filologia italiana.

Simbolo e Spiegazione Esempio


soluzioni
grafiche
[ ] oppure < > integrazione "vi[l]tà" (l’editore ha ritenuto di integrare la lezione vita)

"Dunque quello sermone è più bello, nello quale più


debitamente si rispondono [li vocabuli, e più debitamente li
vocabuli si rispondono] in latino che in volgare"

Questa frase del Convivio di Dante (1, 5,14) compare nella


tradizione con una lacuna che l’editore critico integra con
parole, poste tra parentesi quadre, che hanno un valore solo
contenutistico: infatti esse rispecchiano il pensiero dantesco
come lo si desume da altri passi della sua opera e dalle fonti a
lui note (vedi 6.4), ma non è detto che coincidano esattamente
con le parole scritte da Dante in quel passo.
[…] oppure lacuna non "[…] in altrui fatte" (la tradizione riporta il testo lacunoso e
<…> colmabile l’editore non ritiene di doverlo o poterlo restaurare)
†† lezione errata "E s’alcun n’è, sì n’è †fatto† ingannato" (secondo l’editore la
non lezione fatto è un errore che non si riesce a correggere e che va
ricostruibile comunque segnalato)
· nesso "a·ssé", "i·llui" (equivale a in lui) (intende rappresentare
fonosintattico l’effettiva pronuncia secondo la grafia dei testimoni, ma con
segnalazione visiva per il lettore moderno)
punto eliminazione "mon go", " " (l’editore critico vuole mostrare lo stato esatto
sottoscritto (o del manoscritto e ne riproduce esattamente la grafia, ma indica
espunzione) quali lettere vanno eliminate perché sia esatto il valore metrico
della lettera dei versi o la grafia corretta; in tal caso si leggerà mongo, ai)
soprastante
corsivo lezione "cugina" (l’editore critico interviene sulla lezione vicina
congetturale presente nella tradizione)

29
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

In molti casi i simboli e le soluzioni grafiche presenti nelle edizioni critiche vengono eliminati
quando il testo critico viene riprodotto in edizioni destinate al largo pubblico; si tratta di
un'omissione grave, perché il lettore non è più in grado di vedere quali sono gli interventi critici,
soprattutto le inserzioni su lacuna, e quindi può ritenere che alcuni passi, integrati dall'editore
critico per carenze della tradizione, siano stati scritti dall'autore.

30
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 6 - Altre questioni filologiche

Sono trattati altri problemi di vario genere che si presentano al filologo durante le sue indagini.

6.1 - Edizioni critiche di raccolte di rime

6.2 - Edizioni critiche di lettere, epistolari e carteggi

6.3 - Edizioni critiche di testi riconducibili alla tradizione orale

6.4 - Uso delle fonti

6.5 - Questioni di attribuzione e di autenticità

6.6 - Un piccolo lessico per precisare

6.1 - Edizioni critiche di raccolte di rime

I problemi dell'edizione critica di raccolte di rime di un unico autore o di più autori radunati sono di
varia natura e pongono spesso difficoltà ardue. Al filologo si presentano casi diversi: rime raccolte
dall'autore in un'opera organica; rime di un autore che non le ha mai raccolte in un'opera organica;
rime di più autori presenti sia in più raccolte sia in testimonianze sparse.

Nel primo caso, in presenza di autografo l'edizione critica è facilitata, ma deve tener conto delle
rime "extravaganti" (quelle tramandate al di fuori dell'autografo o dell’originale; il termine vale
anche per testi, in versi o in prosa, che circolano al di fuori dell'opera di appartenenza o che non
appartengono a nessuna opera organica). L'esame della tradizione successiva può rivelare la
presenza di strutture diverse dell'opera e di varianti dei singoli testi: in tal caso l'editore critico
dovrà stabilire se si tratta di modifiche volute dall'autore e, in caso positivo, potrà tracciare la storia
redazionale della raccolta, anteriore e/o successiva a quella dell'autografo (tale procedura vale anche
per opere organiche sprovviste di autografo). Questo è il caso del Canzoniere di Petrarca, del quale
esiste sia un abbozzo autografo (ossia la copia di lavoro sulla quale l'autore interviene, corregge,
aggiunge, cancella, riscrive, ecc.) sia una bella copia; i filologi hanno verificato inoltre l'esistenza di
nove diverse redazioni della raccolta, anteriori a quella autografa, e riconducibili a Petrarca stesso.

Quando l'autore non ha provveduto a raccogliere le proprie rime, esse si presentano in più modi: in
gruppi tramandati sotto il nome dell'autore in questione o in ordine sparso all'interno di raccolte
miscellanee (ossia con testi di vari autori e di varia natura) o come testimonianze isolate (spesso
queste modalità compaiono tutte contemporaneamente). L'editore cerca di orientare i rapporti
esistenti fra le raccolte, che talvolta hanno assetto instabile (perché l'ordine interno non è costante:
si escludono alcune rime, se ne accolgono altre, si muta l'ordine dei componimenti), e quelli
esistenti fra i componimenti extravaganti. Nel caso di tradizioni complesse, l'editore tenta di
costruire stemmi per i gruppi di testi che seguono un ordine e prepara anche lo stemma per ogni
componimento, in modo da individuare il rapporto d'insieme fra i testimoni che contengono i versi
in esame. È difficilissimo in questi casi verificare se eventuali raggruppamenti di rime risalgano

31
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

all'autore, così come è complicato stabilire la cronologia dei versi. In questa condizione si trovano
tutte le rime di Dante.

In alcuni casi, quando esistono più redazioni di un medesimo componimento e non è possibile
stabilire quale sia l’originale, l’editore critico propone le diverse redazioni e argomenta la sua scelta
(vedi in 7.6 il caso di Guido Cavalcanti, 1250 circa-1300, e nel modulo Errori e varianti l'UD 4.3).

L'intreccio di tali problemi obbliga l'editore critico a escogitare un metodo ricostruttivo del testo che
risponda alla particolare natura dell'oggetto di studio.

6.2 - Edizioni critiche di lettere, epistolari e carteggi

Nel pubblicare testi epistolari occorre distinguere fra lettere sciolte, ossia le lettere effettivamente
spedite (autografe o copie), gli epistolari, ossia le raccolte di lettere scritte da un autore e da lui
raccolte con intento artistico, e i carteggi, che presentano le lettere del mittente e del destinatario
(spesso però con epistolario si intende l'insieme di lettere di un autore, a prescindere dal suo intento
di pubblicarle).

Davanti ad autografi l'editore critico riproduce fedelmente tutte le caratteristiche della lettera,
fornendone o un'"edizione diplomatica", cioè una riproduzione fedele a ogni dettaglio di grafia e
punteggiatura, senza nessun intervento, neanche davanti a errori evidenti, oppure un'"edizione
diplomatico-interpretativa", ossia segnalando con espedienti grafici le proprie minime integrazioni,
per esempio la separazione delle parole, lo scioglimento di forme abbreviate. In assenza di
autografi, l'edizione usa la tradizione secondo il sistema ecdotico impiegato per tutti gli altri testi.

Nel caso di epistolari licenziati dall'autore, l'editore critico si comporta come davanti a un'opera
artistica e li tratta secondo le norme della critica testuale: in particolare eviterà di intervenire su
date, nomi che, pur essendo palesemente errati rispetto a riscontri esterni all'epistolario, sono stati
consapevolmente modificati dall'autore (vedi anche il modulo Errori e varianti, UD 5.3).

Con i carteggi si applicano gli stessi procedimenti sopra elencati a seconda della natura della
corrispondenza: se si tratta di documenti che i corrispondenti non hanno trasformato
volontariamente in opera letteraria, l'editore critico adotta il sistema della riproduzione diplomatico-
interpretativa; in caso diverso seguirà le fasi di costituzione del testo riservate agli scritti letterari.

6.3 - Edizioni critiche di testi riconducibili alla tradizione orale

Alcuni testi artisticamente strutturati hanno avuto una circolazione in forma orale, come i cantari
(testi narrativi in ottave), collegabili alle chanson de geste, i canti popolari, le fiabe, i proverbi, e
sono stati poi registrati in forma scritta. Essi sono di solito anonimi ed esprimono una
rielaborazione più che una individualità identificabile: sono il risultato di una continua riscrittura a
partire da una forma primaria, la cui esistenza è difficile provare.

32
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Il canterino ricorreva al patrimonio comune dei cantari e recitava il testo adattandolo alle specifiche
circostanze della sua esibizione, con l'inserimento di varianti, digressioni, contaminazioni con altri
testi, facilitate dalla presenza stabile di personaggi fissi ben noti all'uditorio (di solito paladini come
Orlando, Rinaldo, ecc.).

In questi casi l'editore critico lavora su una tradizione testuale che presenta le caratteristiche della
recitazione e fissa redazioni estremamente variabili. Davanti all'impossibilità di ricostruire una
storia puntuale del testo, di solito si data il cantare all'età della sua più antica redazione
documentata; non esistendo poi un originale né un testo definitivo di tali opere, l'editore critico
disegna le grandi linee della diffusione, indica i possibili rapporti tra i codici che conservano le
varie redazioni, per arrivare a scegliere una precisa redazione del testo da pubblicare, le cui
eventuali lacune saranno evidenziate ma non colmate, proprio perché ogni testimonianza del testo
ha un valore autonomo, difficilmente rapportabile al concetto di "testo originale" valido per le opere
letterarie.

6.4 - Uso delle fonti

In filologia il termine "fonte" ha più significati. In primo luogo indica il testo (o i testi) che risulta
essere la sorgente di un altro testo. L'identificazione della fonte di un testo è utile per più scopi: ai
fini ricostruttivi del testo che ha usato la fonte, ai fini di accertamento della cultura dell'autore e dei
testi circolanti al suo tempo, e per studiare la storia della tradizione (se ne è discusso in 4.2).

Nel primo caso, il recupero di una fonte permette di identificare errori presenti nella tradizione del
testo soggetto a ricostruzione critica (a meno che non si tratti di errori dell'autore, quindi da
conservare) e soprattutto aiuta nella scelta delle varianti equivalenti da promuovere a testo critico.
Quando lo stemma dei codici non aiuta nella scelta delle varianti in base alla legge della
maggioranza (vedi 4.4), l'editore critico può ricorrere alla fonte per scegliere la lezione più
probabile. Per esempio, nella terzina di Inferno 1, 46-48 il leone che affronta Dante è così descritto:
"questi parea che contra me venisse / con la test'alta e con rabbiosa fame / sì che parea che l'aere
ne temesse"; alcuni manoscritti però presentano la lezione tremesse. L'edizione critica di Giorgio
Petrocchi (1921-1989; Alighieri, La Commedia secondo l'antica vulgata) sceglie la lezione
tremesse in base a più criteri: quello della lectio difficilior (vedi 4.4); quello dell'usus scribendi
(vedi 4.4) dantesco, che ripropone in altri passi l'immagine dell'aura che trema; e infine il sostegno
dato dal recupero della fonte dell'immagine dell'aura che trema nei versi di Guido Cavalcanti, in
gioventù amico di Dante, col quale ci fu ampio scambio di rime.

L'uso al plurale di "fonte", ossia le "fonti", indica l'insieme dei documenti originali dai quali si
traggono testimonianze, dati relativi a un personaggio, a un'opera, a un periodo storico. Lo studio
delle fonti è essenziale per un accertamento filologicamente fondato degli elementi utili a una
ricerca.

33
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

6.5 - Questioni di attribuzione e di autenticità

Esistono testi anonimi e testi che circolano sotto il nome di più autori: in questi casi il filologo cerca
di identificare l'autore al quale attribuire la paternità del componimento. La dimostrazione, quando è
possibile, si fonda su più elementi che si sostengono a vicenda: l'ideale è una combinazione di dati
esterni (lo studio e la datazione dei testimoni; l'esame dello stemma; testimonianze storiche fondate;
documenti) e di dati interni (riferimenti cronologici; fatti linguistici, stilistici, metrici congrui con
quelli di un determinato autore o di un ambito culturale).

Allo stesso modo si indaga sull'autenticità di testi assegnati a un autore ma la cui natura è dubbia,
perché contrasta con quanto è noto dell'autore o perché riferita da fonte sospetta. Il problema dei
falsi (chiamati anche "testi apocrifi") è assai delicato e richiede, oltre alle verifiche di natura testuale
e documentaria sopra ricordate, anche una giustificazione plausibile delle motivazioni del falsario.

In tutti questi casi è raro che si arrivi a una dimostrazione definitiva e inoppugnabile: anche qui la
filologia dovrà operare con criteri di sana empiria e valutare il proprio operato in termini di
probabilità più o meno alte. Occorre che il filologo, prima di attribuire un'opera a un autore o di
dichiarare falso o autentico un testo, distingua esattamente tra indizi, che hanno carattere solo
probabilistico, e prove, che conducono a conclusioni univoche e certe.

6.6 - Un piccolo lessico per precisare

Dei vari termini tecnici è stata offerta una definizione quando sono comparsi per la prima volta;
tuttavia alcuni di essi hanno più accezioni che possono generare dubbi. A tale scopo si propongono
qui i diversi valori che alcuni di questi vocaboli hanno: sarà il contesto della frase a chiarire in quale
senso essi vadano intesi.

Redazione: a) atto della scrittura; b) singola stesura di un testo, singola fase di stesura di un testo; c)
in editoria, attività di controllo di un testo da pubblicare e, per estensione, il luogo dove si svolge
tale attività.

Edizione: a) atto della pubblicazione di un testo; b) riproduzione di un’opera a stampa per renderla
pubblica diffondendola in un certo numero di esemplari.

Esemplare: a) modello dal quale si ricava una copia; b) singolo individuo di una serie omogenea.

Antigrafo: esemplare dal quale si ricava direttamente una copia.

Apografo: manoscritto che è copia diretta di un determinato esemplare.

34
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

UD 7 - Immagini di edizioni critiche

Gli esempi tratti da edizioni critiche permettono di verificare l'aspetto e le varie fasi di un testo
critico.

7.1 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Elenco dei manoscritti

7.2 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Descrizione di un


manoscritto

7.3 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Discussione delle


varianti

7.4 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Lo stemma

7.5 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Testo critico e


apparati

7.6 - Testo e apparato delle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti

7.7 - Discussione critica relativa alle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti

7.8 - Nota al testo della Nuova cronica di Giovanni Villani

35
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7.1 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Elenco dei manoscritti

Le immagini di questa e delle quattro pagine seguenti sono tratte dall’edizione critica della
Commedia di Dante curata da Giorgio Petrocchi (Alighieri, La Commedia secondo l'antica
vulgata). Il filologo, considerata la sterminata quantità dei manoscritti da esaminare (700 circa) e
considerata l’enorme fortuna immediata dell’opera che ha subito provocato un mescolarsi di lezioni
varie, ha deciso di proporre la Commedia secondo il testo dell’antica vulgata (vedi 5.1), ossia in
quella forma anteriore alle edizioni critiche allestite da Boccaccio: in questo modo il numero dei
codici esaminati si è ridotto sensibilmente.

36
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Trascrizione:

II
MANOSCRITTI DELL'ANTICA VULGATA

Dei manoscritti databili all'epoca designata si darà un'essenziale descrizione esterna, con le notizie
relative alla loro datazione; e si offrirà qui un primo nucleo di elementi ecdotici e di dati interni,
peculiari di ciascun codice, indipendentemente da problemi di trasmissione o di raggruppamento.
Le sigle usate sono le seguenti:

Ash Ashburnhamiano 828 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze


Bo Frammenti dell'Archivio di Stato di Bologna
Cha 597 del Musée Condé di Chantilly
Co 88 della Biblioteca Comunale e dell'Accademia Etrusca di Cortona
Eg Egerton 943 dcl British Museum di Londra
Fi 420 della Biblioteca Oratoriana dei Girolamini di Napoli (detto cd. Filippino)
Ga Gaddiano 90 sup. 125 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze
Gv 46 della Biblioteca dei marchesi VenturiGinoriLisci di Firenze
Ham Hamilton 203 della Deutsche Staatsbibliothek di Berlino
La 190 della Biblioteca Comunale Passerini Landi di Piacenza (detto cd. Landiano)
Lau 40 16 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze
Laur 40 22 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze
Lo 35 della Biblioteca del Seminario di Belluno (detto cd Lolliniano)

37
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7.2 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Descrizione di un manoscritto

Viene descritto un testimone manoscritto della Commedia di Dante, del quale sono forniti i
principali dati paleografici e codicologici, seguiti da un rinvio alla bibliografia relativa e con alcune
valutazioni testuali dell'editore critico.

Trascrizione:

Lau Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, codice 40 16.

Membranaceo, mm. 328 x 234, di cc. 89, ben conservavo eccetto poche carte macchiate; le iniziali
dei canti e i titoli sotto in inchiostro rosso; ogni antica comincia con una grande iniziale miniata, e
con una pittura grande quanto il foglio, di rozza fattura. A piè della prima: «Dane naque afirenze ad
Mcclxv. Lanno dinanzi allacreatione di papa climenti quarto. Et vacava lomperio già XXI anno».
Sul recto della guardia alcune annotazioni astronomiche; nella parte superiore del verso: «Questa ...
E di me domenicho di carlo aldobrandi chy lachatta daluj sia chontento di rimandarla presto ...»

Vedi MONTFAUCON Bibliotheca I 321; BANDINI Catalogus v 26; BATINES Bibliografia 18;
MOORE Contributions 665; MARCHESINI Danti del Cento; D'ANCONA Miniatura fiorentina II
148 s. L'indagine esterna del codice, soprattutto per l'inconfondibile grafia, rende indubitabile
l'appartenenza di Lau al gruppo del Cento; l'esame interno, come poi si vedrà, conferma senza fallo

38
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

la classifica. Non anticipo conclusioni sul comportamento di questo, come d'altri affiliati al gruppo,
ma è opportuno rilevare la peculiare precisione della copia, le cui scarsissime autonomie, anche
rispetto ad altre tradizioni, e sovente in uscita erronea, non. indicano che lievi trascorsi
dell'amanuense: Inf. III 78 in su la; XIII 70 disdegno; XXIV 110 di censo; XXVIII 15 e l'altro;
XXX 24 non pianger; Purg. I 88 dal mal fo dimora; IV 79 Che su nel mezzo; V 113 che mosse;
VIII 60 l'altro; XIII 16 O luce dolce; XIV 93 del bel richiesto; XV 71 distende; XXIII 48 e travisai;
XXXII 31 Gia passeggiando; Par. III 63 traffigurar ecc. Evidente è, inoltre, la coloritura linguistica
fiorentina, peraltro comune a tutto il raggruppamento.

7.3 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Discussione delle varianti

L'editore critico discute alcuni errori comuni probabilmente poligenetici, presenti nei manoscritti
esaminati, allo scopo di ricostruire i rapporti fra i testimoni e poi per disegnare lo stemma.

39
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Trascrizione:

Errori comuni ma probabilmente poligenetici

Le varianti addotte alla fine del precedente paragrafo, benché di probabile formazione autonoma,
debbono essere giudicate significative, in quanto, addizionandosi agli elementi predetti, consentono
di registrare una prima cernita di lezioni della Commedia di notevole seppur non determinante
importanza ai fini della tradizione manoscritta; alcune di esse sono state in precedenza valutate
basilari alla comprensione del testo del poema, andando a far parte dei loci critici. Ci proponiamo di
abbassarle ad un grado minore, come indicative di una situazione testuale concreta e di un generico
comportamento dei singoli manoscritti, sotto l'influsso delle forze devianti suesposte. L'editore non
dovrà prescindere dalla disposizione di queste varianti tra i codici portatori, e sovente vi farà
richiamo al fine di confermare i dati di fatto fondamentali, ma non sarà autorizzato a ricavarne
elementi perentori per il rapporto tra i manoscritti. Il criterio di validità non potrà essere,
ovviamente. eguale per tutte le varianti; alcune non fanno che replicare variamente gli errori tipici
della trascrizione, o ne presentano curiosi accoppiamenti (e di queste si potrà tenere un conto assai
limitato); altre non sono abbastanza peculiari da far ritenere improbabile che si siano formate
autonomamente (e dovranno essere emarginate, sebbene con cautela); altre, infine, sembrerebbero
impossibili fuori di un diretto rapporto di dipendenza tra i codici, ma sono venute a formarsi
primieramente per effetto di uno degli elementi devianti indicati, onde non si può escludere in linea
teorica la poligenesi (e queste lezioni saranno valorizzate [1] come meno selettive delle vere e
proprie varianti, in sé equivalenti o erronee, sicuramente monogenetiche).

Nota [1]: Cfr. soprattutto Inf. X 110; XVI 34; XVI 69; XVII 95; Purg. 1 108; XIII 20; XX 146; XXI
101; XXII 51; XXVI 126; XXVII 4; XXXII 117 ecc. Ritengo opportuno non distinguere i vari tipi e
offrire i casi sotto un unico registro per la diffusa presenza di più fenomeni concomitanti. Saranno
naturalmente ripresi i luoghi che offrono un quesito per la costituzione del testo.

Inferno

ed immortale (o et i.) Ash Ham Pr Rb (è il consueto equivoco di e


II 14 ad immortale
per a, facilitato da fallace richiamo: corruttibile e immortale)
cortese fu Co Laur Mart Parm Rb; corteise ei fu Mad; cortese li fu Eg
Lau Po Pr (il pronome ora dilegua, ora si normalizza con effetto
II 17 cortese i fu
ipermetrico; il caso è molto diffuso; cfr. Inf. V 78; VI 87; VII 53;
XVIII 18 ecc. Altrettanto diffuso li per i avverbiale; cfr. Inf. VIII 4)
la uita Ash Ham Mad Triv (la scrittura lauita nascerà da errata
II 69 l'aiuta soprasegnatura di apice obliquo sulla terza anzichè sulla prima asta;
cfr. iunto - vinto ecc.)
li disdegna (o de-) Ash Laur Pa Parm Rb (è un caso d'alternanza tra
verbo semplice [apparentemente] e composto, più raro che con
III 50 li sdegna composti a prefisso a- o in-; cfr. scendere - discendere a Inf. XXX
65; sciolto - disciolto a Inf. XXX 108; partire - dipartire a Inf. XXX
147; Purg. IV 82 ecc.)
Giugnemmo Lau Lo Mart Ricc Triv Tz (è preponderante lo scambio
IV 106 Venimmo
col v. III, ove gli stessi manoscritti e Co leggono venimmo; [...]

40
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7.4 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Lo stemma

Nello stemma si notano in testa l'archetipo O (che però Petrocchi non intende in modo tradizionale,
ma solo come un'edizione
 critica nata in ambito ravennate presso gli ultimi amici di Dante), i
subarchetipi , e i relativi rami a, b, ecc., ai quali risalgono i testimoni analizzati. Si notino le
linee continue e tratteggiate a indicare, rispettivamente, discendenza e contaminazione. Al margine
sinistro è collocata una scala cronologica.

41
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7.5 - Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Testo critico e apparati

La prima pagina del testo critico dell'Inferno mostra al centro il testo dantesco ricostruito, una prima
fascia di apparato (in forma negativa) con le varianti dei testimoni, e una seconda fascia di apparato
dedicato alla discussione critica delle scelte effettuate.

42
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Trascrizione:

CANTO I

[Incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza, ne la quale tratta de le pene e punimenti


de' vizi e de' meriti e premi de le virtù. Comincia il canto primo de la prima parte la quale si chiama
Inferno, nel qual l'auttore fa proemio a tutta l'opera.]

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

ché la diritta via era smarrita. 3

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

I. meggio Urb; dil Mad; cammin<o> Eg, cammino Tz

2 ritroua Citi La (poi agg. —i) Si Vat; oscura Eg (rev. scura) La (idem), scura Fi Ham Laur Mad
Pa Parm Rb

3. dricta La, drita Mad Rb; era Co (precede una lettera abrasa); ismarrita Co, smarita Ham La Mad
Pa Rb

4. E quando Ash, E quanto Cha Co Eg Fi Ham La (hay agg. poster. in marg.) Lau Laur Lo Mad
Mart Pa Parm Po Pr Rb Ricc Triv Tz Vat (quani); a dire [...]

3. ché: congiunzione causale; non modale che, 'talmente che', 'in modo che', oppure 'nella
condizione di chi' (come in PAGLIARO Nuovi saggi 256; più diffusamente in Altri Saggi 197-199;
poi nel commento del Chimenz). Si respinge il valore causale ritenendo che soltanto dal v. 10 il
poeta spieghi la causa del suo smarrimento: e invece ché consente sùbito, in forma di compendio e
di piana presentazione nell'esordio gravido d'allegorismo e di riferimenti morali (tutt'altro che
banalmente, come pensa il Pagliaro), di indicare la causa del viaggio, e quindi l'evento motore
dell'itinerario dantesco nei regni dell'oltretomba. Altrove peraltro (ad es. Inf. VIII 64; VIII III; XII 7,
cfr. anche XXV 16) la soluzione presentata dal Pagliaro mi sembra accettabile. Variante tarda ed
erronea avia smarrita: Florio, Cass., Ol. ecc. (Ricc. 1029 in che).
4. Ahi quanto: su questa lezione e la variante in app. disputarono il Del Lungo e il D'Ovidio (vedi
DEL LUNGO Inferno I; in Appendice la polemica).

43
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7.6 - Testo e apparato delle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti

In questa e nella seguente pagina sono riprodotti il testo, l'apparato e la discussione filologica
relativi alle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti tratte dall’edizione critica delle Rime di
Guido Cavalcanti curata da Guido Favati (Cavalcanti, Rime). L'apparato registra le varianti presenti
nei manoscritti e nei relativi subarchetipi. Un interessante esercizio può essere quello di creare un
apparato che presenta le varianti della seconda redazione in rapporto alla prima redazione (e
viceversa).

44
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Trascrizione:

IV

(I)

Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira, Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira,
che fa tremar di claritate l'âre e fa tremar di claritate l'âre
e mena seco Amor, sì che parlare e mena seco Amor, sì che parlare
null'omo pote, ma ciascun sospira? om[o] non può, ma ciascun ne sospira?
O deo, che sembra quando li occhi gira Deh, che rasembla quando li occhi gira
dical' Amor, ch' i' nol savria contare: dical' Amor, ch'i' nol porìa contare;
cotanto d'umiltà donna mi pare, cotanto d'umiltà donna mi pare,
ch' ogn' altra ver di lei i' la chiam' ira. ch'ogn'altra veramente la chiam' ira.
Non si porìa contar la sua piagenza, Non si porìa contar la sua piagenza,
ch' a le' s'inchin' ogni gentil vertute ch'a le' s'inchin' ogni gentii vertute
e la beltate per sua dea la mostra. e la beltate per sua dea la mostra.
Non fu sì alta già la mente nostra Non fu sì alta già la mente nostra
e non si pose 'n noi tanta salute, e non si pose 'n noi tanta salute,
che propriamente n' aviam canoscenza. che 'n pria ne poss' aver om canoscenza.
1
VARIANTI NOTEVOLI.2 A, E, Va, Uba : VARIANTI NOTEVOLI. 2 Lf: che fa. ibi: Lf, : di
chiaritate. 4 E: om le pode. 6 A: saviria; E: clarità l'aer(e) tremare. 4 Lf: huom nonne puo; :
saprei. 7 A, E: che tanto. 8 E: en ver de ley huom non le puo. 5 : do (Pa: deh) che. 8 :
chiamo ira; Uba1: in ver di lei la. 11 A: belta; E: altro. 14 Ca: prima; Lf: che pria.
beltate.

45
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7.7 - Discussione critica relativa alle due redazioni di un sonetto di Guido Cavalcanti

Nella pagina 139 con Lectiones singulares si indicano le lezioni caratteristiche di un singolo codice,
che non hanno rilevanza perché isolate innovazioni di quel testimone.

Trascrizione:

DISCUSSIONE CRITICA.
Codici; A, BR, BT, CA, CB, GAP2, E, LA, LR, LC, LF, MA, M'A, M'B, PA, PAR1 UBA1, UBD,
VA.- GIUNT.

I codici si distribuiscono in due gruppi violentemente contrapposti: da un lato stanno Ca, , Lf;
dall'altro, A, E, Uba1, Va.

Del testo di Ca, , Lf è assolutamente necessario emendare 13 vertute, che è erronea ripetizione, in
rima, del vertute del v. 10; inoltre, è opportuno emendare 11 suo dio nel più logico sua dea della
tradizione opposta.

46
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

In questa, il cui più puro rappresentante appare Va con Uba1, parrebbe poi che si dovesse sostituire
alla sua lezione 5 o deo (che può peraltro giudicarsi anche come effetto di un permanente gusto
sicilianeggiante del Nostro, in questa ch'è una delle sue prime composizioni; ma in tutti gli altri testi
scrive de(h), come qui fanno Ca e affini) che sembra (che pare facilior) con quella di Ca e affini.
Non si può peraltro parlare di vero e proprio errore, perché si tratta in sostanza di lezione
indifferente; c'è pertanto ragione di perplessità e ambiguità nella scelta; e questa ambiguità si
accresce se alle lezioni notate si aggiungono le altre numerose varianti redazionali nelle quali le due
tradizioni si contrappongono. Se chiamiamo X la tradizione di Ca e affini e K l'altra, si ricava infatti
lo specchio seguente:

X K
2 e fa che fa
4 om ( , Lf: huom) non ( : non le; Lf: non ne) può
null'omo pote (E: om le pode) ma ciascun
ma ciascun ne
6 poria savria (A: saviria; E: saprei)
ver (E: en ver; Uba1: in ver) di lei (E: de ley) i
8 veramente la
la (Uba1: - la; E: manca)
14 che 'n pria (Ca: prima; Lf: che pria) ne poss'auer
che propriamente n'aviam
om

Le varianti dei due gruppi sono indifferenti. Siamo in presenza di varianti d'autore? Supponiamo di
sì, e che il testo di K rappresenti la prima redazione del sonetto. Su ciò abbiamo di recente espresso
il nostro parere recensendo il citato lavoro del De Robertis sul canzoniere escurialense in:
«Filologia Romanza», Torino, 1955, anno II, n. 5, pp.100-106. Non è dunque che da pubblicare il
testo secondo ambedue le redazioni, accogliendo nella prima anche la variante del v. 5.

Ed ecco ora la illustrazione delle lezioni dei due gruppi. L'antigrafo di X era lacunoso nel v. 4 (Ca:
om non puo). Tale lacuna passò anche nell'antigrafo che fu comune a Lf e , i quali la colmarono
però ciascuno a suo modo (Lf: huom nonne pio; : huom non le puo). Quell'antigrafo leggeva poi:

2 di clarità l'aer (Lf: l'aere) tremare. (Grafiche: 1 vien. 5 rassembra. 6 porria. 9 porria... piacenza. 14
huom [Lf: huon] conoscenza).

Le varianti peculiari di , di cui pertanto Lf è immune, sono poi le seguenti:

5 do (Pa: deh) che. 8 altro... chiama.

Quanto a Lf, si noti qui che legge 2 che fa contro Ca, : e fa.Non ha varianti proprie Ar; si uniscono
nella grafia 13 puose La e Lb.

Dei codici del gruppo opposto, Uba1 e Va mostrano di avere la grafia 2 chiaritate in comune con A
ed E, i quali poi si uniscono nella variante 7 che tanto e nella grafia 8 chiamo. Non va inoltre taciuto
che A legge 11 belta come E, se è vero che E reca due puntolini espuntivi sotto le due ultime lettere
del suo beltate.

47
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

LECTIONES SINGULARES.

A: 1 costei che vien. 12 vostra. (Grafiche: 2 chiaritade l'aiere. 4 puote ma ziascon. 5 dio... gliochi. 6
saviria. 8 chonaltra.

13 posse in noy. 14 conos za).

BT: 4 huomo non puo. . . ne sospira. 5 Dhe che rassbra. 6 por ria. 8 ch'ognaltra veramete la chiama
ira. 13 si pose. 14 che pria ne possa haver huom' canoscenza.

CA: 4 om. 14 prima. (Grafica: 3 secho).

E: 6 che nol saprey. 8 che ciaschun altra. 10 sen chiena. 13 no se posta. (Grafiche: 1 chi he. 3
siecho. 5 giogi. 8 chiamo. 9 piaxca. 11 soa. 12 fo. 14 propia mente naviam chanoxça).

LB: 14 havere ogni conoscenza. (Grafiche: 6 non lo. 9 contare. 10 gentile).

LC: (Grafiche: 1 ogni huom. 8, 10 che).

LF: 1 ogniun. 6 non porria. 11 suo iddio lo mostra. 14 che pria. (Grafiche: 8 chiamo. 9 contare).

PAR1: (Grafiche: 3 siche parlar. io virtute).

UBA1: (Grafiche: 1 ogni huom. 4 huomo. 7 humiltà. 8 io. 10 lei... virtute. 11 beltade. 14 haviam).

VA: (Grafica: 2 aire).

Non hanno varianti apprezzabili i codici qui non elencati.

48
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

7. 8 - Nota al testo della Nuova cronica di Giovanni Villani

L’ultima immagine presenta una pagina della Nota al testo relativa all’edizione critica della Nuova
cronica di Giovanni Villani (1280 circa-1348) preparata da Giuseppe Porta (Villani, Nuova
cronica): si vedono le indicazioni dei codici relative alle due redazioni del testo, lo stemma della
seconda redazione e un elenco di varianti relative a un singolo codice.

Trascrizione:

[...]

Redazione definitiva ( )

Prima parte (libri I-XI)

R4 = Ricc. 1532
N6 = Bibl. Naz. Centr. di Firenze, II.I.253
N8 = Bibl. Naz. Centr. di Firenze, II.I.260 (I-IX LVIII)
C2 = Cors. 44 G.4
49
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Seconda parte (libri XII LII-XIII)

N30 = Bibl. Naz. Centr. di Firenze, Pal. 1081


P = Bibl. Apost. Vat. Pal. lat. 939
C2 = Cors. 44 G.4 (XII)
L4 = Laur. LXII4
L9 = Laur. Ashb. 511
N5 = Bibl. Naz. Centr. di Firenze, II.I.251

Prima redazione ( )

Prima parte (libri I-XI)

R5 = Ricc. 1533
L5 = Laur. LXII5
V2 = Marc. It. Z.34 (I-VIII XXXI)
Ch5 = Bibl. Apost. Vat., Chig. L.VIII.298
A = Ambr. C.174 inf.
L2 = BLaur. LXII2
N26 = Bibl. Naz. Centr. di Firenze, N. A. 286

Seconda parte (libri XII-XIII)

R5 = Ricc. 1533

R6 (Ricc. 1534), descriptus di R4, sostituisce il suo antigrafo per la parte resa mutila dalla caduta di
una carta: da XI CCXXV 19 dentro a CCXXVII 36 d'esercizio. A partire da IX XXXVI N8 si mostra
scarsamente utilizzabile per un'accentuata predilezione al rimaneggiamento.

Le tavole di varianti che seguono, con i loro raggruppamenti, dimostrano che i rapporti fra i quattro
manoscritti fondamentali della redazione definitiva si delineano secondo questo stemma codicum:

50
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

I 118 schifando (schifino) 26 grazia (di grazia) 27 di ritrovare (ritrovare) III 18 e giorgia (Giorgia) v
18 e ravenna (Ravenna) VI 5-6 figliuolo primo (figliuolo dì Gomer che fu figliuolo primo) 22 che
(e) VII 17 tanto (tutto) 32 più sani (più sani e purificati) XII 12 lamedon (Laumedon) 27 ten-(ne)
(tennela) XIII 31 vocata citerea interpolato forse dalla stessa mano dopo isola XVIII 34 è chiamata
(si chiama) XIX 2-3 il chappelluto (il cappelluto suo figliuolo) 10 ren(n)io (Reno) XXI 14 dortigia
per riempire la lacuna 21 albola (Alba) XXIII 23 rimasono (rimase) 57 fa menzione (ne fa
menzione) XXIV 2 la moglie (moglie) 26 farà (faremo) 47 il tito livio (Tito Livio) XXV 19 an(n)i
viiii (VIIII anni) 33 giartham (Gioatham N8, gioathan C2, gioatthan N6) 42 interpolato dopo Marri,
[...]

51
ICoN – Italian Culture on the Net L.C. Rossi – Finalità e metodi della filologia

Bibliografia

Fonti

Franca Brambilla Ageno, L’edizione critica dei testi volgari, Padova, Antenore, 1975.

Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, a cura di G. Petrocchi, 4 volumi, Milano,
Mondadori, 1966-1967.

d’Arco Silvio Avalle, Principî di critica testuale, Padova, Antenore, 1978.

Guido Cavalcanti, Rime, a cura di G. Favati, Milano-Napoli, Ricciardi, 1957.

Gianfranco Contini, Esercizî di lettura, Torino, Einaudi, 1974.

Giorgio Inglese, Come si legge un’edizione critica. Elementi di filologia italiana, Firenze, Carocci,
1999.

Cesare Segre, La tradizione della "Chanson de Roland", Milano-Napoli, Ricciardi, 1974, p. 195.

Alfredo Stussi, Introduzione agli studi di filologia italiana, Bologna, il Mulino, 1994.

Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, 3 volumi, Parma, Fondazione Pietro Bembo-
Guanda, 1990-91.

Bibliografia

Violetta de Angelis e Gian Carlo Alessio (2000), "Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi" (Inf,
1,70), in Studi vari di lingua e letteratura italiana in onore di Giuseppe Velli, Milano, Cisalpino,
pp. 127-45.

Claudia Villa (1998), Per una lettura della "Primavera". Mercurio "retrogrado" e la Retorica nella
bottega di Botticelli, "Autografo", 13, 1, pp. 1-28.

Letture consigliate

Gianfranco Contini (1990), Filologia, in Gianfranco Contini, Breviario di ecdotica, Torino,


Einaudi, pp. 3-66.

Storia della letteratura italiana. 10. La tradizione dei testi (2001), Roma, Salerno editrice.

52

Potrebbero piacerti anche