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Presentazione «Vocabolario del romanesco contemporaneo (I, J) - P. D’Achille / C.

Giovanardi»

1. Introduzione

2. Lo stato dell'arte

3. L’ortografia del romanesco

4. Fonetica

1. Vocalismo

1. Vocalismo tonico
2. Vocalismo atono
3. Semivocali

2. Consonantismo

1. Geminazione e raddoppiamento fonosintattico


2. Lenizione
3. Attenuazione
4. Scempiamento
5. Dileguo
6. Perdita e iato
7. Rotacismo
8. Assimilazione
9. Affricazione
10. Palatalizzazione

3. Fenomeni generali

1. Aferesi

5. Morfologia

1. Articolo determinativo maschile singolare

2. Sistema flessivo nominale

3. Sistema Verbale

1. Apocope della sillaba finale degli infiniti

2. Forme verbali caratteristiche

6. Fraseologia

7. Sintassi

8. Lessico

9. Bibliografia
1. Introduzione

Il romanesco vanta una riconosciuta importanza nel panorama linguistico italo-romanzo anche se
spesso la lessicografia novecentesca dedicatasi al dialetto capitolino non sembra aver percorso a
pieno le rigorose linee di impostazione scientifica necessarie alla piena ricezione della realtà
dialettale. I vocabolari romaneschi mostrano infatti diverse criticità e il difetto di essere opere
amatoriali. Noti letterati del secolo scorso hanno utilizzato poi il romanesco nelle loro opere nella
caratterizzazione dei personaggi fornendo la possibilità di estrapolare utili dati linguistici nella
prospettiva del rilevamento delle voci dialettali, benchè la reale portata del romanesco pasoliniano o
gaddiano sia ancora oggetto di approfondimenti. Un breve excursus storico-bibliografico che passi
in breve rassegna opere lessicografiche e fonti letterarie sarà utile a chiarire in cosa consistano le
mancanze e altresì potrà mostrare come lo studio dialettologico stia man mano affinando l'efficacia
del suo metodo.

2. Lo stato dell'arte

Al romanesco Raffaele Giacomelli dedicò una personale attenzione lessicografica, raccogliendo (tra
il 1929 e il 1933) diversi interessanti materiali (inediti, pubblicati, postumi, parzialmente da G.
Porta) in vista della compilazione di un dizionario dialettale, che interruppe per la pubblicazione del
Vocabolario romanesco di F. Chiappini (Roma 1933) e che, rispetto a quest'ultimo, presentava,
nella parte realizzata, vari lemmi sfuggiti al Chiappini o con trattamento lessicografico
sensibilmente diverso. Inoltre, non va dimenticato che questa attività lessicografica dell'autore
(come gli altri suoi studi sul romanesco) presenta un ulteriore motivo d'interesse quale
testimonianza di forme e fenomeni in seguito modificatisi o addirittura scomparsi.

Il nome di Filippo Chiappini è legato al suo Vocabolario romanesco, nato dalla raccolta di oltre
5200 schede compilate durante il trentennio finale dell´ottocento. Lo schedario di Chiappini rimase
inedito fino a quando, nel corso del II Congresso nazionale di Studi Romani (1930), si decise di
affidarne l’edizione a Bruno Migliorini, giovane ma già valente filologo. Il Vocabolario romanesco
vide dunque la luce nel 1933; in seguito, l’intolleranza fascista verso il dialetto impedì a lungo una
ristampa dell'opera, che giunse solo nel 1945, arricchita da una serie di aggiunte e postille realizzate
da Ulderico Rolandi. L'opera coglie e mostra il romanesco a cavallo dei secoli IXX e XX (l'autore
scomparve nel 1905) e presenta numerosi lemmi e diverse locuzioni al giorno d'oggi desuete.

Pier Paolo Pasolini nei glossari romaneschi dei suoi romanzi del 1955 e del 1959, «Ragazzi di vita»
e «Una vita violenta», usa il dialetto che a sua volta non è quello di Belli o della tradizione, ma il
nuovo romanesco del dopoguerra, il nuovo slang parlato dai ragazzi di vita. Il romanesco di
Pasolini è dunque un dialetto che presenta numerosi tratti conservativi, essendo il modo di
esprimersi di personaggi popolari. Soprattutto per quanto riguarda la morfologia verbale notiamo
che sono ancora molti i fenomeni conservativi che poi spariranno o si attenueranno molto nel
dialetto dei nostri giorni. Gli anni Cinquanta del Novecento rappresentano un momento di passaggio
molto importante dal romanesco tradizionale, ancora legato al modello ottocentesco e il
neoromanesco odierno assai più italianizzato soprattutto nel campo della morfologia. Dall’analisi
dei testi risalta l’esclusiva interazione tra dialetto e italiano, considerando che Pasolini non lascia
spazio all'italiano regionale, che proprio in quegli anni veniva messo a fuoco dalla bibliografia
critica.

Nel 1969 Gennaro Vaccaro intraprese un processo di raccolta lessicografica tradizionale che nel
1971 gli permise di pubblicare il Vocabolario Romanesco Trilussiano e Italiano-Romanesco. Lo
spoglio delle poesie di Trilussa e Pascarella e la comparazione scaturitane suggerì allo studioso che
il romanesco dei due poeti, benché contemporanei, fosse alquanto diverso.
Il Dizionario Romanesco del 1994 di Fernando Ravaro è un'opera generosa di prime registrazioni
lessicografiche. La pur encomiabile raccolta delle nuove entrate è però affetta da evidenti lacune
procedurali (l'incerta frontiera tra i confini diacronico e sincronico che ripesca termini ottocentesci
attestati solo durante quel secolo, la preferenza per le fonti letterarie quasi esclusivamente belliane,
la lemmatizzazione di parole italiane rivestite di una patina fonetica romanesca, l'insufficiente
perspicacia nel cogliere le neoformazioni del romanesco giovanile).

Meno incerto nell'impostazione, più preciso nell'analisi delle fonti letterarie e nella conseguente
selezione dei lemmi è il Piccolo Dizionario Romanesco del 1999 di Giuliano Malizia. Il
vocabolarietto è ben composto e di agevole consultazione, ma risulta troppo selettivo e sintetico
nella scelta delle voci nella loro relativa strutturazione.

Nel contributo di Luigi Matt Profilo grammaticale del romanesco di ‘Quer pasticciaccio brutto de
via Merulana’ (2010) si delinea un profilo grammaticale del romanesco utilizzato nell'opera più
nota del milanese Carlo Emilio Gadda. Viene proposta una classificazione a livello grafico-fonetico,
morfologico e sintattico; per ogni fenomeno si forniscono i dati utili ad un inquadramento storico. I
risultati della ricerca non confermano l'interpretazione di molti critici che parlano di un dialetto di
matrice letteraria, prevalentemente esemplato sui Sonetti di Giuseppe Gioachino Belli. Al contrario,
la grande maggioranza dei tratti appartiene genericamente al romanesco moderno, e non può essere
utilizzata per stabilire la fonte privilegiata di Gadda. L'autore si è rifatto soprattutto al dialetto
realmente parlato nella Roma dei primi decenni del Novecento. I dialoghi, in particolare, appaiono
come rappresentazioni sostanzialmente verosimili del modo di esprimersi dei personaggi messi in
scena.

Attraverso l'impulso del Professor Massimiliano Mancini (dell'Università “La Sapienza” e socio del
Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli) negli ultimi anni hanno visto la luce alcune concordanze,
strumento che appare utilissimo per gli studiosi e per chiunque si interessi a un poeta o a un testo: le
concordanze della poesia di Mauro Marè (a cura di Maria Coniglio), della poesia di Mario dell'Arco
(a cura di Claudia Pellegrini), di Benedetto Micheli e di altri romaneschi del Settecento (a cura di
Emanuele Satta), di Giggi Zanazzo (a cura di Martina Di Lorenzo), di Cesare Pascarella (a cura di
Federica De Angelis) e infine del poema romanesco Li Romani in Russia di Elia Marcelli (a cura di
Davide Pettinicchio).

Tornando alla problematica iniziale, quella delle lacune menzionate in apertura, sarà importante
rilevare l'indisponibilità di un dizionario scientifico dell'uso e di un trattamento etimologico del
patrimonio lessicale oltre l'assenza di una grammatica storica capace di spiegare metodicamente
presso i livelli di analisi fonetica e fonologica, morfologica e sintattica la mutazione diacronica che
ha fatto evolvere la varietà di lingua latina di uso corrente nella Roma di età imperiale in origine nel
romanesco di prima fase (volgare di tipo spiccatamente meridionale perpetuato attraverso la stesura
della Cronica dell'Anonimo romano avvenuta secondo gli studiosi intorno alla metà del Trecento) in
seguito smeridionalizzato e toscanizzato tra Quattro- e Cinquecento nel romanesco di seconda fase
(immortalato dai Sonetti del Belli) alla fine trasformatosi nell'attuale sistema linguistico di livello
superiore detto di terza fase (o più prudentemente, diasistema di seconda fase e mezzo) che riunisce
due sistemi omogenei tra i quali ci sono somiglianze parziali sul piano fonematico, morfologico,
lessicale.

Parte della comunità linguistico-scientifica, consapevole delle criticità esposte, sta risolvendo con
successo le lacune lessicografiche attraverso la compilazione del “Vocabolario del romanesco
Contemporaneo” (VRC) presso l’Università Roma Tre e il progetto “Etimologie del romanesco
contemporaneo” (ERC) presso l’Università di Zurigo (nello stesso ateneo è stato nel frattempo
avviato il programma di ricerca Verso una grammatica storica del romanesco coordinato da
Vincenzo Faraoni).
Il primo volume relativo al Vocabolario del romanesco contemporaneo (I, J) del 2016 (seguito poi
da quello dedicato alla lettera (B) del 2018), è oggetto di questo approfondimento.

L'iniziativa lessicografica del Vocabolario del romanesco contemporaneo è progettata, guidata e


realizzata da Paolo D’Achille e Claudio Giovanardi, professori a Roma tre. Dall’ottobre del 2014,
nel quadro del progetto di ricerca finanziato dal FNS «Etimologie del romanesco contemporaneo
(ERC)», è al lavoro presso il Romanisches Seminar zurighese una squadra di giovani ricercatori che
attende ad una trattazione etimologica sistematica del lessico del romanesco odierno. Lo studio, che
si avvale del supporto logistico e scientifico fornito dal Lessico Etimologico Italiano (Saarbrücken),
è condotto in sinergia con il gruppo di ricerca che sta redigendo il VRC, diretto dai due docenti
attivi nell'ateneo capitolino, che ne ha da poco licenziato i primi due frutti a stampa, ossia le lettere
I, J e B. La sezione etimologica dei due volumi è a cura di Vincenzo Faraoni e Michele Loporcaro. I
lavori del progetto etimologico zurighese come quello lessicografico romano sono vòlti a colmare
una notevole lacuna degli studi linguistici italiani. L'opera contempla la composizione di un
dizionario del romanesco corrente all'insegna del rigore scientifico rivolto alla raccolta del
lemmario. L'importanza di una selezione dal carattere sincronico relativa agli ultimi cinquant'anni è
tanto più importante ammettendo che l'attuale tesorizzazione lessicale della regione romana non
conta su un'adeguata attenzione verso le novità del lessico stesso, della fonetica, della morfologia e
della sintassi occorse nel corso del secolo scorso. La compilazione di uno strumento lessicografico
dialettale si accompagna a una prassi operativa tanto divergente quanto parimenti complessa in
contronto ai vocabolari dello standard. Riguardo gli studi relativi alla zona della capitale, prima
dell'iniziativa di Giovanardi e D'Achille si sarebbe potuto rilevare infatti l'imprecisa impostazione
metodologica di chi si è avventurato nella compilazione di lessici romaneschi. Focalizzare l'analisi
linguistica dell’area romana al giorno d'oggi equivale a considerare aspetti storici e sociolinguistici
molto articolati. Con l'obiettivo di colmare la lacuna i due esperti, ormai poco meno di un quarto di
secolo or sono, creò i presupposti per l'opera. Il progetto, oltre che affrontare difficoltà finanziare e
conseguenti problemi organizzativi che ne hanno rallentato la pubblicazione, ha dovuto mettere a
punto criteri d'adeguata scentificità selezionando il lemmario tra scarti e inserimenti alla luce dei
nuovi parametri e considerando la tutt'altro che netta demarcazione intercorrente fra dialetto
romanesco, italiano de Roma (così efficacemente descritto dal linguista Ugo Vignuzzi) e standard.
I Saggi preparatori di seguito elencati inquadrano le problematiche poc'anzi descritte. Sono state
documentate su tutti i livelli di analisi linguistica tanto la vivacità del romanesco contemporaneo
quanto la sua ostilità al graduale dissolvimento nella lingua standard pronosticato da numerosi
linguisti durant il secolo scorso. Se il saggio «Romanesco, neoromanesco o romanaccio? La lingua
di Roma alle soglie del Duemila» ne ha approfondito l'analisi fonomorfologica, lo studio
«Conservazione e innovazione nella sintassi verbale dal romanesco del Belli al romanaccio
contemporaneo» ne ha accertato la vitalità sintattica. Non da ultimi, i lavori «Per un Vocabolario
del romanesco contemporaneo: ipotesi di lavoro, fonti, primi materiali» e «Verso il Vocabolario del
romanesco contemporaneo: proposte per la costituzione del lemmario» ne hanno verificato la
densità e l'attendibilità lessicale. Un'attezione particolare è stata dedicata all'oscillazione in diafasia
e diastratia e alla relazione fra italiano regionale e dialetto a Roma. Con lo scopo della
composizione di un corposo lemmario in termini di quantità, qualità e soprattuttutto di scentificità
sono state vagliate, oltre a una puntuale revisione del canone letterario e a un minuzioso filtraggio
delle falde lessicografiche, diverse fonti scritte come le scritte murali e varie altre fonti
complementari quali i tipi di parlato situazionale e massmediatico o la compilazione di questionari.

La vitalità e l'autonomia mostrata dal romanesco postunitario, caratterizzato sia dall’insorgenza di


fenomeni d’innovazione linguistica a tutti i livelli di analisi sia, talvolta, dal riaffioramento di tratti
ritenuti scomparsi da tempo, è quindi indubbia. Il presente saggio prosegue dunque con una breve
indagine sul dialetto romanesco, utile a focalizzarne i numerosi livelli di analisi.
3. L’ortografia del romanesco

Il tema ortografico non è secondario, considerando la tendenza degli autori dialettali romani a una
differenziazione grafica tra romanesco e standard. Nella realtà grafica, però, un testo scritto non
riuscirà a recare con massima precisione gli aspetti fonetici del vernacolo parlato. Una maggiore
approssimazione si potrebbe raggiungere attraverso l'uso di segni diacritico-fonematici con la
negativa conseguenza di dare per certa la non scontata comprensione degli stessi. Il testo ha quindi
la necessità di mantenersi leggibile. La capacità di pronuncia e di intonazione corretta sono innate
nel romanofono, ma di fatto non agevoli per il forestiero che affronti la lettura di un testo dialettale.

4. Fonetica

Nel VRC, per consentire una agevole lettura anche ai non specialisti, si è data particolare
importanza alla resa grafica dei suoni (sia nei lemmi sia negli esempi) è si è preferita la forma base
nel caso di parole che presentano oscillazioni fonetiche tra una variante più dialettale e una più
italianizzata, diversamente distribuite lungo l'asse diafasico e diastratico.

4.1 Vocalismo

Il dialetto di Roma condivide con i dialetti toscani e con l’italiano standard il vocalismo sia tonico
che atono.

4.1.1 Vocalismo tonico

Negli esempi proposti in tabella, l’uso dell’accento grafico aumenta la riconoscibilità di parole
altrimenti identiche (il vocalismo tonico romanesco distingue medioalte e mediobasse presentando
coppie minime riguardo le velari e le palatali; per le ultime la distinzione è ormai quasi persa).

vocali semichiuse vocali semiaperte vocali velari vocali palatali


sórdi sòrdi córe/còre
‘soldi’ ‘corre(re)’ ; ‘cuore’
vóto vòto méle/mèle
‘vuoto’ méle ; ‘miele’

4.1.2 Vocalismo atono

Le vocali atone sono soggette a uno scambio reciproco (soprattutto di /ó/-/u/) che risulta in forme
doppie:

foni grafia esempi


monottongamento di uò ò bòno
conservazione di e in protonia e rispetto all'italiano i Me stai a ssentì?
e in enclisi Statte zitto!
alternanza o/u in protonia u/o ciufèga / ciofèga
passaggio di a postonica a e e sighero
ar intertonico al posto di er ar suffisso -arèllo

Sarà utile accompagnare l'ultimo esempio tratto dalla tabella con l’esito del nesso latino RJ > r
come risulta in fornaro (it. fornaio) ma dindarolo (it. salvadanaio) o in barcarolo (it. barcaiolo).
4.1.3. Semivocali

La laterale palatale si realizza come /j/:

foni grafia esempi


Scadimento (intenso o tenue) a j figlio, fijjo, fijo, fio
jod (fino al dileguo) della
laterale palatale

4.2 Consonantismo

La esigua differenza intercorrente fra romanesco (inteso come dialetto o varietà bassa) e italiano de
Roma (inteso come italiano regionale o varietà alta che si avvicina all'italiano standard) lungo il
continuum , non nasconde la consapevolezza che alcuni elementi della pronuncia siano connotatori
fonetici e sociali. I tratti tipici del romanaccio sembrano condensarsi nel consonantismo.

4.2.1 Geminazione e raddoppiamento fonosintattico

La pronuncia di alcune consonanti intervocaliche è intensa:

b bilabiale sonora bb stabbiliménto


g palatale sonora gg staggióne
m nasale sonora mm pommodòro
l laterale sonora ll accèllera!

In finale di parola il romanesco non permette la presenza di consonanti, innescando il


raddoppiamento fonosintattico (in questo caso si constata l'allungamento della durata segmentale
della consonante finale di parola); l'attivazione avviene anche dopo monosillabi ‘forti’, cioè
accentati (in questo caso si rileva l'allungamento della durata segmentale della consonante iniziale
di parola). Il raddoppiamento sintattico non è però da considerare un tratto distintivo, in quanto non
si rispecchia nella grafia.

raddoppiamento in finale di parola raddoppiamento a inizio di parola


stoppe ‘stop’ a ddestra
gasse ‘gas’ e ppoi
bare ‘bar’ che ffatica

4.2.2 Lenizione

La pronuncia di alcune consonanti intervocaliche è lenita:

occlusive t, dado (dato),


c, ciufega (ciofeca)
p ajgabìdo (hai capito)
4.2.3 Attenuazione

La fricativa palatale sorda ç (c cedigliata) è soggetta ad attenuazione (ed in questa forma grafica
viene utilizzata nel VRC):

buçìa (it. bugìa) ; façiòlo (it. fagiòlo)

Lo stesso fenomeno consonantico si potrebbe analizzare nei termini di resa fricativa dell’affricata
palatale sorda (analogamente a come viene resa nei sonetti del Belli):

disce (it. dice)

Il Professor Lorenzo Tomasin ha mostrato delle riserve riguardo alla c cedigliata, soluzione adottata
nel VRC, in sede di esposizione orale del presente articolo.

4.2.4 Scempiamento

La pronuncia di r vibrante pro- e postotonica è scempia:

guèra ; tèra

Allo stesso fenomeno è soggetta l'occlusiva dentale sorda doppia:

matina (it. mattina)

4.2.5 Dileguo

La pronucia di v intervocalica dilegua:

staa a magnà (it. stava mangiando)

4.2.6 Perdita e iato

Il processo morfofonologico noto come “lex Porena” (il filologo Manfredi Porena, infatti, la registrò
per primo) impone la perdita della laterale nei derivati dal latino ILLUM: gli articoli determinativi
(la, le, lo, li) e di conseguenza anche gli omofoni pronomi clitici con funzione di oggetto, le
preposizioni articolate (della/o/e e dei, dallo/a, sullo/a), il pronome o aggettivo quello.

Alla caduta della laterale in alcune preposizioni si aggiunge iato monotimbrico (nella varietà bassa
del dialetto i fenomeni di armonia vocalica si verificano spesso):

quaa ; quoo ; quii (it. reg. rom. e it. quella ; quello ; quelli)

Alla caduta della laterale nelle sequenze di due clitici la vocale del primo viene assimilata a quella
del secondo:

moo dici ; too dico ; tii magni (it. me lo dici ; te lo dico ; te li mangi)

Alla caduta della laterale nella sequenza di congiunzione se o pronome che, seguiti da clitico, il loro
timbro vocalico viene assimilato alla vocale del clitico seguente:
soo trova ; sii conosci ; coo reggo ; chii porta (it. se la trova, se lo conosci, che lo reggo, che li
porta).

4.2.7 Rotacismo

La pronuncia di l laterale preconsonantica è con rotacismo

barcóne (it. Balcóne) ; cortello (it. coltello)

4.2.8 Assimilazione

I gruppi consonantici /nd/, /mb/ ed /ld/ si assimilano sono soggetti ad assimilazione:

nd > nn
quanno (it. quando) ; 'nnamo (it. andiamo)

mb > mm
piómmo (it. piómbo)

ld > ll
callo (it. caldo)

Un caso particolare si presenta nell'assimilazione di:

st (non iniziale) > ss


e bbassa! (it. e basta!) con raddoppiamento fonosintattico (non riflesso nella grafica).

4.2.9 Affricazione

È importante premettere la distinzione tra affricata alveolare sorda e sonora graficamente


evidenziata nel VRC. La ż (z con puntino soprascritto) indica la z sonora, la z normale indica il
suono sordo. Un esempio del primo caso è costituito da ingarżà(re) ; uno del secondo è mostrato da
ignoranzità .

Nei nessi /ns/ /ls/ /rs/, la sibilante è soggetta ad affricazione, appunto, dopo nasale o liquida:

pènżo (it. pènso) ; pórżo (it. polso) ; bórża (it. bórsa)

4.2.10 Palatalizzazione

Il nesso /nj/ è soggetto a palatalizzazione:

magnà(re) (it. mangiàre)

La palatalizzazione si presenta anche presso s preconsonantica iniziale, sorda o sonora:

che šchifo! (it. che schifo!)

4.3. Fenomeni generali

Alcuni esempi di epentesi (povesia), metatesi (frebbe), sincope (poro) ed epitesi (sìne ; none) sono
confinate al dialetto di matrice belliana e ai parlanti più anziani dei rioni storici. Nel romanesco
contemporaneo è da segnalare l'aferesi.

4.3.1 Aferesi

Sono soggette a questo fenomeno:

la vocale iniziale prima di in- im– + consonante come in impapocchià > ’mpapocchià ;
la vocale iniziale prima di ign– come in Ignazio > ’gnazio .

5. Morfologia

Di seguito si fornisce una lista non esaustiva degli elementi morfologici più frequenti e caratteristici
del romanesco:

5.1 Articolo determinativo maschile singolare

L’articolo determinativo possiede il seguente paradigma:

er / 'o / l’ (singolare maschile; p. es. er gatto ; 'o sposo ; l’omo).

Come già fatto risaltare l'articolo lo è soggetto alla «lex Porena». Se l'articolo er determina un
soggetto che inizia per r subirà aferesi:

er pupo ma e’ regazzino

5.2 Sistema flessivo nominale

A livello morfologico sarà utile fornire un esempio rappresentativo a proposito del sistema delle
classi di flessione, che nel romanesco si mantiene:

singolare in romanesco plurale in romanesco singolare in italiano plurale in italiano


auto auti autobus autobus
euro euri euro euro

5.3 Sistema Verbale

In romanesco i verbi mancano della desinenza. Gli ausiliari si usano nelle forme avé (avécce per
indicare possesso) ed esse. I riflessivi recano all’infinito la desinenza –se (imbrojàsse ; impallàsse ;
imbustàsse). Tipici del romanesco sono i verbi con a prostetico (ariccomannà).

5.3.1 Apocope della sillaba finale degli infiniti

Si pone l'accento sulla sillaba tonica e si inserisce il resto della desinenza tra parentesi tonde:

imbarcà(re), ignottì(re) (it. inghiottìre), stà(re) avé(re), séde(re), morì(re)

5.3.2 Forme verbali caratteristiche

Oltre al già citato fenomeno generale dell'apocope infinitivale sono da ricordare le desinenze della
prima persona plurale del presente in -amo, -emo, -imo (’nnamo, vedemo, venimo) e forme verbali
ridotte come demo < dovemo (it. dobbiamo), amo (it. abbiamo), aamo (it. avevamo).
6. Fraseologia

Per quanto riguarda la sottostimata indagine fraseologica, durante la compilazione delle voci
lemmatizzate nel vocabolario hanno meritato particolare menzione e puntuale considerazione le
combinazioni di parole percepite dai parlanti come unità lessicali e i modi di dire proverbiali
(locuzioni o frasi), entrambi distintivi nel delineare i tratti lessicali del romanesco:

parola polirematica modo proverbiale significato in italiano esito in romanesco


che te lo dico a fà(re) ‘è ovvio’ polirematico
falla finita ‘smettila’ polirematico
dritto pe(r) dritto ‘sempre dritto’ polirematico
caffè ar vetro ‘espresso in bicchiere’ polirematico
magna magna generale ruberia diffusa polirematico
abità(re) al Colosseo lasciare la porta aperta polirematico

in questa ottica sarà utile fare riferimento ad alcuni antroponimi presenti nelle voci del VRC:

antroponimo voce in cui compaiono locuzione romanesca significato in italiano


Ignazio Ignazio te lo dice Ignazio te lo dico io
Gerardi impresa Impresa Gerardi, la un posto dove si lavora
mattina presto e la troppo
sera tardi
Stradelli impresa lavorà all'impresa essere disoccupato
Stradelli

A titolo d'esempio, riportiamo la voce del VCR recante gli antroponimi Ignazio Pecorella, Stradelli
e Gerardi:

imprésa s. f. È usato in alcune loc. scherz.: lavorà all’impresa


Stradelli, essere disoccupato | impresa Gerardi, la mattina presto
e la sera tardi, posto in cui si lavora troppo.
LR: DA (impresa Stradelli); DG2 (impresa Gerardi)
E: impresa Stradelli sarà da ricondurre alla loc. stà(re) in mez-
zo a ’na strada “essere privo di impiego”; è esclusivamente ad
esigenze rimiche che si deve, invece, il tipo impresa Gerardi.

Ignàzio o Ignàzio Pecorèlla n.proprio m.(f.–a) Il sottoscritto,


io (posposto al verbo): com’ar zolito paga Ignazio Pecorella!, pago
io; te lo dice Ignazio, te lo dico io.
LR: R (’gnàzzio), DG2 (Ignazio Pecorella)
E: difficile si tratti di un personaggio realmente esistito. Ignazio
pare essere deformazione scherz. del pron. io (cfr. anche D’Achille 1998: 267);
Pecorella, visti i contesti tipici di ricorrenza,
sarà da riferire al carattere docile, mite, mansueto (cfr. GDLI,
s.v.), e quindi anche un pò ingenuo, di chi, volente o nolente,
si fa carico di ciò che nessun altro ha voglia di fare.
7. Sintassi

Il livello sintattico del romanesco è caratterizzato da una dinamica vitalità. Giovanardi e D'Achille,
nei loro vari scritti preparatori al VRC, hanno effettuato una ricognizione relativa alle perifrasi
infinitivali nel romanesco fornendo, tra gli altri, questi esempi:

perifrasi infinitivale telicità positiva telicità negativa imminenzialità


sto a uscì ho intenzione di uscire; sto per uscire
voglio uscire
stasera non (nun) sto a stasera non mi va di
uscì uscire

Ulteriori moduli sintattici, ascrivibili alla varietà bassa, sono costituiti dai i seguenti costrutti:

dovere da + infinito:

devo da venì ; che te devo da di? ;

che + verbo + a + infinito:

che ce lo dici a ffà? .

8. Lessico

Al fine di introdurre finalmente l'analisi lessicografica effettuata nel VRC, si inizieranno a fornire
delle voci particolarmente significative estratte dalla lettera I:

idèa s. f. Piccola quantità di qualcosa: Ce lo vòi lo zucchero ner


caffè? — Appena ’n’idea | avecce ’na mezza idea, avere un’ispi-
razione o un’intenzione abbozzata: ciò ’na mezza idea de an-
nammene a ffà ’n viaggetto | manco pe’ (l’)idea, no nel modo più
assoluto: manco pe’ l’idea esci stasera | fasse ’n’idea, prendere
conoscenza di qlco. in modo superficiale, formarsi un’opinio-
ne approssimativa: te lo chiedo così, tanto pe’ famme ’n’idea | me
piaçe l’idea!, espressione ironica con cui si esprime dissenso su
una proposta.
LR: R
LI: GRADIT
E: dal lat. ĭdĕam (gr. idéa).

Ogni locuzione espressa con l'ausilio del lemma idea denota una marcata impronta locale.
Completano la voce ulteriori dettagli complementari come le sigle LR (che indica i lessici
romaneschi, anch'essi citati in sigla, nei quali è registrata la voce), LI (che riferisce dei lessici
italiani) ed E (che segnala l’etimologia). Un esempio emblematico circa le mancanze della
lessicografia romanesca è costituito da ignoranza (e da ignorante) non notata da alcuna silloge
romanesca benchè fornita di un forte sentore locale (i numeri arabi mostrano quali dei significati
riportati sono realmente presenti nei lessici):
Ignorànza s.f. ɪ. Maleducazione, rozzezza. 2. Schiettezza: mejo
l’ignoranza daa farzità! 3. antifr. Competenza: pe’ le machine Tòto
è de ’n’ignoranza ’nzuperabbile.
LR: ɪ. DGɪ, CT
LI: ɪ. GRADIT
E: dal lat. ignorantĭam.

ignorànte I agg. ɪ. Cattivo, dispettoso: e nun fà l’ignorante! 2.


Maleducato: la volete piantà, a ignoranti (Pasolini) 3. scherz. Ru-
stico, genuino: ’na bettola ’gnorante ’ndo se magna bene; fettuc-
cine ’gnoranti. 4. Di oggetto o materiale che non si presta ad
essere trattato con facilità: questo è un legno ’gnorante. II s. m. e
f. Persona maleducata: sei propio ’n ignorante!
LR: agg. ɪ. Br
LI: agg. 2. e s. m. e f. GRADIT
E: dal lat. ignorāntem.

Il vocabolario accoglie lemmi dialettali tradizionali semanticamente mutati o ampliati, neologismi


da basi lessicali già presenti per conversione o per affissazione, lemmi dialettali o italiani che
nell’italiano regionale di Roma assumono accezioni particolari, lemmi gergali. Al fine di portare
all'attenzione i mutamenti in diafasia e diastratia e chiarire la relazione tra italiano de Roma e
romanesco (cioè fra italiano regionale e dialetto), il VRC recupera e riformula ma guarda anche
oltre il limitato orizzonte del consueto orientamento letterario attraverso fonti alternative
(questionari e inchieste mirate, informatori), fonti parlate (registrazioni e interviste di parlato
spontaneo) fonti trasmesse (registrazioni radiotelevisive di parlato massmediatico), fonti scritte
lessicografiche e documentarie come le scritte murali). Il filtro predisposto dal vocabolario
distingue:

tratti conservativi tratti innovativi


riscontro nelle fonti letterarie dei secoli mutazioni socio-culturali delle comunità romana
precedenti: negli ultimi decenni:

Belli, Trilussa, Pascarella Pasolini, Gadda,


linguaggio giovanile e dei drogati

L'azione preparatoria che anticipa la stesura d'un opera lessicografica accurata ed esauriente
concerne il tracciare i limiti dell'area lessicale da investigare, la sua lemmatizzazione:

voci esempi
dialettali tradizionali perzica ‘pèsca’, straccali ‘bretelle’
dialettali nuove coatto
neologismi piacione
d'origine dialettale estesesi all'italiano Patacca, cravattaro, tardona, sgallettata, supplì
d'altra provenienza dialettale fasullo
gergali canàla, frullino
Continuando la trattazione, si scelgano casi recanti alcune problematiche di lemmatizzazione. Il
sistema verbale del romanesco, ad esempio, non si può sistematicamente sovrapporre (sia per la
funzione o ‘voce’ del verbo come espressione del rapporto intercorrente tra il soggetto e l'azione,
sia per l'aspetto semantico), a quello dello standard. Il verbo imbroccolà(re) può essere usato come
transitivo e intransitivo:

imbroccolà(re)¹ v. tr. Indovinare, cogliere nel segno: il portone


di Marianna la nasona non lo imbroccolarono (Pasolini).
LR: P2
LI: GRADIT (1959)
E: da imbroccà(re) incrociato con broccolo e/o attratto da imbroc-
colà(re)².

imbroccolà(re)² v. I intr. (aus. avere) Perdere la calma, adirar-


si: nun pòi ’mbroccolà pe’ così ppoco II tr. Raggirare: nun te fa
’mbroccolà dar primo che passa .
E: der. parasint. da broccolo .

Il GRADIT ha indicato come l’uso transitivo sia stato rilevato in Pasolini col significato di
‘imbroccare’; la parte complementare della voce è stata scritta riportando le testimonianze degli
informatori. Nel primo significato del verbo transitivo è plausibile l’influenza di broccolo , che a
Roma si usa col valore di ‘sciocco’. Il tipico uso riflessivo nel romanesco del verbo imbrojasse lo
distanzia dall’italiano; inutile quindi lemmatittarne la forma attiva imbrojà sovrapponibile con lo
standard ‘imbrogliare’, imbrojasse è stato registrato come nuova entrata visto che a Roma si usa con
un significato peculiare, relativa alle condizioni atmosferiche:

imbrojàsse v. rifl. Guastarsi,volgere al brutto (detto del tempo


o del cielo): er celo se sta a ’mbrojà: addio mare!
E: variante locale di imbrogliarsi (da brogliare con il pref. in–¹).

In sede di lemmatizzazione, sotto la stessa voce omonima, si è optato per due inserimenti distinti nei
casi in cui la differenza di significato si ampia e giustificata da una forte discrepanza etimologica.
La duplice entrata di impallasse¹ e impallasse² è motivata dal notevole divario semantico e un
etimo in larga misura non coincidente. D'ambedue l'origine è il lessema palla, ma nella prima
accezione metaforica si fa riferimento all'impossibilità di effettuare un tiro diretto da parte del
giocatore di biliardo (sulla traiettoria del colpo si frappone infatti una sfera che ne “impalla” un'altra
che costituisce l'obiettivo della giocata) mentre nella seconda la similitudine descrive un computer
che “s'impalla” rimanendo in stallo, come il giocatore impossibilitato al tiro.

impallàsse v. rifl. ɪ. Ingrassare eccessivamente: Giggi s’è ’mpallato


come un porco 2. Smettere di funzionare: me s’è ’mpallato er telecomando .
LR: ɪ. R
LI: 2. GRADIT (impallarsi “impacciarsi, essere in difficoltà”)
E: der. parasint. rifl. da palla ; il sign. 2 deriva dal valore che
il v. assume nel gioco del biliardo, vale a dire “trovarsi nella
condizione di non poter effettuare un tiro diretto”, e quindi,
per estens., “andare in difficoltà (detto di persone)” o anche
“smettere di funzionare (detto di oggetti)”.
Una parte non trascurabile dell'opera lessicografica descritta è formata dai vocaboli caratteristici del
linguaggio giovanile il quale, nella capitale, si mostra decisamente produttivo di neologismi. Spesso
le voci di questo ambito risalgono l'asse del registo linguistico quando gli adulti parlano in
situazioni naturali e spontanee e in contesti informali usando queste parole in maniera espressiva.
Anche se la maggior parte dei lemmi del linguaggio dei giovani rimandano a oscenità e turpiloquio,
ve ne sono una discreta quantità dalla decisa forza connotativa. Ecco tre nuove voci giovanili
entrate del VRC e in precedenza mai lemmatizzate. L'attributo, usato in maniera ellittica, si riferisce
a persone molto ricche, a qualcuno impaccato de soldi :

impaccàto agg. Carico, pieno, spec. di denaro: Giulio è impac-


cato de sòrdi .
LR: ANRɪ
E: der. parasint. da pacco .

La voce verbale imbustasse che nello standard sottintende l'‘andare a dormire’ compare in un
recente romanzo di due noti autori capitolini, fatto dimostrante che il lessico descritto oltrepassa i
confini dell'utenza giovanile:

imbustàsse v. rifl. giov. scherz. Andare a dormire, mettersi


sotto le coperte: so’ stanco morto, stasera me ’mbusto presto .
LR: DGɪ, ANR2
E: der. parasint. rifl. da busta .

L'azione imbruttì(re) reca uno slittamento semantico al contronto con lo stesso verbo in italiano. La
gioventù romana lo intende come ‘provocare’, smarrendo totalmente il significato originale nello
standard:

imbruttì(re) v. tr. giov. Provocare, irritare, far stizzire: me sta a


’mbruttì .
LR: Gvɪ, ANRɪ
E: der. parasint. da brutto .

Ulteriori esempi sono rappresentati da voci ricevute dalla tradizione lessicografica precedente.
Forniamo ancora una voce verbale, ereditata dalla lessicografia del passato, ì(re) , usata quasi
unicamente attraverso il participio passato ito ; la voce espone in modo ampio e dettagliato tutta la
semantica del verbo:

ì(re) v. intr. (usato oggi quasi esclusivamente nel part. pass. ito )
(aus. essere) ɪ. Andare: domenica so’ ito ar mare | ce potemo ì, ce
se pò ì, ci possiamo, ci si può andare | è ito all’arberi pizzuti , è
morto 2. estens. Guastarsi, andare a male: ’sta frutta ormai è ita
3. estens., assol. Uscire di mente, impazzire: quello ormai è ito.
LR:ɪ R
LI: GRADIT (tosc.)
E: lat. īre .

Un sostantivo, ianna , deriva dal significato precipuo di ‘ghianda’, ma viene esclusivamente usato
come metafora di ‘testicolo’:
jànna s. f. arc. ɪ. Ghianda: versi buttati ar porco come janne (Del-
l’Arco) 2. fig. (spec. al pl.) Testicoli.
LR: C, R
E: roman. di I fase; lat. glăndem con cambio di classe.

Le marche e le annotazioni recanti il livello d’uso vengono accompagnate da esempi fittizi e da


citazioni di autori attivi dal dopoguerra. Come mostra l'esempio ì(re) , la voce è strutturata in modo
misto con exempla ficta e menzioni dalla letteratura dialettale degll'ultimo cinquantennio. Dette
attestazioni preservano dall'oblio vocaboli usciti dal vivo uso. Esemplare il fatto che per la voce
ì(re) anche se intensamente presente sia nelle fonti scritte che nei lessici dell'ultimo mezzo secolo,
siano indicati due significati (sottolineati) finora non segnalati dai lessicografi, seppur d'intenso uso
quotidiano. Ciascuna voce, quindi, presenterà gli aspetti riportati nella prossima tabella:

lemma I lemmi registrati per la prima volta rispetto alla lessicografia


esistente figurano sottolineati.
grafia Criteri lessicografici rigorosi per quanto riguarda la grafia in
riferimento alla fonetica.
indicazioni morfologiche Puntuali, precise ed esaustive indicazioni di morfosintassi.
significato Più accezioni sono elencate con numerazione progressiva. I
significati non documentati nella lessicografia esistente vengono
sottolineati.
marche Sigle che chiariscono la frequenza di tutti i vocaboli nell’uso del
romanesco.
exempla ficta Attestazioni nello scritto e nel parlato (le fonti letterarie del
secondo Novecento e il parlato romano dalla seconda metà del
Novecento a oggi).
registrazioni Identificate complessivamente con la sigla LR (Lessicografia
Romanesca), delle voci documentate nelle precedenti opere
lessicografiche romanesche, ciascuna richiamata con una sigla
attestazioni designate con la sigla LI (Lessicografia Italiana), nei principali
vocabolari italiani dell’uso
etimo indicato con la sigla E e fornito solo se fondato

Attraverso questi vettori, Il VRC attua una dettagliata rianalisi del patrimonio lessicale rilevando la
progressiva erosione del patrimonio lessicale del romanesco tradizionale e documentando
l’emersione di una nuova dialettalità negli sviluppi semantici (di molte parole sia dialettali che
italiane) e la derivazione. A riguardo di questo ultimo rilievo lo si descriva tramite l'esempio dei
verbi parasintetici come quello di inparaculisse (farsi furbo):

aggiunta di prefisso (a-, in-, s-) nome o aggettivo aggiunta di desinenza (-à, -ì)
in- paracul(o) -isse

L’infinito -are o -ire verrà apocopato in -à o -ì mentre la forma riflessiva recherà -asse o -isse. Una
cura ulteriore è costituita dall’analisi dei fenomeni grammaticali e in particolare nel trattamento dei
verbi e degli usi verbali dove si distingueranno:
Verbi procomplementari esempi
esserci o farci ce sei o ce fai?
essere valido ammolajela

uso esempi (come già fatto risaltare)


transitivo imbroccolà(re)¹
intransitivo imbroccolà(re)²
riflessivo inparaculisse
pronominale ammolajela

Per chiudere la trattazione si segnalano due ennesimi esempi di quanto il VRC sia votato al rigore
scientifico della trattazione lessicografica:

i¹ art. det. m. pl. che si affianca, sul modello italiano, alla forma dialettale li ( i fiji de Maria vanno
ancora all'elementari ; so passati i monnezzari ), oppure come esito locale davanti a parole che in
italiano richiederebbero gli ( oggi nonna ha preparato i gnocchi ; ho incontrato i zii de Giggi ).
E. lat. (ĭl)lī

l'articolo determinativo di generele maschile e di numero plurale i , fino a oggi non presente nella
lessicografia del romanesco e dalla stessa rilevato solo nella forma li , è di quest'ultima l’esito
fonetico dialettale, come nei gruppi nominali i gnocchi , i zii .

I¹ pron. atono di III pers. m. pl. che in particolari contesti fonosintattici sostituisci li con valore di
compl. ogg.: Mario e Pippo è tanto che nù i vedo ppiù ; i conosci pure te, come so' ffatti quelli .
LR: Br
E. lat. (ĭl)lī

Il pronome personale di genere maschile e di numero plurale, analoga riduzione di li viene attestato,
a titolo esemplare, nella frase a quelli chi i conosce?
9. Bibiografia

Filippo Chiappini
Vocabolario romanesco, 1933 - Prefazione di Bruno Migliorini.
Vocabolario romanesco, 1945 - Nota e aggiunte di Ulderico Rolandi.

Pier Paolo Pasolini


Glossari romaneschi dei suoi romanzi del 1955 e del 1959, «Ragazzi di vita» e «Una vita violenta».

Gennaro Vaccaro
Vocabolario Romanesco Trilussiano e Italiano-Romanesco, 1971.

Fernando Ravaro
Dizionario Romanesco, 1994.

Giuliano Malizia
Piccolo Dizionario Romanesco, 1999.

Paolo D’Achille - Claudio Giovanardi


Dal Belli ar Cipolla: conservazione e innovazione nel romanesco contemporaneo – Roma 2001.

Cap 1. «Romanesco, neoromanesco o romanaccio? La lingua di Roma alle soglie del Duemila».
Cap.3. «Conservazione e innovazione nella sintassi verbale dal romanesco del Belli al romanaccio contemporaneo».
Cap 5. «Per un Vocabolario del romanesco contemporaneo: ipotesi di lavoro, fonti, primi materiali».
Cap 6. «Verso il Vocabolario del romanesco contemporaneo: proposte per la costituzione del lemmario».

Claudia Pellegrini
Concordanze della poesia di Mario Dell'Arco, 2007.

Luigi Matt
Profilo grammaticale del romanesco di ‘Quer pasticciaccio brutto de via Merulana’, 2010.

Davide Pettinicchio
Concordanze del poema in romanesco «Li romani in Russia» di Elia Marcelli, 2010.

Paolo D’Achille - Claudio Giovanardi


Vocabolario del romanesco contemporaneo (I, J), Roma 2016
Vocabolario del romanesco contemporaneo (B), Roma 2018.

Paolo D’Achille - Claudio Giovanardi


Dal Belli ar Cipolla: conservazione e innovazione nel romanesco contemporaneo – Roma 2001.

Cap 1. «Romanesco, neoromanesco o romanaccio? La lingua di Roma alle soglie del Duemila».
Cap.3. «Conservazione e innovazione nella sintassi verbale dal romanesco del Belli al romanaccio contemporaneo».
Cap 5. «Per un Vocabolario del romanesco contemporaneo: ipotesi di lavoro, fonti, primi materiali».
Cap 6. «Verso il Vocabolario del romanesco contemporaneo: proposte per la costituzione del lemmario».

Paolo D’Achille
Il Vocabolario del romanesco contemporaneo
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/dialetto/D_Achille.html

Claudio Giovanardi
I neologismi del romanesco contemporaneo
http://www.culingtec.uni-leipzig.de/SILFI2000/abstracts/papers/Giovanardi_co011.html
Laura Gigliotti
Dall’«imbucato» al computer «impallato» Il romanesco diventa un segno d'identità: a Roma Tre
pronto il vocabolario del dialetto che fu del Belli e di Trilussa, 16/02/2007.
http://www.ilgiornale.it/news/dall-imbucato-computer-impallato-romanesco-diventa-segno-d.html

Alessandra Cutrì
intervista a Claudio Giovanardi, 19 febbraio 2018.
http://www.insulaeuropea.eu/2018/02/19/alessandra-cutri-intervista-claudio-giovanardi/

Rosanna Marsico
Recensione a “Roma e il suo territorio. Lingua dialetto e società – a cura di Maurizio Dardano,
Paolo D'Achille, Claudio Giovanardi, Antonia G. Mocciaro. Roma: Bulzoni Editore, 1999. 343 pp.
In “Rivista di studi italiani” Anno XVIII , n° 2, Dicembre 2000, pag. 340-343.
http://www.rivistadistudiitaliani.it/articolo.php?id=768

Andrea Viviani
Recensione a Paolo D’Achille, Claudio Giovanardi, “Per un Vocabolario del romanesco
contemporaneo: ipotesi di lavoro, fonti, primi materiali”. In Roma e il suo territorio. Lingua,
dialetto, società, a cura di Maurizio Dardano, Paolo D’Achille, Claudio Giovanardi, Antonia G.
Mocciaro. Roma, Bulzoni, 1999: 155-182; rist. In Idd., Dal Belli ar Cipolla. Conservazione e
innovazione nel romanesco contemporaneo. Roma, Carocci [“Lingue e letterature”, 12], 2001: 85-
105. Idd., “Il Vocabolario del romanesco contemporaneo: bilancio di un anno di lavoro e
prospettive future”. Il Belli 2, 2000, 2: 27-30. Idd., “Proposte e primi consuntivi per il vocabolario
del romanesco contemporaneo”.

Ilde Consales
Fra lessico e grammatica. Il problema dei verbi dà(re) e fà(re) nel Vocabolario del romanesco
contemporaneo.
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP:
Vol I, pp. 79-83

Luca Lorenzetti
Un decennio di studi linguistici sui dialetti del Lazio: bilanci e prospettive.
Estratto da: Claudio Giovanardi, Franco Onorati (a cura di), Le lingue der monno.
Atti del convegno di studi (Roma, 22-24 novembre 2004), Aracne editrice, Roma 2007: pp. 197-
215.

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