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Benedetto Lupi

LO
SUBBJACCIANU
GRAMMATICA NORMATIVA

1
SUBIACO 2010

2
Ai miei figli Ella, Marco e Sergio
che, pur nati in Africa, non disdegnano
nel loro parlare il vernacolo sublacense.

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Domi habuit unde disceret
(Terenzio, Adelphoe)

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Premessa
L'autore - Il nome e cognome sono trascritti in dialetto,
Pittúcciu Jupi1 infatti è la traduzione di Benedetto Lupi. Stesso
nome aveva mio nonno, classe 1863, figlio di Luigi e di Maria
Mari; egli, contadino, sapeva appena scrivere il suo nome e
parlava ancora il dialetto genuino. Mio padre, Rafèle, della
famiglia Maschjulínu, operaio cartaio, sapeva leggere, scrivere
e fare di conto e parlava un dialetto non ancora italianizzato dai
mass media. Io, maestro, ho vissuto la meravigliosa avventura
dell’insegnamento nelle scuole italiane e in quelle d’ogni ordine
e grado della Somalia, in Africa Orientale.
Le circostanze per trent’anni mi hanno tenuto lontano dal
paese e quindi dalla necessità di parlare il vernacolo; questa
lunga astinenza ha conservato in me il dialetto di quand’ero
ragazzo, quello cioè tra le due guerre mondiali, appreso dal seno

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e dalla bocca di mia madre Nazzarèna, delle gente Bicícia: è
stato perciò la mia vera lingua materna.
È rimasto ibernato per tanti anni ed è resuscitato quando
sono involontariamente rimpatriato e, proprio allora, sentendo
da parenti, amici, conoscenti e paesani tutti parlare un idioma
che non aveva piú il sapore antico del dialetto cui ero stato
abituato e che non era neanche lingua italiana, ma un ibrido
linguaggio di italiano-televisivo-romanesco-sublacense, ho
deciso di rifare il cammino all’indietro, di tornare il piú vicino
possibile alle sorgenti, di annotare parole, frasi, flessioni e
accenti, con lo scopo di fissare sulla carta in modo organico
tutto quanto faceva parte dell’antico idioma, captandolo dai
discorsi degli anziani, per le strade di paese o di campagna, nei
locali pubblici o nelle case private e ricercando e studiando i rari
scritti dialettali.
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1) Benedetto in dialetto è Beníttu che, con passaggi successivi (Beníttu-
Biníttu-Bittu-Bittúcciu-Pittúcciu) genera appunto Pittúcciu; invece Lupi è
Jupi, plurale di jupu (lupo). Si ha anche però la forma j'upu-j'upi (il lupo-i
lupi) e allora bisogna fare attenzione perché quando si scrive jupi s’intende
solamente lupi, invece quando si dice jupi si può intendere sia lupi (e in
questo caso anche Lupi) sia i lupi (j'upi) con l'articolo.
Il dialetto - Non è il caso di ricordare le polemiche culturali
avvenute molti anni fa circa il rapporto lingua-dialetto né
resuscitare i pregiudizi sociali secondo cui parlare in lingua
significava essere signore, invece parlare in dialetto indicava
l'appartenenza al volgo; ma è bene chiarire subito che lingua e
dialetto sono entrambi necessari, anche se è la prima a
beneficiare maggiormente delle peculiarità del secondo.
Qualcuno dice che il dialetto è piú espressivo della lingua,
qualche altro che la lingua è piú espressiva del dialetto, ma si
dimentica che la qualità d’espressione dipende dalla
conoscenza e dalla padronanza che si hanno o dell'una o
dell'altro. Il dialetto perciò non va svilito e la lingua deve essere
necessariamente studiata, perché solo la proprietà di linguaggio
in entrambi i campi permette di rendere concreta di volta in
volta e di dare forma a ogni sfaccettatura di quel fatto spirituale

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che urge dentro di noi e che dall'anima si vuole esprimere con la
parola.
Al riguardo Tullio De Mauro scrive: "Il De Sanctis, l'Ascoli,
il D'Ovidio erano decisamente sfavorevoli ad una lotta
indiscriminata contro i dialetti, nei quali scorgevano i
depositari di un ethos locale da non disperdere, ma anzi da
salvare ai fini dell'arricchimento della cultura nazionale; i
dialetti, perciò, non andavano messi in ridicolo, ma studiati e
confrontati con la lingua, sicché dalla riflessione emergesse
netto il senso della diversità di lingua e dialetto, e si diffondesse
la lingua senza isterilire quel che di vitale poteva esservi nei
dialetti".1
Origine del dialetto sublacense - É assurdo pensare di
stabilire la data di nascita di un linguaggio, perché esso non
nasce all’improvviso, ma una riflessione al riguardo si può
sempre fare. Subiaco si trova nell'Alta Val d’Aniene, territorio
che fu dell’antica stirpe italica degli Aequi, soggiogati dai
Romani soltanto nel 304 a.C., dopo circa 200 anni dal trattato di
pace stipulato fra loro e Tarquinio il Superbo. La lingua latina,
lingua
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1) T. De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, Bari 1965
dei vincitori, anche se col tempo ebbe il sopravvento, dovette
però inevitabilmente assimilare parte della lingua parlata dagli
Equi, che per ciò rimase come substrato del nuovo linguaggio
che si andava formando.
Da allora ad oggi i mutamenti sono stati enormi: gli Equi, i
Romani, S. Benedetto e il monachesimo, i Barbari (per ultimi i
Saraceni), la stampa con i caratteri mobili, che ebbe come culla
italiana proprio un monastero benedettino (S. Scolastica in
Subiaco), gli Abati e i Cardinali Commendatari, lo Stato
pontificio e quello italiano, la scuola obbligatoria per tutti, la
radio, i giornali e i libri, il cinema e la televisione hanno imposto
al dialetto continui ed evidenti cambiamenti proprio in
conseguenza delle ragioni storico-sociali anzidette; ma
documentare queste trasformazioni del nostro vernacolo è cosa
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impossibile, perché il dialetto fino ai primi anni del Novecento è
stato solamente parlato.
La trasformazione continua ancora ai nostri giorni: il
dialetto va morendo nell’uso quotidiano, ma non per questo
deve essere dimenticato, anzi, nella consapevolezza di questa
lenta scomparsa
dovuta all’urbanesimo, all’alfabetizzazione di massa, alla
mobilità geografica e all’elevazione sociale delle persone, è
necessario moltiplicare le ricerche per appagare la nostra
curiosità intellettuale e gli sforzi per lasciare testimonianze
scritte.
Il Consiglio regionale del Lazio il 20.XI.1994 ha approvato la
legge per la tutela dei dialetti di Roma e del Lazio, ma qui dopo
quindici anni tutto è rimasto come prima.

I testi - L'unico testo sul dialetto sublacense, ma senza alcun


brano né di prosa né di poesia, è Il Vernacolo di Subiaco dello
svedese Anton Lindström, edito dalla Società Filologica
Romana nel l907 a Roma. L’autore, come dice nella premessa,
raccolse il materiale nel l899, durante un suo soggiorno di piú
mesi a Subiaco e cominciò ad utilizzarlo nel l905 quando vi
ritornò per ripassare le annotazioni fatte in precedenza.
Presumendo che egli abbia interpellato specialmente persone
adulte e tra queste le piú anziane, si può affermare che il dialetto
da lui esaminato risale almeno agli anni della metà dell'800.
Il Lindström inizia il suo saggio1 con queste parole: “Il
luogo, dove il vernacolo sublacense tuttora2 si mantiene
abbastanza puro, e anche un po' sapido della prisca rozzezza, è
quello della Valle, nella parte superiore della città, tra il
castello sporgente e le falde della montagna; ed è fra la
popolazione di questa contrada, composta in maggioranza di
agricoltori, che portai di preferenza la mia indagine”.
Nel periodo in cui fu a Subiaco la prima volta, i miei nonni
paterni avevano entrambi 36 anni; mio padre era appena nato.
Devo credere che nonno Pittúcciu e nonna Angelétta, morta
centenaria nel l963, agricoltori e saggi, non parlassero un
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dialetto dissimile da quello parlato dai contadini de la Valle
(anche se avevano casa a gliu Còlle e campagna a gliu Casàle,
alle pendici del monte Francollànu) e penso me lo abbiano
trasmesso direttamente e indirettamente, senza gli inquinamenti
avvenuti in modo particolare dalla fine della 2ª guerra mondiale
in poi.

Ho rinvenuto soltanto un esempio di prosa in dialetto


sublacense in La novella I,9 del "Decameron" nei parlari della
valle dell'Aniene - Edizione l930 - (la 1ª edizione dovrebbe
essere del 1902) anch’essa della Società Filologica Romana.
Questa pubblicazione mi ha spinto a cimentarmi, per la prima
volta, in una traduzione dall’italiano al dialetto sublacense,
scegliendo un’altra novella boccaccesca: Chichibío.
Invece la lettura del testo Dal dialetto alla lingua... con 18
versioni in dialetto di un brano dei Promessi Sposi di Ciro
Trabalza - Ed. Ditta G.B. Paravia e C. - Torino 1917, è stata
l'occasione della traduzione dello stesso brano (Il miracolo delle
noci) nel vernacolo sublacense.

______
1) A. Lindström, Il Vernacolo di Subiaco, Roma 1907.
2) Il Lindström fu a Subiaco nel 1899 e nel 1905.
Gli altri libri consultati, molto piú recenti, sono Musa
nostrana dai Canti Simbruini di Romolo Lozzi, Roma 1965, Na
rattattuglia ’e vérsi di Achille Pannunzi, Subiaco 1984; Piccolo
vocabolario sublacense, basato sul Lindström, di Pina Zaccaria
Antonucci, Subiaco 1985.
Per l’etimologia delle parole mi sono riferito al Dizionario
etimologico di Giovanni Devoto, 2a edizione, 1968; invece per
la fonetica ho preso in esame la Fonologia del dialetto della
Cervara in provincia di Roma di Clemente Merlo, edizione
1922, della Società Filologica Romana, che ha moltissime
affinità con la fonologia del dialetto sublacense.

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Riallacciandomi alla questione dell'opportunità di un
discorso sul dialetto oggi, e volendo trarre delle conclusioni,
ecco i punti finali che si possono fissare: 1) il dialetto fa parte
della nostra identità culturale; 2) lingua e dialetto interagiscono
tra loro; 3) in questa interazione la lingua però si rafforza a
discapito del dialetto; 4) il dialetto è una forma di cultura e va
difeso per questo e non per il velleitarismo di tenerlo per forza
in vita in contrapposizione alla lingua nazionale; 5) siccome
esso è per molti ancora la vera lingua materna, bisogna
prenderlo a base dell’apprendimento della lingua per allenare ed
abituare subito la mente al bilinguismo (dialetto-lingua),
nell’attesa che la scuola attui in seguito quello lingua italiana -
lingua straniera.
Infine, a proposito dei dialetti della nostra Val d’Aniene, mi
piace terminare, riportando questo lusinghiero apprezzamento di
Clemente Merlo: “... mi era bastato di scorrere le versioni della
novella boccaccesca nei parlari dell'Aniene, di proprietà della
Filologica, e di sfogliare il saggio del Lindsström sul vernacolo
di Subiaco... per accorgermi che il vocalismo di quei dialetti
obbediva a leggi di una bellezza e delicatezza meravigliose.”1

______
1) C. Merlo, Fonologia del dialetto della Cervara in provincia di Roma, Roma 1922
Struttura dell'opera - L'opera è composta di tre parti:
- Grammatica nor-
mativa suddivisa in Appunti di fonetica, Note morfologico-
sintat-tiche, Varie (polisemia, omografi, omofoni), Cenni di
metrica;
comprendente Rime e
Prose in dialetto sublacense con la traduzione in italiano ed una
Appendice di nomi, soprannomi, toponimi e vocabolarietto;
- Lessico con le parole
ordinate secondo le vocali tonica e finale della parola, per la

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fondamentale importanza che ha l’accentazione nel dialetto
sublacense, specialmente delle vocali ò-ó, è-é.
Lo scopo di questa Grammatica è quello di fare cosa gradita
ai compaesani che, pur parlando in qualche modo il dialetto, si
trovano poi in enormi difficoltà se lo devono leggere o, peggio
ancora, se lo devono scrivere.
La frase di Terenzio, a pagina 2, “domi habuit unde disceret”
(ha avuto in casa chi gli insegnasse) vuol indicare la genuinità
del dialetto appreso tra le mura domestiche.
L’Autore

PARTE PRIMA
APPUNTI DI FONETICA

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Addó scàreca j’àsinu / ci aremane ju turturu
CAPITOLO PRIMO: GENERALITÀ

1ª.1º.1 Osservazioni generali d’ortofonia e ortografia


a) L'accento sulla e e sulla o serve per indicare il suono aperto o
grave (`) e quello chiuso o acuto (´): fèle (fiele), fèlla (ferita), èllo
(ecco là); bòna (buòna), còre (cuore), bòcco (baiocco), mònaciu
(monaco); cércia (quercia, ghianda), amméce (invece), écchi (qui), éo
(io); móra (sasso, masso), frónne (fronda), córbo (colpo)...
Esso è importante nella formazione sia del femminile sia del
plurale: béglio-bèlla (bèllo-bèlla), zóppo-zòppa (zòppo-zòppa), bóno-
bòna (buòno-buòna); pònte-pónti (pónte-pónti), bòe-bói (bue-buòi),
èrme-érmi (vérme-vèrmi), méa-mèie (mia-mie), pèie-péi (piéde-
piédi), jènte-jénti (dènte-dènti)...
Anche le parole mono-plurisillabiche tronche hanno l’accento
tonico segnato, sebbene in moltissimi casi ci vorrebbe l’apostrofo, per
indicare l’avvenuto troncamento (apocope), ma si è optato per
l’accentazione, per evitare troppi segni diacritici, specialmente con le
finali e ed o che avrebbero avuto altrimenti l’accento e l'apostrofo
(è', é', ò', ó'): Es. à (dare), fà (fare), viní (venire), veté (vedere), pà
(pane), tè (tè, tiene, tieni!), té (tieni), vè (viene), vé (vieni), dí (dire), í

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(andare), ò (vuole), ó (vuoi), pò (può), pó (puoi), Rò (voc. di Rocco,
Rosa, Romolo, ecc.), Ntò (Antonio, voc.), nzoddó (non so dove),
fergió (dentone), furió (piena), vastó (bastone), dottó (dottore!), signó
(signore!), pirú - perú (per uno, ciascuno) ...
b) La lettera r è sempre scempia, cioè non raddoppia mai: féro
(fèrro), arià (arrivare), córe (corre, correre), buru (burro), tèra
(terra), carittu (carretto), anche se, per enfasi, talvolta si
raddoppia: amórre! buciàrrdu!...
La v è quasi sempre scempia: avísu (avviso),
avantaggiàrese (avvantagiarsi), davéro (davvero), proveté
(provvedere); ma a volte raddoppia, cambiando addirittura le
due v in due b: abbotà (avvoltare, avvolgere), abbambà
(avvampare), abbàlle a(v)valle).
c) La lettera j, in determinati casi, sostituisce la l (elle); come
primo esempio prendiamo l’articolo ju e vediamone la
provenienza: illum  illu  lu  ju . Da ciò sembra errata la
grafia iu ed anche quella jú con l'accento, perché superfluo.
Come si vedrà, ju quando raddoppia diventa gliu ed anche la
grafia glju pare errata, poiché il suono è quello mouillet di gli e
non gl(u); quindi va bene gliu con un suono vagamente
gutturale sonoro. Il digramma gli (che da solo, in certi casi, è
anche articolo maschile plurale) della parola maglia e dei suoi
derivati ed alterati si trasfoma, forse unico caso, in ghi:
magghia, anzi magghja con ghj analogo al particolare suono
dialettale di chj.
Nell’elisione allora si ha j’ (e non j-), gli’ (e non gli- o glj' ): ju
úrdimu = j’úrdimu (l'ultimo), co gliu úrdimu = co gli’úrdimu.
La j si trova anche in corso di parola: àsuja (asola), càuju
(cavolo), fíju (filo), píju (pelo), súju (solo), Subbjàcu (Subiaco),
ecc...; spesso la j cade e si ha: fíu, píu , ecc...
All’infuori della j, non sono state usate altre lettere (k, w, x, y),
per non complicare di piú lo studio del nostro dialetto. Si è
seguito l’uso dell’ortografia del sistema alfabetico italiano.
d) La b e la g dolce raddoppiano sempre, però all’inizio di
parola si scrivono scempie: arobbà (rubare), débbeta (debiti),
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Subbjàcu (Subiaco); baggèlla (pagella), cuggínu (cugino),
riggína (regina); (b)búcia (buca), (g)giumèllo (gemello), ecc...
e) La g gutturale e la d intervocaliche si cambiano
rispettivamente in c gutturale e t: lacu (lago), macu (mago),
sícaru (sigaro); àspitu (aspide), petalínu (pedalino), spata
(spada), ecc...; ju còbbo (il gobbo), ha ta fà (hai, ha da fare,
devi, deve fare; nel testo però si troverà scritto sia da che ta ).
Questo cambiamento avviene anche quando sono seguite
dalla lettera r: acru (agro), làcrema (lagrima), latru (ladro),
patrone (padrone), ecc...
Dopo n la g gutturale può diventare c gutturale, mantenendo
però nella pronuncia, anche se lievemente, il suono originale e si
può scrivere o l’una o l’altra forma: fanca-fanga (fango), funcu-
fungu (fungo), léncua-léngua (lingua)...
Il contrario, cioè c gutturale che diventa g gutturale, non è
molto frequente; si preferisce scrivere sempre c, ma, nel parlare,
con la tendenza alla sonorizzazione: juncàta (giuncata), jénco
(giovenco), ncútina (incudine), ecc...
La c palatale dopo n si cambia in g palatale: angínu
(uncino), vàngia (guancia), vénge (vince, vincere), accóngia
(acconcia), làngia (lancia), ecc...
f) Anche le sorde s, t, f dopo la nasale n, e p dopo la nasale m,
tendono a sonorizzarsi, cioè a trasformarsi rispettivamente in z,
d, v, e b, ma piú che altro nella pronuncia e non nella grafia;
solo la s accetta spesso questa trasformazione grafica: génzo
(incenso), nzunu (insieme), nzinu (in seno), ecc...
g) Le forme qua, que, qui, quo possono essere sostituite da
cua, cue, cui, cuo, poiché la vocale u tende allo iato ed anche
perché, sulla base di un criterio rigorosamente fonetico, qu e cu
seguite da vocale hanno lo stesso suono: àccüa=acqua,
léncüa=lingua, cüattro=quattro, cincüe=cinque, ecc...
h) La z iniziale di parola è sempre sonora, ma sarà scritta
semplicemente z e ha suono sempre doppio; invece nel corso
della parola, quando sarà necesario, verrà indicata con z: zàcana
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(nastro), zippu (stecco), zuzzu (sozzo), víziu (vizio), jenzana
(genziana)...
i) Le parole in zione hanno la i che tende allo iato; inoltre la z
può essere sorda o sonora, sebbene nella boccca dei piú anziani
sia quasi sempre sonora: duizïone-duizïone (devozione),
laurazïone-laurazïone (lavorazione, impresa), ocazïone-
ocazïone (vocazione), ecc...
l) Le vocali e ed o si segnano con l'accento, grave o acuto,
quando in italiano hanno accento diverso: béglio-bèllo, bótto-
bòtto, pétto-pètto, cóglio-còllo, canéstra-canèstra, cóppia-
còppia, réto-diètro, cénto-cènto, génzu-incènso, ecc...

1ª.1º.2 Tutte le lettere dell'alfabeto

a
- È la desinenza:
- del singolare della maggior parte dei nomi, aggettivi e pronomi
femminili: àccia, ara, arda, capòccia, lanca, chésta, chélla,
méa, róscia, ,...
- del plurale di certi nomi che al singolare sono maschili o
femminili: cocorózza, para, prata, vaca, cerasa, fícora, prunca,
sòroa...
- Terminano con a:
- la 3ª pers. sing. dell'indicativo presente: ala, stòcca, capa...
- la 1ª e 3ª pers. sing. del pass. remoto: alà, stoccà, capà...
- la 2ª pers. sing. del pres. dell'imperativo: ala, stòcca, capa...
- l'infinito presente della prima coniugazione: alà, stoccà, capà...
- la 1ª e 3ª pers. sing. dell'imperfetto indicativo: aléa, vetéa,
scernéa, spartéa ...
- la 3ª pers. sing. del futuro semplice: alarà, vetarà, scernarà,
spartarà...
- la 1ª e 3ª pers. sing. del pres. del congiuntivo: ala, véta, scérna,
sparta... e del presente del condizionale: alaría, vetaría,
scernaría, spartaría... delle quattro coniugazioni.

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- Si cambia in e: monaca-mòneca, patata-petàta, ra(g)azzu-
reàzzu, sarmenti-sereménta, grandezza-rannézze...
- in i: lanterna-lintérna; sinagoga-sinicòca, síndacu-síndicu...
- in o: colèra-collèro, farnéteco-fornéteco, sartóre-sortóre...
- in u: artístu, ruprí...
- Cade in: .Ntònio, .Natóglia, .spàraciu, spi.natora, Scènza...
- Si sposta in: cúcamu (cuccuma)
- Si inserisce tra due consonanti in: càncaru, maramàglia,
cancarèna...
- Si mette davanti alla radice di molte parole: addó, abbeènte,
affigliàtu, annúu, annícciu, appeóne, aríle, arígliu, arabbelà,
araccappà... e di moltissimi altri verbi, dando luogo cosí al
raddoppiamento della consonante cui si appoggia (dal latino ad
).
b
- All'inizio di parola suona sempre doppia; è buona norma
scriverla scempia.
- Sparisce in: .ócca, .ótte, .ràcciu, .ràcia, .úzzicu...
- Si cambia in j: jastéma, jastemà...;
- in i: carióne, fàia, frèie, traie...;
- in mm: ammacà, ammelà, mmacu...;
- in p: cacapónto, Pèppe, Pippínu, piccu, pósema...;
- in v: avastà, vòe, sòrova, vastóne, vàuzu, véstia, vólle...
- Raddoppia in: abbríle, abbrucià, débbeta, làbbera, Subbjàcu,
súbbitu...
- Cade in: túr.itu, ntor.età...
- Si assimila alla m che precede: àmmaru, ammuttígliu,
bammàce, ciammillíttu, commàtte, mmammóccio, palommèlla,
pjúmmu, sammúcu, tammúru, tómma, trommóne...
- mb si cambia in gn: cagna, cagnà, scagnà, ncagna...
c
Davanti ad e ed i ha sempre suono palatale toscano. È un suono
intermedio tra ci italiano e sci; si osservino questi esempi:

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ràccia (braccia) - ràcia (bracia) - ràscia (grascia)
fàccia (faccia) - fàcia (falce) - fàscia (fascia)
- ci di ràcia e fàcia chiaramente non è ci di ràccia e fàccia;
somiglia invece a sci di ràscia e fàscia e vi si potrebbe quasi
ravvisare la forma scempia di sci (da notare che ce e ci, pronomi
o avverbi, da soli suonano sempre doppi).
- Preceduta da n e seguita da a, o, u acquista un lieve suono di g
gutturale, ma si preferisce scrivere la c: juncàta, jénco,
ncútina...
- Se è preceduta da s, spesso si cambia in g: sgàglia, sganaglià,
sganassone, sganassà, sgancanatu, sgavallà, sgrullà, ecc...
- Quando è seguita da e, i generalmente si cambia in g: angínu,
ngènne, vénge, vàngia, rúngiu, làngia, pruncungínu, ecc...
- Spesso, se preceduta da r, si cambia in g: carge, dórge, farge,
rúngiu, Purginèlla, scarginatu, farghíttu, ecc...
- Si cambia in g anche in: sfraggéglio, sfraggellàrese...
- in t: marcatútu, sturbúticu...
- Raddoppia in: àccia, cuccúju, sóccio, …
- Si sdoppia in: bo.càle, mà.china, sarà.ca...
- Si sposta in: battécca (bacchétta), césena (sécena), ciàfricu
(fràcicu), cuzzuìttu (zucchíttu), procésso (ciprésso), talèfraco
(talècrafo), víuciu (víciuju)...
- c cade in 'ómme (come): es. scríe ’ómme tti (scrive come te)
- che cade in: .sta, .ste, .ssa, .sse (questa-e, codesta-e)
- che perde ch in ’e: es. chéllo ’e ssi fattu (quello che hai fatto)
- chi cade in: .stu, .sti, .ssu, .ssi (questo-i, codesto-i)
- chi si cambia in j all'inizio di molte parole: jàcchjara, jamà,
jài, jóu, jóo...
- chi si cambia in gn nelle parole: carbúgnu, gnòstro...
d
- Scompare in: à (dà), 'e (de), ènte (dente), í (dí), .ice (dice),
.itu (ditu), .ecína (decína), .entiéra (dentiera), Ifésa (Difesa),
.uttrína (duttrína), có.a (coda), crú.u (crúdu), nú.u (nudu), rà.u
(gradu, gradínu), su.à (sudà), én.ece (indice), ràn.ina
18
(grandine), ún.ici (undici), dú.ici (dodici), trí.ici (tredici),
cuín.ici (quindici), sí.ici (sedici)....
- Se intervocalica suona t: àspitu, contràta, còte, fètera,
foterétta, jute, marcatútu, ncútina, petalinu, scutèlla, sturbúticu,
ju tàziu (dàziu), la tísputa (dísputa) ...
- Dopo n suona quasi t; si può quindi avere grafia doppia:
deprefuntu - deprefundu, antuinà - anduinà, sínticu - síndicu,
crantézze - crandézze, mantra - mandra, mantríle - mandríle,
crantocchjàle - crandocchjàle, ciontróne-ciondróne ...
- Si assimila alla n che la precede: aremmonnà, bannu, banníta,
cannéla, commannà, cunnúttu, funnu, frunni, janna, monnézze,
munnu, mutànne, ranne, rannézze, nníuia (indivia), ónna,
spanne, spènne, stènne, tunnu, ecc..
- Si assimila anche alla l (elle): callàra, callàccia, callarósta,
callu, scallalétto, scallínu, ...
- Raddoppia in: addóre, junneddí, martiddí, raddutta,
ramméddio.
- Si premette alla lettera iniziale delle parole: dòro (lo dòro =
l’oro), déo (éo = io), dissu (issu=esso), décchi (écchi=qui), déssi
(éssi=costí)
- Si cambia in c: cocuménto, fràcicu, múcicu, ràngicu...
- in i: pèie, treppéie, créie...
- in j: jènte...
- in ll: èllera, sèllaru, sellarina (erba)...
- in n: appronàrese, appronàsse (da pròna )...
- in r: mérica (erba medica), merólla...
- in t: tóca, latru, patrone...
- in v: vitu, véta, vitone, vitale, suvore...
- di diventa sca in: scarúpu...
- nd si trasforma in gn: fiógna, fiognà, scégne...
e
- È la desinenza del :

19
- singolare di numerosi nomi e aggettivi, maschili e femminili:
alimàle, bocàle, crugnàle, spitàle, carge, state, tràie, dórge,
duràce, ranne, nútele...
- plurale dei nomi e degli aggettivi femminili, che al singolare
finiscono in a ed in e: acce, àlitre, belange, canasse, ràiche,
lónche, are, cercenate, buciàrde, mèie, tèie, vèste, vérde, dórge..
- Terminano con e:
- la 3ª persona singolare del pres. dell’indicativo della II, III, IV
coniugazione: véte, stènne, rèsce...
- l’infinito presente della II e III coniugazione: veté, tené, olé,
córe, lègge, ice...
- la 2ª persona plurale di tutti i tempi dei modi finiti delle 4
coniugazioni: alíte, vetète, scernèste, partaríte,vetassèste...;
- la 1ª e la 3ª persona singolare dell’imperfetto del congiuntivo:
alésse, vetésse, scernésse, spartésse...
Grande importanza ha nel dialetto la distinzione della è aperta e
della é chiusa. Perciò si ricorrerà all’accento grave o a quello
acuto ogni qualvolta dovesse nascere un dubbio, e sempre
quando l’accento della lingua è differente da quello del dialetto.
Esempi di è-é tonica, aperta e chiusa 
cuerèra fèle dèci cèlo collèru
fèlla mèie giumèlli èllo èccuju
mèsa pèce pèttini èsso èssuju
spèra pèie prèffiti lèo prèffitu
vèrta Rafèle vèri rèscio vèstanu
chjésia monnézze diéci cétto comméntu
fénta néie écchi deréto desértu
léna pépe éssi éo géuzu
méa treppéie lépiri mérco méticu
pacénzia stétte méi trénto stéttaru
utiénzia vérde téi teréno vénnaru

20
Le parole con tonica è-é finenti in u tendono ormai a
risolversi nella finale o (collèro, prèffito, comménto, desérto,
mético...), ma resistono a questa tendenza alcune forme verbali,
infatti ancora oggi si sente correntemente: lèggianu, rèscianu,
béanu, méttanu, véu, téu; mentre tutte le forme della 1ª persona
plurale, quelle della 1ª pers. sing. del presente dell’indicativo e
del futuro semplice e il presente del gerundio hanno ormai
stabile la desinenza o: alímo, iàmo, vetèmo, scernèmmo,
spartarímo, alassèmmo, vetarèmmo; alo, véto, sparto, scèrno;
alaràglio, vetaràglio, scernaràglio, sentaràglio; magnènno,
vetènno, leggènno, sentènno ...

- Generalmente quando la tonica è a, e, o si ha la e protonica:


belàngia, neàra, ceràsa, descóre, merólla, preché, scentélla;
ma non sempre è cosí, infatti ecco: cuitàra, crivèlla, dicémmeru,
finèstra, Ifésa, inèstra, trifóglio, vitàbbiu, vitéglio, vitone...
- Molte parole, per la metafonia, cambiano la e in i: bellízzi-
billízzi, cernitúru-cirnitúru, creatúra-criatúra, cupellíttu-
cupillíttu, cummertí-cummirtí, defènne-difènne, devertí-divertí,
ecína-icína, feníle-finíle, mentúccia-mintúccia, perícuju-
pirícuju, pernúcciu-pirnúcciu, sberzàrgliu-sbirzàgliu, reggína-
riggína, resbiglià-risbiglià, servitúru-sirvitúru, spennecúni-
spinnicúni, sentí-sintí, sentútu-sintútu, Ternità-Tirnità, vení-viní,
veritàne-viritàne...
- Questo avviene anche quando la e è postonica: còneca-cònica,
màneca- mànica, ómmeni-ómmini, sécena-sécina...
- La e tonica seguita da i, u si cambia in i: bíi, biníttu, círchju,
críi, Frangíscu, friscu, lèo-líi, pinu (pegno), piru, pisu, píu, rini,
sici, síu, strichi, trici, vinti, vítuu...
- Se la finale di parola è a, e, o si ha la postonica e: àsena,
lípera, pèrteca, sòcera, primúteca; cénnere, fuímmene,
scàppele, núele, sórece; jénnero, màsceco, piròleco...
- Nelle varie forme verbali si verificano mutamenti di e in a:

21
- in tutte le persone del futuro semplice e del pres. condizionale
della II e III coniugazione: vetaràglio-veteràglio, vetaràgli-
veteràgli, scernaría- scernería, scernarísti-scernerísti, ecc...
- nella 3ª pers. plur. dell’imperf. indicat. di tutte le coniugazioni:
aléenu-aléanu, vetéenu-vetéanu, scernéenu-scernéanu,
sentéenu-sentéanu...
- nella 1ª e 2ª persona plurale dell’imperfetto congiuntivo della
II e III coniugazione: vetassèmmo, vetassèste per vetessèmmo,
vetessèste; scernassèmmo, scernassèste per scernessèmmo,
scernessèste...
- nella 3ª persona plurale dell’imperfetto congiuntivo delle
quattro coniugazioni: aléssaru, vetéssaru, scernéssaru,
spartéssaru per alésseru, vetésseru, scernésseru, spartésseru...
- nella 1ª e 2ª persona plurale dell’imperfetto indicativo del
verbo èsse: arèmo, arète invece di erèmo, erète;
- nella 3ª pers.plur. del passato remoto di alcuni verbi irregolari:
éttaru-éttanu, féciaru-fécianu, íranu, íssaru, òttaru-òttanu,
sépparu-sàpparu, stéttaru-stéttanu, ténnaru, vénnaru...
- Si muta in a: bacaròzzo, barétta, bjancaría, carastía, cóta,
cuarantàna, cellaràru, cràndina, lita, pròsparu, màscara...
- in i: binzína, cartavilína, criànza, ciuítta, fittuccia, isca, riàle...
e nella formazione del plurale in posizione di postonica o di
tonica: mése-misi, paése-paísi, jémmete-jímmiti, lèpère-lépiri...;
- in o: còllora, mommória, protóre, protúra, ròcolo, sotàcciu,
sobbólecra, tolàru...;
- Cade in: .cchjésia (ecclesia), .state, .ruca, .làsticu, .lemòsena,
.littricista, .ducàtu, .risíbbula; chjí.rica, cr.atúra, schji.na;
- nella 3ª persona plurale dell’imperfetto indicativo: alé.nu,
veté.nu, scerné.nu, sparté.nu...
- Si inserisce in: accalecà, calecàgnu, ólepa, pólepa, polemóne,
pàlema...
f
- Diventa p in: apprettà, pantàsema...
- Sostituisce p in: sfrussà, sfrussu ...
22
- Raddoppia in: Affredo, fraffalla, scaffaròtto, suffísticu ...
- Si sdoppia in: Afile, afilanu, arufà, arufatu ...
- Si sposta in: talèfraco(talècrafo), ciàfricu(fràcicu)
- Sparisce fa di tafànu: ta..nu e fi di fisunumía : ..sunumía

g
- Seguíta da e, i, suona sempre doppia; però all’inizio di parola
si scrive sempre scempia: gélo, giumèlla, génzo, giracéo, géuzu,
gibbu, gióglia...; Giggi, Giggétto, lèggio, paggétto, règge...
- Si muta quasi sempre in c gutturale :
- quando è intervocalica: Acusto, lacu, macu, sícaru, ju còbbo...
- quando è seguita da r: Crabbïèle, crannézze, necrofume,
cràzie...
- quando è preceduta da n: fanca, funcu, léncua, ncunía...
- Cade in: .aglína, .àmmaru, .atta, .attarione, .enzàna, .inèstra,
.rassu, .ràu, .raína, .ràina, .ràmuja, .ramu; a.ústu, é.o, fa.u,
fri.e, le.àme, mani.à, nfu.à, re.àzzu-a
- Si muta in j per sostituire ghi, ge, gi: jacciu, juttunízia, janna,
juttu, jennàru, jénnero, jenzàna, jettà, jimèlla, jorno; juncàta...
- Raddoppia in:, fraggéglio, mmàggina, baggèlla, aggríu...
- Diventa b in: bufu;
- c palatale in: Àtice, bucía, buciardu, marchicianu, particianu,
parmicianu, fròce...;
- v in: valle (gallo), vallózzo, vàngia, varnéglio...
- Dopo n e davanti ad e, i si muta in gn: depégne, gnúria,
mógne, nfégne...
- Anche il gruppo nghi si muta in gn: agnuttí, cégna, cignale...
- Il digramma gn rimane intatto in: rignícuju, stagnu...;
- perde la g in: pré.na, lé.na, àinu (agnus; s’inserisce la i);
- diventa c in: caciàra, ramíccia (c’è anche la caduta della g);
funcu, nzincà, pruncu ...
- Il gruppo glo si muta in gno: gnommerà, gnòmmero...

23
- Il digramma gli in rarissismi casi si muta in gghj: magghja,
magghjétta, magghjone (forme ormai desuete);
- gu a volte si cambia in cu, qu: cuatampià-quatampià, cuíttu-
quittu ...

h
- Si usa alla 2ª e alla 3ª pers. sing. e plur. del presente
dell’indicativo del verbo aé (avere): ha (hai, ha), hau (hanno);
- nella formazione del suono gutturale di c e g davanti a e ed i:
che, chi, ghe, ghi;
- nelle interiezioni: ahè! àhia! àhio! ahó! èh! léh!...
i
- È la desinenza:
- del plurale dei nomi e degli aggettivi maschili (tranne quelli
che prendono a: para, prata, vaca, raccia...): cóppi, àini, atàli,
bóni, rassi, ranni, ecc...
- del plurale di alcuni nomi femminili, che al singolare finiscono
in a: casa-casi, carta-carti, scala-scali, ciatta-ciatti, mamma-
mammi, cianca-cianchi, ecc.....
- del plurale dei nomi e degli aggettivi femminili uscenti in e:
commàre-commàri, curníce-curníci, frónne-frunni, ranne-ranni,
dórge-dórgi, vérde-vérdi, ecc...
- del singolare di alcuni nomi femminili: fai, jai, mani, funi...
- della 2ª persona singolare dei tempi semplici dell’indicativo,
congiuntivo e condizionale delle quattro coniugazioni e dell’
imperativo della II, III, IV: stucchi, vitíi, scrïaragli, magnísti,
scirni, spartissi, venaristi, scríi...
- della 1ª, 2ª e 3ª pers. sing. del passato remoto della II, III e IV
coniugazione: vití-vitisti-vití (c’è pure la forma irregolare:
védde); scirní-scirnísti-scirní, spartí-spartisti-spartí...
- dell’infinito pres. della IV coniugazione: sentí(sintí),
vení(viní).. - Nel futuro semplice e nel condizionale presente

24
della IV, in tutte le persone, la i si muta in a: sentaràglio per
sentiràglio, sentaría per sentiría...; cosí anche nella 1ª e 2ª
persona plurale del congiuntivo imperf: sentassèmmo
sentassèste (sentessèmmo-sentessèste) per sentissèmmo-
sentissèste...
- Si ha la i protonica quando la tonica è i, u: crispígna, cillíttu,
firíta, pisísti, vinísti; liggiútu, nipúti, niciúnu, vinúcchju,
vittúra, vitúta...
- Si ha la i postonica quando la finale di parola è i, u: pàtrichi,
cuínici, dúici, métichi, scírichi; ióvitu, pàritu, prèffitu, súbbitu...
- Nella formazione del femm. e del plur. in a, per la metafonesi,
la i si muta in e: crapíttu-crapétta, curníttu-cornétta, díbbitu-
débbeta, tittu-tétta, vitu-véta, síncaru-séncara, vítuu-vétoa, niru-
néra, ntintu-nténta, chinca-chénca...
- Cade in: .cona, .gnizione, .gnòstro, .mpanata, nas.ca, .ncau,
cart.éra, lur.du, macèr.a, sal.éra...
- Si muta in a: ancrése, ancútina, balénco, càlace, antuinà,
raccoerà, rappusà, sàtara...;
- in e: àbbele, àlema, ardégno, àsena, càlece, crésema, débbeta,
gióene, énece, doméneca, fàcele, fémmena, júmene, lemòsena,
léncua, nútele, pèrteca, pèttene, pussíbbele, possetènza...;
- in u: appunione, lúcinu, múmmuia, santuficètu...
- in gli: vecchjàglia...;
- Si inserisce in: accúlimu, làbbiri, líbbiri, rísicu...
- Si sposta in: biantèra, biastéma, puliccà, zizzàina...
- Sostituisce j in: biàncu (bjàncu), piúmmu (pjùmmu), piazza
(pjazza), fiume (fjume), fiascu (fjascu), piú(pjú), piace (pjace),
fiamma (fjàmma), fiori (fjúri), ecc...
j
- Ad inizio di parola sostituisce:
- chi: jài, jaiàru, jamà, jappa, jaru, jàvica, jóo, jute, ecc....
- ghi: jacciu, janna, juttu, juttunizia, ecc...
- g: jennàru, Jenne, jénnero-u, jenzana, jettà, jorno, juncata,
juncu, ecc...
25
- l: jémmete, jimàra, ju, junniddí, jupu, jupígna, júppuju, juna,
jía, ecc...;
- La sostituzione della l (elle) avviene anche nel corpo della
parola: ajúccu, appénnojo-appénnuju, cajína, cúnnuja, cécojo-
cécuju, céjo-céju (céo-céu=cielo), cuccúju, càuju, diàuju,
èccuju, èlluju, èssuju, fasójo-fasóju, fíju (fíu), fúrcuju, làzzuja,
lenzójo, méruju-méruja, míju, múccuju, múju, néspuja, ntíncuju,
pàju, pígliju-pígliaju (e simili), píju, rótojo-rótuju, suju,
víciuju...;
fjúme (flumen), fjamma (flamma); bjastéma (blasphémia), bjata
(blata), Subbjacu (Sublacus), Bjasiu (Blasius), bjundu (blundus),
pjace, pjacére, pjaca, pjàglia, pjanéta, pjagne, pjanu, pjanta,
pjattu, pjazza, pjéca, pjínu, pjòe, pjúmmu, pjuiccicà, ecc....
- Si usa per distinguere il particolare suono di chj (con la j) da
chi (senza j); esempi (con o senza j cambia significato):
- con la j: mucchju-mucchji-mucchj = mucchio-mucchi;
- senza j: muccu-mucchi = viso-visi;
- con la j: scacchju-scacchji-scacchj = falcata-falcate;
- senza j: scaccu-scacchi = scacco-scacchi;
- con la j: récchja-récchje, rócchjo-rócchji-rócchj,..
- Può trasformarsi in i: bjancu-biancu, bjata-biata, fjascu-fiascu,
fjume-fiúme, pjazza-piazza, pjummu-piummu...
- Scompare spesso dalle parole in cui ha sostituito la l: jimàra-
imàra, jía-ía, ju-u, jupu-upu, júppuju-úppuu, fíju-fíu, píju-píu,...
- ju si sposta in: víjuciu-víciuju.
l
- Si muta in gi: gióglio (loglio);
- in ghj: ghjuna (luna);
- in j: jémmete, jía, jimàra, ju, Subbjacu (cfr sopra la j)...
- in m: pustèma;
- in n: chinu (chilu), sóne (sóle), còneca, pèrna, mantrattà,
mannàggia, pontróna...
- in r: ancrése, ardu, àrbiru, Cariddònia, dórge...
- in u: càucia, féucia, géuzu, vàuzu...
26
- Cade in: ca.cína, fà.cia, pó.ce, sció.to...
- Raddoppia in: cannelléro-u, colléro-u, pullítru, sallí, sallíta...
- Si sdoppia in: a.lècro, a.licría, spi.là...
- Si assimila a b: abbèrgo, abbergà, Abbèrto, Gibbèrto,
Robbèrto
- a f: Affréto, scaffaròtto...
- a n: mannàggia...
- a z: azzà, cazzúni...
- si cambia in n: pontróna...
- in r: cuerèra, ramoràccia, rosòrio...
-Si sposta in: Crulínta (Clurínta), licanétta (nicalétta), petalàna
(pelatàna)...
- Dà luogo a concrezione in: lisca, lípera, lòca, lapa, loàtta...
- Il gruppo lb si muta in gli: agliucciu (albuccio = pioppo
bianco)...
- La coppia ll si muta in gli (con una tenue sfumatura gutturale):
aglína (gallina), mmóglie (mòlle), cortéglio (coltèllo), cóglio
(còllo), pennéglio (pennèllo), cavàgliu (cavallo), muglíca
(mollica), scarpéglio (scalpèllo), ecc...
m
- Si assimila a n: sonnà, sónno (somnus), ónne(omnis)...
- Si inserisce in: rembardà, lampazzu, papàmparu, rempugnà...
- Si premette alla consonante iniziale di alcune parole: mbólla,
mbólle, mburzu...
- Si muta in b: bunzignore;
- in c: frabbòteco;
- in gn: scigna;
- in nn: annícciu;
- in p: capumilla, mantupímma, pastecà, a poménti...
- in v: vignànu ;
- Raddoppia in: càmmore, fémmena, ramméddià, ramméddio,
címmice, crisòmmole, appilímmene...
- Si sposta in: mantupímma (pantumímma = pantomima);

27
- il gruppo mb si muta in gn: cagna-u (cambia, cambio), cagnà
(cambiare), scagnà (scambiare);
- in mm: mmastu (im-basto), mmastàru (im-bastaio), sammúcu
(sambuco), pjúmmu (piombo), tammúru (tamburo)...
n
- Si assimila a l (elle): bellevàtu (ben levato)...
a m: mmani (in mano), mméso (in mèzzo), mmontagna (in
montagna)...
- Si muta in gn: crugnale, gnizïone, cummugnone-cummignone
(comunione)...;
- in l (elle): belett'àlema (benett'àlema), àlema, alimale, àlitra,
Anièle...;
- in m: (in braccio) mbracciu, (in pètto) mbétto-mpétto,
mbizzu-mpizzu, mbittinèlla-mpittinèlla...;
- in r: cuerèra, ramoràccia, rosòrio, fiumàra, ...
- Si sposta in: licanétta (nicalétta)
- Si inserisce in: anfa, cacapúnziu (catapuzia)...
- Si premette alla consonante iniziale di parola: ncapu, nfronte,
ndegnamente (degnamente), nfàccia, ntellina, nzinu...
- Raddoppia in: cénnare, cúnnuja, ènnera, jénnero...
- Cade in: có.(con), nó. (non)... (senza accento o apostrofo);
- n b si muta in mm: mmócca (in bocca)...
- ng si muta in gn: magnà, mógne, piagne...
- nv si muta in mm: cummertí (cunvertí), mmelenà
(invelenare), mmutína (involtina), mmitu (invito)...
o
- È la desinenza del maschile singolare di una parte dei nomi, di
qualche aggettivo, pronome, avverbio: cacchjaréglio, giracéo,
jénco, balénco, béglio, lónco, méo, téo, chésto, chésso, aréto,
cétto e dei femminili nòro e sòro.
- Terminano in o:
- la 1ª pers. sing. del presente e del fut. semplice dell'indicativo;

28
- la 1ª pers. plur. di tutti i tempi dell’indicativo, del congiuntivo,
del condizionale e il gerundio presente delle quattro
coniugazioni: alo, véto, lèggio, sénto, aràglio, potaràglio,
magnímo, liggímo, sintímo, vitímo, olarímo, arèmo, sentèmmo,
aessèmmo, ecc...
- La risoluzione in o dei nomi con tonica ò, ó e finale u è usuale
(bróu-bróo); ciò avviene anche con i verbi alla 1ª persona plur.
di tutti i tempi (magnímo, spiccèmmo, vetarímo...); invece alla
3ª pers. plur. resiste la finale u (àlanu, vetéenu, scernaràu,
sentaríanu, oléssaru...)

Per quanto riguarda l’accento grave o acuto, come già detto per
la lettera e, si ricorrerà sempre all’accentazione quando
l’accento del dialetto è differente da quello della lingua.
Esempi di o tonica aperta e chiusa in parole finenti in a, e, o, i, u
arciòla bòe bòcco bòcchi fjòccu (fiòcco)
ciòcia còce òmo ficòtti gnòstru (gnòstro)
còfa còre nòro jòti mòrbu (mòrbo)
lòpa òsce pòccio pòcci pròsparu (-aro)
òta nòe sòro sòrdi ratòriu (ratòrio)
scòla mòle ttòtto sciòrni trasòru(trasòro)
addónca frónne bóno fóchi fócu (fóco)
cóa mógne cóccio cócci lenzóju (lenzójo)
pónta póce ózzo cógli óriu (ório)
sógna sópe fasójo óggi óu (óo)
tófa vólle sóio órti rótoju (rótojo)
dóa óce rócchjo ómmini sóu (sóo)

Esempi di protonica o in parole piane con tonica a, e, o e di


protonica u con tonica i, u:
coràta poté compostóre buttíglia capupúzzu
coràglia olé mommória ficurígliu cunnúttu
colàta pollétra aremmonnà muglíca cuttúru

29
pontróna cottorélla tortóra uglíca turtúru
Esempi di postonica o in parole sdrucciole con finale a, e, o e di
postonica u con finale i, u:
càvola càvole cécojo búbbuji búbbuju
èssola éssole rótojo càuji càuju
núola núole rògolo cécuji frízzuju
ntífona ntífone sórovo rótuji fúrcuju
scòppola scòppole véscoo sfrízzuji júppuju

- Nei verbi e nella formazione del plurale maschile la ó tonica o


protonica si muta in u: arcóne-arcúni, nepóte-nipúti, nóce-
nuci,; crómpo-crumpi, dorméa-durmíi, locrà-lucrísti...
- Si muta in a: addorà, appilà, ardíca, arganétti, Giàcamu,
Giacamúcciu...;
- in u: àsuja, bussulòtto, culunía, furàsticu, Giuànni, néspuja,
píruja, pulènna, ratícuja, sétuja, trafúru...
- in e: despenzòrio (responsorio), búfale, fume, pustèma...
- in i: pricurà, pricissióne...
- Scompare in: jía, .ratòrio...
- Sostituisce la b in: sòroa, sóroo...
- Si sposta in: cucchjóne (cocchiume, n=m)
p
- Si assimila a s: issi (ipsi), issu (ipsum), cassu (capsus)...
- Si muta in b: córbo, córba...
- in bb: abbríle, làbbisse, òbbacu, sobbólecra, risíbbula...
- in c: resconzàbbele, resconzabbeletàne...
- in f: sfrussà, sfrussu...
- in m: mantòfola, mantupìmma, Mentecòste...
- Cade in: . órci (pórci)
- Raddoppia in: appunione, arappusàrese, cúppola, dóppo ...
- Si sposta in: mantupímma (pantumimma = pantomima),
turipèrio (putiferio)...

30
qu
- Ha lo stesso suono di cu per cui tutte le parole con qu si
possono scrivere con cu: àcuila, àccua, cuàttro, cíncue...
- qu si trasforma in ch: chélla, chésto, chigliu, chistu...
- qua si muta in ca: cae, caecúnu, sconcàssu...
- que in ca: chinca, donca, dunca....
r
- È sempre scempia: arutinu, faru, feràru, tèra, carittu, sgaru...
- Scompare in: aràt.u, próp.io, rast.églio...
- Cade in: frate. (frater), sòro. (soror), sópe. (super), pe. (per),
sèmpe. (semper ),
- Tutti i verbi, all'infinito presente, e i nomi, al vocativo,
perdono la sillaba finale re: alà.., veté.., scèrne.., professó..,
commà..
- Si muta in d: despenzòrio
- in l (elle): atàle, alàgnu...
- in t: díspitu (dispari)
- in n: canibbardése-canibbardínu (garibaldino)
- Si assimila a n: Annàrdu, Bennardu...
- a p: scruppione, stréppa, strippu...
- a t: attrósi, attríte...
- a z: mozzecà, múzzicu...
- Si inserisce in: frustagnu, pròsparu (fòsfaru), ricintru...
- Si sposta nel corpo di molte parole: Crabbiele, fràbbica,
frèbbe (frèie), prúbbicu, struppià, trénto, tròcchjo...
- È prefisso in: raprí [r(i)aprí)], rentrà [(r(i)entrà)],
riscí[(ri(u)scí)], ecc...
- re cade in: ..sparàgnu, ..sparagnà (resparagnà)
- ru si aggiunge a: màrmuru, pàrturu...

s
31
- Suona quasi sc(i) davanti a b, c e g gutturali, f, p, t: sbrògna,
scuru, scannu, scòla, sgavallà, sgúnfiu, sgobbellatu, pistígliu,
sfèra, spèra...
- Cade in: .pàsema, .tóppo
- Si muta in sc: scémprece, scemprecione
- in t: cirúticu;
- in z (dopo r ): bórza, mburzu, spérzoin z
- in z (dopo n): génzo, nzerà, nzunu
- Si premette a molte parole: scarciòfano, scartóccio, scuffia...
- Si sposta nel corpo della parola: casorà-carosà, césena-sécena,
sbrillónca-bislunga, stracinà-trascinare, straportà-trasportare...
- Raddoppia in: atobbússe, làbbisse, nfussu (infusum), pressépio
- se cade in: ..Bastiànu
- si cade in: ..gnóre (abbr. gnor), ..gnòra
- sc si muta in cc: scoccése;
- sci si muta in ss: assuccà, canàssa, lassà...
- su si aggiunge a: malignúsu
- Davanti a r e dopo n ha un lievissimo suono di d, che è
impossibile riprodurre graficamente: àlitra, cuatríni, latri,
patrone; jènte, gnènte, trénto...
t
- Si assimila a c: cacapúnziu
- a n: pulènna
- Si muta in c: crivèlla;
- in d: ardíca, ardu, úrdimu
- in p: pírchju, fràppola, frappolone
- Si sposta in: battécca (bacchetta), fràcitu (fràticiu), petalàna
(pelatàna), turipèrio (putiferio)...
- Si premette a: trinchéra (ringhiera)
- Cade in: magna.óra, ma.re (mater), pa.re (pater)
- Raddoppia in: cuttunína, lucinètta, carpinètta, scàttola...
- Si sdoppia in: ci.tà, mmala.tía, mma.tína...
- Si inserisce in: génitu (gènio)
- ta si inserisce in: cartatúccia(cartuccia)
32
- to cade in: so'.. (sóto=sono, essi-e)
u
- È la desinenza del singolare dei nomi maschili (la maggior
parte)
- Dopo a, i, u toniche si ha normalmente la finale u: acu, spitu,
utu, tanu, finu, mutu...
- Dopo e, o toniche si ha piú spesso o che u, infatti oggi si tende
a passare dalla finale antica u alla finale o: da bróu a bróo, da
fénu a féno, da jóu a jóo, da séru a séro, ecc...
- È la finale della 3ª pers. plur. di tutti i tempi dei modi finiti e
del participio passato delle quattro coniugazioni: àlanu, vetéenu,
scirníru-scirníranu, spartaràu, aléssaru-aléssanu, vetaríenu,
spartítu, vitútu-vistu, scirnútu, alàtu... ed anche della 1ª pers.
plur., sebbene ormai in disuso: alímu, vétémmu, aímu, simu...
- Cade in: .òmo (uomo), .na (una), .nu (unu), chi.nca (chiunque)
r.òta (ruota), f.rúncuju (furunculus), b.óno (buono), ecc...
- Si assimila ad a: ciaramatore, schjàma, schjamaròla...
- Si muta in a: angínu, anginígliu
- in e: pròfeco
- in i: mulimento, timóre
- in o: fessòra, mprotènte, pónta, sóccète (succète)...
- Si inserisce in: marúbbuju, spinturione (nel gruppo uri )...
- Si sposta in: cúcamu (cuccuma), cucchjone (cocchiume),
puliccà (piluccà)...
v
- Sparisce in: .atta (vatta), .èrme (verme), .èspa (vespa), .igna
(vigna)...
- Si sdoppia in: ampru.visà, a.vísu, da.véro...
- Si assimila a c: cacapónto(vagabondo), cóncola (vóngola)...
- a l (elle): póllere (polvere), polleracciu (polverone)...
- a m: màlema (malva)...
- Si cambia in b: sbeglià (svegliare), sbotà (svoltare), sbelà
(svelare)...

33
- in l: lípera (vipera)
- in mm: remmenecà (rivendicare);
- in u: ciuíle (civile), Ciuitélla (Civitella), ciuítta (civetta)...
- in p: pérzo (vèrso)
- in i: càliu (calvo), gréie (greve), néie(neve)...
- Cade in: bò.e (bove), ca.ícchja (cavicchia), le.à (levare),
pa.óne (pavone), ú.a (uva), ò.a (uova), ó.o (uòvo)...
- Si inserisce (raramente) in: Luviggi (Lu.igi), Pàvolo (Pa.olo)
- Si aggiunge a: vúlimu (olmo)
- Si sposta in: jóvitu
- vv si muta in bb: abbambà (avvampare), abbotà (avvoltare),
abballe (ad vallem)
- sv si muta in sgu: sguérdo (svelto), Sguízzera (Svizzera).
sguedese (svedese)...
z
- Ha due suoni: sordo z e sonoro z: appizzutà, arizzàrese,
abbozzà, barbàzzu, capézza, càzzola, cocózza, córza, curzóre,
curzu, discurzu, fazzulíttu, lazzu, làzzuja, mazze, mazzaréglio...;
azzà, biúnzu, bórza, cazzétta, enzàna, farzu, géuzu, lènza,
lenzójo, manzu, purzu, recazzà, ruzzu, stànzia, vàuzu, zuzzu...
La finale -zione si semte quasi sempre dolce, z.
Quando è iniziale è sempre sonora e suona doppia: zàcana,
zappu, zappulià, zazzícchja, zícchja, zòcchjo, zittu, zuzzu (però
si scrive sempre z)...
- si muta in s: sícchju, sinna, suzzu, síncaru...
- Raddoppia in: spizzïàle, pulizzòtto...
- Si sposta in: cuzzuíttu (zucchittu).
CAPITOLO SECONDO: PARTICOLARITÀ
FONETICHE

1ª.2º.1 Adattamento di un fonema ad un altro:


ASSIMILAZIONE

34
b=m: àmmaru, bammàce, camma, cammàle, ciammillíttu,
ciammèlla, commàtte, mmammóccio, palómma, palommèlla,
pjúmmu, sammúcu, tammúru, tomma, trommóne...
c=s: vescica-ussíca, coscia-còssa, lasciare-lassà, asciutto-
assuccu, scemare-assemmà...
d=l: calla, callàccia, callàra, callarósta, scallalétto, scallínu,
callu...
d=n: addommannà, bannu, cannéla, cannelléru-cannelléro,
commannà, ónna, commannànte, commànnu, cunnúttu, frunni,
funnu, monnézze, munnu, mutanne, nníuia, ranne, rannézze,
spanne, spènne, stènne, tunnu, facènno...
l=b: abbergà, abbèrgo, Abbèrto, Gibbèrto, Robbèrto...
l=f: Affréto, scaffaròtto...
l=n: mannàggia...
l=z: azzà, cazzà, cazzúni, cazzétta,...
m=n: sonnà, sónno (somnus) bellevàtu (ben levàtu)...
n=m: mmani (in mano), mméso (in mèzzo), mmontàgna (in
montagna)...
r=n: Annàrdu, Bennàrdu...
r=t: attríte, attrósi...
r=z: múzzicu, mozzecà…
t=n: pulènna, pulennó...
v=l: póllere, polleràcciu, spollerà...

1ª.2º.2
Sparizione di una lettera o di una sillaba all'inizio della
parola: AFERESI
a: .gnuttí, .maru, .mbulànza, .narfabèta, .Natóglia, .ncunía
(.ngunía), ncústia (.ngústia), .nnanzi, .nticipà, .ntífena (.ntífona),

35
.Ntònio (.Ndònio), .réna, .scélla, .Scènza, .sógna (axungia),
.spàraciu, .stròleca, .zutumía...
e: .cchjésia, .ducàtu, .ducazione, .làsticu, .lemòsena,.littricísta,
.ruca, .lèttrico, .saggerà, .saggeràtu, .sercità, .state, .zèma...
i: .cóna, .conétta, .gnizïone, .gnorànte, .gnòstro, .gnúria, .lucínu,
.mmàggina, .mméce, .mbruglià, .mbussolà, .mmàttese,
.monnézze, .mpaccu (mbaccu), .mpanàta, .mpastorà, .mpiàstru
(.mbiàstru), .mpícciu (.mbícciu), .mprotènte, .ncàu, .nchinàta,
.nfàmia, .ncútina, .ndulí, .ngènne, .ngénzo, .ngenzéro. .ngrassu,
.ngíe (.ncíe), .ngessà, .ngurdu, .nférno, .nfocà, .nfornà, .nútele,
.ntrallàzzu, .nnucènte, .nzalàta, .nzertà, .struí...
in: .génzo, .genzéru, .vérno...
o: .liítu (litu), .mbréglio, .mbrellóne, .ratòrio, .razïone, .récano,
.récchja, .rinàle, .ríggene, .scuru, .ssopazzígliu, .ssopazzélla,
rellóggio, .spitàle...
u: .òmo, .nginu (.ncinu), .nu, .na, .scéru(o)...
b: .ócca, .occàle, .occàta, .occóne, .uccunígliu, ótte, .ottóne
(bottone), .ràccia, .racciàta, .ràcia, .utticéglio, .utticèlla, .uttína,
.úzzicu...
c: 'omme (comme)
ca: .prufíciu (caprificus)
che: .ssa, .sse, .sta, .ste
chi: .ssi, .ssu, .sti, .stu
ch: 'e (che)
d: .à (dà), .avé (davéro), 'e (de), .emà (demà), .ènte (dente) .í
(dí), .icína, .itu (ditu-vitu), .óte(dote), .rittu, .uttrína...
du: .Mínicu, .Minicúcciu(a)
fi: .sunumía (fisunumía=fisionomia)
g: .aglína, .Aglinèlle (Pleiadi), .àmmaru, .atta, .attarione,
.enzàna, .inèstra, .ràina, .raína, .raínu, .ramíccia, .ràmuja,
.rànciu-.ràngiu (granchio), .ranitúrcu, .ranne, .ranu, .ràscia,
.rassu, .ratícuja, .rattacàsu, .ràu, .ròppa, .rótte, .rugnu, .russu,
.ruscíle, , .unnèlla...
j: .ía, .imàra, .unàriu, .úppuju, .upu...
la: .sagne
36
p: .órci
re: .sparagnà, .sparàgnu...
s: .pàsema, .tóppo;
Se: .Bastiànu
si: .gnóre (abbr. gnor), .gnòra
v: .atta, .èrme, .èspa, .espóne, .igna, .itu, .ocazione, .óce, .ólepa,
.olé, .otà, .ummità, .úlipu, .umèra, .urtécchja...

1ª.2º.3
Caduta di uno o piú suoni in fine di parola: APOCOPE
n: co., no.
ne: bè., bocció., cafó., carbó., diriló., demà. (de mane), falló.,
maccaró., pà., mbè., scauzzó., sfaró., sitïó., vastó., vitó., e tutti
gli altri nomi finenti in ne...
ni: bucciú., cabbiú., ciuciú., dirilú., maccarú., macchjú., uccú.,
picurú.., e tutti gli altri nomi finenti in ni...
o: e’ (éo), me’ (méo; figliu me’ = figlio mio!)
re: abbïà., alà., apparà., assemmà., béie., fetà., leà., métte.,
poté., riscí., sintí., e, con tutti gli altri verbi, i nomi finenti in re:
dottó., signó...
to: so. [issi sóto = essi sono (só = io sono!)]
r: pe. (per), frate. (frater), sèmpe. (semper), sópe. (super),
soro. (soror)...
ro: - avé. (avéro=davvero)
Al vocativo tutte le postoniche: Antò, Artú, Bebbé, Beneté,
bricatté, Caetà, Cè (Cesare, Cencio…), commà, compà, Chicchí,
dià ( diàmine), direttó, È (Ercole, Ester...), Frangé, fé
(fémmena: ah chélla fé!), Giú (Giulio, Giusto), Giuà, Giusè,
Irmí, Luí, mà (mamma), Mà (Marco, Mario...), maé, marescià,
Mé (Mémmo), Mí (Mimmo, Mirco...), mò (mòneca, mònaciu; ah
zi' mò! ), Necrè, ngegné, Ntò (Ntònio), Ntuniú, ò (òmo; ah
chigli'ò!), Parmí, Pittú, Pippí, professó, Rafè (Raffaele), Raffè
(Raffaella), Rusí, Scè (Scènzo-a), Tubbí, Ufè, Varí...

37
Cosí all'imperativo: tè! (tieni!), vé (vieni!) aspè! (aspetta!), ví!
(vedi, guarda!)...

1ª.2º.4
Saldatura di un elemento morfologico estraneo in una nuova
unità lessicale: CONCREZIONE

l'apa = la lapa, d'òro = lo dòro, l'infèrno = ju linfèrno, la gnilía


= l'agnilía, l'isca = la lisca, la lestézze = l'allestézze, la(v)ípera
= la lípera, l'òca = la lòca, l'o(v)àtta = la loàtta

1ª.2º.5
Assimilazione e fusione totale di due vocali in contatto per
evitare lo iato: CONTRAZIONE

vaglio-a-Afíle=vagli'Afíle, ci-ha-àtu picciu = ciàtu picciu,


porta-a magnà = porta magnà, aretorna-a casa = aretorna
casa, càccia-a béie = caccia béie, sta-a veté = sta veté, se sta-a
murí = se sta murí, se nne sta-a í = se nne sta í, ce llo-ha-àtu =
ce ll'àtu, te lla-ha-àta = tell'àta, me lle-ha-àte = me ll'àte, se llo
ha abbotàtu = se ll'abbotàtu

1ª.2º.6

Inserzione di un suono fra altri due: EPENTESI

a: cancarèna, càncaru, cantasilèna, maramaglia, sciaròcco,


taratúfuju...
e: accalecà, accolemà, àlema, calecàgnu, calecàra, cerevéglio,
colecà, colemà, colemarícciu, córevo, dicémmeru, fórema,
lèpere, màlema, ólepa, pantàsema, pàsema, polemóne, pólepa,

38
scalecagnàtu, scalemàrese, scolemaréglio, sóleca, serementa,
sobbólecra (sepolcri), sottémmeru, spolepà, véspero...
i: accúlimu, cúlicu, fiérdo, fiéria, làbbiru, lépiri, líbbiru, mèie,
primavièra, risicà, rísicu, sèie, stanzia, súlicu, tarpàinu, tèie,
tièlla, úlimu, úlipu, vitrïàt ...
u: cuàgliu, cuatràme, cuitàra, marúbbuju, spinturióne, tàruju
(tarlo)...
hj: díschju, tàcchja;
gl: vecchjàglia;
li: azzilimà;
lli: dilliggirí;
lo: tontolóne;
m: arembardà, lampàzzu, papàmparu, rempugnà;
n: anfa, cacapúnziu (catapuzia)
r: Cràspare, Crasparóne, Craspirínu, fràula, frèie, froscèlla,
frustàgnu, potràssa, prisdimà, rattrúppu, ricíntru, sbrillónco,
sbrinnònno, Scolàstreca, scrizzà, sfressóra...;
t: génito (gènio);
ta: cartatúccia (cartuccia);
v: Luvíggi, Pavulúcciu;

1ª.2º.7
Aggiunta di un fonema alla fine di una parola: EPITESI
no - scarciòfano; su - malignúsu; ru - màrmoru, pàrturu;
Alle parole straniere finenti in consonante si aggiunge la e e/o si
raddoppia la consonante stessa: atobússe, bíttere, bare, càrtere,
clubbe, cògnacche, cricche, fracche, gippe, gòlfe, làbbisse,
picchenícche, rocchendròlle, snòbbe, tènnisse, trènce...;
Le parole monosillabiche e quelle plurisillabiche tronche
possono prendere il suffisso ne: àne, díne, fàne, móne, none,

39
póne, pòne, síne, tène, téne, tune, uhne; gnoranzitàne,
libbertàne, poténe, stoccàne, veténe, sonnàne...;
Nelle parole seguenti però il ne è parte integrante di esse:
abbrucímmene, appilímmene, bestiàmmene, scattolàmmene,
cungímmene, seccúmmene.
1ª.2º.8
Interruzione tra due vocali che non si contraggono né si
elidono: IATO
Sparizione della vocale finale di una parola di fronte
all'iniziale vocalica della seguente: ELISIONE
i a t o elisione i a t o elisione
ju àinu j'àinu lo accuàtu l'accuàtu
ju úffuju j'úffuju lo acítu l'acítu
ju ornéglio j'ornéglio lo óglio l'óglio
de gliu urzu de gli'urzu la ía l'ía
co gliu assu co gli'assu la úa l'úa
me ha ittu m'ha ittu te attòcca a abbozzà
t'attòcc'abbozzà
Generalmente, quando la vocale è accentata, non avviene
elisione: pe veté a ti (per vedere te); addó ò ju patró (dove vuole
il padrone); invece con la congiunzione preché è possibile:
prech'era issu (perché era lui).
1ª.2º.9

Fenomeni di armonia vocalica per cui avvengono assimilazio-


ne o alterazione di vocali sotto l'influenza di un'altra vocale
che segue: METAFONESI (METAFONIA)

beníttu-biníttu, cuerníce-cuirníce, cernitúru-cirnitúru, delúgliu-


dilúgliu, descúrzu-discurzu, nzerínu-nzirínu, malemissígnu -
malumissígnu, pecorúni-picurúni, perúnu-pirúnu, petturúsciu -
pittirúsciu, purcellíttu-purcillíttu, proíbbitu-pruíbbitu, serínu-
sirínu, scifellíttu-scifillíttu, sberzàgliu-sbirzàgliu...;

40
___________________________________________________
_
co gliu pare - cu gliu pare; de chi è?- di chi è?; lo si sintútu?-
lu si sintútu?; lo vinu - lu vinu; me gliu rabbòto - mi gliu
rabbòto; ne gliu sparte - ni gliu sparte; pe ti e pe dissu - pi ti e
pi dissu; se gli rescàlla - si gli rescàlla; te gli ònco - ti gli ònco;
ve gli scrío - vi gli scrío, ecc...;

Nelle voci verbali si hanno moltissimi casi di metafonia vera e


propria o analogica; eccone alcuni esempi alla 2ª persona
singolare del presente indicativo:
abbòto-abbúti, addóro-addúri, attónno-attúnni, bóllo-bulli,
caróso-carúsi, cónóscio-cunusci, còpro-cupri, dòrmo-durmi,
lòcro-lucri, mpóno-mpuni, mòro-mu-ri, pòrto-purti, respónno-
rispúnni, ròpro-rupri, scòccio-scucci, sfónno-sfunni, sfóro-
sfuri, tròo-trúi..; assémmo-assímmi, béo-bíi, créo-críi, créscio-
crisci, jém- po-jímpi, nzèro-nziri, pèrdo-pirdi, règgio-riggi,
rèscio-risci, scèrno-scirni, sénto-sinti, stréco-strichi, vénno-
vinni, véto-viti...;

1ª.2º.10
Trasposizione di fonemi all'interno di una parola:
METATESI

r: abburzése, addropà, cintrímitu, coàcra, crastàtu, corvàtta,


Crabbièle, Cràspare, crapa, crillànta, crompà, crugnàle, préta,
cunfrómme, fràbbica, fraffàlla, frèbbe-frèie, frummíca, storzà,
ntrattaglià, pàtricu, potràca, pre, prèffitu, premetà, prelloncóne,
prenténto, prúbbicu, ramoràccia (armoracia), scrupí, struppià,
scruppióne, stréppa, Tirnità, trambullànu, trénto, tròcchjo...;
i: biantèra, biastéma, schjoppà, zizzàina...;

41
s: sbrillónco, sbrinnònno, stracinà, stràcinu, straportà...;
i-u: puliccà;
u-a: cúcamu;
o-u: cucchjóne (cocchiume; n = m);
c-p: procésso;
c-f: talèfraco;
fr-c: ciàfricu;
ciu-ju: víciuju;
c-t: battécca, fétacu, fràcitu;
c-d: addracà;
l-t: petalàna;
l-r: Crulínta;
n-l: licanétta;
r-s: casorà;
p-m: mantupímma;
s-c: césena;
zu-ch: cuzzuíttu (zucchíttu);

1ª.2º.11

Aggiunta di un fonema all’inizio di una parola: PROSTESI

a: abbastà, abbeènte, acchjarà, accolemà, accuntí, addónca,


affurtunàtu, aggríu, agguastà, ammacà, ammalócchjo, ammelà,
anchétto-anghétto (ghetto), annícciu, annúu, araffreddóre,
araccóto, arampà, aràtio, arattórto, arembardà, arempósto,
arescióto, arígliu, aríle, assínnu, assógna, attédio, avardà,
avastà...;
d: dòro (oro), dé(éo), dissu (issu), décch(écchi), déssi (éssi =
costí)...;

42
m: mbittinèlla-mpittinèlla, mbizzu-mpízzu, mbólla, mbràcciu,
mburzu, mmastàru, mmannarínu, mmammóccio, mmúmmuia,
mmastu, mpastorà, mpeschjà, mprèscia, mpresènzia, mprestà...
n: nàutu (in alto), ncammòto-ncammòdo, ncapu, ncóglio,
ncunía, ndegnaménte, ndriússu-ntriússu, nfàccia, nfascià,
nfégne, nfénta, ncallà-ngallà, ncerasàru-ngerasàru, ncima-
ngima, nóziu (in ozio), nnòcca(fiocco), ntefícele-ndefícile,
ntellína, ntintu, ntrattaglià, nzinu, nzócceta-nsócceta...;
r: rapérto, raprí, rentrà, réntro, respettóre (ispettore), riscí,
risciútu...;
re: reà, referà, recaccià...
s: sbarbaglià, sbarzòtto, sbattimúru, sbucià, scarciòfanu,
scardà, scardalànu, scartóccio, scatòrcio, scontrànza, scúffia,
sdellentà, sdelloccà, sdeossà, sderaicà, sderazzà, sdilliggià,
sdiuffà, sdrapassà, sfancà, sfarà, sfornetecà, sfraggéglio,
sfressóra, spasséggio, spizzu (pizzo), spongecà, ssiminàriu,
sfrustà, strapúnziu...;
t: trinchéra;
v: úlimu (olmo);

1ª.2º.12

Facoltà di alcune parole di raddoppiare la consonante delle


sillabe mediane o finali: RADDOPPIAMENTO

b: àbbele, abbrucímmene, arobbà, atobbússe, cabbína, débbeta,


frabbòteco, risíbbula, libbertàne, pussíbbele, róbba, rebbústu,
resconzàbbele, súbbitu, Subbjàcu... (la b è sempre doppia);
c: accapità, acchjarà, àccia, accolemà, accúlimu, briccòcola,
cuccúju, nucca, ramoràccia, raccóero, sóccio...;
d: addommannà, addóre, addunà, raddútta, rammeddià...;
f: fraffàlla, màffia, suffísticu...;

43
g: aggibbà, aggrià, baggèlla, buràggene, callíggene, cuggínu,
dilliggirí, fraggéglio, ntilliggènte, priggiuniéro, peggióne,
refúggiu, riggína, riggístru, saggerà... (la g è sempre doppia);
l: accellerà, allercià, allucità, colléro, cannelléro, miscèlla,
pollàcca, pollétra, relleccà, rillícuia, rillútta, sdilliggià...
m: ammacà, appilímmene, aremmonnà, bestiàmmene,
càmmora, cammoriére, címmice, commannà, commàre, comme,
commenzà, commò, còmmoto, crisòmmole, cummúna,
cucúmmaru, cummignóne, jémmete, lummínu, mantupímma,
mommória, ómmeno, pummitòro, ramméddio, sammenaríscu,
seccúmmene, símmuja, trammézzo, ummità...;
n: cànnova, cénnere, cúnnuja, jénnero, junneddí, ènnera,
ténnero, vennardí...;
p: appunióne, arappusà, cúppola, dóppo, pippa, seppurdúra...;
diventa doppia b in: abbríle, abbrilànte, làbbisse (lapis)...
s: atobbússe, bissècolo, làbbisse, mésse (mise), missiricòrdia,
nfussu (infusum), pressépio...;
t: carpinètta, cétto, cottó, lucinètta, rattattúglia, scàttola,
tartarètta...;
z: spizzïàle, pulizzòtto...;
b, g, z iniziali di parola suonano sempre doppie.
1ª.2º.13

Sostituzione di un suono con un altro: SCAMBIO


invece di a:
e: allestézze, bammàce, bellézze, càseta, cuinàtema, fíglieta,
màmmeta, mòneca, mmonnézze, menescàrcu, nònneta, rótte,
peppacàllu, petàta, rebbustézze, rannézze, piéchela (piégala),
reàzza, reàzzu, redduppià, scustumatézze, spezzacammínu,
telecràme...;
o: colléro, fornéteco, sfornetecà...;
i: lintèrna...;
u: artístu, ruprí...;

44
invece di e:
a: barétta, canzóna, cucúmmaru, cóta, féta, frabbòteco, lita,
musaròla, númmaru, ólepa, pròsparu, rúndina, súaru, súccaru,
trasòro, vennardí, vèntra, zuccarínu...;
i: criànza, criatúra, fittúccia, fràtimu, isca-lisca, liccuzzà, liítiju
(levàtelo), mintúccia, pàritu, pinúria, primúra, riàle, símmuja,
tríccia, triccià, strippa, casi, carti, ciàtti, crapi, fai, mammi,
rapi, scali, scarpi...;
o: beorà, càmmore, protúra, tolàru, sotàcciu, sottémmeru...;
u: àspitu, fúrminu, sciàmu, suppillí...;
invece di i:
a: ancrése, ancútina, ampruvisà, balénco, raccoerà, costàta,
ramméddio, scarabbízzu, cocorózza, débbeta, sóleca, filàra,
fusa, fossàta, níora, ornèlla, pórzora, prata, ràmora, tortóra,
vaca, venócchja, véta ...;
e: àlema, ardégno, àsena, belàngia, cardenàle, desgràzia,
cecàla, destànte, frecandò, làcrema, léncua, màcena, màneca,
marmétta, menorànza, mmeschjà, peggióne, scortecà, spégne
(spingere), spénta (spinta), tencóne, ténta...;
o: froscèlla;
u: appunióne;
gli: gióglia (giòia), nóglia (nòia)...

invece di o:
a: arciòla, ardíca, ardégno, addorà, addóre, atturà, appunione,
appilímmene, appilà, barbottà, cappiòla, ciantróne...;
e: búfale, fume, frabbòteco, maresciàlle, nòrema, pustèma,
rebbustézze, rebbústu, rellóggio, sòreta, sprefúnnu, strencóne,
stròleca, stròleco, valle (gallo)...
u: buràggine, capumílla, culunía, curníce, curzóre, cuttunína,
dumà, furàsticu, furmíca, muliménto, sgrullà, turnitóre...;
i: pricurà
- I verbi che hanno la o tonica o protonica alla 2ª pers. dei tempi
semplici: abbúti, abbutímo, durmíi, lucrísti, cunuscíssi...;
45
- I nomi che al singolare finiscono in ó-e al plurale fanno u-i:
arcóne-arcúni, nepóte-nipúti, nóce-nuci, póce-puci, rótte-rutti,
ótte-utti, portóne-purtúni, saettóne-saettúni...;

invece di u:
a: angínu, anginígliu, assoràrese...;
e: pròfeco, pròfeca...;
i: muliménto, timóre...;
o: appontellà, fessóra, mprotènte, ógne (ungere), sfressóra,
pollétra, pónta, pongecà, soccète, sógna, spontà...;

invece di b:
i: carióne, fàia, frèie, traie...;
m: ammacà, ammelà, mmacàtu, mmacu...;
p: piccu, picchjére, pósema, mposemà...;
v: avastà, sòrova, sorovèlla, vastóne, vàuzu, véstia, vizzòco, vòe,
vólle...;
invece di c gutturale:
g gutturale: sgàglia, sgaglióne, sganaglià, sgavallà, sgrullà...;
j: jàcchjara, jài, jamà, jaru, jàveca, jóo, jòto...;
gn: gnòstro, carbúgnu...;
t: sturbúticu...;
ci: búcia, búciu...;
invece di c palatale:
chj: sasícchja, zazzícchja...;
s: basà, basu, camísa, scamisàtu...
t: affattàrese...;
z: commenzà, panza...
ace=scin: scintilèna(acetilene)
g: angínu, anginígliu, carge, dórge, farge, ngènne, vàngia,
vénge, rúngiu...;
invece di d:

46
c: fràcicu, múcicu, ràngicu...;
j: jènte...;
i: pèie, treppéie...;
ll: séllaru-o...;
n: appronàrese, pròna...;
r: mèrica (medica), merólla...;
t: latru, mantra, tóca, trénto...;
v: suvóre, vitàle, vitóne, vitu , véta...;
di=sca: scarúpu;
nd=gn: fiógna, fiognà, scégne...
invece di f:
p: apprettà, apprettàrese, pantàsema...
invece di g gutturale:
b: bufu;
c gutturale: Acustu, assuccà, càbbia, cagliàrdu, caglína, carga,
camma, caleóne, canàssa, cammàle, caròfaju, canibbardése,
canibbardínu, cargottàra, crannézze, cràntina, cràntola, cràsia,
Cràspare, cuardà, fanca, funcu, lacu, léncua, macru, macu,
ncunía, ncustià, peppacàllu, sícaru, sinicòca, sancue, sàncuinu,
síncara, stanca, ticàma, zàcana...;
j:jàcciu, janna, juttu, juttunízia...;
v: valle, vallózzo, varzóne, vattaròla;
gu=v:vàngia, vardà, varnéglio...;
nghi=gn: agnuttí, cégna-cigna (cinghia), cignàle, ógna...;
glo=gn: gnommerà (aggomitolare, agglomerare), gnòmmero
(gomitolo)...;
invece di g palatale:
c palatale: bucía, buciàrdu, fròcia, marchiciànu, parmiciànu,
particiànu...;
gl: viàgliu;
j: jennàru, jénnero, jenzàna, jettà, jórno, juncu, juncàta...;

47
ng=gn: depégne, gnúria, mógne, nfégne (fingere), ntégne, ógne
(ungere), palógne, piàgne, spégne (spingere), strégne, tégne...;
(si ha invece: pongecà)
gn=ci: caciàra, ramíccia...;
gn=nc: fugnu-funcu, prugna-prunca, nsegnà- nzincà...;
invece di l:
gi: gióglio (lòglio);
j: àsuja, èccuju, jémmete, ju, jume, junàriu, jupígna, jupu, píju,
làzzuja, paju, Subbjàcu...;
m: pustèma (pustola);
n: chinu(chilu), còneca, maneppèggio, mantrattà, pontróna,
pèrna, sóne (sole)...;
p: pupanàru (lupo mannaro);
r: ancrése (inglese), arba, àrbiru, ardu, carge, Cariddònia,
corbo (colpo), cortéglio, cràntola, cuerèra, dórge, fargu (falco),
marba, órmo (olmo), pórzo, parmu, ramoràccia, rapéglio, riàle,
ruscínu, saràca, sarvàticu, scémprece, scurdóre (scultore),
sérge, sardu, sòrdo, surdu, sparïà, úrdimu...;
u: àutu, càucia (calce), caucià, féucia-fíucia (felci), géuzu
(gelso), méusa-méuza (milza), sàucia, sàutu, scàuzu...;
ll=gl-gli: aglína, agliumà, agnéglio, arígliu, attempatéglio,
cavàgliu, córàglia, cóglio, fratéglio, frittéglio, fuglíttu, mmóglie
(mòlle), muglíca, pennéglio, pugliu (pollo), rastéglio, scarpéglio,
traicéglio, urticéglio, vacchitéglio, varnéglio...;
invece di m:
b: bunzignóre;
c: frabbòteco(flebotomo);
n: annícciu(miccia);
v: vignànu (mignano);
p: capumílla, mantupímma (pantomima), a poménti (a
momenti), pastecà (masticare);
invece di n:

48
gn: crugnàle (corniolo-a), cummignóne (comunione), gnizïóne
(iniezione)...;
l: àlema, alimàle, àlimu, àlitra, Anièle, bilòcchi (binocoli),
calònico, linfétta, muliménto, Bellardína-u, martellícchja...;
r: fiumàra;
ng=gn: mógne, tégne, palógne, nfégne, magnà, piàgne...;
nev=mm: bemmolènza (benevolenza)
nv=mm: comménto (convènto), cummertí (cunvertí), amméce-
mméce (invece), ammelenà-mmelenà (invelenare, avvelenare),
mmentà (inventare), mmérno (in inverno), mmítia (invidia),
mmità (invitare), mmitu (invito), mmutína (involtina, involto),
mmiàggiu (in viaggio)...;
invece di p:
b: baggèlla;
c: resconzàbbele (responsabile);
f: sfrussu-sfrussà ( spruzzo-spruzzare);
m: mantòfola, mantupímma (pantomima), Mentecòste (Pente-
coste)... ;
invece di qu:
cu: àcuila, àccua, cincuànta, cuàne, cuàgliu, cuàndu, cuàntu,
cuàntena, cuàntini, cuarànta, cuatríni, cuàttro, cuàtru, cuínici,
cuistïóne, deccuà... (ma anche: àquila, acqua...);
qua=ca: càe (qualche), caecúnu, sconcàssu...;
que=ca: addónca (dovunque), chénca-chinca (chiunque), donca
-dunca (dunque)
qu=ch: chéllo-a, chésto-a, dunche...;
que=chi: chígliu, chigli, chistu-i

invece di r:
d: despenzòrio(responsorio);
l: alàgnu, atàle, mortàl(mortarium), valístr(arista);
n: canibbardése-canibbardínu (garibaldino);
t: díspitu (dispari);

49
invece di s
t: cirúticu cerusico);
z: bórza, córza, corzóre, farzu, mburzu, mòrze (morí), mozzecà,
múzzicu, sberzàgliu, pèrzeca, pérzo, pirzïàna, pórzo, perzóna,
vérzo, zuzzu, ngenzéro, ngénzo, nzerà, nzertà, nzincà, nzinu,
nzunu, non zó - non zo’ (non só - non so’ = non sono io - non
sono essi), nun zi (nun si= non sei)...;
sc=cc: scoccése (scosceso);
sci=ss: assuccà, canàssa, lassà...;
invece di v:
b: abbàlle, abbambà, abbelà, abbïà, abbotà, approbbà, marba,
prebbalé, rab-belà, rapprobbà, resbotà, resbòta, resbelà, sbelà,
sbïà, sbotà...;
gu: sguérdo, Sguízzera, sguizzeròtto...;
i: béie, néie, tràie...;
m: mmennecà (vendicare), mmíu (víu=vivo) e mmíu! (e vivo!),
rammïà, rammïàtu...;
n: lavatínu (lavativo)...;
p: capézza, pérzo (vèrso, avv.);
u: ciuíle, Ciuitélla, ciuítta, sérua...;
invece di z:
s: sampógne, sappulià, sicchjà, sícchja, sícchju, sinàle, sinna,
sippu, sittu, succarínu-a, súccaru, suzzu...;
p: ammappà, ammàppete...;

50
- A mmète, a mmète ca lo ranu è fattu!
- Compà, a mmi me ss'ha ruttu ju surícchju!
1ª.2º.14
Sdoppiamento di una consonante nel corpo della parola:
SCEMPIAMENTO

c: bo.càle, cú.camu-cú.cuma, mà.china, sarà.ca...;


f: A.fíle, a.filànu, aru.fàtu...;
l: a.lècro, a.licría, spi.là...;
m: biastè.ma, ca.mèle, cra.mu (grammo), telecrà.me...;
r: a.ròsto, a.rutínu, ba.rétta, bu.ràggene, bu.ru, calla.rósta,
ca.ríttu, co.règge, co.rènte, fé.ro, sga.ru, tè.ra, tu.rióne, vè.ro...
(la r è sempre scempia);
t: ceró.to, pignà.ta, cua.tríni, qua.tríni, mmala.tía, mma.tína
ci.tà...;
v: ampru.visà, a.vantaggiàrese, pro.veté, dalla.véro, da.véro
a.vísu, a.visà..;

1ª.2º.15
Caduta di un suono interno della parola: SINCOPE

51
a: car.bignéro, f.rabbúttu, spi.natóra, spi.naturígliu...;
ai: b..òcco;
e: chj.rica, cr.atúra, sup.riòra, sup.rióre, schj.na, vet.rinàru,
spi.tu...;
i: carcer.éra, compos.tóre, enz.àna, f.èle, f.éno, lur.du, m.èle,
m.ète, macèr.a, nàs.ca, pulizz.òtto, r.aprí, r.entrà, sal.éra, s.éro,
spir.du, vit.rinàru...
u: b.óno, c.òre, f.óco, f.òre, m.òre, r.òta, ri.scí, sc.òla, sc.òte,
s.òla, s.òcera, s.ócero, f.rúncuju, resc.òte...;
b: tà.uja (tabula), túr.itu;
c: dó.a (dóca=doga), su.u (sucu);
d: abbe.ènte, acco.à, aggri.à, annú.u, a.occhjà, bró.o, có.a,
cru.u, cuín.ici, dú.ici, én.ece (indice), jó.o (chiodo), mal.icènte,
ní.u, nu.u, pe.àta, pi.úcchju, rà.ica, ra-.u, ra.ínu (gradino),
ràn.ina (grandine), ri.e, scu.èlla, sí.ici, só.o, spe.àta, su.ó-re,
spi.ucchjà, su.à, ún.ici, trí.ici, va.u...;
de: bené..tta, pe..càgna, pe..cone...;
di: biní..ttu;
fa: ta..nu
g: ài.nu, appo.ià, a.ústu, bi.únzu, cui.nàtu-a, é.o, fa.u, frà.ola,
fu.a, fri..e, lé.na, le.àcciu-a, le.àme, nfu.à, pré.na, re.àzzu-a,
stré.a, sú.aru, pi.ujà...;
gi: di..unà, di..únu;
j: ca.ína, càu.i, cécu.i, fí.u, mí.u, pí.u...;
l: abbo.tà, accó.to, a.tàle, ca.cína, ca.sétta, ca.súni, có.to, dó.ce,
fà.cia, f.anèlla, fa.cià, fó.to, mmu.tína, nca.sà, pó.ce, pu.cínu,
pu.su, reca.sà, resbo.tà, revo.tà, sa.ciàta, sa.sícchja, sbo.tà,
sció.to, vo.tà...;
n: rà.ina;
r: aràt.u, derét.o, pat.ínu, prentént.o, próp.io, rast.églio, sóp.e,
sèmp.e...;
t: magna.óra, ma.re(mater), pa.re(pater);
ti: companà..gliu;

52
v: abbe.orà, alle.à, a.ocàtu, ari.à, à.e, a.é, ba.a, bo.àru, bò.e,
ca.ícchja, cattí.u, cà.uju, cer.églio, co.à, co.érnu-o, di.uzióne,
dià.uju, do.é, fa.ílla, gió.ene, manu.àle, giu.iddí, gli.àstru, jà.i,
í.a, .iscu, le.à, lo.àtta, la.orà, mento.à, mò.e, ne.úschja, ne.àra,
nò.e, nó.o, pa.óne, pjò.e, ralle.à, raccó.ero, re.otà, ser.étta,
ricé.e, scà.u, schjà.u, scrí.e, sir.íziu, tà.ola, Tí.uji, tra.e, tro.à,
ú.a, vésco.o, vítu.u, véto.a, Vicu.àru, ví.u-a (vivo-a)...;

Casi particolari :
ciavàtta = cià..tta = ciàtta = ciabatta;
levatum = le..tu = létu-o = lievito;
menecacàpu = men..acàpu = menacàpu = che muove il capo;
pó..ro - pò..ra = pòvero - pòvera; poràcciu-a = poveraccio-a;
poréglio – porèlla = poverello-a;
cubitus = cúbitu = .úbitu = utu = gomito;
oliva = .liva = .jí.a = ía = oliva
pavimentum = paviméntu = pa...éntu = paéntu-o = pavimento;
Benedíctus = Benedíttu = Ben..íttu = Beníttu = Biníttu = Bi..ttu
= Bittúcciu = Pittúcciu = Benedetto;
olivetum = .livétu.= li.étu.= li.ítu.= liítu = litu = oliveto;
ottóveru = ottó..ru = ottú..ru = uttú..ru = uttúru = ottobre.
- qualche diventa cae per la trasformazione di qu in ca e la
sincope di lch.

1ª.2º.16 RADDOPPIAMENTO SINTATTICO (R.S.)

È il fenomeno per cui la consonante iniziale di una parola si


rafforza, e quindi si pronuncia come doppia se viene a trovarsi
dopo determinate parole finenti in vocale: a, ca, fra, tra, e, è,
che, ce, né, pe, se, tre, cusí, susí, si (tu sei), co (cu), só (io
sono), so' (essi-e sono), fu, su.
Esse danno luogo al R. S. (generalmente solo verbale) di tutte
le iniziali delle parole che le seguono, all'infuori della r e della
v; infatti la r in dialetto è sempre scempia e la v è cosí debole

53
che si identifica quasi con la u (a proposito della v, bisogna dire
però che si sente anche: a vvisità, a vvu, che vvízïu, pe vveté; e
addirittura invece di a vvalle si ha abballe, invece di a vvu (fr. a
vous) si ha abbú .
Dopo le preposizioni semplici gli articoli raddoppiano e si ha
o la forma legata (R.S. scritto) o la forma staccata (R.S.
verbale): a gliu - agliu, de gli - degli, da le - dalle, ne le - nelle,
co la - cólla, tra gliu, su gli - sugli, pe le - pélle (la forma
staccata si preferisce per evitare dubbi: colla, pelle, ecc...).
Le parole che cominciano con b, g palatale e z raddoppiano
sempre il suono iniziale, qualunque sia la parola che precede;
però si ha anche cchjésia, ddiriló, mmatína rispettivamente con
due c, due d e due m.
Ci sono altre parole che iniziano con una doppia, ma ciò
non è dovuto al R.S.; si deve ad altri fenomeni già considerati
nelle pagine precedenti (vedi mmastu, mméce, mméso,
mmutína, nníuia, nnamità...).
Esempi con il raddoppiamento indicato tra parentesi:
(c)càsa; ca (f)fàu = qualche faggio, qualche favo;
che(s)somàru
= che somaro!; fra (t)ti e (m)mi = fra te e me; è (p)pàritu = è
tuo padre); su (t)túttu = su tutto; ce (l)l'ònco éo = glielo-a,
glieli-e dò io; né (d)déo né (t)tu = né io né tu; pe (d)dàllo a (t)ti
=
per darlo a te; cusí (f)fràcicu = cosí fradicio); si (s)súju = sei
solo; so' (c)cascàti = sono cascati; co (s)sa carga = con codesta
fiacca; cu (c)chígliu = con quello; fu (p)própio cusí = fu
pròpriocosí; tri (m)mísi = tre mesi.
Esempi con e senza raddoppiamento sintattico:
tre (t)tré = tre 3: con R.S.;
tre, tre, tre = 3, 3, 3 senza R.S.;
(con R.S. dopo tre aggettivo, senza R.S. dopo tre pronome).
se (t)tira ju vénto = se tira il vènto: con R.S.; se congiunzione;
54
se tira a campà = si tira a campare: senza R.S.; se part. pron.;
(con R.S. dopo se congiunzione, senza R.S. dopo se part. pron.).
se (c)campa = se campa; con R.S.; se congiunzione;
se campa = si campa: senza R.S.; se particella pronominale;
(con R.S. dopo se congiunzione, senza R.S. dopo se part. pron.)
ju pare e (M)Mario = il padre e Mario: con R.S.; e congiunz.;
ju pare 'e Mario = il padre di Mario: senza R.S.; 'e (de) prep. s.;
(con R.S. dopo congiunzione, senza R.S. dopo prep.’e (de).
a(c)casa = a casa; con R.S. dopo a preposizione semplice;
ha casa e (p)paísi = ha casa e poderi: senza R.S. dopo ha verbo;
(con R.S dopo a congiunzione, senza R.S. dopo ha verbo).
a(p)pèie, appèie = a piedi; con R.S. dopo a preposiz. semplice;
a péie = da piè, dappiè; senza R.S. dopo a=da prep. semplice;
(con R.S. dopo a preposizione, senza R.S. dopo prep. a=da)
stàu sèmpe a(f)fà (c)carti = stanno sempre a giocare a carte:
oltre al R. S. della f si ha anche quello della c, perché fà ha
assorbito la preposizione a, infatti fà a = fà; stàu sèmpe a(f)fà
caciàra = stanno sempre a far baccano: in questo esempio si ha
solo il raddoppiamento della f e non quello della c.
Le particelle pronominali me, te, se, ce, ne, ve, l’avverbio ce
ed i pronomi la, le, lo, quando vengono a trovarsi vicini, in
posizione proclitica rispetto ai verbi, generano il
raddoppiamento della particella, dell'avverbio o del pronome,
che si può rimarcare graficamente quando non genera
confusione.
Qui di seguito si riportano i vari accoppiamenti
me te, me tte, mette
me se, me sse, messe se, te sse, tesse
me ce, me cce, mecce te ce, te cce, tecce se ce, se cce, secce
me ne, me nne, menne te ne, te nne, tenne se ne, se nne, senne
me la, me lla, mella te la, te lla, tella se la, se lla, sella
55
me le. me lle, mellete le, te lle, telle se le, se lle, selle
me lo, me llo, mello te lo, te llo, tello se lo, se llo, sello
___________________________________________________________
ce se, ce sse, cesse ne se, ne sse, nesse ve se, ve sse, vesse
ne ce, ne cce, necce ve ce, ve cce, vecce
ce ne, ce nne, cenne ne ne, ne nne, nenne ve ne, ve nne, venne
ce la, ce lla, cella ne la, ne lla, nella ve la, ve lla, vella
ce le, ce lle, celle ne le, ne lle, nelle ve le, ve lle, velle
ce lo, ce llo, cello ne lo, ne llo, nello ve lo, ve llo, vello

Esempi: me se stòcca - me sse stòcca - messe stòcca (mi si


spezza); se la béie - se lla béie - sella béie (se la beve); ne la
sgara - ne lla sgara - nella sgara (ce la strappa); me te crómpo
- me tte crómpo - mette crómpo (mi ti compro); te lo ício - te llo
ício - tello ício (te lo dico); ce se lo scríe - ce sse llo scríe -
cesséllo scríe (ci se lo scrive); ve se lèa - ve sse lèa - vesse lèa
(vi si leva); te le scallo - te lle scallo - telle scallo (te le
scaldo)...
A ciascuno la forma che piace.
Le stesse particelle, gli stessi pronomi e l’avverbio ci,
quando sono in enclisi, singolarmente o insieme, dopo un
infinito o un imperativo, si fondono con essi in una parola sola e
danno luogo al raddoppiamento sintattico scritto.
Quando gli infiniti riprendono la sillaba re (parte residua delle
desinenze are - ere - ire originali) non si ha il raddoppiamento
della consonante immediatamente seguente, perché re non ha
accento.
Esempi di enclitiche fuse con infiniti e imperativi:

- í-íre (andare), ísse-írese (andarsi), íssenne-iresénne (andarsene)


- và (va’), vàlla (valla), vattélla (vàttela)

- à-àre (dare), àmme-àreme(darmi), àmmella-aremélla (dàrmela)-


à (da’), àmme (dammi), ammélla (dàmmela)

56
- dí-dire-ice (dire), díllo-dírelo-ícelo (dirlo), díccello-direcéllo-
icecéllo (dírglielo)
- dí-íci (di’), dillo-ícilo (dillo). diccéllo-icicéllo (díglielo)

- fà-fare (fare), fàlla-fàrela (farla), fàttella-faretélla (fàrtela)


- fà (fa), fàlla (falla), fattélla (fàttela)

- scríe (scrivere) scríela (scríverla) scriecélla (scrívergliela)

- scríi (scrivi), scríila (scrívila), scriicélla (scrívigliela)

-règge (règgere), règgelle-règgerele (règgerle), reggecélle -


reggerecélle (règgergliele)
- riggi (règgi), ríggile (règgile), riggicélle (règgigliele)

- arappiricà (arrampicare), arappiricàtte-arappiricàrete


(arrampicarti), arappiricàttecci-arappiricàriticci
(arrampicàrtici)
- arappírica (arràmpica), arappírichete (arràmpicati), arappiri-
chitícci (arràmpicatici)
- arattaccà (riattaccare), arattaccàtte-arattaccàrete
(riattaccarti), arattaccàttello-arattaccaretéllo(riattaccartelo),
arattaccatteccéllo
- arattaccareteccéllo (riattaccàrtecelo)
- arattàcca (riattacca), arattàcchete (riattàccati), arattacchetéllo
(riattàccatelo), arattaccheteccéllo (riattàccatecelo)

Molto spesso le forme identiche, ma con accenti spostati


(àmmella-ammélla, fàttello-fattéllo, díccello-diccéllo), si
scambiano fra loro e si usa indifferentemente l'una o l'altra
forma. Talvolta i pronomi la le lo non raddoppiano, ma ciò è

57
dovuto all'influenza della lingua e si ha quindi àmmela invece di
àmmella, fàttelo invece di fàttello, díccelo invece di díccello...

Alcune parole inizianti per vocale prendono a volte una d


rafforzativa per indicare il raddoppiamento, che diversamente
sarebbe impossibile, proprio perché si tratta di vocali: tu e déo
(tu ed io), éo e dissu (io ed esso, lui), tu e déssa (tu ed essa, lei),
da écchi a déssi (da qui a costí), da éssi a décchi (da costí a
qui)...

PARTE SECONDA
MORFOLOGIA

58
Chi ci ha pizzicatu la sèrpe
tè paura puru ’ella lingèstra

59
Chi fatica magna / chi non fatica magna e bée
CAPITOLO PRIMO: IL NOME

2ª.1º.1 Desinenze

La maggior parte dei nomi, al singolare, finisce in u, buona


parte in a, parte in e ed o, e pochissimi in i. Esempi:
a f. e m. f. i m. f. o m. u m.
àccia alimàle m. appiccapànni m. arabbóto acu
buàtta bocàle m. cacammàni m. cóccio aràgnu
cama carge f. caccialéperi m. fiérdo arígliu
feràta crugnàle m. fài f. ficòttocícciu
giocatúra mare m. f. funi f. jénco fugnu
mastra raffïóne m. jài f. ornéglio jíuju
neàra spitàle m. leccafài m. pòccio làfanu
petalàna state f. mani f. sócciomanicútu
ràscia tràie f. parnànzi f. sócero manúcchju
suàta zinàle m. sbuciafràtti m. vérno puígliu

2ª.1º.2 Genere

60
Dallo specchietto precedente si rileva che: sono maschili i nomi
che finiscono in o e u e femminili quelli finenti in a; invece sono
maschili o femminili quelli che terminano in e ed i.
Alcuni nomi femminili eccezionalmente finiscono in o
(nòro, sòro) ed altri in i (fài, funi, dí, jài, mani) e conservano la
loro desinenza anche al plurale.
Nel passaggio dal maschile al femminile si verificano, oltre
al cambiamento della desinenza, anche mutamenti di metafonia
(o metafonesi), cioè cambiano le vocali interne (ma non in ogni
caso). Esempi:
- tonica da i ad é: crapíttu-crapétta, míju-méla, piru-péra, pjínu-
pjéna, síncaru - séncara...
- da i ad é, protonica da u ad ó: pullítru-pollétra...
- da i ad é, postonica da u ad ó: vítuu-vétoa...
- da u ad ó: jupu-lópa, rungiu-rónca...
- u da ó, postonica da i ad é: úlipu-ólepa, súricu-sóreca...
- tonica a , postonica da i ad é: àlimu-àlema, àsinu-àsena...
- tonica da é ad è: cannéglio-cannèlla, campanéglio-campanèlla,
cardéglio-cardèlla, cucchjaréglio-cucchjarèlla, mazzaréglio -
mazzarèlla, pézzo-pèzza, pérzecu-pèrzeca, utticéglio-utticèlla...
- tonica da ó ad ò: barózzo-baròzza, bóccio-bòccia, bótto-bòtta,
bróu-bròa, mammóccio-mammòccia, cervarójo-cervaròla
capóccio-capòccia, patróne-patròna, pizzicarójo-pizzicaròla,
sfaróne-sfaròna, sócero-sòcera, signóre-signòra, sortóre-
sortòra, zóppo-zòppa...

2ª.1º.2.a Il neutro

Il dialetto ha pure il genere neutro (sing. articolo lo; plur. art. le):
lo basilicu lo latte lo ranu le càpora
lo casu lo mèle lo sale le cocorózza
lo coràme lo(lu) muschju lo(lu) spíritu le níora
lo cottó l'óglio lo veléno le prata

61
lo fèle lo pane lo(lu) vinu le venócchja
lo féro lo cuatràme lo(lu) scuru le ràccia

2ª.1º.2.b Un genere in dialetto e uno in lingua

Non tutti i nomi dialettali hanno lo stesso genere nella lingua e


viceversa. Eccone alcuni esempi:
femminili in dialetto e maschili in lingua
àcera -acero neúschja-nevischio
arciòla-orciolo pantàsema-fantasma
àstia-astio pescétta-pesciolino
bancòzza-panchetto puzza -puzzo
baròzza-baròccio raschjatóra -raschiatoio
cagna-cambio raschjétta-raschietto
caícchja-cavicchio revèrza-rovescio
canàla-canale ruzza-ruzzo
casàta-casato sàlicia-sàucia-salice
cianchétta-sgambetto sàndola-sandalo
crispígna-crespigno scarecatóra-scaricatoio
cummúna-comune schérna-scherno
dí, í-dí, giorno sciàlla-scialle
diggiúna-digiuno(intestino) sènzia-assenzio
falàsca-falasco stàggia-staggio
fanca-fango teménzia-timore
filèppa-spiffero ticàma-tegame
menatora-menatoio trita-trito, battuto,
merólla-midollo vèntra-ventre
múcchja-mucchio zèma-eczema

maschili in dialetto e femminili in lingua


abbíle-bile frittéglio-frittella
abbruschíttu-bruschetta núele-nuvola
annícciu-miccia póce-pulce
azzúffu-zuffa rebbúllu-ribollitura
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biúnzu-bigoncia riticéglio-reticella
biscàzzu-biscazza stincàtu-stincatura
càccuju-caccola tinózzo-tinozza
calèmmi-calende tóppo-stoppa
címmice-cimice trippu-trippa
cóbbo-gobba utticéglio-botticella
cúcamu-cuccuma vitàbbiu-vitalba

2ª.1º.3 Numero

I nomi finenti in o-u-e hanno il plurale i; quelli finenti in a


hanno il plurale e:
Maschili
- Sing. o, plur. i: anéglio-anégli, cóccio-cócci, mbréglio-
mbrégli, cóppo-cóppi, córbo-córbi, pullétro-pullétri, rócchjio-
rócchji, soréglio-sorégli ...
- Sing. u, plur. i: àinu-àini, basu-basi, cíciu-cici, scafu-scafi,
àspitu-àspiti, fàrchju-farchji, sgaru-sgari, scifu-scifi, tanu-tani,
zippu-zippi...
- Sing. e, plur. i: atàle-atàli, bòe-bói, camèle-camèli, cignàle-
cignàli, èrme-érmi, mantíle-mantíli, occàle-occàli, pésele-pésili,
pare-pari...
I nomi che finiscono in ju hanno il plurale ji o i (búbbuju-
búbbuji-búbbui; méruju-méruji-mérui; pàju-pàji-pài...) possono
perdere cioè la j; il che non avviene con i nomi finenti in chju-
o, i quali possono far cadere la i e conservare la j, perché
questa fa parte del particolare suono di chj.
Femminili
- Sing. a, plur. e: ara-are, brita-brite, camísa-camíse, cèspa -
cèspe, fèlla-fèlle, jappa-jappe, lina-line, lita-lite, mastra-mastre,
pónta-pónte, zícchja-zícchje ...
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- Sing. e, plur. i: commàre-commàri, curníce-curníci, féte-féti,
mare-mari (madre e mare), sèrpe-sérpi, state-stati, tràie-trài,
valle-valli (valle e gallo)... ma si ha pure l'arte - le arte, la parte
- le parte, con e al plurale...
I nomi femminili allestézze, bellézze, monnézze, rannézze,
scustumatézze, rebbustézze, si usano generalmente al singolare:
l'allestézze, la bellézze, la monnézze...(al plurale hanno la
declinazione in i: billízzi, rannízzi... ).
Certi nomi, maschili e femminili, hanno il plurale neutro a (per
alcuni di essi si può parlare di un residuo della desinenza latina
a; altri invece danno solo l'idea di un collettivo, di un insieme di
due o piú elementi simili):
o-a: anéglio-anèlla, arcu-àrcora, córno-còrna, lenzójo-lenzòla,
ornéglio-ornèlla, martéglio-martèlla, ósso-òssa, óo-òa/óvo-òva,
ózzo-òzza, pórzo-pórzo-ra, stéro-stéra...
u-a: capu-càpora, cintinàru-cintinàra, ciúffu-ciúffa, cucurúzzu-
cocorózza, costàtu-costàta, curníttu-cornétta, díbbitu-débbeta
(pure díbbiti), migliàru-migliàra, míju-míu-méla, níu-níora
(pure níi), paru-para, pratu-prata, ràcciu-ràccia, rúbbiu-rúbbia,
ramu - ràmora, sepórcu-sobbólecra, ssopazzígliu-ssopazzélla,
sórou -sòroa, súlicu-sóleca, surícchju-sorécchja, tígliu-tíglia,
turtúru-tortóra, tittu-tétta, vacu-vaca, vinúcchju-venócchja, vitu-
véta...

La parola ósso ha due plurali: òssa (quelle dell'uomo e degli


animali in genere) ed óssi (col significato di nòccioli: delle
pesche, prugne, ciliegie, ecc...).
Da notare la particolare forma del plurale in -ora di alcuni
nomi: arcu-àrcora, capu-càpora,níu-níora-néora, ramu-ràmora
pórzo-pórzora,...
Rari nomi maschili finenti in a conservano la a anche al
plurale: ju corílla - i corílla, ju capòccia - i capòccia, ju
pobrèma - i pobrèma...
Anche questi nomi femminili conservano la a al plurale:

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le cannèlla, le ceràsa, le cèsa, le coràglia, le coràta, le denàra
(carte), le fàcuja, le fícora, le méla, le jimàra, le ógna(l'ógna), le
óra(l'óra), le pècora, le péra, le pèrzeca, le prunca, le sfressóra,
le sòroa, le spata, le tèmpera, le tíglia...
Alcuni nomi, con finale a o e, sono usati solo al plurale con
l’articolo le: coroàglia, léna, rumèlla, sereménta, carpinètta,
lucinètta, ceréta; pisciòle, sagne, vòmmache, zèrole ...
Molti nomi femminili, con tonica e desinenza a, al plurale
prendono la i del maschile, pur conservando il loro genere:
a-i: banca-banchi, carta-carti, casa-casi, cecàla-cecàli, ciànca-
ciànchi, ciàtta-ciàtti, crapa-crapi, fàia-fài, fàrgia-fargi, fàcia
faci, frasca-fraschi, fratta-fratti, làuta-làuti, mamma-mammi,
scarpa-scarpi, rapa-rapi, scala-scali, schjàppa-schjàppi, stànzia
- stanzi, tàcchja-tacchj, vacca-vacchi, zampa-zampi...
Da notare: in italiano arma-armi, ala-ali, in dialetto arma-
arme, ala-ale .
Alcuni di questi plurali femminili in i potrebbero
confondersi con i plurali maschili, ma l'articolo ne determina il
genere:
i banchi (i banchi) le banchi (le banche);
i barchi (gl'imbarchi) le barchi (le barche);
i campi (i campi) le campi (le gambe);
i casi (i casi) le casi (le case);
i fai (i faggi) le fai (le fave);
i féti (i feti) le féti (le fedi);
i mari (i mari) le mari (le madri);
i pari (i padri) le pari (non dispare);
i piànti (i pianti) le piànti (le piante);
i valli ( i galli) le valli (le valli);
i vinti (i vinti) le vinti (le venti: 20,00);
i zampi (i gambi) le zampi (le zampe).

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Alcuni nomi sono usati al plurale per indicare il singolare:
le sampógne - le zampógne (la zampogna), j’òrgani (l’organo),
j’arganétti-j’organétti (l’organetto, la fisarmonica).
I nomi femminili finenti in e possono restare invariati al
plurale: la réte-le réte-le réti; la fune-le fune-le funi; la vèste-le
vèste-le vèsti...
Anche nel passaggio dal singolare al plurale, come si é già
potuto constatare nei molti esempi riportati, oltre al
cambiamento delle desinenze, in certi casi si verificano
mutamenti metafonetici (il cambio della protonica, della tonica e
della postonica o insieme o isolatamente nella stessa parola):
- tonica da è ad é: ènte-énti, èrme-érmi, pèie-péi, sèrpe-sérpi
- da é ad í: mése-misi, paése-paísi
- da i ad é: ssopazzígliu-ssopazzélla, tittu-tétta, vitu-véta
- da ò ad ó: bòe-bói, nòtte-nótti, òste-ósti, pònte-pónti, vòe-vói
- da ó ad ò: córno-còrna, ósso-òssa (ma ósso-óssi = nòccioli di
pesche, di ciliegie, di prugne...), ózzo-òzza (anche ózzi), óo-òa
(óvo-òva)
- da ó ad u: attarióne-attariúni, cróce-cruci, fióre-fiúri, móglie-
mugli, ótte-utti, póce-puci, rótte-rutti, zappó-zappú...
- postonica da a ad u: scàndalu-scànduli, sàndalu-sànduli
(sàndola-sàndole)
- da e ad i: càlece-càlici
- tonica e postonica da é ad i: jémmete-jímmiti
- da í ad é: díbbitu-débbeta
- tonica da è ad é, postonica da e ad i: pèttene-péttini, lèpere-
lépiri...
- da ó ad ú, protonica da e ad i: fettóne-fittúni, pecóne-picúni,
zencóne-zincúni ...
- tonica da ú ad ó, postonica da i ad e: súlicu-sóleca, súricu-
sóreca
-tonica da ú ad ó, protonica da i ad e: vinúcchju-venócchja

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- tonica da í ad é, protonica da u ad o: curníttu-cornétta,
surícchju-sorécchja...
- tonica e protonica da ó ad ú: rotóne-rutúni, occóne-uccúni,
portóne-purtúni, boccióne-bucciúni, montóne-muntúni...

2ª.1º.4 Nomi in chju-chjo e cu-co

I nomi che finiscono in chju-chjo meritano particolare


attenzione;
singolare cu plurale chi singolare chju-chjo plurale chji
circu (circo) circhi círchju (cerchio) círchji
muccu (volto) mucchi múcchju (mucchio) múcchji
scaccu (scacco) scacchi scàcchju (falcata) scàcchji
La forma chj dei nomi finenti in chju-chjo-chja-chje è
necessaria per poterla distinguere dalla forma chi dei nomi che
finiscono in cu-co; infatti il chj del dialetto ha un suono tutto
suo, perché oltre ad essere gutturale è anche palatale; lo stesso
discorso vale per il ghj del verbo agghjatàrese = agghiadarsi e
del nome magghja e dei suoi derivati: magghjóne, magghjétta
(si citano anche se sono ormai termini desuetei) A chi non ne ha
esperienza diretta la pronuncia risulta alquanto difficile; e se è
stato adottato un simile accorgimento grafico è stato solo per
averne immediata la distinzione visiva.
Intanto si fa osservare che i nomi in co-cu plurale possono
avere le desinenze chi e ci: es. amícu-amíchi-amíci, mético-
métichi-métici.
Ecco alcune liste di nomi finenti in co-chjo, con i rispettivi
plurali chi-chj-(chji), con lo scopo di poter confermare la

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differenza dei suoni delle desinenze finali (da notare subito che
il chji, come già detto, può perdere la vocale i):

suono gutturale suomo gutturale e palatale insieme


singolare plurale singolare plurale
brillòcco brillàcchi copérchjo copérchji copérchj
bòcco bòcchi ócchjo ócchji ócchj
crócco crócchi spécchjio spécchji spécchj
ciócco ciócchi rócchjo rócchji rócchj
mérco mérchi vécchjio vécchji vécchj
circu circhi círchju círchji circhj
biccu bicchi físchju físchji fischj
fiàccu fiàcchi màschju màschji maschj
muccu mucchi múcchju múcchji mucchj
miccu micchi ràschju ràschji raschj
scaccu scacchi rúschju rúschji ruschj
straccu stracchi scàcchju scàcchji scacchj

2ª.1º.5 Caso vocativo e apocope; rafforzativa “ne”


In questo... caso i nomi comuni e propri possono perdere la
sillaba che segue la tonica, la quale però si evidenzia con
l'accento piuttosto che con l’apostrofo, per le ragioni già esposte,
anche nelle parole che vengono a risultare monosillabiche per
l'avvenuta apocope; esempi:
commà(re), compà(re), cuggí(nu-a), direttó(re), dottó(re), zí(u-
a), fraté(glio), mà(mma), maé(stro), nepó(te), professó(re),
ngegné(re), signó(re), Assú(nta), Beneté(tto-a), Carlé(tto), Gè
(mma), Giusè(ppe), Filí(ppo), Mà(rio, rco), Leó(ne), Pittú(cciu-
a), Lú(ca), Pippinú(cciu-a), Ntonè(llo-a), Rafè(le), Raffè(lla)...

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Spesso questi nomi al vocativo sono preceduti dalla invocazione
ah: ah zí!, ah Leó!, ah cuggí! ah Rò(-cco, -sa)!, ah sòr maé!, ah
chélla fé (ehi, signora!), ah chigli'ò (ehi, signore!)...

A volte i nomi comuni, seguiti dal nome proprio, non


perdono la sillaba postonica: commàre Marí! compàre Pittú!;
invece seguiti da altro nome comune la perdono: zí mò! (zi'
monaco-a).
I nomi finenti in ne (plurale ni) possono far uso dell'apocope ed
accentare la tonica, prescindendo dal vocativo:
bè(ne), bocció(ne)-bucciú(ni), carbó(ne), cottó(ne), falló(ne),
cottorelló(ne)-cottorellú(ni), diriló(ne)-dirilú(ni), occó(ne)-
uccú(ni), pà(ne), rotó(ne)-rutú(ni), scruppió(ne)-scruppiú(ni),
zinaló(ne)-zinalú(ni) ...
La particella ne, che in latino può essere avverbio, congiunzione
e interrogativa enclitica, in dialetto è solo una rafforzativa
enclitica, che si può aggiungere a parole monosillabiche, a
parole pluri-sillabiche tronche (avverbi, congiunzioni,
esclamazioni, nomi) e a tutti i verbi.
In alcuni casi conserva la funzione interrogativa come in
latino: chéne? (che?), móne? (adesso?), addóne (dove?). In
certe espressioni invece si incontra un nne con chiaro senso
avverbiale: Se fosse nne (d)déo...(se fossi proprio io...); se fosse
nne chígliu...(se fossi nei panni di quello...)
Esempi:
aggiàne: i già alàne: sbadigliare a mmine: a me
a ttine: a te àne: dare, dài, dà cane: che
criàne: spuntare cusíne: cosí deccuàne: di qua
dellàne: di là dessàne: costí-à ène: è
fane: fare, fai, fa fune: fu giàne: già
hane: hai, ha íne: andare làne: là
leàne: levare libbertàne: libertà lusíne: in quel modo
mane: ma metàne: metà móne: ora, adesso;

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mpunitàne: puntiglio natàne: nuotare nóne: no
òne: vuole óne: vuoi peròne: però
pjúne: piú prechéne: perché riscíne: uscire
rupríne: aprire sane: sai, sa sgaràne: strappare
síne: sí stane: stare, stai, sta sune: su, svelto
susíne in codesto modo tène: ha, tiene tune: tu
uhne! uh! vane:vai, va

2ª.1º.6 Alterazione dei nomi


I suffissi alterativi sono molti e vari: àcciu, églio-u, aréglio-u,
icéglio-u, itéglio-u, ícchju, ígliu, ínu, íttu, acchjòtto, òtto, óne,
ózzo, úcciu, úzzu, èlla, élla, étta, icèlla, arèlla, úccia:
- àcciu: caglína-caglinàcciu (tacchino), póllere-polleràcciu
(polverone), catàru-cataràcciu (scaracchio), ramu-ramàcciu...
- églio: àsinu-asinéglio, frate-fratéglio, póro-poréglio ...
- aréglio: fiàccu-fiaccaréglio (agg.), fóco-focaréglio, stufu-
stufaréglio (agg.)...
- icéglio: frate-fraticéglio, ótte-utticéglio, réte-riticéglio, tràie-
traicéglio...
- itéglio: vacca-vacchitéglio ...
- ícchju: fune-funícchju, lèpere-lipirícchju, sórece-suricícchju,
póce-pucícchju ...
- ígliu: cantóne-cantunígliu, fícora-ficurígliu, nóce-nucígliu,
ficòzza-ficuzzígliu, occóne-uccunígliu, turtúru-turturígliu, piru-
pirígliu, trippózzo-trippuzzígliu, tizzóne-tizzunígliu, tufu-tufígliu
- ínu: cassétto-cassittínu, trèno-trinínu, villa-villínu...
- íttu: bicchjére-bicchjiríttu, battòcchjo-battucchjíttu, bróccojo-
bruccuíttu, basu-basíttu, búciu-bucíttu, chjióo-chjuíttu, córno-
curníttu, ciammèlla-ciammillíttu, crapa-crapíttu ,fargu-
farghíttu, féro-firíttu, lécco-licchíttu, muru-muríttu, muccu-
mucchíttu (viso-visetto), ròspo-ruspíttu, trippózzo-trippuzzíttu,
ócchjo-ucchjíttu, ómmeno-umminíttu, zippu-zippíttu...

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- acchjòtto: jupu-jupacchjòtto, Pèppe-Peppacchjòtto...
- òtto: baríle-barilòtto, liggéro-liggeròtto(agg.), pízzicu-
pizzicòtto...
- óne: arca-arcóne, cottorélla-cottorellóne, caciàra-caciaróne,
èspa-espóne, cóa-coóne, fàu-faóne, fèrgia-fergióne, fétta-
fettóne, fúria-furióne, occàle-occalóne, ócca-occóne, píruja-
pirujóne, ròta-rotóne, sagna-sagnóne, ssétia-ssitióne, stréa-
streóne, tàuja-taujóne, vitu-vitóne, zinàle-zinalóne...
- ózzo: bancu-bancózzo, ranne-rannózzo(agg.), sagna-sagnózzo,
tinu-tinózzo, trippu-trippózzo, valle-vallózzo...
- úcciu: Bétto-Bittúcciu (Pittúcciu), cappéglio-cappigliúcciu-
cappellúcciu, cavàgliu-cavagliúcciu-cavallúcciu, Ménicu-
Minicúcciu Ntònio-Ntuniúcciu, Pèppe-Pippínu-Pippinúcciu,
vattu-vattúcciu...
- úzzu: copérchjo-coperchjúzzu-cupirchjúzzu, vitu-vitúzzu,
cortéglio-cortellúzzu-curtilluzzu...
- élla: capòccia-capoccélla, cottóra-cottorélla...
- èlla: cucchjàra-cucchjarèlla, pòra-porèlla (agg.), sòroa-
soroèlla ...
- étta: bórza-borzétta, cóa-coétta, fètera-feterétta, cóna-conétta,
jài-ja(v)étta, frasca-fraschétta, rónca-ronchétta, ruca-ruchétta,
schjamaròla-schjamarolétta...
- icèlla: ótte-utticèlla, rótte-rutticèlla...
- rèlla: pasta-pastarèlla, vècchja-vecchjarèlla, via-viarèlla...
- úccia: Bétta-Bettúccia(Pittúccia), Ntònia-Ntuniúccia, ócca-
uccúccia...
A volte si ha l’alterazione di nomi già alterati: es. cantu-
cantóne-cantunígliu, ócca-occóne-uccunígliu; scifu-sciféglio-
scifillíttu; scifa-scifèlla-scifellétta; trippu-trippózzo-trippuzzíttu-
trippuzzígliu; tizzu-tizzóne-tizzunígliu; valle-vallózzo-valluzzíttu
Nell'alterazione avviene spesso il cambio del genere ed anche
il cambio di significato: arca (madia) - arcóne (bica); cóa (coda)
- coóne (sottocoda); sagna (la-sagna) - sagnóne (stupidone)...

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Vi sono nomi che sembrano diminutivi o accrescitivi, ma
non lo sono:
falsi diminutivi falsi accrescitivi
bicchínu non è un piccolo biccu bottóne non è un grande bótto
cianchétta non è una piccola ciànca caccióne non è un grande
fainèlla non è una piccola faína càcciu
froscèlla non è una piccola fròscia cecalóne non è una grande
cecàla
lucínu non è una piccola luce ciammettóne non è una grande
ciammétta
pucínu non è un piccolo póce macchjóne non è una grande
màcchja
serétta non è una piccola séra passóne non è un grande passu
spallétta non è una piccola spalla sardóne non è un grande sardu
spichétta non è una piccola spica tencóne non è una grande ténca
struzzínu non è un piccolo struzzu trescóne non è una grande
trésca

2ª.1º.7 Nomi composti

I nomi composti sono formati in vari modi:


- nome + nome: matre+pèrna=matrepèrna
- nome + aggettivo: capu+néra=capunéra
- aggettivo + nome: mala+cràzia=malacràzia
- preposizione + nome: doppo+prànzu=doppoprànzu
- verbo + nome: gira+céo=giracéo
- verbo + verbo: gira+annascónne=girannascónne
- avverbio + aggettivo: sèmpe+víu=sempevíu
- aggettivo + aggettivo: calla+frédda=callafrédda

I piú comuni nomi composti, raggruppati secondo la desinenza:


- a: azzacóa, bruttasignòra, capunéra, coamòzza, cacallàccua,
callafrédda, cartambollàta, cuardamàcchja, cocciamúffa

72
cocciapelàta, coazínzera, coefiammétta, filafilógna, omotònna,
malacràzia, malenfàmia, melacranàta, manimòzza, matrepèrna,
matittóglia, Moracàsca, pappamòlla, pernamàtta, ssopazzélla
scarecabaròzza, scocciapignàta, sturtignàccuja...
- e coefiammóne, cottonfrónte, ficcafròce, girannascónne,
pistasàle, leccabardèlle, maleléncue, Morabbótte, necrofúme,
sbattijàppe, scacciacornàcchje, scanzacaròzze, sopeffòrte,
spilapíppe, stoccasóe, sucamèle, treppéie, vermeggiallóne...

- i: abbottaútti, appiccapànni, appiricapiúcchj, arotarúngi,


assuccamàni, confiacúji, basamattúni, matittói, caccialéperi,
calacazzúni, coppapassúni, cuccapassúni, sbuciafràtti,
doppodomàni, leccafài, malevérzi, parannànzi, puliscijénti,
strozzapréti, smorzacannelléri ...

- o: accattafóco, accordacéo, ammalócchjo, benemméo,


cacafóco, capaóglio, capufóco, capassótto, cartafòglio,
cecaócchjo, felespérzo, giracéo, maneppèggio, maletémpo,
marcatambóllo (marca ta mbóllo, ta = da), mazzacrócco,
mazzapiròleco, mazzarabbóto, mesojórno, nanzipétto, omosòto,
orzoméglio, scartafòglio, sopeppinziéro, scallalétto, teremòto,
turcicóglio...

- u: acciaccapístu, arzubbattútu, biccuggiàllu, canepazzígliu,


canevàstu, capupúzzu, capustúrnu, cardusàntu, cazzumàttu,
ciccevitàbbiu, doppoprànzu, ferofilàtu, giravítu, malecriàtu,
malemissígnu, marcatútu, mazzafrústu, menacàpu, menacúju,
muccuzzúzzu, murufrattícciu, ntronacúju, ossopazzígliu,
pirdifiàtu, puzzafiàtu, ranitúrcu, ranufàru, rattacàsu,
sancuepístu, sbattimúru, sucamústu, scardalànu, sciucamànu,
sempevíu, surdemmútu, telataràgnu (tela-t'aràgnu, t=d),
toppacúju, turcinàsu ...

73
I nomi composti formano il plurale in vario modo: restano
inalterati, varia solo la desinenza della prima o della seconda
parte
oppure di entrambe:

singolare plurale singolare plurale


ficcafròce ficcafròce maneppèggio maneppèggi
rattacàsu rattacàsu manimòzza manimòzze
capufóco capifóco malaléncua maleléncue
telataràgnuteletaràgnu pappamòlla pappemòlle

Alcuni cambiamenti però non obbediscono a leggi fisse.

Una curiosità: Il nome composto ciccevitàbbiu o


ciccivitàbbiu risulta formato dalle parole cícciu ’e vitàbbiu o
cicci ’e vitàbbiu (cioè: germoglio di vitalba o germogli di
vitalba, oppure semplicemente vitalba); al plurale quindi può
restare invariato o cambiare la desinenza ultima, cosí:
ciccevitàbbii o ciccivitàbbii; ma spesso si sente anche
ciccivitàbbiti con l’inserzione di una t.

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Chi non píscia ncumpagnia / o è nnu latru o è nna spia
CAPITOLO SECONDO: L'ARTICOLO

2ª.2º1 Articoli determinativi

Gli articoli determinativi sono: ju(’u, u), gliu, maschili


singolari; ji (i), gli, maschili plurali; la, femminile singolare; le,
femminile plurale; lo (lu), neutro singolare (al plurale si usa le).
L'articolo ju è il risultato della trasformazione di illum,
avvenuta secondo questi passaggi: illumilluluju(u).
Al plurale si ha: illilijii.
Esempi di nomi preceduti dall'articolo:
singolare ju plurale ji-i singolare j’ plurale ji-i -j’
ju bocàle ji, i bocàli j’àinu ji, i, j’àini
ju crócco ji, i crócchi j’àmmaru ji, i, j’àmmari
ju dirilóne ji, i dirilúni j’angínu ji, i, j’angíni
ju fàu ji, i fài j’àrbiru ji, i, j’àrbiri
ju gnàccuju ji, i gnàccuji j’arígliu ji, i, j’arígli
ju jupu ji, i jupi j’atàle ji, i, j’atàli
ju lappu ji, i lappi j’órmo ji, i, j’órmi
ju muccu ji, i mucchi j’ornéglio ji, i, j’ornégli
ju níu ji, i níi j’ortojànu ji, i, j’ortojàni
ju passóne ji, i passúni j’uffu ji, i, j’uffi
ju raínu ji, i raíni j’úffuju ji, i, j’úffuji
ju saccu ji, i sacchi j’úppuju ji, i, j’úppuji
ju sfrussu ji, i sfrussi j’upu ji, i, j’upi
ju tàsciu ji, i tasci j’úriu ji, i, j’úrii
ju vattu ji, i vatti j’urticéglio ji, i, j’urticégli

75
ju zippu ji, i zippi j’utu ji, i, j’uti

Gli articoli ju, ji e i, quando sono preceduti da congiunzione (e,


né, se, che...) o da preposizione (a, co, da, de...) si mutano in
gliu e gli, per il raddoppiamento sintattico:

Esempi:
ju si trasforma in gliu ji, i si trasformano in gli
ju fiàscu e gliu bicchjére i fiàschi e gli bicchjéri
ha ittu che1 gliu zíu .. ha ittu che1 gli zíi...
né gliu vattu né gli'àsinu né gli vatti né gli àsini
se gliu fratéglio ci vè... se gli fratégli ci véu...
areàllo a gliu cuggínu areàllo a gli cuggíni
va co gliu sordàtu va co gli sordàti
ne vénco da gliu nònno ne vénco da gli nònni
sèmpe ne2 gliu stesso pósto sèmpe ne2 gli stessi pósti
lu vinu pe gliu muratóre lu vinu pe gli muratúri
lo pà stéa sópe gliu taulínu lo pà stéa sópe gli taulíni
tra gliu sconcàssu tra gli spari

L'articolo gliu davanti a vocale si elide: j’upu e gli’àinu (il


lupo e l’agnello); réntro a gli’óo (dentro l’uovo); né gli’upu né
gli’àinu (né il lupo né l’agnello); sopre gli’àrbiru (sull’albero);
se gli’angínu è curtu... (se l’uncino è corto...); l’ógna ’egli’urzu
(l’unghia dell’orso)...

2ª.2º.2 Articolo neutro

I nomi indicanti un collettivo o un insieme prendono l'articolo


lo, che non è il lo dell'italiano3; possono essere nomi comuni
astratti o concreti, nomi di alimenti essenziali, di bevande, di
spezie, di tossici, di materiali e metalli vari, verbi, avverbi,

76
aggettivi e pronomi possessivi: è il neutro di materia (senza il
plurale, che è insito nel singolare).
_____
1) È piú frequente ca.
2) Non è usuale: è piú comune a.
3) In italiano si trova nelle locuzioni avverbiali: per lo meno, per lo piú.

Esempi:
- lo bè(ne), lo bestiàmmene, lo cungímmene, lo male. lo résto, lo
séme, stabbiu...
- lo basílicu, lo buru, lo casu, lo fèle, lo latte, lo mèle, lo
pà(ne),lo pépe, lo ranitúrcu,,lo ranu, lo rosòrio, lo sale, séru-o,
lo spíritu, lo veléno, lo vinu, lo zúccaru...
- lo coràme, lo cottó(ne), lo féro, lo fóco, lo gésso, lo legnàme,
lo pjúmmu, lo rame, lo ramàtu, lo stagnu, lo zincu...
- lo méglio, lo péggio, lo méno, lo piú...
- lo béie, lo da fà, lo laorà, lo magnà, lo scríe...
- lo bóno, lo cattíu, lo dórge, lo callu, lo friddu, lo giústu, lo
nícciu, lo póco, lo rassu, lo strittu, lo tantu, lo véro, lo zuzzu...
- lo biàncu, lo blu, lo giàllu, lo niru, lo rúsciu, lo vérde...
- lo méo, lo téo, lo séo, lo nóstro, lo vóstro...
Davanti a vocale lo si elide:
lo acítu = l'acítu, lo amàru = l'amàru, lo argènto= l'argènto, lo
óglio=l'óglio, lo accuàtu = l'accuàtu, lo óriu = l'óriu (l'òrzo), lo
abbrucímmene = l'abbrucímmene, lo òro = l'òro, lo ottóne =
l'ottóne...
L'articolo lo può trasformarsi in lu quando la tonica della parola
che lo segue è i oppure u:
lo buru = lu buru, lo mustu = lu mustu, lo piúmmu = lu
pjúmmu, lo rúsciu = lu rúsciu, lo túritu = lu túritu, lo críggiu =
lu críggiu, lo friddu = lu friddu, lo frittu = lu frittu, lo friscu =
lu friscu, lo nícciu = lu nícciu, lo niru = lu niru, lo strittu = lu

77
strittu, lo struttu = lu struttu, lo vinu = lu vinu, lo zuzzu = lu
zuzzu...
I nomi, che al plurale finiscono in a, prendono l’articolo le:
le càpora, le níora, le ornèlla, le prata, ecc...

L'articolo ju o lo determina il genere di alcuni nomi:


Neutro: con l'articolo lo Maschile: con l'articolo ju
lo fóco: il fuoco ju fóco: il focolare, il caminetto
lo caffè: il caffè, la pianta ju caffè: la bevanda, il bar
lo féro: il ferro, il minerale ju féro: il ferro da stiro, l'attrezzo
lo pésce: il pesce in generale ju pésce: un pesce in particolare
lo pjúmmu: il piombo, il minerale ju pjúmmu: il filo a piombo
lo tè1: il tè, la pianta ju tè1: il tè, la bevanda
lo séme: il seme in generale ju séme: un seme in particolare
lo vétro: il vetro, il materiale ju vétro: della finestra, auto...
Da notare anche:
lo pépe: il pepe ju pipirungínu: il peperoncino
lo latte: il latte ju caffellàtte: il caffellatte
1) Lo tè, ju tè, lo té, ju té significano rispettivamente ce l'ha, ce l'hai; da qui il
gioco di parole: Lo tè lo tè? Ju tè ju tè? (ce l'ha il tè?) e lo té lo tè? ju té ju tè? (ce
l'hai il tè?).

2ª.2º.3 Articoli determinativi femminili


Gli articoli determinativi femminili sono la e le; anche il plurale
le può subire l’elisione:
singolare la plurale le singolare e plurale l'
plurale le
la caína le caíne l'àcera l'àcere le àcere
la brita le brite l'àccia l'àcce le acce
la fràola le fràole l'agnilía l'agnilíe le agnilíe
la morgèlla le morgèlle l'àlema l'àleme le àleme
la nóttoja le nóttoje l'èrba l'èrbe le èrbe
la pescólla le pescólle l'ía l'íe le íe
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la reàzza le reàzze l'isca l'ische le ische
la serétta le serétte l'ógna l'ógne le ógne
la tènna le tènne l'ónna l'ónne le ónne
la vàngia le vange l'uglíca l'uglíche le uglíche

2ª.2º.4 Osservazioni su ju (j’, ’u, u), la, le (l’)

Nel parlare corrente, e in poesia quando si vuole evitare lo iato,


ju può diventare ’u oppure u (già si è visto che ji diventa i):
ju ceràsu ’u, u ceràsu ju diàuju ’u, u diàuju
ju fugnu ’u, u fugnu ju géuzu ’u, u géuzu
ju lacu ’u, u lacu ju mmastu ’u, u mmastu
ju ntricu ’u, u ntricu ju pare ’u, u pare
ju rúngiu ’u, u rúngiu ju stafu ’u, u stafu

Non avviene elisione dell'articolo davanti ai nomi che


cominciano per j; può esserci con quelli che hanno subíto
l'aferesi e iniziano per vocale:
(b) la jastéma, la ócca, la ótte...
(ch) la jàcchjara, la jài, ju jaiàru, la jappa, lo jaru, la jàveca...
(d) la ecína, la émà, ju jènte, la uttrína
(g) la enzàna, la inèstra,ju jénco, jénnero-u, la jenzàna, ju
jórno, ju juncu, la juncàta,
(gh) ju jàcciu, la janna, la jótta, ju juttu, la juttunízia
(l) la jimàra, ju jémmete, ju jume, ju junàriu, ju junneddí, la
juna, la jupígna, ju jupu...
(r) ju júmene...
(v) la èspa, la igna, ju jíuju, la óce...

Esempi con l’elisione: le èspe – l’èspe (le vespe), ju úlipu –


j’úlipu (volpe m.), ju utu - j’utu (il gomito), la aglína - l’aglína
(la gallina)...

79
C’è da ricordare che casa e fiume (come papà, mamma,
nonno, ecc...) possono rifiutare l'articolo: es. casa sta vicínu (la
casa mia è vicina), fiume va russu (il fiume è in piena), ecc...

2ª.2º.5 Articoli indeterminativi


Gli articoli indeterminativi sono tre: nu, maschile, na,
femminile, no, neutro.
Non è necessario scrivere ’nu, ’na e ’no con l'apostrofo
perché unu e una non sono articoli, ma pronomi numerali e
quindi non vi è stata aferesi di u e il pronome neutro uno non
esiste (il Lindström però riporta l’esempio comm’un’córpu, che
non sono riuscito a verificare in nessun modo):
- nu: nu búciu, nu cuàgliu, nu macu, nu píscuju, nu rúschju, nu
súlicu, nu turzu, nu zappu, nu zippu...
- na: na lènza, na muríca, na pittiràta, na suàta, na trufa, na
vèrta, na vigliàra...
- no casu, no lardu, no latte, no buru, no vinu
(gli ultimi due esempi possono mutarsi in nu buru e nu vinu
perché la sillaba, che segue l’articolo no, ha vocale u e vocale
i)...
Davanti a vocale nu, na e no si elidono:
- n’: n'arígliu, n'arpéo, n'àspitu, n'attédio, n'òmo, n'ardégno,
n'uru, n'urzu...
- n’: n'accasióne, n'alàta, n'àlitra, n'anchétta, n'arciòla, n'ógna,
n'ustiría...
- n’acítu, n’accuàtu, n’óglio, n’óriu..
- insomma nell’elisione si ha un’unica forma di articolo: n’.
Davanti ai nomi che cominciano con j non c'è elisione; può
esserci con quelli che hanno perso la consonante iniziale
(aferesi) e che cominciano per vocale:

80
nu jènte, nu jénco, nu jume, nu juncu, nu jupu, na enzàna... - nu
espóne - n'espóne; nu occàle - n'occàle; nu occóne - n'occóne;
nu utticéglio - n'utticéglio; na aglína - n'aglína; na occàta -
n'occàta; na ólepa - n'ólepa; na uttína - n'uttìna...
Al plurale si usano insieme n' (col significato di alcuni-alcune)
e ari (altri), n’ari: n'ari dóa = (alcuni) altri due; n'are du vaca =
(alcuni) altri due chicchi...

2ª. 2º. 6. L'articolo in sintesi


Determinativi - Maschile singolare:
ju: ju fàu, ju muccu, ju jupu, ju saccu, ju stracciu, ju zippu...
j': j'àinu, j'àmmaru, j'angínu, j'àrbiru, j'òmo, j'uffu, j'utu ...
gliu: ju fiàscu e gliu bocció, né gliu vattu né gliu cane...
gli': j'upu e gli'àinu, sopre gli'àrbiru, né gli'upu né gli'àinu...
u, 'u: u ceràsu, 'u diàuju, u fugnu, 'u géuzu, u pare, 'u rúngiu...
- Femminile singolare:
la: la nóttoja, la serétta, la pescólla, la tènna, la vàngia...
l': l'àcera, l'àlema, l'ía, l'ógna, l'agnilía, l'uglíca...
- Neutro singolare:
lo: lo bène, lo male, lo casu, lo pépe, lo fóco, lo féro, lo méo...
lu: lu buru, lu rúsciu, lu túritu, lu friddu, lu niru, lu vinu...
l': l'acítu, l'óglio, l'accuàtu, l'óriu, l'òro, l'argento...
Maschile plurale:
i: i crócchi, i fài, i puci, i stracci, i vatti, i zippi...
gli: i fiàschi e gli bucciú, né gli vatti né gli cani, a gli àrbiri...
i, ji, j': i àmmari, ji àmmari, j'àmmari; i úlimi, ji úlimi, j'úlimi...
- Femminile plurale:
le: le nóttoje, le serétte, le pescólle, le tènne, le vange...
le: le àcere, le àleme, le íe, le ógne, le agnilíe, le uglíche...

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l': l'àcere, l'àleme, l'íe, l'ógne, l'agnilíe, l'uglíche...

Indeterminativi - Maschile singolare:


nu: nu cuàgliu, nu macu, nu rúschju, nu súlicu, nu vitu...
n': n'arígliu, n'arpéo, n'atturàcciu, n'òmo, n'uru, n'urzu...
- Neutro singolare:
no: no casu, no latte, no buru (nu buru), no vinu (nu vinu)...
- Femminile singolare:
na: na lènza, na muríca, na rótte, na tòppa, na trufa...
n': n'accasióne, n'alàta, n'àlitra, n'arciòla, n'òpera, n'ustirìa...
- Maschile e femminile plurale:
n': n'ari trici, n'are sici, n’are du vaca, n’are du fícora...

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Chi nonn è bóno pe gliu re / mancu è bóno pe lla riggina
CAPITOLO TERZO: L'AGGETTIVO
2ª.3º.1 Aggettivi qualificativi
Esprimono qualità estetica (béglio), qualità interna (bóno),
qualità fisica (ardu), il colore (rúsciu), l’estensione o la forma
(lónco, tunnu). Per indicare la materia si usa la preposizione de
('e): na lastra de màrmoru, de rame...
L'aggettivo qualificativo viene posto generalmente dopo il
nome: ju capu bassu - i capi bassi, ju stràcciu nfussu - i stracci
nfussi, ju muccu zuzzu - i mucchi zuzzi, la màcchja fóta - le
màcchje fóte, la vatta róscia - le vatte rósce...
Ci sono casi in cui si pone prima del nome: nu bràu reàzzu,
na bèlla reàzza, chéllo bóno pane, nu bèglio piattu 'e gnócchi,
bon'àlema, de bòna famiglia...
L'aggettivo bóno significa pure capace, vero: tu nun si bóno a
portà la màchina = tu non sei capace di guidare la macchina; la
mamma bòna ce ss’ha mmòrta = la mamma vera (la matrigna)
gli è morta...

2ª.3°.2 Declinazione degli aggettivi


maschile
singolare plurale singolare plurale singolare plurale
o i u e i_______
bóno bóni buciàrdu buciàrdi dórge dórgi
céco céchi callu calli ranne ranni
lércio lérci mbriàcu mbriàchi nnucènte nnucénti
femminile
singolare plurale singolare plurale singolare plurale
a e a e e i-e______
bòna bòne buciàrda buciàrde dórgedórgi-e
cèca cèche calla calle ranneranni-e
lércia lérce mbriàca mbriàche nnucènte nnucénti-e

83
L'aggettivo santu può avere due troncamenti differenti san e
sant': san Lorénzo, san Benetétto, san Giuànni, sant'Àngelo,
sant'António, ecc... (come in italiano); invece davanti ai nomi
che terminano in u, generalmente santu non cambia: santu
Bjàsiu, santu Biníttu, santu Frangíscu, santu Màuiu, santu Vitu,
santu Stèfanu; gli ultimi due diventano anche sa Stèfanu-
Sastefanu, san Mitu-Sammítu, con la caduta o la trasformazione
della n, come avviene in questi altri tre esempi: sa Ròcco-
Saròcco, sa(L)Luca-Salluca, sa(M)Marco-Sammarco...
Anche nel passaggio dal maschile al femminile degli
aggettivi ricorrono fenomeni di metafonia. Esempi:
- tonica da é ad è: béglio-bèlla, fiaccaréglio-fiaccarèlla, méso-
mèsa, noéglio-noèlla, pararéglio-pararèlla, petaréglio-petarèlla
pérzo-pèrza, scrocchjaréglio-scrocchjarèlla...
molti aggettivi non mutano la tonica:
cuéto-cuéta, furistéro-furistéra, sguérdo-sguérda...
- tonica da ó ad ò: attórto-attòrta, bóno-bòna, mósso-mòssa,
buicchjóne-buicchjòna, cótto-còtta, nóstro-nòstra, campagnójo-
campagnòla, póro-pòra, tósto-tòsta, vóstro-vòstra...
ma altri conservano la ó: affóto-affóta, cóto-cóta, lónco-lónca,
jóveto-jóveta, óto-óta (alto-alta), póco-póca, scióto-scióta...
- tonica da ú ad ó: annascúsu-annascósa, cargúsu-cargósa,
cúlimu-cólema, funnu-fónna, juttu-jótta, muntu-mónta, súju-
sóla, nfussu-nfóssa, rúsciu-róscia, russu-róssa, tunnu-tónna, ...
altri però non mutano la ú: assúccu-assúcca, bruttu-brutta,
crúu-crúa, scuru-scura, niciúnu-niciúna, pizzútu-pizzúta, núu-
núa (nudo, nuda)...
Nella formazione del plurale il fenomeno si verifica di rado;
ma avviene nei casi degli aggettivi in óne, che possono essere
anche sostantivi, il che ci riporta al plurale dei nomi finenti
appunto cosí: cecalóne-cecalúni, occalóne-occalúni,
creenzóne-creenzúni, mbruglióne-mbrugliúni...
2ª.3º.3. Gradi dell'aggettivo qualificativo

84
L'aggettivo può esprimere varie gradazioni di una qualità;
ecco gli esempi che si riferiscono all'aggettivo ardu (alto):
- nu campaníle pò èsse ardu (positivo)
- piú ardu de('e) n'aru campaníle (comparativo di maggioranza)
- meno ardu de('e) n'aru campaníle (comparativo di minoranza)
- ardu comme n'aru campaníle (comparativo di eguaglianza)
- ju piú ardu de tutti i campaníli (superlativo relativo)
- ardíssimu, tantu ardu, ardu assai, ardu ardu, mórdo ardu
(superlativo assoluto)
Le forme con mórdo (molto) e -íssimu-a non sono molto usate.
Da notare la forma del superlativo relativo che dopo gli avverbi
piú e méno mette il nome invece dell'aggettivo:
dialetto lingua
art. avv. nome agget. art. avv. agg. nome
ju piú mése callu il piú caldo mese
la piú cèspa ranne il piú grande grappolo
ju méno zippu curtu il meno corto stecco
la méno strata strétta la meno stretta strada
Si ha però anche la forma simile all'italiano: ju mése piú callu,
la cèspa piú ranne, ju zippu piú curtu, la strata méno strétta ...

Gli aggettivi bóno e cattíu al comparativo e al superlativo


relativo usano gli avverbi méglio e péggio che restano sinvariati:
n'àsinu pò èsse bóno n 'àsena pò èsse cattía
méglio de n'aru péggio de n'ara
ju piú méglio de tutti la piú péggio de tutte

2ª.3º.4. Aggettivi possessivi


Declinazione

85
Ma s c h i l e femminile
1° sing. méo (méu, mèu) méi méa (mèa) mèie
2° sing. téo (téu, tèu) téi téa (tèa) tèie
3° sing. séo (séu, sèu) séi séa (sèa) sèie
1° plur. nóstro-u nóstri nòstra nòstre
2° plur. vóstro-u vóstri vòstra vòstre
3° plur. séo (séu, sèu) séi séa (sèa) sèie

L'aggettivo possessivo si pone sempre dopo il nome:


- maschile: ju nasu méo, ju raccio téo, ju reàzzu séo, ju vattu
nóstro, ju libbru vóstro, i fatti méi, i úri téi, i jénchi séi, i péi
nostri, i pórci vóstri, i zíi séi...
- femminile: la belàngia méa, la corvàtta téa, la reàzza séa, la
óce nòstra, la ticàma vòstra, le cianchi mèie, le crapi tèie, le
leàcce sèie, le petàte nòstre, le récchje vòstre, le vange sèie...
- neutro: lo latte méo, lo pane téo, lo ranu séo, lo legnàme
nóstro, lo coràme vóstro, lu vinu séo...

Con i nomi che esprimono parentela si usano le forme


enclitiche:
maschile f e m m i n i l e ______
1ª singolare mu-mo plur. mi ma singolare - me plurale
2ª « tu - to « ti ta « te «
3ª « su - so « si sa « se «
Le forme della 3ª persona sono sparite dall'uso.
Esempi:
1ª masch sing..: pàrimu (il mio padre, fràtimu (il mio fratello),
nepótemo (il mio nipote), jénneremo (il mio genero):
2ª masch.: sing. jénnereto (il tuo genero), nònneto (il tuo
nonno),
zíitu (il tuo zio), pàritu (il tuo padre), fràtitu (il tuo fratello);

86
1ª masch. plur.: nipútimi (i miei nipoti), fràtimi (i miei fratelli);
2ª masch. plur.: fràtiti (i tuoi fratelli), nipútiti (i tuoi nipoti);
___________________________________________________________________________
1ª femm. sing.: cuinàtema (la mia cognata), sòrema (la mia
sorella), màrema (la mia madre), nònnema (la mia nonna);
2ª femm. sing.: zíeta (la tua zia), nepóteta (la tua nipote),
nònneta (la tua nonna), sòreta (la tua sorella);
1ª femm. plur.: cuinàteme (le mie cognate), sòreme (le mie sorelle);
2ª femm. plur.: sòrete (le tue sorelle), cuinàtete (le tue cognate);
Il nome, unito al pronome personale enclitico, rifiuta l'articolo.
Nello specchietto sono state evidenziate anche le avvenute
variazioni metafonetiche delle postoniche, in questa maniera:
- finale del nome a, postonica e: zia-zíeta, nonna-nònneta...
- finale del nome e, postonica i: pare-pàrimu, frate-fràtitu...
- finale del nome o, postonica e: nonno-nònneto, nòro-nòrema,
jénnero-jénneremo, sòro-sòreta
- finale del nome u, postonica i: figliu-fíglimu, ziu-zíitu...
Anche ai nomi casa e campagna si possono unire le forme
enclitiche dei pronomi personali (piú raramente con qualche
altro nome): càsema (la mia casa), ncampàgneta (nella tua
campagna).
I nomi mamma, papà, zíu, zía, nònno, nònna, senza il pron.
poss. di 1ª persona, lo sottintendono, significano cioè: la mia
mamma, il mio padre...

Chi non tè bòna mommòria / tè, sicuru, bòne ciànchi


2ª.3º.5 Aggettivi dimostrativi

87
chistu-chisti-chésta-chéste-chésto (n.): vicino a chi parla
chissu-chissi-chéssa-chésse-chésso (n.): vicino a chi ascolta
chigliu-chigli-chélla-chélle-chéllo (n.): lontano da entrambi
L'aggettivo dimostrativo si mette sempre davanti al nome:
- maschile: chistu zippu - chisti zippi, chissu jòto - chissi jòti,
chigliu búciu - chigli buci...
- femminile; chésta camísa - chéste camíse, chéssa ciàtta -
chésse ciàtti, chélla mastra - chélle mastre...
- neutro: chésto vinu, chésso pà, chéllo sale, chell’óglio...
Le forme stu-sti-sta-ste, ssu-ssi-ssa-sse, ’gliu -’gli -’lla -’lle, sto
- sso-’llo si usano sempre in posizione proclitica; ’gliu -’gli -’lla
-’lle e ’llo premettono l’apostrofo per non confondersi con gli
articoli gliu-gli, la-le e lo: Esempi:
stu sícaru - sti sícari; ssu làbbisse - ssi làbbissi; sta fràula - ste
fràule; ssa cocózza - sse cocózze; sto mèle, sso ranu; ’gliu ncàu
(quell’incavo) - gliu ncàu (l’incavo); ’gli ncài (quegli incavi) -
gli ncài (gli incavi); ’lla ràmuja (quella gramola) - la ràmuja (la
gramola); ‘lle ràmuje (quelle gramole) -le ràmuje (le gramole);
’llo vinu (quel vino) - lo vinu (il vino).
Nei casi ambigui è bene preporre l’apostrofo anche a gli
aggettivi ’ssa e ’sta per distinguerli da ssa (avverbio, che però
può essere scritto anche ssà) e sta (verbo).
Tutti gli aggettivi dimostrativi si elidono, tranne il plurale chigli:
- maschile: chist'àrbiru-chist'àrbiri, chigli'òmo - chigli ómmini,
chiss'àinu-chiss'àini, st'àrbiru-st'àrbiri, ss'àinu-ss'àini...
- femminile: chést'èrba-chést'èrbe, chéss'àccia-chéss'acce, chél-
l'ónna-chéll'ónne, st'èrba-st'èrbe, ss'àccia-ss'acce...
- neutro: chést'acítu, chéss'óglio, chéll'accuàtu, st'acítu, ss'óglio.
Gli aggettivi dimostrativi assumono valore intensivo quando
dopo il nome che indicano si aggiungono gli avverbi écchi, éssi,

88
lòco, ed anche, seppure meno frequentemente, cuàne, ssàne,
làne;
Esempi:
maschile singolare maschile plurale
chistu libbru écchi chisti libbri écchi
chistu libbru cuàne chisti libbri cuàne
stu libbru écchi (cuàne) sti libbri écchi (cuàne)
chissu lucínu éssi chissi lucíni éssi
ssu lucínu éssi (ssàne) ssi lucíni éssi (ssàne)
chigli'àrbiru lòco(làne) chigli àrbiri lòco(làne)
’gli’àrbiru lòco (làne) ’gli àrbiri lòco (làne)
___________________________________________________________________________
femminile singolare femminile plurale
chésta zícchja écchi chéste zícchje écchi
chésta zícchja cuàne chéste zícchje cuàne
sta zícchja écchi (cuàne) ste zícchje écchi (cuàne)
chéssa pénna éssi chésse pénne éssi
ssa pénna éssi(ssàne) sse pénne éssi (ssàne)
chélla pòrta lòco chélle pòrte lòco
’lla pòrta lòco (làne) ’lle pòrte lòco (làne)
_______________________________________________________________
neutro
chésto caffè écchi (cuàne) - sto caffè écchi (cuàne)
chésso latte éssi (ssàne) - sso latte éssi (ssàne)
chéllo spíritu lòco (làne) - ’llo spíritu lòco (làne)

Chi s'addòrme co nna criatura / s'ararizza scommerdatu


2ª.3º.6 Aggettivi interrogativi ed esclamativi

89
Gli aggettivi interrogativi ed esclamativi sono: che, cuàle,
cuàntu (cuàle e cuàntu si scrivono quale e quantu, ma senza
accento).
- che, una terminazione: che libbru ó? che libbri ó? (che libro,
che libri vuoi?), che paròla si itta? che paròle si itte? (che
parola, che parole hai detto?).
- cuàle (quale), due terminazioni, una per il singolare e una per
il plurale: cuàle jènte? (quale dente?), cuàli jénti? (quali
denti?), cuàle vàngia? (quale guancia?), cuàli vànge? (quali
guance?);
- cuàntu (quantu), due terminazioni per il singolare e due per il
plurale: cuàntu casu? (quanto cacio?), cuànta sécena? (quanta
segale?), cuànti tasci? (quanti tassi?), cuànte prunca? (quante
prugne?).

Con i nomi indicanti il neutro di materia si usano gli


aggettivi interrogativi ed esclamativi maschili: cuàntu ranu! se
cuàntu ranu! (quanto grano!).
Nel discorso diretto questi aggettivi si usano cosí come
sono: che libbru ó? che libbri ó? cuàle libbru ó? cuàli libbri ó?
cuàntu témpo? cuànti jórni? che or'è? che óra sóto? cuàle
crapa? cuàli crapi? cuànta strata? cuànte strate?
Nel discorso indiretto sono preceduti dalla congiunzione se:
dimme se che libbru è chissu (dimmi che libro è codesto); nelle
esclamazioni si usano gli stessi aggettivi, ma quasi sempre
preceduti da adda (dal verbo arcaico addà, italiano addare-
addarsi; ma può essere pure contaminazione della voce
guarda): adda che jénti! (oh, guarda che dènti!, guarda che
dènti!), adda cuàntu vinu! (oh, quanto vino!), adda cuànte nuci!
(oh, quante noci!). Spesso la voce adda è seguita da se ed allora
si ha: adda se che jénti! (che dènti!), m'addimmannà se cuàntu
pà oléa (éo) (mi domandò quanto pane volessi); adda se che

90
témpo! (che tèmpo!). non sapéa se cuàle vía piglià (éo, issu)
(non sapevo-a quale via prendere).
Pure le congiunzioni, gli avverbi e i pronomi sono preceduti
da se: se comme = come, se preché = perché, se se cuàndu =
quando, se addó = dove, che = che, che còsa, si (se) chi = chi).
L'aggettivo che è accompagnato dalla congiunzione se
anche nelle esclamazioni: se che fame che t'aretrúi! (che fame ti
ritrovi!), adda se che fame s' aretròa! (oh, guarda che fame si
ritrova!); ma cuàrda se che róbba! (ma guarda che ròba!); se
che ha da èsse! (che deve essere! che deve succedere!); adda se
che ha da èsse! (guarda che deve succedere!).
Nelle esclamazioni l'aggettivo cuàntu si sente anche unito a
se: cuàntu sale che ci si missu! = se cuàntu sale che ci si missu!
(quanto sale ci hai messo!); cuànti muschígli! = se cuànti
muschígli! (quanti moscerini!); cuànte saràche! = se cuànte
saràche; cuànta néie! = se cuànta néie! (quanta neve!).
Cuale e cuàntu sono correlativi di tale e tantu: tale e cuàle
a gliu pare (tale e quale il padre); pígliene tanti cuànti ne ó
(prendine tanti quanti ne vuoi).

2ª.3º.7 Aggettivi indefiniti

ogne, ogni: ogni - cuàrche (rom.): qualche - divérzo: divèrso


ugni, 'gni: ogni - niciúnu: nessuno - parécchjo: parecchio
ca, càe: qualche - cacúnu: qualcuno - póco: pòco
chinca: qualunque - caecúnu:qualcuno - tantàru (tant'aru): altrettanto
« qualsiasi - arettàntu: altrettanto - tantu: tanto, abbondante
chénca: qualunque - aru: altro - tróppo: tròppo
« qualsiasi - cérto-u: cérto - tuttu: tutto

Gli aggettivi indefiniti precedono il nome; tuttu può anche seguirlo.


Hanno una sola terminazione e si usano soltanto al singolare
ogni, ogne, ugni, 'gni, ca, càe, chinca, chénca, cuàrche.

91
Esempi: ogne state, ogni state, ugni state, 'gni state (ogni
estate); ogne passu, ogni passu, ugni passu, 'gni passu (ogni
passo); ca òta, càe òta (qualche volta); ca biúnzu, càe biúnzu
(qualche bigoncia); nca parte, ncàe parte (in qualche parte);
nca(l)lóco, ncàe(l)lóco (in qualche luogo); chinc'òmo
(qualunque uomo); a chénc'óra (a qualsiasi ora); cuàrche múju
(qualche mulo); cuàrche múja (qualche mula).
Hanno due terminazioni e si usano solo al singolare niciúnu-a
(nessuno-a), cacúnu-a-caecúnu-a (qualcuno-a).
Esempi: niciúnu-a scolàru-a (nessuno-a scolaro-a); cacun'aru-a
reàzzu-a (qualcun altro ragazzo, qualcun'altra ragazza); caecun'
a-ru scutu (qualcun altro scudo); caecun'ara spata (qualcun'altra
spada); da notare cacun'aru-caecun'aru .
Seguono invece la declinazione regolare, maschile/femminile,
singolare/plurale, gli aggettivi: aru, cérto, divérzo, parécchjo,
póco, tantu, tróppo, tuttu.
Esempi: èranu ari témpi (erano altri tèmpi); me so biútu cértu
vinu! (ho bevuto cèrto vino!); ci stéa póco sucu c'era pòco sugo);
aspettà divérzi-parícchj misi (aspettai-ò diversi-parecchi mesi);
tenéa tróppa fame (avevo-a tròppa fame); ha cascàta tanta néie
(è caduta tanta neve); fjoccà tutta nòtte (nevicò tutta la notte)...
L'aggettivo tantu sostituisce quasi sempre mórdo-mórto (molto);
divérzo ha valore indefinito solo davanti a nomi collettivi o
plurali: divérza gènte (diversa gente; si ignora quante persone
siano); divérzi picchjéri (divèrsi bicchieri; non si sa quanti).

L'aggettivo indefinito tuttu può:


a) precedere l'articolo e il nome: tuttu ju munnu (tutto il mondo);
b) seguire il nome: ju munnu tuttu (il mondo tutto);
c) annullare l'articolo: tutta nòtte (tutta la notte).

92
Con i numerali vuole la congiunzione e: tutt'e tre le casi (tutt'e
tre le case); tutt'e dóa (tutt'e due).
L'aggettivo indefinito ca (càe), l'avverbio póco e la
preposizione semplice de ('e) formano la locuzione ca póco de
(un po' di, alcuni-e) con valore chiaramente partitivo. Senza la
preposizione de ('e), l'aggettivo ca (cae) rimane invariato,
invece póco, che in questo caso è aggettivo, concorda col nome:
- maschile: ca póco 'e càuji, ca póchi càuji = un po' di cavoli
ca póco 'e cici, ca póchi cici = un po' di ceci
ca póco 'e fasóji, ca póchi fasóji = un po' di fagioli
- femminile: ca póco 'e cama, ca poca cama = un po' di pula
ca póco 'e faji, ca póche faji = un po' di fave
ca póco 'e frézze, ca póche frézze = un po' di frecce
- neutro: ca póco 'e sale, 'e mèle = un po' di sale, di miele
La p di póco-póca-póchi-póche foneticamente suona doppia: ca
(p)póco, ca(p)póca, ca (p)póchi, ca(p)póche.
La locuzione ca póco 'e può perdere l’aggettivo ca (cae): póco 'e
pà (un po' di pane), póco ’e buru (un po’ di burro)...
L'aggettivo indefinito aru (altro) si può accoppiare con gli
agg. indefiniti e dimostrativi:
- Esempi con aggettivi indefiniti:
poc'ari jórni (pochi altri giorni),
poc'aru pà (un altro po' di pane),
cacun'ara méla (qualche altra mela)
niciun'aru vacu (nessun altro chicco),
poc’ara úa (un altro po’ d’uva)
cert'ari passúni (certi altri olivi),
arettàntu casu (altrettanto cacio).
tant'aru vinu (altrettanto vino).
Nella locuzione a poc'aru (fra un po', fra pòco, fra un po' di
tempo) aru è pronome.
93
Esempi con aggettivi dimostrativi:
chist'aru ajúccu (quest'altro allocco),
chiss'ari jói (codesti altri chiodi),
chell'ara vatta (quell'altra gatta),
chest'are ràiche (queste altre radici),
chigli'aru múju (quell'altro mulo),
chigli ari pirnúcci (quegli altri piccioli),
chest'aru óglio (quest'altro òlio),
chess'aru llatte (codest'altro latte),
chell'aru buru (quell'altro burro).
Un'osservazione particolare merita l'agg. indefinito atru (altro):
Nell’espressione augurale a témpo a chist'atr'annu! (a tèmpo a,
arrivederci quest'altr'anno!) si osservi l'aggettivo atr' = atru
(altro). Nel parlare comune non si usa mai; infatti correntemente
si dice aru invece di atru (questione di una t). In alcuni casi,
però, queste due forme dello stesso aggettivo si ritrovano una
vicina all'altra ed allora si sente: a témpo a chist'ar'atr'annu,
oppure chest'ar'atr'òta o n'ar'atr'òta; la traduzione letterale è
rispettivamente "a tèmpo a, arrivederci quest’altr’altr’anno",
"quest’altr’altra volta" e "un’altr’altra volta", con la ripetizione
dell'aggettivo "altro"; é chiaro che in lingua ne basta uno solo.

Chi sa filà, fila co nnu zippu / chi sa lavà, lava co nnu sassu
2ª.3º.8 Aggettivi numerali

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Gli aggettivi numerali si suddividono in: cardinali, ordinali,
collettivi, moltiplicativi e frazionari.
Aggettivi numerali cardinali:
1 (unu) nu 12 dúici 40 cuarànta
2 (dóa) du 13 tríici, trici 50 cincuànta
3 tre 14 cuattòrdaci 60 sassànta
4 cuàttro 15 cuínici 70 settànta
5 cíncue 16 síici, sici 80 ottànta
6 sèi 17 dicisètte 90 noànta
7 sètte 18 diciótto 100 cénto-u
8 òtto dicidótto 19 dicinò(v)e 200 ducénto-u
9 nòe, nòve 20 vinti, vénti 1.000 decicénto, mille
10 dèci, diéci 30 trènta 2.000 dumíla
11 únici 3.000 tremmíla, ecc...
____________________________
1.000.000 nu milióne, nu miglióne
2.000.000 du miliúni, du migliúni
1.000.000.000 nu miliàrdu, nu migliàrdu
2.000.000.000 du miliàrdi, du migliàrdi
unu e dóa non si usano mai con funzione aggettivale, perché
sono pronomi; al loro posto si hanno le forme nu, na, n' e du: nu
vasu e du bròcche (un vaso e due brocche); na sittimàna e du
jórni (una settimana e due giorni); n'upu e du cignàli (un lupo e
due cinghiali), n'ía e du vaca 'e petatèlle (un'oliva e due
patatine).
Spesso sono rafforzati con l'aggettivo súju-sóla o con
l'avverbio sólo; però súju segue sempre il nome e sólo precede
l’aggettivo: nu cuccíttu súju (un gocciolo solo); sólo nu cuccíttu
(solo un gocciolo); du spachétti súji (due spaghetti soltanto),
sólo du spachétti (solo due spaghetti); na fàcia sóla (una falce
sola); sólo na tràie (solo una trave); du liccuzzàte sóle (due
leccatine sole); sólo du manicciàte (solo due manciate). Invece

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di sólo è meglio usare accàre o accàr’e o accàre che: accàre tre
(solo tre), accàr’e tre, accàre che tre (solamente tre), tre accàre
(solo tre, tre soltanto; accàre è meglio di sólo)...
Gli aggettivi numerali cardinali, tranne nu (uno), na (una),
mille-mila, milióne-miliúni, miliàrdu-i, sono indeclinabili.
I numerali ordinali seguono la declinazione regolare: primu-
prima, primi-prime; cuàrtu-cuàrta, cuàrti-cuàrte, ecc...
I numerali collettivi sono dei sostantivi. Ecco i piú comuni:
paru-para (paio paia), vétta (coppia, paio), cúppiu-cóppia
(coppia), ecína (decina), cintinàru-a (centinaio-a), migliàru-a
(migliaio-a). Esempi: nu paru 'e ócchj cusí (un paio di occhi
cosí); du para 'e scarpi (due paia di scarpe); na vétta 'e vói(bói)
(un paio, una còppia di buoi); nu cintinàru 'e pècora (un
centinaio di pecore); du migliàra 'e sordàti (due migliaia di
soldati)...
Tra i moltiplicativi e i frazionari, che precedono il nome, i
piú usati sono: dúppiu-dóppia e méso-mèsa/mézzo-mèzza. Es: tu
ti si magnàta dóppia porzió, amméce éo sólo mèsa scutèlla (tu
hai mangiato doppia porzione, invece io solo mèzza scodella).

Chi se stènne pjú de gliu lenzójo / se scappa i péi


2ª.3º.9 Aggettivi verbali e sostantivati

Gli aggettivi verbali sono i participi dei verbi.


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Il loro uso è simile a quello degli aggettivi qualificativi:
abbotàtu-i-a-e (avvolto-i-a-e), mmoccàtu-i-a-e (imboccato-i-a-
e), locràtu-i-a-e (logorato-i-a-e), addusimàtu-i-a-e (fiutato-i-a-
e), nzeràtu-i-a-e (chiuso-i-a-e), ncaràtu-i-a-e (trascinato-i-a-e)...
Il participio presente è poco usato come aggettivo; qualcuno
è diventato un vero sostantivo, ad esempio locànte (da locà =
affittare) che vuol dire locanda, e manchènte (da mancà =
mancare, digradare) che significa parte bassa di un terreno.
Degli aggettivi sostantivati si è già parlato trattando
dell'articolo neutro lo. Eccone qualche esempio ancora:
lo giustu (iustum) lo béglio (pulchrum) l'onésto
(honestum)
lo véro (verum) lo bóno (bonum l'útele (utile)
lo cattíu (malum lo méo (meum) lo téo (tuum)
lo séo (suum) lo nóstro (nostrum) lo vóstro (vestrum)

Chi tè l’accasió e nse nne sèrve


non tròa ju confessore che gli’assorve
CAPITOLO QUARTO: IL PRONOME

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2ª.4º.1 Pronomi personali
Pronomi personali soggetto:
Persona singolare plurale
1ª éo (èo) nu, nui, niàri (nui ari, nuiàri)
2ª tu vu, vui, uiàri (vui ari, vuiàri)
3ª m. issu issi
3ª f. éssa ésse
Le forme piú usuali della 1ª e della 2ª persona plurale sono niàri
e uiàri; da notare la caduta della u nella 1ª persona e quella della
v nella 2ª. I pronomi issu-issi, éssa-ésse si usano per le persone,
gli animali e le cose.
Pronomi personali complemento
Persona singolare plurale
1ª mi, me ci, ce, ne (noi, a noi)
2ª ti, te vi, ve
3ª m. ju, gliu, si, se i, ji, gli, si, se
ci, ce (lui, a lui) ci, ce (loro, essi, a essi)
ne (di lui) ne (di loro, di essi)
3ª f. la, si, se le, se
ci, ce (lei, a lei) ce (loro, esse, a esse)
ne (di lei) ne (di loro, di esse)
La 3ª persona (maschile, femm., singolare, plur.) ha in
comune i pronomi si, se, ci, ce, ne; gli ultimi tre sono comuni
anche alla 1ª persona plurale.
Le particelle pronominali sono: me, te, se, ce-ci, ne, ve; es.
éo me scallo, tu te scalli, issu-éssa se scalla, niàri ci (ne)
scallímo, uiàri ve scallíte, issi-ésse se scàllanu; éo me stiro, tu
te stiri, issu se ecc...
La particella pronominale ci della 1ª pers. plurale può essere
sostituita da ne. Tutte le altre sono soggette a mutamento
metafonetico (e = i ); éo me spíccio, mi spiccio; tu te spicci - ti
spicci; issu se spiccia, si spiccia; niàri ne spiccímo; uiàri ve

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spiccíte - vi spiccíte; issi se spíccianu - si spíccianu; éo me stiro
- mi stiro; tu te stiri - ti stiri; issu se stira - si stira; ecc...

Esempi relativi ai pronomi personali complemento:


me - mi
issu me lavà ju muccu (egli mi lavò il viso); vé co mméco (vieni
con me); non me lassà (non mi lasciare); stiremélla (stíramela);
a mi me étte témpo (a me mi diede tèmpo); areàmme i sòrdi
(ridammi i soldi); pe mme í a lavà (per andarmi a lavare); me
ficco (mi ficco);
a mi me piàce (a me mi piace); purtimígliu écchi (pòrtamelo
qua); se mi gli recàli (se me li regali); té du anni méno de mi (di
mi, ti mi) (hai due anni meno di me); chi mi gli areà? (chi me li
ridà?); l'ha ittu própio a mi (l'ha detto pròprio a me); pi(pe) mi
va bè (per me va bene); a mi a matemàtica va bè ju secóndo (il
mio secondo figlio va bene in matematica); ...

te - ti
te magnísti tuttu (ti mangiasti tutto); te tòcca a í, t'attòcca a í
(tócca a te andare); non te lasso (non ti lascio); óglio recalàtte
chésto (vòglio regalarti questo); olétte venítte apprésso (volle
venirti apprèsso); a ti te piàce (a te piace); te étte témpo (ti diede
tèmpo); vénco co téco (vèngo con te); te tè fame? (hai fame?);
a ti te icio ca... (a te ti dico che...); a ti no isse gnènte (a te non
disse niente); si (se) ti gliu repòrta (se te lo riporta); portitígliu
(purtitígliu) a càseta (pòrtatelo a casa tua); chi ti gli areà (chi te
li ridà?); te ll'ha ittu própio a ti (te l'ha detto pròprio a te); va bè
pi ti? (va bene per te?), ecc ...
ju - gliu
ju pare ju jamà (il padre lo chiamò); pe troàriju ju cercàru tutta
notte (per trovarlo lo cercarono tutta la notte); allora circhímuju
(allora cerchiàmolo); ju so vistu (l'ho visto); pe vetégliu (per
vederlo); e gliu troà ju zíu (e lo trovò lo zio); no (nu) gliu ulímo

99
(olímo )piú (non lo vogliamo piú); s i(se )gliu si vistu (se l'hai
visto); ecc...

la - le
non lla cercà (non la cercare); la jamà ju pare (la chiamò il
padre); pe cercàlla (per cercarla); pe cercàrela (per cercarla)...;
le védde ju jénnero (le vide il genero); jamímole (chiamiàmole);
non le mantrattà (non le maltrattare); tràttele bè (tràttale bene);
ecc ...

ce - ci - ne (noi, a noi)
ce llo isse issu (ce lo disse lui); ce nne étte póca (ce ne diede
pòca); ce sse féce nòtte (ci si fece notte); ce nne isse tante (ce ne
disse tante)...;
ci vitímo (ci vediamo); facímuci cróce (facciamoci il segno della
croce); ci gli arà domà (ce li darà domani); ci si scrittu póco (ci
hai scritto pòco); ecc...
ne llo isse pàritu (ce lo disse tuo padre); ne lla étte dóppo (ce la
diede dòpo); ne facéa sardà (ci faceva saltare); ne ss'ammalà ju
pupu (ci si ammalò il piccolo); ni (ne) gli portà la nòro (ce li
portò la nuora); ecc...

Nell'uso si sente piú spesso ce (ci ) che ne (ni), anche se queste


ultime due forme sembrano quelle classiche. Quando vengono a
trovarsi in contatto due ne è bene sostituirne una con ce: ce nne
iàmo (ce ne andiamo) invece di ne nne iàmo.

ve - vi
ve llo portà ju nepóte (ve lo portò il nipote); ve nne spartí du
còppe (ve ne mise da parte due còppe); ve sse spallà la casa (vi
crollò la casa); ve nne isse tróppe (ve ne disse tròppe); liíteve
éssi (levatevi costà)...;

100
vi gli ònco éo (ve li dò io); vi cci stite sitti? (volete star zitti?
lett. vi ci state zitti?); uiàri vi liíte súbbitu! (voi vi levate
subito!); vi ssi gli piglià tutti (ve si li prese tutti); purtitivìgli
apprésso (portàteveli apprèsso); ecc...
i - ji - gli
i si capàti bè (li hai scelti bene); i viti chigli ómmini? i só
chjamàti éo (li vedi quegli uomini? li ho chiamati io); s'affattà
pe vetérii (vetériji) (si affacciò per vederli); iéa cerchènnui
(cerchènnuji) (andavo-a cercandoli); nun ti gli ònco (non te li
dò); pi (pe) gli veté (per vederli); pe vetégli (per vederli); si gli
piglià issu (se li prese lui); mittimiccígli (méttimiceli); nu gli í a
cercà (non andarli a cercare, non li andai-non li andò a cercare);
ecc...
se - si
sforàrese ju nasu (soffiarsi il naso); pe sse sforà ju nasu (per
soffiarsi il naso); sforàsse ju nasu (soffiarsi il naso); issu se
sfora ju nasu (egli si soffia il naso); issi se sfóranu ju nasu (essi
si soffiano il naso)...;
chi si gliu piglia? (chi se lo prende?); si gli ha biúti issu (se li è
bevuti lui); si píglianu tuttu (si prendono tutto); ecc...
ce - ci (a lui, a lei, loro)
ce llo ício éo (glielo dico io, lo dico loro io); non ce lla scríe
(non gliela scrivere, non scriverla loro); non ce nne portà! (non
gliene portare, non portarne loro!); icicéllo (díglielo, díllo loro);
portacénne! (pòrtagliene, pòrtane loro);
ci so scrittu (gli-le ho scritto, ho scritto loro); purtimucígliu
(portiàmoglielo, portiamolo loro); ci gliu imo niàri (glielo diamo
noi, (a lui, a lei, loro), ecc...

ne (di lui, di lei, di loro)


che nne ici? (che ne dici?); parlímone (parliamone); non ne
sàccio gnènte (non ne so niente); che nn'è? (che ne è?); ecc...

101
Gli avverbi ècco, èsso e èllo (solo ècco ha il corrispondente
in lingua), uniti con i pronomi personali in posizione enclitica,
dànno luogo alle seguenti forme:
singolare qua costà là_____
eccomi èccome èssome èllome
eccoti èccote èssote èllote

eccolo èccoju èssoju èlloju


eccola èccola èssola èllola
plurale____________________________________________
eccoci èccoci èssoci èlloci
eccovi èccove èssove èllove
eccoli èccoji èssoji èlloji
eccole èccole èllole èssole

Ecco mutamenti metafonetici che possono verificarsi:


èccoju-èccuju-ècchiju; èccoji-èccuji; èssoju-èssuju-èssiju; èssoji
-èssuji; èlloju-èllluju-èlliju; èccoci-èccuci; èssoci-èssuci; èlloci-
èlluci .

Chi tróppo s'abbassa / ce sse véte ju cúju


2ª.4º.2 Pronomi possessivi

I pronomi possessivi hanno le stesse forme degli aggettivi; ma


mentre l'aggettivo accompagna il nome, il pronome ne fa le veci.
Esempi:
- maschile singolare: ju mético méo e gliu téo (il mio medico e il
tuo); ju jénco téo e gliu méo (il tuo giovenco e il mio); ju
102
mbréglio méo e gliu séo (il mio ombrello e il suo); ju stéro
vóstro e gliu nóstro (il vòstro porcile e il nòstro); ju ceréglio
nóstro e gliu vóstro (il nòstro cervello e il vòstro); j'àinu nóstro
e gliu séo (il nòstro agnello e il loro);
- maschile plurale: i figli méi e gli téi; i jénchi téi e gli méi; i
mbrégli méi e gli séi; i stéri vóstri e gli nóstri; i cici nóstri e gli
vóstri; j'àini nóstri e gli séi;
- femminile singolare: l'arca téa e la méa (la tua madia e la
mia); la mastra méa e la téa (la mia madia e la tua); la vàngia
téa e la séa (la tua guancia e la sua); la pignàta vòstra e la
nòstra (la vostra pignatta e la nostra); l'àsena nòstra e la vòstra
(la nòstra asina e la vòstra); la scàttola vòstra e la séa (la vòstra
scatola e la loro);
- femminile plurale: le crapi tèie e le mèie: le pècora mèie e le
tèie; le vange tèie e le sèie (le sue); le pignàte vòstre e le
nòstre; le vacchi nòstre e le vòstre; le venócchja vòstre e le sèie
(le loro);
- neutro: lo latte téo e lo méo (il tuo latte e il mio); lo pane méo
e lo téo (il mio pane e il tuo); lo ranu téo e lo séo (il tuo grano e
il suo); (lo) lu buru vóstro e lo nóstro (il vòstro burro e il
nòstro); l'acítu nóstro e lo vóstro (il nòstro aceto e il vòstro); (lo)
lu vinu vóstro e lo séo (il vòstro vino e il loro).
Quando si dice lo méo, lo téo, ecc... si intende ciò che uno
possiede, in modo particolare se si parla di poderi.

2ª.4º.3 Pronomi dimostrativi


I pronomi dimostrativi corrispondono agli aggettivi chistu,
chissu, chígliu; oltre a questo, codesto e quello significano pure
costui, colui, questi e quegli.
Esempi:
- maschile singolare: chistu libbru è piú èrto de chigliu (questo
libro è piú spesso di quello); chissu è comme chistu (codesto è
come questo); chistu dorméa (questi dormiva); chi se créie
d'èsse chistu? (chi crede d'essere costui?); e chissu chi è? (e chi
103
è codestui?); e chigliu chi è? (e chi è colui?); chigliu allora isse
(quegli allora disse);
- maschile plurale: chisti buci so' piú stritti de chigli (questi
buchi sono piú stretti di quelli); chissi sóto comme chisti
(codesti sono come questi); chisti so' bóni, chigli nò e chissi
nemmàncu (questi-costoro sono buoni, quelli-coloro no e codesti
nemmeno);
- femminile singolare: chélla màchina è comme chésta (quella
macchina è come questa); chéssa è piú ranne de chélla (codesta
è piú grande di quella); chésta è sòrema, chélla chi è? e chéssa?
(questa è mia sorella, quella chi è? e codestei?); chésta che ò ?
(costei che vuole?); chi è chélla? (colei chi è?);
- femminile plurale: chéste pècora so' piú rasse de chélle
(queste pecore sono piú grasse di quelle); chésse so' comme
chéste (codeste sono come queste); chéste so' subbjacciàne,
chésse afilàne e chélle bellecràne (queste sono sublacensi,
codeste affilane e quelle bellegrane);
- neutro: chésto nonn è lo méo (questo non è il mio); chésso no
mme ll'ha da ice (codesto non me lo devi dire); só ítu a chéllo 'e
fràtimu (sono andato al podere, alla campagna, di mio fratello).
Anche i pronomi dimostrativi si possono rafforzare con gli
avverbi di luogo écchi, éssi, lòco (di rado con cuàne, ssàne,
làne) e col pronome indefinito aru:

- maschile: chistu-i écchi (questo-i qua); chissu-i éssi (codesto-i


costà); chigliu lòco - chigli lòco (quello-i là);
- femminile: chésta-e écchi (questa-e qua); chéssa-e éssi
(codesta-e costà); chélla-e lòco (quella-e là);
- neutro: chésto écchi (questo qua); chésso éssi (codesto costà);
chéllo lòco (quello là);
- maschile: chist'aru-i (quest'altro-i); chiss'aru-i (codest'altro-i);
chigli'aru, chigli ari (quell'altro, quegli altri);
- femminile: chést'ara-e (quest'altra-e); chéss'ara-e (codest'altra-
e); chéll'ara-e (quell'altra-e)

104
- neutro: chést'aru (quest'altro); chéss'aru (codest'altro);
chéll'aru (quell'altro)
Nelle forme apostrofate il maschile e il neutro si distinguono
dalla tonica i oppure e: chist'aru (quest'altro, maschile),
chest'aru (quest'altro, neutro).
Il pronome dimostrativo italiano lo corrisponde al neutro
dialettale lo (lu davanti a parola con tonica i o u): lo facímo
niàri (lo facciamo noi); no llo sa; ce llo scríe issu (ce lo scrive,
glielo scrive lui); làssalo éssi (lascialo costí); scriicéllo
(scriviglielo, scrivilo loro); lu si fattu tu (lo hai fatto tu); èccolo
(eccolo qua); èssolo (eccolo costà); èllolo (eccolo là).
ne ha valore di partizione e di specificazione, come in
italiano (di questa cosa, di ciò, di lui, di lei, di loro): ne
reparlímo masséra (ne riparliamo stasera); parlímone súbbitu
(parliamone subito); ne óglio de piú (ne voglio di piú); che mme
nne fàccio? (che me ne faccio?); cuàntu ne ó? (quanto ne
vuoi?); amménne (àmmene) poc'aru (dàmmene ancora un po',
poc'altro).

Chi tè na figlia l'affòca / chi ne tè tante l'allòca


2ª.4º.4 Pronomi indefiniti
Unu e i suoi composti ognúnu-ugnúnu, caecúnu-cacúnu,
niciúnu, perúnu-perú, pirúnu-pirú, peròmo si usano solo al
singolare.
Esempi:
unu apprésso a gli'aru (uno apprèsso all'altro); una apprésso
all'ara (una apprèsso all'altra); ognúnu icéa la séa (ognuno
diceva la sua); caecúnu ha statu a fà chésto (qualcuno è pur
stato a fare questo); ci étte du bòcchi perú (pirú) (ci-gli-le diede

105
(loro) due soldi ciacuno-a); ce nne sta unu sovérchjo, una
sovèrchja (ce n'è uno-una di piú); dóa peròmo (due ciascuno;
lett. due per uomo); unu perúnu non fa male a niciúnu...
Da notare il ritorno della r di per (pe), in funzione di liaison per
unire due parole: per unu - perúnu - perú, pir unu-pirúnu - pirú
(ciascuno, per uno); per òmo - peròmo (ciascuno, per uno, per
uomo).
I pronomi indefiniti póco, parécchjo, tróppo, tuttu, tantu al
singolare indicano cosa e al plurale persone:
- singolare: ne óglio tantu-a (ne voglio tanto-a); nò susí póco
(non pòco in codesto modo); ha biútu tróppo (ha bevuto tròppo);
sa tuttu issu (sa tutto lui)...
- plurale: èranu tanti-e (erano tanti-e, molti-e); ne remàsaru
póchi-e (ne rima-ero pòchi-e); cérti-cèrte me fàu ríe (cèrti-e mi
fanno ridere); n'ariaràu parícchji-parécchje (ne arriveranno
parecchi, parecchie)...
Anche i pronomi indefiniti caecúnu-cacúnu, niciúnu,
cérto, póco, caccósa-caeccósa, gnènte-niènte, tantu, tuttu
possono combinarsi con aru. Esempi:
ci stéa puru cacun'aru-a (c'era pure qualche altro-a); non
s'arizzà niciun'aru-a (non si alzò nessun altro, nessun'altra);
cert'ari-e íranu pe léna (cert'altri-e andarono a fare la legna
póchi ari, póche are non sapéenu se che fà (pòchi-e altri-e non
sapevano che fare); arobbà puru caccos'aru (rubò pure
qualcos'altro); mittimeccénne poc'aru (méttimicene ancora un
po'); ne caccià cert'aru ch'era nu rosòrio! (ne spillò dell'altro
che era un rosolio!); no isse gnent'aru (non disse niente altro);
ne óglio tant'aru (ne voglio altrettanto); amménne (àmmene) ari
tantàri (tant'ari) (dàmmene altrettanti; si ripete ari)...
Aru oltre ad accompagnare gli aggettivi e i pronomi,
dimostrativi e indefiniti, può stare anche da solo:

106
l'ònco a n'aru (lo-la-le dò ad un altro); ji(i) ari so'stracchi (gli
altri sono stanchi); annànzi n'ara(avanti un'altra!); l'are
riscíranu (le altre uscirono); icísti chésso e aru (dicesti codesto
ed altro)...
Chinca(m.) e chénca (f. e n.) si usano solo al singolare:
chinca ò magnà, ha da laorà (chiunque voglia mangiare deve
lavorare); chinca sgara, paca (chiunque sbagli, paga); chénca
fà, è fattu bè (qualunque còsa fa, è ben fatta).
Caeccósa, caccósa e gnènte si riferiscono a cose:
ha soccésso caeccósa (è successo qualcòsa); caeccósa lo puru
saràgli fattu! (qualcòsa l'avrai pur fatto!); nonn ha soccésso
gnènte (non è successo niente)...

Chi se mbíccia / aremane mbicciatu


2ª.4º.5 Pronomi numerali

I pronomi numerali hanno le stesse forme degli aggettivi, tranne


unu-una e dóa (nu e na sono articoli e aggettivi, ma non
pronomi; du è aggettivo).
I pronomi numerali sono tutti indeclinabili meno unu-a,
mille-mila, milióne, miliàrdu.
Esempi:
èssone unu-a (eccone uno-a vicino a te); stòccane una-u
(spezzane una-o); ne so' remàsi-e dóa (ne sono rimasti-e due);

107
èranu síici, dumíla, tre miliúni, cuàttro miliàrdi (erano sedici,
duemila, tre milioni, quattro miliardi)...
Spesso sono accompagnati da súju, sóla, sólo, tutti-e (cfr pure
gli aggettivi numerali).
Esempi:
ne piglià unu súju (ne prese uno solo); ne piglià sólo unu (ne
prese solo uno); se nne íranu tutt'e dóa (se ne andarono tutt'e
due); vénnaru tutt'e tríici (vennero tutt'e tredici)...
I numerali ordinali seguono la declinazione degli aggettivi
qualificativi: primu-a-i-e, secúndu-a-i-e (sicúntu-secónta),
cuàrtu -a-i-e, ecc...: ju primu arià cuàsi súbbitu (il primo arrivò
quasi subito); ju cuíntu dóppo n'ora (il quinto dopo un'ora);
l'úrdima ha ariàta mo (l'ultima è arrivata adesso)...

Chi se mòre giace / chi aremane se à pace


2ª.4º.6 Pronomi relativi, interrogativi ed esclamativi

I pronomi relativi, interrogativi ed esclamativi sono uguali: chi,


che, cuàntu-a-i-e, cuàntenu-a-i-e (nel discorso indiretto sono
preceduti da se-si):

chi:chi no rísica, no róseca-róceca (chi non rischia, non


rosicchia); m'ha da ice si chi era (devi dirmi chi era); chi ha
statu? (chi è stato?); dímme co chi si ítu (dimmi con chi sei
andato); (de) di chi sta a parlà? (di chi stai parlando?); chi

108
s'arevéte! (chi si rivede!); lo saccio si chi l'ha nzugliàta (lo so
chi l'ha imbrattata).

La domanda "di chi è? " si sente spesso formulata cosí: a di chi


di è? con la a all'inizio e la preposizione di ripetuta prima del
verbo.

- che: lo pà che te magni ( il pane che ti mangi); che sta a fà


éssi?(che stai facendo costà?; se che ha da èsse! (che deve
succedere!); adda se che ha fattu! (vedessi che ha fatto!); co
che ss'ha mmórto? (di che è mòrto?); ju jórno che so natu (il
giorno in cui sono nato); chígliu che nun ci piace lo laorà (colui
al quale non piace lavorare); j'amícu che ci so prestati i sòrdi
(l'amico cui ho prestato i soldi); la perzóna che so parlàtu (la
persona con cui (di cui) ho parlato); l'ora che me nne vaglio a
durmí (l'ora in cui me ne vado a dormire); la reàzza che ci stéa a
parlà (la ragazza con cui stavo-a parlando); ecc...

- ca: oltre che aggettivo indefinito e congiunzione è anche


pronome relativo:

lo pà ca si crompàtu (il pane che hai comprato); la carga ca


t'aretrúi (la fiacca che ti ritrovi) ...
- cuàntu: se piglià cuàntu ci servéa (si prese quanto gli
serviva); dóppo ci isse se cuàntu-a-i-e ne oléa (dòpo gli-le
chiese quanto-a-i-e ne voleva)...
I pronomi cuàntu-a-i-e e tantu-a-i-e insieme con la particella ne
formano nuovi pronomi: cuàntenu-a-i-e (cuàntinu-i) e tàntenu-
a-i-e(tàntinu-i):
Cuàntu ne ó? na cupèlla.
Cuàntenu? tàntenu. Adda cuàntenu!
(quanto ne vuoi? una botticina. Quanto? tanto. Oh, quanto!)
Cuànti ne ò? nu rúbbiu.

109
Cuànteni? tànteni. Adda cuànteni!
(Quanti ne vuole? un rubbio.Quanti? tanti. Oh, quanti!)
Cuànta ne ulíte? na saccòccia. Cuàntena? tàntena. Adda
cuàntena! (Quanta ne volete? un sacco. Quanta? tanta, oh, quanta!)
cuànte ne óto? dúici. Cuàntene? tàntene. Adda cuàntene!
(Quante ne vogliono? dodici. Quante? tante. Oh, quante!)

- cuàle-cuàli: cuàle capi? (quale scegli?); cuàli capíte? (quali


scegliete?); óglio sapé se cuàle capi (voglio sapere quale
scegli); ulímo veté se cuàli capíte (vogliamo vedere quali
scegliete)...;

- cuàntu, cuàntenu-cuàntinu e cuàle si scrivono anche con la q:


quantu, quantenu-quantinu, quale.

Da bizzòchi e cógli stórti / libberanosdòmmine


CAPITOLO QUINTO: IL VERBO

2ª.5º.1 Le coniugazioni
Le desinenze dei verbi all'infinito presente:
Iª à, IIª é, IIIª e, IVª í
Le coniugazioni Iª, lIIª e IVª hanno la finale tronca, la IIIª invece
ha la finale piana, ma sono tutte e quattro conseguenza di una
apocope, poiché è caduta la sillaba finale re. Insomma i verbi
che erano piani sono diventati tronchi (tenére = tené) e quelli
che erano sdruccioli sono diventatati piani (lèggere = lègge)

110
Iª IIª IIIª IVª
tricà: TRICÀre veté: VIDÈre lègge: LÈGEre cundí: CONDÍre
alà: hALÀre aé: hAbÈre cèrne: CÈRNEre sallí: SALÍre
mutà: MUTÀre paré: PARÈre mète: MÈTEre durmí: DORMÍre
natà: NATÀre tené: TENÈre tèsse: TÈXEre vení: VENÍre
parà: PARÀre valé: VALÈre pète: PÈTEre sentí: SENTÍre

Non si deve però dedurre che tutti i verbi dialettali abbiano il


corrispondente verbo nella stessa coniugazione latina; basti
osservare questi esempi: capé-càpere, sapé-sàpere, bólle-bullàre,
rempúgne-repugnàre, carpí-càrpere, mòe-movère, ríe-ridère,
luce-lucère, pènne-pendère, respónne-respondère, bólle-bullíre,
salle-salíre...
La suddivisione dei verbi in quattro coniugazioni, come
in latino, e non in tre, come in italiano, non significa che le
desinenze verbali siano tutte differenti, anzi si fa osservare
subito che la IIª, la IIIª e la IVª hanno le stesse terminazioni in
tutti i tempi dei vari modi, tranne all'infinito, unico modo in cui
ognuna ha una propria finale. Inoltre, la Iª coniugazione
differisce cosí poco dalle altre e le discordanze sono cosí piccole
da sembrare quasi che vi sia una sola coniugazione.

Desinenze a confronto:
- 3ª persona singolare presente indicativo:
Iª coniugazione -a, altre coniugazioni -e
- 1ª e 3ª persona singolare passato remoto:
Iª coniugazione -à, altre coniugazioni -í
- 3ª persona plurale passato remoto:
Iª coniugazione -àranu, -àru, altre coniugazioni -íranu, -íru
2- ª persona singolare imperativo presente:
Iª coniugazione -a, altre coniugazioni -i
- participio presente:
Iª coniugazione –ante, altre coniugazioni -ente
- participio passato:
Iª coniug. -atu, IIª e IIIª coniug. –utu

111
IVª coniug. -itu, -utu

Alcuni verbi hanno due forme all'infinito presente: salle-sallí


(salire), bólle-bullí (bollire), scàe-scaí (scavare), aringíe-
aringí (reincidere), ntégne-ntigní (intingere, macchiare), pjòe-
pjuí (piovere), tené-tení (tenere), remané-remaní (rimanere)...,
ma ciò ha poca importanza proprio per quanto detto sulle
desinenze dei verbi.

2ª.5º.2 Verbo èsse (essere)

Si può dire che il dialetto sublacense ha soltanto il verbo èsse


(essere) come ausiliare; infatti il verbo aé (avere) svolge questa
funzione solamente alla 3ª persona singolare e plurale del
passato prossimo (ha-hàu = ha-hanno); può sostituire è alla 3ª
persona singolare del presente indicativo: ha véro (è vero).
Segue il paradigma del verbo èsse (essere):

I N D I C A T I V O
Presente Imperfetto Pass. Rem. Futuro Semplice
so, só èra fu saràglio
si èri, éri, iri fusti saràgli, sarà
è, ha èra fu sarà, saràglia
simo-u arèmo-arèmmo-u furèmmo-u sarímo-u
erèmo-erèmmo-u
site arète, arèste furèste saríte
sóto-u, so' èranu fúranu, furu saràu

CONGIUNTIVO CONDIZIONALE
Presente Imperfetto Presente
che éo sinca fósse éo saría
che tu sinchi fussi tu sarísti
che issu sinca fósse issu saría

112
che éssa sinca fósse essa saría
che niàri simo fossèmmo-u niàri sarèmo-u
che uiàri site fossèste uiàri sarèste
che issi síncanu fóssanu (-aru) issi sarìenu (-anu)
che esse síncanu fóssanu (-aru) esse saríenu (-anu)

IMPERATIVO: sinca, si’(tu) - site (uiàri); GERUNDIO: essènno


INFINITO: èsse - PARTICIPIO: (ente, essente) - statu-a-i-e
I tempi composti (passato prossimo, trapasssato prossimo,
trapassato remoto, futuro anteriore dell’indicativo, passato e
trapassato del congiuntivo, passato del condizionale, del
gerundio e dell’infinito) aggiungono, alle forme verbali dei
tempi semplici, il participio passato, declinato, per i tempi finiti,
secondo il genere e il numero della persona: statu, stata, stati,
state.
Invece di sóto, so’, si può avere anche hàu: hàu stati, hàu state.
La voce verbale só (io sono), davanti a parola con tonica i-
u, si può cambiare in su: ce llo su ittu (gliel'ho detto), ci su ítu
(ci sono andato).

2ª.5º.3 Paradigma delle quattro coniugazioni

Nel paradigma sono riportati questi verbi:


1ª -alà (sbadigliare); 2ª -veté (vedere); 3ª -scèrne (scernere,
discernere, vedere); 4ª -spartí (fare le parti, dividere).

I N D I C A T I V O
alà veté scèrne spartí
hALAre VIDEre diSCERNEre sPARTIre
P r e s e n t e________________________________________________________
éo al-o vét-o scèrn-o spart-o
tu al-i vit-i scirn-i spart-i
issu al-a vé-te scèrn-e spar-te
éssa al-a vét-e scèrn-e spart-e
niàri al-ímo-u vit-ímo-u scirn-ímo-u spart-ímo-u

113
uiàri al-íte vit-íte scirn-íte spart-íte
issi à-lanu vét-anu scèrn-anu spàrt-anu
ésse àl-anu vét-anu scèrn-anu spàrt-anu
(-enu) (-enu) (-enu) (-enu)

I m p e r f e t t o
éo al-éa vet-éa scern-éa spart-éa
tu al-íi vit-íi scirn-íi spart-íi
issu al-éa vet-éa scern-éa spart-éa
éssa al-éa vet-éa scern-éa spart-éa
niàri al-èmo-u vet-èmo-u scern-èmo-u spart-èmo-u
-èmmo-u -èmmo-u -èmmo-u -èmmo-u
uiàri al-ète vet-ète scern-ète spart-ète
-èste -èste -èste -èste
issi al-éenu vet-éenu scern-éenu spart-éenu
ésse al-éenu vet-éenu scern-éenu spart-éenu
-énu -énu -énu -énu

P a s s a t o R e m o t o
éo al-à vit-í scirn-í spart-í
tu al-ísti vit-ístiscirn-ísti spart-ísti
issu al-à vit-í scirní spartí
éssa al-à vit-í scirn-í spart-í
niàri al-èmmo-u vet-èmmo-u scern-èmmo-u spart-èmmo-u
uiàri al-èste vet-èste scern-èste spart-èste
issi al-àranu vit-íranu scirn-íranu spart-íranu
ésse al-àranu vit-íranu scirn-íranu spart-íranu
-àru -íru -íru -íru
F u t u r o S e m p l i c e
éo al-aràglio vet-aràglio scern-aràglio spart-aràglio
tu al-aràgli vet-aràgli scern-aràgli spart-aràgli
issu al-arà al-arà scern-arà spart-arà
éssa al-arà vet-arà scern-arà spart-arà
niàri al-arímo-u vet-arímo scern-arímo spart-arímo
uiàri al-aríte vet-aríte scern-aríte spart-aríte

114
issi al-aràu vet-aràu scern-aràu spart-aràu
ésse al-aràu vet-aràu scern -aràu spart-aràu

C O N G I U N T I V O
P r e s e n t e
che éo al-a vét-a scèrn-a spart-a
che tu al-i vit-i scirn-i spart-i
che issu al-a vét-a scèrn-a spart-a
che éssa al-a vét-a scèrn-a spart-a
che niàri al-ímo-u vit-ímo-u scirn-ímo-u spart-ímo-u
che uiàri al-íte vit-íte scirn-íte spart-íte
che issi àl-anu vét-anu vét-anu spàrt-anu
che ésse àl-anu vét-anu scèrn-anu spàrt-anu

I m p e r f e t t o
che éo al-ésse vet-ésse scern-ésse spart-ésse
che tu al-íssi vit-íssi scirn-íssi spart-íssi
che issu al-ésse vet-ésse scern-ésse spart-ésse
che éssa al-ésse vet-ésse scern-ésse spart-ésse
che niàri al-assèmmo vet-assèmmo scern-assèmmo spart-assèmmo
che uiàri al-assèste vet-assèste scern-assèste spart-assèste
che issi al-éssaru vet-éssaru scern-éssaru spart-éssaru
che ésse al-éssaru vet-éssaru scern-éssaru spart-éssaru
al-éssanu vet-éssanu scern-éssanu spart-éssanu
C O N D I Z I O N A L E
P r e s e n t e
éo al-aría vet-aría scern-aría spart-aría
tu al-arìsti vet-arísti scern-arísti spart-arìsti
issu al-aría vet-aría scern-aría spart-aría
éssa al-aría vet-aría scern-aría spart-aría
niàri al-arèmmo-u vet-arèmmo-u scern-arèmmo-u spart-arèmmo-u
uiàri al-arèste vet-arèste scern-arèste spart-arèste
issi al-aríenu vet-aríenu scern-aríenu spart-aríenu

115
ésse al-aríenu vet-aríenu scern-aríenu spart-aríenu
I M P E R A T I V O
Presente: al-a vit-i, vi' scirn-i spart-i
P A R T I C I P I O
Presente: al-ànte vet-ènte scern-ènte spart-ènte
Passato: al-àlatu vet-útu scern-útu spart-útu-ítu
G E R U N D I O
Presente: al-ènno vet-ènno scern-ènno spart-ènno
I N F I N I T O
Presente: al-à vet-é scèrn-e spart-í
I tempi composti si formano con l’ausiliare piú il participio
passato dei vari verbi: só alatu, saría magnatu, èsse statu, ecc...

2ª.5º.4 Fenomeni metafonetici nei verbi


I verbi, che nel tema dell'infinito hanno come protonica o tonica
è-é oppure ò-ó, cambiano queste vocali in i o in u, quando la
desinenza ha un’altra i o un'altra u in posizione di tonica o
postonica (pènza-pinzi, rómpe-rumpí, scèrne-scirníranu, ecc...);
ecco i casi in cui si verificano tali mutamenti:
Presente Indicativo e Congiuntivo
2ª persona singolare, tu:
scèrne-scirni, rescí-risci, còce-cuci, rómpe-rumpi
1ª persona plurale, niàri:
scèrne-scirnímo, rescí-riscímo, còce-cucímo, rómpe-rumpímo
2ª persona plurale, uiàri:
scèrne-scirníte, rèscí-riscíte, còce-cucíte, rómpe-rumpíte
Imperfetto
2ª persona singolare, tu:
scèrne-scirníi, rescí-riscíi, còce-cucíi, rómpe-rumpíi
2ª persona singolare congiuntivo, tu:
scèrne-scirníssi, rescí-riscíssi, còce-cucíssi, rómpe-rumpissi
Passato remoto

116
1ª persona singolare, éo:
scèrne-scirní, rescí-riscí, còce-cucí, rómpe-rumpí
2ª persona singolare, tu:
scèrne-scirnísti, rescí-riscísti, còce-cucísti, rómpe-rumpísti
3ª persona singolare, issu, éssa:
scèrne-scirní, rescí-riscí, còce-cucí, rómpe-rumpí
3ª persona plurale, issi, éssa:
scèrne-scirníranu, rescí-riscíranu, còce-cucíranu, rómpe-rumpíranu
-scirníru -riscíru -cucíru -rumpíru
Imperativo: 1ª scèrne-scírni, rescí-rísci, còce-cúci, rómpe-rúmpi
2ª scèrne-scirníte, rescí-riscíte, còce-cucíte, rómpo-rumpíte
Participio passato: scèrne-scirnútu, rescí-risciútu-riscítu, rómpe-
rumpútu-ruttu

2ª.5º.5 Verbo aé (avere)


Il verbo aé ha per ausiliare il verbo èsse (essere), tranne le sue
due voci ha-hàu al posto di è-sóto.
Della sua funzione ausiliaria si dirà dopo. Eccone il paradigma:
I N D I C A T I V O
Presente Imperfetto Pass.Rem. Futuro Semplice
àglio aéa aétte aràglio
ha (agli) aíi aísti aràgli
ha aéa aétte arà
aímo-u aèmo-u(aèmmo) aèmmo-u arímo-u
aíte aète(aèste) aèste aríte
hàu aéenu-aénu aéttaru aràu

CONGIUNTIVO CONDIZIONALE
Presente Imperfetto Presente
che éo àglia aésse aría
che tu àgli aíssi arísti
che issu àglia aésse aría
che éssa àglia aésse aría

117
che niàri aímo-u aessèmmo-u arèmmo
che uiàri aíte aessèste arèste
che issi àglianu aéssaru-anu aríenu
che ésse àglianu aéssaru-anu ariénu
IMPERATIVO: ha (tu), aíte (uiàri) - GERUNDIO: aènno
PARTICIPIO:
INFINITO: aé Presente aènte - Passato
- PARTICIPIO: aútuaènte
Presente: - INFINITO:
- Passato: aé
aútu
I tempi composti si formano con l’ausiliare èsse (essere) e il
participio passato aútu.

Chi te parla nvòccia / nonn è tratitore


2ª.5º.6 Osservazioni sui verbi èsse (essere) ed aé (avere)

- Verbo èsse (essere): è l'ausiliare di se stesso e di tutti gli altri


verbi; però alla 3ª persona singolare e plurale del passato
prossimo, viene sostituito da aé: ha-hàu (ha-hanno) al posto di
è-so' (è-sono); es. ha statu, hàu stati (è stato, sono stati); ha ítu,
hàu íti (è andato, sono andati). Ciò avviene anche alla 3ª
persona del trapassato del congiuntivo: che gli'aésse giudicàtu -
che gli'aéssaru giudicàtu (che si traduce con l'imperfetto): che
lo giudicasse - che lo giudicassero).
- Le voci del futuro semplice tu sarà e issu saràglia si sentono
molto di rado.
- Verbo aé (avere): la voce ha prende talvolta il posto di è anche
al presente dell'indicativo: nonn ha véro (non è vero), ha vé? (è
vero?, vero?); quest'ul-tima espressione però da alcuni viene
scritta cosí: avé?, pensando a davéro (davvéro) con l'aferesi di
da e l'apocope di ro ).
- La voce verbale ha e la prepos. da danno luogo alla
concrezione ata, per il seguente passaggio: ha da  ha ta 
hata = ata (hai da, ha da, devi-deve); da ata (3ª persona
singolare) è nato pure il plurale àtanu (devono).

118
- Alla 1ª persona plurale del pres. dell'indicativo, invece di aímo
da (dobbiamo, abbiamo da), si ha pure àmo da: aímo da í = àmo
da í (dobbiamo andare).
- Anche il verbo aé, come tutti gli altri verbi, ha l'ausiliare èsse
per i tempi composti; però al passato prossimo, per una volta, si
ritrova ad essere ausiliare di se stesso, come è in italiano, ma, si
è detto piú volte, solo alla 3ª persona singolare e plurale: ha aútu
e hàu aútu (ha avuto, hanno avuto).
- Insieme con che ssi ffattu?, alla 2ª pers. singolare del passato
prossimo, si dice anche che ha fattu? (che hai fatto?) con
l'ausiliare aé..

2ª.5º.7 Formazione del futuro sempl. e del condizionale pres.

Le voci verbali del futuro semplice di aé (aràglio-aràgli-arà-


arímo-aríte-aràu) e quelle del condizionale presente (aría-arísti-
aría-arèmmo-arèste-a-ríenu) sono tali e quali le desinenze dei
verbi regolari negli stessi tempi delle quattro coniugazioni. Si
potrebbe perciò configurare qui la funzione ausiliare del verbo
aé, anche se in una forma non separata dal verbo e in un modo
diverso da come è avvenuto nella lingua italiana, la quale ha
seguito la via dell'infinito piú il presente indicativo del verbo
avere, come nell'esempio che segue: amare + habeo = amare +
ho = amareò = amerò.
Ma può essere valida anche l'ipotesi che rispecchia lo stesso
procedimento seguito dall'italiano, considerando nel gruppo ar
del futuro semplice (alaràglio, vetaràglio, scernaràglio,
spartaràglio) il ritorno delle desinenze infinitive are, ere, ire
(con lo scambio di a con la e di ere e della i di ire e con
l'apocope delle e finali) e nel gruppo àglio il pres. indic. del
verbo aé:

Infinito del verbo + Pres. Ind. di aé = Futuro del verbo


alà - alàre - alar + àglio - àglio = alaràglio (sbadiglierò)

119
alà - alàre – alàr + ha - àgli = alaràgli (sbadiglierai)
alà - alàre - alàr + ha - à = alarà (sbadiglierà)
alà - alàre - alàr + aímo - ímo = alarímo (sbadiglieremo)
alà - alàre - alàr + aíte - íte = alaríte (sbadiglierete)
alà - alàre - alàr + hàu - àu = alaràu (sbadiglieranno)

Da notare in questo specchietto:


a) la voce arcaica àgli invece di ha alla 2ª persona singolare;
b) la fusione della e di are con le a di àglio-àgli-à-àu;
c) la caduta della a di aímo-aíte.

Anche il condizionale presente si è formato con la fusione


dell'infinito del verbo con l'ausiliare aé, in questo caso con
alcune voci dell'imperfetto (aéa-aé-énu) ed altre del passato
remoto (aísti-aèmmo-aèste), le quali, nell'unirsi col verbo,
perdono la vocale iniziale (aèmmo-aèste sono voci comuni
all'imperfetto e al passato remoto):
Infinito del verbo + Voci di aé = Condizionale del verbo
alà-alàre-alàr + aéa-éa-ía = alaría (sbadiglierei)
alà-alàre-alàr + aíi-íi-ísti = alarísti (sbadiglieresti)
alà-alàre-alàr + aéa-éa-ía = alaría (sbadiglierebbe)
alà-alàre-alàr + aèmmo-èmmo = alarèmmo (sbadiglieremmo)
alà-alàre-alàr + aèste - èste = alarèste (sbadigliereste)
alà-alàre-alàr + aéenu-éenu-íenu = alaríenu (sbadiglierebbero)
Gli esempi sono di un verbo della 1ª coniugazione (alà), ma
valgono pure per quelli delle altre coniugazioni, se si tiene conto
del mutamento delle voca-ali e ed i nelle desinenze ere e ire in
a: es.veteràglio = vetaràglio, sentiràglio = sentaràglio, vetería
= vetaría, sentiría = sentaría, ecc...

120
Chi tè la moglie bella sèmpe canta
chi tè sòrdi nzaccòccia sèmpe cónta
2ª.5º.8 I verbi aé ed èsse ausiliari dei riflessivi

a u s i l i a r e aé a u s i l i a r e èsse
m'àglio vistítu mi sono vestito me so vistítu
(te) t'ha vistítu ti sei vestito ti si vistítu
s'ha vistítu si è vestito s'ha (s'è) vistítu
(ci) n'aímo vistíti ci siamo vestiti (ci)ne simo vistíti
(ve) v'aíte vistíti vi siete vestiti vi site vistíti
s'hàu vistíti si sono vestiti se so' vistíti
Si noti il cambio di te e ve in ti e vi.
La 2ª persona singolare t'ha vistítu si può confondere con la
3ª pers. sing. della forma attiva, infatti traducendo si ha ti sei
vestito ma pure egli ti ha vestito; anche se si mette il soggetto, la
frase tu t'ha vistítu suona sgradevole all'orecchio di chi è
abituato ormai alla lingua; perciò oggi si usa molto di piú
l'ausiliare èsse. Comunque alla 3ª persona, singolare e plurale,
si sente indifferentemente o s'ha-s'hàu o s'è-se so'.
Il participio passato concorda col genere e col numero
anche quando si usa l'ausiliare aé: m'àglio vistítu (mi sono
vestito), m'àglio vistíta (mi sono vestita), s'hàu vistíti (si sono
vestiti), s'hàu vistíte (si sono vestite), ecc...

121
Co gliu témpo e co lla paglia / se fàu néspuje e canaglia
2ª.5º.9 La forma passiva

Le forme attiva e passiva hanno lo stesso ausiliare èsse. Nella


forma passiva però spariscono le voci ha-hàu (ha-hanno) e
ritornano è-so’ (è-sono). Siccome però i tempi del passivo sono
tutti composti, è necessaria una particolare attenzione per non
confondere le due forme.
Ecco un esempio, in cui appare evidente l’importanza
sostanziale della preposizione da, unico segno che distingue la
forma passiva da quella attiva:

Passato Prossimo – Forma attiva Presente – Forma passiva


Tu si chjamàtu ju zíu Tu si chjamàtu da gliu zíu
Tu hai chiamato lo zio Tu sei chiamato dallo zio

La forma passiva è usata poco; si preferiscono la forma attiva, le


perifrasi ha da èsse, hàu da èsse, s’ha da, s’hàu da e il se
passivante:

ssu laóro ha da èsse fattu súbbitu = codesto lavoro ha da essere


fatto (si deve fare) subito; ssu laóro s’ha da fà súbbitu =
codesto lavoro si ha da (si deve) fare subito; chésse cóse non
s’hàu da ice = codeste còse non si hanno da (non si devono)

122
dire; se fàu tróppe jàcchjare = si fanno tròppe chiacchiere; ju
címena non se rapre masséra = il cinema non si apre stasera...

2ª.5º.10 Annotazioni sui modi e sui tempi

a) Imperfetto del congiuntivo:


Si usa invece del presente del congiuntivo: ícici ca (che)
venésse (digli, dille che venga); arecòrda a fràtitu ca (che)
scriésse (ricorda al tuo fratello che scriva, di scrivere)...

b) Trapassato del congiuntivo:


Si usa al posto dell’imperfetto: í a gliu protóre pe precàriju che
gli aésse casticàti (andò dal pretore per pregarlo affinché li
punisse, li castigasse). Da notare l’uso dell’ausiliare aésse e la
concordanza del participio passato col complemento oggetto (gli
aésse casticàti). Si usa anche in vece del passato prossimo: che
fussi vistu fràtimu? (hai forse visto mio fratello?)...
c) Condizionale invece del congiuntivo:
Nella protasi si usa il condizionale e nella apodosi l’indicativo:
Se Frebbàru non frebbaría, Marzu male penza pe la via; se
sarísti vinútu, ti gli éenu puru a ti; oppure solo l’indicativo: se
viníi prima, ju vitíi (se venivi prima, lo vedevi)...
d) Congiuntivo invece del condizionale:
Nelle richieste, invece del condizionale si ha il congiuntivo:
tiníssi nu pròsparu? (avresti un fiammifero?); ulíssi vinícci puru
tu?
(vorresti venirci pure tu?)...
e) Imperativo coi pronomi personali e l’avverbio ci:
La consonante iniziale dei pronomi personali e di ci con valore
avverbiale, legati ad un imperativo monosillabico, raddoppia
sempre: àmme (dàmmi), àtte (dàtti), àcci (dàgli, dà loro, dàlle,
dàcci), ànne dàcci), étte (tiènti), vémme (viènmi), fàtte (fatti,
ver- bo), stacci (stacci). L’imperativo plurisillabico della 1ª
coniugazione può trasformare la a finale in e prima del pronome
te: màgnate=màgnete, lèate=lèete, assèttate=assèttete, ecc...
123
f) Participio presente e passato:
Il participio presente è usato molto di rado nella sua funzione di
verbo; però, essendo declinabile, assume la funzione di
aggettivo o di sostantivo. Anche il participio passato si comporta
alla stes- sa maniera: calà-calànte, conósce-conoscènte, córe-
corènte, mancà-manchènte, murí-morènte, locà-locante, poté-
potènte, repète-repetènte, spiòe-spioènte, tené-tenènte; crastà-
crastàtu, scassà-scassàtu, steccà-steccàtu, batte-battútu,
mantené-mantinútu... Si rammenta che il participio passato
concorda col complemento oggetto: só scritta na rica, só scritte
du riche, ha fattu nu sgaru, ha fatti du sgari...
g) Infinito presente
L’infinito mono/plurisillabico, tronco per l’avvenuta apocope di
re, può prendere, per epitesi, la particella rafforzativa ne: stà-
stà-ne (stare), riscí-riscíne (uscire), magnà-magnàne
(mangiare), sapé-sapéne (sapere), à-àne (dare), leà-leàne
(levare)...
h) Infinito, pronomi personali e avverbio ci:
Anche dopo l’infinito avviene il raddoppio della consonante dei
pronomi personali e dell’avverbio ci: àtte (darti), àcci (darci,
dargli, darle, dare loro), ànne (darci), fàmme (farmi), ma-
gnàsse mangiarsi), stàcci (starci), sentílla (sentirla), vetétte
(vederti), potécci (potergli-le-loro, poterci). I pronomi personali
possono trovarsi anche in posizione proclitica rispetto
all’infinito: a me jamà (a chiamarmi), pe te veté (per vederti), a
ne portà (a portarci), pe ve scanzà (per scansarvi), pe mme í a
lavà (per andarmi a lavare)...
- La particella se e l’infinito:
Questa particella può essere proclitica o enclitica; se enclitica si
può unire al verbo in due modi: o col raddoppio della s (cfr il
punto h) o senza, quando avviene l’inserzione della sillaba re
(residua parte delle desinenze are, ere, ire):
se in proclisi: se in enclisi:
se rattà (grattarsi) rattàsse – rattàrese (grattarsi)

124
se tené (tenersi) tenésse – tenérese (tenersi)
se sentí (sentirsi) sentísse – sentírese (sentirsi)
La forma col se in proclisi è simile alla 3ª persona singolare del
passato remoto riflessivo; la prima delle due forme col se in
enclisi, invece, coincide con la 1ª e con la 3ª persona singolare
dell’imperfetto del congiuntivo.
I verbi della IIIª coniugazione, piani, col se in enclisi
generano sempre parole sdrucciole o bisdrucciole: es.
accòrgese-accòrgerese (accorgersi), mòese – mòerese
(muoversi), stènnese-stènnerese (stendersi), rescòtese-
rescòterese (riscuotersi)...
l) L’infinito e le desinenze are, ere, ire:
Queste desinenze riappaiono spesso per fare da trait-d’union tra
l’infinito, i pronomi personali e l’avverbio ci; ma anche esse
sono soggette ai cambiamenti metafonetici. Esempi:
í = ire-írici (ícci: andarci)
à = are – àrici (àcci; dargli, darle, dar loro, darci)
veté = vetére – vetériji (vetégli: vederli)
fà = fare – fàriju (fàgliu: farlo)
m) L’infinito, il gerundio e il verbo stà(stare):
Col verbo stà (stare) non si usa la costruzione col gerundio ma
quella con l’infinito: stònco a scherzà = sto scherzando; se sta a
mur í= sta morendo; sta a mirà, sta a cuardà = sta guardando; te
stíi a piglià péna = ti stavi preoccupando...
Anche in altre occasioni si ha l’interscambio infinito-gerundio: a
magnà, nu picchjéro ci ò = mangiando (quando si mangia) un
bicchier di vino è necessario; te manno accattènno = ti mando
ad accattare, ti riduco in miseria...
n) L’infinito fà (fare)
L’infinito fà preceduto dalla preposizione semplice a nelle
proposizioni interrogative assume il significato di perché?:es.
che si riscítu a ffà? = perché sei uscito? (lett. che sei uscito a
fare?); che llo fa a ffà? = perché lo fai? (lett. che lo fai a fare?);
125
che llo scríi a ffà? = perché lo scrivi? (lett. che lo scrivi a
fare?)...
o) Coincidenza di forme verbali:
Hanno la stessa forma verbale:
- la 1ª e la 3ª persona singolare dell’imperfetto-indicativo (éo
aléa, issu aléa ), del passato remoto (éo alà, issu alà), del
presente-congiuntivo (che éo ala, che issu ala), del presente-
condizionale (éo alaría, issu alaría);
- la 1ª e la 2ª persona plurale dell’imperfetto-indicativo e del
pass. prossimo (niàri alèmmo = noi sbadigliavamo e noi
sbadigliammo; uiàri alèste = voi sbadigliavate e voi
sbadigliaste);
- la 1ª e la 3ª persona singolare del passato remoto e l’infinito
presente della 1ª e della IVª coniugazione (alà = io sbadigliai,
egli sbadigliò, sbadigliare); partí = io partii, egli partí, partire);
- la 1ª e la 2ª pers. plur. dell’imperfetto-indicativo del verbo èsse
(la seconda delle due forme) e quelle del presente-condizionale
dei verbi aé (avere) e à (dare): arèmmo = noi eravamo,
avremmo, daremmo; arèste = voi eravate, avreste, dareste;
- il futuro sempl. e il pres. condiz. dei verbi aé (avere) e à (dare):
éo aràglio avrò darò éo aría avrei darei
tu aràgli avrai darai tu arísti avresti daresti
issu arà avrà darà issu aría avrebbe darebbe
niàri arímo avremo daremo niàri arèmmo avremmo daremmo
uiàri aríte avrete darete uiàri arèste avreste dareste
issi aràu avranno daranno issi aríenu avrebbero darebbero
C’è da aggiungere che la coincidenza di forme tra aé( avere), à
(dare) e í (andare) si ha ogni volta che cade la vocale iniziale
nelle forme verbali dell’imperfetto dell’indicativo: (a)éa (avevo-
a), éa (davo-a), (i)éa (andavo-a), del passato remoto: (a)étte
(ebbi-e), étte (diedi-e) e dell’imperfetto-congiuntivo: (a)ésse
(avessi-e), ésse (dessi-e), (i)ésse (andassi-e), ecc...
(Notare arà-arímo-aríte = arò-ariamo-arate e aría = arriva).
Confrontiamoli all’imperfetto dell’indicativo:
126
(a)éa avevo éa davo (i)éa andavo
(a)íi avevi íi davi (i)íi andavi
(a)éa aveva éa dava (i)éa andava
(a)èmo avevamo èmo davamo (i)èmo andavamo
(a)ète avevate ète davate (i)ète andavate
(a)éenu avevano éenu davano (i)éenu andavano
Anche altri verbi hanno voci in comune, come crià e créie-crée,
capà, capé e capí: críi = nasci, spunti, credi; criíi = nascevi,
credevi; criísti = nascesti, credesti (in queste voci verbali si può
scoprire pure il verbo creà-creare); capà, capé e capí, sebbene
abbiano lo stesso tema, non li si può confondere perché capé è
sempre accompagnato dall’avverbio ci, e capí (come finí, pulí,
ecc.) inserisce isc-isci tra il tema e la desinenza: capíscio, finísci,
capísce, finísce, pulísce, ecc... (cfr il seguente punto q)
p) Desinenze della 1ª e della 3ª persona plurale
Ormai la 1ª persona plurale ha consolidato la o in tutti i tempi:
alímo, vitímo, scirnímo, partímo, arèmo, furèmmo... (nei
paradigmi però le due desinenze o – u sono state affiancate).
La u è rimasta salda come finale alla 3ª pers. plur. di tutti i
tempi: àlanu, vétanu, scèrnanu, èranu, aràu, saríenu, come
pure al participio passato: alàtu, scirnùtu, sparítu, aútu, statu,
ecc...
q) Infisso isc-isci nei verbi incoativi
I verbi incoativi (capí, finí, pulí...) prendono l’infisso isc(i) tra la
radice e la finale in tutte le persone (capíscio-capísci-capísce-
capiscímo-capiscíte-capíscianu) e in tutti i tempi (capiscéa,
capi-sciaràglio, capiscísti, capiscésse); al futuro e al
condizionale si può avere anche la forma regolare: capiràglio,
caparía (come caparàglio, caparía di capé), finaràglio, finaría,
ecc...
r) Il verbo veté ha anche alcune voci irregolari al passato remoto
e al participio passato: védde-vitisti-védde-véddaru. Il participio
passato può cambiare la e in i: vetútu-vitútu.

127
s) Al passato remoto della IIª e della IIIª coniugazione si sentono
anche le desinenze –étte, -éttaru: conoscétte-conoscéttaru
(conobbe, conobbero), icétte-icéttaru (disse, dissero), doétte-
doéttaru (dovette, dovettero), ecc...
t) La coincidenza di forme si ha pure con cucí (cuocere,
scottare) e cucí (cucire) che però in dialetto verace fa cusí
oppure cosí (da non confondere con l’avverbio cosí).

2ª.5ª.11 Verbi irregolari


Si riportano i paradigmi di alcuni verbi irregolari: à, stà, fà,
sapé, olé, po-té, vení-viní, í, ice-dí, pjòe giustapposti secondo le
affinità desinenziali:
à - dà (dare) - stà (stare)

I N D I C A T I V O
Presente Imperfetto Passato Remoto Futuro Semplice
ònco stònco éa stéa étte stétte aràglio staràglio
à stà íi stíi isti stisti aràgli staràgli
à stà éa stéa étte stétte arà starà
imo-u stimo-u èmo-u stèmo-u èmmo-u stèmmo-u arímo-u starímo-u
ite stite ète stète èste stèste aríte staríte
àu stàu éenu stéenu éttaru stéttaru aràu staràu
énu stènu éttanu stéttanu

C O N G I U N T I V O CONDIZIONALE
Presente Imperfetto Presente
inca stinca ésse stasse aría staría
inchi stinchi issi stissi arísti starísti
inca stinca ésse stasse aría staría
imo-u stimo-u assèmmo-u stassèmmo-u arèmmo-u starèmmo-u
íte stite assèste stassèste arèste starèste
íncanu stíncanu éssaru stàssaru aríenu staríenu
éssanu stàssanu

128
IMPERATIVO GERUNDIO
à ite - stà stite ènno stènno1
P A R T I C I P I O (passato) INFINITO
àtu statu à stà

1) stènno è anche la 1ª persona singolare dell’indicativo presente del verbo


stènne (stendere).
fà (fare) - sapé (sapere)

INDICATIVO
Presente Imperfetto Pass. Rem. Futuro Semplice1
fàccio sàccio facéa sapéa féce séppe 3 faciaràglio saparàglio
fa sa facíi sapíi facísti sapísti faciaràgli saparàgli
fa sa facéa sapéa féce séppe3 faciarà saparà
facímo sapímo facèmo sapèmo facèmmo sapèmmo faciarímo saparímo
facíte sapíte facète sapète facèste sapèste faciaríte saparíte
fàu sàu facéenu sapéenu2 féciaru sépparu3 faciaràu saparàu
1) Il futuro semplice di fà ha pure la forma faceràglio, faceràgli, facerà, ecc...
2) Ci sono anche le voci facénu, sapénu
3) Vi sono anche le forme sappe, sàpparu

CONGIUNTIVO CONDIZIONALE
Presente Imperfetto Presente
fàccia sàccia facésse sapésse faciaría saparía
facci sacci facíssi sapíssi faciarísti saparísti
fàccia sàccia facésse sapésse faciaría saparía
facímo sapímo faciassèmmo faciarèmmo
sapassèmmo saparèmmo
facíte sapíte faciassèste sapassèste faciarèste saparèste
fàccianu sàccianu facéssaru sapéssaru1 faciaríenu saparíenu
- C’è anche la forma con la desonenza –anu.

IMPERATIVO GERUNDIO
fa (tu) (sacci), ha da sapé facènno sapènno
facíte (uiàri) (sapíte), aíte da sapé
tiníte da sapé

129
PARTICIPIO (passato) INFINITO
fattu sapútu fà sapé

Si ricorda che i tempi composti si formano con l’ausiliare e il


participio passato dei singoli verbi: só fattu, só saputu, ecc...

ólé – volé (volere) - poté (potere)


INDICATIVO
Presente Imperfetto Pass. Rem. Futuro Sempl.
óglio pòzzo oléa potéa òtte pòtte olaràgliopotaràglio
ó pó ulíi putíi ulísti putísti olaràgli-potaràgli
ò pò oléa potéa òtte pòtte olarà potarà
ulímo putímo olèmo potèmo olèmmo potèmmo olarímo potarímo
ulíte putíte olète potète olèste potèste olaríte potaríte
óto-u póto-u oléenu potéenu òttaru pòttaru 1 olaràu potaràu

- Ci sono anche le voci: ónno-u, pónno-u, olénu, poténu, òttanu, pòttanu.

CONGIUNTIVO CONDIZIONALE
Presente Imperfetto Presente
òglia pòzza olésse potésse olaría potaría
ugli puzzi ulíssi putíssi olarísti potarísti
òglia pòzza olésse potésse olaría potaría
ulímo putímo olassèmmo potassèmmo olarèmmo potarèmmo
ulíte putíte olassèste potassèste olarèste potarèste
òglianu pòzzanu oléssaru potéssaru1 olaríenu potaríenu
- Vi sono anche le forme: oléssanu, potéssanu.

IMPERATIVO GERUNDIO
ha da olé - aíte da olé - tiníte da olé olènno – potènno
puzzi – putíte
PARTICIPIO (passato) INFINITO
olútu-ulútu potútu-putútu olé-volé poté

130
Si ha pure olétte-oléttaru, potétte-potéttaru; pó-pò si possono
mutare in pu: chi ci pu í? (chi ci può andare?), ci pu ice tuttu
(gli-le puoi dire tutto).
Il verbo poté ha coincidenza di forme col verbo potà (potare):
putímo = possiamo-potiamo; poténu = potevano-potavano;
potaria = potrei, poterei, ecc...
olé può prendere la v: olé = volé; óglio = vòglio.
tené (tenere) - vení-viní
(venire)

INDICATIVO
Presente Imperfetto Passato Rem. Futuro Semplice
ténco vénco tenéa venéa ténne vénne tenaràglio venaràglio
té vé tiníi viníi tinísti vinísti tenaràgli venaràgli
tè vè tenéa venéa ténne vénne tenarà venarà
tinímo vinìmo tenèmo venèmo tenèmmo venèmmo tenarímo venarímo
tiníte viníte tenète venète tenèste venèste tenaríte venaríte
téu véu tenéenu venéenu ténnaru vénnaru tenaràu venaràu
tenénu venénu
CONGIUNTIVO CONDIZIONALE
Presente Imperfetto Presente
ténca vénca tenésse venésse tenaría venaría
tinchi vinchi tinìssi viníssi tenarísti venarísti téna
vénca tenésse venésse tenaría venaría
tinímo vinímo tenassèmmo venassèmmo tenarèmmo-venarèmmo
tiníte viníte tenassèste venassèste tenarèste-venarèste
téncanu véncanu tenéssaru venéssaru tenaríenu-venaríenu
tenéssanu venéssanu

Il passato remoto ha pure le forme tenétte-tenéttaru, venétte-


venéttaru; il verbo tené seguito dalla preposizione semplice da
significa dovere, come aé da (avere da = dovere): es. éo ténco
da í, àglio da í (devo andare); ténco da fà, àglio da fà (devo
fare, ho da fare), ecc...

131
IMPERATIVO GERUNDIO
tè tiníte vé viníte tenènno venènno
PARTICIPIO (passato) INFINITO
tenútu-tinútu venútu-vinútu tené vené-viní

í (andare)
INDICATIVO CONGIUNTIVO
Pres. Imperf. P. Rem. Fut. Sempl. Pres. Imperf.
vàglio iéa í varàglio vàglia iésse
va iíi ísti varàgli vagli iíssi
va iéa í varà vàglia iésse
iàmo ièmo ièmmo varímo iàmo iassèmmo
iàte iète ièste varíte iàte iassèste
vàu iéenu íranu varàu vàglianu iéssaru
iénu íru iéssanu
CONDIZIONALE IMPERATIVO GERUNDIO
varía – varísti – varía va – iàte iènno
varèmmo – varèste – varíenu PARTICIPIO INFINITO
(passato) ítu í

ice – dí (dire)
INDICATIVO CONGIUNTIVO
Pres. Imperf. P. Rem. Fut. S. Pres. Imperf.
ício icéa isse iciaràglio ícia icésse
ici icíi icísti iciaràgli ici icíssi
ice icéa isse iciarà ícia icésse
icímo icèmo icèmmo iciarímo icímo iciassèmmo
icíte icète icèste iciaríte icíte iciassèste
ícianu icéenu íssaru iciaràu ícianu icéssaru
icénu icéssanu
CONDIZIONALE IMPERATIVO GERUNDIO
iciaría – iciarísti – iciaría ici-dí icíte icènno

132
iciarèmmo – iciarèste – iciaríenu PARTICIPIO INFINITO
(passato) ittu ice - dí

Al passato remoto si hanno pure le voci: isísti, isèmmo, isèste.

piòe-pjòe - (piuí-pjuí) (piovere)


INDICATIVO CONGIUNTIVO
Pres. Imperf. P. Rem. Fut. Sempl. Pres. Imperf.
pjòe pjoéa pjòzze pjoarà pjòa pjoésse
pjoétte
CONDIZIONALE: pjoaría GERUNDIO: pjoènno
PARTICIPIO: pjóto pjuútu INFINITO: pjòe (pjuí)

I verbi seguenti hanno il passato remoto e il participio passato


irregolari (ma possono seguire anche la coniugazione regolare:
soccèsse-succití, létto-liggiútu, mòrze-murí, vintu-vingiútu, ecc.):
córe córze curzu scríe scrisse scrittu
descóre descorze descúrzu strégne strénze strittu
------------------------------------------ restrégne restrénze restríttu
remané remàse remàsu -------------------------------------
remaní remàse-remaní remàsu rómpe rumpí- rompétte ruttu
spanne spase spasu corómpe corumpí – corompétte
---------------------------------------- corúttu – curúttu
lègge lèsse-leggétte létto-liggiútu strugge strusse struttu
règge rèsse-reggétte rétto destrúgge destrússe destrúttu
corègge corèsse-coreggétte corétto rerègge rerèsse-rereggétte
------------------------------------------ rerétto
apparí appàrze appàrzu --------------------------------------
cumparí compàrze compàrzu salle sallí – sagliétte sagliútu-
scumparí scompàrze scompàrzu sàutu
paré parze parzu resàlle resallí – resagliétte
valé varze varzu resagliútu

133
-------------------------------------- --------------------------------------
- métte mésse missu (misu) accòrgese m’accòrze
accórto
nfónne nfósse nfussu attòrce attòrze attórto
--------------------------------------- murírese me mòrze mórto
tòrce tòrze tórto raprí raprí-rapèrze rapérto
scórte scórze-scortétte scurtu ruprí ruprí-rapèrze-rapérto
---------------------------------------- scuprí scuprí-scopèrze –érto
arespónne arespóse arespúsu suffrí suffrí-soffèrze sofférto
respónne respóse respúsu uffrí uffrí-offèrze offérto
confónne confúse-cunfúse confúsu ------------------------------------
jute juse jusu nasce nascí-nascétte natu
annascónne annascóse annascúsu -------------------------------------
---------------------------------------- mòe mòsse mósso
scégne scése scisu smòe smòsse smósso
ngíe ngise ngisu (anche nc) scòte scòsse scósso
arengíe arengíse arengísu rescòte rescòsse rescósso
defènne defése- defísu (difísu) soccète soccèsse soccésso
(difinní defennútu) -------------------------------------
protènne protése pritísu cognógne cognónze cognúntu
rènne rése risu mógne mónze muntu spènne
spése spisu ógne ónze untu
tènne tése tisu palógne palónze palúntu
stènne stése stisu -------------------------------------
---------------------------------------- despèrde despèrze despérzo
fríe friggí-frisse frittu pèrde pèrze pérzo
soffríe soffrísse soffríttu-suffríttu spèrde spèrze spérzo
----------------------------------------- ------------------------------------
piàgne piànze piàntu accóglie accóse accóto
rempiàgne rempiànze rempiàntu cóglie cóse cóto
----------------------------------------- raccóglie raccóse raccóto
depégne depénze depíntu-dipíntu recóglie recóse recóto
nfégne nfénze nfintu scióglie scióse scióto
ntégne nténze ntintu arescióglie arescióse arescióto
spégne spénze spintu -------------------------------------
tégne ténze tintu mpóne mpóse mpósto
vénge vénze vintu rempóne rempóse rempósto

134
----------------------------------------- scompóne scompóse scompósto
còce còsse-cocétte cótto --------------------------------------

CAPITOLO SESTO: L’AVVERBIO

La funzione principale dell’avverbio è quella di modificare il


significato di un verbo, di un nome, di un aggettivo o di un altro
avverbio. Qui appresso se ne espongono i vari tipi, insieme con
le locuzioni avverbiali, secondo la loro classificazione di
qualificativi o determinativi (tempo, luogo, quantità, ecc...)

2ª.6º.1 Avverbi di tempo: cuàndu? quandu?


accuàndu allorquando mmai mai
aggià già masséra stasera
allóra allora mo-mo’-móne adesso
ancóra ancora nfratàntu frattanto
cétto presto ntreménte nel frattempo
dammó da lungo tempo ógli òggi
dappó dopo, poi óggi òggi
demà-domà domani po-po’-póne poi
domanicétto domattina presto prima prima
dóppo dòpo prisdimà posdomani
doppodomà dopodomani quandu-cuàndu- quando
dumà domani quandu?-cuàndu?quando?
eppó-eppo’ e poi sèmpe sempre
già già sèmpre sempre
iéri ièri séra ieri sera
innòtte stanotte, la nòtte scorsa spissu spesso
itèrza l’altro ieri súbbitu subito
maddemà stamattina tardi tardi

135
Da notare cétto (CITO), domanicétto (DE MANE CITO),
innòtte = í nnòtte (questa notte), itérza = í terza (dIes TERTiA,
il terzo giorno), maddemà (ma demain?), masséra (mon-ma
soir?), prisdimà (posdomani), sèmpe (SEMPEr), séra (ablativo
lat. SERĀ).
Locuzioni
abbonóra, a bon’ora di buon’ora domà a cuínici domani a
a calàta ‘e sole al calar del solequindici
alla resciút ‘egliu sole al levar finu a mo finora
del sole iér’a demà ièri mattina
‘gni sèmpe ognora, sempre iér’a mmatína ièri mattina
a luscu e bruscu tra il lusco e il iér’a séra – ierasséra ièri sera
brusco í nnòtte stanotte, la scorsa notte
a n’ora ‘e dí (tí) quando manca í tèrza l’altro ièri
un’ora al tramonto j’annu che vè l’anno venturo
a poc’aru, appocàru fra un po’ j’ar’atr’annu l’altr’anno
a poménti a momenti j’aru iéri l’altro ièri
a punt’e arba allo spuntar del- la emà l’indomani
l’alba n’ara bòtta un’altra volta
ca òta qualche volta n’ar’atr’òta un’altra volta
càe òta qualche volta n’òta una volta
co nu moménto in un momento ntémp’e n’òta ai tempi di
da mo! da tanto tempo, ormai una volta
è mo! ne è passato di tempo! nu pezz’annànzi tanto tempo fa
d’autúnnu in autunno, d’autunno nu saccu ‘e òte un sacco di
de doméneca di domenica volte, spesso
de giórno, de jórno di giorno óggi a òtto òggi a òtto
de mmatína di mattina óggi a cuínici òggi a quindici
de Natàle di Natale ógne-ugni jórno ogni giorno
de primavièra di primavera ógne-ugni póco ogni pòco
de sera di sera ógne-ugni tantu ogni tanto
de state in estate, d’estate pe póco per pòco (tempo)
de vérno-u in inverno, d’inverno póco témp’è pòco fa
domà a ótto domani a òtto, fra quantu-cuàntu temp’è? quando
otto giorni tèmpo fa?
Da notare iér’a demà = ièri mattina (DE MAne = di mattina).

136
2ª.6º.2 Avverbi di modo: comme?
La forma classica è quella in mente come in italiano, sempre con
l’aggettivo femminile anche quando in lingua c’è l’apocope
della vocale finale: leggera-ménte invece di legger-mente .
Ecco appresso una serie di avverbi di maniera che non finiscono
in mente:
addallappòsta apposta, a bella mprèscia in fretta
posta, per scherzo múngiu senza premura
appéna appena, ncancanúni traballando
appòsta apposta ncattàzzu inmodo superbo,
aúffa a ufo tronfio
aúgnu volentieri nzinucchjúni ginocchioni
bene-bè-be’ bene nzunu insieme
ca circa péggio-péiu pèggio
comme? come? pennecúni penzoloni
comme come piànu-pjànu piano
culúni a gocciole, sgocciolando ncoglionèlla in modo
cusí cosí canzonatorio
fòrte fortemente, forte ndriússu vagabondando
furúni sospettosamente, ngeréglio con attenzione
guardingo (lett. in cervello)
lénto lènto, lentamente ruzzicúni ruzzoloni, rotoloni
lésto lèsto soprappinziéro soprappens.
lusí in quel modo spinnicúni penzoloni
male male sballúni a balzelloni stuzzillúni-stussillúni inciam-
méglio mèglio pando, incespicando
mpeàli con le sole calze, senza susí in codesto modo
scarpe turciúni contorcendosi
Da notare aúffa da A.U.F.A.(Ad Usum FAbricae), sigla che si segnava
sui materiali da costruzione di una chiesa, esenti appunto da dazio;
méglio da MELIUs; péiu da PEIUs; lusí e susí che non hanno
corrispettivi in italiano; ngeréglio (lett. in cervello).

137
Locuzioni
a buralíce a meraviglia, a póco a póco a pòco a pòco
(lett. con burro e alici) a puiúni a tastoni,
a calànza calando, digradando a raúglia a man bassa
a cap’annànzi guardando avanti a ruzzicúni ruzzoloni, rotoloni
a cap’aréto retrocedendo, guar- a sbafu a sbafo
dando indietro, dietro-front a sfàsciu in gran quantità
a cap’a ssótto a capo basso, a spinturiúni a spintoni
a capo in giú stuzzillúni inciampando
a cavàgliu a cavallo a tastúni tastoni
a cèca jume a occhi chiusi, a tortamente a torto
a lume spento a tutumía a pezzettini
a coscénza secondo coscienza a vérzo a genio, nel modo giusto
a déreto a caso, a piacere a zerlénche a pezzetini
a faccia annànzi a faccia in avanti a zicu-zacu a zig-zag
alla lupígna di soppiatto, come i co mèsa ócca malvolentieri,
lupi a mezza bocca
alla mpruvísa all’improvviso confrómme a conforme a,
alla mutígna come i muti secondo il caso
alla rivèrza-revèrza alla rovescia cusí cusí cosí cosí
alla stésa in maniera distesa, can- de lónco senza fermarsi, di lungo
tare lentamente a tutta voce de prèscia di fretta
alla vernarésca come d’inverno de sguíngiu di sguincio
anzi che meno male che furúni furúni in modo sospetto
a pace nfrónte a quattr’occhi, guardingo
a tu per tu, faccia a faccia iòtto iòtto mogio mogio
a passatóra da parte a parte lòcco lòcco con fare melenso
a picurúni carponi, pecoroni mani mani a mano a mano
a pirdifiàtu a perdifiato méso méso mèzzo mèzzo, cosí cosí
a pecàgna, a pedàgna a piedi tanche tanche lemme lemme
a(p)pèie, appèie a piedi* tuttu nu bótto tutto d’un colpo
* a(p)ppèie-appèie sarebbe a piede, in italiano invece si usa il plurale a piedi

2ª.6º.3 Avverbi di luogo: addó?

138
abbàlle a valle, giú là(ne), lòco là, lí
accàntu accanto lontànu lontano
accósto a fianco, accòsto mbràcciu in braccio
addó? dove? da dove? mméso in mèzzo
addó dove mmócca in bocca
addónca, dónca dovunque mpittinèlla di sentinella,
addósso addòsso al sole, in alto
annànzi avanti mpizzu-mbizzu sul bordo,
apprésso apprèsso all’estremità
areècco riecco mpresènzia in presenza,
areèllo riecco (là) davanti
areèsso riecco (costà) nanzi-nnanzi innanzi
aréto diètro, indiètro nanzipétto davanti
attèra giú, di sotto nàutu in alto
attórno attorno, torno ncallóco in qualche luogo
ce, ci ce, ci ne ne, da
cuà(ne) qua nfàccia-nvàcia in faccia,
dapettúttu dappertutto davanti
deccuà(ne) di qua nfrónte-nvronte in fronte
décchi qui, qua ngima-ncima in cima, su
dellà(ne) di là, là nuèlle in nessun luogo,
denànzi dinanzi nzinu-nsinu in seno
deréto di diètro, diètro nzoddó-nsoddó non so dove
dessà da codesta parte pedderéto per di diètro,
déssi costà prenténto dentro
dèsso ecco (costà) rasènte rasente
ncóglio sulle spalle (sul collo) réntro dentro
écchi qui, ssà (ne) costà
ècco ecco sópe-sópre-sópra sopra
èllo ecco (là) sótto sotto
éssi costí trénto dentro
èsso ecco (costà) tramméso (-ézzo) frammèzzo
fòre fuori vicinu vicino
Da notare fòre da FORIs, mméso da iN MEDIUm, mpresènzia
da iN PRaESENTIA, nuèlle da Ubi vELLEs, sópe daSUPEr,
sópre-sópra da SUPRA, vicinu da VICINUs; èllo ed èsso non
hanno corrispettivi in italiano.
139
Locuzioni
a balle giú, a valle éssi dessà da codesta parte,
a balle pe décchi giú per di qua costí
a balle pe déssi giú per costí écchi ngima quassú
a balle pe lòco giú per colà ècco cuà(ne) ecco qua
a cap’a balle in giú, giú, a valle ècco écchi ecco qui
a cap’a monte in su, verso il monte èllo llà(ne) ecco là
a cap’a tèra in giú, giú, verso èllo lòco ecco là
il basso éssi ngima costassú
a capu ngima in su, verso l’alto èsso éssi ecco costí
a capu da capo, dall’inizio èsso ssà(ne) ecco costà
a curtu vicino (a breve) finènte a fino a (finénte)
a dónca dovunque lòco dellà da quella parte, colà,
a deótto via dal nido lòco fòre là fuori
a lónco lontano, alla lunga lòco ngima lassú
a mani ritta a destra lòco réntro là dentro
a mani mangína a sinistra lòco trénto là dentro
a monte su, a monte lòco sópe là sopra, lassú
a monte pe décchi per di qua lòco sótto là sotto
a monte pe déssi su per costà ngima pe décchi su per di qua
a monte pe lòco su per colà ngima pe déssi su per costà
a péie dappièdi, da piè ngima pe lòco su per colà
a réto indiètro, diètro nzinènte a ino a (nzinénte)
a tèra giú, di sotto pe cap’a balle, -a tèra in giú,
da (d)dó? donde? da dove? per la discesa
da pe tèra da terra pe cap’a monte, -ngima in su,
da ngima da su, da sopra per la salita
da pe tuttu dappertutto pe capu ngima in su,
de fòre di fuori pe capu deccuà da questa parte
de frónte di fronte pe capu dellà da quella parte
de réto di diètro pe capu dessà da codesta parte
écchi a balle quaggiú pe deccuà per di qua
éssi a balle costaggiú pe dellà per di là, per di lí
lòco a balle laggiú pe dessà per costà
écchi a monte quassú pe décchi per di qui

140
éssi a monte costassú pe déssi per costí
lòco a monte lassú pe lòco per di lí, per di là
écchi a tèra quaggiú pe de réto per di diètro, diètro
éssi a tèra costaggiú rempettàtu nnanzi dirimpetto,
lòco a tèra laggiú, là giú se addó dove
écchi deccuà da questa parte scrima scrima seguendo l’an-
damento del colle o monte
Nota: la a di a capu (da capo) e a péie (da piè) è la preposizione
semplice da che ha perso la d, infatti non si ha il
raddoppiamento né della c di capu né della p di péie; invece
a(c)capu e a(p)pèie, col raddoppiamento, significano a capo e a
piedi; in da pe tèra e in da ngima dopo da si ha un’altra
preposizione; a(b)balle viene da AD VALLEm; a(m)monte da
AD MONTEm; a réto da Ad RETrO; de réto da DE RETrO; le
espressioni e èsso, e èllo, e dèsso fattu si usano per concludere
ciò che si sta dicendo: e cosí è stato, ed ecco fatto, e via, e finí
cosí.
Si è visto che molte locuzioni contengono gli avverbi cuà, écchi,
ècco, là, lòco, èllo, ssà, éssi, èsso che corrispondono a quà,
costà, colà; eccoli qui ordinati e distinti ad indicare la
lontananza o la vicinanza:
cuà(ne), écchi, ècco: indicano vicinanza a chi parla o a chi scrive;
ssà(ne), éssi, èsso: indicano vicinanza a chi ascolta o a chi
legge;
là(ne), lòco, èllo: indicano lontananza da chi parla o
ascolta e da chi scrive o legge.

2ª.6º.4 Avverbi di quantità: cuàntu? quantu?


accàre-accàri soltanto quantu quanto QUANTUm
accuàntu-acquantu alquanto gnènte niente
appéna appena mórdo molto
arettàntu altrettanto parícchju parecchio
assài assai póco pòco
care-cari soltanto quantu? quanto?
141
commecché moltissimo tantu tanto TANTUm
cuàntu? quanto? tróppo tròppo
cari e accàri si usano invece di care e accàre quando la tonica
della parola che li segue è i oppure u : (ac)cari zíu = soltanto
zio), (ac)càri chi tu = solo tu).
accuàntu, acquantu (ALIQUANTUm), in italiano è alquanto,
ma ha anche valore avversativo; quando ha valore temporale,
prende la d: accuàndu, acquandu (accuàndu rentrà nu vattu =
ed ecco entrò un gatto). Esempi. con accuàntu:
accuàntu piàntela! = ma piantala, finiscila una buona volta!
accuàntu iamocénne! = basta cosí, andiàmocene!
accuàntu nu cuccíttu = appena, soltanto un gocciolo;
accuàntu j’ha t’accostà = appena li devi accostare, basta che li
accosti.
Locuzioni
accàre che soltanto aru e tantu altrettanto
accàri chi soltanto care che soltanto
a de méno a meno, a prezzo minore cari chi soltanto
a de pjú a piú, a prezzo maggiore de méno di meno
a póc’aru pòco, per pòco, poc’altro de pjú di piú
a préss’a póco, appréssappóco pe póco per pòco
pressappòco tant’aru altrettanto, tant’altro
a póc’aru è anche locuzione avverbiale temporale: a póc’aru te
métte sotto (per pòco non t’ha investisto); a póc’aru aría fràtitu
(fra un po’ arriva il tuo fratello).
2ª.6º.5 Avverbi aggiuntivi
affinènte-nfinènte-nsinènte-nzinènte (anche con la é stretta:
affinénte, ecc...) = persino, perfino; puru = pure: ju só puru
raccóto (l’ho pure raccolto), ì puru jettèmo (li gettavamo pure)
ecc...(da notare la posizione di puru ).
2ª.6º.6 Avverbi di affermazione
addallavéro per davvero gnorsí, gnorzí signorsí

142
addavéro per davvero peddallavéro per davvero
avéro davvero peddavéro per davvero
cérto cèrto, certamente própio pròprio
davéro davvero sí, sicúru sí, sicuro,
embè sí, è cosí sicuramente
Si hanno pure le forme staccate: a dallavéro, a davéro, pe
davéro, pe dallavéro. Caratteristica l’affermazione embè oppure
e mbè (sí, sí, proprio cosí). própio si mette davanti all’aggettivo:
è própio béglio = è proprio bèllo; al pronome: própio issu =
pròprio lui; al verbo: tu me ó fà própio angustià = tu vuoi
pròprio farmi angustiare; al nome: própio Crispínu = pròprio
Crespino; ad un altro avverbio: própio bè = pròprio bene.
2ª.6º.7 Avverbi di negazione
gnornò signornò Le varie forme di non:,
mancu manco nò, nó, n, nn, non, nonn, nu,
mica mica nun, ónn
neànche neanche
nemmàncu nemmanco Locuzioni
nemméno nemmeno gnènte affàttu niente affatto
neppúru neppure pe gnènte, pe nniènte per niente
Non la só nemmàncu piéna (non l’ho nemmeno riempita), non
se lle mancu magna (non se le mangia nemmeno), non me nne
mancu tè (non ne ho neanche voglia), mancu fussi ju patró!
(nemmeno fossi il padrone!, come se fossi tu il padrone!).
2ª. 6º. 7. a. La multiforme negazione non

La negazione non cambia faccia a seconda delle circostanze;


vediamo come:
- non: rimane intatta davanti ai verbi che cominciano con c
gutturale e palatale: non ciangecà (non masticare), non carecà
(non caricare)...; con le dentali d, t, s: non dillo (non dirlo), non
tricà (non tardare), non salle (non sale)...; con le labiali p, f:
non féta (non fa le uova), non pòtte (non potei, non poté)...;

143
- nó: conserva l’accento acuto e perde la n finale con i verbi che
cominciano per vocale: nó ala (non sbadiglia), nó iéa (non
andavo-a), nó í (non andare, non andò, non andai), nó urla (non
urla)...; con le labiali b, v : nó batte (non batte, non battere), nó
vale (non vale)...; con le dentali r, s impura, z: nó remàne (non
rimane), nó scríe (non scrive, non scrivere), nó zappà (non
zappai – non zappò – non zappare)...; con le palatali g, gn : nó
girà (non girai-non girò-non girare), nó gnàuja (non gnaula)...;
- nò: cambia l’accento acuto in grave e perde la n finale davanti
ai nomi propri: nò Giàcamu (no-non Giacomo), nò Pittúcciu (no
–non Benedetto), nò Crulínta (no-non Clorinda)...; davanti agli
articoli ju ed i: nò ju sórece (no-non il sorcio), nò i cici (no-non
i ceci)...; davanti ai pronomi personali: nò éo (no-non io), nò
issu (no-non esso, lui), nò uiàri (no-non voi)...; davanti ai
pronomi e agli aggettivi dimostrativi, indefiniti e numerali: nò
chissu (no-non codesto), nò chígliu libbru (no-non quel libro);
nò cae paru (no-non qualche paio), nò caecúnu (no-non
qualcuno); nò du fa i(no-non due fave, due faggi), nò dóa (no-
non due); davanti agli avverbi di modo, tempo, luogo: nò susí
(no-non in codesto modo), nò domà (no-non domani), nò
masséra (no-non stasera), nò fòre (no-non fuori); davanti alle
preposizioni: nò de state (no-non d’estate), nò da ti (no-non da
te), nò co téco (no-non con te), nò pe tèra (no-non per terra)...;
- nun: per i soliti motivi metafonetici, quando s’incontra i
oppure
u, non si muta in nun: nun ci fà aspettà (non farci aspettare), nun
ti gliu ònco (non te lo dò), nu gliu óglio (non lo voglio), nu gli
stoccà (non li spezzare), nu llu viti? (non lo vedi?), nu scrupí
(non scoprire, non scoprí)...;
- nonn: davanti alle voci verbali di èsse, di aé e dei verbi che
cominciano per vocale, raddoppia la n finale: nonn è véro, nonn
ha véro (non è vero), nonn àglio addó í (non ho, non so dove
andare), nonn ha ittu gnènte (non ha detto niente), nonn hàu
nzeràta la mastra (non hanno chiuso la madia), nonn èra friddu
(non era freddo), nonn accortà (non accorciare, non accorciai,
144
non accorciò), nonn affonnà (non affondare, non affondai, non
affondò), nonn ucicà (non rimestare, non rimestai, non
rimestò)...;
- ónn: talvolta perde la n iniziale e raddoppia quella finale dopo
alcuni avverbi che subiscono elisione: ancor’ónn ò calà (ancora
non vuole scendere), fórz’ónn è issu (forse non è lui), allor’ónn
èra rivinútu (allora non era ritornato); ma anche a inizio di frase:
ónn èra finutu (non era finito, non avevo-a finito), ónn ha ta fà
susí (non devi fare in codesto modo)...;
- n: davanti alle voci dei verbi, alle particelle pronominali ed
agli avverbi ce e ci rimane solo una n, che si unisce ad essi: es.
nsa (nza) fà gnènte (non sai, non sa fare niente), nsi (nzi) gliu
piglia niciúnu (non se lo prende nessuno), tu nté fame (tu non
hai fame), nse (nze) llo bée (non se lo beve), nti gliu ònco (non
te lo dò), nci (ngi) vàglio (non ci vado), nci (ngi) gliu à (non
glielo dà, non glielo dare), nce (nge) llo ício (non glielo dico),
nce(nge) llo lèo (non ce lo levo, non ce lo tolgo), nsocché –
nzocché (non so che, un non so che, qualcosa), nsoddó – nzoddó
(in qualche luogo, non so dove), ndòrme mai (non dorme mai),
ntórna piú (non torna piú)...; davanti ad m ed n si ha il
raddoppiamento: n me fa male = mme fa male (non mi fa male),
che non è me fa male (mi fa male), n ne óglio = nne óglio (non
ne vòglio), che non è ne óglio (ne vòglio)...;
- nn: a volte si ha nn: nn èra véro (non era vero), cuandu nn aèa
che fà (quando non sapevo-a che fare, quando non avevo-a da
fare); si potrebbe usare anche l’apostrofo: nn’èra véro, nn’aèa
che fà...; ma forse è meglio la presedente forma ónn.
- non e nun davanti a n, l, m, possono perdere la n finale e dare
luogo cosí al R. S.: non lassa = no (l)lassa (non lascia), non
magna = no (m)magna (non mangia), non la fàu = no (l)la fàu
(non la fanno), non nato= no (n)nato (non nuoto), nun mi gli à =
nu (m)mi gli à (non me li dà), nun lítica = nu (l)lítica (non
litiga), nun niscà = nu (n)niscà (non innescare, cerca di non
inciampare con l’àlluce).

145
2ª.6º.8 Avverbi e locuzioni di dubbio

Non sono molto numerosi: bóh!, fórze (forse), pe casu (per


caso), pò èsse (può darsi, può essere), tante le òte (forse forse);
es. chi ha statu? bóh! (chi è stato? bóh!, chi lo sa?), tante le òte
pinzíssi ca...? (forse forse pensi che...?), pinzi ca piòe? pò èsse
(pensi, credi che pioverà? può darsi, può essere, forse)...

Cuàndu addivénta vécchjo ju diàuju


puru issu piglia mmani ju rosàriu
CAPITOLO SETTIMO: LA PREPOSIZIONE

La preposizione si mette sempre davanti al nome, al pronome, al


verbo (ininito) e all'avverbio. Si hanno preposizioni proprie
(semplici e articolate), improprie e locuzioni prepositive.

2ª.7º.1 Preposizioni proprie: semplici e articolate

- Semplici: a, co, da, de ('e ), in (n), pe (pre), su, tra, fra.

- Articolate:

+ ju ji-i lo la le
a agliu agli allo allaalle

146
da dagliu dagli dallo dalla dalle
de degliu degli dello della delle
Da notare la trasformazione degli articoli ju in gliu e ji-i in gli
per il R. S. che invece per lo, la, le si manifesta chiaramente con
la doppia l(elle).
Non tutte le preposizioni si uniscono necessariamente con
l'articolo; quelle che non appaiono nello specchietto precedente
preferiscono la forma separata, come spesso avviene anche con
a, da, de: co gliu, co gli, co la, co le, pe la, pe le, pe gliu, pe gli,
tra-fra gliu, tra-fra gli, tra-fra la, tra-fra le.
Però, anche e non si scrive, il raddoppiamento bisogna farlo
sentire. Molti però lo scrivono, cosí: a gliu, a gli, a llo, a lla, a
lle, da gliu, de gliu, de llo, da gliu, da lle, da llo, ecc...
Le preposizioni articolate allo, dallo, dello (co lo, pe lo, tra
lo) sono le forme per il neutro di materia e non, come potrebbe
sembrare, per i nomi che cominciano per z ed s impura: es. allo
méo (nel mio, nel mio podere), dello seme (del seme), dallo
ranu (dal grano), co llo téo (col tuo, con la tua roba), pe llo callu
(per il caldo), tra llo vérde (tra il verde)...

2ª.7º.2 Appunti sulle preposizioni


a
- vàglio a scòla (vado a scuola), stònco a casa (sto in casa), te
ll'ònco a ti (lo-li-la-le dò a te), ammélla a mi (dàlla a me)...;
- a invece di de: nonn è bóno a portà la màchina (non è capace
di guidare la macchina), a chi si figliu? (di chi sei figlio?)...;
- a invece di pe: a comme è bóno... (per come è buono...)...;
- a invece di da: ha cascàtu a cavàgliu (è caduto da cavallo),
so' bóni a magnà (sono buoni da mangiare), jèttete alla fenèstra
(buttati dalla finestra), nun ci só ripigliàtu a pàrimu (non ho
ripreso da mio padre), alla caglína vècchja ci rèsce ju bróo
bóno (dalla gallina vecchia esce il brodo buono), tè ju cortéglio
alla parte ’egliu mànicu (ha il coltello dalla parte del manico),
cuàndu ca ríe ci rèscianu le làcreme agli ócchji (quando ride
147
gli escono le lagrime dagli òcchi), fatte fà le scarpi a pàritu
(fatti comprare le scarpe da tuo padre)...
- a invece di in (ne): che ci té alla capòccia? (che hai nella
testa?), lo só liggiútu a nnu líbbiru (l'ho letto in un libro), che ci
si missu àgliu caffè?(che ci hai messo nel caffè?), ha ítu alla
cuèra all'Àfreca (è andato in guerra in Africa), mitti a mòto
(metti in moto)...;
- Si inserisce nelle frasi: beàtu a tti!, beàta a tti! (beato-a te!),
che con la contrazione si risolvono entrambe in beata tti!
co
- ha la ó stretta e non vuole apostrofo: co fràtitu (con tuo
fratello), co gli péi nfussi (con i piedi bagnati), co gliu cappéglio
mmani (col cappello in mano), co sto callu (con questo caldo),
tróppo co retàrdu (con tròppo ritardo);
- co pleonastico insieme con alcuni pronomi personali: co
(m)méco (meco, con me), co(t)téco (teco, con te), co (n)nósco,
co (n)nóscoio (con noi), co vósco, co vóscoio (con voi); ma si
dice pure: co mi, co ti, co niàri, co uiàri (con me, te, noi, voi...)
- co invece di de: co che ss'ha mmórto? (di che è morto?);
- co invece di da: s'ha lassàtu co la móglie (si è separato dalla
moglie);
- co invece di in: co n'ora vàglio e vénco (in un'ora vado e
vengo, torno), co nu moménto (in un momento);
- co = cu: cu chi? (con chi?), cu gliu figliu (col figlio).
da
- te féce da pare (ti fece da padre), se mòrze da gióene (morí
giovane), da écchi a déssi (da qui a costí), ne(ci) vitímo da
Ngilínu (ci vediamo da Angelino), dóppo passo da ti (dopo
passo da te), ju féru da stiru (il ferro da stiro), è da ríe (è da
ridere), lo da fà è tantu (il da fare è tanto), ha statu mozzecàtu
da gliu cane (è stato morso dal cane); negli esempi seguenti da
sparisce: no mme mòo écchi (non mi muovo da qui), lète éssi
(lèvati da lí, costà);

148
de('e)
- ju pare de Giggi, ju pare 'e Giggi, ju par'e Giggi (il padre di
Gigi), la pòrta de casa, la pòrta 'e casa, la pòrt'e casa (la porta
di casa), ice sèmpe de nò, ice sèmpe 'e nò, ice sèmp'e nò (dice
sempre di no); pjínu de nuci (pieno di noci), unu de niàri (uno di
noi), è piú ranne de ti (è piú grande di te), cammina de córza
(cammina di corsa), è de Tíuji (è di Tivoli), de mmatína (di
mattina), de vérno (d'invèrno), dell'Assunta (il giorno dell'
Assunzione), cérca de ireténne(cerca di andartene), non só de
écchi (non sono di qui). Si usa de oppure 'e a seconda
dell'enfasi che ci si vuole mettere.
- Da notare l'uso pleonastico della preposizione de in queste
frasi: ju só vistu de fà (l'ho visto fare...), ha ittu ca de sí (ha
detto che sí).
- Nella domanda di chi è? si vede la trasformazione
metafonetica di de; nella risposta infatti riappare subito de: è de
fràtimu (è di mio fratello).
in ('n - n)
La preposizione in ('n-n) non è mai seguita dall'articolo
determinativo, quindi non si hanno preposizioni articolate (cfr
gli esempi con la preposizione a ).
- in si usa davanti a l, n, r: in làcreme, in largu, in niru, in nòe,
in retàrdu...
- la forma n si appoggia alla parola che segue: in alto = nàutu;
in testa, in capo = ncàpu; in cielo = ncélo-ngélo-ncéo-ngéo
(é=è, c=g, l dilegua); in cima, su = ncima-ngima (c=g); in còllo
(sul collo) = ncóglio (ò=ó, ll=gli ); davanti, nella toppa, in
faccia = nfàccia*; infatti = nfatti; in òzio = nózio-nóziu (ò=ó,
z=z); in qualche pòsto = ncallóco (da notare il diverso accento
di lòco ); sulle gambe, in seno = nsinu-nzinu (s=z, é=i); in
società, in soccida = nsócceta-nzócceta (s=z); in qualche modo
= ncammòto-ncammòdo (d=t);
- davanti a m, b, p la preposizione in-n si muta in m: in barile =
mbaríle; in bilico = mbílicu, in bocca = mmócca (anche la b si è

149
mutata in m; mmócca è anche voce del verbo mmoccà =
imboccare, mettere dentro: Ah Marí, mmócca la pasta, ca
l'àccua bólle!; in braccio = mbràcciu (riappare la b di racciu);
in pittinèlla = mpittinèlla-mbittinèlla (in luogo alto e assolato,
di vedetta); in pizzo = mpizzu-mbizzu (sul bordo); in praesentia
= mpresènzia (in presenza, presenza, al presente); in mano =
mmani (mmà); in mèzzo = mméso-mmézzo;
- al posto di n si può usare anche in: ncuànti site?, in cuànti
site? (in quanti siete?); ndóa, in dóa (in due); se in casu, se
ncasu (se per caso, caso mai);
- davanti a maiuscola si puà usare ’n staccata o in: ’n Italia, in
Italia, ’n Àfreca, in Àfreca, ’n Somalia, in Somalia, ecc...

______
* nfàccia ha piú accezioni: mo ch'arevà nfàccia a móglieta! (adesso che ritorni
davanti a tua moglie!), la jài nfàccia (la chiave nella toppa), ju paése sta nfàccia a mi
(il podere è intestato a me, al mio nome).
- n-m invece di da-di: ce ll'ha leàtu ncapu (gliel'ha tolto dal
capo), lèete mméso (lèvati di mèzzo), ce ll'ha leàtu mmócca
(gliel'ha tolto dalla bocca);
pe
Ha la e stretta e non vuole apostrofo per la sparizione della r,
che però riappare in perúnu-pirúnu-perú-pirú (ciascuno), dove è
fusa con un'altra parola;
- pe mo (per adesso), pe lla màcchja (per la macchia, nel bosco),
sta pe piòe (sta per piovere), pe (t)tèra (per terra), da pe (t)tèra
(da terra; si notino le due preposizioni una vicino all'altra)...
- per la metatesi si trasforma in pre; pre chéllo riíi (per ciò
ridevi), èllo se preché (ecco perché), prenténto (dentro),
presémpio (per esempio)...;
- per la metafonesi può mutarsi in pi: pi mi (per me), pi ti (per
te), pi issu (per esso, per lui), j'acchjappà pi gliu cóglio (lo prese
per il còllo)...
su

150
- Si usa solo col significato di circa, intorno; negli altri casi si
usano le preposizioni improprie sópe-sópre-sópra: su chissu
arguménto aggià si parlàtu a tróppo (circa, intorno a codesto
argomento hai già parlato tròppo)...
fra -tra
- fra nu cuàrtu 'e ora (fra un quarto d'ora), tra mi e ti nci sta
piú gnènte da ice (tra me e te non c'è piú niente da dire), fra
tre(tri) mmisi (fra tre mesi), tra du àrbiri (tra due alberi), fra mi
(fra me)...
Le preposizioni a, de, da, insieme con molte preposizioni
improprie, formano le locuzioni prepositive.

2ª.7º.3 Preposizioni improprie e locuzioni prepositive


Preposizioni improprie
annànzi avanti fòre fuori senza senza
cóntro contro lónco lungo sópe-sópre-sópra sopra
datu dato prima prima sótto sotto
deréto diètro prenténto dentro secúndu-secúntu
dóppo dòpo rasènte rasente secondo
durànte durante réntro-trénto dentro vérzo vèrso
finu fino sarvu salvo vicínu vicinu

Da notare: la posizione di finu in addó finu va? (fin dove va -


vai?); la provenienza di secundu da SECUNDUm, di sópe da
SUPEr, di sópra da SUPRA; l'assenza dell'articolo e della
preposizione in queste espressioni: dóppo cuèra (dopo la
guerra), prima cuèra (prima della guerra), sópra vía (a monte
della via), sótto vía (a valle della via); la presenza di due
preposizioni in: stimo a nóziu (stiamo a riposo, in òzio), da pe
tèra (da terra), da ncima (da sopra), métte a de parte (mettere,
mette da parte).

151
Locuzioni prepositive
accósto a accòsto a denànzi a davanti nfinu a infino a
annànzi a avanti a deréto a diètro a nzinènte a sino a
a paru a al pari di dóppo de dopo di nzunu a insieme a
a pétto a a pétto con finènte a fino a pe deréto a dietro a
apprésso a apprèsso a finu a fino a prima de prima di
a prézzo de a prèzzo di fòre de fuori di réntro a dentro a
aréto a diètro a mméso-mmézzo a senza de senza di
attórno a intorno a in mèzzo a sópre 'e sopra di
cóntro de contro di nanzi a davanti a tramméso a in mèzzo a
deccuà da di qua da ncima-ngima a trénto a dentro a
de frónte a di fronte a in cima a, su vicínu a vicino a
dellà da di là da nfaccia a davanti a

Qualche esempio: mméso a tutti chigli non te só vistu (in mezzo


a tutti quelli non ti ho visto); lo si fattu a dispétto de niàri (l'hai
fatto a dispetto di noi); a fòrz'e pjàgne j'hàu accontentàtu (a
forza di piangere l'hanno accontentato); a pétto a mi tu nun si
niciúnu (in confronto a me tu non sei nessuno); laóra, mméce de
jacchjarà, (lavora, invece di chiacchierare); stéa sèmpe accósto
a ti (ti stava sempre accòsto); tramméso a tanti issu se sarva (fra
tanti egli si salva)...

152
È méglio laorà co chi nte paca
che parlà co chi non te capisce
CAPITOLO OTTAVO: LA CONGIUNZIONE

2ª.8º.1 Congiunzioni sempl. e composte - locuz. congiuntive

La congiunzione, una delle parti invariabili del discorso, collega


tra loro due elementi della stessa proposizione o due
proposizioni. Si hanno congiunzioni semplici, congiunzioni
composte e locuzioni congiuntive. In base alla funzione si
distinguono in congiunzioni coordinative e subordinative.
Congiunzioni semplici
addó dove cuàndu quando né né
addónca dovunque cusí cosí o o
amméce invece dunca dunque però però
anzi anzi e e preché perché
ca che ma ma puru-e pure
che che, se mbè ebbene se se
cómme come mméce invece
Esempi:
153
éo e tu (io e tu), só parlàtu puru de fràtitu (ho parlato pure di tuo
fratello), è bràu, ma non ce nne tè (è bravo ma non ne ha
voglia), lo saccio, però non lo ício (lo so però non lo dico), so
sintútu (sintítu) ca si statu a létto (ho sentito che sei stato a
lètto), pare ca, pare che (pare 'e, par'e) nun ci sta niciúnu (pare
che non ci sia nessuno), che calo t'allènto (se scendo ti busso),
ha ittu ca mo vè (ha detto che ora viene), non te sforzà ca te sse
cala la cúglia (non ti sforzare che ti scende l'ernia), ha ittu ca de
sí (ha detto di sí), se (si) viníi prima ju truíi (se venivi prima lo
trovavi), te ll'arecòrdo preché non ce llo inchi (te lo ricordo
perché tu non glielo dia), addónca vàglia ci tròo issu (dovunque
io vada ci trovo lui), tu rapri j'ócchj, dunca si sbéglio (tu apri gli
òcchi, dunque sei sveglio), vé cuàndu te pare (vieni quando ti
pare)...
Congiunzioni composte
appòsta perciò piuttósto piuttòsto
defàtti difatti sebbenànche quantunque
nconcrusione in conclusione sebbène sebbene
neànche neanche sebbenemaddío Dio non voglia
nemmàncu nemmanco seccómme siccome, come
nemméno nemmeno sennó sennò
neppúru-e neppure sicché sicché
nfatti infatti seppúru-e seppure

Esempi: nonn ha respúsu neppúru sòreta(non ha risposto


neppure tua sorella), éo só finútu, nfatti(defàtti)chéllo che tenéa
da fà só fattu (io ho finito, infat- ti quel che dovevo fare l'ho
fatto), sebbenànche sinca straccu ci vénco ucuàle (sebbene io
sia stanco, ci vèngo ugualmente), scríici, oppúru telèfaci
(scrívici, scrívigli, scrívile, scrivi loro, oppure telèfonaci,
telèfonagli ecc.), sebbene-maddío scròcca, triste a chi tòcca (se,
Dio non voglia, scatta, guai a chi tocca), è junneddí, appòsta só
riítu a laorà (è lunedí, per ciò son ritornato a lavorare).
154
Locuzioni congiuntive
amméno che a meno che finu a che finché
appéna che appena che fòre che fuorché
ca sennó perché sennò lusí che in tal modo che
comme che siccome ma, però ma, però
comme se come se né... né né... né
co tuttu che quantunque ntreménte che intanto che
cuàndu che quando che non sólo, ma anche non solo,
cusí che cosí che ma anche
cusí cómme cosí come o... o o... o
datu che dato che ora che finché, ora che
dóppo che dòpo che prima che prima che
pre chésto, chéllo, chésso perciò, susí... che in tal modo che
per questo, per quello tantu che tanto che
sarvu che salvo tantu...cuàntu tanto...quanto
se in casu in caso, se ugn'òta che ogni volta che
se preché perché

Esempi:
o éo o issu (o io o lui), né déo né dissu (né io né lui), era lusí
ranne che nun ci capéa (era cosí grande che non ci entrava),
ntreménte che magno me sento j'aràtiu (mentre mangio sento
la radio), oléa sapé se preché stíi a ríe (volevo-voleva sapere
perché stavi ridendo), isse se comm'era soccésso (disse come era
succèsso), comme che durmíi, me nne só ítu (siccome dormivi,
me ne sono andato), datu che stite écchi, firmíteve a pranzu
(dato che state qua, fermatevi a pranzo), ugn'òta che rèscio co
téco, pjòe (ogni volta che esco con te, piove), tutti fòre che déo
(tutti fuorché io), te ll'arecordaràgli finu a che campi (te lo
ricor- derai finché campi)...

155
Fila-filogna fila-filogna / àmme la óte che m’abbesógna
CAPITOLO NONO: L'INTERIEZIONE
2ª.9º.1 Interiezioni proprie, improprie e locuzioni esclamative
L'interiezione o esclamazione, ogni grammatica insegna, è una
delle nove parti del discorso, ma in effetti non è così, perché
essa già da sola è come una intera frase che può esprimere
meraviglia, ribrezzo, ira, rimprovero, dolore, gioia, minaccia,
richiamo, disgusto, noia, desiderio, rimpianto, ecc...
Si hanno interiezioni proprie, improprie e locuzioni esclamative:
Interiezioni proprie: ah, àhia, ahè, ahó-aó, ahú, blèh, èhè, léh, mah,
uff, uffa, uh, uhne...
Interiezioni improprie: adda, ahiàhia, alé, aló, benemméo, dià,
òsce, su, mannàggia, matittói-matittóglia, perbíu...
Locuzioni esclamative: àleme sante mèie, e che dià, mamma méa,
mbè su, Giasú Cristu méo, Matònna méa, uhne uhne, póri nu...
Considerazioni: adda ha significato di meraviglia: adda se
comm'è béglio! = oh, com'è bello!; con valore aggettivale: adda
munnu! = che mondo!; ah indica meraviglia, incitamento (infatti
si usa per spronare le béstie) e chiamata (ah Gí!, ah Mà!, ah
Frangé!, ecc.); matittói e matittóglia (maledetto òggi) non si
156
sentono piú; ahè e èhè vogliono dire sí, va bene, ho sentito; èh
indica rimprovero, rassegnazione o risposta, secondo il tono
della voce; òsce esprime meraviglia o disapprovazione; léh si
usa per fermare le béstie; ahiàhia e àhia indicano dolore;
benemméo grande soddisfazione; ahó e ahú richiamano
l'attenzione; alé e aló esprimono rassegnazione o incitamento;
dià, e che dià! meraviglia, impazienza, disapprovazione; uhne
uhne lamento; mah disapprovazione o incertezza; uff e uffa
disappunto, noia, impazienza; mbè su esortazione; àleme sante
mèe, Matònna méa, Giasú Cristu méo sono chiare invocazioni
religiose; póri nu! indica commiserazione o rimpianto.

157
I parénti so’ comme le scarpi / pjú so’ stritti e pjú fàu male
PARTE TERZA
VARIE

158
159
Gni cavàgliu stòcca la capézza
e ogne scarpa po’ se fa ciavatta
CAPITOLO PRIMO: POLISEMIA

3ª.1º.1 Parole con piú significati, modi di dire, ecc...


A
- à-dà (dare): attélla ncapu = dàttela in testa; pe àttella (dàttella)
ncapu = per dartela in testa; e dóppo... dàcci a tortoràte! = e
dopo... dàgli a bastonate!; ci à a dulúri = gli fa venire i dolori,
gli fa male; tell'àte = te lle ha àte = te le ha date; te ll'ònco éo =
te lo-la-le dò io;
- abbadà-abbambà (badare, avvampare, bruciare): abbàda
(abbàta) che t'abbàmbi = bada che ti bruci;
- accappà (coprire): me ss'accàppanu j'ócchji = mi si coprono
gli òcchi, non ci vedo piú (per l'ira), non capisco piú niente;
- accàre, accàr’e, accàri (nient’altro che, nessun altro che):
accàre che* nu = nessun altro che noi, solo noi, nessuno
all'infuori di noi; accàr’e chésto e po' basta (solo questo e poi
basta); ci sta accàri tu = ci sei solo tu; ci ha ítu accàri Pittúcciu
= ci è andato solo Benedetto;
- accasione (occasione): me sta a dà accasióne* = mi stai (sta)
provocando, mi sta (stai) dando l'occasione;
- acchjappà (prendere): acchjappà e sse nne í = se ne andò
senza dir nulla (prese e se ne andò); acchjappà la vía e sse nne í
= prese la via e se ne andò, decise e se ne andò, se ne andò
senza dir nulla; t'èra acchjappàtu pe fràtimu = ti avevo preso
(scam- biato) per mio fratello; e se ci acchjàppa l'àccua? = e se

160
ci prende (sorprende) la pioggia (l'acqua)? ti cci só acchjappàtu!
= ti ho colto in flagrante, sul fatto!
- accóglie (colpire): nun ci accóglio = non ci colgo, non lo
colpisco; ci só accóto co gliu turtúru = l'ho colpito col bastone;
ce ss'ha accóto nu vitu = gli è venuto a suppurazione un dito;
__________
* Cfr Lindström (Anton) – Il Vernacolo di Subiaco - 1907 - Roma, Società Filologica Romana. Studj Romanzi,
etc. no. 5. 1903, etc. 8°- Ac. 9769/6. Ogni asterisco, da qui in avanti, sottintende questo richiamo.
- accostàrese (avvicinarsi): m'accòsto alle nòe cruci = son
prossimo-a ai novanta, mi avvicino alle nove croci (una croce =
10 anni);
- accostàti (prossimi): co gli accostàti séi = con quelli che gli
stanno vicino, accòsto;
- accroccà : accrócca ju rellóggio = carica l'orologio; accroccà
la sbéglia = regolare la sveglia, mettere la sveglia a una
determinata ora;
- accuàntu àmme accuàntu nu pézzo 'e pizza = dàmmi appena
(soltanto) un pezzo di pizza; accuàntu piàntela! = cerca di
finirla, finiscila una buona volta!; accuàntu vi'! = ma guarda un
po'!;
- accupà: àglio d'accupà chésta búcia = devo approfondire
questa buca;
- adda: adda munnu! = che mondo!; add' omm'è béglio! =
guarda com'è bèllo!
- addiggiúnu: j'attrippàtu non créie a gli'addiggiúnu = chi ha la
pancia piena non crede a chi ce l'ha vuota (a chi sta a digiuno);
- addimmannà: écchi la viti e lòco l'addimmànni = lett. qui la
vedi e lí la domandi (la cerchi);
- addurà: stu picchjér'e vinu pòzza addurà comme na messa
cantàta, comme chélla co gliu pàssio! = questo bicchiere di vino
possa durare quanto una messa cantata, come quella col
"passio"!
- aé (avere): ce ll'àglio co téco = ce l'ho con te; che ci ha a che
fà? = che ha a che farci?; se che ha da èsse! = che meraviglia!,
che deve vedersi!; me tt'ha d'avicinà = mi ti devi avvicinare; na

161
cósa ha da èsse itta e fatta = una còsa va detta e fatta; nonn ha
addó í = non ha dove andare, non sa dove andare; aé da = avere
da, dovere (cfr tené da); non s'ha d'aé = non si deve avere (non
si ha da avere); ha pacénzia = abbi pazienza, per favore, aspetta
un po';
- afa: n'afa 'e callu* = un'afa soffocante, (lett. un'afa di caldo);
- affilà: non ce ll'affíla = non è capace di mandarlo-a fin là; no
gli'affílo ssu discúrzu = non riesco a seguirlo codesto discorso;
- affrancàrese: si gli affrànca i cuatríni* = s'impadronisce dei
quattrini
- alàta: la vita è n'alàta = la vita è uno sbadiglio;
- allegnàrese: la róbb'e non ti si suàta, non te ss'allégna = la
roba che non hai guadagnato col tuo sudore non ti si alligna;
- allentà: mo t'allènto = adesso ti picchio;
- ammàttese: m'ammàtto a penzà* = mi viene in mente, mi
sorprendo (mi imbatto) a pensare;
- annossà: annòssa ssa lana* = avvolgi codesta lana;
- anzi che: anzi che te llo só ittu = meno male che te l'ho detto;
- apparà: ju si lassàtu apparàtu ju vàu (uàu)?* = l'hai lasciato
chiuso il varco, la callaia?;
- appettà: appettà ju pàju 'ella cuccàgna = si arrampicò sul palo
della cuccagna, salí il palo della cuccagna;
- appettàrese: m'àglio appettàtu nu díbbitu* = mi sono
accollato un debito;
- appòsta: appòsta nun si vinútu! = per questo non sei venuto!
- araccapità: m'araccàpiti, addó va? = te la farò pagare, vedrai
(lett. mi ricapiterai, dove vai?);
- araffiatà: sta pizza m'araffiàta = questa pizza mi fa rifiatare,
mi fa rinascere, mi ridà fiato;
- arammurírese: ju fóco s'arammòre* = il fuoco si spegne;
- aranfanzàrese: comme t'aranfànzi a nònneta! = come somigli
a tua nonna!
- arattaccà: arattàcco junneddí = ricomincio a lavorare lunedí,
riattacco lunedí; arattaccameccéllo = riattàccamecelo;

162
- areà: m'areà nfàccia = mi torna su, mi fa venire i conati di
vomito, mi nausea (lett. mi ridà in faccia);
- arebbelà (cfr resbelà): le petàte prima le carpéenu, po'
l'arebbeléenu e cuàndu ca le resbeléenu... fatte cuntu che èranu
nòve = le patate prima le carpivano, poi le coprivano (con la
terra) e quando le riscoprivano erano come nuove;
- arègge: própio non gli'arèggio = proprio non lo sopporto, non
riesco a reggerlo;
- arebbàtte: non t'arebbàtte?* = non ti ribatte?, non ti sta bene?;
non t'arebbàttanu i cunti? = non ti tornano i conti?;
- arecaccià: arecaccià le léna = trasportare la legna dal bosco
alla strada; comme ci arecàccianu? = come lo chiamano? qual è
il suo nomignolo?; ju passó ha recacciàtu = l'ulivo ha messo
nuovi germogli;
- aremétte: arimittitígli i jénti = riméttiteli i denti;
arimittiticcígli = riméttitecili; areméttese a santi = purificarsi
dopo il parto;
- arengrazià: arengràzimu Díu = gratias àgimus Deo,
ringraziàmo Dio;
- arevotàrese: cuàndu ti cci arevùti tu alla màcana (màchina)?
= quando mai tu curi un po' la macchina?;
- aréto: tre (tri) anni aréto = tre anni fa;
- ària: ha reriscíta l'ària = è tornato il bel tempo, lett. è riuscita
l'aria; (contr. l'ària s'ha nzeràta = il cielo si è rannuvolato, lett.
l'aria si è chiusa);
- arià: vi' che t'arío a dí! = guarda che oso dirti!, guarda che
arrivo a dirti!;
- assassínu: me só fattu comme n'assassínu = mi sono tutto
sporcato, mi sono ridotto come un'impiastro (lett. mi sono fatto
come un assassino);
- assínnu: nun mme fa assínnu* = non mi dà retta, non mi
obbedisce; ci credí, ma però nci féce assínnu = gli credette, ma
non l'ascoltò, non seguí il consiglio;

163
- attaccà: attàcca j'àsinu alla campanèlla = lega l'asino
all'anello; ha attaccàtu a sgrullà = è cominciato a piovere a
dirotto; cuàndu si attaccàtu? = quando hai iniziato il lavoro?;
- attraccià: s'attràccia = si tira a campare, si campa (lett. si
traccia);
- attrippàtu: cfr addiggiúnu
- aúgnu: ci vàglio aúgnu* = ci vado (ci torno) volentieri;
- avanzà: areàmme i sòrdi che t'avànzo = ridammi i soldi che
mi devi;
- avé (davéro): ha statu issu, avé? (ha ve'?) = è stato lui, vero?;
- azzopénnuju: ha ítu azzopénnuju = è fallito (lett. è andato con
l'osso pendulo).
B
- badà (batà): va badènno! = non farci caso, non ci badare;
- ballà: ci fa ballà ju póce = colma un bicchiere al massimo, lett.
ci fa ballare la pulce; balla la vècchja = effetto del riverbero di
calore;
- bancu: fa lo scassàtu a bancu* = fa lo scassato a banco
(profondo 5 palmi);
- béglio: site pirdútu béglio che la pace = ormai avete perso la
pace, la tranquillità; s'èra béglio che mbriacàtu = ormai si era
già ubriacato;
- benemméo: bene e mèglio (si usa come esclamazione a
significare grande soddisfazione); il suo contrario maleppèggio-
maneppèggio (male e pèggio) indica un attrezzo del muratore,
una specie di martello a due tagli perpendicolari;
- bóno: nun si bóno a portà la màcana (màchina) = non sei
buòno a (capace di) guidare la macchina;
- bòtta: m'ha àta na bòtta ncapu = m'ha dato un colpo in testa;
sarà pe n'ara bòtta = sarà per un'altra volta;
- bótto: só sintútu (sintítu) nu bótto = ho sentito un colpo, uno
sparo; tuttu nu bótto = tutto d'un colpo, all'improvviso; ha fattu
nu bótto = è caduto, ha fatto una caduta;

164
C
- ca-cae: èranu ca le nòe = erano circa le nove; n'ariàranu ca
vinti = ne arrivarono circa venti, una ventina;
- caccià: càccia a béie = spilla il vino, tira fuori da bere; càccete
le scarpi = càvati le scarpe; non ce sse càccia = non ci si fa, non
ce la facciamo; càcciaju, càcciju = scaccialo, mandalo via;
j'àrbiru sta a caccià = l'albero germoglia;
- caícchja: tè la caícchja = ha le gambe arcuate;
- cammínu: s'ha spallàtu ju cammínu = si sono rotte le acque,
inizia il parto;
- capé: ce nne cap'assài * = ce n'entra assai; nun ci cape = non
c'entra;
- capu: te ss'ha passàtu ju capu? = ti è passato il mal di testa?
- capustúrnu: me piglià ju capustúrnu = mi prese il capostorno,
impazzíi;
- care-cari cfr accàre-accàri;
- carióne: nu carióne 'e fóco* = un pezzo di carbone acceso, un
carbone di fuoco;
- cascà: le si cascàte tu = le hai perse tu, ti sono cascate; me
ss'hàu cascàte = mi sono cadute; si cascàtu addurmítu = ti sei
addormentato;
- céo-céu: me sse vòta céo * = mi gira la testa (il cielo);
- cétto: cétto = prèsto; domani cétto = domattina prèsto;
- che: che tu scartíi chéll'ara carta, vingíi = se tu scartavi
quell'altra carta, vincevi; che calo t'allènto = se scendo ti
picchio;
- ciàtta: se nno reréntro présto, a casa gira la ciàtta = se non
rientro prèsto, a casa mia gira la ciabatta (cioè mia moglie mi
batte con la ciabatta);
- cicà: mi gliu só tinútu da cicà tuttu ju jórno = ho dovuto
sopportarlo tutto il giorno, ho dovuto sorbirmelo tutto il giorno;
- ciccevitàbbiu: cícciu 'e vitàbbiu = germoglio di vitalba; cicci 'e
vitàbbiu = germogli di vitalba; liana;
- cioncà: te ciónco = ti spezzo le gambe;

165
- ciúcca: simo fattu a ciúcca = abbiamo sbattuto la testa (con la
fronte) uno contro l'altro, abbiamo cozzato, ci siamo scontrati;
- còce: no lle còce! = non cuocerle!; adda comme còce! = come
scotta!
- coétta: jornàta e coétta = giornata con lo straordinario, con la
coda (coétta = piccola cóa, codetta);
- cóglie: a chi cóglio, cóglio = a chi tocca, tocca; chi colpisco,
colpisco; le si cóte l'íe? = le hai còlte (raccolte) le olive?
- commànnu: non sinca pe commànnu = non sia per comando
(ma per piacere);
- compatí: nun gliu pòzzo compatí = non lo posso sopportare
(compatire);
- còppa: i sciatúri hàu vintu na còppa = gli sciatori hanno vinto
una coppa; lo méo so' cincue còppe = la mia parte sono cinque
còppe (5 mila metri quadrati); m'ha spartítu na còppa 'e
ranitúrcu = mi ha messo da parte una còppa di granturco (kg
25); abbassà le còpp'e gli ócchj* = abbassò le palpebre; bussa a
còppe = bussa a coppe (nel tressètte);
- coràglia: se mésse le coràglia = indossò le collane di corallo:
ju rosàriu (la piccola) e ju vizzu (la grande);
- córbo: t'ha pigliàtu nu córbo a revení écchi! = finalmente ti
sei deciso a ritornare qui!; te pòzza piglià nu córbo! = ti possa
prendere un colpo!; dó (addó) córbo va? = dove diavolo
vai(va)?;
- còre: no llo só ittu co chigliu véro còre = non l’ho detto con
quell’intenzione (lett. con quel vero cuore)
- córe: è munnu che córe cusí = il mondo va (corre) cosí, cosí è
la vita;
- córpo: me ss'ha scióto ju córpo = m'è venuta la diarrea (mi si
è sciòlto il còrpo)
- cruci: m'accòsto alle nòe cruci = vado per i novanta,
m'avvicino alle nove croci (una cróce = 10 anni); cfr
accostàrese

166
- cuardà: só secúru che m'ha vistu, preché m'ha remàsu a
cuardà = sono sicuro che mi ha visto, perché è rimasto a
guardarmi;
- cuíta: me só attaccàtu a na cuíta e ci só fatte du sóme 'e léna =
ho cominciato a tagliare una guida e ne ho ricavato due sòme di
legna;
- cuatríni: si gli affrànca i cuatríni* (cfr affrancàrese) =
s'impadronisce dei quattrini;

D
- dà: cfr à
- deótto: ha ítu a deótto = è andato via dal nido;
- dí-dice-ice: dire; díne = dire;
- diassílla: mo te canto la diassílla = ora ti canto il dies irae,
dies illa (ti dico tutta la verità; te le canto io);
- doé: dovere (quasi sempre è sostituito da: aé da, aé ta, tené da
= avere da);
- dórge: lo dórge te llo pigli e l'amàru lo cachi a gli ari = il
dolce te lo prendi e l'amaro lo lasci agli altri;
E
- e: éo e tu = io e tu;
- è: è miccu = è piccolo;
- 'e: j'àsinu 'e Pèppe = l'asino di Peppe;
- e': e' m'agghjatijà = io mi agghiadai, agghiacciai per lo
spavento;
- èsse: che c'è? che t'è? = che è per lui? che è per te? che
parentela c'è?; c'è nepóte = gli-le è nipote, è suo-a nipote; t'è zíu
= ti è zio, è tuo zio; mi si cuggínu = mi sei cugino, sei mio
cugino; embè, è paesànu a ti = sí, è tuo paesano; cuànt'è témpo?
= quanto tèmpo è?; póco témp'è = è pòco tèmpo, pòco fa;
cuànt'è décchi e déssi = quanto è da qui a costí; cuàndu ch'è
póc'aru = fra un po'; pò èsse = può essere, è possibile; comm'è
sta éssi? = come mai ti trovi costí?; onn è piú = è finita, non è

167
piú; non sinca pe commànnu = non sia per comando (cfr
commànnu); si' (sinca) biníttu = sia benedetto; si' benétta = sia
benedetta; 'e nn'è? = che ne è?;
F
- fà: fà a carti = giocare a carte; a ti l'ha fatta póco lónca! = con
te non la finiva piú; che ci ha a che ffà? = che ha a che farci?;
che me ll'addimmànni a ffà? = perché me lo domandi?; me sse
féce à nu cazzòtto = mi costrinse a dargli un pugno (mi si fece
dare un pugno); a cuàntu le fa sse scarpi? = quanto costano co-
deste scarpe? (a quanto le fai codeste scarpe?); fàsse capàce =
capacitarsi, persuadersi; ténco da fà piú déo che gliu vénto
all'ara = ho da fare piú io che il vènto all'aia; vattélle a fà =
vàttele a cogliere;
- fatta: na bèlla fatta 'e jinèstre = una bella raccolta di ginestre,
un bel po';
- Fèbbo: Fèbbo batte = Fèbo (il sole) batte (picchia);
- ficòtto: fà ficòtto = ricevere (nella giacca indossata sul davanti)
ju diriló (il legnetto della lippa appuntito alle due estremità); ci
magnèmo i ficòtti = ci mangiavamo le samare dell'olmo;
- fíju-fíu: ju fíu 'ella schjna* = la spina dorsale (il filo della
schiena); issu batte ju fíu* = egli telegrafa (batte il filo);
- fóco: l'àccua facéa fóco = pioveva a dirotto (l'acqua faceva
fuòco); stéa vicínu a gliu fóco = stava vicino al focolare, al
caminetto; lo fóco alluméa la stànzia = il fuoco illuminava la
stanza;
- fregnó: ca fregnó ju troaràgli che t'aiúta = qualche stupido,
qualcuno che ti aiuti, lo troverai;
- fuscu: fiúme iéa fuscu = il fiume era torbido (andava fosco);
- fusu: ha sbattútu ju fusu 'e mamma* = ha sbattuto lo stinco;
G
- girà: olaría girà ju munnu = vorrei girare il mondo, viaggiare
per il mondo;

168
- gnàccuje: battéa le gnàccuje = tremava dal freddo, batteva i
denti;
I-J
- ice-dice-dí: pe ice = per dire; pe (d)dí = per dire; pe (d)ditte =
per dirti; a (d)dí póco = a dir pòco; te só ittu, te só (d)dittu = ti
ho detto; dícci le risàte! = (digli) raccónta-gli-le-loro le risate
(che ci siamo fatte)!; te ícianu puru de male = dicono pure male
di te;
- jettà: jettàrese alle mbrache = buttarsi sull'imbraca; ssa ótte
jètta = codesta botte perde; jettemétte sópe = gèttati sopra di me;
jittítiji(ittítii) = gettàteli; vatte a jettà a fiúme = va a gettarti nel
fiume; è comme na "jètteme a pasce" = è come una "gettami a
pascolare" (si dice di una persona calma e tranquilla);
- innòtte - í nòtte: stanotte, questa notte;
- itèrza - í tèrza: l'altro giorno, avant'ièri;
L
- lacu: la luna fa ju lacu* = la luna ha l'alone (fa il lago);
- latte: chissu se bée lo latte cuàndu la vacca se magna l'úa =
costui si beve il latte quand'esso diventa vino (quando la mucca
mangia l'uva);
- leà-leàsse: lèt'éssi = lèvati, tògliti di lí (lèate éssi = lèete éss i=
lète éssi = lèt'éssi); leetícci póco tu, ca mi cci métto póco éo =
lèvatici un po' tu, che mi ci metto un po' io; te learía i petalíni
senza sciógliete le scarpi = sarei-sarebbe capace di levarti i
calzini senza scioglierti le scarpe;
- léncua: la léncua non s'ha fatta mai vècchja = il-la
chiacchierone-a chiacchiera finché campa (lett. la lingua non si è
fatta mai vecchia);
- lina: na lina 'e àgliu = un bulbillo d'aglio; le line = i semi di
zucca (bruscolini);
- luminàta: te faccio veté la luminàta* = ti faccio vedere la
luminaria (con un pugno negli occhi!);
M
169
- macàra: macàra la capàra l'ha da lassà = almeno la caparra la
devi lasciare;
- màffia: co chígliu pàrdone ci facéa la màffia = in quel
cappotto (paletot) si pavoneggiava (lett. ci faceva la 'mafia');
- maneppèggio: attrezzo del muratore (maleppèggio da male e
pèggio; cfr il contrario benemméo, bène e méglio);
- mantené: mantétte bóno = mantieniti buòno;
- mbicci (mpicci) e mbrugli: e mbicci e mbrugli = o di riffa o di
raffa; e una cosa e l'altra (lett. e impicci e imbrogli);
- mérco-u: éo tirà a mercu* = tirai a bersaglio; t'ha lassàtu ju
mérco = ti ha lasciato il marchio, il segno;
- ménte: che ménte té? = che intenzione hai? lett. che mente
hai?;
- métte: mi (t)ti mitti ncóglio = me ti metti sulle spalle (in collo);
mittimítti ncóglio = méttimiti sulle spalle; métte a gliu pizzu =
mette-mettere da parte (al pizzo del materasso); comme mitti?
métto Projétti = qual è il tuo cognome? Projétti; j'hàu missu a
teretòcca = gliene hanno date tante!; me fa métte paúra = mi
metti-e (mi fa-i mettere) paura, mi spaventa-i; mitti ca... = metti
che..., putacaso; ci métto nu cuàrtu 'e ora = impiego un quarto
d'ora; a chissu ju mettaría fòre = codestui lo metterei fuori; mi
si missu mpiàzza = mi hai messo in piazza, hai sparlato di me;
- mmani: chéllo che té mmani, nte ll'ha da fà scappà = quello
che hai in mano non te lo devi far scappare;
- mparàrese: me ss'ha mparàtu a conósce = ha imparato a
conoscermi;
- mpostàrese: se te tè friddu sèrcitate, se te mpusti te muri* = se
hai freddo muoviti (esèrcitati), perché se ti fermi muori;
- mpò-mbò: un po' (italianeggiante); in dialetto si ha póco de,
póco 'e, ca ppóco-a, ca ppóchi-e; (cosí significa non può);
- muccu: tè ju muccu nfàccia! = ha il viso sulla faccia!
- munnu: è munnu che córe cusí = il mondo va (corre) cosí, cosí
è la vita (cfr córe);

170
- murírese: me mòro = muoio; se mòrze = morí; s'ha (m)mórto =
è morto;
N
- nàute: so' parte nàute* = sono parti alte (da notare il plurale
parte);
- ncapu: ncapu a gli'annu cuànti so'? = alla fine dell'anno quanti
sono?;
- ncarà: non te sse ncara = non ti guarda nemmeno, se ne frega
di te; la múja si gli'ha ncaràtu = la mula l'ha trascinato via, se l'è
portato appresso;
- ncollà: me só ncollàta na matta 'e léna = mi son messo sulle
spalle un fascio di legna, ho trasportato un fastello di legna; ju
vénto te sse ncòlla = il vènto ti trascina, ti porta via;
- nfàccia: la jài sta nfàccia = la chiave è nella toppa; sta nfàccia
a ti = è intestato a te, lett. sta in faccia a te; mo ch'arevà nfàccia
a móglieta !=quando torni da tua moglie!
- nfénta: lo féce nfénta = lo fece per finta;
- nfilàrese: mi cci nfilà apprésso = gli corsi subito dietro;
- ngerasàru-ncerasàru: se màggiu è assúccu, ngerasàru è
nfussu = se maggio è asciutto, il mese delle ceràsa (giugno) è
bagnato;
- nzaccàrese: mi cci só nzaccàtu apprésso = gli sono corso
subito apprèsso (cfr nfilàrese);

O
- olé (volere): ci ò = ci vuole, è necessario, occorre; ci ò lo pà =
occorre il pane; no olé paúra = non aver paura (lett. non volere
paura);
- ómpra (ombra): èra lusí macru che, pe fà póco 'e ómpra, tenéa
da passà du òte! = era cosí magro che, per fare un po' d'ombra,
doveva passare due volte;
- ósso: lo tenéa sópe a gli'ósso 'egliu cóglio = non vedevo-a l'ora
di far qualcosa (ce l'avevo-a sull'òsso del còllo); óssopazzígliu =
ssopazzìgliu = malleolo, ca-viglia; ossopénnuju = ozzopénnuju
171
= azzopénnuju = òsso pendulo, òsso spezzato; í azzopénnuju =
andare-andai-andò fallito (con le òssa rotte);
- òta: n'ar'atr'òta = un'altra volta (da notare ar'atr' = altr'altra);
òte sí, òte nò = a volte sí, a volte nò;
- óta: óta ròcca* = alta rocca (la rocca abbaziale);

P
- parà: parà mmani = ricevetti-e, ricevere in mano;
- paré: me nne pare male = mi dispiace, mi muove a
compassione;
- parte: tè la parte = fa la parte, ci sa fare;
- paru: a paru a prima = rispetto a prima;
- pasce: è comme na "jètteme a pasce" = è come una "gettami a
pascolare" (si dice di una persona calma e buona); cfr jettà
- pàsema: me facéa tirà la pàsema* = mi faceva ansimare;
- pastà: lu vinu se llo pastéa = il vino lo pasteggiava, se lo
gustava;
- pastenàgliu: vi' se che pastenàgliu! = guarda che poltiglia!;
- passà: si passàtu rittu = hai tirato dritto; ha passàti i
pummitòri = ha pasato i pomodori; cuànte me nn'ha fatte passà!
= quante me ne ha fatte passare!; te ss'ha passàtu ju capu? = ti è
passato il mal di testa?
- passu: nu passu a témpo = appena in tempo (un passo);
- pecóne: comménza a gliu pecóne = comincia dal basso,
dall'inizio (incipit ab egone = comincia da me (?);
- pèie: a(p)pèie = appèie = a pièdi; a péie = dappièdi; a(p)pèie
fittu = a passo svelto; a(p)péi fitti = a piedi pari, uniti (a tavola);
- péna: me stéa a piglià péna = mi stavo preoccupando;
- penzà: se pènza ca... = si crede che...; che te pènza ju capu? =
ma che dici? (lett. che cosa ti pensa il capo?);
- pèrna: tè na pèrna 'e méno* = ha un occhio di meno (pèrna =
perla = occhio);

172
- pète: a fòrza 'e pète, refàu piú petàte issi senza zappàne, che
niàri = a forza di chiedere, raccolgono piú patate loro senza
zappare che noi;
- pétto: a pétto a ti = a pètto a te, rispetto a te, in confronto a te;
la sallíta no lla piglià a pétto = la salita non prenderla di pètto;
- pèzze: alle pèzze = sotto le coperte (pezze), a letto;
- piacére: fa piacére = fammi un piacere, per piacere;
- pianéta: chigliu tenéa la pianéta, tenéa da murí lusí* = quegli
aveva la pianeta (il destino segnato), doveva morire in quel
modo;
- piglià: me sse piglià còllora = andò in collera con me; ti stíi a
piglià péna = ti stavi preoccupando; píglio e scappo, píglio e
mme nne vàglio, píglio la vía e mme nne vàglio = scappo, me ne
vado senza dir niente, all'improvviso, decido e vado; me sta a
piglià fame = mi sta venendo fame;
- pignàte: le pignàte rótte vàu sèmpe girènno pe la casa = una
cosa non desiderata ti viene sempre tra i piedi (lett. le pignatte
rotte vanno sempre girando per la casa);
- pinta: tutta la nònna cacàta e pinta = somiglia alla nonna in
tutto e per tutto (lett. è tutta la nonna cacata e dipinta);
- píju-píu: ju píju tigliu (dégliu) tàsciu* = il pelo del tasso (la d
intervocalica diventa t e la e si muta in i);
- pizzicà: a chi ci ha pizzicàtu na lípera tè paura puru ’ella
lingèstra = chi è stato morso da una vipera ha paura pure della
lucertola; attènte ca j'aspóne te pízzica = sta attento-a perché il
vespone (calabrone) ti punge;
- pónta: na cóccia 'e sàncue dalla pónta 'egliu pèie me sallí pe
gliu córpo e me sse mésse ncapu = una goccia di sangue dalla
punta del piède mi salí per il corpo e mi si mise in testa (l'ira
crescente!); na pónta de crapi = un gregge di capre;
- póri: nonn accennà la juna ca te véu i póri = non indicare la
luna, perché ti si formano le verruche;
- portà: nonn è bóno a portà la màchina = non è capace di
guidare la macchina;

173
- poté: pò stà? = può essere? è possibile?; non pòtte viní = non
potei-non poté venire; puzzi fà l'úrdima = possa tu fare l'ultima;
te pòzza piglià nu córbo a ti e ssu mpiàstru che ssi = ti possa
prendere un colpo, impiastro che sei; te pòzzanu... = ti
possano...; chi ne ò bè se pòzza murí = chi ci vuol bene
(continuando a darci da bere) possa morire;
- presóne: tutti mpresóne = tutti in prigione;
- pruibbí: só statu pruíbbitu de parlà = mi hanno proibito di
parlare, mi è stato proibito (lett. sono stato proibito di parlare);
- puca: azzà le puche = alzai-ò, alzare le penne (gli aculei; puca
= aculeo dell'istrice), adirarsi, inorgoglirsi;
- púgliu: só ítu a pùgliu = mi hanno vinto tutto, sono stato un
pollo (infatti púgliu vuol dire pollo;
- pulíccu: t'ha mannàtu a pulíccu = t'ha ripulito di tutto (pulíccu
viene da puliccà = piluccare);
- puntu: a punt'e arba* = allo spuntar dell'alba; nu puntu
ncapu = un punto in testa; nu puntu cuatagnàtu = un punto
guadagnato;
- puzzu: capu puzzu = testa matta, balzana; mela puzza = mela
bacata; jénti puzzi = denti cariati;
R
- raccoerà: te raccúeri alla morécchia = ti ricoveri alla caverna;
- ràcia: tè la ràcia ncórpo = ha la bracia in còrpo (perché ha
bevuto tròppo);
- ralleà: hàu ralleàtu ju pare che ss'ha mmórto = gli hanno
messo il nome del padre che è morto (lett. hanno rallevato il
padre...);
- ràmuja: è comme na ràmuja = è come una gràmola (mastica,
sgrana di tutto);
- rebbotàrese: si gliu rebbòtanu = lo raggirano, lo imbrogliano;
- recapà: j'hàu recapàtu a gliu mazzu = l'hanno scelto nel
mazzo;
- recolecà: vatt'a recoleca* = vai a farti benedire (a ricoricarti);

174
- rècuia: sópe a gliu mórto se canta la rècuia = sul mòrto si
canta il requiem;
- refà: a fòrza 'e pète, refàu piú petàte issi senza zappà, che
niàri = a forza di chiedere, raccolgono piú patate loro senza
zappare che noi; cfr pète
- refrescàta: co la refrescàta = quando rinfresca, col fresco;
- reméssa: co tutta chélla fame reméssa = con tutta quella fame
arretrata;
- remétte: remétte a séna = rimettere a segno, ricominciare
daccapo; remétte le léna, le petàte = fare provvista di legna, di
patate per l'inverno; remétte la màchina = mettere l'auto nel
garage; remétte a santi = purificare dopo il parto;
- rendènnese: non me nne rendènno = non me ne intendo;
- repassà: te sse repàssa = ti raggira, ti inganna;
- repenzà: nun ci só repenzàtu = mi è sfuggito di mente, non ci
ho ripensato;
- repètese: issu se repète prima = egli rimpiange il passato;
- resciúta: alla resciúta 'egliu sóle* = allo spuntar del sole,
all'uscita del sole...
- rescòtese: si gliu rescòte = lo difende, prende le sue parti;
- resecà-rocecà: chi no réseca (rischia), no róseca-róceca
(rosica, rosicchia);
- resíste: no gliu pòzzo resíste = non riesco a sopportarlo, (lett.
non lo posso resistere);
- restà: restònco a dúici = devo ricominciare daccapo, (lett. ristò
a dodici);
- restrégnese: puru a ti cae òta te sse restrégnanu le scarpi =
pure tu talvolta non riesci a camminare (per la sbornia), (lett. ...ti
si restringono le scarpe);
- revotàta: la vita è na revotàta 'e ócchj = la vita è un batter
d'òcchi (lett. la vita è una girata di òcchi);
- ripiglià: ci só ripigliàtu a pàrimu = ho ereditato i caratteri
(somatici e morali) di mio padre, ho ripreso da mio padre;
- riscí: me vénne a riscí nnanzi = mi venne incontro (lett. mi

175
venne ad uscire davanti); me riscí nfàccia = mi apparse, mi uscí
davanti (alla faccia);
- róbba: ha róbba che mme nne tocchétte a í = insomma me ne
dovetti andare (lett. è ròba che mi toccò di andarmene);
- ròppa: pedderéto (pe de réto) alla ròppa = diètro la schiena
(groppa);
- rugnu: tantu va ju vattu all'untu, finu a che ci sbatte ju rugnu
= tanto va il gatto al lardo (all'unto), che ci lascia (sbatte) lo
zampino (il grugno);
- russu: fiúme iéa russu = il fiume era in piena (lett. il fiume
andava grosso);
S
- sanu: s'ha biútu nu fiàscu sanu = ha bevuto un fiasco intero;
cincuemíla lire sane = cinquemila lire intere (non spicciole);
- sapé: non te llo sàccio a ddí = non te lo so dire; se sapéa de
muffa = aveva sapore di muffa; mo, lo sa, le fiamme! = adesso
immaginati le fiamme!; nsó, nzó = non so (ma il dialetto fa non
sàccio); nsó che (nsocché) partita = non so quale partita, una
certa partita; nsó che aru (nsocché aru ) = non so che altro,
qualcos'altro; nsó dó (nsoddó) = non so dove, in qualche luogo;
Roma no lla sàccio = Roma non la conosco; síntiju, eppó me sa
a ddí se che t'ha ittu = sèntilo, e poi mi dirai che ti ha detto;
- scainà: lo fóco ha scainàtu = il fuoco ha favillato, ha
sprigionato faville; se stéa a scainà i jénti = stava pulendosi i
denti con lo stecchino;
- scallà: cuàndu scalla l'ària = quando si scalda (riscalda) l'aria;
- scappà: ci scappà ju zappó = gli sfuggí la zappa; no me scappà
= non mi scoprire; se te scappa témpo = se hai un po' di tempo;
scappéa comme nu lèpere = scappava (correva) come una lepre;
- scèrne: no mme pò scèrne = non mi può vedere, mi odia; -
schjàffu: nu schjàffu nfàccia e na zampàta ncúju = uno schiaffo
sul viso e un calcio nel sedere (punizione spicciola per discoli;
- sciaccuà: la ròta sciàccua = la ruota va lenta nella sala (asse);
- sciàttu: faresénne i sciàtti = sprecare, sperperare, scialare;

176
- scióglie: no mmagnà ssa róbba, sennó te sse scióglie ju córpo
= non mangiare codesta ròba, altrimenti ti viene la diarrea (lett.
ti
si sciòglie il còrpo);
- sciupà: sti sòrdi mi gli sciúpo tutti = questi soldi (me) li
spendo tutti;
- scoccià: ha scocciàta la fiamminca = ha rotto la terrina (la
fiamminga); me si scocciàtu = mi hai annoiato, mi hai rotto;
- sconcàssu: e vénne nu sconcàsu de céo* = e venne un
temporale con tuoni, lampi, fulmini e saette (lett. e venne uno
sconquasso di cielo);
- scòte: nun ci scòte = non c'entra bene;
- scrima: se va scrima-scrima = si va seguendo la cresta dei
colli;
- scrócchj: s'ha crompàtu nu cortéglio co gli scrócchj* = si è
comprato un coltello a serramanico (con lo scròcchio);
- scuru: appéna scuru = subito dopo che s'è fatto buio;
- sèllaru: ju nepóte tè ju sèllaru* = il nipote ha la gobba (lett.
ha il sedano);
- séna: tinímo da remétte a séna = dobbiamo ricominciare
daccapo, dobbiamo rimettere a segno (cfr remétte);
- séra: séra te nne ísti cétto = ieri sera te ne andasti presto (cfr
cétto);
- seréna: innòtte ci simo addurmíti alla seréna = stanotte
abbiamo dormito a ciel sereno (all'addiaccio; cfr innòtte);
- sfrellecà: ju cane sfrélleca ju píju, l'aglína sfrélleca l'ale* (le
scélle) = il cane fa tremolare il pelo, la gallina le ali;
- signòra: è na bèlla signòra = è una bella signóra; tè paúra
della brutta signòra = ha paura della mantide religiosa;
- sóne: non pjòe e non rèsce sóne* = non piove e non esce il
sole;
- sónno: só fattu nu bruttu sónno = ho fatto un brutto sogno; me
só fattu du óra de sónno = mi son fatto due ore di sonno; me tè
sónno = ho sonno, ho voglia di dormire; m'ha vinútu nsónno =
m'è venuto in sogno, l'ho sognato;
177
- sònno: io sogno (da sonnà = sognare); me tte sònno = ti sogno
(me tè sónno = ho sonno; sònno è verbo, sónno è sostantivo);
- spallà: s'ha spallàtu ju cammínu = si sono rotte le acque, è
iniziato il parto;
- sparà: sparímo ju vàu (uàu)* = apriamo il varco, il passo, la
callaia; si sparàti i pròspari = hai acceso i fiammiferi (pròsperi);
- spiccià: chélla pagnòtta me lla spicciaría co nu minutu =
quella pagnòtta la mangerei (la finirei) in un minuto;
- spina-spinu: nu gliu mettaría nemmàncu pe spina-u a gliu vàu
(uàu) = non lo metterei neanche come fronda per chiudere il
varco, la callaia (si dice di persona che vale poco);
- spósa: la spósa era vistíta de bjàncu = la spòsa era vestita di
bianco; so ítu alla spósa = sono andato al matrimonio, allo
sposalizio, alle nozze;
- sposàrese-spusàrese: me só sposàtu cuínici anni aréto = mi
sono spo-sato quindici anni fa; me só spusatu = mi son tolto il
carico dal capo, dalle spalle ;
- stà: stònco a scherzà = sto scherzando; se sta a murí = sta
morendo; se sta a fà rerègge = si fa trattenere (facendo finta di
attaccare); ci sta-ci stàu = c'è-ci so- no; a chi sta? sta a mi = a
chi tocca? tocca a me;
- staccà: só staccàtu alle 6 = ho finito di lavorare alle 6;
- stafu: issu stoccà nu stafu de ranitúrcu = egli spezzò un culmo
di granoturco;
- stirà: ha stiràtu le ciànchi = ha tirato le cuoia;
- stoccà: ju ramu s'ha stoccàtu = il ramo si è spezzato;
- stócco: so stócco e mméso-u* = sono sdirenato, slombato,
spezzato in due; stócco mméso= spezzato in mezzo, a metà;
- strapúnziu: ju funnu 'egliu strapúnziu = il fondo del materasso
(strapúnziu = anche trapunta);
- strecà: le tròtte hàu strecàtu = le trote hanno deposto le uova;
- strillà: preché me strilli? = perché mi rimproveri?
- strozzà: strozzà nu pranzu = fare un pranzo alla svelta;

178
- stufu: i stufi 'egli càuji no mme piàcianu = i gambi delle foglie
di cavolo non mi piacciono.
T
- témpo: ha riscítu ju témpo = è rasserenato, è tornato il sole
(lett. è uscito il tèmpo); cuànt'è témpo? = quanto tèmpo fa? da
quanto tèmpo?; póco témp'è = pòco fa, da pòco, è pòco tèmpo;
ntémpo de vita méa = durante la mia vita; ntreménte passi
témpo (senza articolo) = intanto fai passare il tèmpo;
- tené: te tè fame? = hai fame?; ténco da fà = ho da fare, sono
occupato; non ce nne tè = non ne ha, non ne abbiamo voglia;
tuttu me nne tè, méno che de laorà = ho voglia di tutto, ma non
di lavorare; te ténco da ice = ti devo dire; tettéllo a ménte =
ricòrdatelo; cuàntu tè? = quanto ha? quanto tèmpo (giorni, mesi,
anni) ha?; tené da (tené ta) = aé da (aé ta) = avere da, dovere;
issu tè la parte = lui fa la parte, ci sa fare;
- tèra: tèra pe gli cici = cimitero (terra per i ceci);
- tí-dí: só staccàtu a n'óra 'e tí* = ho finito di lavorare quando
mancava un'ora al tramonto (c'era ancora un'ora di dí);
- tirà: tirà la pàsema* = ansimare (cfr pàsema); tirà a mérco* =
tirare a bersaglio (cfr mérco);
- toccà: tòcca! = vai!; ma tòcca = ma va', lascia perdere; e tòcca
= e via; mi cci tòcca a í = ci devo andare; tòcca a tti = tócca a te,
è il tuo turno; ha toccàtu a mmi = è toccato a me, è succèsso a
me; triste a chi tòcca! = guai a chi tócca!; m'ha (t)tuccútu da í =
son dovuto andare (m'ha attuccútu); te tòcca a í = devi andare
(t'attòcca a í ); mi gliu toccarà a ffà = dovrò comperarmelo (mi
gli'attoccarà a ffà); ne nn'ha tuccútu a míttiji separati = siamo
stati costretti a metterli separati (ne nn'ha attuccútu);
- tòrce: la múja tòrce, míttici ju ciantróne* = la mula sbanda,
metti una pietra (ciantróne) dall'altra parte, bilancia il basto;
- tricà: e trichi! trica poc'aru! = e che aspetti?; sbrigati!
- trippa: tante trippe, tante panze, 'gni paése le su usanze
(l'aggettivo su, prima del nome, è estraneo al nostro dialetto;
- tróppo: ci sàccio tróppo fà = ci so fare tròppo (tróppo davanti

179
all'infinito).
U
- ucicà: ma che tte stà a ucicà? = ma che vai rimestando?;
- úrdima: puzzi fà l'úrdima! = che tu possa fare l'ultima!;
- urtichèlla: ma va a urtichèlla!* = ma vai al diavolo!;
- urtu: tenéa n'urtu! = era cosí inquieto!, cosí urtato!;
V
- vecchjàglia: èh, la vécchjàglia, no vi cci facíte vécchj! = eh, la
vecchiaia, non fàtevici vècchi!;
- venócchja: tè le venócchja che ci fàu male = gli-le fanno male
le ginòcchia (ha le ginòcchia che gli-le fanno male);
- vérzo: no mme va a vérzo = non mi va a genio; l'ha pigliàta a
vérzo = l'ha presa nel modo giusto (nel vèrso buono); nonn ha
scrittu nu vérzo = non ha scritto un vèrso; vàglio vérzo l'ara =
vado vèrso l'aia;
- veté: écchi la viti e lòco l'addimmànni = lett. qui la vedi e lí la
domandi (cfr addimmannà);
- vétoa: la bèlla vétoa alla vetoànza piàgne ju marítu e a gli'aru
pènza (la bella vedova durante la vedovanza piange il marito e
all'altro pensa);
- vétta: ara co na vétta 'e vói* = ara con una coppia di buoi;
- vinu: ice lo vinu amàru: amícu témme caru; dice il vino
amaro: amico tiènimi caro!;
- vói-bói: buoi (plurale di vòe, bòe);
- votà: me sse vòta céo-u* = mi gira la testa, mi si rivolta il
cielo (cfr céo ); vòta ssu picchjéro-u = vuota codesto bicchiere;
va a votà = va-vai a votare.
Z
- zampàta: cfr l'esempio alla voce schjàffu ;
- zappulià: só ítu a zappulià i fasóji = sono andato a zappettare i
fagioli;
- zippu: se cecà co nu zippu = s'accecò con uno sterpo.

180
3ª.1º.2 Omònimi e omògrafi
A
à = dà, dài, dare arda = alta, che arda
acca = acca (h), vacca arde = alte, arde, ardere
agliu = aglio, al, allo are = altre, aie
alleàtu = alleato, allevato aría = arriva, avrei, avrebbe, darei,
amàru = amaro, amarono darebbe
àmmene = dàmmene, amen arígliu = grillo, gheriglio
ara = altra, aia, ara (arare) arímo = ariamo, avremo, daremo
aràgli = avrai, darai, ragli aríte = arate, avrete, darete
aràglio = avrò, darò, raglio ata = data, ha da, hai da
aràtu = arato, aratro attu = atto, gatto
B
bannèlla = bandella, falda di neve barba = barba, mento
bencàllu = ben caldo, bengala bòtta = botta, sparo, volta
C
ca qualche, che coà = covare, accodare
càe = qualche, cavare coàta = covata, codata
caffè = caffè, bar còca = cuoca, coca (cola)
calla = calda, padella per còce = cuoce, cuocere,
caldarroste scotta, scottare
campàne = campane, campare cógli = còlli, con gli, coi
cannèlla = cannella, guanto del cóglio = còllo, còlle, colpisco,
mietitore fatto con canne còlgo
cane = cane-cagna, che cómme = come, gomme
capitígliu = filo di canapa, scéglitelo còppa = coppa, coppa
capòccia = testa, capo, (misura agraria), palpebra,
sovrintendente (m. e f.) salume, batte (battere)
capóccio = testa, capo, girino corènte = corrente, trave
cara = cara, scorza (scorzare) córu = còrvo, cuoio
care-cari = care, cari, soltanto cóso = còso, cucio
cariàtu = cariato, trasportato cóta = còlta, raccòlta, cote
carza = garza, calza cróce = croce, dieci anni,
casàru = caciàio, calzarono cucicígli = cuòciglili, a lui,

181
casétta = casetta, calzetta a lei, a noi, loro
cima = cima, cresta, cusí = cosí, cucíi, cucí,
palla del cavolfiore cucire;
chinu = chino, chilo cuíta = guida, vite
E
éa = andavo, andava, avevo, ésse = esse, dessi, desse,
aveva, davo, dava andassi, andasse
èsse = èsse (S), essere
F
fa = fai, fa féta = fede nuziale, fa l'uovo,
fàcia = falce, falcia, che falci periodo in cui fa le uova
faciaría = farei, farebbe, fal- fétta = fetta, piede, ferita
cerei, falcerebbe fiore = fiore, farina bianca
fai = faggi, fave; fóco = fuòco, focolare,
faricígliu = piccolo farro, caminetto
fàrglielo frate = frate, fratello
fàu = fanno, favo, faggio frittu = fritto, fegato
fémmena = femmina, donna, frustàru = chi fa le fruste,
signóra frustarono
feràru = ferraio, ferrarono furèste = foreste, foste
féro = fèrro, fèrro da stiro fusa = fusa, fusi
I
í = andare, andai, andò, dí, giorno issi = essi, andassi, dessi
isse = dissi, disse, andarsi ítu = andato, dito
L
lama = lama, frana luce = luce, lampadina, lucere
létto = lètto
M
mà-ma' = mano, mani, mamma mannàru = mannaro
(lupo),
mare = mare, madre mandarono
massu = masso, terreno sodo mmammóccio = bambòccio,
al di sotto di quello lavorato pupazzo, sciocco
182
mazzu = mazzo, intestino, matassa mmócca=in bocca, imbocca
méneca = saggina, dimena mòre =muore, brune, more
mercàtu = mercato, marcato, segnato mórto = mòrto, funerale, molto
mérco = marchio, bersaglio, mòrza = morsa, pietra forata
cicatrice che fa da anello
mèrica = medica (erba), America múi = muovi, muli
miciòtto = amento del salice, gatto musaròla = museruola,
mpò = non può, un po' fisionomia
mutívu = motivo, emotivo
N
ne = noi (ci), di ciò, di lui, di lei, notàru = notaio, notarono
di loro, da lí ntantu = intanto, non tanto
nu = un, uno, noi, non ntricu = intrigo, nocciola
nòe = nòve (9), nuove
O
óglio = òlio, vòglio òta = volta, vuota
ógna = unghia, che io-egli unga óte = dòte, alte
ógne = ogni, unghie, unge, ungere óto = vo- gliono, alto
ónne = onde, ogni ottóne = ottone, bottone
P
paése = paese, podere, campagna potaría = potrei, potrebbe,
para = para (parare), paia poterei, poterebbe
pare = pare (parere), padre potarísti = potresti, poteresti
paru = pari, paio póto = poto (potare), pòssono
pénna = penna, lulla, lunetta prucésso = procèsso, ciprèsso
pérzo = pèrso, vèrso puru = puro, pure
pétto = pètto, rispetto a putíi = potevi, potavi
pjanéta = il-la pianeta, destino putímo = possiamo, potiamo
pica = pica, gazza, sbornia putísti = potesti, potasti
pinu = pino, pieno, pegno putíssi = potessi, potassi
pjúmmu = piombo, filo a piombo putíte = potete, potate
pónta = punta, reuma, branco, puzza = puzzo, puzza
póro = pòro, povero (puzzare), guasta, bacata
portàru = chi fa le porte, portarono puzzi = puzzi (puzzare), pózzi,
pòsta = posta, morchia possa, guasti, cariati, bacati
183
potaràgli = potrai, poterai puzzu = pozzo, guasto, bacato,
potaràglio = potrò, poterò cariato
R
ràngiu = rancio, granchio riíssi = ridessi (ridere),
ràntuju = rantolo, cavicchio ridessi (ridare)
razione = razione, orazione riísti = ridesti (ridere),
reàtu = reato, ridato ridesti (ridare)
recalà = regalare, regalai, regalò, risicàtu = risicato, scarso,
ridiscesi, ridiscese arrischiato
réntro = dentro, entro (entrare) risu = riso, reso
reprúbbica = repubblica, confusione ritta = ritta, dritta, destra
revénne = rivenne, ritornò, rittu = ritto, dritto, retto,
rivendere, rivende buono, onesto
riggí = ressi, resse, Regina! ruchétta = ruchetta, picc. ruga
ríi = ruscelli, rivi, ridi ruspàru = chi manovra la
riíi = ridevi, ridavi ruspa, rusparono
rinale = renale, orinale ruttu = rutto, rótto
S
sane = sane, intere, sa sónno = sonno, sogno (sost.)
sarda = sarda, salda, salta sòra = suora, signora
sardà = saldare, saltare sparà = sparare, aprire la
scappà = scappare, scoprire callaia
scolàru = scolaro, scolarono spàraci = spàragli, spàrale,
scóta = manico della scure, spara loro, asparagi
scòssa (scuotere) spèra = fascio di raggi solari,
scriésse = che scrivesse, sfera, lancetta dell'orologio
che svenisse spósa = spòsa, sposalizio,
scroccóne = scroccone, nozze, matrimonio
qualità di fico sta = sta, stai, questa
senàtu = senato, segnato, stati = estati, Stati, stati
venato, incrinato (part.pass. v. essere)
séte= sete, sedere (verbo) state = estate, state
sènza = senza, assenzio (part.pass. v. essere)
sétuja = setola, verme sottile stènno =stendo, stando
come una setola stinchi = stinchi, che tu stia

184
séu = suo, sego stracciàta = stracciata, rimbrotto
sfèra = ferro (di bue, stréca = strega, strofina, che
di cavallo), lancetta strofini
dell'orologio struttu = strutto (sost. e verbo)
T
tardíi = tardavi, tardivi te spusi = ti sposi, ti togli
tè = tè, tiene, ha, prendi! un peso (dalle spalle, dal
tènna = tenda, casetta rurale, collo, dal capo...)
che tenda (tendere) tòrce = torcere, torce (verbo),
tènne = tende (sost.), tende, torce (sostantivo)
tendere, casette agricole tóre = torre, tòro
ténneru = tènero, ténnero tròtta = tròta, trotta (trottare)
U
únici = undici, unici utu = gomito, alto;
uri = gioghi, orli
V
vàglia = vaglia, vada (io, egli), verdóne = pomodoro, verdone
specie di vaglio (uccello)
valle = valle, gallo vía = via, viva
vasàru = vasaio, baciarono vinti = vénti (20), vinti
vasu = vaso, bacio vita = vita, vite
vatti = gatti, batti (tu) viti = viti, vedi
vénti = vènti, vénti (20) votà = votare, vuotare
vénne = venne (venire), vàu = vanno, varco, callaia
viecci, vendere (lat. VAdUm=VAdU=VAU).

3ª.1º.3 Cambia accento, acuto o grave, cambia significato


(omògrafi)
è-é
aspètta = aspetta rènne = rende
aspétta = vespetta rénne = renne
crèo = creo sèi = sèi (6)

185
créo = credo séi= suoi
crèie = greve, pesante sèra = serra (sierra)
créie = crede, credere séra = sera, iersera
erèmo = eravamo Sèrgio = Sergio
èremo = èremo sérgio = selce
èsse = essere, sèrva = serva
ésse = esse, dessi-e sérva = selva
ètte = ette, et stèra = sterra, spatola
étte = diedi, diede stéra = porcili
fèce = feccia tè = tè, tiene, ha, tieni!
féce = fece (fare) té = tieni, hai
mèle = miele tènne = casupole agricole
méle (it.) = mele ténne = tenni, tenne
mèzzo = mèzzo, metà trammèzzo = tramèzzo
mézzo = mézzo,vizzo trammézzo = fra, tra
pènne = pende vè = viene
pénne = penne, lulle vé = vieni
pèrza = pèrsa vèro = verro
pérza = maggiorana véro = vero
prèta = preda zèro = zero
préta = pietra zéro = siero, sperma

ò-ó
battòcchjo = ragazzetto ò = vuole
battócchjo = batacchio ó = vuoi
bòccio = ragazzo òta = volta
bóccio = bernoccolo óta = alta
capòccio = capo òte = volte
capóccio = testa, girino óte = alte, dote

186
còbbo = gobbo òto = vuoto
cóbbo = gobba óto = alto, vogliono
còccia = buccia, testa òtte = volli-e
cóccia = goccia ótte = botte
còna = canale, stagno, torrente pò = può
cóna = icona, conetta, edicola pó = puoi
còppo = batto, picchio pònte = pónte
cóppo = coppo, tegola pónte = punte
còre = cuore pòto = poto (potare)
córe = corre póto = pòssono
còro-u = coro revòteco = rovescio, ribalto
córo-u = cuoio, corvo revóteco = soqquadro, rivolta
còto = godo ròta = ruota
cóto = còlto róta = ch'io roda
fòchi = fuochi (artificiali) ròte = ruote
fóchi = fuochi, caminetti róte = rode, rodere
fòto = foto, fotografia scòla = scuola
fóto = folto scóla = scola (scolare)
gnorantò = ignorantona, sor Antonio sòla = suola
gnorantó = ignorantone sóla = sola
lòco = là, colà sòro = sorella
lóco = luogo sóro = sorbo
lòpa = germoglio nuovo d'ulivo stòcco = spezzo, rompo
lópa = lupa stócco = stanco morto
mòra = mora, bruna suòre (it.) = suore
móra = masso, sasso süóre = sudore
mòre = muore tòcco = tocco (toccare)
móre = massi, sassi tócco = rintocco
mpò = non può tròno = trono
mpó = non puoi tróno = tuono
nfòssa = infossa vòta = vuota (agg. e v. vuotare)
nfóssa = bagnata vóta = vota (votare)

187
nòce = nuoce vòto = vuoto (agg. e v. vuotare)
nóce = noce vóto = voto (nome e v. votare)
nò éo = no io, non io _______
nó éo = non andavo, non davo

3ª.1º.4 Spostamento di accento, cambio di significato


(omògrafi)
A
àbbele=abile àlanu = sbadigliano
Abbèle=Abele alànu = alano
àcitu=acido àmmela = dàmmela
acítu = aceto ammèla = bela
àcu = ago Ànna = Anna
Acú! = Augusto! annà = andare
a déreto = a caso, a piacere àrea = area, spazio
adderéto = all'indietro areà = ridà, ridare
àe = ave ària = ària
aé = avere -í-ire aría = arriva, avrei, avrebbe
àffittu = alito darei, darebbe
affíttu = affitto arià = arrivai, arrivò, arrivare
agnútti = inghiotti àutu = alto
agnuttí = inghiottíi aútu= avuto
àla = ala, sbadiglia _______
alà = sbadigliai-ò-are
B
bàliu = postino bóccio = bòzzo
balíu = balivo bocció = boccione
Bàrbera = Barbara búcia = buca
barbèra = barbèra bucía = bugia
bíite = béviti _______
biíte = bevete

188
C
càccuju = caccola càuta = cauta
ca ccúju = qualche sedere caúta = dolina
càgna = cambio (s.), cambia (v.) càutu = cauto
cagnà = cambiare, cambiai-ò caútu = buca
càgnale = càmbiale chéssa = codesta
cagnàle = cambiàle che(s)sà = che sa
càlatru - càlitru = resta a spirale chésta = questa
dell'avena selvatica che stà = che sta
ca làtru - ca lítru = qualche ladro, cíccia = ciccia, germoglia
qualche litro ciccià = germogliai-ò-are
càlimu = calmo cóa = cova, coda
calímu = caliamo coà = accodare, covare
càmmora = camera còppa = coppa, palpebra, batte
ca mmóra = qualche sasso, coppà = battei, batté, battere
càmpa = campa, vive, gamba cótto = còtto
campà = campare, campai-ò cottó = cotone
canzóna = canzone crésema = cresima
canzonà = canzonare cresemà = cresimare
capàra = caparra cróce = croce, 10 anni
caparà = sceglierà crocè = uncinetto
càpate = scegliti cuàglia = quaglia, caglia
capàte = scelte cuaglià = cagliare
càpitu = germoglio (vite) cúcuma = cuccuma
capítu = capito cucumà = sobbollire, covare
cara = cara, scorza (egli) cúnnuja = culla (sost. e v.)
carà = scorzai-ò-are cunnujà = cullare, cullai-ò
caríttu = carretto cunúsci = conosci
cari ttú = solo tu cunuscí = conobbi-e
càsa = casa, calza (egli) cúsi = cuci
casà = calzai-ò-are cusí = cosí, cucire, cucíi, cucí
càucia = calce _______

189
caucià = scalciare
E
èccuju = eccolo èssola = eccola (costà)
è ccúju = fortuna è ssóla = è sola
èranu = erano èssuju = eccolo (costà)
è rànu = è grano è ssúju = è solo
F
fàcia = falce, falcia-falci (verbo) féta = fa l'uovo, periodo di féta
facià = falciare, falciai-ò fetà = fare l’uovo
fàllo = fallo (imper.) fiógna = fionda, lancia (verbo)
falló = pan di granturco fiognà = lanciai-ò-are
fàrgia = falce, falcia (verbo) fràbbica = fabbrica
fargià = falciare frabbicà = fabbricai-ò-are
I J L
jàcchjara = chiacchiera (sost. e v.) laóra = lavora, navetta
jacchjarà = chiacchierai-ò-are laorà = lavorai-ò-are
jastéma = bestemmia (sost. e v.) lèame = lèvami
jastemà = bestemmiai-ò-are leàme = legame
jénnaru = genero lúccica = lucciola, luccica
jennàru = gennaio, Gennaro luccicà = luccicò-are
làcrema = lacrima (sost. e v) lèa = leva (v.)
la créma = la crema leà = levare
lacremà = lacrimai-ò-are le à = le dà
ícici = digli, dille, di' loro _______
i cíci = i ceci
M
mmàggina = immagine, immagina mmócca = in bocca, imbocca
mmagginà = immaginai-ò-are mmoccà = imboccai-ò-are
màgnanu = mangiano mòncana = senza corna
magnànu = magnàno moncàna = mucca da latte
màndola = mandorla mòve = muove
mandòla = mandòla mo vè = ora viene

190
màscara = maschera mpastóra = pastoia, impastoia
mascarà = mascherare mpastorà = impastoiai-ò-are
méneca = saggina, dimena _______
menecà = dimenai-ò-are
N
Nastàsia = Anastasia ncústia = angustia
nastasía = anestesia ncustià = angustiare
nàta = nata, nuota nfóssa = bagnata
natà = nuotai-ò-are nfossà = infossare
ncàsa = in casa, rincalza nòa = nuova
ncasà = rincalzai-ò-are no à = non dà
nòe = nove
Noè = Noè n'òmo = un uomo
no è = non è nò mó = non ora
P
pàcanu = pàgano péi = piedi
pacànu = pagàno pe í = per andare
pànicu = pànico píe = pie
panícu = paníco, saggina, sorgo Pié! = Pietro!
pàra = paia, para (v.) piéca = piega (sost. e v.)
parà = parai-ò-are piecà = piegai-ò-are
pare = padre, pare (v.) píju = pelo
paré = parere pjú = piú
pàssaru = passero pòsta = posta, posa
passàru = passarono pò stà? = possibile, può essere?
R
ràina = grandine, grandina reàzza = ragazza
raína = gravina reàzza = rialza
rainà = grandinò-are reazzà = rialzai-ò-are
règgianu = reggono rísci = esci
reggiànu = reggiano riscí = uscíi-í-ire
resbòta = curva, risvolta ruína=rovina
resbotà = curvai-ò-are, risvoltare ruinà=rovinai-ò-are

191
ríggi = reggi rúzzica = ruzzola (sost. e v.)
riggí = ressi-e, Regina! ruzzicà = ruzzolai-ò-are
róssa = gròssa réseca = rischia
Rossà! = Rossana! reséca = riséca, riséga
ríi = ridi resecà = risecare, risegare
rií = riandai-ò-are rischiare
S
sàbbia = sabbia spàlla=spalla, demolisce
s'abbía = si avvía spallà=demolíi-í-ire
sécca = secca, siccità spàrtanu = spartiscono
seccà = seccai-ò-are spartànu = spartàno
seménta = seme, sementa st'ària = quest'aria
sementà = seminai-ò-are staría = starei
séncara = zingara stéra = porcili
se ncàra =si trascina sterà = sterrai-ò-are
sínna = mammella, succhia stéteca=stitica, solletica,
sinnà = poppare, succhiò-are stetecà=solleticai-ò-are
sínti = senti súa=suda
sintí = sentíi-í-re suà=sudai-ò-are
sóle = sole súaru=sughero
solé = solere suàru=sudarono
sóleca=solchi (sost.), solca (v.) súca=vino, suga
solecà=solcai-ò-are sucà=sugai-ò-are
spèra = fascio di raggi solari, sfèra = ferro (di cavallo-bue,
ecc.)
spera, lancetta dell'orologio lancetta dell'orologio
sperà = tralucere, sperare, sferà = sferrai-ò-are, fare
sperai, sperò attrito con i ferri sul selciato
T
tórtora = tortora tèmpera = tempia
tortóra = bastoni tempèra = pioggerella, temperie
tríccia = treccia, intrecci temperà = piovere lento e a
triccià = intrecciai-ò-are lungo, temperare

192
U V Z
úlimu = olmo ventàcchja = ventola, ventaglio
ulímu = vogliamo ventacchjà = ventilare ventolare
vèru = verro zícchja = bottone
Verú! = Veronica! zicchjà = scalciò, scalciare
víngi = vinci zínna = mammella (cfr sínna)
vingí = vinsi-e zinnà = poppare (cfr sinnà)
vòta,vóta = vuota, vota zàppu = bécco, zoticone
votà = vuotai-ò-are, votai-ò-are zappú = zappe, zapponi

I cuài de lla pila / ji sane ju copérchjo


3ª.1º.5 Stessi suoni, significati diversi (omòfoni)
A
addunàtu= adunato Arianna = Arianna
a Dunàtu = a Donato aría Anna = arriva Anna
allattéa = allattava azzalèa = azalèa
all'attéa = allo stazzo azza lèa = alza, leva
Annamaria = Annamaria _______
Anna m'aría = Anna mi raggiunge
C
Caetànu = Gaetano chésta ranòcchja = questa ranocchia
cae tanu = qualche tafano chést'aranòcchja = quest'altra nocciola
Campaégli = località montana chéssa ranòcchja = codesta ranocchia
campa egli = campa egli chéss'ara nòcchja = codest’altra nocciola
càlema = calma chélla ranòcchja = quella ranocchia
c'àlema = qualche anima chéll'ara nòcchja = quell'altra nocciola
cammàle = gambale caviàle = caviale
ca male = qualche male ca viàle = qualche viale
campanàru = campanaro coscènza = coscienza
193
campa n'aru = campa un altro co Scènza = con Ascenza
caròta = carota cuàndu caríi = quando trasporti
ca ròta = qualche ruota cuàndu c'aríi = quando arrivi
cateràtta = cateratta _______
ca te ràtta = che ti gratta
D
Danièle = Daniele delúgliu = diluvio
d'Anièle = d'Aniene de lúgliu = di luglio
E F G
ecchimosi (it.) = ecchimosi facímo le nòe = facciamo le 9,00
écchi mo sí = qui ora sí facímole nòe = facciamole nuove
gnorantò = ignorantona _______
gnor Antò = signor Antonio
H I J
ha ittu ca vagli = ha detto che tu vada jàru, jàri = chiaro, chiari
ha ittu "cavagli" = ha detto "cavalli" j'aru, j'ari = l'altro, gli altri
ice ca pigli = dice che prendi j'àmi = gli ami, li ami
ice "capígli" = dice "capelli" jàmi = chiami
icio ca no isti = dico che non andasti juvitíi tuttu = vuotavi tutto
icio "canoisti"= dico "canoisti" ju vitíi tuttu = vedevi tutto
L
lama = frana, lama leà = levai-ò-are
l'ama = l'ama le à = le dà
la ranòcchja = la ranocchia leàmi = legami
l'ara nòcchja = l'altra nocciola le ami = le ami
la sirvitú = la servitú Leó! = Leone!
la sirvi tu = la servi tu le ó? = le vuoi?
M
macàra = magari mésse = messe
ma cara = ma cara m'ésse = che mi desse
María = Maria melàssa = melassa

194
m'aría = mi raggiunge me lassa = mi lascia
métte = mettere molétte = mulini
m'étte = mi diede m'olétte = mi volle
N
na ranòcchja = una ranocchia nòtte = notte
n'ara nòcchja = un'altra nocciola n'òtte = non volli-e, ci volle
na ròta = una ruota n'uccunígliu = un bocconcino
n'ar'òta = un'altra volta nu cunígliu = un coniglio
noène = novene Natàle = Natale
no ène = non è na tale = una tale
nóo = nuovo n'atàle = un altare
n'óo = un uovo
O
Ortisei = Ortisei Otoàrdu = Odoardo
órti séi = òrti suoi óto Ardu = vògliono Aldo
P
pití = chiesi-e, chiedere potestà = podestà
pi tí = per te po' te stà = poi ti stai
pomeríggi = pomeriggi _______
po' me riggi = poi mi reggi
S
sére fa = sere fa Simóne = Simone
se refà = si rifà sí móne = sí ora
soccacciàtu = estorto ss'atàle = codest'altare
só cacciàtu = ho cacciato, scacciato ssa tale = codesta tale
ssa ranòcchja = codesta ranocchia sta ròta = questa ruota
ss'ara nòcchja = codest'altra nocciola st’ar’òta = quest'altra volta
sta ranòcchja = questa ranocchia ssuprióre = superiore
st'ara nòcchja = quest'altra nocciola ssu priore = codesto priore
sucamèle = succiamele suríi = sorridi
ssu camèle = codesto cammello, stupido su ríi = su, ridi

195
T
te só ittu ca te nóne = ti ho detto di no tennísti = tennisti
te só ittu 'catenóne' = ti ho detto 'catenone' te nn'ísti = te ne andasti
tétte = tette, tienti tolétte = tolette turísti = turisti
t'étte = ti diedi-e t'olétte = ti volli-e tu risti = tu resti
U V
ulíi = volevi vennecàsse = vendicarsi venn'èste = ve n'andaste
u líi= lo levi venne casse = vendere, vennèste = vendeste
vende casse
CAPITOLO SECONDO: CURIOSITÀ

3ª.2º.1 Parole una dentro l'altra

abbàlle accàre àspitu bencàllu cànnova


balle care spitu callu nòva
alle are itu allu òva
le re tu lu va
e e u u a

cecàla fellàtu petàle refàttu ticàma


cala latu tale fattu cama
ala àtu ale attu ama
la tu le tu ma
a u e u a

ventàgliu buràccia càlatru àcera càmmora


tagliu ràccia latru cera móra
agliu àccia atru era ora
gliu ci à u a a
u a

cuinàta macàra mitàglia scingiàra sovàtta


nata cara taglia ngiàra vatta
ata ara aglia ara atta

196
a a a a a

I parénti? / Sassate a gli énti

3ª.2º.2 Scherzi e giochi di parole

a) con le vocali:

ju ò i (ji) ò òí
vuole li vuole vuole andare

ju ó i (ji) ó óí
lo vuoi li vuoi vuoi andare

ju à ji à _________
lo dà li dà

éo iéa a gliu fàu ahiàhia, ju jóo!


io andavo al faggio ahi, ahi, il chiodo!

súju súju iíi a gliu vàu me ò à i (ji) víuci


solo solo andavi al varco mi vuole dare le visciole

ahó, ju ó ju bróo e n’óo sóo nóo?


ehi, lo vuoi il brodo e un uovo sodo nuovo?

tu aíi j’óo, ju jóo e gliu jíuju


tu avevi l'uovo, il chiodo e lo stoppaccio

197
éo éa úa, úja, íe e òa
io davo uva, uva spina, olive e uova

éo aéa i jói, i jíuji e le jài


io avevo i chiodi, gli stoppacci e le chiavi

b) con qualche i:
Imperfetto dell'indicativo:
abbiíi avviavi aggriíi gridavi

ariíi arrivavi biíi bevevi


cariíi trasportavi criíi credevi, creavi
friíi friggevi gnaujíi miagolavi
gnuriíi ingiuriavi iíiandavi
liíi levavi maniíimaneggiavi

ngiíi incidevi nziíi addensavi


riciurliíi mettevi riíi ridevi
sottosopra, cercavi saziíji saziavi
sbiíi sviavi scriíi scrivevi
spumpujíi sbocciavi suriíi sorridevi

Presente dell'imperativo:
bíiji bévili críiji crédili
fríiji fríggili finísciji finíscili
íciji dilli ímpiji émpili
jítiji chiédili líggiji lèggili
míttiji méttili ngíiji incídili
198
ntígniji intíngili pítiji chiédili
ntínniji intèndili ríggiji règgili
scírniji scèrnili scríiji scrívili
síntiji sèntili spitísciji spedíscili
stínniji stèndili tígniji tíngili
víngiji víncili vínniji véndili
c) con consonanti simili:
Chésta pasta tòsta no ll'ha ta attastà
Questa pasta dura non la devi tastare
Tuttu tu tucchi e stucchi tuttu tu
Tutto tu tocchi e rompi tutto tu
Pe lla culla cuàle callarèlla ó? Chélla co la còlla calla.1
per la culla quale caldarella vuoi? Quella con la còlla calda

d) con l'aggiunta della rafforzativa "ne":

Móne ha ittu cane tune Ora ha detto che tu


mpóne fàne chene stàne non puoi fare che stare
éssi a dàne pane a chine costí a dare il pane a chi
te llo pète, pó ha da íne te lo chiede e poi devi andare
puru lòco, preché a mine pure là, perché io
'n me nne tène comme a tine non ne ho voglia come te
che lo sa àne tantu bène; che lo sai distribuire tanto bene;
ma non sàccio se prechéne. ma non so il perché.

e) con la sibilante "s":

199
Co nna mòssa ju só missu puru se ss'ha tuttu nfussu,
réntro ju fósso bassu e russu; lassa le petàte lésse,
me sse mésse ncapu chésso recapàte a chélle fòsse
e déo fésso co nnu passu ch'èra mésse a gliu paése;
passo fissu all'ara pròna, sóto rósse, so' susí,
lasso lòco ju cassu e dissu, puru chissu i
__________

Issu isse súju a éssa Se scassi eppó rescàssi


cane l'òssa sóto j'óssi, t'aretrùi addósso a ti
ma nsapéa issu che issi chéllo gésso che si smósso.
sóto chigli 'elle ceràsa. Ti si fattu n'assassínu,
 simbri comme Satanàssu.
Ci reísse, apprésso, a chéssa: Mo m'assètto e fàccio passu.
"Ss'óglio, ss'òssa, ss'agli, ss'óssi Pe crompà nu pórcio rassu
so' de chissi, nò de chésse, s'ha da fà nu passu russu;
che s'hàu mésse spissu ssà." chissi pòrci russi e rassi,
 se che lussu, vàu a spassu!
Éo m'abbàsso, dóppo ammàsso 
chéssa massa pe le sagne Na matàssa róssa róssa
le petàte po' l'allésso: éssa tèsse fissa fissa;
me lle sbafo pe ngrassàmme se ci íssi dóppo messa
 vetarísti che l'ha méssa
Éssi ésse non sàu èsse a nna parte bassa bassa
susí comme sóto chésse lòco sotto a chélla cassa.;
se tu bussi i bussi bassi Repassà chígliu 'elle tasse
fa sei passi fra gli sassi; se piglià nu sganassone
se bussíssi e nci passíssi ci cascàru du canasse:
saría comme se nci stissi. èra própio nu sagnone!

3ª.2º.3 Forestierismi

abbaciú: abat-jour bibberò: biberon


abbú: a vous besciamèlla:bechamel
àccia: acia, ae bare: bar

200
alé: alléz bicutíni: bigoudi
aló: allo, hallo bitè: bidet
arengràzimu Díu: gratias agimus Deo bíttere: bitter
alà: halare blècche: black
atobbússe: autobus briccòcole: albaricoque

boiscàutte: boy-scout brillòcco: breloque


briòscia: brioche gò: goal
buàtta: boite gòrfe: golf
buciàrda: boucharde manichínu: mannequin
buchibbúchi: boogie-boogie manzàrda: mansarde
burzacchínu: borcegui, broseken mariàccia: mariage
buffè: buffet mpresènzia: in praesentia
buí: oui nàilo: nylon
bussu: buxus nòtesse: notes
cabbarè: cabaret nzuglià: soulier
cachí: kaki ònestèppe: one-step
caffa: gaffe òstesse: hostess
calòsce: galoches parchè: parquet
càmiu: camion pattuà: patois
cannottiéra: canotière panzè: pansée
cappòtta: capote piccàppe: pick-up
caràce: garage picchenícche: pic-nic
càrtere: carter pirujétta: pirouette
cargottàra: gargotière pispàinu: pich-pine
carzò: garcon pòrca: polka
cascè: cachet pròssite: prosit
caubbòi: cow-boy pullòvere: pull-over
clubbe: club rattattúglia: ratatouille
còcche, còcca(alla): à la coque revòrbere: revolver
cògnacche: cognac ringhe: ring
commò: commode ròcche: rock
cóna: eikona rumme: rum
conzòlle: console rocchendròlle: rock and roll
còrnere: corner scicche: chic
201
corzè: corset scialè: chalet
cricche: cric scècche: cheque
críppiu: grippe scélla: (a)xilla
crocè: crochet sciòcche: choc
cumbinazió: combination sciafféru-o: chauffeur
Curchílle: Churchill sconcassè: (s)concasseur
dèfice: deficit slippe: slip
diassílla: dies illa snòbbe: snob
dèrbe: derby soffràna: safran
firme: film tènnisse: tennis
fòno: föhn tícchette: ticket
forfè: forfait tirabusciò: tire-bouchon
fostròtte: fox-trot trammàinu: tramway:
frabbuàsu: frambois trènce: trench
fracche: frac tricà: trico, as, tricare
frappè: frappé túnnelle: tunnel
fruffrú: frou-frou vàrzere: valzer
gilè: gilet vèrmutte: vermouth
giòlli: jolly visaví: vis-a-vis
gippe: jeep vispàinu: pich-pine (pispàinu)
domminussabbabbíscu: Dominus vobiscum
miserèmmenemèi: miseremini mei
sciampagnóne (da champagne?): dissipatore delle proprie sostanze

3ª.2º.4 Misure e monete

Misure di lunghezza
fúrcuju = cm 18 circa
parmu = cm 25 circa
ràcciu = 3 parmi = cm 75 circa
racciuiàru = listarèlla de 3 parmi
canna = 3 ràccia = 9 parmi = m 2,25 circa

202
Misure di peso
óngia = 30 g circa
libbra = 360 g = 12 ónge
còppa = 25 chini (chili)
cuintàle = 4 còppe
rúbbiu = 2 quintàli = 8 còppe

Misure di capacità (per liquidi e aridi)


fogliétta = 1/2 litru = 1/4 de bocàle
litru = 1/2 bocàle
bocàle = cupellétta = 2 litri =
cuartúcciu = 4 litri e méso
cuttúru = 10 o 30 litri

scórzo = 13 litri e 1/2 = 1/22 de rúbbiu


arciòla = terzarójo = 30-33 litri
baríle = 60-62 litri
cupèlla = 90 litri (cupellétta generalmente di 2 litri)
rúbbiu = cuàsi 295 litri

Misure di superficie
cuartúcciu = 250 mq
còppa = 1.000 mq = 4 cuartúcci
scórzo = 1.155 mq circa = 1/16 de rúbbiu
rúbbiu = 18.000 mq circa

Monete
sòrdo = 1 cuatrínu
tacca = 2 sòrdi = 2 cuatríni
bòcco = baiòcco = 5 sòrdi = 5 cuatríni
pàulu = 250 sòrdi = 50 bòcchi = 1/2 scutu
scutu = 500 sòrdi = 100 bòcchi = 2 pàuli

203
204
I sòrdi, se sso’ de carta, vólanu
se sso’ de rame, córanu
PARTE QUARTA
CENNI DI METRICA

205
206
La fémmena è comme lo fóco / pjú l’attizzi e pjú sse nfòca
CAPITOLO PRIMO: Strutture delle forme poetiche

Il contenuto della poesia e della prosa può essere lo stesso; ma


la poesia si distingue dalla prosa per la forma e per il ritmo.
Infatti i testi poetici si presentano in versi, raccolti in strofe o
lasciati liberi. La loro lunghezza e strutturazione, gli accenti e la
rima creano la cadenza ritmica.

4ª.1º.1 Il VERSO

Il verso è composto di parole messe in modo da avere alcune


sillabe accentate e altre no, con una pausa finale costante e con
una o piú pause interne.

Il verso prende il nome dal numero delle sillabe che lo


compongono; tralasciando il binario, il ternario e il quaternario,
che sono poco usati, si hanno:

- QUINARIO - 5 sillabe - accenti 1ª e 4ª: còccia pelàta


- SENARIO - 6 sillabe - accenti 1ª e 5ª): scàreca baròzza
- SETTENARIO - 7 sillabe -
accenti 2ª e 6ª: chi è che va a cavàgliu?
accenti 3ª e 6ª: l’ha bruciàta lo fóco
ecc...
- OTTONARIO - 8 sillabe -
accenti 3ª e 7ª: fàmme luce écchi addó stònco
- NOVENARIO - 9 sillabe -
accenti 2ª, 5ª e 8ª: se mpristi du sòrdi a n’amícu
- DECASILLABO - 10 sillabe -

207
accenti 3ª, 6ª e 9ª: fórze vè da cae stélla lontàna
- ENDECASILLABO - 11 sillabe -
accenti 2ª, 6ª, 10ª: Tramméso alle montàgne simbruíne...
accenti 4ª, 8ª, 10ª: gente de sassu, gent’egli Ècui, nata...
accenti 4ª, 7ª, 10ª: se comm’è béglio nu campu de ranu...
ecc..
- DOPPIO QUINARIO - sillabe 5+5 -
accenti 1ª e 4ª: gènte mportànte - ne védde tànta...
: non me nzuglíte - e stite attènte...

Calcolo del numero delle sillabe nel verso:


- una sillaba tronca alla fine del verso vale per due; il seguente
è endecasillabo, sebbene abbia dieci sillabe:
s’aràngianu ncallóco pe campà
- i versi sdruccioli o bisdruccioli calcolano una sola sillaba dopo
l'ultima accentata, perciò il verso che segue, anche se ha nove
sillabe, è ottonario:
Juna pjéna de sottémmeru
- la vocale finale di una parola e quella iniziale della successiva
danno luogo alla SINALÈFE o fusione; il verso seguente infatti
è endecasillabo, sebbene abbia tredici sillabe:
cu chígliu ancora mo non simo a paru
- invece quando le due vocali sono accentate, ed anche quando è
accentata solo la prima, si ha la DIALÈFE o iato; le due vocali
si pronunciano separate e si contano due sillabe; il verso che
segue, con lo iato tra la 6ª e la 7ª, è endecasillabo:
...spallà, tuttu sparí e fu la fine;
ma può anche accadere che vi sia la sinalèfe invece della dialèfe
; questi versi di tredici sillabe perciò risultano endecasillabi:

208
E commenzà a parlà; cusí arespóse:...
ma non lo fa preché è paurusu e vile
- Tra due vocali della stessa parola, anche se non formano
dittongo, si può avere la SINÈRESI o contrazione; questo verso
è endecasillabo anche se ha quindici sillabe:
se ntéu àrcora e pónti nóvi o antíchi ;
infatti vi sono sinèresi (éu) e sinalèfe (a-e, i-o-a).
- Al contrario, si può avere la DIÈRESI o separazione tra due
vocali nella stessa parola, anche se costituiscono dittongo.
Questo fenomeno viene segnalato con i due puntini sulla prima
delle due vocali:
i ssitïàri le piú ssétie bèlle

- Quando l'ultima parola del verso si taglia (molto raramente) e


si va a capo, si ha la TMÈSI o taglio:

Dèci d’aústu de gli’annu trecento-


sassantanòe: chistu è gliu natale...

209
La sorte ’egliu crastatu? / nasce curnutu e mòre ammazzatu
4ª. 1º. 2. LA RIMA
La RIMA è l'identità dei suoni della finale di due parole, a
partire dall'accento dell'ultima sillaba: es. Subbjàcu - macu,
Taléo - éo, jórno - attórno, ecc...
L'ASSONANZA si ha quando l'identità della parte finale dellla
parola si limita alle vocali: es. mógne-mónte, cazzúni-turtúri,
trénto-mméso, ecc...
La CONSONANZA è l'accordo delle sillabe finali, limitato
all'identità delle consonanti e spesso anche della vocale con cui
termina la parola: es. luce-pace, ara-accòra, mare-muru, magni-
ntigni, cavàgliu-béglio, ecc..
Ecco alcuni esempi di rime:
- RIMA BACIATA: AABBCC
Fémmene e ómmini sintíte A
stite attènte e non parlíte; A
óglio lègge nu sermóne B
pe sta bèlla accasïóne. B
Oggi è jórno dicinòe; C
e va bbè, e chi se mòe? C
- RIMA ALTERNATA: ABAB
Caecúnu già sta a fà la campechétta A
é signu c’ha magnàtu bbè e biútu, B
macàra sta a sonnà ’lla cupellétta A
de chéllo che ancora onn ha vinútu. B
- RIMA INCROCIATA: ABBA (chiusa)
Nu lummínu, nu pròsparu ruttu, A
na caína so ’figli ’egliu sole B
comme désse che, senza parole B
e co gnènte, ne spiécanu tuttu. A

210
- RIMA IPÈRMETRA:
Che mare giàllu lòco pe lo pjànu A
macchjàtu dallo sàncue ’egli papàmpari!B
Se comm’è béglio nu campu de ranu A
nse pò scordà finu a cuàndu se campa. B

- RIMA EQUIVOCA:
Resdrapàssa chissi núili A
agliumènno cógli e valli (le valli) B
nfinu a cuàndu tutti i valli (i galli) B
s’areméttanu a cantà. C

4ª.1º.3 LA STROFA
La strofa è un insieme di versi, con un suo schema fisso o
variabile; prende il nome dal numero dei versi stessi.
- DISTICO: (due versi)
Pe ntreménte azzíte ju ràcciu A
nun pinzíte a gliu famàcciu A

- TERZINA: (tre versi)


Le stelle de gliu céo so’ millanta, A
pècora e crapi ju vargàru conta, B
j’amore méo béglio sèmpe canta. A

- La terzina è la strofa dello STORNELLO, composto da un


verso quinario e due versi endecasillabi:
Fiore de acànto A
te óglio bbè, Subbjàcu, e só conténto, B (consonanza)
preché só nnatu écchi e me nn'avànto. A

- QUARTINA: (quattro versi)


211
E pe furtúna nci sta piú Neróne A
ch’aggià a cincuànta ne saría mannàti B
a gli àrbiri pizzúti, nò mpenzióne, A
pe fàrici arempiàgne d’èsse nati. B

- SESTINA: (sei versi)


Finisce la staggió, nzèra la scòla. A
"Addíu, libbri méi, ci rivitímo! B
ciàu, scolétta méa, remàsa sóla; A
non t’ha t’arabbià, retornarímo B
e présto, preché ntantu che parlímo B
ju témpo scóre lésto e se nne vóla. A
- OTTAVA: (otto versi)
Dall’ufficína a gliu pònte Rapone A
du fila lónche de órmi e de lucíni B
facénu ómpra e scutu a gliu solone A
stritti fra issi e sèmpe piú vicíni. B
Po’, pe ci custrüí, a gliu pecóne A
tanti i tagliàru e ci rumpíru i rini... B
Ma puru óggi, o deccuà o dellà, C
caecúnu che ha remàsu ju fàu seccà! C

Na fémmena bella pe natura


è larga de pétto e stretta ’e cintura
- Tra i componimenti poetici (metri), viene usato molto spesso il
SONETTO, formato da due quartine (con vari schemi di rime:

212
ABAB-ABAB, ABBA-ABBA, ABAB-BAAB) e due terzine
(con rime: CDE-CDE, CDE-EDC, CDC-DCD):

Ci stéa na fontàna bèlla e tónna A


alla Pjazza ’egliu Campu, ma caecúnu B
te ll’ha fatta spallà. Preché s’affónna A
na cósa ch’era róbba de ognúnu? B

Tre bèlle tíglia, chi non se lle sònna?, A


te ll’hàu tagliàte tutte cuànte nzunu. B
Ma è giustu che caecúnu ne respónna, A
preché sta pjàzza mo mpjàce a niciúnu. B

Ju marciapèie è sbiéco e la fontàna C


nse sa che róbba è, tè puru ju biccu D
de nu lummínu; oppúru è na banàna? C

Gni bardascíttu se sentéa piú riccu, D


conténto sotto all’ómpra giochéa a tana. C
Che ci ha remàsu mo? c’àrbiru siccu! D

Nun ci sta mmai nu saccu tanti pjínu


che nce sse pòzza métte n'aru vacu

213
INDICE
5. Premessa
11. PARTE PRIMA - APPUNTI DI FONETICA
13. CAPITOLO PRIMO: Generalità

214
13. Osservazioni generali: ortofonia e ortografia
16. Tutte le lettere dell’alfabeto
35. CAPITOLO SECONDO: Particolarità
35. Assimilazione
36. Aferesi
37. Apocope
38. Concrezione - Contrazione
39. Epentesi
40. Epitesi - Iato - Elisione
41. Metafonesi (metafonia)
42. Metatesi
43. Prostesi
44. Raddoppiamento
45. Scambio
52. Scempiamento - Sincope
54. Raddoppiamento sintattico
59. PARTE SECONDA-MORFOLOGIA
61. CAPITOLO PRIMO: Il nome
61. Desinenze - Genere
62. Il neutro - Un genere in dialetto uno in lingua
64. Numero
68. Nomi in chju-chjo
69. Caso vocativo - apocope - rafforzativa ne
71. Alterazione dei nomi
73. Nomi composti
76. CAPITOLO SECONDO: L'articolo
76. Articoli determinativi maschili
77. Articolo neutro
79. Articoli determinativi femminili
80. Osservazioni su ju (j’, ’u, u), la, le (l’)
81. Articoli indeterminativi
82. L'articolo in sintesi
84. CAPITOLO TERZO: L’aggettivo
84. Aggettivi qualificativi - Declinazione degli aggettivi
86. Gradi dell'aggettivo qualificativo
87. Aggettivi possessivi

215
89. Aggettivi dimostrativi
91. Aggettivi interrogativi ed esclamativi
92. Aggettivi indefiniti
96. Aggettivi numerali
98. Aggettivi verbali e sostantivati
99. CAPITOLO QUARTO: Il pronome
99. Pronomi personali
104. Pronomi possessivi
105. Pronomi dimostrativi
107. Pronomi indefiniti
109. Pronomi numerali
110. Pronomi relativi, interrogativi, esclamativi
112. CAPITOLO QUINTO: Il verbo
112. Le coniugazioni
113. Il verbo èsse (essere)
115. Paradigma delle quattro coniugazioni
118. Fenomeni metafonetici nei verbi
119. Il verbo aé (avere)
120. Osservazioni sui verbi èsse ed aé
121. Formazione del futuro e del condizionale presente
123. I verbi aé ed èsse, ausiliari dei riflessivi
124. La forma passiva - Annotazioni sui modi e sui tempi
130. Verbi irregolari
137. CAPITOLO SESTO: L’avverbio
137. Avverbi di tempo
139. Avverbi di modo
141. Avverbi di luogo
144. Avverbi di quantità
145. Avverbi aggiuntivi - affermazione - negazione
146. La multiforme negazione non
148. Avverbi di dubbio
149. CAPITOLO SETTIMO: La preposizione
149. Preposizioni proprie (semplici ed articolate)
150. Appunti sulle preposizioni
154. Preposizioni improprie e locuzioni prepositive
156. CAPITOLO OTTAVO: La congiunzione
156. Congiunzioni semplici, composte, locuzioni congiuntive

216
159. CAPITOLO NONO: L’interiezione
159. Interiezioni proprie, improprie, locuzioni esclamative
161. PARTE TERZA - VARIE
163. CAPITOLO PRIMO: Polisemia
163. Parole con piú significati, modi di dire, ecc
184. Omònimi e omògrafi
189. Cambia accento, cambia significato (omògrafi)
191. Si sposta l'accento, cambia significato (omògrafi)
197. Stessi suoni, significati diversi (omòfoni)
200. CAPITOLO SECONDO: Curiosità
200. Parole una dentro l'altra
201. Scherzi e giochi di parole
204. Forestierismi
206. Misure e monete
209. PARTE QUARTA: CENNI DI METRICA
211. CAPITOLO PRIMO: Strutture delle forme poetiche
211. Il verso
214. La rima
215. La strofa
219. Indice
222. Bibliografia

217
Bibliografia
- A. LINDSTROM, Il vernacolo di Subiaco - 1907 - Roma - Soc.
Filolog. Rom. Studj romanzi, etc. no. 5, 1903, etc. 8º. Ac. 9769/6
- C. TRABALZA, Dal dialetto alla lingua - Ditta G.B. Paravia e C.
- Torino 1917
- C. MERLO, Fonologia del dialetto della Cervara - Società
Filologica Romana - Roma 1922
- AA. VV. Novella I,9 del Decameron tradotta nei parlari del Lazio
- Società Filologica Romana - Roma 1930
- R. LOZZI, Canti Simbruini - Edizioni "Lux" - Roma 1965
- A. PANNUNZI, Na Rattattuglia 'e vérsi - Arti Grafiche "Il
Torchio" - Subiaco 1983
- P. ZACCARIA ANTONUCCI, Piccolo vocabolario sublacense -
Edizioni ITER - Arti Grafiche "Il Torchio" - Subiaco 1985
- R. LOZZI, Musa Nostrana - Edizioni ITER - Arti Grafiche "Il
Torchio" - Subiaco 1990
- B. LUPI, Subbjàcu1 - Grammatica 1ª ed. Errebigrafica, Subiaco 1995
- B. LUPI, Subbjàcu 2 - Poesie e prose - Errebigrafica, Subiaco 1995
- B. LUPI, Subbjàcu 3 - Lessico - Errebigrafica, Subiaco 1997
- B. LUPI, I taccuíni de Pittucciu - Collana - Errebigrafica:
- 1. Notti Africane - Subiaco 2007
- 2. Àlema subbjacciàna - Subiaco 2008
- 3. Le 4 Staggiúni - Subiaco 2008
- 4. A lla Scòla serale - Subiaco 2008
- 5. Adda Munnu! - Subiaco 2009
- 6. Co tuttu ju còre - Subiaco 2009
- 7. Tommolata de Natale - Subiaco 2009
- 8. Cóse Ómmini Alimali (CÓA) - Subiaco 2010
- 9. Adda lo ríe! - Subiaco 2010
- 10. Lo subbjacciùnu - (in corso di stampa)

218
Finito di stampare nel mese di .......
presso la Litotipografia Errebigrafica - Subiaco
Tel. e Fax 0774.83072

219

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