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lNDWE DEI NO!

II E DELLPl COSE pRJNCirALI


508
Umanisti, credibilità delle colla.zion i
T_esta.mento (nuovo) ed. La.ch.ma.nn, loro, 50 sgg.
5-6 e n. - loro criterio errato nel credere
- edd. protestanti, 9. che le lezioni avessero valore in Bè,
- citazioni a memoria, 188 n. 2. 76.
- codd. della Vulgata, 176 n. 2. - falsari, 93 ~g. ·
- cfr. anche Giròla.mo. - correzioni e roter scribendum •,
Testi scolastici: loro tendenza. a ri- · 79.
dursi e compendiarsi, 65. '11,8'1/,8 scribendi vel àicenili,, 12, 20,
Theudulfo, revisione della vulgata, 58 n. 1, 122 sgg., 146, 160, 183,
147, 155 n. 2. 202, 238, 289, 388.
- raccolta di poeti cristiani, 413 n. I.
T~b-ulliM1,U111, Corpus, 52. Vacca, 432.
Tipografie e manoscritti, 50. Valerio Flaeco, 71 n. 2.
Toa.ldo Giuseppe, 106. Valerio Massimo, 147 e n. I.
Tomesio Giovanni, 67. Valla Giorgio, 99. _
Varianti antiche e medievali, 181
• Torri •• 188 n. 3.
Toumes (de) Giovanni; 92 e n. 3. s~g., 210 sg., 378 sg.
Tradizione meccanica e varianti me- - inferiori della tradizione medie-
dievali, 109 sgg. vale risalenti agli ultimi secoli
- • verticale • o •orizzonta.le&, 140 dell'antichità, 193.
sgg. ' - di nomi propri, 421.
- medievale e tra.dizione antica, - di autore, 47, 397 sgg., 416 sgg.
188. 431 sgg.
- aleBBa.lldrina e possibilità di di- Varrone, De Ungua latina, 176 n. 1,
stinguerla da quella pergamena, 418.
· 478. - cit. da Plauto, 349 sgg.
- della letteratura latina e greca - cit. da Terenzio, 357.
come parallelo secondo il Da.in, - autentica, comm. di Plauto 348
474 sgg. Vegezio, 364-365, n. 8. ' ·
- della letteratura latina ·svoltasi Velio Longo, 99.
senza violente interruzioni, 475. Velleio Patercolo, ed. di Beato
Tragedie attiche scritte anche per Renano, 99.
la pubblicazione, 350. - codice, 100 n. I.
Tragici: imitazioni di Omero, 207. Verrio Fiacco, 349 sgg.
- (tracce di glossografia omerica Veteres e loro fortuna sotto Ne-
ne~ linguaggio dei), 223. rone, i Flavi e gli Antonini 346
Trasillo, 251, 265. Vettori Pier, 93. ' ·
Triclinio Demetrio, 491. Victorianus grummatico 366 2
«Trivializzazi9ni • di copisti, 122, Vinet Elia, 99. ' n. •
191, 289, 311, 316, 369 n 3 Vineto umanista 54
393, 418. ' ' Virgilio, Eneide '21. ·
.Troiumanna Saga 97. - scolii, 78. '
Tucidide, 318 sgg: - n_ote di Probo, 344.
- tradizione mss. 319 - citaz. e integr., 347 sgg.
- Vi~ (di ~a:r~ellino), 319.
- an~1?he dms1oni dell'opera nei --: catalepton, 414.
papm, 320 sgg. V1tto~e di Capua, 477 .
- aggrt?-ppamento di m88., 324. Volus1a.no, 454.
- relazione tra mss. e papiri 326 Wettstein G. G., 9 sg. e nn., 203 n. 2.
~èii A, (Turnebo), 52 e'. n. i,
, 1 e n. 1-2 ~eia.da (es. del. Milione), 106 . .
Tzetze Giovanni, 488 8 enodoto, segru critici 154
- lsaac, 489 sgg. gg. -2eld0. Omero, 203, 205 sg·. 208
Ulpiano, 454. Ziegler sg. e n ·• 214 sgg., 222
Girol ' sgg.'
Umanisti, valore de·1 0 di • n. 3, 117. amo, 99-100 n. 7, II6
per gli umanisti, 4~ sg;~ antichi Zonara, 325 n. 2.
12 CAPITOLO PRIMO

est ». E al Wettstein rima~e sopr3:ttu~to la gloria di aver fo


v,f"r1'Sfi, t N :
p(,w-.,.ri:> esattamente il secondo dei due cr1t~n che ~a recensio lllode l'lnlllato
v.S II S
ra O ni ualvolta. il metodo meccaruco c o ~,
~ i GErl P I non serve, quello dell'usus scribendi,_se pure egli nota onesta.in 1 ,
che esso era già ~ ora ~of.o e applic~ 10ne corrente : «Lectio ; nte
stylo cujusque scnptor1s maxrme omnmm consentiens ceteria
bus praeferenda est ». Forse non sar~ ~u~ile rammentare eh/ari:
conobbe il grande Bentley e fu da Im mmtato all'opera 1). egli
II Griesbach scrive (p. LXXI) : « N os quidem in -ea haeroa.
,.,.,,. nos
esse profitemur, quae n ulli libro aut librorum generi soli COnfìdit
sed genuini textus particulas, ubie1;1-IIlque, critica arte facem prae~
ferente, detegantur, ultro amplect1tur ». Questa fede è le.gittùn
dovunq_ue l' archetipo non è conservato e la trasmissione non
meccanwa.

1
) Vedi sul Wettstein l'articolo di C. Bertheau nella R eul-Encykl. /iir
protutamilche Th«ilogie, 21, 198.
-..'<lo r;
I

CAPITOLO SECONDO
20
Tramand ate rect~ via.
devono essere almeno parti consi·d .
An cora l'wt·rmo edi tore il Qu erevor
t o geroninuana. . 1
della Vulrgal'Octateuco,
"' di poter dim os t rare eh e vi. fu' un arch
. entui. 1),
credeli,. peesempi da lui portati non provano il suo assunto 2). iletipo.
Ma g cui se fosse davvero errat o, s1· po t rebb ero trarre consegu
, solo
passo d.., , . . t d •e enze
0
. h . .
. ure sarebbe Gen. 24, 32: et in ro u:m eum in ospitium, ac ;,_8t .
sic , f t d l
camelos, deditque p~leas et aenum e aq~~m a avandos pedes came.
=ravit
lorum et virorum qui venerant cum eo. Qm Il contesto doveva se:mbr
assurdo sinchè si era costretti ad ammettere che l'acqua fu data pare
lavare i' piedi degh· uomm1 ·· e d. e1 cammem·Mè . a stato di:mostrater
di recente s), con largo corred_o d! esempi, che secon~o I'1tsu.~scribend~
di Girolamo l' int_ero passo s1gmfica <t dette_la_p3:glia il fieno per i
cammelli e rispettivamente acqua p~r lavare 1 piedi degh uomini », ecc.
Dunque anche qui basta la recensio 4 ). ·

che per tutta la sua vita non cessò mai di limare le sue opere e di sorve-
gliarne le edizioni, introduceva i suoi miglioramenti in esemplari di pessime
stampe, pubblicate contro il suo volere (G. Witkowski, Te:,:tkritik und Edi-
twnstechnik neuerer Schriftwerke, Lipsia, 1924, p. 9), e di molti errori non si è
mai accorto. E le corruttele comuni a tutta la tradizione di Tertulliano,
poichè non dipendono da un dato tipo di scrittura, possono essersi prodotte,
in ogni tempo. Ma questo archetipo del Maas sarebbe, _in certo senso, .anm-
riore all'originale, a uno dei due originali, tutt'altra cosa, insomma, che
l'archetipo dell'ortodossia lachmanniana.
1
) Quentin, Mémoire (citato a p. 18, n. 1), pp. 479, 483, 484, 486 e
specie 488 sg.
2
) Come avvertirono presto i recensori, specie Rand, Harvard theowg.
Review, 17, 1924, 256 sgg. il quale nota, p. 261, quanto poco probabile sia
che un testo diffusosi presto in filoni separati sino alla periferia dol mondo
civile risalga a un unico archetipo giacente in Italia. In Exod., 2, 22,
manca nella Vulgata tutt'un inciso sul secondo figliolo di Mosè; ma l'inciso
manca parimenti nell'ebraico, nella Vetus latina, in molti codici dei Settanta .
.Dunque sarà mancato anche nel ruode11o di Girolamo : Rand, ibid., P· 233 .
8
) A. Vaccari, Biblica, 7, 1926, 439 sgg. 11 Vaccari ha anche elimi-
nato altre due difficoltà che sembravano condannare Ja forma tradizionale
del passo : si aspetterehbe dedit pa'leas et faewum camelis, e non camelorum,
ma in un altro passo (3 Reg.,' 4, 28) Girolamo scrive lwrdeum quoque et paleas
equorum et iwmentorum deferebant. 11 testo ebraico fa menzione del capo
de":' carovana, il servo principale di Abramo. Il Vaccari, in una nota sup·
pletiva (Biblica, 8, 1927, 94), mostra che anche in un altro passo (2 Reg.,
17 12
• ) Girolamo per« non la.sceremo di lui nè di tutti gli uomini che stanno
seco neppur
. '
• t ne uniw~
• ~o 3 scnve et non relinquemus de viris qui cum eo su~ ,
!{'Uidem. Cosi lD greco Ot neeì "l'Ò'V KveO'P significa u Ciro e i SUOI». • li
'? _li Quentin ribadisce tuttavia la sua opinione nei Prolegomem a, a
sua edizione. B"bli S . . (Roma.e,
1926 ) • i a aera iuxta latinam vulgatam recensionem
'14(1.
'1 :J

CAPITOLO QUARTO
58
~ . J l ~ l _ V..!ltQn.!)se Jlfil'.llllQ,_ perchè gli umanisti .
~ o lezioni derivate da_f _fin dove F non si interrom vi hanno
mM almeno in un ms. di Dresda il testo originario mo,1:~e (V, 6).
a . • 1) ' UJJ.JCato .
legge bene sotto le correz10ru . , a1
Tutto questo sembre_rà abbastanza complicato. Ma la tradizi
è ancor più complessa ~1. qua~to ~arreb~e da_ questa breve es o~e
zione. Nessuno dei codlCl anz1dett1 contiene il così detto X rosi-
ep,s+o\ .c,;,u.
1(0~~
la corrispondenza con Traiano. E~sa fu scoperta verso i l ~ •
1
w~s•=) 0 nelle vicinanze di quella città dal celebre architett~ n
nicano Gioco~d? _d~ ':7°erona in u~ ms. che co:°-teneva tutto p~:e-
cioè tutti e dieci 1 libr1. Nel 1502 Il veronese Girolamo A ~ '
blicò di sur una copia speditagli da Pietro Leandro e derivata put ·
dal codice di Parigi le lettere 41-121 di quella corrispondenza _cer 0
chè non anche 1e prlllle. quarant a, non s1. sa. L a corr1Spondenza
. - ' per-
Traiano apparve completa solo nell'Aldina del 1508, che compre!~n
jutto )'epistolario_. Aldo aveva po~u~o adoprare prima una copi:
di Giocondo, e poi lo stesso ms. par1gmo procuratogli dal veneziano
Alvise Mocenigo, che era stato ambasciatore a Parigi. Da allora il
ms. scompare, certo perchè Aldo lo mandò in tipografia dove fu
malconcio o distrutto. E se la ricostruzione del Parigino era possi-
bile e abba,Stanza sicura nel X libro, specie là dove soccorreva l'edi-
zione dell'Avanzio, perchè Aldo non può insomma aver fatto altro
che introdurre qualche congettura arbitraria, essa era molto più ma-
lagevole per il resto, dove Aldo aveva adoprato altri sussidi, specie
copie di F. Così era difficile dire quali fossero le relazioni del Pari-
gino con il resto della tradizione, benchè B porti ancor oggi il titolo
Plinii Secundi epistularnm libri numero decem incip. li ber I f eliciter,
dia cioè a divedere di essere stato trascritto da un ms. completo
dell'epistolario, quale era la fonte dell'Aldina.
Qualche decennio fa una scoperta confermò che la ,, famiglia
delle cento lettere» era stata un tempo veramente ,, la famiglia dei
dieci libri », cioè conteneva originariamente anche la corrispondenza
con Traiano. Nel 1888 fu ritrovato nella biblioteca BodleianJLdi
Oxford un volume miscellaneo, contenente l'edizione di Beroaldo
1) Anche D è, sia detto tra parentesi, un esempio insigne del!' impor-
tanza dei cosiddetti deteriOTes. Esso, dove va per conto proprio, per lo più
erra ; ma, quando si accorda con l'una o con l'altra delle altre due famiglie,
si può per lo più mostrare con criteri interni (clausole, usus dicend-i, lecti~
diffeci'Uor) ch'esso difende il vero. La sua testimonianza è, quindi, in casi
dubbi decisiva : Carlsson, Gnomon, 1929, 136 sgg. L'uso, del resto, di ta~
crit.eri interni è applicabile in misura eosì larga e così sicura a pochi altn
scrittori come a Plinio il Giovane. Egli, artista riflesso, è, nelle claus?Je,
molto più uniforme, si consente molte meno varianti ed eccezioni che Crne-
rone, scrittore ispirato e spontaneo ; e cosi nello stile, per esempio ~ella
colloc~zione delle parole, segue gli schemi con rigidezza molto mv,ggioro.
Per ciò la decisione è molto più facile.

___ ...,..
G> '"°"' .

c ,1r1TIJLO QUl ~TO

1z2 to 1\1 critico tutt'al più per qualche


. coli ,orve do! resf su~ ronto e che era 11ffine a tre
i uo11c ' rbo u
8 ~uolo n q essa dal Jll! , • a p •
servo ben poco. Ma c1 poss1a1110

1rzìono 1 ~9:8Jll alo II diro in prauc di fro~ r un~a all'altra due f3Dll.
0
con1orvat1' vn altro c 0: ~nJ}IIR
a.'1 1 .,. 80 conser vatil' o ricostruibili
o<rinaro u diciamo ur . u orta
illllll-,,· Poniamo cho un mR. c1 con-
.
-"• rli roH,,._ - 0 · poco 1ml' · · · · • .
~ •curezza, qui
81
bbir1 subito alteraz1om cosc1ent1, ma
con ~erta redazione !~ qu_l!lo ii. 81-~roo }i'u ttru:..Yi.&. perchè lii tra.di-
1erv1 UU I\ ~ Ò -•; MD J!9~ " = - • lnnnn ,In • - • •
e oon tutto 01 ~ g_um t ~ ~ _ _ u _ ~tl.Dl..ec-
chone Mll'altro ms. B sua cr1>to lo stadio prelimmare della r1costru-
z, .. Qui la recensio, sup···"·••chhee.t,1in!!U-P~rd!!,j;o, n on solo non potr~
• no do! capost1P 1 •.de! •~ consisteràJilll)Untq_ n eiiu
··te ' dicnm1._
'' Certo
~~io(kf!Ldal i~1dic•." r'f1~lh'\Janùglia non in~~pol11~11 men'.
3
i a..J)lliilil.dlcondizJo~i { ogniqualvolta essa sarà mmtelli~bile o
~JI. ~~que ragiono, anche solo per ragioni
susciteri\~pe~v~~: ersi ~terP.olati e chiedere: Può la le-
stilisticho, co~v~~r::.; .~M•ttura, 0 in qualunque modo al~er•zi!!De
,ione dt questi qualunque modo uno stadio secQJI-
T 0. rapp~esen rruttela dei codici che chiamiamo ~en)!jnj T
darlo poater ?re a cnoon (o non in primo luogo) considerazioni di
1
Qw· _en.trano m gwcoafichc, ma principalmen te cn·t en· m · t,erru,
· sovra
sonuglianze P3100grd Ila lectio (jjfficilior e quello dell'usus scribendi
· altro que11o e . . •
ogni te "'pre•sioni noi senso più largo possibile.
intese ques h il =opista " più scrupoloso, come mos t ra a noi· st ndios · 1·
mod!:~ 1: pr:tica che facciamo quotidian~ente_ di dattilografe
ur talvolta attente e coscienziose; tende mcons01amente a sosti-
iuire la. P.arola O il cos11'1!ttq_ no;1 n?to con parola e costrll:t~o nl!J&,_a
trivializzare. Una lezione più difficile dà norm~lmente ongme a una
più facile, non viceversa. Questa tendenza, BI osser".a ancora più
spiccata in tradizione interpolata: an~he .1 mnovaz10ne che può
parere più innocente, l'alterazione dell ordme delle parole, serve a
mettere il testo tradizionale d'accordo con quello schema che il copi-
sta considera normale. Più chiara questa tendenza si scorge nella
sostituzione di sinonimi, nella semplificazione di nessi sintattici
complicati, e cosi via. Tutto ciò che è inconsueto, è difficile.
Questo criterio va adoprato con prudenza. In primo luogo, esso
non deve mai venire a conflitto nè con le ragioni della verisimi-
glianza nè con l'altro dell'usus scribendi. Non possiamo attribuire a
Dempstene o a Cicerone una stranezza, solo perchè il testo che gliela
fa dire, sarebbe parso, appunto perchè stravagante, inconsueto e
quindi difficile a scribi ed editori medievali. E noi possiamo cre-
dere agli interpolati quando essi ci portino a restituire a Cicerone
una forma o un costrutto che in esso sono rari. ma attestati 1 o che
s? n~n ~ono attestati in esso, s'incontrano in scrittori poco più an'.
t 1ch1, o m qualunque modo s' inquadrano bene nella storia della !in.
gua • dello stile dell'ultima età repubblicana. Ma se gl' interpolati
.,,u..t"- · '1" 1ar
I

TllAUIZIONE MECCANICA E l'ARIANTI MEJll!:VAI,I


123
ci danno una forma o un'eslfils~e.JIOll....è..,per quello sw:itto,o
,umentat,a e che aairn.are
·• :-.a.~:rnnl t.i ... ........, per
._ lui impossibile, .!LoLn@ ~PJ>Ui
crcuere ag~ m..,rpv,u= Q"'."" 6 86 non possiamo spiegarci come il
loro testo ~1':' nat~ ~a.Ila lezione chiara, o al contrario profondamente
corrotta, lllllltel!ig1blle della. tradizione più genuiM.
d
La prn en.z~ è qw figliuola della dott rina: facile o diffloilo
non so.no termllll assoluti, .quel cbe è difficile cioè ioconsueto
per n 01, J?~ò ess~re stato ~acile ~uomini di a , l ~ giudizi~
sop~ f':'01l~tà _o difficoltà d1 una lezione sarà tanto più sicuro, quanto
m eglio 1! gmdi?8 conoscerà le consuetudini di linguaggio e di pensiero
d~He et~ _che 1. hanno trasmess~ che possono averla coniata. n mi:
glior critico di un .testo greco di tradizione bizantina sarà quello
che, oltre a essere un erfetto recista sia anche erfetto bizaut i-
~- .n miglior e~tor~ di un.fill~ re la,tino trasmesso in codici me-
dievali o postmed1evaJi sarà colw che, quanto il suo autore e la sua
lingua e i suoi tempi e la lingua dei suoi tempi, altrettanto bene co-
nosca il Medioevo o l'umanesimo. Un erit.ico siffatto è un ideale
che nessuno può incarnare in sè perfettamente, ma al quale ognuno
h a il dovere di cercare di avvicinarsi.
Abbiamo detto clie questi criteri vanno presi in signi.fl.eato lar-
ghissimo. Il nomo di un personaggio storico e la menzione di un fatto
storico ignoto d 'altronde ma che s'inquadri bene nelle vicende del
t empo, o noto da fonti che a nessun interpolatore potevano essere
accessibili, sono anch'essi una lectio diffìeilior, anzi difficilissima, per-
chè nessun interpolatore avrebbe potuto ricostruirli P.er congettur_a
dal testo genuino, in quel punto lacunoso e corrotto ; e il senso di
quel criterio è appunto questo. Noi abbiamo visto nel capitolo prece-
dente (p. 82) che in Ammiano Marcellino la menzione di un ponte
sul Tevere costruito e dedicato dal padre dello scrittore e non noto
altrimenti che da un'~scoperta nel 1878 dimostra l'autenti-
cità di una giunta che noi troviamo solo nell'edizione Geleniana.
E poco importa che il rappresentante degl' interpolati sia questa
volta non un codice medievale ma una stampa cinquecontina. Fine
di questo capitolo è appunto di mostrare che interP.olazioni del Ri-
nascimento e inter olazioni medievali non sono in principio diverse.
E fin d'ora posso dire ) che uona parte e e va.nan 1 e .e a noi
appaiono in codici medievali, che quindi e1:11piricamen_te 9,111 ancora
consideriamo m edievali, sono trasmesse !!là dall'antichità._ I m~-
todi della critica testuale rim:i.n~ono fondamenta!mente ~li stessi,
a qualunque periodo appartenga la tradizione manosc~ tta. Q~est~
asserzione si accorda benissimo, chi ben guardi , con l'esigenza. dumz~
formulata, che è necessario che il critico conosca la. cultura dei tempi
attraverso i quali il suo autore è stato trasmesso.

1
) La dimostrazione noi capitolo seguent.o.
CAl'I TOLO QU l ~TO

124 . 'è mono da dire. Si può tutt'al più nota.re


secondo criterio v . raticata con prudenza., anche quella,
h io Suesso sia. P il cui uso 1mpru
I rientra, purchè ·troiçhe · d en te, n1 eccaruco
·
0 0 id•r~tone dello rci ole ri -o.ui·u'e indietro perchè esso potrebbe
bbiaDlO cond11,11oato poche ione
coDB p..,, comunque attestat a.. A ne he con-
:ervire legittJroare una I~ e a.ozi consuete ai trascrittori e
II
vtone distinguo~ tra .IUOvano '.fu evidente che le seconde hanno
regolo ili cui csst non sapo v'a.to;e strumentale molto superiore alle
per la oritioa del t~:}; ~~sclusivamente bizantina di un testo greco
priDI0- Se nella tradt 0è già seguita Ja legge del Meyer o quella del
nel quale norrn~men18 ff e in un passo una ~ che eliminerebbe
?,faas, p&rte _dei ross, ~enre che l'editore si chieda. se quella. lezione
]I!.' imJ:Ola.rt~
~: conv1intesa. ap_m1~@mare
d1azione J' . gueil'"nTego1a.ntà.
.
QQ!U'~ i~ à , talvolta. esso potrà eBsere ris~l~o dall'?s-
Talvol~ che quell'irregolarità è solo apparente (enclisi, proclisi,
scrv~tone
iinili . essa è determmata
he . da un fi ne spec1'fi co, eh e « I'a.noma1·ia
s ), 0 enza del fatto che lo scrittore vuol dire qualche cosa.
eguc

ciale per cui la norma non bastava» 1) . Ma. se un ms. me dievale,


è.d'1a c.ons
s~:$:tto per altri rispetti d'interpolazione, presenta. costantemente 2)
clllusole ciceroniane in forma corrispondente a. quelle non molte
regole del 1111mer118 che sono sta.te osserva.te con sicurezza dai mo-
derni ') mentre le stesse clausole com paiono in forma. scorretta nella
fe.mig~ più genuina, è certo che gl' interpolati conserva.n_o, quanto
alle clausole, tradizione, perchè il Medioevo conobbe e praticò solo
il et1m1,, cioè un sistema di clausole non quantitative ma. accentua-
tive '). Parimenti, che un esametro torrii bene nella. tra.dizione inter-
polata, non torni nell'altra, significa. ancor poco, perchè ci furono
in ogni tempo persone che, sentendo il ritmo e conoscendo all'in-
grosso le leggi dell'esametro, erano in grado di mettere innanzi una
congettura metrica. Ma non può esser nè caso nè alterazione secon-
daria., ~sciente o no, della tr~_ione che un co_dice « interpolato »
~tituisca_ a un _esametro ellerustico quelle particolarità più sottili
di costruzione ntmica che furono anch'esse per lo più scoperte 0

1 ) Sono parole di P. Maas, Te:ctkritik, § 15, r.he applica t.uttavia que-

sto principio a un caso più generale, a qualunque anomalia paia dimostrare


che un testo è guasto.
2
) •Costantemente , non significa senz'eccezione; il numeTUB differisce
dal verso appunto perchè tutt'altro che ineccezionabile.
8
) Molte regole sono ancora soggette a controversia, perchè molti
studiosi si sono serviti e si giovano ancora di metodi troppo lassi (ammiRBione
di lunghe irrazionali e di risoluzioni di una o due lunghe) che consentono
di ridurre a.Jlo schema qualunque testo. '
') È il caso delle epistole di Plinio : vedi sopl'a, p. 58, n. I.
fRADIZION!!l MECCA.~ ICA E VARIANTI MEDIEVALI
125
a~eno formulate più e_sa.ttamente da. w. Meyer di Spira 1): è dif-
ficile che un posteriore Bl sentisse cosi_offeso dalla violazione di quelle
regole da. esser tentato di eliminarla
S'intende che anche l'applica.zio~e del criterio dell'usus dictmdi
non dev'essere meccanica., che ci si deve chiedere se un'anomalia non
cor~isponda a. specia.~ fini dello scrittori) 8), che in ispecie questo cri-
terio non deve ser_vir_e a normalizzare, Nessuno scrittore è sempre
uguale a se stesso, 1 più grandi sono spesso i più liberi. Quel criterio
non deve essere a.dopra.to a eliminare 3) .ll.Si...ducumentati più rara-
m~nte ~el no~tr~ testo _o documenta.ti solo in scrittori contemporanei,
o m più ~t1chi che 11_ no~tro suole talvolta. imitare, e simili. Mi
sbaglio, o s1 potrebbe dire 1n un tal caso che l'uso di questo criterio
lo me~te!ebhe in contra_sto con l'altro, della lectio dif[ìcilior f
81 dirà. che un tal sistema. porta. all'arbitrio che il testo critico
non ha in tali casi altro valore che congetturnÌe Y Ma. meglio una.
congettura. ingegnosa. in cui si creda e si abbiano buone ragioni di
credere, che un sistema mecca.nico che quello stesso che lo applica
sa. errato, come quello di chi, estendendo il metodo del La.chmann
ben oltre i suoi confini natura.li, segnati dalla meccanicità della
tradizione, dichiari : , Io ho seguìto sempre questo ma. o questa
costellazione di mss. ». La. verità non concede se stessa agli stupidi.
Solo, in tra.dizioni di tal genere occorrerà che l'editore si renda conto
del grado maggiore o minore di sicurezza. del testo ch'egli sta.mpa
come risultato della. sua. recensione.
Inoltre in questi ultimi anni, ma.u mano che si è veduto come
il metodo del La.chma.nn sia. impotente di fronte a. tradizioni di ta.l
fatta., ricercatori tenaci e sottili hanno studiato il testo di tali
autori passo per passo, divergenza. per divergenza, mostrando come
l'osservazione spregiudicata. dell'usus ,cribendi di quell'autore e di
quel tempo favorisca o l'una o l'a.ltra. lezione, e fornendo cosi insiem~
una. stregua e un esempio agli editori futuri. Questo nuovo genere di
bvori, che congiunge insieme ermeneutica. e studio storico dell~ lingua
e li applica, congiunti, alla. critica. testuale, è, per quel che nguard~
il latino, vanto particola.re degli studiosi svedesi, specie di quell!
di Lund di Eina.r Lofstedt e del suo scolaro Gunna.r Carlsson. 81
può biasimare ohe essi si siano qualche volta mostrati troppo in_dif •
ferenti e.Ila storia esterna della. tradizione, ch'abbiano dispregiato
quello studio della. diffusione dei testi classici nel Medioevo, q~e
resnlta da esa,me della. scrittura dei ross. dall'un canto, da. studio

1 ) Miinchmr Si tz ,.Bft. , 1884, 079 sgg. ; vedile ora raecolte e com-


pletate in P. Maas, <mech. M~trik, §§ 90-98.
2 ) Vedi sopra, p. 124, n. I.
8 ) Come soleva, non solo recensendo ma emendando, vorso la metà
del secolo XIX C. G. Cobet e come usano ancora oortì Olandeai .
120 CAPITOLO QUl~TO

d~i cataloghi di hibliotccho mndiovali dall'altro, ch'era già t


portato molto i~nanzi da un g~11n~e _m?rto anzi tempo, Lu~ a~
•rrnube ; del pMt non sembm eh essi 81 smno resi conto del wig
t,eorotlco dei propri studi. Ma bisogni> riconoscere che la loro valora
nei liIJliti ch'cssi stessi si sono segn11t.i, è perfetta. opera,


••
. . . • brevemente esposte non valgono solo per il
Le. r1flessr 10 n·1 lic
quidi cod ici mrdwv,,
· li , d e li e qua li una esco t e <fa
ca.so di /ne sfigurata da errori meccanici, l'altra non libera
1nterpo azwm, . •onscie 0 conscic, eppure indispensabili ; esse si
da alterazt0m 8:1''."reccnsione aperta,, se, mi sia lecito introdurre
lt~ ,-.,1•.;>,,,. .r 1,pphcano
ui \IO termine 1rnovo, che m1· pare 1~
a og · d"1spen_s ab"l I d"ire 81·
G~"iù,.


C.l.. ~ t , ~ ~
e.o
U,MA
I e, v~ e a
q li ano ogniqualvo\t,a la lesione dcli archetipo non s1 può fissare
all'Vt .....
1r~t-a1t "o1. c.ùJ.iJ) app c · d. . "d d"
mecc&niçamente, mediante la constat~z10ne _ 1_ c~mc1 enz? 1 le-
,tn...... "'i eorc-"1. Aioni in certi apografi (« recensione clnusa ~), ~a ~1 determma solo
1u.,d,c1 vmi con il ·,udicium sce liendo sul fondamento di cr1 ~er1 . r v I mente
""'tW i,.,teJ...,..
interni tra due (o più) lezioni nessu~a delle quali è _d1m?strata secon-
(~~~:it~~ ; daria dal criterio esterno, gcnealog1co. Ma esemplifichmmo pure per
il primo caso, considerato a p.122. :!il 1:11' caso _s~mplice, tanto semplice
che come la maggior parte dei corpi semplici, non sembra trovarsi
in ~atura allo stato puro. Non c'è da meravigliarsene: vi sono,
come abbiamo accennato sopra, testi che, almeno in certi periodi
di cultura, non possono se non essere copiati meccanicamente, che
all' interpolazione sono quindi assolutamente refrattarii, e ve ne
sono altri che invitano, anzi provocano all'alterazione cosciente,
ali' innovazione. Ed è fatale che questi ultimi siano alterati da cia-
sc\lO trascrittore, per conto proprio. Ogniqualvolta vi sono due fa-
miglie e l'nna è notoriamente interpolata, l'altra, la cosiddetta non
interpolata, è non già esente da interpolazioni, ma soltanto meno
interpolata 1 ).
Le tragedie di Seneca sono tramandate, come tanti altri testi 2 )
-.~.
fille:o.
cl,
in un codice antico, e h ~ e in un grande numero di mss, piò
recenti, congiunti tra loro da parentela stretta. Il codice antico
l'Etrwtc11a, appartiene questa volta alla fine dcli' XI o al principi~
del XII secolo. Dell'altra famiglia si conoscono ora grazie a studi
recenti 3) due rappresentanti del secolo XIII, i quali agevolano gran-

1 ) Non mancano natura.lmente eccezioni: vedi appunto quel che ab-


biamo detto della Regula 8. Bened;cti.
2 ) Per esempio Eschilo (p. 26) .

) Specialmente di Th. Diiring, Herm., 42, 1907, 113 sgg., 579 sgg.;
3

47, 1912, 183 sgg.; Hoffa, 40, 1914, 464 sgg. Per i due codici del XIII,
vedi specie Diiring, Herm., 4 7, 186 egg.

.......
TnADIZlONE> MECCASICA E VARIANTI MEDlE?.\LI 127
demente la ricostruzione del · ·
liberi da certe corruttel , ~apoa t tptt?, perchè da un ·lato son
recenti meccaniche al e C\he 81 sono m~muate negli esemplari più
voro di'con ettu . ç~ru,, ma per lo più frutto di ,10 ingenuo la-
. g, m., daU al~~ non presentano ancora tracce di quella
c~nt~ mazio:iie con la trad1z1one di ]1 la quale ha riempito lac\llle ed
elimmato lez1oru caratte~tiche. Questo capo\tipit.e, a giudicare da
ce~te c~rruttele, non dev essere stato molto ~ d ! l i più antichi
dei suoi
1 apografi conservati : apparteneva forse ancora al XIII se-
c?lo ). Esso con~eneva una tragedia di più, l ~ a (se autentica
~1 Seneca, poco :rm_p~rta_J, e disponeva le altre in on ordine diverso,
m p~rte con_ d1yers1 titoli ; era sfigurato da numerose~ era qu,i
e là Iilegg1blle 2 ).
Non Ri può dubitare che ..d. rappresenti di fronte alla tradizione
d_i E t esto rielabora~. sistematicamente ll~o~liergli ogni anda-
c1a stihst1ca, dunque t1mcamente jnterpo)atll.J>ochi esempi baate-
ra nno a mostrare questo c<irattere di ..d.. M ed., 313 la costellazione
della Capra è chiamata in E O!e·niae lumfoa capra, ; ..d. sostituisce a
l11mina il triviale sidera. Herc. Oet., 20 fregi gregea E; /udi A, anche
questa una trivializzazione (/undere è l'espressione comune per il
disperdimento violento di nna massa) ; la lezione genuina è qui ga-
rantita dall'allitterazione. La quale in Herc. Oet., 985 trepida quid
tremuit 111anua dimostra autentico il trepida contro il pavida di A ;
l'interpolatore avrà invece voluto correggere la cacofonia. In Meà.,
218 petebant tunc meoa thalamos proci; il proci, preciso, tecnico e
arcaico, è stato in A sostituito da uno scolorato viri; cosi altrov~
(Med., 740) il raro ed arcaico composto comprecor da voa precor,
ebe rende anche, contro le tendenze stilistiche di Seneca, più concinna
la frase vos precor volgua silentum vosq11e ferales deos. In un altro
luogo (Oeà., 510), eqmnne cuius capite placemua àeoa da e<1>pone.
Exprome sarebbe da preferirsi quale parola più forte e insieme più
rara 1 anche se non fosse sorretto dall'uso di Seneca 3).
Non e' è da meravigliarsi che un lachmanniano di stretta osse~-
vanza quale il Leo era nel '78, scrivesse nei Prolegom<lna alla sua edi-
zione weidmanniana (I, 4) : , ne in eis quidem quae corrupte Etruseus
praebet nllam esse vulgaris Jectionis anctoritatem •; e ehe se~t~se
• Etrusci igitnr corruptelas utique emendandas, nusquam re01pien-

1) DU.ring, H erirl., 4:?, 583 sgg.


2) lbid ., 119 sg.
3) Gli esempi attinti a G. Carlsson, Di• UebtrZieferu,ig dtr Seneca-Tra-
gOd it'n {L1mds U.nive·rsiU!ts -d rsskri/t, I, 21, 5), Lunù, 1925, pp. lS, 12. An-
che in oiò che seguo mi giovo di questo lavoro e dell'articolo più recente
Z·u Senecas Tragodfr1~ (Humanistìka Vcte~iskapssamfu,ndets Grsberiittt !.$e
1928-29, Il).
,· '' IIJi

l4S CAPITOLO QUINTO

è noto solo ,m.completam...fillte. Di conseguenza ci è noto im


mente anche 0, la cui ricostruzione poggia su due cardini perfetta.
quali è appunto [I. Di conseguenza noi ci dobbiamo con~ uno dei
deteJ'DlÌilare I' mediante il confronto di V con :DI : caso di r ntar~ di
se pure V ha in massima più autorità, 1); mentre sec~sione
conservato o ricostruibile con sicurezza, cioè da apografi e . fosse
volta V si accordasse con esso o con II, potremmo det~ri~iqual-
con sicurezza. Ancor phì imperfettamente noto è E, al quale na~e I'
attribuire solo quelle • poche lezioni del correttore di. v, chep~ss~amo
c1 npo
tano oltre I' ; qm ancor meno che altrove sarà. lecito trarre r-
. · ea: si·z ent,i·o. Per f ort una 1e doppie
siom · 1eziom
· · m· VM, cioè in conclu-
I' .
P?~etton?, ed è _questo un c~so assolutamen~e. eccezionale, di ;t c~
bilire mediante ricerche,~ lat~vamente semplici, sull'usus scrib ~-
di Epifanio, che cosa in I' e prima in LI risalga all'archetipo 2) e~ i
cosa, invece, sia interpolazione puristica, sicchè l'archetipo c e è
noi ricostruibile un po' più completamente e sicuramente che per
l!.QSSa apparire dallo stemma. Ma certo troppo spesso cioè dovu non
E non è ricostruibile e V o M non hanno doppie lezioni esso a~chue
tipo è per noi praticamente ident.ico con I'. ' · e-

***

La « cont,aminazione totale pretradizionale », se sia lecito fog-


giare questo termine, non ha nulla di specificamente bizantino:
Lucano e specie Giovenale 3) ci sono arrivati in un gran numero
di codici di cui non vi è alcuno che non sia contaminato 4). E in Occi-
dente il processo di collazione, che ha portato a queste condizioni,
si segue forse ancor meglio che in Oriente. In età carolingia è stato
coY~zionat,o moltissimo. Già il Traube 0) constatava la tendenza a

l) Holl, p. 37.
2) Già l'archetipo, per vero, aveva 1mbìto un'elaborazione puristica,
dalla quale tuttavia è a noi lecito, in q1.esto contesto, astrarre.
8) Per Giovenale, vedi più nel paragrafo seguente.
4 ) Nou sarà caso che non altrettanto contaminati appaiano in Occi-
dente i classici della prosa : il Medioevo occidentale non imitò Cicerone o
Seneca tanto quanto i Bizantini Isocrate, Demostene, Dione, Luciano.
D'altra parte gli Occidentali, più interessati di questioni morali, avevano
più gusto per Giovenale, che per essi era un c.lassico della parenesi ; Lucano
cantava loro di un periodo grande di Roma in uno stile patetico, conforme a
certe tendenze della loro anima : vedi Ed. Fraenkel, Vortriige <kr Bibliothek
Warburg, 4, 229 sgg.
6 ) Regttla Sancti Benedicti, 76 sg., 123.

_____-/
· o,.,._

CAPITOLO QUIN'IO
160
gere è minore. In altre parole, un'~ m l l . t.inn _,
prodotta a.l le~bo_ estremo_ di un campo ~a.le~!>~
raggiungerà difficllmeru&Jl.cilntr..o~ Le immagini n o ~
fette : l'olio si diffonde con uguale rapidità, su qualun mai Per.°
poniamo, di un foglio di carta esso sia stato versato . ma fue P~to,
di un territorio culturale esercita normalmente suÌ cent a P_enferia
molto meno intenso di quel che non ne riceva. Cosi è anche r::_ 1Jlflusso
1
nel quale questa teoria delle aree laterali è stata elaboratae ~arnpo
fonda.mente, nel camp~ dell~ linguistic~. Ma proprio la ut . P!0·
ba inRegnato una considerazione metodica che reijtringe di ~:tica
. .. I
fri,uc..~,.:,
J)ossibilità: ogniqualvolta aree laterali coincidono tra loro% le
fenomeno contro l'area.centrale che le_s~~ara, è straordinaria.me:
0

i.iel e ,
IlI .
probabile che questo fenomeno sia antico 1 ). Trasportando il . .e
AREI< i.A1'(fZ'!l- ·) pfo d.Ua lingu;stfoa alla eritiea diplomatiea, so un OO<tfo, 80
.
(• ~E'!OOO .. ~a.~ ~•CO Cipro comc1'd e m . una l ezione
.
!;;';"'·
. t'ica con uno scritto in Rus o. a.
caratt eris
è probabile c e gues a ezwne sia genuma; perebè non s' intenderllbb'
' b t l ' . . sia
come mai lo stesso testo sia stat,o alterato nello stesso modo, carattèri:
stJco, indipendentemente in due aree diverse 2). -
Questo metodo, che chiameremo geo~afico, è evidentemente
legittimo. E uno potrebbe sperare di avere trovato un nuovo cri-
terio che va.lesse, accanto a quelli dell'usus s<rribendi e della lectio
difficiìior e con più oggettiva sicurezza che non essi, a dirimere di-
vergenze nel caso di recensione aperta. Come abbiamo veduto in
vrincipio di questo libro (p. 7 sg.), proprio il Lachmann era ri-
corso per il Vangelo greco al criterio delle aree lat erali, ben prima
che lo formulassero i linguisti. Ma proprio a testi greci di tradizione
medievale questo principio sarà per ora difficilmente applicabile.
Quelli del Vangelo e di Gregorio sono casi straordinariamente favo-

1 ) Per voro, non solo coincidenze di zone periferiche, ma persino


particolarità attestate in un'unica zona periferica meritano, se pure in
grado minore, con11iderazione attenta. Può essere facilmente avvenuto che
una macchia d'olio, maggiore delle altre, sia arrivata sola sino alla peri-
feria e abbia lasciato colà segni non più cancellati. Un esempio curioso
mi fornisce ora la lettura del Ooniere della Sera del 5 aprile 1931: nello
stazioni artiche dei cacciatori di pellicce dolla Società della Baia di Hudson
sono state di recente trovate enormi quantità di libri preziosi, come opere
geografiche ed e1lizioni principi dei narratori inglesi del primo Ottocento.
Specie queste ultime vengono ora comprate a peso d'oro, perchò in parti
più centrali del mondo abitato esse sono scomparse, sostituite da altri
libri dello steS110 genere o da edizioni più dozzinali, rifatte ! Oltre il cerchio
artico, scomparsa ormai la Società, libri ed edizioni di moda più recente
non sono arrivati .
Z) Per questo canone valgono, naturalmente, le stesse restrizioni ohe
per quello analogo, secondo il quale un errore comune io due mss. dimo 5t ra
discendenza da un capostipit.e comune.

.....
TRADIZIONE MECCANICA E VARIANTI MEDIEVALI 183

Rnltati particolari qui importano, ma vedere come il Knoche riesca in


uua tradizione che pare a prima vista un modello di contaminazione
( o di « recensione aiierta », che è spesso lo stesso) a classificare non
Io singole lezioni (che non si potrebbe se non sul f~ndamento dei due
criteri della lectio diffecilior e dell'usus scribendi), ma i mss., a determi-
nare, nonostante la contaminazione, le relazioni di questi tra loro
e con il. capostipite del loro filone. Questo in grazia dei suoi tre cri-
teri e specie del terzo, che è il decisivo ;Jnoltre, per gli aggruppamenti
minori, dell'uso ausiliario del criterio geografico. Egli è già riu-
scito in massima (e, poichè il suo lavoro su Giovenale non è finito,
riuscirà in seguito ancor meglio anche nei particolari), a ricostruire
con un procedimento che elimina quasi del tutto elementi sogget-
t,ivi e arbitrari, a ricostruire con sicurezza o grande probabilità la
lezione o le lezioni dei due capifiloni o subarchetipi (la lezione o le
lezioni dico, perchè i subarchetipi possono avere avuto ciascuno va-
rianti). Solo la decisione ultima rimane affidata ai due criteri che
sinora parevano i soli applicabili a tradizioni di tal fatta, e che nel-
l'applicazione non possono sempre sfuggire alla taccia di soggetti-
vismo o di arbitrio.
Io non so se il Knoche abbia avuto presente l'opera del Lachmann,
ma i suoi rapporti con quelli che sinora erano i migliori critici di
tradizioni cosi complesse, assomigliano molto a quelli tra il Lachmann
e i suoi precursori. Come fece il Lachmann in tradizioni semplici e
meccaniche, cosi egli in una tradizione singolarmente complicata
mira a determinare fin dove è possibile il valore non della, sin~ola
lezione ma del ms. o del gruppo, a stabilire prima l'autenticità che
la giustezza di una variante, eliminando giudizi soggettivi. Ma egli
può ottenere questo resultato solo in grazia di metodi infinitamente
più raffinati. E questo rimane per lui lavoro puramente preliminare
molto più spesso che per il Lachmann.
Se i metodi del Knoche, di questo nuovo Lachmann della conta•
minazione, che limitano fortemente l'uso dei due criteri dell'usus
e della lectio ditlìcilior, restringendo con procedimenti meno soggetti
ad applicazioni arbitrarie il numero delle lezioni tra le quali l'editore
dovrà s cegliere, potranno essere estesi anche ad altri testi, oltre i
non pothl caratterizzati poc'anzi (p. 182), non saprei dire. Il pro-
gresso mi pare fin da ora considerevolissimo: dovunque la recensione
era aperta, l'edizione critica si poteva considerare, come a me diceva
facetamente un amico di spirito acuto, quale un'unica gigantesca
congettura. Questo del Giovenale del Knoche si potrà dire solo sino
a un certo punto, o non si potrà dire affatto. E si daranno sempre
meno casi, in cui, poichè l'applicazione di procedimenti precisi non
è, o non è ancora, possibile; un critico rinunzi alla reoensio, che non
d.a.rebbe resultati sicuri, e si contenti di riprodurre un manoscritto
o una recensione. Ma rinunzia.re non si deve, secondo me, neppure
in ca.si di recensione del tutto aperta.
1\( :1 l"r'"J

CAPITOLO SESTO
202
t 0 buon numero di perspicaci osservazioni di critici ant· h"
ld,a scribendi omerico, benchè dotti moderni, specie dellic 1 ~lll-
usu 8del secolo XIX, e g1"à pnm . d" I I . a~ Pnrna.
me tà . . . a 1 oro• oJ scopntore
.1 ran n-~+i"y e pure 10n per esemp10 .
W
del d
ackernagel bb· amrn
·
,
i g , t' tt· f ' a iano
Segu itato a investigare ques· uso con o imo rutto, si deve c f
sare chiaramente chern10 guant o a smonnmca · · · 11 • materiale on es .
n~n è tale da consentire una decisione sicura. E certo c h e ~
canti dell'Iliade, la Dolonia, leAt'ra{, i Giuochi sulla tomba di Pat11golh
l'ultimo canto s1. d"1s t·mguono per pecu1·1are coI ore li nguistico eroc t·o•
li~t;,.o 1). ma dentro e f uon· d.1 ques t e part·1 può sempre rima s 1-
=>=- '
il dubbio se ~a. deterlll!11a. t a smg~
. I ari·t·'::. risa
. I ga all' «autore•nere
di
quel tratto o sia mnovaz10ne posteriore.
. . . Con questa parola io n on
voglio in alcun modo pren_d er qm J?OS1z1one ~e1la questione omerica
nello stesso modo c?~e più ~otto 1? cerco d1 tener distinta la que~
stione della compos1z1one dei poemi da quella della storia del testo
come si può si deve; ~a ri~engo che _anche il più ortodosso degli
unitari, se Giove non gli abbia levato 11 senno o negato ogni senso
di stile, ammetterà senz'altro che tratti interi della nostra, Wade
sono inseriti in essa tali e quali o con noche modificazioni da poem;
precedenti 2). L'uso fonetico, morfologico, sintattico, stilistico del-
l'Iliade è tutt'altro che uno ;...m.a,_q_ ual è il limite' E conviene riflet-
tere che peculiarità di tal fatta possono essere facilmente penetrate
nel t esto nel periodo più antico della tradizione prealessandrina.
Io sono fermamente convinto, come .saranno convinti, credo, tutti
oggi, che l'Iliade fu sin da principio affidata alla scrittura, che ogni
rapsodo aveva dinanzi agli occhi un testo scritto quale sussidio alla
memoria. Ma so anche che la maggior parte dei Greci ebbe familiare
il poema più ancora per averlo sentito recitare che per averlolettoS).
E quel poco che ho potuto osservare io stesso in fatto di cantastorie,
professionali o no, ma sempre popolari, quel molto di più che ne
ho sentito raccontare, m'insegna che essi soglion trattare il testo
con altrettanto poco riguardo quanto gli attori dei teatri popolari.
Per essi ancor oggi (e per tutti i Greci più antichi, e non soltanto
per i cantastorie è evidente ch'era lo stesso) il libro non è più che
{moµvriµa, sussidio alla memoria. Anche se l'hanno per sicurezza
dinanzi, di rado abbassano gli occhi a riscontrarlo. La memoria

1
Nell'Odis8ea le differenze paiono a me molto magg1or1.
)
2
Io non scrivo per gente che non crede nè allo stile nè all'analisi ;
)
secondo me questi tali restano nel novero degli imbecilli che si credono
par..one su periori.
8
) Il Socrate senofonteo (Mem., IV, 2, IO) chiede al giovane e rie~~
e ambizio,o Eutidemo, che ha acquistato tutti i poemi di Omero: "Aspm
t~ forse a divenir rapsodo f », come se un tale possesso fosse qualche cosa
d1 eccezionale.

1111
VARIANTI AN'l'lCHl!J l!i AN'1'1CHl!I l!lUIZlONI 233

e non al canto : quindi è naturale che egli sospettasse di versi cho


contraddicevano a quella regola. Per noi quest'obiezione non vale,
poichè non crediamo più all'assoluta unità della lingua. omerica.
e sappiamo che almeno in un passo dell'Odissea, v 27 µéheolJa,
deve significare « cantare ». Nè d'altra parte s'intende che cosa.
potesse indurre un rapsodo a interpolare quel verso, mentre, come
s'è detto, si vede molto chiaro che cosa inducesse Aristarco a can-
cellarlo. Dunque la forma presupposta da Ateneo è genuina. 1 ).
E proprio di qui, dal E autentico, quei tre versi saranno penetrati
in <>, dove paiono spuri.
Qui ci troviamo di nuovo dinanzi alla scelta : Arista.reo ha
cancellato di suo versi (o parti di versi) genuini, o ha seguito un ma-
noscritto, dove erano stati cancellati per congettura! Qui a me
pare di potere asserire che la prima ipotesi è più probabile: gli
b>arnrt,col e per conseguenza i Avn,col si erano occupati di difficoltà.li
reali, non formali, linguistiche : non è probabile che alcuno prima
di Aristarco abbia studiato sistematicamente l'uso omerico 2 ) : chè
proprio in tali osservazioni metodiche consiste la sua grandezza.
Si dirà che la base è troppo sottile per poggiarci sopra l'asserzione
cbe Arista.reo abbia espunto versi per congettura! 3) che per esem-
pio già prima di Arista.reo Leogora di Siracusa aveva osservato che
"OÀ.vµ:noç in Omero è sempre nome del monte e non del cielo! ').
Questa rimane un'osservazione isolata.
Questa volta è più facile e sicuro determinare la norma pra•
tica, quella che più importa al critico, che non trarre la conclusione
storica. Poichè i critici alessandrini hanno prestato fede a cancel-
lazioni arbitrarie che trovavano in una parte della tradizione, poi-
chè almeno uno di essi, Aristarco, sembra avere aumentato, di suo,
il numero delle cancellazioni, non si può. ogniqualvolta sia attestato
che uno di essi leggeva un testo più breve, stabilire in favore di que-
sto una presunzione, allargare anche a tali casi la presunzione che
vale contro i versi in più attestati solo dai papiri tolemaici. Re-
censire non è questa volta possibile se non in conformità, d~ çti:-
teri interni.
E da queste considerazioni sgorga anche un corollario poco

1 ) 'fale la ritiene anche Ed. Schwartz, Odysseo (Monaco, 1924), 307,


il qua]e ·ha solo torto di ritenere, senz'ombra di prova, che Plutarco rite-
nesse aristarchee le forme che trovava nei mss. di maggior autorità..
2) Lehrs, 36 sgg.
3) !fa troppo artificioso sarebbe supporre che egli, trovato un ms.
in cui quelle parole mancavano per pura svista, gli abbia prestato fede,
perchè il testo da eBSo presentato corrispondeva alla sua dottrina. Vedi
tuttavia a.o tto, p. 240.
') Usener, Kleine Sch-riften, Ili, 1.
,.; :~

CAPITOf,0 SESTO
238
. tematicamente l'usus scribendi omerico. Ch'egli, recensendo f
s1s . l ·tà . d . , osso
tato a eliminare smgo ari per noi mo erm preziose era .,.
Por · t · 1) d è d gi..,
stato notato dalla _g ramm~t1ca . a,n 1ca , e
0
'-J-
evi ente: Dovremmo
di questa fatta, un analogista della .ù
a ttenderci che un s1stemat1co . t ' li
bell'acqua 2r, .ù
tanto_ p1 s~ ~on~m _o, c~m eg non p~te~a ~on essere
PI
dell'unità dei poemi omerici, non ricalcitrasse, pur di eliminare ecc
zioni assurde, dinanzi a conget~ure. E sopra (p. 232) ci è parso P~-
babile ch 'egli abbia cancellato d1 suo un verso tramandato, perchè._yr.
tava contro una regola linguistica ch'egli doveva ritenere per Omero
ineccezionabile, egli che pure aveva qui a disposizione un mezzo
l'obelo, per contrassegnare versi sospetti pur lasciandoli nel testo'
. mentre nella sua edizione non avrebbe potuto indicare una lezion;
--~ rro•e.t ~t;~ 0 / mutata per congettura. Ebbene, con tutto ciò, che il testo di Ari-
.-.r.stoltCO
eov w,co~v.~ = I stare~ conteness~ c01~.ge tt ure d eIl' e d·t
1_oreì nonos t a~te 1. _tentativi che,
per dimostrare ciò, s1 sono succeduti dal Nauck m poi, non mi pare
, provato per nessun passo 3). La congettura più celebre, il niiat, è
stata a lui strappata di mano dallo Schwartz. Ohe rimane 'I Anche
le ultime liste, di Wecklein 4 ) e Caner 6 ), non portano, mi pare, esempi
convincenti. Certo in M 218 la lezione di .Arista.reo Tewaìv M' oeviç
-lJU}e è di fronte a ogviç hfJJ..{}e secondaria, perchè Omero, tranne
in un verso recente, I 323, adopra oeviç come trocheo e perchè pochi
versi più sopra, M 200, si legge o(!1'tçyag a<pw lnijJ..{)e. Ma chi garan-
tisce che, poichè oevi; era spondaico in Attica e forse non soltanto
in Attica, rapsodi non abbiano prima di Arista.reo mutato incon-
sciamente, inconsciamente eliminando una forma che offendeva il

l) Lehrs, 354.
Che tale fosse, non nega neppure il Ludwicb, II 208 sgg.
2)
Che µe-réUrixe nei grammatici e scoliasti, anche là dove essi avevano
8)
idee chiare sul procedimento, significa semplicemente « mutò la lezione
precedente», senza riguardo alla distinzione se il mutamento sia avvenuto
per congettura o in conformità di un manoscritto, è certissimo (Ludwicb,
II, 93, 104) .
') Ueber Zenodot und Aristarch, 81. sgg.
6) Grund/ragen 8, I, 62 sgg. : non c'è bisogno di dire che citazioni da
Aristarco che cominciano con li.µetvov ~v elxev d oppure è/Ju ov1:wç ElnEiV:
non potevano esser proposte se non nel commentario o a lezione excmpli
causa. Non diversamente dev'essere inteso il racconto di Dionisio Trace,
secondo il quale Arista.reo, dopo aver lasciato dapprima nel testo di .E 207 :
~ç IJ', lfre ,e~vòç l<hv l~ dcn:eoç al{}{(!' lxrrrai abbia poi mutato e sc~itto
c~ç 6 lfre 1:-Vf! bel nov-r:ov d(!tn(!EnÈç alf>é(!' lxr]Tat. Aristarco, poi_chè
l altro tei m,ne della comparazione è lo splendore della testa di Achl_Ue,
non ~uò se _non aver desiderato che Omero si fo11se esprosso così : Wil','·
~owitz, Il-ias u. Homer, 168, n. 2. Questo concede a mezza bocca anche
il Cauer, p. 66.

.... 1111
i(O CAPi1'0L0 SESTO

atinzione è arbitraria, anzi assurda, p_crcbè il nipote doveva. ·r


il nonno ma s'intende come essa sia stata accolta.. Proprin a.re
.A.ristar~ f p_rinla ~i l~i, per ?per~ di Àvnxo{f ~a., se anche ~
O
stinziono non risale più ID su di Anstarco, cos~m, che non era
!~
linguista moderno, non può · a.vere avuto coscienza di dove un
gliere tra due tipi diversi di composizione : anche quella ~e sce•
rientrare per lui nell'ortografi a. ovev-a
NJ>n....s~lli:llfillll-a maniera dÌI!!.QstrJJ,r!)_ che_Ari.otarco a .
!Jrtrodotto congetture prol!.!"ie_!!el_te~J®.Qfil!.!l. pare simi Ji~
ll!l abbia accett,ite, senz'accorgersono,_ALaltri. E il resulta~oO CÀll
11gativo è cosi chiaro che ci vien fatto persino di chiederci ne.
sia invece ~ qtleJ!.Q_positivo che abbiamo ottenuto qua:: non
!l)ppressione congetturalo di @. verso (p. 232),M ner ayyent
'
,v:mcot' avessero prun_
. a~d [!!.1· Al essa.o d rm1 t· :~là.J
· · osservato una d·Jlra.
rui' è _linguistica ma pqteva fo~~ rien_t.rJ1re. l!fil_Q_a}1jtolo l;~zm_~
1
omeriche 1). - t cl;iità

**

Aristarco non ha introdotto congetture proprie nel testo, ma
la sua forma mentis era tale che IQ._!Ì.Q!'.C!'.a__~porre ad accoglierne
di altrui in buon numero S.!JJ!.z'avvederse.ne, Egli era analogista,
e per la decisione tra due lezioni i~ter~ogava, co°:1e :tbbiamo veduto
dianzi 111 co,isu~ ud-0 d_el Jl.OJJta, e melina.va ad elimmare peculiarità
,che p~r noi che consideriamo le poesie omeriche altrimenti, cioè
:storicamente,_ sono l~git_t~_2). Zenodoto ci ha spesso conservato
un testo più genui1ui,_ap_pun_t2_ perchè ha recensito meno e in minore
\conformità di criteri internj. Non esiste una presunzione in favore
di Zenodoto quanto ai versi mancanti nel suo esemplare, perch'egli
evidentemente si è lasciato portar troppo in là dalla sfiducia contro
esemplari allargati; esiste una presunzione in suo favore, dove le
discrepanze sono qualitative. Naturalmente, già i passi dov'egli
si è ~ tentato di riprodurre corruttele, mentre la lezione di Ari-
starco .dàwm.se.1!$9 e un sel!S!L!2uo_no, che appare non esser frutto
di congettura, bastano a mostrare che di Aristarco noi non possiamo
fare a meno, perch'egli disponeva di un apparato più ampio e mi•
gliore. Troppo spesso Zenodoto si era lasciato ingannare da codici
provenienti da città.J oJJ.i&b~ a messo nel k sto forme ioniche:

1) Cfr. p. 223, n. 3.
2
Sui criteri da lui seguiti sono sempre fondam entali le poche pagine
)
del Lehrs3, 344 sgg. Ma anche più importante è quello ch'egli dice ,lei cri ,
teri delle atetesi, 332 egg. Aristarco seguiva lo stesso metodo nello espun-
1ioni e nella recensione.

...
VARIANTI ANTICHE E ANTICHE EDIZIONI
2-n

cosi i pronomi Aµonrr6v À. 271, Jmm~11 El62, la crasi cl,.lJ.01 B 1, bw1Té-


a,a1 e nenocéa,ai quali singolari in ll 243, Z 56, 111 forma dbdee1 I' 152.
Un atticismo erano i suoi duali di seconda persona -xaµfrr(ll 0 448,
J.a{Jén1" K 545, fii>eJ.frr(ll A 782 ; e del pari µae-rveeç per µae,veo1
I' 280 e E 274. E forma attica e per giunta recente sarà il suo >«h'Joi-ro
in 0 207 av,oii ><' l:v-{}a "&:Ooi-r' àxaxm.cé11oç (per bi>' àxaxoi.o 1<a•
thjµevoç), se· essa è attestata per la prima volta nelle Rane, 909. NQl
suo t esto non mancavano nemmeno fl>m achiettl!-!Ilen..tll..Etl@i.·
quali nominativi del comparativo in •m invece che in- a,11
A 80, 249, I' 71, 92, H 114, e gli aumenti in bcai>éCe,o A 68, A,.,i.
{}eooe A 611, l.µe{}le, O 716 1 ). Proprio in questo campo delle forme
grammaticali egli avrà errato__ll.iù_spesso, perchè, mancando ancora.
di un criterio dialettologieo sicuro,nonsapevascegJiere consicurezza.
fra tradizioni divers_El, ma anche proprio in questo campo egli ci
ha conservato più cime!i_,_J)erchè hl!_ riP!(l_dotto ~e~a forse render-
sene conto tahme forme arcaiche genuine che .Arista.reo proprio in
grazia delhU'.llgQ.l a__g;ammatiffi~, sta bilita da 1J!Lpe_r- D m_eL(LJ!llO,
eliminava.

••*
Si può procedere ancora un passo oltre : anche dov' è nota
solo la lezione di uno dej__tre grandi Alessandrini (per lo più di Ari-
sta.reo), nulla dice che l'altra lezione, quella. che è nei Dl!.5.tti..c.o.dici
~ li (e non è detto che vi debba preponderare) , sia..pi.ù_r.ecente
o peggiore : quel che abbiamo veduto dei metodi alessandrini, ci
autorizza a credere ch'essa rifletta. tradizione più antici1, più genuina,
non ancora. normalizzata. Anche q1ù la. decisione ultima può essere
fornita solo da criteri interni, da criteri interni diversi, anzi diame-
tralmente opposti a quelli ana.logiei degli Alessandrini. Chi ricostrui-
sce il t esto dei critici alessand!ini, si rassegna II rimanere II mezza
strada. E non deve atterrire neppure il pensiero che quella che ap-
pare tradizione, può essere congettura ; chi sa quanto spesso è cosi
in a.Itri c!Msici, dove tuttavia il materiale non basta a. dimostrar
legittimo nei singoli cMi il sospetto generico !
E come il testo d,!li mss. lil~dievali_p_llÒ_ J,sser mjgliore di !lJ!elli>
aristarcheo, cosi quanto !!ile lezioni_ I\ll!LYale c_o ntro L papil'Ld.el-
l'.®.ti<mit.à:, contro i papiri in ispecie tolem&i_çj, qmillJL f i l ~ ~ -
filfil.O che appare giustificato e ineccezioilabile quanto a.i versi in
più. Già il Bentley aveva in 'l' 198 per l' rl,,da 6' • Ie,ç della tradi-
zione postulato ,òxa 6i • Ie,ç ristabilendo il digamma e insieme mi-
gliorando il senso. Om il cosiddetto papiro Gerhard 2 ), 1m ms. to•
- -- -
1)Gli esempi da Wackernagel, Sprachl. Um.,.,., 71-74.
2)Chiamato così, perchò da lui messo insieme da Grenfell, II , 4 + Hib.,
I, 22 + Hoid., 1262 -1 266, e da lui studiato: vedi sopra, p. 214, n. 3.
.... n,, LOrtdon "
Garofa/n •·

c.,r1ToLO sr,:sTO
212
. h •a pure con Jaoune, contiene 1/J 302-'P 281, ci dà appunto
Jem111?0 0 e! 81
bi'esta ') In fJ 192 la tradizione medievale e Aristarco
Jalez1onerio ~ -•x.,_·~e,· lr.e~ci.•~e• e r.exavur,,
'• t ranne eh e l •edizione
·
oe cillano g =
tr
:M&BBe.liotica '" xe,eefiilei,
aveva ' '' trma .. 11zzaz10ne
· · _evi'den t e; un papiro
del Il d. c.
sostiene xexavbr, ; ma un altro pa_piro, neppur tolemaico
ma del I a. c., legge ,eex6v6ei, Questa è ev1dent~mente la lezione
. ~. xe116· xeiaoµm ,dxo,.ba come nevi/- nw10µm ni:novf)a 2)
genUlll te . . •
Il erfetto è coniugato come 11 presen , come ID una sene di dia-
g • •

let~ eolici O come ancora qua e là nella nostr~ tr_adizione di Omero a).
La lezione è preziosa, in quanto conferma 1Ddirettamente anche la
congettura del Wackemagel 4) xexo•M:a per ,eexa•~oTa 'P 268,
6 96. Lo stesso papiro del I a. C. che c1 ha reso xe,:ov6e1, attesta
per fJ 681 nvÀaoveovç : il medesimo Wackem31sel aveva già nel
1887 ') congetturato qu~sta forma (per nvÀa".'~ovç) per una r agione
che non poteva venire ID ment~ a nessun critico alessandrino. Ba-
stano tre novità di tal fatta a mostrare che i _papiri..11osso110 offrire
\i lezioni superiori alla tr~izione m~~Y.al.ll6 e delle qµali nella tradi-
~ dievale non è rimll!lta traccia ).
Non è questo il solo caso in cui un unico papiro ci offre più
lezioni nuove e giuste. In X 110 la tradizione medievale darebbe
un ,ce,, ingiustificabile, una di quelle particelle che a mezzo miglio
di distanza appaiono intruse per colmare una lacuna della tradi-
zione, si rivelano zeppe (lµoì 6è To,: a~ noÀv ,dQ<l1ov eir, avtf)I' ij 'Axi-
l~a ,.a,ai<r:elvav.a vée~fJ~•• ~é xev avT<p _&Ua{}a, lvxÀe,wç neò noÀiJoç),
Una parte della trad1Z1one ha semplificato leggendo per a6,ru sia
mifòv sia mhov. Il pap. Gerha.rd detto dianzi ci dà X 110 cosi : ij
ail-rqi neò nOÀIJoç evY.),eiwç fuioUai/m, togliendo di mezzo il ire,, ed eli-
minando due iati di seguito : il pap. Gerhard ci co11Serva qui la
lezione genuina. In 'l' 123 per na,,uç /J' vlot6µ01 ,p,teoi)ç <péoov
legge na,uç l!'iJJµo,aiv ,piteov,; ,péeov, con concretezza ed evidenza
ID:olt~ più omeri~~ 7). E q~arto caso di v_alore. ancor maggiore,
d·un mcontestab1htà quasi par, a quella del pnmo citato troveremmo
m questo papiro, se potessimo esser sicuri della lettura del Gerhard .
In t/) 412, dove la vulgata. dà OVTW ,cev ,fi,; µl)i-eò,; leivvaç lçcmo,i,•

1) Vedi aopra, p. 204.


2) Vedi Leeuwen, En-0hiridi1 m diclionis epicae2, § 221, 5; Cauer, <hund,
/r/1//.,,. , I 26 .
3
8) Ch. per esempio Cauer, 74.
4) B. ph. W., 1891, 1476.
6) Kuh111 Ztachr., 28, 1887, 132.
8
) Esempi di lezioni superiori in papiri sono raccolti in buon numero
d• Cauer, 22 sgg,; Wecklein, Rh. Mu,., 71, 1925, 20 sgg. Io cito pochi
caai ohe mi paiono sicuri.
) Wilamowitz, I!. u. Hom., lii, n. I,
7

..
"I..Jlr t ') a/,- _ -,.-tJ.h ;.. ·•t::'IJf,. I

\'All!ANTI ANTICHE El ANTICHE EDIZIONI 243

vo,ç con un uso posBessivo dell'articolo che secondo il Brugma1111 1)


sarebbe in Omero aristarcheo ma non originario, il papiro dà nel te-
sto r.ev l<tu µr,teoç con evidente peggioramento, ma secondo il Ger-
h:\l'd avrebbe nell'interlinea come correzione er,ç, da leggersi con
sinizesi ~ç : riflessivo di seconda persona con uso anche altrimenti
omerico, attestato anche in A 393, O 138 nel testo di Zenodoto.
Ma Allen legge o meglio integra n;,, cioè la vulgata 2).
Ancor due esempi di lezioni superiori date solo da papiri, e poi
basta. In 0 199 per ae/arrro <l' elvì i/eovcp, tÀéÀlçB l!è µaxeòv "O.l.vµ-
nov un papiro tolemaico dà aefoato 6' lv xJ.iaµqi, neUµ,~e. Ora
ileUCeiv in senso 11011 di • gridare , ma di ,scuotere, è stato in Omero
sempre sospetto. Il papiro tolemaico lo elimina qui sostituendo
la parola attesa: e 443 Tqi li' vnò noaaì µiyaç ne.l.eµiCe,' "Olvµnoç.
In B 797 la t,radizione medievale concorda in wç no,' l:n' elei)Vl)ç, tranne
che alcuni mss. rivelano l'esistenza di una variante &la.s ht', impos-
sibile in questa forma. per !'iato. Altrimenti i papiri : pap. Brit.
Mus., 742 coa,e noT e:n, 111111 doppia lezione che conferma che Ju.
doppia lezione medievale esisteva già nell'antichità; Te s1!?'1"'7ç
un papiro tolemaico del III u.. C. (il principio del verso è perduto ) :
la lezione, assurda, ha il te e mostra che l'ordine delle parole oscil-
lava., un altr' indizio cli variante antica. Un Bodleiano del II d. C.
ci porge la chiave dell'enigma: ola.e no,'elei)Vl)ç, Questa è evidente-
mente la lezione originaria : el11'1"1J, senza ml, come vvXTciç e con
lo stesso diritto di vvxrciç, in quanto eie,j,,11 significa sino al V seèolo
• stato di pace •, dunque una. durata, 11011 , trattato di pace, 3).
Che importa se nei papiri accanto a questi cimeli 11011 solo s'in-
contrano ma prevalgono lezioni peggiori di quelle dei codici! Gli
Aless311drini hanno per lo più scelto bene; ma è fortuna. che noi
possediamo ancora briciole del materiale di lezioni sul quale essi
ha.nno lavorato, dal quale la vulgata ha scelto : ancora una volta
eminenza occasionale di le.zioni in certo senso periferiche.

*. ti

Chiunque abbia segulto i nostri rn.giomimenti, riterrà senz'altro


legittimo asserire che, se si detra,ggono svisi.e py culiari di manoscritti,
tutto o gulllli~VJl!:~nti dei co~[<ii medieva~gQ!lll_Q.lt.I.e..il.lllll'.iodo
olesmndrino, sino almeno ;il fY_g@!o, Ma non vera su.rebbe la

1) Efo P.roblon, der /,omor. Te:rtkritik (Lip•i~, 187 6), § Il.


2) l11 altri punti, come <P 411, 1P 2~0. il pnp. Gerhard ai accorda
nolla lozione miglioro con una parto dei codioi medievali.
3) Schwartz, A11lidoro11, 62 ; K·oiJ, Ele,)'IJ, L•ipoiger Siù.-B,r., 1916,
2, 33 sgg.
CAFITOl,O gESTO

244
. rs!I. i papiri mostrano che va,ri~ti aualita"-
pronosizione inve se.rvato in esemplari ellenisti'li, son~ ~
•. ancor11con ' f • • •
genUlllc, a,dizione medievale. A ortto~ c1 attenderemo eh .
della ~ostr:i t~ be realcssandrine conser:nno_ lezionL.miglioJi e .la.·
ta.ziQlll omcricc sì .f verJ!,!Ilcnto : si è veduto sopra (p. 222) codel
- t testo o ,,__, -
110s
. t . f .1
• • lunga citazione c1 mos n non uogo un verso eh
me
11
Escbme 1~ un parte dell'apparato di Aristarco ed era da qnea~
II
roane11v_a 1D ~tenuto spurio, 'i' 92. Quella stessa citazione ci offr .
-"'one ri , , ., 1 e 1n
con'"';" , ov sredrpsidv nee lv vµsr•eoia, uuµoiat ), mentre VUlgat
84 wf
'l' iri'o~~u 11110 tra dH' oµoii fre~rprrv nse b e dU' 6µa f! wç hea~
e P11P I:, on una posizione dell wç, m mezzo al verso e alla propo

'1';11.'8' d' c sso introdotta, addirittura impossibile. Per Ja prun· •
s1Z1one
arala è aevidente
e .
che la lezione . 1.E. seh'me è genuma.
d' . D' altra partea
P , di Escbine è fonna mhth, perchè la vocale dell'aoristo
~ft:S:~vo ba sempre grado lungo: Ma meno inaccetta:bili
sono anche le due lezioni ,tra le qua~ è diV1Sa la naedfiautç : da
arte il singolare trearpr(I' detto di due e accompa,.unato da òµoii
~ra 'una volta impossibile; dall'altra, la cancellazione del nse
è :. peggioramento. È e;!dente _c~e ques~e due lezio~ sono state
escogitate per elimin~e 1 _unposs1bile hea'!eµsv o -~ altr~ forma
siroile del pari inaudita, sia pure a costo di una pos1Z1one di parole
del tutto contraria all'uso. E snl testo di Eschine, relativamente
originario seppur corrotto, converrà si fondi l'emendazione: se n'ac-
corse il vecchio Filippo Bnttmann e congetturò 2), ed è congettura

palroare, oµoii èredrpoµév ~e : l'aoristo attivo di questo verbo è
usato cosi, intransitivamente, inB661,'1>279, E 555, H 199,E436,y28,
roa in parecchi di questi luoghi, dovunque era possibile per il metro,
lll....tradizil>ne mostra. il teJltjl,_tiYQ....di_sQfiliitnire alla forma non più
intesa il medio QJLpMili'9- In altri passi guesto tentativo è riuscito
Dunque una lezione d'immenso valore, perchè scor-
retta (e quindi certo non congetturale), ma vicinissima al testo au-
tentico.
Purtroppo citaiio.Pi c~Un11g!1._e_e_feracisQnQ.lll.JlJll'i.t.t.orLp~
Ienistjci una rari!&-; le più sono llr.exi, sicchè suscitano il sospetto
di esser fatte a memoria. Spesso i versi omerici sono adattati libe-
ramente al contesto ; si aggiunga che per lo più ritornano sempre
IM1TA2 1O, 1 gli stessi paaai, come ora nelle citazioni dalla Divina Oommedia.
01 Av~ 1 In q~~te c?ndizioni assumono per noi grande valore le limitiiZroiìil
J>u .,s-c:i Tutti I P?et1~eci,.jj&_Esiodo in p_Qj, hanno sap~ ro a memoria
ON)c.~ 10'.)
e ~anno mseritoLli_evem_ente modific!ltti,_passl omerici nei loro cal'J])j.
Q 0110 stesso Escb1lo, che aiuta a scegliere tra 6ai-ra e niiat nel proe-

1
) Che alcuni codici abbiano conguagliato con la vulgata, era da at•
tendersi.
2
) Aus/uhr!iche Sprachlehre II (Berlino, 1839), 308 n.

i..__
VARIA.'ITI ANTICB& & ANTICHE EOl?,IONJ 245
mio dell' Riaàe, scrive in principio del Prometeo (v. 7) rò aò,, ,•àe a-,.
i>oç, na,rÉx,ov nveòç aé).aç, ha dunque letto 1) in/ 212 ath-àe hiel ,ro-
eòç d•i>oç à..-iémaro, navaaw ~è q,).6ç, come citano il verso (b blo1ç)
gli scolli AT ed Enstazio, ma anche Plutarco de facie in 01'bs lu-
934 B 1), e non già ath-àe imi ><atà m)e bt<D] ><al q>ÀÒç éµaeav011, e
neppure mir,4> lnsl ><arà mie éµae,j11aw, nmlaaw dè q,).6;, come ha
lo scolio T, ed è certamente intrnsione da 'P 228.
Ma non tanto di tali casi 3) voglio parlare, nei quali il proce-
dimento è ancora pnrrunente recensorio, sibbene di altri nei quali
esso è, per cosi dire, ~strada tra )a recemio e l' emfflda#o.
Omero ba fornito il fondamento linguistico a tutti i poeti posteriori
da Esiodo in poi : tutti scrivono omerico, con vocaboli e formule
omeriche, anche i Illlm..!lilll.e.tJ;3!i, cbè il dialetto nella letteratura
greca non è mai, si può dire, più che una vernice leggera e translu-
cida. Qgpiqnalvolta si può dimostrare che un _poet1L@ita_1UL.tl.atJ>
pas.sLdi Qm.e.ro e _nell.'.i!nit~<>_l!ll. us!l, ]!Il~Jorma_llQ!l-®~
proprio dial~to, ma rjl~ app!l'~ P~Ù. !!I'Caica_di qu~a ç!ie l!i.~
_. Iora nei nostri testi omerici,_l legittimo indurre che i nostri testi
Q!!l&tici...11011.Q....i!l_ qyel_,lln.nto modernizzati, che l' imitatore ci con•
serva Ja lezione ~ - Eschilo, Ag. 126 xe6vq, µbi àyeei Ile16.µov
no.i.iv aas ><ékvlloç imita certo la profezia di Calcante in B dell'Iliade,
Colà (v. 329) leggiamo Tqì ~t><arq, aè n6).w a[e~aoµf.'I sveooyv1av.
Ebbene, àyQéw è un verbo eatraneo all'attico, prettamente eolico :
donde può averlo preso Eschilo se non dal suo Omero T Egli ha.
letto àye,jaoµs,,, e un eolismo in Omero dev'essere genuino').
Altre volte ~on ~- 1!1!..!Ìl!gQ!i>_passo ma. a una singola parola,
modernizzata in più o in tutti i passi dove compare nel nostro testo
omerico, il rifleaso di questi in poeti posteriori serve II rendere la
forma genuina oscurata. 'P264, 513 menzionano un re{,w~• clmbena: la
forma non pare legittima, perehè Omero adopra sempre oiiaroc; oilaTa
oi!aar, solo una volta nell'Oài8sea, µ 200, wa{. L'editore di Omero,

1) Rilevato da Wilamowitz, I!. u. Hom., 67, n.


2
Ancora un esempio di lezioni gentùne conservate in un esemplare
)
•periferico ,: vedi sopra, p. 214 n. 3, 22 1.
3) Un altro simile, dove imitazioni sofoclee decidono contro Aristaroo

in 'P 244, in Wackernagel, Spra,hl. Unters., 164.


4 ) Wackernagel, I 66. Anche poeti ollenistici, interrogati cosi, rivelano

lezioni genuine ora scomparse: Apollonio Rodio, I, 304 scrive: µ11a' 1Jev1,;
àw,eU11 m!Àe VTJt, dunque in Q 219 egli leggeva µ11M µ01 mir~ 1Jev1,;
bl µsy&eo1a1 ><a><Òç ni.l, , non :né.lw . La forma :nii.s ci mostra- l'antica
indifferenza diatetica dell'imperativo, la quale qui ha dovuto cedere dinanzi
alla propensione omerica per il medio in qneato verbo ; eaaa restituisce nn
iato in dieresi bucolica, che pare legittimo (nonostante Meiater, Hon!fflsohe
Kuflslspra,he, 252).
•u~

VARIANTI ANTICHE E AJ'ITICBE EDIZIO!'<l 289


attingeva Arpocrazione Gli errori e le trivializzazioni si diffon-
1 ).

dono come gocciole d'olio : ognuna delle nostre famiglie continua.


edizioni, poniamo dell'età atticistica; ma in ognuna di esse si sa-
ranno insinuate le trivializzazioni. le lectiones faciliores di altre. È
rara fortuna che la lezione autentica sia stata conservata. da uno
scolio o da una lezione marginale aggiunta da nn correttore neJ
dice più dotto. S 2 ). Spesso la goccia. d'olio, per rimaner nell' imma-
e~
gine, ha imbevuto tutto il foglio sino agli estreini margini. In altre
parole, le varie edizioni antiche di Demostene alle quali i nostri
codici ri.salgono, si sono già nella trasinissione avvicinate, e conver-
gendo hanno formato una vulgata.
La conseguenza pratica è evidente : a parità assoluta. di condi-
zioni preferire S, ma, prima di dichiarare la parità, pesar ben bene
tutte le testimonianze: l'età dei singoli testimoni conta poco. Delle dne
discriininanti consuete l'una, l'usus scribendi, ha questa volta due
deterininazioni più specifiche in due divieti: in quello dello iato (co-
mune alla prosa ·oratoria da Isocrate in poi), e in quello, più pecu-
lia:çe se pw·ti non del tutto esclusivo, del concursus brevium 3 ).

•*•
Le fainiglie medievali risalgono, anche quantitativamente, a
collezioni diverse, poichè ciascuna fainiglia, anzi ciascun codice ha
orazioni in più e in meno 4 ). e presenta un ordine diverso. Ma, poi-
chè i codici medievali, grossi come sono, si sono spesso slegati e
sono stati talvolta ricomposti male, poichè una rq,ccolta può essere
stata riordinata secondariamente in omaggio all'autorità di un al-
tr~ , testimonianze più sicure del « corpo » dei codici offrono
gl in i i a esso premessi, anche, anzi particolarmente se col codice
non si accordano. Ora l' indice sia di F, sia di Y raccoglie i titoli
in gruppi : in F essi sono <l>tÀ.mm-to{, I:vµ{JovÀ.evn-tol, Llriµ6awt,
Llri,u oaLOt bitT(!Ont'Xol, Ilaeayea<pa{, , l6tw1:t'XOL, 'Ema-r:oÀ.al: qui i
proemi figurano come ultimo numero degl' '/3iwn'Xol. Y, molto meno
ricco, ha <PtÀ.tnm'Xol, I:vµ{JovÀ.ev-r:t'Xol, !Jriµoaioi, f.'X 1:wv 'UJiwn'Xwv.
I due codici coincidono cssenziajmente1 tranne qualche sp ostamento
p articolare, sino alla seconda -ta-rà 'Aeia-r:oyefrovoç, 26, Ma da que-
s t 'orazione Y salta nell'indice direttamento all'ultimo gruppo, di
cui si d anno solo tre orazioni, le tre ultime. Seguono anche qui i

1) Vedi sopra, p. 272 sg.


2) Un bell'escmpio a p. 287.
3 ) Vedi Vogel, Herm. 58, 1923, 87 sgg.
4 ) Il più completo ò F, che ha tutt'e sessant'una le orazioni, i proemi

e l'epistola.
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VARIANTI ANTICHE E ANTICHE EDIZIONI 389


ha massa latuere sub illa ed è .
80 st
tanti di O, M; ma fuerant cali . en_uta da uno dei due rappresen-
di O, N (nella forma corro•t gi~ .c~ca è nell'altro rappresentante
nel fragmentum Bernense in" li. cl] igine multa), e, ~be più importa,
è una certa importanza~ ll q~~t· st~sso c?d1ce
0
ha d1 Berna 363 che
conservato, è testimonio capitale di
e a cu 1ea Il M 1) e che
2) Orazio h qni
'"7 dovun que
che l'uso ovidia è f · agnus . a dimostrato 3)
altrett~nto s '?-O avorevo_le ~lla prima lezione; ma la seconda,
. puna quanto rabiosi tempora signi, sarà altrettanto an-
tica,. non cer~? cong~t_tur_a carolingia. E del pari antiche, apparte-
~epti antiche ed1z1om, devono essere varianti come VIII 186
ibimu~ illac: et lic~t armis ; V, 541 silvis peperisse sub atris: Ìurvis
peperisse sub _antris, e cosi via,. In un caso, IX, 347 sgg., Lotis
- subla~o nomine 4 : Lotos - servato nomine si può dimostrare docu-
mentanamente ) che già gli ultimi secoli dell'antichità conosce-
~~no aJ:?b~due le lez_ioni, il che in sè non renderebbe impossibile
l _1potes_i di un a~chetipo con varianti, pt1rchè le varianti sono spesso
pnì antiche dell archetipo che le raccoglie.
Ma la divisione stessa delle classi è intesa dal Ma,,.nus mede-
simo gro~so more ed è, chi guardi a fondo, arbitraria. La0 tradizione
delle Metamorfosi è caratterizzata da un gran numero di manoscrit ti
frammentari : ora arecchi di uesti mss. trascendono la classe a.Jla
uale comunemente si dicono appartenere. Così e, un framm ento
Harleiano del!' XI secolo, scritto, pare, in Germania e appartenente
alla classe X, conserva con mss. recenti I, 747 linigera contro il cor-
rotto linigena del principale rappresentante di X stesso, contro il
niligera di O; II, 128 volente.a contro volantes di X e, parrebbe, di O;
II, 284 o<:ulis tantum, tantum super con il doppio tantum, mentre
i buoni mss. hanno un tantum solo e integrano variamente ; II,
436 sed qùem contro sed ~uae di _tutti gli altri mss.; II, 47~
adversam contro aversa(m) d1 O e d1 F e arrectam o arreptam d1
codici minori. Tutta questa massa di lezioni uniche e giuste in un
frammento che comprende tre libri non interi, I-III, 622. Si diI·à che
e presenta X in una forma migliort>_, non ancora corrotta d~ me-
scolanze con O ! Tanto varrebbe dire che dove e ~ anca, noi ~on
abbiamo più l'antico X. ~a e pr~sen~a, _Iato d1 queste ulhme
lezionj, mutamenti sfacciati : proprio d1 q°:1 il Mag~us_ ~a con_cl~so
che e risale direttamente a un'edizione antica, a un ed1z1one simile,
se si vuole a quella rappresentata da X. · .
Parec;hi anni dopo l'edizione del Magnus fu dato a Im mede-
simo 6) di collazionare e valutare un frammento del XII-XIU se-
1
sopra, p. 374, n. 4.
) Vedi
Il tentativo di svalutazione di A. Bernardini, Studi ital. di Fil.
2
)
cla,s., l• serie, 17, 1909, 203 sgg., pare errato per vizio di metodo.
) Herm., 60, 1925, 113 sgg.
8

') Magnus, Herm., 60, 128 sgg.


6
) Phi lol., N. S. 33, 1023, 159 sgg.

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