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SOMMARIO

SILENO

sileno
Edoardo Bona
Il cod. Taurinensis tabularii publici I. B. II. 27, testimone antichissimo RIVISTA SEMESTRALE
delle Homiliae in Exodum di Origene tradotte da Rufino DI STUDI CLASSICI E CRISTIANI
FONDATA DA QUINTINO CATAUDELLA
Michele R. Cataudella
Clistene e la democrazia (a proposito di G. Camassa
Camassa, Atene.
La costruzione della democrazia, Roma 2007)

Paolo Cipolla
Odyssea tota nostra est: riflessioni a margine del libro L’Odissea a Trapani di Vincenzo Barrabini

Paola Gagliardi
La madre di Eurialo e il suo lamento: qualche spunto di riflessione

Ilaria Ramelli
Il pensiero teologico ed etico di Eschilo:
nuove note per uno studio filosofico integrato delle tragedie eschilee

Concetta Scibetta
Agostino, Cicerone e la semiosi delle Confessiones (Conf. 12.27.37)

anno xxxiv 1-2/2008


Spyridon Tzounakas anno xxxiv
Stoic Implications in the Exordium of Cicero’s Pro Milone 1-2/2008
Idalgo Baldi
Giorgio, copista o innografo? L’Inno X del corpus sinesiano

Francesca P. Barone
Per la costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo:
le interpolazioni penetrate nel testo

Georgius Di Maria
Notae criticae in Anonymi II Isagogam 1 ((Comm. in Arat. 99-133 M.)

Lisa Sannicandro
Nota a Lucano 2.358-359

Presentazione del volume: Studi di filologia greca e latina


offerti a Giovanni Salanitro dai suoi allievi

Recensioni

Notiziario bibliografico

issn 1128-2118 POLIS EXPRESSE


PER LA COSTITUZIONE DEL TESTO DELLE OMELIE
DE DAVIDE ET SAULE DI GIOVANNI CRISOSTOMO:
LE INTERPOLAZIONI PENETRATE NEL TESTO*

francesca prometea barone

Il lavoro editoriale sulle omelie De Davide et Saule1 (PG 54, 675-708.


CPG 4412) di Giovanni Crisostomo si è presentato, negli anni in cui
mi sono dedicata alla storia di tale testo2, decisamente complesso, a
motivo della vasta tradizione manoscritta e della nutrita tradizione
indiretta3: le omelie infatti risultano trádite da 41 testimoni, dei quali
31 contengono la serie completa delle omelie, 5 ne tramandano due,
mentre altri 3 una sola; 2 infine contengono soltanto brevissimi fram-
menti. La tradizione indiretta si articola invece in tre grandi rami: una
versione copta della terza omelia4; alcune Eclogae pseudocrisostomiche
che contengono estratti da tutte e tre le omelie della serie; un’omelia
pseudocrisostomica Contra theatra (PG 56, 541-554, CPG 4563), che
riproduce la sezione iniziale della De Davide et Saule III (esattamente,

*
Prima di procedere oltre in questo lavoro, mi sia consentito di esprimere tutta la
mia gratitudine ai Proff. Giorgio Di Maria e Paul Géhin, che hanno riletto e discusso
con me queste pagine.
1
Le omelie De Davide et Saule costituiscono un ciclo di predicazioni sull’ira pronun-
ciate nel 387 ad Antiochia. Prendendo spunto dalla vicenda di Davide e Saul, narrata
ai capitoli 16-30 del Primo Libro di Samuele
Samuele, il Crisostomo esorta i fedeli a risparmiare il
nemico rinunciando alla vendetta.
2
Ho curato l’edizione critica delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo
durante il mio dottorato in «Filologia e cultura greco-latina» presso l’Università di Pa-
lermo. Presento in questa sede una parte degli studi condotti allo scopo di costituire il
mio testo. L’edizione apparirà nel 2008 nella Series Graeca del Corpus Christianorum (CC
SG 70).
3
Sulla tradizione delle omelie qui in esame cfr. il mio Per un’edizione critica delle omelie
De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo, Augustinianum 45, 2005, 231-258.
4
Sull’argomento cfr. il mio Una versione copta dell’omelia De Davide et Saule III di
Giovanni Crisostomo trádita dal papiro VIII Orlandi (Torino, Museo Egizio), in corso di pub-
blicazione in «Orientalia Christiana Periodica».

205
Francesca Prometea Barone

PG 56, 541-544, 76 = 54, 695-698, 25). Nonostante la complessità del-


la tradizione, il testo delle omelie qui in esame si presenta piuttosto
omogeneo, nella misura in cui i testimoni generalmente concordano
su poche varianti, diffuse per ampi rami della tradizione. Nel corso del
presente studio, allo scopo di dare conto delle mie scelte editoriali,
presenterò i passi delle suddette omelie che considero interpolati, e,
più in generale, discuterò quei luoghi in cui a mio avviso sono evidenti
interventi sul testo non riconducibili all’autore.
Prima di esaminare le interpolazioni penetrate nel testo, fornirò
l’elenco dei codici che ho utilizzato per costituire il mio testo critico.
Preciso che, nel corso del presente lavoro, indicherò i passi facendo
riferimento alla Patrologia Graeca5, le lezioni in lemma sono quelle che
ho scelto per la mia edizione. Qualora esse dovessero differire dalla
lezione pubblicata da Migne, lo indicherei.

De Davide et Saule homiliae I-III.

A Athous Vatopedinus 320, saec. XIV


B Berolinensis Phill. 1439, saec. XI
G Athous Lavra W 59, saec. XIV
I Athous Iviron 49 (Lambros 4169), saec. XI
K Oxoniensis Holkham 41 (olim 67), saec. X-XI
N Genuensis Gr. 11, saec. X
P Athous Pantokratoros 1 (Lambros 1035), saec. XI
R Parisinus Gr. 818, saec. XII
S Marcianus Gr. 567, saec. X
T Taurinensis B. I. 11, saec. X-XI
U Marcianus Gr. 111, saec. XI in.
Z Vaticanus Gr. 551, saec. X-XI
a Parisinus Gr. 1019, saec. XII
c Oxoniensis Christ Church Gr. 4, saec. X-XI
h Monacensis Gr. 6, saec. X
r Parisinus Gr. 765 (olim Regius 1975), saec. XII
u Mytilenensis Leimonos 32 (X-XI)
v Vaticanus Gr. 1920, saec. X

a consensus codicum BINP


z consensus codicum Gv

5
Patrologiae Cursus Completus. Series Graeca, voll. 47-64, ed. J. -P. Migne, Parisiis 1857-
1866.

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Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

g consensus codicum KU
d consensus codicum ZTR
l consensus codicum TR
b consensus g d
q consensus codicum a r
e consensus codicum Ac

54.677.56. oujde;n meta; to;n tou` Cristou` qavnaton: oujde;n meta; ga;r to;n tou`
cristou` qavnaton fanei`tai tou`to poiw`n Z q. La lezione di Z q appare
un’interpolazione penetrata nel testo, come rivelano la ripetizione
del gavr e la ripresa del verbo già utilizzato nella prima proposizione
(faivnw). La proposizione che in questo modo si viene a creare altera la
struttura del periodo, nel modo che ho rappresentato di sotto:
Struttura del periodo
Proposizione I Proposizione II
Soggettiva To; me;n ga;r fanh`nai to; de; fanh`nai
(implicita) ejpi; th`~ Palaia`~,

Tempo ejpi; th`~ cavrito~ hJnivka


- oJ novmo~ sunecwvrei ojfqalmo;n
ejxoruvttein ajnti; ojfqalmou`,
- kai; ojdovnta ajnti; ojdovnto~,
- kai; toi`~ i[soi~ ajmuvnesqai to;n
ajdikhvsanta
Soggetto tina tina
(della - kaqaro;n ojrgh`~ - uJperbavnta ta; mevtra tw`n
soggettiva) - kai; toi`~ ejcqroi`~ ajfievnta ta; prostagmavtwn,
aJmarthvmata - kai; pro;~ th;n ajpostolikh;n
- kai; tw`n leluphkovtwn fqavsanta filosofivan
feidovmenon
Predicato qaumasto;n oujde;n tivna me;n oujk a]n ejkplhvxeie tw`n
ajkouovntwn
Tempo - meta; to;n tou` Cristou` qavnaton
- meta; th;n tosauvthn tw`n aJmarth-
mavtwn a[fesin
- meta; ta; filosofiva~ gevmonta
ejpitavgmata:

Come si vede, le due proposizioni sono speculari, con la sola differenza


che le caratterizzazioni relative al tempo di cui si parla (rispettivamen-

207
Francesca Prometea Barone

te, della Grazia e della Legge) nella seconda parte seguono diretta-
mente l’indicazione del periodo, mentre nella prima vengono poste in
rilievo e dunque indicate alla fine.
Nel testo dei codici Z q, invece, alla proposizione a secondo membro
vengono a corrisponderne due nel primo, mentre si perde la relazione spe-
culare fra le caratterizzazioni dei due diversi periodi «storici» considerati.

Struttura del periodo (codd. Z a r)


Proposizione I (= Ia + Ib) Proposizione II
Soggettiva To; me;n ga;r fanh`nai to; de; fanh`nai
(implicita)
Tempo ejpi; th`" cavrito" ejpi; th`~ Palaia`~
(...)
Soggetto tina tina
(della (...) (...)
soggettiva)

Predicato qaumasto;n oujde;n tivna me;n oujk a]n ejkplhvxeie


tw`n ajkouovntwn
Proposizione meta; ga;r to;n tou` Cristou`
Ib qavnaton fanei`tai tou`to poiw`n
- meta; th;n tosauvthn tw`n
aJmarthmavtwn a[fesin
- meta; ta; filosofiva~ gevmonta
ejpitavgmata:

PG 54, 678, 13-17. labovnta eij" cei`ra~... filosofiva~ uJperbolhvn; Queste le


due differenti lezioni: To; me;n ga;r aJplw`~ ejcqro;n luphvsanta mh; ajmuvnasqai,
qaumasto;n oujdevn: to; de; a[nqrwpon eujergethqevnta polla;~ kai; megavla~
eujergesiva~, ei\ta ajnti; tw`n eujergesiw`n ejkeivnwn kai; a{pax kai; di;~ kai;
pollavki~ ajnelei`n ejpiceirhvsanta to;n eujergevthn,

labovnta eij" cei`ra", kai; kuvrion labovnta de; pavlin tou`ton eij" cei`ra",
genovmenon ajnelei`n, kai; aujto;n kai; kuvrion genovmenon ajnelei`n aujto;n
ajfei`nai, kai; th`" eJtevrwn ejpiboulh`" mh; movnon ajfei`nai ajlla; kai; th`" eJtevrwn
ejxarpavsai, kai; tau`ta pavlin toi`" ejpiboulh`" ejxarpavsai, tau`ta pavlin
aujtoi`" ejpiqhvsesqai mevllonta, tivna toi`" aujtoi`" ejpiqhvsesqai mevllonta,
a]n katalivpoi loipo;n filosofiva" tivna a]n kataloivpoi loipo;n filosofiva"
uJperbolhvn… uJperbolhvn…
cett. u

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Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

Il testo di u mi pare interpolato, almeno per quel che riguarda il labovnta


de; pavlin tou`ton. Se è vero infatti che nel racconto biblico per due volte
Saul cade nelle mani di Davide, al capitolo 24 e poi al capitolo 266, tuttavia
il Crisostomo non commenta nelle omelie De Davide et Saule questo secon-
do episodio e non vi fa mai accenno nel corso della prima omelia. Vi sono
piuttosto due rapidi riferimenti, uno nella seconda omelia, ed uno nella
terza7. Ancora, elemento più significativo ai fini della valutazione della le-
zione di u, all’interno di questo periodo il Crisostomo non fa riferimento
ad un precedente episodio in cui Davide abbia già risparmiato una prima
volta Saul ed al quale possa far seguito un de; pavlin, che dunque risulta as-
solutamente ingiustificato. Per quel che riguarda il seguito del periodo, il
testo di u risulta più scorrevole e più elegante, il che potrebbe tradire un
intervento posteriore, giocato sullo schema mh; movnon... ajlla; kaiv, utilizzato
anche dal subarchetipo d in passi interpolati.

PG 54, 678, 30. povlemon: p. ouj movnon de; ajnedevxato ajllav Z. Considero la
lezione di Z un’interpolazione, realizzata attraverso la ripetizione dello
stesso verbo e attraverso lo schema enfatico del «non solo... ma anche».
Nel passo, tra l’altro, non ci sono omoteleuti che possano spiegare la
caduta di queste parole in codici fra loro indipendenti.

PG 54, 679, 48. tiv ou\n ajganaktei`: oJ de; ouj movnon ouj stevrgei ajlla; kai; aj. d
(Z om. ouj2). Il testo tradito dal subarchetipo d appare un’interpolazio-
ne, costruita anche in questo caso secondo lo schema del «non solo...

6
Sul capitolo 26 di 1 Sam., considerato da alcuni esegeti una reduplicazione del
capitolo 24, cfr. La Bibbia di Gerusalemme
Gerusalemme, Bologna 1990, cap. 26, nota 26, 1-25: «Il rac-
conto del c 26 è molto simile a quello del c 24. O questi sono due avvenimenti analoghi,
fusi nella stessa forma dalla tradizione orale e in seguito scritta; o, più probabilmente,
si tratta di un doppione, due modi paralleli di raccontare la generosità di Davide e il
suo rispetto religioso per il carattere sacro del re, l’unto di Jahve (…)». Cfr. allo stesso
riguardo M. Lestienne, La Bible d’Alexandrie 9.1, Premier Livre des Règnes, Paris 1997, 356-
357, che considera distinti i due episodi: «La section s’articule en quatre péricopes, qui,
à l’exception de la troisième (25, 1-44), montrent Saül à la poursuite de David; David lui
échappe toujours, car, comme l’annonce le premier verset de la section – qui en donne
l’argument –, «le Seigneur ne le livra pas en ses mains» (23, 14); ce dont la première
péricope fournit une illustration (23, 14-24, 1). Si David échappe toujours à Saül, celui-
ci, en revanche, tombe à deux reprises aux mains de David, car «le Seigneur l’avait livré
en ses mains» (24, 5.11; 26, 23); David, pourtant, l’épargne: une première fois dans
une grotte aux environs d’Engaddi (24, 2-23); une autre fois à la colline d’Ékhéla (26,
1-25)».
7
Cfr. PG 54, 693, 53 sqq. e PG 54, 698, 40.

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Francesca Prometea Barone

ma anche». L’intervento altera la struttura dell’argomentazione criso-


stomica, giacché viene a perdersi la domanda retorica (tiv ou\n ajganak-
tei` o{ti e[dwkan ta;~ muriavda~ ejkeivnw/…) che è il necessario collegamento
con i periodi immediatamente successivi, i quali, correlati fra loro a
mezzo di me;n e dev, costituiscono la risposta proprio a quella domanda.

PG 54, 680, 33-34. kai; ∆Iwnavqan uiJo;" Saou;l hjgavpa to;n Daui÷d sfovdra.
La proposizione in questione pone qualche problema di pertinenza:
innanzitutto, infatti, a differenza delle frasi precedenti, non si tratta in
questo caso di una citazione, ma di un riferimento sintetico al conte-
nuto di 1 Sam. 18, 1-3; ancora, è piuttosto strano (o, quantomeno, non
accade altre volte nel corso delle omelie) che il Crisostomo riprenda
un concetto che nel testo biblico è precedente a quello appena citato;
infine, Gionata non è un personaggio centrale nella vicenda, almeno
nei termini in cui il Crisostomo la rappresenta (l’intensa amicizia fra
Davide ed il figlio di Saul non è mai sottolineata dall’autore, che si
concentra nella caratterizzazione del rapporto di Davide stesso con
Saul); il riferimento al suo affetto per Davide non ha una sua giustifica-
zione interna al testo, non è funzionale al quadro che l’autore dipinge.
L’omissione di u potrebbe dunque essere un intervento razionalizzato-
re. Va precisato comunque che potrebbe trattarsi di errore meccanico
di trascrizione, in quanto salto da uguale ad uguale.

PG 54, 680, 53-54. «Ara a]n e[coi tau`ta ponhriva" uJperbolhvn… I subarchetipi
d q, e la Patrologia, leggono in questo luogo a\ra a]n e[coi ti" eijpei`n meivzona
touvtwn ponhriva~ uJperbolhvn… mentre il subarchetipo e tramanda tauvth~
al posto di touvtwn. L’ecloga 29, De mansuetudine et malorum patientia et
iniuriarum memoria PG 63, 777-788, la cui lezione non ho riportato nel
mio apparato perché l’intero passo è rimaneggiato, legge: tivna de; e[coien
a]n ponhriva~ uJperbolh;n ta; para; tou` Saou;l eij~ to;n Daui÷d ejndeiknuvmena;
Nonostante gli interventi del compilatore, è evidente la maggiore prossi-
mità del passo alla lezione trádita dalla maggior parte dei codici.
Entrambe le lezioni attestate sono sintatticamente possibili, per
quanto la lezione più estesa sia più scorrevole e più elegante dell’altra.
La forma breve sarebbe invece l’equivalente interrogativo-positivo di
una costruzione che il Crisostomo utilizza altre volte, se pure in forma
negativa: cfr. e.g. De incomprehensibili dei natura 1.277-278: Kai; poivan oujk
a]n e[coi tou`to maniva~ uJperbolhvn… come pure: In Joannem, PG 59.44.17-19:
”Otan ga;r dia; dovxan pivstin ajmeivbwsin ojrqhvn, kai; i{na aujtoi; doxavzwntai,
to;n Qeo;n ajtimavzwsi, tivna uJperbolh;n oujk a]n e[coi blakeiva~ kai; maniva"
to; ginovmenon… Ancora, per una costruzione interrogativa con ottativo

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Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

potenziale, cfr. e.g. In Matthaeum, PG 57.215.43: Kai; pw`~ a]n e[coi tau`ta
lovgon… La frase ricorre – identica, o in forme assimilabili – poco meno di
una trentina di volte. Per quel che riguarda la versione estesa, l’aggetti-
vo al grado comparativo a qualificare uJperbolhv compare altre volte nel
Crisostomo: cfr. e.g. In epistulam ad Romanos, PG 60.456.39 (i{na pleivona
deivxh/ th;n uJperbolhvn), o, ancora, In epistulam ad Romanos, PG 60.560.16-
17 (kai; pleivona e[coi th;n uJperbolhvn).
Le due lezioni trádite per questo passo implicano un significato
diverso del sostantivo uJperbolhv che, nel caso del testo più lungo, si-
gnificherebbe «grado estremo» (cosicché la traduzione risulterebbe:
«avrebbe forse qualcuno da dire un grado estremo/eccesso di catti-
veria maggiore di queste cose»), assumendo nell’altro caso piuttosto
il significato comparativo di «grado superiore» («potrebbero forse
avere queste cose un grado superiore di cattiveria?» Con il significato
di «grado estremo», infatti, la frase necessiterebbe di un indicativo,
non avendo senso l’ottativo potenziale: «potrebbero forse avere queste
cose un grado estremo di cattiveria?»). Su uJ. nel primo significato qui
indicato cfr. LSJ s.v. uJperbolhv: «3. excess (...), the last degree». Sul secondo
significato qui considerato, cfr. l’esempio riportato da LSJ nello stesso
paragrafo: «oujk e[con ejsti;n uJperbolhvn it can go no further, D. 21.119».
Ho scelto la lectio brevior per ragioni di tradizione: è infatti attestata
da codici non collegati fra loro (almeno, non in maniera evidente),
mentre il subarchetipo d non è nuovo a rimaneggiamenti del testo. A
proposito di questo luogo cfr. la nota 65 di F. Matthaei nel suo esempla-
re petropolitano8: «a\ra a]n e[coi ti~ /sic Reg. Melius quam editi. Montefal-
conius. Licebat tamen nosse quid haberent editi. Habent: «Ara a]n e[coi tau`ta
ponhriva~ uJperbolhvn… Sed nec haec lectio absurda est est».

PG 54.682.15-16. fugh;n dihnekh` ajnti; th`~ oi[koi monh~. Queste le lezioni


attestate per tale passaggio: dihnekh`: d. kai; o[ro~ d oi[koi monh`" z h u:
oijkoumevnh" a b e. Il nesso kai; o[ro", trádito dal solo subarchetipo d, è a
mio avviso un’interpolazione. Infatti, il periodo è strutturato secondo
un’opposizione termine a termine, per la quale a ciascun elemento
corrisponde di volta in volta un solo termine, il suo opposto: peniva /
plou`to~, ejrhmiva / patriv~, povno~ e kivnduno~ / trufhv e a[deia, fughv dih-
nekhv" / oi[koi monhv. Come si vede, persino l’aggettivo dihnekhv" trova

8
Sankt Peterburg, Duh. Akad. 017 (cfr. Al. S. Rodosskij, Opisanie 432-kh rukopisej S.
Peterburg. Dukh. Akad., S. Peterburg 1894, 21). Si tratta del dossier preparato da C. Frie-
drich von Matthaei (1744-1811) per la sua edizione, che tuttavia non realizzò.

211
Francesca Prometea Barone

una corrispondenza precisa nell’avverbio oi[koi, con struttura a chia-


smo. Ad o[ro", invece, non corrisponderebbe alcun termine. Dal punto
di vista della storia della tradizione, in più casi si individua una tenden-
za di questi codici all’interpolazione9. Per quel che riguarda le varianti
oi[koi monh`~ ed oijkoumevnh~, la cui distanza grafica è peraltro minima, la
prima lezione risulta preferibile per due ragioni. Innanzitutto, infatti,
corrisponde alla struttura retorica del periodo, indicando, come i sin-
tagmi precedenti, un «bene» cui Davide rinuncia (il rimanere a casa o
in patria) scegliendo il «disagio» contrario, l’esilio per l’appunto. Da
questo punto di vista, «terra abitata» non costituisce l’opposto di «esi-
lio». Ancora, l’opposizione fugh;n dihnekh` ajnti; th`~ oi[koi monh`~ esprime
un disagio che si aggiunge a quelli precedentemente elencati – il con-
tinuo movimento, la mancanza di una dimora nel proprio territorio
– laddove con oijkoumevnh si ripeterebbe un male già indicato dall’op-
posizione ejrhmivan ajnti; patrivdo~, ovvero la solitudine. Da un punto di
vista logico, la lezione oijkoumevnh~ avrebbe una maggiore legittimità se
opposta a fugh;n dihnekh` kai; o[ro~, giacché la montagna potrebbe costi-
tuire un luogo deserto. Ma di nuovo: da una parte verrebbe meno la
corrispondenza membro a membro che scandisce il periodo; dall’altra
si ripeterebbe l’allusione al male della solitudine, già espressa.

PG 54.682.20-21. ajnti; touvtwn poihvsanta ajgaqa; kai; oujk eijdwv~. Queste le


lezioni attestate nel passaggio: ∆All∆ oujde; ou{tw~ ejkevrdanen oJ Saouvl, ajll∆
ejdivwke kai; pantacou` perihve/ i zhtw`n to;n hjdikhkovta me;n oujdevn, ajdikhqevnta
de; ta; e[scata,

kai; muriva aujto;n ajnti; touvtwn (meta;


meta; kai; muriva aujto;n ajnti; touvtwn meta; tau`ta
tau`ta) poihvsanta ajgaqav: kai; oujk pavnta eujergethvsanta: oujk eijdw;~ ga;r
eijdw;" eij" aujta; loipo;n tou' Daui÷d eij~ aujta; loipo;n tou` Daui÷d ejmpivptei ta;
ejmpivptei ta; divktua. divktua.
cett (+ a r) d

La lezione di d (e di q in parte) appare interpolata, almeno per quel


che riguarda il sintagma meta; tau`ta pavnta, che di fatto è una ripetizione
di ajnti; touvtwn, e per l’inserimento della particella esplicativa ga;r dopo
eijdwv~. I benefici cui l’autore fa riferimento, infatti, sono quelli prece-
denti – e non quelli che Davide recherà a Saul nella grotta! – come
rivela il tempo del participio, aoristo quale che sia la lezione accolta.

9
Cfr. e.g. supra, note ai passi PG 54.679.48; 54.680.53-54. E infra, nota ai passi PG
54.682.20-21; 54.684.52-56; 54.692, 4-8; 54.695.46.

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Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

Preferibile, a mio avviso, il kai; trádito dalla maggior parte dei codici,
che, col suo valore narrativo, segna il passaggio alla sezione seguente.

PG 54.683.2-4 . Tau`ta gavr... e{tera. Queste le lezioni trádite:

Tau`ta ga;r eij kai; mh; toi`~ rJhvmasin Tau`ta eij kai; mh; toi`~ rJhvmasin e[legon,
e[legon, ajll∆ o{mw~ kata; diavnoian ajll∆ o{mw~ eijko;~ aujtou;~ kata; diavnoian
ejlogivzonto kai; tau`ta, kai; touvtwn logivzesqai tau`ta, ma`llon de; ouj tau`ta
pleivona e{tera. movnon, ajlla; kai; touvtwn e{tera pleivona.
TR
cett. (e{tera pleivona g Z)

Il testo di TR mi pare interpolato per più ragioni: innanzitutto, da un pun-


to di vista sintattico, il primo tau`ta è incompatibile con il secondo, giacché
entrambi complemento oggetto di logivzesqai; quindi, da un punto di vi-
sta retorico, la ripetizione di eijkov~ indebolisce la struttura retorica dell’in-
tera chiusa di questo paragrafo, costruita secondo una struttura ad anello
in cui ciò che nel primo nodo è considerato verisimile, nell’ultimo diventa
reale. L’autore, infatti, all’inizio della sua argomentazione, presenta come
eijkov~ il fatto che i soldati avessero alcuni pensieri (kai; ga;r eijko;~ h\n tau`ta
kata; diavnoian e{kaston aujtw`n dusceraivnonta levgein): dà voce, negli anelli
intermedi, a tali pensieri (planh`tai kai; fugavde~ ejgenovmeqa hJmei`~... Dia; ta;
mevllonta a[nele, i{na mh; meivzona kai; calepwvtera uJpostw`men kakav); quindi,
realizza nell’ultimo anello lo slittamento preparato attraverso il ricorso
alla prosopopea: i pensieri – appena pronunciati, nella finzione retorica,
dagli stessi soldati! – sono oramai reali. Per la stessa ragione, è fondamen-
tale mantenere nel testo il gavr, che si riallaccia al gavr del primo anello. In
ultimo, si noti che lo schema dell’interpolazione (ouj movnon... ajlla; kaiv, e
riuso di termini già presenti nel testo) è il medesimo che gli stessi codici
utilizzano in altri luoghi10.

PG 54.684.52-56. Mhdamw`" ejmoiv... oJ Qeov". Queste le due differenti le-


zioni:

Mhdamw`~ ejmoi; para; Kurivou. (...) ”Ilewv~ Mhdamw'" ejmoi; para; Kurivou. Tiv ejsti,
(...) moi,, fhsi
fhsiv, kai; aujto;~ eij boulhqeivhn, mh; Mhdamw'" ejmoi; para; Kurivou… ∆Anti;
sugcwrhvsai moiv pote tou'to ejrgavsasqai tou`, ”Ilew~ ei[h moi (...) kai; aujto;~ eij
oJ Qeov~… boulhqeivhn, mh; sugcwrhvsai moiv pote
tou`to ejrgavsasqai oJ Qeov~…
cett. dq

10
Cfr. e.g. supra, nota al passo PG 54.679.48.

213
Francesca Prometea Barone

Entrambe le lezioni sono sintatticamente corrette e sembrano ade-


guate al contesto. Ho scelto la lezione più breve – che tuttavia, come
suggerisce il Matthaei, potrebbe dipendere da un’omissione per omeo-
teleuto (cfr. Matthaei, nota 124: Sic Reg. Hic quaedam omissa fuerant in
Morell di∆ oJmotevleuton. Montefalconius. Nimirum a tiv ejsti ad ajntiv tou'
absunt) – per diverse ragioni. Innanzitutto, per ragioni di tradizione:
absunt
il subarchetipo d, infatti, seguito in più occasioni dal subarchetipo q,
non è nuovo ad interventi che rendano il testo di più agevole lettura.
Tuttavia, nel caso specifico, bisogna precisare che la formula tiv ejsti...
ajnti; tou` è attestata in Crisostomo altre 12 volte secondo lo schema: ci-
tazione (più o meno breve) - tiv ejsti – ripetizione della citazione - ajnti;
tou` – spiegazione. Ancora, il testo più breve risulta più immediato, più
adatto ad un contesto omiletico, orale, specie considerato che la parte
in questione non è una citazione, ma una ripresa «libera», a memoria,
di versetti citati al paragrafo d’, che l’autore integra facendo ricorso
– come succede altre volte in queste omelie – alla prosopopea. Il Cri-
sostomo ricorda insomma le parole di Davide, gliene fa poi dire altre,
senza alcuna soluzione di continuità, e anzi ripetendo il fhsiv con cui di
solito si marcano le citazioni.

PG 54.685.49-51. Mh; toivnun... ejpideiknuvmenoi. Queste le lezioni tra-


smesse:

Mh; toivnun th;n tavxin ajnatrevpwmen, mhde; Mh; toivnun th;n tavxin ajnatrevpwmen, mhde;
tw'/ Qew'/ polemw`men, to; ajpostoliko;n tw`/ Qew`/ polemw`men, to; ajpostoliko;n
ejkei`no dia; tw'n e[rgwn ejpideiknuvmenoi: ejkei`no dia; tw`n e[rgwn ejpideiknuvmeno"
cett. dqc
Mh; toivnun th;n tavxin ajnatrevpwmen, mhde;
tw`/ Qew`/ polemw`men: tau`ta de; e[legen
to; ajpostoliko;n ejkei`no dia; tw`n e[rgwn
ejpideiknuvmeno~
u

Tutte le lezioni trasmesse sono sintatticamente possibili. Esse prevedo-


no però una diversa distribuzione dei «parlanti». Il participio plurale
(ejpideiknuvmenoi) indica infatti che l’apostrofe è pronunciata dal sacer-
dote ed è rivolta al suo pubblico (giacché non può essere di Davide il
riferimento a S. Paolo!). Il participio al singolare, invece, attribuirebbe
la parenesi (mh; toivnun th;n tavxin ajnatrevpwmen…) a Davide, mentre il ri-
ferimento all’azione (dia; tw`n e[rgwn ejpideiknuvmeno~) sarebbe di nuovo
un commento del Crisostomo. All’interno di quest’ipotesi interpreta-
tiva, tuttavia, la lezione di d q, se non proprio errata giacché si tratta di

214
Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

predicazione orale (presunta o reale che sia) in cui la voce può marca-
re i passaggi, è certamente stentata; perfettamente scorrevole, invece,
il testo di u, che, con l’inserimento di tau`ta de; e[legen, interviene ad
esplicitare un passaggio per nulla perspicuo. In maniera coerente col
fare razionalizzatore del codice, già sottolineato. Mi sembra tuttavia
doveroso riconoscere che il processo potrebbe essere stato inverso a
quello da me ipotizzato: la lezione originaria potrebbe essere quella
di u.

PG 54.687.18-19. tou`to gou\n oJ Pau`lo~ ejndeiknuvmeno~. La lezione trádita


dal subarchetipo l e adottata dagli editori moderni11 – kai; o{ti tou'tov
ejstin ajlhqe;~ deivknusin oJ Pau`lo~ ejn oi|" fhsin – si presenta come una
riscrittura del testo. Considerato altresì che il periodo successivo, nella
forma in cui questi stessi codici lo tramandano, risulta evidentemente
interpolato (cfr. la nota seguente), anche queste parole potrebbero co-
stituire un’interpolazione. A favore di questa ipotesi bisogna precisare
che, nell’unico altro caso in cui il Crisostomo introduce una citazione
attraverso la formula ejn oi|" fhsin (In diem natalem, PG 49.360.13), non
vi sono parentesi prima dei versetti ripresi. Per una costruzione vicina
alla lezione attestata dal resto della tradizione, invece, cfr. In epistulam
ad Romanos, PG 60.423.3: Tou'to ga;r aujto; dhlw'n oJ Pau'lo" e[lege peri;
tw'n ejn kakiva/ zwvntwn: oi{tine"...

PG 54.687.25-26. deiknuv": dio; ajnapolovghto" ei\ w\ a[nqrwpe deiknu;" g, dio;


ajnapolovghto" ei\ w\ a[nqrwpe ou{tw" ei\pen deiknu;" Z, dio; ajnapolovghto" ei\
w\ a[nqrwpe oJra'/" o{ti dia; tou'to ou{tw" ei\pen i{na deivxh/ l Patr
Patr. Il testo della
famiglia b, verosimilmente rappresentato dal subarchetipo g, laddove
il codice Z ed il subarchetipo l mostrano di aver subito ulteriori (e
progressivi) interventi, legge, oltre al versetto 1.32 della lettera ai Ro-
mani, citata da tutti i codici, anche il successivo versetto 2.1. Il versetto
tuttavia non risulta pertinente in questo contesto, per diverse ragioni.
Innanzitutto, Rom. 1.32, con cui si conclude il capitolo primo della Let-
tera ai Romani, ricorre nel Crisostomo ancora 3 volte (cfr. Ad populum
Antiochenum, PG 49.134.15; Expositiones in Psalmos, PG 55.482.6; In epi-
stulam ad Romanos, PG 60.423.3), ed in nessuno di questi casi è seguito

11
Sul rapporto fra il Taurinensis B. I. 11 e gli editori moderni cfr. il mio studio Sir
Henry Savile, editore delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo: i suoi esemplari, il
suo testo, «SEJG» 46, 2007, 89-109, in cui ipotizzo che le lezioni di T siano state recepite
dagli editori moderni per tramite di Savile, il cui esemplare Oxoniensis Auctarium E. 3.
14 è un codex descriptus di T.

215
Francesca Prometea Barone

immediatamente dal versetto 2.1. Persino nel commento alla lettera ai


Romani, in cui Rom. 2.1 necessariamente segue a Rom. 1.32, i due passi
non sono accomunati nel commento, essendo trattati invece separa-
tamente; in secondo luogo, il versetto Rom. 2.1, che compare nel Cri-
sostomo una sola volta (nel commento alla lettera ai Romani12), non
è mai attestato – né in Giovanni Crisostomo né in altri autori – nella
forma «breve» in cui occorrerebbe in questo caso, ovvero privo delle
parole pa'" oJ krivnwn (nella sua interezza, invece, il versetto compare 13
volte nel Corpus di testi contenuto nel TLG, versione on line). Infine, il
monito a non giudicare, espresso dal versetto Rom. 2.1, non è coerente
col significato del periodo, il cui messaggio è che approvare il peccato
è più grave che commetterlo. Si noti, del resto, che non ci sono omeo-
teleuti che possano spiegare l’omissione del versetto negli altri codici.

PG 54.687.49. to; mevro" kai; th`~ hJdonh`~ PN e a r, to; kevrdo~ kai; th`~ hJdonh`~
B, to; kevrdo~ kai; th;n hJdonhvn I: th;n hJdonhvn kai; wjfevleian g Z, th;n hJdonhvn
l Patr
Patr. Le dinamiche interne alla famiglia b non sono ricostruibili con
sicurezza: la lezione di b, infatti, potrebbe essere tanto quella conservata
da g Z, semplificata in l per omissione, quanto quella di l, interpolata
in g, da cui l’antigrafo di Z avrebbe contaminato. Si tratta ad ogni modo
di un fenomeno interno alla famiglia b. Il termine wjfevleian, che corri-
sponderebbe al kevrdo" attestato dai codici I B, potrebbe essere interpo-
lazione di un copista che abbia ritenuto l’hJdonhv frutto non sufficiente. Si
consideri però che, in altri luoghi, il Crisostomo, in relazione ai vantag-
gi apportati dalle vittorie olimpiche agli spettatori, parla di hJdonhv, non
di utilità. Cfr., e.g., In sanctum Romanum, PG 50.606.37-40. La lezione
che ritengo preferibile è quella attestata dalla maggior parte dei codici,
in cui cioè tra i vantaggi per gli spettatori di una vittoria olimpica è in-
clusa la partecipazione (mevro~) alla fama ed al piacere. Dal punto di vista
del significato, infatti, ciò che il Crisostomo vuole sottolineare nel suo
proemio non è il vantaggio che si ottiene dal lodare qualcuno, quanto
piuttosto la partecipazione di chi loda ai vantaggi di colui che viene lo-
dato. Ed infatti, coloro che lodano gli uomini virtuosi sono summeristaiv
delle loro corone; mentre i vantaggi che il pubblico ha ricevuto nel
lodare la vittoria sull’ira ottenuta da Davide, sono un mevro~ della sua
corona. Proprio mevro~, con i suoi derivati, costituisce il termine chiave
dell’argomentazione crisostomica. Per questa ragione, benché tutte le
lezioni attestate per il passo qui in esame (kevrdo~, hJdonhv, wjfevleia) siano

12
Non considero l’attestazione del versetto nel De paenitentia sermo 1 PG 60.696.45, in
quanto opera spuria.

216
Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

sintatticamente e logicamente possibili, esse non risultano adeguate,


giacché omettono l’idea chiave del proemio: la possibilità di partecipare,
partecipare
attraverso la lode, ai vantaggi ottenuti dalla virtù o dal valore di altri.

PG 54.692.4-8. Kai; pw`~ hjduvnato… hJ ajpovdeixi~ gevnhtai. Il gioco di voci


che spesso il Crisostomo ama intrecciare, nel passaggio qui in esame,
come del resto già in altri luoghi, non risulta subito chiaro: a complica-
re la trama dello scambio, interviene, in questo passo, l’ambiguità dei
destinatari dei diversi messaggi. I codici tramandano dunque lezioni
anche solo lievemente divergenti, che tuttavia rimandano a diverse
interpretazioni delle battute proposte. Nella finzione retorica che il Cri-
sostomo imposta, le parole con cui si conclude il paragrafo g’ apparten-
gono a Davide. L’autore, anche una volta conclusa la citazione (691.58),
fa parlare ancora il suo personaggio senza soluzione di continuità, fino
alla richiesta di testimonianza rivolta da Davide a Saul. Quindi, all’inizio
del paragrafo d’ (692.4), interrompe il racconto, per spiegare ai fedeli
in che modo Saul potrà considerarsi testimone di un beneficio che ha
ricevuto mentre dormiva. La parola tornerà a Davide poco più avanti
nello stesso paragrafo (cfr. 692.32-33: o} kai; proballovmeno~ e[legen),
quando il pubblico sarà ormai in grado di capire il versetto che segue.
Tuttavia, il passaggio in cui il Crisostomo si rivolge ai fedeli (692.4-8) è
fitto di domande, e dunque è anch’esso ricco di possibili voci: le lezio-
ni del subarchetipo d e del codice a presentano interventi posteriori,
finalizzati a semplificare la lettura di questo fraseggio. Il fhsivn iniziale
(trádito da d e a. Cfr. pw`~: p. fhsin d a) attribuisce infatti la domanda
con cui si apre il paragrafo ad un generico «egli» che si fa interprete
delle perplessità del pubblico, mentre l’ajpanthsovmeqa della seconda
domanda (nel solo d) esplicita, come voce parlante, l’autore. Che il
soggetto del fhsivn inserito dai codici di cui sopra sia Davide, ipotesi
ammissibile dal punto di vista sintattico, non ha, a rigore, alcun senso:
Davide infatti ha già chiamato a testimone Saul, e dunque sa già in che
modo egli potrà rendere testimonianza. Ancora, nel periodo che imme-
diatamente precede (la chiusa del paragrafo terzo), egli si rivolge a Saul
con la seconda persona, e non ci sarebbe ragione che adesso – volendo
ipotizzare che la domanda, retorica, sia pronunciata da Davide – passi
alla terza. Né, d’altro canto, Davide in questo momento è dipinto con
un suo pubblico (i soldati) al quale rivolgersi: egli infatti, prima che il
Crisostomo fermasse il racconto, era in conversazione diretta con il suo
nemico Saul. Senza gli interventi del subarchetipo d e di a, tutto il pas-
saggio, domande retoriche incluse, può essere attribuito al Crisostomo,
che propone problemi, domanda, poi, per spiegare, risponde.

217
Francesca Prometea Barone

La seconda domanda retorica del passo è trasmessa in numerose


varianti:

Pw`" ou\n; i{na safw`~ hJ Pw`~ ou\n ajpanthsovmeqa, Pw`~ a]n ou\n safw`~ hJ
ajpovdeixi~ gevnhtai i{na safh;~ hJ ajpovdeixi~ ajpovdeixi~ gevnhtai;
a g Z c (safhv~ c I ) gevnhtai; a
l
Povqen ou\n a]n safh;~ hJ
ajpovdeixi gevnoito;
A

Come si vede, la gran parte dei codici tramanda una domanda ellittica
di soggetto e di verbo (pw`~ ou\n;), alla quale fa seguito una proposizione
finale che esprime il proposito dell’autore di rendere chiara ai fedeli
la prova addotta da Davide a Saul. Il subarchetipo l colma l’ellissi ver-
bale, che sottintende inequivocabilmente il Crisostomo come soggetto:
«come dunque replicheremo, affinché diventi chiara la prova?». Il co-
dice a, leggendo a[n anziché i{na, affida lo stesso proposito chiarificatore
all’unica domanda che così ne risulta: «come dunque potrebbe diven-
tare chiara la prova?»; infine, il codice A, che, come il precedente, non
legge la proposizione finale, trasponendo nel passato (del racconto)
la domanda relativa alla chiarezza della prova (il codice infatti legge
il predicato all’ottativo), prefigura Saul come destinatario di questa
chiarezza: «in che modo sarebbe potuta diventare chiara (per Saul) la
prova (offerta da Davide)?
A me pare che il subarchetipo d (e più ancora l) presenti evidenti
interpolazioni volte a semplificare la lettura e l’interpretazione del
testo. Quanto agli altri testimoni, tutte le lezioni trasmesse sarebbero
ugualmente possibili. Ho scelto la lezione breve diffusa in più rami
della tradizione. A favore della quale cfr. In Genesim, PG 53.84.44 sqq.:
∆All∆ i{na uJmi'n safh;" hJmw'n oJ lovgo" gevnhtai, ajnagkai'on uJma'" uJpomnh'sai,
pou' tovte th;n didaskalivan kateluvsamen... Il passo sin qui esaminato è
una versione brachilogica di una frase analoga a questa.

PG 54.695.46. ejpibh`nai. Il subarchetipo d legge, dopo ej., tw`n iJerw`n


proquvrwn. Per quanto sintatticamente corretta, la lezione potrebbe
essere interpolata. Infatti, tw`n proquvrwn occorre altre volte con il verbo
ejpibaivnw, e tuttavia, quando è specificato da un aggettivo, il sostantivo
si trova sempre in iperbato13 (diversa la situazione se l’aggettivo è un

13
Sull’iperbato in Giovanni Crisostomo, cfr. T. E. Ameringer, The Stylistic Influence
of the Second Sophistic on the Panegyrical Sermons of St. John Chrysostom, Washington 1921,
32-33.

218
Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

dimostrativo). Cfr. innanzitutto nella stessa omelia De Davide et Saule


III: 1.3-4 tw`n iJerw`n ejkbalei`n proquvrwn, 1.63 tw`n iJerw`n touvtwn ejpibh`nai
proquvrwn, 4.56 tw`n iJerw`n touvtwn ejpibh`nai proquvrwn. Quindi, nella re-
stante produzione crisostomica, cfr., e. g., In Matthaeum PG 57.23.35-36
tw`n iJerw`n shvmeron ejpibaivnein proquvrwn, In Matthaeum PG 57.182.57-58
ejpibh`nai tw`n proquvrwn ejkeivnwn tw`n iJerw`n, In Matthaeum PG 57.235.40-
41 tw`n proquvrwn ejpibh`nai touvtwn, In Matthaeum PG 57.264.41-42 tw`n
iJerw`n touvtwn ejpibh`nai proquvrwn, Adversus Judaeos PG 48.854.21 tw`n
ajkaqavrtwn ejpibaivnein proquvrwn, Adversus Judaeos PG 48.849.35-36
ma`llon h] tw`n iJerw`n aujto;n ajfei`nai ejpibaivnein proquvrwn, In Joannem PG
59.354.12-13 tw`n proquvrwn mh; ejpibaivnete tw`n iJerw`n, In epistulam I ad
Corinthios, PG 61.205.5 tw`n iJerw`n ejpibhsovmeqa proquvrwn.
L’unico passo in cui l’iperbato non si realizzi appartiene ad un’ome-
lia spuria: De negatione Petri, PG 59.619.17-18 tw`n iJerw`n touvtwn proquvrwn
ejpibaivnein. Infine, nel passo seguente, se pure la iunctura è complicata
da un aggettivo dimostrativo, il sostantivo ed il suo aggettivo qualificativo
si trovano comunque in iperbato: Contra ludos et theatra, PG 56.267.44-45
Pw`~ ga;r ejpibhvsh/ tw`n proquvrwn ejkeivnwn tw`n iJerw`n… Per il sintagma con
aggettivo dimostrativo cfr. In Matthaeum PG 57.252.59 ejpibh`~/ ejkeivnwn
tw`n proquvrwn, ed ancora In Matthaeum PG 57.25.11 tw`n proquvrwn aujtw`n
eujqevw~ ejpibaivnonte~.

PG 54.696.28-29. ajlla; pollh`~ gevmonte~ aijscrovthto~, pollh`` th`~ blakeiva~.


Le parole ajlla; pollh`~… blakeiva~ sono trádite soltanto per via indiret-
ta: tutti i codici (da me collazionati) che contengono la Contra theatra
le leggono, gli editori le accolgono nelle proprie edizioni, il solo Savile
indica, includendole tra parentesi quadre, che non tutti i manoscritti di
cui ha notizia le tramandano. Per quanto non vi sia una ragione mecca-
nica che spieghi l’omissione di questa porzione di testo nella tradizione
diretta, e per quanto possa certo trattarsi di una interpolazione poste-
riore, ho accolto la lezione trádita per via indiretta in ragione del con-
senso, in questo luogo, della traduzione copta con i testimoni indiretti.
Le parole alla xwb nim e3mex N¥lof xi ose corrispondono infatti
in modo letterale al greco ajlla; pollh`~ gevmonte~ aijscrovthto~ pollh`~ th`~
blakeiva~, per quanto le relazioni sintattiche all’interno della frase risul-
tino modificate. La traduzione copta legge infatti: «(…) allora in che
modo coloro che siedono nel teatro, essi che non vedono né sentono
nulla di utile in esso, ma ogni cosa piena di vergogna e danno…». Il
dato è particolamermente significativo per il fatto che, nel resto del-
l’omelia, la traduzione copta non mostra particolari contatti col testo
pseudocrisostomico, e non si può dunque ipotizzare che fosse una tra-

219
Francesca Prometea Barone

duzione dell’omelia Contra theatra piuttosto che della De Davide et Saule


III. Mi è sembrato dunque ragionevole ipotizzare che questa proposizio-
ne appartenesse al testo genuino della De Davide et Saule III e che si sia
conservata nella tradizione indiretta, perdendosi invece nell’archetipo
della nostra recensio. Un’ipotesi del genere potrebbe suggerire una data-
zione dell’omelia pseudocrisostomica precedente al nostro archetipo.

PG 54, 700.6-7. kaq∆ hJmevran ajpoqnhv/skw, tou`to kai; aujto;~ e[pasce dia;
to;n Qeovn. La Patrologia legge in questo luogo kaq∆ eJkavsthn hJmevran
ajpoqnhvskw dia; to;n Qeovn, tou`to kai; aujto;~ e[pasce dia; to;n Qeovn, mentre
queste sono le lezioni attestate nella tradizione: hJmevran g Z r: eJkavsthn
hJ. A X R e ajpoqnhv/skw Z r, 5mou ∏copt: ajpevqnh/ske cett. tou`to kai;
aujto;~ e[pasce Z r, om. cett.
La frase paolina alla quale il Crisostomo allude in questo passo è 1
Cor. 15. 31 (il riferimento biblico indicato dalla Patrologia è Rom. 8.26,
ma è errato), kaq∆ hJmevran ajpoqnhv/skw, frase cara al Crisostomo, che
invita spesso i fedeli ad un identico comportamento. Cfr. Adversus
Judaeos, PG 48.940.12-20. Tutte le lezioni trádite sarebbero in questa
sede possibili, e diverse sono le ipotesi formulabili per spiegarne la
formazione. Se infatti si considera preferibile la lectio breviorbrevior, le paro-
le tou`to kai; aujto;~ e[pasce costituirebbero una prima interpolazione,
che, con qualche detrimento per il significato, separerebbe l’azione
(ajpoqnhv/skein) dalla sua causa (dia; to;n qeovn), mentre la Patrologia, o
meglio Montfaucon14, che si servì anche del codice r15, rimedierebbe al
problema reduplicando il sintagma dia; to;n Qeovn. Insomma, in questo
caso, le differenze registrate nella tradizione potrebbero dipendere da
un marginale penetrato nel testo in un luogo non esatto, e da successi-
va ulteriore interpolazione. Diversamente, se si considerasse originaria
la lezione trasmessa dalla Patrologia, le altre due lezioni potrebbero
rappresentare il risultato di omissioni di diversa ampiezza, spiegabili
per omeoteleuto.

14
Sancti Patris nostri Ioannis Chrysostomi... Opera omnia quae exstant... Opera et studio D.
Bernardi de Montfaucon..., 1-13, Parisiis 1718-1738. Il testo della Patrologia costituisce una
ristampa fedele dell’edizione di Montfaucon.
15
Il testo di Montfaucon si fonda, come indicato alla p. 748 della sua edizione (cfr.
inoltre PG 54.675, nota a), sul Codex Regius 1963, che corrisponde al Parisinus Gr. 656
(codice da me non utilizzato in sede di constitutio textus in quanto di scarso valore), e sul
Codex Regius 1975, che corrisponde al Parisinus Gr. 765 (r). Cfr. H. Omont, Inventaire
sommaire des Manuscrits Grecs de la Bibliothèque Nationale, Introduction et Table Alphabétique
Alphabétique,
Paris 1898, LXIV.

220
Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

Ho scelto la lezione dei codici Z r per via del consenso del papiro
copto, testimone più antico fra quelli a tutt’oggi pervenuti. Infatti, per
quanto in questo luogo il papiro copto presenti brevi lacune e necessiti
di integrazioni, il testo che si legge con sicurezza sembra presupporre
un esemplare greco vicino alle lezioni di Z r, nella misura in cui il verbo
della citazione paolina è al presente prima persona singolare (5mou è
infatti un presente I, 1 pers. sing.), e non è seguito da dia; to;n Qeovn.
Ancora, almeno secondo la proposta di integrazione che ho avanzato
in altra sede16, anche nel testo copto la citazione paolina è seguita da
un confronto esplicito fra Paolo e Davide (il testo che propongo è
auw penta paulos `oo3 `e 5mou m\mhne oun2om de 6ww3 n\[dau]eid
e`oo3 e significherebbe: «e ciò che Paolo disse, che muoio ogni giorno,
è possibile d’altra parte a [Da]vide dirlo»).

Al termine di questa analisi si sarà notato che i codici che presentano


interventi sul testo sono, sostanzialmente, da una parte il Vaticanus
Graecus 551 (Z), del X-XI secolo, il Taurinensis B. I. 11 (T), anch’esso
del X-XI secolo, ed il Parisinus Graecus 818 (R), del XII, che apparten-
gono al subarchetipo d della famiglia b (i codici TR sono in particolare
legati fra loro per via di un progenitore comune l); dall’altra, il Lesbien-
sis 2 (u), del X-XI secolo. Ancora, si sarà visto come le interpolazioni
siano piuttosto frequenti nel corso della prima omelia, e non così per
la seconda e per la terza, che presentano invece altro genere di proble-
mi testuali: la De Davide et Saule II si caratterizza infatti all’interno della
nostra serie per una marca più forte di oralità, mentre la De Davide et
Saule III fa registrare una complessa tradizione indiretta.

SVMMARIVM - Ioannis Chrysostomi De Davide et Saule homilias tres (PG 54, 675-708)
editura, quae et codicibus suis feruntur haud paucis (cum quadraginta unus numerentur)
et testimoniis pluribus minime spernendis indirecto traduntur, locos sive interpolatos sive ab
aliis quibusdam post excessum auctoris in aliam formam redactos ad eas quas secuta sum
rationes explicandas nunc benivoli lectoris oculis discutiendos subicio.

16
Cfr. il mio studio, Una versione copta…, cit.

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