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Odi II 1 633

LIBRO SECONDO
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E. KorneMaNN, «Jahrbb. f. class. Philol. » Suppl. 22, 1896, 555 sgg.; In,,
« Klio » 3, 1903, 550; O. SeEck, « Wien. Stud. » 24, 1902, 499 sgg.; P.E. SONNEN-
BuRG, «Rhein. Mus.» 59, 1904, 506 sgg.; B.L. ULLMAN, «Trans. Amer. Philol.
Ass. » 73, 1942, 25 sgg.; J. Anpré, La vie et l’oeuvre d’Asinius Pollion, Paris 1949;
FRAENKEL, 234 sgg.; E. GaBBA, Appiano e la storia delle guerre civili, Firenze 1956,
240 sgg.; K. SALLMANN, in Studi Della Corte III, Urbino 1987, 69 seg. l

In collocazione d’onore in apertura del secondo libro, quest'ode proemiale assu-


me il duplice valore di una dedica e di una dichiarazione programmatica. Destina-
tario è Asinio Pollione, personaggio fra i più illustri del tempo, uomo politico, sto-
rico, letterato. Nato nel 76 a.C. da un'antica famiglia italica proveniente da Teate
Marrucinorum (Chieti), fu al seguito di Cesare durante la guerra civile (APPIAN. civ.
2, 40, 162; Cic. Att. 12, 2, 1; Prur. Caes. 52, 6); pretore nel 45, governatore della
Spagna Ulteriore nel 44, dopo la morte di Cesare si schierò dalla parte di Antonio,
ma senza molta convinzione (Cic. fam. 10, 31-3; ApPPIan. civ. 3, 97, 399). Nel 40,
in qualità di console, fu uno degli artefici del trattato di Brindisi fra Antonio e Otta-
viano, nel 39 riportò il trionfo per la vittoria, ottenuta da proconsole, sulla popola-
zione balcanica dei Partini; in seguito si allontanò dalla vita politica, e in occasione
della guerra aziaca si mantenne neutrale (VeLL. 2, 86, 3). Letterato versatile, amico

lc
di Catullo (cfr. CaruLL. 12, 6 sgg.) e di Calvo (Sen. contr. 7, 4, 7), destinatario del
celebre probempticon di Cinna (p. 114 sg. Biichn.), fu amico anche di poeti della
generazione successiva, come Virgilio, che gli dedicò la quarta ecloga, e che in ecl.

nido bd
3, 76 e 8, 10 lodò le sue tragedie. Oltre che tragediografo, fu un oratore fra i più
grandi (QuInt. inst, 10, 1, 113; Tac. dial. 25, 3) e, infine, autore di quelle Historiae
che si collocano al centro dello svolgimento della nostra ode, e che, dedicate alla
guerra civile fra Cesare e Pompeo, avevano inizio con la narrazione degli avvenimenti

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del 60 a.C. e si concludevano secondo alcuni con la battaglia di Filippi (42 a.C.), se-
condo altri con la morte di Sesto Pompeo nel 35, secondo altri con la vittoria di
Ottaviano ad Azio (31 a.C.). Non possiamo essere sicuri che Orazio conoscesse già
l’opera. storica di Pollione, ma la maggior parte degli studiosi concorda nel ritenere
che l’ode presupponga almeno alcune parti delle Historiae, in particolare il proemio

Mb MAMA
634 ‘Orazio Odi II :1, 1-8 635

(Kornemann, Seeck, Sonnenburg); significative, soprattutto, appaiono alcune coinci- belli dipende non solo da causas, ma anche da vitia e modos. Tutta l’espressione rias-
denze con Appiano, storico greco del II d.C., che utilizzò la trattazione di Pollione sume la ‘concezione di una storiografia moralistica, ma insieme rivolta ad: un'analisi
(cfr. Gabba). scientifica ‘delle cause. La ricerca della causa (l’atria) è un concetto-chiave della sto-
La cronologia dell’ode è incerta: le ipotesi vanno dal 34 a.C. e, in generale, dagli riografia antica a partire da Tucidide (cfr. PoLyB. 3, 32, 6; AsELL. fr. 2 P.; Cic. de orat.
anni precedenti Azio, in quanto un omaggio a Pollione nel periodo intorno ad Azio 2,63; Tac. hist. 1, 4, 1). Vitia indica i mali generati dalle guerre civili, e non, come
sembrerebbe inopportuno, data la dichiarata neutralità del personaggio (Nisbet-Hub- intendono alcuni, gli errori commessi dagli uomini politici, in particolare da Pompeo.
bard), al 23 a.C. (Kornemann, Gabba), datazione che spiegherebbe, in pieno regime Modos, in riferimento al modo in cui i fatti storici si svolgono, corrisponde al ter-
monarchico, la pericolosità dell’opera cui Pollione si accinge (cfr. nota al v. 6). Ma mine storiografico tpéroc (cfr. PoLys. 2, 56, 13; Dion. Hat. ant. Rom. 5, 56, 1).
il ricordo ancora bruciante delle guerre civili, il senso di angoscia che traspare dal-
v. 3 ludum...Fortunae: sulla Fortuna cfr. l’introduzione a 1, 35. La Téyn, che in
l’ode rende più verosimile una collocazione cronologica nel 30 circa (André).
età ellenistica aveva assunto un ruolo da protagonista nella storiografia, doveva avere
Îl componimento presenta una struttura bipartita, con un gruppo strofico (vv.
una parte importante anche nell’opera di Pollione, come sembra si possa dedurre
1-16) che contiene la dedica vera e propria a Pollione, e un altro (vv. 17-36) in cui
dal dominio del motivo fatalistico nella parte della narrazione di Appiano relativa a
sono rievocate le guerre civili, mentre la strofe finale ha la funzione di una chiusa.
Pompeo e Cesare..
Nell’ode si combinano due motivi convenzionali: quello, epigrammatico, del-
l'elogio di una nuova opera letteraria (cfr. CALL. epigr. 27 Pf. su Arato; CATULI. 95 vv. 3-4 gravis = amicitias: riferimento al cosiddetto primo triumvirato, un accordo
su Cinna; Prop. 2, 34, 61 sgg. sull’Eneide) e quello della recusatio della poesia solenne, amichevole i cui effetti furono funesti (cfr. Lucan. 1, 86 feralia foedera; PLur. Caes.
che qui, in sede proemiale, acquista il valore di una dichiarazione programmatica 13, 3). Il nesso è una sorta di ossimoro: con gravis ci aspetteremmo piuttosto inimi-
che può senz'altro essere riferita all'intero secondo libro. Ma, al di là delle ascen- citias.
denze letterarie, il significato più profondo dell’ode è nel sentimento di sdegno e di
sgomento per gli orrori delle guerre civili. : v. 5 nondum— cruoribus: il clima è quello dell’ode 1, 2: la stessa angoscia, lo stesso
sentimento di una maledizione ancora in atto. È una atmosfera che mal si accorda
Metro: strofe alcaica.
con l'ipotesi di una datazione bassa di questo componimento (cfr. introduzione).
Uncta non ha bisogno di essere corretto con tincta (Bentley): come ci spiega Porfi-
v. 1 motum...civicum: Orazio sembra aver presente la praefatio delle Historiae, rione, le armi alla fine di una guerra venivano unte prima di essere conservate. Dire
nella quale Pollione, secondo la tradizione, doveva esordire riassumendo con parole che sono ‘unte’ di sangue è una maniera retorica per dire che le guerre non sono
significative l'argomento della sua opera (cfr. Satt. hist. I, fr. 1 M.). Motus è comu- cessate. Il plurale cruores è una lexis tragica coniata sul greco atpara e che forse
nemente adoperato come equivalente di perturbatio (cfr. Cic. Att. 3, 8, 3; Pis. 10; rep. Orazio leggeva in un tragico latino.
1, 14 etc.). Il colore arcaizzante di civicus, voce rara per civilis, fa pensare allo stile
di Pollione, che probabilmente è qui riecheggiato. v. 6 periculosaealeae: l’espressione si riferisce al rischio cui si espone l’autore

lidi
ex consule: l’espressione potrebbe celare un’altra citazione dalle Historiae, e, in affrontando una materia ancora tanto scabrosa, ma non è impossibile che contenga
particolare, alludere al sottotitolo dell’opera (che forse era dello stesso tipo di ab anche un’allusione all’azzardo come componente delle vicende storiche (alea è pro-
urbe condita di Livio, a fine Aufidi Bassi di Plinio il giovane, ab excessu divi Augusti di priamente il dado). In particolare, vi è stata colta una velata citazione della celebre

Ul AIA tivi
frase attribuita a Cesare in occasione del passaggio del Rubicone, con cui cominciò,
Tacito). Ma forse ex non è semplice equivalente di 4 per indicare il punto di par-
tenza cronologico della trattazione, e possiede anche una sfumatura causale, come nel 49 a.C., la guerra civile con Pompeo: dvespipdw xifoc (PLut. Caes. 32, 6; Pomp.
pensano alcuni esegeti. Il consolato cui ci si riferisce è quello di Quinto Metello Ce- 60, 4), tradotta iacta alea est (Suer. Iul. 32) forse proprio da Pollione, che era pre
sente alla scena (PLuT. Caes. 32, 5).
lere, che fu console, assieme a Lucio Afranio, nel 60 a.C., cioè nell’anno in cui si
costituì il triumvirato fra Cesare, Pompeo e Crasso. — doloso:
vv. 7-8 incedis sono qui combinate due immagini proverbiali, quella del
v. 2 belli— modos: comincia una struttura polisindetica (tre enclitiche —que e tre camminare sul fuoco, come metafora di pericolo e difficoltà (cfr. ArisroPHA. Lys. 133
et), la cui complessità mira a conferire grandiosità alla descrizione e quindi, indiret- sg.; Sum. 2, 291, 22; Prop. 1, 5, 5), e quella del fuoco sotto la cenere, metafora di
tamente, a dare un’idea della ricchezza dell’opera storiografica di Pollione, Il genitivo insidia nascosta (CaLt. epigr. 44, 2 Pf.). L'espressione si riferisce ai rischi affrontati
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da Pollione, il quale si muove su un terreno minato; i focolai inesausti rappresen- vv. 15-16 cui triumpho: riferimento al trionfo ottenuto da Pollione per la vittoria
tano gli interessi di parte ancora vivi, residui di quell’incendio immane che è stato riportata. sui Partini (su cui Cass. Dio. 48, 41, 7): cfr. introduzione. Cfr. Vere. ecl.
il motus civicus, nonostante non siano mancate ipotesi fantasiose, come quelle che 8, 13 wictrices. . .lauros. Delmatico triumpho può essere strumentale, nonostante l’appa-
scorgono l’allusione ai postumi di un’eruzione vulcanica, o a certi riti di fachiraggio rente ridondanza (laurus e triumphus indicano la stessa cosa), che ha spinto alcuni a
praticati sul Soratte (MusurILLo, « Trans. Amer. Philol. Ass.» 94, 1963, 172 sgg.). vedervi un ablativo di concomitanza.
v. 17 iam — cornuum: si noti l’assonanza onomatopeica di nasali e di gutturali, che
v. 9 severae...tragoediae: viene ora ricordata l’attività di Pollione come autore di
mira a riprodurre il suono cupo dei corni (onomatopea simile in Cic. Arat. 71; Lucr.
tragedie (su cui cfr. anche sat. 1, 10, 42 sg.; Vero. ecl. 8, 10). Severae indica la solen-
1, 68 sg.; 1, 276). Il corno è un elemento topico delle descrizioni di battaglie; in par-
nità dello stile tragico e, in particolare, di quello di Pollione.
ticolare, poiché esso ricorre in altri racconti relativi alla battaglia di Farsalo (Lucan,
v. 10 theatris: si tratta di un plurale poetico, piuttosto che di un riferimento alla 7, 475 sgg.; PLur. Pomp. 70, 1; Appran. civ. 2, 78, 326), si è pensato che fonte comune
fama di Pollione, che si estenderebbe al di fuori di Roma (dove c’era un solo teatro a tali racconti potrebbe essere proprio Pollione. Ciò significherebbe che Orazio aveva
in pietra); tanto più che il vocabolo sta qui metonimicamente per ‘ spettacoli’, poi- già letto la parte delle Historiae relativa a Farsalo; ma l’ipotesi è tutt’altro che sicura,
ché sembra che tali tragedie fossero oggetto di recitationes (SEN. contr. 4 praef. 2) piut- poiché, appunto, il corno è elemento convenzionale in contesti del genere. È più pro-
tosto che di rappresentazioni teatrali. babile che il poeta voglia semplicemente prefigurarsi la lettura dell’opera, costruendo
una generica scena di battaglia; a ritenere ciò indurrebbe anche iam nunc, nesso di
vv. 10-11 ubi — ordinaris: il lavoro dello storico è presentato come una esposizione anticipazione spesso adoperato in rapporto a cose non ancora viste: cfr. Vere. georg. 3,
ordinata dei fatti, secondo un criterio cronografico (cfr. Ner. Att. 18, 1} SueT. gramm. 22 sg. (a proposito della progettata celebrazione di. Ottaviano) iam nunc sollemnis
17, 4), ma anche in rapporto ai nessi causali (cfr. cuvi&Ttav in Dion. Hat. ant. Rom. ducere pompas | ad delubra iuvat caesosque videre iuvencos.
4,7, 1). v. 18 perstringis — strepunt: a Pollione stesso
x
è attribuita la capacità di riempire le
orecchie del lettore con i suoni di guerra che la sua narrazione riprodurrà, con un
v. 12 Cecropio...cothurno: l’ablativo strumentale non fa difficoltà (non necessari
realismo rispondente a un canone storiografico (cfr. QuInT. inst. 8, 3, 61 sgg.; 9, 2,
emendamenti come Cecropii...cothurni di D. Heinsius). Il coturno, calzare alto degli
40 sgg.; Lucian. conser. hist. 51). Sul lituo cfr. nota a 1, 1, 23.
attori di tragedie, è un simbolo della tragedia; Cecropius è un termine magniloquente
per ‘ ateniese’, dal nome di Cecrope, primo re dell’Attica (ApoLton. 3, 14, 1): cfr. vv. 19-20 fugacis...equos: altra probabile allusione alla battaglia di Farsalo (e forse
4, 12, 6. La tragedia di Pollione era di ispirazione attica, in particolare sofoclea: cfr. una reminiscenza dello stesso Pollione), durante la quale un momento decisivo fu
Verg. ecl. 8, 10 sola Sophocleo tua carmina digna cothurno, un verso qui probabilmente rappresentato dall’attacco della fanteria di Cesare alla cavalleria di Pompeo (cfr. Cars.
riecheggiato (Orazio riprende l’omaggio virgiliano). civ. 3, 93, 6; Lucan. 7, 525 sgg.; PLuT. Caes. 45, 1). Non è necessario intendere fuga-
cis come prolettico (« sì da farli fuggire »).
v. 13 insigne —reis: riferimento all’attività di Pollione come oratore (cfr. introdu-
zione), in particolare come difensore (su praesidium cfr. nota a 1, 1, 2). Dei nove v. 20 vultus: forse una allusione al fatto che a Farsalo Cesare ordinò ai suoi uomini
titoli a noi noti (ORF? p. 516 sgg.), otto sono di orazioni in difesa di qualcuno. di ferire i pompeiani in viso (cfr. PLur. Caes. 45, 2; Pomp. 71, 5; APPIAN. civ. 2, 78,
328; FLor. epit. 4, 2, 50). È da scartare l’interpretazione di vultus come nominativo

AV Mbit
v. 14 consulenti — curiae: il verbo consulere è qui adoperato nel significato assoluto riferito alle facce terrorizzanti degli aggressori, non a quelle degli aggrediti (SHACKLETON
di ‘ deliberare’ (= consilianti: cfr. SAL. Catil. 52, 21; Vero. Aen. 11, 335), Secondo Barrey, « Proc. Leeds Philos. Soc. » 10, 3, III); è impossibile infatti staccare equos da
un’altra interpretazione, meno verosimile, bisogna sottintendere te: il Senato consul equitumque (cfr. già ENN. ann. 256 Sk. equorum equitumque magister).
terebbe Pollione, non viceversa, e l’espressione paradossale rafforzerebbe la presen
tazione dell’illustre personaggio come praesidium. Si noti come il vocativo del desti v. 21 audire — duces: bisogna sottintendere Pollionem de ducibus narrantem, come già
natario è artisticamente incorniciato entro la menzione del suo ruolo di senatore. spiegava Porfirione: a Orazio sembra già di sentire il racconto (audire potrebbe rife-
Ma non c'è bisogno di cogliere in ciò una allusione al filorepubblicanesimo di Pol rirsi all’abitudine di Pollione alle recitationes). L’interpretazione che ritiene oggetto di
lione: l’accenno alla dignità senatoria vuole solo aumentare la solennità dell’omaggio. audire i discorsi dei duces, che dovevano essere un elemento indispensabile delle Histo-
638 “Orazio. Odi Il 1, 23 - 37 639

riae, è improbabile, perché creerebbe uno zeugma troppo duro con il ‘successivo cuncta scioso di una maledizione generazionale. Non ‘c’è ‘bisogno di pensare ai sacrifici
terrarum subacta, ‘pure retto da audire. Bella; ma non necessaria, la congettura wvidere, umani offerti a guerrieri morti, in riti primitivi (Hom. Il. 21, 26 sgg.: Vere. Aen. 10,
accettata da alcuni fra gli editori moderni. i 517 sge.).

v. 23 sg. cuncta— Catonis: si allude alla battaglia di Tapso del 46 a.C., in seguito vv, 29-30 Latino — campus: l’immagine della terra rimpinguata dai cadaveri è comune
alla quale Cesare poteva considerarsi padrone del mondo (cfr. Cass. Dio. 43, 14, 6): in poesia (cfr. Arcairoca. fr. 292 W.; ArscH. Pers. 605 sg.; Sept. 587), ma, in par
per il partitivo terrarum, retto dal neutro plurale, cfr. 4; 4, 76; 4, 12, 19. Soltanto ticolare, Orazio si sarà ricordato di quello stesso passo virgiliano che ha avuto pre
Catone si oppose a Cesare dopo Tapso; il suo suicidio in Utica, gesto supremo di sente nel dare voce al suo sdegno per le guerre civili in 1, 2 (cfr. la relativa introdu-
affermazione della propria libertà contro il tiranno, presto diverine il simbolo della zione): cfr. georg. 1, 491 sg. sanguine nostro | Emathiam et latos Haemi pinguescere campos.
libertà repubblicana (Cic. off. 1, 112 sg.; PLur. Cato min. 66, 1; 71, 1; Mani, 1, 797; v. 31 Medis: cfr. nota a 1, 2, 22.
4, 87; Sen. epist. 71, 8; Lucan. 9, 18). La presenza di Catone in Orazio (cfr. anche
1, 12, 35 sg.), lungi dall’essere segno di un atteggiamento filorepubblicano, rientra v. 32 Hesperiae: cfr. nota a 1, 28, 25 sgg.
in una tendenza interna alle direttive culturali augustee (cfr. nota a 1, 12, 35 sg.). v. 33 gurges sta per mare, come in Verc. georg. 4, 387 Carpathius gurges e non in-
dica, come vuole un’altra interpretazione, il braccio di mare in cui si sarebbe svolta
vv. 25-28 Iuno-Iugurthae: continua il riferimento alla guerra africana in questa
una determinata battaglia navale. Malgrado tentativi di identificare la battaglia cui
strofe dominata dall'idea di una Nemesi storica: gli dei protettori degli Africani
Orazio alluderebbe nei vv. 33-36 (particolarmente accreditata l'ipotesi di un riferi.
offrono i soldati morti nella guerra civile al re di Numidia, Giugurta, sconfitto e
mento alla guerra contro Sesto Pompeo, ma non manca chi scorge una allusione ad
preso prigioniero dai Romani nel 105 a.C., compiendo finalmente la vendetta.
Azio), l’espressione vuol essere enfaticamente generica, ad indicare le ripercussioni
v. 25 Iuno: protettrice di Cartagine (cfr. Vero. Aen. 1, 15 sg.; 1, 446), città della delle guerre civili non solo su tutta la terra (vv. 29-32), ma anche sul mare. L’ela-
quale doveva ancora vendicare la distruzione, avvenuta nel 146 a.C. borazione retorica, ricca fino ad appatire eccessiva, sottolinea l’intenzione di ampli-
ficare il tema della guerra civile, facendo di quest’ultima una tragedia universale.
deorum quisquis: modulo dello stile innico: cfr. anche epod. 5, 1.
vv. 34-35 Dauniae...caedes: le stragi dei guerrieri italici. Su Dauniae cfr. nota a
v. 26 cesserat: gli dei abbandonano la città presa dai nemici (cfr. Vere. Aen. 2, 351
1, 22, 13 sg.
sg. su Troia). Fraenkel vede una allusione al rito della evocatio, con cui il generale
romano, prima dell’attacco decisivo, pregava gli dei della città nemica di abbando- v. 35 decoloravere: l’immagine del mare arrossato di sangue dopo una battaglia na-
nare quest’ultima per farsi accogliere a Roma, pronunciando un carmen che ci è con- vale è topica (cfr. 2, 12, 3; 3, 6, 34; AescHn. Pers. 420). Ma qui è particolarmente felice
servato da Macr. Sat. 3, 9, 6 sg., sulla cui autenticità tuttavia sono stati sollevati la scelta del verbo, che indica propriamente lo ‘stingere’: quasi che il sangue dete-
dubbi. Ma il fatto che Giunone sia qui presentata come ansiosa della vendetta per riorasse il mare, facendolo sbiadire (cfr. Sen. nat. 2, 41 decoloratur id cuius color vitia-
Cartagine, ancora un secolo dopo la distruzione, appare in contrasto con tale inter- tur, non mutatur).
pretazione. vv. 37-40 sed-plectro: Orazio richiama se stesso alla propria attitudine più vera,
v. 27 victorum nepotes: non è solo un'espressione generica per indicare i discen- che è quella di poeta lirico e non solenne (similmente, in 3, 3, 69 sgg.). Su di lui
denti, sui quali si realizza la Nemesi storica; vi è anche un riferimento specifico a agisce la suggestione di un procedimento ricorrente in Pindaro, il quale più volte
Quinto Metello Pio Scipione, console nel 52 a.C., suocero di Pompeo, che guidò i richiama se stesso all'argomento principale dopo una digressione (Nem. 3, 26 sg.;
pompeiani a Tapso, e si uccise dopo la sconfitta (Liv. per. 114): egli discendeva con- 4, 33; Pyth. 4, 247; 11, 38 sg.; OI. 9, 83; Isthm. 5, 56), ma lo schema poetico pinda
temporaneamente, per relazione di sangue, dagli Scipioni, e quindi dal distruttore di rico è combinato con il motivo callimacheo della recusatio della poesia solenne (cfr.
Cartagine (cfr. Lucan, 6, 788 sg.; Suer. Iul. 59; Cass. Dio. 42, 57, 5), e, per adozione, introduzione a 1, 6).
da Quinto Metello Numidico, console nel 109 a.C., che fu tra i protagonisti della v. 37 Musa procax: espressione ironica, in contrasto con la severae Musa tragoediae
guerra contro Giugurta. del v. 9. È difficile ritenere che, come vogliono alcuni, procax sia predicativo legato
v. 28 rettulit-inferias: la menzione delle offerte funebri dovute a’ Giugurta dà un a retractes; è artificioso separare Musa dal suo attributo, procax, e staccarla dal con-
carattere di compianto funebre al finale di questa rievocazione piena del senso ango- testo in cui si trova iocis (per cui cfr, Ov, trist, 2, 354 Musa iocosa).

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640 Orazio Odi I 1, 38 -— 2, 4 641

v. 38 Ceae...neniae: i lamenti funebri (threnoi) di Simonide di Ceo, proverbiali il motivo diatribico della polemica contro l’avaritia, della considerazione della sag-
come massima espressione di uno stile patetico: cfr. CaruLi. 38, 8 maestius lacrimis gezza come sola vera ricchezza: motivo diffusissimo nella filosofia divulgativa, comune
Simonideis. Qui indicano la poesia solenne in generale. alla riflessione di molte scuole post-aristoteliche, ma di prevalente ascendenza stoica
(cfr. Pasquali).
v. 39 Dionaeo...antro: l’antro di Venere (dal nome di Dione, madre della dea)
simboleggia la poesia d'amore. Le grotte sono spesso ricordate in connessione con Metro: strofe saffica.
le Muse e con la poesia: cfr. 3, 4, 40 Pierio...antro; Pimp. Pyth. 6, 49 èv uuyotot
IltegtSwoy; CaruLL. 61, 28; Prop. 2, 30b, 26; 3, 1, 5; 3, 3, 14. vv. 1-2 nullus...terris: l’attacco è di tono didattico e ci riporta immediatamente
allo stile diatribico: cfr. Lucr. 2, 737 sg. nullus enim color est omnino materiai | corpo-
v. 40 leviore plectro: l’espressione indica metonimicamente una lirica di argomento
ribus. Orazio si riferisce a un uso saggio e corretto delle ricchezze, che non hanno
più leggero; cfr., al contrario, 4, 2, 33 maiore.. .plectro. Sul plettro cfr. nota a 1, 26, 11.
alcun valore se ammassate e tenute nascoste; ma non è chiaro se per argento nasco-
sto egli intenda quello allo stato naturale, che giace nelle miniere (HousMman, « Journ,
Philol. » 10, 1882, 187; 17, 1888, 309 sg.), o all’argento già coniato, nascosto dal
2 l’avaro (Porfirione e molti esegeti moderni). A favore della prima interpretazione
sarebbe la diffusione del luogo comune secondo cui i metalli preziosi, allo stato natu-
Pasguani, 626 sgg.; W.H. ALEXANDER, « Trans. Amer. Philol. Ass.» 74, 1943,
rale, non hanno lucentezza (SEN. epist. 94, 58: Prin. nat. hist. 33, 95), nonché la no-
192 sgg.; W.M. Catper III, « Class. Philol. » 56, 1961, 175 sgg.; A.O. Hutton, ibid.,
tizia che Sallustio possedeva miniere di rame vicino alla Val d’Aosta (Pun. nat. hist.
173 sgg.; ComMmaceER, 75 sgg.
34, 3). Gli interpreti colgono in questa espressione la reminiscenza di un verso di
una tragedia greca (forse il Filottete di Euripide): odx Éot'év dvrpore Aeuxdc, @ Éey,
Collocata in un posto d’onore, subito dopo la dedica ad Asinio Pollione, que-
doyvpoc (trag. adesp. 389 N°), ma la somiglianza potrebbe essere casuale.
st'ode rappresenta un omaggio (forse un ringraziamento per un beneficio ottenuto,
come pensano Nisbet-Hubbard; in ogni caso, non una critica, come vorrebbero Ale vv. 2-3 inimice— Sallusti: l’apostrofe al destinatario si distribuisce in due versi suc-
xander e Calder) a due illustri personaggi dell’epoca, C. Sallustio Crispo e C. Pro- cessivi, e a darle rilievo contribuiscono il vocativo del nome per intero (con l’inver-
culeio (su quest’ultimo cfr. nota al v. 5), il primo dei quali è il destinatario vero e sione nell’ordine del nomen e del cognomen, che è propria del linguaggio colloquiale,
proprio. Pronipote (in quanto nipote della sorella) e figlio adottivo dello storico Sal- come attestano alcuni esempi nell’epistolario di Cicerone) e l'opposizione inimice
lustio, aveva ereditato da questi i cosiddetti horti Sallustiani presso la porta Collina lamnae, che definisce il rapporto fra il destinatario e il tema dell’ode. Lamnae, forma
(Tac. hist. 3, 82) e molte altre ricchezze. Fu molto vicino ad Augusto, presso il quale sincopata per laminae, indica una striscia di metallo grezzo, non lavorato (cfr. ULPIAN.
era destinato a prendere il posto di Mecenate (Tac. ann. 3, 30). Tacito lo descrive dig. 34, 2, 27, 6 argentum factum recte quis ita definierit, quod neque in massa neque in
come un personaggio dedito ai piaceri e al lusso, ma insieme animato da grande signato. . .insit).
energia morale (loc. cit.); la sua liberalità, oggetto dell’ode, è lodata anche in un epi-
gramma di Crinagora (anth. Pal. 16, 40). vv. 3-4 nisi — usu: non è chiaro se l’apodosi di questa protasi ipotetica sia nullus
L'ode ha un terminus post quem sicuro nel 26-25 a.C., poiché vi si allude al recu- argento color est avaris abdito terris, oppure inimice lamnae: gli esegeti si dividono fra
pero, da parte di Fraate, del trono dei Parti (cfr. introduzione a 1, 26); essa sarà di queste due interpretazioni, e ci sono state anche proposte di emendamento per elimi-
poco successiva a tale data, in quanto il riferimento storico presuppone un ricordo nare la difficoltà (Housman: minimusque oppure minuitque per inimice). Far dipendere
ancora fresco. nisi splendeat da inimice presupporrebbe una costruzione audace (ma non impossibile:
La struttura è tripartita: il componimento è costituito da tre gruppi strofici (vv. cfr. 2, 3,4 sgg. moriture Delli/ seu...; CATULL. 11, 1 sgg. Furi et Aureli, comites Catulli/
1-8; 9-16; 17-24), ciascuno dei quali è un’unità compiuta. sive in extremos penetrabit Indos...). D'altra parte, dire che l’argento nascosto non ha
L’ode può essere considerata un intreccio di motivi topici tanto letterari quanto lucentezza, a meno che non risplenda in un uso moderato, suona come una ovvietà.
filosofici. Da un lato vi si trova sviluppato il tema poetico convenzionale della muni- Tuttavia rimane più verosimile quest’ultima spiegazione: il concetto espresso, appa-
ficenza di un benefattore (cfr. Pimp. Pyth. 1, 92 sgg.; Nem. 1, 31 sg.; Isthm. 1, 67 sg.; rentemente banale, è infatti topico in poesia (cfr. BAccHyL. 3, 13 sg. oîde rupymdévra
BaccHyL. 3, 10 sgg.; THeocr. 16, 22 sgg.; 17, 106 sgg.). Dall'altro lato, Orazio svolge TAoUTOv più) ueraupapti xpbrrterv oxéto; Tiurocr. 16, 22 sg. Sarubvior, ti dì xépdoc è
642 Orazio Odi Il 2, 5-21 643

uuplog Evo ypuods / xetuevac;). Inoltre splendeat sembra contrapporre simmetricamente vv. 10-11 Libyamiungas: al paradosso stoico Orazio dà un contenuto tipicamente
la lucentezza del metallo adoperato all’assenza di lucentezza del metallo nascosto. romano, esprimendo l’idea di ricchezza attraverso l’immagine della proprietà terriera
di estensione sconfinata. L’iperbole, significativa della mentalità del latifondista ro-
temperato
— usu: il motivo del metallo che acquista lucentezza con l’uso è comune
(cfr. Ov. am. 1, 8, 51 dera nitent usu), ma qui Orazio pensa soprattutto al tema dia-
mano, è comune in contesti del genere: cfr. 3, 16, 41 sg.; Sen. epist. 89, 20; 90, 39;
tribico dell’uso corretto della ricchezza, collegato alla polemica contro il lusso, di PerroN. 48, 3 (dove il motivo è volto in parodia). Sui latifondi libici cfr. 1, 1, 10.
ascendenza stoica: cfr. SVF 3, 117; 119; 122 sg.
Remotis Gadibus si riferisce alla mitica lontananza di Cadice, situata oltre le colonne
d’Ercole (cfr. anche 2, 6, 1), che accentua il carattere favoloso di questa iperbolica
vv. 5-6 vivet= paterni: che la liberalità procuri fama è un altro motivo convenzio- ricchezza.
nale: cfr. Tazocr. 16, 30 &ppa xal eîv "Aldao xexpuppevog todidc dxovang; 17, 116 sg.
mi Sì xdAatov divdpi xev en /dABIw 7 xAfoc todaidv év dvdparrowv dptioda. Nella tradi v. 11 uterque Poenus: cioè i Punici dell’Africa e quelli della Spagna meridionale
zione poetica comune è anche l’uso di un exemplum di grande generosità (Creso in (sui quali cfr. StraB. 3, 4, 5 sg.; Sen. dial. 12, 7, 2; Pun. nat. hist. 3, 8; Pompon.
Pinp. Pyth. 1, 94; gli Atridi in Tarocr. 17, 118). Anziché a un episodio mitico, Ora- Met. 2, 96).
zio ricorre a un esempio tratto dalla realtà contemporanea, rendendo così omaggio vv. 13-14 crescit— pellit: il paragone fra l’insaziabilità della cupidigia e la sete del-
a un altro importante personaggio della corte augustea, Proculeio Varrone Murena, l’idropico è un topos della diatriba stoico-cinica (cfr. Diocen. p. 419 Hense; TELET.
fratello di Terenzia, moglie di Mecenate, e di Licinio Murena (su cui cfr. introdu- ibid. p. 39; anon. ibid. p. 762; Sen. dial. 12, 11, 3), ma anche epicureo (cfr. EricuR.
zione a 2, 10), amico di Ottaviano, il quale gli aveva affidato il compito di prendere fr. 214 Arr.). L’idropisia nasceva, secondo la teoria medica antica, da una eccessiva
prigioniera Cleopatra (Cass. Dro. 51, 11, 4; PLur. Ant. 77 sgg.) e pensò poi di dargli indulgenza nei confronti della propria sete: cfr. Cers. 3, 21, 2 sgg. Bisogna ammet-
in sposa sua figlia Giulia (Tac. ann. 4, 40, 6). Il gesto di generosità per cui è ricordato tere che, sull’esempio del greco USpop, hydrops abbia qui il duplice significato di
consisterebbe, secondo Porfirione, nell’avere diviso i propri beni con i fratelli che ne ‘idropisia’ (come soggetto di crescit) e di ‘idropico’ (come soggetto di pellit), op-
erano stati spogliati durante le guerre civili. Extento...aevo è ablativo retto da vivet pure che il termine sia adoperato metonimicamente nel primo caso, se non si vuole
piuttosto che dativo dipendente da notus. Per il genitivo animi paterni, che specifica apportare una correzione al testo (pellas di Peerlkamp, pellis di Peil e L. Miiller).
il motivo della fama di Proculeio (notus) cfr. 4, 13, 21 sg. notaque et artium | gratarum
facies; Prop. 1, 16, 2 ianua Tarpeiae nota pudicitiae. vv. 15-16 albo corpore: riferimento alla Mevxopieyuaria, un tipo di idropisia che
colpiva non solo lo stomaco, ma tutto il corpo (cfr. Cers. 3, 21, 2).
v. 7 penna: la Fama è alata: si ricordi la prosopopea di Vero. Aen. 4, 173 sgg.
metuente solvi: il verbo metuo ha qui un significato vicino a ‘disdegnare’, come v. 17 redditum— Prahaten: Fraate, re dei Parti (su cui cfr. introduzione a 1, 26) è
in 3, 11, 10 metuitque tangi; 4, 5, 20 culpari metuit fides; Vero, georg. 1, 246 Arctos detto restituito al trono che fu di Ciro il Grande, fondatore della dinastia degli Ache-
Oceani metuentes aequore tingui. menidi Persiani, sulla base della confusione comune fra Parti e Persiani (cfr. nota a
1, 2, 22).
v. 9 latius regnes: enunciazione del paradosso stoico secondo cui l’uomo saggio è
ricco (sat. 1, 3, 124 sg.; Cic. parad. 6; Zenon. SVF 1, 216; Carysirp. ibid. 3, 617; vv. 18-19 dissidens — Virtus: la personificazione della virtus deriva dal linguaggio dei
Sen. epist. 113, 30), che nella filosofia divulgativa si combina con il pensiero epicureo moralisti: cfr. Cic. fin. 2, 65; Pers. 5, 132 sgg. Si identifica con la saggezza, la quale
secondo cui la ricchezza consiste nel sapere limitare i desideri: cfr. Ericur. fr. 53 è aristocraticamente lontana dal volgo, e non definisce beatus nemmeno l’erede del
Arr.; Gnomol. Vat. 25; 44 (cfr. Pasquali), L’esortazione non si deve intendere come re di Persia. Il termine beatorum, volutamente ambiguo, si riferisce alla prosperità e
rivolta a Sallustio (il quale, a quanto pare, mette già in atto tali precetti), ma ad una insieme alla felicità: per il saggio-uomo virtuoso il ricco non solo non è felice, ma
generica seconda persona, al ‘tu’ della diatriba. non è nemmeno ricco in senso proprio, poiché solo il sapiente è ricco. I filosofi (cfr.
soc Prat. Gorg. 470€; Arisrot. soph. el. 173a, 26; Dro, Carys. 3, 1, 3; 29, 4, 25) non ac-
vv. 9-10 avidum- spiritum: è il concetto stoico della necessità di domare le pas-
cettavano il luogo comune che indicava nei re di Persia l'esempio più alto di beati
sioni, specialmente la cupidigia (cfr. SVF 3, 443 sgg.), espresso attraverso la meta-
tudo (cfr. nota a 2, 12, 21 sg.)
fora del domare gli animali (cfr. Cic. rep. 2, 67 at vero ea quae latet in animis hominum
...non unam aut facilem ad subigendum frenat et domat). Per l’ablativo del gerundio in vv. 19-21 falsis...vocibus: gli Stoici proclamavano la necessità di restituire alle
contesti gnomici cfr. 2, 10, 2; 4, 11, 30. cose il loro vero nome, e alle parole il loro vero significato: su tale principio si fon-
644 Orazio Odi II 2, 21-3,4 645

dava innanzitutto la scienza dell’etimologia, cui essi dedicavano particolare atten- graduale passaggio dal motivo gnomico della prima parte, l’imperturbabilità dell'animo
zione: cfr. Dioc. LAERT. 7, 122 su Crisippo (= SVF 3, 617). (vv. 1--8), allo svolgimento gnomico-lirico della seconda, sull’universalità e l’ineluttabi-
lità della morte (vv. 17-28) (sulla struttura cfr. Hering).
v. 21 diadema: la benda che avvolgeva la tiara, copricapo dei re persiani (cfr. XEN. I motivi svolti nell’ode sono ampiamente diffusi tanto nella tradizione poetica
Cyr. 8, 3, 13). quanto in quella filosofica. Sulla fugacità della vita cfr. introduzione a 1, 4; per il
v. 22 laurum: l'alloro del triumphator, simbolo di potere e di gloria. Propria, come motivo della aequa mens Orazio poteva rivolgersi sia ad Archiloco (fr. 128 W. 9vyé,
tutum del v. 21, si riferisce al carattere duraturo di questa ‘gloria’ che si identifica Bb... fe. fd perte vito dupddyv ayhiàeo, | undè vandalo iv out xatarecty ddbpeo, /
con la virtù, come in sat. 2, 6, 5 propria haec mihi munera faxis (cfr. Non. 573 sgg. L. dik Yaprotolv te yaîpe xal xaxoîow doydàa/ pù) Myy « animo, animo... quando vinci
proprium rursum significat perpetuum). non insuperbire apertamente, quando sei vinto non piangere prostrato nella tua casa.
Senza superare la misura, piuttosto, rallegrati dei piaceri, affliggiti per le sventure »)
v. 23 oculo irretorto: « con occhio che non si volge a guardare indietro », cioè sia ad Epicuro (fr. 201 Arr. ) tare) dux) toîc uèv sbnpepiuaow tyauvodn, Tai dì
«indifferente » ai beni materiali, con l’imperturbabilità del saggio alla vista delle ric- cuppopaîe xadnpé9n «l'animo meschino si gonfia di inutile orgoglio nella prosperità,
chezze (cfr. lo stesso concetto in XEN. Cyr. 8, 1, 42; LUcIAN. pisc. 46) piuttosto che, si abbatte nelle sventure »). Ma, al di là dei modelli, ambedue i temi sono cari alla
come interpretano alcuni, sulla scia di Porfirione, « con occhi non invidiosi ». Irre- riflessione di Orazio; profondamente oraziani, soprattutto, sono il senso della tempo-
torto è formazione linguistica oraziana. ralità e della precarietà della vita umana e la malinconia per la fugacità della bellezza
e della giovinezza, che si esprimono nel simbolismo della rosa.
Metro: strofe alcaica.
3
vv. 1-2 aequam— mentem: il concetto dell’imperturbabilità dell'animo (ed9upla),
D.A. Kipp, « Class. Rev. » 63, 1949, 7 sgg.; Commacer, 283 sgg.; H. JUHNKE, molto diffuso nella riflessione epicurea (cfr. introduzione) e stoica (SVF 1, 89, 20
in Festschr. Burck, Amsterdam 1975, 359 sgg.; W. HrrinGo, « Wien. Stud. » N.F. 13, sp.; SEN. epist. 66, 6; 78, 29; e si pensi al De tranquillitate animi di Seneca), è enun-
1979, 130 sgg. ciato con una solennità gnomica che è sottolineata dall’imperativo memento, e che
assume particolare rilievo mediante la collocazione del sostantivo e del suo attributo
Destinatario di quest'ode è Quinto Dellio, personaggio noto per i suoi movi- ai due estremi della sentenza. Si noti anche come il primo verso sia bilanciato fra
mentati trascorsi politici: dapprima seguace del cesariano Dolabella, quindi del cesa- aequam e arduis: « un’antitesi quasi visiva » (Ussani).
ricida Cassio (Vet. 2, 84, 2; SEN. suas. 1, 7), dopo Filippi passò dalla parte di An- v. 2 non— bonis: la frase può essere spiegata come coordinata alla precedente (sot-
tonio e rimase al suo seguito in Oriente per dieci anni, pattecipando alla spedizione tintendendo memento servare) 0, come pensano altri, come una subordinata parente-
contro i Parti, di cui trattò in un’opera storica (StrAB. 11, 13, 3; PLuTr. Ant. 59, 4); tica (« quell’animo che allo stesso modo tu hai trattenuto dall’esaltazione nella pro-
infine, poco prima di Azio, passò dalla parte di Ottaviano (VELL. loc. cit.), ottenendo sperità »): in ogni caso, in bonis va mantenuto, e la correzione di Bentley ac non è
in seguito grande favore presso Augusto (SEN. clem. 1, 10, 1), ma procurandosi anche necessaria.
la più che giustificata fama di girella e, in particolare, la definizione di desultor bello-
vv. 3-4 insolenti. . .laetitia: l’espressione sembra derivare dal linguaggio filosofico ado-
rum civilium, coniata per lui da Messalla Corvino (SEN. suas. 1, 7). È improbabile,
perato da Cicerone per esporre la dottrina stoica delle passioni nei libri III e IV delle
comunque, che lo spunto per le riflessioni sulla dequa mens qui sviluppate sia stato
Tusculanae. Laetitia è una gioia irrazionale, contrapposta al gaudium che è razionale:
offerto a Orazio proprio dalla irrequietezza manifestata da Dellio (Commager), o che
cfr. Tusc. 3, 24 voluptas gestiens, id est praeter modum elata laetitia. Per insolens in rife-
ci sia un legame tra la figura del destinatario e l’ode, in quanto questa sarebbe un
rimento a una passione smodata cfr. Tusc. 4, 20; ma forse il termine ha una ulteriore
invito all’edonismo rivolto a un edonista (Nisbet-Hubbard).
sfumatura, che ci riporta alla sfera della hybris (cfr. &ydXecda: in ArcHILOCA. fr. 128
Non vi sono indizi cronologici: l’unico dato sicuro è che il componimento deve
W.), alludendo a una gioia che è insieme arroganza e dismisura.
essere posteriore al 30 a.C., anno del ritorno di Dellio dall’Oriente.
L’ode si articola in tre blocchi strutturali, che corrispondono al suo svolgimento v. 4 moriture Delli: artisticamente collocato nella sede finale della prima strofe, al
dinamico: la parte centrale (vv. 9-16), che contiene l'invito a un banchetto, segna il centro delle alterne vicende della vita (laetitia, maestus). L’accostamento del vocativo
646 . - Orazio Odi II 3, 6-23 647

del destinatario a moriture è fortemente espressivo; sia che abbia funzione predicativa tortuoso che si affatica a saltellare: un tocco virgiliano di descrizione di una natura
(« poiché sei destinato a morire ») sia che abbia funzione attributiva, come pensano animata (cfr. Vere. georg. 4, 19 tenuis fugiens per gramina rivus). Si noti la colloca
altri, moriture introduce una definizione pessimistica, quasi lucreziana dell’uomo nella zione artistica delle parole e la musicalità dei due versi. Per obliquus riferito alla sinuo-
sua mortalità, sità dei corsi d’acqua cfr. Ov. met. 9, 18; her. 6, 87; l’interpretazione dell’aggettivo
come «in pendio » (Kidd) contrasta con l’idea di fatica che è implicita in laborat
v. 6 in gramine: la felicità si identifica con quella epicurea, così come ia descrive
trepidare.
Lucrezio nel proemio del libro II (v. 29 sg. in gramine molli / propter aquae rivum sub
ramis arboris altae), in un passo di cui Orazio si è ricordato anche in 1, 1, 21 sg. (cfr. vv. 13-14 huc» rosae: la situazione conviviale presenta tutti gli elementi convenzio-
nota relativa). nali, dal vino ai profumi (cfr. anche 2, 7, 22 sg.) alle ghirlande di fiori (cfr. 1, 36, 15
sg. e nota), ma il quadro è percorso da una nota di malinconia che si esprime nel-
vv. 6-7 per -— festos: la capacità di godere dei giorni festivi doveva essere al centro
l’accenno all’effimera vita delle rose. Per l’espressione flores amoenae rosae cfr. 3, 15,
di uno dei motivi della riflessione sull’eòdupla: cfr. EPicur. ad Menoec. 131. Per è
15 flos purpureus rosae; 3, 29, 3 flore. . .rosarum; 4, 10, 4. Per brevis come epiteto rife-
distributivo (cfr. 2, 14, 15 per autumnos; 3, 22, 6 per exactos...annos), ma secondo
rito a un fiore cfr. 1, 36, 16 breve lilium. La rosa è tradizionalmente un simbolo di
altri esprime anche durata (come in 2, 9, 6 menses per omnis).
fugacità della vita e della bellezza: cfr. corp. paroem. gr. 1, 304, 14 sgg.; THEOCR. 27,
v. 8 interiore — Falerni: sul Falerno cfr. nota a 1, 20, 10 sg. Nota è l'etichetta appo- 9 sg.; Prop. 4, 5, 61 sg.; anon. anth. Pal. 11, 53; anth. Lat. 84, 9 R.
sta sul contenitore del vino, recante l’indicazione della data d’imbottigliamento (cfr.
v. 15 res: secondo alcuni, indica il patrimonio, la ricchezza (e il contenuto della
sat. 1, 10, 24; Cic. Brut. 287). I vini riposti nella parte più interna della cantina sa-
strofe seguente confermerebbe tale interpretazione), secondo altri, significa ‘la situa-
ranno i più antichi e pregiati: cfr. 3, 28, 2 sg. reconditum. . .Caecubum; epod. 9, 1 repo-
zione? (che s'intende favorevole); in ogni caso, una nota di concretezza, poiché in
stum Caecubum.
Orazio, ricordiamo, la vita è fatta di cose concrete, contro l’illusorietà del regno della
vv. 9-12 quo —rivo: la strofe contiene la descrizione di un locus amoenus. Il legame morte (cfr. introduzione e note a 1, 4).
con quanto precede non è del tutto esplicito, ma ciò non autorizza emendamenti non vv. 15-16 sororum —atra: i destini filati dalle tre Parche, Cloto, Lachesi ed Atropo,
necessari (gua Lambinus, Bentley): bisognerà interpretare nel senso che anche nelle sono scuri perché tendono inesorabilmente verso la morte.
vicende tristi va mantenuta la serenità d’animo, e la natura stessa ci invita a compor-
v. 17 cedes: ripreso anaforicamente nel v. 19, a sottolineare la necessità della morte,
tarci così (per quo nel significato di «a che scopo altrimenti...? » cfr. epist. 1, 5, 12
quo mihi fortunam, si non conceditur uti?). il termine suona con la precisione del tecnicismo legale (cfr. le espressioni del lin-
guaggio giuridico cedere bonis, cedere possessione).
v. 9 pinus — populus: il pino è spesso presente nei paesaggi idillici: cfr. 2, 11, 13
sg.; THrocr. 1, i sg. La specie, molto diffusa nell’Italia centrale, della pinus pinea v. 18 flavus...Tiberis: cfr. nota a 1, 2, 13.

DIM Gila
poteva raggiungere un’altezza molto elevata, ma ingens (cfr. anche 2, 10, 9 sg. ingens v. 20 heres: il motivo dell'erede che si appropria delle ricchezze accumulate dal pre-
pinus) forse si riferisce non solo all'altezza, ma anche alla densità della chioma del decessore ricorre con frequenza nella meditazione oraziana sulla vanità degli sforzi
l'albero (cfr. Vero. georg. 2, 489 ingenti. . umbra). Per alba populus cfr. Vere. ecl. 9, compiuti in vita: cfr. 2, 14, 25; 3, 24, 61 sg.; 4, 7, 19 sg.; sat. 2, 3, 122 sg.; epist. 1,
41 candida populus. 5, 13 sg.; 2, 2, 175 sg.; 2, 2, 191 sg.
v. 10 consociare amant: Quintiliano (inst. 9, 3, 17) rileva in questa costruzione un vv. 21-23 dives
= moreris: è il motivo dell’equanimità della morte, lo stesso di 1,
calco dell’uso di gumetv con l'infinito nel senso di ‘esser solito’. Ma, più propria- 4, 13 sg. (cfr. nota). Inaco (cfr. 3, 19, 1) era il mitico capostipite dei re di Argo (cfr.
mente, amare con l’infinito esprime l’idea del far volentieri qualcosa, in questo e in Vero. Aen. 7, 286; 372).
altri casi (cfr. 3, 9, 24 tecum vivere amem); qui, in particolare, rinvia alla presentazione v. 23 sub divo: l’espressione (su cui cfr. nota a 1, 1, 25) indica la terra, in contrap-
di una natura animata (senza che, per questo, si debba pensare che tutta l’espressione posizione all’oltretomba (cfr. Hom. Il. 5, 267 br? 16 TiÉXbv re; ArscH. Eum. 373

MAM
significhi che gli alberi fanno l’amore: Wilkinson, 37; 128 sg.). im aidép; Vero. Aen, 1, 546 sg.; 3, 339; 6, 436 sg.), e non, come propongono altri
vv. 11-12 quid —rivo: quid è una wvariatio rispetto al precedente quo, e non va asso- interpreti, ‘all’aperto ’, cioè senza casa, con un presunto riferimento alle condizioni
lutamente corretto, Il locus amoenus è completato dall'immagine dell’acqua del ruscello di estrema povertà di chi appartiene a una infima gens.
648 Orazio Odi II 3, 24 — 4, 6 649

v. 24 victima — Orci: in victima (secondo alcuni da intendere come vocativo, secondo L’influsso dell’epigramma sull’ode sembra potersi cogliere nella struttura, che si
altri come apposizione del tu soggetto sottinteso di moreris) c'è una sfumatura reli- articola in due parti: la prima (vv. 1-12) contiene l’invito a Xantia a non vergognarsi
giosa che tende a presentare la morte come un sacrificio rituale, necessario per pro- del suo amore per una schiava, la seconda (vv. 13-24) presenta un capovolgimento
piziare lo svolgimento della vita, secondo una concezione arcaica, Per l’inesorabilità della situazione iniziale, con l’insinuazione che la schiava in questione sia in realtà
degli dei dell’oltretomba cfr. nota a 1, 24, 17. una principessa, non senza l’aprosdoketon finale in cui Orazio fuga i sospetti di un
interesse personale nei confronti della fanciulla.
v. 25 cogimur: l’uso di questo verbo sembra presupporre l’immagine delle ombre
È tipicamente oraziana, comunque, al di là degli influssi epigrammatici, l’ironia
dei morti come gregge, su cui cfr. nota a 1, 10, 18 (dove si ha coerces; cfr. anche com-
con cui è sviluppato il motivo convenzionale, con uno stile a volte parodicamente
pulerit in 1, 24, 18).
solenne, che spinge a non escludere che qui Orazio giochi con eleganza su un pro-
vv. 26-27 versatur — exitura: riferimento all’usanza di tirare a sorte gettando in un blema sociale che i filosofi morali affrontavano con serietà (cfr. Muson. Rue. 12,
recipiente pietre o cocci con su scritte le sortes, e agitando finché una sorte non cadeva p. 66 Hense).
fuori (cfr. Hom. Il. 3, 325; 7, 182). Per serius ocius cfr. Prop, 2, 28, 58 longius aut pro- Metro: strofe saffica.
pius mors sua quemque manet.
v. 1 ne sit: secondo alcuni una finale, secondo altri un’esortazione negativa (cfr.
vv. 27-28 exitura...impositura: i participi futuri richiamano moriture del v. 4: l’ode
viene così a essere chiusa fra espressioni che segnano un destino di morte fissato irre- similmente 2, 1, 37).
vocabilmente. v. 2 Xanthia Phoceu: il nome del destinatario, che ha tutta l’aria di essere fittizio,
è associato al biondo (&av86c) dei capelli, e potrebbe quindi alludere al colore della
aeternum exsilium: la sinalefe è di grande effetto stilistico, prolunga quasi l’eter-
chioma di Fillide, l’ancilla amata. La determinazione locale Phoceu (« proveniente
nità dell’esilio che è la morte.
dalla Focide ») sembra confermare che il personaggio sia un greco, anche se qual-
v. 28 cumbae: la barca di Caronte: cfr. Prop. 3, 18, 24 scandenda est torvi publica cuno vi vede un’allusione, attraverso la connessione della Focide a Delfi, alla bella
cumba senis. chioma di Apollo (Nisbet-Hubbard).

prius non va riferito, come pensano alcuni, ad insolentem, ma a movit del v. 4, e in-
4 troduce la serie degli exempla illustri, delle esperienze mitiche invocate a conforto
della situazione attuale del destinatario, a dimostrazione della liceità degli amori an-
PASQUALI, 489 sgg.; Cairns, « Quad, Urbin. cult. class, » 24, 1977, 121 sge. cillari, consacrata « già da prima ».

IT
v. 3 Briseis: la schiava che fu motivo della contesa fra Achille e Agamennone (cfr.
La cronologia di quest'ode può essere fissata con sicurezza, poiché nei versi finali
Hom. Il. 1, 184 sgg.) è anche il prototipo della situazione dell'amore ancillare: cfr.
Orazio, che era nato nel 65 a.C., dichiara di avere oltrepassato i quarant'anni; siamo
Ov. am. 2, 8, 11 sg. Thessalus ancillae facie Briseidos arsit, | serva Mycenaeo Phoebas
dunque nel 25 a.C. o poco dopo.
amata duci; 1, 9, 33; Prop. 2, 8, 29 sgg.
Destinatario è uno Xantia non altrimenti noto, il cui nome può darsi sia in realtà
uno pseudonimo. Potrebbe anche trattarsi di un personaggio fittizio e, in generale, niveo colore: il biancore della carnagione di Briseide è un particolare che non si
potrebbe essere fittizia tutta la situazione. Nell’ode confluiscono infatti diversi motivi trova in Orazio, ma è attestato, oltre che in questo passo, in Prop. 2, 9, 10, in Ov.
letterari, da quello delle confidenze sentimentali fra amici (cfr. Cairns) al topos, pro- ars 3, 189, nella letteratura romanzesca tarda (DaArET. 13) e nella storiografia bizan-
veniente dalla poesia erotica, dell’innamorato di una schiava, che a sua volta diventa tina (Marat. chronogr. p. 101 Dindorf). Da tale concordanza si può dedurre che la
schiavo d'amore (cfr. ProP. 1, 9). Ma soprattutto Orazio si riaggancia alla tradizione notazione fosse presente in un poeta alessandrino (Pasquali).
epigrammatica dell’elogio degli amori ancillari. Il confronto con PHiLonem. anth. Pal.
5, 132 e con RurIn. ibid. 5, 18 lascia supporre un modello alessandrino, probabil- vv. 5-6 movit — Tecmessae: l’exemplum è elegantemente inserito nella serie, mediante
mente epigrammatico (Pasquali). l’anafora di movit e la disposizione chiastica degli elementi: Briseide-Achille/Aiace-

| TA MO
650 Orazio Odi II 4, 6-24 651

Tecmessa, Il gusto dell’elaborazione retorica si avverte anche nell’ossimoro captivae parentes: si ironizza probabilmente su un motivo tradizionale degli epitalami, la lode
dominum, che riassume il topos erotico della schiavitù d'amore (cfr. introduzione), e dei parenti della sposa (cfr. MENANDR. rhet. gr. 3, 403, 7 sgg. Sp.)
contribuisce a una solennità di stile che cela un intento parodico. La parodia dello vv. 15-16 regium — iniquos: secondo alcuni interpreti bisogna sottintendere est dopo
stile solenne è particolarmente evidente in Telamone natum, rifacimento ironico del regium genus, ma è più probabile che regium genus dipenda da maeret, spiegazione con
patronimico omerico TeAxuevtog, la quale si ha il vantaggio, fra l’altro, di mantenere il nesso genus-Penatis (cfr. Prop.
v. 6 Tecmessae: figlia di un re della Frigia, schiava di Aiace, personaggio dell’ Aiace 1, 22, 1). S'intende che la fanciulla piange sulla dignità regale perduta e sui penati
di Sofocle. poco propizi; per una costruzione simile cfr. 1, 5, 5 sg. fidem mutatosque deos flebit.
Il personaggio della schiava ex-principessa proviene dalla Commedia Nuova (cfr.
vv. 7-8 arsit— rapta: il terzo exemplum viene introdotto con una variatio rispetto ai Menannr, Carch. 35 sg.; PrauTr. Truc. 530 sgg.).
precedenti (arsit rispetto a movit) e con uno sviluppo più ampio, che continua nella
strofe successiva. Sulla passione di Agamennone per Cassandra cfr. Eur. Tro. 255. v. 18 dilectam: nel suo significato originario di ‘scelta’ (in mezzo al volgo sprege-
vole) piuttosto che, come spiegano altri, ‘cara, amata’.
vv. 9-12 barbarae — Grais: la strofe, oggetto in passato di una proposta di espun-
zione (Peerlkamp), in realtà è necessaria allo svolgimento dell’ode; in essa acquista v. 19 lucro aversam: si allude per contrasto (forse ironicamente, poiché Fillide sarà
rilievo l’exemplum ricordato nella strofe precedente, che viene sviluppato in uno stile stata altrettanto avida delle altre) alla cupidigia delle cortigiane e delle serve, motivo
epicheggiante e parodico che prepara lo scherzoso capovolgimento della strofe suc- topico della commedia e dell’elegia: cfr. PrAuTt. Truc. 22 sgg.; Tre. 2, 4, 14; Prop,
cessiva (cfr. Pasquali). Postquam è tipico modulo narrativo epico (cfr. Hom. Od. 1, 3, 13, 1 sgg.; Ov, am. 1, 8, 1 seg.
2; EnnN. ann, 137 Sk.; Vero. Aen. 3, 1). v. 20 pudenda: per ragioni sociali piuttosto che morali (cfr. Suer. Vit. 2, 2 sive pu-
v. 9 barbarae. . .turmae: in realtà i Troiani combattevano dai carri e non da cavallo, dendis parentibus atque avis).
come lascerebbe intendere turma (« squadrone di cavalleria »). L'epiteto barbarae rivela v. 21 bracchia — suras: anche nel su ricordato epigramma di Filodemo sui vantaggi
il punto di vista panellenico per cui i non Greci sono barbari; ma in Omero i Troiani degli amori ancillari (anth. Pal. 5, 132) vi è un elenco minuzioso dei pregi fisici. In
non sono fikpBapot. generale, l’elogio delle parti del corpo in forma di elenco è un uso alessandrino, di
v. 10 Thessalo victore: Achille, proveniente da Ftia in Tessaglia, essendo uno dei cui abbiamo un rovesciamento parodico in CATULL. 43, 1 sgg. salve nec minimo puella
principali artefici della vittoria, sta qui a indicare, per metonimia, tutti gli Achei. naso...
v. 22 integer— suspicari: cfr. 3, 7, 22 voces audit adhuc integer. Fuge equivale a noli
vv. 10-11 ademptus + tolli: audace espressione per dire che la morte di Ettore alleg-
(come in 1, 9, 13), Fuge suspicari non è parentetico, come intende qualcuno, ma sot-
gerl di un peso i Greci ormai stanchi (cfr. Vero. Aen. 2, 109). Si tratta di una allu-
tintende un eum che si può dedurre da cuius.
sione combinata a Hom. Il. 24, 243 sg. (Priamo su Ettore) fyfrepor dp puiadov
’Ayatoiorv di Eoeode / xelvov TeByyéitog Evanpéuev e ad Il. 22, 287 sg. (Ettore ad Achille) v. 23 trepidavit aetas indica la fretta e insieme la velocità con cui la vita del poeta
xal xev fiappbrepos roieuoc Tpidecat yÉvorto/ celo xatap®uévoto. è giunta già al compimento dell'ottavo lustro. L’allusione alla propria età non più

(IM A Mic
verde è tipica in contesti di renuntiatio amoris (cfr. per es. PaiLonem, anth, Pal. 5, 112,
v. 12 Pergama: la rocca di Troia, il cui nome è artisticamente accostato a quello dei
3 sg.). Aetas è la vita stessa di Orazio, ricordata impersonalmente perché il suo tra-
Greci (nella forma poetica Grai).
scorrere è indipendente dalla volontà del poeta, e non «il tempo » in generale, come
v. 13 nescias: il congiuntivo potenziale, con una sfumatura affermativa rafforzata dal intende qualcuno,
successivo certe (« può darsi che non sappia», cioè «è probabile che sia così »), ha
v. 24 lustrum: la cerimonia con cui si concludeva il quinquennium censorio, e quindi
un effetto ironico.
il quinquennio stesso. Orazio ha dunque 40 anni, avendo chiuso l’ottavo lustro, L’al-
v. 14 Phyllidis fiavae: nome ed epiteto occupano la stessa sede di Xanthia Phoceu, lusione autobiografica all’età in un componimento poetico è una forma non rara di
all’inizio del secondo verso del secondo gruppo strofico fondamentale, segnalando la oppayic: cfr. 4, 1, 6; epist. 1, 20, 26 sgg.; AscLepiab. anth. Pal. 12, 46, 1; Ov. trist. 4,
corrispondenza simmetrica fra le due sezioni dell’ode. 10, 95 sgg.; Ib.1sg.
652 Orazio Odi II 5, 1-12 653

5 vv. 1-2 subacta — cervice: sull’immagine del giogo come metafora erotica cfr. nota
a 1, 33, 11. L’uso di subigo, di cui è attestato un significato sessuale (cfr. Luci. 1041
Commacer, 253 sg.; E. FANTHAM, « Liverpool Class. Monthly » 4, 1979, 47 sgg.; seg. M.; epigr. Bob. 24, 2), rende trasparente l’allusione metaforica. Comunque l’im-
H.D. JocELrn, ibid. 5, 1980, 197 sge. magine della giovenca rimane dominante, e non è il caso di cogliere un doppio senso
in cervice (sulla base di CELS. 4, 1, 12 vulvae cervicem), come fanno Nisbet-Hubbard.
Malgrado i titoli presenti in un ramo della tradizione manoscritta la definiscano
rivolta a un amico, Yode è una delle pochissime (cfr. introduzione a 1, 34) prive di v. 2 munia comparis: i doveri della compagna di giogo, cioè l’uxoris officium (ps.
destinatario: Orazio si ferma a riflettere sulla riluttanza di Lalage, in una sorta di mo- Acrone). Comparis si riferisce, nel contesto metaforico, alla coppia dei buoi (cfr.
nologo interiore, forse sotto la suggestione del soliloquio catulliano nel c. 8 (Nisbet- Vero. georg. 3, 169 iunge pares et coge gradum conferre iuvencos), ma par e compar sono
Hubbard). Secondo altri, egli si rivolgerebbe indirettamente ad un uomo in procinto comuni nel linguaggio erotico, e spesso compar ha il significato di coniunx (cfr. Lucr.
di sposarsi (Fantham). 4, 1255 sg. inventast illis quoque compar | natura ut possent gnatis munire senectam;
Per la cronologia non vi sono indizi; si può solo ritenere che, se la Lalage di cui CaTutt. 68, 126; Ov. am. 3, 5, 38; ars 3, 359),
si parla è la stessa che in 1, 22 non fugge più, anzi ricambia l’amore del poeta, l’ode vv. 3-4 tauri
— venerem: l’immagine della furia d’amore del toro forse risente della
presente sia anteriore a quella, la datazione della quale peraltro è incerta. potente descrizione virgiliana di georg. 3, 209 sgg. (in particolare, v. 244 in furias
A una cronologia piuttosto alta potrebbe anche far pensare la presenza del mo- ignemque ruunt).
dello anacreonteo. Da ANACR. fr. 417 P. deriva la metafora dell'animale selvaggio, in
riferimento a una fanciulla che sfugge all’amore: réide Opnixin, ri dh ue Mofdv dupaor v. 5 circa — animus: la costruzione di circa con esse, esemplata su analoghe locuzioni
Baérovoa| matws padre, Soxeîc SE u° oditv cidéva copéy; / Todi or, xaréic pèv dv or greche, come repl rivos siva, sarà di uso comune negli scrittori del I d.C. Il senso
ov yodvov èubhrorui, / viag 3° Eycov otpEporui 0° duoi TEpuara Spbpou' / viv SÈ Aerudivac dell'intera espressione è che l’attenzione della giovenca—fanciulla è rivolta altrove:
te Bioxean xodpa Te onipréica alter, | Setròv ydp immoteionv oòx Eye EreuBamav cfr. epist. 1, 12, 13. Virentis contiene una probabile allusione alla giovane età della
(« puledra tracia, perché mi guardi con occhio torvo e mi fuggi senza pietà? Ti sem- fanciulla (cfr. nota a 1, 9, 17).
bra che io non sappia far nulla? Sappilo invece, io saprei metterti il freno con abi- v. 7 solantis aestum: per la costruzione di solor con un oggetto impersonale cfr. Cic.
lità, e farti girare intorno alle estremità della pista, tenendo le briglie. Ora pascoli Mil. 97 brevitatem vitae posteritatis memoria consolaretur; Vere. georg. 1, 159 concussa-
nei prati, e saltellando leggera giochi: non hai infatti un esperto cavallerizzo che ti que famem...solabere quercu; Aen. 1, 239.
monti »).
A parte però questo spunto anacreonteo, lo svolgimento dell’ode porta Orazio v. 9 praegestientis: la smania della giovenca di giocare con i vitelli (cfr, oxtprisoa
alla descrizione di situazioni proprie degli ambienti galanti di Roma, attraverso il talters in Anacreonte: cfr. introduzione) è espressa con un raro verbo composto
ricordo dei suoi passati amori, rievocati con una sensualità che non esclude però la (ctr. CaTuLL. 64, 145 animus praegestit apisci; Cic. Cael. 67 praegestit animus iam videre)
malinconia per la ferox aetas, per il tempo che passa. in cui il prefisso prae- esprime una nozione intensiva piuttosto che temporale (sfu-
L’ode ha una struttura tripartita, e ciascuno dei tre blocchi in cui si articola ha matura, quest’ultima, che non si addice al contesto, né nel senso di ‘è smaniosa di
una sua compiutezza: nei vv. 1-9a è data la situazione attuale, nei vv. 9b-16 trovia- giocare in futuro? né, come pensano altri, nel senso di ‘è smaniosa di giocare pre-
mo uno sguardo sul futuro, i vv. 17-24 contengono il ricordo degli amori passati. cocemente ’).

Metro: strofe alcaica. v. 10 immitis uvae: alla metafora della giovenca subentra un’altra immagine tradi
zionalmente riferita alla fanciulla acerba, quella dell'uva non ancora matura (cfr., per
v. 1 nondum ripreso anaforicamente nel verso successivo e rafforzato da nec del v. esempio, l’epigramma di Filodemo citato nella nota al v. 1); talvolta le due metafore
3, si contrappone a iam ripetuto tre volte nella strofe successiva, e riassume il tema sono associate: cfr. Trzocr. 11, 21 udoyo yaupotipa, praputipa duparoc bud; CATULL.
dell’ode, l’acerbità della fanciulla non ancora arresasi alla legge naturale dell’amore; 17, 15 sg. et puella tenellulo delicatior haedo, | adservanda nigerrimis diligentius uvis.
si confronti, in contesti analoghi, il corrispondente greco oòrw: Hes. op. 521 oirw
Eoya iduia roAvypioov “Appoditaz; PamLonem. anth, Pal. 5, 124, 1 sg. otrt® cor xadbxev vv, 10-12 lividos— colore: cfr. Prop. 4, 2, 13 prima mihi variat liventibus uva racemis.
qupavòv 9époc, addi puedatver / BéTpUS È Tapdeviouo TpwToportiv ydpitus. Per un’immagine simile in contesto di poesia erotica cfr, SaPPA, fr. 105a, 1 L.-P.

noia
654 Orazio Odi II 5, 13 - 6 655

olov rò yAuxbpadov tpebderat dxput èr° Bode; Paronem. anth. Pal. 5, 124 (citato nella fr. 96, 9 sgg. L.-P. qdoc I Ert/oyer daruccav Er? dAubpav/ tao xa roAvavdéuo
nota al v. 1). Varius, riferito per metonimia all'autunno, è termine tecnico per indi- dpobpate.
care il momento in cui l’uva comincia a diventare scura: cfr. CAT. agr. 33, 4 ubi uva
v, 20 Cnidius...Gyges è da considerare come terzo membro di un trikolon che si
varia fieri coeperit e il proverbio uva uvam videndo varia fit, citato dallo scolio a
accresce progressivamente, da Pholoe, cui è riferito un solo attributo, a Chloris, carat-
IuvenaL. 2, 81.
terizzata con la similitudine dei vv. 17 sg., a Gyges, cui si aggancia l’intera strofe suc-
v. 13 iam sequetur: appare qui il motivo tradizionale della Nemesi d’amore, il cui cessiva. Improbabile l’interpretazione che vede Cnidius Gyges come agganciato alla
archetipo è fissato in SapPH. fr. 1, 21 L.-P. xa yàp ai gebyer, tayéuc dubtar, Soggetto similitudine con la luna; ancora più improbabile un gioco di parole attorno a mari
è Lalage, non la giovenca (nonostante ciò che ritengono alcuni), anzi quest’ultima (da mas, oltre che da mare). Il nome Gyges compare anche in 3, 7, 5; la provenienza
metafora è stata abbandonata già alcuni versi prima; risulta quindi fuor di luogo co- di questo personaggio da Cnido è probabilmente collegata con il culto di Afrodite
gliere una allusione al fatto che le giovenche prendono spesso l’iniziativa sessuale in quella città (cfr. nota a 1, 30, 1).
(Prin. nat. hist. 8, 177).
v. 21 si-choro: vi è probabilmente il ricordo di una situazione mitica, quella di
vv. 13-14 ferox aetas si riferisce al tempo in generale, non, come pensano alcuni, Achille a Sciro (cfr. Stat. Achill. 1, 336 sgg.), quando l’eroe fu nascosto dalla madre
alla indomita aetas di Lalage. Né è necessaria la trasposizione di ferox con fugax del fra le figlie del re Licomede (cfr. nota a 1, 8, 13), alla quale però si sovrappone il
v. 17 (Cruquius), perché, rispetto al banalizzante fugax, ferox meglio esprime la forza riferimento a una scena della vita galante cittadina.
corrosiva del tempo, la sua azione violenta: un concetto ricorrente nella meditazione
v. 22 mire da unire a falleret secondo alcuni, a sagacis secondo altri (forse quest’ul-
oraziana. Secondo una recente interpretazione, l’espressione racchiude una profezia-
tima spiegazione è banalizzante).
minaccia sulla vecchiaia che aspetta la donna, e fa pensare al tipo femminile descritto
in 1, 25 (Jocelyn). v. 24 ambiguo...vultu: l’ablativo strumentale è retto da falleret secondo alcuni, da
obscurum secondo altri. Ambiguo contrasta con solutis del v. 23 (cfr. QuINT. inst. 7,
vv. 14-15 quos annos: il tempo che passa aggiunge anni nel periodo dell’ascesa,
2, 49 solvet ambiguitatem): ricca di metafore e di doppi sensi, l’ode si chiude con un
li detrae durante il declino: lo stesso concetto in ars 175 sg. multa ferunt anni venientes
richiamo esplicito all’ambiguità.
commoda secum, | multa recedentes adimunt. Non si tratta solo di un concettismo: Ora-
zio sembra suggerire che, al di là del tempo oggettivo, vi sia una misura soggettiva
del tempo, che consiste nella percezione di esso. Per chi è giovane, ogni anno che 6
passa, psicologicamente, è un guadagno (su apponet cfr. nota a 1, 9, 14 sg.).
v. 16 Lalage: cfr. nota a 1, 22, 10. F. KLineneR, « Philologus » 90, 1935, 285 sgg. (= Rom. Geisteswelt, Miinchen
19563, 388 sgg.); C. Secar, « Philologus » 113, 1969, 235 sge.; W. Lupwic, « Wien.
v. 17 dilecta quantum: bisogna sottintendere a te (rivolto dal poeta a se stesso); Stud. » 4, 1970, 101 sgg.; E. VANDERLINDEN, « Étud, class. » 48, 1980, 63 sgg.
Porfirione e alcuni esegeti moderni male intendono «a quocumque qui eam viderit
dilecta ». Cfr. Caruit. 8, 5 dilecta nobis quantum amabitur nulla.
Destinatario dell’ode è lo stesso Settimio che Orazio raccomanda al giovane Ti-

dci
Pholoe: cfr. nota a 1, 33, 7. berio in epist. 1, 9 (forse nel 21 a.C. circa), descrivendolo come fortem. . .bonumque
(v. 13), e del quale Augusto, in un periodo certamente successivo all’epistola, parla
v. 18 Chloris: come il nome, fonicamente simile, di Cloe, potrebbe essere collegato
con tono di familiarità in una lettera parzialmente conservata da Svetonio: tui qualem
al colore dell’erba, e quindi alla giovinezza (cfr. introduzione a 1, 23). Ma la men-
habeam memoriam poteris ex Septimio quoque nostro audire; nam incidit ut illo coram fieret
zione delle braccia dal biancore lunare farebbe pensare piuttosto a una allusione al
a me tui mentio (SurT. vita Hor. 30 sgg. Rostagni).
pallore, poiché Chloris era il nome della figlia superstite di Niobe, che la paura rese
La cronologia è incerta: il fatto che il poeta si dichiari stanco della vita militare
pallida per il resto della vita (cfr. PAuUSAN. 2, 21, 9).
è sembrato un riferimento specifico a una campagna militare: Filippi (ma una datazione

ln iva
vv. 19-20 pura — mari: imitazione di una celebre similitudine di Saffo, in cui lo così alta, di poco posteriore al 42 a.C., recentemente sostenuta da Vanderlinden,
splendore di una fanciulla fra le altre è paragonato a quello della luna fra le stelle: non è probabile per nessuna ode), o Azio (ma la partecipazione di Orazio a tale bat-

14 **
Orazio Odi II 6, 1-15 657
656

18, 2. Qui e altrove Orazio mostra di conoscere alcune leggende relative alla fonda-
taglia è tutt'altro che sicura: cfr. introduzione all’epodo 9). C'è infine chi coglie nel-
zione di città italiche (xrice), che erano state raccolte in tempi recenti da Varrone:
l’allusione del v. 2 ai Cantabri non ancora domati un indizio della collocazione del-
cfr. 1, 18, 2; 1, 28, 29; 2, 3, 21; 3, 17, 6 seg.
l’ode negli anni della spedizione cantabrica di Augusto (26-25 a.C.) e della successiva
ribellione di quella popolazione (24 a.C.): quest’ultima è l'ipotesi più verosimile, che vv. 7-8 modus militiaeque: malgrado il successo incontrato dalla congettura di
potrebbe essere confermata da alcune affinità con epist. 1, 7 (cfr. v. 45, in cui Tivoli Peerlkamp domus, accettata, fra l’altro, da Heinze, modus nel senso di ‘ termine’ non
e Taranto appaiono sedi predilette). pone alcuna difficoltà (cfr. 1, 16, 2; 3, 15, 2). I genitivi maris, viarum, militiae potreb-
L’ode presenta una struttura bipartita, complicata dalla corrispondenza simme- bero dipendere tanto da modus quanto da lasso (cfr. Vere. Aen. 1, 178 fessi rerum).
trica, fondata sul contrasto, fra la prima e l’ultima strofe. Il modello poetico domi-
nante nel primo di questi due blocchi strutturali (vv. 1-12) è il motivo dell’amico v. 9 Parcae...iniquae appaiono qui come divinità del destino, non della morte.
pronto a seguire l’altro in capo al mondo, lo stesso di epod. 1, 11 sgg. e di ProP. I, Per iniquus riferito a divinità cfr. 1, 2, 47; 2, 4, 16.
6, 3 sg.: probabilmente un tema presente nella poesia ellenistica, di cui CatuLL. 11,
1 sgg. (Furi et Aureli, comites Catulli, | sive in extremos penetrabit Indos | litus ut longe reso- v. 10 pellitis ovibus: riferimento alle rinomate pecore di Taranto (cfr. Corum. 7,
nante Eoa /tunditur unda...) rappresenta la parodia. Il secondo gruppo strofico (vv. 4, 1), che venivano avvolte in pelli in modo da proteggerne la lana pregiata: cfr.
13-24) si sviluppa invece attorno al motivo dell’elogio di una città: uno schema reto- VARR. rust. 2, 2, 18 ovibus pellitis quae propter lanae bonitatem ut sunt Tarentinae et Atti-
rico che Orazio adotta anche in 1,7, con cui la nostra ode ha in comune non sole cae pellibus integuntur ne lana inquinetur; CoLum. 7, 2, 3; 7, 4, 5; PLIN. nat. hist. 8, 189.
tanto l’elogio di Tivoli, ma anche, al di là della caratterizzazione bucolica cui sembra
vv. 10-11 Galaesi flumen: il fiume Galaesus, a circa cinque miglia da Taranto (PoLyB.
indulgere il paesaggio (Klingner), l’idea di un angulus che è esistenziale prima ancora
8, 33, 8; Liv. 25, 11, 8), identificato ora con l’odierno Gallese ora con il Citrezze (o
che spaziale.
Giadrezze), è al centro di un tradizionale locus amoenus: cfr. Vere. georg. 4, 126 qua
Metro: strofe saffica. niger umectat flaventia culta Galaesus; Prop. 2, 34, 67 sg. tu canis umbrosi subter pineta
Galaesi [Thyrsin et attritis Daphnin harundinibus (poi STAT. silv. 2, 2, 111). Galaesi è
genitivo epesegetico, come in 3, 13, 1 fons Bandusiae, o in Vero. Aen. 1, 247 urbem
v. 1 Septimi: il vocativo del destinatario, collocato nella sede iniziale del primo
Patavi.
verso, testimonia l’affetto di Orazio per l’amico.
Gadis: Cadice rappresenta l’estremo confine occidentale del mondo (come in 2, 2, vv. 11-12 regnata — Phalantho: l’allusione alle mitiche origini di Taranto corrisponde
10 sg.). Sul motivo del viaggio in capo al mondo cfr. introduzione. al v. 5, in cui si fa riferimento alla xator di Tivoli: la menzione dei luoghi prediletti
viene ad essere così incorniciata entro il richiamo al yévoc, elemento fondamentale
— iuga: cfr. introduzione.
v. 2 Cantabrum nello schema retorico dell’elogio delle città (cfr. MENANDR. rhet. gr. 3, 353, 4 Sp.)
et alla fine dell’endecasillabo, qui e nel verso precedente, come in 2, 16, 37; 3, 8, L'uso passivo di regno con il dativo di agente è un tratto di dizione solenne: cfr. 3,
26; 3, 11, 5; 3, 27, 22; 29; 46. 29, 27 se.; Vero. Aen. 3, 14; 6, 793 sg. Taranto fu colonizzata dallo spartano Falanto
nel 708 a.C. (3, 5, 56 Lacedaemonium Tarentum): cfr. Pausan. 101, 10, 6.
v. 3 Syrtis: cfr. nota a 1, 22, 5.
v. 14 angulus: proiezione di una dimensione esistenziale, l’angulus rappresenta la
vv. 3-4 Maura...unda: la Mauritania in realtà è più ad Occidente rispetto alle
«chiusura protettiva dello spazio » (Traina). Per la metafora cfr. epist. 1, 14, 23;
Sirti, si affaccia sull’Atlantico più che sul Mediterraneo centrale. L’imprecisione può
Prop. 4, 9, 65 sg.
rivelare un gusto poetico della determinazione geografica approssimativa, oppure può
essere stata influenzata dal precedente catulliano (cfr. introduzione) di 11, 3 sg. Eoa ridet spesso usato in senso metaforico, nell’ambito di personificazioni: cfr. ENN.
tunditur unda, che può avere spinto Orazio a introdurre un elemento incompatibile ann. 446 sg. Sk.; Lucr, 1, 8; 5, 1395; Carutt. 31, 14; 64, 284.
con le Sirti.
vv. 14-15 Hymetto — decedunt: il miele di Taranto (mella è plurale poetico comune)
v. 5 Tibur= colono: Tivoli era stata fondata, secondo la leggenda, dal figlio o dai
di Argo, Anfiarao: cfr. nota a 1, non è secondo a nessuno, nemmeno a quello dell’Imetto, monte dell’Attica (Hymetto
tre nipoti (Tiburno, Coras, Catillo) dell’indovino
Odi Il 6, 15 - 7, 2 659
658 Orazio

1, 23; 3, 24, 1 sg.). Decedunt raf- 7


rappresenta una comparatio compendiaria, come in 1,
sat. 2, 4, 70 Picenis cedunt pomis
forza e rende più viva l’idea contenuta in cedo (cfr. K. Biicaner, in BiicHnER-HormanN, Lateinische Literatur und Sprache in der For-
Varr. in MacR. Sat. 3, 16, 12;
Tiburtia). Sul miele di Taranto cfr. 3, 16, 33; 4, 2, 27; schung seit 1937, Bern 1951, 91 sgg.; K. MEIsTER, in ‘Eounveta, Festschr. Regenbogen
hist. 21, 57.
su quello dell’Imetto cfr. Corum. 10, 386; Prin. nat. 1952, 127 seg.; FRAENKEL, 9 sgg.
Venafro, città della valle del Vol-
vv. 15-16 viridi — Venafro: sulle pregiate olive di è un Pompeo Varo a noi non altrimenti noto (è im
VARR. trust. 1, 2, 6; STRAB. 5, 3, Destinatario di quest'ode
turno, cfr. sat. 2, 4, 69; 2, 8, 45; Car. agr. 146, 1; probabile che si tratti dello stesso Varo cui è indirizzata 1, 18: cfr. relativa introdu-
precedente decedunt, suggerendo
10; Prin. nat. hist. 15, 8. Certat contrasta con il zione), commilitone di Orazio nel 42 a.C. a Filippi, protagonista della medesima fuga.
l'alloro in Catt. fr. 194 Pf.
l’idea di una gara, che richiama quella fra l’olivo e A differenza dell'amico, però, Pompeo Varo non era ritornato subito a Roma, ma
laudes Italiae (cfr. Vero. georg. aveva raggiunto probabilmente Murco ed Enobarbo, che avevano vinto una battaglia
v. 17 ver.. .longum: motivo eulogistico, centrale nelle
i è un topos degli elogi di luo- sull’Adriatico, continuando così a combattere contro i triumviri, e infine Sesto Pom-
2, 149 hic ver adsiduum). Anche il tepore degli invern
peo (VeLt. 2, 72, 4; Cass. Dio. 47, 49, 4), legandosi, dopo la sconfitta di quest’ul
ghi: cfr. MENANDR. thet. gr. 3, 348, 5 sg. Sp.
timo, ad Antonio. Probabilmente il rientro a Roma, che è l’occasione per cui è scritta
de ai mutamenti del clima (cfr. l'ode, fu possibile grazie all’amnistia concessa da Ottaviano ai suoi avversari politici
v. 18 Iuppiter rappresenta qui la divinità che presie
1, 22, 20; epod. 2, 29; 16, 56). nel 30-29 a.C. (cfr. Mon. Ancyr. 1, 14; Ver. 2, 86, 2; Cass. Dro. 53, 16, 1); l’ode sarà
di poco successiva a questa data, ed è concepita, al pari di 1, 36, come un epibaterion
‘fondo di valle’ (adàuv), spesso
vv. 18-19 amicus — Baccho: Aulon è nome greco per (« carme poetico per il ritorno di qualcuno »).
di incerta ubicazione (forse
adoperato come toponomastico. Qui indica un luogo Di questo tipo di componimento, di cui si ritrovano qui molti degli elementi
o), su cui cfr. anche MARTIAL,
dietro il monte Melone, dieci miglia a Est di Tarant che la codificazione di Menandro retore (3, 377 sgg. Sp.) indica come caratterizzanti,
che non va corretto (cfr. appa-
13, 125, 1 nobilis et lanis et felix vitibus Aulon. Amicus, uno dei più antichi esempi doveva essere l’ode in cui Alceo salutava il fratello Anti-
zione di STAT. silv. 2, 2, 4 sg.
rato), è usato in senso passivo, come conferma l'imita menide tornato dalle campagne di guerra in Oriente (fr. 350 L.-P. $A9ec Èx rreportmv
non invidet uva Falernis; regge
qua Bromio dilectus ager, collisque per altos / uritur et prelis yà «sei venuto dai confini del mondo »), da cui Orazio potrebbe aver tratto lo
senso attivo (« donatore di fer-
fertili Baccho (cfr. 1, 26, 1 Musis amicus). Per fertilis in spunto. Ma il contenuto dell’ode appartiene al mondo della memoria oraziana, ed è
5, 642 (riferito a Cerere).
tilità ») cfr. Prop. 4, 6, 76 (riferito a Bacco); Ov. met. legato al ricordo ancora vivo della fuga durante la battaglia di Filippi. Con gioco ele
(non, come pensano al gante e ironico, il poeta trasfigura l’episodio, facendone una vera e propria avventura
v. 21 ille. ..locus si riferisce all’ager Tarentinus in generale
v. 13), che ci riporta allo stile epica, attraverso la combinazione di reminiscenze omeriche con allusioni a un tema
cuni, ad Aulon), come conferma l’anafora di ille (cfr. tradizionale nella lirica greca, quello dell'abbandono dello scudo durante la fuga dalla
degli encomii e degli inni. battaglia (cfr. note di commento).
Vero. georg. 4, 125 sub Oeba- La struttura può essere considerata tripartita (vv. 1-8 la gioia per il ritorno del
vv. 21-22 beatae...arces: l’acropoli di Taranto (cfr.
poetica per indicare le alture l’amico; vv. 9-16 i ricordi comuni; vv. 17-28 i festeggiamenti per il ritorno), ma si
liae...turribus arcis), ma, più in generale, espressione
ubi me in montes et in arcem ex potrebbe considerare anche bipartita (dal v. 1 al v. 16 domina la rievocazione di Fi
riparate dal resto del mondo (cfr. sat. 2, 6, 16 sgg. ergo
senza un’allusione, che non va però dal v. 17 al v. 28 il tema conviviale), magari considerando la strofe centrale,
urbe removi |. . ‘nec mala me ambitio perdit), non lippi,
(Lucr. 2, 8) dell’epicureismo. la quarta, in cui i destini dei due amici si separano, come cerniera fra le prime tre,
esagerata, agli edita doctrina sapientum templa serena
dedicate alle esperienze comuni, e le ultime tre, sul ritrovarsi.
sarà una lacrima, che sostituisce
v. 23 debita. ..lacrima: l’ultimo tributo d'amicizia Metro: strofe alcaica.
2, 1, 77) l’acqua o il vino
poeticamente (cfr. Eur. Or. 1239; Turocr. 23, 38; Prop.
em favillam) subito dopo la cre
con cui si aspergevano le ceneri ancora calde (calent vv. 1-2 0- deducte: si noti la solennità dell’apostrofe, accentuata dall’iperbato del
dovere di amicizia, ma contiene
mazione (cfr. Vero. Aen. 6, 212 sg.). Debita indica il vocativo Pompei, collocato in evidenza all’inizio della strofe successiva (cfr. la parodia
di amicizia acquista una sfu-
anche l’idea di obbedienza a una tradizione: così l'atto di tale modulo in 3, 21, 1 sgg. o nata mecum consule Manlio |... pia testa). Mecum è in
matura rituale.
660 Orazio Odi Il 7, 2-14 661

posizione di rilievo, a sottolineare il valore affettivo di un'amicizia capace di condi. v. 10 relicta — parmula: malgrado svariati tentativi di salvare l’onore di Orazio, ricor
videre rischi e difficoltà (cfr. 2, 6, 1). Saepe si riferisce enfaticamente alla sola batta rendo a interpretazioni artificiose e forzando talora la sintassi (cfr. le obiezioni di
glia di Filippi, oppure indica la militanza sotto Bruto nel suo complesso. Tempus ul Fraenkel), non è possibile cancellare l'ammissione della fuga, che è già contenuta in
timum (come, per es., in Catutt. 64, 151 supremo in tempore; 169 extremo tempore) celerem fugam. Non bene significherà ‘ ingloriosamente ’, detto con una punta di auto-
indica il momento critico. ironia (e non ‘ sfortunatamente’, quasi Orazio fosse stato costretto ad abbandonar e
lo scudo). L'episodio non è pura invenzione letteraria (Fraenkel), ma certamente Ora
v. 2 Bruto...duce: la figura etimologica deducte-duce accresce la solennità ironica zio vi gioca con elegante ironia, alludendo a illustri precedenti letterari che dell’ab.
di questa rievocazione inserita nell’apostrofe al destinatario. L’ablativo assoluto è bandono dello scudo avevano fatto un vero e proprio topos: cfr. ARCHILOCA, fr, 5 w.
tipico della narrazione storica. diotii. uèv Zatwv Tie deydierat, Îv Tapà Iduvit, / Evtog duro, xdAAtrtov oÙ% IL
v. 3 quis redonavit: interrogazione di sorpresa, comune in situazioni poetiche del aùròv 3° èfeodwoa ri por pirer doràs èxsivy; / Spett» Btadtio xTfootat od xaxio; Arc, fr.
genere: cfr. per es. Carutt. 9, 3 venistine domum ad tuos penates? 428 L.-P.; Anacr. fr. 381(b) P. Parmula è diminutivo di parma, uno scudo rotondo
più piccolo del clipeus, usato nella cavalleria e nella fanteria leggera (come tribunus
Quiritem: il singolare (cfr. anche epist. 1, 6, 7) è un arcaismo (cfr. Fesr. 304 L. Quiris militum Orazio non portava scudo).
leto datus), che accresce la patina solenne della dizione di questa apostrofe all'amico,
v. 11 fracta virtus: riconoscimento del valore dei repubblicani sconfitti a Filippi
in cui si fa implicito riferimento anche alla clemenza di Ottaviano. Il termine non è
qui semplice equivalente di civis, contrapposto a militiae, come ritengono alcuni, ma in cui alcuni, già a partire da Porfirione, colgono una allusione allo stoicismo di Bruto
indica, più specificamente, che Pompeo Varo è tornato cittadino romano con tutti (su cui cfr. Vert. 2, 72, 2; PLur. Brut. 46, 3, 50; APPIAN. civ. 4, 129, 544), e, in par-
i diritti, dopo aver subito la capitis deminutio. ticolare, alla frase da lui pronunciata prima del suicidio: © tAfpov dpetf, Nb roc o
jo9° (Cass. Dio. 47, 49, 2).
v. 5 prime: secondo alcuni, indica priorità cronologica, secondo altri, più probabil
vv. 11-12 minaces — mento: l’intenzione di Orazio è quella di rendere omaggio al
mente, affettiva: simili espressioni esagerate di amicizia sono comuni in contesti poe-
valore degli antichi compagni, non di umiliarli: quindi non c’è alcuna sfumatura sar
tici del genere: cfr. CatuLtL. 9, 1 sg. Verani, omnibus e meis amicis / antistans mihi mili- come pensano alcuni, ma un
castica in minaces («che si credevano minacciosi »),
bus trecentis.
riferimento oggettivo all’aggressività dell’esercito di Bruto. Allo stesso modo, tetigere
vv. 6-7 cum quo fregi: l’espressione richiama i primi due versi, mediante la cor- mento rappresenta un tratto epico che rende più potente la descrizione della battaglia
rispondenza fra cum quo (in poesia da Lucrezio in poi più comune di quocum) e mecum (cfr. Hom. IL. 2, 418 èv xovimow d3dk Xatolaro yatav; Od. 22, 94 yBéva È Yaoe rav
del v. 1, e fra saepe del v. 1 e del v. 6; ma alla milizia è sostituita la situazione con- uerbro; Vero. Aen. 10, 349 fronte ferit terram; 10, 489 terram. . petit ore cruento; 11,
viviale. Il concetto espresso in mero fregi morantem diem è lo stesso di 1, 1, 20 (cfr. 418 ore momordit), e non un’allusione alla prostrazione del nemico di fronte al vin
nota): spezzare il giorno che appare troppo lungo equivale a interromperlo, dando citore, come ritengono alcuni. Turbe ha valore avverbiale piuttosto che essere rife
inizio alla cena prima di sera. Per mero cfr. nota a 1, 18, 8. rito letteralmente al terreno, nel senso di cruore foedatum (già in Porfirione le due
possibili spiegazioni); da escludere la costruzione artificiosa voluta da Bentley, che
v. 8 malobathro Syrio: spezia esotica adoperata come unguento e deodorante, come considera l’aggettivo come un’esclamazione parentetica.
aromatizzante in cucina e come sonnifero, il cui nome deriva per corruzione dal sane
vv. 13-14 sed » aere: il riferimento a Mercurio come salvatore di Orazio forse allude
scrito tamdla pattra («foglia di tamala »). L’epiteto Syrio può voler dire generica
all'abilità del dio nel rubare (così già Porfirione); ma Mercurio è anche conne sso
mente ‘orientale’, ma di una specie siriaca di malobathrum parla Pin. nat. hist.
alla poesia, e altrove Orazio lo ricorda come suo protettore (cfr. 2, 17, 29 sg. e nota).
12, 129.
Dopo la serie di reminiscenze legate al ricordo dell'abbandono dello scudo, il gioco
vv. 9-10 tecum- sensi: non c'è bisogno di vedere un’endiadi in Philibpos et celerem ironico delle allusioni letterarie continua con la riproduzione della situazione epica
fugam: la battaglia e la fuga sono momenti distinti nella memoria di Orazio. Tecum dell'eroe salvato da un dio, che lo allontana dal campo di battaglia: cfr. Hom, Il, 3
richiama mecum del v. 1 e cum quo del v. 6, a sottolineare l’unione dei due amici nel 380 sgg.; 5, 314 sgg.; 20, 325 sgg.; ma, in particolare, Orazio imita qui Il. 20, 443 s g
condividere esperienze piacevoli e dolorose. Per l’uso pregnante di sentio (« provare (su Apollo ed Ettore) qòv 3’ tepratev “Artiiicoy, / pela par die Te dedc, xddute p to
dolorosamente ») cfr. 3, 27, 22; 4, 4, 25; 4, 6, 3. ip ox}, passo già parodiato in sat. 1, 9, 78 (sulla scia di Luc. fr. 231 M.),
662 Orazio Odi II 7, 15 - 8 663

vv. 15-16 te — aestuosis: il pronome di seconda persona, in rilievo all’inizio del verso vv. 25-26 quem — bibendi: l’elezione del re del convito (cfr. nota a 1, 4, 18) avve-
e contrapposto a me del v. 13, sottolinea il contrasto fra i destini dei due amici, che niva con il lancio dei dadi, e in questo tipo di estrazione a sorte il miglior colpo era
vengono bruscamente separati (dopo un susseguirsi di mecum, tecum, cum quo) dalle il cosiddetto iactus Venerius (quando le facce superiori dei quattro dadi recavano
vicende della guerra. L'immagine di Pompeo Varo risucchiato dall’onda degli eventi numeri diversi): Pur. Cato min. 6, 1; Lucian. am. 16.
bellici (fretis è ablativo strumentale piuttosto che dativo di moto a luogo) rientra nella v. 27 Edonis: popolazione della Tracia così chiamata dal monte Edono (Pin. nat.
metafora comune della tempesta marina della guerra (cfr. Lucr. 5, 1435 belli. . .aestus), hist. 4, 40); al femminile, il suo nome sostituisce spesso quello delle Menadi (Prop.
in particolare di quella civile (cfr. epist. 2, 2, 47), ma potrebbe voler alludere a una 1, 3, 5; Ov. met. 11, 69): si noti qui l’associazione con bacchabor. Sulla sfrenatezza
probabile militanza dell'amico al seguito di Sesto Pompeo (cfr. introduzione). dei Traci nel bere cfr. nota a 1, 27, 2.
v. 17 obligatam— dapem: il linguaggio sacrale, con l’arcaismo rappresentato dal sin-
golare daps, conferisce particolare solennità alla situazione conviviale che ha inizio 8
con questa strofe. Obligatam è una enallage (cfr. Cic. leg. 2, 41 sponsio qua obligamur
deo). Giove è qui presente nella sua prerogativa di conservator (cwrip) e redux: cfr. ILS Pasquali, 477 sgg.; E. Burck, « Gymnasium » 67, 1960, 170 sgg.; COMMAGER,
2219; è improbabile che rappresenti allegoricamente Ottaviano (Wilkinson, 33 sg.). 148 sgg.; CASTORINA, 185 sgg.
v. 19 sub lauru mea: riferimento a una pianta di alloro posseduta da Orazio nel Quest’ode, priva di indizi cronologici, è indirizzata a una donna chiamata Barine,
suo giardino, non senza una valenza simbolica, poiché l’alloro è la pianta della poesia. con un nome che indica la provenienza, secondo un gusto ellenistico (cfr. nota a 1,
Non è probabile, e sarebbe anzi fuor di luogo, un contrasto voluto con militia del 27, 10), ma che non necessariamente è fittizio (esso è attestato, al maschile, in CIL
v. 18, quasi il poeta volesse vantare la conquista, attraverso la poesia, dell’alloro che 6, 32522 b). Non ci sono argomenti sufficienti per accettare la variante Varine (Porfi-
le vicissitudini belliche gli hanno negato (BùcHeLEr, KI. Schr. 2, 435). rione), mentre il nome completo Iullae (Iuliae) Barinae che appare nei titoli di parte
v. 21 oblivioso
— Massico: cfr. nota a 1, 1, 19. Il vino è tradizionalmente donatore
della tradizione sembra un errore influenzato dall’iniziale ulla. In ogni caso, anche se
di oblio (cfr. nota a 1, 18, 4), ma, malgrado esso abbia quasi sempre un valore meta- il nome fosse fittizio, il destinatario ha un peso determinante sull’ode, che si svolge
forico in Orazio, è difficile che qui alluda simbolicamente, come pensa qualcuno, interamente attorno al suo essere una spergiura; inoltre Barine rappresenta una tipolo-
all’amnistia concessa da Ottaviano e di cui aveva goduto Pompeo Varo (cfr. intro gia femminile, la stessa nella quale rientra la Pirra di 1, 5, quella della seduttrice ricca
duzione). Levia, che in assonanza con oblivioso crea un particolare effetto musicale,
di fascino esteriore, ma interiormente perfida. Îl personaggio e, conseguentemente, il
si riferisce alla superficie liscia del metallo delle coppe (cfr. nota a 1, 2, 38). componimento sono costruiti sulla doppiezza della donna, sul contrasto fra realtà e
apparenza (Commager). Come in 1, 5, anche in quest’ode il significato più profondo
v. 22 ciboria: tazze a due anse, che prendevano il loro nome dal xifeptov, nome va colto nell’atteggiamento di distaccata ironia con cui Orazio guarda alle vicende
greco della pianta egiziana (in latino colocasium) alla forma delle cui foglie somiglia d’amore, malgrado ci sia chi vi ha visto un autentico pathos della gelosia (Castorina);
vano: cfr. StraB. 17, 1, 15; ATHEN. 11, 477e. Improbabile però l’allusione alla mili- e, come in 1, 5, la situazione presuppone lo scenario della vita galante cittadina, ed
tanza, peraltro possibile (cfr. introduzione), di Varo in Egitto al seguito di Antonio è ciò che conferisce originalità alla trama di topoi di cui è intessuta l’ode. In partico
(Biicheler, cit.), che fra l’altro striderebbe con l’invito all’oblio contenuto nel verso lare, troviamo qui sviluppato il motivo convenzionale degli spergiuri degli amanti,
precedente. che godono facilmente del perdono degli dei, tobos molto antico, al punto da es-
v. 23 conchis: recipienti a forma di conchiglia per gli unguenti: cfr. MartIAL. 3, 82, sere un proverbio (corp. paroem. gr. 1, 221 &ppodtarog Bpxoc adx Eurrolviuog « giuramento
27; Iuvenat. 6, 303 sg. d’amore non porta pena »), diffuso nella poesia ellenistica (CALL. epigr. 25 Pf.; Dio-
vv. 23-24 quis — coronas: l'interrogazione, rivolta a uno schiavo, ha valore impera scorm. anth. Pal. 5, 7; 5, 150; MeLEAGR. ibid. 5, 8; 5, 175; 5, 184) e in quella elegiaca
tivo, come già notava Porfirione. Deproperare è voce molto rara: cfr. Praur. Cas. latina (Trs. 1, 4, 23 sg.; Prop. 1, 15, 33 sgg.; 2, 16, 47; Ov. am. 1, 8, 85; ars 1, 653
745; Poen. 321 (si ricordi la predilezione di Orazio per i composti con de-). Udo si sgg. etc.) (cfr. Pasquali).
riferisce probabilmente al fatto che l’apio cresce in luoghi umidi (cfr. Hom. Il. 2, 776; La struttura è tripartita: i vv. 1-8 hanno come tema l’impunità di Barine, i vv.
Tuzocr. 13, 40 sgg.; NicanpR. ther. 597; Vero. georg. 4, 121). Sulle ghirlande nei con- 9-16 l’indulgenza degli dei, i vv. 17-24 il trionfo della bella spergiura.
viti cfr. nota a 1, 36, 15 sg. Metro: strofe saffica.
664 Orazio Odi Il 8, 1-23 665

v. 1 iuris. ..perierati: equivalente, meno generico, di periurium, reso enfatico dalla vv. 11-12 — carentis:
gelida perifrasi solenne equivalente a deos immortales.
figura etimologica, che è esemplato, con evidente intento parodico, sul tecnicismo ius v. 13 ridetipsa: l’atmosfera grave e solenne della strofe precedente si alleggerisce
iurandum, con sostituzione del participio perfetto al gerundivo, per analogia con altre di colpo, risolvendosi nel sorriso di Venere (per cui cfr. 1, 2, 33 e nota), che sosti.
espressioni tecniche (laesa maiestas, res amotae). tuisce quello, più comune in queste situazioni, di Giove: Ov. ars 1, 633 Iuppiter ex
vv. 3-4 dente — ungui: l’idea che una forma qualsiasi di imbruttimento possa essere alto periuria ridet amantum; Lyon. 6, 49 sg. L'elaborazione retorica del verso, con la
punizione per gli spergiuri sarà ripresa, con capovolgimento ironico, da Ov. am. 3, ripetizione di rideo in sede iniziale e finale, e con inquam parentetico a scopo asseve-
3, 1 sgg. In particolare, per i denti anneriti come segno di decadimento fisico cfr. 4, rativo, sottolinea la sorpresa e la divertita incredulità con cui il poeta vede gli dei
13, 10 sg.; epod. 8, 3; Prop. 4, 5, 68; Ov. ars 3, 279 sg. Dente non è singolare collet- stessi ridere sull’essere ingannati.
tivo, come ritengono alcuni: Orazio vuol dare rilievo alla piccolezza del danno fisico v. 14 simplices Nymphae: dopo la cupa scena della strofe centrale, il tono di legge-
che si augurerebbe, e sottolineare che neppure questa punizione minima tocca a Ba-
rezza di questa strofe è accresciuto dalla grazia alessandrina di questo quadro in cui
rine. Secondo alcuni esegeti, saremmo in presenza di una doppia costruzione èrò
compare il tradizionale corteggio di Venere, con le Ninfe (cfr. nota a 1, 4, 6) e Cu-
xowod, e sia nigro sia uno si riferirebbero contemporaneamente a dente e a ungui. Ma (cfr. nota a 1, 2, 34). Le Ninfe sono dette simplices perché ingenue, incapaci di
pido
è più probabile che uno, riferendosi solo ad ungui, rappresenti una climax: « una sola doppiezza (cfr. nota a 1, 6, 7); forse con sfumatura concessiva (pur nel loro candore,
unghia », cioè un danno ancor più irrisorio del dente annerito. Inoltre nigro non può le Ninfe, anziché indignarsi, ridono degli spergiuri di Barine).
riferirsi a ungui, perché il difetto cui Orazio allude, senza dirlo esplicitamente, è sen-
z'altro la macchiolina bianca, proverbialmente segno di bugia (cfr. ps.-ALEXANDR. vv. 14-16 ferus cruenta: l’immagine di Cupido è quella tradizionale, corrispon-
ArzroD. probl. 4, p. 14 Usener), senza che per questo sia necessario emendare albo, dente a uno schema iconografico e letterario ben noto. Cfr., per es., MELEAGR. anth.
che, data la notorietà di tale superstizione, sarebbe una banalizzazione. Pal. 5, 177; 178; 180. Per l’uso della cote cfr. PrimLopem. anth. Pal. 5, 124, 3 (il mo-
tivo iconografico è quello che si ritrova nella Danae di Correggio). Per l’anastrofe
vv. 5-6 obligasti
— caput: il giuramento costituisce un vincolo per chi lo pronuncia: di et cfr. nota a 1, 2,9.
cfr. Macr. Sat. 3, 2, 6; ULpian. dig. 50, 12, 2 pr. si quis rem aliquam wvoverit, voto
obligatur. L'uso di termini del linguaggio giuridico (cfr. anche iuris perierati, poena v. 17 adde quod: formula di passaggio tipica della poesia didascalica (in Orazio cfr.
nocuisset) aumenta la solennità di questo discorso rivolto a Barine, generando un sat. 1, 2, 83; 2, 7, 78; 2, 7, 111; epist. 1, 18, 52). C'è chi scorge una allusione a Lucr.
effetto parodico. i 4, 1121 sg. adde quod absumunt viris pereunte labore, | adde quod alterius sub nutu degitur
aetas: Orazio vorrebbe illustrare con maggiore precisione l’affermazione lucreziana sui
v. 6 enitescis: alla sfera semantica del nitor Orazio ama ricorrere per sottolineare mali dell'amore (Commager).
uno splendore fittizio che nasconde perfidia: la lucentezza è una metafora dell’in-
ganno (cfr. note a 1, 5, 13; 1, 19, 5). vv. 17-18 pubes — nova: nell'immagine della gioventù che cresce per Barine può

vin
essere colta un’allusione ironica alla sfera militare (l’arruolamento delle leve di gio»
v. 8 publica cura: altra espressione ironica, in cui l’ironia è generata dal sovrapporsi

am]
vani) e a quella religiosa (le vittime che crescono per essere sacrificate). Servitus,
di un’espressione del linguaggio erotico (cfr. Vero. ecl. 10, 22 tua cura Lycoris) a una
astratto per servi, rinvia al concetto della schiavitù d’amore (cfr. nota a 1, 33, 14).
del linguaggio politico (del tipo di hostis publicus). Si noti l’allitterazione pulchrior
La ripetizione di crescit rende efficacemente l’idea del continuo asservirsi della gio-
prodis publica.
ventù romana alla donna; il fenomeno viene descritto con enfasi ironica, per cui ap-

ni (© Ti litio 6a
vv. 9-10 matris fallere: per il giuramento sulle ceneri dei propri genitori cfr. ProP. paiono ingiustificati i sospetti sul secondo crescit (cfr. apparato).
2, 20, 15 sgg. ossa tibi iuro per matris et ossa parentis | (si fallo, cinis heu sit mihi uterque
gravis) / me tibi ad extremas mansurum vita tenebras. Fallere è un altro tecnicismo giuri- v. 19 dominae: parola-chiave del linguaggio elegiaco, che introduce un elemento
dico-sacrale (cfr. la formula si sciens fallo), che indica la violazione del giuramento: tutto romano, rivelatore del fatto che « Orazio riflette qui immediatamente senti.
menti della gioventù augustea » (Pasquali).
cfr, Liv. 2, 45, 13; Vero. Aen. 6, 324.

vv. 10-11 toto » caelo: la scena del giuramento notturno ricorda quella di epod. 15, vv. 21-23 te...tua: parodia dello stile innico, attraverso l’anafora del pronome per-

im
1 sgg. (cfr. nota) ed è «atta a ispirare terrori misteriosi » (Pasquali). sonale e possessivo di seconda persona (cfr. nota a 1, 10, 9); segna l’apoteosi di Ba-

| Ain
666 Orazio Odi II 8, 21-9, 1 667

rine, che non solo disprezza gli dei, non solo gode dell’indulgenza di questi, ma di- L’ode ha un terminus post quem sicuro nel 27 a.C., l’anno in cui Ottaviano prese
venta lei stessa una dea. L’ode si rivela così, in certo senso, l'enunciazione di un il nome di Augusto, con il quale è ricordato nel v. 19. I nova tropaea ricordati nei
paradosso. vv. 18 sg. possono alludere alla spedizione cantabrica (26-25 a.C.), e la chiusa, con
l’accenno ai Geloni di Scizia, potrebbe riferirsi all’ambasceria degli Sciti ad Augusto
v. 21 iuvencis: cioè gli adolescenti, con metafora comune (cfr. 2, 5, 1 sgg.); non, mentre questi era in Spagna (Mon. Ancyr. 31, 2). La menzione di Armeni e Parti non
come ritengono altri, le fanciulle, alle quali le madri temono che Barine rubi il fidan- rinvia a una spedizione in particolare, né tanto meno alla restituzione delle insegne
zato. L'ironia è data dal fatto che, tradizionalmente, la paura delle madri è per i figli romane fatta dai Parti ad Augusto (19 a.C.), cosa che creerebbe una incongruenza
che vanno in guerra (cfr. 1, 1, 24 sg. e nota). cronologica ineliminabile, ma è un riflesso di un topos propagandistico molto diffuso
nei primi anni del principato (cfr. Vero. georg. 3, 30 sgg.; Aen. 8, 725 sgg.; Prop. 2,
v. 22 senes parci: riferimento al tipo tradizionale del vecchio padre geloso del patri
10, 3).
monio, timoroso che il figlio lo dilapidi per i propri amori, reso celebre dalla com-
media (ma la tipologia passa ad altri generi poetici: cfr. sat. 1, 4, 48 sge.; Lucr. 4, La struttura può essere considerata tripartita (nei vv. 1-8 l’alternarsi delle vicende
1129; Prop. 2, 23, 17 sg.). atmosferiche; nei vv. 9-17a il dolore smodato di Valgio per la morte del fanciullo
amato Mystes; nei vv. 17b-24 l’invito a smettere di lamentarsi e a cantare le imprese
vv. 23-24 tua — maritos: le giovani mogli temono che l’aura di Barine trattenga i di Augusto) oppure bipartita (vv. 1-12 il dolore di Valgio; vv. 13-24 sviluppo dei
loro mariti ritardandone il ritorno. Aura può avere il significato di ‘fascino’, con motivi consolatori). Sulla struttura cfr. Dietz.
un riferimento concreto all'odore che emana dalle femmine di alcuni animali (conti L’ode si presenta come una consolatio, e di tale genere poetico possiede alcuni
nuerebbe cioè la metafora contenuta in iuvencis: cfr. Vere. georg. 3, 250 sg. nonne elementi caratterizzanti, a partire dal confronto con la natura e dal concetto dell’in-
vides ut tota tremor pertemptet equorum | corpora, si tantum notas odor attulit auras?). Se- naturalità del dolore (cfr. ps.-PLUT. cons. Apoll. 103b sgg.), ma rispetto a 1, 24 appare
condo altri, aura è il soffio d'amore (cfr. 4, 13, 19), secondo altri il vento che devia meno vincolata alla codificazione del genere (su cui cfr. introduzione a 1, 24). Più
i mariti dalla loro rotta (cfr. Prop. 2, 27, 15 si modo clamantis revocaverit aura puellae). che attenersi a uno schema retorico, Orazio sembra riprendere un probabile spunto
La parola potrebbe voler alludere a tutte queste cose insieme; anche altrove è usata callimacheo (Pasquali, Macleod; cfr. nota a v. 15 sg.), ma rielaborandolo in maniera
in senso ambiguo (cfr. nota a 1, 5, 16). personale. Così da un lato emergono il senso della morte e il sentimento di una na-
tura a lutto, nella quale, secondo lo spirito oraziano più autentico, si inquadra la
vicenda della temporalità umana (cfr. 1, 9). Dall'altro lato, il motivo sviluppato nella
9 strofe centrale consente a Orazio di entrare in una dimensione elegiaca (non a caso
il motivo di Nestore e Antiloco si ritrova in Prop. 2, 13, 46 sgg.); il tono cupo del
F. BicHeLER, « Rhein. Mus.» 37, 1882, 230 sg. = KI. Schr. 2, 436; PASQUALI, l'ode si alleggerisce, e, per il tramite del codice elegiaco, il discorso sul dolore di
257 sgg.; Quinn, 158 sgg.; W.S. Anperson, « Calif, Stud, Class. Ant.» 1, 1968, 35 Valgio diventa discorso sul suo essere poeta elegiaco, proprio come nell’ode a Tibullo
sge.; P. MurgaTROYD, « Mnemosyne » 28, 1975, 69 sge.; H. DIETz, « Riv. cult. class.

lavi
(cfr. introduzione a 1, 33). È in questo senso che va interpretato l’invito finale a can-
mediev. » 15, 1973, 247 sgg.; C.W. MAcLEOD, « Greece and Rome » 28, 1981, 141 sgg. tare Augusto: l'esortazione alla poesia epica non ha finalità panegiristica, ma è la natu-
rale conclusione di un discorso consolatorio che, senza alcuna forzatura, proprio per-
Destinatario di quest'ode è Gaio Valgio Rufo, ricordato da Orazio nel novero ché il dolore di Valgio si identifica con la sua poesia, diventa discorso metaletterario,
dei suoi amici letterati già al tempo di sat. 1, 10, 81 sgg. (35 a.C. circa), Uomo ver attraverso un mirabile trascolorire di toni che raramente mostra un equilibrio così
satile, Valgio fu console nel 12 a.C., ed ebbe vari interessi culturali: tradusse il ma- perfetto.
nuale di retorica di Apollodoro (QuInT. inst. 3, 1, 18), si occupò di questioni gram-
maticali e filologiche (Gramm. Rom. Fragm., p. 482 sgg. Fun.), lasciò incompiuta una Metro: strofe alcaica,
monografia sulle erbe medicinali (Prin. nat. hist, 25, 4). Ma, soprattutto, fu poeta:
epico (nel panegirico di Messalla, nei vv. 179 sg., è lodato in quanto aeterno propior vv. 1-4 non —oris: il confronto fra le vicende umane e quelle atmosferiche è comune
non alter Homero), bucolico (fr. 5 Biichn.), elegiaco (frr. 2-4 Biichn.), didattico (Sen. nelle consolationes (cfr. introduzione) e, in generale, è un motivo diffuso: cfr. 1, 7,
epist. 51, 1 ricorda un suo poema sull’Etna). 15 sgg.; 2, 10, 15 sg.; Pimp. Pyth. 5, 10 sg.; Eur. fr. 330, 6 sg. N?; Turocr. 4, 41 sgg.
gen nà
668 Orazio Odi II 9, 1-15 669

$h:
Ma l’atmosfera greve di questa
x
strofe è piena del sentimento oraziano della morte: vv. 7-8 laborant...viduantur: la natura appare umanizzata, nella sua sofferenza.
« la pioggia cade sull’anima, l’anima è scossa dalla procella, il ghiaccio toglie all'uomo Per laborant cfr. 1, 9, 3; per viduantur cfr. Vere. georg. 4, 518 arvaque Rhipaeis num-
ogni capacità di pensare e di sentire » (Pasquali). quam viduata pruinis.
v. 9 tu semper: il forte contrasto fra la monotonia del dolore di Valgio e l’alter-
v. 1 imbres: la prima di una serie di parole che possono riferirsi tanto alla sfera del
narsi delle vicende naturali è dato dalla collocazione enfatica del pronome di seconda
dolore umano quanto a quella del maltempo (imbres = « lacrime » in Carutt. 68, 56;
persona e dalla ripetizione del semper del v. 1.
Ov. ars 1, 532; trist. 1, 3, 18): la sovrapposizione del campo letterale e di quello me-
taforico sottolinea con forza l’identità fra il dolore umano e la natura morta. urges: è qui adombrata la credenza che i lamenti di lutto turbassero la quiete del
morto: cfr. Prop. 4, 11, 1 desine, Paulle, meum lacrimis urgere sepulchrum; Tie. 1, 1,
hispidos si riferisce all’aspetto selvaggio dei campi sotto la pioggia (equivalente a 67; carm. epigr. 963, 12; 965, 7 sg.; 995, 19 sg.; 1198, 11 sg.; STAT. silv. 2, 6, 96.
horridos: cfr. Prin. nat. hist. 9, 9; 22, 17), e nello stesso tempo suggerisce l’immagine
di un uomo abbrutito dal lutto, con barba e capelli incolti (Biicheler). flebilibus modis: da confrontare con miserabilis elegos di 1, 33, 2 sg. (cfr. nota).
Non è necessario supporre che Valgio avesse composto elegie in morte di Mystes;
v. 2 Caspium: le tempeste del mar Caspio sono note ai geografi (cfr. Pompon. MEL. il dolore e il lamento elegiaco sono tutt'uno, in nome di quell’unità di vita e di stile
3, 38 omne atrox saevum sine portibus, procellis undique expositum; Dionys. perieg. 706 che gli elegiaci ponevano a fondamento della loro poesia (cfr. introduzione a 1, 33
sgg.; Avien. orb. terr. 84 sg.; PrISCIAN. perieg. 683), ma questo mare diventa un exem- e alla presente ode).
plum letterario solo in età augustea (cfr. Prop. 2, 30, 20; Vero. Aen. 6, 798 sg.) a
v, 10 Mysten ademptum: nome greco di schiavo, attestato in alcune iscrizioni. Una
causa degli interventi di Augusto nella politica della prospiciente regione armena.
ipotesi improbabile (Quinn, Anderson) vuole che il fanciullo non sia morto, ma sia
v. 3 inaequales: secondo alcuni, ha valore attivo (cfr. 1, 12, 39; epist. 1, 1, 94), cioè stato strappato a Valgio da un rivale. Ma ciò stonerebbe con il contesto dell’ode:
«che sconvolgono, rendendo diseguale »; secondo altri, si riferisce semplicemente ammettendo pure che Orazio finga una consolatio, mal si accorderebbe questo tipo
alla discontinuità dei venti procellosi, che cambiano spesso direzione e intensità (cfr. di parodia con l’autentico sentimento di lutto di cui sono piene le prime due strofe.
1, 3, 13). In ogni caso, l’aggettivo ha in sé, per etimologia, l'idea del mare che, scon- vv. 10-12 nec» solem: motivo comune nelle consolationes (cfr. ps.-PLUT. cons. Apoll.
x
volto, non è più aequor, distesa tranquilla.
114e) e, in generale, in riferimento a manifestazioni di lutto: cfr. Vera. georg. 4, 466
v. 4 Armeniis. . .oris: la regione era fredda e nevosa (cfr. Xen. anab. 4, 4, 8 sgg.; 4, (su Orfeo) te veniente die, te decedente canebat. Ma, in particolare, è possibile cogliere
5, 1 sgg.; Prur. Lucull. 32; Srras. 11, 5, 6; 11, 14, 4; Cass. Dio. 49, 31, 1); ma in questi versi una reminiscenza di Cinna per noi ricostruibile: te matutinus flentem
anche questo exemplum sembra influenzato dal ruolo dell'Armenia nella politica estera conspexit Eous/ et flentem paulo vidit post Hesperus idem (fr. 6 Biichn.). E poiché Valgio,
augustea, in uno dei pochi frammenti conservati, esprime ammirazione per il poeta neoterico
(fr. 2, 1 sgg. Bùchn.), l’allusione a Cinna è un indiretto omaggio all’elegia di Valgio
v. 5 amice Valgi: la collocazione del vocativo del destinatario all’inizio della seconda

ii i ie) apri ss
che a quel modello si ispirava. Vespero, ovvero il pianeta Venere, che appare poco
strofe, come in 2, 7, esprime affetto e amicizia. dopo il tramonto, è lo stesso che Lucifero, stella dell’alba, secondo un’identificazione
stat iners: l’immagine ricorda l’inizio di 1, 9: la stessa immobilità data dal gelo già nota agli antichi forse a partire da Pitagora (riflessi poetici in Cat. fr. 291, 3
(cfr. anche 4, 7, 12 bruma.. .iners), quasi proiezione di un gelo e di un torpore che Pf.; MeLeacr. anth. Pal. 5, 172, 1 sgg.; 12, 114; Catutt. 62, 34 sg.). Amores, plurale
sono dell’anima. poetico, potrebbe nascondere anche il titolo di una raccolta di poesie di Valgio.

SALMA
v. 6 menses— omnis: si noti il gusto della variatio: il concetto è lo stesso espresso vv. 13-15 at-—annos: l’uso di exempla mitologici è normale nelle consolationes, ma
nel v. 1 con semper, nel v. 4 con usque, sempre in posizione di rilievo all’inizio del qui Orazio ricorre alla tecnica elegiaca dell’inserimento del mito per contrasto.

iii
verso. L'esempio di Nestore e del figlio Antiloco (la cui morte era raccontata nella poesia
v. 7 querqueta Gargani: sui boschi del promontorio del Gargano in Puglia (l’odierna ciclica postomerica, probabilmente nell’Etiopide: cfr. ProcL. chrest. p. 106 Allen) è
un motivo consolatorio (cfr. Dio. CHRys. 29, 20), ma anche un exemplum elegiaco:
Foresta Umbra, in parte) cfr. anche epist. 2, 1, 202 Garganum mugire putes nemus aut
mare Tuscum. Nella descrizione di una natura spoglia e sofferente affiora un ricordo cfr. Prop. 2, 13, 46 sgg. Sulla lunghissima vita di Nestore, equivalente a tre genera-
legato al mondo dell'infanzia. zioni, cioè a tre vite, cfr, Hom, Il. 1, 250 sgg.; 9, 57 sg.; Od. 3, 245.

con a

i
à
670 Orazio Odi II 9, 15 — 10, 1 671

vv. 15-16 impubem...Troilon: figlio di Priamo, ucciso in giovanissima età da 10


Achille, secondo una tradizione postomerica (cfr. IByc. fr. 282, 41 sgg. P.; PARYNIC.
fr. 13 N°; Vero. Aen, 1, 475). Classico esempio di morte prematura, Troilo compare Pasquali, 621 sg.; R. HansLIK, « Rhein. Mus.» 96, 1953, 282 sgg.; K.M.T.
nella già citata consolatio pseudo-plutarchea (113e) e in un verso di Callimaco citato AtKINsON, « Historia » 9, 1960, 440 sgg.; M. Swan, «Harv. Stud. Class. Philol. »
da Cic. Tusc. 1, 93 (fr. 491 Pf. petov ESdxpuoev Tpetdoc i Iplapoc), appartenente 125 sgg.
71, 1966, 235 sgg.; O.D. Warkins, « Historia » 34, 1985,
forse a un’elegia dalla quale, secondo Pasquali, potrebbe dipendere Orazio (cfr. anche
Macleod; contra PreIeFER, « Class. Quart. » 37, 1943, 32 = Ausgew. Schr., 146). Destinatario di quest’ode è, secondo i titoli di parte della tradizione manoscritta,
e
— querelarum: per la costruzione grecizzante cfr. 3, 27, 69 absti- Lucio Licinio Murena, figlio di quel Murena che fu difeso da Cicerone nel 63 a.C.,
vv. 17-18 desin
adottato da un Terenzio Varrone, per cui il suo nome viene indicato anche come
neto irarum; Vere. Aen. 10, 441 desistere pugnae. Mollium può voler indicare soltanto
Varrone Murena (Suer. Aug. 19; Tac. ann. 1, 10), cognato di Mecenate, in quanto
il lamento, ma non si può escludere anche una valutazione stilistica: l’aggettivo, come
fratello di Terenzia. Console nel 23 a.C., secondo i Fasti Capitolini (CIL I?, 1, 28),
il corrispondente greco padaxég, viene adoperato in riferimento a generi poetici sen-
in quello stesso anno fu coinvolto nella congiura di Fannio Cepione contro Augusto,
timentali (cfr. Hermesian. 7, 36 Powell paQaxod.. revtapetpov (su Mimnermo); sat.
che Cassio Dione (54, 3) assegna al 22 a.C., e morì mentre tentava di fuggire (cfr.,
1, 10, 44 molle atque facetum). I lamenti luttuosi e i versi elegiaci sono tutt'uno: l’in-
recentemente, Watkins). L’identificazione del destinatario è però controversa: alcuni
vito ad abbandonare il pianto significa necessariamente invito ad un genere non molle,
pensano che in una raccolta pubblicata nel 23 a.C. sia fuor di luogo un’ode di invito
all’epica.
alla mediocritas a un personaggio che era allora console, e concludono che il Licinio
vv. 18-20 nova
— Caesaris: cfr. introduzione. di quest'ode è un personaggio non altrimenti noto (Heinze, Atkinson); ma l’obie
zione è di scarso peso.
v. 20 rigidum Niphaten: monte dell'Armenia centrale (cfr. StraB. 11, 12, 4), ricor- Quanto alla cronologia, non vi sono indizi sicuri: l’ode può essere anteriore di
dato anche da Virgilio in un passo che è qui tenuto presente: addam urbes Asiae do- qualche anno al 23, o risalire all'anno stesso del consolato e, in particolare, a una
mitas pulsumque Niphaten /.../et duo rapta manu diverso ex hoste tropaea (georg. 3, 30 fase intermedia fra la caduta in disgrazia di Murena e la rovina definitiva, che avvenne
sgg.). Il fatto che i poeti posteriori menzionino il Nifate come un fiume (Lucan. 3, nel 22 (Hanslik, Swan). Ma tutte queste ipotesi sono viziate dall’eccessiva sicurezza
245; Sir. 13, 765 sg.; Iuvenat. 6, 409 sgg.) nascerà non tanto dal fatto che già Orazio che vi sia un rapporto fra destinatario e argomento dell’ode, che l’invito alla misura
lo consideri erroneamente tale, quanto da un fraintendimento originato forse dall’epi. sia connesso con una vicenda personale di Murena, cosa della quale siamo. invece
teto rigidum, che può convenire sia a un monte (cfr. Ov, met. 4, 527; 8, 797) sia a un tutt'altro che certi. Il destinatario potrebbe anche essere occasionale. i
trist. 3, 10, 48), e dalla menzione immediatamente successiva
fiume ghiacciato (Ov. L'ode, a svolgimento gnomico, si presenta come un intreccio di motivi filosofici
del fiume Eufrate. molto comuni, che ruotano attorno al concetto di medietà fra due eccessi opposti,

tp
teorizzato da Aristotele, ma, ancor prima, cardine della sapienza delfica (cfr. nota al

e
v. 21 Medum...flumen: l'Eufrate (cfr. CALL. hymn. 2, 18 ’Accupiov rorapoto), che
v. 5), vero e proprio topos della filosofia divulgativa (cfr. Pasquali).

a mej
indica per metonimia i Parti.
Il componimento si lascia dividere in due parti: nella prima (vv. 1-12) domina

i
v. 22 minores.. .vertices: riferimento all’umiliazione della sconfitta. Nel trionfo di il motivo del giusto mezzo, nella seconda (vv. 13-24) il tema dei mutamenti della

a
Augusto effigiato sullo scudo di Enea, l'Eufrate ibat iam mollior undis (Aen. 8, 726); sorte.

in bt
Orazio potrebbe già conoscere il passo virgiliano, ma non è da escludere il contrario. Metro:. strofe saffica.

v. 23 Gelonos: tribù scitica nota all’etnografia antica da Heropor. 4, 108 sg. ad Am-
MIAN. 31, 2, 14, spesso ricordata in poesia augustea (cfr. 2, 20, 19; 3, 4, 35; Vero. v. 1 rectius vives: con significato morale, come in epist. 1, 6, 29 vis recte vivere; Cic.

RE
georg. 2, 115; 3, 461). Specialmente significativo il confronto con Aen. 8, 725 (si tratta Tusc. 5, 12. Il comparativo sottintende qualcosa come ‘di come vivresti comportane

|
del medesimo luogo citato nella nota precedente), che conferma il rapporto fra l’ode doti diversamente’, ma non implica alcuna critica rivolta all'attuale modo di vivere
e il passo virgiliano. Sull’ambasciata dei Geloni ad Augusto cfr. introduzione. di Murena.

15 s*
Orazio Odi I 10,1- 11 673
672

vv. 1-4 neque— iniquum: l’espressione, che presuppone la metafora della vita come v. 14 bene praeparatum: è il concetto del rpopuAdtacdat, molto comune nella rifles-
navigazione, era quasi proverbiale (PLAT. leg. 803b; Turocn. 575 sg.; 855 sg.): cfr. sione morale ellenistico-romana: cfr. Dio. Laert. 6, 63 (su Diogene cinico); Cic.
Prop. 3, 3, 23 sg. alter remus aquas, alter tibi radat harenas: | tutus eris; Ov, met. 2, 137. Tusc. 3, 28 sgg.; off. 1, 81; Sen. epist. 18, 6; 77, 3 sgg.; 78, 29; 91, 8; 107, 4; dial.
7, 8, 3.
v. 5 auream...mediocritatem: non vi sono sufficienti prove che Murena si pro-
v. 15 informis si riferisce allo squallore dell’inverno; non è necessario supporre,
fessasse peripatetico; il fatto che il filosofo peripatetico Ateneo di Seleucia fosse suo
come pensano alcuni, il significato attivo: cfr. Vero. georg. 3, 354 aggeribus niveis in
amico e fosse coinvolto nella sua caduta in disgrazia è troppo poco per interpretare
formis (terra).
l’invito al giusto mezzo come indirizzato a un seguace della filosofia aristotelica. Tanto
più che, se pure tale concetto aveva avuto la più sistematica espressione nella pecore v. 16 Iuppiter: come divinità che presiede ai fenomeni atmosferici (cfr. 1, 11 e 2,
aristotelica (cfr. Eth. Nicom. 1106a 27 sgg.), era comunissimo anche nella cultura 6, 18). Il concetto è quello dell’analogia fra le vicende umane e quelle atmosferiche,
greca arcaica. Molte le attestazioni letterarie: Hrs. op. 694; Trrocn. 220; 331; PHocyL. lo stesso di 2, 9, 1 sgg. (cfr.), connesso all'invito alla speranza già in THEOCR. 4,
fr. 12 D.; Pinp. Pyth. 11, 52 sg.; ArscH. Eum. 529. Mediocritas è traduzione cicero» 41 sgg. téyx adpiov Éocer duewov.. . yo Zed didoxa pèv mider atdpios didoxa è’ bet.
niana di peoéeng (0 perpibrng): cfr. Brut. 149 cum omnis virtus sit. . . mediocritas; Tusc. Un’allusione ad Augusto, che alcuni scorgono, sarebbe qui fuori luogo e fuori tono,
3, 22; off. 1, 89. Per l’epiteto aurea cfr. 4, 2, 22 sg. moresque aureos; Lucr. 3, 12 aurea e snaturerebbe il significato complessivo dell’ode.
dicta. v. 18 cithara: ablativo strumentale, preferibile alla variante citharae, accettata da
v. 6 tutus da riferire non a diligit (Bentley), ma a caret, indica la sicurezza procurata Bentley (sull'esempio di 2, 1, 9 Musa tragoediae).
dalla scelta della via di mezzo: cfr. trag. adesp. fr. 547, 6 N? i) Sè ueoòrag Èv rido vv. 18-19 tacentem suscitat: campo di immagini comune: cfr. Pinp. Nem. 10, 21
dopareote pa. Eyes Abpav; CALL. hymn. 2, 12 orwrmi)v tap; Lucr. 2, 412 sg. musaea mele, per
chordas organici quae | mobilibus digitis exbergefacta figurant.
vv. 7-8 invidenda...aula: cfr. 3, 1, 45 invidendis postibus. L'espressione rinvia al
concetto, comune nella mentalità antica, dell’invidia, nei confronti di chi occupa una vv. 19-20 neque — Apollo: cfr. nota a 1, 21, 11 sg. La varietà delle funzioni del dio
posizione elevata, da parte degli dei (cfr. HeRopoT. 7, 10, 50 dp SÈ dc Èc cixfuara simboleggia la varietà stessa della vita. Anche in questo caso, improbabile un’allu-
tà ueyiota alel xa Sevdpea TÀ ToLwÙTA AOOHATTTEI TÀ Pera pidet dp è Bedc tà drepéyovia sione ad Augusto, del quale Apollo era uno degli dei protettori.
mdvta xoXover) e degli uomini (cfr. trag. adesp. fr. 547, 3 N? obd doparig tàv Soc èv — vela: l’ode si chiude con una metafora tratta dallo stesso
vv. 22-24 sapienter
Ivar viver; 12 rpds ydo Tò Maurpdv ò pdévoc Biatera).
campo, quello della navigazione, da cui deriva l’immagine iniziale, e la corrispon-
v..8 sobrius: si ricordi, per contrasto, che la Cleopatra di 1, 37, 12 è fortuna dulci ebria, denza è segnata dal futuro contrahes, che richiama vives del v. 1. Per la metafora del-
l’ammainare le vele, in particolare, cfr. Pip. Pyth. 1, 91 sg. èEter 3° dortep xuBepvatac
vv. 9-12 saepi us
— montis: motivo convenzionale; agli esempi riportati nella nota divo / iotiov dveudev; Isthm. 2, 39 sg.; Cic. Att. 1, 16, 2 contraxi vela; Prop. 3, 9, 30;
precedente si possono aggiungere Lucr. 5, 1131 sg. invidia quoniam, ceu fulmine, sum Ov, trist. 3, 4, 32; SEN. epist. 19, 9.
ma vaporant | plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque; MAECENAT. in SEN. epist.
19, 9 ibsa enim altitudo attonat summa; Liv. 45, 35, 5 intacta invidia media sunt: ad sum-
1l
ma ferme tendit; Ov. rem. 369 sg. summa petit livor: perflant altissima venti; / summa petunt
dextra fulmina missa Iovis.
F. BicHeLER, « Rhein. Mus. » 37, 1882, 231 sgg. = KI. Schr. 2, 437 sgg.; L. Ca-
vv. 13-14 sperat=sortem: retoricamente costruita sul contrasto, l’espressione svi- sricuioni, Decisa forficibus, Milano 1954, 229 sgg.; F.A. Suruivan, « Class. Philol. »
luppa il concetto della aequa mens da mantenere in tutte le vicende della vita (cfr. 57, 1962, 167 sgg.; GacuiARDI, 40 sgg. ”
nota a 2, 3, 1 sg.). Si pensi al giudizio di Asinio Pollione su Cicerone, riportato da
Sen. suas. 6, 24 utinam moderatius secundas res et fortius adversas ferre potuisset; namque La cronologia di quest'ode può essere fissata sulla base dell’accenno iniziale ai
utraeque cum evenerant ei, mutari eas non posse rebatur. Per i dativi infestis e secundis Cantabri e agli Sciti: poiché le due popolazioni vengono presentate come minacciose,
cfr. Sar. Catil. 40, 2 quem exitum tantis malis sperarent. la datazione è anteriore alla conclusione della spedizione di Augusto in Spagna (26-
x
Odi II 11, 1-15 675
674 Orazio

con valore finale; ma il senso non cambia), ed è da stolti preoccuparsi per il domani.
Roma (cfr.
24 a.C.) e, probabilmente, anche all'ambasceria di alcune tribù scitiche a Si tratta di un concetto epicureo: cfr. Ericur. fr. 242 Arr. stulta vita ingrata est et
inten-
introduzione a 2, 9), che dovette tranquillizzare l'opinione pubblica circa le trepida: tota in futurum fertur.
zioni di quelle popolazioni.
non sappiamo niente; che sia v. 5 fugit retro: l’immagine presuppone la metafora della lotta contro il tempo, che
Sul destinatario, lo stesso di epist. 1, 16, Quinzio,
nia (ILS l’uomo non riesce a dominare perché quello si ritira fuggendo. Più difficile, e tut-
un discendente di quel Quinzio Valgo protettore di Eclano, città dell'Irpi
leg. agr. 3, tavia suggestiva, la spiegazione di retro come « dietro le nostre spalle » (cfr. 3, 29, 46
5318; cfr. v. 2 Hirpine Quincti), e probabilmente suocero di Rullo (Cic.
un’ipo- quodcumque retro est). Probabilmente si tratta di un’espressione ardita per indicare che
3), arricchitosi durante le proscrizioni sillane (ibid. 2, 69; 3, 8; 3, 14) è solo
di un’identificazione di questo avventuriero di il tempo scorre così rapidamente che, mentre fugge, è già dietro di noi.
tesi. Ancora più suggestiva l'ipotesi
46; SrME,
età sillana con il Quinzio suocero di Pollione (APPIAN. civ. 4, 12, vv. 6-8 levis— canitie: il contrasto fra giovinezza e vecchiaia è visto, metonimica-
« Historia » 4, 1955, 68): in tal caso, il destinatario dell’ode con cui si apre la se-
mente, come contrasto fra la pelle giovane, morbida e levigata, e quella dei vecchi,
fosse vero,
conda parte del libro sarebbe il cognato del destinatario di 2, 1. Se ciò rugosa e secca (cfr. 2, 14, 3).
al-
comunque, ci aiuterebbe soltanto a spiegare la collocazione di rilievo assegnata il confronto fra le
ente dal destinata rio. vv. 9-10 non-— vernis: come in 2, 9, 1, non semper introduce
l'ode, il cui svolgimento sembra però indipend
e quelle naturali: a differenza che in 1, 4 e in 4, 7, dove si apre uno
Strutturalmente bipartito (vv. 1-12 parte gnomica; vv. 13-24 preparazione del
vicende umane
cen- iato tragico fra loro, qui uomo e natura sono accomunati in un destino di tempo-
convito), il componimento rappresenta una variazione sul tema del carpe diem,
a 1, ralità e in una legge di decadimento. Il confronto fra la brevità della giovinezza e
trale nella riflessione morale e nel mondo poetico di Orazio (cfr. introduzione
sia spesso ripetuto, e anche la connessi one con quella della vita dei fiori è comunissimo: in particolare, per la rosa, cfr. nota a 2, 3,
9 e a 1, 11). Ma, sebbene il motivo
13 sg.; si aggiunga MimnEerm. 2, 1 sg. W.; ps.-THrocr. 23, 28 sg.; Tie. 1, 4, 29.
la situazione conviviale sia comune, non vi è nulla di banale in questa sofferta medi-
neces
tazione sullo scorrere del tempo. Mai così chiaramente come in quest’'ode la v. 10 luna rubens: sulle fasi lunari come segno della legge dei mutamenti naturali
tempo sogget-
sità del carpe diem, la fuga dal Tempo che logora in direzione di un cfr. anche 2, 19, 16; 4, 7, 13; SopH. fr. 787 N?; Ov. met. 15, 196 sgg. Per rubens rife-
della
tivo, sono correlate al motivo dell’angulus, alla fuga da un mondo ostile (quello rito alla luna cfr. Prop. 1, 10, 8; Vero. georg. 1, 431; l'epiteto è impreciso, ma forse
prima strofe) in direzione di uno spazio personale (cfr. Gagliardi ). vuol evocare lo splendore intenso della luna, o il suo colore particolare in concomi-
tanza con eclissi o temporali. Nel nostro caso, comunque, la scelta dei vocaboli è
Metro: strofe alcaica.
influenzata dalla sovrapposizione fra il campo letterale e quello metaforico: rubens
a
v. 1 bellicosus— Scythes: cfr. introduzione. Per il concetto qui espresso cfr. nota infatti meglio si addice alla carnagione della giovinezza.
1, 26, 3 sgg. L'attualità del riferimento non esclude un suo valore paradigmatico: vv. 11-12 aeternis — fatigas: lo stesso concetto della spes longa di 1, 4, 15 e di 1, 11,
Cantabri e Sciti, in quanto popolazioni dell'estremo Ovest e dell’estremo Est, bene 7, nonché di inmortalia ne speres di 4, 7, 7, è qui espresso negli aeterna consilia, rivolti
carat-
rappresentano la varietà dei pericoli esterni per Roma. Inoltre era noto il loro verso un tempo infinito. L'aggettivo aeternis dipende &rò xowod da minorem, come
tere bellicoso: sui Cantabri cfr. Stras. 3, 3, 8; sugli Sciti Curt. 4, 6; 3.
ablativo di paragone, e da fatigas, come strumentale.
v. 2 Hirpine Quincti: per l’inversione di nomen e cognomen cfr. nota a 2, 2, 3. Sulle
vv. 13-14 sub alta iacentes: il deittico non necessariamente indica un riferimento
probabili connessioni della famiglia dei Quinzi con l’Irpinia cfr. introduzione. concreto, magari un invito a cena da parte di Orazio nella sua villa sabina; può sem-
vv. 2-3 Hadria...obiecto: per il concetto di barriera naturale efr. Cic. Pis,
81; FLOR. plicemente indicare una situazione da viversi nel presente, come huc in 2, 3, 13 (e
, ma
epit. 3, 4, 1. Fra l’Italia e gli Sciti ci sono molti più ostacoli che il solo Adriatico tutta la descrizione ha punti di contatto con 2, 3, 9 sgg.).
are le
la menzione di questo mare non è dovuta forse solo all’intenzione di minimizz v. 14 sic temere: locuzione modellata su quella greca obtws sixfj (PLAaT. Hipparch.
proprio il mare dell’infa nzia segni la chiu-
ansie per il pericolo. Non sarà casuale che 225b-c; Gorg. 506d),
sura protettiva dello spazio personale nei confronti di un mondo ostile.
vv. 14-15 rosa...odorati: riferimento alle ghirlande adoperate nei conviti (cfr. 1,
secondo al-
vv. 4-5 in usum= pauca: la vita chiede poco per sé (in usum dipende 36, 15 sg.; 1, 38, 4). Sul singolare rosa cfr. nota a 1, 5, 1.
cuni da nec trepides, con poscentis devi genitivo oggettivo , secondo altri da poscentis,
Odi Il 11,15 - 12 677
676 Orazio

precoce (cfr. 3, 14, 25; epod. 12


v. 15 canos: probabile allusione alla propria canizie
la suggestione di pre-
17, 23; epist. 1, 7, 26; 1, 20, 24), probabilmente esagerata sotto 1947, 186 sgg.; FRAENKEL, 219 sgg.; W. Wim
P. W. Wii, in Festschr. Tièche, Bern
cedenti letterari: cfr. Arc. fr. 50 L.-P.; ANACR. fr. 395
met, Kallimachos in Rom, Wiesbaden 1960, 43 sgg.; 187 sgg.; ].--H. Kùnn, « Hermes »
i: cfr. 4, 12, 26;
v. 16 dum licet: modulo comune in analoghi contesti parenetic 89, 1961, 104 sgg.; G. WirLiams, «Journ. Rom. Stud. » 52, 1962, 35 sge.; G. Davis,
2, 15, 23 dum fata sinunt). « Class. World » 71, 1978, 441 sgg.
Prop. 1, 19, 25 (variatio in Tris. 1, 1, 69; « Philologus » 119, 1975, 70 sgg.; G.I. Cartson,
e. Sul nardo siriaco
Assyria...nardo: profumo ricavato dal nardo, una pianta oriental L’ode è una recusatio della poesia epica, rivolta a Mecenate in risposta ad un
1, 3, 7) cfr.
(Assyria equivale a Syria, come in CATULL. 68, 144; Verc. ecl. 4, 25; Tr. suo invito a celebrare in un poema epico le gesta di Augusto, la seconda che incon-
mat. med. 1, 7, 1; Prin. nat. hist. 12, 45; ma la determinazione geografica
Dioscorin.
ionale in rife- triamo nella raccolta dopo 1, 6 (cfr. la relativa introduzione), con la quale essa ha
potrebbe equivalere semplicemente a ‘ orientale ’, e l’epiteto è convenz notevoli punti di contatto. Anche qui, come in 1, 6, Orazio contrappone alla scelta
anth. Pal. 4, 1, 43; Pu
rimento a profumi: cfr. 2, 7, 8; Taeocr. 15, 114; Metragr, di un genere di poesia elevata la propria vocazione di poeta d’amore, anche qui al-
11, 34, 2; Prop. 1, 2, 3.
Lopem. ibid, l'invito a scrivere un epos egli risponde con una proposta alternativa, indicando’ una
vv. 17-18 — edacis:
dissipat cfr. introduzione a 1, 18 e note a 1, 18, 4 e 9. persona più adatta al compito, che là era Vario, qua, con arguta variazione sul mo-
molto comuni tivo, è il destinatario stesso, al quale il poeta propone di comporre non un poema
v. 18 quis puer: cfr. nota a 2, 7, 23. Le istruzioni agli schiavi sono
(b) P.; Ascre- epico (ché anche Mecenate non ha tale vocazione), ma un'opera storica sulle imprese
nella poesia conviviale: cfr. Arc. fr. 362 L.-P.; Anacr. fr. 356 (a) e egli, da parte sua, canterà Licinnia. In questo nome gran parte
di Augusto, mentre
pian. anth. Pal. 5, 181,3. vede uno pseudonimo
della critica, sulla scia di una indicazione dello ps.-Acrone,
di vino e acqua,
vv. 19-20 restinguet— lympha: perifrasi per indicare la mescolanza (metricamente equivalente, secondo l’uso elegiaco) di Terenzia, moglie di Mecenate,
fr. 356 (a) P.;
che propriamente non si faceva nei pocula, ma nel crater. Cfr. Anacr. sorella del Proculeio di 2, 2 e del Licinio Murena di 2, 10. Ma tale identificazione
10. i
396, 1 P. oto” 5iwp, gip" olvov, È mat. Sul Falerno cfr. nota a 1, 20, pone qualche difficoltà: non solo è sembrato di dubbio gusto che Orazio parli con
che non
v. 21 devium scortum: interpreta correttamente Porfirione: Lide è un'etera tono confidenziale della moglie di un amico e personaggio illustre, ma un’apparente
per la strada, ma nella propria casa, che sarà fuori mano. Altri incongruenza è stata indicata nel fatto che il poeta canti non la propria donna, come
esercita il mestiere
interpretano devium come predicativo dell’oggetto (« portandola via dalla strada »), ci si aspetterebbe secondo la tradizione della recusatio, ma quella del destinatario.
che Orazio giochi sul Quest'ultima obiezione però si può risolvere in un argomento di segno contrario:
altri come « smarrita » (perché straniera). È probabile invece
abitazione, può sem- Orazio potrebbe volutamente giocare su un topos elegiaco (Prop. 1, 7; Ov, am. 2,
significato di devium, per cui la donna stessa, non solo la sua
brare appartata, isolata e ritrosa, il che crea una sorta di ossimoro . Scortum è parola 18), e non si dimentichi a tale proposito che quest’ode è stata molto probabilmente
della lingua dell’uso. concepita, fra l’altro, come risposta a un’altra recusatio a Mecenate, quella di ProP.
e 3, 28, 2, 1, con la quale mostra notevoli somiglianze (cfr. commento; Wili; Wimmel; per
è probabilmente la stessa donna cui sono rivolte le odi 3, I

dc
v 22 Lyden
Wili; la priorità di Orazio invece Kiihn), e nella quale è centrale il tema dell’ingenium nobis
secondo alcuni da identificare con la Lidia di 1, 8; 13; 25 e 3, 9 (Zielinski,
ibsa puella facit. È da escludere che l'ode sia un epitalamio per le nozze di Mecenate
obiezioni in Castorina). per cui Orazio can-
(Williams), ed è da scartare anche l’ipotesi di un doppio senso,
vv 23-24 in comptu m
= nodum: secondo il testo adottato dalla maggioranza degli terebbe la propria donna, ma alludendo a quella di Mecenate (Nisbet-Hubbard). In
come segue: reli-
editori, che è il più semplice e scorrevole, l’espressione si struttura ogni caso, è vero che il componimento risulta dal combinarsi di motivi eterogenei

DA Gi
legate in un nodo ac-
gata comas in nodum comptum more Lacenae = « con le chiome che non appaiono perfettamente fusi (Fraenkel).
e sbrigativa consue-
conciato a mo’ di donna spartana » (ossia, secondo la semplice La cronologia è incerta: l’ode è posteriore al trionfo di Ottaviano del 29 a.C.,
comde religata
tudine spartana). Più aggrovigliata è la lezione incomptum Lacenae more cui si fa riferimento nei vv. 11-12. La bipartizione strutturale corrisponde alla con-
alla moda spartana », dove
nodum = « con le chiome strette in un nodo disadorno trapposizione fra poesia epica (il cui rifiuto è oggetto dei vv. 1-12) e lirica d’amore
a Lacenae. Non
incomttum nodum è accusativo dell’oggetto interno e comde va unito (oggetto dei vv. 13-28).
nella forma in
necessario l'emendamento nodo del Torrentius, che legge l'insieme

(MB
Metro: asclepiadeo secondo.
comptam Lacenae | more comam religata nodo,
Odi II 12, 1-10 679
678 Orazio

vv. 6-7 domitos —iuvenes: i Giganti, giovani guerrieri (cfr. 3, 4, 50 fidens iuventus
v. 1 nolis: non in senso proibitivo, ma potenziale; non si tratta, come pensano al-
horrida bracchiis), figli della Terra, Gea (Hrs. theog. 184 sg. ynyevetc; Nav. bell. Poen.
cuni, di un ‘tu’ generico, ma ci si rivolge già direttamente a Mecenate.
fr. 8, 3 Biichn. fili Terras) furono sconfitti da Giove grazie all’aiuto decisivo di Ercole,
lon ga : adattamento poetico dell’espressione bellum Numantinum. Nu
— Numantiae poiché un oracolo aveva predetto che per vincere tale battaglia gli dei avevano biso
manzia, città dei Celtiberi nella Spagna settentrionale, combatté ripetutamente contro gno dell’alleanza di un mortale (cfr: ApoLLon. 1, 6, 1). Per Herculea manu cfr. 1, 3,
Roma nel II a.C.; l’ultima guerra durò dieci anni (longa) e si concluse con la distru- 36 Herculeus labor; l'aggettivo al posto del genitivo è un tratto epico. La Gigantoma-
zione della città ad opera di Scipione Emiliano, alla quale seguì un suicidio di massa chia era uno dei temi tradizionalmente rifiutati nelle recusationes: cfr. ProP. 2, 1, 19
(Fior. epit. 2, 18, 15) che spiega forse l'epiteto feraz. Il rilievo assegnato al bellum sg.; 39 sgg.; 3, 9, 47 sg.; Ov. am. 2, 1, 11 sgg.; trist. 2, 333 sg.; culex 26 sgg. Il mito
non solo con l’impor-
Numantinum come argomento epico per eccellenza si spiega dei Giganti si prestava, e si era sempre prestato, a una lettura in chiave di attualità
tanza che esso aveva nella storiografia (Polibio vi dedicò una monografia: cfr. Cic. politica (cfr. introduzione a 3, 4), come archetipo della lotta contro la barbarie e le
fam. 5, 12, 2), ma soprattutto come una fine allusione, all’inizio della recusatio, al forze eversive, ma ciò non autorizza a supporre un’intenzionale allegoria per cui Er-
così declinava l’invito
primo esempio latino di recusatio, quella di Lucilio, il quale cole sarebbe Augusto trionfatore sui nemici di Roma (sulla rete complicata di alle
a cantare la guerra di Numanzia cui aveva partecipato: hunc laborem sumas laudem gorie individuata in questi versi cfr. la nota di Nisbet-Hubbard).
qui tibi ac fructum ferat |. . .bpercrepa pugnam Popili, facta Corneli cane (620 sg. M.).
vv. 7-9 unde— veteris: espressione solenne ed epicheggiante (come già in 1, 6, Ora-
v.2 nec» Hannibalem: l'elenco degli argomenti che Orazio rifiuta di cantare assume zio rifiuta l’epica usando una dizione epica): cfr. Hom. Il. 1, 532 aiyAmévrog *ONbprov
la forma tipica della comparatio paratactica (Fraenkel). La seconda guerra punica (cfr. per fulgens domus. Unde, nel senso di ex quibus (cfr. nota a 1, 12, 17), si può unire tanto
Prop. 2, 1, 21 animos Carthaginis altae), con il tenace Annibale protagonista (la va- a periculum quanto a contremuit (nel primo caso, unde periculum sarebbe una perifrasi
riante dirum, come in 3, 6, 36 e 4, 4, 42, è una banalizzazione rispetto a durum, che per quos). Contremesco è verbo solenne (cfr. Enn. ann. 554 Sk. contremuit templum
crea effetto di contrasto con mollibus del v. 3), era argomento centrale degli Annales magnum Iovis altitonantis), costruito transitivamente, come tremesco in Vero. Aen. 3,
di Ennio. o 648 sonitumque pedum vocumque tremesco. Una interpretazione allegorizzante vede nella
domus Saturni il Lazio (cfr. Vero. Aen. 8, 319 sgg.), o addirittura l'equivalente di aedes
vv. 2-3 Siculum— sanguine: andando indietro nel tempo, Orazio si riferisce alle bat-
Saturni, cioè il tempio di Saturno, sede dell’erario pubblico, minacciato durante le
taglie navali della prima guerra punica, quella di Milazzo (260 a.C.) e quella delle
guerre civili.
Egadi (241 a.C.), argomento del Bellum Poenicum di Nevio. C'è chi vede una allu-
sione alla guerra navale contro Sesto Pompeo, ma è più probabile che qui vengano v. 9 tuque: difficile spiegare questo brusco passaggio, che nasce probabilmente dal-
passati in rassegna gli argomenti epici tradizionali, resi canonici dalla grande tradi- l’accavallarsi di due diversi schemi di pensiero: da un lato Orazio vuol dire che anche
zione dell’epos repubblicano, e che in ciò si esaurisca la carica allusiva dell’espressione. Mecenate è portato per natura a dedicarsi a generi diversi da quello epico, dall’altro
vuol contrapporre la propria lirica all'opera storica che Mecenate scriverà. Secondo
v. 3 mollibus: cfr. nota a 2, 9, 17. Per contrasto, il verso epico è duro, e così lo
alcuni, “que ha valore avversativo, secondo altri è un modo scherzoso per rifiutare,
chiama Properzio nella recusatio di 2, 1: nec mea conveniunt duro praecordia versu

nissan
oltre che l’epica, anche la storiografia, girando la richiesta al committente stesso. La
(v. 41).
strofe si lega più a quella successiva che a quelle precedenti; l'enfasi di tuque prepara
v. 5 saevos= mero: dopo gli argomenti dell’epica storica, quelli dell’epica mitolo- il contrasto con me del v. 13.
gica. Il primo riferimento è alla Centauromachia, la lotta fra Centauri e Lapiti alle epiteto adoperato per i versi non accompa-
pedestribus: ricalcato sul greco rel6c,
nozze di Ippodamia e Piritoo, causata dall’ubriachezza (cfr. nota a 1, 18, 8). L’epi.
gnati dalla musica (SoPH. fr. 15 N?), per la prosa (Pausan. 4, 6, 1), per i versi non
sodio, oggetto di celebri raffigurazioni, come quella delle metope del Partenone, è
ampollosi (Cal. fr. 112, 9 Pf.). Qui si riferisce alla prosa (cfr. QuInT. inst. 10, 1, 81),
poco attestato in letteratura: è possibile però che la narrazione ovidiana (met. 12,
altrove in Orazio alla satira e alla commedia (sat. 2, 6, 17; ars 95).
210 segg.) dipenda da un modello ellenistico.
v. 10 proelia: parola chiave, che indica il vero oggetto della recusatio, ciò che Orazio
v. 6 Hylaeum: uno dei Centauri, il cui nome significa ‘ uomo dei boschi’: cfr. Vera. del genere: cfr. 1, 6, 17; 4, 15, 1;
si rifiuta di trattare, ed è comune nei componimenti
georg. 2, 456 sg.; Ov. met. 12, 378; Star. Theb. 6, 538 sg. Vi è stata colta una allu-
sat. 2, 1, 13 sgg.; epist. 2, 1,254; Vera, ecl. 6, 3; georg. 3, 46; Prop. 2,1, 45; 3, 9, 38.
sione ad Antonio,

| Mb
. Orazio Odi II1.12, 11-28 681
680

il vocativo ‘del destinatario è artisticamente collocato entro la. cor-


saltare elegantius quam necesse est probae...; 5 posse versus facere, iocum movere, sermone
v. 11 Maecenas:
uti vel modesto vel molli vel procaci; prorsus multae facetiae multusque lepos inerat) e le
nice delle imprese è del trionfo di Augusto.
donne degli elegiaci (cfr. Prop. 1, 2, 27 sgg.; 1, 4, 13; 2, 3, 17 sgg.). Ed è probabile
vv. 11-12 ducta — minacium: particolarmente stringente il confronto con Prop. 2,1, che dedecuit sia un perfetto di consuetudine riferito al comportamento abituale della
in relazione a un’occasione partico-
33 sg. aut regum auratis circumdata colla catenis, | Actiaque in Sacra currere rostra Via donna piuttosto che un perfetto vero e proprio
(sulla questione della priorità cfr. introduzione). Il riferimento è al trionfo del 29 lare o, in generale, al passato di Terenzia quando era nubile.
a.C.; dopo il ritorno di Ottaviano dall'Oriente. v. 20 Dianae— die: a Diana era dedicato un celebre e antico tempio sull’Aventino,
restaurato in età augustea (Suer. Aug. 29; 5), che doveva essere molto affollato nel
v. 13 me: in posizione enfatica all’inizio della quarta strofe e della seconda parte giorno della sua festa, il 13 agosto. Celebris è qui riferito per enallage alla dea stessa.
dell’ode, a sottolineare la contrapposizione fra l'ispirazione poetica di Orazio e gli
altri generi letterari. vv. 21-22 dives —opes: riferimento a leggendarie ricchezze orientali, quella dei re
persiani, il cui mitico capostipite fu Achemene (Heropor. 3, 75, 1), e quella della
dulcis: accusativo da riferire a cantus, non genitivo accordato con dominae: cfr. 3,
Frigia. La Migdonia era una regione della Frigia (Prin. nat. hist. 5, 145), così chia-
9, 10 dulcis. . .modos. mata dall’eroe Migdone (Hom. Il. 3, 184 sg.); da ciò derivò l’abitudine di chiamare
Migdonii i Frigi (Pausan. 10, 27, 1).
dominae: se il riferimento è a Terenzia, domina significherà ‘ padrona’ letteralmente,
cioè moglie del patronus. Per chi la pensa diversamente, il termine è qui adoperato v. 23 permutare: cfr. nota a 1, 17, 2.
x

nella sua accezione elegiaca (‘ donna amata ’), o è intenzionalmente ambiguo.


v. 24 Arabum: per la proverbiale ricchezza degli Arabi cfr. nota a 1, 29, 1 sg. In
questi versi è svolto il motivo topico della rinuncia alle più grandi ricchezze in came
Musa: cfr. nota a 1, 6, 10.
bio dell'amore: cfr. 3, 9, 4; SAPPH. fr. 16, 17 sgg. L.-P.; 132 L.-P.; Cat. fr, 75, 44
8, 53; CatutL. 45, 21 sg.; Prop. 1, 8, 33 sgg.; TB. 2, 2,15 sg.
Licymniae: cfr. introduzione. Lo: pseudonimo è derivato da bpveîv, ma è improba-
sge. Pf.; THeocR.

bile che sia formato sulla base di Ayetg Suvor o yAuxeîg buvot, con una allusione, v. 26 facili saevitia: l’ossimoro esprime efficacemente la civetteria di questo gioco
Mece-
interna al testo, ai dulcis cantus. Che esso fosse stato adoperato dallo stesso raffinato, che ricorda in certo modo la scena finale di 1, 9.
nate in sue composizioni può essere solo un'ipotesi.
v. 27 poscente: secondo alcuni, ablativo di paragone dipendente da magis gaudeat
v. 15 bene: da unire a fidum, con cui forma un tipo di superlativo, piuttosto
che a (« ella gode più di colui che richiede i baci », 0, come intendono altri, « le carezze »),
mutuis. secondo altri, ablativo assoluto (« mentre tu chiedi di più »); secondo altri, forse a
ragione, magis poscente significa « più di una donna che chiede » (cfr., per la costru
vv. 15-16 mutuîis...amoribus: dativo, piuttosto che ablativo di qualità o di limita zione, epist. 1, 17, 43 sg. coram rege sua de paupertate tacentes | plus poscente ferent). Que-
zione. Per il concetto dell'amore reciproco cfr. 3, 9, 13; 4, 1, 30; epod. 15, 10; st'ultima interpretazione meglio si addice alla descrizione della civetteria e della finta

dll aiiiinaiin
nam
CarutL. 45, 20; Tis. 1, 6, 14. ritrosia di Licinnia. i

svol v. 28 occupat è lezione preferibile a occupet, perché enuclea in maniera meglio di-
vv. 17-20 nec— die: secondo alcuni, questi versi si riferiscono a un’unica scena,
stinta le varie categorie di baci (1) baci che la donna si protende a ricevere; 2) baci
tasi in occasione di una festa in onore di Diana (forse il giorno del primo incontro
che la donna nega, pur desiderando che le siano strappati; 3) baci che la donna
fra Mecenate e Terenzia), ma è più probabile che solo la danza con le vergini dei vv.
di propria iniziativa) ed elimina un congiuntivo di non facile spiegazione.
18 sg. appartenga al ricordo di questa festa. Non è disdicevole che la moglie di Me-
strappa
una Inoltre una corruttela occupat—occupet si può spiegare più facilmente, per attrazione
cenate danzi e conversi con spirito nei salotti in occasioni diverse da quelle di
a un quadro fedele della condi- da gaudeat, che non una corruttela in senso inverso. Per la costruzione, che è mo-
celebrazione religiosa; anzi, questa strofe rappresent
dellata su quella del greco pIdvo, cfr. PLauT. Stich. 89; Varr. Men. 145 Ast.; Liv,
zione della donna raffinata nella galante cornice cittadina. La tipologia in cui rientra
1, 14, 4. . 1 LI Loro
Licinnia è la stessa cui appartengono. la Sempronia di Sallustio (Catil. 25, 2 psallere
-. Orazio Odi II 13, 1-8 683
682

13 ‘Qual è il significato ultimo dell’ode? La componente autobiografica, se non va


sopravvalutata, non va nemmeno trascurata e ridotta a un pretesto. Orazio non mira
a presentare se stesso come il nuovo Alceo, né promette ai poeti una vita nell'aldilà
R. REITzENSTEIN, «Hermes» 57, 1922, 357 sgg.; F. KiINGNER, in ‘Eounrsia, (Reitzenstein). Ma la grande protagonista dell’ode è la poesia, che qui si definisce
Festschr. Regenbogen, Heidelberg 1952, 119 sgg. (= Studien zur griech. und ròm. come poesia lirica e, in particolare, alcaica.
Literatur, Zirich 1964, 325 sgg.); FraENKEL, 166 sgg.; A. LA PENNA, « Maia » 24,
Metro: strofe alcaica.
1978, 208 sge.

Al centro di quest'ode è un episodio realmente accaduto al poeta, quell’inci- v. 1 ille: collocato enfaticamente all’inizio dell’ode, ripetuto con poliptoto nella
dente della caduta di un albero dal quale egli era miracolosamente uscito illeso, e stessa sede della strofe successiva, a sottolineare la veemenza dell’invettiva.
che, fissatosi nella sua memoria, ritorna insistentemente: in 3, 8 Orazio festeggia l’an- nefasto ...die: propriamente, uno dei giorni stabiliti in cui era proibito svolgere
niversario dello scampato pericolo, in 2, 17, 26 sgg. sostiene di essere stato salvato attività pubbliche, in quanto ciò era nefas, contrario alla legge divina (fas). Ma qui
da Fauno, in 3, 4, 27 vede nell’episodio una testimonianza della protezione che le l’espressione ha piuttosto il significato di dies religiosus, cioè « giorno di malaugurio »,
Muse gli accordano. Evidentemente, la vita di Orazio dopo Filippi fu povera di tristi omine infamis impeditusque (Get. 4, 9, 5).
eventi significativi, e quel poco che gli accadde egli seppe sfruttarlo al massimo
(Fraenkel). Destinatario formale è l’albero stesso, oggetto di uno oyethtacpéc iniziale; v. 2 quicumque primum: modulo comune nelle invettive poetiche: Prop. 1, 17,
in realtà l’ode ha uno sviluppo monologico. | 13 sg. a pereat, quicumque rates et vela paravit | primus; Tis. 1, 4, 59 sg. at tu, qui vene-
ma
rem docuisti vendere primus, | quisquis es, infelix urgeat ossa lapis; 1, 10, 1 sg. quis fuit hor-
La cronologia si può fissare a partire dalla su ricordata ode dell’anniversario, 3,
sono rendos primus qui protulit enses? | quam ferus et vere ferreus ille fuit! Orazio scherza sulla
8, la cui datazione però non è sicura (cfr. la relativa introduzione), anche se ci
del gravità dell'incidente occorsogli, parodiando il motivo dello oyetAaopés e quello,
elementi a favore di una collocazione nel 29-28 a.C. Se è così, la nostra ode sarà
spesso connesso con il primo, del primus inventor (cfr. nota a 1, 3, 11 sg.).
30 circa: a una datazione alta fanno pensare anche alcune particolarità metriche (fine
di parola nella quinta sillaba dell’enneasillabo, nei vv. 3; 11; 27) e, soprattutto, la sacrilega manu: propriamente, la mano di chi ruba oggetti sacri (cfr. sat. 1, 3, 117
suggestione del modello alcaico, che ci riporta ai. primi tentativi lirici oraziani qui noctumus sacra divum legerit), per estensione « empia » (cfr. epod. 3, 1 impia manu).
(Fraenkel). Il riferimento alla mano sottolinea la cura personale con cui lo sconosciuto ‘ sacri.
L’ode ha una struttura chiara, anche se piuttosto elaborata: vi si distinguono lego’ piantò l’albero: cfr. Cic. Cato 59 multa. . .istarum arborum mea manu sunt satae;
due metà, ciascuna delle quali a sua volta si divide in due gruppi strofici: vv. 1-20, Vero. georg. 1, 199; 3, 176; 3, 395.
con il racconto dell’incidente (vv. 1-12 l’invettiva; vv. 13-20 parte gnomica) e vv.
vv. 3-4 nepotum perniciem: rovesciamento parodico del concetto comune che fa
21-40, con la descrizione dell’oltretomba (vv. 21-28 descrizione vera e propria; vv. del piantatore di alberi un benefattore delle generazioni future: cfr. CaeciL. com. 210
29-40 gli effetti del canto). R? serit arbores quae saeclo prosint alteri; Vero. ecl. 9, 50 carpent tua poma nepotes;
La prima parte rinvia alla tradizione epigrammatica del ricordo poetico di inci georg. 2, 58; 2, 294.
denti, una topica diffusa nella poesia sepolcrale, a proposito di incidenti mortali (cfr.
v. 4 opprobrium. . .pagi: nell’invettiva viene rovesciato il motivo panegiristico del
anon. anth. Pal. 9, 67; Martiat. 11, 41, 5 sg.), e in quella votiva, nel caso di scam-
lustro portato da qualcuno alla propria città. Pagus è il territorio di Mandela, nel
pato pericolo (Bran. anth. Pal. 9, 259; si veda la parodia del motivo in PETRON. 55,
quale si trovava la villa di Orazio: cfr. epist. 1, 18, 105 Mandela...rugosus frigore
2). La seconda parte è una piccola véxuta (discesa nell’oltretomba), che rimanda a
pagus.
una tradizione poetica molto attestata fin dall’Odissea. Nel modello tradizionale Ora-
zio inserisce però un elemento nuovo; sfruttando il motivo comune dell’incontro vv. 6-8 penetralia — hospitis: dopo il parricidio, ricordato nei versi precedenti, il
nell’Ade con i grandi autori del passato (cfr. Par. apol. 41a; ARISTOPH. ran.; Cic. delitto più infame è l'uccisione di un ospite, che viola un vincolo sacro come quello
Cato 83), egli pone al centro del suo oltretomba Alceo e Saffo, con una dichiarata dell'ospitalità, tanto più se, come in questo caso, consumata nei luoghi più interni
preferenza per il primo dei due, che forse vuol essere una risposta alla predilezione della casa, sede dei penates (cfr. PauL. Fesr. 231 L.), cioè degli hospitales dei (Cic.
neoterica per Saffo (La Penna). Verr. 4; 48).
Odi II 13, 8-25 685
684 Orazio

re della Col diadi con catenas), in particolare il Tullianum, ovvero il carcere Mamertino sul Cam-
v. 8 venena Colcha: allusione alle arti venefiche di Medea, figlia del pidoglio, dove si trovava una segreta costruita in quercia (cfr. tale accezione di robur
THEOCR.
chide (regione dell’Asia‘a Oriente del Mar Nero): cfr. Pinn. Pyth. 4, 233; in Liv. 38, 59; Lucan. 2, 125; Tac. ann. 4, 29). Ma un riferimento tanto specifico
35 venenis Colchicis ; per la forma abbrevia ta Col
2, 16. Per l’espressione cfr. epod. 17, mal si addice alla genericità propria dello sviluppo diatribico di questi versi, nei quali
chus cfr. Ar. Ru. 4, 485. gli esempi sembrano scelti sulla base della loro tipicità. Probabilmente Orazio ado-
vv. 9-10 quidqu idt: per l’uso ‘aggettivale di quidquid (nel senso di quicum-
— tractavi pera un cliché, in parte desemantizzato, della storiografia militare per indicare simbo-
quisquis honos
que) cfr. Praur. Men. 811 quidquid tibi nomen est; Vero. Aen. 10, 493 licamente il pericolo temuto dai nemici di Roma, i
mente a nefas;
.. .«quidquid solamen. Tractavit si riferisce propriamente a venena, traslata
più il dubbio, vv. 19-20 improvisa — vis: concetto comune: cfr. Pinp. Nem. 7, 30 sg. méoe è èdbxytov
rispetto al precedente crediderim, l’indicativo esprime la sicurezza, non
èy ual Soxfovra; ArscH. Prom. 680 &rpocdéxntoc; trag. adesp. 127, 8 N? kpavroc; ARcH.
sui misfatti dell'ignoto destinatario dell’imprecazione.
anth. Pal. 7, 213, 6; 9, 111, 4 &mpoidig; Lucr. 3, 959 nec opinanti mors. . .adstitit ante.
la parodia di
v. 11 tenute: l’anafora del pronome di ‘seconda persona rappresenta
In triste lignum, oltre al rife- v. 21 furvae: antico epiteto sacrale, collegato alla morte (cfr. Ger. 1, 18, 4). .
un modulo innico ed eulogistico (cfr. nota a 1, 10, 9).
, nella. proba-
rimento agli effetti funesti dell’albero, c'è forse una sfumatura religiosa regna Proserpinae: perifrasi con regna non sono rare per indicare l’oltretomba: cfr.
citata da
bile allusione ai presagi sinistri degli alberi infecondi. Cfr. l'antica formula 3, 4, 46; epod. 17, 2; Vero. Aen. 6, 154; 269; 417; 8, 244 sg.; culex 273. Similmente,
Cic. Rab. perd. 13 caput obnubito, arbori infelici suspendito. in greco, THEOGN. 974 Souata Iepoepévng; Pimp. Ol. 14, 20 sg. dbuov Pepoepivac. Pro-
i presagi che si
caducum: altra probabile sfumatura religiosa: caduca auspicia erano serpina (Persefone), figlia di Cerere, fu rapita da Plutone (Ade), re degli Inferi, e ne
traevano dagli oggetti che cadevano (cfr. Cic. div. 1, 11, 19 sgg.). divenne la sposa (Hrs. theog. 913 sg.). i
gnomico, dalla v. 22 iudicantem...Aeacum: EFaco, figlio di Giove e di Egina (ApoLLon. 3, 12, 6),
vv. 13-14 quid — in horas: il carattere senténzioso è dato dal perfetto
secondo altri, dativo padre di Peleo (Id. 1, 8, 2), giudice delle anime dei morti assieme a Minosse e a Ra-
genericità di quid, quisque, homini (quest’ultimo, dativo di agente;
sat. 2, 7, 10;
di commodo). Per in horas (« da un’ora all'altra », « di ora in ora ») cfr. damanto (PLar. Gorg. 524a; apol. 41a). Iudicantem ha un tono di solennità ufficiale,
fr. 521 P.
ars 160. Il concetto espresso è comune nella poesia gnomica (cfr. Simoni. come quaesitor riferito a Minosse in Vero. Aen. 6, 432.
/ und” &vdpa idv dABLov Bocov ypévov Éocetat),
dvIpeorrog èov pri Tote phone dm yivera, v. 23 discretas: questa lezione (= « appartate ») ci sembra preferibile a descriptas
cfr. Sen. epist. 30, 16 sed consi-
ma è soprattutto un topos della filosofia divulgativa: (= « delimitate », « assegnate ») e a discribtas (= « distribuite »), poiché esprime un
aliae propiores sint
deremus. ..tunc cum aliqua causa moriendi videtur accedere, quanto concetto più specifico, una caratteristica delle sedi dei beati su cui anche altrove si
6, 2, 5 et ego timeam terras trementes quem crassior saliva
quae non timentur; Sen. nat,
insiste molto: cfr. epod. 16, 63 Iuppiter illa piae secrevit litora genti; Vere. Aen. 8, 670
suffocat? secretosque pios; culex 375 conscelerata pia discernis vincula sede; Lac. inst. 7, 7, 13 esse
vv. 14-15 nav—ita Poenus: data la prevalente funzione tipizzante degli epiteti (cfr. inferos Zeno Stoicus docuit et sedes piorum ab inpiis esse discretas. Per sedes riferito ai

Milva
la menzione di
nota a 1, 1, 13), non c'è bisogno di correggere il testo introducendo luoghi dell’oltretomba cfr. nota a 1, 10, 17 sg.
ricordati come
una popolazione più vicina al Bosforo (cfr. apparato). I Fenici sono
(lo stretto di Costantinopoli) come tipico mare perico- v. 24 Aeoliis fidibus: la poesia di Saffo e di Alceo, in dialetto eolico: cfr. 3, 30, 13
naviganti tipici, e il Bosforo
Orazio non voglia Aceolium carmen; 4, 3, 12 Aeolio carmine; 4, 9, 12 Aeoliae fidibus puellae.
loso per le sue correnti (cfr. 3, 4, 30; PoLyB. 4, 43 sg.); a meno che
suggerire che, grazie alla loro perizia, i Cartaginesi si spingono fino a quelle regioni.
vv. 24-25 querentem — popularibus: per il motivo dell’incontro nell’oltretomba con
vv. 17-18 mil es
— Parthi: la connessione dei due exempla relativi a navigante e sol i grandi trapassati cfr. introduzione. Il lamento di Saffo si riferisce al carattere della
asia, il soldato
dato è comune nella diatriba: cfr. 1, 1, 15 sgg. Miles è, per antonom lirica d’amore (cfr. querelae in 2, 9, 18), o, in particolare, agli amori infelici della
in Cesare); i Parti sono i nemici tradizionali (cfr. nota poetessa: cfr. fr. 94 L.-P. teSvdxgy è ddérwc 940; 131 L.-P. "Ar®, col 3° EÉuedey
romano (così, per esempio,
a 1, 2, 22), sulla cui strategia di fuga cfr. nota a 1, 19, 11. uèv driydero| ppovitodnv, èrì 3° ’Avipwpétdav séta. Popularibus.si riferisce all’apparte-
(cfr. CAES. nenza delle fanciulle allo stesso popolo, e, in particolare, allo stesso tiaso; non credo
vv. 18-19 Italum robur: secondo alcuni, il nerbo delle legioni italiche
altri, un carcere (in ene vi si debba cogliere il doppio senso (« omosessuali ») che vi vedono Nisbet-Hubbard.
civ. 3, 87, 5; Asin. PotLIon. in Cic. fam. 10, 33, 1), secondo
Odi Il 13, 26 — 14 687
686 l Orazio

v. 34 belua centiceps: Cerbero ha cento teste qui e in Pinp. fr. 249b Sn.-M. éxe-
a un personaggio particolar-
v. 26 et te: modulo tipico per introdurre un’apostrofe toyepdàag, mentre ne ha cinquanta in Hrs. theog. 312; e normalmente tre (cfr. 2,
maxime Caesar; Aen, 6, 14 sg. Ma
mente importante: cfr. Vero. georg. 2, 170 et te, 19, 31).
e omaggio ad Alceo, in ter-
l'enfasi riproduce la commozione di Orazio nel render
la relativa introduzione). vv. 35-36 intorti — angues: le Eumenidi (o Erinni) sono tipiche divinità ctonie: cfr.
mini e con accenti che ricordano l’elogio di 1, 32 (cfr.
ArscH. Choeph. 1049 sg.; Eum. 267 sgg.; Vero. Aen. 6, 280; Prop. 4; 11, 22. Sui loro
à: cfr. Cic. de orat. 1, 132;
plenius: nel linguaggio retorico, l'aggettivo indica sonorit serpenti cfr. Vero. georg. 4, 482 sg. (cfr. nota ai vv. 33 sgg.).
maggiore robustezza della lirica
Brut. 289; Quint. inst. 11, 3, 5. Qui si riferirà alla
poesia saffica. v. 37 Prometheus: soltanto in Orazio (cfr. anche 2, 18, 34 sgg.; epod. 17, 67) Pro-
alcaica, in contrapposizione alla exilitas della flebile
meteo si trova fra i dannati nell’oltretomba, anziché scontare la sua pena sul Cau
11) di Alceo è d’oro, attributo
vv. 26-27 aureo. . .plectro: il plettro (cfr. nota a 1, 26, caso, come secondo la versione più comune (cfr. nota a 1, 3, 27). Probabilmente si
Nem. 5, 24; Eur. Her. 351).
tradizionale di quello di Apollo (hymn. Ap. 185; Pip. tratterà di una variante mitografica che doveva trovarsi in un. modello ellenistico
lare forza il concetto di una forse anche nel Prometheus di Mecenate di cui abbiamo notizia. i
v. 27 dura in triplice anafora, sottolinea con partico
e (cfr. nota a 2, 9, 17 sg),
poesia virile, che si oppone alla mollitia della lirica d'amor Pelopis parens: Tantalo, su cui cfr. nota a 1, 28, 7 sgg. L’allitterazione in p e la
m dulce lenimen (cfr. introdu-
e 'che nasce in mezzo ai travagli della vita, come laboru solenne perifrasi Pelopis parens conferiscono un colorito tragico alla dizione.
zione a 1, 32).
v. 38 laborem: accusativo di relazione dipendente da decipitur, preferibile alla va
i tiranni di Mitilene e a quelle
vv. 27-28 navis — belli: riferimento alle guerre contro riante laborum che, difesa da alcuni come genitivo di relazione alla greca, ha tutta
(cfr. 1, 32, 5 sgg. e note), fra le
di Mitilene contro Atene, e alle vicende dell'esilio l'apparenza di essersi prodotta per attrazione da sono. Labor è un eufemismo per in
anche un significato allegorico: cfr.
quali rientra la navigazione (ma navis in Alceo ha dicare la pena infernale, come révog in Pinp. Ol. 1, 60; 2, 67.
introduzione a 1, 14).
v. 39 Orion: Orione, che fu ucciso con una freccia da Diana alla quale aveva cer-
da digna, secondo altri &mò xowo
v. 29 sacro...silentio dipende secondo alcuni solo cato di fare violenza, nell’oltretomba mantiene quelle che erano le sue abitudini in
linguaggio religioso, è trasfe-
da mirantur e da digna. L'espressione, proveniente dal vita, di cacciatore (cfr. Hom. Od. 11, 572 sg.). Anche in questo caso Orazio si distacca
che rinvia al concetto di poeta-
rita alla sfera poetica, secondo una trasposizione dalla versione vulgata, che voleva Orione trasformato in costellazione, secondo la
sacerdote: cfr. 3, 1, 2 favete linguis; PROP. 4, 6, 1. tradizione ellenistica del catasterismo (cfr. Hycin. fab. 195), seguendo piuttosto la
versione della vixua omerica (Od. 11, 310; 572 sg.). i
una synkrisis fra i due poeti, di
vv. 30-32 sed —vulgus: l’espressione rinvia a
(cfr. introduzione), immagi-
gusto alessandrino. Orazio assegna la palma ad Alceo
Si noti la concretezza che la
nando che una folla maggiore ascolti i suoi orucrorizd.
espressione densum umeris dà all'immagine delle anime
dei morti. Per bibit aure cfr. 14
Prop. 3, 6, 8; Ov. trist. 3, 514.
F. BijcHueLER, « Rhein. Mus.» 37, 1882, 233 sgg. = KI. Schr. 2, 438 sg.; Pa-
della
vv. 33-36 qu angues:
— id attraverso questa descrizione degli effetti prodigiosi squat, 643 sgg.; Commacer, 287 sgg.; Quinn, 99 sgg.; A.J. WOOoDMAN, « Latomus »
Alceo viene assimilato a Orfeo,
poesia, capace di incantare anche i mostri infernali, 26, 1967, 377 sgg.; WiLLiaMs, 584 sgg.
, ma anche la definizione di
ricevendo per la sua poesia non solo il primato storico
ibus può riferirsi specificamente
archetipo mitico: Alceo è la poesia stessa (illis carmin Sul destinatario di quest’ode, un Postumo non altrimenti noto, sono state avan.
ie con Vero. georg. 4, 481 sgg.
ai carmi di Alceo). Il quadro presenta notevoli analog zate le più diverse ipotesi: che si tratti di un personaggio fittizio il cui nome avrebbe
caeruleosque implexae crinibus an-
(quin ipsae stupuere domus atque intima leti / Tartara valore simbolico (poiché postumus è il figlio nato dopo la morte del padre, esso sot-
atque Ixionis vento rota constitit orbis),
guis | Eumenides, tenuitque inhians tria Cerberus ora, | tolineerebbe l’idea, sviluppata nell’ode, dell’impossibilità di godere dei propri beni e
passi. Forse il finale delle Geor-
ma è difficile stabilire il rapporto temporale fra i due degli affetti familiari: così, per es., Commager), che sia uno pseudonimo per il poeta
ere piuttosto da una catabasi
giche è posteriore all’ode, la quale potrebbe dipend Rabirio, autore di un poema sulla morte di Antonio (HERRMANN, « Latomus » 25,
orfica,
16 are
Odi II 14, 1-12 689
688 Orazio

commedia, quella del v. 4 indomitae...morti: si noti la solennità patetica del verso, quasi interamente
1966, 769 sgg.), che rappresenti un tipo, una maschera della occupato da questa espressione, che rappresenta un omerismo (cfr. Il. 9, 158 ’AiSnc
suoi averi (Biichel er), o, ipotesi più
padre di famiglia troppo preoccupato di sé e dei .. .&Sddpaotoc), e che forse rientra, più che in una metafora militare, nella stessa imma-
di Prop. 3, 12 (recente-
accreditata, che si tratti del medesimo Postumo destinatario gine fluviale di cui nella nota al v. 1 sg.: cfr. 4, 14, 20 indomitas.. .undas; Liv. 21, 30,
i che si tratti di un
mente, Nisbet-Hubbard). L'argomento principale contro l’ipotes 5 domita.. fluminis vi; Prin. nat. hist. 36, 1 ad fluminum impetus domandos.
nimi latini, ma
nome fittizio consiste nel fatto che nelle odi non troviamo pseudo
indipendentemente
soltanto gréci (Taliarco di 1, 9; Pirra di 1, 5 etc.), Comunque, vv. 5-7 trecenis...tauris: l’iperbole sottolinea l’atteggiamento scettico, non privo
per una riflessi one generale sul
dalla sua realtà storica, Postumo è solo un pretesto di una certa ironia, con cui Orazio guarda all'eccesso di scrupolo religioso, che tanto
che per questo si
tema della morte, e dietro di lui c’è l’umanità (Williams), senza più si rivela inutile quanto più è zelante. Tuttavia trecenis non è soltanto un indefi-
destinatario, sia un
debba arrivare a sostenere che l’ode, malgrado la presenza di un nito per indicare grande quantità, come in 3, 4, 79; la pratica della triplice ecatombe
monologo drammatico (Quinn). esisteva realmente, come attesta Liv. 22, 10, 7.
bere della
Il tema svolto è lo stesso di 1, 4 e di 2, 3: la fuga del tempo, l’incom
Rispett o però a quelle odi, vv. 6-7 illacrimabilem Plutona: il pathos dell'espressione è accresciuto dalla pre-
morte e la conseguente necessità di godere il presente.
della morte, sotto- senza della forma greca Pluton, che si trova solo qui nella poesia oraziana, e del so-
2, 14 è dominata in modo ossessivo dal motivo dell’ineluttabilità
enti dalle consolatio- lenne epiteto, probabilmente coniato da Orazio sull’esempio dell’omerico &ddxputoc
lineato dall'uso di un linguaggio e di una trama di topoi proveni
e di conso-
nes e dai lamenti funebri, per cui quest’ode risulta una sorta di lamento (Il. 1, 415), qui adoperato in senso attivo (passivo in 4, 9, 26). Il motivo della spie-
quale non si piange la morte di qual tatezza delle divinità infere è un topos consolatorio: cfr. nota a 1, 24, 17 (cfr. anche
latio insieme (cfr. introduzione a 1, 24), nella
Il tema trattato era molto 2, 3, 24 nil miserantis Orci).
cuno in particolare, ma il destino di morte comune a tutti.
comune, ma, al di là di ogni possibile modello, l’ode trova la sua ambientazione più
genericità gno- vv. 7-8 ter Geryonen: mostro dai tre corpi umani, ucciso da Ercole che aveva il
appropriata nella realtà romana (Pasquali), e, lungi dal cadere nella compito, come decima fatica, di rubarne le vacche (cfr. Hrs. theog. 287 sgg.; AroLLoD.
con un passo
mica, rivela una concretezza che rende possibile il confronto soltanto 2, 5, 10). Per il triplice corpo cfr. Arsca. Ag. 870 roto@patoc; Lucr. 5, 28 tribectora
lucreziano di cui Orazio si è certamente ricordato (cfr. note di commento).
gruppi strut tergemini vis Geryonai; Vero. Aen. 6, 289 forma tricorporis umbrae,
Il componimento risulta nell’insieme unitario, e una divisione in
zione (vv. 1-
turalmente significativi è difficile: forse si può individuare una biparti v. 8 Tityon: uno dei Giganti, ucciso da Diana perché aveva cercato di fare violenza
12; 13-28). a Latona (cfr. AroLLon. 1, 4, 1). Condannato a essere divorato da due avvoltoi in
vi sono indizi cronologici rilevanti, e sembra aver avuto torto chi ha col eterno, è uno dei personaggi che compaiono tradizionalmente nelle descrizioni del-
Non
ità poetica (uso
locato l'ode fra le più antiche, sulla base di una presunta immatur l’oltretomba, fin dalla vixura omerica (Od. 11, 576 sg.); cfr. anche 3, 4, 77; 3, 11, 21;
di esempi mitologici convenzionali e dell’iperbole etc.) (Biicheler). Lucr. 3, 984; Verc. Aen. 6, 595 sg.
Metro: strofe alcaica.
vv. 8-9 tristi unda: riferimento alla palude Stigia, delimitata dai fiumi infernali,
di dolore richiama immediatamente, all’inizio con espressione che ricorda Verc. georg. 4, 478 sgg. quos circum limus niger et deformis
v. 1 eheu— Postume: l’esclamazione
dalla ripetizione harundo | Cocyti tardaque palus inamabilis unda | alligat et novies Styx interfusa coercet
dell’ode, lo stile del lamento funebre. Il tono patetico è dato anche
l’anadiplosis del nome si trova soltanto qui in Orazio (ma non si possono trarre conclusioni sulla dipendenza di Orazio da Virgilio, data
del vocativo del destinatario;
l'incertezza della cronologia dell’ode),
e, in Virgilio, solo in ecl. 2, 69 ah Corydon Corydon.
l’espressione rende l’idea di una fuga silenziosa, simile vv. 9-12 omnibus
— coloni: il motivo della necessità e dell’equanimità della morte,
vv. 1-2 fugaces...labuntur:
3, 12 lIympha fugax;
al lento scorrere dell’acqua: cfr. 1, 2, 19 sg. labitur. . .amnis; 2, livellatrice delle differenze sociali ed economiche (cfr. nota a 1, 4, 13 sg. e a 1, 28,
che fugaces rinvii
epod. 2, 25 labuntur...aquae. Altri pensano, meno verosimilmente, 15 sg.), è qui enunciato con un tono sentenzioso, sottolineato dal lungo gerundivo
a una metafora militare. enaviganda, che scolpisce una necessità ineluttabile. Il gerundivo ritorna insistente»
quid profuit? (cfr. mente (v. 17 visendus; v. 21 linquenda) e rimanda allo stile del lamento funebre: cfr.
v. 2 nec pietas: elegante variazione del motivo consolatorio del 1, 28, 16; Prop. 3, 18, 22 sgg.
della pietas (cfr. nota a 1, 24, 11).
nota a 1, 28, 4) e di quello dell’inutilità
Odi II 14, 10-25 691
690 Orazio

smo per deternus, come in 3, 11, 38 longus. . .somnus; 4, 9, 27 sg. longa nocte) è genitivo
que
— vescim
v. 10 quicum ur: la perifrasi per definire gli uomini in quanto mortali,
ol dpovpng xApirov di pena, esemplato su damnare capitis (cfr. Cic. Verr. 3, 28; 29 damnare octupli).
altro elemento di solennità, è un omerismo: cfr. IL. 6, 142 fporéiv
Jiprd @ 4

ESovow (cfr. anche Il. 13, 322; 21, 465; Od. 8, 222). v. 21 linquenda tellus: la morte si configura, concretamente, come abbandono di
ripreso nel v. 15, a sottolineare con ossessiva insi- ciò che si possiede (tellus indica il mondo terreno in contrasto con l’oltretomba, ma
v. 13 frustra: anaforicamente
alla morte probabilmente allude anche alla proprietà terriera: sat. 2, 2, 129 propriae telluris erum),
stenza un altro motivo consolatorio: l’inutilità dei tentativi di sfuggire
fr. 10 N°; Prop. secondo un motivo topico: cfr. SoLon. fr. 24, 7 sg. W. = Turocn. 725 sg.; Prop.
(cfr. Simonin. fr. 24 P. è 3° ad ddvarog xixe xa tòv qufouayov; Eur.
3, 5, 13.
3, 18, 25 sgg.).
i mare tempe- vv. 21-22 domus — uxor: quasi un inventario dei beni che dovranno essere lasciati, in
v. 14 fractis — Hadriae: l'Adriatico indica convenzionalmente qualsias
che il mare dell’inf anzia riaffiori, quasi un trikolon segnato dal polisindeto: la necessità di lasciare la vita assume il carattere di
stoso (cfr. nota a 1, 16, 4), ma non è casuale
ancestra le quale è quella della una prescrizione ufficiale. Ma il tono ‘ burocratico’ non cancella, anzi fa sentire di più
per associazione di idee, in connessione con una paura
f + liquida, c, t.
morte. Si noti l'armonia imitativa del verso, data dal ricorrere di la nostalgia struggente per la vita, pur nella sobrietà di questi versi, che riecheggiano
6. Lucr. 3, 894 sgg. iam iam non domus accipiet te laeta neque uxor | optima, nec dulces occur
vv. 15-16 per autumn osm: sul nesso per autumnos cfr. nota a 2, 3,
— Austru rent oscula nati / praeripere... Le parole che Lucrezio fa pronunciare a un interlocutore
ma in
L'autunno è tradizionalmente una stagione insalubre (Hirpocr. aph. 3, 9), immaginario, portavoce di un’opinione opposta alla sua, Orazio le fa proprie, forse
(cfr. 3,
Italia lo è particolarmente, a causa dello scirocco, che favorisce la malaria non senza l’intenzione di rispondere all’epicureismo ortodosso del suo predecessore.
s sia
23, 5 sgg.; sat. 2, 6, 18 sg.; epist. 1, 7, 1 sgg.). Corporibus dipende sia da metuemu Placens equivale ad ‘amata’, come mihi places vuol dire ‘ti amo’ (cfr. epist. 1, 14,
da nocentem. 33; Tis. 2, 5, 51; Ov. met. 4, 228). Non credo ci sia un contrasto intenzionale con
sempre nelle descri-
vv. 17-18 ater — Cocytos: il Cocito, fiume infernale che compare le Danaidi, che sarebbe fuori luogo, e nemmeno che vi sia un’allusione alla fedeltà
Per l'epiteto ater cfr. Vero. Aen. di Elia Galla, moglie del Postumo properziano (cfr. introduzione): cfr. Prop. 3, 12,
zioni dell’oltretomba fin da Hom. Od. 10, 513 sg.
è nesso particolarmente 22 pendebit collo Galla pudica tuo.
6, 132 Cocytusque sinu labens circumwenit atro. Flumine languido
solo per trovarci di
espressivo: noi eviteremo sì i flutti turbolenti dell'Adriatico, ma
più di questa vv. 22-23 harum — cupressos: i cipressi sono odiosi perché collegati alla morte (cfr.
fronte alla torpida corrente del Cocito; « niente fa sentire l’oltretomba era sacro a Dite (Pun. nat. hist. 16, 140); i suoi rami
nota a 1, 34, 10). Il cipresso
eterna stanchezza » (La Penna).
venivano appesi alla porta di una casa a lutto (ibid. 16, 139; Paut. Fesr. 56 L.), e sugli
tranne Ipermestra, ucci-
vv. 18-19 Danai — infame: le cinquanta figlie di Danao, tutte altari e sulle pire nei funerali (Vero. Aen. 3, 63 sg.; Serv. Aen. 6, 216). Esso costi-
la notte delle nozze, e furono condannate tuisce dunque un tratto tipicamente romano (Pasquali). Harum è stato spesso spie-
sero i mariti, figli di Egitto e loro cugini,
2, 1, 3 sg. Ricor-

TTT
AroLton .
a riempire in eterno d’acqua brocche senza fondo: cfr. gato come un deittico atto a presentarci la scena (Orazio sarebbe nel giardino di Po-
1008 sgg. La fre-
rono spesso nelle rappresentazioni dell’oltretomba: cfr. Lucr. 3, stumo, probabilmente durante un convito); ma potrebbe contenere solo un riferi
3, 79 sg.; Prop.
quenza dei riferimenti al mito in poesia augustea (3, 11, 25 sgg.; Ts. 1, mento alla situazione presente, un tratto di concretezza per indicare l’oggi (cfr. nota
2, 31, 4; 4, 11, 27 sg.; Ov. am. 2, 2, 4; her. 14; ars 1, 73 sg.; trist. 3, 1, 59 spg.) è a 2, 11, 13 sg.)
raffigur ato nel portico del tempio di
stata spiegata, fra l’altro, col fatto che esso era
Augusto sul Palatino. v. 24 brevem dominum: quasi un ossimoro, che vede accostato il concetto della
brevità della vita (per brevis cfr. 1, 36, 16; 2, 3, 13) a quello della proprietà, del pos-
vv. 19-20 damnat us : Sisifo, fondatore di Corinto, figlio di Eolo e nipote
— laboris sesso giuridico.
dove Zeus aveva nascosto la figlia, Egina, dopo averla ra-
di Elleno, rivelò ad Esopo
avrebbe oltraggiato v. 25 heres: la figura dell’erede che aspetta la morte del parente per usufruire dei
pita (Arorron. 1, 7, 3; 3, 12, 6; secondo Hycin. fab. 60, invece,
di un monte un beni di questi è comune nella letteratura latina, fin da Praur. Mil. 705 sgg. Ricorre
la figlia del fratello); condannato a spingere in eterno verso la cima
sempre giù, compare nelle descrizioni dell’oltretomba fin da frequentemente in Orazio: cfr. nota a 2, 3, 20.
masso che riprecipita
altro tratto di solennità, cfr. Hom. Il. 6,
How. Od. 11, 593 sgg. Per il patronimico,
Longi laboris (in cui longus è eufemi- Caecuba: cfr. nota a 1, 20, 9.
154 e, in Arc. 38 A, 5 L.-P., Zloupog AioMSac.
Odi II 14, 26 — 15, 4 693
692 © Orazio ©

considerata una espressione di luxuria, foriera di decadenza morale e di discordie so-


dignior: è qui implicito l’invito a godere di ciò che si possiede; una variatio rispetto ciali, si era trovata al centro della polemica condotta da Catone, specialmente nel de
2,
al classico invito a bere, che ricorre in analoghi contesti parenetici (cfr. 1,9, 7; 173-175; Ger. 24, 1; PLur. Cato mai. 4, 4 sgg.), dell'attacco mo-
à più sumptu suo (ORF4
3, 13), e che è formulato indirettamente (l’erede che userà il vino si dimostrer ralistico di Sallustio (Catil. 12, 3; 13, 1; 20, 11 sg.), e non era sfuggita alla riflessione
degno di possederlo). (off. 1, 138 sg.; Flacc. 28 etc.). L'ideologia augustea racco-
etico-politica di Cicerone
v. 26 centum: indefinito iperbolico. glie questa tendenza culturale, cadendo però in una contraddizione: da un lato infatti
2, 105 essa promuove l'edilizia come strumento di propaganda finalizzato alla maiestas im-
v. 27 tinguet pavimentum: segno di spreco e di dissipazione: cfr. Cic. Phil. di arcaica semplicità da contrapporre al
perii, dall’altro recupera il modello catoniano
natabant pavimenta vino, madebant parietes; Virruv. 7, 4, 5 ita conviviis eorum et, quod cioè la publica magnificentia e combatte
es. .. dilagare dei consumi e del lusso, incoraggia
poculis et pytismatis effunditur, simul cadit siccescitque, quique versantur ibi ministrant 76). È in questa
la privata luxuria, per usare una nota espressione ciceroniana (Muren.
non recipiunt frigus ab eiusmodi genere pavimenti; PETRON. 38, 15. tendenza culturale che va collocata la nostra ode, uno svolgimento gnomico—politico,
senso,
superbo: riferito a mero, superbo, che è lezione dei codici poziori, dà ottimo che sembra il miglior commento alla massima odit populus Romanus privatam luxuriam,
pregiati, e quindi giustamen te ‘ orgo- publicam magnificentiam diligit. Come tutta la cultura augustea, quest’ode non mette a
in quanto si tratta del Cecubo, uno dei vini più
6, 14 sg.). Ma è stata vista nudo però la contraddizione interna a tale atteggiamento: qual è infatti il confine fra
glioso ’ della sua qualità (per simili personificazioni cfr. 2,
aggettivi, su-
una difficoltà nel fatto che mero risulterebbe connotato insieme da due publica magnificentia e privata luxuria? Il fatto poi che la polemica contro l’edilizia
perbo e potiore, e sono stati pertanto preferiti superbum o superbus di alcuni deteriori, privata sfruttasse topoi diatribici (cfr. Muson. Rur. 19, p. 109 Hense) o dell’oratoria
riferibili rispettivamente a pavimentum e a heres. Si aggiunga la congettura superbis, (cfr. Demosra. Olynth. 3, 25; Aristocrat. 23, 207 sgg.) non significa che questa sia una
con riferimento a cenis. ode diatribica. i
spie- La struttura è bipartita, e la cesura fra le due parti cade all’interno del v. 10: da
v. 28 pontificum — cenis: il comparativo si lega per asindeto a superbo, a mo’ di un lato la situazione attuale, presentata polemicamente, dall'altro la rievocazione idea-
gazione. Il vino è considerato superiore a quello che si beve nelle cene dei pontefici;
di lizzata del passato. i
ma, per comparatio compendiaria, è paragonato alle cene stesse. Sulla magnificenza
tali cene cfr. Macr. Sat. 3, 13, 11. Metro: strofe alcaica.

vv. 1-2 iam —relinquent: la polemica assume la forma di una profezia. Regiae ha
qui il significato di regales, e suggerisce l’idea di uno sfarzo orientale (cfr. 3, 30, 2
15 regalique situ; ars 65 regis opus).
COMMAGER, 85 sgp.
vv. 2-3 undique — visentur: l’immagine di una città che si allarga e si moltiplica a
vista d'occhio, simile a quella che ci dà Vrrruv. 2, 8, 17. Latius va riferito a extenta,
Quest'ode non ha destinatario, ma presuppone un pubblico costituito dall’intera
non, come spiegava Porfirione, a visentur.
comunità dei cittadini, come nel caso di altre liriche di contenuto civile. Non pre-

nn
anno
senta indizi cronologici, ma un terminus post quem può essere fissato nel 28 a.C., vv. 3-4 Lucrino — lacu: riferimento ai cosiddetti piscinarii, di cui parlano VARR. rust.
in cui il Senato incaricò Ottaviano di restaurare i templi di Roma. Nei versi finali 3, 17, 5 e Cic. Att. 1, 19, 6: si tratta di grandi acquari che, con immagine iperbolica,
sembra di poter cogliere un riferimento a tale delibera del Senato, e l'ode potrebbe Orazio prevede saranno presto più estesi del lago Lucrino, che, antistante il lago
porsi come un incoraggiamento all’opera di rinnovamento edilizio e urbanistico intra- Averno, era molto pescoso (cfr. StrAB. 5, 4, 6). Secondo uno schema di pensiero
presa da Ottaviano. Tale tentativo di dare impulso all’edilizia pubblica, sacra e pro- topico, il lusso, legato alla dimensione dell’artificiale e del ludico, è presentato come
fana, voleva contrapporsi alla sfrenata edilizia privata che si era selvaggiamente svi- una violazione delle leggi di natura.
luppata soprattutto nel corso del I a.C.; dunque, la polemica condotta in quest’ode

IMA
v. 4 platanus...caelebs: il platano è simbolo di lusso, perché era stato introdotto
x
augue
contro il lusso delle ville dei privati sposa un motivo importante dell’ideologia
importanz a nella cultura elaborata dall'Oriente in Italia nel I a.C. a puro scopo esornativo (cfr. PLin. nat. hist. 12, 6);
stea, e, più in generale, illustra un tema di centrale
si trovava spesso nelle ville dei ricchi, che amavano innaffiarlo con il vino (cfr. Ov.
dai ceti dirigenti romani almeno dalla fine del secolo precedente. La aedificatio privata,
Odi II 15, 5 — 16 695
694 Orazio

vv. 15-16 opacam...Arcton: audace metonimia per indicare il fresco del Setten-
rem. 141; Macr. Sat. 3, 13, 3). L’epiteto caelebs si riferisce al fatto che il platano non
trione. Per Arcton cfr. nota a 1, 26, 3; per opacum cfr. Ver. ecl. 1, 52 frigus captabis
dà frutti (cfr. Vero. georg, 2, 70 steriles platani; ps.-Ov. nux 17 platanis sterilem prae-
opacum. Tale maniera di orientare gli ambienti è condannata anche da VARR. rust. 1,
bentibus umbram) ed è usato spesso a proposito degli alberi, anche come termine scien-
13, 7 e da Sen. exe. contr. 5, 5, mentre ne raccomanda la pratica VirRUv. 6, 1, 2;
tifico (cfr. Pin. nat. hist. 17, 204 arborem...caelibem), ma qui inevitabilmente sugge-
risce l’idea dell’'improduttività del lusso. 6, 6, 4.

allo sterile platano si contrappone l’ulmus marita (l’epiteto è tradizio- v. 17 fortuitum...caespitem: il materiale di costruzione più semplice, che è facile
v. 5 ulmos:
nale: cfr. per es. Quint. inst. 8, 3, 8 sterilem platanum tonsasque myrtos quam maritam trovare per caso: cfr. Vero. ecl. 1, 68 tuguri congestum caespite culmen;. SEN. epist. 8,
ulmum...praeoptaverim?). Sulle qualità dell’olmo, buon sostegno per la vite, cfr. 5. Per fortuitus cfr. Sen. epist. 90, 8 parum...erat fortuitis tegi; PETRON. 135, 8 v. 9
Varr. rust. 1, 15. fortuitoque luto.

vv.-5-8 violaria — priori: un aspetto particolare della polemica contro il lusso è la v. 18 oppida: secondo alcuni, plurale poetico in riferimento alla sola città di Roma;
condanna dei giardini artificiali, pieni di piante decorative ma improduttive, che più probabilmente, indica le cittadelle fortificate (Var. ling. 5, 141), anche al di fuori
rischiavano di sostituire le colture della vite e dell’olivo: cfr. la condanna espressa di Roma, le più monumentali costruzioni dell’Italia primitiva: cfr. VeRG. georg. 2, 156
in quegli stessi anni dallo stoico Papirio Fabiano (in Sen. contr. 2, 1, 13), e inoltre tot congesta manu praeruptis oppida saxis.

Var. rust. 1, 23, 4 e il già citato passo di Quintiliano (an ego fundum cultiorem putem v. 20 novo...saxo: secondo alcuni, si riferisce alla pietra tagliata recentemente dal
in quo mihi quis ostenderit lilia et violas et anemonas sponte surgentes quam ubi plena messis masso, secondo altri a una pietra nuova, mai vista prima, che potrebbe essere il mar-
aut graves fructu vites erunt?). Nel clima ideologico augusteo, tale polemica si combi- mo. In effetti, il riferimento finale è ormai, sia pur implicitamente, al programma
nava perfettamente con la propaganda finalizzata alla ripresa dell’agricoltura. edilizio augusteo, all’interno del quale il marmo ebbe un ruolo importante: cfr. SuET.
Aug. 28, 3 urbem...marmoream se relinquere quam latericiam accepisset.
v. 6 narium con ardita metonimia, indica i profumi delle piante odorose (cfr. VaRrR.
Men. 511 Ast. hic narium seplasiae).
v.9 spissa laurea: l’alloro, comune nei giardini eleganti (cfr. Pim. nat. hist. 15, 16
130 sgg.), forniva molta ombra: cfr. Vere. georg. 2, 18 sg. etiam Parnasia laurus | parva
sub ingenti matris se subicit umbra; Prin. nat. hist. 17, 88.
G. Frienrica, Q. Horatius Flaccus. Philologische Untersuchungen, Leipzig 1894,
v. 10 Romuli: a Romolo veniva attribuita l'introduzione delle distribuzioni di due 188 sgg.; K. LATTE, « Philologus » 90, 1935, 294 sgg. (= KI. Schr. 876 sgg.); K. Bar-
iugera di terreno (Var. rust. 1, 10, 2; Cic. rep. 2, 26); ma, più genericamente, il mi- wick, « Rhein. Mus, » 93, 1950, 249 sgg.; FRAENKEL, 211 sgg.; POscHL, 118 sge.; K.
tico fondatore di Roma rappresenta qui la semplicità arcaica dei mores quiritari: cfr. Bicuner, Humanitas Romana, 1957, 176 sgg.; H. WomsLE, « Amer. Journ. Philol. »

ti
Vere. georg. 2, 532 sg. hanc olim veteres vitam coluere Sabini, / hanc Remus et frater. 88, 1967, 385 sgg.; W.-L. LiEBERMANN, « Latomus » 30, 1971, 294 sgg.
v. 11 intonsi Catonis: M. Porcio Catone, console nel 195 a.C., censore nel 184,
Destinatario di quest'ode è Pompeo Grosfo, un ricco proprietario terriero sici-

Vidia
promotore di una serie di leggi suntuarie (cfr. introduzione). Per intonsi cfr, nota a
1, 12, 41. liano (come si ricava dai vv. 33 sgg.), che è lo stesso che Orazio raccomanderà in
epist. 1, 12, 22 sg. a Iccio, amministratore dei latifondi di Agrippa in Sicilia. Ai fini
v. 13 census era la stima dei beni valutati dal censore, al fine di assegnare ogni cit- dello svolgimento dell’ode il personaggio non ha un peso rilevante; importa solo il
tadino a una classe fiscale. Per brevis cfr. epist. 1, 7, 56 tenui censu. i fatto che sia ricco, e che, in quanto tale, ben gli si addica il messaggio contenuto nel-
l'ode, che si definisce comunque come un insieme di riflessioni gnomiche di carat-
v. 14 decempedis: misura agraria di dieci piedi: cfr. Cic. Mil. 74 cum architectis et
tere universale.
decempedis villas multorum hortosque peragrabat.
Un indizio cronologico può essere rappresentato dall’accenno ai Traci bellicosi
v. 15 privatis: il contrasto con publico del v. 18 scolpisce la contrapposizione fra nel v. 5, che potrebbe essere una notazione generica (cfr. nota ad l.), ma potrebbe
portarci a una data anteriore al luglio del 27 a.C., quando Marco Licinio Crasso pro-
edilizia pubblica e privata (cfr. introduzione).
. Orazio Odi II 16, 1-13 697
696

v. 1 divos rogat: ma non è invocando gli dei che si ottiene l’otium: cfr. EricuR.
<

console trionfò su di essi (CIL I° p. 50), e quindi agli anni 29-28, in cui si svolsero
le operazioni militari (Cass. Dio. 51, 23-26). Gnomol. Vat. 65 udrabv tor mapd Sediv alrelota d mie tauto yopyyficat ixavég Éori.
La struttura è molto elaborata (cfr. Barwick): vi si individuano cinque coppie v. 2 prensus Aegaeo: l’Egeo veniva accostato da una etimologia diffusa ad alylc
strofiche (vv. 1-8 l’otium; vv. 9-16 il tema della vita parca; vv. 17-24 la smania dei (« tempesta »); cfr. anche 3, 29, 63 Aegaeos tumultus. Qui indica un qualsiasi mare
viaggi; vv. 25-32 necessità di non curarsi del domani; vv. 33-40 contrasto fra la con-
tempestoso (cfr. nota a 1, 1, 13). Prensus sostituisce il termine tecnico deprehensus
dizione del poeta e quella del suo destinatario), ciascuna delle quali è legata alla pre- (Serv. Dan. georg. 4, 420 verbum proprie nauticum cum tempestate occupantur): cfr.
cedente da un contrasto contenutistico che vede alternarsi smania e serenità. Le con-
siderazioni sulla struttura, assieme ad altri argomenti, inducono a pronunciarsi per i Lucr. 6, 429; CaruLt. 25, 13.

l'autenticità della sesta strofe, espunta da alcuni editori (cfr. commento). v. 5 otium ripete l’inizio del v. 1 ed è ripreso nel verso successivo, con triplice ana-
fora come in Catutt, 51, 13 sgg. (cfr. introduzione).
L'elogio dell’otium rinvia a uno dei temi centrali della filosofia epicurea, quello
dell’atarassia. Lo svolgimento dell’ode è quasi un’illustrazione in forma poetica di — Thrace:
bello per la possibile attualità del riferimento cfr. introduzione.
concetti esposti nei testi epicurei: cfr. Gnomol. Vat. 81 oò Abe Thv Tic Vuyfic TapayiN;
v. 6 Medi — decori: i Parti (cfr. nota a 1, 2, 22). Per l’espressione cfr. VERG. georg.
dt riv dEddoyov droyevià yapdv otte mAodTog drdpytv 6 psytotog od’ Î tap toi
moMoic iui al repihepig ob dio ar Tv mapà Td ddioplorove alrixg (« non scio- 4, 290 pharetratae. . . Persidis.
glie l’afanno dell’anima e non procura la vera gioia dello spirito l’avere a disposi- v. 7 gemmis: probabilmente il riferimento non è, come vogliono alcuni, alle mitiche
zione i più grandi beni né l'onore e la considerazione di cui si gode presso la folla ricchezze dei Medi e allo splendore dei guerrieri persiani. Il discorso riguarda un
né qualsiasi altra cosa che sia in rapporto con cause non ben determinate »); cfr. altro genere di vita: dopo il mercante e il soldato, l'accumulo di ricchezze sottintende
anche Droc. OznoaND. fr. 24, col. II 5 sgg. Grilli. Ma l’intelaiatura concettuale epi” il piroyehuatos Bios (cfr. 1, 1, 9 sgg.), e questo riferimento segna il passaggio alla
curea si concreta di un’esperienza culturale, letteraria e umana che rinvia alla realtà strofe successiva. Per venale diviso fra due versi cfr. nota a 1, 2, 19 sg. (tale partico»
romana in cui Orazio vive. È proprio della sua età quel sentimento di insoddisfazione larità metrica potrebbe essere indizio di datazione alta).
ansiosa che non trova pace, quel taedium vitae simile allo spleen e alla ‘noia’ della
che Lucrezio aveva descritto alla fine del libro IIl del de rerum vv. 9-12 non volantis: la strofe illustra il concetto epicureo di Gnomol. Vat. 81
esperienza moderna,
(cfr. introduzione) e di Lucr. 2, 37 sgg., con cui mostra anche affinità formali: qua-
natura; è Lucrezio, riecheggiato in non pochi punti (cfr. note di commento), il mo-
nil nostro in corpore gazae | proficiunt neque nobilitas nec gloria regni, /
dello poetico di Orazio in quest’ode. E non manca un rapporto di aemulatio, mani-
propter quoniam
Catullo: quod superest, animo quoque nil prodesse putandum.
festato attraverso l’allusività, nei confronti dell'ultima strofe del c. 51 di
gestis; | otium et reges prius er
otium, Catulle, tibi molestum est, | otio exultas nimiumque v. 9 gazae: cfr. nota a 1, 29, 2.
beatas | perdidit urbes. Alla condanna catulliana di un otium che sembra identificarsi
v. 10 submovet: termine tecnico per indicare i littori che fanno scostare la folla al
con la rpupf) ellenistica, fattore di infiacchimento e di decadenza morale, Orazio ri-
soltanto dell’epicureo, ma an- passaggio del magistrato: cfr. Liv. 3, 48, 3 <i>... lictor, submove turbam.
sponde con un elogio dell’otium: la sua è la voce non
che di tutta una generazione che ha imparato ad apprezzare la tranquillità e la pace vv. 11-12 curas...volantis: gli affanni sono materializzati e assimilati a mostri alati,
dell’otium (Fraenkel); e, aggiungiamo, il punto di vista di chi ha trovato nella poesia secondo un’immagine tradizionale, che appare già in Tueocn. 729 sg. gpovrldeg
e
la tranquillità e l’autosufficienza del saggio, sulla base di quell’identità fra poesia dvdpdirtv Biayov rTEpÀ rmouiN° Eyovoa / upéuevor puyiig sivexa xo Brorov.
saggezza su cui altrove abbiamo richiamato l’attenzione (cfr. introduzione a 1, 22).
Metro: strofe saffica. laqueata ...tecta: i soffitti a cassettoni sono simbolo di lusso sfarzoso: cfr. ENN.
scaen. 94 sgg. V? vidi ego te adstante ope barbarica | tectis caelatis laqueatis | auro ebore
nautis: la parola-chiave di tutta l’ode è collocata enfaticamente al regifice; Lucr. 2, 28 (all’interno del passo che Orazio ricorda in tutta
<
— um
vv. 1-4 oti instructam
verso. Per il concetto cfr. introduzione. Nella prima strofe e in la strofe) nec citharae reboant laqueata aurataque templa.
l’inizio del primo
a 1, 1)
quella successiva Orazio trae dalla galleria dei Lebensbilder (cfr. introduzione
a, specialme nte in quella diatribica , il v. 13 vivitur-— cui: l’impersonale (cfr. PLauT. Trin. 65 ut diu vivitur, bene vivitur) sot-
due tipi di vita molto comuni nella letteratur
16 sg.). tolinea efficacemente il carattere sentenzioso dell’affermazione. Per cui come equiva-
navigante e il soldato (uniti anche in 1, 1, 15 sgg. e in 2, 13,
698 Orazio Odi Il 16, 13-27 699

x
lente a si cui (0 ei cui) cfr. 3, 16, 43 bene est, cui deus obtulit. Il concetto è topico: cfr. ternare ’). Patriae exsul è costruzione grecizzante: cfr. THEOCR. 24, 129 quyàs “Apys0c
Epicur. frr. 459-477 Us.; Gnomol. Vat, 25; Lucr. 5, 1118 sg. (con genitivo di privazione).

vv. 13-14 paternum — salinum: essendo il sale il condimento dell’uomo povero, la vv. 21-24 scandit— Euro: la strofe è ritenuta spuria da alcuni editori. Il principale
saliera è simbolo di frugalità (cfr. sat. 1, 3, 14; 2, 2, 17; Pim. nat. hist. 31, 89). An- argomento addotto contro l’autenticità è che essa non legherebbe con i versi prece
che i più severi moralisti concedono il possesso di una saliera d’argento (cfr. VAL. denti, poiché nei vv, 19 sg. si parla di un privato, nei vv. 21 sg. invece, analogamente
a quanto avviene in Lucr. 2, 40 sgg. da cui il passo indubbiamente deriva, si parla
Max. 4, 4, 3; Liv. 26, 36, 6) quale è quella cui si riferisce Orazio (come si ricava da
x
splendet). Paternum sottolinea l’assenza di spreco, poiché la saliera è stata ereditata di apparati militari, ossia di navi da guerra e di ali di cavalleria. A ciò si è obiettato
dal padre; ma suggerisce anche l’idea della frugalità dei maiores. Tenui è aggettivo che: 1) aeratas navis non indica necessariamente navi da guerra, come tali munite di
rostri di bronzo (può trattarsi di navi per passeggeri abbellite da ornamenti di bronzo
emblematico di un tenore di vita improntato alla semplicità: cfr. sat. 2, 2, 53 sg.; 2;
2, 70; Cic. Tusc. 5, 89 (su Epicuro) hic vero ibse quam parvo est contentus. Nemo de o munite di rostri a difesa contro i pirati), e turmas equitum non indica necessaria-
tenui victu plura dixit. mente ali di cavalleria (può trattarsi di squadroni di cavalieri impegnati in parate);
2) pur intendendo deratas navis come navi da guerra e turmas equitum come ali di
v. 15 levis somnos: i sonni tranquilli dei poveri sono tradizionalmente contrap- cavalleria, non è necessario pensare l’uomo insoddisfatto su una nave da guerra o
posti all’insonnia dei ricchi e dei potenti: cfr. 3, 1, 21 sg.; epist. 1, 10, 18; EPicuR. nel mezzo di un'ala di cavalleria: il senso può essere che, se le navi da guerra e le ali
fr. 126 Arr. xpetocov SE cor Pappeiv Eri omifàdoc xataxeevo ) TupatTECdAL YpUoTv di cavalleria, che pure sono i deterrenti più forti (così in Lucr. 2, 40 sgg., dove però
Eyovri xAlvnv xal soXuteAt) tpdrtetav. si parla di milizie terrestri) e veloci, non riescono a tener lontane le Curae, ancor
meno vi riusciranno altri espedienti. Quest'ultima sembra essere l’interpretazione più
vv. 15-16 timor— sordidus: paura e desiderio insano (brama, avidità) sono spesso
plausibile. Non costituisce argomento valido contro l’autenticità l'analogia dei versi
combinati: cfr. Ericur. fr. 238 Arr. 7 ydp tà géBov mie xaxodaovei 7) dl dbprotov
incriminati con 3, 1, 37-40: Orazio può benissimo essersi ripetuto (cfr., per es., 3,
xad xeviv tmduplav; Lucr. 6, 25. Cupido è sempre maschile in Orazio; sordidus si
25, 20 e 4, 8, 33). E ancora giova osservare che, a differenza di quanto accade per
riferisce allo squallido tenore di vita che l’avidità, generando avarizia, porta con sé,
altri versi di autenticità sospetta (3, 11, 17-20), la strofe appare linguisticamente e
e che si oppone all’ideale di una frugalità tenuis: sat. 2, 2, 53 sg. sordidus a tenui victu
stilisticamente ineccepibile, anzi è, si può dire, tra le più belle dell’ode.
distabit, Ofello | iudice.
v. 21 aeratas: dal rostro di bronzo: cfr. Pin. nat. hist, 32, 3 rostra illa aere ferroque
vv. 17-18 brevi — multa: alla tranquillità di una vita modesta e contenta di poco si
ad ictus armata.
oppone il tormento ansioso di chi vive facendo progetti per il futuro, dimenticando
che la vita è breve (brevi aevo è, come spatio brevi di 1, 11, 6, un ablativo difficile da vitiosa: cfr. epist. 1, 1, 85 vitiosa libido; Cic. Tusc. 4, 14 perturbationes. . .vitiosae. Ma,
definire, per alcuni temporale, per altri ablativo assoluto con valore concessivo). Il accostato ad deratas, l’aggettivo suggerisce l’idea della ruggine che corrode il bronzo,
concetto è lo stesso di 1, 4, 15; di 1, 11, 7; di 2, 11, 11 sg. (cfr. le relative note). assimilando le ansie ad un tarlo che logora la mente.
Iaculamur è tratto dalla sfera semantica dell’atletica (cfr. Pixp. Nem. 9, 55; Isthm. 2,
v. 23 agente nimbos: immagine solenne, proveniente dal registro epico: cfr. Hom.
35 sgg.); alcuni interpreti vi colgono un gioco di parole col nome del destinatario, Il. 5, 525 sg.; 11, 305 sg.; 12, 157. Si ricordi l'assimilazione poetica delle nubi agli
poiché yp6ogoc = iaculum (PoLyB. 6, 22, 4; STRAB. 4, 4, 3).
affanni (cfr. 1, 7, 15).
vv. 18-20 terras— fugit: il tema, a noi ben noto attraverso la riflessione morale v. 24 ocior Euro: similitudine epica: cfr. Vero. Aen. 8, 223; 12, 733. Ocior ha il
stoica ed epicurea, dell’irrequietezza legata all’insoddisfazione (altrove, in epist. 1, 11, significato di ‘ più veloce’, come in sat. 1, 9, 9.
Orazio la chiamerà strenua inertia), che ci porta a cambiare continuamente luogo, in vv. 25-26 laetus
— curare: èx il concetto epicureo, frequente in Orazio, della neces-
una fuga che in realtà è fuga da noi stessi: cfr. sat. 2, 7, 111 sgg.; epist. 1, 11, 27 sità di vivere il presente senza curarsi del futuro: cfr. introduzione a 1, 9 e a 1, 11.
caelum, non animum mutant qui trans mare currunt; Lucr. 3, 1068 sg. hoc se quisque
vv. 26-27 amara — risu: la metafora della mescolanza è tratta dal campo delle imma-
modo fugitat, quem scilicet ut fit | effugere haud potis est; Sen. epist. 28, 2 quaeris quare
gini relative al bere: cfr. nota a 1, 20, 11. Per lento (che non va emendato) cfr. Cic.
te fuga ista non adiuvet? tecum fugis (cfr. introduzione). Per la costruzione di mutamus
de orat. 2, 279 ridiculi genus patientis ac lenti.
cfr. nota a 1, 17, 2 (ma secondo alcuni il verbo ha qui il significato assoluto di ‘ al-
Odi II 16, 27 - 17 701
700 Orazio

re
sull’inesistenza di una felicità Graiae...Camenae: uno degli audaci nessi (cfr. nota a 1, 1, 35) attraverso cui Orazio
vv. 27-28 il
— beatum:
nih aforisma molto comune
tori ravéàBioc; BaccHyL. 5, 53 sg. où esprime la sua concezione di un’unità poetica greca e romana. Camena è il nome della
assoluta: cfr. THEoGN. 441 oùdele yàp dvi”
do mie eruydovicv / ndvra yeddaiuev pu; Eur. frr. 45; 661 N°; Pip. OI. 7, 94 sg.;
Musa in Livio Andronico e in Nevio.

sini
Pyth. 3, 86 sgg.; Nem. 7, 55 sg.; Isthm. 3, 18; Heronor. 1, 32, 8. v. 39 Parca — mendax: la Parca non può ingannare, non solo perché è in sé infalli-
senectus: la gnome, secondo la tradizione della lirica arcaica, è bile (cfr. carm. saec. 25 veraces...Parcae), ma perché Orazio, con la sua scelta di sag-
vv. 29-30 abst—ulit
gezza, si èx sottratto ai giochi bizzarri della sorte: cfr. Ericur. fr. 210 Arr. ...cogla
illustrata da due exempla mitici di felicità non assoluta: da un lato la gloria, ma a
patto di una morte precoce (Achille: cfr. Hom. Il. 9, 412 sgg.), dall'altro l’immor- SÈ oddauéic Toyn xovewvet.
talità, ma a prezzo di una eterna vecchiaia (Titono: cfr. hymn. Ven. 218 sg.; 1, 28, 8
vv. 39-40 malignum — vulgus: concetto simile a quello espresso alla fine di 1, 1 (cfr.
e nota). nota a 1, 1, 32): la solitudine del poeta, che evita il contatto con il volgo e con i gusti
vv. 33-34 greges — vaccae: secondo alcuni un’endiadi (« mandre di vacche »: cfr. epod. grossolani di questo.
altri riferimento a un gregge di pecore e ad
2, 11 sg. mugientium.. .greges), secondo
una mandria di vacche (cfr. Vero. Aen. 7, 538 sg. quinque greges illi balantum, quina
redibant | armenta). Centum è un indefinito iperbolico. 17
v. 34 tibi: l’anafora con poliptoto del pronome di seconda persona rinvia allo stile
elevato (così pure l’anastrofe di circum nel v. 33). F. OLivier, in Mélanges Gilliard, Lausanne 1944, 24 sgg. (= Essais 1963, 267
per tirare il cocchio e per la sgg.); F. Bolt, Kleine Schriften zur Sternkunde des Altertums, 1950, 115 sgg.; FRAENKEL,
— equa:
v. 35 apta le cavalle erano preferite ai maschi
216 sgg.; D.R. Dicks, « Hermes» 91, 1963, 70 sgg.; Carrns, 222 sg.; E.A. Mc Der-
corda: cfr. Vero. georg. 1, 59. In particolare, per le cavalle siciliane cfr. Cic. Verr.
MOTT, « Hermes » 110, 1982, 211 sgg.; L. Vorr, « Gymnasium » 89, 1982, 479 sgg.;
2, 2, 20; Vee. mulom. 3, 6, 4.
P.J. Connor, « Latomus » 44, 1985, 836 seg.
vv. 35-36 bis=tinctae: i tessuti tinti due volte di porpora, detti perciò dibapha
(« immersi due volte »): cfr. epod. 12, 21; Cic, Att. 2, 9, 2; Pin. nat. hist. 9, 135 sgg. Dedicata a Mecenate, quest'ode prende lo spunto da una recente malattia di
3, 58) indi-
I tessuti tinti con la porpora africana (su cui cfr. epist. 2, 2, 181; Tis. 2, questi, la stessa di cui si parla in 1, 20 (cfr. introduzione), e che qui viene presentata
cano un genere di lusso; forse alludono anche a un interesse per l’artigiana to tessile come contemporanea all'incidente della caduta dell’albero capitato a Orazio, che si
ma non all’angustu s cla-
che Grosfo coltivava in Sicilia (su cui cfr. Cic. Verr. 4, 59), può datare nel 30-29 circa (cfr. introduzione a 2, 13). A questa stessa data risale
e-
vus, la striscia di porpora dell’eques (l'informazione che ci dà Porfirione sull’appart probabilmente l’ode, che ha una struttura bipartita: nei vv. 1-16 il poeta dichiara
v. 22 turmas
nenza di Grosfo all’ordo equester sembra un autoschediasma ricavato dal il suo impegno a seguire Mecenate nella morte, mentre i vv. 17-32 contengono la
equitum). dimostrazione su basi astrologiche del loro comune destino.
della scelta di Ha suscitato perplessità la seconda parte dell’ode, che assegna ampio spazio a
v. 37 mihi: il pronome di prima persona segna la contrapposizione

(bm
in 1, 1, 29 (cfr. nota). quelle credenze astrologiche che erano molto diffuse nell’età di Orazio, ma che questi
vita operata dal poeta agli altri ffo, come
mostra altrove di rifiutare (cfr. 1, 11, 2 sg. e nota): si è pensato a un intento ironico
parva rura: al concetto epicureo si sovrappongono reminiscenze liriche: cfr. Pimp. (Boll, McDermott), che però striderebbe notevolmente con il pathos e la serietà del-
od foéiv Tapeoti c0-
. ,

paean. 4, 51 sgg. Sn.-M. e, soprattutto, Baccuyt. fr. 21 Sn.-M. l'ode, o che qui il poeta riveli una certa propensione a credere nell’astrologia (Dicks),
par, obte ypuods, / oÙTE Toppbpsor Tartntes, / Aia Bvpdg edpevie, / Moboà te yYAvxela ...
L land L Lod
3 x x ,
d
ma con ciò contrasta il fatto che, come rivelano i vv. 17 sgg., egli non conosceva nem-
6, 29; Vere. meno il proprio oroscopo. Più probabile che, come pensa Fraenkel, fosse Mecenate
v. 38 spiritum...tenuem: per spiritus nel senso di ‘ispirazione’ cfr. 4,

nu
valutazio ne di poetica, la preferenza a coltivare credenze del genere, e che Orazio cerchi di confortare l’amico con argo-
ecl. 4, 54; Prop. 3, 17, 40. Tenuem implica una
riprende l’espres- menti che potevano risultare per quello persuasivi, o che, semplicemente, la cornice
per il Aertéy callimacheo (cfr. nota a 1, 6, 9), ma nello stesso tempo
pro- astrologica sia solo una metafora (La Penna), dettata da una moda del tempo, pet
sione del v. 14 in mensa tenui. L'aggettivo si pone così come termine-chiave del

bi
definire un’amicizia che le leggi del più rigido fatalismo rendono indissolubile.
gramma oraziano di vita e di poesia.
Odi II 17, 1-16 703
702 Orazio

un peso v. 10 dixî sacramentum: espressione carica di allusività: da un lato, essendo ter-


L'ode è fra quelle sulle quali la figura del destinatario sembra aver avuto mine del linguaggio militare per indicare il giuramento del soldato al proprio coman-
, sulla sua ipocon-
maggiore, e costituisce una testimonianza sul carattere di Mecenate dante (cfr. Cars, civ. 1, 23, 5; 2, 28, 2), assegna all’amicizia di Orazio per Mecenate
fonti (cfr. QuinT. inst. 9, 4, 28; SEN. epist. 101,
dria, che è a noi nota anche da altre un carattere di ufficialità che sfiora i doveri della militanza o la fedeltà del cliens
10 sg.) e che aveva fornito il tema anche a suoi componimenti poetici (cfr. fr. 4
verso il patronus (cfr. nota a 1, 1, 2); dall’altro, fa pensare a particolari atti di devo-
Biichn.). zione, in uso presso le popolazioni galliche e spagnole, consistenti nel suicidio del
Metro: strofe alcaica. soldato alla morte del comandante (cfr, Cars. Gall. 3, 22, 1 sgg.; Salt. hist. 1, fr. 125
M.; Var. Max. 2, 6, 11; PLur. Sert. 14, 4 sg.), ma di cui esistevano tracce nella men-
ed insieme un invito,
v. 1 cur—exanimas: più che una domanda è un rimprovero, talità romana (cfr. l'episodio narrato da Cass. Dio. 53, 20). Secondo alcuni, poi, c’è
uno dei possibili modi di rivolgersi
ma, soprattutto, una variante della forma quaeris, un’allusione alla coniuratio Italiae del 32 a.C., il grande giuramento dell’Italia ad
14, 5 occidis saepe
al destinatario. Exanimas riprende espressioni colloquiali come epod. Ottaviano.
enicas? Ma alla
rogando; Praur. Men. 922 occidis fabulans; Ter. Andr. 660 quor me
v. 5. ibimus ibimus: il tono è solenne (cfr. 1, 7, 26 ibimus, o socii comitesque) ed insieme
scelta del termine è sotteso un gioco di parole con animae meae del
ricco di affettività (si veda la geminatio di ibimus).
omerismo: cfr. Il. 2, 116 Aù peme.. «piiov siva; Od. 13, 145 ghàov
v. 2 dis- mihi:
Emheto duuo. vv. 11-12 supremum— parati: il topos del ‘viaggio in capo al mondo’ (cfr. introdu-
espresso in 1, 1, 2 praesidium et zione a 2, 6) viene esteso all’oltretomba.
vv. 3-4 — rerum:
mearum variazione del concetto
elevata (cfr.
dulce decus meum (cfr. nota), con una solennità data da columen, dizione v. 13 Chimaerae — igneae: sulla Chimera cfr. nota a 1, 27, 24. Per il suo vomitare
Peleu), che forse deriva da una metafora enniana
Catutt. 64, 26 Thessaliae columen, fuoco (igneae è riferito per enallage alla Chimera anziché a spiritus) cfr. Hom. Il. 6,
(Fraenkel). 182 Servòv drtorvetovoa rupde uévoc atdopevoro; Hes. theog. 319 Xiuopav rveovaav
conferisce un tono emozionale raro in Orazio: cfr. nota a 1, duouduerov ip. Qui è presentata come un mostro dell’oltretomba, secondo una
v. 5 a: l'interiezione
27, 18. L'espressione trabocca di affettività. tradizione attestata anche in Vero. Aen. 6, 288; Lucian. dial. mort. 24 (30), 1.

partem animae: cfr. nota a 1,3, 8. v. 14 centimanus Gyges: sia qui che in 3, 4, 69 abbiamo accolto l’emendamento
v. 6 vis cioè leti vis, come in 2, 13, 20. Gyges, che con un lieve ritocco restituisce il nome proprio di uno dei Centimani,
della persona cara (cfr. che cercarono di togliere il potere agli dei (cfr. CaLL. hymn. 4, 141), o che, secondo
quid moror: motivo topico nel compianto per la morte
entare al motivo un’altra tradizione, aiutarono gli dei contro i Titani (Hrs. theog. 147 sgg.). Il tràdito
carm. epigr. 493, 3 amissa est coniunx, cur ego et ibse moror ?), complem gigas fa difficoltà non in quanto nome comune (una perifrasi centimanus gigas potrebbe
(soteria), al cui
del vivam si vivet proprio dei carmi per la guarigione di qualcuno benissimo accostarsi a Chimerae come, per es., in 2, 13, 34 sgg. belua centiceps = Cer-
(Cairns): cfr. Prop. 2, 28, 41 sg. si non unius,
genere quest’ode è stata ricondotta
10, 19 sg.; Ov. bero si accosta a Eumenidum), ma in quanto secondo la tradizione i Centimani erano
quaeso, miserere duorum; | vivam si vivet, si cadet illa cadam; (Tis.) 3, tre (gli altri due erano Cotto ed Egeone o Briareo: cfr. HERODIAN. 2, 678, 27 L.; sch.
am. 2, 13, 13; her. 20, 233 sg. 3 Ar. Ra. 1, 1165); di conseguenza una locuzione del genere non darebbe senso
vv. 7-8 carus—integer: secondo un’interpretazione, è sottinte
so mihi («non sarei 3 soddisfacente. Per la tradizione che vuole i Centimani nell’oltretomba cfr. Vero. Aen.
più caro a me stesso, come prima »), secondo un’altra, che parte
da Porfirione, è sot- 3 6, 287 sg. (centumgeminus Briareus. . ./...flammisque armata Chimaera) dove l’associa-
di sé implica
tinteso cuiquam. Ma la prima spiegazione è preferibile, poiché l’amore zione con la Chimera fa sospettare una fonte comune a Virgilio e a Orazio (forse
alla metafor a di partem
più efficacemente l’amore per la vita. Integer rinvia ancora una véxuta perduta).
animae.
ruinam | cum v. 16 Iustitiae — Parcis: la solennità di questo verso è sottolineata dalla locuzione
vv. 8-9 utramque — ruinam: cfr. Vero. Aen. 2, 465 sg. ea lapsa rebente

libia
mentre ducet suggeris ce l’idea ufficiale sic placitum, eco del linguaggio senatorio (cfr. Verc. Aen. 1, 283), e dall’al-
sonitu trahit. Continua la metafora contenut a in columen,
dell’altr o. Utramqu e
x
è ipallage per litterazione in p. La Giustizia, cioè Alxn, è sorella delle Parche (Moîpar): cfr. Hes.
di una catena che lega la rovina dell’uno a quella theog. 901 sge.
utriusque.
17 n
‘704 . Orazio Odi II 17, 17 — 18 705

v..17 seu...seu: Orazio dice di ignorare quale sia il suo oroscopo, non soltanto per 215, 28 e in Firm. math. 3, 2, 8 e al. Saturno procura malattie) si sovrappone una
manifestare il proprio scetticismo nei confronti delle credenze astrologiche, ma anche allusione all’empietà di Saturno, che uccise il padre Urano e divorava i propri figli
per sottolineare quanto tale materia fosse astrusa e complicata, sicché era quasi im- appena nati.
possibile determinare con certezza la propria situazione astrologica. v. 24 volucris: genitivo da unire a Fati piuttosto che accusativo con alas. Il Fato
è alato perché assimilato alla morte (cfr. sat. 2, 1, 58 mors atris circumwolat alis; Eur.
Libra: i segni zodiacali che Orazio passa in rassegna sono, forse non a caso data la
Alc. 262 mrepo@tàs "AiSac) o anche alla Fortuna (cfr. nota a 1, 34, 15). Forse in questa
destinazione dell’ode, adatti all’oroscopo di un uomo politico: sulla Bilancia, che
rappresentazione c'è un influsso dei demoni alati diffusi nell’iconografia etrusca (spe
porta auspici di regno, cfr. ManIt. 4, 547 sgg.
cialmente in pitture vascolari).
Scorpios presiede alla nascita dei guerrieri: cfr. MANIL. 4, 217 sgg.; 553 sgg. Nel v. vv. 25-26 populus
— sonum: cfr. 1, 20, 3 sg. datus in theatro [cum tibi plausus (cfr.
18 è detto formidulosus, con un epiteto che può riferirsi tanto alla costellazione, per nota ad l. e introduzione a 1, 20). Theatris è plurale poetico (cfr. nota a 2, 1, 10). Per
la sua connessione con Marte, quanto all'omonimo animale velenoso, secondo una il significato rituale del triplice applauso cfr. Prop. 3, 10, 4 manibus faustos ter cre-
ambiguità espressiva che si trova anche in Mann. 2, 213; 236 sg.; 4, 217.
puere sonos (cfr. inoltre nota a 1, 1, 8).
aspicit: termine tecnico dell'astrologia, adoperato però impropriamente, poiché do- vv, 27-28 truncus— sustulerat: si tratta dell’incidente raccontato in 2, 13 (cfr. intro-
vrebbe riferirsi alle relazioni fra i segni aspicientia o videntia (cfr. MANETHON. 1, 18; duzione). L’apodosi all’indicativo sottolinea il carattere miracoloso della salvezza da
ManIL. 2, 466 sgg.), mentre qui indica lo sguardo che la costellazione rivolge al una eventualità già quasi verificatasi: cfr. anche 3, 16, 3 sg.
neonato. i
v. 28 Faunus: cfr. nota a 1, 4, 11 e a 1, 17, 2. Essendo assimilato a Pan, è figlio di
v. 18 pars violentior: predicativo che si riferisce a tutti e tre i segni, non solo allo Mercurio e protegge i viri Mercuriales.
Scorpione, come ritengono alcuni. Si tratta di una espressione tecnica per indicare la
costellazione che prevale (MANETHON. 3, 213 dg fd Te Seomdter yevedAno uéya Te xpd- vv. 29-30 Mercurialium ...virorum: Orazio si definisce vir Mercurialis perché si
0g éye) al momento della nascita; secondo altri, si riferisce alla parte dell’oroscopo ritiene sotto la protezione del dio inventore della lira (cfr. nota a 1, 10, 6). Propria-
che determina la morte. mente quello dei Mercuriales era un collegium di mercanti (Cic. ad Q. fr. 2, 6 (5), 2;
ILS 2676), ma è inutile cercare relazioni del poeta o di suo padre con tale consorzio
vv. 19-20 tyrannus — undae: allusione alla teoria astrologica dell’influsso particolare
(Oxé, « Wien. Stud.» 48, 1930, 52 sgg.), al quale tutt'al più l’espressione può
di ogni costellazione su una zona della terra (cfr. ManI. 4, 696 sgg.). Il Capricorno
alludere ironicamente. Dato il contesto astrologico, è invece innegabile che Orazio
domina sui paesi occidentali (Mani. 4, 791 sgg.). Non è sicura l’allusione, che al-
giochi sull’accezione astrologica di Mercurialis = « sotto l’influsso di Mercurio ». Tale
cuni scorgono in questi versi, ad Augusto, il cui segno zodiacale era il Capricorno
pianeta favoriva uomini con interessi letterari: cfr. ProLem. tetrabibl. 4, 178; Firm.
(cfr. Connor). Per Hesperiae cfr. nota a 1, 28, 26.
math. 3, 7, 4; 4, 19, 24; Verr. VALENT. p. 4, 11 Kroll (sulla questione cfr. Voit).
v. 22 consentit astrum: allusione alla dottrina astrologica delle relazioni amichevoli
v. 32 nos — agnam: il pronome di prima persona, in posizione enfatica, sottolinea la
fra segni: cfr. ManiL. 2, 633 sgg. Scorpios et Cancer fraterna in nomina ducent | ex semet
contrapposizione fra due diversi stili di vita, come in 1, 20 (cfr. la relativa introdu-
genitos, nec non et Piscibus orti / concordant illis.
zione).
vv. 22-23 Iovis...tutela: l'influsso benefico della stella di Giove cerca di attenuare
gli effetti malefici di Saturno, spesso, ma non sempre, riuscendovi: cfr. Cic. rep. 6, 18
17; Macr. somn. 1, 19, 20; Firm. math. 2, 13, 6. In tutela si sovrappongono un’acce-
zione tecnica, astrologica (cfr. Mani. 2, 434; 4, 698) e una religiosa, riferita alla pro- G. Cartsson, « Eranos » 42, 1944, 1 sgg.; C.W. MENDELL, « Yale Class. Stud. »
tezione della divinità (cfr. Tra. 2, 5, 113; ILS 3069 Iovis tutelae): Orazio mescola le
11, 1950, 281 sge.; H. WomBLE, « Trans. Amer. Philol. Ass.» 92, 1961, 537 sgg.;
credenze astrologiche con la religione convenzionale. Commacer, 79 sgg.; N. Rupp, « Hermathena » 118, 1974, 99 sgg.
impio...Saturno dipende &mò xowoi sia da refulgens sia da eripuit. Al riferimento
all’influsso astrale malefico (cfr. Macr. loc. cit; Prop. 4, 1, 84; Ov. Ib. 215 sg.; Lu- Quest'ode ricorda 2, 15 per l'argomento che vi è trattato, ma qui la polemica
can. 1, 652 ete.; in particolare, in Prorem. tetrabibl. 2, 83, in catalog. codd. astrol. 7, contro il lusso sembra, rispetto all’altra ode, più astratta, meno legata alla situazione
706 Orazio Odi:II 18, 1-14 707

attuale, e rinvia piuttosto a schemi diatribici e a topoi letterari. In particolare, l’inizio epist. 1, 10, 19; Pin. nat. hist. 36, 49). L’importazione
di generi di lusso da luoghi
può essere considerato un ‘motto ’ bacchilideo, in cui si combinano reminiscenze lontani era convenzionalmente oggetto di condanna morale: cfr. SEN. epist. 114, 9;
da BaccHyL. fr. 21 Sn.-M. oò foéiv mdpeomi otuar® ole ypuodc, /obte Toppipsor Td- 115, 8; Muson. Rur. fr. 19, p. 108 Hense.
rente, [dà Fopds edpuevig, | Modod Te Yvueia xai Borartoraw / èv oxiporom oîvoc dic
buoi né oro né tappeti di porpora, ma animo benevolo e vv. 5-6 Attali — occupavi: riferimento ad Attalo III di Pergamo che, morendo nel
(« non ho a disposizione
133 a.C., lasciò in eredità il proprio regno al popolo romano. L'eredità di Attalo era
dolce Musa e vino soave in coppe di Beozia ») e fr. 20 B, 13 Sn.-M. ypuod dA
diventata proverbiale (cfr. nota a 1, 1, 12) ad indicare un’inaspettata fortuna. Non
qavi te pappatpovow oîxor (« d’oro e d’avorio luccicano le case »).
ci sono qui altri significati, che pure alcuni scorgono: né il sospetto di un falso testa-
Nell'insieme, l’ode si può definire come uno sviluppo della polemica diatribica
mento con cui i Romani sarebbero venuti in possesso del regno, né l’allusione a mal.
contro il lusso intrecciato con motivi gnomici, primo fra tutti quello dell’inutilità
versazioni compiute dai rappresentanti di Roma che andarono a raccogliere l’eredità,
della ricchezza di fronte alla morte. La genericità dello svolgimento, ancora sganciato
Ignotus heres è tecnicismo giuridico (cfr. cod. Iust. 6, 24, 11).
dalle problematiche dell’età augustea in materia suntuaria, lascia propendere per una
datazione alta, alla quale fanno pensare anche il metro epodico e l’affinità tematica vv. 7-8 Laconicas — clientae: la porpora della Laconia era molto pregiata: cfr. Pun.
e di tono con.le satire. nat. hist. 9, 127; 21, 45. La porpora è un simbolo tradizionale di lusso, che Orazio
L’ode non ha destinatario, e non convince il tentativo di vedere in Mecenate, trovava già in Bacchilide (cfr. introduzione). L'espressione trahunt purpuras è stata
cui è rivolta 2, 17, il destinatario sottinteso (Nisbet-Hubbard). In realtà, si tratta di comunemente interpretata come un riferimento alla manifattura tessile, ad opera, nel
una predica diatribica, che, proprio per il suo carattere gnomico e universale, è da caso specifico, delle mogli di clientes di rango elevato (ciò era considerato un onore;
intendersi rivolta a tutti. cfr. Cic. Verr. 4, 58 sg.), anche se trahere è attestato nel significato di ‘ filare’, cioè
La struttura sembra tripartita: nei vv. 1-14 Orazio dichiara i propri gusti sem- di preparare la trama di un tessuto (cfr. Ov, met. 2, 411 lanam mollire trahendo; her.
plici contro il lusso, nei vv. 15-28 troviamo la condanna della smania di costruire, 3, 75 sg.), non di confezionare tessuti già pronti, e per purpura sembra che si intenda,
nei vv. 29-40 è sviluppato il tema dell’equanimità della morte. come in 3, 1, 42 sg. e in 4, 13, 13, una materia tessile pronta. Secondo un’altra inter.
cioè dimetro trocaico catalettico in alternanza con trimetro pretazione, l’espressione significa ‘ trascinano i loro abiti di porpora ’ (cfr. ars 214 sg.
Metro: ipponatteo,
traxit...vestem; Varr. Men. 311 Ast. pallia trahentes; Ov. fast. 1, 409; her. 21, 162)
giambico catalettico.
(Rudd). Ma sarebbe difficile spiegare, in tal caso, mihi.

vv. 1-2 ebur=lacunar: il rifiuto del lusso si muove entro schemi convenzionali, v. 9 fides come valore morale, e non nel senso di ‘lira’, come pensano alcuni sulla
riproducendo clichés tradizionali (cfr. anche 1, 31, 3 sgg. e note; 3, 16, 33 sgg.; epod. base del confronto con BaccaHyt. fr. 21, 4 Sn-M. podod re YAavxeta. Sulla centralità
1, 25 sgg.; 2, 49 sgg.) e inserendosi in una tradizione poetica che parte da BaccHYL. del concetto di fides nel sistema di valori romano cfr. nota a 1, 24, 5 sg.
fr. 21 (cfr. introduzione). Cfr. anche ArcHiLocH. fr. 19, 1 W. od por tà l'iyso 05

(Mb Md diniincnimnin
non durea vv. 9-10 ingeni — vena: l’ispirazione poetica che, come in 1, 17, 13 sg. (cfr. nota),
toAuypboov pere; Lucr. 2, 24 sgg. (che Orazio ha sicuramente presente) si si accompagna alle qualità morali. Per benigna nel senso di ‘ricca, abbondante’ cfr,
sunt iuvenum simulacra per aedes | lampadas igniferas manibus retinentia dextris, | lumina
epod. 17, 66 benignae...dapis. Per l’uso di vena in riferimento all’ispirazione poetica
noctumis epulis ut suppeditentur, | nec domus argento fulget auroque renidet, | nec citharae cfr. Lucr, 1, 412 sg.; Ov. am. 3, 9, 25 sg.; trist. 3, 14, 33 sg.
reboant laqueata aurataque templa; Vero. georg. 2, 461 sgg. Alcuni intendono ebur
come endiadi per eburneum lacunar, ma l’avorio, tradizionale simbolo di vv. 10-11 pauperem
— petit: è lo stesso vanto espresso in epist. 1, 20, 20 sgg.; qui
lacunar
sfarzo regale (cfr. nota a 1, 31, 6), può indicare altri oggetti di una ricca abitazione, Orazio si riferisce genericamente alle sue amicizie altolocate, non, in particolare, a
Sul soffitto a cassettoni cfr. nota a 2, 16, 11 sg. un'offerta che gli avrebbe fatto Augusto di divenire suo segretario, come pensano
alcuni.
v. 3 Hymettiae: sul marmo blu-grigio del monte Imetto (in Attica) cfr. StrAB, 9.
1, 23; Var. Max. 9, 1, 4; PLIN. nat. hist. 17, 6; 36, 7. v. 14 unicis Sabinis: il nome del popolo indica per metonimia il territorio: cfr. 3,
4, 21 sg. in arduos/tollor Sabinos; Ov. fast. 4, 685 Paelignos, natalia rura, petebam; Mar-
vv. 4-5 ultima. . Africa: riferimento al marmo numidico (oggi detto ‘giallo antico ) tIAL. 7, 31, 11; 10, 44, 9; PLIN. epist. 3, 4, 2 e al. (Tusci). Unici significa ‘ soli’, non,
che proveniva dalle miniere di Simitto nella odierna Tunisia nord-occidentale (cfr come vuole un’altra spiegazione, ‘gli incomparabili’ (cfr. 3, 14, 5 unico marito).
Odi II 18, 15-36 709
708 Orazio

v. 25 limites clientium: spogliare i clientes dei propri beni era un’altra azione sacri»
vv. 15-16 truditur— lunae: una variazione, in uno stile espressionistico che ci riporta lega: cfr. leg. XII tab. 8, 21 patronus si clienti fraudem fecerit, sacer esto...
agli epodi (cfr. epod. 17, 25 urget diem nox et dies noctem), del motivo della fuga del
tempo (cfr. note a 1, 4, 15; 1, 11, 7; 2, 11, 11 sg.), che rende vane le attività e gli vv. 26-28 pellitur — natos: il quadro, ricco di pathos, presenta una scena di espro-
sforzi umani: cfr. 2, 16, 17 sgg. priazione, un dramma al quale i Romani, con il loro senso della proprietà, erano
molto sensibili, soprattutto le generazioni che avevano vissuto le guerre civili: cfr.
della
v. 17 tu è il ‘tu’ della predicazione diatribica, enfaticamente collocato all’inizio sat. 2, 2, 127 sgg.; Satt; Iug. 41, 8; Vero. ecl. 1 e 9. Deos paternos sono i Penati.
strofe.
v. 30 rapacis Orci: qui si combinano i due significati di Orcus, come dio dell’oltre-
le
secanda marmora: il marmo veniva tagliato per ricavarne tavole con cui rivestire tomba e come sinonimo di ‘oltretomba’, entrambi attestati in Orazio.(nel primo,
47 sg.; 36, 51,
pareti della casa 0 blocchi per farne colonne: cfr. Pun. nat. hist. 36, senso cfr. 2, 3, 24; 3, 27, 50; nel secondo 3, 11, 29). Per rapacis cfr. CALL. epigr. 2,
in cui appare la condanna moralistica di tale pratica: sed quisquis primus invenit secare 6 Pf.
luxuriaque dividere importuni ingenii fuit.
fine destinata: nesso variamente interpretato: secondo alcuni, è ablativo di paragone
vv. 18-19 sepul domos: la polemica contro l'edilizia privata (cfr. introduzione
— cri dipendente da certior (per finis femminile cfr. ebod. 17, 36; Lucr. passim; VERG. Aeni
a 2, 15) qui non ha alcun aggancio con tematiche attuali, ma presenta i toni gnomici 2, 554; 5, 327 sg. etc.). Secondo altri, destinata si accorda non con fine ma con un
e generalizzanti della diatriba. Per la diffusione del tema cfr. Pamonem. de morte 4, aula sottinteso, che si deduce dal soggetto nulla aula; ma la dipendenza di un abla-
38; Lucian. Char. 17. tivo da un ablativo sarebbe un’ineleganza stilistica eccessiva. Altri interpretano desti-
nata come nominativo, con nulla equivalente a non (« nessuna dimora sicura aspetta
Baia, loca-
v. 20 Bais è dativo retto da maris obstrepentis (stessa immagine in 4, 4, 48). l’uomo ricco, essendo destinata come è dal confine dell’Orco »); o fine destinata come
ta
lità marina della Campania vicino Pozzuoli, era una sede di villeggiatura privilegia ablativo assoluto (« in considerazione del fatto che la fine della morte è stata fissata »).
agiati, nonché luogo di piaceri e di lusso: cfr. 3, 4, 24; epist. 1, 1, 83;
dai Romani
Varr. Men. 44 Ast.j Cic. Cael. 35; Prop. 1, 11; StRAB. 5, 4, 7; SEN. epist. 51,3. v. 32 erum-— tendis: la posizione enfatica di erum all’inizio del verso dà maggiore
rilievo al concetto del possesso giuridico, della proprietà: cfr. nota a 2, 14, 21. Quid
vv. 21-22 — ripa:
submovere al contrario dell’espressione maria submovere (SEN. exc. ultra tendis è un modo generico di sconsigliare l’ulteriore affannarsi in attività inutili,
il
contr. 5, 5, 2; Sen. dial. 9, 3, 7) che equivale a ‘costruire sul lido, allontanando non necessariamente collegato con i vv. 17 sg. Secondo Nisbet-Hubbard, erum non
A
mare’, submowvere litora significherà ‘costruire sul mare, allontanando la spiaggia’. conclude la frase precedente, ma sarebbe oggetto di tendis, nel senso di ‘ proprietà ’,
1, 1, 84
questa mania di costruire sul mare ci si riferisce anche in 3, 1, 34 sg.; epist. con uso del concreto per l’astratto, come in 1, 35, 22; ma perderebbe in tal modo
20, 11; Ver. 2, 33, 4; Sen. epist. 89, 21. Parum
sg. Cfr. inoltre Sar. Catil. 13, 1; l'enfasi che credo riceva intenzionalmente. i i i
ripa
locuples richiama, per contrasto simmetrico, satis beatus del v. 14. Continente

MAG itaina
erant (in opposizio ne aequa tellus: l’attributo di imparzialità, proprio della morte (cfr. 1, 4, 13 sg.), viene
indica la terraferma: cfr. Liv. 44, 28, 12 propiores continenti litori
trasferito alla terra, in quanto quest’ultima offre sepoltura ai morti.
all’isola di Chio).
v. 34 regum...pueris: cfr. nota a 1, 4, 13 sg.
vv. 23-24 usq ue : i termini erano i segnali di confine (pietre o colonne)
— terminos
Poi-
che si ponevano ai quattro lati di un appezzamento di terra di proprietà privata. satelles Orci: secondo l’interpretazione più comune, si tratta di Caronte (cfr. Vero.
l’azione rabbiosa del lati georg. 4, 502 portitor Orci), cosa che sembra confermata da revexit. Ma una vecchia
ché essi erano considerati sacri (cfr. PauL. Fesr. 505 L.),
fondista che li scardina (si noti la violenza di revellis) assume il carattere di un sacri spiegazione, ripresa recentemente da Nisbet-Hubbard, vede in questa espressione un
legio. Sull’acquisizione di terre altrui ad incremento del latifondo e, in generale, sulla riferimento al Mercurio Wuyorourés di 1, 10, 17 sgg. (cfr. nota ad L.).
mentalità latifondista cfr. anche 2, 2, 10 sg.; 3, 16, 41 sg.; sat. 2, 6, 8 sg.; epist. 2g, vv. 35-36 callidum
= captus: questo episodio relativo a un tentativo, da parte di
2, 177 sg.; per il carattere topico del tema cfr. Sen. epist. 90, 39; ps-QuInT. decl. Prometeo, di uscire dall’Ade non è altrimenti conosciuto: forse Orazio lo trovava
indica
mai. 13, 2; 13, 11. Usque è determinazione spaziale piuttosto che temporale, e nella stessa fonte da cui trae la variante di un Prometeo condannato nel Tartaro (cfr.
avan-
i territori che si trovano a mano a mano più vicini, in rapporto alla progressiva

Ob
nota a 2, 13, 37): forse il Prometheus di Mecenate? i
zata di colui che accumula la terra.
710 © Orazio
Odi II 18, 36 — 19, 3 T11

Non vi sono indizi cronologici, anche se una particolarità metrica, cioè la vio-
vv. 36-38 hic. ..hic: anafora propria del linguaggio religioso (cfr. nota a 1, 21, 13).
Secondo alcuni interpreti, il pronome si riferisce a Orci, ma è più naturale che sia lazione quasi sistematica della legge che proibisce la cesura dopo la quinta sillaba
riferito a satelles del v. 34. In tal senso, l’espressione sacrale si addice, meglio che a dell’enneasillabo alcaico (vv. 7; 11; 19) ha fatto pensare che l’ode sia fra le più an-
Caronte, a Mercurio, al quale convengono le azioni descritte nei versi successivi: cfr. tiche (Pasquali).
1, 10, 17 sgg.; 1, 24, 16 sgg. Collocata alla fine del secondo libro, immediatamente prima del commiato, l’ode
ha in parte un carattere metaletterario. La simbologia bacchica è strettamente legata
vv. 36-37 superbum Tantalum: Tantalo (cfr. nota a 1, 28, 7) rubò l’ambrosia agli alla poesia, secondo una tradizione che risale alle feste dionisiache attiche, e che non
dei (Pinp. OI, 1, 60 sgg.). era andata perduta nella tragedia romana arcaica (cfr. Aricò). Orazio, che altrove
(cfr. rifiuta le manifestazioni orgiastiche legate al culto dionisiaco (cfr. introduzione a 1,
vv. 37-38 Tantali genus: gli Atridi, discendenza di Pelope, figlio di Tantalo
18), sente il fascino, soprattutto estetico, di tale culto, e spesso fa uso della simbo-
1, 6, 8).
logia ad esso legata come di una metafora della poesia (cfr. nota a 1, 1, 29 e intro-
v. 38 coercet: cfr. 1, 10, 18 sg. virgaque levem coerces | aurea turbam (detto di Mer- duzione a 3, 25). Quest’ode è appunto espressione del fascino letterario esercitato su
curio). Orazio da Bacco, lungi dall’essere testimonianza di un sentimento religioso e di una
reale esperienza di invasamento (Fraenkel: « he did see Dionysus »), anche se è ecces-
vv. 38-40 levare — audit: l’espressione quasi proverbiale del verso finale (cfr. Sum. sivo ridurla a un semplice esercizio letterario, a uno « studio sul ditirambo » (Com-
1, 83; HeLiopor. 4, 16, 3 etc.), con l’ossimoro non vocatus audit, aggiunge una pointe mager). L'invasamento è una metafora dell’ispirazione poetica; richiamandosi a mo-
al quadretto finale, in cui si coglie una reminiscenza della favola, a noi nota nella reda- delli letterari di sicura tradizione (dalle Baccanti di Euripide al motivo esiodeo, calli-
zione esopica, del vecchio e della morte (cfr. Arsop. 60 Hausrath). macheo ed enniano della teofania), Orazio ha inteso cercare una garanzia per l’auten-
ticità della sua ispirazione poetica, e di tale ispirazione ha dato prova in questa stessa
v..39 laboribus dipende &rò xowoi da levare e da functum. Audit conviene a una di-
ode, con un inno che ha le stesse movenze di 1, 10 (cfr. la relativa introduzione).
vinità, e sembra confermare che il satelles del v. 34 è Mercurio: cfr. 1, 2, 27; VERG.
Metro: strofe alcaica.
georg. 4, 7 auditque vocatus Apollo.
vv. 1-2 in remotis— vidi: la teofania è un’esperienza assolutamente personale, che
non può essere condivisa con altri (cfr. CALL. hymn. 2, 9; Vera. ecl. 10, 26 Pan... quem
19 vidimus ipsi): si noti la posizione di rilievo del verbo dell’autopsia, vidi, in corrispone
denza con il nome della divinità, che è pure in collocazione enfatica. Il paesaggio di
Pasguati, 11 sgg.; FRAENKEL, 199 sgg.; Commacer, 337 sgg.; G.C. GIARDINA, montagna è lo scenario tipico delle teofanie (cfr. Hrs. theog. 22 sgg.; Vera. ecl. 6, 65;
« Il Verri » 19, 1965, 142 sgg.; V. PéscHL, « Hermes » 101, 1973, 208 sgg.; G. Aricò, Prop. 3, 3), ma, in particolare, esso è legato al culto di Bacco, che è un dio montano
«Nuovo Romanticismo » 3, 1985, 7 sgg. (cfr. Anacr. fr. 357, 4 sg. P.; Sopra, Oed. r. 1105 sg.), che ama i luoghi selvaggi e soli.
tari (cfr. 3, 25, 12 sgg. mihi devio | ripas et vacuum nemus | mirari libet).
Quest'ode non ha un vero e proprio destinatario: l’apostrofe iniziale ai posteri, v. 2 docentem: Bacco è descritto come yopoSiddoxaAoc (v. 3 discentis), con un ruolo

sa DAMA citi
la prima del genere da parte di un poeta (cfr. Pòschl), è incidentale e rientra in un inconsueto: le funzioni musicali sono tradizionalmente di Apollo o di Pan. Ma in
gioco letterario; ma in realtà dopo la prima strofe l’ode assume un carattere a metà un vaso di Berlino il dio è raffigurato mentre ascolta musica, e in una iscrizione greca
fra la meditazione e il dialogo con Bacco, fino a diventare, nella seconda parte, un ha l’appellativo di Movoxyémng (IG 12, 5, 46).
vero e proprio inno. Nella struttura si individuano due grandi sezioni (vv. 1-16 pre- credite posteri: cfr. introduzione, L’apostrofe parentetica è un mezzo stilistico calli.
parazione all’inno; 17-32 inno), alle quali però si sovrappongono altre divisioni e
macheo: in poesia latina, cfr. CaTuLL: 66, 71; Prop. 4, 8, 6. Per il motivo dell’incre.
altre simmetrie, che rivelano un’intenzionale elaborazione strutturale: la prima parte dulità dei posteri cfr. epod. 9, 11 posteri negabitis.
è composta di due gruppi strofici (vv. 1-8 ricordo dell’epifania del dio; 9-16 pro-
posito di cantare il dio), mentre la seconda è a composizione anulare, con la cornice v. 3 Nymphas: fanno parte tradizionalmente del corteggio bacchico (cfr. AnAcR
innica (segnata dal du-Stil) attorno all’episodio della Gigantomachia. fr. 357, 2 P.) assieme ai Satiri: cfr. 1, 1, 31.
712 Orazio Odi II 19, 4-18 713

v. 4 capripedum: l’aggettivo composto (cfr. anche Prop. 3, 17, 34) rinvia alla solen' Sè 2evxod mbuatos édog uofv, / dxporor Saxmbdoro Siaudioar yIbva /yAXaxTog Eouode eTyow
nità della poesia arcaica. In particolare, qui c'è una imitazione di Lucr. 4, 580 haec ax Sì ruootvev / Fbpomv yAuxetar perrrog doratov foat (cfr. anche Bacch. 142 sg.; Hyps.
loca capripedes Satyros Nymphasque tenere. i fr. 57 Bond; PLat. Ion. 543a). Gli elementi di questo tradizionale quadro dionisiaco
sono gli stessi dell’età dell’oro; in particolare, troviamo il topos dell’avriparov, della
acutas secondo alcuni, si riferisce alla forma appuntita delle orecchie dei Satiri, produzione spontanea di latte e miele: cfr. Vere. georg. 1, 131 sg.; Tr. 1, 3, 45;
secondo altri indica le orecchie aguzzate per ascoltare attentamente; ma è più pro- Ov. met. 1, 111 sgg., per il latte, e, per il miele, cfr. epod. 16, 47; Ver. georg. 2,
babile che significhi ambedue le cose (così già lo ps.-Acrone): cfr. nota a 1, 12, 11. 452 sg.; Ov. am. 3, 8, 40.
v. 5 euhoe!: grido d’invocazione a Bacco: cfr. nota a 1, 18,9.
v. 12 iterare: « narrare », che equivale a ricreare, quindi a ripetere ciò che si rac-
metu: il turbamento, simile alla paura e allo sgomento, che suscita la presenza della conta: cfr. PLauT. Cas. 879 operam date dum mea facta itero; Asett. hist. fr. 2 P. scri-
divinità, qualcosa di simile all’horror lucreziano (3, 28 sg. quaedam divina voluptas/ bere. ..bellum...neque quibus consiliis ea gesta sint iterare, id fabulas pueris est narrare.
percipit atque horror); cfr. anche Vere. Aen. 4, 279 e, per un contesto analogo al
nostro, Naev. trag. 43 R? (Lucurgus): iam ibi nos duplicat advenientis. . . timos pavos. — honorem:
vv. 13-14 beatae Arianna, figlia di Minosse, abbandonata da Teseo nel-
l’isola di Nasso, fu trovata là da Dioniso, che la fece sua sposa (cfr. Hes. theog. 947
v. 6 pieno — pectore: calco comune del greco #v8eog (« posseduto dal dio ») per in-
sgg.), il che la rese immortale (per beatae participiale cfr. 4, 8, 29 caelo Musa beat).
dicare l’invasamento, soprattutto profetico: cfr. Sen. suas. 3, 5-7, che attribuisce
Secondo la versione ellenistica del mito presupposta da questi versi, però, il raggiun-
l’espressione plena deo a Virgilio (ma in realtà si tratta della definizione corrente della
gimento dell'immortalità sarebbe avvenuto attraverso la trasformazione in costella-
Sibilla nell’esegesi virgiliana già dall’età augustea: cfr. DeLLA CoRTE, Opuscula III,
zione della corona da sposa donata ad Arianna da Venere e dalle Ore. Era questo
143 sgg.).
uno dei catasterismi più noti nella letteratura astronomica: EraTOSsTH. Catast. p. 66
v. 6 turbidum: per l’accusativo avverbiale cfr. 1, 22, 23. Con laetatur l’aggettivo sgg. Robert; ArAT. 71 sg.; e, con espressione simile a quella oraziana (forse da una
crea una specie di ossimoro, che esprime efficacemente la torbida gioia orgiastica. fonte comune, quale potevano essere gli Aratea di Cicerone), GERMAN. 72 hunc illi
Bacchus thalami memor addit honorem; Avien. Arat. 198 haec Ariadnei capitis testatur
vv. 7-8 parce...parce: forma di deprecatio, preghiera volta ad allontanare gli effetti
honorem.
terribili della divinità: cfr. 4, 1, 2 (a Venere) parce, precor, precor. La geminatio pro-
viene dalla ritualità formulare (come getdeo in formule greche arcaiche: cfr. Fraenkel, vv. 14-15 tecta—ruina: allusione all’argomento delle Baccanti di Euripide; il mito
411 n. 1). di Penteo, re di Tebe, che, oppostosi all’introduzione del culto di Dioniso, fu sbra-
v. 8 gravi thyrso: sul tirso cfr. nota a 1, 18, 11 sg. Originariamente col tirso Dio- nato dalle Baccanti e, fra queste, dalla madre Agave. Per il crollo della reggia di Pen-
niso colpiva i suoi oppositori, ma nella poesia latina esso è una fonte d'ispirazione
= teo cfr. Eur. Bacch. 587 sg.; 591 sg.; 633.
poetica: cfr. Lucr. 1, 922 sg.; Prop. 2, 30, 38; Ov. am. 3, 15, 17. Per l’espressione

Maldini
cfr. 1, 12, 23 sg. metuende certa | Phoebe sagitta. v. 16 Thracis = Lycurgi: Licurgo, figlio di Driante, re dei Traci Edoni, si oppose al
culto di Dioniso, e fu punito con la cecità (Hom. Il. 6, 130 sgg.), 0, secondo altre
v. 9 fas: in contrasto col nefas, con le proibizioni e i divieti sacri imposti dalla divi- versioni, con la pazzia (AroLron. 3, 5, 1), con la sepoltura da vivo (SoPH. Ant. 955),
nità: cfr. 1, 18, 11 non ego te, candide Bassareu, invitum quatiam. o in altri modi ancora. Il mito era argomento dell’omonima tetralogia di Eschilo e
pervicacis...Thyadas: le Baccanti, così chiamate (cfr. Son. Ant. 1151; Carutt. 64, del Lucurgus di Nevio.
391) per estensione del nome delle donne di Delfi (cfr. Pausan. 10, 6, 4: Thyia era cfr. nota a 1, 10, 5. Ha inizio la
dette vv. 17-18 tu...tu: anafora dello stile innico:
la madre di Delfo), con una parola che deriva da Sulew (« smaniare »). Sono
cfr. 3, 25, 9 exsomnis; Eur. sezione aretalogica dell’inno.
pervicaces, perché instancabili in preda all’invasamento:
vd

=
Ed

Bacch. 187 e où xduow’ &v; ArIsTOPH. ran. 401. E

= v. 17 flectis amnes: riferimento alla spedizione di Dioniso in India, quando l’Oronte


vv. 10-12 vini — mella: qui Orazio ha presente un passo delle Baccanti euripidee: v. e l’Idaspe si ritrassero al suo passaggio: cfr. Eur. Bacch. 568 sg.; Nonn. Dionys. 12,
706 segg. dm SÈ vdp9me e mtdov xadiue YTc, | nad mfde nolvyv Etavix? otvov Beds: / Bau 124 sgg.; 23, 126 sg.
:714 ©». Orazio: Odi II 19, 18 — 20 715

mare barbarum: allusione allo stesso episodio, non altrimenti attestato, cui accenna leonini non a Dioniso ma al suo antagonista Reto. Quanto a horribilisque, le motivazioni
Sen. Herc. fur. 903 adsit Lycurgi domitor et rubri maris. Il mare rubrum comprendeva che lo sostengono (il nominativo conferirebbe maggior risalto al terrificante aspetto
l'Oceano Indiano e, in particolare, il Mar Rosso. del dio, la struttura sintattica risulterebbe più lineare) sono ancor meno cogenti.
vv. 25-27 quamquam + ferebaris: per la posposizione della concessiva alla princi.
v. 18 separatis...iugis: sorta di ossimoro implicito, in ragione dell’etimologia di
pale cfr. 3, 11, 15 sgg.
iugum da iungo. La maggior parte degli interpreti, sulla scia di Porfirione, intende
sebaratis come secretis ac remotis (cfr. v. 1 in remotis. . .rupibus). Nisbet-Hubbard riten- v. 25 choreis: cfr. Eur. Bacch. 378 sg. dc T4d’ Eyei, Bacesdew TE Yopoîc / perà 7° addio
gono invece che separatis significhi ‘ separate fra loro’, con allusione alle due cime yYEMoa.
del Parnaso: cfr. Sora. Ant. 1126 (inno a Dioniso) Stépov rérpas; Eur. Bacch. 307 vv. 27-28 idem-belli: riferimento alle diverse prerogative di Bacco, che riunisce in
Sixépupov TAdKe. i sé aspetti apparentemente opposti, essendo dio della pace e insieme della guerra:
uvidus: madido di vino: riferimento all’ebbrezza dionisiaca (cfr. 1, 7, 22; 4, 5, 39). cfr. PLur. Dem. 2, 3 uditora Tév Sediv Etfov tòv Atévuoov de Toléuo TE Yofjoda
Sevétarov, sipfivnv T° addice Ex Toréuov Tpébar pdc eUppocivny xoaù ydpiv éuuerfotatoy
vv. 19-20 nodo — crinis: il riferimento ai capelli delle Baccanti, fatti di vipere intrec- (su Bacco come dio della guerra cfr. Eur. Bacch. 302; come dio della pace ibid. 419
ciate, presuppone reminiscenze euripidee: cfr. Eur. Bacch. 99 sgg.; 695 sgg. Le Bac- sg. e tutto il primo stasimo). Medius può significare ‘nel cuore di’ (cfr. Sat. or.
canti sono chiamate Bistonidi dal popolo tracio dei Bistoni (cfr. Prin. nat. hist. 4, Macri 8 ex factione media consul; Cic. Phil. 5, 32 e mediis Caesaris partibus) oppure
42), dove il culto di Bacco era fiorente. Sine fraude è antica formula sacrale-giuridica, ‘a metà fra, partecipe di ambedue le cose’ (con il genitivo, per analogia con altri
mantenutasi nel linguaggio giuridico. aggettivi di partecipazione, come socius e consors).
vv. 21-22 parentis — impia: riferimento alla scalata dei Giganti all’Olimpo (parentis v. 29 vidit— Cerberus: riferimento alla catabasi di Dioniso, sceso negli Inferi per
regna, cioè la casa del padre di Bacco, Giove), che fu possibile perché essi sovrappo- portarne via la madre Semele (cfr. Diopor. 4, 25, 4). Si noti lo strano uso di insons
sero il Pelio all’Ossa e questo all’Olimpo (cfr, Verc. georg. 1, 281 sgg.; Ov. met. 1, 152; nel senso di ‘innocuo’, probabilmente per analogia con innocens, che da un lato è
Aetna 48). In origine questo stratagemma era stato adottato dagli Aloidi (Hom. Od. sinonimo di insons (PauL. Fest. 383 L.), dall’altro significa innocuus, innoxius (cfr. 1,
11, 315 sg.), ma in seguito fu-attribuito ai Giganti (cfr. 3, 4, 51 sg.). Sull’empietà di 17, 21): una sorta di calco indiretto. i
quest’azione, come archetipo di ogni audacia dissennata, cfr. nota a 1, 3, 38. Dioniso
vv. 29-30 aureo cornu: la rappresentazione di Dioniso con le corna è comune (cfr.
è talvolta nominato fra i vincitori della Gigantomachia: cfr. Eur. Ion. 216 sgg.; Cyel.
Eur. Bacch. 1017; Trs. 2, 1, 3; Prop. 3, 17, 19), ed è probabilmente un relitto di
5 sgg.; Apotopn. 1, 6, 2; NonnN. Dionys. 25, 87 sgg.; 25, 206; 48, 43 sgg.; e inoltre
quella del dio-toro, quale Dioniso viene invocato nel canto delle donne di Elide con-
nelle metope del Partenone e nel fregio dell’altare di Pergamo.
servato da PLuT. quaest. Gr. 299a-b (36); cfr. anche In. Is. et Osir. 364 sg. (35). Per
vv. 23-24 Rhoetum — mala: Reto compare anche in 3, 4, 55; il nome è talvolta ap- le corna d’oro cfr. anon. anth. Pal. 9, 524, 23 ypuoéxeprv.
plicato a un centauro (Vero. georg. 2, 456; Ov. met. 12, 271) o a un guerriero ubriaco v. 31 recedentis: Cerbero era terribile con chi cercava di andar via dall’Ade, non
(Vero. Aen. 9, 344 sg.), ma non è necessario emendare Rhoecum 0 supporre connes- con chi vi entrava: cfr. Hrs, theog. 770 sgg.
sioni con il Runcus di Narv. bell. Poen. fr. 8, 3 Biichn. Quanto al travestimento leo-

dii ijin
trilingui: qui Orazio segue la raffigurazione più comune, quella di Cerbero con tre
nino di Dioniso, è un particolare che non si ritrova in nessuna versione letteraria o
teste, come in Vero. georg. 4, 483; Aen. 6, 417 etc. (cfr. invece nota a 2, 13, 34).
figurativa della Gigantomachia, ma che doveva trovarsi in una tradizione del mito.
D'altra parte, si tratta di un travestimento abituale per Dioniso: cfr. hymn. Bacch. 44;
Eur. Bacch. 1017 sg.; Nonn. Dionys. 40, 40 sgg. Si noti l'armonia imitativa dei due
cai

20
versi, dovuta alla frequenza della littera canina, la r. i

v. 24 horribilique: alla luce di quanto abbiamo osservato nella nota precedente, REITZENSTEIN, 18 sgg.; PasguALI, 551 sgg.; N. TERZAGHI, « St. ital. filol. class. » 15,
riguardo alla facoltà di Dioniso di prendere le sembianze di leone, appare superfluo 1938, 64 sgg.; E.T. Silk, « Amer. Journ. Philol. » 77, 1956, 255 sgg.; FRAENKEL, 299
l'emendamento horribilemque che, traendo spunto dalla presenza di un Gigante in sgg.; K. AseL, « Rhein, Mus. » 104, 1961, 81 sgg.; E.R. ScHwiIncE, « Hermes » 93,
forma di leone nella Gigantomachia effigiata sull’altare di Pergamo, assegna gli attributi 1965, 438 sgg.; W. SuersAuM, Untersuchungen zur Selbstdarstellung dlterer ròmischer
716 Orazio Odi II 20, 1-7 717

Dichter, Hildesheim 1968, 167 sgg.; J. TATUM, « Amer. Journ, Philol. » 94, 1973, 4 v. 2 biformis: secondo alcuni, ‘di due forme corporee ’, ‘ibrido’ (come i Centauri
sge:; L BorzsAk, « Acta Class. Debrecen. » 13, 1977, 33 sgg.; C.B. Pascat, « Lato- o il Minotauro: cfr. Cic. carm. 34, 13 sg. Biichn.; Vere. Aen. 6, 25; Ov. met. 2, 664),
mus » 39, 1980, 98 seg. secondo altri, con allusione alla metempsicosi, ‘con la forma di un uccello e l’anima
umana ’; secondo altri ancora, Orazio alluderebbe alle due facce della sua lirica (degli
Quest'ode, che ha funzione di commiato, è rivolta a Mecenate, destinatario abi- epodi e delle odi) o, in generale, della sua poesia (satirica e lirica). Più probabile che,
tuale di componimenti collocati in un posto d’onore, come proemi ed epiloghi (cfr. mostrando la rapidità della metamorfosi come già avvenuta, biformis significhi ‘che
1, 1; sat. 1, 1; epist. 1, 1); ma il vero destinatario è il pubblico, al quale il poeta affida ha preso una seconda forma’ (Reitzenstein).
la propria opera ed esprime la propria speranza di immortalità, secondo una tradi- liquidum: nel senso originario di ‘ chiaro, trasparente ’: cfr. 3, 4, 24 liquidae. . .Baiae;
zione di autobiografismo e di apologia poetica comune nei proemi. EnN. sat: 4 V? liquidas...aetheris oras (le allusioni a Ennio sono piuttosto frequenti
Sulla cronologia non si può dire niente di sicuro: l'ipotesi che l’ode chiudesse in questa ode); Vero. georg. 1, 404; Aen. 7, 65.
una raccolta di due libri, precedente quella di tre del 23 a.C., non si fonda che su
impressioni. Meglio supporre che, come spesso avveniva, proemi ed epiloghi siano v. 3 neque-— morabor: moduli stilistici di questo tipo vengono spesso riferiti a
stati composti quando la raccolta era completa, poco prima della pubblicazione. grandi uomini che lasciano la terra per il cielo: cfr. PLar. Phaed. 115d (su Socrate)
La struttura non è facile da delineare: a parte l’ultima strofe (vv. 21-24) conte- obxeti dpiv mapapevò; Cic. rep. 6, 15 (su Scipione) quid moror in terris? quin huc ad
nente la ogpayig, si possono individuare due gruppi strofici, rispettivamente dedicati vos venire probero? i
al presagio dell'immortalità e della metamorfosi (vv. 1-8) e alla metamorfosi vera e
v. 4 invidia. ..maior: cfr. l’autoepitafio di Cat. epigr. 21, 4 Pf. è d’ewev xpéo-
propria (vv. 9-20).
cova Baoxaving. Il motivo dell’invidia per i poeti è comunissimo (in Orazio, cfr. 4,
L'ode, giustamente definita un tentativo poco riuscito di poesia sublime, che
3, 16; sat. 1, 10, 78 sgg.; 2, 3, 13; epist. 1, 19, 35 sg.; 2, 1, 89), come anche quello
rischia continuamente di degenerare nel ridicolo (Fraenkel), è un intreccio di topoi
dell’attenuarsi dell’invidia altrui dopo la morte: cfr. 3, 24, 31 sg.; epist. 2, 1, 12; Pixp,
letterari, una combinazione di varie tradizioni poetiche, dall’autobiografismo proe-
paean. 2, 55 sg. jdy pIbvog olyetai [riv dda mpodavévrav; Prop. 3, 1, 21 sg.; Ov. am.
miale callimacheo ed enniano ad influssi di dottrine filosofiche, da Platone (cfr., in
1, 15, 39; trist. 4, 10, 121 segg.
rep. 10, 620a, la trasformazione di Orfeo in cigno) alla teoria pitagorica della metem-
psicosi alle dottrine esposte da Cicerone nel libro I delle Tusculanae (cfr. Borzsàk), vv. 5-6 pauperum — parentum: la menzione delle proprie origini è tipica dello stile
dalla tradizione degli autoepitaffi dei poeti (cfr. commento) al genere dei racconti di della oppayic, e Orazio la ripeterà nell’epilogo della raccolta dei tre libri (3, 30, 12
metamorfosi, che godeva di grande fortuna nella letteratura ellenistico-romana, dalle ex humili potens). Per il concetto cfr. 2, 18, 10 sg. (e nota); epist. 1, 20, 20 sgg. Il nesso
Alloioseis in prosa di Antigono di Caristo agli Heteroiumena di Nicandro alle Meta- solenne sanguis parentum contrasta con pauperum, che nel contesto magniloquente (cfr.
morfosi di Partenio e poi a quelle di Ovidio. Ma il modello principale rimane la lirica anche l’anafora di non ego) riceve quasi una nobilitazione.
greca arcaica, da cui Orazio trae la similitudine fra il poeta e un uccello (cfr. Pinp.
OL. 2, 88; Nem. 3, 80 sgg.; 5, 21; BaccHyt. 5, 31 sgg. e, particolarmente, ALcMAN. fr. vv. 6-7 quem Maecenas: « non c’è alcuna differenza sostanziale fra ego qui sum
26 P., in cui è espresso il desiderio, da parte del poeta ormai vecchio, di poter volare tibi, Maecenas, convictor (sat. 1, 6, 47) ed ego quem wvocas, Maecenas, così come non
come un cherilo fra le alcioni) e la speranza di una fama immortale e universale (cfr. c'è fra i rispettivi termini di paragone, libertino patre natus (sat. 1, 6, 46) e pauperum
ALcman. fr. 148 P.). sanguine paterno» (Fraenkel). Vocas va interpretato nel senso di ‘invitare a casa
propria’ (cfr. sat. 1, 6, 61; 2, 7, 29 sg.; Praur. Stich. 182; Cic. Mur. 71; CaruLtL. 44,
Metro: strofe alcaica. 21) piuttosto che come allusione alla rituale invocazione che si rivolge al morente
(Vere, Aen. 6, 674; Prop. 4, 7, 23). Il tema dell’ode è l'augurio di immortalità, ma
v. 1 non usitata: Orazio allude alla novità della sua poesia: cfr. 3, 1, 2 sg. carmina ciò non implica che Orazio si sentisse realmente vicino alla morte; inoltre il fatto
non prius audita; 4, 9, 3 non ante vulgatas per artis. Sul motivo della novità cfr. nota
che Mecenate lo avesse come cliens era un vanto del poeta, e non va visto come
a 1, 26, 10. disdicevole. Dilecte è strettamente unito a Maecenas (cfr. 1, 20, 5), e sembra impro-
nec tenui: in sede di commiato, Orazio tenta la poesia sublime, diversa da quella ponibile la spiegazione di quanti leggono quem wocas ‘dilecte’ («che tu chiami
che di solito dichiara di scegliere, che è, appunto, tenuis (cfr. nota a 1, 6, 9). ‘caro’ »).
718 Orazio Odi II 20, 7-24 719

v. 7 obibo: cfr. 3, 30, 6 sg. non omnis moriar, multaque pars mei | vitabit Libitinam. v. 15 Syrtis...Gaetulas: i golfi delle Sirti (cfr. nota a 1, 22, 5) sono detti Getuli,
dal nome della regione africana a Sud-Ovest di Cartagine, come in Vero, Aen. 4,
— unda:
v. 8 Stygia cfr. nota a 2, 14, 8 sg. Cohibere fa pensare alle angustie della
40 sg.; 5, 192.
sepoltura (cfr. 1, 28, 2 e nota).
v. 16 Hyperboreos. . .campos: gli Iperborei erano una mitica popolazione dell’estre-
vv. 9-12 iam — plumae: « sono passati i tempi in cui i filologi espungevano una strofe
mo Nord, prototipo del ‘buon selvaggio ’, irraggiungibile e felice: cfr. hymn. Bacch.
sgradevole » (Fraenkel). Ma certamente la cruda precisione zoologica con cui è de- 29; Turoon. 237 sgg.; Pinp. Isthm. 6, 23. Orazio forse si è ricordato di un passo di
scritta la metamorfosi ripugna al nostro gusto, e trasforma lo sforzo di trovare un
Alceo, in cui gli Iperborei erano connessi ad Apollo e ai cigni (fr. 307c L.-P.).
tono sublime in un risultato grottesco.
.v. 9 iam iam: la ripetizione di iam rende l’idea della rapidità: cfr. epod. 2, 68; Vera.
v. 17 Colchus: cfr. nota a 2, 13, 8.
Aen., 2, 530; 8, 707 sg. v, 18 Marsae cohortis: cfr. nota a 1, 2, 39.
v. 10 album...alitem: il cigno, sacro ad Apollo (cfr. AELIAN. nat. anim. 11, 1) e Pacus: cfr. nota a 1, 35, 9.
alle Muse (Eur. Iph. T. 1104; Car. hymn. 4, 252), legato a Orfeo nella redazione pla-
tonica del mito (cfr. introduzione), era associato alla sfera della poesia, e al bellis- v., 19 Geloni: cfr. nota a 2, 9, 23.
simo canto che emette prima di morire veniva dato un valore simbolico (cfr. AEscH.
vv. 19-20 peritus — potor: dopo l'Oriente (litora Bosphori), il Sud (Syrtis) e il Nord
Ag. 1444 sgg.; Pra. Phaed. 84e; Aristor. hist. an. 615b 2). Paragoni fra poeti e cigni
(Hyperboreos campos), l'Occidente, rappresentato dagli Spagnoli e dai Galli, popoli
sono comuni: in Orazio, cfr. 1, 6, 2 (e nota); 4, 2, 25 seg. (riferito a Pindaro).
civilizzati (peritus) rispetto ai selvaggi ricordati prima. Per la definizione di un popolo
v. 13 Daedaleo— Icaro: delle due varianti concorrenti la migliore è senz'altro notior
x
come ‘bevitore’ del fiume presso cui vive cfr, 3, 10, 1; 4, 15, 21; Hom. Il. 2, 825
(« più famoso »), che si riallaccia al tema centrale dell’ode, quello della fama. Proba- tivovtes Udcop pirav Aiofrowo; Pimp. OI. 6, 85 sg.; Car. hymn. 1, 40 sg.; Vero. ecl.
bilmente il poeta si augura di ottenere una fama ancora maggiore di quella di Icaro 1, 62.
(cfr. nota a 1, 3, 34 sg.), il quale ottenne l'immortalità dando il nome al mare nel
quale precipitò (cfr. nota a 1, 1, 15). Ocior (« più veloce ») è da scartare sia perché vv. 21-24 absint
— honores: variazione dello schema dell’autoepitaffio: in partico-
un accenno alla velocità si inquadra meno bene nel contesto, sia perché l’accosta- lare, Orazio sembra avere presente quello di Ennio (var. 17 sg. V?) nemo me dacrumis
mento a Daedaleo produce iato. Contro notior si è obiettato, ma con eccessiva sotti- decoret, nec funera fletu| faxit. Cur? volito vivos per ora virum.
gliezza, che sarebbe strano un paragone tra la fama del poeta e quella di Icaro, dato
v. 21 inani funere: allusione al cenotafio (cfr. Vero. Aen. 3, 304 tumulum. ..inanem;
che quest’ultimo divenne celebre per la sua caduta, dunque per un insuccesso, più
Ov. met. 6, 568 inane sepulcrum): il sepolcro sarà vuoto perché il poeta si sarà tra-
che per il suo volo; di qui emendamenti varii.
sformato in cigno.
v. 14 visam: il motivo della fama universale, destinata a vagare per tutto il mondo,
148 P. (= AristID. orat. 28, 54) Erépomdi Tolvouv xaMartéuevoc neniae: cfr. nota a 2, 1, 38.
risale ad ALcman. fr.
map Boo edlorizeò, rocaita xal toadta Edv xaradéyer Mor'ém viv Tobe KIM ove Ypoye v. 23 compesce clamorem: allusione alla conclamatio, cioè al lamento rituale: cfr.
pototàs Cyreiv od yîig Tabr’elvar, AuorteAetv d'adroîc xod uoxpdv, de Éomev, dreAdetv
Prop, 1, 17, 23; 2, 13, 28; 4, 7, 24; Vero. Aen. 4, 674. Sulle ‘lamentatrici’ (prae-
Gov uinzov È repì riv Zuxsarbdcoy dvivura rpayuaterecda. Cfr. anche EnN. ann. 12 ficae) cfr. Luci. 954 M.; Cic. Tusc. 3, 62.
sg. Sk. latos < per> populos res atque poemata nostra < clara> cluebunt; CatuLL. 95, 5
Zmyrna. . .Satrachi penitus mittetur ad undas; Ov. am. 1, 15, 29 sg.; Vero. ecl. 8, 9; v. 24 supervacuos honores ripete il concetto di inani funere, ma con una ulteriore
Prop. 2, 7, 17 sg. connotazione, definibile come rifiuto dell’inutile formalismo nonché della sontuo-
sità dei riti funebri, in particolare della sepoltura: cfr. Ericur. fr. 578 Us.; Prin.
gementis: l’immagine del mare che geme è già omerica: cfr. Il. 23, 230 Opyixtoy xatà
epist. 9, 19, 6; e lo stesso Mecenate (in Sen. epist. 92, 35 nec tumulum curo: sepelit
mévrov è d’torevev otduati Idv (cfr. anche Vere. Aen. 5, 806 sg. gemerent...amnes).
natura relictos). E non a caso « anche il II libro si chiude, come il I, col rifiuto del
Bosphori: cfr. nota a 2, 13, 14 sg. superfluo, un principio della vita e dell’arte di Orazio » (La Penna).

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