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RERTITANIE
Epodi 1, 1 943

FRAENKEL, 69 sgg.; M.W. THompson, « Class. Quart. » 20, 1970, 328 sgg.; Krac-
GERUD, 21 sgg.

Malgrado tentativi di riferire la composizione al periodo della guerra contro


Sesto Pompeo, e cioè al 38-36 a.C. (secondo una vecchia ipotesi del secolo scorso
ripresa da Thompson), quest'epodo è da collocare cronologicamente nel 31 a.C.,
quando Ottaviano, dopo la rottura aperta con Antonio, riunì a Brindisi senatori,
cavalieri e tutti gli uomini influenti del suo entourage, non solo per preparare la campagna
contro il nemico che sarebbe sfociata, pochi mesi dopo, nella battaglia di Azio, ma
anche per avere, ed offrire all'opinione pubblica, la prova del consenso che egli radu-
nava attorno a sé (cfr. Cass. Dio. 50, 11).
Dedicato a Mecenate che, chiamato da Ottaviano, si accingeva a partecipare alla
guerra (se effettivamente vi abbia poi preso parte non si sa, ed è questione che non ci
interessa ai fini della comprensione del componimento), l’epodo risale probabilmente
alla primavera del 31 a.C. piuttosto che, come pensano altri, al periodo immediata-
mente successivo ad Azio, come uno sguardo retrospettivo sulle preoccupazioni e sui
timori prima della guerra (Kraggerud).
Ad una introduzione sulla partenza di Mecenate (vv. 1-4) segue l'esposizione dello
stato d’ansia in cui vivrebbe il poeta a Roma (vv. 15-22), e quindi la scelta di affron-
tare il pericolo assieme all’amico (vv. 23-34).
La presenza di Mecenate come destinatario ha un peso effettivo sullo svolgimento
dell’epodo, nel quale il tema dell’amicizia domina rispetto a quello politico, che ri-
mane confinato entro la cornice occasionale (Fraenkel). La destinazione a Mecenate
spiega anche il posto d’onore riservato a quest’epodo, all’inizio della raccolta (cfr.
nota a carm. 1, 1, 1). Ma per un altro motivo, finora non abbastanza sottolineato,
questo componimento si prestava ad una collocazione di apertura: l’ultima parte del

i ibsitizieainiial
l’'epodo, con il rifiuto della ricchezza e l'affermazione di un ideale di vita all'insegna
della misura, rientra nel repertorio delle dichiarazioni programmatiche che nei proemi
avevano sede privilegiata.
Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici.

a
il ALI
v. 1 Liburnis : cfr. nota a carm. 1, 37, 30.

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944 Orazio Epodi 1, 1-26 945

vv. 1-2 alta — propugnacula: per l’immagine delle fortificazioni riferita alle navi cfr. v. 13 Occidentis= sinum: il riferimento al confine occidentale estremo si dispiega
Prin. nat. hist. 32, 1, 3 armatae classes imponunt sibi turrium propugnacula, ut in mari fino ad occupare un intero verso, quasi a estendere all’infinito la lontananza irraggiun-
quoque pugnetur velut e muris. Sulla monumentalità delle navi di Antonio cfr. Vero. gibile di esso.
Aen. 8, 693 tanta mole viri turritis puppibus instant. Si noti la collocazione artistica del
vocativo del destinatario, circondato dalle torri delle navi nemiche. v. 15 roges secondo alcuni, equivale ad una condizionale in costruzione paratattica
con l’apodosi del v. 17; secondo altri, più verosimilmente, è un congiuntivo poten-
v. 4 Maecenas: è del tutto improbabile che l’espressione amice...Maecenas costi ziale che introduce una figura riconducibile alla occupatio; Orazio previene cioè la pos-
tuisca un iperbato; Orazio fa seguire il nome dell’amico, a breve distanza, al riferi- sibile domanda del suo destinatario.
mento iniziale all'amicizia.
tuum: è sottinteso laborem, che si ricava da labore meo, analogamente a quanto osservato
tuo con ellissi di periculo, che si ricava da periculum, è probabilmente da intendere nel v. 4, dove compare lo stesso gusto dell’ellissi e dello zeugma, corrispondente ad
come un ablativo strumentale. un certo concettismo.

vv. 5-6 quid — gravis: il concetto è simile a quello che un altro pericolo corso da Mece- v. 16 imbellis: non vi è alcuna allusione autobiografica ad esperienze militari inglo-
nate ispirerà al poeta in 2, 17, 5 sgg. (cfr. note), ma qui espresso con uno stile ellittico riose di Orazio, come l’episodio di Filippi (cfr. nota a carm. 2, 7, 10); l’aggettivo si
che mira a riprodurre il carattere emozionale di questo angoscioso interrogativo. La riferisce all’indole pacifica del poeta, così come altrove indica la sua vocazione per la
costruzione di si con l’ablativo assoluto ha imbarazzato gli interpreti; tuttavia non è poesia non epica (cfr. nota a carm. 1, 6, 10).
necessario emendare sit e forse nemmeno sottintendere, come fanno alcuni, erit. Si
può pensare ad una costruzione ardita, che bene rientra nello stile ellittico dei due vv, 19-22 ut praesentibus: la similitudine che, tratta dal mondo degli animali, rinvia
versi. Si contra racchiude il concetto antitetico a si superstite, alludendo all’eventualità al registro epico (cfr. Hom. Il. 9, 323 dro veoccoiar con implumibus pullis), vuol
della morte in guerra di Mecenate, senza però un riferimento esplicito che potrebbe conferire un tratto epicizzante che si adatti all'importanza dell’occasione (i preparativi
suonare come cattivo auspicio. della guerra). Ma la ricerca di elaborazione formale ha dato luogo ad uno stile involuto,
pieno di significati impliciti: relictis va sciolto in una proposizione temporale o condi-
vv. 7-9 utrumne an: uno dei primi esempi di questa costruzione: cfr. Cic. inv. zionale, ut adsit e non latura hanno valore concessivo. Per quanto riguarda ut adsit,
1, 51 e, in Orazio, sat. 2, 3, 251; la combinazione di un pronome o avverbio interro- la variante ametrica ut sit e la variante uti sit (uti sit. . .latura = «non che sia in grado
gativo (in questo caso, utrum) con una particella interrogativa (ne) ricorre altrove nel di portare ») sembrano derivate da insofferenza per il pleonasmo adhit. .. praesentibus.
primo Orazio (sat. 1, 10, 21 quine; 2, 2, 107 uterne).
v. 22 praesentibus dopo adsit del v. 21 è superfluo, ma la ridondanza per esprimere
v. 9 hunc laborem dipende da perseguemur, come otium del v. 7 (per otium persequi il concetto di presenza-vicinanza e di assenza-lontananza non è nuova nell’uso latino
cfr. Cic. off. 3, 1); secondo altri, da laturi (sumus), e in tal caso non andrebbe la virgola (cfr. Praut. Pseud. 1142 tute ibsus coram praesens praesentem vides; Vero. Aen. 4, 83
fra laborem e mente: ma l’ellissi di sumus sembra troppo audace da ammettere. absens absentem auditque videtque).

v. 10 non mollis: litote per fortes, rappresenta una variazione poetica del nesso più v. 23 militabitur: il passivo ha un effetto stilistico notevole; la persona del poeta passa
comune fortis vir, in secondo piano rispetto all'importanza ed alla necessità del combattere.
vv. 11-14 feremus — pectore: sul motivo topico dell'amico pronto a seguire l’amico v. 24 in gratiae: Orazio spera soltanto di far piacere a Mecenate; nell'espressione
in capo al mondo cfr. introduzione a carm. 2, 6. I luoghi menzionati sono chiamati risuona l’eco dei modi del linguaggio militare: cfr. Cas. civ. 1, 1, 3 (Caesaris) gratiam
enfaticamente a rappresentare il Nord, l'Oriente, l'Occidente, entro i quali è racchiuso sequentur; Gall. 1, 44, 12; 5, 55, 4; Liv. 29, 1, 1; al.
il mondo, che Orazio percorrerebbe per intero pur di non abbandonare l’amico.
La variatio fra vel ed et è normale in una serie elencativa, lungi dal voler creare, come vv. 25-26 non — meis: un'affermazione che mira non solo a fugare il sospetto di un
pensa qualcuno, un contrasto fra viaggi per terra (i primi due) e per mare (il terzo). secondo fine dalla sua amicizia sincera per Mecenate, non solo a ribadire il rifiuto
della guerra come fonte di arricchimento (cfr. introduzione a carm. 1, 29), ma, più
v. 12 inhospitalem...Caucasum: cfr. nota a carm. 1, 22, 6. in generale, ad affermare una scelta di vita. Anche il motivo dell'amicizia per Mecenate
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assume un significato più ricco, inserito com'è in un programma esistenziale. Si noti in questo caso il senso non cambia, e anche qui il riferimento è a una maschera della
la collocazione enfatica del possessivo meis, che isola la persona del poeta e le sue commedia, al tipo del nipote dissoluto e scialacquatore (più in generale, tali qualità
scelte. negative caratterizzano l’erede: cfr. nota a 2, 3, 20). Alla luce di ciò, risulta interessante
l'emendamento perdat, perché introdurrebbe una notazione sulle inutili ricchezze
vv. 27-28 pecus — pascuis: a metà dell'estate, prima che sorgesse la Canicola (su cui
accumulate per un erede dissipatore; ma è probabile che questo significato non ci sia,
cfr. nota a carm. 3, 29, 18), il bestiame della Calabria veniva condotto in Lucania (cfr.
e che Orazio voglia solo presentare, attraverso due figure codificate dalla commedia,
anche carm. 1, 31, 5 sg. e nota). Sulla costruzione di muto cfr. nota a carm. 1, 17, 2.
i due atteggiamenti estremi nei confronti della ricchezza.
v. 29 superni: contro supemi, lezione della maggior parte dei codici, generalmente in-
tesa nel senso di ‘ alta ’, in quanto l’antica Tusculum sorgeva sulla sommità di un colle,
si è obiettato che l’aggettivo supernus è termine relativo, significa cioè non ‘alto’, 2
ma ‘sovrastante’ a cosa menzionata nel contesto. Nulla vieta tuttavia di intendere
il termine, come alcuni fanno, proprio in tal senso, con riferimento alla villa che Orazio A. Noyvrs, Horace. A Portrait, New York 1947; A. Kurress, « Zeitschr. Relig.
immagina adiacente alle mura della città. Debolmente attestata la variante superne, Geistesgesch. » 6, 1954, 354 sgg.; FRAENKFL, 59 sgg.; J. pe EcHAvE-SUSTAETA, « Hel-
che alcuni uniscono a candens (‘biancheggiante in posizione sopraelevata ’), altri a mantica » 9, 1958, 27 sgg.; L. Rémy, « Étud. class. » 26, 1958, 266 sgg.; F. DORNSEIFF,
tangat. Romische Literatur der augusteischen Zeit, Berlin 1960, 43 sgg.; Commacer, 106; L.I.
Linpo, « Class. Philol. » 63, 1968, 206 sgg.; LA PENNA 1968, 17; R.W. CARRUBBA,
vv. 29-30 superni — moenia: Tuscolo, a poca distanza da Roma, era su un’altura dei colli
in Hommage Rénard I, Bruxelles 1969, 229 sgg.; H. MusuriLto, in Studi Volterra I,
Albani, al di sotto della quale sorgevano le ville dal caratteristico colore bianco (can-
Milano 1971, 373 sgg.; A. Preri, « St. ital. filol. class. » 44, 1972, 244 sgg.; T. OKSALA,
dens). La campagna sabina di Orazio era nelle vicinanze, ma egli non desiderava certo
« Arctos » 13, 1979, 97 sgg.; G. CipRIANI, Letteratura georgica e investimento fondiario
estendere la sua proprietà fino a raggiungere la cima del promontorio su cui troneg-
alla fine del I sec. a.C., Bari 1980.
giava, fortificata, Tuscolo (su Circaea cfr. nota a carm. 3, 29, 8).
vv. 31-32 satis — paravero: Orazio si può considerare più che soddisfatto del dono La cronologia di questo che è uno fra i componimenti più discussi di Orazio
che Mecenate gli ha fatto della villa sabina. Il tono si fa più umile, più consono allo è incerta: l’epodo è considerato da alcuni uno dei più antichi (poco dopo Filippi:
stile di uno iambus (Fraenkel), come dimostrano elementi della lingua familiare, dalla Echave-Sustaeta), secondo altri non può essere stato composto fra i primi (Fraenkel),
locuzione allitterante satis superque alla negazione haud, attestata solo qui nella lirica Che questa seconda ipotesi sia la più probabile appare confermato dall’influsso inne-
oraziana, e invece usuale nel sermo, all’uso del futuro anteriore paravero per esprimere gabile delle Georgiche, in particolare del finale del libro II, che indica la priorità del
certezza. poema virgiliano (Pieri), e inoltre dalla complessità della struttura, che rivela una preoc-
cupazione per la costruzione architettonica del componimento, che sembra segnare

CALMA inibi
v. 33 aut — premam: Cremete è un nome di senex nella commedia nuova greca e in
un momento successivo rispetto ad altri epodi che sfuggono a tale intento artistico.
quella latina; qui sta per antonomasia a indicare un vecchio avaro che nasconde il
Dopo una introduzione sulla felicità della vita di campagna (vv. 1-8), l’epodo si
suo tesoro sotto terra, come il protagonista dell’Aulularia plautina; forse è sottintesa
articola in tre parti (vv. 9-22: i piaceri della campagna; vv. 23-38: i lavori agresti;
un’allusione ad una commedia a noi non pervenuta, ma la tipicità del nome e della
vv. 39-66: superiorità della vita di campagna), l’ultima delle quali lascia cogliere a sua
situazione fa sì che questa ipotesi non sia strettamente necessaria. Il senso della frase
volta una divisione in tre sezioni (vv. 39-48: semplicità della vita agreste; vv. 49-60:
non cambia molto sia che si intenda avarus come epiteto di Chremes sia, come vogliono
lusso della città; vv. 61-66: ritorno alla campagna), ed è seguita da una conclusione
altri, come predicativo del soggetto di premam: la prima spiegazione ha il vantaggio
(vv. 67-70) che contiene, secondo la tecnica epigrammatica dell’aprosdoketon, la rive-
di restituire un'espressione che meglio rientrerebbe nella tipizzazione della maschera
lazione che l'elogio della vita agreste è stato pronunciato da un usuraio (altre ipotesi
del vecchio avaro.
di divisione strutturale in Rémy e Carrubba).
v. 34 discinctus — nepos: la variante ut nepos si spiega come tentativo di normaliz- Il ruolo di questo usuraio, Alfio, che sarà da identificare con l'omonimo usuraio
zare il testo, introducendo un ut simmetrico al precedente. Alcuni, pur senza accet- che Columella (1, 7, 2) cita a sostegno dell’affermazione che i giusti crediti vanno fatti

TTI
tare tale lezione, intendono nepos come predicativo del soggetto di perdam. Ma anche valere, e, in generale, il rapporto della chiusa con il resto dell’epodo hanno suscitato
948 Orazio Epodi 2, 1-9 949

perplessità e discussioni, dando luogo alle ipotesi più svariate: che la chiusa sia stata dentemente dal possibile riferimento al mito italico (si cui cfr. introduzione a carm.
aggiunta in un secondo momento, per dare mordente ‘giambico’ a un elogio della 3, 6 e nota a carm. 3, 6, 37 sgg.).
vita agreste lontano dallo spirito della raccolta di epodi (Musurillo); che essa si trovasse v. 3 paterna rura: non è vero che, come pure è stato suggerito, questa espressione non
nel modello archilocheo, il giambo di cui ci conserva l’inizio Aristotele (rhet. 3, 17), può essere pronunciata dall’usuraio, in quanto questi avrà acquistato i campi con i pro-
che conteneva un rifiuto della ricchezza pronunciato dal carpentiere Charon (fr. 19W.): venti del mestiere, non li avrà certo ereditati. Ma l’usuraio si riappropria di un cliché
06 por tà Tiyew toù roAuypicov uéier... «non m'importa di ciò che possiede Gige ricco delle rappresentazioni idilliche della campagna: un'espressione che tanto più doveva
d’oro » (è Ia vecchia ipotesi di Lachmann, ripresa da Fraenkel); che il discorso dell’usu- suonare topica e falsa nell'epoca degli espropri e delle confische di terre.
raio cominci soltanto a partire dal v. 61 (Noyes); che Alfio sia una controfigura di Ora- (qui) exer-
exercet in riferimento al lavoro dei campi si trova già in Vero. georg. 1, 99
zio stesso, e che la chiusa dell’epodo sia un esempio di autoironia (Oksala); che Alfio
cet... .frequens tellurem.
sia un cattivo poeta imitatore delle Georgiche e che Orazio si diverta a bollarlo,
colpendo assieme a lui i detrattori di Virgilio (Lindo); o addirittura che Alfio sia la v. 4 solutus — fenore: l’espressione ha un carattere ironico che nasce dalla sua stessa
caricatura dello stesso Virgilio, la cui poesia bucolica e georgica sarebbe oggetto della ambiguità: a una prima lettura deve poter significare che il personaggio che parla non
satira oraziana (Dornseiff). Senza arrivare a tali eccessi, alcuni interpreti vedono nel ha bisogno di contrarre debiti (tanto più che solutus è il contrario di obligatus: cfr.
l’epodo, se non una parodia, una presa di distanza rispetto all’idealizzazione della Cic. leg. agr. 3, 9), ma alla fine dell’epodo, o per chi legga conoscendo già l’identità
campagna consacrata dalla poesia virgiliana (Kurfess), mentre c’è chi sostiene la since” del parlante, essa assume un altro significato, mostrando in realtà di alludere alla li-
rità delle lodi oraziane della campagna, chi vede nel contrasto con la chiusa un’ambi- bertà dal bisogno di esercitare l’usura.
guità maliziosamente cercata (Commager), e chi pensa che l’epodo rispecchi la situa-
vv. 5-8 neque — limina: l'elogio della vita agreste si accompagna al rifiuto di altri tipi
zione agraria contemporanea, l’avvento di una nuova classe di proprietari terrieri,
di vita, esemplificati in una serie di Lebensbilder il cui carattere convenzionale è dimo-
resa possibile da una legislazione che permetteva agli usurai di entrare in possesso strato dalla coincidenza con l’elenco di tipi in sat. 1, 1, 3 sgg.: il miles, il nauta, il iuris
di rendite agrarie (cfr. Tac. ann. 6, 17; Suer. Tib. 48) (Cipriani). consultus. Il rifiuto degli altri tipi di vita è comune nelle affermazioni di una scelta
Ma la situazione paradossale dell’epodo riproduce una contraddizione interna georg.
(cfr. carm. 1, 1), ma anche l’abbinamento al paxapiopéo non è nuovo: cfr. Vero.
alla cultura contemporanea, e il bersaglio dell'ironia di Orazio è la moda della campa- limina
2, 503 sg. sollicitant alii remis freta caeca, ruuntque | in ferrum, penetrant aulas et
gna, il gusto insincero per la vita semplice da parte di quegli stessi ambienti in cui dila- regum.
gava il lusso: come « denuncia della falsità di un costume » (La Penna), l’epodo si
colloca nello stesso clima delle satire (particolarmente notato il confronto con sat. v. 5 classico — truci: il soldato rappresenta un tipo fisso dei Lebensbilder portati a di-
2, 2) e delle odi contro il lusso. Ma la punta epigrammatica conferisce all’atteggiamento mostrazione di una scelta di vita: cfr. carm. 1, 1, 9 sg.; sat. 1, 1, 5 sgg. Classicum è pro-
diatribico un sarcasmo quasi feroce, che bene rientra nello spirito dell’invettiva epodica. priamente il segnale di guerra: cfr. Liv. 2, 59, 6; Tre. 1, 1, 4.

indien nn ini mainnini


Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici. v. 6 horret= mare: la figura del navigante, che può comprendere quella del mer-
cante, anch'essa tipica; cfr. carm. 1, 1, 9 e sat. 1, 1, 6 sgg. Per l'accoppiamento del miles
vv. 1-8 beatus — limina: l'attacco è quello tipico del paxopopòc: cfr. THEOGN. 1375 e del nauta cfr. nota a carm. 2, 13, 16 sg.
dBrog Borg... od oîde dMaccav; Eur. fr. 793 N? paxdpiog Bom eÙruydiv olxor uévet, v. 7 forum: il rifiuto dell’attività forense si trova anche nel paxapiopéc virgiliano;
etc. Il modello latino più immediato è Vera. georg. 2, 490 spe. felix qui potuit rerum
cfr. georg. 2, 501 sg. nec ferrea iura | insanumque forum aut populi tabularia vidit.
cognoscere causas.. .fortunatus et ille deos qui novit agrestes, rispetto a cui beatus ha una
connotazione più intensa. Il carattere convenzionale del paxapioués è accentuato dalla vv. 7-8 superba — limina: assieme alla vita forense, la vita del cliens costretto alla salu-
presenza di motivi topici come il rifiuto delle altre attività o la rappresentazione della tatio mattutina rappresenta sinteticamente i fastidi della città, e come tale è ricordata
vita di campagna con toni simili a quelli delle descrizioni dell’età dell’oro. anch'essa nel pezzo virgiliano che Orazio ha presente: georg. 2, 461 sg. non ingentem
foribus domus alta superbis | mane salutantum totis vomit aedibus undam.
v. 2 prisca — mortalium: non si tratta della generazione dell’età dell’oro, poiché non

cimici oi
è esentata dal lavoro; ma è qui presente l’idealizzazione delle passate generazioni, v. 9 ergo: nesso di transizione particolarmente adoperato in prosa o in poesia dida
che vivevano nella semplicità della vita agreste e nell’integrità dei costumi, indipen- scalica; qui sottolinea l'andamento discorsivo,

RA
950 Orazio . . Epodi 2, 10-39 951

v. 10 altas — populos: a volte anche il pioppo, oltre che il più comune olmo, viene ter se prostrati in gramine molli / propter aquae rivum sub ramis arboris altae | non magnis
adoperato per appoggiarvi la vite (cfr. Prin. nat. hist. 18, 200). Su maritat cfr. nota a opibus iucunde corpora curant.
carm. 2, 15, 4 e 4, 5, 30.
v. 23 sub —ilice: elemento caratteristico del locus amoenus: cfr. nota a carm. 3, 13, 14 sg.
in valle: cfr. carm. 1, 17, 17.
v. 25 altis...ripis: le rive sono alte rispetto alle acque, il cui volume nella bella sta-
v. 11 mugientium: l’uso del participio sostantivato per indicare metonimicamente gione è ridotto al minimo (cfr. carm. 4, 7, 3 sg. e nota).
l’animale che possiede ia caratteristica espressa dal verbo è dizione elevata: cfr. ENN. degli usignoli (cfr.
v. 26 queruntur...aves: probabile allusione al canto lamentoso
ann. 169 Sk. balantum pecudes; Lucr. 2, 369 balantum pecudes; 6, 1132 pigris balantibus; nota a carm. 4, 12, 5 sg.).
3, 541 genus omne natantum. Ma Orazio probabilmente ha presente Verc. georg. 1, 272
balantum gregem. v. 27 fontes — manantibus: verso pieno di armonia imitativa e di forza descrittiva.
Le obiezioni mosse contro il testo tràdito, che Iymphis manantibus sarebbe ridondante
v. 14 feliciores: riferito alla fertilità dei rami che vengono piantati al posto di quelli dopo fontes e che fontes introdurrebbe una pluralità di fonti sovraccaricando inutil-
sterili (inutiles), come in VERG. georg. 2, 79 sgg. mente il quadro, sono di scarsa rilevanza. È tuttavia suggestivo, anche se inutile, l’emen-
v. 15 pressa. ..mella: cfr. Vero. georg. 4, 140 sg. spumantia cogere pressis | mella favis; damento frondes, che trova riscontro in passi come Prop. 4, 4, 4 multa. . inativis ob-
ma Orazio trasferisce, con espressione metonimica, al miele l’idea dello spremere, strepit arbor aquis e Sappn. fr. 2, 5 sg. L.-P. èv S'Hdcop Yuypov xeddda dl 'Boduy / padivov.
che propriamente andrebbe riferita ai favi (lo stesso in epod. 13, 6 vina.. pressa). v. 28 somnos—levis: cfr. Vero. georg. 2, 470 molles sub arbore somni.
v. 16 infirmas: forse c'è un elemento di stile soggettivo in questa notazione sulla de- v. 29 annus hibernus: cfr. nota a carm. 3, 23, 8.
bolezza delle pecore che si offrono alla tosatura: la stessa simpatia per le creature ani
v. 31 multa cane: singolare per il plurale; la forma femminile di canis è prediletta dai
mali che apparirà in carm. 3, 13 o in 4, 2, 57 seg. poeti: cfr. Lucr. 1, 404; Vero. Aen. 7, 493.
v. 18 agris è la lezione di gran lunga meglio attestata; arvis è indubbiamente termine v. 33 amite: pertica su cui si stendevano le reti per la caccia degli uccelli: cfr. PAUL.
meno comune, ma nasce il sospetto che abbia potuto penetrare nel testo oraziano Fesr. 19, 17 L.
da VER. georg. 2, 341 caput extulit arvis.
rara...retia: le reti per la caccia degli uccelli sono a maglie larghe, a differenza delle
v. 19 ut decerpens: l'improvvisa esclamazione conferisce enfasi a questo quadretto plagae densae per la caccia al cervo (cfr. carm. 3, 5, 31 e nota).
idealizzato della vita campestre. Per la costruzione grecizzante di gaudeo col participio v. 35 advenam...gruem: la gru è detta forestiera perché si trova di passaggio nei cieli
cfr. epist. 2, 2, 107 gaudent scribentes. d’Italia, durante l’inverno; la gru era, fra la selvaggina, considerata uno dei piatti più

4 ii sai
prelibati (cfr. Prin. nat. hist. 10, 60).

(E Vinili
v. 21 Priape: divinità originaria dell’Ellesponto, il cui culto, legato alla vegetazione
e ai giardini, era stato accolto e si era diffuso a Roma. v. 36 praemia: anche qui sembra esserci una voluta ambiguità: il riferimento, è alla.
, . . .
cacciagione, premio per il cacciatore, ma forse si allude alla ricompensa che l’usuraio
vv. 21-22 et Silvane: l’apostrofe alle due divinità conclude con un tono solenne
esige dai debitori.
questa prima serie di quadri tratti dalla vita campestre. Silvano (cfr. Vera. ecl. 10, 24;
georg. 1, 20), antica divinità italica dei boschi, simile a Fauno, fu considerato in seguito vv. 37-38 quis — obliviscitur: considerati da alcuni i versi più sinceri dell’epodo, espri-
anche dio tutelare dei confini (per questo è qui chiamato tutor finium), in quanto og- mono una autentica aspirazione alla fuga dalle preoccupazioni quotidiane, la stessa
getto di culto da parte degli agricoltori proprietari di terreni confinanti con i boschi. che ritornerà in carm. 2, 16. Per la costruzione malarum quas...curas, con attrazione
L’epiteto pater appare forse eccessivo riferito a una divinità minore, ma vuol essere di curas, cfr. epod. 6, 8; sat. 1, 4, 2.
un ulteriore elemento di solennità. v. 39 quod si: cfr. nota a carm. 1, 1, 35.
vv. 23-28 libet — levis: quadretto idillico che risente di Lucr. 2, 29 sgg., un passo di in partem equivale a pro parte, e si riferisce a quelli che sono i compiti della donna
cui Orazio si è ricordato più di una volta (cfr. nota a carm. 1, 1, 21 sg. e 3, 1, 23): in- in campagna.
952 Orazio Epodi 2, 39-70 953

vv. 39-40 quod si -liberos: la tranquillità familiare completa il quadro idillico della gliata dai filosofi stoici ed epicurei, e Orazio stesso ne fa un breve elenco, in gran parte
vita campestre, come in VErG. georg. 2, 523 sg. interea dulces pendent circum oscula nati, | coincidente con questo, in carm. 1, 31 (cfr. note al v. 15).
casta pudicitiam servat domus.
v. 55 pinguissimis si riferisce per ipallage ai rami anziché alle olive; loliva è un cibo
vv. 41-42 Sabina...uxor: l’austerità delle donne sabine era proverbiale (cfr. nota povero per eccellenza (cfr. carm. 1, 31, 15).
a carm. 3, 6, 37). — amantis:
v. 57 herba l'abbondanza di quest'erba, ricordata anche in sat. 2, 4, 29,

v. 42 pernicis — Apuli: l’alacrità di quest'altra popolazione italica è indicata con un nei prati è indicata con una costruzione poetica che riecheggia probabilmente Vers.
epiteto simile a quello adoperato in carm. 3, 16, 26 impiger Apulus. georg. 3, 315 amantes ardua dumos.
vv. 57-58 gravi corpori: sulla malva, cibo particolarmente digeribile, cfr. nota a
v. 43 sacrum...focum perché consacrato ai Lari: cfr. nota a carm. 3, 23, 2. Nel com-
1, 31, 16.
plesso, questo quadretto di così intima quiete familiare ricorda Verc. georg. 1, 291 sgg.
v. 59 agna— Terminalibus: la festa del Terminus, divinità dei confini, si svolgeva il
exstruat si collega asindeticamente a iuvet del v. 39, e l’asindeto è forse spiegabile 23 febbraio: in tale occasione spargitur et caeso communis Terminus agno (Ov. fast. 2, 655).
con l’intento di staccare il generico iuvet dalle successive specificazioni (exstruat. . .
siccet. . .apparet). Ma esso fa indubbiamente difficoltà e ha suggerito interpretazioni v. 60 haedus lupo: la spiegazione più accettata di questo verso è quella secondo cui
alternative peraltro poco convincenti (conglobare i vv. 43-48 nella similitudine Sa- il capretto, particolarmente tenero, sarebbe stato scelto dal lupo come preda. Secondo
bina qualis..., far decorrere l’apodosi dal v. 43 anziché dal v. 49) ed emendamenti vari. altri, si allude a una forma di risparmio del contadino, che, anziché uccidere un altro
x
capretto, ne ucciderebbe uno già addentato dal lupo; secondo altri ancora, l’espres-
v. 47 dulci...dolio: l'aggettivo dulci è riferito per ipallage al contenente anziché sione non ha implicazioni al di fuori del fatto che il capretto è cibo prediletto dal lupo.
al contenuto.
v. 63 vomerem inversum: cfr. Vere. ecl. 2, 66 aspice, aratra iugo referunt suspensa
v. 48 dapes inemptas: cfr. Vero. georg. 4, 133 dapibus mensas onerabat inemptis. iuvenci.
v. 49 Lucrina...conchylia: i frutti di mare pregiati, in particolare le ostriche, fra cui vv. 65-66 positos — Lares: i vernae erano gli schiavi nati in casa (cfr. Fesr. 510, 7 sgg.
erano rinomate quelle del lago Lucrino (su cui cfr. nota a carm. 2, 15, 2 sg.): cfr. sat. L.; Paut. Fesr. 511, 10 sg. L.), e il fatto che fossero numerosi era segno del benessere
2, 4, 32; Pun. nat. hist. 9, 168 sg.; 32, 61 sg.; Martiat. 13, 82. della casa (cfr. Tis. 2, 1, 23 turba vernarum saturi bona signa coloni); essi sedevano di
v. 50 rhombus: sul rombo, pesce molto ricercato, cfr. sat. 2, 2, 95; 2, 8, 30. fronte al focolare: cfr. sat. 2, 6, 65 sg.

vv. 50-52 scari — mare: su questo pesce particolarmente prelibato, chiamato da Ennio v. 66 renidentis Lares: le statuette (imagines) dei Lari, custodite in una nicchia presso
cerebrum Iovis (var. 40 V?), cfr. Prin. nat. hist. 9, 62; Corum. 8, 16. Esso era raro nelle il focolare, venivano lucidate talvolta, specialmente nelle occasioni festive, con olio
e cera (cfr. Iuvenat. 12, 87 parva simulacra nitentia cera).
coste d’Italia, dove veniva spinto dalle tempeste del Mediterraneo (Eois.. .fluctibus).
Intonata, participio con significato attivo, è formato dall’impersonale intonat. Per Eois vv. 67-70 haec ponere: la chiusa inaspettata risulta particolarmente ironica: a ciò
cfr. carm. 1, 35, 31. contribuiscono il nome e la qualifica professionale di Alfio, che solennemente occupano
v. 53 Afra avis: la gallina africana, o faraona, rara e prelibata: cfr. VARR. rust. 3, 9, 18. metà del verso, e l’iterazione di iam, che vuol sottolineare la fretta dell’usuraio di cam-
biare costume di vita. Ma tale fretta è immediatamente smentita dalla pointe finale,
v. 54 attagen Ionicus: il francolino, uccello raro che si poteva cacciare nella zona al-
che costituisce una sorpresa nella sorpresa: la nuova scelta di vita dura solo quindici
pina, secondo quanto dice Pin, nat. hist. 10, 133; sul suo eccellente sapore cfr. Mar-
giorni, dalle Idi del mese, giorno in cui l’usuraio riscuote il denaro dato a prestito
mar. 13, 61.
(s'intende, per comprare poderi), alle Calende, cioè al primo del mese successivo,
vv. 55-58 iucundior
— corpori: la dichiarata preferenza per i cibi semplici e frugali giorno in cui egli cerca di ricollocare il denaro a usura. Sulle Idi come data di scadenza
risulta doppiamente ironica per chi sa già che essa è pronunciata da un usuraio. L’iro- per il rimborso del denaro avuto in prestito cfr. Cic. Catil. 1, 14; Att. 10, 5,3: 14, 20,2.
nia è rivolta non soltanto alla convenzionalità degli elogi della vita semplice di campagna, Sulle Calende come giorno fissato per il pagamento degli interessi o il rimborso della
ma ha probabilmente di mira anche l’affettazione di una certa moda filosoficheggiante. somma cfr. sat. 1, 3, 87 sg.; Ov. rem. 561 sg.; e, in generale, su Calende, None e Idi
Infatti cibi semplici, specialmente verdure ed erbe, facevano parte della dieta consi- come giorni di scadenze per gli usurai cfr. Cic. Verr. 2, .1, 149.
954 ‘Orazio Epodi 3,.1-13 955

3 Trin. 339 e, in Orazio, sat. 2, 8, 90). Si quis corrisponde al quicumque dello stile del-
l’invettiva (cfr. carm. 2, 13, 2 e nota).
FRAENKEL, 68 sg.; L. Cormant, « Étud. class. » 25, 1957, 107 seg. vv. 1-2 parentis — fregerit: cfr. carm. 2, 13, 5 sg. per il parricidio come il più esecrando
fra i delitti.
Privo di indizi cronologici, quest’'epodo è indirizzato scherzosamente, in un clima
v. 1 impia manu: motivo topico nello cyetAraoués (cfr. nota a carm. 2, 13, 2).
di amichevole intimità, a Mecenate, il cui nome compare soltanto alla fine, in corri
spondenza con la piccante chiusa epigrammatica. Malgrado l’opinione contraria di v. 3 cicutis — nocentius: nel contesto, che è parodico nei confronti della legislazione
alcuni, che vedono nel componimento non una vendetta contro l’amico, ma anzi romana, si inserisce un’allusione alle leggi greche, con la menzione della cicuta, il po-
un complimento per il suo gusto raffinato e alieno da cibi rozzi e indigesti (Herrmann), tente veleno che i condannati a morte in Atene erano costretti a bere, ma rispetto al
e di altri che scorgono nell’invettiva una polemica generale contro certe abitudini quale l’aglio èx più‘ pestifero, afferma Orazio con scherzosa iperbole.
gastronomiche diffuse presso i contemporanei (Colmant), l'occasione dell’epodo è v.40-ilia: riferimento alla particolare resistenza dei mietitori e, in generale, dei came
legata ad un piatto rustico a base di aglio che Mecenate aveva fatto mangiare al poeta pagnoli, che digerivano facilmente l'aglio di cui facevano grande uso (cfr. Vero. ecl.
e che per questi era risultato indigesto. Tale interpretazione non si fonda soltanto 2,10 sg. Thestylis et rapido fessis messoribus aestu/ alia serbyllumque herbas contundit olen-
sull’epiteto iocosus con cui Mecenate è appellato nel v. 20, ma soprattutto sul fatto tes). Ma l'improvvisa apostrofe ha una solennità che mira scherzosamente al pathos.
che altrimenti sarebbe difficile cogliere l’unità dell’epodo.
Concepito come una parodia dello oyetAueopés (qualcosa di simile all’inizio di v. 5 quid — praecordiis: comincia una serie di interrogazioni volte pure a creare un
carm. 2, 13), l’epodo può essere definito come il tentativo di unire l’arguzia del ratymoy, effetto patetico. La dizione elevata, con l’immagine del veleno che infuria nei praecordia
del genere di certi endecasillabi catulliani come o funde noster (c. 44) (Fraenkel) allo (voce epico-lirica: Vero. Aen. 2, 367; 7, 347; 9, 413 etc.; Tis. 1, 1, 77; Prop. 2, 3, 13;
spirito dell’invettiva giambica. Tale tentativo avviene attraverso una serie di strumenti Ov. her. 12, 183), e con il partitivo veneni, rientra nello stile della parodia.
stilistici, dall’exemplum mitologico al linguaggio magniloquente e, in generale, alla v. 6 viperinus...cruor: cfr. nota a carm. 1, 8, 9.
rappresentazione iperbolica, che creano un effetto di parodia.
v. 7 fefellit con costruzione ricalcata sul greco Xav®kvetv, come in carm. 3, 16, 31 sg.
Può darsi che non sia casuale la collocazione subito dopo l’epodo 2, in cui veniva
decantata la cucina rustica (Zielinski), e che la menzione di Canidia nel v. 8 tenda a malas con il significato di ‘ velenoso ’, come in sat. 2, 1, 56 mala cicuta o in Vero.
sottolineare il legame con l’epodo 5 e, quindi, l’unità del libro intero (Fraenkel). Aen. 2, 471 mala gramina.
La struttura può essere definita tripartita: allo cyerAteouòs dei vv. 1-4 segue la v. 8 Canidia: cfr. introduzione all’epodo 5.
parte centrale, con l’assimilazione dell’aglio a un veleno magico (vv. 5-18), seguita
vv. 9-10 ut— ducem: l’autorità dell’exemplum mitologico di Medea, la maga per anto-
dalla piccante chiusa a sorpresa.
nomasia, consacra solennemente l’aglio come il più terribile dei veleni. Il momento
Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici. cui si fa riferimento è quello dell’innamoramento di Medea alla vista di Giasone,
il più bello fra gli Argonauti che avevano raggiunto la Colchide alla conquista del
vv. 1-3 parentis — nocentius: la parodia del motivo dello oyetAuaopés ricorda l’inizio vello d’oro; è la situazione descritta in Ar. Rx. 3, 961 sgg.; Ov. met. 7, 84 sg.
di carm. 2, 13, ma un ulteriore elemento di parodia è rappresentato dalla variazione v. 11 ignota — iuga: si noti la solennità conferita al verso dall’allitterazione in i e dalla
rispetto allo schema consueto della maledizione, poiché quest’ultima non è pronun- lunghezza della rara forma illigaturum. Tauris dipende drò xowob da ignota e da illi-

iiali
ciata contro l’autore del danno (e, forse, non poteva essere altrimenti, poiché la per- gaturum.
sona in questione è Mecenate), ma contro l’autore di altri sacrilegi e delitti. Il danno v. 12 hoc: ripreso anaforicamente nel v. 13, il deittico pone in enfasi l'oggetto del-
non è uno dei tanti misfatti di un empio, ma una punizione per tali misfatti.
l’invettiva, l’aglio assimilato al veleno.
si quis — edit: lo stile, è stato osservato, paròdia quello giuridico-sacrale, con un par- v. 13 delibutis — paelicem: riferimento alla vendetta che Medea consumò nei confronti
ticolare rinvio alle XII tavole, che è reso evidente dall’uso dell’arcaismo edit, relitto di Glauce, seconda moglie di Giasone, figlia del re di Corinto, alla quale inviò un peplo
di ottativo, adoperato come congiuntivo (cfr. Cic. fin. 2, 7, 22; fam. 9, 20, 3; PLAUT. e una corona intrisi di veleno, che quella indossò, morendo fra atroci dolori (cfr.
956 ‘Orazio Epodi.3, 14 - 4 957

Eur. Med. 945 sgg.; 1136 sgg.). La dizione elevata (cfr. l’allitterazione in d, la rara voce Il componimento è, nel più autentico e genuino spirito giambico, un’invettiva
delibutis) produce una solennità che aumenta la sproporzione rispetto all'argomento contro un liberto che, diventato cavaliere e tribuno militare, ha assunto tale arroganza
dell’epodo, e quindi l’effetto parodico. da sembrare immemore delle proprie origini. L’identificazione di questo personaggio
paelicem: l’uso di questo termine (cfr. carm. 3, 10, 15; 3, 27, 66) è un esempio di stile
è impossibile, malgrado siano state avanzate alcune ipotesi, con il sostegno della tra-
soggettivo, poiché Glauce, moglie legale di Giasone, è dal punto di vista di Medea dizione manoscritta e dell’esegesi antica: quella con Pompeo Mena o Menodoro,
una adultera. per esempio, liberto di Sesto Pompeo (ps.-Acrone e Porfirione), comandante della
flotta di questi, poi passato a Ottaviano nel 38 a.C., e tornato a Pompeo nel 36 a.C.
v. 14 serpente — alite: dopo aver provocato la morte della rivale e dopo aver ucciso i
per poi tradirlo di nuovo (ApPian, civ. 5, 78; 96; 101). Ma l’identificazione non è
propri figli, Medea fuggì in volo su un carro trainato da serpenti alati verso Atene:
plausibile, perché Mena era praefectus classis, non tribunus militum. Alcuni manoscritti
efr. Eur. Med. 1317 sgg.
dàìnno il nome di Vedio Rufo, che è improbabile tanto che si tratti del publicanus
v. 15 siderum...vapor: probabile riferimento all’afa della Canicola (su cui cfr. nota caro alle matrone, homo neguior, di cui parla Cicerone in una lettera dall'Asia Minore
a carm, 3, 13, 9 seg.) (Laodicea) del 50 a.C. (Att. 6, 1, 25), quanto che si tratti di Vedio Pollione dell’età
v. 16 siticulosae Apuliae: cfr. carm. 3, 10, 11 e nota. di Augusto, cavaliere di origine servile dedito al lusso (Tac. ann. 1, 10; 12, 60), non
vv. 17-18 munus — aestuosius: la tunica imbevuta del sangue del centauro Nesso che solo perché il cognomen di questo personaggio è diverso da quello tràdito, ma anche
Deianira mandò in dono a Ercole, credendo di mantenerne l’amore, e provocandone perché egli era amico di Ottaviano.
invece la morte: cfr. SorH. Trach. 765 sgg. Restano altre ipotesi collaterali, come quella che dal v. 3 (Hibericis.. .funibus)
deduce l’origine spagnola del destinatario (Biichner). Impossibile anche stabilire il
v. 17 efficacis: l'epiteto indica la forza di Ercole, la sua potenza fisica, con una notazione motivo dell’odio di Orazio per il protagonista dell’epodo; l’ipotesi che si tratti di una
che forse vuol richiamare per contrasto l'impotenza dell’eroe di fronte all’artificio magico.
rivalità amorosa si fonda soltanto sulla coincidenza, probabile ma non accertata,
vv. 19-22 at- cubet: soltanto a questo punto troviamo, ma in forma limitata e cor- con quanto Anacreonte (fr. 388, 8 P.) dice di Artemone che gli aveva portato via
retta, la maledizione evitata nello oyetAacués iniziale: una maledizione scherzosa che Euripile (roXà dì véitov oxvrivai pdoriyi douiydeig « molto fustigato nel dorso con
si risolve in una pointe epigrammatica. E soltanto a questo punto troviamo il vocativo la frusta di cuoio »).
del destinatario, di Mecenate amante degli scherzi, responsabile dell’indigestione di C'è anche chi ha pensato che l’epodo si inserisca nel quadro di una precisa diret-
Orazio (cfr. introduzione). tiva di Ottaviano, il quale dopo essersi servito di uomini come il parvenu, avrebbe
v. 21 manum- tuo: gesto usuale nel codice del comportamento erotico: cfr. Prop. inteso allontanarli (Grimal). Ma, indipendentemente dalla sua identità storica, il per-
2, 29, 39 opposita propellens savia dextra. sonaggio contro cui si scaglia Orazio è un tipo comune a tutte le epoche (Jacoby, Fraen-
kel), e che era particolarmente diffuso negli ultimi decenni del I secolo a.C., quando i
v. 22 extrema secondo alcuni va unito a sponda, con riferimento all’orlo del triclinio,
rivolgimenti prodotti dalle guerre civili avevano creato e creavano rovesci di fortuna
secondo altri è predicativo di puella (e sponda sarebbe già di per sé l’orlo del letto: =
e improvvise ricchezze.
cfr. Martiat. 3, 91, 9). Ma il senso non cambia molto: la fanciulla è presentata ì
mi Il fatto che la condizione sociale di Orazio fosse la stessa di quella del suo ber-
mentre si ritrae disgustata di fronte all’alito di Mecenate.
i saglio non fa difficoltà, anzi dà più forza alla polemica: la possibilità di elevarsi social
È mente deve essere fondata sulle doti morali e culturali (La Penna). Ma, come sempre
4 nell’antichità, l'accusa moralistica cela il rifiuto di un modello economico, e corrisponde
alla ‘ falsa coscienza’ con cui si guarda a certi mutamenti da parte di un sistema chiuso
F. Jacosy, « Hermes » 49, 1914, 454 sgg. (= KI. Schr. 2, 266 sgg.); FRAENKEL, 68 sg. alla mobilità sociale.
La struttura è bipartita: all’invettiva nei confronti del tribunus militum (vv. 1-10)
Dai vv. 17 sg. si ricava che la composizione di quest'epodo risale alla guerra con- segue il monologo dei passanti indignati (vv. 11-20).
tro Sesto Pompeo ed è anteriore alla conclusione di quest’ultima: la data presumi-
bile è il 38-37 a.C. Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici.
958 Orazio Epodi 4, 1-14 959

v. 1 lupis — agnis: l’inimicizia tra lupi e agnelli era proverbiale, ed era codificata nella (Catil. 2, 22 velis amictos, non togis). Si noti come il riferimento alla toga occupi un
tradizione letteraria a partire da Hom. Il. 22, 263 sgg., dove è oggetto del confronto con intero verso, quasi a rendere l’idea del dispiegarsi di tanta stoffa.
l'ostilità fra Achille ed Ettore: oùòè Aixor Te xai dovec Subppova Suudv Eyovat / Add v. 9 ora vertat: secondo alcuni, « fa voltare la faccia » (a causa della ripugnanza e
xaxà qpovéovor Sraurtepéc dAAiora / de dx tor’ tut xal cè punueva (cfr. anche Ari dello sdegno), con vertat per avertat (come in Ov. met. 6, 642 nec voltum vertit), secondo
stopH. Pax 1075 sg.; Ov. Ib. 43 sgg.). altri « fa mutare il volto » (facendo esprimere una smorfia di disgusto), secondo altri
sortito: ablativo del participio perfetto, con valore avverbiale, come in PrAuT. Merc. « fa volgere il viso verso di lui » (per la curiosità), con vertat per convertat.
136 at tibi sortito id obtigit. Per il concetto cfr. sat. 2, 6, 94 terrestria quando mortalis
huc = huc: più probabilmente da unire a vertat (che andrebbe allora spiegato con la
animas vivunt sortita.
prima delle tre interpretazioni su riferite) che ad euntium, come vogliono altri: in tal
v. 3 Hibericis...funibus: non si riferisce a presunte origini spagnole del personag- caso, avremmo una notazione superflua, perché è ovvio che i passanti vadano in di-
gio (cfr. introduzione), ma al fatto che in Spagna vi è un’abbondante produzione di
x
rezioni diverse, mentre accettando la prima spiegazione si ottiene un tocco di vivacità
sparto usato per costruire solide corde (cfr, PLIin. nat. hist. 19, 26 sg.). descrittiva (i passanti che si voltano in tutte le direzioni per non vedere).
peruste: anche in sat. 2, 7, 58 uri virgis e in epist. 1, 16, 47 loris non ureris, il verbo uro v. 10 liberrima indignatio: degna di uno spirito libero, non di un animo servile (il
è adoperato con valore pregnante, a designare il segno lasciato dalle staffilate. Qui il riferimento è psicologico, non sociale). Le due lunghe parole occupano l’intero di-
verbo si riferisce alle piaghe provocate dalle funi con cui lo schiavo era stato flagellato metro, sottolineando l’idea dello sdegno.
e dai ceppi con cui era stato legato (erano questi gli strumenti di punizione degli schiavi:
cfr. Ter. Phorm. 249; dig. 48, 19, 10). Su tali segni cfr. anche Ov. am. 2, 2, 47 compedi- v. 11 sectus: comincia qui l’esposizione delle considerazioni dei passanti, i quali per
prima cosa notano i segni della sferza che ancora solcano il corpo del liberto: è la prova
bus liventia crura; Ts. 1, 7, 42. Ma in peruste c'è una connotazione in più: la piaga bru-
più evidente dell’antica condizione del parvenu, e per questo l’opinione altrui vi in-
cia come un marchio di infamia.
siste tanto (cfr. già v. 3 sg.).
v. 6 fortuna— genus: il motivo, molto comune, rivela la sua matrice diatribica; dalla
flagellis.. .triumviralibus: i tresviri capitales si occupavano delle condanne a morte
diatriba esso era passato nella letteratura protreptica e proemiale, dove è svolto spesso
(SaLt. Catil. 55, 5), e svolgevano anche una funzione di polizia notturna, con il com-
il tema della contrapposizione fra fortuna e cultura, fra tiym e réyxw, fra i beni passeg-
pito, fra l’altro, di catturare ladri colti sul fatto e schiavi fuggitivi (cfr. PLauT. Amph.
geri e fortuiti (fra i quali la ricchezza) e quelli stabili, duraturi, che davvero consentono
un mutamento di genus. Ai topos Orazio dà una forma sentenziosa, « e la sentenza 153 sgg.).
è di un sarcasmo che inchioda » (La Penna). v. 12 praeconis — fastidium: sembra che, durante l'esecuzione di una condanna cor-
v. 7 sacram...viam: la via Sacra, così chiamata o perché in essa fu stipulata la pace porale, un banditore gridasse il nome e la colpa del punito (cfr. Arr. LamprID. Alex.
fra Romolo e il re sabino Tito Tazio, o perché era la strada percorsa dai sacerdoti Sev. 36). Il sarcasmo iperbolico di Orazio vuole che il banditore si sia stancato a furia
quando si recavano a compiere sacrifici alle Idi (cfr. Fest. 372, 8 sgg. L.). Andava dalla di ripetere il nome dell’ex-schiavo.
zona dell’Esquilino al tempio di Vesta (cfr. anche note a carm. 3, 30, 8 sg.; 4, 2, 35).
v. 13 Falerni = iugera: altra esagerazione (mille è, come sempre, numerale iperbolico),
Fra una strada adatta al passeggio, e per questo meta prediletta di chi volesse fare in-
che mira a enfatizzare la condizione di ‘arricchito’ del personaggio in questione.
contri e mettersi in mostra.
Il territorio Falerno era quello che produceva l’omonimo, eccellente vino (cfr. nota
metiente: anche noi diciamo ‘misurare a larghi passi’: qui l'accento è posto sulla a carm. 1, 20, 10).
superbia di questo incedere lento e sull’affettazione di un gesto non spontaneo, ma
studiato intenzionalmente. v. 14 Appiam: la via Appia, che portava da porta Capena (Roma) fino a Capua, fatta
costruire da Appio Claudio Cieco, censore nel 312 a.C. (cfr. FRONTIN. de ag. 5). Si
v. 8 cum-— toga: una toga ampia, che, al contrario della exigua toga simbolo di fru- immagina che il liberto la percorra continuamente, fino a consumarla, per recarsi
galità (epist. 1, 19, 13; 1, 18, 30), rappresenta un’eleganza ostentata. L’ulna è un'unità a visitare i suoi poderi in Campania.
di misura equivalente al cubitus (cm. 45); una toga ampia sei ulne sarà stata enorme,
come quelle dei giovani eleganti che Cicerone definiva ironicamente coperti di vele mannis: cfr. nota a carm. 3, 27, 7.

33 fr
960 Orazio Epodi 4, 15 — 5, 2 961

v. 15 sedilibus — eques: la disposizione artistica delle parole, a incastro, con al centro nomi fittizi, e sarebbe coniato su canus per dare subito l’idea della vecchiaia ripu-
via . . .
l’ironico magnus, ha una sua efficacia, sembra sottolineare la boria del nuovo cavaliere gnante della strega. Ma la prima notizia, cui pure alcuni interpreti assegnano cre-
che prende posto nelle prime file dei teatri. dito (recentemente Castorina, D’Arms), ha l’aria di essere un autoschediasma: l’ori-
gine napoletana è stata suggerita dal v. 43, il mestiere di unguentaria dal v. 59 e da
v. 16 Othone contempto: allusione alla lex Roscia theatralis, proposta dal tribuno
epod. 17, 23. In realtà la scena si svolge a Roma, non a Napoli, nel quartiere po-
della plebe Lucio Roscio Otone nel 67 a.C., che riservava ai cavalieri le prime quat
polare della Suburra. Indipendentemente dalla sua precisa identità storica, Canidia
tordici file nei teatri, dietro i senatori, cui era destinata l'orchestra (cfr. PLuT. Cic.
è un personaggio della cui realtà non c'è motivo di dubitare, anche se sconfina nel
13; Liv. per. 99). Ma il censo per diventare eques, 400.000 sesterzi, era ormai alla por-
tipo letterario. È suggestiva, ma non dimostrabile l'ipotesi che la donna sia stata
tata di gente moralmente indegna come la maggior parte dei nuovi ricchi; Otone que
amata da Orazio, di un amore violento che si sarebbe trasformato in odio e rancore
sto non l’aveva previsto.
(Bione, Castorina). Ipotesi stravaganti, come quella secondo cui nell’epodo 5 la
vv. 17-18 tot — pondere: la flotta che Ottaviano aveva allestito contro Sesto Pompeo vittima delle streghe sarebbe il poeta stesso, non il bambino sacrificato (Hahn),
era costituita da navi pesanti (cfr. l’ablativo di qualità gravi pondere) e rostrate: cfr. testimoniano soltanto la complessità di un componimento il cui significato sfugge
Cass. Dro. 49, 1; ApPIAN. civ. 5, 106. L'immagine ardita, un po’ concettosa, ora navium e la cui cifra stilistica stenta a definirsi.
deve essere stata suggerita dal fatto che la prua delle navi era denominata rostrum, La mancanza di modelli letterari da cui l’epodo possa dipendere con sicurezza
« becco di uccello ». La guerra contro Sesto Pompeo si concluse con la battaglia di rende più difficile la valutazione del suo carattere. È vero che esso si inserisce nel fi-
Nauloco, in Sicilia, nel 36 a.C. lone della poesia che mima riti magici, come l’idillio II di Teocrito o la seconda parte
dell’ecloga VIII di Virgilio, ma la somiglianza con questi componimenti è vaga. Tut
v. 19 servilem manum: fra le fila di Sesto Pompeo militavano molti schiavi fuggitivi
tavia l’epodo rivela un gusto ellenistico (LATTE, « Philologus » 1948, 41; Fraenkel;
(cfr. Cass. Dio. 48, 17; VeLt. 2, 73, 2), che poi Augusto si vantò di avere restituito
Fedeli), e non è escluso che abbia dietro un modello ellenistico perduto (Eitrem).
ai legittimi padroni (Mon. Ancyr. 25).
Certamente, l’epodo riflette anche un’atmosfera culturale in cui la magia era dif-
em ee

v. 20 hoc militum: i tribuni militum erano alti ufficiali delle legioni; si trattava di fusa, ma non possiamo stabilire fino a che punto Orazio conduca in esso una batta.
una carica prestigiosa, più politica che militare. L'anadiplosis di hoc sottolinea con enfasi
Ie

glia illuministica, di matrice epicurea, contro le pratiche magiche (Eitrem, Ingallina),


la manifestazione finale di sdegno, uno sdegno quasi incredulo. o voglia contrapporre una immagine cruenta e disgustosa della magia a quella tenera
PIE

e sentimentale data da Virgilio nell’ecloga VIII (Kurfess), fino a che punto cioè l’epodo
abbia presente un aspetto della realtà contemporanea e quanto vi sia in esso di lette-
5 rario.
La struttura è quadripartita: ai vv. 1-10 (lamento del fanciullo sacrificato) seguono,
E.A. HAHN, « Trans. Amer. Philol. Ass. » 70, 1939, 213 sgg.; S. ErrrEm, « Symb. nei vv. 11-46, scene di magia che vedono le quattro streghe all’opera, il monologo
Osl. » 21, 1941, 39 sgg.; Casrorina, 229 sgg.; J.H. D’Arms, « Philologus» 111, 1967, di Canidia nei vv. 47-82 e la maledizione della vittima nei vv. 83-102.
141 sgg.; S. IncaLLINA, Orazio e la magia, Palermo 1974; P. FepELI, « Mus. Philol.
Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici.
Londin. » 3, 1978, 67 sgg.; D. Bam, « Latomus» 45, 1986, 125 sgg.

v. 1 at con valore di interiezione, segna l’inizio del discorso del fanciullo ed esprime
Privo di indizi cronologici, questo lungo epodo è concepito come un mimiambo
efficacemente un misto di sorpresa, di protesta e di paura (cfr. Carutt. 3, 13; VERG.
che rappresenta un rito magico, e che ha come protagonista la fattucchiera Canidia
Aen. 2, 535; 8, 643), introducendo il lettore nel vivo dell’azione: la vittima designata
e come personaggi di contorno le altre streghe Sagana, Velia e Folia. Canidia, uno
al sacrificio magico è già stata rapita da Canidia e dalle sue compagne. Che riti simili
dei bersagli preferiti della polemica di Orazio, che la fa oggetto di un odio archilo-
accadessero realmente sembra testimoniato da un'iscrizione in cui uno schiavo di
cheo anche nell’epodo 17 e in sat. 1, 8 (cfr. anche sat. 2, 1, 48; 2, 8, 95), è secondo
Porfirione (ad epod. 3, 8) una unguentaria Neapolitana, il cui vero nome sarebbe stato Livia, nuora di Tiberio, lamenta di essere stato rapito da una strega (CIL 6, 19747).
Gratidia; quest’ultima notizia ha un certo grado di attendibilità; lo pseudonimo sarebbe vv. 1-2 0- genus: tutta l’espressione è una perifrasi equivalente a di deaeque omnes;
metricamente equivalente al nome, come secondo gli usi che regolavano la scelta di ma lo stile perifrastico, assieme all’interiezione o e al riferimento alle prerogative degli
962 ‘Orazio
Epodi 5, 3-22 963

dei, rinvia al linguaggio sacrale e dà particolare solennità alle preghiere del bambino.
v. 13 impube corpus: apposizione di puer che, mentre insiste sulla sua tenera età,
È difficile però decifrare questa solennità, che ‘potrebbe esprimere il terrore della vit-
suggerisce anche l’idea di un corpo indifeso e degno di pietà.
tima, che si appella a tutte le divinità possibili, ma potrebbe mirare a un’iperbole
grottesca. v. 14 Thracum pectora: i Traci rappresentano un popolo rigido per antonomasia;
v. 3 iste...tumultus: definizione iperbolica della confusione e del baccano che il cfr. nota a carm. 1, 27, 2.
fanciullo avverte intorno a sé (cfr. nota a carm. 3, 14, 14 per il significato originario v. 15 Canidia: cfr. introduzione.
di tumultus). Iste è adoperato soltanto qui nella lirica oraziana,
implicata si adatta meglio all’attorcersi dei serpenti (cfr. Vero. Aen. 2, 215; Ov. her.
aut: preferibile alla variante et, si adatta meglio all’incalzare angoscioso delle domande, 9, 96; met. 4, 364), ma merita attenzione anche la variante illigata, a sostegno della
che procede in modo spezzato e non secondo coordinazioni logiche. quale si può addurre carm. 4, 11, 4 sg. hederae vis/...qua crines religata fulges.
vv. 5-6 per adfuit: il fanciullo implora la pietà di Canidia, cercando di far leva vv. 15-16 implicata — caput: le vipere di cui sono intrecciati i capelli di Canidia dànno
sul suo sentimento materno. Ma in weris c'è un’incongruenza, poiché Orazio mette a quest’ultima l’aspetto di una Furia (in sat. 1, 8, 45 Canidia e Sagana sono chiamate
in bocca al bambino ciò che questi non poteva sapere, e di cui solo il poeta stesso furiae); l’endiadi crines et incomptum caput arricchisce il quadro vivace della strega con
era a conoscenza, cioè che Canidia aveva simulato una maternità (cfr. epod. 17, 50 sgg. i capelli scarmigliati.
e nota). E anche se si ammettesse che il fanciullo fosse a corrente di tale finzione,
sarebbe del tutto fuor di luogo in un simile contesto questa nota di maliziosa e pun- v. 17 sepulcris-erutas: il fico selvatico, pianta sterile che produce solo fiori maschi
gente ironia. e non dà frutti, cresce in zone pietrose, spesso fra le pietre dei sepolcri (cfr. MARTIAL.
10, 2, 9).
v. 6 Lucina: nome con cui le partorienti invocavano Giunone, ma in Orazio appel.
lativo di Diana (cfr. carm. saec. 15), secondo una confusione fra Diana e Giunone v. 18 iubet: l’anafora segue il rapido succedersi dei momenti scenici.
piuttosto diffusa e riflessa già da CATULL. 34, 13 sg. e da Vero. ecl. 4, 9 (cfr. anche nota
cupressos funebris: cfr. nota a carm. 2, 14, 22 sg.
a carm. 3, 22, 2).
v. 7 hoc decus: riferimento alla fascia di porpora che orlava la toga praetexta dei v. 19 uncta — sanguine cioè uova di rana sporche di sangue (della rana stessa), come
fanciulli romani dai dodici fino ai sedici anni circa, cioè finché non indossavano la sembra confermato da Prop. 3, 5, 27 sgg. (nel contesto simile di un incantesimo
toga virile (cfr. Liv. 22, 57, 9; 25, 5, 8; Pun. nat. hist. 9, 127 etc.). La praetexta aveva d'amore): illum turgentis ranae portenta rubetae | et lecta exsectis anguibus ossa trahunt/
la proprietà di rendere sacra e inviolabile la infirmitas pueritiae (ps.-QuiInt. decl. 340), et strigis inventae per busta iacentia plumae. Altri legano ova a strigis del verso successivo,
ma ciò non aveva impedito l’atto di violenza di Canidia; per questo essa è detta inane e pensano a uova di gufo sporche di sangue di rana. Per la presenza della rana in pra-
decus. tiche di occultismo cfr. IuvenaL. 3, 42 sgg.

v. 8 improbaturum...Iovem è un eufemismo con cui il bambino vuol prospettare v. 20 strigis: denominazione onomatopeica (e secondo alcuni legata al nostro ‘ strega ’)
la vendetta di Giove, ma senza dare l'impressione di esprimere una minaccia. Tut di un uccello rapace e notturno, dalle caratteristiche fiabesche, difficile da identifi-

iii ili
tavia la lunghezza delle parole fa sì che la disapprovazione di Giove occupi l’intero care (cfr. PLIN. nat. hist. 11, 232 quae sit avium constare non arbitror), spesso ricordato
dimetro, e fa sentire il peso della sua temibile condanna. nella poesia augustea ispirata a riti magici (cfr. Prop, 3, 6, 29; Ov. met. 7, 269) e con-
siderato un uccello di malaugurio: cfr. Ov. am. 1, 12, 19 sg.
v. 9 ut noverca perché i cattivi sentimenti di una matrigna sono proverbiali (cir.
Sen. contr. 4, 6 oculis novercalibus; Tac. ann. 12, 2 novercalia odia), in accordo con la vv. 21-22 Iolcos- ferax: riferimento a due terre famose per gli incantesimi: Iolco,

Olii
caratterizzazione tipologica codificata nella tradizione della fiaba popolare. città della Tessaglia, legata al mito di Medea e Giasone (sulla Tessaglia patria della
arti venefiche cfr. nota a carm. 1, 27, 21 sg.). e l’Iberia, una regione dell’Asia fra il
v. 12 insignibus raptis: le streghe strappano al fanciullo la praetexta (ricordata nel
Ponto Eusino e il mar Caspio, di fronte alla Colchide, i cui abitanti si ritenevano di-
v. 7) e la bulla, la borchia d’oro o d’argento che i fanciulli liberi per nascita porta-

id
scendenti dei Tessali e collegavano la propria origine al mito di Medea e Giasone
vano al collo come amuleto, appesa a una collana (cfr. Vero. Aen. 9, 359; 12, 942;
(Tac. ann. 4, 34). Il duplice riferimento erudito nasconde dunque un'allusione a Me-
Ov. met. 10, 114; PerroN. 30).
dea, archetipo di tutte le maghe,

bl
964 Orazio Epodi 5, 23-49 965

vv. 23-24 ossa—Colchicis: la bollitura ha una funzione rivitalizzante ed è elemento vv. 37-38 exsecta — poculum: il filtro d’amore sarà preparato con il fegato essiccato
tipico dei riti magici: cfr. TaEocR. 2, 18; Vero. ecl. 8, 64. Qui si bolliscono ossa umane, e con il midollo raschiato dalle ossa del fanciullo (ma exsecta si riferisce per il senso
strappate (probabilmente nel cimitero dell’Esquilino nei cui pressi sembra svolgersi anche a iecur, aridum anche a medulla). Questi due organi possono concorrere alla
la scena) a una cagna famelica: è una scena lugubre, di un gusto ossianico ante litteram. preparazione di un filtro d’amore, perché il fegato è la sede delle passioni (cfr. nota
a carm. 1, 25, 15), il midollo è consumato dai desideri insoddisfatti. Per l’impiego
v. 24 Colchicis equivale, per antonomasia, a magicis: cfr. nota a carm. 2, 13, 8. del fegato in magia cfr. Ov. am. 3, 7, 30; her. 6, 91 sg.; met. 7, 273.
v. 25 Sagana è menzionata anche in sat. 1, 8, 23 come aiutante di Canidia. Porfirione v. 39 interminato...cibo: ablativo (o dativo) retto da fixae, con il participio perfetto
la ricorda come una liberta di un Pompeo non identificabile con gli omonimi perso- avente valore passivo nel senso di ‘ proibito’ (stesso significato in PLauT. Capt. 791;
naggi a noi noti. Ter. Eun. 830). Si noti come la somiglianza fonica con intabuissent del v. 40 e la lun-
v. 26 spargens — aquas: rito di purificazione prima del sacrificio; ma il fatto che l’acqua ghezza delle due parole richiamino l’attenzione su questa scena descritta con fin troppa
si dica attinta dal lago Averno (vicino a Cuma, all'ingresso degli Inferi) indica generi dovizia di particolari.
camente che il rito intende essere propiziatorio nei confronti degli dei dell’oltretomba. v.41 masculae libidinis: anche se masculus ha spesso il significato di ‘ forte, vigoroso ’,
Cfr. Vero. Aen. 4, 512 sparserat et latices simulatos fontis Averni, dove si dimostra il come in carm. 3, 6, 37, e quindi l’espressione potrebbe indicare una forte, violenta
valore sostitutivo, simbolico dell’acqua, capace di evocare magicamente le aquae libidine degna di un uomo, essa è stata sempre spiegata, fin da Porfirione, come una
Avernales. allusione all’omosessualità di Folia.
vv. 27-28 marinus...echinus: il riccio di mare (cfr. PLIN. nat. hist. 9, 99 sg.). Il parti v. 42 Ariminensem Foliam: nome romano piuttosto antico (Liv. 4, 25 parla di un
colare descrittivo dei capelli di Sagana dritti come gli aghi di un riccio o le setole di Folius tribunus militum consulari potestate nel 433 a.C.) quello di Folia, che proviene
x
un cinghiale è un elemento grottesco in questo cupo quadro. da Rimini, colonia fondata dai Romani nel 228 a.C.
v. 28 currens: probabile riferimento al cinghiale quando corre per sfuggire ai caccia v. 43 otiosa = Neapolis: cfr. Ov. met. 15, 211 in otia natam Parthenopen. Non c’è ri-
tori, e quindi è particolarmente adirato. La scelta del termine sembra influenzata ferimento all’otium letterario di Napoli (cfr. Verc. georg. 4, 564), ma alla neghittosità
dall’intento di rappresentare i movimenti esagitati di Sagana piuttosto che l’ispidezza dei Napoletani, che impiegano il loro tempo spettegolando. Forse l’espressione na-
dei suoi capelli. sconde un modo di dire proverbiale per indicare una cosa che è sulla bocca di tutti;
v. 29 abacta — conscientia: senza scrupoli morali e non, come vuole qualcuno, ‘non in ogni caso, dalla menzione di Napoli non si può dedurre né l’origine napoletana
esclusa da alcuna complicità’. di Canidia né lo svolgimento della vicenda nel capoluogo campano (cfr. introduzione).
Veia: nome romano, probabilmente di origine etrusca (cfr. CIL 5, 1356; 6943; 6, vv. 45-46 sidera— deripit: l’azione esercitata sugli astri era una delle più grandi di-
28425-7, etc.) mostrazioni dei poteri magici. Lunam deripere equivale a lunam deducere, che a sua

inclina
volta corrisponde al greco Tùv ceva: xadaipeîv (PLaT. Gorg. 513a; ArIsTOPA. nub.
v. 30 lisonibus: plurale poetico, anche se c'è chi non esclude che Veia, per fare più
749). Per deducere lunam cfr. Vero. ecl. 8, 69; Tin. 1, 8, 21; Prop. 1, 1, 19; Ov. am.
presto, si serva di parecchi tipi di vanghe.
2, 1, 23 etc.
v. 33 longo die: il giorno sembrerà lungo alle sofferenze del fanciullo sepolto nella
v. 45 Thessala: sinonimo di magica (cfr. nota a carm. 1, 27, 21).
fossa da cui emerge la sola testa (in modo da poter vedere i cibi posti di volta in volta
davanti a lui), vv. 47-48 irresectum — pollicem: con il gusto del particolare disgustoso che affiora

DAMS bi bicalcarata
v. 34 inemori è un hapax, con due preverbi, probabilmente coniato da Orazio sul in tutto l’epodo, Orazio ci presenta la strega mentre si rosicchia l’unghia (secondo
greco èvarrodvioxetv, dotato di efficacia stilistica: rende l’idea del morire dentro la altri, il pollice, il che avrebbe un significato patticolare all’interno del rito): cfr. sat.
fossa e, insieme, del morire lentamente. 1, 10, 71; ProP. 2, 4, 3; 3, 25, 4. Livido non è traslato, per indicare il volto della strega,
ma si riferisce alla sporcizia dei denti (cfr. carm. 2, 8, 3).
v. 37 exsecta: le varianti exsucta ed exsuc(cìa (« seccata, secca »), che indicano una
qualità del midollo parallela ad aridum del fegato, dànno un senso migliore di exsecta v. 49 quid — tacuit: secondo Porfirione, e molti interpreti moderni sulla sua scia, espri-
(« estratta »); ma in favore di exsecta sta l’unanime attestazione dei poziori. me il concetto che non ci fu cosa che Canidia non dicesse, cosa di cui non tacesse
966 Orazio Epodi 5, 50-81 967

(cfr. epist. 1, 7, 72 dicenda tacenda), secondo altri significa semplicemente che la vv. 61-62 dira— Medeae: la figura di Medea, maga per antonomasia, ritorna insisten-
strega, parlando a bassa voce, dice alcune cose, altre le pensa soltanto, temente, dapprima (v. 21 sg.) attraverso allusioni, ora esplicitamente nominata. Per
minus cfr. nota a carm, 1, 2, 27.
v. 50 arbitrae con il significato di ‘ testimoni’ (cfr. SALL. Catil. 20, 1; Ov. met. 2, 458).
vv. 63-64 am
— filiam:
superb cfr. epod. 3, 13 e note.
vv. 51-52 Nox- sacra: la Notte e Diana (la Luna) sono chiamate a testimoni del rito v. 65 palla: il peplo avvelenato che Medea inviò a Glauce (cfr. nota a epod. 3, 13),
che si compie di notte, così come il Sole vede ogni cosa durante il giorno (cfr. SoPH. chiamato con il nome che designa il peplo delle donne romane libere (sat. 1, 2, 99;
Ai. 845 sgg.; Vero. Aen., 4, 590 sgg.; 12, 175 sge.). Vero. Aen, 11, 576).
v.51 Nox: antica divinità, figlia del Caos (Hrs. theog. 123), è spesso invocata come vv. 69-70 indormit — paelicum: questi due versi spiegano i vv. 67 sg. Canidia non ha
complice di chi sta per compiere una azione illecita in generale e, in particolare, un trascurato nessun ingrediente del filtro che ha spalmato nel letto dell'amante, e che
rito magico (cfr. Ov. met. 7, 192; 14, 404 sg.). dovrebbe fare dimenticare a questi le altre donne, e in quel letto Varo dorme. Il letto
è quello di Varo, non, come pensano altri, quello della paelex, che lo avrebbe unto
Diana nel suo aspetto di Ecate: cfr. nota a carm. 3, 22, 4. perché l’uomo dimenticasse Canidia. Cubilibus è plurale poetico (cfr. Ov. met. 11, 259).
Per paelicum cfr. nota a epod. 3, 13.
silentium: condizione necessaria del rito magico: cfr. Tarocr. 2, 38 sge.; Tis. 2, 1,
83 sg.; 3, 12, 16; Ov. met. 7, 251; Lucan. 1, 607; Arut. de mag. 54. vv. 71-72 a + carmine: l’esclamazione iterata segna il brusco ritorno alla realtà, dopo
che per un attimo Canidia ha immaginato che Varo dorma sotto l’effetto del filtro.
v. 53 nunc...nunc: l’anafora riproduce il ritmo concitato di questa preghiera. Queste oscillazioni sembrano voler riprodurre il pathos tipico dei monologhi, comuni
soprattutto nell’epillio alessandrino.
vv. 53-54 in hostilis
— vertite: cfr. nota a carm. 3, 27, 21.
v. 71 solutus cioè libero di muoversi, di andare dalle altre donne, ma anche, in senso
v. 57 senem...adulterum: si tratta del Varo che sarà nominato nel v. 73. tecnico, libero dall’incantesimo (cfr. PLAT. rep. 2, 364c; ArteMmm. 1, 77).
v. 58 Suburanae canes: la Suburra è il quartiere popoloso e malfamato compreso fra veneficae: la maga a cui si è rivolta la paelex, non la paelex stessa.
l’Esquilino, il Viminale e il Quirinale, pieno di botteghe (CIL 6, 9284; 9399 etc.) e v. 73 Vare: anche l'improvviso mutamento di destinatario, segnato dall’apostrofe
di case di malaffare (Martiat. 6, 66; 11, 61). Vi abita Canidia, la quale immagina che all'amante, è nello stile del monologo. Impossibile stabilire l'identità di questo perso-
l’amante traditore, ritornando da lei per effetto del filtro, venga accolto dal latrare naggio, a proposito del quale sono state proposte le più svariate ipotesi, perfino che
minaccioso dei cani; secondo altri, vi abita l'amante di Varo, e i cani latrerebbero vi si nasconda il poeta stesso.
contro l’infedele che raggiunge la rivale di Canidia. Ma forse tutta la scena si svolge
in questo quartiere, che era l’ambiente più adatto, e i personaggi abitano tutti là. Per v. 74 caput: sineddoche spesso adoperata nelle imprecazioni (PLauT. Rud. 885; Most.

ni n
1002; Vero. Aen. 8, 484; Tie. 1, 2, 12).
la costruzione transitiva di latrare cfr. epist. 1, 2, 66; PLauT. Poen. 1234; Lucr. 2, 17;
per il femminile canes cfr. nota a epod. 2, 31. v. 76 Marsis...vocibus: i Marsi erano una popolazione famosa per le pratiche ma-

bic ANO on ni lina nin


giche: cfr. Luci. 575 M. Marsus colubras disrumpit cantu; Vera. Aen. 7, 753 sgg.; GELL.
vv. 59-60 nardo — manus: sul nardo cfr. nota a carm. 2, 11, 16. Da questi versi deriva
16, 11, 1.
la notizia dataci da Porfirione sul mestiere di Canidia (cfr. introduzione). Ma la strega
si riferisce, piuttosto che a un vero profumo, a un intruglio magico profumato di cui vv. 77-78 maius — poculum: la ripetizione di maius pone in enfasi il nuovo filtro che
Varo si è tutto spalmato per vanità senile, attratto dall'odore. C'è anche chi ha pen- Canidia sta per preparare. Secondo alcuni, poculum è legato solo al secondo maius,
sato che l’unguento venga spalmato su una statuina di cera raffigurante Varo. e il primo maius qualifica un generico quiddam; secondo altri, poculum è da sottin-
tendere anche nel primo caso. Infundit (« propinare ») contiene forse l’idea del costrin-
v. 61 quid accidit?: Canidia esprime disappunto e sorpresa per il mancato effetto
gere a bere (cfr. Cic. Phil. 11, 13 at hic nuper sororis filio infudit venenum, non dedit).
dei sortilegi finora tentati, non perché si stia rendendo conto dell’inefficacia del rito

Ù
che sta compiendo, come pensano alcuni; non a caso, le considerazioni che seguono vv. 79-81 priusque- quam: formulazione tipica dell’adynaton (cfr. nota a carm.

TT
le vengono in mente al ricordo dell'unguento magico dato inutilmente all'amante. 1, 2,9 sgg.).
968 Orazio Epodi 5, 82 — 6 969

v. 82 bitumen è ricordato soltanto in quanto materiale infiammabile, non perché ab- v. 101 parentes — superstites: l’epodo si chiude con questo esempio di stile simpate-
bia un’azione magica (a pensare ciò qualcuno è stato indotto dal fatto che in Verc. tico, con la commozione del fanciullo (l’interiezione parentetica heu) al pensiero dei
ecl. 8, 82 la maga, come rito di purificazione, brucia nel fuoco l'alloro impregnato di propri genitori che gli sopravviveranno per piangerne la morte, ma anche, si spera,
bitume). per assistere alla punizione delle streghe.
v. 83 sub haec: l’uso temporale di sub con accusativo è della lingua dell'uso: cfr.
sat. 2, 8, 43; Cic. fam. 8, 4, 4; 10, 16, 1.

v. 84 lenire: unico caso di infinito narrativo nella litica oraziana.

v. 86 Thyesteas preces: le imprecazioni di Tieste quando si allontanò dalla reggia


di Atreo, dopo che questi gli aveva imbandito i figli, erano proverbiali; sul mito di RerrzeNsTEIN, 7; W. Peek, « Philologus» 100, 1956, 1 sgg.; FRAENKEL, 56 sg.;
Tieste cfr. nota a carm. 1, 16, 17. Per preces nel senso di ‘ imprecazioni’ cfr. sat. 2, 6, 30; V. BucHHeErr, « Gymnasium » 68, 1961, 520 sgg.; G.F. Pasini, « Lingua e stile » 7
Cars. Gall. 6, 31. 1972, 441 sgg.; E.A. ScHMIDT, « Gymnasium » 84, 1977, 401 sgg.

v. 87 miscent: il passo è tra i più tormentati. Il tràdito magnum non dà un senso sode
Privo di riferimenti cronologici, anche se presumibilmente composto fra i primi,
disfacente, sia che lo si intenda come parentetico (« grande cosa »), sia che si intenda come farebbe ritenere il suo carattere programmatico, quest'epodo è un’invettiva
magnum fas nefasque come oggetto di convertere, o come appositivo a venena, o come
rivolta a un personaggio non nominato e definito metaforicamente canis, il quale at-
coordinato a venena e indicante il delitto commesso dalle fattucchiere, che con-
tacca i deboli e gli innocenti, senza assalire i lupi. Tutte le identificazioni proposte
fonde fas e nefas. Tra i vari emendamenti proposti si raccomanda particolarmente per questo personaggio rimangono puramente ipotetiche: da quella, indicata dallo
miscent, che provvede fas nefasque di un proprio predicato eliminando la faticosa dop-
ps.-Acrone e da parte della tradizione manoscritta, con il poeta Cassio Severo, a quella
pia reggenza di conwvertere. Il senso dell’insieme risulta: i filtri magici possono confon- con Bavio (Pascoli) o con altro poeta giambico (Tierney).
dere i termini del fas e del nefas, ma non possono sovvertire la vicenda dell’umana Indipendentemente però dalla realtà del personaggio, Orazio mira a definire un
giustizia, ossia non possono stornare la punizione dei colpevoli. tipo letterario, un bersaglio ideale della poesia giambica (Fraenkel). Può darsi che egli
v. 89 diris: le maledizioni o dpat, di cui si trovano molti esempi in poesia greca sia stato influenzato da un modello greco, e lo sviluppo particolare assegnato alla meta-
e latina: cfr. AescH. Choeph. 139 sgg.; Sopn. EI. 110 sgg.; Eur. Hipp. 887 sgg.; fora del cane, che finisce per identificarsi con lo svolgimento stesso dell’epodo (Pa-
sini), lascia sospettare un componimento giambico in cui si trovasse la stessa meta-
Catutt. 64, 192 seg.; Vero. Aen. 4, 586 sge.; Tin. 1, 5, 49 sge.; Prop. 4, 5, 1 see.
fora, di Ipponatte (Reitzenstein) o di Archiloco (Peek). Ma, a parte questa possibile
detestatio nel senso di ‘maledizione’ compare per la prima volta in Orazio, rispec- dipendenza da un modello preciso, l’epodo rinvia esplicitamente alla tradizione dei
chiando forse un uso popolare: cfr. Liv. 10, 38, 12; Sen. epist. 117, 24 etc. giambografi greci, con la menzione di Archiloco e di Ipponatte in v. 11 sgg.; rivelando
in ciò il suo carattere programmatico, rispetto al quale la questione dell'identità del
v. 92 furor: lo spirito del morto: tutti i morti di morte violenta e prematura erano canis passa in secondo piano. Anche se non possiamo essere sicuri che si tratti di un
costretti a vagare di notte, senza pace, e il loro nome era Larvae o Lemures (cfr. AucusT. personaggio fittizio, egli non ha altra funzione che quella di bersaglio ideale di quella
civ. 9, 11; TERT. anim. 51 sg.)
poesia giambica che Orazio qui esplicitamente dichiara di voler coltivare (Buchheit).
v. 94 deorum. ..Manium: le anime dei morti, onorate come divinità (cfr. Cic. leg. Sono probabili altre implicazioni colte da qualcuno, per esempio una presunta inten-
2,9, 22). zione di Orazio di contrapporre alla poesia giambica, che per Archiloco e Ipponatte
era un'arma di lotta personale, una poesia che si proponga di difendere i deboli
v. 97 vicatim: cfr. Cic. Sest. 34; dom. 129; Att. 4, 3, 2. (Schmidt).
L’epodo presenta una struttura bipartita (vv. 1-10 invettiva; vv. 11-16 minaccia),
v. 100 Esquilinae alites: nelle cosiddette puticulae, vicino all’Esquilino, si gettavano alla quale corrisponde il passaggio dalla metafora del cane a quella del toro.
i cadaveri dei poveri (cfr. Varr. ling. 5, 25); il fanciullo augura alle streghe di subire
questa sorte e quindi di essere preda di lupi e di avvoltoi. Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici.
970 ì Orazio Epodi 6, 1 -— 7 971

v. 1 hospites qui nel senso di ‘ passanti ’, così come hospes si trova spesso nelle epi- v., 12 parata...cornua: il poeta non si assimila più ad un cane da guardia, ma ad un
grafi come equivalente di viator. toro, con uno spostamento di campo metaforico in cui Fraenkel vide un’incoerenza
canis: in anth. Pal. 7, 408, 3 Leonida usa il verbo fabtew a proposito del dvpog di Ip artistica e un segno di immaturità, L'immagine del toro in riferimento all’aggressività
ponatte, e ciò ha fatto pensare che l’epigrammatista avesse presente un componimento della poesia d’invettiva si ritrova in sat. 1, 4, 34.
in cui il giambografo definiva la propria poesia come un abbaiare: immagine che qui v. 13 qualis — gener: allusione all’archegeta della poesia giambica, Archiloco, al quale
Orazio varierebbe, riferendo al bersaglio della propria poesia la metafora del cane Licambe aveva promesso in sposa la figlia Neobule, non mantenendo poi la promessa,
(Reitzenstein). Sull’identità e sul ruolo del canis cfr. introduzione. per cui padre e figlia furono fatti oggetto di feroci giambi, tanto violenti da indurli
vv. 3-4 vertis. . .petis: anche le varianti verte. . .pete dìnno un senso plausibile (« piut- al suicidio.
tosto rivolgi...assali»), ma richiedono per ragioni metriche l’inversione verte, si v. 14 acer — Bupalo: allusione a un altro grande giambografo, Ipponatte, il quale si
potes. scagliò contro lo scultore Bupalo, che aveva fatto una imago caricaturale, accentuando
v. 4 remorsurum: poiché quelle del cane sono vuote minacce, meglio intendere come la bruttezza del poeta: cfr. Prin. nat. hist. 36, 12. Il dativo Bupalo dipende da hostis,
il proposito del poeta di reagire a morsi piuttosto che di rendere i morsi ricevuti, mentre Lycambae infido è dativo di agente retto da spretus. Ma ambedue i dativi potreb-
come spiegano altri. Si noti come il participio futuro che esprime, in senso letterale, bero dipendere da un tollit cornua sottinteso e che si può dedurre dal v. 12.
il proposito di attaccare il canis, e, in senso metaforico, il programma della poesia v. 15 atro dente in senso figurato, per indicare la malignità dell’invettiva: cfr. epist.
giambica, si dispieghi fino ad occupare quasi interamente il dimetro, assumendo il 1, 19, 30 vwersibus atris.
rilievo che spetta a una parola-chiave. v. 16 inultus: predicativo del soggetto, piuttosto che attributo di fuer, come pensano
v. 5 Molossus. . .Lacon: i cani molossi, razza originaria dell'Epiro, sono ottimi cani altri.
da guardia (sat. 2, 6, 114 sg.; Lucr. 5, 1063; Prop. 4, 8, 24) e da caccia (Lucan. 4, 440;
STAT. Achill. 2, 747; Martiat. 12, 1, 1). I cani della Laconia sono particolarmente adatti
alla caccia (cfr. Si. 3, 295). Ambedue le razze sono ricordate come buoni cani da guar- 7
dia da Vero. georg. 3, 405 sgg.
PLiss 1904, 46 sg.; K. BARWICK, « Philologus » 96, 1944, 28 sge.; H. WAGENVOORT,
v. 6 amic
— pastoribus:
a l’espressione sembra ricalcata su Lucr. 6, 1222 canum vis
Studies in Roman literature, culture and religion, Leiden 1956, 169 sgg.; FRAENKEL, 55 sg.;
(cfr. anche Tarocr. 5, 106 xiv qiortotuvioc; Vere. Aen. 4, 132 odora canum vis). BilcHNER, 69 sgg.; ABLEITINGER-GRUNBERGER, 9 sgg.; KracGERUD, 44 sge.
v. 7 agam- nives: l’allitterazione in a conferisce al verso un’espressività che vuol
riprodurre forse lo slancio dei cani da guardia che corrono per cacciare l'aggressore. La cronologia di quest'epodo è stata molto discussa, e collocata di volta in volta
Per il nesso altas nives cfr. nota a carm. 1,9, 1. in momenti diversi di un arco di tempo compreso fra il 42 e il 32 a.C.: ma una data-
aure sublata secondo alcuni, si riferisce alle orecchie tese per cogliere ogni rumore; zione bassa, tale da ricondurre il componimento alla guerra fra Ottaviano e Antonio

Gb ii isb
secondo altri, indica semplicemente lo sforzo, con una spiegazione che appare più (Phiss, Kraggerud) è improbabile, soprattutto perché a quell’epoca Orazio aveva ab-

LMNNANIb
probabile, soprattutto se si pensa che, per contro, demittere aures, detto del cane, equi bandonato la musa archilochea, mentre la data del 41 a.C., cioè all’inizio della guerra
vale a quietarsi (cfr. carm, 2, 13, 34). perugina (Ussani, Giarratano, Wagenvoort), è da escludere a causa delle notevoli
affinità fra questo e il XVI epodo, tali da far ritenere che i due componimenti siano
vv. 9-10 tu= cibum: spostamento dell’immagine: il canîs è presentato non più men- pressappoco contemporanei, il che comporta anche per il VII la data del 38 a.C. circa
tre aggredisce gli indifesi, ma mentre abbaia minacciosamente e così forte da riempire (inizio della guerra contro Sesto Pompeo: cfr. introduzione all’epodo 16); i due carmi
il bosco, pronto però a zittirsi appena qualcuno gli getta davanti del cibo. L'immagine sono stati suggeriti dalla ripresa della guerra e dal venir meno delle speranze legate
fa pensare alla rappresentazione tradizionale di Cerbero. agli accordi di Brindisi (40 a.C.) e di Pozzuoli (39 a.C.).
v. 11 cave, cave: la ripetizione riproduce la vivacità della lingua parlata. Può darsi Più difficile da risolvere il problema del rapporto cronologico fra i due epodi:
che Orazio voglia ricordare al lettore la formula cave canem, che andrebbe però letta si tratta di un tema molto dibattuto dalla critica, ma tanto i sostenitori dell’anteriorità
alla rovescia: è proprio il canis che deve guardarsi. dell’epodo 7 (Barwick, Becker, Ableitinger-Griinberger) quanto quelli della sua po-
972 Orazio Epodi 7, 1-14 973

steriorità rispetto all’epodo 16 (Fraenkel, Biichner) si servono di argomenti non deci v. 3 Neptuno cioè, metonimicamente, il mare (cfr. epod. 17, 55; epist. 1, 11, 10; ars
sivi, e spesso rovesciabili a sostegno della tesi opposta. L’unica cosa di cui possiamo 64; Carutt. 31, 3; Vero. georg. 4, 29), che si contrappone simmetricamente ai campi
essere sicuri è che i due epodi si inseriscono nello stesso clima di angosciosa incer- in un quadro enfatico dello spargimento di sangue fraterno, la cui genericità porta ad
tezza, nel quale prende corpo un senso di colpa generazionale, la coscienza di una escludere, o a ritenere non necessaria, un’allusione alla guerra per mare contro Sesto
maledizione atavica che pesa sui Romani, i quali sembrano condannati a consumare Pompeo, colta da alcuni. Per il costrutto di super con ablativo cfr. carm. 1, 9, 5; 1, 12, 6.
in eterno il fratricidio con cui ebbe inizio la loro storia. È la stessa idea che si ritroverà
vv. 5-10 non — dextera: è svolto qui il motivo molto comune delle guerre civili come
in carm. 1, 2 e che è sviluppata nel finale del libro I delle Georgiche (cfr. introduzione
cattivo impiego di forze che avrebbero dovuto essere rivolte contro i nemici esterni:
a carm. 1, 2). Anche a proposito di questa coincidenza, sarà più prudente pensare a
cfr. nota a carm. 1, 2, 21 sg.
una comune atmosfera culturale (il finale del I delle Georgiche è fra le parti più an-
tiche del poema, risale al 38 a.C.), piuttosto che pronunciarsi per una dipendenza vv. 5-6 superbas — ureret: Cartagine sta qui a rappresentare la città nemica di Roma
dell’epodo da Virgilio o viceversa. per tradizione; la si caratterizza mossa da invidia, da spirito di emulazione nei confronti
Il sentimento della maledizione ancestrale rinvia a un motivo culturale che do- della rivale, secondo un topos storiografico (cfr. per esempio Ver. 1, 12, 5). Per il
veva essersi diffuso nella cultura romana del I a.C. e che è probabilmente da riportare plurale poetico arces cfr. carm. 2, 6, 21 sg. L’incendio di Cartagine, avvenuto nel 146
a una tradizione storiografica antiromana: l’opera di Timagene di Alessandria (anni a.C., equivale per antonomasia a una azione di guerra degna di essere combattuta,
dopo il 50 a.C.) potrebbe essere la fonte di Orazio (Wagenvoort), mentre per altri perché rivolta contro un nemico esterno,
Orazio arriva indipendentemente a elaborare l’idea della morte di Remo come scelus
v. 7 intactus. . . Britannus: i Britanni (su cui cfr. nota a carm. 1, 21, 15; 1, 35, 29 sg.)
originario (Kraemer), e secondo altri c'è stato l’influsso di un’altra tradizione storio-
non erano stati domati da Cesare durante la spedizione del 55 e del 54 a.C.; da qui
grafica, in particolare della concezione pessimistica di Sallustio sia nelle Historiae
l'epiteto intactus.
(Barwick; cfr. nota ai vv. 17-20) sia nel Bellum Catilinae (Kraggerud).
L’epodo, rivolto all’intera comunità dei cives come ad una assemblea a cui v. 8 sacra
— via: cfr. nota a carm. 4, 2, 35 e a epod. 4, 7.
il poeta si rivolge in quanto vates, comincia ex abrupto, quasi come una reazione imme-
v.9 Parthorum: i nemici eterni di Roma: cfr. nota a carm. 1, 2, 22; 3, 5, 5 (e introdu-
diata agli eventi, e si svolge in una forma drammatica che prevede le reazioni del pub-
zione a 3, 5).
blico (cfr. v. 14 sgg.), e questo svolgimento dinamico risulta prevalente sul gusto della
simmetria strutturale. vv, 11-12 neque-feris: il concetto, secondo cui gli animali sono migliori degli uomini,
Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici. è comunissimo (cfr. epist. 1, 2, 48; Vera. georg. 2, 495; Sar. Catil. 11, 3), e di proba-
bile ascendenza diatribica, come dimostra la sua attestazione in SEN. contr. 2, 1, 10;
vv. 1-2 quo— conditi: l’epodo ha un inizio improvviso, con cui il poeta esprime la SEN. clem. 1, 26, 4; epist. 95, 3; PLIN. nat. hist. 7, 5, nei quali il motivo è formulato in
sua immediata reazione di sorpresa mista a sgomento. Oltre all’interrogazione enfa- modo simile a questo passo oraziano.
tica, altri mezzi stilistici, come la ripetizione di quo o l’uso della disgiunzione forte
v. 12 numquam: poiché hic mos significa, in relazione a quanto precede, ‘il costume
aut, riproducono efficacemente lo stato d’animo concitato, il procedere dei pensieri

mins
di combattersi fra di loro’, dal tràdito umquam risulta un non-senso: ‘i lupi e i leoni,
spezzato dall’emozione.
per quanto feroci, non hanno il costume di combattersi fra di loro se non contro
v. 1 scelesti: predicativo del soggetto ruitis piuttosto che vocativo. Il termine sarà

| an
animali di diverso genere’. Alcuni, è vero, mantengono umquam, congiungendolo a
ripreso alla fine dell’epodo (v. 18 scelus), con una corrispondenza significativa, che feris anziché a fuit e intendendo ‘i lupi e i leoni non hanno questo costume, non fe
viene a chiudere il componimento entro la tematica dello scelus (cfr. anche carm. 1, 2, 29 roci se non contro animali di diverso genere ’, ma sono costretti a ricavare da neque. . .
e nota). nec una negazione da riferire a nisi, cosa che non sembra possibile. A. questa esigenza
v. 2 conditi in riferimento a un’azione or ora avvenuta, come in carm. 1, 31, 1 e 3, 5, 24. provvede l'emendamento numguam, che abbiamo accolto nel testo.

vv. 3-4 parum — sanguinis: la domanda, ironicamente retorica, equivale alla formula. vv. 13-14 furor — culpa: vengono qui riassunte le forze che conducono alle guerre
zione affermativa iam satis di carm. 1, 2, 1. Per l’immagine del sangue nei campi cfr. civili: la follia accecante (per caecus cfr. carm. 1, 18, 14), la violenza, la culpa (nel senso
nota a carm. 2, 1, 29 sge. di vitium). Secondo alcuni, vis acrior non corrisponde a ‘violenza’, bensì al concetto

ia
974 Orazio Epodi 7, 14 — 8, 1 975

giuridico di vis maior, e indicherebbe una necessità fatale, una potenza incontrollabile. che esso rivela, è considerato una caratteristica giovanile della poesia oraziana. Ma i
Secondo Biichner, i due versi comprendono tutte le possibilità del mondo morale; due argomenti non sono decisivi: frammenti poetici di Augusto (p. 134 Biichn.)
dimostrano che l’osceno non era estraneo ai gusti letterari dell'ambiente augusteo,
secondo la Ableitinger-Griinberger, i tre concetti corrispondono rispettivamente alla
follia che prende l’uomo indipendentemente dalla sua volontà, alla violenza, alla ed inoltre, anche se composto prima, l’epodo fu in ogni caso pubblicato dopo l’in-
responsabilità dei Romani. gresso nel circolo di Mecenate, ed elementi aiscrologici si ritroveranno anche nei
quattro libri di odi (Grassmann). L’epodo è un’invettiva contro una donna anziana,
v. 14 responsum date: su questa drammatizzazione dello svolgimento dell’epodo cfr. che non sappiamo se sia la stessa che Orazio attacca in epod. 12; inutile è tentare di
introduzione. identificare questo personaggio, che parte della tradizione manoscritta ci indica come
v. 15 albus...pallor: ridondanza espressiva efficace a significare un pallore estremo; Gratidia e nel quale c'è chi ha visto, senza alcun sostegno, la Cerellia dell’epistolario
di Cicerone (Herrmann). i
si tratta del pallore del colpevole: cfr. epist. 1, 1, 61 nulla pallescere culpa.
‘ Strutturato in due parti (vv. 1-10 invettiva vera e propria contro l’aspetto fisico
v. 17 sic est segna la ripresa della trattazione dopo la pausa ‘ scenica’, introducendo della donna; vv. 11-20 ricchezza e pretesa cultura della donna), il componimento
la conclusione che è in certo senso riassuntiva rispetto a quanto detto prima. Anzi, si inserisce nella tradizione della poesia aiscrologica, la stessa a cui appartengono
è stato notato che i vv. 17 sg. ripetono, variandoli, i concetti dei vv, 13 sg.: acerba alcuni carmi di Catullo (in particolare, il nostro epodo ricorda il c. 97), ma che è an-
fata corrisponde a vis acrior, scelus fraternae necis a culpa. che una componente dell’elegia latina (in particolare, la situazione iniziale è la stessa
vv. 18-20 scelus-cruor: l’empietà del fratricidio ha segnato fin dall'inizio la storia di Ov. am. 3, 7). Un filone della critica oraziana e archilochea tende a riportare inte-
di Roma, come una maledizione che le generazioni future avrebbero dovuto espiare, ramente ad Archiloco l’aloyporoyia degli epodi di Orazio (Pliiss, Lasserre); e, in effetti,
fin da quando (ut = ex quo) Romolo uccise il fratello Remo che per farsi beffe di lui la crudezza dell’invettiva sembra in questo caso riprodurre lo spirito del modello
aveva scavalcato il perimetro della nuova città (cfr. Liv. 1, 7, 2). Sul fratricidio come archilocheo, a parte alcune coincidenze precise, per esempio fra il v. 20 e ArcHILocH.
peccato originale della coscienza nazionale già Cic. off. 3, 41. Ma secondo alcuni (Bar frr. 42 e 45 W. Ma il debito nei confronti del grande modello di poesia giambica
wick) scelus fraternae necis non contiene un’allusione all’uccisione di Remo, bensì, non è l’unico: il tema dell’invettiva piena di insulti contro una donna vecchia, che
genericamente, alle guerre civili, e il fratricidio avrebbe solo un valore cronologico, sembra essere stato trattato da Archiloco (cfr. fr. 188 W. dyuotc, xaxod SÈ Yhpaog xa
non causale (fin dai tempi di Remo il popolo romano fu travagliato dalle guerre civili). Baipet e 205 W. oòx div poporor ypndc todo’ Melpeo), è una situazione comune anche
Orazio mostrerebbe la stessa concezione pessimistica della storia di Roma come ca- nella commedia antica (cfr. ArisroPH. Plut. 975 sgg.) e nuova (MENANDR. fr. 402 K.;
tena di guerre civili che è rispecchiata in alcuni frammenti delle Historiae di Sallustio, PHrLeMmon. fr. 8 K.) e nell’epigramma ellenistico (cfr. NicArcH. anth. Pal. 5, 38: Wein-
opera da cui questa parte dell’epodo dipenderebbe. Se si accetta questa interpretazione, reich), che, in generale, è pieno di elementi aiscrologici (su tutta la questione dei mo-
però, viene meno il contenuto religioso che è l’aspetto più interessante dell’epodo, delli cfr. Grassmann).
ciò che maggiormente inserisce il componimento nella stessa atmosfera in cui è nato Ma l’esistenza di una tradizione così ricca non deve far credere che l’epodo sia

rm
il finale del I delle Georgiche (cfr. introduzione). una semplice esercitazione letteraria, così come è del tutto improbabile che la situa-

té pi pf
zione in esso descritta sia l’allegoria di una polemica letteraria (Clayman). Anche se
non possiamo essere sicuri che dietro di esso si nasconda una situazione autobiografica
8 (Huxley), tuttavia la donna rappresenta un tipo reale dell'ambiente romano contem-

sii of
poraneo, e i suoi opuscoli stoici nascosti fra i cuscini sono il simbolo di una cultura
O. WEINREICH, « Hermes » 77, 1942, 220 sgg.; F. LasserrE, Les ‘ Epodes® d’Ar- che una società vacua e corrotta ha ridotto a orpello e ostentazione (La Penna): l’at-

i
chiloque, Paris 1950; H.H. HuxtEy, « Proceed. Leeds Philos. Soc. » 11, 4, 1964, 61 sgg.; tacco violento, compiaciuto dell’osceno, è diretto contro l’ipocrisia, in nome di valori
GrAssmann, 47 sgg.; La Penna 1968, 17. autentici (Biichner).

I |A
Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici.
La cronologia di quest'epodo è incerta: tradizionalmente esso viene collocato si
fra i più antichi, sia perché il suo contenuto aiscrologico non sarebbe stato opportuno

gps La
v. 1 rogare: per quest’uso dell’infinito esclamativo cfr. anche sat. 2, 4, 84.
dopo l'ingresso di Orazio nel circolo di Mecenate, sia perché il gusto dell’osceno,
34 9*
976 -Orazio Epodi 8, 2-20 977

longo...saeculo: l’esagerazione conferisce immediatamente particolare veemenza vv. 11-12 funus...tuum: il riferimento alla morte ormai vicina è un altro elemento
all’invettiva; sul motivo letterario cfr. introduzione. topico delle invettive contro le vecchie, non solo nell’epigramma, ma già nella com-
media attica (cfr. ArisropH. vesp. 1365); cfr. anche carm. 3, 15, 4.
putidam: voce del sermo vulgaris: cfr. PLaur. Bacch. 1163; Catutt. 42, 11; 12; 19;
20; 98, 1; Licin. Carv. fr. 3 Biichn.; Catal. 6, 2; Perron. 34, 5; 54, 1; priap. 57, 2. imagines...triumphales: durante i funerali le imagines maiorum, cioè le maschere
di cera degli antenati custodite dalle grandi famiglie, venivano indossate da mimi
v. 2 enervet: adoperato solo qui in Orazio, il verbo è piuttosto raro, e con significato che precedevano il letto funebre (cfr. PoLys. 6, 53). Con sferzante ironia, Orazio pro-
sessuale non è altrimenti attestato fino ad ArnoB. 3, 10. Il topos della enervatio è già spetta alla donna la sua morte ormai vicina, non sottraendole però la consolazione
in ArcniLoca. fr. 252 W. (dAN° drrepotiyaor uixew Tévovtec), ma è molto diffuso nella di un funerale solenne come conviene al suo rango, dove sfileranno le imagines di an-
letteratura erotica: cfr. Ov. am. 3, 7.
tenati e per di più trionfatori.
v. 3 dens ater: singolare collettivo; quello dei denti ingialliti e cariati è un elemento
v. 13 marita col valore sostantivato, molto raro e non attestato prima di Orazio,
molto comune nelle descrizioni di vecchie laide (cfr. note a carm. 2, 8, 3; 4, 13, 10 sg.;
di ‘donna sposata’. Ciò fa escludere che l’attacco sia rivolto ad una etera, però non
epod. 5, 47).
c'è nemmeno alcun appiglio per sostenere l’identificazione con una matrona (cfr.
vetus dopo longo saeculo e prima di senectus è superfluo, ma sottolinea efficacemente introduzione).
l’insistenza dell’insulto.
vv. 13-14 quae—ambulet: nella foga dell’invettiva, Orazio opera una sorta di hy-
vv. 3-4 rugis —exaret: il motivo delle rughe è comunissimo nelle rappresentazioni steron-préteron: prima augura alla donna un solenne funerale, poi di continuare a
letterarie delle vecchie (cfr. nota a carm. 4, 13, 10 sg.; introduzione a 1, 25; 3, 15; 4, 13). prosperare nella ricchezza. Per bacis cfr. sat. 2, 3, 241.
Per l’espressione cfr. Vero. Aen. 7, 417 frontem obscenam rugis arat.
v. 15 libelli Stoici: Orazio denuncia contemporaneamente l’uso superficiale di una
v. 5 hiet con significato osceno soltanto qui e forse in priap. 12, 13, in un passo di cultura che viene soltanto ostentata e l’ipocrisia di una lettura dei filosofi stoici che
non sicura interpretazione. non si traduce in atteggiamento etico.

aridas natis: cfr. Ov. ars 3, 272 arida nec vinclis crura resolve suis; priap. 32, 1 uvis vv. 15-16 Sericos...pulvillos: l’immagine dei libelli Stoici fra i cuscini di seta sugge-
aridior puella passis. risce l’idea del contrasto fra il lusso e la morale stoica. Su Sericos cfr. nota a carm.
1, 12, 56.
v. 6 crudae: termine del sermo vulgaris e della prosa tecnica (cfr. Car. agr. 39, 2; VARR.
rust, 1, 14, 4; Corum. 6, 38, 1; 9, 1, 2; CELS, 2, 27; ScrIB. Larc. 79 etc.), col significato v, 16 iacere...amant: cfr. nota a carm. 2, 3, 10.
di ‘non fresco *, ‘logorato ’ e quindi anche ‘ insanguinato ’, oppure nel senso di ‘che
v. 17 minus-rigent: se non si vuole correggere il testo, bisogna intendere rigere non
non ha digerito’.
nel significato sessuale più comune, che è quello di erecte stare (cfr. MartiAL. 6, 73, 8;
v. 7 mammae putres: particolare descrittivo comune nelle invettive contro le vec- 10, 91, 1; priap. 70, 8; e rigidus in CatutLL. 56, 6; priap. 4, 1; 45, 1, etc.); ma come equi-
chie: cfr. anth. Pal. 5, 204, 5; 5, 273, 5. valente di torbere (come spiegava già Porfirione), con un’accezione di rigidus = « fri-
gido » presupposta da Ov. am. 2, 4, 15 rigidas...Sabinas; her. 4, 73 sgg.; rem. 762;
v. 8 quales in attrazione con mammae putres, sostituisce qualia, che avrebbe dato luogo fast. 4, 310. Nervi non equivale a membrum virile, e non è quindi sinonimo di fascinum
a una sgradevole sinalefe. del v. 18, ma indica, in generale, la carica sessuale: cfr. Ov. am. 3, 7, 35; 2, 10, 24;
priap. 80, 10.
v. 11 esto beata: variazione ironica di formule di saluto più comuni, come vale, o
espressioni concessive come sis licet felix (cfr. carm. 3, 27, 13), dove l’aggettivo beata v. 20 ore-tibi: la pointe finale contiene un riferimento oscuro alla fellatio, per cui
non è casuale: l’augurio di felicità contiene un’allusione alla ricchezza della vecchia, viene confrontato ArcHILocH. fr. 42 W., ma anche NicarcH. anth. Pal. 5, 38 (cfr. in-
che ben si addice al contesto. troduzione).
978 Orazio Epodi 9, 1 - 2 979

9 a tale importante momento in un’opera poetica che non manca di porre in risalto le
più rilevanti esperienze autobiografiche.
Pasquali, 38 sgg.; J. Gack, « MEI. Ecole Frans. de Rome» 53, 1936, 35 sgg.; Un'altra questione molto dibattuta riguarda il momento della composizione
H. WAGENVOORT, « Mnemosyne » n.s. 59, 1931, 403 sgg.; T.M. PaBon, « Emerita » dell’epodo, se cioè questo sia stato scritto prima o dopo il 2 settembre 31 a.C., giorno
4, 1936, 11 sgg.; F. WurzeL, « Hermes » 73, 1938, 361 sgg.; M.W. Tarn, «Journ. della battaglia. Quanti sostengono che l’epodo precede la battaglia (Pasquali, Wistrand)
Rom. Stud. » 28, 1938, 165 sgg.; FRAENKEL, 71 sgg.; M.L. ParapinI, « Latomus » 17, si fondano sul fatto che in esso, specialmente nella chiusa, si manifesta uno stato d’animo
1958, 240 sgg.; 462 sgg.; La PennA 1963, 52 sgg.; E. WistranD, Opera selecta, Stockholm di ansiosa incertezza; ma per i vv. 27 sgg. (cfr. nota), che presuppongono la fuga di
1972, 289 sgg.; J. Leroux, « Hermes » 101, 1973, 282 sgg.; ABLFITINGER-GRUNBERGER; Antonio, essi sono costretti a spiegazioni acrobatiche, non ultima quella di una capa-
93 sg.; KraccERUD, 66 sgg. cità divinatrice del poeta. L'epodo è stato composto dopo la battaglia (Fraenkel, La
Penna, Kraggerud), e non è necessario pensare che esso risalga all’intervallo fra la vit-
La collocazione d'onore che Orazio riserva a quest'epodo, al centro della raccolta, toria e la resa definitiva dei nemici, avvenuta il giorno dopo (Wurzel, Leroux): l’incer-
si spiega sia con la dedica a Mecenate sia con l’occasione a cui esso è legato, la batta- tezza, la preoccupazione ansiosa ancora presenti nell’epodo si spiegano perché esso è
glia di Azio. Fra i componimenti oraziani più discussi, oggetto di una amplissima una reazione immediata all’avvenimento, in un momento in cui il mito di Azio non
bibliografia, l’epodo presenta alcuni problemi esegetici di difficile soluzione, primo era stato ancora elaborato dalla propaganda ufficiale, e nessuno pensava che quella
fra tutti quello della presenza di Orazio e di Mecenate ad Azio, che il componimento fosse la vittoria definitiva non solo di Ottaviano su Antonio e Cleopatra, ma dell’Oc-
presuppone, non si sa se reale o fittizia. I sostenitori della presenza di Mecenate e cidente sull’Oriente (Gage).
di Orazio, i quali avrebbero assistito alla battaglia da una nave, si fondano, da Bi- Malgrado il tentativo di definire la struttura dell’epodo come un esempio di com-
cheler in poi, sul riferimento al mal di mare contenuto in nausea del v. 35, e sui vv. 17-20, posizione anulare (Ableitinger-Griinberger) e altre proposte di divisione strutturale,
che risulterebbero poco comprensibili se si escludesse che il poeta sia sul luogo della rimane abbastanza sicura l’analisi che coglie una struttura distinta in due parti uguali,
battaglia (cfr. note), mentre i sostenitori della tesi opposta spiegano nausea come l’urto ciascuna delle quali a sua volta divisa in due sezioni (vv, 1-10; 11-16; 17-26; 27-32),
di vomito provocato dal troppo bere e inseriscono l’epodo nel quadro della tradi- seguite da una conclusione (vv. 33-38).
zione della poesia simposiaca, escludendo, sulla ‘base delle testimonianze storiche Metro: trimetri giambici alternati con dimetri giambici.
(per es. Ver. 2, 88, 1) che Mecenate potesse essere lontano da Roma (Fraenkel).
L’ipotesi di Biicheler è accettata da Pasquali, da Wagenvoort, da Pabon (il quale indi- v. 1 quando: l’avverbio interrogativo ci introduce nel vivo della situazione, come
vidua nella collina di Mikalitzi il luogo da cui Orazio avrebbe osservato la battaglia), una esplosione di gioia, sia pure non scevra di preoccupazioni. Quanti sostengono che
dalla Leroux, da Biichner e, soprattutto, da Wistrand e dalla Ableitinger-Grinberger. l’epodo sia stato scritto prima della battaglia indicano in quest’avverbio il prevalere
Questi ultimi hanno portato argomenti importanti alla discussione, il primo dimostrando di una sfumatura di incertezza, ma quest’ultima, se c’è, si riferisce al momento in cui
che le testimonianze su cui ci si fonda per negare la presenza di Mecenate ad Azio

li A Ri bd
sarà possibile festeggiare la vittoria completa e definitiva (non a caso la risposta a que-
non sono affatto probanti e che, in conseguenza di ciò, non c’è motivo di ritenere falsa

TAM:
sta domanda Orazio stesso la darà all’inizio di carm. 1, 37; cfr. nota al v. 5), alla no-
la celebrazione di Mecenate combattente ad Azio che si trova in eleg. in Maecen. tizia della morte di Cleopatra. I sostenitori della tesi della presenza del poeta ad Azio
1, 45 sgg.; la seconda dimostrando con una ricca documentazione che nausea non può colgono in quando una sfumatura patetica che esprimerebbe la nostalgia e il desiderio
non avere l’accezione tecnico-medica di ‘mal di mare’ e che va esclusa l’interpre- di tornare a Roma; ma ciò non è necessario.
tazione ‘ simposiaca’ di Fraenkel. Seguono invece la tesi di quest’ultimo, pronuncian-
dosi per una presenza del poeta e di Mecenate a Roma, Tarn (secondo il quale; Ora- repostum Caecubum: cfr. nota a carm. 1, 37, 5; sul Cecubo, nota a 1, 20, 9 e, su re-
zio segue come canovaccio il testo di un bollettino fatto pervenire da Ottaviano a postum, a 2, 3, 8.
Mecenate), Hommel (Mecenate era andato sì a trovare Ottaviano in Oriente, ma ad
festas dapes: cfr. carm. 1, 37, 4.
Azio non era presente), la Paladini e, indirettamente, Williams e Bartels, i quali ac-

SII
cettano e sviluppano la definizione fraenkeliana del carattere convenzionale dell’epodo v. 2 victore — Caesare: la gioia di Orazio (laetus) è artisticamente collocata all’interno
come carme simposiaco; mentre La Penna si dichiara propenso alla tesi di Mecenate della vittoria di Ottaviano. Inutile chiedersi se luetus significhi ‘lieto come sono’ o
ad Azio, ma vede un serio ostacolo alla presenza di Orazio nell’assenza di riferimenti ‘lieto come sarò ’: il predicativo vuol indicare la gioia di una vittoria già ottenuta,

TI
e
e
980 Orazio Epodi 9, 3-20 981

una gioia però a cui si potrà dare libera espressione solo al momento del festeggiamento v. 13 vallum: il palo per la palizzata; ogni soldato ne portava più d’uno.
della vittoria completa. vv. 13-14 spadonibus...rugosis: cfr. nota a carm. 1, 37, 9 sg.
v. 3 sub-domo: per l’alto palazzo di Mecenate sull’Esquilino cfr. carm. 3, 29, 10 vv. 15-16 turpe...conopium: la zanzariera, che è vergognosa in sé, come simbolo
e nota. degli effeminati costumi orientali (anche Prop. 3, 11, 45, a proposito di Cleopatra,
v. 4 beate Maecenas: Mecenate è detto felice per la sua ricchezza e fortuna, non per ricorda foeda...conopia), e per il posto inopportuno che occupa in mezzo alle insegne
la vittoria di Ottaviano; beate, un epiteto usato non di rado nell’apostrofare qualcuno, militari.
indicherà una qualità permanente piuttosto che uno stato d’animo momentaneo (cfr. v. 16 sol: il sole è chiamato a testimone delle ingiustizie e delle brutture terrene (cfr.
carm. 1, 4, 14). nota a epod. 5, 51 sg.). Il presente aspicit, come fert e potest, non fa difficoltà, come
vv. 5-6 sonante — barbarum: cfr. nota a carm. 4, 15, 30. Per il suono dorico della lira pensano i sostenitori di una datazione prima della battaglia: soltanto, Orazio non pensa
cfr. Pnp. OI. 1, 17 Awpla péputyé, per il modo frigio tipico del flauto cfr. CATULL. che l’asservimento sia finito per sempre (cfr. introduzione).
63, 22 tibicen Phryx; 64, 264 barbara tibia e in generale, per la mescolanza dei due suoni, v. 17 at huc: il testo è incerto. Le lezioni meglio tramandate, ad hunc e adhuc, sono
cfr. Pinp. Ol. 3, 8. inaccettabili, nonostante i ripetuti tentativi di difesa. La lezione at huc (= « ma verso
v. 7 nuper: veramente il riferimento è a un episodio, la vittoria di Agrippa su Sesto questa parte ») dà un senso soddisfacente. L’avverbio deittico contiene infatti un’in-
Pompeo a Nauloco, avvenuto cinque anni prima, nel 36 a.C. Ma il significato di nuper dicazione concreta per quanti sostengono la presenza del poeta ad Azio (c’è chi pensa
può estendersi fino a comprendere una simile distanza di tempo, e in ogni caso l’av- che esso si riferisca al punto d’osservazione di Orazio). Per i sostenitori della tesi
verbio ha notevole carica espressiva, sottolineando la vividezza del ricordo. contraria, huc indica partecipazione morale, vicinanza spirituale al partito di Otta-
viano impegnato nelle guerre (cfr. anche introduzione). In conclusione, anche se posa
vv. 7-8 actus- dux: dopo la sconfitta, Sesto Pompeo fuggì per mare dalle coste si-
su un’attestazione esigua, tale lezione rende comunque superflui i vari emendamenti
ciliane verso Mitilene e da lì verso l’Asia; egli è ricordato qui come Neptunius dux
proposti.
in quanto, superbo della sua vittoria navale, si faceva chiamare figlio del mare e di
Poseidone (cfr. APPIAN. civ. 5, 100 sg.; Pin. nat. hist. 9, 55; Cass. Dro. 48, 48, 5, che vv. 17-18 frementes — Caesarem: riferimento alla diserzione di 2000 Galati (Galli
dipendono tutti, probabilmente, da un passo perduto di Livio, forse del libro 128: dell'Asia Minore), che prestavano servizio nella cavalleria di Antonio, e che, al seguito
Massaro, « Riv. filol, class. » 108, 1980, 403 sgg.) dei re Aminta e Deiotaro, defezionarono a favore di Ottaviano (cfr. PLUT. Ant. 63;
v. 8 ustis navibus: sulle gravi perdite subìte da Sesto Pompeo a Nauloco cfr. APPIAN. VELL. 2, 84, 2). Poiché quest’episodio avvenne qualche giorno prima di Azio, vi si
civ. 5, 121. appuntano i sostenitori di una composizione precedente la battaglia: ma in realtà
esso è ricordato in quanto ‘ inizio della fine ’, primo momento della fase decisiva dello

ini
vv. 9-10 minatus — perfidis: Sesto Pompeo aveva minacciato di incatenare Roma con
scontro.
le catene tolte agli schiavi fuggitivi arruolatisi nel suo esercito. Cfr. nota a epod. 4, 19.
Servis è retto dò xowo da detraxerat e da amicus, e la collocazione di quest’ultima v. 18 canentes Caesarem: cfr. Verc. Aen. 7, 698 regem ...canebant; i Galati in-

A di
parola accentua la vergogna del comportamento di Sesto Pompeo. neggiavano a Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, o forse cantavano un carmen trium-

i Didi
phale dedicato a lui.

WM
v. 11 Romanus: con un aggancio di tipo pindarico, il ricordo della turpe amicizia di
Sesto Pompeo con gli schiavi richiama alla mente l’ancor più turpe azione di Anto-
vv. 19-20 hostilium
= citae: due versi non del tutto chiari, ma più per una lacuna
nio, che ha reso se stesso e i suoi soldati schiavi di Cleopatra. Romanus, singolare col-
della nostra documentazione sulla battaglia di Azio che per ambiguità interne al testo,
lettivo, riferito non solo ad Antonio ma anche ai suoi seguaci, è attributo di miles
e che alcuni interpreti si impegnano a sciogliere nei modi più svariati. Una parte della
o, forse più probabilmente, miles è predicativo di Romanus.
flotta nemica è rientrata nel golfo di Ambracia; anche se le fonti tramandate non pat-
posteri negabitis: cfr. nota a carm. 2, 19, 2. lano di questa ritirata, non c’è motivo di dubitarne, e non fa difficoltà l’esagerata espres-
v. 12 emancipatus: il termine giuridico (mancipatio = compravendita per aes et li sione vix una sospes navis di carm. 1, 37, 13 (cfr. nota). I sostenitori della tesi di una
bram) sancisce la situazione sottolineandone la gravità. composizione dell’epodo precedente la battaglia vedono in questi versi un riferimento

At
982 Orazio Epodi.9, 20-32 983

a un episodio avvenuto qualche giorno prima del 2 settembre, quando l'ammiraglio Giugurta; 2) si sarebbe costretti a intendere contro ogni verosimiglianza cui sepulcrum
antoniano Sosio attaccò la flotta di Ottaviano, ma, costretto a ritirarsi, subì pesanti condidit come equivalente di quod sepelivit (= « cui pose termine »). La lezione genuina
perdite e morì (Cass. Dio. 50, 14, 1). Quanti pensano che l’epodo sia stato composto è certo Africanum, cioè: neque Africanum parem ducem (a Ottaviano) reportasti. Il senso
la sera stessa del 2 settembre (cfr. introduzione) trovano in questi versi una conferma: di quanto segue (= « al quale il valore eresse il sepolcro sopra Cartagine ») è che il
‘non è ancora avvenuta la resa, tant'è vero che le navi sono dette hostiles. Tanta sotti- vero sepolcro dell’Africano è la vinta Cartagine, che ne perpetua la gloria, non la tomba
x
‘gliezza non è necessaria, perché Antonio e Cleopatra per la propaganda resteranno che ne racchiude le ossa (per il concetto cfr. THuc. 2, 43, 2; STAT. silv. 2,7, 70 sg.).
‘i nemici’ anche dopo Azio; però è vero che hostilium navium fa escludere un’altra ipo- In Africanum si ravvisa generalmente l’Africano Minore, autore della distruzione della
tesi, quella di un riferimento a una diserzione di navi antoniane, corrispondente a città nel 146 a.C.; ma alcuni preferiscono vedervi l’Africano Maggiore, che con la
quella dei Galati in v. 17 sg. La ritirata delle navi è il momento finale dello scontro, vittoria su Annibale fu il lontano artefice della distruzione, e colgono nel riferimento
e non ha peso l’obiezione di quanti vi vedono un successo irrilevante, che dopo Azio una punta polemica nei confronti dei concittadini ingrati che non gli diedero la gloria
non meriterebbe di essere ricordato (cfr. introduzione). i meritata, sicché egli ebbe un modesto sepolcro a Literno.

v. 20 puppes...citae: secondo un’interpretazione, citae. non è aggettivo, ma partie vv. 27-32 terra — mari: questi versi sembrano incomprensibili prima della battaglia
cipio di ciere, e puppim ciere corrisponderebbe al greco rpbuvav (dva)xpoveodai, « navi di Azio e della fuga di Antonio. Chi continua a sostenere la tesi della composizione
gare con la poppa in avanti», cioè all'indietro, mentre Porfirione, e alcuni moderni dell’epodo prima del 2 settembre è costretto a vedere in essi un’amplificazione retorica
sulla sua scia, spiegano puppes navium come equivalente di naves. Ma puppes va inteso ‘delle scaramucce che avevano preceduto lo scontro finale, o l’eco di una falsa voce
letteralmente: si tratta delle poppe delle navi di Antonio rivolte nella fuga verso i che voleva che Antonio fosse riuscito a forzare il blocco nemico e a fuggire, o ad at-
Cesariani, e se questi inseguono verso Sud, quelle si muovono verso sinistra per rien- tribuire a Orazio una facile profezia o un desiderio, a vedere in petit e in fertur presenti
trare nel golfo. La menzione delle puppes ha una sua efficacia: l’immagine delle poppe con valore di futuro, ovvero ‘presenti della profezia’, talvolta a emendare mutavit
delle navi rivolte al nemico corrisponde a quella degli eserciti di terra che terga vertunt. in mutabit.

sinistrorsum: cfr. quanto detto nella nota precedente. Qualcuno deduce dall’avverbio, v. 27 terra marique è un topos propagandistico molto antico adoperato in riferimento
che designa un moto da Ovest a Est, che l’osservatore doveva trovarsi a Nord, cioè a vittorie complete, piuttosto che un riferimento preciso allo svolgimento delle ope
nella collina di Mikalitzi (cfr. introduzione). Alcuni interpreti vi colgono una sfuma- razioni belliche, come pensano alcuni (magari intendendo l’espressione come una spie
tura religiosa (il lato sinistro indica cattivo augurio), altri una sfumatura ironica (le gazione dei vv. 17-20).
navi di Antonio sono veloci, ma verso la direzione opposta a quella che si erano pro- vv. 27-28 punico — sagum: il paludamentum del generale era color porpora (punicus =
poste, cioè l’Italia). Da escludere l’ipotesi di chi vi vede una nota di buon augurio puniceus), e Antonio dopo la sconfitta muta d’abito, indossando una veste luttuosa
(perché per gli auguri romani la sinistra ha tale valore), riferito alle presunte navi che (per episodi analoghi cfr. Prur. Caes. 45; VeLt. 2, 80).

OT
avevano disertato (ma cfr. nota a v. 19 sg.).
v. 28 mutavit: cfr. nota a carm. 1, 17, 2.
vi 21 io Triumphe: cfr. nota a carm. 4, 2, 49.

Tdi bin Ma
v. 29 centum— urbibus: cfr. nota a carm. 3, 27, 33 sg. Così come le Sirti nominate
vv. 21-22 ‘aureos currus: il cocchio trionfale ornato di oro e tirato da quattro cavalli. poco dopo, Creta era sulla rotta per l'Egitto, dove Antonio si recò dopo la sconfitta
per ricongiungersi con le sue quattro legioni là di stanza al comando di Pinario Scarpa.
v. 22 intactos: Porfirione glossa indomitae: era questo uno dei requisiti che dovevano
avere le giovenche da sacrificare in occasione del trionfo. v. 30 non suis: il possessivo equivale a ‘favorevole’, come in carm. 4, 14, 33 sg.
tuos...divos (cfr. nota).
vv. 23-24 Iugurthino
— ducem: riferimento a Mario, trionfatore su Giugurta, re di
Numidia, nel 105 a.C. v. 31 exercitatas — Noto: sulle Sirti e sulle tempeste che le agitano cfr. nota a carm.
1, 22, 5; su Noto cfr. nota a 1, 3, 14.
v. 25 Africanum: Africano ha tutto l’aspetto di una normalizzazione sintattica su
Iugurthino ed è impossibile per due ragioni: 1) la denominazione bellum Africanum v. 32 incerto mari: per i sostenitori della composizione dell’epodo precedente la
non si adatta ‘alle guerre puniche, e africana sarebbe comunque ariche la guerra contro battaglia, l’espressione presuppone la bufera che infuriò per tre giorni e tre notti prima
984 Orazio Epodi 9, 33 -— 10, 4 985

della battaglia (Pur. Ant. 65). Ma essa non vorrà dire altro che una terza alternativa, violenta del suo modello greco; manca soprattutto la motivazione di tanto odio, che
che Antonio non sappia dove andare. in Archiloco dà un senso profondo alla violenza dell’invettiva: taùt’ è9éXow” dv idetv/
85 u' iSlnoe, AdE 3° è dpxtorc EB, /TÒ mpiv ETatpog Èdbv (« questo vorrei che provasse
v. 33 capaciores...scyphos: sarebbe questa, secondo Fraenkel, la prova decisiva del colui che mi fece torto e calpestò i giuramenti, lui che prima mi era compagno »).
fatto che Orazio non è su una nave, ma che la scena si svolge durante un banchetto. Nell’epodo oraziano non compare alcuna motivazione dell'odio contro Mevio, mal
Il comparativo capaciores indicherebbe uno stadio avanzato del simposio. Ma capaciores grado tentativi anche recenti di cogliervi una violenta polemica contro i gusti letterari
può riferirsi a libagioni più abbondanti del solito (cfr. carm. 1, 9, 6 benignius). Per del personaggio (Bichner). Mevio sembra piuttosto il bersaglio fittizio di un compo-
scyphos cfr. nota a carm. 1, 27, 1. nimento che denuncia il suo carattere di esercitazione letteraria. Più precisamente,
— Lesbia:
v. 34 Chia cfr. note a carm. 1, 17, 21 e 3, 19, 5. l’epodo può essere definito come una ripresa del modello archilocheo attraverso il
filtro della tradizione ellenistica del propempticon (cfr. introduzione a carm. 1, 3)
v. 35 fluentem nauseam: cfr. introduzione. e delle dpat (maledizioni) (Fraenkel); in particolare, una coincidenza fra i vv. 3-8
v. 37 cura m
— rerum: uno stato d’animo che non è affatto immotivato dopo la vit- e i vv. 37-39 delle pseudo-virgiliane Dirae fa pensare a un comune modello, una delle
toria di Azio (cfr. introduzione). &pat ellenistiche del genere dell’Ibis di Callimaco. Più che un esempio di poesia archi-
lochea, l’epodo è un componimento che rivela la tecnica ellenistica della parodia e
v. 38 dulci= solvere: cfr. nota a carm. 1, 7, 22 sg. (dove si gioca pure sull’etimologia della mescolanza dei generi (Commager).
di Lyaeus). Il vino ha la funzione di interrompere gli affanni, e, in particolare, le lotte L’epodo è costituito da una parte centrale (vv. 3-20), preceduta da due versi proe-
politiche, secondo lo spirito più genuinamente alcaico. miali e seguita da una chiusa; in questa struttura, secondo una tecnica ellenistica,
l’exemplum mitologico viene a trovarsi al centro.
Metro: trimetri giambici alternati a dimetri giambici.
10
v. 1 mala. ..alite: l’epodo comincia con un verso dominato dall’idea del cattivo augu-
FRAENKEL, 32 sg.; CommaceR, 124 sgg.; BicHNER, 54 sg.
rio; per l’espressione cfr. nota a carm. 1, 15, 5.

L’epodo rappresenta una invettiva contro un certo Mevio, che quasi sicuramente v. 2 olentem: essendo una persona riprovevole, Mevio è definito ‘un fetente’, secondo
è da identificare con il poetastro sprezzantementè ricordato da Virgilio in ecl. 3, 90 un motivo topico della poesia d’invettiva (cfr. CatuLL. 69; 71; 97; 98). Forse la parola
(qui Bavium non odit amet tua carmina, Mevi) e che Servio (ad georg. 1, 210) ricorda ha anche una sfumatura morale; più difficile ammettere una allusione ai profumi di
come uno dei detrattori del grande poeta. Questa identificazione può offrirci un appi- cui si cospargevano i cantores alla moda della poesia neoterica di cui Mevio doveva es-
glio per la cronologia dell’epodo, se è vero che, come osserva Fraenkel, in un periodo sere un seguace (Biichner).
di grande fervore letterario come gli anni fra il 42 e il 31 a.C. le polemiche lettera- vv. 3-8 utilices: in questi versi è capovolto un motivo convenzionale del propempti-
rie non si contavano, e un attacco a Mevio molti anni dopo la pubblicazione delle con, l'augurio che i venti tacciano (cfr. nota a carm. 1, 3, 3 sg.). Il rovesciamento av-
Ecloghe non sarebbe stato attuale. Dunque, il componimento è di poco successivo viene attraverso l’utilizzazione di un topos della letteratura delle maledizioni, che si
al 39 a.C., quindi uno dei primi; ciò spiega la sua ispirazione a un modello archilocheo, ritrova, per esempio, in ps.-Verc. dirae 37 sgg. Thraecis tum Boreae spirent immania
precisamente all’epodo contenuto in un papiro in possesso della Biblioteca Universi- vires,| Eurus agat mixtam fulva caligine nubem, | Africus immineat nimbis minitantibus
taria di Strasburgo (se è vero che il nostro epodo è fra i più antichi, ciò confermerebbe imbrem. Si noti l’espressionismo stilistico della descrizione della tempesta, ricca di
indirettamente che i due frammenti anonimi sono di Archiloco, a cui si ispira la prima suoni aspri e cupi, in particolare di r e di u.
maniera giambica di Orazio, e non di Ipponatte, secondo un’attribuzione che ha go- vv. 3-4 ut- memento: per la costruzione cfr. Praur. Cas. 820 noctuque et diu ut viro
duto e gode tuttora di un certo credito).
subdola sis, obsecro, memento.
Con l’epodo di Strasburgo (ArcaILoca. fr. 79a, 79b, 80 D.) il nostro componi-
mento ha però ben poco in comune, a parte il metro e la situazione di partenza, cioè v. 3 latus: dietro l’immagine del fianco colpito dai venti sembra di cogliere una ten-
l'augurio di naufragio ad un nemico che sta per partire. Manca in Orazio la passione denza a personificare la nave: cfr. nota a carm. 1, 14, 4.
986 ‘. Orazio Epodi 10, 4 - 11 987

v. 4 Auster: cfr. nota a carm. 1, 3, 14 sg. v. 18 preces—Iovem: di solito nel propempticon si invoca il favore della divinità
su chi si accinge a partire (cfr. nota a carm. 1, 3, 1); qui l’elemento convenzionale è
v. 5 niger.. .-Eurus: cfr. nota a carm. 1, 28, 25 sgg., e sull’epiteto niger nota a carm. rovesciato.
1,5, 6sg
v. 19 Ionius...sinus: il mare Adriatico; il viaggio di Mevio percorrerà dunque la
rudentis: cfr. nota a carm. 1, 14, 6.
rotta verso la Grecia.
v. 7 Aquilo: cfr. nota a carm. 1, 3, 12 sg.
vv. 19-20 remugiens...Noto: cfr. nota a carm. 3, 10, 6 e, su Noto, a 1, 3, 14 sgg.
v. 8 frangit— ilices: l'armonia imitativa del verso esprime la violenza dello spezzare,
su cui si insiste particolarmente (cfr. nel v. 6 fractos) e, per contro, la debolezza degli v. 20 carinam ruperit: ancora una variazione sull'immagine della nave sfasciata dalla
elci tremanti. violenza dei flutti; su carina cfr. nota a carm. 1, 14, 7.

v.9 nec — appareat: rovesciamento del motivo delle stelle favorevoli alla navigazione, v. 22 mergos: uccelli insaziabili; cfr. Prin. nat. hist. 10, 130; 11, 202.
tipico del probempticon (cfr. carm. 1, 3, 2 e nota).
iuverit: la lezione iuverit è la meglio attestata e reintroduce alla chiusa del carme la
v. 10 qua: riferito a nocte del v. 9 piuttosto che avverbio di luogo, come ritengono terza persona (« grassa preda, egli sarà cibo gradito », con opima praeda predicativo)
altri. usata per Mevio all’inizio. Alcuni peraltro intendono opima praeda come soggetto
tristis Orion: cfr. nota a carm. 1, 28, 21 sg. e, per l’epiteto tristis, a 1, 3, 14. allusivo a Mevio = « una grassa preda ». La variante iuveris sembra nata da attra-
zione della seconda persona dei vv. 15-20.
vv. 11-14 quietiore — ratem: la presenza di un exemplum mitologico è comune nel
propempticon. Si ricordi l’exemplum di Europa in carm. 3, 27 (propempticon per vv. 23-24 libidinosus— Tempestatibus: rovesciamento parodico del sacrificio che si
Galatea), che si sviluppa fino a diventare una digressione. fa in onore dei venti per ottenere un viaggio tranquillo (cfr. Vero. Aen. 3, 115 sgg.).
La scelta del capro probabilmente non è casuale; l’animale, noto per il suo cattivo
v. 12 Graia: la forma poetica dell'aggettivo Graecus è qui riferita per enallage a manus odore, doveva far pensare all’epiteto olens riferito a Mevio nel v. 2.
anziché a victorum.
v. 24 agna Tempestatibus: alle Tempestates, divinità che a Roma avevano un tempio,
vv. 13-14 Pallas — ratem: dopo la distruzione di Troia, Atena rivolse la sua ira contro
dedicato nel 259 a.C. dal console Lucio Cornelio Scipione Barbato sfuggito: ad un
Aiace, figlio di Oileo, facendolo naufragare durante il viaggio di ritorno. Aiace aveva
naufragio (cfr. Ov. fast. 6, 193 sg.; carm. epigr. 6), si sacrificava un’agnella nera (cfr.
strappato Cassandra dall’altare della dea, presso il quale si era rifugiata supplice (cfr.
Vero. Aen. 5, 772 sg. Tempestatibus agnam | caedere deinde iubet).
Hom. Od. 4, 499 sge.; Vero. Aen. 2, 403 sg.); quindi impius andrebbe riferito a lui an-
ziché alla nave, cui si accorda per enallage. Semplicemente fantasiosa l’ipotesi di chi
coglie nel. misfatto di Aiace un’allusione a una azione empia compiuta da Mevio,
che sarebbe il motivo di tanto odio da parte di Orazio (Schmidt). 11
v. 15 sudor: cfr. nota a carm. 1, 15, 9.
Leo, 10 sgg. (= 149 sgg.); FRAENKEL, 67; GRASSMANN, 90 sgg.; G. Luck, « Illinois
v. 16 luteus: sfumatura di colore giallo (reso tale dalla paura, ma anche dalla bile), Class. Stud. » 1, 1976, 122 sgg.
da lutum, nome di un'erba da tinta (cfr. PLIn. nat. hist. 33, 87 sgg.).
v. 17 illa—heiulatio: con un certo disprezzo Orazio attribuisce a Mevio un lamento Non vi sono indizi cronologici in quest'epodo rivolto a un amico di nome Pettio,
poco dignitoso e non adatto agli uomini ma nemmeno alle donne (cfr. Cic. Tusc. non meglio identificabile; è da escludere comunque che sia uno dei più antichi, perché
2, 55); non virilis significherà dunque ‘infantile’ piuttosto che ‘femminile ’. Poiché i vv. 5 sg. ci dicono che sono passati due anni dalla fine dell'amore per Inachia, e da
illa sembra presupporre che il lamento di Mevio sia ben noto, si è pensato che non ciò si deduce che l’epodo è posteriore di almeno due anni al XII (cfr. vv. 14 sg.).
virilis heiulatio contenga un’allusione al tono lamentevole della poesia sdolcinata e Il componimento inaugura quella che in base al metro è la seconda parte del
larmoyante di questo poetastro (Biichner), libro degli epodi, dopo la prima, caratterizzata dall’alternanza di trimetrti e dimetri
988 Orazio Epodi 11, 1 -- 14 989

giambici, e il suo carattere di svolta è dato anche dall’affiorare di una nuova maniera v. 5 December per sineddoche, indica l’intero anno come in epist. 1, 20, 27 quater
poetica, una maniera meno epodica e più vicina all’elegia, quanto a situazione, tono, undenos.. .implevisse decembres. Sulle implicazioni cronologiche di questa indicazione
andamento narrativo, al punto che Leo coniò per quest’'epodo la definizione, rimasta cfr. introduzione.
celebre, di « plane elegia iambis concepta ». È improbabile però (sebbene non abbiamo
v. 6 Inachia furere: l’amore precedente, quello per Inachia, èx ricordato come una
elementi per scartarla a priori) una dipendenza da Cornelio Gallo (Luck), anche se il
malattia, un furor. La concezione dell'amore come insania è comune nell’elegia, ed era
motivo dell’insania d’amore rinvia al poeta elegiaco, in armonia con la caratterizzazione
uno degli attributi della poesia e dell’esistenza di Cornelio Gallo (cfr. Vers. ecl. 10, 37 sg.
che ne dà Virgilio nella X ecloga.
sive mihi Phyllis, sive esset Amyntas, | seu quicumque furor...); ma non è prudente trarre
I topoi di cui è intessuto l’epodo, dal contrasto fra amore e attività poetica del v. 1
da ciò troppe conclusioni (cfr. introduzione). Furor e furere in rapporto alla sfera amo-
al rraparAavotdupov di vv. 21 sg. ai segni rivelatori dell'amore (vv. 9 sg.) (cfr. note di
rosa hanno diffusione in poesia latina anche al di fuori dell’elegia: cfr. Lucr. 4, 1069;
commento), sono motivi convenzionali della poesia erotica, non solo dell’elegia latina
1117; Catutt. 15, 14; 50, 11; 64, 54; 94; 124; 68, 129.
ma anche dell’epigramma ellenistico, ed è alla tradizione ellenistica che Orazio si riag-
gancia (cfr. Fraenkel, Grassmann). Tuttavia sarebbe eccessivo considerare l’epodo come silvis honorem: la stessa immagine adoperata da Virgilio in georg. 2, 404 frigidus et
un semplice esercizio letterario; dietro la congerie di motivi topici si riesce a cogliere silvis Aquilo decussit honorem, un passo che secondo Servio (ad 1.) derivava da Varrone
una realtà autentica, quella della vita galante di Roma, di un mondo frivolo in cui i Atacino, che potrebbe dunque essere il modello anche di Orazio.
sentimenti sono superficiali e dove agli amanti poveri vengono preferiti i rivali ricchi
v. 7 heu— mali: l’interiezione che esprime rincrescimento e autocommiserazione,
(cfr. vv. 11 sg.), secondo quello che non è solo un topos della poesia erotica, ma il
l’espressione ellittica heu me (sottintende miserum) e la parentesi sono elementi di stile
riflesso di una situazione sociale ben determinata.
patetico.
La struttura sembra chiaramente definibile come una parte centrale (vv. 7-22)
che contiene i ricordi dell'amore passato, inserita fra due sezioni uguali, di sei versi v. 8 fabula
— fui: quello dell'amante che diventa oggetto dei pettegolezzi di tutti è
x
ciascuna, in cui è presentata la situazione presente. un motivo comune nella poesia elegiaca: cfr. Tr. 1, 4, 83; 2, 3, 31 sg.; Prop. 2, 24, 1;
Ov. am. 3, 1, 21; ars 2, 630.
Metro: archilocheo terzo.
vv. 8-9 conviviorum -— silentium: si rinvia alla situazione, comune in poesia ellenistica,
vv. 1-2 nihil gravi: la coincidenza con ArcHILocH. fr. 215 W. xal up’ ob ikuBcoy dell'amante che rivela, senza volerlo, col proprio comportamento, durante un convito,
otte teprwàtwv pier potrebbe essere soltanto casuale. Il motivo dell’incompatibilità di essere innamorato (cfr. introduzione a carm. 1, 27). In particolare, cfr. CALL. epigr.
fra l'essere innamorati e il comporre versi è comune nell’epigramma: cfr. PosInIeP. 43 Pf.; AscLePran. anth. Pal. 12, 135, 3 sg. e, per la tradizione epigrammatica latina,
anth. Pal. 12, 98, 1 sg.; anon. ibid. 12, 99, 5 sg.; 12, 100, 4. cfr. Var. AEDIT. fr. 1, 2; 4 Biichn.

v. 2 versiculos: il diminutivo è stato variamente interpretato, come espressione v. 10 latere spiritus: quello del sospiro profondo, segno rivelatore d’amore, è un
di modestia, di ironia di Orazio nei confronti della propria poesia (sulla base del con- altro motivo epigrammatico: cfr. anth. Pal. 11, 52, 1 sg.; 12, 134, 1 sg.
fronto con sat. 1, 2, 109), o come allusione al verso corto del metro epodico (sulla
vv. 11-12 contra— ingenium: è il topos elegiaco dell'amante povero a cui viene prefe-
base del confronto con sat. 1, 10, 32) o alla rapidità del ritmo epodico. Secondo altri,
rito il ricco rivale: cfr. TIs. 1, 4, 61 sg.; Prop. 4, 5, 53 sg.; Ov. ars 2, 274. Ma il cone
il diminutivo è semplicemente un volgarismo usato con funzione espressiva, per dare
trasto fra denaro e amore è anche un tema epigrammatico (cfr. anth. Pal. 5, 2, 29; 30;
rilievo alla parola (come in Cic. Pis. 75; CaruLL. 16, 5 sg.).
31 etc.; 9, 241; 411; 420; 11, 416; 12, 42; 44; 212; 214). Comunque, anche se deriva
vv. 3-4 amore — urere: la ripresa anaforica pone in enfasi il concetto della forza del dalla tradizione ellenistica, il motivo non esclude il riferimento a una situazione reale
l’amore; amor è da intendere, anche per non diminuire l’efficacia dell’anafora, come (cfr. introduzione). Per l'infinito valere cfr. epod. 8, 1 e nota.
equivalente di passione anziché nella forma personificata del dio dell'amore.
vv. 13-14 simul — loco: per gli effetti del vino, che spinge l’innamorato a parlare più
v. 4 mollibus—puellis: poiché il verbo urere indica la passione, secondo una metafora di quanto dovrebbe, rivelando i suoi segreti, cfr. AscLepiAD. anth. Pal. 12, 50, 1; Me
molto comune (cfr. per esempio carm. 1, 33, 6), la costruzione è analoga a quella dei LFAGR. ibid. 12, 119, 5 sg.; Cat. epigr. 43 P£. In un contesto erotico, diventa invere
verbi di sentimento (cfr. anche Ov. met. 7, 21 in hospite ureris). cundus il dio tradizionalmente verecundus, Bacco (cfr. nota a carm. 1, 27, 3). Calentis
Epodi 11, 15 — 12 991
990 Orazio

11 sg.), anche se alcuni, v. 24 Lycisci: nome fittizio coniato dal tema di Xbxoc (lupo), come altri nomi di donne
è riferito all'effetto del vino, non dell’amore (cfr. carm. 3, 21, e di amasii; cfr. introduzione a carm. 3, 10° e nota a 1, 32, 11.
re mero del v. 14
da Porfirione in poi, vi vedono l’effetto dell'amore, ritenendo fervidio
sufficiente a descrivere l’effetto del vino. vv. 25-26 amicorum=graves: la partecipazione degli amici, con i loro consigli e le
dà libero sfogo a parole d’ira loro critiche, è un motivo comune alla commedia e all’elegia: cfr. PLauT. Trin. 641 sgg.;
vv. 15-16 meis — bilis: per il motivo della libera bilis che
parola coniata da Orazio, ma l’im- Prop. 1, 1, 25; 3, 24,9.
cfr. anth. Pal. 12, 115, 1 sg.; 116, 1. Inaestuo è una
effervescit in ira. Praecordia
magine del ‘ ribollire’ non è nuova: cfr. Lucr. 3, 295 mens v. 27 alius ardor: il tema dell’alius amor come remedium amoris è comunissimo nel
a carm. 1, 13, 4).
è usato in senso letterale, come equivalente di iecur (cfr. nota l'elegia: cfr. Prop. 2, 3, 45 sg.; 2, 17, 17 sg.; Tis. 1, 9, 79 sgg.; Ov. rem. 441; 462.
inutili (ingrata = irrita:
vv. 16-17 haec =levantia: secondo alcuni, questi rimedi candidae: attributo fondamentale della bellezza femminile; cfr. CATULL. 13, 4; 35, 8 sg,;
nei versi precedenti, secondo
cfr. PLauT. Asin. 136) sono i conviti di cui si fa cenno i
, secondo altri le bugie 86, 1.
altri sono le preghiere e le suppliche che egli rivolge a Inachia
essi riassumono in una parola il contenuto dei
della donna; secondo Grassmann, — comam:
v. 28 longam riferimento alla semplice acconciatura che consiste nell’an-
che il poeta deciderebbe di
vv. 7-14, mentre per Biichner la parola designa i carmi nodarsi i capelli (cfr. nota a carm. 2, 11, 23 sg.). Ma per renodare, attestato per la prima
do una differenza fonda-
non scrivere più perché non gli servono a nulla, in ciò segnan volta in Orazio, è possibile anche l’interpretazione ‘ sciogliere ’, che può essere confor-
con il lamento d’amore
mentale rispetto alla poesia elegiaca, che spesso si identifica tata da alcuni passi in cui compaiono efebi con la chioma sciolta (carm. 2, 5, 23 sg.;
(cfr. introduzione a carm. 1, 33). 3, 20, 14; 4, 10, 3).
v. 16 ventis dividat: cfr. nota a carm. 1, 26, 2 se.

v. 18 desinet— pudor: si intende comunemente: «il pudore, per ora messo da parte,
inferiori al poeta) ». Altri 12
cesserà di lottare con rivali indegni (perché sleali o perché
corrisponde all’amore
colgono in imparibus un riferimento alla stessa Inachia, che non LA Penna 1968, 22.
nota a carm. 2, 5, 2, e inol.
del poeta (su par e i suoi composti in accezione erotica cfr.
pares; 1, 5, 2; cfr. anche carm.
tre ‘cfr. Prop. 1, 1, 32 sitis et in tuto semper amore La situazione di quest'epodo, sulla cui cronologia non si può dire niente se non
pudor come « il mio ver-
1, 33, 10 sg.): così recentemente Grassmann, il quale spiega che deve essere anteriore a quello precedente (cfr. relativa introduzione), è la stessa
gognoso contegno » (cfr. Ov. met. 11, 180). dell’epodo 8: l’invettiva contro una vecchia libidinosa, probabilmente la stessa donna,
’ i libera verba appena che è impossibile identificare (cfr. introduzione all’epodo 8).
v. 19 laudaveram: secondo alcuni, nel senso letterale di ‘lodare Il componimento, che presenta una struttura perfettamente bipartita (vv. 1-13
‘ ritener e giusto ’.
riportati; secondo altri, nel senso più raro di

4 rin
invettiva contro la donna; vv. 14-26 monologo della vecchia), si inserisce nella tra-
a lo ps.-Acrone, ma dizione della poesia aiscrologica, come l’epodo 8 (cfr. introduzione), rispetto al quale
v. 20 incerto pede non a causa dell’ubriachezza, come spiegav

in ini i
, fra la decisione presa mostra però l’apertura verso uno stile diverso, in particolare verso il pathos dell’ele-
perché l’incertezza del passo riflette le oscillazioni della volontà
one comune nell’elegia: gia, soprattutto nel monologo, che finisce però per sottolineare ironicamente la furia
razionalmente e l'impulso del desiderio, secondo una situazi quest'epodo, al di là dell’elabora-
sfrenata e insoddisfatta della donna. Come PVIII,
2, 6, 13 sg.; Prop. 2, 25, 19 sg.

AK ct;
cfr. Tis.
zione letteraria, rimanda a una situazione reale, e i vv. 21 sgg. lasciano intravedere
cui cfr. introduzione
vv. 21-22 ad <latus: è il motivo topico del rapaxAavotdupov, su un risvolto autobiografico. Ma l’esperienza reale viene amplificata attraverso un’esaspe-
senso sia metaforico (cfr.
a carm. 1, 25 e 3, 10; nota a 3, 10, 2; 5 sg. Dura va inteso in razione morbosa delle sensazioni: la rabbia del sesso, il senso del disfacimento, la sof-
infregi latus. L’enfatizzazione
nota a carm. 3, 10, 2) sia letterale, il che spiega lumbos et ferenza della donna posseduta da un desiderio insaziabile, non ancora illuminati da
a parodica; non c'è dub-
patetica data dalla ripetizione di heu è tale da essere sembrat quella pietà che anima l’ode 1, 25, riescono a generare soltanto una vera e propria

IO
letterar ia abusata, ma sarebbe
bio che Orazio giochi con i motivi di una tradizione « orgia del disgusto » (La Penna).
coglie Grassmann, il quale
assolutamente fuor di luogo una allusione come quella che

i
Metro: archilocheo primo.
riferisce lumbos et infregi latus alla masturbazione.
35 #*
992 Orazio Epodi 12, 1- 13 993

v. 1 nigris...barris: gli elefanti, il cui nome presso gli Indiani era barri (cfr. Isin. ac me: costruzione della lingua dell'uso per esprimere il termine di paragone: si ri-
orig. 12, 2, 14); per l'epiteto niger riferito a questi animali cfr. ENN. ann. 611 Sk. tetros trova in epod. 15, 5, spesso nelle Satire, mai nelle Odi.
elephantos.
v. 15 potes: uso eufemistico di posse per futuere: cfr. Martiat. 3, 32, 1; 3, 76, 4. In
v. 2 tabellas: lettere d’amore (cfr. Prop. 2, 6, 27; Tis. 1, 3, 28; Ov. am. 1, 11; 1, 12). greco è attestato un uso simile di 3bvaua: cfr. StrATON. anth. Pal. 12, 11, 1; 12, 213, 2.
v. 3 nec-iuveni: espressione ironica, in cui il poeta riferisce a se stesso ciò che la Il conto degli opera venerea è un motivo dell’epigramma erotico ellenistico: cfr. AscLe
donna gli rimprovera (cfr. v. 14 sgg.). prap. anth. Pal. 5, 181, 11 sg.; Parronem. ibid. 11, 30.
v. 4 sagacius unus: il nesso unus + comparativo, più raro rispetto alla costruzione v. 16 opus: termine tecnico del linguaggio erotico: cfr. PLaut. Truc. 915; Ov. am.
con il superlativo, è della lingua dell'uso; cfr. CaTuLL. 10, 16 sg. ego ut puellae / unum 1, 4, 48; 2, 10, 26; 3, 7, 68; 3, 14, 27.
me facerem beatiorem. Sagax e odoror sono i termini propri per indicare l’olfatto del
cane: cfr. epod. 6, 10; Praur. Curc. 112; Mil. 268; Cic. de orat. 2, 186; Att. 6, 4, 3. pereat male: espressione ridondante, la stessa che in sat. 2, 1, 6.

v. 5 polypus: escrescenza che circonda il setto nasale (cfr. Cets. 4, 8, 2). v. 17 Lesbia: nome fittizio di una mezzana; non sarebbe casuale, secondo alcuni in-
gravis— alis: immagine comune per indicare il cattivo odore: efr. CaTuLL. 69, 5 sg. terpreti, che si tratti dello stesso pseudonimo della donna amata da Catullo: il nome
tibi fertur | valle sub alarum trux habitare caper. Il motivo del fetore in invettive alle era diventato quasi sinonimo di donna legata ad ambienti equivoci.
vecchie è comune nell’epigramma: cfr. anth. Pal. 11, 239; 240; 241; 242; 415; 427. taurum dipende da quaerenti, mentre te inertem dipende da monstravit; comunque la
vv. 7-12 qui — rumpit: alcuni particolari descrittivi di questa scena ricordano Eusut. vicinanza di taurum e inertem produce una sorta di ossimoro.
fr. 98 K. (la faccia impiastricciata di belletto e di sudore). v. 20 quam-—-inhaeret: la similitudine, tratta dal registro della poesia elevata (cfr.
v. 7 sudor: cfr. nota a carm. 1, 15,9. per esempio Hom. II. 12, 132), genera inevitabilmente un effetto parodico.
v. 8 odor: cfr. nota al v. 5. vv. 21-22 muricibus
— properabantur: per il procedimento cfr. nota a carm. 2, 16,
pene soluto cioè membro erecto, secondo alcuni, o meglio, secondo altri, membro 35 sg. Le vesti che la donna fa preparare in fretta per il suo amante (properabantur =
languido post rem veneream peractam, con una spiegazione che meglio si accorda con propere parabantur) sono probabilmente alcuni fra i munera cui si accenna nel v. 2, e
l’accusa che la donna muoverà a Orazio nel v. 14 (Inachia langues minus ac me). confermano l’impressione che il poeta si trovi nella situazione del mantenuto.
vv. 10-11 color— crocodili: riferimento alla crocodilea, un belletto che si ricavava da v. 24 mulier adoperato, secondo un uso della lingua familiare, nel senso di amica,
un piccolo coccodrillo abituato a nutrirsi di fiori profumatissimi (cfr. PLin. nat. hist. come in Catutt. 70, 1.
2, 8, 108 sg.). La minuzia dei particolari è particolarmente disgustosa.
vv. 25-26 o-leones: l’esclamazione patetica introduce la chiusa sentimentale, quasi
v. 11 subando: interpreta correttamente lo ps.-Acrone: « supra virum se proiciendo ». un sospiro elegiaco, in cui l’immagine tradizionale dell'amato che sfugge l'amante

n
Il verbo ha una particolare efficacia, perché originariamente riferito alle femmine degli come un agnello i lupi e un capriolo i leoni (cfr. carm. 1, 23, 1 e nota; Hom. Il. 11,
animali in calore (Lucr. 4, 1199) e perché collegato da una etimologia popolare a
383; Tarocr. 11, 24) risulta pure un elemento di parodia, e rende la donna ancor
sus (cfr. Fest. 408, 6 sgg. L.). più ridicola nella sua sofferenza, coprendola di sarcasmo.
v. 12 tenta— tecta: il letto era tenuto assieme con corde e fasce (tenta) e coperto da

nin
un baldacchino (tecta). L’accumulazione degli elementi che compongono il letto,
sottolineata anche dall’allitterazione in t, produce un effetto comico. 13
v. 14 Inachia langues: costruzione analoga a quella di epod. 6, 11 Inachia furere. Il FrAENKEL, 65 sg.; R.S. KirPATRICK, « Class. Quart. » 20, 1970, 135 sgg..

KAMA lb ib iii
nome della donna, ripreso anaforicamente nel v. 15, sottolinea la gelosia 0, meglio,
l'invidia che per lei nutre la vecchia. Languere non è nuovo nella lingua erotica (cfr. Questo componimento perfetto, come lo definisce Fraenkel, l’epodo prediletto
Catutt. 64, 99), ma in riferimento all’impotenza maschile si trova per la prima volta da molti fra i critici e i lettori moderni, anticipa la maniera poetica di alcune odi, ri-
in Orazio (cfr. anche epod. 8, 18; cfr. poi Ov. am. 3, 7, 27 in un contesto analogo). velando una tecnica lirica più matura. Ciò non comporta necessariamente una crono-
994 Orazio Epodi 13, 1-7 995

anche se non vi sono


logia bassa, di poco anteriore alla pubblicazione della raccolta, dico, quem Graeci vocant| aerem, qui ventus est et nubes, imber postea, | atque ‘ex imbre
vorrebbe l’ipotesi
elementi decisivi nemmeno a sostegno di una datazione alta, come frigus, ventus post fit, aer denuo).
contemp oraneo, o
di quanti propongono una composizione dell’epodo nel periodo v..2 nunc- siluae: la ripetizione dell’avverbio contribuisce a rappresentare l’intero
a, ma a
di poco posteriore, alla sconfitta di Filippi. Si tratta di un’ipotesi suggestiv paesaggio naturale in balia del vento che infuria, e nello stesso tempo sottolinea il
i probanti, e
conforto. della quale i sostenitori non hanno saputo trovare argoment carattere momentaneo e contingente anche delle vicende naturali.
di riferi
meno che mai convince un recente tentativo di vedere nell’epodo una serie
are il desti-
menti al paesaggio orientale, l’allegoria di Cassio in Achille, e di identific v. 3 Threicio Aquilone: cfr. nota a carm. 1,25, 11 e a 1; 3, 12 sg. Threicio è epiteto
per la guerra (Kil
natario con il padrone di casa, un soldato che starebbe per partire letterario comune per indicare la provenienza del vento del Nord, e non può assolu-
vedono nella
patrick). Nemmeno convincono altre interpretazioni simboliche, che tamente costituire la prova di una presunta ambientazione in Grecia o in Macedonia,
zioni del
tempestas la guerra e in Achille la potenza della poesia di fronte alle sollecita come vogliono alcuni fra i sostenitori della composizione dell’epodo attorno agli anni
vicende poli
mondo esterno (Péschl) o che colgono nella tempestas un’allusione alle di Filippi (cfr. introduzione).
Huxley e altri sostenito ri di una
tiche che precedettero Azio'(Campbell, Wilkinson, vv. 3-4 rapiamus
— die: immagine molto simile a quella del carpe diem (cfr. nota a
cronologia bassa dell’epodo). carm. 1, 11, 8), ma più violenta e anche meno essenziale. i
a struttura bipartita (vv. 1-10 esortazione al banchetto;
Il componimento,
la situazione e lo
vv. 11-18 exemplum mitologico e discorso di Chirone), anticipa v. 3 amici: si tratta dei compagni con cui Orazio si prepara al banchetto, secondo
vorrebbe Muir)
sviluppo tematico di carm. 1, 9 (non è una ripresa di quest’ode, come una situazione conviviale comune; cfr. carm. 1, 27, 7; 1, 37, 4. Il passaggio alla seconda
di 1, 7 (cfr. introduz ione), con
e 1, 11 (cfr. le rispettive introduzioni) e, soprattutto, persona nel v. 6 non fa difficoltà e non autorizza gli emendamenti proposti: il muta-
svolgime nto gnomico
la quale ha in comune anche la struttura compositiva, che vede lo mento di destinatario non è estraneo alla lirica di Orazio, come sappiamo, e, soprat:
finale. Tale pro-
dimostrato da un esempio mitico e illustrato con un discorso diretto tutto in un convito, è segno di un certo movimento scenico (cfr. carm. 1, 27; 2, 7;
te l’epodo
cedimento proviene forse dalla lirica corale greca, anche se complessivamen 2, 11).
più la lirica greca arcaica, lo spirito archilocheo di virile accettazione della
richiama v. 4 virent: cfr. nota a carm. 1, 9, 17 (che è da confrontare anche per il concetto).
in mezzo ai trava-
sorte e, ancora di più, la concezione alcaica del piacere come pausa
v. 5 obducta...fronte: l’immagine della vecchiaia con la fronte corrugata richiama
gli della vita (cfr. anche introduzione a carm. 1, 32).
quella del cielo annuvolato (cfr. Varr. Men. 270 sgg. Ast. nubes aquali frigido velo
Metro: archilocheo secondo. caeli cavernas...obduxerant), e quindi rimanda al quadro presentato nei primi versi
dell’epodo, creando un parallelismo fra la vecchiaia e la stagione invernale, così come
tempestas: l’epodo si apre, come carm. 1,9 e 1, 11, con un fosco pae virenti ha la duplice connotazione di giovinezza e di stagione primaverile.
v. 1 horrida
introduzione),
saggio invernale, nel quale non bisogna cercare significati allegorici (cfr.
contribuiscono anche v. 6 tu: cfr, nota al v. 3 (amici), Il personaggio cui si rivolge il poeta è uno dei sodales,
ma che esprime bene uno stato d’animo cupo e angosciato. A ciò
evoca anche lo non necessariamente il rex convivii o il padrone di casa (cfr. introduzione).
i vocaboli (horrida avrà il significato letterale di ‘che dà i brividi’, ma
sgomento) e i suoni (si noti il ricorrere del suono aspro r nel verso). vina...move: cfr. nota a carm. 3, 21, 6.
. . , IENE .
e perché coperto dalle nuvole: un’immagine cupa Torquato — meo: cioè vini imbottigliati nel 65 a.C., anno della nascita di Orazio (cfr.
caelum contrazxit: il cielo si restring
che l’allitterazione rende più espressiva. nota a carm. 3, 21, 1).
e soffocante,
sione che il cielo si vv. 7-8 cetera — vice: lo stesso svolgimento che si ritroverà in carm. 1, 9; è il momento
vv. 1-2 imbres — Iovem: immagine audace per indicare l'impres di godere dell’oggi, lasciando tutto il resto, per noi incontrollabile, alla divinità; sa-
uti videatur in imbrem wertier
riversi sulla terra quando piove (cfr. Lucr. 6, 291. omnis ranno gli dei a placare la tempesta, saranno loro a modificare la situazione esterna.
7, 60 Iuppiter
aether). Qui a scendere, anzi a essere tratto giù è Giove (cfr. Vero. ecl. Per il concetto cfr. carm. 1, 9, 9-12 e le note relative.
ns fecundis imbribus
et laeto descendet plurimus imbri; georg. 2, 325 sg. tum pater omnipote
degli dei
aether]...descendit), sulla base dell’idenitificazione, molto antica, fra il padre v. 7 haec si riferisce alla tempesta descritta nei primi versi, ma forse anche, più in
54 sg. V? istic est is Iupiter, quem generale, a una difficile situazione esterna. C'è: chi scorge un’allusione ‘alla situazione
e il cielo, ovvero i feromeni atmosferici (cfr. Ex. var.
996 Orazio Epodi 13, 7 — 14 997

, v. 13 Assaraci tellus cioè la Troade; Assaraco, figlio di Tros, fratello di Ilo e Gani-
politica (Pòschl), c'è chi traduce « questa patria travagliata » (Ussani). Ciò è probabile
intorno a Filippi. mede, nonno di Anchise (cfr. Hom. Il. 20, 231 sgg.), è nominato forse non a caso,
ma non può essere, in ogni caso, un elemento a favore della datazione
in quanto antenato diretto di Enea. Anche Virgilio chiama i Romani gens o domus
(un’al-
fortasse: voce del sermo, che ha qui la sua unica attestazione nella lirica oraziana Assaraci (Aen. 1, 284; 9, 643).
tra sola volta, in un’ode diatribica, forsan: carm. 2, 16, 31), forse dovuta al tono discor-
sivo di questo passo. vv. 13-14 parvi...Scamandri: l'ipotesi più verosimile è che la scelta dell’epiteto
sia stata influenzata da uno scolio a Omero, nel quale con criterio razionalistico si
vv. 7-8 benigna. ..vice: cfr. nota a carm. 1, 4, 1.
correggeva l’espressione péyag rorauòds Badudvng (IL. 20, 73), riferita allo Scamandro, che
stesso nella realtà
v. 8 nunc: il nunc del presente corrisponde al nunc del v. 2, e unisce in uno era piccolo. Un’eco di tale critica razionalistica all’amplificazione omerica
destino di temporalità la vita della natura e dell’uomo, legate ambedue all’oggi momen- che faceva dei fiumiciattoli della Troade grandi fiumi va colta probabilmente anche in
taneo e irripetibile. Non c’è ancora quello iato fra la ciclicità della natura e la tempora- Lucan. 9, 974 sg.
lità dell’esistenza umana che sarà della più matura lirica di Orazio. v. 14 lubricus...Simois: il Simoenta, che nasce dal monte Ida e confluisce nello
vv. 8-9 Achaemenio...nardo: cfr. nota a carm. 2, 11, 16 e a 2, 12, 21 sg. Scamandro, è detto « scorrevole », con un epiteto forse indifferente o forse allusivo
ad un passo di Omero (Il. 21, 318 sg.) in cui tale fiume si lamenta perché i corpi dei
v. 9 fide Cyllenea: la lira inventata da Mercurio (cfr. nota a carm. 1, 10, 6), nato da
soldati morti ne strozzano il corso, interrompendone la tradizionale fluidità.
Maia in un antro del monte Cillene, in Arcadia; cfr. AraT. 597 X5pn KuXyvain.
ttivo vv. 15-16 reditum — rupere: espressione ardita che rende efficacemente l’idea di un
v. 10 diris...sollicitudinibus: la lunghezza del sostantivo e la solennità dell’agge destino spezzato anzitempo, suggerita dall'immagine del filo, insita nella tessitura
dirus, proveniente dal linguaggio sacrale (cfr. nota a carm. 1, 2,1 sgg.), dànno al verso delle Parche (certo subtemine forse ablativo di qualità piuttosto che strumentale)
una pesantezza che corrisponde alla gravità di una sentenza. Sulle Parche e il destino di Achille cfr. Caruti. 64, 338 sgg.
appena for
v. 11 nobilis alumno: l’exemplum dimostrativo del messaggio gnomico
ha una sua v. 16 mater...caerula: cfr. nota a carm. 1, 17, 20.
mulato è introdotto con la tecnica tipica della comparazione (ut); il verso
solennità, grazie all’accostamento dei due aggettivi e dei due sostantiv i fra loro e al- v. 17 vino cantuque: ritorna davanti ai nostri occhi la nota scena dell’Iliade in cui
one centrale. Per una coinci-
l’allitterazione cecinit Centaurus, con il verbo in collocazi gli ambasciatori dei Greci trovano Achille che si conforta con il suono della cetra
pet l’uguale sede metrica di
denza forse non casuale il verso ricorda per struttura, (9, 186 segg.)
ut e di cecinit, Lucr. 1, 117 Ennius ut noster cecinit.
levato: cil'imperativo
. . ca
futuro conferisce solennità sacrale al precetto di Chirone
rice
grandi: probabilmente si riferisce all’età di Achille, che era già adulto quando a
=
ze v. 18 deformisi — alloquiis:
iis: sisi noti ill'elaborazione
Î i
del verso, con l’allitterazione a in-
veva i precetti del Centauro, non alla sua statura, come ritengono alcuni.
=
==
==
castro. La parola lunga degrimoniae è scelta con lo stesso criterio di sollicitudinibus
fu, secondo
Centaurus: Chirone, già definito Sxausrarog Kevrabpewy in Hom. Il. 11, 832, del v. 10 (cfr. nota).
le arti, spe-
una leggenda postomerica, precettore di Achille, che egli educò in tutte
cialmente nella musica e nel canto. Un’antica raccolta di versi gnomici che andava sotto
di Chirone ad
il nome di Xelpvog brroFxatr era attribuita ad Esiodo. La profezia 14
Achille sul suo destino si trova già in Eur. Ibh. Aul. 1062 sg.
FRAENKEL, 67 sg.; S. INGALLINA, « Giorn. ital. filol. » 27, 1975, 201 sgg.
v. 12 invicte: riferito alla invincibilità di Achille, l’epiteto ha una solennità epica:
cfr. Vero. Aen. 6, 365 (riferito a Enea); 8, 293 (a Ercole).
Indirizzato a Mecenate, quest’epodo contiene una giustificazione da parte del

li
nella solen- poeta che, essendo innamorato
mortalis — Thetide: anche la perifrasi per indicare la discendenza rientra
di una donna di nome Frine, non riesce a portare
di con- a termine i giambi che gli aveva promesso. Il riferimento potrebbe essere a un singolo
nità dello stile epico. L'accostamento di mortalis a dea crea un voluto effetto
ded yeybra. epodo, o, secondo alcuni, all'intera raccolta di epodi, che Orazio non riesce a comple
trasto: cfr. Eur. Iph. Aul. 900 &yytds èx
Epodi 14, 1-14 999
Orazio
998
analoga a quella di altre divinità
poeta di comporre i suoi giambi, svolge una funzione
caso, il componimento sarebbe da consi- e che Amore stesso svolgerà in Ov.
tare e a portare alla pubblicazione: in tal in contesti di recusatio (cfr. nota a carm. 1, 6, 10)
alla data di pubblicazione della raccolta è la chiave che ci permette di leg-
derare uno degli ultimi, di poco anteriore am. 1, 1. In altre parole, la presenza del dio Amore
7 molto difficilmente può indicare una rac- un addio alla poesia giambica.
(30 a.C.). C'è chi obietta che carmen del v. gere tutto quanto l’epodo come una recusatio finale,
ma, al di là di questa specifica questione,
colta piuttosto che un solo componimento; introduzione.
a causa dell'amore rappresenta metafori oss:
— iambo
v. 7 incept cfr.
l'impossibilità di comporre versi giambici
e il progressivo avvicinarsi a una nuova e il compimento di qualcosa
camente l'abbandono dello stile epodico v. 8 ad umbilicum adducere: espressione pet indicar
un ruolo determinante l’amore in quanto tecniche librarie; umbilicus era
maniera lirica, un passaggio nel quale gioca (cfr. Martiat. 4, 89, 1 sg.), tratta dal linguaggio delle
esentata da Anacreonte) (Fraenkel). È sulla il bastoncino attorno al quale si avvolgeva il libro (volume
n), il rotolo papiraceo. È
tutt'uno con la poesia d’amore (qui rappr
a ritenere l’epodo uno dei più tardi. difficile stabilire fino a che punto l’espressione sia adoper
ata in senso letterale o meta-
base di ciò che siamo soprattutto indotti
presenta una struttura bipartita; nei verso precedente: se inceptos
Ricco di motivi epigrammatici, l’epodo forico, anche perché ciò è legato all’interpretazione del
il confronto con le situazioni analoghe riferimento alla pubblicazione
vv. 1-8 la situazione di Orazio, nei vv. 9-16 iambos indica la raccolta degli epodi, è probabile qui un
metaforica. Ma forse Orazio
di Anacreonte e di Mecenate. vera e propria, se indica un epodo, prevarrà l’accezione
ente vuol forse alludere a
gioca col duplice significato, così come nel verso preced
Metro: piziambico primo. a Mecenate e insieme alla raccolta intera (l'apposizione
un componimento promesso
ed insieme il carme pro-
is
— sensi bus: il motivo è lo stesso dell’inizio dell’
epodo 11, quello del- andrebbe sciolta come un nesso coordinato = «i giambi,
vv, 1-2 moll a completare Paltra
particolare, creatività poetica): cfr. nota messo »): non riuscendo a comporre il primo, egli non riesce
l’incompatibilità fra amore e operosità (in i versi
interpreti hanno colto in quest (ciò spiega l’apposizione).
a epod. 11, 1 sg. Gli echi catulliani che alcuni . .
Catuit. 51, 13 sgg., mentre diffuderit imis. amato da Anacreonte, come
iniziali (per es., l’oblivio ricorda l’otium di lonta ni dalla v. 9 Samio...Bathyllo: Batillo di Samo, un fanciullo
vanno sopravvalutati: siamo ricorda to in alcuni epigrammi
sensibus ricorda 76, 21 imos...in artus)ì non deduciamo dalla tradizione post-anacreontea: l’amasi o è
svolgimento successivo dell’epodo dimo- 7; 307, 5 sg.) e nelle Ana-
profondità del sentimento catulliano, e lo ellenistici (cfr. Dioscor. anth. Pal. 7, 31; inoltre 16, 306,
te cittadina. attore di pantomimi amato
stra che la cornice è quella della vita galan creontee (3, 9, 14; 16 sg.). Batillo era anche il nome di un
dà l'oblio a chi da Mecenate (cfr. Tac. ann. 1, 54, 2); è evidente l’allusione.
v. 3 pocula — somnos: l’amore è assimilato a un filtro magico che
amoris poculum accepit meri [eaque intra
lo beve: cfr. già PLAUT. Truc. 43 sgg. si semel eos. . .somnos. Per v. 10 Anacreonta Teium: cfr. nota a cam. 1, 17, 18.
mplo et ipsus periit et ves et fides Letha
pectus se penetravit potio, fexte della lirica d'amore: da un
somnium ducit; epist. 1, 2, 31 ducere
somnum. v. 11 cava —amorem: il verso equivale a una definizione
l’uso del verbo duco cfr. carm. 3, 27, 42 lato la lira (cfr. nota a carm. 1, 10), dall'altro una situazi one tipica come quella di pian
in rilievo dopo
v. 5 candide Maecenas: la collocazione del vocativo del destinatario, gere su un amore infelice, che è, si ricorderà, tutt'uno con il fare poesia d'amore (cfr.
to e amicizia, come spesso, si ricorderà, (a proposito di Tibullo)
il gruppo dei primi quattro versi, indica rispet introduzione a carm. 1, 33). Per flevit amorem cfr. Dom. MARS.
nielle Odi. La sincerità di Mecenate, las
va lealtà è una dote che viene elogiata anche 7, 3 Biichn. (= 5 Fogazza) ne foret aut elegis molles qui fleret amores.
orale di candidus cfr. sat. 1, 10, 86; epist.
in eleg. in Maecen. 1, 135. Per Yaccezione m v. 12 non pedem: espressione variamente interpretata: come riferimento a versi
1, 4, 1; 1, 6, 68. facili, non elaborati,
ua- non perfetti, improvvisati sull'onda della passione, o a versi
ente candide: senza volerlo, quasi ingen e (Ingallina), ci si
occidis—rogando contrasta con il p reced pensa o con qualche libertà metrica. Secondo una recente interpretazion
perché susciti in lui vergogna, come e le brevi. Secondo
mente, Mecenate fa morire Orazio, non esage razio ne prove r riferisce a metri con un piede che non ha sedi fisse per le lunghe
ute domande. È una lirici (cfr. nota
qualcuno, ma affliggendolo con le sue ripet enicas ; Pseud. 931 altri, Orazio non comprendeva del tutto la grande varietà dei metri
io, Praur. Rud. 944 da un ideale di poesia
niente dalla lingua dell'uso (cfr., per esemp a cam. 4, 2, 11 sg.). In ogni caso, l’espressione sembra dettata
a carm. 2, 17, 2), che forse adombra una ca-
occidis cum me istuc rogitas etc.; cfr. nota neoterica.
ratteristica di Mecenate, l'insistenza. vv. 13-14 quod si- Ilion: riferimento alla bellezza e alla nobiltà di Elena; non è
ossibilità di comporre, il divieto posto cui Elena sollevò la fiaccola per
v. 6 deus deus: la riipetizione enfatizza l'imp al necessario pensare alla versione del mito secondo
giustificazione. Il dio Amore, impedendo
dalla divinità, e rende più plausibile la
Orazio Epodi 14, 15 — 15,9 1001
1000

dare ai Greci il segnale dell’attacco. Ignis è nel senso metaforico che ha spesso nel v. 1 nox erat: nesso poetico molto comune; cfr. Vero. Aen. 3, 147; 4, 522; 8, 26;
linguaggio erotico (Ter. Eun. 85; Vero. ecl. 3, 66; etc.), anche se si gioca un po’ sul Prop. 3, 15, 26 etc. L'indicazione temporale all’inizio di un componimento è comune
suo doppio significato, che inevitabilmente fa pensare all’incendio di Troia. nella poesia erotica: cfr. Asciepian. anth. Pal. 5, 167; 5, 189; ProP. 2, 29b; 3, 16. Per
lo scenario notturno testimone dell'amore Orazio può aver avuto presente anche
v. 15 libertina: cfr. nota a carm. 1, 33, 13. Carutt. 7, 7 sg. aut quam sidera multa, cum tacet nox, | furtivos hominum rident amores;
vv. 15-16 nec— contenta: cfr. Caruti. 68, 135 non uno contenta. per la situazione del giuramento notturno cfr. nota a carm. 2, 8, 10 sg.

v. 16 Phryne: nome comune di etera: cfr. Prop. 2, 6, 6 Phryne tam multis facta beata vv. 1-2 caelo-sidera: immagine convenzionale a partire da Saffo (cfr. nota a carm.
viris. 1, 12, 48 sg.).

v. 3 magno deorum:
— rum situazione elegiaca comune; cfr. Ts. 1, 9, 1 sg. quid mihi,
15 si fueras miseros laesurus amores, | foedera per divos clam violanda dabas?, dove si trova
la medesima forma di participio futuro che implica l'intenzione malevola della donna,
FRAENKEL, 67; CAsTORINA, 175 sgg.; R.W. CarruBBA, « Acta Ant. Hung. » 13, la sua malafede, la predisposizione all’inganno. Cfr. anche Prop. 1, 15, 35 sgg.;
1965, 417 sgg.; C.L. BaBcocK, « Amer. Journ. Philol. » 87, 1966, 400 sgg.; P. FepELI, 2, 16, 47 sg.
«Riv. cult. class. mediev. » 19, 1977, 373 seg.
v. 4 in mea: la donna giurava ripetendo la formula pronunciata dal poeta: l’espres-
Privo di indizi cronologici, quest'epodo ha come destinatario una donna dal sione, che si ritrova in epod. 16, 26 e in epist. 1, 1, 14, proviene dal linguaggio militare
nome, probabilmente fittizio, di Neera, che non ci sono motivi per identificare con (cfr. Liv. 28, 29, 12 milites. ..in verba P. Scipionis iurarunt).
l'omonima donna di carm. 3, 14, 21 (nome e, probabilmente, situazione sono fittizi).
che ha tradito il poeta, venendo meno a un giura vv. 5-6 — bracchiis:
artius similitudine comune; cfr. anche carm. 1, 36, 20.
È una invettiva contro la donna
mento, per un amante più ricco, e si struttura in tre parti: rievocazione del giuramento
v. 5 atque hedera: cfr. nota a epod. 12, 14.
violato (vv. 1-10), invettiva contro Neera (vv. 11-16), maledizione contro il rivale
(vv. 17-24). — mutuum:
vv. 7-10 dum la figura dell’adynaton (cfr. nota a carm. 1, 2, 9 sgg.) è co-
Ricco da un lato di motivi della poesia erotica (dell’epigramma ellenistico e del- mune nei giuramenti e nelle promesse solenni, a indicare che solo uno sconvolgimento
l’elegia latina), l’epodo, dall’altro lato, possiede un carattere più autenticamente giam- delle leggi naturali potrà far venir meno la promessa: cfr. Vera. ecl. 1, 60 sgg.; 5, 76 sgg.;
bico, archilocheo. Prop. 1, 15, 29 sgg.; 2, 15, 31 sgg. Qui come leggi naturali sono ricordate l'ostilità
Questa sua collocazione, per così dire, a metà strada fra la lirica d’amore e l’in- del lupo nei confronti delle pecore e quella della costellazione di Orione per i navi-
vettiva epodica rende difficile darne una interpretazione complessiva. C'è chi ha valu- ganti (cfr. nota a carm. 1, 28, 21 sg.). Infestus si riferisce dò xowob a lupus e a Orion;
tato il componimento come poesia d’amore seria, capitolo di un romanzo d’amore
non è chiaro però se nel primo caso sia attributo (con infestus lupus soggetto di tur-
riassumibile in un odi et amo e fortemente influenzato da CaruLt. 8 (Castorina, Car- baret), il che darebbe luogo a uno zeugma o, come pensano altri, sia predicato nomi-
rubba), e c'è chi, al contrario, vede nell’epodo una polemica ironica nei confronti del- nale (= infestus esset). Lo zeugma non sembra estraneo allo stile degli Epodi; in ogni
o, addirittura, un carattere esclusivamente giambico, che si rivele-
l’elegia (Waszink) caso, il secondo adynaton assume maggiore rilievo, finendo per prevalere, anche sintat-
rebbe anche nelle immagini più tradizionalmente erotiche, che in realtà nascondereb- ticamente, sul primo. Da respingere l’interpretazione che vede nel primo adynaton
bero doppi sensi e allusioni oscene, ponendo, ad una lettura più attenta, l’epodo sullo un’allusione alla perfidia di Neera, della quale Orazio non poteva fidarsi più che la
stesso piano dell’VIII e del XII (Babcock). pecora del lupo (con in più, in lupus, un insulto coperto a Neera = lupa) (LIEBERMAN,
Ma la posizione più equilibrata è quella di chi coglie nell’epodo una coesistenza « Class. World» 62, 1969, 219 sg.).
di motivi eterogenei (Fraenkel), che si spiega alla luce di una tendenza della lirica
oraziana che, come mostrano anche gli epodi 11 e 14, si evolve verso una nuova ma- v. 9 intonsoscapillos: la proverbiale eternità della chioma di Apollo (cfr. nota
niera senza avere ancora superato la vecchia. a carm, 1, 21, 2) può essere presa anch’essa come garanzia di fedeltà eterna. Forse
Metro: piziambico primo. in questo adynaton c’è un influsso del XII dei Giambi di Callimaco, che sembra rinviare
1002 Orazio Epodi 15, 11 — 16 1003

a un contesto analogo (Fraenkel): cfr. CALL. fr. 202, 69 sg. Pf. tot” èuòdv yéverov dyveòn v. 20 Pactolus: il mitico fiume aurifero della Lidia (BaccHyL. 3, 44 sg. ypucodivac
Tpryéc / xai Epipore. yaipror Gprrayes Abxot. Sull’eternità dei capelli di Apollo cfr. anche IaxTwA6c; SopH. Phil. 394 ebypucoc NMaxrtwAéc), divenuto nella poesia latina un simbolo
Apr. Ru. 2, 708. sg. aiet tor vat &rungtor Edera, altv dShAgto; Trs. 1, 4, 37 sg. di ricchezza: cfr. Varr. Men. 234 Ast.; Prop. 1, 14, 11.
v. 21 nec—renati: dopo la ricchezza, Orazio concede al suo rivale la conoscenza dei
v. 11 0 Neaera: l'improvvisa apostrofe alla perfida puella usa un tono e un motivo segreti di Pitagora, riferendosi probabilmente non tanto alla sapienza, quanto al pos-
comune nella poesia erotica, il proposito di fermezza e l’augurio di soffrire; cfr. CATULI. sesso di poteri magici. Per renati cfr. nota a carm. 1, 28, 10 seg.
8, 14 at tu dolebis, cum rogaberis nulla; Ts. 1, 9, 79; Prop. 2, 5, 7 sg. Mea virtute si rife-
v. 22 Nirea: infine, viene concessa al rivale la bellezza, una bellezza proverbiale quale
risce alla. fermezza di Orazio, che resisterà a ogni tentazione (non equivale a un gene-
quella di Nireo (cfr. nota a carm. 3, 20, 15).
rico ‘ da parte mia, per quanto sta in me’), come in Catutt. 8, 11 sg.; 19. Del tutto
inopportuna l’interpretazione del verso in chiave erotica, con allusione alla pena fisica v. 24 ast: arcaismo che si trova in Orazio soltanto qui e in sat. 1, 6, 125; 1, 8, 6; spesso
dell’amote (Babcock). in Virgilio.
risero: quest’epodo strano, misto di lamento elegiaco e di invettiva, si chiude con
v. 12 si — est: variazione sul concetto della virtus del verso precedente. Forse Orazio
un riso beffardo, con un gusto della vendetta che ci riporta allo spirito archilocheo.
gioca sul contrasto fra viri e il proprio nome (Flaccus = « flaccido »), ma questo dop-
pio senso non va caricato fino a cogliervi un « oxymoron erotico » (Babcock).

v.:13 potiori equivale a rivalis con una accezione che è nei comici (cfr. PLaur. Men.
16
359 potissimus; Ter. Phorm. 533) e in Tis. 1, 5, 69 (cfr. anche carm. 3, 9, 2 e nota). G. FunaloLI, « Musée Belge » 34, 1930-1932, 55 sge. (= Studi di letteratura an-
tica 2, 1, Bologna 1948, 119 sgg.); H. Janne, Études horatiennes, Bruxelles 1937, 119 sge.;
v. 14 parem: cfr. nota a carm. 2, 5, 2.
H. FucHs, « Gesch. Arb. » 5, 18, 1938, 5 sg.; B. SneLL, « Hermes » 73, 1938, 237 sgg.;
v. 15 offensae: offensi si adatta forse meglio al contesto, introducendo nel v. 15 un E. ParaTORE, Introduzione alle Georgiche, Palermo 1938, 47; A. KureEss, « Philol.
esplicito riferimento al poeta (= «la costanza di lui offeso », con offensus in senso Wochenschr. » 59, 1939, 701 sg.; K. BarwicKk, « Philologus » 96, 1944, 28 sgg.; W.
passivo) di cui si parla nei versi precedenti, ma offensae, lezione unanime dei poziori, WimmeL, « Hermes » 81, 1953, 317 sgg.; H. Fucus, « Abhandlungen R. Tschudi »,
è tuttavia mantenibile intendendo offensus nel significato attivo di ‘ odioso” (== « alla Wiesbaden 1954, 39 sgg.; C. Becker, « Hermes » 83, 1955, 314 sgg.; FRAENKEL, 42 sgg.;
bellezza divenuta odiosa »), per cui cfr. ad es. Cic. Sest. 125. S. Desimeri, Due epodi di Orazio, Roma 1958; W.C. HeLmbotp, « Class. Philol. »
53, 1958, 178; R. Cragay-]. Husaux, in Studi Castiglioni, Firenze 1960, 451 sgg.;
v. 16 certus...dolor: il sospetto non è ancora certezza, quindi Orazio non sfoga W. WimmeL, « Hermes » 89, 1961, 208 sgg.; E. TauMmMER, in Serta philologica Aeni-
interamente il suo dolore. Facendo intendere che gli manca la certezza, egli lascia aperto pontana I, Innsbruck 1962, 343 sgg.; LA PenNA 1963, 29 sgg.; H. DREXLER, « Maia » 16,
uno spiraglio, ridimensionando ironicamente e rinviando l’invettiva a Neera. 1964, 176 sgg.; M. GIGANTE, « Maia » 18, 1966, 223 sgg.: ABLEITINGER-GRUNBERGER,
20 sgg.; A. CavARZERE, « Atti Accad. Patav. » 88-3, 1975-1976, 35 seg.
v. 17 et- felicior: l’apostrofe al rivale con l'augurio di subire uguale sorte è pure
un motivo comune dell’elegia (cfr. Tia. 1, 2, 87 sg.; 1, 5, 69; Prop. 2, 25, 21 sg.; Quest'epodo, il più discusso dell’intera raccolta, presenta numerosi problemi di
2,9, 1 sg.), così come è consueta l'indicazione del rivale senza volto con l’indefinito: difficile soluzione, che sono stati e sono al centro di numerosissime discussioni, primo
cfr. Tie. 1, 3, 81 (quicumque meos violavit amores); 2, 3, 33 (at tu, quisquis is es); ProP. fra tutti quello della cronologia, per il quale sono state formulate le ipotesi più lontane
1, 8, 3; Ov. am, 3, 2, 21; ars 3, 683 sg. fra loro, da una datazione bassa intorno alla guerra aziaca (Cartault, Pliss, recentemente
Kraggerud) a una collocazione nel 41-40 a.C., nel periodo della guerra di Perugia
vv. 17-18 meo...malo: cfr. epod. 4, 5 superbus ambulas pecunia. Ma incedis ha una (Skutsch, Heinze, Biichner) o dell’assedio di Brindisi da parte di Antonio (Janne),
solennità che fa pensare a un passo regale (cfr. SALL. Iug. 31, 10; Vero. Aen. 1, 46) fino a quella che è la data più probabile, il 38 a.C., alla vigilia della guerra (o subito
e accentua l'arroganza del rivale. dopo) contro Sesto Pompeo, prima della presentazione del poeta a Mecenate (Bar-
v. 19 pecore — tellure: è il motivo del rivale ricco preferito all'amante povero: cfr. wick) o nell’intervallo fra il primo e il secondo incontro (La Penna; stessa datazione
nota a epod. 11, 11 sg. in Fraenkel, Ableitinger-Griinberger).
1004 Orazio Epodi 16, 1 — 3 1005

L’epodo, in conclusione, pur con tutti i limiti di una eccessiva letterarietà che non
La questione cronologica è strettamente legata a quella del rapporto con la quarta
e for- riesce ad evitare l’enfasi, risponde a esigenze realmente sentite nell’epoca in cui fu
ecloga di Virgilio, con la quale l’epodo mostra notevoli affinità contenutistiche
fiducia scritto, e bene si inserisce nel clima di attese millenaristiche e soteriologiche, nell’aspi-
mali; la quarta ecloga si colloca nell'autunno del 40 a.C., nel clima di ritornata razione alla palingenesi che, indipendentemente da influssi specifici della letteratura
e poiché uno dei due poeti ha sicuramente imitato
creatosi con la pace di Brindisi,
oraziano orientale apocalittica, era un effetto della crisi delle guerre civili (La Penna). Sono le
l’altro, e, di più, uno dei due avrà voluto rispondere all’altro (il pessimismo stesse istanze che si colgono dietro la quarta ecloga, ma che, a differenza della fiducia
malgrado la posizione isolata
sarà una risposta all’ottimismo virgiliano, o viceversa), di Virgilio, Orazio vive con un angoscioso pessimismo; un pessimismo però, alla
za (Funaioli,
di chi nega un rapporto di dipendenza e considera casuale ogni coinciden maniera archilochea, capace di resistere virilmente (cfr. il v. 39).
due poeti
Paratore, Desideri), o di chi pensa a una stesura redatta autonomamente dai Non convincono ingegnosi tentativi di analisi della struttura, come quello che
dell’età dell’oro (Helmbold ), l’epodo
dopo aver avuto uno scambio di opinioni sul tema individua due ‘ archi’, quello della impietas (vv. 9-58) e quello della pietas (vv. 15-66)
e (con la stessa
sarà anteriore (e l’autunno 40 a.C. sarà il terminus ante quem) o posterior che si incrocerebbero nel v. 37 (Ableitinger-Griinberger). Nell’epodo si colgono tre
o ritengono che i
data come terminus post quem). I sostenitori della priorità dell’epod parti significative: un proemio (vv. 1-14); i vv. 15-38 (esortazione alla fuga); i vv. 39-66
Orazio avrebbe imi-
punti di contatto fra Orazio e Virgilio si spieghino col fatto che (descrizione delle isole felici).
bile con ecl. 4, 21 sg.) o altra
tato autonomamente Teocrito (in 16, 49 sg., confronta
re con ecl. 8, 27 sgg.) Metro: piziambico secondo.
fonte (per es. Lucr. 3, 750 sgg. per i vv. 30 sgg., da confronta
è improbabile che nel
(Drexler, Wimmel, Biichner, Radke, Duckworth, Boyancé). Ma
nei suoi confronti; v. 1 altera aetas: rispetto a quale generazione è seconda quella contemporanea a
40 a.C. Orazio fosse così noto da spingere Virgilio a una aemulatio
probanti, non Orazio, che si sta consumando nelle guerre civili? Secondo alcuni, è sottinteso un rife-
l’ipotesi opposta è più verosimile, ed è confortata da argomenti più
della dipendenza rimento alla generazione delle guerre fra Mario e Silla (88-82 a.C.), anche se il periodo
tanto da quello portato da Snell, che pure ha avuto grande successo,
(i confronti di tempo che intercorrerebbe fra la prima e l’altera aetas, in questo caso, sarebbe troppo
diretta di Virgilio da Teocrito in casi in cui Virgilio e Orazio coincidono lungo. Secondo altri, altera aetas allude al fatto che nella nuova guerra combattono i
di Snell non sono sempre sicuri), quanto dall’analisi comparativa dei loci similes, che
e supe- figli dei veterani della guerra fra Cesare e Pompeo; ma in questo caso la distanza fra
mostra come a Orazio e non a Virgilio vada attribuita l'intenzione di emulare le due generazioni a confronto sarebbe troppo breve, e inoltre risulterebbero ignorate
rare il modello (Fuchs, Cavarzere; cfr. note al v. 1 e al v. 33) o dalla dimostrazione
fissa con mag- le guerre precedenti. Ma forse in altera c'è una connotazione psicologica, per cui tutto
che Orazio ha presente, oltre alla IV, altre ecloghe (Becker), il che il tempo precedente si appiattisce in un'unica grande generazione. Il confronto fra
a.C. (per la priorità virgiliana anche Kurfess,
giore sicurezza il terminus post quem al 39 questo verso e Vero. ecl. 4, 4 ultima Cumaei venit iam carminis aetas fa propendere
Dornseiff, Fraenkel, La Penna, Ableitinger-Griinberger). per la priorità dell’ecloga, soprattutto perché, se è Orazio a imitare, egli lo fa nell’in-
del-
A parte Virgilio, l'utilizzazione di altri modelli non è sicura: il mito esiodeo cipit dell’epodo, sede privilegiata delle allusioni. E l’aemulatio può essere definita nei
la ricca tradizione
l'età dell'oro (op. 109 sgg.) sarà stato mediato da Virgilio e da tutta termini di una risposta polemica a Virgilio: « non è ancora venuta l’età dell'oro, anzi... »,
dei Focesi non
poetica relativa, l’influsso di Erodoto per quanto riguarda l'episodio
dell’emi- v., 2 suis — ruit: nel motivo della decadenza di Roma per la sua stessa grandezza sembra
è sicuro (cfr. nota a v. 25 sg.), così come è tutt'altro che certo che la proposta di potere individuare un topos storiografico già abbastanza divulgato nel I a.C.: cfr.
grazione in massa verso isole felici derivi dall’episodio sallustiano di Sertorio in hist.
anche Prop. 3, 13, 60 frangitur ipsa suis Roma superba bonis; Liv. praef. 5 praevalentis
fr. 100 sg. M. (per es., Barwick). populi vires se ibsae conficiunt.
carat
L'influsso di Archiloco è evidente nell’idea di fondo dell’epodo, nel suo
Orazio si rivolge come poeta-vate alla comunità vv. 3-10 quam — solum: probabile eco di un altro topos della storiografia e dell'ora
tere politico, nel fatto che in esso
puramente lette toria moralistica, il motivo di Roma che rivolge contro se stessa quelle forze che in
intera, anche se è eccessivo giungere da ciò ad affermare il carattere
fittizia dell’assem- passato aveva saputo opporre ai nemici esterni (cfr. nota a carm. 1, 2, 22). Si tratta,
rario del componimento, in cui tutto sarebbe irreale, dalla cornice
parte, anche iltentativo secondo alcuni, di una idea sallustiana (Barwick), mentre la somiglianza con un passo
blea alla soluzione mitica (Fraenkel). Eccessivo sembra, d’altra
sulla polarità di della Rhetorica ad Herennium (4, 66) in cui Roma esprime la stessa lamentela che tro-
di cogliere nell’epodo una riflessione etica articolata, un discorso
vedervi sottesa viamo in questi versi ha fatto pensare che il motivo fosse svolto in una orazione a
pietas e impietas (Thummer, Klingner, Ableitinger-Griinberger), o di noi non pervenuta (Fuchs, Biichner).
.
una rete di simboli (Barwick, Pòschl, Commager, Biichner)
Ira erano pier tpmie
1006 Orazio
Epodi 16, 3-17 1007

nota
v. 3 finitimi — Marsi: allusione alla guerra sociale, nella quale i Marsi (su cui cfr. v. 10 feris- solum: le fiere occuperanno di nuovo, come prima della fondazione
a carm. 1, 2, 39) svolsero un ruolo di primo piano (cfr. nota a carm. 3, 14, 18).
di Roma, il territorio; uno spettacolo di abbandono tipico delle descrizioni di città
distrutte (cfr. nota a carm. 3, 3, 40 sgg.).
v. 4 mina—cis manus: Porsenna, lucumone di Chiusi, mosse guerra a Roma per ri-
e assediò
collocare sul trono Tarquinio il Superbo dopo la sua cacciata, nel 508 a.C., v. 11 barbarus — victor: il singolare collettivo indica i nemici esterni, che potranno

ae
eroiche di Muzio Sce-
la città (cfr. Liv. 2, 9 sg.). A tale assedio sono legate le imprese occupare Roma distruttasi da sé; nemici indeterminati, ma, in particolare, Orazio
Liv. 2,9, 4
vola, di Orazio Coclite e di Clelia. Per il concetto espresso in minacis cfr. pensa ai Parti, i nemici eterni di Roma (cfr. nota a carm. 1, 2, 22) e alla loro temibile
e Tac. hist. 3, 72. cavalleria.
la città campana di Capua rivaleggiava con Roma e nutrì mire
v. 5 aemula — Capuae: v. 12 eques — ungula: verso onomatopeico che esprime la violenza e insieme il ritmo
2, 87).
espansionistiche (cfr. Cic. Phil. 12, 7, che la chiama altera illa Roma; leg. agr. guerriero del cavalcare dell’eques. Per la sineddoche sonante ungula cfr. ENN. ann.
ad Anni-
Il riferimento è qui al pericolo che Capua rappresentò quando aprì le porte 242; 263; 431 Sk.; Vero. Aen. 8, 596.
23, 2 sgg.), non, come pensano altri, alla
bale durante la seconda guerra punica (Liv.
guerra di Latini e Campani contro Roma, conclusasi nel 340 a.C. con la battaglia del vv. 13-14 quaeque — insolens: la profanazione del sepolcro di Romolo (identificato
Vesuvio. con Quirino; cfr. note a carm. 1, 2, 48 e a 3, 3, 15 sg.), che una tradizione voleva si
trovasse nel Foro (secondo un’altra versione, Romolo era salito in cielo), è il massimo
Spartacus acer: cfr. nota a carm. 3, 14, 19. dell’empietà (nefas videre, parentetico come in carm. 1, 11, 1, qui esprime indignazione
popolazione gallica residente nelle Alpi goccie e orrore), ed è il simbolo della distruzione totale della città, delle sue radici, del suo
v. 6 novis— Allobrox: gli Allobrogi,
poi rivela- centro vitale originario, che si identifica con l’eroe fondatore.
dentali, avevano promesso aiuto ai congiurati di Catilina, nel 63 a.C., ma
12; Salt. Catil. 40 sg.). Però la guerra
rono tutto a Q. Fabio Sanga (cfr. Cic. Catil. 4, vv. 15-16 forte — laboribus: distico tormentatissimo, oggetto di varie interpretazioni.
da e. Pomptin o (cfr. Cio.
degli Allobrogi scoppiò ugualmente; essi furono domati Riassumo schematicamente le proposte esegetiche più rilevanti: a) expediat è transi-
Novis rebus
prov. cons. 32). Secondo altri, si tratta di una allusione ai Galli in generale. tivo e ha come oggetto l’espressione carere malis laboribus, che riassume il concetto
probabilmente è ablativo di tempo; secondo altri, dativo o ablativo di mezzo.
dell’atarassia epicurea (Giri, Schmid, La Penna) (« forse, tutti insieme o la parte
v. 7 fer a
— pube: gli occhi azzurri dei Germani sono un topos dell'etnografia antica; migliore di voi, cercate cosa possa procurarvi la liberazione dai duri affanni »); b) carere
o dai Cimbri è infinito finale-consecutivo, per analogia con gli infiniti greci retti da &ote; si tratta
cfr. Tac. Germ. 4 truces et caerulei oculi. Orazio allude al pericolo costituit
chità, dal 113 a.C,
e Teutoni, popolazioni celtiche, ma considerate germaniche nell’anti
di un grecismo sintattico (Lambino, Ussani, Biichner); c) carere è infinito appositivo,
Aquae Sextiae (sui Teu- parallelo a quid expediat (altra proposta di Lambino; Fraenkel); d) quaeritis regge dap-
fino alla vittoria che su di loro riportò Mario, nel 102 a.C. ad
Campi Raudii presso Vercelli, sui Cimbri. prima un’interrogativa indiretta (quid expediat), poi l'infinito carere (Giuseppe Scali-
toni) e l’anno successivo, ai
gero); e) forte è aggettivo, e l’espressione forte quid expediat è un’esclamazione (« qual-
secondo alcuni interpreti, parentes indica i genitori che che azione di valore potrebbe giovarci! ») (Madvig, Barwick, Axelson); f) quid va cor-
v. 8 parentibus—Hannibal:
stessa co-
perdevano i figli in guerra e maledicevano Annibale (lo stesso motivo e la retto in quod, e q.e. è un augurio parentetico (Rutgers, Bentley, Ableitinger-Grin-
meno verosimilmente,
struzione che in carm. 1, 1, 24 sg.; cfr. nota), secondo altri, berger). L’interpretazione più accettabile, quella che meglio risolve i nodi esegetici,
cui Annibale sa
il riferimento è agli antenati. Suggestiva l’interpretazione secondo appare la prima, escludendo però un riferimento all’atarassia epicurea, che sembra
uno spirito maligno da esorcizzare,
rebbe rimasto nella coscienza popolare come improbabile. L'espressione forte quid expediat...quaeritis, con forte = fortasse, è tipica
’, riferito agli
e abominor avrebbe il significato di ‘scongiurare un cattivo augurio del linguaggio delle contiones (cfr. Cic. Verr. 2, 3, 40; 2, 5, 180; Manil. 22), e deriva
a, « Philo-
scongiuri dei genitori per proteggere i figli dallo spirito maligno (Honsral dall’oratoria greca (cfr. DemostH. 19, 237; 21, 191; 23, 187; etc.).
di ‘ detestare ’.
logus » 117, 1973, 136 sgg.). Ma abominor è ben attestato nel significato
v. 17 nulla sententia: l’espressione rimanda alle formule procedurali delle sedute
ione al-
v.'9 impia...aetas per effetto di una maledizione ancestrale: cfr. introduz del Senato, dove la sententia è la proposta di un singolo senatore in risposta al magi-
Y’epodo 7. strato che presiede (Fraenkel).

36 **
1008 Orazio Epodi 16, 17-41 1009

vv. 17-18 Phocaeorum — civitas: gli abitanti di Focea, colonia greca dell’Asia Minore, vv. 28-29 Padus Appenninus: gli adynata sono raggruppati in tre coppie: i primi
nel 534 a.C., mentre erano assediati da Harpago, generale del re persiano Ciro, pre- due appartengono alle serie ‘ fiumi salgono ai monti, monti scendono a mare’ (cfr.
ferirono abbandonare la città piuttosto che soccombere all'assedio: l'episodio è nar- Eur. Med. 410; Vero. Aen. 1, 607; Prop. 2, 15, 33; 3, 19, 6). Orazio cerca di rinnovare
rato da Erodoto (1, 165). lo schema topico introducendo elementi del paesaggio italico: il Po, i monti Matini
(cfr. nota a carm. 1, 28, 3), l'Appennino.
v. 18 exsecrata nel senso assoluto di ‘ pronunciare una maledizione’ (secondo altri,
ha come oggetto agros atque Lares patrios del v. 19, che dipende darò xowod anche da vv. 30-32 nova-— miluo: la seconda coppia di adynata riguarda gli accoppiamenti
profugit), secondo una situazione comune nei casi di abbandono di una città: cfr. innaturali fra animali: cfr. carm. 1, 33, 7 sg. Questi versi sono da confrontare con Vere.
PLur. Arist. 25; Iustin. 3, 4, 1. ecl. 8, 27 iungentur iam grypes equis, ma una prova della priorità dell’ecloca (39 a.C.)
è fornita dal fatto che Orazio sembra voler superare il suo modello: è proprio la co-
vv. 19-20 — lupis:
habitanda cfr. nota al v. 10. lomba, simbolo di fedeltà (cfr. Prop. 2, 15, 27 sg.), a diventare adultera (Snell, Barwick).
v. 21 ire esplicativo di sententia del v. 17. vv. 33-34 credula — aequora: gli ultimi due adynata riguardano il cambiamento di
pede s
— ferent: cfr. carm. 3, 11, 49 sg. (e nota). Ma l’espressione ricorda soprattutto abitudini degli animali, per cui divengono amici animali eternamente ostili, e gli ani-
il discorso di Teucro in carm. 1, 7, 25 sg. quo nos cumque feret melior fortuna parente, | mali di terra vivono in mare; quest’ultimo adynaton è già in Arcamroca. fr. 122W.
ibimus. Anche qui la ricerca di una nuova patria è vista come un vagare senza meta. v. 33 credula — leones: il verso è da confrontare con Vere. ecl. 4, 22 nec magnos me-
v. 22 Notus: cfr. nota a carm. 1, 3, 14. tuent armenta leones e il confronto fornisce alcuni elementi a favore della priorità del-
l’ecloga: in Orazio la forma negativa è meno giustificata che in Virgilio; armenta (plu-
vocabit riferito al vento, come in Carutt. 4, 20 laeva sive dextera vocaret aura; VERG. rale) si trova in Orazio solo qui e in carm. 1, 31, 6, mentre è comune in Virgilio; l’epi-
Aen. 3, 269. teto ravos (su cui cfr. nota a carm. 3, 27, 3) sembra dovuto al tentativo da parte di Ora-
protervus Africus: cfr. nota a carm. 1, 1, 15 e, per protervus, a 1, 26, 2 sg. zio di sostituire l’indeterminato magnos virgiliano con un termine più ricercato ed
espressionistico (Snell, Fuchs). Inoltre, il motivo della pace fra gli animali appare fuori
v. 23 sic placet?: altra formula del linguaggio delle sedute del Senato: cfr. per esempio
posto in una serie di adynata, e invece va benissimo nel contesto virgiliano, che è
il discorso, su papiro, dell’imperatore Claudio al Senato, che così finisce: haec, patres
quello della descrizione dell’età dell'oro (cfr. anche georg. 1, 129 sgg.). È Orazio dun
conscripti, si vobis placent, statim significate.
que che ha ripreso il motivo di ecl. 4, 22 ed è stato indotto a formularlo come adyna-
vv. 23-24 secunda. ..alite: cfr. nota a carm. 1, 15, 5. ton e ad accostarlo a un altro adynaton per influsso di ecl. 8, 27 sg. (Barwick).
— us
v. 25 iurem haec: cfr. nota a epod. 15, 4. vv. 36-37 omnis grege: ripete il concetto del v. 15.
vv. 25-26 simul = nefas: secondo gran parte degli interpreti, questo adynaton si ricol- vv. 37-38 mollis — cubilia: il disprezzo nei confronti di quella parte della cittadinanza
lega all'episodio dei Focesi cui accenna già il v. 17 sg. Erodoto (loc. cit.) racconta infatti che si comporta come un gregge è sottolineato con forza dall’uso di parole rare, come
che i Focesi, sul punto di salpare con le navi, gettarono in mare una massa di ferro, exspes (solo qui e in Ov. met. 14, 217), inominata, che è un hapax, e probabilmente un
giurando di tornare in patria solo quando quella fosse tornata a galla. Però l’adynaton conio oraziano, perprimat (cfr. Ov. ars 1, 394; Sen. epist. 99, 19).
oraziano è formulato diversamente da quello erodoteo: vi si parla di pietre, non di
blocchi di ferro; quindi la dipendenza da Erodoto è stata messa in dubbio (Crahay- v. 39 vos» luctum: è riconoscibile un'eco di ArcHiLocHu. fr. 13, 10 W. (1772) yuvat
Hubaux), anche se per alcuni continua a essere talmente sicura da permettere di cor- xetov TÉvdoc armoduevot. Archilocheo è soprattutto lo spirito che in questo verso è
Da £ . LI € .

reggere in un punto il testo greco sulla base del confronto con il passo dell’epodo espresso, di virile accettazione delle situazioni avverse. Virtus e muliebrem costituiscono
(Gigante). In ogni caso, la suggestione del racconto erodoteo ha offerto lo spunto al una specie di ossimoro, perché virtus ha la stessa radice di vir.
l'elaborazione di una serie di adynata atti a rafforzare il giuramento (cfr. nota a epod. v. 40 Etrusca. ..litora: la rotta verso l'Occidente: cfr. nota a carm. 1, 2, 14.
15, 7 sgg.). Secondo una recente interpretazione, Orazio deriva da uno scolio a CALL.
fr. 388 Pf., in cui si parla dell’episodio e si usa pbdpoc, che può significare sia pietra sia v. 41 circumvagus: secondo la rappresentazione antica, l'Oceano era un fiume cir-
massa di ferro (Hussarp, « Class. Quart. » 27, 1977, 356 sgg.). colare che scorreva agli estremi del mondo (cfr. ArscH. Prom. 138). L’epiteto è stato
Epodi 16, 41 — 17 1011
1010 Orazio

1, 3, 11 sg. e nota). Per la metonimia pinus per indicare la nave cfr. CarutLL. 64, 1;
quali montivagus o
probabilmente coniato da Orazio sul modello dei composti epici Vero. Aen. 10, 206.
nemorivagus.
v. 58 inpudica Colchis: Medea (nota a epod. 3, 9 sg.), simbolo dell’immoralità fem-
la nuova sede.
vv. 41-42 arva...arva: l’anafora esprime lo slancio entusiastico verso minile,
Sulle isole felici cfr. nota a carm. 4, 8, 27.
v. 59 Sidonii: i Fenici, così chiamati dalla città di Sidone, rappresentano i navigatori
vv. 43-44 redd it
— vinea: la terra produce le messi senza bisogno di essere arata: è per antonomasia.
in particolare
il motivo, tipico delle descrizioni dell’età dell'oro, dell’autématon. Cfr.
non vinea falcem
Vero. ecl. 4, 39 sg. omnis feret omnia tellus. | Non rastros patietur humus, cornua: cfr. Vero. Aen. 3, 549 cornua...antemnarum; 5, 831 sg.
3, 24, 13 e nota.
(da cui Orazio quasi sicuramente dipende). Per Cererem cfr. carm. v. 60 laboriosa riferisce alla ciurma di Ulisse l’aggettivo che riproduce il rroXbtA%
Imputata è forse un’altra neoformazione oraziana. omerico, l'epiteto riferito all’eroe stesso.
v. 45 numquam-olivae: cfr. carm. 3, 1, 29 sg. e nota.
v. 63 Iuppiter — genti: nelle isole felici, in cui Esiodo (op. 170 sgg.) collocava gli eroi
fico non innestate,
v. 46 suam perché, come spiega Porfirione, si tratta di piante di morti nelle guerre di Tebe e di Troia, Orazio pone gli uomini dell’età dell’oro, custodi
che non è il suo. della pietas. Può darsi che egli abbia presente anche la credenza orfica (da cui deriva
nate spontaneamente. Invece il frutto dell’innesto orna un albero
PLaT. Gorg. 523 sgg.) che riservava le isole beate alle anime dei giusti.
topico dell’età
v. 47 mella ilice: la produzione spontanea del miele è un motivo
op. 232 e VER. ecl.
dell'oro; cfr. nota a carm. 2, 19, 10 sgg. Cfr. in particolare Hrs. vv. 64-65 inquinavit — saecula: a differenza di Esiodo, che conta cinque età (op. 109 sgg.)
4, 30 durae quercus sudabunt roscida mella. e di Ovidio, che ne conosce quattro (met. 1, 89 sgg.), Orazio conta tre età, quella del-
l'oro, del bronzo, del ferro, saltando quella dell’argento, diversamente da Ara. 114 sgg.,
verso riproduce la
v. 48 levis— pede: già Porfirione annotava che la musicalità del che ha pure tre età, ma salta quella del bronzo,
velocità e il rumore dell’acqua corrente.
in particolare, Ora-
vv. 49-50 iniussae — ubera: altro motivo topico dell'età dell'oro;
capellae | ubera.
zio presuppone Vero. ecl. 4, 21 sg. ipsae lacte domum referent distenta 17
a nascondersi sotto
v. 52 intumescit — humus: perché la vipera è l’unico fra i serpenti CASTORINA, 229 sgg.; La Penna 1968, 20 sg.; E.W. BusHara, « Class. Journ. »
la terra (cfr. Pin. nat. hist. 8, 139; VERG. Aen. 2, 472). 64, 1968-1969, 7 sgg.; S. Incartina, Orazio e la magia, Palermo 1974.
i vv. 61-62 appaiono decisamente fuori posto nella
vv. 61-62 nulla —impotentia:
o il discorso sulle Privo di indizi cronologici, quest'epodo ha lo stesso destinatario, Canidia, e la
collocazione assegnata loro dai codici: da un lato, infatti, riportan
dividono inopportu- stessa situazione di sfondo dell’epodo 5 (cfr. introduzione), rispetto al quale si pro-
greggi dopo che di greggi si era già parlato a v. 49 sgg., dall’altro
del difficile accesso alle pone di essere una palinodia, cosa che non autorizza comunque a ritenere che Canidia
namente i vv. 57-60 dal v. 63, che continuando il discorso
sia la stessa donna cui è indirizzata l'ode 1, 16 (cfr. Castorina; ma vd. introduzione
isole beate ne rappresenta la logica prosecuzione.
a 1, 16). Strutturato in due parti fondamentali (nei vv. 1-52 la ritrattazione di Orazio,
laa:
= contagi
v. 61 nul cfr. Vero. ecl. 1, 50 nec mala vicini pecoris contagia laedent. nei vv. 53-81 la risposta di Canidia, con il rifiuto di perdonare e nuove minacce),
l’epodo si può definire in nessun altro modo che come un divertissement letterario
v. 54 Eur radat: cfr. nota a carm. 1, 28, 25, e, per radat, cfr. sat. 2, 6, 25 Aquilo
— us
(così La Penna), in cui il poeta si diverte a contaminare fra loro e parodiare diverse
radit terras.
forme poetiche: la palinodia in primo luogo (l'intento parodico si esprime nella raffi-
te il clima delle isole nata forma della citazione di Stesicoro: cfr. nota a v. 42 sgg.), ma anche il mimiambo,
v. 56 utrumque — caelitum: il tentativo di spiegare scientificamen
8).
felici doveva trovarsi nella descrizione sallustiana (cfr. Prut. Sert. quello ellenistico di Eroda e, forse, quello latino di Mazio. Inoltre l’effetto parodico
è raggiunto attraverso un intreccio di reminiscenze catulliane, di riferimenti mitolo-
3, 9 sg.) rappresenta
v. 57 non- pinus: l'impresa degli Argonauti (cfr. nota a epod. gici ed eruditi, di voci epicheggianti (cfr. commento). Impossibile cogliere altro signi
inventiva (cfr. carm.
l'aspetto negativo del progresso umano, l’empietà dell’audacia
1012 Orazio Epodi 17, 1-18 1013

ficato in quest'epodo che vede la dimensione dell’orrido e del grottesco del V ridursi 7, 378 sgg., dove la corsa della regina Amata è paragonata al giro su se stesso di un
a giocoso sarcasmo; sono da respingere altre proposte di lettura, per quanto suggestive, turbo), che però veniva erroneamente identificato, già nell’antichità (per esempio,
come quella di Pòschl, che in Canidia identifica il simbolo del male incombente sul negli scolii a Teocrito), con la tvyÉ (in latino iynx torquilla, l'odierno « torcicollo »),
poeta come uno spirito maligno, e nell’epodo la confessione oraziana della propria un uccello dal grido stridulo e acuto (cfr. ArIsTOT. hist. an. 2, 504 a 12 sge.; Pun.
colpa e di una inquietudine che gli farebbe desiderare la morte. nat. hist. 11, 256) che diede il nome a uno strumento magico cui in origine veniva
legato. Tale strumento consisteva in una ruota a quattro raggi (Pinn. Pyth. 4, 214) a
Metro: trimetri giambici. cui si imprimeva un movimento rotatorio che produceva un ronzio considerato ma-
gico: cfr. Pip. Nem. 4, 35; XEN. mem. 3, 11, 17; anth. Pal. 5, 205, 1 sg., e, soprattutto,
v. 1 iam manus: il verso ci introduce nel vivo della situazione, con una ironica
THEOCR. 2, 17 tuff, fxe Tò Thuov Euòdv Tori débua tè v dvdpa. Riassumendo, Orazio,
autopresentazione di Orazio in atteggiamento di resa. L'ironia è data dall’immedia- chiedendo alla maga di far girare il turbo all'indietro (citum è participiale), le chiede
tezza dell’espressione idiomatica iam iam (cfr. PrauT. Curc. 233; 707; Most. 419; TER. di sciogliere la precedente magia, con una contromagia. La ripetizione dell’imperativo
Ad. 853), con cui è espressa la fretta impaziente di arrendersi; dall’amplificazione solve richiama lo stile cantilenante del formulario magico.
insita in efficaci (cfr. nota a epod. 3, 17) scientiae, con l’assimilazione delle arti magiche
a un sapere scientifico, e dall'espressione militare do manus (cfr. PLauT. Pers. 855; vv. 8-10 movit= torserat: secondo il mito post-omerico, Telefo, re dei Misii, ferito
Lucr. 2, 1043; Vero. Aen. 11, 568), che fa della vittoria di Canidia un trionfo militare. da Achille, apprese dall’oracolo di Apollo che avrebbe potuto essere guarito solo
dalla lancia dell’eroe, il quale acconsentì, domando la sua ira, Achille è detto nepotem. . .
v. 2 Proserpinae è invocata in quanto dea degli inferi e dei morti (cfr. nota a epod.
Nereium, in quanto figlio di Teti, figlia di Nereo, con una perifrasi che riecheggia i
5, 51 sg.)
patronimici della lingua epica. Stile epicheggiante ed exempla mitici sono adoperati
v. 3 Dianae — numina: come Proserpina, anche Diana è invocata nella sua identità a fini di parodia.
notturna (cfr. nota a carm. 3, 22, 4), come in epod. 5, 51. Non movenda è un’espressione
vv. 11-14 luxere + Achillei: altro esempio mitologico dell’ira di Achille domata:
attenuata che equivale a non laedenda; non bisogna offendere la dea, data la sua terri-
quando restituì a Priamo la salma del figlio (Il. 24, 560 sgg.).
bile propensione all’ira e alla vendetta (cfr. ars 454 iracunda Diana; e cfr. nota a carm.
1, 28, 21). v. 11 luxere: « piansero », nel senso del compianto rituale praesente cadavere che
v. 4 per atque: la ripetizione dell’anastrofe come nel verso precedente, ma con la precede la sepoltura e che è ben diverso dal semplice pianto, possibile anche in assenza
variatio di atque, è un elemento che conferisce una solennità parodica alla supplica del cadavere. In questo senso specifico (per cui cfr. ad es. Il. 22, 386 sg. xeîtar rràp
del poeta. vieco vexus dudavtog ddartog / ITarpoxAoc; Vero. Aen. 11, 372 inhumata infletaque turba)
luxere si configura come lectio difficilior rispetto a unxere (= « unsero ») e appare inol-
libros carminum: riferimento a ricettari di formule magiche che dovevano circolare tre conforme al racconto omerico, dove le donne troiane partecipano al compianto
fra i cultori di pratiche magiche, e la cui esistenza appare provata dal fatto che nei per Ettore (Il. 24, 722 seg.) ma non ne ungono il corpo, avendo già provveduto a ciò
papiri magici a noi pervenuti i formulari sembrano seguire schemi precostituiti. le ancelle di Achille (Il. 24, 587).
v. 5 refixa— sidera: l’immagine delle stelle ‘staccate’ dal cielo è suggerita dalla rap- vv. 11-12 feris
— canibus: cfr. Hom. Il. 22, 335; 23, 182.
presentazione comune delle stelle come incastonate nel cielo: cfr. ENN. ann. 27; 145
Sk. caelum. . .stellis fulgentibus aptum. Per la pratica magica cui si fa qui riferimento v. 12 homicidam Hectorem: altro epicismo che riproduce la formula omerica “Exropog
cfr. nota a epod. 5, 46. avSpopévoto (Hom. Il. 1, 242; 24, 509).

v. 6 vocibus...sacris: anche in epod. 5, 45 e 76 le formule magiche sono chiamate vv. 13-14 rex
— Achillei: in Hom. Il. 24, 478; 510, Priamo si getta ai piedi di Achille.
voces; qui sono dette sacrae nel senso deteriore di ‘ maledette’, ma forse Orazio gioca vv. 15-18 saetosa — honor si riferisce all’azione magica con cui Circe restituì l'aspetto
sull’ambiguità del termine per rendere più solenne la sua preghiera. umano ai compagni di Ulisse (Hom. Od. 10, 388 sgg.). Però in Omero i compagni di
v. 7 citum— turbinem: il turbo è uno strumento magico probabilmente simile a una Ulisse avevano perduto l'aspetto umano, ma non la ragione (cfr. Od. 10, 240), ciò
trottola (così sembrerebbe dalla descrizione del movimento che ne fa Virgilio in Aen. che invece presuppone la restituzione della mens in questo passo.
1014 Orazio Epodi 17, 16-40 dg

v. 16 laboriosi: genitivo riferito a Ulixei, malgrado epod. 16, 60 (cfr. nota); questa volta v. 28 Sabella — carmina: i Sabelli sono identificati da alcuni con i Sabini, ma in realtà
il calco dell’epiteto omerico si riferisce proprio all’eroe. Da respingere l’interpreta- il loro nome è diminutivo di Samnites (cfr. StrAB. 5, 250). Come altre popolazioni ite
zione di laboriosus in senso erotico, e il conseguente tentativo di identificare il rapporto liche, essi avevano fama di essere esperti nelle arti magiche (cfr. anche l’anus Sabella
Ulisse-Circe con quello Orazio-Canidia, nel senso di una dipendenza del poeta da di sat. 1, 9, 29 sg.). Per increpo transitivo nel senso di ‘ rintronare ’ cfr. PLauT. Amph,
una donna sessualmente insaziabile (Bushala). 1077; Ov. am. 2, 11, 32; Ib. 228.
v. 17 Girca: cfr. nota a carm. 1, 17, 20. v. 29 Marsa nenia: sulle arti magiche dei Marsi cfr. nota a epod. 5, 76. Le nenlaa
Marsae sono ricordate anche da Ov. ars 2, 102. Dissilire è termine fortemente espres-
v. 19 satis superque: cfr. nota a epod. 1, 31 sg.
sivo per indicare il cervello che va in frantumi (cfr. Lucr. 1, 491; Vere. georg. 3, 363).
v. 20 amata-—institoribus: trasparente allusione ironica a CaruLt, 8, 5 amata nobis
v. 30 quid -— terra: l’accumulo di espressioni idiomatiche (per quid. ..vis? cfr. Ter.
quantum amabitur nulla. L'ironia consiste nel fatto che la citazione di un verso d’amore
Phorm. 1035; per l’apostrofe paratragica al mare e alla terra cfr. PrauT. Trin. 1070;
viene adoperato per definire il mestiere di prostituta della donna, amata anche da ma-
Ter. Ad. 790) conferisce alla preghiera una concitazione enfatica.
rinai e mercanti (cfr. nota a carm. 3, 6, 30), dove amare avrà il significato di ‘ fare
l’amore’. L’apostrofe sembra incoerente rispetto al contesto, ma non c’è motivo di vv. 31-32 atro—cruore: cfr. nota a epod. 3, 17 sg.
credere che i vv. 20-23 facessero parte di un epodo perduto consistente in una ‘ can-
v. 33 virens nel senso di ‘essere vigoroso’, come in epod. 13, 4 (cfr. anche carm.
zone a dispetto’ (Husaux, « Ant. class. » 4, 1935, 349 sgg.).
1, 9, 17), senza allusione al colore verdastro della fiamma solforosa, come vorrebbero
v. 21 fugit iuventas: un motivo ricorrente nella lirica oraziana (lo stesso nesso, per altri.
esempio, si trova in carm. 2, 11, 6), qui svolto in un contesto ironico, il che nulla to-
v. 35 venenis...Colchicis: cfr. nota a carm. 2, 13, 8.
glie alla serietà e all'importanza che esso ha nell'immaginario oraziano, connesso al-
l’idea dell’invecchiamento e della decadenza fisica. È bene interpungere dopo iuven- officina: Canidia viene definita come fucina di filtri magici, con una espressione figu-
tas, anche per assegnare rilievo, isolandola, a questa iunctura, piuttosto che interpun- rata che rinvia ad altre del linguaggio familiare, come stabulum nequitiae (o flagiti);
gere dopo color, considerando fugit-reliquit un asindeto, come fanno altri. cfr. Praur. Pers. 418; Truc. 587; Cas. 160.

verecundus: il colore del pudore, e, traslatamente, il rosso; cfr. LArv. fr. 9 Biichn. v. 36 finis: cfr. nota a carm. 2, 18, 30.
rubentem auroram pudoricolorem appellavit.
stipendium nel significato di ‘pena, castigo ’, da quello originario di ‘paga militare '
v. 22 ossa — lurida: non è necessaria la correzione ora, perché l’espressione equivale (Cars. civ. 1, 87; Cic. Pis. 88).
a reliquit pellem luridam ossa amicientem, e presuppone l’espressione colloquiale ‘ es-
v. 37 cum fide: il richiamo alla fides dà una solennità giuridica alla promessa, consa-
sere pelle e ossa’: cfr. PLauT. Capt, 135.
crandola come impegno giuridico e morale (cfr. nota a carm. 1, 24, 6 sg.).
v. 23 capillus albus: cfr. nota a carm. 2, 11, 15.
vv. 38-39 seu-iuvencos: la supplica a Canidia assume ironicamente i toni solenni
odoribus: poiché è difficile spiegare questo ablativo diversamente che come ablativo della preghiera alla divinità, con l’uso dello schema disgiuntivo seu. ..sive (cfr. carm.
di causa, è preferibile ritenere che gli odores siano non gli unguenti spalmati sui capelli 1, 12, 53) e con il riferimento all’ecatombe, contenente un’iperbole che smorza imme-
(cfr. carm. 1, 5, 2), ma profumi magici. diatamente la serietà della promessa.
v. 25 diem-noctem: si noti l’enfasi dell’espressione ridondante, sottolineata dal v. 39 mendaci lyra: continua il gioco ironico: questa espressione, volutamente e mali-
chiasmo sintattico e dal poliptoto. ziosamente ambigua, potrebbe significare che i versi lirici (Iyra; cfr. carm. 1, 6, 10)
est come equivalente di licet: un calco del greco tom 0 Esoni, che è proprio del sermo sono stati finora bugiardi, per le ingiurie rivolte a Canidia, o che lo saranno presto,
(cfr. sat. 1, 2, 79; 101; 2, 5, 103; epist, 1, 1, 32). con le lodi che il poeta si appresta a cantare per lei.
v. 27 vincor: una espressione di completa resa, in senso letterale, seguita dalla conse- v. 40 sonare: il soggetto è me, ricavabile da luam del v. 37-e paratus del v. 38. La va-
cutiva; secondo altri, vincor ut = cogor ut. Negatum è da sciogliere in quod negaveram. riante sonari, più debolmente attestata, comporta invece, naturalmente, come soggetto te.
1016 Orazio Epodi 17, 40-66 1017

vv. 40-41 tu-— aureum: Orazio cita un saggio esemplificativo della palinodia che po- zando ogni volta stranamente in forze giù dal letto; in particolare, ha finto di aver avuto
trebbe comporre. L’ironia sfrutta qui la tecnica della aemulatio: infatti il v. 40 è una un figlio da un uomo appartenente alla gens Pactumeia, campana (cfr. CIL 10, 3778;
citazione di Carutt. 42, 24 pudica et proba redde codicillos. Alludendo al passo di 3785 etc.).
Catullo, Orazio allude anche al contesto, e da ciò si deduce che la citazione è ironica,
v. 54 saxa...surdiora: cfr. nota a carm. 3, 7, 21.
poiché il verso catulliano è inserito in un carme rivolto a una moecha putida. L’intento
ironico è sottolineato anche .dall’ambiguità di perambulabis, che può significare vv. 56-57 Cotytia — Cupidinis: riferimento ai misteri di una divinità il cui culto,
‘camminare con ostentazione ’ (cfr. CatuLL. 29, 8), ma anche ‘vagabondare’ o, rife- originario della Tracia, passò poi in Frigia, in Grecia e a Roma: culto orgiastico e sfre-
rito a una donna, ‘essere una passeggiatrice’ (cfr. CAT. agr. 143, 1 ambulatrix). nato, praticato con riti osceni, da cui liberi Cupidinis (cfr. catal. 13, 19; Iuvenat. 2, 91 sg.).
Vulgata allude al fatto che Orazio ha svelato i misteri di Cotitto (forse nell’epodo 5).
vv. 42-44 infamis — lumina: citazione della palinodia di Stesicoro, alla quale Orazio
vuole riagganciarsi nel comporre la propria palinodia. Nella sua ’IAMov répow Stesi- v. 58 Esquilini — venefici: Orazio si è atteggiato a pontifex, erigendosi a censore del-
coro (v. 44 vati) aveva infamato Elena, divenuta dea dopo la morte (Eur. Hel. 1666 sg.), l’attività di Canidia, come un Pontifex Maximus, il quale si occupava di cose quae ad
e perciò era stato punito con la cecità, da cui guarì prodigiosamente grazie all’inter- sacra et religiones pertinent (PAuL. Fest. 113, 19 sg. L.). Con wveneficium è indicata l’at-
vento dei Dioscuri, fratelli di Elena, quando egli ritrattò tutto in un carme successivo tività magica della strega; per Esquilini cfr. nota a epod. 5, 23 sg.
(cfr. Prar. Phaedr. 243 a sg.; Isocr. Hel. 64). Cfr. introduzione a carm. 1, 16.
v. 60 proderat cioè mihi, e non tibi, come intendono Porfirione e alcuni moderni sulla
vv. 42-43 Castor — Castoris: cfr. CatuLL. 4, 27 gemelle Castor et gemelle Castoris. sua scia, accettando proderit. Non può essere stato Orazio a consultare a pagamento
Sui Dioscuri cfr. nota a carm. 1, 3, 2. (cfr. ditasse) le streghe, ma Canidia stessa.
v. 45 potes nam rientra nello stile della preghiera: cfr. carm. 1, 24, 3; 28, 28. Paelignas anus: anche i Peligni, come altre popolazioni italiche, dovevano essere
noti cultori di arti magiche (cfr. nota al v. 28). Quanto ad anus, si ricordi che la strega,
dementia: la follia era una delle conseguenze possibili degli incantesimi magici,
nell’immaginazione popolare antica e moderna, della fiaba e della letteratura, è di so-
soprattutto dei filtri d'amore; i casi più noti sono quelli di Lucullo (PLuT. Luc. 43;
lito vecchia: cfr. Tis. 1, 5, 12; 1, 8, 17 sg.; Prop. 2, 4, 16; Ov. rem. 254.
Pun. nat. hist. 25, 25) e di Lucrezio (Hier. chron. 1923 ab A. = 94 a.C., p. 149
Helm). v. 61 toxicum come il greco rofxéy, è in origine il veleno di cui è intinta la punta della
freccia (PLIN. nat. hist. 16, 51; Fest. 486, 19 L.), passa poi a indicare qualsiasi tipo di
vv. 47-48 nec— pulveres: Canidia si serve per i suoi sortilegi delle ceneri dei morti.
veleno (cfr. Ov. am. 2, 2, 64; Suer. Claud. 44; Nero 35; CoLum. 10, 18),
I sepolcri sono dei poveri e le ceneri sono ‘novendiali ’, il che implica un riferimento
o all’abitudine di tenere il morto in casa per sette giorni, per bruciarlo l'ottavo e sep- v. 62 tardiora fata in contrasto intenzionale con velocius del verso precedente: la strega
pellirne le ceneri il nono, contemporaneamente alla celebrazione dei giochi funebri non vuole per il suo nemico una morte fulminea, ma una vita lunga piena di castighi,
(ludi novendiales: cfr. Serv. Aen. 5, 64), o all’abitudine di sotterrare il nono giorno come spiega nei versi successivi, elencando le pene riservate a Orazio.
le ceneri del morto, bruciato il sesto giorno (ps.-Acrone), o al sacrificium novendiale
v. 64 laboribus nel senso di ‘ travagli’ è più efficace di doloribus e preferibile anche in
che avveniva nove giorni dopo la sepoltura del morto (Porfirione). In ogni caso, il
rapporto alle pene infernali menzionate nei versi successivi: tali pene si trovano infatti
giorno della raccolta delle ceneri ha un significato magico, perché il nove, multiplo
qualificate come labores in carm. 2, 13, 38; 14, 20, e laboribus costituisce un appropriato
di tre, era considerato numero sacro e magico.
contrapposto a quietem del v. 65.
v. 49 hospitale — manus: probabile allusione, sotto forma di ironica lode, alla racca-
v. 65 optat è ripreso anaforicamente nei vv. 67 sg., a sottolineare l’enfasi ironica del
pricciante scena descritta nell’epodo 5, o ad altri episodi analoghi.
discorso della strega e la solennità della minaccia.
v. 50 tuus...tuo: si noti il poliptoto del pronome possessivo, a breve distanza dal
vv. 65-66 Pelopis — dapis: Tantalo (cfr. carm. 2, 13, 37 Pelopis parens), su cui cfr. nota
personale tibi (v. 49): altro tratto di parodia dello stile innico (cfr. nota a carm. 1, 10, 5).
a carm. 1, 28, 7 sgg. Pelope è detto infidus poiché nella gara con Enomao per ottenere
vv. 50-52 venter » puerpera: allusione alla maternità simulata da Canidia, cui si fa la mano di Ippodamia corruppe l’auriga di quello, Mirtilo, perché guastasse il carro,
cenno anche in epod. 5, 5 sgg. La strega ha finto più volte di aver avuto un figlio, bal- ma poi, anziché dargli la ricompensa promessa, lo gettò in mare (cfr. Hrcin. fab. 84).
1018 Orazio

Tantalo era condannato a una eterna fame e sete di fronte ad abbondanza di cibi e di
acqua (cfr. Hom. Od. 11, 582 sgg.; Tis. 1, 3, 77 sgg.; Prop. 2, 17, 5 sg.), 0, secondo
un’altra versione, alla minaccia eterna di un macigno sul capo (cfr. Lucr. 3, 980). Volume I
v. 67 Prometheus: cfr. nota a carm. 1, 3, 27. Se Prometeo è collocato fra Tantalo e
Sisifo, sembra che anche qui Orazio segua la versione che lo vuole nell’oltretomba
TOMO PRIMO
(cfr. nota a carm. 2, 13, 37).
INTRODUZIONE E TRADUZIONE
v. 68 Sisyphus: cfr. nota a carm. 2, 14, 19 sg.
vv. 70-72 voles
— tuo: alla triplice serie di pene infernali segue la serie di tre tipi di Premessa di ScevoLa MARIOTTI .
suicidio che Orazio invano cercherà come liberazione dai suoi mali.
Francesco DELLA Corte: Orazio come lirico
v. 71 ense...Norico: cfr. nota a carm. 1, 16, 9.
Nota sul testo . 93
v. 74 vectabor— eques: montare a cavallo sulle spalle del proprio nemico è segno di
Conspectus siglorum 95
trionfo: cfr. PLrauT. Asin. 700 e, per il corrispondente greco xadinrdtecda., AEscH.
Eum. 150. CARMINA - LE ODI
vv. 76-77 an curiosus: immagini di cera raffiguranti la persona oggetto dell’incante- Lib. I 98
simo venivano portate tre volte attorno all’altare e bruciate durante i riti magici: cfr. Lib. II » 190
Tursocr. 3, 28 sg.; Vere. ecl. 8, 75. Canidia allude a qualcosa che Orazio sa, per averlo Lib. IM » 242
visto; si tratta probabilmente di ciò che è raccontato in sat. 1, 8, 30 segg. lanea et effi- Lib. IV » 336
gies erat altera cerea:...cerea suppliciter stabat etc.
CARMEN SAECULARE - IL CARME SECOLARE . » 389
v. 78 deripere— meis: cfr. nota a epod. 5, 46.
EPODON LIBER - GLI EPODI . » 397
v. 79 crematos— mortuos: il rito magico dell’evocazione dei morti è presente pure
nel veneficium Esquilinum descritto in sat. 1, 8 (cfr. i vv. 40 sg.)
v. 80 desideri — pocula: riferimento alla preparazione dei filtri d’amore, come descritta TOMO SECONDO
nell’epodo 5.
COMMENTO

Nota bibliografica » 453


LE ODI
Libro I » 459
Libro II » 633
Libro II » 721
Libro IV » 847
IL CARME SECOLARE » 927
GLI EPODI . LL » 941
È
:i

. FINITO DI STAMPARE NELLA OFFICINA CARTE VALORI


DELL'ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO
I
NEL MESE DI DICEMBRE DELL'ANNO 1991
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IDRICI AI RI TORI

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