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La Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

PER LA COSTITUZIONE DEL TESTO DELLE OMELIE


DE DAVIDE ET SAULE DI GIOVANNI CRISOSTOMO (2):
NOTE DI COMMENTO FILOLOGICO.

FRANCESCA PROMETEA BARONE

Il lavoro editoriale sulle omelie De Davide et Saule (PG 54, 675-708.


CPG 4412) di Giovanni Crisostomo si è presentato, negli anni in cui
mi sono dedicata alla storia di tale testo1, decisamente complesso, a
motivo della vasta tradizione manoscritta e della nutrita tradizione
indiretta2. Nonostante ciò, il testo delle omelie qui in esame si presen-
ta piuttosto omogeneo, nella misura in cui i testimoni generalmente
concordano su poche varianti, diffuse per ampi rami della tradizione.
Discuterò di séguito alcuni luoghi del testo, dando conto delle mie
scelte in sede di constitutio textus. I passi sono citati secondo il riferi-
mento PG, giacché il mio testo critico non è ancora disponibile. Le
lezioni in lemma sono quelle che ho scelto per la mia edizione. Quan-
do esse differiscano dalle lezioni attestate in PG, lo indicherei.
Indico innanzitutto i codici utilizzati per la costituzione del testo:

1
Ho curato l’edizione critica delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo
durante il mio dottorato in “Filologia e cultura greco-latina” presso l’Università di Paler-
mo. Presento in questa sede una parte degli studi condotti allo scopo di costituire il mio
testo. L’edizione è attualmente in corso di pubblicazione nella Series Graeca del Corpus
Christianorum (vol. 70, previsto per giugno 2008).
2
Le omelie De Davide et Saule risultano trádite complessivamente da 41 testimoni, dei
quali 31 contengono la serie completa delle omelie, 5 ne tramandano due, mentre altri 3
una sola; 2 infine contengono soltanto brevissimi frammenti. La tradizione indiretta si
articola invece in tre grandi rami: una versione copta della terza omelia; alcune Eclogae
pseudocrisostomiche che contengono estratti da tutte e tre le omelie della serie; un’omelia
pseudocrisostomica Contra theatra, che riproduce la sezione iniziale De Davide et Saule III.
Sulla tradizione delle omelie qui in esame cfr. il mio studio Per un’edizione critica delle omelie
De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo, Augustinianum 45 (2005), pp. 231-258.

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Francesca Prometea Barone

De Davide et Saule homiliae I-III3.

A Athous Vatopedinus 320, saec. XIV


B Berolinensis Phill. 1439, saec. XI
G Athous Lavra W 59, saec. XIV
I Athous Iviron 49 (Lambros 4169), saec. XI
K Oxoniensis Holkham 41 (olim 67), saec. X-XI
N Genuensis Gr. 11, saec. X
P Athous Pantokratoros 1 (Lambros 1035), saec. XI
R Parisinus Gr. 818, saec. XII
T Taurinensis B. I. 11, saec. X-XI
U Marcianus Gr. 111, saec. XI in.
Z Vaticanus Gr. 551, saec. X-XI
a Parisinus Gr. 1019, saec. XII
c Oxoniensis Christ Church Gr. 4, saec. X-XI
h Monacensis Gr. 6, saec. X
r Parisinus Gr. 765 (olim Regius 1975), saec. XII
u Mytilenensis Leimonos 32 (X-XI)
v Vaticanus Gr. 1920, saec. X
S4 Oxoniensis Auct. E. 3. 15 (Savilii Liber Q), saec. XVII
S2 Oxoniensis, Auct. E. 3. 13 (Savilii Liber O), saec. XVII
S3 Oxoniensis, Auct. E. 3. 9 (Savilii Liber K), saec. XVII

a consensus codicum BINP


z consensus codicum Gv
g consensus codicum KU
d consensus codicum ZTR
l consensus codicum TR
b consensus g d
q consensus codicum a r
e consensus codicum Ac

Codices homiliam pseudochrysostomicam Contra theatra continentes

E Marcianus Gr. app. II 026, saec. XI


X2 Oxoniensis New College 81, saec. X ex.
 Oxoniensis Auct. T. 1. 1, saec. XVI
d Parisinus Gr. 801, saec XI

y consensus codicum E d Â
f consensus codicum X2 E d Â

3
Presento i codici in tavola sinottica. Preciso tuttavia che ho utilizzato G h u soltanto
per la prima omelia, che v contiene solo la De Davide et Saule I, e che a T non contengono
la De Davide et Saule III.

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La Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

PG 54, 676, 46. sofiva": ejpimeleiva" d. Sia sofiva che ejpimevleia sa-
rebbero in questo contesto lezioni possibili. Per quanto infatti il signi-
ficato più comune di ejpimevleia sia “cura” nel senso di “attenzione,
assistenza”, il termine è utilizzato anche nel senso di “trattamento
medico”. Cfr. LSJ s.v. ejpimevleia. Ancora, per un’attestazione tarda del
termine con questo significato, si veda D. Dimitrakos, Mevga levxikon
o{lh" th`" eJllhnikh`" glwvssh", I-X, Atene 1949-1950, s. v. ejpimevleia:
(...) “iJatrikh; perivqalyi" ajsqenw`n” Teofane il Nonno, medico del X
secolo. Per l’uso di ejpimevleia in senso medico cfr. N. Van Brock, Recherches
sur le vocabulaire médical du grec ancien. Soins et guérison, Paris 1961, pp.
236-243. In particolare, a p. 236: “L’emploi médical manque
totalement, dans le dictionnaire de Liddell-Scott-Jones, pour le verbe
ejpimelei`sqai, et, pour ejpimevleia, outre un exemple de tw`n kamnovntwn
ejpimevleia chez Platon, on n’a trouvé à citer qu’un passage de Sextus
Empiricus (...).’Epimevleia, «traitement», est bien connu de la langue
médicale. Ce terme peut se trouver précisé de façons diverses (...).
Peut être précisée également la nature du mal ou la partie à soigner
(...). Mais les références au mal sont parfois si peu précises, dans la
phrase même où est employé ejpimevleia, que l’ont peut admettre que
ce terme, à lui seul, signifie «traitement»”. L’uso tuttavia non è soltan-
to specifico dei medici: “Il s’en faut de beaucoup, toutefois, que cet
emploi soit limité à la langue technique des traités médicaux; les
inscriptions en offrent des exemples clairs” (p. 237). “Comme qerapeiva,
ejpimevleia, qui n’est pas un terme spécifiquement médical, pourra
s’employer en parlant de soins donnés à un malade par des personnes
autres que le médecin” (p. 238). Anche in Giovanni Crisostomo il ter-
mine può assumere un significato medico. Cfr., e.g., Epistulae ad
Olympiadem (Malingrey, SCh 13), Ep. 8, 4, 53; In epistulam ad Galatas,
PG 61, 658, 8; De studio praesentium, PG 63, 486, 20. Per quel che
riguarda il contesto sintattico specifico in cui il termine si trova,
ejpimevleia può essere specificato dall’aggettivo poluv" (cfr. e.g. In
Matthaeum, PG 58, 573, 41), e può reggere un complemento di origi-
ne espresso da ajpo; + genitivo (cfr. e.g. In Isaiam [Dumortier, SCh
304], 5, 3, 8; o, ancora, De incomprehensibili dei natura [Malingrey, SCh
28], hom. 3, 19).
Come ejpimevleia, anche sofiva appare termine adeguato al conte-
sto, nella misura in cui può assumere il significato di “abilità, cono-
scenza tecnica”, dunque, anche da medico. Cfr. Lampe, s. v. sofiva. Per
quel che riguarda l’uso crisostomico del termine in questa accezione
cfr., e.g., In Genesim, PG 54, 597, 7; De Christi divinitate, PG 48, 809, 5,
in cui tuttavia il medico di cui si parla è Gesù. Ancora, il sostantivo

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Francesca Prometea Barone

sofiva può essere qualificato dall’aggettivo poluv" e può reggere un


complemento di origine espresso da ajpo; + genitivo. Spesso l’origine
della sofiva è Dio (cfr. e.g. Expositiones in Psalmos, PG 55, 459, 49-50).
Piuttosto insolito, invece, il fatto che la sofiva provenga ajpo; tw`n
farmavkwn. Per le stesse riserve, cfr. F. Matthaei, nella sua nota 3:
“Medicamenta per se nec sapientia nec insipientia sunt. hJ sofiva autem,
nihil aliud est quam hJ tw`n farmavkwn sofiva. Erasmus: sapientia in
removendis remediis, quod retinuit Montefalconius. Sed hoc extet tw`n
peri; ta; favrmaka sofiva"”. Tuttavia, sulla possibilità che dai farmaci si
apprenda cfr. e.g. Galenus, De locis affectis VIII (Kühn), p. 131, 11-13:
kai; tou't’ e[nestiv soi katamaqei'n ejnargw'" ajpo; tw'n farmavkwn prw'ton. Il
sintagma, insomma, alla luce di questo passo sarebbe possibile, ed in-
dicherebbe la “conoscenza tecnica” che si è ottenuta attraverso i far-
maci, ovvero attraverso l’esperienza dei farmaci. La possibilità con-
cettuale della frase, e l’uso cristiano di indicare l’origine della sofiva,
potrebbe aver reso possibile la formulazione, non attestata altrove, hJ
sofiva ajpo; tw`n farmavkwn.
Tra le due lezioni, ritengo preferibile sofiva per più ragioni: 1.
innanzitutto, per tradizione, giacché il subarchetipo d in più casi pre-
senta rimaneggiamenti; 2. ejpimevleia può essere considerato una glossa
del sintagma sofiva ajpo; tw`n farmavkwn; 3. ejpimevleia, rispetto a sofiva,
è, in questo contesto, lectio facilior.

PG 54, 677, 22-23. ejsti;n kako;n d e (k. ej. A): h\n k. a g u q. Le


lezioni, entrambe possibili in questo contesto, conferiscono tuttavia al
periodo un valore diverso: narrativo l’imperfetto, gnomico il presen-
te. Considero preferibile quest’ultimo per ragioni di significato (il
portare rancore, infatti, è in sé una cosa cattiva, non soltanto in riferi-
mento alla vicenda dei denari e dei talenti) come pure per il fatto che
l’andamento del periodo successivo – scandito da indicativi aoristi, non
già da imperfetti – non è narrativo. Il Crisostomo, del resto, utilizza
generalmente la iunctura o{son kakovn con il presente (47 attestazioni.
In alcuni casi ejstiv è sottinteso), giacché inserita all’interno di apostro-
fi parenetiche ai fedeli. Cfr., e.g., In Genesim, PG 53, 148, 39-40, 50-
56, passo analogo a quello in esame. Al contrario, il sacerdote utilizza
l’imperfetto quando la cosa che vuol fare osservare ai fedeli è in stret-
to rapporto col tempo della storia narrata. Cfr., e.g. In Genesim, PG
54, 438, 61-67. Nel seguente passo, il Crisostomo utilizza a breve
distanza sia il presente che l’imperfetto, con evidente differenza nel
valore: In epistulam II ad Thessalonicenses, PG 62, 497, 7 sqq.: Kai; i{na
mavqh/" o{son h\n fobero;n to; cwrivzesqai ajpo; tou' sullovgou tw'n ajdelfw'n,
kai; o{son fevrei kevrdo" toi'" eujgnwmovnw" th;n ejpitivmhsin decomevnoi",
a[kouson...

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PG 54, 687, 35. ejnomoqevthsen: ajpevdeixen l Patr. Entrambe le lezio-


ni attestate, ajpodeivknumi e nomoqetevw, sarebbero in questa sede possi-
bili. Tra le due, tuttavia, la prima costituisce una lectio facilior, essendo
il periodo scandito da composti di deivknumi (ejndeiknuvmeno"… deiknuv");
il secondo termine, invece, più pertinente anche sul piano logico in
presenza dell’avverbio eijkovtw", si presenta più adeguato dal punto di
vista retorico, giacché l’autore, riproponendo una strategia messa in
atto altre volte 4, realizza, proprio attraverso questo verbo, uno
slittamento funzionale al suo discorso, passando dal piano della dimo-
strazione a quello della legge. Come già nel caso dei soldati, i cui pensie-
ri, considerati prima verosimili, alla fine di una costruzione ad anello
giocata attraverso la prosopopea, diventano reali, così adesso, ciò che
Paolo aveva semplicemente mostrato, alla fine di una nuova struttura
ad anello i cui nodi intermedi prevedono la citazione ed il relativo
commento del predicatore, diventa legge: il cerchio infatti si chiude
col ritorno a Paolo, che oramai stabilisce.

PG 54, 695, 17. ejkbalei'n A f: ejxew'sai cett. La forma ejxew'sai (in-


finito aoristo di ejxeovw, forma tarda da ejxwqevw. Cfr. Lampe s.v. ejxwqevw)
è attestata, nel Corpus di autori contenuto nel TLG (versione E), 13
volte, sempre in autori tardi (da Gregorio di Nissa ad Anna Comnena).
Nel Crisostomo non occorre mai, mentre di ejxw'sai si registrano tre
attestazioni (cfr. In Acta Apostolorum PG 60, 369, 52; In illud Isaiae,
Ego dominus deus feci lumen, PG 56, 144, 51; In Genesim PG 54, 451,
58). Tuttavia, esistono due attestazioni di un infinito aoristo medio
ejxew'sqai (cfr. Epistulae 18-242, PG 52, 731, 29 ed In Genesim PG 53,
365, 10) ed una attestazione di un infinito aoristo passivo ejxewsqh'nai
(cfr. In Genesim PG 53, 346, 46). Infine, sono attestate forme di indi-
cativo aoristo senza aumento (cfr. Fragmenta in Jeremiam, PG 64, 1032,
42: e[xwsan; In Acta apostolorum, PG 60, 135, 51 e 137, 28: e[xwsen;
Expositiones in Psalmos, PG 55, 238, 12: ejxwvsqhsan). Insomma, per
quanto ejxew'sai non sia attestato altrove nel Corpus Chrysostomicum,
tuttavia non sarebbe impossibile in questa sede.
Dal punto di vista semantico, ejkbavllw, “gettare fuori”, è termine
più generico e più diffuso di ejxwqevw, “respingere”. Nel passo qui in
esame, entrambi i verbi sono possibili, e se l’uno potrebbe essere lectio
facilior, l’altro potrebbe tuttavia costituire, data la forma bizantina in

4
Cfr., al riguardo, il mio studio Per la constitutio textus delle omelie De Davide et Saule di
Giovanni Crisostomo: le interpolazioni penetrate nel testo, in corso di stampa presso Sileno, in
cui discuto il passo PG 54, 683, 2-4.

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cui compare, l’esito di un intervento posteriore nel testo. Ritengo


preferibile ejkbavllw per ragioni di carattere retorico. Infatti, nel cor-
so del proemio della terza omelia – fittissimo peraltro di corrispon-
denze – tutte le volte che il Crisostomo esprime l’idea di “allontare
qualcuno temporaneamente” viene usato ej k bav l lw. Cfr. 1, 6
ejkbavllousin, 1, 18 ejkbevblhtai, 1, 21 ejkblhqevnte", 1, 30. ejkbalei`n. In
particolare, questa la struttura dei paragoni iniziali:

Soggetto Azione Fine apparente Fine reale


ajll∆ i{na
oujc i{na mevnwsin e[xw
1. Autore ejkbalei'n/ ejxew'sai diorqwqevnte"
dihnekw'"
ejpanevlqwsi pavlin
ajll∆ i{na
ejkbavllousi kai; oujc i{na beltivou" genovmenoi
2. Padri
ajpeivrgousin dia; panto;" ejkpevswsin eij" to;n patrw'/on ejpanevlqwsi
klh'ron
i{na
th;n mocqhra;n ajpoqevmena
3. Pastori ajpeivrgousin
ajrjrJwstivan
ejpanevlqh/ pavlin

Come si nota, le corrispondenze sono fitte, dal punto di vista con-


cettuale come da quello terminologico. Per quel che riguarda la va-
riante qui considerata, se nel primo membro di questa triplice scansione
vi fosse ejkbavllw, la struttura dei paragoni sarebbe simmetrica: il ver-
bo del paragone 1 corrisponde infatti al verbo del paragone 2; a que-
st’ultimo però si aggiunge un secondo verbo, che corrisponde al ver-
bo del paragone 3. Il paragone 3 è più semplice, manca l’anello del
fine apparente, probabilmente trattandosi di animali. Ancora a favo-
re di ejkbavllw mi pare si debba considerare il passaggio 1, 20-23, che
corrisponde in maniera precisa ad 1, 2, 5, (Kai; ejboulovmhn eijdevnai
tou`to safw'" w{ste aujtou;" tw'n iJerw'n ejkbalei'n proquvrwn, oujc i{na mevnwsin
e[xw dihnekw'", ajll? i{na diorqwqevnte" ejpanevlqwsi pavlin), ovvero al pro-
posito, espresso dal Crisostomo in apertura della sua omelia, di cac-
ciar fuori coloro che hanno disertato l’assemblea per gli spettacoli.
Qui infatti l’autore mostra in atto il processo che all’inizio del proe-
mio si proponeva di innescare: oiJ ejkblhqevnte"... kai; mevnonte" e[xw...
crhsta" e[cousi ta;" ejlpivda": ka]n... ejqevlwsi diorqwvsasqai... dunhvsontai
... pavlin ejpanelqei'n. Come si vede, il passo è caratterizzato dalla ri-
presa di tutti i termini che indicavano i diversi stadi del processo di
esclusione-conversione-reintegrazione prefigurato: ejkbavllw... mevnw...
diorqovw... ejpanevrcomai. Il primo stadio di tale processo, qui come nel
luogo in esame, è indicato da ejkbavl v lw.

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La Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

PG 54, 695, 37-38. eJsthvkh/ N d, eiJsthvkh/ U, eiJsthvkei BIP X K r c:


eijsavgh/ A f Patr. La forma eJsthvkh/ è un perfetto congiuntivo da i{sthmi.
La forma eiJsthvkh/ trádita dal codice U è un perfetto congiuntivo con
raddoppiamento in ei. LSJ registra una forma di participio con tale
raddoppiamento. Cfr. LSJ, s.v. i{sthmi: “eiJsthkovta IG I2. 374, 179. Nel
Corpus Chrysostomicum la forma è attestata due volte: Adversus Iudaeos,
PG 48, 852, 12 e De mutatione nominum, PG 51, 145, 44. Un’altra
occorrenza si registra nell’omelia pseudocrisostomica De negatione Petri,
PG 59, 618, 51. Nel resto della produzione greca, il congiuntivo per-
fetto eiJsthvkh/, oltre a quelle appena indicate, conta una sola attesta-
zione: cfr. Theophrastus, Fragmenta (Wimmer), Fr. 6, 27, 3. Intrerpreto
la forma eiJsthvkei, attestata dalla maggior parte dei codici, come
eiJsthvkh/ con errore di iotacismo nella desinenza. Potrebbe tuttavia trat-
tarsi di ppf. indicativo, come forse ritenne Savile, accogliendo la for-
ma a margine del suo esemplare S2 e della propria edizione a stampa.
Il ppf. indicativo però in questo caso verrebbe a trovarsi all’interno di
una proposizione eventuale introdotta da a[n, cosa che non accade nel
greco classico. Per quel che riguarda il Crisostomo, nel Corpus dei suoi
scritti il ppf. eiJsthvkein occorre numerose volte (più di un centinaio.
Largamente utilizzate sono la terza persona singolare eiJsthvkei e la
terza persona plurale eiJsthvkeisan. Rarissime o del tutto assenti le
altre persone), e tuttavia mai in proposizioni eventuali introdotte da
a[n o da suoi composti. La lezione attestata dal codice A e dalla tradi-
zione indiretta sarebbe ugualmente possibile: ejntau`qa, infatti, è av-
verbio di moto a luogo oltre che di stato.

PG 54, 696, 9-23. ”Opou kai; rJhvmata… eujalwvtou" poiou'sa. Sospet-


to la sezione qui in esame di essere interpolata, per due ragioni: da un
punto di vista stilistico questa parte non è adeguata alla raffinatezza
ed alla perizia retorica che caratterizza il proemio dell’omelia, densis-
simo di corrispondenze e di giochi allusivi. La sequenza è infatti un’as-
sociazione libera di sostantivi legati al tema degli spettacoli. Ancora,
dal punto di vista del significato, la sequenza non sembra ben inserita
all’interno dell’argomentazione crisostomica, che anzi risulta allentata
da questa accumulazione di sostantivi. Questi infatti i passaggi dell’ar-
gomentazione crisostomica qui sviluppata:
1. Qual è il peccato per cui devono i “disertori” essere cacciati? L’adul-
terio.
2. Citazione relativa. Matth. 5, 28: Chi guarda la donna per desiderarla
(ejpiqumh`sai), ha già commesso adulterio nel suo cuore;

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3. Se dunque la donna incontrata per caso cattura lo sguardo, in che


modo coloro che si recano agli spettacoli proprio per incontrarla
potranno dire che non guardano per desiderio (ejpiqumivan)?
4. Accumulazione sul tema degli spettacoli;
5. Il desiderio (ejpiqumiva) infatti, come un brigante, riesce ad insinuarsi
persino in chiesa. In che modo coloro che si recano al teatro po-
trebbero avere la meglio su questo malvagio desiderio (ejpiqumiva")?

Come si vede, il concetto chiave dell’intero passaggio è il desiderio,


l’ejpiqumiva, che attraversa tutti i punti dell’argomentazione, eccezion
fatta per l’accumulazione qui esaminata. Essa, tra l’altro, allenta il col-
legamento, altrimenti stretto, fra i punti 3 e 5, determinato dal deside-
rio. Il passo, insomma, potrebbe essere un’interpolazione penetrata
nel testo, o un luogo crisostomico qui trasferito da altra omelia.
Per quanto a mio avviso non bene inserito all’interno di questo con-
testo, ho scelto di non espungerlo per le seguenti ragioni:
1. Dal punto di vista sintattico, il passo, che inizia con l’avverbio di
stato in luogo relativo o{pou, risulta collegato all’ejkei` del periodo
precedente (54, 696, 7). La correlazione ejkei`… o{pou corrisponde a
quella ejntau`qa… o{pou della sequenza successiva (54, 696, 24).
2. Dal punto di vista stilistico-retorico, il Crisostomo non è estraneo
all’uso delle accumulazioni, e tutti i termini qui utilizzati sono
“crisostomici”, attestati, cioè, in altre opere autentiche del Crisostomo.
Per le accumulazioni nel Crisostomo cfr., e.g. Homilia dicta postquam
reliquiae... PG 63, 467, 36 sqq. Per altre accumulazioni in contesto di
polemica contro gli spettacoli, e per l’uso di un vocabolario confor-
me a quello che caratterizza il passo della De Davide et Saule III, cfr.
Epistulae ad Olympiadem, Ep. 10, 12, 13 sqq., e, più oltre nella stessa
epistola, 12, 71. Cfr. ancora, In Acta Apostolorum PG 60, 301, 41 sqq.,
ed In Matthaeum PG 57, 426, 56 sqq.
3. Dal punto di vista della storia della tradizione, il passo è trádito con-
cordemente per via diretta e per via indiretta: tutti i codici, traman-
dino essi la De Davide et Saule III o la Contra theatra, lo riportano.
Ancora, è fortemente probabile che il passo fosse noto anche al tra-
duttore copto: se infatti non si è conservato il frammento relativo,
tuttavia al papiro mancano le pagine 61-62, che avrebbero potuto
contenere un brano di lunghezza corrispondente a questo passo5 .
5
Sulla versione copta della De Davide et Saule III cfr. il mio Una versione copta dell’omelia
De Davide et Saule III di Giovanni Crisostomo trádita dal papiro VIII Orlandi (Torino, Museo
Egizio), di prossima pubblicazione.

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La Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

PG 54, 696, 23. eujalwvtou" poiou`sa. Una parte della tradizione indi-
retta legge a questo punto eujalwvtou" poiousa di’ aujtw'n diasth`sai tou'
cristou`. L’esemplare di Savile S2, nonché la sua edizione a stampa,
registrano l’infinito aoristo sigmatico di diivsthmi a margine (diasth`sai),
ed invece nel testo il participio aoristo sigmatico dello stesso verbo
(diasthvsasa). Entrambe le lezioni sono sintatticamente possibili: nel
primo caso, infatti, l’infinito risulterebbe retto da poiou`sa (“[la melo-
dia… che predispone le anime degli spettatori alle insidie delle prosti-
tute e] che, attraverso queste cose, fa in modo di separarle, facili pre-
de, dal Cristo”); nel secondo caso, invece, diasthvsasa costituirebbe
l’ennesimo participio femminile congiunto ai precedenti (“[la melo-
dia… che predispone le anime degli spettatori alle insidie delle prosti-
tute e] che, attraverso queste cose, le separa, facili prede, dal Cristo”).
I codici che contengono l’omelia Contra theatra aggiungono insomma
la conclusione che il teatro allontana dal Cristo.

PG 54, 697, 46. koinwfeleiva": wjfeleiva" Z A f Patr. Il termine non


è attestato altrove nel Crisostomo né in alcun altro autore. La varian-
te omofonica koinwfeliva, non attestata nel Crisostomo, occorre inve-
ce in Diodorus Siculus, Bibliotheca historica I, 51, 7, 2, e Herodianus, De
orthographia (Lentz), 3, 2, p. 453, 19-20. Poiché, tuttavia, si registrano
nelle omelie crisostomiche attestazioni dell’aggettivo koinwfelhv" (cfr.
in primo luogo, in questa stessa sequenza, a 2, 42, koinwfelou'"), non
è impossibile che l’autore utilizzasse anche il sostantivo koinwfeleiva.
La lezione wjfeleiva" costituisce una lectio facilior.

PG 54, 699, 27. ejlaunovmeno", fugadeuovmeno": f. ej. g ecl18. I participi


in questione segnano le fasi di una climax che culmina con mevcri th'"
yuch'" aujth'" ejpibouleuovmeno", ed è dunque ascendente. La disposizio-
ne dei termini non è indifferente. Per quanto vicini dal punto di vista
del significato, si può stabilire tra i due termini una differenza di for-
za, considerato che, nel Corpus Chrysostomicum, quando i due verbi oc-
corrono insieme all’interno di gradazioni ascendenti, ejlauvnw precede
sempre fugadeuvw. Cfr. e.g. Ad populum Antiochenum, PG 49, 48, 44-49.
Cfr. ancora Epistulae 18-242, PG 52, 687, 34-40. Soltanto in un caso,
e si tratta di un’omelia spuria, l’ordine è inverso. Cfr. De adoratione
pretiosae crucis, PG 52, 835, 45-50. In questo caso, tuttavia, la climax è
discendente.

54, 700, 24-28. ”Otan ga;r ojneidivswsi… wJ" ponhro;n yeudovmenoi. Il


Crisostomo cita in queste righe un passaggio del Discorso della monta-

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gna, riportato, tra gli Evangelisti, da Matteo e da Luca. Secondo la


lezione trádita dalla maggior parte dei codici, il Crisostomo cita in
questo luogo il Vangelo di Matteo, aggiungendo, in maniera per nulla
letterale, un’eco dal Vangelo di Luca. Il testo trasmesso dal suberchetipo
g e dal codice Z, invece, costituisce una citazione piuttosto letterale
del solo Vangelo di Luca. Secondo il seguente schema:

Matth. 5, 11-12:

Makavrioiv ejste [Makavrioiv ejste]


o{tan ojneidivswsi uJma'", kai; diwvxwsi, ”Otan ga;r ojneidivswsi, fhsivn, uJma'",
kai; ei[pwsi pa'n ponhro;n kaq∆ uJmw'n [kai; diwvxwsi] kai; ei[pwsi pa'n
[yeudovmenoi], e{neken ejmou`. caivrete ponhro;n rJh'ma kaq∆ uJmw'n yeudovmenoi,
kai; ajgallia'sqe, o{ti oJ misqo;" uJmw'n caivrete kai; ajgallia'sqe, o{ti oJ misqo;"
polu;" ejn toi'" oujranoi'" uJmw'n polu;" ejn toi'" oujranoi'".

Luc. 6, 22-23

Makavrioiv ejste o{tan mishvswsin uJma`" Kai; pavlin, ”Otan gavr fhsin ojneidivswsi uJma'",
oiJ a[nqrwpoi kai; o{tan aforivswsin Caivrete kai; skirta'te, o{tan kai; ekbavl(l)wsi to; o[noma uJmw`n wJ"
uJma`" kai; ojneidivswsin kai; ejkbalwsin ejkbavlwsi ponhro;n e{neken tou` uiJou` tou`
to; o[noma uJmw`n wJ" ponhro;n e{neka tou` to; o[noma uJmw'n wJ" ponhro;n / ajnqrwvpou yeudovmenoi cavrhte ejn
uiJou` tou` ajnqrwvpou. cavrhte ejn ejkeivnh/ uJmw'n ponhro;n o[noma / uJmi`n ponhro;n ejkeivnh/ th/` hJmevra/ kai; skirthvsate, o{ti
th/` hJmevra/ kai; skirthvsate, ijdou; ga;r oJ o[noma oJ misqo;" uJmw'n polu;" ejn (tw/`) oujranw/`.
misqo;" uJmw'n polu;" ejn tw/` oujranw/`. yeudovmenoi
gZ
I R (tra parentesi quadre le lezioni
del solo R, che inoltre omette
yeudovmenoi nella citazione da Luca)/
BPN X r /
e

Evidentemente in entrambi i casi – che cioè la citazione dipenda da


solo Luca, o da Matteo e da Luca – il testo è corretto tanto dal punto
di vista logico, quanto da quello sintattico. Per quel che riguarda inve-
ce l’uso dell’autore, il Crisostomo cita diverse volte questo passaggio
delle beatitudini, e generalmente lo riprende da Matteo (12 casi, omelie
spurie escluse. Cfr. Ad populum Antiochenum, PG 49, 27, 26 sqq.; De
futurae vitae deliciis, PG 51, 351, 9 sqq.; De sacerdotio, 3, 10, 79 sqq.; Ad
eos qui scandalizati sunt, 13, 19, 1 sqq; In Matthaeum, PG 57, 228, 25
sqq., 229, 33 sqq., 232, 5 sqq.; In Joannem, PG 59, 417, 54 sqq.; In
epistulam ad Ephesios, PG 62, 58, 2 sqq; In epistulam ad Hebraeos, PG 63,
230, 48 sqq; In illud, Attendite ne eleemosynam vestram, PG 59, 574, 9
sqq.; Ad Olympiadem 13, 4, 34 sqq.).
Soltanto in due casi l’autore cita Luca (cfr. Adversus oppugnatores
vitae monasticae PG 47, 324, 42 sqq.; In Matthaeum PG 57, 230, 4-5.
Tuttavia, in quest’ultimo caso, si tratta di un cenno più che di una
citazione: Kai; pavlin fhsivn: ”Otan ejkbavlwsi to; o[noma uJmw'n wJ" ponhrovn,
caivrete kai; skirthvsate), mentre in una occasione mescola le citazioni

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La Costituzione del testo delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo

come nel passo qui in esame (cfr. In paralyticum demissum per tectum, PG
51, 61, 45 sqq.: Makavrioiv ejste, o{tan ojneidivswsin uJma'", kai; ei[pwsi
kaqæ uJmw'n pa'n ponhro;n pra'gma yeudovmenoi: caivrete, kai; ajgallia'sqe,
o{ti oJ misqo;" uJmw'n polu;" ejn toi'" oujranoi'", ajpoqhvsetai pa'san ajqumivan
kai; devxetai pa'san hJdonhvn: Skirta'te ga;r kai; ajgallia'sqe, fhsivn, o{tan
ejkbavllwsin uJmi'n o[noma ponhrovn).
Le lezioni di I e di R, che tramandano le citazioni in forma più
letterale, sono probabilmente il risultato di normalizzazioni - impossi-
bile stabilirne l’autore - condotte sulla base del testo evangelico.
Per una restituzione della citazione di Luca in forme analoghe al
passo in questione, cfr. la parafrasi del seguente versetto evangelico in
Epistulam ad episcopos, presbyteros et diaconos, PG 52, 542, 19-22: Cavrhte
toivnun kai; skirthvsate: tou'to ga;r oJ tw'n oujranw'n Despovth" ejkevleuse
mh; movnon mh; ajlgei'n mhde; katapivptein, ajlla; kai; skirta'n kai; h{desqai,
o{tan o[noma ponhro;n uJmw'n ejkbavllwsin.

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