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Università degli stUdi di Foggia

Cattedra di letteratUra Cristiana antiCa

aUCtores nostri
studi e testi di letteratura cristiana antica

12.2013

estratto
Auctores Nostri, 12.2013, 81-149

ALfoNSo MICHELE LoTITo


Considerazioni ulteriori
sulla lingua del De aleatoribus

1. Premessa

Questo contributo, in linea con le ricerche sul testo e sulla lingua di aleat.
che recenti studi hanno riproposto 1, ha come obiettivo l’analisi complessiva,
non certo esaustiva, dei vari aspetti linguistici e stilistici dell’operetta pseu-
dociprianea, ad eccezione dei costrutti preposizionali, già trattati proprio in
uno di quegli studi 2, e del lessico che, per l’ampiezza e la profondità dei
problemi connessi, rientra tra i compiti propri di un commento e non può es-
sere affrontato in questa sede 3. Le strategie seguite per la ricerca sui costrutti
preposizionali verranno riprese e adattate a questo nuovo lavoro: si cercherà,
infatti, di ricostruire, per quanto possibile, l’usus scribendi dell’autore, ricor-
rendo ancora al criterio del confronto quantitativo tra forme ‘corrette’ e pre-
sunte forme ‘anomale’ del medesimo costrutto presentate all’interno di un
minimo di contesto significativo (in genere la proposizione, talora il periodo

1
Cfr. la sezione ‘Questioni filologiche’ in Nuovi studi sul ‘De aleatoribus’ pseudocipria-
neo, a cura di M. Marin e M. Bellifemine (Auctores Nostri. Studi e testi di letteratura cri-
stiana antica 6. 2008), 11-96.
2
Cfr. A.M. Lotito, Qualche osservazione sulla lingua del ‘De aleatoribus’, ibidem, 51-91.
3
Per le principali questioni lessicali relative ad aleat. cfr. Der pseudocyprianische Tractat
‘De aleatoribus’, die älteste lateinische christlische Schrift, ein Werk des römischen Bischofs Vic-
tor I. (Saec. II), von A. Harnack (TU 5/1), Leipzig 1888, 51-54; E. Wölfflin, Pseudo-Cypria-
nus (Victor) ’de aleatoribus’, «Archiv für Lateinische Lexikographie und Grammatik» 5
(1888), 487-499 (492-498); Anonymus ‚Adversus Aleatores’ (Gegen das Hazardspiel) und die
Briefe an Cyprian, Lucian, Celerinus und an den karthaginiensischen Klerus (Cypr., epist. 8. 21-
24), kritisch verbessert, erläutert und ins Deutsche übersetzt von Dr. phil. A. Miodoński.
Mit einem Vorworte von Prof. E. Wölfflin, Erlangen-Leipzig 1889, 19-20; Pseudo Ci-
priano, Il gioco dei dadi, Introduzione, testo, traduzione e commento a cura di C. Nucci (Bi-
blioteca patristica 43), Bologna 2006, 54. 57-58; B. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ pseudociprianeo,
«Augustinianum» 47 (2007), 259-281 (263-265; 268-269; 271; 273-275; 278; 280-281);
M. Marin, Una recente edizione critica dello pseudociprianeo ‘De aleatoribus’. Per una rivisita-
zione metodologica, in Nuovi studi sul ‘De aleatoribus’ pseudociprianeo cit., 11-49 (44).

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di appartenenza) 4 e corredate di riferimenti puntuali alla tradizione mano-


scritta, secondo gli apparati delle edizioni Nucci e Marin 5. Inoltre, per af-

4
Il testo di riferimento per aleat. sarà quello dell’edizione Nucci. Per le occorrenze al-
l’interno di citazioni bibliche e parabibliche si affiancherà al testo riportato il riferimento
al luogo scritturistico, seguendo gli apparati delle edizioni Nucci e Marin (cfr. M. Marin,
Il ‘De aleatoribus’ pseudociprianeo: tradizione mss., edizione critica e appendice, Bari 1984) e, ove
necessario, le indicazioni del fondamentale contributo di Marin sull’argomento (cfr.
M. Marin, Citazioni bibliche e parabibliche nel ‘De aleatoribus’ pseudociprianeo, «Annali di
Storia dell’Esegesi» 5 [1988], 169-184). Per il testo delle citazioni della Vetus Latina cfr.
Vetus Latina Database. Bible versions of the Latin Fathers. The comprehensive patristic records
of the Vetus Latina Institut in Beuron on CD ROM, Wissenschaftliche Leitung, Direction
Scientifique, Scholarly Direction: Prof. Dr. R. Gryson, Turnhout 2002; per il testo di quelle
della Vulgata cfr. Biblia Sacra iuxta Vulgatam versionem, adiuvantibus B. fischer et aliis re-
censuit et brevi apparatu critico instruxit R. Weber. Editionem quartam emendatam cum
sociis... preparavit R. Gryson, Stuttgart 1994; per il testo di quelle dalla LXX cfr. Septua-
ginta. Id est Vetus Testamentum iuxta LXX interpretes, edidit A. Rahlfs, Duo volumina in
uno, Stuttgart 19792 (rist. 2004); per il testo di quelle dal NT greco cfr. Novum Testamen-
tum Graece et Latine, Textum Graecum post E. et E. Nestle communiter ediderunt B. et
K. Aland et alii. Textus Latinus Novae Vulgatae Bibliorum Sacrorum Editioni debetur.
Utriusque textus apparatum criticum recensuerunt et editionem novis curis elaborave-
runt B. et K. Aland una cum Instituto Studiorum Textus Novi Testamenti Monasterii
Westphaliae, Stuttgart 19943 (rist. 19993).
5
Come nel precedente contributo sui costrutti preposizionali, per una migliore intel-
ligenza degli apparati si riporta la composizione delle 4 famiglie di codici dello stemma
dell’edizione Nucci e delle 5 famiglie di codici dello stemma dell’edizione Marin, a cui
ovviamente si rimanda per ulteriori approfondimenti: stemma Nucci (famiglie MQ - TU
- D - Δ); stemma Marin (famiglie T [codd. TU] - Q [codd. MQNη] - d [cod. d] - L [codd.
eL] - Δ* [codd. DΔψ]). Per lo stemma Nucci cfr. ed. cit., 67-72; per lo stemma Marin cfr.
ed. cit., 1-10. La descrizione dei 53 mss. collazionati da Marin è curata dallo studioso in
Problemi di ecdotica ciprianea. Per un’edizione critica dello pseudociprianeo ‘de aleatoribus’, «Ve-
tera Christianorum» 20 (1983), 141-239 (145-205). Con l’avvertenza che le sigle MQTUΔ
dello stemma Nucci corrispondono alle sigle MQTUΔ dello stemma Marin e che la Nucci
sigla D il medesimo cod. siglato d da Marin (cfr. ed. Nucci, 73), si riporta lo scioglimento
non solo delle sigle dei mss. su cui sono fondate le due edizioni, ma anche delle sigle dei
mss. le cui varianti sono registrate nell’appendix Marin: d = Parisinus Bibl. Nat. lat. 13047,
sec. VIII; M = Monacensis lat. 208, sec. VIII-IX; Q = Trecensis 581, sec. VIII-IX; T = Vati-
canus Regin. lat. 118, sec. IX; U = oxoniensis Bodl. Laud. misc. 105, sec. IX; D = oxo-
niensis Bodl. Laud. misc. 451, sec. X; N = Admont. 136, sec. XII; Δ = Taurinensis Bibl. Nat.
D IV 37, sec. XII; e = Londiniensis Brit. Lib. Royal 6 B XV, sec. XII; L = Londiniensis Lam-
bethanus 106, sec. XII; η = oxoniensis Bodl. Laud. misc. 217, sec. XV; ψ = Londiniensis
Brit. Lib. Harleian. 5005, sec. XV; h = Hauniensis, Bibl. Reg., Gl. Kgl. S 1341 4°, sec. XII; t
= Parisinus Bibl. Nat. 1648, sec. XII; m = Monacensis lat. 16068, sec. XII; b = oxoniensis
Bodl. Bodley 210, sec. XII; P = Cantabrigiensis Pembroch. 154, sec. XII; c = oxoniensis
Nov. Coll. 130, sec. XIII; F = florianensis XI 126, sec. XIV; μ = Caesanat. Bibl. Malatest. D
XII 4, sec. XV med.; Φ = Sandanielinus 22, sec. XV med.; γ = Cantabrigiensis Corp. Chr.
Coll. 25, sec. XV ?; Ψ = Beroliniensis Hamilton. 200, sec. XV; S = Monacensis lat. 21240,
sec. XV; π = Vaticanus Borghes. 335, sec. XV; ϕ = Vaticanus lat. 199, sec. XV; J = Tauri-
nensis Bibl. Nat. H II 24, sec. XV; z = Ven. Marcianus Lat. Z 39 (1836), sec. XV; ζ = Me-
diolan. Ambrosianus C 131 inf., sec. XV; τ = Mediolan. Braidensis AD XIV 20, sec. XV; χ
= Londiniensis Brit. Lib. Add. 21077, sec. XV; C = Cracoviensis Jagellon. 1210, sec. XV; Ξ
= Berolinensis Hamilton. 199, sec. XV; A = Augustanus 2° 65, sec. XV; Θ = Vaticanus
ottob. lat. 306, sec. XV; f = Vaticanus lat. 200, sec. XV; u = Vaticanus lat. 5099, sec. XV; υ
= Bononiensis Univ. 2364, sec. XV; ε = Vaticanus Rossianus 250, sec. XV; v = Romanus Val-

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frontare i non pochi casi in cui il criterio quantitativo non sarà sufficiente, si
tenterà una valutazione di merito su alcuni rami della tradizione stessa.
Del resto non si può ignorare il fatto che Marin, nel primo dei suoi con-
tributi apparsi in Auctores Nostri 6, nell’ottica di una coraggiosa rivisitazione
metodologica delle scelte operate nella sua edizione del 1984 6, abbia ricon-
dotto molte delle presunte anomalie, promosse a testo nell’edizione Nucci
sulla base dei codd. MQTU/MQTU 7, a errori di trasmissione, e non d’au-
tore. In particolare Marin ha messo in crisi le affermazioni della Nucci e di
Luiselli sul valore delle lezioni di quei testimoni 8, ricorrendo a opportuni
confronti con il comportamento dei copisti dei medesimi mss. in alcune epi-
stole ciprianee 9. La sua indagine, condotta sulla scorta degli apparati del-
l’edizione Diercks 10, ha rilevato come ovviamente gli errori dovuti a quel

licellianus A 18, sec. XV; n = Parisinus Bibl. Nat. n.a.l. 1282, sec. XV; i = Escorialensis a II
12, sec. XVI; w = Vindobonensis 798, sec. XV; W = Vaticanus Urb. lat. 63, sec. XV; ξ = Va-
ticanus ottob. lat. 80, sec. XV; Π = florentinus Laur. Med. Pal. 24, sec. XV; r = florentinus
Riccardianus 305, sec. XV; s = florentinus Riccardianus 322, sec. XV; x = Ven. Marcianus
Lat. II 23 (2091), sec. XV; o = florentinus Bibl. Nat. V. Capponi 139, sec. XVI; I = Taurinensis
Bibl. Nat. E III 5, sec. XV; X = Vaticanus Chisianus A VI 177, sec. XV; Y = Romanus Valli-
cellianus D 21, sec. XV. I mss. citati sono così ripartiti nelle 5 famiglie dello stemma Marin:
famiglia T (codd. TUt); famiglia Q (codd. MQNmFημΦ); famiglia d (codd. dh); famiglia
L (codd. eLbPcγ); famiglia Δ* (in stretta relazione con il cod. D) sottogruppo Δ’ (codd.
ΔΨSπϕJzζτχC), sottogruppo Δx (codd. ΞAΘfuυεvni), sottogruppo Δ° (codd.
wWξΠrsxψo), sottogruppo I (codd. IXY). Si avverte inoltre che nell’apparato e nell’ap-
pendix Marin in assenza di altre indicazioni L designa il consensus di eL + bPcγ, Q il con-
sensus di MQNη + mFΦμ, d il consensus di d + h, T il consensus di T + t, Hart il consensus
delle edizioni Hartel (cfr. S. Thasci Caecili Cypriani opera omnia. Pars III [Opera spuria. Indi-
ces. Praefatio], recensuit et commentario critico instruxit G. Hartel [CSEL 3/3], Vindobo-
nae 1871, 92-104) e Harnack, Harn le lezioni dell’edizione Harnack discrepanti da quelle
dell’edizione Hartel, Hilg l’edizione Hilgenfeld (cfr. Libellum ‚De aleatoribus’ inter Cypriani
scripta conservatum, edidit et commentario critico, exegetico, historico instruxit A. Hil-
genfeld, freiburg i.B. 1889), Miod l’edizione Miodoński, edd. il consensus editionum, Wö lo
studio di Wölfflin (cfr. ed. Marin, 1-7; 11-13); nell’apparato Nucci le sigle Hart e Mar de-
signano le edizioni Hartel e Marin, gli «esponenti 1 e 2 apposti alla sigla del codice indi-
cano ante e post correctionem» e l’«indicazione m.2 indica intervento di seconda mano» (cfr.
ed. Nucci, 72-73). Per i 9 mss. segnalati a integrazione dei 53 già descritti cfr. Marin, Una
recente edizione critica cit., 16 nota 26; Lotito, Qualche osservazione cit., 58 nota 35.
6
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 18 nota 31.
7
Salvo diversa esplicita indicazione di appartenenza allo stemma Nucci o allo stemma
Marin, i mss. alla base di entrambe le edizioni saranno citati, sia a testo sia in nota, prima
con le sigle adottate dalla Nucci poi con quelle adottate da Marin separate da una sbarra.
8
Cfr. ed. Nucci, 53-58; 70-72; Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 260-265.
9
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 27-35.
10
Cfr. Sancti Cypriani episcopi ‘Epistularium’, ad fidem codicum summa cura selectorum
necnon adhibitis editionibus prioribus praecipuis edidit G.f. Diercks (Epistulae 1-57: CCL
3B), Turnholti 1994; (Epistulae 58-81 et Appendix Epistulas V complectens quarum II dubiae
sunt III suppositiciae: CCL 3C), Turnholti 1996; Sancti Cypriani episcopi ‘Epistularium’. Pro-
legomena, codices-editiones-indices cura et studio G.f. Diercks. Praecedit Dissertatio bio-
graphica/chronologica de Cypriani vita ac scriptis quam composuit G.W. Clarke (CCL
3D), Turnholti 1999.

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tipo di comportamento siano stati rifiutati «per l’epistolario ciprianeo, con-


trassegnato da cura formale e linguistica di livello generalmente alto» e vi-
ceversa siano stati accolti a profusione in aleat. e in altri scritti «che
documentano talune incertezze linguistiche». In tale ottica Marin si è chie-
sto se non debba essere «riconsiderata l’affermazione ricorrente che D tende
a normalizzare in senso classico» e se non siano «i presunti ipercorrettismi
di D almeno in parte lezioni autentiche» 11.
In realtà il cod. D/d 12, ampiamente utilizzato nell’edizione Hartel 13 e so-
pravvalutato da Harnack 14, era stato poi declassato da Wölfflin, perché poco
fedele alla presunta facies volgare di aleat. 15. L’opinione di Wölfflin, dive-
nuta egemone nel panorama degli studi sull’operetta pseudociprianea,
aveva influenzato sia Hilgenfeld 16 sia Miodoński (che pure riconosceva a
D/d, in alcuni casi, il ruolo di unico testimone della lezione migliore) 17 sia
Marin 18. A suggello di questa linea interpretativa la Nucci e Luiselli hanno
attribuito a D/d una quasi sistematica normalizzazione delle presunte ano-
malie di aleat., relegandolo così a un ruolo del tutto marginale 19.
Ancora più sintomatica di un atteggiamento di svalutazione preconcetta
è la sorte toccata alla famiglia L dello stemma Marin. Benché fosse stata alla
base dell’edizione oxoniense del 1682 20, essa fu trascurata da Hartel 21, che
per questo fu criticato sul piano metodologico da P. De Lagarde 22. Harnack,
pur d’accordo in teoria con le obiezioni di De Lagarde, in pratica ignorò i co-
dici inglesi al pari di Hartel, accettando implicitamente l’assioma recentiores

11
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 34. 37. Si avverte che Marin nel contributo
citato nel testo si riferisce al cod. Parisinus Bibl. Nat. lat. 13047, sec. VIII non con la sigla
d usata nell’apparato della propria edizione del 1984, ma con la sigla D usata nell’edi-
zione Nucci.
12
Per la ricostruzione della fortuna critica del cod. D/d cfr. Marin, Problemi di ecdotica
ciprianea cit., 205-213.
13
Cfr. apparato dell’ed. Hartel.
14
Cfr. ed. Harnack, 5.
15
Cfr. Wölfflin, Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 488. 490.
16
Cfr. ed. Hilgenfeld, 7-8.
17
Cfr. ed. Miodoński, 10-14.
18
Cfr. ed. Marin, 4.
19
Cfr. rispettivamente ed. Nucci, 69-70 e Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 265-266.
20
Per l’edizione oxoniense, curata da J. fell, cfr. Sancti Caecilij Cypriani opera recognita
& illustrata per Ioannem oxoniensem episcopum [i.e. John fell]. Accedunt annales Cy-
prianici, sive tredecim annorum, quibus S. Cyprianus inter Christianos versatus est, bre-
vis historia chronologice delineata per Joannem Cestriensem [i.e. John Pearson], oxonii
1682.
21
Cfr. ed. Hartel, LXXXV.
22
Cfr. la recensione di P. De Lagarde all’edizione ciprianea di Hartel apparsa in «Göt-
tingische Gelehrte Anzeigen» (1871), 521-543.

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= deteriores 23. Se qualche contributo dei codd. inglesi veniva recepito da Hil-
genfeld attraverso alcune lezioni dell’edizione oxoniense 24, la famiglia L
continuava ad essere emarginata da Miodoński 25, che si allineava al giudi-
zio di Harnack. Marin, pur considerando questa famiglia con sospetto nella
sua edizione del 1984 26, ha avuto il merito di essere stato l’unico editore mo-
derno a inserirla a pieno titolo nel proprio stemma, dopo averne ricostruito
il ruolo nella storia della trasmissione del testo di aleat. 27. Le riserve di Marin
dipendevano soprattutto dal giudizio negativo formulato da Diercks sul-
l’affidabilità dei mss. inglesi per la costituzione del testo dell’epist. 31 tra-
mandata all’interno del corpus ciprianeo 28. La Nucci, dal canto suo, ne fa
menzione solo a proposito dell’edizione Marin e la estromette del tutto dalla
propria edizione 29. Tuttavia le considerazioni di L. Ciccolini a margine dei
recenti studi di Marin su aleat. sottolineano proprio la possibilità di rivalu-
tare il ruolo della famiglia L 30.
Di certo sorprende la marginalità a cui è stata condannata la famiglia L
dalla maggior parte degli editori, se si considera che essa è costituita da «un
gruppo di codici inglesi [...] di cui soprattutto Bévenot [...] ha sottolineato
l’omogeneità e l’importanza per la tradizione che rappresenta, riconduci-
bile ad un codice africano del IV s. (del quale rimangono solo tre importanti
frammenti: London, Brit. Lib. Add. 40165 A.1)», gruppo di cui il cod. «e co-
stituisce probabilmente la copia migliore e più antica», tanto che «Bévenot
[...] ne ha mostrato la superiorità e lo ha inserito nella selezione finale di co-
dici proposti per ogni edizione di trattati ciprianei» e «gli editori successivi
si sono attenuti a questa indicazione» 31. Invero, alla luce degli studi di Bé-

23
Cfr. ed. Harnack, 2-3.
24
Cfr. ed. Hilgenfeld, 8.
25
Cfr. ed. Miodoński, 17.
26
Cfr. ed. Marin, 4-5.
27
Cfr. Marin, Problemi di ecdotica ciprianea cit., 208-209. 211-213.
28
Cfr. Novatiani opera quae supersunt nunc primum in unum collecta ad fidem codi-
cum qui adhuc extant necnon adhibitis editionibus veteribus edidit G.f. Diercks (CCL 4),
Turnholti 1972, 220-221.
29
Cfr. ed. Nucci, 66.
30
La Ciccolini fa opportunamente notare come, al pari di Una recente edizione critica cit.
di Marin, lo studio di S. Deléani Saint Cyprien ‘Lettres 1-20’, Paris 2007 «pourrait […] ame-
ner à reconsidérer le cas des manuscrits anglais, la cinquième famille dégagée par M[ar-
cello] M[arin] dans son édition et que C. Nucci laisse de côté» (cfr. Chronica Tertullianea
et Cyprianea 2009, n. 20a, «Revue d’Études Augustiniennes et Patristiques» 56/2 [2010],
303).
31
Cfr. Marin, Problemi di ecdotica ciprianea cit., 162-163. Per i riferimenti presenti nel
passo di Marin cfr. M. Bévenot, The Tradition of Manuscripts. A study in the Transmission of
St. Cyprian’s Treatises, oxford 1961, 62. 79. 83. 94. 139; Id., The oldest surviving Manuscript
of St. Cyprian now in the British Library, «Journal of Theological Studies» n.s. 31 (1980),
368-377 (370. 377).

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venot sulla tradizione manoscritta ciprianea, sembra proprio che la famiglia


L abbia tutte le carte in regola per rientrare nella nota categoria dei recentio-
res, non deteriores 32 e per contribuire utilmente alla costituzione del testo di
aleat., a patto di farla finita con pregiudizi tanto persistenti quanto arbitrari.
Vanno considerati con interesse anche due testimoni della famiglia Q
dello stemma Marin, i codd. ηΦ che, secondo J. Chapman dipenderebbero
dal capostipite di MQ/MQ, di cui η, pur essendo «un mauvais apogra-
phon», talvolta avrebbe conservato le lezioni laddove in MQ/MQ si sono in-
trodotte corruttele 33. Accogliendo tale ipotesi, sarebbe possibile accostare
almeno η alla categoria dei recentiores, non deteriores.
Anche per D dell’apparato Marin si può prospettare una rivalutazione,
perché non solo Bévenot lo «include nella selezione finale dei mss. consigliati
agli editori di trattati ciprianei», ma lo stesso Simonetti «lo ritiene, in com-
plesso, testimone notevolmente corretto e degno di attenzione», pur confer-
mando in esso «la tendenza a ‘normalizzare’ il testo, mediante il ricorso ad
altri mss., secondo un latino più ‘classico’», già rilevata da von Soden 34.
È insomma necessario cominciare a svecchiare l’approccio alla tradizione
manoscritta di aleat. e a dare maggior peso all’analisi dell’usus scribendi che,
nonostante le evidenti difficoltà, può essere ricostruito almeno in parte,
come si spera di aver dimostrato nel precedente contributo sulla lingua del-
l’operetta pseudo-ciprianea 35.

32
Per l’ampia e articolata formulazione, dimostrazione e documentazione di questo ca-
posaldo della filologia post-lachmanniana cfr. G. Pasquali, Storia della tradizione e critica
del testo, firenze 19522, 41-108.
33
Cfr. J. Chapman, Les interpolations dans le traité de S. Cyprien sur l’unité de l’Église,
«Revue Bénédictine» 19 (1902), 246-254 (248. 252). In realtà Marin (Problemi di ecdotica ci-
prianea cit., 199) mette in risalto come l’opinione di Chapman, sostenuta anche da H. von
Soden (Die Cyprianische Briefsammlung. Geschichte ihrer Entstehung und Überlieferung, Leip-
zig 1904, T.U 25 [N.f. 10], 92), da D. van Damme (Pseudo-Cyprian, ‘Adversus Iudaeos’.
Gegen die Judenchristen die älteste lateinische Predigt, von D. van Damme, freiburg 1969
[Paradosis, Beiträge zur altchristlichen Literatur und Theologie 22], 97) e da Diercks (ed.
di Novaziano cit., 255), si opponga a quella già avanzata da W. Sanday (The Oxford Mss.
of Cyprian, oxford 1886, in J. Wordsworth, Old-Latin Biblical Texts II, Appendix II, 123-
132 [127]) e poi ripresa da M. Bévenot (St. Cyprian’s De unitate chap. 4 in the Ligth of the Ma-
nuscripts [Analecta Gregoriana 11], Romae 1937, XXXIX), secondo cui η rappresenterebbe
la famiglia in uno stadio di avanzata corruzione.
34
Cfr. Marin, Problemi di ecdotica ciprianea cit., 156-157. Per i riferimenti presenti nel
passo di Marin cfr. Bévenot, The Tradition of Manuscripts cit., 23. 45. 50 nota 11. 94. 129. 139;
von Soden, Die Cyprianische Briefsammlung cit., 101; M. Simonetti, Note sulla tradizione ma-
noscritta di alcuni trattati di Cipriano, «Studi Medievali» s. 3a 12 (1971), 865-897 (875). Sul
cod. D resta, tuttavia, negativo il giudizio di P. Petitmengin (cfr. Notes sur des manuscrits
patristiques latins. II. Un «Cyprien» de Cluny et la lettre apocryphe du pape Corneille [Clavis,
n° 63], «Revue des Études Augustiniennes» 20 [1974], 15-35 [25 nota 33]), che gli attri-
buisce numerosi errori e incongruenze.
35
Cfr. Lotito, Qualche osservazione cit., 88-91.

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2. Declinazione nominale

2.1. Tra le presunte anomalie di aleat. classificate dalla Nucci hanno un


certo risalto, anche quantitativo, gli scambi di genere e di declinazione. La
studiosa considera come aggettivi «concordati al maschile anziché al neu-
tro» 36 quelli presenti in aleat. 2, 16-19 (17-18): Et iterum: extimate sacerdotem
esse cultorem et omnes esse apud eum granaria plena, de quod quidquid deside-
raverit populus meus saturetur (Prv 3, 10; Jr 31, 14) 37; 5, 10-12 (11): Praeest dia-
boli laqueus manifestus, venenum portans laetalem serpentis 38; 6, 19: alea est
quam insequitur crimen ignobilem 39; 6, 30-31: Et illic duplicem ac geminum cri-
men admittunt 40; 9, 7-8: Et qui saepius vincitur rursus ad nocentiorem studium
diabolo suadente animatur 41. Per tutti i passi segnalati, eccetto aleat. 2, 17-18,
dall’apparato Marin risulta che nella tradizione manoscritta le forme cor-
rette prevalgono (cfr. letale in aleat. 5, 11; ignobile in aleat. 6, 19; nocentius in
aleat. 9, 7-8) o presentano consistenti attestazioni (cfr. duplex in aleat. 6, 30-31).
A ciò si aggiunga che altrove l’Anonimo usa incontestabilmente come neu-
tri sia venenum (cfr. aleat. 6, 34: mortale venenum) 42 sia crimen (cfr. aleat. 7, 1:
hoc crimen; 7, 16: aliud crimen 43; 11, 15: crimen immortale 44).

36
Cfr. ed. Nucci, 56. Un elenco di anomalie morfologiche era già presente in ed. Har-
tel, LXII: «in emendatione id inprimis animaduertendum est, quod editores omnes fugisse mire-
ris, libellum sermone uulgari conscriptum esse, cuius uestigia oblitterata in recentioribus
codicibus manifestissima modo in hoc modo in illo antiquiori apparent, uelut A 99, 6 ‘duplicem
ac geminum crimen admittunt’, 101, 18 ‘ad nocentiorem studium’ (cf. 97, 8 [‘uenenum portans
letalem serpentis’]), [...] 99, 2 ‘sub ossuorum multiformi numero’, 101, 14 ‘se deuouunt, paren-
torum originem dehonorant’ (cf. 98, 14 [‘quae sordidissimis aeris totam substantiam perdit’])».
Si avverte che nella citazione da Hartel i riferimenti numerici riguardano le pagine e le
linee dell’edizione di CSEL. Analoghi elenchi di anomalie in Wölfflin, Pseudo-Cyprianus
(Victor) cit., 489 e in ed. Miodoński, 18.
37
Cfr. Apparato Nucci: et omnes esse apud eum granaria plena MQDTU Mar : et
omnes esse apud eum delicias granaria plena Δ Hart. Apparato Marin: sacerdotii M2 (ex
–tem) N cultorem esse et omnes apud eum esse N cultorem] et praem. d Harn, cultorum
L granaria] delicias praem. DΔψ HartHilg, ante granaria lacunam notavit Miod. Appendix
Marin: omnia μ esse om. w granaria] delicias praem. Δ*.
38
Cfr. Apparato Nucci: laetalem M1QU : letalem T Hart Mar laetale M2 letale DΔ. Ap-
parato Marin: letale DM2Q2dLΔψNη. Appendix Marin: venenus μ letale mFΦμΔ*.
39
Cfr. Apparato Nucci: ignobilem M1Q1TU Mar : ignobile M2Q2DΔ Hart. Apparato
Marin: ignobilem TUM1Q1, ignobile M2Q2 cett., edd. Appendix Marin: ignobile codd., cri-
men add. A2 i.m.
40
Cfr. Apparato Nucci: duplex M dupplex Δ. Apparato Marin: duplicem TUQd edd.,
duplex M2 cett. (dupplex Δ). Appendix Marin: duplex mFΦμΔ* (dupp- Ψπ).
41
Cfr. Apparato Nucci: nocentiorem Q1TU Hart Mar : nocentius MQ2DΔ. Apparato
Marin: nocentius M2Q2dLΔNη, nocendi ψ. Appendix Marin: nocentiorem] nocentius
mFΦΔ’ΔxI, nocentios μ, nocendi Δ° (in r ex corr.).
42
Cfr. Apparato Nucci: benenum Q1. Appendix Marin: venenum] vinum I.
43
Cfr. Apparato Nucci: aliut U.
44
Cfr. Apparato Nucci: mortale Hart. Apparato Marin: mortale h (ex inmortale) Nη

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francamente più complesso si presenta il caso di aleat. 2, 17-18, in quanto


la tradizione attesta quasi unanimemente omnes e sia Marin sia la Nucci, che
lo hanno promosso a testo, lo hanno interpretato come riferito a granaria
plena, come ben dimostra la traduzione della Nucci 45. Tuttavia già Mio-
doński, su indicazione di Wölfflin, aveva individuato una lacuna prima di
granaria 46 e Hartel, Harnack e Hilgenfeld, al posto della presunta lacuna,
avevano accolto a testo la lezione delicias, tramandata dalla famiglia Δ* del-
l’apparato Marin 47. Se si considera la probabile allusione di aleat. 2, 16-19 a
Jr 31, 14 (nella Vulgata: et inebriabo animam sacerdotum pinguedine / et populus
meus bonis meis adimplebitur ait Dominus) 48, promuovere a testo delicias per-
metterebbe di ipotizzare una soluzione soddisfacente anche sul piano del
significato 49, visto che altrove l’Anonimo declina sempre correttamente l’ag-
gettivo omnis per complessive nove occorrenze, di cui cinque in citazioni o
allusioni bibliche 50.
La Nucci definisce propriamente scambi «di genere o di declinazione»
quelli rappresentati da «status suis (3, 14 anziché status sui); hic (3, 18 anzi-

Hart (in- Harn) Hilg. Appendix Marin: immortale] mortale mFΦc (i. ras.) C (i. ras) A (ne-
male praem. exp.) f (corr. in im-) υvni.
45
Cfr. ed. Nucci, 81: «E ancora: considerate che il sacerdote è un coltivatore e che
presso di lui tutti i granai sono pieni, per cui qualunque cosa il mio popolo avrà deside-
rato, sarà appagato».
46
Cfr. ed. Miodoński, 64 nota d’apparato: «apud eum…] lacunam notavit Wölfflin».
47
Hilgenfeld (ed. cit., 14 nota d‘apparato), annotava che delicias era stato accolto a
testo anche dalle edizioni antiche di aleat. che aveva collazionato, cioè quella di G. Morel
(cfr. D. Caecilii Cypriani... opera, quotquot perquirentibus reperire Dei munere concessum
est, omnia... aucta Guilelmi Morellii... diligentia ac labore, Parisiis 1564), quella di J. Pa-
mèle (cfr. Opera D. Caecilii Cypriani Carthaginiensis Episcopi, totius Africae primatis ac glo-
riosissimi martyris, adnotationes Jacobi Pamelii... toti operi sparsim interjectae... ab eodem
recens adjecta D. Cypriani vita, Antverpiae 1568) e l’oxoniense di fell (cfr. supra, nota
20).
48
Cfr. Lotito, Qualche osservazione cit., 64 nota 78.
49
Il testo di aleat. 2, 16-19, così ricostruito: Et iterum: extimate sacerdotem esse cultorem et
omnes esse apud eum delicias granaria plena, de quod quidquid desideraverit populus meus sa-
turetur, si potrebbe tradurre: E ancora: considerate che il sacerdote è un coltivatore e che
presso di lui tutte le delizie sono granai pieni, per cui qualunque cosa il mio popolo
avrà desiderato, sarà appagato.
50
Cfr. aleat. 1, 2: perditorum omnium (Apparato Nucci: omnium : hominum con. Hart
Mar. Apparato Marin: hominum con. Hart [in app.], recep. edd., omnium codd. Appendix
Marin: hominum ΦI, hominum (exp.) omnium o, animum w, omnium cett.); 4, 2: quid si
omnes delinquant (Apparato Marin: omnes] oves fort. legendum in app. con. Harn, homi-
nes Miod); 6, 23: consumptis omnibus rebus suis; 8, 17-18: «Omnis immundus non tangat sa-
crificii sancti» (Lv 7, 19 [sulla contestata identificazione dell’ipotesto biblico sembrano
risolutive le considerazioni di ed. Miodoński, 97 nota ad locum]); 8, 18-19: «Omnis vir
manducans carnem sacrificii, ...» (Lv 7, 20); 9, 19-20: et continete vos ab omni iniustitia saeculi
(Rm 12, 2); 10, 13: «Recedite a me omnes qui operamini iniustitiam:...» (Mt 7, 23) (Apparato
Nucci: omnis D. Apparato Marin: omnis d [-is corr. in -es h]); 10, 15: «Omnis qui peccat,...»
(1 Jo 3, 8); 11, 10-11: censum et adparatus tuos omnes ad studium ecclesiae distrahe.

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ché hoc); familiares (6, 17 anziché familiaris); parentorum (9, 3 anziché paren-
tum); turpis (9, 4 anziché turpibus)» 51.
Sulla prima delle occorrenze citate (cfr. aleat. 3, 13-15 [14]: Apostolus nos
excitat Paulus et cumdignam status suis episcopos procuratores evangelicae doc-
trinae ponit) 52 si è espresso con chiarezza risolutiva Marin, che pensa a un er-
rore di copista propiziato dall’attrazione di forme contigue con s finale, come
per il caso analogo di aleat. 7, 7-8 (7): cum nominis sui subscriptione, in cui la
stessa Nucci accetta sui e non suis 53. Sempre a proposito di aleat. 3, 14 inte-
ressante risulta il richiamo di Marco Ugenti all’usus scribendi, per escludere
che suis sia uno scambio di declinazione per sui 54, anche se lo studioso ipo-
tizza che suis, preceduto da una lacuna, sia da considerarsi un dativo plurale
e che il passo sia «più corrotto di quanto sia apparso all’editrice» tanto che
«non pare al momento possibile ricostruirlo in modo plausibile» 55. Le argo-
mentazioni di Marin sembrano francamente più convincenti, ma non si può
fare a meno di apprezzare l’onestà intellettuale di Ugenti nel proporre una

51
Cfr. ed. Nucci, 56.
52
Cfr. Apparato Nucci: status M1QDTU Hart Mar : statu M2Δ suis MQ1TU : sui Q2D
Hart (post sui lacunam indicavit) Mar om. Δ. Apparato Marin: status sui dQ2Lη, status suis
TUM1Q1, statu DΔψ, statu suis M2, sui N sentencia add. N2, status sui * Hart (sui laude in
app. con.), status sui vi Miod, natis suis Hilg (conl. Gal 4, 19). Appendix Marin: status sui]
sui m, sui epistula F, status suis μ, statu Δ*.
53
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 22: «Un primo caso nel quale non appare
condivisibile la scelta della lezione attestata da MQTU è quello offerto da 3, 14 cumdignam
status suis MQ1TU: sui Q2D. Ad esprimere la forma al genitivo, ‘degna della propria con-
dizione’ la Nucci sceglie la lezione più attestata suis, indicandola poi fra le particolarità
come scambio di declinazione (56). Ma a 7, 7 cum nominis sui subscriptione per l’aggettivo
possessivo segnala: sui M2Q2D2Δ, suis M1Q1TUD1 e commenta: ‘L’errata forma suis si
spiega agevolmente per attrazione della s di nominis, soprattutto tenendo conto della ori-
ginaria scriptio continua’ (130). È evidente che le due situazioni sono significativamente
corrispondenti: anche nel contesto di 3, 14 , che presenta una simile sequenza di s (cum-
dignam status suis episcopos procuratores), si è verificato un analogo fenomeno di attra-
zione». In realtà Marin (ibidem, 22 nota 47) pensa che «sulla nascita della forma suis in
aleat. 7, 7» abbia agito più probabilmente «la presenza del successivo subscriptione».
54
Cfr. M. Ugenti, Nota critico-testuale allo pseudociprianeo ‘De aleatoribus’ 3, 13-15, in
Nuovi studi sul ‘De aleatoribus’ pseudociprianeo cit., 93-96 (94-95): «Nell’introduzione il
nesso status suis come genitivo singolare è spiegato attraverso uno scambio di declina-
zione, per cui l’autore avrebbe declinato l’aggettivo suus come un aggettivo di seconda
classe: questo però apparirebbe un caso isolato all’interno dell’opera, in quanto non sono
attestati altri esempi di aggettivi della prima classe con fenomeni analoghi. Il possessivo
suus è d’altra parte ampiamente attestato nella nostra opera: si presenta sempre con le
normali desinenze e in particolare appare a nostro avviso decisiva l’attestazione del ge-
nitivo singolare sui nelle espressioni Domini sui (aleat. 6, 15) e nominis sui (aleat. 7, 7), dalle
quali emerge chiaramente che il nostro omileta sa bene che il genitivo singolare maschile
e neutro è sui e non suis. Non pare dunque possibile che in aleat. 3, 14 abbia scritto status
suis intendendolo come genitivo singolare».
55
Ibidem, 95.

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via non sempre sufficientemente praticata dagli editori e dagli studiosi di


aleat.: quella di ammettere la presenza di guasti insanabili.
Un esempio eclatante delle aberrazioni, ispirate dal preconcetto che «il la-
tino di Aleat., anche nel contesto degli altri scritti pseudociprianei», sia «de-
cisamente il più scorretto» 56, è costituito da quanto la Nucci sostiene a
proposito di 3, 17-19 (18): Nos etiam sumus dispensatores et procuratores evange-
lii: hic quoque inter dispensatores et procuratores quaeritur, ut quis fidelis et iustus
inveniatur (1 Cor 4, 2) 57. Per la studiosa, infatti, hic, attestato da quasi tutta la
tradizione, sarebbe un’anomalia per hoc, in quanto antecedente della propo-
sizione ut quis fidelis et iustus inveniatur, interpretata come sostantiva volitiva
epesegetica dipendente da uno di quei verbi «che significano ‘chiedere, pre-
gare, pretendere’» 58. Tuttavia aleat. 3, 18-19 richiama 1 Cor 4, 1-2, come ri-
porta correttamente in apparato l’edizione Marin 59, mentre l’edizione Nucci
tace a riguardo 60, e in tutta la tradizione diretta della Vetus, come nella Vul-
gata, hic traduce il greco ὦδε e ha valore avverbiale 61, il che comporta che ut
quis fidelis et iustus inveniatur abbia valore soggettivo e non epesegetico 62.

56
Cfr. ed. Nucci, 71.
57
Cfr. Appendix Marin: hinc i quoque Θ i.m. hic quoque inter dispensatores om. γ.
58
Cfr. A. Traina-T. Bertotti, Sintassi normativa della lingua latina. Teoria, Bologna 19932
(rist. 19986), 377-378 § 340.
59
Cfr. ed. Marin, 19.
60
Il commento della Nucci accenna solo fugacemente a 1 Cor 4, 1 in riferimento alla
spiegazione del significato di dispensatores in aleat. 3, 18 (cfr. ed. Nucci, 121 nota ad locum:
«dispensatores: lo stesso termine con il medesimo significato di custode e ministro del
vangelo è usato in un’epistola di Cipriano: et sacerdotes id est dispensatores eius [sc. Dei] non
de eius sententia ordinari? [cf. Ep. 59, 5]. Cf. anche Lc 12, 42; 1Cor 4, 1; Tit 1, 7; 1Ptr 4, 10 [ver-
sio antiqua]. Dispensator dunque nel senso di οἰκονόμος»).
61
Cfr. 1 Cor 4, 1-2 nel testo greco: 1Οὕτως ἡμᾶς λογιζέσθω ἄνθρωπος ὡς ὑπηρέτας
Χριστοῦ καὶ οἰκονόμους μυστηρίων θεοῦ. 2ὧδε λοιπὸν ζητεῖται ἐν τοῖς οἰκονόμοις,
ἵνα πιστός τις εὑρεθῇ e nella Vulgata: 1sic nos existimet homo ut ministros Christi / et di-
spensatores mysteriorum Dei / 2hic iam quaeritur inter dispensatores ut fidelis quis inveniatur.
Quanto alla Vetus tutta la tradizione diretta non solo concorda nel tramandare hic, ma pre-
senta un testo con varianti di poco rilievo rispetto a quello della Vulgata, anche se è di un
certo interesse l’anticipazione di quis rispetto a fidelis nei codd. 77 (olim cod. g [Boerneria-
nus], ed. C.f. Matthäi, Meissen 1791, 24a) e 78 (olim cod. f [Augiensis], ed. f.H.A. Scrive-
ner, Cambridge 1859, 59), da cui potrebbe forse dipendere ut quis fidelis et iustus in aleat.
(cfr. Vetus Latina Database cit., CD 16). Per il significato di ὧδε cfr. f. Zorrel, s.v. ὧδε, in Le-
xicon Graecum Novi Testamenti, Parisiis 19613, 1479-1480: «ὧδε ζητεῖται ἵνα ‘hic (= in hoc
rerum statu, haec cum ita sint) requiritur ut’ 1C 4, 2». In aleat., come nell’ipotesto biblico, hic,
in quanto «adv. (de relatione)», è usato «sensu modali praevalente fere i.q. rebus sic stantibus»
(cfr. f. Tietze, s.v. hic, in ThLL 6, 3, 2763, l. 68; 2767, ll. 1-2).
62
È evidente che l’errata interpretazione del passo da parte della Nucci ne abbia fal-
sato la traduzione (cfr. ed. cit., 85): «Anche noi siamo dispensatori e ministri del vangelo:
anche questo è richiesto agli economi e ai ministri, che ciascuno sia trovato fedele e giu-
sto»). Invece, Miodoński (ed. cit., 73) traduceva: «Auch wir sind Schatzmeister und Ver-
walter des Evangeliums; auch hier kommt es bei den Schatzmeistern und Verwaltern
darauf an, dass einer als treu und gerecht erfunden werde».

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 91

Così del resto hanno inteso il passo tutti gli editori a partire da Harnack, che
per primo ha individuato il modello biblico 63, tutti a parte la Nucci. Per
giunta in altri due passi dell’opera (cfr. aleat. 2, 4-9 [4]: hoc veremur et time-
mus, ne cum in ecclesia securi quod nobis sacerdotalis dignitas a Domino tradita est
neglegentiae iuxta quosdam fratres inertes repperiamur, aut dum falsa com-
municatione damus, id quod cum honore de Dei dignatione percipimus, indignante
Domino ex propria actione admittamus; 8, 14-16 [14]: hoc primo in loco scire
debes quia non es Christianus sed ethnicum tibi nomen est et illud quod ad sa-
crificium dominicum pertinet in vacuum sumis), su cui la tradizione è con-
corde per quel che ci interessa, l’Anonimo mostra chiaramente di saper usare
il neutro hoc come antecedente di proposizioni epesegetiche.
La presunta anomalia rei familiares di aleat. 6, 17-18 (17): cum tot essent au-
gendae rei familiares et multarum abundantiae opes («pur essendo tanti i mezzi
per aumentare il patrimonio familiare e i molti beni») 64 è in realtà solo un
aspetto, e forse il meno problematico, di un passo dalla tradizione alquanto
tormentata. Infatti, se tutti gli editori, a parte Miodoński (che aveva accolto
res familiares tramandato dalla famiglia Δ* dello stemma Marin) e la Nucci,
hanno considerato la lezione familiares un errore di copista per il corretto fa-
miliaris, ben più difficile da risolvere è il nodo rappresentato da multarum
abundantiae. Da una parte si deve notare che la Nucci ricostruisce un testo di-
fettoso sul piano del significato, che poi cerca di mascherare con una tradu-
zione piana ma incongruente con le scelte effettuate; dall’altra bisogna
ammettere che le congetture multae abundantiae di Hartel, accolta da Har-
nack, e multae rerum abundantiae di Hilgenfeld non appaiono a pieno soddi-
sfacenti. Pur sempre ipotetica per la mancanza di una sufficiente base
documentaria, ma di certo più equilibrata sembra la scelta di Marin di pro-
muovere a testo multarum rerum abundantiae, che coincide con le lezioni della
famiglia L e con una congettura di Wölfflin, accolta da Miodoński. Anche in
questa circostanza risulta evidente come, in opere con una tradizione parti-
colarmente complessa, scelte troppo selettive e preconcette non solo non
permettano una soluzione, ma neppure una corretta valutazione, dei pro-
blemi testuali.

63
Cfr. ed. Harnack, 17 nota ad locum; ed. Hilgenfeld, 15. 47 nota ad locum; ed. Mio-
doński, 72 nota ad locum.
64
Per la tradizione cfr. Apparato Nucci: augende MQΔ res Δ familiaris D Hart Mar
multae Hart multarum rerum Mar habundatiae MΔ opum Δ. Apparato Marin: agendae
ψ (qui res praeposuit) res Δψ Miod familiaris DdLNη HartHilg, familiares cett. Miod mul-
tarum] multae HartHilg rerum L HilgMiod, om. cett. Hart. abundantiarum N opum Δψη.
Appendix Marin: augenda μ, agendae Φ1Δ° (res praem. Δ°), auctae I rei] regi μ, res Δ* fa-
miliaris] fisiliarios μ, familiares Δ* multorum vWΠsx, militarum Φ rerum om. codd. ha-
bundantiarum mF opum ΦΔ*. Per la traduzione cfr. ed. Nucci, 93.

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Per quanto riguarda il genitivo plurale parentorum in aleat. 9, 3-4: paren-


torum originem turpis praesentibus dehonorant 65 non giova il fatto che la pa-
rola parens compaia solo in questo passo, tuttavia, se si valuta la tradizione
secondo lo stemma Marin, si riscontra che le famiglie dΔ*, il cod. e, il più
autorevole testimone della famiglia L 66, e i codd. NF della famiglia Q atte-
stano parentum. Inoltre, l’Anonimo usa correttamente genitivi plurali di
nomi della terza declinazione e di aggettivi della seconda classe per com-
plessive quattordici occorrenze, su cui la tradizione concorda per l’essen-
ziale 67.
Invece, per turpis, interpretato dalla Nucci e da Luiselli 68 come ablativo
plurale per il corretto turpibus, appare decisiva la soluzione proposta da
Marin già nella sua edizione del 1984 e ribadita recentemente 69, secondo la
quale va accolto a testo turbis praesentibus e non turpis praesentibus. Marin fa
giustamente notare l’uso corretto e unanimemente attestato dell’aggettivo
della seconda classe turpis in aleat. 7, 13-14: sic enim in nomine turpis est quo-
modo in factis iniquus; smonta l’obiezione della Nucci che il gioco dei dadi
non fosse praticato in pubblico 70, ricorrendo alle testimonianze epigrafiche

65
Cfr. Apparato Nucci: parentorum Q1TU Hart Mar : parentum MQ2DΔ turpis
M1Q1TUΔ : turbis M2Q2D Hart Mar. Apparato Marin: parentum M2Q2deΔψN, parentem
L turbis M2Q2d edd., tupis TUDM1Q1Δψ, turpiter L, culpis N, turpibus η. Appendix Marin:
parentum FΔ* turbis] turpis μΔ* (turpibus Φ, turpes in I), turpibus ϕ, culpis mF.
66
Del resto nella famiglia L non solo e attesta parentum, ma anche L attesta parentem,
che è un’evidente corruzione a partire proprio da parentum.
67
Cfr. aleat. 1, 2: [perditorum] omnium... aleatorum (per la tradizione cfr. supra, nota 50);
2, 20-21: ovium spiritalium... hominum fidelium (cfr. Apparato Nucci: ovium esse spiritalium
D Hart. Apparato Marin: ovium esse d Hart hoc est hominum fidelium seclusit Miod. Ap-
pendix Marin: ovium] omnium v, hominum] ovium Θ [i.m. hominum], hominum spiri-
talium fidelium ϕ); 4, 3: delinquentium; 4, 9: seniorum; 5, 1: fidelium (cfr. Apparato Nucci:
fidelium MQD Hart Mar : filium TU filii Δ; Apparato Marin: fidelium] filium TU, filii
DΔ, fili ψ, erga fideles N, in bono fidelium η, fideles Hilg Miod; Appendix Marin: fide-
lium] erga fideles mF, in bono fidelium Φ, filii Δ* [om. Πx]); 6, 7: possessionum [amissio]
(Appendix Marin: amissio possessionum i); 6, 8: [pecuniarum] ingentium (ingencium Δ);
6, 9: aleatorum; 9, 1: aleatorum fidelium (cfr. Apparato Marin: aleatorum] aleatorem e, est
add. N, fideles Miod; Appendix Marin: aleatorum om. μ). Si noti come in aleat. 1, 2; 6, 8 i
genitivi plurali di perditus e pecunia non esercitino alcuna attrazione sui genitivi plurali
degli aggettivi omnis e ingens.
68
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 273: «turpis M1Q1TUΔ Nucci : turbis M2Q2D Har-
tel Marin. Nell’aggettivo turpis (connesso col successivo praesentibus [si tratta di un abla-
tivo assoluto]) si riflette la comune confusione tra la desinenza del dativo/ablativo della
terza declinazione e le desinenze del dativo/ablativo delle declinazioni prima e seconda
(analogo fenomeno in aeris di aleat. 6, 16 accettato da Marin). L’autore dice che gli aleato-
res, litigando, per istigazione diabolica, furiosamente tra loro nel giuoco, disonorano le
proprie famiglie alla presenza di ignobili perrsone (turpis), cioè di ignobili spettatori (non
alla presenza di folle [secondo la correzione turbis])».
69
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 36-37.
70
Cfr. ed. Nucci, 133 nota ad locum.

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raccolte da A. ferrua 71 e a un noto passo ambrosiano sui drammatici rap-


porti tra aleatores e usurai 72; infine sottolinea come solo «il presupposto della
piena affidabilità di MQTU» possa far ritenere «turbis correzione della ge-
nuina lezione turpis e non turpis corruzione della genuina lezione turbis» 73.
2.2. Alle anomalie di declinazione segnalate dalla Nucci Luiselli aggiunge
altre presunte anomalie 74 a partire da aleat. 1, 1-2 (1): Magna nobis ob universa
fraternitate cura est, fidelis, maxime et rea perditorum omnium audacia 75, ma ac-
canto al fidelis di aleat. 1, 1 dobbiamo considerare almeno quello di aleat. 5,
13-14 (14): Quid illud est quaeso vos, fidelis, ut manus... 76. Infatti, nella prima

71
Cfr. A. ferrua, Tavole da gioco, in Scritti vari di epigrafia e antichità cristiane, a cura di
C. Carletti et alii (Inscriptiones Christianae Italiae. Subsidia 3), Bari 1991, 179-196 (184-
186).
72
Ambr., Tob. 11, 38-39 (SAEMo 6, 234-236).
73
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 37 nota 96.
74
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 263. 267. 269. 272-273: «in aleat. 1, 1 abbiamo il
plurale fidelis indicativo dei destinatari del sermone: la forma –is anziché quella corretta
–es è abbondantemente attestata dall’Appendix Probi; […] 9, 3 parentorum (cito a confronto
CIL VI 12675 mesoru [per mensorum] anziché mensium) Q1TU : parentum MQ2DΔ; […] in
1, 1 l’Anonimo si rivolge ai destinatari del suo sermone chiamandoli, secondo la testi-
monianza dei mss., fidelis, che nell’edizione di Marin, come già in quella di Hartel, è fi-
deles (a tale riguardo l’apparato della Nucci non dà alcuna notizia in materia testuale,
ma l’apparato di Marin segnala: ‘fidelis codd., fideles edd.’): l’appellativo fideles torna in
altri successivi luoghi del testo pseudociprianeo. Ma alla luce dei molti elementi lessicali
in –is (in luogo di –es) documentati nell’Appendix Probi, che puristicamente li rifiuta […],
la lezione fidelis in 1, 1 e altrove, accolta dalla Nucci, è senz’altro da approvare; 1, 6 ori-
gine… portamus MQTU Nucci: originem… DΔ Hartel Marin; […] 6, 13 nocte… diemque TU
Nucci: noctem diemque MQ Marin, nocte dieque DΔ Hartel. In 8, 3 abbiamo visto in... diem
con valore di tempo determinato. Qui in 6, 13 abbiamo la nozione di tempo continuato
(vedi il successivo agg. continuis). Se l’accusativo diem è, secondo la normativa classica,
congruo con quella nozione, l’ablativo nocte non lo è, ma quadra con le moltissime atte-
stazioni dell’uso popolare (o popolareggiante) del caso ablativo per esprimere la nozione
del tempo continuato (basti vedere l’epigrafia funeraria imperiale, che innumerevoli
volte nel tempo e nello spazio, ivi compresa l’Africa, enunciava all’ablativo gli anni, i
mesi e i giorni di durata della vita dei defunti; e si aggiunga, in campo letterario, per
esempio Peregr. Aeg. [ed. P. Maraval, SC 296] 19, 20 quam… custodierunt mensibus aliquot.
In relazione alla giustapposizione ablativo-accusativo in nocte diemque con valore di
tempo continuato (Cf. CIL VI [ Roma] 13740 vixit annos XVI et mesibus [per mensibus] VII).
In nocte diemque e in nocte dieque è chiaro l’intento normalizzativo da una parte e unifor-
mativo al susseguente continuis dall’altra; 6, 13 continuis MQTUΔ Nucci: continuus D,
continuos Marin. Ampia convergenza della tradizione sulla lezione continuis (congrua,
come abbiamo visto, con l’uso volgare dell’ablativo per esprimere la nozione del tempo
continuato), lezione inutilmente normalizzata da Marin, che accetta l’a sua volta nor-
malizzato noctem diemque».
75
Cfr. Apparato Nucci: fideles Hart Mar. Apparato Marin: fidelis codd. (-lium L), fi-
deles edd. ante maxime lacunam notavit Harn. Appendix Marin: fideles] fideliter zτ, fide-
lis cett.
76
Cfr. Apparato Nucci: fidelis M1Q1TU : fideles M2Q2DΔ Hart Mar. Apparato Marin:
fidelis TUM1Q1N (ut praem.) η ut] eras. M2, et praem. η. Appendix Marin: quaeso vos] […],
om. mF ut fidelis mF, fidelis et ut Φ.

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94 ALfoNSo MICHELE LoTITo

occorrenza la tradizione è pressoché unanime nell’attestare fidelis, anche se


per Hartel, come già per l’editore oxoniense fell, l’inizio di aleat. era lacu-
noso 77; ma nella seconda occorrenza la lezione fidelis risulta decisamente mi-
noritaria (attestata dalle due sole famiglie QT dell’apparato Marin contro
tutto il resto della tradizione). Se si considera che la confusione tra le desi-
nenze della terza declinazione -es/-is, già propria del latino volgare 78, si dif-
fuse ampiamente presso i copisti altomedievali meno accorti 79, sembra
preferibile seguire l’esempio di tutti gli editori di aleat., eccetto la Nucci, e
pensare a un errore di trascrizione, che si è generalizzato nella prima oc-
correnza, ma non ha potuto fare altrettanto nella seconda probabilmente per
la presenza di vos.
Luiselli segnala anche aleat. 1, 6-7 (6): et origine authentici apostolatus super
quem Christus fundavit ecclesiam in superiore nostro portamus 80 per la lezione
origine, che però è anch’essa minoritaria (attestata dalle sole famiglie QT e
dai codd. DΦμ dell’apparato Marin) e, tra l’altro, sembra un chiaro esempio
di omissione della finale -m. Che questa desinenza potesse essere facilmente
omessa non desta certo meraviglia, se si considera che era evanescente nella
pronuncia sin dall’età arcaica, come attestano le iscrizioni 81, e già nei mss.

77
Cfr. ed. Hartel, 92 nota ad locum: «initium huius libri videtur lacunosum». Tuttavia Hil-
genfeld (ed. cit., 12 nota d’apparato), a cui devo il riferimento all’ed. fell, era di tutt’al-
tra opinione: «Initium huius libri minime lacunosum est, ut F[ell] H[ar]t[el] opinati sunt».
78
Cfr. L.R. Palmer, La lingua latina, trad. it. di M. Vitta, Torino 1977 (ed. orig. London
1954), 200: «Lo sviluppo fonetico annullò la distinzione fra -es e -is, dando luogo alle fre-
quenti confusioni a cui i grammatici cercavano di porre riparo».
79
Cfr. A. De Prisco, Il latino tardoantico e medievale, Roma 1991, 141-142: «L’assimila-
zione nel parlato di ē atona ad i è anch’essa di antica data, ma sembra aver conosciuto col
tempo una diffusione crescente a giudicare dalla frequenza con cui ē atona è resa grafi-
camente con i sia in sillaba iniziale di parola [...] che interna [...] e soprattutto nella sillaba
finale degli avverbi [...], delle desinenze del nominativo singolare, nominativo ed accu-
sativo plurale dei sostantivi di terza declinazione ». Le considerazioni di De Prisco val-
gono principalmente per i testi di natura documentaria in scripta latina rustica, che ben
testimoniano le abitudini grafiche e fonetiche di livello medio-basso tra VII e VIII secolo
d.C. e che trovano riscontro nei comportamenti dei copisti di MQTU indagati da Marin
(Una recente edizione critica cit., 27-35) sia in aleat. sia nell’epistolario ciprianeo.
80
Cfr. Apparato Nucci: origine MQTU : originem DΔ Hart Mar. Apparato Marin: ori-
gine TUDMQ1. Appendix Marin: origine Φμ.
81
Cfr. C. Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, Bologna 19726 (rist. 19826), 249: «La
sparizione di alcune consonanti finali (e specialmente di -m) è attestata fin dall’epoca più
arcaica in cui è documentato il Latino; in una delle iscrizioni degli Scipioni, incisa sulla
lastra del sarcofago di Lucio Cornelio Scipione Barbato, che fu console nel 298 a.C., si
legge: duonoro optumo fuise uiro Luciom Scipione = bonorum optimum fuisse virum Lucium Sci-
pionem (CIL, I2, 9). Del resto è noto che nella metrica latina -m viene eliso dinanzi a vo-
cali (segno che non si pronunciava ormai più o era debolissimo). Anche i grammatici
parlano diffusamente della pronuncia debole di -m finale (Quintiliano, Inst. Or., IX, 4,
40)».

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 95

antichi veniva simboleggiata con una lineetta «posta in alto, subito dopo
una vocale o, più tardi, sopra essa» 82. Del resto anche Marin, segnalando il
corretto uso di originem in aleat. 9, 4: originem dehonorant, si mostra alquanto
dubbioso sulla scelta della Nucci difesa da Luiselli 83.
Infine, a proposito dell’anomalo nocte diemque continuis di aleat. 6, 12-14
(13): Manus trux, noxia et insomnis, nocte diemque continuis instrumentorum
suorum armigera 84, promosso a testo dalla Nucci e difeso da Luiselli 85, biso-
gna tenere semplicemente conto che il «tempo continuato si può esprimere
anche con l’ablativo semplice, confondendosi con la domanda ‘durante che
tempo?’» 86. Costrutto che non appartiene all’uso volgare, come sostiene Lui-
selli, se si ritrova persino in Cicerone e in Cesare 87. Dunque, nella genesi
della lezione nocte diemque, a partire dall’originario e non anomalo nocte die-
que, deve aver pesato un intento indebitamente normalizzatore frustrato so-
prattutto dalla presenza di continuis, ben attestato in gran parte della
tradizione.
Un passo particolarmente difficile sembra essere aleat. 6, 25-27: Qualis est,
fidelis, ut quos nemo persequitur se ipsos invidant et persequantur, ut paterna
sua hereditate sub ossuorum multiforme numero disperdat? 88, che la Nucci

82
Cfr. G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, a cura di G. Guerrini ferri,
Bologna 19972, p. 387.
83
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 28 nota 69.
84
Cfr. Apparato Nucci: nocte diemque TU : noctem diemque MQ Mar nocte dieque
DΔ Hart continuus D continuos Mar. Apparato Marin: noctem diemque MQLN Miod,
nocte diemque TU, nocte dieque DdΔψη HartHilg continuis TUDMQΔψη HartHilg, con-
tinuus d, continuat L, continuans N, continuas Miod. Appendix Marin: nocte dieque con-
tinuis ΦμΔ* (continuus v) continuans mF continuis post instrumentorum suorum i.
85
Cfr. supra, nota 74.
86
Cfr. Traina-Bertotti, Sintassi normativa cit., 151 § 116 nota.
87
Cfr. Cic., de orat. 3, 138 (ed. A.S. Wilkins, [M. Tulli Ciceronis, Rhetorica 1], oxonii 1902
[rist. 199115], 218, l. 3): quadraginta annis praefuit Athenis; Caes., civ. 3, 11, 1 (ed. R. Du Pon-
tet, oxonii 1901 [rist. 198916], 85, l. 18): continuato nocte ac die itinere; Gall. 1, 26, 5 (ed.
R. Du Pontet, oxonii 1900 [rist. 199120]): eaque tota nocte continenter ierunt.
88
Cfr. Apparato Nucci: qualis MQ1TUΔ : quales Q2D Hart quale Mar est MTUΔ Mar
: sunt QD Hart fidelis MQ1TU : fideles Q2D Hart Marin lis Δ invidant M1Q1 Mar : invi-
dent M2Q2 invidam TU invidia D Hart per invidiam Δ et : om. DΔ Hart persequatur U
paterna sua hereditate QDTU : paternam suam hereditatem M Mar paternas suas here-
ditates Δ Hart ossuorum M1QTU Hart Mar : suorum M2 ossorum D hostium suorum Δ
multiforme M1Q1TU Mar : multiformi M2Q2DΔ Hart disperdat M1Q1TU : disperdant
M2Q2D2 Hart Mar disperdunt D1 disperdantur Δ. Apparato Marin: quale est fideles in
app. con. Miod, qualis est fidelis TUMQ1Lη (q.f.e.), qualis est lis DΔψ, quales sunt fideles
Q2d HartHilg, quales fideles N, quae lis est fideles Miod invidant M1Q1 Hilg, invidiam TU,
per invidiam DΔψ, invideant M2Q2Lη, invidia d Hart, invadant N, invidentes Miod et om.
DdΔψ Hart Miod persequatur TU ut om. L paternam suam hereditatem M2η HarnHilg
Miod, paterna sua hereditate TUM1Qd, paternas suas hereditates DΔψ Hart,paterna sua
pietate eL, patriam suam hereditatem N sub] quos L ossuorum T (os suorum t) UM1Q edd.,
**suorum M2, ossorum d, osorum L, suorum N, ossium η, hostium suorum DΔψ multi-

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traduce troppo liberamente: «o fedeli, che razza d’uomini sono costoro che,
mentre nessuno li incalza, fanno del male a se stessi e si incalzano così da di-
sperdere la propria eredità paterna a causa di uno svariato numero di ossi-
cini?» 89. Infatti, il passo appare tormentato non solo per i singoli problemi
morfologici (il presunto vocativo plurale fidelis al posto del corretto fideles;
il congiuntivo invidant al posto del corretto invideant; il presunto ablativo
paterna sua hereditate al posto dell’accusativo paternam suam hereditatem; l’ano-
malo genitivo plurale ossuorum 90 al posto del corretto ossium; l’ablativo sin-
golare multiforme al posto del corretto multiformi), ma per la struttura
sintattica e per il senso complessivo.
Se si volesse comunque tentare un’analisi ricostruttiva del testo in que-
stione, si potrebbe cominciare dalle anomalie morfologiche, che, per quanto
appariscenti, sembrano meno inestricabili dei problemi sintattici. La lezione
invidant, molto tormentata nella tradizione, potrebbe essere un errore orto-
grafico per invideant, infatti, anche se il verbo invidēre è usato solo in questo
passo dell’opera, risultano assai bene attestate le forme corrette per le altre
tre sole occorrenze di congiuntivo presente della seconda coniugazione 91.
Nella lezione paterna sua hereditate si potrebbe ravvisare un altro esempio di
omissione della -m finale dell’accusativo singolare. All’anomalo multiforme
è forse da preferirsi il corretto multiformi (tràdito da DNmFμ, dalla famiglia
d e da molti codici della famiglia Δ* e accolto da tutti gli editori, eccetto
Marin e la Nucci), soprattutto se si tiene conto dell’usus scribendi, che vede
le altre quattro occorrenze di ablativo singolare di aggettivi della seconda
classe dell’opera attestate unanimemente con la desinenza corretta -i 92.

forme TUM1Q1η, multiformi DM2Q2dψN edd., multiformu Δ, multiformis L numerus L


disperdat TUM1Q1L, diperdunt d1 (-dant h). Appendix Marin: quale est fideles] quales fi-
deles mF, qualis est fidelis μΦ (q.f.e.), qualis est lis Δ* nemo nemo (exp.) Ξ persequitur]
sequitur πY, prosequitur i invidant] invadant mF, invideant Φ, invitant μ (ut videtur), per
invidiam Δ* (pro invidia n) et om. Δ* se ipsos... persequentur iter. m persequentur mF,
persequatur μiξo paterna sua hereditate μ, paterna sua (sua et c) pietate bPcγ, paternas
suas hereditates Δ* ossuorum] es suorum μ, suorum mF, ossim Φ, hostium suorum Δ*
multiformu Ψ1ζ1, mortiformu π, multiformi mFμ cett. codd. fam. Δ* disperdant ϕζχCξroI,
disperdat μ, disperdunt wWПs, dispendant x, disperdantur cett. codd. fam. Δ*.
89
Cfr. ed. Nucci, 95.
90
Wölfflin (Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 489) giudica sia ossuorum di aleat. 6, 27 sia pa-
rentorum di aleat. 9, 3 «gewiss stark anstößige formen».
91
Cfr. aleat. 1, 10: torqueamur (Apparato Marin: om. Q [add. Q2 i.m.]); 4, 13: habeant (Ap-
parato Nucci: habent M1 abeant T1); 4, 26: debeat (Apparato Nucci: debeant Δ. Apparato
Marin: debeant LΔψ, debet h, debent Hilg Miod. Appendix Marin: debeant mFΔ*).
92
Cfr. aleat. 1, 9: salutari doctrina (Appendix Marin: doctrina salutari i); 2, 1-2: caelesti sa-
pientia (Appendix Marin: caelestis sapientiae F); 2, 23: medicamine caelesti; 9, 20 (citazione
non identificata cfr. Marin, Citazioni bibliche e parabibliche cit., 182): ab omni iniustitia sae-
culi.

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Più complesso il discorso per ossuorum, che sia la Nucci sia Luiselli in-
terpretano come genitivo plurale della seconda declinazione. Solo che la
Nucci lo fa derivare inspiegabilmente da ossum, -i 93; invece, Luiselli, come
già Miodoński, da una forma ossuum, -i, documentata da H. Rönsch per Jo
19, 36 nel solo cod. 10 della Vetus Latina 94. Il fatto che E. Baer, curatrice della
voce os del Thesaurus, accanto alle più diffuse forme volgari ossum, -i della
seconda declinazione e ossu, -us della quarta, giustifichi la forma ossuum, -i
«per confusionem declinationum» e ne riporti quattro attestazioni, di cui due
sole certe 95, non sembra essere un argomento decisivo a favore della lezione
ossuorum. Del resto tra le due attestazioni dubbie rientra proprio aleat. 6, 27,
che la Baer cita una prima volta con la lezione ossorum del cod. d dello
stemma Marin, come forma di genitivo plurale da ossum, -i, e una seconda
volta con la lezione ossuorum, come genitivo plurale di ossuum, -i, ma con
accanto riportata in parentesi la variante ossorum 96. Inoltre, alcune delle va-
rianti segnalate dall’apparato e dall’appendix Marin (in particolare os suorum
di t, **suorum di M2, ossorum di d, osorum di L, suorum di NmF, hostium suo-
rum di Δ*, es suorum di μ) potrebbero testimoniare, sia pure confusamente,
che la forma anomala si sia originata per omoteleuto a partire da os[sorum]

93
Cfr. ed. Nucci, 128 nota ad locum: «sub ossuorum multiforme numero: ossum -i (più raro
di os -ossis) definisce propriamente le ossa del corpo, ma in questo caso non può indicare
altro che i dadi». La Nucci rimanda espressamente ad A. Blaise, s.v. os, in Dictionnaire
Latin-Français des Auteurs Chrétiens, revu spécialment pour le vocabulaire théologique
par H. Chirat, Turnholti 1954, 585.
94
Luiselli (Il ‘De aleatoribus’ cit., 264-265) «nell’ambito della tradizione manoscritta che
tramanda le lezioni linguisticamente normalizzate» tra le «evidenti interpolazioni» e «so-
stituzioni, sul piano lessicale, di lezioni ad altre lezioni conservate nei codici» annovera
per aleat. 6, 27 la lezione del cod. Δ hostium suorum «contro ossuorum (gen. plur. di ossuum
[per os, ossis]» dei codd. M1QTU e ossorum del cod. D e alla nota 17 giustifica la forma os-
suum sulla base della documentazione presente in H. Rönsch, Itala und Vulgata. Das Spra-
chidiom der urchristlichen Itala und der katholischen Vulgata unter Berücksichtigung der
römischen Volkssprache, Marburg 1875 (rist. München 1965), 260, già utilizzata da Mio-
doński (ed. cit., 87 nota ad locum). Per il testo di Jo 19, 36 cfr. cod. 10 (olim f [Brixianus], edd.
J. Wordsworth-H.J. White, oxford 1889-1898, 636): facta sunt enim haec. ut scribtura imple-
retur. ossuum eius non confringetis ex eo (cfr. Vetus Latina Database cit., CD 14).
95
Cfr. E. Baer, s.v. 2. os, in ThLL 9, 2, 1094, ll. 62-65. Le attestazioni certe sono il già ci-
tato Jo 19, 36 e il dativo ossuis in due iscrizioni: una su un’arcula marmorea o vetus urna in
arce Castri Novi, l’odierna Santa Marinella (cfr. CIL XI 4011: DIS·MANIBUS·oSSVIS·ZMARAGDI);
l’altra rinvenuta ad Assisi dapprima «Sulla roccha nella loggia grande posta per para-
petto d’un horticello» e poi ritrovata «tra le macerie nella corte centrale del castello sotto
la torre della rocca maggiore» (cfr. CIL XI 5563, 4: C·VEPRIVS·ERoS / SIBI·ET·LERIAE / CoNIVGI
/ ET·PoST·CIPPVM·oSSVIS / LoCVS); le dubbie aleat. 6, 27, che la Baer nel 1981 citava come
aleat. 6, 9 in riferimento all’ed. Miodoński, e il locus desperatus di Didasc. apost. 60 (ed.
E. Tidner [TU 75], Berlin 1963, 96, ll. 12-15): et si ossum morticinum aut pellem aut † ossum
vulneratum † et monumentum tetigeris, debes baptizari, a proposito del quale Tidner in ap-
parato si chiedeva: an ‚‹m›ortuum’ pro ‚ossuum’ scribendum’?
96
Cfr. Baer, s.v. 2. os cit., 1094, ll. 36. 64-65.

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suorum. Se così fosse, il genitivo da promuovere a testo sarebbe ossorum, da


ossum (volgarismo per os abbastanza diffuso nella Vetus e in autori tardi, ma
presente anche in un autore arcaico come Accio) 97, che dovrebbe essere se-
guito dall’integrazione di suorum, che non nuoce in alcun modo al senso,
visto che ossum qui starebbe per talus 98, come lascia intendere anche la tra-
duzione della Nucci.
Per la struttura e il senso complessivi di aleat. 6, 25-27, delle soluzioni
fino ad ora prospettate le meno soddisfacenti sembrano essere quella della
Nucci di promuovere a testo le lezioni Qualis est, fidelis e disperdat, sconfes-
sate dalla sua stessa traduzione, e quella di Miodoński di accogliere a testo
la congettura di Wölfflin quae lis est fideles 99, nell’insieme poco adatta al con-
testo, anche se confermata in parte dalla lezione qualis est lis della famiglia
Δ* dello stemma Marin. Più plausibili sul piano del significato appaiono
da una parte la soluzione, comune a Hartel Harnack e Hilgenfeld, di pro-

97
In più occasioni Agostino sottolinea l’origine volgare dell’uso di ossum al posto di
os (cfr. per esempio in psalm. 138, 20, ll. 2-3 [CCL 40, 2004]: quod uulgo dicitur ossum, latine
os dicitur; ll. 6-9: Habeo in abscondito quoddam ossum. Sic enim potius loquamur: melius est re-
prehendant nos grammatici, quam non intellegant populi) e molte delle testimonianze gram-
maticali antiche (da Plinio il Vecchio citato da Carisio a Marziano Capella, allo Pseudo
Palemone, infine ai Catholica nominum et verborum tra gli Scripta Probiana) presentano sia
ossum sia ossu come volgarismi. Prisciano, invece, afferma che l’uso delle forme della se-
conda e della quarta declinazione era consentito nel latino arcaico: cfr. Prisc., gramm. 6,
69 (ed. M. Hertz [Gramm. Lat. 2],Leipzig 1855, 254, ll. 6-10): quidam tamen veterum et ‘hoc
ossu’ et ‘hoc ossum’ proferebant, unde Pacuvius in Chryse: ‘ossuum inhumatum aestuosam
aulam’. Accius vero in Annalibus: ‘Fraxinus fixa ferox, infensa infinditur ossis’; 7, 37 (ed. Hertz
[Gramm. Lat. 2], 318, ll. 3-4): In ‘os’ correptam unum Latinum neutrum ‘hoc ŏs‖huius ossis’,
quod etiam ‘hoc ossum’ antiqui protulerunt). Per i frammenti di Pacuvio e di Accio cfr. anche
Pacuv., trag. 102 (ed. o. Ribbeck [Scaenicae Romanorum poesis fragmenta 1], Lipsiae 18712,
89); Acc., carm. frg. 4, 1 (edd. W. Morel-C. Buechner-J. Blänsdorf, Stutgardiae - Lipsiae
19953, 83). La documentazione sui passi di Agostino e sulle testimonianze dei gramma-
tici dipende da Baer, s.v. 2. os cit., 1093, ll. 49-76; sull’uso di ossum nella Vetus e in autori
tardi cfr. ibidem, 1094, ll. 6-46.
98
Evidentemente ossum, al pari del più corretto os, poteva essere usato per indicare gli
oggetti fatti d’osso, e in particolare i dadi, come nell’enigma presentato in Diom., gramm.
2 (ed. H. Keil [Gramm. Lat. 1], Leipzig 1857, 462, ll. 23-25): ‘mare concretum in creta ligneo
in campo, ubi caro humana ossibus ludebat’; cum significare vult salem in salino fictili fuisse,
quod super mensam esset, in qua manus talos iactabat (cfr. Baer, s.v. 2. os cit., 1096, ll. 4; 18-21).
Miodoński (ed. cit., 87 nota ad locum) è quanto mai esplicito al riguardo: «Ossua sind hier
die tali, ἀστράγαλοι, die ursprünglich aus Tierknöcheln, später auch aus Metall, Elfen-
bein u.a. gefertig waren». Come si è visto anche la Nucci, a dispetto dell’infelice tradu-
zione «a causa di uno svariato numero di ossicini», concorda a pieno con Miodoński (cfr.
supra, nota 93).
99
Cfr. ed. Miodoński, 86 nota ad locum. In realtà non solo il testo, ma anche la tradu-
zione di Miodoński (cfr. ibidem, 86-87) lascia perplessi: quae lis est, fideles, ut quos nemo
persequitur se ipsos inuidentes persequantur, ut paternam suam hereditatem sub ossuorum mul-
tiformi numero disperdant? «Was ist das, ihr Gläubigen, für ein Streit, dass die, welche nie-
mand verfolgt, sich selbst in ihrer Missgunst verfolgen, dass sie ihr elterliches Erbteil
durch die verschiedenen Zahlen der Knöchel ruiniren?»).

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 99

muovere a testo le lezioni Quales sunt fideles e disperdant, comode, ma rela-


tivamente poco attestate (la prima solo da Q2d e la seconda da hϕζχCξroI
dello stemma Marin) e forse frutto di interventi di normalizzazione, dal-
l’altra la soluzione di Marin di preferire la congettura quale est, suggerita in
apparato da Miodoński, e di ricorrere, come tutti gli altri editori eccetto la
Nucci, alla lezione disperdant. Tuttavia, se si volesse rispettare il testo ri-
portato da gran parte della tradizione (i codd. più autorevoli delle famiglie
QTL dello stemma Marin), salvando così le lezioni qualis est fidelis e
disperdat, non resterebbe che ammettere la presenza di guasti difficilmente
sanabili.
La Nucci non ravvisa anomalie né in aleat. 6, 15-16 (16): O nequam manus
in perniciem Domini sui armata, quae sordidissimis aeris totam substantiam per-
dit 100 («o mano malvagia, armata a danno del proprio Signore, che con turpi
azioni perde tutto il patrimonio in denaro») 101 né in aleat. 10, 20-21 (20): Quod
opes et divitias tuas sordidissimas aeris admittis? 102 («Perché perdi le tue so-
stanze e le ricchezze che tu possiedi in sporco denaro?») 103; infatti, come ri-
sulta dalla traduzione, in entrambi i passi sembra considerare aeris un
genitivo singolare. Inoltre contesta a Harnack l’interpretazione «troppo for-
zata» di aeris in aleat. 6, 16 come ablativo plurale di aera, ae nell’accezione di
‘simbolo’, ‘figura’, per alludere «ai simboli disegnati sui dadi, dove oltre ai
numeri erano rappresentate forse anche delle immagini» 104.
In realtà Harnack in sordidissimis aeris, nell’accezione di «die schmutzig-
sten Instrumente (scil. die Würfel)», interpretava aeris come ablativo plurale
di aera, orum, al posto del regolare aeribus 105 e richiamava la forma aera, ae
(nel senso di «aereae figurae») non in riferimento al luogo di aleat. analizzato,
ma in riferimento a un passo di Sedulio, citato probabilmente a dimostra-
zione delle varie forme ed accezioni di significato generatesi da aes, aeris 106.

100
Cfr. Apparato Marin: sordidissimi N, sordidissimas t aeris] eris h, tesseris L, acris
ψ, oris η. Appendix Marin: sordissimis S1, sordidissime I, sordidissimi mFζ2 aeris] *eris
CA1, eris ΞΘfuυενXY, heris ni, horis ΦA2, acris Wrsx, atris wΠ, aleis ξo.
101
Cfr. ed. Nucci, 93.
102
Cfr. Apparato Nucci: sordidissimas MQTUΔ : sordidissimo D sordidissimis Hart
Mar aere D. Apparato Marin: sordidissimas TUDMQ1Δ (sordis-) ψ, sordidissimo d, sor-
didissimi N aere d, tesseris L, acris ψ, horis η. Appendix Marin: sordidissimas μΔ’ (sor-
dis- SζχC) ΔxΔ° (sordis- wrsx) aeris] eris Δx (exc. uυ), acris Δ°, actibus I, horis Φ, om. μ.
103
Cfr. ed. Nucci, 109.
104
Ibidem, 127 nota ad locum.
105
Cfr. E. Bickel, s.v. aes, in ThLL 1, 1071, ll. 46-48.
106
Cfr. ed. Harnack, 22 nota ad locum: «Derselbe Ausdruck c. 10 fin. (aeris = aeribus):
„die schmutzigsten Instrumente“ (scil. die Würfel). „Aera“ = „aereae figurae“ bei Sedul.,
carm. pasch. 1, 47». Per la citazione completa da Sedulio cfr. carm. pasch. 1, 47-48 (CSEL 10,
19): Quid lapides atque aera coli, quid fana profana / Proderit et mutis animas damnare metal-
lis?

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100 ALfoNSo MICHELE LoTITo

Che sordidissimis aeris per Harnack fossero «ehernen Würfel» appariva evi-
dente a Wölfflin il quale, polemizzando, ricordava come i dadi in aleat. 6, 27
fossero d’osso e, diversamente da Harnack, interpretava aeris come ablativo
plurale di aera, ae 107, nell’accezione di «Rechnungsposten», quanto mai spre-
gevoli sia che fossero vinte sia che fossero perse al gioco 108. Dal canto suo
E. Bickel, curatore delle voci aes, aeris e aera, aerae per il Thesaurus, attribui-
sce chiaramente l’ablativo plurale aeris di aleat. 6, 16; 10, 20 a aera, aerorum,
che considera forma derivata da aes, aeris in uso «inde a prima aetate impera-
toria» 109, e lo interpreta come «dictio tropica de aleatoribus» 110.
Si può restare in dubbio se aeris appartenga a aera, orum, nell’accezione di
‘dadi di metallo’ o a aera, ae, nell’accezione di ‘somme perse o vinte ai dadi’,
ma si deve ammettere che entrambe le forme, evidentemente d’origine vol-
gare, sono esempi di derivazione da aes, aeris: la prima per solo scambio di
declinazione, la seconda per mutamento di genere e insieme di declina-
zione 111. Perciò, quale che sia l’accezione di significato di aeris, sembra chiaro
che si tratti di un ablativo strumentale, come hanno sostenuto in maniera
convincente sia Luiselli sia Marin, che hanno considerato la lezione sordi-
dissimas di aleat. 10, 20, per quanto ben attestata, un errore meccanico per
sordidissimis. Del resto di tutti gli editori di aleat. la sola Nucci ha interpre-
tato aeris come genitivo singolare e ha accolto a testo sordidissimas 112.

107
Cfr. E. Bickel, s.v. 2. aera vel ēra, in ThLL 1, 1052, ll. 47-68.
108
Cfr. Wölfflin, Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 489 nota a «Aeris = aeribus»: «So erklärt
Harnack die Stelle, indem er unter aera die ehernen Würfel versteht, die doch nach c. 6
(ossuorum) aus Knochen gefertigt sind. Wir verstehen lieber unter aerae (Nomin. aera) die
einzelnen schließlich doch zum Ruine führenden Rechnungsposten, indem die Gewinne
wie die Verluste gleich enteherend sind (sordidissimis aeris totam substantiam perdit)». L’in-
terpretazione di Wölfflin è stata ripresa da Miodoński (ed. cit., 85 nota ad locum: «die
aerae sind die einzelnen Gewinn- und Verlustposten, die sordidissimae heissen, weil alles
Spielgeld, ob gewonnen oder verloren, sordidissimum ist»), che traduce aleat. 6, 15-16: «o
nichtsnutzige Hand, zu ihrem eigenen Ruin bewaffnet, welche in der schmutzigen Abre-
chnung, Posten um Posten, Hab und Gut verliert» e aleat. 10, 20-21: «Was verlierst du
dein Hab und Gut in ehrenrühriger Weise, Posten um Posten?» (ibidem, 85. 107).
109
Cfr. Bickel, s.v. aes cit., 1071, ll. 46-47.
110
Ibidem, 1076, ll. 26-30.
111
Cfr. Bickel, s.v. 2. aera vel ēra cit., 1051, ll. 47-48: «numerus pluralis nominis aes esse vi-
detur declinatione et genere mutatis».
112
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 280: «10, 20 sordidissimis aeris Hartel Marin: sor-
didissimas aeris MQTUΔ Nucci, sordidissimo aere D. Il concetto espresso in 10, 19-21 (quid
te in laqueum mortis... ultro praecipitas, quod [...] opes et divitias tuas... admittis [amittis Marin])
abbiamo in 6, 15-16 o nequam manus..., quae sordidissimis aeris totam substantiam perdit etc.
Qui leggiamo sordidissimis aeris, lezione univoca nella pressoché totale tradizione mano-
scritta, ivi compresa la poziore (vedi apparati di Marin e della Nucci). In 10, 20 la lezione
sordidissimas è quasi unanimemente attestata nella fase più antica e poziore della tradi-
zione (vedi a tale riguardo anche l’apparato di Marin) ed è pertanto da ricondurre al-
l’archetipo. Poiché l’aggettivo sordidissimas non può legarsi a opes et divitias tuas – non lo
permette il senso tanto del passo ora in questione quanto di 6, 15-16 citato a riscontro –,

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 101

Tuttavia l’interpretazione di Harnack sembra preferibile a quella di Wöl-


fflin sia perché nulla vieta di pensare che l’Anonimo potesse nel medesimo
cap. 6 accennare a dadi metallici e dadi d’osso, visto che i dadi antichi «più
comuni erano fatti in osso, ma a volte si usavano materiali più pregiati come
il bronzo, l’avorio, il cristallo e l’ambra» 113 sia perché in aleat. 6, 15-16
l’espressione manus... armata sembrerebbe rimandare all’idea di un oggetto
metallico, i dadi appunto, come strumento di dissipazione dei beni fami-
liari, piuttosto che all’idea delle puntate al gioco.

3. Coniugazione verbale

3.1. In aleat. 5, 19-22 (20): quid est ut iterum laqueis diaboli unde exuta est in-
plicetur et ipsa perdamnat? Aleatricem manum quae libidinoso studio consuerunt
id est aleae tabula, quod est diaboli malum et delectio vulnus insanabile 114 («per-

non resta che legarlo a aeris, non però in rapporto di sconcordanza, e considerarlo errore
meccanico dovuto a influsso di divitias tuas immediatamente precedente e correggerlo in
sordidissimis secondo la lezione di 6, 15-16». Per Marin che, diversamente dalla Nucci,
ma al pari di tutti i precedenti editori, aveva promosso a testo la lezione sordidissimis già
nel 1984, cfr. Una recente edizione critica cit., 21 nota 45. 43.
113
Cfr. E. Salza Prina Ricotti, Giochi e giocattoli (Vita e costumi dei romani antichi 18),
Roma 1995, 82.
114
Cfr. Apparato Nucci: iterum : om. D diabuli U implicetur TΔ Mar et ipsa perdam-
nat MTU : se ipsa perdet et damnat Q aleatricem manum dico quae se ipsa perdet et
damnat D1 aleatricem manum dico quae se ipsa perdit et damnat D2Hart et per ipsam
damnetur Δ et ipsa se perdet et damnat Mar aleatricem manum MTU Mar : aleatrix
manus Δ manus QD manum Hart que TΔ consuevit D Hart Mar id est : i Δ alee tabula
QDU Hart Mar : alee M alea et tabula T alea et tabule Δ quod : que Δ diaboli M Hart Mar
: zabuli TΔ zaboli U diabolum Q1D1 diabulu Q2 diab D2 malum MQD2TUΔ Mar : mabu-
lum D1 venabulum Hart delectio MQ : dilectio TU dilecti D zabuli Δ delicti Hart Mar. Ap-
parato Marin: iterum om. d Harn post implicetur add. TUM1η et ipsa perdamnat
(perdamna* M2), DΔψ et per ipsa (-sam Δψ) damnetur, N et ipsa damnetur per, Q se ipsa
perdet et damnat (sed se et -det ex corr., et damnat i. ras.; praem Q2 i. m. aleatricem manum
dico quae), Hilg se ipsa perdat et damnet?, d aleatricem manum dico quae se ipsa perdet
(-dit d2) et damnat, quod placuit Hart (perdit) Miod (perdet) aleatricem (alear- TU) manum
TUMQ1 (sed aleatricem eras., manum corr. in –us Q2) LN, aleatrices manus DΔψη Hilg,
manus d Harn (-um HartMiod) post manum add. dico e2L qui D libidonoso ψ consuevit dN
HartMiod, consuerunt TUDMQΔψη (consueve-) Hilg, consuluit L alea et tabula T2, alea
tabula D, alea et tabulae Δψ2 (alee ψ1) quae Δ diabolu* Q diaboli malum] diabulum d1,
corr. d2 dia | buli (add. i.m. buli) ma | (bu)lum (praem. ma et exp. bu), venabulun h (ve su-
prascr.) HartHilg et delicti h2η HartMiod, et dilectio TUM2LN, et delectio M1Q, et dilecti d
(h1) Hilg, et diaboli D, et zabuli Δψ insanabili ψ. Appendix Marin: quid est] quidem Ψϕ
est1 om. I ut] et ϕ, quod Θ (i.m. ut) n diaboli laqueis I ut post implicetur add. et ipsa dam-
netur per mF, et ipsa perdamnat Φμ (prodampnat), et per ipsam (ipsum I) damnetur Δ*
(damnetur C2 i. m., damnentur ξo) aleatrices manus ΦΔ* (aleaṣtrices ζr) exp. o2 et i.m. add.
ociosae animae libidonoso r consuevit] consueverunt Φμ, consuerunt Δ’ΔxIr (consueve-
ϕAvnY), censuerunt WξΠsxo, sensuerunt w idest eras. C alea tabula μ, alea et tabulae Δ*
(alee C2o2, alee tabula A2) quae Δ’ΔxI, quid Π delicti] dilectio mF (ante et) μ, zabuli Δ* (sa-
buli Θ) vulnus insanabile iter. Aυ (ịṇṣạḷ insanabile) i insahabile Π.

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102 ALfoNSo MICHELE LoTITo

ché mai di nuovo dovrebbe essere legata dai lacci del diavolo, dai quali è
stata liberata e perché si condanna? Parlo della mano che gioca a dadi, abi-
tuata a un’occupazione viziosa, cioè il gioco dei dadi, che è un male provo-
cato dal diavolo e un piacere [che è] ferita insanabile») 115 la Nucci ravvisa
un’anomalia nella voce verbale inplicetur che, a suo giudizio, per uno scam-
bio di coniugazione starebbe al posto del corretto inplicatur 116. In realtà, più
che supporre un improbabile slittamento dall’indicativo della prima a quello
della seconda coniugazione, sarebbe opportuno considerare inplicetur un
normale congiuntivo presente passivo della prima coniugazione in propo-
sizione sostantiva di fatto, introdotta da ut e retta da est in funzione di verbo
di accadimento 117. Tuttavia è assai strano che la Nucci abbia concentrato la
propria attenzione sul corretto inplicetur in un passo che appare assai pro-
blematico per ben altre lezioni, come et ipsa perdamnat... Aleatricem manum...
consuerunt... delectio.
Nella lezione et ipsa perdamnat risulterebbe attestato per la prima volta il
verbo perdamnare, usato per giunta con significato medio, secondo quanto
sostiene Luiselli 118. Invece, nelle sue due sole attestazioni sicure in atti con-
ciliari del VI sec., questo verbo compare rispettivamente in forma passiva e

115
Cfr. ed. Nucci, 89. 91.
116
Ibidem, 56.
117
Cfr. Traina-Bertotti, Sintassi normativa cit., 375 § 339 a.
118
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 271: «5, 20 et ipsa perdamnat MTU Nucci, se ipsa
perdet et damnat Q, et per ipsam damnetur Δ, et ipsa se perdet et damnat Marin. In base allo
stemma delineato dalla Nucci (p. 67), qui possiamo osservare quanto segue: a) MQ da
una parte e TU dall’altra risalgono a due subarchetipi appartenenti ad altrettanti distinti
rami della tradizione; b) la lezione ipsa perdamnat era nel subarchetipo di TU; c) la stessa
lezione, in quanto coincidente con la lezione di M, doveva essere anche nel subarchetipo
di MQ (in Q si è avuta innovazione rispetto alla lezione ipsa perdamnat del suo subar-
chetipo); d) di conseguenza, ipsa perdamnat doveva essere la lezione dei rami ai quali ap-
partenevano il subarchetipo di MQ e quello di TU; e) Δ, costituente un ramo diverso da
quelli cui appartenevano i due subarchetipi di MQ e TU, offre una lezione, per ipsam dam-
netur, che è evidente normalizzazione, sotto il profilo lessicale e sintattico, di ipsa per-
damnat (il verbo perdamnare è estremamente più raro del verbo damnare, e damnetur viene
a uniformarsi al precedente inplicetur o implicetur, col quale è strettamente coordinato) e
pertanto presuppone la stessa lezione tramandata nel ramo cui appartenevano i due su-
barchetipi di MQ e TU; f) la lezione se ipsa perdet et damnat di Q è da una parte norma-
lizzazione dell’uso assoluto di perdamnat, dall’altra, creando l’endiadi perdet [costruito
sul prefisso di perdamnat] et damnat, elimina il rarissimo perdamnare a favore del comu-
nissimo damnare; g) poiché alle parole se ipsa perdamnat immediatamente seguono, nel
passo pseudociprianeo complessivamente preso, le parole aleatricem manum, ecco na-
scere il vistoso rimaneggiamento interpolativo aleatricem manum dico quae se ipsa perdit di
D (con dico desunto dall’inizio del capitolo seguente) immetodicamnte recepito da Har-
tel; h) l’uso assoluto perdamnat per dire ‘si danna’ (o ‘si danna totalmente’, considerato il
prefisso rafforzativo per-) ben si inquadra nell’uso popolare di verbi transitivi presi as-
solutamente e col significato medio [cfr. V. Väänänen, Introduction au latin vulgaire, Paris
19813, p. 128]; i) ipsa perdamnat è lectio difficilior rispetto a tutte le altre lezioni. Pienamente
valida dunque la scelta operata dalla Nucci».

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in forma transitiva attiva con l’oggetto espresso 119. Marin, mettendo in crisi
l’interpretazione di Luiselli, ha sottolineato come la presenza di ipsa per-
damnat nei due subarchetipi di MQ e TU non garantisca automaticamente la
bontà della lezione tràdita 120. Inoltre, in dipendenza da quid est ut non si
spiegherebbe agevolmente l’uso dell’indicativo perdamnat dopo il corretto
congiuntivo inplicetur.
A tutta prima la scelta più economica sembrerebbe essere quella della le-
zione tramandata da gran parte della famiglia Δ* dello stemma Marin: et
per ipsam damnetur che, in quanto coordinata alla sostantiva con inplicetur, ri-
solverebbe il problema sul piano sintattico e, in quanto legata per omote-
leuto allo stesso inplicetur, ben si inserirebbe nella serie di omoteleuti che
scandisce tutto il passo di cui aleat. 5, 19-22 fa parte 121.
Tuttavia tale soluzione non giustifica l’uso dell’accusativo Aleatricem
manum con cui comincia il periodo seguente, a meno di non promuovere a
testo la lezione dico dei codd. e2L dello stemma Marin. Come si è visto, nel
tradurre la Nucci tradisce le proprie scelte testuali, non solo integrando
«Parlo», che si giustificherebbe solo se fosse stata accolta la già citata lezione
dico, ma soprattutto rendendo la terza persona plurale del perfetto indicativo
consuerunt con il participio passato femminile singolare «abituata». Anche la
scelta di et delectio vulnus insanabile appare poco felice, come testimonia an-
cora una volta la traduzione «e un piacere (che è) ferita insanabile».
Né risulta più convincente la difesa delle scelte della Nucci da parte di
Luiselli che giustifica consuerunt «come una constructio ad sensum», con cui
l’autore avrebbe usato il singolare aleatricem manum, pensando «collettiva-
mente, all’insieme dei giocatori dei dadi, cioè a aleatrices manus» e interpreta
aleat. 5, 20-22 come «frase esclamativa, con l’accusativo appunto esclama-
tivo aleatricem manum», traducendo: «o mano giocatrice ai dadi, che si è abi-
tuata a una viziosa passione, cioè il giuoco dei dadi, la quale è male del

119
Cfr. Mar. Merc., Conc.S 1, 5 (ed. E. Schwartz, Berolini-Lipsiae 1924-1925, 66, ll. 42-43):
ob hoc a beatae memoriae praedicto Zosimo episcopo scriptis amplissimis uel longissimis per-
damnatus est; Rustic., Conc.S 1, 4, (ed. E. Schwartz, Berolini-Lipsiae 1922-1923, 146, ll. 27-
28): ita ut omnes divinae regulae decreto subiacent, quae eos qui ita regunt, omnino perdamnat
(la documentazione dipende da M. Hillen, s.v. perdamno, in ThLL 10/1, 1250, ll. 5-7).
120
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 44 nota 121.
121
Cfr. aleat. 5, 10-22: Praeest diaboli laqueus manifestus, venenum portans laetalem serpen-
tis et inductio corrumpens: quae cum videtur nihil esse, magna plectibus operetur deiectio.
Quid illud est quaeso vos, fidelis, ut manus quae iam ab iniuriis humanis expiata est et ad sa-
crificium dominicum admissa et quod ad salutem totius hominis pertinet ipsa de dignatione
suscipit, ipsa ad laudem Domini in oraculo exsurgit, ipsa per quod tuemur Christi signum in
frontibus notat, ipsa divina sacramenta consummat: quid est ut iterum laqueis diaboli unde
exuta est inplicetur et ipsa perdamnat? Aleatricem manum quae libidinoso studio consuerunt id
est aleae tabula, quod est diaboli malum et delectio vulnus insanabile.

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104 ALfoNSo MICHELE LoTITo

diavolo e piacere, insanabile ferita!» 122; una traduzione che evidentemente


non risolve i problemi posti dalle lezioni Aleatricem manum... consuerunt... et
delectio vulnus insanabile, anche se non cade nella contraddizione di sottin-
tendere dico non riportato a testo.
È opportuno rilevare che, di fronte a passi manifestamente difficili come
questo, l’editore deve scegliere se ricostruire, con tutti i dubbi del caso, un
testo dotato di senso e, quindi, traducibile, o se arrendersi all’evidenza di un
testo irrimediabilmente guasto e, perciò, segnare le cruces.
Già Hartel, seguendo sostanzialmente la famiglia d dello stemma Marin,
aveva tentato di ricostruire il testo soprattutto in funzione del significato (cfr.
quid est ut iterum laqueis diaboli unde exuta est inplicetur? aleatricem manum
dico, quae se ipsa perdit et damnat, manum quae libidinoso studio consueuit id
est aleae tabula, quod est diaboli uenabulum et delicti uulnus insanabile). Della
sua ricostruzione, in gran parte accolta sia da Harnack sia da Miodoński 123
ma non da Hilgenfeld 124, la lezione meno convincente restava diaboli vena-
bulum a cui, sulla scorta dello stesso Miodoński, Marin e la Nucci hanno pre-
ferito diaboli malum 125. Per il resto consuevit, benché attestato solo dai codd.
dN, trova nella lezione consuluit della famiglia L, se non una conferma, al-
meno un punto di appoggio e la lezione et ipsa perdit et damnat potrebbe es-
sere all’origine della variante perdamnat (da perd[it et d]amnat), e non essere
derivata dallo stesso perdamnat per endiadi, secondo l’interpretazione di Lui-
selli 126. Rispetto a delicti, poco attestato ma ben difeso da Marin 127, la lezione

122
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 271-272.
123
Rispetto al testo di Hartel (ed. cit., 97, ll. 14-18), quello di Harnack (ed. cit., 21, ll. 3-
6) differisce solo per l’omissione di iterum e la variante manus subito dopo damnat. Mio-
doński (ed. cit., 82, ll. 1-4) conserva perdet della prima mano del cod. D/d e accoglie zabuli
malum al posto di diaboli uenabulum.
124
Cfr. ed. Hilgenfeld, 18, ll. 6-9: quid est, ut iterum laqueis diaboli, unde exuta est, inpli-
cetur, se ipsa perdat et damnet? aleatrices manus, quae libidinoso studio consuerunt, id est aleae
tabula, quod est diaboli venabulum et dilecti vulnus insanabile!
125
La Nucci (ed. cit., 125-126 nota ad locum) giustifica la scelta con argomentazioni nel-
l’insieme equilibrate e convincenti: «A nostro parere la lezione più attendibile è quella di
M che legge diaboli malum, supportata anche da TΔ con zabuli malum e da U con zaboli
malum (dove zabuli e zaboli sono solo varianti grafiche di diabulus/diabolus); Q1 legge dia-
bulum malum e, nel tentativo di migliorare il senso e la costruzione, prova a correggere
diabolum in diaboli, ma mentre la m è erasa, la u è rimasta integra, così che in Q2 si legge
diabolu malum; anche D1 legge solo diabulum, poi, di fronte all’identificazione tra diabolum
e aleae tabula, D2 corregge probabilmente in diaboli malum (su rasura del testo). Hartel
lesse la lezione di D come diaboli nabulum e tentò l’integrazione normalizzante diaboli ve-
nabulum, ricostruzione accolta da Harnack».
126
Cfr. supra, nota 118.
127
In realtà la lezione delicti, attestata dai codd. h2η dello stemma Marin e, per tradi-
zione indiretta, dalle sententiae di aleat. riportate da Antonino Pierozzi, arcivescovo di fi-
renze dal 1446 al 1459 (cfr. Opus excellentissimum hystoriarum seu cronicarum
reuerendissimi in Christo patris ac domini: domini Antonini archiepiscopi florentini nu-

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delectio, come variante grafica di dilectio, appare poco plausibile, nonostante


le considerazioni della Nucci 128.
Tuttavia, resta il sospetto che Aleatricem manum dico quae, lungi dall’essere
un «vistoso rimaneggiamento interpolativo» come sostiene Luiselli 129, po-
tesse ricorrere sia dopo inplicetur sia dopo perdamnat/perdit et damnat. L’ite-
razione a breve distanza della medesima formula, che trova un immediato
corrispettivo in aleat. 6, 1-4 (cfr. Aleae tabula, dico, ubi diabolus praesto est et ad
capiendum summissus et cum coeperit de captivo triumfus, perfidia, falsa testimo-
nia. Aleae tabula, dico, ubi dementia et furia et venale periurium et conloquium ser-
pentinum), potrebbe aver subito per omeoarto l’omissione dell’una o
dell’altra occorrenza, sicché i copisti dei testimoni conservati sarebbero va-
riamente intervenuti per rimediare ai guasti prodottisi nel testo in conse-
guenza di tale fenomeno 130.

3.2. Un altro problema assai spinoso è costituito da una serie di presunti


scambi dalla terza alla seconda coniugazione già in parte individuati da
Wölfflin, che invece negava un apparente scambio dalla seconda alla terza

perrime per magistrum Iohannem de gradibus ... laboriosa limatione emendatum: ne-
cessarijsque annotationibus: ac aliorum hystoriographorum concordantijs in regia vrbe
Lugdunensis illustratum, Lugduni 1512, pars prima, 7, 8, § 5), prima che da Hartel, Har-
nack, Miodoński e Marin, era già stata promossa a testo nelle edizioni di Pamèle e di fell
(cfr. ed. Hilgenfeld, 6. 18 nota di apparato). Marin (Una recente edizione critica cit., 30 nota
79) ha difeso la scelta fatta nella propria ed. del 1984, ricordando che nella «tradizione la-
tina è ben attestato il nesso vulnera delictorum» e citando a sostegno Ambr., bon. mortal. 5,
20 (SAEMo 3, 160): perfunduntur autem divini sermonis unguentis et fortiore cibo verbi velut
pane et suaviore sermone velut melle curantur quaedam vulnera delictorum; Chromat., serm.
31, 2 (CCL 9A, 140): languores animae, febres peccatorum et vulnera delictorum sunt, quae [...]
intus in anima serpunt; Sedul., op. pasch. 4, 7 (CSEL 10, 259): peccatrix mulier et famosa [...]
multis delictorum vulneribus sauciata.
128
Cfr. ed. Nucci, 126 nota ad locum: «La prosecuzione del testo è da leggere et delectio,
lezione fornita da MQ e supportata da TU (dilectio); D legge dilecti, genitivo retto da vul-
nus; Δ legge zabuli, evidenziando un probabile errore di ripetizione. Hartel, normaliz-
zando il senso, propone, senza supporto dei manoscritti, delicti vulnus».
129
Cfr. supra, nota 118.
130
In realtà la famiglia d dello stemma Marin è l’unica a tramandare con chiarezza
aleatricem manum dico quae dopo inplicetur e a ometterne l’ipotetica seconda occorrenza
dopo perdet (-dit d2) et damnat, attestando, invece, manus. Più tormentato il comporta-
mento della seconda mano di Q, che dopo inplicetur aggiunge aleatricem manum dico quae
in margine e dopo se ipsa perdet et damnat cancella aleatricem e corregge manum in manus,
dimostrando anche in questo caso la sua convergenza con d (cfr. ed. Marin, 3). fuorché
nei codd. DηΦ e in gran parte della famiglia Δ*, che riportano aleatrices manus, nel resto
della tradizione prevale la sola seconda ipotetica occorrenza di aleatricem manum quae in
cui, prima di quae, i codd. e2L attestano dico (cfr. supra, nota 114). Accettando la serie di
proposte discusse nel testo, il passo risulterebbe così ricostruito: quid est ut iterum laqueis
diaboli unde exuta est inplicetur? Aleatricem manum dico quae se ipsa perdit et damnat,
aleatricem manum dico quae libidinoso studio consuevit id est aleae tabula, quod est diaboli
malum et delicti vulnus insanabile. Resta, però, il dubbio che la seconda occorrenza della

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coniugazione 131 (cfr. aleat. 9, 2-3 [3]: et deorbati diaboli caligine invicem sibi
manus inferunt, maledicunt, se devovunt) 132, perché dovuto probabilmente ad
assimilazione ai precedenti inferunt e maledicunt. Nonostante l’interpreta-
zione di Wölfflin potesse far pensare anche a un errore di copista, tutti gli
editori successivi hanno promosso a testo devovunt. Eppure la tradizione ap-
pare piuttosto tormentata, come dimostrano l’omissione della voce verbale
nei codd. MQNmFμ e la variante corretta devovent, tramandata dalla fami-
glia L e dal sottogruppo I della famiglia Δ*. Di minor rilievo è, invece, la
sua attestazione da parte della seconda mano del cod. d su correzione.
Dopo Wölfflin è stato Miodoński a stendere l’elenco più completo dei
presunti scambi dalla terza alla seconda coniugazione (cfr. aleat. 8, 1: Aleae
tabula qui ludet, et maleficium nosse debet 133; 8, 4: Aleae tabula qui ludet prius
auctori eius sacrificare debet 134; 8, 8-10 [9]: Christianus qui es et aleae tabula ludes,
licet non sacrifices, legi huius facinoris particeps es 135; 8, 13-14 [14]: Christianus
quicumque es et alea ludes, hoc primo in loco scire debes 136; 9, 4-7 [6]: Sonat pu-
blice aleae screpitus, festinant ad necem hereditatis suae manus, nec intelleget miser
quid sibi noceat, quando se aleae auctorat 137; 9, 10-14 [11-14]: Manus carnifex,

lezione dico possa essere stata introdotta dai codd. e2L per porre rimedio allo stato assai
confuso della tradizione.
131
Cfr. Wölfflin, Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 491: «Die Konjugation zeigt so gut wie
gar nicht den Übertritt der II in die III (cap. 9 devovunt nach vorausgehendem inferunt,
maledicunt kann Assimilation sein), häufig den der III in die II. Zwar haben sich die for-
men dicis, dicit rein erhalten, und ebenso dann auch die neben dicit gestellten Verbalfor-
men (ponit et dicit 3, 10, occurrit et dicit 8), aber abgesehen von diesen formen überwiegen
die auf et, so cap. 9 in perdet et acquiret, welche selbst Hartel im Texte behalten hat. Ludere
bildet sogar sein Präsens konsequent nach der II, nämlich dreimal ludes und ludet in cap.
8, ludet cap. 9 (nach QT, ludit D); die Ausnahme cap. 9 post damna ludit wird richtig sein,
da post lucra desinit vorausgeht und der Parallelismus auf die form wirkte. Außerdem ist
herzustellen (vielleicht 1 delinquent mit MQT statt delinquentibus) 9 desinet, intelleget nach
MQT, 10 involves (nach T involvens), delinques nach MQT; vielleicht steckt auch 6 in der
Lesart von T desint ein ursprüngliches desinet, d.h. desinẹit oder desinịet. Statt suscipit in
cap. 5 ist nicht etwa suscipet zu schreiben, sondern suscepit, da das Verbum parallel steht
mit expiata und admissa est».
132
Cfr. Apparato Nucci: se devovunt DUΔ Hart Marin : om. MQ se devobunt T. Ap-
parato Marin: se devobunt T (devovunt parento om. t in sp. ca. 10 litt.), se devovent d2 (ex
-vnt; unt h) L, om. MQN. Appendix Marin: se devovunt om. mFμ devovovunt, vo exp., v,
devovent I.
133
Cfr. Apparato Marin: ludit D2Lψη. Appendix Marin: ludet mFμΔ’ΔX (lubet v) I,
ludit ΦΔ°.
134
Cfr. Apparato Marin: ludit D2Lψ. Appendix Marin: ludet mFμΔ’ΔX (lubet v), ludit
Δ°I, ludum Φ.
135
Cfr. Apparato Nucci: ludens Δ. Apparato Marin: ludis D2 (liu-) η, ludens Δψ. Ap-
pendix Marin: ludes] ludis Φ, ludens Δ* (ante tabula in ϕ), laudes γ.
136
Cfr. Apparato Nucci: ludis D ludens Δ. Apparato Marin: ludis D2dLη Harn, ludens
Δψ. Appendix Marin: ludes] ludis Φ, ludens Δ* (ludes π).
137
Cfr. Apparato Nucci: intelleget M1Q1TU Mar : intellegit M2Q2DΔ Hart. Apparato

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 107

manus noxia, qui nec post lucra desinet, sed et adhuc post damna ludet. Christia-
nus qui alea ludet sacrificium diaboli immolantibus penes auctorem manus pol-
luet 138; 10, 18-23 [23]: Quicumque es, desine ab illam dementiam. Miser, quid te in
laqueum mortis cum diabulo ultro praecipitas? Quod opes et divitias tuas sordidis-
simas aeris admittis? Quid te laqueis saecularibus involuis ut cum saeculo iudiceris?
Quid inimicum tuum favoribus laudando delinques, cum quo necesse est punia-
ris? 139; 11, 1-7 [7]: Esto potius non aleator sed Christianus, pecuniam tuam adsidente
Christo spectantibus angelis et martyribus praesentibus super mensam dominicam
sparge; patrimonium tuum quem forsitan saevo studio perditurus eras pauperibus di-
vide, divitias tuas Christo vincenti committe, servus cum Domino tuo avocare, stu-
dio deifico obsequere, artem Domini imitare quae non perdet sed potius adquiret 140),
accennando, però, anche a verbi della terza coniugazione usati corretta-
mente 141. La Nucci, invece, enumera solo alcuni degli scambi dalla terza alla
seconda coniugazione che promuove a testo e, pur accogliendo devovunt, non
ne fa menzione né nella parte introduttiva né nel commento 142.
Come si evince dall’analisi dei dati della tradizione, le forme corrette

Marin: intelleget TUDM1Q1 Miod, intellegit M2Q2 cett. HartHilg. Appendix Marin: intel-
ligit mFΦΔ*.
138
Cfr. Apparato Nucci: desinet M1Q1TΔ Mar : desinit M2Q2D2 Hart sinit D1 ludet
M QTUΔ : ludit M2D Hart Mar polluit D Hart. Apparato Marin: desinit D2M2Q2d2 (sinit
1

d1) LN HartHilg ludit] ludet ψ Miod ludet] ludit D2M2dLη polluit dL Hart. Appendix
Marin: desinit mFI ludit om. π christianus qui alea ludit add. i.m. Φ2 ludet] ludit ΦAvnξoI
polluit I, poluet ϕ.
139
Cfr. Apparato Nucci: delinques MQ1D Mar : delinquis Q2 Hart delinquens TUΔ.
Apparato Marin: delinques MQ1d (-es, i suprascr., h) N Miod, delinquens TUDΔ, delinquis
Q2LΔψ HartHilg. Appendix Marin: delinques Δ’ΔX, delinquis ΦΔ° (om. WΠ) I.
140
Cfr. Apparato Nucci: perdet M1QTUΔ Hart Mar : perdit M2D adquiret M1QDTU :
adquirit M2 acquiret Δ Hart Mar. Apparato Marin: imitare... acquiret] quae non perdet
imitare L perdit M2d1 (-et d2h) Nψ adquirit M2d1 (-et d2h) Nψ. Appendix Marin: servus... ac-
quiret [...] om. mF.
141
Cfr. ed. Miodoński, 19: «Die Verba auf -ĕre gehen öfters in das System der auf -ēre
über. Durchweg: ludet (=ludit) 8, 1 (p. 100, 10 [p. 92, 9]). 8, 2 (p. 100, 13 [p. 94, 2]). 9, 4 (p.
102, 2 [p. 100, 7]); ludes (=ludis) 8, 3 (p. 100, 18 [p. 94, 7]). 8, 5 (p. 101, 3 [p. 96, 6]). Je ein-
mal: perdet (=perdit) 5, 6 (p. 97, 16 [p. 82, 2]); desinet 9, 3 (p. 102, 1 [p. 100, 6]); polluet 9, 4
(p. 102, 3 [p. 100, 8]); involves 10, 6 (p. 103, 9 [p. 106, 5]); delinques 10, 6 (p. 103, 10 [p. 106,
6]); perdet und acquiret 11, 1 (p. 103, 17 [p. 108, 1]). Dicere, ponere, occurrere bilden ihr Prä-
sens regelmässig: dicis, dicit, ponit, occurrit». Si avverte che tutti i riferimenti di Miodoński
a pagine e linee della propria edizione di aleat. sono errati, probabilmente per problemi
occorsi in fase di stampa, perciò si fornisce tra parentesi quadre l’esatta collocazione delle
forme verbali citate.
142
Cfr. ed. Nucci, 56: «ludet (8, 1; 8, 4; 9, 11; 9, 12 anziché ludit); intelleget (9, 6 anziché
intellegit); desinet (9, 11 anziché desinit); delinques (10, 23 anziché delinquis); perdet (11, 7
anziché perdit); adquiret (11, 7 anziché adquirit)». La Nucci omette nel suo elenco: aleat. 8,
9: ludes; 8, 14: ludes; 9, 13: polluet. Anche Luiselli (Il ‘De aleatoribus’ cit., 268. 273) fa riferi-
mento ad alcuni di questi esempi di ‘scambio di coniugazione’, senza fornirne un elenco
completo.

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della terza coniugazione sono attestate quasi costantemente dalla famiglia


L dello stemma Marin 143. Nel tramandare le forme corrette a L si accompa-
gnano in varie combinazioni la famiglia d, i codd. NmFη, appartenenti alla
famiglia Q, il cod. ψ e i sottogruppi Δ° e I della famiglia Δ*, sicché tali lezioni
risultano attestate da rappresentanti di almeno due o tre delle famiglie dello
stemma Marin 144. A ciò si aggiunga sul piano squisitamente linguistico che,
se di ludere, intellegere, polluere e adquirere non vi sono in aleat. altre attesta-
zioni oltre a quelle dei passi considerati, invece dei verbi delinquere, perdere
e desinere vi sono attestazioni corrette con poche e poco significative varianti
(cfr. aleat. 4, 1-3 [2]: Si ergo apud dispensatores qaeritur ut quis fidelis et iustus in-
veniatur, quid si omnes delinquant et delinquentibus dispensatores ignoscant? 145;
4, 19-20: «si quis frater delinquit in ecclesia» [Doctr. apostol. 4, 14] 146; 6, 12-16
[15-16]: Manus trux, noxia et insomnis, nocte diemque continuis instrumentorum
suorum armigera, qui peccando se ipsa damnavit et post peccando non desinit. O
nequam manus in perniciem Domini sui armata, quae sordidissimis aeris totam
substantiam perdit 147; 6, 22: Hinc deinde pauperes fiunt, hinc opes suas perdunt;
9, 15-16 [15]: «et non desinam vos diu permanere super terram» [Jr 25, 6] 148); 10,
15-17 [16]: «et scitis quoniam ideo venturus est filius Dei, ut perdat filios diaboli»
[1 Jo 3, 8], che dimostrano che l’autore li riconosceva come appartenenti alla
terza coniugazione. Del resto si contano in tutta l’opera ben 78 voci verbali
corrette (di cui 22 in citazioni e allusioni bibliche e parabibliche), per un to-
tale di 33 verbi appartenenti inequivocabilmente alla terza coniugazione 149.

143
Solo per aleat. 8, 9 L tramanda ludes e per aleat. 11, 7 tramanda perdet.
144
fanno eccezione da una parte aleat. 9, 6 in cui prevalgono le attestazioni del corretto
intellegit, dall’altra aleat. 8, 9, in cui le lezioni pressoché equivalenti ludis/liudis sono atte-
state solo da D2ηΦ e aleat. 11, 7 in cui perdit e adquirit sono attestati solo da M2d1Nψ.
145
Cfr. Apparato Marin: delinquunt e2. Appendix Marin: delinquent w.
146
Cfr. Apparato Nucci: delinquid Q1TU. Apparato Marin: deliquit e. Appendix Marin:
delinquet mF, deliquit Φ, delinquat ΔX (v -et).
147
Cfr. Apparato Marin: desinit] desint TU, desinet Miod. Appendix Marin: desinit] de-
sunt w perḍịdit ζW, perdidit v.
148
Cfr. Apparato Nucci: desinam MQ1TUΔ Mar : sinam Q2D Hart. Apparato Marin:
*sinam Q, sinam dLψN HartMiod, (de)sinam Hilg. Appendix Marin: sinam ζ2 i.m. Δ° (r2 ex
corr. et i.m.) I.
149
Cfr. aleat. 1, 3: emergunt (Apparato Marin: emergunt codd. [emergant L, dimergunt
η] Hart, def. E. Löfstedt, Eranos 1908, 115, immergunt Harn [vel mergunt in app.], pergunt
Hilg, demergunt Wö 493 Miod. Appendix Marin: dimergunt Φ); 1, 10: ignoscimus (Appa-
rato Marin: ignoscimus] ignoscamus N2η, et non agnoscimus L. Appendix Marin: igno-
scamus Φ, agnoscamus μ); 2, 1: dicimur (Appendix Marin: dicunt w); 2, 2: dicat; 2, 9:
admittamus. Dicit (Apparato Nucci: admittamus QDTUΔ : amittamus M Mar. Apparato
Marin: om. M [i. ras. M2 amittamus] N admittamusTUD1QdΔ. Appendix Marin: om. mF
amittamus ΔX [ε amm-] Δ°, admittamus μΔ’ [aḍm- ζ], ammittamus ΦI); 2, 15: dicit; 2, 23:
crescant (Apparato Marin: add. d2 i. marg. crescunt η. Appendix Marin: crescunt Φ); 3, 7:
proponamus... dicit (Apparato Nucci: proponamus om. Δ. Apparato Marin: om. Δψ. Ap-
pendix Marin: proponamus om. Δ* [add. A i.m.]); 3, 15: ponit... dicit (Apparato Marin: pro-

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Quelli evidenziati da Miodoński e dalla Nucci sembrerebbero dunque


errori di copista e non di autore, dovuti all’alternanza e confusione di -e/-i

ponit L. Appendix Marin: ponit] potuit potuit v, ponit et dicit deest ξ); 3, 17: expetit (Ap-
parato Marin: expetis N. Appendix Marin: expetis mF); 4, 2: delinquant (cfr. supra, nota
144); 4, 3: ignoscant (Apparato Nucci: om. Δ. Apparato Marin: om. Δψ. Appendix Marin:
om. Δ* [add. A i.m.]); 4, 6: fallat (Apparato Nucci: fallat : falleret D. Apparato Marin: fal-
leret d. Appendix Marin: om. mF); 4, 7: intercedat (Appendix Marin: intercedat] iter c̣̣ọṇce-
dat w); 4, 22: dicit (Appendix Marin: dixit v); 5, 2: consulat (Appendix Marin: consulatur
Φ, consultat x); 5, 10: congruunt (Apparato Marin: del. Miod); 5, 17: exsurgit (Apparato
Nucci: exurgit Δ Hart Mar. Appendix Marin: om. μ exurgit] insurgit ϕ, exurgis ΔX [exur-
gens Θ], exurget wWξΠsxo); 6, 1: dico (Apparato Marin: om. η. Appendix Marin: om. Φv);
6, 3: dico; 6, 7: dico; 6, 15: desinit (cfr. supra, nota 147); 6, 16: perdit (cfr. supra, nota 147); 6,
19: insequitur (Apparato Nucci: sequitur Δ. Apparato Marin: sequitur DΔψ. Appendix
Marin: sequitur Δ*); 6, 21-22: consumit (Appendix Marin: consumis μ, consummit Φχ); 6,
22: perdunt; 6, 24: se obruunt (Apparato Marin: se obruunt] obruuntur L); 6, 24-25: admit-
tunt (Apparato Nucci: amittunt D Hart Mar. Apparato Marin: admittunt TUMQΔψ. Ap-
pendix Marin: amittunt ζ2fviWΠξo, amm- ΦC2ϕΞAuυεnIY, adm- μ cett. codd. fam. Δ*); 6,
25: persequitur (Appendix Marin: persequitur] sequitur πY, prosequitur i); 6, 26: perse-
quantur (Apparato Nucci: persequatur U. Apparato Marin: persequatur TU. Appendix
Marin: persequentur iter. m persequentur mF, persequatur μiξo); 6, 27: disperdat (Appa-
rato Nucci: disperdat M1Q1TU : disperdant M2Q2D2 Hart Mar disperdunt D1 disperdan-
tur Δ. Apparato Marin: disperdat TUM1Q1L, disperdunt d1 [-dant h]. Appendix Marin:
disperdant ϕζχCξroI, disperdat μ, disperdunt wWΠs, disperdant x, disperdantur cett.
codd. fam. Δ*); 6, 31: admittunt; 6, 34: coguntur... bibitur (Apparato Marin: cogunt D, cogi-
tur η. Appendix Marin: cogitur Φ); 7, 14-15: amplectitur (Apparato Nucci: complectitur D.
Appendix Marin: amplecteretur ζ i.m.); 7, 22: coli (Apparato Marin: coli] olim L. Appen-
dix Marin: coli] celi X); 8, 10 occurrit et dicit (Apparato Marin: et dicit] * dicit M, dicens
L); 8, 16: sumis (Apparato Nucci: summis TU. Apparato Marin: summis TU. Appendix
Marin: sumis] summis FμΦΨεn, sumus AΠ); 8, 17: dicit; 8, 18: Dicit enim scriptura (Ap-
parato Marin: dicit enim scriptura] et iterum dL Hart); 8, 21: dicis; 9, 3: maledicunt (Ap-
parato Marin: maledicto L. Appendix Marin: maledicto bPγ); 9, 7: vincitur; 9, 14: dicit
(Apparato Nucci: dicit MQTUΔ Mar : se dicit D Hart. Apparato Marin: dicitur N. Ap-
pendix Marin: dicicit, ci exp., X); 9, 18: dicit; 10, 2: dicit; 10, 6: propheta dicit (Apparato
Nucci: propheta QTUΔ Mar : per propheta M per prophetam D Hart dicit MQTUΔ Mar
: om. D Hart. Apparato Marin: propheta dicit] per prophetam dL Hart); 10, 9-10: ponit et
dicit (Apparato Marin: ponit et om. ψ. Appendix Marin: ponit et om. Δ° [in r in sp. ca. 8
litt.]); 10, 14-15: dicit; 10, 21: admittis... involuis (Apparato Nucci: admittis MQTU : amit-
tis DΔ Hart Mar involuis MQD2 Hart : involens TU involues D1 involuens Δ involves
Mar. Apparato Marin: admittis TUDMQ involves d1N Miod, involens T [-vens, v suprascr.,
t] UQ1, involvens DΔ, involvis M2Q2d2ψη HartHilg, volvis L. Appendix Marin: amittis] ad-
mittis μ, ammittis ΦΞε, amictis γ, amittas ϕAvi, auctas n involvens μΔ’Δx, involvis ΦΔ°I).
Per le forme verbali della terza coniugazione presenti in citazioni e allusioni bibliche e
parabibliche cfr. aleat. 2, 12: dicent... creditur ([Herm., sim. 9, 31, 6] Apparato Marin: cre-
detur Hilg. Appendix Marin: dicentur Ψ, dicetur F); 3, 19: quaeritur ([1 Cor 4, 2] Apparato
Nucci: queritur Δ); 4, 1: quaeritur ([1 Cor 4, 2] Appendix Marin: om. mFΦ queritur queri-
tur [exp.] A); 4, 11: contradicat (Tt 1, 9); 4, 12: contemnat ([1 Tm 4, 12] Apparato Nucci: con-
tempnat Δ. Apparato Marin: condemnat ψ); 4, 17: vivit... admittit (Herm., mand. 4, 1, 9);
4, 19-20: delinquit ([Doctr. apostol. 4, 14] cfr. supra, nota 146); 4, 20: colligatur ([Doctr. apostol.
14, 2; 15, 3] Apparato Nucci: colligitur TU. Apparato Marin: colligitur TU); 4, 21: agat
(Doctr. apostol. 15, 3); 4, 22-23: Eximite ([Dt 13, 5; 1 Cor 5, 13]. Appendix Marin: exemite zτ);
4, 25: vesci ([1 Cor 5, 11] Apparato Marin: vesci] sumere L, vescamur η. Appendix Marin:
vesci] vescamur Φ, sumere bPγ); 8, 12: Discedite, discedite ([Is 52, 11] Appendix Marin: di-
scedite om. mFτCv discedite] recedite F); 8, 17: tangat ([Lv 7, 19. 21?] Apparato Nucci:

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110 ALfoNSo MICHELE LoTITo

nelle desinenze verbali 150, come dimostrano anche gli esempi forniti da
Marin sulla base dell’apparato di alcune epistole ciprianee dell’edizione
Diercks 151. Per quanto riguarda la causa della diffusione e della persistenza
di questi errori in una parte consistente della tradizione si potrebbe persino
ipotizzare che qualche copista avesse scambiato almeno le forme ludet di
aleat. 8, 1; 8, 4; 9, 11-13; desinet di aleat. 9, 11; polluet di aleat. 9, 14; perdet e ad-
quiret di aleat. 11, 7 per futuri semplici della terza coniugazione, finendo così
col giustificarle.
Sia Wölfflin 152 sia Miodoński 153 avevano individuato anche due presunti

tanget Hart. Apparato Marin: tanget d [-at h] Hart. Appendix Marin: tangit χ1n); 9, 15: de-
sinam ([Jr 25, 6] cfr. supra, nota 148).; 10, 3-4: demittetur ([Mt 12, 32] Apparato Nucci: di-
mittetur DTΔ Hart Mar. Apparato Marin: demittetur UMQ, dimittitur N, «an legendum
remittetur?» Miod in app.); 10, 4-5: dimittetur ([Mt 12, 32] Apparato Nucci: dimittetur
MTD(sic!)Δ Hart Mar : demittetur QU dimittitur D. Apparato Marin: demittetur UQ, di-
mittitur d); 10, 11: perdit ([1 Cor 3, 17] cfr. infra, nota 155); 10, 13: Recedite a me ([Mt 7, 23]
Apparato Nucci: a me : a m U. Apparato Marin: recedite a me] recidit eam U; 10, 16: per-
dat (1 Jo 3,8). Come risulta evidente dall’elenco sono state prese in considerazione solo
le forme appartenenti ai tempi derivati dal tema del presente della terza coniugazione che
non possano confondersi con voci della seconda (si sono riportate anche voci sicura-
mente appartenenti al futuro, per le quali cfr. la traduzione della Nucci). Nel computo dei
verbi, due o più voci verbali derivate dalla medesima radice sono state calcolate come un
solo verbo: emergěre; ignoscěre; dicěre con i composti maledicěre e contradicěre; i com-
posti admittěre, che spesso maschera amittěre (cfr. Marin, Una recente edizione critica cit.,
28), e dimittěre; crescěre; poněre e il composto proponěre; expetěre; delinquěre; fallěre; i
composti interceděre e receděre; consulěre; congruěre; exurgěre; il composto desiněre;
perděre e il composto disperděre; i composti insěqui e persěqui; suměre e il composto
consuměre; obruěre; agěre e il composto cogěre; biběre; amplecti; colěre; occurrěre;
vincěre; involvěre; creděre; quaerěre; contemněre; vivěre; colligěre; eximěre; vesci;
tangěre.
150
Cfr. De Prisco, Il latino tardoantico cit., 143-144: «L’evoluzione fonetica di ĭ atona in
e, sia in sillaba protonica sia nella penultima dei proparossitoni (dove la ĭ indebolitasi in
e tende sempre più a cadere nella pronuncia) sia in finale di parola, è tra i fenomeni più
ampiamente attestati nei nostri documenti. Segno questo dell’avvenuta generalizzazione
e diffusione del fenomeno. [...] In sillaba finale di parola lo scambio ha come conseguenza
o la sostituzione della desinenza -is con -es nel nom. e nel gen. sing. dei sostantivi di terza
declinazione e degli aggettivi di seconda classe [...] o la sostituzione di e ad ĭ nelle desi-
nenze personali del verbo».
151
Dell’ampia esemplificazione che Marin ha fornito delle lezioni aberranti di MQTU
nell’epistolario di Cipriano rifiutate nell’edizione Diercks per CCL, riportiamo solo due
esempi particolarmente pertinenti: «epist. 63 [...] 18, 1 [...] exponis : expones MQTU; [...] ad-
sumis : adsumes MQTU» (cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 32-33; [CCL 3C], 414,
ll. 325-326).
152
Cfr. Wölfflin, Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 491: «für den bekannten Übergang der
Verba der III auf io in die IV giebt der Verfasser einen Beleg mit dem im cap. 11 zweimal
gebrauchten Imperativ fugi (so nach M). Vgl. fugīte Commod. instr. 2, 18, 21; fugiit u.ä. in
der Itala; franz. fuir. Georges, Wortformen 290».
153
Cfr. ed. Miodoński, 19: «Von fugio ist zweimal der Imperativ fugi belegt 11, 4 (p.
104, 7 [p. 110, 4-5]), gebildet von fugire». Per il riferimento alla pagina e alle linee dell’ed.
Miodoński cfr. supra l’avvertenza di nota 141.

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 111

scambi dalla terza alla quarta coniugazione (cfr. aleat. 11, 21-22: fuge [Mio-
doński: fugi] diabolum persequentem te, fuge [Miodoński: fugi] aleam inimicam
rerum tuarum) 154, che la Nucci a ragione non ha accolto, in quanto attestati
dai soli codd. UM1Q1 dello stemma Marin, i cui copisti, come si è visto, erano
soliti confondere le desinenze -e/-i.
A tale confusione si dovrebbe ricondurre anche l’anomalo presente indi-
cativo perdit al posto del futuro semplice perdet/disperdet correlato al futuro
anteriore violaverit di aleat. 10, 10-11 (11): si quis templum Dei violaverit, per-
dit illum Deus (1 Cor 3, 17) 155. La Nucci, pur dedicando una nota di com-
mento alla citazione paolina 156, tace sull’anomalia e non si cura del fatto che
il futuro disperdet sia attestato non solo dalla Vulgata, ma da quasi tutta la tra-
dizione diretta della Vetus 157.
Altrettanto sintomatica risulta la posizione di Luiselli a proposito di aleat.
5, 17-19 [18]: ipsa per quod tuemur Christi signum in frontibus notat 158, lo stu-
dioso, infatti, non solo ravvisa in tuemur l’uso «di verbo deponente con si-
gnificato passivo, o forse anche forma passiva (‘siamo protetti’)
presupponente un originario verbo di forma attiva divenuto di uso volgare
*tueo, *tuemus», ma lo enumera tra i quattro «abnormi fatti linguistici del De
aleatoribus [...] assolutamente sicuri e pacifici sul piano testuale» che «già di
per sé ci dispongono favorevolmente verso le molte lezioni di quello stesso
scritto che sono linguisticamente abnormi e testualmente degne di grande
attenzione sebbene non univocamente testimoniate dalla tradizione mano-
scritta» 159. Tuttavia, come già notava Wölfflin, ci sono attestazioni dell’uso
passivo di tueor non solo nel latino cristiano, ma anche in quello classico 160,

154
Cfr. Apparato Nucci: fugi U. Apparato Marin: fugi UM1Q1 Miod, fuge M2Q2 cett.
HartHilg fugi UM1Q1 Miod, fuge M2Q2 cett. HartHilg. Appendix Marin: fugi... te om. μ fuge
codd. fuge codd. Per il testo di Miodoński cfr. ed. cit., 110, 4-5.
155
Cfr. Apparato Nucci: perdet MQ1. Apparato Marin: perdet M2Q2ψN Hilg, disper-
dit (dis eras.) d (perdidit, di exp., h), disperdet L. Appendix Marin: perdet ΦCΔ° (r2 ex -it)I.
156
Cfr. ed. Nucci, 134 nota ad locum.
157
La Vulgata (si quis autem templum Dei violaverit / disperdet illum Deus /...) e la tradi-
zione diretta della Vetus, eccetto il solo cod. 65 (olim cod. z [Harleianus], ed. E.S. Bucha-
nan, London 1912, 29*) che attesta disperdit, concordano nel tramandare disperdet in 1 Cor
3, 17 (cfr. Vetus Latina Database cit., CD 16).
158
Cfr. Apparato Marin: intuemur D. Appendix Marin: tuemur] tenemur w, tenuit v.
159
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 264.
160
Cfr. Wölfflin, Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 491: «Die Vertauschung von Deponens
und Verbum activum ist schon im Altlatein häufiger als die Schulgrammatik gestattet; die
passiv gebrauchten formen perscrutentur, tuemur, operatur cap. 2. 6. 7 haben somit nichts
im schlimmsten Sinne Bedenkliches, da Ähnliches aus Vitruv und andern Autoren bei-
zubringen ist; immerhin mag daran erinnert werden, dass das Kirchenlatein der weni-
ger ängstlichen Stilisten jener Zeit sich nicht an die strengen Regeln der Grammatik hielt;
vgl. Commodian Apolog. 292 In illum sperabunt gentes, cuius signo tuentur. De aleat. 5 per
quod tuemur Christi signum». A proposito di Vitruvio, Wölfflin si riferiva probabilmente

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112 ALfoNSo MICHELE LoTITo

persino in autori come Virgilio, Livio e Apuleio 161, i cui testi nessuno si sogna
di definire «profondamente imbevuti di latinità popolare e degradata» 162.
Come si vede ancora una volta il pregiudizio dell’ignoranza linguistica del-
l’anomimo autore di aleat. ha impedito di considerare in modo equanime
un fenomeno linguistico non certo diffuso e normale, ma difficile da classi-
ficarsi come esemplarmente anomalo.
Del resto la prontezza con cui spesso alcuni studiosi si pronunciano su
presunte anomalie si trasforma in silenzio o impaccio di fronte a costrutti
rari e corretti come i due imperativi di aleat. 11, 5-6 (6): servus cum Domino tuo
avocare 163; 11, 23: evangelicis monitis erudire 164. Non c’è dubbio che si tratti
di due imperativi passivi con valore mediale 165, anche se la Nucci, che tace
su avocare, stranamente considera erudire «imperativo del deponente eru-
dior» 166. Possibili modelli sono da ravvisarsi innanzitutto nel latino della
Vetus, che presenta gli imperativi avocare e erudire rispettivamente in Sir 32,

a una delle praefationes ai libri del De architectura (cfr. Vitr. 8, praef. 2 [ed. L. Callebat, Paris
1973, 2-3]: Animaduertimus uero non solum nascentia ex his esse procreata, sed etiam res omnes
non ali sine eorum potestate neque crescere nec tueri), la cui facies linguistica è stata recente-
mente rivalutata da E. Romano (La capanna e il tempio: Vitruvio o dell’architettura, Palermo
1987, 63. 82) contro l’opinione di E. Norden (La prosa d’arte antica dal VI sec. a.C. all’età
della rinascenza 1, trad. it. di B. Heinemann Campana, Roma 1986, 312), che aveva svalu-
tato la prosa di Vitruvio, bollandola come «cattivo latino» (sulla questione cfr. P. Parroni,
Scienza e produzione letteraria, in Lo spazio letterario di Roma antica. Volume 1: La produzione
del testo, Direttori: G. Cavallo-P. fedeli-A. Giardina, Roma 19932, 469-505 [484-485]). Sulla
scorta di Wölfflin anche Miodoński (ed. cit., 19) aveva rilevato: «Die passiven formen per-
scrutentur 2, 6 (p. 94, 10 [p. 66, 4]); 5, 4 (p. 97, 9 [p. 80, 5]) operatur (=Kap. 6, 11, p. 99, 7 [p.
88, 5]); tuemur 5, 5 (p. 97, 13 [p. 80, 10]) lehnen sich an (archaisch-) vulgäre Vorbilder: per-
scrutare, operare, tuere an». Per il riferimento alle pagine e alle linee dell’edizione Mio-
doński cfr. supra l’avvertenza di nota 141.
161
Cfr. Verg., Aen. 9, 174-175 (ed. R.A.B. Mynors, oxonii 1969, 311): omnis per muros
legio sortita periclum / excubat exercetque uices, quod cuique tuendum est; Liv. 3, 70, 2 ed.
R. Maxwell ogilvie 1, oxonii 1974 [rist. 19874], 239): Sp. Postumio Albo legato datur media
acies tuenda; Apul., apol. 103 [ed. R. Helm, Leipzig 1972, 114, ll. 10-11]: uerum etiam male-
dictis procul a culpa [philosophiae] tutus sum). Sono gli esempi più significativi e più sicuri
tra gli altri forniti da Ae. forcellini-I. furlanetto-f. Corradini-I. Perin, s.v. tueor, in Lexi-
con totius Latinitatis, Patavii 1864-19264 (rist. Bononiae 19652), 4, 824, a cui si rimanda
anche per il riferimento a Vitruvio riportato nella nota precedente.
162
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 281.
163
Cfr. Apparato Marin: avocare] vocare DL, a iocare ψ, advocare η. Appendix Marin:
avocare] advocare Φ, aiocare Δ° (ad- x, aioco w, ioculari o i.m.).
164
Cfr. Apparato Nucci: erudiri M2. Apparato Marin: erudiri M2, eruditi N. Appendix
Marin: erudiri mF.
165
Per la definizione cfr. G. Scarpat–f. Ghizzoni, Grammatica Latina, Brescia 19834, 94
§ 73, 2: «di natura sua l’imperativo passivo ha pochissime possibilità di essere usato, per-
ché è difficile poter comandare a uno di subire una azione; la forma passiva è quindi
quasi esclusivamente usata nei verbi deponenti (appunto perché hanno significato tran-
sitivo o intransitivo e non passivo), o nei passivi con valore mediale».
166
Cfr. ed. Nucci, 136 nota ad aleat. 11, 24. Sull’uso del verbo erudire come mediopas-
sivo cfr. G. Burckhardt, s.v. erudio, in ThLL 5, 2, 828, ll. 21-22; 830, l. 7.

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15 e Jr 6, 8, ripresi anche dalla Vulgata 167. Quanto al senso di aleat. 11, 6, per
quanto già Harnack 168, seguito da Hilgenfeld 169, avesse interpretato avocare
come «sich zerstreuen», corrispondente al latino delectare 170, la traduzione
della Nucci «nella condizione di schiavo il tuo Signore sia la tua distra-
zione» 171 a buon diritto è apparsa non priva di forzature 172. Più adeguata, ma
necessariamente in contraddizione con la definizione di erudire come impe-
rativo deponente, risulta la resa di aleat. 11, 23 con «lasciati formare dagli
ammonimenti del vangelo» 173.

4. Pronomi relativi

Per la prima delle cinque occorrenze di presunte anomalie nell’uso del


pronome relativo segnalate dalla Nucci 174 (cfr. aleat. 2, 22-24 [23]: Quo magis
a nobis cotidie perscrutentur, ut medicamine caelesti adhibito vellera eis florida
crescant qui ad nitorem vestis salutaris proficiant) 175 non solo la tradizione non

167
Per Sir 32, 15 il testo della Vulgata (et hora surgendi non te trices / praecurre autem prior
in domum tuam et illic avocare / et illic lude) corrisponde sostanzialmente a quello della
Vetus come testimoniano Cod. Amiat. (ed. P. de Lagarde [Mittheilungen 1],Göttingen
1884), 341: et hora surgendi non te trices: praecurre autem prior in domum tuam et illic avocare
et illic lude; Aug., spec. 23 (CSEL 12, 146, ll. 14-15): praecurre autem prior in domum tuam et
illic avocare et illic lude; 39 (CSEL 12, 473, ll. 9-10): et si hora est surgendi, non trices: prae-
curre autem prior in domum tuam. illic avocare, illic lude; Quodv., prom. 5, 15 (SC 102, 664,
ll. 15-17): Ingredere ergo huc adulescens et hic avocare, hic lude et age conceptiones tuas. Invece,
per Jr 6, 8 (Vulgata: erudire Hierusalem ne forte recedat anima mea a te / ne forte ponam te de-
sertam terram inhabitabilem) solo parte della tradizione indiretta della Vetus attesta eru-
dire: Luculent., in Tit. 16 (PL 72, 849 D, l. 6): Erudire, Jerusalem, nec recedat anima a te;
Ps-Mel., clav. 14, 1, 2 (ed. J.B. Pitra [Analecta Sacra 2], Tusculi 1884, 111): Item ibi: erudire,
Hierusalem (cfr. Vetus Latina Database cit., CD 7). In Ps 2, 10 (Vulgata iuxta LXX: et nunc
reges intellegite / erudimini qui iudicatis terram; iuxta Hebr.: nunc ergo reges intellegite / eru-
dimini iudices terram) la 2a persona plurale dell’imperativo erudimini è attestata da tutta
la tradizione della Vetus (cfr. Vetus Latina Database cit., CD 4).
168
Cfr. ed. Harnack, 29 nota ad locum.
169
Cfr. ed. Hilgenfeld, 72 nota ad locum.
170
Per l’accezione di significato di avocare «fere i.q. delectare» e la relativa documenta-
zione cfr. M. Ihm, s.v. avoco, in ThLL 2, 1470, ll. 6-25.
171
Cfr. ed. Nucci, 109.
172
Cfr. M. Marin, Sulla presenza di Cipriano nel ‘De aleatoribus’, in Nuovi studi sul ‘De
aleatoribus’ pseudociprianeo cit., 133-194 (169): «La traduzione alquanto forzata [...] tenta di
rispettare l’accezione di avoco nel senso di ‘distogliere, distrarre’, che corrisponde all’uso
ciprianeo».
173
Cfr. ed. Nucci, 111.
174
Ibidem, 56: «vellera qui (2, 23); manus... qui (6, 14); studium... qui (9, 9); manus qui (9,
10); patrimonium tuum quem (11, 3-4)».
175
Cfr. Apparato Nucci: cotidiae M cottidie QU perscrutetur Q1 vellera MQ2DΔ Hart
Mar: bellera Q1 bellaera TU qui MQ2D1TU Hart Mar : quis Q1 que D2Δ nitorem M Hart:

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è concorde e presenta significative attestazioni di quae/que, ma la stessa stu-


diosa traduce il pronome relativo come se fosse riferito ad eis e non a vellera,
quindi come se fosse usato in modo corretto e non anomalo («Perciò ogni
giorno siano ancor più sorvegliati attentamente, affinché, somministrata la
celeste medicina, floridi crescano i velli a coloro che progrediscono verso il
candore della veste salutare») 176. Sul passo Luiselli assume una posizione
diversa da quella della Nucci, considerando qui riferito non ad eis, ma a vel-
lera, accogliendo a testo neturam al posto di nitorem, come già avevano fatto
Miodoński e Marin, e traducendo «Vieppiù siano da noi quotidianamente
sorvegliate [le ‘pecore spirituali’...] affinché, somministrata la celeste medi-
cina, crescano ad esse floridi velli che progrediscano [...] verso la tessitura
della veste salvifica» 177. Se per quanto riguarda la lezione neturam – final-
mente una vera lectio difficilior – nulla si può aggiungere alle argomentazioni
di Luiselli 178 e soprattutto di Marin 179, che ha rinvenuto nell’uso della me-

neturam Q1D Mar naturam Q2TUΔ salutaris : caelestis D1 Hart. Apparato Marin: quo]
quin L perscrutetur Q (Q2 -tentur), perscrutantur e1 ut medicamine] omine (?) η bellaera
T1U, bellera M1Q1 florida crescant add. d2 i. marg. crescunt η quae DQ2d2LΔψNη neturam
Q1d Miod, naturam TUDQ2LΔψη Hilg, nitorem M (sed itorem in ras.) N Hart salutaris]
caelestis d (salutaris s.l.) Hart. Appendix Marin: cotidie a nobis Pγ ut] et in X ut medica-
mine] omne Φ post perscrutetur μ exhibet florida crescant que ad naturam vestis saluta-
ris proficiant aīe (animae? vel potius amine ex medicamine?) celesti adhibito bello, rel.
lacunam 7/8 litt. velera ϕ eis] eius Ao crescunt Φ quae ΦμΔ* naturam ΦμΔ* proficiunt A.
176
Cfr. ed. Nucci, 81.
177
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 267.
178
Ibidem, 276: «L’autore esorta i vescovi ad operare indefessamente in favore delle
pecore affidate alla loro cura pastorale: crescano a queste floridamente i velli per la fila-
tura (ad neturam [da neo, nevi, netum, nere]) della loro veste salvifica. È una bella metafora
che ha buon fondamento nella tradizione manoscritta, poiché la lezione neturam è pre-
supposta e confermata dalla pur erronea variante naturam, sì che la stessa lezione netu-
ram, direttamente o indirettamente, è testimoniata dalla convergenza di Q1Q2TUDΔ, cioè
di più rami della tradizione. La lezione ad nitorem (‘per il candore’ della veste) è, rispetto
a neturam, chiaramente facilior».
179
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 25-26: «la scelta di nitorem merita qualche
parola in più. Secondo la curatrice (commento, 118), ‘accolta da Hartel e da Harnack, è
la lezione più convincente anche se non ampiamente sostenuta dai codici; solo M legge
nitorem e il testo del manoscritto non concede altra lettura, né conferma la lezione itorem
che Hartel dice di leggere in rasura. La lezione neturam di Q1D è priva di significato e ha
suggerito la correzione naturam in Q2 e in TUΔ’. In realtà, nitorem è certamente la lezione
più facile e banale; lo osserva anche Luiselli (276), che considera ad neturam (crescano
alle pecore spirituali, cioè ai fedeli, floridamente i velli ‘per la filatura’ della loro veste sal-
vifica) una bella metafora che ha buon fondamento nella tradizione manoscritta (‘la le-
zione neturam è presupposta e confermata dalla pur erronea variante naturam’). Ma si
può ulteriormente argomentare. Quando avevo accolto nella mia edizione neturam, an-
cora non mi ero reso conto di un testo veterotestamentario che si colloca sullo sfondo
dell’argomentazione dell’anonimo: Sir 6, 31 (30 LXX) decor enim vitae est in illa et vincula
illius netura salutaris, che celebra il pregio della sapienza (6, 18-37) e descrive i suoi legami
come ‘tessitura salutare’, documenta il termine che ci interessa e insieme un’ampia serie

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tafora della «tessitura salutare» di Sir 6, 31 l’ipotesto biblico di riferimento


per aleat. 2, 22-24, è forse utile riflettere sul perché dell’uso anomalo di qui
riferito a vellera. Potrebbe, infatti, trattarsi di un errore di copista al posto
del corretto quae, errore diffuso e preservato proprio dalla fallace connes-
sione con eis e dalla difficoltà di comprendere l’uso metaforico di neturam.
La seconda occorrenza (cfr. aleat. 6, 12-15 [14]: Manus trux, noxia et in-
somnis, nocte diemque continuis instrumentorum suorum armigera, qui peccando
se ipsa damnavit et post peccando non desinit) 180 risulta attestata solo dai codd.
TUM1Q1 dello stemma Marin contro tutto il resto della tradizione e, per di
più, appare alquanto sospetta in relazione al contesto:

aleat. 6, 9-18: O aleatorum noxia, sedentaria et pigra nequitia: o manus cru-


delis et ad periculum sui armata, quae bona paterna et opes et avorum sudore
quaesitas ignominioso studio dilapidat. Manus trux, noxia et insomnis, nocte
diemque continuis instrumentorum suorum armigera, qui peccando se ipsa
damnavit et post peccando non desinit. O nequam manus in perniciem Domini
sui armata, quae sordidissimis aeris totam substantiam perdit et cum tot es-
sent augendae rei familiares et multarum abundantiae opes, modo inops et pau-
per est.

Come appare evidente, nella strutturazione su tre periodi paralleli gioca


un ruolo di primo piano proprio l’iterazione di manus... quae e non si giusti-
fica facilmente la presenza dell’anomalo manus... qui tra due costrutti cor-
retti e unanimemente attestati 181.
Anche per le altre tre occorrenze (cfr. aleat. 9, 8-9 [9]: O ars infesta stu-
dentibus et studium libidinosum, qui non divitia sed nuditate et inopia prae-

di varianti (nectura, nexura, natura, adligatura, ac ligatura, ligatura; molti mss. premettono
fila hyacinthina). La restituzione di netura in aleat. (2, 23-24) felicemente si applica alla cre-
scita dei velli delle pecore spirituali (vellera eis florida crescant qui ad neturam vestis saluta-
ris proficiant) e illustra nel nostro anonimo un ulteriore richiamo scritturistico, a
testimonianza delle sue conoscenze bibliche (significativa anche la ripresa di salutaris del
Siracide, finemente attribuito alla vestis)»; ibidem, 42 discutendo della traduzione della
Nucci: «2, 23-24 vellera eis florida crescant qui ad nitorem vestis salutaris proficiant, ‘floridi cre-
scano i velli a coloro che progrediscono verso il candore della veste salutare’. Mentre la
traduzione collega eis qui, creando qualche problema per il congiuntivo proficiant, giu-
stamente la curatrice aveva segnalato (56) vellera qui fra i casi di mancata concordanza del
pronome relativo: tradurremo quindi ‘crescano loro floridi i velli che possano giovare...’.
Della lezione nitorem, una evidente banalizzazione rispetto alla lezione autentica, netu-
ram, mi sono già occupato (supra, I.2.4)». Ricordo che nei passi citati Marin con l’espres-
sione ‘curatrice’ si riferisce ovviamente alla Nucci.
180
Cfr. Apparato Nucci: qui M1Q1TU Mar : que M2Q2 quae DΔ Hart. Apparato Marin:
qui TUM1Q1 Miod, quae M2Q2 cett. Hart Hilg. Appendix Marin: qui μ, quae mFФΔ*.
181
Per la lezione quae di aleat. 6, 11 l’apparato e l’appendix Marin tacciono, l’apparato
Nucci, invece, segnala la variante que attestata dal cod. Δ; anche per quae di aleat. 6, 16 il
solo apparato Nucci registra la medesima variante grafica nei codd. TUΔ.

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stat 182; 9, 10-11 [10]: Manus carnifex, manus noxia, qui nec post lucra desinet,
sed et adhuc post damna ludet 183; 11, 3-4 [4]: patrimonium tuum, quem forsi-
tan saevo studio perditurus eras pauperibus divide 184) si registrano varianti
significativamente attestate: in aleat. 9, 9, oltre a qui, sono stati tramandati
quae, quod, quidem, quod quidem, quid; in aleat. 9, 10 è ampiamente attestato
anche quae/que; infine, aleat. 11, 4 costituisce a suo modo un caso para-
digmatico, in quanto la lezione quem è stata promossa a testo, anche se
fondata un numero di attestazioni decisamente minoritario rispetto al cor-
retto quod.
Bisogna però ricordare che già E. Löfstedt, per sostenere che in età tarda
il maschile qui aveva sostituito anche il neutro e il femminile, non solo si
soffermava su aleat. 2, 23; 9, 9; 9, 10, ma, analizzando aleat. 5, 5-6 [6]: Mul-
tae enim sunt temptationes eius quarum primordia sunt 185, proponeva di ac-
cogliere l’apparentemente anomalo quorum al posto di quarum 186. Di tutti
gli editori di aleat. il solo Marin ha seguito l’indicazione di Löfstedt, tutti
gli altri hanno preferito il più rassicurante quarum 187. Tuttavia la lezione
quorum potrebbe risultare tutt’altro che scorretta, a patto di tener conto del

182
L’apparato Nucci tace. Cfr. Apparato Marin: qui TUDM1Qd (quod h) edd., quae
M2Nη, quod L, quidem Δ, quod quidem ψ. Appendix Marin: qui F, quae mФμ, quidem
ΨπζΔx (Ξ i.m.) I, quid S1Jτ, quod S2ϕzχC, quod quidem ζ2Δ˚.
183
Cfr. Apparato Nucci: qui MQ1TUΔ Hart Mar : que Q2 quae D. Apparato Marin:
qui TUDM1Q1Δ edd., quae M2Q2 cett. Appendix Marin: ante manus in c que qui] quae
mFФμC (ex corr.) ΘΥ (ex corr.) Δ˚.
184
Cfr. Apparato Nucci: quem QT Mar : quod MDUΔ Hart. Apparato Marin: quem TQ
(quod U2M2 i.ras.) Miod, quam D, quod cett. HartHilg. Appendix Marin: quod codd.
185
Apparato Nucci: multe Δ quorum U Mar. Apparato Marin: multa η tentationis eius
genera η quarum N Hart Hilg. Appendix Marin: multa Φ sunt enim mF sunt] ei praem. μ
temptationes eius] tentationis eius genera Φ, temptationis genera μ, quorum iter. π, qua-
rum mFJ, praemordia v.
186
Cfr. E. Löfstedt, Philologischer Kommentar zur ‘Peregrinatio Aetheriae’. Untersuchungen
zur Geschichte der lateinischen Sprache, Uppsala 19362, 131.
187
La Nucci, che promuove a testo quarum, nel commento (cfr. ed. cit., 125 nota ad
aleat. 5, 5-10) tace al riguardo. La questione è, invece, puntualmente ricostruita in M. Ve-
ronese, ‘De aleatoribus’. Per una storia delle interpretazioni, in Nuovi studi sul ‘De aleatoribus’
pseudociprianeo cit., 197-226 (216): «Nel volume dedicato alla Peregrinatio Egeriae Löfstedt
esamina le particolarità del latino e evidenzia alcune analogie con la lingua di aleat. Un
primo esempio riguarda la concordanza del pronome relativo; egli nota che in tre casi il
pronome relativo è sempre il maschile quem, anziché essere concordato al neutro quod
(peregr. 4, 2) o al femminile quam (peregr. 5, 4; 37, 1). Ciò dovuto al fatto che in età tarda il
maschile qui ha assunto anche le funzioni del neutro e del femminile, come nel francese
moderno. Tra gli esempi che Löfstedt porta a sostegno della sua tesi, diversi sono quelli
tratti da aleat.: 2, 23: vellera... qui; 5, 6: temptationes... quorum; 9, 8: ars infesta et studium li-
bidinosum, qui; 9, 10: manus noxia, qui; etc., casi in cui spesso gli editori sono intervenuti
sul testo tràdito. L’unico dubbio riguarda la data a cui far risalire tale uso del pronome
relativo al maschile: le testimonianze letterarie risalgono alla prima metà del IV secolo,
ma aleat. è forse anche più antico».

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 117

passo nella sua interezza e di rivalutare una parte minoritaria della tradi-
zione:
aleat. 5, 3-6: Sollicitos esse iussit et providos atque eruditos quoniam hostis ille
antiquus circuit pulsans Dei servos non uno genere temptans. Multae enim sunt
temptationes eius quarum [Löfstedt, Marin: quorum] primordia sunt:...

Infatti, allargando in tal modo la prospettiva, risaltano nell’apparato


Marin le varianti multa enim sunt tentationis eius genera dei codd. ηΦ e mul-
tae enim ei sunt temptationis genera del cod. μ al posto di Multae enim sunt
temptationes. Se si accogliesse il testo proposto dai codd. ηΦ, che dipen-
dono direttamente dal capostipite della famiglia Q 188, quorum verrebbe ad
essere correttamente accordato con il neutro genera e non più col femminile
temptationes, sostituito dal genitivo tentationis/temptationis. L’omissione del
neutro plurale genera nella maggior parte dei codd. spiegherebbe così il pas-
saggio da multa a multae per la necessità di ancorare l’aggettivo a tentatio-
nis/temptationis, a sua volta trasformatosi in temptationes. Del resto bisogna
considerare non solo che genera ricorre in uno dei modelli ciprianei di aleat.
5, 3-6 (cfr. Cypr., Fort. 2 [CCL 3, 183, ll. 22-26]: adversarius vetus est et hostis an-
tiquus cum quo proelium gerimus [...] Omnia genera temptandi et artes atque in-
sidias deiciendi usu ipso vetustatis edidicit 189), ma che il sottile gioco retorico
tra genere temptans e genera... tentationis/temptationis, collegati dalla con-
giunzione enim, rimanda all’usus scribendi dell’Anonimo, il quale almeno in
un altro passo si serve a più riprese del poliptoto inframezzato da un con-
nettivo, per rimarcare il concetto espresso:

aleat. 7, 2-15: Cum enim quidam studio litterarum bene eruditus multum medi-
tando hoc malum tam perniciosum studium adinvenit, exigatu soli et diaboli qui
eum artibus suis repleverat, hanc ergo artem ostendit quam et colendam scul-
ptoris cum sua imagine fabricavit. Statuit itaque imaginem speciei suae cum
nominis sui subscriptione suggerente sibi inimico, qui ut hanc artem excogita-
ret in peccatore subinvenit. Sic ergo se in imaginem syneciosam demonstrans
altus quodam loco condidit et in sinos suos hanc aleae tabulam gestans, ut quasi
ipse lusor et adinventor huius malitiae appareret, cuius nomen a Dei servis no-
minari non debet, sic enim in nomine turpis est quomodo in factis iniquus, et
quisque Dei servus aleae tabulam amplectitur auctoris nomen vocaretur.

Infine, per farsi un’idea dell’usus scribendi dell’Anonimo e valutare col


giusto equilibrio le presunte anomalie che gli vengono addebitate, bisogna
tener conto delle quarantasei occorrenze di uso corretto dei relativi (tra re-

188
Cfr. supra, nota 33.
189
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 156.

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118 ALfoNSo MICHELE LoTITo

lativi propriamente detti, indefiniti relativi e nessi relativi), nove delle quali
all’interno di citazioni e allusioni bibliche e parabibliche (cfr. aleat. 1, 6-7 [6]:
et origine authentici apostolatus super quem Christus fundavit ecclesiam in supe-
riore nostro portamus [Mt 16, 18]; 2, 7-8 [8]: aut dum falsa communicatione damus,
id quod cum honore de Dei dignatione percipimus, indignante Domino ex propria
actione admittamus 190; 2, 17-19 [18]: et omnes esse apud eum granaria plena, de
quod quidquid desideraverit populus meus saturetur [Prv 3, 10; Jr 31, 14] 191; 2,
20-21 [21]: hoc est hominum fidelium qui sub cura nostri constituti 192; 3, 7-9 [8-
9]: «Nolite contristare Spiritum sanctum qui in vobis est, et nolite extinguere
lumen, quod in vobis effulsit» [Eph 4, 30; 1 Cor 6, 19; 1 Th 5, 19; Herm., mand.
10, 2, 5] 193; 4, 8: «noli spernere donum quod in te est» [1 Tm 4, 14]; 5, 9-10: et si
qua sunt similia quae his congruunt, ex quibus est aleae tabula 194; 5, 10-13 [12]:
Praeest diaboli laqueus manifestus, venenum portans laetalem serpentis et induc-
tio corrumpens: quae cum videtur nihil esse, magna plectibus operetur deiectio 195;
5, 14-15 [14]: ut manus quae iam ab iniuriis humanis expiata est; 5, 15-16 [15]: et
quod ad salutem totius hominis pertinet ipsa de dignatione suscipit; 5, 17-18 [17]:
ipsa per quod tuemur Christi signum in frontibus notat 196; 5, 20-22 [21]: Aleatri-
cem manum quae libidinoso studio consuerunt id est aleae tabula, quod est diaboli
malum et delectio vulnus insanabile 197; 6, 10-12 [11]: o manus crudelis et ad peri-
culum sui armata, quae bona paterna et opes et avorum sudore quaesitas ignomi-
nioso studio dilapidat 198; 6, 15-16 [16]: O nequam manus in perniciem Domini sui

190
Cfr. Apparato Marin: id quod cum honore] id quodcumque honoris quod L. Ap-
pendix Marin: id] om. v.
191
Cfr. Apparato Nucci: de quod Q1T : et de quod M1U Mar et de eo quod M2 de quo Q2D
Hart et de quocumque Δ quicquid QD2. Apparato Marin: et de (eo add. M2 s.l.) quod quid-
quid TUMQ1, de quo quidquid Q2d edd. (et de Hilg, in app. con. ut de), et de quocumque
DΔψ, de quibus quicquid L, et (ut η) de eo quicquid Nη. Appendix Marin: et de quod quid-
quid] ut de eo quicquid Φ, et de quo quicquid μ, et de quocumque Δ* (q̣ụạ quocumque Θ,
et om. A). Per la brachilogia de quod cfr. Lotito, Qualche osservazione cit., 66-67.
192
Cfr. Appendix Marin: qui] et Θ (i.m. qui).
193
Cfr. Appendix Marin: m sanctum qui in deest ξ (spiritu* o) qui in effulsit μ.
194
Cfr. Apparato Marin: quae his congruunt del. Miod.
195
Cfr. Apparato Nucci: praeest QDTU Hart : quod est M praesto est Δ Mar que TΔ.
Apparato Marin: praesto est DΔψ Harn, praeest TUQdη HartMiod, quod (i. ras.) est M2,
quam praeesse L, quae est N Hilg. quae cum videtur] quaecumque videntur L. Appen-
dix Marin: praesto est] quae est mF, preest Φ, praes μ. Come appare evidente, la tradi-
zione pone problemi per Praeest, ma, ad eccezione della famiglia L, è concorde
nell’attestare il successivo quae.
196
Cfr. Apparato Nucci: per quo U Mar per quam Δ. Apparato Marin: quo UM1Q1, quod
TM2Q2dLN edd., quam DΔψη. Appendix Marin: quo] quod mFμ, quam ΦΔ* (quem w).
197
Cfr. Apparato Nucci: que TΔ quod : que Δ. Apparato Marin: qui D quae Δ. Ap-
pendix Marin: quae Δ’ΔxI, quid Π. Il pronome quod è usato correttamente, perché «si ac-
corda col nome del predicato» malum, in quanto «la proposizione relativa è accessoria»
(cfr. Traina-Bertotti, Sintassi normativa cit., 30 § 20).
198
Cfr. supra, nota 181.

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 119

armata, quae sordidissimis aeris totam substantiam perdit 199; 6, 18-19: Alea est
quam lex odit, alea est quam insequitur crimen ignobilem 200; 6, 20-22 [21]: La-
queus est ille mali et supplantatio inimici, qui nec lucrum confert sed totum con-
sumit 201; 6, 25-27 [25]: Qualis est, fidelis, ut quos nemo persequitur se ipsos
invidant et persequantur, ut paterna sua hereditate sub ossuorum multiforme nu-
mero disperdat?; 7, 2-6 [4-5]: Cum enim quidam studio litterarum bene eruditus
multum meditando hoc malum tam perniciosum studium adinvenit, exigatu soli et
diaboli qui eum artibus suis repleverat, hanc ergo artem ostendit quam et colendam
sculptoris cum sua imagine fabricavit 202; 7, 6-9 [8]: Statuit itaque imaginem spe-
ciei suae cum nominis sui subscriptione suggerente sibi inimico, qui ut hanc artem
excogitaret in peccatore subvenit; 7, 15-20 [18]: Ille enim cum se in statunculis si-
mulacris formaret, aliud crimen adinvenit, quod se ab imitatoribus suis colendum
diceret, sacrificandi sibi legem terminavit, ita ut qui vellet studio eius adherere non
ante manum in tabulam porrigeret, nisi auctori huius prius sacrificasset; 7, 20-22
[20]: Inde factum est, ut olim qui homo fuerat et facinoris admissionis adulter, post
mortem ad profanis et errantibus sub finctioso nomine dei talis coli meruit; 8, 1-2
[1]: Aleae tabula qui ludet, et maleficium nosse debet, quod a Dei servos longe
sit 203; 8, 4-5 [4]: Aleae tabula qui ludet prius auctori eius sacrificare debet, quod
Christianis non licet; 8, 8-9 [8]: Christianus qui es et aleae tabula ludes 204; 8, 12-
13 [12]: «Discedite, discedite inde, exite de medio eius qui portatis vasa Domini»
[Is 52, 11]; 8, 13-14 [14]: Christianus quicumque es et alea ludes; 8, 15-16 [16]:
quia non es Christianus sed ethnicum tibi nomen est et illud quod ad sacrificium
dominicum pertinet in vacuum sumis 205; 8, 20-21 [21]: Aleator quicumque es Chri-
stianum te dicis, quod non es eo quod saeculo particeps es 206; 8, 22-23 [22]: Nec
amicus Christi potes esse qui cum inimico Christi tenes amicitiam 207; 9, 7-8 [7]: Et
qui iam saepius vincitur rursus ad nocentiorem studium diabolo suadente anima-

199
Ibidem.
200
Cfr. Appendix Marin: quam lex odit alea est X i.m.
201
Cfr. Apparato Nucci: que M2. Apparato Marin: quae M2N. Appendix Marin: quae
mF. Il pronome concorda con il maschile laqueus, perché di norma il pronome relativo, se
riferito a più sostantivi di genere diverso, si accorda col genere nobile (cfr. Traina-Bertotti,
Sintassi normativa cit., 28 § 18).
202
Cfr. Appendix Marin: qui] cum praem. exp. A.
203
Cfr. Apparato Nucci: quod : om. M. Apparato Marin: quod om. MN. Appendix
Marin: quod om. mF.
204
Cfr. Apparato Nucci: qui MQ1TUΔ : quicumque Q2D Hart Mar. Apparato Marin:
christianus quicumque es om. L quicumque Q2 (cumque s.l.) d HartMiod, qui cett. Hilg. Ap-
pendix Marin: quicumque] qui codd.
205
Cfr. Appendix Marin: tibi... sacrificium om. μ quo ϕ post quod in A tibi exp.
206
Cfr. Apparato Marin: eo d2 s.l. Appendix Marin: eo om. v.
207
Cfr. Apparato Nucci: qui cum MQΔU Mar : quicumque T qui D Hart. Apparato
Marin: qui cum] quicumque T.

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tur 208; 10, 4-5 [4]: «at his qui peccaverit in Spiritu sancto non dimittetur illi» [Mt
12, 32] 209; 10, 13: «Recedite a me omnes qui operamini iniustitiam» [Mt 7, 23];
10, 15: «Omnis qui peccat, non est de Deo,...» [1 Jo 3, 8]; 10, 18: Quicumque es,
desine ab illam dementiam 210; 10, 22-23 [23]: Quid inimicum tuum favoribus lau-
dando delinques, cum quo necesse puniaris? 211; 11, 6-7 [7]: artem Domini imitare
quae non perdet sed potius adquiret 212). A parte il caso di aleat. 5, 17-18 [17], in
cui al meglio attestato per quod si oppongono le lezioni per quo dei codd.
UM1Q1 e per quam della famiglia Δ* (tranne w che presenta quem) e dei codd.
DηΦ dello stemma Marin, le occorrenze elencate sono attestate da tutta la
tradizione o presentano varianti di scarso rilievo, il che concorre a raffor-
zare l’idea che l’Anonimo fosse in grado di usare correttamente i relativi.

5. Sintassi

Nel paragrafo che va sotto l’intitolazione generica di «Altre anomalie»,


evidentemente da intendersi come anomalie relative alla sintassi di aleat., la
Nucci afferma che l’opera presenta «un periodare spesso stentato e contorto,
segnato da anacoluti e collegamenti irregolari, sovraccarico di relative e di
dichiarative introdotte da quod, quia e quoniam (cf. 1, 3-7; 2, 5-9; 3, 4-7; 8, 2-
3), le quali creano sovente difficoltà di traduzione» e aggiunge che, al con-
trario, nei «passi in cui si registra un tono monitorio e un rimprovero che si
fanno più incalzanti, l’autore preferisce quasi sempre la costruzione asin-
detica e paratattica, più efficace e diretta e anche più semplice (cf. 6, 22-25;
11, 1-25)» 213. A parte l’eccessivo risalto dato alle dichiarative introdotte da
congiunzioni come quod, quia, quoniam 214, si tratta di considerazioni nell’in-

208
Cfr. Apparato Nucci: qui : qui cum T. Apparato Marin: qui ex quicum T (qui t), quo
Miod qui iam] quam L. Appendix Marin: qui iam] quoniam x.
209
Cfr. Apparato Nucci: at his M2Q2Δ : ad his M1Q1TU om. D Hart at is Mar qui
MQTUΔ Mar : qui autem D Hart. Apparato Marin: at is Q2Δψ Hilg, ad his TUD1Q1 (at his
M i. ras), aut si eL, at si N, ac is η, om. d HartMiod qui] quis e2N, autem add. d HartMiod.
Appendix Marin: at is... illi om. γzτ at is Δ* (his Θ), at his μ, at si mFbPc, ac is Φ qui] quis
mF.
210
Cfr. Appendix Marin: quicum mF, quecumque μ.
211
Cfr. Apparato Nucci: cum quo DTUΔ Hart Mar : quod cum MQ1 quo cum Q2. Ap-
parato Marin: cum quo] quodcum MQ1 (quocum Q2), quod cum feceris η, quocum Miod.
Appendix Marin: cum quo] quod cum μ, quod cum feceris Φ.
212
Cfr. Apparato Nucci: quae : que TΔ. Apparato Marin: imitare... acquiret] quae non
perdet imitare L.
213
Cfr. ed. Nucci, 56.
214
In aleat. il costrutto volgare, che nel latino biblico e cristiano sostituiva l’accusativo
e l’infinito (cfr. D. Norberg, Manuale di Latino Medievale, trad. it. di M. oldoni, Cava de’
Tirreni 20022 [ed. orig. Paris 1968], 130), presenta, infatti, solo 4 occorrenze (2 delle quali

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sieme equilibrate e condivisibili, anche se è opportuno verificare che cosa nei


passi segnalati non funzioni a livello sintattico.
In particolare riguardo ad aleat. 1, 3-10 [3-7]: Et quoniam in nobis divina et
paterna pietas apostolatus ducatum contulit et vicariam Domini sedem caelesti di-
gnatione ornavit et origine authentici apostolatus super quem Christus fundavit ec-
clesiam in superiore nostro portamus, accepta simul potestate solvendi ac ligandi
et cum ratione peccata dimittendi, salutari doctrina admonemur ne cum delin-
quent adsiduae ignoscimus, ipsi cum eis pariter torqueamur 215, la Nucci foca-
lizza la sua attenzione solo sulle linee 3-7 (da Et quoniam a portamus),
probabilmente per rilevare quanto il periodo sia appesantito dalle tre ini-
ziali proposizioni causali coordinate tra loro e accompagnate da una relativa
e da un ablativo assoluto, ma non considera che le tre proposizioni causali
costituiscono «un ampio trikolon contrassegnato dalla struttura crescente dei
membri» 216 e che, a parte altre presunte anomalie di minor conto (origine, in
superiore nostro, adsiduae) 217, il vero problema sintattico del passo è costituito

richiamano variamente luoghi biblici): aleat. 3, 2-3 (Jo 21, 15): Et Petrus respondit: «Etiam
Domine, tu scis quoniam amo te»; 8, 1-3 (Apc 22, 15; 14, 10): Aleae tabula qui ludet, et male-
ficium nosse debet, quod a Dei servos longe sit scientes quoniam foris maleficus et venenarius et
iterum in iudicii diem igne rotante torqueri; 8, 13-16: Christianus quicumque es et alea ludes, hoc
primo in loco scire debes quia non es Christianus, sed ethnicum tibi nomen est et illud quod ad
sacrificium dominicum pertinet in vacuum sumis; 10, 14-17 (1 Jo 3, 8): Et Iohannes apostolus
dicit: «Omnis qui peccat, non est de Deo, sed de diabolo est: et scitis quoniam ideo venturus est
filius Dei, ut perdat filios diaboli». Nella prime due occorrenze e nella quarta le proposizioni
introdotte da quoniam sono completive oggettive, anche se il testo della seconda pone
problemi particolarmente ardui da risolvere (cfr. infra in questo stesso paragrafo). Nella
terza occorrenza c’è l’unico esempio di proposizione epesegetica introdotta da quia. In
tutte le occorrenze quoniam e quia dipendono dal verbo scire. In aleat. 8, 1-3 quoniam non
rientra propriamente nelle citazioni dall’Apocalisse. Per quanto riguarda l’accusativo e
l’infinito le attestazioni sicure sono 6 (4 delle quali in citazioni e allusioni bibliche e pa-
rabibliche): aleat. 2, 12-13 (Herm., sim. 9, 31, 5-6): «[...] quid dicent? A pecoribus se esse ve-
xatos? Non creditur illis: incredibilis res est pastorem pati posse aliquid a pecore»; 2, 16-17
(Prv 3, 10; Jr 31, 14): «extimate sacerdotem esse cultorem et omnes esse apud eum grana-
ria plena»; 2, 19-20 Nam ut constaret nos id est episcopos pastores esse ovium spiritalium;
5, 3-4: Sollicitos esse iussit et providos atque eruditos. Si noti che su tutte le occorrenze
di accusativo e infinito la tradizione è concorde per l’essenziale. Nelle 2 occorrenze pre-
senti in aleat. 2, 16-17 il costrutto non sembra dipendere dagli ipotesti biblici e, perciò, po-
trebbe essere attribuito all’Anonimo. Per aleat. 5, 3-4, invece, si può far riferimento a
Cypr., zel. 1 (CCL 3A, 75, ll. 7-8): porro autem Dominus prudentes esse nos iussit et cauta sol-
licitudine vigilare praecepit (cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 155).
215
Cfr. Apparato Nucci: cum deliquent MQT : dum delinquentibus D cum deliquen-
tibus Δ Mar cum de linquentibus ex derelinquent U dum delinquentibus Hart. Appa-
rato Marin: cum] dum dL HartMiod delinquentibus U2DQ2dΔψ edd., delinquent TU (dere-
sed re eras.) MQ, delinquimus e (ex delinquent?), delinquerint Nη (deli-). Appendix Marin:
delinquentibus Δ*, delinquerint m (deli-) FΦ, delinquerunt μ, delinquimus bPcγ.
216
Cfr. M. Marin, Alle origini di un dibattito: la questione del primato nel ‘De aleatoribus’ (1,
3-2, 4), in Nuovi studi sul ‘De aleatoribus’ pseudociprianeo cit., 121-132 (123).
217
Sulla scelta della Nucci di promuovere a testo origine al posto del corretto originem

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122 ALfoNSo MICHELE LoTITo

alla linea 9 dalla lezione delinquent, tramandata dalle sole famiglie QT dello
stemma Marin, mentre la famiglia L presenta delinquimus e le famiglie dΔ*
attestano delinquentibus, lezione quest’ultima accolta da tutti gli altri editori
e preferibile a deliquent, perché, senza snaturare la struttura del passo, lo
rende più coerente sul piano del senso. Del resto la Nucci nella traduzione
è costretta a un giro di parole poco convincente proprio per rendere cum de-
linquent adsiduae ignoscimus («Poiché la divina misericordia del Padre ci ha
affidato il magistero dell’apostolato e ha impreziosito di grazia celeste la
sede vicaria del Signore e poiché possediamo fin dal nostro predecessore
l’origine dell’autentico apostolato su cui Cristo fondò la chiesa, avendo ri-
cevuto insieme sia il potere di sciogliere sia di legare, sia di rimettere i pec-
cati secondo un giusto criterio, siamo ammoniti dalla dottrina di salvezza,
perché anche noi non veniamo a trovarci nei loro tormenti, quando assi-
duamente permettiamo che commettano azioni delittuose») 218.
In aleat. 2, 4-9 [5-9]: hoc veremur et timemus, ne cum in ecclesia securi quod nobis
sacerdotalis dignitas a Domino tradita est neglegentiae iuxta quosdam fratres inertes
repperiamur, aut dum falsa communicatione damus, id quod cum honore de Dei di-
gnatione percipimus, indignante Domino ex propria actione admittamus 219 l’incu-
nearsi di troppe subordinate (la temporale ellittica del verbo cum in ecclesia

cfr. supra, 2. Declinazione nominale (per gli apparati in particolare la nota 80). Per il co-
strutto in superiore nostro, da intendersi come in + ablativo strumentale, cfr. Lotito, Qual-
che osservazione cit., 77-78. Riguardo alla variante grafica adsiduae stranamente la Nucci
tace in apparato (cfr. invece Apparato Marin: adsidue] adsiduae TUMd [corr. in adsi-
due]), anche se nell’introduzione (cfr. ed. cit., 54-55) ne giustifica l’adozione sulla base del
«confronto con non poche testimonianze epigrafiche cristiane d’area africana». Per l’in-
coerenza di tale scelta rispetto ad altre analoghe lezioni cfr. Marin, Una recente edizione cri-
tica cit., 26-27 (in particolare 27 nota 65).
218
Cfr. ed. Nucci, 77. 79. Accogliendo a testo delinquentibus al posto di delinquent e at-
tribuendo a ignoscimus il significato di ‘perdonare’, si potrebbe tradurre più coerente-
mente: «[…] quando perdoniamo assiduamente coloro che commettono azioni
delittuose». Anche la Nucci (ed. cit., 84-85) ha dato a ignoscere il significato di perdonare
in aleat. 4, 1-3: Si ergo apud dispensatores quaeritur ut quis fidelis et iustus inveniatur, quid si
omnes delinquant et delinquentibus dispensatores ignoscant? («Se dunque tra i dispensatori
si chiede che uno sia trovato fedele e giusto, che dire se tutti commettono delitti e i mi-
nistri perdonano coloro che sbagliano?»).
219
Cfr. Apparato Nucci: ne cum : necumine cum U ne cum in ecclesia securi nec um
eccle sclari (ut vid.) Δ neglegentiae : neglegentes Δ neglegentiae [***] Hart (lacunam indi-
cavit) reperiamur Δ Mar falsa communicatione MQUΔ : communicatione falsa T falsam
communicationem D Hart Mar percipimus MQDT2U Hart Mar : percipemus T1 percepi-
mus Δ indignantes TU ex propria actione M Hart Mar : ex propriatione Q1TU ex pro-
bratione Q2D ex propiciatione Δ admittamus QDTUΔ : amittamus M Marin. Apparato
Marin: timemus et veremur N ne cum] ne MN, nec Q1 (ne cum Q2) cum] dum Miod ne...
securi] ne cumine cum in ecclesia securi U, nec uni ecclesie seculari Δ, ne uni ecclesiae
singulari ψ a domino om. DΔψ neglegentiae TUMQd, neglegentes DLΔψN Hilg, negli-
gentia η; post neglegentiae Hart lacunae signum add., quam Wö 494 complevit coniciens ne-
glegentiae indulgemus (quod Miod placuit); dubitanter puto legendum neglegentiae inertes,

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 123

securi, la causale quod nobis sacerdotalis dignitas a Domino tradita est, l’altra tem-
porale dum falsa communicatione damus e l’ablativo assoluto indignante Domino)
tra le due completive epesegetiche, legate tra loro da coordinazione disgiun-
tiva, e la proposizione relativa id quod cum honore de Dei dignatione percipimus
che dipende dalla seconda di esse, rende prolisso e macchinoso il periodo, ma
non presenta particolari anomalie. A livello morfologico si deve tuttavia no-
tare la lezione falsa communicatione che, nonostante sia meglio attestata di
quella corretta falsam communicationem (le famiglie TQΔ* contro le famiglie
dL dello stemma Marin), potrebbe ben rientrare tra i casi di omissione della
-m finale dell’accusativo singolare. A livello lessicale Marin ha dimostrato,
sulla base di confronti con la tradizione ms. dell’Epistolario di Cipriano, come
admittamus sia da intendersi come errore di copista per amittamus e vada tra-
dotto ‘perdiamo’, e non «compiamo» come propone la Nucci 220.
A rendere non proprio agevole la lettura e l’interpretazione di aleat. 3, 4-
9 (4-7): Et quoniam episcopum id est Spiritum sanctum per inpositionem manus
cordis excepimus hospitio et cohabitatur in nostro nullam maestitiam propona-
mus. Monet Dominus et dicit : «Nolite contristare Spiritum sanctum qui in vobis
est, et nolite extinguere lumen, quod in vobis effulsit» (Eph. 4, 30; Herm., mand.
10, 2, 5; 1 Th 5, 19) 221 è tanto per cominciare il problema posto da episcopum,

per pleonasmus positum ut in 5, 25 (delicti vulnus), 6, 25 (abundantiae opes) inertes] et


praem. L aut] ut L dum] cum N falsa communicatione T (inverso ordine) UMQ1ΔψNη id
quod cum honore] id quodcumque honoris quod L honore] in honore T de] et N perce-
pimus DeΔψ Harn (in app.) Hilg Miod, percipemus T1 indignantes TUD1 indignante...
amittamus om. N post domino repetit Q tradita est - indignante domino (ll. 5-8; ibi notan-
dum percepimus), quae m. 2 expunxit; etiam in M post percipimus erant tres lineae, quae era-
sae sunt: m. 2 supplevit indignante - amittamus, m. rec. addidit i. marg. nil deest, ex propria
actione Mη edd., expropriatione TUDQ1, exprobratione Q2d, exprobrati L, expropiciatione
Δψ admittamus TUD1QdΔ. Appendix Marin: timemus et veremur mF et] ut X timemur
w ne... securi] ne in secula securi mF, ne cum peccata securi Φ, nec uni ecclesiae seculari
Δ’ΔxIr1 (ne ζ2ϕτI, ne cum in ecclesia salutari [exp.] securi [ex seculari] A ex corr.), ne uni
ecclesie singulari Δ° (et r2) quod] cuius I post nobis iter. x singulari quod vobis, a Domino
om. Δ* neglegentiae] neglegentes mFΔ*, negligentia μ, neglientia Φ.
220
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 28 nota 68. Per il confronto con la tradi-
zione ms. dell’Epistolario ciprianeo Marin (Sulla presenza di Cipriano cit., 148) richiama
Cypr., epist. 54, 3, 3 (CCL 3B, 254-255, ll. 49-52): et dum sibi semper quidam plus quam mitis
iustitia deposcit adsumunt, de ecclesia pereunt, et dum se insolenter extollunt, ipso suo tumore
caecati veritatis lumen amittunt, commentando che il confronto suggerisce «con chiarezza
[...] che admittamus di aleat. non vale certamente ‘non compiamo’, ma ‘perdiamo’». Per la
traduzione dell’intero passo cfr. ed. Nucci, 79: «di questo abbiamo paura e timore che,
mentre ci sentiamo sicuri nella chiesa, poiché la dignità sacerdotale ci è stata affidata da
Dio, potremmo essere riconosciuti inadempienti per negligenza presso alcuni fratelli,
oppure, mentre concediamo loro una comunione che non è tale, con il nostro agire – pro-
vocando l’indignazione del Signore – non compiamo quello che insieme all’onore rice-
viamo dalla condiscendenza di Dio».
221
Cfr. Apparato Nucci: episcopum M1QDTU Mar : episcopi M2 episcopium Δ Hart id:
idem M hospicio M om. Δ et cohabitatur M1QTU2 : et habitatur D (et add. s.l. m2) et co-

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124 ALfoNSo MICHELE LoTITo

a cui Hartel preferiva episcopium (attestato dai codd. DΔSzζχ e dal sotto-
gruppo I della famiglia Δ* dello stemma Marin) nell’accezione di episcopa-
tus 222, scelta che Harnack rifiutava perché conosceva attestazioni di
episcopium solo a partire da Agostino 223. Invece, Wölfflin 224, seguito da Hil-
genfeld 225, faceva notare che episcopium, prima che da Agostino, era stato
usato da Ilario in una citazione di Act 1, 20. Anche se E. Brandt, curatore
della voce episcopium per il Thesaurus, riporta la citazione da Ilario come con-
getturale 226, la scelta di episcopium sembra nell’insieme più funzionale di
quella di episcopum, anche perché di episcopus nell’accezione di episcopatus
non vi sono attestazioni 227. Sono, invece, le difficoltà relative a et cohabitatur

habitatori M2 Mar et cohabitator U1 cohabitatori Hart in nostro M1Q (corde add. s.l. Q) :
in nostra TU in nostris D nostro Hart Mar hospitio... proponamus. om. Δ mestitiam T
nobis TU exstinguere Hart. Apparato Marin: episcopium DΔ Hart Hilg, episcopi** M,
episcopi N Harn Miod idem M Harn Miod hospitio excepimus LN (excipimus N) hospi-
tio... proponamus om. Δψ hospitio] hostia e, ostio L et cohabitatori M2 (i.ras.; m 2 s.l. id est
spiritui sancto quem accepimus) N (ut N2) η (et om.), et quo habitatori (-ori suprascr.) D,
et cohabitatur (-tor U1) in TUQ (Q2 exp. in et add. s.l. in corde), et habitatur in d (et add. m
2 s.l.), ut habitatori L, cohabitatori edd. (Hart in app. con. et cohabitat in nobis cohabitatori
nostro, Hilg ut praem.) nostra TU ne ullam D apostolus monet D dominus om. Δψ vobis1]
nobis TUM1η extinguere] contingere ψ effulsit] est alias effulsit η. Appendix Marin: epi-
scopum] episcopium SzζχI, ipsum v id est] et Ψ sanctum om. μ per im impositionem w,
per manus impositionem ϕ cordibus μ excipimus ΦΔ* (exce- A), excece- ξ hospitio... pro-
ponamus om. Δ* (hospitio cohabitatori nostro nullam mesticiam proponamus add. A i.m.)
hostio c, ostio bPγ et om. Φμ cohabitaturi μ dominus om. Δ* et om. ϕ contristari ζΔx m
sanctum qui in deest ξ (spiritu* o) est in vobis WΠ in add. i.m. π2 est om. υvi, add. A s.l. est
et... vobis om. π qui in effulsit μ extinguere] contingere Δ° (contingụere r) bis effulsit
quanta deest ξ (vo* o) exfulsit Auυvni, efulsit JχIXY1 (in Y est praem. exp.) est Φ.
222
Cfr. E. Brandt, s.v. episcopium, in ThLL 5, 2, 676, l. 47: «i.q. episcopatus».
223
Cfr. ed. Harnack, 16 nota ad locum: «[...] aber die Hartelsche Conjectur episcopium
empfiehlt sich nicht, da sich dieses Wort m. W. erst im 5. Jahrh. (Augustin) findet». Pro-
babilmente Harnack si riferiva a Aug., serm. 355, 1, 2 (PL 39, 1569): nos vivere in ea domo,
quae dicitur domus episcopii (ma NBA 34, 244 promuove la variante episcopi); 355, 6 (PL 39,
1573): extra episcopium (ma NBA 34, 254 promuove la variante episcopum) cfr. Brandt, s.v.
episcopium cit., 676, ll. 41-43.
224
Cfr. Wölfflin, Pseudo-Cyprianus (Victor) cit., 497: «Am meisten Bedenken machte Har-
nack das Wort episcopium (M episcopi mit Rasur dahinter, DQT episcopum), welches Hartel
c. 3 durch Konjectur eingeführt hatte, weil er es erst bei Augustin fand. Und doch droht
von dieser Seite die geringere Gefahr, insofern episcopium schon vor Augustin von Hila-
rius gebraucht ist (vgl. Archiv f. latein. Lexicographie II 604), ganz abgesehen davon, dass aus
episcopum auch zur Not episcopatum gewonnen werden könnte».
225
Cfr. ed. Hilgenfeld, 44 nota ad locum: «voc. ,episcopium’ iam ante Augustinum apud
Hilarium reperiri Wolfflinus l. l. p. 497 monuit (cf. ‘Archiv. f. latein. Lexikographie’ II, 604). ce-
terum posse etiam lectionem ,episcopum’ referri ad voc.: episcopatum».
226
Cfr. Brandt, s.v. episcopium cit., 676, ll. 49-51: «ex coni.: Itala act. 1, 20 (Hil. in psalm.
instr. 1 p. 3, 16) Zingerle (-copon R, -patum DE)». Per la tradizione indiretta nella Vetus La-
tina di Act 1, 20 cfr. Hil., in psalm. instr. 1 (CSEL 22, 3, l. 16). Per le sigle dei codd.: R = cod.
Vaticanus Regin. 95 (sec. X); D = cod. Vaticanus 249; 250 (sec. XV); E = consensus α (ed.
princ. Paris 1510) et b (ed. Benedictin. Paris 1693; Veron. 1730).
227
Cfr. E. Brandt, s.v. episcopus, in ThLL 5, 2, 676, l. 58 - 679, l. 11.

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in nostro a destare forti perplessità, che la traduzione della Nucci («E poi-
ché, mediante l’imposizione delle mani, ricevemmo nella dimora [del cuore]
il ministero episcopale, vale a dire lo Spirito santo che coabita in noi, non
mettiamogli davanti nessuna mestizia») 228 non riesce a dissipare. Hartel,
Harnack e Miodoński correggevano la lezione di M2 dello stemma Marin et
cohabitatori nostro, omettendo et e promovendo a testo cohabitatori nostro 229;
Hilgenfeld congetturava ut cohabitatori nostro; infine, Marin, pur scegliendo
cohabitatori nostro, conservava a testo et, ma suggeriva una diversa inter-
punzione del passo, facendo dipendere il congiuntivo proponamus da
monet 230. A ciò si aggiunga che la famiglia L dello stemma Marin, traman-
dando ut habitatori nostro, presenta il più diffuso habitator, attestato già in Ci-
cerone, al posto di cohabitator, che risulterebbe attestato per la prima volta
proprio in questo passo 231. Per funzionalità al contesto si segnalano la cor-
rezione cohabitatori nostro, che presuppone proponamus come congiuntivo
esortativo, e la lezione ut habitatori nostro, che presuppone proponamus come
congiuntivo di deprecazione introdotto da ut 232. È fuor di dubbio che pro-
muovere a testo l’una o l’altra delle due risponda soprattutto all’esigenza
di rendere comprensibile il testo 233, ma è altrettanto chiaro che accogliere
con troppa disinvoltura et cohabitatur in nostro rappresenti una scelta ancor
più discutibile.
Tuttavia, di recente Luiselli ha difeso et cohabitatur come esempio di «uso
popolare delle forme deponenziali per le corrette forme attive» e alla lezione
nostro ha presferito in nostra, attestata in TU/TU, per analogia con in sua 234,

228
Cfr. ed. Nucci, 83.
229
Tuttavia in apparato Hartel congetturava dubitativamente et cohabitat in nobis co-
habitatori nostro.
230
Cfr. ed. Marin, 18: Et quoniam episcopum, id est spiritum sanctum, per impositionem
manus cordis excipimus hospitio et cohabitatori nostro nullam maestitiam proponamus monet
Dominus et dicit: ‘Nolite contristare spiritum sanctum qui in vobis est et nolite extinguere lumen
quod in vobis effulsit’.
231
Cfr. H. Spelthahn, s.v. cohabitator, in ThLL 3, 1535, ll. 45-46; E. Brandt, s.v. habitator,
in ThLL 6, 3, 2470, ll. 80-81: Cic., ad Q. fr. 2, 3, 7 (ed. W.S. Watt, oxonii 1958 [rist. 19895],
59, ll. 23-24): tuam [domum] in Carinis mundi habitatores Lamiae conduxerunt.
232
Cfr. Traina-Bertotti, Sintassi normativa cit., 247 § 233 nota 1: «Le formule di augurio,
di deprecazione e d’imprecazione al cong. presente o non hanno nessuna particella o
hanno ut».
233
Il testo e la relativa traduzione risulterebbero così modificati: aleat. 3, 4-7: Et quoniam
episcopium id est Spiritum sanctum per inpositionem manus cordis excepimus hospitio, coha-
bitatori / ut habitatori nostro nullam maestitiam proponamus (E poiché, mediante l’im-
posizione delle mani, ricevemmo nella dimora [del cuore] il ministero episcopale, vale a
dire lo Spirito santo, non offriamo nessun motivo di mestizia al nostro ospite / che non
si offra nessun motivo di mestizia al nostro ospite).
234
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 270: «3, 4-7 in relazione a et quoniam... Spiritum
Sanctum per inpositionem manus cordis excepimus hospitio et cohabitatur in nostro [su in no-

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che traduce εἰς τὰ ἵδια di Jo 19, 27 nella Vulgata e nella maggior parte della
tradizione diretta della Vetus 235. Questa soluzione, però, appare alquanto ar-
bitraria: infatti, la lingua parlata tendeva a usare le forme attive al posto di
quelle deponenziali e non il contrario 236 e, se del sostantivo cohabitator vi
sono attestazioni in testi più tardi di aleat. (da Gerolamo a Gregorio di Tours),
della «forma deponenziale» cohabitor non si registrano attestazioni né ante-

stro tornerò nel paragrafo IV, nota a 3, 6 in nostra] nullam maestitiam proponamus abbiamo
et cohabitatur M1QTU2 Nucci : et habitatur D (et add. s.l. m.2), et cohabitatori M2 Marin, et
cohabitator U1, cohabitatori Hartel. La lezione cohabitatori è un chiaro tentativo di trasfor-
mare in sostantivo, al caso dativo, il verbo cohabitatur, rifiutato per la sua forma depo-
nenziale: la lezione tràdita nostro ha incoraggiato quella correzione. Ma l’uso popolare
delle forme deponenziali per le corrette forme attive è ampiamente attestato [Docu-
mentazione parallela cristiana e anche pagana in Rönsch, Itala und Vulgata, pp. 302 sg.].
Traduzione: ‘Poiché per l’imposizione della mano abbiamo ricevuto l’episcopato, cioè
abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nell’ospitalità del nostro cuore, ed (egli) coabita in no-
stro [per il momento non traduco], non opponiamogli alcuna tristezza’»; 276: «3, 6 in no-
stra TU : in nostro M1Q (corde add. s.l. Q) Nucci, in nostris D, nostro Hartel Marin. Non
disponiamo della lezione di Δ esendo omesso, in questo codice, il passo che la conte-
neva. Credo di poter essere favorevole alla lezione in nostra: si tratta di una espressione
che interpreto tenendo presente Gv. 19, 27, dove, in risposta alle parole di affidamento di
Maria da parte di Gesù crocifisso a Giovanni (ecce mater tua), il discepolo accepit eam... in
sua (‘l’accolse nella sua casa’: in sua riflette strettamente il testo greco di Giovanni). Lo Spi-
rito Santo dunque – questo il pensiero dell’anonimo autore – coabita (con noi) nella no-
stra dimora. È ovvio che in nostra è lectio difficilior. Pertanto, da una parte la lezione in
nostra è passata dall’archetipo al subarchetipo di TU e da questo agli stessi TU; al su-
barchetipo di MQ è giunta la correzione in nostro (cioè hospitio o corde ricavabili dalle pre-
cedenti parole), o quella correzione è avvenuta in sede di subarchetipo, e quindi in nostro
è passato agli stessi MQ; dall’altra è giunta a D la correzione in nostris (cordibus) dell’ar-
chetipico in nostra, o la correzione è avvenuta nello stesso D».
235
Per il testo di Jo 19, 27 nella Vulgata cfr. deinde dicit discipulo / ecce mater tua / et ex illa
hora accepit eam discipulus in sua. Per quanto riguarda la traduzione di εἰς τὰ ἵδια nei tre-
dici codici che rappresentano tutta la tradizione diretta della Vetus, ben otto testimoni ri-
corrono a in sua: i codd. 3 (olim cod. a [Vercellensis], ed. J. Belsheim, Christianiae 1894, 68),
4 (olim cod. b [Veronensis], ed. J. Belsheim, Pragae 1904, 73), 8 (olim cod. ff2 [Corbeiensis II],
ed. J.  Belsheim, Christianiae 1887, 58), 10 (olim f [Brixianus], edd. J.  Wordsworth-
H.J. White, oxonii 1889-1898, 634), 13 (olim cod. q [Monacensis 6224], ed. H.J. White, oxo-
nii 1888, 69), 15 (olim cod. aur. [Aureus], ed. J. Belsheim, Christianiae 1878, 373), 16 (olim
cod. n [Sangallensis], edd. J. Wordsworth-H.J. White-W. Sanday, 1886, 66), 30 (olim cod. gat.
[Gatianus], ed. J.M. Heer, friburgi Brisgoviae 1910, 177); due testimoni omettono la le-
zione: i codd. 6 (olim cod. c [Colbertinus], ed. J. Belsheim, Christianiae 1888, 136) e 51 (olim
cod. g [Gigas librorum], ed. J. Belsheim, Christianiae 1879, 120); tre testimoni presentano
varianti: i codd. 2 (olim cod. e [Palatinus], ed. J. Belsheim, Christianiae 1896, 46): secum, 14
(olim cod. r1 [Usserianus], ed. T.K. Abbot 1, Dublin 1884, 361): .n suis, 25 (olim cod. v [Vin-
dobonensis Lat. 502], ed. H.J. White, oxford 1888, 162): in sua potestatem (cfr. Vetus Latina
Database cit., CD 12).
236
Norberg (Manuale cit., 40), trattando delle caratteristiche del latino alla fine del-
l’epoca imperiale, sottolinea: «Le forme deponenti sono state eliminate assai presto dalla
lingua parlata, nei testi si trovano spesso horto, uto, vesco, ecc. Invece i perfetti del tipo
mortuus est, secutus est hanno resistito e sono inoltre serviti da modello alle innovazioni
del tipo interitus est, ventus est, ecc., che noi talvolta incontriamo nel Medioevo».

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riori né posteriori ad aleat. 237. Inoltre, il riferimento al modello scritturistico


risulta poco opportuno, perché le locuzioni in sua/in propria / in domum suam,
con cui generalmente il latino sia della Vulgata sia della Vetus traduce εἰς τὰ
ἵδια 238, sono costruite con la preposizione in seguita dall’accusativo neutro
plurale, per indicare moto a luogo come nell’originale greco; mentre la le-
zione in nostra, preceduta da cohabitatur, dovrebbe essere interpretata come
un ablativo singolare preceduto dalla preposizione in e, perciò, indicherebbe
stato in luogo, non moto a luogo.
Il testo di aleat. 8, 1-3 (Apc 22, 15; 14, 10): Aleae tabula qui ludet, et malefi-
cium nosse debet, quod a Dei servos longe sit scientes quoniam foris maleficus
et venenarius et iterum in iudicii diem igne rotante torqueri 239 presenta un in-

237
Cfr. Spelthahn, s.v. cohabitator cit., 1535, ll. 31-44; Id., s.v. cohabito, in ThLL 3, 1535, l.
53 - 1536, l. 4.
238
La iunctura εἰς τὰ ἵδια ricorre cinque volte nella LXX: Est 5, 10; 6, 12; 3 Mcc 6, 27; 6,
37; 7, 8 (cfr. E. Hatch-H.A. Redpath, A Concordance to the Septuagint, Grand Rapids 19982
[rist. 2005], 673) e quattro volte nel NT: nell’accezione di «in suam domum [...] sim.» in Jo
1, 11; 19, 27; Act 21, 6; nell’accezione di «in suum quisque latibulum» in Jo 16, 32 (cfr. Zor-
rel, s.v. ἴδιος, in Lexicon Graecum cit., 602). La Vulgata traduce con in domum suam i due luo-
ghi di Est, con in sua Jo 19, 27 e Act 21, 6, con in propria Jo 1, 11; 16, 32. La Vetus traduce
Est 5, 10 con domum suam ed Est 6, 12 con in domum suam cfr. cod. 130 (olim cod. Mona-
censis, ed. J. Belsheim, Trondhjem 1893, 87. 89); Jo 1, 11 sia con in sua propria cfr. codd. 2
(olim cod. e [Palatinus], ed. Belsheim, 18), 4 (olim cod. b [Veronensis], ed. Belsheim, 43), 8
(olim cod. ff2 [Corbeiensis II], ed. Belsheim, 29), 30 (olim cod. gat. [Gatianus], ed. Heer, 144)
sia con in sua cfr. codd. 3 (olim cod. a [Vercellensis], ed. Belsheim, 39), 13 (olim cod. q [Mo-
nacensis 6224], ed. White, 42) sia con in propria cfr. codd. 6 (olim cod. c [Colbertinus], ed. Bel-
sheim, 108), 10 (olim cod. f [Brixianus], edd. Wordsworth-White, 508), 15 (olim cod. aur.
[Aureus], ed. Belsheim, 301), 34 (olim cod. crypt. [Lectio Cryptoferratensis], ed. J. Cozza,
Romae 1867, 336), 56 (olim Liber comicus Toletanus, ed. Morin, 60, l. 22) sia con in p[ropri]a
uel sua cfr. cod. 27 (olim cod. δ [Sangallensis 48], ed. H.C.M. Rettig, Zurich 1836, 318); Jo
16, 32 sia con in sua cfr. codd. 5 (olim d [Bezae], ed. f.H.A. Scrivener, Cambridge 1864,
150), 8 (olim cod. ff2 [Corbeiensis II], ed. Belsheim, 55), 13 (olim cod. q [Monacensis 6224], ed.
White, 66) sia con in propria cfr. codd. 10 (olim f [Brixianus], edd. Wordsworth-White, 618),
15 (olim cod. aur. [Aureus], ed. Belsheim, 363), 27 (olim cod. δ [Sangallensis 48], ed. Rettig,
379), 30 (olim cod. gat. [Gatianus], ed. Heer, 173), 56 (olim Liber comicus Toletanus, ed. Morin,
158, l. 25) sia con in suam regionem cfr. codd. 6 (olim cod. c [Colbertinus], ed. Belsheim, 132),
14 (olim cod. r1 [Usserianus], ed. Abbot 1, 341). Tuttavia, per tradurre εἰς τὰ ἵδια di Jo 16,
32, la Vetus attesta anche due varianti anomale: a se probabilmente per ad se in cod. 2
(olim cod. e [Palatinus], ed. Belsheim, 43) e in sua regione probabilmente per in suam regio-
nem in codd. 3 (olim cod. a [Vercellensis], ed. Belsheim, 64) e 4 (olim cod. b [Veronensis], ed.
Belsheim, 69) cfr. Vetus Latina Database cit., CD 3; 13-14.
239
Cfr. Apparato Nucci: aleae tabula QD Hart Mar : alee tabula MΔ alea et tabulae T
aleae tabulae U quod : om. M servos Q1TU Hart Mar : servis MQ2DΔ longe sit : hoc longe
sit M at furor iste ante quoniam add. in marg. Q2 foris MQ1TUΔ Mar : furor iste D Hart ve-
nenarius : venenarius est D Hart et iterum : sed iterum D Hart diem M1QTUΔ Mar : die
M2 Hart diei D igne rotante : ignoro tante U torqueri : torquebitur D Hart. Apparato
Marin: tabulae TUD1 ludit D2Lψη quod om. MN servos TUD1M1Q1 edd., servis D2M2Q2
cett. longe] hoc praem. M2N sciens hψ foris] furor iste d (et Q2 adn. i.m. aliter furor iste) Hart
venenarius D et] est sed d Hart (et Harn) die iudicii N diem TUDM1QΔψ, die M2 cett. edd.

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sieme di gravi problemi sintattici più che di anomalie morfologiche. Infatti,


su ludet, già trattato nel paragrafo sulla coniugazione verbale, non c’è altro
da dire e così su in iudicii diem, costrutto corretto per indicare quando è de-
stinata ad avvenire una cosa 240. Più complessa la situazione per a dei servos,
perché, anche se si tratta di un probabile errore di copista per il corretto a Dei
servis, che già ricorre in aleat. 7, 12-13 (12): cuius nomen a Dei servis nominari
non debet 241, resta fortemente problematica la lezione scientes che sembre-
rebbe concordare con servos. Inoltre, se a dei servis risulta ben attestato, non
altrettanto si può dire di sciens (cfr. i codd. hψζ e il sottogruppo Δ° su corre-
zione) che, sostituendo scientes e collegandosi a qui ludet, renderebbe più
piano e coerente il procedere del periodo. Altre difficoltà nascono dalla bru-
sca citazione di Apc 22, 15 foris maleficus et venenarius 242, ellittica del verbo
come nell’ipotesto biblico (dove però si trova al principio del periodo), e per
giunta introdotta da un quoniam dichiarativo da cui, secondo Miodoński, di-
penderebbe anche l’infinitiva iterum in iudicii diem igne rotante torqueri, che a
sua volta riprende Apc 14, 10 243. A sostegno della propria interpretazione,
Miodoński non solo fa riferimento a costrutti con l’accusativo e l’infinito
retti da quod o quia in «vulgären Texten», ammettendo l’evidente commi-
stione di due costrutti concorrenti, ma attribuisce a torqueri addirittura il va-
lore di infinito futuro 244. Certo la ricostruzione del nostro editore è ben

(dei Harn, ex errore ut videtur) igno TUD1 (in igne D2 s.l.) torquebitur d Hart, torquendus ψ.
Appendix Marin: allee Φ, alea μ tabula] tabule A, autem tabulam mF ludet mFμΔ’Δx (lubet
v) I, ludit ΦΔ° malefactum i nosse] nosce μn quod om. mF a] et Auυvni servos] servus v,
servis cett. codd. (ante dei in o) longe] hoc praem. mF scientes] sciens ζ (ex scientes) Δ°, sen-
tientes v venenarius] venerarius Pγf, fenerarius Φ, venarius n die mFΦz, ante iudicii mF
igne rotante om. v ignem, m exp., Θ votante Φ torqueri] torquendus ζ2 (ex -eri) Δ°.
240
Cfr. Lotito, Qualche osservazione cit., 71-72.
241
Ibidem, 60.
242
Per il testo di Apc 22, 15 nella Vulgata: foris canes et venefici et inpudici et homicidae et
idolis servientes / et omnis qui amat et facit mendacium; nella Vetus: cod. 51 (olim cod. g [Gigas
librorum], ed. Belsheim, 90): Foras canes et uenefici et inpudici et homicidae et ydolis seruien-
tes et omnis qui facit et amat mendacium (cfr. Vetus Latina Database cit., CD 17).
243
Per il testo di Apc 14, 10 nella Vulgata: et hic bibet de vino irae Dei qui mixtus est mero
in calice irae ipsius / et cruciabitur igne et sulphure in conspectu angelorum sanctorum / et ante
conspectum agni; nella Vetus: cod. 51 (olim cod. g [Gigas librorum], ed. Belsheim, 79): et hic
bibet de uino ire dei, mixto mero in calice ire ipsius, et cruciabitur in igne et sulphure coram an-
gelis sanctis et coram agno, cod. m ([Speculum] ed. J. Belsheim, Christianiae 1899, 51): et cru-
ciabitur in igne et sulfore in cospectu angelorum et agni, cod. 65 (olim cod. z [Harleianus], ed.
E.S. Buchanan, London 1912, 146*): et hic bibit de uino irae di· qui mixtus est mero In cali-
cem irae Ipsius·,· Et cruciabit ur in igne· et sulphore In conspectu angelorum scˉorum· et ante
conspectū agni (biberit z1 mero : uino z1 calice z1 sulphure z1) cfr. Vetus Latina Database cit.
CD 17.
244
Cfr. ed. Miodoński, 94 nota ad locum: «torqueri] abhängig von scientes, wird durch
quoniam eingeleitet; ähnlich wird in vulgären Texten quia und quod mit Accus. cum inf.
verbunden: Maximus presb. bei Cypr. epist. 53 p 620, 9 ff. congaudere quod nos pacem fecisse;

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 129

documentata e non priva di interesse e la lezione torquebitur, attestata dalla


sola famiglia d e coerente con l’ipotesto biblico (per Apc 14, 10 la Vulgata e
tutta la tradizione diretta della Vetus presentano il futuro cruciabitur), è so-
spetta di normalizzazione. Tuttavia, un’analisi spassionata del passo, che
pur risulta comprensibile nella sostanza 245, fa sospettare la presenza di gua-
sti difficilmente sanabili. A rafforzare l’impressione che il testo sia corrotto
contribuisce il confronto con il passo seguente (cfr. aleat. 8, 4-8 [Ex 22, 20; Jr
25, 6]: Aleae tabula qui ludet prius auctori eius sacrificare debet, quod Christianis
non licet dicente Domino: «Sacrificans diis eradicabitur, nisi Domino soli», et ite-
rum: «Nolite sacrificare diis alienis, ne incitetis me in operibus manuum vestra-
rum ad disperdendos vos») 246 che, pur ricalcando più di un aspetto strutturale
di aleat. 8, 1-3 (dall’anafora Aleae tabula qui ludet all’uso del servile debet con
l’infinito, alle due citazioni scritturistiche di Ex 22, 20 e Jr 25, 6 collegate an-
ch’esse dal lemma et iterum) appare lineare e privo di vere anomalie, in
quanto ludet e manum sono da considerarsi errori di copista 247.

Ps-Cypr. de montibus Sina et Sion 12 diximus quod lignum regalem habere interpretationem.
Sehr oft bei Lucifer Calar., De regg. apostat. 7, p. 51, 5 H. videas quod, nisi te converteris…
ita et tibi posse repraesentari; de non conv. 14 p. 29, 29 diximus quia ― nihil aliud nos illum vo-
luisse adsequi (Archiv für lat. Lexikogr. III 49). Der Infinitiv praes. torqueri = Inf. futuri, wie
z. B. Commmod instr. I 6, 13 illum non aliquis prophetavit ante pronasci; apol. 245 praedictum
fuerat illis ~ perdere terram. Die Anakoluthie (quoniam ‚foris <est>’ und ‚torqueri’) ist für
den Stil des Homileten bezeichnend. Wie hier, so entspricht auch in der versio palatina des
Hermas torqueri dem gr. βασανίζεσθαι: Sim. 6, 5, 3 μέχρις ἐνιαυτοῦ βασανίζεται (toto
torquetur anno)». Le citazioni presenti nella nota di Miodoński sono oggi facilmente re-
peribili rispettivamente in CCL 3B, 250, ll. 5-8; C. Burini, Pseudo Cipriano ’I due monti Sinai
e Sion’, fiesole 1994, 178; CCL 8, 149, ll. 2-4; CCL 8, 188, ll. 11-15; CCL 128, 6; CCL 128, 82;
SC 53bis, 252.
245
Cfr. la traduzione della Nucci (ed. cit., 99-101), che, tuttavia, tende a dissimulare le
difficoltà del testo: «Chi gioca alla tavola dei dadi deve sapere che si tratta di un mestiere
malefico, che deve stare lontano dai servi di Dio, consapevoli che chi compie malefici e
dispensa veleni è del tutto estromesso (dalla comunità) e inoltre nel giorno del giudi-
zio sarà tormentato sulla ruota di fuoco».
246
Cfr. Apparato Nucci: aleae tabula QDU Hart Mar : alee tabula MΔ alea et tabula T
sacrificaret U nisi soli Domino T nisi Deo soli U manum T Mar ad disperdendum T Mar
vos M2Q2DTUΔ2 Hart Mar : suos M1Q1Δ1. Apparato Marin: aliae T ludit D2Lψ auctori eius
ante prius in η sacrificaret UD1 (t exp.) sacrificari η christiano L non licet ante christianis in
ψ domino dicente L soli domino T deo UDΔψ iterum] dicit add. L dies, e exp., i suprascr. T
(diis t) ne] non η manum T Miod, manuum t cett. HartHilg disperdendum T HilgMiod,
disperdendos cett. Hartel vos ex suos MQ. Appendix Marin: alea μ tabulam mF, tabule A
ludet mFμΔ’Δx (lubet v), ludit Δ°I, ludum Φ post ludet add. et maleficium (ex l. 1, ut vide-
tur) ϕ auctori eius ante prius in Φ eius om. mFA sacrificari v christianus, u corr. in i, s sa-
crificans diis] sacrificandus μ eradicabitur... diis om. n erradicabitur Jzτ domino] deo Δ*
(domino f) soli deo Aυvi (soli nisi deo u) allienis i ne] non Φ, et Θ (i.m. ne) insitetis w
manum Φw, manuum cett. disperdendum cXo (disperdum ξ), disperdendos mFμΦbP2 (i.
ras.) γ cett. codd. fam. Δ* (A2, i. ras.?, dispergendos v, disperandos x) vos] suos μ.
247
Per ludet cfr. supra, 3. Coniugazione verbale; per manum, attestato dai codd. TΦw, cfr.
l’apparato e l’appendix Marin alla nota precedente.

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130 ALfoNSo MICHELE LoTITo

La valutazione della Nucci sul presunto accusativo assoluto di aleat. 3, 9-


15 (9-13) è pienamente condivisibile, in quanto la studiosa classifica il co-
strutto non come una «delle scorrettezze grammaticali» del testo, ma come
una delle «differenze rispetto al latino classico, che sono frutto della nor-
male evoluzione linguistica» 248. Ciò nonostante restano non pochi dubbi sul
passo nel suo insieme, sulla relativa traduzione e sull’identificazione stessa
dell’accusativo assoluto:

Quanto autem episcopum bene agentem et salubriter admonentem sine tri-


bulatione corporis condigna sint martyria, tanto et episcopum neglegentem et
nulla de scripturis sanctis documenta promentem cumulentur tormenta.
Apostolus nos excitat Paulus et cumdignam status suis episcopos procuratores
evangelicae doctrinae ponit et dicit: [...] 249.
«Come esistono testimonianze degnissime, anche senza le tribolazioni fi-
siche, quando un vescovo compie il suo dovere e ammonisce salutar-
mente, così si cumulano tormenti quando un vescovo è negligente e non

248
Cfr. ed. Nucci, 53.
249
Cfr. Apparato Nucci: quanto MQD2TU Mar : quando D1 quanta Δ Hart episcopo M
Hart agente M Hart admonente M Hart tanto MQDTU Mar : quanta Δ tanta Hart epi-
scopum MQDTU Mar : in episcopum Δ episcopo Hart neglegente Hart et om. Δ pro-
mente M2 Hart apostolos U cumdignam QDTU : cumdigno MΔ condigna Hart
condignam Mar status M1QDTU Hart Mar : statu M2Δ suis MQ1TU : sui Q2D Hart (post
sui lacunam indicavit) Mar om. Δ episcopos MDΔ Hart Mar : aepiscopos Q episcopus TU
procuratores : et procuratores Δ procuratores et actores est D doctrine MΔ. Apparato
Marin: quanta DΔψ HartHilg, quando d1 (-to d2), quantum N2 episcopum b. agentem et
s. admonentem TUDM1QdΔ Harn, in praem. ψ, episcopo b. agente et s. admonente M2N
Hart Miod, episcopo b. agenti et s. admonenti Lη, episcoporum b. agentium et s. admo-
nentium Hilg condicta Hilg sunt L tanto et] quanta et in DΔψ, tantum et N2, tanto η, tanta
Hart, tanta et Hilg episcopum neglegentem et (ei TU, om. DΔψ) …promentem (promente
M2) TUDMQdΔψ Harn, episcopo neglegenti et… promenti (promerenti N) LNη, episcopo
neglegente et… promente Hart Miod, episcoporum neglegentium et… promentium Hilg
nullas ψ cumulentur] cumelentur, e exp. u suprascr., T, cumu- M2 i.ras., cumulantur LN
Paulus nos excitat L condignam d Harn, cumdignam TUQ2, cum digno DM2 (o i. ras.) Δψ
(condigno), cum dignatione L, cumdigna Q1N, condigna η Hart Miod, cura digna Hilg
status sui dQ2Lη, status suis TUM1Q1, statu DΔψ, statu suis M2, sui N sentencia add. N2,
status sui * Hart (sui laude in app. con.), status sui vi Miod, natis suis Hilg (conl. Gal 4, 19)
episcopos] episcopus TUM1, episcopis η, et add. DΔψ procuratoribus η evangelicae…
procuratores, propter homoeoteleuton omissum, add. d2 i. marg. proponit L. Appendix Marin:
quanta Δ* episcopum] in praem. ζ2 s.l. Δ° (om. o) episcopo bene agenti ΦA2I, episcopum
b. agentem cett. codd. fam. Δ* admonentem sine deest ξ (salubriter * o) admonenti ΦA2I,
admonentem cett. codd. fam. Δ* corporis] cordis f sunt v martyria] merita I tanto et] tanto
Φμ, quanta et in Δ* (et om. ϕ) quanta et in epi deest ξ (martyria * o) episcopo neglienti…
promenti Φ ante negligentem in s bene agentem exp. et2 om. Δ* (add. A s.l.) documenta
promen deest ξ (sanctis * o) documenta om. w prementem μ, promentem JA2I, permentem
cett. codd. Δ’Δx (praebentem C2, tenentem Θ) cumulantur w, cumuletur i apostolis (exp.)
apostolus A Paulus ante nos i aulus et condigno deest ξ (P* o) cum digna mFμΦ (con-),
cum digno Δ’Δx, condigno ϕΔ° status sui] sui m, sui epistula F, status suis μ, statu Δ*
episcopos] episcopis Φ, coepiscopis μ, et add. Δ* procuratoribus Φ ponit] potuit potuit v
ponit et dicit quam deest ξ (doctrine * o).

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 131

trae nessun esempio dalle Sacre Scritture. L’apostolo Paolo ci esorta e ai


vescovi, ministri della dottrina evangelica, raccomanda una (testimo-
nianza) degna della propria condizione: [...] 250.

Infatti la traduzione, oltre a non rendere i congiuntivi di deprecazione


sint e cumulentur, mette in risalto una certa rigidità nella strutturazione del
periodo dovuta ai due accusativi assoluti, rigidità che non verrebbe certo
attenuata, se invece che accusativi fossero ablativi assoluti 251. Interessanti
appaiono, invece, sia la lezione episcopo bene agenti et salubriter admonenti,
tramandata da LηΦA2I, sia la lezione et episcopo neglegenti (neglienti cod. Φ)
et... promenti (promerenti cod. N), tramandata da LNηΦ dello stemma Marin,
perché presentano al posto dei presunti accusativi assoluti dei dativi com-
modi / incommodi che risultano più compatibili con i congiuntivi di depreca-
zione, sia le varianti pressoché equivalenti cumdigna dei codd. Q1N, condigna
del cod. η e cum digna dei codd. mFμΦ dello stemma Marin rispetto a cum-
dignam, in quanto concordano con martyria. Tuttavia, vanno considerate con
attenzione anche le scelte operate nel 1984 da Marin che, pur conservando
l’accusativo assoluto e la lezione cumdignam, proponeva una diversa inter-
punzione del passo e interpretava sint e cumulentur come congiuntivi di-
pendenti da excitat 252.
Al principio di aleat. 4, 23-24:

Quod si multorum testium unitatem et consonantem monitionem doce-


mus ne cum delinquentibus fratribus cum fratribus cibum nequidem vesci,
quanto magis debeat et ab sacrificio Christi arceri? 253

250
Cfr. ed. Nucci, 83.
251
A proposito della traduzione del passo Marin (Una recente edizione critica cit., 43)
nota opportunamente che i «martyria del vescovo che compie bene il suo dovere non
sono ‘testimonianze degnissime’; l’anonimo vuole indicare, mi sembra, che si addice a
tale vescovo la qualifica di ‘martire’, pur in assenza di sofferenze fisiche (sine tribulatione
corporis)».
252
Cfr. ed. Marin, 18: Quanto autem episcopum bene agentem et salubriter admonentem sine
tribulatione corporis condigna sint martyria, tanto et episcopum neglegentem et nulla de scrip-
turis sanctis documenta promentem cumulentur tormenta, apostolus nos excitat Paulus et con-
dignam status sui * episcopos procuratores evangelicae doctrinae ponit et dicit: [...].
253
Cfr. Apparato Nucci: per multorum testium Hart Mar unitatem et : veritate Δ con-
sonante monitione Δ docemus MQDTU : docemur Δ Hart Mar nec cum M2 Hart fratri-
bus cum fratribus M1QTU : fratribus M2DΔ Hart Mar cibum nequidem T2UΔ : cibum nec
quidem M1Q cibum sumimus nec quidem M2 ne quidem cibum D nec cibum quidem
Hart cibum ne quidem Mar vesci : vesci cum eis M2 (add. s.l. eis) debeant Δ ab : a D. Ap-
parato Marin: per add. Hart (non recepit Harn) unitatem TUMQd Hart, vanitatem D1, va-
riam D2, unitate Lη Harn Hilg Miod, veritate Δψ, unita N consonantem monitionem
TUDMQd Hart, consonanti admonitione L, consonante monitione ΔψN (-anti) Harn Hilg
Miod, consonante umcione η docemur LΔψN (edo-) η, docemus TUDMQd ne cum

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132 ALfoNSo MICHELE LoTITo

«Perciò, se per l’unanime e comune esortazione di molti testimoni in-


segniamo che insieme ai fratelli che peccano contro i fratelli non dob-
biamo prendere neppure il cibo, quanto più dovranno essere allontanati
dal partecipare al sacrificio di Cristo?» 254.

la Nucci 255 e Luiselli 256 individuano un altro presunto accusativo assoluto


in un passo la cui analisi appare non priva di difficoltà. Infatti, per il senso
complessivo del testo hanno una certa importanza anche la scelta tra le va-
rianti docemus / docemur, la presenza della negazione ne seguita da nequidem
e dall’infinito vesci e l’uso della terza persona singolare debeat.
Prima di tutto è opportuno rilevare come la traduzione della Nucci, per
rendere accettabile il senso del passo, tradisca sotto vari aspetti la propria ri-
costruzione del testo. Poi è opportuno chiedersi se multorum testium unita-

TUDM1Qdη Harn Hilg, nec cum M2N Hart, cum LΔψ Miod post fratribus lacunam notavit
Hart, qui communicare intercidisse in app. coniecit fratribus cum fratribus TUM1Q cibum
post ne quidem d cibum (sumimus add. M2 s.l.) nec MQ Hilg, cibo ne e, nec cibum L Hart
Miod, cibum capere nec N quidem om. L Hilg vesci] add. cum eis M2 (s.l.) N, sumere L,
vescamur η quanta η debeant LΔψ, debet h, debent Hilg Miod et om. Miod a dLΔψNη
Christus Q1. Appendix Marin: si] om. mF, si et Y testimonium v unitatem] unita mF, uni-
tate Φ, veritate Δ* consonanti mF, consonante ΦΔ* (-ate z) munitionem μ, monitione FΔ*,
unctione Φ; post monitione iter. IX si et multorum… monitione (exp. I et consonante mo-
nitione2) docemus μ ne] nec mF, om. Δ* cibum] cibo c, simul (exp.) cibum A, sumere add.
mF cibum ne] nec cibum bPγ ne] add. Φ2 i.m., nec mFμ quidem] add. Φ2b2 i.m. vesci] add.
cum eis mF, vescamur Φ, sumere bPγ quanta Φ debeant mFΔ* et om. n a mFΦμΔ* (om. τ)
sacerdotio v arceri] add. Φ2 i.m.
254
Cfr. ed. Nucci, 87.
255
Cfr. ed. Nucci, 124 nota ad locum: «quod si multorum testium unitatem... docemus: mi
attengo al testo tràdito da MQTUD, mentre Δ legge quod si multorum testium unitate et
consonante monitione docemur; a nostro avviso non è giustificata l’introduzione della pre-
posizione per (per multorum testium unitatem…), con la quale Hartel ritiene dover giusti-
ficare un complemento di mezzo o strumento, in luogo di una forma assoluta di
accusativo, che nel nostro testo non meraviglia; ugualmente sulla base della maggio-
ranza dei codici va mantenuto il verbo docemus in luogo di docemur. Harnack legge quod
si multorum testium unitate et consonante monitione docemur».
256
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 270: «4, 23-24 multorum testium unitatem et conso-
nantem monitionem docemus MQTUD Nucci : multorum testium veritate consonante moni-
tione docemur Δ, <per> multorum testium unitatem et consonantem monitionem docemur
Hartel Marin. La lezione di MQTUD presenta un accusativo assoluto. La Nucci traduce:
‘per l’unanime e comune esortazione di molti testimoni insegniamo che...’; ma possiamo
anche tradurre: ‘essendoci l’unità e la concorde (consonantem) esortazione di molti testi-
moni, noi insegniamo che...’. È dunque inutile l’integrazione <per> etc. Quanto alla di-
vergenza docemus / docemur (‘attraverso l’unità... ci viene insegnato’), gioca in favore
dell’attivo docemus una innegabile rasgione teologica. Dall’unità e dall’unanime esorta-
zione di molti testimoni – intende dire l’Anonimo – discende l’insegnamento dei vescovi
in materia di ciò che nel testo immediatamente segue: egli, come si vede, si appella al-
l’unità nell’universalità e cioè a uno dei due capisaldi della tradizione nella Chiesa (l’al-
tro è quello dell’antichità o apostolicità), tradizione che attraverso l’insegnamento attivo
del nostro autore e dei vescovi suoi colleghi (docemus) va avanti».

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 133

tem et consonantem monitionem sia davvero convincente come accusativo as-


soluto o non sia piuttosto da considerarsi un errore per il corretto ablativo
di causa efficiente connesso a docemur e tramandato, pur con qualche oscil-
lazione, dalle famiglie LΔ* e dai codd. NmFηΦ della famiglia Q dello
stemma Marin. E come valutare la proposizione ne cum delinquentibus fratri-
bus cum fratribus cibum nequidem vesci? La Nucci traduce, ricorrendo al-
l’escamotage di introdurre «dobbiamo», che da una parte sembra rendere un
congiuntivo debeamus, di cui non si trova traccia nella tradizione, dall’altra
lascia intendere che la proposizione sia una completiva introdotta da ne. Ri-
sulta evidente la difficoltà di ammettere che la congiunzione ne possa in-
trodurre l’infinito vesci. Tuttavia, il passo potrebbe essere stato soggetto a
fenomeni di ripetizione, come sembrerebbe dimostrare la «banale dittogra-
fia o errata tautologia» 257 presente in cum delinquentibus fratribus cum fratri-
bus, di cui solo i codd. TUM1Q dello stemma Marin attestano cum fratribus 258.
In tale prospettiva il fatto che le famiglie L e Δ* non tramandino il ne ini-
ziale, da interpretarsi forse come errore di anticipo di ne quidem / nequidem
che, invece, risulta ben attestato davanti a vesci, apre la possibilità che la pro-
posizione sia un’infinitiva dipendente da docemur, perché, a differenza di
quanto sostiene Luiselli, il contesto lascia intendere che si debba apprendere
piuttosto che insegnare 259.
Non sembra opportuno spendere troppe parole sulla scelta di tradurre
debeat con «dovranno» e di preferire la forma ab alla forma a davanti a sacri-
ficio, benché quest’ultima sia attestata dalle famiglie dLΔ* e da vari codd.
della famiglia Q (NmFημΦ) dello stemma Marin. Nel primo caso la Nucci
scarta la lezione debeant, attestata dalle famiglie LΔ* e dai codd. mF della fa-
miglia Q, per poi riammetterla in traduzione, nel secondo evita di promuo-
vere a testo la forma più corretta 260, anche se meglio attestata.

257
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 23.
258
Va rilevato che, prima della Nucci, nessun altro editore aveva promosso a testo cum
fratribus.
259
Se si dovessero accogliere a testo le varianti prese in considerazione nell’analisi del
passo, la traduzione potrebbe essere così modificata: «Perciò, se dall’unanime e comune
esortazione di molti testimoni riceviamo l’insegnamento di non prendere neppure il
cibo insieme ai fratelli che peccano, quanto più dovrebbero essere allontanati anche dal
sacrificio di Cristo?».
260
Cfr. E. Lommatzsch, s.v. a/ab/abs, in ThLL 1, 2, ll. 34-38: «de a, ab grammaticorum doc-
trina [...] iubet poni a ante consonantes, ab ante vocales et h, quam de consonantibus legem ne-
minem fere secutum esse et inscriptiones et codices docent». Il Lommatzsch si rifaceva
sostanzialmente alle prescrizioni di Carisio (gramm. 2, 15 [ed. C. Barwick, addenda et
corrigenda collegit et adiecit f. Kühnert, Lipsiae 1964, 302, ll. 10-14]: item a et ab hoc diffe-
runt: a praeponitur nomini quod a consonante incipit aut vocali quae pro consonante accipitur,
ab his praeponitur quae a vocali incipiunt, quamvis etiam h praecedat, quae pro adspiratione ac-
cipitur), pur rilevando come quelle relative alla forma a spesso venissero disattese.

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134 ALfoNSo MICHELE LoTITo

Alle considerazioni sin qui dedicate ai due passi in cui si registrano pre-
sunte occorrenze di accusativo assoluto si deve aggiungere che in aleat. sono
presenti anche undici occorenze di ablativo assoluto (cfr. aleat. 1, 7-9: accepta
simul potestate solvendi ac ligandi et cum ratione peccata dimittendi; 2, 4-9 [8-9]:
hoc veremur et timemus, ne cum in ecclesia securi quod nobis sacerdotalis dignitas a
Domino tradita est neglegentiae iuxta quosdam fratres inertes repperiamur, aut dum
falsa communicatione damus, id quod cum honore de Dei dignatione percipimus, in-
dignante Domino ex propria actione admittamus 261; 2, 22-24 [23]: Quo magis a
nobis cotidie perscrutentur, ut medicamine caelesti adhibito vellera eis florida
crescant qui ad nitorem vestis salutaris proficiant 262; 6, 23: iam consumptis omni-
bus rebus suis; 6, 29 clausis foribus 263; 7, 8: suggerente sibi inimico 264; 8, 5: di-
cente Domino 265; 9, 4: turpis praesentibus 266; 11, 1-3 adsidente Christo
spectantibus angelis et martyribus praesentibus 267) non solo corrette e ben
inserite nella struttura sintattica dei relativi contesti, ma con una tradizione
piuttosto omogenea, salvo per poche e poco attestate varianti in cui l’accusa-
tivo sostituisce l’ablativo. Viene allora da chiedersi se in aleat. 3, 9-13; 4, 23-24
sia stato davvero usato il costrutto dell’accusativo assoluto oppure se anche in
questo caso sulla ricostruzione del testo dei due passi da parte della Nucci e di
Luiselli non abbia pesato il ben noto pregiudizio sulla lingua dell’Anonimo.

6. Stile

Un’analisi approfondita dello stile di aleat. non è stata ancora compiuta,


e ciò non meraviglia affatto, se si considera che per la maggior parte degli

261
Cfr. Apparato Nucci: indignantes TU. Apparato Marin: indignantes TUD1 indi-
gnante… amittamus om. N post domino repetit Q tradita est - indignante domino (ll. 5-8:
ibi notandum percepimus), quae m. 2 expunxit; etiam in M post percipimus erant tres lineae,
quae erasae sunt: m. 2 supplevit indignante - amittamus, m. rec. addidit i. marg. nil deest.
Appendix Marin: indignante… amittamus om. mF indignitate dominio Y.
262
Cfr. Apparato Marin: ut medicamine] omine (?) η. Appendix Marin: ut] et in X ut
medicamine] omne Φ post perscrutetur μ exhibet florida crescant que ad naturam vestis
salutaris proficiant aīe (animae? vel potius amine ex medicamine?) celesti adhibito bello,
rel. lacunam 7/8 litt.
263
Cfr. Apparato Marin: clausi M1Q1.
264
Cfr. Apparato Nucci: suggerentem M1 suggere te U inimico : amico. Apparato
Marin: suggerentes ibi T sugerente ψ sibi] ibi η inimico] amico DΔψ. Appendix Marin:
sugerente wr, suggerent i, surgente x sibi] ibi μ amico Δ*.
265
Cfr. Apparato Marin: domino dicente L.
266
Sulla necessità di accogliere la lezione turbis al posto di turpis cfr. supra, 2. Declina-
zione nominale. In particolare per gli apparati cfr. supra, nota 65.
267
Cfr. Apparato Nucci: adsidente M2DTU Hart Mar : adsidentem M1Q assidente Δ.
Apparato Marin: adsidentem M1Q, assistente N Christi D angelis] praem. et e martyribus]

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 135

studiosi il pregiudizio sul carattere volgare della sua lingua comportava ne-
cessariamente uno scarso interesse per l’elaborazione formale di alcuni suoi
passi e per le aspirazioni stilistiche dell’autore. Eppure l’una e le altre sono
evidenti al punto che sia Harnack, nonostante il suo giudizio complessiva-
mente negativo sullo stile di aleat. 268, sia la stessa Nucci, anche se fugace-
mente 269, hanno dovuto tenerne conto. Marin, al contrario, ha richiamato
più volte l’attenzione su questo aspetto trascurato di aleat., riconoscendo
l’efficacia espressiva dell’opera 270, analizzando l’interessante tentativo di ar-
monia strutturale e compositiva del cap. 8 271 e, infine, rivalutando nell’in-

sanctis add. L. Appendix Marin: assistente mF angelis… praesentibus om. μ ante prae-
sentibus in A pñsentibus exp.
268
Cfr. ed. Harnack, 46: «Die Sprache unseres homiletischen Tractats ist fest, aber für
unser Stilgefühl theilweise höchst ungelenk; die Verknüpfung der Sätze und die Satz-
bildung ist öfters seher ungeschickt. Dagegen ist die Disposition und die Ausführung
des Themas durchsichtig».
269
Cfr. ed. Nucci, 24. 56. 131 nota ad aleat. 8, 1. Nel primo dei tre luoghi la Nucci, ri-
guardo all’efficacia della peroratio del cap. 11, fa notare che «con un’esortazione così in-
calzante da non ammettere repliche, l’autore supplica i cristiani di rimanere degni del
nome che portano e di procurarsi, con le loro opere, tesori in cielo». Nel secondo oppor-
tunamente rileva che nei passi di maggiore tensione morale il periodare dell’autore si fa
più diretto ed efficace. Nel terzo e ultimo riprende Marin, Citazioni bibliche e parabibliche
cit., 180, per commentare l’articolata struttura compositiva del cap. 8.
270
Cfr. Marin, Citazioni bibliche e parabibliche cit., 169: «Gli attacchi veementi [di aleat.]
si fondano, in gran parte, su una solida intelaiatura biblica (ed extra-biblica) e sono
espressi in una lingua vivace, ricca di volgarismi».
271
Cfr. Marin, La prosa d’arte cristiana latina, in Il Latino e i cristiani. Un bilancio all’inizio
del terzo millennio, a cura di E. dal Covolo-M. Sodi (Monumenta Studia Instrumenta Li-
turgica 17), Città del Vaticano 2002, 29-54 (46-47): « Non tutti gli scrittori, certamente,
raggiungono i vertici espressivi di efficacia contenutistica e di ricercatezza formale tante
volte da Agostino conseguiti. Ma, per rimanere all’Africa, anche autori di minore im-
portanza e di inferiori capacità stilistiche tentano comunque di organizzare la loro espo-
sizione in ossequio a criteri di eleganza che si manifestano nella ricerca di paralleli e di
corrispondenze, a volte sorretti dall’intreccio di varie figure e da un buon periodare rit-
mico. Prendiamo ad esempio l’anonimo pseudociprianeo De aleatoribus (o piuttosto Ad-
versus aleatores), probabilmente opera di uno scrittore dei primi decenni del IV secolo,
vescovo in qualche località periferica e marginale di Africa. In questo scritto ‘contro co-
loro che giocano a dadi’, il capitolo VIII riprende le argomentazioni contro il gioco d’az-
zardo su una base strettamente scritturistica, dopo la dimostrazione storico-razionale
dello stolto comportamento dei giocatori (cap. V-VII). Lo sviluppo dell’argomentazione
presenta, a gradatio, quattro momenti complementari, in ciascuno dei quali la denuncia
della colpa insensata del giocatore trova conferma in una coppia di citazioni bibliche. Il
raccordo è costituito dalla formula introduttiva ai quattro momenti che procede in cre-
scendo da Aleae tabula qui ludet dei primi due a Christianus quicumque es et aleae tabula ludes
(ovvero et alea ludes) dei due finali per manifestare, nel progressivo aggravarsi delle re-
sponsabilità e delle colpe, il significato totalmente rovinoso di un’azione neutra solo in
apparenza: chi gioca a dadi compie maleficium e si pone fuori della comunità; chi gioca
a dadi deve prima sacrificare all’inventore del gioco, cosa non lecita ai cristiani; anche se
non sacrificasse, il cristiano che gioca a dadi sarebbe comunque partecipe di questo de-
litto; il cristiano che gioca a dadi non è cristiano, ma pagano e prende invano ciò che ri-

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sieme le aspirazioni stilistiche dell’Anonimo 272. Anche il recentissimo studio


di f.P. Moretti sull’ordo verborum di aleat. riconsidera il preconcetto del ca-
rattere «monoliticamente ‘volgare’» della lingua dell’Anonimo, aprendo alla
possibilità di rivalutarne mezzi linguistici e ambizioni stilistiche 273.
Sebbene uno studio esaustivo dello stile di aleat. rientri tra i compiti pro-
pri di un commento, si cercherà, tuttavia, di passare in rassegna e classificare
i principali artifici retorici usati dall’Anonimo, sottolineandone a testo la di-
pendenza da luoghi biblici, in nota quella da luoghi ciprianei 274. Si eviterà

guarda il sacrificio del Signore. L’offensiva del capitolo VIII trova piena articolazione
nella struttura binaria di citazioni bibliche che corredano ciascuno dei momenti com-
plementari: organizzato per parole-chiave, il raggruppamento di testimonia esprime con
forza la condanna che promana dall’autorità divina. Poca roba, si obietterà, e che con la
prosa d’arte ha impalpabili punti di contatto: ma pur sempre un interessante tentativo
di armonia strutturale e compositiva, coerente al logico sviluppo argomentativo, in uno
scrittore che, malgrado il ricorso a citazioni parabibliche e la frequenza di volgarismi,
mostra di aver sufficientemente appreso la lezione di Cipriano».
272
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 38: «Meritano di essere più puntualmente
indagati i passi che manifestano una qualche ricercatezza formale e retorica del nostro au-
tore: si tratta per lo più di brevi sequenze commatiche, fondate su insistite ripetizioni
scandite dall’anafora o dal parallelismo antitetico, che manifestano uno specifico intento
espressivo nell’armonia delle formulazioni. L’individuazione di queste aspirazioni stili-
stiche attenua l’impressione di un autore largamente illetterato e può comportare una
diversa scelta in alcune lezioni pur fortemente supportate dalla tradizione ms. e quindi
indurre ancora a diverso atteggiamento nei confronti del sano conservatorismo adot-
tato». Di seguito Marin cita tre passi particolarmente significativi per impegno stilistico,
mettendoli in relazione con il modello ciprianeo e evidenziandone in calce gli artifici più
evidenti: aleat. 5, 14-19 manus quae iam... ipsa... ipsa... ipsa... ipsa; 6, 31-34 hic / illac, hic / illic;
10, 19-22 quid / quod(?) / quid / quid.
273
Cfr. P.f. Moretti, Un contributo alla riconsiderazione della ‘facies’ linguistica del ‘De alea-
toribus’. Qualche osservazione sull’ordine delle parole, in Il gioco e i giochi nel mondo antico. Tra
cultura materiale e cultura immateriale, a cura di C. Lambrugo-C. Torre, Bari 2013, 143-153
(153): «A mio parere, sarà dunque opportuno riconsiderare la petitio principii secondo la
quale si dovrebbero accogliere tutte le varianti ortograficamente e morfologicamente non
standard per il solo fatto che esse siano attestate nei codici e, senza giungere all’estremo
di privilegiare la normalizzazione linguistica tout-court, cercare di comprendere se
l’esame dell’ordine delle parole comporti qualche conseguenza anche per l’ortografia e
la morfologia del testo. Non escludo peraltro che l’indagine puntuale di ulteriori ele-
menti (quali l’inversione V[erbo]S[oggetto]; il lessico; la quantità e qualità dei costituenti
discontinui; il ritmo prosastico) possa ulteriormente contribuire ad arricchire l’imma-
gine del nostro anonimo autore come non del tutto privo di ambizioni stilistiche e – forse
– non del tutto sprovvisto dei mezzi anche linguistici per perseguirle». Si avverte che lo
scioglimento delle abbreviazioni in parentesi quadre si deve all’autore del presente stu-
dio.
274
Per i luoghi ciprianei si farà riferimento alle acquisizioni di Marin, che a sua volta
per il testo di Cipriano dipende da «Demetr. (CCL 3A, 35-51), domin. orat. (CCL 3A, 90-
113), ad Donat. (CCL 3A, 3-13), eleem. (CCL 3A, 55-72), epist. (CCL 3B: 1-57; 3C: 58-81; Ap-
pendix; 3D: Prolegomena), Fort. (CCL 3, 183-216), hab. virg. (CSEL 3/1, 187-205), idol.
(CSEL 3/1, 19-31), laps. (CCL 3, 221-242), mortal. (CCL 3A, 17-32), patient. (CCL 3A, 118-
133), testim. (CCL 3, 3-179), sent. episc. (CCL 3E), unit. eccl. (CCL 3, 249-268), zel. (CCL 3A,
75-86)» (cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 133-194 [133 nota 1]).

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di riprodurre sistematicamente gli apparati, perché meno utili che nelle se-
zioni precedenti, ma eventuali varianti di rilievo rispetto alle scelte della
Nucci saranno riportate a testo tra parentesi e giustificate in nota con la ri-
produzione degli apparati o il riferimento a note precedenti in cui tali ap-
parati siano stati riprodotti.
Per quanto riguarda la trama metaforica l’Anonimo sembra essere nel-
l’insieme poco originale, infatti, la gran parte dei tropi 275 analizzati dipende
da modelli ciprianei e biblici. Alcuni di essi risultano particolarmente signi-
ficativi perché ricorrono più volte nel testo: si pensi all’uso metaforico di la-
queus accompagnato, sempre con connotazione negativa, dai genitivi mortis
(cfr. aleat. 1, 3: in latum [laqueum] 276 mortis; 10, 19-20: quid te in laqueum mor-
tis cum diabulo ultro praecipitas? [Prv 21, 6; Ps 17, 6; 2 Rg 22, 6] 277), diaboli (cfr.
aleat. 5, 2-3 [3]: ne quis frater incautus denuo laqueis diaboli capiatur; 5, 10-11
[11]: Praeest diaboli laqueus manifestus; 5, 19-20 [19]: quid est ut iterum la-
queis diaboli unde exuta est implicetur...? 278), mali (cfr. aleat. 6, 20: Laqueus ille
mali) e dall’aggettivo saecularis (cfr. aleat. 10, 21: Quid te laqueis saecularibus
involuis...?) 279.
Rivela ascendenze prevalentemente bibliche sia l’antonomasia inimicus
per Satana che, nei canonici, ricorre propriamente solo in Mt 13, 28. 39 e in
Lc 10, 19, mentre compare più spesso negli apocrifi e nei deuterocanonici 280
(cfr. aleat. 6, 21: et supplantatio inimici 281; 7, 8: suggerente [...] inimico; 8, 22: cum
inimico Christi; 10, 22: quid inimicum tuum favoribus laudando delinques...?;

275
Per l’individuazione e la classificazione delle figure retoriche cfr. H. Lausberg, Ele-
menti di retorica, trad. di L. Ritter Santini, Bologna 2002 (ed. orig. München 1967); B. Mor-
tara Garavelli, Manuale di retorica, Milano 19893.
276
Cfr. Apparato Nucci: in latum conieci : in latu QDTU in late M illatum Δ in lacum
Hart in laqueum Mar. Apparato Marin: in laqueum Miod, in lacum Nψ Hart Wö 493-494
(=in laqueum; vel in lacu), in latu TUDQ (t corr. m. 2) d, inlatae M (sed tae in ras.) Hilg, ut
laqueo L, illatum Δ, lacu η. Appendix Marin: in laqueum IX, in laqueos Y, lacu Φ, in lacu
μ, illatum Δ’Δx (alias in lacu add. A s.l.), in lacum mFΔ°, in locum x (lo*m ξ, lo*m, cu su-
prascr., o).
277
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 168: Cypr., unit. eccl. 2 (CCL 3, 249, ll. 22-
23): ne denuo incauti in mortis laqueum revolvamur; zel. 10 (CCL 3A, 80, ll. 166-167): huic pe-
riculo consulens Dominus ne quis zelo fratris in laqueum mortis incurreret.
278
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 159: Cypr., epist. 4, 2, 2 (CCL 3B, 19, ll. 35-
36): qui se diaboli laqueis inplicavit.
279
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 168: Cypr., mortal. 26 (CCL 3A, 31, ll. 433-
434): laqueis saecularibus exsolutos; epist. 1, 1, 2 (CCL 3B, 2, l. 16): laqueis saecularibus obligari.
280
Cfr. W. foerster, s.v. ἐχθρός, ἔχθρα, in Grande Lessico del Nuovo Testamento 3, ed. it.
a cura di f. Montagnini-G. Scarpat-o. Soffritti, Brescia 1967 [ed. orig. Stuttgart 1933. 1935],
1305-1318 (1312. 1316).
281
Qui l’antonomasia inimicus compare accanto alla metafora laqueus mali (cfr. aleat. 6,
20-21: Laqueus est ille mali et supplantatio inimici).

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11, 18: extrahe caliginem inimici ab oculis tuis 282) sia la metafora di thesaurus
come «praemium caeleste justis reservatum» 283 (cfr. aleat. 11, 11-12 [12]: aurum
tuum et argentum et pecunias tuas in thesauris caelestibus expone [Mt 6, 20;
19, 21; Mc 10, 21; Lc 12, 33; 18, 22]) 284.
Ascendenze bibliche e ciprianee insieme si riscontrano, invece, nell’unica
occorrenza di hostis nella medesima accezione di inimicus (cfr. aleat. 5, 4-5
[4]: hostis ille antiquus circuit pulsans Dei servos non uno genere temptans [1 Pt
5, 8; Apc 12, 9]) 285.
Dipende soprattutto da Cipriano la metafora del venenum diabolico, por-
tatore di morte spirituale per i peccatori 286, che compare con variatio in aleat.
5, 11-12 [11]: venenum portans letalem [letale] 287 serpentis, accompagnato
dall’antonomasia serpentis e dall’aggettivo letalem / letale, e in aleat. 6, 34: illic
secreto mortale venenum bibitur, accompagnato dal solo aggettivo mortale,
anche se il contesto rimanda alla presenza demoniaca 288 (cfr. aleat. 6, 1: Aleae
tabula, dico, ubi diabolus praesto est; 6, 20-21: Laqueus est ille mali et supplanta-
tio inimici).
Si segnala anche l’intreccio di metafore d’ambito giuridico e d’ascen-
denza paolina e ciprianea 289 in aleat. 3, 15-19 (17-19): «Quamdiu heres infans,

282
Per aleat. 11, 18 cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 171: Cypr. epist. 65, 4, 2 (CCL
3C, 431, l. 78): in hac caligine diaboli. La dipendenza dal passo ciprianeo è confermata dal
ricorrere della stessa metafora con variatio in aleat. 9, 2: et deorbati diaboli caligine.
283
Cfr. Zorrel, s.v. θησαυρός, in Lexicon Graecum cit., 592.
284
Naturalmente la suggestione della metafora evangelica aveva già ampiamente in-
fluenzato Cipriano cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 170: Cypr. unit. eccl. 26 (CCL
3, 267, l. 593): thesauros sibi in caelo reponentes; laps. 11 (CCL 3, 226, ll. 214-215): thesaurum
in caelo reponentes; mortal. 26 (CCL 3A, 31, ll. 453-454): ad caelestes thensauros terrena patri-
monia transtulerunt; eleem. 7 (CCL 3A, 59, l. 140): caelestes thensauros potius recondamus; 22
(CCL 3A, 69, ll. 442-444): distractis rebus suis, immo ad caelestes thensauros translatis; patient.
13 (CCL 3A, 126, l. 259): caelestes sibi thesauros recondentes; domin. orat. 20 (CCL 3A, 103, ll.
379-380): thesaurum sibi condat in caelo; zel. 16 (CCL 3A, 84, l. 308): retributionem thensauri
caelestis adipiscitur; hab. virg. 11 (CSEL 3/1, 195, l. 10): commenda illic thesauros tuos, ubi...
285
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 156: Cypr. zel. 2 (CCL 3A, 75, ll. 20-21): cir-
cuit ille nos singulos et tamquam hostis clausos obsidens muros explorat et temptat an sit...; Fort.
2 (CCL 3, 183, ll. 22-26): adversarius vetus est et hostis antiquus cum quo proelium gerimus
[...] Omnia genera temptandi et artes atque insidias deiciendi usu ipso vetustatis edidicit; ad
Donat. 4 (CCL 3A, 5, ll. 79-80): ne [...] vetus denuo hostis obrepat.
286
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 157: Cypr. unit. eccl. 9 (CCL 3, 256, ll. 227-
228): venenum letale serpentium; 10 (CCL 3, 257, l. 256): venena letalia; 21 (CCL 3, 265, l. 518):
serpentis venena; laps. 26 (CCL 3, 235, l. 503): venena letalia; eleem. 1 (CCL 3A, 55, l. 14): ve-
nena serpentis antiqua.
287
Sulla preminenza del corretto letale su letalem nella tradizione manoscritta cfr. supra,
nota 38, avvalorato dal successivo mortale venenum di aleat. 6, 34.
288
Il fatto che Harnack (ed. cit., 23 nota ad locum) riferisca mortale venenum all’intrat-
tenersi con prostitute (cfr. aleat. 6, 27-29) nulla toglie alla natura diabolica dello stesso ve-
nenum.
289
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 152: Cypr., epist. 59, 5, 2 (CCL 3C, 345, ll.

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sub procuratores et actores agens» (Gal 4, 1-2): at cum creverit, ab uno hereditatem
suam expetit. Nos etiam sumus dispensatores et procuratores evangelii: hic
quoque inter dispensatores et procuratores quaeritur, ut quis fidelis et iustus
inveniatur (1 Cor 4, 1-2); 10, 8-9: et beatus apostolus Paulus procurator et vica-
rius Christi.
Le metonimie 290 aeris da aera, aerorum e ossuorum / ossorum suorum da os-
suum / ossum 291 mettono in risalto come i dadi, pur fatti di vili materiali, pos-
sano distruggere interi patrimoni (cfr. aleat. 6, 16: quae sordidissimis aeris
totam substantiam perdit; 10, 20-21 [20]: Quod opes et divitias tuas sordidissimas
[sordidissimis] 292 aeris admittis [amittis] 293; 6, 26-27 [27]: ut paterna sua here-
ditate sub ossuorum multiforme numero disperdat?). Il dado, del resto, è un
vero nemico dei beni familiari e deve essere evitato al pari del diavolo, come
sottolinea l’Anonimo con la metafora inimicam e l’anafora di fuge in aleat. 11,
21-22: fuge diabolum persequentem te, fuge aleam inimicam rerum tuarum.
occorrenze singole, a fronte delle 7 di laqueus, delle 5 di inimicus, delle 3
di procurator e delle 2 di dispensator, di aera, aerorum e di venenum, presentano
tutti gli altri tropi presi in esame: a partire dalla metonimia di aleat. 6, 11-12
[11]: quae bona paterna et opes et avorum sudore quaesitas ignominioso studio di-
lapidat per arrivare alle metafore di aleat. 2, 1-2: caelesti sapientia saliatur [Mt
5, 13]; 4, 3-4: Nonne ipsi delinquentium se pondere onerant? 294; 8, 3: igne rotante
torqueri [Apc 14, 10] 295; 11, 17: mendaciorum mandra).
Una considerazione a sé meritano le figurae sententiae per immutationem,
tra cui si segnalano le allegorie del sacerdote come agricoltore (cfr. aleat. 2,
17-18: extimate sacerdotem esse cultorem et omnes esse apud eum granaria plena)

144-145): sacerdotes id est dispensatores eius [=dei]; epist. 67, 5, 4 (CCL 3C, 456, ll. 123-125):
quando et apostolus moneat et dicat: ‘episcopum oportet esse sine crimine quasi dei dispensato-
rem’ (Tt 1, 7); laps. 6 (CCL 3, 223, ll. 107-110): episcopi plurimi, quos et hortamento esse opor-
tet ceteris et exemplo, divina procuratione contempta procuratores rerum saecularium fieri.
290
Per Lausberg, Elementi cit., 114 § 197 si ha sineddoche anche quando il «prodotto
finito viene espresso dalla materia grezza», ma più oppotunamente in Mortara Gara-
velli, Manuale cit., 156 si rileva che nominare «la materia per l’oggetto (il ferro per ‘la
spada’), ad es., per alcuni è metonimia, per altri sineddoche: né si vede quale delle due
ipotesi abbia più titoli di credito, dal momento che entrambe poggiano su procedure pu-
ramente elencative».
291
Su sordidissimas / sordidissimis aeris e ossuorum / ossorum cfr. supra, 2. Declinazione no-
minale.
292
Per gli apparati cfr. supra, nota 102.
293
Per gli apparati cfr. supra, nota 149. In fondo la scelta della variante grafica scorretta
admittis per amittis sembra una civetteria della Nucci, che è comunque costretta a tra-
durre «perdi» (cfr. ed. Nucci, 109).
294
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 152-153: Cypr., eleem. 13 (CCL 3A, 63, ll. 257-
258): patrimonium cumulas quod te pondere suo onerat.
295
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 164: Cypr., epist. 58, 10, 2 (CCL 3C, 334, ll.
239-240): ut eos necesse sit cum ipso [=diabolo] simul inextinguibili igne torqueri.

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e del vescovo come pastore di pecore spirituali (cfr. aleat. 2, 19-24: Nam ut
constaret nos id est episcopos pastores esse ovium spiritalium hoc est hominum
fidelium qui sub cura nostri constituti, nullum in eis scabies vitium reperiatur.
Quo magis a nobis cotidie perscrutentur, ut medicamine caelesti adhibito vel-
lera eis florida crescant qui ad nitorem [neturam] 296 vestis salutaris profi-
ciant). La prima, infatti, reinterpreta le promesse di prosperità di Prv 3, 10 e
Jr 31, 14, fondendole con l’accostamento tra sacerdos e cultor che ricorre in un
luogo dell’epistolario ciprianeo 297, anche se rispetto a Cipriano l’Anonimo
valorizza l’accezione di «agricola» al posto di quella più diffusa e generica di
«studiosus» 298. L’altra sviluppa in modo non meno interessante e articolato
da una parte la missione di pastore d’anime affidata a Pietro in Jo 21, 15-17,
dall’altra l’esplicito accostamento tra la figura del vescovo e il ruolo di pa-
store delle pecore (cioè del popolo) di Dio, in Act 20, 28 299, che hanno avuto
ampia eco anche negli scritti ciprianei 300.
Particolarmente significativa e insistita è la personificazione della manus
del giocatore di dadi che, associata a varie altre figure (anafora, apostrofe, al-
litterazione, interrogazione retorica, exclamatio, anticlimax, dittologia sino-
nimica, metafora, parallelismo e omoteleuto) da analizzarsi in seguito,
ricorre in ben quattro passi dell’opera (cfr. aleat. 5, 13-20: Quid illud est quaeso
vos, fidelis, ut manus quae iam ab iniuriis humanis expiata est et ad sacrificium do-
minicum admissa et quod ad salutem totius hominis pertinet ipsa de dignatione
suscipit, ipsa ad laudem Domini in oraculo exurgit, ipsa per quod tuemur Christi

296
Cfr. supra, note 175-179.
297
Sull’identificazione dei possibili referenti biblici di aleat. 2, 17-18 cfr. Lotito, Qual-
che osservazione cit., 64 nota 78. Per il testo dei due passi nella Vulgata cfr. Prv 3, 10: et im-
plebuntur horrea tua saturitate et vino torcularia redundabunt; Jr 31, 14: et inebriabo animam
sacerdotum pinguedine / et populus meus bonis meis adimplebitur ait Dominus. Quanto al-
l’ipotesto ciprianeo cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 149: Cypr. epist. 74, 8, 3 (CCL
3C, 574, ll. 158-159): a cultoribus eius [=dei] et sacerdotibus.
298
Cfr. G. Sigwart, s.v. cultor, in ThLL 4, 1317, ll. 81-82; 1318, ll. 42-43.
299
Per un inquadramento generale sulla presenza di tali immagini in ambito scrittu-
ristico cfr. J. Jeremias, s.v. ποιμήν, in Grande Lessico cit. 10, Brescia 1975 (ed. orig. Stutt-
gart 1959), 1193-1227 (1224-1226); H. Preisker-S. Schulz, s.v. πρόβατον, in Grande lessico
cit. 11, Brescia 1977 (ed. orig. Stuttgart 1959. 1964), 189-198 (191-197).
300
Nella trattazione dei grandi temi comuni all’Anonimo e a Cipriano Marin (Sulla
presenza di Cipriano cit., 136-138) inserisce anche quello del ‘vescovo, pastore di pecore spi-
rituali’, fornendo un’ampia documentazione che qui è impossibile riportare per intero,
ci si limita a titolo di esempio a Cypr., epist. 57, 2, 1 (CCL 3B, 302, ll. 36-38): obtemperan-
dum est [...] ut a pastoribus oves in periculum non deserantur, sed grex omnis in unum congre-
getur; 68, 3, 2 (CCL 3C, 465, ll. 52-53): pastores utiles et misericordes oves dominicas in gregem
colligant. Una qualche suggestione deve averla esercitata anche il modello del Pastore di
Erma che è definito «scriptura divina» in aleat. 2, 9-10 (cfr. Marin, Citazioni bibliche e para-
bibliche cit., 174).

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 141

signum in frontibus notat, ipsa divina sacramenta consummat: quid est ut iterum
laqueis diaboli unde exuta est inplicetur et ipsa perdamnat? 301; 6, 10-18: o manus
crudelis et ad periculum sui armata, quae bona paterna et opes et avorum sudore
quaesitas ignominioso studio dilapidat. Manus trux, noxia et insomnis, nocte
diemque continuis instrumentorum suorum armigera, qui [quae] 302 peccando se
ipsa damnavit et post peccando non desinit. O nequam manus in perniciem Do-
mini sui armata, quae sordidissimis aeris totam substantiam perdit et cum tot es-
sent augendae rei familiares et multarum abundantiae opes, modo inops et pauper
est 303; 9, 5-6: festinant ad necem hereditatis suae manus e, infine, 9, 10-11:
Manus carnifex, manus noxia, qui [quae] 304 nec post lucra desinet, sed et adhuc
post damna ludet).
Per la trattazione delle altre figurae sententiae e delle figurae elocutionis si
cercherà di contestualizzarne l’analisi secondo l’interpretazione della strut-
tura di aleat. fornita da Marin che, nel 1988, ravvisava nell’opera un’impo-
stazione similare a quella riscontrata da R.D.  Sider in vari trattati
tertullianei 305, inquadrata cioè fra un ampio prologo, l’exordium dei capp. 1-
4, e un epilogo, la peroratio del cap. 11, con una sezione centrale dedicata alle
diverse probationes sul tema, dagli argomenti storico-razionali dei capp. 5-7
alle auctoritates, costituite dalle testimonianze scritturistiche dei capp. 8-10 306.
Si spera in tal modo di mostrare con sufficiente chiarezza la funzionalità del-
l’impegno stilistico dell’Anonimo.
L’exordium si apre con l’apostrofe ai destinatari di aleat. 1,1: fidelis, se-
guita immediatamente dall’anastrofe di aleat. 1, 1-2: maxime et rea perditorum
omnium audacia id est aleatorum, che precisa l’obiettivo polemico dell’opera.

301
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 158: Cypr., laps. 2 (CCL 3, 221, ll. 24-27): in-
lustres manus quae non nisi divinis operibus adsueverant sacrificiis sacrilegis restiterunt;
sanctificata ora caelestibus cibis post corpus et sanguinem Domini profana contagia et idolorum
reliquias respuerunt; epist. 65, 2, 1 (CCL 3C, 428, ll. 33-35): quomodo putat manum suam
transferri posse ad dei sacrificium et precem domini quae captiva fuerit sacrilegio et crimini.
302
Per gli apparati cfr. supra, nota 180.
303
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 160: Cypr., zel. 8 (CCL 3A, 79, ll. 140-141):
manus ad caedis violentiam prompta, [...] odio tamen furiatae mentis armata. Armarsi contro se
stessi è una metafora che ricorre anche nel passo in cui l’anonimo descrive gli aleatores
che, ormai preda del diavolo, si immergono non solo nel gioco, ma anche nella lussuria:
aleat. 6, 27-30: Est et quando ipsi aleatores cum prostitutis mulieribus penes auctorem suum noc-
turnas vigilias clausis foribus celebrant: armantur adversus se miseri spiritus diaboli repleti.
304
Per gli apparati cfr. supra, nota 183.
305
Cfr. R.D. Sider, Ancient Rhetoric and the Art of Tertullian, oxford 1971.
306
Cfr. Marin, Citazioni bibliche e parabibliche cit., 172-173. Nella propria analisi della
struttura dell’opera anche la Nucci (ed. cit., 23-24) ripropone lucidamente l’impostazione
di Marin, anche se afferma che Marin avrebbe «individuato in Aleat. le sezioni proprie di
un’orazione», laddove Marin aveva fatto riferimento solo alla somiglianza con la strut-
tura di varie opere tertullianee (cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 45).

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142 ALfoNSo MICHELE LoTITo

Seguono 5 occorrenze di omoteleuto (cfr. aleat. 1, 7-10 [8-10]: accepta simul


potestate solvendi ac ligandi et cum ratione peccata dimittendi, salutari doctrina
admonemur ne cum delinquent adsiduae ignoscimus, ipsi cum eis pariter tor-
queamur [Mt 16, 19]; 3, 9-13: Quanto autem episcopum bene agentem et salu-
briter admonentem sine tribulatione corporis condigna sint maartyria, tanto et
episcopum neglegentem et nulla de scripturis sanctis documenta promentem cu-
mulentur tormenta 307; 3, 17-19: Nos etiam sumus dispensatores et procurato-
res evangelii: hic quoque inter dispensatores et procuratores quaeritur, ut quis
fidelis et iustus inveniatur [1 Cor 4, 1-2]; 4, 4-7: Apostolus idem Paulus com-
memorat, quando ad Timotheum docendum et corroborandum in fidei firmitate
ne quid Deum fallat et ne maligum orationibus iustorum intercedat 308; 4, 20-22:
hic nec colligatur, donec paenitentiam agat, et non recipiatur, ne inquinetur et
inpediatur oratio vestra [Doctr. apost. 4, 14; 14, 2; 15, 3]), delle quali quella di
aleat. 3, 9-13 associata al solo parallelismo antitetico (Quanto autem episcopum
bene agentem et salubriter admonentem…, tanto et episcopum neglegentem et
nulla de scripturis sanctis documenta), quella di aleat. 3, 17-19, invece, asso-
ciata al parallelismo (dispensatores et procuratores… dispensatores et pro-
curatores) e insieme alla dittologia sinonimica (fidelis et iustus), figura
quest’ultima che compare anche in aleat. 2, 4: hoc veremur et timemus 309. A
riprova dell’attenzione agli effetti fonici dell’exordium in aleat. 4, 2-4: quid si
omnes delinquant et delinquentibus dispensatores ignoscant? Nonne ipsi delin-
quentium se pondere onerant? si registra un poliptoto, inserito in due inter-
rogazioni retoriche.
Nelle probationes storico-razionali dei capp. 5-7 s’intrecciano prevalente-
mente figure, come l’anafora (ben 7 occorrenze), l’enumeratio, la dittologia si-
nonimica e l’omoteleuto, volte a rafforzare l’argomentazione, e figure, come
il chiasmo e il parallelismo, funzionali alla più efficace disposizione della
materia. La sezione si apre con l’enumeratio asindetica delle tentazioni dia-
boliche che insieme preparano e mettono in evidenza proprio quella del
gioco d’azzardo (cfr. aleat. 5, 5-10 [6-9]: Multae enim sunt temptationes eius qua-
rum primordia sunt: idolatria, moechiae furta rapinae avaritia fraus ebrietas

307
L’effetto dell’omoteleuto non verrebbe meno neppure se si promovessero a testo le
lezioni della famiglia L, dei codici NηΦ della famiglia Q, di A2 e del sottogruppo I della
famiglia Δ* dello stemma Marin: episcopo bene agenti et salubriter admonenti… et episcopo
neglegenti et... promenti cfr. supra, nota 249. Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 152:
Cypr., Demetr. 3 (CCL 3A, 36, ll. 43-44): nobis tacentibus et nulla de scripturis sanctis praedi-
cationibusque divinis documenta promentibus.
308
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 153: Cypr., Fort. 1 (CCL 3, 183, ll. 5-6): ad
praeparandas et corroborandas fratrum mentes; 5 (CCL 3, 185, ll. 71-73): in exhortandis itaque
ac parandis fratribus nostris et virtutis ac fidei firmitate [...] armandis.
309
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 147: Cypr., eleem. 9 (CCL 3A, 60, l. 173): sed
vereris et metuis ne.

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inpatientia adulteria homicidia zelus perfidia falsa testimonia eloquium


falsum invidia extollentia maledictum, error, et si qua sunt similia quae his
congruunt, ex quibus est aleae tabula). Invece, in aleat. 5, 16-19: ipsa de dignatione
suscipit, ipsa ad laudem Domini in oraculo exsurgit, ipsa per quod tuemur Christi
signum in frontibus notat, ipsa divina sacramenta consummat all’anafora di
ipsa, che sta per la manus del cristiano e introduce una serie di azioni che at-
tengono alla sfera del sacro e rendono perciò inaccettabile il suo trasformarsi
in aleatrix manus, si accompagna l’omoteleuto che lega i verbi notat e
consummat. L’anafora compare anche in aleat. 6, 1-4: Aleae tabula, dico, ubi
diabolus praesto est ad capiendum summissus et cum coeperit de captivo trium-
fus, perfidia, falsa testimonia. Aleae tabula, dico, ubi dementia et furia et
venale periurium et conloquium serpentinum, associata a due occorrenze di
enumeratio, all’allitterazione (cum coeperit de captivo triumfus, perfidia, falsa),
all’endiadi dementia et furia 310 e al chiasmo venale periurium et conloquium
serpentinum. La combinazione di exclamatio, anafora, allitterazione (trux,
noxia... nequam manus... sordidissimis aeris) parallelismo, anticlimax e ditto-
logia sinonimica incardina la requisitoria di aleat. 6, 9-18: O aleatorum noxia,
sedentaria et pigra nequitia: o manus crudelis et ad periculum sui armata, quae
bona paterna et opes et avorum sudore quaesitas ignominioso studio dilapidat.
Manus trux, noxia et insomnis, nocte diemque continuis instrumentorum suo-
rum armigera, qui [quae] 311 peccando se ipsa damnavit et post peccando non desi-
nit. O nequam manus in perniciem Domini sui armata, quae sordidissimis aeris
totam substantiam perdit et cum tot essent augendae rei familiares et multarum
abundantiae opes, modo inops et pauper est. Accanto all’anafora ben due oc-
correnze di chiasmo concorrono alla definizione della vera natura del gioco
dei dadi in aleat. 6, 18-20: Alea est quam lex odit, alea est quam insequitur
crimen ignobilem [ignobile] 312, ubi manifesta temptatio et poena occulta.
Un intreccio di anafora e omoteleuto, forse ancor più rigoroso che in aleat.
5, 16-19, illumina sotto varie prospettive uno degli effetti più deleteri del
gioco d’azzardo, la rovina del patrimonio familiare in aleat. 6, 22-25: Hinc
deinde pauperes fiunt, hinc opes suas perdunt, hinc iam consumptis omnibus
rebus suis mutuis pecuniis se obruunt, hinc patrimonium sine ulla fore calumnia
admittunt [amittunt] 313. Subito dopo, in aleat. 6, 30-34: Et illic duplicem ac

310
L’endiadi viene risolta poco oltre in aleat. 6, 9: furax dementia. Per l’accostamento di
furor e dementia in Cipriano cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 159-160: Cypr., laps.
22 (CCL 3, 233, ll. 445-446): o tuam nimiam, furiose, dementiam; 26 (CCL 3, 235, ll. 518-519):
quam multi usque ad insaniam mentis excordes dementiae furore quatiuntur; epist. 52, 2, 4 (CCL
3B, 247, l. 58): feruntur semper mali suo furore dementes.
311
Per gli apparati cfr. supra, nota 180.
312
Per gli apparati cfr. supra, nota 39.
313
Per gli apparati cfr. supra, nota 149.

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144 ALfoNSo MICHELE LoTITo

geminum crimen admittunt. Hic concrepat aleae sonus, illac silentio operatur
incestus: hic sine ullo dignitatis suae respectu sine ulla excusatione pestifero stu-
dio cedere bonis suis coguntur, illic secreto mortale venenum bibitur, per de-
scrivere i comportamenti peccaminosi che di solito s’accompagnano al gioco
d’azzardo, ricompare l’accostamento di anafora (Hic... hic) e omoteleuto (ope-
ratur... coguntur... bibitur) ma variato dal fonosimbolismo (Hic concrepat),
dalla dittologia sinonimica (duplicem ac geminum crimen) 314, dall’antitesi e in-
sieme dal poliptoto (hic / illic / illac) e seguito da un’altra anafora mista al
poliptoto (sine ullo… sine ulla) e dal chiasmo (operatur incestus:… mortale ve
nenum bibitur). Il cap. 7, che appare certo meno elaborato del capitolo pre-
cedente, presenta, in apertura, una combinazione di anafora e parallelismo
(cfr. aleat. 7, 1-2: Unde haec sacrilega meditatio, unde hoc crimen, auctorum
testimonio comprobamus) 315 e, a metà, una combinazione di endiadi e omote-
leuto (cfr. aleat. 7, 11-12: ut quasi ipse lusor et adinventor huius malitiae appa-
reret).
Anche la sezione delle auctoritates dei capp. 8-10 non manca di elabora-
zione stilistica a partire dall’anafora, dal parallelismo e dalla dittologia si-
nonimica di aleat. 8, 1-4: Aleae tabula qui ludet, et maleficium nosse debet,
quod a Dei servos longe sit scientes quoniam foris maleficus et venenarius et ite-
rum in iudicii diem igne rotante torqueri. Aleae tabula qui ludet prius auctori eius
sacrificare debet [Apc 22, 15], per continuare con l’altra anafora sapiente-
mente variata e combinata con l’apostrofe di aleat. 8, 8-14: Christianus qui es
et aleae tabula ludes, licet non sacrifices, legi huius facinoris particeps es. […]
Christianus quicumque es et alea ludes, con la correctio di aleat. 8, 15: quia
non es Christianus sed ethnicum tibi nomen est 316 e con l’apostrofe a cui si
aggiunge l’antitesi finale di aleat. 8, 20-23: Aleator quicumque es Christianum
te dicis, quod non es eo quod saeculo particeps es. Nec amicus Christi potes esse
qui cum inimico Christi tenes amicitiam 317. In aleat. 9, 1-4: Certe qualis de-
mentia aleatorum fidelium, ubi insaniunt et furiacissimis vocibus periurant,
et deorbati diaboli caligine invicem sibi manus inferunt, maledicunt, se devovunt

314
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 162: Cypr., eleem. 19 (CCL 3A, 67, ll. 391-
392): bis delinquis et geminum ac duplex crimen admittis.
315
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 162: Cypr., eleem. 12 (CCL 3A, 62, ll. 233-
234): unde haec incredula cogitatio, unde impia et sacrilega ista meditatio?
316
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 165: Cypr., eleem. 12 (CCL 3A, 62, ll. 235-
236): quid qui Christo omnino non credit appellatur et dicitur christianus?; epist. 69, 1, 4 (CCL
3C, 471, ll. 28-29): adhuc quoque dominus in evangelio suo ponit et dicit: ‘si vero et ecclesiam con-
tempserit, sit tibi tamquam ethnicus et publicanus’. Il secondo dei due passi ciprianei, a sua
volta, riprende Mt 18, 17 che potrebbe essere, anche direttamente, l’ipotesto di aleat. 8, 14-
15.
317
Cfr. Marin, Sulla presenza di Cipriano cit., 166: Cypr., domin. orat. 24 (CCL 3A, 105-106,
ll. 465-467): non potest esse cum Christo qui imitator Iudae maluit esse quam Christi.

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[devovent] 318, parentorum originem turpis [turbis] 319 praesentibus dehonorant ri-
corre l’exclamatio, che il solo Hingelfeld opportunamente segnalava con la
punteggiatura 320, seguita dall’allitterazione (furiacissimis vocibus) e dalla
consonanza tra le voci verbali che scandisce sino alla fine la climax su cui si
struttura l’intero periodo. Invece, in aleat. 9, 8-11: O ars infesta studentibus
et studium libidinosum, qui non divitia sed nuditate et inopia praestat.
Manus carnifex, manus noxia, qui nec post lucra desinet, sed et adhuc post
damna ludet si combinano l’exclamatio, la paronomasia di studentibus et stu-
dium, l’anafora di manus, il parallelismo e insieme l’omoteleuto di qui nec
post lucra desinet, sed et adhuc post damna ludet 321. Il cap. 10 si apre con un
chiasmo (cfr. aleat. 10, 1-2: Nam quod delicti in Deum nulla sit excusatio nec in-
dulgentia ulla), si serve della dittologia ponit et dicit come lemma introdut-
tivo della citazione di 1 Cor 3, 16-17 (cfr. aleat. 10, 9-10) e si conclude con
un’apostrofe al giocatore di dadi strutturata su quattro interrogazioni reto-
riche, connesse tra loro dall’anafora di quid e scandite dalla paronomasia
saecularibus... saeculo e dall’omoteleuto iudiceris... puniaris (cfr. aleat. 10, 19-
23: Miser, quid te in laqueum mortis cum diabulo ultro praecipitas? Quod
[Quid] 322 opes et divitias tuas sordidissimas [sordidissimis] 323 aeris admittis [amit-
tis] 324? Quid te laqueis saecularibus involuis ut cum saeculo iudiceris? Quid
inimicum tuum favoribus laudando delinques, cum quo necesse est puniaris?).
La peroratio del cap. 11 esibisce la propria funzione parenetica ricorrendo
a ben 29 tra imperativi e congiuntivi esortativi: in particolare 3 imperativi fu-
turi 325, 17 imperativi presenti attivi 326, 2 imperativi presenti deponenti 327 e
2 rari imperativi presenti passivi con valore mediale 328, 3 congiuntivi esor-

318
Per la variante devovent cfr. supra, note 131-132.
319
Per gli apparati cfr. supra, nota 65.
320
Cfr. ed. Hilgenfeld, 23, l. 9.
321
L’omoteleuto si conserverebbe, anche se, al posto di desinet e ludet, si decidesse di
promuovere a testo le lezioni desinit e ludit cfr. supra, nota 138.
322
Apparato Nucci: quod QTUΔ : quid MD Hart Mar. Apparato Marin: quod
TUM1Q1Δ. Appendix Marin: quid] quod μΔ’Δx.
323
Per gli apparati cfr. supra, nota 102.
324
Per gli apparati cfr. supra, nota 149.
325
L’imperativo futuro di 2a persona singolare esto ricorre una volta in aleat. 11, 1 e due
volte in aleat. 11, 20.
326
Cfr. aleat. 11, 3: sparge; 4-5: divide; 5: committe; 7: Desine; 8: cohibe; 11: distrahe; 12: ex-
pone; 13: remove; 14: incumbe; 17: Abscide… averte; 18: extrahe; 19: purifica… abige; 21: fuge;
22: fuge; 24: extende.
327
Cfr. aleat. 11, 6: obsequere; 7: imitare.
328
Cfr. aleat. 11, 6: avocare; 23: erudire. Per gli apparati, la natura e i possibili modelli dei
due imperativi cfr. supra, note 163-173.

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146 ALfoNSo MICHELE LoTITo

tativi 329, 2 costrutti per il cosiddetto imperativo negativo o proibitivo (ne +


la seconda persona singolare del congiuntivo perfetto e noli + l’infinito pre-
sente) 330. Come nota con finezza interpretativa la Nucci, tali imperativi «di-
sposti secondo un costrutto simmetrico a due membri, ciascuno strutturato
in due proposizioni […] sottolineano tutto il rigore del monito finale: per-
seguire la via della vita che conduce alla salvezza e non la via della morte,
rappresentata nel caso specifico dal vizio scellerato del gioco» 331.
A ciò si aggiungano l’omoteleuto di aleat. 11, 5-7: servus cum Domino tuo
avocare, studio deifico obsequere, artem Domini imitare; l’anafora e il paralle-
lismo di aleat. 11, 9-10: sit tibi cum pauperibus cottidianus lusus, sit tibi cum
viduis frequens operatio; 11, 21-22: fuge diabolum persequentem te, fuge
aleam inimicam rerum tuarum; l’intreccio di parallelismo (tra le due prime
frasi) e di chiasmo (tra le prime due e la terza) di aleat. 11, 18-20: extrahe ca-
liginem inimici ab oculis tuis et purifica manum tuam a sacrificiis diaboli:
abige abs te furaces mores; l’accostamento di anafora e dittologia sinoni-
mica di aleat. 11, 20-21: esto patiens et Christianus, esto tibi et vitae tuae in ope-
rationibus iustus et providus.
Anche alla luce del commento della Nucci al cap. 11, sembra davvero su-
perfluo ribadire come l’aderenza consapevole dello stile di aleat. alle carat-
teristiche espressive dell’omiletica africana del III secolo, e di Cipriano in
particolare 332, sia un argomento tutt’altro che trascurabile a favore del rico-
noscimento della sua dignità artistica.

7. Conclusioni

Tentare un bilancio sulla lingua di aleat. significa inevitabilmente misu-


rarsi con la ricostruzione di un testo per cui non esiste alcun criterio sempre
(e per così dire meccanimente) valido, meno che mai quello della preferenza
accordata a pochi codici, che attestino «unanimemente (o quasi)» lezioni «si-
gnificative per la loro scorrettezza» 333.
Come si è visto, quest’indagine ha privilegiato l’ampia recensione del-
l’edizione Marin, perché solo un’esaustiva panoramica sulla tradizione ma-

329
Il congiuntivo di 3a persona singolare sit ricorre due volte in aleat. 11, 9 e una volta
in aleat. 11, 23 e ha valore esortativo, perché usato col dativo di possesso tibi.
330
Cfr. aleat. 11, 15: ne luseris; 25: noli respicere. Sull’imperativo negativo o proibitivo cfr.
Traina-Bertotti, Sintassi normativa cit., 257 § 245.
331
Cfr. ed. Nucci, 134, nota ad aleat. 11, 1-25.
332
Cfr. Norden, La prosa d’arte 1 cit., 620-629.
333
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 21.

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 147

noscritta poteva permettere di affrontare i problemi linguistico-testuali nella


loro reale complessità, senza scappatoie, senza rigidità, senza rassicuranti
semplificazioni. Ne è derivato un approccio che, oltre ad essere documen-
tario nella convinzione che ogni dato sia utile a fare la storia della trasmis-
sione di un testo 334, ha cercato di affrontare gli aspetti della lingua e, quindi,
del testo caso per caso senza risparmio di mezzi. Si è fatto ricorso, infatti, sia
al criterio della maggioranza numerica delle attestazioni, in verità non sem-
pre favorevole alla scelte operate dalla Nucci, sia al criterio dell’usus scribendi,
assai difficile ma non impossibile da determinare per aleat., sia al criterio dei
loci paralleli, soprattutto biblici e parabiblici per le questioni strettamente lin-
guistiche, prevalentemente ciprianei per le scelte stilistiche dell’autore. Per
l’abuso che ne è stato fatto dalla Nucci e da Luiselli è rimasto in ombra, an-
che se non del tutto negletto, il criterio della lectio difficilior 335. Invece, si è di-
mostrato particolarmente utile il criterio del «comportamento dei testimoni»
ovvero della «valutazione delle caratteristiche e capacità tecniche del singolo
copista» 336, che già nella revisione metodologica di Marin aveva sancito la
fine della tirannia delle lezioni attestate da MQTU/MQTU 337.
Risolte così le ultime questioni metodologiche, passiamo al bilancio vero
e proprio, pur col rammarico di non aver potuto dedicare un’autonoma e si-
stematica sezione al lessico che, tuttavia, per singoli problemi è stato og-
getto di non poche né superficiali indagini.
Per quanto riguarda la declinazione nominale, dei vari scambi di ge-
nere e declinazione, segnalati già da Hartel, Wölfflin, Miodoński e, recen-
temente, dalla Nucci e da Luiselli, le uniche anomalie che resistono ad
un’analisi scevra da pregiudizi sono l’uso del genitivo plurale ossuorum /
ossorum (da ossuum, i / ossum, i) al posto di ossium (da os, ossis) e l’ablativo
plurale aeris (probabilmente da aera, orum) al posto di aeribus (da aes, aeris),
entrambe forme incontestabilmente di origine volgare, ma classificabili
come peculiarità del latino tardo più che come monstra linguistici. Va no-
tato, poi, che la caccia all’errore ha condotto la Nucci e Luiselli a frainten-
dimenti come quello che vedeva in hic di aleat. 3, 18 non un avverbio di
luogo, come nel suo ipotesto biblico (1 Cor 4, 2), ma una forma errata di
maschile per il neutro hoc in funzione di antecedente di una proposizione
epesegetica.

334
In questo senso vanno intesi i riferimenti alle lezioni di codices descripti tratte dal-
l’Appendix dell’edizione Marin.
335
Si pensi al caso di neturam al posto di nitorem in aleat. 2, 23.
336
Cfr. Marin, Una recente edizione critica cit., 18. 28.
337
Ibidem, 27-37.

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148 ALfoNSo MICHELE LoTITo

Né mancano fraintendimenti simili all’elenco di anomalie riguardanti la


coniugazione verbale: si pensi al corretto congiuntivo presente della prima
coniugazione inplicetur, considerato dalla Nucci forma erronea di indicativo
presente della seconda coniugazione al posto di inplicatur, oppure alla forma
passiva tuemur di aleat. 5, 18, considerata particolarmente abnorme da Lui-
selli, laddove attestazioni dell’uso passivo di tueor si ritrovano persino in
Virgilio, Livio e Apuleio.
A proposito delle varie voci dell’indicativo presente di verbi appartenenti
alla terza coniugazione (soprattutto ludĕre) che compaiono con desinenze
della seconda coniugazione, la mancanza di accordo nella tradizione, quanto
si può ricostruire dell’usus scribendi e la prassi stessa dei copisti dei mss.
(MQTU/MQTU) che tramandano più di frequente tali anomalie sconsi-
gliano di promuoverle a testo, trattandosi con buona probabilità di errori di
copista dovuti all’alternanza e confusione di e / i nelle desinenze verbali.
Anche le presunte anomalie nell’uso dei relativi, oltre che al mancato ac-
cordo della tradizione, non resistono ad un’attenta analisi del contesto di
appartenenza e sono smentite dall’usus scribendi.
Come giustamente rilevato dalla Nucci, la sintassi dell’Anonimo appare
impacciata e macchinosa, quando si impegna nella costruzione di periodi
articolati, risulta, invece, più efficace e corretta nel periodare breve e incal-
zante 338. Tuttavia, l’uso di quoniam / quia con valore dichiarativo al posto del-
l’accusativo e l’infinito è limitato a sole 4 occorrenze, 2 delle quali
richiamano variamente luoghi scritturistici (cfr. aleat. 3, 2-3; 8, 1-3; 8, 13-16;
10, 14-17) 339.
La presunta individuazione di due accusativi assoluti in aleat. 3, 9-13; 4,
23-24 appare insostenibile, non perché si tratti di accusativi assoluti, ma per-
ché, quand’anche fossero ablativi assoluti, mal si inserirebbero nei rispettivi
periodi. Del resto bisogna notare che altre varianti offerte dalla tradizione
appaiono ben più funzionali al contesto sintattico e che tutte le 11 occor-
renze di ablativo assoluto di aleat. sono corrette e ben inserite nel periodo di
appartenenza.
Passi come aleat. 1, 3-10; 2, 4-9, pur segnalati dalla Nucci, in realtà non
pongono problemi insormontabili, invece aleat. 8, 1-3, al pari di aleat. 5, 19-
22; 6, 25-27, rientra tra quei luoghi dell’opera in cui, a meno di scelte di ri-
costruzione totalmente subordinate all’esigenza di dare senso, si potrebbe
riconoscere la presenza di guasti insanabili.
Lo stile di aleat., ad un’analisi attenta, mostra con tutta evidenza un im-

338
Cfr. ed. Nucci, 56.
339
Cfr. supra, nota 214.

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CoNSIDERAZIoNI ULTERIoRI SULLA LINGUA DEL DE ALEATORIBUS 149

pegno cosciente ed efficace, che rende finalmente giustizia alle aspirazioni


artistiche dell’Anonimo, non certo eccezionali, ma non prive di dignità.
Se alle risultanze di questo studio si affiancano quelle del precedente sag-
gio sull’uso dei costrutti preposizionali in aleat., che evidenziano la presenza
di pochi volgarismi abituali nel latino tardo (la brachilogia de quod di aleat.
2, 18, l’uso di sub + l’accusativo al posto di sub + l’ablativo in aleat. 3, 15-16
e l’oscillazione nell’uso di in + l’ablativo/accusativo, nonché il ricorso al co-
strutto in + l’ablativo con valore strumentale) 340 e se si tiene debito conto
della tormentata vicenda della trasmissione del testo, ci si accorge che la lin-
gua di aleat. presenta un numero e una tipologia di volgarismi perfettamente
compatibili col livello medio dei testi cristiani della sua epoca e che non è più
possibile considerare il suo autore né un esempio eclatante di ignoranza
della lingua latina 341 né «un provinciale (un indigeno africano) scarsamente
romanizzato sul piano linguistico» 342.

340
Il riferimento è in particolare a Lotito, Qualche osservazione cit., 66-67. 77. 80-81. 86-
89, studio che mi rincresce di aver dovuto citare più volte in questo saggio.
341
Cfr. ed. Nucci, 54.
342
Cfr. Luiselli, Il ‘De aleatoribus’ cit., 281.

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Sommario

M. Marin, Qualche considerazione sugli studi di letteratura cristiana antica


C.C. BerarDi, Tradizione e innovazione in Sozomeno. Le tecniche narrative nel
Prologo (H.E. 1, 1-20)
M.J. CreSpo LoSaDa, el Priscilliani Liber de fide <et> de apocryfis: un dossier ori-
geniano en defensa de la tradición
i. D’auria, il ritratto dell’eretico in Vita Fulgentii
a.M. LoTiTo, Considerazioni ulteriori sulla lingua del De aleatoribus
G. LuonGo, San Marciano di Frigento. L’edizione critica della Vita Marciani
M. Marin, La formazione retorica di Giuliano di eclano: note sulla valutazione
della forma espressiva delle Scritture
M. Marin - p. De navaSCuéS, il Commento a Matteo di origene
L.F. pizzoLaTo, L’’ultima tunica’ in Basilio (epist. 150)
p. ruLLo, nonno di panopoli e l’εἶδος del Cristo risorto
p. SanToreLLi, ilario, una vita contro: venanzio Fortunato agiografo
M. veroneSe, Quid gloriosius Danihele? il ruolo di Daniele nella predicazione di
Cipriano
v. zanGhi, ‘Spazi femminili’ nell’agiografia geronimiana tra asceti-smo e pole-
mica

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