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ERUDITI
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IL LESSICO FILOLOGiCO
DEGLI UMANlSTI
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SUSSIDI ERUDITI
-----26 -----
SILVIA RIZZO
IL LESSICO FILOLOGICO
DEGLI UMANISTI
ROMA 1973
Alla memoria
di mio padre
PREFAZIONE
portavano ad evitare vocaboli di sapore medievale o di curiosi travestimenti classicheggianti di parole dell'uso comWle (si veda 1'Indice delle cose notevoli, s. v. latino umanistico). Inoltre, poich WlO
studio di parole anche necessariamente studio di cose, l'esame delle
espressioni tecniche usate dagli umanisti e delle enWlciazioni teoriche
sparse nei loro scritti mi ha portata ad osservazioni di carattere generale che si troveranno sparse sotto le varie voci o nelle brevi introduzioni alle singole parti: e alcuni capitoli sono dedicati a particolari aspetti della filologia umanistica (ad es. la restituzione dei
passi greci nei manoscritti latini, p. 295ss., o le teorie sulla genesi
delle corruttele e l'importanza data al criterio paleografico nel congetturare, p. 226ss.).
Ho preferito perci alla forma del lessico quella di Wla trattazione continua, distinta in cinque parti secondo Wl'ideale linea di
sviluppo, dalle varie fasi della formazione del codice o del libro a
stampa fino all'attivit critica sui testi. CiascWla parte distinta al
suo interno in capitoli dedicati a un vocabolo o a gruppi di vocaboli
affini per significato. L'indice delle parole, indispensabile complemento di Wl lavoro del genere, permetter di individuare rapidamente le trattazioni dedicate ai singoli termini.
I limiti cronologici che ho posto alla mia ricerca vanno dal Petrarca a tutto il quattrocento. Entro questi confini ho scelto alcWle
personalit pi significative e per ciasCWla di esse determinate opere,
dando la preferenza a quelle di argomento filologico e agli epistolari. Queste opere, che costituiscono il fondamento della ricerca,
sono state esaminate per intero. Le elenco qui brevemente, rimandando alla bibliografia per l'indicazione delle edizioni seguite: Petrarca, Familiari (per le altre opere non ho tentato un nuovo spoglio,
ma mi sono limitata a rintracciare e riesaminare i passi che gi avevano attratto l'attenzione del N olhac, Ptrarque et l' humanisme); epistolari del Salutati, di Guarino, dell'Aurispa, di Poggio; Traversari,
epistolario e Hodoeporicon; Valla, De falso eredita et ementita Constantini donatione, Elegantiae, Emendationes in T. Livium; Vespasiano da
Bisticci, epistolario; Filippo Beroaldo il Vecchio, Annotationes centum; Poliziano, epistolario, I centuria dei Miscellanea, soscrizioni e
note di collazione raccolte in Maler, Les manuscrits d'Ange Politien,
in Bandi_i, Ragion. e nel Catalogo del Perosa. La II centuria dei Miscellanea, recentemente tornata alla luce, era in fase di pubblicazione
quando cominciai il mio lavoro: mi limitai quindi a schedare i ca-
PREfAZIONE
XI
I.
XII
xm
PREFAZIONE
Rizzo
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
1953
Barbai"o cast. Plin. = Hermolai Barbari Castigationes Plinianae, Romae 1492 (H * 2421).
Barbaro ep. II p. 95 = E. Barbaro, Epistolae, orationes et carmina,
XVI
Bertalot = L. Bertalot, Cincius Romanus und seine Briej, Quellen und Forsch. aus itaI. Arch. und BibI. 21, 1929-30, 209-255.
Billanovich, I primi umanisti = Gius. Billanovich, I primi umanisti e le tradizioni dei classici latini, Friburgo (Svizzera) 1953 (Discorsi
universitari n. S. 14).
.
Billanovich, Petrarch and... Livy = Gius. Billanovich, Petrarch and the Textual Tradition of Livy, Journ. of the Warburg and
Courtauld Inst. 14, 1951, 137-208.
Billanovich, Petrarca e Cicerone = Gius. Billanovich, Petrarca e Cicerone, in Miscellanea G. Mercati, Citt del Vaticano 1946, IV (Studi
e testi 124), 88-106.
Biondo Flavio Ita!. ill. p. 422 = Blondi Flavii Italia illustrata
in De Roma triumphante libri decem ... , Romae instauratae libri III,
Italia illustrata, Historiarum ab inclinato Rom. imperio Decades III,
Basileae 153 I, p. 422.
Birt = Th. Birt, Das antike Buchwesen in seinem Verh'ltniss zur
Literatur, Berlin 1882 (rist. Aalen 1959).
Boccaccio de montibus = Ioannis Boccacii De montibus, sylvis,
fontibus, lacubus, fluminibus, stagnis seu paludibus, de nominibus maris
liber, Venetiis 1473 (H *3326).
Botfield = B. Botfield, Prefaces to the First Editions of the Greek
and Roman Classics and of the Sacred Scriptures, London 1861 (Praejtiones et epistolae editionibus principibus auctorum veterum praepositae,
Cantabrigiae 1861).
Branca-Pastore Stocchi = V. Branca-M. Pastore Stocchi, La Biblioteca Vaticana nella Seconda Centuria dei Miscellanea di Angelo Poliziano, in Mlanges E. Tisserant VI, Citt del Vaticano 1964 (Studi
e testi 236), 141-159.
.
Briquet = C. M. Briquet, Les filigranes, Paris-Genve 1907, 4
volI. (rist. Amsterdam 1968).
Bruni ep. IO, 26 p. 234 = Leonardi Bruni Arretini Epistolarum
libri VIII, ree. L. Mehus, Florentiae 1741, 2 volI., lib. IO epist.
26 p. 234.
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
XVII
XVJII
-,
ABBREVIAZIONI 1I1l!UOCRAACUE
XIX
sc.hriftenforscher Quellen und Unters. zw lat. philol. des Mittdalters- J. 1908, Heft I.
Lcnz = F. W. tem, Pa,erga Ol/jJiQlla, Rendic. dei Lincei .., cl.
di se. mor., VI n, 1937, 320-4IO.
Liddell-ScoH = Liddcll-Scott-jones-McKenzie, A Greek-English XiCOll, Oxford 19409
Lindsay = W. M. Lindsay. Collectan~a varia, t Palarographia
Latina _ 2., 1923, 5-55 e 3, 1924. 63--66
Lowe. Beneventa" Scrjpt = E. A. Lowe. The Beneventan Script.
A History of tlle SOluh Italia" Minuscule, Oxford 19[4.
Luiso = F. P. Luiso, Riordinametfto dell'epistolario di A. Traversari, con lettere inedite e note storico-cronologiche, Firenze 1898-1903
(estratto da Riv. delle bibl. e degli arch. .-s. 1897. H-51; 9. 1898.
91-109; lO. 1899, 105-112).
Maier = I. Maier, us manuscrits o' Ange Polirien, Genve 1965
(Travaux d'Hurnanisme et Renaissance 70 ) l.
Maler, Politietl = I. Maier, Ange Polirien. La formaciotl d'u'J pote
humaniste. Genvc 15)66 (Travaux d'Humanisme et Renaissance 81).
Marasroni = P. Papini Stati Si/vae, rcc. A. Marasroni, Lipsiae
1970'.
Mehus, Vita = L. Mehus, Vita Ambrosi; Traversari, Florentiae
1759 (vd. Traversari ep.).
Mercati = G. Mercati, M. TuIli Ciceronis De re publicQ libri ...
Prolegomt:na: De fatis bibliothecae monaster;; S. Columbani Bobiensis
ecC., ex Bibliotheca Apostolica Vaticana 1934.
I. Ho controllato ~uando era possibile su altre fonti o diretumente sugli odginali le lfascrizioni di soscrizioni o note, correggendo alcuni errori.
xx
Mittellat. Worterb. = Mittellateinisches Wrterbuch bis zwn ausgehenden I]. Jahrhttndcrt, hrsg. von der bayer. Akad. der Wiss. und
der deutschen Akad. der Wiss. zu Berlin, Miinchen 1967-.
Nogara = B. Nogara, Scritti inediti e rari di Biondo Flavio, Roma
1927 (Studi e testi 48).
Nolhac = P. de Nolhac, Ptrarque et l'humanisme, Paris 19072
(Biblioth. littraire de la Renaissance, n. s. l), 2 volI. (rist. Torino
1959).
Nolhac, Biblithque = P. de Nolhac, La bibliothque de Fulvio
Orsini, Paris 1887 (Biblioth. de l'c. des hautes t., sco phii. et hist. 74).
Paoli = C. Paoli, Programma scolastico di paleografia latina e di diplomatica. II Materie scrittorie e librarie, Firenze 1913 3
Pasquali = G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo,
Firenze 19522 (rist. 1962).
Pastore Stocchi = M. Pastore Stocchi, Sulle curae Statianae del
Poliziano, Atti dell'1st. Vene di sc., letto ed arti , cl. di sco mor.,
125, 1966-67, 39-74.
Pellegrin = E. Pellegrin, La bibliothque des Visconti et des Sforza
ducs de Milan, au XVe sicle, Paris 1955 (Publications de l'Inst. de
rech. et d'hist. des textes 5).
Peri = V. Peri, Nicola Maniacutia: un testimone della filologia romana del XII secolo, Aevum 41, 1967, 67-90.
Perosa nr. 282 = A. Perosa, Mostra del Poliziano nella Biblioteca Medicea Laurenziana (Firenze 23 settembre-30 novembre 1954).
Catalogo, Firenze 1955, nr. 282.
Petrarca fame 24, 13, 61 = F. Petrarca, Le Familiar:, a cura di
V. Rossi, Firenze 1933-42 (Ed. naz. delle opere di F. P. 10-13), 4
volI. (IV a cura di U. Bosco), lib. 24 epist. 13 lino 61.
Petrarca invect. contra med. 4, 592 = F. Petrarca, Invective contra
medicum. Testo latino e volgarizzamento di ser Domenico Silvestri,
a cura di P. G. Ricci, Roma 1950, lib. 4 lino 592.
Petrarca remo 2, 132 p. 254 = Francisci Petrarchae De remediis
utriusque fortunae, in Opera quae extant ol1lnia, Basileae 1554, lib. 2
diai. 132 p. 254.
Petrarca seno 16, l p. 1070 = Francisci Petrarchae Epistolae rerum senilium, in Opera cit., lib. 16 epist. 1 p. 1070.
Petrarca varo 65 = Francisci Petrarchae Epistolae variae, in Epistolae de rebus familiaribus et variae, a cura di G. Fracassetti, III, Firenze
1863, epist. 65.
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
XXI
XXII
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
xxm
p. 139.
XXIV
99 p. 82.
p. 6]2.
Valla in Pog. p. 366 = Laurentii VaIIae Antidoti in Pogium libri
quattuor, in Opera cit., p. 366.
Vespasiano ep. 42, 1]2 = G. M. Cagni, Vespasiano da Bisticci e il
suo epistolario, Roma 1969 (Temi e testi 15), epist. 42 lino 1]2.
Vespasiano, Vite, Poggio 9 = Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, a cura di P. D'Ancona ed. E. Aeschlimann,
Milano 1951, Poggio Fiorentino, cap. 9.
Voigt = G. Voigt, Die Wiederbelebung des classischen Alterthums
oder das erste Jahrhundert des Humanismus, 3. AuR. besorgt von M.
Lehnerdt, Berlin 1893, 2 volI.
Voigt, Briefsammlungen = G. Voigt, Die Briefsammlungen Petrarca's und der venetiallische Staatskanzler Benintendi, Miinch. Abh.
hist. Cl. 16, 3, 1883, 1-101.
Walser = E. Walser, Poggius Florentinus. Leben und Werke,
Leipzig-Berlin 1914.
Wattenbach = W. Wattenbach, Das Schriftwesen im Mittelalter, Leipzig 18963 (rist. Graz 1958).
Wehmer = C. Wehmer, Die Namen der 'gothischen' Buchschriften, ZentralbI. fiir Bibliotheksw. 49, 19]2, 11-34, 169-176,
222-234
PARTE PRIMA
LIBRO
Sulla terminologia relativa al libro abbiamo, per l'et umanistica, un'importante discussione teorica in un capitolo delle Elegantiae del Valla 1. Questi, prendendo le mosse da Ulpiano, dig.
32, 52, I, critica il giurista antico per aver usato, nello stesso contesto, liber nel duplice significato di opera e partizione dell'opera
senza avvertirne il lettore e giudica inaudito l'uso di liber e volumen
al singolare per indicare un'opera in pi libri: in questo caso le-
1. 6, 43 p. 222 In eosdem (se. iurisconsultos) de liber et volumen. Si mi - Ulpianus inquit - centum libri sunt legati, centum volumina ei dabimus, non centum quae quis
ingenio suo metitus sit, quae ad libri scripturam sulficerent, utputa quum haberet Homerum
totum in uno volumine non quadragintaocto libros computabimus, sed hoc unum Homeri volumen pro libro accipiendum est (dig. 32, 52, I). Ulpianus Homeri opus nunc unum librum nunc quadragintaocto libros nominat nec tamen ait librum duo significare, ipsum opus
et certam operis partem. Praeterea opus sive opera Homeri librum appellat et volumen,
quorum utrunque inauditum est. Vergilii Aeneis non liber est, sed duodecim libri. Georgica non sunt item liber, sed libri quatuor. Bucolica unus liber est idemque unum volumen.
Georgica quatuor volumina, Aeneis duodecimo Ovidius (trist. 3, 14, 19): sunt mihi
mutatae ter quinque volumina formae l). Sed quid exemplis agimus quum nusquam plura
afferri possint ? At Ulpianus putat etiam si omnia opera Didymi, quo nemo plura scripsit,
in unum codicem conglutinarentur, unum tantum debere volumen appellarl, quod nemo
nec posset evolvere nec ferre vellet. Est enim volumen a volo quod in libris voluntas
apparet vel, quod magis sequerer, a volvo quod volvitur, quales libros hodie Hebraei quosdam habent qualesque in Veteri et Novo Testamento lectitamus fuisse. Et Romani, qui in
libris arborum, id est corticibus scribebant, quod libellos illos, quo fment commodius,
complicabant, volumina forte appellaverunt. Itaque volumina libellis similiora fuere quam
libris. Quod ex eo quoque loco apparet ubi Plinius de libris avunmli loquens ait (ep. 3,
5, 5): libri tres in sex volumina propter amplitudinelll divisi , quasi dicat in sex lIlinores libros, ut sint volumina aliquanto minora qualll libri. Quod etymologia quoque nonn.ihil probat ut ostendi. Unde adhuc durat verbum evolvere libros pro eo quod est aperire
Mros lectitandi gratia quasi rem complicitam explicare, quemadmodum revelare est rem
velatam detegere. Nisi dicamus evolvi libros propter numerulll paginarum. Accipitur
aut~m nunc evolvere /ibros sive autores pro eo quod est lectitare. Nec inficias eo libros
ac~'pi pro codicibus et in singulari librum pro quolibet magno codice, etiamsi is contineat
Il,ada et Odysseam: ut tenet rex manu librum et is sit Homerus: non tamen recte dicas
tenet librum Homeri l).
gittima solo il plurale. Eppure Ulpiano crede che, anche se si riuscisse a riunire in un sol codice tutte le opere di un autore prolifico
come Didimo Calcentero, questo codice, che nessuno sarebbe in
grado di sfogliare n di portare, potrebbe chiamarsi volumen al
singolare. La frase quod nemo nec posset evolvere nec .ferre vellet serve
d'introduzione alle due etimologie di volumen, una da volo, l'altra,
che il VaIla dichiara di preferire, da volvo 1. Di libri avvolti in forma
di rotolo, continua il Valla, ci sono infatti esempi: ne hanno tuttora gli Ebrei e dai testi biblici ricaviamo che li usavano anche anticamente 2. I Romani, che scrivevano in libris arborum 3, per portare pi comodamente questi libelli li piegavano (complicabant 4) e
forse per questo Ii chiamarono volumina. I volumina quindi, dato
che si potevano ripiegare, erano pi simili a libelli che a libri: probabilmente il Valla pensa con libellus a qualcosa di molto esiguo
(con questo termine sono indicati, dall'antichit fino all'umanesimo,
anche lettere o documenti, cf. p. 9). A conferma del fatto che il
volumen era pi piccolo del liber il Valla reca un passo di Plinio di
cui deve essergli sfuggito il vero significato. Questa antica forma di
libro spiega perch si dica tuttora evolvere libros per aprire i libri
per leggerli : evolvere indica il dispiegamento di una cosa piegata
come revelare lo scoprimento di una cosa velata. A meno che non
si dica evolvere per il numero delle pagine (propter numerum pagina1. Isid. orig. 6, 13, 2 volumen liber est a volvendo dictus, sicut apud Hebraeos
volumina Legis, volumina Prophetarum. Isidoro ha probabilmente suggerito al Valla
anche l'accenno ai rotoli ebraici.
2. Sul libro in forma di rotolo presso gli Ebrei nell'antichit vd. Dziatzko,
RE. III 946, 15ss.; Koep, Reallex. fiir Ant. und Christ. II 668 e 681 (suII'attardarsi
di questa forma di libro presso gli Ebrei).
3. Plin. nato 13, 69 antea non fuisse chartarum usum. In palmarum foliis primo
scriptitatum, dein quarundam arborum libris; Hier. ep. 8, I ante chartae et membranarum
usum, aut in dedolatis e ligno codicellis aut in corticibus arborul1l mutua epistolarum adloquia missitabant. Unde ... scriptores a libris arborum librarios vocavere; Servo Aen.
II, 554 liber dicitur interior corticis pars . .. Unde et liber dicitur, in quo scribimus,
quia ante usurn chartae vel membranae de libris arborum volumina <.febant, id est> compaginabantur; Isid. orig. 6, 13. 3 liber est interior tunica corticis . .. unde et liber dicitur
in quo scribimus, quia ante usum cartae vel membranarum de libris arborum volumina
.febant, id est compaginabantur (cf. anche Cassiod. varo II, 38; orthogr., Gramm. Lat.
VII 213, IISS. K.). Con questi cortices arborum spesso identificato in et umanistica il papiro; vd. p. 28.
4. Complicabant pu esser nato da un fraintendimento di compaginabantur di
Servio-Isidoro.
rum non mi del tutto chiaro: forse il Valla pensa allo sfogliare
le pagine di un libro quasi come ad un evolvere nel senso di 'sbrogliare, districare' ?). Ora si usa evolvere libros o auetores nel senso
di leetitare. Non nego, conclude il Valla, che si adoperi libri per
eodiees e anche liber al singolare per un codice quanto si voglia grande; ma non corretto dire liber Homeri per indicare l" opera' di
Omero.
Il Valla dunque forse il primo a porsi una questione tuttora
dibattuta dagli studiosi, cio se gli antichi usassero liber al singolare
per un'opera in pi libri 1: e risponde negativamente. Finisce poi
coll'ammettere (in contrasto con la pi recisa negazione iniziale,
che includeva, come appare dall'esempio dell'immaginario codice
di Didimo, anche il libro in senso materiale) l'uso di liber al singolare
per indicare il 'codice', cio per il libro considerato neI suo aspetto
concreto, ma ribadisce che non corretto liber (o volumen) per
un'opera di pi di un libro. Al capitolo delle Elegantiae il Valla si
richiamer poi criticando un passo di una lettera di Poggio (in Pog.
p. 314): redegi in parvum volumen nonnullas epistolas quas olim ad
te scripsi ... ) (Poggio ep. p. 289 Wilm.): iam volumen pro opere
multorum librorum... ostendi non latine dici.
La discussione del Valla testimonia indirettamente l'uso da lui
impugnato, cio liber o volumm al singolare per indicare un'opera
anche di pi di un libro; e difatti non ne mancano esempi: Petrarca
fam. 24, 7, 5 (indirizzata a QuintiIiano) Oratoriarum institutionum
liber. .. venit ad manus meas; nelle dedicatorie delle Fami/iares e
delle Seni/es il Petrarca d come titolo della prima raccolta Familiarium rerum liber, sebbene l'opera sia divisa in ventiquattro libri, divisione che par certo risalga al Petrarca stesso: liber sinonimo di
opus, come appare evidente da fam. 24, 13, 2SS. (Rossi, pref. a Petrarca !am. p. XI n. I); Salutati ep. I p. 157 destinato Macrobium De
Saturnalibus quia illum librum nunquam completum habui; Poliziano
mise. I 7 p. 521 alludit... ad Calvi poetae versiculos in Pompeium de
queis ita est apud Senecam in libris oratorum et rhetorum ecc.: se qui
usato il plurale, poco pi oltre la stessa opera designata con liber:
1. Lo negano Birt 30ss. e Sprockhoff, De libri voluminis ~l~o\). .. usurpatione, Diss. Marpurgi 1908; contra Landwehr, Studien iiber das antike Buchwesen,
Arch. fiir Lat. Lexk. 6, 1889, 22555.; Dziatzko, RE. III 940, 16ss. e Untersuch.
iiber ausgewiihlte Kapitel des antik. Buchw., Leipzig 1900, 172S.
p. 522 quoniam autem Uber hie Seneeae, quem adducimus, rarissimus adhue
inventu, propterea quasi novum dignati sumus hune loeum nostris eommentationibus; ep. I, 18 p. 25 (risponde a una lettera di Pomponio
Leto, ibid. I, 17 p. 24s., con cui questi gli aveva chiesto indietro
Lucretii libros): Lueretium Petreio dedi quem tibi iam redderet ... Dilatus hie in quadriennium liber est, qui vel triduo poterat absolvi; Petrarca
Jm. 21, IO, 61 (Cicero) volumine integro deorum naturam traetat; 24,
13, 38 hie liber (cio la raccolta delle Familiari) satis crevit nee, nisi
iusti voluminis meta trascenditur, plurium eapax est (si noti la sinonimia di Uber e volumen usati entrambi nel senso di opus); Poliziano
mise. I I p. 5 I I Simplicius ubi Aristoteleum paris argumenti volumm
interpretatur (il De anima in tre libri). Liber usato, come gi nel
latino classico, anche per indicare le suddivisioni dell'opera. A volte
sembra essere una partizione ampia che pu a sua volta suddividersi
in traetatus e capitula: Gasp. Barzizza, lett. al Corner in Sabbadini,
Storia 81: divisi ... singulos libros in traetatus et eapitula (cf. p. 263).
Il Petrarca, viro ill., Scipio II, 14ss., rivolgendosi ai viri illustres
di cui la sua opera tratta, scrive: nee invideant nee moleste jrant si
miehi historieo in opere librum unum Scipio meus tenet, qui in Pyerio
(l'Africa) tenet omnes. Le singole vite sono dal Petrarca definite
traetatus: quella di Scipione, molto pi ampia e, a differenza delle
altre, suddivisa in dodici capitoli, costituisce evidentemente un
liber, cio una partizione pi ampia del traetatus: gli altri viri, dice
il Petrarca, non se ne abbiano a male se nell'opera storica occupa
un intero libro quello Scipione cui erano dedicati tutti i nove
libli dell' Africa.
Volumen nel senso di suddivisione dell'opera nell'antichit conservava sempre il riferimento alla partizione dell' opera in rotoli
(Dziatzko, RE. III 940, 60ss.); in et umanistica ha perduto naturalmente ogni riferimento materiale e quindi, quando usato in questo
senso, pienamente sinonimo di libero Ne d qualche esempio:
Petrarca seno 15, 7 p. 1059 (Livius) divino... stylo summaque diligentia. .. opus illud immensum totius ab origine Romanae historiae eentum quadraginta duobus voluminibus explieasset; Guarino ep. 403, IO
tuas humanissimas nuper aceepi litteras, eo gratiores quod una et Mariottanas afferebant epistulas, quae magna me impleverunt spe habendi quandoque Servii, quandoquidem iam sexti metam voluminis attigit (il copista Mariotto Nori era intento a trascrivere per Guarino il commento di Servio a Virgilio); Poliziano mise. I 18 p. 545 Cicero ...
bach 152.
TEXTUS
Dall'uso figurato di textus nel senso di 'trama, tessuto, contesto' del discorso (Quinto inst. 9, 4, 13 verba eadem qua compositione vel in textu iungantur vel fine claudantur) si sviluppa nella tarda
antichit il significato di 'narrazione, esposizione, tema, argomento,
testo' (Amm. 15, 5, 4 peniculo serie litterarum abstersa, sola incolumi
relicta subscriptione, alter multum a vero ilio dissonans superscribitur textus; 22, 15, 8 Punicorum confisus textu librorum ecc.; vd. Georges
s. v.).
Nel medioevo la parola frequentemente usata per il contenuto
di un'opera contrapposto alle glosse o al commento (Wehmer 170s.);
textus per eccellenza inoltre il testo dei Vangeli e nell'uso medievale finisce coll'avvicinarsi molto al significato materiale di ' codice'
e quasi si specializza ad indicare i codici ecclesiastici riccamente decorati sia all'interno che nella legatura (Du Cange s. V Wattenbach 297 n. 2). Inoltre textus usato per indicare vari aspetti materiali del libro: derivato da tegere anzich da texere indica la legatura
(Wehmer 171); un formato assai usato viene indicato con modus
textus, textualis (Wehmer ibid.). Infine la parola textus passa a indicare la scrittura in cui scritto il testo, un'accurata e leggibile libraria, contrapposta alla scrittura d'uso corrente delle glosse, delle
lettere e dei documenti; in questo senso pu ricevere varie specificazioni: textus quadratus, semiquadratus, abscisus, rotundus, bastardus,
bifractus (Du Cange s. v. textus e scriptura; Wattenbach 297, 489,
490; Wehmer 17ISS.).
o ;
IO
28,
II
Si noti infine t e x t u r a in A. Decembrio polito 19 C. 42V43r (librarii) circumscriptas saepe interpositiones, quas glossulas vocant,
texturae scriptoris interserunt, ipsam pariter texturam et aliis corruptionibus contaminantes.
TITOLO
J2
13
sputantur signantibus (qui titulus indica i titoletti marginali che segnalano brevemente il contenuto dell'opera); Poliziano mise. I 73
p. 641 fiagmentum quoddam Sexti Pompeii Festi (nam ita erat in titulo); II 3 I, 4 incidi in librum quendam veterem admodum qui principio
carebat atque ob id titulo ipso et nomine auctoris; ep. 5,9 p. 155 etiam
titulos numerumque librorum tibi perscribam.
Per littera rubea e rubrica vd. p. 59.
CARTA E PERGAMENA
Dopo aver prevalso sul papiro nel corso del IV sec. d. C., la
pergamena fu il principale materiale scrittorio del medioevo e tale
continu ad essere, in campo librario e per i manoscritti, anche
in et umanistica, nonostante la larghissima diffusione acquistata
contemporaneamente dalla carta. Si scrivono di regola su pergamena
i codici eleganti, destinati alla posterit; i manoscritti cartacei sono
non di rado copie provvisorie, di uso personale, scritte manu veloci;
cos ad es. 1'apografo del Festo Farnesiano eseguito dal Poliziano
(Vat. lat. 3368) e ben tre dei quattro manoscritti cartacei che compaiono nell'elenco di codici appartenuti a Poggio dato dall'Ullman
(Grigin 27SS.): i Matr. 3678 (gi M 31) e 8514 (gi X 81) e il
Vat. lat. II458 (autografi gli ultimi due; tutti e tre in gotica corsiva, mentre i codici scritti da Poggio nella sua elegante umanistica
sono tutti su pergamena) 1. Sia i due codici di Madrid che il Vaticano sono copie di codici scoperti da Poggio in terra straniera,
dove certo non c'era n il tempo n la possibilit di eseguire trascrizioni calligrafiche su pergamena. Tali copie su carta eseguite
frettolosamente erano destinate ad essere poi ritrascritte su pergamena in bella scrittura: lettera di Lombardo della Seta in
Studies Ullman II 235s. exemplaria in papiro cursim transcripta parata sunt, si scriptores adessent; Salutati ep. I p. 33os. cito a p. 16;
Poggio ep. 3, 12 p. 209 (al Niccoli,) expecto Valerium Flaccum,
Pedianum et Varronem, quae forsan transcribam, ni distuleris in hiemem 2 (Valerio Flacco e Asconio Pediano li aveva gi trascritti
I.
2.
14
16
17
2.
18
apud priscos etiam per notas et quando primum inventa charta vel membrana). Il Vergilio procede principalmente sulla falsariga di Plin.
nato 13, 68ss., ripetendone non di rado le parole alla lettera, ma non
mancano citazioni da altri classici. Dopo aver ricordato vari altri
materiali scrittori, il Vergilio si sofferma sull'origine del papir()
(papyrus, charta) e della pergamena (p. 145ss.). Interessante l'accenn()
alla carta di stracci che posteriore al papiro di Cl 'i ha ereditato i
nomi (papyrus, charta) e di cui il Vergilio afferma di ignorare l'inventore.
Il Grapaldo dedica alla carta alcune interessanti righe del cap.
9 del L II del suo De partibus aedium, descrivendone la fabbricazione
e dandoci notizie sulle varie specie: C. 04V apud nos hodie charta e
lineis canabinisque pannis veteribus et attritis producitur. Secti in frustula
aqua inspersa per dies XI macerantur et in pila aquaria pilis ferratis minurim contusi addita calce in alteram transferuntur; exemptos deinde in
aquaria tina cum posuerint, formis aquam transmittentibus in singula extrahunt folia, quae laneis pannis alternatim commixtis proelo calcantur.
aedificioque ad id patulo prius siccata, mox glutino facto ex pellium quisquiliis sive ramentis, quae coriarii et membranarii reponunt ad hunc ustlm,
fervefactis intincta, rursus siccata et vitro levigata, aptissima redduntur ad'
tolerandos calamos et atramentum non transmittendum. In hoc Parmenses
chartae sibi principatum vendicarunt, cum in candore prae caeteris Fabrianae commendentur. Prima enim chartae datur adorea si non est bibula et atramentum non sorbet: quod si fuerit, siccandae scripturae, nefiant liturae, erit utilis. Fiunt autem plura chartarum genera. Caeteris
omnibus tenuior est epistolis dicata, nomine inde adepto (nel titolett()
marginale charta epistolaris; cf. Mart. 14, I I e Birt 62), quae et
Augusta dicebatur: Plinius in XIII ( 79): nimia quippe Augustae
tenuitas tolerandis non sufficiebat calamis ; et mox ( 8o): Augustae in
epistolis autoritas relicta ), Firmior est libraria, ad libros aptissima... (ricorda i due formati l reale' e l imperiale', vd. p. 49). Vilior est
emporetica, quae inutilis scribendo involucra segestrium vice mercibus
praebet (cf. Plin. nato 13, 76).
Per indicare la pergamena gli umanisti usano i termini mem-brana, pergamena (meno frequente) e charta (con o senza aggettivi
Il De rerum invento usc per la prima volta in tre libri a Venezia nel 1499; nella successiva edizione del 1521 l'autore aggiunse altri cinque libri (Hay 52).
19
come vitulina, haedina ecc.; vd. p. 25s.). Quanto alla carta, nel medioevo erano stati trasferiti al nuovo materiale i nomi antichi del
papiro progressivamente scomparso dall'uso. Di questi papyrus, in
et umanistica come nel medioevo, non indica mai altro materiale
scrittorio che la carta, tranne i casi in cui ancora usato per l'antico
papiro, mentre charta pu indicare sia la carta che la pergamena
con uso che varia da umanista a umanista (ad es. per il Traversari
e l'Aurispa charta indica sempre la carta, per Poggio di solito la pergamena) e perfino nell'ambito dell'usus scribendi di uno stesso autore
(Poggio scrive una volta in chartis papyri. vd. p. 23). Analoga oscillazione, al di fuori dell'ambito umanistico, negli inventari: nell'inv.
Visconti sono in carta i codici membranacei e in papiro quelli cartacei (vd. p. 26 e 24); l'inv. Mansueti usa invece carta per entrambi
i materiali aggiungendo opportune determinazioni: 174 in cartis
vitulinis; 131 in cartis membranis; 33 in cartis de membrana; 14 in cartis de
papiro; 86 cartis partim de membrana et partim de papiro. Questi esempi,
cos come la citata espressione in chartis papyri di Poggio, mostrano
con chiarezza che talvolta anche nelle indicazioni di materiale scrittorio charta conserva l'altro suo significato di 'foglio' (vd. p. 28ss.)
ed ha quindi bisogno di ulteriori determinazioni.
m e m b r a n a : termine usato per indicare la pergamena nell'antichit (Thes. 1. L. VIII 630, 22SS.) e nel medioevo (Wattenbach
120, 126, 135, 136). Frequentissimo in et umanistica: Petrarca fam.
II, 12. 77 vetustissimis membranis tineas cariemque discutere; 13. IO,
44 omnes qui inertem calamum fuscis agimus membranis; 18, 5, 30
(vd. p. 64); invect. contra med. 2, 40s. qui papiros arte conficitis,
quique tenues in membranas cesorum animalium terga convertitis; Guarino ep. 223, 36 (vd. p. 17); Panormita in Guarino ep. 355, 45 membranarum color ex albo in pallidum diffusus (pergamena ingiallita);
Aurispa ep. 7 p. 14 membranae etiam pulcherrimae sunt; 7 p. 15
litteris pulcherrimis et membranis albissimis; 84 p. 104 e Florentia hic
membranae sunt: si mensuram et numerum ad me mittes. curabo ut quales
petieris habeas; Poggio ep. 2, 2 p. 88 curato ut habeam membranas ad
ea opera transcribenda necessarias; 2, 23 p. 150 (vd. p. 43); 2, 26
p. 153 (vd. p. 43); 2, 27 p. 155; 2, 29 p. 159; 2, 30 p. 161; 2,
31 p. 162; 2, 33 p. 165 (per tutti questi passi vd. p. 328); 2, 36
p. 171 (vd. p. 15 n. I); 3, I p. 187 (vd. p. 14); 3, 12 p. 210
(vd. p. 15 n. I); 3, 20 p. 221 para etiam membranas pro Agellio; 3,
25 p. 261 ego ad te scripsi . .. membranas quas ad me misisti inutiles et
20
ineptas esse pro Agellio; 3, 27 p. 264 an est dignum nota censorill qlllJd
scripserim membranas alteras maiusculas alteras paulo minores esse? 3,
28 p. 266 (vd. p. 14); 4, l p. 293 te rogo ut cures de membranis tam
PUnii quam reliquorum voluminum quas 1 ordinaveram apud eum qui
libros ligat; ep. p. 305 Wilm. (vd. p. 53); Traversari ep. 157 col. 215
orationes nostras quod tamdiu desideraris indigne et graviter tuli, quum
praecipue, antequam proficiscerer, absolutas (<< fmite di hascrivere ) in
membranis viderim; 167 col. 226 sexternos duos alios epistolarum nostrarum mitto . .. ,. quos oro solicite cures transcribendos ut possint reliquo
volumini inseri quod venustius in membranis Ariminensi episcopo curavimus transcribendum; 242 col. 316 dabatur spes unhts (sc. Testamenti
veteris) in membranis et bonis literis; 277 col. 368 (vd. p. 142); 291
col. 382 (vd. p. 26); 3II col. 408 volumen . .. gratum est, in membranis
et optimis literis; 315 col. 413 (vd. p. 54); 502 col. 618 (vd. p. 137);
502 col. 619 (vd. p. 65); 512 col. 626 (vd. p. 23); Valla Consto
don. 37 p. 33 e 66 p. 57 (vd. p. 24s.); eleg. 4, 85 p. 150 (vd. p. 21).
In ep. 321 col. 420 il Traversari narra di aver visto a Ravenna
un antichissimo codice di Concili in qua Niceni Concilii }idem in
membranis purpureis et aureis literis scriptam legi (cf. anche hod. p. 102;
ora il cod. A 5 della Vallicelliana, vd. p. 165).
Il Salutati usa una volta il diminutivo 111 e m b r a n u l a, ep.
III p. 97 (vd. p. II3) 2.
P erg a m e n a (- u m): nell'antichit il termine pergamena
cominci ad essere usato tardi: il primo esempio nell' Edictum de
pretiis di Diocleziano del 301 d. C. (Birt 52). La parola continu
ad essere usata nel medioevo (Wattenhach 1I7, 469; vd. anche
l'indice sotto le voci parchemin, parchment, pargamina, bergamena:
pergamena graeca indica la carta, Wattenhach 141).
Nel latino umanistico molto meno frequente del sinonimo
membrana: Petrarca, Vat. lat. 3196, c. 7r, Roman 1I9 (nota a Canzo
77 e 78): transcripti isti duo in ordine post mille annos. " et iam Jerolimus, ut puto, primum quaternum scribere est adortus pergamena pro
21
22
I.
sodali
I velim
23
I. Il Rossi rimanda a Lucano Phars. 3, 222s. 1I0lldum jlumineas Memphis COIItexere biblos I noverat. La frase petrarchesca in sostanza non significher altro se
non papiri egiziani'; del resto risulta chiaro da Lucano stesso (Phars. IO, 4-5 e
cf. anche 4, 136) l'uso di memphiticus per aegyptius~. Cf. anche Isid. orig. 6, IO, I
ove detto che il papiro fu inventato a Memfi.
2. Alla fabbricazione della carta accenna genericamente in illvect. contra med.
2, 40s. qui papiros arte conficitis.
24
tini doceri non potest, ideo non in tabulis aereis, sed charteis privilegium
esse. .. dixit: nel contesto analogo di un altro passo dell'opuscolo
compare papyrus: Consto don. 37 p. 33 Constanti/1us .. orbis terrarum
donationem papyro tantum et atramento signavit. In alcuni di questi
passi (in particolare eleg. 4, 85; Consto don. 37) il Valla si riferisce a
tempi in cui la carta non era ancora apparsa e alla pergamena si contrapponeva solo il papiro; ma difficile dire se egli abbia di ci
chiara coscienza ed usi quindi charta e papyrus nel senso antico: in
eleg. 6, 43 p. 222 (vd. p. 3 n. I), parlando dei libri dei Romani, egli
ricorda fra i materiali scrittori i libri arborum, ma non il papiro.
2) 'pergamena': diz. lat.-ted. p. 277 carta, pergamenum, perment, est pelles per opus artificis dealbata, ut sit apta pro litteris ex incausto desuper scribendis et dicitur carta a careo, -es, quia caret pilis et
carnibus 1; Salutati ep. I p. 228 receptis pecuniis quas scriptor et carte
voluerunt; II p. 397 non . . libros, quia nitidi sint chartis 2, amplis spaciis (' margini ') et litterarum preciosissimis liniamentis, caros habeo nec
apprecio, sed quod pulcra contineant et auctoritate digna. Utinam in eisdem cartis et litteris reliquas (sc. epistulas Ciceronis) habeamus, quas scio
jisse in ecclesia Veronensi! E con 1'aggiunta di una specificazione in
ep. II p. 449 volo quod totum illum Platonis librum in cartis hedinis exemplari .facias diligenter; si non habentur istic carte, transmittam et quicquid
solveris restiiuam; Guarino ep. 17, 145 e 153 (vd. p. 15); 258, 4 (vd.
p. 52); 423, 7 cupio .. ut chartas illas
diligenter inspicias, earum
genus mihi llunties, mensuram et quinternionum numerum (cf. p. 52):
il Sabbadini nota in apparato: la carta era per uso di Guarino;
ma le chartae di cui qui si parla sono certo pergamene, come mostra
l'accenno al formato e al numero dei quinterni e come conferma
1'usus scribendi di Guarino, per il quale charta vale 'pergamena' o
'foglio' (vd. p. 30), mai' carta '. Poggio ep. 2, 26 p. 153 egomet
o
L Uguccione derivo (Vat. Chig. L VIII 289, Co 35vA) item a careo haec carta
qllod careat pilis et carniblls.
2. Si noti l'oscillazione fra le grafie carta e charta. A lIitidi si preferirebbe
lIitidis.
26
~utem
I.
27
PAPIRO
28
c h a r t a: 'foglio, carta' (due facciate). questo il significato pi diffuso in et umanistica (per altri significati vd. p. 24sS.).
Il Petrarca nelle citazioni ad uso personale che fa postillando i
1.
tma delle coincidenze fra la prima CeIIluria dei Miscellanea del Poliziano
(1489) e le Annotatiotles centllm del Beroaldo (1488), a cui il Poliziano stesso accenna
nella Coronide alla fme dei Miscellatlea, mettendo le mani avanti contro eventuali
accuse di plagio (vd. Perosa nr. 27).
2. Vd. le testimonianze citate a p. 4 n. 3.
3. Sugli umanisti e i papiri eh. Perrat, Les humatlistes amatmrs de papyms.
~ Biblioth. de l'e. des chart. 109, 1951, 173-192.
29
codici, rinvia spesso anche alla carta del proprio codice dove si
trova il passo citato: Virgilio Ambrosiano, c. 222r, ad Aen. 12, 144
(Nolhac I 153s.): attende versum sine cesura, non intolerabilis quidem,
sed rare licentie . .. Est et sine cesura ille versus Lucani in 8 (680) : Regibtts hirta coma et g. f d.; qttia pentimemeris qtte videtur cadit in sinalinpham. Est et alius in 3 3 carta: Procurrunt Laurentum et ceto cum sequenti
(Aen. 12, 280s.); Paris. lat. 5720 (Curzio Rufo), c. 5V: similis infra
carta 19 in fine (il rimando si riferisce a c. 19V: Nolhac II 96); Paris.
lat. 5054, c. I75r: in libro de temporibus est carta X/P (Nolhac II 206).
Talvolta la sua esattezza nella citazione giunge al punto di specificare se il passo si trova sul recto o sul verso e, se il codice scritto
in colonne, su quale colonna, numerando da uno a quattro le colonne
di ciascuna carta 1 e aggiungendo non di rado un' ulteriore determinazione con frasi come in medio, circa medium, post medium. Analogamente indica con pago 1 3 e pago 2 3 recto e verso di ciascuna carta,
secondo un sistema usato ancora posteriormente, ad es. dallo stampatore di Basilea Heinrich Petri nel 1528 (Lehrnann, Blatter 51),
dal Lambeck nel 1665 e dal Montfaucon nel 1708 (Lehmann, Blatter
40s.). Il pi antico esempio ricordato dal Lehrnann (Blatter 40) di un
sistema per indicare recto e verso della carta quello del priore Johannes Wythefeld di Dover che nel 1389 distingueva recto e verso
con le lettere A e B, uso conservatosi anche in et moderna. Ma
ancor prima il Petrarca aveva elaborato un suo sistema per designare
recto e verso della carta. Pal. lat. 1820, C. 38r: paria amicorum tria
ve! quattuor (Cic. Lael. 15). Tria dicit de finibus (I, 65) card. (= carta)
7 3 pago 1 3 post principium 2; Paris. lat. 6802, c. 56v Iustini 12, cart.
r pago 1 3 in principio (Nolhac II 79); Paris. lat. 5690, C. 96v huius
patris est mentio carta retro tertia col. 1 3 in medio (Nolhac II 27 n. I).
Il rinvio si riferisce alla prima delle quattro colonne di c. 94: l'uso
del Petrarca, sia che rinvii a un passo anteriore sia che rinvii a uno
posteriore, , come osserva il Nolhac, 1. c., di contare sempre, nel
numero di carte che indica, quella su cui fa la sua annotazione,
cos come nei calcoli di anni, secondo l'uso latino, fa sempre entrare
nel totale l'anno da cui parte; Paris. lat. 7720, C. 83v R. (= require)
infra, carta 100, col. 4 post medium (Nolhac II 87 n. 2); ibid. c. II2V
I. Questo sistema di numerazione delle cololUle ancora in uso in inventari del quattrocento, ad es. nell'inv. Mansueti.
2. Billanovich, Petrarca e Cicerone 96 n. 34.
30
'iunge quod est l. IX, c. 2, carta 5, col. I circa medium (Nolhac, l. c.);
Paris. lat. 5720, c. 25V de ipso autem infra, cart. 33, col. 4 et 38, col. 1 a
(Nolhac II 97 n. I).
Il Salutati ha l'abitudine di segnare sui suoi codici il numero dei
fogli con l'indicazione carte seguita da un numero romano: simili
indicazioni non sono rare anche altrove (Ullman, Humanism 130).
Ad es. nella soscrizione al Laur. 48, IO di mano di 3iovanni Aretino si legge: hoc volumen orationum XXVIII M. T. Ciceronis quod'
in CCC chartis redacttll1t est Ioannes Arretinus absolvit (Sabbadini.
Storia 24). Cos talvolta anche in inventari: inv. Visconti 979 Sovrayne in Gallico . . , in totum duarum cartarum et medie scriptarum (cio
tre carte di cui una scritta su una sola facciata, cf. p. 33); 986; inv.
Mansueti (vd. Kaeppeli p. 36).
La carta insomma ancora l'unit di misura del codice: la numerazione delle pagine in quest'epoca ancora poco diffusa (Lehmann, Blatter 51). Cos Poggio descrivendo un codice di Cic. de or. d.
il numero di righe di ciascuna carta (ma il Traversari descrivendo
il Laur. ]2, 9 d le righe della pagina, vd. p. 38).
Altri esempi di charta 'carta, foglio': Petrarca fam. 5, 17, 84
(parla del dolore che gli ha causato la perdita di una sua lettera}
nulle eius (sc. epistulae) apud me reliquie remanserunt; preter morem
enim meum totam eharte credideram, memorie nichil; Salutati ep. IV p. 86
aliter non exprimatur in charta quam fuerit conceptum in mente; Guarino
ep. 383, 3I cum dubitationes scripto mittis, tantum intermitte chartaevacuae ut adscribere liceat; nam non vacat mihi denuo quae petis seribere ;
679, 129 (vd. p. 8); 883, 14 (vd. p. 237); Panormita in Guarino
ep. 355, 49 (descrive un codice di Celso per noi perduto) integrum
est preter ultimam chartam, item tris circiter medium (si trattava in realt di
quattro, perch negli apografi troviamo notato, in corrispondenza di
questa lacuna: desunt in vetustissimo exemplari quatuor folia; vd. Sabbadini, Storia ]22: si noti come in queste indicazioni venga usato
indifferentemente charta o folium); Tobia dal Borgo, in Guarinoep. 759, 195: librum quidem recuperatum, sed multis cartis diminutum
canebant; Poggio ep. 3, 17 p. 217 (al Niccoli, Roma 1428) in tuoCornelio deficiunt plures chartae variis in locis 1; 4, 4 p. 305 de Agellio-
anche C. W. Mendell, Yale Class. Stud. 6, 1939, 43s. Nel Med. ci sono effettivamente due lacune causate dalla caduta di due carte; entrambi i passi ci sono
conservati dagli apografi. Il Sabbadini cerca di datare le lacune mediante gli apografi e giunge alla conclusione che sino almeno dal 1452 il Med. II aveva patito
le due perdite (Storia 191). Tenendo conto della testimonianza di Poggio, le due
lacune possono essere retrodatate almeno al 1428.
1. Ancora inedita: la pubblicher e illustrer A. Campana quando ci dar.
l'attesa descrizione e storia di questo ormai famoso codice, su cui esiste gi, a partire dal primo annuncio della scoperta dato dal Campana stesso nel 1950 (Nel'
cinquantesimo di Studi e Testi , 1900-1950, Biblioteca Apostolica Vaticana 1950~
79), una sorta di bibliografia fatta pi che altro di accenni: vd. T. Foffano in It.
med. e um. 12, 1969, II5 n. 1 e 122 n. 4 (alle opere ivi citate da aggiungere
Ullman, Origin 38 e 48s.). Ho avuto dalla cortesia del prof. Campana il permesso
di citare qui e in seguito alcuni passi di questa pagina di Poggio particolarmenteinteressanti per la sua terminologia filologica.
2. Segue una q cancellata.
'1
I.
20.
33
harta (vd. p. 30s.), nelle descrizioni di codici, quando si indica il numero di carte del codice o di ciascuna delle opere in esso contenute:
Traversari, descrizione del Laur. 32, 9 in ep. 277 col. 368s. folia omnia CCLXVI sunt 1; P. C. Decembrio, descrizione dell'Hersfeldensis
-di Tacito nello zibaldone Ambros. R 88 sup. (Sabbadini, Storia
205s.) Cornelii Taciti dialogus de oratoribus . .. Opus foliorum XlIII in
olumnellis. Post hec deficiunt sex folia . . , Post hec sequuntur Jlia duo
.cum dimidio ecc. Come ha puntualizzato il Robinson (p. 12S.), Jlia
.duo cum dimidio non significa due fogli pi uno strappato a met,
ma due fogli pi uno scritto su una sola facciata l). Per l'espressione
d. dimidia pagina, semipagina (vd. p. 36 n. I e 2), inv. Visconti
'979 in totum duarum cartarum et medie scriptarum ed inv. Mansueti
139 est enim in fine aliquid de dialogo Cregorii, sciI. quinque carte
<lum dimidia. Il Niccoli, nel Commentarium, d per i codici di
hartae dicimus.
2) 'bifolio' (4 pagine: vd. Lehmann, Bldtter 14 e la nota
all'Orosio Laurcnziano cito a p. 44). Poggio ep. 3, 27 p. 265
2.
34
Poggio e corrispondono nelle loro caratteristiche alle notizie che ricaviamo dall'epistolario. Tuttavia l'Ullman 1, sia pure con qualche
cautela, afferma che la mano che ha scritto i tre codici quella di
Poggio e non quella di un copista che lo imita; qumdi essi sarebbero
diversi dai codici dell'epistolario, di cui detto chiaramente e a
pi riprese che furono trascritti dallo scriba di Poggio. Il Dunston
sostiene invece contro l'Ullman che i tre manoscritti vaticani sono
proprio quelli di cui si parla nell'epistolario (e nega quindi l'autografia) 2. A me i suoi argomenti sembrano del tutto persuasivi 3.
Ora nel Vat. 1852 il I e il II libro della quarta decade abbracciano
rispettivamente sedici e quattordici carte, vale a dire otto e sette
bifolii 4. C', vero, nel I libro una piccola eccedenza rispetto all'affermazione di Poggio quippe qui non excedant septem folia, ma a
me sembra, nel complesso, estremamente probabile che la frase
della lettera vada riferita al Vat. 1852 e che quindi Poggio usi folium.
nel senso di 'bifolio', tanto pi che per 'foglio, carta' egli usa
normalmente il termine charta: inoltre folium compare spesso nel-
2.
35
l'epistolario di Poggio nell'indicazione di formato membranae ad mensuram folii ed anche in questo caso il folium evidentemente un pezzo
di pergamena di determinate dimensioni che piegato in due entrer
poi a far parte del fascicolo.
Il termine folium compare una sola volta nell'epistolario di Guarino, 563, 19 memento mittere folia, senza che si possa dire a che si
riferisca.
NelI'inv. Visconti folium, come abbiamo visto, usato per 'foglio, carta', ma ci sono anche inequivocabili esempi difolium 'bifolio' (Pellegrin p. 23): 764 quinterni (' fascicoli', cf. p. 42) duo quorum primus est fliorum quinque et secundus foliorum trium; 804 Iosephus
hystoriographus non ligatus sexternorum decem et fliorum duorum (=
Paris. lat. 1615, cc. II + 100, composto in effetti di dieci fascicoli,
quaternioni, quinioni e senioni, e di un binione, cc. 96-99: vd. Pellegrin ad 10c.). Quest'ambiguit nell'uso dello stesso termine all'interno del medesimo inventario fa s che in certi casi si possa rimanere in dubbio: 982 Ars artium quatuor foliorum absque copertura:
sar un quaterno (otto carte) o un binione (quattro carte) ? 1.
Nel complesso il termine flium non sembra molto amato dagli
umanisti, che gli preferiscono charta o pagina; ci pu essere determinato dal fatto che, come abbiamo visto, folium nel senso di ' foglio ' nell'antichit testimoniato solo in autori tardi: significativo
che compaia negli scritti di umanisti come Poggio o il Niccoli che
meno di altri si preoccupano della classicit del loro latino. Il termine sembra invece abbastanza diffuso fuori dell'ambito umanistico, come mostra la sua frequenza negli inventari.
Per s c h e da' foglio' vd. p. 305S.
p a g i n a: secondo i risultati cui giunge il Lehmann, Bliitter 2SS., indica nell'antichit una superficie scritta da una sola parte
(come ad es. la superficie della tavoletta cerata o il X6J..1)(l.lX nel rotolo di papiro); quindi anche la colonna di scrittura del rotolo (ae()
o del codice. Non mai usato al singolare per una superficie
scritta con pi di una colonna e neppure ha mai il valore di ' foglio'
con due facciate scritte. Nel medioevo continua ad avere il significato di superficie scritta, pagina di libro. Pu inoltre indicare il
foglio di un documento scritto su una sola facciata e il documento
stesso. Ci sono anche esempi di pagina per 'foglio', ma si tratta
1.
pagina non assumerebbe senz'altro il significato di 'foglio' (Lehmann, Bliitter 4Iss.). Se le affermazioni del Lehmann sono esatte,
nell'uso umanistico si avrebbe un'importante innovazione rispetto
all'uso dell'antichit e del medioevo; infatti pagina, oltre che, 'facciata, pagina " pu significare' foglio' scritto da entrambe le parti
ed pienamente sinonimo di folium e charta. Ci stato notato,
per una postilla del Poliziano a un codice, dal Campana, Contributi
190 n. 5 1; e dalla mia ricerca risulta che anche altrove il Poliziano
usa costantemente pagina in questo significato (vd. pi oltre). un uso
diffuso abbastanza largamente nel latino umanistico; eppure il Lehmann, che ne cita un paio di esempi, li ritiene isolati 2. Il fatto di
non sospettare la sinonimia di foliwn e pagina ha messo in gravi
difficolt gli studiosi che si sono occupati delle testimonianze umanistiche sul codice di Hersfeld delle opere minori di Tacito. Infatt:i
di una lacuna del codice P. C. Decembrio d notizia con le parole:
post hec deficiunt sex folia (vd. p. 33), mentre gli apografi umanistici
parlano di sex paginae (o pagellae o parvae pagellae). Come gi i suoi
predecessori (qualcuno aveva addirittura pensato che pagina significasse 'colonna di scrittura '), il Robinson (p. 13s.) si trov gravemente imbarazzato, sembrandogli le due testimonianze irreconciliabilmente contrastanti, e pens dapprima a un errore del Decembrio, poi a un errore degli apografi; e ci lo costrinse a supporre
() che fosse avvenuta una contaminazione fra due famiglie di codici
o che uno dei copisti riportasse una notizia per sentito dire. Ma dato
che nel latino umanistico folium e pagina possono essere sinonimi,
le due testimonianze dicono esattamente la stessa cosa; rimane da
spiegare semmai l'uso del diminutivo pagella (vd. p. 39s.).
Gli esempi di pagina 'foglio, carta' sono abbastanza numerosi.
Poggio ep. 4, 4 p. 305 quia pagina deficit finem feci: in altre espresI. Nella stcssa nota il Campana segnala anche l'espressione dil1lidia pagina
equivalente alla nostra facciata'. Cf. p. 33.
2. Bliitter SI Als eigenartig ist bei Aldus (Manutius) noch das eine: er nennt
in der Vorbemerkung zur Cornucopia des Perottus 1499 das zweiseitige Blatt
pagina, die einzelne Seite semipagilla. Ihm schliesst sich der niederdeutsche Humanist
Joannes Murmellius an, der in seiner Pappa puerontl1l 1517 pagina durchfolium libri
deutet und mit 'ein blatt in dem buch ' iibersetzt, semipagina ein syt des blats '.
Weitere Verbreitung scheinen dicse Ausdrucke nicht gefunden zu haben. Semipagina da confrontare con dimidia pagina e dimidium foliul1l (vd. p. 33).
37
sioni analoghe Poggio usa charta (vd. p. 31), dunque i due termini
sono per lui sinonimi e ci confermato da una nota da lui apposta
nel Vat. lat. II458, c. IIV: in exemplari vetustissimo deficit una pagina. Traversari ep. 43 col. 81 vale, mi pater; plura namque, ut cemis,
pagina impleta non capit: espressione analoga a quella poggiana cito
sopra. Poliziano misc. I 25 p. 557: il capitolo dedicato allo spostamento di un fascicolo nel cod. P (Laur. 49, 7) di Cic. fam., spostamento che ha determinato un grave perturbamento negli apografi
umanistici: hic posterior, quem dixi, codex ita est ab indiligente bibliopola conglutinatus, uti una transposita paginarum decuria, contra quam
notata sit numeris, deprehendatur. Paginarum decuria espressione ricercata per quinternio (vd. p. 45): dunque pagina = charta. Si trattava in realt di un quaterno 1. L'espressione paginarum decuria ricompare anche in misc. II I, dove ripetutamente usata la parola
pagina, sempre col valore di 'carta': 8 ubi... evolverimus instar
trium paginarum . .. ; IO evolvamus igitur undecim ferme paginas ecc.
Pi vaghe alcune espressioni dell'epistolario: 6, 7 p. 183 describi
protinus egregiis et notis et paginis Herodianum curaveris; 8, 15 p. 249
necesse habui curare. " ut errata . .. primis ibidem paginis imprimerentur;
9, I p. 262 commentarios ... multiplici pagina surgentes. Nel Laur. 49.
9 di Cic. Jm., alla fine del quat. 14, c' un'annotazione require signum * ad finem octavae paginae che il Bandini e 1'Anziani giudicarono del Poliziano. Il segno corrispondente si trova alla fine
del quat. 15, dopo otto carte (Kirner cito p. 402S.). Annotazioni
simili a questa si leggono in un codice di plauto del sec. XV, iI
Barb. lat. 146, appartenuto, fra gli altri, al Pontano 2. Ne do un
esempio. A C. I 76v, per una trasposizione di bifolii nell'antigrafo,
a Trin. 854 segue Truc. 301ss.3: il copista, confrontando con un
codice della biblioteca regia di Napoli a noi ignoto, si accorse della
differenza ed annot sul margine esterno: hic (sic) usque ad z4m paginam aliter quam in codice regio. La za pagina C. 178r, dove finisce,.
l. G. Kimer, Contributo alla critica del testo delle Epistolae ad familiares di Cicerone, St. it. di fil. cIass. 9, 1901, 405.
2. Cf. Sabbadini, Storia 257S. La nota di possesso del Pontano riprodotta
in Ullman, Potltano's Handwriting. , .. It. med. e um. 2, 1959, tav. XXV, I.
3. Questa confusione tra Trin. e Truc., come ha mostrato il Questa (p. 47ss.),
identica a quella che si ha nel Vat. lat. 1629 appartenuto a Poggio, da cui dunque
il Barberiniano discende per il testo di queste due commedie.
faciem, ut dicunt, folii, veluti quinternio habet folia dena, paginas vicenas 1. Indeterminato invece eleg. 6, 43 p. 222 nisi dicamus evolvi
libros propter numerum paginarum. Pagina la ' facciata' nelle postille
petrarchesche citate sopra (p. 29) e quindi, probabilmente, anche
39
1. Si noti che nel testo il Lindsay scrive fra parentesi: (desunt sexfolia); 6 fogli =
24 colonne. Ma nella numerazione delle colonne il Lindsay assegna alla lacuna solo
16 colonne = 4 fogli.
40
I. Si noti il neologismo exehartabulum, forse un tentativo di rendere il terminevolgare 'scartabeglio': Vespasiano, Vite, Poggio 2: Trov sei orazioni di
Cicerone e, secondo che intesi da lui, le trov in uno convento di frati, in uno
monte di scartabegli, che si pu dire ch'elle fussino tra la spazzatura ; cf. seartabelius (Wattenbach 178 n. 5; Du Cange s. v.).
2. Inv. Mansueti 326 iII prima facie est UtII4S homo pietus; 389 habet sex eolumnas
pro qualibet facie.
inciso l'introduzione di un termine volgare mostra anche fra' Leonardo di ser Uberto da Firenze, l'autore dell'inv. Mansueti; ogni
volta che usa il termine stampa aggiunge espressioni come ut vulgoloquar, ut dicitur, ut vulgo dicitur (cf. p. 78) 1. A. Decembrio, polit.
27 C. 78r, deplora l'uso di parole volgari e non attestate nei classici
e soggiunge: quin ipse Cicero, cum in sermones aliquando duriores excidere necesse sit quibus abhorruit antiquorum auctoritas, verecundas quasdam in]rt excusationes ut ' sic aiunt, sic vocant, ut vulgo ]rtur '.
Traversari ep. 272 col. 357 quid... volumen illud Conciliorunr
contineat. .. scire cupis. .. Continet in prima facie Pauli apostoli statuta
brevia numero XV et hinc communia Petri et Pauli alia XV.
In ep. 275 col. 363 il Traversari, descrivendo lo stesso codice, parla
invece di prima frons libri (statim... in prima fronte libri eminent statuta
Petri et Pauli apostolorum nomine inscripta). L'espressione f r o n s l i b r i in
et classica indicava il margine superiore e inferiore del rotolo (Birt 67
e 365; cf. dello stesso Die Buchrolle in der Kunst, Leipzig 1907, 236; Thes.
/. L. VI 1362, 84; Arns III) o anche il principio del libro (Ov. tristo I,
7, 33 sex versus in prima fronte libelli / si praeponendos esse putabis; Thes.
l. L. VI 1363, ross.). In et umanistica usata spesso a indicare !'iniziodel libro: Poliziano ep. II, 6 p. 334 sed vitiosas deprehendi syllabas inquis
in nostris versibus. Rogo quas? An eas forte dices quas in fronte ipsa statim,
sicut alia errata librariorum, collegimus? (allusione ai due foglietti di Emetldationes ai Miscellanea che il Poliziano fece stampare in un secondo tempo;.
vd. Perosa nr. 29-30); II, 25 p. 362 quod et hoc pulcherrimum in fronte libr;
Graecum epigramma ostendit; Iacopo Antiquario in Poliziano ep. 6, IO
p. 186 (a Marsilio Ficino) libros quos graveis et copiosos de vita nuper
dedisti accepi. Prima eorum frons et indicium plurimum invitarunt ut capita
decurrerem; E. Barbaro cast. Plin. c. a2V sunt et alia quae praefari nos oporteret,
sed ea in calcem operis ex industria contulimus, ne in fronte posita modult1
excederent.
mann (Bl'tter 7 e 5ISS.) ha tracciato la storia: la riassumo qui brevemente. Mentre nell'antichit le espressioni usuali per 'colonna'
di scrittura erano pagina, paginula, pagella, columna deve essersi introdotto assai tardi: il Thesaurus non ne reca alcun esempio, ma ce
ne sono due di columella, entrambi di Rufmo (Thes. l. L. III 1735,
46ss.). Columna diviene frequente dal XIII sec. in poi (l'et gotica
ama la disposizione del testo su due colonne).
In et umanistica columna (columnella) termine usuale per
, colonna' di scrittura. Abbreviato col. compare spesso nei rinvii
che il Petrarca annota sui margini dei suoi libri; come abbiamo
detto, egli numera da uno a quattro le colonne di ciascuna carta:
nota al Paris. 5816 dell'Rist. Aug., c. 7r post, proximo c. col. 3" in
medio (Nolhac II 54); nota al Paris. 5690, c. 188r (Liv. 22, 49, 15)
huic tamen coniecture obstat quod est infra, prope finem libri huius, antepenult. col. in principio (Nolhac II 28 n. 2); cf. anche le postille citate
a p. 29s. Guarino ep. 141, 29 (vd. p. 55); Poggio ep. 3, 17 p. 217
in tuo Cornelio deficiunt plures chartae. .. et in decade integra columnella; P. C. Decembrio, descrizione dell'Hersfeidensis di Tacito: opus
est foliorum XII in columnellis (Sabbadini, Storia 205).
Nell'inv. Mansueti usato il termine columna (I, 2, IO, 25, 26
ecc.), in quello della biblioteca viscontea colognellus: 864 in versibus
et duobus colognellis; 874; 877; 884 scriptus ad duos colognellos; 886 de
duobus colognellis.
FASCICOLO
Gli umamstl usano indifferentemente i termini quaternio, quaternus, quinternio, quinternus e sexternus nel senso di 'fascicolo',
, quaderno', senza necessario riferimento al numero dei fogli: ad
es. Poggio, parlando di un fascicolo di antiche epigrafi da lui trovato in Germania 1, lo chiama una volta quaternio (ep. IO, 16 p. 35
cito a p. ), un'altra quinternio (ep. IO, 17 p. 38 cito a p. 46); il Traversari lo indica con quaternio (ep. 393 col. 512 cito a p. 126s.); in
misc. I 25 il Poliziano con paginarum decuria (= quinterno) si riferisce a un quaterno (vd. p. 37). Lo stesso uso generico di questi
termini si riscontra anche fuori dell'ambito umanistico, ad es. nel-
I.
!ISS.
43
l'inv. Visconti: 764 quinterni duo quorum primus est Jliorum quinque et secundus Jliorum trium; 352 et in ipso volumine est unus quaternus in papiro (= Paris. lat. 4969: il fascicolo cartaceo qui chiamato
quaternus un senione); 804 Iosephus hystoriographus non ligatus sexternorum decem et Joliorum duorum (= Paris. lat. 1615 composto di
dieci fascicoli irregolari - quaternioni, quinioni e senioni - e di un
binione) 1.
I termini quinternio (-nus) e quaternio (-nus) compaiono frequentemente nelle ordinazioni di pergamena. La pergamena poteva essere venduta in pezzi, in pelli o in quaterni (Wattenbach 129): in
questi casi, trattandosi di commercio, il numero di fogli ha importanza e i termini avranno significato meno generico. Poggio ep. 2,
23 p. ISO cupio habere ... membranas, quaterniones XX mensurae Jolii 2; 2, 26 p. 153 egomet autem perquisivi hic membranas et ad XIIII
quaterniones confeci . . , Viginti vero alios quaterniones etiam mittas volo;
2, 36 p. 171 ex VIIII quaternionibus nullum volumen potest confici;
vellem alios novem aut decem; 2, 33 p. 165 cura . .. ut habeam reliquas
(se. membranas) pro Verrinis ... [tem perfice quinterniones quos paulo
antea scripsi nec adeo sis molestus opijcibus illis ut tecum irascantur.
Excedant paulum communem pulchritudinem et id satis est mihi, postquam nequit aliter fieri; 3, l p. 187 cura ut habeam Agellium et XX
quinterniones membranarum ad mensuram Jolii; Guarino ep. 423, 9
(vd. p. 52).
Il libro veniva scritto sui fogli sciolti e legato solo alla fine (vd.
p. 64); a volte anche il modello non era legato e i fascicoli venivano distribuiti fra pi copisti che lavoravano contemporaneamente
alla copia (vd. p. 196).
L'uso di segnare i cosiddetti 'richiami' alla fine di ogni fasci-
I. Qualche volta per le indicazioni dell'inventario corrispondono pi esattamente alla reale struttura del codice: inv. Visconti 908 quaterni quatuordecim (=
Paris. fr. 343, composto in effetti di quattordici quaternioni); 823 Aristote1es de
animalibus ... in sexternis XXIII (= Pans. lat. 6789, 23 senioni).
2. Quaterniones XX viene ad essere un'apposizione di membranas: pi normale
sarebbe stato membranarum quaterniones come in ep. 3, I p. 187 cura ut habeam . ..
XX quinterniones membranarum ad mensuram folii. 120 quaterni di ep. 2, 23, secondo
l'Ullman, potevano esser chiesti per le Verrine della cui trascrizione Poggio si
stava allora occupando e in effetti il Riccard. 499 delle Verrine, a lui appartenuto"
ha 165 carte, solo 5 pi di 20 quaterni, anche se in realt scritto su 16 quinterni
e parte di un quaterno (Ullman, Origin 39).
45
~ebio
postremi quinternionis verba, quem ante misi, rogo ne sit molestum annotari ea facere, ut librarius coeptum prosequatur scriptum; 880, 2 mittl>
ecce quinterniones tres (della traduzione di Strabone); Aurispa ep.
17 p. 27 opus grande non est, sed solum quinterniones tres; Poggio ep.
2, 33 p. 165 (vd. p. 43); 3, I, p. 187 (vd. p. 43); IO, 17 p. 38 unicus
parvus est quinternio quem inter pulveres repertum in manicas conieci
cum libros quaererem apud Alamanos (cf. p. 42); Traversari ep. 151
col. 210 quinterniones duos alios scriptos de VI synodo mitto ei (ad Eugenio IV) offerendos. SUltt autem modo apud vos octo; 274 col. 361
duodecim quinterniones ex eis (sc. Vitis Patrum) transcripsi; 414 col. 533
Antonio dedi quinterniones duos, in quibus homiliae quinque continentur
Chrysostomi a me inter tlegocia nostra traductae in epistolam ad Timotheum primam: eas ceteris copulato: si tratta di due fascicoli dell'attuale
Conv. soppr. I VI 6 (gi S. Marco 574) della Nazionale di Firenze, il primo di cinque bifolii, il secondo di tre (vd. A. Sottili,
Rinascimento 16, 1965, 9s.); ci conferma il valore generico di
quinternio; Valla Consto don. 66 p. 58 quinternio habet folia dena.
q u i n t e r n u s : come quinternio non antico, ma attestato nel
medioevo (Du Cange s. v.). Ne ho trovato esempi solo in Guarino:
ep. 89, 32 de membranis quid scribam Diano nostro nescio, nisi pritls
47
quid desit intellexero; tune enim seribendi materia erit, cum de.ficientium
quinternorum numerum didieero (si tratta probabilmente di ordinazione
di pergamena); 365, 4 gratum est quod de ta(bula in A. Gellium) quinternum factum esse seribis; 514, 3 e 8 libenter quinternos omnes eollegissem . .. Ipsos quinternos in unum eolligam (si tratta dei fascicoli di un
codice che aveva distribuito fra pi copisti; cf. p. 196 n. 1); 621, 42
quinternos illos quinque retinebo; 654, 5 ecce primum Epistularum
quinternum; 879, 4 ecce mitto partem alteram Strabonis (la sua traduzione) ... ; eum in praesentia quinternos supra quatuor mittam, sunt
apud me supra octo; 888, 16 (vd. p. 250s.).
s e x t e r n u s : Du Cange s. v. e Wattenbach 179 per il medioevo. Traversari ep. 167 col. 225 (vd. p. 20).
FORMATO
I due termini tecnici per ' formato' in uso nel latino umanistico
cos come negli inventari dell'epoca 1 sono volumen (pi frequente)
e forma, cui si accompagnano aggettivi come magnus, mediocris, parvus, longus e simili. In qualche caso, quando i codici descritti sono
identificabili, si pu vedere a quali dimensioni effettive corrispondano queste indicazioni. Faccio seguire un piccolo elenco di indicazioni di formato e delle corrispondenti dimensioni basato sui due
inventari da me esaminati 2 :
245 X 16 5.
Da pergamene troppo grandi Poggio ricava, rifllando i margini, un mediocre volumen: mm. 370 X 260 (vd. p. 53).
Nella fabbricazione della carta il formato determinato dalle
dimensioni della forma con cui il foglio viene prodotto, chiamata
appunto forma (vd. ad es. Grapaldo 2, 9 c. 04v cito a p. 18), e varia
a seconda dell'epoca e dei bisogni. Per l'Italia una preziosa epigrafe
non datata, ma forse della seconda met o della fme del sec. XIV,
ci fa conoscere i formati delle carte prodotte a Bologna: 'imperialle' mm. 740 X 500; 'realle' 615 X 445; 'meane' 515 X 345;
49
~ reute' 450 X 3I 5 (Briquet 2). Questi formati si ritrovano ancora nel 1579 nella tariffa della Gabella grossa di Bologna (Briqut 4).
I formati 'reale' e 'imperiale' sono ricordati dal Grapaldo,
che identifica il primo con l'antica charta Claudia e ci testimonia
che il secondo era il formato usato per i grandi corali da chiesa:
2, 9 c. 04v regalis (sc. charta) magnitudine reliquas apud nos antecelIit,
unde nomen sortitur, olim Claudia appellata (cf. Plin. nato 13, 79s.). At
Bononiae regali maior est imperialis, libris templorum ad musicam idonea 1. Il formato 'mezzano bolognese', che compare nell'inventario del patrimonio mediceo compilato alla morte del Magnifico
(Piccolomini, app. IV I uno libro schritto in carta pechora, in penna,
mezano bolognese ), ricordato anche dal Poliziano in un passo,
successivamente cancellato, di misc. II I, 20, dove dice che le paginae
di un suo codice o incunabolo di Cic. nato deor. sono medianae bononienses.
Il formato 'reale' e il 'mezzano' o 'comune' sono i pi diffusi nei primordi della stampa (Haebler 39). Essi compaiono frequentemente negli inventari sia per codici che per opere stampate: Piccolomini, inv. 22 liber qui inscribitur Dogmatica panoplia, in volumine
reali, in papyro; inv. 44 Antonii Sabellici historia rerum Venetarum,
impressa, in papiro, in volumine reali et viridi; inv. 70 tertia pars Thome
Valdrensis in menbranis, in magno volumine reali (questo esempio dimostra che le indicazioni di formato nate per la carta venivano applicate anche alla pergamena); app. IV 100 uno libro in foglio
reale, di carta bambagina et in forma) (= a stampa). Il formato
, reale' compare anche nel latino di un'epistola del Ficino, ma l'umanista si sforza di nobilitare il termine, che gli appariva evidentemente poco 'classico', e, certo sotto l'influsso dellt chartae regiae di
CatulI. 22, 6 e giocando sul precedente regi, lo trasforma in volumen regium: op. 896, I (presso Kristeller I p. CLXX) Philippus
Valor
Plotini textus Commentariaque regi transcribit volumine regio;
quinterniones iam tres atque triginta grandes sunt absoluti. Il grandes conferma trattarsi di un formato superiore alla media.
o
o.
Formato comune': inv. Mansueti I in volumine mediochri, satis magno et alto... Est autem ad mensuram quasi folii communis, sea
aliquantulum longior (oggi a Perugia, Bibl. com. N. F. 22, mm.
310 X 210); 21 in volumine mediochri, paulo maiore quam communefolium (= H *5036, mm. 330 X 225); 27 in volumine mediochri~
quasi ad mensuramfolii communis aut paulo maiori (= H *10010, mm.
280 X 200); 28 in volumine mediochri quasi ad mensuram folii communis aut paulo amplius (= H *3004, mm. 335 X 225); 55 in voluminemediochri quasi ad mensuram folii communis (= H *6726, mm. 250 X
190); 67 in volumine mediochri, quasi ad mensuram folii communis (= H
5879, mm. 375 X 200); 166 in volumine mediochri, ad mensuram folii
communis (= Perugia, Bibl. com. 996 (M 19), mm. 295 X 220)~
cf. anche 13, 30, 52, 53, 54, 142. Queste indicazioni sono evidentemente assai approssimative: se per l'autore dell'inventario un
formato di 295 X 220 equivale al folium commune, tuttavia quasi"
ad mensuram folii communis anche 250 X 190, il che pu spiegare il fatto abbastanza strano che uguale o poco maggiore gli potesse sembrare 280 X 200. Quanto siano soggettive queste valutazioni dimostra inv. Visconti 495 Augustini prima pars expositionis superPsalterio voluminis communis (= Paris. lat. 1994, mm. 390 X 270).
Si trova negli inventari come indicazione di formato anche il
solo folium non accompagnato da nessun aggettivo: Piccolomini, inv.
695 Sophoclis Aiax Mastigophoris (sic) et Electra simul, in papyro . ..
in volumine folii; cf. anche inv. 696, 701 ecc. Il folium indicazione di formato anche nell' espressione membranae ad mensuram
(modum) folii o mensurae folii (cf. inv. Mansueti 53, 55, 67 quasi
ad mensuram folii communis) frequentissima nell'epistolario di Poggio.
in ordinazioni di pergamena; essa ricalca con tutta probabilit qualche espressione volgare: ep. 2, 23 p. 150 (vd. p. 43); 2, 26 p. 15J
(vd. p. 53); 2, 27 p. 155; 2, 36 p. 171 (vd. p. 44); 3, 1 p. 187 (vd.
p. 43). Le pergamene ad mensuram folii richieste nelle prime tre lettere dovevano servire per le Verrine e nella terza Poggio manifesta
l'intenzione di trascrivere su pergamene dello stesso formato le Tusculanae e il De fini bus in un volume e le Epistulae ad Atticum in un
altro. In ep. 2, 36 p. 171 ha ricevuto dal Niccoli un lotto di pergamene di dimensioni leggermente superiori a quelle avute in precedenza; le metter dunque da parte e porter a termine la trascrizione
delle Verrine, gi iniziata, usando altre pergamene acquistate a Roma
(vd. Ul1man, Origin 38s.). Secondo l'ullman (Origin 38s. e 44), il
SI
codice delle Verrine ora il Riccard. 499, quello delle Ep. ad Att.
per cui Poggio chiedeva pergamene in ep. 2, 27 p. 155 il Laur. 49,
24. I due codici misurano rispettivamente mm. 285 X 190 e 290
X 215. Con tutte le riserve sulle effettive vicende delle pergamene
ordinate da Poggio, si pu notare che queste misure rientrano pressappoco nell'ambito della forma mediocris.
Un altro sistema per indicare le dimensioni del libro, che avr
in seguito larghissima diffusione, gi in uso in inventari del quattrocento, cio quello che fa riferimento alle plicature del foglio:
nel volume' in-folio' il foglio piegato una sola volta a formare il
bifolio del fascicolo (Piccolomini, app. IV 101 uno libro in foglio
bambagino ... in forma (= a stampa))) e 102; a. 1492); il volume
invece 'in quarto' se il foglio stato piegato due volte, e cos via:
Piccolomini, doc. XXVIII 2 P(apyrus). Eurypidis quaedam, Hesiodi,
Pindari et Theocriti, in 4 folio (a. 1510); inv. 694 Odyssea Homeri,
in papyro, volumine 4.; folii, (a. 1496), ecc.; inv. Mansueti 134 in
volumine parvo, ad mensuram quarti folii communis (cf. anche 135).
Nell'inv. Mansueti il folium commune un volumen mediochre, cio
corrisponde al formato medio, mentre il quarto del folium commune
un volumen parvum, cio corrisponde al piccolo formato; tuttavia
il nr. I I detto in volumine mediochri... ad mensuram quasi quarte
partis folii communis.
Va tuttavia sottolineato che l'attuale sistema di formare i fascicoli del libro mediante plicature del foglio dopo aver stampato sulle
due facciate del foglio intero le pagine del libro (due, quattro, otto,
a seconda del formato che si vuole successivamente ottenere) si introduce solo verso la fine del quattrocento. Prima, anche negli incunaboli, i fascicoli erano formati, come nei codici, da fogli piegati
in due e inseriti uno dentro l'altro a formare quaterni, quinterni
ecc. Quindi si stampavano sempre solo due facciate alla volta e ci
rallentava notevolmente il procedimento. Tuttavia, quando si voleva ottenere un formato pi piccolo, il foglio prodotto dalle cartiere veniva tagliato a met nel senso della larghezza e le due met
venivano poi piegate a formare il bifolio del fascicolo; per avere
un formato pi piccolo ancora, il foglio veniva tagliato nel senso
della larghezza e poi dell'altezza ed erano i quarti di foglio ad essere
piegati. Si poteva cos parlare ugualmente di in-folio, in-4, in-8'"
ecc., anche se il procedimento era diverso da quello attuale. Su tutto
questo vd. Ch. Mortet, Le format des livres. Notions pratiques suivies
de recherches historiques, Paris 1925, 33ss. Il Mortet cita come esempio pi antico delle espressioni 'in-folio', 'in-4' ecc. un catalogo pubblicato a Venezia nel 1541 da Aldo Manuzio il Giovane
e ritiene che tali espressioni siano nate solo dopo che si era introdotto,
negli ultimi anni del quattrocento, il moderno sistema di formare
i fascicoli mediante plicature del foglio. Esse proverrebbero dal1inguaggio dei tipografi. Dagli esempi da me recati (i pi antichi sono
ne1l'inv. Mansueti, 1474-78) appare che la loro introduzione molto
pi antica e forse anteriore al diffondersi dell'attuale sistema di plicatura del foglio. Si noti infine che tali espressioni sono applicate
sia a incunaboli che a manoscritti, sia a libri su carta che a libri su
pergamena.
voI u m e n : accanto al pi normale e diffuso significato di
, libro, codice " assume spesso, specie negli inventari 1, il significato
di 'formato', tanto che si pu giungere ad espressioni come inv.
Visconti 372 plurimi libri valde pelegrini in uno volumine mediocris
voI u m i n i s 2 in un solo tomo di formato medio . Per questo
significato di volumen vd. anche Paoli II 94S.
L'uso di volumen in questo significato non classico 3 abbastanza
frequente negli scritti di quegli umanisti che non hanno eccessive
preoccupazioni classicheggianti: Guarino ep. 423, IO cupio... ut
chartas illas ex Florentia ad vos Bononiam delatas diligenter inspicias,
earum genus mihi nunties, mensuram et quinternionum numerunt. Id mihi
erit gratissimum; nam si sunt voI u m i n i s (minoris) , ut spero, fortassis partem Bononiae tibi dimittam, qui mihi volumen quoddam transcribendum cures. Dopo voluminis ci vuole un aggettivo di grandezza,
ma non mi sembra che l'integrazione minoris del Sabbadini sia pi
giustificata di un'altra qualsiasi (mediocris, parvi, magni ecc.). Ibid.
258, 6 chartae ut parentur ad volumen transcribendum curabis... Ibis
53
54
est mihi maius volumen esse debere pro orationum quwtitate. Petivi ergo
et sub alia mensura maiuscula, cuius postea schedam, quam oblitus eram
intercludere litteris, ad te misi. Prima aveva chiesto 'membrane in-folio '; successivamente ha deciso di trascrivere le orazioni di Cicerone
e, data la loro quantit, gli parso che il formato dovesse essere maggiore per non avere un libro di spessore sproporzionato; perci
ha chiesto membrane di misura pi grande. La scheda era naturalmente un foglio delle dimensioni volute (cf. p. 30S). Ibid. II,
I p. S6 Biblia maioris voluminis 1. Traversari ep. 242 col. 317
textum Sententiarum non despero habiturum commodioris voluminis (<< di
formato pi maneggevole ) pretiique mediocris quam (= magis quam)
veneat (veniat ed.) apud vos; 3IS col. 413 volumen aliud, in quo Ptolemaei Musica lib. III cum commento Porphyrii subsequente et Plutarchus
De musica, in membranis, brevi aptoque voI u m i n e ; ibid. Gregorii
Nazianzeni rariora opera triginta in volumine aptissimo; si noti in questi
due esempi voI u m e n a p t u m 'maneggevole', come sopra
c o m m o d u m; 398 col. SI7 inquiri facias diligenter an inveniantur
Decretales in parvo voi u m i n e. .. rescribasque celeriter adposito pretio
et expressa qualitate voluminis (<< del libro ); Sal col. 618 (oratio)
non est multum prolixa ut tribus aut quatuor quaternionibus mediocris
voluminis capi possit.
Ora che abbiamo visto la larga diffusione di quest'uso di volumen nel latino umanistico (e ancor pi, al di fuori dell'ambito umanistico, nella terminologia degli inventari), possiamo ritrovarlo in
un passo molto noto della celebre fam. 4, I del Petrarca (r. 193ss.):
visul1l est michi Conjssionum Augustini librum, caritatis tue munus,
inspicere; quem et conditoris et donatoris in memoriam servo habeoque
semper in manibus: pugillare opusculum, perexigui voluminis, sed infinite dulcedinis. Il Fracassetti rende perexigui voluminis con di piccioletta mole ; ma meglio sar tradurre: un libriccino che sta nel
pugno, di piccolissimo formato, ma d'infinita dolcezza l>. Per il
motivo del libro piccolo, ma di alto contenuto cf. Salutati ep. III
ss
stico 1, sebbene gli umanisti teorici dello stile lo cO'idannino 2. Dunque quam lata = latissima e possiamo tradurre: il formato del volume dal lato stretto quanto mai largo .
MINIATURA
57
.et quo item veneat (veniat ed.) et 1 quod sit electissimum pretio: quidam
.enim ex nostris adolescentibus pro monasterii consuetudine [et] 2 ornandis
voluminibus eleganter eo uti didicerunt, vellemque, si fieri posset, ve! unam
libram ipsius coloris nobis comparari, antea tamen pretium nobis signifi.cari, quod statim mittendum curabimus; 243 col. 318 (al Giustinian)
azurri quod sit lectissimi coloris et eximiae subtilitatis libram unam mitti
nobis cupio. Pretium quod ipse scripseris et cui iusseris dabitur. Tu velim
id cures diligentius, ut duo ista in illo praecipua sint, coloris gratia atque
subtilitas. Paullulum tibi ex nostro mittimus hisce inclusum literis, quod
est tenuissimum. Colore tamen quod ab (ad ed.) te mittetur praestare cupimus. Erit curae tuae ut id cautissime deferatur ad nos. Fuere semper in
nostro monasterio nec modo quidem desunt qui illo ornandis voluminibus
scitissime et venustissime utantur. Est quippe id ministerium otio religioso
non indignum. Sul termine' azzurro' vd. Wattenbach 368s.; per la
variet detta 'azzurro oltremarino' si veda l'anonimo trattato De
arte illuminandi del XIV sec., che espone anche il modo di macinarlo
e renderlo il pi possibile sottile 3.
Le miniature sono indicate col sostantivo m i n i u m. In et
dassica il minio era usato, nell'arte libraria, per i titoli e le rubriche
(Thes. l. L. VIII 1026, 83ss.; Ov. tristo I, I, 7 nec titulus minio ...
notetur; Plin. nato 33, 122 minium in voluminum quoque scriptura
usurpatur). In Traversari ep. 508 col. 622 (vd. p. 62S.) il termine
conserva il valore originario, tanto vero che egli usa come sinonime le espressioni ex minio ed ex rubro (si tratta delle iniziali e titoli
rubricati da apporre a un codice delle sue epistole). Ma il termine
pu avere in et umanistica, come gi nel medioevo (Wattenbach
347), significato generico e indicare miniature di qualsiasi tipo, anche figurate, senza pi riferimento al colore rosso 4; inv. Mansueti
I cum multis miniis inauratis, historiatis et floridis (oggi a Perugia,
Bibl. com. N. F. 22); 3 et habet pulcherrimum minium in principio
Regum, multis animalibus decoratum; 30 hie liber habet multa minia
aurea; 74 eum miniis de auro in principiis librorum (cf. anche 2, 5, 19,
I L'et mi sembra da espungere al pari di quello che espungo poco pi avanti;
il neutro quod sit electissimum si riferirebbe ad azurrum.
2. Per l'espunzione dell'et cf. ep. 243 col. 318 qui ilio ornandis voluminibus . ..
utantur, citata subito dopo.
3. L'arte della miniatura nel secolo XIV. Codice della Biblioteca Nazionale di
Napoli messo a stampa per cura di D. Saiazaro, Napoli 1877, 19 e 4955.
4. Cf. l'esplicito passo del Grapaldo a proposito di minio cito a p. 61.
59
20,23,26, 34, 58,64,90, 125, 130, 153, 181, 185) e Filelfo ep. c. 73V
I.
60
picturae non sunt satis aptae, sed facile intelligi possunt (Vat. gr. II64
di Ateneo meccanico); Traversari ep. 297 col. ~86 Archimedem se
habere de instrumentis bellicis et aquaticis cum pictura confessus est.
Nell'inv. Visconti compare anche il termine h i s t o r i a tu s, riservato a manoscritti ornati di miniature comportanti una composizine
con personaggi, scene ecc. (Pellegrin p. 22); cf. anche inv. Mansueti
I e 2.
Per 'miniare' troviamo usati i due termini m i n i o e i Il u m i n o : il primo il pi diffuso in Italia, il secondo comincia ad affermarsi, fuori d'Italia, a partire dall'XI sec. e si diffonde in Italia
nel XIII sec. per influenza francese; Salimbene da Parma, crono
p. 262, 23s. Scalia, dice di frate Enrico da Pisa: item sciebat scribere,
miniare, quod aliqui illuminare dicunt, pro eo quod ex minio libri illuminantur; cf. Dante Purgo II, 80S. (Paoli II 105, Wattenbach 363ss.).
Il Petrarca usa il verbo illuminare in una nota autografa su un foglio
di guardia della sua Iliade (Paris. lat. 7880, I; Nolhac II 166) domi
scriptus, Patavi ceptus, Ticini perfectus, Mediolani illuminatus et ligatus
anno 1369), ma quando si tratta non pi di una nota di uso personale, ma dell'elegante latino di una Familiare, introducendo questo
termine si preoccupa di aggiungere il significativo inciso ut vulgari
verbo utar (vd. p. 40s.):fam. 18, 5, 31 alii, ut vulgari verbo utar,
illuminant. Sull'uso che il Petrarca fa di questo termine possono aver
influito i suoi lunghi soggiorni in Francia. Il verbo illumino ha un
significato del tutto diverso e vicino all'uso classico (Thes. l. L.
VII I, 392, 20SS.) nella nota apposta da P. C. Decembrio sul foglio
di guardia dell'Odissea del Petrarca (Paris. lat. 7880, 2): F. P. decessit 1374 die 23 Iulii, dum volumen istud illuminaret (Nolhac II
167): il Petrarca morto mentre era intento a postillare quel codice. Cf. Gasp. Barzizza, letto al Corner in Sabbadini, Storia 82
quaedam. .. l u 111 i n a sel1tentiarum, ubi ve! aliqua obscura essent vel
minus anima adversa, collocarem e Guarino ep. 124, 28ss. nam, ut
vides, non modo ipsam (sc. pro Archia orationem) emendavi, verum
etiam quaedam adieci quasi l u m i n a quibus artis latibuIa i IIII strarentur.
Il termine pi diffuso in Italia era invece, come abbiamo
detto, 'miniare', minio, che dal significato minio tingere che aveva
siano (Vespasiano ep. 9, 15) "vorrei sapere se chost si trovcrrebbe chi potessescrivere et figurare bene quella Geometria et Musica .
61
nell'antichit (Thes. 1. L. VIII 999, 245s.) allarga la sua area semantica fino ad indicare, come minium, ogni sorta di decorazione
dei codici, senza pi nessun riferimento particolare al colore
rosso. La storia del termine cos sintetizzata dal Grapaldo 2, 9 c.
06r: minium quoque in librorum seriptura usurpabatur, a Callia Atheniense primo in argentariis metallis inventum (Plin. nato 33, II3; cf.
anche III). Utimur et nos: hine miniari eodiees dieuntur eum litterae
in eis maiores non tantum ex illo, sed etiam ex alia materia diversieolores fiunt. un termine che compare spesso nelle lettere in volgare di
Vespasiano da Bisticci (ep. 16, IO; 17, 3 e 8 e 12; 18, 7; 30, 9) e,
in latino, nell' epistolario di Poggio, degli umanisti forse il pi vicino alla lingua parlata (ep. 3,38 p. 285; 4,17 p. 338; p. 305 Wilm.
citt. a p. 56). Anche il Petrarca usa una volta minio in varo 4 (vd.
p. 185). Minio e adminio sono termini in uso anche negli inventari:
inv. Visconti 310; 808 est totum adminiatum auro; 833 nundum admil1iatus; 850 adminiatus ad modum Parisinum; 918 adminiatus litteris
auri; inv. Mansueti 7 litteris valde pulehris et bene miniatis.
Si trova anche, nel latino non umanistico, il sostantivo a d m i n i a tu r a : inv. Visconti 93 I eum adminiaturis aliquibus deauratis et
aliquibus azuris; 964 eum aliquibus postillis et adminiaturis deauratis;
nota all'Ambros. L 91 sup., C. 60v iste liber Rhetorieorum M. T. C.
est mei Ambrosii de Crivellis emptus a Bertola de Cuticis pretio f II
ultra ligaturam et aminiaturam 1431 (Sabbadini, Storia III).
Altri umanisti preferiscono ricorrere per 'miniare' a perifrasi
pi eleganti e 'classiche'. Il Salutati accenna alle iniziali miniate
con queste parole (ep. III p. 572): eum libris quibus. " initiales littere
auro diversisque eoloribus adornate sunt; abbiamo gi visto orno minio
nella lettera di Matteo Bosso, splendore litterarum orno in quella
del Bruni (come in illumino, posto l'accento sullo splendore degli
ori e la luminosit dei colori) e il semplice orno (o exorno) nelle lettere del Traversari gi citate, cui sono da aggiungere: ep. Luiso 8,
33 fecit aestus molestissimus et imbeeilla valetudo fratris nostri, ne libellus ille Hyeronimi (sic) Contareni illustris viri haetenus sit absolutus
(' [mito di trascrivere ') ... Cum absolutus erit, quod prope diem futurum est, eurabimus ut ornetur quam fieri poterit accuratissime, lieet id
quidem erit perdiffieile. Namque Baptista diu abest, nee satis scio, cui id
munus iniungendum sit; ep. 303 col. 392 libellum Hieronymi Contarini
V. cl. fiater noster absolvit. Eum Miehaeli nostro... commendavi, ut
peregrinum illud exaeueret ingenium in eo exornando admonens; 305
col. 396 libellus Hieronymi Contareni 1. " dudum absolutus est ac venustissime ornatus. Dato che il Traversari usa normalmente orno per
, miniare', anche in hod. p. 30 traduximus Vitam Chrysostomi Pontificique ornatum volumen obtulimus, si tratter di un codice di dedica.
miniato. Per orno detto della decorazione del manoscritto cf. anche
Valla, soscr. al Vat. lat. 1801 della sua traduzione latina di Tucidide ~
nullus {codex)... ve1 scriptus ve1 ornatus est magnificentius; il codice,
esemplare di dedica per Niccol V, splendidamente miniato. Un
codice non ancora decorato detto i n o r n a t u s in una lettera di
Gasp. Barzizza al Landriani (Sabbadini, Storia 84s.) nunc ad te librum nudum ac inornatum mitto. Compare anche il sostantivo o r n atu s in una lettera di Guglielmino Tenaglia (Sabbadini, Storia 292) ~
munus abs te diutius dJlagitatum exhibeo (un codice di Quintiliano),
non ea fortasse scripturae ornatusque e1egantia decoratum sicut tua eiusveprincipis cui orator adsistis humanitas celsitudoque expostulat. In Aurispa.
ep. 12 p. 20 accepi Oratorem et Brutum, librum tanta diligentia, tanta.
cura ornatum, ut iam desperarim 7tpC; 't" cX.v't"L8wpov. Nam quod donum
huic contra comparem? Verum hoc potero: si non ita ornata, rara et forteunica dedam, si allude genericamente all'eleganza del codice. Per ornatus, orno riferiti alla legatura vd. p. 65.
Le iniziali miniate o rubricate delle varie sezioni del testo eranO'
chiamate nel medioevo litterae capitales (Wattenbach 345, 348, 359s.,.
363, 370, 563) o capitulares (Wattenbach 359, 362) o principales
(Wattenbach 363). Gli umanisti le chiamano l i t t e r a e i n i t i al e s (Salutati ep. III p. 572 cito a p. 61), P r i n c i p a l e s (Traversari ep. 502 col. 619 e 508 col. 622 citt. a p. 65 e qui sotto),
In a i o re s (Grapaldo 2, 9 c. 06r cito a p. 61). Tutti questi nomi
pongono 1'accento sul fatto che si tratta di lettere iniziali, tranne
litterae maiores che sottolinea il loro carattere di maiuscole.
A conclusione di questo capitolo sulla miniatura giover riportare per esteso un passo di una lettera del Traversari in cui l'umanista
d interessanti istruzioni per 1'allestimento di un codice del suo epistolario e in particolare per la disposizione e rubricatura di titoli e
lettere iniziali: ep. 508 col. 622S. epistolarum novarum libros quatuor
proxime misimus ad te... Sane volumus ut principiis librorum spatia
maiora sint, ut est solemne, et lineae quinque aut sex ex anteriore parte
paginae locum principali literae faciant, singulis autem epistolis {epistolae'
L
Conservo 1'oscillazione nella grafia del nome che trovo nel Mehus.
LEGATURA
lori, occupano cinque righe e quelle delle singole epistole due righe, ma queste
ultime sono fuori dal corpo della scrittura, sul margine, e non ex minio, ma in
blu. Inoltre solo talvolta si trova lo spazio di una riga e il titolo rubricato (in minuscole) fra epistola ed epistola e non sottolineata nel modo che indicava il Traversari la distinzione fra gruppi di lettere indirizzati a diversi destinatari.
L Non saprei dire a che cosa esattamente si alluda con supeljciem comunt:
forse alle borchie metalliche, alle gemme e simili con cui si arricchivano le legature;
oppure all'operazione di levigare con la pomice i bordi del libro, operazione che
veniva chiamata pumicacio (Wattenbach 342). Dalla struttura del periodo appare
comunque che un'operazione compiuta dalle stesse persone che si occupano della
legatura. Il NoIhac (I 70 n. 1) pone a confronto con l'enumerazione del Petrarca
un passo del Philobiblon di Riccardo da Bury: 8, I82SS. apuJ nos in nostris maneriis
multitudo non modica semper erat antiquariorum, scriptorum, correctorum, colligatorum,
illuminatorum et generaliter omnium qui poterant librorum servitiis utiliter insudare. Qui
l'ordine di successione miniatura-legatura invertito.
2. Ep. 2,38 p. 175; 3, 38 p. 285; 4, l p. 293; 4,17 p. 33 8 ; 6, 7 p. 97; ep. p.
,(cf. p. 8IS.).
In Traversari ep. 502 col. 619 cito qui sotto la legatura detta co m-
66
sconti) e veniva chiusa o mediante semplici corregge di cuoio (c o r r i g i a e) con puntale metallico o con serrami pi raffinati di vari
metalli. I fermagli son detti f i buI a e, 'fibbie', 'affibbiatoi',
, serrami " 'serratoi', 'lacci', 'azoli'; nell'inv. Visconti se r a t u r a e e r a m p i n i . Nel latino umanistico troviamo menzionate
le fibulae: Petrarca seno 13, IO p. 1021 si fuissem praesens dum in
libri formam ligaretur, et sericum tegmen et fibulas saltem argenteas
habuisset; Grapaldo 2, 9 c. 04r cito a p. 66. Particolarmente interessante Guarino ep. 456, 45ss. aliquas quoque librorum fibulas,
quas scuta vocant, mihi mitteres vellem formis et magnitudine varias et
quae magnis parvis mediocribusque codicibus convenirent; aliquas etiam
novas excogitares formulas vellem, ut hic videbis inclusam: non abnuo
et usitatas; l'inciso quas scuta vocant, confrontato con espressioni come
Flavium nostrum, quem Blondum vocant (cf. p. 40), fa pensare che con
scuta Guarino dia l'equivalente volgare di fibulae. Se u t u m compare infatti in inv. Visconti 821 copertus corio rubeo hirsuto cum duobus scutis argenti deaurati super assidibus cum vipera et arma communis
Perusii, videlicet unus griffOnus albus in campo rubeo. Il termine volgare
'schudito', che indicava gli ornamenti metallici dei piatti: Fumagalli p. XIII coverto de veludo carmexi cum quatro azuli et
quatro schuditi de ariento sovradoradi, belo da segnori (inventario
di Niccol III d'Este del 14-36); ibid. p. XXVII: l'orefice Amadio
da Milano, nel 1446 lavor 4 azuli e 4 schuditi e 14 razi fati per
Broche Ave Zuhane Batista da Urbino per Andrea Cartolaro per
meter a uno Libro chiamato Dante Coperto de veludo verde de lo
Illu. nostro S.. Nella descrizione dell'inv. Visconti detto chiaramente che i due' scudi' ornavano i piatti e in questi passi c' distinzione fra gli 'azuli', cio le fibbie che servivano a chiudere il
libro, e gli 'schuditi', applicazioni metalliche che decoravano i
piatti t. Pu essere che Guarino con fibulae indicasse l'una e l'altra
cosa e perci sentisse poi il bisogno di specificare quas scuta vocant,
quelle che chiamano scudetti, per dire che gli occorrevano non
fermagli, ma borchie. Anche il fatto che le richiede di forme svariate e originali e tali da potersi adattare a codici di varie dimensioni
l. Fumagalli p. XI Nel mezzo dei piatti pi spesso era uno scudetto d'argento
o d'ottone, che nei codici E~tensi rappresentava sempre l'arme del principe .
68
I" Solutus compare anche nella terminologia degli inventari: Piccolomini, doc.
XXVIII 7 Philopotllls in Praedicamellftl, solutus; 20 Aldmus Avitus poeta de rebus
sacris, solutus.
STAMPA
160; e da ultimo A. Petrucci, lt. med. e um. 12, 1969, 295-313, in particolare
p. 297 e 299ss.
"
2. Non direi quindi col Canfora (Inventario dei manoscritti greci di Demostene,
Padova 1968, 21) improprio' l'uso umanistico di codex per libro a stampa.
72
Pithoei codex et quatuor vulgati quibus usus sum, Augustanus, Basilienses duo et Gryphii; p. 81 (4, l) 'Cl. Tiberius': Cuiacii, Pithoei et Danielis MSS. et de vulgatisVeron. et Augustanus 'Claudius Titus' integre praeseferunt.
3. Cito dalla rist. Hessel, Amstelaedarni 1707: p. 135 ita duo codices calamoexarati habent, vulgati autem 'sudanti cortice' (CatulI. 65, 106); p. 157 impressi
Appulcii codices e poco pi oltre (p. 158) vulgata Appuleii exemplaria ecc.
7J.
IO
74
75
Non mi sembra invece che si possano trarre conclusioni defmitive dai due esempi di codices vulgati in Beroaldo ann.: c. b4v dicimus enim ' melicos' lyricos poetas, et ita a Plinio Simonides, qui scriptor fuit lyrici carminis, 'melicus' nuncupatur in septimo naturalis historiae ( 89 e 192), quamvis in pervulgatis codicibus non' melicum' legerimus, sed ' medicum' (ho consultato due delle numerose edizioni di
Plinio anteriori alle Annotationes, l'ediz. Romae 1470, H *13088 e
Venetiis 1487, H *13096, ed ho trovato in entrambe la lezione medicus in ambedue i passi); c. C2r (cf. p. 233 n. 2) apud eundem (sc.
Hieronymum) libro secundo contra Iovinianum in pervulgatis impressisque
codicibus haec verba leguntur ecc. (pi oltre, della stessa lezione,
detto ut passim legitur): se il Beroaldo ha sentito il bisogno di arricchire 1'espressione aggiungendo a pervulgati impressi vuoI dire che
il primo termine, pur includendo anche gli stampati, non bastava
da solo a designarli.
Il diffondersi del nuovo procedimento della stampa porta anche
al formarsi di una nuova terminologia. Il vocabolo pi fortunato
imprimo coi suoi derivati.
i m p r i m o : Beroaldo anno C. b3V (vd. p. 70); b6r; b7V (bis);
CII (vd. p. 70); C2r; qr; Poliziano mise. I 80 p. 651; II 31, 2;
ep. 8, 15 P.249 (vd. p. 37); B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 137;
A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 181 nam mihi vere persuadeo Graecum virum Herodianum, quem ipse nuper civitate Romana donasti (cio
la traduzione latina di Erodiano del Poliziano), si in mille volumina
diligenter impressus transcriptusque ad manus literatissimorum hominum
. . . pervenerit ecc.: si noti il transcriptus, probabilmente sinonimo di
impressus, con 1'applicazione del concetto di trascrivere alla stampa.
B. Guarini in Poliziano ep. 1, 19 p. 27 nunc Martianum Capellam et
Senecae Quaestiones naturales opto... Bos si impressos emere possim,
gratius mihi erit; Baccio Ugolini in Poliziano ep. 7, 5 p. 200; Matteo
Bosso in Poliziano ep. 7,9 p. 205 (vd. p. 56s.); E. Barbaro cast.
Plin. C. a2V (vd. p. 127). Per codices impressi cf. p. 72..
i m p r e s s i o : E. Barbaro cast. Plin. C. a2V in Venetis codicibus
secundae impressionis (cf. p. 71); cf. anche inv. Mansueti 22 in reliquis. .. concordat cum superiori volumine, nam sunt eiusdem impressionis (= H * 5036; il nr. 21 dell'inventario era un altro esemplare
della stessa edizione).
i m p r e s s or: Beroaldo anno c. b4v pro 'Aius' , Arius' ab
impressoribus scriptum est corrupto nomine vetusto et sensu; C. b6r; c.
b7V (vd. p. 275); C. CH ex librariorum (librorum ed.) impressorumque incuria menda facta est; c. C2r; c. C2V; c. c4r; c. qv; E. Barbaro ep. II p. 71; Parrasio, letto cito a p. 79.
e x c u do: Poliziano mise. II I, 3; ep. 8, 15 p. 249; Parrasio~
letto cito a p. 79. Per excudo formis vd. pi oltre.
e x c uso r: Poliziano ep. 5, 1 p. 131 excusores isti novorum
librorum Teutones; in II, 6 p. 334 gli operai tipografi sono chiamati semidocti ilIi qui librorum excusoribus operam navant.
Il telaio di ferro che contiene la composizione dei caratteri impaginata era detto f o r m a, termine ancora in uso ai nostri giorni;
il 'libro in forma' era quindi il libro a stampa: Poliziano, Prose78s. M. Manlio astronomo e poeta antiquo, el qual ho recato mecoa Vinegia, e riscontrolo con uno in forma (si veda anche la nota
di I. Del Lungo). Coi termini 'in forma' e 'lettera di form:l.'
vengono contraddistinti gli stampati negli inventari della libreria
Medicea (vd. Piccolomini, indice S. v. Codici a stampa ) e nell'inv. Mansueti si parla di litterae formatae et impressae (cf. p. 78).
Si hanno quindi per ' stampare' perifrasi come e x c u d o f o r In i s (Poliziano ep. 4, 13 p. 128 effiagitari scribis istic ab iis qui libros
excudunt formis Herodianum meum; 12, II (12) p. 384 nee vel eis omninO'
parcis quieunque suas vigilias formis istis novitiis exeudunt; Parrasio,
letto cito a p. 79), e x p r i m o f o r m i s (Poliziano ep. 12, 18 (l9}
p. 396 postremo quasi iubes ut exprimi formis et interseri epistolis epistolam tuam eurem), p r o p ago f o r m i s (Poliziano ep. 5, 3 p. 143
arrogantes temerariosque iudieas qui sua seripta publieent ae propagari
frmis patiantur; 12, II (12) p. 386 nos vigiliis nostris fidere nonnihil
ac dare formis propagandas; 12, 18 (19) p. 398 quid quod epistolam eupis
tuam quippe bellam propagari formis opera nostra ?) e verbi come f o r m o, i nf o r m o (Beroaldo, Commentarii... conditi in Asinum aureum Lucii Apulei, Bononiae 1500, c. 2r [presso Garin 365 n. Il
commentarii in Propertium, in Suetonium Tranquillum formati in publicum iam prodierunt; Poliziano ep. 4, 13 p. 129 eures ... ut quam.
minimum quasi degenerent ab origine quae mox volumina formabuntur;.
B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 137 quonam paeto feremus eos qui,
rerum ignari cunetarum, blacterant tamen et ipsi multa atque oblinunt needum finita informant l), nonch un sostantivo i nf o r m a t or' stampatore' (B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 136 contra illorum opinionem
qui, prius etiam quam atramentum, quod aiunt, exaruerit, informatores
habent librorum paratos et multa millia eiusdem seripti exempla per Ita-
77
liam orbemque terrarum legenda disseminant; 12, IO (II) p. 383 non quod
posteritas custodiat et miretur cudo aut quod ditet injrmatores hos librorum, quorum tam cupide quidam implorant operam; 12, 16 (17) p. 395 adibo
informatores hos librorum et curabo ipse ut et mea impressa legantur).
Quella della stampa un'arte: a r s i nf o r m a t u r a e 1 in
una lettera di B. Scala in Poliziano ep. 5, 2 p. 137 (biasima che
.dotti e indotti si affrettino a stampare i loro scritti senza lavorare di lima, ut vel hinc facta nota aliqua videatur informaturae arti
.quae istam occasionem praebuerit indoctis doctisque ita insaniendi),
a r s senz'altro nella citata lettera di Matteo Bosso (vd. p. 56) e
nel passo del Grapaldo riportato sotto. Cos lo stampatore pu
.anche esser detto genericamente a r t ife x (in ep. II, 6 p. 33 5 il
Poliziano elenca alcuni errori di stampa della prima edizione dei
Miscellanea: Eulabiam... artifices isti pro ablabia, Sabadium pro Sabazio, Theodoritum pro Theodoreto subdiderunt), o p ife x (E. Barbaro cast. PIin. c. a2V in hac. .. editione nostra. .. consecuti sumus ut
cpifices haberemus et diligentes et doctos; Parrasio, letto cito a p. 79),
o, con pi precisione, a r t ife x l i b r a r i u s (Poliziano ep. 8,
15 p. 249 artificis librarii vitium, non autoris est). Si trova per' stampatore' anche l i b r a r i u s da solo (vd. p. 202) e il Grapaldo
usa il termine c h a l c og r a p h u s : 2, 9 C. 06v nuperrime coepit
utpote me puero in crepundiis ars olim, ut aiunt, a Germanis inventa
(Ure litteras componendi, qua tarltum una diecula notant quantum
librarius per annum vix posset exarare. Artifices ex re chalcographos
appellamus.
Della correttezza del testo da stampare si occupa il c o r r e c t o r (vd. p. 275s.); la correzione delle bozze in genere indicata col
verbo r e c o g n o s c o (vd. p. 279s.).
Anche negli inventari cominciano ad essere registrati accanto ai
codici gli incunaboli e si va quindi formando, anche in questo ambito, una terminologia relativa alla stampa. Ritroviamo i termini
imprimo (inv. Mansueti 14 litteris antiquis et pulchris, impressis; 15,
21, 25, 424 ecc.; Piccolomini, doc. XXVlII 19; inv. 622, 697 ecc.),
forma (inv. Mansueti 424 litteris pulchris, impressis per formam et stampam in papiro; Piccolomini, doc. XXVIII 9 Vitae Plutarchi, in forma e
I.
L. VI
79
I. Tuttavia alcuni editori mettevano in commercio i loro libri anche gi legati: cos ad es. Aldo Manuzio. Vd. H. Loubier, Der Bucheinband, Leipzig 19262,
100s. e 15Iss.; F. Bdiuninger, Verlegereinbtinde bei Aldus, Jahrb. der Einbandk.
3-4, 1929-30, 54-60 (non ho potuto vederlo); Fava 217ss.; M. J. Husung - F.
A. Schrnidt-Knsemiiller, in Handb. der Bibl.-Wiss. I 818.
80
COMMERCIO LIBRARIO
81
82
gari scio appellatione a plerisque eum pariter librarium intelligi qui sit
sive librorum tabernarius sive custoditor apud dominos; sed inepte. Illud
enim primo cerdonarium genus bibliopolarum tantum Craeco vocabulO'
sit appellandum, nam libros vendit ut suos 4; alterum bibliothecarii, qui
domini sui libros observat; licet vulgari confabulatione uterque non possit
commodius quam librarius explicari; Traversari ep. 240 col. 314 (al
Giustinian, a proposito di libri sacri in volgare che gli sono stati
p. 52S.).
c h a r t u l a r i ti S
fasces librorum
BIBLIOTECA
86
1. Per la partizione della Biblioteca Vaticana di allora in quattro sale, la Bibliotheca comm,mis, suddivisa in Latina c Craeca, la Bibliotheca secreta e la po'Uificia
o intima vd. Branca - Pastore Stocchi 154ss.
2. Colgo lo spunto da questi passi del Poliziano per ricordare che quando
negli scritti dell'epoca si parla di biblioteca Medicea pubblica, si tratta della biblioteca del convento di S. Marco, mentre quella che poi fU aperta al pubblico e divenne
la Laurenziana era allora la biblioteca privata dei Medici (vd. Piceolomini p. 6).
Le due biblioteche sono state talvolta confuse; cos ad es. il Lindsay nella pref.
all'ediz. di Marziale, Oxonii 19292, dice di un codice di Marziale ora perduto:
i n d e x : Guarino ep. 77, 38 librorum indicem illum accepi; Traversari ep. 213 col. 278 tu cura ut ad me librorum tuorum indicem mitLas; 214 col. 280 Plutarchi epistolas, quia in indice tuo non reperi, scire
.cupio an adhuc desideres; 215 col. 282 legi... indicem Graecorum vo.luminum tuorum; 216 col. 284 si dudum accepit ex Cypro libros suos
Leonardus Iustinianus, curabis mihi conficere diligentem indicem, qui lihrorum contineat nomina singulatim; 273 col. 358 librorum tuorum omnium qui sunt apud me brevem indicem facere adgressus sum; 274 col. 361
Philippus. .. adtulit... indiculum quemdam librorum ad se ab Antonio
Pistoriense missum, quos ille se invenisse in quodam monasterio scribit;
3II col. 406 ex indice (dei libri del cardinale Orsini) didici omnia
(sco volumina) esse communia nihilque inter illa singulare delitescere;
379 col. 492 indicem . .. illum voluminum iuris canonici ac civilis a Mi.chaele nostro confectum urla cum pretio adscripto mittas; in ep. 271 col.
353 il Traversari indica con indicem voluminum inquirendorum il Commentarium del Niccoli. B. Guarini in Poliziano ep. I, 19 p. 27 quod
.librorum meorum indicem petis, id mihi et laboriosum est et inutile.
i n v e n t a r i u m: Poggio ep. I, 6 p. 30 vidi pridem inventarium plurium librorum cuiusdam monasterii; I, 7 p. 38 procuravi ut
.haberem inventaria nonnullorum monasteriorum; I, 13 p. 61; 2, 34
p. 168; 3, 1 p. 187 dedi operam ut habeam inventarium cuiusdam vetustissimi monasterii in Germania ubi est ingens librorum copia; 3, 12 p. 207
.dixeram Cosmo nostro. .. monachum illum Hersfeldensem dixisse cuidam
se attulisse inventarium ... plurium voluminum ... Mitto autem ad te
nunc partem inventarii sui, in quo describitur volumen illud Cornelii
Taciti et aliorum quibus caremus; 3. 13 p. 210; 3. 29 p. 266s.; 3, 31
p. 271.
quem Politianus memorat Florentiae in bibliotheca Laurentiana fuisse e rimanda
mise. I 23 p. 552 in hac ipsa gentis Medicae bibliotheca publica codex habetur vetustissimus Langobardis literis; il codice si trovava dunque non in Laurenziana, ma a S.
Marco.
.a
88
X IX -r oc O Y O Ci: Traversari ep. 214 col. 280 XIX-rOCOYov tuae bibliothecae nunc primum accipio.
7t (VIX ~: Poliziano, ep. 12, 20 (21) p. 401 't'v 7t(VIXXIX a: 't'WV
A A">'
.,."
'.1.
r e p e r t o r i u m: Salutati ep. I p. 276 repertorium tuorum librorum habui; IV p. 265 tuorum librorum repertorium; Poggio ep. 12.
2 p. 126 legi... repertorium librorum Nicolai.
In ep. 213 col. 278 (a F. Barbaro) il Traversari si lamenta del1'eccessiva secchezza di un catalogo di libri del Giustinian 1 e d
interessanti istruzioni sulla redazione di un inventario: esso deve
quasi porre sott'occhio i libri che descrive; deve indicare esattamente
le singole opere di ciascun codice, il tipo di scrittura, il formato
ecc.: vidi sane indiculum illum c1arissimi viri Leonardi Iustiniani ...
sed mihi. .. desiderari in ilIo visa est diligentia. Sed nescio utrum tu i!lum
scripseris an alius quispiam. Quidquid illud sit, cupio te in hoc imitari
nostram diligentiam. Nam ego, si quid ad te tale scriberem, tibi pIane ac
penitus notum esse (esset ed.) datumque in conspectum quod abesset laetarere. Cupio enim, quum scribis ad me talem indicem, notari in eo quidquid in quolibet codice cotltinetur singulatim quanamque sit literarum facie,
cuius magnitudinis; ceteraque ipse (ipsius ed.) facilius intelliges, quam
ego scribere in hac hotae desideratione sub.ficiam (cf. :!.nche ep. 216 col.
284 Alexander ilIe Aphrodiseus cuiusmodi sit, qua magnitudine quave
literarum facie quosve Aristotelis libros exsponat scire plenius cupio). Di
come il Traversati stesso metteva in pratica i suoi precetti sono splendido esempio due ccurate descrizioni di codici da lui fornite nell'epistolrio, quelle del Laur. 32, 9 di Sofoc1e, Eschilo, Apollonio
in ep. 277 col. 368s. e del cod. Firenze, Naz. Conv. soppr. I VI IO
di Tettulliano in ep. 306 col. 398s. Per il primo fornisce le seguenti
notizie: elenco delle opere, materiale su cui scritto (in membranis),
giudizio sull'aspetto della scrittura (literis ... gratissimis) e datazione
della medesima, indicazione esattissima di lunghezza e larghezza
rapportate alle dimensioni del foglio su cui sta scrivendo la lettera,
segnalazione degli scolii marginali, della loro scrittura (compositissimis literis) e degli autori da cui sono desunti, numero di righe di
ogni pagina e numero delle carte, giudizio sulla correttezza del
I. Si tratta del catalogo dei libri che il Giustinian aspettava da Cipro: vd.
Traversari ep. 216 col. 284 cito a p. 87 e le due lettere del Barbaro al Niccoli e
al Traversari citate in Sabbadini. Storia 3I e 33s.
SECON DA
PARTE SECONDA
CODICI
SCRITTURA
DATA ZION E DEI CODrCI
SCRIT TURA E DATAZIONE
SCRIVERE
s C r i bo: di questo termine gli umanisti si servono comunemente per indicare lo scrivere materiale, l'opera del copista (scriptor): Poggio ep. 2, 26 p. 154 scripsi librum De oratore; 3. 27 p. 264
laudo tuam diligentiam de quarta decade; ea nunc scribitur (cf. p. 259);
5, IO p. 35 (al Filelfo, sul De differentiis verborum dello pseudo-Cicerone) si volueris eum scribi, ego obsequar voluntati tuae; Traversari ep.
271 col. 352 (al Niccoli) quod item Asconium Pedianum et CorneIii
Celsi fragmenta et Lactantii De ira Dei et opificio hominis libros scripseris, pari laude prosequemur. L'uso doveva essere diffuso nella lingua
corrente: ne troviamo esempi nell'epistolario in volgare di Vespasiano: Niccol Perotti in Vespasiano ep. 9, 18 Non si potendo
chost scrivere la Geometria ; IO, 6s. Al facto dello Homero,
vi mando la lettera per parte di Nostro Signore (Niccol V). Presentatela voi medesimo et ditegli che Nostro Signore vi scrive domandiate el decto libro per farlo scrivere et cetera. Per Dio, se mai
mi faceste a piacere, fatemi questo: che lo facciate scrivere in acta
d come dicete. Et legatelo in carte incollate coperte di cuoio et
mandateme10 subito ; 10,23 e 25 (vd. p. 196 n. I e 135); Vespasiano
ep. 16, 17 Aspettane da Ferara tre (se. Vite di Plutarco tradotte)
da Guerino che mmi manchavano, che mmi dicie avelle fatte scrivere e
che lle rischontra, e subito 1 saranno finite le mander ; Iacopo Ammannati in Vespasiano ep. 40, 8 chiede in prestito opere di platone
tradotte da trascrivere, peroch qua su mi dilecta non meno lo
scrivere ch' el leggere; per scribo ad volumina e ad fragmenta vd.
p. 196. Talvolta scribo, usato in questo senso, ha per oggetto non
1'opera, ma il codice da cui l'opera copiata e quindi finisce coll'essere praticamente sinonimo di describo, transcribo: Poggio ep. 3, 27
p. 265 Josephus tuus scribitur extra domum; Traversari ep. 247 col. 322
94
instant apud me magni viri ... ut epistolas meas illis scribendas tradam;
277 col. 370 Apologeticus ille Tertulliani necdum scriptus est. Maximam
in spem sublatus eram ad vos ex Clariense monasterio haec eius viri opuscula emendatiora perferenda... Quocirea mendosissimum librum transeribere omiseram. Curabo tamen ut transeribatur quamprimum: la presenza di ilIe dimostra che qui il soggetto della frase non l'Apolo-.
getico di Tertulliano considerato astrattamente come opera, ma quel
determinato codice dell'opera che pi oltre detto mendosissimus
liber; quindi seriptus est equivale perfettamente ai successivi transeribere, transcribatur: quel codice dell' Apologetico non ancor finito
di copiare. Iacopo Ammannati in Vespasiano ep. 40, 3 e1 Phedone
di Platone che mi prestasti l'ho gi tutto scripto et ricorretto.
A. Decembrio, che biasima l'uso di scriptor per' copista " osservando che nel latino classico con questo vocabolo si indica solo lo
scrittore-autore (vd. p. 200S.), afferma che anche scribo anticamente
era detto solo dell'autore: polito 27 c. 59V ubi non de scriptore solo,
sed de seribendo etiam tanta sit a maioribus observata diligentia, ut nulli
praeterquam operis auctori id officium assignetur. Evidentemente si oppone all'uso contemporaneo di scribo per scrivere materialmente,.
trascrivere codici.
e x a r o : 'scrivo', gi classico (Thes. 1. L. V 2, II84, 52SS.).
Dante, de situ et forma aque et terre 1,3 in hae eedula meis digitis exarata~
Guarino ep. 223, 32 (vd. p. 17); 369, 35 Plautus tibi transeribitur,
opus . .. futurum perpulehrum et accurate exaratum; Poliziano mise. I 35
p.577 vetustissimus. .. libero .. literis Langobardis exaratus; Traversari ep.
275 col. 365 Philippus noster . .. adseruit sibi esse exploratissimum Arehimedem ilIum Bononiae apud Ranutium servari. .. Si venerit in manus
nostras, citius omni opinione exarabitur. Adsuefacio manum seribendis
literis Graecis ex tradueendi quam eepi exercitatione ilIumque mature absolvam. Talvolta, forse per la presenza del prefisso ex-, exaro assume addirittura un valore molto vicino a quello di exscribo; cos.
forse gi nella lettera del Traversari citata per ultima e pi daramente nei seguenti esempi: Guarino, comm. a Cic. S. Rose.
(Sabbadini, Scuola 91) ut... Franciseus Barbarus... dicere ac deplorare solet, oecaecatum adeo exemplaris codicem unde haec exarata est oratioFlorentiae viderat, ut nullo pacto inde transeribi verbum potuerit; A.
Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 180 itaque invento. .. exemplari quodam, quamprimum iussi volumen ipsum, ut erat, exscribi atque exarari~
si noti che il soggetto del passivo exarari l'esemplare, il volwne
95
che deve essere trascritto; dunque exarare non pu avere qui altro
valore che quello di 'trascrivere'.
p e r a r o : 'scrivo' in Poliziano mise. I 77 p. 647 (vd. p. 128).
n o t o: significa sia 'scrivere' che 'annotare' (per questo
secondo significato vd. p. 97), entrambi significati gi classici. Poliziano mise. I 77 p. 647 (si deve scrivere Vergilius, non Virgilius)
invenies etiam Sutri nomen hoc ' Vergilius' ita notatum in mensa .
lapidea. .. In Pandectis. .. non aliter quam per ' e ' notatur id nomen .
Commentarium Tiberii Donati... grandioribus notatum vetustis characteribus; soscr. a Varrone (Maier 354) contuli et cum altero semivetere
codice, sed mendosiore, unde scilicet ea sumpta sunt quae videas rubrica
esse notata le cose che vedi scritte in rosso; tuttavia, trattandosi
di una collazione eseguita sui margini di un incunabolo, si pu interpretare anche: le cose che vedi annotate in roSSO.
, Scrivere sotto dettatura', 'prendere appunti' si diceva, con
parola del latino classico, e x c i P i o : Guarino ep. 813, 244 (vd.
p. 106); Traversari ep. 96 col. 127 deest enim nobis qui excipiat dictata;
171 col. 23IS.; 260 col. 339; 503 col. 619 librarios ... qui exciperent
ex ore nostro (per tutti questi passi, da cui appare che ai suoi copisti
il Traversari richiedeva di saper scrivere sotto dettatura, vd. p.
195 n. 3); Beroaldo anno C. c6r quae ut festinantius absolverentur . ..
non scripsi, sed dictavi, excipiente Rainaldo nostro; Poliziano ep. 6, I p.
162 (adnotationes) quas me praelegente studiosi exceperunt; ibid. p. 167
sed his... longe sunt et plura et meliora quae quartodecimo fere abhinc
anno, nobis easdem publice sylvulas enarrantibus 1, excepta sunto In quae se
diu iam casu incidisse... Tydeus Acciarinus... eleganti nobis epistola
significavit. Nactus autem fuerat. .. quae Franciscus Puccius Florentinus
collegisset. Si noti qui colligo detto del prendere appunti alle lezioni:
gli appunti stessi erano chiamati r e c o Il e c t a e (d i c t a t a nella
scuola romana del Leto; vd. Sabbadini, Metodo 43).
In mise. I 41 p. 588, descrivendo le Pandette fiorentine, il Poliziano usa e x c e p t o r nel senso classico di notaio, scriba che scrive
sotto dettatura (Thes. 1. L. V 2, I225s.): quibusdam etiam, saltem in
praefatione, velut ab autore pIane et a cogitante atque generante potius
quam a librario et exceptore inductis, expunctis ac superscriptis (cf. p. IO!)
n. 3); cf. anche Traversari ep. 96 col. 127 (vd. p. 205); hod. p. 76
I.
Gregorius noster Vincentinus... Florentiae superiori tempore cum Fantino remoratus fnctusque nobis aliquandiu exceptoris officio cum
chrysostomi quaedam converteremus ex Graeco.
Come appare dagli esempi citati per excipio ed exceptor, il Traversari spesso dettava anzich scrivere di sua mano. Lo stesso dichiara di aver fatto il Beroaldo per procedere pi rapidamente nella
stesura delle Annotationes centum. Dunque all'inizio della tradizione
di un testo umanistico pu esserci la dettatura da parte dell'autore
ad un exceptor (segretario, amico o discepolo).
Tutta una gamma di termini indicava particolari modi di scrivere: su p e r s c r i bo' scrivo sopra': PoIiziano misc. I 41 p. 588
(vd. sopra); II 5, 4 quodcunque suspicio trahat, deleta priore lectione,
superscribant; colIaz. delle Pandette: singula puncta singulis superscripta
notis (Bandini, Ragion. XL); postrema cancellata syllaba, superscriptum
o (Bandini cito XLII).
su b n o t o, su b s c r i bo' sottoscrivo': PoIiziano, soscr. autografa a un esemplare della prima edizione dei Miscellanea (Perosa
nr. 29) tibi habe, mi Petre Antoni, Miscellanea nostra, monumentum et
pignus amoris et fortasse gratiora futura posteris, quod auctoris manu subnotantur (per un diverso valore di subnoto cf. p. 97); Salutati de
fato 2, 6 p. 343, 23; Guarino ep. 742, 19 tu . .. in rescribendis post
omnem scriptorum seriem et in ima paginae margine tuum subscribis nomen; ValIa, soscr. alla traduzione di Tucidide: hec meo chirographo
subscripsi; Poliziano misc. II I, 21 (vd. p. 44).
c i r c u m s c r i bo' scrivo intorno, annoto': Guarino ep. 458,
3o libellum. " quem iam triennio. .. circumscripsi magna ex parte; A.
Decembrio 19 C. 42V (vd. p. 98).
a d n o t o, a d s c r i bo' scrivo in margine, annoto': Petrarca varo 65 (ha ritrovato un verso composto per il Bucolicum carmen e poi perduto) hunc (se. versiculum) tibi subscribo, quem sive adscribendum duxeris, sive ut intempestivum reiiciendum, tui erit arbitrii;
Salutati, de fato 2, 6 p. 343, 4s.; Poliziano misc. II 50, 14 crediderim .
hominem aliquem non indoctum, sed a re uxoria... abhorrentem .
ascripsisse. .. versiculum hunc posteriorem sui codicis marginibus; ep. 4,
13 p. 129 (vd. p. 98s.); soscr. a Varrone (Maier 354) contuli ... cum
vetustissimo codice... sic ut ne ea quidem non ascriberem siqua depravatiora viderentur; soscr. a Cic. Att. (Perosa nr. 43) in eo (se. libro) . ..
multa etiam Nicolai Nicoli et Ambrosii monachi manu ascripta erant;
ibid. est... hoc mihi solemne quasi institutum corrigendorum codicum,
97
NOTA
Per indicare le note apposte ai codici il termine pi diffuso nell'uso comune doveva essere g lo s (s) a o g lo s (s) u I a, che gi
in et classica aveva perduto il suo valore di diminutivo ed era in
tutto sinonimo del positivo (Thes. l. L. VI 2109, 37ss.). Questi
termini sono infatti frequenti negli inventari: inv. Visconti 199 cum
glosa circumcirca (cf. anche 226, 480, 950); inv. Mansueti 30 cum
aliquibus glosis secundum modum antiquum (cf. anche 3, 4, 5, 32, 33,
34, 39, 100, 13 1, 137, 161, 303, 315, 326); Piccolomini, inv. 1008
7
leges quedam, cum glossis, in menbranis; glossule vero sunt in marginibus. Negli inventari compare anche l'aggettivo g l o s s a tu s: per
l'inv. Visconti vd. Pellegrin p. 23; inv. Mansueti 4, 5, 35, 13 I, 137;
Piccolomini, doc. XXVIII 35. Tuttavia il termine glossa, molto diffuso nel medioevo, soprattutto, come noto, nel linguaggio dei
giuristi, col significato pi ampio di 'commento', nel latino classico significava soltanto parola oscura o interpretazione di parola
oscura (Thes.l. L. VI 2108, 38ss.): perci gli umanisti, nel loro sforzo
di adeguarsi ai modelli classici, evitano questo termine: l'ho trovato
soltanto in note del Petrarca a codici scritte ad uso personale (Nolhac II 176 e 212), negli scritti del Salutati, che a differenza di altri
umanisti non aveva ritegno a mescolare nel suo latino anche parole
non classiche 1 (ep. I p. 153 in glosula, quam in Anneo Floro perlegi;
de fato 2, 6 p. 342, 21 librarii... dum plerumque glosulas ex librorum
l1larginibus et interliniis veluti scribenda recolligunt; come ho osservato
a p. 32, il Salutati ama i diminutivi) e in una lettera autografa del
Valla al Tortelli (Sabbadini, Storia 299): Quintilianum quem poscis . ..
iuberem tibi tradi per Ambrosium, si putarem eum mihi in hoc obsecuturum; tametsi nollem glosas quas illi fici ab aliis transcribi priusquam
recognorim et alias adhuc addidero. Nam, ut scias quo studio glosas eas
tacturus sim, certum est mihi omnes libros qui supersunt legendi evolvere,
eos praesertim qui ante Quintilianum extiterunt. Quid queris? Emi Hippocratem . .. , fire omnia illius opera, ubi aliquid ad ornamentum glosarum
inveni, quod est 1tCXL~0!J.CX.&e:;;c; vocari eos qui in sua quisque arte prestantissimi sunt; l'autografia ci assicura che il Valla scrivevaglosa. Un'implicita disapprovazione del termine l'abbiamo in un passo di A.
Decembrio dove il termine d'uso comune introdotto dopo l'espressione classica colla solita formula quas . .. vocant (cf. p. 40s.): polito
19 c. 42v-43r circumscriptas... interpositiones 2, quas glossulas vocant (cf. anche 29 c. 95r glossula . .. fuit ignorantis seu circumscriptio;
vd. p. 228). Oltre circumscripta interpositio e circumscriptio del Decembrio troviamo per 'glossa' i seguenti termini:
a d n o t a t i o, a d n o t a t i u n c u l a : Beroaldo in Poliziano
cp. 6, 2 p. 170 (vd. p. 97); Poliziano ep. 4, 13 p. 129 (pre-
2.
"
99
AUTOGRAFO
a p. 94 cedula meis
umanisti troviamo il
Ad es. il Traversari,
lamenta di non aver
l. La lettera indirizzata ad Andrea Magnanimo bolognese e datata in russeulo Faesulano, pridie Nonas Maias MCCCCXCIII. L'edizione di cui si parla us
a Bologna il 31 agosto 1493 (Perosa nr. 94). lo ho potuto vedere la ristampa Bologna, 30 settembre 1493 (Perosa nr. 95). La prescrizione del Poliziano fu osservata. Qualche esempio dei luoghi ubi fuit excusatione utendum corrupti apud Graecos exemplaris: C. e2V hic locus in Graeco uno exemplari cuius mihi copia interpretanti
fuit, intercisus interpolatusque est, ut sit remissa censura legendus; captanda enim velut
in tenebris sententia fuit; c. fsv hoc quoque 10co Graecum exemplar erat intercisum;
ut caute legas nec ab interprete exigas quod eum praestare non convenii.
100
I. Si veda ad es. per le due scritture del Niccoli, la corsiva umanistica libraria
e la corsiva cancelleresca delle lettere, T. Foflno, lt. med. e um. ~ 12, 1969, u8122 e tavv. VIII-XI. Per Poggio vd. p. 137 e Cencetti, Lineametlti di storia della
scrittura latina, Bologna 1954, 268.
2. Cic. fam. 2, 13, 3 extrema pagella pupugit me tuo chirographo; Suet. Nero
52 cum quib14sdam Ilotissimis versibus ipsius chirographo scriptis.
101
rographo hominis imperiti; soscr. autografa alla traduzione di Tucidide (vd. p. 312); F. Pucci, soser. cito a p. 71.
Per 'scritto autografo' si trova a u t o g r a p h u s, anch'esso
classico (Thes. l. L. II 1599, 79ss: come agg. gi in Svetonio,
come sosto in Simmaco): Poliziano ep. 6, I p. 162 eas ... (sc. adnotationes) se iactet ex nostris autographis descripsisse; Crinito in Poliziano
ep. 12, 22 (23) p. 409 ex Politiani autographis; ibid. p. 410 in Politiani autographis. Si incontra anche i d i og r ap h u s (Thes. l. L.
VII I, 220, 40ss; usato da Gellio): Poliziano ep. 7, 35 p. 229 nec
tamen fore unquam credidi ut haec ad obrusam sic exigerentur in literis,
praesertim non mea manu, sed meo duntaxat ingenio formatis, cum detur
idiographis quoque doctorum hominum venia, sed a doctis. Il Grapaldo
fa una distinzione fra i due termini: 2, 9 c. o6v idiographus liber propria alicuius manu scriptus sicut autographus manu autoris (c' probabilmente l'idea di una connessione etimologica fra autographus e autor).
Per 'scrittura' usato, con diverse sfumature, il termine sc r i ptu r a : Petrarca fam. 13, 4. 236 si oculos tuos artificiosis literarum tractibus
assuetos scriptura incultior offendit; Salutati ep. Il p. 471 (vd. p. 32);
P. C. Decembrio, letto al Pizolpasso (vd. p. 171) barbariem quandam
veteris scripturae; Guglielmino Tenaglia, letto cito a p. 62; Aurispa ep. 30 p. 48 cum plures (se. ducatos) in cartis et scriptura
expenderim; Traversari ep. 465 col. 588 pretium... et membranarum et scripturarum significet; 502 col. 619 (vd. p. 65); 503 coL
619 (vd. p. 253); 762 col. 876 pretium scripturae ac membranarum et
totius operis; Guarino ep. 344, 22 litterarum sive scripturae <Jaciem);
Valla eleg. 3 praef. p. 80 (vd. p. II5); Vespasiano ep. 2, 16 e 3, 5
(vd. p. 136). Ma scriptura forse pi largamente usato come termine filologico nel senso di 'lezione' (vd. p. 212S.), mentre in
espressioni in cui noi moderni usiamo 'scrittura' - 'codice in
scrittura carolina, beneventana' e simili - gli umanisti dicono di
solito scriptus litteris (o characteribus) antiquis, Longobardis e cos via.
Quindi tutti i termini usati per 'lettera dell'alfabeto' possono
indicare anche quello che noi diciamo 'scrittura'.
l i t t e r a : Valla eleg. 3, 6 p. 86 litera in singulari numero significat elementum ipsum, ut a et b, vel manum scribentis, ut ad Atticum
102
Cicero: tlam Alexidis manum amabam qlJod tam prope accedebat ad similitudinem tuae literae (Cic. Att. 7, 2, 3; variamente emendato
dagli editori moderni). 1) 'lettera dell'alfabeto': Poliziano misc. I
14 p. 537 etenim b literas et u ferme pro eisdem positas invicem saepe
veteribus monimentis adnotavimus; 53 p. 607s. si . .. de i litera I feceris;
57 p. 612 una tantum commutata litera; ibid. si ordinem duarum primarum literarum inter se commutes. 2) 'scrittura': Petrarca seno 5, l
p. 875 decies vel eo amplius retentavi ita scriptum mittere (sc. opusculum), ut, etsi stylus neque aures neque animum, litera saltem oculos
oblectaret; Panormita in Guarino ep. 355, 44 (della scrittura di un
antico codice di Celso ora perduto) pulchra etenim, vetusta littera;
Guarino ep. 344, 22 litterarum sive scripturae <Jaciem); Poggio ep. 2,
27 p. 155 scribit... iis litteris quae sapiunt antiquitatem; 3, 37 p. 284
pessimis litteris (cE p. 141); 3, 38 p. 286 vide an littera illius qui
scripsit Agellium tibi placeat; Poliziano, soscr. alle Pandette (Maier
341) est plurimis locis vetustis litteris emendatus liber; ecc. 1.
c h a r a c t e r: l) 'lettera': Boccaccio de montibus c. 74r cito
a p. 329 n. 1. 2) 'scrittura': Guarino ep. 304, 15 Craeci characteres;
713, 39 occaecatis... characteribus; Filelfo ep. c. 26v epigrammata
istiusmodi characteribus scripta (vd. p. 134).
n o t a: l) 'lettera dell'alfabeto': Poliziano, collaz. dellt. Pandette (Bandini, Ragion XL; vd. p. 96). 2) 'scrittura': Poliziano
ep. 6, 7 p. 183 deseribi protinus egregiis et notis et paginis Herodianum
curaveris. Per nota' abbreviazione' vd. p. 106s.
Talvolta per 'forma di lettera, lettera' viene usato f i g u r a o
litterarum figurae 2 : Lamola in Guarino ep. 455,134 (vd.
p. 180); il ValIa, emendo p. 610, chiama l'h figuram aspirationis (vd.
p. 232 n. 2); Salutati ep. III p. 219 mutate autem sunt littere sive litterarum
figure iam tot seculis; Gasp. Barzizza, letto cito a p. 263s.litterarum figuras;
Filelfo ep. c. 84v (a Bernardo Giustinian) singularum quoque litterarum
figuram ita tua epistola repraesentat, ut si scribentis nomen deesset, nescirem sane abs tene an a Leonardo Iustiniano . .. eae litterae ad me issent;
la tua epistola riproduce in modo tale anche l'aspetto delle singole
lettere ... ; litterarum figura ricompare in un'altra lettera del Filelfo
(c. 85r) col significato di 'scrittura': librario eiusmodi meum exem1.
2.
L. VI 726, 67ss.
103
104
13, 31,
IO:
SCRITTURA CONTINUA
Do qualche esempio di perifrasi usate dagli umanisti per indicarela scrittura continua. Il Poliziano, in tre diverse descrizioni del celebre codice fiorentino delle Pandette scritto in onciale, ricorre a tre
espressioni diverse: mise. I 41 p. 588 maioribus characteribus nullisqueintervallis dictionum 2; ep. IO, 4 p. 311 nullae in eo libro interpunctiones 3~
ep. II, 25 p. 362 sine ullis distinctionibus. Poggio, ep. 4, 17 p. 339,
descrivendo il Vat. lat. 3870 di Plauto, del sec. XI, scrive: est eis
litteris quibus sunt multi libri ex antiquis . .. , nulla verborum distinetione, ut persaepe divinandum sito Francesco degli Ardizzi, S05cr. all'Ottob. lat. 2057 di Cic. de or. (Sabbadini, Storia 955.) veterem et superiorem codicem, non sat a plerisque legibilem ob antiquarum litterarum
effigiem stilumque incognitum, in Latinas et explicatas bene litteras studioseque interpunctas summa diligentia renovavit. L'Ottob. un apografo tratto dal Laudense ad opera del vescovo di Como Francesco.
1. Cf. Cic. parto or. 26 ut illa (se. litteratura) eonstat ex notis litterarum et ex eoin quo imprimuntur ipsae notae; div. 2, 85 perfraeto saxo sortes erupisse in robore inseulptas prisearum litterarum notis.
2. Dietio il termine umanistico per parola '; la frase clausula; unit minori sono littera e syllaba: Salutati de fato 2,6 p. 342, 32s. aliquando litterarum, quandoque sillabe cuiuspiam et aliquotiens dietionum mutatione; Valli emendo p. 606 non intelligentes literam illam ad praeeedentem pertinere dietionem; Poliziano mise. I 53 p.
607 penultimae dietionis penultimam,literam.
3. Cf. Guillaume Bud, adnot. ad Pandeet. lib. I de il/St. et iure, Parigi 1536.
C. gr harum autem arehetypos Florentiae esse putant, quae littera Pisana vulgo dicitur;
et nos. .. vidimus; litteris iam multis in locis exoleseentibus verbisque non interpuneti$;
{cito dal Bandini, Ragion. XI n. I).
105
106
ABBREVIAZIONE
N o t a : usato fin dall'antichit classica per indicare sia le abbreviazioni, sia i segni di abbreviazione, sia infine segni non alfabetici come le notae Tironianae o le scritture cifrate. Anche per gli
umanisti conserva variet di significato. In Poggio ep. 3, 21 p. 223
(vd. p. 107) sono indicate con nota le abbreviazioni di un'epigrafe,
di cui anche citato un esempio: H. A. 1. R. Analogo l'uso del
termine in Guarino ep. 813, 239ss.: nonnulli ad nostram usque aetatem
venere commentarioli, ex quibus aliquos Constantiensis tempore concilii
Poggius invenit 1. .. Hi notas quasdam habent ad breviandi usum, cum
notarii, cum recitarentur ad populum vel exercitum orationes, ad verbum
per notas exciperent et exceptas excriberent, uti pauculis elementis dieta
prolixiora eolligerent: segue una lista di tali abbreviazioni che si apre
con S. P. Q. R. C' nel discorso di Guarino una confusione fra
notae iuris e notae Tironianae; era di queste ultime in realt che ci si
serviva per stenografare le orazioni.
Pi vario l'uso del Poliziano: in ep. IO, 13 p. 322 nota vale' sigla':
addam notas etiam quasdam quae legentem perturbent: sextarii nota haec
est~, scripuli.3, unciae~, semis~, librae ~. Valore analogo ha
nota nella soscrizione a Columella (Maier 355): contuli hos Columellae libros... eum duo bus exemplaribus, altero quidem vetustissimo
I. Sull'identificazione di questi commentarioli il Sabbadini (<< St. it. di fil. class. ~
9, 1903, 295-'7) restava in dubbio. n problema ora risolto dalla scoperta di A.
Campana cui ho accennato a p. 31 e n. I; infatti il Vat.lat. 11458, scritto in buona
parte da Poggio al tempo del concilio di Costanza, contiene fra l'altro le Notae
iuris di Probo.
Vat. 11458 fu certamente visto da Guarino, perch Poggio lo
prest al Barbaro che se lo tenne lungamente.
107
Langobardis exarato litteris... cuius nota est a. Nel descrivere il celebre codice fiorentino delle Pandette il Poliziano nota l'assenza di
abbreviazioni o notae compendiariae: mise. I 41 p. 588 nullis . .. compendiariis notis; ep. II, 25 p. 362 sine ullis compendiariis notis; collaz.
delle Pandette (Maler 341) nullae sunt in toto libro compendiariae
notae tantumque in extremis versibus m nota exprimitur sic: Vergiliu, Petrii. In ep. IO, 4 p. 3II, sempre a proposito dello stesso
codice, il Poliziano nota che non vi sono seribendi compendia.
In Poggio troviamo un esempio di un vocabolo che finir poi
col trionfare sugli altri nella terminologia paleografica: a b br e v i a t i o. Nell'antichit esso significa soltanto redazione in breve,
compendio di uno scritto (Thes. l. L. I SI, 4ss.). Per il medioevo il
Mittellat. Wrterb. I 15, I3ss. registra un solo esempio (dell'anno
1280) di abbreviatio 'abbreviazione, compendio' nella scrittura. In
una lettera datata die XI septembris 1428 e indirizzata al Niccoli (ep.
3, 19 p. 219), Poggio narra con la consueta vivacit una sua gita
a Ferentino durante la quale, fra 1'altro, ha trascritto alcune epigrafi che ora invia all'amico 1: extra urbem, prope muros, in parte
praerupta montis excisum est saxum secus viam, ad quod ascenditur
cum difficultate, in hanc formam 2. Intus est epitaphium 3, quod ad te
transmitto quod, ut opinor, pIacebit etiam stomacho nauseanti. Sed vide
ut recte intelligas eas abbreviationes, sunt enim multae, et quid tibi
de eo videatur responde. In un'altra lettera al Niccoli di poco POsteriore (ep. 3, 21 p. 223) Poggio torna a parlare delle abbreviazioni di quest'epigrafe, servendosi questa volta del pi usuale
nota: quod prius (sc. epigramma) scribis difficillimis ad intelligendum
notis, ego omnia pIenissime lego, intelligo, exceptis quatuor litteris simul ordine positis, vide/icet H. A. 1. R. 4.
I. cf. ep. 3, 20 e 21. Nella silloge epigrafica poggiana queste epigrafi sono
i mr. 82 (intus tu"im arcis Ferentinatis = C/L. X 5840), 83 (in tu"i arcis Ferentinatis
= C/L. X 5837) e 84 (in monte lapideo prope Ferentinum; hodie vocatur 'la fata '
= e/L. X 5853; G. .B. De Rossi, Le prime raccolte d'antiche iscrizioni, Roma
1852, 171S.).
2. Nella lettera doveva seguire a queste parole WlO schizzo illustrante il modo
come era incavato il sasso; cf. Mommsen in C/L. X 5853 ~ extra Ferentinum,
sub ipsis moenibus tamen, rupi incisa, marginibus circumdata et superposito tympano.
3. C/L. X 5853.
4. Che vale: h(onore) a(ccepto) i(mpensam) r(emisit).
108
In un passo del Valla si trova a p e x per' segno di abbreviazione '. Con questo termine si indicava nell'antichit il segno usatoper contrassegnare vocale lunga (Thes. l. L. II 227, 43ss.). Nel medio-evo si trova usato per' abbreviazione' (Wattenbach 293). Valla emendo
p. 606 omnes igitur clausi undique commeatus erant, nisi quos Pado'
llaves subvehere temporium prope Placentiam fuit, et opere magno munitum et valido munitum praesidio (Liv. 21, 57, 5s.): vos 1 nihil aliua
quam dempsistis illud t, ut 'emporium' tantum esset, n~n intelligentes
literam illam ad praecedentem pertinere dictionem, vel, quia figurae maiusculae erat, fuisse apicem cum litera coniunctum scriptumque reliquisseautorem 'subveherent'; voi vi siete limitati a togliere la t, cos daottenere la parola emporium, senza capire che quella lettera apparteneva alla parola precedente o che, poich era scritta un po' grande,
il segno di abbreviazione (apex) si congiunse alla lettera e l'autoreaveva lasciato scritto subveherent . Il Valla fa notare che non bisognava espungere la t, ma solo dividere meglio le parole: subveheret
emporium. Ma Livio deve aver scritto in realt subveherent, dato che
il soggetto naves al plurale: secondo il Valla, il trattino di abbreviazione della nasale si congiunse con la traversa della t seguente, si
da non essere pi distinto da un successivo copista. Nel seguito il
Valla corregge il secondo munitum in militum e cos risana con mezzi
semplicissimi l'intero passo 2.
CANCELLARE
a b r a do, e r a do: indica il sistema di cancellare raschiandola pergamena. Lamola in Guarino ep. 455, 148 multa abraserunt
(cf. p. 176); Valla emendo p. 612 quae verba vos, quia emendare nescivistis, erasistis; Anon., nota a Cic. de or. 2, 91 nel Vat. lat. 2901, c. Br
(Sabbadini, Storia 98) vetus fuit abrasum quod credo dixisse 'fuerit';
al de or. 3, 187, c. 67V (Sabbadini, l. c.) vetus fuit abrasum et pessimereaptatum. Si trova anche il sostantivo r a s u r a: Salutati ep. III
p. 626 unde diligentius reviso textu Plinii quem habeo, repperi rasuram
Il Facio e il Panormita.
veheret p
firmatum: munitum recc., militum Valla. Nulla in Walters - Conway
(Oxonii 1929). Nel testo entrambe le edizioni leggono subveherent e firmatum~
19
in prima syllaba dictionis illius ' Tifemus' et infallibiliter credo originaliter scriptum fuisse ' Trifernus '.
c a n c e II o : Poliziano, collaz. delle Pandette: postrema can.celiata syllaba superscriptum o ab antiquo emendatore. Sic etiam supra
.in vocabulo 'pregnantem' n cancellatum (Bandini, Ragion. XLII).
d e I e o : Valla emendo p. 604 (Liv. 21, 31, 6) dictionem 'iure'
.de/estis rubra sive violacea linea. In una delle molte accurate descrizioni che d del codice fiorentino delle Pandette il Poliziano rende
conto anche dei sistemi usati nel codice per cancellare (cf. Mommsen,
pref. al Digesto, Berolini 1870, I p. XXXVI): collaz. delle Pandette
(Maier 341) quando de/etur littera super pungitur sic: d b; quando vro
.dictiones, tum ve/uti superne concluduntur sic: 'arma virumque'. Haec
.enim pro deletis habenda. Per deleo nel Poliziano cf. anche misc. I 25
p. 558 cito qui sotto; II 5, 4 cito a p. 96; ep. 8, 15 p. 249 cito a p. IlO;
collaz. delle Pandette: in prima pagina omnia sunt pene deleta (Maier
342); singula puncta singulis superscripta notis, qui 11I0S de/endi veteribus
(Bandini, Ragion. XL); hoc puto pro de/eto habendum, quia solet anti(juus codex quasi signo parentheseos de/eta notare (Bandini cito XLI).
i n d u c o : verbo usato per 'cancellare' gi da Cicerone e
molto frequente nei testi giuridici (Thes. l. L. VII I, 1236, 4ss.).
Induco significa originariamente 'sovrapporre, applicare' qualcosa;
i giuristi lo usano quindi nel senso di cancellare coll'inchiostro, mentre de/eo cancellare nel senso di 'eradere', asportare completamente la precedente scrittura 1. La stessa distinzione nell'uso dei due
sinonimi fa il Poliziano, nei cui scritti induco e deleo sono spesso
accoppiati: misc. I 9 p. 527 nam quod apud Priscianum fuit ad Tethyos undas) (periheg. 174), priore inducta interpolataque 2 scriptura, pro
eo supposuit attegias undas l); 25 p. 558 totum hoc . .. de/ebis aut induces, quoniam aliena piane huic loco; 41 p. 588 quibusdam etiam, saltem
in praefatione, ve/ut ab autore pIane et a cogitante atque generante potius
quam a librario et exceptore inductis, expunctis ac superscriptis 3; ep. 5,
I. HetIDlalUl- Seckel, Handlexikon p. 263 (s. v. inducere) 7) Ilt ctwas iibcrziehen ... daher 8) etwas Geschricbenes ausstreichen; indllCtio Ausstreichung 9; p.
132 (s. v. delere) I) etwas Geschriebenes verwischcn, auswischcn, ausloschen .
2. Per interpolo cf. p. 287.
3. Questo passo riecheggia assai da vicino nel concetto e nell'espressione
Suet. Nero 52 ut facile appareret non tralatos aut dictante aliquo exceptos, sed piane quasi
a cogitante atque generante exaratos; ita multa et de/eta et indI/eta et superscripta inerant.
IlO
3 p. 140 illa vero aetas. " centiens quoque pt milliens, item vicensimus,
tricensimus, interposita n litera usurpabat, quod in Pandectis ipsis archetypis Iustiniani principis ut erratum librarii semper inducitur; 8, 15 p.
249 is (lo stampatore dei Miscellanea) in exemplaribus nostris quaedam male, ut fit, aut inducta aut deleta repererat; II, 6 p. 334 nescis
quam saepe semidocti illi qui librorum excusoribus operam navant ita
explicare se soleant, ut in quoque haesitaverint, ut aut inducta pro recepeomsupponant aut ipsi ex tempore ad suum eommodum falsa quaepiam.
tis miniscantur?
j n t e r l i n o (vd. Thes. l. L. VII I, 2219, 20SS.; usato per
, cancellare' anche da Cicerone): Poliziano, collaz. delle Pandette
(Bandini, Ragion. XL; vd. qui sotto). Si trova anche il sostantivo
l i t u r a : Petrarca seno 15, I p. 1050 sentio autem nunc quam honestum
esset propter additiones et lituras hane rescribere (' copiare ').
Il sistema di cancellare mediante punti collocati sopra o sotto
la lettera o le lettere da eliminare descritto dal Poliziano in una
nota alle Pandette (Bandini, Ragion. XL): in Pand. est 'nisi " sed
prior syllaba interUta et singula puneta singulis superscripta notis; qui
mos delendi veteribus. Da questo sistema traggono origine i termini
p u n go, e x p un go: Poliziano, collaz. delle Pandette (Maier 341;
vd. qui sopra); mise. I 41 p. 588 (vd. qui sopra); per esempi di
expungo con significato pi vicino a quello tecnico-filologico moderno vd. p. 284s.
RIGA
v e r s u s : termine usuale per indicare la 'riga ' (cf. Wattenbach 187). Poggio, descrizione di un codice di Cie. de or. nel Vat.
lat. II458, c. 5U (cf. p. 31 e n. I) eontinentur in qualibet charta CXII
versus et quilibet versus constat ut plurimum XV dictionibus; Traversari
ep.206 col. 267 (vd. p. 181); Vespasiano ep. 2, 9 (vd. p. 196)~
Poliziano, collaz. delle Pandette (Maler 341; vd. sopra, p. 107) ~
La sostituzione di eXpUtlgo a deleo suggerita dal fatto concreto che nel codice dellePandette descritto dal Poliziano era usato, come egli stesso fa notare nella
collazione, il sistema di cancellare mediante punti soprascritti alle lettere da eliminare. La distinzione svetoniana tralatos aut dietante aliquo exceptos ha suggerito
al Poliziano l'analoga distinzione fra librarius copista' ed exceptor colui che scrive
sotto dettatura '.
III
112
MAR.GINE
o.
consuluisset (qui carmen si pu rendere esattamente con 'metro '); 73 po 642 nam,
ut de carminis residuo (<< circa il resto del verso ; Catuli. 17, 19) nihil mihi a"ogem
temere ecc.; P. Bembo ep. I, 7 p. 12 quanquam in illis ipsis quae desiderantur, non
valde multum amisimus. Nam ex versuum numero, quem eo in libro eique operi librarius
supputavit, Gigantomachiam omnem carminibus CXXXXV constare tutemet videbis
(si veda l'ediz. di Claudiano del Birt, Berolini 1892, MGH. AAo X p. LXXSo). L'epigramma Bobbiese 45 reca nelle edizioni dell'Ugoleto (1499), dell'Avanzi (1507 e
1517), dell'Ascensio (15II) e nella Giuntina del 1517 il seguente titolo: In Didonis imaginem ex Graeco. Quattuor ultima carmina huius epigrammatis non habentur
in Graeco codice (si vedano gli apparati di Munari e di Speyer); l'epigramma
traduzione di Anth. Palo 16, 151, ma gli ultimi quattro versi non hanno riscontro
nel modello greco. Il significato di verso ' sar da vedere in espressioni di inventari come inv. Visconti 48 Monobiblos Propersii Aurelii Naute ... in carminibus;
270 Allani Prosperi et Bemardi Silvestris liber in carminibus et prosa, da confrontare
con il passo del Panormita cito sopra.
II3
455, 167 (vd. p. 97); Poggio ep. IO, 9 p. 22 seribens in eius (sc. epistulae) margine; Traversari ep. 218 col. 286 (passo lacwlOso) ut ****
* *** ubi visum fuerit, in marginibus adicias, dum leges; 233 col. 307
Graecos illos versus ex Homero qui deerant in marginibus scripsi; 272
col. 358 (vd. p. 99); 277 col. 368 (vd. p. 99); 415 col. 534 (vd.
p. 100); Valla in Aurispa ep. 83 p. 102 (vd. p. 12); emendo p. 613
vos tamen in margine ex purpureo colore ftcistis pro ' supplicatis' 'aliter
sublicis' (Liv. 23, 37, 2); Poliziano mise. II 50, 14 (vd. p. 96); ep. 4,
13 p. 129 (vd. p. 98s.); 6, l p. 162S. (adnotationes) quas ... marginibus domestici codicis adscripseram; ibid. p. 167 (vd. p. 97). Margo
nell'antichit usato sia al maschile che al femminile; fra gli esempi
umanistici da me raccolti possibile determinare il genere solo in
un passo di Guarino, dove margo femminile: ep. 742, 19 in ima
paginae margine tuum subscribis nomen. Si noti che qui margo indica
il margine inferiore della pagina; Pomponio Leto invece, commentando Quint. inst. 1, I, 27, cos definisce questo termine: 'marginibus ': margo dicitur spatium quod relinquitur ex utroque latere linearum (commento a Quintiliano, Venezia 1494, H 13654, C. blV).
Per margo negli inventari vd. ad es. inv. Mansueti 99 e 161 e Piccolomini, inv. 1008 (vd. p. 97s.).
s p a t i u m : indica fin dal medioevo il margine della pagina
(Wattenbach 189, 271, 283). Salutati ep. II p. 397 non enim
libros quia nitidi (cf. p. 25 n. 2) sint chartis, amplis spaciis et litterarum
preciosissimis liniamentis caros haheo nec apprecio, sed quod pulchra contineant et auctoritate digna; donde appare che gi allora uno dei caratteri d'eleganza del libro era d'avere margini ampi. Poggio ep.
3, 38 p. 286 (vd. p. 53); ep. p. 305 Wilm. (cf. p. 53) quo latiora
erunt spatia eo maius volumen, quanto pi larghi saranno i margini
tanto maggiore il formato l>. Spatium pu indicare non solo i mar-.
gini, ma anche genericamente tutti gli spazi della pagina, ad es.
quelli lasciati fra una sezione e l'altra del testo, come in Traversari
ep. 508 col. 622 (vd. p. 62S.).
Un significato quasi tecnico vicino a quello di volumen, mensura
, formato' sembra avere spatium in Guarino ep. 258, 6 cito a p. 52s.
e in Salutati ep. III p. 97 video quod Sidonium habes; michi vero parum
deficit. Deprecor ergo te quatenus complementum diligenter manu tua
scriptum in membranulis et spacio iuxta mensuram incluse cartule, in qua
capitulum et ultima voluminis mei carmina scripta sunt, mittere non graveris: evidentemente Coluccio manda all'amico una carta (o la copia
8
II4
di Wla carta) del suo codice di Sidonic al cui formato egli dovr.
uniformarsi per il supplemento da inserire poi nello stesso codice di
Coluccio. I diminutivi membranula, cartula possono far pensare che
il codice di Sidonio posseduto da Coluccio fosse di piccolo formato,
ma abbiamo visto che il nostro ha Wla predilezione per l'uso dei
diminutivi (cf. p. 32).
I.
= Vorles. tlnd Abh. III 95ss.; Neues Archiv der Ges. flir alt. deutsche Geschichtskunde 26, 1900, 229s.; Mlinch. Abh. hist. Cl. 24, 1909, 25; Vorles. un!
Abh. I 24SS.; II 9S. e 31; P. Lehmann, Quellen und Unters. zur lat. Philol. des
Mittelalt. IV l, Mlinchen 191I, 84 e 171; F. Modius 58s., 71S., 79s.; Erforschung
I 12SS.
2. Beneventan Seript 22SS.
3. In questa nuova e pi ampia trattazione sono riutilizzati i due precedenti
articoli: Litterae Gothicae. Note per la storia della riforma grafica umatlistica, Bibliofilia 62, 1960, 109-143 e Lettere antiche. Note per la storia della riforma grafica llmanistica, Gutenberg Jahrbuch 1964, 13-26.
1I5
116
II7
LITTERAE ANTIQUAE
il Casamassima circa l'origine di questa espressione usata sia al plurale sia, meno spesso, al singolare. Nell'uso umanistico essa conserva il suo valore tradizionale e continua ad indicare la carolina;
ma, accanto a questa, indica anche l'umanistica che ne deriva. Tuttavia il termine usato talvolta anche con valore diverso da quello
tecnico tradizionale a designare scritture veramente antiche, di codici non in carolina o di epigrafi; e pu indicare anche le capitali
epigrafiche antiche ripristinate nelle iscrizioni umanistiche. Si noti
infinc che mentre il termine molto diffuso nella latinit degli inventari, compare solo nel latino di umanisti pi vicini alla lingua
corrente, come il Salutati, Poggio e 1'Aurispa, ma non l'ho trovato
mai ad es. negli scritti del Poliziano, mentre il Traversari l'usa solo
un paio di volte, di cui 1'una a proposito di un codice non identificato, l'altra con valore diverso da quello tradizionale, a proposito
di epigrafi. Guarino l'usa una sola volta per un codice non idcntificato e si servc, per indicare l'umanistica, di perifrasi analoghe.
Probabilmente al rigore filologico di un umanista come il Poliziano
il termine tradizionale, ereditato dal medioevo, appariva improprio
ed equivoco.
I) S c r i t t u r a c a r o l i n a : Salutati ep. III p. 76 interim te
rogatum velim quod epistolas Petri Abaialardi, si non habes, inquiri facias
et ex tuis vel repertis studeas meo nomine quanto correctius poterit exemplari. Sed si de antiqua littera haberi possent, libentius acciperem; nulle
quidem littere sunt meis oculis gratiores. Secondo l'Ullman (Origin
14 e n. IO) il Salutati desidera avere possibilmente un manoscritto
del XII sec. in carolina, dato che Abelardo mor nel II 42. Si noti
la predilezionc tipicamente umanistica per questo tipo di scrittura.
Poggio ep. 4, 4 p. 304 liber est illis litteris antiquis corruptis, quales
sunt Quintiliani: si tratta del celebre codice Orsiniano di Plauto, il
Vat. lat. 3870, in carolina del sec. XI. Il Quintiliano con cui viene
istituito il paragone il secondo scoperto da Poggio e per noi perduto. Il Sabbadini deduce da questa testimonianza che Poggio port
in Italia non un apografo, ma proprio il codice antico (Scop. I 82
n. 46); anche il Quintiliano era evidentemente in carolina. Sulla
scrittura del Plauto Orsiniano Poggio ritorna in un'altra lettera, ep.
II8
4, 17 p. 339 nullus, mihi crede, Plautum bene trallscribet, nisi is sit doctis-
simus; est eis litteris quibus multi libri e:x' antiquis, quos a mulieribus
eonscriptos arbitror, nulla verborul1l distinctione, ut persaepe divinandum
sit 1. Un altro codice in carolina il Vat. lat. 1873 di Ammiano
Marcellino, proveniente da Fulda (sec. X), di cui Poggio scrive
(ep. 9, 32 p. 375): Ammianum Marcellinum ego Latinis Musis restitui,
eum illum eruissem e bibliothecis, ne dicam ergastulis, Germanorum. Cardinalis de Columna habet eum codicem quem portavi, litteris antiquis,
sed ita mendosum, ut ni! corruptius esse possit.
In questi luoghi delle lettere di Poggio litterae significa 'scrittura' in un senso molto ampio; infatti, quando Poggio dice che le
lettere del Plauto sono corruptae, intende riferirsi non ad una maggiore o minore eleganza e leggibilit della scrittura (si tratta infatti
di una carolina chiara e leggibile), ma al modo scorretto in cui il
codice scritto (cf. p. 222); e ci chiarito molto bene dal secondo
dei passi citati (ep. 4, 17 p. 339). Cos anche nel caso del Bas. S.
Petri H 25 (vd. il passo cito innata e cf. p. 327ss.) Poggio non si lamenta della scrittura del codice (anche qui una carolina chiarissima),
ma degli errori di cui rigurgita: il codice non scritto male, ma
pueriliter, mendose. Si noti soprattutto questo mendose, che corrisponde
perfettamente al corruptus del primo passo citato (ep. 4, 4 p. 304):
entrambi sono termini tecnici per indicare presenza di corruttele
in un testo, non scrittura brutta e illeggibile (in questo secondo
senso Poggio dice pessimae litterae, ep. 3, 37 p. 284 cito a p. 141).
Ci quanto mai evidente nella descrizione del codice di Ammiano: litteris antiquis, s edita mendosum. Del tutto analoga a
litterae corruptae l'espressione litterae parum emendatae di cui si serve
il Traversari per indicare che il testo corrotto, mentre alla bruttezza della scrittura si riferisce con barbarae (ep. 306 col. 398, vd.
p. 18 7)2.
l. Per la scrittura della donna considerata esempio di scrittura puerile e brulicante di errori cf. ep. 3, 17 p. 216 Philippicas Ciceronis emendalli cum hoc antiquo
codice, qui ita puerili/er scriptus est, ita mendose, ut in iis quae scripsi non coniectura opus
fuerit, sed divinatione. Nulla estfemella tam mdis, tam insulsa quae non emendatius scripsisset. Il codice antico qui menzionato il Bas. S. Petri H 25. cf. anche il passo
del Boccaccio cito a p. 329 n. L
2. Ho ritenuto opportuna questa precisazione perch il primo dei passi di
Poggio (ep. 4, 4 p. 304) stato inteso diversamente, cio come un appunto mosso
II9
Il Petrarca, per indicare la carolina del Paris. lat. 1989 del commentario di S. Agostino ai Salmi (sec. XI) donatogli dal Boccaccio,
usa l i t t e r a ve tu s t i or: fam. 18, 3, 50S. preter eam quam loquor
magnitudinem, et libri decor et vetustioris litere maiestas et omnis sobrius
accedit ornatus (su questo codice vd. Nolhac Il 20IS.).
2) S c r i t t u r a u m a n i s t i c a : Poggio ep. 2, 29 p. 158
(a. 1425) de Plinio episcopi Vintoniensis quod quaeris, ille quidem antiquis est litteris, sed quae Gallicum redoleant (nosti enim quam vocemus
formam Gallicam}; ... sed illis litteris antiquis ad morem nostrum nequaquam est scriptus. Per l'interpretazione di tutto il passo cf. p. 13 IS.;
la precisazione ad morem nostrum nell'ultima frase mi sembra dimostri
.che litterae antiquae indica qui la scrittura umanistica, allora tipicamente italiana. Ibid. p. I59S. (a. 1425) hic scriptor meus, quem summo
labore litteras antiquas edocui; 2, 39 p. 176 (a. 1426) docui... quemJam Gallicum librarium meum scribere litteris antiquis; 2, 27 p. 155
(a. 1425) si potero hunc scriptorem tenere ne evolet, absolvet mihi multa;
nam et praesto seribit et iis litteris quae sapiunt antiquitatem, ad quod eum
trusi summo cum labore. Per avere un'idea della calligrafia di questi
scribi che Poggio pazientemente ammaestrava, si vedano alcuni dei
.codici elencati in Ullman, Origin 49ss. Tale era la perfezione cui essi
giungevano nell'imitare antiqua di Poggio che per alcuni codici,
.come i tre Vaticani delle deche di Livio, si discute se siano stati
scritti da Poggio stesso o da un suo scriba (cf. p. 33s.). Ibid. 3, 15
p. 213 misisti mihi librum Senecae et Cornelium Tacitum, quod est mihi
all'aspetto esteriore della scrittura. Il Questa, dopo aver riportato il passo, soggiunge
(p. 23): veramente il codice scritto in una carolina di facile lettura, nel complesso,
anche se deve convenirsi che l'eleganza non ne il carattere distintivo soprattutto nella prima sua parte .
l. Dal Boccaccio secondo l'opinione tradizionale (Sabbadini, Scop. I 29;
il Boccaccio non lo possedeva ancora nel 1357). Secondo i recenti studi del Billanovich il primo attore nelle scoperte di testi classici a Montecassino sarebbe stato
120
Poggio non pu essere che una copia del Med. della seconda met
del XIV sec. o dei primi anni del XV. <:;e veramente si trattava di
un codice di Coluccio (ovviamente anteriore al 1406 data della sua
morte) la cosa non sorprenderebbe perch la nuova scrittura umanistica si era gi formata prima della morte di Coluccio e forse
per suo impulso 1. L'affermazione della difficolt di far trascrivere
un codice in litterae Longobardae e la richiesta di uno in litterae antiquae un bell'esempio del fenomeno notato dal Pasquali (p. 61S.)
per cui le copie umanistiche soppiantano gli originali in scritture
difficili. Aurispa ep. 30 p. 48 (a. 1426) animo est, quam primum occasio
dabitur, id opus (Nonio Marcello) litteris antiquis transcribi facere.
Coll'espressione litterae antiquae viene indicata anche l'umanistica dei libri a stampa, ad es. nell'inv. Mansueti (vd. p. 122). Altri
esempi in Casamassima 542 n. 32.
Guarino per indicare la nuova scrittura umanistica non si serve
di litterae antiquae, ma ricorre a perifrasi analoghe: ep. 366, 17 hic
qui has tibi reddet, Mariottus nomine, natione Florentinus et honesto 10co
natus, mihi familiaris est ... ; est praeterea scriptor ornatissimus formae
vetustae; 499, 29, lodando una lettera dell'amico Agostino Montagna: de1ectatus sum vetusta litterarum facie.
Parallela alla restaurazione della minuscola carolina la restaurazione delle capitali epigrafiche antiche nei titoli, incipit, explicit,
tavole di contenuto e simili e nelle epigrafi (Ullman, Origin 545S.;
Casamassima 547ss. e Trattati 18ss.). I due alfabeti, maiuscolo e minuscolo, entrano a far parte di un medesimo sistema e il termine
'lettere antiche' si trova applicato anche ai caratteri capitali restaurati; cos ad es. in un passo di Lorenzo Ghiberti a proposito di
un'epigrafe (vd. Casamassima 550).
3) Altri esempi dell'uso tecnico riferiti a codici non identifiinvece Zanobi da Strada, che visse l con l'ufficio di vicario del vescovo Angelo.
Acciaioli dal 1355 al 1357 (I primi uttlatlisti 3lss. e 40).
Io Vd. Ullman, Origin 2ISS. per il pi antico manoscritto in umanistica. Laur.
Strozzo 96 con opere di Coluccio scritto da Poggio e databile forse al 1402-3 e 79ss.
per i pi antichi esempi datati (a partire dal 1405) della nuova scrittura usata da
altri scribi. I pi antichi esempi dell'espressione litterae antiquae riferita alla nuova
scrittura umanistica si trovano nelI'inv. di Cosimo de' Medici del 1418 (vd. Casamassima, Bibliofilia 62, 1960, 120). Il Casamassima cita come pi antico esempio umanistico una lettera del Niccoli a Cosimo del 1426. Le pi antiche fra 1('lettere di Poggio da me citate sono anteriori di un anno.
I21
cati: Poggio ep. 2, 22 p. 148 mittas etiam libellum Nonii Marcelli ...
scriptum litteris antiquis; Guarino ep. 223, 52 (Giovanni Corvini di
Arezzo) habet Macrobium, ut audio, litteris antiquis, fidelem, emendatum
(questo l'unico esempio di litterae antiquae nell'epistolario di Guarino); Traversari hod. p. IOIS. vix... ibi quicquam dignum memoria
praeter unum Cypriani volumen invenimus, antiquis literis. Di un Valerio Massimo di buona lettera antiqua trovato da Poggio in
Francia, nell'abbazia di S. Vittore a Parigi, ci informa una letterina
del Niccoli a Cosimo de' Medici, scoperta e pubblicata recentemente
da T. Foffano (<< It. med. e um.) 12, 1969, II5sS.). Si tratta, come ricaviamo dalla lettera stessa, di un codice antico, quindi probabilmente di un codice in carolina: Acci ch'i' non ometta nulla di
quello credo sia utile a ricordarti, e' m'era uscito di mente che Poggio m'ha detto trov nella badia di San Victore in Parigi uno Valeria Maximo di buona lettera antiqua. Se Ilo potessi permutare
con nuove mercerie, sarebbe grande aquisto. E ben che qua abbia
Valerii assai, e' son s corrotti che gli una morte; e tutto questo
perch frati e pedanti e gente non usa a questi facti gl'nno tutti
raschiati e corropti, e mai vidi niuno Valerio antiquo 1.
4) Scrittura antica in generale o di tipo diverso dalla carolina:
Salutati ep. III p. 219, a proposito di un leggendario codice delle
deche di Livio (cf. p. 123 n. I), indica con littera antiqua una scrittura molto antica: in littera tam antiqua quod vix illius lector expeditus
et idoneus in partibus vestris haberi queat. Cf. anche antiquarum litterarum effigies riferito alla scrittura del codice Laudense di Cicerone
nella soscr. di Francesco degli Ardizzi all'Ottob. 2057 (sopra, p.
104). Per le iscrizioni si noti che in Traversari hod. p. 71 litterae antiquae riferito alla scrittura di iscrizioni antichissime (epigrammata
pervetusta) : attendimus in pariete ecclesiae ipsius inficta saxa, antiquis
insculpta literis. Epigrammata pervetusta erant.
5) Do infine un breve cenno su litterae antiquae nella terminologia degli inventari 2. Nell'inv. di Cosimo de' Medici del 1418
I. Si iloti che mentre qui il Niccoli indica con 'lettera antiqua ' una scrittura
antica, con tutta probabilit una carolina, in un'altra lettera (pubblicata pill volte
c da ultimo in Foffano, art. cito 120S.) designa l'umanistica con 'lettera all'antiqua '.
2. Vd. anche Casamassima 542.
I22
I. La Pellegrin scrive: Les rdacteurs ont parfois not soit 1'anciennet soit
le type de l'criture employe, mais, constatons-Ie une fois de plus, jamais d'une
manire systmatiqueo Si parmi les manuscrits retrouvs la plupart de ceux qui
sont qualifis dans 1'ancien inventaire in littera antiqua remontent en effet au Xle
<lU au xne sicle, bien d'autres, plus anciens encore, n'ont fit l'objet d'aucune
mention (cf. nOS 506, 557, 6140. o) >lo Sembra da queste parole che la Pellegrin
abbia scambiato littera antiqua per un'indicazione di antichit, mentre si tratta solo
di designazione di un determinato tipo di scrittura.
12 3
124
Seript 343). Traversari ep. 3I I col. 406 adii ad Sancta11l Caecilialll ...
oJfendique in volul1line vetusto Longobardis :iteris XXXIX Origenis in
Lucam homilias a Hieronymo traductas: forse Laur. S. Marco 610, in
insulare; 317 col. 417 offendi in volumine Longobardo quod erat
penes Marinum... VII AntonU epistolas... et aliud quoddam opusculum; Poliziano mise. I 23 p. 552S. in hac ipsa gentis Medicae
bibliotheca publica codex habetur vetustissimus Langobardis literis, quem
et Domitius olim Florentiae pcllegit... Neque non Romae quoque
volumen item Martialis Langobardis characteribus ostendit legendumque nobis indulxit Bernardinus Valla. Questi due codici di Marziale
non sono identificati; quello di Bernardino Valla ricordato anche
in mise. II 35, 5 in eo (sc. codice) quem mihi litteris Langobardicis perscriptum Bernardinus Vallensis ... ostendit. Mise. I 35 p. 577 acrius il1-
spiciendum est apud Columellam... bis Homerulll citari pro Euhemero in pervulgatis codicibus, quod et vetustissimus indicat liber de
privata familiae Medicae bibliotheca, literis Langobardis exaratus: 1'Ambros. L 85 sup. in minuscola insulare, sec. IX-X (Sabbadini, Scopo
I I5Is. n. 48; Josephson I59ss.) 1. Il Poliziano collazion l'Ambros.
col suo esemplare dell' edizione principe, Venezia 1472 (H *14564),
dove al principio del Liber de arboribus si trova la seguente nota:
l.
di giallo, legato alla greca, de' libri di Lorenzo (Piccolomini, app. III 29).
Una nota apposta al codice da Antonio Olgiati nel 1609 comincia con le parole: hic codex litteris Lon.~obardicis CilIlScriptllS (Josephson 163).
"
125
mes 63, 1928, 342-363) col Vat. lat. 3286 in beneventana del sec.
XI 1; 77 p. 647 quod item in codice divi Augustini De civitate Dei ex
publica Medicae familiae bibliotheca neque non in Columellae ex privata
eiusdem gentis, literis utroque Langobardis exarato: il Columella
1'Ambros. di cui sopra, il codice di Agostino non stato identificato.
Per un passo del Crinito in cui compare litterae Longobardae riferito
alla minuscola insulare di un codice del commento di Tiberio Donato all'Eneide cf. p. 129s.
Do infine qualche esempio interessante dell'uso di questo termine paleografico nel cinquecento. Lo Scaligero considerava tipico
della' longobarda' lo scambio fra a ed ti (Timpanaro 9 n. 2), il
Modio quello fra s ed r (Lehmann, F. Modius 59 n. l). Un manoscritto fuldense di Giustino di cui il Modio dice che era Longobardica
littera scriptus era forse in insulare (Lehmann cito 59 n. 1 e 71S.). Degni
di nota i due passi del De arte critica dello Schoppe citati dal Lehmann (ibid. 79s.): lo Schoppe contrappone al Romanus character
(vetus, maiusculus) le litterae Langobardicae et minores vulgo fere hodieque usitatae. Le litterae Langobardicae sono evidentemente per lui
la minuscola contrapposta alla maiuscola, la vera scrittura romana.
Nella descrizione del Terenzio bembino data nell'inventario dei libri
di Fulvio Orsini chiamata ' lettera longobarda ' la minuscola corsiva romana degli scolii (vd. p. 128).
Inventari: nell'inv. della biblioteca di Cosimo de' Medici del
1418 il Giustino di lettera longobarda il Laur. 66, 21 in beneventana, proveniente da Montecassino (Pintor nr. 13 e p. 193; Ullman, Origin 134n. 15). Negli inventari Visconti e Mansueti il termine
non compare mai; numerosi esempi invece nel catalogo del monastero di S. Colombano di Bobbio (1461), ove si distingue fra littera Longobarda grossa et Iegibilis e littera Longobarda difficilis ad Iegendum; il termine indica fra l'altro l'insulare (Casamassima 565s.).
Piccolomini, inv. 83 liber de herbis, litteris Longobardis scriptus et in
menbranis; 419 Iustinus hystoricus, literis Longobardis, in pergameno
(evidentemente il Laur. 66, 21 di cui sopra); app. III 29 (vd.
p. 124 n. 1). Il termine compare, naturalmente per la beneventana, nell'inventario della Biblioteca Capitolare di Benevento del
lo Il codice appartenne poi a Fulvio Orsini; nell'inventario della sua biblioteca cos registrato: Iuvenale in lettera longobarda, coperto di corarne lionato
(Nolhac, Bibliotque 360, inv. ross. lat. nr. 31).
126
xv
Litterae (characteres) maiores, maiusculae, grandes, grandiores sonole espressioni usuali degli umanisti per indicare scritture maiuscole.
Il Grapaldo nel passo cito a p. 61 indica con litterae maiores le iniziali
delle varie sezioni del testo. Traversari ep. 393 col. 512 quaternionem
praeterea solum (' isolato, sciolto ') ac vetustissimum in quo plura epiL I due termini sono usati ad es. come sinonimi nel titolo di un inventari<>
del '500; cf. Casamassima 568s.
12 7
grammata (' epigrafi ') Romanae urbis scripta sunt, non maiusCtllis, seti
communibus litteris, inquires: spesso nel trascrivere epigrafi si usava
una capitale imitante quella dei modelli e perci il Traversari mette
in rilievo il fatto che queste epigrafi (per cui cf. p. 42) erano scritte
in caratteri minuscoli. In Traversari ep. 508 col. 622 cito a p. 62S.
litterae maiusculae (contrapposto ancora a litterae communes) indica i
caratteri maiuscoli delle rubriche di un manoscritto. Altre volte si
tratta di capitale epigrafica: E. S. Piccolomini hist. Bohem. 36 (Opera,
Basileae 1551, I06D) fuit inter caetera monasterium Aulae Regiae 1 apu
ripam Multaviae, qua Mosa fluvius ilIi iungitur, situm in quo regum corpora condebantur, singularis excellentiae. Nam praeter aedem magni et
memorabilis operis, amplum dormitorium caeterasque monachorum officinas
magnifice constructas, habuere circuitum qui non parvum conc1usit hortum,
ambitum vocavere. In huius lateribus Vetus Novumque Testamentum a[,.
initio Genesis usque ad Apocalypsim Ioannis literis maiusculis in tabulis
scriptum continebatur, notis, quo altius irent, paulatim crescentibus, ita ut
a summo usque deorsum facilis lectio praeberetur 2. Oppure pu trattarsi
di un maiuscolo tipografico: E. Barbaro cast. Plin. c. a2V monendi
sunt haec legentes nos brevitatis causa hunc ordinem servasse, ut Plinii
verba in quibus aliquod erratum esset litteris maioribus imprimerentur..
reliqua de nostro subiicerentur.
Ma l'espressione litterae maiores (maiusculae, grandes, grandiores}
pu assumere anche un pi preciso significato tecnico-paleografico.
usata infatti per indicare la capitale antica, sia epigrafica che libraria, nonch l'onciale, che per gli umanisti non era una scrittura
distinta; scritture cio la cui caratteristica saliente per l'appuntoquella di essere maiuscole, cio iscritte in un sistema bilineare, come
rileva il Poliziano (ep. IO, 4 p. 3II) descrivendo l'onciale delle Pandette fiorentine: grandes ubique literae et compares. Esempi: Niccol
Tignosi, ad Cosman Medicem... opusculum: nihil enim refert utrum
antiquis ilIis maiusculis et veterrimis litteris codices conscribantur aut characteribus et notis quibus iuniores usos esse comperimus (cit. dal Casamassima, p. 546); trattato anonimo per la costruzione delle capitali romane (Monac. lat. 451, sec. XV): litteras antiquae formae deducturus quas plerique maiusculas appellant (cit. dal Casamassima, p. 54&
I.
2.
128
129
()47 il Poliziano sostiene che si deve scrivere Vergilius e non Virgilius, recando testimonianze di epigrafi e codici antichi. Dopo aver
ricordato le Pandette e il Virgilio Romano, cos prosegue: praetereaque commentarium Tiberii Donati nunc in manibus habet Landinus
-(seguono lodi del Landino) ... Is igitur, ut diximus, commentarium
Tiberii Donati habet in manibus et ipsum grandioribus notatum vetustis
~haracteribus. Il Sabbadini (Scop. I 169 e II 220) identifica questo
codice col Laur. 45, 15, sec. IX, che fu portato in Italia dalla Francia
<lallo ]ouffroy nel 1438 ed entr nella collezione di Piero de' Me<lici; il Landino ne pubblic estratti nelle sue edizioni di Virgilio,
Florentiae 1487 (C 6061) e Venetiis 1489 (C 6067; R III p. 208); inoltre il Crinito ne trascrisse nel 1496 copiosi estratti in un codice
-oggi a Monaco, ffiS. lat. 755, dando anche lui un'indicazione paleografica: miratus in hoc sum antiquitatem litterarum. Est enim exaratus
litteris Langobardis (Sabbadini, Scopo I 206). Le indicazioni del Crinito e del Poliziano sono in netto disaccordo fra di loro. La descri2ione del Poliziano non lascia dubbi: con grandiores characteres egli
.allude a una scrittura maiuscola simile a quella del Virgilio romano
e delle Pandette di cui ha parlato precedentemente (si noti l'et ip.mm), mentre con litterae Langobardae gli umanisti indicano scritture
.appartenenti al sistema della minuscola corsiva (cf p. 123). Dunque
il Poliziano e il Crinito non si riferiscono allo stesso codice? Sembra
<lifficile, perch il manoscritto da cui il Crinito trasse i suoi estratti,
il Laur. 45, 15, fu, come abbiamo detto, utilizzato dal Landino e
ci coincide con la testimonianza del Poliziano: nunc in manibus
.habet Landinus (la prima edizione dei Miscellanea del 1489 e nello
stesso anrio usciva a Venezia il Virgilio del Landino). In realt la
contraddizione solo apparente. Il codice scritto da due mani:
la prima, anglosassone, ha scritto i quadd. I-VII; l'altra ha scritto
i quadd. VIII-XX in una mistura di semionciale e di minuscola
carolina, con i passi del testo virgiliano in onciale scritti in rosso.
Inoltre anche nella parte in insulare le citazioni virgiliane sono da
principio in lettere onciali schiette e non artificiate, e una, a c. 9',
in lettere capitali rustiche fatte con molta precisione (VitelliPaoli, Collezione fiorentina di facsimili paleografici, tav. 37; vd. anche
Lowe, C.L.A. 297a-b). Dunque il Crinito con litterae Langobardae
.allude alla parte del testo scritta in insulare 1, il Poliziano con granI.
:9
130
dimidium libri semndi, reliquis alia manu mintlS antiqua, accurata tamen, et quae forlllam
characteris vetustioris imitata est, suppletis.
I. Presso i calligrafi del cinquecento il termine 'lettera gallica' o 'lettera
francesca' indica una scrittura gotica (Wehmer 18s.).
131
2.
la gotica tedesca: Zenone Castiglioni, letto a P. C. Decembrio pubblicata da V. Zaccaria in It. med. e um. 2, 1959, 201S.:
casu accidit die quadam, dum Basileae adhuc morarer, quod ad me
dilatum fuerit quoddam papireum (' cartaceo') volumen, implicita
quadam et corrupta Germanica littera conscriptum (si tratta della
traduzione del De re publica platonico di Uberto Decembrio);
Hermann Schedel, Briefwechs., hrsg. von P. Joachimsohn, Tiibingen
1893, Uf. 72 p. 167 scriptorum penuria omnimodo hic (ad Augsburg)
est, qui nec literas Germanicas bene exarare norunt; omnes lasciviis dediti sunto Negli inventari l i t t e r a e T h e u t o n i c a e : inv. Mansueti 80-84, II7 (il redattore dell'inventario era incerto; scrisse
litteris Parisinis, poi a margine sive Theutonicis) , 123 litteris Theutonicis variatis (oggi a Berlino, Staatsbibi. Lat. Foi. 661, sec. XV),
124, 142, 147, 157, 159, 174litteris Theutonicis, sed pulchris et bonis (si
noti il sed: la gotica non era in genere per il gusto umanistico una
scrittura pulchra; il codice attualmente il Vat. lat. 10277, sec. XIV,
in gotica libraria non italiana), 212, 231 (l'inventario stesso, riportando una notizia scritta sul codice, ci informa che era stato scritto
nel 1396). I calligrafi italiani del sec. XVI indicano con' lettera tedesca' una corsiva gotica di provenienza germanica (Wehmer 19).
LITTERAE ITALICAE
la gotica italiana: Salutati ep. III p. 146s. audio ... quod An-
133
repeTlerts verum esse, fac ut idem .Bonaccursus ita copiaNl habeat quod
cum diligentia faciat exemplari. Utrumque librum (1'altro S. Agostino,
De musica di cui si parlava pi sopra), licet de priore maior michi spes
sit, in optima littera et quanto magis fieri poterit Italice similis summe
desidero. Secondo l'Ullman (Origin 14) con littera Italica Coluccio
indica una piana gotica simile a quella che usava lui stesso; egli
vuoI evitare che il codice venga scritto nell'indecifrabile scrittura
libraria francese. Inv. Mansueti 145 littcris modernis, id est ltalicis,
et grossis (le litterae modernae indicano nell'inv. Mansueti la gotica
dei secco XIV-XV; cf. p. 146).
LITTERAE BARBARAE
Quest'espressione usata ad indicare, evidentemente con notazione negativa, una scrittura moderna non italiana in Traversari
ep. 306 col. 398, dove, dando un'accurata descrizione di un codice
di Tertulliano che Lorenzo de' Medici, fratello di Cosimo, era riuscito ad ottenere in prestito, insieme al celebre Plauto, dal card. Orsini, dice ch'era scritto novis et barbaris literis 1. Il codice dell'Orsini
I. La lettera la 8, 37 nel Riordinamento del Luiso, datata Firenze, 23 giugno
1431. sullo stesso codice vd. anche Traversari ep. 271 col. 354 (8, 39 Luiso, Firenze, 8 luglio 1431); 307 col. 401 (8,40 Luiso, Firenze, I I agosto 1431); 310 col.
406 (8, 44 Luiso, Fontebona (?), seconda met del 1432); 42 col. 78 (2, 20 Luiso.
Poppiena, 23 ottobre 1433). Un altro codice di Tertulliano fu scoperto in Germania
nel 1433 dal Parentucelli; anche questo venne in possesso del Niccoli ed attualmente a Firenze, Naz. Conv. soppr. I VI 9; vd. Aurispa ep. 66 p. 82 e Sabbadini,
Biografia documentata di Giovanni AJ4rispa, Noto 1890, 66s. e Scop. I II5s. e II 256.
Con questo secondo codice il Traversari sperava di emendare quello dell'Orsini
(ep. 42 col. 78). Secondo il Sabbadini, Scop. II 255 il Niccoli aspettava le opere
di Tertulliano da Cluny; non so da quale fonte ricavi questa notizia, ma ho trovato un passo di una lettera di Poggio al Niecoli che dimostra che Poggio era
in trattative per avere copia del Tertulliano di Cluny: ep. 2, 32 p. 164s. quidam
ex monasterio Cluniacensi quamprimum discedet a Curia. Is, factus amicus mihi meritO'
meo, pollicitus est se curaturum ut Tertullianus transcribatur idque in fidem suam recepito
Spero aliql~id faciet, quia eget auxilio meo; tamen monachus est, sed minime videtur
malus: doctus quidem est et librum novit. Cum de pecuniis agerem et quo in 10co l/ellet
pollicerer paratas fore, dixit nequaquam velle pecunias; totum enim suscepit 01ll1S et
quidem libens, ut videbatur. Tempus hominem probabit (Roma, 29 settembre 1425).
Questa testimonianza umanistica sulla presenza di Tertulliano a Cluny si aggiunge a quella gi offerta da un catalogo del IIS8-61 (E. Kroymann, Wien.
Sitz.-Ber. phil.-hist. Cl. 143, 1900, 6 p. 14).
134
rimase tra i libri del Niccoli e alla sua morte pass al convento di
S. Marco; si trova attualmente alla Nazionale di Firenze, Conv. soppr.
I VI IO. Dalle soscrizioni alle due parti in cui distinto ricaviamo
che fu copiato per l' Orsini nel monastero francescano di pforzheim
in Germania nel 1426 da due monaci 1. La scrittura una brutta
corsiva gotica di mano tedesca, evidentemente ostica agli occhi di
un umanista (vd. anche p. 174s.) 2. Litterae barbarae avr lo stesso
valore anche in Traversari ep. 298 col. 388 a proposito di un codice
non identificato: opuscula illa Augustini literis barbaris a Ioanne Gregorio heri accepi.
Il termine compare una volta anche in inv. Mansueti 97 litteris
quasi barbaris: la presenza del quasi sembra confermare il carattere
tecnico dell'espressione.
LITTERAE A TTICAE
135
meum sit excogitare aliquid quod apud viros bonos non improbetur, librarii
vero ve! inventa acutius vel dictata subtilius arundinis officio caeteris
patefcere. Et, ut dilucidius tecum loquar atque familiarius, mihi domi
opus est aliquo adolescente librario, non omnino rudi imperitoque litterarum; hunc ego tractabo non humaniter solum, sed etiam liberaliter.
Delector autem iis litterarum notis quae ad Atticas quam proxime accedant. Nam quibus opifices tabernarique utuntur ac reliquum vulgus
indoctum, eae nullum sint apud me pondus habiturae. Litterae Atticae
rende 'A't"t'~)(a ypcX{-t[Loc't'oc riferito a caratteri epigrafici antichi in
Demosth. 59, 76 e Paus. 6, 19, 6 (cf. Hesych. s. v.). Nel primo
passo del Filelfo si tratta di maiuscole epigrafiche, nel secondo di
scrittura libraria: in entrambi l'espressione indicher genericamente
scrittura maiuscola greca (antica o restaurata).
LITTERAE ETRUSCAE
Il Landino vera nob. p. 103, 5ss. menziona iscrizioni in litterae etruscae: nam dum via Senensi in hanc urbem (sc. Florentiam) venimus,
vidimus ex nescio qua Semifonte, quod oppidum sane vetustum est, erutas
nuper statuas miro artificio sculptas et Etruscis litteris inscriptas; evidentemente in caratteri etruschi o creduti tali.
SCRITTURA CORSIVA
t e r a e c u r s i v a e non sono propriamente umanistici. Per litterae currentes inv. Mansueti 93 in volu11'Jme parvo. " litteris currentibus; 193 in volumine parvo. .. litteris parvis currentibus; 305 in volumine parvo, antiquo, litteris currentibus. Si noti che si tratta in tutti
e tre i casi di codici di piccolo formato. Il primo dei tre codici
posteriore al 1436 perch contiene, fra l'altro, 1'Itinerarium Antonin
scoperto in questa data dal vescovo Pietro Donato nella cattedrale
di Spira (vd. Gius. Billanovich, It. med. e um. ~ 5, 1962, 122);'
il secondo, Postille sive commentum super librum lob, non databile;.
il terzo, defmito antiquus, contiene opere di S. Tommaso; quindi.
sar del XIII o del XIV sec. Per litterae cursivae inv. Mansueti 13;.
57 litteris cursivis, sed bonis (oggi a Perugia, Bibl. com. 273 (E 20],.
del sec. XV); 98 litteris cursivis et variatis (per litterae variatae cf.
p. 147; il codice contiene fra l'altro scritti di S. Bernardino da Siena
ed quindi databile al XV sec.); 188; 324 (del XIV o XV sec. perch
contiene opere di Niccol di Lira); 369 (oggi a Perugia, Bibl. com.
N. F. 46, del sec. XV); 376 (databile fra il XIII e il XV sec. perchcontiene scritti di S. Tommaso). Si notino inoltre le variet litterae"
Parisinae et cursivae in 60; litterae cursivae ultramontanae in 52 (S.
Tommaso), 61, 396 e litterae cursivae antiquae in 78 e 204 (quest'ultima forse l'umanistica corsiva). Nell'inv. Mansueti con litterae
currentes o cursivae sono evidentemente indicate scritture di carattere
corsivo di vario tipo e varia et, ma, mi sembra, prevalentemente
del XV sec. e non pi antiche del XIII.
In una lettera Vespasiano chiede che due Vite di plutarco tradotte vengano fatte trascrivere per suo conto fu s a s c r i p t u r al;.
una trascrizione solo provvisoria perch le due Vite accorrevano a
Vespasiano per inserirle nel corpus di Vite plutarchee tradotte che stava
allestendo per Piero di Cosimo de' Medici in due sontuosi codici, gli
attuali Laur. 65, 26 e 27 2. Di un codice di Lattanzio Placido Vespasiano scrive (ep. 2, 16) : forma scripture fusa est et ve1ox. Abbastanza frequente nel latino umanistico 1'espressione c u r s i m (r a p t i m) t r a n se r i ber e (s c r i ber e) per indicare trascrizioni, spesso provvisorie, eseguite manu veloci: letto di Lombardo della Seta in Studies UllL Ep. 3, 5 audio isthic esse Lycurgi et Numme vitas eleganter conversas. Eas egO'
habere cupio. .. Oro humanitatem tuam ut fusa scriptura ab aliqua ambas transcribi fadat certioremque me reddat de impensa.
2. Su questo P!utarco A. Campana, Una lettera inedita di Guarino Veronesee il Plutareo mcdiceo della bottega di Vespasiano, It. mcd. c um. S, 1962, 171-8.
137
saranno state eseguite in una scrittura del tipo di quella che stata
chiamata la manus velox di Poggio 1, una gotica corsiva non calligrafica di cui gli umanisti si servono quando occorre trascrivere:
rapidamente, e spesso solo provvisoriamente, un esemplare.
ET E QUALIT DELLE SCRITTURE
un'opera gromatica attribuita erroneamente a Varrone in una silloge a noi ignota (vd. la nota del Novati ad loc. e Sabbadini, Scop.
I 25). Il Billanovich (Petrarca e Cicerone 105) ritiene che il Loschi
avesse visto il codice di Varrone ling. autografo del Boccaccio
e donato da quest'ultimo al Petrarca (fam. 18, 4 e 15). Guarino
ep. 379, 30 ibidem (a Reggio) in ecclesia maiori Papiam quendam
litteris vetustissimis esse sensi et fidelitate praecipua: codice per noi
perduto. Un Papia trov a Reggio Ciriaco d'Ancona, probabilmente da identificare con questo (Sabbadini, Scopo I 123 n. 37).
Ibid. 727, 8 e Rhodo nuper ad me sacrarum scripturarum liber allatus . ..
mirum in modum et oculos ad legendum et mentem ad perdiscendum incitavit, adeo vetusta quidem litterarum facies venerationem, praeceptiones
vero vitae Christianae sanctitatem prae se ferunt (un codice di S. Basilio, vd. nota del Sabbadini ad loe.); 797, 3I additur ad muneris gra-
I39
Altre indicazioni riguardano le dimensioni della scrittura. A Coluccio premeva molto avere libri scritti i n l i t t e r a g r o s sa,
dato che con la vecchiaia gli si era indebolita la vista: ep. II p. 386
quia quorundam reIatu percepi te multa Ciceronica in littera grossa habere,
quia illos libros, cum communes satis sint, quotidie possis habere, te deprecor. .. quatenus senectuti mee, que iam caligantibus laborat obtutibus,
velis illius libri iusto commertio subvenire; III p. 132 (incarica Iacopo-
Angeli da Scarperia di procurare libri per !'insegnamento del grecoa Firenze) emas et Homerum grossis litteris in pergameno; III p. 163
scio quod inter libros quondam domini Benedicti remansit Augustinus Decivitate Dei, qui liber, cum scriptus sit littera satis grossa, me iam senem
illexit ut illum habere desiderem. Et ob id. .. te deprecor et obtestor ut
me voti mei compotem facias, ita quod beneficio tuo possim a lectionelibri quem habeo, parvitate litterarum michi plurimum tediosa, ad gratiorem legendi laborem, quod prestabunt ampliores littere, iam caligantes
oculos applicare. Non si sa se Coluccio ricevette il codice che desi-
142
ep. 628, 21 ecce mitto Lactantii opera duo, meo quidem iudicio emendata,
licet sordidiore litterarum facie; Traversari ::p. 242 col. 317 duo illa volumina, Medicina sci/icet cordis et Mystica theologia in papyro sunt,
bonis tamen literis; 243 col. 317s. Vetus... Testamentum ... literis non
malis; 277 col. 368 (descrizione del celebre Laur. 32, 9 di Eschilo,
Sofocle, Apollonio) in membranis literisque gratissimis et quae, pro antiquitate sua, meo quidem iudicio, ante sexcentesimum annum exaratae
sunt 1. .. Habet per totum in marginibus notabilia plurima et perutilia
compositissimis literis; 315 col. 413 Cregorii Nazianzeni rariora opera
XXX in volumine aptissimo et delicatissimis membranis ac literis; 439
col. 561 Cregorii Nazianzeni XXX opuscula peregrina pulchro aptissimoque volumine et optimis literis. Di un codice ora perduto, scritto
143
Reservo penes me scripturam tuam ut, cum Romam veniam, tibi reddam
et a te petam expositionem. Interim non est quod possim respondere,
nisi mihi glosulas miseris. Vale et scias me deinceps Latinas litteras,
non uncinos mercatorios didicisse 1. Ex Ratispona die 3. Maii 1454.
Il Petrarca giudicava troppo artificiosa e poco leggibile la scrittura contemporanea, opera di pittori pi che di scribi (vd. p. 198
n. 2), e le contrapponeva un'ideale di scrittura sobria, chiara
e osservante dell'ortografia come quella che vedeva nei codici
antichi in carolina (vd. Ullman, Origin 12S. e A. Petrucci, La
scrittura di Francesco Petrarca, Citt del Vaticano 1967, 62SS.). Par'ticolarmente significative le esortazioni del Traversari ai suoi corrispondenti: ep. 453 col. 579 (al monaco Agostino) vellem honestiorem literarum faciem dum seribis nitereris exprimere et vel nostram
imitari studeres vel alterius doctioris manum, ut bene ac pure dieta gratiores literae commendarent. Altra volta esorta il fratello a procurarsi
una scrittura libraria bella, veloce e corretta (fidelissimam), che imiti
il pi possibile la purezza e l'eleganza della scrittura antica; per far
ci gli consiglia di prendere a modello un codice antico e corretto
e di trascriverlo imitandolo fedelmente fin nei minimi particolari:
ep. 385 col. 501 nec illud quidem te admonere desistam uti non negligas
manum librariam quam optimam atque perquam celerem ac fidelissimam
tibi comparare studeasque priscam illam in seribendo imitari puritatem ac
suavitatem. Quod tunc adsequere facilius si ex emendatissimo antiquoque
codice quidpiam tibi transcribendum deligas totoque annisu ad unguem
exemplar fidum imitari,-{forse imiteris). Questa lettera del Traversari
quasi il manifesto della riforma umanistica della scrittura; l'ideale
calligrafico posto nell'imitazione della scrittura antica (la carolina)
in cui l'elega.nza dei caratteri si unisce alla correttezza ortografica.
Cf. anche Aurispa ep. 35 p. 54 (la lettera forse indirizzata al Francia,
celebre copista) si Officia Ciceronis absoluta sint, pergratum feceris mihi
et Iacobino si ad nos mittas. Nam dominus Angelus. .. scriptorem domi
habet qui litteras credo dignissimas atque aeternas scribit. Vellemus pro
emendatione manus tuae exemplari uti,. solus enim es aut (alter), ut de
me etiam loquar, qui castigatam illam antiquitatem imitentur: vien riI. Esisteva realmente una scrittura differenziata del ceto mercantile per cui
stato proposto il nome di mercantesca ': vd. G. Orlandelli, Osservazioni sulla
scrittura mercantesca nei secoli XIV e XV, in Studi in onore di Riccardo Filangieri, Napoli 19.59, I 445-60.
Ecco un elenco dei termini relativi alla scrittura di cui ho trovato esempi negli inventari da me schedati, ma non in scritti umanistici 1:
l i t t e r a e P a r i s i n a e : indica la gotica libraria francese.
Per l'inv. Visconti vd. Pellegrin p. 22. Inv. Mansueti 3 litteris magnis
et pulchris Parisinis; 6 litteris Parisinis et pulchris (oggi a Roma, Arch.
di S. Maria sopra Minerva, cod. senza segnatura, fme del XIII);
9 litteris Parisinis et pulchris; 60 litteris Parisinis et cursivis et in fine
valde minutis et variatis; 88 litteris Parisinis et bonis; II7 litteris Parisinis (in margine sive Theutonicis); II8 litteris Parisinis quasi modernis, magnis et pulchris; per la variet litterae formatae Parisinae
vd. sotto.
I i t t e r a e A ng l i c a n a e : il1v. Mansueti 302 Summa Dul-
145
I. :Da
st~mpa ';
lO
litteris modernis quasi antiquis et bonis (probabilmente una gotica influenzata dall'umanistica); 85; 99 litteri" quasi modernis (Roma, Arch.
di S. Maria sopra Minerva, senza segnatura, sec. XIII ex.); II5;
II6; II8 litteris Parisinis quasi modernis; 120 litteris modernis et pulchris (Perugia, Bibl. com. 681 [I 75], sec. XIV); 121; 137 litteris
modernis maxime in glosis; 145 litteris modernis, id est Italicis, et grossis;
148; 153; 181; 230 litteris modernis et formatis et pulchris (scritto nel
1422, come si ricava dall'inventario stesso); 236 litteris modernis et
bonis (Perugia, Bibl. com. II73 [N 124], sec. XIV); 281 litteris formatis modernis; 304 litteris modernis, formatis et impressis per stampam
in papiro (H *2352); 308litteris modernis, formatis et impressis per stampam in papiro (H 1254) ecc. (le litterae modernae sono le pi frequenti
in quest'inventario); Piccolomini, app. II 12 Giovan Cassano, Collectione, di lectere moderne ; 13 Maestro delle sententie, di
lectera moderna l).
Appare da questi esempi che nell'inv. Mansueti il termine litterae modernae applicato alla scrittura di codici del XIV-XV sec.
o di incunaboli; un codice della fine del sec. XIII scritto litteris
quasi modernis. Ci sono inoltre litterae Parisinae quasi modernae, litterae formatae modernae, litterae formatae quasi modernae e litterae modernae quasi antiquae; in 145 stabilita un'identit fra litterae modernae e Italicae. Dunque per l'autore dell'inv. Mansueti il termine ha
un significato abbastanza preciso e indica la gotica italiana del XIVXV sec. sia manoscritta che a stampa.
l i t t e r a n o t a r i n a: questo termine, usato nell'inv. Visconti, indica secondo la Pellegrin (p. 22) una corsiva notariale: 618
Tullius de officiis in littera notarina = Paris. lat. 6353, sec. XIV-XV.
in corsiva italiana; 773 = Paris. lat. 6830 H, sec. XIV, in corsiva
come il 6353; 859 (contenente l'Amorosa visione e altri scritti che il
Boccaccio don al Petrarca; vd. Gius. Billanovich, in Giorn.
storo d. letto it. 123, 1946, 34); 868; 915.
l i t t e r a t e x t u a l i s: inv. Visconti 954 liber unus Biblie
... cum littera textuali ad colognellos = Paris. lat. 23, sec. XIV. Indica.
secondo la Pellegrin (p. 22), una scrittura del testo pi grossa e curata, contrapposta a quella delle glosse. Si confronti l'uso medievale
di textus nello stesso significato (vd. p. 9).
l i t t e r a e u l t r a m o n t a n a e : inv. Mansueti 8 litteris ultramontanis pulchris; 34 Sextus et Clementine, cum glosis in ordine textus post singula capitula, litteris ultramontanis aliquanto minoribus quam
147
textus, sed eadem manu = Vat. lat. 8121 (a. 1444), in una gotica con
influenze italiane: l'autore dell'inventario ha letto la soscrizione da
cui si ricava che il codice stato scritto in Francia; 46 litteris ultramontanis bonis (ms. del xv sec. in gotica corsiva libraria, come risulta da Kaeppeli ad loc.); 47 litteris ultramontanis bonis (Perugia,
Bibl. com. 1049 [N Il, sec. XV; scrittura gotica grassetta, a due
colonne); 50 litteris ultramontanis et pulchris; 109; II3 litteris ultramontanis, quasi modernis; 122; 128; 141 litteris bonis, sed parvis et ultramontanis; 146 litteris parvis ultramontanis; 149; ISO litteris parvis
ulvamontanis; 178 ecc. C' anche la variet litterae ultramontanae cursivae: IO litteris ultramontanis cursivis; II litteris ultramontanis et cursivis; 12 litteris ultramontanis cursivis et bonis; IlO litteris cursivis ultramontanis et variatis. Queste espressioni indicano scrittura gotica
non italiana.
Con le espressioni l i t t e r a e d i v e r s a e o v a r i a e, v a r i a t a e l'inv. Mansueti nota cambiamenti di mano o di tipo di
scrittura: 156 litteris diversis; 143 litteris variis (cf. anche 168, 190,
192, 198); 26 litteris modernis aliquantulum variatis; 3I litteris modernis
variatis; 96 litteris variatis; 100 Lucanus poeta de bello Cesaris et Pompeii. .. litteris modernis et bonis. .. Hic liber habet multas glosas bonas
et variantur littere ab octavo libro usque ad decimum et ultimum; 101
litteris variatis quasi per singulos tractatus (si trattava di un codice miscellaneo); 109 litteris ultramontanis usque ad commentum S. Thome,
ubi sunt littere variate quasi moderne; IlO litteris cursivis ultramontanis
et variatis; Il5 litteris modernis et magnis, sed variatis circa finem secundi
libri; 127; 155; 160; 182 litteris bonis, sed variatis; 188 litteris cursivis
... Littere sunt variate in omni tractatu; 199 litteris bonis, continuatis
usque ad finem tertii libri, postea variatis; 214 Logica Aristotelis ...
Liber Posteriorum Aristotelis et,liber Elenchorum... litteris bonis, sed
variatis in libro Posteriorum et sequenti; 241 litteris var;at;s et pro parte
scriptis manu cuiusdam fratris Constantini de Nucera.
DATAZIONE DEI CODICI
A)
POLIZIANO
Non raro che gli umanisti, parlando di un codice, lo definiscano antiquus, vetustiss;mus, venerandae vetustatis o simili. Tra gli
altri si distingue il Poliziano per la frequenza di queste indicazioni
facendo corrispondere a determinati aggettivi determinati secoli. Poich altri codici noti al Poliziano sono stati identificati dopo gli studi del Sabbadini e la mia ricerca mi ha portata a
raccogliere un numero pi ampio di esempi, mi sembra utile riprendere l'argomento. Raggruppo gli esempi secondo l'ordine cronologico dei codici identificati.
S e c c. I V - V I : Terenzio Bembino (Vat. lat. 3226): sulla
parte superiore di c. VIr di questo codice il Poliziano scrisse: O
foelix nimium prior aetas! 1 Ego Angelus Politianus, homo vetustatis
minime incuriosus, nullum aeque me vidisse ad hanc diem codicem antiquum fateor (Prete II). definito vetustissimus codex e venerandae
vetustatis codex nella collazione c. 18v e 66v (Maier 344); cf. anche
Crinito, in Poliziano ep. 12, 22 (23) p. 410 in vetustissimo . .. Terentii
codice.
Virgilio .Romano (Vat. lat. 3867): (volulllen) mire vetustum (mise.
I 71 p. 637); mire vetus (mise. I 77 p. 647); eodex antiquissimus (ep.
4, 9 p. 124).
Pandette fiorentine: il Poliziano non usa mai per esse aggettivi
riferentisi all'antichit, ma dice pi volte di ritenerle uno degli esemplari pubblicati da Giustiniano (vd. soprattutto ep. IO, 4 p. 3Ios.
cito a p. 313).
S e c. I X : New York Academy of Medicine I (gi Phillipps
275), Apicio: vetusto ... exemplari (soscr. alla collazione, Maier 349).
Vat. Urb. lat. II 46, Apicio: vetustissimo... codice (soscr. alla
collazione, Maier 349).
Ambros. L 85 sup., Columella: vetustissimus... liber (mise. I 35
p. 577); (exemplar) vetustum (collaz., Josephson 159); (exemplari) vetustissimo (collaz., Maier 355).
S e c I X - X : Laur. 49, 9, Cic. fam.: libro pervetere (mise.
I 18 p. 545); volumen antiquissimum (mise. I 25 p. 557); eodieem ...
vetustissimum (mise. I 87 p. 671).
S e c. X: Laur. 73, I, Celso 2: vetusto codice; antiquus ... liber
Boeth. cons. 2 carm. S. I.
Datato al sec. IX o X dal Rostagno; prima era generalmente attribuito al
sec;. XII (A. Cornelii' Ce/si quae super51mt. ree. Fr. Marx, Lipsiae et Bcrolini 1915.
I.
2.
xxv).
149
2.
150
sec. X (antiquissimus); non aeque vetustus, sempre rispetto al Riccard., in mise. II 25, 3.
S e c. X I V : Laur. 30, IO, Varrone, Catone, Vitruvio: semivetere codice (soscr. alla collazione, Mai:er 354) 1.
Risulta in effetti possibile. come gi aveva tentato il Sabbadini,
stabilire con una certa approssimazione e ampiezza i limiti cronologici entro cui i termini si estendono, anche se naturalmente essi si
sovrappongono in pi punti e possono a volte essere usati genericamente. Espressioni come mire vetus, mire vetustus, venerandae vetustatis 2 sono riservate ai codici in capitale e in onciale dei secoli
IV-VI (gli umanisti non distinguevano fra le due scritture, vd. p.
127). Come nota il Sabbadini, questi codici erano datati dal Poliziano all'ingrosso al VI sec., giacch egli riteneva che le Pandette
fiorentine fossero uno degli esemplari pubblicati da Giustiniano.
Con l'espressione mire vetus si allinea pervetus, usato per un codice
del sec. IX-X, vetus per uno dell'XI e semivetus per uno del
XIV. Quest'ultimo, in particolare, d prova della precisione che
il Poliziano intendeva mettere in queste indicazioni cronologiche.
Ritengo probabile che anche i codici definiti mediae antiquitatis (vd.
pi oltre, p. 154) appartengano ai secoli XIII-XIV, ma nessuno di
essi stato identificato.
Molto pi vasto l'ambito dell'aggettivo vetustissimus, che si
riferisce a codici del IV o V secolo, in concorrenza con mire vetus,
ma pi spesso a codici dal IX all'XI secolo. L'aggettivo vetustus ha
qualche volta un uso piuttosto generico in quanto si parla di codices
vetusti per indicare collettivamente pi codici antichi d'et diverse;
all'infuori di questi casi esso serve ad indicare codici dei secco IX-X
in concorrenza con vetustissimus (mai codici pi antichi) e discende
pi in basso a comprendere anche codici del XII. Analogo al rapporto vetustissimus - vetustus pare quello tra antiquissimus e antiquus,
riferendosi antiquissimus a codici dei secoli V-VI e IX-XI, antiquus
a codici dei secoli X e XII. Credo che il Poliziano abbia usato
antiquus e antiquissimus come equivalenti di vetustus e vetustissimus
L Anche il Vettori lo definisce semivetus (M. Porci Catonis De agri cultura.
ed. A. Mazzarino, Lipsiae 1962. XXXII n. 3).
2. Di ispirazione gelliana: cf. GelI. 2, 3. 5 librum Aeneidos secundum mirandae
vetustatis; 9, 14, 26 in Iugurtha Sal1ustii summae fidei et reverendae vetustatis libro;
18, S. I I librum summae atque reverendae vetustatis.
151
Faccio seguire Wl elenco di codici perduti o non ancora identificati sui quali il Poliziano ha dato indicazioni cronologiche.
Manilio, codice di Pietro Leoni (Sabbadini, Scop. I 154s.): libro che io per me non ne viddi mai pi antiqui (Prose 78s.). Ri-.
cordato anche nel diario odeporico-bibliografico (Monac. lat. 807..
c. 53r; Maier 212) e in mise. Il 21, 6 dove detto genericamente vetustum in opposizione a Wl altro codice recente di Manilio e antiquissi- (cancellato; vd. p. 157). Le parole di Prose 78 hanno fattopensare al Sabbadini (Scop. I 170) che questo codice fosse in capi-o
tale o comWlque anteriore al sec. IX.
Catone e Varrone, eodex Florentinus: venerandae vetustatis exem-
plari (mise. I 35 p. 576); vetustissimo codice (soscr. alla collazione di
Varrone, Mai'er 354) 1.
V e t u s t i s s i m u s, a n t i q u i s s i m u s: Adamanzio Mar-
tirio, de b muta et v vocali: il Poliziano lo trascrisse nel Monac. lat..
766 ex antiquissimo codice (Mai:er 210). Macrobio, codice di Bernardo
Michelozzi: definito vetustissimus in mise. I 61 p. 628. Marziale::
dei molti codici antichi visti dal Poliziano e per noi perduti due sonovetustissimi: il primo un codice di S. Marco Langobardis literis,
usato anche dal Calderini e qualificato vetustissimus entrambe le:
volte che viene nominato (mise. I 23 p. 552 e ep. 7, 35 p. 228s.). Secondo il Lindsay (Martialis epigrammata, Oxonii 19292, pref. p. 8.
non numerata) potrebbe anche essere l'archetipo (BA) della sua se-o
conda famiglia di codici. Il secondo un codice che il Polizianoconsult a Verona presso Bernardino Messanelo nipote dei Calderini e che proveniva fo~se da Bobbio (Perosa nr. 18); era Wl fram-
mento (pagellas quaspiam) ed qualificato antiquissimus (mise. I 2]
p. 553). Orazio: mise. I IO p. 532 quin apud Horatium quoque in Epo-.
dis (17, 56) ita legendum existimamus:- inultus ut tu riseris Cotyttia )}..
non, ut plerique eodiees, Coeytia '. Et in vetustissimo libro qui sit (?)
Georgii Antonii Vespuecii FIorentini. .. voeabulum id antepenultima syllaba t retinet, non c, vestigium, arbitror, unum adhue integrum verae in-o
tegraeque leetionis: la maggioranza dei codici ha la lezione eoeytitl'
e a quanto pare il solo y'(Paris. lat. 7975, sec. XI) legge eotycia. Quin-
tiliano: il Poliziano collazion un codice vetustissimus et saepius intercisus (Mai'er 345). Svetonio: misc. I 97 p. 690 utroque vetustioI. Il Vettori lo definisce antiquissimum, optimum et antiquissimum, pervetustunf'
vo!umen, vetustissimum fidelissimumque (Cat. de agr., ed. Mazzarilio cit., XXXII)~
I.
2. L'identificazione di questo codice col Vat. lat. 3277 (sec. IX), proposta
dal Sabbadini e generalmente accettata, stata dimostrata erronea daU'EhIers
(p.
102SS.),
39, 38 (codice del Niccoli), che sarebbe realmente il capostipite di tutti gli altri
154
zioni. Forse questo codice tutt'uno col Plautino codice citato a nobis
della I centuria (66 p. 633), di cui il Poliziano si vale per emendare
most. 830 1: in Mustelaria Plauti locus est mendose scriptus plerisque codicibus ad hunc sane modum: Viden ornamenta in foribus? Video. Specta
qua arte dormiunt. Dormiunt? Ille quidem ut convenit volui dicere . Sed
cum de his neque sensus eliciatur ullus et festivum Plauti dictum vitio
librariorum pereat, faciam, ut arbitror, operaeprecium si scripturam incolumem de Plautino codice citato a nobis iterum reposuero. Est autem prorsus
haec: Viden coagmenta in foribus? Video. Specta qua arte dormiunt.
Dormiunt? Illud quidem, ut connivent volui dicere. Faccio notare che
sia la Mostellaria che i Menechmi sono del numero delle dodici commedie venute alla luce colla scoperta dell'Orsiniano, che era quindi,
per queste commedie, l'unico codice antico noto agli umanisti; ma
Branca e Pastore Stocchi escludono che il codex antiquus della II centuria sia l'Orsiniano che non entrato in Vaticana che ai primi del
cinquecento 2. L'Orsiniano ha in Men. 544 manu pcium, in most. 830
contuent corretto da conivent. C' dunque nel secondo passo una divergenza dalla lezione citata dal Poliziano. Vitruvio: un codex vetus
Nicolai Tegrimi menzionato in mise. II 31 , 3.
m e d i a e a n t i q u i t a t i s, s e m i v e t u s : Cic. off.: il Poliziano aveva avuto in prestito un codice mediae fere antiquitatis per
opera del bolognese Andrea Magnanimo; si imbatt poi in librum .
non veterem admodum, sed omnino apud saeculum forte prius scriptum ,
qui scilicet publice in Sanctae Crucis bibliotheca servatur (mise. II
14, 6). Marziale: un codice mediae antiquitatis il Poliziano aveva visto
in Vaticana: mise. I 23 p. 553 in eo (se. exemplari) quod Romae, in
Palatina bibliotheca mediae antiquitatis; mise. II IO, 7 qui mediae forte antiquitatis in bibliotheca Palatina est; in mise. II 35, 5 lo definisce vetus,
ma poi cancella: [in vetere] in alio (se. codice) quem Vaticana [Romae]
bibliotheca [retinet] habet (i due passi della II centuria sono citati in
Branca-Pastore Stocchi 154); Pandolfo Rucellai gli aveva prestato un
codice semiveterem (mise. 123 p. 553). Ovidio: il Poliziano collazion
due manoscritti, uno pi antico (vetustior), appartenente alla bibliol. Si noti che nessun codice di Plauto citato altrove nella l centuria e
quindi quel citato a nobis sar una svista del Poliziano.
2. ti Plauto Orsiniano appartenne alla biblioteca di S. Pietro ed entr nella
Vaticana sotto Leone X; vd. G. Mercati, Codici latini Pico Grimani Pio, Citt del
Vaticano 1938 (Studi e testi 75), 144. 156, 157, 166 e n. 2, 288.
155
(Maler 362): Incidi in exemplar Statii Sylvarum quod ex Gallia Poggius Gallica scriptum manu in Italiam attulerat, a quo videlicet uno, licet
mendoso depravatoque et, ut arbitror, etiam dimidiato, reliqui omnes codices qui sunt in manibus emanarunt. Quare cautio mihi fuit ne quid in
corrigendo hoc nostro ab illo mutarem ne nimia, ut adsolet, diligentia aut
mihi aut ceteris studiosis noceret. Le lezioni di questo codice sono spesso
contraddistinte con le sigle Pog(gianus) o in an(tiquo); inoltre in due
note 1 il codice viene qualificato vetustus e vetustissimus. Alla scoperta di Poggio si accenna anche nel preambolo alla tumultuaria:
commentatio sulle Silvae, frutto del corso tenuto dal Poliziano nello
Studio fiorentino nell'anno accademico 1480-81 e contenuta nel
Magliab. VII 973 (Marastoni LXXXIV; Pastore Stocchi 60): latuere
autem hi libelli multos annos ad nostram usque memoriam atque et
Poggio viro doctissimo e Germania in Italiam tralati sunt, mendosi quidem ac mutilati et, ut verius dicam, dimidiati, sed quorum tamen summum
operae pretium constiterit. Esse autem dimidiatum quod supersit Sylvarum volumen, ve! uno Sidonii testimonio intelligimus, qui dum aliquot
singulanmt Sylvarum titulos enumerat, etiam de Flavii Fannii Cumis
meminit, qui libellus interciderit. Questo passo, anteriore alla soscrizione del Corsiniano, permette di comprendere perch il Poliziano
giudicasse dimidiatus il libro Poggiano (cf. p. 239).
Poggio scoperse nel 1417 in un monastero imprecisato dell'Europa centro-occidentale Silio Italico, Stazio e, in un codice diverso,
Manilio: li fece trascrivere in un unico codice da un indotto scriba
d'oltralpe e sped la copia al Barbaro, raccomandandogli di farla
trascrivere da un uomo dotto ed inviarla poi al Niccoli 2. L'apografo
spedito al Barbaro (il capostipite di tutti i manoscritti esistenti)
stato identificato nel Matrit. 3678 gi M 3 I (M), che contiene Manilio e le Silvae e da cui si staccata la parte che conteneva Silio
Italico. Il problema che si sono posto gli editori di Stazio : in che
rapporto sono le note di collazione del Poliziano (A*) con M?'
Esse presentano con M una stretta affinit, ma anche delle divergenze.
Due sono le principali soluzioni proposte e a lungo dibattute con
I. Silv. I, 4, 86a hic versus deest in libro vetustissimo Poggi qui e Germania in Italiam est relatus; 5, 5, 24-27 codex vetustus intercisos habet hos versus. Le diverse indicazioni sulla provenienza del codice (Germania-Francia) vengono generalmente
spiegate col fatto che il codice era stato trovato in Svizzera..
2. Si veda la lettera di Poggio al Barbaro, pubblicata per la prima volta dar
Clark, class. Rev. & 13, 1899, 125 e riprodotta pi volte, ad "es. in Klotz p. v.
157
vari argomenti: I) il codice che il Poliziano ha usato M, che corrisponde assai bene alle notizie date nella soscrizione al Corsiniano;
le divergenze sono da spiegare come errori, trascuratezza o congetture del collazionatore; le note del Poliziano hanno quindi lo stesso
valore di un codex descriptus e sono da eliminare dall'apparato; 2)
il Poliziano ebbe proprio l'antigrafo antico di M (n), che Poggio
in un secondo tempo avrebbe portato con s in Italia; in tal caso
le sue note si affiancano ad M come testimonianza diretta del codice
antico.
Entrambe le soluzioni presentano difficolt notevoli: con la prima
si accusa il Poliziano quanto meno di gravi trascuratezze nel collazionare, se non di malafede, e resta inspiegabile come mai nelle
note sia definito antico un codice del XV secolo, essendo escluso
.che il Poliziano potesse ingannarsi o volesse ingannare. Con la seconda si costretti a ricorrere alla romanzesca ipotesi che Poggio
abbia portato in Italia in un secondo tempo il codice antico; inoltre
sorprende non trovare nessun accenno all'antichit del codice nella
. .
'
soscnZlone.
Ma l'ipotesi del codice antico pu ormai essere definitivamente
accantonata alla luce delle nuove testimonianze della seconda centuria 1 : ,misc. II 49, 4s. verum Poggianus liber, quem viderat etiam ante 110S
idem Domitius, mendosus ille quidem [et Gallicanis litteris descriptus]
utpote Gallicani cuiusdam indocti hominis manu [per descriptus] descriptus, sed ex antiquo, ut arbitror - ita certe vestigia multa indicant merae
vetustatis- [et] a quo uno tamen cetera quae usquam sunt exemplaria enianaverunt? i'S {gitur Poggianus liber sic habet: et tua mitis I ora TaranSl>
(si/v: I; I, 102S.); quod ego' Taras' puto legendum potius (Pastore Stocchi 62); II 21, 6 sed ego [du,?s duos olim nactus] nactus duos [nactus]
Matllianos codices, mendosum utrumque, sed in quibus rectae lectionis vestigia
supersint, [alterum vetustum cuius mihi Petrus Leo Paiavii co 2 Spoletinus, medicus nostra aetate celeberrimus, olim Patavii Patavii fecit partem;
praetereaque librum ipsum alterum vero illum Poggianum qui primus in
Italiamfuit al1atus, invenio sic] Poggianum, qui primus [Italiae in] in Italiam
al1atus, et quem mihi Petrus Leo Spoletinus [antiquissij medicus [eius] hac
aetat[is]e celeberrimus Patavii ostendit, videor denique propemodum col1egisse quotiam pacto sit hic versiculus emendandus (Pastore Stocchi 64).
I.
2.
(p.
LXXXIX).
2. Non sussiste invece, secondo me, un'altra difficolt che ha dato molto da
fare a quanti si sono occupati della questione, cio la nota a S, S, 24-27 (vd. pi
oltre, p. 241).
159
:r60
simile c' forse un'eco nelle parole stesse del Poliziano 1. Non si
pu escludere che il Matr. in qualche foglio per noi perduto 2 recasse qualche nota del tipo di quelle citate 3; simili soscrizioni passavano poi facilmente negli apografi 4. Oppure potrebbe darsi che
nella copia frettolosa dello scriba indotto Poggio non avesse apposto
nessuna soscrizione e l'avesse apposta poi lui stesso o il Barbaro o
il Niccoli a una copia eseguita pi riposatamente.
Come mai il Poliziano nelle note del Corsiniano chiama antiquus,
vetustus, vetustissirnus un codice di cui nella seconda centuria dice
esplicitamente che era un recente descriptus ex antiquo? Non resta che
accontentarsi della spiegazione del Traglia (p. 72) e del Pastore Stocchi (p. 67ss.), anche se essa lascia tuttavia un po' perplessi. Il Poliziano
Poggius Florentinus; soscr. a Cic. pro Caec. (Vat. lat. II458, c. 49V; tra parentesi
quadre le parole cancellate da Poggio nell'atto stesso di scrivere): Ranc orationem
antea culpa temporum deperditam Poggius Latinis viris restituit et in ltaliam reduxit
&/11 eam diligentia sua in Gallia [Iatent] reelusam in silvis [inter Ari] Lingonum adillvenisset conscripsissetque ad TuIli memoriam et doctorum hominum utilitatem; soscr.
alle altre sette orazioni di Cicerone da lui scoperte, ibid. c. 94r: has septem M. Tullii
~ratiolles, que antea culpa temporum apud ltalos deperdite erant, Poggius Florentinus,
perquisitis plurimis Gallie Germanicque [biblyotheci] summo cum studio ac diligentia
hiblyothecis, cum latentes comperisset in squalore et sordibus, in lucem solus extulit ac
in piistinam digllitatem decoremque restituetls Latinis musis dicavit (M. Tuili Ciceronis
In L. Calpurnium Pisonem oratio, ed. with Text, Introd. and Comm. by R. G.
M. Nisbet, Oxford 1961, xxv); soscr. a Quintiliano (nota da un apografo,
l'Urb. lat. 327; Sabbadini, Storia 285): Scripsit Poggius Florentinus lumc librum
Constantie diebus LIIII sede apostolica vacante. Reperimus vero eum in biblyotheca
mOllasterjj .Sancti Galli, quo plures litterarum stl4diosi perquirendorum librorum causa
accessimus j ex quo plurimum utilitatis eloquentie studiis comparatum putamus, C1lm
antea Quintilianum neque integrum Ileque nisi lacerum et truncum pluriblls locis haberemuso - Rec verba ex originali Poggii sumpta.
I. Ad es. un'espressione come perquisitis plurimis Gallie Germanieque biblyothecis (cf. nota precedente) pu essere all'origine dell'oscillazione Francia-Germania nelle notizie date dal Poliziano sulla localit della scoperta.
2. Dal codice si staccata la parte contenente i Punica che, come ha dimostrato
il Thielscher, philol. 66, 1907, 87ss. si trovava all'inizio; manca inoltre il primo
foglio di Manilio, che attualmente precede le Silvae, ma poteva originariamente
essere collocato anche dopo, secondo l'ordine in cui le opere sono citate nella lettera di Poggio.
3. Alla fine delle Silvae c' la soscrizione del copista: finis adest vere, precium
vult scriptor hebere (sic) (Marastoni VIII).
4. Ad es. le soscrizioni alle orazioni di Cicerone erano note dagli apografi
anche prima della scoperta dell'autografo di Poggio.
161
11
162
1l0VOS
priores, minus multo laboris in hac re quam nunc habemus haberemus; cf. anche l~
soscrizioni citt. a p. 261S.
L Un'analoga diffidenza per questo tipo di correzioni mostra il Merula.
pref. a Marziale cito a p. 289s. e a Plauto cito a p. 314. La predilezione del Poliziano
per i codici antichi era stata notata gi dai contemporanei, come testimonia un
passo di una lettera di Matteo Bosso cito dal Dionisotti, It. med. e Wll. ~ II,
1968, 185: de Ausonio obsequi tibi, Crasse, minime possumus. Transmisimus enim illum
ad Angelum Policianum superioribus iam tribus annis Plorentiam, qui per longum tempus de 1.'0 sibi mutuando non modo precari, sed et nos infestare improbis litteris et magnorum intercessu non destitit hominum. In quo quid optet et quaerat pamm video, praeter
antiquitatem, qual.' tanta est eius libri ut nigrescant situ ac senectute membranae et legi
ltequeat plerisque in paginis sintque tabulae exesae pertusaeque a tineis. Solet enim Po/icianus codices, quasi vina, magis vetustate quam ratione probare, ut cum 1.'0 ride/lS in-gessi quandoque ioco mordaci. Si noti che il Traversari, ringraziando F. Barbaro per
l'invio di un codice delle Epistole di Basilio, esprime un'analoga predilezione~
l'p. 226 col. 296 delector. .. cum erudito dicendi eius viri genere. .. tum eius vo/uminis
antiquitatl.', quam cum in rebus ceteris tum maxime in libris diligo observo et in honorehabeo.
2. Mise. I 41 p. 589 in codice GeIliano (cf. p. 161) ... quem vir haud indoctusr
ut tum /erebant tempora, sed diligens tamen in primis Nicolaus Nico/us ex vetustissil1W'
exemplari fideliter pro sua more descripserit. Due sono le .garanzie d'autorevolezza
del codice: l'esser copia di un codice antichissimo e l'esser copia fedele. Il Poliziano si vale della testimonianza del codice del Niccoli per restituire l'antico vocabolo diffissionibus non capito dai copisti e sostituito nella maggioranza dei codici
da definitionibus. Il Sabbadini, Metodo 56, concorda col Poliziano nel dare al Niccolit
la lode di trascrittore fedele. Va tuttavia osservato che proprio questo codice di
Gellio rappresenta, sembra, una vera e propria recensione del testo, con correzioni
e integrazioni (vd. p. 259s.); e si veda anche il giudizio negativo del Kroymann
circa la fedelt della trascrizione di Tertulliano eseguita dal Niccoli (<< Wien. Sitz.Ber. phil.-hist. Cl. 138, 1897, 3 p. 19).
355); per Plin. nato due codici recenti (un novus Aliorum e un novus
Nicoli, che egli indica rispettivamente ':on le sigle d ed e) furono
da lui collazionati insieme a tre codici antichi (vd. Perosa nr. 7);
per le Silvae di Stazio collazion, come abbiamo visto, l'esemplare poggiano, che non era antico, ma gli appariva fondamentale
per il testo sia perch lo giudicava il capostipite di tutti gli altri
manoscritti sia perch serbava vestigia multa. .. merae vetustatis.
B)
ALTRI UMANISTI
p. 114).
Il Filelfo defmisce antiquissimus un suo codice di Cic. nato non
lo Vetustussimus: Gasp. Barzizza, letto al Landriani (Sabbadini, Storia 84);
Biondo Flavio, soscr. all'Ottob.lat. 1592, c. 58v (Nogara XXXVII); Francesco degli
Ardizzi, soscr. all'Ottob. lat. 2057 (Sabbadini cito 95); Anon., soscr. al Vat. Palato
lat. 1469 (Sabbadini cito 93). Pervetus: Francesco degli Ardizzi, soscr. cito Pervetustus: Biondo Flavio Ital. ili. p. 346. Antiquissimus: Gasp. Barzizza, Ortographia
(Sabbadini cito 92). Il Larnola, in Guarino ep. 455, 143s., scrive: hic autem ipse
lodex, summae quidem venerationis et antiquitatis non vu/garis eJfigies ecc. Il Laudense
~oveva essere effettivamente un codice molto antico, in scrittura preearolina
dell'Italia settentrionale, anteriore al sec. IX (vd. E. Malcovati, Athenaeum 46,
1958, 44s.).
165
Io
I,
1958, 60s.
166
a n t i q u u s , v e t u s , v e t u s t u s: il presunto codice
autografo di Pier Damiani nella cattedrale di Faenza, oggi Vat. lat,
3797, sec. XI ex. (hod. p. 100; vd. G. Miccoli, Due note sulla tradizione manoscritta di Pier Damiani, Roma 1959, 40); un codice della
biblioteca di S. Cecilia a Roma con 39 omelie di Origene tradotte
da Girolamo, forse il Laur. S. Marco 610, sec. IX (ep. 3 II col. 406);
un codice di Cipriano a Ravenna (ep. 321 col. 420; cf. hod. p. 102
dove detto che era scritto antiquis literis); uno delle Confessioni di
Agostino (hod. p. 30).
n o v u s : un codice di Polluce speditogli dall'Aurispa (ep. 297
col. 386; per questo Polluce cf. anche ep. 272 col. 355 e Aurispa
ep. 5 p. 7); un codice del Contra vituperatores del Crisostomo o della
traduzione fatta dal Traversari (ep. 376 col. 488 cura ut mittas ad me
volumen illud Chrysostomi contra vituperatores novum; dono enim illud
dabo Pontifici); un salterio in greco (ep. 393 col. 512).
Nella Capitolare di Verona il Traversari vide volumina mirae
vetustatis (hod. p. 75). Anche della biblioteca del monastero di Nonantola aveva sentito dire che vi si trovavano codici mirae vetustatis (hod. p. 80).
A questi esempi vanno aggiunti quelli citati nel paragrafo relativo alle espressioni umanistiche sull'antichit delle scritture (vd.
p. 137ss .).
Infine due casi singolari in cui la definizione di antiquissimus o
vetustissimus applicata, a quanto sembra, a codici del XIV sec. o
dei primi del XV. Il Nolhac (I 192) cita una soscrizione a Terenzio
datata al 1470 del parmigiano Gianluigi Sacca, che dice di aver
trascritto ad quoddam exemplar scriptum et undique revisum per disertissimum et excellentissimum poetam Domitlum Franciscum Petrarcam de
tltlno mccclviii Iulii XV in sero. 111 quo quidem exemplari v e t u s t i s s i m o diligenter et accurate observato a praestantissimo viro D. Princivalo Lampugnano Mediolanensi ecc. Il Sacca poteva evidentemente
definire vetustissimus un codice scritto poco pi di un secolo prima.
Si noti che l'accenno al codice petrarchesco enfatico e si vuoI
dare importanza al manoscritto: vetustissimus vale quasi ' venerabile'.
In una lettera del Parrasio, scritta, sembra, a Milano verso il 1505,
si legge: quis hunc indicel1l (le Periochae) Livio praetexuerit in obscuro
est; aliqui tamen Florum suspicatltur. Ego nihil affirmo; sed quicumque
fuit, doctus certe fuit et plmus auctoritatis in scholis, ut quidam (forse qui) de suo multa addidisset, quae licet a Livio transcripta sint, adul-
167
codices.
168
quo e'at etiam libe, M. Juni Nypsi et contuli. E,at inscriptio ~ou. " 'P (~o
ypa:'P~(,)C; Wachsmut) Ge(nethliacon) Lucani ad Oppiam. Signatu, liber sic
A 1 quando non congruit. Soscr. ad Ov. tr:~t. (Maier 351) Contuli hos
quinque Tristium libros cum vetustis duobus codicibus, scilicet 2 vetustiore
non nihil altero ex Divi Marci FIorentina bibliotheca, quod a littera indicat,
altero autem non perinde vetusto ex Medica libraria, quod 3 b littera significatur.
Vbi uterque congruit codex nihil apponimus signi (cf. anche la nota apposta
all'inizio 4: a liber S. Mard, b Petri Med.: ubi nihil, concordant). Da questo
confronto chiaro che il Poliziano anche nella soscrizione al Corsiniano
afferma d'aver messo il segno A solo quando il Laurenziano aveva lezione
diversa dal Poggiano; dove non c' questo segno si tratta di lezioni comuni a entrambi i codici. Cf. anche la seconda soscrizione ad Apicio
(Maier 349) Iterum contuli cum vetustissimo altero codice de Vrbinatis Ducis
Guidonis bibliotheca signumque hoc apposui A quoties alicubi a prioribus variasset. Anno sal. MCCCCLXXXXIII, quarto nonas decembres, hora noctis
tertia et 1/2 in Pauli. Idem Politianus.
PARTE TERZA
LA TRASCRIZIONE
METODI DI TRASCRIZIONE
risuros, quasi haec meae culpa sit negligmtiae. At vero si manum calamo,
si mentem his infinitis erroribus addiderint. si insudaverint carie vetusti
operis, ut ipse facio, et plerunque Tyresiam consuluerint 1, ut ego cum
dubito vehementer, erunt profecto modestiores in reprehendendo et quae
minus peifecte traducta (' trascritte " cf. p. 184) sunt a nobis conferent
his quae tolerabiliter fuere transcripta nec quid videant erroris restitisse,
sed quid deinceps sit elimatum magnipendent. .. Si quis forte tibi dixerit:
Tu qui Candidu11l tuum credis tam diligenter ab antiquis scripta traniferre
(' trascrivere " cE p. 184), nonne vides quot in Iocis frigide, quot inepte
ac ieiune Donati libros transcripserit?, Ita fit enim, inquies, ea siquidem vides, quae neutiquam ab illo alias interpretari queunt, sed ut inerant
scripturae fuere mandanda; ceterum nusquam vides quae, eius opera correcta, iugi Iabore atque industria sunt emendata.
C' in questa lettera tutta la teoria della trascrizione umanistica~
si trascrivono gli antichi codici mirando soprattutto ad avere un
testo intelligibile, correggendo ove possibile senza lasciare nessun
segno dell'operazione critica eseguita (nusquam vides quae, eius opera
correcta, iugi Iabore atque industria sunt emendata). L'umanista trascrive
fedelmente solo i Ioci desperati che non riuscito a correggere (quae
neutiquam ab illo alias interpretari queunt, sed ut inerant scripturae fuere
mandanda). Una lacuna incolmabile, una parola o un passo assolutamente incomprensibili sono per lui una spina nel cuore (nonne
vides quot in Iocis .frigide, quot inepte ac ieiune Donati libros transcripserit?). In conclusione la trascrizione anche da un unico esemplare
una vera e propria operazione filologica, un" edizione'. Il guaio
per noi moderni che il lavoro dell'umanista rimane per lo pi
invisibile, ci che rende difficile l'utilizzazione dei codici umanistici
per la ricostruzione della tradizione; ma non si deve dimenticare
che essi valgono anche come documento delle capacit filologiche
e in particolare emendatorie degli umanisti. Se, come si cominciato a fare nel nostro secolo 2, si approfondir lo studio del modo
di lavorare di ciascun umanista, delle collazioni, trascrizioni, com1. Quest'espressione pittoresca equivale certo a divinare, come altre analogheperifrasi mitologiche (cf. p. 293). Si noti che nei passi simili di Poggio citati
a p. 174 n. I si legge ut persaepe divinandum sU (ep. 4, 17 p. 339), 1/1 in iis qHac
scripsi non coniectura opus fuerit, sed divinalione (3. 17 p. 216).
2. Cito un esempio recentissimo, lo studio del Questa sulla recensione poggiana di plauto cito a p. XXII, particolarmente notevole perch viene da 1m filolog()o
classico, mentre in genere questi studi sono stati coltivati soprattutto da specialisti.
LA TRASCRIZIONE
173
174
1.
Il passo va interpunto come nel testo. Th. Stangl, ~ Ber!. pI!. Woch.
&.
33, 1913, II8oss., fa di divinare oportet, non legere un'espressione parenttltica e l'in-o
LA TRASCRIZIONE
175
tenbach e port in Italia questa copia che fin fra i libri del Niccoli
ed attualmente a Firenze, Naz. Conv. soppr. I VI IO. Si tratta.
di un manoscritto cartaceo in una brutta gotica corsiva (novis et
barbaris literis, Traversari ep. 306 col. 398; cf. p. 133). Lo ritrascrisse
il Niccoli, la cui copia attualmente alla Nazionale di Firenze,
Conv. soppr. I VI II. La trascrizione non fedele; il Niccoli
muta l'ortografia, elimina dittografie, corregge evidenti errori (E.
Kroymann, Wien. Sitz.-Ber. phil.-hist. Cl. 138, 1897, 3 p. 19). n
Traversari 1 era convinto, e certo il ])ficcoli ne avr condiviso 1'opinione, che le numerose e gravi corruttele presenti nel manoscrittoimportato dall'Orsini fossero dovute non tanto all'esemplare antico
quanto al copista; tanto pi si comprende che il Niccoli non si facesse
scrupolo di correggere nell'illusione di poter restituire lezioni del codice antico. La copia del Niccoli in umanistica corsiva, assai pi leggibile e corretta, soppiant naturalmente il suo esemplare (cf. quanto
detto a p. 120) e da essa derivano tutti gli altri manoscritti
umanistici eccettuato il Vat. lat. 189, che copia diretta, e pi fedele di quella del Niccoli, del codice Orsiniano (Kroymann, l. c.).
In conclusione: lo scriba ignorante che non capisce quello che
copia non solo non capace di correggere eventuali errori dell'originale, ma vi aggiunge i suoi; solo la trascrizione eseguita da un
dotto d garanzia di essere corretta: Decembrio polito 3 C. 9V equidem eam in primis ego dixerim librorum politiam ut quam correctissime
scripti sint, quod nisi doctus peritusque librarius nemo praestare poterit.. , Paucissimos autem huiusmodi librarios advertimus, cum malae sit
consuetudinis ab indoctis opera transcribi et doctissimum quenque pudeataliorum seribere volumina. Quorum tamen laborem postremo videmus inemendatos libros corrigendi; 75 C. I80r (cf. p. 228 n. 2) eninvero intelligere quae pingit, non pingere -tantummodo librarium decet; Poggio ep~
12, 9 p. 138 quod autem cupis habere Ciceronis orationes, perquisivi diligenter sicubi (sicuti ed.) essent venales; tandem repperi volumen quoddam elegans, perpolitum, optimis scriptum litteris et ab eo qui doctissimus
esset, ex quo coniicio omni menda carere.
Per Poggio come trascrittore di codici antichi vd. Appendice l,_
p. 334-ss .
Ma nel complesso panorama dell'umanesimo quattrocentesco s~
I.
E? 306 col. 398 cito a p. 187; 271 col. 354 cito a p. 134 n. 2.
2.
LA TRASCRIZIONE
177
12
LA TRASCRIZIONE
179
approssimativa dell'estensione delle lacWle 1. Bisogna per far notare che non mancano qua e l errori; si tratta di Wla copia eseguita
frettolosamente. Per dare un'idea dello scrupolo filologico del Poliziano ho preso come termine di confronto Wl altro apografo (diretto?) del XV sec. che , sembra, quel medesimo doctissimi viri
chirographum di cui Fulvio Orsini afferma di essersi servito nella sua
edizione di Festo, Romae 1581 (Lindsay cito XIV). Nel seguito
del discorso faccio uso delle sigle del Lilldsay, cio:
F = Festo Farnesiano (Nap. Naz. IV. A. 3);
U = Vat. lat. 3368 (apografo del Poliziano);
W = Vat. lat. 3369 (doctissimi viri chirographum).
Indico con L. l'ediz. del Lindsay. Faccio seguire qualche osservazione derivata da un sommario esame, che pu meritare ulteriore
sviluppo. Profondamente diverso il comportamento di U e W di
fronte alla lacune di F. F scritto su due colonne e le colonne esterne
di ogni pagina gi al tempo del Poliziano erano andate in buona
parte perdute. Il Poliziano trascrive la colonna integra fino all'ultima parola, supplendo eventualmente tale parola coi brandelli rimasti della colonna esterna; poi, dopo aver indicato la lacWla, riprende colla prima parola della successiva colonna integra, trascurando solo i minuscoli brandelli di parole rimasti delle colonne
esterne. W invece non indica la lacuna e salta tutto ci che non ha
senso compiuto. Ad es. la col. I del quat. XI finisce con convere nei brandelli della col. 2 si legge -sum iam. U scrive conversum
======, con Wla crux a margine e poi riprende con la prima
parola della col. 4, mentre W scrive conversum iam e fa seguire immediatamente, senza nessun segno di lacWla, il primo lemma della
col. 4, saltando le prime dieci righe di questa colonna riferentisi a
un lemma contenuto nella perduta col. 3. Alla fine della col. 29'
del medesimo quaterno, mentre U arriva fino all'ultima parola rimasta, W salta l'ultimo lemma, Punicum, il cui testo non era completo, e passa direttamente non alla prima parola della col. 32 come
fa U (che integra magistratus col brandello rimasto della col. 31),.
ma al primo lemma di questa colonna (plexa). U conserva grafie
180
LA TRASCRIZIONE
181
minato i due codici di cui disponeva (ex his duobus unum eonfecimus).
Essi presentavano un" ombra' di lettere greche;.il Lamola, che non
sapeva di greco, le ha disegnate (pinxi) a parte confrontando un codice con l'altro perch non ne mancasse neppure una (et emendavi
invieem ut nulla deesset figura); a Guarino spetter poi ricavarne per
congettura le parole greche (per la metafora col nome di Edipo
cf. p. 293). Dalla risposta di Guarino (ep. 456, 2ISS.) apprendiamo
che da questi disegni del Lamola non c'era da ricavare gran che,
non per colpa sua, ma per la corruzione degli esemplari di cui si
era valso. Compiuta la trascrizione il Lamola si' accinge a correggere
il testo latino riconfrontandolo cogli esemplari (nune porro ad Latinum textum corrigendum accedam). Traversari ep. 206 col. 267 utor
quodam librario valde familiariter. 1s cum tres decades Titi Livii iam fere
absolvisset duo bus q u e e x e m p l i s 1 uteretur, offindit in altero
eorum, quod erat emendatius, unam syncopem versuum fere sexaginta,
quod animadvertit ex altero facile; cf. anche Poggio ep. 3, 27 p. 264cito a p. 259.
TRASCRIVERE
Il termine pi usato naturalmente t r a n s c r i bo; con la maggior frequenza in Poggio, Guarino e Traversari, spesso anche in
Petrarca e Salutati 2. Per l'espressione cursim (raptim) transeribo cf.
p. 136s. Altri umanisti mostrano preferenza per altri termini: cos
il Poliziano usa spessissimo d e s c r i b o (con ex e l'abI.); di tale
verbo, al di fuori degli scritti del Poliziano, ho trovato un solo
esempio in Traversari ep. 218 col. 286. Altro verbo molto usato dal
Poliziano e x s c r i b o (anch'esso con ex e l'abI.); exscribo anche
di gran lunga il verbo pi usato per trascrivere' nell'epistolario
del Filelfo e compare spesso anche in Guarino. I due verbi cari al
Poliziano, describo ed exseribo, sono naturalmente del latino classico
(anche di Cicerone): non classico invece l'uso di re s c r i b o per
trascrivere', testimoniato negli scritti di umanisti meno preoccupati della purezza del loro latino 3: Petrarca fame 7, 16, 36 MiloL Exemploribus nell'ediz. del Sabbadini, Guarino ep. 82, 6.
2. Il sostantivo t r a n se r i p t i o in Salutati ep. I p. 331 (vd. p. 16) e Poggio
ep. 3. 4 p. 192.
182
LA TRASCRIZIONE
LA TRASCRIZIONE
EXEMPLAR (EXEMPLARlUM)
magistrum Benedictum, et mittantur ad me exemplum et exemplar diligenter panno cereo obvoluta inter ballas Iobanno1i de Cumis 1. Anche
fam. 23, 19, 40 familiares epystolas meas... inter confusionem exemplarium. .. pene iam desperatas, non mi sembra confermi la tesi del
Voigt. Si tratta delle minute o delle transcriptiones in ordine delle sue
lettere che il Petrarca conservava presso di s e su cui veniva fa-
I86
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LA TRASCRIZIONE
EXEMPLUM
ex eo accurato exemplari exemplum quod vulgatum ubique est traduxerunt; Tobia dal Borgo in Guarino ep. 759, 275 ab eo fide dignissimo
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LA TRASCRIZIONE
lpSlUS epistolae. Anche da questi pochi esempi scelti a caso apparecome exemplum sia assai spesso usato per lettere, come gi in Cicerone (Att. 3, 8, 4 litterarum exemplum, quas ad Pompeium scripsi, misi
tibi; vd. Thes. 1. L. V 2, 1349, 47ss. e, per il valore di exemplum in
questi passi, Kornhardt, l. c.).
Talvolta troviamo nello stesso contesto exemplum ed exemplar
come sinonimi: Vat. lat. 1958 (Tacito), soscr.: in exemplari tantum
erat. Si quispiam hinc descripserit novum, sciat me quantum repperi fideliter ab exemplo transcripsisse (Sabbadini, Storia 190 n. 2); Filelfo
ep. c. 70r Accursius Pisanus. .. cum esset ab me rogatus ut XII illas
Plauti comoedias... mihi exscriberet earumque exemplar a te peteret..
respondit . . , te nentini eiusdem exemplum crediturum.
Invece in Salutati ep. II p. 194 exemplum assume forse il significato di 'antigrafo, modello': Henricus de ** repetit quoddam scriptum
super Martiano Capella: non graveris sibi dicere quod illum (sic) fed
inchoari per quendam scriptorem... Sed me decepit et vix exemplum
potui rehabere. Nichilominus si librum desiderat, mox remittam.
Il volgare 'exemplo' col significato di 'modello, esemplare di
trascrizione' in Vespasiano ep. 16, 14 le Vite 1. .. si seguitano
chongrandissima dificult che cc' (a) 2 avere questi benedetti exempri ; 25, 5 manchami alchuni exempli per finire e libri della Badia.
di Fiesole; e sono suto a San Marcho e dicono non gli possono prestare sanza vostra licenza, sotto pena di scomunicatione; Perotti
in Vespasiano ep. IO, 26 (vd. p. 135).
Il Valla, eleg. 6, 33 p. 215 In Festum Pompeium, de exemplum et
exemplar, discute a lungo sul significato e stilla differenza di queste
due parole, partendo dalla definizione di PauI. Fest. p. 72 L. exemplum est quod sequamur aut vitemus, exemplar ex quo simile faciamus:illud animo aestimatur, istud oculis conspicitur. Il Valla scrive: exemplaria multa sunt, unius tamen exempli, ut redditae sunt mihi binae"
literae tuae eodem exemplo l), id est eiusdem formae, et duo vel tria exemplaria Aeneidos, hoc est multi codices eodem exemplo: et exemplar abexemplari sumitur, non ab exemplo: nam exemplum incorporale est, exemplar plerunque corporale. Segue citando esempi classici di exemplum
ed exemplar e conclude: hi de pagina scripta, quod corporale est, intelL Vespasiano stava allestendo per Piero di Cosimo de' Medici una raccolta delle Vite di Plutarco tradotte in latino; cf. p. 136.
2. L'integrazione del Cagni non mi sembra necessaria.
192
LA TRASCRIZIONE
~opia
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194
in ep. 95 col. 126 (vd. p. 340) il Trave:-sari usa nello stesso significato exemplar.
L'uso di copia per exemplar o exemplum biasimato dal Valla
perch non della buona latinit (cf. Krebs-Schmalz, Antibarbarus
I 365): rivedendo le bucce a Poggio egli scrive (in Pog. p. 314):
Pog(ius): Redegi in parvum volumen nonnullas epistolas quas olim aa
te scripsi; id destinare constitui ad quendam Franciscum Ferrariensem et
epistolam addidi in principio, cuius copiam ad te mitto (= Poggio ep.
p. 289 Wilm.). Lau(rentius): Iam volumen pro opere multorum librorum et destinare pro mittere et copiam pro exemplari sive exemplo ostendi
non Latine dici. Non saprei dire a quale suo scritto egli voglia qui
alludere: alla parola copia dedica un capitolo delle Elegantiae (4.
65), illustrandone i significati, ma senza alcun accenno all'uso di
di copia per exemplar o exemplum.
a n t i g r a p h o n : nell'antichit greca pot significare genericamente 'manoscritto' (Liddell-Scott S. v.), ma anche, ' esemplare
di trascrizione' (soscrizione di Ireneo al 1te:pt by8o&.8ol;; in Wattenbach 321: xa.t xa.'t'0P.&6>O'"(lI;; a.'t'I;; 1tPI;; 't' &V't'typa.qlOV). Il significato
di 'esemplare di collazione' in una soscrizione latina del 402 d. C.
Oahn nr. 4) temptavi emendare sine antigrapho meum et adnotavi (cf.
Jahn nr. 8 Fl. Eutropius emendavi sine exemplario): il codice stato
cio emendato congetturalmente, senza collazione con altro esemplare. In et umanistica corrisponde perfettamente al latino exemplar
e indica esemplare di trascrizione in una lettera di Demetrio Calcondila 1: 't'WV IL&.La't'a. 8uva.'t'wv 't'LI;; ~OUe:'t'a.L ILe:'t'a.ypa.ql1jva.l o~
't'eX: 't'oi) ~'t'P&.~WVOI;; ~L~ta. &1; &V't'LYP&.qlWV Wl;; ot6v 't'e: bp.&wv. Nel
Poliziano troviamo una volta la coppia antigraphon-apographon
nel significato di 'modello' e 'copia', ma non in senso tecnico-librario: in mise. I 49 p. 598, paragonando l'epigramma sull'Occasione di Ausonio (12 p. 323s. Peiper) col modello greco di
Posidippo (Anth. Palo 16, 275), afferma la superiorit del greco:
nam in istis omnibus, ut ita dixerim, mangonissandis nescio quo pacto
Gfaeci belliores quam Romani nostri, tum velut ab antigrapho decidere
apographon erat necesse.
l.
188 7, 487.
LA TRASCRIZIONE
195
COPISTA
per ducato (Sabbadini, Scop. I 210 r. 3). Sul pagamento dei copisti e sui sistemi di trascrizione abbiamo un'interessante testimonianza di Vespasiano in una lettera stesa per lui in latino da Donato
Acciaiuoli: ep. 2, 6ss. (a Filippo Podocataro, a. 1448) superioribus
vero meis certiorem te reddidi Florentie neminem esse qui ad fragmenta
scribat. Reperirentur vero scriptores ad volumina eo pacto quo exoptas,
hoc est ut unumquodque latus quinquaginta lineas, versus vero singuli
elementa septuaginta continerent. Pretium unius voluminis essent grossi
sex. L'interpretazione di questo passo presenta qualche difficolt. La
curiosa espressione ad fragmenta scribere si oppone evidentemente all'altra scriptores ad volumina: si pu supporre che si alluda a un sistema di trascrizione diffuso anche in et umanistica (per il medioevo
vd. Lindsay 26ss.), quello per cui, per trascriverlo pi rapidamente
o per ottenere pi copie contemporanee, l'esemplare sciolto nei
suoi fascicoli era distribuito fra pi copisti che lavoravano simultaneamente 1. Una qualche somiglianza presenta il sistema della 'peeia' sviluppatosi nelle grandi universit medievali (Destrez, La pecia,
Paris 1935: per la sopravvivenza di quest'istituto fino alla prima met
del xv sec. ibid. p. 24s.). Si potrebbe anche fare un passo pi in l
e supporre che sotto l'aulico travestimento di fragmentum si nasconda
il termine medievale ' pecia '. Il Podocataro aveva forse chiesto copisti capaci di lavorare contemporaneamente trascrivendo ognuno
una parte (o pi precisamente una' pecia '?) dell'esemplare e Vespasiano risponde che si trovano solo copisti disposti a lavorare da
soli alla copia dell'intero codice. Essi potrebbero, come il Podocataro desiderava, scrivere in maniera che ogni pagina (latus) avesse
LA TRASCRIZIONE
197
cinquanta righe e ogni riga settanta lettere. Fa difficolt la frase pretium unius voluminis essent grossi sex: volumen sembrerebbe essere
un'unit di misura ben precisa, dato che serve a fissare il prezzo, e
inoltre sei grossi sembrano pochi per la copia di un codice intero.
Non so con quale fondamento il Sabbadini (Scop. I 210 n. 3) affermi:
con volumen intender un binio .
Non di rado un umanista aveva pi d'uno scriba al suo servizio 1. Poggio li istruiva personalmente a scrivere l'antiqua 2: per
tutti gli umanisti era importantissimo che la scrittura di un copista
rispondesse ai loro ideali di eleganza, chiarezz~, esattezza ortografica. Il Petrarca, facendo l'elogio del Malpaghini, che visse qualche
tempo presso il poeta, ne fu discepolo e gli prest la sua opera di
copista, cos loda la sua lrascrizione delle Familiares: quas tu olim
illius manu scriptas... aspicies, non vaga quidem ac luxurianti litera,
qualis est scriptorum seu verius pictorum nostri temporis, longe oculos
mulcens, prope autem afficiens ac fatigans . .. , sed alia quadam castigata
et clara seque ultro oculis ingerente, in qua nichil oTtographum, nichi[
omnino grammatice artis omissum dicas (ram. 23, 19, 46ss.). Guarino
(ep. 366, 14ss.) raccomandava a Giacomo Zilioli il copista fiorentino
Mariotto, scriptor ornatissimus JOrmae vetustae; il Filelfo in ep. c. 86r
chiede a Bartolomeo Bucinio di procurargli un librarius che si serva
non della scrittura del volgo indotto, ma iis litterarum notis quae
ad Atticas quam proxime accedant (vd. p. 134s.).
nam et praesto scribit et iis litteris quae sapiunt antiquitatem, ad quod eum trusi summu
cum labore: sed Neapolitanus est et ita levis, ut ad eum eomprimendum esset opus pistrino;
2, 29 p. 159s. hie scriptor meus, quem summo labore litteras antiquas edocui, Neapolitanus est; hoe eum scribo, putato eum hominem esse spurcissimum et turpissimae vitae;
ep. p. 305 Wilm. habeo scriptorem rudis ingenii et moriblls rustieanis. lam quatuor mensibusnil aliud ago quam eum doeere ut diseat seribere, sed vereor ne litus arem. Scribit
modo Valerium in quo experitur ruditatem suam, sed in diem fit stultior. ltaque damo, intono, iurgo, increpo. At is habet aures pieatas, plumbeus, eaudex. stipes, asinl4S et si quitl
stolidius ineptiusque dici potest. Dii eum perdant! Obligatus est mecum biennio, forsan
torrigetur.
contro i COPIStI: essi sono i responsabili dei numerosi errori penetrati nei testi e hanno talmente corrotto gli scritti degli antichi che
gli autori stessi non li riconoscerebbero pi I; sono pittori, non
scrittori 2; sono incostanti, leggeri, ignoranti e malfidi 3; ah, potersi
liberare di simile molestia! 4. Frequentissimi inoltre gli accenni all'inopia librariorum 5.
Le cause delle difficolt che incontravano gli umanisti nel trovare
rispondenza alle loro esigenze fra gli amanuensi di allora (scribi delle
universit, monaci ecc.) sono egregiamente illustrate dal Wattenbach (p. 484). Troppo nuove e rivoluzionarie erano queste esigenze:
essi sdegnavano come poco leggibile e lontana da un ideale classico la
scrittura del tempo; pretendevano dalla copia scrupolosa fedelt all'esemplare e correttezza fin nelle minuzie ortografiche; i testi che
volevano far copiare, non di rado da codici antichi e di difficile
lettura, erano diversi dai soliti. Cos furono costretti a trasformarsi
in scribi essi stessi 6 e ad addestrare personalmente i copisti da tenere
al loro servizio.
L Petrarca rem. I, 43 p. 54S.; Salutati de fato 2, 6 p. 342, 19ss.
2. Petrarca fam. 23, 19, 48 scriptorum seu verius pictorum nostri temporis; varo
15 non inveniuntur scriptores, sed pictores, utinam tlOn inepti.
3. Petrarca fam. 23, 12, IIISS. quanta ... sit scriptorum fides, quanta constantia,
quantus denique intel/ectus, experti scimus: pol/icentur plurima, corrumpunt omnia, nichil expediunt; seno 5, I p. 875 decies vel eo amplius retentavi ita scriptum mittere (se.
opusculum) ut, etsi stylus neque aures neque animum, litera saltem oculos oblectaret, verum studio meo votoque obstitit illa, de qua totiens queror, nota tibi scriptorum fides, industria, nobilibus non ultima pestis ingeniis; Salutati ep. III p. 505 multotiens hactenus
expertus sum scriptorum vel, ut accomodatiore loquar verbo, librariorum cum fastidia tU/ll
infidelitatem atque mendacia, tum damnosas fugas et compilationes.
4. Poggio ep. 3, 27 p. 265 hi mei scriptores tanta molestia me afficiunt, ut persaepe
mal/em carere libris quam illos tanto fastidio parari.
5. Petrarca seno 13, IO p. 1020 plebeios atque incomptos apices scriptorum raritas
absolvat; Lombardo della Seta, letto edita in Studies Ullman II 235: de copia dictorum
librorum habenda tibi ... nullo modo consulere scio, cum hic scriptorum ingens inopia
sit; Guarino ep. IO, 45ss. quae ei transcribi curabo . .. , quamvis et rara et cara hic adsit
scribentium, hoc est librariorum opera; Poggio ep. IO, 8 p. 20 cito a p. 321; Hermann
Schedel, letto cito a p. 132; Traversari ep. 218 col. 286 per librariorum penuriam non
licet; 230 col. 303 scrt'ptorum inopia; 232 col. 306 tanta quippe librariorum penuria est.
6. Nellafam. 18, 12 il Petrarca narra come la mancanza di copisti capaci (scriptorum hec intelligentium ingens raritas atque penuria) lo abbia costretto a trascrivere
personalmente il codicetto di orazioni ciceroniane prestatogli da Lapo da Castiglionchio. Interessante il metodo che egli dichiara di aver seguito, cio di legger
trascrivendo: r. 30ss. nichillegi nisi dum scribo. Quid ergo? - dicat aliquis - scri-
LA TRASCRIZIONE
199
200
rino 1, il Filelfo 2, il Valla 3, il Beroaldo l e il Poliziano 5 il termine usuale e seriptor compare solo Wla volta in Poliziano ep. 4, 9-
p.
125 6
lo Ep. IO, 46; 17, II7; 79, 22; 83,24; 223,36; 318, II; 366, 5; 408, 5; 578,.
41; 631, 7; 879, 8 e 9
2. Ep. c. 3V; 32r; 34r; 49r; 68v; 69r; 7IV; 85r; 86r; 86v; 88r; 95v; 96r.
3. Eleg. I, 17 p. 24; 2, I p. 47; 6, 48 p. 225.
4. Ann. c. C2r; C2V; c5v.
5. Mise. I 38 p. 582; 41 p. 588; 57 p. 612; 58 p. 617; 66 p. 633; 68 p. 635;':
II I, 21; ep. 2, 13 p. 58; 4, 13 p. 128; 5, 3 p. 140 ; 5, 9 p. 157; 8, 15 p. 249;.
II, 6 p. 334S.; 12, 2 p. 370; soscr. a Varrone (Maier 354).
6. In Guarino ep. 366, 16 est praeterea scriptor ornatissimus formae vetustae, scrip-tor non sinonimo di librarius, ma conserva tutto il suo valore di sostantivo ver-bale: sa inoltre scrivere elegantemente l'antiqua b.
7. Vd. ad es. Salutati de fato 2, 6 p. 343, 15: in questo capitolo del de fato.
il Salutati usa librarius per' copista' e scriptor per' scrittore '. Cf. Liv. 38, 55,8 in L. Scipione malim equidem librarii mendum quam mendacium scriptoris esse'
Antibarbarus Il 547 Scriptor ist in der gewoluichen Bedeutung Schreiber, als Ge~
gensatz vqn leetor ... , kommt aber nur selten als Benennung der Abschreibe,vor; diese hiessen librarii >l.
LA TRASCRIZIONE
20r
rem appellaverim, sed librarium aut scribam tabulariumve, cuiusmodi scriptionibus intentos videmus quotidiani usus sive ea antiquissimi temporis
sint sive novissimi: ne frustra putetis alium librarium esse alium antiquarium, ut quidam inepte distinxere. Potest autem fieri . .. ut idem utriusqueofficium simul exequatur, ve/ut aliquis forte sui ipsius opus excribat. Quoc1
saepe Pliniis meis Veronensibus contigisse solitum, minorique praecipue,
ut inter venandum aut piscandum opera sua ipsi mpnibus suis describerent, et mihi ipsi nonnunquam evenit librarium non habenti. Caeterum
scriptoris sermo ad operis duntaxat inventionem, librarius autem ad characterum exarationem pertinet . .. Nec enim exempla desunt egregia. De librariosane Tullius in familiaribus epistolis ita sentire videtur ut pro eo tantum
accipiendus sit qui opera Tulliana eius excriberet. In libris itidem civilis iuris
extat: Si librarius in transcribendis stipulationibus errasset, nihil obstare
quominus fideiussor et reus teneatur (dig. 50, 17, 92). Denique pro eo
semper qui alius auctoris libros excribit nullum apud scientissimos invenitur
praeter solius librarii vocabulum. Quod si forte transcriptorem simpliciter
dicere velimus, ne id quoque conveniet tametsi transcribat (nam potest quis
cani suo et famulo imperare, non propter id tamen imperator appellandus);
quod solis datur auctorum translatoribus seu traductoribus iisque interpretibus cum in alium sermonem alius linguae volumina transferuntur. Descriptore vero pro auctore solum omnia historicorum, poetarum, oratorum
referta sunt scripta: quo magis isti reprehendendi in tam antiquata tritaqueveterum consuetudine et regula qui semitam proprie scribendi non adhuc
videant (seguono esempi tratti dai classici)... O quam bene igitur
quidam Publius Leucus e nostris, qui in epistolarum suarum voluminibus
se omnia oratoris officia et scire et facere profitetur, in quadam epistola'
dixit: Quaeris cur liber ille meus minus limatus sito Id autem cum scriptoris vicio tum incuria mea potest accidisse. Videtisne, obsecro, quam callidissime sibi ipsi omnia virtutum officia designarit? Dum enim mentirf
nititur rem ipsam non magis potest aperire quam sui ipsius culpa qui libr;
scriptor fuerit contigisse. Quid quod idem Horatius utriusque nominis
exemplo est? Vt scriptor si peccat idem librarius usque / quamvis sit
monitus venia caret 1. Piacet adeo nunc de scriptore nunc de librariocommemorare quo magis unum ab altero nomen et officium discernatur.
I. Ars 354s.: interpretato diversamente dai moderni, che uniscono scriptorcon librarius: copiste nella trad. del Villeneuve; scriba Rostagni; = libra-rius D. Bo, Lex. Hor. s. v. scriptor; ambigui Kiessling-Heinze der Abschreiber..
gewissermassen der Setzer)}.
202
227):
LA TRASCRIZIONE
23
204
petu, velut hii qui in stadio currunt, ita fugam celerant ut vix antequam.
ad metam veniant, sa/tem pro reereando spiritu, pausam ullam Jciant:
nel che - osserva il Sabbadini - egli doveva aver innanzi agli
occhi i graziosi esemplari carolini dei secoli IX e X.
Si rifanno alla defmizione di Isidoro sia Riccardo da Bury che
il Tritemio: Riccardo da Bury, Phi/obib/on 16, I7ss. sunt igitur transeriptiones veterum quasi quedam propagationes recentium filiorum . .. Sane'
huiusmodi transcriptores antiquarii nominantur, quorum studia inter eaque comp/entur /abore corporeo p/us sibi p/acere Cassiodorus confitetur,.
De institutione divinarum litterarum, capitu/o XXxo (segue la citazione);.
Trithemius, De laude scriptorum pulcherrimus tractatus, Magonza 1494.
(H * 15617), c. bv (cit. dal Casamassima p. 542 n. 33) scriptores duplici
apud antiquos appellacione habebantur. Primi dicebantur antiquarii qui
vetera tantummodo scriberent, nomen ab officio sumentes. Secundi appel-.
/abantur librarii qui et nova scribebant et antiqua. Antiquarii cum seriberent etiam antiquis litteris utebarltur. La distinzione di Isidoro respinta
dal Decembrio polito 27 c. 59r cito a p. 200S.; ma con quidam il Decembrio alluder non ad Isidoro stesso, ma a suoi contemporanei che
ne accettavano la definizione. In Petrarca remo I, 43 p. 55 la parola
un'eco dotta e gli viene dalla sua fonte (Cassiod. !listo 2, 16):
oblitis quid Eusebio Palestinae Constantinus iniunxerit, ut libri sci/icei'
non nisi ab artificibus iisque antiquariis et petfecte artem scientibus seriberentur. Si noti che, mentre Cassiodoro diceva soltanto artificibus'
antiquariis, il Petrarca mette in risalto la seconda caratteristica: l'antiquarius era probabilmente per lui qualcosa di pi di un normale
copista. Il termine si riferisce invece alla realt presente nella lettera.
del 3I dicembre 1493 con cui il Merula annuncia a Ludovico il Morola scoperta dei codici di Bobbio 1: fruere igitur, Ludovice, vivens
gloria tua, gratulare Jto et saeculo nostro quod te rempublicam gubernante'
salus litterarum et Medio/ano prodierit; iam desinant quidam ab superba'
iactatione antiquariorum nec obiiciat alius suas bibliothecas: allusione forseai Medici, ai copisti che lavoravano per loro (per lo pi, si noti,
eleganti scrittori di littera antiqua) e alle loro due biblioteche, la pubblica e la privata ?
n o t a r i u s: nell'antichit il tachigrafo (W. Morel, RE..
SuppI. VII 586, 18ss.; Arns 5IS.). Per l'uso medievale vd. Watten-
1. Pubblicata in G. D'Adda, Indagini... sulla libreria Visconteo-Sforzesca det
castel/o di Pavia, Appendice alla parte prima, Milano 1879, 94s.
LA TRASCRIZIONE
25
bach 42IS. Guarino ep. 813, 242 (vd. p. 106); Traversari ep. 96 col.
127 (manda a Cristoforo di S. Marcello, vescovo di Rillni, alcune
'sue lettere non ancora spedite ai destinatari perch se le faccia copiare
se gli interessano) quaeso autem ignoscas huic fiduciae meae, quam nemo
fire praeter unum te esset qui non levitatis aut vanitatis incusaret et merito quidem, quippe quum te notarium rerum mearum et exceptorem fe.cisse videar. Deest enim nobis qui excipiat dictata sive scripta transcribat;
134 col. 187 ut vix tenuissimi proventus suppeditent victum neque ve!
.notarium ve! librarium ... pretio possimus conducere.
s c r i ba: nell'antichit scriba , in opposizione a librarius ' copista', il segretari, colui che tiene i libri e i conti (Kornemann,
RE.,2. Reihe, II A 848, 33ss.). In S. Girolamo indica il copista (Arns
.62). Poco usato in et umanistica: compare in Decembrio polito 27
c. 59r cito a p. 200S. e in Traversari hod. p. 64 remanserat Venetiis in
nostro monasterio Dominicus scriba noster infirmus; obque id ipsimet scripsimus omnia, nequaquam passi alium secreto visitationis admittere: qui
sembra trattarsi di un segretario.
PARTE QUARTA
Sezione I
LO STATO DEL TESTO
LECTIO
210
piaribus Iectio; 44 p. 592 propone di restituire in Perso pro!. 14 al posto del vulgato meIos, nectar, che afferma di aver letto nel lemma di
un antichissimo commento a Persio e soggiunge: et Pomponius Laetus. .. veterem se habere Persianum codicem... affirmavit huie nostraeIeetioni suffragantem; 57 p. 612 (vd. p. 162); 58 p. 616 quod ... Iegimus apud Herodianum trium spatio aetatum solitos (se. ludos saeeula-
res) instaurari, vereor ut emendata sit ibi leetio; 59 p. 626 (vd. p. 216) ~
63 p. 630 quam leetionem (la lezione di tutti i codici in Ter. Ad. II7}
etiam Donatus agnoscit; 71 p. 637 quae etiam verior esse Ieetio vel indeprobatur ecc. (la lezione potest del Vat. lato 3225 in Verg. Aen. 8,
402); 89 p. 672 Servius ... veram leetionem ... eontaminat; ibid. p. 673
(vd. p. 219); mise. II 1,9 haetenus integra leetio; 5, 3 vestigia . .. integraeleetionis; 5, 4 deleta priore leetione (vd. p. 96); 14, 5 vera et integra . ..
leetio; 14,9 (vd. p. 234); 25, 3 (vd. p. 218; lezioni manoscritte); 47.3:
codex bibliotheeae Marciae vetustior ' in Cresphonte' habet (Cic. Tuse. I,.
II5), quae verior esse leetio manifesto deprehenditur; ep. 6, I p. 164 in
Glaucia (Stat. si/v. 2, I) leetionem pluribus locis improbamus (si tratta
della lezione del carme nell'ediz. Calderiniana del 1475); 10,4 p. 312(vd. p. 277); soscr. a Cic. Att. cito a p. 292 veram leetionem conieetari;
F. Pucci in Poliziano ep. 6, 4 p. 173 (vd. p. 292; la leetio qui una
congettura); P. Crinito in PoIiziano ep. 12,21 (22) p. 405 haee ... vera~
et genuina leetio; E. Barbaro ep. II p. 90 (vd. p. 281); Avanzi emend.
c. a2V infra legit Christoforus Papallis inter caenam Asini) (Catull.
12, l) non autem Marucino; quae leetio mihi mimm in modum placet ~
c. a3r-v ignavum hominum genus parum pensitans ac omni quantumlibet
absona lectione eontentum; c. a3v quidam ut depravatissimam Apulef
leetionem imitent corruptissime legunt hunc versum (CatulI. 39, 19 defrieare V: pumicare Apu!' apol. 6); ibid. (vd. p. 214; lezione manoscritta); ibid. infra legerem: cum diva mater alites ostendit occinentes (CatulI. 25, 5); quae lectio caeteris mihi displicet minus; ibid. ibidem
(CatulI. 25, 7) utrique codices antiqui habebant cathagraphosque thynnos);
quae leetio mihi omnino placet; c. a4r infra (CatulI. 61, 213) aliqui
eodices habent sed mihi ante Iabello si l), aliqui sed hyante labello si):
neutram lectionem probo, licet Apuleius loquens de Bathyllo (fior. 15
p. 20S. Helm) secundam lectionem confirmet; ibid. infra legitur illaqueatque alia) etc. (CatulI. 64, 16), quam leetionem comprobamus; ibid.
(vd. p. 282; la lectio qui una congettura del Sabellico); ibid. (vd.
p. 282); c. a4v lege devolvit sibi lactes acuto pondera silice) (CatulI.
63, 5); quam lectionem aeeepi ex carmine Nasotlis hic a Parthenic>
2II
212
213
dosam ' melos' (Pers. prol. 14, cf. p. 280s.; la lezione nectar dunque
per il Poliziano la pi antica e la genuina, mentre melos corruzione
pi recente); 50 p. 599 (vd. p. 294); 75 p. 643 (vd. p. 273). In
Merula, pref. a Marziale (Botfield 152) facilitate nostra fieti, quo
per nos castigatum fuit, id ut publice enarraremus effecerunt, videlicet ut
discerent quibus rationibus quave scriptorum veterum auctoritate, damnata
frequenti scriptura, nostram emendationem tueremur, f r e q u e n s s c r i p t u r a 'lezione vulgata' contrapposto a nostra emendatio: vd. quanto
detto per lectio a p. 21 L
Si noti che il Poliziano usa sia lectio che scriptura, ma pi spesso
lectio, nell'Avanzi e nel Beroaldo compare solo lectio, il Valla preferisce invece scriptura.
VARIETAS, VARIUS
21 4
EMENDATUS
21 5
tus; Traversari ep. 233 col. 307 invento tandem exemplari quo versus
i!li continerentur emendatius seripti. Anzi il Traversari parla addirittura di emendati... seriptores intendendo copisti che sanno scrivere correttamente (ep. 503 col. 619).
Naturalmente emendatus pu anche conservare il suo valore di
participio e significare che stato corretto : vd. p. 265.
Anche il sosto e m e n d a t i o si trova usato per indicare lo stato
<li correttezza di un codice, la qualit dell'esser senza mende: vd.
p. 267s.
CORRECTUS
p. 274
ALTRI AGGETTIVI PER CORRETTO', 'SENZA MENDE'
c a s t i g a t u s: come i sinonimi emendatus, correctus, emaculatus pu perdere l'originario valore di participio e significare corretto, senza errori' 1: Aurispa ep. 35 p. 54 (cf. p. 143) qui
.castigatam illam antiquitatem imitentur; Merula, preE a Marziale
(vd. p. 29I).
e m a c u l a t u.s : Poliziano mise. I 40 p. 587 si quis
emacuJatum habeat codicem; ep. II, 25 p. 362 emaculata omnia et vera haberentur; B. Guarini in Poliziano ep. I, 19 p. 27 Martianum Capellam
et Senecae Quaestiones naturales opto, si modo emaculati sint codices.
o
216
i n t e g e r : vd. p. 218.
f i d e l i s, f id u s:
Guarino p. 223, 52 habet Macrobiumlitteris antiquis, fidelem, emendatum, ita ut et Graecas habeat fideoptima insertas litteras; Traversari ep. 206 col. 267 (vd. p. 256); 225
col. 294 (vd. p. 255); 385 col. 501 exemplar fidum (cf. p. 143); Merula, pref. a Marziale cito a p. 291: incorrupta atque fidelia. Fidelis
pu essere anche il trascrittore: Traversari ep. 385 col. 501 non negligas manum librariam quam optimam atque perquam celerem ac fidelissimam tibi comparare. Si dice quindi fideliter scribo, transcribo e sim.:
soscr. al Vat. lat. 1958 (vd. p. 191); Salutati ep. III p. 373s. vix enim
invenitur iam ex Petrarce Boccaciique libellis codex fideliter scriptus quique non multum ab exemplaribus degeneravit; Poliziano mise. I 41 p.
589 (vd. p. 163 n. 2).
Sull'esempio di frasi gelliane come in libro speetatae fide i (1,7, I).
in Iugurtha Sallustii summae fidei et reverendae vetustatis libro (9, 14,
26), librum veteremfidei speetatae (13, 31,6) modellata l'espressione
di Guarino ep. 379, 31 Papiam quendam litteris vetustissimis ... et fidelitate praeeipua.
s i n e e r u s : pu esser detto di codici (Poliziano mise. I 59
p. 624, cito a p. 188; cf. GelI. 5, 4, I Fabii annales, bonae atquesineerae vetustatis libri), ma pi spesso si trova unito a leetio o
seriptura (cf. GelI. 20, 6, 14 cito a p. 212): Valla in Fae. p. 601
(vd. p. 212); Poliziano mise. I 44 p. 592 (vd. p. 212). Cf. anche
Poliziano mise. I 69 tit. p. 636 'Darion' syneeriter esse apud Catullum (66, 94).
Con significato analogo usato anche il sosto s i n e e r i t a s :
Valla in Fae. p. 599 saepe . . , synceritate earebat codex; Poliziano mise.
I 59 p. 626 si quis de syneeritate lectionis istius ambigat; ep. IO, 4 p. 3II
quoties de syneeritate leetionis ambigitur. Per in pristinam sinceritatem
restituo (reduco) cf. p. 28IS.
ve r u s: (cf. GelI. 18, 9, 5 librum verae vetustatis) Gasp. Barzizza, letto cito a p. 263: quod ex unoquoque (sc. libro) verius videbatur
attentissime in hunc nostrum transtuli; Merula, pref. a Plauto (vd.
p. 314); Poliziano mise. I 97 p. 689 veri integrique eodiees. Frequentissimo in unione a leetio e scriptura (cf. Servo Aen. IO, 244 ' spcetabit' est vera lcctio): ValIa eleg. I, 17 p. 22 ed emendo p. 616 (vd.
p. 212); Poliziano misc. I 5 p. 520 cito a p. 209; 9 p. 528 expungi
veram scripturam, supponi falsam; IO p. 532; 18 p. 545; 20 p. 549;
24 p. 555; 34 p. 576; 41 p. 589; 50 p. 599; 57 p. 612; 71 p. 637~
217
89 p. 672; II 14, 5; soscr. a Cic. Att. (per tutti questi passi vd.
p. 209s. e 212). Per in veram lectionem restituo vd. p. 282.
Si trova anche il sosto ve r i t a s in Valla in Fac. p. 603 ed
emendo p. 604 e 617 citt. a p. 212.
INTEGRO
218
prinCIplum mutilus est. Cupio me eertir rcm reddas, nunquid apud vos in
deleetissima ista Medieum bibliotheca totus 1 atque ineolumis sito Quod
si, ut spero, illaesus et integer, mihi gratissimum facies, si primum eius
libri eaput transcribi feeeris.
2) 'Intatto, non corrotto': Merula, pref. a Marziale cito a
p. 291; Poliziano misc. I IO p. 532 (vd. p. 152); 69 p. 636 in elegia
.eadem Catulli ex Callimacho 'Oarion ' legitur pro eo quod sit ' Orion '
(66, 94). Quam quoniam integram adhue inviolatamque dictionem nonnulli temere attentare iam incipiunt ecc.; 97 p. 689 locus apud Suetonium in Claudio (34) ita perperam legitur in plerisque voluminibus:
- si aut ornatum aut pegma vel quid tale aliud parum cessisset~, cum veri
integrique sic habeant codices: si automaton vel pegma~; II 5, 3 exemplaria locis multis adeo mendosa sunt ut ne vestigia quidem supersint integrae lectionis; II 14, 5 (vd. p. 242) vera et integra . .. leetio; II 25, 3
in codice... vetustissimo' sororientes " in altero non aeque vetusto ' sorientes' (Plin. nato 3I, 66) habemus, quarum altera integra est lectio,
.altera vero integrae vestigium.
A volte questi due significati di integer si sovrappongono, come
in Poliziano mise. II 31,3 e 7: in Vitruvio 8, 3, 21-23 sono citati degli
epigrammi greci al posto dei quali negli esemplari a stampa c' solo
uno spazio vuoto e nella maggior parte dei codici antichi dei segni
quasi del tutto privi di significato: sed ego veterem naetus Vitruvianum eodieem. .. non adeo turbata in eo vestigia repperi litterarum, quin
versieulum quasi ariolari unum aut alterum sparsimque voces aliquas potuerim, quae cum mihi esse e!egantissimae iueundissimaeque viderentur . ..
Jolebam nimis et angebar quod non eos versus habere integros et, quod
Jicitur, sartos teetos poteram. Poi trov un antico codice greco (Laur.
56, l) in cui erano contenuti epigrammata quoque illa quae desiderabam
prorsus integra emendataque.
Dal secondo dei due significati sopra illustrati deriva l'uso di
integro per' correggere' (vd. p. 276s.). Cos i n t eg r i t a s l e et i o n i s, del tutto equivalente a integra leetio: Gianfrancesco Pico
<lella Mirandola, letto al Bembo (Santangelo p. 30) ve! etiam quae
mancipes librarii 2 integritatem leetionis dum passim eorrumpunt aedidere,
I. cf. per totus in questo senso Salutati ep. I p. 203 petita de Agellio cum presentibus accipe. Attamen, quod audivi et credo non ignores, totus Agellius Bononie est
4pud heredes domini Iohannis Ca1darini.
2. Per l'espressione mancipes librarii, che indica evidentemente i tipografi,
2 19
CORRUTTELA
Per indicare la corruttela gli umanisti si servono, accanto a paTole generiche come error, erratum, dei termini mendum e vitium,
.che hanno carattere pi specialistico e gi nell'antichit compaiono
.con una certa frequenza in contesti di carattere filologico-librario.
m e n d u m : Thes. l. L. VIII 696, 12SS. Fra gli umanisti: Salu-
220
221
prehendunt vitia paucissimique, licet corruptionem viderint, sunt qui noverint relectis vestigiis illuc unde vitia ceperint remeare pochi si accorgono degli errori e pochissimi, anche se vedono la corruttela, sono
in grado, ripercorrendo le tracce, di ritornare al punto di partenza
dell'errore (cio alla lezione originaria); Beroaldo anno C. b4I apud
eundem locus est depravatus unius litterae inversione; quae quamvis sit
parva corruptio, totam tamen obscurat eloquutionem.
d e p r a v a t i o : Facio invect. I p. 525 (vd. p. 230 n. 2); Beroaldo anno C. CH quae nominis depravatio historiam pervertito
d e p r a v a t u m : Facio invect. I p. 525 in emendando aliquo
depravato (cf. p. 230 n. 2).
Si noti infine l a p s u s in frasi come le seguenti: Poliziano
mise. I 53 p. 606 nec sane lubricus ex literarum vicinitate sit in alterutrum nomen lapsus; 61 p. 628 lubricus... sane lapsus in 'aconitum'
d~ , conio' (cf. p. 235); II 14, 4 videlicet c et llitteris in d coagmentatis
parato lapsu; Bessarione, PC. 161, 625A facilis est enim ad errorml
lapsus quoties ecc. (vd. p. 235 n. 3).
Per indicare in generale lo stato di corruzione di un codice o
di un testo si trovano usati: c or r u p t i o (Salutati ep. III p. 373
dici quidem non potest quam molesta michi sit ista corruptio que libros
omnes invasit; p. 518 ago tibi gratias de orationibus ilfis quibus summe
delectatus sum, licet solita talium rerum corruptio minus iocundam fecerit
lectionem; IV p. 83 video ... quod corruptione librorum in errorem communiter imbibitum incidisti); i n c or r e c t i o (Petrarca seno 13, IO
p. 1021 incorrectionem operis, si qua occurret, mea excuset occupatio,
qua obsessus feci haec per alios revideri; Zenone Amidano, letto a P.
C. Decembrio (Sabbadini, Storia 272) placet mihi vehementer quod
. .. statueris... epistolas illas Plinianas emendare. Nam etsi minime
dubitem propter earum incorrectionem provinciam hanc non mediocri tibi
labori . .. Jturam ecc.); m e n do s i t a s (Poggio ep. 4, II p. 32 1
nisi esset mendositas exemplariorum; cf. Thes. 1. L. VIII 709, 74SS.).
CORROTTO
Per 'corrotto' gli umanisti possiedono una ricca gamma di aggettivi. I pi usati sono corruptus, depravatus, mendosus, che possono
indicare sia le condizioni del testo tradito sia lo stato di corruzione
di un determinato codice sia la corruzione di singoli punti del testo
222
22].
d e p r a v a tu s: I) riferito a codici: Guarino ep. 217, 39(vd. p. 295 n. 2); 366, 12 minus depravatum habebis volumen; nam
multis in locis emendavi; ValIa eleg. 2, I p. 47 (vd. p. 220); Poliziano
ep. 5, 9 p. 162 in eodicibus depravatis.
2) Riferito a lezioni: Beroaldo anno C. a4v versus est in III
Fastorum depravatus; c. b7V pauea ex plurimis depravata attingam; c.
C5V duae sunt iunetim dietiones depravatae; Poliziano mise. I 24 p. 556neque autem ignoro depravatam fere ubique esse seripturam; 34 p. 576
voeabulum alterum quod est I5pyocvov de Craeea seriptura depravatum mi-o
gravit in Latinam.
m e n d o s u s: gi anticamente detto de scriptura, mendis:
librorum (Thes. 1. L. VIII 710, 19ss.).
I) Riferito a testi: Beroaldo anno c. b7v (vd. p. 229); Poliziano ep. 12, I p. 366 quasi vero non eonstet hymnos istos, quos etiam
224
illud ecc.; 75 p. 643 locus ... qui sit mendose nune legitur ecc.; 81 tit.
p. 662 de Oeno et asello quodque apud Propertium mendose legitur ' orno';
89 tit. p. 672 qllod Servius grammatieus Bucolicos Maronis versus tam
mendose legit quam falso enarrat.
P. C. Decembrio usa la forma m e n d a t u s non testimoniata
nel latino classico: letto al Pizolpasso in Sabbadini, Storia 271 opus,
ut intelligo, aetate nostra mendatissimum.
Accanto a questi, che sono i termini di gran lunga pi usati,
troviamo nel significato di 'corrotto', 'scorretto' anche altri aggettivi.
i n c o r r e c t u s : gi nell'antichit usato col significato di
non correctus, non emendatus (Thes. l. L. VII I, 1030, 24ss.).
Petrarca fam. 18, 5 tit. ad Gerardum monachum Cartusiensem, sepe
doctorum hominum libros incorrectiores (' pi scorretti ') esse quam reliquorum; 22, 3, 25 (vd. p. 304).
i n e m e n d a t u s: gi anticamente dal significato originario
di 'non corretto', 'non riveduto' (Thes. l. L. VII I, 1292, ISS.)
si era sviluppato quello generico di 'scorretto': ad es. Hier. in
Ezech. 12, 40, 5ss. dum de inemendatis scribuntur inemendatiora de
verbis Hebraicis facta esse Sarmatica; prae! vulg. Par. iuxta LXX
(vd. p. 233 n. 4). I due significati coesistono anche nell'uso
umanistico.
I) 'Non corretto', 'non riveduto ': Guarino ep. 224, 23 is
... Macrobium De Saturnalibus (at)que Aulum Gellium De noctibus
Atticis habere dicitur; quos et ego habeo, sed cum eos emendare cupiam,
illos, te interprete, ab eo habere velim: indignum enim censeo ut qui me
in dies meliorem ]aciunt, ii apud me inemendati maneant; Valla emendo
p. 608 hoc vos in regio codice re1iquistis inemendatum, quod sic emendandum erat; Poliziano ep. IO, 9 p. 317 cogistu quidem me, Laurenti, carmen edere inconditum, inemendatum; cos pure in una singolare soscrizione a un codice del XV sec. di una traduzione del Menone di
Platone, finit Mennon inemendatus (Wattenbach 343 n. I), inemendatus allude senza dubbio al fatto che il codice non stato emendatus ad exemplar: nullo correctoris dente percussus direbbe il Petrarca
(!am. 18, 5, 46).
2) 'Scorretto' (sinonimo di eorruptus, depravatus): Guarino ep.
210, 28 hactenus apud nos obversabatur liber Ciceronis De oratore, ita
tamen obtruncatus et dilaniatus, ut eum maxima (pars) operis elegantissimi . .. perisset, inemendatum etiam quod reperitur extaret; Poggio ep.
15
226
227
I. Boccaccio de montibus c. 54r sic, dum potius visa quam intellecta designant quandoque vacillante memoria et nonnunquam dum ex non intellectis multa superflua arbitrantur et auferunt, aut casu aut eorum permutant iudicio: eo ante alia itum est ut sit (si
ed.) ortographia deiecta diphthongi aut sublatae aut debitis privatae notulis (<< -abbandonata l'ortografia del dittongo che o omesso o privato dei segni necessari ; il secondo caso forse quello dell'e cedigliata che viene trascritta come semplice e),
punctatio omnis ommissa et signa perdita quorum opere locutionum variationes percipi
consuevere ac insuper opere talium diminutis aut additis aut permutatis in dictionibus
litteris, aliter hodie legantur quam veteres illustresque scripserint auctores necesse est et,
quod longe perniciosius, esto huiusmodi scriptores advertant se minus recte pinxisse, ne
delentes errorem maculam operi suo iniecisse videantur, ultro praetereunt, correctis pulchros praeponentes codices (cf. Hier. praef. vulg. Iob iuxta LXX: tanta est enim vetustatis consuetudo ut etiam confessa plerisque vitia placeant, dum magis pulchros habere
malunt codices quam emendatos). Si confronti anche il passo del Clmanges cito a
p. 203S.
2. A questo tipo di corruttela ricorre il Poliziano per spiegare l'interpolazione di un verso di Esiodo (vd. p. 234).
3. Rufino, De adulteratione librorum Origenis, PG. 17, 6I5SS. (sulla questione
vd. ad es. G. Bardy, Faux et fraudes littraires dans l'antiquit chretienne, Rev. d'hist.
ecels. 32, I, 1936, 28ISS.).
228
Inscitiae cod.
Polito 75 c. 179v-I8or quis librarius tempestate nostra dabitur, Ilisi idem oratoriae sit poeticaeque fcultatis industrius, quantumvis librum ei des emendatissimum,
qui pari tenore prorsus excribat ut in exemplari constiterit? immo qlli non se doctius illtelligere putet quam auctor ipse vel libri domitlus, si quidem politius littcrarum characteres elfinxerit, in quorum sola .figuratione seu pictura orthographiam ipsam consistere
creditur? .. Solent ... ex Hetruria Florentinaque civitate potissimum libri quam venustissimefacti comparari feruntque ibi Vespasianum quendam eximium bibliopolam librorum librariorumque solertissimum, ad quelli omnis Italica regio longinquae etiam nationis homines confiuunt quicunqlle libros amatissimos venales optant. Qllem licet arbitramur
Leonardi (il Bruni) Carolique (il Marsuppini) Aretinorum diligentia exemplaria bona
conquircre, tamen, Ilt antea dixi, CUlli alio modo exemplaria sint, alio librariis excrib,mtur.
Quo satis eos percipitur neque syllabarum intensionem depressionemque cognoscere, quae
productae vel breves propter carminis ignorationem (<< per l'ignoranza del metro ~),
I.
2.
229
ribus et pluribus non dico vitiis, sed portentis scatet, nempe quia diu iacuit
infrequens et cunctanter aditus. Sunt libri eodem quo arva fato: si negligantur, sentes alunt et monstra quibus tollendis non unus Hereules sit
satis; Beroaldo anno c. b7v Apuleius Madaurensis plurimis scatet mendis propterea quod plurimi eius leetionis sunt infrequentes: quae res seriptorem luculentum atque eruditum non solum reddit serupulosum, sed etiam
in dies magis menJosum facit 1. Il Petrarca, giustificandosi con un amico
perch gli manda un codice delle Confessioni di S. Agostino non
corretto dopo la trascrizione, lo esorta a non aspettarsi dagli uomini
dotti libri pi corretti: infatti per gli indotti ogni pi piccolo errore
d'inciampo e perci essi si affannano a liberare i loro codici dalle
corruttele, ma i dotti, che han la mente a cose pi alte, agilmente
sorvolano su queste rninuzie (fm. 18, 5).
Il criterio paleografico largamente usato dagli urnanisti nell'emendare. Vi accenna esplicitamente gi Gasp. Barzizza a proposito dell'emendazione del De oratore (cf. p. 263s.): litterarum figuras
similitudine aliqua inter se commutatas multis locis correxi 2. Nel Facio,
come ora vedremo, troviamo addirittura un tentativo di elevare,
almeno in teoria, il criterio paleografico a supremo criterio di emen-
per quam etiam alias geminari litteras, alias simplices re!inqui opus sit, neque quando cum
eh ve! ph seu th aut y, quod Graeci psilon vocant (cio i-psilon), scribi conveniat, ipsis
duntaxat arbitrio suo describentibus. Ad quae incommoda sponte commissa auidit insuper
incommodius i n Graecornm sermonum defectiones frequenter incidere quasi fenestras, sei
contrario more obscuritatem legentibus opponentes, tum in sermones depravatos (nam de
superfluo geminatis tolerabilius). Eninvero intelligere quae pingit, non pingere tantummodo librarium decet. Si noti sermo 'parola' (cf. polito 3 c. 8v cito a p. 85 e 27
c. 78r cito a p. 41).
I. Questa teoria ripetuta ancora dal Robortello in Aeschyli Tragoediae, Venetiis 1552, c. [34v in aliis tragoediis coniatura opus non fuit, quod apte et recte fuerunt
a librariis descriptae. Videntur enim veteres illas in primis adarnasse,. quo factum est ut.
cum eas potissimum in scholis suis auditoribus interpretarentur, nulla in iis inhaeserU
macula. Conversa ratio in aliis fuit: cum enim a paucis legerentur et describerentur, amissis vetustis exemplaribus, vix unus et alter invenitur liber in quo illae descriptae sunt,
atque utinam rate! Cum enim minus tritae essent hominum lectione, filctum est ut minus
etiam splenderent plurimisque inficerentur maculis.
2. Pomponio Leto, pref. a Varr. ling. (Botfield 138), afferma di aver corretto
e n. 63).
2. Facio invect. I p. 525 ausus es profiteri... te emendaturum omnes depravationes
XXXIII
que in operibus Livii librariorum vitio ceciderunt. Quod nec Aretinus nec Guarinus nec
ante eorum etatem Franciscus Petrarcha nec multi alii nostre etatis doctissimi viri corrigere
ausi sunt, id tu, homo indocte, corrigere audebis? Si corrigi liceret proprio arbitratu atque
iudicio, quod a te fieri intel/igo, quot censes esse qui te hac parte superarent, a quibus ingenio et eloquentia vinceris, qui pudore ac modestia id facere desinunt? Sed nescis adhuc,
ut video, qua ratione textus corrigendi sint. At ego illud ostendam et gratis. Opportet enim
in emendando aliquo depravato ut similitudo et numerus litterarum conveniat.
231
1. Talia quoque emnt quae sequuntur. Aut sicubi id non fiet, non reprehensione
dignum erit, sed maiore miraculo. Pi oltre non manca di coglier l'occasione di alcune
arbitrarie correzioni degli avversari a Liv. 21, 3I, 6 per rinfacciar loro il loro stesso
principio cos male osservato e contrapporre i suoi emendamenti assai pi rispettosi del testo tradito: emendo p. 604 o lippi, o aliis quae vpbis multa est lippitudinem
exprobrantes, estne istud servare similitudinem, servare numerum literarum in coniectanda
scripturae veritate, alias dictiones eximere, alias adiicere? Videte quanto id a me syncerius
,ustoditur.
2. Cos ad es. in Liv. 22, 7, 14 emendando ab ortu in ab orto, non d una spiegazione paleografica dell'errore, ma lo considera un'arbitraria correzione di qualcuno che non aveva capito il testo: emendo p. 607 senatum praetores per dies a1(quot
,ab ortu ad occidentem solem in curia retinent}): opinor autorem 'ab orto' scriptum reliquisse, id est ab orto sole, idque aliquos vestri similes mutasse. Aliquos vestri similes
una frecciata agli avversari, che talvolta, non avendolo capito, avevano corretto
il testo dove non ce n'era bisogno.
,
3. Si veda anche R. Valentini, Le Emendationes in T. Livium di L. Valla,
- St. it. di fil. dass. }) 15, 1907, 262-302, in particolare le pp. 283-89 (Il criterio paleogreifico nelle Emendationes).
dell'errore nella grafia haut per haud t. La grafia Annibai per HannibaI e l'erronea interpretazione dell'H iniziale (al principio del libro)
come abbreviazione di un haec l'origine dell'errore in Liv. 23, I,.
I, dove il Valla si avvide per primo che l'haec iniziale andava espunto 2.
Molti errori nascono da errata divisione di parole: cos subve-
here temporium per subveheret emporium in Liv. 21, 57, 5s. 3 , distrahendo per dis trahendo in 22, 2, I 4, utilis per ut illis in 22, S0, 2, vasis
erat per vas iis erat in 23, 24, 12, ecc. (vd. Valentini cito p. 2845.).
Quest'ultimo tipo di errore era largamente noto agli umanistL
Gi il Barzizza, parlando della sua edizione del De oratore, accennava.
fra l'altro alle correzioni apportate dividendo meglio le parole(multa divisa composui, plura composita divisi; cf. p. 263s.) e Poggio.
nelle sue revisioni o trascrizioni di codici antichi restituisce spesso
l'esatta lezione ridistribuendo meglio parole divise male (vd. p. 173e Appendice I p. 335s.). Per il Beroaldo vd. pi avanti.
L'errore pu nascere anche da un'abbreviazione fraintesa dal co_o
pista: in Liv. 23, 28, 4 il Valla emenda consentirent in consules sentirent
e spiega (emend. p. 612): consules una syllaba scriptum erat ut in plurimis verbis fit: la conoscenza di questo tipo di errore gli permettedi emendare in Cic. Jam. I, 2, 2 e 2, 7, 4 tyranno publio lentulo di tutti
i codici in tribuno plebis (eleg. 2, I p. 47). Questo tipo di errore era
ben noto anche a Bartolomeo della Fonte, che emendando Liv.
26, 15, 8 scrive: non 'populoque romano' sed 'praetore' dicendum.
I. Emend. p. 610 nam quidam haud' per t scribunt hincque fuit erroris causa.
Di nuovo corregge un ut in haud in Liv. 24, 8, 5 (einend. p. 615).
2. Emend. p. 610 haec Annibal . .. : .. , Caeterum quid sibi vult primum illud'
verbum haec '? Ego supervacuum existimo et hac de causa adiatum, quod ii qui"
Annibal sine aspiratione scribunt, ipsam figuram aspirationis in principio libri"
nonnihil distare a sequenti vocali et forte maiuscule scriptam videntes, non partem
huius nominis, sed aliud esse putavemnt. Igitur haec " quod vicinum in scriptura erat,
interpretati sunto
3. Emend. p. 606 vos nihil aliud quam dempsistis iIlud t, ut emporium ' tantullt
esset, non intelligentes literam illam ad praecedentem pertinere dictionem (cf: sopra, p.
108).
4. Emend. p. 607 dum consul placandis Romae distrahendoque de/ectu operam
dat . .. : vos sic emendatis: dum consul placandis diis Romae distrahendoque de/ettu
nescientes distrahendo ' duo verba esse: dis " quod fere veteres non gemino ii scribebant et trahendo " id est differendo; nam distrahere delectum nusquam Iegimus.
est. Sed enim quoniam c praetore ' 1 duabus primis litteris c pr' antiquitus notabatur, inerudita saecula pro c praetore' c populum romanum ' multis in codicibus transcripserant (C. Marchesi, Bartolomeo della Fonte,.
Catania 1900, 163; Sabbadini, Metodo 60).
Anche il Beroaldo tien conto nel congetturare della similitudolitterarum: anno c. b4v ita ... in omnibus codidbus scriptum legitur:
elivorum quoque oculi ad easdem vices lunae maiores fiunt aut minores
(GelI. 20, 8, 6) ... Ex litterarum similitudine locum mendosum ita emendandum censeo ut pro c elivorum' legas c aelurorum '. Un paio di volte
egli sottolinea di aver corretto unius tantummodo Iilterae immutatione 2
e ripete spesso di aver tenuto presenti nel congetturare il senso e le
lettere 3. Anche a lui ben nota la categoria di errori originata da
errata divisione delle parole e richiama in proposito un'osservazione
di S. Girolamo: anno c. qv scribit divus Hieronymus in prologo Paralipomenon 4 quod saepe culpa scriptorum unum nomen in duo vel tria
vocabu1a dividitur; quod verissimum esse in compluribus aliis scriptoribus
tum in Plautino poemate deprendi ubi saepe duo ve! etiam tria nominasubtractis e medio syllabis in unum vocabu1um coagmentata deprendes vel
e regione unum nomen propter latitudinem suam in duo ve! tria vocabuhr
divisum. Legebam adeo nuper Persam P1autinam fabu1am in qua sic 10I. Cos il testo del Marchesi. Il Sabbadini, che desume la citazione dal Marchesi trascrive praetor, ma praetore va benissimo.
2. Ann. c. a3v: in Ov. fast. I, 454 la vulgata era Inache laute, ma il Beroaldo.
ritiene che sia da leggere Inachi vacca: ita hunc locum audentius (audientius ed.) emendavi nactus reverendae vetustatis codicem in ql40 ita scriptum legimus: Inachae vacca;
ubi unius tantummodo litterae immutatione versus emendandus fuit et in Nasonis fami-liam redigendus; c. C2r apud eundem (sc. Hieronymum) libro secundo contra Iovinianum
(cap. 36, PL. 23. 349A) in pervulgatis impressisque codicibus haec verba leguntur: nUl.le
restat ut Epicurum nostrum sudantem in hortulis suis inter adolescentulas et mulierculasalloquamur . Ego vero illud c sudantem ' emendandum esse censeo et unillS tantummodolitterae immutatione legendum 'subantem'.
3. Ann. c. b4r quocirca nos et sensum et ipsos litterarum apices curiose speculati
ita emendavimus (emenda oronus... ad apulos in Oratianus... atabulus in Gell. 2,_
22, 25); c. crr nos pensitato sensu et litteris non multum immutatis correximus ' varias
(Ascon. tog. cando p. 88 Clark. ove si leggeva vertias); c. C4r nos vero pensitatis
curiosissime et verbis et sententia, paulatim demutantes, ita correximus (corregge, in
Plaut~ mi/. 1178, causae hanc habeas furugene in causeam habeas ferugineam).
4 Prae! vulg. Par. iuxta LXX: scriptorum culpae ascribendum, dum de nemendatis inemendata scriptitant; et saepe tria nomina, subtractis e medio syllabis, in U/ll4m
vocabulum cogunt ve! e regione unum nomen propter latitudinem suam in duo vel triavocabula dividunt.
234
quitur Toxillus servus (V. 480): hU,le ego hominem hodie intra semina
doetis dueam dolis; ubi illud 'intra semina' ita emendandum est 'in
trasenna '.
Anche negli scritti del Poliziano non mancano spiegazioni dell'origine delle corruttele e cenni a vari tipi di errore. Cos ad es.
egli sapeva che i nomi propri e le cifre sono maggiormente soggetti
a corrompersi 1, che un'interpolazione pu essere originata da una
nota marginale penetrata nel testo 2, che turbamenti nell'ordine del
testo hanno spesso origine da quaternioni o fogli fuori posto nell'archetipo 3. In mise. II I, 21 (vd. p. 44), per spiegarsi l'erronea ripetizione di una medesima frase, pensa che il copista abbia distrattamente trascritto anche il richiamo in fondo al quaternione. In un
altro capitolo della II centuria, mettendo a confronto le due lezioni Stereocles e Stereodes, fa notare come la seconda derivi dalla
prima per una lettura erronea di cl 4. Il criterio paleografico occupa
un posto eminente nella ratio emendandi del Poliziano: le sue congetture sono in genere assai aderenti al testo tradito; talvolta egli
sottolinea come basti un lievissimo ritocco alla lezione tramandata
(mise. I 53 p. 607s. in codice . .. quem fuisse aiunt Francisci Petrarchae
primitus . .. sic adhuc extat: ne miniata ceruia tua. Quod si penultimae
dictionis penultimam literam paululum a summo produxeris, hoc est de i
litera l feceris, omne proculdubio mendum sustuleris; cf. p. 292) e in misc.
II 14 dopo aver proposto di emendare in Cic. off. I, 61 Stercocles
in noster Cocles o hinc noster Cocles (cf. p. 288), non ancora soddisfatto soggiunge: possis etiam lectionem non aspernabilem colligere de
litteris ipsis e ricava da Stercocles una lezione plausibile per il senso,
anche se decisamente brutta, senza apportare altro mutamento che
la divisione in tre parole e la facile correzione della r in t. Il discorso
del Poliziano un po' lungo, ma val la pena di riportarlo per intero: nam, quod multis locis auditoribus nostris ostendimus praesertimque
1. Mise. I 58 p. 617 at enim quoniam lubrieus in propriis nominibus et item in numerorum notis librariorum lapsus, vitiata ista... in Censorini commentario reperies.
2. Mise. lIso, 14 (vuoI espungere, adversum omnium eodicum fidem, Hes. op.
406) crediderim igitur hominem aliquem, non indoetum, sed a re uxoria . .. abhoffentem,
eum versieulum priorem legisset Hesiodi quo de domo, uxore et bove meminit, ascripsisse
ioeantem versieulum hune posteriorem sui eodieis marginibus.
3. Mise. I 25; II 1 e 2.
4. Mise. II 14, 4 reperiebam in antiquiore scriptum. .. 'Stereocles' j at in Bononiensi ' Stereodes '. vide/ieet c et l litteris in d eoagmentatis parato lapsu.
235
236
LACUNA
Nei codici medievali deest o deficit erano i termini usuali per indicare lacuna (Wattenbach 274) e lo rimangono in et umanistica:
si vedano le note a codici riportate in Sabbadini, Storia 81 (hic
deficit una carta) e 217ss. (indicazione delle lacune nei codici di Celso);
Biondo Flavio, soscr. all'Ottob. 1592 (Nogara XXXVII) pauca admodum verba deficiunt (cf. p. 3I); Poggio ep. 3, 17 p. 217 cito a p. 327;
ep. p. 460 Wilm. septem reperi M. Tulli orationes . .. , octava pro RosciO'
comedo cui deest principium et finis; descrizione di un codice di Cic.
de or. (cf. p. 31) deficiunt in II multa verba et semiversus; nota al
Vat. lat. 11458 cito a p. 37; Traversari ep. 226 col. 296 (vd. qui sotto); 281 col. 376 (vd. p. 286); Avanzi emendo c. a3v lege: iam me
perdere, iam non dubitabas fallere, perfide (CatulI. 30, 3): aliis codicibus deficiebat 'fallere'.
Si trova anche de s i de r a tu r : P. Bembo ep. I, 7 p. 12 (d
notizia al Poliziano del ritrovamento della Gigantomachia di Claudiano frammentaria) quanquam in illis ipsis quae desiderantur non valde'
multum amisimus.
Si noti infine l'espressione m i n u s e s t (h a b e tu r) 'manca '.
Nel Vat. lat. 5951 (Celso) una mano del XIV sec. ha indicato le
lacune con note di questo tipo: hoc minus habetur usque huc; hoc
minus est; hinc habetur minus quam in nostro habetur (Sabbadini, Storia
223) 1.
Per 'lacuna' gli umanisti dispongono di vari termini.
d efe c t u s : usato gi nel medioevo (Wattenbach 274). Salutati ep. I p. 253s.: ha ricevuto l'Africa del Petrarca e vi ha trovato
una lacuna di almeno due libri: qui deJctus quomodo irrepserit ego
nescio; Guarino ep. 216, 19 statui . .. cum Iohanne Arzignano ut deJctus
Oratoris mei suppleat (l'Arzignano aveva portato da Milano l'arato,.
integro e Guarino si faceva completare da lui la sua copia); Traversari ep. 226 col. 296 (ringrazia il Barbaro per l'invio di un codice
antico delle epistole di Basilio) verum hanc meam voluptatem haua
parum obscurat eius operis deJctus non minimus ... : quatuor enim et
237
23 8
239
LACUNOSO, MUTILO
di s c e r p tu s: Petrarca fam. 24, 7, 5 (a Quintiliano) Ora.toriarum institutionultI liber, heu discerptus et lacer, venit ad manus meas.
fra g ltI e n t a tu s (non attestato nell'antichit): Poggio ep.
3, 29 p. 267 in his sunt multa volultlina quae longultI esset reftrre; dicit
se habere multoru1l1 operum Ciceronis, in quibus sunt orationes De lege
.agraria, In Pisonem, De legibus, De fato, et plura alia ex fragmentatis,
.quae si essent integra, magnum esset luerum ( dice di avere volumi di
molte opere di Cicerone, fra le quali le orazioni De lege agraria . ..
e molte altre fra le opere lacunose; se fossero integre sarebbe un gran
guadagno .
i m p e r f e c t u s : Petrarca seno 15, I p. 1049 libri De oratore
.ae De legibus imperfteti ut ftre semper inveniuntur (imperftetus qui vuoI
.dire non solo 'senza la fine', ma anche ' non completo, lacunoso';
infatti il De oratore, prima della scoperta del codice di Lodi, era interrotto in pi punti da ampie lacune); Salutati ep. I p. 33 3 non
possum credere quod libros De finibus bonorum et malorum non habeatis.
Si apud vos sunt, eum michi sit liber ille imperftetus, utpote qui usque
.ad quartum librum proeedat usque ibi: ( atque pIena eorum qui eum de
summo bono quererent et cetera (Cic. fin. 4, 36), nam ulterius non pro"edit, desidero habere eomplementum eiusdem quarti et totum quintum;
Poliziano, soscr. ad Ov. medie. (Bandini, Ragion. LXIII) puto hocimperJeetum esse opuseulum: nei due esempi del Salutati e del Poliziano
imperftetus vuoI dire 'mutilo della fine'.
i n c o m p l e t u s, i n e x p l e t u s: Salutati ep. I p. 332 (Milonianam) habeo adeo eorruptam et inexpletam, quod dici potest me illam
penitus non habere... Gratulationem ad senatum Pro reditu de exilio
habeo, sed, ut arbitror, ineompletam, non enim proeedit nisi usque ibi:
~ non omittam, patres eonscripti, ut eum ea miehi sint restituta ) et cetera
{p. red. in seno 39)... Gratulationem ad populum Romanum habeo
similiter inexpletam, videlieet usque ibi: ( neque solum ingratus et cetera
(p. red. ad Quir. 23); Aurispa ep. 91 p. II3 (Cieeronis ad AttieulII
.epistulae) inveniri ... solent plerunque ineompletae.
i n t e r c i s u s : nell'antichit intercido usato per indicare la
mutilazione intenzionale di uno scritto a scopo fraudolento (Thes.
1. L. VII I, 2162, 47ss.). Negli scritti del Poliziano compare pi
volte l'agg. intercisus 'lacunoso': collaz. di Plin. nat., C. 16u (Maier
352) hic intercisus erat vetustior codex usque ad principium XXI libri
(cf. p. 263): si tratta di fogli mancanti in IDIO dei codici collazionati,
il Riccard. 488. Di guasto materiale pu trattarsi anche nel codice
conferma il paragone con Ippolito, 'fatto a pezzi ' e quindi 'turbato, disordinato'.
m a n c u s : Poggio ep. 4, 4 p. 30,5 d,' Agellio et Curtio ridieulaquaedam attulit: Agellium scilieet truneum et maneum.
m u t i I a t u s, m u t i I u s : Traversari ep. 232 col. 30,5s. eius
operis duo sunt exemplaria, neutrum perfeetum, sed utrumque, quantum
eoniieere possum, mendosum atque interdum mutilatum; Beroaldo ann.
c. b8v apud Pedianum Aseonium... multa mendosa et mutilata reperiuntur; Poliziano, collaz. di Plin. nat., c. 59r (vd. p. 247s.);.
mise. II 14, 5 (Cic. olf. I, 61): trovata nei codici la lezione Stereocles il Poliziano cominci a riflettere num vera et integra fort: leetio
eolligi de vestigiis illis paene eongruentibus posset, ae tandem sie aestimavi :trunea ibi esse quaepiam et mutilata reponendumque pro illo ' Stereocles ,.
'noster Cocles' aut, si magis audendum putas, 'hine noster Cocles';.
II 51, I (cf. p. 222); Girolamo Donato in Poliziano ep. 2, 12 p..
56 (vd. p. 2I7s.).
t r u n c a tu s, t r u n c u s (obtruneatus, semitruneus): Petrarca
fam. 24, 4, 94 (a Cicerone) quin et superstitum librorum magnas partes
amisimus. .. Hoc enim. .. in tuis maxime oratoriis atque achademicorum
et legum libris patimur, qui ita truncati fedatique evaserunt, ut propemelius fuerit periisse; Guarino ep. 2Io, 26 (vd. p. 224); 578, 46 (vd.
p. 253s.); Poggio ep. 4, 4 p. 305 (vd. qui sopra); Traversari ep..
225 col. 294 duos reliquos (se. libros) extremos, De ira Dei et opificio hominis, semitruncos adtingere ausus non sum (cf. p. 255); 234 col.
308 (vd. p. 137); Poliziano mise. II 14, 5 (vd. qui sopra).
SEZIONE
II
LA CORREZIONE
Distinguiamo:
Il la revisione di un'opera da parte dell'autore stesso o di
altri mirante a migliorare il testo o ad eliminare errori di forma o
di sostanza. un momento della formazione dell'opera che si indica cogli stessi termini emendo e corrigo usati anche per la critica
del testo.
2) La revisione della copia dopo la trascrizione mediante collazione col suo modello. Fu praticata dall'antichit al medioevo all'et umanistica. La raccomandava vivamente Ireneo al termine dd
suo m:pt b'~ocX~o e la sua raccomandazione citata da Eusebio
nella Storia ecclesiastica (5, 20, 2), e da Girolamo, viro ill. 35 (vd.
p. 252) e compare anche in alcuni codici al termine della prefazione
di Girolamo al Chronicon (Arns 65s.). Per la ripresa di questa raccomandazione nel medioevo e in codici umanistici vd. rispettivamente
Wattenbach 26IS. e Ullman, Origin 82 n. 3. Frequente nei codici la
soscrizione contuli (vd. p. 246). Questa revisione della copia fa parte
della normale routine della produzione libraria: si vedano i due
elenchi di operazioni dati da Riccardo da Bury e dal Petrarca (vd.
p. 64), nei quali, subito dopo la scrittura dei codici e prima della
miniatura e legatura, ricordata la correzione (corrigunt nel Petrarca.
correctores in Riccardo). Come appare gi dalle soscrizioni della
tarda antichit, il correttore in genere persona diversa dallo scriba.
Il Salutati de fato
2,
6 p. 343,
1755.
245
pi antico della tradizione, ma per migliorare il testo di cui dispongono introducendovi le varianti che appaiano preferibili (Gasp. Barzizza, letto al Corner cito a p. 263s.: omnia quae potui antiquiora librorum exemplaria collegi; quod ex unoquoque verius videbatur, attentissime
in hunc nostrum transtuli; Leonello d'Este, letto all'Aurispa in Guarino
ep. III p. 307S. unum in primis te orare velim, ut prohemium Plinii in Historiam naturalem transcribi facias transcriptumque ad diversa exemplaria
tua ista eruditissima dextera emendes). Quando Poggio dice Philippicas ... emendavi cuni hoc antiquo codice (ep. 3, 17 p. 216) allude allo
scrupolosb confronto ch'egli ha fatto del suo codice con un altro
molto antico e autorevole, il Bas. S. Petri H 25; ma in questa collazione egli ha eseguito contemporaneamente tutto un complesso
di operazioni critiche: ha operato la scelta fra le varie lezioni, ha
corretto, nel trascriverne le lezioni, gli errori del manoscritto colzionato, ha introdotto talvolta congetture proprie (vd. Appendice
I, p. 33 lSS.). Un'eccezione costituita in un certo senso dal Poliziano, col quale si arriva a una distinzione fra il momento del conferre e quello dell' emendare (cf. p. 2615S.), prima confusi anche nella
terminologia (emendare ad exemplar infatti una delle espressioni
pi diffuse per 'collazionare' nel latino umanistico). Il Poliziano
ripete pi volte nelle soscrizioni a collazioni di aver riportato fedelmente tutte le varianti del manoscritto collazionato, anche i mani""
festi errori. Questo nuovo comportamento dettato dalla consapevolezza che spesso i manoscritti antichi serbano lezioni che, pur
corrotte, sono pi prossime alla vera (mise. I 57, cf. p. 162). Ci sono
anche, in lui, i primi accenni di classificazione dei manoscritti (vd.
p. 3I 5 n. 2). Tuttavia nella sostanza la sua critica testuale nei Miscellanea resta di tipo tradizionale: egli continua a prender le mosse
dalla vulgata e ad emendare o col ricorso ai codici o per congettura.
critica del testo, augurandosi, come rimedio alla crescente corruttela, l'istituzione
di pubbliche biblioteche a cui siano preposti uomini dottissimi qui libros diligentissima collatione revideant et omnem varietatum discordiam recte diffinitionis iHdicio
Iloverint removere. Il Billanovich ha mostrato quanta importanza ha la collazione
nella critica testuale del Petrarca, mentre si era perfino creduto che egli non
avesse mai fatto collazioni (Petrarch and. .. Livy 199 n. 1).
CONFERO
2.
247
togli da discepoli e nelle collazioni stesse compaiono mani di collaboratori; egli evidentemente leggeva il codice da collazionare (che
poteva talvolta essere di difficile lettura) e i collaboratori segnavano
le varianti o viceversa; e a volte gli aiutanti avranno anche lavorato
<la soli secondo le direttive del Poliziano. Si vedano ad es. la soscr. ad
Ovidio (Maler 351): adiutoribus Nicolao Baldello et Roberto Minutio
jamiliaribus e quella a Palladio e Columella (Maier 355): adiutoribus
invenies aliquos tum in epistolarum ordine tum in numero non concorJes; III p. 625 viginti quidem (sc. volumina) contuli (per stabilire la
vera lezione di un passo dei Dialoghi di Gregorio Magno; vd. Ullman, Humanism I02S.); de Jto 2, 6 p. 342, 5 sciat me multos Epistolarum ad Lucilium et De civitate Dei codices . . , contulisse; ibid. p. 342, 15
.librorum penuria conferre quicquid ab aliis sumpsi non potui; Traversari
in Aurispa ep. 19 p. 28 noli expectare dum tibi gratias agam multis ver-
},is quod Diogenem clarissimi viri Leonardi nostri 1 ita sollicite et accurate ad me dimiseris. Conferam, quod inpresentiarum satis est, cum exemplaribus nostris; Traversari ep. 236 col. 3IO (al Giustinian) Diogenem
tuum Aurispa noster... misit significavitque se cupere propediem sibi
restitueretur. Ego ... facturum pollicitus sum ut opinione quoque ce1erius
illum reciperet. Contuli itaque iugi ac perpetuo studio (quod satis esse videbatur) cum nostro exemplari plurimaque nostri errata magna sub celeritate emendavi atque paucis post diebus restituendum ilIi codicem tuum
uravi; Merula, pref. a Plauto (vd. p. 314); Poliziano, soscrizioni o
note alle sue collazioni: di Plinio il Vecchio (Maier 352), c. 59r hac-
l. Sciolgo l'abbreviazione .s. che la Mai"er accoglie tale e quale nel suo testo.
Invece di relicum la Maier legge est locum: la vera lezione mi stata gentilmente comunicata da A. Perosa. Ho aggiunto di mio anche la punteggiatura.
Il Poliziano ha collazionato il testo della stampa con entrambi i manoscritti
antichi solo fmo al punto dove si trova la nota; da quel punto fmo al punto
contrassegnato con ql ha potuto collazionare solo uno dei due codici perch
l'altro presentava una lacuna.
2. Adotto la lezione dello Josephson (p. 159): sicuramente errore di lettura
hUtlC della Maier (cf. p. 263 n. I).
3. La soscrizione fu scritta dall'Uberti, ma certamente dettata dal Poliziano
(Campana, Contributi 202S.).
4. Si tratta di Cic. off. Questo passo fa pensare che il Poliziano abbia eseguito.
anche una collazione del De officiis, di cui, per quanto so, non abbiamo altre testimonianze. Il domesticus codex pu essere anche Wla stampa.
249
COLLATIO
.250
I) Correzione d'autore. Guarino ep. 888, 16 de opere vero nastro (la traduzione latina di Strabone) id cXlj.&O''t'oc:t'ov, nullam occiI. vd. Thes. l. L. V 2, 462, 1155.; alla bibliografia ivi citata aggiungi:
366ss.; Timpanaro 4 n. I; Arns 70.
Jahn
2sr
dere diem quin bonam traducam partem et crescere faciam opus in horas
pluresque esse quinternos traductos, quos et emendare et limare oportet:
emendare e limare sono sinonimi, come in 124, 2sS. (vd. p. 258) e
in Traversari ep. 232 col. 306 (vd. p. 249). L i m o ha qui il valore
.di rivedere e migliorare un'opera propria (o altrui; cf. elimo in
Salutati ep. I p. 251 cito a p. 269); in Guarino ep. 124, 16 priorem
.autem pro Archia limandam orationem cepi indica invece la revisione
.critica del testo di un autore classico. Di emendare la propria opera
si tratta anche.in Poggio ep. 3, 36 p. 283 tempus adhuc extat corrigendi
-et emendandi. Traversari ep. 218 col. 286 accipies itaque, mi Francisce
.suavissime, desideratum diu Chrysostomum nostrum (una sua traduzione
<la quest'autore) etsi non ornatissime . .. scriptum, fideliter tamen, quantum inter occupationes licuit, digestum et emendatum; 226 col. 296 Chrysostomi opus emendavi totum. Dum id transcribi fecero statim pervolabit
.ad te; 253 col. 330 quid sit quamobrem id opus (la traduzione di Diogene Laerzio) neque ad liquidum digerere et emendare neque edere iampridem instituerim, literis ... tecum agere necessario debui; 272 col. 356
partem illam SS. Patrum a me conversam mittere idicirco di.fferebam quia,
ut cupiebam, necdum emendaveram. Fatit enim occupatio molestissima
quaesturae ut neque hanc neque Basilium De vera integritate virginitatis
hactenus emendare nequiverim. Quando tamen tu ita vis, istam rudem et
indigestam mittam, sed ea lege ut nondum rescribas (<< a patto che tu an.cora non la trascriva ). Sunt mim quaedam quae emendatione opus
habeant, utpote quod quibusdam locis exemplar sequens posui (posuit ed.)
Theopolim; quod nomen, ut postmodum ex antiquo Conciliorum volumine didici, Antiochiam significat; et alia quaedam in hunc modum; 390
col. 509 Ioannis Chrysostomi vitam (la traduzione del Dialogus de vita
lohannis Chrysostomi di Palladio) absolvi atque emendavi transcribendamque dedi; 503 col. 619 (vd. p. 195 n. 3); 505 col. 621 exegimus ...
Dionysium (traduzione del De coelesti Hierarchia di Dionigi Areopagita). .. Dum erit emendatum opus totum . .. , mittemus ad te transcribendum sine mendis ut possit diligentius per alios faciliusque transcribi.
Dal complesso di testimonianze desumibili dall'epistolario appare
che dopo la prima stesura di un'opera (che veniva per lo pi dettata
allibrarius, cf. p. 195 n. 3), il Traversari, prima di farla trascrivere
deftnitivamente in bell'ordine, la rivedeva e limava accuratamente:
tale operazione indicata per lo pi con emendo.
II) Correzione della copia sul modello. indicata assaI spesso
252
253
cf. Poliziano ep. 4, 13 p. 128 rogas codicem (della traduzione di Erodiano) tibi ipsum tuum remittam aliquando nostra. .. manu emendatum:
remitto, sed. .. leniter potius quam severe castigatum; sic autem ut nostra
errata plura in eo quam librarii deprehendas; 6, 7 p. 183 exemplum certe
quod misisti libens emendabo (vd. p. 303 e n. 2). Filelfo ep. c. 74V repetivi abs te illum (sc. codicem: conteneva traduzioni del Filelfo da
Lisia e Aristotele) per id temporis interdum, cum diceres nondum exscriptum (<< trascritto ) esse, cum ego tamen audirem secus esse. Tuam cunctationem icci!co ftrebam patienter, quoniam putarem quae essent exscripta,
ea fortasse nondum esse abs te satis emendata. Un caso un po' particolare Traversari ep. 503 col. 619: (ha incaricato il Niccoli di procurargli dei copisti, ma questi si mostra di gusti assai difficili nella
scelta perch nessun copista, a suo giudizio, sa scrivere abbastanza
correttamente; il Traversari gli risponde di non preoccuparsi) nobis
minimus erit labor emendandae scripturae, quibus incumbit necessario
ipsa a nobis traducta corrigere non mi coster nessuna fatica correggere gli errori materiali del copista (emendare scripturam), toccando
necessariamente a me rivedere e limare le mie traduzioni (ipsa a
nobis traducta corrigere).
III) Correzione critico-testuale. A) Correzione ope codicum. Pu
essere indicata con la stessa espressione ad exemplar emendo che
abbiamo visto usata per la correzione della copia col modello.
La frase compare gi nell'antichit, in soscrizioni: Jahn or. 1
Statilius Maximus rursus emendavi ad Tyronem et Laetanianum et
Dom et alios veteres (I sec. d. C.; ad exemplar qui sostituito il
nome del recensore dell'exemplar stesso); Jahn or. 6 Nicomachus
Dexter v. c. emendavi ad exemplum parentis mei Clementiani. Fra gli
umanisti: Guarino ep. 141, 34 tuas (sc. epistulas PUnii) cum ventura
navi in dies expecto, quas ad illarum exemplar emendare constitui: aspetta
cio l'esemplare di Plinio posseduto dall'amico, probabilmente un
codice appartenente alla famiglia delle cento lettere, per collazionarlo col codice antico di Plinio da lui scoperto nella Capitolare di
Verona, l'archetipo della famiglia degli otto libri; ep. 578, 45 (a
Guarino giunta la notizia, che doveva poi rivelarsi falsa, della
scoperta di Curzio Rufo e Gellio integri; e mentre chiede una
trascrizione delle dodici commedie di Plauto recentemente scoperte, per questi autori pensa che possa bastare una collazione dei
codici gi esistenti con quelli ora scoperti) reliqui sunt libri quos antea
254
255
aveva volute subito per un motivo che Guarino non ricorda bene:
o perch sperava di averne un esemplare da altra parte o perch
allora non ~v~bbe 'avuto tempo di eseguire la collazione dell'esemplare di Guarino col suo; 181, 37 epistulas Plinii non emendavi: difficile enim fuit illud exemplar extorquere, nam intercidit pestis quae universam ex urbe civitatem disturbavit; 456, 25 accepi ... Macrobium et
Oratorem Ciceronis (le trascrizioni del Lamola, per cui vd. p. 180s.
e p. 176s.). .. Meos igitur emendare horum adiumento coepi; Lamola in
Guarino ep. 455. 133 et emendavi invicem (cf. p. 180s.); Traversari
ep. 225 col. 294 (il Barbaro aveva mandato al Traversari un suo
257
sie emendandum puto (p. 608); sie emendandum erat (p. 608) 1. Facio
inveet. I p. 525 (vd. p. 230 n. 2); Beroaldo anno C. aa2r nam eum in
.omnibus passim eodicibus legeretur Ceterano inter Gallias eonstitit authoritas , nos emendavimus ' Ceretano' (Plin. nato 14., 68); c. a3v (vd. p.
233 n. 2); C. b4r (vd. p. 233 n. 3); c. b4v igitur quando dixit Gellius
.apud mensam legi solitum .fisse vetus carmen meliti poetae (2, 22, I) tu
.emenda' melici'; c. b4v (vd. p. 233); c. b5v illud quoque apud eundem
in tertio de oratore (Cic. de or. 3, 99) emendandum est, ut pro' eeram '
.emendes 't~rr.,.m': ita enim seriptum legitur: magis laudari unguentum
.quod eeram quam quod eroeum olere videatur ; C. b6v apud eundem haee
verba passim leguntur li. VIII: magna propter venatum eorum in terris
gratia est (Plin. nato 8, 218). Nos dietionem vulgariam et in hoc [in]
loeo Pliniano nihil signifieantem expunximus et in eius loeo latinissimam
.vetustissimamque substituimus: nam pro 'in terris' emendavimus 'viverris '; C. C2r (vd. p. 233 n. 2); ecc. Il Poliziano, mise. I I
p. 512, specifica con pro arbitrio il generico emendo per indicare
un emendare congetturale ed arbitrario: quos (sc. libros) ... ineonsultius supplere Apellieon... et pro arbitrio, quemadmodum quidem
putabat, emendare ausus plurimis temeravit erroribus: l'inciso quemadmodum ecc. si riferisce all'emendare che segue: credeva di correggere
il testo mentre invece lo guastava. Id. mise. I 75 tit. p. 642 emen.data vox in Ibide (Ov. Ib. 569): corregge congetturalmente Agenor
in aeerno. Una correzione che insieme ope eodieum e ope ingenii
in mise. I 20 tit. p. 549 emendata apud Suetonium (Nero 45) et enarrata
vox haee ' aseopera ': emenda in aseopera la lezione vulgata et scopa
:sulla base della lezione aseopa conservata da codici antichi. Macario
Muzio in Poliziano ep. 7, I p. 195 'Oenum' apud Propertium (4,
3, 21; cf. Poliziano mise. I SI) ex leetione PUnii iampridem emendaram
-(emendazione congetturale fondata sull'autorit di un altro autore
antico).
C) Attivit emendatrice in generale. Raccolgo qui i casi in
-cui emendo indica nel suo complesso una specifica attivit filologica
dedicata ad un autore.
1. Altre formule usate nelle Emendationes per introdurre congetture: credo
{p. 603, 604); credo (opinor) scribendum (p. 603, 605); credo (opinor, censeo. reor) legendum (p. 603. 604. 605, 608. 609. 610); scribendum est (p. 605); legendum est
(p. 604. 605); ego sic lego (p. 605); ego ' sed' muto in sedet' (p. 609. cf. p. 606);
ego' viribus' Teor mutaTi debere in 'quibus' (p. 605); sic mutandum (p. 604).
11
259
lettura e la correzione dei testi: ep. 2, 27 p. 156 ego me reftro ad litteras et quotidie aliquid lego aut corrigo aut emendo. Non credo che sia
da vedere in questa frase una distinzione fra corrigo ed emendo: questi
due verbi sono altrove (ep. 3, I7 p. 216 cito a p. 327 e lettera al Barbaro cito a p. 173) usati da Poggio come sinonimi e pu trattarsi,
malgrado l'aut, di una semplice ridondanza come dev'essere in ep.
3, 36 p. 283 tempus adhuc extat corrigendi et emendandi (vd. anche
p. 268s.). Anche in ep. 3, 27 p. 264 emendo indica la revisione critica
di un testQ: Jaudo tuam diligentiam de quarta decade. Ba nunc scribitur;
non multumautem curo anteane an postquam scripta fuerit emendetur,
quamquam duo habeo volumina satis tolerabilia inter mendosa. Poggio
loda la diligenza del Niccoli riguardo alla quarta deca di Livio;
probabilmente lo aveva incaricato di procurargliene un esemplare.
Ora la sta facendo trascrivere; gli indifferente se la correzione avvenga prima o dopo la trascrizione (cio poteva essere emendato
l'esemplare da affidare al copista o la copia che questi ne avrebbe
tratto), sebbene il fatto di disporre di due esemplari tollerabili fra
tanti corrotti gli permetterebbe fin d'ora di eseguire l'emendatil'
(cf. Ullman, Origin 46). Il codice poggiano l'attuale Vat. lat. 1852(cf. p. 33s.), che presenta in effetti molte correzioni di sua mano.
Dai risultati del mio esame dell'attivit critica di Poggio sulle Filippiche di Cicerone (vd. p. 327ss.) e dalle conclusioni cui giunge il
Questa (p. 32SS.) circa la recensio poggiana di Plauto appare che
Poggio, come Guarino, corregge il testo collazionandolo, quando
possibile, con altri codici, ma non rifugge all'occasione dall'introdurre congetture proprie, senza distinguerle in nulla dalle varianti
attinte a fonti manoscritte. Le sue congetture non sono in genere n
arbitrarie n violente, quasi sempre paleograficamente vicine al testo
tradito e spesso felici.
Traversari ep. 271 col. 352 expectamus . .. XIV ilIos Age/Iii libros
ultimos quos diligentissime transcriptos a te emendatosque testaris: si tratta
del Gellio di mano del Niccoli coi passi greci aggiunti dal Traversari,
oggi a Firenze, Naz. Conv. soppr. I IV 26 (gi S. Marco 329;
cf. p. 161 n. l): secondo C. Hosius (A. Ce/Iii Noctes Atticae, Lipsiae
1903, XII) si deve all'emendazione del Niccoli il fatto che questo
codice talvolta non presenta errori comuni della famiglia cui appartiene e talvolta concorda con codici dell'altra famiglia. Anche il
Marshall (A. Gellii Noctes Atticae, Oxonii 1968, xvs.) afferma che
il Niccoli, pur disponendo di un ottimo esemplare, deve aver cor-
260
retto e mutato: ad es. il passo da 20, IO, 7 nam de qua re fino alla fine
di quanto ci conservato non doveva trovarsi nell'esemplare, ma
il Niccoli deve averlo trasferito nel suo testo da un codice del sec.
XIV o XV. L'umanista insomma, pi che una trascrizione, ha dato
una vera e propria recensione del testo, giovandosi anche di un altro
o di altri codici e questo lavoro indicato dall' emendare del passo del
Traversari.
Valla, soscr. a Quintiliano nel Paris. lat. 7723 da lui annotato:
Laurentius Vallensis hunc codicem sibi emendavit ipse millesimo quadringentesimo quadragesimo quarto, mense decembri, die nono (Billanovich,
Petrarch and ... Livy 139); cf., per l'attivit critica del Valla su Quintiliano, la lettera cito a p. 98.
Poliziano mise. II 25, 2 si Plinianos codices qui vulgo Jruntur itemque
quos docti homines emendarunt inspexeris totos; soscr. a Catullo (Maier
361) Catullum Vronensem librariorum inscitia corruptum multo labore
multisque vigiliis, quantum in me fuit, emendavi, cumque eius poetae plurimos textus contulissem, in nullum proJcto incidi qui non itidem ut meus
esset corruptissimus. Quapropter non paucis et Graecis et Latinis auctoribus comparatis, tantum in eo recognoscendo operae absumpsi, ut mihi videar consecutus quod nemini his temporibus doctorum hominum contigisse
intellegerem. Catullus Veronmsis si minus emendatus, at saltem maxima
ex parte incorruptus mea opera meoque labore et industria in manibus
habeatur. Tu labori boni consule et quantum in te est, quae sunt aut negligentia aut inscitia nostra nunc quoque corrupta, ea tu pro tua humanitate corrige et emenda 1 meminerisque Angelum Bassum Politianum quo
tempore huic emendationi extremam imposuit manum annos decem et octo
natum. Vale, iucundissime lector. Florentiae MCCCCLXXIII, pridie idus
sextiles. Tuus Angelus Bassus Politianus. Il Poliziano dunque, dopo
aver collazionato un gran numero di esemplari di Catullo, avendoli
trovati tutti ugualmente corrotti, si valse largamente per emendare
di altri autori greci e latini: l'emendazione si fonda quindi su codici
e auctores, due autorit cui il Poliziano si appella costantemente anche
nei Miscellanea. L'invito al lettore a correggere quanto ancora
rimasto corrotto un luogo comune: cf. Pomponio Leto, soscr.
a Varr. ling. (Botfeld 138) parce, qui legeris, si aliqua minus polita
inveneris: nam ita ex omni parte, sive seculum 2 Jcerit sive librarii, voluI. Per il nesso corrige et emenda vd. p. 269.
2.
Saeculum varr certo aetas, il tempo trascorso. Cf. Gasp. Barzizza, lett.
men quodvis corruptum erat, ut necesse fuerit aucupari hinc inde sententias. Ideo sine rubore veniam dabis et errori manum imponas Pomponius
tuus orat. Vale; Merula, pref. a Plauto (vd. p. 294); vd. anche, per
esempi medievali, Wattenbach 337 e 339ss.
L'emendatio di Catullo fu dunque una delle prime fatiche del
Poliziano appena diciottenne, che gi nella soscrizione citata, nel
chieder venia di eventuali errori rimasti, poneva l'accento sulla sua
giovane et. Pi tardi gli sarebbe apparsa superata: cancell con lievi
tratti di p~1Yla la soscrizione a Catullo e cos ammon il lettore in
una nota nello stesso incunabolo, alla fme di Properzio (Mai:er 362):
Catlflli, Tibulli Propertique libellos coepi ego Angelus Politianus iam
inde a pueritia tractare et pro aetatis eius iudicio ve! corrigere ve! interpretari, quo fit ut multa ex eis ne ipse quidem satis, ut nunc est, probem.
Qui leges, ne, quaeso, vel ingeni ve! doctrinae vel diligentiae nostrae hinc
tibi coniecturam aut iudicium facito. Permulta enim infuerint, ut PlautinC'
utar verbo, me quoque qui scripsi iudice digna lini 1. E in un poscritto a una lettera ad Alessandro e Lattanzio Cortesi del 27 agosto
1486 (Vat. Capp. 235, cc. 83v-85r; cf. Perosa nr. I; Maier, Politien
118): his scriptis, rediit in mentem quod, cum in Catullum commentarium aliquod nostrum petieris, et quondam nonnihil pueri in Catullum
scripsimus: idque [quale] tamen, qualecunque jerit, marginibus libelli
nostri a.Jfiximus. Et quanquam nonnulla fortasse non inutiliter eruimus.
non tamen pIane profectum a nobis est, ut Catullum aut omnino emendatum aut non alicubi obscurum legere possimus (possumus cod.). Sunt et
nonnulla puerilia neque satis erudita tritisque auribus digna. Qua propter
nondum editione dignum putavi.
Il successivo raffinarsi del metodo filologico del Poliziano, che
si pu seguire attraverso le importanti enunciazioni teoriche delle
soscrizioni a collazioni, lo port a distinguere il momento dell'esame
della tradizione manoscritta (conferre) dal momento successivo della.
scelta fra le lezioni tramandate o della congettura (emendare). Si
veda la soscrizione del 1490 alla collazione di Plin. nato (Maier 352):
cum tribus vetustissimis codicibus contuleram idem Politianus hoc ipsum
cito a p. 263 quae ambigua erant, aut propter librariorum incuriam aut propter vetustateln,
interpretatus fui.
I. Ov. Pont. I, 5. 155. cum relego, seripsisse pudet, quia plurima cerno I me quoque,
qui feci, iudice digna lini. Il P[autinum verbum infuerint: solo Plauto usa il fut. anteriore infuerit (Thes. l. L. VII I. 2045. 665.).
262
exemplar. .. proque instituto meo ne illa quidem quae liquebat esse corTupta de veteribus omisi, scilicet ut coniectuTae locus emendaturo super
esset 1. Alla prima fase, quella del confirre, appartengono le numerose
collazioni eseguite dal Poliziano, alla seconda, quella dell'emendare,
quel capolavoro della filologia umanistica che sono le due centurie
dei Miscellanea, che derivano la loro solidit e rigore scientifico
dalla larga humus preparatoria di collazioni in cui affondano le radici. Colla distinzione fra confirre ed emendare al raffmamento del
metodo corrisponde un precisarsi della terminologia. Questa distinzione par di toccarla con mano nella soscr. a Celso di un discepolo
del Poliziano, l'Uberti (Maier 345): antiquus is liber, cum quo hunc
Politiani contuli, emendatus et ipse fuerat seu certe collatus cum codice
altero vetustissimo (a. 1490): col seu l'uberti anche se non oppone
distingue precisando emendo da confiro: fu anch'esso emendato o
almeno collazionato . Il risultato di questa collazione era, come dice
egli stesso pi oltre, una nova emendatio, ex antiquo tamen, ut apparet,
codice. Si ricordi inoltre che in un'altra soscrizione, scritta sotto dettatura del Poliziano, l'Uberti aveva cominciato a scrivere corre(xit)
(sinonimo per gli umanisti di emendo), subito cancellato e sostituito
da contulit (cf. p. 248; anche questa soscr. del 1490). Il senso pi
ampio di emendo rispetto alla pura collazione si scorge dalla soscr.
delPolizianoaPelagonio (Maier 347; cf. p. 177s.): ipse cum exemplari
contulit et certa fide (<< fedelmente, scrupolosamente l)) emendavit, ita
tamen ut ab illo mutaret nihil, set et quae depravata inveniret relinqueret
intacta, neque suum ausus est unquam iudicium interponere: dopo la
trascrizione, eseguita da un copista, il Poliziano stesso ha riconfrontato la copia coll'esemplare (contulit) e l'ha corretta scrupolosamente
(emendavit). Ma emendo ha un significato troppo ampio e potrebbe
includere anche correzioni congetturali, ed ecco che il Poliziano
sente il bisogno di precisare (ita tamen ut . .. ) che non si scostato
1. Cf. la soscr. a Cic. Att., del 1480 (Perosa nr. 43) est vero hoc mihi solemne
quasi institutum cO"igendorum codicum, ut Ilihil a pTobatioribus exemplaribus mutem
certaque adscribam quae haud dubie cognoscam prava esse, ut scilicet periculum faciam an
ex ipsis quoque male cohaerentibus litteris veram lectionem coniectari aut eminisci valeam.
Cf. anche quanto detto a p. 162S. e Timpanaro p. 6 c' in lui anche la consapevolezza che la congettura, quando necessaria, deve prender le mosse dallo
stadio pi antico della tradizione che noi possiamo raggiungere, non dalle
ingannevoli rabberciature che le corruttele hanno subto nei codici pi recenti~.
inique non fero . . , Sed nim quod ipse nequibam curavi ut Paulus noster 1
.. , exequeretur. Coepit iam opus suum in membranis tuis... Ego itl
per me emendabo, quando ipse transcribere non potui, ficiamque pro viribus ut ccdicem habeas emendatum; 306 col. 399 Paulus medicus Theophrastum fere absolvit. Eius emendandi curam mihi ipse subscipiam. Questa
EMENDATIO
Secondo H. Frankel 2 nel lessico fIlologico moderno questo termine dovrebbe essere usato solo per una 'congettura' (eonieetura}
che si riconosca quale riuscita e convincente rettifica di un errore
I. Paolo dal Pozzo ToscanelIi; vd. G. Mercati, Ultimi contributi alla storia Jegli"
umanisti. I. Traversariana, Citt del Vaticano 1939 (Studi e testi 90), 10SS.
2. Testo critico e critica Jel testo, trad. di L. Canfora dalla Einleitung zur kritischenAusgabe Jer Argonautica des Apollonios, Firenze 1969, 44 n. I.
266
268
del verso o sul suo senso . Il Wattenbach (p. 341S.) riporta una soscrizione di et umanistica in cui si legge: ab exemplari cuius summaemendatio erat esse corruptissimum (<< di cui la massima correttezza era.
l'esser corrottissimo, cio dove era pi corretto era corrottissimo) ..
Poggio ep. 2, 29 p. 159 (vd. p. 131); Aurispa ep. 35 p. 54 (vd. p.
143); 91 p. II4 (vd. p. 214); P. Summonte, letto a Francesco Puderico premessa all'Actius del Pontano (Previtera 124) (Actius, cio
il Sannazaro) advexit nuper ex Heduorum usque finibus atque e Turonibus. .. Martialis, Ausonii et Solini codices novae atque incognitaeemendationis (<< di inusitata e ancora non conosciuta correttezza ) .
EMENDATOR
CORRIGO
269
II) Correzione della copia sul modello. C o r r i g o a d e x e mp l a r: Guarino ep. 578, 56 unum memineris oro, ut, si transcribi
]eceris, ad exemplar corrigantur; Gasp. Barzizza, letto al Landriani
(vd. p. 190).
C o r r i g o cu m: Francesco degli Ardizzi, soscr. all'Ottob. lat.
2057 qui tres oratorii libri correcti auscultati collecti emendati conformati
(?t iustificati fuerunt cum codice illo vetustissimo (Sabbadini, Storia 95:
l' Ottoboniano fu trascritto dal Laudense dal vescovo di Como Fran,cesco Bossi nel 1422 e fu poi collazionato da Francesco degli Ardizzi
<:01 Laudense medesimo nel 1425).
Salutati ep. I p. 250Ss. venit tandem Aftica . .. Certe cogitabam revidere librum et, si quid, ut seribis, ve! absonum vel contra metrorum
regulam intolerabile deprehendissem, curiosius elimare . . , et exinde, pluribus sumptis exemplis (' copie ') et per me ipsum correctis et diligenter
revisis, unum ad Bononiense gignasium, unum Parisius, unum in Angliam . .. destinare: le correzioni di sostanza che il Salutati intendeva
apportare all'Africa del Petrarca sono indicate qui con elimo (cf.
p. 251), la correzione materiale degli exempla con corrigo e reviso;
ma si noti che poco pi oltre, nella stessa lettera, corrigo usato
per correzioni di sostanza: p. 254 ego me offero laboraturum ut
euncta revideam, et quae corrigenda videro, corrigam. Ibid. II p. 43 I
exemplari (' trascrvere ') feci nomine tuo libellum De viris illustribus.
quem Petrarca noster condidit abbreviatum; sed quia valde corruptus est,
non potui ipsum domino decano tradere, eurabo, quam primum potero,
quod corrigatur et habeas: la copia era risultata molto corrotta e doveva quindi essere corretta; III p. 37os. libellum meum De fato et
fortuna si videre cupis, pete nomine meo commoditatem eius a. .. Thomasio de la Spina, qui fecit ipsum exemplari (' trascrivere ') et ego correxi; III p. 620S. tibi... grave non sit donec exempletur eorrigaturque
paululum expectare. Diligentia quidem adhibenda rem hanc aliqualiter protrahet, sed emendatum habebis; Lamola in Guarino ep. 455, 135 (cf.
p. 180) nunc porro ad Latinum textum corrigendum aeeedam. In volgare
si diceva 'r i c o r r e g g e re' (Iacopo Ammannati in Vespasiano
ep. 40, 3; vd. p. 94) o 'riscontrare' (Vespasiano ep. 16,
17; vd. p. 93).
III) Correzione critico-testuale. A) Correzione ope codicum. Gasp.
Barzizza, soscr. a Cic. de or. (nel cod. Napoli, Naz. IV A 43)
eorrectus exemplo tnultorum codicum antiquorum summo studio ac summa
industria adhibita. Casparinus (Sabbadini, Storia 80); Poggio ep. 3,
17 p. 216 (vd. p. 327); II, 22 p. 84 miseram dudum ad Urbem pro
Diodoro (la sua traduzione latina) quem tibi reliqueram, ut qui hic erant
admodum mendosi eorrigerentur; Poliziano mise. I 17 tit. p. 543 correctus in tragoedia Seneeae locus atque ex Craeca remotiore fabula declaratus
super Nemiaeo leone (Rere. 83): restituisce la lezione dell' Etruscus
(Laur. 37, 13) alias contro la vulgata altas; 32 p. 571 corrigendus apud
Plinium loeus ex libro octavo et vigesimo Naturalis historiae, capite secundo (28, 25): contro la vulgata fulgetras adorare consensus gentium est
restituisce la lezione di due vetusta exemplaria (Riccard. 488 e Laur.
82, 1-2) fulgetras autocare poppysmis eonsensus gentium est; 96 tit. p.
688 locus apud Martialem (II, 29, 3) correctus et enarratus: restituisce
la lezione murem dei eodices vetustissimi contro vitam della vulgata.
B) Correzione ope ingenii. Gasp. Barzizza, letto al Corner
(vd. p. 263s.); Pomponio Leto, preE a Varr. ling. (vd. p. 284); P. C.
Decembrio, letto al Pizolpasso (vd. p. 171S.); Poggio, letto al Barbaro (vd. p. 173); Valla in Fac. p. 601 et quomodo tu corrigert~
me doces et corrigendi legem tradis? Roc nihil aliud est nisi non
omnium eorrectionem reprehendere, sed malam. Vides... ut contraria
proposito tuo loqtleris, ut me non dehortaris a corrigendo, sed magnopere
adhortaris ad corrigendum? Doces qua ratione libros corrigam: audio, si
sulla base della lezione miniata ceruia del Laur. 49, 18 (cf. p. 292);
57 tit. p. 612 correctum .. erratum Plinianis exemplaribus (nat. IO,
56): la vulgata leggeva Erythrotaonas, il Poliziano corregge tetraonas partendo dalla lezione et traonas di un vetustissimum exemplar
<Iella Medicea di S. Marco (ora Riccard. 488). Macario Muzio in
Poliziano ep. 7, I p. 195 cum oratores, poetae atque historici eorumque
interpretes studium tuum ac doctrinam singularem necessario testentur. Hoc
Cicero, hoc Quintilianus, Catullus, Propertius, Plinius, Livius ac caeteri
aemum qui centuriam implent ve! inviti prac se ferent. Nemo sane leget
illorum monumenta qui, ubi eos locos attigerit quos tu aut correxeris aut
restitueris ve! fidelius fueris interpretatus, nominis tui possit oblivisci: mi
sembra che il Muzio intenda alludere al triplice contenuto dei Miscellanea, congetture (correxeris), restituzione dell'esatta lezione di co<lici antichi (restitueris), interpretazione di passi oscuri (ftdelius fueris
interpretatus) .
C) Attivit emendatrice in generale. Anon., soscr. a un incunabolo delle orazioni di Cicerone cito a p. 258; Guarino ep. 256, 134
Terentium habeo idoneum satis, sed nondum more meo correctus est; Poggio
ep. 2, 27 p. 156 (vd. p. 259); Poliziano, soscr. a Tibullo, Catullo e
Properzio (vd. p. 261): ep. II, 25 p. 362 vellem, Ludovice vir darissime, caeteris quoque iureconsultis quae tibi est corrigendis restituendisque
legibus in veram atque eam ipsam lectionem qua ab imperatore Iustiniano
publicatae sunt et olim fuisset et nunc esset diligentia.
D) Altri casi e casi dubbi. In Poliziano ep. 8, 15 p. 250 corrigo
usato per la correzione di un errore di stampa: ibi igitur (cio nell'errata-corrige premesso ai Miscellanea) primo statim capite correctum hoc
a nobis erratum reperies. Negli esempi che seguono corrigo vale genericamente ' correggere': Salutati de fato 2, 6 p. 343, 5 ea, dum corrigere cupiunt, ascripsisse de quibus, si in discussionem venerint, nullam
possent reddere rationem; ep. III p. 533 (comunica a Pietro Turchi
alcune correzioni da apportare al suo De nobilitate legum et medicine)
fac igitur, obsecro, librum tuum corrigas et ut exemplar et exemplata, si
qua sunt, cura moneque quod illis tribus locis fideliter corrigantur (cf.
anche cp. III p. 551).
Nelle collazioni del Poliziano compaiono talvolta le note cO, ce,
c' 1. Esse sono senz'altro da interpretare coi pi corrigo, corrige e
o
LXVII;
273
non, come vorrebbero alcWli, come forme del verbo' conicio (il
Marastoni interpreta addirittura ce come conieci), giacch questo termine non fa parte del lessico fIlologico del Poliziano (che usa solo
un paio di volte il termin coniecto), mentre assai usato corrigo. Il
KIotz (1. c.) pWltualizz, di fronte all'opinione allora dominante
<:he con questa nota il Poliziano contrassegnasse solo le sue congetture, che nella collazione di Stazio dell'incWlabolo Cotsiniano essa
apposta sia a lezioni che si accordano con l'edizione del Calderini
sia a lezioni che si trovano in M, il codice di Poggio: trasse quindi
la conclusione che le note co, ce, c'indicano consenso a Wla lezione
manoscritta (cf. anche Pasquali 70 n. 3), ammettendo tutt'al pi
<:he il Poliziano abbia contraddistinto le sue congetture con ego CO.
Ma neanche la tesi del KIotz accettabile: in realt il Poliziano
<:ontrassegna con queste note a n c h e sue congetture. Ad esempio
nella collazione di Ovidio il Poliziano contraddistingue con c' 1 la
sua congettura acerno ad Ibis 569 (vd. Lenz 344), che in misc. I 75
p. 643 viene presentata con queste parole: mihi sane recta esse et
emendata scriptura videtur, si rationi libera coniectura sit, non 'Agenor " sed ' acerno '. Ma anche nella collazione stessa. del Corsiniano
ci sono congetture accompagnate dalla nota ce (vd. Marastoni LXIx:
ad es. Stato silv. 4, 6, 39 stet mensura pedem: ita puto legendum nel
<:ommentario; ce pedem nel Corsiniano; i codd. hanno pedum). Illuminante il confronto con l'uso del verbo corrigo nei Miscellanea.
Infatti questo termine adoperato sia quando si tratta di congetture
(vd. p. 271S.) sia quando si tratta di restituzione di lezioni manoscritte
(vd. p. 270). In conclusione, nel Poliziano la nota ce (co, c') contraddistingue tutti gli interventi critici del collazionatore, sia che si tratti
di consenso a Wla lezione manoscritta sia che si tratti di congettura;
insomma qualcosa che va al di l delle pure e semplici note di collazione e appartiene alla fase successiva dell'emendare.
La sigla c' 2 non peculiare del Poliziano: compare ad es. nel
1. Si tratta di una c con un segno generico di abbreviazione e non di eS = e(ortiga)s come vuole il Lenz. Cf. quanto osservato qui sotto per le note c' del Laur.
'49, 18.
2. Si tratta sempre, almeno nel Laur. 49, 18 che ho visto personalmente, di
una c con un trattino ondulato all'esponente, segno generico di abbreviazione,
che stato confuso con una s dalla maggioranza degli studiosi. La sigla vale dunque e(orrige), non e(orriga)s (cf. quanto detto nella nota precedente per il Poliziano).
18
274
Aveva visto giusto, per il Laur. 49, 18, F. Hofmann, Der kritische Apparat Z14 Ciceros Briefen an Atticus, Berlin 1863, che si fondava su una collazione del Mommsen; gli si oppose recisamente O. E. Schmidt, Die handschriftliche Ueberli~rer14ng
der Briefe Ciceros an Atticus, Abh. der k. sachs. Ges. der Wiss. phil.-hist. Cl.
IO, Leipzig 1888, 283: Was aber Hofmann fiir c mit einem Hakchen ' ausgiebt, ist in den allermeisten Fallen ein c mit einem iibergeschriebenen deutlichen
s, also CS = Colucius . Eppure una delle sigle da lui interpretate come eS visibile proprio in una delle riproduzioni che accompagnano la trattazione (tav. 3,
r. 24 nell'interlinea; cf. Schmidt, p. 290) ed chiarissimo che si tratta solo di un.
trattino ondulato, come mi conferma anche il Prof. Campana. La sicumera dello
Schmidt ha trascinato con s gli studiosi successivi, che hanno proposto per questa.
sigla altre fantasiose interpretazioni: c(redim14)s Clark, Class. Rev. 13, 1899,
120; c(odice)s Leo presso Sjogren, pref. a Cic. Att. I, Upsaliae 1916, xv n. J.
L Vd. A. C. Clark, l. c., che suggerisce che le note c' in questo codice e nel
Laur. 49, 18 siano del Niccoli.
2. P. Fedeli, pref. a Properzio, Elegie, libro IV, Bari 1965. XXXIU.
3. Die handschr. Ueberlief. cito 304ss.
4. Commentationes T14l1ianae, Upsaliae 19IO, 46s.
..
LA ClUTICA DEL TESTO
CORRECT/O
Come il verbo corrigo pu indicare sia correzione mediante collazione sia correzione congetturale.
l) Azione del correggere: gi antico: Symm. ep. 3, II, 4
carminum tuorum codicem reportandum puero tradidi et quia eglogarum
confusus ordo est, quem descripsimus simul misi, ut et correctio a te utrique praeste~r et aUorum quae nunc pangis adiectio. Tra gli umanisti:
Salutati de fato 2, 6 p. 344, 6 correctionis labor ipsos gravat; Lamola.
in Guarino ep. 455, 137 (cf. p. 176) septimam addam correctionem
tribus Ciceronis De oratore libris (correzione della copia coll'esemplare dopo la trascrizione).
2) Risultato dell'azione, 'correzione': Salutati de fato 2, 6
p. 343, 16 ineptis et inconsideratis suis correctionibus, imo corruptionibus;
Vana emendo p. 613 nonnihil reminiscebaris correctionis meae (congettura).
CORRECTOR
CASTIGO, CASTIGATIO
Poliziano ep. 6,
14s.) duos ita versiculos corruptos integramus: et si qua patet aut diem
recepit, I sertis mollibus expleatur umbra): integro non ha qui il moderno senso di 'integrare' (in questo senso il Poliziano usa suppleo,
~fficio, vd. p. 286), ma quello di 'correggere' 2: i due versi non
presentano nessuna lacuna, ma solo una corruttela (pater aut L; pa-
RECENSEO
I. Ad es. Crinito in Poliziano ep. 12,22 (23) p. 403 rogas IIt locus tibi aliquot recetlseam de quibus in secundam eenturiam Politianus retulerat; Guarino ep. 861, 38 memini. .. grandius tibi volumen ex plurimis eonfeetum et auetum epistulis, iII quibus si
qua est ad Chrysoloram ipsum aut de ipso suisque laudibus, rogo ut recenseas et eius inventae mihi facias copiamo Pereu"endae nanque sunt cursim et eius generis exeribendae
et scriptae ad me per diligentem nuntium mittendae.
279
tamente dalla citazione di altro studioso, si giova solo come testimonianza della retta interpretazione della soscrizione ai manoscritti
terenziani: esso per testimonia anche l'esistenza non solo dell'interpretazione che vedeva in Calliopius t'attore, ma di altre che vi
vedevano il nome dell'autore stesso o di un suonatore: preponantur. .. viri peritissimi bibliothecis qui libros diligentissima collatione revideant et omnem varietatum discordiam recte diffinitionis iudicio noverint
removere. Cui rei maximos quondam viros invenimus fuisse prepositos,
qui gloriosissimum reputabant se libris subscribere quos revisissent, sicut
in antiquis librorum codicibus est videre. Et hoc est quod communiter in
Terentii fabulis post omnia reperitur Caliopius recensui; que quidem
subscriptio nec poete fuit nec actorum vel modulatorum, quorum nomina
reperiuntur expressa, sed solum, ut sonat littera, recensoris.
RECOGNOSCO
Gi nell'antichit classica poteva significare 'rivedere, correggere' (Plin. ep. 4-, 26, l): compare anche nelle soscrizioni Uahn
nr. 3 e 19). Ricompare, e con una certa frequenza, nelle soscrizioni
umanistiche: sembra non differenziarsi per il significato dai sinonimi emendo e corrigo. Pu esser detto esplicitamente che nella
revisione ci si valsi del confronto con uno o pi codici: Poliziano, soscr. a Svetonio (Maier 343) recognovi cum vetustis duobus
exemplaribus; soscr. ai Fasti di Ovidio (Bandini, Ragion. Lxn) recognovit Ang. Politianus cum vetusto codice collatos Fastorum libros. Ma
pu anche non esservi specificazione alcuna: P. C. Decembrio, nota
a un codice di Tacito (Gud. lat. 2. II8; Sabbadini, Storia 187) est
P. Candidi. Ab eodem recognitus et emendatus; Valla, soscr. alla
traduzione di Tucidide (cf. p. 312) hunc Thucydidis codicem ...
idem ego Laurentius... recognovi cum ipso Ioanne; per l'accenno all'aiuto di Giovanni (il copista Giovanni Lamperti de Rodenberg)
nella revisione cf. p. 246s.: uno dei due avr tenuto davanti a s e
letto 1'esemplare da cui il codice era stato trascritto e 1'altro avr
seguito la lettura sulla copia ed eseguito le eventuali correzioni; il
caso che l'autore stesso riveda copie della propria opera non raro
(vd. p. 303 n. 2). Recognosco si trova anche usato per indicare la
correzione delle bozze: colophon dell'ediz. principe dei Miscellanea
del Poliziano (Firenze 1489, H * 13221) impressit ex archetypo Antonius
28Q
RE8TITUO, REPONO l
281
Fae. p. 602 hune (sc. loeum) aiebat Mediolani a Candido viro perdoeto
ad pristinam syneeritatem reduetum).
i n ve r a m l e e t i o n e m : Poliziano ep. II, 25 p. 362 (vd.
p. 272); cf. in veram leetionem redigo in Merula, pref. a Marziale cito
a p. 289.
i n i n t egru m : vd. p. 277.
Sinonimo di restituo r e p o n o: I) restituire la lezione di un
codice: Poliziano mise. I 39 p. 584 postremus versieulus (Auson. 393,
77 p. 248 Peiper) libris quidem vulgatioribus mendose legitur 'modos'
habens vel ' meos ' pro eo quod nos reposuimus 'nodos'. Sie autem invenio
~um in aliis nonnullis tum in libro Ioannis Boccaeii manu perseripto; 66
p. 633 seripturam ineolumem de Plautino codice citato a nobis iterum
reposuero.
2) Restituire la vera lezione per congettura: Poliziano mise.
I 73 tit. p. 640 voeabulum quod est ' expernata' Catullianis videri exemplaribus reponendum (propone expernata al posto di separata o superata
<li codici e stampe in CatulI. 17, 19 sulla base di una citazione di
Festo, p. 396, 27ss. L.); II 14, 5 reponendum . .. pro ilio ' stereocles' 'noster Cocles' (cf. p. 288s.); Avanzi emendo C. a4r (ritiene che in CatulI.
64, 16 sia da leggere illaque atque aUa, ma ricorda e loda anche una
congettura del Sabellico) aliter reponitur istud emistichium illaque
haud alia et tune intelleetus ilIustrior est. Huius lectionis auctor est Mar~us Antonius Sabellus; ibid. infra (CatulI. 64, 178) aliqui legunt Idmenaeos ne petam montes; quae lectio non parum dispUeet, quia Idomenaeus penultimam producit ratione manifesta. Parthenius, ut plaeraque
alia, sane reposuit id verbum (congetturando Idaeosne).
REVIDEO, REVISO
Corrisponde esattamente al nostro 'rivedere' nel senso di esaminare attentamente un'opera allo scopo di correggerla. Nel Salutati frequentemente in unione con corrigo. La revisione pu essere
puramente materiale: revisione dell'ortografia in Salutati ep. IV
p. 85 (vd. p. 189); revisione della copia coll'esemplare in Petrarca
fam. 22, 2, 8 (vd. p. 246) e in Salutati ep. I p. 251 (vd. p. 269). Oppure pu essere una vera e propria attivit di critica del testo: Salutati de fato 2, 6 p. 343, 23.
283
Per dare wdea della ricchezza del latino umanistico anche nell'ambito ristretto del linguaggio tecnico-filologico ricordo ancora
qualcllilo dei molti vocaboli usati per ' correggere, rivedere'.
e m a c u l o : Poliziano mise. I 24 p. 556 ut in transcursu etiam
Apuleianos codiees emaeulemus.
r e c u r r o : Guarino ep. 880, 4 mitto ecce quinterniones tres (della
:sua traduz. di Strabone) qui s. d. nostro reddantur. Sunt et alii, qui mox
sequentur J' sunt autem limandi paululum et denuo reeurrendi; cf. anche
t r a n s e u r r o in Petrarca varo 4 cito a p. 185.
r e p u r go: Valla, letto al Tortelli cito a p. 304; A. Maffei in
Poliziano ep. 6, 6 p. 182 operaepretium ... arbitratus sum illud (sc.
volumen) ad te qualeeunque transmittere, quod bene in primis abs te perlustratum atque omni ex parte diligenter repurgatum ad suum quamprimum dominum serena fronte et cute eandidula revertatur.
re s a r e i o : Traversari ep. 303 col. 392 Iosephum tuum accepimus resarciendum. plus habere visus est eadentium litterarum quam ut
possit cito et facile absolvi.
Un'eredit classica 1 sono termini come r e l eg o e p e r l e go: Traversari ep. 274 col. 361 Vitas Patrum, quas eonvertere institui,
prosequi propositum est faciamque quamprimum. Tu velim. .. eis interim
ilequanimiter eareas, quoad illas semel relegam; 505 col. 621 (cf. p. 251)
exegimus . .. Dionysium. Et quoniam epistolae desunt quas primo transtulimus, oramus eas ad nos mittas manu nostra reliquo inserendas operi et
.relegendas: si tratta, in questi due esempi, di revisione dell'opera
propria da parte dell'autore; 507 col. 622 accepimus Bononiae Dionysium abs te transcriptum eum exemplari nostro (<< la copia del Dionigi
eseguita da te insieme col nostro esemplare ) dimisimusque apud
nostrum Thomam relegendum (si tratter di rivedere la copia coll'esemplare del Traversari); Poliziano, soscr. all' Rist. Aug., Vita di Carino
(Maier 343) relegi eursim Faesulis, iulio mense, anno 1482. Ang. Poli-
l. Legi o relegi sono assai frequenti nelle soscrizioni: legi et emendavi (Jalm
nr. 3, 14. 18, 19); legi et distincxi (Jalm nr. 12); relegi (Jalm nr. 15,21); legi (Jalm
nr. 17). Cf. anche Sidon. ep. 5, 15.1 librum ... hic ipse deportat Heptateuchi scrip.n,m velocitate summa, summo nitore, quamquam et a nobis relectum et retractatum. Per
relego 'collaziono' in una lettera di Paolo (Diacono?) vd. Lindsay II IO.
tianus; Traversari ep. 97 col. 128 mittas oro epistolas illas quas transcribi
ex nostris Jeisti a me perlegendas. Cupio enim ut eas quam emendatissimas habeas; Poliziano, soscr. all'Rist. Aug. (Maler 343) perlegeram in
Faesulano iugo: anno MCCCCLXXXII, iulio mense, in Laurentii
Medieis suburbano. Angelus Politianus.
Pomponio Leto usa la perifrasi errori manum impono: pref. a
Varr. ling. (Botfield 138) ubi librarii litteras mutaverunt correxi; in
his que inscitia penitus corrupit non ausus sum manum imponere ne forte
magis depravarem; soscr. al medesimo (vd. p. 260s.).
DEFENDO, TUEOR
ESPUNGERE
In et umanistica si trova spesso il verbo expungo (il cui significato originario 'cancellare' mediante punti sopra o sotto le lettere da eliminare) usato in contesti filologici, quando si parla di
eliminare una determinata lezione e sostituirla con un'altra: Beroaldo anno C. a3v illud ' Inaehe laute' expungendu11l est et in eius loeum
substituendum ' Inaehi vacea' (Ov. fast. I, 454); c. b6v nos dietionem
vulgariam et in hoc [in] loeo Pliniano nihil signifieantem expunximus et in
eius loeum latinissill1am vetustissimamque substituimus; C. C5r expungas illud 'videre'... et in eius loeum substituas 'molere' (Auson.
123,2 p. 343 Peiper); Poliziano mise. I 2 p. 514quidam autem .. ", vetere
expuncto vocabulo, neseio quas supponunt aut 'Cercopythas' aut 'Coprotinas' ex hara productas, norl sehola (CatulI. 98, 4); 5 p. 519 at
enim epici homines dictionem sibi incognitam expungere proque illo quod
est ' durateus' reponere nugamenta quaepiam, vel ' dura tuens' vel ' dira
tenens' occeperunt (Lucr. I, 476); 9 p. 528 expungi veram seripturam,
supponi falsam; Avanzi emendo C. a3r omnes tam antiqui quam recentiores
codices habent ({ niceaeque ager ruber estuosae) (CatulI. 46, 5), quum
tamen 'uber' non 'ruber' legendum sit, ut patet ex syllabae et loci congruitate. Expunge igitur r. Sinonima l'espressione o be lo c o nf od i o in Beroaldo anno c. b7V legendum est 'Hecales anus' et illud
.' ales' obelo conjdiendum (Apul. met. I, 23). Il Poliziano usa l'espressione o b e lo i u g u l o o i u g u l o soltanto: pref. alla traduz. di
Epitteto, Opera, Bas. 1553, p. 393 hoc ego opus cum Latinum facere
aggrederer . .. in duo omnino mendosissima exemplaria incidi pluribusque
locis magna ex parte mutilata. Quapropter cum et caetera quaecunque
usquam exemplaria extarent non dissimilia esse audirem, permisi mihi ut
sicubi aliqua capita aut deessent aut dimidiata superforent, ea ego de Simplicii
verbis, qui id opus interpretatus est, maxima, quantum in me esset, fide
supplerem. Quod si non verba ad unguem (id nullo modo fieri poterat),
at sensum certe ipsum purum sincerumque Latinum a nobis redditum arbitrar. Quod ne quempiam fortasse perturbet, quemadmodum Aristarchus
Homeri versus quos ipse non probaret, ita nos singula ipsa capita quae
nostris quidem verbis explicentur obelo, hoc est veru, iugulavimus 1;
mise. II 50, 13 (dimostra che da espungere Hes. op. 406 che non
compare in una citazione che del passo fa Aristotele) plus . .. fortasse
boni faciam Aristotele defenso quam mali iugulato uno versiculo: qui il
pittoresco iugule, che, come mostra il confronto col passo precedente, equivale ad obelo iugulo, indica esattamente quel che i filologi
moderni indicano con 'espungere'.
INTEGRARE
I. Cf. Hier. praef vu{g. Dan.: haec idcireo, ut dljJcultatem vohis Danihelis ostenderem, qui apud Hebraeos nec Susannae hahet historiam nec hymnum trium puerorum
nec Belis draconisque fabulas, quas nos, quia in toto orbe dispersae sunt, veru ante posito
easque iugulante subiecimus, ne videremur apud inperitos magnam partem voluminis
detruncasse.
286
Anon., nota al Riccard. 506 (vd. p. III) hoc supplet Gasparinus (si
tratta per, come abbiamo visto, non di vere e proprie integrazioni,
ma di supplementi exempli gratia, che fan quasi le veci di un commento, riallacciando il filo del discorso interrotto dalle lacune);
Guarino ep. 216, 19 (vd. p. 236; si tratta di colmare le lacune di un
codice con 1'aiuto di un altro); 871, 21 ad Strabonem vero ut redeam,
mirum est dictu quam cadat interdum ingenium simul et industria, CUtn:
incohato plerunque sermonis capiti pedes ipsi succidantur et media mutescat oratio. Tamen ire pergo, sperans aliunde supplere quod intercipitur; Traversari ep. 281 col. 376 ipsum. .. librum (se. Eusebii Chroni-con) sperabam quotidie recipere ut quod deesset in nostris exemplaribus et 1
suppleri possit; Poliziano misc. I l p. 512 (vd. p. 257); ep. 6, I p. I6T
(vd. p. 241); collaz. delle Pandette (Bandini, Ragion. XXVIII n. 1)XXI versuum litterae in exemplari erant exoletae sic ut legi excribiquenon quiverint; poi ha aggiunto coll'inchiostro rosso: inveni deinde has:
geminas epistolas in codice Iustiniano atque inde quod deJerat supplevi;
pref. ad Epitteto (vd. p. 285). In Poliziano mise. I 80 p. 652 si trova
s uffi ci o (vd. p. 291). Come si vede gli umanisti non fannonella terminologia distinzione alcuna fra integrare per congettura eper collazione.
CORROMPERE
1.
L'et sar
cf. p. 58.
L vd. P. Maas, Critica del testo, trad. Martinelli, Firenze 1952, 19.
288
Per gli umanisti la congettura corrisponde ad uno dei due canoni dell'emendare (vd. p. 293ss.), alla ratio (Poliziano mise. I 75
p. 643 si rationi libera eonieetura sit; cf. p. 273): il frutto di un ragionamento, di una deduzione appoggiata da argumenta e vi si ricorre quando nessuna delle fonti manoscritte (l'auetoritas) offre una
lezione soddisfacente: Poliziano mise. II 15, ISS. ' oeellatae' quae sint
apud Suetonium in Augusto (83) nondum equidem ausim deeernere. Sed
quoniam loeus esse eonieeturae solet ubi nil leetio suppeditat variaque a
diversis a1feruntur, non ab re videor mihi faeturus si eeterorum eonieeturis
ego quoque aliquid velut aJfixero. Neque autem in re dubia perplexaque
reftllam quod alii dixerint, sed ipse afferam simpliciter, non dixerim quid
sentiam, sed quid suspieer. Verba Suetonii sunt haee: animi laxandi
eausa piseabatur hamo, modo talis aut oeellatis nucibusque ludebat eum
pueris minutis. An igitur, sieuti alibi ostendimus pro illo 'automatum'
legi iam 'aut ornatum' (Suet. Claud. 34, cf. mise. l 97), sie hoe
loeo pro 'aut oeellatis' legendum sub una voee sit 'autoeyllistis' ?
Autoeylista enim diei Graeee possunt quae ipsa per se moventur, sieut
etiam voeantur automata. Ma questa congettura non soddisfa poi
pienamente il Poliziano, che nel seguito della discussione ne propone
un'altra: ' autoeeltis'. " a verbo oeelIo (x:w). Alla congettura dunque il Poliziano ricorre come extrema ratio (quoniam loeus esse eoniecturae solet ubi nil leetio suppeditat variaque a diversis afferuntur). La superiorit che la vetustatis auetoritas ha per lui sulla eonieetura appare
evidente anche da altri due passi della seconda centuria: nel cap. 14
prende in esame una corruttela di Cic. off. I, 61, dove la vulgata
leggeva Stratocles, ma due codici antichi offrivano le lezioni Stereocles e Stereodes (facile corruzione della prima), da cui il Poliziano
congettur che nel passo dovesse esserci il nome Cocles; poco dopo
in un codice del XIV sec. trov perspicue seriptum. .. Coclitis nomen.
Il Poliziano propone pi d'una correzione: noster Cocles o hine noster
Cocles o (Leuetri)st et Cocles e conclude: verum eetera nimis quam
posita in eonieetura sunt, nomen autem ipsum CoeIitis... reponendum
289
P 284).
La diffidenza del Poliziano per la congettura condivisa, almeno
a parole, da altri umanisti del quattrocento: Guarino ep. 304, I45S.
(cf. anche p. 295) Suetonium mitto, cui parum mederi potui, eum nulli
ddsint Graeci eharaeteres in quibus Oedipus esse possem (per quest'espressione equivalente a divinare cf. p. 293); nam licet quid dieere velit
~onieetura possem eonsequi, tamen ut abstinerem potius visum est, ne in
290
me lateret significatio, non solum sensus perverteretur, sed honesta forsitan dictio, pro qua veteribus qui significanter loquuti sunt gratia habenda
esset, penitus intercideret atque in eam vituperationem incurrerem qua nonnullos nostri temporis doctissimos viros taxari gravissime video.
Gli umanisti contrappongono alla coniectura la divinatio, che non
ha mai per presso di loro il valore tecnico moderno: mentre la
coniectura si muove nel campo della verosimiglianza e pu sostenersi
sul ragionamento, la divinatio qualcosa di irrazionale, quasi un'ispirazione divina. La contrapposizione era del resto gi antica: Cic.
div. 2, 75 id ... sine divinatione, coniectura (haruspices) poterant dicere.
Cf., in un contesto non filologico, Poggio ep. 4, 24 p. 365 doleo
. .. hanc expeditionem Germanicam... tam ridiculum, tam turpem exitum habuisse... Sed... hoc consolor, me haec futura non praevidisse
solum, sed praesenti quoque tibi denuntiasse, cum tu me deridens dicebas
me non posse errare si quid mali eventurum praedicerem, cum huiusmodi
vates ut plurimum solerent esse veridici. Ego vero non divinatione utebar,
sed certissima quadam coniectura (Poggio ha probabilmente presente
Cic. Att. 8, II, 3 7tpo&E(mt~CJ) igitur, noster Attice, non hariolans ut
illa cui nemo credidit, sed coniectura prospiciens ecc.) 1. La contrapposizione coniectura-divinatio si ritrova, in un discorso filologico, in
Poggio ep. 3, 17 p. 216 cito a p. 327 e divino compare, in contesti
analoghi, in ep. 4,17 p. 339 cito a p. 174 n. I e nella letto al Barbaro
cito a p. 173. Sono tutte frasi in cui l'umanista, stizzito per le molte
e gravi corruttele di un codice, esclama: si costretti non a
congetturare (oppure a leggere), ma a indovinare! . Una simile
distinzione fra coniecturo e divino si trova gi nel Boccaccio, de montibus C. 74V (espone i motivi per cui ha rinunciato ad identificare i
toponimi antichi coi corrispondenti moderni): esto per coniecturas
aliqua plura deprehendi possint, ut puta, quem Perusinum hodie lacum
dicimus, Transimenum ftisse coniecturamus ... ; in reliquis potius divinasse necesse erat. La stessa distinzione evidente, nonostante siano
usati termini diversi, anche in un altro passo a C. 74r: qui il Boccaccio afferma che mentre vi sono alcuni tipi di errore che possono facilmente essere sanati, ad es. quelli contro la grammatica,
altri, come le corruttele dei nomi propri e in specie di quelli
stranieri, difficilmente possono essere corretti, a meno di non
1. Cf. anche Poliziano ep. 6, 7 p. 183 clIm bene cOlliectaverim prorsusque divinaverim.
292
Sic enim qUlVlS intelliget neutiquam me mihi asserere aliena, sed mea
duntaxat 'inque meis libris nil prius esse fide' (Prop. 4, I, 80): con
una metafora (Ocno, gi cos pigro, allettato da molti inviti diventato improvvisamente vagabondo e irrequieto e cambia sede ogni
giorno) il Poliziano vuoI dire che molti si sono attribuiti la congettura Oeno: per mettere in chiaro una volta per tutte la questione, egli
sottolinea il fatto che si tratta in realt di una lezione manoscritta e
si appella a quel codice che , egli dice, la radice da cui germogli
l'occasione di codesta 'congettura' (istius eonieeturae detto ironicamente). Id., soscr. a Cic. Att. (Perosa nr. 43) est vero hoc mihi
solemne quasi institutum corrigendorum codicum, ut nihil a probatioribus
exemplaribus mutem eertaque adscribam quae haud dubie eognoseam prava
esse, ut scilieet perieulum jciam an ex ipsis quoque male eohaerentibus
litteris veram leetionem coniectari aut eminisci valeam; soscr. a Plin.
nato (Maler 352) ne illa quidem quae liquebat esse corrupta de veteribus
omisi, scilicet ut coniecturae loeus emendaturo superesset. Qui e nel precedente mise. I 81 eonieetura sembra ormai termine tecnico. Le due
soscrizioni si commentano a vicenda: per la novit rappresentata da
queste enunciazioni del Poliziano vd. p. 245 e 26ISS. F. Pucci in
Poliziano ep. 6, 4 p. 173 (a proposito di mise. I 53 in cui il Poliziano restituisce miniatula cera tua 1 in Cic. Att. 15, 14, 4 sulla base
di miniata ceruia di M) a miniatula quoque eera in epistolis Cieeronis non
admodum diversa nostra leetio fuit, qui nullum quidem emendatiorem eodi,em naeti (est enim bonorum librorum in his locis mira penuria), sed
tantum coniecturis permoti, minio ae eera tua ponendum putaveramus.
In conclusione nell'uso umanistico di divinatio, divino e pi ancora di eoniectura, conieeto, anche se per lo pi non si tratta ancora di
termini tecnici, c' gi un presagio di quella che sar la loro futura
fortuna nel linguaggio dei filologi. Probabilmente non un caso
che proprio il Poliziano sia, fra gli umanisti da me esaminati, quello
che pi spesso usa coniecto e eoniectura in contesti filologici: egli,
come appare dalle numerose osservazioni che siam venuti facendo
sul suo metodo, sente pi fortemente dei suoi contemporanei l'esigenza
I. Cos ha anche l'edizione principe e il Pucci nella lettera cito Tuttavia dal
discorso del Poliziano appare che la lezione che proponeva era milliata ccrula;
infatti dice che basta prolungare la i fino a .farne una l per ottenere dalla lezione
di M quella corretta (l'apparato dell'ediz. shackleton Bailey. Oxford 1961 ha:
,erula Politianus).
293
294
multis in locis emendavi, nec sine r a t i o Il e et a u c t o r i t a t e Vtterum; Merula, pref. a Plauto (Botfeld 145) atque ita leges ut si quicquam te offenderit ve1 eorum quae nos mutavimus ve1 eorum quae, infirmitatem ingenii nostri excedentia, ut inventa sunt ita manent, notabis et
corriges, modo illud sic esse a u t o r i t a t e veterum et r a t i o n e antiquorum scriptis nixa constet; pref. a Marziale cito a p. 213: ut discere1lt quibus r a t i o n i bus quave scriptorum veterum a u c t o r i t a t e, damnata frequenti scriptura, nostram emendationem tueremuf; Poliziano mise. I 44 p. 593 quare nihil dubitandum quin sit illud ' me!os '
in Persiano versiculo (pro l. 14) tanquam verruca deformis recidendum restituendumque ' nectar " quod r a t i o nobis toto capite et vetusta pariter
a u t o r i t a s adnuerunt (il Poliziano ha preferito natar per la ragione del metro e per la testimonianza di codici antichi; cf. p. 210);
50 p. 599 (Plin. nato 25, 47: a parotidas dei codici vulgati da preferire Proetidas di un codice antico, l'attuale Riccard. 488) eam ... ve!
indubitatissimam verissimamque esse scripturam (' lezione '), praeterquam quod r a t i o docet in primis efficax (quid enim sint parotides furentes? aut quid parotidibus aurium vitio cum veratro?) , tamen et Dioscorides bonus a u t o r apertissime declarat ita scribens ecc.; 77 p. 648
(dimostra che bisogna scrivere Vergilius, non Virgilius recando testimonianze di codici antichi e iscrizioni) quamvis autem monimenta
ista tanta seculorum vetustate roborata mihi satis ad praesidium sint, attamen res ipsa quoque astipulatur et r a t i O. Nam sicuti a vere dictae
Vergiliae stellae, sic a Vergiliis ipsis vel item a vere proprium hoc nomen
crediderim inclinatum, potius hercle quam a virga, quod quidam nugantur, laurea; misc. II I, 4 hoc autem loco non vetustatis a u c t o r i t a t e ,
sed c o n i e c t u r a nitimur dumtaxat (la vetustatis auctoritas qui la
testimonianza di codici antichi; cf. p. 289); 5, 4 nulla veteris a u c t o r i t a t e codicis, nullo scriptoris idonei testimonio nisi; 14, 12 non c 0n i e c t u r a nostra, sed ipsa prorsus astipulatur antiquitatis a u c t o r i t a s (autorit di manoscritti, vd. p. 288s.); ep. 12, I p. 367 verum quoniam nec a rg u m e n t i s hoc ille nec a u t o r i t a t i bus
obtinet. .. ad nova pariter et vetusta... exemplaria provocamus. La
stessa distinzione con altre parole anche in Avanzi emendo C. a2r
ego . . , quicquid ve! ex veterum codicum praesidio ve! ex assidua nostra
versuum libratione observaverim, brevibus explicabo.
Confrontando fra loro questi passi possiamo formulare due canoni dell'emendazione umanistica: ratio o argumenta o coniectura da
un lato, dall'altro, spesso con differenze da autore ad autore e da
295
a Guarino di inviargli i passi greci di Valerio Massimo; Guarino risponde proponendo che il Mazzolato gli mandi il suo codice: egli
stesso ve li inserir, pi eleganti e corretti, di sua mano 1. Il Pizolpasso fece inserire da P. C. Decembrio il greco con la traduzionelatina nei suoi codici di Lattanzio e Plinio il Giovane 2; per Lattanzio sia il Niccoli che F. Barbaro si rivolsero al Traversari 3. In un
codice di Cic. Att. che il Niccoli invia al Barbaro i passi greci erano
stati restituiti da Manuele Crisolora 4. Per un suo Quintiliano il
Niccoli si era rivolto al Traversari e si era poi lamentato che 1'amiconon avesse aggiunto dappertutto il greco de novo: il Traversari risponde che lo ha fatto dove era necessario, ma dove il testo grecoofferto dal manoscritto andava bene si limitato ad aggiungere gli
l1lederi, mentre in ep. 217, 38ss. scrive: de Suetonio pauca sunt quae Craece scripttT
possim interpretari, nisi antiquius volumen nactus sim: adeo nostri depravati sunto Il Sab-
badini perci in Mus. di ant. class. >l 2, 1887, 449 parla di interpretare i passi
greci del testo >l, ma egli stesso si poi tacitamente corretto in Metodo 57, ove scrive
emendare i passi greci >l. Infatti certo, anche pet il confronto con in quibus Oe-
dipus esse possem, che interpretari non qui 'tradurre', ma 'capire, dare Wl senso
emendando ': cf., per Wl valore analogo di interpretor, Lamola in Guarko ep. 455~
134 cito a p. 180 (molto simile; anche qui si tratta di restituire passi greci corrotti
e P. C. Decembrio, letto cito a p. 171S. quae neutiquam ab ilio alias interpretari queullt,.
297
I. Traversari ep. 276 col. 366 quod Quitltilianum quereris minus belle et venuste
a me tractatum literasque Graecas non locis omnibus insertas de novo, falleris, nisi fallor
ipse. Nam his quidem locis quibus bene stare videbantur manere sum passus, adiectis accentibus. Placebat enim plus ita dimittere quam non necessariis additionibus librum occupare j nam facilius id mihi fuisset. Ceterum, ubi opus esse visum est, de novo addidi.
2. Ullman, Origin 66 e tav. 34; Marshall, pref. ad A. Gellii Noctes Atticae,
Oxonii 1968, XV; Traversari ep. 271 col. 352 expectamus ... XIV illos Agellii /ibros ultimos quos diligentissime transcriptos a te emendatosque testaris. Inseremus libentissime literas Graecas arbitrio tuo, ut extrema veluti manus tam utili labori tuo adponatur. Cf. anche il Lattanzio del Niccoli ricordato sopra, p. 296 (evidentemente
un codice scritto o fatto scrivere dal Niccoli, dato che detto novus).
3 Guarino ep. 223, 54ss. (Giovanni Corvini) habet Macrobium, ut audio, litteris antiquis, fidelem, emendatum, ita ut et Graecas habeat fide optima insertas litteras.
Hunc transeribendum esse cuperem... Curandum esset imprimis ut quicunque transeriberet Graecas etiam depingeret (litteras) ea qua iacent forma; Poggio ep. 8, 24 p. 237
cito a p. 184.
Omero in greco. In mise. I 34 il Poliziano restituisce congetturalmente i vocaboli opyocvov e O1<.LOC(l.OCX[OCL in Cic. fam. II, 14,1 che nei
codici erano corrotti in optanon e sciamaehalae; in mise. I 93 e 95
restituisce rispettivamente una citazione di Omero in dig., de eone.
dig. 2, II e un detto greco in Ulp. dig. I, 16, 6, 3, scomparsi dai codici vulgati, ma intatti nel celebre codice pisano delle Pandette.
Anche Francesco Barbaro era ricorso a questo manoscritto chiedendo al Niccoli di fargli trascrivere i passi greci, ma il Niccoli
non pot soddisfare la richiesta per la grande difficolt di avere accesso a un codice cos venerato 1. Guarino nella sua recensione di
Gellio ricorre in alcuni casi direttamente alle fonti greche, giacch
alcuni passi di Plutarco ed Erodoto presentano le lezioni tipiche della
tradizione di questi autori anzich quelle peculiari dei codici gelliani e una citazione di Erodoto continuata oltre il punto in cui si
arresta nei codici gelliani (Sabbadini, Scuola II9) 2. In Suet. Dom.
14 l'epigramma greco in molti codici era scomparso del tutto senza
indicazione di lacuna; in alcuni ne rimaneva invece qualche traccia
e, riconoscendo o correggendo le singole lettere, il Poliziano, che lo
conosceva gi da altra fonte (Anth. Palo 9, 75), pot facilmente restituirlo 3. In mise. II 3 I (Aquae Vitruvianae) il Poliziano restituisce
gli epigrammi greci in Vitr. 8, 3, 21-23, al posto dei quali c'era nei
libri a stampa solo uno spazio bianco e nei codici antichi per lo pi,
anzich lettere greche, dei segni incomprensibili. Ma il Poliziano
L F. Barbaro al Niccoli: cura ut habeam Graecum illud Pandectarum (Sabbadini,
Storia 31); Traversari ep. 216 col. 284 (al Barbaro) quum .. . ante paucos dies cuperet
(il Niccoli) Graecas literas Pandectarum tibi transcribere, rei difficultate victus desiit.
Sunt enim illi libri velut ex sacrario Minervae proferendi nec sine magistratuum permissu
inspicere iIlos est licitum.
2. Per la sua recensione per Guarino disponeva anche di un'altra fonte,
a cui allude in ep. 631, 3ss. superioribus diebus unas ad te litteras dedi ut A. Gellium
mitteres j nihil aut verbis aut re, quod equidem mal1em, respondisti j quam ad rem vel
sponte tua properare debuisti, cum res communis ageretur. Nam, ut hinc ad te scripsi, delata est mihi fawltas et copia textus inscribendi Graecos qui librariorum ignoratione intercepti vel omissi fuerant. Opus igitur immortalitate dignum futurum est j si id perficio,
tum futurum est mea opera exemplar qualia vel nul1a vel pauca visa sunt per hosce annoso
3. Mise. I 26 p. 560 in plerisque adhuc Suetonii codicibus etiamque nonnu/lis veteribus non modo Graecos hos versirulos non invenias, sed ne vestigium quidem ac ne lorum etiam quo se recipiant. Sed eos nos quoniam tenebamus iampridem utpote lepidissimos,
facile mox de obsoletis mendosisque exemplaribus singulas pensitando paulatimque nunc
agnoscendo nunc restituendo Iiteras pervestigavimus.
299
I. Dai passi citati in questo paragrafo risulta che i verbi pi usati per indicare
la restituzione dei passi greci sono insero (s volte), inscribo (2). restituo (2), intersero (I).
PARTE QUINTA
L'EDIZIONE
INTRODUZIONE
304
MINUTA
L'EDIZIONE
30 5
SCHEDA (SCHEDULA)
Ha in et classica significato tecnico in riferimento alla fabbricazione del papiro (Plin. nato 13, 77) e, accanto a questo, il significato
di 'scheda, foglio', soprattutto scritto. Ma la nozione di scheda
nettamente distinta da quella di charta, pagina, folium, in quanto
scheda sempre un foglio volante, non incluso nel rotolo o nel codice. Si spiega cos il passaggio di significato per cui questo termine
pu indicare l'opera ancora in fase di redazione scritta su fogli sciolti
e non ancora trascritta definitivamente in volume (Birt 229 e n. 2;
Arns l 8ss.; Isid. orig. 6, 14, 8 scheda est quod adhuc emendatur et necdum in libris redactum est). Scheda e schedula continuano ad essere
usate nel medioevo nel senso di 'foglio, foglietto' (esempi in Wattenbach 68, 232, 412, 630; schedula, cedula era chiamato il pezzetto
di pergamena contenente aggiunte che si assicurava per mezzo del
sigiIIo a un documento, Wattenbach 198) e indicano talvolta la
brutta copia, la minuta (imbreviaturae o schedae eran dette le minute
dei notai, Wattenbach 148). In et umanistica scheda conserva il significato di 'scheda, foglio': Petrarca varo 9 (invia a Pandolfo Malatesta
un codice con le sue poesie in volgare) sunt apud me huius generis
vulgarium adhuc multa et vetustissimis schedulis et sic senio exesis ut vix
legi queant. E quibus, si quando unus aut alter dies otiosus affulserit, nunc
unum nunc aliud elicere soleo. Le schedulae sono i fogli sciolti di carta, a
volte addirittura in parte gi scritti, di cui il Petrarca si serviva per la
composizione delle sue poesie e su cui continuava poi a correggerle e
limarle, s che spesso divenivano di difficile lettura (alcuni abbozzi
di qtJ:esto tipo sono conservati nel Vat. lat. 3196); a un certo punto
quindi il poeta le trascriveva in pulito su altri fogli (anche fogli di
questo secondo tipo si conservano nel medesimo codice): a questa
opera di trascrizione allude la frase e quibus . . , nunc unum nunc aliud
eliare soleo 1. Poggio ep. 2, 26 p. 153 (vd. p. 54S.); Traversari ep.
I. Le notizie sono desunte da Wilkins 335. Per eUcere cf. la nota a Canzo 23
nel Vat. 3196, c. !IV (Roman 168) post multos annos, 1350 aprilis 3. mane. Quaniam triduo exacto institi ad supremam manum vulgarium. ne diutius inter tot curas distrahar. visum est et hanc in ordine transcribere. sed prius hic ex aliis papiris elicitam scribere. La situazione del tutto analoga a quella della lettera: il Petrarca. avendo deciso di trascrivere in ordine nella raccolta delle nugae anche il nr. 23. l'ha prima
20
306
o.
"
copiato sul foglio della nota, traendolo post multos annos dalle carte su cui l'aveva.
composto. Ex aliis papiris corrisponde a vetustissimae schedulae, confermandoci
che le schedulae erano di carta. Sulla nota a Canzo 23 vd. anche Wilkins 340.
L'EDIZIONE
37
308
ARCHETYPUS
I. Cos traduce D. R. Shackleton Bailey, Cicero's Letters to Atticus, VI, Cambridge 1967, 167.
L'EDIZIONE
2.
310
J.
3I!
L'EDIZIONE
4) L'esemplare dell'opera apprestato dall'autore per la divulgazione 1. Ficino ep. in Opera, Bas. 1576, p. 825, I (presso Kristeller
I p. CLXIX) Naldus poeta noster postulavit a me tuo nomine Pauli raptum. Mitto opusculi huius archetypum. Tu vero, quoniam archetypum
.est, cum primum transcripseris, tuto remitte; Poliziano mise. I, Coronide
p. 695 (riferisce la voce secondo cui nei suoi Miscellanea egli avrebbe
~accheggiato la Cornucopia del Perotti) nam quoniam plurimum auto.ritate. .. apud Urbinatem ducem, cui dicatus is liber, Medices suus Laurentius et gratia valet, per eum videlicet operis istius et quidem archetypi
]acta est Politiano potestas. L" archetipo' della Cornucopia si conservato ed attualmente l'Urbe lat. 301, non autografo, ma con nume-
rose aggiunte di mano dell'autore 2. Su di esso fu condotta l'edizione principe (Venezia 1489, H * 12697, vd. Mercati cito 120 e
126). L" archetipo' infatti pu venir mandato in tipografia ed
frequente nelle stampe quattrocentine l'accenno a una diretta derivazione dall'originale dell'autore: ediz. principe dei Miscellanea
(Firenze 1489, H * 13221), colophon: impressit ex archetypo Antonius
Miscominus; Zenobio Acciaiuoli, pref. agli epigrammi greci del Poliziano (A. P. Opera, Venetiis 1498, H*I3218, C. XXIV) Angeli Politiani
Craeca epigrammata sicut in archetypo volumine scripta erant publicanda
uravi 3; ediz. Mayr dei dialoghi del Pontano: Neapoli, ex officina
Sigismundi Mayr Alemani, mense octobri MD VII. Atque omnia quidem ex archetypis (Previtera XIX). Per soscrizioni simili in edizioni
CLXX.
La stessa affermazione
312
di diretta discendenza dall'originale, ma senza che sia usato archetypus, nell'ediz. Venetiis 1502 dell'epistolario del Filelfo: Francisci
Philelfi. .. Epistolarum familiarium libri XXXVII ex eius exemplari
transumpti.
L" archetipo' insieme esemplare di dedica nel Vat. lat. ISor
della traduzione latina di Tucidide del Valla. Questo splendido codice riccamente miniato l'esemplare allestito per Niccol V e
reca la seguente soscrizione autografa del Valla: hunc Thucydidis codicem, qualis nullus, ut opinor, unquam apud ipsos Grecos vel scriptus
vel ornatus est magnificentius, idem ego Laurentius iussu sanctissimi domini nostri domini Nicolai divina providentia pape quinti recognovi cum
ipso Ioanne, qui eum tam egregie scripsit; ideoque hec meo chirographCJ
subscripsi, ut esset hic codex mee translationis archetypus, unde cetera
possent exemplaria emendari 1. In questa soscrizione passa in primo
piano la connotazione di 'Normal-Exemplar', esemplare ufficiale
che viene conservato pubblicamente in una biblioteca per servire
di norma alle copie successive, secondo un uso gi antico 2. Questa
connotazione del resto implicita nell'uso di archetypum per indicare
l" originale', il quale ha, naturalmente carattere normativo; ed accadeva spesso che anche copie, manoscritte o a stampa, non esemplate direttamente sulI'originale venissero con esso rivedute: si veda
la soscr. al cod. Firenze, Naz. II IX 14 exeripsit Petrus Cenninus Florentiae VIII id. ian. 1466 atque ad exempLar archetypum emendavit quoti
lo Ho rivisto direttamente il codice, ma la soscrizione stata pi volte pubblicata: J. Vahlen, Wien. Sitz.-Ber. phiI.-hist. cl. 61, 1869. 360; B. Nogara,
Codices Vaticani Latini III, Romae 1912. 275s.; G. B. Alberti, St. it. di fiL
class. n. s. 29. 1957. 224 n. I.
2. Soscr. al cod. Bamberg. Patr. 61 (H] IV 15), c. 67v (sec. VIII) Cassiodori senatoris institutionum divinarum et humanarum rerulll libri due (sic) explicuerunt
feliciter. Codex archetypus ad cuius exemplaria sunt reliqui co"igendi (Lowe, Scriptura
Beneventana. Oxford 1929, I tav. VIII; si veda anche E. K. Rand, Speculum)}
13, 1938, 433-447, soprattutto 435ss.: il codice di Bamberga risale attraverso intermediari aU" archetipo' custodito a Vivario). Il Dain si rif a quest'uso classico e
umanistico quando definisce l'archetipo le plus ancien tmoin de la tradition o le
texte d'un auteur se trouve consign dans la forme qui nous a t transmise e soggiunge: l'archtype est normalement une dition constitue en forme, dpose
dans une bibliothque, parfois signe (I08s.). Egli indica invece l'archetipo lachmannano col termine le-plus-proche-commun-ancetre-de-Ia-traditon , Gi il Pasquali (p. 477), recensendo il libro del Dain, criticava giustamente questa iImovazione della terminologia in uso.
313
3 14
Landino vera nob. p. 92, 20 horum ergo virorum diligentia quinquaginta libri, qui totum ius civile complectuntur, effecti sunt, quorum
quidem prototypon vestra res publica, o viri FIorentini, possidet. Archetypus torner ad usare per esse il Bud (vd. p. 104 n. 3).
L'archetypum inteso come originale dell'autore anche il 'primo
esemplare', capostipite di tutta la successiva discendenza di manoscritti o stampe. Questa connotazione di ' capostipite' pu divenire
dominante e possono contemporaneamente perdersi le altre connotazioni di originale dell'autore o di 'Normal-Exemplar': in tal
caso il termine assume un significato tecnico-filologico assai vicino
3 quello moderno. Dapprima quest'uso di archetypum sentito come
una metafora: MeruIa, pref. all'ediz. di Plauto (Venetiis 1472, H
13074), a proposito delle dodici commedie nuove e delle difficolt
che presenta la loro edizione: his omnibus accedit unum tantum fuisse
librum a quo, velut archetypo, omnia deducta sunt quae habentur exempIa. Qui si in manus nostras aliqua via venire potuisset, Bacchides, Mustelaria, Menaechmi, Mi/es atque Mercator emendatiores sane haberentur;
nanque in his recognoscendis libros contulimus de corruptis exemplaribus
Jactos 1. At septem ultimae, ut in eas incidimus quae simplices et intactae
a censoribus fuerant, quanquam mendosae forent, multo veriores erunt
(Botfield 143). Il Merula probabilmente ha presente il significato
di archetypum come originale curato dall'autore, ma poich questo
originale il capotispite di tutti gli altri manoscritti, ecco che il codice plautino da cui tutti gli altri discendono c o m e un archetipo.
Il manoscritto cui il Merula allude, il celebre Orsiniano, era effettivamente per gli umanisti il capostipite di tutti i manoscritti allora
esistenti delle dodici commedie nuove. Si noti che per il Merula
l'univocit della tradizione accresce le difficolt dell'editore (his omnibus accedit unum tantum fuisse librum ecc.) 2. Non essendo riuscito
3 metter le mani sull" archetipo', il Merula lo ha ricostruito dalle
copie: per le cinque commedie espressamente nominate ha collazionato copie delle copie e per di pi corrotte; come appare dal
seguito, 'corrotte' qui vuoI dire probabilmente guastate da correCf. GelI. 6, 20, 6 in libros . .. de corruptis exemplaribus factos indderunt.
L'opinione che preferibile disporre di molti codici presente anche nel
passo del Robortello cito a p. 229 n. I. Contro questo preconcetto S. Mariotti,
in Studi in onore di L. Traverso II (= Studi Urbinati n. s. B 45. 1971, 837840).
I.
2.
315
~naIoga
316
317
di 'antigrafo, modello', mi sembra non vada connesso con nessuno dei significati sopra illustrati, ma continui piuttosto direttamente
l'uso antico di archetypum per' modello' (Thes. i. L. II 460, 35ss.):
A. Maffei in Poliziano ep. 6, 6 p. 179s. itaque invento apud nescio
quem dubiae sane fidei exemplari quodam (di Erodiano nella traduzione
latina del Poliziano), quamprimum iussi volumen ipsum ut erat exscribi
atque exarari; pi oltre (p. 181) di questa copia detto ex depravato
illo archetypo sumptum et emendatum (cf. p. 303 n. 2).
Al significato di 'modello' si riallaccia anche 1'uso di archetypum per indicare 1'originale rispetto alle traduzioni greca e latina in
Valla Consto don. 74 p. 64 quodsi Hieronymus, vir doctissimus ac fidelissimus interpres, Apollinarisque et Origenes atque Eusebius et nonnulli
alii narrationem Beli fictam esse affirmant, si eam Iudaei in Veteris Testamenti archetypo non agnoscunt ecc. (cf. Dan. 14, 22-27 e Hier. praef
vulg. Dan.).
1.
318
DRIGINALIS
I) Il significato pi frequente 'originale dell'autore' (scritto o dettato o comunque curato da lui); in questo senso sinonimo di archetypus: soscr. all'Urb. lat. 327, c. 235r hec verba (cio
le parole della soscrizione) ex originali Poggii sumpta (Sabbadini~
Storia 285); Antonio di Mario, soscr. al Laur. 65, 5 di Bruni hist.
FIor., c. 3 I 3v Antonius Marii filius. .. transcripsit Florentiae ex originali (Ullman, Origin 102); soscr. al cod. Oxon., Balliol 78 B di Climaco, Scala spiritualis tradotto dal Traversari, c. 190V Antonius Marii filius. .. transcripsi Florentiae ab originalibus exemplaribus (Ullman
cito 103); Gherardo del Ciriagio, soscr. al Paris. lat. 6568 di Plat.
Phaedo nella traduz. del Bruni, c. 200r omnia vero opera que supr(1
scripta sunt in presenti volumine ego Gherardus Iohannis del Ciriagio . ..
quam accuratius potui ex originalibus dicti domini Leonardi sumpsi et
exemplavi (Ullman cito II5). Il termine compare ancora in analoghe
soscrizioni di Antonio di Mario al cod. Firenze, Naz. Conv. soppr.
A. 2. 2638 (Ullman cito 103) e a un codice ora perduto di Matteo
Palmieri de tempo (Ullman cito 104) e di Gherardo del Ciriagio al
cod. Laur. Acquisti e doni 446 di Plutarco, Basilio e Senofonte tradotti dal Bruni (Ullman cito II3). Nel Paris. gr. 425, C. 93V ad una
lettera del Salutati si trova apposta la nota ex originali manu Coluti;
scripto (Salutati ep. IV p. 269). Salutati ep. II p. 104S. (vd. p. 192) ~
III p. 89 cogitavi. .. relinquere posteris. .. ut de publicis atque privatis
epistolis meis quarum originalia remanebunt tandem illas colligant quas
inter alias viderint eminere; Pontano, Actius p. 141S.: discute il significato di instar (p. 142 itaque tum exemplar tum exemplum videtur instar significare) e cita, fra gli altri esempi, Cic. Att. 16, 5, 5 mearum
litterarum nulla est synagoge, sed habet Tiro instar septuaginta, et quidem
sunt a te quaedam sumendae. Eas ego oportet perspiciam, corrigam; tum
denique edentur, cos interpretandolo: an aliud significat quam quod,.
cum ipse e.ffiagitatarum ab illo epistolarum nullum haberet penes se exemplum, originales quidem epistolae (sic enim hodie non pauci loquuntur)
quasque ipse dictasset a Tirone asservarentur quodque de exemplaribus
illis utpote archetypis exemplum esset sumendum ? Nel passo di Cicerone, da lui frainteso, il Pontano ha dato ad instar il valore di exemplar riferendolo alle minute dettategli da Cicerone che Tirone aveva
presso di s. Queste minute il Pontano le indica con originales epi-
L'EDIZIONE
EDO, PUBLICO
2.
Per quest'uso di exemplar per indicare la minuta delle lettere cf. p. 340~
Si noti l'oscillazione fra l'aggettivo e il sostantivo.
320
L'EDiZiONE
321
32 2
positum sit, Iulii Iter non sit, sed Antonini,. hic enim prosa oratione Iter
edidit, Iulius carmine. Frequente in soscrizioni in cui indicato il
nome dell'autore dell'opera: soscr. all'Urb. lat. II84 del De fato
et fortuna del Salutati 1:
Edidit istud opus fiorenti natus in urbe
Colucius sacra 2 redimitus tempora lauro.
Ast de Ferraria Nieholaus Speeia scripsi,
sisdenis numero modieum remorando diebus,
assumens propriis manibus quod scripsit ab illo,
mille annis centumque quater currentibus octo
lueeque ad oeeasum sextilis postera eunte 3.
La commedia De casu Caesenae di Ludovico da Fabriano variamente attribuita nei codici: in un Laurenziano si legge: comoedia
edita a laureato viro domino F. Petrarca super destructione civitatis Caesenae explicit; in un Corsiniano: tragedia quedam de casu Cesene edita
per Colutium de Salutatis de Stignano cancellarium Florentinum (Stauble 8 n. 3 e 4). Per lo Ianus sacerdos si trova la soscrizione Savucius
edidit, Rugo recensuit (Savucius un personaggio della commedia),
ma nelI'Ottob. lat. II84 si legge: finis comedie edite per Pandormitam
(sic) (Stauble 33 e n. 2).
Singolare infine l'uso di edo nella soscr. al Monac. lat. II301:
C. Plinii Secundi Naturalis historiae volumen ab optimo exemplari eJitum, quoJ emenJatum jit per praeclarissimos viros Guarinum Veronensem et Thomam de Vincentia ecc. (cf. p. 258).
EDITIO
I) Azione del pubblicare (Thes. l. L. V 2, 79, 59ss.): Poliziano ep. II, II p. 351 si tibi ad utramque editionem ... conferre
aliquid. " nostra... mediocritas valet, utere quaeso audacter (cf. p. 321);
E. Barbaro ep. II p. 71 diligentiam adhibituri sumus, qualem in altera
editione (delle Cast. Plin.) praetermissam saepe mecum questus es;
I. La riproduco interamente; credo sia inedita. Il codice menzionato dal
Novati in Salutati ep. I p. 281 n. 1 e dall'Ullman, HumanislIl 31 e 101.
2. Corretto da sacro.
3. Firmato col monogramma NS. Su questo Nicola Spezia vd. Novati. 1. c.
L'EDIZIONE
323
Avanzi emendo C. a2r Parthenius quoque... plura Ioea in suis eommentariis riformat et multis aliis Iocis Iucem daturus erat nisi amieorum
assiduis et precibus et adhortationibus editionem pene praecipitare eoaetus
fuisset.
2) Il risultato dell'azione, il libro pubblicato (per l'antichit
Thes. l. L. V 2, 80, 6ss.; H. J. Marrou, Vigo Christ. 3, 1949, 2IOS.;
Arns 81 n. I); Valla Consto don. 35 p. 29 in vetustissimis quibusque
editionibus decretorum non invenitur; eleg. 3, 5 p. 85 idem (sc. T. Livius)
libro quinto, nisi editioni menda inest, ait ecc.; 3, 13 p. 89 quidam etiam
singularem huie nomini dant et huius ipsius autoris (sc. T. Livii), si editio verax est, nonnulla exempla sunt; 6, 48 p. 225 quo fit ut Curtium ...
ceterosque seriptores, opiner pallaeem' potius quam 'pellieem'... dixisse culpaque librariorum in editionibus esse vitiatum; in Pog. p. 263s.
et principium T. Livii faeturusne sim operaepretium j ita enim fere
in omni editione legitur. At Quintillanus ab ipso T. Livio scriptum esse
testatur: faeturusne operaepretium sim .
APPEN DICI
doctus insgemein kennzeichnenden vis coniciendi gar nicht beikommen: Erleuchtung konnte nur ein Poggio bringen, weil divino instinctu adflatus. Di fronte a questa severa requisitoria, il Casacci
tenta una debole difesa: faremo osservare che anche in quella redazione ... non fu cos libero come si vuoI far credere, perch aveva.
sotto gli occhi un altro esemplare molto corretto: la copia che egli
stesso aveva tratta a Roma per il Salutati nel 1403 (ora cod. Laurenz..
48, 22), copia che il resultato di una minuta collazione d'altro manoscritto e che lodata meritamente dal Bandini come diligentissima e correttissima 1.
Questo disprezzo per Poggio come collazionatore di codici deriva, a mio avviso, soprattutto dal non aver ben ponderato le sue
parole. Naturalmente solo un esame della collazione da lui eseguita.
e che ci per fortuna conservata, sar decisivo, ma gi un'analisi
pi approfondita delle sue parole basta a far modificare il severogiudizio che stato dato di questa lettera.
Per maggior chiarezza, riassumo brevemente la storia del codice
poggiano delle Filippiche 2.
Il 18 agosto 1425 Poggio scriveva da Roma al Niccoli (ep. 2,.
29 p. 159): membranas pro Verrinis et Philippicis habere cupio. Ripeteva la sua richiesta il l settembre dello stesso anno (ep. 2, 30 p..
161): te oro ut de membranis et Philippicis quam primum conficias: da.
questa lettera appare che aveva chiesto al Niccoli non solo le pergamene, ma anche un esemplare delle Filippiche. Un altro accenno
ad esse forse in una lettera dell'8 settembre (2, 3I, p. 162): quam
primum cures de membranis et libello quae toties peto. Gli arrivaronofinalmente il 19 ottobre, giacch il giorno dopo cos scriveva al Nic-
coli (ep. 2, 33 p. 165): heri habui sacculum in quo erant membranae,.
Philippicae ac tragoediae. Dopo non si parla pi delle Filippiche fmoalla lettera citata in principio, che del 1428. Suppongo che nel
frattempo Poggio abbia trascritto 1'esemplare inviatogli dal Niccoli,.
L Per la critica del testo nel1a prima met del Quattrocento, Rend. del R. 1st.
Lomb. di sco e letto , 59, 1926, IOIS. Si noti che quando il Casacci scriveva questeparole il Clark (The Vetus Cluniacensis, Anecdota Oxoniensia >l, Class. Ser. IO,
1905, LXII e pref. all'ediz. delle Filippiche, Oxford 1918 2, p. [12]) aveva gi dimostrato che le note marginali del Laur. 48, 22 non sono il risultato della collazioned'altro manoscritto >l, ma proprio della collazione di cui parla Poggio nella sua.
lettera. Per tutta la questione cf. Ullman, Origin 33s5.
2. Per maggiori particolari Ullman. l. c.
o.
33
descrizione del Plauto Orsiniano ripetuta anche l'idea che il codice cos scorretto che si costretti a indovinare pi che a leggere
(si ricordi che per Poggio la divinatio un grado pi su della coniectura: questa una deduzione logica, quella quasi un'ispirazione divina: vd. p. 290).
Il disprezzo che Poggio mostra per il copista del Bas. S. Pt"tri
H 25 stato il motivo principale del disprezzo che hanno mostrato
per Poggio i filologi moderni, commentando questa lettera: Poggio
non si sarebbe accorto del valore del codice (si rivedano le parole
dello Stangl: ist auch die uralte VorIage der Philippicae nicht da,
um sorgsam kollationiert, sondern um wegen der nulla doctrina des
librarius verspottet und in ihrer Eigenart volIig getriibt zu werden l)).
Eppure, quanto al modo come il codice scritto, chiunque dia un'occhiata al Basilicano non pu che sottoscrivere le parole di Poggio:
sorprendente la coincidenza del giudizio dell'umanista antico con
quello di un filologo moderno, il Clark (<< Class. Rev. 14, 1900,
39): I have myself spent some time over it, though with little
result, except to realise more cIearIy the remarkable ignorance of
the writer. No glimmer of intelligence appears amid his errors.
Degli errori di V il Clark ha dato un ampio quadro sia in questo
stesso articolo sia in The Descent of Manuscripts, Oxford 1918, 168ss.:
la confusione tra b e v costante (bellet per vellet, boluntas ecc.); i
frequentemente prefissa alle parole comincianti per s impura (istudium, ispem); confusione tra p ed f (portasse per fortasse) , parole non
separate, false divisioni di parole ecc. In Phil. 13, 6 il copista per
tamen ha scritto amen. Ed era capace di qualsiasi cosa: riporto uno
solo dei molti esempi recati dal Clark: 2, 69 ille vir, patres conscripti,
sicuti scitis, cum foris clarus] illeur po. scutis scitet cu floris clarus V. Possiamo immaginare che effetto dovesse fare su un umanista un codice scritto in questo modo!
D'altronde Poggio fa s rilevare la scorrettezza materiale del codice, ma si era accorto benissimo del suo valore: si rammaricava
che le lacune del Basilicano gli avessero impedito di correggere
tutte le Filippiche e saggiungeva : multum tamen lucrati sumus. Il
deducere noverint illosque congrue invicem iungere, temerario ausu, nil aliud intelligentes, se scriptores audent profiteri et apposito praedo scribere quorumcunque volumina:
quod etiam turpius, relictis colo textrinisque, persaepe ausae sunt et audent mulieres.
331
L Certo era del codice di Poggio che l'Aurispa aveva sentito parlare quando
nel 1430 chiedeva in una lettera al Traversari Antonianas Ciceronis perfectas ut nuper inventae sunt (ep. 53 p. 69): Vela fam. D erano entrambi lacunosi: solo il codice di Poggio, risultando dalla collazione di un esemplare della fam. D con V.
era veramente integro.
332
333
334
congettura non si differenzia minimamente dal modo come introduce lezioni di V (ha espunto ita ed ha aggiunto -tur sopra la riga:
cos ad es. in IO, 8 correggendo autdis di P con aut dies di V ha separato con un trattino verticale aut e dis e ha aggiunto sopra la riga
l'e di dies).
Poggio colma sistematicamente, confrontando con V, le lacune
di P, anche quelle di una sola parola, anche in un caso (ro,
I I virtus P Cl. virtus Caes. V) in cui la lezione di V considerata
interpolata dagli edd. moderni: contro 18 lacune colmate stanno
solo 4 lacune non colmate (queste ultime sempre di una parola o
due soltanto), da attribuire probabilmente a svista del collazionatore.
Viceversa quando V omette parole che compaiono in P, Poggio
non nota nulla, fedele alla tendenza gi notata ad aggiungere piuttosto che togliere; ma soltanto quando le parole omesse da Verano
necessarie o il senso comunque ottimo anche conservando il testo
di P (2, 7 solent V solent esse P Cl.; 7, I missionem V Cl. istam missionem P; 7, 3 frater est revocatus V Gaius frater est inde revocatus P
Cl.; 7, 5 rerum secundarum V Cl. rerum secundarum suarum P ecc.).
Invece in 2, 7 dove P presentava evidenti interpolazioni Poggio ha
espunto, uniformando il suo testo a V: que neque tamen ullo modo
divulganda sunt P neque tamen ullo modo divulganda V p2 Cl.
Su IO casi in cui P e V hanno diversa collocazione di parole,
Poggio solo in un caso ha modificato l' ordo verborum del suo codice
uniformandolo a V (2, 9 huius ordinis auctoritas P a. h. o. V p2 Cl.:
si ristabilisce la simmetria con existimatio populi Romani che segue).
Naturalmente Poggio non tiene in alcun conto l'ortografia di
V ed anche quando riporta sul suo codice qualche lezione di V, ne
uniforma l'ortografia ai suoi criteri.
Ma il Laur. 48, 22 prezioso per la conoscenza del metodo filologico di Poggio anche sotto un altro aspetto: Poggio ha colmato
le tre grandi lacune della fam. D trascrivendo da V: a quel che mi
consta questo l'unico caso in cui ci conservato un codice antico
trascritto da Poggio. Possiamo quindi verificare anche il modo in
cui Poggio procedeva nel trascrivere: e ci mi sembra assai importante, dato il gran numero di codici antichi da lui trascritti e per noi
perduti e le numerose riserve che sono state espresse dai fIlologi
nei riguardi di Poggio come copista 1. Questa diffidenza muove
L
Anche qui in prima linea lo Srangl, che come editore di Asconio Pediano-
335
sextertii centies p2; stlrtos V viros p2; SUO mater (segue un'r crasa)
essuas reciperavit V (remperavit V2) SUO Marte res suas reciperavit p2
(recuperavit P3) ecc. Non era certo una vanteria quando Poggio,
dopo essersi lamentato degli errori puerili del codice, soggiungeva
sed scis in talibus me esse satis sagacem! 1
Nella stragrande maggioranza dei casi le correzioni sono apportate nell'atto stesso del trascrivere, senza che resti la minima traccia
dell'operazione critica avvenuta. Contro 39 errori corretti nello scrivere stanno solo tre errori corretti in un secondo tempo 2, cos
he nella trascrizione si conservata anche la lezione di V.
Quante volte colgono nel segno le correzioni di Poggio? Prendo
in considerazione solo i casi in cui l'errore di V menzionato nell'apparato del Clark: in tutti gli altri casi, per lo pi errori banali
del genere di quelli citati or ora, le correzioni di Poggio restituiscono alla sua vera lezione il testo sconciato dall'ignorante copista
di V. 2, 93 ad ius V a diversis p2 a tuis Faernus Cl.: la congettura
di Poggio pu andare per il senso e paleograficamente buona, se
si tien conto che l'-er- di diversis poteva essere abbreviato e quindi
facilmente cadere (adiu(er)sis> adiusis> ad ius); tuttavia quella del
Faerno superiore per il senso e paleograficamente ottima (atms>
adlllS: lo scambio fonetico fra t e d frequente in V); 2, 94 imperavit V impetravit p2 edd.; impetrarat V p2 imperarat p3 Schoell
(Philippicae, Lipsiae 1916) Boulanger-Wuilleumier, Cl. espunge; 2,
94 tetrechianum V tetrarchiam p2 tetrarchiam unum Faernus edd.; 2,
95 sinestra V sine sua p2 sine nostra Muretus Cl. sine Sexti Ferrarius: la congettura di Poggio cattiva per il senso e paleograficamente; 2, 95 gynecaeo et V gineceo p2 gynecio est Halin Cl.: la soluzione di Poggio va benissimo per il senso, ma quella dello Halm
migliore paleograficamente; 2, 96 iureis V iure p2 edd.; IO, 8
l:arissimi V p2 clarissimi p3 edd.; potestis V post estis p2 edd.; IO,
9 aut potuisset V potuisset autem p2 at potttisset Cl., ma la solu-
I. Non aveva torto neppure quando diceva: t/t /l iis quae seripsi non coniectura opus fuerit, sed divinatione. Alla luce di quanto detto fm qui in iis quae scripsi
diviene pi chiaro: Poggio allude ai passi di V che ha trascritto per colmare le
lacune. Per scribo = transcribo cf. p. 93s.
2. In un caso Poggio tornato due volte sulla stessa parola: 2, 94 compellerat
V p2; successivamente Poggio ha corretto in compellarat che la lezione adottata
dal Cl ark: non contento ha poi corretto ancora in eompulerat.
POGGIO E
n. BAS. S. PETRI H 25
337
33 8
I. Talvolta si direbbe quasi che Poggio abbia fatto il ragionamento paleo-grafico che avrebbe potuto fare un moderno: attribuire a Poggio stesso la mia
interpretazione della corruttela a diu(er)sis> ad ius o la mia spiegazione dell'interpoIazione rex Deiotartls sarebbe voler andare troppo in l?
II
34
III
COLUCCia SALUTATI, DE FATO ET FORTUNA 2, 6
34 2
16
15
:w
Z5
lO
JS
I. Cleanth. fr. 527 Arnim ap. Seno ep. 107, Il et Aug. de civ. D. 5, 8.
Qui e nel seguito, p. 343, 37 c 344, 12 vale ut.
2.
SALUTATI,
DE FATO ET FORTUNA 2, 6
343
344
I 20
INDICI
<lbbreviatio 107
abrado 108. 176. 343
<lbsolvo 6. 20. 30. 46, 6Is. 83.94. 181S.
252. 265
a(d)miniatura 61
a(d)miniatus 33
adminio 61
ttdnotatio 98s.
adnotatiuncula 97. 98s.
adnoto 96s 267. 343
a(J)scribo 30. 70S. 96s. 99. 113. 2342
262 1 272. 292. 343
aliter 113
allantiqua. vd. lettera
amanuensis 202S.
amputo circum 53
Anglicanus. vd. littera
antico. antiquo. vd. Ietter
antichissimo 167
antigraphon 194
ilntiquariu5 641 201. 203S.
ilntiquissimus 149. 150-153. 164-167; vd.
anche codex. exemplum. libero littera.
volumen
ilntiquitatis mediae 154S.; vd. anche codex. exemplar
ilntiquitatis mirae 164
antiquus 149, 150s. 155. 160s. 164-167;
vd. anche codex, emendatio. exemplar.
lectio. libero littera. volumen
apex I03s 108. 1985 ; vd. anche litterarum -es
apographon 194
aptus. vd. lectio. volumen
archetypus (-um sost.) 1043 110. 190.
arundo 135
asseres 66
assides 66. 67
atramentarium 21
a/ramentum 15. IS, 21S., 24s. 76, 79.
103: scriptorium 2S
Atticus. vd. littera
auctoritas 213. 25S. 28S, 293-295, 296 1
aureus. vd. littera
autographum 101
azolo 67
azurrum 57s.
bibliothecula 86
bidellus 82
bolognese, vd. mezzano
bombycinus ( -bic- ) 16. 26s.
bombyx 26s.
Bcnoniensis. vd. pagina mediana
bonus. vd. codex, litterae
bulletta 66
308-3 17
,ars 56. 77s.: fictoria 78; informaturae 77
,artifex 77: librarius 77. 202
castigatio 276
castigafus 143. 215. 291
castigo 213. 253. 276
cedula 306
chalcographus 77
character 102. 106. 127, 134, 142. 201:
Romanus 125; -es Cothici 123. 126;
Craeci 102.289.293 ;grandes 126-1]0;
grandiores 95. 126-130; Langobardi
124; maiores 104. 126-1]0; maiusculi
126-130; vetusfi 95; vetustissimi 105.
138; -is forma 3291; vd. ancht." littera
c(h)arta 8. I4s. 18s., 2IS., 24-26, 27,
28-32, 33. 39, 45 1, 52-54, 78, 101.
IIOS. II3, 144.200. 217. 237s. 306:
176-178, 187. 189-191. 209s., 213216, 218. 220, 222-227, 233s. 236.
240s . 247s., 254, 257. 260, 262S.
267. 271, 274. 279s., 282S., 287.
2.91-293. 29 83 309. 3I2S. 315s.
319. 342: antiquissimlls 128. I48s.,
152. 167. 238; antiquus 7IS., 109,
II8 1 143. 148. 153, 167. 1741 2IOS.
21 4, 245, 254, 262. 267. 270. 285,
321 , 327. 329; bonus 255; calamo
scriptus (exaratus) 715.; impressus 715.
75.233 2 ; manuscriptus 71S. 238; mediae antiquitatis I54s.; multum antiquus 89; novus 73. 161. 1621, 190;
pervetus 153. 155; pervetustus 254; recentior 167. 285; reverendae vetustatis
233 2 ; sane quam vetustus 153. 177;
semivetus 95. 150; venerandae vetustatis 71, 128. 148; vetus 70, 149,
210. 294; vettStissimus IO, 862 96.
124. 128. I48s. I52S. 165. 168. 188.
190. 218, 226, 235, 241. 248. 252.
26IS. 269s.; vetustus 71. 124. I48s.
1561 , 157. 161, 163 168, 238, 241.
248 252.265. 2'l9. 291, 293; -es librorum 7; (per)tiulgati, vulgatissimi
72-75.I24.223,2332,265;vd.anche
digero. exemp/ar
codicillus 8: -i arborum 27; gemelli 8
collatio 213, 2441, 249. 279. 342s.
colligator 64 1
colligo. -as 53. 64
colligo, -is 95
colognellus 42, 146
co/umna 29,30.38,401. 41S., 55, III, 291
columnella 33, 415.
commodus. vd. volumen
cOllllllunis, vd. fo/ium. litterae. volumen
compactio voluminis 65
comparo 73. 249
compendiaria. vd. nota
compendium 107
completus 5. 214. 217. 222
compositissimus. vd. littera
confero IO. 71S. 95S. 106, 124. 128. 168.
188, 218 2 241, 246-249, 260. 26ts.
267.279, 313 2 314-316, 342
confodio 285
(onglutillo 31, 37, 64s
conicio in volumen 307
coniecto 210, 212, 2311, 2621, 287-293,
342
coniectuTo 290
contamino 210, 286
conturbatus 226
cooperculum 65 1
copertura 35
copia 192-194, 254, 306, 319
copio 183
corium 66, 68; vd. anche vestio
corpus i. 8
correcte, vd. exemplo, scribo
corratio 176, 244, 247, 270, 275, 3435.
corrector 64 1,68,77,224,244, 275s., 344
correctus IO, 16, 53, 215, 225, 2271
corrente, vd. lettera
corrigia 67
corrigo 64, 96, J56, 1621, 1725., 175, 1805.,
189, 1925.,229,2302, 233 3, 237, 248,
251-253, 259-264, 267, 268-274, 289,
292, 294, 327, 3435.: ad. exemplar
190, 223, 258, 269
corrumpo 75, 284, 286, 342-344
349
deformatus 226
deleo 96, 109, no, 2IO
deliratio vetustatis 176, 220
deliro 214, 2201
deminutus, vd. dimdepillgo 184, 2973
depravatio 221, 2302
depravatum, 505t. 221, 2302, 291
depravatus 96, 156, 178, 2IO, 212, 214,
220, 223, 228 2, 252, 258, 262,
281, 289, 293, 295 2, 317
depravo 286, 287
derado 289
describo 8, 37, IOI, 131, 157, 161,
181, 187, 191, 201, 228 2, 2291,
310, 3152
desidero U I l , 236
designo 227 1
desum 30, u3, 1561, 158, 180,236,
297, 327, 331,
276,
163,
307,
28b,
dictata 95
dictio IO, 45 1, 104, I08-IlO, 141, 218,
223,225,227, 2F 1, 2323, 234, 235 3,
257, 267, 284, 291, 296 1
350
exchartabulum 40
excipio 95, 106, 1953, 205
excudo 76: formis 76, 79
excusor 76, I ro, 162, 2191
exemplar 13, 31,69, 72, 79, 94, 99, 105 5.,
I105.,
1765.,
1935.,
235 1,
emendo
exemplarium 186, 188, 221: manuscriptum 72
exemplatio 16, 183
exemplatum 50St., 183, 186, 272
exemplo 8, 25, 45, 103, II 7, 133, 182,.
183s., 185, 190, 1952,270, 318, 342~
co"ecte 215
exemplo 191
exemplul1l 1025., 176, 181, 185s., 18g-192,.
194, 303 2, 314, 318, 339: antiquissimum 70; retraho 184, 190; sumo 184,.
189, 190, 269; traduco 184, 189
exesus 105, 305
exolesco 1043
exoletus 105, III, 138, 286
exorno 61
explicatus, vd. littera
exprimo formis 76
expungo 45 1, 95,109,110,216,257, 284S.
ex(s)cribo 94, 103, 1055., 177, 181, 1865.,.
191,200-202,223,228 1,2535.,277 1,
286, 291, 293, 309, 312, 313 1, 317,.
340
35 1
idiographus 101
illaesus 218
illuminatio 244
illuminator 64 1
illumino 40, 60S., 64
illustro 60
imperfectus 240
imperial(l)e 48s.
imperialis, vd. charta, forma
implicatus, vd. littera
implicitus, vd. littera
impono manum errori 261,284
impressio 71, 75
impressor 75s., 79, 271, 275, 286
impressus 49, 83, 146; vd. anche codex.
exemplar, /ittera
imprimo 37, 56, 70, 75, 77, 79, 127, 188.
2182 ,225,271,2795.,286,289, Pl.
313 1 , 320
incastigatus 225
incaustum 25
incolumis 209, 212, 218, 219, 282
incolumitas lectionis 219
incompletus 214, 240
incorrectio 221
incorrectus 224, 304, 313
inco""ptus IO, 216, 260, 274, 291, 329 1
index IIS., 87, 88, 256
indicium 41
indiculus 875.
induco 95, 109S., 1II 1, 287
inemendatus 69, 175. 2245., 254inexpletus 240
in foglio 51
352
puto -endum
lettera (lectera) (-e): all'antiqua 121 1;
antiche corsive 122; antiche nuove
122; antiqua 121; bastarda (-e) 144;
corrente 135; di forma 76, 78; gallicha (-e) 130s.; longobarda 1241,
125, 128; maiuscole 128; moderna
(-e) 146; tedesca 132
libellus 31, 8s., 12, 27, 44, 56s., 61, 83,
96, 103, 121, 141, 189s., 193, 200,
217, 254, 261, 270, 276, 306s., 315,
320, 328
liber 3-8, Il-18, 20, 22-25, 27s., 30, 33,
38, 40 s., 44, 46, 52-55, 59, 61-64,
66-69, 73, 76, 79-82, 85-89, 935.,
975., 101, 104, i06, !Ios., Il3, II9,
122, 133 1, 134, 138, 140, 145-147,
155, 157, 1595, 163 1, 165, 168, 173177, 180, 183, 186, 188-191, 1984,
1985, 201, 204, 209, 213-215, 2175.,
220-223,225, 228 2 , 229~ 2322 , 2395.,
242, 2441 , 247-249, 2525., 259, 26 3,
265-268, 270s., 275, 2785., 2815.,
286s., 2915., 297-299,304,306,3105.,
313-316, 320, 342-344: antiquissimus
149, 235 1; antiquus 148, 262; calamo
scriptus 162; manu striptus 162, 287 5 ;
novus 76, 162, 2191; pervetus 148,
153, 212; vetus admodum 13, 154,
161S.; vetustissimus 94, 124, 1485.,
152, 1561, 158; vetustus 149, 167;
-i arborum 31, 25; vulgati 73, 282; vd.
anche codex, exemplar, frons, officina,
redigo, volumen
libraria 86s., 168
librarius agg., vd. artifex, charta, matu::eps,
manus, taberna
202; publicus 82
ligatura 61, 65. 244
ligatus 35. 43, 65. 68
ligo 20. 56. 60. 64. 675. 85, 185
limo 201. 237, 249, 251. 258, 283
linea 38, 62S. 112. 113. 196
lineamentum (linia-), vd. littera
lit(t)era (-ae) 7s., 25, 28, 38, 57, 63, 77.
79, 100, 101$. 1045., 107-109. III,
115. 117-119. 129, 140. 143, 162.
168. 174 1 182. 197. 198 3 203. 210.
218, 221. 225, 227 1, 228 2 230-235.
267. 281. 2865. 291-293. 2983. 306,
342. 344: Anglicanae 144; antiqua (-ae)
775. 104.114, 116.117-122, 131. 142.
145. 180. 1972 204. 216. 222, 2973
342; antiquae Cllrsivae 122; antiquis-
353
116, II9. 122-126. 129. 152; Longabardica (-ae; Lang-) 124S.; magnae
145. 147; maiores 61. 62, I16, 126130; maiusculae 63. u6. 126-130; malae 140; minutae 140. 141; minutissimae 138. 141; modernae 78. 116. 122.
133. 141. 145s. 147. 342; modernae
quasi antiquae 122. 146; non admodum
antiquae 139; notarina 146; novae 89.
133, 140, 175. 187. 214; optima (-ae)
20. 133. 139. 141S. 175; Parisinae
132. 144. 146; parum emendatae 118.
214; parva (-ae) 27. 141. 145. 147;
pessimae 102, I18, 141; Pisana 1043.
248; principalis 62, 63, 65; pulchra
(-ae) 19, 61, 77, 139, 141,145-147;
quasi antiquae 122; quasi barbarae 134;
quasi modernae 145-147; rubea 59;
sculptae 78; speciosissimae 141; textualis 146; Theutonicae 132; ultramontanae 146s. ; ultramontanae cursivae
147; variae 147; variatae 132. 136,
145. 147; veteres 138; vetusta (-ae)
102. 139s. 265, 267; vetustior (-es)
119. 140; vetustissima (-ae) 138s. 216;
-amm apices 1035. 171. 233 3; -arum
character (-es) I15. 228 1 -arum effigies 103, 104. 142; -amm facies 88.
100S. 103. 142s.; -amm facies vetusta
120, 138s.; -amm figura 102S., 229,
264; -amm (-ae) forma (-ae) 15, 103.
135, 3291; -arum formulae 80, 103;
-amm liniameHta 25. II3; -arum notae 59, 104, 135, 197; -arum picturar
68; -arllm simi/itudo 230, 233; -arum
tractus 101
litura 18, 110, 142
Longobardicus. vd. littera
longobardo. vd. lettera
Longobardus. vd. littera, volumen
lorum 68
lumen 60
354
membranaCus 202
membranula 20, 113
Memphiticus, vd. papyrus
menda 76, 175, 220, 225, 230, 267, 271,
275, 32 3
mendatus 224
mendose, 188: vd. anche lego, scribo,
transcribo
mendositas 221
mendosus 94s., 106, III. 118, 1342 , 139,
141, 156s., 162, 178, 187s., 212, 2I4S.,
218, 220. 222. 223s. 225 1, 226, 229,
233, 239, 242, 254, 256, 259, 265.
270s., 271. 285. 291. 293, 298 3 , 3131,
314
mendum 187, 219s. 229, 234,235 1,251,
267. 276, 316. 343
mensura folii 14, 43, 50, 53
mezzano (meane) 48s.: bolognese 49
minimus, vd. forma
minio 56. 60S. 185
minium 58s., 61. 63; vd. anche omo
minus est 236; habetur 236
minuta 304
minutus, vd. littera
obe1l1s 285
oblongus 123
obsoletus 106. 2983
obtrllnatus 224. 242
oaeatus 94. 106
Dedipus 225, 289. 293
offidna librorum vendendorum 85
operarius 45 1, 218 2
opertulum 59, 65
opifex 77, 79
optimus. vd. littera
originalis (-e sost.) 1595 , 189. 192, 303.
3 18S.
~ams"~,
vd.papyrns
papyreus 24, 132
papyrnl1l (-i-) 22, 39
papyrus (-i-) 135., 165., 19, 21-24, 26,
27s., 43, 495., 78, 142, 146, 256,
305 1 : Memphitica 23; palustris 225.,
vd. anche charta
Parisinus, vd. littera
Parmensis, vd. charta
parvus, vd. forma, littera, volumen; valde
parvus, vd. volumen
pecia 196
peraro 95, 128
perftctus 159 5, 219, 237, 331 1
pergamena 20S.
pergamenum 16, 20S., 25, 125, 140, 1821,
306
perlego 283S.
perversus 226, 281
pervetus 150s., 153, 164; vd. anche codex, liber
pervetustus 164s.; vd. anche codex, volumen
pessimus, vd. littera
phalera 68
pictura 59; vd. anche littera
pigmentarius, vd. theca
7tEv~~ 88
355
251
rado 16, 64
rampinus 67
raptim, vd. scribo, transcribo
rasura IO, 108s.
ratio 213, 258, 273, 288, 293-295
realis, vd. volumen
real(l)e 485.; vd. anche foglio
recenseo 277-279, 322, 343
recensor 279, 343
recentior, vd. codex
recognoso 77, 79, 98, 218 2, 260, 279s.,
312-314
recollectae 95
rectus 209
recu"o 28]
reute 49
redigo in librum (-os) 306, ]07; in veram
lectionem 282,289; in volumen 5, 194.
303, ]07, 310
redintegratio 277
reduco in pristinam sinceritatem 216, 282;
in volumen 182, ]07
regalis, vd. charta
regius, vd. volumen
relego 28]s.
religo 65 1
repertorium 88
repono 242, 282, 288
repurgo 283
resarcio 28]
rescribo 100, IlO, 1371 , 181-18], 195 2,
1953, 25 1, 319
restituo 176,248,272,280-282,294,2963,
2964, 298 3, 299 1: in integrnl1l 276s.,
282; in pristinam sinceritatem 216, 256,
281$.; in veram lectionem 212, 217,
282; (suo) loco 281
retraho, vd. exemplum
revideo 189, 193, 213, 221, 246, 249,
269, 279, 282, 343
356
rubrica 59
rubricatio 244
scartabeglio 401
scedulla 306
sc(h)eda 35, 54, 303, 305s., 307
schedula 305s.
schudito 67
scriba 201, 205
scribo 93s., 184, 278: ad fragmenta 196s.;
correete 175; corrupte 237; emendate
lI8 1 , 2145., 297, 327; fideliter 216;
manti propria 99s.; mendose lI8 1, 154,
1741, 186,223, 327; raptim 136s.
scriptio 201
scriptor 13, 15 1 , 16, 25,641,94,103, II9,
132, 1342 , 143, 1603, 182. 1855., 189,
191, 1951 , 197s., 199-202, 203s., 223,
227,233,286, 306, 3291 : ad volumina
196s.
scriptorius. vd. atramentum
scriptura 18. 32, 6Is. 65. 101, 102. 109,
II2, II5, 128, 143, 154. 171S., 198 6 ,
semilacerus 222
semipagina 362
semitruncus 222, 242, 255
semiversus 112. 236
semivetus 150s., 1545.; vd. anche code:.:
seratura 67
sermo 41, 85. 201, 2282
sextemus 20, 35, 43. 47
81 2 ,
82, 85
fabula 66, 68, 163 1
tabularius
201
ordine 339
transcriptor 201, 204
transcuffo 185
transfero 172, 184
transformator 184
translator 184
transmissiva 339
transumo 184, 312
truncatus 137, 242, 254
truncus 31, 1595 , 242
tueor 284
typus 70
Tyresiam consulo 172, 293
357
vestio corio 66
vestitus 655., 68
vetus 149-151, 153s., 166s.; vd. anche codex, exemplar, lectio, littera, scriptura;
mire vetus 148, 150s.; vetus admodum,
vd. liber
vetustatis mediae 150; mirae, vd. volumen;
reverendae, venerandae 150s.; vd. anche codex, exemplar
vetustior, vd. littera
vetustissimus 149, 150-153, 155, 1605.,
164-166; vd. anche character, codex,
exemplar, liber, littera, volumen
vetustus 150s., 160, 164, 166; vd. anche
character, codex, exemplar,forma, liber,
littera, volumen; mire vetustus 150s.;
vd. anche volumen; sane quam vetustus 153; vd. anche codex, liber
violo 209, 287
vitiatus 225s., 234 1
vitio 323
vitiose, vd. lego
vitiosus 289
vitium 220, 221, 229, 344
vitulinus, vd. charta
volumen 3-8, 9, 12, 16, 20, 23, 26, 30,
38, 43-46, 52-55, 56-60, 62, 685., 7173, 76, 81, 83, 87, 89, 94, 113, 121,
1235., 128, 130, 132, 139, 140-142,
163 1, 175, 184, 194, 196s., 201, 218,
223, 237, 240, 254, 256, 2585., 2634,
265,277,29 1,293, 311 , 313, 3175.,
322, 3291: antiquissimum 39, 148;
antiquum 25 l, 2891, 295 2, 3291; aptum
54, 130, 142; commodum 10,54; commune 50; folii 50; grossum 521; ingetls
12, 182, 185, 252; Longobardum 124;
magnum 47, 53; mediocre 48, 50, 5254; mirae vetustatis 166; mire vetl/stum
148; novum 166; parvum IO, 48, 5254, 83, 136; pervetustum 165, 254;
reale 49, 521; regium 49; valde parvum 48; vetustissimum 139, 141; vetustum 124, 162, 287; -a librorum 7;
ANONIMO
ACClAIUOLI DONATO
in Ve-spasiano ep.
I,
16:
III
ACCIAIUOLI ZENOBIO
ANONIMO
III,
ANONIMO
de cit'. D. 5. 8: 3421
doctr. christ. 3, I, I: 266
C.
ANONIMO
AMIDANO ZENONE
letto a P. C. Decembrio: 221
inf.: 258
ANONIMO
soscr. a Cic. orazioni: 258. 269, 272
AMMANNATI IAcopo
ANONIMO
soscr. al cod. Bamberg. Patr. 61; 3122
AMMlANo MARCELLINO
ANONIMO
soscr. all'Estense VI D 6: 252
ANONIMO
soscr. al Palato lat. 1469: 1641, 252
ANONIMO
soscr. a Plat. Menone:
ANONIMO
nota al Barb. lat. 146,
c. 186r: 38
C.
37s.;
176v: 37S.;
ANONIMO
nota al Laur. 32,46. c. n: 68
ANONIMO
nota al Laur. 65, I: 33, 44
224
ANONIMO
soscr. all'Urb. lat. 327: 318
ANONIMO
soscr. al Vat. lat. 1958: 191. 216
ANONIMO
trattato nel Monac. lat. 451: 127
ANTIQUARIO IAcopo
in Poliziano ep. 3. 18 p. 86s.: 78s.; 3, 18
p.87: 12. 71, 83. 85; 6, IO p. 186: 41
ANTONIO DA ROMAGNO
AUSONIO
12 p. 323s. Peiper: 194; 123. 2 p. 343:
2 84; 393, 7 l ss. p. 248: 28; 393, 74ss. p248: 103; 393, 77 p. 248: 282
DI
MARIO
AVANZI GIROLAMO
emendo
ApULEIO
apal. 6: 210
fiar. 15 p. 20S. Helm: 210
met. 1,23: 212. 285; 3, 3: 225
ARDIZZI FRANCESCO
note allOttob. lat. 2057: 184
soscr. allOttob. lat. 2057: 103s. 121
142, 1641 26 9
ARIOSTO LUDOVIco
sat. 3. 6Iss.: 321
ASCONIO
PmTRo
card.
Bosso
MATTEO
361
ep. I, 6 p. 30: 87; 7 p. 38: 87; 13p. 61: 87; 21 p. 81: 1994; 2, 2 p. 88:
19; 4 p. 94: 1371; 5 p. 94: 44; 5 p. 95:
1371; 6 p. 96: 8; 7 p. 98: 143, 32; 7
p. 100: 23, 1371; 9 p. 104: 7, 12, 123;
9 p. 105: 1371; IO p. 108 e 19 p. 144:
(DE)
ANDREA
43
varo Il. 38: 43
CASTIGLIONI ZENONE
&
2, 1959. 2015.:
CATULLO
CENNINI PIETRO
COLONNA GIROLAMO
CICERONE
ae. 2, 92: 55
Att. I, 13: 7; 3, 8, 4: 191; 7, 2,3: 102;
8, II, 3: 290; 13, 6, 3: 189; 15, 14, 4:
271, 292; 16, 3, I: 308, 316; 16, 5.
5: 318
Brut. 88: 199
elllent. 71: 226
de or. I, 8: 212; I> 80: 99, III; I, 128:
2381; I, 157: 238 1; I, 193: 238; 3, 17:
238; 3, 17-IIO: 239; 3. 99: 257
div. 2, 63: 235; 2, 75: 290; 2, 85: 104
fam. I, 2, 2: 232; 2. 7, 4: 232; 2, 13, 3:
1002; 7, 16, I: 286; II, 14, I: 271,298
fin. I, 65: 29; 4, 36: 240
Lael. 15: 29
off. I, 61: 234, 242
parto or. 26: 1041
Phil. I, 3: 332, 333 1 ; I, 5: 333; 2, 5:
332S.; 2, 6: 333; 2, 1: 334; 2, 8: 33 2 ;
2, 9: 332, 334, 338; 2, 24: 332; 2, 69:
330; 2,93: 335S.; 2, 94: 336s.; 2, 95:
335-337; 2, 96: 335s.; 7, I: 334; 7, 2:
332; 7, 3: 33 2-334; 7, 4: 33 2S.; 7, 5:
334; IO, 7: 332S.; IO, 8: 334-336; IO,
9: 336s.; IO, IO: 333; IO, II: 333s.; IO,
12: 332; 13, 6: 330
p. red. ad Quir. 23: 240
p. red. in seno 39: 240
S. Rose. 19: 271
Tuse. I, 39: 1764; I, 115: 210
CIRIAGIO (DEL) GHERAllDO
9, 2: 74
CONVERSINO GIOVANNI
8,
II,
2: 271
DANTE
EPIGRAMMATA BOBIENSIA
FOSFORO LUCIO
FREGOSO TOMMASO
vd. Fosforo
FESTa
GELLlO
vd. Ciriagio
GIOVANNI ARETINO
GIOVENALE
366
HUMMELBERGER MICHAEL
nr. 8: 1821
INVENTARIO MANSUETI
Fumagalli p.
XIII:
67
INVENTARIO ORSINI
INVENTARIO VISCONTI
s.
6.13.2: 4 1; 6.13.3:
43 ; 6. 14, I: 203; 6. 14. 6: 381; 6. 14.
18: 305. 3071
orig. 6.
IO. I: 23 1 ;
LBONARDI NICCOL
1.476: 285
Lupo
LAMOLA GIOVANNI
DI FERRlRES
MACROBIO
sat. 7, 6. 5: 235
somn. I, 6, 70: 103
MAFFEI AGOSTINO
LANDINO CRISTOFORO
IO
IO: 12;
MAFFEI RAFFAELE
368
MA NETTI GIANNOZZO
MARSUPPINI CARLO
in Aurispa ep. 90 p.
II2:
65, 68
MARZIALE
II: 3032 ,
30 32 ;
7,
308s.; 7, 17:
9, 92,
12: 111 1; II,29, 3: 255, 270; 14, II: 18
MERULA GIORGIO
I:
165, 237
PANORMITA ANTONIO
MUZIO MACARIO
PEROTTI NICCOL
369
PIo GIOVANBATTISTA
23: 274; 5, 30: 19; 5, 30SS.; 64, 243;
5, 31: 40, 60; 5, 46: 68, 224, 275; 7, comm. in... comeed. Plautinas. C. cc6r:
30: 22; 12, 4 e 25: 1991; 12, 30Ss.:
249
1986 ; 14, 80: 274; 15: 13 8 ; 19, 3, H3:
137S.; 20, 9.16: 22; 10,6: 22; 13, 145:
PIZOLPASSO FRANCESCO
38; 14, 16: 22; 21, 10.61: 6; 10.106:
letto al Decembrio: 139
185; IO, 101: 1991; 22, 2. 3ss.: 303 2; 2,
7: 186; 2. 8: 246, 282; 3, 2ISS.: 304;
PLAUTO
3,25: 224; 23,12, HISS.: 1983; 12, H2:
1
cisto 733: 261 1
t99 ; 12. Il3s.: 286; 19, 40: 185, 340;
1
19. 46ss.: 197; 19,48: 184. 1982. 199 ; Men. 544: 1535.
mi/. 321: 271; II78: 233 3; II79: 286
24, 1,232: 22; 2, 92: 190; 4, 94: 242;
most. 830: 154
7. 5: 5, 2405.; 12, 261: 22; 13. 2SS.:
Perso 480: 234
5; 13, 38 : 6
rud. 13 IO: 261 l
invect. contra med. 2, 40s.: 19, 23 1
nota al Palat. lat. 1820, c. 38r: 29; al
PLINIO il Giovane
Paris. lat. 554. C. I7Sr: 29; al Paris.lat.
5690. c. 96v: 29; C. I88r:42.29I;aIPa3. 5, 5: 31; 4, 26: 33 2; 4. 26. I: 279
riso lat. 5720, c. 5v: 29; c. 25v: 30; al
PLINIO il Vecchio
Paris. lat. 5816, C. 7r: 42; al Paris. lat.
6802, C. S4r: II2; c. 56v: 29; al Paris. 6, 170: 188; 7, 51: 2II; 7, 89 e 192:
lat. 7720, C. 8-3v: 29; C. 1I2V: 29S.; al
75; 8,218: 257; IO. 56: 272; 13. 68ss.:
Paris. lat. 7880, I: 60, 64; c. 55r: IO;
18; 13.69: 43 27, 33; 13,70: 21 2; 13,
al Vat. lat. 3190, C. 7r: 20S., 23; C.
71: 27s.; 13, 74: 27. 491; 13.76: 18; 13,
lIV: 305; c. Isr: 23; al Virgilio Am- 77: 305; 13, 79: 18; 13. 79s.: 49; 13,
brosiano, C. 222r: 29
80: 18; 14,68: 257; 22. 88: 161,275;
remo 1.43 p. 54: 186; p. 54s.: 1981; p. 25,47:74,255. 294;28.25:27;31,66:
55: 204
218; 33, III e II3: 61; 33. 122: 58; 35,
seno 2, 4 p. 842: 89; 4 p. 843: 12; 5. 137: 29 1
I p. 875: 102, 1983; 9, 2 p. 944: 3IS.;
13, IO p. 1020: 103, 1985; IO p. 1021:
POGGIO
()4, 66s., 221; IS, I p. 1048: HS.; I p.
vd. Bracciolini
1049: 240; I p. 1050: IlO; 7 p. 1059: 6
varo 4: 61, 185, 283; 9: 305; 15: 184,
POLIZIANO ANGELO
1971,198 2; 45: 140; 61: 22; 65: 96. H2
appunti su Svetonio. Monac. lat. 754,
IJir. ili. Scipio H, 14ss.: 6
C. 2I6r: 149, 153
vita sol. 2, I I p. 514: 7
collaz. di Columella: 72,124.148. 163s.,
248; di Ovidio: 168, 273; delle PanPICCOLOMINI ENEA SILVIO (PIO II)
dette: 7, 46, 96, 102. 105. 107. 109-III,
BrieJw. I p. 359: 561; IV p. 475: I42S. 140,239,255, 267s., 286; di Plinio il V.:
1495. t64, 240, 242. 2475., 254, 263; di
hist. Bohem. 36: 127
Quintiliano: IO, 152,241.248; di Stazio
PICO DELLA MIRANDOLA GIANFRAN- si/v.: 149, 1561, 158, 1675.,273; di Terenzio: 128. 148
CESCO
comm. a Cic. Phil., Monac. lat. 755,
lett. al Bembo: 2185.
C. 54r: 188; a Stazio si/v., Magliab. VII
370
37 1
4,
I,
PUCCI FRANCESCO
illst.
I,
42: 271
REGIO LUDOVICO
letto ad A. Maffei: 3 IO
RHETORICA AD HERENNIUM
2,
47: IO
372
RICCARDO DA BURY
Aesch. Trag., c.
RUFINO
2,
IO: 45 2
RUSTICI CENCIO
De arte aitica:
125
ep.
SVETONIO
I, 3, 84: I87s.;
2, I: 210; 2. 7, 14s.: 276; 4. 5, 48: 284;
4. 9, 40: 209, 255; 5, I, 33: 2II; 5, I.
188s.: 281; 5, 5: 241; 5, 5.24-27: 241
SUMMONTE PIETRO
letto a F. Puderico: 268. 316 1
nota al Vat. lat. 2840, c. II: 310
373
127
TRAVERSARI AMBROGIO
374
V ALERIO
2, 572: 209
FLACCO
375
Mart. praef. I 4: 45 2
VERGERIO PIER PAOLO
IlO, 112; 2,
16: 101, 103, 136; 3, 5: 101, 136 1; 5,
12S.: 23s.; 16, IO: 61; 16, 14: 191; 16,
17: 93, 270; 16, 25s.: 82 1 ; 17, 3 e 8 e
12: 61; 18, 7: 61; 18,8: 64 2; 25, 5: 191;
3D, 9: 61, 64 2
Vite, Niccoli 3: 131 3 ; Poggio 2: 401
VIRGILIO
epit. I, 21 e 4, I: 72 2; 4, lO: 70
AREZZO
Bibl. Comunale 145: 571
BAMBERGA
Staatliche Bibl.. Patr. 61 (HJ IV 15):
3122
BERLINO
Dcutsche Staatsbibl.. Lat. Fol. 661 :132
BOLOGNA
Bibl. Uni\'ersitaria 701: 165; 1733: 307
CRACOVIA
Bibl. JagiellOliska 416 (CC II IO): 1671
ESCORIAL. S. LORENZO DEL
Real Bibl. S III
.:.1:
1671
FIRENZE
Bibl. Medicea Laurenziana 29. 32 (L):
149. 167.276; 30. IO: 130. IS0; 32.
9: 33. 38. 88. II2. 142 164; 32.46:
68; 35. IO: 8. 83; 36.49: 274; 37.
13 (Etruscus di Sen.): 149. 270; 39.
I (Virgilio Mediceo): II61; 45.15:
129; 48. IO: 30; 48. 22 (P): 1821
328s. 33 2-338; 49. 7 (P): 37. 1961
31 52; 49. 9 (M): 37. 1161, 148. 1961
226. 289. 292. 3152; 49. 18: 272.
273 1 274. 296 4 ; 49. 24: 51; 53. 18:
341; 54. 15 (M): 3341 ; 54.22.: 70;
56. I: 218. 299; 65. I: 33. 44; 65.
NEW YORK
Academy of Medicine
275): 148. 315 2
(gi Phillipps
Balliol College 78 B: 3l 8
Bodleian Library, Auct. P. 2. 2: 71; T.
1. 27: 149
Can. lat. 34: 238; 95 (C): 171 3
PARIGI
379
323
Arzignano Giovanni 176, 236
Ascensio, vd. Badius
Asconio Pediano 13, 93, 159 5, 24IS.,
274, 278, 3341
Astemio Lorenzo 70
Atanasio, s. 23, 26, 1961
Ateneo meccanico 59s., 164
Attalo, re di Pergamo 21
Augustinus chartarius 83
Aurispa Giovanni 343 , 81, 139, 193,247,
265
Bacciameus chartarius 83
Badius Van AscheJosse (Jodocus Ascensius) 1111
Baldelli Nicol 247
Bandini A. M. 37, 70, 71 1, 1291, 168t,
1682, 338
Barbaro Ermolao 267, 276
Botfield B. 293
Boulanger A. 336
Bracciolini Poggio 14s., 16, 33-35, 37,
43 2, 48, 51, 53, 103, 106, II7-II9,
121, 131, 137, 141, 156-161, 1722,
174, 181S., 213, 267, 274, 315 2, 318,
327-338: copista 8, 13S., 34, 120 1;
critico del testo 258s., 338; epigrafista 42, 107
Branca V. 861, 153s., 2II
Brauninger F. 79 1
Briquet C. M. 49
Brossano (da) Franceschino 138
Bruni Leonardo 17, 145, 1925., 225,
2302, 318, 320
Biihler C. F. 83 2
Bucinio Bartolomeo 134, 197
Bussi Giovanni Andrea, vesc. Aleriense
1881, 293
Cagni G. M. 93\, 191\
Calcidio 182
Calderini Domizio II, 26, 69, 70S., 97,
124, 152, 157, 187, 210S., 241, 273,
286, 320
Calderini Giovanni 218 1
Calfurnio (Giovanni planza de' Ruffmoni) 276
Callia 61
Callimaco 218, 222, 271, 275, 291
Calliopio 277-279, 343
Campana A. 31\, 36, 106\, 122, 126,
1362, 1441, 155, 1651, 247, 2483,
273 2, 303 2, 3092, 3152, 333\
Canfora L. 692, 70
Capelli Pasquino 1961
Capello Guglielmo 247, 258
Capra Bartolomeo, vesc. 57, 139
Capra L. 293\
Carlo Magno 28
Carlo IV, imp. 137
cartolai 81-84; vd. anche Agnolo, Andrea, Augustinus, Bacciameus, Francesco, Giovanni, Petrus; cf. librai
Casacci A. 328, 341
Casamassima E. II4-II6, 120-123, 125S.,
128, 144s.
Casella N. 1272
Cassiano Giovanni 146
Cassiodoro 165
Catone 130, 150,152,161,1621, 178,263
Catullo IO, 155, 222, 248, 260s., 267.
269, 272, 276
Celso 8, 24, 30, 32, 84, 93, 102, 139,
148, 165, 188, 193, 236, 248, 262,
267, 320
Cencetti G. 1001
Censorino 226, 2341
Cesare 56, 1111, 228, 258, 322
Cesarini Giuliano, card. di S. Angelo 44
Cicerone 6, IO, 39, 41, 562, 109s., 186,
201, 220, 235, 242, 272, 274: codice
di Lodi 104s., 121, 140, 142, 164,
176s., 184, 187, 190, 217,219, 2201 ,
244, 269, 280; epistole 25, 84, 96,
1161, 139, 148, 165, 185, 188, 1961,
214, 226, 240, 248, 262 1 , 263, 274,
277,289,292,296,310,3152; Filippiche, recensio poggiana 327-338;
opere filosofiche 8, Il, 46, 49, 143,
146, 149, 154, 164,237, 240s., 281,
289; opere retoriche 8, 17, 31, 61S.,
93, 110-112, 164,224,236, 23 8,240,
252, 255, 25 8, 263s., 270, 275, 293,
320 ; orazioni 30, 43, 53s., 57,60, 94,
106, 118 1 , 159 5, 1604, 164S., 1741,
175, 18IS., 188, 1986,236,24,245,
251,254, 258s., 265, 268s., 272,329;
ps. Cicerone 8, 93
ciceronianismo 218s.
Cinturellus, pape tabellarius 142
Cipriano, s. 121, 166
Ciriaco d'Ancona 134S., 138
Cirillo d'Alessandria, s. 26
Clark A. C. 1562, 173s., 273 2, 274 1,
328 -331, 3341 , 332-337
Claudiano 79, 1111, 236
Climaco Giovanni 306, 318
Cocci Marcantonio, vd. Sabellico
Cocco Lodovico 183 4
codex quadratus 55; unicus 188, 314
collazione, vd. emendatio: della copia col
modello 187, 243s., 246s., 251-253,
269s., 275
Colocci Angelo 59
Colonna Francesco 128
Colonna Girolamo 72
Colonna Prospero, card. 118, 217, 267
Columella 72, 86s., 106, 124, 148, 161,
212, 248
Concilia 139, 165,251
congettura, vd. emendatio: pu oscurare tradizione genuina 162S., 227s.,
231 2, 315
Contarini Girolamo 61S., 83
Convenevole da Prato II
Conway R. S. 1082
copie: corrette dall'autore 252S., 303;
defmitive e provvisorie 13s., 136s.,
174; soppiantano gli originali 120,
175; vd. anche collazione
copisti 195-198; vd. anche Angeli Costantino, Biondo Flavio, Boccaccio
Giovanni, Bracciolini Poggio, Demetrio, Domenico, Francia, Giovanni Aretino, Lamperti Giovanni,
Niccoli Niccol, Nori Mariotto, Petrarca Francesco, Petrus de Traiecto,
Poliziano Angelo
Coppino Giuliano 135
Corner (Comaro) Giovanni 6s., 60,
IIIS., 263s., 270, 285
Correggio (da) Azzo 21
Cortesi Alessandro 261
Cortesi Lattanzio 261
Corvini Giovanni 121, 180, 258, 2973
Cotta Catelliano 79
Courtney E. 1551, 1592
Crasso Baldassare, vd. Grassi B.
Cratander Andreas 70
Crinito Pietro 129
Crisolora Manuele 2771, 296
Cristoforo da S. Marcello, vesc. di Rimini 20, 205, 307
criterio paleografico nell' emendatio, vd.
emendatio
critica del testo, vd. aplografia, codex
unicus, congettura, dittografia, glosse, emendatio, Barzizza Gasparino,
Beroaldo Filippo il V., Bracciolini
Poggio, Guarino Veronese, Niccoli
D'Adda G. 204
Dain A. 691, 71 2, 3122
D'Ancona P. 57
Daniel Pierre 70, 72 2
Dante Alighieri IO, 67, 215, 217
Darete 126
Debenedetti S. 167
Decembrio Angelo 202
Decembrio Pier Candido 36, 132, 139,
221, 230, 282, 295s.
Decembrio Uberto 132
Demetrio, prete cretese, copista 183
Demostene 141, 164
De Rossi G. B. 421, 1071
Destrez J. 196
dettatura 96, 195
Diano 46
Didimo Ca1centero 31 , 4
Dini Traversari A. 57
Diodoro d'Alessandria, matematico 15
Diodoro Siculo 202, 269s.
Diogene Laerzio 184,247,249,251, 320
Dionigi Areopagita 251S., 283
Dionisotti C. 69, 743
Dioscoride 164, 294
dittografia 228
Domenico scriba 205
Donato Elio 137, 171S., 182, 2IO, 217,
3 19
Donato Pietro, vesc. 136
Donato Tiberio Claudio 95, 125, 129,
139, 1961
Dunston A. J. 15 2, 34, 1371, ISSi, l743,
241
Durnham Ch. L. 177
Dziatzko K. 4-6, 173 , 85, 203
emendatio: canoni 293-295; criterio paleografico 229-235; distinta da collazione e trascrizione a cominciare
dal Poliziano: 178, 245, 261-263,
337s.; ope codicum 244s., 247-249,
253-256, 270 (sua superiorit sull'e.
ope ingenii 288-290, 295); ope ingenii
244, 256s., 270-272; vd. anche congettura
Ennio 72, 254
Enrico da Pisa, frate 60
epigrafi 42, I I 7, 121, 127, 165; e/L.
5837: 1071 , 138; X 5840: I05,
107 1 ; X 5853: I07!, I072 , I073
Epitteto 285s.
Erodiano 37, 75s., 99, I02, 2IO, 277,
28 7, 317
Erodoto 298
Eschilo 88, 142
Esiodo SI, 225, 2272, 293
Este (d') Leonello 55
Este (d') Niccol III 67
etimologie: autographus 101; charta 25,
27;folium 33; pergamena 21; volumen
31, 4
Eugenio IV, papa 46
Eumene, re di Pergamo 21
Euripide SI, 223, 265
Eusebio 165, 243, 286, 317
Eustachio camaldolese, abate di Val Ca
stro 63
Eutropio Flavio 194
Eyb (von) Albrecht 278 3
25
386
Ihm M. 153
incunaboli: H 1254 (s. Antolno) 146;
*1481 (S. Iommaso) 78;*1886 (A sconio Pediano) 241; *2352 (Vincenzo
di Castronovo) 146; *3004 (Bessarione) 50; *4758 (Stazio) 69, 71 ;*4760
(Catullo) 276; <*4835) (Celso) 188;
*5036 (Giovanni Crisostomo) 50,
75; 5879 (Curzio Rufo) 50; *6726
(Eutropio) 50; *8467 e *846& (Erodiano trad. dal Poliziano) 991; 10010
(5. Leone I) 50; II090 (MeruIa)
320; *12140 e *12145 (C>vidio) 71;
*12697 (Perotti) 3II; *12706 (Perotti) 3131; 13074 (Plauto) 275;
13078 (Plauto) 218 2; *130&8 (Plin.
lIat.) 75; 13090 (Plin. lIat.) 74, 188;
*13096 (Plin. nat.) 75; *13218 (PoIiziano) 3II; *13221 (Poliziano) 12,
279, pl; 13654 (Quintiliano) II3;
*14564 (Columella) 74, 124; 14983
(Stazio) 69, 71; 15376 (Terenzio)
71; <*15477) (Teocrito, Esiodo) 225;
C 6000 (Virgilio) 69; 6061 (Virgilio)
129; 6067 (Virgilio) 129
inizi 89
Ippocrate 98
Ireneo, s. 23, 194, 243
Isidoro, card. Ruteno 237
Isidoro di Siviglia, s. 28, 55, 204
Lambeck Peter 29
Lamola Giovanni 177S., 181, 247, 255.
258, 297
Lamperti Giovanni de Rodenberg, copista 279, 312
Lampugnano Princivalle 166
Landino Cristoforo 129
Landriani Gerardo. card. 62, 68, 1834,
190,269
Landwehr H. 51
Lapo da Castiglionchio 198 6
latino umanistico: diminutivi 8. 32,
39s., 45, 66, 97. II4; immissione di
termini volgari 40s., 49, 60, 67, 78,
82,98, 135, 196; neologismi e estensioni analogiche 36,401. 52, 58, 77.
85,93-95, 107,224; particolarit sintattiche 55s., 2541,3422; purismi 35,
44-46, 60s., 64, 82, 84, 98, 181,
1&3S.; questioni di propriet dei vocaboli 44, 82, 84s., 94. 101, II7. 194,
20(}-202, 321
Lattanzio 8. 55. 81 3 93. 137. 142. 165,
222, 242, 254s. 266, 296, 2972
Lattanzio Placido 136
Lautenbach (von) Johannes 174s.
Lehmann P. 202 , 29s., 32S., 35s., 4(}-42,
II4, II61, 1231, 125, 167, 243 1
Lehmann-Haupt C. F. 261
Lenz F. W. 71 1, 273
Leo F. 273 2 , 277
Leonardo di ser Uberto 41
Maas P. 28i
Macrobio 5, 121, 152, 176, 180, 216s.,
224, 255, 258, 293, 295 1, 297
Ma/fei Agostino 310
Magnanimo Andrea 991 ,154
Maler 1. 141, 73, 162, 168 1, 1777, 1881,
2481, 2482, 263 1, 263 3
Malatesta Novello 68, 1961
Malatesta Pandolfo 66, 103, 305
Malatesta Sigismondo 12
Malcovati E. 1641, 1775 , 2201, 2351
Malpaghini Giovanni 197, 340
Maniacutia Nicola 226, 2801, 2872, 28~
Oehler J. 202
Olschki L. S. 69 1
Omero 31, 5, 51,60,93, II3. 140, 164,
223, 285, 297s., 320
Orazio 152
Origene 23, 124, 166, 227, 317, 343
Orlandelli G. 143 1
Orosio 44
Orsini Fulvio 343 , 125, 174s., 179, 333
Orsini Giordano, card. 80, 87, 133S.,
187. 329
ortografia 143s., 226-228: L(Lw6e:u,
L(LUp'J7l 134; Tifernus 108s., 138;
Vergilius 95, 129, 138, 294
Ovidio 71, 154, 164, 167s., 240, 248,
273, 279, 309
INDICE
Phillimore I. S. 159
Piccolomini E. 65 2, 84, 862
Pico della Mirandola 320
Pier Antonio, amico del Poliziano 96
Pier Damiani, s. 166
Pietro, s. 138
Pindaro 51
Pinelli Gian Vincenzo 310
Pintor F. 125
Pisistrato 320
Pithou (Pithoeus) Pierre 70, 72 1
Pitti Bonaccorso 133
Pizolpasso Francesco, arciv. 104, 174
184, 224, 266, 268, 270, 296
Platone 25, 93s., 132, 141, 182,224, 318
Plauto 12, 37, 89, 94, 104s., 117s., 133,
Preisendanz K. 44
prestito dei libri 80
Prete S. II I[
Prisciano 85
Probo 106
Properzio 12, 71, 76, III!, 149, 155,
224, 248, 261, 267. 272, 274
Prudenzio 79, 280
Pucci Fral,lcesco 95, 1683
Puderico Francesco 268 .~,
390
391
Thilo G. ch. 69
Thomas A. 26
Tibullo 155, 261. 272
Timpanaro S. 73 1 125.244.2501,2621,
315 2, 316
tipografi 77, 79, 202, 218
Tirone 253, 318
VaWen J. 3121
Valentini R. 231 3
Valerio FIacco 13, 153, 159 5 ,274, 315 2
Valerio Massimo 121, 1972,296
Valla Bernardino 124
Valla Lorenzo 26,213: critico del testo
108. 229-233. 260
392
Valori Filippo 49
Vario 3104
Varrone 13, 21, 27, 59, 95s., 130, 138,
150, 152, 161, 1621, 178, 209, 220,
222S., 2192 , 260, 263, 270, 284
Vaticana bibl., vd. Roma
Vayvod2 Giovanni 193
Vergerio Pier Paolo 189
Vespasiano da Bisticci 40, 81, 82 1, 84,
13 6
Vespucci Giorgio Antonio 152
Vettori, famiglia 71 1
Vettori Piero Il6 1, 130, 1501, 1521
Villeneuve F. 201 1
Virgilio 31,6, 59,69,78, 128, 148, 164,
209, 219s., 224, 3104; vd. anche ortografia
Visconti Giangaleazzo 138
Vitae PatTI/m 46, 251, 283
Vitelli G. 129
Vitruvio 130, 150, 154, 299
Vittore Sesto Aurelio 70
Vittorino da Feltrt 86, 202
Voigt G. Il 2, 301, 801, 804, 123 1, 185,
327
Vollmer F. 3092
INDICE GENERALE
Prefazione
......
Abbreviazioni bibliografiche
IX
xv
PARTE PRIMA
Libro, 3. - Textus, 9. - Titolo, II. - Carta e pergamena, 13. - Papiro, 27. - Bifolio, foglio, pagina, colonna, 28. - Fascicolo, 42. Formato, 47. - Miniatura, 56. - Legatura, 64. - Stampa, 69. Commercio librario, 80. - Biblioteca, 85. - Inventario, 87.
PARTE SECONDA
91
Scrivere, 93. - Nota, 97. - Autografo, 99. - Scrittura e lettera dell'alfabeto, 101. - Scrittura continua, 104. - Scrittura svanita, sernicancellata, 105. - Abbreviazione, 106. - Cancellare, 108. - Riga,
110. - Margine, 112. - Nomenclatura delle scritture, 114. - Litterae antiquae, 117. ~ Litterae Longobardae (Langobardae), 122. - Litterae Gothicae, 126. - Litterae maiores, maiusculae ecc., 126. - Litterae
Gallicae, forma Gallica, 130. - Litterae Germanicae, Theutonicae, 132.
- Litterae Italicae, 132. - Litterae barbarae, 133. - Littera~litticae, 134
- Litterae Etruscae, 135. - Scrittura corsiva, 135. - Et e qualit delle
scritture, 137. - NomenclatUl.'a delle scritture negli inventari, "144 Datazione dei codici, 147. - Appendice, 167.
PARTE TERZA
La trascrizione
Metodi di trascrizione, 171. - Trascrivere, 181. plarium) 185. ~ Exempium, 189. - Copisl.a, 195.
Exemplar (Exe~
394
PARTE QUARTA
20 7
209
243
P ARTE QUINTA
L'edizione
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
301
Introduzione, 303. - Mi/mta, 304. - Scheda tsehedula), 305. - In librUni redigo ecc., 307. - Arehetypus, 308. - Originalis, 318. - Edo,
publieo, 319. - Editio, 322.
ApPENDICI
327
339
341
INDICI
Indice
Indice
Indice
Indice
delle parole .
dei passi citati
dei manoscritti
dei nomi e delle cose notevoli
347
359
377
381
SUSSIDI ERUDITI
lo
of the Socinian-Unitarian Movement in modern Christianity. In Italy, Switzerland, Germany, Holland. 1950, pp.
88. L. 800.
2. AUGUSTE PELZER, Rpertoires d'incipit pour la littrature
latine philosophique et thologique du Moyen Age. 1951,
pp. 44 (esaurito).
3. ATTILIO DEGRASSI, I Fasti consolari dell'Impero Romano
dal 30 avanti Cristo al 6I3 dopo Cristo. 1952. pp.
XVIII-298 (esaurito).
4. ANNELIEsE MAIER, Der letzte Katalog der papstlichen
Bibliothek von Avignon (I594). 1952. pp. 76. L. 1.000.
5.
J. BIGNAMI ODIER - L. BRou, O.S.B. - A. VERNET, Bibliographie sommaire des travaux du Pre Andr Wilmart
os.b. (I876-I94I). 1953. pp. 146. L. 500.