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delle immagini
di Paul Zanker
Edizione di riferimento:
Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, trad. it. di
Flavio Cuniberto, Einaudi, Torino 1989
Titolo originale:
Augustus und die Macht der Bilder
C. H. Becksche Verlagsbuchhandlung (Oskar Beck),
Mnchen 1987
Indice
Premessa
Cenni bibliografici
11
Introduzione
16
capitolo primo
Immagini contraddittorie. La repubblica al tramonto 11
La statua onoraria e il nudo
Contraddizioni nella forma e nel messaggio
Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente
L'immagine urbana di Roma come specchio
della situazione politica e sociale
La villa e la nascita della sfera privata
22
25
28
34
41
capitolo secondo
Immagini antagoniste. La lotta per il potere assoluto
46
Divi filius
Le statue trionfali del giovane Cesare
Identificazioni mitologiche
Le serie numismatiche di Ottaviano
Le immagini problematiche di Antonio
Antagonismo edilizio e variet formale
Il Mausoleo
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50
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67
70
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84
Indice
capitolo terzo
La grande svolta.
I nuovi segni e il nuovo stile politico
89
89
89
92
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104
capitolo quarto
Il programma di rinnovamento culturale
108
1. pietas
Aurea Templa
Nuovi programmi figurativi
Feste e rituali
Le alte cariche sacerdotali
Sacerdozio e status sociale
110
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131
2. publica magnificentia
137
Il princeps scende in campo contro il lusso privato 138
Ville per il popolo
141
La presenza della famiglia imperiale
nellimmagine urbana
145
Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontro
fra il princeps e il popolo
148
Immagine urbana e ideologia
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3. mores maiorum
La riforma dei costumi
Il princeps come modello
Toga e stola
159
159
162
165
Indice
capitolo quinto
Lo scenario mitico del nuovo Stato
168
1. aurea aetas
Si inaugura let delloro
Fecondit e pienezza
I tralci del paradiso
Vittoria e pace
169
169
175
180
183
190
191
193
198
206
212
218
221
224
capitolo sesto
Il linguaggio formale del nuovo mito
233
235
237
239
244
247
Indice
capitolo settimo
Le nuove immagini e la vita privata
254
Moda e lealismo
La privatizzazione del messaggio
Gusto e mentalit
Proiezioni bucoliche
Mentalit e autorappresentazione
255
261
265
270
274
capitolo ottavo
La diffusione del mito imperiale
279
279
285
290
296
302
Conclusione
311
Note
318
Premessa
di un Virgilio o di un Orazio dalla sua capacit di rinnovare e trasmettere le forme greche, nonostante la funzione politica delle sue opere. In Italia, lillustre archeologo di formazione marxista Ranuccio Bianchi Bandinelli contestava invece il significato storico dellarte
augustea proprio a causa del suo classicismo, visto come
lespressione di un sistema politico reazionario. A partire dalla fine degli anni sessanta, e riprendendo le ricerche di Ronald Syme e Andreas Alfldi, linteresse degli
studiosi si sposta sul valore propagandistico dei messaggi figurativi, alla ricerca peraltro infruttuosa di occulte
strategie di potere.
Negli ultimi anni linteresse per Augusto e la sua
epoca ha conosciuto uno sviluppo straordinario: soprattutto in Germania, negli Stati Uniti e in Inghilterra si
svolgono regolarmente convegni di studi, mentre leditoria contribuisce non solo con pubblicazioni specializzate o rivolte agli addetti, ma anche con libri sontuosamente illustrati e destinati a un pubblico pi
ampio. A Berlino si sta preparando attualmente una
grande mostra sul tema. Si tratta solo di una tipica tendenza postmoderna, conformemente allinteresse
generale per tutto ci che classico? O entra in gioco
anche il fascino di una societ tranquilla e ordinata, del
sovrano dal volto umano, capace di garantire benessere
e sicurezza per tutti, mecenate della poesia e dellarchitettura e tutore, insieme, di una severa moralit?
Il presente volume riprende e sviluppa i temi delle
Jerome Lectures da me tenute tra il 1983 e il 1984 ad
Ann Arbor e alla American Academy di Roma. Senza la
stimolante esperienza di quelle lezioni non avrei trovato il coraggio necessario per pubblicare questo lavoro di
sintesi. Gli inviti rivoltimi dallInstitute for Advanced
Study di Princeton (1982) e dal Wolfson College di
Oxford (1985) mi hanno consentito di approfondire e
poi di portare a termine la ricerca. Colgo loccasione per
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Cenni bibliografici.
Archologischer Anzeiger.
P. Arndt e F. Bruckmann (a cura di), Griechische und Rmische Portrts.
Acta ad archaeologiam et artium historiam
pertinentia.
American journal of Archaeology.
Mitteilungen des Deutschen Archologischen
Instituts, Athenische Abteilung.
Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt.
Appiano, Bella civilia.
Archeologia classica.
Asconio, commentario a Cicerone, Pro Scauro.
Agostino, De Civitate Dei.
11
BSR
BullCom
comunale di
Cass. Dio.
Cic.
Att.
De or.
Leg. agr.
Mur.
Phil.
Rab. Post.
Tusc.
CIL
Coarelli, Foro I-II
Crawford
CVA
Fittschen-Zanker I
Dio. Cass.
Dion. Hal.
Ant. Rom.
Vett. orat.
Flor.
Front., Aqu.
Gell.
Giard
12
P. Gros, Aurea Templa. Recherches sur larchitecture religieuse de Rome lpoque dAuguste,
Roma 1976.
Guida Ruesch
A. Ruesch, Guida illustrata del Museo Nazionale
di Napoli, Napoli 1908.
Gymnasium
Gymnasium. Zeitschrift fr Kultur der
Antike und humanistische Bildung.
Helbig I-IV
W. Helbig, Fhrer durch die ffentlichen Sammlungen klassischer Altertmer in Rom, vol. I
(1963); vol. II(1966); vol. III (1969); vol. IV
(1972).
HBr
P. Hermann, Denkmler der Malerei des Altertums.
Hist. Aug., Alex. Sev. Historia Augusta, Alessandro Severo.
Hlscher, Victoria
T. Hlscher, Victoria Romana, Mainz 1967.
Hlscher, Staatsdenkmal T. Hlscher, Staatsdenkmal und Publikum,
Konstanz 1984.
Hor.
Orazio.
Ars
Ars poetica.
Carm.
Carmina.
Ep.
Epistulae.
Epod.
Epodi.
Sat.
Satirae.
IG
Inscriptiones Graecae.
IstMitt
Istanbuler Mitteilungen.
JdI
Jahrbuch des Deutschen Archologischen
Instituts.
Jos.
Flavio Giuseppe.
Ant. Jud.
Antiqaitates Judaicae.
Bell. Jud.
Bellum Judaicum.
JRS
The Journal of Roman Studies.
Katalog Berlin
Kaiser Augustas und die verlorene Republik, Berlin 1988.
Kienast
D. Kienast, Augustus, Darmstadt 1982.
Liv.
Livio.
Luc.
Lucano.
13
14
Seneca.
De beneficiis.
Epistulae.
Servio, commentario a Virgilio, Egloghe.
Strabone.
Svetonio.
Divus Augustus.
Divus Claudius.
Divus Iulius.
Vita Horatii.
Tacito.
Annales.
Dialogus de oratoribus.
Tertulliano, De spectaculis.
M. Torelli, Typology and Structure of Roman
Historical Reliefs, Ann Arbor 1982.
Val. Max.
Valerio Massimo.
Vell. Pat.
Velleio Patercolo.
Verg.
Virgilio.
Aen.
Eneide.
Ecl.
Egloghe.
Vitr.
Vitruvio.
Zanker, Apollontempel P. Zanker, Der Apollontempel auf dem Palatin,
in Analecta Romana, supplemento X (1983),
pp. 21-40.
Zanker 1983
P. Zanker, Zur Bildnisreprsentation fhrender
Mnner in mittelitalischen und campanischen
Stdten zur Zeit der spten Republik und julisch-claudischen Kaiser, in aa.vv., Les bourgeoisies municipales italiennes aux IIe et Ier sicles av.
J.-C., Napoli e Paris 1983, pp. 251-56.
15
per Dorothea
16
Introduzione
Quando il Senato romano si riun per deliberare
sulle onoranze funebri di Augusto, uno dei senatori propose che lintera epoca del defunto imperatore venisse
chiamata saeculum Augustum e accolta cos nel calendario (Suet., Aug. 1oo). Per quanto la proposta potesse nascere da motivi opportunistici, la sensazione di
aver attraversato una svolta epocale era allora diffusissima. Dopo gli oscuri decenni delle guerre civili, Roma
era vissuta per quarantacinque anni nella pace e nella
sicurezza: la monarchia aveva dato finalmente unamministrazione ordinata allImperium, una disciplina allesercito, pane e giochi alla plebs e un grande slancio
alleconomia. Il Romano guardava ora al suo impero
con una forte coscienza della propria missione morale.
Ma agli inizi del potere assoluto augusteo (31 a. C.)
regnava il pessimismo: molti ritenevano che lo Stato,
travolto dalla propria immoralit, fosse sullorlo della
rovina. Come si giunse allora a un cos drastico mutamento di clima, che grazie allopera dei poeti augustei
avrebbe condizionato limmagine futura del saeculum
Augustum?
La cultura romana segnata in modo decisivo dal
rapido processo di ellenizzazione iniziato nel secondo
secolo a. C. con la conquista dellOriente greco, una
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18
per ottenere un riconoscimento e il diritto di partecipare alla vita politica. Ne nacque un antagonismo generalizzato, la cui posta in gioco non era pi, come nella vecchia aristocrazia, il servizio della res publica, ma il primato personale e linteresse economico.
La rapida importazione dei modelli greci e delle
immagini greche svolse in questi processi un ruolo
importante. Alle famiglie romane gi ellenizzate, soprattutto a quelle dei generali trionfatori, esse offrivano
una cornice efficace in cui mettere in scena il proprio
cosmopolitismo e le proprie ambizioni politiche. Ma su
molti contemporanei quelle immagini avevano un effetto irritante: troppo forte era il loro contrasto con la tradizione. I valori tradizionali e antimoderni si cristallizzarono nella nota ideologia della romanit e dello Stato
romano: ideologia che si trovava per spesso smentita
nei fatti. Il primo capitolo del libro intende mostrare
come le immagini importate dalla Grecia non solo abbiano rispecchiato quei processi di dissoluzione, ma
abbiano contribuito alla crisi del tradizionale sistema di
valori. Senza questo sfondo, senza cio il potere distruttivo delle immagini, il nuovo linguaggio visuale dellet
augustea resterebbe incomprensibile.
Dopo il tramonto definitivo della vecchia res publica durante le lotte per il potere tra Cesare e Pompeo, e
poi tra Ottaviano e Antonio, i Romani cominciarono a
interrogarsi sulle cause di quel generale disorientamento,
e ne addossarono la colpa in primo luogo allabbandono
degli antichi di e dei patrii costumi (mores maiorum). I
motivi strutturali rimanevano oscuri. Ma la visione di
unantica Roma semplice e devota,
di una classe politica disinteressata e di un popolo
contadino pronto al sacrificio visione elaborata peraltro nei palazzi sontuosi della capitale rimase vuota
retorica di fronte alla realt delle cose. I tumultuosi
mutamenti delle ultime generazioni avevano reso pro-
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21
forma un mito imperiale e statale dalla semplice fisionomia eziologica e capace di imporsi come una realt
autonoma rispetto alle circostanze storiche effettive.
Un mito capace di filtrare la realt stessa e di produrre
per intere generazioni la certezza di vivere nel migliore
degli Stati possibili e nella pienezza dei tempi.
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Capitolo primo
Immagini contraddittorie.
La repubblica al tramonto
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internazionale. Anche i vecchi templi erano stati rinnovati con una certa regolarit. Ma dalle prime grandi crisi
interne allepoca dei Gracchi (133-121 a. C.) i lavori di
restauro nei templi e negli edifici pubblici furono interrotti, e soprattutto si rinunci a elaborare un coerente
piano urbanistico. Non un caso che quando Cesare,
poco prima di morire, si pose il problema della situazione edilizia della citt, i suoi progetti sconfinassero subito nellutopia: quella di canalizzare il Tevere, di costruire un teatro gigantesco sul fianco del Campidoglio verso
il Campo Marzio, e unintera nuova citt ellenistica, con
strade ad angolo retto, piazze e marciapiedi. Pensava evidentemente che la vecchia Roma non si potesse pi salvare (Suet., Iul. 44; Cic., Att. XIII 33a,I).
Anche questo stato di cose fu una conseguenza del
rapido processo di acculturazione. Fin dalla met del II
secolo i grandi generali cercavano sempre nuove occasioni per mettersi in mostra e gesti di facile presa demagogica. Ma elaborare un piano organico di sviluppo urbano o provvedere agli impianti idrici e ai sistemi di canalizzazione sarebbe stata unimpresa lunga e poco spettacolare. Anche il restauro dei vecchi templi non offriva
grandi opportunit di gloria personale, tanto pi che in
questi casi occorreva rispettare precise norme religiose.
Daltra parte il Senato si opponeva per motivi politici e
morali alla costruzione di grandi edifici per il tempo libero, come i teatri e le terme: si volevano evitare quelle
assemblee e manifestazioni popolari a sfondo politico
che erano usuali nei teatri greci. Il Senato permise soltanto la costruzione di effimeri teatri di legno in occasione delle grandi feste religiose, e poich le masse non
dovevano ricevere uneducazione alla greca che le esponesse al pericolo dellozio, non si parla a Roma di ginnasi
o di pubbliche terme come quelle che gli abitanti delle
citt campane conoscevano gi nel il secolo a. C. Lattivit edilizia dei grandi si limit pertanto in larga misu-
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Roma, Campo Marzio in epoca tardo repubblicana con portici e santuari votivi.
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posto alla nuova costruzione, e che il comitium con la tribuna degli oratori (fino ad allora un luogo sacro) venisse semplicemente sopraelevato aveva dunque un preciso
significato simbolico.
Come vedremo, i due grandi edifici di rappresentanza fatti costruire da Ottaviano prima della battaglia
di Azio il Tempio di Apollo sul Palatino e il Mausoleo non sono da meno come esempi di culto della personalit: senza alcun riguardo per le tradizioni della res
publica, il loro scopo era unicamente quello di pubblicizzare limmagine di un capo carismatico.
Tra i tumultuosi mutamenti e i disordini di quegli
anni, limmagine dellurbs offriva dunque ben pochi
motivi di identificazione con lo Stato, e poteva anzi
agire come una fonte di sotterranea inquietudine. Di
fronte alla miseria delle istituzioni essa non offriva in
ogni caso immagini edificanti che potessero rafforzare la fiducia nelle sorti dello Stato romano. La stella del
buon tempo andato non brillava pi: quelle che si avevano davanti agli occhi non erano le immagini simboliche di una solida moralit collettiva, da assumere come
un punto di riferimento, ma monumenti che dichiaravano il declino dello Stato e il trionfo degli interessi privati. Tutto nella citt testimoniava lo strapotere e le
ambizioni politiche dei grandi.
La villa e la nascita della sfera privata.
Abbiamo considerato finora solo lambiente visivo
della capitale e le sue contraddizioni. Nelle antiche citt
della Campania e del Lazio il processo di ellenizzazione
si era svolto in forma assai meno problematica: cos ad
esempio Pompei possedeva gi nel II secolo a. C. un teatro di pietra, un pubblico stabilimento termale e forse
anche un ginnasio. Il Tempio della Fortuna a Palestri-
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tico, quelle sculture rappresentavano la grecit in quanto puro patrimonio spirituale, e invitavano a una vita
contemplativa, tra libri e begli oggetti, una vita raccolta in se stessa, lontana dagli obblighi politici.
La migliore idea dassieme di una villa romana non
la dnno per i luoghi di scavo ma la villa-museo fatta
costruire a Malibu in California da Paul Getty, il magnate del petrolio, riproducendo fedelmente la Villa dei
Papiri di Ercolano. Le copie di bronzo sparse tra i portici e i giardini riproducono una parte delle statue ritrovate nella villa durante gli scavi settecenteschi, e offrono nel loro insieme (sono circa ottanta tra statue ed
erme) il miglior esempio di quello che poteva essere un
arredo statuario completo. Laspetto pi interessante
dal nostro punto di vista per la totale assenza di
tematiche romane: come in quasi tutte le ville a noi
note non troviamo n raffigurazioni dei miti politici
romani, n ritratti di eroi o di personaggi storici, o dei
grandi intellettuali della storia recente, n rappresentazioni allegoriche di valori e virt romane. Cerano invece, accanto ai ritratti dei poeti greci, dei filosofi e degli
oratori, le raffigurazioni dei sovrani ellenistici: i modelli
ammirati dalla classe senatoria non erano consoli e generali, ma Alessandro e i sovrani dei regni ellenistici. La
tradizione politica romana non trova spazio nel mondo
dellotium. Solo con Augusto le immagini del mondo
politico romano entreranno nella sfera privata, e solo in
epoca imperiale si troveranno nelle case private ritratti
dei sovrani, viventi o defunti.
Non meno istruttive sulle tendenze intellettuali, le
ambizioni e la psicologia della classe dirigente sono poi
le decorazioni pittoriche parietali nel cosiddetto stile
architettonico, quali le troviamo in ville grandi e piccole, ma anche in case urbane di Roma e Pompei. Conviene partire anzitutto dagli esempi pi antichi, databili probabilmente al ii secolo a. C.: rappresentano pare-
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ti intarsiate con diverse qualit di marmi preziosi, spesso con profili di colonne sovrapposte e scorci di colonnati. La pittura doveva sostituire illusionisticamente
lambientazione sognata oppure accrescere il lusso effettivo, offrendo agli inquilini della casa immagini di favolosa ricchezza: uno scenario tangibile che riunisse quanto vi era di pi sontuoso in fatto di architetture e di
materiali. Certe piccolissime camere da letto dalle pareti decorate con scorci illusionistici, in una ridda di suggestioni ottiche contraddittorie, sembrano testimoniare
un bisogno senzaltro nevrotico di sfarzose e grandiose
prospettive architettoniche. Ci si pu chiedere se fosse
possibile abbandonarsi a sonni tranquilli in un ambiente come la piccola camera da letto della villa di Boscoreale o della Villa dei Misteri. pi facile pensare che
quelle selve di colonne perseguitassero gli abitatori
anche in sogno.
Anche in questo caso, nessun soggetto che abbia a
che fare con la vita a Roma, n vi troviamo allusioni alla
vita di campagna del senatore-possidente (a differenza,
per esempio, dalle pitture illusionistiche nei castelli e
nelle ville barocche). Troviamo, invece, vedute di santuari spesso di grande effetto scenografico: quei santuari
che sorgevano attigui ai palazzi dei sovrani ellenistici, e
che forse, in qualche caso, venivano costruiti anche
allinterno delle ville e dei palazzi pi sontuosi. Non
scorci di natura libera ma parchi raffinati e pinacoteche
decorate di erme, grandi quadri di principi ellenistici, un
filosofo greco che sembra cos vicino da toccarlo, un
rituale di iniziazione dionisiaco in cui gli abitanti della
villa si confondono col seguito del dio, e vedute di paesaggio con scene mitiche: un mondo di sogno, fatto di
lusso e cultura greca. Come le statue, le immagini pittoriche dovevano evocare associazioni erudite e soddisfare almeno nella fantasia un bisogno di splendore e di
bellezza. Pi tardi, dopo la svolta augustea, queste pare-
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guerre civili e dalle miserie di una vita politica in declino, e sperimentare con successo nuove possibilit esistenziali. E insieme ai libri, le immagini e le statue
diventarono il contrassegno emblematico della nuova
situazione. Se prima un membro dellaristocrazia poteva realizzarsi solo nel servizio della res publica, ora il
mondo dellotium gli offriva la possibilit di unesistenza libera da incarichi politici. Non c dubbio che la cultura delle ville, con i suoi valori estetici e il suo lusso,
abbia reso pi facile il passaggio alla monarchia per unaristocrazia ormai indebolita.
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Capitolo secondo
Immagini antagoniste.
La lotta per il potere assoluto
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Azio, Ottaviano, in quanto Divi filius, proclamava dunque a chiare lettere la propria candidatura al potere
assoluto che era stato di suo padre.
Il terzo monumento era una colonna commemorativa munita di rostri (columna rostrata), unaltra delle
solenni onorificenze con cui il Senato volle celebrare la
sua vittoria su Sesto Pompeo:
Tra gli onori che gli furono decretati egli accett una ovatio [ingresso solenne nella citt, il cosiddetto piccolo
trionfo], una festa annuale nei giorni delle sue vittorie e
una statua dorata nel foro, che doveva raffigurarlo nello
stesso abito col quale era entrato in citt. La statua doveva essere posta su una colonna decorata coi rostri delle navi
catturate. Limmagine fu collocata con uniscrizione in cui
si leggeva come egli avesse riportato in mare e in terra la
pace, per lungo tempo sconvolta dalle discordie (App.,
Bell. civ. 5,130).
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Lidentificazione con Eracle aveva successo soprattutto nei suoi rapporti spavaldi e affabili con la truppa.
Il richiamo a Eracle aveva del resto precisi riscontri
figurativi: i sostenitori dei triumviri non esitavano a
portare sul proprio anello limmagine del loro idolo e a
servirsene come sigillo. Un gesto di omaggio che si usava
daltronde non solo in ambito politico, ma anche verso
filosofi e poeti.
Quando per Antonio giunse in Asia dopo la suddivisione dellimpero fra i triumviri (42 a. C.), gli si
offr, sulla scia di Alessandro, un modello di identificazione di gran lunga pi efficace e pi globale: la figura di Dioniso. Un ruolo, questo, a cui sembravano
predestinarlo il suo carattere appassionato, la sua generosit e ingenuit, lamore per il vino e le feste orgiastiche, le donne facili e le storie damore spettacolari.
Il nuovo Dioniso fece ricordare ai Greci i giorni del re
Mitridate:
Quando Antonio entr in Efeso, donne vestite da baccanti, uomini e fanciulli vestiti da Satiri e da Pan lo guidarono attraverso la citt, ove non si vedeva altro che
edera e tirsi ed arpe e zampogne e flauti, mentre il popolo inneggiava a lui come Dioniso Benefico e Soave (Plut.,
Ant. 24).
E quando questo generale romano, nelle vesti di Dioniso-Osiride, incontr a Tarso la regina dEgitto in quelle di Afrodite-Iside, furono in molti a pensare che il
volto di Roma fosse mutato, come se si fosse allinizio
di una nuova et pi felice:
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Nella notte prima della presa di Alessandria, gli abitanti della citt credettero di sentire i clamori di un tiaso
attraversare la citt verso laccampamento di Ottaviano:
Molti pensarono allora che il dio avesse abbandonato
Antonio: il dio a cui era pi simile e che aveva preso a
modello in tutte le sue azioni (Plut., Ant. 75).
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vestito da Apollo Ottaviano sarebbe apparso nel banchetto dei dodici di, di cui si sent parlare poco pi
tardi (Suet., Aug. 70): un banchetto che provoc lo
scherno e lirritazione della plebe, costretta alla fame
dallembargo dei cereali ordinato da Sesto Pompeo.
Come mostrano le notizie provenienti da Alessandria
queste feste somiglianti a mascherate barocche non
erano per affatto rare: durante un festino in costume
con Antonio e Cleopatra, si era visto nientemeno che il
console del 42, Munazio Planco, comparire travestito da
Glauco (divinit marina), col corpo nudo dipinto di blu
e una coda da pesce, e improvvisare un ballo a quattro
zampe. Anche in occasioni private le mascherate dionisiache erano frequenti. Come risulta dal noto fregio
della villa dei Misteri a Pompei il travestimento stimolava la fantasia degli ospiti.
Nello stesso periodo lerede di Cesare incominci a
usare come sigillo limmagine della sfinge, il simbolo del
regnum Apollinis profetizzato dalla Sibilla (Plin., Nat.
hist. 37,1,10; Suet., Aug. 50). Lanimale delloracolo
entr cos a far parte del linguaggio visivo augusteo, come anche la corona dalloro che Ottaviano portava ora
sempre pi spesso in occasione delle feste. Si diffusero
proprio allora storie miracolose che si riferivano allidentit apollinea di Ottaviano. Si diceva, ad esempio,
che fosse stata una palma miracolosa a far decidere ladozione del ragazzo da parte di Cesare. Quanto a Livia,
poco dopo le sue nozze con Ottaviano si narrava che
unaquila le avesse lasciato cadere in grembo una gallina con un ramo dalloro nel becco: nella villa di Livia il
ramoscello sarebbe poi diventato quel grande albero da
cui i futuri Cesari erano soliti staccare lalloro della vittoria. Gi negli anni trenta si era poi diffusa la voce che
Azia, la madre di Ottaviano, avesse concepito il figlio
non dal padre (presunto) ma da Apollo in forma di serpente, e una storia simile era gi circolata a proposito di
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Olimpia, la madre di Alessandro. La storia del serpente era molto conosciuta, e un piccolo cammeo di vetro
dimostra che essa fu sfruttata dai sostenitori di Ottaviano in chiave propagandistica.
Considerata questa affinit apollinea, non fa meraviglia che Ottaviano abbia attribuito la sua vittoria definitiva su Sesto Pompeo proprio allaiuto di Apollo e di
sua sorella Diana. Un santuario di Diana sorgeva, fortunatamente, anche nelle vicinanze di Nauloco, dove si
era svolto lo scontro navale decisivo, mentre la costruzione del tempio di Apollo sul Palatino sarebbe ladempimento di un voto fatto da Ottaviano durante la battaglia (36 a. C.).
affascinante vedere con quanta coerenza Ottaviano abbia tenuto fede nei successivi ventanni al suo programma apollineo, o anche, in altri termini, come
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sviluppo del suo programma politico. Ad Apollo sinonimo di morale e disciplina si potevano riferire tutti i
punti programmatici che sarebbero affiorati nel corso
della sfida con Antonio e pi tardi nella messa a punto
del nuovo regime. Gi allepoca degli accordi di Brindisi
(che nellanno 40 a. C. avevano suddiviso limpero in
due zone, lOriente e lOccidente, assegnandole ai due
triumviri, e relegando Lepido in Africa), quando Ottaviano e Antonio si invitavano a pranzo il primo adottava uno stile soldatesco e romano, mentre lo stile di
Antonio era piuttosto asiatico-egizio (Dio. Cass.,
48,30). Apollo era il Purificatore, contrario a ogni forma
di eccesso, e in quanto tale poteva ben rappresentare la
parte dellItalia che nello scontro decisivo si contrapponeva allOriente e alla sua luxuria, allEgitto con le sue
divinit dalla testa animale e il suo libertinaggio. Ma
dopo la vittoria, Apollo si trasform, diventando il cantore con la cetra, il dio della pace e della conciliazione.
E come dio profetico della Sibilla e della Sfinge poteva
finalmente inaugurare la nuova et tanto attesa.
Le serie numismatiche di Ottaviano.
Apollo offriva del resto un campo dazione molto pi
vario di Dioniso, che nel clima culturale di Alessandria
aveva vincolato Antonio a un ruolo estremamente definito. Accanto ad Apollo e a Diana trovavano posto
infatti anche altre divinit. Non solo Nettuno, che era
passato da Sesto Pompeo a Ottaviano, ma anche la progenitrice Venere e con lei Marte vendicatore, Mercurio
e lo stesso Giove si misero al seguito del dux Italiae,
quando si tratt di fare una scelta decisiva. Cos almeno annunciavano i molti e splendidi denari dargento che
Ottaviano fece coniare in parte gi prima della battaglia
di Azio e con cui pagava le sue truppe.
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Questa campagna di diffamazione volta a mobilitare lItalia in vista della guerra ebbe naturalmente il suo
punto forte nei pubblici discorsi, ma non mancano testimonianze figurative da cui risulta, anche in questo caso,
un intreccio indissolubile di parola e immagine: ed proprio dal ricorso a determinate immagini che lattacco
verbale traeva la propria efficacia.
Le statue che raffiguravano Antonio nelle vesti di
Dioniso si potevano vedere solo in Oriente, ma il partito di Ottaviano fece tutto il possibile per evocare il
fatto scandaloso, n la cosa presentava difficolt. Dappertutto si potevano vedere statue di Dioniso su cui
richiamare lattenzione, e i loro tratti femminei potevano suggerire facilmente limmagine di Antonio. Rivolgendosi a un pubblico colto, Marco Valerio Messala
Corvino fece ricorso probabilmente a unargomentazione pi articolata: le sue due orazioni polemiche (perdute), de Antonii statuis e contra Antonii litteras nacquero
in ogni caso in questo clima, ed probabile che attaccassero le statue di Dioniso e il sontuoso stile asiano
dei discorsi di Antonio come manifestazioni della stessa immoralit.
Un bellesempio di questa diffamazione su basi mitologiche il paragone gi usato con Pericle di Antonio
con Eracle, innamorato di Onfale e dedito al suo servizio:
Come nei dipinti si vede Onfale portar via ad Eracle la sua
dava e spogliarlo della pelle di leone, cos Cleopatra spesso disarmava Antonio e lo riduceva a un suo trastullo. Egli
si lasciava distrarre da affari importanti e dagli impegni di
guerra solo per oziare e divertirsi con lei sulle spiagge di
Canopo e Tafosiride (Plut., Ant. et Dem. 3,3).
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Una scena simile era raffigurata su una coppa dargento di prima epoca augustea, estremamente raffinata,
il cui modello fu messo a disposizione di un laboratorio
di ceramica aretino. La coppa dargento andata perduta, ma si sono conservati in compenso diversi stampi
dargilla e frammenti di coppe con lo stesso disegno.
Doveva trattarsi di un oggetto piuttosto diffuso.
Eracle-Antonio seduto, in morbide e trasparenti
vesti femminili, su un cocchio trainato da centauri. Si
volge con sguardo languido verso Onfale, che lo segue
su un secondo cocchio, mentre due ancelle lo assistono
con un ventaglio e un parasole: leroe ormai effeminato
e la sua pelle si fatta delicata (cfr. Hor., Epod. 9,15
sg.). Ben altra fierezza invece nellatteggiamento di
Onfale-Cleopatra, che porta la pelle di leone come copricapo e tiene in mano la clava delleroe, mentre unancella le porge una coppa di grandezza superiore al naturale: evidente allusione a Cleopatra, che i seguaci di
Ottaviano dipingevano come dedita al bere (Hor., Carm.
1,37 e Prop., 3,11,56). Sulla maggior parte delle raffigurazioni gli uomini intenti a marciare dietro il cocchio
portano una lancia, allusione, anche questa, ai dorifori della guardia di Cleopatra (e secondo gli attacchi di
Ottaviano si trattava di soldati romani costretti a questo ruolo umiliante). Sullesemplare che abbiamo riprodotto le guardie portano invece in spalla degli oggetti a
sagoma larga, forse degli enormi corni potorii destinati
a placare la sete insaziabile della ebria regina.
Contro laccusa di ubriachezza Antonio si difendeva in unorazione, purtroppo andata perduta (ma conservatasi fino ai primi anni dellimpero), dalleloquente
titolo de ebrietate sua. Oltre a respingere le accuse ingiustificate probabile che Antonio vi facesse anche lelogio del suo dio, il Liberatore e il nemico degli affanni.
Lo scritto era rivolto a un pubblico non solo in grado di
leggere, ma intriso di cultura ellenistica, aperto alle
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Tutto questo era molto audace. Non si trattava soltanto di una critica alla guerra civile, ma di un vero e
proprio ideale di vita alternativo. Che questo fosse
anche lideale di Marco Antonio e dei suoi seguaci, al
punto da pubblicizzarlo sulle monete, risulta per esempio da una singolare emissione navale: sul recto vediamo, luno di fronte all altro, i ritratti di Antonio e di
Ottavia, la sorella di Ottaviano che Antonio aveva sposato in prime nozze, come fosse una coppia regnante
egizia. Sul verso ritroviamo i due nelle vesti di Posidone e Anfitrite a spasso per il mare come una coppia di
amanti felici. Il triumviro abbraccia beatamente la sposa
su un cocchio trainato da ippocampi: la scena, tratta
dalla poesia erotica, vale nello stesso tempo come simbolo del rinnovato patto politico e come un omaggio ai
piaceri della vita. Ma a differenza dei poeti, liberi di proclamare la propria indifferenza verso la politica, gli affari e la guerra, Antonio era un personaggio pubblico.
Che il loro idolo avesse il coraggio di riprodurre sulle
monete leffigie della moglie Ottavia e poi dellamante
Cleopatra, era motivo di entusiasmo per gli appassionati della poesia sentimentale. Ma con queste immagini, e
con dichiarazioni dello stesso tenore, Antonio si esponeva fatalmente agli attacchi della propaganda avversaria. E fu proprio limpossibilit di conciliare la mentalit ellenistica con i valori tradizionali di Roma a determinare in ultima analisi il suo scacco.
La simbologia mitica era per per i contemporanei
anche un canale attraverso cui esprimere la propria simpatia per luno o laltro dei due contendenti, ossia per
luno o laltro stile di vita. Il linguaggio figurativo
anche in oggetti di uso privato come le decorazioni
domestiche, le stoviglie o i sigilli risulta intriso di allusioni politico-letterarie molto pi di quanto finora si
supponesse. Cos ad esempio nelle pitture parietali del
cosiddetto secondo stile gli attributi simbolici di Apol-
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Alla biblioteca di Pollione era collegata una splendida collezione darte, di cui possiamo farci unidea grazie
alla descrizione di Plinio il Vecchio. Asinio Pollione
amava larte ellenistica in tutte le sue forme. Vi si poteva ammirare perfino la composizione teatrale del Toro
Farnese, mentre i satiri e le menadi, i centauri, le statue
di Dioniso, le Naiadi e cos via conferivano un carattere
sereno alla raccolta, ambientata probabilmente in un giardino. Il tutto doveva apparire in vistoso e forse anche piacevole contrasto con il programma arcaicizzante e
classicheggiante di Ottaviano, la cui austera solennit
avrebbe avuto presto un esempio nel Tempio di Apollo.
Come la biblioteca, anche la collezione darte di Asinio Pollione era aperta al pubblico: spectari monumenta sua voluit (Plin., Nat. hist. 36,33). Aspetto, questo, che poteva accordarsi coi programmi del futuro
princeps assai meglio dei gusti asiani del collezionista.
Nel teso clima politico che precedette la nuova guerra
civile anche questo monumento dichiaratamente
impolitico doveva assumere un significato di parte: i
poeti elegiaci vi si saranno sentiti a proprio agio. Ma Asinio Pollione fu lunico committente neutrale di quegli anni, non a caso uno dei pochi grandi che nella battaglia decisiva di Azio non abbiano parteggiato per nessuno dei due contendenti.
Quanto pi la tensione si acuiva, tanto pi demagogica diventava lattivit edilizia dei sostenitori di Ottaviano. Statilio Tauro era tornato trionfatore ex Africa
nellanno 34, e subito dopo aveva iniziato la costruzione
di un primo anfiteatro di pietra, di dimensioni ancora
modeste (consacrato nel 29 a. C.): sorgeva sul Campo
Marzio, nelle vicinanze del Circo Flaminio, ed era destinato in particolare ai ludi dei gladiatori e ai combattimenti con gli animali feroci (Dio. Cass., 51,23,1).
Statilio Tauro era uno di quegli uomini di modesta
origine che, arricchitisi enormemente come generali di
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desiderio fatale per la sua immagine pubblica di essere sepolto ad Alessandria insieme a Cleopatra. Nei
discorsi propagandistici dei sostenitori di Ottaviano era
questa la prova che Antonio intendeva trasferire la capitale dellimpero ad Alessandria e fondare cos una monarchia di stampo ellenistico. Dopo la presa di Alessandria, Ottaviano volle naturalmente che il cadavere di
Antonio fosse sepolto nella tomba dei Tolomei: intanto, mentre il rivale giaceva al fianco dei sovrani dEgitto, a Roma sorgeva, gigantesco, il monumento funebre del vincitore. Questa spiegazione molto verosimile, anche se considera pi il momento della propaganda
che linizio effettivo dei lavori. Latmosfera di attesa e
di tensione che precedette la battaglia di Azio e la frenesia della vittoria subito dopo dnno comunque alledificio, quasi mostruoso per forma e dimensioni, un
significato molto chiaro. Nellanno 28 a. C. i lavori
erano cos avanti che la parte adibita a giardino (silvae
et ambulationes: Suet., Aug. 100) pot essere aperta al
pubblico. Dunque un monumento alla fedelt romana
del dux Italiae? Potrebbe essere questo, in effetti, il
movente immediato della costruzione, anche se il suo
potere evocativo sembra andare molto al di l di questo.
In primo luogo voleva essere una dimostrazione della
grandezza e della potenza del suo committente, e non a
torto fu denominato fin dallinizio mausoleo: espressione, questa, che riassume lo stupore per un edificio
colossale, di dimensioni mai viste, e paragonabile solo
alla tomba di Mausolo, re della Caria, considerato una
delle sette meraviglie del mondo (IV secolo a. C.). Neppure le tombe dei re della Numidia erano cos grandi. Il
confronto col monumento funebre di Cecilia Metella,
ma soprattutto con quelli dei consoli Irzio e Pansa nel
Campo Marzio (43 a. C.), parla da s.
Secondo lusanza ellenistica ledificio era situato in
posizione dominante e panoramica tra il Tevere e la via
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Monumenti funebri a confronto: a) Mausoleo di Mausolo ad Alicarnasso (iv secolo a. C.); b) monumento funebre ufficiale del console A.
Irzio (caduto nel 43 a. C.); c) Mausoleo di Augusto; d) Tomba di Cecilia Metella (raffronto schematico di J. Ganzert).
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del vocabolario formale tradisce anche qui la scarsa chiarezza del messaggio.
Se il nome popolare delledificio era mausoleo
un nome senzaltro felice e ricorrente anche nelle iscrizioni la sua denominazione ufficiale era invece tumulus Iuliorum: una formula anticheggiante, che sottolineava per con chiarezza le ambizioni dinastiche del
nuovo sovrano. Le future cerimonie funebri dellet
augustea, a cominciare dalle esequie di Marcello (23
a. C.), verranno a confermarlo.
Ottaviano non volle apparire come un monarca n
prima, n tantomeno dopo la restitutio rei publicae. Voleva dimostrare di essere il pi forte, e lunico in grado di
rimettere ordine nello Stato. Ma la situazione di antagonismo e la dipendenza da un linguaggio figurativo
importato dallesterno favorirono anche qui la comparsa di forme ipertrofiche. Come nelle statue onorarie
e nei ritratti pieni di pathos alessandrino, le dimensioni
ambiziose di questa architettura regio-ellenistica coincidevano solo in parte col contenuto del messaggio.
Ma nel caso del futuro Augusto ci non ebbe conseguenze negative. A differenza della vecchia classe aristocratica, la massa della popolazione, in gran parte ellenizzata e ben disposta verso un regime monarchico,
avvert lefficacia di questo linguaggio, per quanto contraddittorio e ambivalente. Alla vista del Mausoleo e
della residenza in cui il giovane Cesare and ad abitare
presso il tempio di Apollo, nellantica citt romulea,
non potevano esserci dubbi su chi avrebbe retto i destini di Roma. Questo retroscena architettonico, che perdur anche dopo il 27 a. C., non va dimenticato se si
vuole valutare correttamente lo stile repubblicano, la
personale riservatezza e la pietas del futuro princeps.
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Capitolo terzo
La grande svolta.
I nuovi segni e il nuovo stile politico
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Foro romano. Nellagosto dellanno 29 a. C. il vincitore celebr con grande pompa un triplice trionfo sullIlliria, sullEgitto e per la vittoria di Azio. Nellambito dei festeggiamenti consacr nel Foro il tempio del
Divus Iulius, deciso fin dal 42 a. C., e la nuova Curia,
anchessa in costruzione da molti anni e che avrebbe
assunto pi tardi lepiteto di Giulia. Anche questi due
edifici furono decorati con trofei egizi come monumenti alla vittoria.
La facciata della Curia si trova riprodotta su una
moneta della serie di cui abbiamo discusso in precedenza: sulla sommit si vede la Vittoria alata, in equilibrio sul
globo e con la corona nella mano destra. Come acroteri
laterali figurano statue di altre divinit che erano intervenute ad Azio, muniti di unancora e di un remo, come
sembra
di poter riconoscere sugli esemplari pi nitidi.
Foro Romano intorno al 10 d. C. Pianta schematica.
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ne del tempio di Cesare e della Curia, fu lo stesso Ottaviano a indicare la strada con pochi simboli di facile
lettura: parti di navi e navi intere, creature marine, delfini e la Vittoria sul globo. Immagini che avevano il vantaggio di essere facilmente riproducibili e di poter essere usate dappertutto anche in combinazione con altri
segni.
Fino ad allora i monumenti costruiti a Roma non
avevano avuto alcuna risonanza oltre le mura della citt,
e il linguaggio visivo della politica romana si era rivolto
quasi esclusivamente al pubblico della capitale. Anche
sotto Augusto non vi furono al riguardo mutamenti
sostanziali, ma ora tutto limpero guardava verso Roma,
e quei simboli cos semplici e comprensibili furono recepiti ovunque.
Cos ad esempio i rostri di bronzo furono imitati
anche in marmo, diventando in tal modo dei monumenti autonomi con una propria decorazione figurativa.
Ce ne d una buona idea uno sperone di marmo conservato a Lipsia e proveniente come altri pezzi simili da
una citt italica. Esso decorato su entrambi i lati con
figure in rilievo: da una parte ancora un Tritone con una
conchiglia, dallaltra un uomo armato con una lancia
(forse Agrippa) che viene incoronato da una Vittoria.
Non conoscendo le circostanze del ritrovamento non
possiamo stabilire se il rostro provenga da un monumento pubblico o da una tomba.
I nuovi simboli si diffusero a macchia dolio. Come
anche la Vittoria sul globo, delfini e tritoni decorativi si
trovano presto nelle case private, nelle tombe e sulle
suppellettili. Su semplici antefisse troviamo ad esempio
la Vittoria in combinazione col Capricorno o dei delfini
associati a rostri e altri simboli commemorativi. E anche
molti privati usavano i nuovi simboli come sigilli. Delfini, navi e rostri compaiono a volte su anelli e paste vitree
insieme alleffigie del vincitore, e vedremo pi tardi
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Il vincitore si ritira.
Dopo la vittoria di Azio ottenuta con laiuto di Apollo, sarebbe stato ovvio fare del santuario sul Palatino un
monumento al trionfo militare di Ottaviano. Ma quando, il 9 ottobre del 28 a. C., ledificio fu solennemente
consacrato, erano ben diverse le immagini che facevano
mostra di s nei cortili e negli atrii del tempio. Certo non
mancavano i richiami alla vittoria: su un alto podio cera
la statua votiva di Apollo Aziaco, decorata anchessa coi
rostra delle navi egizie, e sulle porte del tempio erano raffigurate luccisione delle Niobidi e la cacciata dei Galli
da Delfi (Prop., II 31,12-14).
Queste immagini parlavano di Apollo come vendicatore della hybris e venivano intese, ovviamente, come
allusioni cifrate ad Antonio, ma il vincitore rimaneva
dietro le quinte. Non era il magniloquente pathos celebrativo dei sovrani ellenistici a riempire il santuario, ma
il linguaggio della pace e della devozione religiosa. Invece del proprio carro trionfale, Ottaviano espose una
quadriga marmorea dello scultore Lisia, con Apollo e
Diana, mentre le due grandi statue di Apollo davanti al
tempio e nel sacrario celebravano il dio nelle vesti del
cantore pacifico e non in quelle dellarciere vendicativo
(Prop., IV 6,69). Inoltre, e sempre sulla scorta di modelli classici, il dio di Azio teneva in mano una patera per
le libagioni, ed era raffigurato davanti a un altare: immagini che suggerivano pensieri di colpa e di espiazione,
come anche il ricco monumento dedicato alle Danaidi.
Sacrifici e atti di piet religiosa dovevano espiare gli
orrori delle guerre civili, e Apollo era invocato quale
garante del nuovo stato di cose. Quanto a lui, il vincitore che fino a poco prima troneggiava sul Foro romano, si faceva ora protagonista di un exemplum destinato a lasciare tracce profonde:
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Apprendiamo da Svetonio che quelle offerte votive erano dei tripodi doro (Suet., Aug. 52): oggetti probabilmente di grosse dimensioni e riccamente decorati,
che dovevano testimoniare in modo tangibile la devozione del donatore. Che poi questa iniziativa spettacolare permettesse a Ottaviano di eliminare tutta una
serie di statue il cui linguaggio enfatico mal si adattava
al nuovo stile e alla nuova immagine del sovrano, era un
effetto secondario certo non sgradito. Nella pittura parietale, nelle terrecotte architettoniche e nelle ceramiche
aretine di quegli anni si sono conservati riflessi evidenti
di quei tripodi doro provenienti dal Palatino.
Sul frammento di una pittura parietale coeva sono
raffigurati addirittura due tripodi con le figure morenti dei figli di Niobe; su alcuni rilievi si vede, tra le
gambe di un tripode, laccecamento di Polifemo ubriaco. E anche questo mito pu essere riferito facilmente
ai nemici sconfitti, la cui propensione allubriachezza era
stata al centro di una vasta campagna denigratoria. I tripodi erano poi decorati con Vittorie altri simboli, ma
soprattutto col motivo dei tralci rampicanti. Questo fa
supporre che i grandi tripodi votivi servissero, in virt
del doppio programma iconografico, come monumenti
alla vittoria e alla speranza.
Ne un buon esempio la raffigurazione sul rivestimento marmoreo della porta del tempio di Apollo: da
due tripodi, fiancheggiati in origine dai grifi di Apollo
e di Nemesi, dea della vendetta, salivano a destra e a
sinistra della porta dei tralci interminabili, che si incon-
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plicato sistema di pieni poteri sempre rinnovati, di privilegi onorari e di cariche vitalizie, ma soprattutto grazie alle sue enormi sostanze, Augusto mantenne il potere, ossia in primo luogo lesercito, saldamente nelle proprie mani. Una moneta coniata oltre dieci anni pi tardi
illustra con la massima chiarezza i rapporti tra il salvatore e lo Stato: Augusto porge aiuto alla res publica in
ginocchio ai suoi piedi, nelle vesti di una provincia sottomessa. Il salvatore raffigurato accanto allo Stato
restituito, che ha ora bisogno della sua guida. Anche
nel 27 a. C. la maggior parte dei contemporanei vedeva
la cosa esattamente cos, ma latto della restitutio fu comunque un gesto grandioso, che permise allaristocrazia
di salvarsi la faccia e di collaborare in futuro col
nuovo regime:
Per questa benemerenza [la restitutio] ricevetti dal
Senato il nome di Augusto. Gli stipiti della mia casa furono decorati ufficialmente con allori, sopra la porta venne
affissa la corona civica [una corona di fronde di quercia], e
nella Curia Iulia venne esposto il clipeus virtutis, assegnatomi dal Senato e dal Popolo per il mio valore, la mia clemenza, la mia giustizia e la mia piet, come attesta uniscrizione sopra lo scudo (Res Gestae 34).
I ramoscelli di alloro, la corona civica e anche il clipeus virtutis erano semplici onorificenze, conformi allaustera tradizione degli antichi. Cos voleva il nuovo stile
di Augusto, che ora amava tenersi in disparte e nei rapporti col Senato si atteggiava a primus inter pares. Ma la
novit principale dopo il 27 a. C. fu che il compito di
celebrare il sovrano ricadde per intero sugli altri: il Senato e le citt, le corporazioni e i singoli cittadini. Nello
spazio di una notte il princeps aveva imparato la modestia. Lepoca delle autocelebrazioni (come nel caso del
Mausoleo) era finita.
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Gli onori decisi dal Senato furono una scelta insolitamente felice, naturalmente non senza lapprovazione
dello stesso Augusto. Chi conosceva la storia di Roma
poteva trovarvi molteplici allusioni alla vecchia res publica, bench il loro contenuto simbolico si prestasse anche
ad altre interpretazioni.
Fin dai tempi pi remoti corone e ramoscelli dalloro venivano usati per adornare i vincitori e le statue
della Vittoria, e lalloro anche lalbero di Apollo. Ma
la forma dei due alberelli posti sulla porta dingresso
della casa di Augusto suggeriva ai Romani del tempo
qualcosa di completamente diverso: quella coppia di
alberelli si poteva trovare fin dai tempi arcaici nei luoghi consacrati ai pi antichi ordini sacerdotali, come la
Regia e il tempio di Vesta, i collegi dei flamines e dei pontifices. Lalloro diffondeva dunque sulla porta di casa del
princeps un alone sacrale, richiamando alla memoria un
mondo di riti antichissimi.
La corona civica aveva invece una provenienza militare. Fin dallantichit la corona di quercia veniva assegnata come onorificenza a chi avesse salvato un concittadino in battaglia, e ora invece toccava al salvatore dello
Stato, ob cives servatos. Ma anche la corona di quercia
aveva un significato polivalente, perch la quercia
anche lalbero di Giove. E in effetti, gi nello stesso anno
27 a. C. furono coniate in Asia Minore delle monete in
onore di Augusto dove si vede laquila di Giove nellatto di tenere la corona civica con gli artigli. Limmagine,
molto espressiva, era per nata a Roma, dove la troviamo, ad esempio, su uno splendido cammeo: Giove stesso rende omaggio allaugusto porgendogli la palma
della vittoria e appunto la corona civica.
Il caso sintomatico: i nuovi simboli, che in un
primo tempo sembravano ricordare lo stile sobrio degli
antichi, assunsero presto un significato ulteriore. Usate
in combinazione con altri simboli e in occasioni parti-
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gratitudine. E vedremo pi avanti (cap. viii) come dietro a questa spontaneit, a questa facile diffusione delle
immagini imperiali, si celasse una precisa situazione
sociale, economica e politica.
Ma stiamo correndo troppo. La disponibilit ad
accettare i nuovi simboli della vittoria, del culto di Apollo e della restitutio rei publicae dipendeva da unatmosfera di generale consenso verso il nuovo regime. Ma
dopo la caduta di Antonio, e perlomeno a Roma, questo consenso non era affatto garantito: si trattava anzitutto di creano e di rafforzarlo.
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Capitolo quarto
Il programma di rinnovamento culturale
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dopo tassello quella cornice, con quale sistematica coerenza abbia passato in rassegna il cahier des dolances
dellopposizione tardo repubblicana, fino a quando,
nellanno 17 a. C., pot annunciare lavvento dellet
delloro.
Al primo punto cera il programma di rinnovamento religioso (pietas). Vennero poi le iniziative nel
campo delledilizia pubblica (publica magnificentia) e il
ripristino della virtus romana nella campagna contro i
Parti (20 a. C.). Una volta rafforzati lidentit e lorgoglio nazionale, le leggi per la riforma dei costumi
dovevano apparire giuste e necessarie (18 a. C.). Con
questo il programma di risanamento era concluso.
Nulla poteva pi opporsi al sorgere dellet delloro.
Era tutto semplice.
Ma allinizio questi punti programmatici erano pure
dichiarazioni di intenti, che solo col tempo avrebbero
potuto prendere forma in azioni politiche, edifici e messaggi visivi. A tale scopo il princeps aveva bisogno di
molti collaboratori. E poich le fonti letterarie non ci
informano sugli eventi complessi che portarono alla realizzazione del suo programma culturale, dobbiamo rivolgerci alla sfera delle immagini visive per farci unidea dei
rapporti che vennero a stabilirsi tra il princeps e i suoi
sostenitori politici, i poeti disposti a collaborare, i grandi architetti, gli artisti e le botteghe.
I. PIETAS.
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In questo, che doveva essere il suo primo campo dazione, il salvatore ag in modo ordinato e sistematico. Gi nel 29 a. C. fu annunciato un programma di
restaurazione religiosa e Ottaviano si fece affidare dal
Senato lincarico di reintegrare le vecchie cariche sacerdotali. Gli antichi culti, che in parte esistevano solo pi
di nome, tornarono in vigore, gli statuti, i rituali, i
paramenti e i canti liturgici furono ripristinati o, se
necessario, creati ex novo. Tutte le prescrizioni religiose vennero fatte nuovamente rispettare con grande scrupolo. Appena un anno pi tardi veniva avviato, con la
consacrazione del tempio di Apollo, il grande programma di risanamento dei vecchi templi:
Nel mio sesto consolato [28 a. C.] ho restaurato su
incarico del Senato ottantadue templi nella citt, senza trascurarne alcuno che avesse bisogno di un intervento risanatore (Res Gestae 20).
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Erano espressioni ricche di pathos, che non mancarono di fare effetto anche su Augusto. Varrone aveva
dedicato la sua opera a Cesare, invitandolo cos ad agire,
ma per quanto lidea di un rinnovamento religioso fosse
nellaria si pensi ai templi progettati nel corso degli
anni trenta un programma sistematico in questo senso
divenne possibile solo nella mutata situazione politica
successiva alla battaglia di Azio.
Ancora nellanno 32 a. C. lincoraggiamento aveva
dovuto venire dallesterno. Tito Pomponio Attico,
amico e corrispondente di Cicerone e ricchissimo suocero di Agrippa, aveva invitato Ottaviano a ricostruire
il tempio di Giove Feretrio, affinch il dux Italiae potesse cos confrontarsi con lo stesso Romolo, leroe fondatore della citt. A Ottaviano questi gesti spettacolari evidentemente non dispiacevano: lanno dopo, in
occasione della dichiarazione di guerra ad Antonio e
Cleopatra, indoss il costume arcaico di fetialis per scagliare lui stesso, nel Circo Flaminio, la lancia rituale di
legno in una zona del circo che simboleggiava la terra
nemica e pronunciando insieme una formula di sapore
magico. probabile che in un primo tempo queste messinscene abbiano suscitato piuttosto una certa ostilit
e che i Romani colti le abbiano giudicate come arcaismi
alla moda. Ma quando queste occasioni si moltiplicaro-
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no, quando, nel 29 a. C., il tempio di Giano venne chiuso solennemente in segno di pace con un rituale arcaicizzante di cui si era persa la memoria, quando fu rinnovato lantico augurium salutis come voto per la prosperit dello Stato, e quando infine, lanno successivo,
Ottaviano inizi effettivamente il restauro di tutti gli
antichi templi, nessuno allora poteva pi dubitare che
il ritorno agli di fosse a questo punto una cosa seria.
In tutta la citt vennero aperti cantieri edilizi: il vincitore intendeva davvero fare in modo che sotto di lui, il
fondatore e restauratore di tutti i templi (Liv.,
4,20,7), questi ultimi non sentissero pi la vecchiaia
(Ov., Fast. II 61).
Aurea Templa.
Un programma cos grandioso richiedeva una precisa pianificazione. Si trattava anzitutto di suddividere i
compiti: i vari progetti edilizi vennero ripartiti nei due
ambiti delledilizia sacra e profana. La costruzione dei
santuari, che Augusto considerava il suo compito per
eccellenza, fu riservata alla stessa casa imperiale. Perfino tra i molti edifici fatti costruire da Agrippa non si
trova alcun tempio, se si eccettua il Pantheon, destinato al culto del sovrano. Tiberio invece pot restaurare i
due venerandi templi sul Foro, il tempio dei Dioscuri e
il tempio della Concordia, e consacrarli rispettivamene
il 6 e il 1o d. C. in qualit di erede designato.
La parola dordine era adesso le spese maggiori per
gli di. Le candide facciate dei templi, rivestite col
marmo estratto nelle nuove cave di Luni (Carrara), con
le loro sontuose decorazioni talvolta dorate, diventarono gli emblemi dellepoca. I migliori architetti e i migliori artisti affluirono a Roma dallOriente, attratti dalla
prospettiva di incarichi prestigiosi e di ottimi compensi.
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costruzioni che dipendevano direttamente da lui, Augusto differenziava in modo assai marcato le spese per il
terreno, i materiali e la manodopera: se vero che tutti
i templi dovevano essere restaurati, alle varie divinit
era riservato un trattamento economico assai diverso.
Gli edifici pi costosi non sorsero nei vecchi luoghi di
culto e non furono dedicati agli antichi di, ma a quelli pi legati alla persona di Augusto, ossia ad Apollo sul
Palatino e a Marte Ultore nel nuovo Foro di Augusto.
A questi va poi aggiunto il Foro di Giulio Cesare, ultimato solo ora, e il tempio di Venere Genitrice. Coi loro
portici e gli edifici annessi, le ricche decorazioni e i
doni votivi, e non in ultimo i rituali e le liturgie di Stato
a cui fornivano lo scenario, questi templi potevano rivaleggiare con lo stesso tempio di Giove Capitolino. Nonostante infatti le sontuose cerimonie che Augusto assegnava al culto statale di Giove, questultimo si lamentava di perdere fedeli a causa sua (Suet., Aug. 91,2).
Sotto Augusto, in effetti, il tempio di Giove non era pi
lunico centro del culto di Stato: cos ad esempio i Libri
Sibillini erano passati allApollo palatino, e le cerimonie
prima e dopo le campagne militari a Marte Ultore, il cui
tempio era diventato il palcoscenico delle attivit extrapolitiche. Ma non solo i templi di Venere, di Apollo e
di Marte Ultore erano strettamente legati al sovrano:
anche il culto di Giove sul Campidoglio fu in effetti
messo in immediato rapporto col princeps grazie alla
costruzione di un nuovo tempio.
Durante la campagna contro i Cantabri, Augusto
era rimasto miracolosamente illeso da un fulmine che
aveva sfiorato la sua portantina, uccidendo soltanto lo
schiavo che la precedeva. Non era questo un segno della
sua elezione, dello stretto rapporto che lo univa al dio
del tuono? In ogni caso fece subito costruire nelle immediate vicinanze del tempio di Giove un piccolo prezioso tempio tutto di marmo dedicato a Giove Tonante,
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la romanit e un possibile focolaio di sovversione. Lunica eccezione riguardava quelle divinit che gi da
molto tempo si erano insediate a Roma e che erano state
accolte per i loro meriti nel culto di Stato. Ma anche in
questo caso mantenendo le dovute distanze.
Il tempio della Magna mater (Cibele) sul palatino, il
cui culto era stato introdotto nel 205 a. C. in base a un
responso dei Libri Sibillini, fu distrutto da un incendio
nellanno 3 d. C. Sebbene i poeti sottolineassero laspetto nazionale della Magna Mater, il suo legame coi
Troiani e la sua qualit di protettrice della citt e delle
mura, Augusto fece ricostruire ledificio, non lontano
dalla sua casa, non in marmo ma in tufo (peperino) e
riserv ai liberti quel culto straniero, con le sue danze
estatiche e i suoi sacerdoti dalle lunghe chiome (galli).
Daltra parte evidente che Augusto non restaur tutti
i templi nell anno 28 a. C., come egli stesso scrive nelle
Res Gestae. Anche qui cerano cose urgenti e altre meno
urgenti. Un tempio cos popolare come quello della Triade dionisiaca (Libero, Libera e Cerere) sullAventino,
distrutto da un incendio proprio lanno della battaglia
di Azio, fu riconsacrato solo da Tiberio nel 17 d. C.
(Dio. Cass., 50,10; Tac., Ann. II 49).
Quella sfilata di templi costruiti con criteri tanto
diversi suggeriva cos ai contemporanei il diverso rango
gerarchico delle varie divinit, e a dominare incontrastati erano i nuovi edifici di culto, fatti costruire da
Augusto per i suoi di.
La grandezza degli edifici corrispondeva alla grandezza delle divinit (Ov., Fast. V 553). Ma la quantit
di piccoli culti arcaici rifioriti allombra dei grandi santuari stabiliva un chiaro elemento di raccordo tra le religione augustea e lantica tradizione di Stato. La nuova
pietas poteva misurarsi con la religiosit degli antichi,
anche se lo splendore della nuova Roma superava di
gran lunga le memorie del passato:
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zante o classicheggiante. Lunico spazio veramente libero era lornamentazione, dove in effetti si svilupp un
linguaggio ricchissimo, non vincolato ad alcun canone
o tradizione. E questo vale non solo per lesuberante
decorazione architettonica, ma anche per tutte le parti
degli arredi mobili: perfino le basi delle statue e degli
ex-voto appaiono decorate con vere cascate di bande
ornamentali.
I visitatori dei nuovi edifici di culto si trovavano di
fronte a una situazione nuova: mai prima di allora avevano visto sfilare sotto i loro occhi delle serie figurative cos programmatiche. I raffronti didattici, le continue ripetizioni e combinazioni dei vari simboli, peraltro
non numerosi, le sapienti scenografie delle facciate, delle
statue e delle immagini avviavano il Romano incolto alla
lettura di quei programmi.
I contenuti essenziali erano semplici, ma la cosa pi
importante era ripeterli a ogni occasione, si trattasse di
feste religiose o di spettacoli teatrali, di immagini o di
parole. Anche il ricco programma del Foro di Augusto
si riduceva a poche immagini. La descrizione ovidiana
del nuovo edificio come una guida ragionata alla lettu-
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ra, e pu dare unidea di come il grande pubblico reagisse a quelle sollecitazioni visive:
Poderoso Marte e poderoso il suo tempio. N diversa poteva essere la sua dimora nella citt di suo figlio
[Romolo]. Ledificio sarebbe degno anche delle vittorie sui
Giganti. Di qui Marte [Gradivus] potr scatenare in futuro guerre feroci, se un superbo ci provocher in Oriente,
o vorr in Occidente essere soggiogato [si tratta di unallusione alle cerimonie di Stato che si svolgevano nel Foro
in occasione della profectio dei generali]. Il potente in armi
[Marte] guarda verso il frontone del tempio e si rallegra che
gli di invitti occupano il posto pi elevato. Agli ingressi
vede armi di ogni foggia provenienti da tutti i paesi conquistati dal suo soldato [Augusto]. Da un lato vede Enea
col suo carico prezioso e intorno a lui i molti antenati
della casa Giulia; dallaltro Romolo, il figlio di Troia, con
le armi del nemico da lui stesso sconfitto e le statue dei
grandi romani con i titoli delle loro imprese gloriose. Solleva lo sguardo verso il tempio e vi legge il nome Augusto. Con questo nome il monumento gli sembra ancora
pi grande (Ov., Fast. V 553 sgg.).
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Feste e rituali.
Quanto si detto per il tempio di Marte Ultore vale
per tutti gli altri: non monumenti muti ma centri di vita,
soprattutto in occasione delle feste che li riguardavano,
e in particolare dei dies natales. Le feste che ricordavano la dedicazione e la fondazione dei vari santuari vennero sempre pi associate, col passare del tempo, alle
giornate commemorative del princeps o di importanti
avvenimenti della casa imperiale. I nuovi santuari venivano consacrati solo in questi giorni, e non poche delle
vecchie feste di dedicazione vennero fatte coincidere
con questi ultimi. Grazie ai calendari marmorei ritrovati
in varie citt dItalia, e grazie ai Fasti di Ovidio, possiamo farci unidea abbastanza precisa delle festivit
celebrate a Roma e nelle province dOccidente nei primi
anni dellimpero. Si trattava in gran parte di feste commemorative, giornate di preghiera e di ringraziamento
per la casa imperiale, mentre le festivit religiose si concentravano soprattutto nei giorni dedicati ad Augusto:
ben sette vennero fatte coincidere ad esempio col giorno del suo compleanno. Intorno alle date importanti si
raccoglievano diversi giorni di festa, che spesso diventavano veri e propri periodi di ferie, occupati da spettacoli teatrali e giochi del circo. Per i Romani dellepoca il corso dellanno era dunque scandito da un ritmo
regolare di feste dinastico-religiose, piene di suggestioni visive. In tutte le feste religiose si svolgevano rituali: i sacerdoti e le vittime sacrificali si recavano al tempio in processione solenne.
Nelle scene di sacrificio gli artisti erano soliti mettere in evidenza il numero prescritto, la specie e la bellezza degli animali sacrificati. Mentre per nelle raffigurazioni pi antiche le vittime sono rappresentate di
fianco allaltare in posizione di riposo, lattenzione si
sposta ora sul momento delluccisione. Su un rilievo
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cos oggetto della stessa venerazione che le famiglie tributavano da sempre al genius del pater familias. E nellanno 2 a. C. Augusto aveva quasi sessantun anni
il Senato e il popolo gli conferirono solennemente il
titolo di pater patriae, in occasione della consacrazione
del Foro di Augusto (Res Gestae 35).
Lesempio di Augusto fece scuola. Principi e aristocratici, notabili delle citt e liberti, e perfino schiavi di
fama adottarono lo schema iconografico del sacrificante per i propri ritratti celebrativi. Ovunque vi fosse
bisogno di un modello, si imitava lImperatore e la sua
famiglia.
Il nuovo stile di potere incominci a dare i suoi frutti. La piramide sociale possiede ora un vertice ben visibile dalla totalit dei cittadini: limperatore e la sua
famiglia dnno il tono in ogni ambito della vita sociale, dai costumi al taglio dei capelli. E questo non solo
per le classi alte ma per lintera societ romana.
I cittadini pi zelanti di ogni ceto incominciarono a
contendersi le cariche religiose: le varie funzioni, vecchie
e nuove, legate al culto offrivano a tutti la possibilit di
mettersi in mostra e di identificarsi col nuovo Stato. Il
princeps interveniva come moderatore e distribuiva le
varie cariche: cos ad esempio fece assegnare agli equites
il culto antico ma ormai insignificante dei Lupercali.
Il rituale, destinato in origine alla protezione e alla
crescita delle greggi, comportava luccisione di un cane,
mentre i sacerdoti (luperci), vestiti di un semplice perizoma, eseguivano una danza saltellante intorno al Palatino e le donne venivano colpite con una frusta fatta di
pelle di capra. facile immaginare che questo arcaico
rituale di fecondit poteva avere un effetto comico nello
scenario della metropoli, e per questo motivo Augusto
proib che gli adolescenti assistessero al rito. Ma anche
in questo caso si trattava di una carica ambita: di recente sono state ritrovate statue onorarie di luperci di et
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nel momento del sacrificio: al suono di un flauto versano insieme le loro patere sullaltare. Il toro e il verro
sono l pronti per il sacrificio, ma lo scultore li ha rimpiccioliti in maniera quasi grottesca per dare maggior
risalto ai sacerdoti. La presenza di un littore sottolinea
il rango quasi ufficiale del magister, che nellesercizio
delle sue funzioni cultuali aveva infatti diritto a un assistente, mentre il pretore ne aveva sei e il princeps (come
anche il console) ben dodici.
Il ruolo di minister era invece ricoperto da schiavi
particolarmente fidati e meritevoli, e anche per loro si
trattava di un incarico ufficiale, che conferiva al ministro un prestigio sociale tangibile e riconosciuto da
tutti, per esempio nelle processioni delle feste per lImperatore. Anchessi pertanto offrivano ex-voto ed altari nelle cappelle dedicate ai Lari: su uno di questi altari
si vedono tre ministri, di statura modesta e in abito servile, mentre ricevono con gesto riverente le statuette
cultuali dei Lari dalle mani di un personaggio togato di
statura decisamente pi alta. Probabilmente si tratta
niente meno che dello stesso Augusto, accompagnato dai
principi Gaio e Lucio Cesare: il fatto che si vedano solo
le due statuette dei Lari e non quella del genius Augusti
sembra confermare questa interpretazione ( difficile
pensare che Augusto offra la statuetta del proprio
genius!)
Anche gli schiavi possono dunque prendere parte alla
nuova pietas, e anche il loro abito servile assume, nel servizio sacro, un significato socialmente prestigioso.
Fino a che punto la pietas condizionasse, in chiave
dimostrativa e pedagogica, i rapporti tra il princeps e la
plebs, si pu vedere dalle sue reazioni agli onori che gli
venivano assegnati e al culto del suo genio nelle cappelle dei Lari. Augusto ricambiava quegli atti di omaggio con sempre nuovi gesti di devozione: dopo aver
fatto fondere nel 28 a. C. le sue statue dargento e aver-
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le fatte sostituire coi tripodi doro per il culto di Apollo, super ogni altro cittadino nellofferta di doni votivi e immagini sacre. Si svilupp cos un sistema di doni
e contraccambi di sapore senzaltro arcaicizzante e che
mettevano capo a sempre nuove immagini.
Ne sono un buon esempio i doni per lanno nuovo:
i rappresentanti dei tre ceti (ordines) gettavano ogni
anno una moneta nel Lacus Curtius sul Foro, che in
epoca augustea era ormai un bacino asciutto. Quel gesto rappresentava un voto sempre rinnovato per la salute dellImperatore, e ad esso si accompagnava, il primo
di gennaio, un regalo per lanno nuovo, anche quando
lImperatore era assente. Augusto lo utilizzava per comprare le immagini sacre pi preziose, che faceva poi
sistemare a turno (vicatim) nei santuari dei diversi rioni
della citt: cos ad esempio le statue dellApollo Sandalarius e dello Jupiter Tragoedus (Suet., Aug. 57). Alcuni
basamenti di queste statue si sono conservati e attestano ex-voto del princeps per Mercurio, Vulcano e i Lares
publici. Si pu supporre che immagini di questo tipo si
trovassero ugualmente nei pubblici santuari, nei tempietti rionali e anche nei luoghi di culto delle corporazioni artigiane.
Nel Museo Capitolino si trova un altare votivo augusteo in cui raffigurata probabilmente lofferta di una
statua di Minerva ai ministri di un collegio di carpentieri
da parte dello stesso Augusto. Il princeps supera per un
buon terzo di statura i ministri raffigurati nel loro abito
servile; sul lato opposto dellaltare uno dei magistri offre
un sacrificio davanti alla stessa statua di Minerva. Sul
lato breve si vedono i loro strumenti del mestiere, seghe
e scuri ma anche elmi, poich i membri del collegio
erano anche vigili del fuoco. Tra queste insegne
professionali, ma pi grandi e in forte evidenza, si trovano poi vari oggetti di culto: un lituus, un galerus con
lapex e un grosso coltello sacrificale. Come nel caso del
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PUBLICA MAGNIFICENTIA.
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Roma, portici e templi nella zona del teatro di Marcello. Dalla Forma Urbis.
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A sud degli edifici di Agrippa e al di l del Circo Flaminio sorgevano luno accanto allaltro i templi e i portici dei trionfatori del secondo secolo, che, opportunamente restaurati e rinnovati, diedero la loro parte di
contributo alla gloria della casa imperiale. Il ricordo dei
loro fondatori repubblicani era intanto quasi del tutto
svanito. Cos, ad esempio, la Porticus Octavia era stata
costruita nel 168 a. C. da Gneo Ottavio dopo la sua vittoria navale su Perseo, re di Macedonia: ledificio, famoso per i suoi preziosi capitelli di bronzo, fu fatto restaurare da Augusto, il quale non ebbe in questo caso alcuna difficolt a rinunciare al proprio nome (Res Gestae
19), visto che era gi il nome originario. Fece poi collocare nel portico restaurato le insegne militari strappate
ai Dalmati durante le guerre in Illiria.
La Porticus Metelli, fatta costruire nel 147 a. C. da
Quinto Cecilio Metello vincitore dei Macedoni intorno
ai templi di Giove Statore e di Giunone Regina, fu
invece sostituita da una Porticus Octaviae nuova di
zecca: ledificio fu finanziato da Augusto in onore della
sorella Ottavia, che vi dedicher pi tardi una schola con
biblioteca in memoria del figlio Marcello, morto nel 23
a. C. Il giovane aveva sposato Giulia, figlia unica di
Augusto, che lo aveva presentato gi nel 29 a. C. come
il suo erede potenziale. In suo onore verr costruito pi
tardi il teatro omonimo.
In questo avvicendamento anche le famose opere
darte che Metello aveva collocato nelledificio acquistarono un significato nuovo: le statue di Venere e di
Eros, opere di maestri classici, come anche il celebre monumento equestre di Lisippo che raffigurava Alessandro
e i suoi venticinque compagni, diventavano ora altrettante allusioni ad Augusto. Non aveva egli portato il
sigillo di Alessandro, e non dedicava forse nei suoi
monumenti sempre nuove immagini alla memoria del
grande Macedone?
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