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Augusto e il potere

delle immagini
di Paul Zanker

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:
Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, trad. it. di
Flavio Cuniberto, Einaudi, Torino 1989
Titolo originale:
Augustus und die Macht der Bilder
C. H. Becksche Verlagsbuchhandlung (Oskar Beck),
Mnchen 1987

Storia dellarte Einaudi

Indice

Premessa

Cenni bibliografici

11

Introduzione

16

capitolo primo
Immagini contraddittorie. La repubblica al tramonto 11
La statua onoraria e il nudo
Contraddizioni nella forma e nel messaggio
Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente
L'immagine urbana di Roma come specchio
della situazione politica e sociale
La villa e la nascita della sfera privata

22
25
28
34
41

capitolo secondo
Immagini antagoniste. La lotta per il potere assoluto

46

Divi filius
Le statue trionfali del giovane Cesare
Identificazioni mitologiche
Le serie numismatiche di Ottaviano
Le immagini problematiche di Antonio
Antagonismo edilizio e variet formale
Il Mausoleo

46
50
57
67
70
78
84

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Indice

capitolo terzo
La grande svolta.
I nuovi segni e il nuovo stile politico

89

Il Foro come palcoscenico della famiglia Giulia


I simboli della vittoria
Il vincitore si ritira
Res publica restituta
Il titolo di Augusto e il nuovo ritratto

89
89
92
94
104

capitolo quarto
Il programma di rinnovamento culturale

108

1. pietas
Aurea Templa
Nuovi programmi figurativi
Feste e rituali
Le alte cariche sacerdotali
Sacerdozio e status sociale

110
113
119
122
126
131

2. publica magnificentia
137
Il princeps scende in campo contro il lusso privato 138
Ville per il popolo
141
La presenza della famiglia imperiale
nellimmagine urbana
145
Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontro
fra il princeps e il popolo
148
Immagine urbana e ideologia
154
3. mores maiorum
La riforma dei costumi
Il princeps come modello
Toga e stola

159
159
162
165

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Indice

capitolo quinto
Lo scenario mitico del nuovo Stato

168

1. aurea aetas
Si inaugura let delloro
Fecondit e pienezza
I tralci del paradiso
Vittoria e pace

169
169
175
180
183

2. il mito, la storia, il presente


Dal mito di famiglia al mito di Stato
Venere e Marte
Enea e Romolo
Unimmagine riveduta della storia romana

190

191
193
198
206

3. principes iuventutis. il ruolo dei successori


211

nel mito di stato

Gli eredi e la stirpe di Venere


Tiberio e Druso generali dellimpero
Tiberio come successore
Il ruolo di Giove

212
218
221
224

capitolo sesto
Il linguaggio formale del nuovo mito

233

Il riutilizzo degli originali classici e arcaici


Il significato sacrale della forma arcaica
Le implicazioni morali della forma classica
Composizioni atticiste
Il valore simbolico della citazione

235
237
239
244
247

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Indice

capitolo settimo
Le nuove immagini e la vita privata

254

Moda e lealismo
La privatizzazione del messaggio
Gusto e mentalit
Proiezioni bucoliche
Mentalit e autorappresentazione

255
261
265
270
274

capitolo ottavo
La diffusione del mito imperiale

279

La reazione dei Greci


Le citt fanno a gara nel culto dellimperatore
Il culto imperiale in Occidente
Le lites urbane e il programma augusteo
Marmo e autocoscienza

279
285
290
296
302

Conclusione

311

Note

318

Storia dellarte Einaudi

Premessa

Larchitettura e le arti figurative rispecchiano lo


stato di una societ e i suoi sistemi di valori ma anche i
suoi momenti di trasformazione e di crisi. Tuttavia,
come noto, difficile analizzare determinate opere darte quali testimonianze storiche di uno specifico messaggio. Questo libro intende mostrare come un mutamento di sistema politico possa condurre allo sviluppo di un
nuovo linguaggio visivo, che riflette e nello stesso tempo
condiziona in modo essenziale levoluzione della mentalit. Secondo gli orientamenti moderni della ricerca ci
siamo interrogati anzitutto sui moventi sociali e il contesto psicologico dei processi di trasformazione. La
forma dellopera darte non sar allora meno interessante del suo contenuto: perch lo stile a sua volta
una testimonianza storica complessa.
Poche volte nella storia le arti furono messe al servizio del potere politico in modo cos diretto come nellet augustea. Le immagini dei poeti e degli artisti parlano di un mondo felice, in cui un grande sovrano governa in pace un impero universale. E come dimostra non
da ultimo la pubblicit, che continua a utilizzarle, alcune di queste immagini conservano ancora intatto il proprio potere di suggestione.
A unimmagine canonica e idealizzata dellarte augustea si arriv solo negli anni trenta. La sistemazione
urbanistica della Roma fascista, con i suoi restauri e i

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suoi lavori di scavo, port per la prima volta alla luce,


o perlomeno a conoscenza dei contemporanei, monumenti importanti come il Mausoleo e il Foro di Augusto, il Teatro di Marcello e lAra Pacis. Fatalmente, le
celebrazioni per il secondo millennio della nascita di
Augusto, nel 1937, indussero il regime e i suoi sostenitori pi o meno convinti a utilizzare larte romana nel
suo insieme, e in particolare quella augustea, nel quadro
di una estetizzazione del nuovo potere e dei suoi megalomani progetti imperiali. E in una forma o nellaltra la
nostra visione dellarte augustea ancora condizionata
dallimmagine fissata in quegli anni. vero, peraltro,
che la figura di Augusto aveva avuto i suoi critici fin
dall antichit, e non solo di parte repubblicana come
Tacito, Voltaire, Gibbon e Mommsen. Anche negli anni
trenta non mancano le voci contrastanti, come il celebre libro di Ronald Syme, The Roman Revolution, pubblicato in Inghilterra nel 1939. Purtroppo, nel suggestivo capitolo The Organisation of Opinion larte e
larchitettura sono del tutto trascurate, e anche oggi
diffusa convinzione fra gli storici che le opere darte
abbiano un puro interesse estetico: buon materiale per
libri illustrati, ma privo di un valore documentario autonomo rispetto alle fonti scritte. Un atteggiamento, questo, a cui hanno contribuito non poco anche gli storici
dellarte e gli archeologi con le loro interpretazioni
immanenti allopera stessa e il loro disinteresse per il
contesto storico delle opere figurative.
Quando non si limita a riprendere i panegirici augustei degli anni trenta, dopo la seconda guerra mondiale
la ricerca si concentra significativamente su problemi di
natura formale. Soprattutto nellarcheologia tedesca,
dominata dallidea della superiorit dellarte greca, il
valore dellarte augustea viene ricondotto al suo classicismo e alla sua qualit artigianale. Il significato atemporale di quellarte deriverebbe come anche nel caso

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di un Virgilio o di un Orazio dalla sua capacit di rinnovare e trasmettere le forme greche, nonostante la funzione politica delle sue opere. In Italia, lillustre archeologo di formazione marxista Ranuccio Bianchi Bandinelli contestava invece il significato storico dellarte
augustea proprio a causa del suo classicismo, visto come
lespressione di un sistema politico reazionario. A partire dalla fine degli anni sessanta, e riprendendo le ricerche di Ronald Syme e Andreas Alfldi, linteresse degli
studiosi si sposta sul valore propagandistico dei messaggi figurativi, alla ricerca peraltro infruttuosa di occulte
strategie di potere.
Negli ultimi anni linteresse per Augusto e la sua
epoca ha conosciuto uno sviluppo straordinario: soprattutto in Germania, negli Stati Uniti e in Inghilterra si
svolgono regolarmente convegni di studi, mentre leditoria contribuisce non solo con pubblicazioni specializzate o rivolte agli addetti, ma anche con libri sontuosamente illustrati e destinati a un pubblico pi
ampio. A Berlino si sta preparando attualmente una
grande mostra sul tema. Si tratta solo di una tipica tendenza postmoderna, conformemente allinteresse
generale per tutto ci che classico? O entra in gioco
anche il fascino di una societ tranquilla e ordinata, del
sovrano dal volto umano, capace di garantire benessere
e sicurezza per tutti, mecenate della poesia e dellarchitettura e tutore, insieme, di una severa moralit?
Il presente volume riprende e sviluppa i temi delle
Jerome Lectures da me tenute tra il 1983 e il 1984 ad
Ann Arbor e alla American Academy di Roma. Senza la
stimolante esperienza di quelle lezioni non avrei trovato il coraggio necessario per pubblicare questo lavoro di
sintesi. Gli inviti rivoltimi dallInstitute for Advanced
Study di Princeton (1982) e dal Wolfson College di
Oxford (1985) mi hanno consentito di approfondire e
poi di portare a termine la ricerca. Colgo loccasione per

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esprimere la mia gratitudine a questi Istituti e ai colleghi, in particolare a P. H. von Blanckenhagen, J.


dArms, G. Bowersock, J. Griffin, Ch. Habicht, D.
Scott, D. e H. Thompson, Z. Yavetz. Devo anche molto
al seminario organizzato a Oxford da F. Millar, con la
partecipazione degli studiosi locali.
Gli stimoli, gli aiuti e gli incoraggiamenti che ho ricevuto nei lunghi anni della mia ricerca sono cos molteplici che mi impossibile sciogliere qui tutti i miei debiti di gratitudine. Vorrei per almeno ricordare gli amici,
i colleghi e gli studenti di Monaco per i loro preziosi
aiuti e suggerimenti, e in particolare Ch. Meier e H. von
Hesberg, ma anche O. Drger, D. Lauenstein, M. Pfanner e R. Senff.

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Cenni bibliografici.

Dobbiamo qui limitarci a una serie di indicazioni schematiche. Per


la bibliografia pi recente cfr. le utili informazioni contenute in D. Kienast, Augustus, Darmstadt 1982. Per uno sguardo panoramico, cfr. ora
N. Hannestad, Roman Art and Imperial Policy, Aarhus 1986, la cui ricca
bibliografia pu servire come utile integrazione alla nostra. Il volume
riccamente illustrato di E. Simon, Augustus, Kunst und Leben in Rom
um die Zeitenwende, Mnchen 1986, dove la materia suddivisa per
generi, uscito mentre il nostro libro era in corso di stampa. Ricordiamo infine il recentissimo Kaiser Augustus und die verlorene Republik,
catalogo della mostra allestita a Berlino nel 1988.
Le sigle e le abbreviazioni sono, di regola, quelle del Deutsches
Archologisches Institut (cfr. Archologischer Anzeiger, 1985, pp.
757 sgg.).
Per lindice delle illustrazioni e dati relativi, cfr. oltre, pp.
XI-XXVIII.

Abbreviazioni e sigle pi usate.


AA
ABr
ActaAArtHist
AJA
AM
ANRW
App., Bell. civ.
ArchCl
Asc. in Cic., Scaur.
Aug., De Civ. Dei

Archologischer Anzeiger.
P. Arndt e F. Bruckmann (a cura di), Griechische und Rmische Portrts.
Acta ad archaeologiam et artium historiam
pertinentia.
American journal of Archaeology.
Mitteilungen des Deutschen Archologischen
Instituts, Athenische Abteilung.
Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt.
Appiano, Bella civilia.
Archeologia classica.
Asconio, commentario a Cicerone, Pro Scauro.
Agostino, De Civitate Dei.

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BCH
BdA
BJb

BSR
BullCom
comunale di
Cass. Dio.
Cic.
Att.
De or.
Leg. agr.
Mur.
Phil.
Rab. Post.
Tusc.
CIL
Coarelli, Foro I-II
Crawford
CVA
Fittschen-Zanker I

Dio. Cass.
Dion. Hal.
Ant. Rom.
Vett. orat.
Flor.
Front., Aqu.
Gell.
Giard

Bulletin de correspondance hellnique.


Bollettino darte.
Bonner Jahrbcher des Rheinischen Landesmuseums in Bonn und des Vereins von Altertumsfreunden im Rheinlande.
Papers of the Britisch School at Rome.
Bullettino della Commissione archeologica
Roma.
Cassio Dionigi.
Cicerone.
Epistulae ad Atticum.
De oratore.
De Lege agraria.
Pro Murena.
Orationes Philippicae.
Pro Rabiro Postumo.
Tusculanae disputationes.
Corpus Inscriptionum Latinarum.
F. Coarelli, Il Foro Romano, 2 voll., Roma
1984.
Crawford, Roman Republican Coinage, London
1974.
Corpus Vasorum Antiquorum.
K. Fittschen e P. Zanker, Katalog der rmiscben Portrts in den capitolinischen Sammlangen,
1985, vol. I.
Dione Cassio.
Dionigi di Alicarnasso.
Antiqaitates Romanae.
De veteribus oratoribus.
Floro.
Frontino, De aquae ductu urbis Romae.
Gellio.
J.-B. Giard, Bibliothque Nationale. Catalogue
des Monnaies de lEmpire Romain, Paris 1976,
vol. I.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


Gros, Aurea Templa

P. Gros, Aurea Templa. Recherches sur larchitecture religieuse de Rome lpoque dAuguste,
Roma 1976.
Guida Ruesch
A. Ruesch, Guida illustrata del Museo Nazionale
di Napoli, Napoli 1908.
Gymnasium
Gymnasium. Zeitschrift fr Kultur der
Antike und humanistische Bildung.
Helbig I-IV
W. Helbig, Fhrer durch die ffentlichen Sammlungen klassischer Altertmer in Rom, vol. I
(1963); vol. II(1966); vol. III (1969); vol. IV
(1972).
HBr
P. Hermann, Denkmler der Malerei des Altertums.
Hist. Aug., Alex. Sev. Historia Augusta, Alessandro Severo.
Hlscher, Victoria
T. Hlscher, Victoria Romana, Mainz 1967.
Hlscher, Staatsdenkmal T. Hlscher, Staatsdenkmal und Publikum,
Konstanz 1984.
Hor.
Orazio.
Ars
Ars poetica.
Carm.
Carmina.
Ep.
Epistulae.
Epod.
Epodi.
Sat.
Satirae.
IG
Inscriptiones Graecae.
IstMitt
Istanbuler Mitteilungen.
JdI
Jahrbuch des Deutschen Archologischen
Instituts.
Jos.
Flavio Giuseppe.
Ant. Jud.
Antiqaitates Judaicae.
Bell. Jud.
Bellum Judaicum.
JRS
The Journal of Roman Studies.
Katalog Berlin
Kaiser Augustas und die verlorene Republik, Berlin 1988.
Kienast
D. Kienast, Augustus, Darmstadt 1982.
Liv.
Livio.
Luc.
Lucano.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


MemAmAc
MdI
MEFRA
MM
MuM
Nash, Bildlexikon
Nep., Att.
NSc
Niggeler
Ov.
Ars am.
Fast.
Pont.
Trist.
Platner-Ashby
Phil., Leg.
Plin., Nat. hist.
Plut.
Ant.
Ant. et Dem.
Cat. Mai.
Crass.
Mor.
Sert.
Prop.
Quint.
RE
RevNum
RIA

Memoires of the American Academy in


Rome.
Mitteilungen des Deutschen Archologischen
Instituts.
Mlanges de lEcole franaise de Rome, Antiquit.
Madrider Mitteilungen.
Mnzen und Medaillen AG Basel.
E. Nash, Bildlexikon zur Topographie des
antiken Rom, vol. I (1961); vol. II (1962).
Nepote, Atticus.
Notizie degli Scavi di antichit.
MuM Auktion, 1966, parte seconda.
Ovidio.
Ars amatoria.
Fasti.
Epistulae ex Ponto.
Tristia.
S. B. Platner, A Topographical Dictionary of
Ancient Rome, 1929.
Filone, Legatio ad Gaium.
Plinio, Naturalis historia.
Plutarco.
Antonius.
Antonius et Demetrius.
Cato Maior.
Crassus.
Moralia.
Sertorius.
Properzio.
Quintiliano.
Paulys Realencyclopdie der classischen Altertumswissenschaft. Neue Bearbeitung.
Revue Numismatique.
Rivista dellIstituto nazionale dArcheologia
e storia dellarte.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini


RM
Schneider
1986.
Sen.
De ben.
Ep.
Serv. in Verg., Ecl.
Strab.
Suet.
Aug.
Claud.
Iul.
Vita Hor.
Tac.
Ann.
Dial.
Tert., De spect.
Torelli

Mitteilungen des Deutschen Archologischen


Instituts. Rmische Abteilung.
R. M. Schneider, Bunte Barbaren, Worms

Seneca.
De beneficiis.
Epistulae.
Servio, commentario a Virgilio, Egloghe.
Strabone.
Svetonio.
Divus Augustus.
Divus Claudius.
Divus Iulius.
Vita Horatii.
Tacito.
Annales.
Dialogus de oratoribus.
Tertulliano, De spectaculis.
M. Torelli, Typology and Structure of Roman
Historical Reliefs, Ann Arbor 1982.
Val. Max.
Valerio Massimo.
Vell. Pat.
Velleio Patercolo.
Verg.
Virgilio.
Aen.
Eneide.
Ecl.
Egloghe.
Vitr.
Vitruvio.
Zanker, Apollontempel P. Zanker, Der Apollontempel auf dem Palatin,
in Analecta Romana, supplemento X (1983),
pp. 21-40.
Zanker 1983
P. Zanker, Zur Bildnisreprsentation fhrender
Mnner in mittelitalischen und campanischen
Stdten zur Zeit der spten Republik und julisch-claudischen Kaiser, in aa.vv., Les bourgeoisies municipales italiennes aux IIe et Ier sicles av.
J.-C., Napoli e Paris 1983, pp. 251-56.

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AUGUSTO E IL POTERE DELLE IMMAGINI

per Dorothea

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Introduzione
Quando il Senato romano si riun per deliberare
sulle onoranze funebri di Augusto, uno dei senatori propose che lintera epoca del defunto imperatore venisse
chiamata saeculum Augustum e accolta cos nel calendario (Suet., Aug. 1oo). Per quanto la proposta potesse nascere da motivi opportunistici, la sensazione di
aver attraversato una svolta epocale era allora diffusissima. Dopo gli oscuri decenni delle guerre civili, Roma
era vissuta per quarantacinque anni nella pace e nella
sicurezza: la monarchia aveva dato finalmente unamministrazione ordinata allImperium, una disciplina allesercito, pane e giochi alla plebs e un grande slancio
alleconomia. Il Romano guardava ora al suo impero
con una forte coscienza della propria missione morale.
Ma agli inizi del potere assoluto augusteo (31 a. C.)
regnava il pessimismo: molti ritenevano che lo Stato,
travolto dalla propria immoralit, fosse sullorlo della
rovina. Come si giunse allora a un cos drastico mutamento di clima, che grazie allopera dei poeti augustei
avrebbe condizionato limmagine futura del saeculum
Augustum?
La cultura romana segnata in modo decisivo dal
rapido processo di ellenizzazione iniziato nel secondo
secolo a. C. con la conquista dellOriente greco, una

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

societ dalla struttura ancora arcaica si trov sommersa


dalla cultura del mondo ellenistico, e i vincitori, diversamente da quanto suole accadere, dovevano portarne a
lungo le conseguenze: Graecia capta ferum victorem
cepit et artis intulit agresti Latio (Hor., Ep. II 1, 156).
Le ripercussioni sulle abitudini di vita, la religione,
la morale, la mentalit furono enormi. Il contrasto fra i
mores maiorum e quella che i conservatori avrebbero presto demonizzato come luxuria non poteva essere pi
grande. Da un lato, nelle citt greche, uno stile di vita
improntato a una raffinata cultura, le splendide scenografie del potere monarchico, la tradizione della cultura
classica ateniese, le scuole filosofiche, il pensiero razionale, ma anche i culti misterici per soddisfare le esigenze
religiose pi individuali; dallaltro, una religione arcaica,
tagliata su misura per un popolo di contadini e inscindibilmente connessa alla sfera politica, i solidi legami delle
antiche famiglie patriarcali, uno stile di vita semplice e
quasi immutato da molte generazioni, una cultura povera, senza lettere e senza immagini. Non c da stupirsi che lincontro/scontro fra due mondi cos diversi potesse scatenare conflitti e insicurezze profonde.
Tanto pi che il processo di ellenizzazione si svolgeva in una societ esposta a rapidi mutamenti politici
e nella capitale di un impero oppressa da un enorme carico amministrativo. Le vittorie militari e lespansione
economica avevano portato a una grande concentrazione di ricchezza e di beni fondiari nelle mani di pochi,
alla fuga dalle campagne e alla formazione di grandi
masse urbanizzate. I grandi eserciti professionali avevano creato nuove forme di clientela, cos da attribuire
ai generali vittoriosi un potere politico parallelo a quello dello Stato. Il tumultuoso evolversi delle situazioni
patrimoniali rendeva pi labili le tradizionali barriere di
classe: nuovi gruppi in rapida ascesa, come gli alti funzionari delle citt italiche e i ricchi liberti, premevano

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

per ottenere un riconoscimento e il diritto di partecipare alla vita politica. Ne nacque un antagonismo generalizzato, la cui posta in gioco non era pi, come nella vecchia aristocrazia, il servizio della res publica, ma il primato personale e linteresse economico.
La rapida importazione dei modelli greci e delle
immagini greche svolse in questi processi un ruolo
importante. Alle famiglie romane gi ellenizzate, soprattutto a quelle dei generali trionfatori, esse offrivano
una cornice efficace in cui mettere in scena il proprio
cosmopolitismo e le proprie ambizioni politiche. Ma su
molti contemporanei quelle immagini avevano un effetto irritante: troppo forte era il loro contrasto con la tradizione. I valori tradizionali e antimoderni si cristallizzarono nella nota ideologia della romanit e dello Stato
romano: ideologia che si trovava per spesso smentita
nei fatti. Il primo capitolo del libro intende mostrare
come le immagini importate dalla Grecia non solo abbiano rispecchiato quei processi di dissoluzione, ma
abbiano contribuito alla crisi del tradizionale sistema di
valori. Senza questo sfondo, senza cio il potere distruttivo delle immagini, il nuovo linguaggio visuale dellet
augustea resterebbe incomprensibile.
Dopo il tramonto definitivo della vecchia res publica durante le lotte per il potere tra Cesare e Pompeo, e
poi tra Ottaviano e Antonio, i Romani cominciarono a
interrogarsi sulle cause di quel generale disorientamento,
e ne addossarono la colpa in primo luogo allabbandono
degli antichi di e dei patrii costumi (mores maiorum). I
motivi strutturali rimanevano oscuri. Ma la visione di
unantica Roma semplice e devota,
di una classe politica disinteressata e di un popolo
contadino pronto al sacrificio visione elaborata peraltro nei palazzi sontuosi della capitale rimase vuota
retorica di fronte alla realt delle cose. I tumultuosi
mutamenti delle ultime generazioni avevano reso pro-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

blematica non solo la res publica ma la sua stessa identit culturale.


Dopo aver raggiunto il potere assoluto (31 a. C.),
Augusto si misur punto per punto con i problemi evidenziati dagli slogan conservatori. Con un programma
culturale di ampio respiro, perseguito con coerenza
lungo un arco di oltre ventanni, egli si propose, e ottenne nei fatti, un sostanziale rinnovamento della mentalit collettiva. Ai fasti celebrativi dei grandi generali
oppose il culto del sovrano eletto dagli di; allo scandalo
del lusso privato, un programma di grandiose opere pubbliche (publica magnificentia); allindifferenza religiosa e
allimmoralit, una campagna di rinnovamento religioso e morale (pietas e mores).
Un programma del genere richiedeva un nuovo linguaggio figurativo. Si tratter dunque di esaminare i
complessi rapporti tra linstaurazione della monarchia,
la riforma della societ e i mutamenti avvenuti nella
sfera delle immagini e nellintero sistema della comunicazione visiva. Le esperienze moderne hanno fatto ipotizzare in questo caso lesistenza di un preciso apparato
propagandistico, che per non ci fu. Quello che ci appare, a posteriori, come un raffinato sistema di propaganda, risult da un intreccio fra le iniziative celebrative del sovrano e gli omaggi pi o meno spontanei offertigli dalla popolazione: un processo che non sembra
obbedire, in gran parte, ad alcuna regia occulta. E si
tratter di mostrare come i soggetti coinvolti nellelaborazione del nuovo linguaggio abbiano contribuito a
quel processo, e quali interessi e vincoli sociali abbiano
giocato nella sua diffusione.
Se in seguito parleremo sempre di mondo e di
linguaggio figurativo o visivo, sar appunto per sottolineare che lobiettivo primario del lavoro non linterpretazione dei singoli monumenti: sono gi stati
descritti e analizzati abbastanza spesso, e in un tono che

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ricorda non di rado i panegirici dei poeti augustei. Quel


che mi interessa , invece, linsieme delle immagini e il
loro effetto sui Romani del tempo. E per immagini
intendo qui non solo le opere darte, gli edifici e le
visioni poetiche, ma anche i rituali religiosi, labbigliamento, le cerimonie di Stato e gli atteggiamenti del
sovrano: insomma tutte le forme di rapporto sociale
suscettibili di assumere una valenza visiva. Quello che
mi interessa sono i rapporti tra le immagini e il loro
effetto sullosservatore.
Un mondo figurativo cos inteso rispecchia lo stato
interiore di una societ e permette di cogliere aspetti dellimmaginario contemporaneo di cui spesso non rimane
traccia nelle fonti letterarie.
Il potere delle immagini si concretizza secondo uno
schema circolare: anche i potenti finiscono per soggiacere alla suggestione dei propri simboli. Sono i loro stessi slogan, e naturalmente quelli degli avversari, a condizionare in modo decisivo la loro identit e il loro
ruolo. Quanto ai destinatari, le immagini non si riducono affatto a semplici portatori di un messaggio politico: anche in questo caso, e si tratter di farlo vedere,
esse vengono via via interiorizzate e usate come espressione di virt e di valori personali.
Il significato delle immagini in epoca augustea non
consiste per tanto nel fatto di pubblicizzare la monarchia: cosa che sarebbe stata pressoch superflua rispetto al popolo e inefficace rispetto allaristocrazia repubblicana. Senza le legioni e le enormi ricchezze personali di Augusto le immagini non sarebbero servite a nulla.
Ma la loro efficacia a lungo termine sulla mentalit generale rappresenta un fattore storico di cospicua importanza. Determinati valori, come il programma di rinnovamento religioso, acquistarono realt solo attraverso la
vastissima cassa di risonanza del linguaggio figurativo.
Ma, soprattutto, attraverso le immagini pot prendere

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

forma un mito imperiale e statale dalla semplice fisionomia eziologica e capace di imporsi come una realt
autonoma rispetto alle circostanze storiche effettive.
Un mito capace di filtrare la realt stessa e di produrre
per intere generazioni la certezza di vivere nel migliore
degli Stati possibili e nella pienezza dei tempi.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo primo
Immagini contraddittorie.
La repubblica al tramonto

La statua onoraria e il nudo.


Quando, ancora nella prima met del II secolo a. C.,
fu eretta a Roma una magnifica statua di bronzo in
onore di un grande generale, probabile che la sua
completa nudit abbia avuto un effetto assai irritante
sulla maggior parte dei Romani del tempo. Nella sua
fisicit poderosa la statua un tipico esempio di arte
ellenistica: la figura sembra richiamare il celebre Alessandro con la lancia di Lisippo, mentre il taglio dei
capelli e della barba e lespressione appassionata fanno
pensare ai ritratti dei sovrani macedoni. Ma se la statua del tutto simile a quella di un dinasta macedone
e proviene da una bottega greca, lassenza della fascia
regale mostra che non si tratta di un re ellenistico bens,
evidentemente, di un Romano, forse anzi di un vincitore dei re macedoni.
Nel mondo ellenistico una statua del genere serviva a celebrare virt e qualit sovrumane: la nudit e la
figura eretta ricordavano le statue degli di o degli eroi,
stabilendo un confronto tra il soggetto raffigurato e i
modelli familiari della mitologia. Ma la tradizione romana non conosceva questo tipo di confronto e di esaltazione personale. La statua celebrativa tipica della res
publica era, fin dallantico, la statua togata, ed erano gli
attributi e i contrassegni della toga stessa a qualificare

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

il soggetto nelle sue funzioni politiche o sacerdotali,


ossia come console, pretore, augure e cos via. La
sobriet e legualitarismo delle statue togate rispecchiava la rigida disciplina politica delle magistrature
annuali. Il controllo reciproco fra i membri della classe aristocratica non consentiva alcuna speciale esaltazione dei meriti individuali n tanto meno una celebrazione di qualit sovrumane. Anche il generale vittorioso riceveva una statua togata, e perfino in caso di
trionfo non veniva raffigurato in armi ma con la toga
trionfale, come imponeva la rigida separazione degli
ambiti domi e militiae. Temendo che i grandi potessero sfruttare politicamente la propria gloria militare,
il Senato non permise finch fu padrone delle sue
decisioni che venissero erette statue equestri o loricate, comera invece consuetudine per i sovrani e i
generali ellenistici. Silla, che tante norme aveva trasgredito, fu significativamente il primo a cui il Senato
abbia fatto erigere nel Foro un monumento equestre
ufficiale. I senatori non potevano per impedire che
queste statue di maniera ellenistica venissero, ad esempio, dedicate privatamente in un santuario a scopo votivo, come aveva fatto gi nel 209 a. C. Quinto Fabio
Massimo, erigendo la propria statua equestre in Campidoglio accanto al colosso di Ercole proveniente dalla
campagna tarentina (e da lui consacrato).
Gi in epoca piuttosto antica troviamo dunque, nel
cuore stesso della vita politica, un linguaggio figurativo
contraddittorio. Ma se le statue ellenistiche con cavallo
e armatura, e malgrado laura carismatica, potevano
ancora m qualche misura conciliarsi con la tradizione in
quanto omaggio per un servizio reso militarmente alla
patria, una statua nuda doveva apparire inconcepibile e
urtante, almeno agli inizi del processo di ellenizzazione.
Per gli avversari politici che capivano il linguaggio
greco dellapoteosi, la prestanza fisica della statua era

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una sfida intollerabile, ma la massa dei Romani non


ancora ellenizzati non poteva vedervi altro che un oggetto immorale. Intorno al 150 a. C. la nudit era ancora per molti Romani un segno di impudicizia: si racconta
di Catone il Vecchio che, seguendo il costume degli
antichi, evitasse di fare il bagno insieme al figlio e ai
generi perch si vergognava di stare nudo davanti a
loro (Plut., Cat. Mai. 20). Ma la nudit era anzitutto
un segno di immoralit greca: Allinizio del malcostume [e qui si intende lomosessualit greca] c il denudarsi davanti ai concittadini. il parere del poeta Ennio, morto nel 169 a. C. (Cic., Tusc. 4,70).
possibile che questi nudi fossero dono, in un primo
tempo, di cittadini greci, desiderosi di rendere omaggio
ai nuovi potenti comerano abituati a fare coi loro re,
senza alcuna intenzione provocatoria: ma ci presupponeva se non altro lapprovazione degli interessati.
Numerosi monumenti testimoniano poi con quale rapidit si sia diffusa a Roma limmagine del condottiero
eroico e carismatico. I grandi che erano stati in Oriente avevano assimilato in fretta lo spirito dellellenismo,
e chi era stato onorato e venerato come un re rimaneva
sensibile anche a Roma al nuovo altisonante linguaggio
figurativo. Non a caso il Senato romano apparve ai
Greci come unassemblea di re. Nel corso del II e del I
secolo a. C. Roma stessa si riemp di stranieri provenienti dallOriente, soprattutto schiavi affrancati, e la
folla che nel 44 a. C. divinizz Cesare appena assassinato, offrendogli sacrifici, non aveva pi nulla a che fare
con i contadini del II secolo a. C., che il servizio militare e il sistema latifondista allontanava dai loro campi.
In che misura le vittorie e il potere modificassero la
mentalit dei grandi risulta da un passo di Valerio
Massimo sullhomo novus Gaio Mario, che pure veniva
da una famiglia di austeri costumi:

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Dopo il trionfo su Giugurta ed i Cimbri beveva sempre in


un cantaro, perch si diceva che Dioniso, guidando dallAsia il suo corteo dopo il trionfo in India, avesse usato un boccale di questo tipo: cos a ogni sorso di vino poteva confrontare le sue vittorie con quelle del dio (Val. Max., III 6,6).

E che la massa fosse favorevole alla nuova mentalit


lo dimostrano ad esempio gli onori tributati negli anni
settanta a Quinto Cecilio Metello il Pio per i suoi modesti successi contro Sertorio in Spagna:
Le citt lo accolsero con sacrifici ed altari. Egli si faceva
mettere corone sul capo e prendeva parte a sontuosi banchetti dove brindava indossando la toga trionfale, mentre
speciali congegni gli facevano scendere sulla testa figure allegoriche della Vittoria nellatto di porgere corone e trofei, e cori di fanciulli e di donne cantavano inni di vittoria in suo onore (Plut., Sert. 22).

Lo spettacolo dei condottieri romani era insomma


decisamente provocatorio. Oltre alle testimonianze iconografiche, dobbiamo mettere nel conto i rituali e le
messinscene: lintero stile di vita dei romani filelleni
diventava una sfida per i tradizionalisti. E se a Roma le
leggi senatorie contro il lusso e le spese eccessive (sumptus) riuscirono ad arginare per qualche tempo la nuova
moda, nulla potevano contro la rapida ellenizzazione
della sfera privata, soprattutto nelle ville: dove molti
celebravano feste ispirate a un senso dionisiaco della
vita, si facevano iniziare ai Misteri e ne immortalavano
il ricordo nelle proprie case.
Contraddizioni nella forma e nel messaggio.
Il mondo figurativo della tarda repubblica era pi
vario e artisticamente molto pi suggestivo dellarte di

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epoca imperiale, regolata da una rigida disciplina di


Stato. Lincontro fra i ricchi committenti romani, stimolati dal forte antagonismo sociale e dal desiderio di
autoaffermazione, e la consumata abilit degli artisti
ellenistici, cre una situazione del tutto particolare.
vero per che se oggi ne avvertiamo il grande fascino
formale, nel contesto specifico della Roma di allora quelle immagini devono aver parlato un linguaggio assai contraddittorio. Le nuove statue celebrative ne sono un
buon esempio.
I sovrani ellenistici esercitavano un potere illimitato, e gli artisti esprimevano questa aura sovrumana raffigurandoli come gli di e gli eroi. A Roma, invece,
anche il pi fortunato dei condottieri doveva rientrare
nei ranghi una volta deposto il suo incarico, e non
importa se si sentiva ancora baciato dalla grazia. Gli
attributi delle statue celebrative non corrispondevano
dunque alla situazione reale. Eppure, non solo i generali
trionfatori ma anche personaggi di secondo piano e semplici magistrati di provincia furono presto contagiati dal
nuovo linguaggio. Allepoca di Cesare, sulle piazze del
mercato delle citt romane si potevano ammirare le statue dei notabili locali, nudi o in armatura, coi muscoli
tesi e in atteggiamenti pieni di pathos. Il risultato delluso inflazionato di queste nuove immagini fu che esse
persero il loro significato originario, riducendosi a vaghi
simboli di successo. Per tradurre in immagini un forte
messaggio di potere occorrevano pertanto iniziative sempre pi dispendiose: occorreva moltiplicare il numero
delle statue e accrescerne le dimensioni.
In una situazione di questo genere anche gli esiti formali non erano privi di contraddizioni. Come mostra la
statua in bronzo conservata al Museo delle Terme, in un
primo tempo era stato ripreso lo stile patetico dei ritratti di sovrani ellenistici, ma poich questo stile non si
adattava alle tradizioni della nobilt romana, col suo

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culto dellanzianit e i suoi modi austeri, si impose poco


alla volta un ritratto di tipo realistico. Gli artisti greci
che ritraevano i membri dellaristocrazia romana possedevano da tempo buone conoscenze anatomiche, ma nel
campo del ritratto le avevano utilizzate fino ad allora
con una certa parsimonia. A distoglierli da questa tradizione fu la mentalit dei loro nuovi committenti
romani, e in particolare la crescente rivalit personale tra
i vari aristocratici che assegnava un peso sempre maggiore al singolo con le sue particolari mansioni e le sue
peculiarit: di qui probabilmente la sete di ritratti capaci di fissare quel che di unico e di inconfondibile vi era
nel singolo individuo. Ad ogni modo, mai nellAntichit si ebbe una rappresentazione cos accurata del
carattere individuale come nella Roma del I secolo a. C.
Si consideri soltanto il distacco ironico del ritratto di
Cesare, il volto probo di Pompeo o lenergica durezza
del ricco Crasso, e si pensi per contrasto ai ritratti ufficiali, dallespressione impersonale e standardizzata, di
tarda et augustea. La presenza fisica immediata trionfava allora su ogni norma estetica: ci si faceva raffigurare con la massima naturalezza, magri o grassi, giovani o vecchi, magari sdentati, calvi o con qualche verruca. Nella maggior parte di questi ritratti lespressione
rigida e severa, ma non vi per il resto alcuna valorizzazione in senso etico o estetico, n alcun richiamo a
modelli esemplari come pi tardi in et imperiale. Se da
un lato questo realismo rispecchia lemanciparsi del singolo da un rigido sistema di valori, il contrasto fra la
quotidianit di queste fisionomie e limponenza eroica
delle figure statuarie tradisce tutta la distanza fra lingenua ripresa dei modelli stranieri e le esigenze affatto
diverse della realt romana.
Anche i ritratti sono per colpiti, non di rado, dalla
stessa contraddizione, e se da un lato si vuole fissare la
peculiarit di un volto, si pretende poi di conferirgli un

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certo pathos eroico con la ripresa di moduli ellenistici.


Cos il ciuffo di capelli sulla fronte di Pompeo ci ricorda con evidenza lampante che il personaggio raffigurato si considerava, dopo le sue vittorie, un nuovo Alessandro. Probabilmente Pompeo si era proprio fatto pettinare cos, come si vedeva nelle raffigurazioni del Macedone: il taglio dei capelli (anastole) traduce per cos dire
in immagine il titolo di Magnus che appunto ad Alessandro si richiamava. Durante il corteo trionfale, del
resto, il venticinquenne Pompeo aveva indossato la clamide di Alessandro in luogo della rituale toga picta, e
aveva tentato di entrare in Roma su un carro trainato
da elefanti (con scarso successo, perch la Porta
triumphalis era troppo stretta e Pompeo aveva dovuto
proseguire su un tiro di cavalli). Qui la concreta forma
artistica a rispecchiare un contrasto di valori: da un lato
lammirazione per le grandi figure carismatiche del
mondo ellenistico, dallaltro la volont di restare fedeli
alla repubblica, e la preoccupazione di ridurre i grandi a semplici servitori dello Stato. Davvero curiosa e
incongrua quella chioma leonina sulla borghese probit
del volto di Pompeo!
Il caso di Pompeo non comunque uneccezione.
Nel ritratto di un vecchio sdentato, conservato a Cagliari, il particolare cos poco eroico della bocca serrata
forma un contrasto non meno stridente con lambiziosa capigliatura. Anche nel ritratto di Ottaviano Augusto giovinetto, lespressione segnata e nervosa appare in
netto contrasto col pathos del portamento.
Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente.
Contraddizioni stilistiche, ridondanza di contenuti,
ambiguit e difficolt di comprensione sono aspetti sintomatici anche in altri settori dellarte politica. Per

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quanto riguarda larte ufficiale della tarda repubblica, il


problema stato studiato a fondo da Tonio Hlscher, e
anche qui le immagini e lo stile figurativo appaiono uno
specchio fedele della situazione sociale e politica.
Seguendo liconografia numismatica dalla fine del II
secolo in avanti, possibile vedere come emergano sempre pi in primo piano gli interessi personali dei vari funzionari della Zecca. Fino ad allora le monete portavano
effigi pressoch costanti, con cui non solo il Senato ma
lintera cittadinanza poteva identificarsi (ad esempio
Dioniso, i Dioscuri, la dea Roma, Giove Vittorioso,
bottini di guerra). Ora invece i giovani nobili sfruttavano il loro incarico annuale presso la Zecca (che rappresentava linizio della carriera politica) per celebrare
le glorie di famiglia, o anche, pi tardi, i propri (spesso
insignificanti) meriti personali. Cos ad esempio, allepoca della dittatura di Silla, un certo Gaio Manilio
Limetano usa entrambe le facce di una moneta per vantare secondo la moda del tempo lorigine della sua famiglia niente meno che dal dio Ermes e dal suo presunto
figlio Odisseo. Ma troviamo qualcosa di simile anche in
uno dei maggiori monumenti ufficiali dellet tardo
repubblicana, la cosiddetta base di Enobarbo di Monaco e Parigi: un grande rilievo votivo in cui un censore
della fine del ii secolo fa ritrarre il sacrificio rituale celebrato al termine della sua magistratura. La scena sarebbe molto realistica se non fosse per la presenza del dio
Marte, in contrasto con la religiosit romana tradizionale, e conforme invece al linguaggio iconografico dei
bassorilievi votivi greci. Negli altri tre scomparti del
basamento si veniva poi trasportati senzaltro nel mondo
del mito greco: una scena rappresenta il carro nuziale di
Poseidone e Anfitrite, circondato da uno splendido corteo di ninfe e tritoni. La raffigurazione, di una spiccata sensualit e di qualit artistica molto superiore alla
scena del census, proveniva da una bottega greca o del-

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lAsia Minore e venne riutilizzata dal censore per il suo


monumento votivo: viene interpretata perlopi come
unallusione a una vittoria navale del censore, ma pi
probabile che la scena nuziale tuttaltro che guerresca
intendesse celebrare lorigine della sua famiglia dal dio
del mare.
Troviamo qui due sistemi di valori affatto diversi:
lalbero genealogico e le immagini seducenti del mito
greco sono, per il nostro magistrato, non meno importanti dei suoi meriti politici. Anche ammesso che per lui
e per i Romani colti del tempo la cosa non costituisse un
problema, la massa della popolazione non poteva certo
vedervi un richiamo allaustera moralit dellantica
Roma repubblicana. Ma per le famiglie ellenizzate le
genealogie mitologiche erano molto pi che un puro
gioco di societ: esse davano un contributo importante
allimmagine pubblica dei Romani grecomani, che sentivano cos di appartenere in tutto e per tutto al mondo
greco e non dovevano pi vergognarsi delle proprie origini. Ma perch quelle Nereidi impudiche e quei Tritoni lascivi? Esporre queste immagini in un pubblico
monumento consacrato alla rappresentazione di un
rituale ufficiale non doveva apparire provocatorio? Non
si correva il rischio di esaltare quel singolo personaggio
molto al di l dei suoi meriti di funzionario investito di
una magistratura annuale?
Non tutti i nobili potevano fregiarsi di ascendenze
mitiche o storiche cosi universalmente note o far coniare monete che rimandavano a Bruto o a Marcello, o ai
famosi edifici che i loro antenati avevano fatto costruire nella citt. In molti casi leffigie risultava comprensibile ed efficace solo nelle cerchie ristrette delle famiglie antagoniste. Gi la decifrazione delle lunghe scritte, a volte estremamente abbreviate, richiedeva una precisa conoscenza della storia di famiglia. Qualche segno
isolato e astratto poteva alludere ad avvenimenti molto

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lontani nel tempo e poco conosciuti, e in ogni caso molte


di quelle monete coperte di fitte indicazioni telegrafiche
non facevano riferimento a un orizzonte storico collettivo.
Era ormai raro il caso che leffigie di una moneta
offrisse un sostegno alla res publica vacillante. Per capire fino a che punto i funzionari potessero allontanarsi
dal terreno politico si pu citare lesempio di Quinto
Pomponio Musa, che nel 66 a. C. fece coniare una serie
di ben dieci denari con leffigie di Apollo sul recto e quella dellErcole Musagete e delle nove muse sul verso, e
tutto questo al solo scopo di richiamare lattenzione sul
suo bel nome. Sono esempi che converr tenere presenti per meglio valutare il significato delle monete augustee, dove al contrario ogni effigie intende propagandare lo Stato e la sua guida.
Un chiaro sintomo della crisi sociale in atto verso la
fine della repubblica che il bisogno di affermazione
personale e il generale antagonismo portarono ovunque
a forme di esibizionismo eccessive, anche da parte di
gente che non poteva n voleva aspirare a un successo
sociale. Quella che era in origine una gara dellaristocrazia al servizio dello Stato degener in una febbrile
dimostrazione di ricchezza e di successo: per quanto
modesto fosse il palcoscenico sociale che si poteva utilizzare allo scopo.
Ne sono un esempio considerevole le dispendiose
costruzioni funerarie che negli ultimi decenni della
repubblica e ancora in et augustea si allinearono sempre pi numerose lungo le grandi vie daccesso alla citt. I liberti benestanti, orgogliosi della propria cittadinanza romana e della libert acquisita anche per i loro
famigliari, si facevano raffigurare con la toga e assieme
ai loro parenti sulle tombe di famiglia fatte costruire sul
margine delle strade. Il fornaio Eurisace, anche lui uno
schiavo affrancato, si vantava invece del suo successo

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professionale come fosse un servizio reso all0 Stato.


Messe le mani su un terreno molto in vista in un crocicchio vicino alla citt, escogit per la sua tomba una
soluzione originale: la costruzione formata da alti cilindri verticali la cui forma ricorda quella dei granai usati
dal fornaio. Il fregio vanta invece il suo sistema razionale di panificazione.
A questo livello sociale la rivalit e lesibizionismo
di fronte ai conoscenti o ai colleghi di corporazione
aveva ancora un significato. Ma per le grandi famiglie dellaristocrazia senatoria molto spesso non era pi cos: si
trattava di famiglie enormemente ricche, ma ormai escluse dalla lotta per il potere. Di fronte a Pompeo e Cesare, Antonio e Ottaviano, la maggior parte dei nobili non
aveva pi alcuna chance. significativo che una delle
tombe pi monumentali degli anni intorno al 30 a. C. sia
stata costruita per una matrona il cui prestigio sociale
consisteva unicamente nellessere la figlia di un console
di antica famiglia aristocratica e la moglie di uno degli
uomini pi ricchi di Roma, il figlio di Gaio Crasso.
caeciliae q. cretici f. metellae crassi: cos suona
la breve iscrizione, sicura della universale popolarit di
quei nomi. La tomba fu costruita su un leggero rialzo del
terreno in uno dei punti pi suggestivi della via Appia.
Si compone di tre parti: uno zoccolo quadrato, una torre cilindrica (che ha forse il significato di un altare circolare) e un tumulus oggi scomparso che doveva ricordare i tumuli di et arcaica e sottolineare cos lantica
origine della famiglia. Lo zoccolo e il cilindro servivano
come sostegno trionfale del tumulo, che era la parte
parlante della tomba. Come decorazione fu scelto un
trofeo di armi celtiche, che doveva ricordare i modesti
successi militari, di cui certo i contemporanei non sapevano nulla, riportati dal marito come questore di Cesare nelle Gallie.
Lesempio fa vedere come lesibizionismo della vec-

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chia classe dirigente fosse ormai dispendioso e gratuito:


si commemorava un membro qualsiasi della famiglia,
privo di meriti personali, e che poteva tuttal pi richiamare alla memoria quelli degli antenati o dei parenti.
Qui, come anche in altri casi, forma e messaggio si contraddicono in modo decisamente grottesco: solo pochi
anni prima che venisse costruito il Mausoleo di Cecilia
Metella il Senato aveva fatto erigere per il console Irzio
caduto in battaglia per la res publica, un monumento
funebre che appare al confronto quasi insignificante. Il
merito e il prestigio acquisiti nellambito del tradizionale
cursus honorum non avevano pi ormai alcun riscontro
nel linguaggio monumentale.
Anche le forme architettoniche dei monumenti funebri sono gi di per s eloquenti. Il bisogno ossessivo di
primeggiare port a sfruttare tutte le possibilit offerte
dal linguaggio dellarchitettura celebrativa. Oltre alle
forme consuete dellaedicula, dellaltare e del tempio, si
ritorn ai tumuli arcaici e perfino alle piramidi, si imitarono monumenti commemorativi e facciate di palazzi. Chi puntava sulle dimensioni del monumento, chi
invece sullaccumulo degli elementi architettonici. Nel
monumento sepolcrale dei Giulii a St-Rmy in Provenza si trovano sovrapposti non meno di tre elementi
diversi: su uno zoccolo a forma di altare si innalza un
arco trionfale (quadrifrons), e su questo un tempietto circolare con le statue dei defunti, che in questo ibrido
complesso risultano quasi invisibili agli sguardi dei passanti. Laccumulo estremo di elementi formali finisce
qui per rendere poco chiara la funzione specifica del
monumento.
Questo eclettismo formale senzaltro di derivazione ellenistica, ma il suo sviluppo ipertrofico, e pi ancora laffollarsi delle costruzioni lungo le vie daccesso a
Roma o ad altre citt italiche, un motivo caratteristico
della societ tardo repubblicana. Vedremo come questa

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situazione interessi ancora i primi edifici monumentali


dellet augustea, per poi cedere il passo a un nuovo
ordine di cui anche il linguaggio figurativo sar una
manifestazione.
Limmagine urbana di Roma come specchio
della situazione politica e sociale.
Prima della svolta augustea anche limmagine urbana di Roma doveva fornire uno specchio sconcertante
della situazione politica e sociale. Lesperienza quotidiana ci insegna lenorme valore simbolico degli edifici,
pubblici o privati che siano, delle strade e delle piazze:
limmagine complessiva di una citt in una certa situazione storica rappresenta un coerente sistema di comunicazione visiva, in grado di influenzare gli abitanti
anche a livello inconscio per il fatto stesso della sua
continua presenza. Allepoca delle guerre sociali e civili, delle proscrizioni e delle lotte di potere, e sullo sfondo di continui disordini e scontri di piazza, laspetto
urbano di Roma deve aver parlato ai contemporanei un
linguaggio poco rassicurante. Naturalmente le impressioni mutavano con la prospettiva: vista da una villa, per
esempio dallattuale Pincio, la citt mostrava un aspetto diverso dai quartieri affollatissimi del centro, con i
loro isolati tetri, angusti e marcescenti.
A partire dalla dittatura di Silla il lusso delle abitazioni private incominci a dilagare in modo sfrenato
anche a Roma e il contrasto ricchezza/povert segn
pi profondamente limmagine urbana. Davanti alle
mura sorsero ville sontuose come i giardini di Lucullo
(sullattuale Pincio), il cui magnifico prospetto a colonnati sovrapposti non aveva molto da invidiare ai grandi
templi a terrazza tardo repubblicani delle citt laziali.
Chi abitava nelle brutte e strette vie (Cic., Leg. agr.

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II 96), rese ancora pi buie dalle costruzioni aggettanti


a mo di balcone, e durante la visita mattutina aveva
negli occhi la grandezza e lo splendore dei palazzi urbani di uno Scauro (Plin., Nat. hist. 36,6) o di un Vedio,
nei cui atrii si raccoglievano ogni mattina centinaia di
clienti per il saluto al patronus (Vitr., VI 5,2), poteva toccare con mano la distanza fra ricco e povero. La crescita rapidissima della popolazione aveva scatenato ovunque la fame di case e la speculazione immobiliare. Labitudine di costruire edifici troppo stretti e troppo alti
su fondamenta esigue e con materiali scadenti provocava crolli e incendi quasi quotidiani (Plut., Crass. 2) e
faceva di alcuni quartieri della citt vecchia, come le
famigerate insulae di Marco Crasso, altrettanti focolai di
instabilit sociale. In questo dedalo di tortuose viuzze i
grandi palazzi sorgevano come piccole citt murate.
La situazione edilizia della citt non corrispondeva
affatto al suo rango di capitale. Gi alla corte di Filippo
V di Macedonia (intorno al 182 a. C.) laspetto misero e
antiquato di Roma era oggetto di battute scherzose (Liv.,
40,5,7), ma anche centocinquantanni pi tardi la sua
immagine urbana non poteva in alcun modo competere
con le citt greche dellOriente. Mentre le antiche citt
della Campania e del Lazio (come ad esempio Capua,
Tivoli, Palestrina) facevano a gara da tempo nella costruzione di splendidi santuari, di moderni edifici pubblici,
di strade e piazze, ed era spesso laristocrazia locale a
prendersi cura dellaspetto urbano, la situazione di Roma
era ulteriormente peggiorata. Ormai da decenni non
cera nessuno, n il Senato n i vari grandi, che avesse una veduta dinsieme della citt. Nel II secolo a. C. il
Senato aveva ancora tenuto a freno lespandersi del lusso
privato, mentre i magistrati provvedevano ai problemi
pi urgenti posti dalla rapida crescita urbana: vennero
costruiti magazzini per i cereali, condotte idriche, strade, ponti e basiliche, centri della nuova vita economica

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internazionale. Anche i vecchi templi erano stati rinnovati con una certa regolarit. Ma dalle prime grandi crisi
interne allepoca dei Gracchi (133-121 a. C.) i lavori di
restauro nei templi e negli edifici pubblici furono interrotti, e soprattutto si rinunci a elaborare un coerente
piano urbanistico. Non un caso che quando Cesare,
poco prima di morire, si pose il problema della situazione edilizia della citt, i suoi progetti sconfinassero subito nellutopia: quella di canalizzare il Tevere, di costruire un teatro gigantesco sul fianco del Campidoglio verso
il Campo Marzio, e unintera nuova citt ellenistica, con
strade ad angolo retto, piazze e marciapiedi. Pensava evidentemente che la vecchia Roma non si potesse pi salvare (Suet., Iul. 44; Cic., Att. XIII 33a,I).
Anche questo stato di cose fu una conseguenza del
rapido processo di acculturazione. Fin dalla met del II
secolo i grandi generali cercavano sempre nuove occasioni per mettersi in mostra e gesti di facile presa demagogica. Ma elaborare un piano organico di sviluppo urbano o provvedere agli impianti idrici e ai sistemi di canalizzazione sarebbe stata unimpresa lunga e poco spettacolare. Anche il restauro dei vecchi templi non offriva
grandi opportunit di gloria personale, tanto pi che in
questi casi occorreva rispettare precise norme religiose.
Daltra parte il Senato si opponeva per motivi politici e
morali alla costruzione di grandi edifici per il tempo libero, come i teatri e le terme: si volevano evitare quelle
assemblee e manifestazioni popolari a sfondo politico
che erano usuali nei teatri greci. Il Senato permise soltanto la costruzione di effimeri teatri di legno in occasione delle grandi feste religiose, e poich le masse non
dovevano ricevere uneducazione alla greca che le esponesse al pericolo dellozio, non si parla a Roma di ginnasi
o di pubbliche terme come quelle che gli abitanti delle
citt campane conoscevano gi nel il secolo a. C. Lattivit edilizia dei grandi si limit pertanto in larga misu-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ra alla sfera privata, sviluppandosi soprattutto nella


forma dei monumenti votivi, consacrati perlopi in privato solo (su un fondo privato) a una divinit protettrice. Si trattava spesso di costruzioni imponenti, giacch
la finalit votiva poteva giustificare qualsiasi forma di
autocelebrazione. Anche un intero teatro poteva cos
rispondere a una destinazione religiosa: quando Pompeo,
nel 57 a. C., os costruire il primo grande teatro, nonostante il suo enorme peso politico ritenne ancora necessario giustificare la poderosa cavea come base dappoggio per il piccolo tempio dedicato alla sua patrona Venere Vittrice (Tert., De spect. 10).
Se il Senato pot impedire per alcune generazioni
che privati cittadini costruissero edifici dedicati al
tempo libero, non era per in grado, da parte sua, di
affrontare imprese edilizie in cui tutti potessero identificarsi. E tanto meno avrebbe saputo elaborare un
vero piano urbanistico. Quello che era ovvio nella fondazione di una nuova colonia romana, a Roma diventava impossibile.
Il Tempio della Concordia nel Foro, ad esempio, fu
fatto restaurare dal Senato nel 121 a. C. proprio dallo
spietato nemico dei Gracchi Lucio Opimio: per i partigiani dei Gracchi il tempio divenne cos il monumento
della loro sconfitta. Dopo l8o a. C. Silla e Catulo vollero creare un simbolo dellordine ristabilito nella poderosa struttura del Tabularium sul colle del Campidoglio
sopra il Foro, e ricostruirono con grande spesa (ma con
gravi ritardi) il tempio di Giove Ottimo Massimo. Ma
il nuovo Tabularium non celebrava la res publica comune, bens il predominio degli ottimati in un Senato la cui
debolezza diventava ogni giorno pi evidente. Il nuovo
tempio di Giove Capitolino, che pure avrebbe dovuto
rappresentare la maiestas del popolo romano anche agli
occhi dei forestieri, poteva fregiarsi delle splendide
colonne dellOlympieion che Silla aveva portato da

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Atene ma non raggiungeva in alcun modo un livello


estetico degno di una citt cosmopolita. Anche questo
caso sintomatico. Per motivi religiosi non era stato
possibile modificare il podio e la pianta, ma le colonne
ellenistiche di marmo ovviamente non si adattavano alla
pianta preesistente, col risultato che il frontone dorato
del tempio, sovraccarico secondo luso di motivi ornamentali, era troppo ripido e gravava pesantemente sulle
colonne troppo alte (Gell., II 1o).
La fedelt alla tradizione impediva di riprendere
integralmente la fisionomia dei templi ellenistici in un
simile monumento di Stato. Ma poich si voleva essere
nello stesso tempo conservatori e cosmopoliti, sorgevano ovunque soluzioni di compromesso esteticamente
contraddittorie, e problematiche da un punto di vista
religioso. La nuova immagine votiva di Giove Ottimo
Massimo fu affidata a un artista attico, il quale realizz
uno Zeus classicheggiante nella tradizione greco-classica delle statue crisoelefantine. Ma il fatto che le antiche statue di terracotta venissero sostituite da opere di
questo tipo non poteva non avere conseguenze sul sentimento religioso.
I santuari privati del Campo Marzio contenevano
provocazioni di altro genere. I generali trionfatori edificavano templi ellenistici di marmo alla loro divinit protettrice e ne adornavano gli sfarzosi porticati con celebri
opere dellarte greca, bottino di guerra. Ma proprio al
centro del recinto sacro poteva trovarsi perfino la statua
monumentale del vincitore, mentre le statue delle divinit finivano in secondo piano nelle nicchie dei porticati, come si vede in un rilievo contemporaneo proveniente dallanfiteatro di Capua, I secolo a. C. Quando Quinto Cecilio Metello il Macedone fece erigere nella porticus da lui costruita sul Campo Marzio (146 a. C.) il celebre gruppo equestre di Lisippo che mostrava Alessandro
con i compagni caduti al Granico, non si trattava solo di

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Roma, Campo Marzio in epoca tardo repubblicana con portici e santuari votivi.

una magnifica occasione per esporre la preda di guerra


ma anche di un omaggio reso al massimo eroe del mondo
ellenistico: dal punto di vista delle tradizioni repubblicane, un omaggio perlomeno sospetto.
Mentre i capi facevano costruire edifici lussuosi per
le loro divinit personali, molti fra i culti pi antichi
della citt caddero nelloblio. Qualcuno potr anche
essersi chiesto, come il vecchio Catone, se le nuove statue nude di marmo greco avrebbero protetto Roma
come le vecchie statue di argilla. Alla vista degli antichi
santuari e delle antiche cappelle in declino, i moderni
templi marmorei dei trionfatori dovevano comunque
apparire in una luce ambigua:
Quanto pi grandi e felici sono di giorno in giorno le
sorti del nostro Stato e quanto pi cresce la sua potenza

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ormai arriviamo in Grecia e in Asia, che sono piene di


lascive seduzioni, e mettiamo le mani sui tesori dei re ,
tanto pi mi viene il timore che siano quelle cose a prendere possesso di noi, pi che noi di esse. Le opere darte
giunte in questa nostra citt da Siracusa sono credetemi
qualcosa di minaccioso. Sono gi in troppi, a quanto vedo,
a lodare e ammirare i fasti di Atene e Corinto e a deridere
le figure di argilla nei frontoni dei templi romani.

Queste, secondo Livio, le parole di Catone gi nel


195 a. C. (Liv., 34,4,3).
Le costruzioni private dei grandi raggiunsero
una nuova dimensione con il teatro di Pompeo e il nuovo
Foro di Cesare, la cui grandezza corrispondeva alle
ambizioni dei due personaggi nel pieno tramonto della
res publica.
Il teatro di Pompeo testimoniava un culto della personalit che in Roma non aveva precedenti: si vedevano dovunque statue e immagini che rimandavano alle
vittorie dellimitatore di Alessandro. Il teatro era per
anche uno spettacolare dono fatto alla popolazione, e di
una tale presa demagogica che indusse Cesare a fare
altrettanto: egli cerc di schiacciare Pompeo pubblicizzando non solo le proprie imprese (davanti al tempio sorgeva un monumento equestre di Alessandro che ora portava il ritratto di Cesare), ma anche la sua origine divina. Cos il tempio che dominava il Foro era consacrato
a Venere Genetrix, capostipite della sua famiglia. Utilizzando senza scrupoli il tempio e il Foro per le sue comparse in pubblico, Cesare fu il primo dei grandi a proclamare apertamente la propria umanit divina (Suet.,
Iul. 78,2). E mentre il teatro di Pompeo sorgeva come
i portici dei trionfatori fuori del pomerium nel Campo
Marzio, il nuovo Foro di Cesare era nel cuore della
citt, proprio accanto al vecchio Foro. Il fatto che lantica Curia, appena restaurata, venisse demolita per far

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

posto alla nuova costruzione, e che il comitium con la tribuna degli oratori (fino ad allora un luogo sacro) venisse semplicemente sopraelevato aveva dunque un preciso
significato simbolico.
Come vedremo, i due grandi edifici di rappresentanza fatti costruire da Ottaviano prima della battaglia
di Azio il Tempio di Apollo sul Palatino e il Mausoleo non sono da meno come esempi di culto della personalit: senza alcun riguardo per le tradizioni della res
publica, il loro scopo era unicamente quello di pubblicizzare limmagine di un capo carismatico.
Tra i tumultuosi mutamenti e i disordini di quegli
anni, limmagine dellurbs offriva dunque ben pochi
motivi di identificazione con lo Stato, e poteva anzi
agire come una fonte di sotterranea inquietudine. Di
fronte alla miseria delle istituzioni essa non offriva in
ogni caso immagini edificanti che potessero rafforzare la fiducia nelle sorti dello Stato romano. La stella del
buon tempo andato non brillava pi: quelle che si avevano davanti agli occhi non erano le immagini simboliche di una solida moralit collettiva, da assumere come
un punto di riferimento, ma monumenti che dichiaravano il declino dello Stato e il trionfo degli interessi privati. Tutto nella citt testimoniava lo strapotere e le
ambizioni politiche dei grandi.
La villa e la nascita della sfera privata.
Abbiamo considerato finora solo lambiente visivo
della capitale e le sue contraddizioni. Nelle antiche citt
della Campania e del Lazio il processo di ellenizzazione
si era svolto in forma assai meno problematica: cos ad
esempio Pompei possedeva gi nel II secolo a. C. un teatro di pietra, un pubblico stabilimento termale e forse
anche un ginnasio. Il Tempio della Fortuna a Palestri-

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na e il Tempio di Ercole a Tivoli superavano, per la


grandiosa imponenza delle loro strutture architettoniche, perfino i grandi edifici dellOriente. Con le sue strade e le sue piazze Capua presentava laspetto di una
moderna citt ellenistica (Cic., Leg. agr. II 95 sg.). Per
le grandi famiglie cosmopolite di queste citt, impegnate nel commercio con lOriente, le novit culturali
non creavano problemi di concorrenza e di conservazione del potere come avveniva invece per i senatori
romani: lideologia romana non aveva qui nessun peso.
Nel clima pi libero della Campania, gi verso la
met del II secolo gli aristocratici filelleni si costruirono
le prime lussuose case di campagna, pi o meno negli
stessi anni in cui il Senato dava i primi segni di ostilit
verso la cultura greca. Queste ville furono un primo e
sintomatico prodotto della nuova cultura: qui le forme
di vita importate dalla Grecia potevano attecchire in
piena libert per poi trasmettersi alla vita pubblica.
Il fenomeno della villa rappresenta ai suo inizi una
sorta di valvola di sfogo sociale. Un podere visitato
occasionalmente poteva trasformarsi in una splendida casa
di villeggiatura, dove anche laristocratico pi fedele alla
tradizione poteva abbandonarsi agli svaghi lussuosi della
cultura greca approfittando della lontananza da Roma e
dei periodi di ferie: a Roma infatti fa dire Cicerone
alloratore M. Antonio (console nel 99 a. C.) ci non era
consentito. Venne cos a prodursi quella spaccatura tra
sfera privata e sfera pubblica che doveva poi segnare cos
profondamente la futura societ europea. Le enormi tensioni politiche e personali a cui aveva portato il contrasto
fra la cultura greca (oggetto di avida emulazione) e i mores
maiorum cercavano un equilibrio in una netta separazione di ambiti, e fu proprio nella tensione fra otium (il
tempo libero, la vita in campagna) e negotium (il dovere,
lattivit politica a Roma) che prese forma quel senso del
dovere cos tipico dellideologia romana.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Le ville divennero rapidamente il centro del nuovo


lusso ellenistico. Si ha anzi limpressione che i freni
morali della vita cittadina alimentassero il bisogno quasi
patologico di una vita pi libera ed estroversa, circondata dai piaceri e dagli agi della campagna. Lespansione di questo mondo privato fu favorita dal declino dellautorit senatoria e raggiunse il suo culmine
allepoca di Lucullo, Pompeo e Cesare. Lidea della villeggiatura come tranquilla occasione di svago in mezzo
ai libri e agli amici degener: la villa fin per diventare,
come tutto il resto, un simbolo di prestigio e di ricchezza, mentre a Roma cadevano le ultime barriere contro il lusso delle abitazioni private.
Il Romano intellettualmente curioso si accostava alla
cultura greca come a un tutto organico. Munite di portici, sale e locali di ricreazione, di biblioteche e pinacoteche, di giardini e ambienti battezzati nostalgicamente
con nomi di istituzioni culturali, come gymnasium,
lyceum, palaestra, o di celebri localit del mondo greco,
le ville diventarono un vero campionario della cultura
greca, animato dalla presenza fisica di filosofi e artisti
che vi ricreavano il loro ambiente dorigine. Gli originali raccolti dai collezionisti come Verre (pretore nel 74
a. C.) sono andati in gran parte perduti, ma le copie di
marmo e di bronzo ritrovate in molte ville dnno una
buona idea di come le opere di scultura, distribuite nei
vari ambienti della casa, servissero a evocare le diverse
sfere del mondo greco: nella biblioteca cerano le statue
o i busti dei grandi poeti, dei filosofi e degli oratori,
mentre nei porticati detti gymnasia si vedevano statue di
atleti, di Ermes, Eracle e Atena. Attraversando i giardini si incontravano figure dionisiache e gruppi erotici.
Oppure era di scena il mondo del mito omerico, come
nella grande villa di Sperlonga che lo ambientava addirittura in una grotta naturale. Isolate dal loro contesto
originario e raccolte con spirito eclettico e programma-

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tico, quelle sculture rappresentavano la grecit in quanto puro patrimonio spirituale, e invitavano a una vita
contemplativa, tra libri e begli oggetti, una vita raccolta in se stessa, lontana dagli obblighi politici.
La migliore idea dassieme di una villa romana non
la dnno per i luoghi di scavo ma la villa-museo fatta
costruire a Malibu in California da Paul Getty, il magnate del petrolio, riproducendo fedelmente la Villa dei
Papiri di Ercolano. Le copie di bronzo sparse tra i portici e i giardini riproducono una parte delle statue ritrovate nella villa durante gli scavi settecenteschi, e offrono nel loro insieme (sono circa ottanta tra statue ed
erme) il miglior esempio di quello che poteva essere un
arredo statuario completo. Laspetto pi interessante
dal nostro punto di vista per la totale assenza di
tematiche romane: come in quasi tutte le ville a noi
note non troviamo n raffigurazioni dei miti politici
romani, n ritratti di eroi o di personaggi storici, o dei
grandi intellettuali della storia recente, n rappresentazioni allegoriche di valori e virt romane. Cerano invece, accanto ai ritratti dei poeti greci, dei filosofi e degli
oratori, le raffigurazioni dei sovrani ellenistici: i modelli
ammirati dalla classe senatoria non erano consoli e generali, ma Alessandro e i sovrani dei regni ellenistici. La
tradizione politica romana non trova spazio nel mondo
dellotium. Solo con Augusto le immagini del mondo
politico romano entreranno nella sfera privata, e solo in
epoca imperiale si troveranno nelle case private ritratti
dei sovrani, viventi o defunti.
Non meno istruttive sulle tendenze intellettuali, le
ambizioni e la psicologia della classe dirigente sono poi
le decorazioni pittoriche parietali nel cosiddetto stile
architettonico, quali le troviamo in ville grandi e piccole, ma anche in case urbane di Roma e Pompei. Conviene partire anzitutto dagli esempi pi antichi, databili probabilmente al ii secolo a. C.: rappresentano pare-

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ti intarsiate con diverse qualit di marmi preziosi, spesso con profili di colonne sovrapposte e scorci di colonnati. La pittura doveva sostituire illusionisticamente
lambientazione sognata oppure accrescere il lusso effettivo, offrendo agli inquilini della casa immagini di favolosa ricchezza: uno scenario tangibile che riunisse quanto vi era di pi sontuoso in fatto di architetture e di
materiali. Certe piccolissime camere da letto dalle pareti decorate con scorci illusionistici, in una ridda di suggestioni ottiche contraddittorie, sembrano testimoniare
un bisogno senzaltro nevrotico di sfarzose e grandiose
prospettive architettoniche. Ci si pu chiedere se fosse
possibile abbandonarsi a sonni tranquilli in un ambiente come la piccola camera da letto della villa di Boscoreale o della Villa dei Misteri. pi facile pensare che
quelle selve di colonne perseguitassero gli abitatori
anche in sogno.
Anche in questo caso, nessun soggetto che abbia a
che fare con la vita a Roma, n vi troviamo allusioni alla
vita di campagna del senatore-possidente (a differenza,
per esempio, dalle pitture illusionistiche nei castelli e
nelle ville barocche). Troviamo, invece, vedute di santuari spesso di grande effetto scenografico: quei santuari
che sorgevano attigui ai palazzi dei sovrani ellenistici, e
che forse, in qualche caso, venivano costruiti anche
allinterno delle ville e dei palazzi pi sontuosi. Non
scorci di natura libera ma parchi raffinati e pinacoteche
decorate di erme, grandi quadri di principi ellenistici, un
filosofo greco che sembra cos vicino da toccarlo, un
rituale di iniziazione dionisiaco in cui gli abitanti della
villa si confondono col seguito del dio, e vedute di paesaggio con scene mitiche: un mondo di sogno, fatto di
lusso e cultura greca. Come le statue, le immagini pittoriche dovevano evocare associazioni erudite e soddisfare almeno nella fantasia un bisogno di splendore e di
bellezza. Pi tardi, dopo la svolta augustea, queste pare-

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ti saranno viste invece come unespressione di luxuria e


di ipocrisia, come mostra la nuova decorazione parietale progettata allepoca dei ludi saeculares.
La fuga nella cultura greca poteva comportare
addirittura un rituale di travestimento: prima di
sprofondarsi in una poltrona ai piedi di un ritratto di
Platone o di Aristotele, per filosofare o leggere i poeti,
non di rado il romano colto indossava il mantello greco
e sandali greci e si metteva una corona sul capo (Cic.,
Rab. Post. 26). Si sentiva allora letterato e artista, Greco
fra i Greci. E in questa veste si faceva addirittura
immortalare: ne un esempio eloquente una statua del
commediografo greco Posidippo (III secolo a. C.), adattata nel volto e nella capigliatura al ritratto di un romano del I secolo a. C. Significativamente per, il Romano grecofilo si preoccupava di mettere in mostra il suo
rango sociale: per raffigurare i suoi calzari da senatore
lo scultore dovette applicargli stringhe di bronzo. Anche
nella statua del cosiddetto giovane oratore greco, che
nella Villa dei Papiri era fra quella di Eschine e quella
di un antico poeta, vediamo immortalati i tratti di un
contemporaneo, forse il proprietario della villa: il taglio
dei capelli quello tipico degli anni intorno al 30 a. C..
Togliendosi la toga nel tempo libero il Romano deponeva per cos dire la sua stessa romanit. Il sorgere di
uno spazio vitale privato e alternativo, sottratto alla
sfera della res publica, evidenziava il declino di un intero sistema di valori; ci si abituava con una certa disinvoltura a vivere in due mondi, a parlare due lingue e ad
avere una doppia morale. I piaceri di cui si godeva a casa
propria diventavano, nei discorsi fatti in pubblico,
oggetto di riprovazione.
Il mondo dellotium offriva una cornice stimolante
al godimento della cultura greca e allo sviluppo di una
vita intellettuale libera dagli obblighi di Stato, era un
mondo in cui si poteva trovare rifugio dal caos delle

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

guerre civili e dalle miserie di una vita politica in declino, e sperimentare con successo nuove possibilit esistenziali. E insieme ai libri, le immagini e le statue
diventarono il contrassegno emblematico della nuova
situazione. Se prima un membro dellaristocrazia poteva realizzarsi solo nel servizio della res publica, ora il
mondo dellotium gli offriva la possibilit di unesistenza libera da incarichi politici. Non c dubbio che la cultura delle ville, con i suoi valori estetici e il suo lusso,
abbia reso pi facile il passaggio alla monarchia per unaristocrazia ormai indebolita.

Storia dellarte Einaudi

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Capitolo secondo
Immagini antagoniste.
La lotta per il potere assoluto

Dopo la morte di Cesare nel 44 a. C. la lotta per la


successione dur tredici anni. Il linguaggio delle immagini e delle forme architettoniche svolge in questa fase
un ruolo importante, ma bench compaiano alcune
novit destinate a interessanti sviluppi, le contraddizioni del linguaggio visivo rimangono le stesse del periodo precedente. Il declino del vecchio sistema politico
tocc il culmine. Luso di forme e simboli greci, problematici e ambigui, da parte di Ottaviano e di Antonio,
fu cos massiccio da far pensare a due sovrani ellenistici in lotta per il dominio su Roma.
Divi filius.
Quando il diciannovenne C. Ottavio scese sul terreno di guerra per entrare in possesso della sua eredit
era il 44 a. C. il nome di Cesare, suo prozio e padre
adottivo, era il suo unico asso nella manica. Rinunciando
a fare uso del cognomen, in questi casi abituale, si fece
chiamare fin dallinizio C. Cesare (il nome Ottaviano
una convenzione moderna). Il ragazzo che secondo
Antonio doveva tutto al suo nome (Cic., Phil.
13,11,24), non voleva lasciare dubbi sulle sue intenzioni. Possa ottenere gli onori e la posizione di mio padre,
che rivendico: cos esclamava gi alla fine dellanno 44

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

in unassemblea popolare, indicando con gesto enfatico


la statua del dittatore assassinato (Cic., Att. 16,15,3).
Quellimmagine fece colpo. La nobilt era costernata,
perfino gli amici del giovane Cesare rimasero stupefatti. Da uno cos non vorrei essere salvato, fu il commento di Cicerone.
Subito dopo aver raggiunto il potere assoluto nell
anno 31 a. C., Ottaviano modific il suo stile politico.
Nellanno 27 ripristin la repubblica (era questa la
formula ufficiale), e come salvatore dei cittadini
ottenne allora il titolo onorifico di Augustus. Da quel
momento fece tutto il possibile per tagliare i ponti col
passato: e non senza buone ragioni, giacch molte delle
cose accadute dopo il 44 andavano dimenticate. Quello
che era stato detto allora, e il modo in cui lo si era
detto, era in funzione della lotta per il potere. E qui la
rivalit tra i due antagonisti aveva avuto un ruolo decisivo, condizionando le rispettive immagini e la loro
traduzione nel linguaggio delle forme artistiche.
Si trattava anzitutto di mantenere viva tra i veterani e la plebs la memoria di Cesare. Nellamministrare
questo capitale politico decisivo il partito del giovane
Cesare procedette con grande determinazione, come
dimostrano la campagna per divinizzare il dittatore
assassinato e per lutilizzazione sistematica di una cometa, il sidus Iulium, come segno di prosperit.
Quando Ottaviano, contro la volont dei diretti
responsabili, volle celebrare nel luglio del 44 i ludi Victoriae Caesaris, che ancora Cesare aveva celebrato in
onore di Venere, in cielo comparve puntualmente una
cometa. Riferir pi tardi nella sua biografia che la
cometa era stata vista per sette giorni in tutto il mondo,
e che dappertutto era stata interpretata come un segno
della divinizzazione di Cesare. Subito dopo venne consacrata nel Foro una statua di Cesare, e fu lui stesso a
mettere sul suo capo una stella: ma dentro di s aveva

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

salutato quella stella con gioia, come un segno della sua


futura ascesa (Plin., Nat. hist. II 93-94).
Apprendiamo da altre fonti che fu naturalmente lo
stesso Ottaviano a propagare la credenza nella stella, che
egli mise il sidus Iulium su tutte le statue di Cesare, e che
da allora la stella brillava anche sul suo elmo. Anche un
aruspice di nome Vulcazio diede il suo contributo,
interpretando la cometa come lannuncio di una nuova
et felice, e pensando bene di morire subito dopo il fausto responso (Serv. in Verg., Ecl. IX 46 sg.). La stella
divent subito un segno di prosperit e si diffuse dappertutto, su monete, anelli, sigilli e cos via.
Nel 42 a. C. Ottaviano stabil che il culto di Cesare (Divus Iulius) entrasse ufficialmente nella religione di
Stato, e ne impose la venerazione in tutte le citt dItalia. Da allora pot chiamarsi Divi filius, figlio del nuovo
dio. Sorsero altari dappertutto e in un punto del Foro
molto in vista si inizi la costruzione di un tempio che
apparve nelleffigie di una moneta gi alcuni anni prima
della fine dei lavori.
La moneta un buon esempio del modo pregnante
in cui il linguaggio delle immagini viene utilizzato dai
sostenitori di Ottaviano. Nel timpano compare ben visibile il sidus Iulium e subito sotto la scritta dedicatoria
DIVO IULIO, cos sproporzionata da risultare perentoria. Di fianco al tempio si vede laltare commemorativo che, con gesto carico di effetto, venne pi tardi
integrato nelledificio. Laltare era infatti un segno di
particolare intensit emotiva: dopo lassassinio del dittatore lo aveva eretto spontaneamente la folla sul luogo
del rogo funebre.
Ben presto anche i poeti iniziarono a cantare la stella di Cesare e a farla brillare in tutte le occasioni importanti. Anche sulle monete la stella continua a comparire, soprattutto in relazione alla celebrazione dellet
delloro (saeculum aureum) e allinvestitura dei princi-

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pi ereditari Gaio e Lucio. Lefficacia simbolica della


stella poggiava sulla tendenza universalmente diffusa a
lasciarsi influenzare dai segni celesti, sullabile sfruttamento della credulit popolare e sulluso mirato di simboli ricorrenti nelle manifestazioni pubbliche.
La maggior parte delle immagini diffuse nei primi
anni dai seguaci di Ottaviano hanno a che fare pi o
meno direttamente con Cesare. Le monete doro con la
sella e la corona ricordavano, ad esempio, i tentativi di
esporre la sedia dorata di Cesare e la corona tempestata di pietre preziose, con cui Ottaviano si era audacemente proposto di riaccendere la passione popolare.
Quanto a Venere ed Enea, era stato lo stesso Cesare a
farli raffigurare sulle sue monete come segno dellorigine divina della gens Iulia. Riprendendo queste immagini il giovane Cesare rivendicava per s anche le origini
divine ed eroiche della gens Iuli. Marco Antonio non
poteva contrapporre nulla di simile. E a tutto questo si
aggiungeva la somiglianza del figlio col padre messa in
risalto da numerose monete dei primi anni. La giovane
et di Ottaviano si prestava magnificamente al gioco:
ora lo troviamo raffigurato con tratti spiccatamente adolescenziali, ora come un giovane eroe. E anche qui il
pensiero va allimmagine standard del giovane Alessandro Magno, che contribu a diffondere sul giovane
erede di Cesare unaura di eccezionalit.
Persino i momenti pi drammatici e pi gravi potevano rivestire un significato simbolico e rafforzare il gi
stretto legame tra il Divus Iulius e il Divi filius. Cos, ad
esempio, corse voce che la testa dellassassino di Cesare, Bruto, era stata mandata a Roma per essere deposta
ai piedi della statua di Cesare (Suet., Aug. 13; Dio.
Cass., 48,14). E si diceva che la scena orribile del massacro di trecento perugini fosse avvenuta, in memoria
del dies nefastus dellassassinio di Cesare, presso un altare del Divus Iulius (41 a. C.).

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Se si pensa alla disordinata propaganda famigliare


degli ultimi decenni, lo sfruttamento politico sistematico delle immagini era senzaltro una novit.
Le statue trionfali del giovane Cesare.
Si trattava anzitutto di riconoscere pubblicamente e
quanto prima le qualit militari del Divi filius e i suoi
meriti verso lo Stato. Di queste qualit e questi meriti
erano unespressione visibile le statue celebrative che gli
venivano offerte ufficialmente. La prima statua, inaugurata da Ottaviano ancora diciannovenne il 2 gennaio
del 43, fu per lui sotto vari aspetti la pi importante: una
statua equestre dorata da sistemare sopra o accanto la
tribuna degli oratori (i rostra). Il monumento era stato
deciso dal Senato e dal popolo insieme a una serie di
altre onorificenze, e doveva proclamare, nel punto pi
simbolico della citt, che a pochi mesi dalla sua comparsa
sulla scena lerede di Cesare era gi unimportante forza
politica. Non solo il Senato decretava che gli arruolamenti illegali di truppe voluti da Ottaviano erano un
merito straordinario verso lo Stato, ma assegnava
inoltre al ragazzo un posto di prestigionel Senato
stesso, il diritto di candidarsi con dieci anni di anticipo
sullet prevista dalla legge a tutte le magistrature pi
elevate, e, soprattutto, gli conferiva un imperium in
piena regola. Il giovane Cesare poteva ora agire come
condottiero al servizio della repubblica. Non c da stupirsi che proprio quella statua diventasse per lui il simbolo della sua rapida ascesa politica. Prima ancora che
la statua venisse portata a termine e collocata sui rostra,
i partigiani di Ottaviano ne facevano coniare leffigie su
alcune monete.
Su una delle prime monete si vede il futuro monumento accompagnato da due pregnanti segni aggiuntivi:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

il cavallo poggia su unasta, sotto la quale uno sperone


di nave (rostrum) indica appunto nella tribuna degli oratori (ornata di rostra) il luogo di destinazione. Il bastone
da augure nella mano di Ottaviano allude alla sua autonomia come comandante militare. Le lettere S[enatus]
C[onsultus] sottolineano infine che lonorificenza traeva
origine da un decreto ufficiale del Senato: segno, tutto
questo, di una forte volont di legittimazione. E si trattava di una onorificenza ben dispendiosa per un giovane che non aveva ancora rivestito alcuna carica, per non
parlare di esperienze militari! Tanto pi che il monumento doveva affiancare le statue equestri di Silla, Pompeo e Cesare. Il Senato non poteva far capire pi chiaramente quanto poco gli importasse ormai delle proprie
tradizioni. Come mostrano le monete dellanno 43 a. C.,
la statua fu pensata dapprima con il cavallo in posizione di riposo, simile al monumento di Silla. Ma poi
divent un cavallo al galoppo. Il nuovo schema compare per la prima volta sulle monete del 41 a. C., e questa
volta con la scritta programmatica e demagogica POPULI IUSSU (per decreto del popolo ). Era dunque il
popolo non il Senato, nei cui riguardi Ottaviano aveva
perso ormai ogni ritegno che aveva decretato lonorificenza! La raffigurazione pi precisa della statua si
trova nelle monete coniate un paio di anni pi tardi: esse
non mostrano il Divi filius nelle vesti di condottiero, ma
a torso nudo e con un mantello svolazzante attorno ai
fianchi. In questa veste piena di pathos, la superiorit
del nuovo monumento sulla statua di Silla appariva
schiacciante. Anche il braccio teso assumeva nel nuovo
contesto un significato pi generale come allusione al
potere assoluto. Il figlio del divo Cesare appariva qui
come i Dioscuri sulle vecchie monete repubblicane: non
pi un condottiero della Repubblica, ma un salvatore
mandato dal cielo.
Limmagine corrisponde fedelmente ai panegirici di

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Cicerone in Senato, che esaltava le imprese del divinus


adulescens come superiori a quelle di Silla e di Pompeo
(Phil. 5,16,42). vero che anche Silla aveva fatto incidere sotto la sua statua la scritta carismatica IMPERATOR FELIX, ma se non altro si era ancora fatto raffigurare con la toga. E poich le due statue erano luna di
fianco allaltra, il confronto si imponeva da s. Che il
Senato non si curasse ormai nemmeno di un ossequio
formale alle tradizioni, risulta dalliscrizione dedicatoria
che indicava espressamente let del diciannovenne
Ottaviano (Vell. Pat., 2,61,3). Proprio Cicerone del
resto, leloquente avvocato della res publica, aveva paragonato in Senato il giovane Cesare ad Alessandro, fornendo cos una qualche giustificazione a quegli onori
straordinari (Phil. 5,17,38).
Anche unaltra statua, non meno significativa, ci
nota solo attraverso le monete. Poich la troviamo nella
stessa serie insieme ad altri monumenti della citt, doveva trattarsi anche in questo caso di un monumento
importante. La statua celebrava la vittoria su Sesto Pompeo nella battaglia navale di Nauloco (36 a. C.), e anche
qui Ottaviano raffigurato nudo, secondo un modulo
stilistico tipico dellarte tardo classica. Il probabile
modello era una famosa statua di Lisippo raffigurante
Posidone. In quanto vincitore di una battaglia navale
Ottaviano regge in mano come trofeo laplustre (aphlaston) di una nave nemica. La lancia tenuta con la sinistra lo qualifica come generale, mentre il piede destro
appoggiato su una sphaera, simbolo della terra e della
volta stellata, e perci di potere universale.
Questo efficace modulo figurativo era gi stato usato
presso i sovrani ellenistici per rappresentare le virt
divine del personaggio in questione. Bench allepoca di
Ottaviano il modulo, molto sfruttato, avesse certamente perso vigore, il luogo di esposizione e le caratteristiche del personaggio potevano ancora farne, come in

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questo caso, il veicolo di un messaggio molto forte.


Negli anni dopo la morte di Cesare, Sesto Pompeo,
figlio di Gneo Pompeo Magno, era riuscito a costruirsi
una specie di regno marittimo con sede in Sicilia, opponendosi al triumvirato di Ottaviano, Antonio e Lepido.
Dopo le prime vittorie su Ottaviano e i suoi generali,
Pompeo era solito vantarsi di essere come suo padre
sotto la speciale protezione di Nettuno, e anzi di esserne stato adottato come figlio. Evidentemente, serviva
anche a lui unorigine divina. Cos, invece del mantello
da generale portava una clamide di colore blu mare,
offriva in sacrificio al padre Nettuno dei tori dalle
corna dorate e, sempre in suo onore, arrivava al punto
di gettare in mare dei cavalli vivi (Dio. Cass., 48,48,5).
Sesto godeva di grande popolarit presso la plebs
romana. Durante una pompa nellanno 40 a. C. una statua del dio del mare fu portata nel Circo: la folla diede
segni di esultanza e dimostr cos il suo favore per il
figlio di Nettuno contro il figlio del Divo Cesare. Questultimo fece ritirare allora la statua dal corteo dichiarando che avrebbe vinto anche contro la volont di
Nettuno, ma il gesto provoc una sommossa durante
la quale furono rovesciate le statue di Ottaviano e degli
altri due triumviri. In questi anni, dunque, la comparsa
di unimmagine del dio del mare o dei suoi attributi simbolici in un contesto politico veniva senzaltro riferita a
Sesto Pompeo. Gi negli anni 42-40 a. C. questultimo
aveva celebrato i suoi successi nella guerra navale facendo coniare monete con effigi mitologiche in tema:
oltre a vari simboli delle vittorie ottenute e ai ritratti del
padre e del figlio vi troviamo leffigie di Nettuno e di
Scilla, sua aiutante contro Ottaviano.
Su una moneta di questa serie compare una statua il
cui modulo figurativo identico a quello della statua di
Ottaviano. Anche qui non si tratta di una raffigurazione del dio ma di una statua di Sesto Pompeo (o del padre

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Gneo Pompeo) in atteggiamento vittorioso: come in


quella di Ottaviano il vincitore tiene un aplustre nella
mano, mentre il piede poggiato su un rostro. Ai lati
dellambizioso monumento sono raffigurati i due fratelli di Catania, che secondo la leggenda avevano salvato in modo spettacolare i loro genitori. La storia, gi
riprodotta su monete pi antiche, era ben nota al pubblico romano come esempio di pietas verso i genitori.
Lintento di Pompeo qui di giocare sui concetti di pietas e di pius: epiteto, questo, che aveva aggiunto al proprio nome in segno, appunto, di devozione alla figura del
padre. E si trattava ovviamente anche di una frecciata
contro il giovane Cesare, che dalla battaglia di Filippi
tanto si vantava della propria pietas filiale. La vittoria del
figlio di Pompeo sullerede di Cesare viene dunque celebrata sulla moneta come una tardiva rivincita sullo stesso Cesare, che aveva sconfitto Pompeo presso Farsalo.
Su questo sfondo il monumento alla vittoria, fatto erigere dallo stesso Ottaviano o dai suoi sostenitori, acquista il significato di una precisa risposta polemica alla
propaganda del vecchio avversario.
Per comprenderne il significato fino in fondo occorre tuttavia riferirlo a unaltra statua dello stesso tipo
fatta erigere un decennio prima in onore di Cesare sul
Campidoglio. Era una statua di bronzo in cui la sphaera sotto il piede veniva intesa come simbolo dellEcumene, ossia dellintero mondo abitato (Dio. Cass.,
43,14,6), mentre sotto la statua si leggeva la scritta
poich egli un semidio. Scritta che pi tardi Cesare fece cancellare, forse per evitare un richiamo cos
diretto e urtante alla sua pretesa natura divina.
Ora, la statua di Sesto era riferita a una precisa vittoria militare: il piede del vincitore poggiava sul rostrum
di una nave nemica. Il piede di Ottaviano poggiava
invece come quello di Cesare niente meno che sul
globo terrestre. Prima ancora della battaglia decisiva di

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Azio, Ottaviano, in quanto Divi filius, proclamava dunque a chiare lettere la propria candidatura al potere
assoluto che era stato di suo padre.
Il terzo monumento era una colonna commemorativa munita di rostri (columna rostrata), unaltra delle
solenni onorificenze con cui il Senato volle celebrare la
sua vittoria su Sesto Pompeo:
Tra gli onori che gli furono decretati egli accett una ovatio [ingresso solenne nella citt, il cosiddetto piccolo
trionfo], una festa annuale nei giorni delle sue vittorie e
una statua dorata nel foro, che doveva raffigurarlo nello
stesso abito col quale era entrato in citt. La statua doveva essere posta su una colonna decorata coi rostri delle navi
catturate. Limmagine fu collocata con uniscrizione in cui
si leggeva come egli avesse riportato in mare e in terra la
pace, per lungo tempo sconvolta dalle discordie (App.,
Bell. civ. 5,130).

Dione riferisce anche di altre onorificenze, tra cui il


diritto di portare sempre la corona di alloro. E in effetti il ritratto di Ottaviano sul recto di questa moneta
munito della corona di alloro, a differenza di tutti gli
altri ritratti della serie. Anche in questo caso il luogo di
esposizione e il suo riferimento allattualit politica conferivano alla statua un significato e una forza particolari. La forma del monumento riproduceva la colonna
commemorativa di Duilio, che ricorda la sua vittoria
navale sui Cartaginesi del 260 a. C.: con estrema disinvoltura una vittoria riportata nella guerra civile veniva
messa sullo stesso piano di una vittoria contro un nemico esterno, al punto che le due statue si trovavano fianco a fianco sulla tribuna degli oratori. Daltra parte il
particolare prestigioso della mantellina svolazzante faceva allusione allingresso trionfale del vincitore in citt.
probabile, infatti, che anche Ottaviano, seguendo le-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

sempio del grande Pompeo e di Sesto, avesse rinunciato


in quelloccasione alla toga romana per portare come
Alessandro e i re ellenistici una clamide greca.
Per avere unidea di come apparisse la testa di Ottaviano in queste statue possiamo riferirci alle copie di
quello che fu il suo primo ritratto ufficiale, risalente, a
quanto risulta dalle effigi di alcune monete, agli anni
intorno al 40 a. C. Il prototipo fu realizzato
probabilmente per lerezione di qualche importante statua commemorativa, forse proprio la statua dei rostra.
Gi allepoca della tarda repubblica era consuetudine
riprodurre per mezzo di calchi i ritratti originali dei
grandi, e utilizzarne le copie, magari ingrandite o
ridotte, su altre statue commemorative, oppure monete, gemme e via dicendo. Il ritratto di Ottaviano ci presenta un giovane dal volto ossuto, gli occhi piccoli e lespressione inquieta. A differenza dei futuri ritratti di
Augusto, esso sembra riprodurre fedelmente le fattezze
del personaggio, del giovane ambizioso e avido di potere; ma, come in altri ritratti romani dellepoca, lesito
artistico contraddittorio, giacch il pathos eroico del
portamento mal si accorda con la minuziosa caratterizzazione del volto e con la pacatezza dello stile.
I modelli di queste tre statue, collocate nel cuore di
Roma e rese popolari dalle effigi delle monete, erano
immagini di sovrani ellenistici in netto contrasto con le
tradizioni della repubblica. Lo stesso uomo che nel 36
a. C. aveva promesso ad alta voce in Senato la restitutio
della forma repubblicana, si faceva ora celebrare nelle
sue statue come i sovrani ellenistici dellOriente. Si trattava di immagini polemiche e demagogiche, miranti a
celebrare i trionfi del Divi filius e ad annunciare la sua
candidatura al Principato. Il linguaggio delle immagini
era pi chiaro ed aperto di quanto veniva detto in Senato, e poteva anche piacere alla massa, anche se il messaggio appariva pi che problematico. Perch il giovane

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Cesare non era un sovrano ellenistico: era dal 42 a. C.


triumviro per la restitutio della res publica, e doveva
muoversi su una scena politica condizionata da leggi e
tradizioni affatto diverse. Quelle immagini potevano
suggellare la sua vittoria schiacciante, ma non era un linguaggio con cui si potesse formulare a Roma un programma politico: le immagini parlavano infatti del capo
e delle sue ambizioni di potere, ma non dello Stato e del
suo futuro. Restava quello, ad ogni modo, il linguaggio
dei protagonisti, e ad esso non cerano alternative.
Identificazioni mitologiche.
Era da tempo usanza della nobilt romana far risalire la propria stirpe a eroi o divinit della Grecia. Si imitavano in questo modo le grandi case reali ellenistiche e
soprattutto, richiamandosi agli antenati troiani, si rivendicava la propria appartenenza originaria al mondo
greco. Invocare la protezione di questo o quel dio, fregiarsi della sua vicinanza o identificarsi con questa o
quella figura mitica era un gioco di societ che sulla
scena esibizionistica della tarda repubblica doveva svolgere un ruolo sempre pi importante. Se le allusioni di
Pompeo a Eracle e Dioniso erano metafore ben familiari con cui illustrare i trionfi guerreschi in Oriente, Cesare non ebbe alcuna esitazione a dichiarare apertamente
la propria natura umano-divina. E non solo fece costruire alla sua antenata Venere Genitrice il grande tempio nel nuovo Foro, ma nel vestibolo del tempio dava
udienza ai senatori stando seduto (Suet., Iul. 78). Lesempio del Neptunius dux (Hor., Epod. 9,7) Sesto Pompeo mostra con quanta naturalezza, dopo la morte di
Cesare, anche figure di secondo piano reclamassero per
s unorigine eletta e una parentela divina. Nelle successive lotte per il potere il gioco delle identificazioni

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mitologiche forn ai vari contendenti un ulteriore terreno di scontro.


Ma il mito non era solo uno strumento di propaganda politica. Proprio nello scontro fra Marco Antonio e
Ottaviano si pu vedere come le immagini e le figure del
mito potessero influenzare col tempo anche lideologia
privata dei diversi protagonisti e condizionarne il modo
di agire. Furono soprattutto le grandi figure di Dioniso-Bacco e di Apollo a fornire in determinate situazioni
dei veri e propri modelli di identificazione, grazie ai quali
Antonio e Ottaviano poterono ritagliare il quadro di riferimento entro cui soddisfare le aspettative generali.
La miseria del presente con la sua anarchia politica
e limpossibilit di dare al futuro contorni precisi forn
un terreno ideale per indovini e astrologi, per lattesa
utopica di un salvatore e di una nuova et felice. Il
clima spirituale da cui nacque la famosa quarta Egloga
di Virgilio testimonia unattesa quasi nevrotica condivisa anche dai ceti pi colti. In una situazione di questo genere gli appelli e le parole dordine filorepubblicane di un Cicerone non avevano ormai pi alcun effetto. Chi voleva il potere doveva venire incontro a queste aspettative di salvezza e presentarsi nei panni del
salvatore, e lunico linguaggio visivo disponibile a
tale scopo era quello del mito greco. Un linguaggio ancora di grande efficacia, anche se in molti casi, entrando
in conflitto con le tradizioni dello Stato, si dimostr
unarma a doppio taglio. La fatale identificazione di
Marco Antonio con la figura di Dioniso ne lesempio
migliore.
La gens Antonia faceva risalire le proprie origini a un
misterioso figlio di Eracle, di nome Antonio. Marco
Antonio ne fece addirittura riprodurre limmagine sulle
sue monete, contrapponendolo con idea non proprio
felice alla grande figura di Enea, figlio di Venere. Il
paragone con Eracle lo lusingava:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

La barba armoniosa, lampia fronte e il naso aquilino gli


conferivano quellaspetto virile che si riconosce nei dipinti
e nelle statue di Eracle, e lo facevano sembrare simile a lui
(Plut., Ant. 4).

Lidentificazione con Eracle aveva successo soprattutto nei suoi rapporti spavaldi e affabili con la truppa.
Il richiamo a Eracle aveva del resto precisi riscontri
figurativi: i sostenitori dei triumviri non esitavano a
portare sul proprio anello limmagine del loro idolo e a
servirsene come sigillo. Un gesto di omaggio che si usava
daltronde non solo in ambito politico, ma anche verso
filosofi e poeti.
Quando per Antonio giunse in Asia dopo la suddivisione dellimpero fra i triumviri (42 a. C.), gli si
offr, sulla scia di Alessandro, un modello di identificazione di gran lunga pi efficace e pi globale: la figura di Dioniso. Un ruolo, questo, a cui sembravano
predestinarlo il suo carattere appassionato, la sua generosit e ingenuit, lamore per il vino e le feste orgiastiche, le donne facili e le storie damore spettacolari.
Il nuovo Dioniso fece ricordare ai Greci i giorni del re
Mitridate:
Quando Antonio entr in Efeso, donne vestite da baccanti, uomini e fanciulli vestiti da Satiri e da Pan lo guidarono attraverso la citt, ove non si vedeva altro che
edera e tirsi ed arpe e zampogne e flauti, mentre il popolo inneggiava a lui come Dioniso Benefico e Soave (Plut.,
Ant. 24).

E quando questo generale romano, nelle vesti di Dioniso-Osiride, incontr a Tarso la regina dEgitto in quelle di Afrodite-Iside, furono in molti a pensare che il
volto di Roma fosse mutato, come se si fosse allinizio
di una nuova et pi felice:

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Cleopatra giunse su una nave dalla poppa doro, con le vele


di porpora spiegate al vento. I remi argentei la spingevano muovendosi ritmicamente al suono dei flauti, delle
siringhe e delle cetre. La regina era distesa sotto un baldacchino trapunto doro: era vestita e acconciata come le
Afroditi che si vedono nei quadri, e una frotta di fanciulli
travestiti da Amori le facevano aria ai due lati con ventagli. Le schiave pi belle erano accanto ai timoni e alle
gomene in veste di Nereidi e di Cariti. E sulle rive si spandevano meravigliosi aromi dincenso (Plut., Ant. 26).

Non certo un caso che questi confronti con Eracle


o Dioniso comportino sempre un riferimento figurativo:
se i travestimenti davano vita alle forme del mito e dellarte, le immagini onnipresenti degli di ne erano insieme la cornice e il riflesso. difficile per noi oggi
comprendere quale potere emanassero quei costumi e
quelle immagini: un potere di suggestione che agiva non
solo sugli spettatori, ma sugli attori stessi. Dioniso e
Afrodite non volevano dire semplicemente vino e
amore, ma erano immagini di una pienezza vitale
senza lacune. In una sontuosa atmosfera conviviale si
compiva un rito: la liberazione dalla quotidianit. Una
vita fatta di lusso e di piaceri inebrianti come quella di
cui Antonio faceva sfoggio ad Atene e ad Alessandria
rappresentava non solo nellOriente ellenistico un messaggio di riscatto e di liberazione, una via duscita dalla
miseria e la promessa di un futuro felice. Gli abitanti di
Alessandria capivano bene il significato di quelle statue
in cui Antonio-Dioniso veniva raffigurato come un giovane dal fisico superbo, gli occhi languidi e la bocca
dischiusa, le lunghe vesti trasparenti e il cantaro in
mano.
Quando Antonio, dopo la vittoria sugli Armeni, fece
il suo ingresso in Alessandria nelle vesti di Dioniso trionfante, per gli abitanti della citt fu una vera e propria

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

festa: il Romano aveva dimostrato di essere davvero il


nuovo Dioniso. E se in precedenza Antonio poteva
aver recitato quella parte per puro calcolo, ad Alessandria, nel palazzo di Cleopatra, vi si era ormai calato con
piena convinzione, e i suoi ultimi anni di vita ne furono condizionati per intero. Celebr la fine della guerra
con grandiosi festeggiamenti, and incontro a Ottaviano come Dioniso col suo tiaso e anche allapprossimarsi della fine rest fedele al suo stile di vita:
Sembrava quasi che fosse lieto di avere accantonato ogni
speranza. [...] Antonio e Cleopatra sciolsero il loro famoso tiaso quello degli Artisti della vita inimitabile per
fondarne un altro, non inferiore a quello per raffinatezza,
splendore e lusso, a cui diedero il nome di Amici fino alla
morte (Plut., Ant. 71).

Nella notte prima della presa di Alessandria, gli abitanti della citt credettero di sentire i clamori di un tiaso
attraversare la citt verso laccampamento di Ottaviano:
Molti pensarono allora che il dio avesse abbandonato
Antonio: il dio a cui era pi simile e che aveva preso a
modello in tutte le sue azioni (Plut., Ant. 75).

Tale era ormai il potere delle immagini su di lui, che


anche Antonio avr provato la stessa sensazione.
Quanto a Ottaviano, il suo ruolo in Italia era affatto diverso. Nella sua qualit di Divi filius egli aveva ereditato insieme alla clientela di Cesare anche il suo carisma. Ma per quanto forte potesse essere questo carisma
tra i veterani e la plebe, almeno nei primi anni, sulla
figura di Cesare pesava lombra della tirannide, e soprattutto il ricordo della guerra civile, che non aveva nulla
da offrire alle comuni attese di redenzione. Queste ultime invece furono catalizzate dalla giovane et di Otta-

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viano, che si trov cos avvolto fin dallinizio da un aura


di predestinazione e di leggenda.
La leggenda di Ottaviano risponde a uno stereotipo diffuso. Gi da bambino aveva poteri sovrumani,
e perfino le rane gli obbedivano. Pi tardi, traendo i suoi
primi auspici come generale, aveva trovato il fegato
degli animali sacrificati rivolto verso linterno, e allassunzione del suo primo consolato gli erano apparse,
come gi a Romolo, dodici oche. Molti sogni e segni premonitori mettevano il fanciullo in relazione con il sole
e le stelle, conformemente alla comune attesa di una
nuova et del mondo e di un signore inviato dal cielo.
Il neonato era uscito dalla culla e lo avevano poi trovato su unalta torre, rivolto verso il sole. Non soltanto il
padre e la madre avevano sognato del resto un figlio
solare e stellare, ma si diceva che anche un personaggio illustre come lex console Cicerone avesse visto
in sogno un bambino che scendeva dal cielo lungo una
catena dorata e riceveva una sferza dal Giove Capitolino. Poich una parte di queste storie circolava fin
dai primi anni non c da stupirsi che gi allingresso di
Ottaviano in Roma la folla abbia creduto di vedere
intorno al sole un cerchio luminoso.
Immagini e poi ancora immagini! Tutto questo non
poteva non lasciare tracce nellanimo del fanciullo prodigio. Ancora vivo Cesare, quando lo sconosciuto Gaio
Ottavio studiava ad Apollonia, lastrologo Teagene
cadde in ginocchio ai suoi piedi: aveva visto la singolare costellazione sotto cui era avvenuta la sua nascita e
salutava in lui il futuro padrone del mondo.
Da quel momento ebbe una tale fiducia nel suo destino che
fece pubblicare il suo oroscopo e, pi tardi, coniare una
moneta dargento col segno zodiacale del Capricorno, nel
quale era nato (Suet., Aug. 94).

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il capricorno si trova infatti raffigurato abbastanza


presto su monete e paste vitree che i seguaci di Ottaviano portavano come semplici anelli. Pi tardi la costellazione verr riprodotta in occasione di vittorie e trattati di pace, per ricordare che Augusto era stato destinato dalle stelle alla salvezza dello Stato. A partire dal
30 a. C. la sua data di nascita venne festeggiata ufficialmente come giorno di prosperit. Tutti questi segni
miracolosi richiedevano un quadro comune di riferimento, una cornice mitologica unitaria in cui inserirli. Le fonti letterarie e i monumenti, bench solo parzialmente conservati, ci permettono di ricostruire il processo che port poco per volta Ottaviano a interpretare
il ruolo del favorito di Apollo: un processo stimolato dal
confronto con lavversario e dalla sua identificazione con
la figura di Dioniso e che gli forn la cornice mitologica
necessaria per assumere in pieno il suo ruolo futuro.
Un momento decisivo sembra essere stato la battaglia di Filippi (42 a. C.), in cui cesariani e anticesariani
avevano usato come grido di guerra la stessa parola dordine: Apollo. Fin dallepoca di Silia, Apollo e i suoi
simboli (il tripode, la Sibilla, la cetra, la sfinge) erano
comparsi sulle monete come augurio di un futuro migliore. Associato alla testa di Libertas e ai pugnali dei sicari il tripode aveva assunto con Bruto e Cassio il valore
di un messaggio preciso: la liberazione dal tiranno e il
ristabilimento della repubblica come premessa di tempi
migliori. Ma chi aveva ancora fiducia in un ripristino del
regime senatorio? La battaglia di Filippi aveva mostrato che Apollo stava dalla parte degli eredi di Cesare.
Daltra parte era stato un membro della gens Iulia a far
costruire in Roma il primo Tempio di Apollo e proprio
Cesare aveva dato nuovo splendore ai suoi giochi (i ludi
Apollinares). Quando Antonio poco pi tardi si present
in Oriente come il nuovo Dioniso, fu dunque cosa ovvia
per Ottaviano puntare tutto su Apollo. E appunto tra-

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vestito da Apollo Ottaviano sarebbe apparso nel banchetto dei dodici di, di cui si sent parlare poco pi
tardi (Suet., Aug. 70): un banchetto che provoc lo
scherno e lirritazione della plebe, costretta alla fame
dallembargo dei cereali ordinato da Sesto Pompeo.
Come mostrano le notizie provenienti da Alessandria
queste feste somiglianti a mascherate barocche non
erano per affatto rare: durante un festino in costume
con Antonio e Cleopatra, si era visto nientemeno che il
console del 42, Munazio Planco, comparire travestito da
Glauco (divinit marina), col corpo nudo dipinto di blu
e una coda da pesce, e improvvisare un ballo a quattro
zampe. Anche in occasioni private le mascherate dionisiache erano frequenti. Come risulta dal noto fregio
della villa dei Misteri a Pompei il travestimento stimolava la fantasia degli ospiti.
Nello stesso periodo lerede di Cesare incominci a
usare come sigillo limmagine della sfinge, il simbolo del
regnum Apollinis profetizzato dalla Sibilla (Plin., Nat.
hist. 37,1,10; Suet., Aug. 50). Lanimale delloracolo
entr cos a far parte del linguaggio visivo augusteo, come anche la corona dalloro che Ottaviano portava ora
sempre pi spesso in occasione delle feste. Si diffusero
proprio allora storie miracolose che si riferivano allidentit apollinea di Ottaviano. Si diceva, ad esempio,
che fosse stata una palma miracolosa a far decidere ladozione del ragazzo da parte di Cesare. Quanto a Livia,
poco dopo le sue nozze con Ottaviano si narrava che
unaquila le avesse lasciato cadere in grembo una gallina con un ramo dalloro nel becco: nella villa di Livia il
ramoscello sarebbe poi diventato quel grande albero da
cui i futuri Cesari erano soliti staccare lalloro della vittoria. Gi negli anni trenta si era poi diffusa la voce che
Azia, la madre di Ottaviano, avesse concepito il figlio
non dal padre (presunto) ma da Apollo in forma di serpente, e una storia simile era gi circolata a proposito di

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Roma. Palatino. Tempio di Apollo e Casa di Augusto. Una rampa (R)


collega labitazione, posta pi in basso, e il peristolio, direttamente col
piazzale del tempio.

Olimpia, la madre di Alessandro. La storia del serpente era molto conosciuta, e un piccolo cammeo di vetro
dimostra che essa fu sfruttata dai sostenitori di Ottaviano in chiave propagandistica.
Considerata questa affinit apollinea, non fa meraviglia che Ottaviano abbia attribuito la sua vittoria definitiva su Sesto Pompeo proprio allaiuto di Apollo e di
sua sorella Diana. Un santuario di Diana sorgeva, fortunatamente, anche nelle vicinanze di Nauloco, dove si
era svolto lo scontro navale decisivo, mentre la costruzione del tempio di Apollo sul Palatino sarebbe ladempimento di un voto fatto da Ottaviano durante la battaglia (36 a. C.).
affascinante vedere con quanta coerenza Ottaviano abbia tenuto fede nei successivi ventanni al suo programma apollineo, o anche, in altri termini, come

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abbia sviluppato nel segno di Apollo la sua missione e il


suo programma di salvezza. Il tempio di Apollo fu
costruito proprio accanto alla sua residenza, e fu lintervento personale di Apollo a risolvere la battaglia decisiva di Azio. Nella bellezza atemporale del nuovo ritratto di Ottaviano, di poco posteriore, i contemporanei
potevano scorgere tratti apollinei, e anche la guerra contro i Parti e la riforma dei costumi del 18 a. C. avvennero nel segno di Apollo. E quando i tempi furono
maturi per la solenne inaugurazione del saeculum
aureum, ancora una volta Augusto invoc la speciale
protezione di Apollo e di Diana e depose i Libri Sibillini redatti da lui stesso in una custodia doro ai piedi
delle rispettive statue di culto: a garantire che la nuova
era sarebbe durata in eterno.
Lesempio pi spettacolare dellaffinit apollinea
di Ottaviano sta nel fatto che la sua residenza privata
comunicava direttamente col tempio di Apollo sul Palatino. Come hanno mostrato gli scavi recenti, la casa
comunicava mediante una rampa col piazzale del tempio:non si poteva trovare un modo pi efficace per sottolineare lo stretto rapporto tra il favorito di Apollo e
il suo dio. La casa in s era relativamente modesta, ma
per effetto della rampa lintera area del tempio entrava
a far parte della residenza imperiale. Anche in questo
caso Ottaviano aveva imparato dai sovrani ellenistici: a
Pergamo e ad Alessandria il santuario costituiva lala
di rappresentanza del palazzo reale. Lidea di abitare presso il dio nacque subito dopo la battaglia di
Nauloco: un fulmine si era abbattuto proprio di fianco
alla casa di Ottaviano, mostrando cos che il dio desiderava il suo tempio in quel punto. Era una posizione
suggestiva, in alto sopra il Circo Massimo, in un luogo
che ricordava Romolo e i primi tempi di Roma.
Il richiamo mitologico ad Apollo doveva risultare
straordinariamente adatto alla causa di Ottaviano e allo

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sviluppo del suo programma politico. Ad Apollo sinonimo di morale e disciplina si potevano riferire tutti i
punti programmatici che sarebbero affiorati nel corso
della sfida con Antonio e pi tardi nella messa a punto
del nuovo regime. Gi allepoca degli accordi di Brindisi
(che nellanno 40 a. C. avevano suddiviso limpero in
due zone, lOriente e lOccidente, assegnandole ai due
triumviri, e relegando Lepido in Africa), quando Ottaviano e Antonio si invitavano a pranzo il primo adottava uno stile soldatesco e romano, mentre lo stile di
Antonio era piuttosto asiatico-egizio (Dio. Cass.,
48,30). Apollo era il Purificatore, contrario a ogni forma
di eccesso, e in quanto tale poteva ben rappresentare la
parte dellItalia che nello scontro decisivo si contrapponeva allOriente e alla sua luxuria, allEgitto con le sue
divinit dalla testa animale e il suo libertinaggio. Ma
dopo la vittoria, Apollo si trasform, diventando il cantore con la cetra, il dio della pace e della conciliazione.
E come dio profetico della Sibilla e della Sfinge poteva
finalmente inaugurare la nuova et tanto attesa.
Le serie numismatiche di Ottaviano.
Apollo offriva del resto un campo dazione molto pi
vario di Dioniso, che nel clima culturale di Alessandria
aveva vincolato Antonio a un ruolo estremamente definito. Accanto ad Apollo e a Diana trovavano posto
infatti anche altre divinit. Non solo Nettuno, che era
passato da Sesto Pompeo a Ottaviano, ma anche la progenitrice Venere e con lei Marte vendicatore, Mercurio
e lo stesso Giove si misero al seguito del dux Italiae,
quando si tratt di fare una scelta decisiva. Cos almeno annunciavano i molti e splendidi denari dargento che
Ottaviano fece coniare in parte gi prima della battaglia
di Azio e con cui pagava le sue truppe.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Queste monete, su cui si trovano raffigurate anche


le tre statue di cui si parlato in precedenza, furono
emesse come oggi le serie di francobolli in serie di
due e di tre, dove le immagini delle varie divinit si trovavano associate a raffigurazioni di Ottaviano. Tra le
prime serie coniate ne troviamo due di tre monete ciascuna.
Mentre una di esse mostra sul recto la testa della
divinit e sul verso unimmagine di Ottaviano a figura
intera, sullaltra abbiamo rispettivamente il ritratto di
Ottaviano sul recto e, sul verso, le stesse divinit della
prima serie, ma questa volta a figura intera. Se allineiamo le monete con le tre dee e poi i loro pendants, possiamo leggerle come una serie programmatica continua.
Sulla prima moneta Ottaviano si rivolge al suo esercito
e al suo seguito nel gesto della adlocutio prima della battaglia di Azio: ma lobiettivo della battaglia la Pace,
che porta la cornucopia e lalloro. Sulla seconda Ottaviano guida il suo esercito alla battaglia con gesto pieno
di pathos: qui sotto la protezione di Venere Genitrice,
che su una delle monete porta una ricca collana, mentre
sullaltra guarda pensosa le armi di Marte, e sullo scudo
brilla significativamente il sidus Iulium. La terza moneta festeggia il vincitore: ed appunto la Vittoria a corrergli incontro sul globo, mentre Ottaviano raffigurato
a sua volta nella posa di Nettuno, la stessa posa della statua celebrativa che abbiamo esaminato. Nella situazione precedente alla battaglia di Azio si trattava di un programma inaugurale, che corrispondeva del resto punto
per punto ai topoi utilizzati dal discorso di Ottaviano
prima della battaglia, cos come lo conosciamo dalla
redazione pi tarda di Dione Cassio (50,24 sgg.): il
ricordo delle vecchie imprese, la protezione degli di, la
benedizione della pace come frutto della vittoria.
Anche altre monete della stessa emissione di denari
dargento si possono ordinare in serie analoghe. Cos ad

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

esempio i due monumenti onorari per la vittoria su Sesto


Pompeo (il trofeo e larco) si trovano associati alla Curia
fatta ricostruire da Ottaviano per tener fede alla promessa di restaurare il vecchio Stato. La moneta con la
columna rostrata faceva il paio con una dedicata al dio
Mercurio, garante di pace e prosperit.
Mai in precedenza erano state coniate a Roma monete cosi belle. In questo caso lestetica fu messa al servizio della politica. In contrasto con le monete tardo
repubblicane, perlopi sovraccariche e poco leggibili, la
chiarezza e la semplicit delle nuove monete doveva
richiamare lattenzione, tanto pi che la scritta poteva
limitarsi qui al solo nome di Cesare. Erano immagini che
parlavano da sole, e che il fondo neutro rendeva anche
pi suggestive. La struttura composita delle serie poteva inoltre stimolare un certo collezionismo, e anche questo contribu a richiamare lattenzione sui contenuti.
Dal punto di vista dellidentificazione mitologica,
questa serie presenta una coppia di monete di particolare interesse. Su una di esse raffigurata lerma di un
dio, sullaltra la rispettiva testa (in entrambi i casi col
fascio di fulmini). Ma la divinit e anche qui si tratta
senza dubbio di un monumento urbano ha la fisionomia inconfondibile di Ottaviano. Il nuovo principe arriva dunque al punto di far coincidere la propria immagine con quella del dio, come avevano fatto i sovrani ellenistici e lo stesso Antonio in Oriente, e sia pure con divinit diverse.
Gi Sesto Pompeo aveva fatto coniare monete dove
leffigie del dio Giano aveva i tratti del padre Gneo
Pompeo, come augurio di pace; e potrebbe essere questo il precedente delle due singolari monete di Ottaviano, la cui interpretazione risulta non facile. Lerma
potrebbe riferirsi a Iupiter Feretrius, il cui tempio in rovina sul Campidoglio era stato ricostruito da Ottaviano su
consiglio di Tito Pomponio Attico subito prima della

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

battaglia di Azio (Nep., Att. 20,3): il tempio sarebbe


stato costruito in origine da Romolo, che vi avrebbe consacrato le armi di un nemico da lui stesso ucciso (spolia
opima). Alla vigilia della battaglia il gesto assumeva un
forte significato simbolico. E lerma fatta effigiare sulla
nostra moneta pi o meno nello stesso periodo potrebbe essere la nuova immagine destinata al culto di Giove
Feretrio in sostituzione di quella originaria. Il fascio di
fulmini al di sotto dellerma in ogni caso un attributo
di Giove, anche se non manca un preciso riferimento
alla vittoria di Ottaviano, raffigurato sul verso della
seconda moneta in toga e sulla sella curulis, con la figura della Vittoria nella mano: magistrato e sovrano al
tempo stesso.
Ci troviamo qui di fronte a una concezione programmatica ricorrente: la parentela divina di Ottaviano associata a una promessa di vittoria e di ritorno
allordine. I famosi denari dargento sembrano dunque
rispecchiare, almeno quelli qui esaminati, la situazione
precedente la battaglia decisiva. Quelle monete ebbero
senza dubbio un gran numero di osservatori attenti. A
differenza dalla nostra epoca, sommersa di stimoli visivi, la comparsa di nuove immagini era allora un avvenimento. E in questo caso si trattava di unintera serie di
immagini, belle a vedersi e coniate in metallo prezioso.
Le monete ebbero una circolazione particolarmente massiccia e diffusa, come dimostrano gli scavi, soprattutto
nella parte occidentale dellimpero.
Le immagini problematiche di Antonio.
Non curandosi delleffetto che le sue monete e le sue
insegne potevano avere a Roma e in Italia, Marco Antonio facilit il compito agli avversari. Nella campagna di
diffamazione che impegnava i due rivali a colpi di lette-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

re, pamphlets e pubblici discorsi, Antonio fece ricorso ai


soliti topoi della vecchia maniera aristocratica, accusando Ottaviano di vigliaccheria e di slealt e rinfacciandogli loscurit delle sue origini, mentre i seguaci di
Ottaviano sfruttarono senza piet il tema della sua identificazione mitologica col dio Dioniso. Le parole dordine che avevano gi guidato la reazione ai misteri dionisiaci offrivano un comodo arsenale per denunciare le fantasie dionisiache di Antonio come espressione di luxuria
e di esotica immoralit: il genere di vita che Antonio
conduceva in Oriente con Cleopatra e la sua corte era
un esempio di quella corruzione e di quella effeminatezza
che stavano portando Roma verso labisso. Gli anziani
ricordavano come il re Mitridate avesse minacciato la
potenza di Roma presentandosi come un nuovo Dioniso alla testa dellOriente, mentre Ottaviano, il favorito
di Apollo, appariva come uomo dordine e tutore della
moralit. Gi in passato, del resto, Apollo si era schierato a fianco dei Romani nei momenti critici.
Dopo la rottura definitiva, gli attacchi contro Antonio si fecero brutali: lo accusavano di essere ormai un
degenerato, un effeminato e un senza dio, sempre ubriaco e succube di Cleopatra. Come spiegare altrimenti il
fatto che un generale romano donasse i territori conquistati ai figli della regina dEgitto, e disponesse nel suo
testamento di essere sepolto in Alessandria al fianco di
Cleopatra? Antonio non era pi un Romano, e una guerra contro di lui non poteva essere una guerra civile.
La sede del comando militare divent il suo palazzo
reale. Antonio talvolta portava alla cintola un pugnale di
tipo orientale, e si abbigliava in un modo incompatibile con
i costumi della sua patria. Anche in pubblico si mostrava
sdraiato su un divano [come Dioniso] o su un trono dorato [come un re]. Nei dipinti e nelle statue si faceva raffigurare insieme a Cleopatra come Osiride o Dioniso, men-

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tre la regina era Selene o Iside. Fu soprattutto questo a


suscitare limpressione che Antonio fosse stregato da lei
(Dio. Cass., 50,5).

Questa campagna di diffamazione volta a mobilitare lItalia in vista della guerra ebbe naturalmente il suo
punto forte nei pubblici discorsi, ma non mancano testimonianze figurative da cui risulta, anche in questo caso,
un intreccio indissolubile di parola e immagine: ed proprio dal ricorso a determinate immagini che lattacco
verbale traeva la propria efficacia.
Le statue che raffiguravano Antonio nelle vesti di
Dioniso si potevano vedere solo in Oriente, ma il partito di Ottaviano fece tutto il possibile per evocare il
fatto scandaloso, n la cosa presentava difficolt. Dappertutto si potevano vedere statue di Dioniso su cui
richiamare lattenzione, e i loro tratti femminei potevano suggerire facilmente limmagine di Antonio. Rivolgendosi a un pubblico colto, Marco Valerio Messala
Corvino fece ricorso probabilmente a unargomentazione pi articolata: le sue due orazioni polemiche (perdute), de Antonii statuis e contra Antonii litteras nacquero
in ogni caso in questo clima, ed probabile che attaccassero le statue di Dioniso e il sontuoso stile asiano
dei discorsi di Antonio come manifestazioni della stessa immoralit.
Un bellesempio di questa diffamazione su basi mitologiche il paragone gi usato con Pericle di Antonio
con Eracle, innamorato di Onfale e dedito al suo servizio:
Come nei dipinti si vede Onfale portar via ad Eracle la sua
dava e spogliarlo della pelle di leone, cos Cleopatra spesso disarmava Antonio e lo riduceva a un suo trastullo. Egli
si lasciava distrarre da affari importanti e dagli impegni di
guerra solo per oziare e divertirsi con lei sulle spiagge di
Canopo e Tafosiride (Plut., Ant. et Dem. 3,3).

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Una scena simile era raffigurata su una coppa dargento di prima epoca augustea, estremamente raffinata,
il cui modello fu messo a disposizione di un laboratorio
di ceramica aretino. La coppa dargento andata perduta, ma si sono conservati in compenso diversi stampi
dargilla e frammenti di coppe con lo stesso disegno.
Doveva trattarsi di un oggetto piuttosto diffuso.
Eracle-Antonio seduto, in morbide e trasparenti
vesti femminili, su un cocchio trainato da centauri. Si
volge con sguardo languido verso Onfale, che lo segue
su un secondo cocchio, mentre due ancelle lo assistono
con un ventaglio e un parasole: leroe ormai effeminato
e la sua pelle si fatta delicata (cfr. Hor., Epod. 9,15
sg.). Ben altra fierezza invece nellatteggiamento di
Onfale-Cleopatra, che porta la pelle di leone come copricapo e tiene in mano la clava delleroe, mentre unancella le porge una coppa di grandezza superiore al naturale: evidente allusione a Cleopatra, che i seguaci di
Ottaviano dipingevano come dedita al bere (Hor., Carm.
1,37 e Prop., 3,11,56). Sulla maggior parte delle raffigurazioni gli uomini intenti a marciare dietro il cocchio
portano una lancia, allusione, anche questa, ai dorifori della guardia di Cleopatra (e secondo gli attacchi di
Ottaviano si trattava di soldati romani costretti a questo ruolo umiliante). Sullesemplare che abbiamo riprodotto le guardie portano invece in spalla degli oggetti a
sagoma larga, forse degli enormi corni potorii destinati
a placare la sete insaziabile della ebria regina.
Contro laccusa di ubriachezza Antonio si difendeva in unorazione, purtroppo andata perduta (ma conservatasi fino ai primi anni dellimpero), dalleloquente
titolo de ebrietate sua. Oltre a respingere le accuse ingiustificate probabile che Antonio vi facesse anche lelogio del suo dio, il Liberatore e il nemico degli affanni.
Lo scritto era rivolto a un pubblico non solo in grado di
leggere, ma intriso di cultura ellenistica, aperto alle

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usanze conviviali e al clima dei festini dionisiaci: non


era, a Roma, un pubblico poco numeroso n poco
agguerrito, se vero che un simposiasta poteva farsi
immortalare col cantaro in mano.
Nonostante la campagna diffamatoria, Marco Antonio continuava dunque ad avere i suoi sostenitori. Cerano a Roma persone che
lodavano la sua vita lussuriosa e gaudente (tryphai), i suoi
eccessi e la sua autoesaltazione come un esempio di serena umanit e come un magnifico spettacolo di felicit e di
potere (Plut., Mor. 56 E).

I suoi ammiratori erano soprattutto nei circoli della


jeunesse dore, attratta da quello stile di vita orientale e
dedita, in privato, ai piaceri dellarte e della cultura.
Unidea di quel mondo possono darcela i poetae novi e
le elegie di un Tibullo o di un Properzio. In due saggi
affascinanti, Jasper Griffin ha mostrato lo stretto rapporto tra poesia e vita che contraddistingueva questi circoli intellettuali e come, in particolare, Properzio abbia
visto nella figura di Antonio il modello eroico di una vita consacrata alleros. Nellimmaginazione del poeta il
grande generale finisce per incarnare un ideale di vita
edonistico, esplicitamente contrapposto ai valori della
virtus romana. Quando gi Ottaviano aveva ormai consolidato il suo imperium, Properzio canta ancora in questo modo i piaceri di una notte damore:
In una sola notte ciascuno di noi pu diventare un dio. Se
tutti desiderassero condurre una vita come questa e mettersi
a giacere con le membra appesantite dal vino, non ci sarebbero pi spade crudeli, n navi da guerra, n il mare di Azio
sballotterebbe gli scheletri dei nostri uomini, n Roma stremata dovrebbe pi sciogliere nel lutto i suoi capelli per i
trionfi ottenuti contro se stessa (Prop., II 15,40-47).

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Tutto questo era molto audace. Non si trattava soltanto di una critica alla guerra civile, ma di un vero e
proprio ideale di vita alternativo. Che questo fosse
anche lideale di Marco Antonio e dei suoi seguaci, al
punto da pubblicizzarlo sulle monete, risulta per esempio da una singolare emissione navale: sul recto vediamo, luno di fronte all altro, i ritratti di Antonio e di
Ottavia, la sorella di Ottaviano che Antonio aveva sposato in prime nozze, come fosse una coppia regnante
egizia. Sul verso ritroviamo i due nelle vesti di Posidone e Anfitrite a spasso per il mare come una coppia di
amanti felici. Il triumviro abbraccia beatamente la sposa
su un cocchio trainato da ippocampi: la scena, tratta
dalla poesia erotica, vale nello stesso tempo come simbolo del rinnovato patto politico e come un omaggio ai
piaceri della vita. Ma a differenza dei poeti, liberi di proclamare la propria indifferenza verso la politica, gli affari e la guerra, Antonio era un personaggio pubblico.
Che il loro idolo avesse il coraggio di riprodurre sulle
monete leffigie della moglie Ottavia e poi dellamante
Cleopatra, era motivo di entusiasmo per gli appassionati della poesia sentimentale. Ma con queste immagini, e
con dichiarazioni dello stesso tenore, Antonio si esponeva fatalmente agli attacchi della propaganda avversaria. E fu proprio limpossibilit di conciliare la mentalit ellenistica con i valori tradizionali di Roma a determinare in ultima analisi il suo scacco.
La simbologia mitica era per per i contemporanei
anche un canale attraverso cui esprimere la propria simpatia per luno o laltro dei due contendenti, ossia per
luno o laltro stile di vita. Il linguaggio figurativo
anche in oggetti di uso privato come le decorazioni
domestiche, le stoviglie o i sigilli risulta intriso di allusioni politico-letterarie molto pi di quanto finora si
supponesse. Cos ad esempio nelle pitture parietali del
cosiddetto secondo stile gli attributi simbolici di Apol-

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lo e di Diana rimandano agli sviluppi quasi simultanei


del programma politico di Ottaviano. A questo proposito rivestono un particolare interesse due rilievi di tipologia tardo ellenistico-imperiale e destinati a decorare le
pareti di una casa: se ne sono conservate molte repliche,
assegnabili per ragioni stilistiche ai primi decenni dopo
la morte di Cesare.
Molto simili nello sfondo architettonico e nei principi compositivi, i due rilievi differiscono invece completamente per il carattere delle figure. Sul primo vediamo Dioniso col suo corteo orgiastico e accompagnato dal
suono dei flauti mentre entra nella casa di un suo adoratore. Quasi senza volerlo, vien da pensare allingresso di Antonio in Efeso. Il dio ebbro si appoggia a un piccolo satiro, mentre un secondo si affretta a sfilargli i calzari. Accanto al padrone di casa, che saluta il dio con
gesto ospitale, vediamo una donna sdraiata sulla kline
che guarda con stupore limmagine miracolosa. Le
maschere ai piedi del letto rimandano al mondo del teatro. Alle spalle del dio, su un alto pilastro in forte evidenza, un bassorilievo votivo in suo onore. Su unaltra
replica si vede invece assai meno adatta a una scena
di privata felicit una Vittoria su un tiro di cavalli al
galoppo.
Sul secondo bassorilievo, la Vittoria ha un ruolo
molto pi importante. In un recinto sacro la triade apollinea incede solennemente verso un altare, dove la Vittoria versa del vino nella patera del dio. Sullo sfondo
vediamo un tempio che in altre repliche appare munito
di grandi acroteri in forma di Vittoria. Ai due lati del
corteo vediamo infine alti pilastri che sorreggono un tripode o una statua di Apollo in stile arcaicizzante.
Anche se liconografia dei due bassorilievi risale in
parte a unepoca anteriore, la crescente polarizzazione
etico-politica intorno alle figure di Apollo e Dioniso
costringeva a vederli con occhi nuovi. Il significato poli-

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tico delle figure era evidente, e poco importa che la


cosa fosse intenzionale o meno: un Romano dellepoca
che avesse assistito alla spettacolare ricostruzione del
tempio di Apollo non poteva guardare con occhi neutrali il tempio sullo sfondo o limmagine della Vittoria.
In contrasto col linguaggio formale ellenistico-barocco del corteo di Dioniso, i personaggi del rilievo apollineo sono raffigurati in uno stile ieratico-arcaicizzante:
questo infatti il linguaggio che il nuovo regime doveva
presto adottare in armonia con la sua politica di rinnovamento religioso. Il contrasto stilistico dei due bassorilievi sembra rispecchiare del resto lopposta mentalit dei
due schieramenti: anche in campo oratorio Antonio era
un seguace dello stile asiano, sontuoso e immaginifico
(Suet., Aug. 86,2), appunto orientale, che i classicisti
(o atticisti), e con loro lo stesso Ottaviano, consideravano non solo esteticamente sgradevole, ma anche moralmente corrotto. Come dir pi tardi Seneca, talis hominibus fuit ratio qualis vita (Ep. 114, 1).
Sui pregi e i difetti delle due scuole stilistiche il
mondo ellenistico aveva discusso a lungo, ma ora il problema assumeva un significato politico: il fatto estetico
diventava una questione di morale e di visione del
mondo. Non solo il contenuto delle immagini, ma anche
lo stile veniva politicizzato. E si vedr pi tardi in che
misura la scelta atticistica di Ottaviano abbia condizionato limmagine dellarte augustea.
In ogni caso, dopo la vittoria di Ottaviano larte
patetica dellellenismo non poteva avere un grande
futuro. I ritratti realistici dei grandi capi, le drammatiche scene di massa e il tumulto delle battaglie non hanno
spazio nellarte ufficiale augustea, perch quello era il
linguaggio della retorica asiana, simbolo dei vizi e
della corruttela orientale in cui Antonio era caduto.
Ci si pu domandare a questo punto come sarebbero andate le cose se la vittoria fosse toccata ad Antonio.

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Certo la monarchia si sarebbe ugualmente realizzata e


anche lo sviluppo di una cultura di massa, ma su molti
punti gli sviluppi sarebbero stati diversi, e soprattutto
sarebbe stata diversa la figura dellimperatore, pi vicina, c da presumere, ai modelli delle monarchie ellenistiche (a cui Nerone cercher di avvicinarsi pi tardi).
E questo avrebbe rafforzato il legame emotivo tra il
monarca e il popolo. Limpero avrebbe assunto le caratteristiche di un principato? Forse le spinte verso una
religione di salvezza sarebbero sfociate in un culto del
sovrano. significativo che tra le molte figure mitologiche presenti sullo sfondo dellimpero non si trovi
mai quella di Dioniso. La figura del dio si era bruciata con la sconfitta di Antonio.
In campo artistico facile immaginare che, se la guerra avesse avuto un esito diverso, il classicismo non si
sarebbe imposto con tanta forza, larte sarebbe rimasta
ellenistica e lintera cultura romana sarebbe diventata
molto pi asiana. Ma sono ovviamente discorsi oziosi.
Antagonismo edilizio e variet formale.
Dopo i poderosi edifici di rappresentanza fatti
costruire da Pompeo e da Cesare, il decennio del secondo triumvirato (42-32 a. C.) non vide nascere altri
monumenti di grandezza comparabile. E tuttavia lattivit degli architetti romani rimase frenetica: molti
lavori furono progettati o iniziati, anche se la maggior
parte di essi furono portati a termine solo dopo la battaglia decisiva. E fu cos che anche gli ex partigiani di
Antonio dovettero accogliere nei propri edifici il linguaggio figurativo del nuovo signore.
Ottaviano fu in quegli anni il protagonista dellattivit edilizia romana, anche se non mancarono altri committenti a cui si deve la costruzione di templi e di edi-

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fici pubblici. Il clima di concorrenza favor la comparsa


di progetti insoliti, con una crescente abbondanza di elementi decorativi e di forme ibride. Il santuario di Apollo e il colossale mausoleo nel Campo Marzio fatti
costruire da Ottaviano superarono tuttavia per dimensioni e sontuosit ogni altro edificio.
Mai prima di allora Roma aveva assistito a tanti
trionfi in cos breve tempo e per motivi di cos poca
importanza. I trionfatori non erano, in genere, politicamente indipendenti, e i loro edifici, finanziati col bottino di guerra, miravano anche a rafforzare la presenza
dei rispettivi partiti sulla scena politica della citt. Ma
a differenza di quanto sarebbe accaduto in seguito,
anche i partigiani di Ottaviano, che in virt della sua
presenza dominava la scena romana, conservarono una
certa libert nella scelta degli edifici da costruire. I progetti di quegli anni offrono perci uninteressante testimonianza sia dei nuovi indirizzi programmatici che
erano nellaria, sia delleclettismo stilistico che precede limporsi del classicismo augusteo.
Dopo che Cesare intraprese il restauro del tempio di
Quirino anche altri personaggi incominciarono a prendersi cura dei templi in rovina, raccogliendo cos lappello di Varrone. Munazio Planco, tornato in trionfo ex
Gallia, pose mano alla ricostruzione del venerabile tempio di Saturno nel Foro Romano. Gaio Sosio, un altro
sostenitore di Antonio, progett dopo il suo trionfo
sulla Giudea (34 a. C.) un nuovo tempio di Apollo in
circo. Un seguace di Ottaviano, Gaio Domizio Calvino,
che nellanno 36 era tornato trionfatore dalla Spagna,
fece ricostruire la Regia del Foro distrutta poco prima
da un incendio. Lucio Cornificio, uomo di umili origini
che aveva dato buone prove contro Sesto Pompeo ed era
tornato in trionfo ex Africa nell anno 33, intraprese la
ricostruzione dell antico tempio di Diana sullAventino (tempio della plebs).

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Piante in scala dei templi di Apollo di Ottaviano e di Gaio Sosio. Il


progetto pi tardo (a destra) ha caratteristiche pi sontuose.

Come appare da un frammento della Forma Urbis che


ne riporta la pianta, il tempio di Diana Cornificia superava senzaltro in grandiosit il tempio di Apollo fatto
costruire da Ottaviano, almeno per quanto riguarda ledificio del tempio vero e proprio: si trattava di un tempio diptero, nella tradizione della Grecia orientale, con
otto colonne frontali e una doppia fila di colonne lungo
i lati, mentre il tempio di Apollo aveva solo sei colonne
frontali e mezze colonne laterali. Il tempio di Diana,
progettato tre anni dopo quello di Apollo, tradisce
insomma la chiara volont di superare il rivale. Anche
il nuovo tempio di Apollo fatto costruire da Gaio Sosio
in circo si proponeva del resto di battere il tempio sul
Palatino con una disposizione pi fitta delle colonne e
una sontuosa architettura interna.
Resta il fatto che il santuario fatto costruire da Ottaviano superava tutti gli altri templi per limpianto scenografico e il suo rapporto organico con la casa del com-

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mittente. Costruito su unalta base, il tempio di Apollo


sul Palatino dominava il Circo Massimo con una soluzione scenografica di grande effetto molto simile ai santuari di Palestrina e di Tivoli. Anche la struttura dinsieme del complesso, con le sue varie parti distribuite su
pi piani (scale, boschetto sacro, casa di Augusto, portico delle Danaidi, biblioteche, cortili e giardini, oltre
allarea del tempio stesso) era, a Roma, senza precedenti. probabile che il complesso si sia sviluppato
poco per volta in un clima di forte antagonismo edilizio.
La vista del tempio dal Circo Massimo e il colpo docchio che da esso si poteva avere sullAventino e sul
nuovo tempio di Cornificio, dovevano essere comunque
qualcosa di grandioso.
Anche il rapido sviluppo dellornamentazione nel
senso di una crescente variet e ricchezza di elementi formali si spiega con questo clima di spiccato antagonismo
e la decisa volont di emergere. Si pu vedere ad esempio come la cornice a mensole, appena accolta nellarchitettura del tempio, abbia raggiunto in pochi anni soluzioni di estrema raffinatezza formale. Dalle semplici
forme del tempio di Saturno e della Regia si passa in
pochi anni alla ricchezza ornamentale del tempio di Apollo Sosiano. Lo stesso vale per le basi delle colonne, i capitelli, i fregi e le architravi. Gaio Sosio (console nel 32
a. C.) aveva combattuto ad Azio dalla parte di Antonio,
ma era poi passato a Ottaviano, ottenendone la grazia.
La particolare sontuosit del tempio era dunque intesa
soprattutto come un atto di omaggio ad Apollo e al suo
favorito, e anche il corteo trionfale raffigurato nel fregio
non era quello del suo costruttore, ma di Ottaviano. La
ricompensa non manc: nei ludi saeculares del 17 a. C.,
Gaio Sosio, lex partigiano di Antonio, compariva nel
corteo dei sacerdoti di Apollo, i XV viri sacris faciundis.
Prima ancora dunque che la politica culturale di
Augusto innalzasse la decorazione architettonica a prin-

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cipio ideologico (secondo la formula il meglio agli di),


gi negli anni trenta e nei primi anni venti laccanita
rivalit tra i numerosi committenti contribu ad arricchire, in breve spazio di tempo, il vocabolario delle
forme ornamentali.
Nella variet delle soluzioni planimetriche e nellavvicendarsi degli ordini corinzi, ionici e dorico-etruschi si rispecclaiava ancora lesuberanza formale del
tardo ellenismo. Siamo ancora lontani dallunit stilistica
che sar propria dei templi protoaugustei: unit che non
sar il punto darrivo di uno sviluppo coerente, ma piuttosto, come vedremo, la conseguenza delle premesse
ideologiche adottate dagli architetti di Augusto nella
costruzione dei loro templi esemplari.
Alla variet degli stili architettonici corrisponde la
variet degli orientamenti nella retorica, nella letteratura
e nellarte. Un buon esempio di questo eclettismo sono
i Monumenta Asinii Pollionis. Console nellanno 40 a. C.,
Pollione era stato un cesariano e aveva trionfato sui
Partini in Dalmazia nel 39; ritiratosi quindi dalla vita
politica aveva scritto una cronaca degli avvenimenti del
tempo non priva di elementi critici verso lo stesso Ottaviano. Uomo di buona cultura letteraria, Asinio Pollione fece restaurare col bottino di guerra lAtrium libertatis ai piedi del Campidoglio: una scelta, questa, che nel
clima politico di quegli anni non suonava come un gesto
di lealt verso i triumviri. Adempiendo quello che era
stato un desiderio di Cesare, Pollione incluse fra i suoi
monumenta anche la prima biblioteca pubblica di autori greci e latini. Alle pareti della biblioteca erano appesi i ritratti dei vari autori, e lunico personaggio vivente a cui tocc questo onore fu il poligrafo Terenzio Varrone, di cui avremo ancora occasione di parlare. La
biblioteca greco-latina che anche Ottaviano far costruire poco pi tardi nel santuario di Apollo va intesa come
una risposta in chiave di antagonismo.

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Alla biblioteca di Pollione era collegata una splendida collezione darte, di cui possiamo farci unidea grazie
alla descrizione di Plinio il Vecchio. Asinio Pollione
amava larte ellenistica in tutte le sue forme. Vi si poteva ammirare perfino la composizione teatrale del Toro
Farnese, mentre i satiri e le menadi, i centauri, le statue
di Dioniso, le Naiadi e cos via conferivano un carattere
sereno alla raccolta, ambientata probabilmente in un giardino. Il tutto doveva apparire in vistoso e forse anche piacevole contrasto con il programma arcaicizzante e
classicheggiante di Ottaviano, la cui austera solennit
avrebbe avuto presto un esempio nel Tempio di Apollo.
Come la biblioteca, anche la collezione darte di Asinio Pollione era aperta al pubblico: spectari monumenta sua voluit (Plin., Nat. hist. 36,33). Aspetto, questo, che poteva accordarsi coi programmi del futuro
princeps assai meglio dei gusti asiani del collezionista.
Nel teso clima politico che precedette la nuova guerra
civile anche questo monumento dichiaratamente
impolitico doveva assumere un significato di parte: i
poeti elegiaci vi si saranno sentiti a proprio agio. Ma Asinio Pollione fu lunico committente neutrale di quegli anni, non a caso uno dei pochi grandi che nella battaglia decisiva di Azio non abbiano parteggiato per nessuno dei due contendenti.
Quanto pi la tensione si acuiva, tanto pi demagogica diventava lattivit edilizia dei sostenitori di Ottaviano. Statilio Tauro era tornato trionfatore ex Africa
nellanno 34, e subito dopo aveva iniziato la costruzione
di un primo anfiteatro di pietra, di dimensioni ancora
modeste (consacrato nel 29 a. C.): sorgeva sul Campo
Marzio, nelle vicinanze del Circo Flaminio, ed era destinato in particolare ai ludi dei gladiatori e ai combattimenti con gli animali feroci (Dio. Cass., 51,23,1).
Statilio Tauro era uno di quegli uomini di modesta
origine che, arricchitisi enormemente come generali di

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Ottaviano, erano arrivati a costruirsi case principesche


senza tuttavia entrare veramente nellagone politico. Il
rappresentante pi significativo di questa categoria era
per Marco Vipsanio Agrippa, che fu fino alla sua
morte, avvenuta nellanno 11 a. C., il numero due del
regime. Nello stesso anno in cui Statilio diede inizio alla
costruzione del suo anfiteatro, Agrippa rivest a titolo
dimostrativo, e pur essendo gi stato console, la magistratura edile che presiedeva tra laltro ai lavori pubblici e agli spettacoli. E secondo un concetto ormai consolidato (Front., Aqu. 98), incominci subito a occuparsi
con estrema energia del trascurato assetto urbano della
citt.
Senza nulla sottrarre al tesoro dello Stato Agrippa ripar
tutte le strade e gli edifici pubblici, ripul le cloache e
navig egli stesso nel sottosuolo sulla Cloaca Massima fino
al Tevere (Dio. Cass., 49,43).

Liniziativa era di quelle destinate a restare nella


memoria: la sporcizia di intere generazioni veniva spazzata via in un sol colpo. Ma il maggior merito di Agrippa fu la sistemazione dellapprovvigionamento idrico.
Dapprima fece riparare tutti gli acquedotti della citt,
poi ne fece costruire di nuovi. I lavori avrebbero richiesto naturalmente molto tempo, ma limportante era iniziarli: la gente doveva accorgersi che col giovane Cesare e la sua classe dirigente stavano davvero arrivando
tempi migliori e che, mentre Antonio regalava il suo denaro agli alessandrini, loro invece sapevano fare qualcosa
per il popolo, anche in un momento cos difficile.
Agrippa non esit a utilizzare sistemi estremamente
demagogici. La durata dei ludi publici fu estesa a 59 giorni, ma non mancarono altre iniziative da paese di Cuccagna: si facevano pubbliche distribuzioni di olio e di
sale, le terme erano aperte tutto lanno a uomini e

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donne, a teatro venivano gettate delle tessere tra la folla


con le quali si potevano ottenere denaro o vestiti. Nel
circo venivano esposti oggetti bellissimi a completa
disposizione del pubblico, e perfino dal barbiere ci si
poteva far radere a spese dello Stato. Agrippa sapeva
come far divertire il popolo. Nel Circo Massimo fece
sistemare su alte colonne un nuovo dispositivo per contare i giri nelle corse dei cavalli: significativamente, il
grande vincitore della battaglia navale di Nauloco scelse allo scopo dei luccicanti delfini dargento. Tutto ci
serviva a dimostrare che anche sotto Ottaviano, e malgrado tutti gli appelli alla virtus e allausterit, si poteva
vivere bene. Il successo fu grande (Hor., Sat. 2,3,185).
I popolarissimi delfini venivano riprodotti persino
sulle lampade.
Il Mausoleo.
Ottaviano aveva ereditato da Cesare tutta una serie
di edifici incompiuti o soltanto progettati: la basilica
Giulia, la nuova Curia, un teatro e vari altri. Egli stesso
aveva iniziato a Filippi (42 a. C.) la costruzione di un
grande tempio dedicato a Marte Ultore, mentre il tempio del Divus Iulius nel Foro era a sua volta incompiuto.
Ma volle procedere con calma, concentrando anzitutto le
sue energie sui due edifici a cui era pi legata la sua
immagine personale, il tempio di Apollo e il Mausoleo.
Per quale motivo Ottaviano, appena trentenne, si
fece costruire un cos grandioso monumento funebre
proprio negli anni (32-28 a. C.) che videro la sua conquista del potere assoluto? La ricerca pi recente ha
messo in relazione lidea e le caratteristiche delledificio
col testamento di Antonio, che Ottaviano aveva illegalmente reso pubblico. Accanto ad altre disposizioni testamentarie, politicamente equivoche, esso conteneva il

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desiderio fatale per la sua immagine pubblica di essere sepolto ad Alessandria insieme a Cleopatra. Nei
discorsi propagandistici dei sostenitori di Ottaviano era
questa la prova che Antonio intendeva trasferire la capitale dellimpero ad Alessandria e fondare cos una monarchia di stampo ellenistico. Dopo la presa di Alessandria, Ottaviano volle naturalmente che il cadavere di
Antonio fosse sepolto nella tomba dei Tolomei: intanto, mentre il rivale giaceva al fianco dei sovrani dEgitto, a Roma sorgeva, gigantesco, il monumento funebre del vincitore. Questa spiegazione molto verosimile, anche se considera pi il momento della propaganda
che linizio effettivo dei lavori. Latmosfera di attesa e
di tensione che precedette la battaglia di Azio e la frenesia della vittoria subito dopo dnno comunque alledificio, quasi mostruoso per forma e dimensioni, un
significato molto chiaro. Nellanno 28 a. C. i lavori
erano cos avanti che la parte adibita a giardino (silvae
et ambulationes: Suet., Aug. 100) pot essere aperta al
pubblico. Dunque un monumento alla fedelt romana
del dux Italiae? Potrebbe essere questo, in effetti, il
movente immediato della costruzione, anche se il suo
potere evocativo sembra andare molto al di l di questo.
In primo luogo voleva essere una dimostrazione della
grandezza e della potenza del suo committente, e non a
torto fu denominato fin dallinizio mausoleo: espressione, questa, che riassume lo stupore per un edificio
colossale, di dimensioni mai viste, e paragonabile solo
alla tomba di Mausolo, re della Caria, considerato una
delle sette meraviglie del mondo (IV secolo a. C.). Neppure le tombe dei re della Numidia erano cos grandi. Il
confronto col monumento funebre di Cecilia Metella,
ma soprattutto con quelli dei consoli Irzio e Pansa nel
Campo Marzio (43 a. C.), parla da s.
Secondo lusanza ellenistica ledificio era situato in
posizione dominante e panoramica tra il Tevere e la via

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Flaminia. Limponenza della massa architettonica era


poi sottolineata dal vasto giardino che la separava dal
terreno costruito allintorno. Bench la rovina odierna
si trovi molto al di sotto del livello stradale, il muro cilindrico perimetrale, alto circa nove metri, ha ancora un
aspetto poderoso. Ledificio era largo 87 metri e alto
quasi 40, e consisteva di due masse cilindriche rivestite
di travertino oppure in marmo e separate da un terrapieno obliquo ricoperto di alberi. Strabone lo vide quando era stato ultimato da poco:
Molto ragguardevole il cosiddetto Mausoleion, unaltura
artificiale che sorge lungo il fiume sopra un alto zoccolo di
marmo bianco, ed ricoperta fino alla cima di piante sempreverdi. Sulla sommit c una statua bronzea dellimperatore Augusto. Nel tumulo si trovano la sua tomba e quelle dei suoi parenti ed amici. Dietro il tumulo vi un
boschetto sacro, molto grande e con magnifici vialetti, e
in mezzo alla radura il recinto (ustrinum) dove il corpo di
Augusto fu bruciato (Strab., 5,3,8).

Per via della parte piantata ad alberi Strabone pensa


dunque a un tumulus, una forma che i contemporanei
associavano alle tombe degli antichi eroi (ad esempio

Monumenti funebri a confronto: a) Mausoleo di Mausolo ad Alicarnasso (iv secolo a. C.); b) monumento funebre ufficiale del console A.
Irzio (caduto nel 43 a. C.); c) Mausoleo di Augusto; d) Tomba di Cecilia Metella (raffronto schematico di J. Ganzert).

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nelle necropoli etrusche), e che utilizzavano a volte


anche per i propri monumenti sepolcrali. Ma questo
cono coperto di alberi era, come nel sepolcro di Cecilia
Metella, solo una parte dellinsieme. I due cilindri biancheggianti potevano essere interpretati, infatti, come
un poderoso basamento per la statua, che a giudicare
dalle dimensioni del Mausoleo doveva essere a sua volta
colossale.
Che nella Roma dellepoca esistessero realmente queste statue colossali lo dimostra una testa alta circa un
metro e mezzo, conservata in Vaticano. Sebbene le ciocche dei capelli siano state rifatte in et barocca, si tratta
con ogni evidenza di un ritratto di Ottaviano (del primo
tipo). I lineamenti sottili del giovane volto ossuto sono
inconfondibili. E poich difficilmente la testa proviene
dalla statua del Mausoleo, si pu vedere in essa unaltra
preziosa testimonianza della sconfinata ambizione con
cui Ottaviano si presentava allora sulla scena politica.
Una volta ultimato, il Mausoleo appariva senza dubbio come un poderoso monumento alla Vittoria; anche
la sua forma ricorda del resto certi trofei di epoca pi
tarda, come quello di St. Tropez. I piccoli obelischi eretti ai lati dellingresso probabilmente dopo la vittoria sullEgitto sottolineavano questo aspetto delledificio.
Come si visto nel monumento dei Giulii a StRmy, anche larchitettura sepolcrale tardo repubblicana conosceva queste combinazioni di elementi formali
eterogenei. comunque significativo che il Mausoleo,
dalle dimensioni cos grandiose, non possieda una forma
coerente. Il clima frenetico che precedette la battaglia
di Azio e la necessit di schiacciare i propri avversari politici non erano condizioni favorevoli alla nascita di
un nuovo linguaggio formale. La struttura complicata,
la contaminazione eclettica di elementi formali diversi
e la decorazione minuziosa non garantiscono una scansione efficace della massa architettonica. Lambiguit

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

del vocabolario formale tradisce anche qui la scarsa chiarezza del messaggio.
Se il nome popolare delledificio era mausoleo
un nome senzaltro felice e ricorrente anche nelle iscrizioni la sua denominazione ufficiale era invece tumulus Iuliorum: una formula anticheggiante, che sottolineava per con chiarezza le ambizioni dinastiche del
nuovo sovrano. Le future cerimonie funebri dellet
augustea, a cominciare dalle esequie di Marcello (23
a. C.), verranno a confermarlo.
Ottaviano non volle apparire come un monarca n
prima, n tantomeno dopo la restitutio rei publicae. Voleva dimostrare di essere il pi forte, e lunico in grado di
rimettere ordine nello Stato. Ma la situazione di antagonismo e la dipendenza da un linguaggio figurativo
importato dallesterno favorirono anche qui la comparsa di forme ipertrofiche. Come nelle statue onorarie
e nei ritratti pieni di pathos alessandrino, le dimensioni
ambiziose di questa architettura regio-ellenistica coincidevano solo in parte col contenuto del messaggio.
Ma nel caso del futuro Augusto ci non ebbe conseguenze negative. A differenza della vecchia classe aristocratica, la massa della popolazione, in gran parte ellenizzata e ben disposta verso un regime monarchico,
avvert lefficacia di questo linguaggio, per quanto contraddittorio e ambivalente. Alla vista del Mausoleo e
della residenza in cui il giovane Cesare and ad abitare
presso il tempio di Apollo, nellantica citt romulea,
non potevano esserci dubbi su chi avrebbe retto i destini di Roma. Questo retroscena architettonico, che perdur anche dopo il 27 a. C., non va dimenticato se si
vuole valutare correttamente lo stile repubblicano, la
personale riservatezza e la pietas del futuro princeps.

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Capitolo terzo
La grande svolta.
I nuovi segni e il nuovo stile politico

Dopo la battaglia di Azio (31 a. C.) e la presa di


Alessandria (30 a. C.) il vincitore fu accolto, a Oriente
come a Occidente, da una valanga di onori. Il tempo dellincertezza era finito. Ora si sapeva chi era il capo, a
chi bisognava rivolgere suppliche e lodi. Il potere, a
Roma, si incarnava finalmente in un uomo solo.
I sudditi fecero a gara con lo stesso Ottaviano nellesaltazione della sua immagine: a Roma, dove il suo
stile da diadoco raggiunse il culmine, usava come
sigillo leffigie di Alessandro. Agrippa progett un
Pantheon per il culto del sovrano, in cui la statua del Divi
filius doveva comparire accanto a quelle del padre (divinizzato) e degli di protettori (Dio. Cass., 53,27). Il
Senato e il popolo lo accolsero nelle loro preghiere,
inclusero il suo nome nel carmen Saliare e decretarono
libagioni in suo onore in tutti i banchetti pubblici e privati (Dio. Cass., 51,29). Il gigantesco Mausoleo e il
tempio di Apollo il dio della vittoria si avviarono a
compimento.
Il Foro come palcoscenico della famiglia Giulia.
Un esempio evidente della disinvoltura con cui Ottaviano occup dopo la vittoria lintera citt con i suoi
edifici e le sue insegne dato dalla trasformazione del

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Foro romano. Nellagosto dellanno 29 a. C. il vincitore celebr con grande pompa un triplice trionfo sullIlliria, sullEgitto e per la vittoria di Azio. Nellambito dei festeggiamenti consacr nel Foro il tempio del
Divus Iulius, deciso fin dal 42 a. C., e la nuova Curia,
anchessa in costruzione da molti anni e che avrebbe
assunto pi tardi lepiteto di Giulia. Anche questi due
edifici furono decorati con trofei egizi come monumenti alla vittoria.
La facciata della Curia si trova riprodotta su una
moneta della serie di cui abbiamo discusso in precedenza: sulla sommit si vede la Vittoria alata, in equilibrio sul
globo e con la corona nella mano destra. Come acroteri
laterali figurano statue di altre divinit che erano intervenute ad Azio, muniti di unancora e di un remo, come

sembra
di poter riconoscere sugli esemplari pi nitidi.
Foro Romano intorno al 10 d. C. Pianta schematica.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Allinterno della Curia, Ottaviano fece sistemare la


statua originale della Vittoria proveniente da Taranto e
da lui considerata come la sua patrona personale. Molto
probabilmente era stato lui a far collocare la statua
opera del primo ellenismo sul globo dove ora la
vediamo. La dea teneva ora in mano le armi del bottino egizio, e cos armata fu esposta nel punto pi strategico della sala delle riunioni, su un pilastro dietro il
seggio dei consoli. E l, alla presenza di un tale monumento, si riuniva ogni giorno il Senato.
Anche il tempio di Cesare e la nuova tribuna fatta
costruire davanti ad esso furono decorati con oggetti del
bottino di guerra: nella cella del tempio si trovavano
accanto al celeberrimo quadro di Apelle raffigurante la
Venere Anadiomene, che ricordava la progenitrice della
casa Giulia. Sulla facciata della nuova tribuna furono
invece inseriti i rostra delle navi egizie catturate, e poich la nuova tribuna era di fronte alla vecchia, i rostri
della battaglia di Azio venivano a trovarsi di fronte a
quelli catturati nel 338 a. C. agli abitanti di Anzio e
applicati sulla vecchia tribuna: un confronto obbligato
che equiparava senza esitazioni la vittoria di Ottaviano
nella guerra civile a una storica vittoria navale della
vecchia repubblica. Come se ci non bastasse, il Senato adulante volle sottolineare lo stretto legame tra il vincitore e il nuovo dio dedicando a Ottaviano un arco
trionfale proprio accanto al tempio di Cesare.
Accanto alla vecchia tribuna si trovavano gi il
monumento equestre di Ottaviano del 43 a. C. e la
columna rostrata eretta per la vittoria di Nauloco. Non
molto lontano, davanti alla basilica Giulia, furono ora
erette altre quattro colonne di bronzo decorate con dei
rostri: le aveva fatte fondere Ottaviano col bronzo dei
rostra presi alle navi nemiche.
Con questi monumenti fatti costruire da Ottaviano,
o comunque in suo onore, il Foro assumeva un nuovo

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

volto. Dovunque si volgesse lo sguardo cera qualcosa


che ricordava il vincitore. Cos, ad esempio, nel timpano del nuovo tempio di Saturno, finito anchesso da
poco, l dove ci si poteva aspettare una raffigurazione
del dio delle messi si vedevano invece dei tritoni intenti a soffiare nelle loro conchiglie (Macr., Sat. I 8,4): con
questi esseri marini, che tutti allora conoscevano come
figure tutelari della vittoria di Azio, il committente
Munazio Planco si univa al plauso generale. Pi tardi,
quando un altro arco trionfale celebrer la vittoria sui
Parti, quando Tiberio avr fatto costruire gli sfarzosi
templi marmorei dei Dioscuri e della Concordia e lo stesso Augusto avr intitolato alla memoria dei principi
Gaio e Lucio Cesare la basilica Giulia (ampliata) e lo
splendido portico decorato antistante la basilica Emilia,
allora il cuore politico dello Stato non sar che un unico
palcoscenico per la famiglia Giulia. I monumenti della
repubblica saranno ormai sullo sfondo, testimoni, certo,
di una storia gloriosa, ma eclissati dallo splendore del
presente.
I simboli della vittoria.
La quantit e la ricchezza dei monumenti rischia di
far dimenticare quanto vi fu di problematico nelle celebrazioni della vittoria di Azio: una vittoria in cui non
era permesso chiamare lo sconfitto per nome. Antonio
era stato un grande personaggio, i suoi figli erano i nipoti del vincitore e vivevano nella sua casa, molti dei
nemici uccisi erano stati cittadini romani. Poich dunque non era possibile raffigurare direttamente il rivale
sconfitto, n era possibile daltronde ridurre la conquista del potere assoluto a una semplice vittoria sullEgitto, gli artisti dovettero ricorrere al linguaggio dellastrazione e del simbolismo. Come mostra la decorazio-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

ne del tempio di Cesare e della Curia, fu lo stesso Ottaviano a indicare la strada con pochi simboli di facile
lettura: parti di navi e navi intere, creature marine, delfini e la Vittoria sul globo. Immagini che avevano il vantaggio di essere facilmente riproducibili e di poter essere usate dappertutto anche in combinazione con altri
segni.
Fino ad allora i monumenti costruiti a Roma non
avevano avuto alcuna risonanza oltre le mura della citt,
e il linguaggio visivo della politica romana si era rivolto
quasi esclusivamente al pubblico della capitale. Anche
sotto Augusto non vi furono al riguardo mutamenti
sostanziali, ma ora tutto limpero guardava verso Roma,
e quei simboli cos semplici e comprensibili furono recepiti ovunque.
Cos ad esempio i rostri di bronzo furono imitati
anche in marmo, diventando in tal modo dei monumenti autonomi con una propria decorazione figurativa.
Ce ne d una buona idea uno sperone di marmo conservato a Lipsia e proveniente come altri pezzi simili da
una citt italica. Esso decorato su entrambi i lati con
figure in rilievo: da una parte ancora un Tritone con una
conchiglia, dallaltra un uomo armato con una lancia
(forse Agrippa) che viene incoronato da una Vittoria.
Non conoscendo le circostanze del ritrovamento non
possiamo stabilire se il rostro provenga da un monumento pubblico o da una tomba.
I nuovi simboli si diffusero a macchia dolio. Come
anche la Vittoria sul globo, delfini e tritoni decorativi si
trovano presto nelle case private, nelle tombe e sulle
suppellettili. Su semplici antefisse troviamo ad esempio
la Vittoria in combinazione col Capricorno o dei delfini
associati a rostri e altri simboli commemorativi. E anche
molti privati usavano i nuovi simboli come sigilli. Delfini, navi e rostri compaiono a volte su anelli e paste vitree
insieme alleffigie del vincitore, e vedremo pi tardi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

come a partire da questi elementi si sia formato col tempo


un vero e proprio linguaggio figurativo privato.
Nel corso degli anni la battaglia di Azio assunse la
fisionomia di un episodio mitico, evento fondatore del
nuovo potere imperiale. Il puro fatto storico venne via
via idealizzato, e gi subito dopo la battaglia non si
esit a paragonare la vittoria con quelle degli ateniesi
sulle Amazzoni e sui Persiani: nel timpano del suo nuovo
tempio dedicato ad Apollo, Gaio Sosio fece sistemare
una Amazzonomachia originale di epoca classica, e ancora nellanno 2 a. C., in occasione della consacrazione del
Foro di Augusto, questultimo fece rappresentare la battaglia di Salamina in un bacino artificiale realizzato
apposta per lo spettacolo (naumachia) (Dio. Cass.,
55,10,7). Come nelle battaglie eroiche di Atene, anche
ad Azio si era combattuto contro la barbarie orientale.
Anche in seguito, dovendo celebrare nuove vittorie
o altri avvenimenti di rilievo, artisti e poeti non faranno altro che richiamarsi a questa battaglia di fondamentale importanza. Cos, ad esempio, quando la citt
di Arausio (la provenzale Orange) fece erigere un sontuosissimo arco di trionfo per limperatore e i principi
vittoriosi, probabilmente dopo le vittorie di Druso e
Tiberio sulle trib alpine, il Senato della citt fece raffigurare negli angoli del timpano, accanto ai trofei di
armi galliche, delle grandi nature morte in rilievo con
parti di navi di ogni genere e tritoni armati di timone.
I semplici simboli di Azio segnano linizio di un
nuovo linguaggio figurativo di cui seguiremo nei prossimi capitoli lo sviluppo e la diffusione. Si trattava, in
primo luogo, di immagini semplici e univoche, soprattutto se confrontate con i simboli complessi delle monete tardorepubblicane: immagini dal significato immediato che non sar difficile combinare pi tardi con gli
altri segni del nuovo regime.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il vincitore si ritira.
Dopo la vittoria di Azio ottenuta con laiuto di Apollo, sarebbe stato ovvio fare del santuario sul Palatino un
monumento al trionfo militare di Ottaviano. Ma quando, il 9 ottobre del 28 a. C., ledificio fu solennemente
consacrato, erano ben diverse le immagini che facevano
mostra di s nei cortili e negli atrii del tempio. Certo non
mancavano i richiami alla vittoria: su un alto podio cera
la statua votiva di Apollo Aziaco, decorata anchessa coi
rostra delle navi egizie, e sulle porte del tempio erano raffigurate luccisione delle Niobidi e la cacciata dei Galli
da Delfi (Prop., II 31,12-14).
Queste immagini parlavano di Apollo come vendicatore della hybris e venivano intese, ovviamente, come
allusioni cifrate ad Antonio, ma il vincitore rimaneva
dietro le quinte. Non era il magniloquente pathos celebrativo dei sovrani ellenistici a riempire il santuario, ma
il linguaggio della pace e della devozione religiosa. Invece del proprio carro trionfale, Ottaviano espose una
quadriga marmorea dello scultore Lisia, con Apollo e
Diana, mentre le due grandi statue di Apollo davanti al
tempio e nel sacrario celebravano il dio nelle vesti del
cantore pacifico e non in quelle dellarciere vendicativo
(Prop., IV 6,69). Inoltre, e sempre sulla scorta di modelli classici, il dio di Azio teneva in mano una patera per
le libagioni, ed era raffigurato davanti a un altare: immagini che suggerivano pensieri di colpa e di espiazione,
come anche il ricco monumento dedicato alle Danaidi.
Sacrifici e atti di piet religiosa dovevano espiare gli
orrori delle guerre civili, e Apollo era invocato quale
garante del nuovo stato di cose. Quanto a lui, il vincitore che fino a poco prima troneggiava sul Foro romano, si faceva ora protagonista di un exemplum destinato a lasciare tracce profonde:

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Ho fatto rimuovere io stesso le mie statue, i monumenti


equestri e le raffigurazioni con quadriga che erano in citt,
circa ottanta in tutto, e dargento, e con questo denaro ho
fatto collocare delle offerte votive doro nel tempio di
Apollo, a nome mio e di coloro che mi avevano onorato con
quelle statue (Res Gestae 24).

Apprendiamo da Svetonio che quelle offerte votive erano dei tripodi doro (Suet., Aug. 52): oggetti probabilmente di grosse dimensioni e riccamente decorati,
che dovevano testimoniare in modo tangibile la devozione del donatore. Che poi questa iniziativa spettacolare permettesse a Ottaviano di eliminare tutta una
serie di statue il cui linguaggio enfatico mal si adattava
al nuovo stile e alla nuova immagine del sovrano, era un
effetto secondario certo non sgradito. Nella pittura parietale, nelle terrecotte architettoniche e nelle ceramiche
aretine di quegli anni si sono conservati riflessi evidenti
di quei tripodi doro provenienti dal Palatino.
Sul frammento di una pittura parietale coeva sono
raffigurati addirittura due tripodi con le figure morenti dei figli di Niobe; su alcuni rilievi si vede, tra le
gambe di un tripode, laccecamento di Polifemo ubriaco. E anche questo mito pu essere riferito facilmente
ai nemici sconfitti, la cui propensione allubriachezza era
stata al centro di una vasta campagna denigratoria. I tripodi erano poi decorati con Vittorie altri simboli, ma
soprattutto col motivo dei tralci rampicanti. Questo fa
supporre che i grandi tripodi votivi servissero, in virt
del doppio programma iconografico, come monumenti
alla vittoria e alla speranza.
Ne un buon esempio la raffigurazione sul rivestimento marmoreo della porta del tempio di Apollo: da
due tripodi, fiancheggiati in origine dai grifi di Apollo
e di Nemesi, dea della vendetta, salivano a destra e a
sinistra della porta dei tralci interminabili, che si incon-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

travano sopra la mezzeria della porta stessa. Il tipo e il


luogo della raffigurazione, come anche la stretta associazione con i tripodi, sottolineavano il carattere simbolico dei tralci. Lantico motivo ornamentale diventa
qui simbolo di felicit e di benedizione divina: torneremo a occuparcene quando parleremo del motivo propagandistico dellet delloro.
Proprio lesempio di questa cornice di porta mostra
che il tripode andava inteso come un simbolo comprensivo, non solo del culto di Apollo, ma pi in generale di
piet religiosa e della speranza in un nuovo inizio. Che
questo simbolo fosse venerato su numerose ceramiche
aretine di et protoaugustea testimonia lampiezza della
sua diffusione.
Il tripode non fu per lunico simbolo la cui diffusione sia partita dal santuario di Apollo. Anche gli incensieri sono un motivo che troviamo raffigurato su monete e riprodotto cento volte su marmo, non di rado in
associazione con temi apollinei o appartenenti comunque al nuovo linguaggio figurativo. Ad esempio, li troviamo impiegati insieme allalloro nel fregio del tempio
di Apollo fatto costruire da Gaio Sosio, ovviamente
come segno di omaggio al dio. Pi tardi essi assumeranno, come anche i tripodi, un significato generico
di pietas religiosa, e la gente li far riprodurre persino
sulle proprie urne cinerarie come segno di una vita timorata.
Un altro simbolo apollineo il cosiddetto betilo,
antichissimo oggetto cultuale che vediamo raffigurato su
una bella terracotta architettonica ritrovata nel tempio
di Apollo mentre due assistenti del dio lo adornano con
bende e attributi apollinei. Oggetti di questo tipo, e di
grosse dimensioni, dovevano essere disposti anche allinterno del tempio, e anche la grande meta del giardino di villa Albani era probabilmente un oggetto votivo
della stessa famiglia. Con ogni probabilit nel santuario

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

si trovavano, infine, anche immagini della sfinge, un


altro simbolo di Apollo salvatore.
Lattenzione con cui almeno il pubblico colto segu
lallestimento del nuovo tempio di Apollo (Prop., II 31)
dipendeva non in ultimo anche dalla quantit di opere
famose dellarte greca arcaica e classica che Ottaviano
vi fece collocare, nellambito di un progetto politico-culturale che si traduceva, per cos dire, in un nuovo dogma
artistico: i simboli della devozione religiosa e della speranza nel futuro venivano associati a una professione di
fede nellarte greca classica e arcaica e alle implicazioni
morali che ne derivavano. Lo stile classico doveva rendere pi intensa laura sacrale delle immagini, e se liconografia del tempio era tutta greca, lintero arredo del
tempio appariva come un omaggio alla cultura greca. Si
sarebbe presto capito che uno degli scopi del nuovo
sovrano era non solo di imitare il meglio dei greci, ma
di creare qualcosa che potesse stare alla pari con la loro
cultura classica.
Res publica restituta.
Quando le splendide celebrazioni per il trionfo dell
anno 29 a. C. furono finite, Ottaviano si trov di fronte a una situazione profondamente mutata. Il potere
ormai era completamente nelle sue mani, tutti guardavano verso di lui, e toccava a lui mostrare quale sarebbe stato il corso dei prossimi eventi. Sullarco di trionfo
fatto costruire dal Senato per il vincitore della guerra
civile cera la scritta republica conservata, ossia per la
salvezza dello Stato. Ottaviano aveva salvato lo Stato
dalla rovina, ora per doveva ristabilirlo. A guardare
la situazione con un minimo di realismo, nessuno poteva aspettarsi che il vincitore avrebbe restituito il potere nelle mani del Senato, ma bisognava escogitare delle

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

formule che rendessero la monarchia tollerabile, in


particolare alla nobilt.
Una pace basata sulla forza e non sul consenso non
poteva essere che insicura. Una parte cospicua della vecchia classe dirigente, che aveva militato nel campo
avverso, attendeva con scetticismo, e anche gli amici
erano tuttaltro che ottimisti. Ancora per anni Ottaviano avrebbe dovuto fare i conti col pericolo di un colpo
di Stato, al punto che in certe occasioni si presentava in
Senato con la corazza sotto la toga: la fine di Cesare era
un invito alla prudenza. La massa sentiva quel clima di
insicurezza sentiva che la pace dipendeva dalla vita di
Ottaviano e cercava di spingerlo senzaltro in direzione della monarchia. Ma il nuovo stile politico di
Ottaviano mirava alla vecchia classe dirigente nellintento di indurla a collaborare. Si trattava dunque di
mostrare che il vincitore di Azio era in grado di portare la pace anche a Roma, e che tutto ora sarebbe cambiato. La decisione di far fondere le statue trionfali sembrava gi indicare una svolta nella linea politica del vincitore. Ora ci si chiedeva se Ottaviano avrebbe mantenuto le famose promesse fatte prima di Azio e avrebbe
ristabilito, dopo quattordici anni di regime speciale, le
legalit della vecchia res publica. Ancora nel 28 a. C. egli
revoc tutte le misure illegali degli anni precedenti per
quanto poco ci potesse significare in concreto e nella
celebre seduta del gennaio dellanno successivo restitu formalmente lo Stato al Senato e al Popolo:
Da allora fui il primo per considerazione e influenza
(auctoritas), ma non avevo maggior potere (potestas) di coloro che erano miei colleghi nelle varie magistrature (Res
Gestae 34).

noto che questa frase dellautobiografia politica di


Augusto dice solo una mezza verit. Grazie a un com-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

plicato sistema di pieni poteri sempre rinnovati, di privilegi onorari e di cariche vitalizie, ma soprattutto grazie alle sue enormi sostanze, Augusto mantenne il potere, ossia in primo luogo lesercito, saldamente nelle proprie mani. Una moneta coniata oltre dieci anni pi tardi
illustra con la massima chiarezza i rapporti tra il salvatore e lo Stato: Augusto porge aiuto alla res publica in
ginocchio ai suoi piedi, nelle vesti di una provincia sottomessa. Il salvatore raffigurato accanto allo Stato
restituito, che ha ora bisogno della sua guida. Anche
nel 27 a. C. la maggior parte dei contemporanei vedeva
la cosa esattamente cos, ma latto della restitutio fu comunque un gesto grandioso, che permise allaristocrazia
di salvarsi la faccia e di collaborare in futuro col
nuovo regime:
Per questa benemerenza [la restitutio] ricevetti dal
Senato il nome di Augusto. Gli stipiti della mia casa furono decorati ufficialmente con allori, sopra la porta venne
affissa la corona civica [una corona di fronde di quercia], e
nella Curia Iulia venne esposto il clipeus virtutis, assegnatomi dal Senato e dal Popolo per il mio valore, la mia clemenza, la mia giustizia e la mia piet, come attesta uniscrizione sopra lo scudo (Res Gestae 34).

I ramoscelli di alloro, la corona civica e anche il clipeus virtutis erano semplici onorificenze, conformi allaustera tradizione degli antichi. Cos voleva il nuovo stile
di Augusto, che ora amava tenersi in disparte e nei rapporti col Senato si atteggiava a primus inter pares. Ma la
novit principale dopo il 27 a. C. fu che il compito di
celebrare il sovrano ricadde per intero sugli altri: il Senato e le citt, le corporazioni e i singoli cittadini. Nello
spazio di una notte il princeps aveva imparato la modestia. Lepoca delle autocelebrazioni (come nel caso del
Mausoleo) era finita.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Gli onori decisi dal Senato furono una scelta insolitamente felice, naturalmente non senza lapprovazione
dello stesso Augusto. Chi conosceva la storia di Roma
poteva trovarvi molteplici allusioni alla vecchia res publica, bench il loro contenuto simbolico si prestasse anche
ad altre interpretazioni.
Fin dai tempi pi remoti corone e ramoscelli dalloro venivano usati per adornare i vincitori e le statue
della Vittoria, e lalloro anche lalbero di Apollo. Ma
la forma dei due alberelli posti sulla porta dingresso
della casa di Augusto suggeriva ai Romani del tempo
qualcosa di completamente diverso: quella coppia di
alberelli si poteva trovare fin dai tempi arcaici nei luoghi consacrati ai pi antichi ordini sacerdotali, come la
Regia e il tempio di Vesta, i collegi dei flamines e dei pontifices. Lalloro diffondeva dunque sulla porta di casa del
princeps un alone sacrale, richiamando alla memoria un
mondo di riti antichissimi.
La corona civica aveva invece una provenienza militare. Fin dallantichit la corona di quercia veniva assegnata come onorificenza a chi avesse salvato un concittadino in battaglia, e ora invece toccava al salvatore dello
Stato, ob cives servatos. Ma anche la corona di quercia
aveva un significato polivalente, perch la quercia
anche lalbero di Giove. E in effetti, gi nello stesso anno
27 a. C. furono coniate in Asia Minore delle monete in
onore di Augusto dove si vede laquila di Giove nellatto di tenere la corona civica con gli artigli. Limmagine,
molto espressiva, era per nata a Roma, dove la troviamo, ad esempio, su uno splendido cammeo: Giove stesso rende omaggio allaugusto porgendogli la palma
della vittoria e appunto la corona civica.
Il caso sintomatico: i nuovi simboli, che in un
primo tempo sembravano ricordare lo stile sobrio degli
antichi, assunsero presto un significato ulteriore. Usate
in combinazione con altri simboli e in occasioni parti-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

colari, come ad esempio nei templi dedicati al culto del


sovrano, le onorificenze del 27 a. C. diventarono presto quasi simboli del potere monarchico. Il corso delle
cose portava, insomma, alla monarchia assoluta: dieci
anni pi tardi la Zecca conier uneffigie di Augusto con
la corona civica sul capo, come la benda regale di un
sovrano ellenistico. Allo stesso periodo risalgono, probabilmente, anche i primi ritratti a tutto tondo con la
corona di quercia. Bastava aggiungere gemme e bende
per trasformarla anche formalmente in una specie di
corona. Gi su una moneta dellanno 13 a. C. troviamo la corona civica sul capo di Giulia, la figlia di
Augusto: la semplice corona onorifica per il salvatore
dello Stato ormai diventata un simbolo dinastico.
Tra i successori di Augusto la corona di quercia non
sar altro che uninsegna del potere, riservata agli imperatori e del tutto avulsa dal suo contesto originario.
Beninteso, le piante di alloro e la corona di quercia
erano onori decretati per Augusto, e non simboli di potere che egli avesse adottato di sua iniziativa. Ma proprio in
quanto segni di venerazione e di omaggio essi furono presto impiegati dappertutto e nelle forme pi diverse, anche
solo come motivo ornamentale. Dalle monete alla decorazione architettonica, ai quadretti di soggetto bucolico, le
foglie appuntite e frastagliate della quercia spuntavano
dovunque, adattissime al puro gioco decorativo, ma anche
cariche di significato. Artisti e committenti non si stancarono di richiamare lattenzione sul significato sublime
di questo motivo vegetale, ingrandendolo o collocandolo
in punti particolari. Cos, ad esempio, su un altare urbano dedicato ai Lari troviamo una decorazione di sole
ghiande, e gi nel fregio del tempio di Apollo Sosiano lalloro si distende con chiaro intento dimostrativo fra
candelabri e bucrani. Alloro e fronde di quercia diventarono cos dei predicati augustei universali, mentre il loro
significato originario si ritirava sempre pi sullo sfondo.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Anche il clipeus virtutis fu presentato non di rado


come un simbolo mistico. Questi scudi istoriati con
iscrizioni erano stati, nel mondo ellenistico, forme di
omaggio molto usuali. Ma poich in questo caso il personaggio celebrato era il sovrano, le qualit celebrate
sullo scudo diventavano senzaltro le virt del sovrano,
tali da soddisfare nello stesso tempo le aspettative del
Senato e il programma pubblicitario del principe. Su una
copia in marmo ritrovata ad Arles in molte citt dovevano esserci questi scudi esposti pubblicamente si
conservato il testo delliscrizione, il quale suona: Virtutis, clementiae, iustitiae pietatisque erga deos patriamque. Virtus e iustitia sono virt ovvie per un sovrano;
quanto alla clementia verso i nemici sconfitti, essa era
stata la grande parola dordine di Cesare, e nella situazione creatasi dopo Azio e la restitutio rei publicae non
aveva perso attualit, se si pensa alla crudelt di Ottaviano verso i suoi primi avversari politici. Ma era la pietas, come vedremo, il vero baricentro della nuova politica culturale augustea, mentre la formula verso gli di
e la patria alludeva ovviamente allauspicato rispetto
delle antiche tradizioni dello Stato.
Loriginale in oro del clipeus virtutis si trovava esposto nella Curia accanto alla Vittoria del vincitore di
Azio: circostanza, questa, di sicuro effetto, che
influenz profondamente la diffusione del nuovo simbolo. Lo scudo, infatti, verr in seguito quasi sempre
associato alla dea della vittoria, diventando cos un simbolo del sovrano e della sua vocazione vittoriosa. Su un
monumento augusteo, che conosciamo purtroppo solo
attraverso testimonianze di epoche pi tarde, lo scudo
veniva descritto dalla stessa Venere progenitrice.
Ma laspetto forse pi caratteristico del nuovo linguaggio figurativo dato dalle combinazioni tra i vari
segni. I simboli celebrativi del 27 a. C. vengono cos
combinati fra loro in tutte le varianti possibili, ma anche

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

con altri simboli di vittoria e di salvezza, anteriori o


posteriori. La successione casuale degli eventi storici
cede allora il passo a un quadro di rapporti necessari e
fatali. Un piccolo cammeo conservato a Vienna presenta i tre simboli, riferendoli all0 scenario di Azio. Il vincitore avanza maestoso su un carro trainato da quattro
centauri marini, i quali sollevano come trofei le onorificenze ricevute per la restitutio rei publicae. Montati su
due globi come insegne regali, vediamo rispettivamente la Vittoria con la corona civica da una parte e dallaltra il clipeus virtutis inquadrato in una ghirlanda di quercia e sorretto da capricorni. Tutti gli elementi sono
interconnessi: senza Azio non vi sarebbe stata la restitutio rei publicae.
A circa due anni prima risale una raffigurazione del
tutto diversa. Su un cammeo conservato a Boston vediamo Ottaviano vittorioso (la nudit e il tridente lo connotano come Nettuno) nellatto di balzare su un nemico semisommerso dalle onde. Nellimmagine pi recente lebbrezza dinamica della scena sostituita da una
composizione frontale di tipo quasi araldico. Qui il vincitore non pi raffigurato nelle vesti di un dio, ma in
quelle di un generale romano vittorioso, con la toga e il
ramoscello dalloro, e le sue virtutes sono raccontate per
via simbolica. Il nuovo corso politico richiedeva un
nuovo stile, che per non intende affatto dissimulare la
natura monarchica del regime; al contrario, uno stile
ieratico a tradurre in immagini il nuovo potere.
Il titolo di Augusto e il nuovo ritratto.
Se quei simboli celebrativi, in apparenza cos semplici, dovevano dispiegare solo col tempo tutta la ricchezza dei loro significati, lonorificenza maggiore, ossia
lassegnazione dellepiteto augustus, apparve fin dalli-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nizio chiarissima. In un primo tempo Ottaviano aveva


pensato di farsi chiamare Romolo, ma nel 27 a. C. la
cosa appariva in contrasto col nuovo quadro politico,
poich avrebbe ricordato troppo direttamente la monarchia. Augustus era invece un aggettivo dallampio raggio
semantico (sublime, venerabile, sacro); si poteva associarlo ad augere (accrescere), e in effetti non
aveva egli forse arricchito limpero? Ma si poteva
anche pensare alla figura dellaugur, linterprete dei segni
del destino: gli auspici che aveva tratto allinizio delle
sue prime campagne militari lo avevano reso simile
alloptimus augur Romolo, come egli stesso ricorder pi
tardi nel timpano del tempio di Marte.
Il nome fu una scelta geniale, che avvolse la figura
di Augusto in un alone di sublimit e di prodigio fin dallepoca della restitutio, come se gi allora il solo nome
lo avesse divinizzato (Flor., 2,34,66). E gi allora il
Senato avrebbe voluto cambiare il nome del mese Sextilis in Augustus, proposta che linteressato accett solo
in un secondo tempo. E fu cosi che il titolo onorifico
entr anche e stabilmente nel calendario.
Negli stessi anni nacque, con ogni probabilit, il
nuovo ritratto del Cesare Augusto (cos suona la forma
abbreviata del nome oggi usuale), che prese il posto del
ritratto giovanile patetico, e che si distingue nettamente da tutta la ritrattistica tardorepubblicana. Esso
esprime il carattere della nuova immagine del sovrano, come intendeva essere visto nella sua qualit di
Augustus, identificandosi col nuovo titolo onorifico.
Giacch, chiunque fossero i committenti delle singole
repliche, che a migliaia furono fatte del nuovo ritratto,
si deve pensare che loriginale sia stato approvato da
Augusto, se non addirittura commissionato da lui. Ed
evidente che lo scultore incaricato di realizzarlo lavor
su indicazioni precise sia per lo stile che per il carattere del ritratto.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il nuovo ritratto si distingue dalle forme ossute e


irregolari di quello giovanile per le sue proporzioni armoniose, ispirate a un canone classico. I tratti mossi e tesi,
la boriosa aggressivit del ritratto giovanile sono scomparsi, lasciando il posto a unespressione di calma sublimit. Da quel patetico movimento della testa si passati a un atteggiamento di solennit distaccata. Se prima
i capelli ricadevano scomposti sulla fronte, le ciocche
appaiono ora spartite secondo una precisa e meticolosa
simmetria: una stilizzazione che rimanda chiaramente a
modelli classici come quelli di Policleto. Il nuovo ritratto studiato da cima a fondo, un volto darte, in
cui i tratti fisiognomici si mescolano sapientemente alle
forme dellarte classica. Il volto di Augusto appare tradotto in una bellezza classica, senza et.
Il nuovo ritratto fu un grande successo. Venne replicato in ogni parte dellimpero e divent limmagine
ufficiale del princeps, bench avesse probabilmente
poco a che fare col suo aspetto effettivo. Considerato
come ritratto ufficiale, esso esprime unidea estremamente ambiziosa, giacch le forme classiche, in particolare quelle delle opere di Policleto, rappresentavano
nella coscienza del tempo la forma suprema di raffigurazione umana, unimmagine di perfezione e di sublimit. Il Doriforo di Policleto , secondo Quintiliano (5,
112,20), addirittura gravis et sanctus, connotati che
rispondono esattamente allepiteto di sublime. Il
nuovo ritratto mette in immagine la qualifica di augustus nella pienezza dei suoi significati. Larte definisce
qui la posizione eminente del princeps nello Stato, e con
un linguaggio molto pi aperto delle Res Gestae d unidea di quella che Augusto chiama l, nel tono sobrio del
vecchio Senato romano, auctoritas. Abbiamo davvero a
che fare con limmagine di un sovrano: unimmagine
certo nuova, il cui linguaggio formale parlava soprattutto
al pubblico colto, ma in cui anche il cittadino qualun-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

que, ignaro di arte classica, poteva vedere qualcosa di


bello e senza et, sublime e sovranamente distaccato.
Gli onori del 27 a. C. e il nuovo ritratto mostrano
come abbia potuto nascere e diffondersi un nuovo repertorio simbolico nella situazione che si era venuta a creare dopo la conquista del potere assoluto e il ristablimento della res publica. Alla disinvolta autocelebrazione degli esordi subentra un complesso gioco di fattori, dove il tema e gli sviluppi sono per guidati ovviamente dal princeps. Il suo modo di presentarsi in pubblico e il suo nuovo stile politico svolgono qui un ruolo
non inferiore alle sue azioni effettive; quanto ai cittadini
salvati da Augusto, essi rispondono al nuovo stile o
in prima persona o attraverso i loro rappresentanti e le
loro corporazioni con atti di omaggio nel solco della
tradizione, o volti invece a celebrare leccezionalit del
sovrano. Ufficialmente il festeggiato si teneva in disparte, ma ben guardandosi dallostacolare la pubblica venerazione. Il fatto che Augusto pu identificarsi con la
nuova immagine celebrativa ( lui a ideare il nuovo
ritratto), senza tuttavia muovere un dito per propagandarla (sono gli altri a dedicargli le statue con quel ritratto). Non vero, come capita spesso di leggere, che la
restitutio rei publicae abbia rappresentato una facciata
repubblicana con cui ingannare i Romani. Gi nel 27
a. C. apparve chiaro che il nuovo stile del princeps non
intendeva affatto tagliare i ponti con la coscienza della
sua missione imperiale. Semplicemente, era cambiato il
suo modo di intendere e di recitare la parte del monarca assoluto.
Il potere dei nuovi simboli non era dunque imposto
da un comitato di propaganda, che si rivolgesse a un
pubblico preciso con immagini e parole dordine. La
loro rapida diffusione si deve allo slancio con cui le citt
e le corporazioni, i gruppi e i privati cittadini fecero a
gara nellomaggiare Augusto, nel dimostrargli lealt e

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

gratitudine. E vedremo pi avanti (cap. viii) come dietro a questa spontaneit, a questa facile diffusione delle
immagini imperiali, si celasse una precisa situazione
sociale, economica e politica.
Ma stiamo correndo troppo. La disponibilit ad
accettare i nuovi simboli della vittoria, del culto di Apollo e della restitutio rei publicae dipendeva da unatmosfera di generale consenso verso il nuovo regime. Ma
dopo la caduta di Antonio, e perlomeno a Roma, questo consenso non era affatto garantito: si trattava anzitutto di creano e di rafforzarlo.

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Capitolo quarto
Il programma di rinnovamento culturale

Anche negli anni dopo Azio lo stato danimo di


molti Romani, soprattutto delle classi alte, rimase incline al pessimismo. Uno dei principali motivi di ansiet e
di sfiducia nel futuro era la diffusa sensazione che le
guerre civili e gli altri disastri fossero una conseguenza
della corruzione morale. Gli slogan demagogici di una
pluridecennale campagna conservatrice erano stati ormai
assimilati. Lo stesso Livio, il cui atteggiamento verso il
nuovo regime del tutto favorevole, dipinge, allinizio
della sua opera storiografica, un presente a fosche tinte:
Non siamo pi in grado di sopportare n la nostra
immoralit, n i rimedi ad essa corrispondenti.
Sul versante opposto troviamo tutto un mondo di
aspettative utopiche. Sibille, indovini e uomini politici
avevano promesso di comune accordo unet di pace e
di benessere. Come spesso accade nelle epoche di crisi,
disperazione e utopia sembrano toccarsi. Il princeps si
trov quindi a fronteggiare un clima emotivo fatto,
insieme, di profonda sfiducia e di attese esaltate. Doveva dimostrare che non gli interessava soltanto consolidare il suo potere personale, ma anche e soprattutto rimettere ordine nello Stato e nella societ. Doveva creare la sensazione di poter eliminare le vere cause del
male. E occorrevano allo scopo segnali convincenti.
Insieme alla restitutio rei publicae e allo sviluppo del
suo nuovo stile politico, Augusto avvi un vasto piano

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

di risanamento della societ, i cui motivi conduttori


erano la rinascita religiosa e morale, il ritorno alla virtus
e alla dignit peculiare del popolo romano. Mai in precedenza e forse anche in seguito la conquista del
potere si accompagn a un programma di politica culturale cos elaborato e a una cos suggestiva messa in
scena dei valori a cui quel programma si ispirava.
I due decenni che seguirono videro la nascita di un
nuovo linguaggio visivo. Non solo cambiarono i simboli e le immagini politiche in senso stretto, ma anche laspetto urbano di Roma, la decorazione e larredo delle
case, e perfino il modo di vestire della gente. sorprendente la rapidit con cui lintero sistema di comunicazione visiva si pieg al servizio della nuova causa, e
la facilit con cui gli slogan e i concetti programmatici
si fusero in un quadro unitario, senza che si possa parlare, peraltro, di una vera strategia occulta, o di una
campagna propagandistica concertata per il rinnovamento della romanit. Come era accaduto per la diffusione dei nuovi simboli dopo Azio, il processo si svolse
in gran parte da s: era bastato che il princeps indicasse la direzione e la perseguisse con coerenza.
Il programma, del resto, non aveva bisogno di essere inventato, perch cera gi. Da varie generazioni i
mali che affliggevano la societ e lo Stato venivano
descritti e chiamati col loro nome, e ci si lamentava di
essi come di mali incurabili. Il fatto inatteso, e per
molti contemporanei senzaltro miracoloso, fu che il
nuovo sovrano facesse di questo eterno lamento loggetto di una precisa azione politica. Con estrema disinvoltura egli affront le deficienze e le aspettative da lui
evocate negli anni trenta come concreti compiti politici, e questi gli fornirono per cos dire una cornice
entro la quale inserire la sua azione di governo. Vedremo nei prossimi capitoli con quale naturalezza, vorremmo quasi dire ingenuit, egli abbia riempito tassello

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

dopo tassello quella cornice, con quale sistematica coerenza abbia passato in rassegna il cahier des dolances
dellopposizione tardo repubblicana, fino a quando,
nellanno 17 a. C., pot annunciare lavvento dellet
delloro.
Al primo punto cera il programma di rinnovamento religioso (pietas). Vennero poi le iniziative nel
campo delledilizia pubblica (publica magnificentia) e il
ripristino della virtus romana nella campagna contro i
Parti (20 a. C.). Una volta rafforzati lidentit e lorgoglio nazionale, le leggi per la riforma dei costumi
dovevano apparire giuste e necessarie (18 a. C.). Con
questo il programma di risanamento era concluso.
Nulla poteva pi opporsi al sorgere dellet delloro.
Era tutto semplice.
Ma allinizio questi punti programmatici erano pure
dichiarazioni di intenti, che solo col tempo avrebbero
potuto prendere forma in azioni politiche, edifici e messaggi visivi. A tale scopo il princeps aveva bisogno di
molti collaboratori. E poich le fonti letterarie non ci
informano sugli eventi complessi che portarono alla realizzazione del suo programma culturale, dobbiamo rivolgerci alla sfera delle immagini visive per farci unidea dei
rapporti che vennero a stabilirsi tra il princeps e i suoi
sostenitori politici, i poeti disposti a collaborare, i grandi architetti, gli artisti e le botteghe.

I. PIETAS.

La pietas non era soltanto una delle virt del princeps


illustrate sullo scudo: essa doveva diventare lidea-guida
dello Stato augusteo. Fin dai tempi di Catone il Vecchio
lempiet religiosa era stata additata come la causa principale della decadenza politica e morale e delle guerre
fratricide che minacciavano la rovina di Roma:

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Resterai macchiato, o Romano, pur innocente, dalle


colpe dei tuoi padri, finch non avrai restaurato i templi e
i santuari decaduti, con le loro statue indegnamente annerite dal fumo (Hor., Carm. III 6).

In questo, che doveva essere il suo primo campo dazione, il salvatore ag in modo ordinato e sistematico. Gi nel 29 a. C. fu annunciato un programma di
restaurazione religiosa e Ottaviano si fece affidare dal
Senato lincarico di reintegrare le vecchie cariche sacerdotali. Gli antichi culti, che in parte esistevano solo pi
di nome, tornarono in vigore, gli statuti, i rituali, i
paramenti e i canti liturgici furono ripristinati o, se
necessario, creati ex novo. Tutte le prescrizioni religiose vennero fatte nuovamente rispettare con grande scrupolo. Appena un anno pi tardi veniva avviato, con la
consacrazione del tempio di Apollo, il grande programma di risanamento dei vecchi templi:
Nel mio sesto consolato [28 a. C.] ho restaurato su
incarico del Senato ottantadue templi nella citt, senza trascurarne alcuno che avesse bisogno di un intervento risanatore (Res Gestae 20).

Da molto tempo ormai si parlava della necessit di


questi provvedimenti. La rinascita dellinteresse per la
religione degli antenati infatti la forma in cui meglio
si esprime la nostalgica ricerca di identit propria della
tarda repubblica. Il grande poligrafo e poeta Terenzio
Varrone (116-27 a. C.; pretore nel 68 a. C.) aveva
redatto nei sedici libri delle sue Antiquitates rerum divinarum un compendio degli antichi culti, tentando di
ricostruire quanto era caduto nelloblio. Senza lopera
di Varrone, che aveva condotto le sue ricerche con
patriottica dedizione, anzi con vero entusiasmo, il programma restaurativo di Augusto sarebbe stato inat-

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116

Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

tuabile, almeno in tutta la sua ampiezza. Dir pi tardi


S. Agostino:
[Varrone] temeva che gli di andassero in rovina non per
gli attacchi nemici, ma per lindifferenza dei cittadini. Con
i suoi libri egli intedeva salvarli da questa rovina e imprimerli
nella memoria dei probi. Lo considerava un merito pi grande di quello di Metello, che aveva salvato dal fuoco gli
oggetti sacri delle Vestali, e di Enea, che aveva salvato i
Penati da Troia in rovina (De Civ. Dei VI 2).

Erano espressioni ricche di pathos, che non mancarono di fare effetto anche su Augusto. Varrone aveva
dedicato la sua opera a Cesare, invitandolo cos ad agire,
ma per quanto lidea di un rinnovamento religioso fosse
nellaria si pensi ai templi progettati nel corso degli
anni trenta un programma sistematico in questo senso
divenne possibile solo nella mutata situazione politica
successiva alla battaglia di Azio.
Ancora nellanno 32 a. C. lincoraggiamento aveva
dovuto venire dallesterno. Tito Pomponio Attico,
amico e corrispondente di Cicerone e ricchissimo suocero di Agrippa, aveva invitato Ottaviano a ricostruire
il tempio di Giove Feretrio, affinch il dux Italiae potesse cos confrontarsi con lo stesso Romolo, leroe fondatore della citt. A Ottaviano questi gesti spettacolari evidentemente non dispiacevano: lanno dopo, in
occasione della dichiarazione di guerra ad Antonio e
Cleopatra, indoss il costume arcaico di fetialis per scagliare lui stesso, nel Circo Flaminio, la lancia rituale di
legno in una zona del circo che simboleggiava la terra
nemica e pronunciando insieme una formula di sapore
magico. probabile che in un primo tempo queste messinscene abbiano suscitato piuttosto una certa ostilit
e che i Romani colti le abbiano giudicate come arcaismi
alla moda. Ma quando queste occasioni si moltiplicaro-

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

no, quando, nel 29 a. C., il tempio di Giano venne chiuso solennemente in segno di pace con un rituale arcaicizzante di cui si era persa la memoria, quando fu rinnovato lantico augurium salutis come voto per la prosperit dello Stato, e quando infine, lanno successivo,
Ottaviano inizi effettivamente il restauro di tutti gli
antichi templi, nessuno allora poteva pi dubitare che
il ritorno agli di fosse a questo punto una cosa seria.
In tutta la citt vennero aperti cantieri edilizi: il vincitore intendeva davvero fare in modo che sotto di lui, il
fondatore e restauratore di tutti i templi (Liv.,
4,20,7), questi ultimi non sentissero pi la vecchiaia
(Ov., Fast. II 61).
Aurea Templa.
Un programma cos grandioso richiedeva una precisa pianificazione. Si trattava anzitutto di suddividere i
compiti: i vari progetti edilizi vennero ripartiti nei due
ambiti delledilizia sacra e profana. La costruzione dei
santuari, che Augusto considerava il suo compito per
eccellenza, fu riservata alla stessa casa imperiale. Perfino tra i molti edifici fatti costruire da Agrippa non si
trova alcun tempio, se si eccettua il Pantheon, destinato al culto del sovrano. Tiberio invece pot restaurare i
due venerandi templi sul Foro, il tempio dei Dioscuri e
il tempio della Concordia, e consacrarli rispettivamene
il 6 e il 1o d. C. in qualit di erede designato.
La parola dordine era adesso le spese maggiori per
gli di. Le candide facciate dei templi, rivestite col
marmo estratto nelle nuove cave di Luni (Carrara), con
le loro sontuose decorazioni talvolta dorate, diventarono gli emblemi dellepoca. I migliori architetti e i migliori artisti affluirono a Roma dallOriente, attratti dalla
prospettiva di incarichi prestigiosi e di ottimi compensi.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Se non tutti, almeno i principali fra loro ricevettero


chiare direttive riguardo alla destinazione degli edifici
e alle idee ispiratrici del programma di rinnovamento
religioso. Non si sarebbero pi costruiti templi nello
stile antico, in tufo, con quei pesanti tetti di legno e le
decorazioni in terracotta. Si voleva invece imitare le
forme pi belle e pi suggestive dei templi greci, combinandole per con alcuni elementi tradizionali del tempio italico-romano: lalto podio, il pronao profondo e il
ripido frontone dallornamentazione massiccia e sontuosa. Quella che prima era stata la conseguenza inevitabile di una rapida evoluzione culturale veniva ora
canonizzata come espressione della nuova mentalit,
nellambito di un consapevole progetto estetico.
Pi delle rovine ancora visibili, le facciate di templi raffigurate sui rilievi della cosiddetta Ara Pietatis
Augustae dnno una buona idea di quello che fu il tempio marmoreo augusteo, concepito tutto in funzione
della sua suggestiva facciata. Il podio preceduto, di
regola, da unampia scalinata in cui era spesso inserito
anche laltare. In questo modo laltare veniva a trovarsi di fronte alla facciata e i riti potevano svolgersi su
quello sfondo come su un palcoscenico teatrale: una
linea fitta di slanciate colonne corinzie. I capitelli di
ordine corinzio erano stati scelti per la loro forma elaborata, e gli altri ordini architettonici finirono per sparire dagli edifici sacri. Ma anche i basamenti delle
colonne, le trabeazioni, i fregi, i lacunari, le sime (i
bordi rialzati del tetto), tutto appare ricchissimamente
decorato. E bisogna ancora aggiungere la sontuosa ornamentazione scultorea del timpano e della scalinata e gli
acroteri.
Lornamentazione ipertrofica che aveva contraddistinto il periodo dellantagonismo poteva ora essere
messa al servizio del programma religioso: la nuova ideologia trovava gi belle pronto il suo linguaggio formale.

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Una combinazione eclettica di elementi cos eterogenei


presuppone, comunque, una scelta precisa: le splendide
facciate dei templi augustei mostrano che al princeps
non interessava affatto un semplice recupero antiquario
della religione romana nel senso inteso da Varrone. I
templi marmorei non dovevano soltanto fornire una cornice solenne ai vecchi rituali, ma dovevano simboleggiare essi stessi una nuova coscienza e una nuova identit. Culto religioso e publica magnificentia andavano di
pari passo.
Si trattava allora di suggerire agli artisti queste linee
programmatiche e di incanalare le loro possibilit artistiche nella giusta direzione. Era necessario a tale scopo
un continuo scambio di idee, ed probabile che alcuni
fra gli architetti e gli artisti di maggiore spicco frequentassero i circoli intellettuali di cui abbiamo notizia
attraverso i poeti: per esempio il gruppo di amici che si
riunivano in casa di Mecenate e che, in parte, potevano
vantare contatti personali con Augusto. Per i progetti
pi importanti vi era probabilmente una commissione
con il compito di fissare le linee direttrici. Poich le
opere figurative presentano forti concordanze tematiche
con i componimenti poetici occasionati dagli eventi di
quegli anni, dobbiamo pensare che gli artisti pi insigni
avessero una certa confidenza con le novit letterarie e
le immagini dei poeti. vero per che il ruolo dellarte
figurativa era diverso da quello della poesia. Mentre i
poeti creavano i loro versi perlopi in piena autonomia
lodando il sovrano e plaudendo alla sua azione politica, oppure no, come nel caso delle Elegie di Tibullo
gli architetti e gli scultori, gli organizzatori delle feste e
dei rituali religiosi lavoravano alle dirette dipendenze
dei loro committenti. Realizzavano i loro desideri, non
i propri. Lantichit non conosceva la figura del libero artista creatore.
Per quanto riguarda i restauri di templi e le nuove

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

costruzioni che dipendevano direttamente da lui, Augusto differenziava in modo assai marcato le spese per il
terreno, i materiali e la manodopera: se vero che tutti
i templi dovevano essere restaurati, alle varie divinit
era riservato un trattamento economico assai diverso.
Gli edifici pi costosi non sorsero nei vecchi luoghi di
culto e non furono dedicati agli antichi di, ma a quelli pi legati alla persona di Augusto, ossia ad Apollo sul
Palatino e a Marte Ultore nel nuovo Foro di Augusto.
A questi va poi aggiunto il Foro di Giulio Cesare, ultimato solo ora, e il tempio di Venere Genitrice. Coi loro
portici e gli edifici annessi, le ricche decorazioni e i
doni votivi, e non in ultimo i rituali e le liturgie di Stato
a cui fornivano lo scenario, questi templi potevano rivaleggiare con lo stesso tempio di Giove Capitolino. Nonostante infatti le sontuose cerimonie che Augusto assegnava al culto statale di Giove, questultimo si lamentava di perdere fedeli a causa sua (Suet., Aug. 91,2).
Sotto Augusto, in effetti, il tempio di Giove non era pi
lunico centro del culto di Stato: cos ad esempio i Libri
Sibillini erano passati allApollo palatino, e le cerimonie
prima e dopo le campagne militari a Marte Ultore, il cui
tempio era diventato il palcoscenico delle attivit extrapolitiche. Ma non solo i templi di Venere, di Apollo e
di Marte Ultore erano strettamente legati al sovrano:
anche il culto di Giove sul Campidoglio fu in effetti
messo in immediato rapporto col princeps grazie alla
costruzione di un nuovo tempio.
Durante la campagna contro i Cantabri, Augusto
era rimasto miracolosamente illeso da un fulmine che
aveva sfiorato la sua portantina, uccidendo soltanto lo
schiavo che la precedeva. Non era questo un segno della
sua elezione, dello stretto rapporto che lo univa al dio
del tuono? In ogni caso fece subito costruire nelle immediate vicinanze del tempio di Giove un piccolo prezioso tempio tutto di marmo dedicato a Giove Tonante,

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

onorandolo delle sue frequenti visite. In una serie di


monete coniata dopo la vittoria sui Parti, ledificio a sei
colonne con la statua di culto del dio, uno Zeus dello
scultore tardoclassico Leocare, compare significativamente insieme alle insegne della vittoria e a un piccolo
tempio circolare dedicato a Marte Ultore, in cui queste
ultime erano custodite: il favore degli di sosteneva
Augusto nelle sue grandi imprese.
Le somme spese per le vecchie divinit dello Stato,
per esempio i Dioscuri e la Concordia sul foro Romano,
non erano inferiori: qui per gli scrupoli della religio
comandavano di attenersi al vecchio luogo di costruzione e talvolta addirittura alla pianta originaria,
cosa che comportava, malgrado la ricchezza formale,
limiti architettonici evidenti. Ben pi modesti furono
invece i lavori per i templi e le aediculae delle ottantadue
antiche divinit rinnovati nel 28 a. C. In parte furono
soltanto riparati e le colonne di tufo ricevettero un
nuovo rivestimento di stucco, conservando per i loro
arcaici tetti di legno con le terrecotte dargilla: il loro
rango decaduto risaltava cos, in forte evidenza, di fianco al nuovi edifici marmorei dedicati agli di della casa
imperiale.
Il princeps non degn invece di alcuna attenzione le
divinit orientali ed egizie gi allora assai popolari, e in
particolare Iside. Esse non vennero accolte nel calendario della religione di Stato, e i loro culti furono anche
temporaneamente proibiti. Se in rapporto allantica religione Augusto aveva proceduto con molta disinvoltura,
ampliandola, trasformandola e collegando i culti tradizionali alla sua persona e alla sua casa, qui invece la severit gli sembrava dobbligo. Le religioni estatiche dellOriente si rivolgevano al singolo individuo, non al cittadino, e questo era incompatibile con i princip della
religione di Stato. Il nuovo regime come gi in precedenza il Senato vedeva in questi culti un pericolo per

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

la romanit e un possibile focolaio di sovversione. Lunica eccezione riguardava quelle divinit che gi da
molto tempo si erano insediate a Roma e che erano state
accolte per i loro meriti nel culto di Stato. Ma anche in
questo caso mantenendo le dovute distanze.
Il tempio della Magna mater (Cibele) sul palatino, il
cui culto era stato introdotto nel 205 a. C. in base a un
responso dei Libri Sibillini, fu distrutto da un incendio
nellanno 3 d. C. Sebbene i poeti sottolineassero laspetto nazionale della Magna Mater, il suo legame coi
Troiani e la sua qualit di protettrice della citt e delle
mura, Augusto fece ricostruire ledificio, non lontano
dalla sua casa, non in marmo ma in tufo (peperino) e
riserv ai liberti quel culto straniero, con le sue danze
estatiche e i suoi sacerdoti dalle lunghe chiome (galli).
Daltra parte evidente che Augusto non restaur tutti
i templi nell anno 28 a. C., come egli stesso scrive nelle
Res Gestae. Anche qui cerano cose urgenti e altre meno
urgenti. Un tempio cos popolare come quello della Triade dionisiaca (Libero, Libera e Cerere) sullAventino,
distrutto da un incendio proprio lanno della battaglia
di Azio, fu riconsacrato solo da Tiberio nel 17 d. C.
(Dio. Cass., 50,10; Tac., Ann. II 49).
Quella sfilata di templi costruiti con criteri tanto
diversi suggeriva cos ai contemporanei il diverso rango
gerarchico delle varie divinit, e a dominare incontrastati erano i nuovi edifici di culto, fatti costruire da
Augusto per i suoi di.
La grandezza degli edifici corrispondeva alla grandezza delle divinit (Ov., Fast. V 553). Ma la quantit
di piccoli culti arcaici rifioriti allombra dei grandi santuari stabiliva un chiaro elemento di raccordo tra le religione augustea e lantica tradizione di Stato. La nuova
pietas poteva misurarsi con la religiosit degli antichi,
anche se lo splendore della nuova Roma superava di
gran lunga le memorie del passato:

Storia dellarte Einaudi

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Simplicitas rudis ante fuit; nunc aurea Roma est


et domiti magnas possidet orbis opes.
[una rozza semplicit regnava un tempo, ora Roma tutta
doro | e possiede le immense ricchezze del mondo a lei soggetto].
(Ov., Ars am. 111-113 sg.; trad. it. di E. Barelli).

Nuovi programmi figurativi.


Il vasto programma di architettura sacra, realizzato
lungo un arco di circa quarantanni, pose agli architetti
e agli artisti una massa di problemi formali e organizzativi di cui si erano avuti pochi esempi in passato: tra questi il grande programma edilizio dei sovrani di Pergamo.
La ricchezza dei materiali e delle decorazioni figurative
pretesa dai committenti e lestensione delle aree edificabili che si trattava di allestire in breve tempo affiancava ai problemi di organizzazione spaziale complessiva
la necessit di un ponderato programma figurativo e
ornamentale. Come realizzare per i lunghi porticati del
tempio di Apollo e di quello di Marte una decorazione
ingegnosa e al tempo stesso istruttiva, come richiedeva
Augusto per i suoi edifici? Come decorare le facciate dei
nuovi templi in modo da coniugare lattualit e il riferimento alla tradizione? Come collegare gli spazi interni le cellae con le altre parti del programma? Bisognava prendere in considerazione tutta una serie di elementi: le circostanze che avevano portato alla costruzione delledificio, le divinit connesse a quella titolare,
il rapporto fra queste divinit e il nuovo Stato e naturalmente il princeps.
Leffigie di una moneta raffigurante il tempio della
Concordia pu dare unidea del fitto intreccio figurativo che compariva sulle facciate dei templi augustei. Sulla

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sommit del frontone vediamo tre figure erette allacciate


fra loro, probabilmente la dea Concordia con due divinit affini e associate al suo culto, forse Pax e Salus,
oppure Securitas e Fortuna. Naturalmente anche labbraccio delle tre dee aveva un preciso significato. Le
figure armate e i trofei degli acroteri laterali si riferiscono ad Augusto, il cui trionfo aveva occasionato la
ricostruzione delledificio. Mancano sulla moneta le
figure del timpano, di cui pu darci per unidea il gruppo simbolico di divinit nel timpano del tempio di Marte
Ultore. Anche sui fianchi della scalinata vediamo due
statue dal significato pregnante, un Ercole e un Mercurio: simboli, il primo, della sicurezza (per esempio delle
strade), e il secondo del benessere apportato dal nuovo
regime.
La libert di scelta degli artisti era per notevolmente ridotta. Vedremo pi tardi come le figure e le
storie mitiche accolte ufficialmente nel nuovo mito di
Stato fossero piuttosto poche, ma anche la riservatezza
del princeps e la semplicit dei suoi simboli onorifici
imponeva limiti precisi. A ci va aggiunta poi la decisione di adottare un linguaggio artistico calmo e statico, richiamandosi, almeno agli inizi, a forme stilistiche
classiche e arcaiche. Interi ambiti della tradizionale
iconografia regale erano messi al bando per il loro carattere asiano: non troviamo cos nell arte augustea
nessuna scena di battaglia, n le consuete esaltazioni
del sovrano con movimentate scene di massa. In confronto alle straordinarie possibilit che si erano offerte, per esempio, al Maestro dellAltare di Pergamo,
linvenzione figurativa degli artisti augustei era costretta a muoversi in spazi molto angusti. Dovevano limitarsi a combinare fra loro i vari simboli evidenziandoli in maniera suggestiva, a escogitare auliche personificazioni coi rispettivi attributi, a progettare statue di
divinit o solenni immagini cultuali in stile arcaiciz-

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zante o classicheggiante. Lunico spazio veramente libero era lornamentazione, dove in effetti si svilupp un
linguaggio ricchissimo, non vincolato ad alcun canone
o tradizione. E questo vale non solo per lesuberante
decorazione architettonica, ma anche per tutte le parti
degli arredi mobili: perfino le basi delle statue e degli
ex-voto appaiono decorate con vere cascate di bande
ornamentali.
I visitatori dei nuovi edifici di culto si trovavano di
fronte a una situazione nuova: mai prima di allora avevano visto sfilare sotto i loro occhi delle serie figurative cos programmatiche. I raffronti didattici, le continue ripetizioni e combinazioni dei vari simboli, peraltro
non numerosi, le sapienti scenografie delle facciate, delle
statue e delle immagini avviavano il Romano incolto alla
lettura di quei programmi.
I contenuti essenziali erano semplici, ma la cosa pi
importante era ripeterli a ogni occasione, si trattasse di
feste religiose o di spettacoli teatrali, di immagini o di
parole. Anche il ricco programma del Foro di Augusto
si riduceva a poche immagini. La descrizione ovidiana
del nuovo edificio come una guida ragionata alla lettu-

Roma, Foro di Augusto, ricostruzione.

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ra, e pu dare unidea di come il grande pubblico reagisse a quelle sollecitazioni visive:
Poderoso Marte e poderoso il suo tempio. N diversa poteva essere la sua dimora nella citt di suo figlio
[Romolo]. Ledificio sarebbe degno anche delle vittorie sui
Giganti. Di qui Marte [Gradivus] potr scatenare in futuro guerre feroci, se un superbo ci provocher in Oriente,
o vorr in Occidente essere soggiogato [si tratta di unallusione alle cerimonie di Stato che si svolgevano nel Foro
in occasione della profectio dei generali]. Il potente in armi
[Marte] guarda verso il frontone del tempio e si rallegra che
gli di invitti occupano il posto pi elevato. Agli ingressi
vede armi di ogni foggia provenienti da tutti i paesi conquistati dal suo soldato [Augusto]. Da un lato vede Enea
col suo carico prezioso e intorno a lui i molti antenati
della casa Giulia; dallaltro Romolo, il figlio di Troia, con
le armi del nemico da lui stesso sconfitto e le statue dei
grandi romani con i titoli delle loro imprese gloriose. Solleva lo sguardo verso il tempio e vi legge il nome Augusto. Con questo nome il monumento gli sembra ancora
pi grande (Ov., Fast. V 553 sgg.).

Nella traduzione in prosa si perde ovviamente la


forza evocativa delloriginale. Si noti comunque con
quanta naturalezza larchitettura e le immagini venissero poste in relazione con le cerimonie di Stato, con
slogan e aspettative estremamente diffusi. Per quanto stratificati e complessi potessero essere i vari simboli, e per quanto litario fosse il linguaggio formale
arcaizzante e classicheggiante di alcune immagini, il
nucleo del messaggio era per comprensibile a tutti, e
non era solo ladulazione di Ovidio a vedere nella
devozione monumentale del sovrano un segno della
sua grandezza.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Feste e rituali.
Quanto si detto per il tempio di Marte Ultore vale
per tutti gli altri: non monumenti muti ma centri di vita,
soprattutto in occasione delle feste che li riguardavano,
e in particolare dei dies natales. Le feste che ricordavano la dedicazione e la fondazione dei vari santuari vennero sempre pi associate, col passare del tempo, alle
giornate commemorative del princeps o di importanti
avvenimenti della casa imperiale. I nuovi santuari venivano consacrati solo in questi giorni, e non poche delle
vecchie feste di dedicazione vennero fatte coincidere
con questi ultimi. Grazie ai calendari marmorei ritrovati
in varie citt dItalia, e grazie ai Fasti di Ovidio, possiamo farci unidea abbastanza precisa delle festivit
celebrate a Roma e nelle province dOccidente nei primi
anni dellimpero. Si trattava in gran parte di feste commemorative, giornate di preghiera e di ringraziamento
per la casa imperiale, mentre le festivit religiose si concentravano soprattutto nei giorni dedicati ad Augusto:
ben sette vennero fatte coincidere ad esempio col giorno del suo compleanno. Intorno alle date importanti si
raccoglievano diversi giorni di festa, che spesso diventavano veri e propri periodi di ferie, occupati da spettacoli teatrali e giochi del circo. Per i Romani dellepoca il corso dellanno era dunque scandito da un ritmo
regolare di feste dinastico-religiose, piene di suggestioni visive. In tutte le feste religiose si svolgevano rituali: i sacerdoti e le vittime sacrificali si recavano al tempio in processione solenne.
Nelle scene di sacrificio gli artisti erano soliti mettere in evidenza il numero prescritto, la specie e la bellezza degli animali sacrificati. Mentre per nelle raffigurazioni pi antiche le vittime sono rappresentate di
fianco allaltare in posizione di riposo, lattenzione si
sposta ora sul momento delluccisione. Su un rilievo

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della cosiddetta Ara Pietatis uno splendido toro viene


preparato al sacrificio. Su una coppa di Boscoreale il
servo (popa) sta prendendo lo slancio per colpire. La
nuova iconografia richiama insomma la drammatica
esperienza del rituale violento, col suo forte potenziale
emotivo: non solo viene raffigurato il momento delluccisione, ma la scena viene a trovarsi, con effetto quasi
opprimente, in primissimo piano. La facciata del tempio,
completamente sgombra, visibile a lato, assume di riflesso un accresciuto carattere simbolico: il tempio per cos
dire risplende sullo sfondo del sacrificio. Lo stretto legame fra rituale e cornice architettonica contribuisce in
modo decisivo alla suggestione degli aurea templa.
Questo vale anche per le parti interne dei templi,
splendidamente decorate con i materiali pi costosi. A
causa dei preziosi doni votivi che vi venivano esposti, i
locali interni erano generalmente chiusi, ma le porte dei
templi venivano spalancate nei dies natales, e in occasioni
particolarmente solenni, come i rituali delle supplicationes, questo avveniva contemporaneamente in tutti i santuari della citt. Attraverso le porte aperte si poteva allora scorgere limmagine del dio, e chi metteva piede nel
tempio veniva investito da una massa di stimoli visivi:
non solo la statua del dio ma anche lo splendore prezioso degli ex-voto e oggetti commemorativi carichi di storia. Il tempio della Concordia ad esempio, ospitava un
intero museo di sculture raccolte da Tiberio. Nel tempio di Marte cerano le insegne romane perse a suo
tempo da Crasso contro i Parti, accanto alle statue colossali dellabside. Lapertura al pubblico di queste camere del tesoro era un evento raro, e la curiosit ne era
ovviamente accresciuta.
In unepoca non ancora inondata di immagini, questi rituali religiosi dovevano costituire eventi di unintensit per noi non pi ricostruibile.
Di certe solennit, come linaugurazione del saeculum

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aureum nel 17 a. C., quando lo stesso princeps pronunci


formule magiche di esorcismo ed esegu personalmente
strani riti sacrificali di sapore arcaico, si parl ancora per
anni. Tant vero che queste scene si trovano poi
ripresentate per lungo tempo ancora sulle monete.
Se si considera il significato centrale del sacrificio e
del rituale nella vita quotidiana, non fa meraviglia che
il nuovo linguaggio figurativo sia dominato dalle allusioni simboliche a questa sfera. Non vi quasi monumento o edificio, anche privo di carattere sacrale, la
cui ornamentazione non presenti crani di animali sacrificati, patere, attributi sacerdotali o ghirlande intrecciate a bende rituali. Questi richiami alla sfera del sacrificio, che in passato spesso erano serviti come elementi
decorativi convenzionali, diventano ora simboli pregnanti della nuova pietas a cui gli artisti si sforzano di
conferire un significato pi intenso adottando nuove
soluzioni formali.
Ne sono un esempio particolarmente evidente i
bucrani. Mentre in precedenza si raffiguravano perlopi
vere teste di animali, ora gli artisti preferiscono la bianca ossatura della scatola cranica, molto pi suggestiva.
Sulle metope del pronao della basilica Emilia lossatura
del cranio appare finemente stratificata, mentre la suggestiva ornamentazione e la scura cavit delle orbite
aggiungono fascino allinsieme. Una benda sovradimensionata ne sottolinea il carattere sacrale.
Il lato interno dellAra Pacis allude a un recinto sacro
fatto di tavole e assi. Ma limmagine cos realistica e
suggestiva che, malgrado le pesanti ghirlande, i bucrani
sembrano simboli sospesi sullo sfondo vuoto, mentre le
bende svolazzanti e le patere stilizzate rimandano al rito
sacrificale. Qui, come anche altrove, le ghirlande contengono poi un messaggio ulteriore: diversi frutti, legati a varie stagioni dellanno e intrecciati fra loro vanno
intesi come unimmagine di pienezza e di benedizione.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Anche le piante e gli alberi sacri alle varie divinit


venivano raffigurati ovunque, ora con intento pi serio,
ora pi giocoso. Su un basamento di marmo lavorato con
particolare accuratezza vediamo distendersi i rami di un
pioppo, riprodotti con una minuziosit rituale, mentre
il pallido bucranio che compare sullalto acquista, cos
isolato, una forza espressiva emblematica.
Lefficacia di questi simboli religiosi dipendeva dunque, oltre che dalla loro onnipresenza, dallo stretto legame tra limmagine e lesperienza vissuta del rituale.
Quello che oggi pu apparirci, a posteriori, come puramente ornamentale e decorativo, era allora una novit
il cui significato va inteso nel peculiare quadro emotivo
della nuova epoca.
Le alte cariche sacerdotali.
Nelle feste dedicate agli di e nei riti sacrificali svolgevano ovviamente un ruolo centrale le confraternite
religiose riorganizzate o ripristinate da Augusto dopo il
29 a. C. Si potevano riconoscere e distinguere dai loro
costumi e attributi allantica: per esempio i flamines
dai cappucci di pelle con la punta di metallo (apex) e dai
mantelli di lana a pelo lungo, o i XV viri sacris faciundis,
dediti soprattutto al culto di Apollo, dalla tunica che
lasciava scoperta una spalla. Dalle poche raffigurazioni
conservate sembra di poter dire che, per quanto riguarda i costumi rituali, la restaurazione religiosa augustea
si attenne a un moderato arcaismo, non diverso da quello che ispir i minuziosi regolamenti degli alti sacerdoti: quanto bastava per sottolineare lantica origine dei
collegi, ma evitando ogni eccesso di formalismo (cfr.
Tac., Ann. 4, 16). Ma le antiche danze cultuali tornarono in vigore, e cos gli antichi canti liturgici, ormai in
parte del tutto incomprensibili.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Il collegio su cui abbiamo pi notizie quello degli


Arvali. Ricostituito da Augusto, e riservato al patriziato, esso era dedito in origine al servizio della dea Dia,
divinit agraria della fecondit. Un paio di volte allanno i fratres eseguivano cerimonie di sapore arcaico, nel
corso delle quali offrivano, in una specie di banchetto,
frutti e spighe, pronunciando formule solenni, e si riunivano nel boschetto sacro della dea, lontano dalla citt.
Ora per il loro compito principale consisteva nel recitare suppliche e nelloffrire sacrifici per la casa imperiale. Nelle loro riunioni veniva applicato un meticoloso protocollo, che imponeva di eseguire con estrema
precisione anche il minimo particolare del rito. Secondo la visione arcaica cio garantiva la validit religiosa dei
rituali e collegava nello stesso tempo le preghiere per il
sovrano alle traduzioni pi antiche. In determinate occasioni i fratres Arvales portavano in pubblico semplici
corone di spighe, allusione alla fertilit dei campi che era
loggetto delle loro preghiere. Ma quando Augusto compariva in pubblico con la corona di frater, i Romani del
tempo avranno visto in lui il re sponsabile dellapprovvigionamento alimentare della citt. Era dunque giusto
che gli Arvali pregassero soprattutto per lui, giacch era
Augusto che, per il grano, in ultima analisi, si doveva
ringraziare.
Laccesso alle cariche sacerdotali era riservato,
secondo il rango gerarchico dei vari collegi, a determinati gruppi sociali. Le magistrature e le confraternite pi
elevate erano un privilegio della nobilt e soprattutto
della nobilt pi antica, il patriziato. Ma Augusto poteva anche nominare membri di sua scelta. E poich cerano molti meno posti negli alti collegi sacerdotali che
in Senato, lappartenenza a una o pi di essi diventava
un segno di estrema distinzione sociale: cerano persone che si toglievano la vita per essere state private di una
carica sacerdotale o per non avervi potuto accedere

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

(Tac., Ann. 6,40). Le uscite pubbliche dei collegi, e in


particolare di quelli connessi a determinati privilegi,
come i posti donore in teatro, mettevano continuamente sotto gli occhi dellintera societ romana lo status speciale dei sacerdoti (cfr. Luc., I 584 sgg.).
A conclusioni analoghe si pu arrivare osservando
lAra Pacis Augustae, fatta erigere dal Senato tra il 13 e
il 9 a. C. in onore di Augusto per il suo felice ritorno
dalla Gallia e dalla Spagna. Sui lati esterni del recinto
marmoreo si trova raffigurata, in due lunghi rilievi, una
processione solenne. Due terzi del campo visivo sono
riservati ai membri dei quattro pi importanti collegi
sacerdotali (pontifices, augures, XV viri sacris faciundis,
VII viri epulonum) e ai quattro flamines. Augusto e
Agrippa camminano accanto ai flamines. A un primo
sguardo le loro figure si confondono nel fitto corteo, ma
mentre gli altri partecipanti alla processione portano
quasi tutti una semplice corona, essi hanno la toga tirata sul capo (come anche due togati sul lato nord), che li
qualifica come i due massimi sacerdoti. Solo un osservatore molto attento si accorge che accanto ad Augusto
si affolla il maggior numero di littori, che il corteo sembra quasi fermarsi alla sua altezza, che gli accompagnatori formano un cerchio attorno a lui e che
Agusto leggermente pi alto degli altri, bench in
realt fosse di bassa statura e portasse per questo calzature pi alte del normale.
In armonia col nuovo spirito della religione di Stato,
il sacrificio annuale alla Pax Augusta non fu affidato a
un singolo collegio ma ai magistrati e a tutte le alte confraternite religiose, incluse le vergini Vestali (Res Gestae
12). In passato le varie confraternite presiedevano soltanto a culti specifici, con la possibilit peraltro di esercitare una notevole pressione politica, soprattutto con
la pratica della divinazione e linterrogazione rituale dei
libri sibillini. Sotto Augusto, invece, i collegi sacerdotali

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

compaiono sempre pi spesso insieme: ne risultava un


quadro molto scenografico, ma la funzione effettiva
dei sacerdoti si riduceva ormai alla sola preghiera. In
questo modo gli omina (presagi) infausti erano esclusi,
i libri sibillini erano ben custoditi sotto la statua dellApollo palatino, e prima delle campagne militari era
lo stesso princeps a trarre gli auspici (auguria), naturalmente favorevoli. Nella sua mano il lituus era qualcosa
di pi che un semplice contrassegno sacerdotale: esso
diventava uno strumento di mediazione tra gli di e gli
uomini.
Il capo coperto dei sacerdoti celebranti sullAra Pacis
indica che le cerimonie hanno gi avuto inizio. Una
donna sullo sfondo invita al silenzio. Il fitto corteo di
figure togate esprime unidea di uguaglianza e di unit.
Lo stile della raffigurazione ispirato a modelli classici
nella struttura compositiva e nella qualit del rilievo
trasferisce lavvenimento in una sfera atemporale. Non
tutti i personaggi raffigurati erano effettivamente a
Roma il giorno della cerimonia: al Senato, che era il
committente, non interessava neppure che i singoli partecipanti fossero riconoscibili, ma che risultasse con
chiarezza larticolazione dei vari gruppi sacerdotali.
Significativamente solo i personaggi pi importanti
sono raffigurati con precisione ritrattistica: gli altri
hanno volti ideali e perci anonima. Le figure del corteo rappresentano la funzione e non il singolo, occasionale funzionario. Rivalit e ambizioni personali hanno
ceduto il passo al dovere comune, al servizio di una
nuova pietas che cancella i problemi di gerarchia e di
potere. Lattimo storico diventato limmagine di un
ordine eterno.
Il corteo dei sacerdoti seguito su entrambi i lati del
recinto marmoreo dai membri della famiglia imperale,
anche loro incoronati e con dei ramoscelli dalloro in
mano. Dalla continuit della famiglia del princeps dipen-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

de infatti la prosperit dello Stato: Affinch la casa che


garantisce la pace duri in eterno, cantavano i sacerdoti (Ov., Fast. I 721). Le donne indossano semplici vesti,
drappeggiate in parte alla maniera delle statue classiche.
In mezzo alle donne compare Druso, che in quel momento si trovava nel Nord con le sue truppe, riconoscibile per il costume militare. Ma in primo piano vediamo i bambini della famiglia imperiale, i garanti del futuro, attaccati alle vesti dei genitori. Lallineamento, in
apparenza sciolto, nasconde in realt un ordine preciso:
per quanto possibile di identificarli, figli e genitori
della famiglia imperiale sono messi in fila secondo il
loro grado di vicinanza al trono.
La processione rituale dellAra Pacis era una proiezione ideale estremamente consapevole del nuovo
Stato, voluta beninteso non da Augusto ma dal Senato, in onore suo e del nuovo regime. Abbiamo qui
davanti agli occhi quasi unimmagine ufficiale della
nuova classe dirigente ai suoi vertici, e possiamo vedere fino a che punto essa si identificasse, almeno allesterno, col nuovo stato di cose. Quanto vi sia in questa scena di costruito e quanto di taciuto, fino a che
punto lartificiosit dello stile tradisca una mascherata
o unimmagine di desiderio, questione che lasciamo
aperta. Ma per quanto la realt politica appaia qui
trasfigurata, probabile che a molti contemporanei
limmagine sembrasse meno astratta che a noi. Perch
il popolo di Roma aveva unesperienza continua di quei
cortei rituali, e aveva imparato anno dopo anno che la
cosa pi importante non era il potere politico o lattivit del Senato, e nemmeno il successo militare, ma la
piet verso gli dei e, collegato a questa, il benessere
della famiglia imperiale.
La stessa concezione si ritrova in un fregio a natura morta, proveniente da un edificio pubblico nella
zona del Portico di Ottavia. Mentre sullAra Pacis sono

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raffigurati i membri dellalto clero, qui vediamo i loro


simboli sotto forma di attributi e oggetti rituali: il lituus (scettro ricurvo) degli augures, il cappuccio con lapex dei flamines, lacerra (cassetta per lincenso) e lanfora per le libagioni col ramoscello dalloro dei XV viri
sacris faciundis, il simpuvium (mestolo) dei pontefices, la
patera (vassoio sacrificale) dei VII viri epulonum. Vengono poi gli oggetti liturgici (il fazzoletto, mappa, e laspersorio, aspergillum), gli strumenti professionali del
sacrificio (la scure, il pugnale, il coltello) e, in particolare evidenza, bucrani e candelabri. Oltre a essere
nuovo in s, questo assortimento di oggetti sacri si
trova in una strana compagnia: parti della poppa e della
prua di una nave, timoni e ancore, con chiara allusione
alla vittoria di Azio e pi ancora ai vincitori (a cui si
richiamano le teste di divinit e la lupa capitolina). Il
senso della composizione chiarissimo: la vittoria di
Azio come conseguenza della devozione religiosa. Le
bende sacre fluttuano un po dovunque sopra le armi e
gli oggetti di culto, pietas e virtus sono i fondamenti
dello Stato rinnovato.
Il fregio un buon esempio di come sapienza compositiva e qualit dellesecuzione potessero mitigare la
monotonia del messaggio. Proprio perch ripetuti e realizzati in forme esteticamente comprensibili i nuovi simboli poterono diffondersi su vasta scala e imprimersi
efficacemente nella memoria collettiva.
Sacerdozio e status sociale.
Il princeps era egli stesso il primo e pi efficace
esempio di devozione: era membro dei pi importanti collegi sacerdotali, ed era di fatto il sommo sacerdote gi molto tempo prima di rivestire la carica di
pontifex maximus, nel 12 a. C. Cos risulta dalleffigie

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di una moneta in cui compaiono gli attributi delle


quattro principali confraternite, e cos afferma lo stesso Augusto:
Fui pontifex maximus e augur, appartenni ai collegi dei XV
viri sacris faciundis e dei VII viri epulones, fui frater Arvalis,
sodalis Titius e fetialis (Res Gestae 7).

La sua ostentata devozione dimostrava che il princeps


vedeva il suo compito e il suo onore supremo nel compimento dei servizi religiosi. A partire al pi tardi dai
ludi saeculares del 17 a. C., ma probabilmente gi negli
anni venti, Augusto lasci intendere che nelle statue
erette in suo onore si sarebbe visto volentieri raffigurare come togatus intento al sacrificio o alla preghiera, ed
infatti sorprendente il numero dei ritratti di Augusto
sulle monete e nelle statue che mostrano il princeps
avvolto nella toga e a capo coperto. Perfino in Grecia e
in Asia Minore, dove questo tipo di ritratto celebrativo
era assai poco popolare, furono erette non di rado statue sullo stesso modello. Limmagine che il princeps
devoto proponeva di se stesso fu dunque largamente
accettata, n dispiaceva la possibilit di celebrano in una
forma cos discreta.
Questo nuovo tipo di statua onoraria si adattava
ottimamente alla mutata situazione politica, accantonando la difficile questione del rapporto tra regime e
potere effettivo: non si poteva immaginare un contrasto
pi netto tra le nuove statue togate e i nudi trionfali dellepoca anteriore alla restitutio rei publicae.
Limmagine discreta del togatus officiante non intendeva per affatto nascondere le prerogative divine di
Augusto, come mostrano le statuette del suo genius;
offerte in migliaia di esemplari al culto pubblico e privato: e anche queste lo raffiguravano come un togatus a
capo coperto. La figura paterna del sovrano diventava

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cos oggetto della stessa venerazione che le famiglie tributavano da sempre al genius del pater familias. E nellanno 2 a. C. Augusto aveva quasi sessantun anni
il Senato e il popolo gli conferirono solennemente il
titolo di pater patriae, in occasione della consacrazione
del Foro di Augusto (Res Gestae 35).
Lesempio di Augusto fece scuola. Principi e aristocratici, notabili delle citt e liberti, e perfino schiavi di
fama adottarono lo schema iconografico del sacrificante per i propri ritratti celebrativi. Ovunque vi fosse
bisogno di un modello, si imitava lImperatore e la sua
famiglia.
Il nuovo stile di potere incominci a dare i suoi frutti. La piramide sociale possiede ora un vertice ben visibile dalla totalit dei cittadini: limperatore e la sua
famiglia dnno il tono in ogni ambito della vita sociale, dai costumi al taglio dei capelli. E questo non solo
per le classi alte ma per lintera societ romana.
I cittadini pi zelanti di ogni ceto incominciarono a
contendersi le cariche religiose: le varie funzioni, vecchie
e nuove, legate al culto offrivano a tutti la possibilit di
mettersi in mostra e di identificarsi col nuovo Stato. Il
princeps interveniva come moderatore e distribuiva le
varie cariche: cos ad esempio fece assegnare agli equites
il culto antico ma ormai insignificante dei Lupercali.
Il rituale, destinato in origine alla protezione e alla
crescita delle greggi, comportava luccisione di un cane,
mentre i sacerdoti (luperci), vestiti di un semplice perizoma, eseguivano una danza saltellante intorno al Palatino e le donne venivano colpite con una frusta fatta di
pelle di capra. facile immaginare che questo arcaico
rituale di fecondit poteva avere un effetto comico nello
scenario della metropoli, e per questo motivo Augusto
proib che gli adolescenti assistessero al rito. Ma anche
in questo caso si trattava di una carica ambita: di recente sono state ritrovate statue onorarie di luperci di et

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protoagustea, dove la nudit, classicamente stilizzata, e


gli attributi rituali del perizoma e della frusta di pelle di
capra, formavano un quadro dinsieme accettabile anche
per un pubblico raffinato.
I liberti pi in vista potevano far valere il proprio
rango sociale nei piccoli santuari delle corporazioni artigiane, ma soprattutto come magistri dei culti compitali
che si svolgevano nei 265 vici (circoscrizioni urbane)
creati da Augusto (7 a. C.). I culti rionali erano dedicati in origine ai Lari, spiriti protettori dellantica religione agraria, che venivano ora raffigurati nellatto di danzare con la cornucopia in mano e venerati a coppie come
divinit di quartiere. Ma accanto ai Lari si trovavano ora
dappertutto le statuette del genius di Augusto, il nuovo
e principale destinatario dei culti rionali: era lui, infatti, il vero protettore e custode della citt. Augusto aveva
creato i presupposti per il riordino del culto dei Lari
anzitutto con la sua riforma del sistema amministrativo;
ma la ricostruzione del tempio dei Lari sulla Velia contribu non poco a rianimare il vecchio culto e a promuovere la costruzione delle nuove edicole ai crocicchi
dei vari vici. Il compito di provvedere alle edicole e alle
funzioni del culto spettava per unicamente agli abitanti
dei singoli rioni, e in particolare ai quattro magistri e
quattro ministri eletti ogni anno. A quali opere si dedicassero soprattutto i magistri dei vari compita risulta
dalla preziosa decorazione marmorea d4 Compitum
Acili, eretto nel 5 a. C. Una scritta a grandi lettere sulla
trabeazione dedica il santuario dei Lari allo stesso Augusto, ma sullarchitrave i magistri si attribuiscono orgogliosamente la qualifica di dedicanti.
I magistri dei primi anni provvedevano di regola
anche agli altari, e sfruttavano loccasione per farsi raffigurare come pii sacrificanti. Sullaltare del Vicus
Aescletus (2 d. C.), al Palazzo dei Conservatori, i quattro magistri sono raffigurati addirittura in primo piano

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

nel momento del sacrificio: al suono di un flauto versano insieme le loro patere sullaltare. Il toro e il verro
sono l pronti per il sacrificio, ma lo scultore li ha rimpiccioliti in maniera quasi grottesca per dare maggior
risalto ai sacerdoti. La presenza di un littore sottolinea
il rango quasi ufficiale del magister, che nellesercizio
delle sue funzioni cultuali aveva infatti diritto a un assistente, mentre il pretore ne aveva sei e il princeps (come
anche il console) ben dodici.
Il ruolo di minister era invece ricoperto da schiavi
particolarmente fidati e meritevoli, e anche per loro si
trattava di un incarico ufficiale, che conferiva al ministro un prestigio sociale tangibile e riconosciuto da
tutti, per esempio nelle processioni delle feste per lImperatore. Anchessi pertanto offrivano ex-voto ed altari nelle cappelle dedicate ai Lari: su uno di questi altari
si vedono tre ministri, di statura modesta e in abito servile, mentre ricevono con gesto riverente le statuette
cultuali dei Lari dalle mani di un personaggio togato di
statura decisamente pi alta. Probabilmente si tratta
niente meno che dello stesso Augusto, accompagnato dai
principi Gaio e Lucio Cesare: il fatto che si vedano solo
le due statuette dei Lari e non quella del genius Augusti
sembra confermare questa interpretazione ( difficile
pensare che Augusto offra la statuetta del proprio
genius!)
Anche gli schiavi possono dunque prendere parte alla
nuova pietas, e anche il loro abito servile assume, nel servizio sacro, un significato socialmente prestigioso.
Fino a che punto la pietas condizionasse, in chiave
dimostrativa e pedagogica, i rapporti tra il princeps e la
plebs, si pu vedere dalle sue reazioni agli onori che gli
venivano assegnati e al culto del suo genio nelle cappelle dei Lari. Augusto ricambiava quegli atti di omaggio con sempre nuovi gesti di devozione: dopo aver
fatto fondere nel 28 a. C. le sue statue dargento e aver-

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

le fatte sostituire coi tripodi doro per il culto di Apollo, super ogni altro cittadino nellofferta di doni votivi e immagini sacre. Si svilupp cos un sistema di doni
e contraccambi di sapore senzaltro arcaicizzante e che
mettevano capo a sempre nuove immagini.
Ne sono un buon esempio i doni per lanno nuovo:
i rappresentanti dei tre ceti (ordines) gettavano ogni
anno una moneta nel Lacus Curtius sul Foro, che in
epoca augustea era ormai un bacino asciutto. Quel gesto rappresentava un voto sempre rinnovato per la salute dellImperatore, e ad esso si accompagnava, il primo
di gennaio, un regalo per lanno nuovo, anche quando
lImperatore era assente. Augusto lo utilizzava per comprare le immagini sacre pi preziose, che faceva poi
sistemare a turno (vicatim) nei santuari dei diversi rioni
della citt: cos ad esempio le statue dellApollo Sandalarius e dello Jupiter Tragoedus (Suet., Aug. 57). Alcuni
basamenti di queste statue si sono conservati e attestano ex-voto del princeps per Mercurio, Vulcano e i Lares
publici. Si pu supporre che immagini di questo tipo si
trovassero ugualmente nei pubblici santuari, nei tempietti rionali e anche nei luoghi di culto delle corporazioni artigiane.
Nel Museo Capitolino si trova un altare votivo augusteo in cui raffigurata probabilmente lofferta di una
statua di Minerva ai ministri di un collegio di carpentieri
da parte dello stesso Augusto. Il princeps supera per un
buon terzo di statura i ministri raffigurati nel loro abito
servile; sul lato opposto dellaltare uno dei magistri offre
un sacrificio davanti alla stessa statua di Minerva. Sul
lato breve si vedono i loro strumenti del mestiere, seghe
e scuri ma anche elmi, poich i membri del collegio
erano anche vigili del fuoco. Tra queste insegne
professionali, ma pi grandi e in forte evidenza, si trovano poi vari oggetti di culto: un lituus, un galerus con
lapex e un grosso coltello sacrificale. Come nel caso del

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

fregio esaminato in precedenza essi non vanno riferiti a


un rito preciso, n hanno a che fare col culto di Minerva a cui il collegio era consacrato, ma vanno intesi come
simboli generici di devozione: anche il lavoro degli artigiani acquista il suo valore solo allinterno di una cornice religiosa.
Lesempio tipico. Partecipe della nuova mentalit
religiosa, una corporazione di artigiani istituisce un
nuovo culto collegiale. Il princeps offre nel piccolo santuario limmagine sacra o una statua votiva. I magistri o
ministri rispondono dedicando un altare votivo o anche
unaltra statua di divinit. In questo caso si trattava
spesso di personificazioni, come Concordia, Pax, Securitas, ecc. Quasi sempre, poi, queste divinit sono accompagnate dallepiteto augustus o augusta in chiaro segno di
omaggio al princeps. Di un certo N. Lucius Hermeros,
che fu pi volte magister di un santuario dei Lari, conosciamo ad esempio ben tre ex-voto dedicati rispettivamente a Venus Augusta, a Mercurius Augustus e ad Ercole. Lo scambio di oggetti sacri consentiva dunque un
rapporto diretto tra il sovrano e la plebs, a cui potevano
prendere parte anche i personaggi emergenti dei ceti
inferiori e perfino gli schiavi.
In precedenza i culti rionali e collegiali erano stati
non di rado focolai di inquietudine sociale, e ancora nel
22 a. C. Augusto aveva reagito con misure restrittive.
Ma, a partire dallanno 7 a. C., i nuovi centri di culto
diventano punti fermi nel rapporto fra il sovrano e il
popolo: un rapporto condizionato dalle forme della religione. I luoghi consacrati ai culti compitali, nei crocicchi delle strade e sulle piazze dei singoli quartieri, sono
al centro della vita sociale, mentre i rituali e le feste
forniscono una cornice adeguata alla suggestione delle
immagini e dei simboli.

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

2.

PUBLICA MAGNIFICENTIA.

Ho notato che non ti curi soltanto del bene comune e


dellamministrazione dello Stato, ma anche della funzionalit dei pubblici edifici, affinch grazie a te lo Stato non
si arricchisca solo di nuove province, ma anche di costruzioni pubbliche la cui dignit e grandiosit corrisponda alla
maest dellImpero. [...] Poich mi sento obbligato verso
di te per tale beneficio, che mi libera per sempre dal timore del bisogno, ho deciso di scrivere per te questi libri. Ho
visto infatti quanto hai gi costruito, quanto sta tuttora
costruendo e quanto intendi fare anche in futuro affinch
ledilizia pubblica e privata testimoni ai posteri la grandezza delle tue azioni (Vitruvio, Prefazione ai dieci libri
De architectura).

Il popolo romano detesta il lusso privato, ma ama


la sontuosit nei pubblici edifici [publica magnificentia]: cos si era espresso Cicerone evocando il suo ideale di antica moralit (Mur. 76), quando i Romani avevano ormai sotto gli occhi lesatto contrario, ossia unimmagine pubblica piuttosto misera a cui faceva riscontro
uneccessiva ostentazione di ricchezza privata. Gli slogan degli intellettuali tardo repubblicani davano al problema un forte colore emotivo. Il princeps doveva intervenire, ma come? Tutti vedevano che nello Stato ristabilito da Augusto erano solo cambiati i proprietari dei
grandi palazzi, coi loro atrii immensi e i vasti parchi e
giardini sui colli della citt, che continuavano a chiamarsi col nome eufemistico e arcaicizzante di horti. I
proprietari di quei palazzi, dal tenore di vita principesco cerano dame i cui gioielli valevano molti milioni
di sesterzi erano naturalmente i principali collaboratori di Augusto, arricchitisi al suo servizio, e un drastico mutamento del sistema di propriet non era immaginabile.

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Ma il princeps poteva costruire splendidi edifici per


il tempo libero, e additare alla pubblica attenzione limmoralit della privata luxuria. Le timide leggi contro i
sumptus, miranti a contenere le spese per i banchetti oil
lusso dellabbigliamento femminile, furono ovviamente
inefficaci e servirono solo a perfezionare limmagine
del regime. Non mancarono, tuttavia, alcuni gesti simbolici di forte effetto.
Il princeps scende in campo contro il lusso privato.
Nell anno 15 a. C. mor Vedio Pollione, originario
di una famiglia di liberti e promosso cavaliere: comera
ormai costume lasci al princeps per testamento una
parte del suo cospicuo patrimonio, compreso il suo
palazzo cittadino, con limpegno di costruire uno splendido edificio per il popolo. Negli anni precedenti, Vedio
Pollione aveva reso buoni servigi ad Augusto, contribuendo fra laltro come esperto finanziario alla riorganizzazione economica dellAsia Minore. Insomma, un
oscuro dignitario e, com facile immaginarsi, una figura impopolare: si mormorava perfino che per punire i
suoi schiavi li gettasse vivi in pasto alle murene. Il suo
palazzo cittadino nellaffollatissima Subura (Esquilino),
grande come una piccola citt (Ovidio), era unesibizione provocatoria di lusso privato. Si offriva dunque la
possibilit di uniniziativa esemplare: il palazzo fu raso
al suolo e restituito al popolo, Livia e Tiberio vi
costruirono la splendida Porticus Liviae (7 a. C.), mentre il nome del vizioso Vedio Pollione fu condannato
alloblio. Come ebbe a commentare Ovidio: questo
significa fare il censore, questo significa dare lesempio
(Fast. VI 642).
Su un frammento della Forma Urbis (la pianta in
marmo della citt disegnata nel III secolo d. C.) la Por-

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ticus Liviae appare come un poderoso quadrilatero di


circa 115 x 75 metri, edificato in mezzo a un antico groviglio di strade: ci si pu fare unidea delle dimensioni
e della posizione provocatoria del palazzo di Vedio,
affacciato senza alcun riguardo su una stradina e con un
angolo proteso in una via traversa. La Porticus Liviae
occupava lintero spazio edificabile del palazzo di Vedio,
ma larchitetto della casa imperiale non si preoccup di
intervenire sul sistema stradale preesistente, e il quartiere conserv il suo vecchio volto. Lo splendore della
pubblica magnificentia era qui rivolto tutto allinterno.
Un altro exemplum, diverso ma non meno efficace,
furono le quattro colonne provenienti dallatrio di
Marco Emilio Scauro. Quelle colonne, molto alte e preziose, le aveva fatte trasportare Scauro dalla Grecia, ed
erano poi state sistemate a scopo di propaganda elettorale nella scena del suo celebre ed effimero teatro di
legno, sovraccarico di opere darte, quando Scauro rivestiva la carica di edile, nellanno 58 a. C. (Plin., Nat.
hist. XVII 5 sg.; XXXVI 6). Successivamente erano
state trasferite nel suo palazzo. Anche in questo caso il
princeps fece abbattere una parte delledificio e restitu
al popolo le quattro colonne, cos ricche di valore simbolico, facendole inserire nella scena del teatro di Marcello. Da quel momento il popolo le avrebbe avute sotto
gli occhi come monito e simbolo di prestigio (Asc. in
Cic., Scaur. 45).
La Porticus Liviae doveva costituire unattrazione
molto forte per gli abitanti del quartiere, che lasciandosi alle spalle loscurit delle loro abitazioni e lintrico di viuzze tortuose della Subura potevano ora mettere piede negli splendidi porticati adorni di opere
darte, e godere la luce e laria buona dei giardini, il
piacere delle fontane e dei pergolati. In precedenza le
aree verdi si trovavano lontano, nel Campo Marzio
presso il Circo Flaminio: ora la casa imperiale offriva

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anche alla plebs piaceri che un tempo erano riservati ai


ricchi. Come i portici pi antichi, anche la Porticus
Liviae serviva a dar lustro ai suoi fondatori, ma lo stile
adesso era diverso, si era fatto esemplare e pedagogico: allinterno del complesso Livia dedic un santuario alla Concordia, che venne significativamente consacrato nel giorno della Mater Matuta. A differenza
della dea venerata sul Foro, la Concordia era qui la protettrice della felicit domestica, e la famiglia imperiale si proponeva quale modello di una armoniosa vita
coniugale. In epoca pi tarda le giovani coppie di sposi
offriranno sacrifici davanti al gruppo statuario della
coppia imperiale, raffigurata come Marte e Venere nellatto di abbracciarsi.
Ville per il popolo.

Abbell talmente lUrbe, priva ancora della grandiosit


che la maest dellimpero richiedeva ed esposta a incendi e
inondazioni, che pot giustamente gloriarsi di aver trovato
una citt di mattoni e di lascarla di marmo (Suet., Aug. 28).

Oltre ai nuovi templi furono soprattutto i grandi


complessi ricreativi quelli che diedero a Roma un nuovo
volto. Mentre Augusto riserv a se stesso la costruzione degli edifici sacri, in questo campo si fece coadiuvare
non solo dai membri della sua famiglia ma anche dagli
amici. Il pi importante tra i suoi collaboratori fu Agrippa, la cui ferrea lealt verso Augusto lo fece valere anche
qui come il numero due del regime. Egli mise il suo
genio organizzativo le sue grandiose sostanze al servizio
esclusivo della citt e del suo rinnovamento urbanistico. Negli anni dopo Azio fece in modo che le promesse
demagogiche del 33 a. C. venissero mantenute una dopo
laltra. Anzitutto provvide alla riorganizzazione del-

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lapprovvigionamento idrico: attraverso gli acquedotti,


in parte riparati e in parte costruiti ex novo, grandiose
masse dacqua affluirono nella citt, cos da riempire,
attraverso centotrenta castelli di distribuzione, le settecento vasche di raccolta fatte costruire, secondo Plinio,
proprio in quegli anni (Plin., Nat. hist. XXXVI 121;
XXXI 51; Front., Aqu. 9). Le poderose arcate degli acquedotti davano al paesaggio unimpronta inconfondibile e ricordavano ovunque, insieme alle centinaia di
nuove fontane, la presenza ristoratrice dellacqua corrente nellangustia afosa della grande citt. Naturalmente i ricchi non persero loccasione per farsi costruire allacciamenti per uso privato.
La nuova Aqua virgo, inaugurata nel 19 a. C., serviva soprattutto allalimentazione delle terme fatte
costruire da Agrippa nella zona occidentale del Campo
Marzio vicino al Pantheon: si trattava delle prime terme
pubbliche di Roma. Confrontati con gli stabilimenti termali di epoca posteriore, i locali per lacqua e laria
calda appaiono ancora modesti, ma con i suoi ampi giardini, il laghetto artificiale (Stagnum Agrippae) adibito a
piscina (natatio) e gli impianti sportivi il complesso ricordava da vicino i ginnasi delle citt greche. Che la
somiglianza fosse voluta, malgrado la diversa denominazione, risulta dal fatto che Agrippa fece collocare lApoxyomenos di Lisippo davanti alledificio principale,
quasi a simbolo dellintero complesso. Unaltra lacuna
nellimmagine urbana era colmata.
Le terme occupavano la parte centrale dei Monumenta Agrippae: verso est confinavano con i Saepta Iulia, verso
nord col Pantheon. A est, oltre la Via Lata (oggi Via del
Corso), cera il Campus Agrippae, un parco celebre per le
sue belle piante di alloro, come pure la Porticus Vipsania,
che prendeva il nome dalla sorella di Agrippa; a ovest,
insieme alla villa di Agrippa, scuderie e maneggi per i
cavalli. Agrippa pot costruire tutti questi edifici e

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Roma, il Campo Marzio allepoca di Augusto.

impianti su terreni di sua propriet: terreni che in gran


parte erano appartenuti a Pompeo e ad Antonio.
La gigantesca area ricreativa davanti alle mura si
presentava come una sorta di villa a uso del popolo,
che poteva godervi in ogni caso i piaceri proverbiali
delle grandi ville: parchi, sentieri lungo i corsi dacqua
(euripus), bagni caldi, impianti sportivi e una quantit di
opere dellarte greca sparse dappertutto. Del resto,

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Agrippa aveva abbellito con statue e colonne (si pensi


alla celebre Hydra sul Foro) anche i suoi acquedotti e le
fontane (Plin., Nat. hist. XXXVI 121), mettendo cos in
pratica il discorso sulla necessit di esporre in pubblico tutte le immagini e le statue (greche), che lui stesso
aveva tenuto nel 33 a. C. Plinio, che conosceva quel
discorso, lo definisce grandioso e degno del miglior cittadino, e lo mette in rapporto con gli exilia subiti in
passato dalle opere darte nelle ville dei ricchi (Plin.,
Nat. hist. XXXV 26). Su questo punto gli intellettuali
tardo repubblicani avevano molto insistito, e il princeps
con i suoi collaboratori rispose con gesti ad effetto. Di
una espropriazione sistematica delle opere darte in
mano ai privati non si poteva naturalmente parlare, ma
si potevano intraprendere iniziative demagogiche di
grande efficacia. E laspetto decisivo non era la quantit di opere darte rese ora accessibili al grande pubblico, ma il fatto che la cosa avvenisse secondo un piano
preciso. Il popolo si sentiva il vero proprietario di quelle celebrit: lo si sarebbe visto pi tardi, quando Tiberio tenter di far portare nel suo palazzo lApoxyomenos
di Lisippo e la plebe si opporr con successo al colpo di
mano (Plin., Nat. hist. XXXIV 62).
Al centro degli edifici di Agrippa sorgeva il vecchio
Pantheon, precursore di quello adrianeo, che anche qui,
nel cuore dellarea dedicata al tempo libero, richiamava
lattenzione sulla figura di Augusto. Secondo il costume
ellenistico il Pantheon era infatti destinato al culto del
sovrano e dei suoi di tutelari, e in origine la statua di
Augusto doveva venire collocata proprio nel centro del
sacrario, fra quelle delle sue divinit tutelari. Conformemente al nuovo stile, dopo la svolta del 27 a. C.
Augusto volle che la statua venisse allontanata dalla
cella del tempio e collocata nel pronao, accanto alla statua di Agrippa (Dio. Cass., 53,27,2). Ma il gesto non
modific in nulla la funzione delledificio. Il frontone

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del tempio, come anche quello del Pantheon posteriore,


era probabilmente decorato con una corona civica sorretta dallaquila di Giove.
Proprio accanto al Pantheon sorgevano i Saepta, la
costruzione che conteneva la pi vasta area non edificata
della citt: si trattava di un ambiente destinato agli scrutini elettorali della plebs, secondo un progetto gi di
Cesare, che Agrippa realizz ora nellambito del suo
piano urbanistico. Larea era delimitata da due porticati marmorei lunghi 300 metri e da un edificio largo 95
metri per lo spoglio dei voti (diribitorium).
Lenorme edificio veniva insomma a simboleggiare
la dignit politica della plebe proprio quando il popolo
aveva ormai sempre meno occasioni di andare alle urne
(e tra breve non ne avrebbe pi avuta nessuna). In
realt, i Saepta sarebbero serviti soprattutto ai combattimenti dei gladiatori e alle naumachie, ma venivano utilizzati volentieri anche per dare una cornice spettacolare agli incontri fra il popolo e la casa imperiale: fu qui,
ad esempio, che Tiberio venne accolto con entusiasmo
dopo le sue vittorie sugli Illiri.
Come molti altri portici, i Saepta erano usati da mercanti di ogni genere come un grande bazar, ed erano
pieni di sfaccendati in tutte le ore del giorno. Anche qui
si potevano vedere celebri opere darte, tra cui due gruppi ellenistici fatti collocare da Agrippa: il centauro Chirone col suo discepolo Achille, e Pan che insegna a suonare la siringa al giovane Olimpo (Plin., Nat. hist.
XXXVI 36,29). I due gruppi maestro-allievo si riferivano forse alle lezioni scolastiche che si tenevano sicuramente anche allinterno dei Saepta. Quanto al gruppo
omoerotico di Pan e Olimpo, esso dimostra come Agrippa non fosse affatto un moralista nelle questioni darte,
e fosse anzi piuttosto incline ai piaceri dei sensi.
Ai propri meriti personali Agrippa alludeva con
molto riserbo. Uno dei lunghi porticati presentava un

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ciclo pittorico dedicato allimpresa degli Argonauti: qui,


come anche nel nome della Basilica Neptuni, si pu vedere unallusione ai suoi buoni servigi di ammiraglio, per
i quali Augusto lo aveva gi ricompensato dopo Nauloco con una corona rostrata. per significativo il fatto
che Agrippa non volle dare il proprio nome alledificio,
ma lo consacr come Saepta Iulia (26 a. C.).
Anche la mappa dellimpero fatta redigere da Agrippa e sistemata poi da Augusto nella Porticus Vipsania
(Plin., Nat. hist. III 17), serviva a intrattenere la folla a
passeggio: il suo scopo era di fornire unidea dellimpero
e di rafforzare nei Romani lorgoglio di essere il princeps terrarum populus (Liv., Praef.). Si pensi alle suggestive mappe marmoree dellImperium Romanum fatte collocare da Mussolini sulle rovine della Roma antica lungo
quella che allora si chiamava appunto Via dellImpero.
Vicino ai luoghi venerabili del Foro, e nellambito del
suo programma di edilizia stradale, gi nel 20 a. C.
Augusto aveva fatto collocare una pietra miliare dorata
(miliarum aureum), simbolo di Roma come centro del
mondo.
Anche lapprovvigionamento dei cereali era unoccasione per ricordare al signore dei popoli la sua dignit:
gli Horrea Agrippiana, di cui studi recenti hanno permesso di ricostruire con esattezza lubicazione dietro il
Foro, erano costruiti in semplice travertino, ma con
unornamentazione ragguardevole, in cui non mancavano addirittura le colonne corinzie. Nessuno ha contribuito alla publica magnificentia di Roma come Agrippa,
n in modo altrettanto sistematico (Sen., De ben. III
32,4). Alla sua morte, e solo per provvedere alla manutenzione degli acquedotti, si dovette assumere alle
dipendenze dello Stato un corpo di duecentoquaranta
uomini bene addestrati, che Agrippa aveva pagato fino
ad allora con i propri mezzi (Front., Aqu. 116).

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

La presenza della famiglia imperiale nellimmagine


urbana.
Alcuni edifici li fece costruire a nome di altri, per
esempio dei suoi nipoti, di sua moglie e di sua sorella, come
il Portico e la basilica di Gaio e Lucio Cesare [sul Foro],
il Portico di Livia e quello di Ottavia, il Teatro di Marcello (Suet., Aug. 29).

Solo Augusto poteva confrontarsi con Agrippa in


fatto di publica magnificentia, ma i suoi complessi ricreativi avevano un diverso, pi immediato significato politico. Port a termine i grandi edifici iniziati da Cesare
(la basilica Giulia, il Forum Iulium), rinnov alla grande il teatro di Pompeo e complessi di minori dimensioni come la Porticus Octavia, sistem larea verde intorno al suo Mausoleo, fece scavare nellattuale quartiere
di Trastevere un lago artificiale allinterno del Nemus
Caesarum, destinandolo alle battaglie navali, finanzi il
nuovo mercato coperto sullEsquilino, il Macellum Liviae
e vari altri edifici (Res Gestae 19-21).
A nord degli edifici di Agrippa sorgeva, nella zona
adibita a parco vicino al Mausoleo di Augusto, il grandioso Solarium Augusti, consacrato nel 10 a. C.: il pi
grande orologio solare di cui si abbia memoria. Come
ago dellorologio (gnomon) venne utilizzato un obelisco di trenta metri, proveniente dallEgitto, che si trova
oggi sulla Piazza di Montecitorio. Lobelisco proiettava
la sua ombra su un vasto tracciato a linee e lettere di
bronzo, con funzione al tempo stesso di orologio e di
calendario: la scritta sullo zoccolo dellobelisco ricordava ancora una volta la vittoria sullEgitto, di ormai
ventanni prima. Lobelisco era per consacrato, e significativamente, anche al Sole. Il giorno del compleanno
di Augusto lombra dello gnomone indicava proprio il
punto centrale della vicina Ara Pacis Augustae, poich

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Roma, portici e templi nella zona del teatro di Marcello. Dalla Forma Urbis.

nella costellazione della sua nascita era stata letta come


una prefigurazione divina: Augusto era natus ad pacem.
Lorologio solare era un monumento sontuoso, passeggiare sul suo gigantesco tracciato doveva essere una
piacevole emozione, tanto pi che i costruttori avevano
pensato anche ai molti abitanti e visitatori orientali presenti a Roma e, dandosi un aria cosmopolita, avevano
tradotto le iscrizioni anche in greco.

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A sud degli edifici di Agrippa e al di l del Circo Flaminio sorgevano luno accanto allaltro i templi e i portici dei trionfatori del secondo secolo, che, opportunamente restaurati e rinnovati, diedero la loro parte di
contributo alla gloria della casa imperiale. Il ricordo dei
loro fondatori repubblicani era intanto quasi del tutto
svanito. Cos, ad esempio, la Porticus Octavia era stata
costruita nel 168 a. C. da Gneo Ottavio dopo la sua vittoria navale su Perseo, re di Macedonia: ledificio, famoso per i suoi preziosi capitelli di bronzo, fu fatto restaurare da Augusto, il quale non ebbe in questo caso alcuna difficolt a rinunciare al proprio nome (Res Gestae
19), visto che era gi il nome originario. Fece poi collocare nel portico restaurato le insegne militari strappate
ai Dalmati durante le guerre in Illiria.
La Porticus Metelli, fatta costruire nel 147 a. C. da
Quinto Cecilio Metello vincitore dei Macedoni intorno
ai templi di Giove Statore e di Giunone Regina, fu
invece sostituita da una Porticus Octaviae nuova di
zecca: ledificio fu finanziato da Augusto in onore della
sorella Ottavia, che vi dedicher pi tardi una schola con
biblioteca in memoria del figlio Marcello, morto nel 23
a. C. Il giovane aveva sposato Giulia, figlia unica di
Augusto, che lo aveva presentato gi nel 29 a. C. come
il suo erede potenziale. In suo onore verr costruito pi
tardi il teatro omonimo.
In questo avvicendamento anche le famose opere
darte che Metello aveva collocato nelledificio acquistarono un significato nuovo: le statue di Venere e di
Eros, opere di maestri classici, come anche il celebre monumento equestre di Lisippo che raffigurava Alessandro
e i suoi venticinque compagni, diventavano ora altrettante allusioni ad Augusto. Non aveva egli portato il
sigillo di Alessandro, e non dedicava forse nei suoi
monumenti sempre nuove immagini alla memoria del
grande Macedone?

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Paul Zanker Augusto e il potere delle immagini

Lesempio della Porticus Metelli/Octaviae del resto


solo uno fra i tanti: ormai non cera acqua che non finisse al mulino di Augusto.
Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontro fra
il princeps e il popolo.
Nelle immediate vicinanze dei portici sorsero due
nuovi teatri: il teatro di Marcello, fatto costruire da
Augusto, con circa 12-15 000 posti, e quello un po pi
piccolo del giovane Balbo. Se si