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Arte e umanesimo a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico

di Andr Chastel

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:

Andr Chastel, Arte e umanesimo a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico. Studi sul Rinascimento e sullumanesimo platonico, trad. it. di Renzo Federici, Einaudi, Torino 1964
Titolo originale:

Art et Humanisme Florence au temps de Laurent le Magnifique. tudes sur la Renaissance et lHumanisme platonicien 1959 Presses Universitaires de France

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Indice

Prefazione Introduzione La leggenda medicea Il mecenatismo di Lorenzo La politica di prestigio artistico Lazione personale La Scuola del giardino di San Marco La leggenda dellet doro
Appendice I ritratti degli umanisti

10 25 29 30 34 37 45 48

Parte prima Artisti e umanisti sezione prima Le collezioni 60 Introduzione Le incertezze del museo fiorentino 60 i. Il medaglione del carro dellanima 70 ii. I medaglioni di palazzo Medici e la corniola di Cosimo 77 iii. Le figure dionisiache di Donatello 89 iv. Il museo etrusco e l etruscan revival 99 v. Il busto di Platone 111 vi. I bronzi di Bertoldo 115 sezione seconda I testi 145 Introduzione Le pubblicazioni dellAccademia di Careggi 145 Appendice I manoscritti miniati degli umanisti 150 i. Le strutture umanistiche della storia dellarte 156 ii. Le strutture umanistiche della teoria dellarte 162

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iii. Dante, lAccademia platonica e gli artisti 1 Lannessione di Dante da parte dellAccademia platonica 2. Il ritratto di Dante 3. I manoscritti e le edizioni illustrate della Commedia 4. Due interpretazioni della Commedia: Botticelli e Signorelli 5. Cosmologia e simboli: Leonardo e Giuliano da Sangallo 6. Dante e larte classica: Raffaello e Michelangelo sezione terza I programmi Introduzione Il paradigma dellarchitetto i. Il Tempio ii. La villa Poggio a Caiano iii. La decorazione sacra: il rinnovamento del mosaico e le tombe Il mosaico fiorentino Le tombe iv. La decorazione profana La villa di Spedaletto Cicli botticelliani nelle ville Il palazzetto di Bartolomeo Scala Le tavole per interni di Botticelli e Piero di Cosimo

177 177 182 184 188 195 199 224 224 235 246 250 259 259 266 273 277 278 282 283

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Parte seconda Problemi delliconografia e dello stile Introduzione Loriginalit di Firenze Le feste Lellenismo Una dottrina della poesia e dellarte La musica e la cultura delle botteghe degli artisti sezione prima Il regno delle immagini Introduzione Il profano e il sacro i. La natura 1.La sfera e gli elementi 2.I cicli del tempo a Poggio a Caiano 3. Pan Saturnius ii. La storia 1. La storia profetica 2. La storia sacerdotale. Ladorazione dei Magi 3. I saggi e gli eroi iii. Il sapere 1 . Le sette Arti e le Muse 2. Pallade medicea iv. La vita dellanima 1. Le tre Grazie 2. I due Amori 3. La nuova psicomachia 304 306 307 311 313 326 326 342 344 358 368 378 381 385 386 404 406 411 426 420 422 425

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sezione seconda Lesigenza della bellezza Introduzione La metafisica del bello e gli artisti i. Eros socraticus ii. La dignit delle forme 1. Lestetica matematica 2. La vita e il movimento 3. Luomo e il mondo iii. Lidea artistica e i problemi di bottega I problemi del colore Il primato del disegno Il disegno e linvenzione Linvenzione e il non finito La decorazione animata

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Parte terza I maestri e le citt Introduzione Il mito rinascimentale: et doro e 563 catastrofi sezione prima Le iniziative dei condottieri Larte umanistica a Rimini e a Urbino 1. Praeclarum Arimini Templum 2. Il palazzo dUrbino sezione seconda Le incertezze fiorentine i. Botticelli e la drammaturgia sensibile ii. Filippino Lippi: le singolarit del paganesimo iii. Il Savonarola e larte 582 582 583 591 615 622 633 641

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sezione terza Leonardo da Vinci e il neoplatonismo i. Leonardo a Firenze ii. La scienza di Leonardo e la reazione antiplatonica 1. La visione della natura 2. Il primato della pittura 3. Scoperta dellambiguit iii. La verit dellarte 1. LAdorazione dei Magi 2. Il sorriso e il furore 3. La caverna e le lontananze sezione quarta I cicli umbri 1. Gli appartamenti Borgia 2. La sala del Cambio di Perugia 3. La cappella di San Brizio a Orvieto sezione quinta Le certezze romane: Giulio II e larte sacra i. Il nuovo San Pietro e il problema del mausoleo ii. Lo speculum historiale: la volta della Sistina iii. Lo speculum doctrinale: la stanza della Segnatura Il trionfo del Sacramento La Scuola dAtene Il Parnaso La Giustizia e le Virt

661 663 670 675 683 691 697 699 702 707 730 731 733 734

742 752 760 764 771 773 777 783

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conclusione Il genio e le regole La gloria dei maestri e let delle accademie i. La gloria di Raffaello: il trionfo dEros 2. La grandezza di Leonardo: il trionfo dHermes 3. La tragedia di Michelangelo: il trionfo di Saturno 4. Let delle accademie

796 796 799 812 820 831

Riferimenti bibliografici principali Titoli abbreviati dei periodici Bibliografia

855 856 857

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arte e umanesimo a firenze

Alla memoria di Henri Focillon e Augustin Renaudet

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Prefazione

Taine, che fu un eccellente osservatore, anche se con troppa disinvoltura passava poi alla sintesi, racconta di aver indugiato per ore in contemplazione delle opere fiorentine della seconda met del Quattrocento: Momento incantevole, delicata aurora che la giovinezza dellanima, in cui luomo per la prima volta scopre la poesia delle cose reali. In quel momento non traccia linea che non esprima un sentimento personale; ci che racconta lha veramente provato; non esiste ancora una forma di maniera che racchiuda in una bellezza convenzionale le aspirazioni nascenti del suo cuore...1. E lo storico passa subito al tentativo di definire lambiente e lepoca che hanno permesso tanta freschezza e originalit. Un certo stato della societ determina latteggiamento intellettuale da cui si deve dedurre questo momento incantevole dellarte. Firenze era, ai tempi del Magnifico, nelle mani di una societ di ricchi mercanti, che amano lantichit e vogliono vivere allegramente. Quali sono le loro preoccupazioni intellettuali? Latteggiamento essenziale, da cui gli altri derivano la ricerca di unumanit completa, lappagamento degli istinti nobili, non meno di quelli naturali. Donde una sorta di festa dellintelligenza che tutto dispone e comprende. Anzich combattere il cristianesimo, essi linterpretano; la loro tolleranza quella dei contemporanei di Goethe e Marsi-

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lio Ficino sembra uno Schleiermacher. La sua opera agevolmente definita: Unendo la filosofia, la fede e le scienze, ne compone un edificio armonioso in cui la saggezza laica e il dogma rivelato si completano e si affinano reciprocamente, non solo per fornire un rifugio e delle immagini a una folla grossolana, ma anche per aprire unaerea balconata e delle prospettive indefinite alllite degli spiriti pensanti. Questa evocazione suggestiva, e un po facile, veniva ad aggiungere, con un tocco di cultura delicata, uninteressante dimensione filosofica allidea che ci si faceva dopo il Roscoe e il Rio dellarte dei primitivi2: si continua a giudicare i fiorentini sulla base del loro candore dimmaginazione e della loro freschezza di sentimento, ma non si tratta pi di effusione ingenua e di semplicit cristiana. Questa immagine venne tuttavia a complicarsi, sulla fine del secolo, delle curiose fantasticherie di Huysmans, di Pladan e dei poeti decadenti, che andavano scoprendo nelleleganza fiorentina straordinarie perversit, che trovavano la Primavera satanica, irresistibile e terrificante (Jean Lorrain), e attribuivano le pi torbide intenzioni a Botticelli, Leonardo, o Signorelli3. I platonici di Careggi non erano pi dei sognatori tolleranti e sensibili, ma degli iniziati, adepti di una teosofia misteriosa che simponeva agli artisti superiori e di cui Gustave Moreau, quale lo interpretava Pladan, era il vero erede. Il fascino misterioso dellesoterismo, che allora venne ad avvolgere della sua bruma il Rinascimento fiorentino, non si ancora del tutto dissipato. Linteresse per let doro fiorentina, per larte del tempo di Lorenzo, si cosi trovato connesso a due immagini ugualmente suggestive ed arbitrarie duna civilt perduta. Attraverso i grandi dilettanti, come Walter Pater, Suars o Proust, che seppero approfittarne, il fascino di questo episodio singolare dellarte e della cultura venne insomma ad essere definito in ter-

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mini che gli storici non osavano o non sapevano smentire. Linterpretazione poetica e letteraria di questepoca non ha in seguito affatto proceduto; le ricerche precise cominciate pi di mezzo secolo fa sul mecenatismo mediceo, sulla esatta natura del movimento platonico, sulla crisi dellarte fiorentina, hanno spostato tutti i termini di tale interpretazione, tuttavia unimmagine dinsieme nuova dellepoca non venuta a sostituirsi a quella o quelle del secolo scorso. Queste sono invecchiate, come lo sono del resto i sentimenti e i valori che esse sembravano celebrare; il gusto attuale se n in certa misura allontanato. Tuttavia una vera e propria disamina critica non ne avvenuta. In questo volume ci siamo appunto sforzati di raccogliere gli elementi per un quadro dinsieme nuovo. Lampiezza del movimento platonico e il suo successo a Firenze sono fuori discussione; ma questo movimento non esaurisce lintera storia dellumanesimo fiorentino4. Dal 1460-70 in poi ci si viene sempre pi allontanando dalle preoccupazioni morali e letterarie della prima generazione. Il gruppo, per altro fragile e ben presto diviso, dellAccademia era animato da unambizione dichiarata di renovatio universale, che, dopo il 1480, fece in pochi anni di queste dottrine una delle forze conduttrici della cultura italiana: il neoplatonismo si trov, verso la fine del secolo, al centro di quello che si pu chiamare il mito del Rinascimento. Ma il suo fondamentale sincretismo, il suo orientamento idealistico, le sue esigenze speculative rispondevano a un disagio, a una situazione inquieta della cultura. A Firenze non tutti gli spiriti erano attratti dalle sue tendenze; non solo cerano degli scettici e degli avversari, ma il grammatico Landino, il poeta Poliziano e un po pi tardi Pico il metafisico sono ben lontani dallessere su tutti i punti daccordo con linsegnamento spesso incerto e ondeggiante del Ficino. Per lo meno in questo clima intellet-

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tuale nuovo sono state elaborate e in certi casi rese esplicite le idee fondamentali dellepoca: la nozione delluomo-centro del mondo, quella di un cosmo organico, la scoperta dellantichit come civilt completa. Erano concezioni destinate a sconvolgere quella che era leconomia corrente del sapere e le tradizioni della cultura; ma pi ancora a questo risultato avrebbe portato laccento che veniva posto volta a volta sul valore metafisico del Bello, sulla dignit del poeta e dellartista. sulla legge musicale delluniverso, sulla funzione misteriosa dellamore, linteresse per i simboli, gi gi fino al senso del difficile destino dellanima deccezione5. Considerata in modo meno generico, la Firenze dei tempi del Magnifico offre lo spettacolo di una citt in cui i problemi sono pi numerosi delle certezze. Limmagine suggestiva e soave di paradiso della cultura pu valere per essa solo come eco di aspirazioni confuse, come il sogno grazie al quale lepoca sper di superare le difficolt del momento, prima di farne il rifugio che permettesse deluderle. Sarebbe estremamente fallace voler spiegare questo sviluppo storico col conflitto tra nozioni tradizionali e un pensiero gi moderno. Siamo indubbiamente alla sutura di due epoche della storia; ma la cultura che si elabora a Firenze e che si imporr al Rinascimento formula i problemi in termini tali che la distinguono sia dallepoca che la seguir come da quella che lha preceduta. La situazione intellettuale alla fine del Quattrocento non pu essere definita correttamente se non servendosi delle nozioni ad essa proprie. Era quindi necessario tentar di definirne qualcuna. Per comodit desposizione, ma anche perch essa stata finora impropriamente valutata nel suo tono e nellinfluenza che essa ha avuto, ci siamo riferiti di preferenza allopera di Marsilio Ficino. Abbiamo dunque affrontato nel loro sviluppo e, per cos dire, nella loro problematica particolare, i rap-

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porti tra arte e umanesimo. Allepoca in cui la storia dellarte era semplicemente un capitolo della storia della cultura, laccordo tra questi due campi era ovvio. Proprio contro questo rapporto evidente abbiamo ritenuto utile reagire. Come intendere laccordo tra una cerchia di intellettuali sorpresi delle loro scoperte e dei pittori o degli scultori anchessi assillati dal problema di nuove forme e di un nuovo stile? Dove e come avviene lincontro tra questi due ordini? Si tratta di tutta una serie di problemi urgenti e precisi che limmagine letteraria che del Rinascimento si avuta finora ha per tanto tempo lasciato nellombra. Non pretendiamo di essere riusciti a enuclearne gli elementi con tutta la precisione necessaria, ma solo di aver tentato, su alcuni punti capitali, di verificare e raggruppare metodicamente i dati utili, e in qualche caso decisivi, al loro chiarimento. Si tratter quindi pi di indicazioni, di interrogativi e di temi di ricerca che non di risultati conclusivi. Le analisi dedicate alla funzione delle collezioni, dei testi e delle commissioni artistiche sono lungi dallessere complete: per descrivono almeno alcuni fatti essenziali. Dovevo premettervi unindagine preliminare sulleconomia toscana, sulle diverse classi sociali, sui mezzi e le ambizioni di ognuna, sulle conseguenze che la loro ideologia e le loro aspirazioni hanno avuto nellarte? In verit i risultati negativi di un tentativo in questo senso, compiuto qualche anno fa, con tutta linformazione desiderabile, sul periodo immediatamente precedente al nostro, non risultano incoraggianti per una ricerca del genere6. Sarebbe necessario rinnovare le nozioni della sociologia storica perch questa possa davvero servire a intendere la vitalit di un centro artistico. Voler spiegare questa attraverso il conflitto degli interessi pu essere angusto e grossolano cos come volerla spiegare attraverso il semplice movimento delle idee e dei gusti risulta spesso ingenuo. Non abbia-

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mo dunque trascurato nessuno dei dati che potessero interessare: limportanza della crisi fiorentina di fine secolo stata messa in evidenza quanto pi possibile, con tutte le conseguenze che essa ha avuto per la vita intellettuale e per larte. Essa anzi rappresenta, a nostro avviso, una svolta capitale dellepoca, ma ai nostri fini era sufficiente descriverla e, per analizzarne gli effetti, insistere ancora una volta sullimportanza che la vita religiosa e il sentimento repubblicano hanno avuto a Firenze. E a questo proposito, non senza sorpresa, abbiamo avvertito e poi volutamente sottolineato un elemento fin qui troppo trascurato dagli storici del Rinascimento: il senso, comune al popolo come alla borghesia, della funzione eccezionale attribuita a Firenze, in altre parole lorgoglio nazionale con le sue illusioni e i suoi limiti, che tendeva a fare di una citt il centro naturale della cultura e lasse della renovatio universale7. nel corso del Cinquecento che la dogmatica umanistica e la codificazione delle formule tenteranno di definire e di fissare i simboli utili, i canoni e le regole. La fine del Quattrocento ci fa assistere invece al conflitto delle iniziative; vi si scoprono tuttinsieme incertezze e audacie, esitanze e innovazioni; vi si coglie, nella sua piena vitalit, lo sforzo dei maestri, da cui il secolo successivo trarr conclusioni definitive. Anzich limmagine sontuosa ma un po inerte di una cultura che, allombra di un mecenate intelligente, d i suoi frutti pi felici nellarte, ne ricaviamo un quadro contrastato, pi torbido, in cui le mode si incrociano, le scoperte possono non aver seguito, gli artisti si interrogano, sbagliano, lavorano su ordinazione, lasciano la citt, e in cui, infine, i risultati pi alti non maturano a Firenze. Infatti se Firenze ancora al centro dellattenzione generale, avviene per che essa venga superata nella rivalit tra i centri darte. Alle trovate squisite di certi artisti fa riscontro lappesantirsi e linvolgarirsi dello stile nelle

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botteghe cariche di lavoro. Leleganza nervosa degli uni non basta pi a compensare la faciloneria degli altri. I toscani sembrano ignorare Piero della Francesca e Giovanni Bellini, il Laurana e Bramante. Si direbbe che Firenze si preoccupi meno di essere la capitale dellarte e pi invece di restare fedele a se stessa. Per concludere, siamo di fronte a un gusto che si evolve e a unarte che si interroga. E doveva essere cos se in essa qualcuno ha potuto vedere una sorta di generale reazione che ritorna alle consuetudini gotiche nella poesia e nellarte, per cui si assisterebbe a un quasi abbandono delle conquiste recenti dellintelligenza e dellarte8, e altri invece vi ha visto il progresso regolare di una cultura che anticipa un nuovo universo mentale se pure attraverso realizzazioni artistiche e scientifiche ancora parziali9. La storia dellarte, diceva Henri Focillon, la storia dello spirito umano attraverso le forme. Questa definizione, che condividiamo, contiene in s le condizioni per un oggettivo lavoro dindagine sulle opere e sugli uomini (che poi il limite inferiore della disciplina) e quelle per un approfondimento specifico che ricerca le sole articolazioni valide nella natura stessa degli stili e nella loro autorit sullo spirito. Nel primo caso si tratta di esporre e organizzare i dati dun certo ordine di prodotti umani; nel secondo, si ubbidisce alla particolare attrazione di questi che invita sia a tener conto solo del loro sviluppo autonomo, della loro logica interna, sia a speculare su analogie e accordi per i quali solo giudice sarebbe la sensibilit moderna. Il primo modo di procedere gira intorno alle opere e rischia di dimenticare le forme in una indagine esteriore e spesso indiretta; il secondo affronta quella che levidenza artistica, ma non in grado di rendere esplicita lintuizione se non rinunciando a separare la vita delle forme dalla realt delle opere. Questo secondo modo di procedere diret-

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to, laltro indiretto. Lo storico dellarte costretto a situarsi attivamente tra questi due limiti. Non pu limitarsi alla cronologia e ai rapporti oggettivi, pi di quanto non possa abbandonarsi allimpressione; il suo lavoro mira a combinare la spiegazione esterna e linterpretazione interna. Esige le molteplici verifiche delle attribuzioni, delle date e lesposizione delle condizioni concrete, e in questo il discorso diviene impersonale; e daltra parte tende a recuperare i valori cui le opere si richiamano, come se ne fosse il rappresentante moderno e il patrono responsabile. Mette cos in opera dei dispositivi che inquadrano e alla fine stringono da presso il problema centrale, che rimane quello della qualit. La situazione di Firenze alla fine del Quattrocento permette per lappunto di individuare e di utilizzare certi rapporti specifici. Il fatto capitale, il fenomeno che si pu considerare come la definizione tecnica del Rinascimento, lesigenza di decompartimentare la vita dello spirito. La cosa stata chiaramente dimostrata: le gerarchie della scolastica, nella misura in cui agivano sulla pratica, non permettevano a un pittore di conoscere lottica, n a un segretario della Signoria di aver letto i filosofi. Il successo degli studia humanitatis in Italia veniva a rompere queste chiusure dando vita, ai margini del sapere universitario, a una cultura viva, fondata sulla conoscenza delle lettere antiche e quindi animata dalla convinzione delloriginalit dellItalia. Gli artisti ambiziosi, come gli scrittori desiderosi di affermarsi, trovano in questa corrente loccasione di guardare al di l dei limiti tradizionali della loro attivit: si rifanno alle fonti del sapere, che possono essere trattati antichi (fino allora utilizzati solo nelle enciclopedie scolastiche) o pagine di filosofi. E se ne valgono per iniziative di grande risonanza: larte va al di l della tecnica: la rottura progressiva delle strutture tradizionali una conseguenza non trascurabile di questa evoluzione gene-

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rale che lo storico dellarte deve considerare attentamente10. Dal momento in cui il capo di una bottega non si considera pi un artigiano, ma si permette certe curiosit intellettuali, si nota tutta una serie di trasformazioni nel suo lavoro. Lelaborazione della prospectiva pingendi , tutto sommato, il risultato dello sviluppo tecnico delle nozioni dottica note che per nessuno fino allora aveva interpretato e che Brunelleschi ha avuto lidea di utilizzare11, allo stesso modo che lAlberti trovava nei trattati di retorica (riservati al clero) il mezzo per definire una nuova condizione della pittura12. La rappresentazione grafica diventa una forma dindagine scientifica e, come stato chiaramente dimostrato, le scoperte essenziali dellepoca si devono alle esigenze irrecusabili del disegnatore e dello scultore che vogliono dominare, attraverso la forma organizzata, il mondo dei fenomeni. In questo la parte avuta dai fiorentini essenziale; lopera di Leonardo non appare pi una eccezione, ma la fioritura geniale di un lavoro che costantemente si muove alle frontiere della scienza e dellarte. in conseguenza di questi mutamenti di orizzonte e di queste nuove connessioni tra campi distinti che si modifica limmagine del mondo. Larte cos stata per due generazioni lo strumento di una rivoluzione che andava al di l del suo stesso ambito. a questo punto che si pone il nostro problema particolare. Nel pensiero occidentale quale si configura nel xv secolo la distinzione tra scienza e riflessione filosofica non pi reale di quella che intercorre tra conoscenze positive e forme artistiche in cui queste si esprimono; o almeno i legami provvisori che si stabiliscono tra la matematica o lanatomia e lattivit dei disegnatori e dei pittori che accanitamente le utilizzano, hanno una contropartita nella riflessione degli umanisti che, non pi semplici filologi o puri moralisti, vedono nel-

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levoluzione della cultura loccasione e addirittura la necessit di una sintesi universale, diversa da quella della scolastica che non prevedeva tutte queste nuove manifestazioni del genio umano. Si vedono gli umanisti interessarsi sempre pi (in un modo che rimane certamente letterario, ma che non per questo meno significativo) alle creazioni artistiche e agli stessi creatori. La logica della decompartimentazione doveva, in un primo momento, dare agli artisti il coraggio di ricorrere alla geometria e ai testi eruditi; in un secondo momento levoluzione cos impetuosamente avviata tender a porre lartista in una condizione di privilegio. valorizzato, al pari del poeta, in quanto rappresentante dei veri modi del sapere. Il prestigio di cui godranno Michelangelo e Raffaello quello stesso che si accordava ai rappresentanti pi alti della cultura. Anche in questo, la dignit dei maestri si spiega come conclusione ultima di un processo che si delinea nella seconda met del secolo xv. Ci sembra che questa evoluzione, pur cos semplice e, se si vuole, del tutto naturale, non si comprenda che attraverso le nozioni, imperfette ma di assoluto prestigio, del neoplatonismo, che tendeva, sia pur con esitazioni e scrupoli, a promuovere un sapere totale di tipo nuovo. Lestetica, nel senso moderno del termine, non fa la sua comparsa nel Rinascimento non pi che nellet classica13; ma attraverso linterazione che a quellepoca si verifica tra le arti e le nuove nozioni che vengono elaborandosi, si pu meglio valutare il contributo dei pensatori e dei maestri toscani alla rivoluzione spirituale dellepoca e a quella promozione degli artisti che si precisa col mito del Rinascimento14. I rapporti tra arte e umanesimo devono dunque essere esaminati una volta che si sia potuto accertare che larte e la scienza sono vissute largamente in simbiosi durante il Quattrocento fiorentino. Il movimento neoplatonico infatti si presenta come una riforma del-

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lumanesimo anteriore e nello stesso tempo pretende di incorporare le discipline scientifiche sottomettendole alla speculazione teologica. Abbiamo ritenuto opportuno indagare come, in queste condizioni, abbiano potuto moltiplicarsi non solo i contatti tra il mondo delle idee e quello delle forme, ma anche le giustificazioni intellettuali delle iniziative artistiche. Ci sono ancora due aspetti delloriginale situazione fiorentina che completano lanalisi da noi tentata e che hanno guidato la nostra esposizione: il clima di critica proprio della citt di Donatello e di Leonardo, in cui le opere dei maestri sono commentate con passione, e il conflitto tra stili diversi che si accende entro le tendenze accademizzanti dellambiente toscano. Si ha in effetti una sorta di paradosso nellevoluzione fiorentina alla fine del secolo che non era possibile ignorare. I simboli dellumanesimo erano, verso il 1460, associati allarte minuta e precisa del Quattrocento; il loro interprete pi alto rimane Botticelli. I temi allantica che il neoplatonismo favorisce e le allegorie pi o meno complicate che ispira non coincidono con la preparazione di un gusto classico15; eppure il movimento neoplatonico veniva elaborando idee della natura, della storia, dellanima che sono state importanti per Leonardo, Michelangelo, Raffaello; ha maturato lidea di una intelligibilit delle forme superiore allordine razionale vero e proprio, idea senza la quale non sarebbe stato possibile definire un ordine estetico autonomo. Se larte nel corso del secolo xv stata lo strumento duna rivoluzione intellettuale che andava oltre larte stessa, il successo dei maestri che daltronde avvenuto fuori Firenze andato oltre il contenuto esplicito del pensiero umanistico: larte cio ha a sua volta assicurato una dimensione nuova alla speculazione intellettuale, che si sforzata, nel corso del secolo xvi, dinterpretarla secondo i suoi canoni. Risulta cos possibile proporre una conclusione pi

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generale. La coscienza dellarte va al di l della stessa percezione delle forme; la teoria dellarte e dellartista utilizza schemi e nozioni mutuate da altre discipline; solo a queste condizioni essa riesce a trovare una sua articolazione. Questo trasferirsi di concetti da un campo allaltro noi labbiamo fissato nelle sue linee schematiche in vista di quella svolta decisiva del Rinascimento che avviene intorno al 150016. Le conclusioni della nostra indagine risultano negative su un punto: non esiste unet doro fiorentina. Lidea di epoche privilegiate una di quelle finzioni retrospettive che servono a imporre un ritmo al corso della storia; non resiste di solito al vaglio dellindagine. Nel caso specifico di Firenze, tuttavia, crediamo di poter affermare che questidea ha cominciato a circolare assai presto con un preciso valore propagandistico: cio subito dopo le vicende sfortunate della fine del secolo xv e la rivolta, allo stesso tempo antimedicea e antiumanistica, provocata e ispirata dal Savonarola. La storia fiorentina della seconda met del Quattrocento era abbastanza ricca di iniziative e di opere di valore per suscitare delle nostalgie. La cultura, al pari dellarte, era stata a quellepoca piena di contrasti, e ogni iniziativa aveva incontrato ostacoli, di cui per ci si dimentic allorch la libert intellettuale, artistica e politica fu sottoposta, dopo il 1500, a gravi limitazioni. Allepoca del Magnifico erano sorte speranze prodigiose: le opere tradiscono a volte lesultanza delle certezze piene e una gioia singolare, riboccante di promesse. Ma questo clima di candida felicit in cui si vorrebbe chiudere Firenze, solo uno dei sogni di Firenze stessa. Non solo la crisi dello stato e gli avvenimenti della politica estera lo infrangono brutalmente, ma gi prima linquietudine degli spiriti laveva contraddetto. Lambiente fiorentino aspirava a un ordine nuovo che non riusciva

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a definire esattamente e meno che mai a realizzare. Il momento incantevole di cui parla il Taine ebbe la durata di un sogno; e di un sogno aveva il valore. E uno dei problemi essenziali del Rinascimento (uno di quelli, comunque, che esamineremo in questo volume) come dallidea di unet doro a venire si passi allidea di unet doro gi conclusa. Non abbiamo dunque cercato di definire la visione del mondo, da cui dedurre le manifestazioni artistiche. Anche se comodo per le trattazioni generali, questo metodo , in realt, una sorta di illuminazione artificiale: distrae lattenzione dalle situazioni concrete in nome di ununit assoluta che rimane da dimostrare. Noi abbiamo preferito un percorso diametralmente opposto: abbiamo cio cercato di mettere in luce anzitutto i minima significativi, cio quelle opere, quelle forme, quelle affermazioni, che erano decisamente nuove allepoca del Magnifico (e la prova se ne ha nelleco che hanno suscitato). Lorigine di queste novit quasi sempre la stessa; i quadri, i rilievi, le decorazioni e perfino gli edifici che hanno fatto data possono essere ogni volta messi in rapporto con qualche figura dellumanesimo, e altrettanto puntualmente possono essere commentati con qualche aspetto delle dottrine umanistiche; inoltre non vi manca mai, vi anzi chiaramente avvertibile, il senso delloriginalit fiorentina. Questa indagine occupa il nostro primo libro. Ne risulta lindicazione di un certo numero di problemi che le nozioni da mettere in figura e i nuovi modi di figurazione hanno posto allartista: per le coscienze pronte a reagire e per le immaginazioni alacri i materiali iconografici sono altrettanto interessanti da organizzare che le forme da costruire. Tuttavia queste creazioni non formano un insieme omogeneo, un sistema; il secondo libro quindi non ambisce a fornire una chiave dellarte del tempo, propone semplicemente un quadro di questi ele-

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menti attivi della cultura artistica fiorentina. Questa daltronde rivela tutto il suo senso solo se paragonata con quella dei centri vicini. Non si pu isolare Firenze al punto di ignorare certi parallelismi e certe derivazioni. Un terzo libro doveva dunque presentare di scorcio, intorno ai principali fatti di Firenze, gli altri punti di incontro tra le idee fiorentine e lo stile fiorentino. In questa maniera era possibile, entro certi limiti, analizzare i modi di lavoro propri di ogni ambiente e di ogni artista, fino a determinare gli elementi base che hanno permesso la formazione dellarte classica. Ma per questa via lorizzonte viene a dilatarsi in misura pericolosa: non stato senza timore infatti che, in questa prospettiva, abbiamo visto entrare in scena i capolavori pi celebri e famosi del pieno Rinascimento. Tuttavia ci sembrato necessario correre il rischio della banalit o addirittura di quel leggero ridicolo che oggi inevitabile allorch ci si occupa di opere troppo gloriose, pur di non rinunciare ai vantaggi che sarebbero venuti da questa costruzione dinsieme. Il mito del Rinascimento trova il suo compimento a Roma, non a Firenze. Era necessario ricordarlo. Questo lavoro non ha dunque altra originalit che il suo tentativo temerario di comporre un quadro dinsieme e di creare dei legami tra i diversi ordini della conoscenza storica. Non stato per una decisione a priori, ma ubbidendo alla logica di ogni situazione e talvolta di ogni singola opera, che abbiamo cercato di integrare lun con laltro i vari metodi. Siamo cos passati, senza tuttavia confonderle, dalla storia degli stili alliconologia, connettendole entrambe alla volont e ai modi di lavoro dellartista17. Le conclusioni raggiunte sono in qualche modo scaturite dallintersezione di molteplici prospettive. Abbiamo pensato che forse questo era il modo migliore per individuare i congegni, cos delicati, dellarte, nella

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quale, si sa, lo spirito opera nella sua totalit. Solo quandera troppo tardi ci siamo resi conto della temerariet del proposito. Occorre riconoscerlo con le parole del poeta fiorentino:
...chi pensasse il ponderoso tema E lomero mortal che se ne carca, Nol biasmerebbe se sottesso trema. (Paradiso, XXIII, 64-66).

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Introduzione La leggenda medicea

Allombra del lauro. (bellincioni, sonetto cxcvii)

Nel Seicento i granduchi di Toscana vollero celebrare let del Magnifico con una serie di affreschi (1635). Il piano fu elaborato da Giovanni Mannozzi (Giovanni da San Giovanni) e i pittori ufficiali del ducato realizzarono tre grandi pannelli allegorici che tuttora si vedono al pianterreno di palazzo Pitti: uno rappresenta Lorenzo a Careggi, laltro Lorenzo tra gli artisti, il terzo Lorenzo al governo di Firenze: luomo di stato, cio, viene dopo il mecenate e ladepto dellumanesimo platonico18. Nel primo affresco, opera di Francesco Furini, si vede, sotto un cielo azzurro e giallo, la collina di Careggi con la villa medicea e, ai piedi di un monumento a Platone, il Principe fiorentino intorno al quale si affollano deferentemente gli umanisti e i poeti. Nel secondo, condotto da Ottavio Vannini, Lorenzo appare seduto tra i giovani artisti al casino di San Marco: in prima fila, a destra, Michelangelo presenta la testa di fauno scolpita a imitazione dun frammento antico che, secondo Vasari, aveva attratto lattenzione del signore di Firenze. Lapoteosi di Lorenzo completa la rievocazione dellet doro fiorentina. Questa leggenda medicea era nata tre quarti di secolo prima, contemporaneamente al sorgere del granducato di Toscana, in stretta connessione con la sua struttura aristocratica e le sue istituzioni accademiche. La prima versione integrale di essa dato in effetti trovarla in

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palazzo Vecchio: si tratta del ciclo dipinto dal Vasari sulle mura degli appartamenti principeschi da lui sistemati nel 1556-58, in quello che poi stato detto il Quartiere monumentale, cio lappartamento al secondo piano, mentre il grande salone centrale, detto del Cinquecento, interamente dedicato allesaltazione di Cosimo I. Il Vasari ne ha dato una lunga e compiaciuta descrizione nei suoi Ragionamenti19. Scene tipiche compendiano il ruolo storico avuto da ognuno degli eroi: un grande medaglione nella sala maggiore dedicato al fondatore della famiglia, mostra Cosimo tra i dotti e gli artisti (il Ficino, il Toscanelli, lAngelico, il Ghiberti); in due riquadri della sala attigua, nel cui soffitto domina lapoteosi di Lorenzo, questi conversa con gli umanisti e gli artisti. Ora, se vi pare, abbassiamo gli occhi a questultima, dove io veggo sedere Lorenzo con quel libro aperto, in mezzo a tante persone litterate che hanno tanti libri in mano, e mappamondi e seste da misurare; ditemi i nomi loro, conclude il duca, e chi sono. Volentieri, risponde il Vasari: questo quando con felice giudizio ed ottimo modo, poi che alle cose pubbliche egli aveva dato gli ordini, e simile alle private della citt, si diede a piaceri e studi della filosofia e delle buone lettere in compagnia di questa scuola di uomini dottissimi, co quali, quando alla villa di Careggi, e quando al Poggio a Caiano, per pi lor quiete, esercitava gli onorati studi. E vengono citati: Gentile da Urbino, Demetrio Calcondila, Pico, lAccolti, il Poliziano, il Pulci, il Ficino, il Landino, il greco Lascaris, il Marullo, Leon Battista Alberti, grandissimo architettore, il quale scrisse nel tempo di Lorenzo i libri darchitettura e perfino Leonardo Bruni (morto nel 1444) che non scrisse la sua storia di Firenze al tempo del Magnifico, ma che rientra bene in questo gruppo ideale. Il duca conclude formulando la definizione dellet aurea medicea allepoca di Lorenzo: Io non credo Gior-

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gio, che mai in tempo alcuno in questa citt sia accaduto che si sia trovato maggiore abbondanza di beglingegni, o volete nelle lettere greche, o latine, o vulgari, o nella scultura, o pittura, o architettura, o ne legnami, o ferramenti, o ne getti di bronzo, n chi ancora di casa nostra le pareggiasse e le onorasse e premiasse e pi se ne intendesse, che Lorenzo. Cos la composizione seguente presenta il mecenate in una scena che riassume tutta la sua azione sulla cultura dellepoca: ...e vedetelo, che Lorenzo aveva fatto fare il giardino, ch ora in su la piazza di S. Marco, solamente perch lo teneva pieno di figure antiche di marmo, e pitture assai, e tutte eccellenti, solo per condurre una scuola di giovani, i quali alla scultura, pittura e architettura attendessino a imparare sotto la custodia di Bertoldo, scultore, gi discepolo di Donatello; i quali giovani, tutti o la maggior parte, furono eccellenti. Fra essi va ricordato in primo luogo Michelangelo che, conclude il Vasari, non poteva evidentemente nascere se non sotto questo magnifico e illustre uomo. Abbiamo qui in realt la spiegazione di quei passi delle Vite, in cui, gi nel 1550, ma ancora pi esplicitamente nella seconda edizione del 1568, lo storico ha moltiplicato le allusioni alla funzione attiva avuta dai due grandi Medici, soprattutto da Lorenzo, nello sviluppo dellarte fiorentina. Occorreva legare il pi strettamente possibile al mecenatismo mediceo il momento glorioso che ha prodotto sia i grandi umanisti che i maestri dellarte. La corrispondenza esatta in tutti i campi: come Lorenzo, con la sua posizione eccezionale nello stato, annunciava gi alla fine del secolo xv la futura organizzazione monarchica del ducato (1537), cos laccolta degli umanisti platonici a Careggi prefigura lAccademia fiorentina (1541)20, e la Scuola del giardino di San Marco, voluta dal Magnifico per leducazione dei pittori e degli scultori, deve essere considerata come il germe della nascente istituzione

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dellAccademia del disegno (1562). Daltronde nella sala successiva il duca Cosimo presentato a sua volta come lamico dei letterati e degli artisti. Il presente alquanto mediocre dellet accademica trova la sua giustificazione nel passato glorioso dellet doro; si consolida luno celebrando laltro. Al principato di Lorenzo (1469-92), non ancora consacrato da alcun titolo nobiliare, fa riscontro il momento in cui, in tutti i campi, Firenze ha conosciuto la pienezza dei tempi e realizzato il suo destino21. Questa figurazione simbolica, elaborata dal Vasari e sviluppata poi dai frescanti di palazzo Pitti, preludeva alla consacrazione di Lorenzo come uno degli antenati del dispotismo illuminato. Rinnovato in forma durevole da W. Roscoe agli inizi del secolo scorso22, questelogio di Lorenzo ha spesso tenuto luogo presso gli storici di unindagine pi precisa. Collegando al mecenatismo di Lorenzo una sorta daccademia letteraria e una sorta daccademia artistica, che comprendevano tutti gli umanisti e gli artisti di rilievo, lelogio dellet doro non veniva solo a creare dei raggruppamenti significativi: veniva anche a mettere in luce la struttura della civilt fiorentina e assumeva il valore di uninterpretazione. Il Vasari, compendiando la dottrina accademica, aveva chiaramente affermato che il genio ha bisogno di essere fecondato dal sapere e riconosciuto dal potere. Questa concezione ha ispirato la sua interpretazione di storico non meno che i suoi quadri celebrativi. Oggi essa risulta meno convincente. Limmagine dellet doro il travestimento di una realt storica il cui sviluppo appare ben diverso. Un esame della cultura e dellarte del Quattrocento fiorentino deve prendere le mosse proprio con leliminare questo schermo artificiale che rende falsa lammirazione non meno che la critica23.

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Il mecenatismo di Lorenzo. Da tempo sono stati sollevati dubbi sullesatta portata del mecenatismo mediceo. stato fatto notare che nel 1480 o 1490 il potere non era affatto cos accentrato, n lopinione pubblica cos docile come si sarebbe portati a credere. La parte che hanno i Medici nelle commissioni agli artisti risulta minore di quella dei conventi, delle confraternite o dei notabili fiorentini. vero che essi potevano influenzare il gusto, ma Lorenzo, che fu un finanziere incerto e un amatore darte egoista, si sforz invano di agire sulle arti attraverso le sue collezioni di oggetti minori, di medaglie e di statue antiche: non v nulla di pi mediocre delle composizioni fiorentine della fine del XV e degli inizi del XVI secolo. I dotti consiglieri del signore di Firenze non erano pi in grado di esercitare un ruolo utile. Si ha piuttosto limpressione di essere di fronte a un periodo di decadenza. Il compenetrarsi delle due discipline [larte e lumanesimo] non pi cos completo come era stato in passato. N il Poliziano che verso larte nutriva niente pi che una sorta di interesse banale, n soprattutto Marsilio Ficino spirito portato essenzialmente allastrazione erano in grado di arrecare qualcosa di stimolante per i pittori e gli scultori. Alla fine, disilluso degli umanisti e dei poeti, il Magnifico si sarebbe rivolto ai dotti specialisti di certe discipline, agli eruditi, agli epigrafisti, ai numismatici... le cui conoscenze precise lo trascinavano sempre pi e lo consolavano del suo fallimento. In effetti il suo mecenatismo non avrebbe portato a nulla di grande. Lallegoria del Furini e il quadro lusinghiero del Vasari sarebbero tipiche menzogne delladulazione storica; il loro valore di verit sarebbe nullo24. Pur schierandosi contro la tesi classica, questa teoria ne mantiene purtroppo le premesse: la stretta connessione tra Lorenzo e il corso delle arti. Questo rapporto di

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causa ed effetto tra la direzione medicea e lo sviluppo delle arti a Firenze deve essere invece riesaminato. Lazione di Lorenzo si in realt esplicata in due modi: attraverso una precisa politica di prestigio artistico e attraverso un certo numero di iniziative personali e di commissioni. Lampiezza della prima non pu essere sottovalutata; tale politica per portava a privare Firenze dei suoi artisti migliori. Quanto alle seconde, i progetti pi interessanti furono quasi tutti interrotti dalla morte prematura di Lorenzo a quarantatre anni e quelli realizzati corrispondono solo imperfettamente alle intenzioni che a lui si attribuiscono.

La politica di prestigio artistico. inutile cercare a Firenze, allepoca di Lorenzo, unazione sistematica di mecenatismo paragonabile a quella di Luigi XIV, protettore di Lebrun e iniziatore dellAcadmie des Inscriptions, n interventi precisi ed efficaci al modo di Giulio II. Nel periodo felice, prima della congiura dei Pazzi e della crisi italiana del 147880, le commissioni per il palazzo di via Larga sembra siano andate, come gi prima, ai fratelli Pollaiolo, in particolare ad Antonio; ma a pi riprese lavori di circostanza sono affidati alla bottega del Verrocchio, soprattutto al momento della Giostra del 1475; ed il maestro di Leonardo che Lorenzo nel 1477 raccomander al capitolo di Pistoia a preferenza di Piero Pollaiolo25. Dieci anni dopo, in una lettera assai nota a Giovanni Lanfredini del 12 novembre 1489, Antonio definito come il principale maestro della citt, il migliore che mai si sia visto secondo lopinione dei competenti. Questo gran maestro non viene trattenuto a Firenze. Nel 1484 Antonio Pollaiolo e suo fratello si sono trasferiti a Roma per attendere al monumento funebre in bronzo di Sisto

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IV voluto dai Della Rovere. La lettera citata non dunque, verosimilmente, destinata a raccomandare lo scultore ai Romani; dovrebbe piuttosto riferirsi alle preoccupazioni di Ludovico il Moro, che chiedeva un grande artista, ma attivo, per sostituire Leonardo26. Cos, per una fiducia forse eccessiva, le risorse di Firenze sembravano inesauribili e Lorenzo si preoccupava pi di inviare gli artisti fiorentini fuori Firenze che non di occuparli in citt. Nel 1480 raccomanda al re di Napoli Giuliano da Maiano, poi, nel 1490, Luca Fancelli e perfino Giuliano da Sangallo che pure gli era particolarmente caro. Al re di Portogallo, Giovanni II, indirizzer Andrea Sansovino che inizier per lui un palazzo a quattro torri senza equivalenti a Firenze. Si vista in questi interventi soprattutto limportanza che i principi o i prelati stranieri attribuivano al gusto di Lorenzo e la prova dellautorit del suo giudizio in fatto darte27. Questo indubbio, ma si trattava anche di una sorta di propaganda culturale. certo che il signore di Firenze aveva in ogni cosa presenti i tre princip che si vantava di applicare nella condotta degli affari: patriae decus, familiae amplitudo, incrementum artium28. anche lecito chiedersi se questa politica non abbia contribuito allesaurirsi di Firenze in quanto provoc una dispersione eccessiva delle botteghe. Intorno al 1485, forse gi nel 1481-82, quella del Verrocchio perde il suo capo che si reca a Venezia, di dove non far pi ritorno. Alla stessa data Leonardo da Vinci va in esilio a Milano, verosimilmente in seguito a una raccomandazione del signore di Firenze desideroso di compiacere Ludovico il Moro, che chiede uno scultore capace per la statua di Francesco Sforza. Nel 1481, questa volta su richiesta del sommo pontefice riconciliato con Firenze, un gruppo di pittori, tra cui le personalit pi forti dellarte toscana, Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Signorelli, sono chiamati a Roma per decorare la cappella

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Sistina. Al ritorno, tre di loro, pi Filippino Lippi sono incaricati della decorazione di una villa per Lorenzo; ma liniziativa, bench limitata, non avr seguito. Nel 1488, su consiglio del signore di Firenze, il cardinale Carafa invita Filippino a decorare la sua cappella alla Minerva a Roma. Solo il Signorelli dipinger, un po pi tardi, due quadri di qualche rilievo per Lorenzo. In realt nessun complesso paragonabile alla cappella di Sisto IV, o anche agli appartamenti Borgia, verr intrapreso a Firenze. I cicli di Domenico Ghirlandaio e di Filippino Lippi a Santa Maria Novella si devono a famiglie legate ai Medici, i Tornabuoni e gli Strozzi. Queste si permettono ci a cui Lorenzo sembrava non voler pensare, e comunque tutte queste iniziative si hanno solo dopo il 1485, dopo quindici anni di ben scarsa attivit del sedicente mecenate. A questo palese (ed efficace) desiderio di far brillare il prestigio di Firenze nelle altre citt dItalia, occorre aggiungere anche la propaganda interna: Lorenzo infatti stato liniziatore della esaltazione ufficiale delle glorie dellarte toscana, rivolgendosi alle personalit pi in vista dellumanesimo29. Nel 1481, dettando la prefazione per unedizione in certo modo ufficiale della Commedia di Dante, il Landino aveva abbozzato una storia dellarte fiorentina nel quadro del tradizionale elogio della citt. Nel 1488 Filippino Lippi ha lincarico di innalzare un monumento funebre a suo padre nel duomo di Spoleto e il Poliziano ne redige lepitaffio. Nel 1490 Benedetto da Maiano disegna in Santa Maria del Fiore un monumento a Giotto e il Poliziano detta linscrizione celebre: Giotto fatto singolare viene rappresentato come mosaicista, e della cosa daremo una spiegazione pi avanti30. Nello stesso anno 1490 nel coro di Santa Maria Novella, sullarco di trionfo che si vede nellAnnuncio a Zaccaria, viene dipinta la scritta solenne dovuta al Poliziano: An. mcccclxxxx quo pulcherri-

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ma civitas opibus victoriis artibus aedificiisque nobilis copia salubritate pace perfruebatur. Il dipinto occupato in gran parte dai personaggi della famiglia Tornabuoni, al centro si vedono due altri gruppi, a destra tre giovani amici dei Medici e, in basso a sinistra, quattro umanisti (il Landino, il Ficino, il Poliziano, Gentile de Vecchi) la cui presenza mira non tanto a rendere onore allAccademia di Careggi quanto a ricordare i quattro precettori di Lorenzo31. Questa inscrizione laudativa e rassicurante conferma pi dogni altra cosa lo sforzo compiuto da Lorenzo per celebrare lui stesso la gloria e il prestigio di Firenze. In questo sta il succo della sua politica artistica pi che non nei grandi lavori o nelle grandi decorazioni, che sarebbe ben difficile poter enumerare. Tale politica si manifesta anche nella velleit di completare la cattedrale. Nel 1491 Lorenzo infatti indisse un concorso per la facciata che non port ad alcuna decisione. Il paramento provvisorio in legno eretto nel 1515 per lentrata di Leone X32 pare che si sia ispirato ad alcuni progetti presi in considerazione da Lorenzo; ma fu solo per rendere retrospettivamente onore al Magnifico. Intorno alla stessa data (1490) si facevano alcune prove, per iniziativa sua, per la decorazione in mosaico della cappella di San Zanobi, forse con la segreta intenzione di estenderla a tutta la cupola ad imitazione di quella del Battistero. Nessuna impresa pi di questa poteva riuscire gradita allopinione pubblica, sensibile a tutto ci che esaltava loriginalit fiorentina. Lunica fondazione religiosa del Magnifico il convento degli Agostiniani alla porta Sangallo, studiato dopo il 1487 da Giuliano da Sangallo per fra Mariano33. Si trattava forse dellinizio di un programma pi vasto; nel 1489 un decreto della Signoria accordava notevoli facilitazioni fiscali ai nuovi cantieri34.

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Lazione personale. Non si pu tuttavia misconoscere linteresse di Lorenzo per tutte le forme dellattivit artistica e la diffusione del suo gusto. Questo atteggiamento ha fatto impressione sui contemporanei ed stato notato dal Guicciardini nella sua Storia fiorentina. Dopo aver notato linteresse del Principe per la filosofia, insiste sul favore da lui dimostrato alla musica, alla architettura, alla pittura, alla scultura, a tutte le arti di ingegno e di industria, in modo che la citt era copiosissima di tutte queste gentilezze, le quali tanto pi emergevano quanto lui, sendo universalissimo, ne dava judicio e distingueva gli uomini, in forma che tutti per pi piacergli facevano a gara luno dellaltro35. Non si tratta di commissioni ufficiali. La leggenda del mecenate organizzatore dilegua per lasciar posto al prestigio di un esteta, gran conoscitore, di cui si ricerca il giudizio. La sfumatura importante e quadra meglio con quel che sappiamo del clima di Firenze, agitato da curiosit molteplici. La Vita Laurentii Medices, scritta in latino da Nicola Valori poco dopo il 1515 e pubblicata in italiano nel 1569, ci fornisce sullargomento indicazioni nello stesso senso e qualche altro particolare36. Era soprattutto per s, con tutti gli egoismi del collezionista e dellamatore, che Lorenzo si interessava alle arti e la sua grande preoccupazione stata quella di completare la raccolta di antichit e di oggetti preziosi lasciata da Cosimo, insistendo in particolare su tutte le forme di Kleinkunst che lo appassionavano. In questo senso stato il vetustatis amator, lamatore di anticaglie pi tipico del suo tempo: tutti quelli che volevano renderglisi graditi gli offrivano delle medaglie preziose e lavorate, delle pietre e tutto ci che avesse un sapore antico da tutti gli angoli del mondo37. Seppe metter le mani sul gabinetto di medaglie costituito da papa Paolo II, teneva agenti in tutta Italia e si mostrava cos attivo,

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impaziente e prodigo per tutto ci che era raro e bello che Galeazzo Sforza poteva affermare non senza invidia che presso Lorenzo gli oggetti pi nobili erano confluiti dal mondo intero. assai facile constatare questo incremento metodico delle collezioni medicee, almeno per quel che riguarda i pezzi custoditi nel palazzo di via Larga, confrontando linventario del 1492 con quelli del 1456 e del 1463 redatti per Cosimo, nonch con quello del 1465 steso per Piero. A questa data la collezione contava 100 medaglie doro, 500 medaglie dargento, 30 cammei o intagli e dei vasi. Nel 1494 quasi raddoppiata. Quando sale al potere, sono i bronzisti, i medaglisti, gli intarsiatori, i decoratori che Lorenzo fa lavorare38. Si vede bene ci che lattira e le capacit che apprezza: quelle del Verrocchio, dAntonio Pollaiolo, di Bertoldo o di quellAndrea Guazzalotti di cui si conosce una lettera indirizzata a Lorenzo nel 1478. I casi in cui egli commissioni un affresco, un quadro, sono assai rari e, praticamente, Lorenzo non si rivolto ai pittori della Sistina se non dopo il loro ritorno da Roma, come se si fosse accorto solo allora dellinadeguatezza delle imprese fiorentine: si trattava della villa di Spedaletto presso Volterra, oggi perduta39. Lunica impresa degna di quelle di Cosimo e anche di Piero, che avevano molto costruito, fu in fin dei conti la villa di Poggio a Caiano, sulla quale la testimonianza del Valori getta una luce particolare: Egli [Lorenzo] aveva il gusto dellarchitettura, ma soprattutto di quella che aveva un sapore antico, come si pu vedere a Poggio a Caiano dove appare la magnificenza degli antichi, e che Poliziano ha celebrato in un poema40. Si tratta di uniniziativa degli anni 1485-86, nel corso della quale cominci lamicizia del principe per Giuliano da Sangallo, cosa che le assicura una particolare importanza. Negli anni seguenti Lorenzo intervenne nelle polemiche per la facciata di Santo Spirito e raccomand il suo architetto per la sagrestia della chiesa. Se

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lo si confronta con i programmi grandiosi di un Federico dUrbino o di un Sisto IV, il bilancio risulta modesto. Si pensato di spiegare questo fatto ricordando che si doveva anzitutto portare a compimento lavori iniziati da gran tempo, che le ville medicee erano nel 1469 gi numerose, ben adorne di quadri e statue e che lo spazio non occupato era ormai poco41. In realt il gusto di Lorenzo si rivolgeva alle arti dette minori ed solo verso i quarantanni che il suo interesse per larchitettura e le imprese di decorazione sembra aver preso nuovo slancio. Linsufficienza della sua opera in questo campo stata riconosciuta come controvoglia dagli storici. Il Vasari costretto a scrivere: Non fu finita n quella n laltre [fabbriche di Lorenzo] per la morte di esso Lorenzo; ma questo vale solo per la villa di Poggio a Caiano42. Questa fama di amatore darchitettura (che era fondata) e di costruttore (che non lo era affatto) si era diffusa in tutte le province italiane e perfino allestero. Giovanni II di Portogallo come Alfonso dAragona si rivolgevano a Lorenzo per consiglio. Nel suo opuscolo sugli ordini architettonici (Venezia 1509) il Pacioli racconta di aver conosciuto, attraverso i modelli portati a Napoli da Giuliano da Maiano, linteresse di Lorenzo per la grande arte; egli spiega il felice sviluppo dellarchitettura fiorentina con lesempio del principe e conclude: Chi oggi vol fabricare in Italia e fore subito recorreno a Firenze per architecti43. Si ha infine limpressione che Lorenzo si interessasse agli uomini pi che alle opere: Ammetteva dice il Valori nel gruppo dei suoi famigliari tutti quelli di cui aveva riconosciuto le doti naturali o il talento artistico, li trattava con generosit, li accarezzava e non li lasciava mai44. Amava il contatto dellintelligenza e del talento, come per coltivare in se stesso una sorta dartista universale, per acquisire o presentire tutte le possibilit del genio: poeta, musico, Lorenzo sinteressa a tutto. Il

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segreto della sua vita intellettuale, indubbiamente tanto ricca, sta forse in questo. Alla generazione virile, quella di Cosimo, che amava costruire in tutti i campi, succeduta la generazione degli esteti, mirabilmente dotati, che allattivit preferiscono il godimento e la contemplazione. Le sue poesie nostalgiche, le sue aspirazioni contemplative, il suo gusto del bucolico e del segreto della natura, i suoi periodici progetti di ritirarsi a vita privata, sono altrettanti indizi in questo senso45. Cera una sfumatura insolita e magari una sorta di ambiguit nel suo prestigio di grande conoscitore. dunque inutile parlare di mecenatismo nel senso classico del termine e nemmeno in quello corrente. Rimane tuttavia un problema aperto e dimportanza decisiva, quello della Scuola del giardino di San Marco. Se Lorenzo ha costituito intorno al vecchio scultore Bertoldo, conservatore delle sue anticaglie, una scuola aperta ai giovani artisti, per la quale sarebbero passati, con Michelangelo, moltissimi giovani di talento, non sono stati solo la sua personalit e i suoi gusti ad avere un peso: egli allora ha voluto veramente imprimere una direzione allo sviluppo dellarte fiorentina e la tradizione avrebbe avuto ragione di salutare in lui il pi moderno dei mecenati.

La Scuola del giardino di San Marco. Nessun documento contemporaneo accenna allesistenza di una scuola dartisti raccolti intorno a Bertoldo sotto legida di Lorenzo il Magnifico. solo nelle vite del Vasari che questa istituzione di fondamentale importanza si trova descritta: come al solito, in forma di digressione, nella vita di Torrigiano, condiscepolo di Michelangelo. La scuola viene descritta gi nella prima edizione delle Vite (1550); ma solo nella seconda

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(1568) che compare la parola-chiave: la Scuola del giardino di San Marco. questo seminario dei geni era una sorta daccademia ante lettera46. Lindicazione tradisce lintenzione recondita dello storico che scopre le premesse di un insegnamento metodico dellarte in una grande idea dellet aurea medicea47. Si trattava, per il Vasari, di un passaggio indispensabile: il segreto dellarte italiana del Cinquecento stava, secondo lui, nel disegno toscano, ma era necessaria anche la cultura romana, e luno e laltra erano complementi indispensabili delle facolt naturali, che essi potevano guidare48. Come spiegare allora lapparizione dei grandi toscani e in particolare di Michelangelo? Non si erano formati in un clima molto diverso da quello romano? Il Vasari doveva fatalmente arrivare a dimostrare che il genio si nutriva, gi nella Firenze di Lorenzo, dello studio, nel senso in cui era possibile intenderlo nel Cinquecento, cio di imitazione dei maestri e studio dellarte antica, mentre il resto dipendeva dalla natura, privilegio del genio, che egli definir in modo cos eloquente nello straordinario esordio della vita di Michelangelo. Questo centro di formazione moderna che doveva esistere a Firenze stato, secondo lui, il giardino di piazza San Marco. I dati precisi che lo storico ci fornisce si possono ricondurre a cinque punti: 1. la scuola rispondeva a un piano preordinato di rinnovamento artistico disposto da Lorenzo, desiderando egli sommamente di creare una scuola di pittori e di scultori eccellenti (Vita di Michelangelo); e pi oltre: dolendosi Lorenzo, che amor grandissimo portava alla pittura ed alla scultura, che ne suoi tempi non si trovassero scultori celebrati e nobili, come si trovavano molti pittori di grandissimo pregio e fama, deliber, come io dissi, di fare una scuola (ibid.). 2. La selezione per questa scuola era, in linea generale, fatta con criteri puramente aristocratici, atteso

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che il detto Magnifico Lorenzo teneva per fermo, che coloro che nascono di sangue nobile possano pi agevolmente in ogni cosa venire a perfezione49 (Vita di Torrigiano). 3. Capo dellistituzione era, fin dalla sua fondazione, Bertoldo: Voleva [Lorenzo] che elli avessero per guida e per capo Bertoldo, che era discepolo di Donato (Vita di Michelangelo). Il Vasari insiste sul fatto che, nonostante la sua et, Bertoldo non era solo custode o guardiano, ma era anche considerato maestro molto pratico. 4. Linsegnamento si svolgeva fra le meravigliose raccolte medicee di opere antiche e anche di fronte a cartoni moderni50: Insegnava loro, e parimente aveva cura alle cose del giardino, ed a molti disegni, cartoni e modelli di mano di Donato, Pippo, Masaccio, Paolo Uccello, fra Giovanni, fra Filippo (Vita di Torrigiano). Questo complesso mirabilmente adatto alleducazione artistica andato disperso nel 1494 ma, aggiunge il Vasari, stato in gran parte ricostituito nel 1512 e si sarebbe trovato nel 1550 nel guardaroba del granduca. 5. La lista di coloro che cos hanno potuto studiare le arti del disegno molto lunga e contiene pi di 10 nomi: Michelagnolo, Giovan Francesco Rustici, Torrigiano Torrigiani, Francesco Granacci, Niccol di Domenico Soggi, Lorenzo di Credi e Giuliano Bugiardini, e de forestieri Baccio da Monte Lupo, Andrea Contucci dal Monte Sansovino, ed altri... (Vita di Torrigiano). Si comprende cos lentusiasmo dello storico che conclude la sua esposizione ritornando sui suoi due temi favoriti: la funzione dello studio (Queste arti non si possono imparare se non con lungo studio fatto in ritrarre e sforzarsi di imitare le cose buone; e chi non ha di si fatte commodit, sebbene della natura aiutato, non si pu condurre se non tardi a perfezione; e la gran-

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dezza del mecenate (Il quale esempio, veramente magnifico di Lorenzo, sempre che sar imitato da principi e da altre persone onorate, recher loro onore e lode perpetua... [Vita di Torrigiano]). Per concludere, listituzione creata da Lorenzo nel giardino che aveva in su la piazza di S. Marco di Firenze, esattamente il prototipo e lantenato dellAccademia che verr fondata dal granduca Cosimo nel 1561 dietro suggerimento del nostro Vasari; e questi, nella sua seconda edizione del 1568, non pu fare a meno di introdurre la parola anacronistica che compendia tutto il suo pensiero: Le quali tutte cose [gli oggetti delle raccolte] erano come una scuola ed academia ai giovanetti pittori e scultori ed a tutti gli altri che attendevano al disegno (Vita di Torrigiano). Il suggerimento del Vasari stato scarsamente notato dagli eruditi dei secoli successivi: labate Lanzi parla degli inizi del nuovo stile classico senza far cenno del giardino; ma il racconto vasariano stato dilatato in misura sempre maggiore dai moderni. Il romantico Roscoe stato il primo, sembra, a trattarne in modo solenne, nella frase spesso ricordata: A questa istituzione, pi che ad ognaltra circostanza, possiamo noi francamente attribuire i rapidi e maravigliosi progressi, fatti nelle belle arti verso la fine del secolo xv, che da Firenze per gradi si estesero in tutto il resto dEuropa51. Nulla di pi vasariano del resto di questa idea del progresso. I dotti venuti dopo hanno messo in dubbio il mecenatismo di Lorenzo52; ci nonostante la formula vasariana ha sempre indotto a vedere nel giardino il primo museo e la prima accademia artistica dEuropa. Senza nascondersi lesiguit delle informazioni di cui disponiamo e il fatto che dipendiamo interamente da un racconto in certi punti contestabile, gli storici migliori hanno continuato a parlare de la scuola del giardino53. Lo scetticismo piu facile quando, ritornando allo

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stesso testo vasariano, ci si sforza di valutare storicamente tutti i dati che esso contiene. Gli argomenti del Vasari non si lasciano tradurre in dati precisi. 1. La cronologia inconsistente: il casino presso il convento di San Marco stato dapprima propriet di donna Clarice, moglie di Lorenzo, per la quale Lorenzo laveva acquistato nel 1480; essa mor il 30 luglio 1488. Lorenzo vi aveva gi trasferito le sue anticaglie? probabile. Ma Bertoldo che era anziano (era nato forse intorno al 1420), e il Vasari lo riconosce, e che aveva scarsa capacit di lavoro, viveva in intimit con Lorenzo nel palazzo di via Larga, lo accompagnava ai bagni di Volterra e di Bagno a Morra, e morir al Poggio il 28 dicembre 1491, un anno prima del Magnifico. Se vi sono state delle lezioni nel casino e se si sono raccolti degli allievi intorno a Bertoldo, questo non pu essere avvenuto che nel breve periodo tra il 1489 e il 1491, e in modo del tutto discontinuo54. 2. Lelenco degli allievi suscita perplessit non minori: n Niccol Soggi, n Lorenzo di Credi, n Andrea Sansovino si trovavano a Firenze intorno al 149055. Chi Torrigiano Torrigiani? Si tratta del compagno di Michelangelo oppure di Bastiano Torrigiani detto il Bologna56? Il Rustici e il Granacci sono noti, ma sono questi gli artisti eccellentissimi usciti dalla scuola dei giovani aristocratici? La scelta dei primi nomi non induce forse a pensare che il Vasari stesso abbia sentito linsufficienza di questa promozione e si sia risolutamente deciso a un quadro simbolico aggiungendo ci che rimaneva della bottega del Verrocchio ai principali allievi del Ghirlandaio57? 3. Il Vasari non sa che dire dellillustre capo di questa accademia. Non dedica a Bertoldo nemmeno una biografia a s e non lo conosce da vicino se non come aiuto di Donatello nel Pergamo di San Lorenzo e come restauratore delle anticaglie medicee (al modo

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del Verrocchio)58. Non sa riferire alcun aneddoto sulla vita della scuola. Quelli che riporta, la conversazione di Lorenzo con il giovane Michelangelo a proposito della testa di fauno ridente, i consigli del Poliziano ci riportano alla cerchia di Lorenzo e dei suoi amici. Il Condivi, sempre pi chiaro del Vasari, riferisce le cose in modo molto diverso. grazie a uniniziativa dellamico Granacci che Michelangelo ha potuto essere ammesso a visitare le collezioni medicee: Avenne che un giorno fu dal Granacci menato al giardin de Medici a San Marco: il qual giardino il Magnifico Lorenzo... avea di varie statue antiche e di figure adornato. Di Bertoldo professore di disegno neppure un cenno e qualche rigo pi sotto laccademia fatidica del Vasari riportata alle proporzioni di una semplice metafora, allorch il Condivi parla della gioia del giovane scultore di lavorare liberamente, lontano dalla fastidiosa bottega del Ghirlandaio: Qui tutto il giorno, come in migliore scuola, di tal facult si stava sempre facendo qualche cosa. Bertoldo, modesto consegnatario e gi restauratore degli oggetti antichi, non ha alcuna parte. Si tratta solamente dellaccesso alle collezioni che Lorenzo concedeva a suo piacimento alle persone di sua fiducia. Losservazione del Vasari, elaborata in modo tanto tendenzioso, sul reclutamento aristocratico della scuola, indubbiamente la deformazione di una realt pi semplice. Queste autorizzazioni non vigevano solo per il giardino di San Marco. In una lettera indirizzata il 9 maggio 1490 dalla val dOrcia a suo figlio Piero a proposito di un certo Baccio il Magnifico scrive: Parmi persona intendente e che si dilecti di vedere anticaglie. Vorrei che tu li facessi mostrare tutte quelle dellorto e cos delle nostre altre che sono nello scriptoio... E sembra trattarsi piuttosto delle collezioni del palazzo di via Larga e del suo giardino verso San Lorenzo59.

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Il Vasari ci permette addirittura di rettificare il suo stesso racconto valendoci della lunga descrizione che egli ci da delle anticaglie di palazzo Medici e del giardino annesso. Leggiamo nelle Vite che lAlbertinelli vi studiava intorno al 1490 e che la maggior parte dei pittori e scultori del momento lo imitavano. Si tratta dunque di visite libere col permesso di Lorenzo. La versione autentica dei fatti questa; e ci fornita a proposito del giardino verso San Lorenzo60, mentre la versione tendenziosa quella fornita a proposito del giardino su piazza San Marco. 4. Lelenco dei modelli impressionante ma vago. Nel 1510 lAlbertini scriveva nel suo Memoriale: Nel giardino de Medici sono assai cose antique venute da Roma. Il casino non fu ricostruito dal Buontalenti che nel 1576; nel 1550 si potevano ancora vedere i portici e i giardini, ma, sembra, senza pi le anticaglie che erano state raccolte altrove61. La presenza dei cartoni dei maestri toscani non trova alcuna conferma. Lelenco di essi appare cos eccezionale che lecito chiedersi se non ci sia una confusione, pi o meno volontaria, con le collezioni del palazzo di via Larga. Ma allora si tratterebbe ancora una volta di uno scorcio simbolico. Il Vasari insomma ha fatto coincidere la scuola del giardino con lambiente mediceo, con la corte di Lorenzo, prendendo in pratica la parte per il tutto: e cosi facendo ha voluto dire che nel giardino si respirava il gusto pi puro e la migliore tradizione toscana62. Non abbiamo dunque, nellesposizione del Vasari, che una serie di generalizzazioni e di trasposizioni abusive insieme con uno sforzo ingegnoso di spiegare la situazione dellarte fiorentina intorno al 1490 in termini del tutto impropri. Lo storico troppo legato al granduca per non mettere in evidenza le benemerenze del mecenatismo mediceo, per non ricordare che un gran

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regno suppone una grande scuola artistica, sotto una direzione autorizzata, e per non insistere sulla dignit degli artisti, cui i principi dellet doro tanta importanza attribuivano. C dunque troppo Cinquecento del quadro che egli traccia per analogia della Firenze del 1490. Daltronde egli ha per cos dire la mania delle scuole: ama ricomporre un gruppo, un tutto coerente, un momento decisivo dellevoluzione artistica, sotto unautorit comune. Nellet manieristica si crede alla necessit storica degli istituti e delle accademie dintonazione dogmatica. Si ormai perduto il senso della vita, pi stretta sul piano tecnico, e nello stesso tempo meno ambiziosa delle botteghe di un tempo. Se dobbiamo credere al Condivi per sottrarsi ai fastidi della bottega che Michelangelo si fatto dare il permesso di lavorare nel giardino di San Marco. Sarebbe debitore di questa fortuna al Granacci. Glinsegnamenti di Bertoldo sono ancora meno reali delle lezioni del Ghirlandaio, presso il quale Michelangelo stato per un tempo quanto mai breve63. Michelangelo naturalmente ha conosciuto luno e laltro; ma lo stesso errore di prospettiva ha indotto a collocare i suoi inizi sotto il patronato del pittore e dello scultore che sembravano i pi degni rappresentanti della tecnica fiorentina intorno al 149064. Il mito della Scuola del giardino nato in sostanza dal bisogno di spiegare meglio la formazione toscana di Michelangelo. Il Vasari stato guidato da uninduzione parallela a quella che ha sollevato le libere riunioni del club di Careggi a prototipo delle accademie moderne65. Il modo migliore per ricondurre alla sua base concreta e sicura questa splendida costruzione, in cui la grandezza del mecenate e lideale scolastico sono celebrati in modo anche troppo lusinghiero, quello di cercare di immaginare la funzione che poteva avere la collezione personale di un grande signore del Quattrocento e i suoi

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amici nella formazione di alcuni giovani scultori. Questi potevano essere chiamati in quelle collezioni a titolo di restauratori, cosa che pone un altro problema66. Ma Lorenzo apriva i suoi giardini e i suoi gabinetti a tutti coloro che giudicava degni, e non si distinguevano i frequentatori abituali del giardino di San Marco dagli invitati del palazzo: Haec ubi undecumque comparaverat, domi apud se venerabundus custodiebat, ostendens non palam omnibus, sed generoso cuique67. Lorenzo riservava dunque la frequentazione dei suoi pezzi antichi a una lite: forse egli se ne esagerava il valore archeologico, ma erano per lui il simbolo di una cultura. Nicola Valori che ricorda come Lorenzo sapesse accogliere tutti i talenti, non perde occasione per insistere sulle sue iniziative generose. Egli non dice parola della scuola di Bertoldo; dato che ha scritto la sua Vita di Lorenzo agli inizi del secolo xvi (intorno al 1517), nel momento stesso in cui si cristallizzava la leggenda medicea, questo argomento a silentio sembra decisivo contro la tesi del Vasari e degli storici del secolo scorso.

La leggenda dellet doro. Se il mecenatismo di Lorenzo in buona parte una invenzione storica, interessante analizzare brevemente il formarsi della leggenda dellet doro. La formula era stata impiegata dal Ficino in una lettera del 1492, in cui descriveva il generale rinnovamento delle lettere e delle arti. Ma essa aveva qui un valore quanto mai generale e si ricollegava al mito pi alto dellepoca68. stato piuttosto il Savonarola che involontariamente ha preparato lesaltazione di Lorenzo, accusando volta volta la tirannia dei Medici, lerrore del pensiero umanistico e la degradazione dellarte. Il riformatore unificava idealmente la cultura medicea denunciandola

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come paganesimo, decadenza e corruzione in tutti i campi69. La reazione fu altrettanto energica. Ritorcendo le formule del riformatore, i partigiani del ritorno dei Medici cominciarono a presentare lepoca test conclusa non come un periodo di piet e di virt, ma come un periodo felice di pace e di alta civilt, che valeva ben la pena di rimpiangere: Piero Parenti parla, nel 1501, nel suo diario de la buona stagione preterita; un umanista, il Crinito, nel 1504 parla delle sciagure del 149270. Lottando, dopo la caduta del Savonarola, contro la propaganda piagnona, la contropropaganda medicea riusc facilmente a costruire il mito che gli amici dei Medici e i servitori dei duchi vennero in seguito via via precisando. Limportanza che dopo il 1500 ebbero in questo senso Bernardo Rucellai e la sua cerchia, dove gli studi politici erano prevalenti, essenziale. Fautore di una repubblica aristocratica, il Rucellai era stato contrario successivamente a Piero e al Savonarola; ora era contrario al Soderini. Nei convegni degli Orti Oricellari in cui si riunivano i sopravvissuti dellAccademia ficiniana, come il Diacceto e gli storici dellumanesimo, il Guicciardini, L. Alamanni e, pi tardi, il Machiavelli, lidealizzazione dellepoca di Lorenzo si accompagnava in modo del tutto naturale alla ricerca di un nuovo ideale politico insieme antico e moderno, di tipo romano e di tipo veneziano. E la fama di cultura di Lorenzo non poteva che favorire tale idealizzazione. di questo che si far eco il Guicciardini: dopo un giudizio ancora incerto nelle Storie fiorentine, che diviene pi favorevole nel Dialogo, nella Storia dItalia infine presenter unimmagine ideale del principe che, secondo le sue parole (Storia, I, cap. xv), dopo la morte si convert in memoria molto chiara71. Da tutte queste riflessioni, da questi rimpianti del passato, usciranno immagini concordanti. La Vita di Ficino di G. Corsi (1506) lopera di un politico che

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mira a dimostrare che lo sviluppo dellumanesimo avvenuto in stretta connessione con le fortune del principato mediceo72. La vita di Lorenzo del Valori (circa 1517) afferma nello stesso tempo la saggezza del politico che ha saputo salvaguardare la pace dellItalia, il suo attaccamento alla filosofia platonica di Careggi e infine lammirevole funzione di conoscitore e uomo di gusto che egli ha saputo esercitare. Le sue conclusioni concordano con liscrizione del 1490: Hoc illud fuit tempus quo omnium maxime Florentia dicitur floruisse imperio aucta et nominis fama quam per totum terrarum orbem Laurentii sapientia et auctoritas dilataverat73. Non v mai cenno, in questi elogi, di una accademia ufficiale e meno ancora di una scuola artistica; essi semplicemente mettono insieme le tre glorie di Firenze, quella politica, quella letteraria e quella artistica. Questa disposizione psicologica si paleser appieno con la ripresa delle feste medicee, allorch, nel settembre 1512, il giovane Giuliano de Medici rientrer a Firenze per ristabilirvi il principato. La pi significativa di queste feste fu quella organizzata, con la collaborazione del giovane Pontormo e di Andrea del Sarto, dalle compagnie del Diamante e del Broncone (si tratta di due emblemi medicei) per il carnevale del 1513. Si tratt, per usare le parole di uno storico, di una sorta di carnevale postumo alla Lorenzo, di una sfilata di carri del genere di quelli che egli aveva messo di moda trentanni prima: in pratica, dei quadri viventi di gusto classico, Saturno e Giano, Numa Pompilio...; e, infine, il Trionfo dellet doro. Si cantavano in coro i Canti di Jacopo Nardi; lultimo di questi comprendeva i versi:
... Come la fenice Rinasce dal broncon del vecchio alloro, Cos nasce dal ferro un secol doro.

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E qui la formula secol doro, et doro acquista tutto il suo significato74. Si era alla vigilia dellelezione del cardinale Giovanni al soglio pontificio col nome di Leone X (11 marzo 1513). Bast poco tempo perch si costituisse a Firenze, sotto la protezione del papa, una Sacra Academia florentina, a carattere ufficiale, che rappresentava lauspicata ricostituzione dellAccademia di Careggi. Si trattava per di un circolo erudito, in cui lispirazione dotta e teologica tendeva perfino a tingersi di pietismo antipagano. Una delle sue manifestazioni fu, nel 1519, la petizione rivolta al papa per chiedere il ritorno delle ceneri di Dante75. Nel 1521 il busto del Ficino, opera del Ferrucci, sar collocato nella Cattedrale. Ci volle per ancora una generazione perch il nuovo ducato si consolidasse e perch intorno al potere si raccogliesse una vera e propria accademia letteraria e una vera e propria accademia del disegno, istituzioni che trovavano i loro titoli di nobilt in una glorificazione tendenziosa della civilt medicea dellet doro. Lo studio della cultura fiorentina alla fine del Quattrocento deve dunque tener conto di tutti questi schermi deformanti. Il movimento intellettuale ed artistico del tempo di Lorenzo stato brutalmente interrotto e negato, al pari del regime mediceo, dalla rivoluzione del 1494, poi rivalorizzato oltre misura dalla propaganda dei Medici negli anni 1500-20, finche non si avr la ricomposizione in termini convenzionali ad opera degli storici toscani della met del Cinquecento76.

Appendice I ritratti degli umanisti Non esiste alcun lavoro di insieme sui ritratti degli umanisti. Fra i ritratti di gruppo ricordiamo anzitutto i due affreschi famosi di Santa Maria Novella (Annuncio

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a Zaccaria, coro) del Ghirlandaio, e quello di SantAmbrogio (cappella del SS. Sacramento) di Cosimo Rosselli. Il quadro segnalato dal Mencken nella sua Vita del Poliziano allAccademia di Lipsia una copia tarda e cattiva del gruppo di Santa Maria Novella, rappresentato qui sullo sfondo di un paesaggio del Nord delle Alpi: HILL, Iconografia di Angiolo Poliziano, in Rinascimento, ii (1951), p. 271. Il punto di partenza dovrebbe essere costituito dalle gallerie di uomini illustri del Cinquecento, di cui le pi notevoli sono state quella di Paolo Giovio, quella dei duchi di Toscana (le tele sono opera di Cristofano dellAltissimo, ma egli si limita spesso a riprodurre la serie di Paolo Giovio) e certe collezioni principesche, come quella, ad esempio, dei duchi del Tirolo: f. kenner, Die Portrtsammlung des Erzherzogs Ferdinand von Tirol: die italienischen Bildnisse, in JW, xviii (1897), pp. 134-261. Ficino: oltre le testimonianze, abbiamo affreschi e iniziali miniate (ad esempio la m iniziale del Plotino, Biblioteca Laurenziana [1490], riprodotto in Marsile Ficin et lart, tav. v), la medaglia di Niccol e il busto tardo (1521) di Andrea Ferrucci nella cattedrale di Firenze: op. cit., p. 48. Elenco dei manoscritti in cui si trova una iniziale col ritratto del Ficino: p. dancona, La miniatura fiorentina, Firenze 1914, 2 vv. Bottega dAttavante: Plut. 73-79 (n. 1518), foll. 4, b iniziale e, 77 l iniziale; Plut. 82-15 (n. 1531), fol. 1, medaglioni; Plut. 83-10 (n. 895, ms della Theologia platonica), vol. 1, p iniziale; Strozzi 97 (n. 1541), fol. 1; Wolfenbttel 2924 (n. 1587), foll. 2 e 31; 2994 (n. 1598), fol. 2. Di unaltra bottega fiorentina, quella dei Boccardi, Biblioteca Casanatense, Roma, cod. 1297 (n. 1667), fol. 1: m iniziale. Di mano di Francesco Antonio del Cherico: Wolfenbttel, cod. 73 (841), fol. 1. Poliziano: art. cit., supra. Landino: una miniatura di Gherardo e Monte per le

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edizioni di Plinio (1478) lo rappresenta a mezzo busto davanti alla cattedrale di Firenze: o. pcht, Italian Illuminated Manuscripts, Bodleian Library, Oxford 1948, n. 83, riprodotto in a. chastel, Marsile Ficin et lart, tav. v. Pico: un disegno della collezione Bonnat di Bayonne (cat. II, 1925, n. 18) sembra sicuramente dorigine settentrionale: Baldassarre dEste o Ambrogio de Predis: e. tietze-conrat, An Unknown Portrait of Pico della Mirandola, in Gazette des Beaux-Arts, xxvii (1945), gennaio, pp. 59-62. Ci da avvicinare alla citazione, nellinventario di Fulvio Orsini del 1600 di un disegno di Pico attribuito a Leonardo: Gazette des BeauxArts, i (1884), p. 435, n. 102. indubbio che questo tipo abbia avuto diffusione fuori Firenze. Il Montaigne nel suo Journal de voyage descrive una effige al naturale di Picus Mirandula a Urbino: Un visage beau, trs blanc, sans barbe de la faon de 17 ou 18 ans, le nez longuet, les yeux doux, le visage maigrelet, le poil blond qui lui bat jusque sur les paules et un trange accoutrement. Gli altri personaggi della cerchia di Careggi sono rappresentati pi di rado o pi difficile identificarli. esistito un ritratto di Girolamo Benivieni, opera di Lorenzo di Credi, segnalato (vasari, ed. C. L. Ragghianti, II, p. 243), come molto suo amico. Secondo il Milanesi (1878) questo ritratto si trovava nella collezione Volpini di Firenze: scomparso in seguito. Il ritratto di Lorenzo Lorenzi, professore a Pisa e grande amico di Pico, stando alla testimonianza di p. crinito, De honesta disciplina, V, 1, eseguito dal Botticelli, si trova al Museo di Filadelfia: j. mesnil, Botticelli, Paris 1938, p. 138. Le medaglie, databili tra il 1490 e il 1495, di Niccol Fiorentino dimostrano la notoriet degli umanisti: c. von fabriczy, Medaillen der italienisches Renaissance, Leipzig s. d., pp. 60 sgg.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze h. taine, Voyage en Italie, Paris 1865, 18 ed., 1930, vol. II, p. 148. a. chastel, Le got des primitifs en France, introduzione al catalogo della mostra De Giotto Bellini, Paris 1956, trad. it. in Paragone, vii (1956), n. 79, pp. 3 sgg. 3 m. praz, La carne, la morte e il diavolo, 3 ed., Firenze 1948, cap. V (Bisanzio). 4 Lopera a lungo celebrata di p. monnier, Le Quattrocento, Paris 1901, non pi sufficiente. I numerosi lavori di e. garin e p. o. kristeller, citati pi avanti, hanno accumulato materiali inediti e tracciato delle prospettive sicure per una storia dellumanesimo italiano che ancora da scrivere. 5 Tutti questi punti sono stati svolti in uno studio su Marsile Ficin et lart, Genve 1955. 6 f. antal, Florentine Painting and its Social Background, The Bourgeois Republic before Cosimo de Medicis Advent to Power: XIV and XV Centuries, London 1947 (trad. it. La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Torino 1960). Storici dellarte cos diversi come E. H. Gombrich, M. Meiss, e P. Francastel hanno moltiplicato le loro riserve sulla tesi di F. Antal. 7 Lopera recente di w. welliver, Limpero fiorentino, Firenze 1957 (che noi non possiamo seguire nella interpretazione delle opere darte), insiste su questo punto. 8 f. antal, Studien zur Gotik im Quattrocento, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xlvi (1925), pp. 3-32; questa tesi stata parzialmente ripresa da g. weiss, Die sptgotische Stilrichtung in der Kunst der italienischen Renaissance, in Bibliothque dhumanisme et renaissance, xiv (1952), pp. 99 sgg., e combinata con la tesi di wlfflin allopposizione radicale tra il xvi secolo e let precedente in Renaissance und Antike, Tbinger Forschungen zur Kunstgesch., 5, Tbingen 1953. 9 p. francastel, Peinture et socit, Lyon 1954, parte I (trad. it. Lo spazio figurativo dal Rinascimento al Cubismo, Torino 1957). 10 Il concetto di decompartimentazione stato messo in luce in modo assai perspicuo da e. panofsky nel saggio Artist, Scientist, Genius, notes on the Renaissance-Dmmerung, apparso in The Renaissance, a Symposium, The Metropolitan Museum of Art, New York 1953. 11 Lo stesso era accaduto per Paolo Uccello, stando agli studi di a. parronchi, Le fonti di Paolo Uccello, in Paragone, nn. 95 e 97, novembre e gennaio 1958. 12 Cfr. j. r. spencer, Ut rhetorica pictura, in jwci, xx (1957). 13 Lha chiaramente dimostrato p. o. kristeller, The modern system of the arts: a modern study in the history of aesthetics, in Journal of the History of Ideas, xii (1951), pp. 496-528 e xiii (1952), pp. 17-45. 14 e mntz, Histoire de lart pendant la Renaissance, vol. II (Italie:
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze lge dor), Paris 1891, pp. 70 sgg., ha indicato anzitutto fra i fattori dellarte classica il passaggio dal realismo allidealismo favorito dal trionfo della filosofia platonica. Gli altri aspetti decisivi sarebbero una migliore conoscenza dellantico (definito pi chiaramente dal primato di Roma) e la maturit degli stili (che sesprime con labbandono della maniera dura e secca del Quattrocento). Ci che ci interessa qui linterazione di tutti questi fattori a Firenze, quindi il loro sviluppo a Roma. Le prime indicazioni in questo senso in h. hettner, Italienische Studien zur Geschichte der Renaissance, Brunswick 1879, II, 2, e V, 12. Cos anche w. goetz, Renaissance und Antike, in Historische Zeitschrift, vol. II, Leipzig 1942: Il fondamento spirituale di questarte [larte classica] risulta chiaramente, allorch si risalga al pensiero degli artisti e alla generale tendenza dei loro propositi, lumanesimo, e in primo luogo il platonismo. 15 Come ormai da tempo ha messo in evidenza A. Warburg, a proposito del Botticelli, nel suo studio del 1894, ripubblicato nei Gesammelte Schriften, Leipzig 1932, vol. I, pp. 1 e 5. Apparir agevolmente quanto su tutti questi argomenti la nostra esposizione debba agli studi di F. Saxl, E. Panofsky, E. H. Gombrich, R. Wittkower. Da venticinque anni e questa parte non ha fatto che crescere il nostro debito di gratitudine verso i membri dellInstitut Warburg (passato a Londra nel 1933). 16 Dopo che questo libro era stato licenziato (1957) un nuovo libro del professor e. wind, Pagan Misteries in the Renaissance, London 1958 venuto a mettere in evidenza i rapporti che si possono stabilire tra la Poetica Theologia rinascimentale e certi capolavori darte: la Primavera del Botticelli, lAmor sacro e profano di Tiziano, il Bacco di Michelangelo. Egli dunque tratta alcuni degli argomenti di questo studio e si vale in pi dun caso della stessa serie di testi e di argomenti (ad esempio per Marsia e Apollo). Tuttavia lo spirito che anima queste sue pagine assai diverso: il professor Wind non si preoccupa dello sviluppo degli ambienti e delle generazioni; egli trascura volutamente quelle che sono le posizioni correnti per mettere invece in evidenza i paradossi illuminanti e svolge con finezza unidea dellarte del Rinascimento che ricorda quella di Walter Pater; ci che lattira una mistura di malinconia e spirito burlesco e lazione stimolante dellermetismo che libera gli istinti poetici. Il simbolo rivelatore limmagine delle Grazie impressa sul rovescio della medaglia di Pico. Questi leroe favorito del professor Wind che sarebbe anche propenso a metterlo a contrasto col Savonarola (i suggerimenti delle pp. 66 n. 7 e 68 n. 3 sono quanto mai soggetti a cauzione) e che minimizza a torto il contributo del Ficino (rimproverando a noi, p. 110 n. 3, di non aver operato la necessaria distinzione tra linfluenza del Ficino sulle arti e il concetto che egli aveva di queste, nonostante ci

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze che detto nel nostro Marsile Ficin et lart, pp. 32 e 49). Il professor Wind spiega ragionevolmente come gli artisti del Cinquecento arrivassero attraverso la semplice conversazione a conoscenze che noi dobbiamo ritrovare per vie pi o meno laboriose. Ma questa giustificazione delliconologia non deve farci dimenticare le confusioni, le esitazioni, le crisi e le incertezze del passato, al fine di comporre unimmagine perfettamente coerente e bella. In realt lidea dei misteri pagani permette al professor Wind di ricostruire: 1) un postulato teorico basilare sul tipo della concordia discors, fondata sulla dialettica dei complementari del tipo Virt e Volutt ecc.; 2) uninterpretazione letteraria, e volutamente trascendentalistica di tutti i motivi, cosa che ci sembra eccessiva. Non saremo noi a negare il valore del principio del gioco serio (serio ludere) nel Rinascimento, n la funzione della triade nellattivit speculativa. Ma i criteri metodologici presentati nella nostra introduzione precisano lapparato storico che pu aiutare ad evitare linopportuna confusione tra la mitologia personale che ognuno di noi ha e i precisi fenomeni del periodo che si studia. 17 Sulla funzione essenziale che ha avuto lordinazione, cfr. a. warburg, Bildniskunst und florentinisches Brgertum (1901), raccolto in Gesammelte Schriften, Leipzig 1932, vol. I, p. 95 e m. wackernagel, Der Lebensraum des Kunstlers in der florentinischen Renaissance, Leipzig 1938. Su di essa ha insistito anche j. mesnil, Lducation des peintres florentins au XVe sicle, in Revue des ides, 15 settembre 1910. 18 t. trapesnikoff, Die Portrtdarstellungen der Mediceer des XV. Jahrh., Strassbur 1909, pp. 63 sgg.; l. buerkel, Francesco Furini, Wien 1908, p. 80. Sulla base della statua di Platone si legge: Sal in mente, mel in ore, e in un cartiglio che gira intorno alla stessa base Platonem laudaturus et sile et mirare. 19 Descrizione sommaria in a. lensi, Palazzo Vecchio, trad. fr. Paris 1932, pp. 161 sgg. Il testo del vasari, ed. Milanesi, vol. VIII, p. 250; ed. C. L. Ragghianti, Milano 1949, vol. IV, pp. 127-70. 20 Cosa tuttaltro che vera: i. del lungo, Florentia, Firrenze 1893, p. 231, e Marsile Ficin et lart cit., p. 7. 21 Su questa utilizzazione accademica delle glorie del Quattrocento torneremo con maggior ampiezza nella conclusione generale, iv. 22 w. roscoe, Life of Lorenzo de Medici called the Magnificent, London 1795; ed. it., Pisa 1816. 23 Attraverso Lorenzo tutta lepoca che viene celebrata nellopera di W. Roscoe, e successivamente in quella di a. von reumont, Lorenzo de Medici il Magnifico, 2 voll., Leipzig 1874, e nellopera di innumerevoli volgarizzatori che hanno seguito e imitato questi autori. La tendenza a riferire tutto allazione personale del Principe ispira lopera di e. barfucci, Lorenzo de Medici e la societ artistica del suo tempo, Firenze 1945.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze e. mntz, Les prcurseurs de la Renaissance, Paris 1882; cos anche f.-t. perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Mdicis jusqu la chute de la Rpublique (1434-1531), vol. I, Paris 1888, p. 573. 25 e. wilder, The unfinished monument by Andrea del Verrocchio to the Cardinal N. Forteguerri at Pistoia, Northampton (Mass.) 1932; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., p. 38 n. 64. 26 l. d. ettlinger, Pollaiuolos Tomb of Sixtus IV, in jwci, xvi (1953), p. 243 n. 3; s. meller, I progetti di Antonio Pollaiuolo per la statua equestre di F. Sforza, in Miscellanea in onore di A. Petrovic, Budapest 1934, pp. 5 sgg.; a. sabatini, Antonio e Piero del Pollaiolo, Firenze 1944, p. 71. 27 E. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., pp. 171 sgg.; a. von reumont, Lorenzo de Medici ecc. cit., vol. II, pp. 186-87; m. wackernagel, Der Lebensraum ecc. cit., Leipzig 1938, pp. 268-69. 28 a. fabroni, Laur. Medicis Magnifici Vita, Pisa 1784, p. 217. Questa ipotesi ci sembra confermata dallanalisi della situazione artistica di Firenze che ci d il vasari nella Vita del Perugino, ed. Milanesi, III, p. 566; ed. C. L. Ragghianti, I, p. 930. La descrizione retrospettiva e si riferisce agli anni 1475-80 (cfr. pi avanti, parte II, introduzione). Dopo aver spiegato perch in Firenze pi che altrove venivano gli uomini perfetti in tutte larti..., il Vasari conclude che dopo aver approfittato del clima elevato della citt bisogna partirsi di quivi e vender fuora la bont dellopere sue e la riputazione di essa citt, come fanno i dottori quella del loro studio. Perch Firenze fa degli artefici suoi quel che il tempo delle cose sue, che, fatte, se le disfa e se le consuma a poco a poco. a. von reumont, Lorenzo de Medici ecc. cit., II, pp. 130 sgg., ci d un quadro dellarte fiorentina al tempo del Magnifico su cui non si pu contare per una valutazione del mecenatismo di Lorenzo. Pi preciso il wackernagel, Der Lebensraum ecc. cit., II, pp. 150 sgg.; noi tuttavia non lo seguiamo per quanto riguarda la scuola darte del giardino di San Marco (p. 269). 29 a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., Genve-Lille 1954, pp. 18384; m. wackernagel, Der Lebensraum ecc. cit., pp. 268-69. 30 Per questa commemorazione, cfr. vasari, ed. Milanesi, II, p. 630: per pubblico decreto e per opera ed affezione particulare dei Magnifico Lorenzo vecchio de Medici... Su Giotto mosaicista, cfr. pi avanti. 31 j. lauts, Domenico Ghirlandaio, Wien 1943, tav. lxxxii. Molto diverso, sotto questo aspetto, laffresco leggermente anteriore del Miracolo del Sacramento in SantAmbrogio (1485-86): Cosimo Rosselli vi ha riunito i ritratti del Ficino, di Pico e del Poliziano, che figurano proprio in mezzo alla piazza, per celebrare le celebrit fiorentine del momento: il Ficino aveva pubblicato nel 1482 la Teologia platonica, il
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Poliziano aveva iniziato nel 1488 i suoi corsi sui Fasti dOvidio, Virgilio, Omero; Pico proprio allora era stato accolto nel gruppo dei filosofi fiorentini dopo la sua lettera domaggio a Lorenzo. Sui ritratti degli umanisti cfr. la nota in fine di capitolo. 32 m. wackernagel, Der Lebensraum ecc. cit., pp. 266-67; w. paatz, Kirchen, III, p. 577. 33 vasari, Vita di Giuliano da Sangallo, ed. Milanesi, IV, p. 274; m. wackernagel, Der Lebensraum ecc. cit., p. 267; g. marchini, Giuliano da Sangallo, Firenze 1942, pp. 32 sgg. 34 Diario di L. Landucci, ed. Firenze 1883, p. 58, citato in e. barfucci, Lorenzo de Medici ecc. cit., p. 268; cfr. su questo punto pi avanti. Alcuni hanno riferito al tempo di Lorenzo un progetto di palazzo mediceo in borgo Pinti, gi sensibilmente classico, noto da un disegno un tempo attribuito a Giuliano (circa 1488) e in realt di Antonio da Sangallo (dopo il 1512): cfr. g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 101, e pi avanti, III, cap. IV. 35 guicciardini, Scritti scelti ed. L. Bonfigli, Firenze 1924, p. 7. Sulle fonti della storia di Lorenzo: a. renaudet, Laurent le Magnifique, in Hommes dEtat, Paris 1937, vol. II pp. 415-507. 36 n. valori, Laurentii Medices Vita, ed. P. Mehus, Firenze 1749. 37 e. mntz, Les collections des Mdicis au XVe sicle, Paris 1888. Sul tesoro di Lorenzo, cfr. w. holzhausen, Studien ber den Schatz des Lorenzo il Magnifico im Museo degli argenti zu Florenz, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, III (1929), 3. Lorenzo nutriva un particolare interesse per la miniatura e non risparmiava sforzi per arricchire la biblioteca di manoscritti miniati: nel 1490, alla morte di Mattia Corvino, si assicur i manoscritti di Gherardo e Attavante che erano destinati al re: cfr. vasari, ed. Milanesi, III, p. 240. Sulla biblioteca dei Medici, cfr. piccolomini, Le vicende della libreria medicea, in Archivio storico italiano, V (1892). Ma la miniatura non certo il settore pi felice della pittura fiorentina. 38 c. von fabriczy, Medaillen der italienischen Renaissance, Leipzig s.d. 39 Cfr. pi avanti. 40 valori, Laurentii Medices Vita ecc. cit., p.46. 41 m. wackernagel, Der Lebensraum ecc. cit., p. 269; a. von reumont, Lorenzo de Medici ecc. cit., pp.150 sgg. 42 vasari, Vite (Vita del Sangallo), ed. Milanesi, vol. IV, p. 277. Agli anni 1491-92 viene assegnata la loggetta aggiunta sul fianco della villa di Careggi: cfr. G. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 91. 43 luca pacioli, De divina proportione, ed. C. Winterberg, Wien 1889, pp. 148-49. 44 valori, Laurentii Medices Vita ecc. cit., p. 46. 45 a. chastel, Ambra, lAltercation et les chansons de carnaval, Paris 1946, e pi avanti, pp. 234-36.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vasari, ed. Milanesi, IV, pp. 256 sgg., VII, p. 141. Cfr. a. chastel, Vasari et la lgende mdicenne: lEcole du jardin de Saint-Marc, in Studi vasariani, Firenze 1950, pp. 159-67, e pi avanti, conclusione generale, iv. 47 Allinizio della Vita di Botticelli il Vasari parla dellepoca di Lorenzo che fu veramente per le persone dingegno secol doro... 48 Questa teoria viene formulata, in particolare, allinizio della Vita di Verrocchio (ed. Milanesi, p. 357) e il giudizio assai severo che vi compare viene attenuato nella seconda edizione. Altri passi significativi a proposito di Drer, ibid., vol. V, p. 402 e (solo nelledizione 1550) nella Vita di Vincenzo da San Gimignano, ibid., p. 55. Sullintero problema, cfr. w. von obernitz, Vasaris allgemeine Kunstanschauungen auf dem Gebiete der Malerei, Strassburg 1897, pp. 101-3. 49 Questa professione di fede illustrata da un pomposo verso dellAlciati, di cui il Vasari si valso pi volte nella sua carriera: cfr. Descrizione delle opere di Giorgio Vasari, nelle Vite, ed. C. L. Ragghianti, III, p. 717. 50 Qualche altro particolare si trova allinizio del testo, IV, p. 256: La loggia i viali e tutte le stanze erano adorne di buone figure antiche di marmo e di pitture e daltre cose fatte di mano de migliori maestri che mai fussero stati in Italia e fuori. 51 w. roscoe, Life of Lorenzo ecc. cit., ed. it., Pisa 1799, IV, p. 30. 52 Cfr. e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., pp. 204-9 e sopra. 53 k. frey, Michelagniolo Buonarroto: Sein Leben und seine Werke, I: Michelagniolos Jugendjahre, Berlin 1907, p. 45; c. de tolnay, The youth of Michelangelo, Princeton 1947, pp. 16-17; e. barfucci, Lorenzo de Medici ecc. cit., cap. V (Il giardino di San Marco) intende nel senso pi largo listituzione che finisce cos per abbracciare tutta larte fiorentina. 54 k. frey, Michelagniolos Jugendjahre cit., p. 63: la scuola darte appartiene agli ultimi anni di vita di Lorenzo, non allottavo decennio e tanto meno a unepoca ancora anteriore. La lettera di Lorenzo al figlio Piero del 9 maggio 1490 non riguarda verosimilmente il giardino di San Marco, ma quello di via Larga; cfr. pi avanti. 55 k. frey, p. 64. 56 lopinione di C. L. Ragghianti, ed. delle Vite, IV, p. 404 n. 7. 57 Il Vasari si tradisce leggermente allinizio della Vita di Giovanni Francesco Rustici (ed. C. L. Ragghianti, III, p. 249), quando riferisce lamicizia tra il Rustici e Leonardo (attestata nel 1507) alla circostanza che erano stati insieme nella bottega del Verrocchio (bench il Rustici fosse nato nel 1474, cio pi di ventanni dopo Leonardo, e che il Verrocchio avesse lasciato Firenze intorno al 1485) e corona questo anacronismo con una affermazione delleccellenza di tutti coloro i quali furono della scuola del giardino de Medici e favoriti del magnifico Lorenzo vecchio.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Lopera di w. von bode, Bertoldo und Lorenzo de Medici, Freiburg im Brisgau 1925, non reca chiarimenti. 59 Contrariamente a ci che pensa k. frey, Michelagniolos Jugendjahre cit., pp. 74-75. 60 vasari, Vita di Mariotto Albertinelli, ed. Milanesi, IV, p. 218. Cfr. anche pi avanti, I, introduzione. 61 f. albertini, Memoriale di molte statue et picture nella citt di Firenze, 1519, ed. Milanesi-Guasti, Firenze 1863, p. 10; c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 263. La pianta del Bonsignori (1584) mostra ancora lo stato primitivo del casino, ibid., tav. cxcviii. 62 Lesposizione di k. frey, Michelagniolos Jugendjahre cit., pp. 4849 giunge a negare la teoria vasariana per insistere invece su una visione complessiva del mecenatismo di Lorenzo. 63 Il saggio di G. Fiocco, La data di nascita di Francesco Granacci ed unipotesi michelangiolesca, in Rivista darte, 1930, p. 193, anticipando al 1469 la data di nascita del Granacci permette di attribuire a questultimo una maggior importanza nella formazione artistica di Michelangelo: il Granacci era stato il suo primo amico. Mal si comprende anche come s. bottari, Michelangelo, Catania 1941, che pur aderisce largamente alla versione neocondiviana del Fiocco, scriva per inciso che Bertoldo come noto sopraintendeva a quella la denominazione non impropria Accademia (p. 64). Laffermazione ripetuta, anche qui di passata, da a. bertini, Michelangelo fino alla Sistina, Torino 1945, p.13. 64 c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., capp. III e IV, arriva alla conclusione che il Ghirlandaio non ha avuto grande influenza sul suo allievo e che laccademia del giardino non era una scuola come le altre. Noi proponiamo una soluzione pi radicale. 65 Marsile Ficin et lart cit., introduzione, p. 8. 66 Cfr. pi avanti. Il passo dellAnonimo Magliabechiano relativo a Leonardo: Stette da giovano col Magnifico Lorenzo, per se il faceva lavorare nel giardino sulla piazza di san Marco di Firenze (la cosa dovrebbe risalire al 1480 circa, dopo lacquisto del terreno e prima della partenza di Leonardo) non significa, come invece hanno creduto g. uzielli, Ricerche intorno a Leonardo da Vinci, I, Torino 1896, p. 365, e e. barfucci, Lorenzo de Medici ecc. cit., p. 209, che Leonardo sia stato ammesso (a 30 anni!) alla Scuola del giardino, ma semplicemente che fu qui impiegato dal Magnifico, come era avvenuto per il Verrocchio, in lavori di restauro e sistemazione: k. frey, Michelagniolos Jugendjahre cit., p. 64. 67 n. valori, Laurentii Medices Vita ecc. cit., p. 46. 68 ficino, Opera, p. 244, citato in Marsile Ficin et lart cit., p. 61. Cfr. pi avanti. 69 Cfr. pi avanti.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze j. schnitzer, Savonarola, Mnchen 1924, p. 52; crinito, libro XV, cap. IX. 71 Tutto ci ottimamente chiarito da f. gilbert, Bernardo Rucellai and the Orti Oricellari (a study on the origin of the modern political thought), in jwci (1949), pp. 101-31. Cfr. anche r. von albertini, Das florentinische Staatsbewusstsein im bergang von der Republik zum Prinzipat, Bern 1955, I, 4 (Die Orti Oricellari), pp. 74 sgg. 72 p. o. kristeller, Per la biografia di Marsilio Ficino, in Civilt moderna, X (1958), e id., Un uomo di stato e umanista fiorentino: Giovanni Corsi, in Bibliofilia, xxxviii (1936), ripreso poi in Studies, 8 e 9. Un passo significativo del cap. IX ricorda: Hic magnus ille Laurentius... quem Respublica Florentina Augustum, Maecenatem vero bonae artes expertae sunt (Ecco il grande e famoso Lorenzo... che la Repubblica Fiorentina ha conosciuto come un nuovo Augusto, le arti belle come un nuovo Mecenate), e deplora le avverse condizioni del presente, in cui venuta meno la grande famiglia, in nostra civitate pro disciplinis ac bonis artibus inscitia et ignorantia, pro liberalitate avaritia, pro modestia et continentia ambitio et luxuria dominantur (nella nostra citt anzich la disciplina e le arti belle dominano linsipienza e lignoranza, anzich la liberalit lavarizia, anzich la modestia e la continenza lambizione e la lussuria). 73 n. valori, Laurentii Medices Vita ecc. cit., p. 48. 74 vasari, Vita del Pontormo, ed. Milanesi, XI, p. 34; ed. C. L. Ragghianti, III, p. 45; f.-t. perrens, Histoire de Florence ecc. cit., III, pp. 35-36; i. del lungo, Carnasciale postumo, in Florentia, Firenze 1897, pp. 415-21. Lentrata di Leone X a Firenze suscit lentusiasmo del vecchio Landucci: cfr. perrens, Histoire de Florence ecc. cit., III, 54; lavvenimento sar rappresentato dal Vasari in palazzo Vecchio fra le date fauste della storia medicea: cfr. Ragionamenti, II, 3. 75 a. lesen, Leone X e lAccademia Sacra Florentina. La reazione contro il neopaganesimo umanistico, in Convivium, 1931-33, pp. 232-46; p. o. kristeller, Studies, pp. 301 sgg., con nuovi documenti su questa accademia, pp. 328 sgg. 76 Ulteriori indicazioni si troveranno nella conclusione generale, iv. Come aveva fatto per Lorenzo de Medici, w. roscoe ha narrato The Life and Pontificate of Leo the Tenth, Liverpool 1805, 2 ed. Heidelberg 1828, ampliando oltre misura limportanza del mecenate per giustificare la formula, divenuta classica dopo Voltaire, di secolo di Leone X. Lo storico inglese ha avuto almeno il merito di raccogliere una mole imponente di documenti di cui non sempre chi venuto dopo ha saputo servirsi. Il tema del grande pontificato stato preso come sfondo per narrazioni facili come quella di e. rodocanachi, Rome au temps de Jules II et de Lon X, Paris 1911. Lavori pi rigorosi, come
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze quello di d. gnoli, La Roma di Leone X, Milano 1938, permettono di ridurre sensibilmente la portata degli elogi enfatici che hanno accompagnato Leone X nel Cinquecento. Lelogio rivoltogli da Erasmo nel 1515 non dei meno significativi: sensit illico mundus gubernaculis admotum repente saeculum illud plusquam ferreum in aurum versum... (Epist., II, n. 534, ed. Allen, p. 479).

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Parte prima Artisti e umanisti Sezione prima le collezioni Introduzione Le incertezze del museo fiorentino

Donatello, morto nel 1466, fu, secondo la tradizione, il creatore del Museo Mediceo, di cui Bertoldo avrebbe assunto la direzione sotto Lorenzo. Il Vasari ci presenta Donatello come un competente in fatto darte antica e aggiunge:
E tanto pi merita commendazione, quanto nel tempo suo le antichit non erano scoperte sopra la terra, dalle colonne, i pili, e gli archi trionfali in fuora. Ed egli fu potissima cagione che a Cosimo de Medici si destasse la volont dellintrodurre a Fiorenza le antichit che sono ed erano in casa Medici; le quali tutte di sua mano acconci1.

Linformazione preziosa. Donatello dunque fra coloro che hanno organizzato, per conto dei magnati fiorentini, la caccia alle opere antiche e il loro restauro. Questo movimento avrebbe contribuito in mezzo secolo a trasformare radicalmente lorizzonte culturale. Ma a Firenze la cosa non era del tutto semplice. La citt non ha mai avuto rovine paragonabili nemmeno lontanamente a quelle di Roma: in riva al Tevere le vestigia del passato escono dalla terra stessa, in riva allArno sono frutto della curiosit, occorre scoprirle, portarle qui, oppure immaginarle. Sulla met del secolo xv erano parecchie, come oggi del resto, le vie di accesso alle arti dellantichit e parec-

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chie erano anche le forme di museo. Anzitutto cera il museo naturale costituito da tutti i resti che si trovavano in situ: sarcofagi che servivano da fontana, rilievi incastonati nei muri, resti di muratura e frammenti di tutti i generi, ancora mescolati alla vita quotidiana; cera poi il museo privato cio quello dei palazzi, i quali possedevano oggetti minuti, statue o bronzi, e pi ancora delle chiese, nelle quali i tesori comprendevano, insieme a curiosit di tutti i tipi, vasellame, oreficeria e anche pezzi antichi; infine cera un museo ideale fondato sullimmagine e costituito dalle rappresentazioni del mondo antico, dalle descrizioni dei libri, dagli elenchi di mirabilia, dai ricordi leggendari e (si tratta di una novit introdotta dal Quattrocento) dalle raccolte di disegni e di rilievi architettonici. impossibile analizzare i rapporti del Rinascimento con larte antica senza tener conto di questi tre settori distinti: nel primo le opere sono misconosciute, logore, ma anche pubbliche e familiari; nel secondo si spiegano con la ricchezza e le tradizioni costituite; nel terzo esse sono alla merc di tutti i movimenti della fantasia e dellimmagine che ci si fa del mondo. Agli inizi del secolo lequilibrio tra questi tre musei era vincolato, anche in Italia, alle energiche semplificazioni dellepoca gotica. Nello spazio di due generazioni le abitudini mutano profondamente: i resti in situ vengono considerati pi attentamente, i tesori privati sono sensibilmente cresciuti, la mappa ideale di queste opere che ora si citano, si disegnano, in pieno sviluppo2. Tuttavia il rapporto dei tre elementi rimane molto mutevole. Roma il campo di rovine pi imponente; i resti pi interessanti raccolti in collezioni o conservati nei tesori si trovano invece nellItalia settentrionale, soprattutto a Padova e Venezia, che per tutto il secolo saranno i centri del mercato artistico. Firenze, infine, risvegliata dai maestri dellumanesimo e disponendo di una

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cultura letteraria avvertita, spicca per lampiezza delle rappresentazioni storiche, pi che per la sua disponibilit di oggetti. I pochi frammenti visibili per le strade e i pezzi che si trovano in collezione privata sono poca cosa rispetto agli elementi gi molto ricchi di cui dispone la cultura letteraria e storica. Cos un patrizio come Giovanni Rucellai a Roma che scopre veramente, nel 1450, il mondo delle arti e registra su un suo taccuino le sue scoperte per le strade e nei palazzi3. Sin dal suo primo soggiorno, nel 1465, Giuliano da Sangallo inizia una campagna di rilievi dei monumenti antichi che verranno a costituire una vera e propria raccolta, senza confronto in Toscana. Tuttavia i fiorentini non sempre ammettono di buon grado questa situazione dinferiorit. A proposito di un allievo di Raffaello, Vincenzo da San Gimignano, il Vasari si abbandoner a un elogio entusiasta di Roma: latmosfera eccezionale della citt, egli dice, risulta da queste rovine che, nonostante tutto, sono sopravvissute al tempo e al fuoco4. Ma nella seconda edizione della sua opera riterr opportuno sopprimere questa osservazione non gradita ai toscani. Da tempo costoro volentieri singegnavano a dimostrare che Firenze possedeva tutte le rovine che si potevano desiderare e i cronisti ripetevano che essa non era in nulla inferiore a Roma. Il Cellini lo ricorda, con una punta dironia, allinizio delle sue Memorie: i nostri vecchi fiorentini, dice, ad esempio Giovanni Villani, scrivono che Firenze fatta ad imitazione di Roma, con rovine di terme vicino a Santa Croce, un Campidoglio dove ora si trova il Mercato vecchio; la rotonda del Pantheon sopravvive nel tempio di Marte, cio il nostro San Giovanni. Tutto questo, conclude, ottimo e vero, ma questi edifici sono parecchio inferiori a quelli di Roma. Agli inizi del Cinquecento un fiorentino, lAlbertini, aveva compilato una piccola guida artistica di Roma, ma subito dopo aveva pubblicato una piccola guida della sua citt nata-

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le come se fosse preoccupato di non lasciare tutto il vantaggio alla Citt eterna5. Dai rilievi incastonati nei muri del Camposanto e della Cattedrale di Pisa il Vasari ha fatto nascere tutta unepoca dellarte moderna, quella iniziata, secondo lui, da Nicola Pisano6. Ci si sorprende che non abbia assegnato una funzione analoga alle tombe e ai sepolcri marmorei che circondavano il Battistero di San Giovanni e che eran stati rimossi per ordine di Arnolfo nel 1293 (o 1296): eppure tre di questi almeno erano dorigine paleocristiana e romana e hanno sempre attirato lattenzione degli eruditi toscani7. Si suppliva allassenza di architetture antiche, di templi, di archi di trionfo, con uno sforzo dimmaginazione: tradizioni di comodo (diffuse da Giovanni Villani nel 1400 e riprese da umanisti come Matteo Palmieri o il Poliziano) facevano risalire il Battistero e San Miniato a date inverosimilmente remote: il primo diventava un tempio di Marte innalzato allepoca di Augusto e passato al culto di san Giovanni al tempo di Costantino8; primo germe del secondo monumento sarebbe stata una cappella innalzata gi nel 62 in onore di san Pietro, addirittura prima del martirio di san Miniato (avvenuto nel 250), che forse ha dato origine a una fondazione precarolingia9. O ancora ci si appoggiava a immaginarie fondazioni carolinge (come quella della chiesa dei Santi Apostoli che si faceva risalire all805), per dedurne, quasi senza fratture, la trasmissione della buona architettura dallimpero al medioevo fiorentino. Questa favola sostenuta dal Villani. Il Vasari ne approfitter per contrapporre allarchitettura lombarda, da lui considerata corrotta, la buona maniera di questo edificio. La leggenda per lui dimostrer che in Toscana erano rimasti alcuni buoni artisti o che vi erano resuscitati. Lautore della Vita di Brunelleschi (circa 1480) era gi cos convinto di questa tradizione che per lui larchitetto dei Santi Apostoli era venuto da Roma:

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in questo modo riusciva facile capire perch ledificio avesse avuto tanta importanza per il Brunelleschi. Gi Coluccio Salutati, nel 1403, era partito dalla scoperta di reliquie e documenti carolingi trovati nella chiesa per arrivare ad affermare che Firenze era la vera erede di Roma10. Nel Quattrocento tutti gli spiriti colti di Firenze condividevano questa illusione, sulla quale si diffondevano volentieri anche le narrazioni popolari. Essa daltronde non escludeva la convinzione che Firenze avesse avuto nel medioevo e occupasse nella rinascita una posizione indipendente dalle tradizioni propriamente romane11. Si pretendeva dunque uguagliare lUrbs imperiale e nello stesso tempo si prestava nuova attenzione alle origini etrusche e alle rovine originali della provincia12. Nel Quattrocento gli umanisti sono tutti un po collezionisti e non c studio che non si adorni di qualche statuetta, di qualche medaglia. Le testimonianze sono numerose. Vespasiano da Bisticci descrive il grazioso gabinetto di antichit del Niccoli e Poggio i busti mutili della sua villa Valderiniana. Cosimo svilupper la sua galleria dopo il 1440. In realt per tutti questi amatori fiorentini sono alquanto in ritardo rispetto alle citt a nord degli Appennini; dipendono il pi delle volte dai mercanti dellAdriatico o da intermediari bizantini. Poggio espone in una celebre lettera la sua diffidenza per le attribuzioni erronee dei graeculi; attende perci i risultati della missione nel Levante di un minorita di Pistoia. La forza di Donatello star non solo nellaver esplorato direttamente le rovine e le possibilit offerte da Roma, ma anche nellessere in rapporto con la zona di Ancona-Rimini-Padova dove il mercato degli oggetti darte era fiorente e dove aveva raccolto pi di una informazione utile13. Il Filarete citer delle statue da lui viste intorno al 1435 presso Donatello e il Ghiberti; ma le botteghe meglio fornite sono quelle della pianura pada-

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na. Intorno al 1440-50 lo Squarcione prevede lutilizzazione dei pezzi antichi e li raccoglie in vista di ci; Gentile Bellini possiede delle vedute di Roma e dei frammenti di scultura greca e romana, una Venere, un busto di Platone. Il viaggiatore Ciriaco dAncona gi ricordava, tra le collezioni serie, quella di un certo medico Pietro e quella di Benedetto Dandolo a Venezia. Felice Feliciano di Verona, amico del Mantegna, di Giovanni Bellini, dello Zoppo, era gi dal 1460 un esperto di antichit e un epigrafista che avrebbe aperto la strada allillustre fra Giocondo14. Linteresse archeologico, daltronde, non andava distinto (e forse non lo mai stato) dal culto delle mirabilia antiquitatis. Gi per Poggio e il Niccoli ogni oggetto era un simbolo: un vaso, una statuetta, una moneta con leffige imperiale avevano per loro il valore di talismani e servivano come punti dappoggio per limmaginazione. Le cose che contano a Firenze, come nelle citt dellItalia del Nord, sono la glittica, le piccole sculture, la ceramica. Sinsiste soprattutto sul loro aspetto prezioso. Negli inventari medicei sono registrati uno a uno, ed esattamente valutati, dei vasi di origine ellenistica o sassanide, i cammei, gli intagli antichi, le medaglie, ma non i pezzi di scultura15. Questi erano riuniti senza essere inventariati in giardini circondati da portici; i pi forniti di questi giardini erano, come si detto, quello allaltezza di piazza San Marco e quello sul retro del palazzo di via Larga. In questo si vedevano, racconter il Vasari,
quadretti di mezzo rilievo che erano sotto la loggia nel giardino di verso San Lorenzo; che in uno Adone con un cane bellissimo, ed in un altro duoi ignudi, un che siede ed ha a piedi un cane, laltro ritto con le gambe sopraposte che sappoggia ad un bastone, che sono miracolosi: e parimente due altri di simil grandezza, in uno de quali sono due

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putti che portano il fulmine di Giove, nellaltro uno ignudo vecchio, fatto per loccasione, che ha le ali sopra le spalle ed a piedi, ponderando con le mani un par di bilance. Ed oltre a questi, era quel giardino tutto pieno di torsi di femmine e maschi, che erano non solo lo studio di Mariotto, ma di tutti gli scultori e pittori del suo tempo; che una buona parte vi oggi nella guardaroba del duca Cosimo, ed unaltra nel medesimo luogo, come i dua torsi di Marsia, e le teste sopra le finestre, e quelle deglimperatori sopra le porte16.

La data dingresso di tutti questi pezzi non nota: alcuni risalivano allepoca di Cosimo, la maggior parte al tempo di Lorenzo. Il primo esempio caratteristico di studio-museo era stato quello della casa del Mantegna a Mantova. La casa, costruita tra il 1466 e il 1473 da Giovanni da Padova su precise indicazioni del pittore, nel quartiere di San Sebastiano, non sembra in realt esser stata labitazione del Mantegna, ma invece il suo luogo di lavoro e la sua galleria personale. La casa rester celebre per il suo nobile aspetto; ed significativo che sopra la porta centrale del cortile recasse liscrizione ab Olympo, divisa dei Gonzaga; che qui diviene linsegna di un museo17. un veneziano, Pietro Barbo, divenuto papa col nome di Paolo II (1464-71), che nello stesso momento concepisce la sua fortezza romana, il palazzo Venezia, ai piedi del Campidoglio, come un museo di grandi proporzioni. Lesempio sar decisivo per il giovane Lorenzo de Medici che far di tutto, alla morte del papa, per assicurarsi i pezzi di maggior pregio della sua raccolta18. I depositi di marmi di Lorenzo svilupperanno invece, intorno al 1480-90, unaltra formula: quella del museo allaperto con portico. La terza formula sar, dopo il 1502, quella messa in atto nel cortile del Belvedere in Vaticano, dove un intero cortile organizzato

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in modo da servire da giardino delle Muse. In seguito il giardino-museo conobbe a Roma e in tutto lOccidente la voga irresistibile che si sa19. Per questidea di un luogo di riposo e di piacere, animato da opere antiche, si era venuta definendo nel corso del Cinquecento e, in parte, per merito dei fiorentini. In essa venivano a confluire la galleria, il gabinetto di studio dellumanista, il giardino disegnato a terrazze adorne da busti e figure storiche. Le ville suburbane erano delle succursali naturali del Museo. A Careggi, a Fiesole, a Poggio a Caiano i pezzi antichi dovevano nobilitare la decorazione; come un po pi tardi avverr negli Orti Oricellari, alle porte di Firenze, dove furono raccolti molti dei pezzi medicei dispersi nel 149420. La posizione dei fiorentini era pi originale ancora per quanto riguarda lillustrazione grafica delle cose antiche, e quello che si pu chiamare il museo ideale del Rinascimento. Nelle citt dellEst e del Nord si era diffusa a una data precoce quella visione pittoresca, tormentata, ingegnosa e spesso sovraccarica che avrebbe portato alle illustrazioni della Hypnerotomachia Polphili (1499), illustrazioni, come sappiamo, piene di rovine, geroglifici e templi misteriosi. Il Mantegna dilatava con tutte le sue forze la lezione dello Squarcione. Giovanni Marcanova, lamico del Feliciano, componeva nel 1465 il suo De antiquitatibus. Si tratta insomma di unarcheologia romantica come pi non si potrebbe: essa trasforma i luoghi celebri in scenari fantastici, metamorfosa in maghi dalla gran toga e in profili di guerrieri simili a oreficerie le figure illustri della storia. Le raccolte di disegni lasciate da Ciriaco dAncona alimentano questa moda del pittoresco e del meraviglioso che dilaga nelle province settentrionali e si rispecchier nelle architetture dellAmadeo e del primo Bramante21. I fiorentini lhanno conosciuta, ma ancora strettamente legata alle forme pseudo-gotiche, con la Cronaca

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universale del Finiguerra (circa 1460). Non vi si avverte alcuna curiosit archeologica, e invece un gusto del lambiccato ben diverso dalle invenzioni gi familiari a Verona e Padova. I disegni del lascito di Ciriaco saranno conosciuti, in parte, grazie alla raccolta epigrafica di Bartolomeo Fonzio (poco dopo il 1489) che li ha copiati; altri sono stati utilizzati da Giuliano da Sangallo. Questi si trova al centro di tutto il serio lavoro di documentazione iconografica che viene compiuto a Firenze dopo il 1475 o 1480, e delle prime raccolte epigrafiche. Questo movimento coinvolge pittori come Filippino Lippi, che si specializzer negli accessori fatti danticaglie, e il Ghirlandaio che, ad esempio, nellEpifania per la cappella Sassetti a Santa Trinita (1485) introduce la curiosa iscrizione lapidaria dellaugure22. Ma anche se a queste rievocazioni episodiche aggiungiamo limpegno parallelo degli scultori che ricreano figure di divinit o di eroi antichi, il museo ideale dei fiorentini rimane povero ed incerto rispetto alle intrepide visioni romane del Mantegna. Linformazione concreta ineguale, approssimativa. Lesattezza ha meno importanza dello stile con cui lantico viene interpretato, stile che veemente nel Pollaiolo, aggraziato e ancor meno fedele nel Botticelli. Le tipologie antiche entrano in un mondo di forme che del tutto autonomo rispetto allarte antica. Questo stato di cose corrisponde del resto alloriginale situazione della citt che povera di opere del passato e ricca di immagini poetiche e di descrizioni, nelle quali cultura letteraria e cultura archeologica non combaciano. possibile quindi prevedere due fenomeni che saranno, se non esclusivi di Firenze, per lo meno particolarmente evidenti nella citt del Magnifico. Da un lato cio lambiente umanistico avrebbe finito per valorizzare il Museo Mediceo ed esaltarne limportanza oltre il giusto. Esso ha avuto per gli artisti un peso che pu sorprendere oggi. Daltra parte

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la generosa produzione filosofica e poetica suscitata dal movimento di Careggi avrebbe creato un clima propizio alle ricostruzioni immaginarie, alle immagini composite, allinterpretazione non-classica degli dei e degli eroi antichi, cio a quelle che sono state chiamate le pseudo-morfosi23. Tuttavia anche queste fantasie meritano di essere interpretate; e lo si pu fare tenendo presenti le idee proprie dellambiente umanistico.

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Capitolo primo Il medaglione del carro dellanima

Larte funeraria si presta ad esprimere uninfinit di cose. Le successive trasformazioni della tomba parietale ad ordini sovrapposti, che intervengono nella seconda met del Quattrocento, non segnano appena con esattezza levoluzione dello stile; i grandi sepolcri ci rivelano latteggiamento verso la condizione umana e la morte nei suoi aspetti pi tipici24. La tomba di Leonardo Bruni, eretta da Bernardo Rossellino a Santa Croce (1445), fu intesa come una manifestazione di grande importanza: anzich una sorta di cappella, essa ci presenta un portale a pieno sesto il cui arco posa su pilastri corinzi. Lunico tema tradizionale rappresentato dal medaglione della Madonna che occupa il timpano sotto larco, al di sopra del defunto. Coronato di lauro, questi non tiene le mani giunte, le tiene invece incrociate sul libro. Il catafalco, sostenuto da aquile, poggia su un sarcofago antico, preciso, duro, sul quale inciso lepitaffio retto da due geni alati. La struttura e la fredda dignit del monumento esprimono ed esaltano il carattere del defunto, di cui daltronde si sapeva che aveva fatto dellironia su coloro che, come B. Aragazzi, si preoccupavano troppo della loro tomba. Il Bruni era lincarnazione del saggio consapevole in misura eccezionale della virt stoica e della civica rettitudine. Quarantanni dopo Pico e il Ficino ancora lo ricordano come il prototipo del Saggio. Il suo biografo, Vespasia-

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no da Bisticci, parla della sua lunga cappa e del suo incedere pieno di grandissima gravit. Il fatto che il Bruni abbia pubblicato la grande Historia fiorentina del secolo xv, spiega la sua popolarit; sulla sua effige funeraria non stato dimenticato il libro che onorava la citt. Ma nello stesso tempo il Rossellino, ispirato da questa originale personalit, ha riscoperto il motivo dei sarcofagi antichi e paleocristiani, nei quali il libro sta a significare limmortalit assicurata dalla cultura, come liscrizione del sarcofago mette in evidenza. Leroicizzazione in senso umanistico porta a una commemorazione che non pi quella della santit cristiana, che non in nessun modo lesaltazione dei meriti terreni e pagani, ma lelogio della personalit spirituale che comprende insieme lordine profano e quello religioso della vita umana25. Nei monumenti funebri vedremo dunque tutta una serie di rappresentazioni il cui soggetto sar leroicizzazione dellanima e il suo doppio destino. La tappa pi significativa costituita dal monumento funebre del cardinale Giacomo di Lusitania, nipote del re Alfonso di Portogallo, scolpito, a partire dal 1459, da Antonio Rossellino a San Miniato. Si tratta di un mausoleo; il monumento occupa uno dei bracci laterali della cappella a croce greca edificata da Antonio Manetti, che rappresenta uno dei primi esempi di pianta centrale schietta che si abbiano nel Quattrocento. La decorazione lussuosa: comprende medaglioni e dipinti celebri. I rossi e i verdi del serpentino e del porfido che coprono i muri, assicurano allinsieme eccezionale unit e raffinatezza. Nella tomba, a destra, non si ritrova lesatta inquadratura del monumento Bruni: un grande velario si dischiude al sommo dellarcata, il tondo con la Madonna, sostenuto da due angioli, rimane sospeso, senza elementi di supporto. Due altre figure dangeli poste alle estremit della composizione quasi sembrano

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non aver peso, come se fossero coinvolti in un movimento rotatorio e destinati a gravitare intorno alla figura della Madonna. Non la struttura che conta, ma la fluidit e lanimazione delle forme. Particolare importanza ha il colore: una splendida lastra di alabastro color miele serve di collegamento tra lordine superiore, dove figura la visione mistica, e lordine inferiore dove il catafalco posa su un immenso sarcofago26. Il disegno di questo stato ripreso dalla tazza di porfido che si vedeva ancora nel Cinquecento davanti al Pantheon a Roma27. Sulla fascia frontale e sui lati dello zoccolo, sui pilastri dei montanti si moltiplicano dei minuti motivi a rilievo leggero, di uno stile grazioso, ellenistico, che rappresentano uno dei repertori pi completi di decorazione funebre: candelabri con fiamme, vasi, sfingi, geni alati con la cornucopia, ghirlande che chiaramente derivano dallarte romana28. Tra questi motivi appaiono anche scene allegoriche: sulla stessa base, a sinistra, una palma affiancata da una scena di tauroctonia, a destra, unaltra palma accanto a un genio alato su una biga; il sacrificio pagano e il carro allegorico. Loccasione che ha suggerito limpiego di questi motivi degna di nota. Il giovane cardinale era una figura virginale e pura: i suoi ammiratori volevano far celebrare degnamente da un umanista hunc sanctissimum virum et quasi virtutum domicilium. lecito supporre che lo stesso criterio ispiratore abbia presieduto alla costruzione della sua tomba29. Il Vasari mostra unammirazione particolare per gli angeli della tomba e precisa: Di questi, luno tiene la corona della verginit di quel cardinale, il quale si dice che mor vergine; laltro, la palma della vittoria che egli acquist contra il mondo. Sullo zoccolo liocorni affrontati insistono su questo tema centrale della purezza dellanimo, tema sviluppato poi dal taurobolo e dallauriga, che simboleggiano luno la vittoria sulle passioni, lal-

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tro lascesa dellanima30. I due soggetti derivano dallarte funeraria romana; il Rossellino ha potuto vederli su sarcofagi31, il che non esclude per altro lutilizzazione dun cammeo o duna pietra incisa, oggetti su cui entrambe le scene sono abbastanza frequenti. Ce nerano parecchi di questo tipo nelle raccolte medicee, almeno nel 1471 e probabilmente anche prima32. Pi difficile dire come siano stati intesi: il taurobolo pu essere stato preso pi che per unimmagine di culto pagana, per un Ercole che abbatte il mostro di Creta, aneddoto che si presta a essere trasformato in analogia morale. Tuttavia la derivazione antica chiara e lauriga sullaltra faccia non deve essere una rappresentazione del carro dElia. Questo motivo si trova nei rilievi funerari del iv e v secolo a significare la Resurrezione33; indubbiamente il carro qui decorato con un motivo di fiamme, come il carro del profeta, ma il tipo dellauriga vicino a quello degli Eroti ad ali aperte che si vedono sui carri comuni nellarte ellenistica, e che appaiono numerosi anche nei rilievi funerari. Associato a un rito purificatorio, ha potuto essere considerato come unimmagine dellanima forse anche per analogia con la celebre allegoria del Fedro. Il problema tanto pi importante in quanto ci sono almeno due altre opere contemporanee nelle quali questo tema ha una sua importanza e in quanto se ne trovano dopo il 1460 moltissime imitazioni nelle placchette e nelle medaglie34. La sensibilit fiorentina si trasformava. Le favole platoniche non erano pi ignorate: il Landino era stato nominato professore nello Studio nel 1458. Nel 1459 Cosimo chiamava presso di s il Ficino col compito di tradurre tutto Platone e di commentargli il Filebo: cio la dottrina dei misteri ermetici e dei miti antichi di salvazione lattirava prima dogni altra cosa35. Nel platonismo si ricercava la dottrina dellanima e della sua vocazione attraverso i tormenti delle passioni e dei

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mutamenti terrestri. Il Landino compone un De anima, il Ficino un De voluptate che esprime laspirazione incontenibile dellanima alla felicit assoluta; e lumanesimo fiorentino, per queste preoccupazioni, assumer uninflessione nuova, pi sensibile, pi speculativa, dominata dallaffermazione dellimmortalit e della trasfigurazione promessa dopo la morte, che spiriti privilegiati possono sperimentare gi in questo mondo. Il carro dellanima sembra quanto mai adatto a simboleggiare questa vocazione superiore: come lemblema del suo slancio e della sua forza. Intorno al 1460 comincia a diventare un luogo comune lo schema plotiniano delle virt che si ritrova nel Palmieri, nel Foresi, nel Trionfo delle Virt (1461), composto in onore di Cosimo, e nel Ficino stesso, che colloca gli atteggiamenti contemplativi al vertice dei valori spirituali. Di contro alla tomba Bruni, quella del giovane cardinale si ispira interamente a questo orientamento. Questi elementi per non bastano certo a spiegare la comparsa del carro dellanima: spiegano solo in quale clima il Rossellino abbia scolpito il suo singolare rilievo in omaggio a unanima bella. Lo stesso tema aveva gi attratto lattenzione dello scultore pi sensibile ai simboli umanistici, Agostino di Duccio. In un rilievo appena accennato, di Madonna, che si deve datare agli ultimi anni del cantiere del Tempio Malatestiano (1454-55), il Bambino porta al collo un grosso medaglione tondo che rappresenta un carro con tutti i suoi finimenti guidato da un genio alato. Gli elementi trionfali abbondano: uno degli angeli assistenti regge con la sinistra una corona di lauro e con laltra mano un vaso adorno delle palme della vittoria. possibile che si tratti qui del motivo della Vittoria sulla quadriga, utilizzato come simbolo trionfale36, e che il motivo derivi da una moneta anzich da un cammeo o da un rilievo. Rimane tuttavia da chiedersi in quale misura il tema muti valore mutando linsieme in cui inserito: gli

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angeli e le palme, e quindi il medaglione, rappresentano qui, come a San Miniato, la vittoria sulle passioni del mondo, e la superiore vocazione dellanima. Si ritrova cos lidea cristiana. Tuttavia linserimento di un tema pagano in unimmagine devota raramente stato pi palese37. Un terzo esempio lo abbiamo nel celebre busto in bronzo del Bargello, che rappresenta un giovane dal bel viso ovale, col petto nudo adorno di un cammeo: su di questo si vede una biga guidata da un genio alato, che mostra chiaramente di derivare dallo stesso modello da cui stata tratta la biga di San Miniato. Una superficiale parentela tra questo viso tranquillo e il volto del David bronzeo (circa 1440) ha potuto suggerire lattribuzione a Donatello. In realt il giovane dal cammeo ha qualche cosa di prezioso, di riservato, che mal si accorda con la fierezza e la franchezza proprie delle figure donatelliane. Analizzando accuratamente le forme (ad esempio a confronto con quelle del busto-reliquiario di San Rossore) certi elementi come gli occhi a mandorla, lesecuzione dei capelli e della bocca vengono a confermare questa impressione38. C nellopera una sorta di freddezza classica, che difficilmente pu trovar posto nella carriera di Donatello, n nel periodo 1430-40 cio allepoca della cantoria, n nel periodo padovano, cio allepoca del Gattamelata, e meno che mai nel 1460 allepoca dei pulpiti di San Lorenzo. Tuttavia poich il tema figura nella tomba di San Miniato, intorno a questo anno che si deve datarlo, non prima. Se il busto dal cammeo risalisse allepoca di Leonardo Bruni e del concilio di Firenze39, come mai il tema, che dopo il 1460 ha avuto un notevole successo, avrebbe dovuto attendere tanto prima di essere imitato? Il busto deve dunque essere tolto dal catalogo di Donatello e datato invece agli anni 1460-80, data alla quale risulta meglio comprensibile il suo stile indubbiamente ricercato. Si dovrebbe pensare

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a Desiderio o Mino da Fiesole, se la delicatezza dei due artisti si fosse espressa in altre materie oltre al marmo. Forse ci troviamo di fronte a Bertoldo40. Questo giovane eroe un contemporaneo del Ficino, dei suoi trattatelli e delle sue conferenze platoniche. La coincidenza aiuta forse a spiegare perch, imitando i reliquiari medievali, nei quali non mancava mai il posto per una pietra incisa o una reliquia, il bronzista abbia trasposto in metallo, ingrandendolo, un medaglione antico che rappresenta per lappunto la biga guidata da un genio alato. Limmagine non stata, in questo caso, scelta appunto per la sua doppia risonanza platonica, cio la definizione dellanima e la potenza dEros, custode dei bei giovani, celebrato in una forma sportiva e mitica? Il passaggio corrispondente del Fedro stato ampiamente citato e commentato dal Ficino nel 1475 nel suo Convito: Platone... la Mente data alle cose divine chiama nellAnima Auriga, che vuol dire guidatore del carro dellAnima. La unit dellAnima chiama capo dellAuriga. La ragione... il buon cavallo; la fantasia confusa, e lappetito de sensi, chiama il cavallo cattivo. E la natura di tutta lAnima chiama carro... Attribuisce due ali. E ci in un contesto in cui non si tratta che della potenza nobilitante dellamore. E lanima-auriga appare in forma ancora pi decisa nel passo che precede la traduzione del secondo libro delle Leggi dove il Ficino riassume la paideia platonica41. stato osservato che sul cammeo dello pseudo-Donatello i due cavalli della biga sono nettamente diversi42. Lo stile del busto in accordo con questa ispirazione: la forma stessa, lovale pieno, le labbra decise, laspetto calmo e misurato del viso mirano a definire un tipo umano. La figura di questo giovane incarna in qualche modo lideale proclamato dallemblema che reca sul petto. Ci troviamo quindi di fronte a unincidenza precisa della speculazione neoplatonica sullarte fiorentina.

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Capitolo secondo I medaglioni di palazzo Medici e la corniola di Cosimo

Il palazzo Medici di via Larga fu fatto costruire da Cosimo a partire dal 1444 nello stesso tempo che in via della Vigna si costruiva il palazzo dei Rucellai. Di contro allAlberti, che introdusse la distribuzione classica, Michelozzo rimase fedele alla tradizione del palazzo a bugnato, fortemente scandito dalle cornici orizzontali e dal cornicione, ma tent una composizione nuova nel cortile interno, cortile concepito risolutamente per la prima volta come una sorta di chiostro a destinazione profana. Il cortile scandito in tre ordini: in alto una loggia aperta, un piano con finestre bifore, un pianterreno dove si ha un portico quadrato con tre archi di tipo brunelleschiano per ogni lato. Una larga fascia corre al di sopra di questi archi e serve dappoggio alla base delle finestre; in corrispondenza dellasse di ognuna di queste il fregio adorno di un tondo scolpito. I tondi al centro di ognuno dei lati sono decorati con uno stemma mediceo, gli altri sono ornati di scene e presentano temi classici che si succedono come nella piantina che segue. Vi stata a lungo incertezza sulla data e lautore di queste composizioni mitologiche. Poich Michelozzo aveva spesso collaborato con Donatello, si sono attribuite a lui; la scelta dei temi sembrava potersi facilmente spiegare con le conoscenze dellartista, esperto in anti-

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caglie. In realt i medaglioni sono di una esecuzione sciatta, che non ha nulla a che vedere con larte di Donatello; gli si possono attribuire con ancor meno probabilit che il busto del Bargello. Il nome dello scultore Maso di Bartolomeo (o Masaccio), che ricorre nelle liste dei pagamenti del 1452, ha indotto ad attribuire a questo artista linsieme. Per questa attribuzione e la data 1452 non sono in ultima analisi molto sicure; si tratta in realt, nei pagamenti, di disegni forniti per una decorazione a sgraffito, cio a monocromo, e di teste disegnate che sono nel fregio sopra le colonne del cortile43. Se la fascia in origine era dipinta i medaglioni sono da assegnare ad un rifacimento posteriore44. Tardiva o meno la comparsa di questi medaglioni decorativi presenta un suo interesse. Il tema al centro di ogni lato, dove compaiono le armi medicee, viene a codificare luso di ostentare lo stemma di famiglia. I tondi che laccompagnano riempiono efficacemente la larga fascia; nelluso stabilito dal Brunelleschi nel loggiato degli Innocenti (dal 1419 in poi), che verr riecheggiato da Benedetto da Maiano nel palazzo Pazzi (1462-1470), i tondi decoravano piuttosto i pennacchi degli archi. La distribuzione che si vede in palazzo Medici pi elegante. Ma non trover seguito a Firenze; alcuni anni dopo palazzo Strozzi non presenta tondi di sorta. Abbiamo per qui, in ultima analisi, una nuova trasformazione del vecchio tema decorativo dei dischi di

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facciata, anche questo derivato alla lontana dalla pratica classica dei clipei, cio degli scudi che decoravano i muri45. E poich vi si notano delle scene dionisiache, ci si chiesti se queste non siano state suggerite dal desiderio di ritrovare una simbologia religiosa pagana46. In realt gli otto dischi si richiamano a motivi molto dispersi della mitologia classica ed difficile scoprire in essi un ciclo unitario di simboli pagani, cos come difficile scoprirvi un insieme di simboli moderni destinati, ad esempio, a celebrare le virt medicee47. La cosa in realt e pi semplice: tutti questi tondi sono trasposizioni di gemme antiche presenti nelle raccolte medicee. Il medaglione di Diomede, ad esempio, deriva da un intaglio in corniola che, dopo aver appartenuto a Niccol Niccoli, era passato a Lorenzo; il gruppo Poseidone-Athena noto ugualmente in pi dun esemplare e uno di questi apparteneva ai Medici48. Lunico disco di cui non si ritrovi il modello nelle gemme deriva da un sarcofago antico che si vedeva davanti al Battistero49. La decorazione del cortile di via Larga celebra quindi la casa Medici valorizzando i pezzi ormai celebri del suo museo. Si trattava della continuazione e del coronamento di una consuetudine diffusa nelle botteghe fiorentine, quella di riprodurre i pezzi del museo mediceo. Intorno al 1430 Donatello si era ispirato, per ornare lelmo del mostruoso Golia, a un trionfo di Bacco e Arianna visto su un cammeo in onice; questo David bronzeo del resto sar alla fine collocato nel cortile di palazzo Medici50. Le opere scelte come modello per la decorazione del cortile erano quelle che imitazioni e copie avevano gi fatto conoscere. Lintento del decoratore era di metterle in evidenza, proprio come facevano i miniatori quando le inserivano nei medaglioni e nelle cornici dei loro frontespizi. Intorno al 1470, con Francesco Antonio del Cherico, coi fratelli del Fora, Gherardo e Monte (auto-

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ri dei manoscritti destinati a Mattia Corvino, poi del famoso Didimo) e infine con Attavante, questa consuetudine assume uno sviluppo notevole: i frontespizi dei grandi manoscritti diventano delle vere e proprie vetrine desposizione51. Si hanno numerose miniature in cui, come nel Plinio (Biblioteca Bodleiana) del 1476, o nel Didimo (Pierpont Morgan Library), del 1488, si moltiplicano i temi medicei52. Il manoscritto del Tolomeo (Bibliothque Nationale di Parigi), destinato a Mattia Corvino, presenta, al fol. 1 e al fol. 2, una serie di 10 cammei e 8 medaglie legate insieme da girali; fra i cammei, il Trionfo di Bacco e Arianna e la scena di Arianna sdraiata che rispondono in tutto ai tipi del cortile e che sono molto simili alle teste dimitazione antica53. Rifuggendo dalle medaglie con teste dimperatori e sviluppando esclusivamente, su questi tondi di grande formato, episodi della leggenda di Athena e Bacco, con una figura tipica della mitologia antica come il Centauro, la decorazione del cortile presentava questo tratto originale: di presentare cio non i personaggi della storia (come si vedr costantemente nelle province settentrionali) ma il mondo degli dei. Attingendo i suoi soggetti alle collezioni di casa Medici, questa decorazione veniva a insistere sul fatto che Firenze era divenuta per cos dire la dimora di questi dei. Essi sono ora definibili e accessibili. I loro interpreti sono di casa nel palazzo. In questo da vedere il segno di una nuova sicurezza intellettuale e in ogni caso limpronta di una cultura che si afferma. Tutti i pezzi, che vengono cos celebrati e per cos dire pubblicati, hanno una doppia storia: saranno oggetto dellattenzione tanto degli umanisti, che conoscono i testi dei poeti, che degli artisti che si rivolgono distinto ai gesti e alle figure interessanti54. Un caso particolarmente significativo costituito da un altro pezzo del museo fiorentino, la corniola dApollo55. Si tratta forse della pi celebre delle gemme

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medicee, quella che figura pi spesso nelle decorazioni dipinte e scolpite. Il Ghiberti ne parla con esattezza nel secondo libro dei suoi Commentari:
Verso la stessa epoca [1428] montai anche una corniola della grossezza di una noce: vi erano incise alla perfezione tre figure ad opera di un antico maestro. Come montatura applicai ad essa un drago con le ali un po aperte e la testa inclinata; la curva del collo cade al centro e le ali permettono di chiudere il tutto. Il drago, o come noi diciamo il serpente alato, si trovava al centro di foglie dedera, e io incisi di mia mano, attorno alle dette figure, in lettere antiche, con molta cura, una iscrizione col nome di Nerone. Sul cammeo cera un vecchio seduto su una roccia su cui era distesa una pelle di leone; le sue mani eran legate dietro il dorso a un albero secco; ai suoi piedi un bimbo inginocchiato su una gamba alzava gli occhi verso un giovane che teneva nella mano destra un rotolo e nella sinistra una cetra, come se il bambino supplicasse il giovane di istruirlo. Queste tre figure significavano le tre et della vita. Esse sono state certamente fatte dalla mano di Pyrgotele o di Policleto. Mai in vita mia ho visto un lavoro pi rifinito56.

Dunque gi nel 1428 Cosimo dava tanta importanza a una gemma antica da decidere di farla montare in forma preziosa da uno dei maggiori artisti del momento e questi ne ha conservato un ricordo particolarmente vivo. Lesattezza della sua descrizione tanto pi notevole quanto pi linterpretazione fantastica. Il Ghiberti vede una allegoria morale, uninvenzione perfettamente gotica, nella rappresentazione dun grande mito; questo assurdo si spiega con linteresse quasi esclusivo del patrizio per la riuscita tecnica e la qualit dellopera. Ma non si limita a questo: ha bisogno anche di una giustificazione storica e senza esitare si applicano al piccolo capolavoro i nomi pi famosi dellantichit:

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il cammeo opera di Policleto o di Pyrgotele ed appartenuto a Nerone. Per restituire alloggetto tutto il suo vero splendore il Ghiberti mette intorno alla pietra liscrizione: Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus P. Max. Tr. P. Imp. P. P., che si potuta decifrare sulla copia in bronzo del Museo di Berlino. Il processo dunque chiaro: interesse per la bellezza dellopera, interpretazione frettolosa del soggetto, falsificazione storica57. La descrizione particolareggiata permette tuttavia di identificare facilmente la pietra: il vecchio legato allalbero Marsia, il satiro suonatore di flauto, che ha osato provocare Apollo, la sua pelle strappata dal dio stesa sulla roccia; il dio in piedi a destra tiene la lira che gli valsa la vittoria; il bambino limmagine minuscola di Olympos, discepolo di Marsia che interviene per chieder grazia al dio o forse si tratta di un fraintendimento di chi ha fatto la copia. Il Vasari, che accenna al lavoro del Ghiberti, descrive correttamente loggetto58. Ma quando si era riconosciuto questo tema che si trova ripetuto in un gran numero di rilievi funerari romani, nei quali si vedono le Muse assistere alla gara tra il dio e il satiro e celebrano la vittoria della lira, strumento divino che trasporta le anime verso il cielo, sul flauto che eccita le passioni impure, secondo lesegesi pitagorica e neoplatonica del mito59? In questo lecito pensare allintervento dellumanesimo fiorentino. Qualche anno dopo il lavoro del Ghiberti, Donatello si lasciava indurre a restaurare per Cosimo un Marsia antico di marmo bianco; lopera fu collocata in palazzo Medici allentrata del giardino, l dove il Verrocchio, verso il 1475, gli avrebbe dato un pendant trasformando un torso antico di marmo rosso in un satiro legato allalbero e scorticato60. Il primo Marsia, e verosimilmente anche il secondo, erano dei frammenti staccati di versioni classiche di un gruppo celebre di origi-

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ne pergamena, al quale si deve riferire lArrotino degli Uffizi, cio lo schiavo scita che, secondo la tradizione, affila il coltello destinato al supplizio: manca solo la figura del dio che infligge al satiro la tremenda punizione. Il Marsia, allungato in unanatomia che mette in risalto i muscoli, ha potuto daltronde essere copiato a parte. Mentre il satiro seduto della corniola attende il supplizio61, quello del gruppo monumentale con le braccia alzate sopra la testa si torce con smorfie terribili. Donatello si tenuto al tema: il suo restauro non ha fatto che accentuare la maschera sofferente del sileno; il Verrocchio invece lha trasformato in un fauno che ride per ricavarne unopposizione interessante rispetto alla figura simmetrica che si trovava gi collocata allentrata del giardino fin dai tempi di Cosimo. Il tipo, con le sue varianti despressione, interessa pi del tema. Il successo della pietra di Nerone fu notevole nel corso del Quattrocento62. La pietra era ancora nel gabinetto mediceo nel 1492; linventario di Lorenzo la registra valutandola 1000 fiorini: una chorgnola grande con tre figure intagliate63. Fra le copie eseguite nel corso del secolo si trova il bordo con liscrizione: Prudentia, puritas et tertium quod ignoro, che sta a dimostrare che si dimenticata la fantasia ghibertiana e che ci si orienta verso una combinazione astratta64. Il cammeo, montato in forma di medaglione, si vede al collo di una giovane dama dipinta nella bottega di Botticelli intorno al 1480 (Francoforte, Istituto Staedel): il profilo esatto, lacconciatura da ninfa consentono di avvicinare questo ritratto al busto di dama del Museo di Berlino, in cui si voluto riconoscere Simonetta65. La presenza del cammeo pu indicare una persona della cerchia dei Medici66. lecito chiedersi se, secondo labitudine del Rinascimento italiano, il gioiello non stato scelto come portafortuna. Ogni tipo di pietra, in quanto cor-

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rispondeva ad una divinit planetaria, richiedeva un certo tipo di rappresentazioni. Se la corniola dei Medici ha servito come talismano apollineo, la giusta identificazione era stata raggiunta67. Come accaduto per le pietre riprese nei tondi del cortile di palazzo Medici, cos si ritrova spessissimo la corniola nei motivi decorativi dei manoscritti realizzati dalla bottega di Attavante, in particolare quello delle Heroica di Filostrato, destinato a Mattia Corvino: il frontespizio comprende una cornice adorna di fiori ed un fregio in cui il cammeo incastonato insieme ad altri medaglioni68. Lo stesso avviene nel frontespizio di un manoscritto della Sforziada69 e sulla fronte delledizione di Omero del 148870. Vi si deve vedere un semplice marchio dorigine, oppure la scelta del medaglione rappresentava una sorta di preludio allegorico a composizioni di alta poesia? Marsia stato evocato da Dante nella supplica messa ad apertura della cantica pi sottile, il Paradiso: la sua splendida immagine non poteva che attribuire particolare valore al tema del satiro suppliziato:
Entra nel petto mio, e spira tue S come quando Marsia traesti Dalla vagina delle membra sue (Paradiso, I, 19-21).

Il tema della corniola, rettamente interpretato in queste miniature, esprime un valore simbolico preciso. Lassociazione avvenuta certamente alla fine del secolo poich il gruppo ha potuto rappresentare in forma solenne nella stanza della Segnatura il mistero poetico. Essa si deve al gruppo degli umanisti di Careggi. Gli umanisti neoplatonici non hanno infatti mancato di utilizzare una favola cos eloquente. Il mito viene ricordato in ottima posizione nella celebre lettera di Pico (1485) in cui si polemizza contro le compiacenze

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letterarie in filosofia, nella quale invece deve contare solo lo splendore del vero, anche se espresso senza grazia e inaccessibile alla folla:
Vuoi che ti dia una immagine del nostro parlare? Esso proprio come i Sileni del nostro Alcibiade. Le loro immagini erano di aspetto rozzo, triste e spregevole, ma dentro erano piene di gemme, di suppellettile rara e preziosa. Cos se guardi lesterno, vedi un mostro; se linterno, riconosci un Dio. Ma, dirai, son le orecchie che non sopportano il costrutto ora aspro, ora roco e sempre disarmonico; che non sopportano i nomi barbari, che intimoriscono anche col suono. O uomo di gusti delicati, quando vai dai flautisti e dai citaredi, stai pur tutto orecchi; ma quando vai dai filosofi, ritorna in te, nei penetrali dellanima, nei recessi della mente. Abbi le orecchie del Tianeo, con cui, liberandosi dal corpo, sentiva non Marsia terreno, ma Apollo celeste che sulla cetra divina modulava con ineffabili armonie gli inni delluniverso71.

Spogliarsi di Marsia significa dunque sottrarre lanima ai legami terrestri, la vittoria dApollo la vittoria della musica divina: in questimmagine emblematica vengono a coincidere linsegnamento degli antichi pitagorici, quello di Dante e dei neoplatonici fiorentini. Ecco dunque su quali basi il motivo ha potuto essere valorizzato72. Le innumerevoli variazioni che la glittica e la piccola scultura italiana compiono sul tema di Apollo e Marsia non sempre mostrano limitazione della corniola medicea. Esistevano altre pietre antiche, seppure meno belle, decorate con lo stesso soggetto73. Una segnalata nel trattato del Filarete (libro XXIV) presso il patriarca dAquileia con una descrizione esatta ma senza illustrazione iconografica74. Si ebbero dunque parecchie copie indipendenti dal Museo mediceo, e fra queste la meda-

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glia in bronzo di Paolo II (Museo Correr), anteriore al 1471, le placchette di Padova o di Milano75, nonch il rilievo scolpito sul portale di palazzo Stanga a Cremona76. In Toscana alla fine del secolo la composizione, ormai familiare agli artisti, comincia ad essere divisa: Apollo e Marsia sono studiati a parte. Cos avviene in un foglio di studi di Francesco di Simone (circa 1499, British Museum): Apollo in piedi con la lira in mano, con Satiro ai piedi, appare schizzato pi in alto e a parte rispetto a un personaggio seduto su una roccia, legato a un tronco dalbero, che non pu essere che Marsia77. Ognuna delle figure tende a seguire un suo destino indipendente. La cosa si verifica soprattutto nella cerchia artistica che meglio ha inteso e valorizzato il significato del tema, la bottega del Perugino. In essa si presta unattenzione particolare allimmagine dApollo, come dimostrato dal celebre disegno di Venezia e dal piccolo pannello del Louvre: il mito viene addolcito, il conflitto tra musica superiore e melodia rustica si trasforma in una sorta di idillio da cui non pu venire nulla di crudele. Raffaello tuttavia ha conosciuto le figure della corniola. Sul portico della Scuola dAtene lApollo rappresentato nella nicchia di sinistra deriva in realt dallintaglio mediceo: il corpo nudo che appoggia sulla gamba sinistra, la mano destra leggermente ripiegata, egli tiene la sua grande lira allaltezza della spalla sinistra, con la testa fieramente ruotata. Questa figura di Apollo trionfante appare staccata dalla scena oscura e tragica, come una celebrazione della bellezza intellettuale. Anche il Marsia seduto della corniola viene soppiantato dalla scultura del giardino mediceo. Sulla volta della stanza della Segnatura quattro riquadri corrispondenti ai quattro affreschi delle pareti illustrano le grandi allegorie della vita dello Spirito; quello della Poesia mostra lincoronazione di Apollo e il supplizio di Marsia. Il gruppo, opera del Sodoma, non dipende in nulla dalla pietra

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medicea: il satiro di profilo, per meglio far risaltare lallungamento del corpo e lo sbalzo dei muscoli, deriva dalla statua restaurata da Donatello per il giardino di via Larga78. La scena viene intesa nel senso di Dante e dei platonici, ma la piccola composizione della corniola subisce nuovi sviluppi. Il tema era stato dunque incorporato nel contesto di uno stile. Si comprende cos meglio come il famoso torso del Belvedere non sia mai stato messo in rapporto col tema di Marsia bench si tratti, con ogni verosimiglianza, come del resto per il frammento primitivo del Fauno rosso restaurato dal Verrocchio, dei resti di un Marsia seduto che attende il supplizio79. Nel Cinquecento non seppero vederci che il busto delleroe sovrumano, cio Ercole, colto in un momento di sogno malinconico o di riposo. Esso sugger a Michelangelo numerosi atteggiamenti di figure nei suoi dipinti e gruppi monumentali 80. Ma lartista sembra essersi servito soprattutto dellimmagine del sileno confuso e umiliato, la cui energia deve essere sacrificata, negli schiavi destinati alla tomba di Giulio II (figure che rappresentano il mondo inferiore delle passioni) e in certe cariatidi sofferenti81. In questo modo egli si avvicin al simbolo della corniola, ma non la imit mai direttamente. Il gruppo mantenne una certa voga nellarte toscana del secolo xvi: figura in una placchetta anonima, condotta con uno stile largo e drammatico, e soprattutto in un tondo in terracotta del Rustici alla villa Salviati (Torre) di Firenze eseguito intorno al 1520-2582. Senza dubbio occorre riferire alla stessa epoca il bassorilievo fiorentino marmoreo di forma ovale la cui composizione (ridotta, vero, a due personaggi) rimane molto vicina allintaglio mediceo; presenta uno stile abbastanza vigoroso perch si sia pensato, almeno per un momento, ad attribuirla a Michelangelo83. Tuttavia il rilievo abbastanza indeciso richiama le placchette metalliche

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che hanno potuto servire di modello per esso. La composizione era strettamente legata allarte del Rinascimento classico84. Quando ritornarono agli esempi di questepoca, nel soffitto della galleria Farnese, i Carracci non se ne dimenticarono: un finto disco bronzeo, imitazione di quelli della volta della Sistina, raffigura la scena come se si trattasse di un calco in bronzo ricalcato della pietra medicea. Eppure la scena non ha la rara forza di evocazione che aveva fatto il suo pregio nella Firenze di Lorenzo.

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Capitolo terzo Le figure dionisiache di Donatello

Lo stile di Donatello non sempre fu apprezzato a Firenze, mentre a Padova fu oggetto di una costante e fedele ammirazione. Un ricordo di questa si ha ancora mezzo secolo dopo nel trattato di un umanista competentissimo di scultura, Pomponio Gaurico, dedicato appunto a La Scultura (1504)85. Firenze vi considerata come la madre di questarte, e Donatello vi di continuo citato come il suo eroe. I due princip essenziali di essa sono il disegno (grafic), capo e fondamento di tutta la scultura, e lanimazione (Yucic). Questultima si realizza attraverso limitazione. lecito pensare che questa dottrina sia un riflesso fedele dellestetica di Donatello: lanimatio e il disegno compendiavano interamente per lui lo stile; anche se egli sapeva arricchirne di continuo le possibilit grazie a una cultura che, sulla met del secolo, sembra esser stata pressa poco senza precedenti. Lampiezza delle sue conoscenze superava quelle di ogni altro toscano, Ghiberti compreso86. Le sue probabili fonti sono state largamente studiate87; non sar forse inutile cercare di vedere ora come le sue conoscenze tendessero a ordinarsi. Il Museo Mediceo non estraneo allispirazione di Donatello; ma, se si tolgono dalla sua opera i medaglioni di palazzo Medici e pezzi come il busto di giovane dal cammeo, nei quali si ha una ripresa letterale dellantico, ben poche risultano le sue derivazioni dirette. Oltre alla

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scena di trionfo dellelmo di Golia, che si ispira a un cammeo in onice di Cosimo, la derivazione pi puntuale si riscontra nei tondi degli Evangelisti nella sacrestia di San Lorenzo (circa 1440): le figure sono sedute su troni resi con una complessit architettonica, di fronte a superbe tavole che hanno lapparenza di altari antichi. La figura di san Matteo accompagnata da due Eroti nudi sotto le ghirlande; in quella di san Marco i pilastri inquadrano la lotta di due Eroti alati secondo un tipo che ricorre nelle placchette dei Medici. Si tratta della prima apparizione del gruppo di Eros e di Anteros, che illustra la vittoria della Virt o dellamore divino che nel Cinque e Seicento avr un immenso successo negli emblemi88. Di contro alla maniera del Ghiberti, e poi del Rossellino, che compone pacatamente elementi ben distinti e ben articolati, Donatello ricerca composizioni complesse. Il caso pi significativo certo quello della Madonna di Padova il cui tipo deriva dalla Nikopoia bizantina, nota in Toscana grazie alla Madonna di Santa Maria Maggiore a Firenze, dipinta da Coppo di Marcovaldo89. Questo modello era familiare allartista e non quindi necessario supporre il ricordo di una statua miracolosa90. Esso ripete un tipo tradizionale che suggerisce la disposizione frontale e la presentazione ieratica del Bambino. Tuttavia le intenzioni dellopera sono assai pi complesse. Anzitutto occorre ricollocarla con limmaginazione nelledicola a forma di tempietto che la inquadrava e di cui la pala di San Zeno a Verona del Mantegna sembra aver conservato un ricordo esatto91. in questa specie di spazio chiuso che la statua si trovava. stato notato che la ghirlanda di cherubini unimitazione dellacconciatura a onde delle Cibeli antiche e che il trono chiuso ai lati da sfingi che finiscono in zampe belluine una trasposizione del tema del trono fiancheggiato da leoni92. Lopera per pu anche essere

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accostata alla celebre statua cineraria etrusca di Chianciano, nella quale si ritrovano la frontalit, le sfingi di sostegno, e questa fisionomia un po strana di idolo che sorprende nellopera padovana. Il bronzo ne accresce il vigore accentuando il contrasto tra le parti lisce e quelle drappeggiate, definendo in maniera pi energica il modello. Donatello sembra aver voluto risalire dal tipo trecentesco a unimmagine che, grazie allassorbimento pieno di elementi derivati da maternit pagane, poteva sembrargli come la forma superiore del soggetto. Ma in questo caso si deve ammettere che non siamo di fronte semplicemente a una nobilitazione artistica analoga alleffetto che poteva raggiungere utilizzando un sarcofago per una tomba o per la decorazione di un portale; lartista ha qui compiuto una lunga meditazione sul tema della Vergine-Madre. Cio egli realizza un approfondimento originale del tema. Le sfingi che appaiono nei montanti del trono costituiscono una sorta di commentario figurato al mistero cristiano93. Dovrebbe anche esser possibile definire certe reazioni dellartista alle forme antiche. Il caso pi suggestivo e quello del putto, la figura in cui vengono a confondersi i tratti del bimbo, dellangelo e del Cupido antico, e che introduce un elemento di gioco e di fantasia che rimane fondamentale per larte del Quattrocento e di cui Donatello pu essere considerato linventore moderno94. Nella cantoria del Duomo (1433-39), che stata la sua prima composizione di grande respiro, lo scultore usa un fondo musivo di ispirazione arcaizzante; mette nei pannelli laterali degli amores affrontati, un tema che deriva da certi frammenti dei troni degli dei di Ravenna. Questo complesso romano, di epoca imperiale, disperso nel xiii e xiv secolo, stato molto noto nellItalia del Nord e un piccolo gruppo di amores, resto del trono di Saturno, si trovava in Santa Maria dei Miracoli alla fine del Quattrocento, dove una

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guida lo ricorder poi come i putti di marmo... di mano dellantico Prassitele. Gi dalla met del Quattrocento placchette della Scuola padovana avevano utilizzato il tema. Ci si pu chiedere se anche la sua voga non fosse in qualche modo dovuta a Donatello95. Lattribuzione grossolana e fantastica a Prassitele di questo tipo di figure merita tuttavia di essere considerata. Essa non ha il semplice valore elogiativo implicito nel riferimento a un grande nome; sembra invece voler definire un certo tono dellimmaginazione, quello proprio degli Erotes, degli amori, cio di immagini festose e vivaci la cui diffusione rappresenta proprio allora una novit. Lattribuzione verrebbe cos a precisare uno stile e nello stesso tempo unispirazione96, dato che Prassitele era rimasto lo scultore per eccellenza delle Afroditi e dei Cupidi. Il cerchio degli amorini e la danza frenetica dei putti realizzano una gamma nuova, in cui si esprime una vitalit elementare in ci che essa ha di pi spontaneo e vivo. Il motivo antico un eccitante non solo per lo stile, ma anche per limmaginazione, dato che viene impiegato in circostanze diverse, e Donatello non ignorava che in moltissimi sarcofagi romani i bimbi eroicizzati danzano e si agitano nel regno degli eletti. Sono gli Eroti alati che giocano nel paradiso di Dioniso; altrove si dedicano allo studio o ai giochi sportivi che costituiscono anchessi aspetti validi di quella saggezza che porta allimmortalit97. Nel 1423, sul pastorale del San Ludovico di Tolosa, Donatello crea il putto porta-emblema che deriva da queste fonti; nel 1425, nel rilievo per il fonte battesimale di Siena, introduce degli amori sotto forma di angeletti che assistono Erode, mentre putti a tutto tondo suonano con i loro strumenti sulla balaustra delledicola. I putti trionfano nel bassorilievo a fondo oro della cantoria, nelle formelle del pulpito di Prato, dove il girotondo e il gioco tendono al parossismo. Il putto

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indica una folle allegria che per la sua violenza contrasta con la gioia pi tranquilla che emana dalla cantoria di Luca della Robbia. Il putto viene associato allidea della virtus e figurer perfino nella sella e nellarmatura del Gattamelata. Parallelamente si nota la tendenza ad accentuare il valore orgiastico e quindi dionisiaco del tema. Sullelmo di Golia, calpestato dal vincitore, si vede realizzata a cesello una scena di trionfo. un ricordo del gruppo di Bacco e Arianna che si vedeva su un cammeo in onice, conservato nella raccolta medicea98. In questo caso si tratta di un simbolo delle passioni brutali incarnate da Golia. E lo stesso si deve certamente dire del baccanale degli amorini che orna la base triangolare della statua della Giuditta: essi servono a ricordare lo stupro e lubriachezza del nemico di Israele99. Donatello ha cura di rappresentare con precisione tutto ci che sottolinea il riferimento ai misteri antichi: nel rilievo di Erode a Siena le figure che assistono alla scena sono nude, come saranno in seguito i pastori che il Signorelli e Michelangelo collocheranno (come testimoni del paganesimo) sul fondo delle loro Sacre Famiglie. Nei rilievi di Padova la benda dionisiaca (che, secondo gli archeologi, deve essere distinta dai nastri per i capelli e dalle bende della Vittoria100) la benda, dicevamo, dei mystes non stata dimenticata sulla fronte dei musici. Linteresse per una sorta di esotismo pagano si rivela soprattutto nel piccolo personaggio che partecipa insieme della natura di Eros e di Atys, limmagine pi suggestiva e pi graziosa di gioia esuberante e impudica che il Quattrocento abbia creato. Le gambiere a spacchi, analoghe alle anaxyrides frige, ci riportano agli Atys alati dellAsia Minore, attraverso qualche fonte letteraria o forse un esempio etrusco101. Il moto frenetico dei putti in gruppo perfettamente a suo luogo nelle feste dionisiache: i piccoli danzatori della cantoria si ritrovano sotto forma di baccanti nella met sinistra di

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un corteo bacchico: nudi, incoronati e brandendo grappoli, essi costituiscono un corteggio che si ritrova nei fregi del pulpito di San Lorenzo. Questa parte dellopera di mano di Bertoldo, ma questi amorini dotati di minuscole ali, che giocano a vendemmiare, costituiscono lultima trasposizione sul piano sacro del tema dionisiaco. Insomma la danza dei putti lequivalente naturale, terrestre del girotondo degli angeli che, nellAngelico o nel Lippi, accompagna in cielo gli avvenimenti sacri. Il fatto nuovo che Donatello abbia saputo trovare i riferimenti che gli consentirono di affrontare questa forma elementare e piena di vitalit da lui considerata come lespressione pi audace, pi forte del paganesimo. dunque il caso di prestare una certa attenzione alla lettera che Matteo di Simone Strozzi scrive a un amico segnalandogli, intorno al 1428-30, alcune antichit a San Frediano di Lucca in questi termini: Due sepolture antiche, che vi sono; spiritegli a luno a laltro e la storia di Bacho. Donato la lodate per chose buone102. Donatello sapeva bene di star parlando di scene e tipi propri delle religioni antiche. Egli lo precisa quanto pi pu, poich pensa, come gi cominciavano a credere gli umanisti contemporanei, che certi aspetti benintesi dei riti e delle credenze antiche potessero trovar posto nellarte cristiana. Buona parte dei modelli studiati da Donatello si possono classificare nella categoria dionisiaca; ma soprattutto per via delle combinazioni di movimenti, per la mimica e i gesti che accentuano quella animatio di cui avrebbe parlato il Gaurico. Per la sua ampia cultura archeologica lo scultore ha un posto a s nellambiente fiorentino, dove le sue novit non sono gradite agli amici del Ghiberti. Egli cerca elementi che valgano a intensificare la tensione della forma plastica fino ai limiti della terribilit e dellesultanza. In sostanza egli amplia metodicamente la gamma delle passioni che pos-

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sono trovar luogo nellopera scolpita e il movimento per lui lelemento fondamentale. Era questa una intuizione nuova. Il Quattrocento fiorentino in fondo dominato da questo problema di cui il Ficino metter in luce tutto il significato scrivendo che essendo lanima fonte del movimento, ne risulta una libera e universale animazione103. noto che i profeti scolpiti sulla porta della sagrestia di San Lorenzo verranno criticati dal Filarete per il loro gestire da schermidori; possibile che gi lAlberti li avesse presi di mira quando aveva rivolto la sua ironia contro coloro che dnno ai personaggi un atteggiamento di schermidori et istrioni senza alcuna degnit di pittura, onde non solo sono senza gratia et dolcezza, ma pi ancora mostrano lingegnio dellartefice troppo fervente et furioso. LAlberti che esigeva dal pittore di mostrare i movimenti dellanima attraverso quelli del corpo aveva concluso nel 1435 imponendo a questi una regola di misura e limitandoli ai movimenti soavi e grati. In scultura era questo lideale del Ghiberti e non quello di Donatello, nel quale, insieme con la variet nellorganizzazione dellopera, il gusto per la violenza non ha fatto che aumentare sempre pi104. Le formelle di Padova (circa 1450) presentano scene di folla di una eccezionale complessit e i pulpiti di San Lorenzo (circa 1460) unanimazione quasi insostenibile. Allestremit destra del grande rilievo della Crocifissione una delle pie donne si strappa i capelli in un accesso di disperazione furiosa: si tratta di una figura di sarcofago dionisiaco la cui violenza mistica passa nel contesto dellopera cristiana. Questo motivo verr ripreso da Bertoldo nella sua Crocifissione del Bargello, dove vediamo la stessa testa rovesciata nello slancio e gli stessi veli fluttuanti con le pieghe sottili, come bagnate105. La plorante ha riassorbito in s la menade, trovando per una sua stilizzazione che la differenzia in modo radicale dal

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tipo gotico che verr usato pi tardi da Niccol dellArca nella patetica Maddalena di Santa Maria della Vita a Bologna (1485). La stessa figura, con la stessa patetica torsione, compare in una Crocifissione (Venezia, Chiesa del Carmine) fusa da Francesco di Giorgio intorno al 1475 per Federico da Montefeltro. Ecco qui un legame tra Donatello e lo scultore senese, che negli anni seguenti avrebbe realizzato il rilievo, alquanto enigmatico, della Discordia106. Questopera, di unesecuzione assai tormentata, una vera e propria illustrazione del delirio dionisiaco (Londra, Victoria and Albert Museum). Al centro di un cortile circondato da portici si scatena una violenza folle provocata da un personaggio femminile che brandisce un bastone, incoraggiata da un principe: si tratta probabilmente della scena di Licurgo eccitato contro le menadi dal messaggio di Iride (Iliade, VI, 134). Lepisodio raccontato anche nelle Dionisiache di Nonno (XX, 182). La figura centrale sarebbe quella di Iride che guida la danza frenetica della Furia. Nella seconda met del secolo queste immagini di furor, di smarrimento frenetico, in cui lanima fuori di s, vengono nel complesso riprese abbastanza di frequente in Toscana. Le scoperte di Donatello avevano arrecato allarte fiorentina una libert che si palesa in tutte le arti, in particolare nellincisione. La voga del baccanale pagano dimostrata da una serie di lastre anonime che compongono un Trionfo di Bacco e Arianna con menadi agitate nella cornice di un gigantesco pergolato. Queste tavole sono comunemente assegnate a un momento abbastanza tardo, intorno al 1470-80, in quanto le vesti ondeggianti delle figure si richiamano ai panneggi botticelliani: gli accostamenti con la serie di stampe dei pianeti e altri prodotti della bottega del Finiguerra inducono ad attribuirle a questo maestro ed a riportarle allepoca 1460-64. Questa data arretrata presenterebbe un dop-

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pio vantaggio: aggiungerebbe un elemento in pi al gruppo delle immagini di tipo dionisiaco di questo periodo e verrebbe a confermare la suggestione esercitata da questo tema pagano sulle fantasie degli artisti107. perfino possibile scorgere, in queste immagini di vita veemente, il punto di partenza dellarte di Botticelli. Le vesti ondeggianti delle sue ninfe e delle sue dee sono una versione pi poetica e pi elaborata delle vesti di queste figure108. Comunque, si tratti di una anticipazione, o di opere contemporanee di quelle di Botticelli, certo possibile avvicinare questa incisione al famoso carro di Bacco e Arianna sul quale furono cantati, durante un carnevale (intorno al 1480), i versi di Lorenzo:
Non fatica, non dolore! Quel cha esser, convien sia: Di doman non c certezza109.

Il gruppo descritto dalla canzone, cio Bacco e Arianna tra le ninfe e i satiretti, era in certo modo un adattamento popolare dei numerosi rilievi in cui il soggetto era figurato, soprattutto del medaglione mediceo che era stato replicato e ingrandito nel cortile di palazzo Medici, che era stato diffuso dalle miniature e ripreso nelle placchette. Il carnevale veniva cos a tingersi della nuova cultura. E per contro la festa veniva a dare un preciso valore alle divinit del mito: Bacco era il dio della vitalit frenetica e della gioia sensuale, di cui il carnevale era dopo tutto una buona espressione moderna. Il successo di questi baccanali fu tale che se ne ritrova leco nelle decorazioni degli interni, ad esempio nel fregio del camino della Jole nel palazzo dUrbino (circa 1455-60), col Trionfo di Bacco a sinistra, Sileno ubriaco a destra. Dei disegni che hanno certo qualche rapporto con queste scene ci mostrano Pan e le Menadi e lUbriachezza di Pan (Ambrosiana e Louvre)110. Si deve

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pensare che questo genere di figurazioni fosse diventato una sorta di elemento piccante nelle decorazioni degli interni, se Piero di Cosimo lha trattato in chiave decisamente volgare e comica nel suo complesso per la casa di Giovanni Vespucci sulla fine del secolo. Si tratta, con la folla di faunetti e di menadi che divertivano il Vasari, della rievocazione parodistica del corteo di Bacco con batteria di cucina anzich cimbali e con un gesticolare sgraziato111. Ma si tratta di una tendenza un po particolare, che ben risponde alla misantropia caustica di Piero; in generale invece si tendeva a dare di questi stessi elementi uninterpretazione allegorica. Si ritrovano cos la menade, il satiro, con un centauro armato di una torcia e diverse figure, in un rilievo che finora ha resistito ad ogni interpretazione e che sembra opera di Francesco di Giorgio. In mancanza di un titolo migliore viene chiamato Allegoria dellanima112. Lagitazione dionisiaca sembra in questopera servire ad illustrare le energie vitali e i conflitti interni dello spirito, cio lurto delle facolt nel senso del neoplatonismo fiorentino. Lopera di unesecuzione abbastanza nervosa, non senza rapporti con lo stile di Bertoldo, e si apparenta a tutto un ciclo di placchette nelle quali, intorno al 1480-90, il repertorio creato negli anni 1450-60 si organizza in immagini emblematiche di sapore dotto113.

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Capitolo quarto Il museo etrusco e letruscan revival

Il pi notevole complesso decorativo dintonazione dionisiaca del Quattrocento fiorentino rappresentato indubbiamente dalla serie di affreschi di cui due ancora rimangono alla torre del Gallo, sulla collina di Arcetri, a sud di Firenze. Lo zoccolo della sala appare ornato di archi visti in una prospettiva rigida, separati gli uni dagli altri da putti musicanti. Sopra queste cavit profonde si svolge una specie di scena in cui appaiono gruppi di danzatori dai gesti frenetici. I dipinti sono assai guasti e i contorni vi assumono un valore sorprendente; forse in origine il loro peso era minore. Non si vede chi potrebbe aver disegnato questi contorni nodosi e inventato questi gesti spezzati se non Antonio del Pollaiolo: i tipi sono vicini alle figure nervose dei ricami del Battistero114. Una circostanza precisa suggerisce di datare lopera poco dopo il 1464. a quellepoca infatti che la villa viene ceduta ai Lanfredini: Giovanni, il futuro ambasciatore di Lorenzo, e Jacopo notabile fiorentino, che figurer, con il figlio Antonio, fra gli amici del Ficino115. lecito supporre che essi non siano stati estranei alla decorazione della villa allorch provvidero alla sua sistemazione. Si trattava senza dubbio di una decorazione destinata a creare unatmosfera di gioia e di vitalit nella grande sala. I putti dello zoccolo forniti di strumenti musicali sembrano trascinare i danzatori del pal-

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coscenico. Le figurazioni di gioia frenetica erano di moda. Ma non potrebbe essere che il Pollaiolo abbia avuto presente un esempio preciso nel realizzare, nella villa dArcetri, questa decorazione di figure danzanti che appare in certo senso come la versione profana della cantoria di Donatello? La composizione talmente inconsueta che lecito chiedersi se lartista non abbia conosciuto dei dipinti antichi e non abbia voluto assimilare la loro mimica espressiva. Vasi antichi sembrano indubbiamente essere stati allorigine di certi schemi lineari e di certi contorni tormentati del Pollaiolo116. Il riferimento pi eloquente quello che si pu fare alle figure delle tombe delle Baccanti, dei Leoni e del Triclinio a Tarquinia. Queste tombe non saranno scoperte che molto pi tardi117 e il prototipo quindi ci sfugge. lecito supporre che lartista abbia voluto adattare allo stile delle case toscane le immagini violente che egli aveva potuto vedere su vasi, forse su muri di ipogei. Sarebbe per necessario stabilire anzitutto se c veramente stato nel Quattrocento un interesse per questi aspetti dellarte antica. Il Ficino aveva cari e proteggeva i due fratelli Pollaiolo. Il caso vuole che proprio a proposito di Piero abbia scambiato delle lettere nel 1477 col cancelliere di Pistoia, Antonio Ivano da Sarzana. Era questi persona di cultura molto viva, e sappiamo che nel 1473 cercava delle anticaglie118 nella zona di Luni. Questo rapporto sta a dimostrare che i Pollaiolo sono stati a diverse riprese in contatto con umanisti in grado di fornir loro notizie sui vasi antichi e pi in particolare su quelli etruschi. Non vi possono infatti essere dubbi sulla natura delle opere antiche che si trovano nella Lunigiana. Questa zona del Carrarino, bench gi fuori dei confini dellantica Etruria, da secoli era considerata un luogo etrusco119. Dante ricorda le cave fantastiche, in cui si era ritirato laruspice Aruni, nel passo estremamente suggestivo dellInferno (XXV, 46 sgg.).

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La riscoperta delle antichit etrusche avveniva lentamente nel corso del Quattrocento. I toscani prendevano a poco a poco coscienza delloriginalit del loro passato in un modo pi positivo e pi dotto. La testimonianza pi interessante in questo senso (interessante per la data, per la precisione e lentusiasmo dellautore) rappresentata dal celebre passo che Ristoro dArezzo, nel suo Libro della composizione del mondo (1282), dedica ai vasi nati dalla terra e nella terra nascosti, che si trovano in tutta la zona dArezzo120. Il gran numero di motivi dipinti o scolpiti (dunque entrambe le categorie di vasi erano rappresentate) viene analizzato con precisione e lantico autore mette in evidenza soprattutto le battaglie danimali, le scene di caccia e pesca, la vivacit despressione delle figure (tale ridea e tale piangea e tale morto e tale vivo...) Insomma nulla meglio di questo passo preannuncia la smania di curiosit naturalistiche che caratterizza larte toscana intorno al 1450-70, le sue incisioni danimali che si divorano a vicenda e le sue forme in movimento. In Ristoro si trova ricordato anche il tema degli spiriti che volano nellaria sotto forma di fanciulli nudi, portando ghirlande variate di frutti, cio dei putti reggi-ghirlanda, gi pronti per riprendere il loro posto nellarte toscana. Intorno al 1460 si assiste al diffondersi di questi motivi di vitalit animale nella pittura e nellincisione con la famosa Battaglia di nudi di Antonio del Pollaiolo (1460-62), con i combattimenti di leoni e di draghi, le scene di caccia che forse derivano da composizioni perdute di Paolo Uccello e del Pesellino121. Tutti questi temi sono oggetto di una moda molto diffusa. Inoltre il momento in cui tutta lattenzione viene a concentrarsi sulle esigenze del contorno e le possibilit che la linea nei suoi precisi sviluppi offre per caratterizzare la figura: cosa che ha per risultato di restituire tutta la sua importanza al contorno e al profilo anatomico e attribuisce un interesse dat-

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tualit alla celebre definizione della linea espressiva formulata da Plinio a proposito di Parrasio. Questo concetto stimolante, e un po misterioso, della linea di contorno che mezzo compiuto di rappresentazione, presentava il vantaggio di porre un precedente storico illustre allorigine di una formula stilistica di cui universalmente si attribuisce linvenzione a Antonio Pollaiolo122. La teoria delle origini della pittura, elaborata dagli umanisti toscani sulla base dei testi classici, sembra appunto implicare, sotto il nome di pittura primitiva, un riferimento alle pitture vascolari. Allinizio del II libro del Trattato della pittura lAlberti non manca di ricordare che i nostri Toscani antiquissimi furono in Italia maestri in dipigniere peritissimi. Si tratta, con ogni verosimiglianza, semplicemente di una frase ispirata da Plinio (Naturalis Historia, XXXV, 17, 18): ma forse questa frase non mancava del tutto di riferimenti concreti come si generalmente supposto, e sembra lecito vedere unallusione alle pitture vascolari in un passo in cui, per completare le indicazioni dellAlberti, il Landino precisa che alle sue origini la pittura era fatta di una sola linea poi dun solo colore, donde il termine di monocromata, cosa che in Plinio (XXXIII, 117...), dal quale la parola deriva, indica una pittura a due toni: nero su bianco, o bianco su nero123. Si attribuivano in realt agli etruschi non solo i vasi a rilievo, familiari a tutti gli abitanti di Arezzo, ma anche tutti i vasi a figure rosse di provenienza greca. Indubbiamente questi vasi entravano nelle raccolte medicee come antichit toscane124: larte etrusca era intesa in senso largo, cosa che viene a dare un peso anche maggiore al riferimento. La curiosit per le antichit etrusche si era fatta in effetti abbastanza viva nella seconda met del secolo e in particolare nella cerchia di Lorenzo. A questo proposito abbiamo una testimonianza precisa. Il nonno di Vasari, Giorgio, faceva il vasaio ad Arezzo il quale atte-

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se continuamente allantichit de vasi di terra aretini; e nel tempo che in Arezzo dimorava messer Gentile Urbinate vescovo di quella citt, ritrov i modi del colore rosso e nero... Si condussero allora degli scavi allentrata della citt, e ne vennero fuori quattro vasi interi: in occasione di una visita di Lorenzo il Magnifico ad Arezzo Giorgio gli fu presentato dal Vescovo e offr quei vasi al principe. Si tratta del vescovo Gentile de Betti che col Ficino fu precettore di Lorenzo. Lepisodio va collocato intorno al 1475125. Tutti sapevano che Lorenzo si occupava di vasi antichi. Per ventanni le novit di qualche interesse furono regolarmente inviate al giovane principe o ai suoi amici umanisti126. Non potendosi ritrovare con esattezza i pezzi e stabilire la data del loro ingresso nella collezione fiorentina, quasi impossibile indicare gli esempi che grazie a questo interesse diffuso furono sotto gli occhi dei notabili e degli artisti. La ceramica antica greca e etrusca entrava nel Quattrocento nellorizzonte artistico dei fiorentini. Un interesse non minore veniva portato ai pezzi di scultura, alle urne, alle cisti o alle statuette che potevano esser considerate etrusche. Il Vasari non esiter a considerare i vasi a rilievo detti aretini fra le fonti del rilievo a stiacciato praticato dai moderni sulla scia di Donatello127. Non da escludere che Donatello sia stato spinto a valersi di questa tecnica particolare da certi pezzi della raccolta di Cosimo; ne fece tuttavia un uso pi complesso di quanto non sia possibile vedere nei rilievi antichi. inoltre lecito chiedersi se, nelluso di certi temi, lartista non abbia voluto fare etrusco, ad esempio nel trono con le teste di sfinge della Madonna di Padova, che cos vicino a quello della celebre statua cineraria di Chianciano128, in certi putti danzanti con le braccia alzate che si ritrovano nelle decorazioni vascolari129, forse in certi tipi umani130. La Toscana disponeva inoltre di un certo numero di

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fonti antiche che, per fantasie eccitate dai ricordi storici ed esaltate dalla conoscenza dei testi familiari agli umanisti, potevano apparire non inferiori a quelle della Domus Aurea di Nerone, o a quelle grotte dellEsquilino che verranno scoperte proprio alla fine del secolo xv. Numerose tombe etrusche erano state visitate, scavate e spogliate nel corso dei secoli. Ma nel Quattrocento che si assiste alla celebrazione del loro mistero e della loro grandezza. In un poema dedicato a Francesco Filelfo (1454) L. Vitelli fa cos lelogio della collina e del palazzo sotterraneo di Corneto che, secondo lui, altro non che il palazzo di Corythus ricordato nellEneide: Sunt immensa albis exausta palatia saxis, e sotto Innocenzo VIII vi furono messi in luce nuovi elementi131. Siamo qui nelle vicinanze della localit pi importante per larte etrusca, cio Tarquinia. Le cronache degli archeologi ci hanno conservato il ricordo della scoperta di ipogei, ad esempio la tomba detta della Mula e vicino a Sesto Fiorentino, avvenuta nel 1494 ( la data fornita da un graffito sullimposta destra allentrata della cella), e un po pi tardi, nel 1507, delle scoperte avvenute a Castellina in Chianti132. Si creduto di scoprire, in un disegno del Museo Buonarroti, una copia dellAde della tomba dellOrco a Tarquinia: un viso barbuto sotto unenorme testa danimale. Ma nellaffresco si tratta di un lupo e invece nel disegno di un cinghiale; occorre piuttosto pensare a qualche portastendardo romano sul tipo di quelli che si vedono nella colonna traiana133. Invece in un taccuino di viaggio (una raccolta di schizzi che risalgono per lo pi agli anni tra il 1491 e 1495 e di cui rimangono venti foglietti agli Uffizi) Francesco di Giorgio ha notato, passando per Chiusi, il rilievo di unurna funeraria etrusca che non stata ritrovata ma il cui stile basta a indicarne chiaramente lorigine134.

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Le allusioni alla grandezza dellarte etrusca non mancavano nei testi, dove sempre i fiorentini riservavano ad essa una parte teoricamente notevole. LAlberti nel suo De re aedificatoria dichiara: Conciosa che havendo larte edificatoria il suo antico seggio in Italia e massimamente appresso de Toscani, de quali fuor di que miracoli, che si leggono dei loro Re, e ancora de laberinti, e de Sepolchri, si truovano alcuni scritti antichissimi e approvatissimi, che ne insegnano il modo del fare i Tempii secondo che gli usavano i Toscani anticamente (VI, 3); e fornisce altrove (VIII, 3) una descrizione dellincredibile sepolcro di Porsenna sotto la citt di Chiusi di pietre riquadrate, dentro a la basa, del quale, alta cinquanta piedi era un laberinto... e sopra essa basa cinque Pyramidi una nel mezzo, e una per una fu per i cantoni...135. Contemporaneamente il Filarete testimonia anchegli del labirinto gigante di Porsenna che, dice, secondo Varrone, si trovava in Toscana, e che, come il mausoleo dArtemise fu uno di quegli edifici colossali la cui celebrit documentata e di cui non rimane alcuna traccia136. Il mito etrusco era dunque tenuto vivo dai letterati del Quattrocento. Un po pi tardi il Vasari accoglier tutte queste tradizioni aggiungendovi il richiamo a scoperte recenti come quella della Chimera dArezzo e inserendo dautorit, tra il resoconto sommario dellarte greca e quello dellarte romana, una notevole messa a punto sulle antichit etrusche. In essa viene richiamata la testimonianza dellAlberti, viene richiamato il labirinto di Porsenna con le sue figure a mezzo rilievo, i vasi aretini rossi e neri con le loro piccole figure, le statue trovate a Viterbo nel 1493. Questo paragrafo mirava a valorizzare una tradizione nazionale, ma questa era gi stata messa in valore proprio in questo senso allepoca del Magnifico137. Un fatto minimo viene a confermare lattaccamento dei toscani ai

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grandi nomi della storia etrusca: durante un suo soggiorno ad Arezzo Andrea Sansovino modell per Montepulciano di terra una figura grande..., cio un re Porsenna che era cosa singolare. Il Vasari ricordava daverla vista138. Non saremo noi a sostenere, come ha fatto il Ruskin, che leredit etrusca si sarebbe improvvisamente risvegliata dopo secoli di sonno per ispirare la poesia infernale di Dante, poi la vitalit esuberante o irrequieta di certi artisti del Quattrocento. Ma risulta chiaro che al livello popolare delle leggende (di cui il poema del Vitelli pu essere uneco) e al livello umanistico delle grandi prospettive storiche (Alberti) una certa coscienza del passato etrusco e della sua originalit ha cominciato ad affiorare nel Quattrocento. Il Museo etrusco nasce lentamente; linteresse che sembrano dimostrare per esso Antonio Pollaiolo o Donatello non uneccezione. Lo stesso interrogativo si pu daltronde porre a proposito di certi artisti della fine del Quattrocento e anzitutto del pittore bizzarro (la parola del Vasari) Piero di Cosimo. Egli dipinse per Francesco del Pugliese (circa 1495) una serie di scene della vita primitiva, piene di battaglie fantastiche, di centauri e di fauni. In una desse, il Ritorno dalla caccia, il paesaggio presenta un tratto di mare attraversato da due navi duna esattezza archeologica che sorprende; necessario supporre che il pittore abbia avuto presenti dei vasi greci arcaici, cio etruschi139. I rilievi di Bertoldo nel palazzo di Bartolomeo Scala (circa 1490 presentano temi aspri e violenti e lo stesso modo di trattare le forme appare appiattito per cui si portati a chiedersi se questo scultore un po a s non abbia voluto imitare qualche sarcofago etrusco140. Non meno significativo tuttavia trovare (sia pure trasposta in uno stile da profilo ellenistico) la figura di un demone ctonio con serpenti, una figura che sembra tipica-

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mente etrusca, sul fregio della villa di Poggio a Caiano (circa 1485)141. Leonardo aveva passato la sua infanzia nel Valdarno. Si parlato di atavismo etrusco a proposito di certi suoi interessi che colpiscono solo per una generica analogia con certi aspetti della vecchia civilt toscana, ad esempio la scrittura rovesciata da destra a sinistra, gli studi di idraulica, lattenzione al volo degli uccelli, il gusto per la scultura modellata e in bronzo con esclusione della pietra142. Nemmeno il sorriso arcaico, da considerare come una reminiscenza o una derivazione143. Ma ci sono forse dei dati pi precisi: si nota nellopera giovanile la frequenza di figurazioni di animali, in particolare di combattimenti tra bestie selvagge e draghi fantastici, e soprattutto il fatto che la prima opera di Leonardo sia stato quel volto di Medusa che suo padre volle portare ai collezionisti fiorentini. Non si pu trattare in questo caso che di una invenzione allantica ispirata da un modello etrusco, forse qualche antefissa o maschera di Gorgona144. Il soggetto era di moda: lo si ritrova, adattato certamente sulla base di armature romane, sulle corazze modellate dal Verrocchio145. Cos da vedere senza dubbio una ricomposizione dalletrusco nello strano mausoleo di forma conica, con vani a ipogeo (Louvre), la cui struttura e lo stesso andamento delle volte richiamano espressamente i tumuli di Cerveteri e di Vulci. Il disegno per e abbastanza freddo, non condotto con la mano sinistra e lattribuzione a Leonardo con buon fondamento contestata. Si pensa piuttosto a Francesco di Giorgio, sebbene non vi possano essere dubbi sulla fonte a cui questi si ispirato146. Gli ambienti romani alla fine del Quattrocento non risparmiavano sforzi per ricomporre intorno alla loro citt il mito imperiale, e i primi musei che vi furono creati, ad esempio quello Capitolino al tempo di Sisto

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IV, erano in funzione del mito di Roma147. Gli umanisti toscani si sforzavano di convogliare in favore di Firenze la grande idea nazionale (cio romana). ci che spiega come ad esempio, nella celebre epistola del Poliziano De civitatis florentinae origine, si avverta una certa discrezione a proposito dellorigine etrusca; lunico accenno si ha allorch si parla delle conoscenze della ninfa Faesula (Fiesole) nellarte aruspicale148. Non tutti gli umanisti erano sensibili al mito etrusco; questo per continuava a svilupparsi dato che se ne trover lespressione completa ventanni pi tardi in circostanze particolarmente significative. Nel settembre 1513, dopo lelezione di Leone X, Giuliano de Medici fu invitato in Campidoglio per ricevervi, con un fasto eccezionale, il titolo di cittadino romano. Opuscoli e lettere ci descrivono le cerimonie che hanno segnato una data nella storia del teatro, dato che una sala di grandi dimensioni (m 33 X 27 X 15 daltezza) fu costruita appositamente da Antonio da Sangallo e decorata sulla facciata e sui fianchi con numerosi pannelli istoriati dal Peruzzi col consiglio di Tommaso Inghirami. Ora i soggetti di questa decorazione erano stati pensati da cima a fondo in funzione della storia etrusca e degli episodi nei quali, secondo Tito Livio, questo popolo era venuto in contatto con Roma, cio gli antenati di Giuliano si erano incontrati con i fondatoti del Campidoglio. Allusioni trasparenti al presente non mancavano e iscrizioni opportune venivano a metterli in evidenza:
Foedus a populo romano cum Hetruscis, Tarquinius hetruscus Romae regnat

n manca il ricordo delloriginalit degli antichi toscani:


Augurum disciplina Hetruria Romam invecta. Roma liberi erudiendi se in Hetruriam mittuntur.

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In queste ricostruzioni storiche, ad esempio sulla facciata dove si vedevano Enea e gli etruschi, Porsenna e Muzio Scevola, lincontro dei due popoli a Caere, ecc., i costumi, i tipi, gli atti dovevano mostrare le differenze tra etruschi e romani. Questi quadri evidentemente presupponevano la modesta archeologia etrusca che si era venuta lentamente costituendo nel corso del Quattrocento149. Chi vi si applic pi a fondo sembrano essere stati gli eruditi di Viterbo150. Egidio da Viterbo, ammiratore entusiasta del Ficino in giovent, e il pi illustre rappresentante del platonismo a Roma allepoca di Giulio II e Leone X, aveva pensato di scrivere una storia dEtruria. Nella sua Historia XX saeculorum, lunica opera da lui realizzata, lo spazio dedicato agli etruschi nella evoluzione dellumanit di una ampiezza eccezionale: gli etruschi sono venuti dalla Caldea a portare la civilt in Italia; la loro storia parallela a quella di Israele, i Lucumoni divinarum rerum interpretes sono la stessa cosa che i patriarchi; Giano contemporaneo di No, Giasone di Mos. Ercole ha fondato presso di loro una potente dinastia (un Ercole italico distinto dalleroe greco), e, sotto questa dinastia, lEtruria ha dominato su tutto il mondo prima di dare origine, attraverso Roma, figlia di Italo, ad una nuova potenza storica151. Lopera degli etruschi si esercitata soprattutto sul piano religioso, ci che permette daffermare: Tyrreni imperio, cultu, religione, divinarum humanarumque scientia fuisse universo orbi terrarum admirabiles (fol. 31); nelle ore difficili si visto il papa rifugiarsi in Toscana, come nello eterno rifugio e difesa della Chiesa (fol. 200). Accettando letimologia, del resto gi proposta dallantichit e ripresa da Annio da Viterbo, che fa derivare Tyrrenius da turris, Egidio non esitava proporre di innalzare unalta torre al di sopra di San Pietro Vaticano per ricordare queste origini (fol. 121)152.

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Egli aveva saputo sviluppare, allinterno del suo neoplatonismo, curiosit precise in direzione della Cabala e dei geroglifici. A questo si deve aggiungere il suo importante intervento nel senso delletruscan revival, in cui ancora una volta egli si riallaccia ai fiorentini153.

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Capitolo quinto Il busto di Platone

Stando a un celebre passo del Valori, Lorenzo sognava da tempo un ritratto di Platone; e fu per lui una grande gioia quando ricevette da un certo Girolamo Roscio da Pistoia un busto del filosofo scoperto tra le rovine stesse dellAccademia154. Una copia di questopera preziosa si trovava certo a Careggi, dato che una leggenda malevola, dorigine savonaroliana, racconta che il Ficino aveva acceso davanti allimmagine venerata una lampada da chiesa155. Questopera, considerata una delle pi preziose anticaglie medicee, costituiva il simbolo della nuova Accademia. Ma il suo era un valore essenzialmente immaginario; lopera non poteva esser stata trovata nei giardini di Academos, dato che se ne ignorava la collocazione. Pi che di un falso, si trattava certamente di una replica romana identificata abusivamente (forse fraudolentemente) come loriginale di una scultura famosa, il busto scolpito da Silanione156. difficile seguirne la storia a causa del saccheggio del 1494, della dispersione delle raccolte medicee, dellabbandono della villa del Ficino a Careggi. Il Platone mediceo figura successivamente nella collezione di Fulvio Orsini, poi in quella del Gori; in seguito sarebbe passato allUniversit di Pisa, donde sarebbe alla fine pervenuto agli Uffizi157. Fino a non molto tempo fa si poteva vedere in palazzo Medici una testa antica posata su una base e accompagnata dalliscrizione greca: pltwn. Unaltra opera dello

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stesso tipo si trova da gran tempo nella sala delle epigrafi agli Uffizi158. fra questi busti che si deve cercare il Platone di Lorenzo. Il tipo che si ammetteva nel Quattrocento era quello del vecchio barbuto; Fulvio Orsini lha confermato in modo abbastanza avventuroso attraverso liscrizione di una gemma. Una serie di busti di divinit, di Dioniso o di Ermete, ha potuto cos essere battezzata come Platone159; proprio il caso degli esemplari fiorentini conservati. Gli umanisti fiorentini cercavano anzitutto il significato etico del personaggio che, secondo la tradizione, Silanione era riuscito a individuare in modo assai felice160. Nella sua Vita Platonis il Ficino, fondandosi sui biografi antichi, ricorda che il filosofo era di una prestanza splendida e particolarmente robusto... e che il suo nome derivava dalle sue larghe spalle, dalla sua grande fronte, dalla sua mirabile apparenza161. Il motivo del grande Platone ricorre frequente nelle evocazioni letterarie del tempo. Cos Ugolino Verino, allinizio del suo poema teologico Paradisus, descrive un personaggio dagli occhi scintillanti, quique humeris late longe supereminet omnes162. In un curioso passo del suo Convito Dante aveva proposto Platone come tipo ideale del vecchio; egli ne avrebbe incarnato e la sua fisionomia ne avrebbe espresso tutte le virt. Perfetto esemplare della natura umana, egli sarebbe vissuto, stando al De Senectute, 81 anni (9 x 9), cifra che fissa un termine preciso della vita. Se Cristo non fosse stato crocifisso al culmine della curva della parabola vitale e se lavesse seguita fino alla morte naturale, sarebbe vissuto, afferma Dante, fino ad avere la stessa et di Platone163. Si doveva dunque cercare nellimmagine di Platone il tipo del Saggio perfetto secondo le regole della fisionomica. Il Ficino non poteva, a questo proposito, che confermare ci che Dante aveva detto. Il risultato fu non solo un equivoco sul ritratto del maestro dellAccademia: si arriv

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anche a sostituire immagini moderne ai busti antichi od almeno ad accontentarsi di un curioso compromesso. In concorrenza con limmagine antica si venne diffondendo in effetti nel Quattrocento un tipo contemporaneo del Saggio, ispirato alle personalit in cui meglio sembrava rivivere lideale filosofico. Aristotele nella seconda met del secolo xv aveva cos assunto la figura di un mago ispirata allaspetto di certi greci moderni, seguaci dello Stagirita, e pi precisamente di Manuele Crisolora164. Una tavoletta in bronzo, spesso copiata, del Museo di Braunschweig ci presenta questo Aristotele con berretta e cappuccio e una lunga barba che, unendosi ai capelli, discende sulle spalle e sul petto165. La figura rappresenta a meraviglia ci che nel Quattrocento si intendeva per dignit del sapere. Questimmagine maestosa doveva attrarre lattenzione di Leonardo e forse servirgli di modello per la sua pettinatura e il suo aspetto fisico in genere166. Lattrattiva di questa immagine sembra esser stata cos forte che anche Platone fin per essere concepito in modo analogo. E questo tipo convenzionale forse allorigine del ritratto ideale dello studiolo di Urbino (Louvre), nel quale Platone con lunghi capelli biondi e ricci assume un aspetto sognante e sentimentale167. Pi solido e conforme al modello diffuso dalle placchette bronzee, il profilo di Platone corrisponde a quello di Aristotele sullarco trionfale della Filosofia in una celebre pagina dellEtica a Nicomaco, illustrata a Napoli poco prima del 1500168. A Firenze i miniaturisti che ornarono le traduzioni e trattati del Ficino, in particolare Attavante, non han fatto alcun sforzo di immaginazione: hanno ripetuto la figura del Saggio in berretta, figurandolo il pi delle volte con una barba bionda senza alcun tratto fisionomico pi preciso. Il caso pi tipico forse costituito dal manoscritto delle Enneadi illustrato anteriormente al 1490 da Attavante per conto di Filippo Valori. Se dobbiamo

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credere alla dedica, questi laveva fatto ornare in modo ricco per la sua biblioteca: la lettera iniziale ci mostra il ritratto del Ficino, i busti dei medaglioni sono banali figure di profeti e filosofi in tocco e berretta169. Un serio tentativo di rinnovare e meglio definire limmagine dei poeti, dei dotti e dei saggi, era per necessario170. Limmagine di Platone si ispirava da secoli a una prospettiva ideale: celebrato tradizionalmente come medico e un po anche mago, profeta della Trinit, padre della Metafisica (cosa che permette di collocarlo, di contro ad Aristotele, nei quadri dipinti in gloria di san Tommaso) Platone alla fine del Quattrocento diventa il maestro del Divino171. La soluzione, come avviene in molti altri casi, si deve a Raffaello. Nella Scuola dAtene lo stesso suo piano rendeva necessaria una precisazione delliconografia dei saggi ed egli cercava di preferenza la convenienza, cio laccordo tra la fisionomia, latteggiamento e lo spirito. Per Platone egli tenne presente insieme il modello antico, cio il busto mediceo, dal quale deve derivare la calvizie ed il profilo, e il modello moderno, che esigeva la lunga barba e i lunghi capelli; e infine deriv da Leonardo il gesto tipico che assicura alla figura il suo slancio e la sua unit172.

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Capitolo sesto I bronzi di Bertoldo

Bertoldo una personalit sacrificata soprattutto se si pensa a Donatello, che stato suo maestro, al Verrocchio, suo contemporaneo, e a Michelangelo che quindicenne fu in contatto con lui. Della sua carriera si sa assai poco. Nato nel 1440, lavor tra il 1460-68 ai pulpiti di San Lorenzo con Donatello. Al pari di lui era specialista del bronzo; ma non ha mai realizzato opere di grande respiro, come ha fatto invece Antonio Pollaiolo a Roma o il Verrocchio a Venezia. Una lettera del 1479 attesta che era familiare dei Magnifico, e tale rimase fino alla morte avvenuta nel 1491. La sua attivit era doppia: sorvegliava e custodiva le collezioni medicee, componeva e fondeva per Lorenzo e i suoi amici dei piccoli bronzi nei tre generi allora di moda: statuette, placchette, medaglie173. Secondo Benedetto Dei, faceva sempre col Magnifico Lorenzo cose degne174. Cos egli occupava nella cerchia medicea una posizione centrale. Se la sua personalit avesse avuto maggior respiro e maggiore autorit, la sua attivit ci permetterebbe di cogliere con esattezza il punto in cui, allepoca di Lorenzo, si passa dal museo allinvenzione, dallumanesimo allarte. I fiorentini non erano i soli che amassero i piccoli bronzi. Dopo il 1460 a Padova si era sviluppato, per suggestione di Donatello, una sorta di iperclassicismo: placchette fini come quelle del Moderno su soggetti antichi

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e pagani, statuette e figurine dun naturalismo analitico, in cui, prima del vigoroso Riccio, si avverte, intorno al 1490, unispirazione che si frantuma e tende al bibelot175. In Toscana non avviene lo stesso: il ricordo di Donatello e lesempio del Pollaiolo assicurano una maggiore vivacit; spesso la ricerca delleffetto arriva alla confusione, nel momento in cui il gusto si orienta pi che mai verso il piccolo formato. Verrebbe fatto di attribuire la paternit di questo stile a Bertoldo, se i rilievi e le placchette in bronzo del senese Francesco di Giorgio non rivelassero unispirazione analoga, per con una sensibilit superiore a quella di Bertoldo176. Il rilievo della Battaglia (Bargello), che si trovava in una delle sale di palazzo Medici, lunica opera di qualche respiro di Bertoldo: un pezzo di bravura in cui per la mancanza di unit e di profondit sono innegabili. Oltre che nelle molte medaglie-ritratto, in cui il rovescio generalmente ornato di complicate allegorie, Bertoldo sembra essersi specializzato nella esecuzione di statuette, placchette ornamentali e medaglioni tondi (65 mm) che si distinguono dalle medaglie in quanto si compongono in serie e non si riferiscono ad un personaggio definito, n recano ritratti. Se ne conoscono una ventina, tutti a soggetto mitologico, fra i quali il piccolo gruppo che in un primo tempo si era creduto dover isolare attribuendolo al cosiddetto Maestro della leggenda di Orfeo177. Non chiaro quale fosse la loro destinazione: forse, fusi in oro, questi medaglioni ornavano scrittoi o gabinetti. Ci rimangono solamente dei modelli in bronzo, spesso duna fattura un po sommaria: i pezzi in metallo prezioso pu darsi che siano stati fusi in momenti difficili178. Nellinventario di Lorenzo del 1492 non figurano pi in realt le medaglie doro che esistevano prima; vengono per ricordate le medaglie dargento e di bronzo come distinte dalle monete. Il modo in cui Bertoldo realizza queste opere un po

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confuso e sembra che vada aumentando sempre pi la tendenza agli effetti di tocco e di riflessi a spese dellincisivit e del modellato liscio. Ma questa scultura minore tende, per cos dire, a creare delle opere di devozione ad uso degli umanisti, in cui i grandi fatti del mito sono distribuiti in episodi con poche figure. Abbiamo cos fra i medaglioni ispirati allEneide la Fucina di Vulcano, Venere che consegna le armi ad Enea, Enea agli Inferi, e, fra quelli ispirati al mito dOrfeo, almeno tre scene: Orfeo e gli animali, Orfeo agli Inferi, Orfeo e le Menadi, che sono in realt delle eccellenti miniature in bronzo. La statuetta dApollo (o Orfeo) che suona la viola sollevando dolcemente una gamba (Bargello) rivela un piglio pi personale del bronzo del Bellerofonte. Ma la serie pi originale quella che si ispira alle dotte allegorie dellamore. In una placca conservata in due mediocri esemplari (Victoria and Albert Museum, collezione del palazzo Ducale di Venezia) rappresentata lEducazione dEros: a sinistra Eros studia con Mercurio, a destra presentato da Venere a Vulcano che gli applica le ali179; come in tutte queste scene, Venere appare alata e Marte porta un grande elmo. Un piccolo rilievo circolare (cm 0,15) conservatoci in migliore stato, presenta, in una fusione esperta, una composizione abbastanza elegante (Victoria and Albert Museum): tra Mercurio che gli insegna come usare il filo a piombo e due personaggi che reggono strumenti di misurazione, il piccolo Eros si esercita nel modellare. lillustrazione della massima adottata dagli umanisti per cui Amore il principio di tutte le arti (cio dellattivit creatrice). Come le piccole serie composte in margine ai grandi miti richiamano i medaglioni poetici del Poliziano delle Sylvae, nei quali pochi versi riassumono un episodio e fissano un personaggio, cos questi rilievi sono come dei formulari emblematici delle dottrine dellambiente laurenziano. Certe composizioni sono difficilmente deci-

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frabili: ad esempio il rilievo con LAlbero degli amorini (Kaiser Fredrich-Museum), nel quale laccento un po grezzo, le linee confuse e la condotta spezzata sono tipiche di Bertoldo. Una figura di fauno vista di schiena sembra voler cogliere un amorino dallalbero al quale le figurine sono sospese, e una divinit fa segno a un giovane a sinistra che esita, e che forse attende una giovane donna in piedi a destra. Cos Venere alza la mano verso lalbero180. La composizione, un po maldestra e priva di spazio, animata anche dalla coppia di amorini che lottano in primo piano e che dopo tutto forniscono la chiave della scena. Essi sono copiati da una gemma antica che gi Donatello aveva utilizzato nella sagrestia vecchia di San Lorenzo. Essi rappresentano Eros e Anteros e la lotta dei due amori181. In passato sono stati attribuiti al Verrocchio (poi con fondamento ancora minore a Leonardo) parecchi rilievi di qualit abbastanza elevata, che forse datano del 1475, per i quali lunica incertezza possibile tra Bertoldo e Francesco di Giorgio: tra gli altri, lallegoria detta della Gelosia (Victoria and Albert Museum) e un rilievo di esecuzione sommaria che rappresenta il ratto di una donna ad opera di un centauro aiutato (o contrastato) da due satiri (Louvre). Se si devono riferire a Bertoldo, queste composizioni attestano un interesse per le immagini di violenza e la ricerca dei contrasti, per gruppi che valgano a suggerire la diversit delle passioni e delle forze dellanima182. Il punto darrivo di questa ricerca si trova nel fregio che orna il cortile del palazzo di Bartolomeo Scala (circa 1490), capolavoro complesso, e zeppo di allegorie umanistiche, di Bertoldo. La leggenda della Scuola del giardino di San Marco pu in queste condizioni assumere valore di simbolo. Bertoldo lesponente di quel complicato processo attraverso il quale certi artisti fiorentini si sono, poco a poco, impadroniti di tutta la cultura dei musei e di ci che que-

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sta poteva rappresentare per la cerchia di Lorenzo. Bertoldo ormai non conosce altra fonte che le gemme, le statue, le sculture dei sarcofagi. Con lui siamo giunti alla fase in cui le botteghe si servono regolarmente del repertorio grafico e plastico costituito attraverso mezzo secolo di interesse per le vestigia antiche e custodito nei taccuini di bottega del Ghirlandaio, nelle raccolte del Sangallo e nei margini miniati, infine in tutti questi piccoli bronzi che assicurano ad esso utilizzazioni e divulgazione durevoli. una situazione diversa da quella di Donatello e del Verrocchio: Bertoldo lavora entro un mondo chiuso, in cui linvenzione di breve respiro. Le composizioni dei rovesci delle medaglie mancano di chiarezza, ma le piccole allegorie delle placchette, le scene mitiche presentano una discrezione e una notevole applicazione intellettuale, che sono tipicamente fiorentine e si accordano con il tono della letteratura umanistica: si trova addirittura una Nascita di Minerva che sembra fatta apposta per illustrare le molteplici variazioni che il Ficino comporr su questo tema; e sul rovescio di una placchetta tonda si vede unallegoria dellamore platonico che deve essere riferita direttamente allinsegnamento del De amore183. Siamo ad una uguale distanza dalle fantasie naturalistiche dellambiente settentrionale come dalle forme pompose che ben presto prenderanno piede a Roma. In realt larte antica oggetto di unattenzione nuova, di cui non il caso di attribuire la paternit alla Scuola di Bertoldo, ma invece a tutto quanto lambiente fiorentino intorno al 1490: si tratta della reintegrazione consapevole delle immagini antiche nelle forme antiche184. Con Botticelli la tendenza a illustrare liberamente i temi poetici o filosofici del mito era arrivata il pi lontano possibile. Filippino aveva inteso questo orientamento in senso opposto, accumulava particolari precisi in un modo tutto

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esteriore, introducendo nelle sue composizioni religiose una specie di fantasia archeologica. Lo scenario di anticaglie pi esteriore ancora nel Ghirlandaio. Nulla di comune con lansia del Mantegna a Mantova, che imponeva uno stile romano a una visione ferma e a unumanit eroica, e insomma riusciva ad accordare una forma e un contenuto entrambi derivati dalle fonti umanistiche. Il problema a Firenze sembra essere stato avvertito solo da Bertoldo: egli sembra interessarsi quasi esclusivamente ai temi mitologici, con la doppia preoccupazione di decifrarne compiutamente il valore e di ritrovarne la forma antica185. Concepita nellambito del museo mediceo, questa reintegrazione tendeva a realizzarsi a Firenze in collaborazione con lumanesimo di Careggi. Questo appare chiaramente nella formazione di Michelangelo giovane. Il Condivi, in questo meno tendenzioso del Vasari, riferisce che a quindici anni il piccolo Buonarroti fu introdotto, grazie al Granacci, nel casino mediceo e si mise a lavorare con passione dalla mattina alla sera come in migliore scuola. Gi da tempo gli artisti entravano in questo luogo in veste di restauratori, ma il giovane Michelangelo sa trarre da questo privilegio un partito nuovo, che risulta illustrato nel modo migliore dal famoso aneddoto della testa di fauno antico copiata con attenzione ai particolari fisionomici186. Nello stesso tempo che disegnava gli affreschi di Masaccio per assimilarne la gravit e la struttura, assimilava, imitando i pezzi antichi, i princip di uno stile. Nel campo del disegno, come in quello della scultura, la sua grande abilit gli permetteva di fabbricare dei veri e propri falsi187, cio di raggiungere una precisione e una coerenza nuove nelleffetto dinsieme. Ammesso a studiare le collezioni di monete e di toreutica nei gabinetti di via Larga, raggiunse una competenza desperto e ci si sforzati di ritrovare nelle sue opere tracce precise della cul-

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tura che si era cos assicurato188. Ma il problema non si riduce a quello di un inventario delle sue fonti che non erano se non un punto di richiamo per limmaginazione; tale problema si amplia necessariamente per il fatto che Michelangelo, frequentatore abituale delle raccolte medicee, era nello stesso tempo commensale del Landino, del Ficino, di Pico e del Poliziano189. Per alcuni mesi almeno divenuto cosa concreta il legame tra poesia ed arte, tra visione simbolica e esperienze di conoscitore. Il Poliziano si era legato al giovane scultore e di continuo lo spronava, bench non bisognasse, allo studio; dichiarandogli sempre e dandogli da far qualche cosa. Tra le quali un giorno gli propose il ratto di Deianira e la zuffa dei Centauri, dichiarandogli a parte per parte tutta la favola190. Si trattava qui non di Deianira ed Ercole, ma della Battaglia di Teseo e dei Centauri al festino di Piritoo, raccontata in Ovidio (Metamorfosi, XII, 210). Il giovane Michelangelo ha saputo realizzare nel suo rilievo marmoreo la costruzione che mancava nel bronzo di Bertoldo; ha cercato e trovato un legame drammatico tra le figure individuando nel racconto i tre elementi dominanti: il ratto della donna contesa tra un centauro e un lapita (a destra), il gesto di Piritoo in atto di colpire (a sinistra), lintervento di Teseo (in alto). Confrontandolo con la fronte di cassone di Piero di Cosimo, in cui appaiono lo stesso soggetto e gli stessi episodi191, risulta chiaro che lo scultore ha cercato una coerenza e ununit di cui il pittore non si curato. Questo esempio mostra chiaramente dove abbia inizio lo sviluppo decisivo. Le stesse osservazioni si possono fare a proposito di tutte le opere giovanili di Michelangelo: il Bacco ubriaco del 1496 si stacca gi per una ampiezza e una variet dintenzioni nuove dalla tradizione fiorentina dei piccoli rilievi dionisiaci. Il Condivi dir che la sua forma e il suo aspetto rispondono in tutto allintenzione degli autori antichi. Questa stessa chiarezza di

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concezione lelemento fondamentale del Cupido addormentato, di cui verosimilmente si conserva il ricordo nel quadro di Marte e Venere del Tintoretto (Monaco, Pinacoteca)192, e dellErcole scolpito al momento della morte di Lorenzo. Nelle composizioni religiose Michelangelo istintivamente cerca unampiezza di volumi che di per se stessa esclude le minute derivazioni pittoresche. Il Vasari ha giustamente indicato il punto di partenza della Madonna della Scala, eseguita da Michelangelo giovanetto: lo scultore ha voluto qui contrafare la maniera di Donatello. Si tratta in realt di un rilievo a stiacciato con contrasti di piani che richiamano, ad esempio, il rilievo di Siena. Ma inutilmente si cercata nellambito donatelliano una composizione di questo tipo: la figura seduta, vista di profilo, con grandi veli, non trova riscontro che in stele funerarie o gemme antiche. Il rilievo michelangiolesco si ispira alla loro chiarezza di taglio e alla loro linea continua nonch alla ricerca delle minute accidentalit significative del rilievo193. Le opere antiche non sono pi considerate come repertori di particolari interessanti che basta riprendere e ricomporre liberamente; ci che ora importa il legame dello stile e lunit delleffetto: in un rilievo di battaglia ci che conta il movimento dinsieme, in una figura lenergia che sembra animarla. Una preoccupazione di questo genere risulta nuova, per quanto se ne pu giudicare, nel 1490194. Applicata ai personaggi del mito, essa presuppone che questo abbia un significato che interessa ricostruire di per se stesso, non come pretesto per una illustrazione in cui sarebbe agevole mettere in evidenza un simbolo morale o uno spettacolo che allontanerebbe dal grande stile. LAntichit non appare pi come una serie di episodi e di temi isolati, ma come un tutto, come un cosmo storico. Tutto in esso solidale: idee, sentimenti, forme. Era questa la conse-

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guenza del rispetto che Lorenzo aveva per larchitettura degli antichi, il Poliziano per la loro poesia, il Ficino per la loro religione, Donatello e Bertoldo per la loro scultura. Limitazione episodica di un tema da allora in poi appare come uningenuit. A questo punto prevale la vera e propria emulazione degli antichi. Michelangelo affermer sempre, come il Poliziano, che la cultura non nulla se non vivificata dallenergia personale. A proposito di uno scultore che si vantava di fare copie dallantico superiori agli originali, egli sentenzier senza incertezze: Chi va dietro a altri, mai non gli passa innanzi. Chi non sa far bene da s non pu servirsi bene delle cose daltri195. Per intendere la posizione originale dei moderni bene avere inteso lunit del mondo antico. Ma questidea a Firenze era ancora una intuizione a mezzaria: a Roma, allepoca di Giulio II e di Leone X, che essa stata intesa in tutta la sua portata.

vasari, ed. Milanesi, vol. II, p. x; ed. C. L. Ragghianti, I, p. 650. Su tutti questi problemi: f. v. duhn, ber die Anfnge der Antikesammlungen in Italien, in Nord und Sd, xv (1880), pp. 293-308; j. burckhardt, Die Sammler, in Beitrge zur Kunstgeschichte von Italien, edizione completa, XII, Berlin 1930, pp. 293-396; r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti, Princeton 1956, ci ha dato un prezioso catalogo dei sarcofagi e rilievi antichi accessibili agli artisti intorno al 1450. 3 Il Giubileo dellanno 1450 secondo una relazione di Giovanni Rucellai, in Archivio della Societ romana di storia patria, iv (1881). 4 vasari, ed. Milanesi, V, p. 55. 5 Vita di B. Cellini, ed. A. Padovan, Milano 1915, pp. 3 e 18. e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., cap. II, pp. 44 sgg.; f. albertini, Memoriale di molte statue e picture della Citt di Firenze, Firenze 1510. 6 vasari, Vita di Nicola e Giovanni Pisani, ed. Milanesi, I, pp. 294 sgg. 7 vasari, Vita dArnolfo, ibid., p. 285, e successivamente g. lami, Lezioni di antichit toscane, Firenze 1766, pp. xii-xiii e tav. i, p. 196; anche Boccaccio (Decameron, VI, 9) li ricorda. Se ne conoscono cinque, due dei quali si trovano ancora ai lati della porta sud, uno segnalato a
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze palazzo Medici, un altro che serve da tomba allinterno dello stesso Battistero, un quinto agli Uffizi: w. paatz, Kirchen, vol. II, pp. 207 e 265, n. 178. 8 w. paatz, Kirchen cit., II, pp. 173 e 211 n. 2; su questa leggenda, dante, Inferno, XIII, 143 e soprattutto g. villani, I, capp. 42 e 60. Sulle testimonianze di M. Palmieri e del Poliziano, cfr. g. richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, Firenze 1757, vol. V. 9 w. paatz, Kirchen cit., vol. IV (1952), p. 245 n. 2. Sulla cappella del 62: g. villani, cap. 57, g. lami, Lezioni ecc. cit., vol. I, p. 27. Si trovano dei rilievi della chiesa dei SS. Apostoli in una raccolta di disegni dedifici romani di Firenze attribuita con fondamento a Simone Cronaca: l. grassi, in Palladio, vii (1943), pp. 14-22. 10 w. paatz, Kirchen cit., vol. I, p. 245 n. 3. g. villani, III, 3; coluccio salutati, ed. Moreni, Firenze 1826, pp. 21-22; Vita anonima di Brunelleschi, ed. E. Toesca, Firenze 1927, p. 29. Il vasari, ed. Milanesi, vol. I, p. 238, ricorda uniscrizione marmorea che ricordava la fondazione dei SS. Apostoli nell805; vi si visto un falso dellepoca del Magnifico connesso con la diffusa celebrazione delle glorie fiorentine che si ebbe intorno al 1490. La cosa non sarebbe sorprendente: i falsi destinati a confortare le glorie storiche di una citt non erano rari nel Quattrocento: quelli di Annio da Viterbo sono celebri: i. faldi, Dipinti e sculture del Museo civico, Viterbo 1955, n. 38. Ma secondo w. paatz, Kirchen cit., vol. I, in fine, liscrizione che si trova sul verso di una lastra degli inizi del secolo xiii deve risalire a questepoca: si tratta di un falso medievale. 11 g. soulier, Les influences orientales dans la peinture toscane, Paris 1924, ha posto questo grande problema senza risolverlo plausibilmente, non avendo chiara la componente desotismo che propria di tutta la cultura gotica (tale componente stata in seguito evidenziata da j. baltrusaitis, Le Moyen-Age phantastique, Paris 1955); egli per ha mostrato la diversa atmosfera che regnava a Roma e a Firenze e ha sollevato il problema etrusco. 12 I fiorentini richiameranno spesso, fondandosi sulla vecchia Chronica de origine civitatis (inizi del secolo xiii) e su G. Villani, le origini romane di Firenze fondata da Silla o Cesare in concorrenza con la citt etrusca di Fiesole: n. rubinstein, The beginnings of political thought in Florence, in jwci, v (1942), p. 198. Sul problema etrusco, cfr. pi avanti. 13 a. chastel, Di mano dellantico Prassitele, in Eventail de lhistoire vivante (Mlanges Lucien Febvre), Paris 1953, col. II, pp. 265-71. e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., trad. it. Firenze 1902; e. walser, Poggius Florentinus, Leben und Werke, Leipzig 1914, cap. XVIII; e. jaeschke, Die Antike in der florentinischen Malerei des Quattrocento, Strassburg 1900; j. von schlosser, Leben und Meinungen des florentinischen

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Bildners Lorenzo Ghiberti, Basel 1941, III (Der Sammler und Liebhaber der Antike). 14 Sullo Squarcione: c. ridolfi, Le maraviglie dellarte, 1648, pp. 6768; sul medico veneziano Giovanni Dondi, che cercava pezzi interessanti a Roma nel 1375, e la funzione dei da Carrara di Padova: j. von schlosser, Die ltesten Medaillen und die Antike, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen, xviii (1897). Su Gentile Bellini: g. gronau, Die Kunstlerfamilie Bellini, Leipzig 1909, p. 51. Su F. Feliciano (1433-80): g. fiocco, Felice Feliciano amico degli artisti, in Archivio venetotridentino, ix (1926), pp. 188-206. 15 Cfr. pi sopra lintroduzione; e. mntz, Les collections ecc. cit.; e Mostra Medicea, Firenze 1939; soprattutto: e. kris, Meister und Meisterwerke der Steinschneidekunst in der italienischen Renaissance, Wien 1929, 3 (Die Sammlungen). 16 vasari, Vita di Mariotto Albertinelli, ed. Milanesi, IV, p. 218. 17 Documenti su questa costruzione in a. kristeller, Andrea Mantegna, Berlin 1902, pp. 429, 525, 528, e sullabitazione propriamente detta del Mantegna a Mantova, pp. 214-15. g. fiocco, Andrea Mantegna e il Brunelleshi, in Atti del I Congresso Nazionale di Storia dellArchitettura (1936), Firenze 1938, p. 180 n. 2 ha corretto lerrore di c. yriarte, La maison de Mantegna Padoue, in Cosmopolis, marzo 1897, p. 738, e ha ammesso linterpretazione del motto ab Olympo proposta da l. dorez, Andrea Mantegna et la lgende ab Olympo, in C. R. Acadmie des Inscriptions et Belles-Lettres, 1918, pp. 370-72. 18 Gli inventari sono pubblicati in e. mntz, Les arts la cour des papes, Paris 1879, vol. II, pp. 181-287. id., Les prcurseurs ecc. cit., ed. it., pp. 138-39. 19 u. aldrovandi, Delle statue antiche che per tutta Roma in diversi luoghi e case si veggono, Venezia 1556; p. g. hubner, Le statue di Roma, Grundlagen fr eine Geschichte der antiken Monumente in der Renaissance, in Rmische Forschungen der Bibliotheca Herziana, ii, Leipzig 1912; c. hlsen, Rmische Antikengarten des XVI Jh., in Abh. Heidelberger Akad. Wiss., Heidelberg 1917. 20 l. passerini, Curiosit storico-artistiche fiorentine, Firenze 1866; e. mntz, Les collections ecc. cit., p. 107. I pezzi archeologici divisi nel Quattrocento tra le residenze medicee, poi spostati nel corso dei secoli seguenti, sono stati in gran parte depositati agli Uffici; gli inventari di h. dtschke, Die antiken Marmorbildwerke der Uffizien in Florenz, Mnchen 1897, non sempre per sanno precisare la data del loro ingresso nelle collezioni ducali. gori, Inscriptiones anticae Etruriae, vol. III, tav. xxxiv, cita un sarcofago (da lui creduto etrusco) che si trova in hortis regiae villae ad podium caianum (cfr. r. frster, Miscellen, in Archaeologische Zeitung, vol. xxxii [1875], p. 102 n. 4).

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. hlsen, La Roma antica di Ciriaco dAncona, Roma 1907. La testimonianza pi significativa delle forme fantasiose che assume la curiosit archeologica met popolare e met erudita intorno al 1500, costituita dalla compilazione Antiquarie prospettiche romane che si deve a qualche lombardo e che stata ripubblicata da g. govi, Intorno a un opuscolo rarissimo, in Atti dellAccademia dei Lincei, serie II, 3, Roma 1876; cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 149. 22 Sul Fonzio cfr. g. marchesi, Bartolomeo della Fonte, Firenze 1900, p. 103. Sul Sangallo e il Ghirlandaio: h. egger, Codex Escurialensis, ein Skizzenbuch aus der Werkstatt D. Ghirlandaios, Wien 1906; f. saxl, The classical inscription in Renaissance art and politics, in jwci, iv (1940), pp. 367 sgg. Sui taccuini archeologici di Giuliano da Sangallo cfr. pi avanti. 23 Sulla ricostruzione di opere antiche sulla base delle descrizioni: r. frster, Wiederherstellung antiker Gemlde durch Knstler der Renaissance, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xliii (1922), pp. 12 sgg.; tuttavia possibile estendere ad altri campi la suggestione delle formule e dei testi; cfr. pi avanti. Il concetto di pseudomorfosi stato elaborato da f. saxl, e e. panofsky nel saggio Classical Mythology in mediaeval art, in Metropolitan Museum Studies, iv (New York 1933). 24 f. brger, Geschichte des florentinische Grabmals von den ltesten Zeiten bis Michelangelo, Strassburg 1904. Cfr. anche le osservazioni di carattere generale di e. panofsky, in Studies in Iconology, New York 1939, pp. 183 sgg. 25 Su L. Bruni e limportanza della sua Historia, cfr. v. rossi, Il Quattrocento, 4 ed., Milano 1949, pp. 31 sgg., 170 sgg. Sullammirazione del Ficino per il Bruni, pi avanti, sezione III, cap. II. Circa il tema del libro: h. marrou, Mousicj nr, Grenoble 1937. Sulla tomba del Bruni cfr. l. planiscig, Bernardo und Antonio Rossellino, Wien 1942, tav. xiii, e f. brger, Geschichte des florentinischen Grabmals ecc. cit., cap. V. Liscrizione afferma il cordoglio della Storia, dellEloquenza e delle Muse. 26 m. reymond, La sculpture florentine, III (Seconde moiti du XV sicle), Paris 1889, p. 81. Non so se esista unaltra cappella che dal punto di vista della sintesi di pittura, scultura e architettura, possa essere paragonata a questa. l. planiscig, Bernardo und Antonio Rossellino cit., tavv. xli sgg. 27 Riprodotto dallincisione del Lafrri (1549) in c. de tolnay, The Medici Chapel (Michelangelo III), Princeton 1948, fig. 209. 28 Sui motivi antichi, palmette e candelabre, w. altmann, Architektur und Ornamentik der antiken Sarcophage, Berlin 1905, pp. 122 sgg. 29 Abbiamo una lettera di Pierfilippo Pandolfini indirizzata al Platina nel settembre del 1459 a richiesta del segretario del cardinale per
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze avere una poesia di tono elevato sul defunto: a. della torre, Storia, p. 535. Il Pandolfini insiste sulle qualit e le virt dei giovane prelato e conclude: habes campum latissime ad hunc virum exornandum: cum a genere in quo fere omnes mortales excedit, tum quod majus est a virtutibus maximeque a virginitate... (Anonimo Magliabechiano, cap. VI, 166, foll. 105 b-106 b). 30 vasari, ed. Milanesi, III, pp. 94-95. f. saxl, The origin and survival of a pictorial type, in Proceedings of the classical Association, vol. XXXII (maggio 1935), pp. 32-35, vede nel tema una combinazione di quello di Ercole vittorioso del toro e dellaltro del sacrificio mitridatico; cfr. anche f. saxl, Mithras, Typengeschichtliche Untersuchungen, Berlin 1931 (con riproduzioni). 31 Sul posto che lEros auriga ha nellarte funeraria antica, cfr. f. cumont, Recherches sur le symbolisme funraire des Romains, Paris 1942, p. 348. C. Picard segnala il genio alato sulla biga nel tholos di Kazanlak (Bulgaria) in Revue dhistoire des religions, 1947-48, pp. 113 sgg. 32 Un esemplare proveniente dalla raccolta di Paolo II (dunque acquistato nel 1471) compare in un inventario della collezione di Lorenzo: seymor de ricci, The Gustave Dreyfus Collection, Reliefs and Plaquettes, London 1931, p. 30 (tav. xiv, n. 27); una serie di gemme citata da gori, Museum florentinum, vol. II, tav. lxx, fig. 2. 33 la doppia interpretazione di p. schubring, Die italienische Plastik des Quattrocento, Berlin 1919, p. 125: Nei rilievi laterali del basamento sono raffigurati Ercole vincitore del leone e la salita al cielo di Elia. 34 seymour de ricci, The Gustave Dreyfus Collection, Reliefs and Plaquettes, London 1931, p. 30; g. f. hill, A corpus of italian medals ol the Renaissance before Cellini, London 1930, n. 563, 5, 6. 35 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., int. 3 e parte II, cap. I. 36 j. pope-hennessy, The Virgin and Child by Agostino di Duccio, Victoria and Albert Museum Monograph, n. 6, London 1952, p. 15; il medaglione avvicinato a una moneta dargento di Gerone II di Siracusa. 37 Cfr. pi avanti. 38 w. von bode, Denkmler der Renaissance-Skulptur Toscanas, Mnchen 1892, tav. cxxxiv a, lha per primo considerato come il busto del figlio del Gattamelata, Antonio da Narni, eseguito da Donatello a Padova verso il 1443. La data, lattribuzione e lidentificazione del personaggio non sono attualmente pi accettati. Il catalogo della Exposition de lart italien di Parigi del 1935 fornisce la bibliografia fino a tale data e le diverse attribuzioni senza per arrivare a una conclusione. j. lanyi, Problemi della critica donatelliana, ne La critica darte, xix (1939), pp. 9-23, istituisce un lungo confronto tra questo busto e il busto di San Rossore, la cui immediatezza gli sembra inconciliabile

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze con lestetismo del busto del Bargello. Le sue conclusioni sono accolte da l. planiscig, Donatello, Firenze 1947. Anche noi le abbiamo accettate in una breve nota apparsa in Proporzioni, III (1950), pp. 73-74. Ma h. w. janson, The sculpture of Donatello, Princeton 1957, pp. 141-43, conserva lattribuzione a Donatello e la datazione intorno al 1440. 39 Come suggerisce it. wittkower, A symbol of platonic love in a portrait buste by Donatello, in jwci, vol. I (1937-38), pp. 260-61. Il Fedro era stato tradotto da Leonardo Bruni nel 1424; la prefazione del cancelliere (h. baron, Leonardo Bruni Aretinos humanistisch-philosophischen Schriften, Leipzig 1928, pp. 125-28), a differenza del Convito del Ficino, non ha avuto risonanze estetiche. 40 Le attribuzioni di a. schmarsow, in Repertorium fur Kunstwissenschaft, xii (1889), p. 206 e di m. semrau, Donatellos Kanzeln in San Lorenzo, Breslau 1891, p. 95, al ferrarese Niccol Baroncelli sono tuttaltro che convincenti. 41 m. ficino, In convivium Platonis sive de amore, VII, 14, versione it. dello stesso Ficino (Firenze 1554), ed. Renzi, 1914, p. 151. De legibus, Dialogus secundus, M. F. argumentum, ed. platone, Opera, Venezia 1571, p. 435: Aurigam pueritiae equis imponit (Plato), voluptatis et doloris habenas manu tenentem. Um quidem aurigam virtutum scilicet quie primo pueris advenit, qua voluptas et amor dolorque et odium per alienam rationem recte in animos influunt antequam ratione moveantur. 42 h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., pp. 142-43 ha istituito parecchi accostamenti interessanti tra i cavalli dei medaglione e i motivi analoghi che si riscontrano nel Gattamelata (tav. ccliii) e nel Golia (tav. cclxviii); egli daltronde considera il personaggio come abbastanza vicino al San Daniele di Padova ad esempio (tav. cclxxxiv) e ritorna cos allidea di unopera eseguita intorno al 1440 e contemporanea dellAtys (Bargello). indubbio che il giovane dal cammeo deriva dallarte di Donatello ma con una stilizzazione, dei particolari preziosi (come larricciatura dei capelli: cfr. tavv. ccxxxiv e ccxxxvi) che sono troppo lontani dalla maniera del maestro. La data proposta lascia perplessi; la voga del tema del carro dellanima non comincia che intorno al 1460. 43 c. yriarte, Livre de souvenirs de Maso de Bartolomeo (Masaccio), Paris 1894, p. 35-37. Cfr. anche: a. foratti, I tondi nel cortile del Palazzo Riccardi a Firenze, in Larte, XX (1917), pp. 19-30, e g. pesce, I tondi del Cortile di Palazzo Riccardi, in Rivista del R. Istituto di archeologia e storia dellarte, Roma 1935, studi che rispecchiano lincertezza circa lattribuzione. 44 Nel palazzo Piccolomini di Pienza (1460-63) il cortile interno, che sembra chiaramente ispirarsi a palazzo Medici, presenta, come questo,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze una larga fascia sopra gli archi: alcuni segni della presenza di medaglioni circolari sono ancora visibili ai lati del medaglione centrale che reca le armi dei Piccolomini: J. BAUM, Baukunst und dekorative Plastik der Frhrenaissance in Italien, Stuttgaft 1926, tav. Cxx. 45 Sulluso dei bacini o tondi di ceramica inseriti nelle facciate delle chiese: e. biavati, Bacini di Pisa, in Faenza, xxxiv (1948), pp. 51 sgg. Sui tondi antichi: j. m. c. toynbee, Roman medaillons, in Numismatic studies, v (New York 1944). Charles Picard fa notare che lorigine del motivo greca: altare di Priene (sec. iii), Heroon di Calidonia (sec. ii). 46 a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 280. Secondo il Picard questautore fa intervenire qui a torto gli oscilla (dischi liberi a due facce) dei culti bacchici. 47 Nonostante le ipotesi di h. kauffmann, Donatello, Berlin 1936, pp. 172 sgg., che vi vede una serie di allegorie di virt medicee: il centauro della parete orientale che porta le palle ne sarebbe la chiave. Ma, come ha fatto notare J. Lanyi, non si tratta che di un canestro di frutta, e il ciclo mediceo non esiste: h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 83. 48 e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., I, pp. 17 sgg. La storia dellintaglio di Diomede in l. planiscig, Die Estensische Kunstsammlung, Wien 1919. questa una ragione di pi per ritardare la data dei medaglioni, dato che nel 1452 non si trovano tutti i modelli nellinventario di Cosimo: figurano invece tutti in quello di Lorenzo del 1492. 49 e. dtschke, Antike Bildwerke cit., III, 10. 50 e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., p. 21; l. planiscig, Die Estensische Kunstsammlung cit., p. 50. 51 p. dancona, La miniatura fiorentina, Firenze 1914. 52 Italian manuscripts in the Pierpoint Morgan Library, New York 1953, n. 71, tav. xlix. 53 Bibliothque Nationale, Lat. 8834. l. delisle, Le cabinet des manuscrits, Paris 1868, vol. I, 218. a. de hevesy, La bibliothque du roi Mathias Corvin, Paris 1923, tav. xxxiv 54 Il tipo di Diomede seduto che tiene il palladio, frequente nelle gemme antiche (furtwngler, Die antiken Gemmen, nn. 19, 21, tav. ix, nn. 1, 2, 4) si ritrova su placchette. La figura del cortile di palazzo Medici stata anchessa ripetuta nei manoscritti medicei e ha servito di esempio a uno degli ignudi di Michelangelo, quello a destra sopra la Sibilla Eritrea. c. de tolnay, The Sistine Ceiling, Princeton 1945, p. 65. 55 K. Frey ha studiato sommariamente questo pezzo famoso a proposito del rilievo falsamente attribuito a Michelangelo: Quellen und Forschungen, vol. I, Berlin 1907, pp. 91 sgg.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Testo in: l. ghiberti, I Commentarii, libro II, ed. cit., I, p. 47 (testo) e II, pp. 177-78 (commento). Cfr. j. von schlosser, Leben und Meinungen ecc. cit., p. 212. LAnonimo Magliabechiano, ed. K. Frey, Berlin 1892, riporta il passo ghibertiano con molti errori (il bambino diventa un putto, il giovane diventa Giove), che forse vanno attribuiti a un intermediario; in ogni caso lintaglio poteva essere ancora mal inteso agli inizi del Cinquecento. 57 j. von schlosser, Der Geist der ghibertinischen Kunst, in Leben und Meinungen ecc. cit., p. 112, e soprattutto: Zwei antike Siegelsteine: der Chalzedon des Niccol Niccoli und der Karneol der Medici, ibid., pp. 16064. Il nome di Pyrgoteles, tratto da Plinio (Historia Naturalis, XXXVII, 4) stato particolarmente caro alla fantasia dei quattrocentisti prima di essere adottato da falsari come G. G. Lascari di Venezia. e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., pp. 24 sgg. e w. von bode, Der Bronze-Katalog (Museo di Berlino), n. 490. 58 vasari, ed. Milanesi, II, p. 235. La preziosa cornalina, che era un intaglio e non, come si scrive spesso, un cammeo, andata perduta. Una replica in bronzo si trova al museo di Berlino e questa sembra riprodurre esattamente la montatura del Ghiberti e il pezzo in questione: j. von schlosser, Zwei antike Siegelsteine ecc. cit., p. 16, con riproduzione, e e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., n. 28, tav. p. 12. 59 Cos sul fianco del sarcofago di San Paolo fuori le mura, citato da h. marrou, Mousicj nr, Etude de la vie intellectuelle figurant sur les monuments romains, Grenoble 1937, n. 109, p. 108. Il repertorio dei rilievi con Marsia si trova in c. robert, Die antiken Sarcophagreliefs, tomo III, vol. II, Berlin 1904, n. 196-216, tavv. lxiii-lxix. f. cumont, Recherches sur le symbolisme funraire des Romains, Paris 1942, pp. 28-30. Oltre alla gara di Apollo e Marsia, che qui non ci interessa, larte greco-romana ha rappresentato il Supplizio del Fauno impudente: 1) In pittura: quadro di Zeusi ancora ricordato da Plinio (Naturalis Historia, XXXV, 66) nel tempio della Concordia (ghiberti, I Commentarii, I, 2 ed. cit., p. 22, cita il passo, ma per un equivoco dovuto a una cattiva lettura intende: un Marsia relegato al tempio); 2) Nella scultura monumentale: gruppo di Pergamo; 3) Nella toreutica; 4) Nellarte funeraria. Sul complesso, j. overbeck, Griechische Kunstmythologie, Leipzig 1887, III, libro V (Apollo), cap. XII (Der musikalische Wettstreit mit Marsyas), pp. 420-32. Nellarte greca classica Marsia gi chiaramente la personificazione del genio frigio come mostra, a proposito del gruppo Athena-Marsia di Mirone, c. picard, Manuel darchologie grecque, La scuIpture, II (Ve sicle), vol. I, Paris 1939, p. 232. 60 vasari, ed. Milanesi, II, p. 407 (per Donatello) e II, pp. 366-67 (per Verrocchio). Sul restauro del Verrocchio e il suo significato, cfr.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze w. r. valentiner, Der rote Marsyas des Verrocchio, in Pantheon, xx (1937), pp. 329-34. 61 h. dtschke, Die antiken Marmorbildwerke der Uffizien in Florenz, Leipzig 1878 (III vol. di Antike Bildwerke in Oberitalien), n. 549: lo Scita e n. 169: il Marsia. Sul gruppo ellenistico: c. picard, La sculpture antique (de Phidias lre byzantine), Paris 1926, pp. 253-54. Sullaltare dApollo (sec. i d. C.) trovato ad Arles, il dio citaredo occupa il rilievo centrale e sui fianchi si vedono lo Scita e Marsia appeso per le braccia a una quercia; f. benoit, Le muse lapidaire dArles, Paris 1936, pp. 28-29. 62 e. mntz, Histoire des arts cit., Paris 1889, vol. I, p. 257 e K. Frey, ed. cit. dellAnonimo Magliabechiano, pp. 275 sgg. hanno tracciato la storia del tema. 63 e. mntz, Les collections ecc. cit., p. 69. Si sa che Piero de Medici la port con s fuggendo da Firenze: id., Les prcurseurs ecc. cit., p. 215. 64 e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., n. 30 (tav. p. 12), intaglio della Bibliothque Nationale di Parigi. g. seymour de ricci, The Gustave Dreyfus collection cit., n. 24, pp. 28-29, elenca le versioni note. Sul n. 8 la scritta: Prudentia, puritas et tertium quod ignoro. 65 c. gamba, Botticelli, trad. fr., Paris s. d., tav. cxiii (riproduzione). j. mesnil, Botticelli, Paris 1938, p. 220. 66 w. von bode, inJahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, II, xii (1891), p. 167. 67 Cera la moda di portare dei cammei, come dice il vasari, ed. Milanesi, V, p. 337 e come ricorda l. courajod nellopuscolo Limitation et la contrefaon des objets dart antiques aux XVe, et XVIe sicles, Paris 1889. 68 Cod. hist. prof. 66 (Biblioteca di Vienna) vol. I: Philostratus, Heroica, Icones, descritto in: Beschreibendes Verzeichnis der illuminierten Handschriften in sterreich (nuova serie a cura di J. Schlosser e H. J. Hermann), VI, Die Handschriften und Inkunabeln der italienischen Renaissance, vol. III: Mittelitalien: Toskana, Umbrien, Rom, Leipzig 1932, n. 25, pp. 101 sgg. e in particolare p. 105 n. 2. Su questa bella pagina, una delle pi felici di Attavante, cfr. anche: p. dancona, La miniatura fiorentina cit., II, p. 805 (n. 1592) e tav. xci, e infine: a. de hevesy, La bibliothque du roi Mathias Corvin cit., pp. 38 e 82 (n. 130) e tav. xxxi. 69 e. mntz, op. cit., p. 257; mss Biblioteca Riccardiana. 70 Mostra della Biblioteca di Lorenzo, Firenze 1951, n. 90. 71 g. pico della mirandola, De genere dicendi philosophorum, testo delle prime edizioni in e. garin, Filosofi italiani del Quattrocento, Firenze 1942, pp. 428-44, trad. it., ibid., p. 437. 72 Avendo f. brence, A la recherche dun mythe, in Nouvelles

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze littraires, 21 marzo 1946, presentato in modo un po generico il mito di Marsia nel Rinascimento come la ricomparsa del mito antico di salvazione, p. renucci (Dante et le mythe de Marsyas, in Bulletin de la Socit dEtudes dantesques, 1949, pp. 1 sgg.) ha creduto di poter affermare che limmagine evocata allinizio del Paradiso ha un valore puramente decorativo; lo stesso autore sostiene in Dante, disciple et juge du monde grco-latin, Paris 1954, pp. 205-6 che il poeta vuole solo dire che eviter il folle orgoglio di Marsia e sapr sottomettersi allintelligenza celeste che si degner dispirarlo. Linteresse cos palese del poeta per gli arcani della religione pagana (sul quale A. Renaudet ha attirato lattenzione in Dante humaniste, Paris 1952) suggerisce di ammettere il senso mistico sotto il senso morale. Il mito comunque stato inteso in questa forma completa dai neoplatonici quattrocenteschi, come dimostra il passo di Pico. 73 Ad esempio il cammeo in corniola del museo di Napoli, daltronde pi grande dellintaglio mediceo; e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., n. 29, e a. furtwngler, Die antiken Gemmen, Geschichte der Steinschneidekunst im klassischen Altertum, Berlin 1900, tav. xlii, n. 28, con commento, vol. II, pp. 201-2, illustrano le numerose varianti antiche che si trovano a Parigi, Londra, Pietroburgo. 74 Filarete, ed. cit., p. 658: la corniuola del patriarcha [si tratta del patriarca di Aquileia] che c tre figure degnissime quanto sia possibile a fare: uno inudo, leghato colle mani dirieto a uno arbore seccho; et uno con uno certo strumento in mano con un poco di panno dal mezzo in gi, et uno in ginocchioni. 75 e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., n. 68, tav. XIX. e. molinier, Les plaquettes (catalogo ragionato), 2 voll., Paris 1886, nn. 2-6. Il n. 252 indica anche un Apollo e Marsia attribuito a Vlocrino; analogamente nel catalogo del Victoria and Albert Museum del McLagan, London, ristampa del 1924, p. 27, tav. ix. Fra le imitazioni settentrionali: medaglione della tomba di G. Brivio (morto nel 1484), di T. Cazzaniga e B. Briosco, nella chiesa di SantEustorgio a Milano: cfr. a. venturi, Storia dellarte italiana, t. VI, Milano 1910, p. 912. DallItalia settentrionale il motivo passato nelle Fiandre; il medaglione figura in un Giudizio di Davide (o di Cambise) attribuito a Grard David (circa 1498) nel Museo di Bruges. 76 Museo del Louvre. 77 Supplement to the Catalogue of Italian drawings XIV-XV centuries, in The British Museum Quarterly, xvii (1952), 3, p. 61, tav. i (dove il Marsia erroneamente interpretato come un Cristo seduto). 78 Sulla stanza della Segnatura, come cappella platonica, cfr. pi avanti. 79 a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 165. e. langenskjld, Torso del Belvedere, in Acta Archaelogica, I, Kbenhavn

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze 1930, pp. 121-46, lo ricolloca in un gruppo Marsia-Olympos (che si trova su gemme e a Ercolano), senza escludere un rapporto con la scena Marsia-Apollo (con un rimando a una copia del nostro cammeo, p. 145). 80 h. weiszcker, Michelangelo im Statuenhof des Belvedere, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, lxiv (1943), pp. 51 sgg. 81 a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 143. Il punto di partenza sarebbe stato il Marsia che si vede al Museo Torlonia, gi galleria Giustiniani. Nel disegno di una torre poligonale a pi piani, Giuliano da Sangallo immagina sugli spigoli una corona di cariatidi che derivano la loro forma dai Marsia medicei: Cod. Barb. 4424 (Biblioteca Vaticana), fol. 15 v. In uno studio di difficile datazione (forse circa 1540-50) di Francesco da Sangallo, Cod. Geymller, fol. 27, 8 (Uffizi), il Marsia figura in una nicchia con uniscrizione. 82 a. venturi, Storia dellarte italiana cit., X, i. 83 Trovato da K. von Liphart a Firenze nel 1891, questo bassorilievo ovale di medie dimensioni (cm 40 x 30) stato attribuito a Michelangelo giovane da w. von bode nel suo articolo in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xii (1891), ripreso poi in Florentinische Bildhauer der Renaissance, Berlin 1921, p. 318, per via dei suoi evidenti rapporti col cammeo mediceo; lattribuzione accettata con riserva da h. thode, Michelangelo, t. II, vol. I, Berlin 1913, p. 74, decisamente sostenuta da h. mackowsky, Michelangelos first Sculpture, in The Burlington Magazine, vi (1928), pp. 165-70. k. key (1937) e c. de tolnay, The youth of Michelangelo (2 ed.) hanno dimostrato come lopera non possa essere attribuita a Michelangelo; si tratta del lavoro di un dilettante degli anni 1520-30, che presenta tuttavia rapporti con certe composizioni di Bertoldo. 84 La storia di Apollo e Marsia occupava tre riquadri allantica nella loggetta del Vaticano (c. 1520), la cui decorazione spetta a Giulio Romano; la scena del supplizio andata perduta: d. redig de campos, Raffaello e Michelangelo, Roma 1946, p. 47. 85 p. gauricus, De sculptura, ed. H. Brockhaus, Leipzig 1886. 86 La bibliografia anteriore raccolta in a. colasanti, Donatello, Milano 1931, che fornisce anche un catalogo assai esteso e le attribuzioni tradizionali. Gli studi sullartista sono entrati in una nuova fase con le premesse critiche formulate da j. lanyi, Problemi della critica donatelliana cit. e il catalogo severo di l. planiscig, Donatello, Wien 1939, ed. it., Firenze 1947. Lopera di H. W. Janson (1957) incorpora la parte essenziale del materiale lasciato da J. Lanyi. 87 O. siren, The importance of the antique to Donatello, in American Journal of Archaeology, xviii (1914), pp. 138-61, enumera le principali opere dello scultore alla cui origine sta una vivace reazione a esemplari antichi. Riferimenti pi precisi sono stati in seguito proposti parecchie volte, ad esempio quello al sarcofago di Pisa per la base

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze della Giuditta da g. de nicola, La Giuditta di Donatello, in Rassegna darte, iv (1917), pp. 153 sgg. e quello suggerito da F. Gebelin nellintroduzione allalbum Donatello, Paris 1943, che ha provocato alcune osservazioni da parte di c. picard, Donatello et lantique, in Revue archologique, xxiii (1947), pp. 77-78. 88 e. panofsky, Der gefesselte Eros, in Oud Holland, i (1923), pp. 193 sgg.; Studies in Iconology cit., pp. 126 sgg. Secondo il sanpaolesi, La Sacristia vecchia di San Lorenzo, Pisa 1949, la decorazione della cupola risalirebbe agli anni 1427-28 e non al 1435 e seguenti; sarebbe cio esattamente contemporanea alla costruzione terminata nel 1428. h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., mantiene le date 143443; i due amorini che lottano sono indicati a p. 135 come quasi un Eros e Anteros. La riserva non sembra necessaria. 89 h. kauffmann, Donatello, Berlin 1935, pp. 122-23; o. siren, Toskanische Maler im Trecento, Berlin, 1922, p. 247. 90 l. planiscig, Donatello cit., pp. 89-90. 91 Ricostruzione di r. band, Donatellos Altar im Santo zu Padua, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, v (1940), presentata da l. planiscig, Donatello cit., pp. 86-88, g. fiocco, Mantegna, Milano, tav. xlvii. Si vedono ancora al Museo di Padova frammenti degli acroteri; elementi del fregio e delle colonne sono stati riutilizzati nella chiesa (comunicazione del prof. Bettini). Una messa a punto completa in h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., pp. 169 sgg. 92 f. gebelin, op. cit.: Una simile confusione tra la madre di Dio e la madre degli Dei costituisce una prova assai curiosa dellinfluenza esercitata su Donatello da Gemisto e dalla nascente accademia neoplatonica di Cosimo de Medici, che tendevano a collegare religione cristiana e mitologia greco-romana. h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 184 n. 11, respinge questa ipotesi come fantastica, ma ammette che molti dettagli nella composizione sono allantica (perch non anche la corona merlata?) e cita Pico a proposito delle sfingi dei montanti del trono (p. 185). 93 Come lha indicato h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 185. Limmagine della Caduta (Adamo ed Eva) scolpita sul retro del trono (tav. ccxcv a e b). 94 w. von bode, Versuche der Ausbildung des Genre in der florentiner Plastik des Quattrocento, in jb, ix (1890), ripreso in Florentiner Bildhauer der Renaissance, Berlin 1921, cap. X. 95 a. chastel, Di mano dellantico Prassitele cit., vol. II, pp. 26571. Cfr. anche h. w. janson, The sculpture ot Donatello cit., p. 125. 96 hahr, Donatellos Bronze-David und das praxitelische Erosmotiv, in Monatshefte fr Kunstwissenschaft, v (1912), pp. 303-10. Si conoscono tre Eros di Prassitele, uno dei quali ricordato da callistrate, Ecphr., 13; w. klein, Praxiteles, Leipzig 1898, p. 219.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze h. marrou, Trois sarcophages romains, in Revue archologique, serie VI, 1931 pp. 163-65. f. cumont, Recherches ecc. cit., pp. 339 e 472. 98 e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., pp. 21-22. Il gruppo compare in molti bordi miniati di Attavante: il pi notevole quello del messale di Thomas James, vescovo di Dol, fol. 6 v, datato 1483: cfr. h. joly, Le missel dAttavante pour Thomas James vque de Dol, s. l. n d. (Lyon 1932). 99 g. de nicola, La Giuditta di Donatello cit., indica le fonti romane. 100 c. picard, Dionysos Mutrforoj, in Mlanges Glotz, Paris 1932, vol. II, pp, 707 sgg. 101 h. semper, Donatello, p. 311; e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., p. 241; h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 143. 102 h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 125 giunge a conclusioni analoghe sulla danza dei putti nella cantoria. 103 Theologia platonica, III, 1, Opera, p. 117; p. o. kristeller, The philosophy ecc. cit., pp. 416 sgg. 104 l. b. alberti, Della pittura, ed. L. Mall, pp. 96-97; r. krautheimer, Ghiberti cit., p. 327. Le porte del Battistero sono certamente anteriori al 1443; possibile che esse fossero in parte gi composte negli anni 1434-35. l. planiscig, Donatello cit., p. 74. Cfr. anche h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 136. 105 Questi rapporti sono stati rilevati in due brevi articoli di e. wind e f. antal, The maenad under the Cross, in jwci, i (1937-38), pp. 7073, a proposito di un disegno dello scultore fiorentino Baccio Bandinelli (Ecole des Beaux-Arts): la esagitata Maddalena del disegnatore manierista si ricollega per lappunto alla menade cristiana di Bertoldo e Donatello. 106 Le antiche attribuzioni al Verrocchio o al Pollaiolo non sono pi sostenibili: a. s. weller, Francesco di Giorgio, Chicago 1943, pp. 15455. e. panofsky, Das Discordia-Relief im Victoria and Albert Museum. Ein Interpretations versuch, in Belvedere, V (1924), pp. 189 sgg. Secondo p. schubring, Die Plastik Sienas im Quattrocento, Berlin 1917, p. 188, si tratterebbe delle nozze di Piritoo e Ippodamia, interpretazione che risponde alla scena ancor meno dellipotesi che si tratti di Licurgo. 107 Cfr. a. hind, Early italian engravings, A, II, 26. j. g. phillips, Early florentine designers and engravers, Cambridge (Mass.), 1955, p. 54, per la datazione precoce. 108 Cfr. in particolare il disegno botticelliano pubblicato da b. berenson, The Drawings of the Florentine Painters, 572, fig. 199. Cfr. pi avanti, III. 109 Su questo punto: h. horne, Botticelli cit., p. 83. Abbiamo lindicazione precisa e valida del Vasari: Il detto Lorenzo de Medici fu primo inventore di quelle mascherate che rappresentano alcuna cosa,
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze e sono dette a Firenze canti, non si trovando che prima ne fussero state fatte in altri tempi (Vita del Granacci, ed. C. L. Ragghianti, II, 492). Il Granacci, nato nel 1469, era uno degli autori di questi carri a soggetto che il Vasari (Vita di Piero di Cosimo, ibid., II, 51) chiama trionfi. In mancanza di una data precisa, si possono collocare i primi intorno al 1480, gli ultimi intorno al 1490. La loro ricomparsa nel 1511 e poi nel 1515 fu considerata come il segno di un ritorno ai Medici (cfr. pi sopra, introduzione). Nelladattamento in cinque atti, ad opera del Tebaldeo (1490), lOrfeo del Poliziano, divenuto Rappresentazione di Orfeo e di Euridice, comprende un Baccanale con galoppata di centauri. i. del lungo, Florentia cit., pp. 284, 349; la data 1471 deve essere corretta in 1480 come afferma G. B. Picotti. 110 b. degenhart, Michele Giovanni di Bartolo: disegni dallantico e il camino della Jole, in Bollettino darte, xxxv (1950), pp. 208 sgg. p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino, 2 voll., Urbino 1950, p. 477, n. 266 respinge lattribuzione dei disegni a Michele Giovanni di Bartolo che pi vicino allambiente riminese di quanto non sia lautore del fregio. 111 Ispirato da ovidio, Fasti, III, 725 sgg.; e. panofsky, Studies in Iconology cit., cap. I. 112 g. f. hartlaub, Francesco di Giorgio und seine Allegorie der Seele, in jb, lxi (1939), 4, pp. 197-211. 113 Cfr. pi avanti. 114 a. sabatini, Antonio e Piero del Pollaiuolo, Firenze 1944, pp. 32 sgg.; b. berenson, The Drawings of the Florentine Painters, 2a ed., Chicago 1938, vol. I, p. 24. Gli affreschi non sono stati rimessi in luce che alla fine del secolo scorso (1897): cfr. mary logan, in Chronique des Arts, 1897, pp. 343-44, e c. carnesecchi, in Arte e storia, xix (1900), p. 64. 115 c. carocci, Dintorni di Firenze, Firenze 1881, p. 239. Il Ficino ricorda Jacobus Lanfredinus in parecchie lettere, Opera, pp. 761, 835, e nomina Antonio fra i suoi allievi, p. 937. gaye (I, p. 341) ha pubblicato una celebre lettera di Lorenzo a Giovanni Lanfredini, allora ambasciatore presso il Vaticano, del 12 novembre 1489, in cui si parla di conversazioni con Antonio Pollaiolo (che, come ha gi accertato l. d. ettlinger, Pollaiuols Tomb of Sixtus IV cit., non riguardano verosimilmente la tomba di Sisto IV); per lammirazione di Lorenzo per lartista, cfr. pi sopra, introduzione. 116 f. r. shapley, A student of ancient ceramics, Antonio Pollaiuolo, in The Art Bulletin, II (1919), pp. 78-86. 117 m. pallottino, Tarquinia, Roma 1937, e La peinture trusque, Genve 1952, pp. 45, 53, 76. 118 e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., p. 136; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., p. 38 n. 64.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. promis, Dellantica citt di Luni, Massa 1857. nannucci, Manuale del primo secolo della letteratura italiana, Firenze 1858, t. III, p. 201. j. von schlosser, ber einige Antiken Ghibertis, in Jahrbuch der Kunsthist. Sammlungen des All. Kaiserhauses, xxiv (Wien 1903), pp. 125 sgg., ripreso in Leben und Meinungen ecc. cit., III. 121 a. hind, Early Italian Engraving cit., vol. I, London 1938. m. salmi, Riflessioni su Paolo Uccello, in Commentari, i (1950), pp. 29 sgg. 122 plinio, Naturalis Historia, XXXV, 67-69. Cfr. r. bianchi bandinelli, Piccoli problemi da risolvere, I, Parrasio: linea, spazio, volume, in Critica darte, III (1938), n. 13, pp. 4 sgg.; c. l. ragghianti, Storia dun problema critico, in Commenti di critica darte, Bari 1946, pp. 174 sgg. 123 alberti, Della pittura, ed. Mall, Firenze 1952, p. 78 (dove la nota 1 ci sembra discutibile); a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., p. 187 n. 25. Sui testi antichi che tenevano vivo il ricordo dellEtruria: g. buonamici, Fonti di storia etrusca tratte dagli autori classici, Firenze 1939. 124 e. mntz, Les collections ecc. cit., p. 57. 125 vasari, ed. C. L. Ragghianti, I, p. 715. Gentile fu nominato alla sede dArezzo nel 1475; Giorgio Vasari mor nel 1482. 126 Cos gori, Storia antiquaria etrusca, Firenze 1749, p. cxcviii, a proposito di una statua trovata a Pistoia e subito portata a Lorenzo. 127 vasari, Introduzione alle tre arti: della scultura, cap. X: Di questa sorte se n visto ne vasi antichi aretini assai figure, maschere, ed altre storie antiche, e similmente nei cammei antichi e nelle monete. 128 c. a. milani, Il R. Museo Archeologico di Firenze, Firenze 1912, p. 234; Catalogo della Mostra dellarte e della civilt etrusca, Milano 1955, n. 33; Art et civilisation des Etrusques, Paris 1955, n. 260. 129 Ad esempio il Putto col tamburello (Berlino), l. planiscig, Donatello cit., tav. liii, e il giovane danzatore che funge da ansa in un vaso di bronzo: Mostra dellarte e della civilt etrusca, n. 351, ma questo soprattutto vicino, nel movimento delle gambe a un Orfeo di Bertoldo: w. von bode, op. cit., p. 92. 130 r. bloch, Le mystre trusque, Paris 1956, p. 114, accosta la testa del San Giorgio alla Testa Malvolta di Veio. h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 146 accosta certe divinit alate etrusche allAtys. 131 f. weege, Etruskische Malerei, Halle-Saale 1921, cap. VI. Lautore si chiede se questo palazzo di Corythus non sia la sala rimessa in luce ai tempi dInnocenzo VIII, ricordata dal Dennis e incisa nel secolo xviii col nome di tomba della Mercareccia. 132 p. ducati, La ricerca archeologica dellEtruria, cenni storici, in Atene e Roma, xvi (1913), pp. 277-305.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze e. petersen, Eine antike Vorlage Michelangelos, in Zeitschrift fr bildende Kunst, lxi (1898), p. 294, ripreso da F. Weege. Il disegno, che si trova fra altri schizzi tra cui un profilo femminile, stato pubblicato da k. frey, Die Dichtungen des M. A., Berlin 1897, p. 385, che inclina a vedervi un autoritratto di fronte a Vittoria Colonna. l. goldscheider, Michelangelos Drawings, London 1951, p. 177 n. 13, ha contestato lattribuzione (il disegno sarebbe di Raffaello da Montelupo) e linterpretazione: egli ha probabilmente ragione sul secondo punto, ma non sul primo, dato che il disegno si trova su una pagina di poesie (cod. XIII, foll. 4-6) e non pu essere che di Michelangelo. 134 Uffizi, Disegni architettonici, n. 335, V; cfr. w. bome, Chiusi, in Der Cicerone, 11 (1910), pp. 124-25; a. s. weller, Francesco di Giorgio ecc. cit., p. 267. 135 Tutte le citazioni in italiano del De re aedificatoria sono tratte dalla classica traduzione di Cosimo Bartoli, I dieci Libri de lArchitettura, Firenze, 1550 [N.d.R]. 136 filarete, Traktat ber die Baukunst, ed. W. von Oettingen, Wien 1890, pp. 61 e 180; plinio, Naturalis Historia, XXXVI , 13, che cita Varrone. Gli architetti pi ricchi di fantasia della fine del xviii secolo sinteresseranno alla tomba favolosa: e. kauffmann, J. J. Lequeu, in The Art Bulletin, xxxi (1949), p. 130, fig. 10. 137 vasari, Proemio delle Vite, ed. Milanesi, I, p. 220; il labirinto di Porsenna deve essere cercato fra le tombe circolari di Vetulonia (resti al Museo archeologico di Firenze). 138 vasari, Vita di Andrea da Monte S. Savino, ed. C. L. Ragghianti, II, p. 227. 139 e. panofsky, The early history of man in two cycles of paintings by Piero di Cosimo, in Studies in Iconology, New York 1939, p. 52, n. 55. 140 Cfr. pi avanti. 141 Cfr. pi avanti. 142 g. calvi, Abbozzo di un capitolo introduttivo ad una storia della vita e delle opere di Leonardo da Vinci, in Raccolta vinciana, xiii (1928-29), pp. 6-7. 143 Sul sorriso, cfr. pi avanti. 144 Come, ad esempio: Mostra dellarte e della civilt etrusca, n. 297. 145 l. planiscig, Verrocchio, Wien 1941, tavv. xxxvii e xxxix. 146 Louvre, n. 2386 (Vallardi, 182), pubblicato e commentato da j. p. richter, The literary works of Leonardo da Vinci, 2 ed., London 1939, vol. II, tav. XCVIII e pp. 44-45; a. sartoris, Lonard architecte, Paris 1952, p. 120. Sono contrari allattribuzione a Leonardo, a. venturi, Larte, xlii (1939), pp. 167-73, c a. s. weller, Francesco di Giorgio, Chicago 1943, p. 276, n. 115. 147 Cfr. f. saxl, Lectures, London 1957, vol. I, pp. 200 sgg.; cfr. anche pi avanti.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze poliziano, Epistolarum Libri XII, libro I, lettera 2. Si trovano per contro numerose indicazioni mitiche sul periodo anteriore ad Enea, cio preromano, dellItalia in F. Villani (circa 1381-82): g. cal, Filippo Villani e il libro de origine civitatis florentiae, Rocca San Casciano 1904, pp. 91 sgg. 149 h. janitschek, Das Capitolinische Theater von Jahre 1513, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, v (1882), pp. 259 sgg. Le relazioni antiche sono state ripubblicate: quella di p. palliolo fanese., Le feste per conferimento del patriziato a Giuliano e Lorenzo de Medici, dal Guerrini (Bologna 1885) e quella di M. A. Altieri da L. Pasqualucci (Roma 1881). Il Vasari ricorda i pannelli dipinti e soprattutto la prospettiva ovvero scena di una commedia (ed. Milanesi, IV, p. 595, ed. C. L. Ragghianti, II, p. 257). 150 Il promotore di questa etruscologia destinata a esaltare limportanza nellantichit di Viterbo era stato Fra Giovanni Nanni lumanista autore di falsi pi noto della fine del xv secolo: k. giehlow, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissance, in jw, xxxii (1915), p. 40; cfr. pi avanti. 151 Hi rem thyreniam ita auxere ut non Italiam modo possiderent sed maritima etiam ditione potiti Thyrreniam a se dicerent et quasi orbi terrarum jura darent nomenque aeternum gentibus nationibusque relinquerent (vol. VI), citato da g. signorelli, Il Card. Egidio da Viterbo, agostiniano, umanista e riformatore (1469-1532), Firenze 1929, cap. XI e p. 213 n. 21. 152 g. signorelli, Il Card. Egidio da Viterbo ecc. cit., pp. 115 e 214 n. 24. Altre affermazioni concordanti (1502) sulla scienza religiosa degli etruschi, sono citate a p. 133 n. 45. Sul platonismo entusiasta di Egidio da Viterbo cfr. e. garin, La filosofia, Milano 1947, vol. I, pp. 328-29. 153 Lipertoscanesimo degli eruditi del Settecento li porter a riprendere questi temi rinascimentali: cos g. lami, Lezioni di antichit toscane, Firenze 1766, vol. I, afferma nella terza lezione lorigine etrusca del Tempio di Marte e, nella sesta lezione, lidea che le architetture antiche di Firenze non erano riscontri per provare o arguire che la Citt fosse stata da Romani edificata, ma che anzi confermavano la mia opinione che ella fosse veramente dorigine etrusca. Questo varrebbe soprattutto per le torri, ...alcune porzioni, o pezzi o reliquie di certe Torri, le quali in Firenze ancor fin oggi sussistono, mostrano dessere etrusche o di etrusca architettura. 154 valori, Laurentii Medices Vita cit., p. 17: Platonis imaginem diu multumque desideraverat. Hunc tandem in ipsis Academiae ruinis repertam quum a Hieronymo Roscio Pistoriensi accepisset, gaudio exultavit; e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., p. 168; r. marcel, Marsile Ficin, Paris 1958, p. 294.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Cfr. a. della torre, Storia, p. 640 n. 3. Il testo della Vita Hieronymi Savonarolae attribuita a Fr. Burlamacchi, Lucca 1761, p. 77, che la fonte della leggenda riprodotto in Supplementum ficinianum, II, p. 223: Marsilio Ficino, Canonico del Duomo, che di continuo tenea una lampada accesa dinanzi allimmagine di Platone, tanto li era affezionato. Questa affermazione si trova in un passo che ricorda lazione del Ficino contro il Domenicano; la critica del passo stata compiuta da p. o. kristeller, Per la biografia di Marsilio Ficino, in Studies, pp. 191 sgg. 156 Sul busto di Silanione, c. picard, Manuel ecc. cit., III (iv secolo), vol. II, Paris 1948, pp. 814-829. La questione stata oggetto di numerose messe a punto; le pi recenti sono quelle di r. boehringer, Das Antlitz des Genius, Platon, Bildnisse und Nachweise, Breslau 1935, e di k. schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter, Redner, und Denker, Basel 1943, che osserva (p. 36): profondamente significativo che il primo ritratto del nuovo stile sia quello di Socrate che, secondo una suggestiva ipotesi proveniente dalla cerchia di Platone, gli fu consacrato in occasione della fondazione dellAccademia. Cos il capolavoro del nuovo stile doveva necessariamente essere limmagine di Platone. 157 La prima tappa risulta da p. bellori, Imagines veterum illustrium philosophorum, poetarum, rhetorum ac oratorum, Roma 1686, p. 27. Cfr. gori, Historia glyptografica praestantiorum sculptorum..., Firenze 1767, p. xcix. Mal si comprende perch lOrsini non labbia riprodotto nelle sue Imagines et elogia illustrium..., Roma 1570 (con incisioni del Lafrri) anzich riprodurre una gemma. 158 Sulla prima: j. j. bernoulli, Griechische Ikonographie mit Einschluss Alexanders und der Diadochen, Mnchen 1901, t. II, pp. 18 sgg. (riprod. n. 2, p. 21). Sulla seconda: h. dtschke, Die antiken Marmorbildwerke ecc. cit., t. III, n. 393. 159 f. poulsen, Greek and roman portraits in english houses, Oxford 1923, p. 33. j. j. bernoulli, Griechische Ikonographie ecc. cit., pp. 18 sgg. 160 Stando a un epigramma di Plinio. Anche a. keller, Portraits antiques, Paris 1913, trova la testa di Silanione troppo astratta (p. xxiv) e pi convincente invece lerma di Platone (Vaticano) e una testa a Copenaghen, tavv. xxii e xxiii. 161 La vita di Platone (con oroscopo) nellepistola a Bandini, Opera, pp. 763 sgg.; il Ficino aggiunge: Conatus sum... ideam philosophi platonicis coloribus pingere. Verum si Platonem ipsum in medium adduxissem ideam ipsam veri philosophi digitis ostendissem, mettendo il ritratto in rapporto con lidea del saggio. La medaglia del Ficino non reca che liscrizione: Platone (Marsile Ficin et lart cit., III, conclusione, n. 31). 162 a. della torre, Storia, p. 687.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Convivio, IV, 24. Su questi 81 anni (9 x 9) di Platone, saggio perfetto, cfr. j. bidez, Platon et lOrient, Bruxelles 1945, cap. I, pp. 1 sgg. 164 f. studniczka, Das Bildnis des Aristoteles, Leipzig 1900, e l. planiscig, Manuele Crisolora trasformato in Aristotele, ne La Rinascita, iv (1941), pp. 218-26. Il tipo gi abbozzato con il Salomone della porta del Paradiso (1440), come ha notato l. goldscheider, Lonard de Vinci, ed. fr., Paris 1948, p. 22. 165 l. courajod, Limitation et la contrefaon ecc. cit.; e. molinier, Les plaquettes cit.; g. seymour de ricci, The Gustave Dreyfus collection cit., p. 4 n. 2, ne cita un bellesemplare considerato come fiorentino. Il tipo sar ripreso nelle illustrazioni della bizzarra Civitas veri del fiorentino Bartolomeo Del Bene, scritta prima del 1585 e pubblicata a Parigi nel 1609. f. a. yates, The french Academies ecc. cit., tav. viii, pp. 11 sgg. 166 Cfr. pi avanti, conclusione. Il culto di Platone fa la sua comparsa anche nellItalia del Nord; esiste una statua di Platone nel cortile dellAmbrosiana, firmata e datata 1470 da Gabriele da Rho, scultore milanese: a. venturi, Storia dellarte ecc. cit., vol. VI, Roma 1908, p. 908. 167 C. 1475, attribuzione probabile al Berruguete, cfr. pi avanti. 168 Cfr. pi avanti. 169 a. della torre, Storia, pp. 622-24. 170 Cfr. pi avanti. 171 r. klibansky, The continuity of the platonic tradition during the middle ages, London 1939. 172 Su questo Platone-Leonardo, cfr. pi avanti. 173 Il vasari, ed. Milanesi, II, p. 431, lo cita come il fedele imitatore di Donatello, e, VII, p. 141, come il maestro di Michelangelo: cosa che non si pu pi sostenere: cfr. pi sopra, lintroduzione. Lopera gi citata di w. von bode, Bertoldo und Lorenzo de Medici (1925), ha giustamente sottoposto a critica i giudizi anteriori sullo scultore, ma la ricostruzione dellopera da lui tentata lungi dal riuscire convincente e il problema rimane aperto. 174 w. von bode, Bertoldo ecc. cit., p. 38. Bertoldo ha fuso un gran numero di medaglie per i componenti la cerchia medicea. Su questo aspetto dellopera di Bertoldo cfr. g. hebich, Die Medaillen der italienischen Renaissance, Stuttgart 1922. 175 l. planiscig, Venezianische Bildhauer der Renaissance, Wien 1922. Tuttavia c un testimone imbarazzante dei legami tra Firenze e il Nord ed lo specchio Martelli (cfr. pi avanti, II, introduzione), le cui principali figure derivano da intagli medicei, ma il cui stile arcaizzante e la cui esecuzione rimandano piuttosto agli inizi del xvi secolo e allItalia del Nord. 176 Nel secolo scorso la placchetta di san Gerolamo (collezione Duveen), i medaglioni con busti di santi (ibid.), il ritratto-medaglia di
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Federico di Montefeltro, con sul retro Bellerofonte e la Chimera, che sono di Francesco di Giorgio, sono stati regolarmente attribuiti a Bertoldo: a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., pp. 143, 163, 171. 177 e. molinier, Les plaquettes cit. 178 w. von bode, Bertoldo ecc. cit., pp. 38 sgg. 179 Questa placchetta ha avuto una certa diffusione: stata parzialmente utilizzata nel bassorilievo di destra inserito dal Carpaccio nella parete del palazzo dove si svolge la scena del Ritorno degli ambasciatori (nel Ciclo di SantOrsola, 1490-95): p. paoletti, Larchitettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, p. 272 e tav. cxl fig. 9; Le Gallerie dellAccademia di Venezia, catalogo, Venezia 1949, n. 574, p. 36. 180 Lorigine della favola in teocrito, IX, XV, dove gli erotes sono degli uccelli. Lidea stata ripresa nella poesia cortese e, ad esempio, da G. de Machaut (Dit du vergier): cfr. e. koechlin, Le dieu damour et le chteau damour sur les ivoires, in Gazette des Beaux-Arts, lxiii (1921), pp. 279-97. j. von schlosser, Die Wandgemlde aus Schloss Lichtenberg in Tirol, Wien 1916, p. 23, segnala un affresco in cui lalbero reca rose e falli. 181 Cfr. pi sopra e pi avanti. 182 Cfr. pi sopra; w. von bode, Bertoldo ecc. cit., pp. 113 sgg. 183 Opera, p. 675; Marsile Ficin et lart cit., pp. 45-46, e pi avanti. 184 e. panofsky e f. saxl, Classical mythology in mediaeval art, in Metropolitan Museum Studies, iv (1932-33), pp. 270 sgg.; j. seznec, La survivance des dieux antiques, London 1940, trad. ingl., New York 1953, pp. 184 sgg.; e. panofsky, Iconography and Iconology: an introduction to the study of Renaissance art, in Meaning in the visual arts, Garden City 1955, pp. 26-54 (trad. it., Il significato nelle arti visive, Torino 1962, pp. 29-57). 185 Lunica serie di manoscritti astrologici che abbia recato immagini delle divinit planetarie fedeli al tipo antico, quella di Arato: Poggio ne vide un esemplare; copie ne furono eseguite per Federico dUrbino, per Lorenzo e per Ferdinando dAragona: j. seznec, La survivance des dieux antiques, London 1940, trad. ingl. 1953, p. 184 186 a. condivi, Vita di Michelangelo, ed. P. DAncona, Milano 1928, VII; vasari, VII, p. 142; c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 195. Sullinteresse di queste maschere espressive: k. borinski, Die Rtsel Michelangelos, Mnchen 1908, pp. 163 sgg. 187 Laneddoto delle copie di disegni antichi in condivi, 4; del Cupido venduto per antico ibid., 18: c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., pp. 65 e 201. Sui disegni: l. goldscheider, Michelangelos drawings, London 1951. Sulla strana indulgenza del Rinascimento per i falsi antichi, o. kurz, Fakes, London 1948, pp. 116 sgg. (trad. it., Falsi e falsari, Venezia 1960).

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze f. wickhoff, Die Antike im Bildungsgange Michelangelos, in Mitteilungen des Instituts fr Oesterreichische Geschichtsforschung, ii (1882), pp. 408 sgg. r. lanckoronska, Antike Elemente im Bacchus Michelangelos und in seinen Dartsellungen des David, in Dawna Sztuka, i (1938), pp. 183 sgg. a. hekler, Michelangelo und die Antike, in Wiener Jahrbuch fr Kunstgeschichte, vii (1930), pp. 201 sgg., e c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit. Talvolta si scambiano per fonti quelle che sono semplicemente imitazioni pi o meno tarde dopere moderne: a. grunwald, ber einige Werke Michelangelos in ihrem Verhaltnis zur Antike, in jw, xxii (1908), pp. 133 sgg. ha indicato una gemma rappresentante Orfeo (Vienna) come fonte di uno degli ignudi della volta della Sistina; interpretazione accettata da a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 182. Ma e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., p. 49 n. 13 ha dimostrato in modo assai convincente che si tratta di un intaglio di Valerio Belli derivato dalla figura di Michelangelo. f. eichler e e. kris, Die Kameen in dem Kunsthistorischen Museum, Wien 1927, hanno mostrato quanto sia difficile, se non impossibile, la discriminazione tra pezzi antichi e pezzi antichizzanti nel campo della glittica. 189 Fu da questi incontri che nacque in Michelangelo quel gusto per la poesia che gli sarebbe poi sempre rimasto; ci sono pervenute purtroppo solo pochissime poesie della giovinezza. In quella che comincia: Nuovo piacere e di maggiore stima... e che si deve attribuire agli anni 1506-508, si trova un elogio della vita rustica assai vicino alla poesia del Poliziano e a quella di Lorenzo. Il paesaggio convenzionale, ma animato da allegorie, da figure simboliche: lAvarizia, lAdulazione..., il Dubbio... e tra queste alcune sono disegnate con energia: il Dubbio simile a una cavalletta, il Perch coperto di chiavi...: k. frey, Die Dichtungen des Michelagniolo cit., n. clxiii, pp. 249 sgg., la data assai tardi (c. 1555). c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 54 n. 81, propone giustamente di anticiparla di mezzo secolo. 190 condivi, cap. X. Il Condivi si sbaglia parlando del ratto di Deianira, e il Vasari intitolando il rilievo Ercole e i Centauri: cfr. c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., pp. 133-34. La fonte certamente Ovidio e non c ragione di trascurare lintervento del Poliziano. 191 p. schubring, Cassoni, Leipzig 1915, n. 385. e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 51, n. 4, ha notato: 1) che la tavola appartiene a un complesso diverso dalla serie della storia primitiva e 2) che non senza rapporti con il rilievo di Michelangelo; cfr. martin davies, The earlier italian school (National Gallery), pp. 328-30. 192 j. wilde, Eine Studie Michelangelos nach der Antike, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, iv (1932), pp. 41 sgg. noto che Giuliano da Sangallo port, nel 1488, da Napoli un Cupido dormiente in marmo come dono di Ferdinando a Lorenzo de
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Medici: vasari, ed. Milanesi, IV, p. 473. unopera tardo-antica di cui sono state segnalate parecchie versioni: j. wilde, Eine Studie Michelangelos ecc. cit., p. 53. Ma certo quello delle collezioni medicee che ha fornito il tema a Michelangelo per il Cupido in marmo delle collezioni estensi (1496, perduto), che per breve tempo pass per antico, e per il particolare di destra del disegno degli Arceri (c. 1530: c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 202). SullErcole (1492-93, perduto), ibid., pp. 197-98. 193 vasari, ed. Milanesi, VII; sulle ipotesi circa le fonti: c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., pp. 127 sgg. 194 Il rilievo della battaglia non ha nessuna fonte precisa, ma molte analogie con pezzi noti: c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 134. Un curioso aneddoto mostra linteresse spontaneo dellartista per tutte le forme despressione: una sera si divert, sembra, con degli amici pittori a chi faceva una figura, che non avesse niente di disegno, che fusse goffa, simile a quei fantocci che fanno coloro, che non sanno, ed imbrattano le mura (ed. C. L. Ragghianti, III, p. 513) 195 vasari, ed. Milanesi, VII, p. 210.

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Sezione seconda i testi Introduzione Le pubblicazioni dellAccademia di Careggi

Uno degli aspetti nuovi dellumanesimo fiorentino allepoca di Lorenzo fu di andar oltre sia la tradizione morale della scuola del Salutati che la consuetudine scolastica. La traduzione e il commento dei filosofi greci gli assicurarono un punto di partenza nuovo. La versione integrale di Platone in latino, compiuta nel 1484, e quella di Plotino, compiuta nel 1492, resero celebre il Ficino in tutta Europa; le lezioni del Poliziano allo Studio (1482-92), dedicate a Omero, Esiodo o Aristotele, fecero data. Loriginalit del movimento consistette per nellutilizzare tutti questi testi riscoperti per rinnovare le lettere, sia attraverso le dissertazioni morali e teologiche, di cui un esempio famoso lo abbiamo nelle Disputationes Camaldulenses, redatte dal Landino intorno al 1480, sia attraverso trattati didattici e scientifici, come la Teologia platonica (1482), lopuscolo di medicina astrologica De vita triplici, oppure lopera Contro lastrologia di Pico; sia infine (e questo fenomeno pi largo) attraverso le poesie amorose, le egloghe, gli epigrammi, i poemi-visioni, in latino o in volgare, che si moltiplicarono dopo il 1460 e di cui le Stanze e lOrfeo del Poliziano rappresentano certamente i conseguimenti pi alti1. Si tratta di tutta una serie di opere che improvvisamente vennero ad ampliare il campo della produzione letteraria in Toscana, e nelle quali domina lamore della poesia. Pico aveva cominciato con versi

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lirici per passare poi al commento filosofico della Canzone del Benivieni; il Ficino cita i poeti ad ogni pagina delle sue opere. Nelle sue Sylvae, vere parafrasi in versi, il Poliziano compendia i suoi commenti a Virgilio, Omero e ai lirici latini. Si nota, nei fiorentini di questo gruppo, una sorta di oscillazione incessante tra scienza e letteratura, tra filosofia e poesia, tra speculazione e arte. Ne viene un tono nuovo e in numero sempre maggiore vengono riprese le favole antiche, le figure simboliche, gli aneddoti tratti dagli antichi. Le edizioni del Landino hanno glossato, e a loro modo platonizzato, Plinio (1476), Dante (1481), Orazio (1482), Virgilio (1487); ma non si ignorava nemmeno Lucrezio (ritrovato da Poggio e al quale il Ficino consacrer un commento, pi o meno apertamente rinnegato in seguito, ma decisivo per la sua speculazione), n Ovidio e i poeti della mitologia come Flacco o anche Claudiano, per il quale i fiorentini, credendolo loro compatriota, hanno nutrito un particolare interesse; n infine tutte le opere della mistica pagana che sono state veramente rivelate al Rinascimento dal Ficino e dai suoi amici2. Insieme con il suo interesse per la poesia e questo dilatarsi dellorbita della cultura, il terzo aspetto che caratterizza lumanesimo fiorentino la mancanza di prospettiva storica, o meglio la tendenza a comprendere il pensiero e larte degli antichi in una costruzione ideale che culminava nel platonismo; e a contrapporre ad essi unicamente il mondo moderno, orientato dalla rivoluzione spirituale in corso. In questa prospettiva il sincretismo pagano-cristiano della bassa antichit assumeva eccezionale importanza in quanto si trovava al punto di sutura di due et: ad esso riportava la coscienza duna storia spirituale che, sviata per secoli, ora finalmente riprendeva il suo corso. Certamente i maestri della scolastica non erano n ignorati n disprezzati; erano piuttosto trattati come eccezioni in secoli senza cultura,

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senza per altro intralciare la tendenza spontanea degli umanisti a connettere il Quattrocento alla fine dellAntichit. Analogamente il Ghiberti dichiarava nei suoi Commentari che, dopo dieci secoli di deviazione o comunque di immobilit, la pittura, la scultura, larchitettura moderne avevano ritrovato la forza degli antichi, quale ancora era possibile vedere alla fine dellimpero romano. Nella sua cronologia il secolo xv la continuazione del iv3. Il Petrarca, il Salutati e il Bruni non si erano espressi diversamente: insieme con tutto lumanesimo italiano, si erano posti sotto il patrocinio dei Padri del secolo iv: san Gerolamo, traduttore erudito, san Basilio il cui scritto sullutile che si pu trarre dalle lettere greche era stato pubblicato dal Bruni nel 1403, e infine santAgostino4. Lesempio di questi Padri veniva ad autorizzare, per il cristiano moderno, la frequentazione dei poeti e dei filosofi antichi, contrariamente allostilit nutrita verso di loro dagli ambienti monastici, soprattutto dai domenicani. Rappresentanti di una cultura cristiana aperta e piena, questi Padri erano anche grandi scrittori, ultimi rappresentanti di quelleloquenza costituitasi alla scuola di Cicerone per Agostino, o di Platone per Basilio. Il Salutati poteva dichiarare di preferire, fra gli evangelisti, Giovanni, fra gli apostoli Paolo, fra i dottori Agostino. Questa esattamente la scelta ideale del Ficino e, nel complesso, dellumanesimo fiorentino. Questo stato danimo spiega linteresse suscitato da Origene e dal suo per rcwn: quanto ai pericoli che, nonostante la sua dottrina della redenzione universale, egli poteva rappresentare per la fede, questi sono stati minimizzati dai teologi amici del gruppo di Careggi5. Anteriormente gli umanisti erano stati attratti dal tesoro sacro degli Hieroglyphica. Ritrovata nel 1419 da Cristoforo di Buondelmonte, lopera fu nota allAlberti, citata dal Ficino, utilizzata negli emblemi, prima

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che fosse pubblicata, nel 1505, nelle edizioni aldine e che fornisse materiali per la raccolta dellAlciati (1531)6. In linea generale i testi di quella che si pu chiamare la mistica pagana hanno esercitato una viva suggestione sul Ficino e i suoi amici, i quali hanno nutrito per essi una predilezione di cui impossibile misconoscere la portata7. Glinni degli Oracoli caldei, i poemi orfici sono considerati con rispetto. Il Ficino si sentiva autorizzato a raccoglierli, a tradurli, ma non sempre a diffonderli. Tuttavia si diffusero abbastanza largamente perch si formasse intorno a Careggi un clima esoterico di cui tutta lepoca ha voluto approfittare. Una prova se ne ha nella diffusione dellAsclepius ermetico, tradotto a partire dal 1463 dal Ficino, pubblicato nel 1471 e diffuso da versioni italiane, spagnole, francesi in tutta Europa8. Lesempio dellHeptaplus pu aiutare ad intendere come questi molteplici richiami potessero essere utilizzati contemporaneamente: Pico riprende il compito dei trattati in Hexaemeron, dei quali il pi importante fu forse il trattato di Thierry di Chartres del secolo xii, e che si propongono di accordare il racconto biblico con le esigenze della fisica, cio il commento di Calcidio al Timeo9. Tuttavia limpresa di Pico infinitamente pi vasta: linterpretazione per physica non che uno dei sette gradi che egli scopre nellopera dei sette giorni: egli tiene piuttosto a generalizzare linterpretazione allegorica della Scrittura e, con un salto decisivo, nel suo trattato sulla Creazione risale allHexaemeron di santAmbrogio, come chiave delledificio universale. Lumanista del Quattrocento, operando una sintesi di sei secoli di esegesi, si ricollega direttamente anchegli alla cultura del secolo iv. Ma il nuovo commento fiorentino pu vantare, secondo Pico, un punto di vista che domina e esaurisce di colpo tutte le opposizioni della filosofia orientale ed occidentale: sotto la Bibbia ebraica, letta per la prima volta nel testo originale, egli colloca le esegesi

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della Cabala e nel Timeo, anche questo studiato nel testo greco, ritrova la mole coerente di idee del Corpus platonicum10. Pico pensa di occupare un posto deccezione nella storia universale, proprio alla vigilia di quella pax philosophica che laspirazione centrale della nuova Accademia. Cos tutti i grandi testi vengono ad essere complementari luno dellaltro; sembra possibile poterne fare la sintesi e renderne poeticamente attuale il significato, poich i grandi miti e perfino i racconti epici sono una sorta di sviluppo fantastico, la grande allegoria di una unica dottrina fondamentale, che occorre saper riscoprire. Questo travestimento pi che mai chiaro per Virgilio. Egli non pi un mago, un indovino, come lavevano fatto apparire nel medioevo i commentatori cortesi e scolastici. La sua leggenda viene adattata allumanesimo: Virgilio un adepto della teologia sacra, quella del platonismo eterno; per questa via egli raggiunge il mondo cristiano. Egli un Dante romano alla vigilia del cristianesimo, nel quale Landino ritrova agevolmente i grandi temi teologici11. La legittimit della grande poesia in lingua volgare ora definitivamente ammessa dai fiorentini. Dante uno dei loro riferimenti essenziali e ledizione commentata del Landino (1481) ha fatto data: Dante rappresenta per loro il vertice della poesia platonica, lequivalente toscano di Omero e di Virgilio. Su questa definitiva consacrazione conviene soffermarci in quanto la Commedia, testo letto da tutti, diviene uno dei tramiti naturali tra lumanesimo e il mondo delle arti. Questo interesse per la poesia moderna e antica portava a riflettere pi attivamente sui principi stessi dellarte letteraria: le dottrine dellAccademia diffusero una teoria dellispirazione e dellallegoria che segn una tappa nellevoluzione delle poetiche e la corrente platonica sintreccer per tutto il secolo xvi con i trattati classici di Aristotele. Questi sviluppi sono stati

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spesso studiati12. tuttavia lecito chiedersi se le dottrine generali elaborate dagli umanisti fiorentini per la storia e la teoria della poesia non abbiano avuto a loro volta un peso nellelaborazione lenta ma regolare delle idee sullarte che prepar, nel secolo xv, le grandi pubblicazioni del xvi.

Appendice I manoscritti miniati degli umanisti Le illustrazioni, in genere limitate al frontespizio e alle capitali, che accompagnano i manoscritti dei maggiori umanisti, non presentano alcuna originalit. Fra i duecentoventi manoscritti che si conoscono delle opere del Ficino, la maggior parte del secolo xv o dei primi anni del xvi, solo una decina presenta miniature che meritino di essere ricordate13. Esse spettano quasi tutte alla bottega di Attavante, operoso essenzialmente tra il 1480 e il 148514. Gi abbiamo avuto occasione di ricordare quelle che presentano un ritratto del filosofo. La decorazione delle pagine ricca e monotona: in nastri e fregi, ornati di girali e di fiori dorati, si aprono medaglioni che contengono di solito imprese medicee (le api allalveare, le farfalle alla fiamma, il lauro verde, lalbero verde, il tronco tagliato e, naturalmente, lo scudo con le palle azzurre intorno al giglio), oppure busti di filosofi con la rappresentazione stilizzata del sacerdos musarum. Il pi notevole di questi il manoscritto del De vita: vi si vede a destra un personaggio barbuto in robone azzurro con collo di pelliccia, in testa una berretta dal bordo arrotolato, due dita alzate in un gesto professorale che tipicamente medievale; a sinistra, un altro personaggio barbuto in robone giallo, con un nastro dorato nei capelli grigi, di aspetto chiaramente antico. Le due figure possono rappresentare il padre Ficino, Medicus corporum, e Platone, Medicus animo-

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rum, ai quali la dedica allude. Allinizio del terzo libro unaltra pagina intera riproduce la stessa incorniciatura, le stesse imprese e due analoghi busti: un saggio imberbe e un dotto calvo e barbuto in toga azzurra, che rappresentano in modo vago due dei Philosophi veteres di cui parla la dedica a Mattia Corvino, forse Plotino e Pitagora15. Una traduzione incompleta di Plotino preceduta da opuscoli del Ficino presenta, in uno stile pi debole, che tradisce la mano di qualche aiuto, una sorta di sinossi dei medaglioni dei saggi: dodici nella doppia pagina iniziale e altri sei nella pagina in cui inizia lExhortatio del Ficino16. Tutta la famiglia platonica sembra radunata in questi piccoli personaggi dalle tuniche rosse o azzurre, nei quali talvolta si notano certi elementi tipici del lavoro intellettuale: un giovane presenta un libro con aria raccolta, un altro guarda con una sorta di espressione sognante; un saggio di profilo che alza gli occhi al cielo fa un po pensare, per la sicurezza del disegno, ai poeti del Signorelli a Orvieto. In una bella raccolta di dialoghi platonici, miniata per Federico dUrbino, torna, circondata da fregi a girali, con i soliti uccelli e fiori, uneffige di Platone in una capitale che presenta curiosamente il busto del filosofo circondato da fiorellini17. Occorre infine ricordare la figura di san Paolo che accompagna una scelta di scritti teologici del Ficino datata del settembre 1491: allinizio del De raptu Pauli in tertium coelum il miniaturista ha dipinto, in un azzurro scuro monocromo, attraversato da raggi doro realizzati a trattini, un san Paolo coronato dal nimbo, che tiene il libro e la spada. Questo involucro notturno e il contorno scintillante costituiscono senza dubbio degli aspetti eccezionali18. Notiamo maggior forza e originalit nei frontespizi dei testi dotti dipinti dai fratelli del Fora, Monte e soprattutto Gherardo, i cui legami con gli umanisti sono daltronde meglio documentati. Gi sono state segnala-

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te le miniature pi notevoli nelle quali sono raccolti i medaglioni ed i rilievi derivati dalle collezioni medicee: i manoscritti di Plinio, di Tolomeo e soprattutto il trattato De Spiritu Sancto di Didimo, destinati a Mattia Corvino. Ad essi sono da aggiungere due manoscritti di Aristotele miniati da Francesco Antonio del Cherico: una logica e una scelta dopere tradotte dallArgiropulo. Nellincorniciatura ricompaiono, fra i fiori, quei girali e quelle candelabre a colori vivi, quei putti col corno dellabbondanza che sono motivi correnti; le candelabre sono fiancheggiate da grifoni alla base e da delfini; i medaglioni sono diventati cammei neroniani, nei quali il tipo dellimperatore subentra a quello del filosofo. Cosimo compare a destra in una ghirlanda rotonda; in basso una medaglia di Piero; e quanto allo Stagirita, rappresentato nelliniziale, egli porta un abito moderno, un cappello da viaggio e si pu pensare che il suo portamento e i suoi tratti siano quelli del suo interprete, cio lautore della traduzione19. Nessunopera del Ficino, nessuno dei trattati latini di Platone e di Plotino sono stati, per quanto ne sappiamo, decorati con una serie completa di miniature paragonabile a quella della straordinaria Etica a Nicomaco miniata intorno al 1495 per il duca A. M. Acquaviva di Napoli20. questa certamente la pi interessante illustrazione di un testo filosofico che si abbia alla fine del Quattrocento. Lopera fa parte di un complesso di manoscritti miniati da artisti usciti dalle botteghe ferraresi. Lautore un certo Reginaldus Piramus di Monopoli che ha inserito il suo nome nellultima miniatura. Il suo stile presenta affinit evidenti con larte del Cossa. Le ultime miniature sono invece di un continuatore pi greve e meno felice21. Lopera conservata a Vienna (ms. phil. gr. 4). Lillustrazione consta di 10 miniature grandi, con incorniciatura a piena pagina, poste allinizio di ognuno

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dei 10 libri dellEtica. Le prime sette presentano la medesima struttura: una zona allegorica sovrapposta a scene storiche collocate nella parte bassa del foglio. Le due seguenti presentano al contrario un tema centrale circondato da medaglioni che lo completano, lultima ne presenta due22. Ognuna illustra in linea di principio il tema filosofico essenziale del libro corrispondente: la prima il potere della Ragione, la seconda il significato della Virt, la terza le sue applicazioni pratiche, la quarta la Grandezza, la quinta la Giustizia, la sesta la Riflessione, la settima la Perfezione eroica, lottava lAmicizia, la nona le sue applicazioni pratiche, la decima Atene e il suo filosofo. Ora parecchi particolari di queste composizioni non si spiegano se riferiti ad Aristotele; si tratta infatti di motivi esplicitamente platonici inseriti fra queste immagini destinate alla Etica. Questa confusione appare particolarmente evidente nella prima miniatura nella quale si vede sotto un arco di trionfo una raggiante figura della Ragione (lgoj) trasposta in Yuc platonica senza alcun rapporto col contesto; la figura reca brevi ali sulla testa e accoglie sotto il suo mantello le quattro Virt23. Ai pennacchi dellarco popolato di numerose figure di un significato poco chiaro, si notano due profili simmetrici, e affrontati, di saggi barbuti: si tratta di Aristotele e Platone. Il loro tipo si ritrova infatti in una serie ben nota di medaglioni in cui i due filosofi si rispondono24. Infine lo straordinario paesaggio che circonda larco di trionfo mostra, in una figurazione assolutamente eccezionale della dottrina delle idee, una enorme sfera celeste piena di prototipi dorati; ne escono i raggi che comunicano lessenza superiore agli esseri particolari: un cane riceve linflusso del cane celeste, e cos una talpa, un uomo, un cavallo dal loro modello superno... limmagine fantastica della partecipazione affermata da Platone. Lillustratore dimentica che essa stata vigorosamente nega-

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ta da Aristotele. Non sembra per che questa figurazione sia stata posta in testa allopera perch lo Stagirita la nega, ma piuttosto perch simpone, nonostante tutto, alla fantasia eclettica dei pittori: questi hanno mostrato pi zelo e pi brio nel dare una versione figurata della mqexij platonica (vista sulla falsariga astrologica) di quanto non abbiano mai fatto gli stessi platonizzanti. La seconda miniatura presenta sulle balze di una roccia sinistra, e seminata di vittime, la Virt (>Aret) e il suo simbolo di equilibrio. Saturno a destra, Fetonte a sinistra sopra ad un bel paesaggio infuocato, Icaro in basso, modello di eccesso (perbol) o di insufficienza (lleiyij), riportano alle dimensioni dellallegoria morale, di quelle favole che i neoplatonici utilizzavano in un senso teologico25. La sesta allegoria spicca per la sua inquadratura adorna di ghirlande e grosse pietre preziose; dei putti ne ravvivano le cornici; in una prospettiva a scacchiera una figura bionda in abito violetto chiaro accarezza una curiosa piccola sfinge, mentre la met inferiore della pagina riservata ad una illustrazione assai grossolana di tre avventure dellaccorto Ulisse. Si tratta dunque dellallegoria della frnhsij. Grazie ad un nuovo passaggio iconografico, essa suggerisce meno la saggezza pratica, che invece andrebbe daccordo con le immagini dellOdissea, che non la vita contemplativa alle prese con lenigma del sapere26. Di una esecuzione meno brillante, i temi successivi moltiplicano anche i riferimenti platonici e, attraverso le immagini, connettono il testo di Aristotele ad una dottrina pi generale. Cos Ercole in atto di ascoltare un Mercurio che poi il Trismegisto, maestro del sapere occulto. Come unattrice sulla scena, una donna nuda, dipinta in modo abbastanza grossolano, passa nel fondo di una arcata, con un cane tra le gambe: filthj, la-

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micizia, che, secondo un passo di Empedocle citato nel libro VIII dellEtica, il principio della coesione universale. Questo richiamo permette uninattesa rappresentazione delle muse che nulla nellopera richiama: ognuna di esse ha il suo strumento e la sua sfera, secondo la tradizione dei tarocchi del Mantegna e conforme anche alle interpretazioni messe di moda dagli umanisti di Careggi. La mediocre miniatura successiva presenta le Grazie, come altra espressione dellaccordo universale; lultima, in una pagina che avrebbe potuto essere stata eseguita a Firenze, illustra le capacit del saggio che volta a volta cosmologo, astronomo e geometra e lo presenta infine su una piccola isola scoscesa in mezzo ai cespugli: cos limmagine di san Giovanni a Patmos viene trasposta in simbolo del lavoro intellettuale solitario27. Sul fregio del monumento che serve da inquadratura si vede una scena di lotta fra mostri marini e un gruppo duomini, mezzo nascosti dal testo, che sembra richiamare, secondo una formula antica, il tumulto delle passioni, mentre la piccola citt di Atene rappresentata con una civetta su ogni tetto ed una statua di Pallade, di tipo botticelliano, sulla cupola centrale. Lillustrazione di questo importante manoscritto costituisce cos una sorta di commento inatteso; presenta un ampliamento platonico del testo che sembra corrispondere alla generale influenza dellAccademia negli ultimi anni del secolo xv28.

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Capitolo primo Le strutture umanistiche della storia dellarte

La storia degli artisti nata, modestamente, dallelogio delle citt. Cosi Filippo Villani, poco prima del 1400, unisce la celebrazione delle origini romane di Firenze e lesaltazione dei suoi grandi uomini. Fra questi uomini famosi figurano i pittori: Cimabue, Giotto... confusi tra i musici e i retori. Questa prospettiva municipale rimarr per lungo tempo la cornice naturale della storia dellarte; la dottrina delle Scuole verr formulata nel secolo xvi in funzione di queste consuetudini29. Esse comportavano anche uno stretto legame tra la storia delle arti e quella delle lettere. Lo si vede chiaramente in una lettera di Enea Silvio sulla meta del Quattrocento: Videmus picturas ducentorum annorum nulla prorsus arte politas. Scripta illius aetatis rudia sunt, inepta, incompta. Post Petrarcham emerserunt literae. Post Jotum surrexere pictorum manus...30. La coscienza che esisteva un parallelismo naturale e che si trattava per cos dire di due aspetti di uno stesso fenomeno di renovatio, costituisce la molla stessa del Rinascimento31. Il Boccaccio gi lo metteva in evidenza (Decameron, VI, 5) lodando Giotto per aver riportato alla luce unarte sepolta dallerrore di coloro che pi a dilettar gli occhi deglignoranti che a compiacere allo intelletto de savi dipignendo intendevano. Questa affermazione non deve essere dimenticata seguendo gli sviluppi del Quattrocento32. Nel campo della storiogra-

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fia come in quello delle humaniores litterae e delle arti, le iniziative principali furono opera dei fiorentini. Una certa importanza deve essere riconosciuta al Proemio del Landino alla Divina Commedia, che incastona luno nellaltro i temi principali: elogio della citt, glorificazione dei suoi uomini illustri, presentazione dei pittori e degli architetti insieme ai filosofi e ai poeti, e unimportanza essenziale attribuita allentusiasmo poetico, forma particolarmente elevata della vita spirituale33. Poich Firenze nel Quattrocento era lunica citt dove si affermassero punti di vista cos generali, ci si abitu facilmente in Toscana allidea che non si dovesse parlare di rinascenza delle arti al di fuori di Firenze e dellarte fiorentina. Lambiente lombardo cominci sulla fine del Quattrocento a reagire contro questa pretesa, poi nel corso del Cinquecento vennero i grandi centri rivali di Venezia, Roma, Milano34. Ma in ultima analisi la storia dellarte moderna aveva trovato la sua prima formulazione nel quadro dellumanesimo. Questo divideva la storia umana in grandi periodi storici, in cicli organici che imponevano un ritmo unitario a tutte le arti. sullo schema dellet delluomo, dilatato a scala delle civilt e combinato con lidea di successive nascite, che verr costruita la grande opera del Vasari35. Questo ritmo si trova gi abbozzato nei cronisti fiorentini. Esso si fonda sulla convinzione che lepoca presente ha visto realizzarsi la perfezione nelle arti e che essa come la conclusione dellevoluzione universale. Questa convinzione era gi stata degli umanisti di Careggi: attraverso le vicende confuse del presente, Firenze, lItalia, il mondo intero procedevano verso una fioritura mai vista, una sorta det doro, di cui uno dei segni pi sintomatici era lo splendore della cultura. Questo senso della plenitudo temporum imporr il suo segno a tutte le imprese degli inizi del Cinquecento, soprattutto a Roma. Questo mito dellet doro doveva alla fine cri-

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stallizzarsi per Firenze, nella prima met del secolo xvi, in favore dellepoca di Lorenzo36. La conoscenza delle fonti storiche dellantichit, Vitruvio (ritrovato intorno al 1410, pubblicato nel 1514), Plinio (in circolazione intorno al 1430, pubblicato nel 1469, tradotto nel 1470 dal Landino), contribuiva a determinare nei moderni questa sicurezza. Tuttavia la reazione dellAlberti nel suo De pictura (1435) ben diversa da quella del Ghiberti nei suoi Commentari (circa 1450)37. Lumanista che rifiuta di occuparsi della recitazione dei nomi compone una sorta di compendium di formule tratte da Plinio e da Vitruvio e un repertorio degli exempla corrispondenti. Ogni punto dottrinale ha il suo eroe: la circoscrizione o disegno Apelle, i lumi Zeusi. Questa moda delle analogie ebbe negli epigrammi e negli elogi un successo esorbitante; i riferimenti agli antichi vi ricorrono senza discernimento alcuno. Ma questa confusione non rivela solo lingenuo bisogno di fare pi grande Filippo Lippi o Botticelli dichiarandoli uguali ad Apelle o Zeusi, come fa Verino nella sua Illustrazione di Firenze; si trattava di creare agli artisti una sorta didentit nellassoluto e di definire un piano dello spirito umano al di fuori della storia38. I moderni savvantaggiavano cos della eroicizzazione degli artisti antichi. Il Ghiberti nel primo libro dei suoi Commentari aveva elaborato un compendio di cronaca universale dellarte; in pratica si era limitato a giustapporre una lista decorativa di nomi, non sostenuti da nessuna opera, a una cronaca moderna costruita in modo assai debole senza altra linea conduttrice che il proposito di affermare il progresso dellarte39. Piero della Francesca si sentir in obbligo di presentare, allinizio del terzo libro del suo trattato prospettico, una lista di auctoritates: i nomi tratti da Vitruvio (libro III, prefazione) vi sono grossolanamente storpiati40. La conoscenza dei trattati antichi

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poteva alla fine creare limpressione che, nellimmensa cultura artistica della Grecia e di Roma, tutto fosse gi stato trovato e sviluppato fino alle ultime conseguenze; istintivamente quindi si era portati a considerare le scoperte dei moderni come mere reminiscenze. Esse erano di origine dotta e dovevano quindi spiegarsi con una buona lettura dei testi. Questa linterpretazione sorprendente che dar il napoletano Facio (1456), per il quale la perfezione tecnica dei Van Eyck si deve allo studio di Plinio41. Lo stesso principio dinterpretazione ricorre in tutto il Ghiberti: a suo avviso i maestri antichi hanno consegnato il loro sapere ai vilumi et commentarii et lineamenti et regole il cui benefico influsso si a poco a poco perduto. Si tratta di recuperarlo42. Questidea di un tesoro di cultura gi costituito non era nuova: ma originale del Quattrocento era il modo di ricercarlo, originale era il repertorio di testi cui si rivolgeva con la certezza che essi erano legati da una comune dottrina. Gli artisti non sono pi dei pratici separati dalla cultura. Ogni loro iniziativa rimette in luce una grande verit. Il Manetti nella sua Vita di Brunelleschi scrive a proposito della prospettiva: Alcuni affermano lui esserne suto o ritrovatore o inventore43. Esiste un parallelismo assai notevole fra latteggiamento degli ambienti artistici e quello degli umanisti contemporanei. Nei loro momenti di esaltazione e di fiducia, il Ficino ed i suoi amici arrivavano a concepire lidea duna esatta reviviscenza dei personaggi platonici: ci che spiega il Convito di Careggi ispirato dal Simposio. Su questa idea della imitatio Platonis, spinta fino a particolari sorprendenti, il Ficino costruir la storia dellAccademia nel senso di unistituzione ideale sempre pronta a ricostituirsi44. La cultura diventa, per i platonici conseguenti, unimmensa namnsij, in cui difficile separare la ripetizione libresca dalla riscoperta interiore. Questorientamento contribuir ad alimentare li-

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dea che la cultura debba trovare i suoi istituti non nelle universit, meno che mai nei conventi, ma in centri liberamente organizzati, di cui lAcademia chareggiana fornisce lesempio. Di qui il valore, suggestivo ma vago, del termine stesso academia, che sar alla fine utilizzato per indicare accolte dartisti desiderosi di cultura e dottrina al di fuori dei loro problemi di mestiere. La parola indicava indifferentemente ogni accolta di dotti; ed sintomatico che intorno al 1500 abbia potuto essere applicata ironicamente alla bottega del Botticelli, dove ci si occupava meno alla pratica e pi alle interminabili discussioni dei perditempo: In bottega sua era sempre unaccademia di scioperati. Nel 1531 una incisione di Agostino Veneziano intitola Academia dello Belvedere la rappresentazione di un gruppo di artisti allo studio. Infine il Vasari, uniformandosi a questa valorizzazione specifica del termine, lo applicher retrospettivamente a quella che egli crede essere La Scuola del giardino di San Marco45. La trasposizione dellidea poteva cos stabilmente considerarsi compiuta. Fino a che punto gli artisti, consapevoli della loro posizione storica, trovavano, nei compendi darte antica, una conferma dei loro interessi? La storia della pittura greca presentava una sorta di sviluppo coerente, di cui volta volta lAlberti, il Landino ed altri hanno messo in evidenza le tappe. Il nome di Polignoto rimasto associato allintroduzione dei drappeggi trasparenti e dei mezzi fisionomici: Plurimum picturae primus contulit, siquidem instituit os aperire, dentes ostendere, vultum ab antiquo rigore variare (Plinio, Naturalis Historia, XXXV, 58). Le tappe successive si snodavano logicamente, almeno per quanto era possibile in realt riferire a Zeusi il dono del colore, a Parrasio il trionfo della linea, ad Apelle la sintesi di tutti gli elementi necessari per creare la venustas46. Il pittore di Alessandro poteva facilmente esser preso a simbolo della perfezione

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della pittura. Sembra sia stato veramente cos per gli umanisti fiorentini. Fondandosi su una fonte non ancora individuata, il Ficino ha per lappunto indicato il pittore di Alessandro come incarnazione esemplare del processo artistico nel suo ritmo alterno di analisi e sintesi, percezione e concezione47. Il Landino conclude il suo rapido compendio dellarte antica ricordando solo il nome di Apelle considerato come insuperabile anche nei secoli a venire48. Ed lecito chiedersi se, in queste condizioni, la figura di Apelle, pittore ideale degli umanisti, non si sia imposta ad un artista come Botticelli al punto da influenzarne la carriera e determinare alcune delle sue concezioni. Nel passo della Carliades, in cui descrive le pareti del palazzo di Giustino in Epiro, attribuendo ogni affresco ad un grande nome dellarte fiorentina, Ugolino Verino ricorda, di fronte allopera di Pullus Tyrrhenus (Pollaiolo) quella di: Choi successor Apellis: il nuovo Apelle Botticelli49. Si tentati di attribuire una certa importanza a questo soprannome a differenza di tanti altri casi in cui il parallelo era senza conseguenze. Il Botticelli infatti ha per lappunto ricreato, sulla base delle testimonianze letterarie, le due opere fondamentali di Apelle: Afrodite anadiomene (Plinio, XXXV, 91) e la Calunnia (Luciano, De Calomnia, V)50. La sua arte corrisponde alle due caratteristiche fondamentali del pittore di Cos: Apelle il pittore della grazia, praecipua eius in arte venustas fuit (Plinio, XXIV, 79); ma anche il maestro della linea, del segno fine e preciso, grazie al quale ha trionfato nella sua rivalit con Protogene, e che lo spingeva a compendiare larte nel detto: nulla dies sine linea. Una sorta di modello ideale dellarte botticelliana dunque suggerito dalla figura di Apelle. Forse per i contemporanei Sandro era il nuovo Apelle nel senso in cui il Ficino rappresentava la reincarnazione di Platone51.

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Capitolo secondo Le strutture umanistiche della teoria dellarte

Levoluzione della cultura dominata nel Quattrocento da due fatti essenziali. Anzitutto limportanza preponderante che assumono le discipline del trivium (Grammatica, Retorica, Dialettica) nelle mani di un ceto nuovo, distinto dai dottori dellUniversit. Il loro sviluppo, indicato col nome di studia humanitatis, tende a dominare tutta lattivit dello spirito52. A questa rivoluzione, che dar il nome allumanesimo, corrisponde un lavoro analogo, ma pi lento e incerto, per quel che riguarda le arti. Il vocabolario scolastico non forniva alcun termine comprensivo per definire ci che c in comune tra lattivit dellarchitetto, quella dello scultore e quella del pittore: la formula arti del disegno in gestazione a cominciare dai trattati dellAlberti e del Ghiberti. Essa non simpone che un secolo dopo col Vasari53. Era necessaria una dottrina generale, che fosse indipendente dalledificio scolastico, perch essa potesse essere accolta. Proprio per questo interessante definire la situazione di Firenze. Gi nel suo trattato di bottega (circa 1400) il Cennini aveva ritenuto opportuno ricordare che la pittura, al pari della poesia, aveva il privilegio di creare esseri immaginari. Nella sua lettera a Niklas von Wyle, Enea Silvio (circa 1451) opponeva alla schematicit dei filosofi scolastici la vera forza dello spirito, da lui chiamata eloquentia, e scopriva una linea di sviluppo generale

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comune alle arti che per semplificare erano da lui comprese sotto il termine generico di pictura: dum viguit eloquentia, viguit pictura. Questo parallelismo sta a dimostrare come si possa attribuire alle arti quella dignit teorica che esse meritano. In realt saranno due i modi per arrivare a questo: sfruttare lanalogia con leloquenza fino ad ottenere una trasposizione integrale delle nozioni della retorica allattivit artistica, oppure, su un piano pi ristretto insistere sulla particolarit essenziale delle arti del disegno, cio la loro struttura matematica54. Ed ci che si verifica nel secondo terzo del secolo. A partire da questepoca a poco a poco si accede ad una nuova fase della coscienza artistica. Unestetica autonoma naturalmente non sar mai formulata, ma i concetti tradizionali della filosofia greca (nozione aristotelica di imitazione [mmhsij] e nozione platonica dispirazione [furor animi], vengono via via applicati. Per questa via si sono venuti delineando, per tappe successive, i fondamenti, della teoria dellarte. Era facile, e un po ingenuo, esaltare lartista insistendo sulluniversalit della sua cultura. Nellesordio del suo terzo libro il Ghiberti afferma che lartista deve conoscere tutte le arti liberali; elenca cos un numero impressionante di discipline nel quale si creduto vedere un preannuncio delle curiosit universali di Leonardo. Si tratta invece, in realt, di una formula precostituita, una regola aurea derivata da Vitruvio. Allinizio del suo trattato sullarchitettura questi aveva affermato che il suo eroe, lArchitetto, doveva possedere un sapere enciclopedico allo stesso modo che Cicerone laveva affermato per il suo eroe, lOratore. Lunico merito del Ghiberti consiste nellaver fatto propria, sia pure confusamente, questa affermazione a vantaggio dello scultore divenuto il rappresentante completo della cultura. In realt vengono qui confuse due idee: linsieme delle conoscenze utili al pratico e la superiorit duna

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attivit sulle altre. Affermando che loratore, larchitetto o lo scultore deve essere in grado di dominare tutte le forme del sapere, si crede di dimostrarne la superiorit. Egli deve non solo essere al corrente delle altre discipline, egli lunico capace di sfruttarle a fondo per il bene delluomo; egli rappresenta un massimo defficacia e dappropriazione. In questo stesso modo Leonardo ha voluto alla fine sostenere le parti del pittore nelle famose dispute del Paragone, in cui la pittura appare come dotata duna universalit di mezzi senza precedenti55. Lidea di giustificare lartista in questo modo tuttavia stata poco sfruttata a Firenze nel periodo tra il Ghiberti e Leonardo. Ci dipende dal fatto che lAlberti, con la sua consueta penetrazione critica, aveva insistito allopposto sulla necessit di adeguare le conoscenze al lavoro specifico Piacemi, scrive nel De pictura (libro III), il pittore sia dotto in quanto e possa in tutte larti liberali ma imprima desidero sappi giometria; contro le pretese enciclopediche di Vitruvio e del Ghiberti, preciser pi tardi, nella De re aedificatoria, che larchitetto deve essere anzitutto maestro nel disegno e nella matematica. Per il resto, aggiunge, poco importa che sia dottore in diritto e mi preoccupa poco che sia buon astronomo. Ci che colpisce nel trattato dellAlberti il suo tono positivo, il suo indirizzare tutto a un fine preciso. Ma la sua originalit, pi che nelle nozioni stesse, consiste nel coraggio che egli ha di trasferire per la prima volta alla pittura gli schemi astratti e le nozioni della retorica56. Egli si basa su un adattamento coerente dei trattati di Poetica e Retorica di tipo aristotelico che gli umanisti, soprattutto quelli padovani, ben noti allAlberti, avevano cominciato a studiare, trascurando le artes dictandi e i formulari tradizionali. Aristotele, studiato direttamente nel testo o almeno nelle derivazioni di Cicerone (De inventione e De oratore) e di Quintiliano (De compositione), era stato commentato dal Guari-

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no e dagli umanisti dellItalia settentrionale molto avanti la pubblicazione-traduzione latina di Lorenzo Valla, avvenuta nel 1498, ed la sua Poetica che lAlberti utilizza57. La distinzione fondamentale era quella tra: ars (tecn) e natura (fsij) cio: studium e ingenium, dove il primo termine si suddivideva a sua volta in inventio e elocutio, il secondo comprendendo non una psicologia del creatore, ma un quadro delle rappresentazioni che lo interessavano. la stessa disposizione del trattato dellAlberti:
Rudimenta = inventio II. Pictura = elocutio III. Pictor= ingenium
I.

studium

Solo la prima parte rappresenta una novit, se pure di grande importanza rispetto allimpostazione tradizionale. Sotto il titolo di Rudimenta si espongono in essa le regole della proiezione geometrica adatta a definire lo spazio pittorico; ma lanalogia con le retoriche continua anche nelle sezioni successive perfino nei particolari pi minuti. La celebre definizione della pittura nei tre termini di circumscriptio, compositio e lumina anchessa un adattamento dello schema ciceroniano che si articolava nei tre termini di inventio, dispositio, elocutio, cio: idea, distribuzione delle parti e rivestimento sensibile58. Con la natura (ingenio) e lo studio dei maestri (studio) vengono ad esser posti i grandi temi che forniranno le formule canoniche al giudizio artistico per un secolo o due: cio limitazione della natura, in altre parole il conformarsi a leggi generali, e la nozione di storia, cio di unazione drammatica considerata come la forma pi alta di rappresentazione. Questa conversione delle formule della poetica e della retorica antiche in teoria dellarte veniva a creare solide basi allanalogia ut poe-

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sis pictura, facendone il principio generale di ogni riflessione sullarte. Questa massima, che ritorner in innumerevoli epigrammi, derivava da Plutarco (Della gloria degli Ateniesi) dove messa in bocca a Simonide. Sulla met del secolo xv essa riappare in B. Facio, nellAlberti (De re aedificatoria, VII, 10) e viene citata da Leonardo, dal Gaurico e pi tardi dal Lomazzo59. Essa si riferisce anzitutto alla composizione: ci che le due arti hanno in comune di poter rappresentare le azioni umane e quindi le passioni e pertanto di agire su di queste: la descrizione dun quadro diventa una sorta di verifica letteraria della sua buona organizzazione. Lelogio massimo per lartista quello di aver saputo uguagliare o superare la natura60. La formula cos generica e vaga che pu valere per gli stili pi diversi. Essa pu riferirsi alleffetto illusionistico che induce a paragonare il quadro a uno specchio, oppure alla chiara definizione di un tipo o allobbedienza alle leggi universali dellarmonia; non esclude nemmeno il ricorso alle forme immaginarie che possono risultare pi significative degli oggetti dellesperienza e di cui Aristotele aveva concessa la libert al poeta (Poetica, 25). Il richiamo alla natura un modo per dar forza alle ambizioni universali dellarte: di qui il valore che certi spiriti, preoccupati di evitare un impoverimento dellidea darte, hanno attribuito alla sentenza di Filostrato: stij m spazeta tn zwgrafan dice tn lqeian. Questa massima viene ripresa pressa poco contemporaneamente da Leonardo per il pittore e da Pomponio Gaurico per la scultura. Essa ricorda che larte contiene in s un discorso mentale per lo meno uguale a quello delle discipline liberali e che la verit della natura non si palesa senza lintervento attivo dello spirito e senza le risorse della tecnica61. Limitazione della natura tende cos ad assumere, intorno al 1500, un valore molto forte che fino allora non aveva

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avuto: non possibile intendere questa evoluzione senza richiamarsi alle posizioni assunte dallambiente di Careggi. LAlberti, se stato il primo a costruire una teoria della pittura sul modello delle poetiche, ha avuto anche cura di insistere sul principio matematico: questo nuovo fondamento dellarte bastava a sollevare la pittura al piano delle artes tradizionali o almeno non consentiva pi di considerarla subalterna rispetto ad esse. I difensori delle arti del disegno non cesseranno pi di insistere su questo argomento fondamentale; esso sar nel Quattrocento lindice pi sicuro del gusto moderno. Il Ficino lo svilupper sul piano filosofico, soprattutto nel commento al Filebo (1492)62 e Leonardo lo far dal punto di vista dellartista col vigore e la chiarezza di pensiero che sono ben note. Queste posizioni sono per legate ad una doppia rivoluzione che ne spiega appieno leccezionale valore. Anzitutto la scienza matematica si stacca dal complesso delle discipline liberali; essa viene cos ad emanciparsi ed elevarsi al di sopra di tutto ledificio del sapere per costituire una sorta di nuovo organum universale. Questa concezione viene in particolare sviluppata dal Ficino nella teoria della Ratio, funzione superiore dellanima, che si vale essenzialmente dello strumento matematico per dominare il reale. Daltra parte le botteghe pi progredite, rinunciando alle minute prescrizioni della pratica, affrontano la geometria, la sottraggono in qualche modo alle scuole e compendiano il loro ideale nellidea della prospettiva dei pittori o prospectiva pingendi. Intorno al 1470-75 Piero della Francesca dimostra la sua eccellenza di monarca della pittura e conferma la sua autorit redigendo i suoi trattati di matematica applicata. Un lavoro analogo vien compiuto a Firenze nello stesso periodo nella cerchia del Verrocchio: stando alla testimonianza del Vasari, Andrea attese alle scienze e particolarmente alla geo-

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metria. Il Verrocchio non fu solo il maestro di Leonardo, ma secondo la formula rivelatrice del Verino di quasi tutti coloro il cui nome oggi corre tra le citt dItalia, anche se la parte da lui avuta in questo sviluppo della cultura delle botteghe rimane da valutare. La lista degli artisti matematici che Luca Pacioli colloca allinizio della sua Summa de arithmetica (Venezia 1494), comprende maestri del Nord, della Toscana e dellUmbria che rispondono allesigenze moderne: i Bellini, il Mantegna, Melozzo, Luca da Cortona, il Perugino, il Botticelli, Filippino Lippi e Domenico Ghirlandaio, quali sempre con libello e circino lor opere proportionando a perfection mirabile conducano63. Questo elenco ha un valore pubblicitario: attribuire alle arti del disegno capacit matematiche significa intervenire in loro favore. Il Pacioli ritorna su questo punto nel suo trattato sulla Divina proportione (1509); e qui il suo pensiero pi esplicito, egli raccomanda ai pratici di che arte, misteri e scientie si vogliano, una conoscenza astratta dei rapporti e delle misure come nel suo Tymeo el divin philosopho Platone el rende manifeste: si tratta di geometria applicata alle tecniche. La giustificazione di questa attivit si trova a livello del neoplatonismo64. Siamo di fronte ad una nuova fase della dissoluzione delle rigide divisioni della vita intellettuale. La prima generazione fiorentina aveva fatto s che arte e scienze comunicassero tra di loro; nellultimo terzo del secolo entrano in gioco le nozioni filosofiche e si tratta di quelle del neoplatonismo. Ci si vede chiaramente nella storia di una formula di moda, quella di symetria. Era stato convenuto fin dallinizio, e ripetuto per un secolo, che la parola non avesse equivalente latino. Il termine suonava greco65. Si legge nel Landino (1481): Fu adunque il primo Joanni fiorentino cognominato Cimabue che retrovo e lineamenti naturali e la vera proportione la quale e greci chiama-

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no symetria. Il termine ha palesemente un suo prestigio: per lui compendia lideale delle proporzioni razionali66. La formula ricompare nella Vita di Brunelleschi per consacrare la superiorit dellarchitetto: Nel guardare le scolture, come quello che aveva buono occhio, ancora mentale, ed avveduto in tutte le cose vide del modo del murare degli antichi e le loro symetrie; e parvegli conoscere un certo ordine di membri e dossa molto evidente, come quello che da Dio, rispetto a gran cose, era illuminato67. La symetria offrir anche loccasione per un lungo capitolo, pi penetrante, al Gaurico (1504), secondo il quale la misura, legge mirabile della natura, assume tutto il suo significato nelle proporzioni interne del corpo umano, strumento armonioso, compiuto in tutti i suoi elementi. Le sue leggi vanno spiegate partendo dal Timeo e attraverso lanalogia con la musica. La proporzionalit cosa essenziale; ma misteriosa, in quanto rientra in un ordine pi vasto, pi occulto, nel quale ogni artista deve penetrare. Passando dallo studio delle proporzioni a quello dellespressione fisionomica, il Gaurico rivendica i diritti dello studio dottrinale, attento ai rapporti nascosti tra le forme: Luomo volgare pu disprezzare fin che vuole gli arcani della filosofia socratica e pitagorica; essi ce ne hanno conservata la santissima eredit68. Gi nel passo del Manetti (o pseudo-Manetti) la scoperta della symetria viene associata a una illuminazione spirituale; la nozione appare quindi colorita della psicologia dellispirazione. Il fatto che impossibile cogliere il gioco delle proporzioni senza formarsene unimmagine interiore che illumini lordine naturale: misura e idea corrispondono. Il numero deve infine essere riportato allordine totale del Bello, che trascende ogni evidenza razionale. Questa ulteriore esigenza, intravista dallAlberti, assume per i neoplatonici unimportanza sconfinata. Essi si sforza-

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no di elaborarla attraverso forme mistiche, attraverso i concetti di illuminazione e di splendore, che insistono sul carattere unico e sconvolgente della bellezza, sottraendola ad ogni definizione. Per il Ficino e per quanti seguiranno le sue intuizioni, la coscienza di questa istanza metafisica porta ad esasperare la coscienza delle corrispondenze simboliche nelluniverso. Egli si sforza nel commento al Timeo di renderle rappresentabili mediante dati matematici, nel De vita triplici mediante le analogie magiche delle forme e delle qualit, nel De sole et de lumine mediante le propriet sublimi dellirradiamento luminoso69. Non mancheranno teorici, e persino artisti, che considereranno questa complessa dottrina del cosmo come lorizzonte normale dellattivit artistica. Lopera del francescano Pacioli, discepolo di Piero della Francesca, costituisce lesempio pi chiaro di questa dilatazione in senso esoterico e mistico della matematica artistica. Il suo De divina proportione svolge, ad uso dei pittori, dei decoratori e degli architetti, i modi speculativi pitagorici sui corpi puri e le analogie universali, astrologiche e teologiche, di cui sono suscettibili le forme e i numeri70. A Firenze, come a Roma o a Venezia, non si pu sottovalutare limportanza di questi interessi71; essi circondano e stimolano il lavoro artistico, simpongono nelle forme della decorazione e negli schemi compositivi. Ma la sua stessa oscurit suscita dei dubbi intorno alla mistica pitagorica: essa non universalmente accettata72. Altre nozioni vengono a limitarla. Sollevando le qualit naturali al di sopra della conoscenza, lintuizione al di sopra delle formule, i platonici fornivano essi stessi lantidoto agli eccessi speculativi, almeno nella misura in cui le idee della loro nuova arte poetica erano applicate nel mondo dellarte73. Lidea che lo studio oggettivo e scientifico della natura necessario senza per esser sufficiente, che esso

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cio non lultima parola nellarte, si diffonde gi a partire dalla fine del Quattrocento. Lo dimostra laneddoto dellabaco di Donatello che oggetto di un curioso sainete nellopera del Gaurico: durante il suo soggiorno padovano lartista, sollecitato da un curioso, lo porta nella sua bottega per svelargli il suo strumento segreto e gli rivela alla fine che lo porta nella testa74. Le capacit personali non si possono comunicare cos facilmente come, con molta ingenuit, crede la gente comune. Lartista viene definito da una organizzazione tutta particolare che gli intenditori conoscono e rispettano. Egli nella sua opera non mette solo i prodotti del suo sapere ma qualche cosa di pi. Lidea era nuova: essa circolava in alcuni ambienti fiorentini come dimostra la voga della formula: Ogni dipintore dipinge s. La frase viene attribuita a Cosimo de Medici in una raccolta daforismi che sono stati raccolti sotto il nome del Poliziano75. Cosimo, a quanto riferisce il Vasari, difendeva con spirito il non conformismo e addirittura le stravaganze di Filippo Lippi dicendo: Gli ingegni rari sono forme celesti e non asini vetturini. Questo rispetto per la personalit dellartista era un fatto nuovo; significava riconoscergli quellindipendenza di fronte alle norme comuni, quel genere di privilegio entro al mondo umano che i platonici rivendicavano per il sacerdos musarum76. Lopera darte non un prodotto meccanico: essa coinvolge tutta una disposizione dellanimo che si solleva al di sopra delle contingenze. certamente la prima volta che questidea rivoluzionaria si presenta nella cultura moderna. Essa si consolider, riferita alle attivit nobili della vista e delludito, nella Teologia platonica (X, 4). Lidea che lartista si esprima nella sua opera viene qui sviluppata attraverso lanalogia dello specchio che riflette il viso: noi possiamo, dice il Ficino, vedervi la disposizione e per cos dire limmagine del suo spirito. Lopera darte non ci

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presenta solo un certo complesso di rappresentazioni, essa le riflette attraverso una sensibilit. Laffermazione tuttavia meno moderna di quanto non sembri. Per il Ficino che non ha mai risolto con precisione il problema della individuazione, lanima dellartista agisce in sincronia con lanima universale. Si tratta dunque meno della soggettivit personale e pi invece di un certo livello dellessere. Nel quadro dellantropologia metafisica del platonismo fiorentino, sensibilit e immaginazione occupano un posto nuovo; ma sono concepite in una forma del tutto oggettiva77. La frase era divenuta addirittura banale. Ricompare incidentalmente in un facile sonetto di Matteo Franco, il poeta di Lorenzo78. lecito supporre che essa dovesse irritare gli avversari di unarte troppo emancipata rispetto alle norme tradizionali, dato che viene commentata dal Savonarola, in una delle sue prediche su Ezechiele, in un senso puramente morale, per ricondurre gli artisti al senso della loro responsabilit cristiana: il quadro rivela il livello morale della loro anima. Le loro predilezioni e le loro compiacenze vi si dispiegano in modo pericoloso. Essi devono riformare il loro cuore per fare della buona pittura79. Leonardo riprende la stessa idea di una proiezione inconsapevole del pittore nella sua opera, ma la riprende su un piano psico-fisiologico. In una pagina che verr ripresa nel Trattato egli scrive: Ne ho cognosciuti alcuni che in tutte le sue figure pareva avervisi ritratto al naturale e in quelle si vede li atti e li moti del loro fattore... Non si tratta qui della visione propria dellanima, n della purezza o impurit del suo cuore, che il pittore traduce nei tipi e nei gesti dei personaggi, ma in certo senso della sua forma vitale, e ci in modo tale che, se non vi fa attenzione, pu risolversi in una specie di autocaricatura. Si deve diffidare della spontaneit e contrastare la tendenza a imitare e ripetere le proprie forme,

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attraverso lo studio oggettivo delle forme stesse. Si corregger cos la tendenza inconsapevole dellanima (nel senso di principio vitale) alle immagini che le assomigliano80. Leonardo abbozza allora incidentalmente unanalisi del tutto nuova del processo artistico: la formula ogni dipintore dipinge s viene limitata ad una operazione istintiva e considerata come la fonte di una cattiva pittura in cui non interviene lautocritica. In una pagina dei suoi manoscritti egli propone una formula celebre che sembra suggerire uno sforzo di immaginazione per identificarsi con gli esseri da rappresentare: chi pinge figura, e se non po esser lei, non la p porre81. Ma anche qui si tratta di unaltra formula familiare agli umanisti. La formula risale a Dante: si legge nella III canzone del Convivio, dedicata alla vera nobilt che la ricchezza non pu dare, che poi la nobilt dello spirito:
poi chi pinge figura Se non pu esser lei, non la pu porre.

Il che significa: nessun pittore potrebbe realizzare una figura, se preliminarmente non sidentificasse intenzionalmente con ci che essa deve essere. La nobilt del cuore dipende dallaltezza delle sue aspirazioni. E Dante aggiunge: Onde nullo pittore potrebbe porre alcuna figura se intenzionalmente non si facesse prima tale quale la figura esser dee82. Pico nel suo commento alla Canzone dAmore (1486, pubblicato dopo il 1500) aveva ripreso la massima: la forma deve essere concepita dallo spirito prima desser realizzata nella materia, e questo quello che nostro poeta Dante tocca in una sua canzone dove dice: poi chi pinge figura, se non pu esser lei, non la pu porre83.

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Pico veniva cos a sottolineare il primato della forma intelligibile, dellarchetipo, nellattivit intellettuale come nelloperare artistico. Certamente non era in questo senso metafisico che lintendeva Leonardo. Pi duna volta egli ha trasformato in un senso suo le formule umanistiche. Ma se egli deve utilizzarle o rettificarle perch esse venivano gradualmente a costituire, alla fine del Quattrocento, una problematica nuova dellattivit artistica. Tra lo sforzo compiuto dallAlberti, dal Brunelleschi e dal Ghiberti, tra il 1430 e il 1460, perch la teoria, e la pratica, potessero valersi delle nozioni letterarie delle retoriche e dei princip della scienza, e la cristallizzazione dottrinaria che avverr dopo il 1540 su un piano accademico, si delinea, tra il 1480 e il 1500, un inquadramento dottrinale delle manifestazioni artistiche legato al platonismo fiorentino. Il ricorso alla matematica viene mantenuto come unoperazione essenziale per ogni arte elevata: esso ne garantisce lorganizzazione metodica, chiara, razionale, ma in una prospettiva pi complessa. Il numero fa s che lo spirito comunichi con gli arcani di cui tratta la filosofia socratica e pitagorica; e lordine elaborato dal pittore, lo scultore e larchitetto dovrebbe essere connesso ad una simbologia universale. Questa esigenza confusa si fa sentire sempre pi viva alla fine del secolo xv, e arriva a poter modificare sensibilmente le intenzioni dellartista. Il principio per cui bastava interrogare direttamente la natura ha perso molto della sua semplicit. Lanalogia generale che viene posta tra le arti e le lettere continua a restare lelemento fondamentale del nuovo credo; lidealizzazione del poeta nellambiente mediceo tende a provocare una analoga promozione per lartista. Gli si attribuiscono ora una psicologia particolare e degli interessi ignoti ai comuni mortali. Nellantropologia del Ficino e di Pico lidea dello

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artifex universale aveva tanta importanza che anche nel caso che nessunaltra delle teorie dellAccademia avesse raggiunto gli ambienti artistici, questa almeno vi avrebbe trovato largo consenso. Il Manetti laveva presentata energicamente. Il Ficino non lo dimentic nella sua Teologia platonica, ricordando che questa attivit (che per lui sta a dimostrare la realt assoluta dellanima) si estende a tutti gli aspetti del reale. Non si tratta pi di un risultato particolare, di una prestazione tecnica eccezionale ma isolata, quanto invece di una attitudine a penetrare e a organizzare lordine del mondo mediante strumenti appropriati. Donde la consuetudine del tutto nuova di insistere sulle molteplici attivit concrete, di raccogliere in una sola idea lonnipresenza ideale dellartista. La somma quasi sconcertante di attitudini che si attribuiscono allAlberti, che vengono rivendicate da Leonardo, che si assegnano al Verrocchio, assume tutto il suo significato solo se vista contro questo sfondo teorico: essa tipica dello svolgimento delle idee sullarte dopo il 1475-80. Siamo ormai prossimi allidea del genio84 ormai tutti gli elementi essenziali ci sono, con lidea di ispirazione (la forza irrazionale del furor), quella della conoscenza intuitiva del mistero universale, quella del difficile destino del sacerdos musarum. Ma in seno allumanesimo platonico cera tutta una serie di contraddizioni, per le quali esso non poteva giungere a formulare questa idea. La crisi che intorno al 1490 dilania il platonismo, in attesa della reazione piagnona, allontana Pico e i suoi amici, il Poliziano e il Ficino stesso dalle audaci affermazioni di cui in passato avevano avuto il coraggio: essi ripiegano sui problemi dellesegesi e della filosofia religiosa. Le loro conclusioni ultime sulle altre attivit spirituali sono reticenti e involute. Nel disagio della fine del secolo la riflessione sullarte viene a trovarsi ad un punto morto. Ma allora che si verifica il

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fatto decisivo che levoluzione generale della cultura lasciava prevedere: assumendosi tutte le responsabilit della vita intellettuale, alcuni maestri, che saranno le autorit del Cinquecento, assimilano, rivivono ed esprimono in proprio le esigenze spirituali maturate dalla riflessione dei platonici. La loro esperienza conferisce alle linee generali elaborate dallumanesimo un valore convincente, fa s che si mescolino intimamente alle realt dellarte, e si individui cos la problematica del futuro. con i loro problemi che levoluzione del secolo xv si conclude ed attraverso il loro esempio che le idee del platonismo hanno potuto inserirsi definitivamente nella teoria dellarte85.

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Capitolo terzo Dante, lAccademia platonica e gli artisti

Dantes redivivus et in patriam restitutus ac denique coronatus. ficino

1. Lannessione di Dante da parte dellAccademia platonica La gloria del poeta si stabilmente definita nel Quattrocento per impulso dellambiente neoplatonico e in circostanze che interessano la storia dellarte. Nella prima met del secolo gli umanisti avevano ancora delle incertezze. Si rimproverava al poeta una conoscenza imperfetta dellantichit, i suoi legami con la barbara scolastica, il suo fanatismo ghibellino; intorno al 1400 i promotori della restitutio studiorum erano intransigenti circa la qualit della latinitas. Da Petrarca in poi essi erano avversari dichiarati dellaristotelismo tomistico e in genere facevano professione di guelfismo repubblicano86. Lo stesso Salutati, pure ammirando la Commedia, e Poggio un po pi tardi lamentavano che Dante non avesse scritto in latino. Le obiezioni dei puristi verranno formulate da Niccol Niccoli nei dialoghi del Bruni dove egli figura come protagonista87. Dante era sospetto ai teologi per limportanza da lui attribuita ai miti antichi. Nella Lucula Noctis del 1405 il domenicano Giovanni Dominici moltiplica le sue riserve per questo ricorso eccessivo ai miti pagani che fatalmente riporta gli spiriti a un falsum et vetustissimum chaos. SantAntonino si meraviglier che Dante avesse accordato ai saggi e ai poeti antichi un trattamento di favore che non

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trovava alcuna giustificazione. Per il pensiero domenicano, che rappresenta una corrente molto forte in tutto il secolo e che trionfer col Savonarola, nulla pi condannabile della continua mescolanza di profano e sacro operata da Dante e Petrarca nelle loro opere88. Con lo sviluppo dellumanesimo le obiezioni vennero a cadere una a una: nel 1436 Leonardo Bruni pubblica una Vita dellAlighieri in cui giustifica il poeta daver scritto in toscano. Il volgare era daltronde in pieno sviluppo letterario e avrebbe trionfato con Lorenzo de Medici, lo stesso che decreter la definitiva consacrazione di Dante e Petrarca. La lettera a Ferdinando DAragona, difesa e illustrazione del toscano, presenta un numero grande di citazioni del venerato Dante e dei poeti del dolce stil nuovo89. Il culto di Dante diventa ufficiale90. Il Niccoli poteva ancora rimproverare al Poeta di aver trascurato la vera grandezza degli antichi collocando Bruto nellInferno. Gli umanisti platonici invece sono piuttosto favorevoli a Cesare. Il ghibellinismo di Dante non li turba pi come una aberrazione gotica: essi vi scorgono una giusta comprensione delle esigenze temporali la quale sembra giustificare non certo levoluzione del Sacro Romano Impero, ma quella della Repubblica fiorentina e il richiamo, generale in Italia a quellepoca, al principio dautorit. Nel 1468 Marsilio Ficino pubblica, ed un lavoro in un certo senso sorprendente e anacronistico, una traduzione toscana del De Monarchia di Dante. La breve prefazione ivi premessa, e dedicata a Bernardo del Nero e Antonio Manetti, segna una data molto importante per la fortuna di Dante nel Quattrocento. il caso di riportarla per intero:
Dante Aleghieri per patria celeste, per abitazione fiorentino, di stirpe angelico, in professione philosopho poetico, bench non parlassi in lingua greca con quel sacro

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padre de philosophi, interpetre della verit Platone, niente di meno in ispirito parl in modo con lui, che di molte sententie Platoniche adorn e libri suoi e per tale ornamento massime illustr tanto la cipt fiorentina, che cos bene Firenze di Dante come Dante da Firenze si pu dire. Tre regni troviamo scripti dal nostro rettissimo duce Platone: Uno de beati, laltro de miseri, el terzo de peregrini. Beati chiama quelli che sono alla cipt di vita restituiti, miseri quelli che per sempre ne sono privati, peregrini quelli che fuori della citt sono, ma non indicati in sempiterno exilio. In questo terzo ordine pone tutti e viventi et de morti quella parte che a temporale purgatione deputata. Questo ordine Platonico prima segu Virgilio. Questo segu Dante di poi, col vaso di Virgilio beendo alle Platoniche fonti. Et per del regno de beati et de miseri et de peregrini di questa vita passati nelle Sue Commedie, elegantemente tract, et del regno de peregrini viventi nel libro da lui chiamato Monarchia91.

Il filosofo di Careggi non solo consacra senza riserve la grandezza del sommo poeta, ma accenna a uninterpretazione nuova che molto audacemente elimina lultima ragione di diffidenza fra gli umanisti, cio la struttura propriamente scolastica dellInferno e del Purgatorio e il carattere aristotelico, tomistico delle sue esposizioni dottrinarie92. La platonizzazione della Commedia fu compiuta da Cristoforo Landino. La grande edizione commentata della Commedia, pubblicata il 30 agosto 1481 fu accompagnata da appoggi ufficiali; vi si trova, in calce alla lunga prefazione del Landino una lettera del Ficino: Fiorenza gi lungo tempo mesta, ma finalmente lieta col suo Dante Alighieri, gi dopo due secoli risuscitato, e a la patria reso, e finalmente coronato si rallegra. Ficino, spesso tanto solenne, ha superato se stesso in questa pagina entusiastica che lega per sempre Firenze e Dante, suo secondo sole, alla fine compreso93.

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Il commento in s occupa solo un posto di secondo piano nella storia degli studi danteschi, ma segna una data in quella della cultura e perfino della vita artistica. Questo Dante travestito da poeta platonico simporr alla fine del Quattrocento; il commento del Landino sar ancora quasi il solo ad essere letto nei primi decenni del 50094. Leonardo, Raffaello, Michelangelo, tutti gli artisti hanno conosciuto Dante in questa edizione nella quale lhanno studiato gli umanisti ed i poeti. Paolo Manuzio, figlio dello stampatore veneziano, poteva dire stando a Sperone Speroni: Mio padre che stamp Dante e il Petrarca, lodava Dante, non per suo proprio giudicio, ma per quello dellaccademia del gran Lorenzo de Medici95. Il commento del Landino utilizza largamente glosse anteriori, ma ad esse sovrappone una interpretazione neoplatonica che altera, la fisionomia scolastica della Commedia. Egli riesce meglio nellesporre gli elementi della mistica di Dionigi incorporati nel Paradiso, e sa mettere in valore la bellezza poetica dellinsieme96. Soprattutto, non si fa scrupolo di dilatare i simboli spesso difficili del poeta mediante una illuminazione allegorica, e, secondo il metodo dellAccademia, porta tutte le sue immagini su un piano assoluto. Gli episodi del mito e della storia pagani sono introdotti in funzione dellallegoria morale, ma Dante vi cercava anche la manifestazione di una specie di mistero pagano che veniva a completare il mistero cristiano e doveva alla fine accordarsi con questo97. Il mito interviene, attraverso i demoni planetari, al principio della vita fisica; fornisce una specie di chiave poetica per tutte le articolazioni oscure della vita intellettuale: cos il supplizio inflitto a Marsia da Apollo viene invocato alle porte del Paradiso e seguito da una preghiera98. Anche per Dante si ha una coincidenza misteriosa tra teologie antiche e ordine cristiano che trascende il piano della storia. Lambiente

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di Careggi veniva cos a trovare nella Commedia tutte le conferme che voleva. Vi ammirava soprattutto la perfetta fusione di dottrina e poesia per cui visibile e invisibile venivano ad articolarsi in forme rappresentabili che realizzavano un universo interamente spiritualizzato. Larchitettura della Commedia sar uno dei problemi che attireranno lattenzione degli umanisti e dei dotti fiorentini. Ma in questa costruzione di idee la sensibilit ad orientare tutto: come stato giustamente osservato, lesperienza estetica che guida lo sviluppo del poema: I colori dellInferno sono rosso, giallo e nero, quelli del Purgatorio grigio chiaro e verde, quelli del Paradiso bianco e rosa; nellInferno lorecchio era lorgano pi attivo... nel Purgatorio (il poeta) subisce la prova del fuoco..., nel Paradiso locchio il tramite essenziale99. La visione, portata al suo grado pi alto, diventa, soprattutto nel Paradiso, lorgano mistico per eccellenza, capace di suggerire lineffabile. Quando il Ficino sostiene il valore assoluto della visione intellettuale, ha presente allo spirito lesempio degli ultimi canti della Commedia100. Ci che soprattutto conta per gli umanisti di Careggi la rappresentazione delle passioni dellanima, come il poeta lha realizzata nellInferno e il lento succedersi di gradi del cielo per cui il Paradiso risulta uniniziazione poetica alla contemplazione. In questo la Commedia costituisce il paradigma della visione: il movimento che dalla bestialit terrestre porta alle gioie della contemplazione il principio stesso della nuova filosofia, dove laccento, come gi in Dante, anche dal Ficino posto sullonnipotenza oscura dellAmore, che ha ispirato anche lInferno e che muove le stelle101. Il Landino in questo caso non doveva far altro che mettere in evidenza rapporti espliciti. La Commedia diveniva cos larca del sapere moderno102 e il poeta theologus leroe spirituale dellumanesimo fiorentino. Le imitazioni della Commedia furono numerose alla

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fine del Quattrocento; il poema forniva una cornice adeguata alle visioni cosmologiche che il neoplatonismo rimetteva di moda103. In certi casi il colore antichizzante pi marcato, come nella Citt di Vita di Matteo Palmieri (tra il 1455 e il 1464), che racconta la traversata del mondo invisibile sotto la guida della Sibilla cumana e di cui un curioso quadro eretico (un tempo attribuito a Botticelli, in realt del Botticini) rivela direttamente linfluenza104, o nel trattato astrologico del Bonincontri, composto a Firenze tra il 1475 e il 1478 e dedicato a Lorenzo, il grande componimento didattico De rebus coelestibus che non se non una glossa poetica a Manilio in spirito ficiniano e dantesco105. A volte la visione celeste presenta un accento pi cristiano: cos avviene nel Paradisus (in latino) di Ugolino Verino, pubblicato nel 1489, che si apre con una invocazione a Platone assurto a guida dellanima nellaltro mondo106, e, alla fine del secolo, nel Poema visione rimasto incompiuto di Giovanni Nesi, nei cui 28 canti in terzine la cosmologia platonica appare legata alle tappe descritte da Dante107.

2. Il ritratto di Dante. in questo clima che si venuta fissando limmagine del poeta108. La tradizione aveva tramandato due tipi per il volto di Dante: quello che si trova nella cappella della Maddalena al Bargello, allora attribuito a Giotto (attualmente quasi del tutto cancellato), cio un viso giovane e sognante, e quello di Nardo di Cione nel Giudizio della cappella Strozzi a Santa Maria Novella, un Dante invecchiato, con una espressione di piet e di timore: si trattava insomma dellautore della Vita Nova e di quello dellInferno. Pur continuando ad essere utilizzate, queste due immagini vennero a poco a poco

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cedendo il posto a una nuova rappresentazione, nella quale veniva accentuata la forza del personaggio (affresco di Andrea del Castagno, eseguito intorno al 1450) e la figura era accompagnata dai simboli del libro e della corona dalloro propri del sommo poeta (ad esempio Gozzoli in San Francesco di Montefalco, 1452). Nel 1465 fu dipinta su una delle pareti di Santa Maria del Fiore unimmagine di Dante dovuta, come precisa liscrizione, a Domenico di Michelino. Qui Dante raffigurato in piedi, col libro aperto di fronte a Firenze, in atto di designare con la mano destra il regno dei dannati; dietro a lui, la montagna del Purgatorio percorsa dai peccatori; fasce curve, simili ad un arcobaleno, stanno ad indicare infine i cerchi del Paradiso. Questa figurazione ancora trecentesca certamente la modernizzazione di unopera pi antica109. Una maggior ampiezza si nota nel profilo inserito tra le tarsie, eseguite nel 1478 da Francione e Giuliano da Maiano nella sala dei Gigli in palazzo Vecchio, verosimilmente su disegno del Botticelli110: qui il poeta appare con un viso ossuto, il naso ricurvo, il mento forte, tutti elementi che ora sono correnti111, e immagini pi intense ancora appariranno tra poco. Un elemento che gi il Boccaccio aveva notato viene ora comunemente rilevato e messo in evidenza: sempre nella faccia malinconico e pensoso. la caratteristica su cui insister Pietro Lombardo nella sua figura a rilievo depresso (1483) per la tomba del poeta a Ravenna; ma gli ornamenti dello studio, i ricami del collo indeboliscono lintento iniziale. Con Signorelli, nel medaglione di Orvieto, la forza drammatica del genio saturnino si rivela in una piega di disprezzo e di stanchezza sul viso, e ne risulta unimmagine di indubbia intensit e profondo pathos. Non meno rigoroso, ma pi grave, pi completo, risulta il busto anonimo in bronzo che si trova nel Museo di Napoli, il quale fissa quella che

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sar di poi lespressione definitiva del poeta. Lopera per deve essere assegnata alla fine del secolo; non infatti lontana dai due ritratti che Raffaello dipinger nella stanza della Segnatura, il ritratto del Parnaso, nel quale domina il disincanto delle cose terrene e labbandono alla forza poetica, e laltro, dipinto nella Disputa, che ci presenta la maschera del teologo pronto ad affrontare i misteri supremi. Si tratta appunto dei due volti del Dante dellAccademia fiorentina. Petrarca era stato contrapposto a Dante sulle porte di palazzo Vecchio, dove si volevano celebrare le glorie toscane112. Ma Petrarca ha poca importanza per gli umanisti neoplatonici: il culto di Dante, rinnovato con tanta energia intorno al 1480, caratterizza lAccademia, il culto di Petrarca prevarr nei suoi eredi mondani del 1510. Allepoca di Lorenzo la Commedia non solo godeva di un prestigio eccezionale, ma stato attraverso di essa che lumanesimo platonico ha avuto uno dei suoi contatti pi fruttuosi con i maestri dellarte classica113.

3. I manoscritti e le edizioni illustrate della Commedia. La storia delle illustrazioni dantesche tuttora difficile e confusa114. La parte che in esse spetta alla Toscana non decisiva. Le tre iniziali delle cantiche, N per lInferno, P per il Purgatorio e L per il Paradiso, includono gi nel Trecento scene stereotipe che continuano nel secolo successivo, nel quale le miniature a piena pagina sono sempre pi rare. Lillustrazione canto per canto sembra aver scoraggiato molto presto i pittori di manoscritti: si hanno molte serie rimaste incomplete o limitate alla prima cantica, forse perch le scene dellInferno presentano aspetti pittoreschi pi facilmente accessibili. Un manoscritto della Biblioteca Naziona-

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le di Firenze di poco posteriore al completamento del poema presenta 37 miniature, 32 per lInferno, 2 per il Purgatorio e 3 per il Paradiso115. Coloro che hanno abbordato il Paradiso sembrano di regola essersi fondati, pi che sul testo, considerato troppo elevato per la rappresentazione figurata, su didascalie schematiche, e questo starebbe a spiegare certi errori116. Nei casi in cui la serie si presenta completa, come nel manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze datato 1387, vediamo unillustrazione letterale che mette insieme particolari minuti fra mezzo a tappeti di fiori o di stelle117. In un manoscritto di Venezia, che viene riferito alla scuola di Altichiero (1400 circa), i profili dei personaggi principali occupano per gran parte la superficie del disegno. Questa soluzione impedisce al pittore di rappresentare le grandi scene dove compaiono molte figure: cos nel canto XXXI del Purgatorio si vede Beatrice avanzare su un carro ridicolo e i cori celesti appaiono distribuiti molto goffamente118. La variet negli spazi e lampiezza descrittiva della Commedia sfuggono allinterpretazione dei miniaturisti gotici. Un manoscritto senese del 1440 circa comprende 115 illustrazioni disposte a strisce alla base delle pagine: lInferno e il Purgatorio sarebbero del Vecchietta, il Paradiso di Giovanni di Paolo119. Questa illustrazione si fonda sullOttimo commento, antica glossa composta a Firenze a partire dal 1337, ricca soprattutto di allusioni classiche, la quale contiene il commento pi popolare al Paradiso120. Certi particolari dellillustrazione non si spiegano se non con le caratteristiche del commento. Secondo la consuetudine degli illustratori medievali, il miniatore attribuisce la stessa importanza agli episodi del testo e ai commenti che lo accompagnano: raffigura ad esempio Dante inginocchiato davanti ad Apollo che si appresta a incoronarlo di foglie doro, davanti al doppio corno di Parnaso, mentre Marsia scorticato giace a terra, sul

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verde prato121. Questa immagine, come molte altre, rappresenta una digressione. Un importante manoscritto dellItalia settentrionale, pressa poco contemporaneo, lega le scene luna allaltra attraverso un formicolare di elementi decorativi122. Siamo quindi quanto mai lontani da una interpretazione monumentale della Commedia. La situazione si fa pi grave ancora con la comparsa delle prime Commedie a stampa illustrate. Ledizione del Landino del 1481 doveva essere illustrata; e si sono fatte numerose ipotesi sulle ragioni per cui limpresa non riuscita. Alcuni esemplari contengono 19 incisioni su rame per i primi canti dellInferno, e la maggior parte di queste incisioni sono state incollate successivamente. Pi spesso per il posto previsto per lillustrazione rimasto vuoto. Questa serie, tanto incompleta, dovuta allincisore Baccio Baldini, stata eseguita su disegni del Botticelli. Il Vasari afferma esplicitamente che questi ha illustrato e pubblicato lInferno123. Per questa illustrazione lasciata in tronco non ha nulla a che vedere con il grande ciclo illustrativo della Commedia che verr disegnato dallartista quindici o ventanni pi tardi. I disegni della serie Baldini rappresentano semplicemente un primo studio. Queste incisioni rimangono in realt molto vicine alla miniatura. Tuttal pi la visione un po pi larga, le figure si muovono meno incerte attraverso lo spazio, il paesaggio infernale, alberi, rocce o rovine, presenta talvolta un suo carattere. Ma con le sue piccole cinte di mura concentriche ai piedi degli eroi e dei saggi, il nobile castello del canto IV rappresentato pi debolmente che non nei manoscritti del 1400124. Le pubblicazioni successive non sono meno deludenti. Nel 1487 il testo e il commento del Landino furono accompagnati da 68 incisioni su legno: le due prime cantiche al completo e una incisione per il primo canto del Paradiso. Le illustrazioni sono chiuse entro cornici nere con candelabre di un belleffetto decorativo, ma lo stile

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rimane grossolano e ci sono dei veri e propri assurdi125. Lautore si rifatto a modelli della miniatura; il tipo dei poeti, certi mostri sono modernizzati, con qualche elemento forse orientale126. Nel 1491 Venezia pubblic a sua volta la Commedia e il commento del Landino con una serie completa di 100 incisioni che rimangono deboli, bench qualcuno abbia voluto attribuirne il disegno al Mantegna127. Come se avesse intuito linsufficienza della tecnica della stampa, un francescano prepar una nuova edizione, migliorando le immagini mediante i colori, le figure marginali ed un segno pi delicato128. Ma egli non realizz illustrazioni originali se non per lInferno: le incisioni che accompagnano il Purgatorio ed il Paradiso derivano direttamente da un manoscritto fiorentino del Trecento con la stessa impaginazione ridotta e particolari duno stile duro e puerile129. In questa generale mediocrit delle illustrazioni della Commedia fanno spicco due complessi: le miniature dipinte tra il 1476 e il 1482 per Federico da Montefeltro e la serie dei disegni del Botticelli destinati a Lorenzo di Pierfrancesco de Medici. Gli autori della Commedia miniata a Urbino appartengono a un gruppo ferrarese, il cui personaggio pi autorevole sembra essere Guglielmo Giraldi130: essi hanno compiuto uno sforzo artistico ben notevole per lampiezza e anche per la qualit. A Ferrara larte della miniatura aveva raggiunto unoriginalit, una grazia poetica e una forza di penetrazione che si ritrovano in alcune di queste pagine; tuttavia la diversit di mani porta talvolta a un indebolimento e a una sorta di mollezza, nonch a una tendenza alle formule. Paesaggi minuziosi alla fiamminga fanno da sfondo a scene ben disposte; nel canto IV dellInferno lisola degli eroi antichi appare contro un orizzonte liscio come una dimora di sogno; Gerione, Cerbero non hanno pi nulla di diavoli odiosi, i centauri corrono lungo le rive dello stagno rosso dei peccatori e colpisco-

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no con gravit. Tutto ci che antico messo in valore; i cortei hanno una loro consistenza. Non rimane nulla della minuzia acida dei vecchi illustratori: almeno nel senso della monumentalit, questo ciclo rappresenta un grande risultato della miniatura in un campo per lungo tempo ostico.

4. Due interpretazioni della Commedia: Botticelli e Signorelli. Se lopera dantesca ha provocato solo mediocri illustrazioni nel Trecento e ben poche che possano dirsi eccellenti nel Quattrocento131, ha per attirato ben presto lattenzione dei pittori, soprattutto a Siena e Firenze: nel 1315 la Maest di Simone Martini presenta una iscrizione dantesca132; nel 1381 tre versi del Paradiso sono collocati alla base di una tavola di Paolo di Giovanni Fei. A met del Quattrocento Giovanni di Paolo consacra due predelle del suo Giudizio finale, in cui si notano reminiscenze dantesche, ai due regni soprannaturali dellInferno e del Paradiso. Ci accadeva spesso nella maggior parte dei Giudizi che, come quello della cappella Strozzi a Santa Maria Novella, non sono altro che miniature gigantesche. Tuttavia nessun pittore pu essere considerato interprete del poema. Lo stesso non si pu pi dire alla fine del secolo: due artisti, che avevano familiare il nuovo umanesimo, realizzarono allora uninterpretazione personale ed elevata della Commedia. Si tratta del Botticelli e del Signorelli. Le loro fantasie, diametralmente opposte, hanno individuato i due registri sui quali il pittore pu cogliere la sostanza poetica della Commedia: il mondo dellestasi e quello del terrore; ed hanno cos rivelato i due volti delluniverso dantesco che si presentano alla visione: i suoi ritmi gotici e la sua monumentalit133.

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Il Botticelli dipinse e illustr un Dante su pergamena per Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, e questopera pass per una meraviglia, come scrive un cronista134. Il cugino del Magnifico verosimilmente aveva finanziato ledizione del Landino e sembra certo che abbia ispirato le composizioni mitologiche del Botticelli135. Questo Dante che gli era destinato fu disegnato su grandi fogli di pergamena (cm 47 x 32)136 dopo il 1482, e lesecuzione dellopera dovette prolungarsi fino ai primi anni del Cinquecento. Il lavoro ha in definitiva occupato lultimo periodo della carriera del Botticelli e, secondo il Vasari, ne spiega i disordini e linattivit137. Le composizioni dellInferno richiamano la miniatura; sono pi letterali e lo scrupolo della completezza e della rappresentazione minuziosa dei temi pittoreschi, ad esempio la Citt di Dite nei canti VIII e IX, i serpenti diabolici nei canti XXIV e XXV, rendono dispersiva la composizione. Questa per appare gi mossa da una vivacit di segno e una leggerezza davvero eccezionali, che sfruttano la ripetizione cinematografica di un personaggio come accade spesso nella miniatura. Lillustrazione relativa al canto I presenta quattro volte Dante al margine della selva oscura, assalito da animali che presentano un profilo araldico. Lo spazio composito e mobile, il poeta viene guidato da un Virgilio che porta la berretta, la barba lunga, il cappuccio del mago medievale138. Nel Purgatorio brusche variazioni nella qualit dello spazio permettono al pittore di sovrapporre efficacemente in una stessa tavola, ad esempio nel canto XII, episodi immaginari e le scene descritte139, dato che la preoccupazione maggiore dellartista quella di assicurare la continuit della scena; tuttavia queste scene incatenate sono a volte di una lettura faticosa140. Nei canti del Paradiso limmaginazione dellartista si concentra sullessenziale: le figure affrontate di Dante e Beatrice in ogni cerchio cele-

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ste, e il lento progresso del poeta attraverso i cori paradisiaci141. Il Botticelli non rappresenta pi avvenimenti e neppure gesti; con una ammirevole economia dei mezzi grafici, lega insieme movimenti sottili di gioia, di disperazione, di sgomento, dabbandono. Nel canto XXV Dante viene esaminato da san Pietro, san Giacomo, san Giovanni; ma bastano al pittore tre nomi scritti sotto le fiamme che danzano intorno al poeta142. Ogni pagina cos aderisce meravigliosamente alla visione, spoglia di ogni gravezza143. Questa interpretazione cos fluida e di un respiro cos puro fa s che lopera di Botticelli costituisca un risultato unico. Essa domina e in certa misura spiega le opere degli ultimi anni con le quali essa presenta precisi rapporti144. Lordine razionale della prospettiva abolito e, con esso, ogni sorta di spunti pagani: lo spirito antico completamente scomparso dallopera, gli dei non vi regnano pi. Il Dante di Botticelli non pi nemmeno umanistico, tanta la libert che linterpretazione personale ha raggiunto: si deve vedervi un risultato solitario del genio lirico, che supera insieme la minuzia gotica e la precisione quattrocentesca per valersi unicamente della vibrazione della linea e della purezza del disegno145. Lanalogia, cos strana e tanto spesso notata, tra molte di queste composizioni e i disegni dellEstremo Oriente pu apparire allora meno misteriosa146. Lesotismo aveva sempre esercitato una certa attrattiva nel Quattrocento e, grazie ad esso, alcuni illustratori di Dante avevano assimilato certi elementi della miniatura persiana147; possibile daltronde che rotuli asiatici abbiano circolato fra gli amici dei Medici e non nemmeno escluso che si conoscessero i disegni su seta148. Ma per arrivare allestetica idealistica dellAsia occorreva questa capacit di rinuncia, questa sensibilit contemplativa che rifiuta le cose terrene lasciandole

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sopravvivere solo in una metafisica di simboli149. Da questo punto di vista la interpretazione botticelliana sembra collocarsi al punto estremo di questa poesia dellestasi e della visione angelica che era stata favorita dal neoplatonismo fiorentino, ma che era stata invano tentata da dei letterati contemporanei. Nei canti del Paradiso non si hanno che composizioni trasparenti e lineari, senza dimensioni fisse, fuori del tempo, dove limmagine si piega ai motivi ornamentali: ad esempio nel canto VI un cerchio chiude su un fondo di fiamme che potrebbe apparire araldico, se non simboleggiasse il Paradiso, Dante e lamata; altrove le figure si dispongono lungo i raggi e i cerchi concentrici delle sfere. E cos anche nel I canto del Paradiso dove, attraverso il fogliame leggero di un altro mondo, Beatrice e il poeta attraversano, come se fossero attratti da una forza superiore, il fragile intreccio del cerchio celeste. In questa invenzione, di un gusto cos preraffaellita, il segno si spoglia e nella sua nudit arriva a suggerire lestasi. indubbio che lartista ha lui stesso riportato questa ispirazione alla forza dellEros mistico. Nel coro degli angeli del IX cerchio, che, nel canto XXVIII del Paradiso, tengono il loro meraviglioso concistoro descritto da Dionigi lAreopagita e contemplato da san Paolo, il Botticelli ha messo nelle mani di una di queste creature superiori un piccolo cartiglio con la scritta Sandro di Mariano150. in questo coro felice al di sopra delle sfere celesti, in questo empireo descritto dal Ficino sulla base di Dante, come sede della Mens, lo spirito superiore, che Botticelli ha voluto indicare o prenotare il suo posto, in una specie di professione di fede che insieme quella di unanima esaltata dalla visione mistica e quella di un artista che, attraverso la visione, in senso platonico, raggiunge il regno del perfetto intelligibile151.

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Gli affreschi della cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto furono eseguiti a cominciare dal 1499, cio negli stessi anni in cui Botticelli concludeva la sua figurazione mistica. Il complesso orvietano non meno eccezionale: la prima volta che unintera cappella (sei affreschi che completano la decorazione iniziata nelle volte mezzo secolo prima dallAngelico) viene dedicata esclusivamente allillustrazione dei novissimi152; e una spiegazione di ci pu indicarsi nella scossa che aveva subito la Chiesa con la predicazione apocalittica, la rivolta e il supplizio del Savonarola, lAnticristo di Ferrara153. Il tema escatologico vi trattato in uno spirito antipiagnone, e una parte spettacolare riservata ai testimoni del mondo antico in modo da poter unire insieme i poeti-teologi del paganesimo e quelli del cristianesimo. questo che costituisce limportanza dellalto zoccolo, dipinto tutto intorno alla cappella, in quanto i medaglioni tondi disposti intorno ai poetae famosi costituiscono anchessi parte integrante dellinsieme iconografico. Nella seconda campata il Giudizio finale si estende ai due lati della finestra che domina laltare, lInferno sulla parete destra, il Paradiso sulla sinistra. Il terzo regno, il Purgatorio mancherebbe se proprio lo zoccolo non presentasse, negli 11 medaglioni della parete di sinistra, disposti intorno a Dante e Virgilio, unillustrazione parziale dei canti dal II al IX della seconda cantica della Commedia. Gli 11 medaglioni della parete di destra, che ruotano intorno ad Omero ed Ovidio, fanno da pendant con motivi tratti dalla mitologia e scelti proprio per le loro concordanze con i temi del Purgatorio cristiano154. Si tratta della discesa di Orfeo agli Inferi, della liberazione di Andromeda ecc.

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La struttura generale della seconda campata dunque chiara. La scomparsa di molti medaglioni e loscurit delle scene non consentono di affermare che anche nella prima si avesse un analogo sistema di analogie155. Il riferimento alla Commedia fondamentale, dato che il poema dantesco, nella rappresentazione delloltretomba, ha integrato il pi possibile quanto di meglio aveva il paganesimo al mondo cristiano. Essa per appare qui come veicolo di una concezione che si giustifica pi chiaramente se riportata alla dottrina degli umanisti. Nella sua prefazione alla traduzione del De Monarchia, il Ficino affermava che Dante aveva abbracciato i tre regni descritti da Platone e seguiti da Virgilio, quello dei dannati, lInferno, quello dei felici il Paradiso e quello dei peregrini, cio di coloro che sono ancora lontani dalla citt di vita come di tutti i viventi in questo mondo e, nellaltro, di coloro che sono condannati a purificarsi per un certo tempo. I medaglioni dello zoccolo, almeno quelli della prima campata, illustrano nel loro doppio registro, a partire dai miti pagani e dalla Commedia, questo regno dei peregrini, distinto dal mondo infernale e dal mondo celeste, che si aprono al di sopra di essi. Linterpretazione dellAde come luogo di prove per lanima costante nellumanesimo; ed era stato oggetto di unanalisi penetrante da parte del Ficino156. Aiuti possono essere intervenuti nellesecuzione di

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alcuni di questi medaglioni157. Ma la strana decorazione a grottesche turbinanti che serve da sfondo allo zoccolo, con i suoi voli di mostri grigi, i suoi arabeschi, nei quali creature si torcono con sforzi dolorosi mostra abbastanza bene che il Signorelli ha trovato qui, come il Botticelli nelle pagine della sua illustrazione, il modo di arrivare al fondo di una visione che lo ossessionava: anzich lestasi purificante egli raffigura il mondo dellangoscia e del terrore. Anche la tecnica scelta per questi medaglioni, il tono brutale del disegno, il modellato sommario in un monocromo che rileva le figure contro picchi e fondi lunari, sono propri dello stile della terribilit158. Siamo agli antipodi di Botticelli. Loltretomba descritto da Dante simile al mondo infernale di Virgilio e di Ovidio; il primo episodio rappresentato della Commedia la scena in cui Dante e Virgilio singinocchiano rispettosamente davanti al vecchio Catone. Virgilio, a testa nuda, coronato di lauro, avvolto in unampia toga, presenta qui per la prima volta laspetto di un poeta antico e non di un mago orientale159. Linterpretazione umanistica prevale sullinterpretazione mistica; Botticelli nel suo Paradiso aveva dimenticato le nostalgie pagane della Primavera, il Signorelli rimane a Orvieto lautore della tavola tenebrosa e poetica che aveva composto in onore di Pan. Nella finta nicchia della cappella, Dante incoronato piega la testa su degli in-folio dalle pagine rigide; questa immagine sembra non aver nulla in comune coi ritratti anteriori: tutto subordinato allespressione di tragico orrore e il Signorelli fissa qua duramente unimmagine di Dante poeta della terribilit. Spinto dalla sua ossessione della fermezza plastica e della profondit spaziale, egli distinto si rivolto allinterpretazione opposta di quella botticelliana160. Queste visioni antitetiche sono proprie di uomini che hanno seguito da vicino, e con opposte tendenze, la crisi fiorentina della fine del

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secolo: le due versioni della Commedia rivelano dunque un conflitto pi profondo161. lecito chiedersi alla fine se gli affreschi della cappella non debbano anchessi qualcosa alla Commedia: nella sfilata dei dannati che sallontanano verso linferno, certi particolari, ad esempio il demone porta-insegna, richiamano scene dantesche162. Ma solo in senso largo la poesia virile di Dante servita di base al pittore; lha confortata nelle sue trovate pi audaci: i nudi allucinanti che rivestono la loro carne, il riso folle degli scheletri e tutto il movimento della resurrezione dei corpi. Ci che di pi dantesco presenta il ciclo di Orvieto la concezione dello spazio tragico in cui avvengono le catastrofi finali, che aggiunge una dimensione patetica agli ingenui Giudizi del Trecento.

5. Cosmologia e simboli: Leonardo e Giuliano da Sangallo. La Commedia per il Quattrocento non era solo un poema dellanima; il Landino fa notare con insistenza che in essa contenuta anche una summa scientifica. Caratteristico della poesia di includere nei suoi simboli tutti gli ordini di verit. La Commedia espone la struttura dei mondi e nello stesso tempo i fini ai quali essi rispondono. Questo interesse per laspetto scientifico dellopera si svilupp ai margini degli ambienti universitari e dei lettori ufficiali: esso era particolarmente vivo presso gli artisti attratti dalla rappresentazione dello spazio. Il Brunelleschi, amico di Paolo del Pozzo Toscanelli diede ancora molta opera in questo tempo alle cose di Dante; le quali furono da lui bene intese circa i siti e le misure; e spesso, nelle comparazioni allegandolo, se ne serviva ne suoi ragionamenti, scrive il Vasari: la cosmografia dantesca forniva allarchitetto

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una cornice per la misura dello spazio163. Antonio Manetti il supposto autore della Vita di Brunelleschi, tent una rappresentazione grafica esatta delluniverso descritto dal poeta: i suoi studi in forma di dialogo sono stati pubblicati nel 1506 dal suo amico G. Benivieni. LInferno, secondo i suoi calcoli, aveva un raggio che era met di quello della terra; i primi sette cerchi misuravano 405 miglia e 15/22,... il pozzo dei giganti fino a Lucifero misurava 81 miglia e 3/22164. Laspetto nuovo in questo senso intorno al 1470-80 lo sforzo di rappresentare in modo sistematico luniverso della Commedia nello spazio; e per contro il suo complesso di forme simboliche viene ad essere il mezzo per definire linsieme delle strutture cosmiche che possibile esplorare e misurare. In questo senso il poema dantesco sembra avere contribuito soprattutto alla formazione di Leonardo. Su un foglietto che reca memoranda di geologia e di fisica viene incidentalmente ricordato il Dante di Niccolo della Croce (si tratta di un nobile personaggio della corte di Ludovico il Moro)165. Si sa che Leonardo era esperto nell esegesi dantesca grazie ad un famoso aneddoto che va collocato tra il 1502 e il 1504: Leonardo commentava il poema in piazza Santa Trinita quando, vedendo passare Michelangelo, volle interrogarlo sullargomento; lo scultore diede una risposta offensiva e pass oltre166. Non solo il poeta della Commedia ma anche lenciclopedico del Convivio ha interessato Leonardo167: egli non era, a quanto sembra, attratto dalla grande conciliazione dellantico col cristiano, che costituisce lumanesimo di Dante, n dalla sua mistica, ma dalle forme della sua immaginazione. Cos i disegni fantastici della fine del mondo (circa 1510-15) sono come imbevuti di una tragicit dantesca. In uno dessi la caduta delle falde di fuoco sopra una citt richiama latroce visione che si trova nellInferno (XIV, 28 sgg). Il commento del Landino aveva avvicinato questa scena alla

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fine delle citt maledette di cui parla la Genesi (XIX, 24) e il soggetto era tra laltro pienamente rispondente a quella dissociazione finale degli elementi che Leonardo aveva descritto nella sua cosmogonia168. Ma con la sua solita intransigenza Leonardo riafferma nella sua Apologia della pittura linsufficienza della poesia, anche di quella dantesca: se tu dirai io ti descriver linferno, o il paradiso, ed altre delizie, o spaventi, il pittore ti supera, perch ti metter innanzi cose, che tacendo diranno tali delizie, o ti spaventeranno, e ti muoveranno lanimo a fuggire169. Dante familiare a Leonardo, ma egli non si limiter a questo universo poetico. Il problema viene tuttavia a riproporsi con lattribuzione a Giuliano da Sangallo della maggior parte delle illustrazioni che si trovano sui margini di un esemplare delledizione del Landino conservato a Roma (Biblioteca Vallicelliana)170. Si tratta di 240 disegni piccoli, per lo pi poco accurati, buttati alla brava sui margini del volume: possibile distinguervi varie mani. Buona parte degli schizzi non pu essere che del Cinquecento; ma questa stessa particolarit, nonch la presenza di schemi architettonici, lo stile frammentario e corrivo dei disegni pi antichi permettono di riconoscere nel volume lesemplare che deve essere appartenuto, passando di padre in figlio, alla famiglia Sangallo; Giuliano e Francesco, ai quali spetta la maggior parte delle illustrazioni, hanno disegnato per loro divertimento per seguendo interessi opposti. Francesco rappresenta minuti episodi secondari; Giuliano illustra solo certe metafore del testo ed esclusivamente quelle che si riferiscono alla natura, agli astri, agli animali. Ad esempio, allinizio dellInferno non rappresenta i tronchi della selva oscura n le fiere allegoriche, ma i fioretti e i gorghi del fiume ricordati di passaggio da uno dei versi del poema (Inferno, II, 127 e III, 30). Gli schizzi che illustrano i paragoni ottici, lazione dei raggi luminosi, gli effetti di

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riflessione sono particolarmente numerosi. Siamo di fronte a un modo particolare di commentare il poema, esplorandone metodicamente cio gli aspetti poetici e scientifici nei loro episodi pi acuti. Si tratta di una sorta di meditazione condotta, penna alla mano, in margine a una lettura, unillustrazione che non segue se non un filo secondario; un po lo stesso atteggiamento che troveremo in Holbein coi suoi disegni in margine allElogio della pazzia. Questa attenzione alle osservazioni naturalistiche del poeta e lo spirito stesso dei disegni hanno incoraggiato lipotesi che larchitetto si sia ispirato a Leonardo. Questo interesse per i fenomeni inseriti nella Commedia corrisponde alle tendenze di Leonardo e al modo in cui egli poteva leggere Dante. Soprattutto si notano analogie cos precise tra alcuni di questi schizzi del Sangallo e le minute figure scientifiche che ricorrono nei manoscritti di Leonardo che si arrivati a chiedersi se in ultima analisi i disegni del Dante di Sangallo non siano copiati da quelli di un esemplare di Leonardo. Questa ipotesi di un Dante illustrato da Leonardo appare avventurosa, ma tale non appare laltra ipotesi duna derivazione del Sangallo da certi disegni del pittore: i prototipi di Leonardo, ai quali si sarebbe ispirato Giuliano si trovano nei manoscritti A e B (tra il 1482 e il 1490). In questo periodo i contatti tra i due artisti sono attestati dalla loro presenza a commissioni architettoniche in Milano e, in modo pi preciso ancora, da derivazioni fatte da Leonardo dalla raccolta del Sangallo, ad esempio per la pianta di Santa Maria degli Angeli. quindi quanto mai verosimile una serie di derivazioni in senso opposto: Giuliano potrebbe aver raccolto delle minute figure di Leonardo ed essersi ispirato ai suoi schizzi scientifici in queste illustrazioni marginali, nelle quali daltronde gli accade anche di seguire altri modelli, ad esempio Filippino Lippi.

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6. Dante e larte classica: Raffaello e Michelangelo. Formatosi a Urbino e Firenze, Raffaello conosceva e frequentava con rispetto, come del resto Bramante di lui pi anziano171, lopera di Dante172. Lha daltronde rappresentato due volte nella stanza della Segnatura, tra i teologi della Disputa del Sacramento e tra i poeti del Parnaso: il che illustra perfettamente lidea del poeta theologus. Il profilo autoritario che compare nel primo affresco, il viso calmo e sognante del secondo hanno fissato definitivamente per la posterit limmagine dellautore della Commedia; e ci, tutto sommato, conforme linterpretazione dei fiorentini173. Siamo spesso tentati di indicare nella Commedia lorigine dei concetti di Raffaello soprattutto quelli della stanza della Segnatura174. Il nobile castello del canto V dellInferno, nel quale si trovano raccolti, in un luogo privilegiato, i saggi e gli eroi pagani, contiene per cos dire in germe la Scuola dAtene175; ma anzich lisola feerica del manoscritto urbinate, Raffaello ha introdotto come sfondo il grande portico che sembra una trasposizione figurativa dellimmagine del Tempio della Filosofia descritto dal Ficino. Per la Disputa del Sacramento la derivazione pi semplice: il coro dei teologi corrisponde con una certa precisione ai santi personaggi che Dante ha riunito negli ultimi canti del Paradiso; e Raffaello interpreta, attraverso contrasti di luce e ombra dispirazione leonardesca, le notazioni precise di Dante sullo scintillio dellEmpireo176. Nei primi disegni Dante figurava al posto donore e un celebre disegno conservato a Windsor gli affianca addirittura Beatrice. Nellelaborazione finale questa figura scomparsa dallaffresco, ma ricompare avvolta di nuova dignit nella Teologia dipinta sulla volta, la quale presenta esattamente i due colori, rosso e verde, e gli emblemi che Dante le attribuisce al momento della sua apparizione al

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vertice del Purgatorio (XXX, 78 sgg.). il mondo del Paradiso quello che meglio risponde alle intenzioni di Raffaello. La cupola che, ad imitazione delle sfere celesti, costruir in onore di Agostino Chigi materializza in certo senso il cielo descritto nel Convivio e la presenza degli angeli reggitori delle sfere accanto alle divinit planetarie viene a completare lanalogia generale. La quale per altro non esclude fonti intermedie177. Raffaello, al pari del Signorelli, aderisce ad un aspetto particolare della Commedia. Lunico artista che labbia intesa nella sua totalit e, per cos dire, senza residui, aderendo allinterpretazione neoplatonica, in ultima analisi Michelangelo178. Una tradizione, che per altro non ha gran fondamento, afferma che egli aveva illustrato di suo pugno il suo esemplare delledizione del Landino179; ad ogni modo questa tradizione sta a dimostrare la convinzione, che si era diffusa ben presto, di una affinit completa tra i due grandi. Il maestro fiorentino sembra addirittura che non abbia mai figurato il poeta pi illustre della sua citt180. A differenza di Botticelli ed anche di Raffaello, Michelangelo non si mai ispirato direttamente n alla Commedia n al suo autore. I suoi legami con Dante sono pi intimi e pi complessi. Essi si pongono anzitutto sul piano letterario. Dopo aver conosciuto il Landino a palazzo Medici, lo scultore ha studiato Dante, Petrarca e Boccaccio, soprattutto durante il suo soggiorno a Bologna presso Gianfrancesco Aldrovandi181. Se le sue prime poesie mostrano pi linfluenza del Petrarca che quella di Dante, il poeta della Commedia doveva in seguito assumere unimportanza prevalente. Michelangelo gli consacrer due sonetti famosi che sono meno un ritratto o un elogio e pi invece una sorta di identificazione di se stesso con Dante esiliato: Lucente stella, che co raggi suoi | Fe chiaro, a torto, el nido ove naqquio; | Ne sare l premio tutto l mondo rio: | Tu sol, che la creasti, esser

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quel puoi. | Di Dante dico che mal conosciute | Fur lopre sue da quel popolo ingrato | Che solo a iusti manca di salute. | Fussio pur lui!182. Nel 1519 Michelangelo firm, con altre personalit fiorentine, la petizione formulata dalla Sacra Academia florentina che chiedeva a Leone X il ritorno a Firenze delle ceneri di Dante183. Fu in questa occasione che egli si offr per costruire un sepolcro degno del divino Poeta184; ma la cosa rimase senza seguito. Dallepoca (circa 1502-503) in cui ebbe luogo il famoso battibecco con Leonardo, Michelangelo era divenuto un vero e proprio esperto di studi danteschi: le testimonianze a questo proposito sono numerose185. Una delle pi rilevanti la lettera del 1545 in cui esprime la sua avversione a un nuovo commento che gli sembra vuoto e povero186, ledizione cio di Veluttello da Lucca, che dopo pi di mezzo secolo di dominio incontrastato del commento del Landino, rappresentava la prima reazione allinterpretazione neoplatonica della Commedia187. Di un colloquio, che deve essere avvenuto a Roma nel 1546, ci conservato il ricordo in un manoscritto di Donato Giannotti, uno dei vecchi capi del partito repubblicano fiorentino. Egli era uno dei pochi amici di Michelangelo. Lartista figura come uno degli interlocutori, che sono tutti dei dotti o gente di condizione. Si tratta di stabilire se la cronologia che il Landino fissa per il viaggio dantesco attraverso lInferno e il Purgatorio sia soddisfacente. Il colloquio comincia con un elogio dellumanista che, havendo egli tutti gli altri nodi, tutti gli altri sensi oscuri di quel Poeta con tanta diligentia sciolti et dichiarati, che grandissimamente obbligati gli sono tutti coloro che di leggere quella opera si dilettano, la quale, innanzi che egli facesse quella sua dotta et copiosa dichiaratione, era senza dubbio molto male intesa ha errato solo su questo problema188. dunque certo che Michelangelo ha letto Dante come gli umanisti di Careg-

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gi; e il commento del Landino per tutta la sua vita lha tenuto in contatto con le immagini e le idee del neoplatonismo fiorentino. Questo dialogo per Michelangelo loccasione per fare alcune dichiarazioni rivelatrici: Io sono il pi inclinato huomo allamar le persone che mai in alcun tempo nascesse, oppure ancora: A voler ritrovare et godere s medesimo, non mestiero pigliare tante dilettationi et tante allegrezze, ma bisogna pensare alla morte189. Eros e la morte terrestre costituiscono la coppia essenziale che guida lanima al suo superiore destino: questo secondo Dante e secondo i neoplatonici. questo il piano filosofico che si addice, e forse basta, a Michelangelo; il piano su cui egli sincontra col poeta. La Commedia non era dunque per lui un repertorio di temi, n un modello, ma uno degli stimoli pi profondi per il suo spirito. Ben presto si vollero cercare in Dante analogie con lopera michelangiolesca, allo stesso modo che si accosta un poeta a un altro190. Forse proprio questo che si voleva dire allorch si affermava che Michelangelo conosceva a memoria Dante191: insomma che egli non lo illustrava, ma lo continuava. La grande analogia tra i due fiorentini il loro comune accento di terribilit. lo stile eroico che fa pensare a Dante, allorch ci troviamo davanti allEzechiele della Sistina, che freme sotto il vento celeste, oppure davanti alle orribili sofferenze degli ebrei nella scena del Serpente di bronzo. La Commedia fornisce suggestioni analoghe192. Larchitettura delle composizioni, limponenza dei gruppi, questa volont dordine nella visione sovrannaturale, rivelano la parentela che intercorre tra il poeta e lartista; ma quasi tutte le relazioni strette che si possono scoprire in questo senso dimostrano anche limportanza che ha avuto per Michelangelo il commento del Landino: lintermediario neoplatonico spiega appunto linteresse prestato a certe figure. Senza dubbio si deve

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ad esso se ad esempio Michelangelo ha scelto le due squisite figure di Rachele e Lia per la tomba di Giulio II, o i quattro fiumi dellInferno per il mausoleo mediceo193. Il Ratto di Ganimede da lui ripreso in un modo molto personale, ha potuto imporsi alla sua fantasia solo attraverso il commento del Landino194. Dante insieme al Platone rinascimentale condiziona le grandi forme di unarte nella quale il massimo di tensione plastica si dispiega in un complesso di simboli umanistici195. soprattutto per il Giudizio finale che si sono moltiplicati i riferimenti al poema196: indubbiamente Caronte e Minosse, i grevi mostri del mondo infero risalgono allInferno dantesco; il trasporto dei dannati sulla schiena dei demoni pu essere una reminiscenza puntuale197, pur senza dimenticare il precedente del Signorelli che gi aveva evocato il mondo del terrore finale in un clima degno della poesia dantesca. Ma in fin dei conti Michelangelo, che qui rivela interessi teologici abbastanza personali, rivaleggia con Dante pi che non derivare da lui: le analogie che sorprendono lo spettatore, e gi lo sorprendevano nel Cinquecento, risultano dal fatto che la visione del pittore simpone in modo irresistibile per cui non riusciamo pi a vedere se non con gli occhi di Michelangelo il Sommo Giove del poeta, oppure il grappolo fitto degli eletti simile a una rosa gigantesca198. Come prevedeva Leonardo, lopera dipinta si sostituisce in certa misura al poema. I contemporanei ne hanno chiara coscienza: Ed io per me non dubito punto, che Michelagelo, come ha imitato Dante nella poesia, cos non lhabbia imitato nellopere sue, non solo dando loro quella grandezza, et maest, che si vede ne concetti di Dante, ma ingegnandosi ancora di fare quello, o nel marmo, o con i colori, che haveva fatto egli nelle sentenze, et colle parole, scrive il Varchi199, impiegando in un modo daltronde infelice il termine imitare allorch per lap-

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punto voleva dire che Michelangelo ha rifatto Dante come nessuno potr pi fare dopo di lui200. Era gi un luogo comune allora chiamare lartista Dante pittore oppure Dante scultore. Il Dante del Rinascimento non poteva essere se non uno scultore o un pittore, cio un artista plastico, capace di tradurre lopera del sommo poeta, che la cultura fiorentina dellambiente di Careggi aveva posto definitivamente al suo centro. Facendo di Dante il maggiore veicolo delle sue idee fondamentali, il neoplatonismo ne ha imposto e guidato la proiezione nellarte.

n. a. robb, Neoplatonism of the italian Renaissance, London 1935; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., introduzione, 2. 2 Su Lucrezio, e. garin, Medioevo e Rinascimento. Studi e ricerche, Bari 1954, pp. 82, 293. Su Ovidio, e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 61, n. 73. Claudiano, il poeta del basso impero era ritenuto fiorentino. F. Villani lannovera tra i poeti illustri della citt dopo Dante, Petrarca, Boccaccio, Salutati: nel suo commento a Dante lo cita come concivis noster. Cfr. g. cal, Filippo Villani, Rocca San Casciano 1904, p. 131. Le poesie di Claudiano conosciute in manoscritto e pubblicate a Vicenza nel 1482, sono una delle fonti delle Stanze del Poliziano e di uno dei riquadri del fregio di Poggio a Caiano: cfr. pi avanti, p. 230. 3 l. ghiberti, I Commentarii, ed. O. Morisani, Napoli 1947, e i. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 309. 4 e. gilson, Histoire de la philosophie du Moyen-Age, Paris 1947, pp. 731 sgg. 5 matteo palmieri, Citt di vita (c. 1460); g. pico, Apologia (1487); egidio di viterbo, ecc., cfr. e. wind, The revival of Origen, in Studies in art and literature for Belle da Costa Greene, Princeton 1954, pp. 412-24. 6 g. boas, The Hieroglyphics of Horapollo, New York 1950, e k. giehlow, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissance, in jb, xxxii (1915), pp. 1 sgg. 7 Il fatto cos generale che Alamanno Rinuccini (nato nel 1419, pi vecchio del Ficino e figura nelle Disputationes Camaldulenses come amico dellArgiropulo) presenta nel 1473 a Federico dUrbino, con una bella prefazione, la vita del taumaturgo pagano Apollonio di Tiana scritta da Filostrato.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze p. o. kristeller, Supplementum ficinianum, I, pp. cxxix sgg.; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., introduzione, 3 e III, i (Herms); e. garin, Note sullermetismo del Quattrocento, in Testi umanistici sullErmetismo, Roma 1955. 9 e. gilson, Histoire de la Philosophie ecc. cit., pp. 269-70. 10 a. chastel, Pic de la Mirandole et lHeptaplus, in Cahiers dHerms, ii (1947); j.-l. blau, The Christian interpretation of the Cabala in the Renaissance, New York 1944, cap. II; e pi di recente, sullapporto del marrano Paolo Heredia e di Pico, g. scholem, Zur Geschichte der Anfnge der christlichen Kabbala, in Essays Presented to Leo Boeck, London 1954, e f. secret, Pico della Mirandola e gli inizi della cabala cristiana, in Convivium, xxv (1957), 1. 11 v. zabughin, Vergilio nel Rinascimento italiano da Dante a Torquato Tasso, vol. I (Il Trecento e il Quattrocento), Bologna 1921, cap. III, mette in evidenza come il Landino: 1) veda Virgilio attraverso Dante; 2) sviluppi lanalogia, gi notata da servio, II, 96, tra il conto VI dellEneide e il dogma platonico per yucj 3) ricerchi esclusivamente lallegoria morale, a differenza del Poliziano che nelle epopee antiche scopre piuttosto unallegoria delle forze della natura. 12 a. buck, Italienische Dichtungslehre, Stuttgart 1954. 13 p. o. kristeller, Supplementum ficinianum cit., introduzione. p. dancona, La Miniatura fiorentina (xi-xvi secolo), Firenze 1914, nn. 1489, 1518, 1527, 1528, 1531, 1532, 1541, tutti conservati alla Biblioteca Laurenziana, verosimilmente codici rimasti a Firenze di ordinazioni fatte da Mattia Corvino e trattenuti alla sua morte, nel 1490, da Lorenzo de Medici. Un certo numero di questi manoscritti sono stati esposti alla Mostra medicea di Firenze del 1939, n. 95, 117 ecc. 14 g. milanesi, Di Attavante degli Attavanti, miniatore, in Miscellanea storica della Valdelsa, i (1893), p. 60. p. dancona, La miniature italienne du Xe au XVIe sicle, Paris-Bruxelles 1925, p. 74; m. salmi, La miniatura italiana, Milano 1953, p. 55. 15 dancona, La miniatura fiorentina cit., n. 1518 (Plut. 73-39), foll. 64 e 77. 16 Ibid., n. 1529 (Plut. 82-10), foll. 1 v e 2 r, 211. 17 Urb. lat. 185 (ibid., n. 1238), fol. 7 r. 18 Plut. 83-11 (ibid., n. 1532). fol. 65. 19 Plut. 84-1. Cfr. s. vagaggini, La miniatura fiorentina, Milano 1952, tav. xlv 20 Sul duca Andrea III Acquaviva: t. de marinis, Un manoscritto di Tolomeo fatto per Andrea Matteo Acquaviva e Isabella Piccolomini, Verona 1956; si tratta dun manoscritto (Paris, Bibliothque Nationale, lat. 10764) che deve essere anchesso opera di Reginaldo di Monopoli. 21 Tutti gli autori hanno insistito sul suo corattere eccezionale e sontuoso: p. dancona, La miniature italienne cit., pp. 88-89 (a tav. xci la
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze riproduzione del fol. 27). h. j. hermann, Miniaturhandschriften aus der Bibliothek des Herzogs Andrea Matteo III Acquaviva, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen, xix (Wien 1898), pp. 147-216, ha compiuto uno studio assai completo, ripreso poi nel corpus dei manoscritti austriaci: Beschreibendes Verzeichnis de illuminierten Handschriften in sterreich (nuova serie a cura di J. von Schlosser e H. J. Hermann), VI (Die Handschriften und Inkunabeln der Italienischen Renaissance), vol. IV (Unteritalien: Neapel, Abruzzen, Apulien und Calabrien), Leipzig 1933 (n. 40), pp. 79-105. Questopera, eseguita da unofficina ferrarese per un principe napoletano rientra in un complesso di rapporti pi generali; ad Eleonora dAragona, moglie di Ercole dEste, si attribuisce il successo dellastrologia che porta al grande complesso del palazzo di Schifanoia, e a lei si deve se i contatti tra lItalia meridionale e lambiente ferrarese si sono moltiplicati. Cfr. a. warburg, Italienische Kunst und internationale Astrologie, in Gesammelte Schriften, II, p. 475. Per altro la corte aragonese di Napoli dosservanza aristotelica, la sua accademia stata diretta dal Panormita, da Giorgio di Trebisonda e infine, allepoca di re Ferrante, dal Pontano. Tuttavia la dottrina peripatetica vi intesa in modo molto eclettico, percorso da forti elementi platonici e sincontra con le speculazioni scientifiche che portano ai grandi poemi astrologici del Pontano, e con una corrente di poesia sentimentale virgiliana, da cui uscir, intorno al 1485, lArcadia del Sannazaro. Il duca, umanista e poeta, era lui stesso uno di quei peripatetici che non ignorano lAccademia, come dimostrano i suoi scritti, ed probabilmente sotto la sua direzione, o seguendo un suo programma, che sono state eseguite le singolari allegorie del manocritto. 22 Rispettivamente foll. 1, 10, 17, 27, 36, 45 e 80. 23 h. j hermann, Miniaturhandschriften ecc. cit., p. 65: Per indicare le virtutes morales ci si serve, per ragioni di chiarezza, delle quattro virt cardinali delletica platonica, per la figurazione della Ratio ci si vale dellimmagine platonica dellanima alata. La fonte dellallegoria dellanima (creatura alata) il Fedro, 249 sgg., delle quattro virt la Repubblica, 428 sgg. La stessa immagine dellanima ricoperta di penne si ritrova allinizio di un trattato, Vienna, Phil. graec., 2, fol. 123, della stessa serie dellEtica a Nicomaco (h. j. hermann, ibid., p. 160). 24 Cfr. pi avanti. In un manoscritto della stessa serie (napoletana) Phil. graec., 2 (ibid., n. 35), il trattato De Caelo dAristotele si apre con uniniziale H che rappresenta anchessa i due filosofi sotto la sfera del cosmo (ibid., p. 65). 25 La miniatura dell>Aret studiata da e. panofsky Herkules am Scheidewege cit., p. 151. 26 Ulisse, eroe dellavventura (cos gi laveva presentato dante,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Inferno, XXVI, 42 sgg.), risponde allo spirito del testo di Aristotele; lallegoria della vita contemplativa posta nellordine superiore a causa della stessa tendenza a collocare laristotelismo in un contesto neoplatonico. 27 u. hoff, Mditation in solitude cit. ha raccolto alcuni precedenti italiani di questa formula. 28 Sul successo dellEtica a Nicomaco a Firenze, a. warburg, Francesco Sassettis letztwillige Verfgung, in Gesammelte Schriften cit., V, 1, p. 153; e. garin, Le traduzioni umanistiche di Aristotele nel secolo XV, in Atti dellAccademia fiorentina di scienze morali, Firenze 1951. 29 r. krautheimer, Die Anfnge der Kunstgeschichtsschreibung in Italien, in Repertoriurn fr Kunstwissenschaft, l (1929), p. 49; j. von schlosser, La letteratura artistica, 2 ed., Firenze 1956, cap. IV; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., p. 180. e. van der grinten, Enquiries into the history of art-historical writing, Venlo 1953. Questo capitolo e il seguente sono stati riassunti in Kunstchronik, 1954. 30 Lettera dEnea Silvio Piccolomini a Niklas von Wyle, Opera, 1551, p. 646 (Ep. I, n. cxix); ed. Der Briefwechsel des Eneas Silvius Piccolomini, III, 1 (Fontes rerum austriacarum, 68), Wien 1918, p. 98 n. 47. Il parallelismo tra leloquenza e le arti anche, nel 1473, largomento della bella lettera di A. Rinuccini, studiata da e. gombrich, The Renaissance concept of artistic progress and its consequences, in Actes du XXVIIIe Congrs international dHistoire de lArt (1952), Amsterdam 1955, pp. 291 sgg. 31 una delle idee madri del Burckhardt, di cui abbiamo indicato le conseguenze nel saggio: Art et religion dans la Renaissance italienne, in Humanisme et Renaissance, t. VII (1945), pp. 5 sgg. 32 Sui nuovi valori cos proposti cfr. le osservazioni di e. h. gombrich, Visual metaphors of value in art, in Symbols and Values: an initial study (Thirteenth Symposium of the Conference on Science, Philosophy and Religion), New York 1954, p. 262. 33 o. morisani, Art history and art critics, in The Burlington Magazine, xcv (1953), pp. 267-70. 34 Sulla concorrenza Roma-Firenze: cfr. sopra la introduzione. Un preciso esempio della concorrenza Venezia-Firenze costituito dalla loro rivalit retrospettiva a proposito dei mosaici, di cui il Vasari vede gli inizi, prima di San Marco di Venezia, nel battistero fiorentino con Andrea Tafi (ed. Milanesi, I, p. 337) e C. Ridolfi invece in San Marco prima di Firenze: cfr. a. chastel, La mosaque Venise et Florence au XVIe sicle, in Arte veneta, XIII (1954), p. 130. 35 e. panofsky, Das Erste Blatt aus dem Libro Giorgio Vasaris ecc., in Stdel-Jahrbuch, vi (1930), pp. 25-72, ripreso col titolo The first page of Giorgio Vasaris libro, in Meaning in the visual arts, Garden City 1955, pp. 169-235 (trad. it. cit., pp. 169-224).

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Cfr. sopra, introduzione; sugli sviluppi di questo mito del Rinascimento, cfr. pi avanti. 37 Ultimamente: r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., cap. XXI (Ghiberti and Alberti). 38 Marsile Ficin et lart cit, p. 194. 39 r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit, cap. XX (Ghiberti the writer), p. 313, conclude (contro il tentativo dello Schlosser di rivalutare lopera scritta del Ghiberti): Il Ghiberti fu un umanista e uno studioso erudito solo nelle ambizioni. Sulle intenzioni del Ghiberti: e. h. gombrich, The Renaissance concept of artistic progress cit., pp. 295 sgg. Intorno al 1530 lAnonimo Magliabechiano comporr anchegli una storia universale delle arti divisa in due parti: gli antichi e i moderni (dopo Cimabue). 40 Ed. G. Nicco Fasola, Firenze 1942, p. 129. 41 o. morisani, Gli artisti nel De viris di B. Facio, in Archivio storico per le province napoletane, lxxiii (1955), pp. 107 sgg. 42 r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., pp. 311 e 312. 43 Occorre attendere leonardo da pesaro, Speculum lapidum, Venezia 1502, per trovare un giudizio pi avvertito: cfr. j. von schlosser, La letteratura artistica cit., p. 109. 44 p. o. kristeller, La posizione storica di Marsilio Ficino, in Civilt moderna, v (1933). 45 h. p. horne, Botticelli, London 1908, p. 360. Sui molteplici usi del termine cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 191 n. 7; n. pevsner, Academies of art, past and present, London 1939, p. 39; pi sopra, introduzione, e pi avanti. 46 Questindicazione non andr perduta per lAnonimo Magliabechiano, che scrive a proposito dApelle: e furno nel suo tempo pi eccellenti pittori e quali egli sommamente lodava, ma diceva mancare loro una certa venust la quale e greci chiamono: charis, ed. K. Frey, Berlin 1892, p. 22. lecito chiedersi se gi il Ghiberti non si considerasse come il nuovo Lisippo (in base a Plinio, XXXIV, 61-65): e. h. gombrich, The Renaissance concept ecc. cit., p. 296. 47 Theologia Platonica, II, i, Opera, p. 108; Marsile Ficin et lart cit., pp. 65, 69 n. 8 48 C ommentario alla Comedia (1481); Marsile Ficin et lart cit., p. 193. 49 C arliades, I, citato in e. h. gombrich, Apollonio di Giovanni, in jwci, xviii (1955), p. 165 50 Questopera, gi presentata dallalberti, Della pittura, III, ed. L. Mall, p. 104, come il dipinto-tipo de linventione grata ricordata pure da Leonardo come prova della capacit della pittura a uguagliare la poesia per dimostrare molti morali costumi, ed. J. P. Richter, nn. 23 e 25; Trattato, ed. McMahon, pp. 19 e 26. 51 Qualche anno dopo la grazia di Raffaello, spiegata col preceden36

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze te dApelle, viene presentata come il vero ideale dellarte, di contro a quello della terribilit: dolce, LAretino, Venezia 1557, ed. Lanciano 1913, p. 7. 52 Recentemente, lesposizione di p. o. kristeller, The classics and Renaissance thought, Cambridge (Mass.), 1955, cap. I. 53 p. o. kristeller, The modern system of the arts, a study in the history of aesthetics, in Journal of the History of Ideas, xii (1951), pp. 496-528, e xiii (1952), pp. 17-45, sul complesso di questi problemi. 54 Sullinsieme di questi sviluppi: a. blunt, Artistic theory in Italy, 1450-1600, London 1940, 2 ed. 1954; i. a. richter, Paragone, a comparison of the arts by Leonardo da Vinci, London 1949, introduzione; l. olschki, Geschichte der neusprachlichen wissenschaftlichen literatur, I: Die Literatur der Technik ecc., Leipzig 1919. 55 a. chastel, Lonard de Vinci et la culture, in Lonard de Vinci et lexprience scientifique au XVIe sicle, Paris 1953, pp 260 sgg. 56 l. b. alberti, Della pittura, ed. L. Mall, Firenze 1950, pp. 9 sgg. c. gilbert, Alberti and Pino, Marsyas, iii (New York 1946), pp. 87 sgg. 57 Quintiliano era stato ritrovato da Poggio nel 1416: gi nel 1420 interessa G. da Barbizza a Padova, poi il Guarino, G. di Trebisonda, e infine il Poliziano che gli dedicher un corso nel 1480. 58 r. w. lee, Ut pictura pesis: the humanistic theory of painting, in The Art Bulletin, xxx (1940), 4, pp. 197 sgg. 59 r. w. lee, Ut pictura pesis ecc. cit., ne ha seguito la storia. 60 Sul tema: Naturam vincere, a. colasanti, Gli artisti nella poesia del Rinascimento, fonti poetiche per la storia dellarte italiana, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxvii (1904), pp. 195 sgg. 61 b. schweitzer, Mimesis and Phantasia, in Philologus, vol. LXXXIX (1934), pp. 286-300; Marsile Ficin et lart cit., p. 68 n. 2. Leonardo, Cod. Ashburnham, I, 20 r: ed. J. P. Richter, n. 13; g. fumagalli, op. cit., p. 235; Trattato, ed. McMahon, n. 6, 5. Solo il primo editore indica la derivazione da Filostrato. p. gauricus, De Sculptura cit., pp. 16 e 104. La licenza fantastica necessaria al poeta e al pittore stata affermata, seguendo Aristotele, da Orazio: Ars poetica, vv. 9-11. Il suggerimento non passato inosservato: stato ampiamente sviluppato nei Dialoghi di francisco de hollanda, trad. it., pp 132 sgg., dove i versi dOrazio sono citati da Michelangelo che dichiara: Se un grande pittore (e poche volte accade) fa unopera, che pare falsa e mentitrice, in quella tale falsit vi molta verit: questo a proposito delle chimere e dei grotteschi. 62 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., pp. 66-67. 63 Cfr. e. mntz, Les archives des arts, prima serie, Paris 1890, pp. 33-42. Il passo del De divina proportione, cap. XII, ed. C. Winterberg, Wien 1889. 64 Marsile Ficin et lart cit., II, 5.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ci che dichiarava plinio, Naturalis Historia, XXXIV, 65, e che il Landino e il Gaurico si accontentano di ripetere. 66 Lidea di misura (traduzione approssimativa di: symetria) gi per il Ghiberti la regola aurea: r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 231. 67 La vita di Filippo di ser Brunellesco, ed. E. Toesca, Firenze 1927, p. 18. 68 gauricus, De sculptura, ed. Brockhaus, p. 154; Marsile Ficin et lart cit., II, 5. 69 Marsile Ficin et lart cit., II, 2. 70 l. olschki, Geschichte der neusprachlichen wissenschaftlichen Literatur cit., cap. VI. 71 Il De harmonia mundi di Francesco Zorzi (Venezia) sviluppa il sistema universale delle forme sulla base dellanalogia musicale; esso ha potuto essere messo in rapporto con lestetica del Palladio: r. wittkower, Architectural principles ecc. cit., IV, I. Su questo Francesco Zorzi o Giorgio Veneto, cfr. c. vasoli, in Testi umanistici sullErmetismo, Roma 1955, pp. 79 sgg. 72 V. Danti, autore dun trattato sulle proporzioni perfette (Firenze 1567) attribuir a Michelangelo riserve di ogni genere su un uso delle proporzioni che non tenti di superare il loro rapporto meccanico. e. panofsky, Idea ecc. cit., cap. IV. c. de tolnay, in IIe Congrs dEsthtique et de Science de lArt, Paris 1937 (1), p. 23, e id., Werk und Weltbild des Michelangelo, Zrich 1949, p. 92. 73 a. buck, Dichtungslehre ecc. cit. 74 p. gauricus, De sculptura, ed. H. Brockhaus, p. 122; il Vasari ricorda la frase di Michelangelo: ...che bisognava avere le seste negli occhi e non in mano, perch le mani operano, e locchio giudica. Cfr. c. de tolnay, Werk und Weltbild ecc. cit., p. 94. 75 Das Tagebuch des Poliziano, ed. A. Wesselsky, Iena 1929, p. 150. 76 g. gutkind, Cosimo de Medici il Vecchio, 2a ed., Firenze 1949, p. 311; alcune indicazioni in Marsile Ficin et lart cit., p. 66, e in Lonard et la culture cit., p. 259. Sul problema: g. p. hartlaub, Das Selbstbildnerische in der Kunstgeschichte, in Zeitschrift fr Kunstwissenschaft, ix (1955), 1-2. 77 Marsile Ficin et lart cit., pp. 65-66. Si deve avanzare questa riserva alle osservazioni di creighton gilbert, On subject and not-subject in italian Renaissance, in ab, xxxiv (1952), 3. 78 Sonetti di Matteo Franco e Luigi Pulci, Lucca 1759, ripubblicato in Il libro dei sonetti, da G. Dolci, Milano 1933. Su questo poeta di corte, g. volpi, Un cortigiano di Lorenzo il Magnifico, in Giornale storico della letteratura italiana, xvii (1891), pp. 229 sgg. 79 savonarola, Prediche sopra Ezechiel (XXVI), nelled. di Venezia 1517, fol. 71 e: E si dice che ogni dipintore dipinge se medesimo. Non dipinge gi se in quanto huomo perch fa delle immagini di leoni, caval65

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze li, huomini e donne che non sono, ma dipinge se in quanto dipintore: idest secondo il suo concepto. E bench siano diverse phantasie o figure de dipintori che dipingono, tamen sono tutte secondo il concepto suo: cos li philosophi perch erano superbi descripsono idio per modi altieri e gonfiati...; segue una critica dAristotele e Platone. 80 Ms A 23 a: ed. Richter, n. 586. Trattato della pittura, ed. P. McMahon, Princeton 1956, pp. 44 sgg.: del massimo diffetto de pittori Michelangelo ne trasse una battuta di spirito riferita dal Vasari: Aveva non so ch pittore fatto unopera dove era un bue che stava meglio dellaltre cose; fu domandato perch il pittore aveva fatto pi vivo quello che laltre cose, disse: Ogni pittore ritrae se medesimo bene (vasari, ed. Milanesi, VII, 280). 81 Ms BN 2038, fol. 33 v. g. fumagalli, p. 264; a. chastel, Lonard et la culture cit., p. 259. 82 dante, Convivio, IV, canzone 3, vv. 52-53, e comm. X. 83 g.pico, Opera, ed. E. Garin, 1942, vol. I, pp.467-68. 84 e. zilsel, Die Entstehung des Geniesbegriffes, Tbingen 1926; e. panofsky e f. saxl, Drers Melancolia I, 2a ed. (inedita). 85 ci che vedremo pi da vicino nella parte III e nella Conclusione. 86 Queste polemiche risalivano al Trecento: v. rossi, Dante nel Trecento e nel Quattrocento, in Scritti di critica letteraria, Firenze 1930, I, p. 293, e id., Il Quattrocento cit., pp. 105-15. La polemica pi viva sembra aver riguardato il problema del latino: Coluccio Salutati: Se avesse saputo scrivere in latino con la stessa eleganza con cui scriveva nella lingua materna: sarebbe allora superiore a Virgilio e Omero, Epistolario, ed. F. Novati, Roma 1891-1911, vol. III, p. 491. Alla fine del Trecento un monaco olivetano, Matteo Ronto, aveva tradotto la Commedia in latino. Una altra eco di queste polemiche labbiamo nel testo di f. rinuccini, Invectiva contra a certi caluniatori di Dante, ne Il paradiso degli Alberti, ed. Wesselofsky, Bologna 1867, I, pp. 380 sgg. (citato da e. garin, Il Rinascimento italiano cit., pp. 84-85), in cui si tratta e del valore di Dante e del primato di Platone. Cfr. soprattutto: a. della torre, La prima ambascieria di Bernardo Bembo a Firenze, in Giornale storico della letteratura italiana, xxxv (1900), pp. 305-8. e.-g. ledos, Lettre indite de Cristotoro Landino B. Bembo, in Bibliothque de lEcole des Chartes, liv, 6, pp. 721-24. 87 leonardo bruni, Dialogi ad Petrum Histrum, ed. G. Kirrer, Livorno 1889. 88 b. johannis dominici, card. s. sixti, Lucula Noctis, ed. R. Coulon, Paris 1908. Questo testo stato pubblicato in occasione di una polemica sulla lettura degli autori antichi, tra L. Bruni e il Beato: v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 56. Cfr. anche a. renaudet, Dante humaniste, Paris 1954.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze lorenzo il magnifico, Ambra, ed. cit.: Lorenzo imita le pagine mistiche della Commedia nella sua altercatio. 90 v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 336. anche il momento in cui per la prima volta verr sollevata la questione del ritorno delle ceneri, come dimostra una lettera di Antonio Manetti a Lorenzo del 13 aprile 1476. Cfr. i. del lungo, Un pensiero a Dante, in Florentia cit., pp. 451 sgg. B. Bembo, richiesto dintervenire durante il suo soggiorno a Firenze, si limiter a far restaurare la tomba del poeta a Ravenna nel 1483. La questione sar ripresa al tempo di Leone X: c. ricci, Lultimo rifugio di Dante Alighieri, Milano 1891. 91 Prefazione riprodotta nel Supplementum ficinianum cit. (pubblicato da P. O. Kristeller), t. II, pp. 184 e 185. Sulle circostanze della traduzione, a. della torre, Storia, p. 576. 92 Per questaspetto della poesia di Dante: g. busnelli, LEtica nicomachea e lordinamento morale dellInferno di Dante, Bologna 1907. e. gilson, Dante et la philosophie, Paris 1942. giusto osservare che lo stagirismo del poeta non esclusivo, in quanto viene coronato dalla mistica cistercense e dunque dionisiana nel Paradiso, dove si trovano naturalmente le pi forti influenze del neoplatonismo antico, come ha rilevato t. whittaker, The neoplatonists, 2a ed., Cambridge 1918, p. 192. Sullo stesso problema: b. nardi, Saggi di filosofia dantesca, Milano 1930, e la recensione di e. testa, in Giornale storico della letteratura italiana, 1931, pp. 163-67. 93 Comedia di Dante Alighieri con lesposizione di Cristoforo Landino, Venezia 1529, proemio p. 9 (testo latino e traduzione italiana). La lettera del Ficino ripresa (testo latino) in Opera, p. 840, alla fine del libro VI dellEpistolario. I due testi recano jam redivino, che deve essere corretto in redivivo (trad. it. Figliucci, Venezia 1563, II, p. 50). j. festugire, Dante et Marsile Ficin, in Bulletin du Jubil, v (1922), pp. 535-43, insiste solo sul fatto che Dante non affatto platonico; lo era per i lettori della fine del secolo xv. 94 michele barbi, Della fortuna di Dante nel secolo XVI, Firenze 1890, p. 150; cfr. anche p. l. rambaldi, Dante e Giotto nella letteratura artistica sino al Vasari, in Rivista darte , xix (1937), pp. 286 sgg. 95 sperone speroni, Dialogo dellistoria, Opera, II, p. 269, citato da m. barbi, Della fortuna di Dante ecc. cit., p. 15 n. Attraverso la cerchia di Careggi il culto di Dante raggiunse Venezia; lintermediario fu Bernardo Bembo, venuto a Firenze nel 1474-75: a. della torre, La prima ambasceria ecc. cit., pp. 305-8. Cfr. anche e.-g. ledos, Lettre indite cit. 96 Il Landino mostra, nella sua lunga prefazione, un particolare interesse per certe immagini fresche e rustiche del poeta: Inferno, XXVI, 25, e naturalmente per le immagini astrali pi inattese: Paradiso, XXVII, 13.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Ad esempio, Purgatorio, XXIX, 120. Tutti questi punti sono commentati da a. renaudet, Dante humaniste cit. 98 Paradiso, I, 19-21. La scena rappresentata, senza alcun riferimento allarte antica, nel ms Yates Thompson del British Museum (Senese, c. 1440) studiato recentemente da j. pope-hennessy, A sienese codex of the Divine Comedy, London 1947 (tav. xli, fo1. 129 r): accanto ad Apollo in piedi vicino al lauro della gloria poetica, giace Marsia scorticato; dietro a lui, un curioso Pan, color arancione accompagnamento tradizionale dellepisodio, suona il flauto (p. 21 n. 91). I miti antichi attraverso i quali Dante esalta la novit e singolarit della sua opera (ad esempio, Paradiso, II, 16 e XXXIII, 94, le allusioni agli Argonauti) venivano facilmente a confortare la dottrina neoplatonica dellallegoria. Su tutti questi punti: y. batard, Dante, Minerve et Apollon, Paris 1954. 99 p. schubring, Illustrationen zu Dantes Gttlicher Komdie (Italien 14 bis 16 Jh.), Zrich 1931, pp. 12 e 26; le fontiartistiche della Commedia sono state studiate da a. venturi, Dante e larte, in Dante, Milano 1921. Su questo delicato problema: r. roedel, Il sussidio delle arti figurative nellinterpretazione dei velami della D. C., in Atti del V Congresso di Lingue e Letterature moderne, Firenze 1955. 100 t. whittaker, The neoplatonists cit., nota che Dante rende tutto in termini di estensione senza mai giungere, come i neoplatonici [dAlessandria] allapprensione diretta della realt pura, immateriale; forse proprio questo che egli ha in comune col Ficino. 101 I passi dottrinali della Commedia sulla struttura del mondo (Inferno, XI, Purgatorio, XVII, Paradiso, XXVIII) rinviano tutti al segreto dellAmore divino, invocato allinizio del poema (Inferno, I, 39-40) e nellultimo verso del Paradiso, XXXIII, 145. h. r. patch, The last line of the Commedia, in Speculum, xiv [1939], pp. 56-65, vi rileva lesaltazione dellamicizia platonica. 102 cos che il Veltro celebre dellInferno, I, 105, viene interpretato, in base ai dati dellastrologia in voga a Firenze, in funzione dellincontro eccezionale di Saturno e Giove previsto nel Cielo del 25 novembre 1484 come annuncio di un grande sconvolgimento e di una riforma religiosa: a. warburg, Gesammelte Schriften cit., II, p. 654. A questo proposito si pu osservare che la definizione del poema data dal Poliziano: Aligerum... Dantem, Per styga per stellas mediique per ardua montis, Pulchra Beatricis sub virginis ora, volantem (in Nutricia, vv. 720-22, ed. I. del Lungo, Firenze 1925, p. 176) mette in evidenza essenzialmente laspetto celeste e astrologico della Commedia. 103 n. a. robb, Neoplatonism ecc. cit., cap. V. v. rossi, Il Quattrocento cit., pp. 257-62. e. mntz, Histoire de lart ecc. cit., II, p. 65, gi aveva notato la voga di Dante presso i pittori e gli scultori alla fine
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze del Quattrocento, ma incorrendo in un curioso errore: Il periodo in cui Dante trova meno imitatori fra i poeti per lappunto quello in cui riceve pi omaggi dagli artisti. 104 matteo palmieri, Citt di Vita (i primi 15 canti), ed. M. Rooke, Northampton 1927. Cfr. n. a. robb, Neoplatonism ecc. cit., p. 140. 105 b. soldati, La poesia astrologica nel Quattrocento, Firenze 1906, cap. II. Il poema fu pienamente approvato dal Ficino; cfr. lepistola in cui si trova riassunto, in Opera, p. 750. 106 a. della torre, Storia cit., pp. 687-88. a. lazzari, Ugolino e Michele Verino cit., Torino 1897. 107 n. a. robb, Neoplatonism ecc. cit., p. 157, afferma che il poema fu scritto intorno al 1489-90 sotto linfluenza del Savonarola; secondo a. della torre, Storia cit., pp. 697-700, sarebbe stato composto piuttosto dopo il 1499, anno della morte del Ficino, mantenendosi fedele allinsegnamento del maestro neoplatonico. 108 w. goetz, Das Dantebildnis (Schriften der deutschen Dantegesellschaft, I), Weimar 1937, ha fornito la messa a punto pi precisa sul problema confrontando i repertori di Volkmann, Schubring e quello del Passerini, Il ritratto di Dante, Firenze 1921, con i risultati dello studio antropologico di f. frasseto, Dantis ossa, la forma corporea di Dante, Bologna 1933. Altra raccolta: f. j. mather jr, The Portraits of Dante, Princeton 1921. 109 r. altrocchi, Michelinos Dante, in Speculum, vi (1931), pp. 15-59. 110 f. arcangeli, Tarsie, 2 ed., Roma 1943, n. 32. 111 Tuttavia il Ritratto di Dante nella serie degli uomini famosi dUrbino (c. 1475) non sembra dover nulla ai fiorentini. 112 Sullinteresse del Landino e di Lorenzo per Petrarca, cfr. v. rossi, Il Quattrocento cit., pp. 335 sgg. e 547. Il Landino pronunci una celebre oratio inaugurando uno dei suoi corsi sul Canzoniere. Sulle illustrazioni del Petrarca: principe dessling e e. mntz, Ptrarque, ses tudes dart, son influence sur les artistes, ses portraits et ceux de Laure, lillustration de ses crits, Paris 1902. Sullimportanza del tema trionfale, connesso al poema del Petrarca: w. weisbach, Trionfi, Berlin 1919. Alcune di queste illustrazioni pongono dei problemi: al fol. 1 v dei Trionfi del Petrarca, ed. di Venezia 1470-80 (catalogo della mostra: Italian illuminated manuscripts, Bodleian Library, Oxford 1948, n. 25) si vedono: nove filosofi in una caverna, motivo che pu essere unallegoria di spirito platonico, come suggerisce O. Pcht. 113 Dopo il rapido studio di b. berenson, Dante and his early illustrators, in The Study and Criticism of italian art, I, London 1901, pp. 13-19, si spesso insistito sullimportanza dellopera nella formazione dei grandi artisti del Rinascimento (w. goetz, op. cit., p. 22, e o. fischel, Dante und die Knstler, Berlin 1921); resta da dimostrare

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze come questa nuova importanza di Dante per la vita dellarte coincida con la sua adozione da parte dellaccademia platonica. 114 l. volkmann, Bildliche Darstellungen zu Dantes Divina Commedia bis zum Ausgang der Renaissance, 1 ed., Leipzig 1892, trad. it. Iconografia dantesca, le rappresentazioni figurative della Divina Commedia, Firenze 1908, rimane, nonostante le lacune, lo studio di base, che viene integrato da p. schubring, Illustrationen zu Dantes ecc. cit. Ledizione di C. Ricci, La Divina Commedia illustrata nei luoghi e nelle persone, 3 voll., Milano 1931, raccoglie opere di tutti i tempi ispirate da Dante; quella di N. Zingarelli e P. DAncona, La Divina Commedia, Bergamo 1934 (con introduzione, pp. xxiii sgg. su la D. C. e le arti figurative) comprende illustrazioni antiche. 115 Firenze, Biblioteca Nazionale, Palatina 313: ms eseguito prima del 1333. 116 Budapest, Univ. Bibl., n. 33: l. volkmann, Iconografia dantesca ecc. cit., pp. 49-50. 117 Firenze, Biblioteca Nazionale, Cod. II, 1, 29. 118 e.Biblioteca Marciana, classe IX, n. 276: 245 grandi miniature. Alcune sono state pubblicate da a. bastermann, Dante und die Kunst, in Dantes Spuren in Italien, Heidelberg 1897, trad. it. Orme di Dante in Italia, Bologna 1902. Lautore, al pari di l. volkmann, Bildliche Darstellungen zu Dantes ecc. cit., p. 45, considera il manoscritto come postgiottesco. 119 p. de ricci, Les manuscrits de la collection H. Yates Thompson, London 1926, n. 33. j. pope-hennessy, A sienese codex of the Divine Comedy, London 1947, che ha proposto queste attribuzioni, mostra come il manoscritto sia stato eseguito mentre ottenevano grande successo a Siena le letture di Dante che vi si tennero intorno al 1430-40. 120 l. rocca, Di alcuni commenti della Divina Commedia, Firenze 1891. j. pope.-hennessy, A sienese codex ecc. cit., pp. 28-29. Cos al fol. 163 r (op. cit., n. 70), in margine a Paradiso, XXII, 45, la miniatura mostra san Benedetto che abbatte lidolo dApollo, di cui parla solo il commento. 121 Fol. 129 r (op. cit., nn. 41 e 7.20): da accostare al manoscritto citato a p. 116 n. 2. 122 Parigi, Bibliothque Nationale, ms it. 2017 (pubblicato da l. auvray, Les manuscrits de Dante des Bibliothques de France, Paris 1892, pp. 115-27, e c. morel, Une illustration de lEnfer de Dante, 71 miniatures du XVe sicle, Paris 1825); e Imola, Biblioteca Comunale, Cod. framm. n. 32. Questo importante manoscritto recava pi di cento miniature. 123 vasari, ed. Milanesi, V, p. 396. j. mesnil, Botticelli, Paris 1938, cap. IX, p. 121. 124 g. mambelli, Gli annali delle edizioni dantesche, Bologna 1931,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze n. 10. a. m. hind, Early italian engraving, a critical catalogue, I. Florentine engraving, London 1937. 125 Ed. di Brescia, g. l. passerini, La Divina Commedia nelle silografie quattrocentesche, Terni 1920. g. mambelli, Gli annali ecc. cit., n. 12. l. volkmann, op. cit., pp. 51-52. Lillustrazione erronea per quanto riguarda i bassorilievi del Purgatorio, I. 126 g. soulier, Les influences orientales ecc. cit., p. 226. 127 g. mambelli, Gli annali ecc. cit., nn. 13 e 14: si distinguono unedizione apparsa nel marzo e una copia pubblicata nel novembre. 128 Catalogue des enluminures de hautes poques (Vendita alla Galleria G. Petit del 6 dicembre 1926), Paris 1926, pp. 26-46: libro miniato della fine del xv secolo, progetto di unedizione illustrata da Piero da Figline. t. gnoli, Il Dante di Pietro da Figline, in Accademie e Biblioteche dItalia, i (1927), pp. 20-35, e f. sarri, in Giornale dantesco, xxx (1927), 3. 129 Firenze, Biblioteca Laurenziana, Plut. 40, 7. l. volkmann, op. cit., p. 42; 65 miniature che schubring, Illustrationen zu Dantes ecc. cit., n. 303, chiama Laur. II, e per le quali ha notato i rapporti con le tavole del 1491. 130 Biblioteca Vaticana, Urb. 365. Complesso di 110 miniature di grandi dimensioni (4205240), di cui alcune (Purgatorio, 26 e 7, Paradiso, 10, 28-33), sono della fine del xvi secolo. l. volkmann, op. cit., pp. 32, 67-90; franciosi, Il Dante vaticano e lurbinate descritti, Citt di Castello 1896; f. hermanin, Le miniature ferraresi della Biblioteca Vaticana, ne Larte, iii (1900), pp. 341-73, ha distinto diverse mani: Guglielmo Giraldi, Alessandro Giraldi, Maestro Violaceo I, ecc. Sulla miniatura ferrarese: j. hermann, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sanmmlungen der allerh. Kaiserh, xxiii (1902); p. dancona, op. cit., pp. 65 sgg., e m. salmi, La miniatura italiana, Milano, 1953 pp. 64. 131 p. dancona, op. cit, p. 27-29 ha mostrato la povert dei manoscritti di Dante nel Trecento. 132 g. mazzoni, Influssi danteschi della Maest di Simone Martini, in Archivio storico italiano, ii (1936), pp. 144-62. p. rossi, Lispirazione dantesca in una pittura di Giovanni di Paolo, in Rassegna darte senese, xiv (1931), p. 149, e l. volkmann, op. cit., p. 14. Il Giudizio finale di Nardo di Cione (avanti 1365) prossimo a una miniatura della Biblioteca Nazionale 74, a cui stato spesso accostato: l. volkmann, op. cit., p. 7. 133 o. fischel, Dante und die Knstler cit., p. 8, ha notato come la complessit contraddittoria della fantasia dantesca sollecitasse due tipi opposti di figurazione. 134 Anonimo Magliabechiano, ed. K. Frey (1892), cit., p. 105. vasari, ed. Milanesi, III, p. 321, racconta che in seguito a una burla un po eccessiva fatta a un collega, Sandro fu a sua volta preso in giro poi-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ch senza avere lettere o appena saper leggere, comenta Dante, e mentova il suo nome in vano. 135 e. h. gombrich, Botticellis mythologies ecc. cit., p. 43; h. p. horne, Botticelli, London 1908, p. 59, ha per primo fatto notare che esiste un rapporto tra la Primavera e il cugino del Magnifico. j. mesnil, Botticelli cit., cap. IX, pp. 122 sgg. 136 La raccolta stata ritrovata e resa nota solo alla fine del secolo scorso. f. lippmann, Zeichnungen von Sandro Botticelli zu Dantes gttlicher Komdie, Berlin 1887, ed. ingl. (completa), London 1896 (a. perate, Dessins indits de Sandro Botticelli pour illustrer lEnfer de Dante, in Gazette des Beaux-Arts, 1887 [1], pp. 196 sgg.). In j. mesnil, Botticelli cit., riprod. tavv. lxxxiilxxx (Purgatorio e Paradiso), h. p. horne, Botticelli cit., p. 192, c. gamba, Botticelli, Paris s. d., pp. 153-60 (testo, pp. 187-94). I disegni per lInferno, completati per gli 8 canti perduti, con le incisioni Baldini, sono stati pubblicati in una scadente edizione Lear, New York 1947. Per uno studio completo cfr. y. batard, Les dessins de Sandro Botticelli pour la Divine Comdie, Paris 1952. illustrazioni di botticelli per dante
Inferno (8) (8) (18) Purgatorio Paradiso 1 9-10 12-13 15-16 19 2.3.4.5.6.7. 11. 14 8 17-18 20-34 1-33 31-33

Bibl. Vaticana Perdute Gab. Stampe Berlino (distrutte 1945) 1-30 Non eseguite
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Esistono numerosi studi sulla questione: i. b. supino, I disegni per la Divina Commedia, Bologna 1909-12. a. venturi, Il Botticelli interprete di Dante, Firenze 1921; p. toesca, Sandro Botticelli e Dante, in Bibliofilia, 1922; e la mirabile analisi di b. berenson, The Drawings of the Florentine Painters cit. La tecnica di questi disegni: punta dargento ripassata a penna, e forse in origine destinata ad essere acquarellata (tre tavole presentano ombreggiature e tocchi di colore, c. gamba, Botticelli cit., p. 187), in un certo senso, il punto darrivo di tutta quanta la pratica fiorentina: cfr. j. meder, Die Handzeichnung, Wien 1923. 138 Il taumaturgo gotico di Botticelli si contrappone al poeta togatus del Signorelli: d. comparetti, Virgilio nel Medioevo, 2a ed., Firenze 1896; g. soulier, op. cit., p. 158. 139 j. mesnil, Botticelli cit., tav. lxxiii. 140 . venturi, Il Botticelli ecc. cit., p. 38.
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. fischel, Dante und die Knstler cit., p. 8. j. pope-hennessy, op. cit., fig. xiii (p. 33). 143 j. mesnil, Botticelli cit., p. 127. 144 Cfr. pi avanti. 145 s. bettini, Botticelli cit., p. 40. 146 v. gouloubev, in Gazette des Beaux-Arts, 1914, e f. r. martin, Zeichnungen nack Wei Tao-Tze, Mnchen 1914, pongono a confronto disegni cinesi del xiv secolo. j. mesnil, Botticelli cit., p. 124. 147 g. soulier, op. cit., p. 260, ha richiamato lattenzione su alcuni motivi orientali nelle miniature del Paradiso. p. dancona, La miniatura fiorentina cit., tav. liii. 148 j. baltrusaitis, Le Moyen Age fantastique, Paris 1956, pp. 211 sgg. 149 s. bettini, Botticelli cit., p. 39. 150 f. lippmann, Zeichnungen ecc. cit., cap. XXVIII; riprodotto da j. mesnil, Botticelli cit., tav. lxxx. Lallusione a Dionigi al v. 133, quella a san Paolo ai vv. 138-39. Il Botticelli ha segnato il suo nome solo su unaltra opera: la Nativit mistica della National Gallery di Londra. I tre ultimi canti e la visione finale di Dante sono rimasti senza illustrazione. 151 Il Ficino espone, seguendo Dionigi, Lordine dei cieli, degli angeli, delle anime nel De christiana religione, cap. 121, Opera, p. 19 (come, basandosi sulle stesse fonti fa dante, Convivio, II, 9, e soprattutto Paradiso, XXVIII). Il Ficino considera gli angeli, mentes plurimas corporibus non unitas (Theologia Platonica, I, 5), come una multitudo immobilis. 152 La descrizione pi completa rimane quella di r. vischer, Luca Signorelli und die italienische Renaissance, eine kunsthistorische Ikonographie, Leipzig 1879, pp. 285-304. Cfr. anche l. dussler, Signorelli, Leipzig1905, e m. salmi, Signorelli, Firenze 1954. Lanalisi dei medaglioni si pu trovare in l. luzi, Il Duomo di Orvieto, Firenze 1866, pp. 59-200, con alcune correzioni in f. x. kraus, Dante cit., e l. dussler, Signorelli cit., pp.204-6. Osservazioni generali in a. venturi, Luca Signorelli interprete di Dante, Firenze 1922. 153 Cfr. pi avanti. 154 Lo zoccolo fa di Signorelli un vero e proprio illustratore di Dante. n. caioli, Spiriti e forze dantesche negli artisti aretini, in Dante ed Arezzo, Atti della R. Accademia Petrarca, ii (Arezzo 1922), p. 287. Sullambiente dOrvieto, dove gi dal Trecento si leggeva Dante in duomo, l. fumi, Il Duomo di Orvieto, Roma 1891. 155 Sullopera e la sua importanza cfr. pi avanti. 156 Theologia Platonica, XVIII; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., p. 166, n. 6. 157 R. vischer, Luca Signorelli ecc. cit., p. 303, ha pensato ad allie141 142
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vi: G. Genga, Polidoro, citati da a. venturi, Luca Signorelli ecc. cit., p. 43. 158 f. lippmann, Zeichnungen von Sandro Botticelli ecc. cit., ha creduto poter supporre, senza ragione, uninfluenza del Botticelli: ipotesi confutata da l. volkmann, Bidliche Darstellungen ecc. cit., p. 70. 159 Purgatorio, I, 31 sgg. Questo aspetto nuovo quello di Virgilio saggio platonico che compare nel commento del Landino allEneide: v. zabughin, Vergilio nel Rinascimemto ecc. cit., I, cap. III, p. 198; sar poi quello di Raffaello nel Parnaso, come hanno notato l. volkmann, Bildliche Darstellungen ecc. cit., p. 72 e h. wlfflin, Die Klassische Kunst, Mnchen 1898 (trad. it. Larte classica, 2 ed. Firenze 1953). 160 W. goetz, Das Dantebildnis cit., p. 28, osserva lopposizione totale con il profilo arabescato del poeta (coll. Langton Douglas, C. Gamba, Botticelli cit., p. 161) attribuito a Botticelli. 161 Cfr. pi avanti. 162 Inferno, III, v. 52. Dello stesso: Caronte sul fiume, da XXV, 1 sgg. Questa tesi quella di f. x. kraus, Dante cit., e a. venturi, Luca Signorelli ecc. cit., ripresa da a. von marle, The development of the italian Schools, vol. XXVI, p. 62. 163 vasari, ed. Milanesi, II, p. 353. 164 l. a. michelangeli, Sul disegno dellinferno dantesco, Bologna 1905, p. 40; lopuscolo di A. Manetti (1506) ripubblicato dallo Zingarelli, Citt di Castello 1897. 165 Ed. J. P. Richter, The literary works ecc. cit., n. 1421, II, p. 355. 166 La scena, riferita dallAnonimo Gaddiano, sembra essere accaduta verso il 1501, allepoca del David, al pi tardi nel 1504. g. seailles, Leonard de Vinci, Paris 1892, p. 123. 167 F. schneider, Dante und Leonardo, in Deutsches Dante Jahrbuch, xxii (nuova serie xiii) (Weimar 1940), pp. 152-55, riassume e completa le osservazioni di e. solmi, Le fonti dei manoscritti di Leonardo da Vinci, Torino 1908, n. lviii, e di f. fuggi, Studi filosofici e letterari, Torino 1938, pp. 445-59. p. meller, Leonardo da Vincis drawings to the Divine Comedy, in Acta Historiae Artium, ii (Budapest 1955), pp. 135-68, ha ugualmente ricordato la familiarit di Leonardo con lopera di Dante, proponendo di considerare come delle figure ispirate dalla Divina Commedia certe maschere demoniache e un certo numero di figure che si considera di solito come costumi per mascherate: a. e. popham, The drawings of Leonardo da Vinci, London 1946, n. 121 sgg.; cos: Piccarda (Paradiso, III, 42) Raab (Paradiso, IX, 112), Matelda (Purgatorio, XXVIII, 79), questultima essendo la celebre ninfa di Windsor. Il parallelismo si stabilirebbe con Botticelli. Lipotesi non si fonda che su delle analogie impossibili a precisarsi. 168 M. johnson, Leonardos fantastic drawings, in Burlington Magazine, lxxx (1942), p. 142. Le indicazioni date da a. e. popp, Leonar-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze do da Vinci, Zeichnungen, Mnchen 1928, sono completate da g. neufeld, A drawing by Leonardo, in The Art Bulletin, xxviii (1946), 1, pp. 47-49. Il disegno W. 12388, mostra con lesplosione e la distruzione finale del cosmo una piccola resurrezione dei morti; cfr. a. e. popham, The drawings ecc. cit., p. 288. 169 Trattato della pittura, ed. H. Ludwig, Vienna 1882, n. 25, 1, p. 50. 170 . degenhart , Dante, Leonardo und Sangallo, in Rmisches Jahrbuch fr Kunstgeschichte, vii (1955), pp. 101-291. Un breve riassunto di questo studio si trova in Kunstchronik, 1954, 7 (maggio), p. 131, seguito da una serie di osservazioni; cfr. anche HR, xix (1957), p. 366. 171 Conosciamo il passo di una lettera del 13 dicembre 1510 che si riferisce a Giulio II Parmi si voglia far docto in Dante ch ogni sera si fa legere Dante e dichiarar da Bramante architetto doctissimo. Cfr. c. baroni, Bramante, Bergamo 1944, p. 52. 172 . volkmann, Bildliche Darstellungen ecc. cit., non vedeva che vaghi legami tra Dante e Raffaello;o. fischel, Raphal und Dante, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xli (1920), pp. 83 sgg. ha insistito con decisione su tali rapporti; egli ne ha fatto uno degli elementi essenziali della sua interpretazione, secondo la quale Dante per Raffaello una guida ad ogni stadio del suo creare, il che eccessivo. Cfr. anche: c. spadoni, Dante e Raffaello, Roma 1921, e o. fischel, Dante und die Knstler cit., pp. 9-11. Su Bramante dantologo cfr. r. renier, Gaspare Visconti, in Archivio storico lombardo, 1886, p. 535 n. 173 w. goetz, Das Dantebildnis cit., p. 34. 174 Le interpretazioni di h. grimm, Raffaels Schule von Athen in dantescher Beleuchtung, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xlvii (1926), pp. 94-112, sono suggestive ma troppo sistematiche. 175 . vossler, Die gttliche Komdie, Heidelberg 1907, t. I, p. 805; p. schubring, Illustrationen zu Dantes ecc. cit., ad. loc. 176 Paradiso, XXX, 115 e XXXI, 122. I disegni citati sono riprodotti in o. fischel, Raphaels Zeichnungen, t. VI, Berlin 1925, n. 258 (Windsor), nn. 259 e 260 (Oxford e Chantilly). Per linterpretazione luminista del Paradiso, cos agli antipodi del simbolismo grafico dei Botticelli, Dante stesso ha fornito unindicazione preziosa, parlando della battaglia de debili cigli, e richiamando il movimento delle nubi che nascondono il sole, Paradiso, XXIII, 78 sgg. 177 . fischel, Raphal, London 1948, pp. 161-65. 178 I vecchi studi di j. klackzo, Dante et Michel-Ange, in Revue des Deux Mondes, 1880, e di h. thode, Michelangelo und das Ende der Renaissance, II, Berlin 1903, pp. 119-27, appaiono oggi troppo generali; le indicazioni di l. volkmann, Bildliche Darstellungen ecc. cit., conB L K O

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze servano una loro utilit. k. borinski, Die Rtsel Michelangelos cit. ha voluto trovare un principio dinterpretazione unitaria di tutta lopera di Michelangelo nella Commedia, il che significa dire molto e dire nulla. Le sue ambiziose proposte sono state severamente criticate da a. farinelli, Michelangelo e Dante cit., pp. 182 sgg. per quanto riguarda la volta della Sistina. Manca un moderno lavoro di sintesi sullargomento. 179 Un editore antico del Vasari, il Bottari, Le Vite ecc., Roma 1759, vol. I, p. 428, a proposito di un passo poco chiaro (ed. Milanesi, VI, p. 244), ha scritto che Michelangelo aveva illustrato interamente il testo della Commedia (a. bastermann, Orme di Dante in Italia cit.): lopera sarebbe stata perduta casualmente dal suo ultimo proprietario, A. Montanti (morto nel 1740). f. x. kraus, Dante, p. 618, ha analizzato la fondatezza di questa tradizione, che si dissolta dopo lo studio di a. farinelli, Michelangelo e Dante cit., pp. 67-68. 180 Allidentificazione di un ritratto di Dante nel Giudizio (e. nogara, Rendiconti della Pont. Accad. Romana di Archeologia, ix [1934]), si oppone la critica generale delle identificazioni in questopera, dove verosimilmente non compaiono ritratti (w. goetz, Das Dantebildnis cit., p. 43). Quanto alla scoperta di j. d. gonzalez, Scoperta dun grande segreto dellarte nel Giudizio universale di Michelangelo, Roma 1954, cio un ritratto colossale di Dante (inserito negli interstizi della composizione) e unimmagine di Cristo morto che sarebbe ad esso sovrapposta, essa non ci sembra attendibile 181 C. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 22 (richiami al Vasari e al Condivi). Fu G. F. Aldrovandi che fece affidare a Michelangelo lincarico di eseguire le tre statue per larca di San Domenico. 182 In Le Rime, ed. C. Guasti, Firenze 1863, p. 153 e in k. frey, Die Dichtungen des Michelagnolo Buonarroti, Berlin 1897, di cui occorre in alcuni casi rivedere la cronologia, come ha indicato . de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 54. 183 i. del lungo, Dellesilio di Dante, Firenze 1881, pp. 183-88. 184 C. de tolnay, The Medici Chapel cit., 1948, p. 26. 185 Sono state raccolte da h. tietze, Francisco de Hollanda und Donato Giannottis Dialogi und Michelangelo, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxviii (1905), pp. 313-20. 186 Le lettere di Michelangelo Buonarrotti, ed. Milanesi, Firenze 1875, lettera clv, p. 180. 187 m. barbi, Della fortuna di Dante ecc. cit., p.247. 188 Dialogi di Donato Giannotti, de Giorni che Dante consum nel cercare lInferno e l Purgatorio, ed. D. Redig de Campos (Raccolta di Fonti per la Storia dellarte, II), Firenze 1939, p. 37. 189 Ibid., pp. 68-69. Per lultimo passo occorre ricordare i rilievi di p. o. kristeller, The philosophy of Marsilio Ficino cit., pp. 96 sgg.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze . varchi, Due lezzioni ecc., Firenze 1549, p. 117, richiama un paragone del Paradiso, XXIII, 121, sul bimbo che si volge verso la madre (ripreso nel XXX, 82-84), a proposito della Vergine della cappella medicea; c. de tolnay, The Medici Chapel cit., p. 144, nota che il primo parallelo istituito tra la poesia di Dante e la scultura di Michelangelo. 191 Precisamente B. Varchi, citato da e. steinmann, Die sixstinische Kapelle cit., II, pp. 564-65. 192 Purgatorio, XXIX, 100; Inferno, XXIV, 91. 193 Purgatorio, XXVII, 97 sgg. Il riferimento suggerito dal Condivi, ed. K. Frey (Ausgewhlte Biographien Vasaris, II, Berlin 1887) p. 66. Linterpretazione delle due donne di Giacobbe come simboli della vita attiva e della vita contemplativa si trova in san Tommaso, da cui Dante evidentemente lha derivata; essa utilizzata da Michelangelo attraverso lamplificazione platonica: e. panofsky, Studies in Iconology cit., pp. 140 e 192. Dei quattro fiumi infernali si parla nellInferno, XIV, 116 e nel Fedone, 15-16. Cfr. anche: c. de tolnay, Werk und Weltbild des Michelangelo cit., p. 44. 194 Purgatorio, IX, 19; k. borinski, Die Rtsel Michelangelos cit., p. 142; e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 214. 195 ci che, unico per quanto ne so, ha riconosciuto e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 179, in un passo che viene a coincidere con la tesi generale del nostro studio: Proprio il suo serio studio della Divina Commedia non poteva che approfondire il suo interesse per le dottrine dellAccademia neoplatonica. Nessuno leggeva Dante senza un commento, e delle dieci o undici edizioni di Dante stampate avanti il 1500 nove sono accompagnate dal commento di Cristoforo Landino, nel quale ogni verso del poeta interpretato in senso neoplatonico e messo in rapporto con le teorie elaborate dal Landino negli altri suoi scritti. 196 k. borinski, Die Rtsel Michelangelos cit., pp. 204 sgg., e w. kallab, Dante und Michelangelos Jngstes Gericht, in Zeitschrift fr Aesthetik und allg. Kunstwissenschaft, ii (1907), pp. 202-16, hanno visto nella Commedia la fonte principale dellopera di Michelangelo, oltre al Signorelli di Orvieto. e. steinmann, Die sixtinische Kapelle cit., II, che la considera come una fonte importante per laffresco, cerca in questo la struttura delle tre cantiche e i personaggi di Dante. Gli studi recenti: 1) hanno ridotto le identificazioni dantesche ad alcuni motivi secondari (messa a punto di d. redig de campos e b. biagetti, Il Giudizio universale di Michelangelo, Roma 1943, pp. 46-47); 2) considerano piuttosto la Commedia un veicolo di temi neoplatonici o propriamente mistici, che Michelangelo, soprattutto intorno al 1540, poteva derivare anche da altre fonti (c. de tolnay, Le jugement dernier de Michel-Ange, essai dinterpretation, in The Art Quarterly, 1940, pp.
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125-47). 197 Inferno, III, 109-11, e V, 4-6; ibid., XXI, 29. 198 Purgatorio, VI, 118; Paradiso, XXXI, 1-2, ecc. 199 b. varchi, Due lezzioni cit., p. 116, citato da m. barbi, Della fortuna di Dante ecc. cit., p. 317. 200 Anche il Vasari (di cui non si deve dimenticare il fatto che ha concluso con la Vita di Michelangelo la sua storia universale dellarte) non ha trascurato Dante, ma su un piano pi modesto, inserendolo nella serie dei Fiorentini illustri: n. caioli, Spiriti e forze dantesche cit., cap. III, e passerini, Il ritratto di Dante cit., p. 21, sul curioso disegno allegorico dellOxford College di Oxford.

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Sezione terza i programmi Introduzione Il paradigma dellarchitetto

Nel Quattrocento larchitettura era diventata presso il pubblico fiorentino unarte superiore, o addirittura, in un certo senso, larte per eccellenza. La conclusione della cupola di Santa Maria del Fiore aveva avuto uneco di cui difficilmente si potrebbe esagerare la portata; lopera era stata paragonata alle classiche meraviglie del mondo. LAlberti, appena arrivato a Firenze, loda nella prefazione del suo trattatello del 1435 la possente struttura che copre della sua ombra i popoli della Toscana tutta. Intorno al 1450 un famoso passo di Giannozzo Manetti consacra questo significato assoluto del capolavoro fiorentino; si pu metterla al di sopra di tutto, scriver il Verino mezzo secolo pi tardi. Le stesse contestazioni del Ghiberti il quale nei suoi Commentari afferma di avere avuto una parte essenziale nellopera confermano limportanza attribuita a questa realizzazione senza pari dellarte dedalea1. Amico dei dotti, in rapporti stretti col cosmografo e matematico Toscanelli, al quale gli umanisti, e il Ficino in primo luogo, dichiareranno la loro amicizia, sostenuto dagli intellettuali, il Brunelleschi rappresentava una cultura fondata sul primato dellarchitettura e che aspirava a rinnovare sempre pi tutti gli aspetti dellarte. Dopo il rifacimento del palazzo di Parte Guelfa, intorno al 1420-25, il suo progetto per il palazzo Medici sarebbe venuto a trasformare il tipo del palazzo fio-

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rentino. Egli per si dedic a unaltra impresa assai importante, niente meno che riformare la pianta basilicale tradizionale e compiere una serie di esperienze, nuove per tutto lOccidente, sulledificio a pianta centrale. Le resistenze per non mancarono: molte sue opere rimasero incompiute e furono oggetto di polemiche assai vive nellultimo terzo del secolo, allorch lesempio del Brunelleschi ritorn di attualit. La pianta della rotonda di Santa Maria degli Angeli nel convento dei Camaldolesi (cominciata dopo il 1436, ma la costruzione si limit poco pi che alla base) incontr tra il 1480 e il 1490 un successo rivelatore2. Santo Spirito di cui il Brunelleschi aveva elaborato il progetto nel 1444 due anni prima di morire, rappresenta la sua concezione pi matura e completa della pianta basilicale. La costruzione non fu condotta attivamente se non dopo il 1471; la cupola fu terminata nel 1481 e fu allora che si accese una polemica famosa a proposito delle aperture della facciata che si prolung fin oltre il 1486. Gli amici del Brunelleschi avrebbero voluto che si restasse fedeli al suo progetto, il quale avvolgendo tutto linterno in un ritmo unitario di archi, prevedeva sulla facciata esterna un portico di quattro campate: ne sarebbero venute quattro porte in luogo delle tre aperture tradizionali che Giuliano da Maiano avrebbe voluto e che furono alla fine condotte da Salvi dAndrea. Era lultima, se non la pi grave, alterazione dei progetti brunelleschiani3. Paolo Toscanelli, vecchio amico dellarchitetto e con pi veemenza ancora Giuliano da Sangallo nella sua lettera del 15 maggio 1486 a Lorenzo, sindignarono vedendo correzioni abusive guastare un cos belledificio. Ci fu insomma per una quindicina danni una sorta di querelle Brunelleschi. Fu senza dubbio per sostenere la gloria dellinnovatore che venne composta allora la Vita di Filippo di Ser Brunellesco (incompiuta). Lopera si deve attribuire ad Antonio Manetti

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che per i suoi studi di cosmografia dantesca abbiamo gi accostato allautore della cupola. In questo brillante opuscolo, tutto percorso dai motivi dellumanesimo ficiniano, architettura, filosofia e archeologia vengono strettamente associate per definire il genio dellartista ideale. Le insufficienze di certe costruzioni brunelleschiane sono attribuite allinettitudine degli esecutori. Lautore attribuisce al Brunelleschi anche conoscenze musicali attinte dai testi antichi. Linsistenza con cui torna sul periodo romano e lo studio dellantico tanto forte che lecito pensare a uninfluenza dellAlberti, molto forte intorno al 1480, sul biografo. Ma questo anche un modo per dimostrare che il Brunelleschi aveva saputo risalire alle fonti e che le sue opere fiorentine rispondono ad una sintesi universale4. Questa difesa dellarchitetto moderno rispondeva ad un interesse sempre pi esplicito degli umanisti: cio illustrare storicamente quello che si pu chiamare il paradigma platonico dellarchitetto. I passi in cui Platone mette larchitettura in rapporto con la musica (Filebo, 51 c e 56 b, c) e con la contemplazione filosofica (Politica, 240) sono fra quelli che sempre hanno interessato e sono stati commentati e che sempre erano citati con predilezione negli ambienti neoplatonici5. Nel riassunto della Repubblica di Platone il Ficino mette in luce la dignit particolare dellarchitetto; la sua arte si fonda su le verit eterne della geometria, cio sullintelligibile. La distinzione fra concezione ed esecuzione, tra elemento intellettuale e elemento sensibile, risulta qui particolarmente chiara e viene a fornire anche una delucidazione assai felice circa la dottrina delle idee. Gi nel 1469 il Ficino aveva sviluppato nel suo Commento al Convito lanalisi corrispondente:
Se alcuno dimanda in che modo la forma del corpo possa essere simile alla forma e ragione dellAnima e dellAnge-

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lo, prego quel tale, che consideri lo edifizio dello Architettore. Da principio lo Architettore, la ragione e quasi Idea dello edifizio nello animo suo, concepe: di poi fabbrica la casa (secondo che i pu) tale quale nel pensiero dispose chi negher la casa essere corpo? E questa essere molto simile alla incorporale Idea dello artefice a la cui similitudine fu fatta? Certamente per un certo ordine incorporale pi tosto, che per la materia, simile si debbe giudicare. Sforzati un poco a trarne la materia se tu puoi: tu la puoi trarre col pensiero. Ors, trai a lo edifizio la materia; e lascia sospeso lo ordine: non ti rester di corpo materiale cosa alcuna: anzi tutto uno sar lordine che venne da lo artefice, e lordine che nello artefice rimase.

ci che esprimeva lAlberti dicendo che possibile integras formas praescribere animo et mente, seclusa omni materia6. Quindici anni dopo la stessa dimostrazione si ritrova in Pico in termini pi scolastici:
Ogni causa che con arte o intelletto opera qualche effetto, ha prima in s la forma di quella cosa che vuole produrre, come un architetto ha in s e nella mente sua la forma dello edifizio che vuole fabbricare, e reguardando a quella come a esemplo, ad imitazione sua produce e compone lopera sua. Questa tale forma chiamano e Platonici Idea e esemplare e vogliono che la forma dello edificio, che ha lartefice nella mente sua, abbia essere pi perfetto e pi vero che lartificio poi da colui produtto nella materia conveniente, cio o di pietre o di legni o altre cose simile. Quello primo essere chiamano essere ideale ovvero intelligibile; laltro chiamano essere materiale o sensibile, e cos se uno artefice edifica una casa, diranno essere dua case, una intelligibile, che quella che ha lartefice nella mente, unaltra sensibile che quella che da lui composta, o di marmo o di pietre o di altro, esplicando quanto pu in quella materia la forma che in s ha concetta; e questo quello che il

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nostro poeta Dante tocca in una sua canzona, dove dice: poi che pigne figura, se non pu essere lei, non la pu porre7.

Questa analisi non nuova; ed del tutto astratta e teorica. Pure questa teoria delledificio incorporeo che si realizza nella materia abituava a porre lidea (insieme prototipo astratto e immagine) alla base dellattivit artistica8. Il Brunelleschi era stato un grande ingegnere9. Ma egli aveva posto limmaginazione tecnica al servizio di un nuovo ordine di problemi. Passo passo con le sue realizzazioni, la sua concezione dello spazio architettonico era venuta evolvendo. Da semplici superfici armonicamente divise i muri diventano nelle sue opere ultime masse fortemente articolate e ledificio assume un nuovo valore plastico10. Egli ha cos lasciato ai suoi successori suggerimenti complessi. Ma lessenziale che il problema artistico si era venuto distinguendo dal problema costruttivo. La rivoluzione era consistita nello studiare integralmente ledificio come uno sviluppo coerente di forme geometriche, senza che loriginalit della concezione restasse subordinata alla soluzione dei problemi concreti che sarebbero sorti poi. Limportanza annessa allidea, quale era consegnata al modello teorico, veniva a tagliare i ponti con le tecniche del gotico o meglio di quella architettura che proprio allora si cominciava a chiamare cos: unarchitettura nella quale lo schema generale non subordinava a s interamente le parti, e in cui ledificio aveva un carattere per cos dire addizionale, indefinito, dato che la fioritura degli elementi decorativi, tabernacoli, pinnacoli, veniva continuamente a oscurare la visione dei volumi11. Laccento verr dunque posto anzitutto sullinvenzione e sullorganizzazione astratta, sulle forme pure. Larchitettura si allinea cos tra le arti liberali. Essa arte di pensiero, non rientra pi tra le operazioni meccaniche12. Sempre sotto

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legida di Platone, il Ficino espone la nuova posizione centrale assunta dallarchitetto, la cui facolt va collocata tra la speculazione pura e lattivit pratica, pur legandosi maggiormente alla prima; larchitetto geometra, ma anche direttore dei lavori: i due aspetti sono nettamente definiti13. Le conseguenze che ne risultano sono numerose: la generazione del 1480, fondandosi sulle nuove dottrine, ha cominciato a svilupparle. Una prova precisa di questo accordo si ha nellelogio del trattato dellAlberti che il Ficino introduce nel suo Commento al Timeo, alla vigilia della edizione del 1485. In tale elogio il Ficino precisa con chiarezza quella che la portata dellopera. Se ci che interessa linterpretazione matematica della realt fisica, Leon Battista Alberti lha introdotta nellarchitettura14. Si tratta di una definizione abbastanza semplificata del De re aedificatoria, nella quale in realt i problemi non sono tutti posti n risolti in questi termini astratti. Ma il Ficino ed i suoi amici apprezzano nellAlberti lo sforzo compiuto per imporre al tecnicismo e allempirismo di Vitruvio un orientamento filosofico e il suo desiderio di coronare un insieme di prescrizioni positive attraverso un numero sufficiente di princip superiori. Fin dallesordio del suo trattato lAlberti infatti affermava il principio secondo il quale larchitettura, al pari della musica, larte che pi profondamente penetra nello spirito e risponde integralmente alle sue esigenze15. Il De re aedificatoria non era, come non lo era stato il De pictura del 1435, una codificazione dei procedimenti esecutivi del tempo. Al pari del meraviglioso romanzo, composto intorno al 1464 sugli stessi argomenti da un altro fiorentino passato al servizio dei signori di Milano, il Filarete, si trattava insieme di un programma ideale, di una raccolta di consigli pratici, di formule rinnovate dellantichit e di argomenti intesi a giustificare il primato dellarchitettura sullorizzonte delle arti. Questa rielaborazione umani-

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stica era originale soprattutto su tre punti: la teoria delle proporzioni, la teoria degli ordini e limpiego dei simboli16. La struttura degli edifici di particolare interesse (chiese o palazzi) deve essere elaborata in base a calcoli appropriati. I tipi di pianta possono essere definiti e caratterizzati come accordi semplici: 2/3, 3/5 ecc., analoghi a quelli della gamma musicale, e le loro suddivisioni determinano larticolazione della parete17. Per la composizione delle masse, considerate puri volumi, solidi matematici, si deve passare dai rapporti semplici alle proporzioni. LAlberti, riprendendo il vocabolario pitagorico, propone le tre mediet, dette rispettivamente aritmetica, geometrica e armonica, come mezzi per trovare la giusta altezza di un edificio a partire da una pianta rettangolare18. Questi tre tipi sono tolti da Platone. Sono i rapporti-chiave proposti nel Timeo per legare i pieni e i vuoti delluniverso. Cos lAlberti espone praticamente il primo grado di una dottrina pi generale che mira a regolare lopera in base alle leggi delledificio cosmico: Questo calcolo viene introdotto in Platone per spiegare la composizione dellanima del mondo, nellAlberti per fornire allarchitetto le regole di una bellezza sicura19. Ora questa teoria delle proporzioni fondamentali ritorna pari pari nel Commento al Timeo (cap. 29) con valore universale. Questo oscillare tra cosmologia ed estetica dellarchitettura si ritrover in tutto il corso del Rinascimento; dallAlberti al Palladio, lumanesimo platonico fornisce il telaio generale di idee utili20. Le proporzioni vengono a confermare la dignit speculativa dellarchitettura; gli ordini ne dimostrano la dignit storica. Tuttavia essi non hanno la precedenza21. Nella pratica del Brunelleschi e di Michelozzo, le colonne ed i pilastri servono, insieme a tutti gli elementi della tradizione toscana (cornici, fasce, ecc.) a accentuare lar-

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ticolazione dei volumi ed il ritmo dellinsieme. I fusti delle colonne, i capitelli, e le trabeazioni possono essere rettificati sulla base dellantico; ma, come avviene nelle tombe monumentali, le quali partono dallo schema di massima dellarco trionfale, luso fiorentino non si preoccupa eccessivamente dellesattezza archeologica. NellOspedale degli Innocenti, in San Lorenzo e in Santo Spirito, Brunelleschi appoggia su pilastri angolari la fascia orizzontale che chiude gli archi e appoggia questi su colonne. lopposto della regola romana, rimessa in onore dallAlberti, secondo la quale larchitrave postula la colonna (come accade nella facciata di San Pancrazio) e larco postula il pilastro (facciata di San Francesco a Rimini)22. Intorno al 1480 le due esigenze vengono ad incontrarsi, soprattutto nellopera del Sangallo; le sue varianti nella forma dei capitelli e dei supporti dimostrano quanto sia cosciente del problema. Pi vicino al Brunelleschi (e alla sacrestia vecchia di San Lorenzo), nella chiesa delle Carceri a Prato (1485-91), adotta invece una soluzione romana nel vestibolo della sagrestia di Santo Spirito23. Cos egli accoglie la sfida che i resti antichi avevano lanciato alla fantasia dei moderni. pensando allorganizzazione degli elementi decorativi che lAlberti scrive: vorrei che nei templi non ci fosse nulla sul muro o nelle riquadrature che non avesse un accento filosofico; e massimo le sacre, percioche e non sara nessuno, che possa sopportare che elle stieno ignude di ornamenti24. Questa legge risponde sia alle propriet psicologiche dellornato astratto (figure geometriche, distribuzione di colori ecc.) sia alle risorse dellimmagine. Si deve evitare ogni ammasso confuso e partire invece da una lucida coscienza della dignit della decorazione; questa potr comprendere cicli di affreschi, ma anche motivi propri a far sentire la vita particolare delledificio. Si pu attribuire a questo una vera e propria personalit, che la decorazione render pale-

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se. Cera luso di formulare loroscopo per le costruzioni importanti: il Ficino far parte del gruppo di specialisti consultati a questo proposito per palazzo Strozzi25. Lidea che ogni opera architettonica degna di questo nome sia paragonabile ad un organismo vivo si trova esposta nellintroduzione al libro terzo di Vitruvio, che prescrive una composizione ad hominis bene figurati exactam rationem; questidea era stata ripresa dallAlberti per indicare il carattere completo, coerente e armonioso delledificio. Questa anche la chiave di tutta la sua dottrina26. Lanalogia ricorre spesso nellultimo terzo del secolo; si esprime in forma grafica in Francesco di Giorgio, in una serie di disegni in cui si vedono figure umane iscritte nelle piante per mostrare, ad esempio, come la pianta centrale, possa legarsi con una pianta longitudinale27. Francesco di Giorgio comporr una specie di geroglifico della architettura urbana rappresentando un uomo che porta una fortezza sulla testa, una torre ad ogni estremit, una basilica nel petto28. Lo stesso artista render concreta la formula vitruviana attraverso la doppia iscrizione di una figura in un cerchio e in un quadrato, tema che verra ripreso da Leonardo in un celebre disegno e da Drer, che lo deriva da lui. Questo significava andare molto pi lontano di Vitruvio, dato che luomo, unito cos alle forme geometriche semplici, simboleggia la struttura universale, cio il principio darmonia e di proporzione comune alluomo, allarchitettura e al mondo29. Laccordo di questo principio con la dottrina neoplatonica del cosmo vivente pieno; questa analogia si ritrova in tutti i teorici influenzati da questa dottrina. Il Pacioli si richiama al Timeo nello stesso tempo che a Vitruvio e ad Euclide per affermare: del corpo humano ogni misura con sue denominationi deriva e in esso tutte sorti de proportioni e proporzionalit si ritrova con lo deto de laltissimo mediante li intrinseci secreti de la natura... E cosi comme dici el nostro

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Vitruvio a sua similtudine dobbiam proportionare ogni edificio30. In una lettera che si pensa indirizzata al cardinale di Carpi, Michelangelo molto pi tardi svilupper questa stessa formula: E per cosa certa, che le membra dellarchitettura dipendono dalle membra delluomo, chi non stato o non buon maestro di figure, e massime di notomia, non se ne pu intendere31. Rimane da definire in quale misura queste teorizzazioni abbiano potuto agire dallepoca di Lorenzo in poi sui programmi architettonici e determinare sviluppi interessanti. Proprio da questo punto di vista parziale analizzeremo successivamente larchitettura religiosa, il problema della villa, la decorazione delle chiese e quella delle dimore private. Alla fine del Quattrocento si riscontra nella citt toscana un contrasto tra un certo conformismo toscano e le tendenze innovatrici. Il ritorno a Brunelleschi avveniva intorno al 1480 con qualche difficolt; le idee dellAlberti erano, tutto sommato, rimaste lettera morta. Non palazzo Rucellai che serve di prototipo per larchitettura dei palazzi, ma quello di Michelozzo. Quando il biografo di Lorenzo afferma che questi amava larchitettura che aveva un sapore antico, vuol mettere in evidenza loriginalit di gusto del capo della famiglia Medici. Il Pacioli dal canto suo ha insistito sullimportanza delle ricerche che si compivano nellambiente mediceo: In Firenze poi trovo decta architectura molto magnificata, maxime poi chel Magnifico Lorenzo Medici sene comenzo a delectare: qual de modelli molto in epsa era prontissimo... in modo che chi oggi vol fabricare in Italia e fore subito recorreno a Firenze per architecti32. Il Pacioli ricorda a questo proposito Giuliano da Maiano da lui incontrato a Napoli; ma la figura dominante del momento Giuliano da Sangallo. Lo si ritrova ogni volta al centro dei problemi di attualit33. Gra-

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zie alle sue raccolte di rilievi archeologici e tecnici, che inizia ben presto a Roma e completa poi a Napoli, Genova, in Provenza, egli viene ad avere una parte di primo piano non solo per gli architetti ma anche per gli scultori e i pittori. in contatto con Botticelli, Filippino, il Ghirlandaio, Bertoldo; egli li informa e copia le loro composizioni34. Ha legami stretti con Leonardo35. I suoi numerosi soggiorni a Roma, Milano, Loreto, Genova lo portano a diffondere certi motivi e, per contro, a liberarsi dello stretto ambito delle consuetudini toscane: sar il maestro di Michelangelo di cui appogger efficacemente la carriera36. Le sue iniziative hanno tutte un loro significato: con la Madonna delle Carceri fornisce il primo esempio di chiesa a croce greca e con la villa di Poggio a Caiano il primo modello di casa di campagna in uno stile nuovo. Stando al Vasari, egli eresse numerose costruzioni pubbliche e private, fra le quali non solo palazzo Gondi, ma anche il palazzo del giureconsulto Bartolomeo Scala, amico del Ficino. Pi si studia la parte da lui avuta intorno al 1490, pi risulta chiaro che Giuliano larchitetto del nuovo umanesimo: egli completo, dotto, ingegnoso. Ma lo sviluppo rimane interrotto e si deve tener presente lavvertimento dello storico: Avvenne, come di continuo avviene, che la fortuna, nemica della virt, lev gli appoggi delle speranze a virtuosi, con la morte di Lorenzo de Medici: la quale non solo fu cagione di danno agli artefici virtuosi ed alla patria sua, ma a tutta lItalia ancora; onde rimase Giuliano con gli altri spirti ingegnosi sconsolatissimo....37

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Capitolo primo Il Tempio

Limmagine del Tempio rappresenta lUniverso quale si rivela alla contemplazione, cio misteriosamente predisposto per la celebrazione del Divino. Lanalogia, assai antica, ha ritrovato tutta la sua efficacia nel secolo xv, nei commenti ai salmi (in sole posuit tabernaculum suum, XVIII, 5) e nella poesia liturgica o ancora nelle innumerevoli meditazioni e visioni ispirate a Dante e consacrate allo spettacolo sublime dei cieli stellati, alla vista grandiosa del sole che risveglia la terra o la vivifica38. Il simbolo del Tempio di uso universale. Allorch si tratta del cosmo: occorre, diceva il Ficino, che ad ogni cerchio di questo tempio si muovano i cori dei sacerdoti che cantano in gloria di Dio. Nel De tranquillitate animi dellAlberti, lantichit viene paragonata a un Tempio, di cui i moderni si contendono i resti: Costrussero uno quasi tempio e domicilio in suoi scritti a Pallade e a quella Pronoa dea de filosofi stoici39. Si ha anche un Tempio della Filosofia, ampiamente descritto allinizio della traduzione di Platone del 148240 Ledificio sacro ideale era stato mirabilmente previsto dallAlberti:
Certamente che per indirizzare gli huomini alla piet, sono molto a proposito i Tempii i quali dilettino sommamente gli animi e gli intrattenghino con gratia, e maraviglia

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di se stessi... Et perci vorrei io che nel Tempio fusse veramente tanto di bellezza che e non sene potesse imaginare in alcuno altro luogo alcuna maggiore, e vorrei che e fusse da ogni parte cosi ordinato che e porgesse a que che vi entrano dentro stupefatti, spavento; per la maraviglia delle cose degne e eccellenti; e che a gran pena si ritenessero, che non dicessero con maraviglia alzando la voce questo certo luogo degno di Dio (De re aedificatoria, VII, 3).

interessante vedere come avvenga la spiegazione: la funzione delledificio doppia, disporre lanima quanto meglio possibile alle sue facolt contemplative e con questo arrivare ad una sorta di terapeutica spirituale che esalta e purifica lo spettatore; tuttavia la sublimit stessa dellopera realizza un atto di adorazione che raggiunge il tono religioso attraverso la bellezza assoluta. impossibile dubitare dellorientamento religioso di questa dottrina41. lecito tuttavia chiedersi in quale misura essa fosse pienamente conciliabile con le consuetudini del mondo cristiano e soprattutto con le regole della liturgia. Che avverr dellaltare e dello spazio riservato alle messe? LAlberti afferma che non si truova cosa alcuna appresso de Mortali, ne si pu imaginare che sia pi santa, o degna del sacrifitio (VII, 13), e raccomanda un altare unico secondo la formula dei primi tempi del cristianesimo, precisando che le manifestazioni di questo genere hanno tutto da perdere ad essere rese troppo facili: affermazione che porta alla conclusione di limitare il numero delle messe42. La dottrina albertiana tende sia a semplificare che a rendere solenne il culto. La stessa preoccupazione si ritrover ad esempio in Pico. Si trattava di una preoccupazione tipica degli umanisti fiorentini43. Il rinnovamento dellarchitettura si accompagnava ad una riforma o almeno una semplificazione della pratica religiosa. La chiesa tradizionale poteva divenire il tempio dellanima, nella misu-

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ra in cui la fede cristiana conteneva lessenziale di una religione dello Spirito puro. Non un caso che queste preoccupazioni vengano a coincidere con il ritorno alla pianta centrale, che era stata una delle forme tipiche della bassa antichit prima di divenire il tipo canonico di chiesa dellImpero bizantino44. Che esso trionfi tardi in Occidente un fatto degno di nota nella storia dellarchitettura; n meno sorprendente che la sua resurrezione si verifichi in Italia proprio alla fine del Quattrocento. Prima del 1480 le composizioni a pianta centrale sono uneccezione, tranne che per alcuni battisteri e sacrestie. Tra il 1480 e il 1520 si moltiplicano nelle province in cui larchitettura conosce una evoluzione originale: Toscana, Lombardia, Roma e il territorio circostante45. Ora larchitettura che si forma a quel tempo in Toscana e che si realizzer appieno a Roma, non si lega ad alcuna innovazione tecnica; essa non pu essere spiegata che con gli orientamenti dellintelligenza e del gusto, cio con levoluzione della cultura. Tre serie di considerazioni giocavano a favore della pianta centrale: il valore simbolico annesso alla forma circolare, il gran numero di speculazioni geometriche provocate dallo studio dei volumi in cui venivano a combinarsi sfera e cubo, il prestigio degli esempi storici46. Gi nellAlberti notevole limportanza accordata alle forme circolari: delle cose che ci produce la natura chiaramente si vede come essa preferisca la forma rotonda, giacch tali vediamo le sue costruzioni come il globo terrestre, le stelle. La predilezione della natura non fa che confermare una disposizione antica: la cupola tradizionalmente la forma analogica del cielo47. Non basta dire che la figura circolare occupa un posto privilegiato. Nel Ficino, ad esempio, essa appare come un simbolo completo, a molte facce, che rappresenta sia un geroglifico filosofico (Dio cerchio spirituale, la cui cir-

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conferenza dovunque e il centro in nessun luogo), sia la forma madre dellUniverso concreto (prima et ultima figurarum). Linsistenza sul principio circolare, concepito tanto come un simbolo metafisico che come una regola matematica, corrisponde a tutti gli aspetti della fantasia e della dottrina48. Da tempo edifici di tipo centrale apparivano nelle scene figurate dellarte sacra: verso il 1450 Giovanni di Paolo colloca la sua Presentazione al Tempio sotto un padiglione ottagonale sostenuto da minute colonne49. Tuttavia gli edifici rotondi sono di regola associati al ricordo del mondo antico. La scena della storia di Giuseppe che si vede nella terza porta del Battistero viene dal Ghiberti immaginata davanti ad un grande edificio circolare, probabilmente ispirato a Santo Stefano Rotondo di Roma, la chiesa tonda del Celio che era considerata volta volta come il Tempio del Fauno o il Macellum Magnum di Nerone50. Il colore storico viene a tingersi di unallusione al paganesimo nel tempietto circolare (evidentemente il tempio dellamore) sostenuto da sei colonne e ornato di un fregio bacchico, sotto il quale si svolge, nella Cronaca illustrata del Finiguerra, il Ratto di Elena51. Il riferimento si precisa nella lunga descrizione del tempio di Venere Physizoe che si trova nel Sogno di Polifilo, in cui il simbolismo della Natura si fa esplicito, con lassociarsi dei temi cosmici e della decorazione bacchica52. Si tratta chiaramente di un simbolo del paganesimo nel caso del tempio di Diana in Efeso, rotonda a cupola sormontata da una mezzaluna, che Filippino introduce nella sua Resurrezione di Drusiana in Santa Maria Novella53. Le vedute di citt dipinte alla fine del Quattrocento dimostrano che si era sensibili al valore di questo tipo di edificio nel complesso di una prospettiva architettonica: in questo gruppo dopere si trovano per la prima volta edifici indipendenti a pianta ottagonale, inseriti in un panorama moderno e presentati come modelli. La croce che li

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sovrasta nelle tavole di Urbino e di Baltimora non lascia alcun dubbio sul loro significato: nella citt ideale essi rappresentano la chiesa nuova, il tempio ideale54. Degna di nota la loro articolazione geometrica; il loro rivestimento policromo richiama la decorazione del Battistero fiorentino; tuttavia la loro struttura pi semplice e moderna, per cui si deve metterli in rapporto con la voga che intorno al 1490 conosce, presso gli architetti, lunico edificio a pianta centrale della prima met del secolo, cio la rotonda non finita di Santa Maria degli Angeli opera del Brunelleschi. Come Santo Spirito, di cui il Brunelleschi aveva lasciato solo il progetto, ledificio ottagonale (progettato dopo il 1434) destinato al convento dei Camaldolesi di Firenze, era stato interrotto alla morte dellarchitetto (1446). La costruzione non era stata ripresa al tempo del Magnifico e lopera, di cui si era appena costruito il basamento, fu incorporata pi tardi in un insieme che ne mut completamente la fisionomia55. La struttura originaria nota soprattutto attraverso un disegno della raccolta di Giuliano da Sangallo (fol. 15 v): una pianta precisa e accompagnata da misure, affiancata anche da un elemento dellalzato ha permesso di ricostruire la struttura generale delledificio: un grande spazio centrale che si dilata in otto absidiole radiali che formano altrettante cappelle a doppia abside, tranne quella che si apre su una sorta di nartece quadrato. Allesterno cerano nicchie che assicuravano alla chiesa unarticolazione plastica altrettanto forte del gioco dei pilastri allinterno. Questa invenzione, del tutto eccezionale intorno al 1440, era la conclusione delle ricerche iniziate con la sacrestia di San Lorenzo e la cappella Pazzi; in essa veniva ad essere isolato il motivo monumentale della pianta centrale su base circolare ed anulare. indubbio che i priori dei Camaldolesi che adottarono questa concezione rivoluzionaria erano di idee moder-

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ne. Il convento dei Camaldolesi era a Firenze, agli inizi dellinsegnamento del Ficino, il centro principale dellAccademia platonica56. La pianta di Santa Maria degli Angeli fu disegnata da Giuliano da Sangallo, nel suo Libro prima del 148857. Molto verosimilmente fu alla fine del 1492, allepoca del viaggio di Giuliano a Milano, che Leonardo la copi, insieme con la pianta originale di Santo Spirito, anchessa tratta dalla raccolta dellamico58; la composizione brunelleschiana serv a quel tempo a stimolare le ricerche di Leonardo sul tema della pianta centrale. Altri disegni contemporanei, senza precisa attribuzione, attestano la voga del motivo fino al Cinquecento59. La composizione brunelleschiana, che indubbiamente derivava sia dal Battistero di Firenze che da certi precedenti romani come il tempio di Minerva medica60, combinava, intorno a un grande volume centrale sormontato da una cupola a otto spicchi, un tipo radiale centripeto e un tipo anulare centrifugo. Gli otto alveoli sono come piccole edicole distinte disposte secondo assi a 45 sulle otto facce dellottagono; ma sono comunicanti tra di loro e il movimento dei loro archi laterali potrebbe convenire anche a un deambulatorio circolare. In realt cera la possibilit di insistere sia sullunit dello spazio centrale sia sulla molteplicit dei nuclei spaziali gravitanti intorno ad esso. Erano quindi possibili due sviluppi diversi. Il modo migliore per accentuare lunit di inscrivere la forma circolare in un quadrato (o in una croce greca), cio collocando la cupola su un cubo che pu essere sostenuto da segmenti di volta a pieno sesto. Allopposto, se ne pu ricavare un sistema complesso elevando cupole secondarie agli angoli del quadrato o allestremit degli assi, spesso in entrambe le posizioni, in modo da creare tutta una corona di nuclei spaziali: ci che interessa a Leonardo nelle note del manoscritto B (Institut de France). Questo manoscrit-

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to risale al periodo 1485-95, nel quale si moltiplicano le indagini sul tema della pianta centrale. Queste hanno rappresentato un contributo decisivo per arrivare a concepire larchitettura come uno spazio interno ben articolato, e allesterno, come un corpo geometrico nettamente cristallizzato61. Le composizioni di Leonardo risentono dei modelli toscani, di cui intensificano decisamente le possibilit plastiche62. Una riflessione metodica sulla pianta propriamente circolare (con deambulatorio anulare) e sulla sua combinazione col quadrato si vede in una raccolta manoscritta di Francesco di Giorgio annotata da Leonardo63. dunque certo che le ricerche contemporanee di Francesco di Giorgio, di Bramante, di Leonardo e del Sangallo non sono state indipendenti le une dallaltre. I contatti tra di loro sono stati troppo numerosi sia prima che dopo le commissioni di Milano e di Pavia, dove si sono trovati periodicamente raccolti nel 1490 e nel 1492. I loro interessi sono comuni e li vediamo affaticarsi negli stessi anni intorno a un principio architettonico nuovo, che strettamente legato allo svolgersi stesso della cultura. Infatti unaltra novit dellepoca costituita dalla comparsa delle raccolte di documentazione architettonica. I fascicoli di piante e di alzati si moltiplicano tra il 1470 e il 1520. Colui che ne ha avuto la prima idea e che ha portato pi a fondo la ricerca Giuliano da Sangallo; il suo album, il Codice Barb. 4424, iniziato nel 1465 a Roma, stato continuato per mezzo secolo64. Tuttavia non nemmeno trascurabile la parte avuta da Francesco di Giorgio; egli infatti ha moltiplicato le ricostruzioni di monumenti complessi, come terme, basiliche, con una spiccata tendenza a reinventare i tracciati secondo le sue concezioni personali65. Le opere dei moderni, tranne quelle del Brunelleschi, hanno poco rilievo in queste raccolte rispetto alle rilevazioni di opere

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antiche; fra queste la parte che viene attribuita agli edifici a pianta centrale considerevole. Cos Francesco di Giorgio immagina sulla base dei resti romani, in parte ruinati, dei tempietti con portico circolare, incorporati o meno in edifici pi vasti, e degli ottagoni con absidiole che richiamano Santa Maria degli Angeli. Nello stesso manoscritto troviamo la pianta e linterno di Santa Costanza66. I quaderni del Sangallo contengono rilievi pi sviluppati con notazioni circa laspetto della muratura e a volte lindicazione delle parti in rovina; la forma e pi sostenuta e, nel trasformarsi del suo disegno, notiamo uno sforzo metodico per migliorare e rendere pi precisa la presentazione degli edifici67. Il suo repertorio molto vasto: vi sono serie di archi di trionfo, ma anche, in pianta, in alzato, a volte in sezione, i templi rotondi di Tivoli o di Capua; lo schema completo di Santa Sofia di Costantinopoli stato rilevato dalle note di Ciriaco dAncona68. Le fonti romane sono completate mediante riferimenti allarchitettura paleocristiana. Una pianta di San Lorenzo di Milano si vede nel Taccuino di Siena (fol. 18), e contemporaneamente in numerosi schizzi di Leonardo (ms b fol. 35 r; Cod. Atl. fol. 7 v-b ecc.)69. Tutto cos concorreva a giustificare la chiesa a pianta centrale come tipo superiore darchitettura moderna, il tipo pi vicino, insomma, allideale umanistico. Ma se non si voleva rompere in modo troppo brusco con la pratica tradizionale che in Occidente ignorava la chiesa a pianta centrale (tranne che per gli annessi: battistero o sacrestia), diventava una tentazione riservare questa forma strutturale al coro. Lo si solennizzava senza rinunciare alla navata. Il Brunelleschi aveva insomma dato lesempio di questa combinazione a Santo Spirito, dove il coro consta delle tre braccia di una croce greca. forse per reazione a questa sintesi troppo perfetta che Michelozzo immagin la rotonda della SS. Annunziata,

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la quale isola il pi possibile la cappella assiale70. Il problema non cess di affaticare Francesco di Giorgio, il quale moltiplic gli studi di piante composite71. Questa situazione spiega limportanza delle due composizioni del Sangallo nelle quali arriva a definirsi la liberazione della pianta centrale: la chiesa di Prato con pianta a croce greca e la sacrestia di Santo Spirito a pianta ottagonale con atrio dingresso messo per largo. La chiesa delle Carceri fu progettata nel 1484, a croce greca perfetta; la lanterna fu montata nel 1492, il rivestimento esterno venne interrotto nel 150672. Questa croce semplice presenta una chiarezza che non aveva il progetto albertiano per il San Sebastiano di Mantova (cominciato nel 1460, complicato da un atrio per il quale si ebbero esitazioni nel 1470 e che fu purtroppo portato a termine nel 1499)73. Larticolazione dei pilastri e delle trabeazioni richiama la sacrestia di San Lorenzo; leffetto per e pi solenne ancora; la cupola domina con leggerezza lo spazio chiaro, aereo, svolto con un ritmo calmo. La sacrestia ottagonale di Santo Spirito fu iniziata alla fine del 1489, coperta nel 1495-96 dal Cronaca con una cupola che differisce leggermente da quella prevista da Giuliano nella forma di Sangiovanni, cio secondo il modello del Battistero. Il vestibolo, al quale deve aver collaborato Andrea Sansovino, risulta parzialmente costruito gi nel 1493, ma non ancora coperto. Che sia stato progettato da Giuliano indubbio: la sua struttura perfettamente analoga a quella del portico della villa di Poggio a Caiano74. Se la chiesa di Prato definiva un tipo di santuario perfetto a croce greca, gli annessi di Santo Spirito venivano ad unire una grande cupola montata su un ottagono a un atrio, secondo una disposizione comune ai modelli paleocristiani: Santa Costanza a Roma, San Lorenzo a Milano, San Vitale di Ravenna75. Questa soluzione non pass inavvertita e infatti fu ripresa nella Madonna dellUmilt a Pistoia.

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Ventura Vitoni non ne stato, come si a lungo creduto, lunico autore, dato che Giuliano presentava un modello nel 1492 e suo fratello Antonio interveniva nel cantiere nel 149576. Questi grandi spazi accentrati venivano a continuare insomma lideale della cupola brunelleschiana, con membrature vigorose che assicuravano unenergia maggiore ai supporti e attiravano la massa. In questo stesso spirito Giuliano aveva concepito la piccola cappella tonda con nicchie semicircolari nel convento di Santa Maria Maddalena dei Pazzi: i lavori, finanziati da Bartolomeo Scala, furono interrotti alla sua morte, avvenuta nel 1497, e la cappella fu in seguito sfigurata77. NellItalia del Nord le chiese contemporanee come Santa Maria dei Miracoli a Brescia o San Giovanni Crisostomo a Venezia (1497) rappresentano delle variazioni sul tipo bizantino della chiesa a cupola che ha il suo paradigma in San Marco. Solo lIncoronata di Lodi (1488)78 e Santa Maria della Croce a Crema (1492), che la segue da vicino, dimostrano un marcato interesse per la dilatazione dello spazio interno e la sua unificazione. stato possibile richiamarsi al San Lorenzo di Milano, ma senza tener conto dellorganizzazione corrispondente dei volumi esterni. Lambiente milanese era profondamente interessato al problema e la serie di chiese costruite dalla cerchia di Battagio dimostra che questo problema continuava ad esser posto negli schemi delle tradizioni lombarde. Bramante stesso, che deve esserne stato qui liniziatore, non se ne allontana nella sacrestia di Santa Maria presso San Satiro e nella tribuna di Santa Maria delle Grazie, nelle quali ricerca, nella prima la precisione delle forme e nella seconda unampiezza insolita dello spazio. La suggestione del tempietto di San Pietro in Montorio, una rotonda di martyrium, che ancora risente dei tipi antichi studiati gi da ventanni dal Sangallo e da

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Francesco di Giorgio, non deve indurci ad attribuire a Bramante una specie di priorit nel ritorno alla pianta centrale. Linteresse per questo tipo si palesa in lui in seguito alle influenze toscane79. Lungo tempo stato necessario perch il nuovo San Pietro arrivasse ad una sua definizione: nei molti studi e progetti elaborati per esso si vedono convergere tutte le ricerche dellepoca. Se la grande concezione monumentale propria di Bramante, lidea di moltiplicare intorno allo spazio centrale numerosi spazi secondari viene da Leonardo e il rigore della pianta a croce greca deriva dal Sangallo, che ne aveva dimostrato tutto il valore80. daltronde possibile che Bramante stesso abbia esitato, come avrebbero poi fatto i suoi successori, tra pianta centrale integrale e una pianta basilicale in cui il coro sporgente sarebbe stato organizzato in un blocco coerente. La cerimonia del 18 aprile 1506 non sta necessariamente a dimostrare una decisione gi presa a favore della pianta centrale81. Ma non dimentichiamo che in fin dei conti la nuova basilica e stata definita anzitutto dai grandi archi del transetto e cominciata dalla cupola. Agli inizi del Cinquecento non si concepiva monumento eccezionale senza cupola e la composizione doveva organizzarsi in funzione di questa. Il programma umanistico si vede, proprio nello stesso momento, realizzato in modo superbo nella Consolazione di Todi, di cui forse necessario attribuire lidea a Bramante82, e, un po pi tardi, nellammirevole San Biagio di Montepulciano, capolavoro dAntonio da Sangallo83.

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Capitolo secondo La villa

Al pari del Petrarca, dello stesso Lorenzo, del Poliziano, il Ficino amava la campagna toscana e le passeggiate per le colline: vi vedeva un rimedio contro la malinconia, uno stimolante unico per la salute e la meditazione; egli raccomanda questo esercizio nel suo trattato destinato agli intellettuali84. Ci sono stati nella sua cerchia abbastanza poeti bucolici, egli stesso ha analizzato con sufficiente finezza lincanto dei paesaggi perch si possa parlare della moda pastorale di Careggi. Questa moda risulta interessante sia per la poesia che per la pittura; la sua continuazione diretta costituita dalla Arcadia del Sannazzaro85. Si tratta di una natura senza nulla di selvaggio, piena di forze mitiche e di divinit: la bellezza dei fiori e lo stesso silenzio sono delle muse; oracoli, manifestazioni meravigliose risuonano dovunque nel cielo. La vista degli animali, lanimazione dellaria, il mormorio delle fonti e delle fronde sembra nascondessero in s, per questi spiriti sensibili e nutriti di mitologia, una freschezza augurale, una grazia pronta a tradursi in figure allegoriche. Nel paesaggio entrano ben presto statue, altari, simboli che richiamano le forze attraverso le quali luomo prolunga e arricchisce il mondo della natura. Il sentimento poetico non esclude, allorch si tratta di scegliere una residenza, preoccupazioni precise circa lorientamento, laltitudine, lesposizione e perfino laura religiosa dei luoghi. Proprio

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questo ci testimoniato da una curiosa lettera del Ficino che tratta della casa ideale. Il filosofo racconta che un giorno passeggiando con Giovanni Pico sulle pendici di Fiesole guardavano con ammirazione il panorama di Firenze:
Ci fingevamo in quel colle una habitatione appresso le radici del monte di Fiesole per fuggire e quella caligine el vento, n per la volevamo ne la valle al tutto porre accioche nel tempo de la state maggiore aura sentisse. Desideravamo anchora che ella fusse tra i terreni lavorati e le selve parimente posta, e dognintorno di fonti abbondante, e che al mezo di e ad oriente fusse volta. Il che Aristotile quando de la famigliar cura disputa negli edificii doversi fare comanda. E cos andando, mentre che tai cose ci fingevamo, subito ne vedemmo alcune cos fatte, qui gridando il Pico: Non ti pare Ficino, disse, che hora vediamo quello che ci immaginavamo, e desideravamo? Il che ogni giorno a quelli che sognano intervenir suole. E forse che quella forma che con la mente componevamo, hora tale con la potenza de limmaginazione facciamo, o pure qualche prudente huomo lha edificata, nel modo che la buona e fisica ragione ne ricerca. Allora io, Pico mio, gli dissi, questa villa si dice haver edificata quel sapientissimo huomo Leonardo Aretino, et appresso a questa come voi vedete si dice che habit Giovanni Boccaccio. Questa di poi il nostro cittadino Pierfilippo Pandolfini si ha eletta per habitazione. O felice lui, disse il Pico, al quale de le pubbliche faccende partendosi avenne che in una sacrata chiesa habitar potesse, et ho detto chiesa, perch ella posta appresso a questa sacrata selva, e gli sono intorno queste venti chiese di santi. Tale che questo luogo sacrato, e attissimo a li oracoli: e per bene Pandolfino si pu dire costui, perch questo cognome, se secondo il Greco lo vogliamo interpretare, significa uno che sia tutto Delfico. Queste cose allhora Valor mio furno tra noi dette et appro-

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vate, e le medesime al nostro amico ridirete, accioch questi si salutiferi luoghi che dal cielo gli sono stati concessi, per lavvenire pi volentieri e pi spesso habiti. A l 27 dottobre 148986.

Si tratta dunque di una casa vista durante una passeggiata sulle pendici di Fiesole: ed descritta come una apparizione perch realizza alla perfezione il tipo ideale, in quanto riparata verso nord, ai margini di un bel bosco, circondata di fonti, infine edificata nel modo che la buona e fisica ragione ne ricerca, cio inserendo una forma opportuna in un ambiente naturale ben scelto. LAlberti nel suo trattato Della Famiglia aveva dato una descrizione suggestiva dei piaceri della campagna, un proprio paradiso, e nel suo trattato (IX, 2), la cui pubblicazione era allora recentissima, aveva fissato i princip fisici, cio geografici, della casa ideale, posta su un luogo un po alto, in un ambiente di campi e foreste, esposta al sole di cui riceve la festosa luce (hilaritas ac nitor)87. Di tutto questo si avverte il ricordo nella lettera del filosofo. La conclusione della lettera ancora pi caratteristica dello spirito di Careggi: necessario che questo luogo suggestivo sia dichiarato sacro; in quanto propizio agli oracoli, permette unallusione scherzosa alla villa vicina dei Pandolfini88. Secondo una tradizione gi antica sorgeva l accanto la dimora del Boccaccio (la villa del Decameron) e una pi recente, quella di Leonardo Bruni, il saggio dArezzo, che forse non era se non una modesta casupola, nobilitata dal ricordo della breve permanenza del cancelliere alla propositura di Fiesole89. Gli umanisti fiorentini non mancavano di ville conformi ai loro sogni. Lavvento dellAccademia coincide con il dono di Cosimo a Ficino, nel 1462, della piccola casa, Academiola, vicino a Careggi. Si trattava senza dubbio di una dimora modesta, ma ai piedi delle

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rocce, in mezzo a sorgenti e con un panorama eccezionale su Firenze. Nulla si sa della sua sistemazione e quasi nulla della sua decorazione90. A Fiesole la villa costruita da Michelozzo e completamente trasformata nei secoli successivi, era cara soprattutto al Poliziano. Egli ricorda nel suo Rusticus (1483):
rusculum hoc Faesulanum

e vi soggiorner spesso con Pico intorno al 1490. presso di loro che Lorenzo sognava di ritirarsi, se dobbiamo credere a una lettera del 1492. Il Ficino veniva da Careggi per vedere Pico e la lettera dellautunno 1488 leco delle loro passeggiate91. Secondo il Vasari, infine, la villa di Poggio a Caiano, alla cui costruzione Lorenzo teneva molto, anche un luogo di soggiorno in cui gli umanisti avevano un loro posto, una dimora dellotium philosophicum92. Questi esempi consentono di valutare in quale misura la villa fiorentina della fine del secolo sispiri ai loro princip e giustifichi i loro commenti. Stando alle indicazioni dellAlberti, la preoccupazione di una felice ubicazione geografica e soprattutto la vicinanza del giardino, sembrano aver avuto maggiore importanza che non le regole architettoniche. Il rapporto tra la casa e lambiente immediato un po quello che corre tra la figura e il paesaggio nei quadri. La massa della casa spicca su un fondo di natura che non utilizzato come invece avverr pi tardi, nel Cinquecento, per fughe prospettiche, giochi dacqua e sistemazioni complesse. Basta alla villa una zona piana per il giardino, il fondale a bosco e un terreno a terrazze93. Il giardino aveva assunto molto presto unimportanza fondamentale94, come lo dimostra soprattutto la prima grande villa medicea, quella di Careggi95. Michelozzo aveva portato a termine il rifacimento della residenza

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gotica acquistata da Cosimo intorno al 1435-40: laveva semplificata, aveva creato una facciata sul retro, aperto delle finestre pi armoniche. Nel 1459 la villa era perfettamente in ordine; Pio II e Galeazzo Maria Sforza la visitarono trovandola una delle pi belle case dItalia, soprattutto per la piacevolezza del giardino e la qualit dellarredamento96. Verso il 1490 una graziosa loggia ionica, inizialmente su archi aperti, fu aggiunta sul fianco ovest della villa97. Fu soprattutto ai giardini che Lorenzo dedic ogni sua cura: ne fece, nonostante le piccole dimensioni, una sorta di parco botanico celebre in tutta Italia. Unepistola in versi latini indirizzata (intorno al 1480) al Bembo da un amico dei Medici, Alessandro Braccesi, la paragona ai giardini meravigliosi del mondo antico e ne enumera con precisione le piante, dal pallido olivo sacro a Minerva guerriera, al mirto sacro a Venere, alla quercia sacra a Giove, al pioppo, al platano, labano e il pino, fino alle spezie, il pepe, il balsamo, il basilico, alle piante aromatiche, la mirra, lincenso, e i vegetali utili e ai fiori, le viole, le rose e i gelsomini. la collezione botanica che vediamo nella Primavera, dove stata identificata una scelta di piante appropriate al mito ma verosimilmente derivate dalle aiuole di Careggi. Questo giardino anche lorigine delle speculazioni del Ficino sulle propriet mediche delle piante che costituiscono largomento del suo trattato De vita: Io ho composto, scrive, un libro Fisico de la vita tra la primavera e la state, e tra i fiori, ne la villa di Careggio98. La casetta de lAcademia sorgeva difatti a breve distanza, sul poggio vicino.

Poggio a Caiano. Quando intorno al 1480, sotto la personale direzione di Lorenzo, si comincia a costruire il complesso di

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Poggio a Caiano, si tratta di una vera e propria ricreazione della villa toscana: il rapporto tra villa e parco, lordinamento generale, larchitettura, la decorazione interna sono rinnovati e definiti nello spirito della villa ideale. Questa bella dimora posta sotto legida della ninfa Ambra, a 17 chilometri da Firenze, sulla strada di Pistoia, la pi celebre fra le residenze di Lorenzo. Era come ricorda il suo biografo lo specchio stesso del suo gusto che si vedeva a Poggio a Caiano, dove resuscitava la magnificenza di un tempo e di cui il Poliziano ha tessuto in un poema un incantevole elogio99. Lorenzo ha voluto fare del Poggio una dimora allantica, una villa modello, una sorta di poema De re rustica e nello stesso tempo il luogo ideale dellotium nella natura sognato dagli umanisti. La propriet fu acquistata nel 1479 dai Rucellai; forse gia dal 1480, pi verosimilmente nel 1485-86, cominciarono grandi lavori che furono affidati a Giuliano da Sangallo dopo una specie di concorso. Nessun progetto aveva soddisfatto Lorenzo, quando il Sangallo elabor un progetto cos originale e soprattutto cos conforme al gusto del principe (suo capriccio) che questi si decise improvvisamente a farlo eseguire100. Anzich di un rifacimento, come era avvenuto a Careggi, a Cafaggiolo e nelle altre ville della famiglia, si tratta qui di una creazione originale, che risponde al gusto dellepoca laurenziana esattamente allo stesso modo che gli edifici di Michelozzo avevano corrisposto al gusto dellepoca anteriore. Tuttavia i lavori non erano ancora finiti nel 1492. Il Guicciardini lo conferma dicendo che Lorenzo comand a Poggio a Caiano un edificio superbo che la morte gli impedi di portare a termine. Fino allaltezza della terrazza e del portico ledificio era stato innalzato; ma fu Leone X a far costruire il piano superiore101. Il Poggio una leggera elevazione in cima alla quale costruita la villa; a nord si estende un parco per siste-

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mare il quale fu necessario deviare il corso dellOmbrone. La sommit fu trasformata in un terrapieno chiuso da quattro costruzioni angolari lungo le quali si stendevano, e tuttora si stendono, ad est dei giardini, ad ovest dei verzieri di una disposizione notevolmente studiata, lungo la strada di Pistoia. Tuttintorno corre una muraglia, unico vestigio feudale102. Una veduta dellUtens del Seicento ci fornisce lo schema dinsieme e ci mostra che ben pochi cambiamenti sono nel frattempo intervenuti: lunico il fatto che il terrapieno centrale era separato in modo pi netto rispetto al resto. Attualmente laccesso ai giardini e al parco e pi agevole. La villa sinnalza al centro di un piazzale adorno su tre lati di aiuole e in leggero pendio sul davanti. La pianta non laspetto che anzitutto colpisca. Come si presentano allo spettatore, le fabbriche offrono tre elementi caratteristici: il pianterreno, il blocco centrale, il portico. Formando una specie di basamento corre al pianterreno una galleria aperta ad archi su pilastri di cotto, rinforzata agli angoli da due grossi pilastri. Questa galleria e la terrazza che la sovrasta circondano completamente la villa, costruita su una pianta quadrata. Una balaustra di gusto donatelliano isola in modo netto questo motivo decorativo abbastanza austero nel quale la muratura minuta e gli archi nudi sembrano un ricordo lontano dei basamenti a bugne dei palazzi fiorentini. Al centro della facciata anteriore un avancorpo a tre aperture ineguali sosteneva una scala a rampe diritte che ancora si vede nel quadro dellUtens e nei disegni originali del Sangallo103: una nuova sistemazione dellentrata venuta a sostituire, nel Seicento, a questa scala le due rampe curve e i tre grandi archi separati da nicchie e decorati pesantemente che si vedono attualmente. Questo ampliamento ha ridotto da cinque a quattro il numero degli archi che al pianterreno corrono da entrambi i lati di questo avancorpo, il quale tradisce la

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semplicit del progetto iniziale. La villa propriamente detta coronata senza lintermediario di un cornicione, da un tetto allitaliana molto abbassato, cosa che toglie allinsieme, nonostante la sua vastit e la sua imponenza ogni pretesa di palazzo. Le finestre a riquadri, accuratamente disegnate dal Sangallo, sono state sostituite da finestre moderne, ma la loro ubicazione non stata mutata. Linsieme determinato dalla base, il rettangolo della facciata e il portico, ubbidisce a una trama di rapporti geometrici che si pu facilmente mettere in evidenza attraverso uno schema. Al centro del complesso, esattamente al di sopra dellavancorpo delle scale, che serve da stilobate, in una posizione calcolata con esattezza, inserito il motivo nuovo del portico: i suoi cinque intercolumni scandiscono esattamente, nel rettangolo centrale della facciata, un ritmo netto ed elegante104. Un fregio continuo corre al di sopra dei capitelli: il frontone aggravato da un medaglione mediceo fa purtroppo sentire sullinsieme la solennit del Cinquecento. Tranne forse questo particolare, si tratta dellordinamento generale previsto dai disegni del Sangallo. Il portico si presenta come una sorta di pronao, che per non sporge; esso penetra nelledificio come un vestibolo aperto. La sua volta a botte trasversale costituisce una delle innovazioni pi interessanti del Sangallo. Il blocco molto sobrio dellinsieme e lampio basamento possono richiamare larte di Michelozzo. La balaustra e le incorniciature primitive delle finestre hanno un vigore decorativo donatelliano. Le colonne un po fragili del portico spiccano sullombra con uneleganza che pu essere un ricordo di certi temi brunelleschiani. Ci nonostante lintenzione ellenistica, la novit colta sono manifeste. Per la prima volta una facciata di tempio greco viene ricostruita ed adattata allarchitettura civile. Giuliano da Sangallo ha creato qui il

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tema del portico dingresso innestato su un volume semplice: sessantanni prima del Palladio, egli anticipa con geniale autorit la forma classica della villa rinascimentale105. Linterno distribuito in modo non meno notevole: la pianta quadrata, divisa in modo estremamente regolare, crea al centro della casa, parallelamente alla facciata, una sala rettangolare di dimensioni monumentali, illuminata da oculi e finestre, grazie a una doppia rientranza sui lati106. Questa sala rappresent loccasione per ricerche tecniche audaci: essendosi deciso di coprirla, nonostante la sua ampiezza, con una volta a botte a pieno sesto e a lacunari, secondo la maniera antica, il Sangallo dovette preliminarmente sperimentare il procedimento in una casa che stava costruendosi a quellepoca a Firenze107. Questa pianta simmetrica in cui le sale dipendono luna dallaltra era allora una grande novit: Giuliano lha ripresa nel suo progetto per il palazzo del re di Napoli e Francesco di Giorgio lha studiata108. Questa grande sala non fu portata a compimento, come dimostrano gli emblemi araldici che la ornano, se non allepoca di Leone X, cio intorno al 1520. Essa tuttavia non rappresenta se non la ripresa e, per cos dire, lamplificazione allinterno della casa, del portico della facciata, anche questo coperto con una volta a botte a lacunari antichi. daltronde anche la soluzione che il Sangallo impiegher ancora nel 148990 nel vestibolo della sacrestia di Santo Spirito, che rappresenta una sorta di corrispettivo sacro del portico profano di Poggio, e sempre alla stessa epoca nel portico del cortile che orna il palazzetto di Bartolomeo Scala109. Le tre opere sono legate da questo particolare tecnico. I lacunari sono trattati allo stesso modo: un medaglione centrale e quattro spazi angolari, pronti a ricevere motivi figurati o araldici. Un grande programma decorativo completava la

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struttura architettonica di Poggio a Caiano: il fregio del portico recava e reca ancora una serie di scene allegoriche in terracotta invetriata in azzurro e bianco, al modo robbiano: la loro bella esecuzione neoclassica pone il problema della collaborazione con larchitetto di un artigiano di qualit, probabilmente il Sansovino110. Il soggetto del fregio, assolutamente originale, verr studiato a s. Le pareti laterali dellatrio dovevano essere coperte di dipinti; ma il muro di sinistra vuoto e sul muro di destra un affresco non terminato arriva fino a mezza altezza. Entro strane architetture pompeiane si vedono ancora alcuni profili di figure tracciati sullintonaco. Era unopera di Filippino Lippi come ci dice il Vasari: Al Poggio a Caiano cominci per Lorenzo de Medici un sacrifizio, a fresco, in una loggia, che rimase imperfetto molto verosimilmente prima del 1492111. Sulle pareti del salone, forate dagli oculi, sotto larco a pieno sesto, era verosimilmente prevista una decorazione dello stesso tipo, ma queste pareti furono affrescate nel corso del Cinquecento secondo una concezione nuova. Per poco dunque Poggio a Caiano, con il suo parco, la sua architettura, le sue decorazioni, non divenne, alla fine del Quattrocento, linsieme pi completo e pi moderno non solo dellarte toscana, ma di tutta quanta larte italiana. Ledificio di gusto albertiano: le divisioni armoniche dominano la pianta e la facciata, la quale produce una forte impressione di forza, di calma e di gravit. Lingresso col suo tema templare inserisce un elemento elegante in questo insieme robusto. Tutto sispira alla celebrazione della vita rustica: nellintenzione di Lorenzo e del Sangallo si trattava evidentemente di una villa e non di un castello. I primi scritti che riguardano Poggio a Caiano, cio il lungo epigramma di Ugolino Verino (1491) e il poema latino del Poliziano che si conclude con un elogio di Lorenzo e la sua bella propriet, insi-

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stono per lappunto sulle culture agricole; prima ancora di citare la villa, essi celebrano gli allevamenti, i vivai, gli orti modello, gli alveari che il Signore di Poggio aveva raccolto sotto il segno della ninfa del luogo, Ambra112. Lorenzo stesso aveva celebrato in una sorta di egloga la favola di Ambra inseguita dal torrente Ombrone e trasformata in pietra: questo delizioso poema era come il mito di Poggio a Caiano, luogo posto sotto il segno delle ninfe: il suo precettore umanistico era il Poliziano, piuttosto che il Ficino. laspetto poetico e naturalistico dellAccademia che domina nella concezione e nella decorazione di questo Trianon fiorentino. Il fregio dellatrio ionico, il cui insieme costituisce una sorta di celebrazione religiosa dei ritmi della natura, presenta su uno dei riquadri limmagine delle stagioni che regolano i lavori campestri e in particolare quelli della vigna e del grano. Quando Giovanni de Medici, divenuto papa nel 1513, si preoccup di portare a termine lopera del padre, fece voltare il salone. Ottaviano de Medici fu incaricato di dirigere i lavori: inoltre Paolo Giovio in persona, amico di Leone X, defin il programma dei grandi affreschi storici che dovevano rievocare, sul modello della stanza di Eliodoro, gli avvenimenti della storia romana che prefiguravano quelli dei Medici. Tuttavia lesecuzione and molto per le lunghe113. La decorazione delle lunette laterali era stata affidata al Pontormo. Nel 1521 quella orientale era compiuta. Si tratta di una serie mirabile di figure rustiche, contadini, contadine e fanciulli, nei quali il Vasari ha voluto ritrovare la favola di Vertumno e Pomona e nella quale si pu vedere, pi semplicemente, unevocazione della vita dei campi, forse una variazione sul tema delle stagioni e delle et114. La serie ispirata da Paolo Giovio di spirito cinquecentesco, ma lecito chiedersi se la lunetta del Pontormo, dispirazione cos diversa, non sia un

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resto del vecchio programma iniziato coi temi del fregio esterno e interrotto nel 1492: si comprende male questa evocazione campestre nel complesso pomposo immaginato per Leone X. In realt la lunetta orientale lunica che sia stata eseguita; quella occidentale, un secolo dopo lesecuzione del fregio dellatrio, fu dedicata ad una allegoria pesante: Fortuna et Virtus accompagnate da Fama, Gloria et Honor, ed un soggetto che la lega con le vicende della storia romana effigiate sulle pareti. Signora anche quali simboli fossero stati previsti nel portico dingresso. Sulla parete orientale sopravvive, come abbiamo visto, il frammento del sacrificio menzionato dal Vasari; ma la denominazione incompleta. Il tempio fantastico che si vede sulla destra presenta tutti gli emblemi di Nettuno, le tracce di figure che sopravvivono a sinistra indicano una scena agitata. Un confronto con certi disegni porta a concludere che si tratta di Laocoonte, sacerdote di Poseidone, aggredito dai serpenti mostruosi mentre si accinge a offrire il sacrificio al suo dio115. Il famoso gruppo alessandrino non sarebbe stato scoperto a Roma, ed identificato per lappunto da Giuliano da Sangallo, esperto in archeologia antica, che nel 1506. Laffresco di Filippino una ricostruzione letteraria fondata su Virgilio. Rimane sorprendente la scelta del tema: come sinserisce nel programma previsto per Poggio a Caiano? Si tratta di un elogio lambiccato del fiume e della sua divinit, mentre di fronte avrebbe dovuto esserci qualche elogio della terra con, ad esempio, la sconfitta dei giganti o un altro sacrificio antico celebre? Ci pare comunque indubbio che, attraverso il mito, si sia voluto esaltare la poesia del luogo. I simboli del fregio e dellatrio, dovevano, proprio sulla soglia della casa, impressionare il visitatore116. La scelta del Laocoonte risponde ad una evidente intenzione di illustrare i prodigi della mitologia e lantichit sacerdotale cara allAccademia. Il fregio, il cui tono

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netto ed elegante contrasta tuttavia con questa scena nervosa e romantica, celebra i misteri della natura. Se fosse stata decorata nel 1490, e non trenta o cento anni dopo, la sala centrale avrebbe costituito un ciclo notevole, in cui, secondo ogni verosimiglianza, sarebbero state celebrate, come nella villa di Spedaletto, le meraviglie della mitologia. Il senso generale del tentativo compiuto a Poggio a Caiano chiaro117; il suo mito umanistico rimane invece in parte velato.

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Capitolo terzo La decorazione sacra: il rinnovamento del mosaico e le tombe

Il mosaico fiorentino. Un poeta della cerchia di Careggi, che sullo scorcio del secolo celebrava le personalit illustri fiorentine, Ugolino Verino, ricordava tra gli artisti pi eminenti della citt: Il pittore Gherardo dal talento multiplo, il quale ha anche insegnato, primo tra i toscani, a creare mediante la cottura della materia vetrificabile e ad animare di figure vive i mosaici118. Si tratta di Gherardo di Giovanni di Miniato (1445-97), artista in realt dai molteplici talenti, di cui Lorenzo aveva voluto fare il rinnovatore del mosaico fiorentino. Il posto donore che gli assegna il cronista tra i Pollaiolo e il Verrocchio, basta a dimostrare che per i contemporanei non si trattava di un capriccio anacronistico. Il tentativo aveva radici profonde e fu portato parecchio avanti e, sembra, col consenso di tutti gli ambienti che potevano vedervi sia una restaurazione antica sia la conferma di una superiorit fiorentina. Allievo, si dice, del Poliziano, ricordato pi volte come organista, amico di Leonardo che accenna alle sue ricerche luministiche, Gherardo fu col fratello Monte a capo di una bottega di miniatori che, tra il 1470 e il 1495, lavor per i grandi conventi di Firenze (Breviario di san Marco, messale di santEgidio), per la cattedrale (messali del 1492-93) e per persone alto-

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locate: lautore del Didimo destinato a Mattia Corvino (1488) e dellOmero, opere che sono fra i capolavori della miniatura umanistica119. Gherardo fu anche frescante e molto verosimilmente incisore. alla fine del 1491 che nei registri di Santa Maria del Fiore figura un pagamento Sandro Mariani et Gherardino et Monti magistris mosaici: cio a Botticelli e ai due maestri mosaicisti Gherardo e Monte, per dei lavori nella cappella di San Zanobi. Pagamenti avvengono anche nel giugno e nel dicembre del 1492, poi nel marzo del 1494. Dopo questa data i lavori furono interrotti: fornirono loccasione, nel 1504, per un concorso, che per non diede risultati, fra lo stesso gruppo dartisti e un gruppo concorrente: la bottega del Ghirlandaio120. Lelogio di Ugolino Verino eccessivo in due sensi: non solo Gherardo non era il mosaicista pi significativo dellepoca di Lorenzo, ma non era nemmeno il rinnovatore della tecnica. In realt era stato intorno al 1420-1430, col Ghiberti e con Paolo Uccello, che era riapparso a Firenze il gusto di questa decorazione scintillante e colorata, di cui lo stesso Donatello si era servito per la sua cantoria. Questa piccola rinascita era avvenuta proprio nel momento in cui si estinguevano le vecchie botteghe veneziane di San Marco; il Senato della Repubblica si era visto costretto, nel 1425, a chiamare Paolo Uccello come magistro mosayci121. Una generazione dopo, negli anni 1450-60, larte del mosaico aveva ritrovato una certa attualit a Firenze, non pi nel cantiere di Or San Michele, ora chiuso e superato, ma in quello del Battistero, riaperto per lavori di restauro. E lartista che viene chiamato per questi lavori il pi grande forse degli allievi di Domenico Veneziano, il compagno di Piero della Francesca e del Castagno a SantEgidio (tra il 1430 e il 1445), il maggior rappresentante dellarte del mosaico a Firenze nel Quattrocento122. Il Baldovinetti per mezzo secolo sorveglia i

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rifacimenti che si fanno nella cupola e addirittura completa la veneranda decorazione: nel 1453 infatti incaricato di decorare di mosaici lintradosso dellarco sopra la porta della croce, nel 1455 quello della porta che rincontro a Santa Maria del Fiore, cio la Porta del Paradiso finita dal Ghiberti nel 1452 e ormai messa in opera123. Si tratta dunque dun programma metodico. Nella prima opera si ha la testa del Battista posta al centro dellarco in un medaglione formato da un girale che si svolge a destra e a sinistra attorno ad una testa di cherubino a quattro ali; la grana minuta delloro, un residuo dinvenzione ornamentale nel disegno, assicurano a questa decorazione anacronistica una certa dignit. Sopra la seconda porta loro del mosaico sembra voler avvolgere nel suo fulgore le formelle dorate del Ghiberti; la composizione presenta due angeli che con le braccia alzate reggono il medaglione del Salvatore che cade in corrispondenza della chiave di volta. Qui lo stile del Baldovinetti libero da ogni affettazione arcaizzante e i suoi angeli sono fratelli di quelli della cappella del cardinale di Portogallo. Sul fondo oro spiccano leggermente in quanto eseguiti in tessere pi minute, i nastri e le fasce degli angeli. Abbiamo insomma un incontro abbastanza felice e raro tra la grande maniera toscana della met del secolo ed il mosaico. Questo buon risultato non si ripeter nel timpano della porta sud della cattedrale di Pisa, che lartista orner di un mosaico con san Giovanni Battista nel 1467124. Il Baldovinetti ha dunque compreso il mosaico meglio di ogni altro fiorentino, o addirittura veneziano, del suo secolo. Egli non sembra aver avuto alcun contatto diretto con Venezia. da Paolo Uccello e dal Castagno, dalla pratica musiva fiorentina, che certamente egli ha derivato la sua scienza. Questo punto tuttavia rimane oscuro ed lecito chiedersi che cosa esattamente si nasconda dietro il curioso aneddoto del Vasari, secon-

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do il quale Alesso, che annaspava senza risultati apprezzabili, aveva infine avuto schiarimenti illuminanti da un tedesco che si recava a Roma per il giubileo nel 1450 e che egli aveva ospitato125. possibile che il Baldovinetti sia riuscito ad avere da qualche vetraio del Reno delle ricette relative ai problemi di cottura delle materie vetrose, e questo gli avrebbe permesso di fare funzionare utilmente dei forni. Ci che induce a crederlo , nello stesso passo, la citazione di un libretto che insegnava a fare le pietre del musaico, lo stucco e il modo di lavorare. Qualche anno dopo il Filarete ci offre nel suo trattato una descrizione entusiasta delle possibilit della decorazione a vetro; ma ai suoi occhi si tratta solo di un sogno irrealizzabile, dato che non esistono pi botteghe capaci di lavorare come una volta: Questa arte perduta, che da Giotto in qua poco s usata. Lui ne fe. Solo a Roma ne se vede di sua mano; la Nave di Sco Pietro. Et uno Pietro Cavallini romano, ancora lui ne lavoro ne suoi tempi...126. Era dunque una tradizione toscana e romana, perduta dai tempi di Giotto e di Cavallini, che veniva resuscitata dal Baldovinetti e dagli artigiani che lavoravano con lui al Battistero. in questo cantiere e non in quello di San Marco, a Firenze e non a Venezia, che nellultimo terzo del Quattrocento ci si tent di richiamare in vita larte del mosaico127. Chi ebbe liniziativa di questo fu lo stesso Lorenzo de Medici, il quale, come persona di spirito e speculatore delle memorie antiche, cerc di rimettere in uso quello che molti anni era stato nascosto; e perch grandemente si dilettava delle pitture e delle sculture, non potette ancora non dilettarsi del musaico128. Le ragioni di ci erano di due ordini: anzitutto la preoccupazione per la durata delle opere, in quanto il mosaico era una forma di pittura quasi incorruttibile, come andava ripetendo Domenico Ghirlandaio: la vera pittura per la eternit essere il musaico129.

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Questa considerazione era indubbiamente meno banale di quanto non sembri, se vi si aggiunge il prestigio che la decorazione musiva del Battistero godeva presso i fiorentini. Ma costoro dopo tutto erano convinti che fosse stata la loro citt a introdurre in Italia questa arte in epoche passate. Alla suggestione di una grande tecnica, che era stata ammessa anche nellantichit imperiale, si aggiungeva dunque la convinzione di una originalit toscana. Quando gli umanisti, ad esempio lAlberti, e sulla sua traccia il Landino, vogliono celebrare Giotto ricordano sempre la Navicella, che era pure, come ricordava il Filarete, unopera di mosaico130. Il medaglione composto da Benedetto da Maiano con una scritta del Poliziano per le commemorazioni del 1490 in Duomo, presenter il padre della pittura fiorentina intento a collocare una tessera musiva su una tavola che in realt unicona in mosaico131. Abituati alla decorazione policroma delle superfici monumentali, molti dei fiorentini trovavano normale che venissero completate con linserimento, in luoghi particolari (lunette, intradosso degli archi) di medaglioni figurati. Era per loro un riallacciarsi alla tradizione nel momento in cui le terracotte robbiane cominciavano a sostituirsi al mosaico. Questa tendenza suscitava nellambiente mediceo un vero e proprio interesse per tutte le forme di questarte, anche quelle greche, come risulta dal gran numero di tavolette greche di musaico o di quadri di musaicho, cio delle icone in mosaico indicate nei loro inventari132. Il fatto pi sorprendente che certe di queste icone sono di fabbricazione recente, in particolare il busto di san Pietro a grosse tessere e dun effetto un po greve (Bargello), che viene dalla bottega del Ghirlandaio. Secondo il Vasari, Lorenzo, nel suo appoggio dato al rinnovamento del mosaico, avrebbe puntato su Gherar-

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do che, allora miniatore e cervello sofistico, cercava la difficolt di tal magistero133. Egli ottenne che gli fosse affidata la decorazione della cappella di San Zanobi. Ma in fin dei conti era dal Baldovinetti che in questo campo derivavano sia Gherardo (e suo fratello) che i due Ghirlandaio, che, intorno al 1490, rappresentavano una bottega rivale. Lattivit del Baldovinetti al Battistero e a San Miniato era in effetti ricominciata nel 1481; nel 1483 lartista nominato capo del cantiere del Battistero non si trovando chi sappia... altri. Pagamenti sono attestati nel 1487, 1489, 1490, 1491134. A questo primo decennio di lavori di rifacimento segue un periodo in cui i fiorentini si propongono opere nuove e questa volta in Duomo: nel 1490 Domenico Ghirlandaio, gi chiamato, nel 1486, come esperto per il Battistero, realizza sul timpano della Porta della Mandorla la sua mediocre Annunciazione, incorniciata da un arco fiorito135. Infine nel 1491 si decide di rivestire di mosaico le vele della cappella di San Zanobi a fianco della cupola e il lavoro affidato ai fratelli Ghirlandaio da un lato, ai fratelli del Fora (Gherardo e Monte), in rapporto col Botticelli, dallaltro. Tutti questi fatti assumono un certo rilievo allorch si riportano allaneddoto ben noto riferito dal Vasari per sottolineare la libert di linguaggio dellallievo del Baldovinetti, il Graffione: Dicono che il magnifico Lorenzo de Medici ragionando un d col Graffione, che era uno stravagante cervello, disse: Io voglio fare di musaico e di stucchi tutti gli spigoli della cupola di dentro ; e che il Graffione rispose: Voi non ci avete maestri . A che replic Lorenzo: noi abbiam tanti danari che ne faremo...136. Lorgogliosa dichiarazione di Lorenzo corrisponde bene ad una precisa ambizione dellambiente fiorentino. Si trattava di restituire a unarte, che un tempo era stata dimportanza nazionale, tutta la sua dignit, estendendo a Santa Maria del Fiore la magnifi-

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cenza del Battistero. Cos Firenze avrebbe potuto essere unaltra Venezia, la Toscana unaltra Roma. Si pens di porre mosaici anche in luogo del tutto impensato come la facciata del Duomo di Siena, i cui lavori furono commissionati a David del Ghirlandaio nel 1493137. Il Vasari, che mostra incertezze nel suo giudizio sul rinnovamento del mosaico toscano, tradisce un entusiasmo abbastanza significativo quando dichiara che Domenico Ghirlandaio ha arricchito larte del mosaico, pi modernamente lavorato che non fece nessun toscano138. Dopo la morte di Domenico, avvenuta nel 1494, David, pi giovane di lui, che possedeva un forno ed un impianto adatto a Montaione Valdelsa, Benedetto, lestroso autore della Nativit di Aigueperse, che soccupava anche lui di mosaico, e il loro nipote Ridolfo prolungarono ancora il sogno del Quattrocento fiorentino139. Tra il 1504 e il 1513 Ridolfo realizzer con uno stento sempre maggiore la mediocre Annunciazione del portale dellAnnunziata cominciata dallo zio140. Gherardo e il fratello erano scomparsi prima della fine del secolo. La tecnica si viene estinguendo in Toscana. Alcuni anni dopo conoscer a Venezia una nuova ripresa per impulso di Tiziano, degli Zuccari, di Vincenzo Bianchini e altri, e con queste composizioni rinasce anche la pretesa di Venezia di essere lunica e vera depositaria di questarte, pretesa che provocher una piccola polemica storica141. Si assisteva indubbiamente in Italia, alla fine del secolo, a Roma col Pinturicchio che nel 1494 portava a termine la decorazione degli appartamenti Borgia (e ancora nella prima stanza di Raffaello), a Venezia intorno al Crivelli, un ritorno alle materie sontuose, un gusto dei broccati, delle stoffe impresse che permetteva le filettature e le punteggiature doro142. lecito supporre che linteresse fiorentino per il mosaico non sia stato che un aspetto di questa generale voga degli effetti pittore-

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schi e dei colori brillanti. Tuttavia il fenomeno ha un suo carattere propriamente toscano: nulla infatti pu considerarsi pi di esso conforme, in fin dei conti, ai principi dellAlberti. Lorenzo si sforz di orientare in questo senso larte fiorentina, certamente senza avere coscienza di commettere un anacronismo e di incoraggiare una tecnica ormai perenta. Gli umanisti che celebravano il mosaico di Giotto come modello della pittura moderna, lo incoraggiavano in queste illusioni. E questo ritorno alla decorazione paleocristiana, questo sogno di una cupola interamente decorata di mosaico deve considerarsi in ultima analisi come una delle illusioni del Quattrocento alimentate dai dotti fiorentini.

Le tombe. LAlberti insiste sullimportanza civile delle tombe allinterno delle chiese. Esse debbono essere semplici e, qualora si tratti di cappelle funerarie, devono essere qualcosa come delle chiese in miniatura, pusilla templorum exemplaria (VIII, 3). Insomma edifici sul genere di quelli in cui egli ha fornito un esempio con la cappella Ruccellai a San Pancrazio (1460-1467), circondata di pilastri, che chiudeva il curioso piccolo edificio rettangolare destinato con una esplicita iscrizione a simboleggiare il sepolcro di Cristo143. Nessuna di queste opere trov seguito in Firenze. I precetti dellAlberti intervennero in un momento in cui lo stile delle tombe monumentali stava attraversando una sorta di crisi. Il monumento del cardinale di Portogallo implicava novit sostanziali: la struttura architettonica scompariva dietro gli effetti pittoreschi, gli elementi di decorazione paleocristiana vi si moltiplicavano, un simbolismo nuovo appariva nei particolari ornamentali. Si era di fronte ad una visione del tutto emotiva, destinata a toccare la-

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nima, a commuovere col richiamo alla transitoriet della vita144. Un altro tipo, ripreso dai primi secoli del cristianesimo e carico di motivi umanistici, aveva trovato la sua definizione nel tempio Malatestiano di Rimini ad opera di Agostino di Duccio: il sarcofago qui era chiuso dentro una nicchia inquadrata da un arco a pieno sesto, che in pratica non era se non larcosolium delle catacombe. Ma a Rimini il monumento posto su mensole, sormontato da una cortina, finiva per rientrare nel tipo parietale. Due rilievi, uno a sinistra rappresentante il tempio di Minerva con una statua di Athena Promachos, laltro a destra, che presentava un carro trionfale, stavano a dimostrare i due aspetti fondamentali dellimmortalit: la Saggezza e la Gloria militare. Lorientamento umanistico vi chiaro come pi non si potrebbe145. Firenze era ritornata gi da tempo allarcosolium. Nella forma della tomba a lunette, il cui esempio pi antico sembra esser stato il monumento di Onofrio Strozzi (circa 1430) a Santa Trinita, Bernardo Rossellino svilupp questo tipo per Orlando Medici alla SS. Annunziata (poco dopo il 1455) e uno dei suoi allievi, forse Desiderio, per Giannozzo Pandolfini (intorno al 1470-80) alla Badia146. Tuttavia lesempio pi spettacoloso di questo modello sarebbe stata la tomba di Francesco Sassetti eretta in Santa Trinita sotto la direzione di Giuliano da Sangallo intorno al 1485. Prima di arrivare a questo risultato le botteghe fiorentine, e prima di tutte quella del Verrocchio, si orientano in altre direzioni, cercando un accordo tra larte funeraria e la nuova cultura. In netta opposizione alla composizione aperta e indefinita del Rossellino a San Miniato, la tomba dei Medici inserita, tra il 1469 e il 1472, in una parete della sacrestia vecchia di San Lorenzo, mostra in tutti gli elementi una fermezza impressionante e concentra leffetto sulla decorazione astratta che avvolge il sarcofago. Il monumento deriva qualcosa

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da tutti i tipi anteriori: partecipa della tomba inquadrata da un arco, del sepolcro sotto la nicchia e del sarcofago isolato. La trovata eccezionale della griglia di bronzo, che imita le funi intrecciate (motivo che deriva da Luca della Robbia) basta a unificare linsieme; lornamento floreale, distribuito con mirabile sicurezza, completa la struttura dinsieme; i fasci dacanto del coperchio del sarcofago, che si arricciano sotto le cornucopie, reggono lemblema mediceo della punta di diamante che ricompare sulle palmette che ornano la bordura dellarco. Lassenza di ogni altro elemento iconografico sta a dimostrare la volont di ritornare agli elementi puramente monumentali dellarte funeraria147. Gli altri tipi hanno continuato, naturalmente, ad essere utilizzati a Firenze; ma la tomba medicea ha servito di riferimento per gli artisti che volevano essere moderni negli anni 1485-90. Essa ha ispirato tutte le opere di rilievo delle botteghe toscane sulla fine del secolo. Tuttavia il Verrocchio, dopo aver dato lesempio di un monumento il pi possibile spoglio, ed eloquente solo per il gioco delle forme, aveva anche pensato di rinnovare liconografia funebre mettendo mano al cenotafio del cardinale Forteguerri a Pistoia. Egli aveva ottenuto la commissione, soppiantando Piero del Pollaiolo, nel 1477 grazie a un intervento di Lorenzo de Medici. Una parte delle figure erano gi scolpite nel 1483, al momento in cui il Verrocchio partiva per Venezia: le statue furono composte in un ordine monumentale nel Cinquecento, sotto la direzione di Andrea Ferrucci, poi di nuovo suddivise nel 1553, di modo che ora impossibile giudicare delle intenzioni del loro autore. Si avverte tuttavia, nella figura del Cristo, in quelle delle Virt, la Fede e la Speranza, nelle figure animate degli angeli (in accordo con i due abbozzi in terracotta del Louvre), una ricerca di soavit e di movimento che tende ad accentuare al massimo lespressione delicata: il tema

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principale era, come nel capolavoro del Rossellino a San Miniato, ma in uno stile pi forte, lascesa e la beatitudine dellanima, il suo accesso al mondo angelico. Tuttaltra impressione si riceve di fronte alla cappella Sassetti. Dopo infiniti contrasti e difficolt con i frati di Santa Maria Novella, alla fine fu in Santa Trinita che il banchiere Sassetti decise di edificare la sua cappella funeraria ed qui che fece porre, affrontati, il suo sarcofago e quello della moglie Nera148. La decorazione a fresco, affidata al Ghirlandaio ed alla sua bottega, unesaltazione di san Francesco. Lopera, insieme strana e splendida, fornisce almeno unidea dei gusti di un grande mercante fiorentino a questepoca: altrettanto significativa nel suo genere e non meno ricca di intenzioni umanistiche della villa di Poggio a Caiano nel campo dellarchitettura. Il monumento parietale della tradizione toscana si trasformato in questo caso in una nicchia profonda circondata da fasce adorne di temi ispirati direttamente dai rilievi romani: liscio e solenne emerge dallombra un sarcofago di porfido, ornato di bucrani che incorniciano il cartoccio che contiene liscrizione latina. La sobriet delle forme e leffetto cromatico richiamano la tomba medicea. Tuttavia le molte decorazioni figurate, in cui ogni elemento tratto da cammei e rilievi antichi, cosa che assicura lunit decorativa dellopera, sono pervase da un linguaggio simbolico. Il Ghirlandaio ha dipinto la Sibilla Tiburtina sulla facciata della cappella, quattro altre sibille sulla volta; la pala daltare, che raffigura la Nativit con un sarcofago ornato di una iscrizione profetica, insiste apertamente sullunit profonda della latinitas e del cristianesimo149. Il fatto che vengano ripetuti il centauro e la fronda, emblemi di Francesco Sassetti, mette in evidenza il carattere personale dellopera150. Il sacrificio degli Eroti sulla parte sinistra della fascia orizzontale, il soggetto sacrificale derivato dal sarcofago di Meleagro, sulla parte destra, e le scene della

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Gloria militaris in monocromo, che sovrastano sulla parete e che sono derivate dai medaglioni dellarco di Costantino, presentano in forma il pi possibile vicina allantico, le due facce del destino umano, la doppia esigenza dellanima, la Religio e la Iustitia. Nessunopera funeraria stata, in forma cos piena e diretta, pagana nellespressione come lo questa tomba dei Sassetti. La tomba di Pistoia, almeno come possiamo immaginarla, e questa fiorentina rappresentano, intorno al 1480, i due poli dellarte funebre toscana: il loro soggetto comune il destino dellanima, rappresentato nella prima secondo liconografia, nella seconda secondo un vocabolario dimmagini derivate dal mondo pagano. I due princip si trovano strettamente connessi nella cappella funeraria pi originale della fine del Quattrocento a Firenze, cio la cappella Strozzi a Santa Maria Novella. Rientrato dallesilio sotto Piero de Medici, Filippo Strozzi era diventato priore del 1495. Prima ancora di iniziare il suo grande palazzo di citt nel 1489, definiva, nellaprile del 1487, con un contratto molto minuzioso con Filippino Lippi, la fisionomia della sua cappella di famiglia nella chiesa dei domenicani. Nel suo testamento del 1491 egli ricorda i miracoli di san Giovanni e san Filippo rappresentati sulle pareti laterali. La sua morte ritard la conclusione dei lavori; Filippino non termin la decorazione che nel 1502 per conto di Filippo Strozzi il Giovane. Questi era discepolo e amico di Jacopo da Diacceto151; i legami di suo padre col Ficino non sono attestati che in occasione della posa della prima pietra del Palazzo152. Il contratto del 1487 non presenta alcun termine che possa essere indizio di preoccupazioni umanistiche. Tuttavia la cappella una delle manifestazioni pi tipiche del sentimento religioso suscitato dallinsegnamento del Ficino. Linsieme sispira infatti a un programma coerente. Come palazzo Strozzi rappresenta una ripresa a scala

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gigantesca del tipo fiorentino di palazzo pi tradizionale, cos la cappella ritorna, in modo pi deciso che non avessero fatto i Sassetti a Santa Trinita, alle grandi decorazioni delle vite dei santi. I patriarchi sostituiscono sulla volta le sibille. La parete di fondo comprende tre elementi. Anzitutto il sarcofago di marmo nero, opera di Benedetto da Maiano (concepito con la stessa sobriet di quello del Sassetti), con due putti in rilievo, che sta entro una nicchia dominata dal tondo della Madonna in marmo bianco sostenuto dagli angeli, cosa che richiama la cappella del cardinale di Portogallo a San Miniato153. In una grande vetrata su cartone di Filippino, e in certi punti dipinta direttamente da lui stesso, si vedono i due santi protettori, san Giovanni e san Filippo, in atto di venerare la Vergine in gloria154. Lidea della cappella viene cos riassunta in questa striscia traslucida, inquadrata e magnificata da una sorprendente decorazione a monocromo. Questa concepita come un arco di trionfo e brulicante in ogni parte di scritte e figure, di cartoni e allegorie in cui il mondo pagano viene a legarsi al mistero cristiano. Nella composizione non solo sono profusi tutti i motivi dellarte funebre antica (bucrani, maschere, grifoni, ecc.), ma si notano, ai lati della struttura architettonica, la ninfa Partenice accanto alla Caritas, Polimnia e unaltra musa accanto alla Fides. Le Virt che si vedevano nel Monumento Forteguerri vanno qui in coppia con le pi tipiche figure simboleggianti le attitudini superiori dellanima155. Si assiste dunque a Firenze alla progressiva assunzione dellarte funeraria dellantichit nello stile delle tombe. Il programma decorativo tende a realizzare una idea di trionfo in cui si fondano lelogio del defunto e il concetto della trasfigurazione ultima dellanima. Gli sviluppi di questo nuovo orientamento si devono cercare a Roma. Il monumento bronzeo a cui Antonio Pollaiolo

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attese dal 1484 al 1493 deriva dalla Tomba medicea: tratta il sarcofago come un blocco indipendente, con in pi la figura del defunto giacente realizzata in bronzo. Presenta una decorazione a formelle figurate rappresentanti le sette Virt sulla parte piana e le dieci Arti sulla superficie obliqua, e queste sembrano il sostegno delledificio. La scelta delle allegorie, meglio definite dalle iscrizioni, non presenta nulla che esca dalla tradizione: con le Arti si rimane nellambito dei programmi scolastici156. La Prospectiva lottica, in senso medievale, e non la nuova scienza degli artisti, la Philosophia cita Aristotele e la Theologia la Genesi. Tuttavia questopera massiccia esce dalle consuetudini medievali. Le Arti non ricorrevano spesso nella decorazione delle tombe; e se qui accompagnano la spoglia del pontefice per suggestione dellelogio contenuto nellopuscolo di Aurelio Brandolini, De laudibus ac rebus gestis Sixti IV: cio la gloria delle Arti e la restaurazione della cultura a Roma. Questo cenotaffio bronzeo ha avuto una sua influenza, ventanni dopo la commissione al Pollaiolo, nella genesi del mausoleo di Giulio II; ma in questultimo la glorificazione del defunto rimane subordinata ad una concezione pi poderosa157. Riunendo infatti le novit essenziali del Quattrocento fiorentino, il progetto del 1505 riprende il tempietto dellAlberti nella cappella Ruccellai. Questo rappresentava, con un edificio a quattro facce, la tomba tipo, la tomba di Cristo; e il Vasari, e poi il Condivi, descrivono appunto anche il monumento di Giulio II come un tempio158. Inoltre esso viene concepito come una sorta darco trionfale a quattro facce, per cui viene ad essere la versione architettonica della decorazione abbozzata da Filippino. Il programma della tomba di Sisto IV ritorna anche qui, ma dilatato dallimpeto fantastico di Michelangelo, fino a raggiungere le dimensioni di un simbolismo universale. La conclusione dellevoluzione fiorentina si trova a Roma.

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Capitolo quarto La decorazione profana

Non vi sono dubbi sullampiezza dellattivit costruttiva a Firenze nella seconda met del Quattrocento. Lo attesta Benedetto Dei, che parla di trenta palazzi costruiti tra il 1450 e il 1478 e, per gli anni successivi, da un testimone popolare, il Landucci, che nel suo diario ricorda, nel 1489, i lavori di palazzo Strozzi, di palazzo Gondi, della villa di Poggio a Caiano e aggiunge: Molto altre case si murava per Firenze, per quella via che va a Santa Caterina, e verso la Porta a Pinti et la via nuova de Servi a Cestello [cio nel quartiere nord, dove interviene il Sangallo], e dalla porta a Faenza verso San Barnaba, e inverso SantAmbruogio e in molti luoghi per Firenze, con losservazione finale: Erano gli uomini in questo tempo atasentati al murare, per modo che cera carestia di maestri et di materia. Nel maggio la Signoria aveva accordato unesenzione fiscale di quarantanni per le case costruite entro cinque anni159. Nulla ci autorizza a supporre che questi molti palazzi prescindessero dagli esempi del Brunelleschi e di Michelozzo. Ci che tuttavia sorprende , fin verso il 1520, la prudenza dei fiorentini verso gli ordini antichi (che cominciano invece a fare la loro comparsa a Roma) e pi ancora verso i rilievi, le decorazioni a figure e gli effetti dei materiali, che erano invece di moda in Emilia e in Lombardia. In linea generale possiamo dire che

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ci fu, dopo il 1460, un ritorno alle formule collaudate, un rinforzarsi dellelemento toscano nellarchitettura civile. A giudicare dai progetti di Giuliano da Sangallo, la cui importanza nella storia del palazzo italiano meriterebbe una valutazione pi approfondita160, certi personaggi in vista, e in primo luogo Lorenzo il Magnifico, avrebbero desiderato composizioni pi libere e solenni. Palazzo Gondi e palazzo Strozzi sono variazioni sul tipo michelozziano di via Larga: un blocco nettamente definito con cornici marcapiano per sottolineare le divisioni orizzontali, un cornicione per concludere le masse, un cortile quadrato animato dai vari piani risolti a portico. Solo nel cortile sono ammessi gli ordini antichi. Loriginalit, veniva quindi a esplicarsi essenzialmente nella decorazione interna. Ogni personalit elaborava dei complessi decorativi a suo piacere: rilievi scolpiti o terrecotte nel cortile, affreschi e serie di tavole, che venivano a comporre un ciclo omogeneo, nelle sale di rappresentanza...161. Gli elementi figurati del palazzo sono sempre in qualche modo legati alla personalit del signore che li ha ordinati, riflettono con esattezza la sua cultura e il suo gusto. Dato che la maggior parte di questi proprietari erano amici personali del Ficino e del Poliziano, talvolta seguaci fedeli di Careggi, ecco un punto di contatto indiscusso tra larte e lumanesimo. Il fatto che raramente opere di questo tipo siano menzionate nei testi, che un gran numero di esse siano scomparse e che le tavole siano andate disperse fa s che sia possibile avere solo unidea approssimativa e un quadro assai incompleto del fenomeno: principali decorazioni fiorentine
c. 1455 Villa di Legnaia; ciclo di affreschi. prima del 1460 Cosimo, Biblioteca della Badia di Fiesole; decorazione dipinta.

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c. 1460 Lanfredini, villa di Arcetri; affreschi. c. 1460 Palazzo Bardi-Serzelli; affreschi. c. 1460-65 Piero de Medici, palazzo Medici; tre tavole: Fatiche dErcole. c. 1475-80 Sassetti, palazzo di Montughi e palazzo presso Santa Trinita. c. 1478 Lorenzo di Pier Francesco, villa di Castello (?); tavole dipinte. c. 1482 Villa Lemmi a Chiasso Macerelli; loggia con affreschi. c. 1484 Lorenzo, villa di Spedaletto, Volterra; affreschi. c. 1490 Lorenzo, villa di Poggio a Caiano; fregio, affreschi. c. 1490 Bartolomeo Scala, palazzo di Borgo Pinti; rilievi. c. 1490 Francesco del Pugliese, casa; ciclo dipinto (Piero di Cosimo). c. 1500 Giovanni Vespucci, casa di via dei Servi; cicli dipinti (Botticelli, Piero di Cosimo).

Le serie di uomini famosi erano tipiche piuttosto della decorazione degli edifici pubblici e un esempio se ne aveva nel palazzo del proconsolo. Fra le decorazioni di case private il Vasari segnala un complesso dipinto da Lorenzo di Bicci in casa di Giovanni di Bicci, padre di Cosimo il Vecchio. Altri ne esistevano certamente e lErcole del cortile di palazzo Bardi-Serzelli deve esserne un resto162. Il ciclo pi notevole di tutto il Quattrocento quello della villa di Legnaia dipinto, con unampiezza di concezione e una fermezza di stile sorprendenti, dal Castagno intorno al 1450-55, nella sala di una piccola villa suburbana163. Le sistemazioni di interni comprendevano strutture lignee che formavano pancale e spalliera intorno ai quadri. Linsieme pi tipico che si conosca in questo tempo

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indubbiamente la sala a pianterreno di palazzo Medici, che veniva indicata come la chamera di Lorenzo e di cui linventario del 1492 enumera i quadri incorniciati dalle strutture in legno: tre Battaglie di Paolo Uccello, Leoni e draghi, il Giudizio di Paride dello stesso artista, la Caccia del Pesellino. I quadri erano collocati molto in alto; la loro precisa disposizione non tuttavia chiara. Il tutto risaliva allepoca di Cosimo (poco dopo il 1450, e sembra non ispirarsi ad alcun programma: a completare questo ciclo vennero poi il Corteo dei Magi nella cappella (1459) del Gozzoli e la decorazione con Storie dErcole nel salone164. Programmi nuovi appaiono intorno al 1460 con la Biblioteca della Badia Fiesolana, decorata a spese di Cosimo, e soprattutto con la decorazione di baccanti realizzata dal Pollaiolo nel salone della villa Lanfredini ad Arcetri165. Poco dopo, intorno al 1465, Piero de Medici commissiona allo stesso Pollaiolo i tre grandi quadri di Ercole destinati ad una delle stanze dellappartamento mediceo: il Vasari li descrive come opere impressionanti e audaci, che ebbero grande risonanza166. Tra il 1465 e il 1480, proprio nel momento in cui si costruiscono tanti palazzi nuovi, c una lacuna nelle nostre informazioni. Le costruzioni e le fondazioni che Francesco Sassetti promuoveva intorno al 1475 e che avevano una particolare ampiezza, dovevano comprendere dei complessi decorativi purtroppo scomparsi. Alle porte di Firenze, verso nord, a Montughi, il ricco banchiere aveva innalzato, intorno al 1480, un palazzo il cui lusso, la cui biblioteca e le due cappelle furono ammirati da tutti se dobbiamo prestar fede a una lettera originale e laudativa del Ficino. Un po pi tardi Ugolino Verino scriver:
Montuguas Saxetti quid si videris aedes, Regis opus credes.

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Non ne rimane quasi nulla, non pi che del palazzo cittadino, pi modesto, costruito vicino a Santa Trinita, la chiesa dove il Sassetti eresse la sua cappella funeraria e il suo mausoleo167.

La villa di Spedaletto. Scarse sono le notizie che ci sono pervenute sugli affreschi eseguiti alla villa di Spedaletto, vicino a Volterra, dal Botticelli, dal Ghirlandaio, dal Perugino e da Filippino Lippi168: questi affreschi sono descritti in un rapporto indirizzato a Ludovico il Moro da uno dei suoi agenti a proposito dei pittori pi celebri di Firenze169. Sembra risultarne che essi furono iniziati dopo linaugurazione, avvenuta nellagosto 1483, della nuova cappella Sistina a Roma, dove si erano distinti i primi tre di questi artisti. Filippino invece era un esordiente ed curioso vedere questo giovane artista gi attivo accanto a maestri affermati. Pu darsi per che Filippino avesse posto mano a questa decorazione fin dal 1481-82, quando ancora i collaboratori pi anziani erano a Roma. Il Vasari precisa che la parte avuta dal Botticelli fu importante e nella vita del Ghirlandaio ci fornisce una preziosa indicazione: Allo Spedaletto per Lorenzo Vecchio de Medici [dipinse] la storia di Vulcano, dove lavorano molti ignudi fabbricando con le martella saette a Giove170. Si trattava dunque di un complesso mitologico, il primo che sia documentato in modo cos esplicito: svolto da artisti di tanta importanza, e per Lorenzo stesso, doveva trattarsi indubbiamente di unopera di rilievo. Trentanni prima della Farnesina gli artisti medicei adattavano il mondo dei miti alla decorazione delle abitazioni private. impossibile definire la natura e lo spirito del programma, ma Botticelli era nel pieno della sua maturit, considerato come lartista di optima

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ragione et integra proportione, ed lecito supporre che, come era avvenuto alla cappella Sistina, desse il tono a tutti quanti; ma, cosa strana, se n parlato assai poco e tutto scomparso, tranne alcune tracce irriconoscibili, nel secolo scorso171. Gli affreschi si trovavano sotto un portico e in una grande sala allinterno e si pu quindi pensare alla disposizione di Poggio a Caiano, ove sarebbe ricomparso Filippino. Si perduto con questi affreschi un punto di confronto fondamentale per distinguere chiaramente la mitologia, come lamavano i fiorentini, dalle forme pi fantastiche o pi naturalistiche che essa poteva assumere a Padova e a Ferrara172.

Cicli botticelliani nelle ville. Gli affreschi di villa Lemmi facevano parte di tutto un complesso che ornava una loggia in una villa di Chiasso Macerelli, appartenuta forse a Giovanni Tornabuoni173. Questa loggia prendeva luce da un piccolo colonnato; su una delle pareti si vedevano un paesaggio e figure che attualmente sono quasi del tutto perdute, e, di contro, separate da una finestra, le due scene allegoriche. Si voluto riconoscere nei dipinti il cugino di Lorenzo, Lorenzo Tornabuoni insieme con Giovanna degli Albizi, il cui matrimonio fu celebrato nel 1486. Nellaffresco meglio conservato, con dei rosa e dei verdi delicati, figurerebbe la giovane donna accolta da Venere e dalle sue ninfe, mentre nellaltro si vedrebbe il giovane fiorentino guidato da una divinit verso il cerchio delle sette dame rappresentanti le Arti, cio il sapere. In realt non abbiamo alcuna fondata ragione per ravvisare qui Lorenzo Tornabuoni e la sua fidanzata e daltronde lopera con ogni verosimiglianza anteriore al 1486. Linterpretazione nuziale non quindi necessaria174. I due affreschi rappresenta-

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no con chiarezza e misura laccesso alla vita superiore sotto il segno di Venere, che una delle idee fondamentali dellumanesimo di Careggi. Venere porta i curiosi sandali che si vedono nella Primavera, scortata da tre ninfe a piedi nudi che non possono essere se non le Grazie. Essa depone, con un gesto monitorio, un oggetto nel velo teso dalla giovane donna. Questa figura dallo sguardo serio si ritrova in altri quadri fiorentini. Tracce di colore che rimangono sullintonaco, nonch la fontana che si vede a sinistra, lasciano supporre che le figure spiccassero sul fondo di un giardino analogo al boschetto della Primavera. La stessa divinit che reca il suo dono alla giovane donna conduce il giovane per mano verso il coro delle sette Arti, che sono dame dai veli grevi, dagli atteggiamenti calcolati, sulle quali spicca la Retorica. In questo caso le foglie e i tronchi del fondo sono ancora visibili. Il bel profilo delleroe attento spicca felicemente su questo fondo darazzo. la figura di Venere, ripetuta da un affresco allaltro, a suggerire lunit dellopera e certamente dellintero ciclo. La dea dispone del dono delle grazie e nello stesso tempo del vero sapere175. La villa si trovava a breve distanza da Careggi; ma ne pi ancora vicina per lo spirito della sua decorazione. Il Vasari ha visto la Primavera e la Nascita di Venere nella villa di Castello, antica propriet del giovane cugino del Magnifico.
In diverse case fece [Botticelli] tondi di sua mano scrive lo storico e femmine ignude assai; delle quali oggi ancora a Castello... sono due quadri figurati, luno, Venere che nasce, e quelle aure e venti che la fanno venire in terra con gli Amori; e cos unaltra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la primavera; le quali da lui con grazia si veggono espresse.

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Nonostante le sue consuete inesattezze, il Vasari ammette chiaramente che le due opere costituiscono una sorta di dittico176 e si tentati di considerare questo dittico come il complemento della serie precedente. Il pittore ha continuato poi a lavorare per Lorenzo di Pierfrancesco: nel 1495 e 1496 egli ancora dirigeva i lavori di manutenzione e decorazione a Castello, e si sa che stato lo stesso Lorenzo di Pierfrancesco a commissionargli la grande illustrazione della Commedia. Questo principe era in stretti rapporti col Ficino e i platonici177. Il Botticelli, tutto sta a indicarlo, stato il suo pittore, cosa che non poteva che orientarlo verso un discorso umanistico e platonico nello spirito di Careggi. Nel 1477 la villa di Castello era stata acquistata per i due giovani figli di Pierfrancesco, cio Lorenzo (nato nel 1463) e Giovanni (nato nel 1467). Lorenzo di Pierfrancesco aveva dunque solo 15 anni nel 1478, data probabile della tavola botticelliana, ma proprio il momento in cui il Ficino, di cui fu uno dei corrispondenti, gli indirizza una lunga epistola pedagogica, che presenta una sorta di oroscopo ideale sotto il segno di Venere, simbolo dellHumanitas; e poco dopo prega due umanisti suoi amici, Giorgio Antonio Vespucci e Naldo Naldi, di commentare la lettera al giovanetto. La composizione, in modo ancora pi deciso che negli affreschi Lemmi ha laspetto di un arazzo: davanti al boschetto di aranci, piegato ad arco al di sopra della divinit, si stende un tappeto di fiori primaverili, tra i quali sono state ritrovate la maggior parte delle erbe ricordate nel giardino di Careggi. Venere, grave come una Madonna, rende la libert alle Grazie che danzano a sinistra, accanto a Mercurio, occupato a cacciare le nubi, e a Flora, a destra, che accompagna una ninfa spinta da Zeffiro. Sono i due aspetti dellamore: grazia e lubricit, in un boschetto di sogno. I movimenti pi vari vi

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si legano con una precisione sorprendente; le forme si risolvono in arabeschi; la gamma dei colori attenuata e un poco sorda. In una cerchia di motivi strettamente definita dalle descrizioni del regno di Venere (Ovidio, Fasti, V, 33 sgg., Orazio, Odi, 7, 30, e sulla loro scia Poliziano, Stanze, I) il Botticelli ha introdotto un valore allegorico e astrologico serio; egli sacralizza il tema, facendone una sorta di visione beatifica di tono umanistico e profano178. Le numerose pagine del Ficino sulla generazione spirituale della Bellezza si addicono altrettanto bene allapparizione di Venere tra due venti che soffiano fiori (sono i fratelli di Zeffiro) e unOra dalla veste fiorita (sorella di Flora). La Venus pudica tutta grazia e delicatezza. La scena illustra i grandi testi greci adottati proprio in quel momento dal Poliziano (Stanze, I, 99):
Una donzella non con uman volto Da zefiri lascivi spinta a proda, Gir sovra un nicchio; e par che il ciel ne goda.

Questo sorriso del cielo e della natura mossa dalla bellezza ci che lumanesimo continuava a descrivere come la verit superiore che la contemplazione ben guidata deve scoprire. Non abbiamo dunque solo un esercizio letterario impegnato a ricostruire, sulla base di Plinio, il capolavoro di Apelle; ma, insieme con il simbolo favorito dellumanesimo, la chiave delle sue effusioni poetiche, un tema pedagogico essenziale alla dottrina del Ficino179. Tutte queste composizioni sembrano ben rientrare nel programma della Paideia umanistica di Careggi.

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Il palazzetto di Bartolomeo Scala. Qualche anno prima del 1490 Giuliano da Sangallo innalzava unampia dimora per uno degli intimi del Ficino, Bartolomeo Scala180. In una lettera datata 11 novembre 1490 questa amicizia si esprime in formule affettuose: Unum sumus, immo sumus et unus. Questa bella unit danima impedisce al Ficino di ricevere lamico nella sua piccola casa: stato dunque un atto di piet accettare piuttosto dessere ricevuto da te nella tua grande casa di Borgo Pinti. L dun cuore solo, allombra amabile di Lorenzo dei Medici, celebreremo lo splendore di Febo sotto la protezione di Apollo, le Muse e, nel coro delle Muse, Platone... Questa formula che, nello spirito pi tipico dellAccademia, unisce Lorenzo, le Muse e Platone, conclude una lettera in cui il Ficino accetta lospitalit del famoso giureconsulto nella sua nuova casa apollinea181. La quale ben nota letterariamente, ma la costruzione, cio il palazzetto di Borgo Pinti, stata nel Cinquecento incorporata nel palazzo Della Gherardesca e in parte trasformata. Lantico cortile, di recente restaurato, presenta tutti gli elementi dello stile di Giuliano da Sangallo e gli deve essere attribuito senza riserve. Tale cortile, quadrato, comprende tre arcate su ogni lato; il sottoportico che lo circonda era coperto di una volta a botte simile a quella di Poggio a Caiano con lacunari policromi. Sui quattro lati i pilastri che inquadrano gli archi continuano oltre la trabeazione dividendo il fregio superiore in tre parti. Qui sono stati collocati, verso il 1490, bassorilievi in stucco, color bronzo, opera della bottega di Bertoldo. Queste grandi formelle rappresentano, sotto iscrizioni oscure che sembrano designare le grandi forze della vita morale: Amor, Mitas, Iurgium, Quies..., scene di battaglia, cortei, incontri solenni, nei quali si riconoscono tutti gli elementi di una

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sorta di Psicomachia pseudo-antica. Queste allegorie astruse si devono allo stesso giurista neoplatonico. Per quanto lopera appaia sorprendente per il vigore e talvolta la rusticit dello stile, manca di suggestione e chiarezza. In un certo senso rappresenta la conclusione e la dilatazione della serie di tondi collocati, in posizione analoga e con la stessa funzione, nel cortile del palazzo mediceo; ma lo stile sovraccarico di Bertoldo inizia attraverso la giustapposizione di grandi scene, che imitano i bronzi romani, la didattica allegorica di una nuova psicologia182.

Le tavole per interni di Botticelli e Piero di Cosimo. Subito dopo aver ricordato le due Veneri, il Vasari cita due cicli destinati alla decorazione di interni: Nella via de Servi in casa Giovanni Vespucci, oggi di Piero Salviati, fece intorno a una camera molti quadri chiusi da ornamenti di noce, per ricignimento e spalliera, con molte figure e vivissime e belle. Similmente in casa Pucci fece di figure piccole la novella del Boccaccio di Nastagio degli Onesti in quattro quadri di pittura molto vaga183. Il secondo complesso viene datato sulla base del matrimonio di Giannozzo Pucci e Lucrezia Bini, allinizio del 1483, ma non pu essere autografo dellartista. Se anche egli ne ha dato il cartone, lesecuzione spetta a Bartolomeo di Giovanni o Jacopo del Sellaio. Questa storia cortese, insieme feroce e graziosa, deriva, come il suo stile, dallarte dei cassoni appena un po pi evoluta184. Le cose cambiano del tutto colla decorazione Vespucci che deve risalire al 1498 o 1499 se, come lecito supporre, comprendeva le scene della Vita di Lucrezia (Boston, Museo Gardner) e quelle di Virginia Romana (Bergamo, Accademia Carrara). I fondali architettonici si ispirano (e forse sono stati disegnati da lui) a Giulia-

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no da Sangallo. In toni smaltati che richiamano i ferraresi si snodano fregi duna ricchezza di movimento e duna vivacit eccezionale. Si tratta di unantichit eccessiva e drammatica, tutta gesti e espressione patetica185. degno di nota che nella stessa casa venga segnalato un complesso non meno singolare di Piero di Cosimo. Lavor per Giovanni Vespucci che stava dirimpetto a San Michele della via de Servi, oggi di Pier Salviati, alcune storie baccanarie che sono intorno a una camera; nelle quali fece s strani fauni, satiri e silvani, e putti e baccanti, che una meraviglia a vedere la diversit de zaini e delle vesti, e la variet delle cere caprine, con una grazia ed imitazione verissima186. Era stato Guidantonio, padre di Giovanni, gonfaloniere allepoca del Savonarola e uno degli artefici della sua rovina, ad acquistare questa casa in via de Servi. Egli ha quindi dovuto farne decorare, intorno al 1500, parecchie sale. Le tavole di Piero costituiscono, ispirandosi ai Fasti di Ovidio (III, 725 sgg.) un dittico sulla scoperta del miele ad opera dei compagni di Bacco (e linvenzione della torta di miele rituale nelle libazioni), e un episodio burlesco, la caduta di Sileno che aveva voluto impadronirsi di un nido di api e fu preda delle vespe187. Lorigine precisa di questa decorazione di storie baccanarie ci sfugge: il piglio, insieme sarcastico e rustico, di Piero trionfa nella figurazione degli alberi secchi in cui sono allogati gli sciami e dei baccanti in disordine. Non si tratta pi di un thiaso, ma di una banda di contadini agitati che, secondo la consuetudine campagnola, rincorrono lo sciame facendo baccano con arnesi di cucina. Abbiamo qui una nota di gusto aspro, uninsistenza sulle forme strane o mostruose che sembra il contrappunto deliberato delle immagini innocenti del Botticelli: ad esempio la faunessa sdraiata in primo piano richiama un piccolo rilievo che si vede sullo zoccolo del tempio della Calunnia188.

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Si riusciti a ricomporre un secondo ciclo di tavole, comprendente la Caccia e il Ritorno dalla caccia (New York, Metropolitan Museum) e il Paesaggio con gli animali (Oxford), commissionato, stando al Vasari, da Francesco del Pugliese per essere collocato intorno ad una camera e rappresentante la vita primitiva189. Si tratta di una sorta di pastorale feroce, con figure mostruose e uomini alle prese con una natura ribelle. Queste tavole sono di piccole dimensioni. Si dunque supposto che altri pannelli pi monumentali, dei quali uno rappresenta Eolo e Vulcano che educano lUmanit, abbiano potuto completare linsieme mediante un ciclo di Vulcano, simbolo della civilt tecnica. Le due serie si succedono in realt come lera dei terrori primitivi prima del dominio del fuoco e dellera di Vulcano, simboleggiata dalla storia del dio. Nella Genealogia degli Dei del Boccaccio (XII), si trova un lungo passo tratto da Vitruvio (e chiaramente derivato da Lucrezio) in cui viene esposta la vita errante dellumanit primitiva prima dellazione del dio-artefice. Ci che sorprende abbastanza lorigine di questa commissione: Francesco di Filippo del Pugliese, ricco mercante e attivo democratico, era stato un piagnone militante: nel suo testamento del febbraio del 1503 elenca i quadri devoti che lascia ai monaci di San Marco, tra i quali un Cristo fiammingo, un Giudizio finale dellAngelico con due laterali dei Botticelli e lUltima comunione di San Girolamo, forse il pi bello dei quadri mistici dello stesso Sandro190. Il fatto che qualche anno prima Francesco si fosse rivolto a Piero di Cosimo per decorare la sua casa con un ciclo antiumanistico dedicato allumanit primitiva, proietta una luce interessante su questa personalit e sulle resistenze che potevano incontrare immagini come quelle del Botticelli. Non necessario supporre una confusione del Vasari tra Francesco del Pugliese e lo zio Piero (morto nel 1498) che era anchegli amatore

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darte e di cui Filippino Lippi aveva fatto il ritratto accompagnato da un epigramma del Braccesi. Leclettismo del nipote accertato dal fatto che egli commission a Filippino la grande pala con la Vergine che appare a san Bernardo (1486) e poco dopo sinvaghiva di un quadro del Perugino che voleva sottrarre alle monache di Santa Chiara. La poesia burlesca e lasprezza audace di Piero di Cosimo han dovuto sedurre questo collezionista indipendente.

Sul Manetti: e. garin, Filosofi italiani ecc. cit., pp. 230-42; a.chastel, Marsile Ficin et lart cit., pp. 181 e 195. Sul Brunelleschi e il Ghiberti: r. krautheimer, orenzo Ghiberti cit., pp. 19 sgg. E cap. XVII (Ghiberti architetto). Il Brunelleschi e lAlberti sono messi al di sopra degli altri da A. Rinuccini, secondo cui: duo praecipue claruerunt summis ingeniis homines et omnis antiquitatis indagatores accuratissimi. Unus quidem Philippus Brunelleschi scribae filius Florentinae basilicae architector, alter autem Baptista Albertus vir et familiae nobilitate et ingenii praestantia clarissimus qui etiam de picturae architecturaeque praeceptis libros aliquot scripsit accuratissime. A. Rinuccini, epistola dedicatoria della traduzione de La vita di Apollonio di Tiana (1473), estratti in e. h. gombrich, A panel by Apollonio di Giovanni cit. 2 Sul palazzo di Parte Guelfa (non terminato), m. salmi, Il palazzo della Parte guelfa di Firenze e Filippo Brunelleschi, in Rinascimento, ii (1951), pp. 3 sgg. Sul progetto del Brunelleschi per il palazzo Medici, scartato da Cosimo a favore di quello pi modesto ed eclettico di Michelozzo: Libro di A. Billi, ed. Frey, Berlin 1892, p. 34, citato da o. morisani, Michelozzo architetto, Torino 1951, p. 51. 3 c. botto, Ledificazione della chiesa di Santo Spirito in Firenze, in Rivista darte, 1931, pp. 475-511, e 1932, pp. 25-53; w. paatz, Kirchen cit., vol. V, pp. 120-21, e p. 168, n. 56. La scarsa fedelt alla pianta brunelleschiana stata anche notata agli inizi del xvi secolo dai cronisti fiorentini come A. Billi. Il progetto brunelleschiano di Giuliano da Sangallo (circa 1482-86) contenuto nel Cod. Urb. 4424 (Vaticana), si ritrova negli appunti di Leonardo, Antonio da Sangallo e Peruzzi. w. paatz, Kirchen cit., pp. 127-28. La lettera di protesta di Giuliano a Lorenzo de Medici riprodotta in g. clausse, Les Sangallo, I, Paris 1900, pp. 133-34. 4 Ed. E. Toesca, Roma 1927; cfr. a. chastel, Marsile Ficin et lart
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze cit., pp. 181-82. Sulla polemica antighibertiana che svolge il Manetti: r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 255. Sui rapporti con lAlberti: w. kallab, Vasari-Studien, Wien 1908, p. 158. 5 p. m. schuhl, Platon et lart de son temps (Arts plastiques), 21, ed., Paris 1952. k. borinski, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie, Leipzig 1914, p. 156. j. bousquet, Le trsor de Cyrne Delphes, Paris 1952, cap. VI (Le trsor de Cyrne et les mathmatiques au temps de Platon). 6 Riferimenti: ficino, In convivium Platonis, V, 5, ed. R. Marcel, pp. 187-88, ed. Renzi, p. 71; Marsile Ficin et lart cit., pp. 70-71; alberti, De re aedificatoria, I, 1. 7 pico, Commento sopra una canzona de amore, II, 6; ed. e trad. in e. garin, Filosofi italiani ecc. cit., pp. 467-68; citato in Marsile Ficin et lart cit., p. 77, n. 3. Sulla sentenza di Dante, cfr. sopra, sezione II, cap. II. Il paragone era cos diffuso nella filosofia greca, per esporre la distinzione tra materia e forma, che compare in questo senso anche in san Tommaso: e. panofsky, Gothic architecture and Scholasticism, Latrobe (Penn.), 1951, p. 28. 8 Sulla diffusione del termine idea nel vocabolario artistico: e. panofsky, Idea, ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der lteren Kunsttheorie, Leipzig 1924 (trad. it., Idea, contributo alla storia dellestetica, Firenze 1952). 9 Sul Brunelleschi ingegnere, inventore di procedimenti tecnici, che non sembra siano stati ripresi dopo di lui, cfr. f. d. prger, Brunelleschis inventions and the renewal of roman mansonry work, in Osiris, ix (1950), pp. 457-554. 10 l. h. heydenreich, Sptwerke Brunelleschis, in jb, lii (1931), pp. 1-28 11 g. giovannoni, Architettura e architetti della Rinascenza, in Saggi sullarchitettura del Rinascimento, Milano 1935, pp. 1e 5, e La figura professionale ed artistica dellarchitetto, Firenze 1929, ha sottolineato queste verit di contro alla concezione tradizionale ed erronea di a. choisy, Histoire de larchitecture, Paris 1929, t. II, p. 603: Il Rinascimento in Italia non comporta che una riforma nel sistema ornamentale. 12 Lindicazione, suggerita sommariamente da m. dvork, Geschichte der italienischen Kunst, Mnchen 1927, I, p. 76, stata poi precisata da g. c. argan, The architecture of Brunelleschi and the origins of perspective theory in the XVIth c., in jwc, ix (1946), pp. 96-121. 13 Non injuria Plato cum regem quaereret mundi monarcham, principio architectum produxit in medium, scientiamque in tria tandem distinxit genera. Quorum primum in cognoscendo, secundum in agendo, tertium in faciendo versatur. In primo arithmetram geometramque, in secundo architectum, in tertio fabrum ministrumque collocavit, probans architecti facultatem inter speculationem solam solumque ministerium esse ponendam, magis tamen speculationis quarn ministerii esse

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze partecipern neque judcare solum geometrarum more verum etiam facientibus imperare opificioque semper adesse in Platonis Civilis vel de Regno, M. F. argumentum, ed. Venezia 1571, p. 116 14 Comm. in Timaeum, cap. 40, Opera, II, 1463; cit. in Marsile Ficin et lart cit., p..99. Sulla posizione dellAlberti nelle scienze esatte: i. wolf, Leone Battista Alberti als Mathematiker, Scientia, lx (1936) 2, pp. 353-59. 15 p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti, Paris 1930, pp. 443 sgg. Osservazioni sulluso che lAlberti fa di Vitruvio in k. borinski, Die Antike ecc. cit., parte I, pp. 152 sgg. 16 De re aedificatoria, IX, 6. Cfr. Marsile Ficin et lart cit., pp. 101 e 109. 17 Sulle piante, cfr. p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti cit., p. 451, e r. wittkower, Architectural principles cit., cap. II 18 Sulle proporzioni, p.-h. michel, Lesthtique aritmtique du Quattrocento, une application des mdits pythagoriciennes lesthtique architecturale, in Mlanges de philologie, dhistoire et de littrature offerts H. Hauvelle, Paris 1934, pp. 181-89, e r. wittkower, Architectural Principles cit., pp. 94 sgg. Esistono diversi modi di esporre questi tre sistemi di rapporti, che, secondo la tradizione, sono dorigine pitagorica: t. heath, A History of Greek Mathematics, London 1921, p. 85. Nella forma pi semplice abbiamo per il medio aritmetico: a + b = 2m, per quello geometrico: ab = m2, per larmonico: ab/a+b=m/2. 19 p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti cit., p. 158. k. borinski, Die Antike ecc cit., p. 153 ha dimostrato inoltre linfluenza determinante del passo del Timeo 31 b, nella tradizione del Ficino, De vi ratiorum, che si sostituisce, alla fine del xv secolo, ai testi ormai insufficienti di Euclide sullargomento. 20 Partendo da queste indicazioni generali (cui non sempre tutti gli architetti ricorrevano), si potrebbe precisare come vengano definite le campate o i piani delledificio partendo dalle forme geometriche semplici (quadrato, rettangolo) e, allinterno di queste suddivisioni, come si determini la forma delle aperture, il ritmo dei supporti ecc. thiersch, Die Proportionen in der Architektur, in Handbuch der Architektur, Darmstadt 1885, giovannoni, Architettura e architetti ecc. cit., p. 12, hanno mostrato limportanza del gioco delle diagonali nel Rinascimento. Tuttavia lo sviluppo di queste formule non avvenuto regolarmente dal Brunelleschi a Palladio. Daltra parte non si deve dimenticare la funzione della messa in prospettiva. La divisione ritmica dellopera precisata dalla prospettiva, di cui si riconosce limportanza, perfino nella decorazione (cfr. pi avanti, parte II, sezione II, cap. II): lo spazio interno proiettato su un piano verticale sul quale le campate diminuiscono secondo una scala armonica e questa viene ad assumere evidenza allorch larchitettura viene riprodotta in un dipinto,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze come mostra r. wittkower, Brunelleschi and proportion in perspective, in jwm, xvi (1953), pp. 275-91. 21 Secondo leccellente formula di h. wlfflin, Kunstgeshichtliche Grundbegriffe: Occorreva per prima cosa che la bellezza della forma articolata fosse provata perch gli ordini unitari fossero concepibili. 22 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., cap. II. Documentazione fotografica in j. baum, Baukunst der Frhrenaissance in Italien, Stuttgart 1926. 23 Al Vasari si deve un interessante esame critico di questo vestibolo, nellesordio della Vita dAndrea Sansovino, al quale egli lattribuisce: ed. Milanesi, IV, p. 448; ma da un documento del 1493 risulta che Giuliano da Sangallo era incaricato, con la collaborazione del Cronaca, di finire la volta del vestibolo: c botto, Ledificazione della chiesa di S. Spirito ecc. cit., e g. marchini, Giuliano da Sangallo, Firenze 1942, p. 90. Come nel vestibolo di Poggio a Caiano, le travature della volta non corrispondono allasse delle colonne. Sulla posizione di G. da Sangallo, allincontro delle correnti del secolo xv: stegmanngeymller, Die Arckitektur der Renaissance in der Toskana, vol. V, Mnchen 1908. 24 De re aedif., IX, 8; p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti cit., p. 476 25 Marsile Ficin et lart cit., pp. 163 e 166, n. 1. 26 p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti cit., p. 352. 27 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., p. 10. 28 Ms 148, Biblioteca Reale di Torino, fol. 32; e Cod. Ashburnham 461 (Biblioteca Laurenziana), fol. 1 r. a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., p. 274. 29 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., pp. 12 sgg. 30 l. pacioli, Trattato di architettura, ed. C. Winterberg, Wien 1889, p. 129 31 g. milanesi, Le lettere di Michelangelo Buonarroti, Firenze 1875, p. 554. a. schiavo, Michelangelo architetto, Roma 1944, fig. 96 (riprod. fotogr.). 32 l. pacioli, Trattato di architettura, ed. cit., pp. 148-49; cfr. sopra, introduzione. 33 Oltre allopera di G. Marchini (1942) gi citata, abbiamo la sicura pubblicazione del Libro di G. da Sangallo ad opera dello Hlsen, Leipzig 1910, e la cronologia fornita da c. von fabriczy, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, 1902, suppl., pp. 1-42. Le esposizioni del Clausse (1900) e del Loukomski (1934), non sono sicure. 34 Sul Sangallo e il Botticelli: j. byam shaw, Botticelli oder Sangallo, in Belvedere, x (1931), p. 163. Sul Sangallo disegnatore: c. von fabiliczy, Giuliano da Sangallos figrliche Kompositionen, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xxiii (1902), pp. 197-204. b.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze berenson, The Drawings of the florentine Painters cit., I, pp. 175 sgg. e g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., pp. 105-6 35 Secondo il vasari, ed. Milanesi, IV, p. 476, egli forn utili consigli a Leonardo per la fusione della statua equestre dello Sforza, quando and a Milano a presentare al duca il suo progetto di castello 36 c. de tolnay, Michel-Ange et la faade de San Lorenzo, in Gazette de Beaux-Arts, xiv (1934), I, pp. 24 sgg. 37 vasari, ed. C. L. Ragghianti, II, p. 114. 38 Marsile Ficin et lart cit., pp. 59 e 62, n. 11. 39 Opere volgari, ed. cit., I, p. 91. Si pu avvicinare questo passo al rilievo del Tempio di Minerva a Rimini (tomba degli antenati di S. Malatesta). 40 Marsile Ficin et lart cit., p. 30. 41 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., pp. 5 sgg. 42 Di qui la condanna dellIndice spagnolo nel 1611: p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti cit., p. 544; r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., p. 5. 43 i. pusino, Ficinos und Picos religis-philosophische Anschauungen, in Zeitschrift fr Kirchengeschichte, xliv (1925), p. 526. 44 Cfr. Symbolisme cosmique et monuments religieux, Muse Guimet, Paris 1953. 45 Un comodo repertorio in k. strack, Central- und Kuppelkirchen der Renaissance in Italien, Berlin 1882. 46 La rigorosa esposizione di r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., cap. I (cfr. Humanisme et Renaissance, xii [1951] p. 363) ci permette di tenerci qui ai fatti essenziali. 47 De re aedificatoria, III, cap. XIV; VII, cap. IV. Sulle origini orientali e imperiali di questo concetto cfr. e. baldwin smith, The Dome, Princeton 1950, e id., Architectural symbolism of imperial Rome and middle Ages, Princeton 1956. 48 Theologia Platonica, II, 6, Opera, p. 96, e Comm. in Timaeum, cap. 40; Marsile Ficin et lart cit., pp. 59 e 101. 49 a. chastel, LArt italien, Paris 1956, vol. I, tav. xxxv. 50 r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 366 n. 22. Ledificio, restaurato sotto Nicola V, citato come esempio di basilica rotonda dallalberti, De re aedificatoria, VII, 15 (cfr. a. mancini, Vita di L. B. Alberti cit., p. 338). 51 s. colvin, A florentine picture chronicle cit., tav. lvii. 52 Symbolisme cosmique ecc. cit., p. 87 53 a. scharf, Filippino Lippi cit., tav. 127. 54 Per la data e lattribuzione di queste celebri tavole abbiamo aderito (nellarticolo Marqueterie et perspective ecc., in Revue des Arts, 1953, p. 154) allopinione di p. sanpaolesi, Le prospettive architettoniche di Urbino, di Filadelfia [leggi: Baltimora] e di Berlino, in Bolletti-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze no darte, xxxiv (1949), pp. 335 sgg., opinione che viene confermata da b. degenhart, Dante, Leonardo und Sangallo cit., pp. 233 sgg. r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 268, n. 26, crede, secondo noi a torto, di dover mantenere la data 1470 e linterpretazione proposta da f. kimball, Luciano Laurana and the High Renaissance, The Art Bulletin, x (1927-28), p. 125, secondo cui si tratterebbe di un adattamento dei modelli vitruviani di scenografia. La destinazione delle tavole come fronti di cassone, analogamente alle tarsie, non consente questipotesi 55 c. baroni, Elementi stilistici fiorentini negli studi vinciani di architettura a cupola, in Atti del I Congresso Nazionale di Storia dellArchitettura (1936), Firenze 1938, p. 64. w. paatz, Kirchen cit., vol. III, pp. 114-15 (con bibliografia a p. 130, n. 3). g. marchini, Un disegno di Giuliano da Sangallo, in Atti del I Congresso Nazionale di Storia dellArchitettura (1936), Firenze 1938, pp. 147-54; questo studio corregge certi particolari arbitrariamente introdotti dal Lastri nella sezione pubblicata nelledizione del 1821 de LOsservatore fiorentino, sulla base di un disegno (oggi scomparso) proveniente dal convento dei Camaldolesi. 56 Fu molto probabilmente presso la chiesa incompiuta del Brunelleschi che si tennero nel 1468 le conferenze sul Filebo, mentre le conversazioni da cui il Landino ha tratto il suo dialogo famoso si svolgevano nella sede, pi fresca e riposante in estate, del Casentino: a. della torre, Storia cit., pp. 573 sgg. 57 Il disegno si trova sulla parte centrale del foglietto che ha due parti ripiegate, in alto e a sinistra; queste aggiunte hanno avuto luogo nel 1488. 58 c. baroni, Elementi stilistici fiorentini ecc. cit., p. 63; j. p. richter, The literary works of L. da V. cit., vol. II, p. 31. 59 Coll. Geymller-Campello (Uffizi), n. 38: n. ferri, La raccolta Geymller-Campello, in Bollettino darte, 1908, p. 64. Il granduca Cosimo I pensava verso il 1563 di far terminare la rotonda per farne sede dellAccademia del disegno: w. paatz, Kirchen cit., p. 131. 60 La prima derivazione proposta da w. paatz, Kirchen cit., p. 133 n. 21, la seconda da l. h. heydenreich, Sptwerke Brunelleschis cit., pp. 4 sgg. 61 l. h. heydenreich, Die Sakralbaustudien Leonardo da Vincis (Tesi discussa ad Amburgo), Leipzig 1929. 62 c. baroni, Elementi stilistici fiorentini ecc. cit., p. 63. 63 Cod. Ashburnham 361 (Biblioteca Laurenziana); a. mancini, Di un codice artistico e scientifico del Quattrocento con alcuni ricordi autografi di Leonardo da Vinci, in Archivio storico italiano, 1885, pp. 35463; e. berti, in Belvedere, vii (1925), p. 100; descrizione sommaria in a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., pp. 273-74, il quale pensa che il manoscritto possa essere stato dato da Francesco a Leonardo nel

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze 1490. Modelli di pianta circolare: foll. 11 v e 12 r. Si ritrovano gli stessi tipi in una serie di disegni che il Geymller credeva copie di fra Giocondo da originali di Francesco di Giorgio, h. geymller, Cento disegni di architettura di Fra Giovanni Giocondo. 64 c. hlsen, Il libro di Giuliano da Sangallo (Cod. Vat. Barb. Lat. 4424), Leipzig 1910; e h. egger, Codex Escurialensis, Wien 1906. 65 In particolare nel ms 148 della Biblioteca Reale di Torino. 66 Ms 148, Biblioteca Reale di Torino, rispettivamente 84 r, 87 r. 67 w. lotz, Das Raumbild in der italienischen Architekturzeichnung der Renaissance, in Mitteilungen des kunsthistorischen Instituts in Florenz, vii (1956), pp. 193-226. 68 c. hlsen, Il libro di Giuliano da Sangallo cit. 69 c. baroni, Documenti per la storia dellarchitettura a Milano nel Rinascimento e nel Barocco, Firenze 1940, pp. 145-46. 70 l. h. heydenreich, Die Tribuna der SS. Annunziata in Florenz, in Mitteilungen des kunsthistorischen Instituts in Florenz, iii (1930), pp. 268 sgg., espone la polemica del 1471. Recentemente: s. lang, The Program of the SS. Annunziata in Florence, in jwci, xvii (1954), p. 288. 71 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., p. 10. 72 g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 90; r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., pp. 18-20. 73 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit.,pp. 41 sgg. 74 c. botto, Ledificazione della chiesa di S. Spirito ecc. cit., pp. 23 e 34; e pi sopra, introduzione. 75 c. botto, Ledificazione della chiesa di S. Spirito ecc. cit., p. 34; g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 90. Sulla decorazione umanistica della volta del vestibolo cfr. pi avanti. 76 p. sanpaolesi, Ventura Vitoni, in Palladio, 1939, p. 249. 77 manni, Bartholomei Scalae collensis vita, Firenze 1768, pp. 22 sgg.; g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 89. Sui legami del Sangallo con Bartolomeo Scala cfr. pi avanti. 78 a. terzaghi, LIncoronata di Lodi, in Palladio, nuova serie, iii (1953), 4, pp. 145-52. 79 f. reggiori, in Atti del I Congresso Nazionale di Storia dellArchitettura cit., pp. 173 sgg. 80 l. h. heydenreich, Zur Genesis des S. Peters-Plans von Bramante, in Forschungen und Fortschritte, ottobre 1934, pp. 365-67. 81 linterpretazione proposta da o. frster, Bramante, Wien 1956; cfr. pi avanti. 82 Contrariamente a a. rossi, Cenno storico sulla chiesa della Consolazione a Todi, in Giornale di erudizione artistica, i (1872), pp. 3 sgg., che ha posto linizio dei lavori nel 1508 e proposto il nome di Cola da Caprarola, g. de angelis dossat, Sul Tempio della Consolazione a Todi, in Bollettino darte, iv (1956), pp. 207 sgg., ritorna alla data

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze del marzo 1504 e allattribuzione del progetto iniziale a Bramante, con leventuale collaborazione di Ventura Vitoni, come aveva proposto il pungileoni, Memorie intorno alla vita e alle opere di Donato o Donnino Bramante, Roma 1836. La costruzione si protrasse fino agli inizi del xvii secolo. 83 Su questopera (1519-26), cfr. il Bollettino del Centro di Studi di Storia dellArchitettura, 1952, n. 6, pp. 33-50. 84 De vita, I, cap. VIII e IX; Opera, p. 502. a. della torre, Storia cit., p. 640. 85 Sulla poesia pastorale fiorentina del Quattrocento, n. a. robb, Neoplatonism ecc. cit., cap. IV; a. hulubei, Naldo Naldi ecc., in Humanisme et Renaissance, iii (1936). 86 Lettera a F. Valori, Opera, pp. 893-94, Lettere, IX, 1, trad. Figliucci, cit., II, pp. 125 sgg.; cfr. anche a. della torre, Storia cit., p. 641; Marsile Ficin et lart cit., p. 147. 87 l. b. alberti, Della famiglia, ed. R. Spongano, Firenze 1946, pp. 309 sgg. 88 Si tratta di Pier Filippo Pandolfini che suo padre aveva affidato in giovane et a lArgiropulo, e che era legato, come i suoi fratelli, agli umanisti: nel 1490 Ficino gli invier delle strenne astrologiche, Opera, p. 918: cfr. a. della torre, Storia cit., pp. 387-89. 89 La direzione degli Archivi di Firenze ha voluto fare a questo proposito una ricerca il cui risultato stato negativo. Una menzione in mazzuchelli, Gli scrittori dItalia, Brescia 1763, 11, 4, p. 2199, indica che Bruni fu proposto di Fiesole, ma cedette ben presto la sua carica a Salutati. La villa in cui aveva soggiornato, avrebbe potuto conservare il suo nome: ma allora dovrebbe trovarsi tra i beni ecclesiastici del comune di Fiesole e il Catasto del 1427 non menziona che una propriet con una casa da giardiniere, in cui sembrerebbe difficile ravvisare la villa di Bruni, a meno che lepistola di Ficino che insiste soprattutto sulla felicit del luogo non comporti una trasfigurazione deliberata dei dati concreti. 90 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 18, n. 24. 91 Ibid., p. 33, n. 1. 92 vasari, Ragionamenti, II, 1, ed. C. L. Ragghianti, IV, pp. 127 sgg., a proposito degli uomini dottissimi, co quali, quando alla villa di Careggi, e quando al Poggio a Caiano, per pi loro quiete, esercitava gli onorati studi. 93 b. patzak, Die Renaissance- und Barockvillen in Italien, I (Patast und Villa in Toskana), vol. II (Die Zeit des Suchens und des Findens), Leipzig 1913, ampiamente utilizzato nellesposizione che segue. 94 Sui giardini del Quattrocento: concetti generali in j. burckhardt, Die Kultur der Renaissance, IV, 2; l. dami, Il giardino italiano, Milano 1912. Sulle indicazioni dellalberti, De re aedificatoria, IX, 4, p.-h.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze michel, op. cit., p. 502. Sulle bellezze orientali dei giardini, volatili rari, piante esotiche (come le rappresenta la pittura toscana intorno al 1450), g. soulier, Les influences orientales ecc. cit., pp. 245 sgg. 95 Sulla villa medicea di Careggi, la sua storia e le successive modifiche: g. carocci, I dintorni di Firenze, Firenze 1881, pp. 122-24; La villa medicea di Careggi, Firenze 1888. c. von stegmann e h. von geymller, Die Architektur ecc. cit., vol. II (Michelozzo), pp. 26-28 (piante e sezioni). b. patzak, Die Renaissance- und Barockvillen ecc. cit., II, pp. 74 sgg.; o. morisani, Michelozzo architetto cit. 96 e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., p. 144, 2. 97 g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 91. Questa piccola ed elegante opera fu risistemata al tempo di Clemente VII e la bottega del Pontormo ebbe lincarico di decorarla. Le composizioni allegoriche, scomparse, sono note da disegni: sulle pareti, la Fortuna, la Giustizia, la Vittoria, la Pace e la Gloria; sul soffitto: lAmore: cfr. vasari, ed. Milanesi, VI, p. 281, e sulla parte avuta dal Pontormo: f. m. clapp, Jacopo Carucci ecc. cit., cap. IV. Le vicende di questa loggia sono parallele alle trasformazioni della villa di Poggio a Caiano, concepita e decorata in due epoche distinte. 98 a. braccesi, Descriptio horti Laurentii medici, citato da e. garin, Il Rinascimento italiano cit., p. 340. p. m. bardi, Le Printemps de S. Botticelli, Paris 1946, p. 8: catalogo dei fiori secondo o. mattirolo. m. ficino, Opera, p. 909, lettera del 29 aprile 1490 (trad. Figliucci, II, p. 144), il Ficino definisce scherzosamente: utinam florentem il suo librum de vita physicum, pensato tra i fiori. 99 n. valori, Laurentii Medices vita ecc. cit., p. 47. Tre testimonianze aiutano a definire la storia della propriet: 1) nel 1460 la dichiarazione al catasto di Lorenzo dice: uno casamento, che era rovinato al Poggio a Cajano, detto lAmbra (indicazione che fornisce un terminus ante quem); 2) il poema del Poliziano (1485) che celebra gli allevamenti e le piantagioni della ninfa Ambra al Poggio; 3) il passo del Diario fiorentino dal 1450 al 1516 del Landucci, ed. I. del Badia, Firenze 1883, p. 58, relativo anchesso alle latterie e ai verzieri (1489). 100 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 270. Questa scena stata rappresentata in un arazzo di D. Squilli, tessuto nel 1570 per il granduca di Toscana su cartone di G. Stradano (Museo Mediceo). 101 Sulla storia della villa: g. anguillesi, Notizie storiche dei palazzi e ville appartenenti alla I. et R. Corona di Toscana, Pisa 1815, m. de benedetti, Palazzi e ville dItalia, I: Roma e Firenze, Firenze 1911; n. tarchiani, I Palazzi e le ville che non sono pi del re, Milano 1921, pp. 12941; c. k. loukomski, Les Sangallo, Paris 1934, pp. 26 sgg. (con molti errori, in particolare sulla data dellatrio). Descrizione ed analisi tecnica: stegmann e geymller, Die Architektur ecc. cit., vol. V (Leonardo da Vinci, Giuliano da Sangallo, Antonio da Sangallo der ltere),

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Mnchen 1908, pp. 2 sgg.; b. patzak, Die Renaissance- und Barockvillen ecc. cit., pp. 107 sgg.; g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., pp. 16-20 e 84-86. 102 Secondo il tigri, Guida di Pistoia, Pistoia 1854, p. 346 (cit. da g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 86), Carlo V aveva giudicato questo muro da fortezza eccessivo per un privato. Il quadro dellUtens non una testimonianza del tutto sicura: dimentica i pilastri agli angoli del portico e colloca male gli archi di questo, che appaiono a bugne, deforma le colonne dellatrio centrale, ecc. 103 Uffizi, Disegni di architettura, n. 1640. g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., t. II. Il robusto disegno delle balaustre e delle incorniciature delle finestre (che seguono il progetto originale) ci ricordano che il Sangallo ha cominciato la sua carriera come decoratore, e che in particolare, si devono a lui gli stalli della cappella medicea. 104 Nello schema primitivo i cinque archi ai due lati dellentrata al pianterreno corrispondevano ai cinque intercolumni dellatrio. Questo ritmo pentametro era stato adottato dallAlberti nel suo progetto del 1460 per San Francesco di Rimini, forse la prima facciata di tempio antico nellarchitettura cristiana, come dice p. funkl, in RenaissanceArchitektur in Italien, Leipzig 1912, p. 36, cit. da r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., p. 5. 105 f. brger, Die Villen des Andrea Palladio, Leipzig 1909; g. k. loukomski, Andrea Palladio, Paris 1924. 106 r. wittkower, Architectural Principles ecc. cit., p. 67 n. 5. Il carattere speculativo delle ville del Palladio messo bene in evidenza in questo bel libro, i cui suggerimenti possono, in certa misura, valere retrospettivamente, per Poggio a Caiano. 107 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 271 e n 2. Lacquisto di terreni da parte dei due fratelli Sangallo nel quartiere di San Pier Maggiore e in Borgo Pinti risale alla fine del 1490 e agli inizi del 1491. Il Vasari daltronde attribuisce anche a Bramante (ibid., IV, p. 162) rito daver per primo gettato le volte di materie che venissero intagliate. 108 Sul palazzo del re di Napoli (1488), g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 88. Un disegno degli Uffizi, presenta un progetto di palazzo Mediceo che si affaccia su Borgo Pinti che stato creduto di Giuliano e datato 1488: r. redtenbacher, in Allgemeine Bauzeitung, 1879, pp. 1 sgg. Lidea stata sviluppata da b. patzak, Die Renaissanceund Barockvillen ecc. cit., II, p. 125. Ma si tratta di uno studio di Antonio posteriore al 1512, come suggerisce g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 101. indubbio per che questo tipo di piante deriva dalle ricerche di Giuliano e Francesco di Giorgio: Uffizi, disegno n. 319 v. Cfr. a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., p. 260. 109 Linterno dellatrio di Poggio a Caiano presenta somiglianze assai forti con il vestibolo di Santo Spirito; vi si ritrovano le sei colon-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ne o pilastri con lintercolumnio di centro un po maggiore degli altri per poter collocare la porta: c. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 36; veduta dellinterno dellatrio in stegmann e geymller, Die Architektur ecc. cit., tav. vii a. 110 u. middeldorf, Giuliano da Sangallo and Andrea Sansovino, in ab, xvi (1936), 2, pp. 107-115. Sul fregio, cfr. pi avanti. 111 vasari, ed. Milanesi, t. III, pp. 473-74. 112 Ms Plut., XXXIX, n. 40 (Biblioteca Laurenziana), foll. 38 v 39: ugolino verino, Libri VII epigrammarum ad Matthyam regem, ed. H. Brockhaus, cit., p. iv: Descriptio villae Cajanae cum agris suis Laurentii Medicis (si conosce anche una lettera in prosa dello stesso autore). Su Verino, poeta neoplatonico, a. della torre, Storia cit., p. 637. 113 m. wackernagel, p. 159. vasari, ed. Milanesi: Vita del Pontormo, VI, pp. 264-65. Il programma storico comprendeva quattro episodi: Cesare (Andrea del Sarto, 1521); Scipione (Allori, 1588); Flaminio (Allori, 1588); Cicerone (Franciabigio). 114 f. m. clapp, Jacopo Carucci ecc. cit., cap. IV. vasari, ed. Milanesi, II, p. 365, parla di: Vertumno con i suoi agricultori, Pomona e Diana con altre dee (ispirato da ovidio, Met., XIV, 623-97). 115 p. halm, Das unvollendete Fresko des Filippino Lippi in Poggio a Caiano, in Mitteilungen des kunsthistorischen Instituts in Florenz, iii (1931), 7 (luglio), pp. 392-427. Il disegno pi significativo stato pubblicato da b. berenson, The Drawings ecc. cit., tav. 1329, n. 1294. Un altro disegno pubblicato da a. scharf, Zum Laokoon F. Lippis, in Mitteilungen des kunsthistorischen Instituts in Florenz, iii (1932), 8 (gennaio), pp. 530-33. Si pu osservare che la favola di Ambra, che costituiva il mito di Poggio, il racconto di uninondazione provocata da Oceano, padre dei fiumi, e il poema dei rivi di questo angolo della Toscana. 116 p. halm, Das unvollendete Fresko ecc. cit., p. 400. 117 Non dunque esatto dire che i fiorentini non avevano assimilato completamente degli schemi decorativi antichi, come fanno h. willich - p. zucker, Die Baukunst der Renaissance in Italien, vol. I, Berlin, p. 167, e a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 28. 118 u. verino, De illustratione urbis Florentiae, libri tres, ed. Lutetiae 1583; tradotto in Marsile Ficin et lart cit., p. 195. 119 Alle note di G. Milanesi, vasari, Vita di Gherardo, vol. III, pp. 245-52, e alla notizia del thieme-becker, Knstler-Lexicon, si: pu ora aggiungere: g. s. martini, La bottega di un cartolaio fiorentino della seconda met del Quattrocento, Firenze 1956. Per lannotazione di Leonardo su le figure che apariano nello scrittoio di Gerardo miniatore a San Marco in Firenze, cfr. j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1424; sul Didimo illustrato cfr. pi avanti. 120 w. paatz, Kirchen cit., vol. III, pp. 414 e 602-3; i documenti in

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze G. Pozzi, Il Duomo di Firenze, 1909, nn. 967-92, e g. s. martini, La bottega di un cartolaio ecc. cit., pp. 33-35. 121 a. chastel, La mosaque Venise et Florence au XVe sicle, in Arte veneta, xii (1954), dove si trova esposto lessenziale di questo capitolo. 122 r. w. kennedy, Alesso Baldovinetti, New Haven 1938, pp. 60-61. 123 vasari, Vita del Baldovinetti, ed. Milanesi, II, p. 596; ed. C. L. Ragghianti, I, pp. 727-28; documenti citati da r. w. kennedy, Alesso Baldovinetti cit., pp. 213-14 124 Ibid., pp. 111-12, documenti a p. 241. 125 vasari, Vita del Baldovinetti, ed. Milanesi, II, p. 596. 126 a. averlino filarete, Trattato di architettura, ed. cit., p. 649. Il Vasari citer anche Venezia (e Ravenna), Firenze e Roma come principali centri del mosaico: Della pittura, cap. XXIX. 127 r. w. kennedy, Alesso Baldovinetti cit., pp. 60-61: Una delle pi singolari curiosit storiche il perdurare a Firenze ancora nel Quattrocento delluso del mosaico per la decorazione murale dopo che se ne era perduto il segreto a Venezia... Dopo la met del secolo il Baldovinetti era lunico o quasi ad esserne ancora al corrente, poich il mosaico rispondeva perfettamente al suo gusto; alla fine passer tale segreto ai fratelli Ghirlandaio coi quali raggiunge unapparente stabilit e poi scompare. 128 vasari, Vita di Gherardo, ed. Milanesi, III, p. 237; ed. C. L. Ragghianti, I, p. 837. 129 vasari, Vita di Domenico Ghirlandaio, ed. Milanesi, III, p. 274; ed. C. L. Ragghianti, I, p. 855. 130 alberti, Della Pittura, ed. L. Mall, Firenze 1950, p. 95; c. landino, Divina Commedia di Dante Alighieri, Firenze 1482, Proemio (Fiorentini eccelenti in pittura e sculptura). Nel suo capitolo tecnico sul mosaico, Proemio, cap. 29, il Vasari dichiara: il pi bello di tutti quello di Giotto nella nave del portico di San Pietro a Roma, perch veramente in quel genere cosa miracolosa. 131 w. paatz, Kirchen cit., vol. III, pp. 371 e 501, n. 49, raccoglie le molte fonti. Secondo il vasari, ed. Milanesi, III, p. 336, il busto fu inaugurato da Lorenzo stesso. La tavola mostra una testa di Cristo vicina a quella della Navicella. w. haftmann, Ein Mosaik der GhirlandaioWerkstatt aus dem Besitz des Lorenzo Magnifico, in Mitteilungen des kunsthistorischen Instituts in Florenz, vi (1940), pp. 98-108. 132 e. mntz, Les collections des Mdicis, Paris 1888, p. 39: inventario del 1465, p. 63; sala grande, pp. 76-77: scrittoio. e. mntz, Les mosaques byzantines portatives, in Bulletin monumental, lii (1886), pp. 223-40, ha fornito un rapido inventario di queste opere, realizzate nei secoli xii-xiii a Bisanzio, che si trovano nelle collezioni del Louvre, di Roma, Firenze, Venezia, Londra e Pietroburgo.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vasari, Vita di Gherardo, ed. Milanesi, III, p. 237. r. w. kennedy, Alesso Baldovinetti cit. 135 l. lauts, Domenico Ghirlandajo, Wien 1943, p. 44, tav. cvii. Sempre nel capitolo sulla tecnica, il Vasari considera questopera al di sopra di tutti gli altri mosaici moderni. 136 vasari, Vita dAlesso Baldovinetti, ed. C. L. Ragghianti, I, p. 729. 137 vasari, Vita di Domenico Ghirlandajo, ed. C. L. Ragghianti, I, p. 858, dove la commissione , per errore, attribuita a Domenico. 138 Ibid.; nel 1493 Domenico restaurava i mosaici dellabside della cattedrale di Pistoia, l. lauts, Domenico Ghirlandajo cit., p. 43. 139 vasari, Vita di Ridolfo, Davide e Benedetto Ghirlandai, ed. C. L. Ragghianti, III, pp. 201, 203. 140 Ibid., p. 207, con la curiosa osservazione: perch non poteva aver pacienza a commettere que pezzuoli, non fece mai pi altro di quel mestiere. 141 vasari, Descrizione dellopere di Tiziano, ed. Milanesi, VII, pp. 466 sgg.; ed. C. L. Ragghianti, III, pp. 586-87, con lelogio del Giudizio di Salomone di Vincenzo Bianchini (1532-48), delle composizioni dello Zuccati (1532-64) tra cui il ritratto del Bembo del 1542 (al Bargello), e infine di B. Bozza e G. Dente. Sullopera di Tiziano autore di cartoni: c. ridolfi, Le meraviglie dellarte, I, ed. D. von Hadeln, Berlin 1914, p. 203; p. saccardo, op. cit., p. 45. Il curioso processo del 1563, scoprendo le rivalit tra le varie botteghe, dimostra la vitalit del mosaico a San Marco. Sulla rivalit Firenze-Venezia: a. chastel, La mosaque ecc. cit., in Arte veneta, 1956 142 f. ehrle e e. stevenson, Les fresques de Pinturicchio aux appartements Borgia, Paris 1899. b. berenson, The italian Painters of the Renaissance, ed. London 1952, p. 118. 143 stegmann e geymller, Architektur der Renaissance in Toskana cit, vol. III, p. 11; w. paatz, Kirchen cit, vol. IV, pp. 568-69 e nn. 3138, pp. 582-83. Il Vasari che critica cos aspramente lopera dellAlberti, fa eccezione solo per il sepolcro di marmo molto ben fatto, ed. Milanesi, II, p. 543. 144 f. brger, Geschichte des florentinischen Grabmals cit., p. 162. 145 f. brger, Geschichte ecc. cit., cap. VI. Si pu rilevare lanalogia tra la figurazione di sinistra e il passo citato sopra relativo al tempio di Minerva a Roma. 146 w. paatz, Kirchen cit., nellordine: vol. V, p. 293, n. 232; vol. I, p. 101 e n. 257; p. 284, n. 96. 147 l. planiscig, A. del Verrocchio, Wien 1941, pp. 18 sgg. w. paatz, Kirchen cit., vol. II, p. 499 e n. 209 (bibliografia). 148 w. paatz, Kirchen cit., vol. V, p. 295 e nn. 245, 246. Attribuito al Sangallo dal Fantozzi, Guida di Firenze, Firenze 1842, p. 370, basandosi su una vecchia tradizione, questo singolare monumento stato stu133 134

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze diato da a. warburg, Francesco Sassettis letztwillige Verfgung (1907), in Gesammelte Schriften cit., vol. I, pp. 127 sgg. Sulla sua posizione nella storia della tomba fiorentina, f. brger, Geschichte ecc. cit., p. 192. 149 g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 26. Sulle fonti antiche del fregio: f. schott-mller, Zwei Grabmler der Renaissance und ihre antiken Vorbilder, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxv (1902), pp. 401-3. 150 Con un gioco di parole sul suo nome latinizzato, richiamato dallepigrafe: Franciscus Saxettus Sibi U(rnam) p(osuit). I medaglioni dellarco di Costantino si trovano ai foll. 23 e 24 del taccuino senese di Giuliano da Sangallo: pubblicato da C. Falb, Wien 1902. 151 l. strozzi, Vita di Filippo Strozzi il vecchio, Firenze 1851, p. 60; vasari, ed. Milanesi, III, p. 471; a. scharf, Filippino Lippi, Wien 1935, documenti VIII-XII. 152 a. della torre, Storia cit., p. 833. 153 w. paatz, Kirchen cit., vol. III, pp. 708-9 n. 227, p. 797 154 g. marchini, Le vetrate italiane, Milano 1955, p. 44. 155 Su Filippino e lumanesimo cfr. pi avanti. 156 g. beltrami, Il monumento sepolcrale di Sisto IV e le sue vicende, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi romani, ii (1935), p. 365; a. sabatini, Antonio e Piero del Pollaiuolo, Firenze 1944, pp. 82-83; l. d. ettlinger, Pollaiuolos Tomb of Pope Sixtus IV, in jwci, xvi (1953), pp. 239 sgg 157 c. de tolnay, The Tomb of Julius II, Princeton 1954, p. 28. 158 h. von einem, Michelangelos Juliusgrab im Entwurf von 1505 und die Frage seiner ursprnglichen Bestimmen, in Festschrift fr H. Jantzen, 1951, pp. 152-68. 159 l. landucci, Diario fiorentino cit., pp. 58-59. p. francastel, Larchitecture civile du Quattrocento, in Eventail de lhistoire vivante (Hommage Lucien Febvre), Paris 1933, vol. II, pp. 195-206, rileva giustamente che le forme della nuova architettura sono rimaste a lungo immaginarie e solo lentamente hanno trovato pratica realizzazione; per difficile riconoscere nei palazzi fiorentini limpianto di residenze rurali isolate e anche quegli elementi della casa di campagna che ancora conserverebbero; come impossibile parlare del piccolo numero di edifici civili costruiti nel corso del Quattrocento, e affermare che dal 1420 al 1500... larchitettura moderna stata solo opera rara di isolati. Il prospetto cronologico presentato da m. reymond, ne LHistoire de lart ed. a. michel, t. III, vol. II, p. 512, che elenca solo pochi edifici datati, non deve creare false prospettive. 160 Nella stessa Firenze, dove il Sangallo costru, per usare le parole del Vasari, a privati cittadini molte case, conosciamo il palazzo Gondi (prima pietra: 1490), il palazzetto di Bartolomeo Scala, un palazzo per un veneziano fuor della porta a Pinti (cfr. Commenta-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ri, i [1950], p. 34), ecc., senza contare la villa di Poggio a Caiano e la loggetta di Careggi. Giuliano costru inoltre a Savona il palazzo di Giuliano della Rovere (1495), forn per Napoli il progetto famoso del palazzo reale (1488), per Milano il progetto per Ludovico il Moro (1492); e la sua attivit a Roma, sia durante il suo primo soggiorno intorno al 1470 ai tempi di Paolo II, sia sotto Sisto IV e Giulio II, o addirittura ai tempi di Leone X (progetto del palazzo di piazza Navona, Uffizi, Arch. 7949 A), meriterebbe un esame approfondito. I dati essenziali si trovano nello studio citato di G. Marchini. 161 m. wackernagel, pp. 152 sgg. Il Filarete (intorno al 1460) descrive entusiasticamente linterno di palazzo Medici il quale a tutta la citt rende honore: Trattato di architettura, ed. W. von Oettingen, Wien 1890, pp. 677-78. 162 Sul palazzo del Proconsolo: lami, Deliciae eruditorum, XII, 88. Sul ciclo di Lorenzo de Bicci: vasari, ed. Milanesi, II, p. 50. SullErcole di palazzo Bardi-Serzelli: m. salmi, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Domenico Veneziano, 2 ed. Milano 1938, p. 32. 163 La villa fu acquistata nel 1475 da Jacopo di Giannozzo Pandolfini, fratello di Pierfilippo, lamico di Donato Acciaiuoli e del Ficino. c. carocci, I dintorni di Firenze, 1907, vol. II, p. 400; m. salmi, Gli affreschi di Andrea del Castagno ritrovati, in Bollettino darte, iv (1950), pp. 295-308. 164 a. schiaparelli, La casa fiorentina e i suoi arredi, Firenze 1908; j. pope-hennessy, Paolo Uccello, London 1950, pp. 149 sgg. 165 Sulla biblioteca di Fiesole, cfr. pi avanti; sugli affreschi di Arcetri, cfr. sopra. 166 a. sabatini, Antonio e Piero del Pollaiuolo, Firenze 1944, p. 96. 167 m. wackernagel, pp. 272 sgg. e a. warburg, Francesco Sassettis letztwillige Verfgung cit., pp. 133-34. Su ci che rimane della villa (oggi Martini Bernardi): g. carocci, I dintorni ecc. cit., p. 183. La lettera del Ficino, Opera, 799-800, si trova nel libro V dellEpistolario del Ficino che viene datato 1477-78 (p. o. kristeller, Supplementum Ficinianum, CI). La conclusione della lettera suona: Duplo tibi Saxette religiosior domus est quam caeteris, aliae certe sacellum vix unum habent, tua vera gemina et illa quidem speciosissima continet. Ci si pu chiedere se questi gemina sacella non siano analoghi alle due cappelle del palazzo dUrbino che vengono costruite esattamente alla stessa epoca e sono consacrate luna alle Muse, laltra allo Spirito Santo: cfr. pi avanti. 168 m. wackernagel, p. 158 e soprattutto: p. horne, Quelques souvenirs sur Botticelli, in Revue archologique, t. XXXIX (luglio-agosto 1901), pp. 12-19, parte II (Les fresques de Spedaletto). Lo Spedaletto diventato una casa di fattoria vicino a Volterra, vasari, ed. Milanesi, III, p. 258, n. 45.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze p. mller-walde, Beitrge zur Kenntnis des Leonardo da Vinci, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xviii (1897), p. 165. Questo documento riprodotto in c. gamba, Botticelli cit., p. 151. 170 Su Botticelli: vasari, ed. Milanesi, III, p. 318: haveva assai lavorato allo Spedaletto in quel di Volterra. h. horne, Botticelli cit., p. 109. j. mesnil, Botticelli cit., p. 100. Sul Ghirlandaio: vasari, ed. Milanesi, III, p. 258. 171 Passata alla famiglia Cibo, la villa fu venduta nel Seicento ai Corsini; un antico annotatore del Vasari, G. Bottari, ed. di Roma, 1759, t. I, p. 428, diceva gi che laffresco del Ghirlandaio posto sotto un portico ed esposto allaria libera, aveva molto sofferto. Un incendio ha distrutto in parte la villa tra il 1820 e il 1830; attualmente non vi rimane pi nulla di riconoscibile. 172 Come ha osservato a. warburg, in Gesammelte Schriften cit., t. I, p. 644; cfr. anche pi avanti. 173 c. gamba, Botticelli cit., p. 158. j. mesnil, Botticelli cit., p. 103. e. h. gombrich, Botticellis Mythologies ecc. cit., e a. chastel, Botticelli, Milano 1958. 174 Il tema matrimoniale stato proposto da f. wickhoff, Die Hochzeitsbilder Sandro Botticellis, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xvii (Berlin 1906), pp. 198 sgg., che ha perfino creduto di ritrovarvi le nozze allegoriche di Mercurio e della Filosofia descritte da Marziano Capella. Linterpretazione tradizionale riassunta dal wackernagel, p. 187, deve essere corretta su tutti questi punti seguendo i. mesnil, Botticelli cit., pp. 101 sgg., e e. h. gombrich, Botticellis Mythologies ecc. cit., p. 57 n. 1. In realt: 1) Lo stemma nellaffresco di Venere, ora assai cancellato, non recava le armi dei Vespucci: queste sono state aggiunte sulla base del pilastro di destra; 2) Il profilo della dama non ha alcun rapporto con quello di Giovanna, ben fissato dallaffresco del Ghirlandaio a Santa Maria Novella (cfr. u. thieme, Ein Portrt der Giovanna Tornabuoni von Domenico Ghirlandaio, in Zeitschrift fr bildende Kunst, ix [1908], p. 192); 3) Il giovane che stato identificato con Pico della Mirandola, prima di diventare Lorenzo Tornabuoni (e. wickhoff, Ein Portrt ecc. cit.) somigliava piuttosto a Lorenzo di Pierfrancesco (medaglia pubblicata da g. p. hill, A corpus of italian medals, London 1930, nn. 1504-505) che era per lappunto gran cliente del Botticelli. 175 w. weisbach, Studien zu Pesellino und Botticelli, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xxix (1908), p. 18. 176 vasari, ed. Milanesi, III, p. 312. j. mesnil, Botticelli cit., p. 53 non lo crede. N le dimensioni n i supporti corrispondono, bench si tratti di grandi formati: La Primavera: 2035314 (tavola); La nascita di Venere: 1755279 (tela). Sui lavori di Botticelli a Castello: h. horne, Botticelli cit., pp. 119 e 184; j. mesnil, Botticelli cit., p. 210.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Il Ficino ne ha diretto gli studi intorno il 1476; nel suo testamento gli legher il manoscritto di Platone donatogli nel 1462 da Cosimo il Vecchio: a. della torre, Storia cit., p. 542. 178 Il doppio studio di a. warburg, Sandro Botticelli Geburt der Venus und Frhling, in Gesammelte Schriften cit., pp. 1 e 3, indica le fonti poetiche remote; quello di e. h. gombrich, Botticellis Mythologies ecc. cit., i punti di partenza immediati dellartista. 179 Cfr. pi avanti. Questi problemi sono stati di recente ripresi da e. wind, Pagan mysteries ecc. cit., cap. VII e VIII, che vede nelle due opere le due Veneri, quella naturale e quella celeste, del platonismo. 180 bocchi-cinelli, Le bellezze ecc. cit., p. 384; g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., pp. 88-89. 181 Bartolomeo Scala (1426-97) uno degli amici, insieme al Landino e al Poliziano, che il Ficino consult al momento di dare lultima mano al suo Platone: a. della torre, Storia cit., p. 606. Bartolomeo Scala era una creatura dei Medici: messer Bartolomeo deli begli inchini; nel 1465 era oggetto degli attacchi del Pulci; nel 1493 avrebbe polemizzato aspramente col Poliziano per questioni di stile latino; cfr. v. rossi, Il Quattrocento cit., pp. 375 sgg. La lettera del Ficino citata si trova in un manoscritto conservato alla biblioteca di Monaco, che contiene, oltre ai libri IX-XI dellEpistolario del Ficino, un gran numero di lettere inedite che parlano di vicende pubbliche degli anni 146569 e sembrano essere di Bartolomeo. Su questa raccolta: Supplementum Ficinianum, I, p. xxxv; testo della lettera: ibid., I, p. 60. 182 Cfr. pi avanti. G. Poggi, che aveva iniziato lo studio di questo complesso, mi ha cortesemente autorizzato a pubblicarne le fotografie inedite. 183 vasari, ed. C. L. Ragghianti, I, p. 867. 184 Come nel castello di Torchiara, la camera doro di Pier Maria Rossi: c. ricci, Santi e artisti, Bologna 1894, pp. 229 sgg. a. roccabianca, Le cycle disparu de lhistoire de Grislidis; a. colasanti, Due novelle nuziali del Boccaccio nella pittura del Quattrocento, in Emporium, marzo 1904. p. schubring, Cassoni cit., nn. 297-300. Le riserve di j. mesnil, Botticelli cit., p. 222, contro lopinione favorevole di C. Gamba, Botticelli cit., p. 152, ci sembrano fondate. Questo complesso , per il gusto fiorentino, lequivalente dei cicli cortesi frequenti negli interni lombardi ed emiliani. 185 j. mesnil, Botticelli cit., p. 209, n.148, ha accostato la Morte di Lucrezia a una tavola pi antica, eseguita in collaborazione con Filippino Lippi (Pitti). Il Botticelli riprende dunque un modello vecchio di trentanni. 186 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 141: e. panofsky, The early history of man in two cycles of paintings by Piero di Cosimo, in Studies in Iconology cit., cap. II.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Su questa casa: h. horne, Botticelli cit., p. 212. e. panofsky, The early history ecc. cit., pp. 64-65, ha messo in evidenza il contrasto tra le due met del paesaggio, ridente a sinistra, selvaggio a destra: starebbe a suggerire lopposizione tra stato selvaggio e vita rustica. 189 Su questo problema: e. panofsky, The early history ecc. cit., p. 51: Ritorno dalla caccia (New York, Metropolitan Museum), Scena di caccia (ibid.), Paesaggio con gli animali (Oxford, Ashmolean Museum). 190 j. p. horne, The last Communion of Saint Jerome by Sandro Botticelli, in The Bulletin of the Metropolitan Museum of Art, x (New York 1915), pp. 52 sgg., 101 sgg.
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Parte seconda Problemi delliconografia e dello stile Introduzione Loriginalit di Firenze

Dagli inizi del Trecento Firenze ebbe costante la preoccupazione che nessuna grande iniziativa in Italia, o addirittura in Occidente, restasse senza una contropartita locale. Lambizione di essere la nuova Roma grazie al numero, alla vastit e alla solennit degli edifici, vi si nota ben presto nelle rivendicazioni dei cronisti, in certi aspetti dei programmi monumentali: stata notata unanalogia di dimensioni tra Santa Croce e la basilica di San Pietro in Vaticano, analogia che difficilmente pu essere casuale, e il progetto di Santa Maria del Fiore mirava a riassumere e superare in un solo edificio tutta larchitettura della cristianit1. Allinizio del Quattrocento era vivamente sentita la necessit di portare a termine la chiesa per non restare inferiori a citt come Milano e Venezia. La commissione cittadina preposta a questo era imbarazzata fra mezzo a progetti vecchi di due generazioni e ai troppo numerosi intrighi. I fiorentini si mostravano impazienti di arrivare ad una decisione circa la cupola, dato che Milano, con cui si era in aperto conflitto e contro la quale gli umanisti toscani si sentivano spinti a celebrare la storia antica e recente della loro citt, era sul punto di innalzare la pi formidabile cupola gotica dellOccidente2. La riuscita del Brunelleschi fu vista come un simbolo della superiorit fiorentina e celebrata come tale. Nellarchitettura non ci fu, nel corso di

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tutto il Quattrocento, altra impresa paragonabile a questa3. Allepoca di Lorenzo il progetto di decorare di mosaici linterno della cupola fu chiaramente suggerito dal desiderio di estendere alla Cattedrale la gloriosa decorazione del Battistero e in questo modo sottolineare la priorit di Firenze su Venezia in questo campo4. Liniziativa saren ben presto e Santa Maria del Fiore non divenne un nuovo San Marco. Senza questa preoccupazione di uguagliare Venezia non si spiegherebbe nemmeno lidea della Signoria repubblicana del 1494 di creare in palazzo Vecchio una sala del Gran Consiglio dello stesso tipo, ma pi grande e pi bella ancora, di quella del palazzo dei Dogi, e di costituire a questo fine una commissione di architetti e decoratori5. Il concorso del 1491 per la facciata della cattedrale lasciava prevedere decisioni importanti: che questa facciata non sia stata compiuta ci priva di un documento fondamentale sullo stato del gusto fiorentino alla fine del secolo. Dagli echi che di certi progetti si colgono negli studi elaborati nel 1514-15 per mascherare la facciata di San Lorenzo, sintravede in qual senso, e cio in un senso gi classicheggiante, fondato sullimpiego di ordini sovrapposti e di statue, Firenze tendesse ad affermare la sua originalit di contro al pittoresco della Certosa di Pavia e alle complesse decorazioni delle chiese veneziane6. I fiorentini avevano un senso elevato della vocazione della loro citt: in una miniatura del De civitate Dei di santAgostino, una bella iniziale mostra la citt di Dio contemplata dal Santo Dottore. Questa citt non altro che Firenze colle sue mura, le sue torri dominate dalla cupola. Non pi Roma ma Firenze rappresenta la citt ideale7. Questo era il sentimento popolare. Il diario terra terra di Luca Landucci basta ad attestare linteresse che ai nuovi edifici prendevano bottegai e artigiani8. Le celebrazioni ufficiali che si erano venute moltiplicando tra

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il 1480 e il 1490 avevano larga risonanza tra il pubblico. E questa fiducia era alimentata dalle dichiarazioni dei dotti, da scritti come ad esempio il Proemio del Landino alla Commedia, nel quale non manca affatto lo spirito campanilistico.

Le feste. Lo si ritrova anche nel successo che hanno le feste. I cortei e le cavalcate, accompagnati da spettacoli, rispondevano a un bisogno irresistibile della vita pubblica, di cui difficilmente si potrebbe esagerare lestensione. Dotti ed artigiani, notabili e popolo, vi partecipavano in egual misura: lo spirito di competizione con le altre citt e lintento pubblicitario vi si vedevano chiaramente9. Le novit della cultura vi si dispiegavano nella cornice delle tradizioni locali. I divertimenti pubblici a spese della Signoria sono attestati gi nel secolo xiii: la festa del patrono san Giovanni forniva loccasione per cortei e carri, ricordati volentieri dai cronisti. Vi si osserva pi che altrove, soprattutto dopo il Concilio del 1434 e le visite dei bizantini, il gusto delle figure esotiche e dei soggetti orientali10. Per la festa di san Giovanni del 1454 si assiste ad una cavalcata con Mos, i profeti e le Sibille, seguiti da Ermete Trismegisto, descritta da Matteo Palmieri. Nel 1459 Lorenzo si present con in testa il mazzocchio o turbante con piume doro. Particolari analoghi si hanno a proposito delle giostre famose del 1469 e del 1475, nelle quali i Medici ostentarono una pompa che moveva da un calcolo preciso: i costumi, gli emblemi attrassero lattenzione dei poeti e degli osservatori forestieri11. A partire da queste date Firenze inaugura uno stile di feste di cui non si era avuto finora alcun equivalente altrove. La tradizione ha attribuito una parte attiva a

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Lorenzo nella loro elaborazione; a lui spettano senza dubbio un certo numero di canti carnascialeschi fra quelli raccolti dal Lasca nel Cinquecento12. Ai carri delle corporazioni si mescolavano quadri storici (fra i quali il Trionfo di Paolo Emilio, realizzato nel 1491 dal Granacci) e quadri viventi mitologici, come la scena di Bacco e Arianna. Il Vasari insister sulla priorit di Firenze in questo campo, e il ricordo di queste feste contribuir non poco alla gloria postuma di Lorenzo, a giudicare dai carnevali del 1513 e 151413. Le fronti di cassoni, nelle quali si vedono giostre e cavalcate, ci documentano in parte su queste messe in scena. Esse comprendevano false facciate, tempietti, archi, elementi decorativi fissi; ma i documenti non permettono di arrivare pi oltre nello studio e in particolare signora limportanza che vi avevano le architetture fantastiche che, sia sui carri, sia nella strada, accompagnavano i quadri viventi della festa14. Abbiamo per lo meno unidea abbastanza precisa dei costumi, che conferivano a queste messe in scena un tono divertente e eccezionale: la Cronaca illustrata di Maso Finiguerra ne contiene tutto un repertorio e vi si notano un lusso e una fantasia che contrastano con la sobriet degli abiti correnti dei fiorentini. I figurinisti ed i sarti si mostrano, in questi costumi, attenti alle mode borgognone; ne riprendono i piumaggi, le guarnizioni e i ricami combinandoli con elementi orientali, e compongono una sorta di fantasmagoria vestiaria, che rappresenta il pi brillante contributo fiorentino alla poetica delle feste15.

Lellenismo. Importanza non minore si deve attribuire alla progressiva ellenizzazione della cultura fiorentina. Anche in questo essa si trovata al centro di unevoluzione che

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interessa tutto quanto lOccidente. I legami col mondo bizantino erano di data abbastanza remota, ma solo intorno al 1420-30, in concorrenza con Venezia e le citt della costa adriatica, si cominci a nutrire un vero e proprio interesse per la letteratura e larte greche. Il Brunelleschi e Donatello avevano scoperto le risorse di Roma. Restava da valorizzare Atene: laffettazione un po ingenua con cui il Ghiberti utilizza la cronologia delle Olimpiadi per presentare la storia universale dellarte, rivela uno snobismo gi serio16. Nel 1437 Ciriaco dAncona era venuto a visitare Donatello e il Ghiberti e si era incontrato col Niccoli. I suoi schizzi di rilievi greci, le sue note di epigrafia avranno un successo durevole dato che li ritroviamo utilizzati da Bartolomeo Fonzio in una raccolta discrizioni e da Giuliano da Sangallo nella sua grossa raccolta darcheologia17. Lidea di risalire, al di l delleredit di Roma, alla Grecia non si afferm presso tutti gli artisti, fu invece ben presto familiare ai letterati. Il Petrarca ci pensava; Leonardo Bruni ne era tanto convinto da mettersi, intorno al 1400, alla scuola del mediocre Crisolora18. Le vicende del Concilio e larrivo in massa dei bizantini nel 1439 richiamarono lattenzione generale: essi apparivano dotati di una cultura superiore a quella dei latini. Cos la catastrofe che divise il mondo greco dallOccidente ebbe una precisa risonanza a Firenze: inculc negli ambienti colti la coscienza di nuovi compiti da svolgere. Impaziente di attrarre a Firenze lArgiropulo, Donato Acciaiuoli scriveva nellottobre del 1454: Nunc eversa nobilissima civitate Byzantiorum, quippe soli aliquod vestigium veteris Graeciae retinebant, credendum est inde cum Graecia Graecorum scientiam pene extinctam. Questa scienza in via di estinzione si trattava di inserirla nella cultura italiana e questa fu appunto la funzione dellArgiropulo a Firenze: dal 1456 al 1461 egli illustr per la prima volta, dai presocratici

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agli alessandrini, la storia del pensiero greco mettendo in luce soprattutto i suoi tre vertici: Socrate, Platone, Aristotele19. stata la cerchia degli Acciaiuoli, e non quella di Cosimo de Medici, lazione dellArgiropulo, e non quella del Ficino, che hanno aperto la nuova fase dellumanesimo20. Lo sviluppo del fenomeno fu rapido e si sa che dopo il 1470, e per tutta la durata del principato di Lorenzo, i fiorentini poterono vantarsi di aver raccolto leredita bizantina e di averne tratto, con la linea maestra del platonismo, i fondamenti di una sintesi universale. La rapida assimilazione dei grandi testi, la loro traduzione in latino, la loro diffusione attraverso commenti, hanno assicurato a quella che stata detta lAccademia fiorentina un prestigio senza precedenti21. Divenne cos necessario per i moderni passare attraverso Platone, cio attraverso i suoi esegeti fiorentini22. Nella sua Apologia del 1487 Pico non mancher di insistere sul fatto che non si pu giungere ad una filosofia totale se non partendo dalle dottrine greche23. In unepoca in cui la cultura italiana si rivolge con impazienza alle forme ed alle idee dellAntichit, il genio fiorentino attratto dalla chiarezza e dalleleganza dei greci. Addirittura aspirava a farle proprie. Poliziano avrebbe dimostrato, non senza ingratitudine in questo, qualche segno dinsofferenza per i bizantini, e una vivace ironia verso le loro pretese intellettuali: questo per il desiderio di sostenere loriginalit dei toscani nel campo stesso della cultura greca: vel nitore vel copia vivimus ex pari cum Graecis24. Lautorit della Scuola fiorentina era tanto maggiore in quanto si estendeva anche al campo della lingua, del volgare, dove si era posta a capo di una evoluzione decisiva25. Nella lettera a Ferdinando dAragona Lorenzo si faceva forte della solida tradizione toscana, appoggiata su Dante, Boccaccio e Petrarca. Si trattava di creare una lingua letteraria abbastanza agile e ricca,

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come affermavano, insieme col Landino, tutti i maestri dello Studio: di questi alcuni si preoccupavano maggiormente dello stile nobile e di un arricchimento della lingua sulla base del latino26, altri erano maggiormente interessati allassimilazione dei dialetti italiani e alle possibilit offerte dalla lingua parlata27. Ma tutto sommato la preoccupazione di una lingua nazionale e il senso della loro responsabilit in questo campo costituiscono la forza dei letterati dellambiente mediceo. LAlberti ne aveva dato lesempio con unopera scritta in modo indubbiamente brillante, il Trattato della famiglia, e il Ficino tradurr lui stesso in volgare qualcuno dei suoi trattati. Anche in questo gli umanisti fiorentini aprivano unepoca nuova. La letteratura fiorentina quattrocentesca non presenta daltronde una variet che sia pari alla sua abbondanza: rimane dominata dalle monotone convenzioni della lirica e dalle forme tradizionali del didatticismo morale, anche se non mancano alcune notevoli eccezioni come il racconto del grasso legnaiuolo del Manetti e lOrfeo del Poliziano. Essa non conosce n la novella n la forma drammatica; invece invasa dalle narrazioni derivate dal vecchio fondo della letteratura cortese e dellepica medievale. Uno degli avvenimenti dellepoca sar la pubblicazione del Morgante, di cui nel 1485 Ludovico il Moro chiedeva durgenza un esemplare a Lorenzo, il quale fece di tutto per accontentarlo immediatamente28. Lironia e le invenzioni burlesche, il tono irriverente e libertino del Pulci costituivano una sorta di antidoto alla costante elevatezza dei discorsi platonici. Questo contrasto ci aiuta meglio a comprendere il tono un po distante e sostenuto proprio del gruppo di Careggi29.

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Una dottrina della poesia e dellarte. Loriginalit dellambiente fiorentino si rivela soprattutto nellelaborazione di una dottrina della poesia e dellarte30. Nel poema Florentia, che data del 1490 circa, Pandolfo Collenuccio tenta di spiegare latmosfera intellettuale della citt unendo insieme lelogio dei neoplatonici di Careggi e quello degli artisti:
Certi scrutano i principi delle cose, i segreti delluniverso e i misteri nascosti agli occhi degli uomini; per essi Platone, nel suo elevato discorso, non cessa di aver voce, n cessa il suo sottile discepolo. Occorre aggiungere ad essi le innumerevoli arti alle quali presiede Apollo, che la seconda Pallade favorisce coi suoi doni generosi, e per ammirare e cercare le quali si viene dai paesi lontani.

Non si tratta della poesia, che viene ricordata pi avanti, ma delle arti e delle tecniche, della pittura e dei tessuti31. Lelogio della citt tessuto dal Ficino non aveva un significato diverso: Questo secolo, come aureo, le discipline liberali, quasi estinte in luce ha ridutte, la Grammatica, la Poesia, lOratoria, la Pittura, la Scultura, la Architettura, la Musica, lantico modo di cantare i versi e la Lira, come gi fece Orfeo, e questo si fu in Fiorenza32. Lo sviluppo delle arti e delle lettere entra cos in una visuale provvidenziale, nella quale Firenze tiene un ruolo capitale, e nella quale le arti plastiche assumono un significato non minore della poesia e della retorica: le une e le altre hanno trovato un modo nuovo simboleggiato dalla lira di Orfeo. Insomma il Ficino delinea una condizione della vita artistica che gli sembra conforme allideale platonico e che si starebbe realizzando a Firenze. Lumanesimo significa cos anche la giustificazione dellarte contemporanea. Questa presa di coscienza dei valori artistici rappre-

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sentava il punto di arrivo di una lunga evoluzione. Il platonismo era, nel Rinascimento, la filosofia degli intellettuali e dei poeti, che non saccontentavano della lingua barbara e delle analisi concettuali della scolastica33. Platone per Petrarca impersonava gi da solo una filosofia letteraria che egli sognava di opporre allo scientismo della scolastica. Con questo siamo al centro del problema del Rinascimento: la qualit dellespressione altrettanto importante della dottrina, almeno nel senso che questa lorganizzazione di verit etiche, psicologiche, civiche, le quali hanno un valore in grazia dello sforzo dello scrittore per adattarle e per farne convinto il pubblico. Donde linteresse di un Salutati per Platone34. La fama del Bruni e, in misura minore, del Marsuppini, verr dalla loro qualit di oratori e scrittori; la citt li onorer con tombe monumentali (che saranno esse stesse manifesti di una nuova arte) per celebrare la loro funzione civica, il loro sapere, ma anche la forza e loriginalit del loro stile che li fa temere e ammirare negli altri paesi. Lambiente di Careggi si orienta infine verso un estetismo assai pi caratterizzato. Il porsi sotto legida di Platone significava anche contro il peripatetismo della scolastica, lambizione di affermare la poetica theologia e nello stesso tempo (contro gli scettici o libertini) laffermazione delle possibilit infinite dellanima. Questa doppia affermazione va connessa allelogio delluomo come artista, del saggio come poeta, e, in linea generale, alla scoperta dellarte come attributo fondamentale dellumanit35. Un insegnamento come questo fa appello allinteriorit dellanima e con ci stesso rende necessario un ripensamento di tutti i simboli e tutti i modi di espressione; daltra parte riconosce unimportanza particolare allesigenza del bello, il che sollecita una meditazione pi attenta delle forme. La sua possibile azione sul mondo delle arti si delinea in queste due direzioni. Il Ficino ha spesso pagine

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poetiche e calorose in cui incita lo spirito a raccogliersi, a dominare le illusioni rovinose e i vani terrori che lo turbano; la vita in un certo senso non che un brutto sogno. Nella curiosa epistola al genere umano egli dice che occorre cercare se stessi al di l del mondo e che le miserie di questo si superano contemplandolo da un punto pi elevato. La meditazione filosofica tende anzitutto a restituire allanima la coscienza della sua alta condizione interiore: questo per Ficino il senso della predicazione platonica, come egli dichiara gi nel 1470 in unepistola a Giovanni Cavalcanti36. Era un modo per rispondere alla inquietudine dellepoca, ma anche per confortarne il suo desiderio di poesia. Questa verit interiore, ostacolata dalle illusioni sensibili, viene rivelata dalle favole, dalle invenzioni poetiche, da un gioco audace di allusioni e metafore. Il neoplatonismo viene cos a trovarsi strettamente legato alla generale crisi del simbolismo che travaglia il Rinascimento37. Sarebbe stato ben strano che questa non si facesse sentire in nessun modo sulle immagini e i temi delliconografia. Indubbiamente non ci fu n poteva esserci un nuovo Vincenzo di Beauvais fra gli umanisti fiorentini: solo con il Cartari e il Ripa che liconologia prender forma. Ma le raccolte di costoro non saranno che un prolungamento di ci che viene abbozzandosi alla fine del Quattrocento a Firenze, ed a partire da questa data che si constata il mutarsi e il parziale rinnovarsi degli schemi tradizionali: il principio essenziale che guida il fenomeno un nuovo equilibrio tra profano e sacro che merita di essere analizzato38.

La musica e la cultura delle botteghe degli artisti. Non meno nuova era linsistenza del Ficino e dei suoi amici sul valore metafisico e pieno della bellezza:

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n minori erano le conseguenze che implicava. Il Ficino ha fornito ampi chiarimenti a questo proposito. Tutte le attivit umane tendono a celebrare la bellezza ineffabile che regna nelluniverso, tutte le arti mirano a quellarmonia superiore che si deve chiamare musica: il primo grado di essa sta nella ragione, il secondo nellimmaginazione, vengono in seguito il discorso, il canto, e ancora il suono degli strumenti, e alla fine i movimenti della danza ritmica. La musica de lanimo di grado in grado discende et si conduce a tutte le membra del corpo. La quale anchora gloratori, i poeti, i dipintori, gli scultori, glarchitettori ne lopere loro vanno imitando39. In questa forma generale, ma suggestiva per la sua stessa universalit, si veniva delineando una nuova psicologia della attivit spirituale in funzione della bellezza. La musica di cui si parla la facolt di provocare, attraverso il suono degli strumenti, un certo stato incantevole di contemplazione interiore, e nello stesso tempo il simbolo di unoperazione pi generale che mobilita tutta lanima. La musica instrumentalis solo il primo grado, la musica interiore (humana) dellanima ne il secondo, e la musica cosmica (mundana) il grado pi alto. Questa idea di musica rappresentava dunque un simbolo perfetto dellattivit artistica con i suoi tre aspetti: uno strumento appropriato, un piano di effetti psico-fisiologici, un fine ultimo superiore che si compie nellarmonia universale40. Tale musica viene cos ad essere connessa a tutti i gradi dellessere, tocca sia la coscienza inferiore, legata alla natura fisica, sia la coscienza illuminata che gode della bellezza del numero, sia la coscienza superiore che coglie un universo trasfigurato. La lira dOrfeo significa laccesso alle intuizioni felici; un rimedio ai mali nascosti dellanima e in primo luogo alla malinconia41. La pratica e la teoria della musica, come stato giustamente osservato, conoscono, per

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lappunto intorno al 1500, grazie allaumento delle ottave e larricchimento delle famiglie di strumenti, lo stesso ampliamento che subisce la concezione del cosmo, la cui dilatazione palese in Ficino, come in Nicola Cusano, prima di Copernico: lottava disegna una sorta di cerchio perfetto, laccordo musicale in certo modo il prototipo della bellezza pura42. interessante notare come abbia successo il richiamo alla musica in quella che potremmo chiamare la critica darte del Quattrocento. Si sa che, nelle istruzioni date a Matteo de Pasti, lAlberti insiste sulle misure e proporzioni dei pilastri per cui modificarli significherebbe distruggere laccordo di tutta la musica. Abbiamo qui una analogia molto meditata, fondata sul valore puro del numero, e insieme una di quelle metafore di valore che rivelano un nuovo orientamento della sensibilit43. Questo dovette generalizzarsi nellambiente fiorentino se il Ficino sent il bisogno di darne una interpretazione filosofica. Leonardo avrebbe concentrato la sua attenzione sui rapporti fra pittura e musica che sorella ma non rivale della pittura44. Infatti la sventurata musica (sventurata perch destinata a dissolversi nellaria) viene alla fine ad essere inferiore alla pittura nella misura stessa in cui ludito metafisicamente inferiore alla vista e larmonia che si svolge nella durata inferiore a quella che si dispiega nello spazio. Per condannare la pittura sentimentale dei fiamminghi, che gli sembra detestabile, Michelangelo ricorrer alla stessa formula dellAlberti: questa cattiva pittura fatta per piacere alle donne, ai frati e a qualche gentiluomo privo del senso musicale della vera armonia45. Questa frase induce a pensare che il riferimento alla musica fosse gi da lungo tempo elemento corrente della lingua delle arti. Si giustamente insistito sul clima musicale di Venezia al momento in cui Giorgione vi sviluppa i suoi sogni penetranti e tutta una nuova gamma di emo-

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zioni46. Unosservazione analoga si deve fare per Firenze, una generazione prima. La tradizione narra che nella bottega del Verrocchio si teneva molto alla musica; Leonardo nella sua giovent e noto come cantore e suonatore di lira: una miniatura lo raffigura con lo strumento in mano47. Cera dunque almeno questo elemento comune tra le botteghe degli artisti e laccademia ficiniana, dove si suonava la cetra e si cantava in ogni occasione48. Intorno al 1490 il Verino loda il Verrocchio come il maestro di quasi tutti coloro il cui nome vola oggi nelle citt dItalia49. La sua partenza per Venezia nel 1483 e la morte prematura nel 1488 hanno privato Firenze di una personalit robusta proprio nel momento in cui si moltiplicavano i nuovi compiti. Egli aveva un alto concetto della sua persona e della sua arte a giudicare dalle discussioni animate che egli ebbe con il Senato veneziano in occasione del monumento al Colleoni; ma la sua gloria postuma stata influenzata dal disprezzo mostrato verso di lui dal Vasari, che si sforzato di ridurne limportanza, insistendo nello stesso tempo sulle sue numerose attivit, orefice, prospettivo, scultore, intagliatore, pittore e musico, e sulla limitatezza delle sue capacit. Gli sarebbe mancato il genio, quella scintilla che viene dalla natura; lunico suo merito sarebbe stato il lavoro, lo studio, pi accanito tuttavia che in nessun altro. Limportanza di Andrea de Cioni consistette dunque nel concentrare tutte le forze dellarte fiorentina: ma se vero che in giovent attese alle scienze, e particolarmente alla geometria, e se si tien conto dellazione da lui esercitata intorno a s, il significato della sua figura risulta maggiore. Occorre chiedersi se la sua bottega, intorno al 1470-80, non sia stata particolarmente aperta alle varie tendenze della cultura fiorentina. A questo modo di considerare ha fatto ombra linsistenza del Vasari, e degli storici posteriori, sul natu-

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ralismo secco e angusto del Verrocchio, il quale, secondo loro, avrebbe trovato il suo coronamento nel rilevamento e nella coloritura delle maschere funerarie. In realt la funzione del Verrocchio si pone su un piano pi alto; egli seppe accogliere gli stili opposti considerandoli come aspetti diversi da sintetizzare del problema artistico: cos in scultura la maniera severa di Donatello e lo stile delicato di Desiderio, in pittura il naturalismo spinto dei fiamminghi e una tendenza alla composizione ordinata e astratta che si ispira ai modelli antichi50. Lattivit del Verrocchio e della sua bottega corrisponde al momento in cui le migliori fra le botteghe fiorentine interrogano se stesse e cercano i mezzi per dare uno stile alle aspirazioni moderne. Esistevano indubbiamente grandi disparit nel pubblico. Accanto ai notabili ormai conquistati alla cultura moderna, cerano le corporazioni che, preoccupate di mettersi in mostra, attraverso le loro fondazioni devote, nei santuari e nelle confraternite assai numerose e attive, erano in genere pi legate alla tradizione51. Questa diversit spiega in parte lo sviluppo contrastato dellarte fiorentina. Unacuta analisi del clima della citt ci fornita dal Vasari allinizio della Vita del Perugino. Chiedendo questi consiglio al suo vecchio maestro di Perugia, intorno al 1470-75, gli fu risposto che i migliori talenti si sviluppavano a Firenze per tre ragioni: labito della critica che mantiene una atmosfera di viva emulazione, la rivalit dovuta al fatto che la Toscana non un paese abbastanza grande per tanti artisti, infine il senso della gloria e della dignit personali, che spinge i maestri ad elevarsi attraverso la cultura e lo stile52. Gli artisti fanno valere in seguito nelle contrattazioni ci che hanno imparato, come i chierici il prestigio dello studio che hanno frequentato. Nessunaltra citt nel Quattrocento attribuiva in realt unanaloga funzione alla critica e alla discussione.

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I novellieri ci hanno conservato una gran quantit di aneddoti che forse esagerano loriginalit e lagilit, intellettuale dei toscani a scapito delle altre province. Tuttavia il brio dei cronisti e la stessa precocit della storia dellarte presuppongono una situazione evoluta e ci confermano una maturit che non si traduce solo in battute di spirito, ma anche in iniziative dei maestri e posizioni critiche. questa vivacit un po acerba, questo nervosismo un po aspro che si deve riconoscere come essenziale della fine del Quattrocento. Senza parlare dei concorsi pubblici in cui si affrontavano i gusti e gli stili, la storia fiorentina piena di conflitti artistici e di discussioni personali nelle quali si affinava il modo di giudicare. La rivalit tra il Brunelleschi e il Ghiberti ebbe un seguito assai serio, se port questultimo a formulare una vera e propria dottrina scientifica e storica53. La maniera di Donatello continu a provocare reazioni ostili di cui lartista stesso sapeva trarre spiritosamente partito. Quando nel 1454 si decidette a lasciare Padova per Firenze alleg come causa della sua decisione latmosfera, piena dammirazione per lui, della citt settentrionale, che non gli forniva stimoli, mentre invece si sentiva assai pi stimolato dalle critiche incessanti che gli erano rivolte nella sua citt54. Questi rapporti di rivalit non sono meno vivi allepoca del Magnifico e i giudizi penetranti non mancano intorno al 1500. Il disprezzo con cui Leonardo ha trattato i suoi contemporanei riconoscendo due soli maestri come degni dinteresse, Giotto e Masaccio; la durezza di Michelangelo verso stili giudicati deboli, come quello del Perugino, o fenomeni artistici privi di adeguato respiro intellettuale, come la pittura fiamminga, attestano una decisione e una severit tipicamente toscane. Si comprende cos meglio come la riflessione sullarte sia stata, nei maestri fiorentini, pi esigente e penetrante che altrove55.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze w. paatz, Werden und wesen der Trecento-Architektur in Toskana, Burg-am-Main 1937, pp. 76 e 95. Sul precoce sviluppo della storiografia fiorentina: e. fueter, Geschichte der neweren Historiographie, Mnchen 1911. 2 Sulla rivalit Firenze-Milano agli inizi del secolo e le sue conseguenze per il nazionalismo fiorentino: h. baron, The crisis of the early italian Renaissance, Princeton 1955. 3 La tribuna circolare della SS. Annunziata solleva per la sua forma e la sua pianta insolita un piccolo problema nella storia monumentale della citt. Michelozzo aveva cominciato a ricostruire la chiesa nel 1444 sotto il patronato di Cosimo; la pianta fu modificata verso il 1455, una cappella assiale circolare, che pu ricordare prototipi greci e paleocristiani, fu progettata e costruita sotto la direzione di A. Manetti e seguendo direttive dellAlberti, mentre il patronato della chiesa era nel frattempo passato a Ludovico Gonzaga, che teneva a questa fondazione: w. paatz, Kirchen cit., I, pp. 62-196, e s. lang, The programme of the SS. Annunziata in Florence, in jwci, xvii (1954), pp. 43 sgg. Il Mantegna, pittore e consigliere di Ludovico a partire dal 1459, visit Firenze nel 1466 (p. o. kristeller, Andrea Mantegna, Berlin 1902, p. 218). Si deve mettere tale visita in rapporto con la decisione dellAlberti (anchegli legato al signore di Mantova) di occuparsi attivamente dei lavori nel 1470? 4 a. chastel, La mosique Venise ecc. cit., e sopra. 5 j. wilde, The hall of the great Council in Florence, in jwci, vii (1944). 6 vasari, Vita di Jacopo Sansovino (il concorso del 1514 e il ritorno ai progetti medicei); c. de tolnay, Michel-Ange et la faade de San Lorenzo, in Gazette des Beaux-Arts, gennaio 1932; cfr. anche: Zeitschrift fr Kunstgeschichte, 1936, p. 347. 7 Illuminated Books of the Middle Ages and Renaissance, Baltimore 1949, n. 193; cfr. a. chastel, Un pisode de la symbolique urbaine au XVe sicle: Florence et Rome, cits de Dieu, in Urbanisme et architecture, Paris 1954, pp. 74-79. I fiorentini insistevano soprattutto sullaspetto nobile e sulla pulizia della citt, considerata questultima cosa eccezionale. Cos leonardo bruni, Dialogi ad Petrum Histrum, II: In magnificenza Firenze supera forse tutte le citt oggi esistenti, ma in pulizia supera tutte quelle che mai siano esistite, dato che n Roma, n Atene, n Siracusa sono state, penso, cos pulite e ben tenute: citato con altri testi analoghi da l. thorndike, A History of magic and experimental Science, vol. V (The Fifteenth Century), New York 1941, cap. II. 8 h. janitschek, Kunstgeschichtliche Notizen aus dem Diarium des Landucci, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, iii (1880), pp. 377-86: il buon Landucci arriv a elaborare lui stesso un progetto di chiesa che sottopose al Cronaca nel 1505: Diario, pp. 272 e 296.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze j. burckhardt, Die Kultur der Renaissance in Italien, parte V; r. truffi, Giostre e cantori di giostre, Rocca San Casciano 1911. 10 g. soulier, Les influences orientales dans la peinture toscane, Paris 1924, pp. 304 sgg. (La fte turco-persane Florence). 11 a. dancona, Origini del teatro italiano, vol. I, Torino 1891, pp. 228 sgg. 12 Tutti i trionfi carri mascherate o canti carnascialeschi andati per Firenze dal tempo del Magnifico Lorenzo vecchio de Medici, ed. Lasca, Firenze 1559; a. simioni, in Studi di storia e di critica letteraria (Miscellanea F. Flamini), Pisa 1915, pp. 997 sgg. g. reese, Music in the Renaissance, New York 1954, I, pp. 153-84. 13 Cfr. sopra, introduzione generale. 14 p. francastel, La fte mythologique au Quattrocento, in Revue desthtique, iv (1951), pp. 376-410. 15 s. colvin, A florentine picture chronicle by Maso Finiguerra, London 1898. S. Colvin aveva proposto di attribuire allorafo Maso Finiguerra (1426-64) questa importante raccolta da lui datata intorno al 1460. P. O. Kristeller aveva avanzato riserve in una sua nota apparsa nel Repertorium fr Kunstwissenschaft, 1899, p. 135; ma la messa a punto di a. hind, Early italian engravings ecc. cit., tornata ad insistere sullimportanza della posizione di Maso e sulla attendibilit dellattribuzione, appoggiata ora da j. goldsmith phillips, Early florentine designers and engravers, Cambridge (Mass.) 1955. Si intende male quindi perch E. Mller in un articolo postumo su Maso Finiguerra, in Bibliothque dHumanisme et Renaissance, xix (1959), I, pp. 18589, rifiuti di legare il nome dellorafo, gran disegnatore di cartoni e modelli, alla Cronaca illustrata, e proponga di datare questa al 147580 facendone dipendere le illustrazioni da incisioni che in realt ne sono derivazioni. 16 r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., pp. 353 sgg. 17 f. saxl, The classical inscription in Renaissance Art and Politics, in jwci, iv (1940-41). 18 Egli scriveva allora: Da settecento anni in qua nessuno in Italia stato in grado di comprendere il greco, eppure riconosciamo che ogni sapere viene dalla Grecia: g. voigt, Wiederbelebung des classischen Altertum, trad. fr., vol. I, Paris 1894, p. 222. 19 e. garin, La giovinezza di D. Acciaiuoli, in Rinascimento, i (1950), 1, pp. 66 sgg., ripreso in Medioevo e Rinascimento cit., e Influenze dellArgiropulo, in Testi umanistici inediti sul De Anima, Padova 1951, pp. 10-15. 20 e. garin, Ricerche sulle traduzioni di Platone nella prima met del sec. XV, in Medioevo e Rinascimento (Studi in onore di Bruno Nardi), Firenze 1955. 21 e. garin, in LUmanesimo italiano, Filosofia e vita civile nel Rina9

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze scimento, Bari 1952, e nei suoi numerosi scritti sullargomento, considera lumanesimo, fin dalle sue origini, intorno a Dante e al Petrarca, come il movimento filosofico caratteristico del Rinascimento; i valori umani sono ricercati per lappunto nei campi che sfuggono alla tradizione delle scuole, e raggiungono cos un grado di precisione concreta e di seriet, che allorigine di una nuova epoca. p. o. kristeller, in The Place of classical Humanism in Renaissance Thought, in Journal of the History of Ideas, iv (1943), e Humanism and Scholasticism in the Italian Renaissance, in Byzantion, xvii (1944-45), ripreso in Studies, 2 e 25 (e completato, da Philosophical movements of the Renaissance, ibid., 3) ha proposto una definizione pi stretta dellumanesimo, che viene a contrapporlo alle correnti filosofiche. Egli insiste sulla categoria dei chierici, dei segretari, degli oratori, che sono professionalmente interessati alla conoscenza dei testi antichi e, attraverso questa, alla filologia, alla storia, alla dissertazione morale ecc. Questa polemica ha il vantaggio di finir per sottolineare in tutti i modi la posizione originale dellambiente fiorentino nellultimo terzo del xv secolo. Se si ammette che lumanesimo rappresenti praticamente tutto il pensiero del Rinascimento, Ficino e Pico vengono in sostanza a costituire il primo tentativo di assicurare alla filosofia implicita nel movimento la sua struttura speculativa. Se si limita lumanesimo allorientamento professionale dei letterati, si deve per ammettere che i loro interessi sono pi vasti, nei lavori del Landino, del Ficino, di Pico ecc. e che c stato limpegno di costituire a poco a poco una nuova enciclopedia. daltronde utile mantenere una certa distinzione tra gli interessi letterari e quelli propriamente filosofici dellepoca, e ne hanno sentito la necessit gli stessi umanisti di Careggi. In una lettera a Antonio da San Miniato, il Ficino dichiara di voler abbandonare del tutto la retorica per assumere il linguaggio serio del filosofo (citata da p. o. kristeller, Studies, p. 573, n. 60); la Theologia platonica un trattato a struttura ancora scolastica. Ma lo stesso Ficino, per contro, impiega tutta la sua energia a propugnare una teologia poetica e ricorre volentieri alle immagini e alle forme poetiche. Il Poliziano, cosciente pi dogni altro della distinzione dei due metodi, si convert verso il 1490 alla pura filosofia (quella di Pico) in opposizione alle speculazioni confuse (quelle del Ficino) che in passato gli erano bastate (e. garin, Lambiente del Poliziano, ne Il Poliziano e il suo tempo, Firenze 1957), ma senza rimettere in questione la sua opera filologica e poetica. Pico infine, in una famosa lettera a E. Barbaro, giustifica il rozzo linguaggio dei filosofi scolastici in quanto non si tratta pi di eloquenza ma di verit (cfr. g. breen, Giovanni Pico della Mirandola on the conflict of Philosophy and Rhetoric, in Journal of the History of Ideas, xiii [1952], pp. 384 sgg.). Si intende male il movimento se non si tiene conto delle difficolt che questo conflitto di tendenze e questo oscillare dei pensatori

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze fiorentini mette a nudo (cfr. pi avanti, parte III, introduzione). Ma questo fatto non indebolisce, se mai viene a confermare, linterpretazione secondo cui il movimento fiorentino rappresenta il punto in cui lumanesimo tende a darsi, per la prima volta, una filosofia sul tipo di quella scolastica, con un contenuto e ambizioni diverse: cfr. Marsile Ficin et lart cit., introduzione, I. 22 Nel Paradisus di Ugolino Verino, scritto poco prima del 1470, Platone ha la funzione di guida soprannaturale che aveva Virgilio nella Commedia: a. lazzari, Ugolino e Michele Verino, Torino 1897, pp. 66 sgg. 23 Apologia, ed. Garin, vol. I, p. 142. 24 e. garin, Lambiente del Poliziano, ne Il Poliziano e il suo tempo, Firenze 1957. 25 b. migliorini, Panorama dellitaliano quattrocentesco, in Rassegna della letteratura italiana, 1955, 2, pp. 193-231. 26 m. santoro, Cristoforo Landino e il volgare, in Giornale storico della letteratura italiana, lxxi (1954), pp. 501-47. 27 g. fumagalli, Leonardo e Poliziano, ne Il Poliziano e il suo tempo cit., pp. 131 sgg. 28 r. palmarocchi, Lettera di Lorenzo de Medici a Jacopo Guicciardini, in Pegaso, maggio 1932, pp. 513 sgg. 29 Si devono dunque mettere in contrasto (pur senza troppo accentuare lopposizione) questi diversi gruppi di spiriti. Il Ficino si adombr del Morgante, dove il Pulci lo punzecchiava, ma il Pulci stesso ricorda, XXVIII, st. 145, la collaborazione amichevole del Poliziano. Cfr. g. fumagalli, Leonardo e Poliziano cit., pp. 144 sgg. Si possono mettere in rapporto certe massime gaudenti del Ficino con le canzoni epicuree di Lorenzo: cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 18, n. 21 ecc. 30 A partire dal secondo terzo del secolo in Firenze avevano anche preso piede gli studi scientifici, di cui tuttavia i centri rimangono Bologna e Padova. Con i matematici e i cosmografi, il pi insigne dei quali fu Paolo del Pozzo Toscanelli (1397-1482), e certi medici come Antonio Benivieni, lambiente fiorentino non pi estraneo al movimento scientifico: cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 13, e pi avanti, pp. 214-15. 31 Florentia, in Operette Morali, poesie latine e volgari, ed. Saviotti, Bari 1929, p. 108. Passo citato in e. garin, Il rinascimento italiano, Milano 1941, pp. 370 sgg.: Sunt et qui causas rerum mundique recessus | Explorent caelique vias atque abdita tentent | Inconcessa oculis hominum, queis personat alto | Plurimus ore Platon et acutus mentis alumnus | His adde innumeras artes quibus altus Apollo | Praesidet et largo concedit munere Pallas | Feta bonis, quae longinquis de gentibus usque | Vel spectanda homini et convectanda petuntur. Una lettera del Collenuccio al Ficino (Opera, p. 913) suggerisce di porre nel 1490 la visita del poeta.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Lettera del 13 settembre 1492, Ep. XI, Opera, p. 944 (trad. Figliucci, II, p. 188); Marsile Ficin et lart cit., p. 61. 33 Su questo punto capitale, ora solidamente acquisito, convergono la tesi del rinnovamento letterario, sostenuta da p. o kristeller, e ripresa recentemente in The classics and Renaissance Thought, Cambridge (Mass.) 1955, la tesi filosofica di e. garin, in Medioevo e Rinascimento cit., 14 (Interpretazioni del Rinascimento), e II, 2 (Discussioni sulla retorica), e la nostra esposizione sul significato della teologia poetica a Firenze: Marsile Ficin et lart cit., pp. 141 sgg. 34 r. p. oliver, Plato and Salutati, in Transactions of the american philological Association, lxxi (1940), pp. 315-34. 35 Marsile Ficin et lart cit., I. 36 Opera, p. 659; Marsile Ficin et lart cit., p. 42. Lo stesso orientamento si nota nellabbozzo del trattato Homo (1490), che compendia lessenziale della dottrina; ibid., p. 52. 37 Cfr., in particolare, e. cassirer, Govanni Pico della Mirandola, in Journal of the History of the Ideas, iii (1942), 2, p. 137, e 3, p. 333, e Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance, Leipzig 1927; Marsile Ficin et lart cit., p. 28. 38 Questi sviluppi sono studiati nella prima sezione di questa seconda parte: Il regno delle immagini. 39 Lettera a Antonio Canisiano, Opera, p. 651 (trad. Figliucci, I, p. 74 v); cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 101. d. p. walker con Le chant orphique de Marsile Ficin, in Musique et posie au XVIe sicle, Paris 1954, pp. 16-28, ha analizzato la psicologia della musica nel Ficino (soprattutto riferendosi al De triplici vita) in funzione della complessa nozione di spiritus. 40 Gi per lAlberti, anche se le categorie pittoriche sono analoghe a quelle poetiche, la pittura paragonabile alla musica nei suoi effetti sullanima. Sulla musica e il controllo delle passioni: e. h. gombrich, Icones Symbolicae, in jwci, viii (1948). Cfr. anche d. p. walker, Le chant orphique ecc. cit., e Spiritual and demonic magic, London 1958, cap. I. 41 j. hutton, Some english poems in praise of music, in English Miscellany, ii (1951), p. 24: nellambiente del neoplatonismo ficiniano che per la prima volta troviamo questa stretta unione di sfere e angeli introdotta nel contesto delle laudes musicae. Il Panepistemon del Poliziano (1490-91) contiene una teoria analoga della musica: a. bonaventura, Il Poliziano e la musica, La Bibliofilia, lxiv (1942), pp. 114-71. 42 e. lowinski, The concept of physical and musical space in the Renaissance, in Papers of the American Musicological Society, 1941 (ma pubblicato nel 1946). 43 Cfr. p.-h. michel, La pense de L. B. Alberti cit., pp. 452 sgg.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze leonardo, Trattato, ed. H. Ludwig, 29. La formula sventurata musica ha dato luogo a un memorabile equivoco del Pladan, che parla di aventureuse musique, Trait de la peinture, Paris 1934, p. 43. 45 f. de hollanda, Da Pintura Antigua Tratado, s. 1., 1548 (trad. it. Dialoghi michelangioleschi, a cura di A. M. Bessone Aurelj, Roma 1926, p. 63); la stessa formula ritorna pi volte nei dialoghi. 46 il gran tema del famoso saggio di w. pater, The school of Giorgione, in The Renaissance, London 1873. Larticolo di r. jullian, Peinture et musique Venise, in Arte veneta, viii (1954), riguarda la fine del secolo xvi. 47 g. uzielli, Ricerche intorno a Leonardo da Vinci, serie V, Torino 1896, p. 586; e e. mller, Wie sah Leonardo aus?, in Belvedere, 1926, pp. 29 sgg. Sul simbolismo degli strumenti musicali nella pittura fiorentina: cfr. pi avanti. 48 Marsile Ficin et lart cit., introduzione, I. 49 Verino allude certamente a Leonardo, Perugino e Lorenzo di Credi. I tre artisti hanno strettamente collaborato ai lavori della bottega negli anni 1470-75: b. berenson, Verrocchio e Leonardo, Leonardo e Credi, in Bollettino darte, xxvii (1933). La pratica di collaborazione sembra esser stata portata il pi avanti possibile. La Madonna di Piazza di Pistoia, che spetta a Lorenzo di Credi su disegno del Verrocchio, presentava probabilmente nella predella la tavoletta con La nascita di San Giovanni (Liverpool), che si attribuisce al Perugino, la tavoletta dellAnnunciazione del Louvre di Leonardo giovane e Lorenzo di Credi, infine quella con San Donato (Worcester): w. valentiner, Studies of Italian Renaissance sculpture, London 1950, pp. 140 e 141. Un certo numero di Madonne di notevole qualit, come quella di Londra (National Gallery), sembrano presupporre lintervento del Perugino. Sulla funzione di questultimo e la formazione del gruppo umbro in questo stesso periodo cfr. pi avanti. Fra gli scultori della cerchia del Verrocchio il Vasari ricorda: Francesco di Simone Ferrucci, Agnolo di Polo, G. F. Rustici e Nanni Grosso, di cui per altro nulla si conosce, persona molto astratta nellarte e nel vivere, che non poteva confessarsi in extremis davanti a un crocifisso mal scolpito. 50 Questa funzione del Verrocchio stata intesa soprattutto da j. thiis, Leonardo da Vinci, the florentine years of Leonardo and Verrocchio, trad. ingl., London s. d. (1911). 51 m. wackernagel, pp. 301 sgg.; sulle confraternite fiorentine cfr. pi avanti. 52 vasari, ed. Milanesi, III, p. 567. La conclusione dellesposizione fornisce una spiegazione interessante della continua dispersione delle botteghe fiorentine: cfr. sopra, introduzione generale. 53 r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., capp. XVII, XIX, XX. 54 vasari, ed. Milanesi, II, p. 413. Un esempio di queste critiche
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze sar citato pi avanti, sezione II. In compenso Donatello messo in scena intorno al 1470 in una sacra rappresentazione: h. semper, Donatello, seine Zeit und seine Schule, Wien 1875, pp. 321-22. 55 Questi sviluppi verranno esaminati nella sezione II: Lesigenza della bellezza.

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Sezione prima il regno delle immagini Introduzione Il profano e il sacro

Si pu e si deve indicare la caratteristica fondamentale della cultura fiorentina del Quattrocento nel secolarizzarsi dei suoi interessi. Tuttavia essa non era affatto paganizzante, nel senso che non mirava affatto a minare lautorit della Chiesa e a combattere i princip della vita cristiana. Si potuto crederlo nel secolo scorso, ma questa interpretazione ormai non pu pi essere difesa dopo che sono state accuratamente indagate le preoccupazioni religiose degli umanisti e dei letterati. Nellultimo terzo del Quattrocento la maggior parte degli intellettuali fiorentini si ritrovano in associazioni devote, in confraternite, come quella dei Magi, o quella di SantAntonio da Padova. Essi vi tengono orationes nelle quali espongono le loro dotte dottrine, i grandi temi dellermetismo e del platonismo ridotti in forma volgare ad uso dei confratelli; e questi temi sono messi in rapporto con i problemi morali del momento che sono sempre quelli della renovatio e della salvezza della Chiesa1. Questo problema era allora pi grave e nello stesso tempo pi semplice di quello di una emancipazione spirituale al di fuori del mondo cristiano. Si insisteva sulla forza e sulloriginalit delluomo; ma con altrettanto vigore si insisteva sulla necessit di riformare lordine attuale, sul piano della dottrina come su quello della vita morale. Le due idee erano inseparabili. Dal loro incontro sorgeva una situazione del tutto nuova e questo per-

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mette di capire perch continuamente si annunciasse lavvento di tempi nuovi. Solo in questa prospettiva si possono chiarire le conquiste, le illusioni, le sofferenze che a poco a poco hanno creato la civilt moderna2. Allinizio del Quattrocento gli umanisti cresciuti alla scuola del Salutati e quelli della generazione di Niccol Niccoli avevano elaborato una concezione robusta delluomo in funzione della vita civica. Definendo unetica di tipo stoico, erano arrivati a una distinzione netta tra la vita profana, che si esercita nelle attivit mondane, nella politica repubblicana, nel lavoro scientifico ecc. e la vita religiosa regolata dalla Chiesa e dalle sue tradizioni3. Ma queste ultime presentano una variet sterminata: e lo studio dei testi lo rende sempre pi evidente e fornisce armi agli spiriti preoccupati di ampliare lorizzonte intellettuale. Vediamo moltiplicarsi i riferimenti imprevisti nelle rappresentazioni dellarte sacra. Quando Leonardo Bruni elabora il programma della seconda porta del Battistero (1424) a richiesta degli uffiziali di mosaico, afferma che le storie devono essere illustri e significanti, cio belle e ben scelte, ma si attiene a dati banali. Il suo piano, criticato dal Niccoli, non sar seguito alla lettera e, dopo lintervento di Ambrogio Traversari, la maggior parte delle formelle, in particolare quelle di No, di Giuseppe e di Salomone, avranno numerosi particolari eruditi, tratti da fonti poco note4. La disciplina aveva cominciato ad allentarsi nel complesso iconografico del Campanile. Andrea Pisano, intorno al 1340, aveva previsto un ciclo completo di riquadri che avrebbero costituito una vera e propria enciclopedia della natura e del sapere; per cinque sul lato nord non erano stati eseguiti5. Allorch si volle completare linsieme monumentale, Luca della Robbia fu incaricato di completare questa fila di esagoni, che era quella delle arti liberali (circa 1437-39). La Grammatica e il gruppo che rappresentava la Dialettica erano gi

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in opera. Luca scolp un Orfeo, due sofisti in turbante per laritmetica e Tubalcain che rappresentava la musica. Limmagine di Orfeo rientra male nella serie tradizionale. delicata, un po affettata, il cantore-musico, avvolto in un grande mantello, suona la viola ai piedi di una sorta dalbero; leoni, colombe e anitre vi si affollano intorno. Non si tratta qui della musica strumentale rappresentata da Tubalcain che ascolta il suono dei magli; si deve pensare alla musica superiore, cio il principio ideale della vita dello spirito6. Il medaglione dei Matematici non meno curioso. Su un fondo neutro spiccano le forme animate di due saggi barbuti in turbante e tunica ricamata7. Questo tipo esotico si ritrover qualche anno dopo nel Salomone del Ghiberti nella porta del Paradiso. Il Vasari loder la pulitezza, grazia e disegno dei medaglioni di Luca della Robbia credendo di riconoscervi Platone e Aristotele per la Filosofia e uno che suona un liuto per la musica8. Allepoca del Concilio per la riunione delle chiese assistiamo al delinearsi di un nuovo repertorio di simboli. La sorveglianza dei teologi continuava ad esercitarsi contro le immagini sospette di eresia. Nella sua Summa (1477) santAntonino, arcivescovo di Firenze, denuncia limmagine della Trinit raffigurata mediante una testa a tre volti, quod mostrum est in natura: Donatello aveva collocato questo signum triciput nel timpano della nicchia della Parte Guelfa a Or San Michele, Filippo Lippi nella sua Visione di santAgostino nella predella della pala Barbadori (1438); il Pollaiolo lo riprender nellallegoria della Teologia nella tomba di Sisto IV. I critici ufficiali non arrivarono ad eliminare questo simbolo che forse trovava seguito per la sua stranezza9. La vicenda del quadro eretico di cui parla il Vasari nella Vita di Botticelli ha unimportanza relativa: si tratta di una tavola, oggi attribuita a Botticini e datata circa 1475, che sarebbe stata coperta per ordine dellautorit

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ecclesiastica nella cappella Palmieri a San Pier Maggiore, perch conteneva una rappresentazione eterodossa dei cori celesti, essendo stati dei santi terrestri introdotti fra le gerarchie angeliche. La Citt di Vita, opera del committente del quadro, contiene in realt una lunga esposizione derivata da Origene sullorigine delle anime: secondo lui, le anime non sono che angeli rimasti neutri al momento della rivolta di Lucifero. Il quadro sembra illustrare questa dottrina attraverso linserimento di figure umane nella gerarchia angelica. Nulla conferma che sia stato emesso un vero e proprio veto a proposito del quadro; ma la leggenda ha potuto nascere per il discredito che per qualche anno, tra il 1485 e il 90 fu gettato sullopera del Palmieri da censori diffidenti10. Non meno significativa la novit, che si nota negli stessi anni, per quanto riguarda la forma dellarca di No. Secondo una tradizione, derivata per lappunto da Origene, si trattava di una piramide e questo per ragioni di simbologia universale, che erano invece respinte da Ugo di San Vittore e da numerosi dottori medievali. Questa piramide stata improvvisamente raffigurata a Firenze, negli anni 1440-50, dal Ghiberti nella seconda porta del Battistero e da Paolo Uccello nel Chiostro Verde11. Abbiamo qui una piccola manifestazione di indipendenza erudita che conferma il prestigio di cui godevano le fonti rare. Inoltre, come gi abbiamo accennato, intorno al 1460 assistiamo ad una invasione silenziosa di motivi pagani, soprattutto di quei motivi che si potevano investire di un valore religioso e mistico, come limmagine del carro dellanima. Ma un fenomeno che ha sviluppi ben maggiori. Assecondato da un interesse, che si rivela perfino nelle feste, per tutte le forme esotiche, veniva diffondendosi a Firenze la curiosit per gli aspetti meno conosciuti del paganesimo. Quando nel 1487 il Ficino pronuncer a Santa Maria degli Angeli una predica sul tema

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Philosophia platonica tamquam sacra legenda est in sacris, egli mirer, tra laltro, a giustificare il fatto che si illustrassero i dogmi cristiani attraverso i miti e le credenze antiche12. Il Salutati gi prima aveva potuto usare come un exemplum morale il racconto della serena morte del mitico Trismegisto. Si trattava ora di considerare, come faceva gi nel 1475 Pier Filippo Pandolfini nel suo Protesto, Ermete come un vero e proprio elemento tratto dalle Scritture13. Perch Ermete? La theologia platonica rappresentava lultimo sviluppo di quelle che erano considerate come le dottrine primitive dellumanit: la prisca theologia, quella di Ermete, di cui il Ficino aveva tradotto il Pimandro gi nel 1471 e quella di Orfeo di cui teneva inedita la traduzione14. Essa rappresentava una sorta di rivelazione parallela, grazie alla quale luomo pagano era anchegli giunto alla dottrina dellimmortalit, nonch alla concezione magica della natura. Da Ermete e Zoroastro, a Orfeo, a Pitagora e a Platone si sarebbe avuto uno svolgimento continuo. La congiunzione di questa tradizione ermetica col cristianesimo rappresentava la chiave dalla storia universale15. Il Ficino, che gi nel 1472 aveva tradotto linno alluniverso, si serv in continuit delle fonti orfiche; nella sua opera le menzioni di queste sono pi numerose di quelle dellopera di Platone. Egli non pubblic questi grandi testi della Scrittura pagana per timore che, essendo fraintesi, non riportassero certi spiriti ad priscum Deorum daemonumque cultum iamdiu merito reprobatum16. Questa precauzione indusse il suo biografo a supporre che lautore della Theologia platonica avesse in giovent attraversato una crisi morale provocata da queste scoperte e miracolosamente superata. Questa fantasia non che la trasposizione del fatto che tutto il pensiero del Ficino, come quello di Pico e, su un altro piano, quello del Poliziano, si muove in unassidua esplorazione dei testi mistici del mondo antico. Non

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si trattava di preziosismo erudito, ma di unesigenza intellettuale; ed questa sfumatura che distingue il modo di affrontare la vita antica proprio dei fiorentini, da quello delle province settentrionali, nelle quali lo studio delle letterature pagane non ha carattere teologico ma letterario e storico17. La curiosit dei fiorentini si estendeva anche ai riti, alle preghiere, alle forme liturgiche, tutti elementi tramandati da Giamblico e Apuleio, dato che la diversit delle religioni contribuisce mirabilmente allornamento dellUniverso. interessante conoscerli bene e il Ficino si rivela alloccasione ben attento a ristabilire, sulla base dei testi, limmagine corretta degli dei antichi con i loro attributi. In una lettera del 1492 egli fa seguire alle sue citazioni da Orfeo un estratto di Porfirio sulla statua ideale di Giove18. Lattenzione a queste fonti segrete una delle forme devasione verso il mitico e lesotico che si manifestano dovunque a Firenze a questepoca. Esse per forniscono unarticolazione fondamentale al pensiero filosofico: lermetismo contribuisce in modo diretto a fondare la dottrina della divinit delluomo, lorfismo a creare un nuovo simbolismo. Uno dei vertici della Theologia platonica si ha allorch il Ficino richiama lesclamazione ammirativa di Zoroastro: O homo naturae audentissimae artificium, e Pico, allinizio della Oratio, richiama la parola di Asclepio: Magnum miraculum est homo19. Agli inizi del secolo Giannozzo Manetti aveva scritto in risposta al cupo De contemptu mundi di Innocenzo III, il suo trattatello De dignitate et excellentia hominis, che difende lumanit allegando, sulla scia di Lattanzio, la parola di Ermete e invocando la testimonianza delle opere dellarte umana, dalle piramidi alla cupola fiorentina. Si tratta di una concezione ancora ingenua; ma, nel grosso trattato del Ficino del 1482 e nella Apologia di Pico del 1486, questa viene ripresa con una vivacit e una cultura filosofica che rin-

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novano lorizzonte del pensiero occidentale20. Dichiarando che la nostra anima tende a diventare tutte le cose, come Dio tutte le cose, Ficino conferisce alla formula ermetica un contenuto nuovo e pressante. Egli la completa attraverso uno slancio di adorazione esaltata che rappresenta la parola ultima della sua fede: lo spirito umano raggiunge Dio tutti i giorni: grazie ad esso il cuore arde, il petto lo respira, la lingua lo celebra: teste, mani e ginocchia lo adorano, le creazioni delluomo lo celebrano. Questa certezza per il Ficino il beneficio recato, a coloro che sanno intenderla, dalla teologia orfica21. La riflessione, cos orientata, ricerca di preferenza i punti in cui le credenze dellumanit antica e quelle attuali coincidono. La maggior parte dei temi filosofici e poetici del neoplatonismo fiorentino si pu raccogliere lungo una linea continua dintersezione tra i due mondi storici. La Trinit viene dimostrata richiamando unaffermazione dei magi che ammettono tre princip universali, Oromasis, Mitris, Arimanis, id est Deus, Mens, Anima; affermando che ogni filosofo che si ispira a Platone considera tre aspetti in tutte le cose, si trover un principio universale della natura e della vita morale, di cui si potranno a piacere illustrare tutti gli aspetti attraverso il girotondo delle Grazie22. seguendo questa doppia linea che il Ficino e Pico hanno limpressione di abbracciare entrambi i versanti della storia e la totalit dello spirito umano. Ci che sembra sovversivo e conturbante nelle presenze del mondo antico una verit velata. Occorre saperla svelare superando le frontiere dellortodossia ingenua. Cos le opere poetiche e i miti del paganesimo devono essere considerati con occhio nuovo. Il Landino nella sua introduzione alla Commedia scriveva esser verosimile che Dante si fosse proposto lo stesso fine che Omero presso i greci e Virgilio presso i latini. Non si tratta, beninteso, dellanalogia let-

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teraria che corre tra le grandi epopee, ma di una analogia di natura e funzione, di uno stesso fondo poetico e dottrinale. Si chiamer platonismo la scienza comune ai tre poemi, in quanto somma motivi dottrinari23. Gli ultimi due libri delle Disputationes Camaldulenses cercheranno di individuare questo sistema di immagini e di simboli universali a partire dallEneide. Ogni grande testo poetico deve essere esaminato come la Scrittura, cio come un documento allegorico con parecchi significati. Tuttavia il modo tradizionale della scolastica di glossare i testi artificiale. Oltre al senso naturale cio la narrazione continua, non c che un significato utile da ricavare: tutti i significati secondari sono solidali fra di loro e li chiameremo tutti insieme allegorici. Si trattava anche qui di una riforma audace dei canoni interpretativi. Pico arriva addirittura pi lontano ancora. Lesperienza tentata nello Heptaplus, in cui riprende il commento alla Genesi in un ordine di esposizione continuo e senza confusioni lo porta ad una scoperta sorprendente: la corrispondenza tra i gradi del reale cos completa e sicura che legati da vincoli di concordia, tutti questi mondi si scambiano con reciproca liberalit come le nature cos anche le denominazioni. Da tal principio, se v ancora qualcuno che non lha compreso, derivata ogni disciplina dellinterpretazione allegorica. In altre parole non si ha pi, nei casi privilegiati, allegoria in senso proprio: non ci sono che simboli fondati sulla corrispondenza dei piani dellessere, come quelli del fuoco, del sole, dei serafini, dellamore24. Lumanesimo fiorentino giustificava cos una tendenza che si era fatta sempre pi generale da Dante in poi. Lenorme massa delle immagini e dei miti pagani poteva essere vantaggiosamente introdotta nelleconomia dellarte e della poesia cristiana. Si toccava cos un punto estremo facendo della mitologia non solo una

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metafora della vita morale, ma anche una simbologia continua della vita universale, e infine, attraverso i suoi interpreti orfici, unanticipazione quasi soddisfacente della verit cristiana. Questo atteggiamento giustifica la mania delle immagini pagane che si impone in tutta la cultura. Linfluenza dellambiente di Careggi si nota nella consuetudine di interpretare le immagini in un senso filosofico25. Ma non si tratta che di uno degli aspetti della straordinaria confusione di profano e sacro, che si verifica a Firenze, a partire dal 1470-80, in due maniere: attraverso lintroduzione di forme antiche nelle tombe, nei pulpiti, nei pavimenti, nelle miniature, in tutte le opere a destinazione religiosa; e per contro nella estensione alle immagini profane di una sorta di devozione e di una carica simbolica che si intende bene solo nellarte sacra. Questi sviluppi non trovavano consensi unanimi e finiranno per provocare la reazione violenta del Savonarola e dei piagnoni alla fine del secolo. Questa crisi, e le sue propaggini nel Cinquecento, permettono di cogliere meglio laudacia dellarte umanistica. Sono le sue imprudenze in fatto di dottrina a costituire linteresse dellambiente di Careggi26. Il dogma chiave del neoplatonismo limmortalit e luniversalit dellanima. La teologia pagana anticipa tale dogma; il pensiero cristiano lo sviluppa e lo porta a compimento: dunque le due dottrine devono incontrarsi; ma nella rappresentazione del destino umano ne viene unambiguit costante tra realt sovrannaturali e interiorit dellanima. Quando il Ficino nella sua introduzione alla traduzione del De monarchia (1468) distingue il regno dei beati reintegrati nella Citt di Vita, quello dei dannati che ne sono privati per sempre e quello dei peregrini che si trovano sia nellaltra vita (le anime che si purificano nel Purgatorio), sia in questa stessa vita, lopposizione tra Cielo e Inferno ha meno importanza che gli stati dellanima. LInferno non pu esse-

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re concepito, al modo platonico, se non come il regno della materia, mondo della pesantezza e forza negativa in cui lanima come insabbiata. LAde dunque, secondo unanalisi spregiudicata della Theologia platonica, lincubo dellanima impura e phantasticae rationis imperium in homine impio; i mostri del mito esprimono lorribile realt delle passioni e la loro fatalit; ognuno dei fiumi infernali e ogni regione dellInferno rappresentano, in rapporto con gli elementi, una delle radici dellattaccamento peccaminoso al mondo dei sensi27. Si potr ugualmente confondere il Paradiso terrestre con i Campi Elisi del mito; il soggiorno dei beati e il mondo superiore delle idee, cielo platonico al quale lanima giunge nellesercizio assoluto delle sue facolt. Questo stato di perfezione si pu raggiungere gi in questa vita. Lanima che gi su questa terra pu rendersi signora e governatrice degli uomini, al di sopra del cielo, uguale agli angeli, simile a Dio, sar nellaldil, pressa poco come lo si pu sperimentare ogni giorno al vertice della contemplazione. La deificatio dellanima affermata con troppa energia perch non ne risulti indebolita la nozione di trascendenza28. Il grado intermedio del reale quello in cui lanima lotta, si espone e si purifica. Anche qui la lotta sovrannaturale del demone e di Dio, del Bene e del Male ha meno importanza del conflitto interiore fra gli elementi inferiori dellanima schiavi della pesantezza, del corpo, del determinismo della natura, e quelli della regione superiore dove si esercitano la Ratio e la Mens29. Capaci di dominare e superare la natura, queste due facolt intervengono nel campo della vita attiva, per regolare secondo il principio della justitia, e nel campo della contemplazione che ubbidisce alla religio. Questi due princip sono le due ali dellanima, di cui si parla nella Scrittura (Mos, san Paolo), sono lanalogia cosmica (Giove, Saturno) e lanalogia dei simboli antichi (Pro-

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meteo, Ganimede). Sono queste le idee che sembrano meglio adatte a definire lordine del mondo e il destino dellanima. Esse si presentano come un nuovo modo di comprendere e di esporre il pensiero cristiano, dato che la stessa verit era stata affermata dagli antichi e dai moderni. La novit consisteva nellaccento posto sullattivit dellanima, solidale con tutti i gradi del mondo e nel moltiplicarsi delle analogie poetiche che rendono sensibili tutte le sue tappe: la vita umana appare cos ampliata e drammatizzata. Nessunaltra dottrina poteva apparire pi completa agli occhi di un moderno e pi assimilabile dallartista: la sintesi che verr sviluppata nella volta della Sistina e nella tomba di Giulio II30. Essa implicava in modo sempre pi urgente una rielaborazione delliconografia le cui conseguenze appariranno tutte quante nelle iconologie dotte della met del Cinquecento31. Era in realt impossibile comprendere tutte queste esigenze in un sistema filosofico unitario. Il mito da lungo tempo aveva un suo posto nella cultura grazie ai poeti e ai compendi dei mitografi, ma con una destinazione diversa. Per i primi umanisti, ad esempio il Boccaccio od il Salutati, le storie di Orfeo o di Ercole erano da intendere come dei bei sogni, degni di nota per la loro qualit poetica, il carattere inatteso dellinvenzione e la loro possibilit di rappresentare la realt della esperienza: Potius Physiologia aut ethologia quam theologia32. Questo modo di affrontare il mito veniva ad accentuare il suo valore di invenzione anzich quello di simbolo; era un modo pi letterario che filosofico. Offriva cio una serie di immagini pittoresche nello stesso tempo che un sistema di simboli necessari per la crescita e larticolazione delle conoscenze. Meno ambizioso sul piano speculativo, questo modo di vedere poteva svilupparsi in riflessione storica e filologica pi precisa, per definire lintenzione dei poeti nel quadro della loro epoca e

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della loro cultura. lorientamento seguito dal Poliziano. Intorno al 1474-75 egli si occupa di un libellus di un grammatico bizantino dedicato ai primi cinque canti dellIliade. Egli ne completa le osservazioni filologiche valendosi del commento di Proclo al Timeo, che gli permette di indugiare sulla descrizione classica della corte di Giove nella serena beatitudine dellOlimpo33. Siamo di fronte a un doppio processo che presenta il massimo interesse: il testo viene attentamente interrogato e riscontrato; da esso non viene tratta una verit teologica, come avrebbero fatto il Ficino o Pico, ma un quadro poetico della pienezza e bellezza del mondo. La poesia antica introduceva direttamente in questo quadro, descrivendo di continuo il mondo, cieli pieni di energie attive simboleggiate dalle divinit del mito: e la natura voluttuosa dellisola di Venere nelle Stanze. Successione coerente di immagini chiare, questa descrizione costituisce un repertorio per gli artisti ai quali direttamente si rivolge. Non cera altra possibilit per muoversi sul terreno delle emozioni fisiche e dei sentimenti naturali e per renderne possibile la rappresentazione. Il linguaggio delle passioni pu dispiegarsi tanto meglio attraverso le storie di Orfeo o di Ercole in quanto queste storie vengono riprese alla fonte rifiutando i compendi e le compilazioni scolastiche. Cos lAntichit, in quanto religione, arte e cultura, comincia ad essere intesa come qualcosa di globale, un insieme organico che limmaginazione pu cogliere. Si comincia a concepire la distanza storica. Ma nel concepire la forma originale di questa cultura remota si portati a definire laspetto e i problemi specifici del mondo umano. Luomo doggi si definisce attraverso quello di ieri nel suo rapporto con le due sfere di cui il tratto di congiunzione, il centro: la natura e la storia. a Ferrara che, in uno stile di una precisione sor-

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prendente, viene raffigurato dai decoratori del palazzo di Schifanoia lordine astrologico della vita umana; ma solo a Firenze si trova unallegoria poetica della natura in forma di invocazione a Pan. A Venezia verr pubblicato, con il Sogno di Polifilo, il romanzo allegorico audacemente consacrato a tutti gli aspetti dellamore, ma solo a Firenze dato incontrare la Venere casta e grave del Botticelli. Lintellettualismo fiorentino ha le sue angustie e la sua freddezza34. La natura il cosmo; nella molteplicit dei fenomeni si deve cogliere il principio che assicuri la coerenza, lunit vivente che pu assicurare la circolazione delle energie dagli astri ai minerali, in una sorta di gigantesco giuoco di specchi. stato necessario al Quattrocento uno sforzo spirituale fuor del comune per trarre questa visione dellordine naturale fuori dalla sfera del demoniaco e dellillecito dove era ineluttabilmente confinata. Lambiente fiorentino vi riuscito grazie allidealismo matematico e al gusto della rappresentazione concreta dei dati celesti o terrestri, ma anche grazie allidea di una natura-organismo accessibile attraverso fenomeni compresi sotto il nome di realt magiche, di cui il Ficino espone la portata nel suo De vita triplici35. Nonostante questa insistenza sulla struttura matematica e la coerenza funzionale delluniverso visibile, i neoplatonici erano ben lungi dallintravvedere, o anche semplicemente dal preannunciare, la scienza di Galileo e di Cartesio. Il Ficino e i suoi allievi, compongono, basandosi su alcuni rapporti privilegiati, una rete di simboli che non arrivano a creare una organizzazione chiara del mondo dellesperienza. Il loro modo di procedere esattamente lopposto di quello delle menti (la pi eloquente e pi ferma delle quali quella di Leonardo) che si attengono alla rappresentazione particolareggiata dei meccanismi naturali. Ma la definizione del mondo visibile la stessa. Fra la sintesi a priori degli uni e le innumerevoli analisi particolari del-

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laltro non esistono quelle nozioni intermedie, quelle strutture interpretative e classificatorie che costituiscono per lappunto la scienza. Sotto il contrasto dei punti di vista, troviamo un interesse ugualmente vivo per gli aspetti meravigliosi delluniverso e per la sua definizione estetica, cio come un tutto armonioso. questa concezione della natura che porta ad una valorizzazione piena dellattivit dellartista. Il Ficino deriva dagli scritti ermetici lidea che le tecniche dimostrano il dominio delluomo sulla natura, di cui egli lo specchio e la conclusione36. Leonardo non si esprimer in modo diverso; ma questo privilegio dellartista, che per lumanista il punto di partenza di una nuova antropologia, per Leonardo rappresenta il coronamento del sapere. La stessa intuizione pu condurre a conclusioni opposte: anche in questo la fine del secolo vedr definirsi le posizioni. Si arriver a divergenze analoghe per quanto riguarda la visione delluomo nella storia. Lidea di cercare negli avvenimenti del passato, nelle credenze e nelle istituzioni, limmagine vera delluomo si impone a tutti gli spiriti partecipi della nuova cultura. La Bibbia e la storia antica, soprattutto questultima, mettono a disposizione un repertorio indispensabile di atteggiamenti e problemi. Donde il nuovo interesse per la conoscenza esatta e il commento dei testi, per lesame attento dei monumenti. La superiorit della cultura italiana si deve in buona parte a questa convinzione. Tuttavia essa pu essere utilizzata secondo due prospettive diverse: quella della virt e quella della contemplazione. Il primo umanesimo fiorentino, quello del Salutati e della sua scuola, aveva accentuato lidea stoica della lotta, aveva valorizzato lattivit pratica; tendeva a fare della morale cristiana il coronamento di unetica profana chiaramente articolata, attraverso gli esempi luminosi della civilt antica. Questa concezione non sar mai del tutto

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dimenticata. Essa ispira ancora le riflessioni del Machiavelli. Ma se anche lui costruisce la storia in funzione di unetica che mira soprattutto alla vita pubblica, non teme daltra parte di accusare la decadenza dei costumi provocata dal cristianesimo: Pensando adunque donde possa nascere che in quelli tempi antichi i popoli fussero pi amatori della libert che in questi, credo nasca da quella medesima cagione che fa ora gli uomini manco forti, la quale credo che sia la diversit della religione nostra dallantica. A quei tempi la magnificenza non era inferiore a quella attuale, ma i sacrifici sanguinosi davanti allaltare temperavano le anime pi di quanto non possono fare i riti simbolici del cristianesimo37. La storia rivela il meccanismo delle societ e le leggi della politica, non le vie della Provvidenza. Siamo agli antipodi delle convinzioni neoplatoniche, secondo le quali la storia dimostra, vero, la forza e loriginalit delluomo, ma attraverso la crescita e lo sviluppo religioso che ne determinano la linea maestra. Come la natura tende ad una sorta di sublimazione poetica, accessibile allintuizione ben preparata, cos la storia dimostra la superiore vocazione degli uomini. Questa si esprime attraverso la tradizione dei saggi che, al momento della Nascita di Cristo, sincrocia con la rivelazione biblica. Ma la scienza essenziale era privilegio, dalle origini, degli iniziati; e lo sviluppo delle dottrine non se non lillusione del mondo della durata che la docta religio deve superare. La fine del Quattrocento, momento in cui queste diverse concezioni si intrecciano, non si pu dire che abbia rappresentato per Firenze il momento delle posizioni intellettuali semplici e comode. N la rappresentazione della natura, n quella della storia, n del sapere, n infine quella dellanima e del suo destino, possono pi quadrare esattamente con le tradizioni iconografiche. Ma il rinnovarsi dei simboli sempre confuso e

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difficile: essi pi che mai dipendono dalla personalit di colui che li ispira. Un esempio significativo labbiamo nello sviluppo degli emblemi. Giovanni Rucellai aveva commissionato allAlberti il suo palazzo di via della Vigna e la cappella non lontana di San Pancrazio. Verso il 1470 finanzi la costruzione della facciata di Santa Maria Novella. Egli era uno dei fiorentini pi sensibili allarte moderna. Sullarcata della loggia al centro del cortile del suo palazzo fece scolpire lemblema della fortuna; per questo aveva chiesto il parere del Ficino che gli aveva risposto con una lettera su che cosa fortuna e se luomo pu riparare a essa. Largomento fondamentale della lettera che la saggezza (prudentia) pu ovviare al ritmo alterno e al flusso amaro degli avvenimenti; tuttavia questa saggezza non un acquisto umano, un dono di natura e non agisce se non quando luomo, attraverso un processo platonico, sa risalire al principio comune degli effetti fortuiti che ci sconcertano e dellenergia che in noi, cio a Dio, per affrontare e soprattutto per sottrarsi, attraverso la serenit interiore, a questa guerra della Fortuna38. Per unire insieme le allusioni al mondo degli affari, i modelli antichi e linsegnamento umanistico in una stessa composizione, nellemblema stata posta una ninfa che tiene tesa la vela in un naviglio che affronta le onde del mondo. Le medaglie emblematiche di Bertoldo sono di una complicazione ancora maggiore. Il rovescio di una di queste, destinata intorno al 1480 a un orator fiorentino, ci mostra il trionfo delle muse, condotte da leoni, presso Mercurio, con la scritta: Volentem ducunt nolentem trahunt; e si deve intendere che il dono delleloquenza deve cambiare il corso delle idee altrui. Sarebbe difficile trovare una applicazione meno naturale della massima di Seneca39.

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Capitolo primo La natura

Si toglie alla cultura e allarte del Rinascimento uno dei loro motivi essenziali se si dimentica di collocarle nel loro sfondo cosmologico40. Nel secolo xv si manifesta un interesse appassionato per la variet concreta delluniverso, ma la scoperta non ha significato alcuno se si prescinde dalle strutture intellettuali necessarie per comprenderla e comunicarla. Il rovesciamento della imago mundi tradizionale provocato dalla scoperta del nuovo mondo e del sistema solare, si verificato alla fine di una lunga crisi delle nozioni fisiche. La revisione delle dottrine scolastiche che fissavano la fisionomia complessiva del mondo41 non ha avuto minor importanza dello studio delle opere di geografia e cosmologia antiche che ora furono conosciute e studiate pi da vicino. Il paradosso del Rinascimento consiste nel fatto che la cosmografia si rinnovata attraverso i dati della scienza greca antica, prima che questi fossero definitivamente rettificati. Con Tolomeo, ripubblicato a partire dal 1420, la cartografia conosce una nuova fioritura; il testo della Geographia del Berlinghieri (circa 1480) una ripresa di quello del dotto alessandrino, ma viene accompagnato da atlanti particolareggiati che rappresentano un grande progresso. Il manualetto scolastico del Sacrobosco (John of Hollywood) rester fino al Cinquecento la base degli studi astronomici; la Spera volgare di G. Dati (1478) introduce concezioni pi esoteri-

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che sulla luce e la teologia; ma quando Lorenzo Bonincontri da San Miniato pubblica ledizione di Manilio (1484), la descrizione classica del cielo porta a nuove precisazioni42. La scienza umanistica lavorava dunque allinterno degli schemi antichi nel momento stesso in cui la loro struttura stava per essere definitivamente negata. E sono gli stessi ambienti che moltiplicano gli sforzi intesi a rivedere questi schemi. Il caso soprattutto chiaro per ci che riguarda le scoperte geografiche. Il lavoro cartografico, senza il quale esse non avrebbero potuto offrire nulla di controllabile, presupponeva la costruzione della fisionomia complessiva della superficie terrestre. Firenze era uno dei centri di questa attivit; e fu una delle citt occidentali in cui pi affluirono le notizie interessanti43. Il Toscanelli interrogava continuamente i viaggiatori per verificare le longitudini. Nel 1474 egli scriver a Fernam Martins, canonico di Lisbona, la famosa lettera, accompagnata da carte nautiche, sulla via occidentale delle Indie; il Poliziano proporr a Giovanni II di celebrare le esplorazioni portoghesi dellemisfero australe. Abbiamo numerosi esempi dellinteresse dei fiorentini per questi problemi: ad esempio, lopuscolo che ha consacrato lattualit delle scoperte geografiche, la lettera sul mundus novus dedicata a Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, stata pubblicata a Firenze gi nel 1502 da Amerigo Vespucci. Il pilota mayor era nipote del canonico Giorgio Antonio, amico del Ficino44. Non necessario insistere su tutti questi fatti per concludere che alla fine del Quattrocento i fiorentini potevano sentirsi al centro delle ricerche del loro tempo.

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1. La sfera e gli elementi. Se gli elementi della imago mundi geocentrica sono quelli tradizionali, tuttavia la visione delluniverso molto mutata. La vasta sistemazione di nozioni che si verifica allora porta per ad unidea della natura assai diversa da quella descritta dalla scolastica, nonch dalla struttura guidata dalle leggi della meccanica che verr definita pi tardi da Galileo e Cartesio. Nel 1475 il Ficino ha esaminato a Firenze una macchina articolata, montaggio dautomati che gli parve un eccellente simbolo dellordine cosmico:
Vidimus Florentiae Germani opificis tabernaculum, in quo diversorum animalium statuae ad pilam unam connexae atque libratae, pilae ipsius motu simul diversis motibus agebantur, aliae ad dextram currebant, aliae ad sinistram, sursum atque deorsum, aliae sedentes assurgebant, aliae stantes inclinabantur, hac illas coronabant, illae alias vulnerabant. Tubarum quoque et cornuum sonitus et avium cantus audiebantur, aliaque illic simul fiebant, et similia succedebant quam plurima uno tantum unius pilae momento45.

Tutta lepoca ha avuto il gusto di questi giochi meccanici, delle macchine a sorpresa che appaiono veramente delle meraviglie, dei miracula: linteresse del Ficino per il tabernacolo del fabbricante tedesco dimostra in qual senso si orientava allora la filosofia degli automata. Essi rappresentano il mondo e nello stesso tempo dimostrano la forza delluomo che lo domina. Sono identici alla natura in quanto anchessa un meccanismo perfettamente connesso, nella quale i particolari delle forme hanno meno importanza del loro intimo legame e del loro movimento, cio del grande gioco dinsieme46. Nello stesso ordine di idee, si deve ricordare la rappresenta-

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zione della sfera provvista dei suoi movimenti negli orologi astronomici, ad esempio quella di Lorenzo della Volpaia, descritta con ammirazione dal Poliziano (1484), dal Ficino (1489) e rimasta celebre a Firenze: un capitolo ben noto del De vita triplici intitolato De fabricando universi figura (III, 19), enumera tutti gli elementi che si devono considerare in questa ricostruzione delicata, dalla quale non del tutto escluso un valore magico47. La logica stessa del neoplatonismo lo portava a elaborare una concezione che si allontanava dallimmagine statica delluniverso. Connettendo le formule dellermetismo sul mondo (animale divino) alla speculazione astrologica ed allo studio dei fenomeni di risonanza e di magia, si arrivava a concepire questa consistenza della natura, questa coerenza del suo ordine e del suo corso, che ne fanno un sistema matematico ed insieme un organismo completo. La sua origine e il suo fine, la stessa possibilit del suo funzionamento devono essere riferiti al piano divino; ma tutti i fenomeni del mondo sensibile devono essere anzitutto intesi come espansione di una potenza razionale che verr definita come anima mundi. Questa nozione, tanto forte quanto ambigua, appare oggi mitica; stata in realt una tappa indispensabile per arrivare ad affermare lidea di natura. Si osservano con unattenzione sconosciuta allepoca precedente le simpatie occulte e le corrispondenze che il Pimandro, tradotto nel 1463 dal Ficino, erige a legge stessa del mondo. Limportanza dei filosofi di Careggi, ed in particolare del Ficino, consiste nellaver accolto e diffuso nel momento decisivo i motivi, fin allora sospetti, dellesoterismo occidentale48. Se si riprende il vecchio simbolo pitagorico delluovo come compendio del mondo, simbolo spesso riprodotto dai commentatori di Ovidio, ci avviene da un punto di vista nuovo: la sua struttura sferica (o quasi) sta a significare il miracolo di

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una espansione regolare ed infinita; la diversit delle materie che lo compongono richiama non solo lequilibrio degli elementi distinti per la loro densit, ma anche le possibilit della maturazione. In un ordine apparentemente finito e fisso, viene ad esprimersi una energia infinita e vivente; si deve intendere luna e laltra inseriti in qualche modo luno nellaltro se si vuol accedere al mistero universale49. Perch infine tutto simbolo nel mondo visibile; un rapporto costante e reciproco si stabilisce fra gli esseri che vivono nello spazio e le realt interiori dellanima. Lastrologia in questo senso rappresenta la chiave della nuova visione. Totum in nobis est caelum; e il Ficino su questo principio svilupper una sorprendente astrologia moralizzata50:
Sol Luna Mars Saturnus Jupiter Mercurius Venus Deus animi et corporis motio continua celeritas tarditas lex ratio humanitas

LAnima mundi il principio dunit tra le forme che servono a enunciare lordine cosmico. La teoria musicale del mondo, che vede gli stessi intervalli nella scala dei toni e nellordine dei pianeti, era stata sviluppata sulla base del Timeo dai neopitagorici del i secolo a. C. come chiaramente attestato dal Somnium Scipionis. In un secondo momento, Macrobio, che aveva commentato questo testo classico, Boezio e Marciano Capella avevano elaborato la dottrina dellarmonia universale secondo schemi facili ad essere generalizzati, per cui ogni sfera corrisponde ad una scienza e tutte le attivit umane possono iscriversi nello stesso sistema di origine cosmologica51. Questi schemi rivivono, sulla base delle

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fonti antiche, nellambiente fiorentino. Cos la musica non solo espressione di una struttura, ma lo strumento di una comunicazione reale tra lAnima mundi e lanima umana. Il rapporto, definito seguendo Dionigi, tra le sfere e le gerarchie celesti (rapporto che presuppone laggiunta ai sette pianeti classici del primo mobile e del cielo cristallino o empireo) cessa di essere un rapporto esteriore: le divinit planetarie sono il volto visibile e gli angeli il volto invisibile dello stesso mondo. Larmonia originaria viene espressa, ad ogni piano, dallanima di ogni sfera, in cui Platone (Repubblica, 617) collocava misteriosamente le sirene e Plutarco (Convito, IX, 14) le Muse52. Lastrologia, che larte di calcolare le conseguenze dei vultus caeli nel mondo sublunare, diviene il mezzo per rendere avvertibile ad ogni momento utile la solidariet profonda non solo delluomo col cosmo, ma soprattutto di ci che si manifesta al di fuori, nei fenomeni fisici, e ci che avviene allinterno, nellesperienza psicologica e morale. La famosa tavola del trattato del Gafurio, dove compaiono le Muse al posto delle Artes scolastiche e che colloca lintero sistema sotto linvocazione ad Apollo, lespressione pi netta di ci53. La visione della natura diventa una immensa proiezione delle energie coscienti ed incoscienti dellanima. Vi si ritrovano tutte le passioni, grazie al dispiegarsi del mito che assicura un volto psicologico a Marte, Mercurio, Venere, lIdra, Pegaso ecc. Nulla nella natura pu essere inerte e indifferente. E, grazie alle intuizioni di cui lastrologia il veicolo, la perfezione e il fulgore propri del Paradiso sono ora cercati nel mondo visibile: essi ne sono gli attributi veri e degni di essere rappresentati. In effetti da questa forza occulta si possono dedurre tutte le propriet delluniverso fisico, la sua articolazione ed i suoi ritmi. Il commento del Ficino al Timeo sviluppa la formula: Fecit Deus mundum

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viventem, animatum et intellectualem. al livello dellanima che si intrecciano e si articolano la struttura intelligibile delle cose ed il ritmo vitale che le connette in un unico organismo. Per meglio combinare con il Suo spirito e con la materia del mondo un solo ed unico essere animato, Dio distinse la materia in quattro elementi che sono come gli umori di questo corpo vivente, come Egli aveva dato quattro aspetti al Suo spirito. Essi procedono dallintelletto e dallanima che sono sostanze, dallintelligenza e dalla natura che sono qualit infuse alla materia. Le immagini di queste quattro potenze sono i quattro elementi che ad esse corrispondono. Il Fuoco (Spirito-Intelletto), lAria (Intelligenza), lAcqua (Anima), la Terra (Natura). Cos il mondo pu partecipare insieme dellEternit e del Tempo, essere uno e multiplo, fisso e mobile; esso comporta quattro modi di vita in rapporto con questi quattro princip spirituali: una Saturnia vita, fecondata direttamente dal cielo, che concepisce prototipi e le forme universali senza bisogno di esperienza esterna, una Jovialis che quella delle sfere e delle stelle ed anchessa propria dei gradi fissi e impassibili dellessere, una Venerea, nella quale la stessa energia si trova distribuita in anime singole ed esteriorizzata nelle apparenze corporee, infine una Dionysiaca, cio immersa interamente nella natura e abbandonata alla ebrezza della sensibilit immediata. Attraverso tutti questi gradi si stabilisce il duplex ad Deum ordo rerum, alter quo ab eo procedunt, alter quo procedentes convertuntur ad ipsum. Questo eterno moto ascendente e discendente lunico in grado di fornire lidea del mondo, della sua struttura articolata, della sua sufficienza e del suo fine54. Le rappresentazioni didattiche, cos frequenti nei secoli xiv e xv non potevano ignorare questa evoluzione. I mosaici del Battistero di Firenze, eseguiti nel corso del Duecento e conclusi solo intorno al 1325, rappre-

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sentavano ancora per gli artisti del Quattrocento il miglior compendio dellantica pittura toscana. Era una sorta di specchio dottrinale a scala monumentale. Quattro degli spicchi dellottagono, divisi in ordini regolari, presentano una specie di compendio della storia universale (Genesi e Redenzione, Giudizio finale, sopra una galleria di piccoli riquadri che mostrano i santi ed i profeti) con, al vertice della cupola, sopra il Pantocratore, il Dio della Creazione, circondato di serafini e cherubini; negli altri spicchi dellottagono stanno le sette altre gerarchie angeliche gravitanti, come nel Paradiso dantesco, intorno al punto luminoso centrale, materializzato qui dalla lanterna55. Ma si tratta del cielo e non delluniverso. La figura mundi sottomessa alla potenza divina viene invece rappresentata nel gigantesco disco a ventidue cerchi di colori diversi, dipinto nel Camposanto di Pisa verso la fine del Trecento. Intorno al mappamondo centrale qui figurano le sfere concentriche degli elementi, alle quali si aggiungono i cerchi delle gerarchie celesti. Un Cristo immenso tiene stretto tutto linsieme secondo lo schema gi comparso agli inizi del Duecento in una miniatura del Liber divinorum operum di santa Ildegarda, eseguita a Lucca56. Un nuovo elemento si sviluppa con successo a partire dalla fine del Trecento. Nei quadri religiosi il concerto degli angeli viene di moda in Toscana, come in tutta la pittura occidentale, ma il riferimento cosmico vi pi frequente. Esso accompagna gli avvenimenti della Storia Sacra, nei quali lazione dellamore divino si fa pi sentire, ad esempio lAnnunciazione e lIncoronazione della Vergine, meno spesso nella Nativit. un motivo caro soprattutto agli artisti che prolungano il cosiddetto gotico internazionale come Gentile da Fabriano, Bicci di Lorenzo, Lorenzo Monaco. NellIncoronazione della Vergine di questultimo, eseguita nel 1412-13, due angeli si inginocchiano

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sopra degli archi che raffigurano le sfere. In quella di Gentile da Fabriano, posteriore di quindici anni, otto angioli (ai quali da aggiungere il serafino che accompagna il Padre Eterno) suonano i loro strumenti al di sopra di una volta celeste che include il sole, la luna e le stelle. Alcuni segni celesti, i fiori dellhortus conclusus, larpa o la lira degli angeli, bastano a introdurre il tema della musica dei salmi, di cui santAmbrogio aveva esposto le ragioni e la grandezza (Expositio Psalmorum, XII). Ma questa sommessa indicazione, spesso accentuata dal medaglione di David tende ben presto a indebolirsi. Verso la met del secolo, nel trittico di SantAmbrogio, Filippo Lippi ambienta la scena su una specie di palco in mezzo a un giardino dove degli angeli giovanili cantano tra i gigli; il significato cosmico della scena scompare per lasciar posto ad una visione semplicemente graziosa. Tuttavia allestremo della sua carriera, nel 1468, il frate componeva nellabside della cattedrale di Spoleto una figurazione sorprendente, che indica un netto mutamento di tono: il Padre, con in capo la tiara pontificale, corona Maria al centro dellenorme tondo, punteggiato di borchie doro, e reso a molti colori, simile a un arcobaleno circolare, che sta ad indicare le sfere celesti; un sole brilla al di sopra delle figure, angeli turiferari e angeli cantori, vicini a quelli di Benozzo Gozzoli nella cappella Medici, accompagnano la cerimonia, mentre i loro fratelli gettano fiori, suonano il flauto o lorgano portatile. Ai piedi della scena una serie di santi personaggi in estasi (patriarchi, profeti e sibille) chiude vigorosamente la composizione che, accompagnando la forma curva dellabside, sembra animata da una gravitazione maestosa 57. Un Paradiso condotto con maggior densit e animato da maggiori movimenti sincroni, e, tutto sommato pi conforme alla visione cosmica dei moderni, si trova nella Incoronazione della Vergine di Francesco di Giorgio.

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Lattenzione qui portata essenzialmente sui reggitori delle sfere e sugli atteggiamenti variati delle potenze che occupano i gradi interni del mondo: la confusione tra sistema planetario, animato dalla musica cosmica e la gerarchia del Paradiso, ispiratrice della musica sacra, non potrebbe essere pi completa58. Ci che meglio rivela la trasformazione del sentimento cosmico lesitazione che coglie gli artisti al momento di rappresentare il movimento delle sfere. Lo schema tradizionale si complica; si esita tra le sfere una dentro laltra e viste in sezione come larcobaleno, le sfere, ad anelli sempre pi piccoli, formanti una specie di imbuto, e le sfere viste in sezione equatoriale, come cerchi concentrici orizzontali59. Il Botticelli user volta volta tutti questi schemi nelle sue illustrazioni per la Commedia. Nel canto XXVI si vedono nove cerchi composti di tante fiammelle rotare intorno al volto luminoso di Dio, nel canto VI un pullulare di queste piccole siepi di fiamme, il tutto chiuso in un cerchio, rappresenta in sezione il Paradiso. Altrove i voli delle anime seguono degli assi curvi invisibili. Limmagine pi notevole senza dubbio quella del canto I, dove dallo stretto cerchio del Paradiso terrestre, con alcuni alberi che si inchinano, Dante e Beatrice si levano attraversando il primo limite delle sfere celesti, limite teso come un filo circolare che essi devono tagliare. La pianta del cosmo (e il tema della ascensione di Dante) viene raffigurata in una illustrazione del canto II esattamente nello stesso modo che nellaffresco di Pisa60. Se si tolgono alcuni soggetti della pittura religiosa, in cui era consuetudine introdurre la figura del salmista, la simbolica monumentale aveva sempre prescritto la figurazione di un cielo, generalmente dipinto e stellato, nelle volte che coprivano le chiese. Cos limmagine completa del mondo celeste, si giustificava tanto meglio in quanto, grazie alla cupola, larchitettura stessa diven-

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tava per analogiam ledificio delluniverso. Questa la soluzione prevista da Raffaello nella cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, dove i suoi cartoni furono tradotti felicemente in mosaico a partire dal 1515: anzich una successione di cerchi, si ha una corona di medaglioni tutti uguali, nei quali ogni divinit planetaria posta sotto la guida di un angelo che, in qualche modo, prende possesso di essa; nella lunetta il Creatore, con un gesto spettacolare, mette in movimento tutto linsieme61. Egli sembra ruotare su se stesso e questa immagine richiama troppo larte di Michelangelo per non indurre a cercare nella volta della Sistina una proiezione in scala gigantesca della cosmologia contemporanea. Abbandonando ogni forma di schema armonico, Michelangelo si preoccupa solo di esprimere il movimento e la vita come attributi divini. Nella Creazione di Adamo Dio irrompe avvolto in un grande manto, dove laccompagnano non angeli ma geni che rappresentano le idee eterne. Se si percorre a ritroso la serie delle storie della Genesi, vi si ritrovano tutte le forme di movimento rotatorio con colori sempre pi chiari e trasparenti che vanno dal grigio al lilla. Nel riquadro che segue la Creazione delluomo, Dio plana nellaria con le braccia tese; nella Creazione del sole e della luna la giustapposizione di due immagini determina quel senso di movimento furioso che lo travolge e da cui sfuggono gli astri e le sfere. Il primo affresco rappresenta lessere divino in espansione mentre strappa il mondo visibile al caos62. Nulla pi della violenza dellatto creatore definisce il mistero del mondo: Michelangelo ha colto solo il movimento e la vita, Raffaello laccordo armonioso dello spazio e dello spirito. La cosmologia era legata alla teoria delle sfere; la fisica prolungava tale teoria attraverso la teoria degli elementi. Questa permetteva di spiegare tutte le manifestazioni che avvengono sulla terra, dalla storia naturale

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degli animali e delle piante alla geologia e ai suoi misteri. Essa considerava tutti gli accidenti dellatmosfera ed i fenomeni meteorologici connettendo tutto ci che la riguarda ai movimenti, ai meccanismi meravigliosi di quella macchina universale che per il suo mirabile ornamento stata chiamata cosmos dai greci, mondo dai latini, come dice il Landino nella sua prefazione alla traduzione di Plinio (Firenze, 1476). In questa stessa prospettiva, il Ficino, che fu nel Quattrocento, conviene ricordarlo, lunico commentatore del Timeo, attribuisce alla legge degli elementi un doppio valore, matematico e organico, che poteva utilmente estendersi alle arti. Il commento al Timeo ricorda in realt che la cifra quaternaria degli elementi conviene al mondo (cap. XX), che tutto composto di essi (cap. XXIV) e che ognuno ha propriet particolari facili a illustrare attraverso la forma semplice da cui risulta:
terra fuoco acqua aria cubo piramide (tetraedro) icosaedro ottaedro

Questa equivalenza avrebbe dovuto, in teoria, fornire il mezzo per scomporre ogni corpo naturale secondo la varia dosatura degli elementi che lo compongono: invitava quindi a fondare una sorta di analisi cristallografica delle cose. Aggiungendo alle quattro figure semplici una quinta figura, il dodecaedro, corrispondente allelemento invisibile delletere, si otteneva il quadro dei corpi puri che attrasse gli artisti-matematici del Quattrocento63. Ma non era facile risolvere ogni composto naturale in queste forme elementari; Leonardo, prendendo in considerazione questo modo di porre il problema, non ha potuto fare a meno di avanzare dubbi sulla sua efficacia64. Luca Pacioli ne sostiene con facon-

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dia la fondatezza in quanto vi vede il principio di tutta una matematica artistica, fondata sulla misura e conforme agli arcana delluniverso, quindi capace di guidare la pittura nonch la decorazione e larchitettura. Il De divina proportione del 1497 (pubblicato nel 1509) rappresenta il discorso destinato a giustificare, richiamandosi al Timeo, questo grande segreto dellorganizzazione delle forme65. La parte pi nuova dellinsegnamento del Ficino riguarda la vita della natura, quale sesprime nella lotta e nel travaglio costante degli elementi: Habent igitur animam aqua et terra... Quid est ars humana? Natura quaedam materiam tractans extrinsecus. Quid natura? Ars intrinsecus materiam temperans, ac si faber lignarius esset in ligno. In ognuna delle zone proprie a questi elementi si trovano in realt degli esseri viventi, che ne procedono e non possono crescere o muoversi se non per virt degli elementi di cui essi figurano e rappresentano in qualche modo le propriet. La stessa dimostrazione vale anche per il fuoco e per laria66. Lapparenza meccanica della vita della natura, quella di Lucrezio e degli epicurei, dunque unillusione assoluta:
Et quemadmodum si homines ferri quidem ipsius motum videntes, magnetem non viderent, ferrum ex se ipso moveri putarent dum trahitur a magnete, ita nunc qui sphaerarum animas non intelligunt, corpuscula quaelibet credunt ex se moveri. At enim cum nulla mens artificis tam recte aut membra sua, aut instrumenta moveat, quam corpuscula illa moventur in mundo, necessarium est illa corpuscula non ab inerti qualitate solummodo, verum etiam ab artificiosa natura moveri et duci.

Gli elementi normalmente si scalano in base alla loro densit decrescente: terra, acqua, aria, fuoco; ma in questo equilibrio generale, che daltronde viene facil-

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mente sconvolto, ogni elemento possiede una sua attivit artistica. Questo principio ha un nome segreto nella Teologia di Orfeo, o meglio un doppio nome che si sdoppia in maschile e femminile67. E lesposizione si conclude misteriosamente con lenumerazione dei demoni che sono la radice delle specie e delle forme. Questa conclusione ermetica non deve nasconderci loriginalit duna dottrina che per la prima volta attribuisce una sorta di autonomia alle forze della natura. Per ordinare le molteplici affermazioni sui fenomeni, Leonardo non disporr di altra teoria generale che quella degli elementi, dei quali a sua volta immagina le regioni naturali, i movimenti dattrazione e di repulsione e la prodigiosa attivit68. Nelle sue osservazioni cosmologiche ritorna continuamente lidea di artifiziosa natura (anche lespressione derivata dal Ficino) che gli serve per poter cogliere, sotto ai fenomeni, una sorta di intenzione nascosta che lartista pi di ogni altro in grado di avvertire. Ma Leonardo affascinato dalla tendenza della natura a sconvolgere fino al caos e infine a distruggere le sue proprie creazioni69. La rappresentazione dei quattro elementi ricorre frequente fino ad essere banale nellarte dellOccidente70. La distribuzione dei loro simboli nelle composizioni a quattro scomparti, di cui si voleva elevare il significato, divenne una forma corrente nel Trecento e nel Quattrocento. Si era in certo senso viziati da queste immagini tradizionali. Lavor Paolo in fresco la volta dei Peruzzi a triangoli in prospettiva, ed in su i cantoni dipinse nelle quadrature i quattro elementi, ed a ciascuno fece un animale a proposito: alla terra una talpa, allacqua un pesce, al fuoco la salamandra, ed allaria il camaleonte che ne vive e piglia ogni colore71. Il famoso qui-pro-quo che divert tanto i fiorentini: un cammello anzich un camaleonte, sta a dimostrare che Paolo Uccello non prest seriamente attenzione a questi sim-

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boli. Nella descrizione del suo palazzo ideale il Filarete richiede lo stesso programma: Nelle volte si fanno questi segni celesti, che si facci in prima i quattro tempi dellanno, e poi e quattro elementi e descriptione della terra72. Non precisa per quale tipo volesse. Il gusto dellepoca per la variet delle forme naturali spingeva verso formule pi pittoresche. Nel Morgante di Luigi Pulci la lunga descrizione del padiglione offerto a Rinaldo (XIV, st. 44-89) comprende una descrizione dettagliata dei ricami dedicati agli elementi: lenumerazione di questi viene accompagnata ogni volta dal simbolo relativo: la salamandra, il camaleonte, il pesce, la talpa, come nella volta di Paolo Uccello; tuttavia essa a dir vero interminabile e non ha un criterio direttivo preciso. Questa tendenza elencatoria si rivela anche nei pittori che raffiguravano nel cielo dei loro quadri numerosi uccelli e vi profondevano fiori sempre pi vari. Nella volta della stanza della Segnatura lallegoria della Filosofia rappresenta un compendio di tutto questo repertorio: la figura porta infatti una veste coi colori dei quattro elementi, con animali, foglie, stelle corrispondenti a ognuna delle sfere; inoltre il trono incorniciato da due statue dellArtemide Efesia, il mostro polymaste, che fa qui la sua prima comparsa nellarte moderna, e basta da solo a portare il simbolo della natura su un nuovo piano. Pare lecito ricollegare allinteresse per questo emblema la voga delle grottesche, di cui la bottega di Raffaello elaborer la formula definitiva nelle logge vaticane assicurando al geroglifico di Artemide un posto privilegiato73. Il medaglione della Filosofia d il titolo allelogio della Filosofia o, come pi comunemente nota, alla Scuola dAtene. Esso accompagnato da un riquadro in cui si vede una figura piegata sul globo del mondo indubbiamente per rappresentare la contemplazione di esso74. I due genietti che lincorniciano portano delle scritte

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sulle quali si legge: Moralis et Naturalis: sono appunto i due aspetti della filosofia. Nelle sintesi dottrinali si cercava infatti di accomunare il simbolo quaternario degli elementi con i princip intellettuali75. Il Ficino ha abbozzato una delle combinazioni possibili: Alij... gradatim progredientes, lumen divinum in moralibus primo tanquam in terra, secundo in Physicis, tanquam aqua; tertio in mathematicis, tanquam in Luna, quarto Metaphysicis, tanquam in Sole perspicue salubriterque perspiciant. Hos appellat Orpheus Musarum legitimos Sacerdotes...76:
moralia physica mathematica metaphysica terra acqua aria fuoco

Questa classificazione non vale per la complessa iconografia messa in opera, nella volta della stanza della Segnatura, dal Sodoma e da Raffaello77. La corrispondenza fra le storie, sormontate dalle allegorie relative, e i simboli degli elementi viene espressa, al di sopra di ogni Storia, mediante un genietto portaemblema e, accanto ad ogni allegoria, mediante un piccolo riquadro a due registri il cui valore sembra essere intonato allargomento. Se si corregge un curioso errore intervenuto nella distribuzione78, linsieme risulta costruito, secondo il seguente schema:
Sulla veste della Filosofia giallo verde azzurro rosso

Genietti Giurisprudenza Filosofia Poesia Teologia Terra Acqua Aria Fuoco

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Le doppie scene inserite accanto ad ogni allegoria ribadiscono ancora lesposizione dottrinaria: la prima serie (Muzio Scevola, Pax Augustea, Mezio Curzio, Giunio Bruto) deriva da Tito Livio questi esempi di virtus; la seconda (Vulcano, Anfitrite, trionfo sullAcqua, sconfitta dei giganti) deriva da Igino e svolge lidea della potenza dellamore. Sono i due princip che i platonici amavano porre alla base della vita morale dopo averla riconosciuta come principio stesso della vita della natura.

2. I cicli del tempo a Poggio a Caiano. I ritmi del tempo ricorrono spesso nelle immagini cosmologiche del medioevo, e in esse i mesi vanno uniti ai segni zodiacali, le stagioni agli elementi. La loro successione e le loro contrapposizioni risultano dal loro posto nel cerchio, o rosone, dove i simboli venivano iscritti. Altrettanto frequente la serie dei lavori umani che corrisponde ai mesi e alle stagioni, disposta in riquadri giustapposti oppure in un fregio continuo. Personaggi allegorici si erano visti anche nellarte antica e pi raramente nel medioevo: una serie di tavole ben nota, destinata al palazzo di Belfiore a Ferrara, conserva il ricordo di questo tipo di figurazioni ancora sulla met del Quattrocento79. In una forma pi vicina allantico si troveranno le quattro stagioni nella loggetta del Bibbiena in Vaticano80. Fra gli schemi astronomici e le allegorie di tipo classico Firenze offre lunico complesso originale in cui si sia tentata lillustrazione poetica dei cicli temporali: si trova sulla facciata della villa di Poggio a Caiano e risale a circa il 1490. Essa dimostra nel modo pi netto lincontro tra la cultura umanistica e lo stile narrativo delle botteghe toscane. Si tratta del fregio in terracotta invetriata collocato sullatrio corinzio della villa del Magni-

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fico. Il Sangallo gi a Santa Maria delle Carceri aveva introdotto elementi di terracotta invetriata bianca su fondo azzurro; la chiesa di Prato era stata iniziata contemporaneamente alla villa del Poggio e anchessa rimase incompiuta dopo il 1492. Verosimilmente larchitetto si rivolto alla stessa bottega per ottenere le fasce di maiolica chiara che costituiscono uno dei tratti originali di queste due opere. Per il fregio del Poggio presenta una concisione di disegno, una purezza ellenistica che invogliano ad attribuirne la composizione ad Andrea Sansovino81. infatti difficile riconoscervi la maniera, pi rude, del Sangallo. Il fregio diviso in cinque settori da quattro termini, che cadono esattamente in asse con le colonne: il terzo scomparso, ma si vede chiaramente il punto dove stava. Ognuno di questi termini rientra, grazie allabbigliamento ed allatteggiamento, nelle scene attigue: il secondo, ad esempio, che conclude la scena guerriera del riquadro centrale porta chiaramente un elmo e uninsegna militare; il quarto, attiguo alle stagioni, adorno di fiori e di frutti. I cinque temi del fregio si trovano cos separati e uniti. Non abbiamo una serie narrativa ma un susseguirsi di composizioni, di cui i termini sottolineano larticolazione. Il fatto che si ritrovino qui queste figure inconsuete sembra rispondere al desiderio di rimettere in onore delle divinit romane, nella fattispecie quelle di cui Ovidio nei suoi versi sul calendario, che guidano tutta la decorazione, dice:
Termine, sive lapis, sive es defossus in agro Stipes, ab antiquis tu quoque numen habes. (Fasti, II, 641-42)82.

Il primo tema a destra presenta una composizione doppia, che raffigura il giorno e la notte. La scena si legge da sinistra a destra. Anzitutto abbiamo un uomo

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seduto, pesantemente abbandonato, che tiene in mano un mazzo di papaveri, un personaggio disteso su un letto (degli scuri fori nella terracotta indicano trattarsi di un viso sfatto) e una donna in piedi; , accanto alla Notte, la coppia di Hypnos e Thanatos ricordata da Esiodo (Theogonia, 747), descritta da Pausania e spesso rappresentata sui leciti funerari e nei rilievi romani83. Nella seconda met della composizione un personaggio femminile coi capelli a raggiera (lAurora), sta finendo di apprestare la quadriga del Sole che porter via lauriga attraverso la porta monumentale del giorno presentata obliquamente come un arco di trionfo. La quadriga, accompagnata con un cenno di saluto dallAurora, si precipita nel cielo. Linsieme del cocchio disegnato con una vivacit che richiama i versi di Ovidio sui quadripedes animosos e la famosa partenza di Fetonte (Met., II, 55 sgg.). Abbiamo qui unimmagine canonica del Giorno, di un deciso tono neoellenico84. Lo scomparto attiguo, dedicato alle stagioni, si ispira ad Ovidio nella parte sinistra, in cui compaiono le quattro allegorie classiche, di un accento pi romano che greco; il resto della composizione illustra, seguendo il corso dellanno, i lavori campestri. Una figura andata perduta accanto al personaggio che innesta la vite; forse rappresentava la potatura, mentre la terza figura raffigurata in atto di legare il tralcio allolmo. Lintento didattico si esprime senza peritanze: i lavori della mietitura (con la grande falce curva e il falcetto) vengono dopo, seguiti a lor volta dalla vendemmia: un contadino coglie un grappolo sopra la sua testa, un altro, un po pi lontano, curva un ramo per raccogliere le olive, altri arano e seminano. Infine le ultime due figure rappresentano i lavori della stagione avanzata, la vangatura della terra e la raccolta della legna. Gli abiti stabiliscono un rapporto fra le figure e la successione delle stagioni: le prime figure avevano una tunica corta, erano

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nude quelle nel cuore dellestate, ricompare la tunica corta in quelle dellautunno e quelle dellinverno portano il mantello. Dodici di numero, se si tiene conto della figura perduta, questi contadini corrispondono evidentemente alla serie dei mesi. Abbiamo quindi un calendario rustico, chiaro e ordinato con finezza, di una novit innegabile, di uno stile perfettamente ovidiano85. Lepisodio centrale consacrato al ciclo superiore, cio allanno. Questo individuato mediante il personaggio della mitologia romana pi suggestivo in questo senso, Giano. Egli rappresentato davanti al suo tempio con il tipico volto doppio, con le mani alzate, come lo descrive Poliziano nellesordio dellAmbra:
Claviger in semet redeuntem computat annum Iam dextra Deus (Selve: Ambra, 55-56)86.

Gli antichi commenti riferiscono infatti che Giano rappresentato nellatto di contare fino a 300 con la mano destra e fino a 65 con la mano sinistra per indicare la durata dellanno alla quale presiede. Ovidio descrive lungamente e devotamente gli attributi di Giano nel I libro dei Fasti, che risultano cos la fonte letteraria principale del fregio. Linvocazione iniziale fornisce il tema:
Iane biceps, anni tacite labentis origo. (Fasti, I, 63)87.

Il lungo discorso messo in bocca a Giano spiega che egli un dio cosmico, che un tempo si identificava col Caos. Nel mondo attuale regna sugli elementi e dispone della pace e della guerra:

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Me Chaos antiqui (nam sum res prisca) vocabant... me penes est unum vasti custodia mundi et jus vertendi cardinis omne meum est. Cum libuit Pacem placidis emittere tectis libera perpetuas ambulat illa vias: sanguine letifero totus miscebitur orbis ni teneant rigidae condita bella serae, praesideo foribus caeli cum mitibus Horis: it, redit officio Jupiter ipse meo. (Fasti, I, 103 e 119-26).

Il tempio, o pi esattamente il sacrario bronzeo, di Giano si trovava nel Foro, e se ne aprivano le porte in tempo di guerra: il fregio di Poggio a Caiano rappresenta il momento in cui il sacerdote di Giano apre la porta fatale da cui esce Marte ferocemente armato88. I personaggi che assistono alla scena sono dei soldati romani e le loro armature e le loro insegne sono state ricostruite con qualche cura sulla base dei monumenti antichi. Forse lecito vedere nei due gruppi di cinque figure una allusione ai dieci mesi dellanno secondo il calendario primitivamente definito da Romolo?
in anno constituit menses quinque bis esse suo. (Fasti, I, 27-28).

Ma, secondo Ovidio, Giano pi di un dio dellanno, e in verit la potest che regola i movimenti pi generali della natura, una sorta di autorit regolatrice del tempo. Questa superiore funzione spiega il posto donore attribuito al Dio romano e il fregio consacrato alla celebrazione dellordine universale di cui il vecchio dio romano la chiave:
Me penes est unum vasti custodia mundi89.

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Questa preminenza di Giano, ispirata da Ovidio, ci scopre chi lispiratore del complesso. Dopo il 1481 il Poliziano aveva preso ad occuparsi in modo particolare dei Fasti nelle sue lezioni allo Studio. Il poema latino che egli chiamava illius vatis liber pulcherrimus gli era divenuto cos familiare che lo imitava, sotto forma di un semplice commento, nelle sue Sylvae. Il fregio di Poggio a Caiano non se non una parafrasi del trattato sul calendario romano letto secondo lesegesi del Poliziano. Ledicola centrale, cio il Santuario di Giano, da cui esce il dio della guerra, deriva da uno dei sarcofagi romani pi celebri di Firenze, quello che, dopo esser stato per qualche tempo a palazzo Riccardi, si trova accanto alla porta sud del Battistero: qui il tempio quello della Eternit, dimora delle ombre da cui esce Mercurio psicopompo dischiudendo la porta90. Il ritmo cosmico superiore a quello dellanno il ritmo delle et del mondo: tenendosi esclusivamente, secondo la consuetudine dei neoplatonici fiorentini, allopposizione fondamentale di Saturno e Giove, lautore del fregio non ha rappresentato le quattro et che si trovano in Ovidio, ma la comparsa dellet di Giove, la nostra, che, succedendo alla mitica et delloro, ha introdotto il ritmo delle stagioni, lagricoltura e lallevamento91. Ovidio, sempre nei Fasti, racconta dellingordigia di Saturno, alla quale Rea riusc con lastuzia a sottrarre il piccolo Giove:
Veste latens saxum caelesti gutture dedit sic genitor fatis decipiendus erat (Fasti, V, 205-6)

mentre nelle solitudini del monte Ida i coribanti, sacerdoti danzatori, coprono con le loro grida i vagiti del piccolo:

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pars clipeos rudibus, galeas pars tundit inanes, hoc Curetes habent, hoc Corybantes opus (Fasti, IV, 209-10).

Poich ogni tema svolto in tono pittoresco, la danza dei coribanti, rappresentati qui come soldati romani, occupa il centro della composizione; fa cos riscontro al coro delle stagioni nellepisodio simmetrico. A destra, la roccia coperta di alveari e a sinistra la culla, accanto alla quale la ninfa Amaltea trattiene la sua capra, completano il quadro. Si vede infine Rea presentare a Saturno la pietra dellinganno e con laltra mano tendere una foglia alla capra; si sa che il corno spezzato di questa divenne poi il corno dellabbondanza (Fasti, V, 3). Queste allusioni ai cibi degli dei e ai frutti della terra sono perfettamente intonate al fregio che celebra lordine del mondo e le colture della villa. Ma linsistenza portata sulla parte che hanno avuto i Coribanti ci fa ricordare che essi sono, secondo la tradizione antica ripresa dal Ficino e da Pico, i maestri delliniziazione92. Lelogio mitico del miele e del latte assume cos un valore particolare, in accordo con la figurazione di Giano, signore del tempo, e soprattutto collepisodio cosmologico iniziale. Questo primo episodio oscuro e singolare. Il fondo azzurro-verde del fregio occupato per due terzi da una roccia scura, una grotta, in cui un personaggio barbuto tiene in mano dei serpenti. Al centro, in ricche vesti, una dea-madre, allegoria della Natura, apre le braccia e dal suo seno escono esseri alati, anime minuscole che si diffondono a destra e a sinistra: due si dirigono verso il dio coi serpenti, due altre procedono a destra verso un personaggio nudo, girato verso la roccia enorme, con una sfera in una mano ed un compasso nellaltra. Un serpente gigantesco, munito di piccole orecchie e di testa canina, sta come coronamento sulla montagna e sulla

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caverna enigmatica mordendosi la coda. questa la chiave di tutta la scena. Si deve vedere in esso unimmagine delleternit nella quale si compie la gestazione delle et93. Siamo dunque alle origini del mondo; ma non secondo le cosmogonie di Esiodo, e nemmeno di Ovidio, che raccontano luscita dal Caos primitivo. La scena richiama piuttosto lorganizzazione metodica degli elementi e la creazione delle anime, come si trova raccontata nel Timeo, attraverso lintervento del demiurgo-architetto, per volont del quale il mondo unico, sferico e si muove in circolo94. Preoccupato, racconta Platone, di costruire una certa imitazione mobile delleternit, pur organizzando il cielo, fece delleternit una e immobile questa immagine eterna che progredisce secondo la legge dei numeri, questa cosa che noi chiamiamo il tempo (Timeo, 37 d). Questa dunque lorigine nascosta dei diversi ritmi della durata: I giorni e le notti, i mesi e le stagioni non esistevano prima della nascita del Cielo..., infatti sono divisioni del tempo... Questa celebre esposizione la chiave di tutto il fregio, che la sviluppa e illustra metodicamente attraverso una serie di scene derivate dai poeti. Ma la scena della creazione in stretta dipendenza da un passo del Panegirico a Stilicone, gi utilizzato dal Boccaccio nella sua Genealogia degli dei. Claudiano immagina che Febo stesso entri nellantro della Natura in cui si trovano sedes aevique arcana, la dimora segreta del Tempo, per scegliervi let delloro destinata a Stilicone. Questa figurazione fornisce lo schema del riquadro del Poggio:
Est ignota procul, nostraeque impervia menti Vix adeunda Deis, annorum squalida mater, Immensa spelunca vi, que tempora vasto Suppeditat, revocatque sinu: complectitur antrum Omnia qui placido consumit numine serpens...

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Ante fores natura sedet, cunctisque volantes Dependent membris animae: mensura verendus Scribit jura senex, numeros qui dividit astris, Et cursus, stabilesque moras, quibus omnia vivunt, Ac pereunt, fixis cum legibus ille recenset95.

Lantro la dimora nascosta delle madri, nello stesso senso in cui il termine si trova in Goethe96; dalla matrona seduta sulla soglia irraggiano le anime. il tema centrale del riquadro. Ma il vecchio che si trova nel testo si qui sdoppiato in due figure che costituiscono i due poli della composizione: una il demone dellantro e laltra il giovane demiurgo che scrive le regole immutabili. Il demone non n greco n romano: pu derivare dai demoni etruschi come Tuchulcha, che spesso accompagnano Caronte nei dipinti tombali, ad esempio nella tomba dellOrco o sui vasi, e che brandiscono simboli della potenza infernale97. Egli sembra riallacciarsi alloscuro Demogorgone che nella Genealogia degli dei viene descritto come lantenato di tutti gli dei pagani, essere spaventoso, avvolto di nubi, nascosto nelle viscere della terra, vicino allEternit e al Caos98. Lautore del fregio avrebbe qui creato un tipo nuovo per dare vita plastica allimpenetrabile padre degli dei, accuratamente distinto dal demiurgo platonico che prende il posto del Sole visitatore, che c invece in Claudiano. Lidea di aevum risulta cos assai meglio, al di l di tutti i cicli relativi alla durata. Forse qui, come in Claudiano, essa viene associata allidea di un benefico novum aevum. Questa elegante rappresentazione dei signa temporis non trova precedenti. Inoltre essa comprende una rappresentazione scorciata dellintero mito; essa corrisponde in realt allordine in cui fecero la loro comparsa le divinit antiche secondo i principali mitografi del Rinascimento, dal Boccaccio (la cui Genealogia degli dei rima-

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ne sino al Cinquecento un manuale fondamentale) alle Imagini del Cartari (1556)99. In questopera tarda, ma basata sulle stesse fonti degli umanisti fiorentini, lordine dellesposizione infatti questo: lEternit nella sua caverna feconda (derivate dal Boccaccio e Claudiano), Saturno il divoratore, Giano che governa le porte del cielo e quelle della guerra e che assistito dalle Quattro Stagioni, infine Apollo con lAurora come messaggera. Dato che in essa si ritrovano anche i Coribanti, citati rapidamente a proposito della Grande madre (e non di Giove), i fratelli Mors e Somnium, descritti di passaggio nel capitolo di Mercurio, il mitografo si trova ad esporre a posteriori (tranne la serie dei mesi) tutta lorganizzazione del fregio; ne ha cio conservato la struttura teogonica. Ed anchegli sappoggia agli stessi testi: Ermete Trismegisto, i pitagorici e Platone hanno affermato che il tempo limmagine dellEternit...; ma egli ricorda anche che Boezio e i platonici cristiani distinguono leternit divina dalla perpetuit cosmica100. Limportanza che i Fasti hanno avuto nella scelta dei vari temi induce ad affermare che Poliziano lumanista autore del fregio. Chi altro avrebbe potuto integrare in questo modo Platone con Ovidio nella ricomposizione del tutto naturalistica e pagana dei grandi miti del Tempo? Il mito antico, secondo un gusto caro allautore delle Selve, completamente latinizzato: i coribanti sono dei guerrieri romani. Giano, dio italico come Saturno, diviene il centro della raffigurazione cosmica: il suo piccolo tempio cade esattamente al centro del fregio e segna cos, con lemblema del mitico re del Lazio, la facciata del Poggio. Leleganza un po preziosa dellesecuzione e le trovate compositive vengono ad addolcire la indubbia ricercatezza del soggetto. Infatti linsieme , nonostante tutto, dominato da un interesse incantevole per le forme della vita rustica col latte e miele nel tema dellinfanzia di Giove, la vite e il grano nel tema delle

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stagioni. Le possibilit della natura fioriscono allombra delle forze che regolano lattivit degli uomini, il che rappresenta unallusione diretta agli allevamenti ed alle colture della villa. Lelogio di Lorenzo agricoltore si trova in questa pastorale in cui viene sviluppata la delicata convinzione del Poliziano:
vivit auctoribus astris, Cura deum, agricola, atque animo praescita recenset (Rusticus, 548-49).

3. Pan Saturnius. Fra le opere pi singolari della fine del Quattrocento senza dubbio il Trionfo di Pan del Signorelli. Lasprezza plastica dello stile duro tocca qui il suo acme; senza dubbio la composizione di figure nude pi audace dellepoca e si sempre creduto di vedervi una meditazione sulla forza segreta delluniverso101. Ma si tratta anche di unopera fondamentale per chiarire i rapporti fra larte e lumanesimo a Firenze: la struttura e lispirazione di questa opera affascinante chiamano infatti direttamente in causa lambiente stesso del Magnifico e le consuetudini di Careggi102. Le informazioni essenziali ci sono fornite dal Vasari che bambino aveva conosciuto il pittore:
Da Siena venuto a Firenze, cos per vedere lopere di quei maestri che allora vivevano, come quelle di molti passati, dipinse a Lorenzo de Medici, in una tela, alcuni Dei ignudi, che gli furono molto comendati; e un quadro di Nostra Donna con due Profeti piccoli di terretta, il quale oggi a Castello, villa del duca Cosimo: e luna e laltra opera don al detto Lorenzo, il quale non volle mai da niuno esser vinto in esser liberale e magnifico103.

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Questa visita di Signorelli a Firenze databile verso il 1490-92104. Lo stile dellopera presenta numerose analogie con i dipinti di questo periodo: la composizione statica, in cui le linee direttrici sono definite dagli sguardi dei personaggi, si ritrova nella Madonna di Perugia (1484) e in quella di Volterra (1491). Il Trionfo di Pan presenta, come stato spesso notato, la struttura di una sacra conversazione nel disporsi delle figure intorno al trono centrale, e la gravita di una tavola sacra105. Il paesaggio, con le sue rocce scure e i suoi elementi architettonici, richiama da vicino la Madonna degli Uffizi (circa 1490), ricordata dal Vasari, in cui un tempio circolare, un arco diruto e dei pastori suggeriscono il mondo pagano. Questo stesso mondo lo ritroviamo nello sfondo di un ritratto di questepoca (Berlino) e la pianura ritorna, anche qui punteggiata di edifici, nella Crocifissione di Urbino (1494). Non c alcuna ragione per mettere in dubbio che il Pan sia stato dipinto per Lorenzo come ci dice il Vasari106: si tratta, notiamo, di un punto capitale. Infatti le abitudini dellambiente fiorentino (e di tutta lepoca) impediscono di pensare che unopera, tanto rilevante come dimensioni e cos inconsueta come tema, sia stata composta senza un preciso motivo. Ora tutta una serie di testi ci dimostra che Pan era una divinit medicea e compariva di continuo in poesie o epistole di circostanza. Lorigine di questa simbologia risiede in un gioco di parole, schiettamente umanistico, sul nome di Cosimo o Cosmus. La parola greca Cosmos permette di identificarlo col mondo e la forza universale che lo anima. Questa dotta lusinga sembra essere stata usata ben presto107; il Ficino ne approfitter in modo brillante in una lettera gentile e celebre del settembre del 1462, in cui ringrazia Cosimo di avergli assicurato con la villa di Careggi un ritiro adatto alla contemplazione108. In que-

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sta lettera egli si mostra colmo di entusiasta riconoscenza; dopo aver ricopiato per il suo protettore hymnum divi Orphei quem ad Cosmum id est mundum ille cecinit, vede una sorta di presagio nello studio che ne aveva appena fatto e aggiunge: Ille si quidem ad te retulisse videtur hymnum quem Cosmo sacravit, pro me rogasse quae in orationis calce rogavit. Tu autem celesti quodam afflatu, instictu exaudisse videris eo ipso tempore quo a nobis relatus est hymnus, atque eadem quae votum obsecrat, tradidisse... Lanalogia dei nomi cela un incontro meraviglioso, che conferisce una nota provvidenziale allinstallazione dellAcademia; per concludere il Ficino prometteva di celebrare insieme lanniversario di Cosimo e quello di Platone. Questi legami tra la Academiola di Careggi e il suo fondatore furono il grande motivo della festa di san Cosma, che venne ad essere posta sotto il doppio segno di Pan (= Cosmos) e di Saturno (= la contemplazione bucolica). Nella festa dei santi Cosma e Damiano (27 settembre), regolarmente celebrata a Firenze e Careggi, si dava meno importanza al santo medico patrono della citt, che non alla divinit del cosmos implicita nel suo nome e che permetteva, grazie ad una utilizzazione divertente e interessata, di celebrare insieme il patrono di Firenze, il dio Pan e il capo della casa dei Medici, come se questultimo fosse lattuale rappresentante sia del primo che del secondo109. Chi viveva la vita della natura (i contadini e gli abitanti della campagna) erano naturalmente protetti da Pan (Cosmos) e da Cosimo. In un frammento di dialogo del Ficino un contadino che chiede di essere ammesso a un banchetto commemorativo in onore di Cosimo dichiara Cosmianus quidam sum...110. Una lunga epistola del 1480 spiega a Lorenzo le ragioni per le quali stata organizzata nella piccola accademia di Febo, cio nella villa dellAccademia un banchetto per i con-

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tadini di Careggi il giorno della festa di san Cosma. I contadini sono creature di Saturno. La festa era dunque in onore di Pan il Saturnino, le cui virt, che sono le gioie della vita rustica, la felicit dei campi, il Ficino oppone a Febo che regna nelle citt:
Andandomene io questa mattina in sul levar del Sole sopra la sommit di Monte Vecchio, il quale Cosimo al suo Marsilio gi diede, e contemplando io de la selva di quel monte il pallazzo di Carreggio, subbito mi venne ne la mente essere il giorno de la festa di S. Cosimo e Damiano, il quale dal gran Cosimo e da suoi figlioli ogni anno celebrato. Allhora non potei fare chio non mi dolessi, non vedendo io cittadino alcuno venuto a quella festa, come soleva essere usanza. Allhora subbito quel divino Cosimo, al quale Giove un Imperio, senza fine ha dato, da una altissima querce, con tale divine parole parlandomi mi consolo: Marsilio mio, questa mia festa hoggi il pietoso Lorenzo ne la citt rinnova. E tu qui in villa se obbedir mi vorrai in quella selva la celebrerai. N ti vergognare questi miei vecchi e Saturnini agricoltori sotto la cima di questo monte, ne la Accademia a Febo sacrata a convito invitare. Conciosia che hoggi come lAstronomia vi insegna, Saturno e Febo in Cielo si congiungono. La mia volont Marsilio questa; che s come hoggi in Cielo si fa, cos in terra si facci, accioche e quivi e quaggi le cose di Apollo con quelle di Saturno si congiungano. O felicissimo humano genere, se la roza sistola del Saturnino, Pane con la civil cetera di Febo saccordasse, e se sempre gloffitii di ambedue questi Iddii appresso di noi congiunti fussero. Queste come vedi hoggi in Cielo si mescolano, tu anchora appresso gli huomini sempre in terra le mescolerai. Sta sano. Vere queste cose, chio dico, Magnanimo Lorenzo sono. E cos prima meco stesso mi rattristava come ho detto, e cos mi parve che Cosimo mi ammonisse e consolasse. E cos finalmente un Apollineo convito, cio filoso-

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fico, a li Saturnini huomini, cio a li vecchi agricoltori nostri apparecchiai, il quale senza la lira et altre solennit non fu. La festa di San Cosimo, come il tempo, il luogo e la facult comportava volentieri e felicemente celebrammo. Perch ho io detto queste cose? Acci che noi da le parole di Cosimo ammoniti, se felicemente viver vogliamo, laltre cose o tralasciate o abbandonate, conosciamo che Febo insieme a Saturno honorar doveamo. Cio che ogni giorno doviamo cose rustiche a le Muse dedicare. E che anchora le Muse da le civili faccende, a li colli di Cerere e di Bacco spesso trasportar si possono. State sane felicemente111.

Lidea era cara al Ficino e, allavvento del Magnifico, gli aveva scritto: Si come Iddio haveva formato Cosimo secondo lIdea del mondo, cos voi formate voi stesso secondo lidea di Cosimo, come havete cominciato112. Ma gi nelle bucoliche di Naldo Naldi, una serie di composizioni a chiave in cui si ritrova, travestita, tutta la societ medicea, una egloga era consacrata alla morte di Silvanus o Pan, signore di Firenze, depositario della ars medica (in senso fisico e morale), che appena scomparso e salito al cielo: allusione a Piero, morto nel 1468113. Il soprannome simbolico passava cos ai discendenti. In una lettera del Ficino si vede molto chiaramente come la festa di san Cosma (= Pan) sia stata trasmessa dal nonno al nipote e si trovi associata al ciclo Saturnino: Redeunt hodie, unice patrone, sacra illa divi Cosmi solemnia, quae integrum jam Saturni cursum, primo quidem sub magno Cosmo, deinde apud pium Petrum, demum penes magnanimum Laurentium, quotannis colere consuevimus114. La lunga epistola del 1480 acquista cos il suo pieno valore. Giocando sul ricordo di Cosimo, che possedeva il dono gioviano dei reggitori duomini (donde loracolo dalla quercia), ricorda a Lorenzo che il Pan medi-

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ceo, dio della vita bucolica, un Pan Saturnino. Loracolo reso dallombra di Cosimo ha il valore di un invito a non dimenticare lotium campestre propizio alla meditazione. Il simbolo si amplia e viene ora a indicare un intreccio molto vasto didee filosofiche e poetiche, che permette di rimproverare con discrezione a Lorenzo di non essere fedele alla vocazione rustica e contemplativa della sua stirpe. Il Pan Saturnino porta a Careggi. Nelle sue poesie giovanili daltronde il nipote di Cosimo aveva riservato un certo spazio al mito di Pan. LAltercatio che per lappunto colloca in un ambiente bucolico una meditazione, derivata direttamente da una epistola del Ficino, sui gradi della felicit, si apre con una invocazione al dio:
Pan, quale ogni pastore onora e venera, il cui nome in Arcadia si celbra che impera a quel che si corrompe o genera...115.

Nellegloga incompiuta di Apollo e Pan la doppia ispirazione che abbiamo gi visto nellepistola del Ficino viene sviluppata in forma di certamen poeticum nella valle di Tempe. Il canto di Pan una lagnanza contro lamore, forza spietata che ha provocato la morte di Dafni, il pastore siciliano cresciuto da Pan, e che ora tormenta la ninfa Siringa... Il tema dellamore viene cos a completare la figura del Pan Saturnino dei Medici, aggiungendovi la tristezza, la nota di disperazione e malinconia sentimentale propria allamore delle creature umane, che costituisce lispirazione fondamentale della poesia di Lorenzo116. Di questo terr conto il quadro del Signorelli. Il Signore di Firenze ebbe per tutta la vita la nostalgia delle dimore bucoliche, propizie al sogno e favorevoli alla saggezza contemplativa. Dal poema dellAmbra alle Selve, alle egloghe, il motivo pastorale, le forze vive della natura e il paesaggio tosca-

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no non avevano cessato dispirare la poesia di Lorenzo, che il Ficino nel 1491 descriveva come il poeta puro, in preda allebrezza dionisiaca sulle colline dellArno. Due mesi prima della morte egli pensava (e, pare, seriamente) a ritirarvisi117. questo certamente solo un aspetto della personalit di Lorenzo, ma quello che forse lo lusingava di pi che, al prestigio della politica e della grandezza, veniva ad aggiungere il tormento di una vita pura, di una vocazione personale che non riesce a realizzarsi118. In questo contesto deve essere visto il grande quadro del Signorelli ed possibile cogliervi la rappresentazione pi completa dei legami tra i Medici e lAccademia ficiniana119. Abbiamo insomma qui il corrispettivo del benefico regno di Venere, rappresentata qualche anno prima, nella Primavera del Botticelli, come la divinit tutelare di Lorenzo di Pierfrancesco, cugino del Magnifico. E sia nelluno che nellaltro abbiamo la celebrazione di una potenza accuratamente definita nei commenti degli umanisti in rapporto a una personalit particolare120. Lorigine del quadro del tutto letteraria; ma vi si possono scoprire rapporti con alcune immagini antiche del dio. In pi dun dipinto pompeiano egli appare come un giovane, barbuto o imberbe, a volte in aspetto di musico, a volte di dio-pastore. Nella composizione del Signorelli troviamo unite le due forme. Daltra parte un curioso marmo raffigura il torso duna divinit alata tutta segnata, e per cos dire tatuata, con le figure degli dei per mettere in evidenza la potenza universale di Pan reisma pntwn121. Abbiamo infine una pietra incisa (gi collezione Stosch) nella quale un fauno nettamente disegnato suona il flauto vicino a un altare circondato tutto intorno da una corona celeste costituita dai segni dello zodiaco. Un secondo esemplare noto da una descrizione. Ma non

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manca chi pensa che si tratti di contaminazioni rinascimentali. Se cos fosse questa piccola composizione, verosimilmente proveniente dallItalia settentrionale, costituirebbe una sorta di parallelo della tavola signorelliana. Tutte queste rappresentazioni sispirano a unidea di Pan formatasi non sulla base del folclore greco o delle bucoliche (dove Pan un demone turbolento ed irsuto), ma sulla base dellinterpretazione che ne dnno linno omerico e linno orfico, due testi familiari ai grecisti fiorentini del Quattrocento. Comunque questidea poetica e mistica di Pan (gi attestata da Servio nel ii secolo) che guida il quadro del Signorelli. Non quindi necessario cercare se lautore abbia seguito in particolare la descrizione di Servio (Comm. ad Buc., II, 31), o quella di Petrarca (Africa, III, 194 sgg.), o infine quella del Boccaccio (Genealogia deorum gentilium, I) che era la pi seguita122. Il dio dal piede di capra ha le due corna a luna, la faccia rossastra, i capelli sparsi, la nebride costellata, come ricordano il Boccaccio e Servio, essendo fatto a somiglianza della natura, cio comprendendo in s il principio di tutti gli elementi. Impugna il flauto a sette canne che corrisponde allarmonia del cielo e la verga ricurva simbolo dellanno che ritorna senza fine su se stesso e, quindi, dei cicli delluniverso fisico. E lo stile severo del Signorelli ha realizzato qui una delle immagini pi forti di tutto il Rinascimento. Ma anche la composizione non trova precedenti nelle fonti mitografiche: essa stessa costituisce invece il commento originale o, pi esattamente, un adattamento coerente del soggetto. Insieme col dio stanno dei contadini, dei pastori con la bisaccia ed il bastone; sono nudi come devono esserlo gli abitanti della campagna ideale di Tempe ed i seguaci degli dei antichi; i corpi, alternatamente bianchi e color rame, richiamano le figure del mondo ante legem che ricorrono nei quadri sacri del Signorelli e nel tondo Doni di Michelangelo (1503-

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504)123. La ninfa in piedi a sinistra (il suo corpo di una struttura massiccia che esattamente lopposto delle forme flessibili del Botticelli)124 introduce molto verosimilmente il motivo di Siringa che fu inseguita da Pan e trasformata in canna. Fu allora, secondo il mito, che il dio, per consolarsi, invent il flauto. La composizione raccoglie dunque intorno a Pan il ciclo dei desideri che si fuggono luno laltro; i rapporti tra i personaggi, definiti dai loro sguardi, ruotano intorno alla ninfa. Pan tiene gli occhi sulla figura femminile indifferente e non fa attenzione n al giovane pastore che suona per lui la cornamusa n al vecchio in piedi che, con la mano alzata, lammonisce. Latteggiamento degli altri personaggi viene a completare questa trama di attrazioni e repulsioni: il vecchio pastore di profilo a destra, e il giovane pastore coronato di pampini bizzarramente coricato a terra, che equilibrano la composizione, sembrano entrambi fissare Siringa e sorvegliare il suo atteggiamento. Ad aggiungere una nota significativa alla scena la ninfa seduta sul bordo sinistro nel classico atteggiamento della malinconia; essa offre in certo modo la chiave psicologica della composizione, nella quale, intorno al dio sognante, sesprime quella catena di desideri e illusioni di cui le poesie del Magnifico di continuo analizzano il principio e gli effetti. Pan il dio saturnino della natura, del desiderio e dei loro cicli senza fine125. Il giovane suonatore di flauto e il saggio in piedi sul basamento del trono rappresentano le due forze spirituali che contribuiscono a definire questo universo: la musica e la filosofia. Esse fanno parte della pastorale completa e limportanza attribuita a questi compagni del dio amplia la composizione fino a farle assumere le dimensioni di una Arcadia degna di essere visitata. Se Pan rappresenta la divinit tutelare di Lorenzo (e in certo senso Lorenzo stesso) il vecchio e il pastore devono rappresentare la tentazione dellotium rustico, cio

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laspirazione alle gioie superiori della vita solitaria che Lorenzo cos spesso ammetteva in questi anni 1490-92, nei quali il quadro stato dipinto, e di cui in giovent diceva che la loro seduzione era come il suono del flauto del vecchio montanaro Marsilo. Il Signorelli ha dunque compendiato tutto ci che Lorenzo spesso aveva messo in rapporto al dio mediceo. La tristezza sorda della scena, la sua atmosfera malinconica accentuata dai toni rossastri di crepuscolo, le lunghe ombre portate che sottolineano limmobilit dei personaggi, vengono ad aggiungere un accento intenso a questa evocazione letteraria. La poesia di questo capolavoro va al di l di Lorenzo e per la prima volta esprime il fondo sentimentale di quella vocazione pastorale umanistica che fiorir nellArcadia del Sannazzaro126. La simmetria della composizione e la rigidit quasi liturgica dellinsieme accentuano il suo valore di simbolo e la tavola dimostra i contatti del Signorelli con lambiente fiorentino non meno del suo desiderio di lusingare Lorenzo. Questi forniva il fondo che permetteva di render concreto il mito. Per averne in qualche modo una controprova, basta riflettere che il tema, trattato dallo stesso artista, ha mutato significato in circostanze diverse. Nel 151314 il Signorelli fu chiamato a decorare il palazzo di Pandolfo Petrucci a Siena. In una serie di otto tavole compose una Festa di Pan che fu celebrata da una descrizione di Guglielmo della Valle e di cui un disegno, probabilmente copia cinquecentesca (British Museum), ci conserva il ricordo. La figura del dio appare qui pi conforme alle notizie dei mitografi: irsuto e barbuto; a sinistra si levano le tre Parche in quanto Pan, secondo i miti, nato da Demogorgone e dal Caos, con le tre Parche. Il tumulto dei rustici musicanti che si agitano intorno a lui non ha pi nulla a che vedere con la serenit malinconica della pastorale medicea127.

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Capitolo secondo La storia

Nel Rinascimento, come nel medioevo, la storia nelle citt italiane assumeva due aspetti diversi: uno universale e uno locale, che non sempre riuscivano a saldarsi con precisione. Le cronache esponevano le leggende delle origini e agli eroi fondatori venivano ad aggiungersi gli uomini famosi del passato recente. Daltra parte levoluzione dellumanit era narrata dalla creazione del mondo, e la successione delle epoche rimaneva quella di cui la cronaca di Eusebio, tradotta da san Girolamo, e il libro di Isidoro di Siviglia, avevano da tempo fissato lo schema. I primi umanisti sentirono la necessit di rinnovare e rendere pi suggestivo il repertorio degli uomini famosi; il De viris illustribus di Petrarca comprende i grandi nomi ex omnibus terris ac saeculis. Ma la prospettiva in cui questi nomi appaiono non quella della durata, ma quella del valore umano e dei suoi gradi. La storia umanistica si presenta anzitutto come una collezione di exempla: cos i Rerum memorandarum libri IV in cui il Petrarca utilizza Valerio Massimo, cos le celebri raccolte del Boccaccio: De casibus illustrium virorum (da Adamo al recente duca dAtene) e De claris mulieribus (da Eva a Giovanna di Napoli), cos la Commedia di Dante e i Trionfi del Petrarca distribuiscono anchessi gli uomini famosi secondo un ordine morale e filosofico che trascende la storia. Ne risulta la tendenza, se non a confondere leroe

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storico col santo, almeno a comporre, di contro al repertorio dei personaggi onorati dalla Chiesa, quello dei personaggi che hanno illustrato la vita profana. E le figure antiche, considerate come nazionali, vengono ad assumere un posto sempre maggiore nella decorazione delle sale del consiglio o degli edifici pubblici, spesso per celebrare le virt cristiane. Lesempio pi significativo sar rappresentato dalla galleria di eroi del Cambio di Perugia, dove Licinio, Leonida, Orazio Coclite appaiono sotto il segno della Fortitudo, Scipione, Pericle, Cincinnato sotto quello della Temperantia ecc. Ma questa fusione si avr solo a conclusione di un processo assai lento. Queste gallerie di uomini famosi, che furono di moda dopo il 1300 presso i principi e i comuni dItalia, sono quasi tutte scomparse; si ha solo il ricordo dei prodi e degli eroi di Giotto nel Castel dellOvo a Napoli (circa 1330), di quelli del palazzo dei Visconti a Milano, del palazzo degli Scaligeri a Verona. Nel 1370 il Guariento aveva coperto i muri del palazzo del Capitano a Padova con la serie dei Dodici Cesari128. Il gusto settentrionale era gi orientato verso le serie romane nelle quali trionfer il Mantegna. Mezzo secolo dopo, verso il 142030, troviamo in Umbria, nel palazzo Baglioni di Perugia e nel palazzo Trinci di Foligno, dei complessi meno esclusivi in cui i prodi vanno insieme con i giuristi ed i saggi, cosa che in parte preannuncia lo spirito del Collegio del Cambio129. La sala della Jole, decorata dal Boccati intorno al 1445-60, a Urbino, sar ornata solamente da figure militari. A Firenze, dove le cronache municipali e le serie di illustrazioni locali si erano sviluppate ad una data assai precoce, la celebrazione degli uomini famosi sembra essere stata limitata alle glorie della citt. Un ciclo di uomini famosi segnalato dal Vasari nel palazzo di Giovanni di Bicci de Medici, ma non se ne sa nulla. Allinizio del secolo il palazzo del Proconsolo diventa una sorta di museo dei grandi nomi della

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citt: accanto a Claudiano, il Salutati, ecc., il Castagno vi dipinger, subito dopo la morte del Bruni, limmagine sua, il Pollaiolo quelle di Poggio e del Manetti130. Intorno al 1450 la poderosa decorazione della villa di Legnaia contrappone a tre dame illustri del Boccaccio i tre poeti maggiori e tre uomini di stato toscani con una fermezza che per lungo tempo dominer in questo genere. I personaggi sono eroici nel tipo, nella statura e nello stile131. Verso il 1445-48 Paolo Uccello aveva introdotto a Padova, nella decorazione di casa Vitaliani, la grande maniera monumentale con le sue figure di uomini celebri che furono soprannominati i Giganti132. Unidea di questa opera perduta si pu avere dai disegni della cronaca di Leonardo da Besozzo che contiene due serie di illustrazioni: una derivata dai modelli della fine del Trecento, laltra di impronta toscana. La coincidenza di questo complesso con il programma ideale definito qualche anno dopo dal Filarete: Tutte let e gli uomini di fama (le sei et del mondo secondo Isidoro di Siviglia), sta a dimostrare che verso la met del secolo ci fu un ritorno ai grandi panorami di storia universale. A Firenze questo genere di rappresentazioni fino allora non si era avuto che nei quadri viventi delle feste popolari e nellarte dei cassoni133. Verso il 1450-60 tutti questi campi diversi vengono a confluire insieme. La curiosit si risveglia, in parte per influenze settentrionali; e la rappresentazione storica diventa un genere di moda. Il documento pi divertente e pi completo la straordinaria Cronaca illustrata di Maso Finiguerra. I personaggi famosi della storia greca e romana vi si alternano con quelli della storia biblica e cristiana in una decorazione sovrabbondante e bizzarra, in vesti complicate immaginate da orefici e disegnatori pieni di spirito. Lo spirito di queste scene non meno notevole dello stile. Si insiste sullinsolito e sul meraviglioso: Prometeo modella un

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homunculus, Saturno un re pastorale dellet delloro; Giuseppe trionfa su un carro di covoni. Vi si vedono anche delle scene eccezionali, Zoroastro fra i libri occulti, Ermete Trismegisto intento ad opere di negromanzia. La storia eroica e quella romanzata assumono in questo contesto un accento nuovo che non si trova fuori Firenze. Limportanza di questa cronaca sta nei legami che la bottega del Finiguerra mostra di aver avuto con i fratelli Pollaiolo e nella parte che essa ha avuto nella formazione di un gran numero di pittori-orefici della fine del Quattrocento134. Ma linteresse che essa dimostra per il meraviglioso nella storia, merita anche di essere avvicinato allorientamento assunto dallumanesimo fiorentino nello stesso periodo: il Pimandro viene pubblicato dal Ficino in traduzione italiana nel 1463 e una ondata di ermetismo magico si diffonde allora nellambiente intellettuale. Ricongiungendosi allimmaginazione popolare esso sembra aver contribuito a conferire un certo colore alle rappresentazioni storiche.

1. La storia profetica. Per san Giovanni, festa del patrono di Firenze, cera la tradizione di compendiare in quadri viventi la storia del mondo. Se ne presentavano spesso anche il giorno dellAnnunciazione che era il primo giorno dellanno. Per consuetudine comune a tutto lOccidente in questi cortei si inserivano scene antiche appropriate nella serie dei carri consacrati alla Storia Sacra. Nel giugno del 1464, quattordici carri presentavano, dopo il Padre Eterno, la Caduta, Mos, un gruppo composto da Profeti, Sibille e da Ermete Trismegisto, annunciante il Messia; dopo lAnnunciazione, venivano Augusto e la Sibilla; la Nativit era presentata nel tempio romano della Pace. I particolari di queste figurazioni e lo stile dei fon-

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dali non sono meglio conosciuti: possibile solo immaginarli sulla base delle composizioni dipinte che osservano le stesse convenzioni, tanto pi che sono dovute per lo pi alle stesse mani135. nel Quattrocento che, anzich figure isolate, compare lintero consesso delle sibille136. Le dieci figure del tempio Malatestiano a Rimini, quelle della cappella degli antenati, sono accompagnate da due profeti. Agostino di Duccio d loro una fisionomia rugosa, agita le pieghe delle vesti e snoda dei filatteri sui quali figurano le frasi caratteristiche derivate dal trattato delle Istituzioni divine di Lattanzio. difficile dire se questo insieme sia in qualche modo debitore agli esempi romani e in particolare al ciclo dipinto prima del 1438 per il cardinale Orsini, in cui comparivano dodici sibille dotate di unet, di un tipo, di un costume e di parole, insomma di una iconografia, pi precise che a Rimini137. Ma per la prima volta, a quel che sembra, le figure delle sacerdotesse non appaiono in una chiesa in rapporto con lAnnunciazione o la Nativit, ma come espressione di un fatto dottrinale, che si adatta notevolmente al programma umanistico del tempio. Ledizione del 1465 del trattato di Lattanzio pu aver conferito una nuova coerenza al soggetto, soprattutto nei paesi settentrionali138. In Italia non poteva che confermare un interesse diffuso per le sacerdotesse antiche e la prova pi significativa di questo si ha nellintroduzione delle nuove sibille (1482-83), accompagnate da Ermete Trismegisto (1488), nei riquadri figurati del pavimento del Duomo di Siena139. In piedi, panneggiate in vesti sontuose, calzate di sandali, le sacerdotesse spiccano sul fondo unito del pavimento. Uniscrizione fornisce il nome di ognuna; il riferimento dotto: Cumana cuius meminit Virgilius Eclog. IV, Sibylla delphica de qua Chrysipus de divinat. Sibylla lybica cuius meminit Euripides..., deriva da Varrone attraverso Lattan-

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zio. Una seconda iscrizione, messa in una cartella retta, a seconda dei casi, dai putti, dalle sfingi, da un treppiede, o da serpenti, enuncia la profezia per cui ognuna entrata nella storia. A volte addirittura, come i santi annunciatori, le sibille tengono aperto il libro che rivela la concordanza generale tra la fede pagana e quella cristiana. Questo sfoggio derudizione meno nuovo di quanto non sia la stessa presentazione: nel 1488, conforme al programma dei cortei della festa di san Giovanni, ma anche conforme allinsegnamento del Ficino, un bellErmete Trismegisto verr a completare la serie140. Alla tradizione popolare si sovrappone cos, dopo il 1460 la resurrezione erudita di questi personaggi che si collocano per lappunto alla congiuntura tra il mondo antico e il mondo cristiano; il piccolo trattato dedicato ad esse da F. Barbieri in appendice alle sue Discordantiae (1481) non un punto di partenza per liconografia, ma un tentativo di orientare le curiosit attraverso il parallelismo dei profeti e delle sibille141. Una teoria generale del principio profetico presso i pagani proprio allora veniva formulata dal Ficino nel suo De christiana religione (1474), e la sua Theologia platonica (XIII, 11) fornir unattenta analisi della psicologia dei Profeti, sibille e indovini. La loro grandezza dovuta a due elementi, il furor divinus che li agita e il sapere occulto che manifestano. Il vaticinium, celebrato gi da Leonardo Bruni e che loggetto di tanti commenti del Ficino, il dono essenziale della Sibilla e del profeta, ma rientra nella gamma dei furores sacri e apparenta le sibille ai poeti e ai veggenti superiori142. Viene cos a formarsi unidea generica della sibilla, che pu spiegare perch, al momento in cui limmagine sempre pi diffusa, il numero preciso di queste annunciatrici sembra aver poca importanza e i loro attributi variano senza che diano luogo a inconvenienti. Lidea viene apertamente sforzata: non si tratta pi di una serie curiosa di coinciden-

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ze storiche, ma della concordanza di due religioni: il Ficino, nel suo capitolo Authoritas Sibyllarum richiama lesistenza degli Oracula sibyllina nel sacrarium di Roma e luso che ne ha fatto Virgilio, e conclude lesame della loro testimonianza con la parola di Ermete che afferma la validit della sua dottrina fino allapparizione di un saggio pi prossimo al divino, sacratior aliquis. Questa decisa rivalutazione non era ammessa dovunque e si trovano spesso apprezzamenti pi cauti da parte di teologi, che insistono sullignoranza pagana di queste sacerdotesse e non riconoscono loro il vantaggio costante di un sapere superiore, ma solo degli annunci strappati grazie allintervento divino143. La voga delle sibille palese soprattutto in Toscana; le stampe di Baccio Baldini, i medaglioni di Attavante nel Breviario di Mattia Corvino (1487) ne sono modeste testimonianze144. Ci sono per anche sviluppi originali, sia per quanto riguarda il ruolo messianico riservato alla Tiburtina, sia per quanto riguarda la figura apocalittica incarnata dalla Sibilla Eritrea annunciatrice del Giudizio finale145. La scena di Augusto e della Sibilla Tiburtina, che era sempre stata popolare e doveva restarlo a lungo, era associata alla Nativit nelle rovine del tempio della Pace. Il motivo del tempio-capanna, che diviene generale nellarte italiana verso la met del secolo, era proprio del repertorio fiorentino: lo si trova nella Cronaca del 1460, in una sacra rappresentazione del 1465 ecc146. Avr particolare evidenza nella tavola daltare della cappella Sassetti, la quale nel suo insieme dedicata alla festa del Natale, con la scena di Augusto e la Sibilla sulla facciata dingresso e quattro delle profetesse pagane agli angoli della volta147. Nella pala daltare il Bambino riposa presso un sarcofago antico davanti ad un tetto di canne sostenuto da due colonne scanalate: queste rappresentano ledificio imperiale del Templum Pacis che, secondo la pia leggenda, si sareb-

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be aperto alla nascita di Ges. Allusione che si trova in tutte le Nativit fiorentine ed italiane del Quattrocento in cui figura un portico o una rovina. Ma in questo caso le due colonne sono anche due pilastri di Santa Maria Novella a Firenze, che secondo la credenza dei pellegrini di Roma, attestata dalle note di Giovanni Rucellai nel 1460, erano in passato appartenuti al tempio romano148. I riferimenti eruditi si sono moltiplicati: il corteo dei Magi passa a sinistra sotto un arco di trionfo. Avendo trovato in Giuseppe Flavio la notizia secondo cui Pompeo avrebbe rispettato il tempio di Gerusalemme, un amico dei Sassetti, il Fonzio, ebbe lidea delliscrizione del gran sacerdote Hircanus e di quella dellaugure Fulvius, che furono poste rispettivamente sullarco di trionfo e sul sarcofago antico: la prima ricorda il rispetto di Roma per Israele, la seconda profetizza la venuta di un nuovo dio. Un episodio della storia di Pompeo serve anche a legare tra di loro le tre grandi religioni del mondo in uno scenario pittoresco, nel quale la storia antica, grazie anche allepigrafia, diventa tutta quanta una sorta di oracolo sibillino149. Nella cappella di Orvieto la sibilla, affiancata da un impetuoso profeta, sembra dare inizio allo spettacolo della fine del mondo: il tema del Dies irae: teste David cum Sibylla. La sua declamazione per cos dire accompagnata, nel registro inferiore, dal violento movimento del poeta-filosofo che sembra uscire dal suo medaglione: Empedocle che scopre la catastrofe finale annunciata dalla sua dottrina. Alla stessa data il Perugino introduceva nella sala del Cambio sei sibille accanto a sei profeti di fronte agli eroi ed ai saggi: la qualit delle figure femminili tale che si voluto attribuirle a Raffaello. Ma se questo gruppo rappresenta uno dei momenti felici del Perugino, per impreciso e senza mistero. Nei programmi umbri le sacerdotesse antiche occupano semplicemente il posto loro accordato dalla nuova fase

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delliconografia cristiana150. Questo invece non avverr nella cappella Sistina, dove Michelangelo ha chiaramente cercato di penetrare i valori spirituali a loro attribuiti. Lartista ha mantenuto solo le prime cinque figure dellelenco di Lattanzio, le quali si alternano con i profeti di cui sono la versione femminile. Esse sono rappresentate come depositarie della visione teologica e probabilmente sono state disposte in relazione con le storie della genesi figurate nella volta. Rappresentano le diverse fasi del tormento dello spirito, nel suo passare dalla ricerca alla scoperta, dalla passivit allazione, in un complesso che non pi storico ma dottrinario. Le vesti e i mantelli hanno uno stile pi largo e semplice; la Delfica porta un vero e proprio chitone151. Raffaello non poteva a sua volta ignorare questa nobilitazione della sibilla: nel 1514, sulla fronte della cappella di Santa Maria della Pace costruita per Agostino Chigi rappresent un gruppo di sibille e un gruppo di profeti, che dispose su due ordini sovrapposti. La Cumana, la Persica, la Frigia, la Tiburtina sono indicate da cartelle o filatteri con scritte in greco, tranne quello della Frigia (iam nova progenies). possibile dubitare dellautografia di queste figure, ma i disegni ci dimostrano le varie fasi delle sue riflessioni sul soggetto. La risposta alla Sistina michelangiolesca si vede negli atteggiamenti, nei drappeggi, nel moltiplicarsi degli angeli e dei putti. Solo c pi dolcezza negli sguardi: il regno della visione rientra qui in quello dellamore. Raffaello ha dichiarato il suo sentimento mettendo in mano al genietto che sta sulla chiave di volta, fratello di quello della Segnatura, una torcia accesa. lemblema sia del furor amatorius che del vaticinium: in un primo abbozzo, noto da un disegno (Stoccolma), il genietto sollevava due piccoli vassoi infuocati152.

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2. La storia sacerdotale. Ladorazione dei Magi. Un numero grande, addirittura eccezionale, di quadri dellEpifania stato ordinato dai Medici o eseguito in loro onore. La storia della pittura fiorentina nella seconda met del Quattrocento per cos dire contrappuntata da una serie di celebri Adorazioni dei Magi, nelle quali la tradizione ha indicato, a torto o a ragione, dei ritratti medicei: laffresco di Benozzo Gozzoli, dipinto nella cappella di palazzo Medici nel 1459, la tavola commessa nel 1475 a Botticelli da Gasparre di Zanobi del Lama, la composizione non finita di Leonardo del 1481-82, lopera tarda e non finita di Botticelli certamente posteriore al 1492, il gruppo eseguito da Filippino Lippi nel 1496 per i monaci di San Donato a Scopeto, senza dimenticare il tondo del Ghirlandaio (1487) e la sua tavola dellospedale degli Innocenti a Firenze. Questo soggetto trattato tanto volentieri in tutto lOccidente conosce un notevole favore a Firenze dove gli artisti sembrano attratti volta volta dal problema della composizione nello spazio o da quello dei tipi e dei ritratti153. La decorazione della cappella Medici mostra chiaramente come, gi allepoca di Cosimo, il soggetto sollecitasse una trattazione simbolica e lintroduzione di elementi dattualit. Il paesaggio-giardino, la caccia al gattopardo, il corteo in cui abbondano i ritratti, vengono a ambientare la scena in Toscana. I tre Magi rappresentano le tre et della vita sotto forma di tre personaggi celebri: il pi vecchio il patriarca di Costantinopoli, Giuseppe, morto a Firenze dopo il celebre concilio del 1439; il re malinconico limperatore Giovanni VII che, in questa occasione, aveva ottenuto un trattato contro gli Ottomani. Ai Magi greci che avevano stupito i fiorentini ventanni prima, il pittore aggiunge un Mago fiorentino nel costume in cui si era distinto in

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occasione della festa orientale data in piazza della Signoria nel 1459: Lorenzo, che porta lo stesso turbante decorato di quarti disposti alla turca che si vede in capo anche al Paleologo154. Lunit pi marcata e le allusioni contemporanee pi sottili nelle tavole del Botticelli. La Nativit con i Magi fu uno dei suoi temi preferiti155: egli seppe immediatamente evitare, attraverso una rigorosa costruzione prospettica, la dispersione narrativa del Gozzoli. Nel tondo di Londra si trovano ancora i cavalieri, gli araldi e perfino, a destra, la scena di caccia, insomma tutti quegli elementi che rientrano in quello che potremmo dire il pittoresco del tema. Ma le due file di spettatori sono disposte simmetricamente intorno alla Vergine che occupa il centro esatto. Una certa ingenuit nel raggruppare le figure non fa che rendere pi sensibile lo sforzo del pittore per tenere in pugno il quadro. La festa profana tende a trasformarsi in una riunione appassionata: un ebreo che si vede di faccia, in basso a sinistra, appoggiato su un blocco, rimane pensoso, mentre al suo fianco due personaggi indicano con perplessit i fenomeni celesti: questo un elemento antico delle Nativit, ma contribuisce alla seriet della tavola. La celebre pala daltare degli Uffizi una delle opere pi solidamente disegnate del pittore. Egli concentra ancora di pi leffetto e non fa che sviluppare la parte centrale del tondo. Il quadro, pi equilibrato, interamente svolto secondo la prospettiva ascendente, mostra i personaggi presi da un interesse comune: solo tre sono distratti (tra questi verosimilmente il pittore e il donatore a destra) e guardano verso lo spettatore; tutti gli altri sono attenti al mistero centrale. In base a indicazioni del Vasari, sono stati identificati i Magi: Cosimo (morto nel 1464) sarebbe Melchiorre, Piero il Gottoso (morto nel 1463) Baldassarre inginocchiato al centro, Giovanni (morto a 32 anni nel 1463) sarebbe

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Gasparre a destra. I due eredi della casa Medici, Lorenzo e Giuliano, fanno parte del seguito in cui si vede anche il committente del quadro, Gasparre di Zanobi del Lama, che laveva commissionato per il suo altare di Santa Maria Novella156. La presenza di tutta la famiglia medicea, morti e vivi, non mai stata chiaramente spiegata: senza dubbio, come fa Fouquet che pone Carlo VII ai piedi della Vergine e del Bambino, i pittori delloccidente cercavano abitualmente il tipo di re orientali nei principi del loro tempo e il Gozzoli gi ne aveva dato lesempio. Ma nellopera del Botticelli notiamo uninsistenza tanto pi notevole in quanto la composizione non pi una sfilata pittoresca e gioiosa; si ha piuttosto limpressione di assistere ad una cerimonia religiosa, a un atto liturgico. A partire dal 1480 le Nativit fiorentine assumono un doppio carattere: di pittoresco antichizzante (che si sostituisce al pittoresco orientale) nel Ghirlandaio, di concentrazione drammatica in Leonardo. Il Ghirlandaio mantiene le formule botticelliane, ma vi introduce uninsistenza tutta fiamminga per gli orizzonti, gli sviluppi e le tonalit del paesaggio (nel 1477 il trittico di Hugo van der Goes era giunto allospedale di Santa Maria Nuova). Nel quadro destinato ai Sassetti a Santa Trinita egli insiste sullo sfondo di rovine: un grande tempio avvolge la capanna, un sarcofago serve da culla, capitelli e frammenti di colonne sono disseminati a terra. La cavalcata dei Magi diventa un episodio storico. E si visto come, per accentuare questa impressione di un punto dincontro delle diverse ere, il pittore collochi una iscrizione profetica sul marmo antico e faccia passare il corteo dei Magi sotto larco trionfale di Pompeo157. Gi nel 1481-82 Leonardo aveva indicato una via diversa con la grande tavola che era un po il manifesto di un nuovo stile e che rimase incompleta in casa dei suoi amici Benci158. Effetti profondi di luce ed ombra rita-

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gliano tre zone nel triangolo centrale; i Magi e il loro seguito si affollano intorno alla Madre e al Bambino disposti su una sorta di poggetto ai piedi di un lauro. Il re che appare di fronte dietro la Vergine sembra tremare di fervore, il secondo umilmente prosternato innalza il suo dono verso il Bambino, mentre non si indovina chiaramente lespressione del terzo a met girato in primo piano e disegnato in chiaro; ma davanti a lui un vecchio sinchina fino al suolo. Una sorta di sacro nervosismo circonda il placido gruppo divino; il Bimbo accoglie con gravit lofferta degli adoratori nei quali non c pi nulla che serva a farli riconoscere come re. Anzich una cerimonia di corte, o un momento storico, il pittore ha voluto evocare le forme pi intense dellesaltazione religiosa. I Magi appaiono come testimoni della scienza che subiscono lurto del mistero divino: lottano, discutono, si inchinano, un personaggio a destra come abbagliato. Il tema della Nativit finora era stato legato allannuncio degli angeli: Oggi, nella citt di David, nato un Salvatore (Luca, 2, 11); Leonardo invece ci mostra una folla sorpresa e sconvolta. Intorno al gruppo centrale appaiono gli angeli sotto forma di creature sorridenti e meravigliose. Anzich celebrare animatamente un avvenimento gioioso sembrano circolare gravemente intorno a un avvenimento misterioso. Sono incoronati, ma non sembrano suonare. In terzo piano il corteo d luogo ad una agitazione estrema: suggerisce lignoranza e la confusione di coloro che non sono ancora iniziati. Due figure a contrasto, un filosofo in meditazione a sinistra e un giovane cavaliere a destra, servono ad equilibrare questo insieme drammatico, come nel quadro del Botticelli. Era certamente questa la Nativit di gran lunga pi ambiziosa e pi complessa che mai fosse stata concepita. Interrotta alla partenza di Leonardo, lopera ebbe grande risonanza; i monaci di San Donato a Scopeto, ai quali era destinata, commis-

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sionarono per sostituirla un nuovo quadro a un altro pittore allora in voga, Filippino Lippi, che non lesegu se non nel 1496159. Egli introdusse nellopera, dice il Vasari, i tratti di molti personaggi di casa Medici e inoltre, aggiunge, sono in questopera Mori, Indiani, abiti stranamente acconci, ed una capanna bizzarrissima160. Il quadro ha qualcosa di Botticelli e molto di Leonardo, ma lunit spirituale della scena compromessa da una sfilata di figure esotiche e barbare e dallinsistere oltre il lecito sui cortei. Il romano in toga in piedi nellangolo destro riprende latteggiamento del personaggio corrispondente di Leonardo; ha la fisionomia di uno degli assistenti nella Resurrezione del figlio del re alla cappella del Carmine ed nientaltri che Piero del Pugliese. Allestremit sinistra, anzich il filosofo in meditazione, abbiamo un vecchio in abiti sontuosi che si inginocchia con un astrolabio in mano. Si riconosciuto nella figura il nipote di Cosimo, Pierfrancesco, il Vecchio, morto nel 1476; egli aveva due figli, Lorenzo il Popolano e Giovanni il Popolano, che molto verosimilmente figurano anchessi nel quadro, forse sotto laspetto dei due giovani Magi, nonostante il tipo convenzionale delle due figure. Filippino sembra dunque aver concepito in onore del ramo cadetto dei Medici un quadro di famiglia sotto le spoglie dei Magi e del loro seguito, come aveva fatto il Botticelli per il ramo maggiore della famiglia ventanni prima. Avviene come se nel 1496 i cugini di Lorenzo avessero voluto sostituirsi idealmente alla famiglia di Cosimo e di Lorenzo che proprio allora era stata dispersa dalla rivoluzione del Savonarola161. Ma Botticelli a sua volta veniva trasformando la scena dellEpifania. Leonardo laveva concepita come un avvenimento psicologico, Botticelli la vede alla fine come una scena patetica e straziante. LAdorazione ritrovata nel 1890, anche questa non finita e purtroppo in parte ridipinta nel Seicento, soprattutto nei fondi, e

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una delle composizioni pi visionarie della fine del Quattrocento. La si considerata un tentativo non riuscito di imitare Leonardo e addirittura superarlo nella rappresentazione del movimento162. infatti di una animazione non comune; i gruppi, i visi rivelano una devozione estatica o una sorpresa inquieta; gli uni sembrano vicini alle lacrime, gli altri allabbattimento, solo a destra alcuni violenti ignorano il miracolo per combattere fra di loro. La scena non pi unificata dalla prospettiva, ma dai movimenti e dai gesti della folla: le braccia tese degli spettatori che indicano il Bambino segnano gli assi della composizione; il richiamo allosservatore e cos diretto che si sono cercati dei ritratti e, non senza ragione, si creduto riconoscere qui il Savonarola, Lorenzo, Leonardo163. Meno di quarantanni dopo la cavalcata cortese del Gozzoli, lEpifania viene immaginata in una forma straordinariamente tormentata. chiaro che il soggetto aveva un valore particolare per la sensibilit dei fiorentini. Che i Medici occupino il posto donore nelle Epifanie non affatto sorprendente, dato che per tutto il Quattrocento la loro famiglia ha tenuto stretti contatti con la Confraternita dei Re Magi, uno dei sodalizi devoti pi importanti di Firenze164. un fatto su cui si deve richiamare lattenzione. Della confraternita si hanno le prime notizie nel 1428; gi nel 1446 organizzava una festa i cui apparati furono affidati a Michelozzo; del comitato direttivo faceva parte anche Cosimo165. Questa confraternita si riuniva nella sacrestia del convento di San Marco che sempre fu favorito da Cosimo. Una cronaca antica ci dice che a pianterreno, sotto il Noviziato, avevano sede tre Compagnie, alle quali si entrava dalla parte della via. Il lato di ponente era diviso fra la Compagnia dei Tessitori di seta e la Compagnia dei Magi. Questa Confraternita possedeva una tavola di Benozzo Gozzoli, rappresentante la Vergine seduta in

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trono col Bambino seduto sulle ginocchia, circondata da angeli e attorniata dai santi Giovanni Battista, Zanobi e Francesco a sinistra166. Lorenzo, dopo il padre e il nonno, fu presidente di questa confraternita167, e furono i Fratelli dei Magi che accompagnarono solennemente il corpo del Magnifico nel 1492dalla cappella di San Marco alla sacrestia di San Lorenzo168. Nel dicembre del 1494, al momento della fuga di Piero, il locale della confraternita, probabilmente sciolta, fu restituito ai frati di San Marco. I quadri dellEpifania dunque interessavano direttamente i Medici: la cella del convento di San Marco riservata a Cosimo era quella in cui lAngelico aveva dipinto lAdorazione dei Magi, contro uno sfondo roccioso e, nella parte destra, una serie di astrologi e di orientali con treccia e scimitarra169. Un tondo dello stesso artista e dello stesso soggetto decorava la camera terrena di Lorenzo in palazzo Medici170. Nulla di pi naturale quindi che si rappresentasse questa famiglia cos legata alla devozione per i Magi nel gruppo stesso degli adoratori del Bambino: era in questa veste evangelica che conveniva immortalarli. La confraternita daltronde si occupava attivamente dei cortei nei quali comparivano i re orientali: ne abbiamo la prova per il 1446. lecito supporre che essa abbia avuto anche la direzione delle feste date sotto Piero nel 1465 per celebrare lEpifania171. La cavalcata del Gozzoli assume cos tutto il suo significato. La confraternita per si dedicava anche a pratiche di devozione: almeno dopo il 1470 era divenuta il punto di convegno degli umanisti devoti e dei membri dellAccademia platonica. Il dotto Landino e messer Donato Acciaiuoli, fra gli altri, vi leggevano i loro discorsi (sermones) ai quali faceva seguito il canto dei cantici172. Donato Acciaiuoli, grande figura dellumanesimo fiorentino, la cui parte era stata decisiva nella

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organizzazione dello Studio nel 1458, nella fondazione della Accademia e che il Landino prese come uno degli interlocutori delle sue Disputationes Camaldulenses, aveva pronunciato nel 1468, davanti alla compagnia, unoratio celebre sullEucarestia, che ci conservata in parecchi manoscritti173. Quanto al Landino era in seno alla Confraternita in qualche modo il portavoce ufficiale dellaccademia; con il Nesi vi tenne delle esposizioni complete dellermetismo platonico174. possibile che anchegli abbia partecipato alle pratiche devote della compagnia e abbia tenuto davanti ai confratelli una di queste orationes prendendo a soggetto la stella dei Magi, alla quale teneva tanto175. LEpifania al centro stesso della sua costruzione storica: i Magi, eredi spirituali di Zoroastro, magorum princeps, ferratissimi in astrologia, sacerdoti dellOriente pagano, sono in essa i personaggi chiave. Il loro incontro col Cristo non solo un segno curioso della venuta del Cristo, ma anche un momento essenziale della storia sacerdotale e della teologia platonica. I Magi non sono dei re, ma dei sacerdoti e dei filosofi, in un certo senso dei platonici. Anzich ridurre la loro venuta a un aneddoto edificante, il Ficino accetta tutte le pericolose implicazioni che sono legate al loro ricordo: Quid igitur expavescis Magi nomen formidolose? Nomen Evangelio gratiosum, quod non maleficum et veneficum, sed sapientem sonat, et sacerdotem176. Egli li considera come maestri superiori di ogni scienza, che hanno previsto perfino lavvenimento in cui il loro sapere fa atto di sottomissione, senza tuttavia negarsi. LEpifania non per lui un quadro esotico, una festa strana, ma un gesto simbolico: simbolizza lo sforzo stesso della Theologia platonica che assume e rende infine sovrannaturali le conoscenze naturali; corrisponde al penultimo grado della scala platonica che a Iddio fatto huomo, cio a Christo, insieme con li Magi guidandomi la stella, mi conduce177. Cos lo spettacolo

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astrologico dellEpifania, familiare al medioevo, dispiegato da Lorenzo Monaco nella sua Epifania del 1416, e ancora presente nellaffresco dellAngelico178, era destinato ad essere superato. Per lumanesimo fiorentino latmosfera dellEpifania deve essere quella della meraviglia e del turbamento interiore. Proprio in questo senso le commissioni degli amici del Ficino venivano orientando il soggetto179. Ma non tutti i dotti erano daccordo su questa interpretazione magica della Adorazione dei Magi; per alcuni vi era un dubbio sul vero significato dellavvenimento. I Magi, che per il Ficino rappresentavano il mirabile edificio del sapere sacerdotale dei caldei, dovevano significare piuttosto, secondo Pico (e secondo il Savonarola che derivava da lui) linsufficienza e la vanit della scienza pagana. Per essi lEpifania non poteva in nessun modo essere una giustificazione della magia e dellesoterismo astrologico180. Se tenendo presenti questi dati riprendiamo levoluzione del tema epifanico a Firenze, appare pi facile comprenderne lo sviluppo: in un certo senso esso riflette le trasformazioni della Confraternita dei Magi fiorentina. La cavalcata principesca del Gozzoli corrisponde ai cortei che essa organizza; il rappresentante dei Medici, protettori di diritto della compagnia, si trova giustamente accanto ai re - sacerdoti orientali, accanto allimperatore e al patriarca. Quando nel 1476 il Botticelli raggruppa tutta la famiglia nella Epifania di Gasparre del Lama va oltre questa interpretazione regale, e riunisce i successivi presidenti della confraternita raccolti nellatteggiamento dei Magi intorno alla Madonna. E ventanni dopo Filippino celebra i loro cugini e rivali nello stesso posto donore. Ma, per una evoluzione che sembra quanto mai caratteristica di Firenze fra il 1465 e il 1485, la Nativit ci presenta un consesso attento, grave, sorpreso. Leonardo, sensibile a tutto ci che pu accrescere lintensit psicologica della pittura, libera

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allora il tema epifanico dallesotismo ingenuo che ne alimenta le versioni popolari, e ne fa una grande scena della storia umana.

3. I saggi e gli eroi. Quando Benedetto da Maiano ebbe costruito la sala dellUdienza in palazzo Vecchio, sul portale marmoreo che introduce alla sala dei Gigli fu messa una statua della Giustizia; sugli stipiti marmorei furono rappresentati Dante e Petrarca (1481). Sul fondo della sala dei Gigli fu posto il motivo decorativo di tre grandi archi trionfali, opera del Ghirlandaio e della sua bottega: al centro san Zanobi tra i santi protettori della citt, Stefano e Lorenzo fiancheggiati dal Marzocco e dal Giglio; a destra e a sinistra su un piedistallo elevato e visti in una prospettiva dal basso in alto che pu richiamare gli effetti del Castagno si trovano riuniti, Bruto, Muzio Scevola e Camillo, Decio Scipione e Cicerone, modelli di virt civiche. uno dei migliori complessi di Domenico che ha dispiegato con sicurezza le sue capacit di decoratore. La frattura con le consuetudini delle generazioni anteriori abbastanza netta: non vi si vedono pi contemporanei e i rappresentanti del sapere sono scomparsi. Siamo lontani dalle figure del palazzo del Proconsolo. vero che ora i contemporanei appaiono fra gli astanti delle storie sacre e che lambiente mediceo si ritrova al completo negli affreschi di Santa Maria Novella in una forma che non eroica ma quotidiana e familiare181. Mancava a Firenze, cosa curiosa, la possibilit di rappresentare i dottori e i saggi antichi e moderni. Non vi troviamo alla fine del Quattrocento alcun equivalente del ciclo dei filosofi (i sette saggi) dipinto intorno al 1477 da Bramante nel palazzo del Podest a Bergamo182, n dei poeti, giuristi e teologi che

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Federico da Montefeltro faceva dipingere, a partire dal 1474-75, a Giusto di Gand e al Berruguete nellordine superiore del suo studiolo di Urbino183. Lascia abbastanza interdetti che lunica opera che si possa avvicinare al gruppo di Democrito e Eraclito descritto dal Ficino come ornamento della sua Accademia sia per lappunto il riquadro di Bramante per casa Panigarola a Milano verso il 1480184. La lacuna tanto pi sorprendente in quanto il neoplatonismo incoraggiava a Firenze, come gi aveva fatto nellantichit, il culto delleroe in un senso molto generale: Cuncti denique homines scrive il Ficino excellentissimos animos, atque optime de humano genere meritos in hac vita, ut divinos honorant, solutos a corporibus adorant, ut Deos quosdam Deo summo charissimos, quos prisci Heroas nominaverunt... Atque hic primus est modus, quo homines divinum imitantur cultum, videlicet quia seipsos ut Deos colunt185. In un curioso passo su certi riti di divisione delle statue che egli attribuisce allIndia, Leonardo chiede agli uomini di onorare i virtuosi: questi sono li vostri Iddii terrestri, questi merita da voi le statue, simulacri e li onori186. Da premesse come queste ci si aspetterebbe una nuova, vigorosa definizione del ritratto storico: in realt la maturazione di questo tema fu lenta. Il nobile castello, questa dimora eccezionale in cui i saggi e i poeti antichi vivono per leternit, insieme con gli altri uomini illustri, una vita calma e serena, sta a dimostrare che gi allepoca di Dante gli ammiratori del passato greco e romano tendevano a riunire le grandi figure di quel passato in un ambiente deccezione. Nel manoscritto illustrato della Commedia di Urbino, il castello appare posto su unisola, separato dal resto dei mortali187. I cicli di uomini famosi di Urbino e Orvieto presentano solo busti: si badato essenzialmente al costume ed alla fisionomia. Lunica invenzione degna

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del castello dantesco per accogliere i personaggi illustri della poesia e del sapere sar quella di Raffaello nella stanza della Segnatura: il Portico della Scuola dAtene e la collina ombreggiata di lauri del Parnaso realizzeranno lo spazio in cui possono distribuirsi efficacemente le immagini dei saggi e dei poeti. Dante, seguendo le tradizioni antiche, in particolare Lucano (Farsalia, II, 373), aveva rappresentato il saggio ideale in Catone, con unapparenza solenne e Lunga la barba e di pel bianco mista... de quai cadeva al petto doppia lista (Purgatorio, I, 34-37). la figura imponente e un po irsuta che appare in uno dei medaglioni di Orvieto che illustra scene del Purgatorio. Ma il tipo del saggio dal profilo calmo, dai lunghi capelli e dalla lunga barba era stato definito anzitutto (e labbiamo visto) dallimmagine di Aristotele, ben presto sdoppiata in Platone, e capace di rappresentare insieme la dignit morale, la fatica dello studio e la stessa stranezza del sapere188. Il carattere psicologico di questi ritratti ideali portava a rinunciare ai gesti stereotipi del computo, al drappo donore ieratico che ancora sussistono nello studiolo di Urbino. Il segno tradizionale del saggio la lunga berretta al modo orientale. Filosofi antichi sono rappresentati fino alla fine del Quattrocento con un turbante in testa come i dotti arabi, o con un berretto in testa come gli eruditi bizantini. Ma fino alla fine del Quattrocento si continua a usare il tipo esotico anche per denunciare la falsa scienza dei pagani incarnata da Averro nei programmi teologici. Filippino Lippi nella cappella di Filippo Strozzi assegna un superbo turbante al filosofo posto a fianco del proconsole che condanna al supplizio san Giovanni Evangelista. In una delle xilografie che illustrano il Dialogo della Verit prophetica del Savonarola (1497) si vede il monaco discutere con i sette saggi ai piedi dellalbero della Verit di fronte al panorama di Firenze: i sette

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rappresentanti della saggezza pagana sono rappresentati con i turbanti, le tuniche, le berrette dei professori e degli orientali, accanto al domenicano incappucciato di nero sul quale discende la colomba dello Spirito Santo189. La figura pi sorprendente di questi orientali quattrocenteschi, indubbiamente lHermes Mercurius Trismegistus nel pavimento di Siena, eseguito su cartone di Giovanni di Stefano, che venne a completare nel 1488 la serie delle Sibille190. Ritto di fronte a un discepolo in turbante, che ne riceve rispettosamente lopera, il principe dellermetismo, con una gran berretta appuntita ai lati, curva al bordo, porta una barba e lunghi capelli sparsi su un mantello dal collo largo. La mano posa su una iscrizione de lAsclepius sostenuta da due sfingi. Un Egitto favoloso aleggia su questa rappresentazione devota del saggio pagano per eccellenza, il cui panneggio maestoso e lo strano copricapo ne fanno una specie di classico. Confrontandolo con il disegno della cronaca del 1460, si vede quanto limmagine abbia guadagnato in seriet e dignit, in seguito alla pubblicazione del Pimandro del Ficino e della sua traduzione ad opera di Tommaso Benci nel 1463191. Solo un peccato che non se ne abbia un equivalente negli stessi manoscritti del Ficino, nei quali i medaglioni sono deboli e monotoni192. Cera dunque una sorta di conflitto tra un tipo generico e invece la convenienza storica. Socrate ad esempio rimase a lungo il mago orientale che si vede in una delle incisioni del Dante veneziano del 1491, nel Cambio di Perugia, e ancora nel 1505 nel pavimento del duomo di Siena, dove troneggia, insieme con Cratete, nellallegoria della fortuna, condotta su cartone del Pinturicchio. Eppure pezzi antichi nei quali egli figura erano accessibili, ma lintegrazione iconografica non si ha che nella Scuola dAtene: il personaggio attorno al quale si raccolgono a sinistra i giovani filosofi presenta almeno la maschera famosa descritta da Platone. Il tipo

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del sileno obeso non si ritrover che pi tardi193. Con questo si arriva ad un nuovo stadio del ritratto storico: esso presuppone una preoccupazione di autenticit fino allora sconosciuta. Lo stesso avviene con i poeti, e il caso di Virgilio non meno indicativo: dal poeta-negromante della leggenda napoletana, accettato da tutto il medioevo, uscito il mago con in capo la berretta degli orientali e abbigliato con un gran mantello dal collo dermellino che il Botticelli ancora assegna come compagno di Dante nella serie incisa dal Baldini e nelle illustrazioni della Commedia194. Tuttavia nel commento del Landino allEneide, nei libri III e IV delle Disputationes Camaldulenses cerano gi gli elementi di unaltra immagine: lumanista neoplatonico non insiste pi sulla leggenda di Virgilio profeta del Cristo; quello che interessa per lui il seguace di Platone e il rappresentante completo della vecchia religione romana195. Labbigliamento e laspetto esotici rimangono validi per il Virgilio poeta pitagorico della Discesa agli inferi; ma non si addicono al poeta di Roma. Cos il ritratto di Virgilio dipinto dal Signorelli fra i medaglioni di Orvieto per lappunto quello del poeta terribile dellInferno, ma con la fisionomia e gli abiti di un romano; e Raffaello non avr che da collocarlo fra i poeti del Parnaso panneggiati nella loro toga e coronati di lauro, attribuendogli un volto fine che meglio lo inserisce nel coro degli ispirati196. Gli umanisti tenevano assai alla figura di Scipione; Petrarca aveva composto in suo onore il terzo libro dellAfrica; quando in una epistola ben nota del 1435 Poggio aveva violentemente criticato la figura di Cesare contrapponendogli quella di Scipione, vero modello del granduomo, Ciriaco dAncona si era sentito in dovere, e con lui Guarino veronese, di levarsi a difendere il signore di Roma197. Ciononostante era Scipione che veniva sentito sempre pi come il modello per eccellenza del-

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luomo completo, allo stesso tempo attivo e capace di contemplazione, eroe e saggio. Il posto a lui riservato da Cicerone nel celebre frammento del De Republica, che contiene lesposizione neoplatonica del Sogno (conservatoci da Macrobio) contribuiva non poco ad assicurare dignit al personaggio198. Egli figurava tradizionalmente nella serie degli uomini illustri, ad esempio quella del castello Trinci a Foligno, di una data precoce come il 1420, o quella del Cambio a Perugia; nella sala dellUdienza in palazzo Vecchio, decorata dal Ghirlandaio, lo si vede rivestito dellarmatura e levato in un gesto vivace verso Cicerone in toga. Ma il favore degli umanisti assicur alla figura di Scipione una notevole diffusione nel tema, che compare verso il 1470, dei capitani affrontati199. Il poema Punica di Silio Italico, capolavoro di sterile ridondanza, era stato ritrovato nel 1417 a San Gallo da Poggio e fu considerato con interesse continuo dai fiorentini200. In esso si poteva trovare tutto un repertorio di motivi facili da illustrare. Questo riferimento letterario sembra spiegare linserimento del personaggio in parecchie situazioni canoniche, come il giovane eroe tra il Vizio e la Virt, il capitano nobile e generoso di fronte al terribile Annibale ecc. La prima di queste situazioni simboliche, ripresa dallapologo di Prodico (Senofonte, Memorabili, II, 1), ispirer il quadretto di Raffaello alla Galleria Nazionale di Londra: il cavaliere Scipione deve scegliere, pi che tra il Bene e il Male, tra due regole di condotta, Venere e Pallade, la via delle soddisfazioni terrestri e quella della dignit superiore. La tavola affine delle Tre Grazie (Chantilly) verosimilmente solo il seguito dellepisodio: la ricompensa che tocca alla virt, i pomi delle Esperidi che per mano delle Grazie vengono attribuiti alleroe vincitore201. La sostituzione di Scipione a Ercole, la scelta dei temi morali: <Hdon >Aret, la presenza delle Grazie accanto a questa figura giova-

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nile e dolce, corrispondono alle forme assunte, con lumanesimo platonico, dal problema etico. Il tono non pi quello dellepopea, ma quello della storia moralizzata. Non lecito affermare che il sogno del cavaliere sia un tema dinvenzione toscana. Invece tipicamente fiorentino il tema dei due capitani affrontati che per cos dire il complemento del primo. Il poema di Silio Italico tutto quanto ordito sul violento contrasto tra i due generali, il fiero Scipione di fronte a un Annibale bestiale; questopposizione offriva uno schema oratorio facilmente sfruttabile. Nel 1452-53 Porcelio Pandone, allora al servizio del condottiero Piccinino, nei suoi Commentaria paragonava di continuo lo Sforza ad Annibale e il suo signore a Scipione202. Il Vasari a proposito di Attavante, che egli crede per errore autore dellopera, ci d la descrizione delle miniature di un Silio Italico conservato a Venezia; in particolare analizza la doppia pagina in cui sono raffigurati a riscontro limmagine seducente e bionda di Scipione di contro al crudele Annibale. Su altri fogli si trova la stessa contrapposizione di Marte e Nettuno, Roma e Cartagine, dove la lotta tra le due potenze simbolizzata dal contrasto tra il drago e il delfino, nonch dei due capitani che portano questi emblemi. Questa opera, di ignoto autore, deve datare degli anni 1450-60, dato che il ritratto di papa Nicola V ( 1455) si trova nel libro. Essa dunque con ogni probabilit il punto di partenza della grande diffusione del tema che avvenne intorno al 1475-80 nella bottega del Verrocchio. Si hanno infatti intorno a queste date molti rilievi in marmo e in bronzo, terrecotte, incisioni e disegni, in cui si viene sviluppando il tema dei capitani affrontati; il marmo anonimo del Louvre intitolato: P. Scipioni, una di queste figure; vi faceva riscontro un guerriero analogo a quello di cui il vigoroso disegno di Leonardo al British Museum (il vir belli-

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cus in tutto il suo vigore) suggerisce la fisionomia. Lo stesso contrasto si ritrovava anche nella coppia Alessandro-Dario di cui, secondo il Vasari, il Verrocchio fuse le due immagini invertendo le caratteristiche delle armi e degli emblemi203. Il successo del tema attestato dalle versioni grottesche che ne esistono nelle incisioni e nei nielli con le pi divertenti varianti sugli elmi e gli ornamenti fantastici204.

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Capitolo terzo Il sapere

Il Vasari loda Botticelli per aver saputo mostrare nel SantAgostino di Ognissanti quella profonda cogitazione ed acutissima sottigliezza, che suole essere nelle persone sensate ed astratte continuamente nella investigazione di cose altissime e molto difficili205. Linteresse per la fisiognomica era nuovo in Occidente: era soprattutto spiccato presso i maestri fiamminghi, gli incisori renani, i pittori dellItalia del Nord, soprattutto a Padova. A Firenze, dopo che lAlberti aveva creduto di poterne fare uno dei fini della pittura, il Pollaiolo ne aveva sviluppato le possibilit. Ma ancora non era stata mai affrontata con tanta forza la psicologia degli uomini di studio. Il Botticelli fu con Leonardo lartista pi stimolato dai meccanismi e dai modi dellattenzione. Lo studio da lui compiuto ad Ognissanti degli indizi attivi del viso: le rughe, gli occhi ecc. veniva a rinnovare il tipo tradizionale del Saggio o del Dottore. La posizione seduta, la testa appoggiata alla mano e la fisionomia concentrata costituivano da tempo una sorta di ideogramma del dolore o del pensiero, del raccoglimento doloroso206. Gli artisti del Quattrocento continuavano a servirsene per rappresentare la meditazione dei profeti o il ripiegamento malinconico del pensatore: la posizione di Mardocheo nella tavoletta detta della Derelitta; sar quello di Eraclito sui gradini della Scuola dAtene. Ma laffresco di Ognissanti veni-

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va a dare allo schema una dimensione nuova: il lavoro intellettuale non solo rappresentato dallinsieme dei libri e degli strumenti scientifici e da un atteggiamento convenzionale. anche scrutato in ci che ha di pi intimo. La rappresentazione di Dante, familiare agli artisti fiorentini, aveva spesso fornito loro loccasione di definire mediante un tipo appropriato lideale del poeta e del pensatore. Ma fino alla fine del secolo questi ritratti erano tuttaltro che convincenti. Solo verso il 1480 essi acquistano una nuova intensit, e ci avviene nellepoca stessa in cui lumanesimo platonico fa del Saggio e del Poeta i superiori testimoni dellumanit207. Nello studiolo di Federico da Montefeltro la serie degli uomini illustri, teologi e poeti, si compone di coppie studiate, dagli abiti sovraccarichi, i gesti stereotipi. Linsieme manca di grandezza, ma ci sono almeno dei contrasti efficaci e alcune trovate nei visi208. Venticinque anni pi tardi, a Orvieto, i poeti del Signorelli per la prima volta compongono una galleria di ispirati: Empedocle come rovesciato indietro dallo sgomento della sua visione, Virgilio si solleva, Dante si ritrae, ecc. Non solo la mimica del volto, ma anche il movimento e la tensione del corpo si fanno eloquenti. Raffaello e Michelangelo segnano lautorevole conclusione di questo sviluppo: ognuno dei grandi affreschi della Segnatura presenta non solo una sorprendente variet di tipi corrispondente a tutte le fasi del lavoro intellettuale, ma questi sono disposti intorno al focolare spirituale che li anima secondo una differenziazione progressiva. Questa caratterizzazione gerarchica proprio ci che mancava nelle tavole di Urbino. Nello stesso momento Michelangelo realizzava sulla volta della Sistina la serie dei Profeti e delle Sibille che, intorno alle visioni della Genesi, fissano le varie fasi dellesaltazione spirituale. Tutti questi fatti si legano tra di loro. Abbiamo in

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queste immagini non solo un interesse eccezionale per la rappresentazione del poeta o del visionario, ma anche linsistenza su una sorta di radice comune a tutte le manifestazioni del sapere, cio lentusiasmo, quellardore che il Ficino, il Poliziano, Pico avevano in ogni occasione indicato come il principio stesso della vita dello spirito e che il Landino aveva volgarizzato nella sua introduzione alla Commedia209. Questa semplificazione fu immediatamente intesa e il suo successo fu rapido. Essa per finiva per sconvolgere la visione tradizionale dei vari gradi del sapere. Rendeva secondaria se non inutile la gerarchia delle discipline che era larmatura stessa della cultura scolastica. I nuovi simboli che entravano in circolazione favoriti dallinsegnamento degli umanisti, presentavano tutti lo stesso orientamento.

1. Le sette Arti e le Muse. Il quadro delle sette Arti era uno dei pi solidi tra gli schemi tradizionali: era molto comodo nelle scuole e presentava facili corrispondenze con i pianeti, le virt, i sacramenti, come si poteva vedere nei rilievi del Campanile210. Questo modello didattico era protetto soprattutto dalla sua stessa origine: il canone risaliva al romanzo di Marciano Capella (secolo v) che racconta le nozze della Filologia e di Mercurio e, dopo aver rappresentato il seguito delle Muse e delle Grazie, descrive la presentazione delle sette Arti a Febo211. Uno dei migliori manoscritti di Attavante, destinato a Mattia Corvino, contiene questo testo con una illustrazione che segue fedelmente liconografia medievale e in pieno Quattrocento si trovano, seppure, vero, nellarea umbra, rappresentazioni complete delle sette allegorie. A Urbino la biblioteca del duca (a meno che non si tratti dello studio di Gubbio) comprendeva un insieme memorabile

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delle sette allegorie (attualmente rimangono solo le due belle tavole della Galleria Nazionale di Londra): seduta su un trono, in un apparato lussuoso e di pretesa, ognuna delle Dame del sapere appare accompagnata da un suo servitore preso fra i cortigiani e gli intimi del duca. Alcuni anni dopo, negli appartamenti di Alessandro VI il Pinturicchio rappresenter ugualmente, su seggi donore, le sette allegorie, circondate dai loro eroi storici; ed stato possibile avvicinare i loro tipi alla Amorosa Visione del Boccaccio (cap. IV), di cui esse non sono che una modernizzazione poco espressiva. Evidentemente gli artisti cercavano di dare una versione pi originale di questi programmi didattici. A villa Lemmi Botticelli rappresent, davanti a un boschetto che ricorda quello della Primavera, le allegorie del trivium e del quadrivium. Il loro gruppo si stringe intorno al trono della Retorica: nonostante alcuni emblemi ancora visibili, come ad esempio lo scorpione della Dialettica, tutte le sorelle si somigliano. Grazie ad una innovazione degna dinteresse, Venere stessa guida il giovane iniziato verso le Arti; nello stesso modo, secondo linsegnamento recente del Ficino, lAmore il principio di ogni attivit spirituale212. Una versione pi fedele allo schema scolastico dei domenicani, ci fornita da Filippino nel suo Trionfo di San Tommaso alla Minerva a Roma (1488-93). Le Arti sono meno numerose, ma il loro movimento pi vivo. Il Dottore posto tra due gruppi di due figure: Teologia e Retorica a sinistra, Dialettica e Grammatica a destra, cio le scienze del trivium, alle quali stata aggiunta la disciplina superiore. Alla base dellimponente basamento su cui esse stanno, si agitano gli eretici; numerose iscrizioni, tratte dalla Summa e dalla Scrittura, sottolineano, non senza qualche pesantezza, il trionfo del tomismo. Gli ornamenti esuberanti, il disegno delledificio allegorico, gli innumerevoli motivi secondari tratti dai templi romani, indicano un

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linguaggio pi evoluto; la decorazione si intona male allo spirito della scena213. Altri ambienti mostravano di preferire una diversa allegoria che insisteva piuttosto sullunit dellattivit spirituale che non sulla gerarchia delle discipline, sostituendo al quadro tradizionale il coro delle Muse. Ammesso che le arti liberali e le muse sono la stessa cosa, il Salutati si era paradossalmente sforzato di accordare lelenco delle nove muse con lo schema settenario delle arti214. a Firenze, intorno al 1460, che troviamo per la prima volta, pare, una rappresentazione del coro delle Muse. Nellantica abbazia benedettina della badia di Fiesole, passata poi ai canonici regolari di SantAgostino, verso il 1440 Cosimo aveva fatto costruire un chiostro notevole nello stile del Brunelleschi e subito dopo una biblioteca, da lui dotata, in pochi mesi, stando a Vespasiano da Bisticci, di stupendi manoscritti. Una descrizione sommaria di questa biblioteca, costituita verso il 1460, labbiamo in un poema di Alberto Advogadro. Essa comprendeva una decorazione murale assai notevole: accanto a Febo seduto al centro e in atto di condurre il loro coro con il suo plettro, vi si vedeva danzare la folla venerabile delle muse: Calliope che si muove ore gravi, accompagnata da Virgilio, Ovidio con la lasciva Thalia, Seneca e Melpomene maesto vultu, e cos di seguito215. La novit non consiste solamente nel fatto che siano state sostituite le muse alle arti per decorare una biblioteca, ma ancora che ad ognuna desse sia stato unito il rappresentante pi eminente di esse e che si sia costituita, come per le arti, una galleria di poeti illustri. Anni dopo, in una composizione pi agile, avremo il programma del Parnaso nella stanza della Segnatura. A Urbino unintera cappella, un sacellum, sar consacrata alle muse. Il programma sembra sicuramente risalire ai tempi di Federico; lesecuzione, nella quale interviene Giovanni Santi accanto a Timoteo Viti, ha

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potuto protrarsi fino al 1490. I riquadri isolati in cui compaiono le muse, gracili ed esaltate, in curiosi paesaggi crepuscolari, compongono a mo di fregio un coro, guidato da un Apollo che suona la viola. Ognuna delle figure porta un abito diverso e uno strumento specifico; una scritta latina precisa il carattere dognuna: ad esempio Calliope suona una lunga tromba carmina Calliopa libris heroica mandat, Melpomene che impugna un corno nero, abbigliata di una veste scura tragico proclamat maesta boatu216. un Parnaso pi elegante di quello del Mantegna nello studiolo di Isabella dEste217. La musica, arte di Apollo e delle muse, cessa di rientrare nel quadro delle arti liberali; essa ormai pu rappresentare non solo le opere della poesia e del sapere, ma il principio stesso della vita intellettuale, a cui dedicata la cappella218. Questa idea centrale compare in un quadro schematico che trova allora diffusione nellItalia settentrionale e in cui la serie delle muse viene associata alla gamma musicale e allordine cosmico. La migliore illustrazione di questo costituita dalla serie dei tarocchi, nella quale ogni musa reca una sfera che simboleggia il suo posto e la sua altezza nelluniverso col suo strumento caratteristico: Talia, che corrisponde alla Terra, messa fuori della serie e Urania corrisponde al cerchio delle Stelle fisse: grazie a questa sottrazione e a questa addizione il numero dei pianeti torna con quello delle muse219. Lo schema che illustra i due aspetti dellordine apollineo: la scala pitagorica del cielo e la gerarchia delle arti, avr un certo successo220. Si ritrova nella illustrazione del trattato musicale del Gafurio edito a Milano nel 1496221. Questa incisione reca a mo dexergo il verso dello pseudo-Ausonio: Mentis apollineae vis has movet undique musas. Di contro alla tradizione che isola Talia dal resto delle muse, il Ficino aveva affermato nel De divino furore che la musa superiore larmonia

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che nasce dallaccordo dinsieme. Il quadro tracciato nel commento allo Ione mostra Calliope al vertice della gerarchia: vox est ex omnibus resultans spherarum vocibus, e Talia rientra nella gerarchia delle muse, signore delle sfere, la quale gerarchia viene ad essere in certo modo accentuata verso lalto. Il filosofo cos portato a proporre un ordine un po diverso da quello di Marciano Capella222, e inoltre mette ognuna delle muse in rapporto non con unarte particolare, ma con un poeta. Abbiamo qui tutti gli elementi letterari del complesso di Raffaello alla stanza della Segnatura223. LApollo della Practica musice, come quello del Parnaso, impugna una viola. questa un piccolo tratto di fantasia moderna che deve essere preso in considerazione nello sviluppo dei simboli umanistici. La lira antica era formata di due bracci arrotondati tra i quali si stendeva la serie delle corde, generalmente sette; la lira moderna quattrocentesca, lira da braccio, risultato di una lenta evoluzione, una cassa a forma di cuore o di foglia, sulla quale sono tese le corde che si fanno vibrare con un archetto. Dunque si tratta dellantenato del violino moderno224. La sua forma non era ancora definita e lasciava il campo aperto ad ogni sorta di ricerche tecniche, nelle quali limmaginazione poteva sbizzarrirsi. Leonardo, abile suonatore di lira moderna, viene ricordato per laspetto insolito che aveva saputo dare ad uno di questi strumenti225. In una forma pi regolare la lira moderna, con un contorno ondulato e intagli neri, appare spesso nelle tarsie, ad esempio ad Urbino. Questo strumento, per la sua forma, per luso cui si prestava, per le sue propriet musicali era quanto mai diverso dalla lira antica. Ma il Rinascimento, come daltronde lepoca successiva, voleva a tutti i costi, con un candore ostinato, vedervi la restaurazione di un modello inventato allalba dei tempi da Orfeo e diffuso da Saffo; siamo cio di fronte a un altro caso di reminiscenza artistica. Per

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sostenere tale tesi si interpretavano spesso forzosamente i documenti antichi o addirittura si falsificavano226. Si era convinti di dare una giusta interpretazione del tipo mettendolo fra le mani di Orfeo o di David, suo collega nella musica sacra, inserendolo nelle allegorie dellarte musicale e degli angeli. Tutti questi fatti corrispondono ad una evoluzione della musica e della organologia italiane, che risale assai lontano e non si localizza affatto in Toscana. Ma linteresse per la musica e il suo principio orfico, linsistenza sulle metafore musicali, che erano proprie dellambiente fiorentino, incoraggiavano le innovazioni nelliconografia musicale227. Il valore simbolico della lira rimane in realt lo stesso sia che si tratti dello strumento antico o della viola moderna. LApollo nella tarsia di Urbino impugna uno strumento ad archetto, di tipo composito, che insieme lira e viola moderna228. Ma lartista che ha saputo servirsi nel modo pi inatteso delliconografia musicale Filippino. Nella sua Allegoria del Kaiser Friedrich Museum la musa che tenta di incatenare un cigno ha presso di s una strana lira ottenuta con un cranio di cervo. La tavola con le feste del bue Api (Londra, Galleria Nazionale) un repertorio di strumenti insoliti. Queste forme bizzarre sono immaginate per illustrare i riti antichi. Il valore di questi attributi notevole, tanto che val la pena di citarli accanto alle muse della cappella Strozzi che costituiscono le allegorie della teologia poetica229.

2. Pallade medicea. Nel 1475 il Botticelli dipinse per la grande giostra fiorentina lo stendardo di Giuliano. Lopera, a suoi tempi celebre, scomparsa; per descritta in parecchie testimonianze che risultano tutte concordi230. La pi

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precisa un epigramma indirizzato a Bernardo Bembo da Aurelio Augurelli: Tu mi chiedi perch, sullinsegna di Giuliano, dipinto Amore con le mani legate dietro la schiena, ai suoi piedi larco e la faretra spezzati, perch nessuna piuma pende dalle sue spalle e perch immobile egli tiene gli occhi bassi come se soffrisse un supplizio immeritato... La terribile Pallade lo domina con la sua lancia, diffondendo lo sgomento con il suo casco e la sua crudele Medusa. Chi ne d una spiegazione, chi unaltra: nessuno dello stesso parere. Ecco una cosa pi bella che le immagini dipinte231. Sappiamo che nello stesso poema del Poliziano scritto per celebrare il torneo, la Dama di Giuliano appariva per lappunto come Minerva con larmatura indossata sulla veste virginale (II, st. 28), impugnando la lancia e lo scudo con la maschera della Gorgona: in piedi su rami dulivo fiammeggianti (i bronconi, emblema mediceo), ella teneva gli occhi levati al cielo. La Minerva della tarsia del palazzo dUrbino, che di stile fiorentino, stata chiaramente eseguita tenendo presente il modello botticelliano; non manca che il particolare che la fronteggiava sullo stendardo: Cupido legato allulivo con larco e le frecce spezzate ai piedi. Lelmo, la lancia di Pallade, il suo scudo, nonostante la testa di Medusa, non hanno nulla di antico. Si tratta della stilizzazione di un simbolo cortese232. Il soggetto in fondo chiaro: rappresenta la metamorfosi delleroe negato al destino comune dellamore; lardore della sua anima non lo destina alle gioie facili ma lo vota alle opere della gloria. Nella Giostra Giuliano esclama rivolgendosi a Pallade:
SAmor con teco a grandi opre mi chiama, Mostrami il porto, o dea, deterna fama (Giostra, II, st. 42).

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Ma egli chiede anche allamore che lo ispira di prestargli il suo santo furore per rispondere allappello di Pallade233. Se si tien conto che il Commento al Convito, scritto dal Ficino nel 1469, viene per lappunto pubblicato nel 1474, e che la dottrina della conversione di Eros il tema fondamentale di esso, si comprendono meglio loriginalit dello stendardo dipinto da Botticelli e la sorpresa degli spettatori. Lemblema era uscito direttamente dalla nuova filosofia dellAmore, la cui prima trasposizione artistica era fatta proprio in onore del fratello di Lorenzo. Limbarazzo del pubblico comprensibile solo se il significato simbolico dello stendardo, che in pochi anni sarebbe diventato uno dei temi pi banali, era nel 1475 di una sconcertante novit. Il tipo fu replicato per Lorenzo se dobbiamo credere al Vasari il quale ricorda fra i lavori eseguiti per lui una Pallade su una impresa di bronconi che buttavano fuoco, la quale dipinse grande quanto il vivo234. Questo particolare, che richiama la Giostra, distingue questopera dallo stendardo; ma si ha il ricordo di unaltra Pallade (forse anche un quadro, certamente un cartone) di Botticelli in un arazzo appartenente alla famiglia de Baudreuil235: la dea con leggeri veli bianchi tiene lelmo nella mano destra, un ramo dulivo nella sinistra; legida appesa ad un arbusto di agrifoglio, un cartiglio reca la scritta: E capite etherei nata sum Iovis alma Minerva mortales cunctis artibus erudiens. Questa scritta ne fa chiaramente un simbolo platonico del sapere e delle arti pacifiche. Il Ficino ne aveva indicato il significato generale in un testo di uno stile particolarmente lambiccato: La Sapienza nata dal capo del Sommo Giove creator de luniverso, comanda e insegna a gli filosofi suoi amatori, che se desiderano a qualche tempo della cosa amata godersi, sempre cerchino i primi, e pi alti capi delle cose pi tosto che le basse. Questa Pallade dunque la sana dottrina dellAccademia che tende a

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staccare lanima dalle zone inferiori, dalle praterie seducenti per elevarla ai vertici pi impervi dellintelligenza pura236. La sua forza si esercita su quegli elementi dellanima che gli scolastici chiamavano concupiscibile e irascibile: contro Venere, che rappresenta la volutt, Pallade la castit vittoriosa che mantiene la qualit spirituale dellamore: contro Marte e le sue violenze, essa il dono della contemplazione. La sua forza particolare di ridare allanima la sua vera altezza interiore. Lorenzo la rappresenta come quella che tende la mano alla debolezza del nostro spirito. La novit stava nel fatto che di Minerva, sotto forma di Pallade-Venere o di Pallade pacifica, si facesse una divinit completa, subordinando, nello spirito di Platone, letica alla vista dellintelligenza237. Pallade e il Centauro (Uffizi) riunisce tutti questi elementi in un simbolo mediceo: molto verosimilmente essa allude alla saggezza di Lorenzo e al suo buon governo della nuova Atene. La veste ondeggiante ornata dei tre anelli raccolti intorno ad un diamante, emblema che, senza essere proprio di Lorenzo, colloca esplicitamente la figura238. Il gesto di Pallade che trae per i capelli il centauro dal viso umile e pacificato, il tema dellulivo che orna la veste fiorita e corona la dea, forse le due parti del paesaggio, rocce a sinistra, orizzonte aperto di una valle a destra, hanno il valore di unallegoria morale. Minerva non la forza che colpisce, ma quella che risana; non si tratta di una lotta, ma di una metamorfosi che pu applicarsi ad una citt, allanima, alla natura stessa. Un ultimo elemento viene ad illuminare larte di Botticelli: la testa del centauro, che richiama il viso di san Giovanni (Berlino), una stilizzazione di rilievi romani; ma la forma di Minerva, sotto i minuti ricami dulivo, col suo mantello nero, la sua alabarda, non ha alcun precedente, come non ne ha limmagine complessa chessa anima con il suo arabesco. Anche in questo

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caso loriginalit dellopera fiorentina risulta confermata se la si confronta con altre analoghe dellItalia settentrionale. I quadri del Mantegna, concepiti verso la fine del secolo per lo studiolo di Isabella dEste, presenteranno la Psicomachia, cio il combattimento di Minerva guerriera contro i Vizi: la concezione letterale, i toni acidi, il disegno duro contrastano con lequilibrio e leleganza del Botticelli. La tavola medicea (degli anni 1480-85) non meno lontana dal naturalismo che trionfava nel palazzo di Schifanoia di Ferrara (1470). Nel ciclo astrologico Minerva la dea del mese di marzo, o pi esattamente corrisponde ai segni zodiacali che distinguono questo mese. Circondata da giuristi, medici e fanciulle intente a tessere, essa presenta una immagine autoritaria e precisa, tanto diversa da quella dei fiorentini quanto la straordinaria Venere che trionfa nel riquadro successivo lontana dalla sottile Primavera239. Loriginalit della Pallade fiorentina stata intesa: la sua figura ritorna nellultima pagina del manoscritto napoletano dellEtica a Nicomaco, al vertice di una cupola ateniese, che fa pensare alla cupola brunelleschiana240. Essa scomparir agli inizi del secolo successivo: la statua di Minerva che Raffaello inserir nel portico della Scuola dAtene, deriva, attraverso Urbino, dal tipo mediceo, ma pare rielaborata sul modello delle statue antiche di Atena e di Venere241.

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Capitolo quarto La vita dellanima

Lanima umana, secondo gli umanisti neoplatonici, portata in misura rilevante alla felicit. Sua vocazione quella della beatitudine e della volutt242. E tutto vi concorre: la natura con le sue pulsazioni di essere vivo, il cielo stesso la cui luce raggiante costituisce come un sorriso che procede dalla gioia degli spiriti celesti. Cos Venere era la divinit di questi poeti e di questi dotti: Venus id est Humanitas. In questo modo essi riconoscevano a se stessi la libert di muoversi liberamente nei campi del desiderio, della vita emotiva, e di considerare come fine ultimo della speculazione le estasi ineffabili dellAmore. Essi rivendicavano cos tutti questi moti coscienti, o appena coscienti, dellanima, certi di poter riconciliarli in una prospettiva ascendente in cui tutto si sarebbe purificato. Proprio attraverso questa dottrina lambiente fiorentino ha esercitato sul pubblico italiano linfluenza pi viva e profonda; ed anche laspetto del nuovo insegnamento che pi rapidamente si degradato e che comunque era pi difficile a sostenere senza contraddizioni o cadute243. Il modo in cui limmensa letteratura pagana e cristiana sullAmore stata utilizzata dai fiorentini dimostra un rifiuto fondamentale della distinzione che i primi pensatori cristiani avevano affermato, e che poi si era venuta gradualmente attenuando, tra lEros (slancio misterioso dellanima) e lAgap (Caritas) che il dono

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gratuito di Dio ad una creatura senza meriti244. Una vera e propria summa erotica era stata offerta dalla Commedia, in cui la mistica cistercense esposta da san Bernardo (Paradiso, XXXI) viene a coronare, senza tuttavia guastarla, lascesa guidata da Beatrice e regolarmente ritmata dalle implicazioni volta volta personali e dottrinarie dellAmore245. Il platonismo poteva facilmente rinascere su un terreno cos ben preparato; ma esso vi apportava un gusto, ereditato dal Petrarca, per lanalisi dei sentimenti, e, soprattutto nel Ficino, una suscettibilit molto viva alle alternative di ardore e di atonia che costituiscono la vita segreta dellanima. Lo sviluppo di questa metafisica non avverr senza difficolt246. La posizione un po ingenua del Convivio non potr essere mantenuta fino alla fine. Pico moltiplicher le obiezioni circa la parte, tuttavia discreta, attribuita alla apprensione sensuale della bellezza. Ma tutto sommato lipotesi maestra del neoplatonismo rester questaccordo fondamentale fra lappetitus dellanima e lamore superiore, che sono entrambi risposte alla attrazione dellamore divino. Sulla base di questo postulato si potevano ricostruire la morale, la psicologia e la stessa teoria della conoscenza. I dubbi formulati dal grande critico dellumanesimo fiorentino, il Savonarola, vennero a mettere in luce il punto debole di questo ottimismo; e il ritorno alla stretta dottrina paolina che avverr con la Riforma lo avrebbe negli anni successivi smentito brutalmente, nel momento stesso in cui si diffondeva nella societ italiana la dottrina abbastanza equivoca del platonismo mondano247. Anche in questo la situazione raggiunta tra il 1470 e il 1500 rappresent, tutto sommato, un equilibrio che non ebbe equivalenti nel periodo anteriore e in quello successivo. Se ne misura meglio la portata allorch ci si rende conto di ci che la filosofia fiorentina doveva alla recente scoperta del testo di Lucrezio, il cui manoscritto era

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stato recuperato da Poggio nel 1414248. La lettura di questopera provoc nellumanesimo fiorentino una sorta di choc intellettuale, come dimostra lopera ben nota di Lorenzo Valla (1431 e 1433), oppure linno a Venere di Leonardo Bruni. La generazione del Ficino fu insieme affascinata e atterrita dalla visione poetica e dalla violenza del De rerum natura. Il ricorso al platonismo fu in certo senso il rimedio allattrazione che esercitava la dottrina epicurea: la Theologia platonica e le epistole del Ficino ritornano spesso su questa alternativa. Cera dunque nella cultura fiorentina una tentazione del naturalismo, che scopre la vitalit universale solo per perdere in essa il sentimento del destino sovrannaturale dellanima. In questa prospettiva la storia dellumanit quella di una civilt sempre precaria. Allidea di una et delloro il pessimismo sostituisce una visione tetra delle prime et delluomo. Questa idea lucreziana doveva essere abbastanza diffusa perch Piero di Cosimo potesse, alla fine del secolo, svolgere per Giovanni Vespucci le sue strane storie baccanarie e per Francesco del Pugliese il suo sorprendente ciclo della vita primitiva249. Proprio del neoplatonismo era, invece, alimentare lidea di una natura felice, giardino dellanima, concesso alle gioie dellamore lentamente sublimato. Il Quattrocento in questo campo veniva ad esser lerede di un repertorio poetico profondamente organizzato, al quale corrispondeva invece una tradizione iconografica assai debole. Dante aveva in qualche modo definito lambiente ideale delle visioni damore, allaltezza del Paradiso terrestre, dove lincantevole paesaggio conserva tutti gli elementi dei luoghi destinati alla felicit e dove avvengono luno dopo laltro lapparizione della bella donna che canta e danza tra i fiori, immagine della gioia irresistibile dellamore, poi il corteo di Beatrice, che la rivelazione promessa a questa dimora unica. Questi tre elementi, un ambiente squisito, lap-

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parizione femminile e una sfilata o una festa ritorneranno senza fine nelle innumerevoli poesie damore, di cui costituiranno lossatura fantastica. Il Boccaccio descrive con insistenza, nella Amorosa visione, il castello dellanima con il gioco delle kfrseij, che consiste nellinserire delle scene figurate in queste architetture immaginarie. Questo scenario, fantastico far parte del genere, non meno che il corteo di dame, cavalieri e uomini illustri. Le regole di questa letteratura lasciavano scarsa libert. Uno dei tentativi pi originali di restituirgli qualche freschezza fu quello di Giovanni Gherardo da Prato nei frammenti che sono stati riuniti sotto il titolo di Paradiso degli Alberti250: lavventura qui raccontata come un viaggio a Creta, dove vengono scoperti i regni distrutti di Saturno, e a Cipro, lisola di Venere, di cui il paesaggio, le architetture e le numerose storie dipinte o scolpite rappresentano la potenza universale. Questo testo fu una delle fonti del Poliziano; sembra anche aver ispirato a Leonardo la rappresentazione di Cipro che si trova in un frammento mutilo: e la descrizione, forse ideata come modello di un quadro, di una riva bellissima che attrae le navi e le fa naufragare sugli scogli: questi relitti sono disseminati per tutta lisola favolosa251. Non c alcuna intenzione sarcastica nella celebre descrizione delle Stanze, dove, attraverso un brillante accumularsi di motivi graziosi, viene suggerita la natura ridente e il palazzo della dea. Siamo cos tornati allidea del Paradiso terrestre, regno di Venere. Le formelle delle porte e le sculture del castello di sogno costituiscono una sorta di repertorio delliconografia di Venere. Il tema della Afrodite anadyomene, introdotto qui in ricordo di Apelle, sara ripreso dal Botticelli. Nella Primavera lo stesso artista ha rappresentato il regno della dea con un prestigio non minore e unarte meno prolissa del Poliziano.

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Senza dubbio c una comunanza dispirazione tra il discorso poetico del Poliziano, larte squisita del Botticelli e le pagine del Ficino sullamore252: questa comunanza da vedere anzitutto in una certa fragilit dellimmaginazione, in una stilizzazione della visione che insiste su motivi semplici, eleganti, luminosi e senza peso. La rappresentazione assume cos una chiarezza di emblema che conferma il suo valore di simbolo intellettuale: il regno di Venere indica lenergia spontanea dellanima, la forza che spinge la natura, la vita e lo spirito stesso. il principio al quale lumanesimo e la cultura cortese di Firenze tutto riportavano e che mancava di una grande illustrazione in figura. Ma intorno a questa visione beatifica gravitava un certo numero di immagini in cui il segno della nuova cultura non meno evidente.

1. Le tre Grazie. Un gruppo delle tre Grazie, da tempo scoperto a Roma, nel 1502 fu inviato dal cardinal Piccolomini al Duomo di Siena253. Artisti lavevano gi studiato a Roma, come dimostra il disegno di Antonio Federighi, eseguito intorno al 1470-80, con la scritta autografa: queste femine sono in chasa chardinale di Siena, sono 3, sono fatte dreto e dinansi, chiamansi le 3 grazie, in Roma, antiche254. Il documento dimostra che il gruppo non ancora molto noto: il Federighi lha appena scoperto. Giustapponendo nel suo disegno tre figure viste di dietro al gruppo visto davanti, egli le intende come la combinazione di due rilievi piatti: cio egli lo legge da pittore e non da scultore, cosa daltronde conforme allo stile dellopera dove il profilo come limite di volume non ha importanza. Si comprende cos meglio perch il successo del gruppo si colga soprattutto nella pittura.

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Il gruppo tuttavia era noto gi ai tempi del trattato dellAlberti. In esso descritto, fondandosi su Seneca (De beneficiis, 1, 3), come un tema di danza, dato che le Grazie sono prese fra loro luna laltra per mano, ridendo, con la vesta scinta et ben monda. Questa citazione letteraria fu senza dubbio il punto di partenza del Botticelli quando introdusse la danza delle Grazie nella Primavera255. Sembra invece che ci sia un ricordo del gruppo del cardinal di Siena nellaffresco di Venere al palazzo Schifanoia, precedente di qualche anno: le tre ninfe poste su una base di roccia e dotate di una intensit sensuale e quasi demoniaca, appaiono alte sopra gli amanti. Limmagine non ha n la grazia n il pudore di quella botticelliana: anzi fa apprezzare per contrasto il candore di questultima. Gli umanisti fiorentini continuamente ricordano le Grazie per confortare le dimostrazioni pi diverse: in base alle autorit antiche e cristiane, aristoteliche e platoniche che si possono moltiplicare allinfinito, sul numero tre e il principio trinitario del mondo, ogni nozione pu essere divisa in tre princip, cosa che permette di applicare ad essa limmagine delle Grazie256. Ma si ricorre a queste per insistere sul primato metafisico della bellezza. Sulla medaglia incisa da Niccol Fiorentino per Pico, le Grazie appaiono con la scritta: Amor, Pulchritudo, Voluptas, che le riconnette al cerchio spirituale delluniverso e alliniziazione platonica della bellezza257. Nel suo Commento alla canzone di Benivieni, Pico le descrive insistendo sui tratti caratteristici del gruppo gi indicati dagli antichi mitografi: lintreccio delle tre ninfe e la loro disposizione, luna col volto inverso noi come procedente e non ritornante; le altre dua... col volto in l258. Le Cariti divengono cos una sorta di ideogramma, un geroglifico delluniverso armonico nella tavola del cosmo musicale del Gafurio e nella ricca illustrazione umanistica del manoscritto dellEtica a Nicomaco259. Il qua-

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dretto di Raffaello a Chantilly non presenta a quel che sembra legame alcuno col gruppo senese nella composizione260. Le tre divinit che senza dubbio fanno pendant al quadro del Sogno di Scipione presentano le sfere, simbolo di immortalit; esse rappresentano il principio morale grazie alla stessa trasposizione di significato che permetteva di fare di Venere il principio della perfetta Humanitas261.

2. I due Amori. Di solito si designa come un Trionfo una tavola della collezione Wallace attribuita in modo dubitativo a Piero di Cosimo262. Lopera deve risalire a circa il 1488, data del bel manoscritto di Didimo Alessandrino De spiritu sancto, miniato da Gherardo e Monte del Fora per Mattia Corvino, nel quale si trova una composizione analoga: sul basamento dellarco molto decorato, in cui figurano a sinistra il re dUngheria e a destra la moglie Beatrice dAragona, si possono vedere cinque rilievi in monocromo su fondo oro: Apollo e Marsia, un cavallo che viene domato, il Trionfo, un nuovo cavallo, la Fonte di Castalia263. Limmagine ritorna pi completa sul rovescio di una medaglia di Bertoldo, che data degli stessi anni 1490 e che, con unincertezza molto caratteristica, viene descritta a volte come un Trionfo della Castit a volte come un carro dionisiaco, dove una baccante farebbe punire un personaggio restio allamore264. Abbiamo qui una delle composizioni letterarie proprie dellambiente fiorentino: ma se dovessimo basarci sulle tradizioni iconografiche anteriori o posteriori sarebbe difficile decidere se si tratta duna celebrazione della castit (come nel Trionfo del Petrarca) o di una rappresentazione della crudele tirannia di Venere. La medaglia di Bertoldo presenta il terreno disseminato delle spoglie di

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Eros (o Cupido), che mancano nella miniatura e nella tavola e, daltra parte, la figura che guida il carro manca nella tavola. Questa dunque un derivato e se riesce difficile spiegarla perch la composizione incompleta diventa confusa. Le ali, la faretra, larco e le frecce strappate, spezzate e gettate a terra, bastano in realt a far capire che la vittima posta sullaltare lo stesso Eros o Cupido, un fratello del carnefice, che egli stesso Eros o Cupido, che attizza il fuoco. La miniatura attribuisce ad essi lo stesso aspetto. Daltra parte la tavola ornando di una testa di faunessa lenorme vaso sul quale sta seduta la divinit o lallegoria di sinistra, fornisce unindicazione utile che non si ritrova nelle altre versioni. Non si tratta di un Trionfo. Indubbiamente si vedono spesso nel Trionfo della Castit le ancelle di questa spogliare e legare lAmore vinto seguendo il gesto imperioso dellirresistibile Virt: cos si vede, ad esempio, su una celebre tavola di Jacopo del Sellaio265. Ma la nostra composizione non una semplice riduzione di questo tipo con una variante originale che sarebbe costituita dalla purificazione attraverso il fuoco. Vediamo che ogni corteo eliminato; il carro trascinato da cavalli ombrosi (che si vedono ripetuti nei monocromi della miniatura) introduce lallegoria dellanima; la scena, in cui lamore vinto consumato dalla fiamma stessa dellamore, si adatta ad un concetto pi sottile. Il carro, condotto dai putti alati, richiama ad esempio quello di Bacco e Arianna che, derivato da un cammeo donice della collezione di Lorenzo, figurava fra i tondi del cortile di palazzo Medici266. Donatello se ne era gi servito per ornare lelmo di Golia ai piedi di David: questo particolare veniva a unire Golia alla folle e colpevole esuberanza delle passioni. Ma il concetto di Eros consumato sullaltare dellamore viene daltra parte ad illuminarsi attraverso unaltra opera contemporanea:

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egli compare in effetti in uno degli scomparti della volta a pieno sesto con cui il Sangallo e il Cronaca hanno coperto il vestibolo della sacrestia di Santo Spirito267. Come nellatrio di Poggio a Caiano, di cui questo vestibolo riprende la disposizione, la volta divisa in sei file di tre cassettoni quadrati: in ognuno di essi sta un disco centrale legato da quattro forti nastri ornati ai quattro lati del cassettone. Il cassettone centrale reca nel tondo lemblema dello Spirito Santo che richiama la dedica della chiesa; invece nei riquadri dangolo, lato verso la chiesa, sono scolpite due spesse palmette che escono da un vaso; nei due riquadri corrispondenti appaiono due scene che illustrano, sub invocatione Sancti Spiriti, il tema dei due amori. A sinistra Eros bruciato sullaltare del Sacrificio, di cui un amore alato attizza la fiamma soffiando allinterno; questo altare reca una decorazione decifrabile in bassorilievo che viene ripetuta per met nel riquadro di destra. Vi si riconosce un uomo abbattuto da delle donne, cio Orfeo massacrato dalle baccanti per non aver ceduto allorgia (a destra lesecuzione erronea ha sostituito la baccante con un uomo)268. Questa allusione al supplizio inflitto dalle sacerdotesse dellorgia illustra il conflitto tra lamore puro e gli istinti inferiori. Immediatamente il sacrificio sullaltare rivela tutto il suo significato come consunzione dellamore terrestre attraverso lardore dellamore celeste che trasforma la sua natura. Siamo dunque al centro della nuova iconografia dei due amori e delle due Veneri, iconografia definita dal Ficino nel suo Convivium de amore e di cui il Poliziano ha dato una interpretazione personale nel passo delle Stanze in cui Giuliano domanda a Cupido il suo aiuto per superarlo:
Se mi presti il tuo santo furore Leverai me sopra la tua natura.

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Cos Pico, in una celebre pagina del Commento descriveva luomo simile a una materia che per la potenza damore mirabilmente allor sincende e infiamma269. La successione delle scene che compaiono nel Trattato di Didimo sembra confermare questa interpretazione: non certamente un caso che si trovi allo stesso punto la scena dellolocausto dellamore nel vestibolo della chiesa di Santo Spirito e sul frontespizio di un trattato sullo Spirito Santo. Nella miniatura il sacrificio dellamore inferiore inquadrato da due pannelli che mostrano dei cavalli che vengono domati (allegoria della natura che deve essere dominata)270 e completato da due immagini laterali che sono a destra il supplizio di Marsia, a sinistra la fontana di Castalia, cio il principio superiore del santo furore. Si tratta dunque di Venere che agisce daccordo con Apollo, sottomessa allazione del principio superiore, e non della sua vendetta, e meno ancora di un elogio della castit che sarebbe la rinuncia allamore. Come nello stendardo per la Giostra, si tratta di una nuova immagine destinata a rappresentare la sublimazione di Eros. La figura allegorica che presiede alla scena deve essere dunque la potenza damore cio la Venere celeste che prende possesso dellanima: il vaso su cui seduta rappresenta senza dubbio il ricettacolo delle passioni e dei vizi (di qui le teste di fauno o di faunessa); quello pi piccolo che essa tiene in mano un piccolo vaso purificatorio. Da questo punto di vista sembra lecito avvicinarlo al piccolo vaso, da cui esce una fiamma simbolica, che lallegoria dellAmor Sacro tiene sollevato nella tela di Tiziano.

3. La nuova psicomachia. Nessuno dei miti antichi che si prestavano a rappresentare la vita dellanima ha attirato tanto gli uma-

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nisti di osservanza platonica quanto quello di Orfeo271. Il Ficino, Pico se lo sono appropriato; esso contiene tutte le dimensioni del loro sogno filosofico. Orfeo il primo poeta: i suoi inni oscuri celebrano i princip stessi del mondo e il Caos dominato dallAmore. I miracoli compiuti dalla sua voce che muoveva le pietre e rabboniva le belve stanno a dimostrare la potenza intera dellanima sulluniverso creato. Il mito di Orfeo il mito delluomo-poeta al grado pi alto delle sue facolt272. Esso mostra anzitutto lanima presa dammirazione e tenerezza per luniverso creato, di cui essa si scopre in qualche modo come la forza viva. Trasponendo audacemente la favola antica il Ficino evocher Dio stesso come un pastore orfico che veglia sulluniverso: il divino aratore fa sorgere le giovani gemme e le radici; come senza di ci i pampini si rivolgerebbero verso il sole fuggendo lombra?... Dio fa crescere gli alberi, conduce e pasce le bestie, come hanno affermato gli antichi teologi273. Orfeo circondato dagli animali partecipa lui stesso a questa straordinaria pastorale. Dante nel Convivio aveva ricordato la moralizzazione della favola di Orfeo:
Lo savio uomo con lo strumento de la sua voce faria mansuescere e umiliare li crudeli cuori, e faria muovere a la sua volontade coloro che non hanno vita di scienza e darte: e coloro che non hanno vita ragionevole alcuna sono quasi come pietre274.

Ma si tratta ora di una ragione penetrata di estasi poetica: Orfeo sta a indicare insieme la comunione totale con la natura e labbandono totale a Dio. Il suo nome servir naturalmente ad indicare gli stati eccezionali della vita spirituale a contatto con la divinit:

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Septima et omnium praestantissima ea animi alienatio est, quae fit castitate mentis Deo devotae, quaemadmodum Orpheus in hymno Deorum omnium Musaeum docet. Talis quippe mens non ad tempus, ut aliae, sed ferme semper pacatum est Dei templum, cuius ostium (ut Joannes inquit Theologus) Deus pulsat primum, quod statim apertum ingreditur, quod inhabitat sedulo, in quo hominem pascit ambrosia275.

In questo Orfeo insieme maestro ed esempio: dietro la sua invocazione a una sorta di mistica della contemplazione e del sogno che si allude. Questa viene a completarsi attraverso la tragedia dellamore perduto e ritrovato, attraverso lepisodio della discesa agli Inferi, attraverso il crimine delle baccanti; tutte prove queste poco comuni che attendono luomo dedito alla contemplazione. LOrfeo del Poliziano, frettolosamente composto nel 1480, una sorta di balletto pittoresco, una sacra rappresentazione su tutti questi temi. Si sa che a Milano Leonardo fu indotto a studiarne la messa in scena276. La maggior parte dei quadri che illustrano la favola sembrano legati al dramma del Poliziano. La fronte di cassone composta da Jacopo del Sellaio merita di essere avvicinata ad esso per la sua disposizione paratattica e i suoi accessori di scena277. Altre attribuite a Baldassare Carrari di Forl sembrano anchesse attestare il successo provinciale della favola polizianesca. In una desse si vede Plutone e Proserpina seduti in una caverna infernale che ha la forma di una sfera trasparente e che forse anche un artificio scenico278. Su una serie di piatti un tempo attribuiti a Timoteo Viti, amico di Raffaello, ma in realt posteriore al 1500 e dovuta a Nicola Pellipario da Casteldurante (Museo Correr) gli episodi della favola appaiono ugualmente volgarizzati in una forma sentimentale e facile279. La serie delle placchette in bronzo del Maestro

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della leggenda di Orfeo, attualmente identificato con Bertoldo, la sola illustrazione fiorentina degna della favola umanistica. I suoi tre grandi episodi: Orfeo e le fiere, Orfeo davanti a Plutone e Orfeo e le menadi sono svolti con forza, in uno stile accurato, impreziosito da tocchi antichizzanti, non senza qualche analogia con i medaglioni monocromi del Signorelli a Orvieto. Poich la serie risale al 1490 deve essere stata fusa per un adepto di Careggi280. Ma la presentazione pi originale della favola si trova nel pavimento di una cappella di San Domenico a Siena. Questa composizione stata a lungo attribuita al Beccafumi. Se essa come pi verosimile risale agli anni 1480-90, viene ad essere contemporanea dei riquadri del Duomo. Forse il caso di attribuirne il cartone a Francesco di Giorgio281. Nello stile un po duro tipico dellincrostazione marmorea, si ritrova la scena pastorale scolpita tanti anni prima da Luca della Robbia, ma con un simbolismo pi ricco. Sotto i dischi del sole e della luna, fra gli alberi stilizzati, leroe mitico impugna uno specchio in mezzo alle belve minacciose. un particolare inatteso che induce a cercare qui il mago delle et passate, il priscus theologus del platonismo. Lo specchio che riflette lardore del sole , come la cetra che risuona a distanza, lo strumento tipico delle azioni apollinee. Ci anzitutto in un senso fisico: la forma liscia, concava e brillante dello specchio, analoga a quella del cielo, raccoglie esattamente proprio per ci il dono stesso del cielo, concentra i raggi di Febo e pu consumare immediatamente ogni corpo solido che si trovi sullasse del suo fuoco282; ma anche in senso morale, dove le belve sono le passioni, che il saggio doma grazie alle virt occulte della magia e del sapere. Ecco, sembra, la ragione per cui lo specchio stato sostituito alla lira283. Se le cose stanno cos, abbiamo qui la chiave di uno dei disegni pi singolari di Leonardo: il combattimento di animali intorno alluomo con lo specchio

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infiammato (Louvre)284. Vediamo a Siena nello stesso atteggiamento minaccioso, il liocorno, il leone, la pantera che Leonardo rappresenta scatenati gli uni contro gli altri, ponendo al centro del suo disegno il combattimento bestiale dellaquila e del dragone. Il giovane dirige contro di essi la superficie concava dello scudo-specchio per abbagliarli, per cui lecito chiedersi se lallegoria morale di Leonardo non sia una variante sul tema di Orfeo, riferito alla magia della luce. La favola di Ercole quasi altrettanto completa di quella di Orfeo: pi familiare al medioevo, questa favola era divenuta, in mano ai mitografi del Trecento, la favola morale per eccellenza: Hercules id est virtus285. Nella distruzione dei mostri di natura si vede la purificazione delle passioni. Il Salutati sul mito di Ercole aveva costruito tutta una dottrina della vita attiva. Il Landino e il Ficino non fanno che continuare una lunga tradizione allorch citano, uno nel De vera nobilitate e nelle Disputationes Camaldulenses, laltro in diverse epistole, Ercole fra gli eroi che mostrano la ragione allopera: unicus in nobis est homo, bestiae vero sunt multae. Il Ficino loder lenergia polemica del Poliziano paragonandolo ad Ercole, cosa che non piacque al poeta, i cui nemici ripresero il complimento in chiave ironica286. Ma non da queste interpretazioni filosofiche che derivava il successo di una favola troppo nota, che tendeva naturalmente ad assumere un altro aspetto. Il diffondersi dellaneddoto morale di Ercole al bivio e labbondante illustrazione che esso trova287 non impedivano che Ercole significasse anzitutto la forza fisica e i trionfi della gloria. Egli era il primo degli uomini famosi; il Petrarca laveva celebrato come tale; e il nerboruto eroe compariva tra i grandi uomini di cui Piero della Francesca aveva decorata una casa a Borgo San Sepolcro e un imitatore di Paolo Uccello il palazzo Bardi-Sarzelli a Firen-

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ze288. In queste opere non dato ritrovare alcun rapporto con lErcole immortale, che tiene in mano il pomo simbolico della vita felice, noto per la statua antica (palazzo dei Conservatori) che uno scultore seguace di Bertoldo rappresenter intorno al 1500289. Non leroe stoico per due volte trionfatore della morte, n il personaggio tormentato di Seneca che interessa gli artisti rinascimentali, ma una solida immagine dellattivit e del successo, uomo della virt, irresistibile e vendicativa. Egli ritorna spesso nei manoscritti. Nel 1463 una miniatura di Francesco di Giorgio in un manoscritto dellOsservanza, nel 1472, a Ferrara, una miniatura astrologica che rappresenta Ercole che abbatte lIdra290 si ispirano alle famose composizioni del Pollaiolo: i tre grandi quadri su tela (perduti dopo il 1495) che verso il 1460 vennero ad ornare la casa dei Medici, rappresentavano per la prima volta con ampiezza le fatiche dErcole che soffoca Anteo, che abbatte il leone e distrugge lIdra. Versioni ridotte ne hanno conservato il ricordo: su uno sfondo di paesaggio si vedono dispiegati tutto lo sforzo fisico e la terribilit delleroe. Non si deve dimenticare, per intendere questo interesse, che Ercole figurava tra i protettori leggendari di Firenze291. Sul grazioso busto di guerriero del Bargello, che forse un ritratto di Giuliano, la corazza appare decorata con due dei fatti dErcole ai lati del medaglione di Nerone. Una statua antica di Ercole si trovava nel giardino del casino di San Marco; Leonardo sembra alludervi in una sua nota del Codex Atlanticus292. Il tipo erculeo ossessioner Michelangelo: alla morte del Magnifico lavorer ad una statua delleroe con la clava; pi tardi la Repubblica gli commissioner con insistenza un gruppo che sembra essere stato quello di Ercole e Anteo293. Si tratta di immagini della Fortitudo civica294. Se si passa a considerare le celebrazioni trionfali, cos numerose e diffuse nel Rinascimento295, si deve ricono-

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scere che, rispetto alle altre province dItalia, Firenze ha tenuto un atteggiamento riservato, almeno nel Quattrocento. Lelogio di Cosimo-Cosmos e di Lorenzo sotto il nome di Pan rimane un gioco poetico rispetto alla esaltazione che si fa di Sigismondo Malatesta a Rimini. Il modo in cui i personaggi di casa Medici vengono trasposti in immagini appare come una adulazione meno smaccata rispetto alle figurazioni eroiche che cominciano ad essere di moda nellItalia settentrionale; rimane comunque molto al di sotto di ci che si permetter Giulio II. Nel desiderio di glorificazione era implicita una pericolosa tendenza alla insincerit e allimpostura. Limmagine del personaggio viene completata ingrandendo le sue attitudini, le sue virt, la sua dignit perch possa rispondere a un tipo splendido, per poterlo rappresentare come un eroe. Non si tratta di un artificio nuovo. Per Firenze preferiva una glorificazione pi discreta. Ci si accontenta di velate allusioni alla ricchezza, alla nobilt e alle ambizioni del personaggio, o addirittura si preferisce alludere a un elemento dominante della sua figura: la purezza dellanima nel caso del cardinal di Portogallo a San Miniato, lenergia del Sassetti a Santa Trinita. Parrebbe che il clima intellettuale creato dallumanesimo platonico avesse favorito una rielaborazione in senso psicologico dei temi trionfali dellarte antica, il cui uso gi si era diffuso nella decorazione, con intenti meno sottili. Cos la figura di una Vittoria viene a suggerire piuttosto la grandezza morale che non il prestigio militare; uno schiavo incatenato sta a indicare lanima serva delle passioni, anzich la sottomissione a un vincitore. Come linfluenza del neoplatonismo fiorentino porta a cercare quelle figure a doppio senso che servono a collegare il mondo pagano al pensiero cristiano, cos incoraggia lutilizzazione dei simboli della glorificazione mondana per suggerire una grandezza di tuttaltro genere.

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Non solo il valore dei temi non sempre esplicito, ma il modo in cui vengono combinati pu risultare per noi, in mancanza di un testo e di un documento che serva da intermediario, del tutto oscuro. questo il caso del ciclo allegorico pi originale che ci abbia lasciato la fine del Quattrocento: i dodici riquadri in stucco ad imitazione del bronzo che si trovavano nel cortile del palazzo di Bartolomeo Scala296. Il piglio robusto di questi rilievi porterebbe ad attribuire lopera curiosa alla bottega di Bertoldo. Lo stile quello delle sue placchette, e tale anche la doppia componente dellispirazione, per cui le scene di violenza, le battaglie di animali si alternano con altre in cui appaiono allegorie dellattivit umana. A tratti siamo in prossimit della Educazione di Eros (Victoria and Albert Museum) a tratti in prossimit del Combattimento di cavalieri (Bargello) che rappresentano per cos dire le due facce dellarte di Bertoldo, con lo stesso contrasto di una composizione turbinosa e aggrovigliata nelle scene di violenza, e di una fredda dignit, di figure semplicemente allineate, nei quadri simbolici. Non da escludere che anche qui come a Poggio a Caiano si debba pensare a una certa elaborazione ad hominem: la personalit di Bartolomeo Scala, giurista e uomo di stato, oltre che umanista e amico del Ficino, spiega indubbiamente perch nel lato sud si insista in modo particolare su rilievi dedicati al negotium (Negligentia), alla potenza politica (Gloria Militaris), allunione di Minerva e Marte (Imperatoria Potestas), mentre la serie opposta, Amor, Mitas, Jurgium rappresenta la sottomissione degli istinti grazie alla vera potenza di Eros. La serie orientale: Ebrietas, Proelium, Regnum, illustra lo scatenarsi delle passioni bestiali297; la serie occidentale, Tempestas, Victoria, Quies, la pace e la serenit dellanima vittoriosa. Come ogni rilievo sinserisca esattamente nel ciclo e quale sia il suo particolare significato

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Palazzetto di Bartolomeo Scala: decorazione del cortile

1. Quies: Suonatore di viola (Orfeo?); nove personaggi; grotta con drago. 2. Victoria: Quattro figure; donna su una biga. 3. Tempestas: Vecchio con discepolo; gruppo rustico. 4. Imperatoria Potestas: le Scienze (?); Orfeo-Minerva; imperator e soldati. 5. Gloria Militaris: Carro con Ercole, la Fortuna, ecc. 6. Negligentia: Mercurio e un mendico; donna con una giovane vittima (?); gruppo. 7. Ebrietas: Centauri intorno a unurna fumante da cui esce un porco. 8. Proelium: Battaglie di cavalieri. 9. Regnum: Uomo che abbatte alcuni animali. 10. Amor: Due guerrieri e un vecchio seduti; Venere (?) che reca il pomo; guerriero; uomo nudo (Marte?) che percuote Cupido davanti a una vecchia. 11. Mitas: Uomo nudo; leone che divora un bue. 12. Jurgium: Danza rustica; musici, uomo ebbro.

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si comprende a fatica nonostante le iscrizioni al centro di ognuno. Vi si vedono comunque in modo indubbio tutti gli elementi di una nuova psicomachia: non la lotta del bene e del male che viene raffigurata qui, ma la rivalit tra le varie parti dellanima, il conflitto dellelemento razionale con gli elementi irascibili e gli appetiti inferiori298. Unindicazione pi precisa ci viene fornita dalla figura del suonatore di viola, posta a sinistra della Quies e ripetuta al centro della Imperatoria Potestas: questa figura vicina alla statuetta di Bertoldo, considerata un Orfeo o un Apollo, che si trova al Bargello. La robusta figura di Ercole che compare nella Gloria Militaris sembra definire laltro aspetto essenziale di questa psicologia allegorica la quale, nonostante la sua oscurit, viene a confermare, tutto sommato, che lo specchio morale aveva trovato in Ercole e in Orfeo, eroi della vita attiva e della vita contemplativa, i suoi due simboli essenziali.

Il gran numero di queste riunioni ricordato da b. varchi, Storia fiorentina, IX, 36: la loro struttura stata studiata da g. m. monti, Le confraternite medievali dellalta e media Italia, Venezia 1927 e recentemente commentata da p. o. kristeller, Lay religious traditions and florentine Platonism, in Studies cit., cap. V. Sullimportanza della Confraternita dei Magi cfr. pi avanti, cap. II, 2. 2 ci che risulta dalla rassegna, alquanto laboriosa, dei successivi punti di vista compiuta da a. chastel, Art et religion dans la Renaissance italienne, in Humanisme et Renaissance, vi (1945), e w. k. ferguson, The Renaissance in historical thought, Boston 1948. 3 e. garin, LUmanesimo italiano ecc. cit. 4 h. brockhaus, Die Paradiestr Ghibertis, in Forschungen ber florentinische Kunstwerke, vol. I, 1902. Sulle sottigliezze del programma: r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., cap. XII. Alcuni esempi saranno forniti pi avanti. 5 j. von schlosser, Giustos Fresken in Padua und die Vorlaufer der Stanza della Segnatura, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen der all. Kaiserhauses, xvii (Wien 1896), pp. 13 sgg.: analisi dei
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze medaglioni e della loro disposizione. a. van marle, Iconographie de lart profane au Moyen-Age et la Renaissance, LAja 1932, vol. II, p. 228; l. planiscig, Luca della Robbia, Wien 1940. 6 Secondo la cruttwell, Luca and Andrea della Robbia and their successors, London 1902, p. 19, e a. marquand, Luca della Robbia, London 1914, pp. 36-37 ( difficile trovare qui un simbolo della retorica o anche della poesia). 7 La composizione ispirata alle formelle delle porte di San Lorenzo scolpite da Donatello a partire dal 1435: l. planiscig, Donatello, Firenze 1947, p. 74. 8 vasari, ed. Milanesi, II, p. 169; l. goldscheider, Leonardo da Vinci, London 1947, trad. fr., Paris 1948, p. 22 (n. 39). 9 g. j. hoogewerf, Vultus Trifons, in R. C. Pont. Accademia Romana, XIX (1942-43), pp. 205 sgg. Sullemblema trinitario: e. panofsky, Signum Triceps, nel volume degli Studien der Bibliothek Warburg, XVIII, Leipzig 1930. Sullattribuzione della nicchia a Donatello seguiamo il paatz, Kirchen cit., IV, p. 533. 10 m. davies, The earlier italian schools (National Gallery), London 1951, pp. 94-98. Sulleresia: g. boffito, Leresia di Matteo Palmieri, cittadino fiorentino, in Giornale storico della letteratura italiana, xxxvii (1901), pp. 1-69. Secondo filippo da bergamo, Supplementum chronicarum, Venezia 1483, il Palmieri sarebbe stato condannato e bruciato. Cfr. e. wind, The revival of Origen, in Studies in Art and Literature for Belle da Costa Greene, Princeton 1954. Un documento pubblicato di recente da p. o. kristeller, Studies cit., p. 328, rivela tuttavia che ancora nel 1515 un domenicano era stato incaricato di rivedere il testo del poema. 11 d. c. allen, The Legend of Noah, 1949, p. 169; e. wind, The revival of Origen cit., p. 419; r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 177. 12 a. della torre, Storia cit., pp. 619-20. 13 e. garin, Problemi di religione e filosofia nella cultura fiorentina del Quattrocento, in Humanisme et Renaissance, XIV (1952). 14 d. p. walker, Orpheus the theologian and Renaissance Platonists, in jwci, xv (1943); p. o. kristeller, Studies cit., pp. 51 sgg. 15 Marsile Fcin et lart cit., pp. 157 sgg. 16 Opera, 933 (lettera a Martinus Uranicus, giugno 1492); g. corsi, Vita Ficini, cap. VIII; p. o. kristeller, Studies cit., p. 202. 17 Come ha notato f. saxl, Pagan sacrifice in the italian Renaissance, in jwci, ii (1939), 4. 18 Opera, p. 935. Questo testo sar ripreso dal mitografo V. Cartari. Su questo nuovo concetto dellimmagine esatta delle divinit antiche: e. h. gombrich, Icones Symbolicae, The visual image in the neoplatonic thought, in jwci, xi (1948), p. 78.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Theologia platonica, XIV, 1, Opera, 305; Pico, ed. Garin (1942), p. 102. 20 e. garin, La Dignitas hominis e la letteratura patristica, ne La Rinascita, i (1938), pp. 102-46. g. gentile, Il concetto delluomo nel Rinascimento, ne Il pensiero italiano del Rinascimento, Firenze 1940, pp. 90 sgg. 21 Theologia platonica, XIV, 3, Opera, 309; ibid., XIV, 8, Opera, 360, citati in Marsile Ficin et lart cit., pp. 43 e 45. 22 Theologia platonica, XIV, 1, Opera, 308; Convito, I, 2; Marsile Ficin et lart cit., p. 146. 23 a. buck, Dichtung und Dichter bei Cristoforo Landino, in Romanische Forschungen, lviii-lix (1947), pp. 233-46. 24 pico, Heptaplus, proemio, ed. E. Garin, pp. 191-93; e. h. gombrich, Icones Symbolicae ecc. cit., p. 168. 25 Cos la stele funeraria di una famiglia completata a Roma intorno al 1490 con le scritte: Honor, Amor, Veritas: p. l. williams, Two roman reliefs in Renaissance disguise, in jwci, iv (1940-1941), pp. 47 sgg. 26 Il Ficino ha spesso la sensazione di spingersi troppo lontano. Se la cava di solito dichiarando di star esponendo le dottrine degli Antichi senza assumersene la responsabilit in proprio, e affermando che si tratta di un gioco poetico. Cos quando indugia sulla simbologia dellEros e sui princip della magia universale, scrive: liceat hic una cum Pythagoricis parumper confabulari (Theologia platonica, III, I, Opera, p. 125). 27 Theologia platonica, XVIII, 10, Opera, p. 418; Marsile Ficin et lart cit., pp. 164, 166, n. 6. 28 Theologia platonica, VIII, Opera, p. 185; Theologia platonica, XVI, 8, Opera, p. 385; Marsile Ficin et lart cit., pp. 68 e 53, n. 33. p. o. kristeller, Il Pensiero filosofico ecc. cit., pp. 37 sg. 29 Si tratta di uno degli aspetti di una evoluzione pi generale descritta da e. panofsky, Hercules am Scheidewege, Leipzig 1930. 30 Marsile Ficin et lart cit., III. e. panofsky, Studies in Iconology cit., cap. VI; c. de tolnay, Werk und Weltbild des Michelangelo cit., II. 31 Su tutti questi punti: j. seznec, La survivance des dieux antiques cit., e le osservazioni di e. garin, Le favole antiche, in Medioevo e Rinascimento cit., I, 3. 32 boccaccio, Genealogia Deorum, XV, 8. 33 Cfr. pi avanti. 34 Un oggetto ben pi significativo da questo punto di vista il medaglione in bronzo, niellato in oro e argento, che stato chiamato lo Specchio Martelli (Victoria and Albert Museum, Catalogue of italian plaquettes, a cura di E. Maclagan, London 1924, p. 11): nessuno pensa pi dattribuirlo a Donatello e di datarlo 1450-60, come faceva il Bode.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Esso risale al 1500 circa e pu essere padovano (cfr. sopra, parte I, cap. VI). Esso presenta intorno a un piccolo ermete circondato di pampini e demblemi rituali un fauno che fa il gesto delle corna e una baccante che si spreme il latte dal seno facendolo cadere in un rhyton. Sotto una maschera posta in primo piano la scritta: Natura favet} quae { Necessitas urget sta a indicare con il maggior vigore possibile lidea della coerenza e dellonnipotenza delle forze della generazione nella natura (f. saxl, Pagan sacrifice in the Renaissance, in jwci, ii [1939] pp. 359 sgg.). Se ne ritrovano gli elementi nel Sogno di Polifilo: la ninfa generosa ricompare nellallegoria della Natura con la dedica pntwn tokad, la maschera nella testa di Medusa raffigurata sulla chiave di volta del tempio di Venere Physizo e torna anche a pi riprese il motivo priapico. 35 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., I, 3. Sul posto della magia nella cultura del Rinascimento: e. garin, Magia ed astrologia nella cultura del Rinascimento, in Belfagor, 1950. 36 Marsile Ficin et lart cit., I, cap. I. 37 Discorso sopra le decadi di Tito Livio, libro II, cap. II; cfr. a. renaudet, Machiavel, 2 ed., Paris 1952. 38 Su Govanni Rucellai (1403-81): g. marcotti, Un mercante fiorentino e la sua famiglia, Firenze 1881. La lettera del Ficino in p. o. kristeller, Supplementum ficinianum cit., II, pp. 169-72; essa stata studiata da a. warburg, Francesco Sassettis ecc., in Gesammelte Schriften cit., vol. I, pp. 147 sgg. Cos la Fortuna ha perduto il carattere di mera illusione che aveva in Dante, senza ancora aver assunto il valore di sfida alla virt che avr in Machiavelli: cfr. e. cassirer, Individuum und Kosmos ecc. cit. Il motivo della Fortuna che tiene la vela stato utilizzato da un medaglista fiorentino, il cos detto Maestro della Fortuna: c. von fabriczy, Medaillen der italienischen Renaissance, Leipzig, s. d., p. 63. 39 w. von bode, Bertoldo ecc. cit., pp. 23-25. 40 a. chastel, Le cosmos la Renaissance, in LEurope humaniste, catalogo della mostra tenuta a Bruxelles nel 1954. 41 Si a volte attribuita unimportanza decisiva ai legami di Nicola Cusano con Paolo del Pozzo Toscanelli, per quanto riguarda la critica della cosmografia tradizionale. I fatti non depongono in questo senso. Il rapporto di dipendenza di Leonardo dal cardinale, affermato da p. duhem, Etudes sur Lonard de Vinci, serie II, Paris 1909, tuttaltro che provato; e. cassirer, Individuum und Kosmos ecc. cit., cap. I, ha attribuito al cardinale uninfluenza sulla quale si possono avanzare riserve. 42 r. almagi, Osservazioni sullopera geografica di Francesco Berlinghieri, in Archivio della Deputazione romana di storia patria, xi (1946), pp. 211-55.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze k. kretschmer, Die Entdeckung Amerikas in ihrer Bedeutung fr die Geschichte des Weltbildes, Berlin 1892, cap. IV. l. olschki, Storia letteraria delle scoperte geografiche, Firenze 1937. g. battelli, La corrispondenza del Poliziano col re don Giovanni di Portogallo, in Rinascimento, ii (1939), pp. 290-98. 44 a. m. bandini, Vita di Amerigo Vespucci, ed. G. Uzielli, Firenze 1898; a. della torre, Storia cit., p. 772. Sul problema nel suo complesso: r. almagi Il primato di Firenze negli studi geografici durante i secoli XV e XVI, Firenze 1929. Ultimamente: e. garin, Ritratto di Paolo del Pozzo Toscanelli, in Belfagor, xii (1937), 3. 45 Theologia platonica, II, xiii, Opera, p. 112: citato in Marsile Ficin et lart cit., p. 59. 46 significativo che si trovino figure cosmologiche (divinit planetarie, muse guidate da Apollo) nel famoso gioco di carte noto come i tarocchi del Mantegna. lecito vedervi un gioco neoplatonico certamente composto da Nicola Cusano, il Bessarione e Pio II durante il concilio di Ferrara (1459-60), sul tema dei gradi del mondo. h. brockhaus, Ein edles Geduldspiel: die Leitung der Welt oder die Himmelsieiter, die sogenannten Taroks Mantegnas vom Jahre 1459-60, in Miscellanea I. B. Supino, Firenze 1933, pp. 397 sgg. 47 Riferimenti in Marsile Ficin et lart cit., p. 95 e n. 48 Su questo punto: w. e. peuckert, Pansophia, Stuttgart 1936; e. garin, Magia ed astrologia ecc. cit. 49 a. chastel, Luf de Ronsard, in Mlanges... offerts a H. Chamard, Paris 1951, pp. 109-11. Luovo sospeso a perpendicolo sul Bambino Ges nella pala di Piero della Francesca a Brera unisce in s parecchi simboli: riprende il motivo delluovo di struzzo che veniva posto spesso nel coro delle chiese, cosa particolarmente opportuna per onorare un principe (Federico di Montefeltro) che fra i suoi emblemi aveva anche lo struzzo: m. meiss, Ovum Struthionis, symbol and allusion in Piero della Francescas Montefeltro altarpiece, in Studies... for B. da Costa Greene, Princeton 1954; il valore cosmico non meno palese nella posizione che loggetto occupa al centro della sfera absidale e del cerchio degli adoratori: k. clark, Piero della Francesca, London 1952. 50 Epist. V, Opera, p. 805; w. dress, Die Mystik des Marsilio Ficino, Berlin 1929, p. 130. 51 t. reinach, La musique des sphres, in Revue des tudes grecques, xiii (1900), p. 432; p. boyanc, Etudes sur le Songe de Scipion, Paris 1936, p. 27. Sul valore simbolico della sfera nellantichit: o. brendel, Symbolik der Kugel, in Mitteilungen des deutschen Archologischen Instituts, li (Roma 1936), pp. 1-95. Sullo sviluppo di questo tema nel medioevo: j. baltrusaitis, Cosmographie chrtienne dans lart du Moyen-Age, in Gazette des Beaux-Arts. febbraio 1937, ottobre e dicembre 1938, febbraio 1939, estratto, Paris 1939.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Marsile Ficin et lart cit., III, cap. II c. de tolnay, The music of the universe, in Journal of the Walters Art Gallery, 1943; j. hutton, Some english poems ecc. cit., p. 24. 53 Cfr. pi avanti, cap. III. Un curioso passo della Commedia, Paradiso, XII, 7-9, fa allusione alle muse e alle sirene in connessione con le sfere celesti. 54 Commentarium in Timaeum, capp. 26 e 27, Opera, II, p. 1447. 55 c. fasola, Il Battistero di S. Giovanni, Firenze 1948. 56 j. baltrusaitis, Cosmographie chrtienne ecc. cit., p. 46, fig. 54. 57 a. venturi, Storia dellarte italiana, VI, p. 3, fig. 3; r. oertel, Filippo Lippi, Wien 1942; m. pittaluga, Filippo Lippi, Firenze 1948. 58 Il tracciato astrologico del cielo fornito dallo stesso artista nel celebre disegno di Atlante: a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., pp. 98 sgg. 59 c. de tolnay, The music of the universe cit. 60 y. batard, Les dessins de Sandro Botticelli pour la Divine Comdie, Paris 1952, p. 80. 61 o fischel, in jb, xli (1920), p. 98, id., Raphal, London 1948, pp. 149 sgg. 62 c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., pp. 35 sgg. 63 E che si ritrova nelle tarsie contemporanee. 64 j. p. richter, The literary works ecc. cit., nn. 939 e 1422; a. chastel, Lonard de Vinci et la culture cit., p. 257. 65 Sui corpi platonici e larte cfr. pi avanti. 66 Theologia platonica, IV, i, Opera, pp. 122-25. 67 Ibid., pp. 129-31. I demoni sono: Plutone-Proserpina (terra), Oceano-Teti (acqua), Giove-Giunone (aria), Faneta-Aurora (fuoco). 68 Sullazione dellatmosfera tra lacqua e il fuoco: Codex Atlanticus 75 v (a); op. cit., pp. 337-352. 69 Ad esempio, ed. j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1218, vol. II, p. 257; come per le coppie dolore-piacere, morte-vita, esiste unopposizione dialettica che non pu essere risolta dallartifiziosa natura e dal tempo consumatore delle cose (cfr. pi avanti). 70 e. mle, Lart religieux du XIIIe sicle en France, Paris, pp. 316 sgg. e r. von marle, Iconographie de lart profane ecc. cit. 71 vasari, ed. C. L. Ragghianti, I, p. 541 72 filarete, Trattato di architettura, ed. cit., p. 302. 73 f. weege, Der malerische Smuck von Raffaels Loggien in seinem Verhaltnis zur Antike, in t. hofmann, Raffael als Architekt, vol. IV, Leipzig 1911, p. 174; a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 44. Sul naturalismo delle grottesche: a. chastel, La Renaissance fantaisiste, ne Lil, 1956, n. 21 (settembre), e pi avanti, pp. 339 sgg. 74 Sul programma della Stanza: cfr. pi avanti, sezione V, cap. III. 75 Si trova nella volta della cappella del Sacramento a Cremona
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze (circa 1498), attribuita a Altobello Meloni, una curiosa combinazione dei simboli della natura, dei simboli evangelici e dei medaglioni dei dottori: a. puerari, Gli affreschi cremonesi di Giovanni Pietro da Cemmo, in Bollettino darte, xxxvii (1952), p. 220. 76 Theologia platonica, XIV, x, Opera, p. 322. 77 Come suggerisce invece, a torto, e. wind, The four Elements in Raphaels Stanza della Segnatura, in jwci, ii (1939), pp. 75-79. stato tuttavia questo articolo a offrire la prima esegesi particolareggiata della composizione. Noi la riassumiamo senza tener conto delle molteplici intersezioni di significato indicate dallautore, in vista della posizione di ogni riquadro tra due simboli fondamentali. 78 Ne parleremo pi avanti. 79 d. levi, The Allegories of the months in classical art, in The Art Bulletin, xxiii (1941). a. colasanti, Le stagioni nellantichit e nellarte cristiana, in Rivista darte, 1901, pp. 669 sgg. r. van marle, Iconographie de lart profane ecc. cit., vol. I, cap. IV. 80 r. de campos, Raffaello e Michelangelo cit., p. 51. 81 a. marquand, Andrea della Robbia cit., p. 109. g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 37. u. middeldorf, Giuliano da Sangallo and Andrea Sansovino, in The Art Bulletin, xvi (1934), 2, pp. 107-15. Alcune note inedite del professor Middeldorf sono state utilizzate nellanalisi che segue. 82 w. h. roscher, Ausfhrliches Lexicon der griechischen und rmischen Mythologie, vol. V, Leipzig 1924, col. 379, alla voce Terminus. 83 h. dtschke, Die antiken Marmorbildwerke ecc. cit., I, n. 44, p. 33, cita un sarcofago romano di Pisa, che presenta i due fratelli. c. robert, Sarkophaggrber cit., III, 1, nn. 50, 58, 65, 72. f. cumont, Recherches ecc. cit., p. 397, a proposito del papavero: Questa pianta narcotica propria di Hypnos e caratterizza le sue immagini.... 84 Analogie nellarte greca: t. homolle, Deux bas-reliefs noattiques, in Bulletin de correspondance hellnique, 1892, pp. 325-43, tav. viii. Questi bassorilievi provengono da Ercolano e sono opera di botteghe attiche attive in Italia nel ii secolo a. C. 85 ovidio, Metamorfosi, II, 13-16: Verque novum stabat cinctum florente corona | Stabat nuda Aestas et apicea serta gerebat, | Stabat et Autumnus calcatis sordidus uvis | Et glacialis Hiems canos hirsute capillos. r. van marle, Iconographie de lart profane ecc. cit., I, p. 316. Associate alle ore, le quattro stagioni rientrano nel quadro mitologico. Ovidio le assegna dapprima come compagne di Giano, in quanto sono espressione dellordine celeste, poi di Flora, in quanto regolano la vegetazione, come provano i fiori, i frutti, che le circondano (Fastes, I e VI). Di qui il preciso legame con il motivo centrale del fregio, consacrato a Giano. Sui sarcofagi con rappresentazioni delle stagioni a Pisa, in palazzo Barberini (oggi a Harvard): f. cumont, Recherches ecc. cit.,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze p. 487. Per il confronto con lantico: d. levi, The allegories of the months ecc. cit., pp. 259-92. 86 poliziano, Selve, ed. i. del lungo, p. 24; con per fonti: macrobio, Saturnales, I, 9, plinio, Naturalis Historia, XXXIV, cap. VII. 87 j. g. frazer, The Fasti of Ovid, London 1929, testo, vol. I, pp. 7 sgg.; commento, vol. II, pp. 82 sgg. 88 j. g. frazer, The Fasti of Ovid cit., vol. II, pp. 101 sgg. virgilio, Eneide, VII, 611-14, rappresenta gi questa scena. 89 Linno VI di Proclo a Ecate e a Giano contiene anchesso uninvocazione: Salute anche a te, Giano, antenato degli antenati (v. 4), che sottolinea il significato cosmico del dio. Gli inni di Proclo non sono stati editi che nel 1500 a Firenze (senza il sesto per): m. meunier, Aristote, Clanthe, Proclus, Hymnes philosophiques, Paris 1935, pp. 56 e 111-13. Nelle Stanze il Poliziano sottomette Giano al potere sovrano di Atena: O sacrosanta dea figlia di Giove, | Per cui il tempio di Gian sapre e riserra; | La cui potente destra serba e move | Intero arbitrio e di pace e di guerra (Stanze per la Giostra, II, st. 41). Nel carnevale del 1513 uno dei carri realizzati dal Pontormo seguendo le direttive di J. Nardi, presenter lEt di Saturno e di Giano, cio let delloro, e Giano vi apparir con in mano le chiavi del tempio della guerra. 90 l. dtschke, op. cit., I, 113 (porta dellEternit), e II, p. 61. Sulla porta dellAde nella scultura romana: altmann, Architektur und Ornamentik ecc. cit., p. 13; f. cumont, Recherches ecc. cit., tav. XXX, 2. 91 Sullopposizione Giove-Saturno, a. chastel, Le mythe de Saturne dans la Renaissance italienne, in Phoebus, iii (1948). 92 Numerosi passi di Platone (Ione, Eutidemo); Inni orfici, XXXVIII, I: Coribanti che fate risuonare il bronzo, siete voi che per primi avete disposto liniziazione. Pico scrive esplicitamente: Idem sunt Curetes apud Orpheum et potestates apud Dionysium: b. kieszkowski, op. cit., p. 119. 93 Il simbolo del serpente-eternit descritto in Giamblico. Il Ficino lo cita da Horapollo come esempio di geroglifico: Opera, p. 768; cfr. e. h. gombrich, Icones Symbolicae cit., p. 172 e n. 1. limpresa che si vede sul rovescio delle medaglie di Lorenzo di Pierfrancesco: g. p. hill, A corpus of italian medals ecc. cit., nn. 1034, 1055. Era gi stato attribuito come simbolo, nella serie dei Tarocchi, al personaggio chiamato Chronico, demone della durata: h. brockhaus, Ein edles Geduldspiel ecc. cit. (b 32). 94 ficino, Compendium in Timaeum, cap. XVI: Cur mundus sit unus et sphaericus et moveatur in sphaeram (Timeo, 37 d). 95 claudiano, ed. Koch, Leipzig 1893. Abbiamo segnalato sopra, parte I, II, introduzione, che Claudiano era ritenuto fiorentino. 96 Faust, seconda parte, atto I, vv. 6216 sg. Goethe ha tratto il moti-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vo da plutarco, De defectu oraculorum, cap. XXII; cfr. ledizione del Faust a cura di h. lichtenberger, Paris 1933, t. II, p. lxviii. 97 Cfr. f. de ruyt, Charon dmon trusque de la mort, Bruxelles 1934. Caronte con un serpente in una mano (e un mazzuolo nellaltra): nn. 52, 75, 96, 103, 123, 124, 124 bis, 125 e 131 bis; demoni con serpenti: nn. 152, 158 e 161, e soprattutto Tuchulcha che impugna serpenti: n. 1 (tomba dellOrco a Tarquinia, seconda stanza), n. 34 (cratere di Vulci alla Bibliothque Nationale di Parigi), n. 42 (cratere di Toscanella, museo di Trieste). Cfr. ancora: e. kuster, Die Schlange in der griechischen Kunst und Religion, Giessen 1913, p. 88. 98 c. landi, Demogorgone con saggio di nuova edizione delle Genealogiae Deorum gentilium del Boccaccio, Palermo 1930, n. 18. j. seznec, La survivance des dieux antiques cit., p. 139. La figura del Demogorgone nata da un equivoco degli scoli a stazio, Tebaide, IV, 512-13, e lucano, Farsaglia, IV, 742-49. Indicazioni sulla vita successiva di questa figura nel breve articolo di m. castelain, Dmogorgon ou le barbarisme difi, in Bulletin de lAssociation G. Bud, n. 36 (luglio 1932), pp. 22-39. 99 c. c. coulter, The Genealogy of the Gods, in Vassar mediaeval Studies, a cura di S. Forsyth Fiske, New Haven 1923, pp. 315-41. 100 v. cartari, Le imagini con la spositione de i Dei degli antichi, Venezia 1556. Citato dalledizione latina: id., Imagines deorum qui ab antiquis colebantur, Lyon 1581, pp. 18, 32 ecc. Sul Cartari e i mitografi, j. seznec, La survivance des dieux antiques cit., pp. 197 sgg. 101 Cos B. Berenson nella bella pagina, scritta in uno stile che ricorda W. Pater, che egli dedica al quadro, Italian Painters of the Renaissance, ed. London 1952, p. 114. 102 Le indicazioni di r. vischer, Signorelli und die italienische Renaissance, Leipzig 1879, sono state riprese dalla maggior parte degli autori, M. Cruttwell (1899), A. Venturi (Storia, VII, 2, 1913; Luca Signorelli, 1923), L. Dussler (1927). Recentemente: mario salmi, Signorelli, Firenze 1954. 103 vasari, ed. Milanesi, III, pp. 688-89. 104 Il Signorelli tra gli artisti invitati a presentare un progetto per la facciata del duomo di Firenze nel 1490: il 5 gennaio 1491 egli assente dalla riunione finale (documento in vasari, ed. Milanesi, IV, pp. 306-9). 105 Dipinto su tela: cm 945257. Ricordato nel 1687 nellinventario di palazzo Pitti, stato ritrovato nel 1865 nella collezione di Cosimo Corsi; pass quindi al museo di Berlino nel 1875. Distrutto nel 1945. Il catalogo del Kaiser Friedrich Museum a cura di H. Posse, Berlin 1909, fornisce indicazioni sui colori. 106 h. p. horne, Botticelli cit., 1908, p. 59, ha supposto che si tratti di Lorenzo (di Pierfrancesco) de Medici, e che lallegoria di Pan sia

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze stata dipinta per la stessa persona per cui era stata dipinta la Primavera. Il passo del Vasari non consente questa ipotesi: lallusione alla magnificenza identifica chiaramente il Magnifico e laccenno alla villa di Castello (che nel Quattrocento era quella di Laurentius Minor) non riguarda che il secondo dipinto citato, la Madonna coi profeti, e anche se riguardasse il Pan non lo localizzerebbe che alla data 1550. 107 Nella sua V egloga Naldo Naldi (1436-1513), dopo aver descritto la gioia di Antea (cio Firenze) che ritrova Antifilo (lamante di Antea cio Cosimo) al suo ritorno dallesilio, aggiunge: Fate che io dedichi altri poemi pi importanti a Cosimo, a questo Cosimo che riempie il mondo del suo nome: a. hulubei, Etude sur la joute de Julien et sur les bucoliques ddis Laurent de Mdicis, in Humanisme et Renaissance, iii (1936), p. 314. Questi componimenti poetici scritti certamente al tempo di Cosimo e relativi agli avvenimenti del 1433-35, sono stati rifusi intorno al 1469 in modo da formare un ciclo gradito a Lorenzo. Sul Naldi poeta di corte: g. bottiglioni, La lirica latina in Firenze, Pisa 1913, pp. 47 sgg.; sui legami del Naldi con lAccademia: a. della torre, Storia cit., pp. 668 sgg. 108 Lettera del settembre 1462: Opera, p. 608. Lepistola si trova anche in un manoscritto della Biblioteca Laurenziana pubblicato in Supplementum Ficinianum, II, p. 87. Cfr.: Marsile Ficin et lart cit., pp. 8 e 55; a. della torre, Storia cit., pp. 537-38. 109 Sulla festa di san Cosma a Firenze: lettera di Lorenzo a Pietro Alemanni del 27 settembre 1491 ed epigramma di Naldo Naldi (Magl., VII, 1057, C. 4): ecce dies cosmi redeunt..., ricordati con altri riferimenti in Supplementum Ficinianum, vol. I, p. 155; cfr. anche a. della torre, Storia cit., p. 642. 110 Supplementum Ficinianum, I, p. 47. 111 Opera, pp. 843-44. 112 Ibid., pp. 648-49 (avanti il 1435). 113 a. hulubei, Etude sur la joute ecc. cit., pp. 319-20. 114 Opera, p. 728, 2. 115 lorenzo de medici, Altercatio, IV, 1 sgg., ed. Simioni, vol. II, p. 53. 116 g. spagnolo, Apollo e Pan, carme bucolico di Lorenzo de Medici, Cremona 1930; a. chastel, Melancholia in the sonnets of Lorenzo de Medici, in jwci, viii (1945), pp. 61-67. Lorenzo stesso aveva contrapposto lamore individuato nel movimento incessante della natura, di cui tratta nel commento, a quello che, secondo Platone, spinge tutte le creature a riposarsi in Dio: cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 29. 117 Poliziano, Opera, vol. I, Epist., libri XII, Lyon 1536, p. 109: Duobus circiter ante obitum mensibus, cum in suo cubiculo sedens (ut solebat) Laurentius de philosophia et litteris nobiscum fabularetur, ac se destinare diceret reliquam aetatem in iis studiis mecum et cum

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Ficino Picoque ipso Mirandola consumere, procul scilicet ab urbe et strepitu... Su questo aspetto di Lorenzo, cfr. Marsle Ficin et lart cit., pp. 28-29. 118 Il ricordo del Pan mediceo rest ancora vivo nel secolo successivo: in una raccolta di poesie in onore del duca dUrbino, morto nel 1516, questi detto: Pan medica de gente satus. Lauretum sive carmina in laudem Laurentii Medicis, Firenze 1516 (ed. 1820, pp. 3839). Questa indicazione stata scoperta da f. saxl, Antike Gtter in der Sptrenaissance, Leipzig 1927, pp. 22 sgg. 119 Ci viene a coincidere con linterpretazione proposta di r. herbig, Alcuni dei ignudi, in Rinascimento, 1952, pp. 3-23: noi per non seguiamo in tutto tale interpretazione. 120 Su Saturno, simbolo dellAccademia: Marsile Ficin et lart cit., introduzione, I. 121 r. herbig, Pan, der griechische Bocksgott. Versuch einer Monographie, Frankfurt am Main 1949. In particolare: 1) Pan seduto, una musa citareda e due ninfe, dipinto murale, Pompei (3 stile). Herbig, tav. xxxix, 1; 2) Pan imberbe in piedi, frammento di pittura murale, Ercolano, ibid., tav. XVIII, 2; 3) Torso di Pan sul quale sono state incise le immagini degli dei, marmo, 200 c. d. C., ibid., tav. xiv, 1-2. 122 I principali testi addotti dal Lbke (1874), H. Vischer (1879), R. Fry (1901), C. von Fabriczy (1903), sono stati raggruppati da r. herbig, Alcuni dei ignudi cit., e r. eisler, Luca Signorellis School of Pan, in Gazette des Beaux-Arts, xxxiv (1948), pp. 77-92: questo ultimo studio contiene unosservazione utile sul ciclo degli amori infelici, ma presenta (senza una valida ragione) il Filelfo (morto nel 1481) come ispiratore del quadro vedendovi lallusione a un rimedio osceno contro i tormenti damore (desunto da Dione Crisostomo, VI), che sar pi tardi illustrato da Luca Cambiaso. 123 c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., pp. 103-4. 124 k. clark, The nude, London 1956, pp. 102-3. 125 a. chastel, Melancholia in the sonnets ecc. cit., p. 66. Il portico e gli edifici del fondo, se non sono un semplice scenario classicheggiante, possono richiamare il tempio oracolare di Menalo in Arcadia, di cui Pan era il dio temuto; ne parla il Poliziano: Nutricia, v. 211. 126 Per lavvicinamento al Sannazzaro, la cui Arcadia, composta dopo il 1480, stata pubblicata solo nel 1504, cfr. f. saxl, Antike Gtter ecc. cit., p. 25. 127 guglielmo della valle, Lettere sanesi, Roma 1786, III, p. 320. b. berenson, The Drawings of the florentine Painters cit., n. 2509 (3), fig. 121, e id., Nouveaux dessins de Signorelli, in Gazette des BeauxArts, 1931, pp. 288-93. a. e. popham e p. pouncey, Italian Drawings

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze (British Museum) cit., n. 236, tav. ccviii. Sul ciclo di Siena: m. davies, The earlier italian Schools (National Gallery), London 1951, pp. 367 sgg., e pi avanti. 128 p. schubring, Uomini famosi, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxiii (1900), p. 424 t. mommsen, Petrarch and the Decoration of the Sala Virorum illustrium, in The Art Bulletin, xxxiv (1952), pp. 95 sgg. 129 w. bombe, Der Palast des Braccio Baglione in Perugia und Domenico Veneziano, Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxxii (1909), pp. 295-301; m. salmi, Gli affreschi del Palazzo Trinci a Foligno, in Bollettino darte, xiii (1919), pp. 139-80. 130 g. poggi Su Andrea del Castagno, in Rivista darte, xi (1929), pp. 54 sgg. 131 m. salmi, La villa della Legnaia, in Bollettino darte, 1950; e. schaeffer, ber Andrea del Castagnos uomini famosi, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxv (1902), pp. 170-77. 132 c. l. ragghianti, Casa Vitaliani, ne La critica darte, xi (1937), pp. 236-50. 133 f. novati, Un cassone nuziale senese e la raffigurazione delle donne illustri nellarte italiana dei sec. XIV e XV, in Rassegna darte, xi (1911), pp. 62-67. 134 s. colvin, A florentine picture-chronicle, London 1898. j. g. phillips, Early florentine designers and engravers, Cambridge (Mass.) 1955. 135 g. mancini, Il bel San Giovanni e le feste patronali di Firenze descritte nel 1475 da Piero Cennini, ne Larte, vi (1909), pp. 186 sgg. (da un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze). Dunque il teatro e le feste hanno avuto importanza in quanto occasioni per mostrare per la strada le composizioni dellarte; il mle, Lart religieux de la fin du Moyen-Age en France, 5 ed., Paris 1949, cap. II, ha forse esagerato tale importanza: il rapporto tra la sacra rappresentazione dellAnnunciazione e la serie delle incisioni raffiguranti i Profeti e le Sibille di Baccio Baldini non forse cos stretto come egli mostra di credere nellarticolo in Gazette des Beaux-Arts, febbraio 1906; cfr. a. hind, Early italian engraving ecc. cit., vol. I, pp. 9 sgg. Lapparato iconografico: costumi, troni, accessori dovette essere lo stesso sia per i quadri viventi che per le tavole dipinte (e P. Francastel ha insistito su questo punto nel saggio gi citato nella introduzione). 136 e. mle, Lart religieux de la fin da M.-A. ecc. cit., pp. 253 sgg. e soprattutto l. freund, Studien zur Bildgeschicke der Sybillen in der neueren Kunst, Hamburg 1936; sul tempio di Rimini: cfr. pi avanti. 137 Il problema della decorazione di palazzo Orsini a Monte Giordano particolarmente difficile: una sala duomini famosi attribuita a Giottino nel 1369 (vasari, ed. Milanesi, I, 621), ma anche Masolino vi sarebbe intervenuto prima del 1425 o verso il 1440 (ibid.,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze II, 264). Questa serie di Sibille stata diffusa dalla miniatura: m. helin, Un texte indit sur liconographie des Sybilles, in Revue belge de philologie de lhistoire, xv (1930), pp. 349 sgg. 138 In particolare si ricordino gli stalli della cattedrale di Ulma (intorno al 1470) di G. Syrlin: e. mle, Lart religieux de la fin du M.A. ecc. cit., p. 256. Per larte italiana, oltre allo studio di L. Freund, si vedano gli articoli di a. rossi, Le Sibille nelle arti figurative italiane, ne Larte, xviii (1913), pp. 209-21, 272-85 e 427-58. 139 e. micheli, Il pavimento del Duomo di Siena, Siena 1870; d. dami, Siena e le sue opere darte, Firenze 1915. Pavimento del Duomo di Siena
29. Sibilla Cumana (1482) di Giovanni di Stefano 39. Ermete Trismegisto (1488) 30. Sibilla Persiana (1482) di Urbano da Cortona 35. Sibilla Ellespontica (1483) di Neroccio Landi 37. Sibilla Tiburtina (1483) 32. Sibilla Cumea (1482) di Benvenuto di Giovanni 36. Sibilla Libica di Guido Cozzarelli 33. Sibilla Frigia (1483) 26. Sibilla Eritrea (1482) di A. Federighi 31. Sibilla Delfica (1482) 34.

(parte centrale: i riquadri sono numerati in ordine cronologico). 140 Cfr. pi avanti. 141 e. mle, Lart religieux de la fin du M.-A. ecc. cit., pp. 259 sgg., attribuisce unimportanza decisiva a questo trattato. Tra gli storici prevale invece la tendenza a limitarne la portata: cfr. anche, c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., pp. 152 sgg. 142 Marsile Ficin et lart cit., pp. 152 sgg. 143 ficino, Opera, pp. 23-24. Sulla tradizione ostile: f. neri, Le tradizioni italiane delle Sibille, in Studi medievali, iv (Torino 1912-13), pp. 213 sgg. (citato in c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., p. 153). Questa sar la posizione del Savonarola. 144 Roma, Vaticano, Cod. Urb. 112, fol. 7. Su questo manoscritto: a. de hevesy, La Bibliothque de Mathias Corvin, Paris 1923, n. 90. 145 a. rossi, Le Sibille ecc. cit., p. 440, distingue tre correnti: apocalittica (Orvieto), messianica (sibilla di Tivoli), visionaria (cappella Sistina). 146 Sullo scenario delle Nativit: cfr. il capitolo seguente. 147 a. warburg, in Gesammelte Schriften cit., I, pp. 156-57. w. paatz, Kirchen cit., vol. V, pp. 294 sgg. 148 a. warburg, Gesammelte Schriften cit., p. 363. 149 f. saxl, The classical inscription ecc. cit., pp. 28-29.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Cos il Pinturicchio negli appartamenti Borgia (1494) e a Santa Maria Maggiore di Spoleto (1501). Cfr. pi avanti. 151 a. rossi, Le Sibille ecc. cit., p. 451; c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., cap. VII. Lo stesso autore indica chiaramente, p. 133, perch sarebbe eccessivo ritenere con k. borinski, Die Rtsel Michelangelos cit., p. 187, che il testo del Ficino guidi direttamente la scelta e linterpretazione di Michelangelo 152 o. fischel, Raphal cit., p. 182, tav. cxciii. 153 n. hamilton, Die Darstellung der heiligen drei Knige in der toskanische Malerei von Giotto bis Leonardo (Zur Kunstgeschichte des Auslandes, VI), Strassburg 1901, non contiene che un debole abbozzo dellargomento. 154 g. soulier, Les influences orientales ecc. cit., pp. 166, 228, 241, 276; u. mengin, Benozzo Gozzoli, Paris s. d. 155 Ecco le principali Adorazioni dei Magi di Botticelli: 1. Prima del 1475 cade lAdorazione su una tavoletta bassa e lunga, ancora pollaiolesca, della National Gallery, che una delle composizioni pi rigorose del giovane maestro (j. mesnil, Botticelli cit., tavv. xvi e xvii). 2. La composizione degli Uffizi, del 1476: le sue dimensioni sono modeste, 1115134 cm. 3. h. horne, A lost Adoration of the Magi by S. Botticelli, in Burlington Magazine, i (1903), pp. 63-74, richiama lattenzione su una Adorazione dei Magi scomparsa, che Botticelli aveva dipinto per il palazzo della Signoria, dopo il 1475 e prima del 1492. Ma la cronologia ivi proposta per la serie delle Adorazioni del maestro fiorentino stata respinta. j. mesnil, Botticelli cit., p. 199, n. 58. 4. LAdorazione della collezione Mellon: j. mesnil, Botticelli cit., tav. xxx, deve essere di poco posteriore al soggiorno romano (1481-82) come suggerisce c. gamba, Botticelli cit., p. 190. 5. Il quadro non finito degli Uffizi ritorna alla composizione per lungo: riprende forse uno schizzo gi sviluppato da Filippino: c. gamba, Botticelli cit., p. 197. 156 j. mesnil, Botticelli cit., p. 29; ci sono state esitazioni nellidentificazione dei due giovani principi: t. trapesnikoff, Die Portrtdarstellungen ecc. cit. 157 f. saxl, The classical inscription ecc. cit., p. 28; cfr. anche sopra. 158 k. clark, Leonardo da Vinci, London 1939, p. 32; cfr. anche pi avanti. 159 g. poggi, Note su Filippino Lippi, la tavola per San Donato di Scopeto e lAdorazione dei Magi di Leonardo da Vinci, ne La rivista darte, maggio-agosto 1910, pp. 93-101. 160 vasari, ed. Milanesi, III, p. 473. 161 u. mengin, Les deux Lippi, Paris 1932, p.198; a. scharf, Filip150

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze pino Lippi, Wien 1935. Su Piero del Pugliese e Filippino: m. wackernagel, pp. 282-83. 162 j. mesnil, Botticelli cit., p. 68. h. horne, A lost Adoration of the Magi ecc. cit., p. 73, cita il versetto di Isaia tunc videbis... et mirabitur et dilatabitur cor tuum. 163 Cos c. heath wilson, in The Academy, 20 novembre 1880, p. 372; queste identificazioni, accolte da h. ulmann, Sandro Botticelli, Mnchen 1903, sono state respinte da h. horne, A lost Adoration of the Magi ecc. cit., p. 74, che ha il torto di datare lopera al 1480. stato e. moeller, Wie sah Leonardo aus, in Belvedere, 1926, p. 29, che ha creduto di identificare Leonardo nel personaggio in berretta che medita a destra. 164 Limportanza della confraternita nella vita religiosa e mondana di Firenze stata messa in evidenza da un erudito del Settecento, e. fossi, nei suoi Monumenta ad Alammanni Rinuccini vitam contexendam, Firenze 1792, p. 26, n.; i documenti dellArchivio di Stato ad essa relativi sono stati raccolti da C. von Fabriczy in appendice al suo studio Michelozzo di Bartolomeo nel Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xxv (1904), supplemento, pp. 93-94. 165 Una deliberazione del 7 gennaio 1428 chiede che si riprenda representationem ceremoniarum oblationis trium Regum Magorum (c. von fabriczy, Michelozzo di Bartolomeo cit., p. 93). Il verbale della riunione del 29 novembre 1446 nomina una commissione di dieci membri (tra cui Giovanni Cosimo de Medici e Michelozino Orafus) ad ordinandum festum majus et honorevole magorum presentis anni, ibid., p. 94. 166 p. giuseppe benelli, Firenze nei monumenti domenicani, Firenze 1913, pp. 218 e 219. 167 Gli Archivi di Firenze conservano una lettera di Gentile de Bechi a Lorenzo per informarlo che il Sacro Collegio ha accordato unindulgenza di un anno ai membri della Confraternita, cfr. a. della torre, Storia cit., p. 328, n. 3. 168 i. del lungo, Florentia cit., 1697, pp. 193-94. 169 m. wackernagel, p. 156: cella n. 39 al primo piano del convento. 170 e. mntz, Les collections des Mdicis ecc. cit., p. 60. 171 machiavelli, Istorie fiorentine, libro VII, cap. XII: Una [festa] che rappresentava quando i tre Magi vennero dOriente dietro alla stella che dimostrava la nativit di Cristo: la quale era di tanta pompa e si magnifica che in ordinarla e farla teneva pi mesi occupata tutta la citt. 172 g. maria monti, Le confraternite medievali dellalta e media Italia, Venezia 1927, t. I, p. 187. 173 a. della torre, Storia cit., p. 328: Cod. Riccardiano 2204 C.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze 1062: Oratio del Corpo di christo da Donato Acciaiuoli e dellui nella Compagnia de Magi recitata die xiii aprilis 1468. 174 Riferimenti in Marsile Ficin et lart cit., p. 12. Le speculazioni sui Magi, come gli studi sulla magia appartengono allultimo periodo dellattivit del Ficino; nei due trattati del 1474 non se ne tratta. I richiami si moltiplicano invece tra il 1480 e il 1490. 1) Nella Disputatio contra judicium astrologorum, trattato incompiuto del 1477, riportato di recente in luce, viene abbozzato il soggetto del piccolo trattato-epistola, divina lex fieri a caelo non potest, dedicato il 6 gennaio 1481 a Federico dUrbino, e che rappresenta una messa a punto sullastrologia dellEpifania. 2) Il sermone del Ficino che porta il titolo di stella magorom, una visione dinsieme del problema del riconoscimento dellordine cristiano da parte delle religioni pagane. Secondo il della torre, Storia cit., p. 620, sarebbe stato pronunciato, come le altre praedicationes, nel 1467 nella chiesa di SantAgnese: lipotesi rimane probabile, nonostante le riserve di p. o. kristeller, Supplementum Ficinianum p. lxxxiii. 3) Il IV libro della raccolta Homo, dedicata il 30 ottobre 1490 a Lorenzo il Magnifico (Opera, p. 916), un trattato sul significato simbolico dellEpifania; esso riprendeva, sembra, lepistola del 1481 piuttosto che la praedicatio precedente. 175 LApologia redatta dal Ficino nel 1469 per difendere il suo trattato De triplici vita, contiene un importante e dettagliato passo sul tema de Magis qui Christum statim natum salutaverunt (Opera, pp. 572 sgg.). 176 Opera, p. 573; Marsile Ficin et lart cit., p. 158. 177 Opera, p. 916, trad. Figliucci, II, p. 153. 178 h. kehrer, Die heiligen drei Knige in Literatur und Kunst, Leipzig 1909: una miniatura bolognese (?) degli inizi del Cinquecento presenta cos una specie di castello dastrologi a fianco della capanna della Nativit: p. toesca, Monumenti e studi per la storia della miniatura italiana, Milano 1930, n. cxlix, tav. clii. 179 In una curiosa lettera a Lorenzo, Bertoldo Corsini chiede al Magnifico lammissione del fratello Amerigo, umanista abbastanza stimato, ad unaccademia che egli chiama magica, scherzando sembra, e che forse quella di Careggi. La lettera si trova nellArchivio Mediceo avanti il Princip., XXVI, 44 n, citata da l. passerini, Genealogia e Storia della Famiglia Corsini, Firenze 1858, p. 129, e da a. della torre, Storia cit., p. 821, n. 2. Si pu ancora notare, a lontana conferma di questa interpretazione, che Giangioviano Pontano, il poeta napoletano famoso per la sua cerchia accademica e le sue opere pittoresche e astrologiche, ricorda, in una delle sue egloghe in cui descrive alcuni dipinti, una Adorazione dei magi: Adulescentia VII, vv. 42-54, in Io. Ioviani Pontani Carmina, ed. B. Soldati, Firenze 1902; la Madonna circondata da divinit pagane e da figure astrologiche. 180 Landata dei Magi a Betlemme , dai primi tempi del Cristiane-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze stino, oggetto di dispute sulla validit dellastrologia: f. boll e g. bezold, Sternglaube und Sterndeutung cit., pp. 31 e 107. Queste dispute sono ricominciate nei secoli xiv e xv al momento del grande sviluppo dellastrologia scientifica, e soprattutto intorno al 1490, in cui Giovanni Pico scrive nelle sue Disputationes adversus astrologiam, un capitolo intero (IV, cap. XV) sul tema per stellam Magorum non posse constellationem aliquam intelligi (ed. Garin, vol. II, pp. 665-66), per confutare il de stella magorum del Ficino. 181 j. lauts, Domenico Ghirlandaio, Wien 1943, pp. 19 sgg. 182 w. suida, Le pitture del Bramante sulla facciata del Palazzo del Podest a Bergamo, in Emporium, vol. lxxiv (1931), pp. 340-48. 183 Cfr. pi avanti, parte III, sezione I, 2. Sul problema delle attribuzioni: Juste de Gand, Berruguete et la cour dUrbino (catalogo della mostra a cura di L. Eckhout), Gand 1957. Nulla si sa dellopera ricordata dal Vasari nella vita di F. Francia (ed. C. L. Ragghianti, I, p. 924), una disputa di filosofi molto excellentemente lavorata in palazzo Bentivoglio a Bologna distrutto nel 1507. 184 ficino, Opera, p. 637: Vidistis pictam in gymnasio meo mundi sphaeram, et hinc, atque illic Democritum et Heraclitum. Alterum quidem ridentem, alterum vero flentem. Poich i rapporti tra il Ficino e Antonio Pollaiolo erano parecchio stretti intorno al 1475, si pu supporre che questi fosse lautore dellopera. Sul dipinto di Bramante, c. baroni, Bramante, Bergamo 1944. 185 ficino, Theologia platonica, XIV, VIII, Opera, p. 317. 186 W. 19084 a, ed. j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1358. 187 Cfr. p. schubring, Illustrationen zu Dantes Gttlicher Commedia ecc. cit., parte I, sezione II, cap. III. 188 Cfr. sopra. 189 Cfr. pi avanti. 190 Il testo dellepigrafe: Deus omnium Creator secum deum fecit visibilem et hunc fecit primum et solum quo oblectatus est et valde amavit proprium filium qui appellatur sanctum verbum, , tranne lultima parte della frase, una citazione abbreviata, che era celebre nel Medioevo e nel Rinascimento, dellAsclepius (cap. VIII) (ed. NockFestugire), Paris 1945, vol. II, p. 305. stato osservato che questa epigrafe pi vicina alle citazioni dellAsclepius riportate dai Padri della Chiesa, che non al testo stesso del Corpus Hermeticum. w. scott, Hermetica, vol. I, London 1924, p. 299 n.: passi greci di Lattanzio, Institutiones Divinae, 4.6.4, e Pseudo-Antimo, Ad Theodorum, 10.11, citati nelledizione Nock-Festugire, pp. 304 e 305 n. 191 La prefazione di Tommaso Benci in Supplementum Ficinianum, n. XVI c, t. 1, pp. 98-101. Essa contiene un elogio delloscurit filosofica, dovuta a una rivelazione superiore, che impossibile esplicitare interamente. e. garin, Una fonte ermetica poco nota, ne, La rina-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze scita, iii (1940), pp. 201, 232, ha messo in evidenza la penetrazione di questa scienza ermetica nel gruppo fiorentino. Cfr. anche, per lampiezza del fenomeno: p. o. kristeller, Marsilio Ficino e Lodovico Lazzarelli, in Studies cit., capp. XI e XII. Si pu rilevare che lErmete di Siena posteriore alla manifestazione di Giovanni Mercurio da Correggio a Roma nel 1484: cfr. pi avanti parte III, introduzione. 192 Cfr. sopra. 193 a. pigler, Sokrates in der Kunst der Neuzeit, in Die Antike, XIV (1913), pp. 281-94. 194 d. comparetti, Virgilio nel Medioevo, 2 ed., Firenze 1896. v. zabughin, Virgilio nel Rinascimento italiano ecc. cit., g. soulier, Les influences orientales ecc. cit., p. 158. 195 v. zabughin, Virgilio nel Rinascimento italiano ecc. cit., cap. III (Commentatori), p. 198 ed e. wolf, Die allegorische Vergilerklrung des Cristoforo Landino, in Neue Jahrbcher fr das klassische Altertum, xii (1939), pp. 453 sgg., hanno mostrato quanto il Landino si sia valso del commento di Servio, ad esempio alla egloga II, 96, e di Macrobio, per definire un Virgilio dogmatum platonicorum expertem. 196 h. wlfflin, Larte classica del Rinascimento, Firenze 1941, pp 119 n. 197 v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 156. 198 Ledizione di Macrobio, Venezia 1472, accompagnata da un bel frontespizio nellesemplare della Bibl. Capitolare di Padova: m. salmi, in Arte veneta, viii (1954), p. 136, fig. 142. 199 a. chastel, Les capitaines antiques affronts dans lart florentin du e XV sicle, in Mmoires de la Socit des Antiquaires de France, volume del centocinquantesimo anniversario della Societ, Paris 1954, pp. 279 sgg. 200 r. sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne secoli XIV e XV, Firenze 1915, p. 80. Il poema la traduzione in versi della III decade di Tito Livio: r. b. steele, The method of Silius Italicus, in Classical Philology, 1922. 201 e. panofsky, Hercules am Scheidewege, Leipzig 1930. Ambedue le tavolette devono essere datate agli anni 1504-505, cio al tempo del primo soggiorno fiorentino di Raffaello: r. longhi, Percorso di Raffaello giovine, in Paragone, 1955. Lidentit di formato (1717 cm) e di provenienza (Galleria Borghese fino al secolo xvii) permette di supporre che le due tavole siano gemelle. Il fatto che Scipione di Tommaso Borghese fosse nato nel 1493 induce a pensare che esse formino un dittico augurale, una exortatio ad juvenem (come la Primavera botticelliana per Lorenzo di Pierfrancesco). Il gruppo antico delle Tre Grazie, gi disegnato dal Federighi, non fu inviato a Siena che nel 1502, per cui la presenza delle Tre Grazie nel dittico risulta anche meglio spiegata. Si conoscono numerose figure di Ercole col pomo simbolico. Una si deve a uno scultore fiorentino della cerchia di Bertoldo intorno al

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze 1500: cfr. w. von bode, Die italienische Bildwerke des Kaiser Friedrich Museums, II, Bronzestatuen, Berlin 1930, n. 41. Cfr. anche: a. von salis, Antike und Renaissance cit., pp. 156-57. 202 u. frittelli, Gianantonio dei Pandoni detto il Porcelio, Firenze 1900, c v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 182. 203 vasari, ed. Milanesi, III, p. 361. 204 a. blum, Les nielles du Quattrocento, Paris 1950, n. 154. 205 vasari, ed. Milanesi, III, p. 311. 206 a. chastel, Melancholia in the sonnets of Lorenzo de Medici, in jwci, VII (1945). 207 w. waetzoldt, Die Mimik des Denkens in der Malerei, Die bildende Kunst, II, pp. 293-306. 208 Cfr. pi avanti. 209 Marsile Ficin et lart cit., pp. 131, 132. 210 Sulliconografia delle Arti liberali nel Rinascimento: p. dancona, Le rappresentazioni allegoriche delle Arti liberali nel Trecento e nel Rinascimento, ne Larte, v (1902), pp. 378 sgg. j. von schlosser, Giustos Fresken in Padua und die Vorlufer der Stanza della Segnatura, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des all. Kaiserhauses, xvii (Wien 1896), pp. 13-100. r. van marle, Iconographie de lart profane ecc. cit., vol. II, LAja 1932, cap. III (Les Sciences et les arts). 211 e. mle, Lart religieux du XIII sicle en France, ried. Paris 1948, libro II, cap. II. Il ms dAttavante, Biblioteca Marciana, Venezia, cod. lat. XIV, 35; a. de hevesy, La bibliothque ecc. cit., n. 98. 212 e. h. gombrich, Botticellis mythologies ecc. cit., p. 57; cfr. sopra, parte I, sezione III, cap. IV. 213 a. scharf, Filippino Lippi, Wien 1950, p. 29. Laffresco faceva parte di un complesso didattico abbastanza completo. Sibille (forse di Raffaellino del Garbo) nella volta, Psycomachia (perduta) a sinistra, Miracolo e trionfo di san Tommaso a sinistra, Assunzione della Vergine sul fondo. In un disegno preparatorio larchitettura meglio distribuita fa pensare a una sorta di Scuola dAtene (domenicana) avanti lettera; la presenza delle Arti indubbia, la loro identificazione non del tutto sicura per le figure di sinistra; le ragioni della scelta dei soggetti sono forse da ricercare nella personalit dello stesso cardinal Carafa: a. l. popham e p. pouncey, Italian Drawings (British Museum) the Fourteenth and the Fifteenth century, London 1930, n. 131. 214 c. salutati, Lettere a Bartolomeo del Regno, Epistolario, ed. F. Novati, Roma 1893, t. II, pp. 345-46, citato da p. dancona, Le rappresentazioni allegoriche ecc. cit. 215 Singularis descriptio Abatiae Fesulanae canonicorum regularium divi Augustini: Digna suis fiat bibliotheca libris | Fulgeat in primis amato marmore porta [Sit celata meo dextraque laeva modo | Sederit aurato cum pectine Phebus in altum | Plectra movens, quae cum cogi-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze tat ire lapis. | Et circum poteris turbam vidisse verendam | Ludere atque ad sonitum gramine ferre pedem | Gramina Calliope magno comitante Marone | Calcat prima, pedes sed movet ore gravi. | Naso celer pedibus, vel fors lasciva Thalia | Cogit, agit motu mollia crura levi. | Dira canens maesto Senecam Melpomena vultu | Increpat ad choream quod negat ire Dei | Atque alii quos nunc longum narrare fuisset | Dicentur tunc cum venerit hora rei. Il testo stato pubblicato dal lami, Deliciae eruditorum, Firenze 1742, pp. 127 sgg. Il passo relativo alla biblioteca si trova a p. 128 (dobbiamo questo riferimento alla cortesia del professor E. H. Gombrich). Sul chiostro cfr.: m. wackernagel, pp. 239-40, e sui manoscritti della biblioteca: vespasiano da bisticci, Vite degli uomini illustri, ed. P. Schubring, Iena 1914, p. 255. 216 Sul sacellum delle muse cfr. pi avanti, parte III, sezione I, 2. Le sette figure superstiti (Galleria Corsini) sono state esposte alla Casa italiana nei secoli, Firenze 1948, Catalogo, p. 46. 217 e. wind, Bellinis Feast of the Gods, Cambridge (Mass.) 1948, pp. 9 sgg. 218 r. van marle, Iconographie de lart profane ecc. cit., pp. 278 sgg. e. peterich, Gli dei pagani nellarte cristiana, in Rinascimento, v (1942), pp. 47-71. 219 Cfr. sopra. 220 Nel Castello Orsini a Bracciano una serie di affreschi, derivati dai tarocchi e attribuiti a Antoniazzo Romano decorava una biblioteca: l. borsari, Il Castello di Bracciano, Roma 1895. 221 a. calabi, Lincisione italiana, Milano 1931, tav. XXX; j. seznec, La survivance des dieux antiques cit., p. 123. Il commento allo studio di a. warburg, Gesammelte Schriften cit., I, pp. 412-15, indica le principali fonti e riassume la storia del problema (senza nominare il Ficino). Le fonti della tarda Antichit: plutarco, Sumposiak problmata, IX, 1417, porfirio, Per bon Putagoriko lgoj, 31, marciano capella, De Nuptiis, I, 28, boezio, De institutione musicae, I, 27; e quelle del medioevo come isidoro di siviglia (Patrologia Latina, 83, col. 987) sono state riunite da l. piper, Mythologie der christlichen Kunst, II, pp. 207, 230. p. cumont, Recherches sur le symbolisme funraire ecc. cit., pp. 260-61: Questo modo dinterpretazione che trasforma le vergini dellElicona in divinit delle sfere celesti, signore dellarmonia universale, ebbe allepoca romana un successo durevole. Lo vediamo ammesso nel i secolo dagli Stoici, infatti Cornuto lo ricorda nel suo manuale scolastico; nel ii secolo dai platonici eclettici, come il moralista Plutarco o il retore Massimo di Tiro; nel iii i discepoli di Plotino, come Porfirio e Aurelio gli si tengono fedeli e pi tardi Proclo ne parla spesso. Il polemista Arnobio mette in ridicolo questa credenza e il poeta Ausonio la ricorda in una rapida allusione, il che sta a dimostrare quanto fosse popolare. I neoplatonici la trasmisero agli ultimi esegeti

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze del paganesimo: Macrobio e Marciano Capella lespongono dottamente e cos questo vecchio simbolismo fu trasmesso al Medioevo. Sarebbe stato ancora ripreso dai paltonici del Rinascimento. 222 ficino, Opera, I, p. 614, e II, p. 1282. Tavola in Marsile Ficin et lart cit., p. 137. f. a. yates, The french academies of the Sixteenth Century, London 1947, p. 133, n. 2, ha mostrato la concorrenza delle due classificazioni tra i mitografi e i poeti del Rinascimento. 223 Cfr. pi avanti, sezione V, cap. III. 224 hajdecki, Die italienische Lira da Braccio, Mostar 1892. 225 A forma di testa di cavallo: vasari, ed. Milanesi, IV, p. 18. 226 Una polemica stata sollevata da e. winternitz, in The Art Bulletin, xxviii (1946), pp. 114 sgg. a proposito di questo strumento nel Festino degli dei di G. Bellini (Washington). Queste notizie sono tratte dallo studio Winternitz, del quale si annuncia uno studio complessivo su larcheologia musicale del Rinascimento; le sue osservazioni sugli strumenti musicali nel Parnaso raffaellesco saranno citate alle pp. 495-96. 227 kinsky, Storia della musica attraverso limmagine, Milano 1930; a. chastel, Marsile Ficin et lart cit., pp. 48 sgg. 228 l. parigi, Nota musicale botticelliana, in Rivista darte, xix (1937), pp. 71-78. 229 e. winternitz, nel volume miscellaneo Les ftes de la Renaissance, Paris 1956. Sulla cappella Strozzi cfr. pi avanti e sopra. 230 Le principali sono la lettera di Niccol Michozzi del dicembre 1474: i. del lungo, Florentia cit., p. 393; una descrizione anonima e lepistola dellAugurelli al Bembo, segnalate da g. pozzi, La Giostra medicea del 1475 e la Pallade di Botticelli, ne LArte, v (1902), pp. 71-77; la lettera di Filippo Corsini pubblicata da p. o. kristeller, Studies cit., pp. 437 sgg. Leco letteraria della festa stata notevole; al poema del Poliziano composto per essa, da aggiungere quello di Naldo Naldi, pubblicato da a. hulubei, Naldo Naldi, tude sur la joute de Julien et sur les Bucoliques ddis Laurent de Mdicis, in Humanisme et Renaissance, iii (1936), pp. 169-86. 231 Giovanni Aurelio Augurelli: Carmina, ms Laurenz., Plut. 34, cod. 46, 3 rv: Aurelius ad M.cum oratorem Bernardum Bembum. | In signis quare Medici sit, Bembe, requiris | Post tergum vinctis pictus manibus amor | Sub pedibusque tenens arcus fractamque pharetram, | Pendeat ex humeris nullaque penna suis; | Atque solo teneat fixos immotus ocellos, | Immeritam veluti sentiat ille crucem. | Horrida cui terreti Pallas supereminet hasta | Et galea et saeva gorgone, terribilis. | Multi multa ferunt, eadem sententia nulli est: | Pulchrius est pictis istud imaginibus. 232 a. warburg, Die verschollene Pallas, in Gesammelte Schriften cit., t. I, p. 24; r. wittkower, Transformations of Minerva in Renaissance imagery, in jwci, ii (1939), pp. 196 sgg.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Giuliano dice infatti: se mi presti il tuo santo furore | Leverai me sopra la tua natura | E farai, come suol marmorea rota, | Che lei non taglia e pure il ferro arrota. (Giostra, II, st. 45). Cfr. r. wittkower, Transformations of Minerva ecc. cit., p. 201; g. pozzi, La Giostra medicea ecc. cit., p. 74; j. mesnil, Botticelli cit., p. 45, ha intuito la soluzione: Il rebus era cos ingegnoso che vedendo lo stendardo nessuno ne afferrava il significato, tranne la piccola cerchia dei cortigiani iniziati al segreto. Lopposizione di Eros e Anteros, implicita in questa scena, sar sviluppata nella serie delle allegorie dei due amori, intorno al 1490: cfr. pi avanti, cap. IV. 234 vasari, ed. Milanesi, III, p. 312. 235 Lana, seta e argento: cm 243158. Questo arazzo gi segnalato da e. mntz, Histoire de lart pendant la Renaissance cit., I, p. 718, figurava allesposizione dellarte italiana di Parigi del 1935, catalogo n. 1752: la data 1520 c. che gli era assegnata nel catalogo non accettata da j. mesnil, Botticelli cit., p. 197, n. 40, che ricorda come labate de Baudreuil fosse titolare dellabbazia di Saint-Martinaux Bois gi nel 1491. Secondo questo autore e h. horne, Botticelli cit., p. 161, il cartone da cui larazzo deriva non pu essere anteriore al 1490, e deve essere messo in rapporto con un disegno degli Uffizi e un altro dOxford (c. gamba, Botticelli cit., tav. cxv a e b) del 1490 c. Cfr. r. wittkower, Transformations of Minerva ecc. cit., p. 197. 236 Opera, pp. 675 sgg. (trad. Figliucci, I, p. 112); questo passo citato in Marsile Ficin et lart cit., pp. 45-6, stato studiato da e. h. gombrich, Botticellis Mythologies ecc. cit., pp. 51 sgg. Passi equivalenti: De christiana religione, cap. XIII, ibid., p. 18; Laus Palladis, ibid., p. 1331. Lantagonismo Pallade-Venere entra in certe versioni figurate del mito di Prodico: e. panofsky, Herkules am Scheidewege cit., p. 83. 237 h. hill, A corpus of italian medals ecc. cit., nn. 57, 59, Venus Pacifica lemblema adottato dal Laurana nella sua medaglia del 1463 per Renato dAngi. r. wittkower, Transformations of Minerva ecc. cit., p. 194. 238 Linterpretazione strettamente politica vi vede unallegoria della vittoria di Lorenzo sulla rivolta dei Pazzi e la coalizione del 1478; questipotesi stata avanzata da a. l. frothingham, The real title of Botticellis Pallas, in Journal of the archaelogical Institute of America, xii (1906), pp. 438 sgg., e j. mesnil, Botticelli cit., p. 55; lipotesi deve essere corretta sulla base delle indicazioni di r. wittkower, Transformations of Minerva ecc. cit., p. 200 e e. h. gombrich, Botticellis Mythologies ecc. cit., p. 53. 239 Il programma stato definito sulla base del trattato del Manilio: a. warburg, Gesammelte Schriften cit., vol. II, p. 477. 240 Cfr. sopra. 241 e. peterich, Gli dei pagani ecc, cit. (1942).
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Uno dei documenti pi significativi in questo senso il poema giovanile di Lorenzo, lAltercazione, che parafrasa un discorso del Ficino sulla felicit: cfr. b. wadsworth, Landinos Disputationes Camuldulenses, Ficinos de Felicitate and lAltercazione of Lorenzo de Medici, in Modern Philology, l (1952), pp. 23-31. 243 Marsile Ficin et lart cit., II, 1, e III, 1, con la bibliografia essenziale: per il Ficino gli studi fondamentali sono quelli di P. O. Kristeller pi volte citati. Levoluzione della filosofia dellamore e le sue interpretazioni successive sono state abbozzate da e. f. meylan, Lvolution de la philosophie de lamour platonique, in Humanisme et Renaissance, v (1938), pp. 418-42. 244 Ci nonostante la tradizione iconografica: r. freyman, The evolution of the Caritas figure, in jwci, xi (1948), pp. sgg. 245 b. nardi, Dante e la cultura medievale, 2a ed., Bari 1949, I. 246 e. cassirer, Individuum und Kosmos ecc. cit., cap. IV, ha dimostrato come la dottrina dellamore costituisca il punto centrale della filosofia del Rinascimento. 247 Il mediocre Anteros di B. Fregoso fu pubblicato a Milano nel 1496, il trattato dellEquicola fu composto nel 1494 a Napoli (pubblicato nel 1525), il Bembo scrisse gli Asolani nel 1496 (pubblicati nel 1505), i Dialoghi di Leone Ebreo sono del 1501-502 (pubblicati nel 1535). Cfr. pi avanti la conclusione finale. 248 h. pflaum, Die Idee der Liebe, Leone Ebreo zwei Abhandlungen zur Geschichte der Philosophie in der Renaissance, in Heidelberger Abhandlungen zur Philosophie und ihrer Geschichte, n. 7, Tubingen 1926, pp. 14 sgg.; a. warburg, Gesammelte Schriften cit., I, p. 41, II, p. 478; p. o. kristeller, Il pensiero filosofico di M. F. cit., pp. 319 sgg. 249 Cfr. sopra. 250 giovanni da prato, Il Paradiso degli Alberti, ed. A. Wesselofsky, Bologna 1867; v. rossi, Il Quattrocento cit., pp. 195-96. 251 a. marinoni, Il Regno e il sito di Venere, in Convivium, iv (1956), pp. 164 sgg. 252 Gli articoli recenti di a. b. ferruolo, A trend in Renaissance Thought and Art: Polizianos Stanze per la Giostra, in The romanic Review, xliv (1953), pp. 246-56, e Botticellis Mythologies, Ficinos De Amore, Polizianos Stanze per la giostra. Their circle of Love, in The Art Bulletin, xxxviii (1955), pp. 17-26, non hanno fatto che ripetere in modo generico questa analogia complessiva. 253 a. frey sallmann, Aus dem Nachleben antiker Gttergestalten, Leipzig 1931, pp 74 sgg.; a. von salis, Antike und Renaissance cit., pp. 133 sgg., non ricorda gli studi precisi sul tema condotti da w. deonna, Le groupe des trois Grces et sa descendence, in Revue archologique, xxxi (1930), 5, pp. 274-332, e Le motif antique des trois Grces nues, in Bulletin du Muse dArt de Genve, 1931, p. 191.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze b. degenhart, Unbekannte Zeichnung Francescos di Giorgio, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte, viii (1939), pp.135. Il gruppo si trova attualmente al Museo dellOpera: e. carli, Il Museo dellOpera e la Libreria Piccolomini di Siena, Siena 1946, p. 11: si tratta di una copia romana derivata da un dipinto ellenstico del secolo iii a. C. 255 a. warburg, Sandro Botticellis Frhling cit., I, p. 27. alberti, Della pittura, ed. L. Mall cit., p. 105. 256 e. h. gombrich, Botticellis Mythologies ecc. cit., pp. 32 sgg. Alcuni di questi attributi: splendore, freschezza, felicit (Landino), spirito gioviano, solare, venusiano (Ficino) hanno potuto essere suggeriti dagli attributi che si assegnano alle Grazie nellarte antica: spighe, frutti, palme... e. wind, Bellinis Feast of the Gods cit., p. 11, n. 8, rimanda agli Elementi di teologia di Proclo, 146, che fanno della triade un principio teologico universale. Tuttavia la sua attualit nel Quattrocento chiaramente orientata in senso orfico e catetico. Cos pico, Conclusiones, XXXI, 8: qui profundo et intellectualiter divisiones unitatis Venereae in trinitatem Gratiarum... intellexerit, videbit modum debite procedendi in Orphica Theologia; j. seznec, La survivance des Dieux antiques cit., p. 103. 257 j. b. supino, Il medagliere mediceo, Firenze 1899, nn. 101, 103, 106. g. habich, Die Medaillen der italienischen Renaissance cit., p. 68, n. 59. 258 g. pico della mirandola, Commento alla Canzone damore, II, 17 delle tre grazie seguace di Venere e de loro nomi, ed. E. Garin, vol. I, Firenze 1942, pp. 508-9. Berchorius, lamico del Petrarca, suggeriva che due delle Grazie devono essere rivolte verso Venere; il Libellus de deorum imaginibus (c. 1400, Italia del Nord) omette il fatto che siano abbracciate nonostante le corrette precisazioni del Petrarca (Africa, III, 216): a. warburg, Gesammelte Schriften cit., p. 540. 259 Le Grazie sulla mano dApollo rientrano nella tradizione antica, come afferma Macrobio, Saturnalia, I, 17, 13, citato da a. warburg, Gesammelte Schriften cit., p. 414. j. overbeck, Griechische Kunstmythologie cit., I, p. 21. 260 ci che ha dimostrato, di contro a r. gruyer, Raphal et lAntiquit, Paris 1863, I, 233, e a w. deonna, art. cit., e. tea, Le fonti delle Grazie di Raffaello, ne Larte, xvii (1914), pp. 31 sgg. 261 e. panofsky, Herkules am Scheidewege cit., cui aderisce a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 155. 262 p. schubring, Cassoni, Leipzig 1923, n. 414; Wallace Collection, Pictures and Drawings, 3 ed., London 1949, p. 72, n. 556; a. van marle, The italian Schools of Painting cit., vol. XIII, p. 347, n. 1. b. berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 454: Triumph of Love (?) not after 1488. 263 Italian manuscripts in the Pierpont Morgan Library, New York 1953, n. 71, tav. xlix (con bibliografia).
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze g. f. hill, A Corpus of Italian Medals ecc. cit., p. 242, n. 919, tav. cxlix. w. von bode, Bertoldo ecc. cit., p. 21, fig. p. 17. 265 J. del Sellaio, Quattro trionfi provenienti dalloratorio di SantAnselmo a Fiesole: p. schubring, Cassoni cit., n. 372; e pi tardi nellaffresco del Signorelli destinato al palazzo di Pandolfo Petrucci a Siena (c. 1509, Londra, National Gallery), ispirato al Petrarca. 266 e. kris, Meister und Meisterwerke ecc. cit., nn. 19 e 26. 267 Il modello della Sagrestia fu approvato nellagosto 1489; il vestibolo leggermente posteriore. Il Sangallo ne ricevette la commissione, insieme al Cronaca, nel marzo 1493 g. marchini, Giuliano da Sangallo cit., p. 90. Cfr. sopra. Il Vasari attribuisce lopera al Sansovino. 268 la scena che il Mantegna aveva dipinto a monocromo nella volta della camera degli Sposi a Mantova (1473-74): e. tietze-conrat, Mantegna, London 1955, tav. lxxxiii, e che verr ripresa da Drer: e. panofsky, Albrecht Drer cit., vol. II, tav. xlix. 269 Citato in Marsile Ficin et lart cit., pp. 121 e 123; pico, Commento, ed. Garin cit., p. 550. qui lorigine dellAnteros di cui trattano p. haedus, De amoris generibus, Treviso 1492, e fregosus, Anteros, Milano 1496; cfr. e. panofsky, Studies in Iconology cit., pp. 127 sgg. 270 Non si dimentichi che la lotta dei due Eros era stata rappresentata da Donatello (cfr. sopra, parte I), poi da Bertoldo (ibid.) ispirandosi a una gemma medicea. 271 l. marrone, Il mito dOrfeo nella drammatica italiana, in Studi di letteratura italiana, Firenze 1922, pp. 119-259. Sullimportanza del mito per il Ficino: Marsile Ficin et lart cit., introduzione, pp. 30-31. 272 Il Convivio, I, 3, richiama la cosmogonia orfica dellinizio delle Argonautiche. Testi su Orfeo simbolo di civilt, platone, Leggi, III, orazio, Ars poetica, 391, servio, Commento alle Georgiche, IV, 520, lattanzio, Divinae Institutiones, I, 5, boccaccio, ecc. raccolti da ch. w. lemnis, The classic Deities in Bacon (a study in mythological symbolism), Boston 1933, pp. 152-53, che tuttavia tralascia il Ficino. 273 Theologia platonica, XIV, 8, Opera, p. 318, citato e analizzato da w. dress, Die Mystik des M. F cit., p. 99. 274 Convivio, II, 1, 3; a. pezard, Le Convivio de Dante, in Annales de lUniversit de Lyon, iii, 9, Paris 1940, p. 15. Il terna viene da Cicerone attraverso servio (Commento allEneide, VI, 65) e brunetto latini (Tesoretto, III, 11). Ritorna nel boccaccio, De Genealogia deorum, V, 12, dove la lira dOrfeo diventa: oratoria facultas. 275 Theologia platonica, XIII, ii, Opera, p. 295. 276 Cfr. ultimamente: c. pedretti, La macchina teatrale per lOrfeo di Poliziano, in Studi vinciani, Genve 1957, pp. 90-97. 277 p. schubring, Cassoni cit., n. 85, P. 304 (coll. Lanckoronsky, Vienna); queste storie dOrfeo sono da avvicinare alle fronti di cas264

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze sone dedicate al mito degli Argonauti che hanno lo stesso carattere narrativo e drammatico: s. reinach, La mythologie figure cit., n. xliii, pp. 136-37. 278 t. borenius, Some italian cassone pictures, in Italienische Studien P. Schubring zum 60 Geburtstag gewidmet, Leipzig 1929, pp. 1-9. Lo stile di queste tavole, che verosimilmente formano due cassoni completi (3 tavole per cassone) da avvicinare a quello della Storia dArianna (p. schubring, Cassoni cit., nn. 381 e 382) e a una incisione fiorentina del 1480 c. (a. hind, Earty italian engraving ecc. cit., n. 11) che rappresentano anche la volgarizzazione delle poesie del Poliziano e di Lorenzo. 279 g. ballardini, La majolica italiana (dalle origini alla fine del Cinquecento), Firenze 1938, p. 44 e fig. 42. Secondo O. von Falke questa serie sarebbe stata eseguita per Piero Ridolfi, genero del Magnifico. 280 e. molinier, Les plaquettes de bronze de la Renaissance, Paris 1886. w. von bode, Bertoldo ecc. cit., p. 41. 281 j. judey, D. Beccafumi, Freiburg im Breisgau, 1932, p. 100, ritiene che il cartone non possa essere del Beccafumi, pi verosimilmente di G. B. Sozzini. La nuova attribuzione si deve a g. f. hartlaub, Ein unbekanntes Werk des Francesco di Giorgio, in Pantheon, febbraio 1943, che crede scoprirvi, senza adeguato fondamento, lAdamo della Cabala (secondo Pico), anzich Orfeo (secondo il Ficino). 282 De vita, III, 17, Opera, p. 355. 283 Orfeo continuamente ricordato dal Ficino come il poeta-filosofo della divinit solare. Cos Orfeo chiamato Apollo locchio vivente del cielo che possiede il sigillo che d forma a tutte le cose del mondo (Theologia platonica, XIII, 2, Opera, p. 295). Per il bene dellanima come per quello del corpo Apollo per gli antichi teologi linventore della medicina. Nel libro dei suoi inni Orfeo ritiene che Apollo diffonda coi raggi della vitalit la salute e la vita in tutti e allontani le malattie (Opera, p. 651). 284 b. berenson, The Drawings ecc. cit., n. 1064; a. e. popp, Leonardo da Vinci, Zeichnungen cit., n. 21; a. e. popham, The drawings of Leonardo da Vinci, London 1946 (trad. fr. Les dessins de Lonard, Bruxelles 1947, n. 110, A, p. 44); l. goldscheider, Lonard de Vinci cit., n. 54, il significato di questa allegoria non ancora stato trovato... (p. 30). Il disegno datato 1493-94 e in genere messo in relazione con gli emblemi, le allegorie e le mascherate inventate da Leonardo alla corte di Ludovico e ricche dallusioni politiche e personali: il sole ha qui la stessa forza che nello stemma del duca. 285 f. gaeta, Lavventura di Ercole, in Rinascimento, v (1954), pp. 227-60; il Ficino non ricordato. Una lettera a Giovanni Nesi, datata 1477, contiene tuttavia una sorta di Ercole moralizzato in base alla tripartizione delle facolt che si ha nel Timeo:

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Testa Cuore Fegato rationandi irascendi concupiscendi

natura

Ratio in nobis Hercules nominatur. Hic occidit Antaeum id est immania quaedam simulachra phantasiae, poi leonem, iracundiam et hydram, concupiscendi vim (Opera, p. 775). 286 Su tutti questi punti: Marsile Ficin et lart cit., p. 176, n. 5. 287 e. panofsky, Herkules am Scheidewege cit. 288 Sul frammento dErcole, coll. Gardner, Boston: k. clark, Piero della Francesca cit., tav. xcviii; sullErcole fiorentino, m. salmi, Paolo Uccello ecc. cit. p. 32. 289 w. von bode, Die italienische Bildwerke des Kaiser Friedrich Museums, II, Bronze Statuetten, Berlin 1930, tav. x, n.41, e a. von salis, Antike und Renaissance cit., pp. 56 e 259. Cfr. ancora: f. bayet, Hercule funraire, in Mlanges Ecole de Rome, xxxix (1921), p. 234; f. cumont, Recherches cit., p. 480 e n. 3; e. cassirer, Individuum und Kosmos ecc. cit., p. 77. 290 a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., fig. 12; f. saxl, m. meier, Catalogue of Astrological and Mythological illuminated manuscripts of the latin Middle Age, London 1953. 291 e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., p. 48. Dal 1277, almeno, il sigillo di Firenze recava una figura dErcole: w. paatz, Werden und Wesen der Trecento Architektur in Toskana cit., p. 198. 292 e. solmi, Scritti vinciani, Firenze 1924, p. 205. 293 c. de tolnay, Michelangelo, vol. I, p. 197, e vol. III, p. 100-1. 294 Il David del 1502 aveva lo stesso significato e fin per ispirarsi a un tipo antico dErcole. m. wackernagel, p. 105; c. de tolnay, Michelangelo, I, p. 153. 295 w. weisbach, Trionfi, Berlin 1919 ha semplicemente abbozzato largomento senza distinguerne sufficientemente gli aspetti successivi, come ha notato e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 291, n. 62. Gi nellarte romana la pompa militare poteva avere un valore religioso oltre che politico; f. cumont, Recherches ecc. cit., p. 457. 296 Sul personaggio e il palazzo cfr. sopra. 297 Il tema dellEbrietas, cio i centauri attorno allurna fumante da cui esce un porco, merita forse dessere avvicinato al passo di Plotino, Enneadi, I, 6-6, su i porci al pantano. 298 Siamo dunque lontani dallincisione tarda di B. Bandinelli (1545), Il combattimento dApollo e Cupido in presenza degli dei, presa come tipo di psicomachia neoplatonica: e. panofsky, Studies in Iconology cit.

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Sezione seconda lesigenza della bellezza Introduzione La metafisica del bello e gli artisti

questo mirabile, questo immortale istinto del Bello che ci fa considerare la terra e i suoi spettacoli come uno spiraglio aperto sul Cielo, una corrispondenza di esso. La sete insaziabile di tutto ci che sta al di l, e che la vita ci rivela, la prova pi viva della nostra immortalit. grazie alla poesia e attraverso la poesia, grazie e attraverso la musica, che lanima intravvede gli splendori che stanno dietro la tomba; e quando una poesia squisita fa salire le lacrime agli occhi, queste lacrime non sono la prova di un eccesso di piacere, sono piuttosto la testimonianza di una malinconia irritata, di una supplica dei nervi, di una natura esiliata nellimperfetto e che vorrebbe immediatamente impadronirsi gi su questa terra di un paradiso rivelato1.

Laspirazione vaga e acuta descritta da Baudelaire stata avvertita con la stessa intensit in certi ambienti del Quattrocento fiorentino. Vi troviamo infatti testimonianze di questa emotivit che fa salire le lacrime agli occhi in presenza della bellezza e, sulla fine del secolo, questo aspirare allideale assume talvolta un accento patetico. ci che conferisce tutto il suo senso alla filosofia dellamore, di cui il Ficino fa la chiave di volta di ogni dottrina e che conoscer un successo perfino eccessivo a partire dalla fine del Quattrocento. Lesaltazione dellamore sar sempre meno legata alla via

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affettiva dei grandi mistici; diventer sempre pi la giustificazione di un atteggiamento di cui la bellezza rappresenta lelemento pi suggestivo. Il Ficino, Pico e i neoplatonici immediati conservano alla vita dellanima tutta la sua complessit. Lamore, che si mostra come la sua manifestazione intima, indirizzata alla Bellezza perch questa rivela il volto stesso del divino. Essa ha echi troppo profondi nella sensibilit per non provocare uninquietudine infinita. La desolazione che coglie lanima di fronte al vuoto dellesistenza prosaica era familiare al Ficino e ai suoi amici: era il male degli spirituali. Si ha limpressione che un bel viso, un bello spettacolo, unopera darte possano addolcirlo. Limportanza che la sfera estetica ha assunto nella vita dello spirito arreca una forma nuova di felicit intellettuale e insieme un nuovo tormento; la bellezza tocca il cuore in quanto fa nascere dal reale un oggetto che sta al di l del mondo e nel quale gli aspetti sensibili sono aboliti. lintuizione che il Ficino tenta di articolare in una successione platonica di gradi: Dimitte materiam, dimitte rursus et rationem, intellectualis esto, atque intellectus primo tuus, deinde divinus. Questo principio assume tutto il suo valore nella dialettica dellamore e della bellezza2. Lestetismo rinascimentale non sempre si fondava in modo tanto delicato su una base dottrinaria. Lassociazione metafisica della Bellezza ai valori superiori e il continuo passare dal Vero allo Splendido, dal Bene alla Felicit dimostravano che gi si era verificato un mutamento dorizzonte significativo in cui da vedere lazione del neoplatonismo fiorentino. I valori della grazia e della bellezza furono volentieri sostituiti alle norme etiche ed intellettuali, e ci si sentiva con questo subito autorizzati a trarne un edonismo di cui abbiamo numerose testimonianze in tutta lepoca e che trover espressione in una pagina famosa del Cortegiano: In somma,

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ad ogni cosa d supremo ornamento questa graziosa e sacra bellezza; e dir si po che l bono e l bello a qualche modo siano una medesima cosa3. Indubbiamente al Ficino che risale la maggior parte di queste formule, ma per lui la conversione finale avviene in Dio. Se egli descrive, basandosi su san Tommaso, sullAreopagita o su Platone, le condizioni e i gradi della bellezza per meglio definire, nella natura e nellanima, lo sviluppo completo dei valori spirituali4. Il bello fornisce in qualche modo la gamma delle metafore necessarie per esprimere questi valori:
luce forza ascendente ordine matematico = Bello ombra pesantezza massa = Brutto

Spirito =

= Corpo

Ci che superiore viene considerato come luminoso, e, secondo una tendenza costante dello spirito umano, la trascendenza viene associata a un movimento ascensionale; per il fatto nuovo che si arriva a un raggruppamento coerente di qualit che designano dei valori estetici puri:
chiarezza movimento espressivo connessione armonica

Non sar possibile immaginarne altre in quanto il vocabolario estetico delimitato da queste nozioni deve restare legato, pi o meno strettamente, ai principi del Vero e del Bene. Lopposizione di ombra e di luce ha una risonanza precisa nel campo della conoscenza; lopposizione tra forza liberatrice e pesantezza che opprime lha nel campo della vita morale. Le proporzioni matematiche, che sembrano un elemento specifico, giusta-

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mente non sono considerate come sufficienti: costituiscono solo il primo grado della Bellezza. Poich questa considerata un assoluto, tutti i termini dellideale: Bellezza, Verit, Perfezione del Bene, sono legati tra di loro e resi inseparabili. Questa certezza apre una via nuova al godimento del mondo e alla condotta nella vita5. Giungere alla Bellezza possibile solo attraverso uno sforzo di tutto lessere; essa presuppone la disposizione contemplativa che propria del saggio, del mistico, del poeta. Rappresenta cio un dato fondamentale che non sar ulteriormente analizzato: unestetica differenziata era inconcepibile nel Rinascimento cos come lo era una psicologia a s stante dellartista. Ma tutti gli elementi della prima sono impliciti nella dottrina del Ficino, mentre i dati della seconda lo sono nella definizione del sacerdos musarum che rappresenta un nuovo tipo di filosofo. Allorch gli artisti pi evoluti si decideranno a descrivere la loro attivit in termini teorici, la coscienza che essi hanno del fine dellarte verr espressa sia in termini di conoscenza, come avviene per Leonardo, sia in termini di etica come avviene in Michelangelo. Leonardo assegna come oggetto della pittura la totalit dellessere: la sua mirabile e celebre pagina sui giochi dellimmaginazione di cui il pittore e signore si conclude con una definizione filosofica: Ci che nelluniverso per essenza, presenza o immaginazione, esso lo ha prima nella mente e poi nelle mani... Abbiamo qui uneco diretta della successione di gradi tomista e aristotelica: per essentiam, presentiam et potentiam che definisce le modalit dellessere. Leonardo tuttavia opera una doppia modificazione per cui immaginazione si sostituisce a potenza e la distinzione ontologica riportata al livello delluniverso concreto, il che modifica doppiamente lequilibrio della formula. Tutta la sua filosofia tender a sostituire il procedere dellarte (e in primo

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luogo della pittura) alla sintesi dottrinale6. Non come un risultato del sapere, ma come una forma di salvezza spirituale Michelangelo concepisce la scultura: un sottrarsi al mondo della materia, della pesantezza e delloscurit, una vera e propria kqarsij. Nelle sorprendenti poesie in cui descrive luscire della statua dal blocco di pietra in cui chiusa, il processo creativo appare come una liberazione e una purificazione dellanima realizzate simbolicamente nelloggetto. La Bellezza una idea che pu e deve trasfigurare lartista7. Ma in entrambi i casi lattrazione della Bellezza deve, secondo lipotesi fondamentale del neoplatonismo, essere descritta nei termini della teoria dellamore: lamor tanto pi fervente quanto la condizione pi certa (Leonardo); il principio neoplatonico altrettanto evidente nella formula michelangiolesca: Lartista pu solo essere superato da se stesso, che la parafrasi di una massima delletica di Careggi8. Una delle novit dellepoca rimane la comparsa della nozione generica di arte, superiore alla distinzione delle tecniche e comprendente tutta lattivit umana che opera nel concreto e opera con le forme. una delle conquiste essenziali dellumanesimo neoplatonico; questa nozione gli era indispensabile per valorizzare lattivit dellanima9. Allorch Matteo Palmieri, il Ficino, Pico esaltano la potenza universale delluomo, la sua posizione di deus in terris viene dimostrata attraverso il prodigioso atteggiamento dellartifex che organizza il mondo. Tuttavia la nozione non viene sviluppata e non porta ad una seria riflessione sullattivit creatrice dello spirito umano. Conforme alla poetica di Aristotele, la perfezione dellarte definita dallimitazione della natura; larte tende alla natura ed in grado di rifletterla in quanto riflette essa stessa un pensiero divino10. Il Potere dellartifex deriva dal fatto che egli prolunga e riflette latto creativo; non pu essere staccato da que-

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sta prospettiva. Larte sentita come unattivit privilegiata in un ordine pi generale. Aiuta a definire il destino delluomo, ne un episodio centrale; ma per gli umanisti non c ragione alcuna di isolarla ancora di pi. Anche per un filosofo ricettivo e inquieto come il Ficino non era possibile arrivare a una teoria distinta dellattivit artistica; tuttavia gli elementi di essa esistono fusi nella sua dottrina dellanima. Questa si definisce in rapporto da un lato a una natura tutta orientata verso la Bellezza e dallaltro in rapporto a una divinit che rappresenta la realizzazione assoluta di essa: se, ad esempio, prende in considerazione i mezzi di cui luomo dispone per giungere allesperienza completa del reale, il Ficino suppone unattivit continua e subconscia dellanima che si trova di continuo in sintonia con i gradi inferiori e superiori dellanima stessa anche se essa non ne consapevole. Movent saepe colores aut voces, oculos. sive aures, confestim visus et auditus suum explent officium, hic videt, ille audit, nondum tamen animus et videre se et audire animadvertit, nisi media nostra potentia sese ad haec intendat11. Questa zona mediana la ragione nel senso largo del termine, luomo stesso; nulla per noi esiste che non sia riflesso in essa. Essa risponde senza cessa allazione dei sensi e alla pressione delle idee. Essa pu accedere ad una visione completa delle cose. Tuttavia a una condizione:
Verum cur non animadvertimus tam mirabile nostrae illius divinae mentis spectaculum? Forsitan quia propter continuam spectandi consuetudinem admirari et animadvertere desuevimus. Aut quia mediae vires animae, ratio videlicet et phantasia, cum sint ut plurimum ad negotia vitae procliviores, mentis illius opera non clare persentiunt, sicut quando oculus praesens aliquid aspicit, phantasia tamen in alijs occupata, quod oculus videat non agnoscit. Sed quando mediae vires agunt ocium, defluunt in eas

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intellectualis speculationis illius scintillae velut in speculum12.

In questo modo il Ficino, sotto la diretta influenza di Plotino portato ad associare phantasia e ratio per definire il meccanismo della visione pura, disinteressata, che il privilegio dellanima allorch si trova in una condizione distesa e ricettiva, una condizione di vacatio speculativa13. La bellezza del mondo non si rivela senza uno sforzo appropriato che porta lo spirito a uno stato di distrazione rispetto alla vita pratica per trasformarlo invece in specchio della realt vera. Questa analisi quasi bergsoniana dellattivit spirituale non interessa solo il filosofo, ma tutti i sacerdoti delle muse. In certe descrizioni pi astratte il Ficino precisa ancor pi quello che il procedere dello spirito. Larchitetto, egli dice, comincia concependo una nozione (ratio) delledificio e per cos dire una idea (idea) nella sua anima14. Limpiego di due termini tradisce daltronde una ambiguit psicologica che rimarr tipica di tutto il Rinascimento: lidea qui non se non un sinonimo per dire limmagine, dotata di certi caratteri attivi, in altre parole della forma in senso aristotelico. Limmaginazione affinata il supporto della speculazione. Il quadro del mondo infatti intelligibile solo al livello superiore, per gli angeli o per le anime delle sfere, dove si trovano le figure di tutte le cose: Queste pitture si chiamano nelli Angeli, esemplari e idee; nelli animi ragioni e notizie; nella materia del mondo, imagini e forme. Queste pitture sono chiare nel Mondo: pi chiare nellAnimo e chiarissime sono nellAngelo15. Lidea ragione; essa rivela il primo grado dellattivit spirituale in quanto contiene interamente la sfera dellastrazione matematica. In un testo importante, e del resto tardo (1492), il Ficino si esprime in termini analoghi a quelli d certe affermazioni di Leonar-

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do: si chiamano arti le scienze che si servono delle mani; esse devono soprattutto la loro acutezza e perfezione alla potenza matematica, cio alla facolt di contare, misurare, pesare che pi dogni altra deriva da Mercurio e dalla Ragione. Senza di essa tutte queste arti rimangono in balia dellillusione; sono preda dellimmaginazione, dellesperienza, della congettura16. Si tratta qui delle tecniche, ma la nozione pu e deve estendersi, come affermava lAlberti, e poi Piero della Francesca e Leonardo. Siamo qui assai vicini ai problemi di mestiere. Pi difficile immaginare ci che avviene al grado superiore, al livello di quello che il Ficino chiama lo spirito angelico, il regno della Mens che sta al di sopra della Ratio. di qui tuttavia che discende il fulgore decisivo della Bellezza. Per il Ficino la Bellezza piena non esiste che a questo livello. qui che si trova la bellezza della luce intellettuale che risponde alla bellezza luminosa del visibile di contro alla Ratio, bellezza dellanima, che risponde alla bellezza armonica delludito. In altre parole, il principio matematico dellarte deve essere integrato; lanalogia con la musica, di cui abbiam visto la portata generale, induce a riflettere che larmonia dei numeri solo una preparazione: lappagamento che essa arreca allanima tende solo a metterla in istato di ricettivit. La Bellezza diviene presente allorch; allinterno di questa struttura, sopraggiunge qualcosa daltro, quello splendore che il Ficino, non analizza mai, e che tutti celebrano dietro il suo esempio: un raggiare ineffabile e divino che riempie lo spirito. Il termine idea assume allora un valore che ci sfugge. Sembra che debba intendersi nel senso di rapporti che tendono a una totalit. Il Ficino insiste sulleconomia organica della natura, in cui la figura richiama la figura e quando una cetra suona avviene che unaltra faccia eco. Luniverso un tessuto di corri-

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spondenze multiple che si intrecciano sotto la trama della realt sensibile. Questi rapporti non sono colti dalla coscienza se non attraverso lo sforzo intellettuale della Ratio; ma questa giunge a realizzare solo un primo grado, quello in cui cessano lisolamento e la fissit apparente degli esseri. Allorch questo rapporto intimo viene energicamente illuminato si sprigiona un senso di pienezza, quella concordia discors, lunit del molteplice, che larmonia essenziale. La scala degli esseri definita dalla ontologia platonica sta a indicare che occorre sollevarsi al di sopra delle percezioni utili alla nostra condizione terrena, per attingere alla visione dei movimenti, delle emanazioni e degli scambi continui che costituiscono la realt del mondo sotto la specie della Bellezza. Questo splendore, che sta al di l della portata normale dei sensi, pu essere espresso solo in termini di luce, dato che questa omogenea allo spirito e si dispiega come una sorta di divinit che, nel tempio di questo mondo, riproduce la somiglianza con Dio. Si tratta di una formula strana escogitata per per suggerire che lintuizione della Mens, pur procedendo al di l delle apparenze, piena, folgorante e si presenta come una realt totale, in cui linfinita diversit delle apparenze vive in una sorprendente unit. Il Ficino e Pico continuamente rinviano a questo limite superiore il realizzarsi delle aspirazioni costanti delluomo. Ci che proprio di un belloggetto, di un bello spettacolo di risvegliare nellanima la coscienza di questo rapporto prodigioso; e pi ancora se si tratta di un bel viso al quale pu rivolgersi lamore. Insistendo con fervore sul valore propriamente sacro di tutto ci che riguarda la bellezza, il Ficino forniva alla sua epoca unargomentazione complessiva che difficilmente sarebbe stata dimenticata. Il suo successo si spiega col fatto che essa poteva esser facilmente messa in rapporto con esperienze consuete. Nonostante le sue confusioni e le sue

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ambiguit, si trattava di una versione filosofica di aspirazioni diffuse. La situazione che in questo modo venne a crearsi di una complessit piena dinteresse. Non pu lecito considerare le teorie degli umanisti estranee al mondo delle arti come lo erano state, ad esempio, quelle dei maestri della scolastica rispetto ai rappresentanti delle artes mechanicae. Ormai la divisione delle discipline in compartimenti incomunicanti comincia a venir meno e questo si risolve a vantaggio delle arti plastiche: le linee generali della teoria e della storia dellarte vengono derivate dalle nozioni scientifiche e dalle formule umanistiche. Si cerca di realizzare lunit delle aspirazioni umane non in una definizione concettuale, ma in una intuizione pi larga: la musica pu cos servire come termine comune di riferimento per gli intellettuali e gli artisti per indicare unesigenza essenziale sentita in modo vivo come non mai prima. Lestetizzazione della cultura, che si verificher nel secolo successivo, si afferma gi allepoca di Lorenzo a Firenze. Forse essa il carattere essenziale di questa epoca. Tutti questi fenomeni riducono chiaramente la distanza tra i pensatori e gli artisti. daltra parte chiaro che il metodo speculativo di un Ficino e lerudizione di un Poliziano tengono questi uomini lontano dalla sfera in cui si collocano gli artisti. La metafisica del Bello e lelogio dellArte discendono da posizioni dottrinarie che necessariamente dovevano restare estranee allambiente delle botteghe. difficile immaginare come queste, dominate da problemi concreti, e forti di quegli interessi positivi che rappresentavano la loro superiorit, avrebbero potuto trarre dalla teologia platonica e dalla poesia umanistica, di cui sono parte integrante, atteggiamenti spirituali e nuove indicazioni che potessero interessare loro17. A prima vista, tra i sognatori di Careggi e i pratici c una sorta di muro. Quale rapporto potevano avere le idee generali

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o le analisi degli intellettuali con loperare degli artisti, con levoluzione dei generi, con la crisi degli stili? Ci sono precise ragioni per lasciare il problema aperto. La prima di queste e la facilit e la rapidit con cui la filosofia dellamore elaborata dal neoplatonismo fiorentino venuta di moda in Italia gi a partire dal 1500, penetrando nei circoli aristocratici e mondani e raggiungendo anche la comune persona di cultura. Gi attraverso Dante i grandi temi del neoplatonismo erano stati assimilati dalla cultura corrente e in particolare da quella delle botteghe fiorentine. Non si tratta di un fenomeno di secondaria importanza. Tutti i trattatisti ripeteranno, sulla scia del Ficino e del Bembo, che lamore un principio di elevazione e di nobilt, in quanto nasce dal tormento della Bellezza:
Lamor mi prende e la belt mi lega

scriver Michelangelo (XXXI). I rappresentanti di una cultura come questa, che considera lo stato amoroso come la condizione naturale dellanima, cio coloro che ne esprimono il contenuto profondo sono il poeta e lartista. Il Cortegiano arriver chiaramente a questa conclusione alla fine di una evoluzione che comincia quarantanni prima a Firenze. Ora a Firenze in generale che si notano le prime manifestazioni di una emancipazione intellettuale che libera un numero rilevante dartisti dalle consuetudini artigianali. I pi brillanti tra questi sembrano consapevoli del posto che loro spetta e accampano pretese del tutto nuove. Anche le rigide distinzioni sociali cominciano, da questa parte, ad attenuarsi18. Accanto alle botteghe modeste, che erano la maggioranza, il Vasari ci parla dellesistenza di veri e propri circoli artistici come la bottega di Baccio dAgnolo, dove la sera si tenevano bellissimi discorsi e dispute dimportanza19.

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Siamo gi qualche anno dopo il 1500, ma queste discussioni sui problemi dellarte erano diventate una abitudine fiorentina e alla fine del Quattrocento la bottega del Botticelli era, stando allespressione ironica di un cronista, una vera e propria academia di scioperati, dove si parlava di tutto. Se il Botticelli ha potuto passare per un artista sofisticato proprio a causa delle sue pretese letterarie. dal tempo suo che si deve datare la trasformazione di certe botteghe in piccole accademie. Gli artisti toscani avranno sempre pi chiaro il senso della loro indipendenza e della loro dignit. Come dimostrato da numerosi aneddoti, i maestri volevano anzitutto arrivare a un rango sociale elevato20. Non rivendicano appena onori e salari, aspirano anche ai privilegi degli intellettuali: lo si vede dalla disinvoltura con cui alcuni di loro, e non solo Leonardo, passano da una commissione noiosa a unopera che li attira di pi e nella quale il loro talento potr figurare. Leonardo o Michelangelo trattano dallalto i clienti poco comprensivi o impazienti21. Il loro esempio avr seguito22. Se insistono sul posto che spetta alle arti nella gerarchia delle discipline liberali daltra parte il pittore o lo scultore pensano di avere prima di tutto dei doveri verso larte. Leonardo lo dichiara esplicitamente: Se tu pittore te ingegnerai di piacer alli primi pittori, tu farai bene la tua pittura, perch sol quelli sono, che con verit ti potran sindacare... Il cliente volgare cattivo giudice; larte ha le sue leggi; solo il conoscitore pu apprezzare i problemi che lartista ha risolto; la bravura non consiste solo nella abilit tecnica, ma deriva da qualcosa di pi elevato che rende lartista simile al poeta23. allora che si comincia a notare e a commentare con interesse il modo di comportarsi di certi artisti: Domenico Ghirlandaio mostrava un amore cos frenetico per il suo lavoro che pretendeva di coprire di affreschi le for-

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tificazioni di Firenze; con Piero di Cosimo, che nella sua foga di dipingere si dimenticava di tutti i suoi obblighi e dei comodi pratici, nasce la figura dellartista misantropo, stravagante e ossesso, che lamore per la sua arte sottrae alle norme comuni24. Una passione gelosa porta certi pittori a nascondere a lungo la loro opera, a ritornare su di essa allinfinito, a sottrarla ai curiosi; accade che qualcuno intraprenda opere solo per se stesso, cosa che non si nota mai prima della fine del Quattrocento fiorentino25. insomma il momento in cui si definisce un tipo umano nuovo, quello dellartista. Questo tipo presenta alcuni elementi della psicologia fiorentina: la causticit, la passione intellettuale, una sensibilit acuta che provoca periodicamente il bisogno dellisolamento e della riflessione solitaria, e ancora il gusto della commedia, delle burle fantasiose che non costituiscono solo uno svago, ma servono a creare nella vita una atmosfera di festa e di irrealt26. La vita di Leonardo sar la dimostrazione pi straordinaria di questa indipendenza di spirito che nel secolo successivo non sar pi ben capita. Molti, proseguendo la tradizione di Donatello e del Ghiberti, si circondano di anticaglie, di oggetti rari, che non sono modelli di bottega ma simboli di una cultura27. Il Signorelli, vestito in modo ricercato, si presenta come un signore e gentiluomo, Leonardo elegantissimo. Raffaello, circondato da un seguito come un principe, fa contrasto a Michelangelo solo come un boia; ma tutti vogliono essere rispettati. Tutti questi indizi risultano convergenti e assai significativi. Il Vasari, al quale dobbiamo la maggior parte di queste notizie, sembra talvolta ripetere semplicemente degli aneddoti-tipo pi o meno sospetti e non sempre ne valuta adeguatamente il significato28. Ma al tempo di Lorenzo che la sicurezza intellettuale dei maestri comincia ad affermarsi contemporaneamente alla preoccupazione di una dignit sociale. Essi tendono a presentar-

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si, al pari dei poeti e degli umanisti, come una categoria umana privilegiata, che ha i suoi diritti e doveri. La benevolenza di Lorenzo li incoraggia in questo senso: il Ficino concede la sua amicizia al Pollaiolo, il Poliziano sintrattiene con Michelangelo. Le abitudini fiorentine favorivano questa sorta di promozione sociale dei maestri, che ben presto sarebbero stati considerati alla pari degli eroi superiori della cultura. Indubbiamente molti di loro soffrono di essere senza lettere. Possono leggere gli scritti in volgare, ma non i trattati latini; la base della loro cultura Dante, pi che le opere degli umanisti29. per degno di nota che i nuovi maestri del 1500, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, abbiano sentito il bisogno di scrivere e si siano fatti, al momento opportuno, trattatisti e poeti. Sulla base di queste osservazioni i rapporti tra larte e lumanesimo appaiono in una luce nuova: lesigenza del Bello, che porta lanima a un grado di tensione esclusiva, e la rivendicazione dei privilegi del sacerdos musarum sono comuni ad entrambi. E le dottrine costituiscono una giustificazione dordine generale a un modo di comportarsi ed a un atteggiamento che si ripercuotono sullattivit dellartista. Per essere pi precisa lindagine pu avviarsi in tre direzioni: anzitutto il successo della figura adolescente, assunta a tipo ideale della bellezza; secondo, i modi in cui viene applicato il principio matematico e la ricerca duna certa dignit delle forme; infine la portata della teoria del disegno-idea e della distinzione che ne deriva tra linvenzione e lesecuzione.

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Capitolo primo Eros socraticus

Nella filosofia del Rinascimento il corpo umano un oggetto privilegiato: viene definito come lo strumento dellanima, il mezzo di cui essa si serve per inserirsi nel mondo sensibile. Ma non basta: esso rappresenta un modo superiore dorganizzazione, di valore universale. Esso infatti riassume in s leconomia generale della natura mediante lequilibrio degli umori che altro non sono se non laspetto fisiologico degli elementi. La sua struttura e i suoi rapporti interni sono la chiave dellarmonia, non in un senso accidentale e locale, ma in un senso assoluto: sono indispensabili per apprezzare il modo in cui effettivamente opera nel mondo il principio matematico della bellezza. Il canone delle proporzioni deve rendere esplicito questo valore privilegiato della figura umana30. Procedendo di pari passo con la ripresa delle formule vitruviane, i commenti del Ficino al Convito e al Timeo, venuti a confermare linteresse di queste speculazioni teoriche, aiutano a definire in termini pi precisi quello che possiamo chiamare il pitagorismo rinascimentale. Lanima la forma del corpo e questo un segno universale. Allorch si attribuisce agli angeli, ai pianeti, alle costellazioni, alle forze della terra una figura, limmaginazione si sente autorizzata dalla tradizione a rendere tale figura con una forma umana. il piano normale di ogni rappresentazione simbolica31. Non

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c dunque nulla di nuovo in questo modo di procedere, salvo la curiosit naturalistica che la sollecita e il fatto che il corpo umano appare dotato di una dignit eccezionale, corrispondente alla posizione centrale che attribuita alluomo nel mondo. Tra tutte le apparenze sensibili il corpo il pi adatto a fornirci la rivelazione della bellezza; esso come la punta avanzata dello splendore divino nella natura. Il poeta e il filosofo devono quindi essere sensibili alla sua mirabile struttura e il Ficino, allepoca del Convito (1475), quando gli sembra che si possano conciliare tutte le esperienze, non esita a scrivere che lamore appassionato della bellezza fisica e morale delle persone proprio della famiglia platonica32. Che era un modo di accettare e giustificare (al fine di purificarla ed orientarla filosoficamente) linclinazione pi violenta degli uomini del suo tempo verso la bellezza fisica, in modo particolare quella dei giovanetti. La teoria dellamore platonico non stata proposta come una ripresa, per quanto prudente, dellamore greco, tuttavia a questo essa riservava un posto particolare. Per lappunto proprio in quel momento gli ambienti artistici fiorentini erano ben lungi dal misconoscerlo. Non facile quanto si vorrebbe superare nettamente laffetto socratico, legittimato e addirittura raccomandato dal Ficino, da un vizio che stato spesso denunciato dai predicatori fiorentini del Quattrocento e attaccato direttamente dal Savonarola33. Non cerano, nelle botteghe degli artisti, donne a servire: gli artisti e i dotti vivevano circondati di garzoni che accudivano alla casa, oppure di domestici pi anziani; spesso tenevano gli uni e gli altri. Un adolescente entrava in una bottega sia per apprendere la tecnica dellarte che per sbrigare le faccende di casa, talvolta per servire da modello34. Non dunque tanto strano che i maggiori artisti di Firenze siano stati, a torto o a ragione, sospettati di sodomia. Il problema pu porsi per Botticelli,

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Leonardo e Michelangelo. Il Manoscritto magliabechiano, che fornisce spesso notizie utili sulla vita degli artisti, cita affermazioni misogine del Botticelli; non si dovrebbe trarne conclusioni affrettate; per uno dei suoi giovani allievi fu condannato per sodomia nel 1473 e lui stesso fu denunciato nel novembre del 150235. Gli scandali contro il buon costume non erano in realt rari nelle botteghe. risaputo che Leonardo, quando era ancora nella bottega del Verrocchio, fu oggetto di una regolare denuncia al tamburo, ma la cosa si risolse rapidamente o fu soffocata36. Originale e segreto in tutte le sue cose, Leonardo lascia per scorgere nei suoi taccuini e disegni linteresse che nutriva per la bellezza dei giovanetti. stato possibile ricostruire la personalit di quello che lui aveva soprannominato Salai, cio diavoletto, di cui soccupava con incredibile pazienza. Il maestro registra nel suo diario, nel 1490, larrivo del nuovo garzone, Jacomo, di dieci anni; tiene nota delle spese sostenute per rivestirlo, il giorno dopo il suo arrivo, poi anno per anno, degli acquisti di scarpe (24 paia allanno) e di stoffe; il 4 aprile 1497 nota ancora la spesa per una bellissima cappa destinata alladolescente. La cosa pi sorprendente la sua indulgenza per la cattiva condotta di Salai, di cui fin dallarrivo nota il cattivo carattere: ladro, bugiardo, ostinato, goloso, e la negligenza nel servizio, i piccoli furti. Ciononostante gli prester, nel 1508, 30 scudi per fare la dote a una sorella e gli lascer un legato considerevole in ricompensa dei suoi buoni e leali servizi. Questo diavoletto daltronde era figlio di un amico milanese di Leonardo.37 Si sono tratte talvolta da questi particolari, conclusioni eccessive. Le intuizioni di Freud (nonostante numerosi errori di fatto), possono essere giuste; lo sarebbero ancor pi se tenessero conto del clima dellepoca e di molte note e disegni in cui si vede che Leonardo affrontava con disinvoltura tutte le forme dellamore38. Soprattut-

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to, non si deve dimenticare la sua massima, che ha un accento tutto personale: La passione dellanimo caccia via la lussuria39. Ma infine lopera sua a rivelare la passione dellandrogino. In tutta la sua carriera egli disegner, luno di fronte allaltro, un guerriero maturo e un grazioso adolescente; il contrapposto di questi due tipi lha chiaramente ossessionato40. Essi appaiono per la prima volta in un foglio (W. 12276) in cui sono schizzate alla rinfusa immagini di tutti i tipi, e riappariranno trentanni dopo41. Le ossessioni dellEros platonicus sono non meno esplicite in Michelangelo e i suoi amori ben noti. Poco dopo la trentina, al tempo della Sistina, sinvaghisce di un giovanetto chiamato Giovanni da Pistoia42, qualche anno dopo di Gherardo Perini al quale scrive lettere damore nel 152243. Nel 1532 esplode la sua grande passione per Tommaso Cavalieri, giovane nobile romano di grande bellezza e elevata spiritualit, al quale lo scultore, con una sorta didolatria, scriver numerose lettere e dedicher ardenti sonetti petrarcheschi. Forse ebbe anche amicizie meno degne di lui. Tuttavia lesaltazione provocata da questi amori socratici44 coincide, nella sua opera, con i momenti in cui con pi abbandono celebra la bellezza fisica45. Le opere di Michelangelo sono altrettante confessioni, al pari di quelle di Leonardo, se pure meno volgari degli aneddoti, pi o meno benevoli, che ci hanno tramandato al proposito i contemporanei46. La sodomia degli intellettuali e degli artisti, dai tempi di Dante in poi, era un tema corrente di condanna morale, bench spesso attenuato dalla benevolenza con cui tradizionalmente gli italiani considerano tutto ci che ha attinenza allamore e alla bellezza47. Due volte nella prima parte del Quattrocento il problema fu affacciato in dibattiti pubblici: nel 1426 a proposito delloscena raccolta di epigrammi del Beccadelli, intitolata Hermaphroditus e dedicata a Cosimo48; una seconda volta

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intorno al 1455-60 al momento della disputa intorno al platonismo, nella quale il vizio socratico fu utilizzato dai bizantini dItalia come argomento contro il valore culturale dei trattati platonici: accusato da Giorgio di Trebisonda di incoraggiare la pederastia, lautore del Fedro fu difeso, su questo come su altri punti, dal cardinal Bessarione nel bel trattato del 1469, in cui viene invece lodata laltezza morale della morale platonica fondata sulla potenza catartica dellamore49. LAccademia umanistica fiorentina, anche in questo fedele allimitatio Platonis, reinventava poco dopo lamore filosofico dei giovanetti che pare sia stato uno degli aspetti caratteristici della cultura aristocratica del tempo dei Medici. Giovanni Cavalcanti e il Ficino, il Plato redivivus, offrono lesempio di rapporti amorosi appassionati, attenti, al di sopra di ogni torbido equivoco. Nato nel 1448, Giovanni era quasi sulla ventina quando il Ficino, in una delle sue crisi di depressione, lo scelse per amico traendone grande consolazione. E gli dimostr la sua gratitudine dedicandogli nel 1467 la prima versione del Commento al Convito, nel quale la parte di Fedro sostenuta dal Cavalcanti di cui i convitati celebrano la bellezza. Le gioie, i turbamenti, le estasi descritte in questopera erano le stesse vissute dai due conphilosophi, la cui corrispondenza piena delle stesse formule splendide ed eccessive50. Il Convivio esalta il valore che lamor socraticus ha per il maestro che contempla la bellezza divina nel suo riflesso umano, e per il discepolo che, attraverso questo contatto, impara a staccarsi dalla mera bestialit sessuale. Voi mi domandate a che sia utile lo Amore socratico. Io vi rispondo: che prima utile a s medesimo a ricomperare quelle ali con le quali a la patria sua rivoli. Oltre a questo utile a la Patria sua sommamente a conseguitare la onesta e felice vita51. Questo amore socratico per i bei giovani la prima espressione completa, nel Rinascimento, di quello che,

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nelle volgarizzazioni mondane degli inizi del Cinquecento, sar lamore platonico tra i sessi o lunione spirituale delle anime52. Questa tenerezza per la bellezza virile non fu daltronde esclusiva del Ficino. Pico fu legato da un amore del genere a Girolamo Benivieni; quando questi mor (nel 1542) ebbero una pietra tombale comune nel chiostro di San Marco con unepigrafe esplicita53. Si tratta di una tendenza comune a Firenze, ai tempi del Magnifico, tra i letterati e gli umanisti. Eppure i loro costumi, tranne che per il Poliziano e qualche altro, sembrano essere stati puri, il che viene a caratterizzare ancor meglio questi ceti elevati del Quattrocento, per i quali la grazia e la perfezione delladolescente avevano un valore cos rilevante da ispirare le tre indimenticabili versioni del giovane David nudo, che rappresentano i tre capolavori della scultura fiorentina. Il clima propizio creato dagli umanisti era tanto pi importante in quanto la rappresentazione del nudo (e del nudo virile) attirava sempre pi linteresse delle botteghe fiorentine54. Il David adolescente di Donatello, che appare come uno dei miracoli dellarte (tra il 1430 e il 1440) fu una delle prime manifestazioni di questo interesse. La statua ha una bellezza nervosa e bizzarra e il cappello con la corona di lauro, i gambali adorni di palmette, il vago sorriso, labbandono leggero del contrapposto vi aggiungono un tocco significativo di civetteria e di capriccio55, e quando, verso il 1460, Firenze diventa la capitale del nudo, questa figura gi cos sottile fu reinterpretata con ricercatezza e complessit ancora maggiori nel piccolo eroe, fattosi sognante, del Verrocchio (1476), in attesa del capolavoro michelangiolesco (1504) che chiude lepoca. nella bottega del Verrocchio che sembra sia venuto costituendosi, intorno al 1470-75, il tipo delladolescente ambiguo destinato soprattutto alla rappresentazione degli angeli. Gli artisti che sono stati in rapporto

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con questo maestro originale, soprattutto Botticelli e Leonardo, hanno voluto chiaramente unire nella forma angelica i caratteri dei due sessi per trarne un androgino, un essere ideale e delicato, pi sensuale del putto e pi grazioso dellefebo56. il momento in cui il Ficino fa della creatura angelica la figura superiore, in cui si rivelano lo splendore e la grazia (nitor et gratia) della Bellezza suprema, quella che suscita nel cuore delluomo un amore imperituro. E questa intensa bellezza separata solo dun grado da quella umana: La Divina Potenzia supereminente, allo Universo, agli Angeli e agli animi da lei creati clementemente infonde... quel suo raggio: nel quale virt feconda a qualunque cosa creare, cio una forma capace di una seduzione irresistibile senza nulla concedere ai sensi, e che porta al grado supremo la grazia e la soavit57. Se ci si rif agli angeli cantori del Gozzoli e di Filippo Lippi risulta chiara questa nuova sensibilit, che si esprime nei graziosi fanciulli, n maschi n femmine, dai lunghi capelli che accompagnano la Madonna del Magnificat e la Madonna coi sei angeli, nellangelo inclinato dellAnnunciazione di San Martino della Scala (1481) coi suoi alti sopraccigli, le sue labbra grosse e sinuose, i suoi capelli fluttuanti e portati indietro, che hanno dovuto affascinare Dante Gabriele Rossetti, e infine negli angeli danzanti, vestiti di ampi veli rialzati alla cintura come le ninfe della Primavera, che occupano il cielo nellIncoronazione della Vergine agli Uffizi. Oltre a queste immagini anonime della soavit e della gioia, il Botticelli ha dipinto anche un certo numero di bei adolescenti gracili, il primo dei quali il San Sebastiano che sembra posare con calma, al quale seguono, pi tardi, le due figurazioni di Cristo morto, quella di Monaco e laltra del Poldi Pezzoli a Milano, con le quali si vede entrare nellarte sacra un elemento pungente di bellezza plastica di cui qualche volta ci si scandalizzati.

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Dai delicati personaggi di Desiderio alladolescente del Verrocchio si vede aumentare lambiguit e la grazia dellefebo sottratto alla volgarit e alla bruttezza58. Leonardo conserva questo tipo, ma lo individua maggiormente rendendolo insieme pi squisito e pi affascinante. Dopo langelo celebre del Battesimo (c. 1475), dipinse nella sua Annunciazione, nellAdorazione dei Magi non finita, nella Vergine delle rocce degli adolescenti alati, dai capelli graziosamente ricciuti come quelli di una fanciulla: il tipo verrocchiesco portato alla perfezione, con una epidermide liscia e brillante come il bronzo59. Nellangelo, ancora pi ambiguo, della Vergine delle rocce si creduto di vedere una somiglianza con il viso sottile della Dama dellermellino e si pensato trattarsi di una trasposizione dei lineamenti di Cecilia Gallerani60. I numerosi disegni, fatti prendendo come modello Salai, portano a compimento la caratterizzazione personale della figura61: in un foglio della raccolta di Windsor si vede lo stesso profilo ripreso in una figurina di donna, quasi a ritrovare il pi lontano possibile nella natura lambiguit che seduce limmaginazione62. Il ciclo dedicato alla bellezza delladolescente androgino pu completarsi con le figurazioni di san Giovanni Battista. Abbiamo infatti di Leonardo, intorno al 1476, un San Giovannino su fondo azzurro disegnato a punta dargento, che per non va oltre la semplice esercitazione63; ma trentanni dopo il Battista del Louvre sta a dimostrare, col suo modellato sottile, la sua luce rara, la sua inclinazione calcolata, limportanza ossessiva che la figura emblematica creata dallartista aveva assunto. Si molto fantasticato davanti a queste figure, insistendo su quel carattere irreale che sembra di un altro mondo64 o sulla loro suggestione perversa. Quali che siano il valore del simbolo e le sue implicazioni coscienti o subconsce, questa figura cos sapiente porta a unintensit estrema un tipo creato nellambiente fiorentino.

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Il Signorelli per contro aveva accentuato il principio scultoreo dellantica scuola fiorentina: il corpo nudo per lui lelemento principale di un linguaggio meno ricercato. Intorno al 1490, con il Pan e il tondo coevo degli Uffizi, in cui appare un gruppo di pastori che suonano il flauto, sembra essere stato il primo a immaginare degli efebi in una sorta di Arcadia eterna che rappresenterebbe la perennit del mondo antico65. Qui (e si tratta di una novit decisiva) lEros platonicus si lega allAntichit rappresentata come un paradiso perduto. Le ninfe del concerto saturnio che circonda il dio Pan presentano anchesse la corporatura alta e muscolosa dei pastori dellidillio, come se ci fosse un solo tipo valido di bellezza. Le mirabili figure nude della Resurrezione dei morti a Orvieto suggeriranno la stessa impressione. E lesempio, risaputo, avr la sua importanza per Michelangelo. La nudit trionfante dellefebo per lui loccasione per una sorta di orazione estetica. Il tema appare per la prima volta nel tondo Doni del 1503 (Uffizi): il Bambino, simile a un piccolo atleta, porta un nastro di vittoria; in secondo piano si svolge una contesa amorosa: Parecchi adolescenti nudi dai capelli inanellati duna bellezza elastica e gracile... Uno degli efebi stringe laltro e un terzo sembra volerlo sottrarre alla stretta....66 Unaltra coppia di giovani, a sinistra, guarda con aria sognante allorizzonte, appoggiati al bordo di una cava di marmo. Hanno il tipo del David, ma la loro bellezza atletica, i loro giochi amorosi inducono a vedere in essi il mondo pagano; questo separato dalla Sacra Famiglia da un muro che il piccolo san Giovanni si appresta a saltare. Il Signorelli aveva trasformato i pastori della Nativit in nudi scultorei. Michelangelo raggruppa i nudi in una scena che sembra illustrare il Fedro e li ricollega apertamente allEros platonicus. anche il momento del Bacco del Bargello, di cui il Vasari dice esplicitamente

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che Michelangelo ha voluto tenere una certa mistione di membra meravigliose, e particolarmente avergli dato la sveltezza della giovent del maschio, e la carnosit e tondezza della femmina67. Gli ignudi della Sistina sono usciti da questa famiglia. Ben lungi dallessere semplicemente dei vaghi ornamenti, essi emanano dallarchitettura avendo il compito di tener sospesi sulla cornice i medaglioni bronzei; ma, conferendo una animazione vivissima alla decorazione, essi vengono a introdurvi limmagine dellattivit dellanima68. Essi sono i volti puri duna giovinezza eterna; i nastri non riescono a trattenere i loro capelli ondeggianti, agitati a volte da un soffio invisibile. Dal fauno musicante al levita, essi mostrano tutte le incarnazioni del furor magnificato dalla bellezza69. Negli anni successivi questa unione di Eros platonicus e arte cristiana non apparir pi possibile. Un episodio ben noto della vita di Michelangelo attesta fino a che punto la passione potesse orientare la sua arte: nel 1532 dedica a Tommaso Cavalieri delle poesie appassionate, in cui lo paragona al sole; Dio stesso si rispecchia nella sua bellezza di modo che lartista non Lo pu percepire se non attraverso di essa. Tutto qui, perfino le espressioni, richiama il tipo damicizia che regnava nellambiente di Lorenzo de Medici mezzo secolo prima 70. Sempre nel 1532 e 1533 Michelangelo far dono al Cavalieri di una serie di disegni che vanno interpretati richiamandosi alle poesie e da queste risalendo alla dottrina neoplatonica dellamore: uno di questi rappresenta il supplizio di Tizio divorato come Prometeo da una tortura senza fine, un altro Ganimede rapito in cielo dallaquila di Giove, simbolo antico della pederastia, trasformato dai neoplatonici in immagine del furor amatorius che precede la visione intellettuale; unaltra serie tratta di Fetonte e il sentimento tragico dellamore platonico vi si esprime in unallegoria altrettanto chiara71.

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Si deve infine ricordare che Michelangelo fece il ritratto a grandezza naturale di Tommaso Cavalieri, lui che n prima n poi di nessuno fece il ritratto, perch aborriva il fare somigliare il vivo, se non era dinfinita bellezza72. Ma poco tempo dopo condanna la fragilit dei sensi:
Al cor di zolfo, a la carne di stoppa... (CIX, 97).

e la vanit dellarte che distrae lanima nelladorazione della bellezza. Il culto appassionato che egli dedica a Vittoria Colonna significa sia il ripudio dellamore socratico che la rinuncia alle illusioni che esso suscita. Il tormento mistico segna la fine del sogno fiorentino. LEros platonicus, come lo concepivano i nobili spiriti di Careggi favoriva una sublimazione necessaria dei costumi; contribuiva anche a precisare le affinit elettive che univano larte del Quattrocento a quella antica. Giustificando lattenzione alla bellezza epicena e alla bellezza virile, invitava a sollevarne limmagine su un piano superiore, dove il sentimento poteva esprimersi interamente73. Le cose saranno del tutto cambiate nel Cinquecento. Se Michelangelo protrae, in un secolo che non la comprende pi, e gi se ne scandalizza, lossessione dellEros platonicus, Raffaello, il Correggio e Tiziano celebrano senza tormenti Venere e la bellezza femminile, nel momento stesso in cui il neoplatonismo diventa a Urbino, Ferrara e nelle corti settentrionali la dottrina dellamore mondano74. In pochi anni, agli inizi del Cinquecento, il canone della bellezza femminile si trasforma: in luogo della ninfa flessibile del Botticelli, della figura dolce del Perugino, ecco apparire figure trionfali dal caldo incarnato. Lideale che si definisce a Venezia non pi quello delladolescente e della vergine, ma della donna piena75. Le poe-

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sie e i trattati in onore della bellezza femminile dora in poi si moltiplicheranno: lAriosto indugia per parecchie stanze a descrivere voluttuosamente le seduzioni della maga Alcina (Orlando furioso, VII, vv. 11 sgg.)76. Il discorso dei pittori pi sensuale ancora, ma il vocabolario di moda continua a celebrare la bellezza femminile in termini neoplatonici, e il modo in cui vengono presentate le Veneri giacenti e le Veneri intente alla musica sembra risentirne77. Infine un umanista minore, daltronde poco interessato al platonismo, Agostino Nifo, compone il suo trattato sul bello in funzione di Giovanna dAragona. Lammiratore non dimentica nessuno dei dati che interessano i cinque sensi: forma, armonia, soavit, dolcezza e mollezza. Non si trova pi sconveniente, anzi grazioso, mettere insieme la finezza serica della pelle e la grazia delle proporzioni. I ricordi letterari e filosofici costellano i trattati alla moda, ma la virt spirituale dellamore socratico non passata allamore platonico del Cinquecento78.

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Capitolo secondo La dignit delle forme

Nel suo elogio di Giotto il Boccaccio rileva incidentalmente lerrore di coloro che pi a dilettar gli occhi deglignoranti che a compiacere allintelletto de savi dipignendo intendevano. Il consenso dei letterati andava naturalmente agli artisti novatori. Sarebbe erroneo credere che questi non ne avessero bisogno. Al pari dellarte di Giotto, anche la maniera rude e disadorna di Masaccio o di Donatello incontravano critiche da pi parti; e pi ci si inoltra nel Quattrocento, pi si ha limpressione che a Firenze i maestri pi originali, il Verrocchio, il Botticelli. non fossero universalmente accettati79. Cera ancora una clientela legata alle forme del Trecento, e i pittori simbattevano in clienti che non capivano e si stupivano della loro maniera, portando argomenti ispirati a un tradizionalismo angusto, legato allo stile devoto daltri tempi: la demagogia piagnona utilizzer questo stato danimo. La voga di formule arcaizzanti e convenzionali, come ad esempio quella di Neri di Bicci, si protratta a lungo. Periodicamente apparivano artisti che sapevano dare una versione facile dei nuovi stili e perfino un maestro, di tanto talento in giovent, come il Perugino seppe assicurarsi un immenso successo commerciale lusingando i gusti meno avvertiti di certo pubblico fiorentino. Unopera della sua bottega come il Cenacolo di San Onofrio, che a noi sembra un capolavoro di facilit un po scipita, entusiasma-

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va le monache di via Faenza intorno al 150080. La selezione che ci presenta il Landino nella sua rassegna dei pittori nel 1481, quella di Verino nei suoi epigrammi De illustratione Urbis Florentiae, le pubblicazioni e gli interventi dei letterati non erano dunque superflui. Gli innovatori incontrano critiche ed per questo che c chi li difende; indubbiamente essi trovano dei protettori e delle commissioni; ma anche per artisti come Verrocchio, Botticelli, Leonardo, lattenzione ammirata con cui il pubblico li segue non esclude la diffidenza di certi settori dellopinione pubblica. Se non fosse stato cos non vedremmo Leonardo insistere, in una lettera indirizzata alla commissione civica di Piacenza, perch questa non scelga artisti apprezzati dal volgo, ma decida invece per quelli stimati dagli esperti, dai conoscitori. Questi sono evidentemente gli amatori, sensibili alla qualit. E Leonardo feroce con i pittori che credono di ottenere il successo a buon mercato insistendo su effetti di bella materia81. Lo stesso atteggiamento si vede nel 1482 tra i pittori che lavorano alla cappella Sistina, se dobbiamo credere a un famoso aneddoto: Cosimo Rosselli, per ignoranza o pigrizia, era ricorso a soprammissioni di finissimi azzurri oltramarini e daltri vivaci colori e a lumeggiature doro; i suoi colleghi risero di lui, ma questi effetti di facile sfarzo suscitarono lammirazione del pontefice, che, fra lindignazione di tutti, assegn a lui il premio promesso per lartista migliore82. Decisione che apparve scandalosa agli occhi dei toscani: il papa aveva misconosciuto ci che era lessenziale, la dignit delle forme. Era convinzione fondamentale dei moderni che lartista dovesse interrogare la natura e non tenersi agli schemi monotoni e ormai logori che si assimilavano copiando i modelli del passato. Ma le varie pratiche di bottega del Trecento non erano del tutto scomparse. La natura doveva ancora essere ridefinita, anche dopo che

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si era avuta lesplicita dichiarazione del trattato della pittura, in cui lAlberti schernisce gli sciocchi presuntuosi che pretendono meritare la fama senza avere esempio alcuno dalla natura. Questi ignoranti non fanno che perpetuare i propri errori dato che sfugge loro il principio stesso della Bellezza, quel principio che gli stessi artisti avvertiti discernono a fatica: fuggie lingegni non periti quella idea delle bellezze quali i beni exercitatissimi appena discernono83. In tutte le polemiche artistiche del secolo ritorna una doppia affermazione che per altro per i novatori si riduce a una sola. Lidea della bellezza nasce dallesplorazione della natura, ma la natura parla solo a chi sa interrogarla; la natura ubbidisce a una idea della bellezza che non si forma nello spirito senza di essa, ma che non pu essere colta che dallarte. Come possibile questa operazione? Per la generazione del Verrocchio, del Botticelli, di Leonardo il rapporto tra esperienza e idea, tra reale e invenzione, tra la forma e il suo significato non pi semplice. La tensione tra i due termini non poteva che farsi pi acuta nel momento in cui la natura assumeva un valore pi forte e la Bellezza diventava unistanza pi tirannica. Lindizio pi significativo di questevoluzione rappresentato dalla comparsa di un concetto nuovo dellopera darte concepita ora come un tutto coerente, come una sorta dorganismo superiore alla semplice somma dei suoi elementi84. In un passo assai importante della sua Theologia platonica il Ficino aveva applicata questa nozione al cosmo: Considera plantas et animalia, quorum singula membra ita disposita sunt ut alterum alterius gratia sit locatum, alterum, serviat alteri. Certo uno sublato, tota ferme compago dissolvitur. Cuncta denique membra, totius compositi gratia, sunt digesta... Tandem partes mundi cunctae ad unum quendam totius mundi decorem ita concurrunt, ut nihil subtrahi possit, nihil addi. Questo testo capitale del 148285. Nel De

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re aedificatoria dellAlberti, scritto venti o venticinque anni prima, ma pubblicato nel 1485, si legge ugualmente che la bellezza consiste in certa cum ratione concinnitas universarum partium in eo cuius sint: ita ut addi, aut diminui, aut immutari possit nihil, quam improbabilius reddat86. Si tratta di unaggiunta importante alle definizioni date nel Della pittura; deciso ad evitare ogni nozione metafisica, lAlberti si era limitato a riferire laneddoto delle figlie di Crotone scelte da Zeusi per torre da queste qualunque bellezza lodata in una femmina87. Questa operazione di scelta non in realt che un punto di partenza; il nuovo concetto indica invece in che cosa consista il punto darrivo del processo artistico. stata una formula di Aristotele ad orientare i fiorentini. La si trova nella Poetica (VIII, 9), dove la definizione della poesia come mmhsij, viene immediatamente completata dal principio che nelloggetto da imitare si debba considerare la coerenza interna che ad esso essenziale: Gli elementi di esso sono connessi in tal modo che se uno dessi modificato o tolto, linsieme ne risulta distrutto o mutato, dato che se la presenza o lassenza di qualche cosa non lo tocca vuol dire che questo qualcosa non un elemento del tutto. Si tratta qui della verit alla quale deve aspirare il poeta, non della bellezza. La trasposizione compiuta dallAlberti e dal Ficino quindi tanto pi rilevante: pervenuta attraverso tramiti diretti o indiretti (Cicerone, Quintiliano), questa nozione dellunit organica che fa la sua comparsa tardi, viene assunta risolutamente dallAlberti per definire lideale della bellezza e dal Ficino per celebrare luniverso sub specie pulchri. In entrambi i casi palese lorrore del frammentario e di ci che diffuso: comunque questa definizione del bello artistico lunica che abbia avuto valore per il Rinascimento. Due analogie precise vi si avvertono alla base: lanalogia con lessere vivo e lanalogia con luniverso; la stessa nozione

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che esprime lideale dellarte vale anche per lunit specifica della vita e per quella del mondo. Ed un gioco dequivalenze caratteristico del pensiero dellepoca. A tale nozione si possono ricondurre le due preoccupazioni pi vive delle botteghe fiorentine: lo stretto rapporto tra arte e matematica e il desiderio di realizzare lanimazione completa delle figure. Il primo sembra riportare al noto principio del platonismo antico per il quale larte subordinata alle forme assolute88; la seconda si ispira piuttosto ai princip del neoplatonismo e allidea del valore magico delle forme. Siamo di fronte a un accordo che non pu essere fortuito tra le formule riscoperte nei testi antichi e valorizzate dagli umanisti, e le iniziative degli artisti. lecito chiedersi se in alcuni casi salienti queste non siano state stimolate da quelle.

1. Lestetica matematica. La prospettiva in sostanza lottica. A questo titolo raffigurata tra le arti liberali nella tomba bronzea di Sisto IV con un motto tratto dalla classica opera di John Peckham: Sine luce nihil videtur. Il trattato di Piero della Francesca, De perspectiva pingendi, propone unottica ad uso dei pittori. LAlberti, nel suo trattato del 1435, in cui il primo libro dedicato alla costruzione geometrica dello spazio, e tutti gli artisti che vollero esporre queste formule non pretendevano di fondare una scienza nuova, ma di trarre delle conclusioni pratiche, inedite, dalla teoria matematica della visione. Il procedimento costruttivo che consiste nel trattare il quadro come lintersezione di un piano con la piramide ottica apertamente derivato dalla geometria89; tuttavia lAlberti mantiene un consapevole riserbo sulla natura stessa della visione. La novit in questo campo consistita

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nellarricchire la tradizione euclidea del cono di visione, figura che si adattava alla pratica della prospettiva assiale, quella di Giotto e dei trecentisti. Tre sono i fattori da considerare: la grandezza delloggetto, la sua distanza, il punto scelto per lintersezione o piano del quadro. Si comincia di fatto con la definizione grafica di un vano spaziale. Questa perspectiva artificialis era la conclusione di una serie di esperienze condotte nel corso del Trecento intorno alla rappresentazione dello spazio (la Presentazione al tempio di Ambrogio Lorenzetti ne lesempio pi significativo); esse vengono normalizzate dal meccanismo del punto di fuga e dal gioco dei triangoli simili che definiscono le misure decrescenti sulle linee perpendicolari al piano del quadro, o ortogonali90. Per la prima volta i procedimenti erano cos messi in rapporto con le dimostrazioni matematiche. La sua chiarezza e il garbo nellesposizione rappresentano il merito durevole del trattato, ma la soluzione in esso proposta richiedeva dei perfezionamenti tecnici che si avranno agli inizi del Cinquecento91, e daltronde essa non si poneva come lunica soluzione possibile. Il fiorentino che si propose di definire le premesse scientifiche della prospettiva applicata non fu lAlberti, ma il Ghiberti nel terzo libro dei suoi Commentari, scritti tra il 1450 e il 1460. La sua teoria dellottica solo un mediocre compendio di testi tratti da quelle che erano considerate le autorit in materia, soprattutto John Peckham e Witelo. A questi egli deve lidea che latto della visione implichi un giudizio intellettuale circa la valutazione delle distanze e accumula teoremi su teoremi per dimostrare che langolo visuale non basta a determinare le distanze; occorre invece la superficie piana orizzontale determinata dalle linee di fuga delle ortogonali. Questo piano di riferimento permette di intensificare e rendere pi fluida lunit della composizione: i riquadri della seconda porta del Battistero lo

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mostrano chiaramente. Ed tutto quello che il Ghiberti si attende dalla prospettiva92. Bench il nome del Brunelleschi venga cortesemente citato nella dedica del trattato albertiano, nulla ci dice che Filippo sia allorigine del metodo di costruzione che viene proposto nel De pictura. Limportanza storica delle dotte ricerche del Brunelleschi stata messa in luce soprattutto dallumanista della cerchia del Ficino che ha composto, intorno al 1480, la biografia del grande architetto: E misse innanzi ed in atto, lui proprio, quello che dipintori oggi dicono prospettiva; questa scienza non che una parte dello studio pi generale degli accrescimenti e delle diminuzioni proporzionali alle distanze, e da lui nato la regola. Il biografo fornisce la descrizione delle due tavolette (veduta del Battistero e veduta di palazzo Vecchio) dipinte a questo scopo dallarchitetto, arrivando alla riscoperta di una disciplina antica93. In pratica esalta il Brunelleschi a scapito dellAlberti che si dichiarava inventore del nuovo metodo. Questa piccola rivalit non manca dinteresse in quanto la nuova scienza presupponeva lincontro tra la prospettiva dei pittori, che un mezzo per ordinare la superficie del quadro, e quella degli architetti, che un mezzo per concepire la distribuzione armonica degli edifici94. La funzione della prospettiva non semplice n deve essere semplificata: essa permette di ricreare il reale, di organizzare la composizione su tre piani e di armonizzare linsieme cos formato con la superficie stessa del quadro95. Ogni artista se ne serve in modo diverso: Donatello stato il primo a compiere unesplorazione completa delle sue possibilit per giungere ad animare il pi possibile i suoi rilievi. I pittori moltiplicano come lui gli accorgimenti: personaggi-quinta, effetti di materia che riportano le forme verso il primo piano facendole partecipare alla distribuzione della superficie. Un esame

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pi preciso dei metodi rivela anche che la prospettiva in senso stretto, cio a punto di fuga unico, che determina uno spazio cubico, non ha avuto affatto una prevalenza assoluta, nemmeno in Paolo Uccello che pure secondo la leggenda sarebbe stato il fanatico della prospettiva. Questa leggenda tipica espressione della tendenza che porta a considerare lartista come un ricercatore, un discepolo dHermes, al servizio della Ragione universale. Ma Paolo Uccello solo raramente e tardi impiega il nuovo metodo. Lungi dallessere unapplicazione rigorosa della prospettiva centrale, il celebre Diluvio presenta diversi punti di fuga, come se volesse suggerire un movimento rotatorio dellocchio96. Ma, cosa ancora pi sorprendente, Paolo Uccello nella Nativit di San Martino alla Scala sembra aver incrociato le ortogonali in funzione di due punti di fuga97. Le reazioni di Filippo Lippi non sono meno capricciose. Se ne deve concludere che gli artisti tenevano meno a una rappresentazione rigorosa dello spazio, e pi invece a una nuova gamma di effetti. Una prova di ci si pu vedere anche nel successo che incontrano gli studi di prospettiva nel campo della decorazione. Stando a un aneddoto celebre Donatello scultore, suo amicissimo, gli [a Paolo Uccello] disse molte volte, mostrandogli Paolo mazzocchi a punte e a quadri tirati in prospettiva per diverse vedute, e palle a settantadue facce a punte di diamanti, e in ogni faccia trucioli avvolti su per li bastoni e altre bizzarrie in che spendeva e consumava il tempo: Eh, Paolo, questa tua prospettiva ti fa lasciare il certo per lincerto: queste sono cose che non servono se non a questi che fanno le tarsie...98. Questa osservazione caustica ha un doppio valore: mostra che fin dagli inizi lo studio dello spazio andava unito a quello dei corpi geometrici, e daltro canto dimostra limportanza delle tarsie. Lo studio dei solidi, non meno di quello delle distanze, fa parte della

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geometria dei pittori: lastratta gabbia spaziale fatta per accogliere corpi armoniosi, si tratti dei cinque corpi di Platone, che vantano una sorta di primogenitura cosmologica secondo la scienza contemporanea99, o di poliedri pi complessi, di corone e nastri di un ricco effetto ornamentale. difficile non ricordare la definizione di Platone che ha sempre incantato gli ammiratori delle forme astratte: Superfici e corpi che sono determinati dalla regola e dalla misura degli angoli sono belli non solo relativamente agli altri, ma sempre e in se stessi, e generano un piacere specifico che non ha nulla in comune con leccitamento dei sensi (Filebo, 51 c)100. Si tratta del cubo, della sfera, della piramide, insomma delle figure geometriche che la voga della prospettiva ha contribuito a diffondere e che le tarsie hanno reso comuni nella decorazione. Cera in realt unaffinit naturale tra la costruzione geometrica delle figure o quella dello spazio, costruzione che si fondava sullarticolazione dei piani, quindi su un ritagliarsi di forme semplici, e lintarsia che procede per incastro di triangoli, quadrati e trapezi101. Vediamo in questo caso la forma matematica creare propriamente il suo oggetto. Il piano della prospettiva una scacchiera: negli schemi costruttivi si parte da una trama regolare e i rettangoli uguali giustapposti generano, nella loro fuga, triangoli simili. Nulla di pi adatto per le tarsie. Quelli che vengono chiamati maestri de prospettiva sono in realt intarsiatori. Il legame tra la tecnica dellintarsia e i montaggi prospettici sar per mezzo secolo cos stretto che lecito riportare ad esso la voga delle decorazioni astratte, soprattutto delle belle prospettive urbane o architetture pure. La loro origine va in realt cercata nei pannelli intarsiati che ornavano le fronti dei cassoni o che erano posti alla parete entro incorniciature lignee, come nel caso della decorazione ricordata dallinventario dei Medici nella camera di Lorenzo102. Le

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vedute architettoniche che ci sono pervenute non hanno avuto altra destinazione: ornavano cassoni o pareti di stanze, sostituendosi alle scene narrative o alle decorazioni a fiori imitate dalle tappezzerie. Questo sviluppo in senso ornamentale della prospettiva e delle costruzioni astratte negli ultimi due terzi del secolo corrisponde a una visione a priori, a un gusto delle forme geometriche, in cui il piacere della speculazione d luogo a un fatto di stile. Era questo un modo di trarre conseguenze originali dalle conoscenze scientifiche e, in fin dei conti, di applicare allarte certi teoremi. I princip filosofici della prospettiva si possono in realt riportare allidea che lo spazio completamente attraversato dalla luce ( quindi intelligibile) ed di struttura matematica ( quindi misurabile). Sono due punti che, bench si possano gi trovare in certi dotti del secolo XIII, hanno unimportanza centrale nella fisica del Quattrocento e nella dottrina del Ficino. In uno dei suoi trattati giovanili, le Quaestiones de luce, insiste sul fatto che la propagazione dei raggi luminosi non consiste in uno spostamento di elementi corporei. La luce cio cosa spirituale e non pu che generare effetti intelligibili. Il commento al Timeo verr a consolidare questa intuizione attraverso la teoria dellanima del mondo e la concezione matematica dello spazio che ne deriva: Non solum vero per numeros sed etiam per figuras describitur anima, ut per numeros quidem incorporea cogitetur, per figuras autem cognoscatur ad corpora naturaliter declinare103. Il rapporto che intercorre tra il corpo e la realt invisibile (o intelligibile) lo stesso che corre tra la geometria e laritmetica o, se si vuole, tra la prospettiva e la musica. questo lordine platonico che svolge lintuizione del cosmo armonioso. Larte pu avvantaggiarsi tanto agevolmente (come pretendeva lAlberti) delle certezze matematiche perch essa stessa procede da un sapere

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interamente predisposto al dispiegarsi di un cosmo armonico. Lelogio supremo consister nel dire di un artista che ha attitudini alla geometria e alle proporzioni. Nella Summa aritmetica, pubblicata a Venezia nel 1494, il Pacioli fornisce lelenco dei pittori matematici, cio di quegli artisti provetti che non maneggiano la prospettiva senza gli opportuni calcoli. il passo famoso in cui cita il suo maestro, il monarca della pittura, Piero de Franceschi. Il suo elenco comprende il Mantegna, i Bellini, il Signorelli, Melozzo e, per Firenze, il Botticelli con i Ghirlandaio. Il Botticelli ha naturalmente un posto tra coloro che sempre con libello e circino lor opere proportionando a perfection mirabile conducano104. Sulla met del secolo il Castagno e Piero della Francesca avevano fatto in questo senso della perspectiva artificialis la base indispensabile della grande pittura105. Nellepoca successiva si ebbe per cos dire un momento di rifiuto dei metodi albertiani: il Pollaiolo dispone liberamente le figure nel paesaggio, il Botticelli sinteressa alla linea, al profilo, agli accordi in superficie: cosa tanto pi significativa in quanto egli conosce perfettamente la costruzione legittima, se ne serve quando lo ritiene opportuno e passa per maestro dellintegra proporzione106. La consapevolezza delle insufficienze artistiche della costruzione albertiana forse pi forte ancora in Leonardo; infatti egli ha finalmente elaborato un metodo prospettico diverso da quello del Brunelleschi e dellAlberti. Il Cellini nelle sue memorie accenna a un trattato di Leonardo che egli avrebbe acquistato in Francia e di cui loda la semplicit. Per quanto possibile ricostruirlo, si trattava di una proiezione non su una superficie piana ma su una superficie sferica (il quadro non sarebbe che una proiezione piana di essa). Questo procedimento presenta il vantaggio di rispettare le leggi dellapparente diminuzione allorch locchio si sposta

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lateralmente: quindi una prospettiva sintetica pi flessibile del metodo antico. Leonardo scrive: E di questa prospettiva semplicie della quale la pariete taglia le piramidi portatricie delle spetie allochio equalmente distanti dalla virt visiva ci ne d sperientia la curva lucie dellochio sopra la quale tali piramidi si tagliano equalmente distanti dalla virt visiva (ms E, fol. 16 a). Egli preferisce questo procedimento alla regola dellAlberti, giudicata pi arbitraria, perch altera la diminuzione apparente degli oggetti situati ai margini del campo visivo107. La riforma della prospettiva al centro delle preoccupazioni di Leonardo108. Tuttavia la pittura, che scienza, e addirittura scienza per eccellenza, deve poter fornire dimostrazioni matematiche. Il rigore dello strumento matematico chiaramente tende a conquistare larmonica proporzionalit la quale composta di divine proporzioni. Questa insistenza categorica sul fondamento matematico del sapere trova la sua giustificazione ultima nel fatto che non c pittura senza dominio dellarmonia, e non c armonia senza proporzionalit, non ci sono rapporti misurabili senza legge dei numeri109. Ma stringendo cos i termini per meglio assicurare la dignit delle forme, ci si urta a un limite astratto che non soddisfa lo spirito. Larmonia che si vuol raggiungere lunita stessa della natura, mentre invece le matematiche non sono che un aspetto dellottica. La pittura universale deve rispondere a una scienza totale della visione, ma per questa esistono tre prospettive: quella delle proporzioni decrescenti, quella della intensit decrescente dei colori, quella della percettibilit. Esiste cio tutta una serie di fenomeni tra i quali levanescenza degli oggetti e le illusioni della vista, che essenziale alla pittura110. Leonardo rinuncia alla fine a una definizione unitaria. Giunge a raccomandare le regole prospettiche per il controllo delle figure, non per la

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composizione111; e addirittura a dubitare dellapplicazione della matematica allarte:


E se l Geometra riduce ogni superficie circondata da linee alla figura del quadrato et ogni corpo alla figura del cubo, e lAritmetica fa il simile co le sue radici cube e quadrate, queste due scientie non sestendono, se non alla notitia della quantit continua e discontinua, ma della qualit non si travaglia, la quale bellezza delle opere di natura et ornamento del mondo112.

Dunque Leonardo ha avuto a pi riprese coscienza di un punto morto nella tentazione dei fiorentini di arrivare a unidentificazione tra scienza matematica e arte. E qui, in un certo senso, abbiamo la chiave della sua evoluzione. Nel suo crescente riserbo abbiamo uno sviluppo parallelo a quello dei filosofi che affermavano la necessit del principio matematico pur dichiarandolo insufficiente. Questa evoluzione pu essere caratterizzata come un passaggio dal meccanico allorganico113. Le esperienze degli ultimi anni del secolo mostrano abbastanza chiaramente che nel campo del paesaggio e della figura, in quello dei valori e dei toni cera una sorta di generale impazienza per le strutture statiche. Si sopportava con minor convinzione lautorit delle nobili definizioni dellarte, per le quali lo spazio prospettico e il suo corollario, cio i corpi puri, erano il contenente e il contenuto ideali della pittura114. Si instaura una sorta di concorrenza tra larchitettura e il paesaggio, tra la forma geometrica e la figura. Proprio da questa segreta difficolt nascer la composizione classica. La predilezione di Leonardo, e dopo di lui di Raffaello, per il gruppo piramidale risponde al desiderio di ristabilire lordinamento geometrico di Piero in un nuovo clima115. Ma caratteristico di Raffaello stato per lappunto di cercare lunit completa di struttura ed espressione sfug-

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gendo al conflitto dei due princpi che ha affaticato Leonardo.

2. La vita e il movimento. Il Quattrocento ha scoperto il fascino del movimento e della forma dinamizzata con una freschezza di cui prova, ancora una volta, un passo dellAlberti:
Noi dipintori i quali volliamo coi movimenti delle membra mostrare i movimenti dellanimo... Cos adunque conviene sieno a i pictori notissimi tutti i movimenti del corpo quali bene impareranno dalla natura, bene che sia cosa difficile imitare i molti movimenti dello animo. Et chi mai credesse, se non provando, tanto essere difficile volendo dipigniere uno viso che rida, schifare di non lo fare piuttosto piangioso che lieto? Et ancora chi mai potesse senza grandissimo studio exprimere visi nel quale la bocca, il mento, li occhi, le guance, il fronte, i cigli tutti ad uno ridere o piangere convengono? Per questo molto conviensi impararli da la natura et sempre seguire cose molto prompte et quali lassino da pensare, a chi le guarda, molto pi che elli non vede116.

Nelloperetta De statua queste osservazioni sono estese alla scultura e completate dallo studio delle proporzioni del corpo umano. Sono queste difatti le due facce dellantropologia estetica che comincia col canone e finisce con la fisiognomica117. Uno degli aspetti pi originali del platonismo fiorentino stato infatti il suo insistere sul fatto che ogni forma visibile viva, animata, dotata di movimento, e che il principio di ogni movimento lanima stessa: nozioni che sono strettamente connesse. Il Ficino riassume uno stato danimo generale: per ejus praesen-

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tiam apparet in corpore imago aliqua per se mobilis facultatis, fitque ibi motus in omnem partem quod significat animam esse fontem motus unde libera et universalis effluit agitatio118. Per contro, tutti i movimenti dei corpi visibili rimandano a una forma animata che li dirige. Il muoversi del corpo vivo per lappunto il linguaggio dellanima, e quanto pi esso frenetico tanto pi rivela limpulso psichico, il vivido segreto della realt. Cos si arriver a fare lelogio della danza e soprattutto delle danze violente, dionisiache: a Baccho [habemus] festivam in motu membrorum concinnitatem: cio le danze dionisiache erano considerate le pi significative, le pi belle. La dottrina umanistica anche in questo caso non faceva che fornire una giustificazione e illustrare ci che interessava gli artisti toscani. Per i pi moderni di essi quella dignit delle forme che si rivolge allintelligenza degli intenditori non consiste solo nella symetria, ma anche nella vita. Si trattava in pratica di spezzare i canoni fissati nel Trecento e che continuavano ad aver corso nelle botteghe popolari. Questa esigenza per attendeva ancora dessere definita e daltronde apriva la strada a stili molto diversi. Allorch scriveva che un filosofo in conversazione doveva mostrare un contegno misurato e non un gestire come uno schermitore lAlberti pensava probabilmente ai Santi e Dottori di Donatello; questa stessa critica circa il loro moto eccessivo verr ripresa qualche tempo dopo dal Filarete. Forse stato il Ghiberti nella seconda porta del Battistero a realizzare pi pienamente lideale di elegante vitalit vagheggiato dallAlberti119. Donatello aveva dalla sua lautorit e lesempio concreto dei putti e dei baccanali antichi. Verso il 1460 ormai generale a Firenze la reazione contro lo stile grave e misurato, gli atteggiamenti calmi. Nellincisione si moltiplicano le figure che saltano e danzano120. Il Pol-

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laiolo dipinge ad Arcetri i suoi baccanti frenetici, disarticolati dal moto. Ormai sono di moda tutte le forme di vitalit intensa e vigore despressione. Il Pollaiolo, lunico pittore per il quale, a quanto si sa, il Ficino ha dimostrato interesse, ha proposto in questo senso delle novit sensazionali. Il Vasari non manca di rilevare la sua originalit: Egli sintese deglignudi pi modernamente che fatto non avevano gli altri maestri innanzi a lui, e scortic molti uomini per vedere la notomia lor sotto, e fu primo a mostrare il modo di cercare i muscoli, che avessero forma e ordine nelle figure121. Lo storico cita lincisione della Battaglia dei nudi come esempio tipico dello stile energico che ne deriva; si possono citare ugualmente il disegno con Adamo degli Uffizi, le statuette e la serie dipinta delle Fatiche dErcole. indubbio che Antonio ha scelto il tema delleroe fisico per esemplificare un nuovo canone della figura in azione122. Lunico maestro che abbia avuto in egual misura questi stessi problemi il Signorelli. Egli conserva dellinsegnamento di Piero della Francesca il gusto per i gruppi statici e i gesti contenuti, ma le sue figure hanno una carica nervosa che quanto mai lontana dallimpassibilit del maestro di Borgo123. Lo stile coreografico ha avuto a Firenze uno sviluppo tale che merita di essere considerato. In certi casi esso ritrova dei ritmi gotici, che possono anche prevalere sulle conoscenze anatomiche e sul senso della vita organica. Gi certi disegni del Pollaiolo ci mostrano delle figure a puro contorno, senza modellato, che sono delle sintesi astratte in cui la sola linea ad avere funzione espressiva. Il braccio che si torce, la gamba che si piega diventano degli arabeschi funzionali124. Attraverso una sorta di sublimazione larte del Botticelli in parte uscita di qui125. La danza per lui come lo stato naturale del corpo, il segno pi efficace dei movimenti dellanima. E tutto intensamente voluto. La pratica del

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Botticelli si accorda con le osservazioni sistematiche abbozzate dallAlberti sullondeggiare dei veli delle ninfe, sul volo capriccioso delle capigliature, sul piegarsi delle mani126. Mai la mimica affettiva giunta a tanta acutezza; e di qui venuta unarte essenzialmente di contorni che non consentiva di dare importanza, se non occasionalmente, alla composizione matematica. Lagitazione e la mimica che non conosce se non la gioia sfrenata o la malinconia, suppongono una tensione nervosa che, agli occhi degli amici del Ficino, accresceva in misura singolare la dignit delle forme. Tuttavia, gi dal 1475, cominciava a delinearsi una tendenza alla stasi, un ritorno allimpassibilit che il Verrocchio prepara col suo consueto senso di responsabilit e che trover piena attuazione essenzialmente con Leonardo. Il movimento violento non pi un ideale. Lo sfoggio di muscolature aveva potuto essere considerato come un mezzo particolarmente indicato per imprimere alle figure quel movimento, che era considerato segno immediato della vita. Ad ogni pagina il Ficino insiste su questa verit, che, secondo lui, dimostra che la natura vive non meno delluomo, poich anchessa, come luomo, danza negli elementi, negli animali, nelle piante che crescono, dando lo spettacolo di un movimento infinitamente differenziato e di una mobilit prodigiosa. Questa agitazione confusa diventa intelligibile nellordine del cielo: si pu, quindi si deve, descrivere lessenza delle cose come una mirabile danza: ne simbolo la danza eterna delle muse. Ci si pu anche servire della metafora del viso ridente, dato che luniverso si comunica attraverso un raggiare simile a un sorriso, quel gratissimo riso il perfetto contento ci rappresenta: del quale la virt stessa ci riempie e una secura felicit della vita127. La fisiognomica laspetto essenziale dellessere universale. Grazie ad essa, il corpo umano ha in s una forza di comunicazione completa;

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soprattutto il viso: tu sai, scrive il Ficino, quanto facilmente il viso dun uomo in lacrime svegli la piet, quanto la figura duna persona gentile colpisca e agisca immediatamente sugli occhi, limmaginazione, lo spirito, gli umori... Di qui la forza dellarte che dispone di tutti questi segni128. Leonardo era perfettamente consapevole che queste speculazioni interessavano larte del pittore: Si prova la pittura essere filosofia, perch essa tratta del moto de corpi nella prontitudine delle loro azioni, e la filosofia anchora lei sestende nel moto129. la concezione dellAlberti, ma Leonardo moltiplica le precauzioni: critica i nudi troppo muscolosi e le anatomie bozzolute, simili a sacchi di noci, della scuola del Pollaiolo. Condanna la monotonia dei tipi derivante da un canone troppo rigido, analizzando quello che egli considera il maggior difetto dei pittori: Sommo difetto de pittori replicare li medesimi moti e medesimi volti e maniere di panni in una medesima istoria, e fare la magiore parte de volti che somigliano alloro maestro, la quale cosa mha molte volte... dato admiratione. La sua spiegazione ben nota: si tratta di uninsidia dellimpulso soggettivo. Lanima del pittore sinvaghisce incoscientemente di un certo tipo e spinge il pittore a raffigurarlo. Occorre difendersene e fare la sua figura sopra la regola dun corpo naturale, il quale comunemente sia di proportione laudabile, oltre di questa far misurare se medesimo130. In altre parole occorre una regola critica per giungere a una sorta dimpersonalit, alla distanza necessaria alla grande arte. Dopo il Ghiberti il gusto delle forme aggraziate e dei gruppi quietamente ordinati non era andato perduto nellarte fiorentina. La crisi degli anni sessanta non aveva impedito larte deliziosa e misurata di Desiderio. Lincontro di questarte delicata con lespressionismo avvenne nel Verrocchio. Occorreva scegliere nella

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gamma dei sentimenti: il Verrocchio definisce ancor meglio il tipo soave delladolescente e il tipo violento del guerriero, ed oppone cos dolcezza e terribilit in un celebre rilievo doppio. Il suo restauro del Fauno scorticato costituisce un vero e proprio esercizio di fisiognomica applicata. Il viso calmo del Cristo resuscitato di Careggi, se lopera data veramente del 1465, indica una ricerca nuova, che sfocia nel gruppo bronzeo dellIncredulit di san Tommaso per la nicchia dOrsammichele, eseguito intorno al 1475-80, in cui il modellato tutto quanto subordinato alla realizzazione di una sorta di difficile sorriso131. In realt verso il 1480 si veniva generalizzando un tipo despressione sottilmente distante e ambigua, in cui si dovevano sentir passare emozioni opposte e quel moto interiore che sottrae lanima ai sussulti tumultuosi dellanimalit132. ci che svilupper Leonardo con una esatta padronanza del gioco dei muscoli che regolano lespressione contenuta e un senso eccezionale del movimento dolce e continuo, lunico capace di suggerire la seduzione elusiva della grazia133. Fra le molte ricerche di Leonardo quelle da lui condotte nel campo della fisiologia applicata sono state le pi laboriose. Il trattato di anatomia che ne era la base solo per poco non fu pubblicato. I disegni anatomici di Leonardo sono particolarmente numerosi. Certi sono degli schemi che compendiano le conoscenze comuni, altri sono note personali, altri infine sono studi comparativi sulla struttura umana e quella animale o quelle sorprendenti variazioni fisiognomiche sui visi mostruosi, in cui si costruiscono esseri possibili a partire da elementi dosservazione134. I suoi lavori furono poco conosciuti, ma basta qualche esempio a far apparire come ormai desuete le immagini anteriori. Dopo il 1500 il Botticelli, cos indifferente alle forme anatomiche, risulta ben presto, nonostante le sue grandi qualit gra-

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fiche e i suoi effetti di movimento, fuori moda. Le conoscenze anatomiche diventano necessarie per realizzare un minimo di eloquenza espressiva. Il Vasari molto acutamente ha notato come Raffaello si sia liberato dalla inerte maniera del Perugino grazie ad alcuni studi danatomia: aveva imparato a conoscere le attaccature dei muscoli e i loro meccanismi e aveva cos scoperto il segreto dei movimenti delicati e graziosi135. Le conoscenze scientifiche vengono in questo caso a confermare uno stile. Alla dolce anatomia di Raffaello si contrappone quella di Michelangelo; e il suo interesse per i problemi anatomici era cos vivo che un trattato danatomia fu lunico di scienza applicata che abbia mai pensato di scrivere136. In realt lanatomia non che la base di una fisiognomica estesa a tutto lorganismo: la meccanica del corpo non distinta da quella dellanima. E la figura in movimento ha la possibilit di significare tutto.

3. Luomo e il mondo. Lo sviluppo artistico del Quattrocento si presenta dunque nientaffatto lineare. Intorno al 1460 si moltiplicano i segni di mutamenti negli interessi delle botteghe italiane. In unarte maturata sulle grandi esperienze di Masaccio e di Piero e stimolata dagli esempi fiamminghi, si vedono riaffiorare due inclinazioni che erano state proprie del Trecento toscano: il gusto della figura individualizzata e il gusto dei grandi panorami. La posizione di Firenze tuttavia meno brillante che agli inizi del secolo: i suoi scultori e i suoi architetti dominano ancora la penisola, ma questo non avviene pi per i suoi pittori. I prelati di Roma o i notabili di Venezia non chiedono al Pollaiolo e al Verrocchio i loro quadri. Firenze ha perduto liniziativa, anche se ha dei mae-

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stri che non sono da meno delle grandi personalit di Venezia o di Ferrara. Ma n un Botticelli n un Filippino suscitano interesse fuori della Toscana: solo Leonardo ha un peso, ma per lappunto egli sfugge per molti aspetti ai limiti della scuola. Si ha indubbiamente nella pittura fiorentina degli anni 70-95 la tendenza a un ripiegamento locale; le iniziative sono meno risolute, sia che si senta il bisogno di assimilare le novit, sia che si accentui laspetto intellettuale e voluto delle forme: si indovina una coscienza pi viva, ma un po paralizzante dei problemi. I cronisti confermano limpressione suggerita dalle opere: a volte si nota una concentrazione estrema nel lavoro e artisti che si applicano allinfinito (e il caso di Lorenzo di Credi che si preoccupava minuziosamente dei minimi particolari tecnici e non voleva che si facesse alcun movimento che potesse far polvere al punto che il Vasari lo biasima per il troppo zelo)137, a volte una sottile inquietudine psicologica e per cos dire un continuo interrogarsi sulle ragioni dessere e sulla dignit dellarte, che la crisi piagnona poi esasperer e devier138. Lartista si interroga sui mezzi e i fini; quando pi cosciente, cerca delle giustificazioni. I problemi talvolta danno luogo a dilemmi che non scompariranno pi. Nel Purgatorio Dante, mentre cammina tra le anime senza corpo, tradito dalla sua ombra:
Quando saccorser chi non dava loco per lo mio corpo al trapassar de raggi (Purgatorio, V, 25-26).

Lombra portata delle figure umane ha per lappunto una funzione capitale nel ciclo di Masaccio al Carmine, come se in essa egli avesse visto il mezzo per definire e magnificare lesistenza terrestre139. Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso, san Pietro che guarisce con lom-

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bra gli infermi, i passanti sulle piazze cittadine affermano per la prima volta nella pittura il loro volume e la loro opacit. Questa robusta concezione sar portata dal Castagno fino allaffermazione plastica totale delle figure nella loro massa e nella loro pesantezza. Ma gli sviluppi successivi dellarte fiorentina non faranno che allontanarsi da questa definizione serrata pi adatta alla creazione di tipi, ad esempio gli Uomini illustri, che non alla forma moderna del ritratto. LAlberti interpretava le idee comuni allorch ricordava che la forza veramente divina della pittura consiste nel fatto che essa pu rendere presenti gli assenti e i morti140. Il ritratto si sviluppa dovunque nel corso del Quattrocento; ma latteggiamento dei fiorentini verso di esso dimostra una coscienza esigente e inquieta. Essi presentano dapprima una grande fedelt alla figura di profilo, il cui tipo risale forse a Giotto141 e che aveva grande prestigio grazie ai medaglioni antichi. Lidea fondamentale di questo genere classico perdura a Firenze dove il volto reso con il solo contorno conobbe, a partire dal 1440, una voga interessante: anzich una visione completa, con tutti gli accidenti dello sguardo e della maschera, esso fornisce uninterpretazione leggera e distaccata, per cos dire limmagine immortale del personaggio. Intorno al 1460-80 la figura di profilo, per contrasto al ritratto monumentale, diventa il mezzo per collocare il modello in una sfera lontana e accentuare il contorno che gli conferisce qualcosa di immateriale. Il Pollaiolo, vero, fa ruotare leggermente il modello per dare limpressione che la figura sia uscita dal suo isolamento e tenga conto dello spettatore, ma rimane dominato dalla tendenza opposta, cio quella di accentuare la distanza morale del personaggio. Il Botticelli introduce allora una nota originale di malinconia e di distacco che indubbiamente conferisce uno stile a un elemento della psicologia del tempo. Egli presenta il viso di per se stesso,

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nella sua singolarit; la posa di tre quarti o di fronte sottolineata da fondi uniti, e il viso, in cui dominano la struttura ossea, la bocca e gli occhi (mentre manca ogni attenzione agli accidenti epidermici), viene accentuato da un atteggiamento distratto, fantasticante. Egli ha in questo modo fissato quel malinconico che suol dar spesso la pittura a ritratti che si fanno, per usare le parole del Vasari a proposito della Gioconda. Questi ritratti ricercati erano in intimo accordo con il gusto fiorentino: se ne ha la prova nella voga parallela dei busti in bronzo, e soprattutto in marmo, che, intorno al 1460, erano diventati una specialit toscana. Partendo dalle sue Madonne e dai suoi san Giovannini, Desiderio diffonde presto la moda di un tipo di giovane donna e di giovane gentiluomo dal contegno dolce e calcolato che forma un bel volume senza pieghe n accidentalit troppo marcate. Questi busti, per la stessa discrezione dello stile, sono individualizzati in un modo meno energico di quelli di Antonio Rossellino, Mino da Fiesole e Antonio Pollaiolo142. La scultura fiorentina tende cos a fissarsi su due soli registri: quello della grazia e della verginit sorridente, e quello dellenergia contenuta. Quasi tutti i ritratti in scultura dellepoca vengono cos ad essere influenzati da modelli ideali che sono quelli dellarte religiosa o, grazie a una innovazione che ormai era necessaria, quelli della storia: certe figure di uomini famosi come il prezioso rilievo di Cesare del Louvre, opera di Desiderio da Settignano, o quelli del Verrocchio definiscono delle categorie ideali del ritratto nelle quali rientrano le individualit singole. Gli antichi tipi del magistrato, del guerriero, delluomo di studio ecc. resistono tuttora; ma anzich caratterizzarli attraverso il costume, gli emblemi, o un atteggiamento puramente convenzionale, si cerca la loro verit per lappunto nellaccordo con la fisiognomica, cio la definizione interiore del modello.

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Larte del ritratto si muove cos tra due orientamenti che, come ci conferma la tradizione, si incontrano nel Verrocchio. Uno dessi porta alla precisione e allanalisi. Il Vasari racconta che il maestro di Leonardo riusc a risuscitare larte dei calchi in gesso e che faceva cos la maschera ai morti e che si potevano vedere a Firenze gran quantit di ritratti eseguiti in questo modo. Ma il Verrocchio era anche lautore di quelle teste di femmina con bellarie ed acconciature di capelli, quali per la sua bellezza Lionardo da Vinci sempre imit, e di certe figure affrontate ben significative, nelle quali la contrapposizione accentua il valore dei tipi143. In pittura il Verrocchio sembra essere stato uno dei primi a capire limportanza di togliere le figure dal loro isolamento, di immergerle nellatmosfera, di mostrarle su un fondo di paesaggio. stato comunque questo il problema fondamentale di Leonardo che, passando da un ritratto allaltro, dalla Ginevra Benci alla Cecilia Gallerani, e infine alla Gioconda, venne sempre pi precisando le sue intenzioni in questo senso. E dietro il suo esempio anche Piero di Cosimo verr sforzandosi in questo stesso senso144. Ma Leonardo, a cui premeva di conservare linvolucro grafico, in pratica il trionfo nei profili, e nello stesso tempo di animare senza volgarit il viso145, immerge il personaggio nello spazio concreto e lo colloca nella luce solo per accentuarne il distacco e lenigma interiore. Era un modo per opporsi alla solerzia descrittiva di Domenico Ghirlandaio e della sua bottega: questi prestavano scarsa attenzione al carattere, mancavano di sottigliezza. Bastava loro popolare i loro affreschi nelle chiese con quei gruppi di figure maschili e femminili, facilmente identificate dai contemporanei, che avrebbero attirato la collera del Savonarola come abusi dellarte a servizio della vanit. Per gli umanisti il ritratto aveva la sua ragion dessere come presentazione delluomo in funzione della sua

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idea. Doveva cio mostrare un tipo ideale conforme allantropologia dei moderni. ci che spiega il successo di Raffaello. Giustamente si lodato in lui il senso della bont morale come si esprime nellatteggiamento, nella fisionomia ecc. Questo senso della convenienza derivava per lappunto dalla generalizzazione che egli sapeva compiere per conferire al modello un significato preciso e nello stesso tempo elevato. Il ritratto deve proporsi di mettere in evidenza certi valori umani. questa infine la ragione per cui Michelangelo dimostrer sempre unaperta ostilit al ritratto, da lui considerato un genere inferiore, una pittura inutile e bassa, con lunica eccezione, come abbiamo visto, del Cavalieri a causa della sua infinita bellezza. Il modello non deve essere che un pretesto: Michelangelo era pi che ogni altro consapevole della distanza che separa la figura individuale dalla forma artistica. Una lettera di Niccol Martelli del 1544 ci informa che lo scultore nella cappella Medici ha volutamente ignorato la fisionomia dei Duchi per conferir loro nobilt e splendore di tipi ed egli si giustificava dicendo che entro mille anni non ci sarebbe stato nessuno che potesse dire che erano diversi146. N si potrebbe affermare meglio limportanza che per lartista ha lidea incarnata dai personaggi da rappresentare. Uno sviluppo analogo possiamo vederlo nel paesaggio147. La reazione dellarte fiorentina ci aiuta a capire chiaramente le ragioni del suo successo e il significato delle opposizioni che si ebbero in Italia. La cultura poetica e umanistica poteva incoraggiare contemporaneamente le due tendenze che erano state proprie della tradizione trecentesca, cio la tendenza a quello che stato definito il paesaggio di simboli e laltra verso il paesaggio positivo. Il recinto paradisiaco, il giardino di sogno, adorno di qualche fiore e di qualche profilo dalberi, si prestava alle sacre conversazioni, ai trionfi allegorici,

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e alle scene profane. Ma non si poteva ignorare pi oltre in Italia il paesaggio di tipo topografico creato a Siena nel Trecento, adottato dalla miniatura franco-fiamminga, sviluppato dai maestri di Tournai e di Gand. Uno degli aspetti nuovi e stimolanti del pensiero umanistico era, almeno a Firenze, il senso della vita cosmica: e lo si sentiva nellinflusso dei pianeti, oppure nella crescita e nel fiorire degli esseri. Come in ultima analisi suggerire il miracolo dellartifiziosa natura? Attraverso la diversit delle forme, oppure attraverso lintuizione del tutto? Mediante alcuni segni che individuassero degli elementi scelti, oppure attraverso uno sfoggio di elementi concreti, pieni di colore e di luce? I fiorentini non si orientarono n verso il paesaggio astrologico dominato dai simboli celesti che si trova alla villa Schifanoia a Ferrara, n verso il paesaggio puro, unificato dalla luce, che attrarr in modo esclusivo i veneziani, grazie allesempio del Bellini. Loriginalit della loro cultura si manifesta nel fatto che ancora per molto tempo resteranno fedeli alla soluzione del paesaggio prezioso, che filtra gli elementi delicati della natura intorno a una figura di cui la natura stessa appare come ornamento: stilizzazione che provocher la viva reazione dei sostenitori del paesaggio puro148. Tra il 1470 e il 1480 il problema del paesaggio assunse nella bottega del Verrocchio una particolare attualit, come ci dimostrano le prime prove di Leonardo149. La quieta terrazza dellAnnunciazione che si apre su un orizzonte di fiori e cipressi , come nel Gozzoli, solo un grazioso fondale scenico, ma ad essa si aggiunge una remota prospettiva sul mare e le montagne lontane. Questo montaggio aggraziato contrasta con i disegni ancora impacciati, ma diretti, delle rocce del Valdarno. Fra il quadro e i disegni c la stessa differenza che si riscontra tra lo scenario idillico della altercatio di Lorenzo e la descrizione animata dei torrenti e delle

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forze naturali che si ha nellAmbra. intorno al 1480 che il paesaggio complesso, visto dallalto, alla Van Eyck, che realizza una vera e propria descriptio terrarum, ricca di accidenti naturali e di indicazioni geologiche, comincia ad avere diritto di cittadino nella pittura fiorentina: nel chiostro della SS. Annunziata (1460-62) il Baldovinetti aveva adattato con discrezione questa forma di paesaggio al tipo consueto del paesaggio-giardino di cui nel 1459 il Gozzoli nella sua Cavalcata dei Magi aveva fornito un esempio ampio e gradevole150. Antonio Pollaiolo, pressa poco alla stessa data, realizza, nei fondi di colline e di vallate della sua serie di Ercole, una ricchezza e un pullulare di forme impressionante: e questo paesaggio-brano di natura porta poi alla poderosa visione della valle dellArno nel San Sebastiano di Londra del 1475. Lamico del Ficino con la sua foga naturalistica sapeva, pi audacemente dogni altro, sconvolgere le formule toscane. Meno risoluto il modo in cui il Verrocchio nel Battesimo degli Uffizi adatta il paesaggio di tipo fiammingo alle consuetudini locali: lorganizzazione del paesaggio qui ambiziosa (prospettiva atmosferica, variet degli elementi, quinta ravvicinata della roccia a strati) e nello stesso tempo realizzata con mezzi inadeguati. Il Verrocchio non ha risolto il problema, ma tutti coloro che sono passati per la sua bottega hanno saputo dare ad esso una risposta originale. Se la Madonna del Kaiser Friedrich Museum , come si pensa, del Perugino e del suo primo periodo fiorentino151, rappresenta una prova preziosa in questo senso. Per contro il giudizio sprezzante del Botticelli (noto da una frase rapida, ma preziosa di Leonardo) viene a confermare il successo del paesaggio attraverso la repulsione che suscita in un artista ostile al suo sviluppo. Basta gettare una spugna inzuppata di colori su un muro per ottenere leffetto di paesaggio: per il pittore cio si tratta di un puro gioco di macchie. La rea-

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zione del Botticelli dimostra limportanza da lui attribuita alla forma precisa e insieme lorrore per la confusione propria della natura. Fine della pittura e di ridurre questa a elementi di un fondale scenico, o almeno allontanarla mediante quinte architettoniche152. Per Leonardo invece la difesa della macchia significativa va di pari passo con il gusto del paesaggio pieno, e questo coincide con il pensiero morale che consiglia al pittore di esplorare la natura e in qualche modo di perdersi in essa: Che ti move, o homo, ad abbandonare le proprie tue abitationi della citt e lasciare li parenti et amici, et andare in lochi campestri per monti e valli, se non la naturale bellezza del mondo, la quale, se ben consideri, sol col senso del vedere fornisci?153. Il paesaggio risponde a una esperienza cosciente e deve rivelare la vita cosmica, per la quale luomo sente viva attrazione, con i mezzi appropriati, cio il regno dellatmosfera, che avvolge le cose, e le metamorfosi dellacqua sul corpo della terra. Lunit di queste apparenze complesse per lappunto quellarmonia nascosta, quella legge misteriosa che il pittore deve rivelare. Lantitesi tra il paesaggio-simbolo botticelliano e il paesaggio speculativo leonardesco viene a costituire per Firenze un doppio limite, facilmente riportabile al contesto di una cultura avvertita. Accanto a Leonardo si possono porre dei poeti come Lorenzo e il Poliziano, che amano rievocare la natura, ma la stilizzazione in cui i loro temi si configurano mal corrisponde alla vastit dellintuizione: la descrizione dei disastri dellinverno nelle Selve del primo o la visione di Cipro, lisola di Venere, nel secondo, non raggiungono lintensit della pittura che, in questo campo, giunge assai pi lontano della poesia coeva. Nellultimo quarto del secolo il nuovo senso del paesaggio viene piuttosto dal Perugino e da Piero di Cosimo. Gli orizzonti luminosi e soavi del primo sono in realt una riforma abile del paesaggio-giardino; ne con-

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servano gli elementi rari e leggeri, ma vi aggiungono un largo respiro spaziale. Non sorprende che il suo successo sia stato vastissimo presso gli intenditori medicei come negli ambienti pietisti dei piagnoni che accoglieranno favorevolmente la nuova formula, ad esempio nel caso dellaffresco di Santa Maria Maddalena de Pazzi. Larte di Piero di Cosimo deriva invece da un sentimento tormentato ed ansioso, che si esprime in una natura di forma particolare, nelle accidentalit pi strane delle rocce, degli alberi, delle forme, e intorno alluomo primitivo, intorno ai mostri mitici, dispiega uno scenario temibile e confuso, una sorta di pastorale a rovescio. In entrambi i casi si sente vicina la nascita del paesaggio puro, considerato per se stesso, cio in vista della fantasticheria serena e del turbamento che esso pu suscitare. La sua fioritura non avverr a Firenze; tuttavia sono gli umanisti che elaborano i due elementi essenziali che guideranno la moda delle tavolette di paesi nelle province settentrionali: la pastorale sentimentale, che definisce il genere di emozioni da raggiungere, e le descrizioni classiche che serviranno da giustificazione esplicita a un nuovo genere154. Il successo di questo genere sar tale da suscitare le riserve severe di Michelangelo, contrario al paesaggio non meno che al ritratto, e per ragioni analoghe: Questa pittura, dir dellarte fiamminga, si compone di drappi, di casupole, di verdure campestri, di ombre dalberi, di ponti e ruscelli, ed essi chiamano ci paesaggio con qualche figurina qua e l. E tutto questo... senza ragione n arte, senza simmetria n proporzione, senza discernimento n scelta, n disegno, in una parola senza sostanza e senza nerbo. Non c arte dove non traspare lidea155.

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Capitolo terzo Lidea artistica e i problemi di bottega

Il richiamo allo specchio era costante nel medioevo per indicare lattivit intellettuale: ogni libro era uno speculum. Anzich attenuarsi, il valore di questo simbolo si arricchito nel Rinascimento: per il neoplatonismo, che identifica luce e spirito, lo specchio rappresentava una immagine inesauribile della conoscenza e della coscienza156. Ed era tanto pi prezioso in quanto i dati dellottica erano tenuti nella massima considerazione. Questa scienza mirava a interpretare attraverso le particolarit della visione e la diffusione della luce nello spazio, fenomeni considerati particolarmente misteriosi, come la trasparenza dei corpi, che permette loro dessere attraversati, illuminati, e resi iridescenti da una luce incorporea, o la riflessione dei raggi sulle superfici unite, che permette di far nascere figure irreali ma percettibili, o ancora la deformazione delle immagini mediante le superfici curve che le riflettono. Tutti questi fenomeni, difficili a spiegare, dimostrano che il mondo fisico, greve e opaco, penetrato dallazione della luce. Posti al punto di incontro tra visibile e invisibile, rappresentavano, per i poeti e i filosofi, delle metafore sensibili del mondo soprannaturale157. Essi conferivano al reale unapparenza di prodigio e suscitavano il senso del meraviglioso. Dante se ne serve di preferenza per indicare il graduale accesso ai regni delloltretomba: gli effetti di trasparenza, gli specchi combinati che mol-

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tiplicano i punti luminosi, suggeriscono il passaggio dallesperienza umana alla visione totale158. Per i dotti le illusioni dello specchio sono la forma tipica di azione magica, nella quale la tecnica umana si impone alla natura e la supera. Nei trattati di ottica, come quello di Witelo (libro VII), questi fenomeni hanno largo posto; secondo Ruggero Bacone (Perspectiva, III) gli specchi possono essere fabbricati e disposti in modo da moltiplicare a piacere le figure e creare vere e proprie apparizioni159. Il Ficino ha raccolto e sviluppato audacemente tutte queste teorie. Per lui lo specchio lo strumento magico per eccellenza: liscio e unito come , e in qualche modo analogo al cielo da cui procede; concavo, si identifica completamente con il suo principio e concentra i raggi solari fino a ricreare la loro essenza ignea160. Gli artisti non potevano che far propri una simbologia e dei problemi tanto vicini ai loro interessi. Lelogio della vista era per gli umanisti un mezzo per rendere palese la capacit dello spirito di impadronirsi del mondo. Posizione che risultava quanto mai opportuna per il pittore, il quale poteva prendere alla lettera la dottrina che identifica le operazioni dellocchio e quelle dellintelligenza. LAlberti non ha mancato di farlo per fondare la dignit della nuova pittura, e cos far, dopo di lui, Leonardo. Le operazioni con gli specchi cessavano nello stesso momento di essere esplorazioni dei curiosa della natura, per assumere un valore funzionale preciso. La pittura non pi lo specchio del mondo per mera metafora: essa mette in atto quella che stata finora unanalogia cara ai filosofi. cos che lAlberti trasforma spiritualmente latto del pittore in una contemplazione della natura vista come da Narciso nella superficie dellacqua e della fonte. Egli avverte benissimo come il gioco diffuso dei colori e lo stesso scalare della prospettiva nello specchio si semplifichino e acquistino di intelligibilit e precisione nei miracoli della pit-

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tura. Egli considera quindi lo specchio come un giudice eccellente del quadro stesso: N so come le cose ben dipinte molto abbino nello specchio gratia; cosa maravigliosa come ogni vitio della pittura si manifesti diforme nello specchio. Adunque le cose prese dalla natura si emendino collo specchio161. Leonardo sentir il bisogno di ritornare su questo singolare problema: per lui la difficolt di comporre un quadro si pu spesso risolvere ricorrendo allo specchio; un quadro , in certo senso, una cosa naturale vista in uno grande specchio; la riflessione, per cui risulta invertita da destra a sinistra, ce la fa apparire in una nuova luce e aiuta a scoprirne i difetti. La lettura dellopera nello specchio dunque utile per criticarla. Ma ha in s anche qualcosa di misterioso: se lopera in s una sorta di specchio, guardandola nella superficie riflettente ci si trova di fronte a una vera e propria riflessione di secondo grado. Leonardo si pone la stessa domanda dellAlberti: Perch la pictura pare meglio nello specchio che fore?162. Alla quale domanda non c risposta per un pittore del Quattrocento, il quale rifiuta di distinguere tra lillusione della natura e le condizioni dellopera darte e riporta fatalmente queste a quella.

I problemi del colore. La vetrata, che non fu ignota in Italia e che anche nel corso del Quattrocento conobbe uno sviluppo apprezzabile163, avrebbe potuto rendere di dominio comune la distinzione tra valore proprio del colore, che si realizza attraverso determinate intensit e determinati rapporti di tonalit, e valore descrittivo dei toni come si combinano nellesperienza. Invece questa distinzione non fu sviluppata a un livello consapevole. Luso del colore senza riferimento al modello della natura serve ai pra-

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ticoni ignoranti che scelgono le soluzioni pi facili. Anche qui si vuole aver presente lordine universale e nello stesso tempo tener conto dei fenomeni. Ma ci si urta a una difficolt fondamentale: quanto pi aumenta il naturalismo del colore tanto pi questo resiste allarmonia, a meno che non ci si orienti verso un complesso di relazioni cromatiche, di rapporti selezionati, cosa che impone di sacrificare il disegno164. In realt i novatori, pur condannando quanto darbitrario cera nei vecchi maestri, non erano in grado di definire un uso dei colori sulla base di considerazioni scientifiche, come invece si era riusciti a fare nella pratica delle botteghe per la proiezione spaziale: le lumeggiature, le guarnizioni dorate avevano ancora, alla fine del secolo, una diffusione incredibile. In pratica rispondevano a una disposizione di spirito comune tra il pubblico. Il Ficino ce ne fornisce indirettamente testimonianza quando scrive: ci che noi diciamo bello sono i puri colori, una voce, un fulgore doro, il candore dellariento, la Scienza, lAnima... (Convito, V, 3), dove ancora si vede persistere lidea un po semplicistica dello sfarzo come simbolo dei valori superiori165. Indicando, accanto al contorno e alla composizione, la distribuzione dei colori lAlberti non intendeva imporre al pittore regole precise. Pur ricusando di addentrarsi in una spiegazione fisica del colore, egli ricorda quattro toni fondamentali mettendoli in rapporto con i quattro elementi166:
Rosso Azzurro Verde Grigio Fuoco Aria Acqua Terra

In mancanza della teoria dello spettro solare, era questa la classificazione pi semplice. Mescolando questi

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quattro toni si ottengono infinite gradazioni, che variano a seconda della diversa natura della luce e dei rapporti provocati dai riflessi. Bench al corrente della teoria, secondo cui la scala dei colori solo una conseguenza delle diverse combinazioni del bianco e del nero, lAlberti afferma che dal punto di vista del pittore meglio considerare il bianco e il nero come alterazioni degli altri colori, come casi limite. Le ben note osservazioni su certa amicitia de colori, che luno giunto con laltro li porgie dignit et gratia, autorizzano la constatazione che larte dei coloristi fiorentini intorno al 1440-50 (Domenico Veneziano e lAngelico) era non meno conforme a questi precetti di quella di Masaccio e dei pittori di valori167. Filippo Lippi e il Baldovinetti hanno, tutto sommato, tentato a Firenze una sintesi della forma e del colore, dello spazio e della luce, analoga a quella di Piero della Francesca. Ma intorno al 1460 il loro cromatismo leggero e fuso viene sconvolto dai modi aspri e analitici del Pollaiolo, come la struttura architettonica del loro spazio crolla in conseguenza della nuova ampiezza accordata al paesaggio. La rottura cos violenta e la gamma cromatica del Ghirlandaio, priva di un accordo di fondo, ottiene tale successo, che il Botticelli, erede del Lippi, apparir ben presto come un isolato con i suoi toni orchestrati sullazzurro e larancio, il rosso e il verde168. lecito daltronde supporre che egli accentui ancor pi la sua posizione per opporsi al chiaroscuro proposto dal Verrocchio e da Leonardo e alla voga del colore atmosferico. Lo sfumato, pi che una ricetta di bottega, era una risposta a problemi attualissimi. Permetteva di superare il conflitto dei valori (scuro-chiaro) e delle tonalit, e nello stesso tempo consentiva di risolvere lantagonismo tra linea e massa plastica. Presupponeva addirittura una posizione filosofica e scientifica nuova, come risulta dalle giustificazioni di Leonardo: Lombra deriva da

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due dissimile cose luna da laltra, inper che luna corporea, e laltra spirituale; corporea il corpo ombroso, spirituale il lume, adonque lume e corpo sono caggione de lombra169. Questa decisione personale in favore dellombra avvolgente veniva ad opporsi allidealismo di certi pittori come Botticelli, idealismo che era condiviso anche dagli umanisti: secondo il Ficino la luce ordina, senza che possano esserci residui, tutto quanto il mondo delle apparenze e la bellezza consiste nelleliminazione di ogni aspetto corporeo. Valorizzando la penombra e il modellato fuso Leonardo abbandona i problemi del contorno e della distribuzione dei toni nonch la concezione di una luce distribuita uniformemente e indivisibile. Accresce per il valore della pittura come specchio delle apparenze; e fra le molte ragioni della sua scelta entra certo anche la preoccupazione della magia dellarte (i miracoli della pittura nel senso albertiano).

Il primato del disegno. Allinizio della sua opera il Vasari abbozza una concezione generale delle arti che si conclude con questa definizione: Perch il disegno... procedendo dallintelletto, cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma ovvero idea di tutte le cose della natura170. La dottrina dellunit delle arti nel disegno , se non proprio uno dei lasciti del neoplatonismo fiorentino allestetica corrente, almeno una delle nozioni correnti che il neoplatonismo pi ha contribuito a elaborare. Tuttavia la formula vasariana deriva direttamente da Aristotele che se ne serve per descrivere la genesi delluniversale nello spirito. Ma, come gi abbiamo visto, a partire dalla fine del Quattrocento ci si spesso serviti di trasposizioni per definire le nozioni artisti-

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che essenziali171. Dopo lorientamento nel senso della natura e dellesperienza che stato proprio del Quattrocento, il Rinascimento fiorentino arriva col Vasari a una dottrina in cui la forma assimilata allidea, senza che si abbia limpressione di una contraddizione. Si pu riconoscere allAlberti la prima definizione moderna del disegno, l dove parla della sottigliezza del contorno calcolato pi che sulloggetto sul discrimen, cio la pellicola ideale che chiude il volume172. Era, come dice lui stesso, la pratica da lui seguita; quarantanni dopo il neoplatonico Landino, suo discepolo e amico, riferisce infatti di possedere disegni suoi e il Vasari loda lacutezza del suo segno173. Questa forza del segno, capace di infinite variazioni, sarebbe diventata lo strumento principe dei fiorentini dal Pollaiolo a Michelangelo. Ma in ultima analisi lAlberti concepiva il disegno negli stessi termini coi quali il Filelfo definiva lidea secondo Platone: una rappresentazione ab omni materia separata. Forma estetica, nozione astratta e contorno grafico non erano distinti. Nella seconda met del Quattrocento si assiste a Firenze a una notevole evoluzione della tecnica del disegno, evoluzione favorita dal diffondersi di nuovi tipi di carta174, e fanno la loro comparsa i primi taccuini di studi dal vero. Non si tratta pi, come avveniva nel caso degli album di bottega del Trecento, di repertori di forme da riprodurre, ma di esercizi in vista della rappresentazione di persone e cose in movimento. Particolari che possono essere utilizzati in contesti diversi vengono cos sottoposti a un controllo preciso, in cui la linea di contorno accompagnata da note di luce mediante luso della tempera su carta tinteggiata e delle matite a diversi colori; forse la sanguigna stata inventata in questo momento da Leonardo175. Gli studi di Lorenzo di Credi realizzati su carta tinta rivelano un mestiere straordinariamente raffinato e ci suggeriscono latmo-

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sfera raccolta, magari un po compassata, della sua bottega176. In contrasto con i contorni tormentati e le forme nervose del Pollaiolo, larte del Botticelli tende a questepoca a depurarsi al massimo; senza allentare la tensione del contorno, lo rende il pi fluido e leggero possibile, per esaltare unicamente la qualit lineare delle forme, in modo da accrescerne la risonanza spirituale e realizzare il movimento puro a scapito della solidit plastica177.

Il disegno e linvenzione. Il disegno, che veniva cos ad assumere a Firenze uno sviluppo senza precedenti, serviva a usi molteplici. Quando si studiava unopera considerata esemplare (gli affreschi di Masaccio, ad esempio, o un rilievo antico) era un mezzo per assimilarne le caratteristiche stilistiche; nellelaborare una composizione serviva a fissare la prima rapida idea, un abbozzo conciso dellinsieme; ma poteva anche essere impiegato semplicemente come segno mnemotecnico, notazione di certi movimenti senza altra intenzione se non quella di assicurarsi un nuovo elemento per il proprio repertorio di forme. Per, accanto allesercizio e allo schizzo, c il disegno puro178. Si sa che Leonardo dava di continuo consigli mnemotecnici in cui definiva per se stesso i movimenti dellimmaginazione che considerava utili: Ancora o mi provato essere di no poca utilit, quando ti trovi allo scuro nel letto, andare co la immaginativa repettendo li lineamenti superfitiali delle forme per ladietro studiate, o altre cose nottabili da sotile speculatione comprese, ed questo proprio un atto laudabile ed uttile a confermarsi le cose nella memoria179. Si tratta qui chiaramente della conquista mentale degli oggetti di natura, per i quali il ricordo assicurava la riduzione delle

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forme allessenziale. Ma il disegno a tratto continuo, il sottile involucro del contorno che Leonardo sapeva realizzare meglio di ogni altro, non era privo di pericoli:
O tu, componitore delle istorie, non membrifficare con terminati lineamenti le membrifficationi desse istorie, che tinterver, come molti e vari pittori intervenire suol, li quali vogliano, che ogni minimo segno di carbone sia valido. E questi tali ponno bene acquistare richezze, ma non laude della sua arte, perch molte sono le volte che lo animale figurato non a li moti delle membra apropriate al moto mentale, e havendo lui fatta bella e grata membrifficatione ben finita, li parra cosa ingiuriosa trasmutare esse membra pi alte o basse, o pi indietro che inanzi. E questi tali non sonno meritevoli dalcuna laude nella sua sientia180.

La pratica della linea continua, del contorno chiuso, viene qui rimessa in discussione: rischia, si dice, di definire limmagine sulla falsariga degli schemi di bottega, non permette di precisare ulteriormente le proprie intenzioni, non consente cio quelle rettifiche successive, attraverso le quali il pittore pu imprimere a ogni elemento una piena vitalit. Insomma necessario per lui che il disegno divenga un mezzo desplorazione dellartista nel corso del suo lavoro e che aderisca a tutte le pieghe del suo pensiero. Non si deve aver paura del componimento inculto: un mezzo di lavoro indispensabile perch il gioco dellinvenzione possa dispiegarsi a pieno:
Hor non ai tu mai considerato li poeti componitori de lor versi? Alli quali non da noia il fare bella lettera, n si cura di canzellare alcuni dessi versi, riffaccendoli migliori. Adonque, pittore, componi grossamente le membra delle tue figure e attendi prima alli movimenti della storia, che alla bellezza e bonta delle loro membra181.

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Il confronto col poeta significativo: Leonardo non ricorda che uno dei vantaggi dello schizzo confuso, cio la possibilit di correggere e precisare i segni del movimento espressivo. Lessenziale difatti per lui non limitare con alcuna regola di disegno linvenzione personale. Lo schizzo indefinito ha parecchi vantaggi: pu essere ripreso allinfinito, pu servire a sua volta da punto di partenza grazie al suo intrico confuso, esattamente, dice Leonardo, come nelle macchie dei muri... o, nuvoli... di grande utilit a destare lo ingegnio a varie inventioni. Siamo qui di fronte a uno dei segreti dellarte, con la nova inventione descritta in un passo celebre delle note raccolte nel Trattato:
Non rester, di mettere fra questi preccetti una nova inventione di speculatione, la quale, ben che paia pichola e quasi degna di riso, no di meno di grande utilit destare lo ingegnio varie inventioni, e quest, se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie, o pietre di varii misti. Se harai inventionare qualche sito, potrai li vedere similitudini de diversi paesi hornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure grande, valli e colli in diversi modi; anchora vi potrai vedere diverse battaglie et atti pronti di figure strane, arie di volti, et abitti, et infinite cose, le quali tu potrai ridure in integra e bona forma; chinterviene in simili muri e misti, come del sono delle campane, che ne loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabolo, che tu ti nmaginerai.

Unaltra annotazione precisa:


Non disprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda, che no ti sia grave il fermarti alcuna volta, a vedere nelle machie de muri, o nella cenere del foco, o nuvoli, o fanghi, o altri simili lochi, li quali, se ben fieno da te considerati, tu vi troverai dentro inventioni mirabi-

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lissimi, che lo ingegno del pittore si desta a nove nventioni, si di componimenti di bataglie danimali e dhomini, come di vari componimenti di paesi e di cose mostruose, come di diavoli e simili cose, che fieno causa di farti honore, perch nelle cose confuse lingegnio si desta a nove inventioni. Ma fa prima di sapere ben fare tutte le membra di quelle cose, che voi figurare, come le membra delli animali, come le membra de paesi cio sassi, piante e simili182.

Questa contemplazione delle macchie mobili che si vedono in natura per una curiosa coincidenza riprende una antica pratica dei pittori cinesi183. Il tipo di sogni ad occhi aperti che essa rivela accresce la ricettivit del soggetto e guida limmaginazione attiva, esattamente come la vacatio animi lo stato di distrazione che il Ficino raccomandava perch lo spirito potesse essere il vero speculum della realt nascosta184. lo stesso atteggiamento, ma orientato verso il mistero della natura e favorito dal disegno: lindeterminato scoperto nella natura ha la stessa forza del disegno non finito. Il metodo della macchia ha unesatta corrispondenza con la pratica del componimento inculto e questa infine risponde al desiderio di intensificare la parte dellinvenzione personale. Lo schizzo diviene cos un momento privilegiato dellattivit artistica e la prova della sua condizione poetica. Leonardo in questo modo portava alle ultime conseguenze quella valorizzazione dello schizzo che avveniva allora nellambiente fiorentino185. Le conseguenze che questo nuovo atteggiamento comportava erano di grande importanza. Il pittore veniva ad avere il diritto di indugiare sulle minute invenzioni personali, fruendo della sua autorit sulle forme. Aveva cio finito di essere un candido esecutore. Intorno al 1500 numerose novit tecniche ci mostrano come i maestri sapessero

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trarre, in contrasto con le pratiche di bottega, conseguenze impreviste dal primato dellinvenzione.

Linvenzione e il non finito. Nel Quattrocento unopera restava da finire solo in caso di deprecabili contrattempi cui ci si sforzava di ovviare, se necessario, sostituendo lartista. La decorazione della cappella Brancacci, interrotta per la morte di Masaccio e la partenza di Masolino, fu ripresa e completata sessantanni dopo da Filippino. Il Perugino fu incaricato di finire, nel 1505, la Deposizione di Filippino186. Lomogeneit di esecuzione e di stile non era sentita come unesigenza assoluta: sembrava potesse bastare lunit della composizione, dellinvenzione, del concetto. La collaborazione degli aiuti si fondava sulla fedelt allo schema generale e sullapplicazione delle regole comuni alla bottega. Questa pratica verr mutando dopo il 1500 quando il nuovo prestigio di cui godranno i maestri conferir allimitazione un significato meno meccanico. La cosa si vede benissimo nella cerchia di Raffaello. A partire dal 1514-15 il gran numero delle ordinazioni e la sua stessa impazienza porteranno il maestro ad abbandonare in misura sempre maggiore lesecuzione agli allievi187. ci che spiega, ad esempio, perch il tono della decorazione della Farnesina si abbassi in misura tanto vistosa. Ma questa pratica disastrosa ha potuto essere accettata senza obiezioni dichiarate dagli amici e dai clienti dellartista e dai suoi stessi allievi. Il Vasari spiega che Raffaello sapeva creare intorno a s unarmonia cos straordinaria che la sua ispirazione (furor) si comunicava naturalmente agli altri188. Si trattava in questo caso di una comunit ben diversa da quella delle vecchie botteghe. Soprattutto si deve tener conto delleccezionale autorit del disegno di Raffaello

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e della forza del tutto nuova di cui dotato il concetto da esso espresso. I suoi aiuti non fanno che prolungarlo. Un particolare aneddotico pu servire a rivelarci questo stato danimo. Nel 1515 Raffaello invi in dono a Drer un disegno a sanguigna, due nudi molto studiati. Il maestro di Norimberga scrisse sul foglio con animo riconoscente: Raffaello dUrbino... ha fatto questi nudi e li ha inviati a Albrecht Drer di Norimberga, per mostrargli la sua mano. Ora si scoperto che il disegno non di mano di Raffaello, come aveva creduto Drer. opera di un aiuto della bottega, probabilmente Giulio Romano. Il maestro aveva inviato al collega tedesco il miglior esempio dello stile di cui si sentiva autore, senza preoccuparsi della mano che laveva eseguito189. Bastava che fosse stato Raffaello a fornire il principio di tale disegno. Questo atteggiamento si diffonde abbastanza nelle botteghe rinascimentali; ma non generale e le cose stanno diversamente nel caso di Leonardo e Michelangelo. Se si poteva accusare Raffaello davere prodotto troppo ricorrendo tanto volentieri a collaboratori mediocri, per contro ci si rammaricava che Leonardo e Michelangelo avessero realizzato troppo poco. Questi, sia perch non riuscivano a sopportare con la disinvoltura di Raffaello la presenza di collaboratori mediocri, sia perch furono meno felici nelle loro scelte, o perch li ridussero a una funzione volutamente scialba, fatto sta che la loro carriera punteggiata di opere che non sono state condotte a fine, di imprese accettate, ritardate e alla fine abbandonate. Mancano al Quattrocento quei due capolavori che promettevano di riuscire lAdorazione dei Magi degli Uffizi e la statua equestre di Francesco Sforza, il Cavallo di Milano. Manca al Cinquecento il grande mausoleo di papa Giulio II. Per la prima volta la storia dellarte ha a che fare con grandi concezioni non realizzate, che per, paradossalmente, hanno

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esercitato una grande influenza. Sarebbe inutile voler vedervi solo una serie di sfortunate coincidenze da imputare allattivit febbrile del genio e al gran numero delle commissioni; ai contemporanei non sfuggito che si trattava daltro. Il Vasari ha notato per Leonardo come lanimo suo grandissimo ed eccellentissimo per esser troppo volenteroso fusse impedito, e che il voler cercar sempre eccellenza sopra eccellenza e perfezione sopra perfezione ne fusse cagione; talch lopera fusse ritardata dal deso, come disse il nostro Petrarca190. Il caso di Michelangelo imbarazza ancora pi lo storico che, dopo aver enumerato le opere portate a termine e quelle, pi numerose, restate incomplete (per non parlare delle opere distrutte), tende a spiegare il fenomeno con la ricchezza e la nobilt delle idee: Per non potere esprimere s grandi e terribili concetti191.Cos cresce in misura drammatica lo scarto tra il momento della concezione o dellidea (che spesso quello dello schizzo) e la laboriosa durata dellesecuzione: lesecuzione assorbe Leonardo e scoraggia Michelangelo, esaspera la lucidit del primo e la terribilit del secondo. Il risultato pu esserne per luno e per laltro limpotenza a concludere. Per gli artisti del Quattrocento lideale della bellezza consisteva in una perfetta articolazione delle forme portate allestrema chiarezza192; la realizzazione tecnica presupponeva il massimo di precisione e finitezza. A Firenze questa esigenza era forte e magari pi cosciente, pi decisa che altrove. Il Vasari ne dar pi tardi una formulazione: Ell dunque [la pittura] un piano coperto di campi di colori in superficie o di tavola o di muro o di tela, intorno a lineamenti detti di sopra, i quali per virt di un buon disegno di linee girate circondano la figura193. Il colore dunque solo in funzione del disegno; ma esige una unione, cio degli accordi vicini e lontani che sempre sono difficili, e daltronde il disegno

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deve assolvere tante e cos contraddittorie funzioni per collegare felicemente tutti i termini della composizione, che si rende necessaria quella diligenza, quellamore, che diventeranno nelle cronache i termini fondamentali di ogni elogio. Il caso limite rappresentato da Lorenzo di Credi che, secondo il Vasari, arrivava, a forza dapplicazione, a un tal grado di levigatezza e di finito che ogni altro quadro, a confronto dei suoi, faceva figura di un abbozzo sfocato194. In fondo il pittore portava alleccesso quello scrupolo di precisione e di nitore nellesecuzione, di finezza nella tessitura delle materie che erano diventati una regola col Verrocchio. Leonardo che pure propugna, nel lavoro preliminare, il componimento inculto per stimolare linvenzione, pi dogni altro attento alla perfezione tecnica e al finito; le sue annotazioni contengono innumerevoli consigli per migliorare i riflessi e le trasparenze che rendono pi perfetto il modellato addolcendolo. Le sue opere dimostrano una continua attenzione alle materie dolci e lucenti, alla tornitura e al rilievo195. Lesasperazione dellartista che teme di non arrivare alla perfezione voluta, alla nettezza dello specchio potrebbe dunque spiegare la lentezza, i dubbi, le rinunce di Leonardo. Lo si spesso creduto sulla base del Vasari; ma questa spiegazione psicologica delle sconfitte dellartista non esaurisce il significato che per lui ha avuto la scoperta del non finito. Una pagina del Vasari, cui non si prestata la necessaria attenzione, suggerisce, nel caso di Michelangelo, quale possa essere il valore positivo del non finito. Infatti nella seconda edizione delle Vite, a proposito della cantoria di Luca della Robbia messa a confronto con quella di Donatello, lo storico introduce una importante digressione sul finito e labbozzato. Lopera di Luca sebbene fatta con buon disegno e diligenza, ella fa, nondimeno, con la sua pulitezza e finimento, che

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locchio per la lontananza la perde e non la scorge bene, come si fa quella di Donato quasi solamente abbozzata. Alla qual cosa deono molto avere avvertenza gli artefici; perciocch la sperienza fa conoscere che tutte le cose che vanno lontane, o siano pitture o siano sculture o qualsivoglia altra somigliante cosa, hanno pi fierezza e maggior forza se sono una bella bozza, che se sono finite; e oltre che la lontananza fa questeffetto, pare anco che nelle bozze molte volte, nascendo in un subito dal furore dellarte, si esprima il suo concetto in pochi colpi, e che per contrario lo stento e la troppa diligenza alcuna fiata toglie la forza e il sapere a coloro che non sanno mai levare le mani dallopera che fanno. Lo storico si appoggia allanalogia tra il movimento del pittore e quello del poeta: ...le poesie dettate dal furore poetico sono le vere e le buone. Il confronto viene sviluppato ancora con qualche impaccio per arrivare alla fine alla conclusione che si hanno risultati buoni e perfettamente legittimi sia nel finito come nellabbozzato, ma che il volgo migliore giudichi una certa delicatezza esteriore ed apparente (che poi manca nelle cose essenziali ricoperte dalla diligenza) che il buono, fatto con ragione e giudizio, ma non cos di fuori ripulito e lisciato196. lecito supporre che questa digressione sia stata aggiunta in un secondo tempo, nel 1568, per sostenere il non finito che si considerava come un aspetto essenziale dello stile geniale di Michelangelo. Proprio allora erano stati collocati, in uno scenario spettacolare, nel giardino di Boboli, i Prigioni e la polemica era quindi attuale. Il Condivi aveva poco prima spiegato la Madonna Medici affermando che lo sbozzo non impedisce la perfezione e la bellezza dellopera197. Molti tentativi sono stati fatti per spiegare le ragioni per cui il massimo scultore fiorentino avrebbe lasciato unopera come il San Matteo o certe parti di altre

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opere, come la testa del Crepuscolo nella cappella medicea, allo stato di blocco appena sgrossato, a superficie scabra198. Queste statue contrastano vivamente con opere desecuzione precisa, consumata come il David e soprattutto la Piet vaticana. Se in certi casi un brusco mutamento di interessi ha potuto indurre lartista ad abbandonare un lavoro in corso, in altri non si vede alcuna ragione esteriore che valga a spiegare queste ineguaglianze desecuzione. il caso dei due tondi marmorei del 1505 circa eseguiti per Bartolomeo Pitti (Bargello) e Taddeo Taddei (Londra, Accademia), nei quali zone abbastanza ampie dei visi dei personaggi secondari sono solo sbozzati. Secondo uninterpretazione che risale gi a parecchi decenni fa199, il fatto sarebbe la prova di uninsoddisfazione interiore, di una sorta di insofferenza di fronte alla resistenza che la materia opponeva alla sua spiritualizzazione, per cui lartista avrebbe abbandonato lopera o la parte che non riusciva a trasfigurare. Cos il San Matteo incompiuto (resto dellambiziosa serie dei Dodici Apostoli a cui Michelangelo lavorava nel 1505-506 una delle opere pi preziose per conoscere la tecnica rivoluzionaria dello scultore200) avrebbe dovuto incarnare situazioni eccezionali dellanima. Dopo averlo sbozzato, lo scultore sarebbe stato preso dal timore di tradire la sua intuizione procedendo oltre nel lavoro, per cui avrebbe preferito lasciare linsieme non finito come testimonianza della sua inquietudine e della sua insoddisfazione201. Sarebbe insomma, sia pure visto in una chiave pi patetica, la stessa cosa che intendeva il Vasari allorch giudicava labbozzato come sintomo del furore dellispirazione. per difficile sorvolare sulla componente morale che entrava nellattivit creatrice di un artista come Michelangelo, per il quale il lavoro era un liberare limmagine chiusa nel blocco di marmo202. In altre parole, per lui la scultura un progressivo svelare la forma; ed

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solo perch rientra in questo processo che il non finito ha potuto configurarsi come un modo nuovo dello stile. Un confronto con Donatello illuminante: nella Danza di Erodiade (Lilla), negli Apostoli della porta di San Lorenzo o nelle formelle dei pulpiti lo scultore ricorre largamente allo stiacciato e alla condotta larga, appiattita, piena daccenti; linsieme viene a caricarsi di una sorta di fremito luminoso, di effetto pittorico. Diverso il caso in Michelangelo: solo il fondo e il viso del san Giovannino nel tondo Taddei203 sono rimasti al grado di abbozzato e solo la testa nel Giorno delle tombe medicee rimasta a questo stato: il contrasto con le parti vicine ci dimostra che in questi casi lartista voleva realizzare delle zone morte o indistinte accanto ad altre pi attive. Il non finito, che permette di far reagire tra loro gradi di realt diversi, partecipa quindi delleffetto complessivo. Si tratta, a quanto sembra, di una scoperta di Michelangelo. Egli ha intravisto la profonda suggestione della forma rivelata in modo imperfetto, nel momento stesso in cui emerge dal blocco; e per questo senza dubbio ha visto con piacere labbandono del San Matteo e poi dei Prigioni per la tomba di Giulio II a uno stadio in cui il mistero del non finito si estende a tutta la figura. In pittura, ad esempio nel tondo Doni, pressa poco contemporaneo al primo gruppo di sculture, Michelangelo si tiene strettamente fedele allideale di precisione del Quattrocento; a questo ideale non verr meno neppure nella Sistina e se ne liberer soltanto nei disegni a masse e nelle affannose composizioni della vecchiaia. Ci si chiesti se questo interesse per le forme chiaramente definite poteva essergli di ostacolo nelle opere di scultura, almeno nel senso che, partendo da uno schema sul piano, da una veduta unica, avrebbe trovato enormi difficolt, a combinare i profili successivi della figura nello spazio204. In realt la visione michelangiolesca si

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sviluppa in modo diverso. Ogni composizione per lui ha un carattere di blocco; il quadro rappresenta solo laspetto principale, in veduta frontale, del blocco. Nel tondo Doni, ad esempio, il gruppo centrale una massa compatta esattamente paragonabile alla piramide in cui si inscrive la Piet di San Pietro. Il vero problema non questo: piuttosto quello del rapporto tra il blocco inerte e il concetto dellopera (o, secondo le parole di Michelangelo, limmagine del cor) che limmaginazione vi proietta e che si deve far uscire alla luce. Michelangelo sente cos intensamente questo sviluppo, talmente cosciente dellintero processo di realizzazione, che attribuisce un valore proprio a ogni fase, trovando per ognuna una risonanza simbolica, per cui pu raggiungere tutta una nuova gamma deffetti attraverso il contrasto tra finito e non finito205. Lessenziale di portare al massimo la tensione stessa dello stile. I tondi del 1505 seguono di poco la pubblicazione del Cartone della santAnna di Leonardo. In questopera famosa il non finito interveniva in misura cos larga da non aver precedenti. Grande impressione fecero il paesaggio e il fondo in cui le forme azzurre dei picchi e dei ghiacciai si levano al di sopra delle masse pi scure della terra. Il trasparente chiaroscuro che bagna il tutto non attenua il contrasto tra le forme nettamente definite del gruppo centrale e il non finito del paesaggio. Il suggerimento ha dunque potuto venire da Leonardo; per nei bassorilievi che Michelangelo tratta certe forme vaghe o velate come una nuova concezione darte. La doppia autorit di Leonardo e Michelangelo ha introdotto cos il non finito come un valore positivo proprio nel momento in cui il prestigio delle forme chiare e finite era pieno, almeno a Firenze e a Roma. Queste innovazioni lasceranno a lungo sconcertato il pubblico. Cinquantanni dopo la presentazione al pubblico dei Prigioni della tomba di Giulio II, al momento della

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loro collocazione in Boboli, provocher la comparsa di tutta una letteratura rivolta a spiegare e giustificare i capricci misteriosi del genio. possibile rendersene pienamente conto senza bisogno di ricorrere a quella metafisica dellarte, derivata dai temi del neoplatonismo, con la quale i maestri fiorentini erano indotti a giustificare la propria attivit. Linnovazione tecnica in questo caso direttamente legata alla coscienza che lartista ha delle peculiarit del suo lavoro; e questa coscienza interviene per luno sul piano dellintelletto, per laltro sul piano della volont. Il non finito assicura a certi aspetti dellopera dipinta il carattere di componimento inculto, cio la ricchezza dellindistinto. La resa amorfa del paesaggio restituisce al reale una certa indeterminatezza al livello della vita universale. I picchi azzurrati, le lontananze velate non solo intensificano leffetto di prospettiva aerea con i suoi vapori e lo schermo invisibile dellaria che appanna lorizzonte; ma aggiunge anche una suggestione cosmologica in quanto attribuisce alla natura quella vita confusa che limmaginazione scopre nelle macchie dei muri e che il disegno esplora nel componimento inculto. Una conferma a questa ipotesi si pu trovare nel fatto che Leonardo sembra aver provato unattrazione sempre maggiore per i soggetti che riportano la natura a una sorta di disordine primitivo, come se la forma stessa della sua visione (il gusto del non finito, dellindistinto) creasse veramente il suo oggetto. Negli ultimi anni della sua vita egli attratto con intensit via via crescente dalle immagini della confusione e del caos: disegnando i cataclismi naturali, i diluvi e i turbini, nei quali tutto tende a confondersi, egli in certo senso generalizza leffetto di sogno e proietta il componimento inculto nella realt. Si ha come una rivincita dellimmaginazione sulla precisione e la forma finita dellarte, e un estremo sviluppo poetico dellincertezza interiore206.

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In Michelangelo domina piuttosto una visione del colossale che sottomette la natura alle leggi del genio. Alla fine del 1505 egli era nel pieno della sua forza; accolto a Roma, incaricato del mausoleo di Giulio II, egli vedeva orizzonti nuovi aprirsi alle sue ambizioni. Pass linverno a Carrara per sorvegliare lestrazione dei marmi. Allora, come racconta il Condivi,
gli venne voglia di fare un colosso, che da lungi apparisse a naviganti, invitato massimamente dalla comodit del masso, donde cavare acconciamente si poteva, e dalla emulazione degli antichi, i quali forse pel medesimo effetto che Michelangelo, capitati in quel loco, o per fuggire lozio o per qualsivoglia altro fine, vhanno lasciate alcune memorie imperfette ed abbozzate, che danno assai buon saggio dellartifizio loro. E certo lavrebbe fatto, se l tempo bastato gli fosse o limpresa per la quale era venuto glielo avesse conceduto. Del che un giorno lo sentii molto dolere207.

La forma delle rocce di Carrara non opera degli antichi romani; si tratta semplicemente di vaghi profili determinati dallerosione naturale; tuttal pi si pu supporre che rustici abitanti della zona avessero sagomato qualche sprone roccioso in modo da conferirgli laspetto di figura gigantesca. Michelangelo durante il suo solitario soggiorno fu talmente impressionato dalla suggestione dei blocchi che spontaneamente li immagin come opera degli Antichi. Ma abbia davvero parlato di questo progetto o meno, un fatto che la montagna a forma umana per cos dire la metafora concreta di tutta quanta la sua arte208. In una famosa lettera dellottobre del 1525 egli descrive lungamente una torre di forma umana che propone di innalzare a Firenze209. Si tratta sempre di una massa impressionante che emerge nello spazio, di unimmane forza che sembra prigioniera della fatalit. Poco dopo la morte di Michelangelo

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(1564) due dei Prigioni abbozzati anni prima per la tomba di Giulio II furono acquistati dal granduca e collocati dal Buontalenti nella grotta del giardino di Boboli in una poderosa cornice di stalattiti e di rocce informi. Un cronista scrisse allora che queste figure non finite non avevano nulla di incerto; anzi erano pi potenti che se fossero state finite: Mostrano queste figure con ogni sforzo di voler uscir dal marmo per fuggir la rovina, che loro sopra, e si pensa, aggiunge, allumanit ricreata da Deucalione dopo il diluvio gettando dietro a s le pietre. Questa scenografia manieristica e questo commento ci illustrano abbastanza bene il patetico del non finito michelangiolesco210.

La decorazione animata. Il non finito apparso come un modo possibile dellarte nel momento in cui si potuto credere che ogni fase della realizzazione fosse dotata di un suo valore. Per questo era necessario che la creazione fosse sentita come un processo completo in cui lanima percorreva simbolicamente tutta la realt. E ancora era necessaria quella precisa coscienza di una tensione tra invenzione ed esecuzione, tra il concetto e la realizzazione concreta che si avvertono in Leonardo e Michelangelo. Tuttavia il non finito nettamente distinto dal frammentario col quale invece viene talvolta confuso211. Nel caso del frammentario, anzich della forma imprecisa e velata, si tratta della forma che, dopo essere stata realizzata integralmente, viene a trovarsi alterata, spezzata da un accidente dovuto alla natura o alluomo. Linteresse per il frammentario in connessione con lidea della rovina: gli edifici diruti, i frammenti dispersi rispondono allintento preciso di mettere in evidenza lusura del tempo, la distruzione fatale di ogni cosa umana212. Tranne che

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nelle Nativit, dove sono un simbolo obbligato, le rovine sono rare in Toscana nel Quattrocento; abbondano invece nellItalia del Nord, nei quadri e perfino nelle tarsie. Una terza novit fa la sua comparsa alla fine del Quattrocento, la forma ambigua o mostruosa, librido: e il suo vivo successo si lega alla cultura umanistica del tempo. Librido si diffonder nella decorazione fantastica in cui, con un senso acuto del capriccio e del gioco, vengono combinate le apparenze delle speci, ci che vivo e c che inanimato, il vegetale e lanimale, il bestiale e lumano in metamorfosi infinite. Tale decorazione sviluppa la formula delle grottesche che fa la sua comparsa verso il 1490 per diffondersi nellarte umbra, fiorentina e romana, con Filippino e il Pinturicchio, il Signorelli e poi la bottega di Raffaello213. Queste decorazioni fantastiche erano legate allintuizione della vitalit folle e quasi demoniaca della natura, delle sue invenzioni stravaganti che possono essere di volta in volta fonte di sgomento o di divertimento. Cos furono intese; e si deve considerarle come un emanciparsi dellimmaginazione dalle forme nobili e definite dellarte. Alcuni anni dopo il Cellini protester contro letimologia ingenua di grottesche, insistendo sul valore di questi monstra ornamentali, degni, a suo avviso, di esser messi alla pari degli arabeschi dellarte orientale (Vita, I, cap. VI). La decorazione ibrida presenta in realt fin dagli inizi una fisionomia molto varia: ad esempio, semplice gioco di viticci al modo antico per Filippino nella cappella Carafa alla Minerva (1488) e per il Pinturicchio, diventa tormentata al massimo e violentemente opprimente nelle mani del Signorelli nella cappella dOrvieto; diviene poi brulicante, architettonica e leggera nei complessi delle Logge e di villa Madama, quasi ad imitare la prodigalit della natura: cosa che si rivela anche nella compiacenza con cui vengono introdotti esseri favolosi dellantichit, come Artemide poly-

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maste che ritorna parecchie volte tra gli ircocervi, i draghi, le arpie e i fauni, con tutti gli uccelli e i fiori. il valore che a questo genere di decorazione attribuisce, sotto la spinta di Raffaello, Giovanni da Udine214. Limprovvisa diffusione di questi monstra non affatto dovuta a un incontro fortuito: la scoperta delle sale in rovina dellEsquilino, decorate con queste fantasie, ha potuto essere utilizzata perch era gi in atto un interesse particolare. La suggestione delle decorazioni antiche fu per gli artisti meridionali loccasione per imprimere uno stile alle forme irrazionali: combinandole liberamente in forme immaginarie, crearono un equivalente delle mostruosit comuni nel gotico morente e nelle diableries fiamminghe. Ma la formula da essi adottata veniva a rendere tanto pi vivo il senso del gioco delle forme e diffondeva nellarte lanimazione stessa dellartifiziosa natura. Il successo delle grottesche deve considerarsi come un episodio di una tendenza pi generale che mirava ad arricchire il discorso artistico e a portarlo al massimo di animazione. Nel fenomeno intervengono due fattori, linteresse per certe forme simboliche e il desiderio di unificare tutti gli elementi dellopera darte, che rispondono a un orientamento comune, ma che a Firenze si manifestano in modo pi esplicito e con pi convinzione che negli altri centri. E anche in questo si vede come levoluzione degli stili coincida con una precisa situazione della cultura. Il gusto delle decorazioni animate si diffonde intorno al 1460. Nella Cronaca illustrata di Maso Finiguerra abbondano i putti, i rilievi parlanti, le figure tagliate in modo da divenire elementi decorativi. In unincisione della stessa epoca la Decapitazione di un prigioniero accompagnata da una straordinaria fioritura di candelabre e chimere215. Il putto per Donatello era stato una sorta di accompagnamento naturale delle composizioni, di cui doveva accentuare il gioco delle passioni

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e animare la distribuzione. In seguito tende a far parte della decorazione. Nei cassoni si intreccia alle ghirlande, alle statue, ai riquadri figurati che ornano le architetture. Uno sforzo eccezionale per portare a conclusione la metamorfosi della decorazione in simboli viventi si ha in Botticelli nella sua ricreazione della Calunnia. Egli crea un singolare tempio in cui si levano nelle nicchie le statue in monocromo degli eroi famosi e in cui tutti i piani dei muri e dei pilastri, e perfino gli angoli delle volte, sono coperti di rilievi analogici. Il cielo puro, il mare calmo che si vedono negli intercolumni rendono ancor pi evidente la minuta animazione delledificio che vibra tutto quanto in una chiarit trasparente e limpida di pietra preziosa. Il pittore ha voluto comporre una dimora simbolica, un tempio dellanima, intorno alla psicomachia drammatica scelta come soggetto dellopera. Lumanesimo favorisce il costituirsi di un nuovo bestiario decorativo: sfingi, sirene, putti reggono i leggii e i cartocci che accompagnano le Sibille e lHermes nel pavimento di Siena. Le sirene, donne uccello della mitologia, figurano talvolta nella decorazione scultorea degli edifici e nelle fasce che ornano i manoscritti. Occupano ad esempio i pennacchi del tempio rotondo di Diana che Filippino ha posto nel Miracolo di San Giovanni Evangelista (Santa Maria Novella). Forse il ricordo del loro significato iniziatico viene ad essere rinnovato sotto lazione di certi insegnamenti, ad esempio quello del Poliziano, che le dice, basandosi su Platone, Macrobio e Proclo, custodi delle sfere celesti: Stellantesque globos sua quaeque innoxia Siren Possidet, ambrosio mulcens pia numina cantu (Nutricia, V, 154-55)216. Ma ad esse fanno concorrenza le chimere e le arpie, che troviamo, ad esempio, sulla corazza del giovane Lorenzo nel busto attribuito al Verrocchio; del resto le figure del lavabo della sacrestia di San Lorenzo dimostrano quale eccezionale valore decorativo potes-

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sero assumere. Le sfingi affrontate o isolate che ornavano innumerevoli tombe antiche sono state introdotte nella decorazione quattrocentesca: per gli umanisti questo segno aveva assunto un interesse particolare. Pico, ad esempio, scrive nella sua Apologia che le sfingi scolpite sui templi egizi rammentavano come con nodi denigmi si devono tenere i dogmi mistici al riparo dalla profanazione del volgo. Lindicazione non superflua: nelle decorazioni animate della fine del secolo le sfingi hanno assunto a Firenze questo generico valore di simbolo esotico che sfida limmaginazione217. La sirena o la sfinge sono, per cos dire, degli arabeschi vivi; il putto invece interviene pi direttamente ad accompagnare o mimare listoria. Sulla parete di fondo della cappella Strozzi non c tabella, cartoccio, epigrafe che non sia accompagnata da una di queste figure: la loro minuta vitalit si insinua dovunque, creando unimpressione di volubilit, certamente difficile a conciliarsi con la misura architettonica, ma di uno slancio singolare. Sul muro accanto, il Miracolo di san Filippo davanti alla statua di Marte, presenta una grande ricchezza di decorazioni animate di cui spesso si condannata la stravaganza, e che in realt difficilmente superabile218. Lenorme altare ondeggia intorno alla statua magica del dio, che fa smorfie di minaccia al santo. Tutte le figure dello zoccolo bronzeo fremono, le cariatidi levano gli occhi, i trofei darmi e utensili che ornano ledificio sembrano urtarsi tra di loro con fracasso. In certo senso non si pu pi parlare di decorazione: per creare latmosfera del miracolo compiuto contro un idolo furioso, Filippino ha animato tutto quanto allo stesso modo e ha portato al limite la funzione fantastica degli elementi decorativi. Filippino assimila quante pi forme antiche pu e, come ha ben notato il Vasari, presenta un repertorio archeologico senza precedenti. Questo accumulare elementi senza fine trova la

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sua giustificazione in una interpretazione letterale del principio umanistico dellintegrazione delle forme. Da questo doppio punto di vista Filippino certo il pittore pi significativo dellevoluzione dellambiente fiorentino sulla fine del Quattrocento. In questo campo una certa importanza meritano i quattordici capitelli dei pilastri che ritmano lottagono della sacrestia di Santo Spirito219. Le membrature architettoniche sono state studiate in modo da suggerire limpressione che lorganismo sia come percorso da un flusso continuo di forze, dalla lunetta a terra. La decorazione dei capitelli di una animazione sorprendente. In uno abbiamo dei telamoni prigionieri del blocco che sembrano strapparsi a forza dalle ghirlande e dalle cornucopie mentre uno strano mostro-uccello batte le ali. In un altro un bimbo in piedi su un calice di foglie, affiancato da girali, sta fra le forme vegetali con un volatile sulla testa. Queste figure introducono nella struttura severa dellarchitettura unefficace concessione allimmaginazione in modo da renderne pi sensibile la tensione. Nello stesso momento Leonardo e Michelangelo hanno scelto una via diversa. Il contrasto tra lo stile romantico di Filippino e la decisione classica dei due maestri stato spesso messo in evidenza. Tuttavia essi ben conoscono lefficacia della decorazione animata e perfino i suoi aspetti fantastici. Nella Battaglia dAnghiari Leonardo attribuisce una vita demoniaca allariete che orna la corazza dellalfiere e allelmomaschera del cavaliere centrale. Le sue numerose bizzarrie, le sue invenzioni scherzose e le sue creazioni di mostri, per non dire dei suoi esercizi fisiognomici, dimostrano chiaramente la sua curiosit in tutti i settori dellimmaginazione; ma queste forme singolari non intervengono nella sua opera che in modo marginale o addirittura celato. Lunit dellopera dipinta esige non solo la stretta coordinazione, ma anche la subordinazione

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degli elementi. La decorazione animata di Filippino appare un espediente artificiale di fronte alla cadenza inflessibile del nuovo stile. Lo stesso si pu dire per Michelangelo; egli per pi legato che non Leonardo al repertorio umanistico. Nella Sistina e nei primi progetti per la tomba di Giulio II egli si preoccupa meno di eliminare la decorazione animata, quanto invece di interpretarla in modo coerente. La volta della Sistina , al pari della cappella Strozzi, una composizione sovraffollata; ma i geni, i putti e le figure simboliche ubbidiscono allordine gerarchico che infonde un valore spirituale e, se si pu dire, una intelligibilit pi precisa alla decorazione. Michelangelo opera una sintesi dei motivi antichi e quattrocenteschi in uso per le incorniciature, le nicchie o gli altari. Egli colloca delle piccole figure-cariatidi sotto le cartelle dei profeti; coppie di putti sono incorporate nei pilastri che fiancheggiano le sibille e i profeti; infine, verso il centro della volta, a inquadrare le storie della zona centrale, c la galleria degli ignudi. Tutte queste figure suggeriscono e mimano i successivi atteggiamenti dellanima nel senso dei neoplatonici220: non pi solo la decorazione, ma tutto quanto ledificio immaginario che si anima. Nellordine pi basso degli esseri ancora embrionali, in quello pi alto gli ignudi. Se questi sembrano ancora conservare una funzione decorativa in quanto reggono i tondi, in realt appaiono come in atto di compiere sulla cornice un lavoro difficile e importante. I loro gesti non sono casuali. Siamo di fronte a una decorazione che si sta costituendo, nelle diverse fasi della sua elaborazione, e a una complessa realizzazione tecnica nel corso del suo farsi221. Nessuna di queste figure si isola dallinsieme: lartista impone ad ognuna di partecipare alla funzione decorativa. E proprio in questo modo risolve il conflitto che affaticava i fiorentini, il conflitto cio tra la mol-

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teplicit necessaria delle forme e lunit dellopera. Lo stile si avvantaggia pienamente dellanalogia cosmica.

c. baudelaire, Notes nouvelles sur Edgar Poe, in Nouvelles histoires extraordinaires, ed. J. Crpet, Paris 1933, pp. xx-xxi. Lo scritto del gennaio 1857. 2 Marsile Ficin et lart cit., II 3 b. castiglione, Il libro del Cortegiano, IV, 59. 4 Marsile Ficin et lart cit., II, e gli schemi degli elementi della Bellezza, pp. 87 e 89. 5 nellestetica di Ruskin che si trover leco pi significativa di questo atteggiamento e la sua pi significativa sopravvivenza nel mondo moderno: La conoscenza di ci che bello scrive Ruskin conduce alla conoscenza, anzi il primo passo verso la conoscenza delle cose che sono degne dessere amate; e le leggi, la vita e la gioia della bellezza nelluniverso materiale sono parti della sua creazione altrettanto eterne e sacre che la virt nel mondo delle anime e la lode nel mondo degli angeli, Modern Painters, vol. V, epilogo, p. 390. 6 Trattato, ed. Ludwig, 13; ed. McMahon, 35. Cfr. a. marinoni, I rebus di Leonardo da Vinci, Firenze 1954, n. 60; g. castelfranco, Monumenti della recente critica vinciana, in Leonardo, Saggi e Ricerche, Roma 1954 p. 437. Sul problema nel suo complesso cfr. pi avanti, pp. 420-37. 7 e. panofsky, Idea ecc. cit., p. 119. La metafora della statua che libera la forma dalla materia, utilizzata come simbolo psicologico da aristotele, Metafisica, IX, 6, diventa un simbolo etico in plotino, Enneadi, I, 6, 9. Ricompare poi vigorosissima nel ficino, In Dyonisii Areopagiti libros de Trinitate, Opera, II, 1020: quemadmodum qui statuam indigenam fabricant auferentes omnia quae circum apposita impediunt perspicuum formae latentis intuitum, solaque ablatione pulchritudinem, ipsam, in se pandentes occultam.... Sul valore essenziale di questo simbolo per Michelangelo: c. de tolnay, Werk und Weltbild ecc. cit., p. 100. 8 Laforisma michelangiolesco, tratto dal Vasari, commentato da j. von schlosser, La Storia dellarte nelle esperienze e nei ricordi di un suo cultore, Bari 1936, p. 195. 9 Marsile Ficin et lart cit., I, cap. I. 10 In uno scritto giovanile in cui gi si occupa di questo problema il Ficino scrive: Deus, natura, ars inter se tenent ordinem ut unus alteri materiam preparet, Deus naturae natura vero arti; p. o. kristeller, Studies, p. 65. Sullelogio dellarte: Marsile Ficin et lart cit., I.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Theologia platonica, XIII, ii, Opera, p. 290. Ibid., XII, iv, Opera, p. 273. p. o. kristeller, Il pensiero filosofico di M. F. cit., pp. 409-10; richiamo a plotino, Enneadi, I, 4. 13 r. klein, Le spiritus phantasticus et le rle de limmagination de Ficin Bruno, in Revue de mtaphisique et de morale, 1956, ha dimostrato come, per i neoplatonici, il contatto tra luniversale delle idee e il particolare avvenga nellimmaginazione; questa sola capace di liberare il meccanismo pi intimo delluniverso, la stessa articolazione del visibile e dellinvisibile, del molteplice e dellunit. 14 Marsile Ficin et lart cit., pp. 71 sgg. 15 In Platonis Convivium, XV, 4; trad. it. cit., p. 68. 16 Comm. in Philebum, II, 53, Opera, p. 1253. Se arte e scienza sono strettamente legate nel Rinascimento ci dipende dal fatto che entrambe partecipano di quella che allora era chiamata la magia che trasforma e rende compiute le apparenze. Marsile Ficin et lart cit., I, 2. 17 questa la conclusione cui pervengono e. panofsky, Idea ecc. cit., a. blunt, Artistic theory in Italy, 1450-1500, London 1940, 2 ed., 1954. 18 m. wackernagel, pp. 306 sgg., ha raccolto la maggior parte dei fatti che ora citeremo. 19 vasari, ed. Milanesi, V, 350. Si tratta di una vecchia abitudine, come dice lo stesso Vasari nella Vita di Perin del Vaga, ibid., VI, 103-4. 20 Cfr. h. floerke, 75 Knstlernovellen der Renaissance, Mnchen 1910. David Ghirlandaio difendendo nel 1476 il fratello Domenico contro labate di Passignano che non dimostrava loro abbastanza considerazione, usava termini piuttosto crudi: Valeva pi la virt di Domenico che quanti porci abbati suoi pari furono mai in quel monastero. vasari, ed. Milanesi, III, pp. 272-73. 21 m. wackernagel, p. 371. 22 La psicologia particolare del pittore viene sempre allegata per giustificare gli atti di indipendenza degli artisti verso i mecenati: comunemente questi magistrati excellenti hanno del fantasticho e da loro convien torre quello che se po havere, scrive Federico Gonzaga alla duchessa di Milano: p. o. kristeller, Andrea Mantegna, London 1901, p. 480, doc. 36. 23 Trattato, ed. H. Ludwig, 59, ed. McMahon, 89; cfr. e. h. gombrich, The Renaissance concept of artistic progress ecc. cit., p. 302. F. de Hollanda attribuir a Michelangelo affermazioni energiche in questo senso: chi non intende n il bene n il male di unopera... alcune che valgono poco valuta molto e per altre che valgono molto non paga nemmeno la cura presa a farle..., e parlando di Orazio (Ars poetica, 9-11), i pittori e i poeti possono tutto osare, dico osare ci che preferiscono. f. de hollanda, Dialoghi michelangioleshi cit., pp. 130-32. 24 vasari, ed. Milanesi, III, p. 270, e IV, p. 142.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze m. wackernagel, p. 373. Tale pare fosse il caso dellErcole di Michelangelo (1493). 26 La burla del grasso legnaiuolo in cui figura il Brunelleschi divenuta celebre grazie alla novella attribuita a A. Manetti. Il gusto delle burle attestato in, Botticelli, Leonardo, Michelangelo. Le burle pi sorprendenti sono quelle del collaboratore di Domenico Ghirlandaio, che abusava della buona fede dei clienti con Madonne barbute, Crocifissi coi pantaloni ecc. vasari, ed. Milanesi, VI, pp. 535-37. 27 Per la descrizione della corniola di Nerone cfr. sopra, parte I, sezione I, cap. II. Sul gusto per la bellezza del Ghiberti: j. von schlosser, Lorenzo Ghiberti, Basel 1941, p. 112; sulla sua idea del progresso: e. h. gombrich, The Renaissance concept of artistic progress ecc. cit., pp. 295 sgg. 28 e. kris e o. kurz, Die Legende vom Knstler, Wien 1934 29 l. cendali, Giulio e Benedetto da Majano, San Casciano s. d., pp. 183-84, riporta linventario degli scrittoii dei due scultori, nei quali si trovano ventotto libri, fra i quali opere di piet, Dante, Tito Livio, una storia di Firenze: m. wackernagel, p. 366. 30 Marsile Ficin et lart cit., p. 102; e. panofsky, Die Entwicklung der Proportionslehre als Abbild der Stilentwicklung, in Monatshefte fr Kunstwissenschaft, xiv (1921), pp. 188-219 (trad. it. in Il significato nelle arti visive, Torino 1962, pp. 59-106); k. trauman steinitz, A pageant of proportion in illustrated books of the 15th c., in Centaurus, I (1951), pp. 309-33. 31 LAlberti richiama il detto attribuito a Ermete Trismegisto da Lattanzio, Institutiones divinae, I, 10, 3: gli uomini raffigurano gli dei a seconda della propria natura e delle proprie origini: Della pittura, II, ed. Janitschek, p. 93. La citazione dellAsclepios si trova solo nel testo latino. Questo passo dellAlberti commentato da k. giehlow, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus ecc. cit., pp. 36 sgg. 32 Marsile Ficin et lart cit., pp. 118-19. 33 Il silenzio di uno storico avvertito come il Burckhardt sorprendente. Da san Bernardino da Siena al Savonarola tutti i predicatori sono allarmati della diffusione dellomosessualit in Toscana: j. schnitzer, Savonarola, Mnchen 1924, t. I, p. 272. Alla morte del frate, il Filipepi scrive nel suo diario che ci si pu di nuovo abbandonare alla sodomia senza temere noie (Cronaca, p. 497, citato dallo Schnitzer, t. II, p. 848). Una fonte dinformazione eloquente la raccolta delle Facetiae raccolte intorno al 1470-80 (pubblicata nel 1548), di cui abbiamo la traduzione moderna ad opera di a. wesselski, Angelo Poliziano, Tagebuch, Iena 1929 (lattribuzione al Poliziano non affatto provata); vi si trovano numerose allusioni agli amori per i garzoni, che giustificano la reputazione che Firenze aveva di nuova Sodoma, ibid., pp. xxxi sgg.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze m. wackernagel, p. 339. Il Codice magliabechiano, a cura di K. Frey, Berlin 1892, Cl. XVII, 17, p. 104. j. mesnil, Botticelli cit., p. 128, osserva che la donna non era lunico oggetto [per il Botticelli] in amore. Nel 1473 il sospettato un giovane di nome Berto Pialla: j. mesnil, Botticelli cit., pp. 98, 204, n. 83; sulla denuncia del novembre 1502, che lautore, non si capisce perch, considera come un atto di ostilit da parte dei piagnoni, ibid., p. 211, n. 160. 36 g. seailles, Lonard de Vinci, Paris 1892, p. 12. Il processo fu stabilito per il 9 aprile 1476, venne poi rinviato e i due accusati prosciolti due mesi dopo. Contrariamente a ci che pensa lautore, il fatto che laccusa fosse anonima non basterebbe a farla considerare nulla. 37 j. p. richter, The literary works ecc. cit., p. 457. g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., pp. 286-87. Su Salai: e. mller, Salai und Leonardo da Vinci, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen, n. s., Wien 1928, pp. 139 sgg., che tenta anche di ricostruire lopera pittorica del giovane. L. Beltrami ha precisato il nome e la storia del giovane ne Il Marzocco del 7 settembre 1919. Il soprannome tratto dal Morgante del Pulci (pubblicato nel 1481). 38 Lo studio di R. Keitler sulla celebre sezione anatomica del coito, pubblicato nella Internationale Zeitschrift fr Psychoanalyse, iv (1916-17), si basa su errori di fatto che sono stati rilevati da l. beltrami, in Miscellanea Vinciana, Milano, dicembre 1923. Lanalisi psicologica di Leonardo rapidamente abbozzata da s. freud, Eine Kindheitserinnerung des Leonardo da Vinci, in Schriften zur angewandten Seelenkunde, vii, Leipzig-Wien 1910, stata svolta sistematicamente da r. a. taylor, Leonardo the Florentine, London 1927, ma non pu essere accolta dagli storici. r. s. stites, A criticism ol Freuds Leonardo, in College Art Journal, vii (New York 1948), 4, pp. 257-67, ha svolto una critica serrata delle ipotesi freudiane: a Firenze Leonardo ebbe certamente modo di conoscere esempi di omosessualit. Gli umanisti vi predicavano lamore ideale o platonico dellamicizia fra uomini, ma lomosessualit di Leonardo non evidente. Eccellente la messa a punto della questione del meyer schapiro, Leonardo and Freud, an art historical study, in The Journal of the History of Ideas, aprile 1956. Noi siamo dellavviso che il problema vada posto come lo pone k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 44, e come anche recentemente sosteneva r. langton douglas, Leonardo da Vinci, his life and his pictures, Chicago 1944, pp. 8 e 9. Lo studio di g. fumagalli, Eros di Leonardo, Milano, contiene, insieme ad utili osservazioni particolari, una sorta di apologia che non necessaria. 39 Codex Atlanticus, 358 v; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 354.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze a. e. popham, The drawings of Leonardo da Vinci cit., ed. fr., p. 54; e. h. gombrich, Leonardos grotesque Heads ecc. cit. 41 G. Castelfranco propone una data molto precoce, prima del 1473; B. Berenson, n. 1170, e K. Clark pensano al 1480 circa e la data verosimile. 42 k. frey, Die Dichtungen ecc. cit., ix e lxviii. Gli amori di Michelangelo gli frutteranno le allusioni velenose dellAretino nella polemica sul Giudizio: h. grimm, Das Leben Michelangelos, ed. Leipzig 1940, pp. 787 sgg. Cfr. anche: j. a. symonds, The life of Michelangelo Buonarroti, London 1893, II, cap. XII, pp. 381-85. 43 g. milanesi, Le lettere di M. B. ecc. cit., p. 418; c. de tolnay, The Medici Chapel cit., p. 23. 44 e. steinmann e g. pogatscher, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xxxix (1906), p. 496; c. de tolnay, The Medici Chapel cit., p. 24. 45 f. wickhoff, Die Antike im Bildungsgange Michelangelos, in Mitteilungen des Instituts fr sterr. Geschichtsf., iii (1882), p. 433; e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 229. 46 G. A. Bazzi che nel 1515, in occasione di una corsa pretese di assegnare al suo cavallo risultato vincitore il nome di Sodoma (vasari, ed. Milanesi, VI, p. 389) e lo conserv poi per s, forse indicativo, per questa frivola sfida, della libert di costumi dellepoca (m. wackernagel, p. 367); non lo per dei tormenti dellEros platonicus. 47 La simpatia che Dante dimostra ai sodomiti nel canto XV dellInferno stata abilmente utilizzata da A. Gide, in Corydon; essa merita invece uninterpretazione diversa se vero, come ha proposto A. Pezard, che si tratta di una sodomia intellettuale di grammatici e chierici infedeli alla loro lingua materna. 48 Una delle poesie dedicata allAlberti: p. h. michel, La pense de L. B. A. cit., p. 69; v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 267. 49 Le Comparationes Aristotelis et Platonis di Giorgio di Trebisonda sono del 1455; lopera del Bessarione, In calumniatorem Platonis, composta dopo il 1458, comparve in latino a Roma nel 1469. Su questa polemica: l. mhler, Kardinal Bessario als Theologe, Humanist und Staatsmann, Paderborn 1923, I, pp. 351-89. v. rossi, Il Quattrocento cit., pp. 98-99. e. zilsel, Die Entstehung des Geniebegriffes cit., pp. 226-27. 50 p. monnier, Le Quattrocento cit., II, pp. 95 sgg. Si conservano molte lettere di amicizia indirizzate dal Ficino al suo giovane discepolo: Opera, pp. 606, 635, 639, 764, ecc. 51 Convivio, VII, 16: quam utilis sit amor socraticus (trad. it. cit., p. 153). 52 e. f. meylan, Lvolution de lamour platonique, in Humanisme et Renaissance, v (1938), pp. 418-42. Il Ficino si preoccupato di insistere sul significato puro delle sue epistolae amatoriae, nelle quali lele40

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze mento amoroso platonico e onesto, non aristippico e lascivo (Opera, p. 618). Lamore di cui si tratta in esse spesso lamicizia di gruppo, il rapporto di fiducia e mutuo scambio che assicura ad esso unit: p. o. kristeller, Studies, pp. 119-20. 53 i. del lungo, Fiorenza cit., p. 277: Ne disjunctus post mortem locus ossa separet quorum animos in vita conjunxit amor. j. a. symonds, Renaissance in Italy, the revival of learning, London 1900, fornisce al cap. VI (Third period of humanism), ritratti psicologici della maggior parte di questi saggi. 54 Su questa tradizione toscana da Giotto a Michelangelo: pagine classiche di b. berenson, The Italian Painters ecc. cit., II, che ha soprattutto mostrato il valore fisiologico del naturalismo; f. landsberger, Die knstlerischen Probleme der Renaissance cit., p. 18. 55 h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., vol. II, pp. 85-86, ricorda la fama di Donatello a proposito di questopera singolare: il suo messaggio... ha ben poco in comune con lethos degli eroi biblici. 56 I letterati dellultimo Ottocento, Huysmans, Jean Lorrain, Pladan ecc. hanno insistito volentieri sugli androgini perversi e gli efebi equivoci del Rinascimento fiorentino: cfr. i testi, dun erotismo compiaciuto, raccolti da mario praz, La carne, la morte e il diavolo ecc., 3 ed., Firenze 1948, pp. 335 sgg. 57 In Platonis Convivium, V, 4 e 5 (trad. it. cit., p. 67). 58 r. bayer, Lonard de Vinci ecc. cit., pp. 171 sgg. 59 Soprattutto per gli angeli dellAdorazione dei Magi, a. e. popham, The drawings of L. da V. cit., tav. xxxviii. 60 h. ochenkowsky, The Lady with the Ermine, in The Burlington Magazine, xxxiv (1919), pp. 192 sgg.; g. fumagalli, Eros di Leonardo cit., pp. 163 sgg., vi vede la prima apparizione dellandrogino. 61 a. e. popham, The drawings of L. da V. cit., tavv. cxxxi a, cxli, cxliii, cxlvii. 62 Windsor, n. 12276: a. e. popham, The drawings of L. da V. cit., tav. xxiv; l. goldscheider, Lonard de Vinci cit., tav. viii. Sul problema nel suo complesso: k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., pp. 4445, e le pertinenti osservazioni di j. thiis, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 137. 63 Windsor, n. 12572. a. e. popham, The drawings of L. da V. cit., 213 a, e p. 70. l. goldscheider, Lonard de Vinci cit., tav. xcix. 64 p. vulliaud, La pense sotrique de Lonard de Vinci, ed. Paris 1945, pp. 86 sgg., non esita a richiamare la Cabala e gli Orfici a proposito di questo San Giovanni (e del Bacco, considerato con troppa sicurezza opera di Leonardo). Le osservazioni di kenneth clark, Leonardo da Vinci cit., p. 176 consigliano una maggior prudenza. 65 m. cruttwell, Signorelli cit., p. 44. 66 c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 110.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vasari, ed. Milanesi, VII, p. 150. Si data la statua al 1496 circa: c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 144. 68 h. wlfflin, Larte classica cit. Osservazioni di a. foratti, Gli ignudi della volta Sistina, ne Larte, xxi (1918), pp. 109-26; cfr. pi avanti, parte III, sezione V. Secondo c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., p. 64, gli ignudi sono i geni dellanima razionale. 69 Queste figurazioni sono state preparate da studi dallantico come il curioso Mercurio-Orfeo-Apollo del 1501 (c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., n. 88) e il busto del 1504 derivato dallApollo del Belvedere (ibid., n. 184); ma la gamma psicologica della Sistina infinitamente pi ricca e animata. 70 c. de tolnay, The Medici Chapel cit., p. 114. 71 e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 229. c. de tolnay, The Medici Chapel cit., cap. XX, pp. 111 sgg. 72 vasari, ed. Milanesi, VII, p. 271. 73 Il disegno di Drer, raffigurante la morte dOrfeo, eseguito nel 1494 (e. panofsky, Albrecht Drer, Princeton 1943, vol. II, p. 95, n. 928) ispirandosi a unincisione del Mantegna, reca la scritta Orpheus der erste Puseran (cio: buggerone, pederasta). forse da vedere in questo unallusione agli amori dei circoli platonici del Rinascimento: Orfeo massacrato dalle baccanti per aver introdotto il vizio socratico nel loro paese: e. wind, Two mock-drawings ecc., in jwci, II (1930), pp. 206 sgg. Il che sarebbe un commento ironico al tema della morte dOrfeo, cui si accennato pi sopra. 74 Marsile Ficin et lart cit., p. 124. 75 e. rodocanachi, La femme italienne (avant, pendant et aprs la Renaissance), Paris 1922: per il concetto della bellezza cfr. le pp. 89 sgg. 76 e. mntz, Histoire de lart pendant la Renaissance cit., II, cap. V. 77 o. brendel, The Interpretation of the Holkham Venus, in The Art Bulletin, xxviii (1946), pp. 65 sgg., a proposito dellopera di Tiziano (New York, Metropolitan Museum), con riserve da parte di u. middeldorf, in The Art Bulletin, xxix (1947), p. 65, tendenti a limitare il valore simbolico di questi quadri voluttuosi. 78 a. nifo, De pulchro, I, fol. 37, citato da e. rodocanachi, La femme italienne ecc. cit., p. 101. 79 m. wackernagel, pp. 299 sgg. 80 w. paatz, Kirchen, IV, p. 471, n. 27. curioso vedere il giudizio che intorno al 1520 esprime Paolo Giovio sul maestro umbro nel suo De viris illustribus: cfr. tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Modena 1781, vol. IX, p. 286. 81 Lettera ai fabbriceri di Piacenza: j. p. richter, The literary works ecc. cit., 1346. Consiglio ai pittori: Trattato, ed. Ludwig, 71, ed. McMahon, 77. 82 vasari, ed. Milanesi, III, pp. 386-87. Lepisodio commentato
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze da e. h. gombrich, Visual metaphors of value in art, in Symbols and values (Thirteenth Symposium of the Conference on Science, Philosophy and Religion), London 1954, p. 263. 83 Della pittura, III, ed. L. Mall, p. 107; ed. J. R. Spengler, p. 93 e n., p. 133. Il termine idea qui tratto da Cicerone, Orator, II, 8-10. Si sa che la versione italiana del trattato datata 7 settembre 1435, la versione latina 17 luglio 1436, ed h. janitschek, L. B. Albertis kleinere kunstheoretische Schriften, Wien 1877, introduzione. Il passo iniziale in cui lAlberti dichiara di aver ripreso fiducia nei destini dellarte moderna arrivando a Firenze, nomina Brunelleschi, Donatello, Luca della Robbia, Ghiberti, Masaccio; si tratterebbe, anzich del pittore morto nel 1428, dello scultore Maso di Bartolomeo, secondo h. janitschek, L. B. Albertis ecc. cit., appendice, p. 257, e j. von schlosser, Knstlerprobleme der Renaissance, I (L. B. Alberti), in Sitzungsberichte Akad. Wiss., Wien 1929, cosa che ora nessuno ammette pi. k. clark, Leon Battista Alberti on Painting, in Proceedings of the British Academy, xxx, London 1944, ha analizzato la modernit del trattato e i suoi limiti. LAlberti afferma di non fare opera di dotto: i nostri detti sieno come da solo pictore interpretati; ma egli moltiplica le affermazioni di principio che assicurano la dignit filosofica dellopera. 84 Cfr. su questo punto le osservazioni di e. h. gombrich, Raphaels Madonna della Sedia (Charton lectures on Art), London 1956, pp. 19 sgg. 85 ficino, Theologia platonica, II, xiii; Opera, p. 113; Marsile Ficin et lart cit., pp. 57 e 109. 86 alberti, De re aedificatoria, IX, 5; cfr.: p.-h. michel, La pense de L. B. A. cit., pp. 364 e 462. 87 Ed. L. Mall, p. 108. 88 Su questo punto cfr. lo studio di l. olschki, Der geometrische Geist in Literatur und Kunst, in Deutsche Vierteljahrschr. fr Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, viii (1930), pp. 516-538; il complesso storico del platonismo fiorentino non vi risulta per nella sua variet, come ha osservato G. Nicco Fasola, introduzione alledizione critica del De perspectiva pingendi di Piero della Francesca, Firenze 1942. 89 alberti, Della pittura, fol. 121 v, ed. L. Mall, p. 59. Lo studio fondamentale di e. panofsky, Die Perspektive als symbolische Form, in Vortrge der Bibliothek Warburg, 1924-25 (trad. it. La prospettiva come forma simbolica e altri scritti, Milano 1961), deve essere completato con quello di j. white, The Birth and Rebirth of pictorial Space, London 1957. Cfr. anche: w. m. ivins, On the rationalization of Sight, New York 1938; g. richter, Perspective ancient, mediaeval and Renaissance, in Scritti in onore di B. Nogara, Citt del Vaticano 1937, pp. 281-88, e leccellente studio di d. gioseffi, Perspectiva artificialis, Trieste 1957.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Sulle fonti del procedimento: alberti, Della pittura, ed. J. R. Spencer, n. 48, pp. 110-17. Sulle ricerche del Trecento: e. panofsky, Die Perspektive ecc. cit., pp. 259-61 (trad. it. pp. 60-64), e j. white, The Birth and Rebirth ecc. cit., capp. V-VII. 91 La costruzione mediante il punto di distanza, cio il punto dincontro delle diagonali a 45, che si trova rispetto al punto di fuga alla stessa distanza che separa locchio dal quadro, non diverr sistematica che con viator, De artificiali perspectiva, Toul 1505; cfr. g. wolff, Zu L. B. Albertis Perspektivlehre, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte, v (1936), pp. 47-54. p. francastel, Peinture et socit, Lyon 1951 ha utilizzato queste variazioni per condurre una vivace polemica contro lingenua interpretazione della prospettiva matematica come un sistema di rappresentazione naturale, oggettivo e uniforme. e. panofsky, Die Perspektive ecc. cit., ne aveva gi dimostrato il valore simbolico; P. Francastel ne sottolinea piuttosto il valore prammatico, connesso a una presa di possesso soggettiva dello spazio. Pi difficile invece seguirlo allorch identifica montaggio pittorico, messa in scena e finzione sociale come se non ci fosse alcuna differenza effettivamente sentita tra la pittura e il teatro, tra il teatro e la vita. 92 von schlosser, Ghibertis Denkwurdigkeiten, Berlin 1912; g. ten doesschate, De Derde Commentaar van Lorenzo Ghiberti in Verband met de Middeleuwsche Optik, Utrecht 1940; j. white, The Birth and Rebirth ecc. cit., capp. VIII e XI. 93 Vita di ser Filippo Brunellesco, in Operette storiche ecc. di A. Manetti, ed. G. Milanesi, Firenze 1887; ed. E. Toesca, Firenze 1927, p. 9 (cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 181); g. c. argan, The Architecture of Brunelleschi and the Origins of Perspective Theory in the Fifteenth Century, in jwci, ix (1946-47), pp. 103 sgg. 94 r. wittkower, Brunelleschi and Proportion in Perspective, in jwci, xvi (1953), pp. 275-91. 95 j. white, Developments in Renaissance Perspective, jwci, xiv (1951), pp. 42-62, ripreso in Birth and Rebirth ecc. cit. 96 j. white, Birth and Rebirth ecc. cit., p. 204. 97 a. parronchi, Le fonti di Paolo Uccello, I perspettivi passati, in Paragone, n. 89 (maggio 1957) richiama degli schemi di Vitellione sulla visione binoculare. d. gioseffi, Complementi di prospettiva, 2, in Critica darte, 1958, 25-26, pp. 102 sgg. contesta questi richiami e spiega lanomalia come una variazione fantasiosa sui procedimenti grafici di costruzione. 98 vasari, ed. Milanesi, II, pp. 206 sgg. c. i. kern, Der Mazzocchio des Paolo Uccello, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xxxvi (1915), pp. 13 sgg. 99 g. mancini, Lopera de corporibus regularibus di P. Franceschi detto della F. usurpata da fra L. Pacioli, in Memorie della R. Accade90

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze mia dei Lincei, cccxii, Roma 1915, pp. 446-87. Sui cinque poliedri regolari di Platone, commenti matematici generali di m. ghyka, Le nombre dor, rites et rythmes pythagoriciens dans le dveloppement de la civilisation occidentale, Paris 1931, vol. I, cap. II, n. 1. Qualche indicazione in i. a. richter, Rythmic form in art cit., cap. VI. 100 e. cassirer, Eidos und Eidolon, das Problem des Schnen und der Kunst in Platons Dialogen, in Vortrge der Bibliothek Warburg, ii (1922-23), pp. 1 sgg. 101 a. chastel, Perspective et marqueterie au XVe sicle, in Revue des Arts, iii (1953), con discussione del problema delle tavole di Urbino, Baltimora e Berlino. Sono secondo noi opere dorigine fiorentina, al pari di quella pubblicata da h. lehmann, Une vue de la place dOgnissanti Florence, in Gazette des Beaux-Arts, lxxviii (1936), pp. 24447, e risalgono verosimilmente allambiente di Giuliano da Sangallo. 102 e. mntz, Les collections des Mdicis ecc. cit., p. 63. Altri esempi in m. wackernagel, p. 169. 103 Marsile Ficin et lart cit., pp. 100 sgg. g. n. fasola, introduzione al De Perspectiva pingendi cit., p. 13, indica anchessa in che senso lelaborazione dellarmonia visibile dei numeri esiga una coscienza metafisica. 104 e. mntz, Les archives des arts, prima serie, Paris 1890, pp. 3342. Il Pacioli, che aveva soggiornato a Firenze, almeno nel 1486 (Marsile Ficin et lart cit., p. 114, n. 27), unisce anche i toscani ai grandi maestri delle Marche, di Padova e Venezia. Solo questultimi sono ricordati da Camillo Leonardo da Pesaro nel suo Speculum lapidum, Venezia 1502: In pictoria arte quis praestantior Petro Burgensi, Melozoque Ferrariensi qui pingendi regulas geometricas arithmeticis ac perspectivis regulis miro ordine industria ac doctrina instituerunt et ex eorum operibus patet, nec etiam hoc ab antiquis tam pertractatum fuit (si tratta, oltre che di Piero e Melozzo, di Giovanni Bellini, del Perugino e del Mantegna). 105 l. olschki, Die Literatur der Technik und der angewandten Wissenschaften, Leipzig 1919. g. n. fasola, Introduzione al De Perspectiva pingendi di Piero della Francesca, cit. 106 j. mesnil, Botticelli et la perspective, ne Lamour de lart, 1939, e id., Botticelli cit., pp. 61 sgg. 107 j. white, The Birth and Rebirth ecc. cit., pp. 207 sgg. j. mesnil, La perspective linaire chez Lonard de Vinci, in Revue archologique, 1922. La trattazione di p. francastel, La perspective de Lonard de Vinci et lexprience scientifique du XVIe sicle, in Lonard de Vinci et lexprience scientifique, Paris 1953, pp. 61 sgg., pi penetrante di quella di h. pirenne, Le fondement scientifique de la thorie sur la perspective de Lonard de Vinci, in The British Journal for the Philosophy of Science, iii (1952), pp. 169-85, che insiste unicamente sulla

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze verit della prospettiva. Riserve sullinterpretazione citata di J. White e sulla nozione stessa di prospettiva sintetica in d. gioseffi, Perspectiva artificialis cit., pp. 95 sgg. 108 Leonardo ha daltronde messo in luce la natura artificiale della prospettiva scoprendo gli effetti sorprendenti dellanamorfosi. f. s. basoli, Leonardo da Vinci e linvenzione delle anamorfosi, in Atti della Societ dei Nat. e Matem. di Modena, lxix (1938); j. baltrusaitis, Anamorphoses, Paris 1955, pp. 18-19. 109 Ed. Ludwig, 1, 28 ecc.; ed. McMahon, 1, 34. Di qui la preoccupazione di ritrovare gli intervalli musicali nella struttura spaziale: j. p. richter, The literary works ecc. cit., vol. I, pp. 72 e 76. 110 Ed. H. Ludwig, 489, McMahon, 484; cos j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 14, p. 116, ed. H. Ludwig, 526 a, ed. McMahon, 513. Cfr. l. h. heydenreich, Leonardo da Vinci, Basel 1953, vol. I, pp. 110 sgg. 111 Codex Atlanticus 221 b: ed. j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 19, p. 119. 112 Trattato, ed. Ludwig, 17, ed. McMahon, 15; cfr. g. sailles, Lonard de Vinci ecc. cit., p. 427. 113 k. clark, Leonardo da Vinci, Cambridge 1952, p. xv; cos p. 164, sui Ludi mathematici degli ultimi anni che tradiscono uno scetticismo sempre maggiore sulla funzione delle matematiche. 114 Leonardo manifesta anche un interesse per i corpi puri del platonismo (a. chastel, Lonard et la culture cit., p. 257; l. olschki, Die Literatur der Technik ecc. cit., p. 524), ma pi tardi contesta la loro validit in cosmologia. 115 Su questo punto, r. longhi, Piero della Francesca, 2 ed., Milano 1946, p. 116. 116 alberti, Della pittura, II, ed. L. Mall, pp. 94 e 95. 117 Cfr. e. panofsky, Die Entwicklung der Proportionslehre ecc. cit., e id., Albrecht Drer cit., pp. 261 sgg. La storia dei trattati che studiano questi problemi nel loro rapporto con larte, prima e dopo il De sculptura di P. Gauricus (1504), rimane da scrivere. Esiste alla Biblioteca medicea un opuscolo anonimo De Physionomia, ricopiato nel 1470 di seguito al LAcerba di Cecco dAscoli, bench dati chiaramente del secolo xiv (bandini, Catalogus codicum manuscriptorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, V, Firenze 1778, coll. 73-74). 118 Theologia platonica, III, 1, Opera, p. 117. p. o. kristeller, Il pensiero filosofico di M. F. cit., passim, in particolare pp. 416 sgg. 119 r. krautheimer, Lorenzo Ghiberti cit., p. 327. Sul proposito di Donatello di assicurare il massimo di animazione alle opere, sono significativi certi aneddoti ben noti, come quello del suo apostrofare lo Zuccone. Il Vasari osserva che nella cantoria di Donatello leffetto di movimento accentuato dalla mancanza di unultima rifinitura: con

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze quelle figure abbozzate che a guardarle pare veramente che siano vive e si muovino, ed. C. L. Ragghianti, I, 640. 120 Cfr. sopra, parte I, I. Si pu citare ancora una incisione con danzatori con le piume in un ambiente fantastico: a. hind, Early italian engravings ecc. cit., I, p. 68 e tav. xcvii. 121 vasari, ed. C. L. Ragghianti, I, 862. Il disegno (o piuttosto la copia antica) noto sotto il titolo di Compianto sul corpo del Gattamelata (Londra, coll. Wallace) un repertorio di mimiche e gesti espressivi. Questo disegno stato celebre e imitato gi nel Cinquecento (incisione del Maestro A. C. 1555). Lattribuzione ad Antonio Pollaiolo indubbia; a. sabatini, A. e P. Pollaiuolo cit., p. 90, nonostante il riferimento di incisori recenti, come il Prestet nel 1777, al Mantegna, ancora suggerito, senza per arrivare a una conclusione, da e. tietze conrat, Mantegna or Pollaiuolo?, in The Burlington Magazine, lxvii (1935), p. 217, e Mantegna, London 1955, p. 246. Il soggetto non stato ancora individuato: secondo e. panofsky, A. Drer cit., p. 96, pu essere il lamento di Pallade ispirato allEneide, XI, 29, in relazione a un ciclo romano. Il legame col Gattamelata si deve alla citazione di un affresco (perduto) del Mantegna in onore del condottiero in una casa padovana: altrettanto fondato dellattribuzione del disegno al Mantegna. 122 vasari, ed. Milanesi, III, p. 295; l. castaldi, Lideale estetico nei canoni artistici del Rinascimento, Siena 1933; rapida trattazione in: l. premuda, Storia delliconografia anatomica, Milano 1957, cap. III. Sullanatomia da aggiungere lo studio del panofsky, in The Renaissance, a symposium (New York, febbraio 1952), pp. 85-88. 123 m. cruttwell, A. Pollaiuolo, London 1907, soprattutto il cap. VIII (Paintings and studies from the nude, 1464-70). Pi di recente: a. sabbatini, Antonio e Piero del Pollaiuolo cit., pp. 32 sgg., e tavv. xx, xxi, xxii, e s. ortolani, Il Pollaiuolo, Milano 1948. 124 c. l. ragghianti, Storia di un problema critico (per Antonio Pollaiolo), in Commenti di critica darte, Bari 1946, pp. 117 sgg. 125 j. mesnil, Botticelli cit., cap. II; a. warburg, Gesammelte Schriften, I, pp. 10 e 308; a. chastel, Botticelli, Milano 1957. 126 e. bertaux, Botticelli costumier, in Etudes dhistoire et dart, Paris 1911, pp. 115 sgg. 127 Lettera del Ficino al Bembo, Opera, p. 807 (trad. Figliucci cit., I, p. 320): cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 95. LAlberti parla volentieri anche dellilarit del cielo diffusa dalle cose: p.-h. michel, La pense de L. B. A. cit., pp. 520 sgg. 128 Marsile Ficin et lart cit., pp. 146 e 94. 129 Trattato, ed. Ludwig, 9, ed. McMahon, 7. 130 Ibid., rr 108 e 109, ed. McMahon, 86 e 87. Questa pagina applica la psicologia della passione amorosa, come lanalizza il Ficino

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze nel Convito, a quella del travaglio creativo; linteresse di essa stato messo in evidenza da g. seailles, Lonard de Vinci ecc. cit., pp. 324 (con riferimento a Platone), e da n. ivanov, Remarques sur la Joconde, in Revue dEsthtique, 1952. 131 l. planiscig, Andrea del Verrocchio, Wien 1941, p. 46, ricorda che lartista ha fornito il prototipo per quella tipologia delle figure che avrebbe trionfato nel secolo xvi fino alla sua codificazione nei trattati. 132 j. thiis, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 57: Un processo di combustione nel fondo di energie naturali e logorate, sotto linfluenza della civilt: ecco ci che deve aver creato il sorriso 133 k. clark, Leonardo da Vinci cit., p. xvi. 134 p. j. mcmurray, Leonardo da Vinci the anatomist, Baltimore 1920, p. 411. h. kleiber, Leonardo da Vincis Stellung in der Geschichte der Physiognomik und Mimik, Strassburg 1907. 135 vasari, ed. Milanesi, IV, pp. 374, 735. 136 vasari, ed. Milanesi, VII, p. 274. Su alcuni aspetti di questi problemi: r. wittkower, Physiognomical experiments by Michel-Angelo and his pupils, in jwci, i (1937), pp. 183-84. 137 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 564. 138 Cfr. pi avanti, parte III, sezione II. 139 r. longhi, Masaccio e Dante, in Paragone, 1950, n. 9 (settembre). 140 Della Pittura, II, ed. L. Mall, p. 76. 141 j. lipman, The florentine Profile Portrait, in The Art Bulletin, xviii (1936), pp. 54-102; j. alazard, Lart italien ecc. cit., capp. I e II, dove il problema visto in rapporto a considerazioni generali sullarte del ritratto, e la bella pagina di max j. friedlnder, Landscape, portrait, still life, Oxford 1944, pp. 235-36; f. landsberger, Die knstlerischen Probleme ecc. cit., pp. 59 sgg. 142 w. von bode, Desiderio da Settignano und Francesco Laurana als Portrtbildhauer, in Florentinische Bildbhauer ecc. cit., cap. VIII; w. r. valentiner, Mino as a portrait-sculptor, in Studies of italian Renaissance sculpture, London 1950, pp. 70 sgg. 143 vasari, ed. Milanesi, III, p. 364. 144 c. langton douglas, Piero di Cosimo, Chicago 1946. 145 w. suida, A Leonardo Profile and Dynamism in Portraiture, in Art in America, aprile 1941, pp. 52 sgg. 146 vasari, ed. Milanesi, VII, pp. 271, e sopra, p. 302; c. de tolnay, Werk und Weltbild ecc. cit., p. 97. 147 k. clark, Landscape into Art, London 1949, capp. I e II f. landsberger, Die knstlerischen Probleme ecc. cit., pp. 100 sgg. Documentazione essenziale in: w. kallab, Die toskanische Landschaftsmalerei im 14. und 15. Jh., in jw, xxi (1900), pp. 1 sgg.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze h. hess, Die Naturanschauung der Renaissance in Italien, Marburg am Lahn 1924, considera la tendenza alla stilizzazione come la tendenza dominante della seconda met del secolo xv (p. 65). 149 g. castelfranco, Il paesaggio di Leonardo, Milano 1953; id., Sul pensiero geologico e il paesaggio di Leonardo, nellopera miscellanea: Leonardo, saggi e ricerche, Roma 1954, pp. 470 sgg. 150 Il Baldovinetti stato qui considerato come un iniziatore: dilettossi molto di far paesi, ritraendoli dal vivo e naturale, come stanno appunto: dir il vasari, ed. Milanesi, II, p. 595. In questo egli partecipa a unevoluzione che generale in Occidente intorno al 1460: cfr. kiel e neri, Paesaggi inattesi nella pittura del Rinascimento, MilanoFirenze 1952, p. 91. J. Molanus scriver per lappunto di Dirk Bouts: claruit inventor in depingendo rure; cfr. e. panofsky, Early netherlandish Painting cit., p. 318 151 f. zeri, Il maestro dellAnnunciazione Gardner, in Bollettino darte, xxxviii (1953), p. 135. 152 a. chastel, Botticelli cit., Milano 1957. 153 Ed. H. Ludwig, 23, McMahon, 42. 154 e. h. gombrich, Renaissance artistic Theory and the Development of Landscape Painting, in Gazette des Beaux-Arts, luglio 1953, pp. 336-60. 155 f. de hollanda, Dialoghi michelangioleschi cit., pp. 63, 64. 156 Marsile Ficin et lart cit., II, cap. I. 157 g. f. hartlaub, Zauber des Spiegels cit., Mnchen 1951. 158 h. d. austin, Dante and Mirrors, in Italica, xxi (1944), pp. 13-17. 159 Citato da a. parronchi, Le fonti di Paolo Uccello, in Paragone, n. 89 (maggio 1957), p. 22: secondo Bacone il fenomeno offre perfino la possibilit di stratagemmi militari. 160 De vita, III, 17; Opera, pp. 355-56. 161 Ed. L. Mall, p. 100. 162 Cfr. j. p. richter, The literary works ecc. cit., nn. 528, 529, 530: I, pp. 320-21. 163 Il Ghiberti, il Castagno, Paolo Uccello a Santa Maria del Fiore, Filippino Lippi e Domenico Ghirlandaio a Santa Maria Novella, il Perugino a Santo Spirito: g. marchini, Le vetrate italiane, Roma 1955, pp. 37 sgg. 164 h. jantzen, ber Prinzipien der Farbengebung in der Malerei, ripreso in ber den gotischen Kirchenraum und andere Aufstze, Berlin 1951, pp. 61 sgg. Sui problemi del xv secolo: f. landsberger, Die Knstlerischen Probleme ecc. cit., cap. IV. 165 ficino, Convito, ed. it. cit., p. 66. 166 Ed. L. Mall, p. 62. Grigio per il terreno in luogo del giallo scelto da Raffaello e da Leonardo (Cod. urb., 75 v). 167 Ed. L. Mall, p. 101.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze n. allen patillo, Botticelli as a colourist, in The Art Bulletin, xxxvi (1955), pp. 203-20. 169 Ed. H. Ludwig, 547; ed. McMahon, 547 e tutto il capitolo. 170 vasari, ed. Milanesi, I, p. 162. Questo passaggio unaggiunta de 1568 e u. scoti-bertinelli, Giorgio Vasari scrittore, Pisa 1905, p. 82, ne ha indicato la minuta nelle note di V. Borghini, amico e consigliere del Vasari, fondatore con lui dellAccademia fiorentina. Un testo complementare lo abbiamo nella critica del modo di dipingere di Giorgione tenendo per fermo che il dipignere solo con i colori stessi senzaltro studio de disegnare in carta fusse il vero e meglior... cui segue un elenco dei vantaggi del disegno che riempie lo spirito di bei concetti. vasari, ed. Milanesi, VII, p. 427. Questa teoria del disegno analizzata da c. de tolnay, History and Technique of old Masters Drawings, a Handbook, New York 1943, p. 6. Il Vasari stato uno dei primi collezionisti sistematici di disegni (o. kurz, Vasaris libro de disegni, in Old Masters Drawings, xii [1937], pp. 1 e 32); e uno dei fondatori dellAccademia del disegno a Firenze nel 1563. 171 aristotele, Analitici secondi, II, 19, 100 a. Sulla teoria del disegno che parte dal modello o exemplum, c. de tolnay, History and Technique ecc. cit., pp. 2 sgg. 172 alberti, Della pittura, ed. L. Mall, p. 101, citato (in una diversa versione) da c. de tolnay, History and Technique ecc. cit., p. 4. 173 Apologia ecc. premessa alledizione di Dante del 1481. Cfr. Della pittura, ed. Spencer, pp. 120-121; vasari, ed. Milanesi, II, p. 546. 174 m. wackernagel, pp. 324 sgg. j. meder, Die Handzeichnung cit., pp. 169 sgg. 175 h. leporini, Die Stilentwicklung der Handzeichnung, Wien 1925, p. 29. c. de tolnay, History and Technique ecc. cit., pp. 19 sgg. 176 Soprattutto lAbbondanza: b. berenson, The Drawings ecc. cit., n. 567. c. de tolnay, History and Technique ecc. cit., n. 57; j. mesnil, Botticelli cit., tav. cx. 177 c. l. ragghianti, A. Pollaiuolo e larte fiorentina del Quattrocento, ne La critica darte, I (1935), 1-4, ha lungamente studiato le origini e il senso del discorso lineare dei Fiorentini. 178 c. de tolnay, History and Technique ecc. cit. 179 Trattato, ed. H. Ludwig, 67, ed. McMahon, 65. 180 Ibid., 189, ed. McMahon, 261. Sulla questione nel suo insieme: e. h. gombrich, Conseils de Lonard sur les esquisses de tableaux, in Etudes dart, Alger 1953-54, nn. 8-10. 181 Trattato, ed. Ludwig, 189, ed. McMahon, 76. 182 Ibid., 66, ed. McMahon, 76. Le due osservazioni sono separate nella traduzione del Pladan, n. 141 (p. 71), e n. 126 (p. 66), dove la seconda parte dellosservazione messa insieme con il n. 60 delled. Ludwig (sul Botticelli). Linteresse e la modernit di questa teoria della
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze macchia sono stati gi messi in evidenza da j. von schlosser, Lorenzo Ghibertis Knstlerwesen, in Leben und Meinungen des Lorenzo Ghiberti cit., pp. 109-10. 183 h. a. giles, An Introduction to the History of chinese pictorial Art, Sciangai 1905, p. 100: i consigli del pittore Sung-Ti (xi secolo); e. kris e o. kurz, Die Legende vom Knstler cit., p. 54. Questa anche una pratica di contemplazione raccomandata dai neoplatonici di Alessandria: j. bidez, Vie de Porphyre, Leipzig 1913. 184 Leonardo ha fatto scuola, almeno per ci che riguarda Piero di Cosimo che indugiava a considerare un muro dove lungamente fusse stato sputato da persone malate, e ne cavava le battaglie de cavalli e le pi fantastiche citt ed i pi gran paesi che si vedesse mai (vasari, ed. Milanesi, IV, p. 54). 185 e. kris e o. kurz, Die Legende vom Knstler cit., pp. 54-55, hanno mostrato come la nuova importanza attribuita allo schizzo presupponga la teoria neoplatonica dellispirazione. 186 w. paatz, Kirchen cit., I, p. 189. 187 f. hartt, Raphal and Giulio Romano with Notes on the Raphal School, in The Art Bulletin, xxvi (1944), pp. 67-94. 188 vasari, ed. Milanesi, IV, pp. 400 sgg. 189 e. panofsky, Albrecht Drer cit., I, p. 234. u. middeldorf, Raphaels Drawings, New York 1945, n. 81, p. 51, e Old Masters Drawings, xiii (1938-39), pp. 9 sgg. 190 Vita di Leonardo, in Lonard de Vinci par lui-mme, p. 30. 191 vasari, ed. Milanesi, VII, 272-73. 192 Nel senso indicato da h. wlfflin, Die klassische Kunst cit., e Kunstgeschichtliche Grundbegriffe, Mnchen 1915 (trad. it. Concetti fondamentali di storia dellarte, Milano 1953). 193 vasari, Della pittura, cap. xv. 194 vasari, Vita di Lorenzo di Credi, ed. Milanesi, IV, p. 569; ed. C. L. Ragghianti, II, p. 243. 195 c. de tolnay, Les conceptions artistiques de Lonard de Vinci et leur origine, ne LArt et la pense de Lonard de Vinci cit., pp- 375 sgg., e le osservazioni di j. rudel, Technique picturale de Lonard de Vinci, ibid., pp. 285 sgg. e sui procedimenti detti fiamminghi. 196 vasari, ed. Milanesi, II, p. 171. 197 condivi, Vita di Michelangelo, XLIV (a proposito delle tombe medicee). 198 Si ebbe in Francia nel Seicento tutta una letteratura sul non finito di Michelangelo, verosimilmente in relazione alle polemiche dellAccademia sugli Schiavi del Louvre. In particolare: desmarets de saint-sorlin, Promenades de Richelieu ou les vertus chrtiennes, Paris 1653, p. 3. Numerosi sono i saggi recenti della critica italiana, elencati da c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 171, fra i quali

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze a. bertini, Il problema del non finito, ne Larte, nuova serie, i (1930), pp. 121 sgg.; ultimamente: j. gantner, Schicksals des Menschenbildes, Bern 1958, pp. 105 sgg. 199 h. thode, Michelangelo, Kritische Untersuchungen, vol. I, Berlin 1908, pp. 91 sgg. 200 I procedimenti tecnici di Michelangelo scultore sono ben noti: 1) dalle opere non finite, tra le quali il San Matteo la pi tipica: c. de tolnay, The youth of Michelangelo cit., p. 114; 2) dagli scritti dellartista, i suoi sonetti, ed. Frey, LXXXIII, LXXXIV, ecc., e le sue lettere, ed. Milanesi, p. 522; 3) dalle analisi dei contemporanei, come il Vasari, ed. Milanesi, I, p. 148, e b. cellini, Vita, ed. Rusconi-Valeri, Roma 1912, p. 794. 201 a. bertini, Il problema del non finito cit., p. 133. 202 Ibid., e sopra, introduzione. 203 j. gantner, Rodin und Michelangelo, Wien 1953, p. 72, ha avuto il merito di insistere sulloriginalit del non-finito in Michelangelo e Leonardo. Egli lo mette in rapporto con le idee fondamentali del Wfflin e lo definisce come una fase di prefigurazione. Cfr. ultimamente: Formen des Unvollendeten in der neueren Kunst, in Schicksale des Menschenbildes, Bern 1958, pp. 105 sgg. 204 c. aru, La veduta unica e il problema del non finito in Michelangelo, ne Larte, viii (1937), pp. 46-52. 205 h. von einem, Der Torso als Thema der bildenden Kunst, in Zeitschrift fr Aesthetik und allg. Kunstwissenschaft, xxix (1935), pp. 331-34; f. kriegbaum, Michelangelo Buonarroti, Die Bildwerke, Berlin 1940; c. de tolnay, Werk und Weltbild ecc. cit., cap. IV. 206 e. h. gombrich, Lonard et le componimento incolto, in Etudes dart, Alger 1953-54, pp. 191 sgg.; k. clark, Leonardo da Vinc cit., pp. 164 sgg. 207 condivi, Vita di Michelangelo, ed. cit., p. 34. 208 Forse in funzione dellaneddoto di Vitruvio in cui Dinocrate annuncia di voler dare al monte Athos la forma dun uomo (libro II, prefazione): w. krte, Deinokrates und die barocke Phantasie, in Die Antike, 1937. Nel mito classico intervengono spesso le montagne personificate (ad esempio il monte Tmolo, ovidio, Metamorfosi, XI, 82 sgg.). Lorenzo descrive il Monte Morello a nord-ovest di Firenze come un vegliardo canuto: Gli omer cadenti gi del capo altero | Cuoprono i bianchi crini... (Ambra, XII). Sulla scia di Michelangelo decoratori manieristi penseranno spesso di animare le rocce per farne per cos dire delle prefigurazioni dellarte: cos si spiega la composizione strana del parco di Pratolino (1573), il gigantesco Appennino di Giambologna costruito in blocchi rocciosi: j. baltrusaitis, Anamorphoses, Paris 1955, pp. 56-57. 209 milanesi, Lettere di Michelangelo, n. 184. Si trattava allinizio di

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze un colosso per il giardino Medici; Michelangelo sviluppa una fantasia grottesca pensando una piccionaia nella testa del gigante-campanile. r. rolland, Michel-Ange, Paris 1941, p. 122, non ha visto che si trattava di una burla gigantesca. 210 bocchi, Bellezze di Firenze, Firenze 1591, ed. Cinelli, Firenze 1677, p. 138; citato da c. de tolnay, Michelangelo, The Tomb of Julius II, Princeton 1954, pp. 114-15. 211 a. chastel, Le fragmentaire, lhybride et linachev, in Cahiers de lUniversit de la Sarre (Symposium del 1956), Saarbrcken 1959; e la documentazione raccolta da j. a. schmoll, Der Torso als Symbol und Form, Baden-Baden 1954. 212 Cos sullincredibile gabinetto di Wrangel (1566) che era un gabinetto dantichit: l. moller, Der Wrangelschrank und die verwandten sddeutschen Intarsienmbel, Berlin 1956. Sul frontespizio della raccolta Segmenta mobilium, signorum et statuarum, Roma 1638, il tempo corrode il torso del Belvedere: e. panofsky, Studies in Iconology cit., tav. lx. 213 a. schmarsow, Der Eintritt der Grotesken in die Dekoration der italienischen Renaissance, in jb, ii (1881), pp. 131-44; a. chastel, La Renaissance fantaisiste, in Lil, n. 21, Paris, settembre 1956. Le grottesche fanno la loro comparsa a Firenze prima di quanto afferma lo Schmarsow; gi nel 1490 abbiamo un disegno del Sangallo per il palazzo Corsi a Siena e i mediocri tentativi antichizzanti del Ghirlandaio nel coro di Santa Maria Novella. La descrizione delle decorazioni fantastiche delle grotte che ci fornisce lanonimo autore delle Antiquarie prospettiche romane (c. 1500), rivelatrice del carattere romantico delle grotte e delle caverne in rovina, piene di stucchi, di rilievi, di pitture, di mano di Cimabue, Apelle e Giotto. 214 vasari, Vita del Morto da Feltre, ed. Milanesi, V, p. 205. 215 a. hind, Early italian Engravings ecc. cit., p. 67, tav. xcvi. 216 Sulla sirena nellarte funeraria romana, f. cumont, Recherches ecc. cit., pp. 329 sgg. In opposizione alla sirena malefica dellarte medievale abbiamo dunque una riconversione del simbolo: macrobio, De somnio Scipionis, II, 3, i; proclo, In rempublicam, II. 217 h. w. janson, The sculpture of Donatello cit., p. 185, ha messo in evidenza questo valore enigmatico delle sfingi a proposito della Madonna del Santo a Padova. 218 a. scharf, Filippino Lippi cit., tav. 85. k. b. neilson, Filippino Lippi, Cambridge (Mass.) 1938, tav. lxxx. 219 Lesecuzione spetta verosimilmente agli scalpellini Salvi dAndrea e lo Scorbacchia ricordati dalle fonti: c. botto, Ledificazione della chiesa ecc. cit. (1931), p. 25; w. paatz, Kirchen cit., vol. V, pp. 13435. Il fregio di maschere, delfini e conchiglie richiama Filippino, ma la maschera centrale ritorner nella cappella Medici.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., ha proposto una classificazione dei putti-cariatidi, dei geni che accompagnano profeti e sibille e degli ignudi in base alla terminologia umanistica. 221 a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 187.
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Parte terza I maestri e le citt Introduzione Il mito rinascimentale: et doro e catastrofi

La pace e la felicit comune esaltate dal Poliziano nella famosa iscrizione del 1490 non trovarono conferma negli avvenimenti della fine del secolo. Alcuni anni dopo il principato mediceo, lAccademia di Careggi e perfino il primato di Firenze non erano pi che ricordi. Morto Lorenzo (dicembre 1492) e scesi i francesi in Italia (autunno del 1494) il popolo si solleva; Piero, senza prestigio alcuno, fugge in esilio a Venezia; il fratello minore Giovanni, il futuro Leone X, ripara a Roma. I palazzi e le collezioni sono messi a sacco1. La borghesia fiorentina, incerta e divisa, assiste alla rivoluzione repubblicana diretta da un riformatore monastico. Lesercito di Carlo VIII grava con requisizioni, Pisa si rivolta. La peste e la carestia sono una minaccia incombente. Il diario di Luca Landucci registra giorno per giorno le sciagure, le uccisioni, i presagi, i movimenti popolari e gli intrighi dei partiti che paralizzano la citt2. Il ramo cadetto dei Medici, che mirava a rovesciare Piero, ha creduto che sia venuto il suo momento, ma viene anchesso superato dagli avvenimenti. Lesecuzione capitale di Bernardo del Nero e dei capi del partito degli ottimati, nel 1496, verr a tagliare i ponti tra la fazione savonaroliana e i Medici; Lorenzo di Pierfrancesco si allontana da Firenze nel giugno del 1497. Gli umanisti non hanno pi peso: Pico e il Poliziano che avevano portato il Savonarola a Firenze sono gi

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morti nellautunno del 94; il Ficino, impaurito, lavora alle sue edizioni, tiene unattiva corrispondenza con Aldo Manuzio. Dopo un momento di eccitazione, se non di esaltazione, in cui saluta il Savonarola come un agente divino, passa discretamente allopposizione e, dopo il supplizio del frate nel maggio del 1499, pochi mesi prima di morire devotamente, condanna il tentativo di riforma come una manifestazione dellAnticristo3. DellAccademia non rimane nulla; i giovani umanisti Benivieni, Corsi, F. da Diacceto, sono personalit di secondo piano e non vivono che del ricordo dei loro maestri. Nel 1503 il Diacceto parla della scomparsa del platonismo e cerca di stringere rapporti con i vecchi amici del Ficino e di Pico, ad esempio il cardinal Grimani a Roma. La situazione artistica migliore solo in apparenza: il Ghirlandaio scomparso e la sua bottega va degenerando; parecchi artisti sono turbati dalla predicazione piagnona; il Botticelli ha una sorta di crisi; Filippino lunico che rimanga veramente attivo. Il Perugino introduce a Firenze lo stile dolciastro che ora diviene di moda e contro il quale, qualche anno dopo, reagir vivacemente il giovane Michelangelo. Questi nel 1494 era fuggito dalla citt in rivolta. La cultura fiorentina sembra disgregarsi sotto lazione degli avvenimenti, proprio nel momento in cui le sue promesse avrebbero dovuto realizzarsi. Ma questa crisi finale non dovuta semplicemente a una serie di accidenti esterni. Linettitudine politica di Piero, linvasione francese, la rivoluzione piagnona hanno semplicemente messo a nudo il disagio e fatto precipitare una situazione di crisi che si annunciava da tempo. Intorno al 1490, nelleuforia e nella fiducia che erano seguite ad anni difficili, Firenze poteva apparire raggiante, felice e pienamente soddisfatta nelle sue aspirazioni in tutti i campi: florens Florentia. Ma le affermazioni ottimistiche erano solo la maschera che nascondeva contraddizioni e inquietudini. Il Quattro-

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cento toscano appare cos solido e ricco di certezze, che, senza questa confusione finale, ci si potrebbe dimenticare dei conflitti interiori, degli alti e bassi di fiducia e perplessit, e delle illusioni di una civilt in atto. Per valutare nella sua complessit la posizione intellettuale, artistica e morale delle ultime generazioni del secolo, opportuno non separarle in modo troppo netto dal resto dellOccidente. Limmagine del Rinascimento, che hanno creato nel secolo scorso un Burckhardt e perfino un Michelet, ha il difetto di isolare del tutto i paesi meridionali da quelli del Nord, come se le citt italiane, e soprattutto Firenze, fossero delle isole privilegiate nel mare della storia4. In realt lopposizione tra Nord e Sud solo relativa. Indubbiamente a Milano, Venezia, Ferrara, Bologna, Firenze, la vita pubblica aveva raggiunto nel corso di un secolo uno splendore senza precedenti che stup gli invasori; in tutti gli aspetti della cultura lItalia si rifaceva del lungo periodo in cui, sia pure a suo modo, era stata al seguito di Bisanzio e di Parigi, periodo che ora appariva come unet di umiliazione e di eclissi. Contro i Greci e goti goffi aveva limpressione di essersi ritrovata e alla fine del secolo era lei che faceva scuola allEuropa. Lorenzo, che non perdeva occasione per inviare nelle capitali straniere esempi darte toscana, non era il solo a crederlo. Le pubblicazioni del Ficino erano attese come avvenimenti da filosofi parigini come Lefvre e Gaguin; il Perugino e Leonardo erano celebri in Francia. Ma in ultima analisi la penisola restava profondamente municipale: ogni citt, e Firenze pi dogni altra, teneva ad avere una sua fisionomia e limitava le iniziative. Queste piccole societ orgogliose ed attive conservavano nel loro sviluppo il modo di vivere e pensare daltri tempi: restavano legate, pi strettamente di quanto non lo credessero i notabili e gli umanisti, al loro medioevo, che del resto non era tanto remoto. E nello stesso tempo partecipavano

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naturalmente al generale divenire dellOccidente. Esiste uno stretto rapporto tra ci che in Francia e nei Paesi Bassi viene descritto come autunno del Medioevo e ci che nel Sud viene chiamato Rinascimento. Numerose forme di devozione nuove rivelano reazioni comuni in tutta la cristianit alla fine del Quattrocento5. Dovunque si avvertono gli stessi interrogativi sul senso della vita e contemporaneamente il bisogno di una presa pi forte sul mondo. Le iniziative dei mercanti, dei banchieri. dei viaggiatori, dei politici fioriscono in gran numero, ma fioriscono anche le speculazioni divinatorie che tradiscono lansia con cui si guarda al domani, le costruzioni aberranti e le superstizioni. Ci che bene o male viene a galla e linquietudine popolare riflessa dagli uomini di cultura, la desolazione di questi di fronte allincapacit della Chiesa di imporsi una riforma, la paura vaga ma profonda originata dallinvasione ottomana e dalla perdita del Mediterraneo orientale, infine il turbamento provocato dalle novit della cultura che gli ambienti monastici condannano e in cui i letterati invece hanno riposto ogni speranza. Lespandersi della ricchezza borghese, la solida organizzazione delle citt mercantili, il progresso delle tecniche, la generale sete di felicit non fanno che rendere pi acuto il bisogno di sapere dove porteranno la crisi dellordine che ormai declina e il confuso travaglio in atto. Le rappresentazioni dello spazio e del tempo, del mondo e della storia sono piene di oscurit e contraddizioni, sulle quali saccanisce la scienza e che limmaginazione si sforza di dominare. I due sviluppi si condizionano a vicenda. Alla fine del Quattrocento si avverte, nei giudizi sulla condizione delluomo, una crescente ossessione della fine di qualche cosa, e parallelamente lattesa di un rinnovamento straordinario. Lo spirito si sforza di definirlo; si paventano oscuramente le sciagure e i disordi-

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ni che i visionari descrivono come annuncio della fine del mondo, e altri invece come segni di un nuovo ordine. Manca una visione equilibrata dello stato presente dellumanit e del suo avvenire; tutto viene immaginato in una forma esaltata che poi una delle caratteristiche dellepoca6. impossibile spiegare il disagio di Firenze e limprovvisa vitalit di Roma al di fuori di queste prospettive. Per restare a Firenze e agli umanisti medicei, vediamo qui alternarsi le prospettive splendide e le peggiori inquietudini. Lo stesso orientamento del neoplatonismo non poteva che alimentare la tensione degli spiriti con la credenza nel dono profetico dei veggenti e dei saggi, che anticipano lo svolgersi dei fatti, e col mito della grande pace degli spiriti: occorreva adoprarsi per il rinnovamento del mondo che sarebbe stato compiuto dalla setta ideale dellAccademia, la quale appare come il simbolo e nello stesso tempo lo strumento della renovatio dellOccidente7. Questa, secondo il Ficino, si presentava come la realizzazione di un piano provvidenziale ed era destinata a provocare grandi trasformazioni o, in linguaggio simbolico, ad arrecare unet doro, un regno di Saturno che avrebbe visto la fusione delle scuole filosofiche sulla base del platonismo, la riunione delle religioni e il progressivo sanarsi dei mali dellumanit. Mai come allora si tanto parlato della purificazione della Chiesa, della conversione degli ebrei e dei mussulmani; e il problema della religione universale, annunciata dal Pletone, era sempre presente nelle conversazioni di Careggi. Questo problema del resto lo sfondo dellintera costruzione ideale del Ficino e di Pico8. Era un modo immaginoso e audace per dire che la situazione contemporanea era inquieta e che lumanit si trovava a un crocicchio. Non si trattava solo di teorizzazioni di intellettuali inclini a un certo illuminismo. Il nervosismo popola-

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re affiorava periodicamente a Firenze, come nel resto dellOccidente. Negli anni 1480-84 i segni soprannaturali si moltiplicano; il cronista Luca Landucci li registra perch, dice, il mondo era sollevato nellattesa di grandi cose in Dio9. Uno degli elementi di questa attesa era rappresentato da una congiunzione celeste di cui era piena la letteratura astrologica e che il Landino accoglieva nel 1481 nel suo commento alla Commedia a proposito del Veltro: nellanno mcccclxxxiiii nel d vigesimo quinto di Novembre, et a hore tredici, et minuti xli di tal d sar la coniuntione di Saturno, et di Giove, nel Scorpione, ne lascendente del quinto grado de la Libra, la quale dimostra mutation di religione10. Nei suoi Pronostica ad viginti annos duratura (Anversa, 1484), un noto erudito, corrispondente del Ficino, il futuro vescovo di Fossombrone, Paolo di Middelburg affermava che le conseguenze dellavvenimento avrebbero impiegato circa venti anni a svilupparsi11: lazione del Profeta, del rinnovatore religioso annunciato dalla congiunzione fatidica del novembre 1484, aleggiava cos come una continua minaccia sulla fine del Quattrocento ed i primi anni del Cinquecento. Egidio da Viterbo nel suo discorso inaugurale del Concilio Laterano, nel 1512, far allusione a questi venti anni trascorsi nellincubo dellApocalisse. Si tratta dellinterpretazione di un uomo di chiesa, e di un intellettuale, ma essa compendia tutto un clima, e questo non deriva solo dalla predicazione del Savonarola, che propugnava la riforma della Chiesa annunciando i Novissimi, e proclamando che lArca della salvezza ben presto si sarebbe chiusa. Se Pico e il Poliziano avevano insistito presso Lorenzo per ricondurre a Firenze il predicatore alla fine del 1489 (o agli inizi del 1490), e perch essi si aspettavano da lui una risposta al dramma che sentivano pi grande di loro. La crisi piagnona non un episodio estraneo, un fenomeno accidentale che avrebbe turbato laura sere-

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na dItalia: invece la forma drammatica che ha assunto a Firenze il disagio della fine del secolo. Lardore visionario dei seguaci del frate e le prospettive escatologiche del movimento risultano chiare nellappello di Giovanni Nesi, che nel 1496 scrive nellOraculum de novo saeculo: Ecce jam ad novum illud saeculum per varios casus divino te nomine voco; ecce jam per tot discrimina rerum ad auream illam aetatem excito... Il tono delle predizioni chiliastiche rivive in un linguaggio impetuoso che trae dalle formule umanistiche e dallorgoglio civico i suoi accenti pi forti: Firenze la repubblica del Cristo. NellItalia devastata dai Barbari la potenza fiorentina, compromessa dallambizione, la perfidia, la leggerezza dei cittadini estender finalmente il suo prestigio e le sue forze con un aumento di ricchezze, dautorit e di gloria. Salvata la Chiesa, convertiti i mussulmani, non ci sar pi che un solo gregge e un solo pastore12. Nel suo commento sul Veltro il Landino non era molto esplicito e si limitava ad affermare che la congiunzione del 1484 lasciava sperare che la cristianit sarebbe giunta ad una vita e a una organizzazione eccellenti. Per i veggenti non erano rari. Il 2 aprile 1484 uno stravagante, coronato di spine e in abbigliamento bizzarro, percorse a cavallo le strade di Roma distribuendo volantini e annunciando il rinnovamento del mondo attraverso la rivelazione di Hermes. E non manc un umanista, astrologo e cabalista, che volle celebrare questa stramba mascherata in una Epistola de admiranda ac portendenti apparitione novi atque divini prophetae ad omne humanum genus. Lautore, Ludovico Lazzarelli, amico del Pontano e del Platina, corrispondente del Ficino, rivela in questa lettera le aspirazioni di tutto un ambiente intellettuale13. Quelle del Ficino sono espresse in modo pi prudente, tuttavia la lettera esultante del 1492, con cui espone a Paolo di Middel-

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burg le meravigliose realizzazioni fiorentine, presenta il rinnovamento culturale come preludio ad una trasformazione universale di cui non si pu parlare senza esaltarsi14. A Firenze come altrove, il grande mito del passato (le origini antiche e le prime et del cristianesimo) di cui si nutrono tutti i movimenti innovatori non esaurisce per la variet delle concezioni: se non vogliamo avere una visione fittizia e un po inerte dellepoca, conviene aggiungere ad esso anche il mito opposto della felicit o della rovina universali attraverso i quali si anticipa lavvenire. in questa doppia prospettiva che il Rinascimento si muove. La vita spirituale tanto pi tormentata in quanto le prospettive si dilatano ancora di pi. Abbiamo gi visto come lintelligenza fiorentina giungesse a posizioni contraddittorie non appena si cercava di articolare meglio lintuizione comune dello spazio e del tempo, sulla quale si basa la realt oggettiva della natura e la coerenza dello sviluppo umano. Da un lato Machiavelli, dallaltro Leonardo si oppongono alla prospettiva teologica della storia, alla visione simbolica del mondo che erano proprie dei neoplatonici. Si potrebbe supporre che il gruppo dellAccademia abbia almeno un nucleo compatto di idee ricche e feconde. Invece se si considerano le opere nella loro successione, se si interrogano i carteggi, se si segue lo sviluppo delle discussioni, si scoprono divergenze sorprendenti. Il frasario e le immagini sono comuni, ma lorientamento ultimo no. Il Marullo si rammaricava, nel 1494, delle pretese del triumvirato fiorentino che, diceva, pesa sulla vita intellettuale dItalia15. In realt lunit dellAccademia ormai da tempo era solo una finzione. Agli inizi del principato di Lorenzo la fiducia dei letterati, felici daver trovato solidi protettori, lentusiasmo delle nuove letture, lequilibrio e la prosperit della citt avevano determinato un clima eccezionale di esultanza e di maturit. Si intravedeva il

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modo di rispondere agli interrogativi rimasti insoluti del Petrarca e di superare la posizione severa del Salutati. La dottrina moderna sarebbe stata un platonismo complesso, capace di classificare e giustificare tutte le attivit umane, la politica, la filosofia, la poesia, la religione16. Tutti i sogni erano autorizzati: le Stanze del Poliziano come il Simposio del Ficino sono espressione di una riconciliazione finalmente intravista tra la natura e lo spirito. Si pu, anzi si deve passare dalluna allaltro, da Omero e Platone al Vangelo. Le energie dellanima e del cosmo vengono ad essere congiunte dalla stessa dottrina. Le conseguenze di questa intuizione erano vastissime; larte, in tutte le sue forme, veniva ad essere, al pari della poesia, investita di una funzione superiore. Il mito del Rinascimento era cos trovato. Per ben presto avrebbe rivelato le sue debolezze e si sarebbe dissociato in contraddizioni critiche. Giovanni Pico della Mirandola, giovane principe filosofo di formazione scolastica, fu attratto da questa dottrina; si rec a Firenze nel 1485 e, contro le prevenzioni dellambiente romano, si fece sostenitore della nuova dottrina delluomo. Ma, preoccupato di non scambiare la paglia delle parole per il grano delle realt spirituali, ben presto egli si accinse a un riesame particolareggiato di esse: e sui punti essenziali si trov tosto in conflitto col Ficino. Il modo in cui il novello Platone risolveva i rapporti metafisici tra lEssere e lUno gli parve debole, la sua dottrina del cosmo astrologico confusa, la sua teoria dellEros incompleta e pericolosa. I contrasti si moltiplicarono e, attraverso unevoluzione significativa che tradiva la scissione interna dellAccademia, Pico cerc, appoggiandosi volta volta allesoterismo della cabala e alla religione intransigente del Savonarola, una teologia pi pura e una mistica liberata dagli equivoci naturalistici presenti nella teologia platonica del Ficino. Egli era attentissimo a tutto ci che poteva tener

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desta la vivacit dello spirito; la morale ascetica del convento di San Marco, in cui non si avevano compiacenze verso larte e la poesia profane, fu certamente lultima parola di Pico e comunque venne a coronare una filosofia che dallesaltazione delluomo pass al senso tragico della vita17. Il Poliziano non era per temperamento portato n alla filosofia n alla mistica. Da poeta egli trovava nelle favole antiche suggerimenti di tutti i generi per sviluppare una sua visione lieta e voluttuosa della vita; i postulati del Ficino gli fornivano una giustificazione dottrinaria, che, per spiriti meno ricchi del suo, non sarebbe stata necessaria, ma lastrazione speculativa gli repugnava e lha dichiarato in forma scherzosa. Egli elaborava piuttosto una filosofia critica concentrando lattenzione sulla realt psicologica, sulle articolazioni della lingua a contatto col concreto, e sullo sviluppo storico che invita a ripercorrere le tappe e le successive difficolt incontrate dallo spirito umano. Egli veniva cos a limitare in due direzioni le possibilit di una filosofia delleterno comera quella del Ficino, che in ogni forma vedeva un simbolo e gerarchizzava delle idee. Il Poliziano trovava agevolmente appoggi nellumanesimo del periodo anteriore, quello di Poggio e del Valla; non era insomma incline a rinunciare alla complessit e allincanto delle favole per le trasposizioni teologiche. Egli voleva allontanarsi da questi vertici, platonica ista remota nimis, dalle immagini confuse, e quando scherzava sulle civette sapienti che non sempre possiedono la saggezza, forse faceva dellironia contro il Ficino18. Insomma se per Pico la purezza intellettuale escludeva ogni compromesso con il mondo fallace dei sensi, il Poliziano proteggeva sempre pi risolutamente lattivit, dellartista dalla speculazione astratta, o meglio la riferiva ad una filosofia che non era certo quella dei teologi e dei dottori. La filologia lo proteggeva dalle vaghe

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elucubrazioni. Si arriv cos a un punto di rottura. Il Poliziano era lo spirito pi vigile di Firenze. I suoi ultimi anni sono occupati da una doppia polemica condotta in modo assai vivace: da un lato contro i bizantini fanatici, i cui servizi sono oramai inutili, dallaltro contro la falsa imitazione degli antichi, che il rifugio dei mediocri. Lattivit del Poliziano piena di avvertimenti e di critiche; gli sembrava che il compito dei moderni cominciasse solo allora. Affascinato dal rigore intellettuale di Pico, nel quale trovava tutte le qualit, e dallenergia del Savonarola, alla fine cominci a frequentare anche lui il convento di San Marco. La sua morte prematura, proprio alla vigilia della rivoluzione piagnona, ha forse risparmiato una terribile palinodia al poeta della spontaneit felice e della frivolezza. Questi conflitti interni sono sufficienti per affermare che lAccademia aveva portato pi problemi che non risposte. I due princip stimolanti, che avevano determinato il successo del movimento, erano laffermazione che la poesia e larte non allontanano lo spirito dalla sua vocazione profonda, e la certezza che la tradizione pagana e la verit cristiana coincidono nello spiegare il destino umano. Queste due intuizioni, sulle quali si fondava tutto ledificio, sarebbero state rimesse in discussione e avrebbero rivelato i loro punti deboli. La crisi dellumanesimo fiorentino pu essere seguita lungo queste due linee maestre che investono direttamente il mondo delle arti. La prima di queste convinzioni era gi divenuta sospetta a Pico e fu direttamente sconvolta dalla reazione savonaroliana. Non solo questa condann gli eccessi di lusso e lepicureismo mediceo, ma raccomand di distruggerne gli strumenti, denunci le frivolezze profane, invit gli artisti a ritornare ai canoni tradizionali e, cosa del tutto nuova, ispir ad alcuni di loro degli scrupoli sul loro stesso lavoro. Nella misura stessa in cui questa reazione era conseguenza di un disagio gi anti-

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co, essa poneva un problema grave ricordando che lesigenza estetica e quella morale non fanno tuttuno. Per gli artisti attenti questo significava la fine del loro ingenuo abbandono ad una attivit la cui unica preoccupazione era lesigenza della bellezza. Se anche non soccombono agli scrupoli devoti, devono almeno giustificare davanti a se stessi il loro lavoro. Per questo val la pena di osservare con molta attenzione le reazioni degli artisti pi famosi che ritornano a Firenze dopo il 1500. Essi sono molto pi coscienti della loro funzione. Accettano consapevolmente di occupare nel mondo della cultura una posizione che fino allora era stata possibile solo per i poeti. Essi si considerano tali e il loro modo di lavorare, che si ispira alle fonti intellettuali dellepoca, li porta a introdurre nella vita artistica nozioni che fino allora ne erano state assenti. Dopo Leonardo, Michelangelo, Raffaello, non abbiamo solo degli stili nuovi, abbiamo degli atteggiamenti nuovi da parte dellartista e una nuova atmosfera, sia a Firenze che a Roma. Il problema di sapere quanto Roma debba allambiente fiorentino dellepoca di Lorenzo e la parte che le idee umanistiche hanno avuto nello stesso affermarsi di queste grandi personalit. Lideale umanistico della grandezza delluomo era non meno essenziale al mito del Rinascimento; i fiorentini si erano molto impegnati per sostenerlo e chiarirlo, senza forse avvertire le contraddizioni che in esso si nascondevano. Ci si illudeva di poter definire la vita dellanima in modo tale che glinteressi terreni e la virt, o ancora il successo umano e la vera grandezza potessero coincidere. Per il Salutati ci si doveva preoccupare della propria fama non meno che della propria salvezza; luomo non doveva ignorare il posto che gli competeva nella societ cos come non ignorava la sua vocazione sovrannaturale. Le Disputationes Camaldulenses, in cui il Landino fa abilmente parlare lAlberti e Lorenzo, basta-

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no a dimostrare con quale seriet lambiente fiorentino considerasse il problema: vita attiva e vita contemplativa non costituiscono unalternativa assoluta19. Lumanesimo cerca in tutti i modi di giustificare tutti gli aspetti delluomo; senza voler ridurre nemmeno per un attimo la grandezza del Santo, afferma per anche la grandezza della personalit forte, delleroe. Il Ficino stesso, che pure attribuisce unimportanza particolare alla contemplazione, al sogno e alla fuga dal mondo, non condanna mai i grandi realizzatori della politica o del commercio. Egli rispetta il successo. Lumanista, come luomo comune, vive in Italia in compagnia degli uomini illustri. E si arriva a santificare la gloria o almeno a giustificare il culto degli eroi come una delle manifestazioni della fede nellimmortalit. Lamore della gloria , come ha visto mirabilmente il Burckhardt, la manifestazione forse pi potente della vitalit del Rinascimento. Esso si lega a tutto un gioco di illusioni appassionate, che pochi spiriti hanno saputo penetrare. Si finge di ignorare che la gloria non altro che lesaltazione dei valori profani; pur ripetendo che lo splendore mondano non nulla di fronte alla beatitudine celeste, si tende a immaginare che la gloria sia, nonostante tutto, limmagine e per cos dire il corrispondente di essa in terra20. I due punti di vista si intrecciano nella preoccupazione, cos diffusa, della tomba. La gloria una sorta di deificazione naturale e giusta. La giustificazione morale di essa sembra trovata e le voci discordi sono rare fuori della Chiesa. Solo Pico ha il coraggio di rispondere al Poliziano che confessa di ardere della passione di una gloria eterna, che meglio essere crocifissi dal mondo per essere esaltati da Dio, che non essere esaltati dal mondo per essere crocifissi da Dio. E il Savonarola interverr per ricordare lopposizione irriducibile di queste due grandezze che lepoca tende tenacemente a confondere. Ma il suo monito cade nel vuoto;

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e il paradosso pi straordinario del Rinascimento costituito per lappunto dalla confusione dei due campi allinterno della Chiesa, come dimostrano le numerose e spettacolari imprese di prelati e pontefici ambiziosi, nelle quali quasi impossibile distinguere ci che mira alla gloria personale, alla grandezza della Chiesa e alla preoccupazione per la salvezza eterna. Il caso pi tipico quello di Giulio II. In queste forme audaci il culto della gloria un po una invenzione degli umanisti. Essi condividevano questa passione, ma ne erano o cercavano di esserne i primi a goderne. Il poeta nel Rinascimento in primo luogo colui che decreta lelogio; lui solo pu scrivere in forma durevole il nome del principe o del mecenate nella memoria degli uomini. Il dramma segreto dellumanesimo italiano consiste senza dubbio nel fatto di non aver mai operato una sufficiente distinzione tra i doveri dello spirito e quelle attivit di convenienza che spettano al cortigiano. Anche gli artisti sono in questo senso investiti di un potere eccezionale: non solo immortalano attraverso il ritratto, non solo erigono statue ed effigi; ma per loro stessi unopera grandiosa ordinata da un mecenate il mezzo sicuro per passare alla posterit. Poeti e artisti sanno di essere legati: condividono lo stesso destino, si promettono reciprocamente lepitaffio e il mausoleo che sanno comporre in onore dei loro padroni ed costante luso di celebrare un ritratto con un epigramma21. nello splendore dei monumenti funebri che in generale si cerca limmortalit coronata della gloria, e Firenze ha contribuito ad assicurare a questi il prestigio del nuovo stile22. Tuttavia il pudore repubblicano che sopravvive anche ai tempi del regime mediceo non autorizza le statue e le decorazioni trionfali decretate ai governanti; le uniche figure equestri che si vedranno a Firenze sono delle figure dipinte nellinterno di una chiesa, e si tratta di condottieri che hanno ben

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meritato della citt. Lunica glorificazione permessa quella per cui si inserisce il ritratto dei notabili fra i gruppi di figure che assistono alle scene sacre. In questo senso si arrivati il pi lontano possibile. Ma nelle citt sottomesse al potere di un solo le invenzioni encomiastiche sono pi generose e in certi casi arriveranno ai limiti dellapoteosi nel senso dellantichit pagana23. Queste osservazioni ci portano a tentare una storia sinottica delle idee umanistiche e degli stili artistici nei centri in cui il mito del Rinascimento precede, o segue da vicino, lo sviluppo e la crisi di Firenze. Ma c anche una ragione pi semplice. La propaganda degli intellettuali si rivolge naturalmente ai principi, ai prelati, ai ricchi mecenati; il Ficino, il Poliziano si sentono in dovere di sedurre e lusingare Lorenzo de Medici dopo Cosimo, Piero dopo Lorenzo, o ancora gli Strozzi, i Sassetti, Federico da Montefeltro o Mattia Corvino. Si pu fare la storia del movimento di Careggi attraverso le sue conquiste. Il Poliziano, Pico e soprattutto il Ficino si trovano al centro di una cerchia di ammiratori e amici sensibili al prestigio della cultura fiorentina. Il neoplatonismo non si insegnava nelle scuole; pi che una dottrina era un complesso di curiosit, di aspirazioni stimolate dalla lettura. Nel Carteggio di Pico, nellEpistolario pubblicato prima della morte dal Poliziano e nei dodici libri di quello del Ficino si vede come il loro insegnamento si piega e muta a seconda del corrispondente; ogni personalit, ogni ambiente ne trae un vantaggio diverso. E questa azione si esercita col tempo, si prolunga dopo la loro scomparsa. Ora i principi, i prelati, i notabili sono per lappunto coloro che tengono in mano lattivit degli artisti attraverso le commissioni e i mecenatismi. Nella maggior parte delle citt sulle quali si estende linfluenza letteraria di Firenze si assiste ad una evoluzione artistica corrispondente, e talvolta addirittura a uno sviluppo nuovo dovuto alla personalit del

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principe, come nel caso di Urbino. Il movimento culturale e quello artistico procedono insieme: luno provoca laltro. il problema che si pone per le citt delle Marche bruscamente svegliate alla civilt rinascimentale dalliniziativa di principi saliti al trono di recente; ma soprattutto si pone per Roma, che subisce lazione violenta del pontificato imperiale di Giulio II. qui che si trasferisce e si fissa la cultura artistica preparata a Firenze ventanni prima.

Sul saccheggio delle collezioni medicee: e. mntz, Les prcurseurs ecc. cit., pp. 213 sgg. (trad. it., pp. 162 sgg). Piero de Medici pot portare con s una parte delle pietre preziose (tra cui la corniola di Nerone) che furono lasciate in pegno ad Agostino Chigi. Bernardo Rucellai raccolse qualche tempo dopo nei suoi giardini una parte dei marmi medicei. 2 f. t. perrens, Histoire de Florence, vol. II, Paris 1888, e soprattutto guicciardini, Storia dItalia (1561), ed. C. Panigada, 5 voll., Bari 1929, i cui primi cinque libri sono dedicati a quelle che lautore chiama le calamit dItalia provocate dallinvasione francese. l. landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, ed. I. del Badia, Firenze 1883; ed. A. de R. Jervis, New York 1927. Sulla crisi finanziaria: l. f. marks, La crisi finanziaria a Firenze dal 1494 al 1502, in Archivio storico italiano, vol. CXII (1954), pp. 51 sgg. 3 Lettera del dicembre 1494 a giovanni cavalcanti, Opera, pp. 461-63: Nonne divina clementia Florentinis indulgentissima, integro ante hunc autumnum quadrienno nobis istud praenuntiavit? Per virum sanctimonia sapientiaque prestantem Hieronymum ex ordine praedicatorum divinitus ad hoc electum... Cfr. r. ridolfi, Studi savonaroliani, Firenze 1935. lunica volta che il Ficino parla esplicitamente del Savonarola nelle sue lettere. LApologia pro multis Florentinis ab antichristo Hieronymo ferrariense hypocritarum summo deceptis (primavera del 1499) si conosce solo da un manoscritto: cfr. p. o. kristeller, Supplementum Ficinianum, II, pp. 76-78, e il nostro studio: LApocalypse en 1500: la fresque de lAntchrist de la chapelle Saint-Brice Orvieto, in Humanisme et Renaissance, xiv (1952), pp. 124-40. 4 Sullutilit di una pi ampia visione storica: a. chastel, Art et religion dans la Renaissance italienne, in Humanisme et Renaissance, vii
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze (1945), pp. 1 sgg., e sul rapporto tra larte e le lettere nel Quattrocento, cfr. Congrs de Littrature compare, Firenze 1951. 5 La devozione a santAnna fu particolarmente diffusa tra il 148085 e il 1510 nel Nord come nel Sud. Un abate tedesco, Trithemius, scrisse un Tractatus de laudibus sanctissimae Annae (1494) in accordo con Sisto IV che aveva conferito particolare solennit alla festa di santAnna nel 1481; senza lo svilupparsi di questo culto non si spiegherebbe la tavola di Leonardo dedicata alla Humanissima trinitas, Anna, Maria, Ges (cfr. pi avanti, sezione III, cap. III), e il successo senza precedenti delle immagini della Famiglia della Vergine. Trithemius giustifica la devozione alla madre della Vergine come un mezzo per sfuggire alle sventure dellepoca, in cui la cristianit va alla deriva e le istituzioni familiari sono in pericolo: b. kleinschmidt, Die Heilige Anna, ihre Verehrung, in Geschichte Kunst und Volkstum, Dsseldorf 1930, pp. 160 sgg. e. mle, Lart religieux de la fin du Moyen-Age cit., p. 217, ha dimostrato che questo culto di santAnna e della famiglia della Vergine (questo limitato quasi esclusivamente ai paesi nordici) connesso con la nuova devozione dellImmacolata Concezione definita in diverse bolle da Sisto IV tra il 1477 e il 1483. m. levi dancona, The Iconography of the Immaculate Conception in the Middle Age and Early Renaissance, Princeton 1955. 6 Un tentativo recente di inserire nel quadro tradizionale del Rinascimento il senso di disagio e inquietudine che per lungo tempo stato considerato esclusivo dei paesi settentrionali, si ha in: a. tenenti, Il senso della morte e lamore della vita nel Rinascimento (Francia e Italia), Torino 1957. Lepidemia dei maghi documentata a quellepoca nella Germania del Nord ed loggetto della bolla Summis desiderantis dInnocenzo VIII, nel dicembre del 1484. Un capitolo della Narrenschiff di Sebastian Brandt, lopera pi diffusa degli editori di Basilea, dedicato allAnticristo: Die Zeit kommt, es kommt die Zeit | Ich voercht der Endkrist sei nicht weit. Come ha ricordato e. mle, Lart religieux de la fin du Moyen-Age cit., pp. 440 sgg., Lart de bien vivre et de bien mourir di A. Vrard piena di predizioni catastrofiche, lApocalisse di Drer esce nel 1498 ecc. Anche lalmanacco di Johann Stoeffler a Ulma, 1499, annuncia la fine del mondo per il 25 febbraio 1524 (in seguito al diluvio provocato dalle congiunzioni nei Pesci): cfr. a. warburg, Gesammelte Schriften cit., p. 509. 7 Marsile Ficin et lart cit., introduzione. 8 Cfr. i. pusino, Ficinos und Picos religios-philosophische Anschauungen, in Zeitschrift fr Kirchengeschichte, xliv (1925); p. o. kristeller, La posizione storica di Marsilio Ficino, in Civilt moderna, v (1933). 9 I riferimenti in a. chastel, LAntchrist la Renaissance, in Actes du Congrs dEtudes humanistes (1952), Roma 1953.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. landino, Dante, Venezia 1596, fol. 7 v. Questa raccolta stata postillata gi nel 1488 dal tedesco Lichtenberger, che annoter Lutero; Cfr. d. kurze, Johannes Lichtenberger, Eine Studie zur Geschichte der Prophetie und Astrologie, Berlin 1955. I legami tra il profetismo dorigine gioachimita e lastrologia sono evidenti. 12 Citato da e. garin, Desideri di riforma nelloratoria del Quattrocento, in Quaderni di Belfagor, 1948, pp. 1 e 10. Se Pico e il Savonarola si oppongono vivacemente alle credenze astrologiche, sono per contro i pi vigorosi difensori dellautorit dei profeti e dei taumaturghi moderni; il nipote di Pico autore del De rerum praenotione, che fonda sulla Scrittura lattualit delle visioni profetiche. 13 p. o. kristeller, Marsilio Ficino e Ludovico Lazzarelli, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, vii (1938), pp. 237-62, ripreso in Studies, cap. II. Un epigramma di Naldo Naldi, citato ibid., cap. XII, pp. 255-56, attesta che il profeta dErmete, Giovanni Mercurio da Correggio, capit anche a Firenze (tra il 1480 e il 1487). 14 Marsile Ficin et lart cit., p. 61. il momento della lettera entusiasta di Egidio da Viterbo (intorno al 1490-92), che dichiara: Divina providentia missum Marsilium Ficinum, qui mysticam Platonis theologiam nostris sacris nstitutis in primis consentaneam atque illorum praeviam declararet (Bibl. Angelica, Roma, Cod. 1001, fol. 245) e aggiunge: Hec sunt mi Marsili Saturnia regna, hec toties a Sibylla et vatibus aetas aurea decantata hec Platonis illa tempora... Cfr. p. o. kristeller, Supplementum Ficinianum, II, pp. 314-16. 15 Ficino, Poliziano, Pico: cfr. v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 386. 16 Cfr. la prefazione del Ficino al Plato latinus (1484): Marsile Ficin et lart cit., pp. 30-31. 17 e. garin, La filosofia, Milano 1947, vol. I, cap. VII. 18 Ultimamente, e. garin, Lambiente del Poliziano, in Il Poliziano e il suo tempo (Congresso del 1954), Firenze 1954. 19 Le Disputationes Camaldulenses, pubblicate nel 1480 circa, sono leco delle conversazioni del 1468 in Casentino: cfr. e. garin, LUmanesimo italiano ecc. cit., pp. 110 sgg. 20 a. tenenti, Il senso della morte ecc. cit., pp. 191 sgg.; le citazioni del Poliziano e di Pico, ibid., p. 193. 21 Due epigrammi latini di Alessandro Braccesi (1484) rivelano cos lesistenza di un ritratto di Piero del Pugliese opera di Filippino Lippi; cfr. a. perosa, Unopera sconosciuta di Filippino Lippi nella testimonianza di un poeta umanista, in Rivista darte, xxiv (1942), pp. 193-99. Lo stesso avviene per i ritratti del Bembo e del Tebaldeo di Raffaello: cfr. pi avanti. 22 a. chastel, La glorification humaniste dans les monuments funraires de la Renaissance, in Atti del Congresso di Studi umanistici (1950),
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Milano 1951, pp. 477-85, e sopra, pp. 44 sg. e pp. 172-176; cfr. anche j. pope-hennessy, Italian Renaissance Sculpture, London 1958, pp. 41 sgg. 23 h. kauffmann, Die Renaissance Brger- und Frstenstdten cit., pp. 126-29, e pi avanti pp. 363 e 365 sg.

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Sezione prima Le iniziative dei condottieri Larte umanistica a Rimini e a Urbino

La funzione che, nello sviluppo della cultura italiana del Quattrocento, hanno avuto le citt della costa adriatica, Ancona e Venezia, non stata adeguatamente valutata. I collezionisti e i viaggiatori, tra i quali il pi significativo e Ciriaco, in contatto con i Balcani e le isole greche, tenevano viva in questa citt una curiosit assai pronta per lantico: linfluenza dei marmi di Ravenna d unidea degli stimoli utili che potevano trovarvi gli stessi fiorentini1. I rapporti con le citt greche, prima e anche dopo la presa di Costantinopoli, il soggiorno di filosofi e di dotti (i concili del 1438-39 renderanno palese a tutti la loro importanza e dignit) tennero viva nel Quattrocento la familiarit con la cultura bizantina. Nei piccoli stati di recente formazione, come Rimini o Urbino, i condottieri ambiziosi che tenevano il potere cercarono ben presto di assicurare la loro gloria proteggendo poeti capaci di celebrarli e promuovendo la costruzione di opere darte memorabili. Di questo tipo sono state le iniziative di Sigismondo Malatesta a Rimini e del suo avversario Federico da Montefeltro a Urbino. Il primo era nemico dichiarato del potere pontificio; celebre per le sue crudelt e la sua audacia, sappoggiava allimperatore, ma scomparve presto, nel 1468. Il secondo, salito al potere in circostanze tenebrose a 22 anni (nel 1444), seppe essere miglior organizzato-

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re e conquistatore pi clemente; fu nominato gonfaloniere della Chiesa da Sisto IV nel 1474, e da conte divenne duca. Nel 1472 aveva aiutato Lorenzo a sottomettere Volterra; i suoi legami con Firenze si allenteranno solo durante la crisi del 1478-80, quando guid le operazioni militari della lega pontificia contro la Toscana. Mor nel settembre del 1482. Entrambi avevano iniziato grandi opere che dopo la loro morte rimasero interrotte, e per queste serano rivolti a maestri di primo piano: lAlberti, Piero della Francesca e botteghe di decoratori fiorentini. Un cronista del Seicento, pi che per fissare una data precisa, per spiegare la vicinanza e lopposizione delle loro opere, dichiara che il castello di Urbino fu iniziato a competenza con il tempio Malatestiano2. Ed unimpressione che resiste.

1. Praeclarum Arimini Templum. La vecchia chiesa di San Francesco appariva ormai inadeguata alla grandezza di Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini. Nel 1433 egli aveva fatto convalidare dallimperatore Sigismondo la sua usurpazione; le sue mire si erano estese quindi allItalia settentrionale. Aveva sposato Ginevra dEste, poi Polissena Sforza prima di unirsi, nel 1448, alla graziosa Isotta3. Egli aveva bisogno di consacrare in qualche modo la nobilt della sua schiatta. Ingrandire le cappelle votive non bastava; una grande cappella dedicata a san Sigismondo fu progettata alla fine del 1447 e infine si pens di rinnovare tutto quanto ledificio. Per questo il Malatesta chiese a papa Nicol V di potersi valere dellopera dellAlberti. La medaglia commemorativa di Matteo de Pasti, incaricato di eseguire i progetti (1450) e le istruzioni inviate dallAlberti permettono di ricostruire il progetto nel suo insieme4. Si eressero poderosi muri

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laterali in modo da creare un involucro che contenesse la costruzione anteriore: il paramento marmoreo doveva essere eseguito utilizzando in gran parte marmi tratti dai monumenti di Ravenna. Dodici nicchie monumentali furono aperte sui fianchi allesterno; la facciata, immaginata sullo schema di un arco trionfale, ne prevedeva altre due. Unimmensa cupola emisferica, non eseguita, era prevista a copertura della crociera: avrebbe dovuto avere dei robusti costoloni in vista come quella del Duomo fiorentino, ma il profilo a pieno sesto e larticolazione interna, quale si pu dedurre dalla posizione dei piloni, richiamano modelli romani. Questa cupola era stata calcolata allesterno in vista della prospettiva principale, dove essa si sarebbe saldata con larco trionfale costituito dalla facciata. Laspetto stesso del tempio accentuava la sua funzione celebrativa: il sarcofago del principe forse avrebbe dovuto essere al centro del nuovo tempio, quelli degli avi sulla facciata e quelli di dodici servitori e dodici cortigiani illustri nelle fiancate come si vedeva nella tomba di Costantino a Bisanzio o di Teodorico a Ravenna dove leroe circondato dai cenotafi dei dodici apostoli5. La nuova chiesa fu presentata come una costruzione votiva in ringraziamento per le campagne militari di Sigismondo nel 1448 e la vittoria di Piombino:
Hinc ad Arimineam fertur laetissimus urbem Victor, ubi votum dum solvit, honorem Ipse Deo reddens Summo, mirabile Templum Marmore de pario construxit. (basinio, Hesperidos).

E sulla facciata si legge lepigrafe esplicita: Sigismundus Pandulfus Malatesta Pandulfi filius voto fecit anno mccccl. Glorificazione profana e spirito di devozione qui si

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legano strettamente; non si devono tuttavia immaginare che intenzioni eretiche o il proposito di insinuare un paganesimo sovversivo in un santuario cristiano fossero allorigine di questa insolita creazione6; si deve invece pensare alle stravaganze dellorgoglio. Il Malatesta ha voluto riunire le forme pi moderne dellarte e della cultura umanistiche per rendere immortale la sua gloria. Questo gi ce lo dimostra il fatto che si sia rivolto allAlberti, ma ce lo dimostra anche lidea di recuperare i pi bei materiali antichi: quelle pietre di Ravenna, che verranno pi tardi considerate come marmi greci. Uniscrizione delogio fu incisa sul primo pilastro della chiesa e fu redatta in greco, probabilmente da Basinio da Parma, lautore del poema epico Hesperidos, che celebrava le armi vittoriose di Sigismondo, e del Liber Ysottaeus dedicato alla sua splendida consorte. Pochi edifici del Quattrocento, quando pure la lode era facile, sono stati accompagnati da tante menzioni lusinghiere da parte dei cronisti locali e segnati da tante epigrafi celebrative. Perfino sotto laffresco del santo patrono del Malatesta si leggeva:
superbum aeternumque tibi marmore struxit opus7.

Le armi e gli emblemi dei Malatesta, lelefante, la rosa cruciforme ecc., sono ripetuti pi di cinquecento volte. iconografia del tempio di rimini 1. Cappella di SantAgostino (?). Pilastri: trivio e quadrivio+Apollo (nessuna informazione sulla statua prevista per laltare). Pianta D. 2. Cappella di San Gerolamo. Pilastri: le divinit planetarie (in antico prevista sullaltare: statua di san Gerolamo). Pianta IV.

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3. Cappella dellarcangelo Raffaele. Pilastri: giochi di putti (in antico: tomba con lepigrafe Malatestarum Domus heroicum sepulcrum). Pianta C. 4. Cappella dellarcangelo San Michele. Pilastri: angeli musicanti; sullaltare: arcangelo san Michele (sepolcro dIsotta). Pianta III. 5. Sacellum Heroum. Portale: Sansone, Giosu, David, Saul. Pianta B. 6. Cappella delle Reliquie. Facciata: Malatesta davanti a san Sigismondo. Allinterno: Piet di Giovanni Bellini. Pianta II 7. Cappella della Vergine (ora cappella degli Antenati). Pilastri: due profeti: Isaia, Michea; 10 Sibille e sepolcro degli Antenati. Pianta A. 8. Cappella di San Sigismondo. Pilastri: le tre Virt Teologali, Tre Virt cardinali (Prudenza, Temperanza, Fortezza). Statua di san Sigismondo (sepolcro di Sigismondo Malatesta). Pianta I. Violentemente osteggiato da Pio II Piccolomini, allepoca dei suoi progetti di crociata e del convegno di Ancona, Sigismondo vide il suo possesso ridotto alla sola citt di Rimini e la sua morte, nel 1468, segn, con la fine delle ambizioni dei Malatesta, larresto brusco dei lavori del tempio. Il transetto e la cupola non furono costruiti. Se qualcuno dei sarcofagi dei cortigiani e degli umanisti eran stati collocati nelle nicchie laterali, quelli dei Malatesta furono messi nelle cappelle pi vicine allingresso; il programma iconografico era stato realizzato solo in parte. Ma, nonostante tutto, per una ventina danni il tempio di Rimini, con Matteo de Pasti per la parte architettonica, Agostino di Duccio, Maso di Bartolomeo e i loro aiuti fiorentini per i rilievi, Piero della Francesca (nel 1451) per la pittura, rappresenta uno dei centri darte pi originali dItalia. Nei suoi Commentari Pio II ha denunciato lempiet dellopera (del resto egli aveva scomunicato il suo fon-

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datore) dichiarandola, in una pagina celebre, piena dopere pagane al punto che sembrava meno una chiesa cristiana che non il tempio degli infedeli adoratori del demonio8. In realt per le statue di santi sono numerose e le tombe non sono affatto fuori di luogo nel santuario. Ma le numerose sculture dei pilastri fanno si che nellampia navata regni una curiosa atmosfera dallegria pagana e di dotta ingegnosit. La decorazione riunisce immagini devote, figure araldiche, motivi scherzosi e rilievi didattici. Valturio, il cronista militare di Sigismondo, elogiava il tempio perch offriva un repertorio dimmagini raffinate tratte, a suo dire, ex abditis philosophiae penetralibus e accessibili solo agli iniziati, cio ai litterarum periti9. Il santuario-mausoleo di Rimini voleva essere una manifestazione della cultura moderna nel senso in cui la si concepiva sulla sponda adriatica. I soggetti sono tutti tradizionali, ma vengono interpretati in modo ricercato e sono utilizzati per glorificare senza

Chiesa di San Francesco a Rimini (Tempio Malatestiano): pianta. nn I, II, III, IV; A, B, C, D: cappelle della navata. nn. da 1 a 7; da a fino a g: nicchie del muro esterno (con sarcofagi).

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alcun ritegno i Malatesta: in questo consisteva laudacia e la singolarit del tempio. Nellaffresco in cui si vede Sigismondo inginocchiato davanti al suo patrono, Piero non ha impresso al santo laria di un giovane re, ma invece la fisionomia dellimperatore Sigismondo e sovrappone lomaggio al protettore alla venerazione del patronimico10. San Sigismondo era tra laltro il protettore degli uomini darme e le immagini degli eroi della Bibbia, quella dellarcangelo san Michele in corazza, rappresentano una sorta di corteo donore per leroe del santuario, il capitano Malatesta. Per contro angeli musicanti e putti si richiamano da una parte allaltra della seconda campata: nel suo stile a contorno marcato Agostino Duccio ha ripreso il motivo donatelliano con una grazia un po greve e una notevole libert di tono. Numerose sono le derivazioni dai rilievi greci11. Nel cenotafio che celebra gli antenati e tutta quanta la famiglia, due rilievi riprendono il doppio registro iconografico su cui ordita la decorazione della chiesa: a sinistra il tempio di Minerva con i filosofi ed i saggi; a destra il carro di Trionfo. Lepigrafe: Ingentibus meritis probitatis fortitudinisque, dimostra che a Rimini non si era molto rigorosi per quanto riguardava i concetti; Minerva simboleggia la probitas e il carro romano la fortitudo. La doppia gloria del sapere e della potenza era quella a cui ambiva il Malatesta. lecito chiedersi se il sarcofago degli avi non sia stato in fin dei conti collocato volutamente nella cappella in cui appaiono gli annunciatori dellantico testamento per una analogia facilmente comprensibile. Le cappelle della prima campata erano dedicate, quella di sinistra a san Girolamo, quella di destra forse a santAgostino (Valturio dice che con le virt, i segni dello zodiaco, i pianeti e le Muse sono scolpite anche le imagines sanctorum patrum); nella prima sfilano le arti liberali guidate da Apollo, nella seconda le divinit planetarie. Questi rilievi bizzarri, in

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cui gli interpreti hanno cercato segreti inesistenti, si comprendono se ci si rif ai testi di Macrobio e del Somnium Scipionis sullimmortalit. Il discorso che lautore fa pronunciare a Vettius Praetextatus nei Saturnales (I, 17-24) spiega, ad esempio, la rappresentazione di Jupiter Heliopolitanos in veste di auriga che regge tre spighe e una folgore; un altro rilievo ci mostra unisola con un elefante e un leone sotto una palma, il che sta a indicare verosimilmente Delo, lisola dApollo, con lelefante emblema dei Malatesta, unito al segno solare del leone, il che fa pensare ad una identificazione simbolica del signore di Rimini col sole e in ultima analisi la sua apoteosi nel senso delle dottrine mistiche del paganesimo neoplatonico12. Non cera alcuna impudenza nellintrodurre nella chiesa i simboli del sapere e quelli del cosmo astrologico; insolito invece, e provocante, era il fatto che si insistesse sulla loro struttura pagana e che si facesse servire, a quel che sembra, tutta quanta la decorazione del tempio solo alla glorificazione del Malatesta. I cortigiani al corrente dei misteri antichi non mancavano a Rimini, da Ciriaco Pizzicolli dAncona, il viaggiatore archeologo, a Francesco Filelfo13. Tutti costoro, sembra, erano stati in rapporto con il maestro del neoplatonismo moderno, il capo della Scuola di Mistra, Gemisto Pletone. La famiglia dei signori di Rimini da tempo era in rapporti con Sparta: Cleope Malatesta aveva sposato il signore di Sparta, Teodoro II il Porfirogeneta, e alla sua morte, nel 1433, il Pletone aveva pronunciato una celebre orazione funebre sul tema dellimmortalit14. I contatti si erano consolidati al momento della venuta dei greci al Concilio di Firenze (1439); Sigismondo invit a pi riprese il filosofo a stabilirsi a Rimini15. Infine, al momento dellinvasione turca nel Peloponneso, Sigismondo diriger la spedizione veneziana su Mistra. Riport con s il corpo del Ple-

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tone (morto nel 1452) e gli diede sepoltura in una delle nicchie laterali del tempio con unepigrafe esplicita: Sigismondo Pandolfo ha fatto questo onore al principe dei filosofi del suo tempo: ob ingentem eruditorum quo fiagrat amorem16. Il Pletone voleva far rivivere la mitologia antica allinterno della religione cristiana per rigenerare lOccidente; chiaramente si approfittato del suo insegnamento a Rimini per consacrare alla gloria di Sigismondo, protettore dei grecisti e dei neoplatonici, il superbum aeternumque opus dellAlberti. Cera qualcosa di eccessivo in questo sfoggio darchitettura e di simboli per glorificare una sola persona. Pio II ag probabilmente in buona fede dichiarando il complesso estraneo alla fede cristiana. Nonostante lautorit dellAlberti, lesempio di Rimini non sembra aver impressionato i fiorentini; del resto questa pseudo-deificazione di un principe avrebbe provocato la pi viva riprovazione in una citt repubblicana. Nulla di simile era pensabile a Firenze dove il pudore cristiano e civico, non permetter mai, neppure allepoca di Lorenzo, tanta enfasi e solennit, e nemmeno un ricorso cos esplicito alle forme e alle immagini antiche. Quando il Ficino paragoner Cosimo ad una divinit cosmica lo far con un tanto di humour. Certo il prestigio del Pletone era assai vivo a Firenze presso i letterati; il Ficino stesso pi tardi avrebbe ricordato limportanza della sua visita nel 1439, ricollegando ad essa lidea di Cosimo di fondare unaccademia platonica17. Ma non si riesce ad immaginare Cosimo, di cui non fu mai fatto il ritratto da vivo, che innalza un monumento di questo tipo alla famiglia Medici. Solo un secolo pi tardi Michelangelo, erigendo la sacrestia nuova di San Lorenzo, dar la risposta fiorentina, una risposta di un tono pi elevato, al tempio malatestiano.

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2. Il palazzo dUrbino. Condottiero come il Malatesta, Federico da Montefeltro ebbe per anche doti di uomo di stato e degli interessi spirituali per i quali pu paragonarsi a Lorenzo18. Grazie al libraio fiorentino Vespasiano da Bisticci, che scrisse una biografia del suo cliente19, egli aveva creato una delle pi belle biblioteche dItalia e addirittura dellOccidente20. In tutte le cose egli aveva il gusto del raro e delleccellente come dice, con enfasi di servitore grato, Giovanni Santi, autore della Cronaca rimata che celebra la gloria del duca21 e come dir, con una discrezione pi convincente, una generazione pi tardi, Baldassare Castiglione nel suo Cortegiano22. In contatto costante con gli ambienti fiorentini, Federico ebbe anche rapporti continui con il maestro dellAccademia platonica23. Il Ficino gli dedica, nel 1477, il secondo libro del suo Epistolario e pi tardi la sua traduzione della Politica con una serie di giochi di parole lusinghieri (in essi Fideregus vin fatto derivare da fide regia o Orbinatis da orbis imperio), nonch nel 1481 un piccolo trattato sullastrologia che un elogio dei magi. Lo stesso anno gli raccomanda lopera cosmografica del Berlinghieri. In una lettera al Dolce, bibliotecario dUrbino, il Ficino lo informa come, a richiesta di Federico, abbia dato a copiare alla bottega di Vespasiano tutta quanta la sua opera, e d notizie del procedere del lavoro24. Nel 1484 il Poliziano, indirizzando a Ludovico Odasi, precettore del giovane erede di Urbino, un doppio elogio, quanto mai enfatico, del principe di Firenze e di quello dUrbino appena morto, li mette sullo stesso piano25. Unaltra chiara prova di questo orientamento toscano linteresse per Dante dimostrato dal manoscritto, lussuosamente miniato, di Urbino26. In una sala dellala orientale, la pi antica del castello, un camino monumentale presenta, al di sopra di un

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grande fregio, lo scudo dei Montefeltro27 e sui montanti, forse alludendo alle nozze di Federico e di Battista Sforza avvenute nel 1460, le statue di Ercole e di Iole: le due figure, separate dalla fiamma del focolare, rappresentano una trasposizione concettosa del passo in cui Dante evoca il fuoco damore che ha arso Alcide:
quando Iole nel core ebbe rinchiusa (Paradiso, IX, 12).

La decorazione una lingua dotta, un particolare pu rappresentare una citazione dantesca28. Nella sala principale di questo stesso appartamento il fregio del camino stato ripreso da un rilievo ellenistico raffigurante il trionfo di Bacco. Lidea che la mitologia fosse una sorta di teologia poetica degna di rispetto, era dunque penetrata ad Urbino. Il trattato De gentilium deorum imaginibus, in cui Ludovico Lazzarelli la difende dalle interpretazioni denigratorie, quasi certamente passato per le mani di Federico dopo la morte di Borso dEste, al quale era dedicato e per il quale era stato scritto e miniato29. Lepistola dedicatoria di Alamanno Rinuccini, posta in testa alla traduzione della Vita di Apollonio di Tiana di Filostrato, pubblicata nel maggio del 147330, dimostra che gi a questa data Federico era considerato nellItalia centrale come linterlocutore ideale degli umanisti e degli artisti moderni: il Rinuccini gli spiega come umanisti e artisti procedano di pari passo. Ma stando a Vespasiano da Bisticci la grande passione di Federico era larchitettura. Il capolavoro della sua vita fu il palazzo di Urbino che svilupp in una vera e propria composizione urbana i princip fiorentini31. I primi lavori, iniziati intorno al 1450, cio al momento in cui si erigeva a Rimini la chiesa-mausoleo dei Malatesta, sembrano essere stati diretti dal fiorentino Maso di Bartolomeo (lo

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stesso che nel 1452 lavorava al palazzo Medici e che daltronde era gi morto nel 1456): questi lavori riguardavano una residenza modesta in cui si trova lappartamento detto della Iole e dove un pittore secondario, Giovanni Boccati, dipingeva grandi figure di guerrieri illustri. Il gusto di Federico non era ancora molto sicuro e non aveva ancora trovato ci che cercava; e lo spiega in un documento datato giugno 1468, la letterapatente con la quale assume al suo servizio Francesco Laurana. Il preambolo dichiara lamore del principe per gli uomini dingegno e di virt e maximamente di quelle virt che sempre sono state in prezzo appresso li antiqui e moderni com la virt dellarchitettura fondata in larte dellaritmetica e geometrica, che sono delle sette arti liberali e delle principali, perch sono in primo gradu certitudinis; la lettera ricorda poi che il principe ha cercato dovunque et in Toscana maxime dove la fontana delli architettori, senza trovare una personalit competente, e che egli ora assume il Laurana per erigere una habitazione bella, degna di lui e della sua famiglia32. Nulla potrebbe meglio illuminare sullorientamento della cultura del Montefeltro: larchitettura non solo posta al vertice delle arti, ma al vertice stesso dellattivit intellettuale. ci che affermavano gli umanisti fiorentini pi avanzati. Federico in questo un loro adepto e la sua disillusione tanto pi grande allorch non riesce a trovare un maestro in grado di realizzare i suoi progetti. Poich il Laurana non intervenne che nel 1468 e i progetti dampliamento, cio la creazione del nuovo palazzo grandiosamente articolato su tre piani, erano a quella data gi stabiliti, si concorda nellattribuire unazione decisiva allinfluenza dellAlberti, legato alla corte dUrbino, e di Piero della Francesca che anche lui presente a Urbino in questo periodo33. Oltre alla Flagellazione, la cui data discussa e in cui la leggenda vuol vedere unallusione ai drammi della corte nel

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1444, Piero dipinge, intorno al 1465, il doppio ritratto di Federico e della moglie; nel 1474 eseguir la pala di Brera, dove, in una architettura cristallina, si vede il duca in ginocchio invocare la Vergine e i santi protettori disposti sotto unabside a forma di conchiglia da cui pende un uovo di struzzo: questo motivo unallegoria tradizionale della Immacolata Concezione; inoltre uno degli emblemi dei Montefeltro e viene ad essere collegato con la simbologia del cosmo34. Il fatto che si siano cos ritrovati ad Urbino gli artisti pi lucidi del Quattrocento far della citt il centro delle discipline matematiche e dellarte astratta del Rinascimento. Il quadro della Flagellazione, grazie alla trama armonica dellarchitettura e dei riquadri del pavimento, raggiunge una solennit ed unintelligibilit piene35. ad Urbino che Piero rediger il suo trattato di prospettiva artistica dedicato a Federico e lopuscolo rimasto incompiuto De quinque corporibus regularibus pubblicato dal Pacioli nel 1509.Questi sono gli sviluppi specifici della speculazione pitagorico-platonica rinascimentale nel campo dellarte. Se insomma esiste una architettura che corrisponde a quella auspicata dallAlberti e che consapevolmente regolata dal senso esatto dei rapporti armonici di Piero, quella che, in accordo con loro, ha sviluppato il dalmata Laurana negli anni tra il 1468 e il 1472, in cui egli dirige i lavori di Urbino. Il grande cortile opera sua; la cronaca di Porcellio de Pandoni, Feltria (poco dopo il 1474), lo d per finito. Il ritmo del colonnato di tipo brunelleschiano, per sulle colonne si hanno dei ricchi capitelli e i pilastri dangolo vengono a definire la scansione geometrica dei vari lati. Il purismo architettonico del dalmata altrettanto sensibile nei numerosi profili di porte e finestre36. Federico lo apprezz adeguatamente? Per ragioni sconosciute il Laurana lasci Urbino nel 1472. La sua partenza provoc lintervento di un nuovo architetto, Francesco

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di Giorgio Martini, a cui il Vasari attribuir linsieme dellopera37. Ingegnere ricco dinventiva, il cui Trattato darchitettura civile e militare (dedicato al duca) indica chiaramente gli interessi, egli complet in diversi punti la struttura generale e le sistemazioni interne del palazzo; in particolare cre sul lato occidentale un giardino pensile chiuso da un muro traforato di aspetto gentile e fantasioso. Costru inoltre, sul lato orientale, al di sopra di un nuovo cortile che rimase incompiuto, una cripta che doveva essere sormontata da un edificio tondo destinato a servire da mausoleo38. Poich questo non era ancora costruito nel 1482, Federico disponeva nel suo testamento che sinnalzasse, su una collina vicina, la chiesa di San Bernardino; questa certamente opera dellarchitetto senese39: una breve navata che si innesta su una testata svolta come se si trattasse di una pianta centrale di tipo paleocristiano (San Salvatore di Spoleto) e sormontata da una cupola. Le idee di Francesco sono legate, si visto, a quelle dellambiente fiorentino contemporaneo. Il gusto di Federico non si limitava dunque allo stile puro di Piero e del Laurana. Le decorazioni a stucco e a rilievi che vengono ad arricchire il palazzo a partire dal 1470, sono spesso sovraccariche e deffetto: sono opera delle botteghe allora in voga, sia toscane come quella di Domenico Rosselli (che non ignora i rilievi di Rimini) o lombardo-venete come quella dAmbrogio Barocci, lautore delle incrostazioni policrome di Santa Maria dei Miracoli a Venezia. Giovanni Santi scriver un po ingenuamente nella sua Cronaca che Federico:
Tir da tutta Italia i pi famosi Intagliatori di marmi...

Cio anche lui pensava di raccogliere indistintamente ad Urbino esempi di tutti gli stili in voga40. Di qui la

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ricchezza un po composita degli ornamenti: incorniciature di porte, camini, rivestimenti delle pareti. Questa tendenza eclettica si manifest soprattutto nellinvito rivolto poco dopo il 1470 a pittori capaci di mostrare a Urbino le possibilit della tecnica fiamminga. Anche in questo abbiamo, intorno al 1472, indizi di un nuovo orientamento: Giusto di Gand arriva a questa data e lo spagnolo Berruguete arriver verso il 147541. I contatti con Melozzo da Forl che, dopo parecchi soggiorni a Roma, vi si trattiene nel 1476 e col giovane Bramante, che nel 1477 si fissa a Milano, non hanno potuto essere lunghi. Giusto era venuto per dipingere la grande pala della Comunione degli Apostoli destinata alla chiesa del Corpus Domini, di cui Paolo Uccello aveva eseguito la predella. La tavola maggiore della pala, che forse egli aveva abbozzato prima del suo ritorno a Firenze (1468), era stata proposta a Piero (nel 1469) prima che fosse commissionata a Giusto42. E questi non pi ricordato ad Urbino dopo il 1495. Tutti questi fatti stanno ad indicare una crisi nellambiente artistico urbinate che spiega in parte le difficolt dattribuzione dei cicli decorativi eseguiti tra il 1472 e il 1482. Eppure questi sono di una notevole originalit e, cosa su cui val la pena di insistere, le tavole dipinte in modo brillante e minuzioso vi si alternano in realt con le composizioni a tarsia che sono, per buona parte, lespressione pi alta dellarte astratta del Quattrocento. il caso di considerare due complessi: la sala degli Angeli, posta al piano nobile, e lo studiolo, alto sopra due cappelle abbinate che corrispondono ad esso al piano sottostante. Il complesso delle Arti liberali rappresenta un problema a s. Nella grande sala detta degli Angeli, a causa dei putti che giocano sul fregio del camino, rimane solamente una decorazione a tarsia sulle porte. Quella che immette nel salone attiguo presenta, al di sopra di due vedute architettoniche astratte, due figure inserite in una cornice archi-

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tettonica: Apollo che suona la viola, secondo un tipo fiorentino, di fronte ad una Minerva coperta di elmo, la lancia in mano, lo scudo appoggiato in terra e in piedi su un braciere43. Nonostante le semplificazioni dovute alla tecnica della tarsia si riconosce nella figura di Pallade una sorella della Giuditta e della Fortezza di Botticelli. Essa riproduce la figura centrale dello stendardo disegnato da Botticelli per Giuliano de Medici in occasione del torneo del 147544; quella dApollo non potrebbe avere origine diversa. La porta della sala degli Angeli che si apre sulle logge anchessa adorna di tarsie: fontane e archi di trionfo sulla faccia interna, sullaltra sei piccole figure delle Arti liberali; queste non sono che trascrizioni assai deboli dei modelli botticelliani45.
Al piano nobile: Sala degli Angeli: porte in tarsia che dnno sul salone: Apollo e Pallade; porte che dnno sulle logge: Arti liberali. Stanze sovrapposte: al piano nobile: Studiolo: alle pareti: decorazioni in tarsia: Il duca; Virt teologali; Nature morte a trompe-lil; sopra il fregio (su due file): Uomini famosi (28 quadri: 14 al Louvre, 14 al Museo dUrbino). al pianterreno: Cappella dello Spirito Santo; Cappella delle Muse.

Maggiore originalit si nota nella sistemazione del piccolo studiolo, che lambiente pi intimo del palazzo; esso sinserisce tra la serie degli appartamenti e dei cortili (verso la citt) e la facciata incorniciata dai torrioncini tondi (verso la campagna). I toni caldi del legno creano unatmosfera grave. Per unaltezza di due metri i muri di questa sala appartata erano, e sono ancora, coperti di tarsie; al di sopra di una serie di armadi a trompe-lil, si vedono dei grandi riquadri separati da

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pilastrini. La parte superiore del muro recava una serie di ventotto Uomini illustri che in qualche modo consacravano questo gabinetto alla gloria dello spirito umano46. La gloria del duca non era stata dimenticata: una delle tarsie un ritratto in piedi di Federico panneggiato, con la lancia rivolta al suolo mentre presiede alle opere di pace: accanto a lui, un incredibile armadio a trompe-lil pieno di corazze e di elmi luccicanti. Questi riquadri stanno di fronte alla finestra. Sulle pareti laterali si vedono due serie di figurazioni: le tre virt cristiane in piedi entro una cornice architettonica, di un tono nettamente botticelliano, separate da nature morte, che rappresentano, sempre in tarsia, gli scaffali di una biblioteca carichi di libri, gli strumenti della scienza, degli scrittoi. Le finte porte traforate si dischiudono sui volumi adorni di pesanti fermagli, sui quali si trova una clessidra, un candeliere; su uno degli scaffali si legge: Virtutibus itur ad astra. Nellarmadio, strumenti di musica, un panno bianco che reca un emblema che quello dellOrdine della Giarrettiera47. Mai lintimit del lavoro intellettuale era stata evocata in un modo cos toccante. I simboli della religione e gli emblemi del principe si confondono con i libri e gli strumenti che sembrano disposti a caso. Secondo una concezione nuova e seducente, essi rappresentano direttamente, senza intermediari allegorici, le operazioni del sapere celebrato daltronde dalla serie delle Muse e da quella delle Arti liberali. Alla lettura, celebrata mediante i volumi infolio, si unisce, grazie alla presenza dellorologio e della sfera, la doppia attivit dello spirito che misura lo spazio e il tempo, senza per che siano dimenticati i simboli della caducit e della morte. tutta una filosofia espressa in immagini. Questi riquadri sono stati eseguiti da Baccio Pontelli, legnaiolo fiorentino, e dalla sua bottega. La scritta sulla cimasa data lavvenimento al 1476. Lo stile grafi-

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co delle Virtus induce a pensare che Botticelli ne abbia fornito i disegni o che si siano copiati suoi modelli, tranne che per la parete di fondo, dove si vedono il duca e il paesaggio appenninico. Le tarsie devono essere state preparate a Firenze e montate a Urbino. Lo stesso si pu dire del soffitto a cassettoni che deriva chiaramente dalla bottega di Giuliano da Maiano. tuttavia difficile precisare chi abbia fornito i disegni delle nature morte48. Esse fanno pensare a certi particolari del SantAgostino nello studio che Botticelli dipinger qualche anno dopo per la chiesa di Ognissanti (1480). Se stato lui a fornire il modello per i finti armadi di Urbino stato nel momento in cui pi vivamente sentiva i problemi della prospettiva e dellarmonia astratta. Sarebbe un punto importante da definire dato che la voga delle decorazioni a tarsia, che comincia a Firenze intorno il 1440, trova a Urbino uno sviluppo senza precedenti. Non si tratta di un genere senza significato: esso rappresenta la decorazione astratta per eccellenza, dato che esiste una stretta affinit tra la struttura geometrica ricercata dai pittori-prospettici e lincastro di elementi regolari che rappresenta lessenziale della tecnica dellintarsio49. Parallelamente ai da Maiano e agli artigiani fiorentini, che si ispirano al Brunelleschi e a Paolo Uccello, il gusto della tarsia e delle sue rappresentazioni austere fiorir sulla scia di Piero: in certo senso essa fornisce anche la misura della sua influenza. La scuola dei Lendinara, da cui uscir la grande arte degli intarsiatori settentrionali, ne deriva direttamente50. La serie completa di questa decorazione illustra a meraviglia la cultura di Urbino.

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La galleria degli Uomini illustri

Ricostruzione di w. bombe. L: Museo del Louvre; U: Galleria dUrbino.

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Nella zona superiore delle pareti si trovano 28 quadri, oggi divisi tra il Louvre e il Museo dUrbino: al centro figurava Federico, di profilo, accompagnato da Guidobaldo. Un tempo distribuite su due file, le tavole possono essere raggruppate in due serie: quelle che misurano 1,15 per 0,60 o 0,80, e quelle che misurano un metro per 0,60 circa51. Disposti due a due sotto logge a doppia apertura, i dottori e i saggi si presentano a coppie sovrapposte. Giovanni Santi ha descritto la biblioteca dUrbino distinguendovi quattro categorie: teologi, filosofi, poeti e giuristi; queste categorie si ritrovano qui. Il quadro ideale, questo specchio istoriale dello spirito umano, preannuncia in certo senso il panorama universale che avremo nella stanza della Segnatura52: gli accoppiamenti delle figure, ad esempio quelle di Solone e di Bartolo, di Ippocrate e di Pietro dAbano, sono stati abilmente calcolati. notevole la parte riservata ai poeti italiani, ai pontefici (Pio II, Sisto IV) e perfino ai dottori contemporanei (Bessarione). difficile individuare lorigine di queste immagini: per quanto riguarda i contemporanei esse sispirano a medaglie o ritratti; per i dottori o i teologi sispirano a tipi tradizionali. Per i saggi e i legislatori antichi, i cui tipi erano meno chiaramente definiti, possibile che si sia dato ad essi il volto di personaggi noti che sarebbero stati i loro corrispettivi moderni: forse si deve riconoscere Gemisto Pletone in Platone, Teodoro Gaza in Aristotele, Lorenzo Valla in Tolomeo53. I personaggi sono raffigurati a mezzo busto; essi appaiono quasi tutti di fronte. Una minuzia tipicamente fiamminga si nota nei visi e soprattutto nelle mani. Saggiamente collocati contro un drappo sul fondo dei loro palchetti lungo la cui bordura esterna correvano iscrizioni54, essi si distinguono per labito (Salomone appare come un monarca, Mos come un sacerdote ecc.), per la mimica facciale e soprattutto per il movimento delle mani. Si ritrovano

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qui tutte le formule del computo digitale (ad esempio in Duns Scoto, Bartolo), tutte le modalit del linguaggio scolastico delle dita e del polso, che volta volta autoritario, insinuante, riservato, profondo ecc. In questo complesso scolastico si insinuano alcune indicazioni moderne. Un Platone dal viso troppo sottile fa un gesto da ispirato. Porta una barba riccioluta e lunghi capelli, forse per ricordare il tipo greco, cio quello del bizantino tipo Pletone. La scritta che correva sullorlo inferiore del riquadro lo metteva al di sopra di ogni altro: Platoni atheniensi humanae divinaeque Philosophiae antistiti celeberrimo Federicus dicavit ex observantia. Aristotele, con una berretta in capo, presenta, ispirandosi a Gaza, uno sguardo pi sicuro, un gesto pi vigoroso; tiene una delle mani appoggiata su un libro, mentre abbassa verso terra laltra. La scritta meno esplicita: Aristoteli stagiritae ob Philosophiam rite exacteque traditam Federicus posuit ex gratitudine. Raffaello ha potuto qui trovare un avvio per comporre pi tardi limmagine definitiva della coppia filosofica. Lattribuzione dellopera apre un problema la cui importanza maggiore per la storia della pittura fiamminga che non per larte italiana55. Non si pu non tener conto di quanto dice Vespasiano da Bisticci, il libraio amico del duca, che segnala la venuta di un pittore fiammingo autore dei ritratti storici dello studiolo e che ben difficile non riconoscere in Giusto di Gand56. tuttavia singolare che una guida del Seicento attribuisca la Comunione a Giusto di Guanto pittore spagnolo. E si deve tener conto anche dello storico spagnolo del Cinquecento che attribuisce a un pintor espaol que en el palacio di Urbino en un camarino del Duque pint unas cabezas a manera de retratos de hombres famosos57. Sono dunque due gli autori attestati dalle cronache che avrebbero rappresentato a Urbino la maniera

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fiamminga. Lesame stilistico non smentisce questa conclusione ed possibile distinguere un primo gruppo, il cui tipo rappresentato, dal SantAgostino, opera di Giusto di Gand, e un secondo nel quale si deve comprendere il Platone, che spetta al Berruguete. Il primo pi vicino a Rogier e ricerca la precisione della linea, il secondo pi eyckiano e pi attento a rendere la forma mediante il rilievo; questultimo che deve aver completato la serie, come induce a supporre la mancanza di ogni documento relativo a Giusto dopo il 1475, e la presenza di un Pietro spagnolo nel 147758. Certe figure, per altro assai alterate, come Dante e Petrarca sono forse di un terzo autore meno capace di effetti preziosi59. Queste figure hanno avuto una certa risonanza; si ritrovano, copiate con cura, ma staccate dal complesso, in un libro di disegni dellAccademia di Venezia. Qui Tolomeo e Boezio stretti ai due lati di una sfera armillare, hanno, a quel che sembra, servito da modello al dipinto di Bramante che rappresenta Eraclito e Democrito divisi da un mappamondo60, come si vede anche in un quadro fiorentino descritto dal Ficino61. Il celebre ritratto di Luca Pacioli, un tempo attribuito a Jacopo de Barbari, datato sulla base di una iscrizione 1495, sembra anchesso derivare dalle figure dello studiolo: il giovane discepolo di destra, che rappresenta Guidobaldo figlio di Federico, come estraneo alla composizione e ci si chiesti se non sia stato aggiunto successivamente62. La figura del Pacioli, tagliata a mezzo busto, rigida nellatteggiamento professorale (illustra una delle dimostrazioni del suo De divina proportione), per cos dire unemanazione degli uomini famosi. Lo studiolo di Federico non era il primo ad essere decorato coi simboli del sapere e ornato coi ritratti dei Saggi e dei Dottori. In pratica esso rappresenta una traduzione moderna di un luogo comune. Tuttavia il trompe-lil delle tarsie, gioco astratto che colpisce lo spiri-

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to, e la doppia galleria che lo sormontava hanno tutti i segni dellumanesimo del tempo e della personalit del Montefeltro. Il duca ne era cos compiaciuto da farlo riprodurre nel suo palazzo di Gubbio. Eretta intorno al 1476, questa residenza una versione pi modesta delledificio di Urbino63. Risale allepoca in cui Francesco di Giorgio era a capo dei lavori: su una pianta leggermente trapezoidale il cortile ripete, con meno purezza, la forma di quello del Laurana. Nellangolo di corte, non lontano dal salone di rappresentanza, uno studiolo su due piani era stato eretto anche qui: i pannelli a tarsia servono da zoccolo ad una serie di uomini illustri doctrina excelsos ingenioque viros, indicata sulla cimasa da una scritta esplicita anche se incompleta. I pannelli a trompe-lil sono condotti con una abilit mirabile (attualmente al Museo di New York); essi non rappresentano se non degli armadi semiaperti, degli incunaboli, degli strumenti musicali, delle armi. lo sbalorditivo trionfo della natura morta e della decorazione astratta. Vi si sente come il desiderio di superare il grande risultato di Urbino e linsieme certamente posteriore a quello urbinate. Intorno ad uno specchio circolare appeso in uno dei finti armadi si legge la scritta: gbaldo dx, che si riferisce al figlio di Federico e che induce a fissare il compimento dello studiolo dopo la morte di questo avvenuta nel 1482. La tecnica pi raffinata di quella della bottega di Baccio Pontelli e forse lopera stata eseguita da artigiani che avevano meditato sullesempio di Urbino; per deve essere intervenuto un abilissimo esperto degli effetti prospettici: e per questo si pu provvisoriamente proporre il nome di Francesco di Giorgio come autore dei cartoni64. Al piano superiore, in corrispondenza dello studiolo di Federico, lo spazio triangolare stato sistemato in modo da comporre due piccoli santuari abbinati, due sacella segreti che dnno su un vestibolo comune: uno

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di essi consacrato alle Muse, laltro allo Spirito Santo65. La scritta esplicita:
Bina vides parvo discrimine juncta sacella altera pars musis altera sacra deo est.

Sul fregio della cappella si legge:


Accipite spiritum sanctum et quorum remiseritis peccata remittuntur eis.

Intorno al tempio delle Muse si legge:


Quisquis ades laetus musis et candidus adsis facundus citharae: nil nisi candor est.

Si trova dunque alla fine laffermazione del doppio genio dellumanit, il senso della concordanza profonda dellantico e del moderno, che nulla finora sembrava rivelare: cosa che pu sorprendere in un ammiratore del Landino e del Ficino. Il portico dentrata precisa in quale spirito si deve intendere questa singolare combinazione:
Haec quicumque petit mundo pia limino corde hic petit aeterni fulgida regna polu66.

La purezza di cuore come condizione per accedere ai fulgidi regni del cielo eterno: mai il discorso poetico degli umanisti di Careggi stato adottato in modo pi giudizioso e mai stato con tanta chiarezza affermato il punto dequilibrio che esso presuppone tra lattivit dello spirito umano e il mistero cristiano.

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Uniscrizione sul portale della minuscola cappella, che ricorda Ottaviano Ubaldini, consigliere di Federico e reggente dUrbino dopo il 1482, ha fatto pensare a una data tardiva: ma si tratta di una aggiunta dato che la disposizione dei vani, le parti scolpite e gli elementi della decorazione policroma, dovuti alla bottega di Ambrogio Barocci, dimostrano che i due sacella sono stati edificati nello stesso tempo e per lo meno cominciati prima della morte di Federico67. La cappella dello Spirito Santo era decorata di lastre marmoree, quella delle Muse di uno zoccolo a tarsia e di una serie delle nove Muse raccolte intorno a Pallade e Apollo che appaiono sullaltare sopra laquila di Giove (e dei Montefeltro)68. Il duca non ha visto terminato questo complesso: commissionato a Giovanni Santi, fu portato a termine o ritoccato da Timoteo Viti nel 150869. Il Vasari ricorder pi tardi come opera di Timoteo Apollo e due muse mezzo nude in uno studiolo secreto, belle a meraviglia. Infatti la cappella fu considerata pi tardi come lo studiolo di Guidobaldo, ma le muse non sono nude n daltronde sono belle a meraviglia. Un curioso fondo di rocce e grotte tenebrose (il Parnaso?) che certamente si estendeva per tutta lampiezza delledicola e che fa spiccare le vesti e le figure, lega la serie, in verit un po monotona, delle nove divinit musicanti. LApollo suonatore di viola, drappeggiato in un velluto rosso, deriva dal modello botticelliano, ma senza conservarne la fermezza dello stile. Linteresse di questo complesso sta nel fatto che serve di passaggio tra i tipi tradizionali e il Parnaso di Raffaello. A ventanni il figlio di Giovanni Santi aveva frequentato la corte di Elisabetta Gonzaga e di Guidobaldo, grazie al quale agli inizi del Cinquecento Urbino conobbe una sorta di rinnovamento. in questa Urbino che il Bembo e il Castiglione elaboreranno il nuovo codice del vivere cortese, in cui lumanesimo platonico

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volge a dottrina mondana di unetica dlite. Allepoca di Federico certamente il clima era meno compito, ma pi elevato. nel confronto con quella di Rimini che limpresa di Urbino rivela lequilibrio di una cultura pi solida e meglio articolata. A dir vero anche pi moralizzante: lelemento cosmologico vi ha poca o nessuna importanza e invece maggiore ne ha lelogio delle lettere. I dotti e le muse dominano nella decorazione. Ma lamore della gloria diffuso dovunque, con gli emblemi di Federico. In questo palazzo gigantesco egli aveva previsto un mausoleo,
Un tempio tale che haverebbe superato Dordine, bellezza e nobile ornamento Qualunque mai fu ben edificato

per usare le parole di Giovanni Santi70. Qui il confronto con il Malatesta sarebbe stato decisivo. La cultura di Urbino pi vicina a quella di Firenze nel campo intellettuale; nel campo dellarte ne sviluppa certi aspetti senza per confondersi con essa.

Cfr. sopra. clementini, Racconto istorico della fondazione di Rimini e delle origini e vita de Malatesta, Rimini 1627. 3 f. g. battaglini, Della vita e dei fatti di Sigismondo Malatesta, Rimini 1884; c. yriarte, Un condottiere au XVe sicle, Paris 1882. 4 c. ricci, Il tempio malatestiano, Roma 1924. La messa a punto pi recente: g. ravaioli, m. salmi, in Studi Malatestiani, Faenza 1952. Cfr. anche i. b. supino, Leon Battista Alberti e il tempio Malatestiano, in Memorie dellAccademia delle scienze viii, ix (Bologna 1923-25). 5 a. m. schneider, in Byzantinische Zeitschrift, xli (1941), p. 404. h. keller, Ursprnge des Gedachtnismals in der Renaissance, in Kunstchronik, 1954, 7 (maggio), p. 134. 6 Come hanno supposto, con qualche ingenuit, e. mntz, Lart italien au Quattrocento, Paris 1888, e g. del piano, Lenigma filosofico del Tempio Malatestiano, Forl 1928, per il quale tutto da ricondurre alli1 2

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze dea del ciclo delle religioni celata nella cappella dei Pianeti. Lopuscolo polemico di d. garattoni, Il Tempio Malatestiano. Leggenda e realt, Rocca San Casciano 1951, ried. 1956, esagera polemicamente linnocenza e la piet dei Malatesta. 7 c. ricci, Il tempio malatestiano cit., pp. 213 sgg. Sullambiente di Rimini: a. battaglini, Della corte letteraria di Sigismondo Malatesta, Rimini 1794, e f. saxl, The classical inscription in Renaissance art and politics, in jwci, iv (1940-41), p. 36. 8 enea silvio piccolomini, Commentarii rerum memorabilium, II, p. 51 (ed. 1614), citato in c. ricci, Il tempio malatestiano cit., p. 435. 9 valturius, De re militari, XII, 13; cfr. a. massera, in Ariminum, i (1928), pp. 28 sgg. 10 h. siebenhner, Die Bedeutung des Rimini-Freskos ecc., in Kunstchronik, 1954, 7 (maggio). 11 f. saxl, Antike Gtter ecc. cit., pp. 36-37. j. pope-hennessy, The Virgin and child by A. di D. cit., pp. 82 sgg., distingue giustamente due botteghe: accanto a quella dAgostino (in D, III e IV), quella di Matteo de Pasti (in A, C e I). 12 c. mitchell, The imagery of the Tempio Malatestiano, in Studi Malatestiani cit., pp. 77 sgg. 13 Sul Filelfo (1398-1481), esiliato da Firenze dalla fazione medicea nel 1434: e. legrand, Cent dix lettres de Franois Filelfe, Paris 1892. 14 f. masai, Plthon et le platonisme de Mistra, Paris 1955, p. 265. 15 c. yriarte, Un condottiere ecc. cit. p. 449. 16 Lepitaffio completo in f. masai, Plton ecc. cit., p. 365 (il testo reca: Panduleus e non Pandulphus). 17 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., pp. 8 e 16, n. 6. Laffermazione del Ficino si spiega soprattutto con il desiderio di ingrandire la parte di Cosimo che laveva chiamato, e forse anche di minimizzare la parte avuta prima di lui dallArgiropulo nel rinnovamento degli studi greci a Firenze, nella cerchia di Donato Acciaiuoli. LAccademia di Careggi deve poco al Pletone: questi appena ricordato dal Ficino e da Pico: e. garin, Donato Acciaiuoli ecc., in Medioevo e Rinascimento cit., p. 255. 18 Biografie: j.dennistoun, Memoirs of the Dukes of Urbino, ried. E. Hutton, London 1909; r. de la sizeranne, Le vertueux condottiere: Federigo da Montefeltro, duc dUrbino (1422-1482), Paris 1927. Sullambiente erudito: v. rossi, Il Quattrocento cit., p. 261 e i riferimenti p. 279, n. 65; p. alatri, Federigo da Montefeltro. Lettere di Stato e dArte (1470-1480), Roma 1949. Sullambiente artistico dUrbino manca uno studio dinsieme: quelli di a. schmarsow, Melozzo da Forl, Berlin 1886, pp. 76 sgg., e di e. calzini, Larte in Urbino nel Rinascimento, in Urbino e i suoi monumenti, Rocca San Casciano 1897, pp. 127-98, sono superati. Il saggio di l. venturi, Studi sul palazzo ducale

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze di Urbino, ne Larte, xvii (1914), pp. 415-73, stato ripreso e ampliato da a. venturi, Lambiente artistico urbinate, ne Larte, xx (1917), pp. 259-93 e xxi (1918), pp. 27-43; essi devono essere integrati con lopera di w. bombe, Die Kunst am Hole Federigos von Urbino, in Monatshefte fr Kunstwissenschaft, v (1912), pp. 456-74, e le pubblicazioni di P. Rotondi e M. Salmi, citate sotto.Cfr. anche il catalogo della mostra: Juste de Gand, Berruguete et la cour dUrbin, Gand (ottobre-dicembre 1957). 19 v. da bisticci, Vite dei uomini illustri del sec. xv, Firenze 1938, pp. 101-15. 20 Ora i manoscritti sono in gran parte alla Vaticana: Codices urbinates latini, a cura di C. Stornajolo, 3 voll., Roma 1902, 1912, 1921. 21 Cronaca di g. santi, Federigo da Montefeltro, duca di Urbino, ed. H. Holtzinger, Stuttgart 1893. 22 Il Cortegiano, I, 2, ed. V. Cian, Firenze 1894, pp. 14 e 15. 23 p. o. kristeller, Supplementum Ficinianum cit., vol. II, p. 352. 24 ficino, Opera, p. 1129, pp. 849-53 (il manoscritto si trova alla Biblioteca Vaticana: g. stornajolo, Codices ecc. cit., t. III, n. 1249, De Christianae legis divinitate), e pp. 858-59. 25 a. poliziano, Epistolarum libri XII, Lyon 1533, libro III, p. 68, citato da V. Cian, Il Cortegiano, Firenze 1894, p. 14, n. 13. 26 Cfr. sopra, parte I, sezione II, cap. III, pp. 121 sg.; m. bonicatti, Contributo al Giraldi, in Commentari, viii (1957), 3, pp. 195 sgg. 27 Secondo l. venturi, Studi sul palazzo ecc. cit., questo camino e la decorazione della sala sarebbero opera di Francesco Laurana. 28 p. schubring, Illustrationen zu Dantes Komoedie cit., n. 323. f. kennedy, Il Greco aus Fiesole, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, 1932, pp. 28 sgg. ha identificato lautore delle decorazioni di questo appartamento in Michele di Giovanni da Fiesole, detto Il Greco, allievo del fiorentino Maso di Bartolomeo a cui forse succeduto nel 1456. 29 Biblioteca Vaticana, Urb. Lat. 716 e 717. 30 Riprodotta e commentata da e. h. gombrich, The Renaissance concept of artistic progress ecc.cit., pp. 291 sgg. 31 Base dello studio la vecchia Descrizione del Palazzo ducale di Urbino, 1587, ried. Firenze 1859, t. hoffmann, Bauten des Herzogs Federigo da Montefeltro als Erstwerke der Hoch-Renaissance, Leipzig 1905; budinich, Il Palazzo ducale di Urbino, Trieste 1904, e e. calzini, Urbino e i suoi monumenti, Rocca San Casciano 1897, conservano ormai solo un valore descrittivo. f. kimball, Luciano Laurana and the High Renaissance, in The Art Bulletin, vol. X (1927), n. 2, pp. 125 sgg., e l. serra, Il palazzo ducale di Urbino, Roma 1930, e LArte nelle Marche, vol. II, Roma 1934, hanno cercato di precisare la cronologia per quanto riguarda il Laurana, r. papini, Francesco di Giorgio architetto

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze cit., per quanto riguarda Francesco di Giorgio. I problemi sono stati riproposti su basi nuove dalle ricerche di p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino, Urbino 1950. 32 Questo documento, ritrovato dal Gaye nel 1838, pubblicato in extenso da p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino cit., p. 109. 33 r. longhi, Piero della Francesca, 2 ed., Milano 1947, p. 120. Nello stesso senso: m. salmi, Piero della Francesca e il palazzo ducale dUrbino, Firenze 1945, che formula alcune ipotesi su Piero architetto. 34 m. meiss, Ovum Struthionis, symbol and allusion in Piero della Francescas Montefeltro Altarpiece, in Studies in Art and Literature for Belle da Costa Greene, Princeton 1954. 35 Sulla struttura di questopera: r. wittkower, in jwci, xvii (1952). La data tradizionale quella del 1444 c.: r. longhi, Piero della Francesca cit., p. 40. Pi che alla cronaca locale si pu vedere nel quadro unallusione ai progetti di crociata; cosa che, unitamente allo stile maturo consiglia di accettare la data tardiva, intorno al 1464-65, proposta da P. Toesca: h. siebenhner, Die Bedeutung ecc. cit. 36 r. petrovitch, Questi Schiavoni II, Luciano and Francesco Laurana, in Gazette des Beaux-Arts, vol. XXXI, marzo-aprile 1947, pp. 73 sgg. Cfr. soprattutto: g. pacchioni, Lopera di L. Laurana a Mantova, in Bollettino darte, 1923-24, pp. 97 sgg. Il Laurana, che il Vasari ricorda tra i discepoli del Brunelleschi, si trovava nel 1465 a Mantova, dove gli si pu attribuire uno dei cortili del palazzo. 37 vasari, III, pp. 71-72. Lipotesi ripresa da a. venturi, Storia dellarte italiana cit., VIII, i, pp. 737-83, e accantonata con troppa fretta da a. s. weller, Francesco di Giorgio, Chicago 1943, p. 182, stata imprudentemente sviluppata da r. papini, Francesco di Giorgio architetto, Firenze 1947. Le precisazioni necessarie si trovano negli studi di c. maltese, Opere e soggiorni urbinati di F. d. G., in Studi artistici urbinati, I, Urbino 1949 e di p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino cit. 38 b. baldi, Descrizione, Firenze 1859, pp. 570-71, ne segnala il modello ligneo. 39 La vecchia attribuzione a Bramante infondata: p. rotondi, Quando fu costruita la chiesa di S. Bernardino, in Belle Arti, 1947, pp. 191 sgg., e Contributi urbinati a F. d. G., in Studi artistici urbinati, I, pp. 38 sgg. 40 p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino cit., p. 443, n. 153. Una lettera del 1481 attesta il soggiorno di B. Pontelli a questa data, ibid., p. 446, n. 160. 41 La presenza di Giusto di Gand, alias Joos van Wassenhove, attestata nel 1473, quella del Berruguete nel 1477: j. lavalleye, Juste de Gand, peintre de Frdric de Montefeltre, Louvain 1936; Catalogo della Mostra di Melozzo, Forl 1938; Catalogo della mostra Juste de Gand ecc. cit.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze w.bombe, Zur Kommunion der Apostel von Josse van Gent in Urbino, in Zeitschrift fr bildende Kunst, lxv (1931), p. 70, e j. popehennessy, Paolo Uccello, London 1950, p. 155. 43 f. arcangeli, Tarsie, 2a ed., Roma 1943, p. 10. hofmann, Bauten des Herzogs Federigo ecc. cit., p. 88, fig. 1, riproduce la porta completa, e p. 90, fig. 6, due prospettive in tarsia che devono appartenere alla porta delle Arti liberali. Documenti pi completi in r. papini, Francesco di Giorgio architetto cit., vol. I. Queste vedute architettoniche devono essere messe in relazione con le celebri vedute dipinte di Baltimora, Urbino, Berlino, di cui da tempo gli storici discutono la provenienza e lattribuzione: f. kimball, Luciano Laurana ecc. cit., e r. petrovitch, Questi Schiavoni, II ecc. cit., p. 67, attribuiscono le tavole di Urbino e Baltimora a L. Laurana; quella di Berlino, secondo a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., p. 186, spetterebbe a Francesco di Giorgio (cosa possibile), cos come i cartoni per le tarsie delle porte del salone (cosa meno probabile). In realt queste opere, verosimilmente destinate ad essere fronti di cassoni, sono strettamente legate alle prospettive comuni nelle tarsie, e se non sono tutte fiorentine (cerchia del Sangallo) derivano per da modelli toscani: a. chastel, Marqueterie et perspective au XVe sicle, in Revue des arts, iii (1953). j. burckhardt, Geschichte der neueren Baukunst, I (Geschichte der Renaissance in Italien), Stuttgart 1878, 32 a, p. 48, ha rilevato limportanza di queste architetture pure. 44 Cfr. sopra, parte II, sezione I, cap. III. Tuttavia per c. gamba, Botticelli cit., p. 127, solo lo stile generico dei particolari e lespressione sono botticelliani; l. venturi, Studi sul palazzo ecc. cit., p. 456, ritiene che Pallade non osservi lo stile del Botticelli; essa semplicemente la traduzione libera della figura di gran successo del 1475, e j. mesnil, Botticelli cit., p. 45 accetta questa idea. 45 f. arcangeli, Tarsie cit., p. 11, suggerisce Francesco di Giorgio. a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., p. 184 non accoglie il suggerimento. 46 w. bombe, Une reconstruction du studio du duc dUrbin, in Gazette des Beaux-Arts, cxxvi (1930), pp. 265-73. Questo saggio la riproduzione parziale dellarticolo dinsieme citato sopra. 47 Lordine inglese fu conferito al duca nel 1474. j.dennistoun, Memoirs of the Dukes of Urbino cit., t. I, p. 451. 48 r. longhi, Piero della Francesca cit., p. 123, attribuisce a Sandro i cartoni delle due porte della sala degli Angeli e di tutto lo studiolo, e f. arcangeli, Tarsie cit., sviluppa, su questi dati, la stessa attribuzione. l. venturi, Studi sul palazzo, cit. p. 450, seguito da l. serra, Il palazzo ducale di Urbino cit., pp. 470-72, ha assegnato lopera a Francesco di Giorgio. solo unipotesi, che a. s. weller, Francesco di Giorgio cit., p. 184, non crede di poter accettare.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze a. chastel, Marqueterie et perspective au XVe sicle cit. Lelogio dei da Lendinara in Luca Pacioli, De divina proportione, ed. cit., pp. 231 sgg. g. fiocco, Lorenzo e Cristoforo da Lendinara e la loro scuola, ne Larte, xvi (1913), pp. 272-88 e 321-40. r. longhi, Officina ferrarese, Roma 1934, p. 33, 2 ed., Firenze 1956. 51 La classificazione abbozzata dal calzini, Larte in Urbino ecc. cit., confusa. Quella di w. bombe, Justus von Gent in Urbino und das Studio Federigos von Montefeltro, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, iii (1909), pp. 111-36, pi attendibile; cfr. soprattutto p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino cit. 52 Questo rapporto stato notato da e. peterich, Gli Dei pagani nellarte cristiana, ne La Rinascita, I (1942), pp. 60-61. 53 w. bombe, Justus von Gent ecc. cit. 54 Queste ci sono state conservate da un erudito tedesco, lorenzo schrader, Monumentorum Italiae Libri IV, Hemelstadt 1592. Il loro interesse stato rilevato da w. bombe, in Rassegna marchigiana, vii (1929), p. 80. 55 Lo stato della questione in: hulin de loo, Pedro Berruguete et les portraits dUrbin, Bruxelles 1942; catalogo mostra Juste de Gand ecc. cit., pp. 7 sgg. Cfr. anche lo studio di j. lavalleye, Juste de Gand ecc. cit., e le osservazioni a proposito di esso di g. briganti, Su Giusto da Gand, in Critica darte, 1938, pp. 104 sgg. 56 Per non trovare maestri a suo modo in Italia che sapessino colorire in tavole a olio mando infino in Fiandra per trovare un maestro solenne e fallo venire in Urbino, dove per fare molte pitture di sua mano solennissime, e massime in uno studio, dove fece dipingere i filosofi, i poeti, i dottori della chiesa cos greca come latina, fatti con uno meraviglioso artificio (vespasiano da bisticci, Vite, ed. cit., pp. 104 sgg.). 57 pablo de cespedes, Discurso de la comparacin de la antigua y moderna pintura... (1604), citato da j.allende salazar, Pedro Berruguete en Italia, in Archivo espaol de Arte y Arqueologa, 1927, pp. 13338, e d. angulo iniguez, in Ars Hispaniae, vol. XII, Madrid 1954, pp. 91 sgg. Cfr. anche Mostra di Melozzo cit., p. 27; catalogo della mostra Juste de Gand ecc. cit., pp. 12 sgg. 58 Le tavole dipinte dal Berruguete in Spagna, come la serie dei Saggi e dottori di Paredes de Nava, presentano contorni pi segnati e una fattura pi secca dei ritratti di Urbino. Tuttavia si ritrova il modellato ricco daccenti della serie I in opere come il Cristo di piet (Brera) esposto alla mostra di Melozzo (n. 84) e a quella di Giusto di Gand (n. 33), e il San Sebastiano dUrbino esposto alla mostra di Giusto di Gand (n. 32). Questi dipinti depongono ampiamente a favore di una larga partecipazione del Berruguete allo Studiolo, se sono espressione della sua prima maniera italo-fiamminga, come pensa j. a. nuo gaya, En Italia con Pedro Berruguete, in Goya, 1956, pp. 147 sgg.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Sarebbe tuttavia avventuroso voler vedere la mano di Bramante in certi particolari come i genietti delle colonne: ci che ha suggerito p. rotondi, Contributi urbinati al Bramante pittore, in Emporium, lvii (1951), 3, pp. 109 sgg.; queste figurine sono vicine ad opere che generalmente vengono assegnate a Berruguete, come il San Sebastiano di Urbino: cfr. catalogo della mostra Juste de Gand ecc. cit., n. 32. 60 g. carotti, Le opere di Leonardo, Bramante e Raffaello, Milano 1905, p. 154, n. 3; j. lavalleye, Juste de Gand ecc. cit.; catalogo della mostra Juste de Gand ecc. cit., n. 25. 61 Marsile Ficin et lart cit., p. 70, n. 16. 62 g. briganti, Su Giusto da Gand cit., p. 107. Cfr. anche Mostra di Melozzo cit., n. 45. La critica ora non accetta pi lattribuzione a Jacopo de Barbari, di cui il gronau, Per la storia di un quadro attribuito a J. da Barbari, in Rassegna darte, v (1905), p. 28, ha dimostrato le difficolt; la firma Jaco Bar. deve indicare un artista delle Marche. 63 e. giovagnoli, Gubbio nella storia e nellarte, Citt di Castello 1932. 64 p. remington, A Renaissance room from the Ducal Palace at Gubbio, in Bulletin of the Metropolitan Museum of Art, xxxvi, New York, gennaio 1941 (sezione II), pp. 3-13. Lautore, p. 13, n. 10, crede liscrizione aggiunta in seguito e ricollega direttamente la decorazione di Gubbio a quella dUrbino, attribuendola a Baccio Pontelli, quindi prima del 1482. e. giovagnoli, Gubbio ecc. cit., pp. 253-254, attribuisce le tarsie a Mariotti di Paolo detto il Terzuolo, con la collaborazione di un maestro locale, Pier Agnolo; essi sono autori di altre decorazioni a Gubbio, come gli stalli del coro di San Domenico, sulla fine del secolo. 65 p. rotondi, Manifestazioni di paganismo umanistico nella civilt urbinate del Rinascimento, Urbino 1948, ripreso ne Il palazzo ducale di Urbino cit. Cfr. a. chastel, Deux centres artistiques: Venise et Urbin, in Humanisme et Renaissance, xii (1950). 66 Le iscrizioni, leggermente mutilate in conseguenza dellabbandono in cui il palazzo era stato lasciato, sono state restaurate sulla base dei rilievi che ne aveva dato l. schrader, Monumentorum Italiae ecc. cit. (polu per poli). 67 hofmann, Bauten des Herzogs Federigo ecc. cit., p. 85, e, sulla sua scia, l. venturi, Studi sul palazzo ecc. cit., e m. salmi, Piero della Francesca ecc. cit., p. 74, li datano al 1484. p. rotondi, art. cit. pp. 29 sgg. corregge questaffermazione allegando un testo di Antonio di Marcatello (Cod. Urb. Lat. 785), che ricorda nel 1480 una degna capella con indulgenza ed ornata e bella. 68 Solo lApollo e le sue muse si conservato alla Galleria Corsini: e. calzini, LApollo e te muse del duca dUrbino, ne Larte, 1908, pp. 225-29. Esametri tratti da ausonio, Idillio XX, si trovavano sotto ogni figura.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Le attribuzioni non sono concordi per ognuno dei riquadri: cfr. c. gnudi, Giovanni Santi, in Mostra di Melozzo da Forl cit., p. 54. 70 p. rotondi, Il palazzo ducale dUrbino cit., p. 146.
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Sezione seconda le incertezze fiorentine

Lorenzo de Medici sinteressava soprattutto allarchitettura. Se pochi sono stati gli edifici che ha potuto realizzare, Giuliano da Sangallo ha per costruito per suo impulso le opere pi significative della fine del Quattrocento. Tuttavia nellinsieme lo sviluppo dellarte monumentale non si stacca nettamente dalle consuetudini toscane1. Le novit radicali dellAlberti in palazzo Rucellai non avranno seguito: il palazzo ornato con forme antiche non ritorner che allepoca di Leone X, come se si trattasse di una moda romana che ispira, ad esempio, palazzo Pandolfini. Larte fiorentina preoccupata di restar fedele a se stessa e di confermare il presente attraverso il passato. Il Brunelleschi invoca il precedente della chiesa dei Santi Apostoli, il Sangallo difende i programmi del Brunelleschi. La piccola chiesa di San Miniato, eretta nel 1499 da Baccio, che fu un piagnone militante, ritorna al tipo romanico toscano pi spoglio. La storia della pittura rivela una minor continuit; vi si vede meglio levoluzione del gusto fiorentino che avviene in un isolamento sempre maggiore. Il fatto dominante la scomparsa dello stile statico, geometrico e ordinato che aveva dominato intorno al 1440-50 e che, tutto sommato, la Toscana, attraverso larte di Piero, aveva elargito allItalia. Il suo ultimo rappresentante integrale era stato il Castagno con gli Uomini illu-

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stri di Legnaia e la decorazione di Santa Apollonia, opere realizzate intorno al 1450. Poco dopo Piero della Francesca, con il ciclo dArezzo (terminato nel 1459) e le tavole dUrbino, realizzava la sintesi moderna dello spazio e del colore che si sarebbe imposta in molte regioni. Lartista che pi poteva avvalersene a Firenze, il Baldovinetti, ha avuto una parte modesta: ha finito per essere assorbito dai suoi lavori di decoratore e di mosaicista nel battistero. Paolo Uccello aveva fornito la misura di s nel ciclo delle Battaglie di palazzo Medici, realizzate intorno al 1450; il suo contributo al nuovo vocabolario dellarte minore per quanto riguarda lapparato geometrico e maggiore invece per quanto riguarda labbondanza dei particolari e delle forme curiose2. Il pittore favorito di Cosimo fu Filippo Lippi: gli affreschi di Prato (1452-65) segnano una svolta in quanto avviene in essi un emanciparsi del colore e vi si realizza unorganizzazione pi animata. Il Gozzoli a Firenze fa solo una apparizione episodica con il Corteo dei Magi del palazzo di via Larga (1459); bench si protragga oltre il 1480 a Pisa, la sua attivit rimane del tutto provinciale3. Ci che a partire dal 1460 attira sempre pi i fiorentini , come mostra lo stile delle incisioni, il pathos, lanimazione, il movimento, insomma tutto ci che provoca un senso di vitalit aggraziata o scatenata sulla scia del Donatello tardo, dopo il ritorno da Padova (1453)4. Di qui limportanza assunta dai fratelli Pollaiolo; le commissioni ufficiali toccano ad Antonio: ad esempio la serie delle Fatiche dErcole per palazzo Medici (circa 1460), i ricami con le storie di san Giovanni per il Duomo (1466-80), le figure delle Virt per la Mercanzia. Ammirato dal Ficino (Antonius noster pictor et sculptor insignis) presentato da Lorenzo, nel 1489, come principale maestro della citt, a capo di una bottega numerosa, versata in tutte le tecniche, al cor-

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rente di tutte le novit. Lunica bottega rivale quella del Verrocchio, nella quale, negli anni 1470-80, si sono incontrate le forze pi giovani e sono stati dibattuti i pi vivi problemi intellettuali e plastici. Nel campo della scultura vi si lavora in bronzo e in marmo; andando oltre la dolcezza di Desiderio e la violenza del Pollaiolo, si cerca una formula pi completa. Nel campo della pittura, superando la forma spezzata e leffetto di rilievo, ci si sforza di pervenire a un inserimento atmosferico attraverso il modellato levigato e lo sfumato, tenendo docchio i maestri fiamminghi. Questa bottega, di cui il Verino ha notato limportanza per la generazione di Leonardo e del Botticelli, sembra essere stata particolarmente sensibile allestetismo e allintellettualismo di Careggi. La sua dispersione, avvenuta poco dopo il 1480, ha certamente contribuito a indebolire la posizione di Firenze, che Lorenzo di Credi non era certo in grado di orientare. E lo stesso si potrebbe dire per la scultura: chiamati i Pollaiolo a Roma, il Verrocchio a Venezia, solo il debole Bertoldo rappresenta la tradizione donatelliana di fronte alleclettismo dei fratelli da Maiano. A partire dal 1480 i pittori fiorentini non si sforzano pi di rinnovarsi. Il gusto fiorentino non ammette n il rigore epico del Mantegna, n il lusso della scuola ferrarese, n la bellezza sensuale dei veneziani. Si appaga daltro: lepopea borghese del Ghirlandaio, le forme fiorite di Filippino, lastrazione del Botticelli. Ma nessuno di questi maestri ha un peso fuori di Toscana. Nel gruppo di artisti che nel 1481-82 lavora sui palchi della cappella Sistina il Botticelli lunico toscano che regga il confronto con gli umbri; egli ha il prestigio del grande stile. Ma seguir una via sempre pi solitaria. E se si toglie questa evasione lirica, Firenze non recher alcun apporto preciso al dibattito che predomina alla fine del secolo in Italia, il dibattito cio tra lo stile

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duro e scultoreo e quello fuso che dilaga via via in Umbria, a Ferrara, a Venezia. Il Ghirlandaio, il Botticelli, Filippino sono dunque i tre maestri illuminati, in continuo contatto con i prelati, i banchieri, gli umanisti dellambiente mediceo, ai quali spetta il compito di esprimere la cultura di quella nuova Atene, che Firenze si lusinga dessere diventata. Insieme col Perugino essi sono segnalati nel 148485 nel rapporto inviato a Ludovico il Moro da un suo corrispondente, che lo informa sulla situazione a Firenze: i termini della sua valutazione, che contrappone laria virile del Botticelli a laria angelica e molto dolce del Perugino, e riconosce una bona aria senza aggiungere altro alla maniera del Ghirlandaio e di Filippino, ci sembrano ancora validi5. Al pari della societ fiamminga, la borghesia medicea si compiace sempre pi dellarte placida dei narratori che la effigiano facendola apparire nelle scene della storia sacra6. Pi che gli affreschi ineguali di Cosimo Rosselli, il coro di Santa Maria Novella, dipinto dal Ghirlandaio tra il 1486 e il 1490, il capolavoro di questo gusto. anche il primo complesso fiorentino che suggerisca, se non unimpressione daccademia, per lo meno di freddezza: troppe derivazioni da tutta quanta la scuola, come avviene ad esempio nel Battesimo di Cristo, troppi elementi di convenienza, come il caso dellAnnuncio a Zaccaria, in cui la sfilata dei notabili fiorentini invade la scena. Le architetture sono gravi, e certi gruppi presentano uneloquenza un po pesante nellatmosfera bruna e dorata e nella loro psicologia convenzionale. Preoccupato di apparire informato, il Ghirlandaio ha il gusto della ricchezza erudita: labbiamo vista nella sua Adorazione dei Pastori. Unantichit fatta di rilievi allegorici, di statue e di portici, stende la sua scenografia silenziosa dietro la Nascita di Maria, la Strage degli innocenti, lAnnuncio a Zaccaria. Nella Nascita di san Giovanni e in quella

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della Vergine il Ghirlandaio riesce ad introdurre il tema lirico della canefora o della coefora, che mettono nelle sue composizioni troppo ufficiali un tocco di poesia alla Lippi. Il ricordo di un naturalismo elevato, nel senso di Masaccio o di quanti dopo di lui ne avevano tratto un grande stile, non era del tutto scomparso. Ma in quegli artisti che, come il Ghirlandaio, sapevano comporre con larghezza, leclettismo di moda univa in modo mediocre la fermezza plastica e il movimento smorzandone leffetto; negli altri invece riaffiorava la tradizione narrativa dei piccoli romantici del 1430-50, Pesellino ad esempio, abili nel combinare figure animate, personaggi divertenti e preziosi in garbate illustrazioni di temi cortesi, nei quali sopravvive qualcosa della vitalit gotica. Il Botticelli e perfino Filippino devono loro qualche cosa. Tutte queste formule convivono a Firenze e tengono viva, almeno nella pittura, unistintiva resistenza alle forme antiche non trasposte. Il maggiore discepolo del Verrocchio, Leonardo, era certamente deciso a mettere ordine in questa situazione; ma gi dal 1481 aveva lasciato la sua patria, forse con la sensazione di un contrasto di fondo: le sue invenzioni sono seguite con attenzione e riflesse nellarte di Lorenzo di Credi, uscito anchegli dalla bottega del Verrocchio, ma non avranno la forza di sconvolgere la pittura toscana se non al ritorno del maestro nel 1501. Il Signorelli, formatosi ai margini di Firenze, tuttavia, attraverso Piero della Francesca, riceve e prolunga lo stile monumentale del 1440: egli intorno al 1490 esegue una dopo laltra a Firenze opere come il Trionfo di Pan e la Madonna degli Uffizi, che rinnovano la tradizione dura dei plastici. Ma si tratta solo di un episodio: anche lui attende fuori di Firenze loccasione per trionfare sulle scialbe correnti alla moda; e questa occasione la trover nellApocalisse dOrvieto.

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Il pittore pi completo dellepoca, colui che viene inviato a Roma nel 1488 dietro raccomandazione di Lorenzo come superiore ad Apelle, Filippino Lippi: egli avrebbe dovuto colmare lo stacco che cera tra la facilit del Ghirlandaio e lo stile sostenuto che gli aveva insegnato fra Filippo; invece il suo genio curioso era portato allinvenzione capricciosa. Egli volutamente complicato e non esce dalla maniera delicata del Botticelli se non per abbandonarsi a virtuosismi che rischiano ad ogni istante di riuscire inutili e pesanti allorch lesecuzione sallenta. Si nota in lui una specie di saturazione delle curiosit umanistiche; indubbiamente in lui lapparato archeologico meno esterno che nel Ghirlandaio, ma soprattutto pittoresco, con accenti paragonabili a quelli del Pinturicchio che ha potuto conoscere a Roma. Infine lopera che spicca per la fermezza dello stile e la delicatezza delle intenzioni quella del Botticelli: la sua arte ha radici nelle regioni pi diverse del Quattrocento fiorentino. Ne offre la quintessenza e, dato che partecipa chiaramente del clima dellumanesimo, offre la chiave di quellepisodio incantevole e unico che let di Lorenzo, et che fu senza domani7. Una classificazione delle correnti della pittura fiorentina fa risaltare, insieme con le incertezze del periodo, atteggiamenti diversi che corrispondono ad altrettanti modi di reagire allumanesimo contemporaneo. Il Ghirlandaio ci offre i ritratti degli umanisti, Filippino gli accessori della cultura, Botticelli la sua qualit essenziale. E questi artisti ne hanno condiviso le vicende: Domenico scompare nel 1494 contemporaneamente a Pico ed al Poliziano; Filippino si adatta per un momento alle direttive piagnone e si sforza di derivare qualcosa dallo stile soave del Perugino, pur compiacendosi in una sorta di fantastico di ispirazione umanistica nei suoi ultimi affreschi. Quanto a Botticelli, che senza dubbio condivide linquietudine autentica degli spiriti

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migliori, lavora poco e si trova in certo senso isolato. La notizia del 1485 trova una sua integrazione nella nota indirizzata ad Isabella dEste da uno dei suoi informatori, Francesco de Malatesti, che, nel settembre del 1502, informa la duchessa sugli artisti fiorentini in grado di lavorare al suo studio. Egli illustra la situazione delle botteghe pi in vista: Leonardo, rientrato a Firenze da un anno, inafferrabile e sfuggente; il Perugino, molto ricercato, per il momento a Siena; c Filippino, terribilmente occupato vero, e per eliminazione si scopre alexandro botechiella che verrebbe volentieri a Mantova perch non ha impegni8. Il Botticelli non fu preso in considerazione e linvito fu rivolto al Perugino9.

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Capitolo primo Botticelli e la drammaturgia sensibile

La diffidenza del Vasari nei confronti del Botticelli la tipica diffidenza dello storico accademico per lartista pi personale del Quattrocento; le sue riserve morali sono le stesse che gli uomini del Cinquecento avanzavano verso il carattere ondeggiante e lemotivit eccessiva dei contemporanei di Lorenzo10. Il Botticelli ha lasciato a Firenze il ricordo di un artista affascinato dalle idee e indifferente al successo. Questa originalit e questa sottigliezza devono esser poste in primo piano nel ritratto dellartista. Egli stato normalmente utilizzato dai signori di Firenze: i suoi esordi sembra anzi siano stati facilitati dalla loro protezione, se vero che, gi nel 1470, la figura della Fortezza gli fu affidata per intervento dei Medici11. A trentanni, nel 1475, in occasione della Giostra, egli ha rappresentato sullo stendardo di Giuliano una allegoria che per la prima volta risulta ispirata direttamente dallinsegnamento dei platonici: e lo stendardo apparve agli spettatori forestieri come un rebus filosofico. Sempre nel 1475, nella tavola commissionatagli da Gasparre di Zanobi del Lama, egli compone i Magi fiorentini e il loro seguito in una costruzione impeccabile. Ha accettato di dipingere i Pazzi e i loro complici sulla porta della Dogana in palazzo Vecchio (1478) per esporli in questo modo allesecrazione popolare e ha composto poco dopo lallegoria di Pallade e il Centauro. Al ritorno da Roma, nel 1483-

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84, partecipa alla decorazione della villa di Volterra. Dipinge a questepoca per i Tornabuoni gli affreschi della villa di Chiasso Macerelli e, durante questi stessi anni, la serie delle allegorie relative a Venere: la Primavera e la Nascita di Venere per la villa di Castello propriet di Lorenzo di Pier Francesco, nonch la tavola di Marte e Venere (Londra) probabilmente per i Vespucci12. Ha cos lavorato, pi o meno senza interruzioni, per i diversi gruppi della borghesia medicea e gli adepti della cultura platonica. per necessario tentar di definire anzitutto le origini della sua arte. Il Vasari riferisce senza incertezze, come sua abitudine, che il padre lo pose a lo orefice con un suo compare chiamato Botticello assai competente allora in quellarte. Nessun orefice di questo nome noto e non si data molta importanza a questa indicazione. Tuttavia non del tutto infondata: gi nel 1457 il fratello maggiore dellartista, che era sensale, portava il soprannome di Botticello e il secondo, Antonio, lavorava presso un orefice. Sandro, che allora aveva solo tredici anni, deve, a quanto sembra, il suo nome al fratello pi anziano e la sua professione al secondo. Pi utile losservazione generale che il Vasari fa seguire: Era in quella et una dimestichezza grandissima e quasi una continova pratica tra gli orefici e i pittori. Questa frase getta una luce viva sulla fase centrale del Quattrocento. Il disegno, che si insegnava ai giovani artisti, assumeva tutto il suo valore per gli orefici che erano contemporaneamente incisori: un contorno preciso, capace di innumerevoli inflessioni, identico per la figura e lornato. difficile ritrovare stampe sicure di questepoca eseguite sotto la direzione di Sandro13; in compenso si sa con chiarezza ci che la sua maniera deve allincisione. Nelle tavole di Maso Finiguerra, ad esempio il Trionfo di Bacco e Arianna del 1460-62, si vedono vesti ondeggianti, la mimica particolare, la danza delle figu-

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re. Sandro manterr questa grafia che definisce sottilmente le pieghe e incide le forme, nonch il gusto delle minute piacevolezze grafiche nelle vesti14. Le apparenze sono spogliate di tutto quanto greve e banale; i profili secchi, i contorni nudi, faranno il successo di questi ritratti15. E questo senso del disegno astratto, delle forme ritagliate e articolate simporr agli intarsiatori come ai ricamatori suoi contemporanei16. I legami del Botticelli con il mondo artigianale sono altrettanto essenziali per comprendere lorigine dei suoi personaggi e il mondo della sua fantasia. La sua poetica ha la sua fonte prima nellarte dei cassoni. In un poema eroico in latino, dedicato alle avventure di Carlo Magno, Carliades (composto prima del 1480), il poeta umanista Ugolino Verino descrive il meraviglioso palazzo di Butrota in Epiro e con un grazioso anacronismo ne attribuisce la decorazione al Botticelli e ai Pollaiolo. Sulle pareti ornate di affreschi il primo, erede di Apelle di Coo, ha dipinto la spedizione di Serse, Alessandro che debella Dario:
A leva Xerxem frenantem nerea ponte Pinxit Alexander choi successor apellis Subfossumque athon ...

Questa composizione che si compone di una successione di episodi, una sorta di fregio epico, non ha potuto essere immaginata da Verino se non come una gigantesca fronte di cassone, e pi precisamente prendendo come modello i cassoni di Apollonio di Giovanni, anche lui celebrato da Ugolino in unaltra parte dellopera come tuscus Apelles17. Il Botticelli non ha mai dimenticato il mondo di vivaci figurine e sfilate galanti di Apollonio e del Pesellino; ad esso deve una certa tensione narrativa, che si dilater poi nella Sistina, nel concatenarsi e nella animazione di certe scene come quella

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della Tentazione di Cristo. La narrazione continua di moda intorno al 1465 arriva alla sua conclusione nelle scene delle tavole di San Zanobi (fronti di cassone probabilmente destinate ad una confraternita e posteriori al 1500). N possibile vedere in queste opere tarde un ritorno, poich, almeno per quanto attendibile la cronologia corrente delle opere, sembra che Sandro non abbia mai smesso di eseguire opere di questo tipo: sia che si trattasse di cassoni oppure, dato che diventavano sempre pi di moda, di tavole da inserire in una decorazione di legno intagliato. Le quattro tavole con la storia di Nastagio degli Onesti, in cui la secchezza del disegno e lacidit dei toni dimostrano chiaramente lintervento di un aiuto nellesecuzione, furono commissionate a Sandro per il matrimonio di Giannozzo Pucci nel 1483. Le mirabili tavole di Virginia vergine romana e della Casta Lucrezia si crede fossero destinate a Guidantonio Vespucci, per il quale, stando al Vasari, Sandro fece intorno a una camera molti quadri chiusi in ornamenti di noce per ricignimenti e spalliere con molte figure vivissime e belle. Guidantonio acquist una casa in via dei Servi nel marzo del 1499 ed possibile che in questa circostanza abbia commissionato lopera. Ma la cosa interessante che Botticelli nella sua Storia di Lucrezia ha ripreso, pur introducendovi un arco trionfale e conferendo un movimento pi frenetico alle forme, una composizione che risaliva a un quarto di secolo prima. Ne abbiamo il modello (Pitti) in una tavola dipinta da Filippino al tempo in cui lavorava con Sandro18. La connessione dunque esiste: il costumista ingegnoso, il narratore vivace che stato Botticelli prosegue le invenzioni degli orefici e degli illustratori fiorentini del 1460. Egli non ha dovuto creare i suoi tipi, le sue figure volteggianti, i suoi abiti di velo, le sue acconciature complicate, quegli atteggiamenti passionali che ben si

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prestano ai contrasti drammatici. Questo repertorio aggraziato, pi che di arricchirlo, egli si preoccupato di depurarlo. E lha ricreato con la sicurezza dellartista che lavora su un repertorio gi definito: il minuto mondo romantico delle novelle cortesi, al quale verranno a sovrapporsi, senza sostanzialmente mutarlo, gli eroi della storia antica e le ninfe dellumanesimo, serve da schermo tra la realt comune ed una sensibilit quanto mai eccitabile. Libero dallobbligo di interrogare la natura, Sandro pu, a suo piacere, accentuare lenergia dello stile, come a dimostrare di aver presa sulle cose e di comunicare con la vita, o al contrario annodare e svolgere liberamente i contorni e le forme19. in questo modo che egli esprime pienamente la complessit fiorentina. Egli dipende dal Pollaiolo e dal Verrocchio, ma si tiene lontano dalle forme contorte del primo, come dagli effetti di rilievo del secondo: nessuno meno di lui scultore. Da Filippo Lippi, lunico fiorentino della met del secolo che abbia veramente sentito lesigenza del colore, deriva una gamma chiara che gli permette toni locali molto intensi. Egli lavora per contrasti limitati, nei quali ricompaiono a coppie i toni arancione e azzurro, rosa e verde, vermiglio e grigio, che si vedono nella Primavera e negli affreschi della villa Lemmi. Nel SantAgostino dOgnissanti la tavolozza pi intensa e laffresco presenta una densit cromatica eccezionale. Questa ricompare nelle tavole degli anni 1500. Ma anche in questi momenti pi vivaci, il colore come uno smalto posato su forme che sono gi definite dal contorno20. La sua interpretazione dellintegra proporzione altrettanto personale: nellAdorazione dei Magi del 1475, nella bella Annunciazione guasta di San Martino della Scala e in numerose tavolette egli sa mirabilmente creare, grazie alla prospettiva, uno spazio intorno alle figure che serve come da risonanza ad esse21. Volentieri,

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nella Sistina e nei quadri del suo periodo ultimo, egli ricorre alle architetture disposte frontalmente; ma non esita, per fare campeggiare le figure nella composizione, ad abolire la profondit e a tendere dietro alle figure una specie di arazzo, una verdura senza orizzonte. Egli non si preoccupa dei problemi dello spazio, ma di quelli della figura: a volte tende a ritagliare e amplificare la statura umana, a volte raggruppa e intreccia le numerose forme in modo da comporre un effetto di rosone (Madonna del Melograno) o sviluppando una sorta di ondulazione (Calunnia). In un momento in cui le botteghe considerano novit interessanti la prospettiva atmosferica, il paesaggio, il brulicare dei particolari sotto la luce, il Botticelli rimane fedele ai princip propriamente fiorentini: anzi li fa pi rigorosi per reagire in modo negativo ai nuovi problemi. Per lui oggetto della pittura rimane, come voleva lAlberti, la ricerca del contorno continuo, senza cesure, e lanimazione di tutti gli elementi: non ci deve essere nulla di inerte, di otioso, nella composizione, nella quale larabesco continuo delle forme determina la diversit dei movimenti (movimenti danimo), che sono poi la chiave dellespressione22. Non dunque casuale che egli abbia ripreso lesempio che viene allegato nel trattato Della pittura, cio la Calunnia, per esemplificare, come nuovo Apelle, le possibilit del quadro ideale: in uno strano palazzo fantastico, in cui filettature dorate ravvivano il tono eburneo dei marmi, nel quale tutti gli ornamenti parlano e le figure, che rappresentano lespressione pi viva del sentimento, si legano in una catena ininterrotta. Non c nulla dinerte o di ozioso qui: tutto portato a quel grado dintensit affascinante, e quasi dolorosa, che porta lanima ad una condizione prossima al sogno23. In questo modo il Botticelli concepisce unarte sollevata allaltezza dellidealismo contemporaneo. Egli non guarda alla natura, ma alle risonanze emotive di un mondo

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minuto e preciso sottomesso agli affinamenti dello stile. Il suo tono richiama i soggetti soavi e leggeri del Poliziano, ma anche il clima dinquietudine intellettuale, venata di pudore e malinconia, proprio del Ficino24. I rapporti del Botticelli con i magnati frequentati dagli umanisti sono largamente provati; tuttavia i documenti noti non ci forniscono alcuna indicazione utile sui suoi rapporti con i poeti e i filosofi di Careggi. Temi come quelli che dnno vita alla serie consacrata a Venere, divinit tutelare delleducazione umanistica, non possono essere spiegati se non riferendoli al simbolo che era stato definito e diffuso dalla Accademia. La Primavera, con tutta verosimiglianza stata pensata come un oroscopo simbolico destinato a celebrare le divinit protettrici che il Ficino e G. A. Vespucci invocavano per il giovane Lorenzo di Pierfrancesco25. Gli autori dei cassoni rappresentavano le scene del mito come episodi di un romanzo cortese. Per la prima volta il Botticelli le rappresenta come apparizioni religiose: Pallade ha lincedere di una santa, Venere sorge come una Madonna sotto larco formato dagli aranci del bosco sacro e, sulla sua conchiglia marina, assistita dalle ninfe come il Cristo del Battesimo servito dagli angeli. Esiste ununica dimensione della fantasia, in cui tutti i valori simbolici comunicano tra di loro: ci che insegnavano gli umanisti dellAccademia. La pittura diventa cos strumento di questa superiore pedagogia di cui parlava il Ficino scrivendo al Bembo: Ergo si mirabilem virtutis ipsius speciem in conspectum hominum proferamus, haud opus erit suasionibus nostris ulterius, ipsamet citius, quam. cogitari possit persuadebit26. Il Botticelli ha introdotto un tono nuovo nella pittura religiosa: egli conferisce alle Madonne e agli angeli una preziosit, una spiritualit eterea, un fascino distante, di una ambiguit quanto mai cosciente27. Basta confrontare le Madonne di Filippo Lippi, che sono delle gio-

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vani madri graziose, con la Madonna dellEucarestia o la Madonna Chigi (Boston, Museo Gardner), la Madonna del Magnificat (Uffizi), la Madonna con sei angeli (Uffizi), per rendersi conto di ci che li distingue: non si tratta di una pi viva femminilit dei modelli, ma di un atteggiamento dolente e riservato, di una tristezza attenta. Il Bambino reca sempre in mano i simboli della Passione e del sacrificio: la madre lo contempla con una tenerezza che non riesce a sorridere. Questo raccoglimento, questa grazia sono inclusi in un arabesco che si salva dallaffettazione grazie alla fermezza dello stile. Questo insistente suggerire una realt pura e squisita si trova di continuo espresso nostalgicamente nel Ficino, la cui massima: Dimitte materiam, dimitte sensum, dimitte rursus et rationem, intellectualis esto, potrebbe servire da epigrafe per lopera botticelliana28. questo che lo fa cos diverso dalla solennit positiva del Mantegna, dal Bellini iniziale, nonch dal naturalismo esaltato dei ferraresi, ai quali pure sembra in certi momenti essere molto vicino29. cos possibile comprendere ci che gli avvenuto dopo il 1490. frequente la convinzione che il pittore delle Veneri umanistiche sia alla fine caduto sotto la suggestione del Savonarola, rinunciando a poco a poco agli artifici della composizione moderna, allintegra proporzione della sua maturit; ma la cronologia delle sue opere non consente questa semplificazione. Lagente dIsabella dEste lo descrive nel 1502 come un optimo dipintore al quale certo non si sarebbero chieste immagini devote; le tavole della Storia di Virginia, piene di templi e darchi di trionfo, sono posteriori al 1500. Del resto non c alcuna prova che Sandro sia stato, come suo fratello, un piagnone militante; la cronaca dello scrivano Lorenzo Violi riferisce che Sandro discorreva nel 1499 delle ragioni della morte del frate con uno dei capobanda dellopposizione: Doffo Spini, capo e guida

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de Compagnacci... usava molto in bottega di un dipintore, che si chiamava Sandro di Botticello, uomo molto noto nella citt, per essere allora de primi eccellenti pittori che ci fussino; et in bottega sua era sempre unAccademia di Scioperati, come uno ne era il prefato Doffo 30 . Non abbiamo qui limmagine di un bigotto arrabbiato, ma di un artista incurante, forse tormentato, che perde il suo tempo in chiacchiere e apertamente trascura la sua attivit. Fra i pittori noti della citt lunico che non abbia incarichi. Senza dubbio lo si deve molto alla sua negligenza e altrettanto certo che stato per questo aspetto del suo temperamento che Sandro ha lasciato con indifferenza che il suo stile passasse di moda31. Egli ha cambiato meno dei suoi contemporanei. Quindici anni prima il suo stile armonioso veniva contrapposto alla composizione facile del Ghirlandaio, la sua aria virile allaria dolce del Perugino. Ma ora si preferisce il disordine pittoresco di Filippino; laria soave e compassata del Perugino di moda e lo stile fuso trionfa nei cartoni di Leonardo che richiamano tutta la citt. Lultimo periodo del Botticelli cosa ben diversa dalla reazione devota degli anni 1495-99; non un semplice aspetto della crisi di coscienza fiorentina. Rivela piuttosto la meditazione personale di un artista che senza dubbio condivide i tormenti dellepoca, ma non accetta la lotta artistica e si chiude nel mondo della sua sensibilit. Difficilmente si potrebbe trovare, prima di questi anni, un esempio di un comportamento del genere in un pittore. Il Vasari che non era pi in grado di comprendere queste nature complesse ha rivelato, per cos dire, senza volerlo lalibi del Botticelli scrivendo: Per essere persona sofistica coment una parte di Dante e figur lo Inferno, e lo mise in stampa, dietro al quale consum di molto tempo; perilch, non lavorando, fu cagione dinfiniti disordini alla vita sua32. Il Botticelli ebbe questa

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commissione, che gli assicurava la tranquillit, da Lorenzo il Giovane, cugino del Magnifico, lo stesso per il quale aveva dipinto la Primavera. Questo personaggio aveva avuto una parte attiva nel rovesciamento del regime mediceo nel 1494, ma non ne aveva tratto i benefici che si riprometteva. Il pittore in rapporti con lui per tutto questo periodo, nel quale va posta lesecuzione dei disegni per la Commedia33. Come abbiamo visto, si tratta del frutto pi squisito del culto di Dante nel Quattrocento: dal commento applicato del Landino e dalle letture cariche dimplicazioni filosofiche che se ne faceva intorno al Ficino, il testo esce con una freschezza e una trasparenza nuove. LInferno trattato in uno stile da cassone, minuzioso e fitto di segni, il Purgatorio ha maggior ampiezza, il Paradiso un puro luogo di sogno. Tutta lopera realizzata a contorno e non a forme plastiche; non c apparato umanistico di nessuna sorta, forse per influenza della critica savonaroliana o pi semplicemente perch Botticelli si spontaneamente rifatto allo stile dei cassoni che ignora le convenzioni dei costumi storici: Virgilio ha in testa la berretta dei magi e i mostri dellInferno non presentano alcuna relazione con i rilievi antichi. Il disegno nervoso e preciso mira solo alla fisiognomica, al linguaggio dei gesti e al movimento: il poema che Botticelli illustra quello delle metamorfosi dellanima e delle sue aspirazioni mistiche. Tutto ci che il Botticelli dipinge dopo il 1495-1500 sembra in realt gravitare intorno allillustrazione della Commedia. I fondali di picchi e rocce scheggiate da lui inventati per il Purgatorio ritornano in parecchie opere: lAdorazione dei Magi non finita degli Uffizi e la Piet di Monaco. Corpi nudi, che rappresentano le anime, gemono sulle balze del mondo dove si espiano i peccati; si ritrovano le loro convulse torsioni e i loro lamenti in tutte le composizioni narrative di questo periodo; solo

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la Piet ritorna alle grandi forme monumentali, ma per accrescere la mimica drammatica, dei santi personaggi intorno allarco drammatico del corpo di Cristo. Le fasi alterne dangoscia e fiducia mistica che ognuno attraversava a quellepoca a Firenze, la gente comune come i dotti, hanno ispirato a Botticelli le due opere pi significative dellepoca: la Crocifissione allegorica del Fogg Museum di Boston e la Nativit allegorica della Nazionale di Londra. I soggetti sacri trovano in queste opere un significato attuale, un valore di predizione ed possibile rendersene conto solo ricreando con la fantasia latmosfera drammatica in cui esse sono state concepite e riflettendo alla tendenza propria di Sandro a trarre una conclusione personale da tutto ci che colpisce la sua sensibilit. Non si tratta dunque propriamente di quadri di propaganda piagnona, per cui luno rappresenterebbe le minacce divine che gravano sulla citt, laltro la speranza di rinnovamento che sopravvive nel cuore dei partigiani del Savonarola dopo la sua morte. Si tratta piuttosto di testimonianze della reazione e del turbamento dellartista e luna e laltro sono condotte nello stile delle illustrazioni della Commedia. Nella Crocifissione la Maddalena che singhiozza ai piedi della croce sembra una delle minuscole figure che attendono nel Purgatorio; nella Nativit vediamo angeli recanti lulivo di pace e le corone promesse agli eletti rotare in un girotondo simile a quelli del Paradiso; i boschetti di mirti e dulivi sono, come nella Commedia, gli unici elementi del paesaggio; e la strana scritta in lettere greche in cui inclusa la data dellopera e nella quale Sandro inserisce il suo nome come nellultimo cielo del Paradiso, rivela un accento simile a quello delle antiche predizioni gioachimite, sempre popolari a Firenze, che la predicazione savonaroliana aveva risvegliato nei cuori34. Lartista sofisticato aveva cos percorso in tutta la sua ampiezza larco delle aspirazioni e delle inquietudini fiorentine.

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Capitolo secondo Filippino Lippi: le singolarit del paganesimo

Larte del Botticelli non ha avuto alcuna risonanza fuori Firenze; ma nella stessa Firenze, intorno al 1480, le sue gracili Madonne e i suoi angeli soavi sono stati ben presto ripresi nelle rappresentazioni devote; chi meglio sapeva ispirarsene, con contorni squisiti, un colore tenero con delle filettature doro che rialzano degli azzurri leggeri, era un giovane artista che ora viene identificato in Filippino Lippi35. Nato nel 1457, il figlio di Filippo cominci a mostrare aspirazioni autonome nella Apparizione della Vergine a san Bernardo, dipinta intorno al 1485-86 per Piero del Pugliese nella chiesa delle Campora (in seguito portata alla Badia): la composizione rivela energia sia pure in un insieme un po caotico. Chiamato verso il 1488 a Roma, scoprir allora, negli affreschi della cappella Sistina dipinti dal suo maestro, un romanticismo nei costumi e nei particolari archeologici che lo incanter e da cui trarr suggerimenti allinfinito. Si tratta di un Botticelli meno geniale, e in un certo senso pi completo. Anche lui fu apprezzato da Lorenzo, invitato alla villa di Volterra, poi al Poggio; lo si ritrova al servizio di tutti i gruppi fiorentini vicini ai Medici, ad esempio gli Strozzi, o anche di coloro che, come il Pugliese, sarebbero diventati loro nemici36. Dopo i lavori di Volterra per Lorenzo, Filippino ebbe lincarico di completare la cappella del Carmine37. Vi ha dipinto in particolare, sulla parete di destra, sotto La

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Resurrezione di Tabita (spesso attribuita a Masolino) un affresco comprendente due scene. Il confronto tra lo stile duro di Masaccio e quello del suo successore quanto mai rivelatore: Filippino chiaramente si regola su Masaccio e forse utilizza i suoi cartoni, ma si nota una particolare artificiosit nel raggruppare le figure e una tendenza a un pittoresco fittizio. Nella scena intitolata San Pietro davanti al proconsole, Filippino ha condensato in una disputa il conflitto di san Pietro e san Paolo con un mago alla presenza del magistrato romano che presenta un tipo neroniano38. Filippino ha variato gli atteggiamenti degli astanti e ha introdotto una serie di ritratti di buona qualit. Egli ha romanizzato con cura il personaggio assiso sul trono imponendogli i sandali, la toga, il bastone insegna del potere, un profilo tipico copiato da un busto o da una medaglia imperiale. Simone porta lampia veste bianca con le larghissime maniche dei sacerdoti, una cappa rossa e una berretta. La sua alta statura domina la scena. Con la mano destra che impugna un rotolo egli indica un piccolo idolo di bronzo che sta davanti al trono, con la sinistra denuncia san Pietro. Combinando la disputa davanti al proconsole di Cipro tra il mago Bargeso e san Paolo (raccontata dagli Atti degli Apostoli, XIII, 6-12) e la narrazione della Leggenda aurea, secondo la quale Pietro e Paolo, introdotti alla presenza di Nerone, svelavano tutti i malefizi del mago, Filippino ha voluto compendiare in una sola scena il conflitto tra paganesimo magico e fede cristiana39. Questa scena romantica era solo il preludio alla sbalorditiva rievocazione storica che si ha nella cappella Strozzi. Filippino era stato incaricato di eseguire lAdorazione dei Magi commissionata nel 1481 a Leonardo dai monaci di San Donato a Scopeto e da questo lasciata allo stato dabbozzo40: finita solo nel 1496, la tavola ci mostra un Filippino docile allinfluenza di Leonardo

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come era stato a quella di Botticelli in giovent e a quella di Masaccio al Carmine. Egli ha conservato la composizione piramidale, i gruppi a spirale, ma ha indebolito queste soluzioni dando maggiore importanza al paesaggio e accentuando anedotticamente tipi e costumi. La serie di figure dei Magi curiosa ma non ha mistero: esse appartengono al ramo cadetto dei Medici, come il Vasari ha avuto cura di rilevare, dato che il ramo maggiore era stato cacciato; a sinistra si vede Pierfrancesco il vecchio con un astrolabio in mano41. Sono i nuovi Magi, ma la loro testa non ha la dignit di quella antica. In altri quadri sacri dello stesso periodo, ad esempio LIncontro di santAnna e Gioacchino (Copenaghen), datato 1497, Filippino, il cui colore rimane cupo, corona la scena con architetture antiche nelle quali introduce bassorilievi pieni di figure pagane e cristiane difficili da decifrare42. Filippino diventato una sorta di Ghirlandaio pi brillante e pi inquieto. Al contrario di Botticelli, venuto arricchendo la sua maniera di elementi tratti dagli umbri e dai fiamminghi; sono quelli che avevano determinato il successo della sua Apparizione della Vergine a san Bernardo, ma dieci anni pi tardi lApparizione di Cristo alla Vergine di Monaco manca di equilibrio e di sincerit. Nulla pi rivelatore della versatilit di Filippino che il suo ritornare per un momento al fondo oro trecentesco nella Crocifissione con san Francesco (1496), destinata a un cliente piagnone, Francesco Valori43. Egli aveva continuato ad interessarsi alle allegorie didattiche e forse appartiene alla sua giovinezza la suggestiva tavola con le Arti liberali della Galleria Corsini, che rappresenta queste immagini del sapere come le Muse44; e nella cappella fondata dal cardinale Carafa a Santa Maria sopra Minerva per poco la sua ambiziosa composizione non riuscita un grande fatto prima del Vaticano di Alessandro VI e di Giulio II. Nel soffitto

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si vedono quattro Sibille, circondate dangeli, in un atteggiamento tormentato; il trionfo delle Virt sui Vizi, che occupava la parete di sinistra, scomparso nel 1560; si trattava di una nuova psicomachia, in cui, come dice il Vasari, la Fede teneva prigioniera lIncredulit presso di s, la Speranza, la Disperazione ai suoi piedi45. Il Trionfo di san Tommaso, che ancora si conserva sulla parete di contro, rinnova con impeto quello che era stato il tema maggiore dellarte domenicana: una composizione teatrale dispone gli eretici e i dottori, assai agitati, al di sotto delle quattro Arti liberali che inquadrano il santo e il suo baldacchino di pietra; ma lattenzione attratta irresistibilmente dal fondale romano dove si ha il Campidoglio sulla sinistra e dei personaggi curiosamente disposti che intaccano la solennit di questo mondo allegorico. Come in questo stesso momento nella tomba di Sisto IV, che il Pollaiolo veniva eseguendo a Roma, lo schema tradizionale si arricchisce di elementi estranei. Filippino amava le rappresentazioni enigmatiche; nelle tavolette allegoriche che egli componeva per gli appassionati della cultura moderna, si compiaceva dei giochi disegnativi, delle piccole trovate capricciose arrivando perfino a migliorare il suo colore. Nella Allegoria dellamore (circa 1495) il paesaggio sommario e leggero, un liocorno immerge il suo corno nella fonte avvelenata sotto un grande ghirigoro di cartigli: limmagine del Physiologus qui ravvivata dal gusto umanistico delle imprese. La tavoletta del Centauro ferito (Oxford, Christ Church College), con lanimale davanti alla grotta dove giace la sua famiglia, ha la freschezza di certi Piero di Cosimo, per con un lirismo meno aspro che deriva direttamente dai rilievi della Calunnia del Botticelli. Infine la strana allegoria della Musica (Berlino), di data incerta, rappresenta la Musa Erato che doma il cigno della poesia in un turbine dali, di veli e

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di cartigli. Ad essa si pu riferire il passo di Lorenzo nellegloga Apollo e Pan, in cui si dice che i cigni hanno lasciato lElicona per il Peneo (alimentato dalle lacrime):
Nellacque allombra delle sacre fronde Cantan candidi cigni dolcemente: Lacqua riceve il canto, e poi risponde.

Il cigno fa parte del linguaggio convenzionale della poesia umanistica: sta ad indicarne lo slancio; Erato propriamente la sorella di Partenice e delle Muse della cappella Strozzi46. su questo terreno delle immagini un po ermetiche, dove lumanesimo tendeva a definire una nuova iconografia, che Filippino riusciva meglio a esplicare la sua curiosit e la sua arte volubile. La decorazione del portico di Poggio a Caiano, che rappresentava il Laocoonte, ne sarebbe stato il migliore esempio: egli deve averla cominciata intorno al 1490 tra due soggiorni a Roma47. La parte alta, lunica eseguita, mostra due edifici straordinari; quello di destra, coperto di delfini, conchiglie, emblemi acquatici e marini, e il tempio di Nettuno, e il disegno corrispondente prova chiaramente che Filippino si sforzava di illustrare lepisodio riferito da Virgilio48. Linteresse per unantichit tutta sacerdotale, per i suoi riti e i suoi sacrifici, si univa qui ancora una volta al gusto delle forme bizzarre. Anche la Bibbia era trattata allo stesso modo, a giudicare dalle tavole (probabilmente frammenti di cassone, data la loro forma di rettangolo allungato) da lui dedicate alla storia di Mos. In queste scene magiche il capo degli ebrei batte la roccia al centro di una turba eteroclita e il bue Api degli idolatri si leva in aria. I costumi dei mysti e la loro danza sono raffigurati minuziosamente in una sorta di fregio in movimento49. Linteresse per le stranezze religiose del paganesimo portava gli umanisti verso Giamblico e i testi della litur-

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gia pagana: a differenza degli archeologi dellItalia settentrionale, che erano attratti soprattutto dal pittoresco delle feste e dai riti della fecondit, i fiorentini consideravano piuttosto i misteri, lidolatria, la magia. ci che ci dimostra con una certa precisione la decorazione della cappella Strozzi, in cui i due episodi principali sono stati scelti con questi intenti. Lopera fu commissionata nel 1487, nel 1489 era gi cominciata; non fu portata a termine che nel 1503. Linsieme sta a mezzo fra la cappella funeraria e la cappella gentilizia, come quella dei Sassetti a Santa Trinita50. Ai quattro angoli della volta sono poste le figure tormentate dei patriarchi; un putto spaventato si precipita verso Adamo; No porta un turbante e una cornucopia, laltare con le teste dariete, che quello di Abramo, viene sollevato dagli angeli, Giacobbe regge un vaso, ai suoi lati si dispiega un filatterio. Le filettature dorate lampeggiano al sommo della volta e inseriscono una nota di prodigio in questi ritratti leggendari. La finestra, arricchita duna vetrata con storie della Vergine, viene inquadrata da un arco di trionfo, sostenuto da due colonne finte e da pilastri a grottesche che arrivano ai capitelli dangolo della cappella. Due coppie dangeli si agitano sullarchitrave; reggono rotuli stipati di scritte: tutta la decorazione, di un tono pallido rialzato da note azzurre e dorate, brulica: piccoli angeli, sfingi, visi spuntano da tutti i particolari di un ornato convulso. A sinistra una ninfa musicante, Partenice sta sotto una palma con lumeggiature doro; due muse affrontate le fanno riscontro a destra. Le iscrizioni mettono in evidenza il valore iniziatico ed esaltante di questo complesso in cui loscura Partenice e le Muse diventano ancelle del Vero Dio. La scritta mistica: Sacris superis initiati canunt riecheggia una frase del Ficino: Sacra mysteria dari quidem vulgo velata, electis autem discipulis revelari51. Qualcosa sarebbe mancato alla Firenze del Quattrocento senza questa

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composizione visionaria alla quale lumanesimo ha fornito tutti i termini. La parete di destra consacrata a san Filippo, quella di sinistra a san Giovanni Evangelista. Nelle lunette c il supplizio di ognuno di questi santi e pi in basso due miracoli operati in nome della fede cristiana nel mondo pagano sconvolto. Soggetto della decorazione lincontro tra il paganesimo religioso con i suoi templi, i suoi sacerdoti, i suoi simboli magici e la sua potenza demoniaca, e la magia superiore della vera fede. Ne risultano scene confuse e fantastiche. Limperatore Domiziano che ordina il supplizio di san Giovanni fiancheggiato da un consigliere in turbante e da una schiera di legionari disegnati con brio; lo stendardo di Roma appeso ad una testa dorata di fauno fissata ad una colonna. La resurrezione di Drusiana secondo la Scrittura avviene a Efeso: due templi bizzarri, sovraccarichi di figure, richiamano il culto di Diana; sullaltare, sul quale sono scolpiti dei prigionieri e delle maschere faunesche, si legge la scritta: Orgia. I colori sono stridenti: controluce impressionanti e riflessi dorati fanno dimenticare la loro confusione52. Questa Leggenda aurea, rielaborata dal romanticismo umanistico, trionfa nel Miracolo di san Filippo davanti allaltare di Marte. Laltare del dio cos monumentale che il Vasari ha quasi ragione di equivocare prendendolo per un tempio. Una sorta di pronao semicircolare circonda la statua magica. Allegorie guerriere sono disposte su tutte le facce; panoplie fanno da acroteri agli angoli del portico e sono riprese a bassorilievo ai due lati della statua; vittorie alate che trascinano dei prigionieri in catene con la palma del trionfo in mano, sormontano ledicola. Le cariatidi e i telamoni raffigurati nellordine interiore sono animati come nei racconti di magia. La stessa statua del dio il capolavoro di questa fantasia capricciosa: sullo zoccolo di bronzo adorno di sfingi sta il dio con

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luccello a lui sacro, il corvo, ai suoi piedi, mentre tiene laltro animale a lui sacro, il lupo, con la mano sinistra. cinto duna corona con nodi ondeggianti e guarda lapostolo con aria minacciosa. Sul bordo di un emiciclo, anfore, brocche, vasi sacrificali creano una sorta di fregio dutensili romani che sono tratti dalla base della colonna traiana53. Si penserebbe a un vero e proprio repertorio dellapparato e dei simboli rituali pagani: questo impegno di documentazione si giustifica forse ricordando le leggende fiorentine relative al dio Marte, antico protettore della citt prima di essere cacciato da san Giovanni:
e per questo sempre con larte sua la far trista (Purgatorio, XIII, 144-45).

Il cronista Villani descrive lo splendido tempio del dio e racconta che la statua equestre di Marte allaccesso di Ponte Vecchio sempre stata legata alle vicende della citt. questa divinit demoniaca che rievocata qui. Linsieme svolto in uno stile teatrale; la terribilit, cade nel bizzarro e porta al limite un certo manierismo fiorentino. questo lunico equivalente a Firenze dei costumi profani e dellarcheologia ossessiva del Mantegna. Da essa per si distingue per la stessa venatura, la stessa preoccupazione dei simboli e delle funzioni religiose che distinguono gli umanisti di Careggi dai loro colleghi settentrionali54.

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Capitolo terzo Il Savonarola e larte

La crisi religiosa di Firenze laspetto pi vistoso della crisi generale della cultura. Al momento in cui il Savonarola viene richiamato a Firenze, nel 1489 o 90, per linsistenza di Pico, il suo slancio di riformatore trova il consenso della maggior parte degli umanisti e intorno a lui si forma una piccola accademia, nella quale gli umanisti sono numerosi. Lorenzo stesso non lo avversava. Si deve dunque rinunciare alle facili contrapposizioni, che da tempo sono diventate luoghi comuni e che hanno servito per lesaltazione o la condanna, tra civilt medicea e reazione savonaroliana: questa in realt nata dalle ambiguit di quella55. La grande forza del predicatore domenicano stata di presentarsi come lerede della tradizione fiorentina. La sua eloquenza popolare, inesauribile e continuamente punteggiata dallusioni al destino eccezionale della citt, dalla quale deve uscire il rinnovamento universale. La denuncia della corruzione romana quanto mai gradita alla folla fiorentina: il Savonarola sa muovere una massa per la quale le dottrine dei dotti non avevano rappresentato nulla. Egli non solo sa richiamare a questa folla distratta i suoi santi e le sue tradizioni devote, ma modernizza la devozione. Restituisce nuovo vigore alla pratica delle laudi: sul metro di Quant bella giovinezza, la celebre aria della Canzone di Bacco e Arianna, compone il cantico del Signore: Viva, viva in

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nostro cor. Non abolir il carnevale, ma lo trasformer in una festa penitenziale, nella quale i cortei di flagellanti prenderanno il posto dei cori festosi e lardore del pentimento quello della esaltazione profana di un tempo56. Nella generale inquietudine solo un libertino incallito avrebbe potuto dubitare che il Savonarola non annunciasse una religione pi pura e quella riforma dei costumi di cui tutti sentivano lesigenza. La mediocrit del figlio di Lorenzo era bastata a far sentire che Firenze decisamente non era fatta per il principato e che occorreva ritornare alle tradizioni repubblicane di un tempo. La rivoluzione avvenne rapidamente e quasi senza contrasti. Uno dei primi atti della nuova Signoria piagnona fu di decretare la costruzione di una sala del gran consiglio in palazzo Vecchio per dimostrare chiaramente il ritorno alla vita civile di un tempo57. Gli intellettuali del movimento piagnone si dedicarono alla lotta contro lo spirito profano gaudente, ma le loro opere mantengono la struttura e le forme umanistiche. Ugolino Verino, membro dellAccademia, improvvisamente ridottosi alla devozione pi rigorosa, comincia nel 1491 a difendere Savonarola dallaccusa di essere nemico della poesia e pubblica un trattato in versi latini preceduto da una epistola dedicatoria in cui tenta di abbozzare unestetica piagnona. Il frate era lui stesso poeta e intorno a lui non mancheranno glinni, le laudi, le epopee cristiane, grazie al Verino, a Zanobi Acciaiuoli e molti altri. Si assiste cos ad una nuova fase dellumanesimo cristiano. Giovanni Nesi pubblica nel 1496 il suo Oraculum de novo saeculo, visione dantesca in cui Giovanni Pico, preso come guida celeste, celebra insieme il neoplatonismo e la dottrina del Savonarola come due aspetti concordanti della vera fede. Girolamo Benivieni, che Pico prima di morire aveva convertito alla causa del Savonarola, rivede lui stesso il suo poema giovanile, la famosa Canzone dellAmor celeste e divino

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secondo la mente e opinione dei Platonici (1487), accompagnandola con un commento mistico (1494) e trasformandola in Canzone dellAmore celeste e divino secondo la verit della religione e della fede cattolica. Non solo ma compose laudi, frottole dintento morale e le canzoni che furono cantate nei carnevali del 1496, 1497, 149858. Vediamo qui che il nuovo orientamento porta a mutare gli atteggiamenti troppo scoperti di un tempo. Gi negli anni 1490-92, sotto linflusso di queste stesse circostanze, il Braccesi scrive un sonetto contro la vergogna delle favole pagane e il Verino un epigramma Contra lascivos poetas inventores turpium fabellarum deorum. La vecchia polemica degli inizi del secolo tra il Salutati e Giovanni Dominici sembra riaccendersi. Gli spiriti suggestionabili o accesi di zelo tornano a chiedersi, come il Petrarca nei momenti angosciosi, se lamore della gloria non sia colpevole, se i miti e la storia antica non siano una tentazione, se la cultura profana non costituisca un mondo pericoloso, la poesia unattivit sospetta59. Lo stesso avveniva per gli artisti. La rivoluzione del 1494 non rappresentava allinizio per loro altro che un cambiamento di clientela. Mai come allora la fondazione di nuove cappelle e le offerte di pale daltare furono numerose. Per coloro che, ad esempio Lorenzo di Credi, furono fin dagli inizi fra i seguaci del movimento, si trattava semplicemente di dipingere tavole di devozione impeccabili e non cera bisogno di mutare tecnica. vero che certi borghesi piagnoni, nel desiderio di penitenza, preferivano composizioni di un gusto trecentesco considerate pi rispondenti allideale devoto della citt60. In pochi anni la crisi raggiunse le arti: il Savonarola, soprattutto dopo il 1496, non cess di chiamarle in causa. E certi artisti giovani, ad esempio Baccio della Porta, si credettero in obbligo di scegliere tra la pittura e la vita cristiana pi pura, cio la condizione monastica.

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Il Savonarola era un ispirato: si dichiarava lui stesso esplicitamente profeta e taumaturgo. Egli faceva aleggiare su Firenze la poesia visionaria della Bibbia e di san Giovanni. Egli ne trae ispirazione, nella quaresima del 1492, nei Sermoni sullarca di No e nel commento infuocato ai versetti della Genesi (VI, 9-22): le catastrofi minacciano lItalia, si salveranno solo coloro che in tempo entreranno nellarca mistica, dove si pu entrare solo abbandonando ogni attaccamento ai beni di questo mondo. La mattina di Pasqua larca sar piena e potr affrontare il diluvio che ormai incombe. Durante lavvento del 1494, nel momento in cui gli eserciti del nuovo Ciro, Carlo VIII, sono gi in marcia, il Savonarola riprende il tema dellarca nella serie dei Sermoni su Aggeo, il profeta che parl agli ebrei alluscita da Babilonia: ed io non resto di esclamare: agite poenitentiam, fate penitenza, che in voi sappropinquer il regno de cieli; ed ho chiamato ognuno che entri nellArca61. Il nuovo Aggeo esorta i sacerdoti a rinunciare al loro desiderio di agi e ricchezze, i cittadini di Firenze ad abbandonare il loro lusso, i loro inutili ornamenti, i loro begli abiti, a dare il superfluo alla Compagnia di San Martino che lo distribuir ai poveri:
O voi che avete le case vostre piene di vanit e di figure e cose disoneste e libri scelerati, e il Morgante e altri versi contra la fede, portateli a me questi per farne fuoco o un sacrificio a Dio. E voi, madri, che adornate le vostre figliuole con tanta vanit e superfluit... portatele tutte qua a noi per mandarle al fuoco, acciocch quando verr lira di Dio, non trovi queste cose nelle case vostre62.

I sermoni sullarca di No erano lannuncio di una politica rivoluzionaria, democratica e cristiana, ideata per affrontare il dramma dei tempi; il Sermone di Ognis-

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santi prepara lo slancio di ascetismo e di austerit che scuoter la nuova repubblica; annuncia anche la dottrina della riforma artistica che si svilupper poi negli anni tra il 1496 e il 1498. Limmaginazione del Savonarola riprende, senza rinnovarli, i grandi temi simbolici del medioevo. Da grande oratore biblico quale era, egli descrive le sue visioni alla folla:
Io stavo cos pensando da me, e apparsemi innanzi agli occhi un bellissimo tempio di marmo fine, e coperto doro, con bellissime colonne di porfido. Le porte erano di margherite preziose, il santuario tutto di musaico, il coro era davorio finissimo ben lavorato, il resto del tempio era a nave con superbissimo pavimento, e finalmente di dentro e di fuora era tanto bene ornato, che io non ne vidi mai un simile. E desiderando di sapere chi avesse fatto s bel tempio, mi venne guardato sopra il santuario, e lessi in una pietra grandissima certe lettere doro: Rex Salomon summo regi ac domino dominantium templum hoc aedificavit. E fatta lorazione, mi sentii tutto allegro.

Di questo tempio il Savonarola d uninterpretazione simbolica quanto mai minuziosa, il primo tempio la Chiesa primitiva di pietre vive, cio di cristiani solidati nella fede... Loro che era nel tempio significa la sapienza divina che riluceva ne fedeli. Le colonne di porfido furono gli apostoli santi che reggevano la Chiesa. Il tetto il clero, le porte il Sacramento (o i predicatori) e cos di seguito per cui tutti gli elementi del mirabile edificio, hanno misterio che facile chiarire63. Il meccanismo di queste immagini quello delle raccolte di sermoni del tempo, ben noti al Savonarola, ma con pi slancio, in lui, e unenfasi che si potuta avvicinare alleloquenza dellet barocca64. Nel terzo sermone sui Salmi (13 gennaio 1495) egli descrive, ad esem-

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pio, una croce nera sopra la Babilonia Roma, nella quale croce era scritto: Ira Domini; e quivi sopra pioveva spade, coltelli, lancie e ogni arme e grandine e sassi con tempesta e folgore mirabili e grandissime, con un tempo oscurissimo e tenebroso. unaltra croce doro che aggiugneva dal cielo infino alla terra sopra Ierusalem, nella quale era scritto: Misericordia Dei e quivi era un tempo sereno, limpidissimo e chiaro. Questo doppio paesaggio lo ritroviamo nella Crocifissione allegorica del Botticelli che mostra il leone, cio il Marzocco fiorentino, flagellato da un angelo e la prostrazione della Chiesa65. Questo ritorno ai princip e al frasario delleloquenza sacra andava insieme ad una risoluta restaurazione della teologia tomistica. I platonici di Careggi non lavevano mai ripudiata e questa presa di posizione non doveva, in linea generale, trovarli dissenzienti. Per loro era inevitabile laccordo tra il platonismo rettamente inteso, quello dei teologi antichi, e linsegnamento dei grandi dottori. ci che Pico sostenne generosamente di fronte al Savonarola in un colloquio riferito dal Crinito66; ma il domenicano era gi scettico su questa concordanza e negli anni successivi verr accentuando in modo sempre pi netto le sue riserve verso gli antichi membri dellAccademia, per riprendere infine senza mezzi termini la vecchia polemica antiumanistica dei Regolari. Nel Trionfo della Croce (1497) egli ricorda che il semplice peccatore illuminato dal cristianesimo superiore a tutta la saggezza antica: quanto cosa stolta a Ies Nazareno volere comparare Apollonio di Tiana, Pitagora, Socrate, Platone, o qualunque altro eccellente filosofo. (Sindovina facilmente contro chi sindirizzasse questa dichiarazione). Qual mago, qual filosofo, qual re potentissimo scrive il Savonarola ha fatto mai tal cose... che sono state uno gran tempo innanzi predette da profeti e dalle Sibille, li libri de

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quali sono noti a tutto il mondo, promettendo Dio per la bocca loro67. Chi parla in nome del Cristo rende superflui i rappresentanti della saggezza antica; una stampa di propaganda popolare che accompagna il Discorso della Verit profetica (1497 o 1498), esprime questa superiorit rappresentando il Savonarola in atto di discutere con i sette Saggi68. Ai piedi dun albero, su un ripiano dominato in lontananza da Firenze, il frate vestito di nero appare a sinistra in atto di argomentare; i sette filosofi vestiti della toga, con in testa berrette e turbanti, ascoltano lui che ispirato dalla colomba dello Spirito Santo. Questa stampa la trasposizione di un celebre mosaico antico e rivela come sia gi cominciata la dissociazione della cultura medicea. Questa si accentuer attraverso le riserve avanzate nei riguardi di Dante, di cui il Savonarola non incoraggiava la lettura e il commento in Duomo; egli trovava abusiva la consuetudine di citare i poeti nelle prediche69. Egli denunciava uno dopo laltro gli equivoci cui ci sera abbandonati per tanto tempo; e dichiarava con ironia che non si innalza la propria anima guardando con ammirazione la bellezza delle donne e meno ancora quella dei bei giovani E si dice di Socrate che andava contemplando la bellezza delli giovani per contemplare la bellezza spirituale per la corporale. Io non consiglio gi te che tu facci cos n che vadi a vedere una bella donna per contemplare la bellezza di Dio: saria questo uno tentare Dio70. Il cristiano doveva astenersene; lEros platonicus era una trappola. Realizzando per gradi la riforma generale della societ fiorentina, che avrebbe dovuto essere il paradigma della riforma universale, il Savonarola era portato a impartire direttive in tutti i campi in cui ci si aspettavano indicazioni da lui. Nel campo dellarte dopo il 1496 che ha definito il suo pensiero in una polemica severa, pi significativa per la sua veemenza che per la sua origina-

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lit71; infatti essa riprendeva uno dopo laltro tutti i princip della dottrina domenicana72. In ultima analisi al neoplatonismo degli umanisti, per i quali ogni bellezza pu muovere lanima verso il divino, opponeva un altro neoplatonismo, quello dei dottori del secolo XII, dal quale lo stesso san Tommaso aveva derivato la sua estetica dello splendore. Il Savonarola riprende qui e corregge in senso morale le formule care allambiente di Careggi:
e tanto sono belle le creature, quanto pi partecipano e son pi apresso alla bellezza di Dio; ancora tanto pi bello el corpo quanto pi bella lanima. Togli qua due donne che sieno equalmente belle di corpo, luna sia santa, laltra sia cattiva; vedrai che quella santa sar pi amata da ciascuno, che la cattiva, e tutti gli occhi saranno volti a lei. Io dico etiam degli uomini carnali. Togli qua un uomo santo, il quale sia brutto di corpo: vedrai che par che ognuno lo voglia veder volentieri, e pare, bench e sia brutto, che quella santit risulti e faccia grazia in quella faccia. Or pensa quanta bellezza avea la Vergine, che aveva tanta santit, che risplendeva in quella faccia, della quale dice San Tommaso che nessuno che la vedessi, mai la guard per concupiscenzia, tanta era la santit che rilustrava in lei; pensa a Cristo, quanto era bello, el quale era Idio e uomo73.

Il mutamento daccento decisivo; tutto ci che sospetto di spirito profano sar bandito dalla Chiesa. Sul tema: Et portastis, tabernaculum Moloch Deo vestro et imaginem idolorum vestrorum (Amos,V, 26), il predicatore attacca direttamente la pittura contemporanea e i suoi abusi:
voi avete dedicato el mio tempio e le mie chiese a Moloch, dio vostro. Guarda che usanze ha Firenze: come le donne fiorentine hanno maritate le loro fanciulle, le menono a

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mostra e acconcianle l che paiono ninfe, e la prima cosa le menono a Santa Liperata, questi sono lidoli vostri, e quali avete messo nel mio tempio. Limagine de vostri dei sono le imagini e similitudini delle figure che voi fate dipingere nelle chiese, e li giovani poi vanno dicendo a questa e quella: costei la Maddalena, quellaltro santo Giovanni perch voi fate dipingere le figure nelle Chiese alla similitudine di quella donna o di quellaltra, il che molto male fatto e in grande dispregio delle cose di Dio. Voi dipintori, fate male, che se voi sapessi lo scandolo che ne segue e quello che so io, voi nolle dipingeresti. Voi mettete tutte le vanit nelle chiese. Credete voi che la Vergine Maria andassi vestita a questo modo come voi la dipignete? Io vi dico chella andava vestita come poverella, semplicemente e coperta che a pena si gli vedeva el viso, cos santa Elisabetta andava vestita semplicemente. Voi fareste un gran bene a scancellare queste figure che son dipinte cos disonestamente. Voi fate parere la Vergine Maria vestita come meretrice. Or sicch il culto divino guasto74.

Questi ammonimenti furono ascoltati: la loro giustezza era palese. Si trattava di dare ai pittori il senso della loro responsabilit e di richiamare anche loro alla virt, donde linterpretazione in senso esclusivamente morale della formula: Ogni dipintore dipinge s. Il Savonarola argomenta infatti che vero che ogni pittore rappresenta se stesso, ma non in quanto uomo, dato che dispone di immagini di leoni, cavalli, uomini o donne che non gli somigliano affatto; ma in quanto pittore, cio per quanto riguarda le sue idee. Egli crea, vero, schizzi e quadri diversi fra di loro, ma tutti recano limpronta del suo spirito. Lanalisi richiama quella del Ficino sullo stesso argomento, ma la conclusione che non si deve solo dipingere la virt, ma praticarla, viverla75. Dunque bisognava andare oltre. Quadri di gran pregio e fasto, egli diceva, si portavano nelle chie-

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se al punto che nera distrutta la luce divina. Era quindi auspicabile una maggior semplicit, altrimenti larte avrebbe fatto dimenticare Dio. In uno dei sermoni su Ezechiele il predicatore aveva dichiarato abominevole la consuetudine di porre nelle case opere antiche, composizioni mitologiche, concludendo con lesortazione a rimuovere dalle proprie stanze gli idoli in esse conservati76. Lo zelo dei seguaci e delle confraternite piagnone si estese naturalmente a tutta quanta larte profana; fu intrapresa una campagna contro limmoralit. Le crescenti difficolt della nuova repubblica imponevano di esaltare il fervore popolare e cos si ebbe nel 1497, nel giorno in cui avveniva il tradizionale carnevale, il grande bruciamento delle vanit. Su un rogo piramidale a sette piani (corrispondenti ai sette peccati capitali) furono solennemente distrutti i libri libertini, i gioielli, gli abiti lussuosi le opere pagane, i quadri giudicati impudichi, i ritratti delle cortigiane: occorreva espiare mezzo secolo derrori.77 Lattenzione principale dei capi del movimento si rivolse al libro illustrato ed alla stampa. Le edizioni delle opere del Savonarola si moltiplicarono con incisioni in legno, di uno stile sobrio e netto, che per erano solo adattamenti di immagini devote o macabre diffuse in tutto lOccidente. Il sermone del novembre 1496 sullarte di ben morire il cui tema : Occorre rappresentarsi con forza limmagine della morte, fu pubblicato lanno successivo con una xilografia che raffigura dentro una bella cornice, lo scheletro, con la falce e in mano una banderuola con la scritta Ego sum, che vola su un campo di cadaveri e di rovine. Liconografia sacra tendeva a limitarsi ai temi della morte e della passione, in auge nella tradizione domenicana o a comporre allegorie devote78. Le botteghe vi si adattavano. Stando al Vasari, il Botticelli avrebbe illustrato in questo

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senso il Trionfo della Fede79, ma quel che non si vede la formazione di una nuova scuola pittorica nel convento di San Marco negli anni della rivoluzione piagnona. La conseguenza pi notevole ne fu lincredibile successo della maniera del Perugino, la cui dolcezza manierata apparve come il non plus ultra dellarte devota. Il rogo del 23 maggio 1498 e la santa morte del riformatore cambiarono tutto. La condanna pronunciata da Roma contro di lui per ragioni puramente disciplinari aveva fatto s che le fazioni potessero abbatterlo. La disillusione dei fiorentini fu grandissima: da quando seguivano il frate le avversit non avevano cessato di aggravarsi. La folla era arrivata a un grado estremo di nervosismo. Il Savonarola annunciava dal pulpito nuove prove della sua missione divina e miracoli. Il fallimento della penosa prova del fuoco lasci tutti sconcertati. Il colpo di mano contro il convento di San Marco e il confuso processo che segu, fecero cadere ogni illusione. Il Savonarola non era pi un inviato di Dio80. La folla si rivolse contro il profeta che il cielo non appoggiava e cominciarono le manifestazioni dodio. La rivolta del Savonarola contro lautorit pontificia non era pi segno di una fiera volont di riforma, ma dun orgoglio catastrofico. Le ritrattazioni furono numerose; il Verino, che era stato suo seguace, scrisse una Invettiva81, i monaci di San Marco lo rinnegarono. Il Ficino preparava per Roma lapologia per i fiorentini ingannati, nella quale fra Girolamo diventava espressione dellAnticristo. Lanno dopo il Signorelli cominciava ad Orvieto il ciclo dei Nuovissimi, dove uno spazio insolito dedicato alle scene dellAnticristo che seduce le folle e i monaci davanti al tempio profanato82. Ma a partire dal 1500 la Nativit mistica del Botticelli dimostra che, con o senza il Savonarola, le aspirazioni alla felicit e alla pace sovrannaturali tornavano a dominare nelle anime pure. Il riformatore vinto fu ingigan-

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tito dal rogo e si dimentic invece il predicatore esaltato, il politico tirannico, le bislacche manifestazioni dei suoi partigiani. Poemi in onore dei martiri apparvero dagli inizi del secolo; un officio proprio per il frate Savonarola fu istituito nel suo ordine per diffonderne il culto. Lavversario di Alessandro VI fu riabilitato, sia pure in forma discreta, da Giulio II e Raffaello pot insinuare il suo viso fra i teologi della Disputa del Sacramento. Il ricordo del Savonarola acquist cos delle virt che il suo governo non aveva avuto, da attivo lo spirito piagnone divenne contemplativo83. Esso simboleggiava una politica di libert per Firenze e la dignit dellarte religiosa: questo che il Savonarola ha sempre significato per Michelangelo84. Col passare degli anni Bartolomeo della Porta, divenuto fra Bartolomeo, ritorna alla pittura da lui abbandonata sotto la suggestione delle invettive savonaroliane. Intorno al 1505-10 si form una nuova Scuola di San Marco85. Le opere da essa prodotte, assai modeste, non contano. Fu il genio sensibile di fra Bartolomeo e, in grado minore, del suo compagno Albertinelli a assicurare un significato positivo allideale piagnone86: la finezza fiorentina, sollecitata dallesempio di Leonardo, riprende il sopravvento sui vezzi del Perugino e daltronde trae suggerimenti dallarte contemporanea pi intrisa di spirito profano, ad esempio quella di Giorgione e di Tiziano. Insieme con la nuova scuola di esegesi biblica di Sante Pagnini87, si tratta del contributo pi notevole, se pure indiretto, del movimento piagnone alla cultura italiana.

Si pu notare, nello stesso Sangallo, un curioso richiamo al Trecento, almeno stando al Vasari, nella scala a doppia rampa di Poggio a Caiano. 2 w. paatz, Una nativit di P. Uccello e alcune considerazioni sullarte del maestro, in Rivista darte, xvi (1934), pp. 11 sgg.; e m. salmi,
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Paolo Uccello, Domenico Veneziano, Andrea del Castagno, 2a ed., Milano 1938, p. 37. 3 Sul Gozzoli al Camposanto, e. contaldi, Benozzo Gozzoli, Milano 1928. 4 Si pu insistere sulla preponderanza della corrente naturalistica fra il 1460 e il 1490, come fa il berenson, The italian Painters cit., p. 117, solo a condizione di precisare 1) le sue modalit fisiognomiche e la ricerca dellespressione, e 2) le tendenze astratte, ad esempio quella del Botticelli, che tendono a correggere il concetto. 5 p. mller-walde, Beitrge zur Kenntnis des Leonardo da Vinci, in jb, xviii (1897), p. 165: Botticelli viene definito: pitore excellentissimo in tavola e in muro: le cose sua hanno aria virile, sono cum optima ragione et integra proportione. 6 Su questo aspetto del problema: a. warburg, Flandrische Kunst und florentinische Frhrenaissance (1902), in Gesammelte Schriften cit., I, p. 185, e j. lauts, Domenico Ghirlandaio, Wien 1943; r. langton douglas, Piero di Cosimo, Chicago 1946, p. 42. 7 k. clark, L. B. Alberti on Painting, London 1944, p. 19, ha cos compendiato questo accordo caratteristico: that enchanting episode in the history of the spirit, that unique blending of mediaeval and classical grace, of which Botticelli was the typical painter, Desiderio the sculptor, Politian the poet, and Pico della Mrandola the philosopher. Per Pico si affaccia alla ribalta solo dopo il 1484 e Desiderio muore nel 1464; lequazione quindi ha solo un valore di simbolo. 8 w. braghirolli, Notizie e documenti inediti intorno a Pietro Vannucci detto il Perugino, in Giornale derudizione artistica, 1873, pp. 159 sgg.: lettera del 23 settembre 1502; h. horne, Botticelli cit., doc. in j. mesnil, Botticelli cit., p. 181. Uno altro alexandro botechiella molto m stato laudato e per optimo depintore e per homo che serva volentera, et non ha del velupo come li soprascripti, al quale io ho facto parlare, e questo tal dice quel toria asumpto de presenti e serviria di buona voglia la S. V.. 9 Il successo del Perugino a Firenze intorno al 1495 attestato dal gran numero di commissioni: Francesco del Pugliese, grande mercante e piagnone militante, voleva a tutti i costi assicurarsi il Cristo morto (Pitti) del convento di Santa Chiara dipinto nel 1495: vasari, III, pp. 569-70; w. paatz, Kirchen cit., I, p. 460, n. 26. Intorno al 1505-506 il Perugino terminava laltar maggiore dei Servi iniziato da Filippino, e lambiente fiorentino reagiva finalmente contro questo stile ridotto a maniera: agli amici che lo rimproveravano di essersi lasciato andare e di aver abbandonato il buon stile per desiderio di guadagno, Pietro rispondeva: Ho messo le figure che una volta voi lodavate e che vi piacevano infinitamente. Se ora vi dispiacciono e le condannate, che posso farci? Non vi potrebbe essere prova migliore della crisi dello stile intorno al 1500.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Secondo w. kallab, Vasaristudien, Wien 1908, pp. 281 sgg., e j. mesnil, Connaissons-nous Botticelli?, in Gazette des Beaux-Arts, 1930, 2, pp. 60-99. 11 j.mesnil, Les figures de la Mercanzia, Piero del Pollaiuolo e Botticelli, in Miscellanea darte marzo 1933, e id., Botticelli cit., cap. III, pp. 21 sgg. 12 Su tutti questi punti: j. mesnil, Botticelli cit., e la nostra introduzione allalbum Botticelli, Mlano 1957. 13 Come ha tentato di fare j. goldsmith-phillips, Early florentine Designers and Engravers, Cambridge (Mass.) 1955, che gli riferisce il Cristo davanti a Pilato della bottega di B. Baldini (Hind, A II, 9), e, fra le opere della bottega di C. Rosselli: La vita della Vergine e di Cristo (Hind, B I, 1-17) e lAssunta (Hind, B III, 10). 14 Sul Trionfo di Bacco e Arianna (Hind, A II, 26), cfr. sopra, parte I, cap. II. Sul Botticelli costumista: e. bertaux, in Etudes dhistoire et dart, Paris 1911, pp. 115 sgg. 15 Cfr. in particolare, j.lipman, The florentine Profile Portrait, in The Art Bulletin, xviii (1936), pp. 54-102. 16 Sulle tarsie botticelliane di Urbino, cfr. sopra, pp. 371 sgg. Su Botticelli e i ricami: informazione precisa del Vasari: Fu egli de primi che trovasse di lavorare stendardi ed altre drapperie, come si dice, di commesso, perch i colori non istingano e mostrino da ogni banda il colore del drappo. Il baldacchino di Orsammichele citato dallo storico non esiste pi, n i ricami eseguiti per croce processionale di Santa Maria Novella; ma si conoscono a Orvieto e al Museo Poldi-Pezzoli esempi di questa produzione. 17 e. h. gombrich, A panel by Apollonio di Giovanni, in jwci, xvii (1954); Apollonio, autore di una Invasione di Serse (Museo dOberlin, Ohio) viene ora identificato col maestro del famoso manoscritto miniato di Vrgilio (Biblioteca Riccardiana, Firenze), che rappresenta nel campo della miniatura il miglior esempio di quel romanticismo cavalleresco che fu di moda a Firenze intorno al 1460. 18 j.mesnil, Botticelli cit., p. 209, n. 148; cfr. sopra, p. 184, n. 4. 19 w. pater, Sandro Botticelli, nel volume: The Renaissance, Studies in art and poetry, ried. London 1910, p. 56: It is the sympathy, conveying into his work somewhat more than is usual of the true complexion of humanity, which makes him, visionary as he is, so forcible a realist. 20 Le osservazioni di n. allen patillo, Botticelli as a colourist, in ab, xxxvi (1954), 3, vengono a completare le analisi della forma lineare e delle inflessioni date da l. venturi, Botticelli, Roma 1937, e s. bettini, Botticelli, Bergamo 1944. 21 j. mesnil, Botticelli cit., pp. 62 sgg. 22 I passi, spesso citati, dellAlberti nelled. L. Mall cit., p. 94; cfr.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze sopra, parte II, II, cap. II. Cfr. anche a. chastel, Botticelli cit., pp. 15-16. 23 La Calunnia presenta, intorno alla psicomachia centrale, una galleria duomini illustri nelle statue delle nicchie, dove si ritrova leco del Castagno, e negli elementi della decorazione, il cui sviluppo sarebbe da definire, un notevole repertorio di putti, scene di caccia, rilievi drammatici ecc. Si talvolta voluto vedere, in questo quadro delle disavventure della Virt, unallusione a Piero de Medici. r. frster, Die Verleumdung des Apelles in der Renaissance, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen (1887), pp. 29 sgg. ha notato che il testo di Luciano era stato rimesso in onore da Bartolomeo Fonzio. 24 Questa doppia analogia stata sviluppata, purtroppo in modo confuso, da a. b. ferruolo, Botticellis mythologies: Ficinos De amore, Polizianos Stanze per la giostra. Their circle of Love, in ab, xxxviii (1955), cfr. sopra, p. 271, n. 1. 25 e. h. gombrich, Botticellis mythologies, a study on the neoplatonic circle, in jwci, IX (1947). 26 Opera, p. 807; Marsile Ficin et lart cit., p. 31. 27 ci che ha determinato la moda di Botticelli presso gli esteti della fine del secolo scorso, da W. Pater a Jean Lorrain e infine Proust: m. praz, La carne, la morte e il diavolo, 3 ed., Firenze 1948, p. 427. 28 r. chandler post, A neoplatonic Interpretation of the Chigi Madonna, in Art in America, ii (1914), pp. 257-63, che non esita a scrivere: The teaching of the Academy found its greatest artistic exponent in B. e it is the neoplatonism both in its more abstract aspiration towards God and in its theory of love, that defines the apparently intangible character and expression of Bs figures. Ugualmente w. pater, The Renaissance cit., o ancora, ad esempio, v. zabughin, Il cristianesimo durante il rinascimento cit., p. 290, per il quale Botticelli soffuso di quella moderata malinconia che era venuta di moda merc lapostolato del Ficino. 29 e. v. palm, Botticelli and Cosm Tura, in Gazette des BeauxArts, xxv (1944), pp. 376-78. 30 Le giornate di ser Lorenzo Violi, fol. 41 v cit., in villari, La vita di Savonarola, Firenze 1898, vol. II, p. lxxiv, e h. horne, Botticell cit., doc. xlvi. 31 Questo in ultima analisi largomento morale introdotto da Vasari nella sua biografia di Sandro: ed. Milanesi, III, p. 321. 32 vasari, ed. Milanesi, III, p. 317. 33 f. lippmann, Drawings by Sandro Botticelli for Dantes Divina Commedia, London 1896, 2 ed., Berlin 1921, e j. mesnil, Botticelli cit., p. 122, contrariamente a ci che afferma c. de tolnay, History and Technique ecc. cit., p. 113, che data i grandi disegni anteriormente al 1481. Sul problema di queste illustrazioni, cfr. sopra.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze La documentazione su questa difficile opera in m. davies, The earlier Italian Schools (catalogo National Gallery), London 1949. j. pope-hennessy, Sandro Botticelli, The Nativity, London 1947: The Painting is related to the later of the Dante illustrations in which Botticelli influenced by Neoplatonician commentators of the Comedy interpretes the imagery of the poem as subjective expression of a spiritual taste and this thread of neo-platonism links the Dante illustrations in turn with that pagan masterpiece, the Spring. 35 Queste opere giovanili sono state raccolte dal Berenson sotto il nome provvisorio di Amico di Sandro.b. berenson, The Study and Criticism of italian Art, I, London 1901: Amico di Sandro. Sulla dissoluzione finale di questa figura, a. scharf, Filippino Lippi, Wien 1935, p. 11, n. 41; c. gamba, Filippino Lippi e lamico di Sandro, in Miscellanea di Storia dellarte in onore di I. B. Supino cit., p. 461. k. b. neilson, Filippino Lippi, p. 38, scrive: It is just this quality of NeoPlatonism the yearning after the divine as revealed in earthly beauty that seems to me to mark the Uffizi panel [La Madonna che adora il Bambino in un paesaggio, pubblicata da a. colasanti, ne Larte, vi (1903), p. 302] as Filippinos rather than Amicos. Tuttavia questa tonalit neoplatonica che sarebbe tipica di Filippino, non meglio definita. 36 Sui ritratti dei Pugliese, cfr. sopra. 37 a. scharf, Filippino Lippi cit., cap. IV, e tavv. 22-29; r. hamann, Masaccio und Filippino Lippi, in Deutschland-Italien (Festschrift W. Waetzoldt), Berlin 1941, pp. 81-89. 38 Una tavoletta dipinta dal Gozzoli intorno al 1460 per la chiesa di San Pier Maggiore di Firenze, oggi al Metropolitan Museum di New York, rappresenta questo soggetto di san Pietro e Simone davanti a Nerone: h. b. wehle, A Catalogue of italian, spanish and bizantine Paintings, New York 1940, pp. 31-32. 39 j. c. broussolle, Lart, la religion et la renaissance, Paris 1910, pp. 224 sgg., ha dimostrato che il personaggio che accusa gli apostoli davanti allImperatore non pi il mago della Leggenda aurea, come si vede nella vetrata di San Pietro a Bourges, ad esempio; per non vi riconosce nemmeno Simon Mago. 40 g. poggi, Note su Filippino Lippi, la tavola per San Donato di Scopeto e lAdorazione dei magi di Leonardo da Vinci, in Rivista darte, vi (1909), p. 305, e vii (1910), p. 93. a. scharf, Filippino Lippi cit., pp. 49 segg. e tavv. 59-62. 41 vasari, ed. Milanesi, III, p. 473; cfr. sopra. 42 k. b. neilson, Filippino Lippi cit., pp. 139-40. 43 a. scharf, Filippino Lippi cit., p. 53; w. paatz, Kirchen cit., IV, p. 697. Cfr. anche: vasari, ed. Milanesi, III, p. 465. Bocchi-Cinelli e il Richa sulla loro traccia descrivono lopera come un quadro del Castagno.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze a. scharf, Filippino Lippi cit., tav. 4. vasari, ed. Milanesi, III, p. 468. a. scharf, Filippino Lippi cit., cap. V, pp. 39 sg.; h. bodmer, Der Sptstil des Filippino Lippi, in Pantheon, 1932, pp. 126 sgg., 353 sgg. Cfr. sopra. 46 p. schubring, Cassoni, Mnchen 1912, vol. I, p. 299, n. 344. Laccostamento proposto da A. Warburg (citato da a. scharf, Filippino Lippi cit., p. 111) con labito della musa nella festa di Pesaro del 1475 poco concludente. 47 Cfr. sopra, parte I, cap. II. p. halm, Das unvollendete Fresko ecc. cit., e a. scharf, Filippino Lippi cit., pp. 68 sgg. tendono a riportare lopera al 1500-504 per il suo stile animato. Tuttavia lo Sptstil di Filippino gi maturo nel 1490 e conviene quindi attenersi allindicazione del Vasari. 48 p. halm, Das unvollendete Fresko ecc. cit., ha pubblicato il disegno (Uffizi) che conferma lattribuzione; a. scharf, Zum Laokoon des Filippino Lippi, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, iii (1932), pp. 530, ne ha segnalato un altro. Osservazioni utili sullorigine del soggetto in a. warburg, Gesammelte Schriften cit., II, p. 443. La fonte di Filippino non evidentemente il gruppo alessandrino scoperto a Roma nel 1506, ma verosimilmente una composizione romana ispirata dallEneide nota attraverso una copia del iv secolo ripetuta nei manoscritti: cfr. American Journal of Archeology liii (1948), pp. 421 sgg. 49 k. b. neilson, Filippino Lippi cit., pp. 152-53; o. kurz, Filippino Lippis Worship of the Apis, in Burlington Magazine, lvi (1947), pp. 145-47, vede nella scena il ricordo dellannuale levitazione del bue Api di cui parlano antiche cronache, in particolare pietro comestore, Liber Exodi, 4; r. eisler, Apis, a golden calf, ibid., 1948, febbraio, pp. 58-59, insiste sul significato astrologico della scena poich Api significherebbe anche il segno del toro. 50 w. paatz, Kirchen cit., III, 708, e nn. 220-27. Lo stato generale degli affreschi, restaurati nel 1947, eccezionalmente buono. a. scharf, Filippino Lippi cit., nn. 112-15. k. b. neilson, Filippino Lippi cit., p. 159. p. halm, Das unvollendete Fresko ecc. cit., ha analizzato particolareggiatamente gli elementi decorativi della cappella Strozzi e la loro origine. Cfr. sopra. 51 0pera, p. 787. Il nome di Parthenice il titolo di una delle composizioni poetiche di G. B. Mantovano in onore della madre di questo (1488); evidentemente stato scelto per mostrare il presentimento pagano del culto della Vergine. 52 h. sacher, Die Ausdruckskraft der Farbe bei Filippino Lippi, Strasbourg 1929. 53 p. halm, Das unvollendete Fresko ecc. cit. Lavere introdotto questo bric brac archeologico nellarte fiorentina resta, per il Vasari, il
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze grande titolo di gloria per Filippino: Non lavor mai opera alcuna, nella quale delle cose antiche di Roma con grande studio non si servisse in vasi, calzari, trofei, bandiere, cimieri, ornamenti di tempii, abbigliamenti di portatura da capo, strane foggie da dotto, armature, scimitarre, spade, toghe, manti..., ed. Milanesi, III, p. 462. Sullo stile di questa decorazione animata: cfr. sopra. 54 Il giudizio di k. b. neilson, Filippino Lippi cit., p. 34, su quello che lautore chiama il neoplatonismo di Filippino, subtler and more sensitive than that of his master [Botticelli], non sembra dunque da condividere. 55 Le migliori opere del passato sul Savonarola: p. villari, La vita di Savonarola, 2 voll., Firenze 1898; e j. schnitzer, Savonarola, ein Kulturbild aus der Zeit der Renaissance, 2 voll., Mnchen 1924, hanno avuto la tendenza ad esagerare la portata della riforma piagnona nel campo delle lettere e delle arti; questultimo passa i limiti della compiacenza storica nel cap. XXXIV (Stellung zu Humanismus und Wissenschaft), e nel XXXV (Savonarola und die Kunst der Renaissance?). infatti impossibile accettare la conclusione che il frate abbia impresso la sua impronta spirituale a tutto lo sviluppo artistico dellepoca (p. 841). r. ridolfi, Vita di G. Savonarola, Roma 1952, non affronta affatto il problema. Questo elogio esorbitante della parte avuta dal Savonarola risale al rio, De lart chrtien, vol. II, pp. 405 sgg. E. Mntz e W. Bode hanno energicamente reagito, senza per riportare il problema a una visione generale della crisi fiorentina. Le ipotesi di g. lafenestre, Saint Franois dAssise et Savonarole, inspirateurs de lart italien, Paris 1911, sono avventurose e ormai fruste sia per quanto riguarda il Savonarola che per quanto riguarda san Francesco. 56 Su tutti questi punti abbiamo numerose testimonianze contemporanee: luca landucci, Diario fiorentino cit.; simone filipepi, Cronaca, in p. villari e e. casanova, Scelta di prediche e scritti di fra G. Savonarola, con nuovi documenti intorno alla sua vita, Firenze 1898. 57 Sulla politica repubblicana della Signoria: r. von albertini, Das florentinische Staatsbewusstsein im bergang von der Republik zum Prinzipat, Bern 1955, cap. I. Sul posto che spetta al Savonarola fra i predicatori riformatori del Rinascimento: h. jedin, Geschichte des Konzils von Trient, 2 ed., Freiburg im Breisgau 1951, vol. II p. iii. 58 Cfr. lo studio (spesso tendenzioso) di M. Ferrara, in g. savonarola, Prediche e scritti, Milano 1930, pp. 359-97: Linfluenza di Savonarola sulla letteratura e larte del Quattrocento, ripreso in Savonarola, 2 voll., Firenze 1952. Sul movimento dellumanesimo cristiano a San Marco e la poesia dei piagnoni: l. tonelli, Lamore nella poesia e nel pensiero del Rinascimento, Firenze 1933, pp. 307-9. 59 a. bottiglioni, La lirica italiana, Pisa 1899, p. 69, n. 3, e soprattutto: e. n. girardi, Lapologetica del Savonarola e il problema di una

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze poesia cristiana, in Rivista di filosofia neoscolastica, xliv (1952), pp. 412-31. 60 Cfr. sopra. 61 Prediche e scritti, ed. Ferrara, Milano 1930, p. 100. 62 Sermone su Aggeo (Ognissanti 1494), in Prediche e scritti, ed. cit., p. 114. 63 Ibid., pp. 84 e 86. 64 v. zabughin, Il Cristianesimo cit., p. 268. 65 Prediche e scritti cit., p. 224. Laccostamento al testo del Savonarola stato fatto da h. horne, Botticelli cit., p. 302. Linterpretazione nei particolari in m. ferrara, Una tela del Botticelli dispirazione savonaroliana, in Rivista del R. Istituto di arch. e storia dellarte, iv (1932-33), pp. 82-90. 66 p. crinito, De honesta disciplina, III, 2. 67 Prediche e scritti cit., pp. 303 e 308. 68 d. fava, I libri italiani a stampa del secolo XV nella Biblioteca Nazionale di Firenze, Milano 1936, n. 136 (con bibliografia). 69 j. schnitzer, Savonarola ecc. cit., II, pp. 775-76. 70 Sermone su Ezechiele, XXVIII, 78 b. Ibid., pp. 272 sgg. e 806: la lotta contro la sodomia fu uno degli aspetti pi risoluti della riforma dei costumi. Il passo citato sembra rispondere al Convito del Ficino: cfr. sopra. 71 Su questo problema: n. steinhauser, Savonarola und die bildende Kunst, in Historische-politische Bltter, cxxxi (1903). g. gruyer, Les illustrations des crits de Jrme Savonarole publis en Italie aux XVe et XVIe sicles, et les paroles de Savonarole sur lart, Paris 1879. g. nicodemi, Le idee di Grolamo Savonarola sulle arti figurative, in Rivista dItalia, xxviii (1925), 2, pp. 1061-80. j. mesnil, Botticelli cit., p. 154, giudica queste idee confuse come pi non si potrebbe e quando non erano confuse anti-artistiche. maria chiti, Lestetica del Savonarola e lazione di lui sulla cultura del Rinascimento, Livorno 1912. 72 h. hettner, Italienische Studien ecc., Brunswick 1879, p. 150; i. maione, Fra Giovanni Dominici e il Beato Angelico, ne Larte, xvii (1914), pp. 281-88 e 361-68. 73 Sermone su Amos e Zaccaria (1496), del venerd dopo la terza domenica di Quaresima. 74 Sermone su Amos e Zaccaria (1496) del sabato dopo la seconda domenica di Quaresima. 75 Sermone su Ezechiele, XXVII. 76 Ibid, XLVI, citato da j. schnitzer, Savonarola ecc. cit, II, p. 807. 77 a. chastel, Le bcher des vanits, in Cahiers du Sud, maggio 1956. 78 g. gruyer, Les illustrations des crits ecc. cit. Un esempio di combinazioni simboliche: a. hind, Corpus cit., p. 150 e tav. ccxviii.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vasari, III, p. 317. Nonostante i tentativi di M. Ferrara, lopera ancora da identificare. 80 f. tocco, Il Savonarola e la profezia, ne La vita italiana del Rinascimento, 3 ed., Milano 1896, pp. 351-96. Sulla violenza di certe reazioni popolari: r. ridolfi, Poesie inedite di Giovanni Sarto fiorentino contro il Savonarola, Firenze 1933. 81 a. gherardi, Nuovi documenti... intorno a G. Savonarola, Firenze, vol. II, p. 197, citato da p. villari, La vita di Savonarola cit., II, p. 250. 82 a. chastel, LApocalypse en 1500 cit., e pi avanti, p. 459. 83 m. ferrara, Linfluenza di Savonarola ecc. cit., in g. savonarola, Prediche e scritti cit., p. 383. 84 h. thode, Michelangelo und das Ende der Renaissance, Berlin 1903, vol. II, pp. 293-320, ha insistito il pi possibile sullinfluenza piagnona su Michelangelo. k. frey, Michelagniolo Buonarroti: Quellen und Forschungen zu seiner Geschichte und Kunst, Berlin 1907, pp. 111-18, ha confutato questa interpretazione concludendo giudiziosamente che il Savonarola era per Michelangelo una sorta di simbolo politico e un martire. 85 v. marchese, Memorie dei pi insigni pittori, scultori e architetti domenicani, Firenze 1854, 1, p. 368, fornisce lelenco dei componenti. 86 Cfr. lintroduzione alla Vita di Fra Bartolomeo del Vasari, Firenze 1911. 87 g. pagnino, Vita di Sante Pagnino lucchese, dellordine de predicatori, Roma 1653. Le opere di Sante Pagnini furono pubblicate pi tardi a Lione; il Pagnini infatti lasci lItalia nel 1522. Fu priore di San Marco dal 1504 al 1506, poi dall11 al 13. Limportanza da lui avuta stata rivalutata da e. wind, Sante Pagnini and Michelangelo, in Gazette des Beaux-Arts, xxvi (luglio-dicembre 1944, pp. 211 sgg.).
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Sezione terza leonardo da vinci e il neoplatonismo

Limpegno morale e il coraggio indomito del Savonarola han fatto esplodere certi equivoci del pensiero umanistico. Il coraggio intellettuale di Leonardo, non meno eccezionale di quello del Savonarola, spezzava nello stesso momento lequilibrio che, col Verrocchio e il Botticelli, cominciava a stabilirsi fra la cultura fiorentina e i problemi concreti delle botteghe. Tutto ci che riguarda Leonardo difficile1; tuttavia lo studio dei suoi rapporti con lumanesimo fiorentino forse il punto pi difficile di tutti. Un immenso lavoro intellettuale accompagna e attraversa la sua attivit; leffetto stimolante della cultura umanistica dovrebbe qui palesarsi in modo vistoso. Nessuna dottrina era pi di questa propizia allarte, nessun artista pi di lui era interessato alle idee. Invece lartista pi profondamente fiorentino di Firenze ha lasciato la citt a trentanni, il suo pensatore pi esigente e completo non mai riuscito o non ha mai voluto imporre un ordine sistematico al suo pensiero; ogni volta che il contatto sembra precisarsi, la reazione di Leonardo imprevista e il risultato non concorda con le premesse. Si esagerata fuori dogni misura loriginalit di Leonardo; unanalisi attenta alle date e ai fatti basta a rivelare quanto egli sia del suo tempo e viva i suoi stessi problemi2; ma egli sembra aver voluto ricostituire la propria cultura al di l delle posizioni

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confuse o incomplete dei suoi contemporanei. E la figura pi tipica di Firenze ha definito se stessa attraverso una critica incessante della cultura fiorentina.

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Capitolo primo Leonardo a Firenze

La giovinezza di Leonardo stata indagata con estrema attenzione: i suoi primi anni presso il notaio ser Piero da Vinci3, la sua vita a Firenze ai tempi di Piero il Gottoso e di Lorenzo sono abbastanza note per mostrare in modo palese fino a che punto i dati biografici lascino a volte sfuggire lessenziale4. Leonardo era coetaneo del Magnifico. Il notaio di Vinci, legato allambiente mediceo, aveva condotto il figlio a Firenze intorno al 1468; laveva posto nella bottega del Verrocchio dove, fra tantaltre commissioni di persone in vista, si lavorava a quellepoca alla tomba medicea di San Lorenzo (1472). difficile pensare che il giovane artista sia stato conosciuto ed apprezzato da Lorenzo5. LAnonimo del Codice Magliabechiano informa che Leonardo fu ammesso sin dalla sua prima giovinezza presso Lorenzo de Medici che gli assicurava un salario e lo faceva lavorare per s nel giardino di Piazza San Marco6. Ammesso che esistesse gi nel 1470, il casino di Piazza San Marco era solo un deposito di marmi. Il testo non parla di una Scuola del Giardino, che non poteva esistere a questa data, ma di un laboratorio di restauro, dove Leonardo, allievo del Verrocchio, pu benissimo aver lavorato per qualche tempo. Unallusione a lOrto dei Medici nel Codice Atlantico, che del secondo soggiorno fiorentino, dimostra che lartista ne ha conosciuto le raccolte7. Leonardo ha potuto in certa

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misura godere, nel 1470-75, di una posizione analoga a quella di cui godr Michelangelo nel 1490-928. Tra il signore di Firenze e Leonardo esistevano certe somiglianze di carattere, gli stessi contrasti di eleganza e di spirito burlesco, le stesse forme di humour e di spirito toscano. I paesaggini idillici che Lorenzo descrive allinizio della Altercatio sono pressa poco contemporanei allAnnunciazione di Leonardo agli Uffizi. Entrambi insistono sul disordine degli elementi: i danni dellalluvione dellOmbrone sono nellAmbra confrontati a eruzioni vulcaniche e Leonardo descriver anchegli lattivit profonda della natura nei suoi disegni geologici. Questa curiosit, ancora abbastanza eccezionale a questa data, questo senso vivo della vita e della variet della natura sono comuni ad entrambi. A trentanni, aggiunge lAnonimo del 1520-30, Leonardo fu inviato dallo stesso Lorenzo con Atalante Miglioretti a portare una lira al duca di Milano, poich suonava questo strumento con unarte eccezionale. Con un curioso errore di data il Vasari riprende la spiegazione dellAnonimo senza per citare Lorenzo:
Lanno 1494, fu condotto a Milano con gran riputazione Lionardo al duca, il quale molto si dilettava del suono della lira, perch sonasse; e Lionardo port quello strumento chegli aveva di sua mano fabbricato dargento gran parte in forma dun teschio di cavallo, cosa bizzarra e nuova, acciocch larmonia fosse con maggior tuba e pi sonora di voce.

Leonardo super tutti i musici convenuti alla corte e, aggiunge il Vasari, [il duca] talmente sinnamor delle sue virt che era cosa incredibile9. Lartista non portava solo una lira. molto probabile che fosse stato inviato da Lorenzo come scultore per fondere la statua equestre di Francesco Sforza e laccoglienza di Ludovi-

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co fu preparata di lunga mano, dato che nellinverno del 1481-82 Leonardo redigeva la lettera famosa in cui offriva i suoi servizi e enumerava le sue capacit10. Ad ogni modo Leonardo abbandonava dei lavori, delle commissioni, una posizione gi notevole a Firenze. Si quindi cercato di spiegare questa partenza con ragioni pi profonde: cattivi rapporti con Lorenzo dopo un periodo di favore11, irritazione del genio ferito dalle critiche o dallostilit di certi ambienti che sembrerebbe attestata, ad esempio, dalla denuncia per sodomia del 147612, e infine limpossibilit di adattarsi allambiente dei platonici formati dal Ficino fra i quali brillava il Magnifico13. La partenza da Firenze e il suo fissarsi a Milano in un ambiente nuovo e pronto ad accettare la sua influenza, hanno in ogni modo rappresentato lemancipazione di un artista, che nella citt dove viveva non riusciva a realizzare tutte le sue aspirazioni. Leonardo cio si libera in questo modo dallascendente fiorentino e fonda un suo regno intellettuale ed artistico. Svilupper quindi a suo modo i frutti delleducazione toscana. Lattivit dellartista prima del 1482 mal nota, ma Leonardo si pu capire solo partendo dal Verrocchio, il maestro pi originale e pi colto di Firenze negli anni 1470-8014. Egli era musico e matematico, ed attraverso di lui che Leonardo ha cominciato a soddisfare le sue curiosit enciclopediche. In scultura lo stile dAndrea tende ad andar oltre quello drammatico di Donatello. Agli effetti di forza, preferisce i movimenti sottili, le torsioni, le forme serrate che sorprendono15. Ama i visi raccolti; il sorriso disincantato del San Tommaso, al quale lavora per tutto questo periodo, la grazia insueta del David (1476), laria assente di certe figure femminili sono gi di una qualit cos sottile e consapevole che si voluto riferirle al suo troppo illustre scolaro16. Ma ci che sembra preleonardesco in Verrocchio spesso solo laffiorare di un

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gusto comune a Firenze intorno al 1475; lo scultore cerca di darne uninterpretazione squisita con gli effetti luminosi e le superfici levigate del bronzo, che finora non era mai stato utilizzato in questa forma cos sfumata. Leonardo sadegua immediatamente a queste ricerche. Le sue prime opere sono ispirate dal desiderio di sorprendere attraverso lorrore o di affascinare attraverso lespressione soave e misteriosa: non si ricordano fra le sue opere di giovent alcune teste di femmine che ridono e teste di putti che parevano usciti di mano dun maestro? Le trovate di Leonardo potevano diventare patrimonio comune dellintera bottega e non necessario arrivare ad una attribuzione esclusiva per opere come lAnnunciazione del Louvre e la Madonna dei fiori di Monaco. Esse devono esser state eseguite da Leonardo sulla base di temi del suo maestro. Questi a sua volta utilizza certe invenzioni di Leonardo che erano un vanto della sua bottega, in particolare nella pala di Pistoia la Madonna con san Giovanni e san Zanobi: la composizione del Verrocchio, ma una fusione nuova traspare sotto lesecuzione un po secca di Lorenzo di Credi17. Laneddoto del Vasari sulla rivalit tra maestro e allievo, e sul dispetto provocato nel Verrocchio dalla riuscita dellangelo di Leonardo nel Battesimo di Cristo (1472), non che linterpretazione tendenziosa di un fatto pi verosimile: Verrocchio, richiesto pi di frequente come scultore, lasciava al discepolo la direzione dei lavori di pittura nella sua bottega18. La delicatezza del viso angelico, la morbidezza del modellato, il fremito dorato dei capelli vanno oltre il Verrocchio. Tutti se ne sono accorti. Una miniatura di un messale miniato nella bottega di Attavante tra il 1483 e il 1485 lascia vedere lutilizzazione diretta del gruppo, e in unaltra miniatura, eseguita dalla stessa bottega nel 1487, compare un solo angelo, quello di Leonardo19. Ma in fin dei conti la

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modernit di Leonardo deriva interamente dal Verrocchio. La prova si ha nel ritratto di Ginevra Benci e nella Madonna Benois. La qualit mentale, la dignit intellettuale, che erano la forza del disegno fiorentino, mai sono state pi evidenti che qui: il desiderio di raffinatezza, di eleganza, diviene cos tirannico che il limite tra giusta espressione e artificio si fa labile. Leonardo, che disegnatore quanto mai rapido e spontaneo, assume un atteggiamento coscienzioso e teso allorch passa alla realizzazione del quadro. I disegni preparatori per la Madonna Benois rivelano lo stacco che intercorre tra il movimento iniziale di una grazia limpida e lelaborazione finale carica deffetti. Leonardo non accetta n dimprovvisare n di conformarsi alle convenzioni anteriori20.La strenua applicazione che porta nella pittura tanto pi grave in quanto egli possiede in misura straordinaria la capacit di distinguere lessenziale dallinutile, e ha un senso mirabile degli schemi compositivi e, per cos dire, dei tracciati semplici e armoniosi. Fin dai suoi primi disegni egli arriva senza lasciar trasparire sforzo alle pi felici composizioni a triangolo21. Una forzatura intellettuale che appena si avverte conferisce alle forme una sorta di superiore evidenza. E questa si vede gi nellAdorazione dei Magi. Il confronto col Botticelli illuminante22: essi hanno in comune una sorta di nervosismo, lo stesso gusto dellelaborato, che generale a Firenze intorno al 1470; ma si contrappongono risolutamente per linteresse al paesaggio, e questo diverso atteggiamento di fronte alla natura corrisponde in ultima analisi ad un antagonismo di stile. I legami di Leonardo con i musici fiorentini sono provati23; una nota del Codice Atlantico, 12b, fa i nomi dei dotti toscani, Benedetto dellAbaco, Carlo Marmocchi e maestro Pagolo, cio il vecchio Toscanelli (non muore che nel 1482), conosciuti da Leonardo24. Egli era in rela-

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zione con gli scrittori e sembra esser stato molto amico del viaggiatore e cronista Benedetto Dei. Non ha frequentato lambiente dellAccademia, dove il suo nome non compare, come del resto non compaiono quelli del Verrocchio e del Botticelli, ma non passato inosservato dagli umanisti. Nella sua raccolta depigrammi (circa 1480-90) Ugolino Verino compone un elogio dei pittori illustri, fra i quali non dimentica Leonardo. Il Nesi, altro scrittore del gruppo, nutrir per Leonardo unammirazione significativa. Provate sono anche le sue relazioni con i Rucellai, soprattutto Bernardo, che ritrover a Milano e poi, dopo il 1500, a Firenze25. Un legame particolarmente solido sembra averlo sempre unito ai Benci. Forse gi nel 1474, al pi tardi nel 1480, dipinge il ritratto di Ginevra, la Dama dal cespuglio di ginepro della Galleria Lichtenstein. La gentildonna, di cui il Magnifico ha celebrato affettuosamente in due sonetti la virt, appare sullo sfondo di arbusti scuri che sono formati dallintreccio di rami pungenti di valore simbolico: il modellato del volto rivela a meraviglia la prima maniera di Leonardo. Se si reintegrano mentalmente le due mani incrociate, che sono state soppresse dalla mutilazione della tavola, abbiamo gi, trentanni prima, Monna Lisa, cio la nuova formula del ritratto fiorentino26. Ginevra era figlia del ricco Amerigo, che nel 1463 aveva regalato al Ficino un grande manoscritto di Platone27. Tommaso e Giovanni, due conphilosophi cari al Ficino, che egli saluta affettuosamente nelle sue lettere28 erano cugini di Ginevra. Tommaso, che sarebbe stato il sesto personaggio del Convito del Ficino, fece nel 1463 una traduzione italiana del Pimandro dalla versione latina del Ficino. I legami di Leonardo con questa famiglia non dipendono dallepisodio di una commissione. Una nota che pu datarsi al 1502 (Codice Atlantico, fol. 120 r) in cui detto: Il mio mappamondo che ha Giovanni Benci, e una allusione a dei diaspri, dimo-

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strano che Leonardo aveva lasciato presso di loro dei libri, degli strumenti di lavoro e delle pietre preziose29. Unindicazione pi significativa ci fornita dal Vasari a proposito dellAdorazione dei Magi non finita del 1481: Leonardo cominci una tavola dellAdorazione de Magi, che v su molte cose belle, massime di teste, la quale era in casa di Amerigo Benci dirimpetto alla loggia de Peruzzi30. Questo Amerigo era il figlio di Giovanni; verosimile che Leonardo abbia lasciato il suo quadro a questultimo allorch abbandon Firenze. Tutti questi elementi bastano a dimostrarci a qual punto, negli anni della sua formazione intellettuale e artistica, Leonardo sia stato legato alla cultura fiorentina. Collaboratore del Verrocchio, gratificato di una pensione da Lorenzo, frequentatore delle lezioni dei cosmografi, ospite dei Benci: non dobbiamo quindi immaginarci un giovane pittore solitario e distratto, ignorante delle novit filosofiche e degli argomenti di moda. Non avendo imparato il latino, che permetteva di accedere al mondo umanistico, non poteva essere che uno spettatore come tanti altri, un testimone al margine del movimento dellAccademia, che era allora nel suo massimo fiore. Qualcosa senza dubbio lo separava da esso, ma ci che merita di essere indagato la somma di interessi che egli ha potuto trarne, la natura delle sue reazioni e le conseguenze che tutto ci ha avuto per la sua arte31.

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Capitolo secondo La scienza di Leonardo e la reazione antiplatonica

Si ritiene che ci sia rimasta pressa poco la met degli scritti di Leonardo: taccuini preparatori, studi, conti, aforismi, appunti di lettura. Questi scritti si distribuiscono per quasi quarantanni.Una pubblicazione metodica e critica sarebbe unimpresa quanto mai difficile, ma, finch non sar compiuta, lo studio del pensiero di Leonardo corre pericolo di mancare delle articolazioni storiche indispensabili. Si rischia di continuo di prendere degli estratti tratti dalla lettura, e destinati allesame o alla discussione, per affermazioni personali e di vedere abusivamente intuizioni moderne nelle sue osservazioni proprio perch non sono state messe in relazione con la scienza del tempo. La straordinaria variet dei suoi interessi spinge a chiedersi quale fosse il fine che egli si proponeva. Leonardo sembra esserselo chiesto lui stesso. Periodicamente ha elaborato dei progetti di opere che avrebbero dato un ordine allimmenso materiale accumulato; cos accadde nel 1489-90, nel 1508. Se avesse realizzato questi progetti sarebbe arrivato ad una sorta di enciclopedia, il cui disegno stesso avrebbe illuminato sulle sue intenzioni; ma limpresa non gli riuscita32. Il problema della cultura necessaria allartista, era stato gi dibattuto sulla met del secolo, dallAlberti e dal Ghiberti e non aveva mai cessato di essere attuale.

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LAlberti aveva fornito unindicazione delle conoscenze ritenute necessarie: matematica e fisiognomica; per le altre discipline uninfarinatura generale poteva bastare. Ma a che punto limitarsi? Il Pollaiolo si era fatto una grande esperienza nellanatomia, altri nella fisica; il Botticelli era attratto dai poeti e da Dante, Giuliano da Sangallo dallarcheologia. lecito pensare che nella bottega del Verrocchio ci si preoccupasse soprattutto dei fondamenti scientifici dellarte, cio di quel gruppo di attivit vicine alle Arti liberali. su questo sfondo che linfinita ingegnosit di Leonardo, il suo senso critico, la sua tendenza al nuovo, lo portarono a intraprendere una rifusione progressiva di tutti i rami del sapere33. Lidea fondamentale della sua carriera, ripetuta incessantemente nelle note, quella della universalit dellarte che non lascia inesplorato alcun aspetto del mondo. Allorch, alla fine del secolo scorso, furono riscoperti i testi e i taccuini di studi di Leonardo34, essi apparvero cos sorprendenti che Leonardo divenne il precursore di tutte le invenzioni e di tutti gli atteggiamenti moderni. Tuttal pi ci si preoccup in seguito di sapere se era platonico o aristotelico, come se questa alternativa si fosse davvero affacciata al suo spirito. Ed parso alla fine che egli fosse sia un uomo del medioevo sia liniziatore dellepoca moderna35. Si tratta di posizioni sterili; il problema tuttaltro e non si comprender Leonardo, pur nella sua complessit, se non attraverso la complessit stessa della sua epoca, considerando ci che egli assimila e ci che respinge, immaginando cio uno spirito al lavoro36. Gli scritti di Leonardo sono fitti di favole, detti e fantasie tratte dalla cultura popolare; egli conosceva gli umoristi, ad esempio il Burchiello ed il Pulci, e pi duna delle sue pagine degna di loro. Conosceva, beninteso, i grandi poeti toscani e fu di quelli che osa-

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rono commentare Dante. Egli seppe comporsi, grazie alle raccolte di estratti o di exempla, tutto un materiale classico in cui non mancavano n Ovidio n Lucrezio37. Lignoranza del latino rischiava di tenere un omo sanza lettere escluso dalla letteratura tecnica e scientifica. Ma Leonardo fece di tutto per girare lostacolo. Ricorse alle traduzioni, al Plinio del Landino, alle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio pubblicate a Venezia nel 1488 (e gi note in latino grazie alla traduzione del Traversari, 1475); da questopera trasse unesposizione delle dottrine astronomiche di Epicuro. Dal trattato di Valturio De re militari, tradotto in italiano dal Ramusio, estrasse elenchi di nomi dingegneri greci: Callias di Rodi, Epimaco dAtene ecc. Raccolse ogni genere dinformazioni su Archimede che chiaramente assillava la sua fantasia, con il cannone a lunga portata, larchitronito, che gli si attribuisce e le formule di quadratura che vengono a lui riferite. Lindicazione di testi da cercare: Archimede de centro gravitatis, Archimede del vescovo di Padova ecc. tornano continuamente nelle sue note.38 Non solo Leonardo appassionato di libri e di traduzioni, ma come gli umanisti fiorentini nel loro campo, si sforza di aumentare le possibilit del volgare attingendo, sia al latino che alle parlate popolari, un vocabolario supplementare. Gli elenchi di termini tecnici e dotti del manoscritto B (Institut) e del manoscritto Trivulzio non sono studi per comporre una nuova grammatica, ma pi modestamente termini notati nel trattato di Valturio39. Il lavoro di Leonardo in questo campo: liste di vocaboli, notazioni linguistiche ecc., rientra esattamente nel giro dinteressi della Firenze medicea: non a Milano, ma in Toscana che lidea di un lavoro del genere gli si imposta. Daltronde in un bel aforisma egli afferma che la sua lingua materna ha pi risorse di

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quante siano necessarie per poter tutto comprendere e tutto esprimere40. La coscienza delle capacit universali dellartista che si esprime nella lettera-programma del 1481 alla base delle ricerche teoriche di Leonardo. a Milano, sembra, che si convinto della necessit di arrivare ad un fondamento dottrinario attraverso una serie di trattati relativi alla anatomia, alla meccanica, ecc. che avrebbero costituito una sorta di nuovo Organo. Le varie discipline vengono ordinate in funzione dellarte, e pi particolarmente della pittura, come dimostra un testo ben noto che necessario rileggere nella sua interezza:
Dicono quella cognizione esser meccanica, la quale partorita dallesperientia, e quella esser scientifica, che nasce e finisce nella mente, e quella essere semimeccanica, che nasce dalla scientia e finisce nella operatione manuale. Ma me pare, che quelle scientie siene vane e piene di errori, le quali non sonno nate dallesperientia, madre di ogni certezza, e che non terminano en nota esperientia, cio, che la loro origine, o mezzo, o fine non passa per nessuno de cinque sensi. E se noi dubitiamo della certezza di ciascuna cosa, che passa per li sensi, quanto maggiormente dobiamo noi dubbitare delle cose ribelli essi sensi, come dellassentia di Dio e dellanima e simili, per le quali sempre si disputa e contende... E se tu dirai tali scienze vere e note essere di spetie di meccaniche, imperoch non si possono finire se non manualmente, io dir il medesimo di tutte le arti, che passano per le mani degli scrittori, le quali sono di spetie di disegno, menbro della pittura; e lastrologia e le altre passano per le manuali operationi; ma prima sono mentali, com la pittura, la quale prima nella mente del suo speculatore e non pu pervenire alla sua perfettione senza la manuale operatione41.

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Due idee sintrecciano qui: quella che il disegno lunica forma soddisfacente dindagine scientifica e laltra che sarebbe utile abolire la distinzione troppo facile che si trova nel quadro scolastico delle arti. Lattivit mentale vera sempre di tipo artistico. Cos quando Leonardo, parafrasando Platone, scrive: Non mi legga chi non matematico nelli mia principi pensa al legame tra matematici ed esperienza che si oppone alla speculazione pura della filosofia propriamente detta:
Nissuna umana investigazione si po domandare vera scienza, sessa non passa per le matematiche dimostrazioni, e se tu dirai che le scienzie, che principiano e finiscono nella mente, abbiano verit, questo non si concede, ma si niega, per molte raggioni, e prima, che in tali discorsi mentali, non accade esperienzia, senza la quale nulla d di s certezza42.

Ci che Leonardo raccomanda di esercitare la propria attivit nei campi, per quanto riguarda la tecnica e larte, in cui la matematica trova applicazione; con ci non pretende per di fare delle verit matematiche dei semplici residui dellesperienza. Questa provoca lapplicazione allordine naturale di ragioni che non derivano dalla natura: O speculatore delle cose, non ti laudare di conoscere le cose che ordinariamente per se medesima la natura conduce. Ma rallegrati di conoscere il fine di quelle cose che son disegniate dalla mente tua43. Il che viene a completare laforisma non meno famoso del manoscritto Atlantico: Nessun effetto in natura senza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna sperienzia44: questo in effetti il limite superiore della conoscenza dove, al di l del neoplatonismo, Leonardo ritrova in certo senso lo spirito stesso del platonismo antico45. Ma in ultima analisi laffermazione del primato della matematica nella conoscenza era nozione comu-

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ne; e torna spesso nella dottrina del Ficino46. Loriginalit di Leonardo sta nellarrivarci partendo dal principio artistico dellAlberti e di Piero della Francesca che unisce larte alle certezze della geometria. In nessun momento egli isola la speculazione astratta dalle conseguenze che essa pu avere per lartista o pi generalmente per lingegnere. Gli argomenti matematici che egli affronta sono problemi di costruzione geometrica e pi tardi curiosit scientifiche come ad esempio le lunule.

1. La visione della natura. Linteresse per il paesaggio era entrato nellarte fiorentina verso il 1460: fin dai suoi inizi Leonardo appare attratto dagli accidenti della natura, dalla lotta delle acque e delle rocce, dai fenomeni misteriosi dellatmosfera, dallinazzurrarsi dellorizzonte, dal diffondersi della luce. Sono altrettanti problemi che si pongono al suo spirito e che non lo abbandoneranno tanto presto. E per giungere alle linee maestre del Trattato della pittura fu indotto a seguire la lunga deviazione di una cosmologia la cui ampiezza lascia sbalorditi. Ma il fatto che ogni teoria della natura restava nel Rinascimento un De rerum natura, cio uninterpretazione della fsijche simpegnava a definire la struttura comune di tutti gli aspetti delluniverso: il ruotare delle sfere celesti luna dentro laltra doveva essere completato attraverso lanalisi degli elementi e dei rapporti che determinano le apparenze del mondo sublunare47. Le intuizioni di Leonardo sono di due tipi: anzitutto una massa di notazioni e osservazioni non coordinate; in secondo luogo riflessioni di un tono generalmente pi sostenuto, addirittura appassionato, sulla luce in cui lo irraggiarsi occupa gli spazi del cosmo, o sulla vita della terra e i suoi movimenti prodigiosi. Proprio que-

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sti due temi sistematici avevano fornito la loro struttura essenziale alla cosmologia del Ficino48 e compaiono costantemente nelle esposizioni del filosofo a partire dalla Theologia platonica (1482). Lanalogia nel pensiero, e spesso anche nelle formule, degna di nota. Tuttavia un gruppo di testi della fine del periodo fiorentino dimostra come Leonardo utilizzasse le sue letture per elaborare unintuizione della natura che non esattamente quella del filosofo di Careggi. Il gruppo di testi nei quali si abbraccia tutta la storia geologica si trova in due pagine del Codice Arundel, foll. 155 e 156. La loro scrittura minuta e il loro formato ridotto sono gli stessi di unaltra pagina dello stesso manoscritto (vi si vedono un disegno di moneta e degli schizzi) che riporta agli anni 1480-8249. Una parte di questo testo, la descrizione del mostro marino, appare piena di cancellature, il che sta a dimostrare lo stato di abbozzo, in una pagina del Codice Atlantico (265 r, a), la cui scrittura chiaramente anteriore al manoscritto D (circa 1490) e un frammento dello stesso testo ritorna ancora nel Codice Atlantico 71 r, la cui scrittura presenta tutte le caratteristiche del periodo 1478-8050. Il tema centrale costituito dallesclamazione ammirata e dolorosa: O tempo consumatore delle cose e o invidiosa antichit per la quale tutte le cose sono consummate... In uno dei fogli raffigurata Elena che contempla nello specchio il suo viso sfiorito, in un altro sono i giochi dun mostro marino i cui movimenti atterriscono gli abitanti dei mari. Queste due figurazioni sono tratte dal libro XV delle Metamorfosi di Ovidio: Elena quando si spechiava vedendo le vizze grinze del suo viso fatte per la vecchiezza piagne e pensa seco perch fu rapita due volte. La frase traduce alla lettera il passo di Ovidio: Flet quoque, ut in speculo... (XV, 232 sgg.) Il cetaceo che gioca fra le onde si ricollega allo stesso tema, ma mancano i passaggi intermedi. Si deve inter-

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pretarlo partendo dai versi di Ovidio che si trovano nello stesso passo:
Vidi ego quod fuerat quondam solidissima tellus Esse Cetum, vidi factas ex aequore terras Et procul a pelago conchae jacuere marinae. (XV, 262-65).

Lenorme animale scherzava nellacqua prima di trasformarsi sulla riva in una carcassa risecchita e a poco a poco interrata. La vita del gigante primitivo non ci nota se non attraverso un fossile della collina che in passato era stata il mare. Tutto si perde e si trasforma, il viso dElena che invecchia e lo stesso mare divorato dai continenti. I testi vicini contengono ulteriori sviluppi intorno ai problemi geologici che di continuo interesseranno Leonardo. Le conchiglie fossili, ad esempio, si spiegano mediante il sollevarsi del suolo terrestre che non cessa di trasformarsi in seguito alla lotta degli elementi: essenpli et pruove dellaccrescimento della terra (ripetuto nel Codice Atlantico, 265 r, a). La conclusione di questi processi potrebbe essere il finale trionfo del fuoco e la consumazione del globo, corroso dalla combustione interna. Il famoso passo sul tumulto spaventoso dei vulcani (Codice Arundel, 155 r) si ricollega dunque a tutta questa meditazione e verosimilmente vi si riporta anche il passo, non meno celebre, che lo segue, dedicato alla esplorazione nella misteriosa caverna de lartifiziosa natura, sulla soglia della quale Leonardo sarresta affascinato. I temi principali della riflessione scientifica e, in certa misura, dellarte di Leonardo, comunque uno degli oggetti fondamentali della sua curiosit (la vita della natura nel tempo) li troviamo dunque definiti gi abbastanza presto, intorno al 1480, alla vigilia della partenza da Firenze o agli inizi del soggiorno milanese. La cosa

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pi interessante la fonte di questi temi: essi si trovano gi tutti riuniti nel testo di Ovidio, del quale sono tradotti direttamente parecchi passi, e che altro non se non il lungo discorso (Met., XV, 60, 478) messo in bocca a Pitagora e il compendio della sua dottrina. Il saggio di Samo, dice il poeta, aveva scrutato quae natura negabat visibus humanis, cio il rovescio delle cose. Egli ne aveva scoperto la legge nella metempsicosi che crea una comunicazione tra tutti gli esseri viventi, cosa che consiglia il regime vegetariano: [tellus] epulas sine caede et sanguine praebet. Lanima dovunque ma tutto mutamento: cuncta fluunt omnisque vagans formatur imago. I cicli del giorno e della notte, il moto delle stagioni esprimono questo altrettanto chiaramente che le vicende del corpo umano: nec quod fuimusve sumusve cras erimus. Di qui le lacrime del vecchio Milone, il dolore di Elena allo specchio. Solo il cosmo e gli elementi perdurano e, grazie a loro, nulla mai perisce del tutto, ma nulla anche rimane stabile. Quella che noi crediamo solida terra stato in passato un braccio di mare e vi troviamo fossili marini. Il globo ha una vita tormentata: colline gonfie di vento, piene di fonti, vulcani che esalano un alito di fiamma. Si possono infine osservare anche le metamorfosi degli animali (api, bruchi, uccelli, o la fenice, nutrita damomo che si ricrea da s) e notare levoluzione delle societ: caduta di Troia, fondazione di Roma che soggiacciono alla stessa legge. Noi siamo pars mundi, luomo vi partecipa pi strettamente di ogni altro essere, dato che legato a tutti: non corpore solum.
Verum etiam volucres animae sumus inque ferinas Possumus ire domos ...

Se ne deve trarre una sorta di saggezza fatta di rassegnazione e rispetto. Questi quattrocento versi com-

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pendiano una delle dottrine pi spregiudicate dellantichit pagana, e una delle pi articolate in modo da coprire tutti gli aspetti della natura. Le analogie generiche con la cosmologia, la fisica e perfino la morale di Leonardo sono rilevanti. Egli non cesser di scrutare ci che la natura sottrae agli sguardi umani, e si rifar periodicamente agli elementi essenziali e alle formule stesse del discorso di Pitagora. Nel 1505, durante il suo secondo soggiorno fiorentino, una pagina (Codice Arundel, 57 r), certamente destinata al trattato sulla meccanica dellacqua, conclude una meditazione esaltata sulla potenza e variet di questo elemento con la massima: Col tempo ogni cosa va variando. La formula non nientaltro che una citazione fatta con lo scopo di collegare allesposizione delle Metamorfosi uno degli aspetti essenziali della cosmologia di Leonardo. Alla stessa epoca risale la prefazione di un trattato danatomia; Leonardo denuncia in essa la crudelt delluomo che si ciba della carne degli animali e conclude: La natura non produce abbastanza elementi semplici per saziarsi? (Qu., i, 14 r e v). Lesposizione della dottrina presocratica della physis fatta sotto il nome di Pitagora51 conteneva in nuce le linee fondamentali del pensiero leonardesco. Egli se n appropriato non appena lha conosciuta e in questo abbiamo un elemento di unit nella sua vasta impresa, che ci aiuta a spiegare gli aspetti positivi e negativi del suo atteggiamento di fronte alla cosmologia platonica52. Se le metamorfosi della natura sono paragonabili a quelle del corpo umano, che esiste una grandiosa e profonda analogia tra il mondo e lessere vivente. La corrispondenza astratta tra microcosmo e macrocosmo era nel Quattrocento un banale argomento scolastico. Ma il Ficino doveva trarne conseguenze nuove partendo dalle fonti antiche, nelle quali lermetismo e il pitagorismo ricompaiono sotto il frasario platonico. Egli li colora di un animismo che fiorir poi in Paracelso e pi tardi

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in Giordano Bruno, e senza il quale la dottrina non avrebbe potuto ritrovare una sua attualit nel Rinascimento. La bella introduzione al Trattato dellacqua sulla vita della natura53 si trova esattamente annunciata dal libro IV della Theologia platonica. necessario che negli elementi ci sia una vita capace di creare (vita fabricatrix). Lunico modo di farsene unidea lanalogia con larte umana, lattivit che manipola e trasforma la materia secondo certe ragioni interne: Similiter efficit ipsa natura, et tanto vivaciore sapientioreque arte, quanto efficit efficacius et efficit pulchriora54. Questa vita della terra si manifesta per Leonardo, come per il filosofo platonico, nella diversit delle specie e nel gioco incessante degli elementi che sono anchessi potenze animate e le cui combinazioni e rotture spiegano la diversit dei fenomeni. Ma dove la sintesi dottrinaria intravvede un ordine maestoso, lequilibrio sotto il disordine, la percezione pi viva dellartista scopre crisi e convulsioni ininterrotte. Egli concluder con i formidabili disegni dei cataclismi dellacqua e del fuoco. La sua fantasia oscilla tra la visione della rovina terrificante del cosmo e la visione del suo ordine armonioso55. Allorch si tratta del firmamento e della sua disposizione, Leonardo sembra considerare con sospetto lo schema tradizionale delluniverso geocentrico. Egli sembra talvolta anticipare la cosmografia di Galileo, ma leliocentrismo da lui preconizzato meno il risultato di calcoli e osservazioni e pi invece di una convinzione della vitalit e in un certo senso della divinit del sole. Anche qui certe notazioni richiamano la lingua del Ficino: Il sole ha corpo, figura, movimento, splendore, calore e virt generativa che emanano da lui senza diminuirlo (Codice Atlantico, fol. 270 b). Leonardo vagheggi a lungo lidea di scrivere un trattato sulla luce; esso si apriva con un curioso passo, del resto ripreso in parte dal vecchio trattato di John Peckham sullottica:

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La luce diletta pi li contemplanti. Infra li studi delle naturali considerazioni la luce diletta pi i contemplanti; in tralle cose grandi delle matematiche la certezza della dimostrazione innalza pi preclaramente lingegni delli investiganti; la prospettiva adunque da esser preposta a tutte le tradizioni e discipline umane, ne l campo della quale la linia radiosa complicata d e modi delle dimostrazioni.

Di qui infine linvocazione: Come si degner il Signore, luce dogni cosa, illustrare me tratatore della luce...56 . Nel 1508 Leonardo esporr il piano di questo trattato sulla luce il cui punto di partenza costituito dalla Lalde del Sole. Questo testo curiosamente stipato di allusioni dotte:
Mai non posso fare chio non biasimi molti di quelli antichi, li quali dissono che l sole non avea altra grandezza che quella che mostra; fra quali fu Epicuro, e credo che cavassi tale ragione da un lume posto in questa nostra aria, equidistante al centro: chi lo vede, no l vede mai diminuto di grandezza in nessuna distanzia. E le ragioni della sua grandezza e virt le riservo nel quarto libro, ma ben mi maraviglio, che Socrate biasimassi questo tal corpo, e che dicessi quello essere a similitudine di pietra infocata; e certo chi lo pun di tal errore poco pecc. Ma io vorrei avere vocaboli che mi servissino a biasimare quelli che voglino laudare pi lo adorare li omini che tal sole, non vedendo nelluniverso corpo di maggiore magnitudine e virt di quello: el suo lume allumina tutti li corpi celesti, che per luniverso si compartano, tutte lanime discendon da lui, perch il caldo, ch in nelli animali vivi, vien dallanime, e nessun altro caldo n lume nelluniverso, come mosterr nel quarto libro. E certo costoro, che han voluto adorare omini per Iddei, come Giove, Saturno, Marte e simili, han fatto grandissimo errore, che parrebbe simile a una minima stella, la

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qual pare un punto delluniverso, e ancora vedendo essi omini mortali e putridi e corruttibili nelle loro sepolture. La Spera e Marullo lauda con molti altri esso sole57.

Il pensiero procede molto tortuosamente in questa pagina di erudizione umanistica. Leonardo ha visto chiaramente che lelogio del sole portava a una critica della religione antica in quanto il Rinascimento li trovava uniti. Se si volevano giustificare i culti pagani, non erano le divinit del mito (interpretate in certi casi in un senso puramente evemerico) ma il sole che si doveva divinizzare. Leonardo si richiama cos alla tradizione del Pimandro e degli Ermetici, la cui dottrina, pi che nel mediocre Trattato della Sfera di Goro Dati, pubblicato nel 1478 a Firenze, si trovava esposta negli Inni di Marullo. Gli Hymni et Epigrammata erano stati pubblicati nel 1497, ma scritti in gran parte a Firenze fra il 1489 e il 1494, allorch il Tarcaniota era ospite di Lorenzo di Pierfrancesco58. Era il momento in cui la metafisica dello splendore riscuoteva un universale successo a Firenze e in cui il Ficino, concludendo un commento allo Pseudo Dionigi, scriveva due trattati sul sole59. Negli ultimi anni dellAccademia queste speculazioni hanno unimportanza primaria, e hanno interessato Leonardo che si sforzato di utilizzarle. Per lui il principio matematico, la vita della natura, lirradiare della luce sono essenziali alla meraviglia delluniverso: sono realt prime e inseparabili, evidenze che si impongono al dotto come al pittore60. Allinterno di queste forme assolute, moltiplicher le descrizioni concrete e lo studio delle metamorfosi con estensioni di tutti i generi nella sua pittura. Ogni teoria deve ricondurre alla visione e ogni visione allarte. Questo stesso arricchimento della visione cosmologica rende problematiche le tradizionali affermazioni circa il destino delluomo e la sua immortalit. Se lanima delluomo, il

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calore e la luce sidentificano nel governo delluniverso, luomo risulta lui stesso un accidente in seno a un cosmo di cui egli non il centro. Quella pi profonda necessit che lintelligenza scopre nelluniverso individua una legge superiore che si deve riconoscere e venerare61. Laccordo, cercato dai platonici come il Marullo e Ficino, tra la concezione della natura e la vocazione dellanima nodo e centro delle cose, non viene pi conservato.

2. Il primato della pittura. Esaltando come attivit elette la poesia, le arti plastiche, larchitettura e la musica, lumanesimo fiorentino veniva a invocare una trasformazione radicale del sistema delle arti62. Disinteressandosene i filosofi, furono gli artisti stessi a condurre per un secolo una polemica in cui Leonardo ebbe una parte attiva, addirittura di primo piano. Abbiamo di lui abbozzi di tutti i generi, frammenti di discorsi, echi di conversazioni ufficiali (alla corte di Ludovico il Moro) o private, che dimostrano fino a qual punto egli considerasse una questione personale la nuova polemica sulle arti63; le sue tesi hanno uneco immensa nel corso del Cinquecento. Il discorso che mette in bocca a re Mattia (Corvino) tutto polemico: Con debita lamentatione si dole la pittura per essere lei scacciata dal numero delle arti liberali, conciosiach essa sia vera figliuola della natura et operata da pi degno senso64. A suo avviso ogni attivit mentale ha un suo lato meccanico e non possibile operare una discriminazione tra le discipline superiori e larte meccanica della pittura. Non si tratta solo di un argomento difensivo da aggiungere a quelli correnti a Firenze; portando la dottrina alle ultime conseguenze, Leonardo fa esplicitamente dellarte lo strumento della conoscenza superiore.

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Egli in realt utilizza in un senso suo il tema platonico dellelogio del vedere: chi perde il vedere, perde la veduta e bellezza delluniverso e resta a similitudine di un, che sia chiuso in vita in una sepultura. Se il corpo una tomba, secondo la formula di Platone ripresa dal Ficino, la vista per lappunto la facolt che libera, finestra dellhumano corpo, per la quale lanima specula e fruisce la bellezza del mondo, per questo lanima si contenta dello humano carcere, e sanza questo esso humano carcere suo tormento. Leonardo ignora, o finge di ignorare, la dottrina della visione trascendente, per celebrare loperazione sensibile che spalanca luniverso; e immediatamente la estende a tutta lattivit intellettuale.
Or non vedi tu, che locchio abbraccia la bellezza di tutto il mondo? egli capo dellAstrologia, egli fa la Cosmografia, esso tutte le humane arti consiglia e correggie... principe delle matematiche... questo larchitettura, e prospettiva, questo la divina pittura ha generata... O, eccellentissimo sopra tutte laltre cose create da Dio! quali laude fien quelle, chesprimere possino la tua nobilt?65. .

Lelogio delluomo, re delluniverso, che avevano fatto il Manetti, il Ficino e Pico, divenuto lelogio esclusivo della vista e del suo strumento maggiore, la pittura. Inoltre latto spirituale del giudizio che fonda la conoscenza non , per Leonardo, distinto in modo radicale dalloperazione sensibile. Al pari dei neoplatonici fiorentini, egli afferma decisamente che il pensiero solo il grado superiore della vista, che consustanziale alla visione:
Se tu dirai, che 1 vedere impedisce la fissa e sottile cognitione mentale, co la quale si penetra nelle divine scientie, e tale impedimento condusse un filosofo privar-

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si del vedere, questo risponde, che talocchio, come signore de sensi, fa suo debito dare impedimento alli confusi e bugiardi, non scientie, ma discorsi, per li quali sempre con gran gridare e menare de mani si disputa.

Ove non si esercita la visione, non si hanno che vuote parole senza pensiero: Leonardo conclude che questo filosofo era pazzo e il suo ragionare insensato66. Il discorso mentale dellarte dunque superiore alle possibilit della poesia. Lelogio delle arti veniva talvolta dagli umanisti connesso a quello della poesia. Leonardo far lopposto. Egli sostiene la pittura con un partito preso esclusivo. Le possibilit della pittura sono superiori a quelle della poesia:
Che ti move, o homo, ad abbandonare le proprie tue abitazioni della citt e lasciare li parenti et amici, et andare in lochi campestri per monti e valli, se non la naturale bellezza del mondo, la quale, se ben consideri, sol col senso del vedere fruisci?

La bellezza della natura di competenza del pittore; il poeta pu suggerirla.


Ma lanima non potea fruire il benefitio de li occhi, finestre delle sue abitazioni, e non potea ricevere le spetie de li allegri siti, non potea vedere lombrose valli rigate dallo scherzare delli serpeggianti fiumi, non potea vedere li vari fiori, che con loro colori fanno armonia allocchio, e cos tutte le altre cose, che ad esso occhio rappresentare si possono 67 ...

La poesia dunque non pu avere sullanima quellautorit completa che ha invece la pittura. Ne pu averla la musica. Questa la sorella della pittura, ma e ad essa inferiore; linfelice musica si realizza infatti come

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una forma temporale e caduca; inoltre quella cosa pi degna, che satisfa a miglior senso. Adonque la pittura, satisfattrice al senso del vedere, pi nobile della musica, che solo satisfa alludito. Questa distinzione si trova nel Ficino, ma mai Leonardo sembra ammettere, come facevano i neoplatonici, che la dignit della musica consista nellesprimere direttamente larmonia cosmica; egli rimane fedele alla teoria generale dei modi e degli effetti psicologici68. nella pittura che si raggiunge il fondo armonico delluniverso; linvisibile viene rivelato nel visibile. Nel citato discorso di Mattia Corvino, questi preferisce un ritratto della sua amante a una poesia scritta in suo onore e largomento decisivo per questa scelta di carattere puramente speculativo: Non sai tu, che la nostra anima composta darmonia, et armonia non singenera, se non in instanti, nei quali le proportionalit delli obbietti si fan vedere, o udire?69. Infine il tutto che viene abbracciato pi elevato e durevole nella pittura. Ma questa non fa che compendiare unoperazione universale: La proporzione non solamente nelli numeri e misure fia ritrovata, ma etiam nelli suoni, pesi e siti, e n qualunque potenzia sua70. Il riecheggiamento neopitagorico chiaro: la proporzione insieme principio di misura e valore simbolico; si esprime nella forma precisa che viene disegnata, negli accordi che lavvolgono, nei contrasti che laccompagnano; un principio universale in cui lanima riconosce se stessa. Il vero commento a questo assioma lo abbiamo nel passo lirico del Trattato dedicato al pittore signore delluniverso che esprime in forma immediata e istantanea una armonia di rapporti, una proportionata armonia71. Queste riflessioni fanno spesso pensare alle dottrine dellAlberti; e a volte si tentati di farle derivare di quelle. Ma non si deve dimenticare che i grandi temi albertiani gi dal 1480 erano rifluiti nellinsegnamento

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degli umanisti platonici, soprattutto in quello ficiniano72. Erano venuti cos ad essere connessi con tutta una metafisica. Ed collocandosi su questo stesso piano che Leonardo pu riconoscere alla pittura tutti gli attributi che i filosofi accordano allo spirito umano. Anzitutto essa gode duna universalit esteriore e facile. Una delle pi belle pagine del Trattato si dilunga su questo tema:
La deit, cha la scientia del pittore, fa che la mente del pittore si trasmutta in una similitudine di mente divina, imperoch con libera potest discorre alla generatione di diverse essentie di varij animali, piante, frutti, paesi, campagne, ruine di monti, laghi paurosi e spaventevoli, che danno terrore alli loro risguardatori, et anchora lochi piacevoli, suavi73.

Ci che per il Ficino era la facolt essenziale dellanima Leonardo lattribuisce allarte. Ci, ch nelluniverso per essentia, presentia o immaginatione, esso lo ha prima nella mente, e poi nelle mani74. La sua intelligenza e la sua abilit tecnica, non lo spirito del filosofo, costituiscono lo specchio in cui le qualit delle cose si riflettono e si rivelano. Disprezzare la pittura disprezzare il segreto stesso della natura. Infatti nella totalit del mondo concreto, che per diritto il suo campo dazione, lartista lunico in grado di cogliere le analogie e le leggi75. Come gi per lAlberti il naturalismo si afferma allinterno di una nuova visione della natura. Il pittore riproduce il mondo esterno in presentia o immaginatione, ma lo celebra come creazione di meraviglie o di mostri. in questo senso che il pittore ne il signore e Dio: Sel pittore vol vedere bellezze che lo innamorino, egli n signore di generarle, e se vol vedere cose mostruose che spaventino o che sieno bufonesche e risibili, o veramente compassionevoli, ei ne signore et dio76.

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Ogni aspetto dellattivit di Leonardo rientra nel raggio di questi interessi. Anche in certi campi come lanatomia o la geologia, che successivamente sono stati decisamente sottratti ad ogni considerazione estetica o morale e hanno assunto una loro fisionomia di scienza, escludendo questo tipo di considerazione, in cui giustamente si sentiva il pericolo di un finalismo, Leonardo sviluppa le sue intenzioni fondamentali. Egli lo fa in tre modi: anzitutto attraverso la destinazione generale di questi studi, cio il posto che egli prevede per loro nellorganum completo; poi attraverso il valore stesso del nuovo strumento di ispirazione concreta, cio il disegno scientifico, che isola e chiarisce un meccanismo o un rapporto di posizione, sostituendosi in questo modo a una esposizione metodica; infine attraverso lapplicazione di schemi che conferiscono alla presentazione scientifica un equilibrio, una simmetria, un ordine espliciti, pi spesso fondati su unanalogia precisa con un altro effetto naturale. Leonardo si applica con tanta cura a crearci questi schemi, quanta ne mette lo scienziato moderno ad evitarli. Cos ad esempio i movimenti dellacqua sono analizzati alla stregua di quelli di una chioma, la muscolatura della spalla e del collo come un sistema di cordami e di vele77. Leonardo ritorna con grande naturalezza dalla scienza allarte che non ha mai perso di vista:
Necessaria cosa al pittore, per essere bono menbrificatore nellattitudine e gesti, che fare si possono per li nudi, di sapere la notomia di nervi, ossa, muscoli e lacerti, per sapere nelli diversi movimenti e forze, qual nervo o muscolo di tal movimento cagione, e solo far quelli evidenti e questi ingrossati, e non li altri per tutto, come molti fanno, che per parere gran disegnatori fanno i loro nudi legnosi e senza grazia, che paino a vederli sacco di noci pi che superfizie umana, overo fascio di ravani pi tosto che muscolosi nudi.

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La critica si riferisce al Pollaiolo e alla sua scuola. Essa ci dimostra anche il modo di procedere unitario di Leonardo78. In questo modo ci si allontana definitivamente dalla creazione ingenua della bellezza. La pittura viene innalzata al vertice dellattivit umana in quanto in ogni suo aspetto tende ad una istanza superiore, la Bellezza. Ma limportanza di questo avvenimento tale che sono necessarie infinite precauzioni in chi vi aspira; luniversalit della pittura, che si pu estendere di pari passo a quella della coscienza, esige uno sforzo veramente infinito. Occorre accettarla come una forma profana di vita contemplativa, con la sua etica e i suoi sacrifici: Il pittore debbe essere solitario e considerare ci, chesso vede, e parlare co seco79. necessario che le sue amicizie e i suoi divertimenti siano regolati anche in vista di questo fine superiore. Tutte queste posizioni ambiziose suonavano insolite nel mondo delle arti e Leonardo vi era guardato con un misto di diffidenza e dammirazione come dimostrano gli aneddoti sui suoi singolari metodi di lavoro. Unidea di questi si pu avere nei suoi disegni e dalle sue note. Bisogna, egli dice, che lo schizzo sia eseguito rapidamente senza impuntarsi ai particolari che verranno definiti pi tardi con comodo. Limprovvisazione realizza lidea nella sua forma pi intensa e pi ispirata; ma occorre lasciare anche delle possibilit per il seguito in vista di un perfezionamento lento e calcolato.
Ricordo a te, pittore, che quando col tuo giudizio, o per altrui aviso scopri alcun errore nelle opere tue, che tu le ricoreggi acio che nel publicare tale opera tu no publichi insieme con quella la materia tua. E non ti scusare co te medesimo, persuadendoti di restaurare la tua infamia nella succedente tua opera; perch la pittura no more mediante la sua creatione, come fa la musicha, ma lungo tempo dar testimonianza della ignoranzia tua80.

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Questa regola per cui lopera va perfezionata attraverso calcoli infiniti spiega in parte limpotenza sempre maggiore dellartista: questa non era conseguenza, come hanno creduto osservatori superficiali, di una sua stanchezza della pittura, ma invece di una distanza sempre maggiore tra lintuizione e i procedimenti richiesti dalla sua ricostituzione calcolata. In realt nessun artista prima di lui aveva studiato con tanta lucidit il comportamento del pittore. In un passo che una celebre variante della formula ogni depintore depinge s, egli denuncia la tendenza dei pittori a riprodurre sempre lo stesso tipo umano. Questa inclinazione una conseguenza dei meccanismi intimi dellanima, la facolt cio che determina il giudizio prima che esso sia il nostro giudizio (il nostro giuditio inanti sia il propio giuditio nostro), cio lenergia subconscia. Essendosi adattata al tipo fisico in cui risiede, questanima tende a perpetuarlo anche nelle immagini. Occorre dunque sorvegliare da vicino i movimenti della soggettivit profonda81. Leonardo ne avverte i pericoli nel caso in cui la coscienza dellartista sia poco sensibile. Ma per contro ha preconizzato il ricorso al subconscio in celebri consigli in cui raccomanda di leggere nelle macchie informi dei muri, di evitare le composizioni troppo finite che paralizzano il moto mentale, cio il movimento interiore82. Le compiacenze si vedono soprattutto negli innumerevoli abbozzi e schizzi in punta di penna con cui ha riempito i suoi foglietti personali e nei quali gli psicologi non hanno mancato di cercare i geroglifici del suo subconscio. Esisteva cos ununit profonda in tutti i procedimenti di Leonardo. Il legame fra le sue iniziative deve essere cercato in un adeguamento integrale dellattivit intellettuale a quella artistica, le cui esigenze si estendono in proporzione. Nel corso di questo lavoro Leonardo compie una rivoluzione durevole trasformando la coscienza metafisica dellarte, valorizzata dagli umani-

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sti fiorentini, in coscienza psicologica dellattivit artistica. Ha impiegato tutta la sua vita ad analizzarne le condizioni. Ed per questo che la sua persona ha esercitato un fascino senza precedenti su quanti erano attratti dai suoi problemi.

3. Scoperta dellambiguit. Leonardo diventato celebre per le innumerevoli fantasie e facezie; infinite pazzie dice il Vasari che ha costruito la sua biografia sul tema del genio imprevedibile e capriccioso. Leonardo non era il primo tra gli artisti fiorentini ad amare le invenzioni sorprendenti e gli scherzi; egli per indubbiamente il primo per il quale lattivit ludica abbia avuto tanta importanza arrivando a sviluppi inesauribili. A Milano fu incaricato di ordinare e disporre le feste di Ludovico; la sua funzione era quella di regolare i divertimenti, di disegnare i costumi, innalzare gli scenari. Ha messo in scena lOrfeo del Poliziano (sul palcoscenico si vedeva una montagna conica che si apriva rivelando Plutone) e il Paradiso del Bellincioni (1490): la prefazione del libretto descrive i sette pianeti che giravano, rappresentati da uomini, allinterno di una sfera83. I suoi carri da guerra dalla forma fantastica, le sue macchine semoventi, i suoi apparecchi per volare ecc. erano verosimilmente destinati a cortei e a giostre. Al pari dei suoi lavori dingegneria, le sue creazioni artistiche spesso toccano il mondo del gioco; questo completa le possibilit della pittura la quale provoca, a piacere, il riso o la paura. Questa potenza dellarte si deve al fatto che la vita umana si muove nellimmaginario, con una docilit incredibile alle forze dellillusione. Lartista per cos dire lanimatore di uno spettacolo al quale egli non deve in fondo prendere parte84.

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Leonardo aggiunge cos una nuova dimensione allestetismo fiorentino. Ma da questo punto di vista il mondo umano viene a dividersi meno in base ai sentimenti morali abituali, lammirazione o la riprovazione, e pi invece in base alle gradazioni dellemotivit che tendono ad assumere unimportanza insolita: la tenerezza per ci che squisito, la repulsione per ci che volgare e bestiale. Leonardo ha sempre reagito a questo con vivacit85. Ne risulta una sorta di tensione costante fra i sentimenti estremi, un rapido passaggio dallindulgenza allimpazienza che si coglie in particolare nellatteggiamento di Leonardo verso lamore. I suoi punti di vista non costituiscono una dottrina. Leonardo manifesta a volte un disgusto venato di piet per il modo in cui si propaga la specie; ma troviamo nei suoi schizzi piccole scene di genere di tutti i tipi che illustrano la commedia dellamore. Allorch il suo tono si eleva, egli riprende le idee del platonismo contemporaneo, senza per conservare loro quella prospettiva ascendente che permetteva al Ficino e ai poeti platonizzanti di unificare gli impulsi dellEros. Quando egli scrive che lamante si muove verso la cosa amata per unirsi ad essa, non vede, in questa attrazione, un principio che potrebbe innalzare lanima a Dio86. Lambivalenza di questi sentimenti risulta chiara nella descrizione frammentaria del sito di Venere, scritta senza dubbio nel 1504 e forse destinata ad un apparato di festa, che in tutto risulta lopposto del soggiorno voluttuoso descritto nelle Stanze del Poliziano: Venere non appare; un paesaggio incantevole attira le navi che si infrangono sugli scogli87. Lallegoria del piacere strettamente legato al dolore in una stessa figura, luna un giovane, laltra un vecchio che esce da un tronco unico, esprimer la stessa convinzione88. E Leonardo distogliendo lo sguardo dallinsopportabile confronto dei sessi, si compiaciuto nel creare la figura dellan-

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drogino che del tipo umano conserva solo i caratteri gradevoli per farne dimenticare la bestialit e la bruttezza. Tutto ci che fa il valore della vita umana porta al senso della sua precariet, ma soprattutto della sua fondamentale ambiguit. Per Leonardo lesistenza non sarebbe concepibile senza la vista che d accesso alla totalit delluniverso. Grazie ad essa, la prigione del corpo cessa dessere una tortura per lanima; anzi questa non lascer tale prigione se non con dolore dato che ci sar un perdere la bellezza del mondo. esattamente lopposto di ci che aveva affermato il Ficino: Corpora animis suis et junguntur avidissime et ab eis molestissime sejunguntur89. Per lumanista la morte significa la dissoluzione del corpo e la liberazione dellanima per cui il corpo se ne allarma. Per Leonardo lanima che rifiuta questa separazione nella misura in cui essa partecipa allesercizio dei sensi e nella misura in cui la vista sidentifica con lintera attivit dello spirito. Secondo il Ficino la funzione dellanima era di percepire, unificare e concludere luniverso grazie alla sua vocazione sovrannaturale. Questa secondo Leonardo non potrebbe che essere dimpaccio al suo esercizio terrestre e si chiede con insistenza se luomo non debba limitare le sue ambizioni: gli orgogliosi ai quali non basta il beneficio della vita e la bellezza del mondo ne sono puniti in quanto perdono essi stessi la loro vita e non possiedono lutilit e la bellezza del mondo (Codice Atlantico, 91 v, a).Egli non ignora che luomo tende allinfinito a trascendere questa condizione terrestre, ma forse il destino di chi, come la farfalla di fronte alla fiamma, attratto da ci che deve annientarlo. Leonardo intravvede lidea di una dissoluzione finale esattamente opposta alla nozione cristiana e neoplatonica della resurrezione, di cui Michelangelo far uno dei temi fondamentali della sua arte90. Questo senso della posizione ambigua delluomo tra

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lorribile e lo squisito, tra il certo e lillusorio si venuta accentuando in Leonardo con gli anni. Nella sua opera dipinta vi corrisponde uno sviluppo parallelo del chiaroscuro. Il principio di esso era anzitutto linteresse per il contrasto che valorizza i termini opposti: Le bellezze con le brutezze paiono pi potenti luna per laltra91. Egli dunque si compiaciuto nel far scivolare insensibilmente le dolci luci nelle ombre deliziose e a risolvere in questo modo il conflitto tra disegno e modellato92. probabile che i ritocchi e le vernici abbiano accentuato il tono di ambra scura dei quadri che ci sono pervenuti, provocando unimpressione illusoria rispetto a quelli che erano gli effetti iniziali dello sfumato leonardesco. Certo losservazione del Vasari sui toni chiari della Gioconda rimane sconcertante93, ma in fin dei conti sono proprio i contrasti spinti tra chiari e scuri che Leonardo raccomanda nelle sue teorie: Per esser universale e piacere diversi giudicii, farai in un medesimo componimento, che vi sia cose di grande oscurit e di gran dolcezza dombre, facendo pero note le cause di tal ombre, e dolcezze94. Egli analizza i fenomeni luminosi con il vocabolario dei filosofi fiorentini: Adonque le tenebre il primo grado dellombre, e la luce e lultimo adonque tu, pittore, farai lombra pi scura apresso alla sua caggione, et il fine fa che si converti in luce, cio che paia senza fine. E soprattutto: Lombra deriva da due dissimili cose luna da laltra, inper che luna corposa, e laltra spirituale; corporeo il corpo ombroso, spirituale il lume. Adonque lume e corpo son caggione de lombra95. La pittura che sar effetto e composizione dombra e di luce, di chiaro e di scuro, susciter dunque nellanima un turbamento ed una sorpresa che non riescono a creare i toni limpidi. Lestetica dei chiari e degli scuri appare come uneresia personale di Leonardo rispetto allestetica innocente dello splendore, che considerava il fulgore pi intenso come il valore

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supremo ed escludeva le tenebre riservate ai regni inferiori e allinfelicit dellanima. Certo lo sfumato in primo luogo una soluzione tecnica: fa sporgere le forme senza dover ricorrere alla brutalit dei contorni e allaccentuazione del rilievo; esso assicura ad esse una qualit liscia e continua. Il ritratto di Musico della Ambrosiana e quello della Gioconda mostrano in misura abbastanza evidente quale sorprendente delicatezza raggiunga in questo modo il modellato. La pittura lelevazione poetica di un mondo crepuscolare e velato. Il passo celebre: Pon mente per le strade sul fare della sera a visi de homini e di donne, quando cativo tempo, quanta gratia e dolcezza si vede in loro96 seguito dai suggerimenti per costruire uno studio dove si possono ricreare a volont quegli effetti di tempo coperto e di luce obliqua che fanno vibrare in modo cos misterioso le forme. La vera bellezza dunque legata al chiaroscuro; mai cos toccante come nei visi che spiccano su un campo scuro. Essa infine risiede nel rapporto intimo tra luce ed ombra. Quando vorr sintetizzare in un simbolo completo lambiguit e lattesa umana Leonardo unir alla penombra il sorriso incerto e il dito puntato nelle tenebre97. Leonardo era un grande inventore di indovinelli ed enigmi. Intorno al 1497 componeva per Cecilia Gallerani a Milano dei rebus lambiccati. Ha disseminato i suoi scritti di domande e profetie che fanno apparire le realt triviali in una luce bizzarra e sorprendente98. Anche in questo lo spirito di gioco si mescola allattrattiva del mistero: allorch vuole comporre un simbolo adeguato della sua attivit realizzer quellintreccio in cui un solo filo si snoda in un labirinto senza fine. Il motivo di origine orientale ed introduce una nota desotismo in un procedimento tecnico singolare99; accompagnato da una scritta: Achademia Leonardo Vinci questo intreccio costituisce un emblema visivo del nome

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dellartista (Vincio/Vinci, annodare) con uneco ermetica. Forse questo simbolo stato composto in occasione delle conversazioni che raccoglievano a Milano, insieme col matematico Pacioli, ingegneri e dotti lombardi amici di Leonardo100. Egli amava avvolgersi in un certo mistero e accentuare la sua distanza rispetto ai procedimenti comuni. La posterit in questo non si sbagliata101.

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Capitolo terzo La verit dellarte

Lattivit di Leonardo conclude in tutti i campi il Quattrocento fiorentino. Il suo impulso spontaneo di cercare, in una elaborazione pi sottile dei loro elementi fondamentali, il punto in cui gli stili vengono a confluire e ad essere superati. In scultura la presenza dei due stili rivali dei Pollaiolo da un lato e di Desiderio dallaltro, il tono aspro e quello fine avevano gi spinto il Verrocchio verso uno stile complesso, ricco di modulazioni e contrasti. la via che seguir Leonardo; ma la costruzione del gran cavallo di Milano fu unimpresa troppo grande. Cos nellinfluenza esercitata da Leonardo, nelleco che hanno avuto le sue idee, ad esempio nel Rustici, che possibile cogliere il suo orientamento102. Nel campo dellarchitettura si avverte meglio ancora che il ruolo di Leonardo stato di spostare i problemi, di trasferirli su un piano nuovo, insieme pi preciso e pi ambizioso. Egli non mai stato incaricato della costruzione di un edificio, bench sembra aver aspirato qualche volta a commissioni importanti, in particolare a Piacenza103. LAlberti, che forniva i disegni senza curarsi di sorvegliare i cantieri, aveva studiato nei loro caratteri generali i princip dellarte monumentale; Leonardo ne riprende lanalisi nei suoi taccuini dal punto di vista insieme pi tecnico (resistenza dei materiali, funzione dei supporti, composizione delle forze) e pi dottrinale, riportando le masse alla loro stretta natu-

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ra geometrica, lo spazio interno alla sua stessa modulazione ritmica. Egli generalizza i problemi del Brunelleschi e del Sangallo studiando le combinazioni derivanti dalla pianta centrale; questi studi saranno decisivi per levolversi delle concezioni monumentali intorno al 1500. La creazione del nuovo San Pietro di Giulio II non si spiega senza lincontro di Leonardo, del Sangallo e di Bramante104. Lidea di definire a priori tutti i tipi possibili darchitettura e di dedurre le propriet di ciascuno, sembra si sia affacciata al suo spirito come una sorta di filosofia dellarte monumentale. Limpressione di equilibrio deve risultare entro una ricca modulazione dei volumi, cio si moltiplicheranno le tensioni secondarie per far sentir meglio il miracolo dellarte che trova la soluzione per esse. notevole qui la fedelt di Leonardo ai tipi fiorentini: questi rimangono al centro delle sue speculazioni105. Anche in pittura vediamo Leonardo affrontare il conflitto dello stile con una decisione altrettanto originale di quella con cui affronta i problemi intellettuali. Egli procede in modo opposto al Botticelli che si chiude nellastrazione toscana, al Ghirlandaio o anche a un Piero di Cosimo che accumulano particolari senza assimilarli completamente. Dichiarando che si deve, come Giotto e Masaccio, essere unicamente i figli della natura, egli vuol significare che tutti i problemi della pittura, a tutti i gradi, devono essere ripensati integralmente. Lo sfumato risolve le difficolt del disegno, assicurando attraverso lavvolgimento atmosferico lunit delle forme nello spazio; ignorarlo significa somigliare ai belli parlatori senza alcuna sententia106. Nel quadro si tratta di combinare intimamente i due princip, quello matematico e quello fisiognomico, realizzando il massimo demozione entro al massimo dordine e di simmetria. Occorre infine analizzare il soggetto, la storia in modo da individuare, sotto la presentazione tra-

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dizionale, il suo significato preciso e di attualizzarne, forse di arricchirne, gli elementi simbolici. La coscienza di Leonardo coglie tutti insieme gli aspetti dellopera; lapparente dispersione delle sue curiosit e delle sue ricerche era la preparazione necessaria alla concentrazione voluta.

i. LAdorazione dei Magi. La prima opera in cui questi intenti si manifestano completamente lAdorazione dei Magi non finita107. Il quadro gli era stato commissionato nel marzo del 1481, dai monaci di San Donato a Scopeto. Intorno al 1478 Leonardo lavorava ad una Adorazione dei pastori. Una pala di questo tema gli era stata chiesta per il palazzo della Signoria108; si datano al 1479-80 un certo numero di disegni destinati a delle Nativit. La grande composizione non finita sarebbe stata la conclusione di questi studi. Leonardo vi ha visto loccasione per rinnovare il soggetto, che gi era stato trasformato dal Botticelli, e di fornire cos il manifesto del suo stile maturo109. Si possono in parte decifrare le sue intenzioni utilizzando passi del Trattato; bench questi siano stati redatti a unepoca in cui Leonardo era gi fuori dellatmosfera di Firenze, i princip che in essi propugna chiariscono spesso retrospettivamente le ricerche dellAdorazione dei Magi110. Lo schizzo chiuso in uno schema prospettico, sottolineato dalle rovine in secondo piano: il punto di fuga cade sullasse mediano al di sopra della testa della Madonna, il gruppo centrale riproduce la struttura complessiva del quadro. La composizione segue in realt uno schema molto solido: la Vergine e gli adoratori sono chiusi in un triangolo, che a sua volta si iscrive in un arco di cerchio ripreso dallo scenario del fondo. Quattro linee verticali, quelle dei due alberi posti al centro e

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quelle dei due personaggi ritti alle estremit, costituiscono degli elementi di riposo entro lagitazione delle figure111. Questa stretta unione di un principio statico e di uno dinamico ritorner sempre pi chiaramente in Leonardo. Ma attraverso lintensit fisiognomica che lopera voleva imporsi; essa si fonda su alcuni gesti chiave che saranno per Leonardo la base della pittura:
Le mani e braccia in tutte le sue operationi hanno da dimostrare la intentione del loro motore, quanto sia posibile, perch con quelle, chi laffettionato giuditio, sacompagna lintenti mentali in tutti li suoi movimenti... [Limmobilit] gran diffetto ne vivi, et molto pi nelle figure finte, li quali se no sono aiuttate dal suo creatore con atti pronti et acomodati allintentione, che tu fingi esser in tal figura, allora essa figura sara giudicata due volte morta.

Leonardo ha dedicato tanti pi studi e osservazioni a questi moti corporali rivelatori degli atti e moti mentali, in quanto la loro variet costituisce, secondo lui, la qualit dellhistoria: il pi grande difetto del pittore di fare dei visi che assomigliano gli uni agli altri ed un gran vizio ripetere gli atteggiamenti112. Tuttavia questa variet deve avere un suo concatenamento: i gesti si rispondono come momenti successivi dunonda, i tratti, i visi si valorizzano reciprocamente allinfinito. La conformit dellopera col suo soggetto consiste in un ritmo; ci che si realizza qui nel rapporto tra gli spettatori anziani e i giovani cavalieri, nella parte sinistra dellopera, nel contrasto tra la concentrazione del gruppo centrale e la calma della Vergine. Leonardo conferisce un rilievo particolare a tre tipi di personaggi che accompagnano lavvenimento come un commento. Il Botticelli aveva rappresentato degli astanti che guardano verso lo spettatore; Leonardo introdu-

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ce degli intermediari per attirare progressivamente lo spettatore verso la scena. Nel disegno a penna del Louvre che sembra uno dei primi studi del soggetto, un personaggio con un grande mantello fa con la mano riparo agli occhi; ha un lungo bastone e si pu riconoscere in lui san Giuseppe. Due vegliardi anchessi drappeggiati fanno un gesto di sorpresa guardando la Madre e il Bimbo: dietro a questo abbozzato un personaggio che si copre gli occhi113. Troviamo qui riuniti fin dal primo inizio tre motivi: il personaggio che medita, lo spettatore abbagliato, il gruppo in discussione. Pi ci si avvicina al quadro finale, pi queste figure si vengono definendo. Nel disegno della cole des Beaux-Arts, che contiene studi di particolari, il gruppo in discussione violentemente contornato al centro e, sopra ad esso, una figura nuda, volta verso destra, con un lungo bastone infilato nel braccio studia il personaggio in meditazione114. In un altro schizzo la figura appoggiata al bastone appare separata dal filosofo barbuto che inclina pensosamente la testa, prototipo diretto della figura di profilo che occuper langolo sinistro della tavola115. Si vedono anche i due altri tipi differenziarsi rispetto al disegno del Louvre per finire alla grande figura drappeggiata dellangolo sinistro e alle due figure che si piegano ai due lati della Vergine facendosi schermo agli occhi116. Il personaggio in meditazione incarna la riflessione filosofica; uneco di esso forse labbiamo in certe figure di Raffaello, per esempio il retore cupo che figura allestremit destra della Scuola dAtene, o anche il san Paolo del quadro della santa Cecilia117. Esso fa riscontro alla figura del cavaliere in piedi a sinistra, drappeggiata come il San Tommaso del Verrocchio. Entrambi non sono n ritratti n simboli, ma atteggiamenti contrastati connessi con un tema dellopera118. Lo stesso avviene dei due maggiori gruppi di disputanti posti a sinistra, tra i due cavalli e a destra del

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lauro centrale: uno dessi alza lindice verso il cielo in un gesto frequente nelle Epifanie, ma gi qui il gesto ha linsistenza che si ritrover nei quadri di san Giovanni Battista. Lastante abbagliato pi esplicito ancora. Quando Dante arriva al secondo girone del Purgatorio, vicino allAngelo della carit, una luce lavverte della sua presenza:
Quandio senti a me gravar la fronte allo splendore assai pi che di prima, e stupor meran le cose non conte; Ondio levai le mani in ver la cima delle mie ciglia, e fecimi 1 solecchio che del soverchio visibile lima. (Purgatorio, XV, 10-15).

Lo sforzo dellattenzione contemplativa viene reso mediante latto spontaneo di coprirsi gli occhi di fronte ad una luce accecante. Il gesto ha questo valore nella Adorazione dei Magi nella cella di San Marco. Nella tavola leonardesca, trentanni dopo, il suo significato completo; la scena materializza, pi che un avvenimento storico, una sorta di illuminazione che avrebbe nel Bambino divino e nella Madre il suo centro119. almeno ci che ci invita a cogliere in primo luogo la composizione incompiuta in cui, su un soggetto che era allora saturo di senso, tutte lesigenze spirituali della pittura dovevano essere assolte.

2. Il sorriso e il furore. Le due immagini contrapposte di un guerriero dal viso energico e di un grazioso adolescente, erano proprie del repertorio del Verrocchio. Questi ne aveva cavato il motivo, che ben presto divent di moda, dei capitani

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affrontati, la cui versione pi significativa rappresentata dalla coppia dAlessandro e Dario destinata al re dUngheria. Rimane una versione in marmo dellAlessandro (Collezione Rauss) e rilievi in terracotta della seconda figura120. Questi tipi hanno servito di base al famoso disegno del Condottiero di profilo (British Museum), con in capo un elmo fantasioso e, se si tratta di unopera di Leonardo, allo Scipione in marmo (Louvre) dal profilo tenero e quasi femminile che ne costituisce il pendant (forse ritoccato). Questa contrapposizione di profili virili e di bellezza epicena ha ossessionato Leonardo121. Non da escludere che dopo aver trionfato con la figura angelica del Battesimo, che riprende il tipo soave, abbia partecipato alla elaborazione del Colleoni dove ritorna il tipo brutale122. I due visi ritornano spesso nei disegni leonardeschi e si trasformano a seconda delle sue esperienze e delle sue ricerche fisiognomiche. La faccia glabra del guerriero si presta, grazie alla sua struttura vigorosa, a studi di proporzione e danatomia: diventa una sorta dimperatore romano ritagliato come un profilo di medaglia; poi invecchia, le sue rughe vengono segnate pi profondamente e lo stesso tipo serve da manichino ideale per studiare la decrepitezza della vecchiaia; la sua bocca sdentata si contrae, i tendini del collo balzano in fuori e locchio chiaro perde a poco a poco il suo fulgore. Non si tratta propriamente di autoritratti dellartista, quanto piuttosto della proiezione spontanea della sua immagine in un tono a volte distaccato, a volte ironico, a volte doloroso123. I due profili affrontati ritornano in una sanguigna degli Uffizi datata 1500 circa; ladolescente gentile presenta qui una testa ricciuta, stretta da un nastro, un profilo delicato quanto mai femmineo nel quale si riconosce limmagine del piccolo Salai124. qualcosa di pi di un efebo dalla grazia ambigua; piuttosto, al pari del guerriero ideale, un tipo simbolico in cui Leonar-

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do contempla la perfezione duna specie superiore alluomo e, per cos dire, immune dalle sue miserie. Lumanit attiva, nella quale si manifestano le passioni, soggiace allanalogia con la vita animale; ne comprende in s tutte le possibilit come avevano spesso affermato il Ficino e gli umanisti di Careggi125. Nel curioso disegno della Battaglia intorno allo specchio, il cinghiale, lorso, il dragone, usciti da un bestiario moralizzato studiato e annotato con molta cura, si divorano a vicenda come le potenze oscure dellanima; riflettendo il sole in uno specchio convesso luomo tenta di abbagliarli126. Se questo piccolo dramma simbolico veramente rappresenta la vita dellanima, ci aiuta ad intendere perch Leonardo si interessato cos intensamente ai furiosi combattimenti degli animali e perch si compiaceva ad avvicinare ad essi le convulsioni dellumanit: Vedrannosi animali sopra della terra, i quali senpre combatteranno in fra loro e con danni grandissimi...127. Si sa qual questo mostro crudele e spietato che devasta la natura e meriterebbe di scomparire: luomo. La stessa psicosi del combattimento figura nel celebre foglio di Windsor nel quale la pazzia bestialissima della guerra scatena gli animali in un carosello folle che savvicina allincubo. Leonardo sembra averci messo tutto il suo orrore per la frenesia delle passioni crudeli; ne descrive la suggestione maligna nella rappresentazione scritta della battaglia equestre: Le fauci del naso sieno con alquanto grinze partite in arco dalle anarise e terminate nel principio dellocchio; le anarise alte, cagion di dette pieghe; le labbra arcate scoprino i denti di sopra, i denti spartiti in modo di gridare con lamento128, attribuendo al cavallo la tensione fisiognomica dei combattenti. Si sa, attraverso le copie antiche delle parti eseguite, che la battaglia dAnghiari nella sala del Gran Consiglio fu per lappunto loccasione di rappresentare la mischia mostruosa, nella quale il furore del-

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luomo trova uneco esatta nelle smorfie degli animali129. Gli studi fisiologici di Leonardo favorivano un genere deffetti che si distacca di molto dai rilievi confusi di Bertoldo sullo stesso tema. Le teste grottesche che lartista ha disseminato nei suoi album sono dunque, pi che un repertorio scientifico in vista di una sorta di teratologia umana, delle caricature fatte per accentuare gli aspetti ridicoli di personaggi sconosciuti130. Sono testimonianze del compiacimento che Leonardo prova per le risorse della bruttezza che lo offende e, al margine dei giochi de lartifiziosa natura, le risorse della sua immaginazione che fabbrica dei mostri costruiti a fil di logica131. La divinit dellarte risulta dallefficacia psicologica di questi orrori altrettanto che dalla efficacia delle figure raffinate: lopposizione di questi due generi chiude in s in qualche modo lo sviluppo intero della vita dellanima. difficile comprendere, se non come il segno qualificativo pi elevato, cio come limpronta stessa dellanima, il motivo del sorriso come lha interpretato Leonardo. Nei marmi arcaici greci, come in certe figure dellarte romanica, il sorriso reso attraverso il semplice incurvarsi delle labbra che ha un generico valore di segno dellanima132. Gli scultori fiorentini della generazione anteriore a Leonardo, e prima di ogni altro Desiderio, lhanno adottato e imposto allarte fiorentina non solo come una specie di attributo fisso del viso umano, ma anche come una funzione gi pi definita del viso, con un preciso valore fisiognomico. Questo momento dellespressione investe le inflessioni fuggevoli e il loro delicato meccanismo. il segno della coscienza di s e della distanza interiore. Linsistenza su questo preciso aspetto rientra in una poetica originale e si lega ad uno stile. Essa fa la sua comparsa intorno al 1460, contemporaneamente ad altre curiosit psicologiche dellarte e della cultura in Toscana. Per i filosofi la bocca e gli occhi

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sono le sedi naturali dellanima; la lettera del Ficino a Bernardo Bembo (1478) conclude la descrizione allegorica della bellezza con la luce del sorriso graziosissimo che rappresenta la gioia perfetta, di cui ci colma la sua stessa virt, e la felicit senza turbamenti133. Il sorriso viene cos ad aggiungere un elemento essenziale alla dolcezza ed al fascino insinuante delle figure; ma in Leonardo assume un altro valore ancora. il simbolo della realt psichica e il manifestarsi duna sensibilit attenta a se stessa. Questo secondo aspetto viene tuttavia approfondito da unanalisi minuziosa del gioco dei muscoli e delle pieghe degli occhi, nel momento in cui i loro movimenti si accennano e non invece nel momento in cui il viso dilatato da unallegrezza o da una serenit esplicite. Di questo passo si torna allimpenetrabilit arcaica. Il sorriso insieme un accidente dellorganismo e un dato simbolico. Viene seguito nel suo sviluppo e diviene cos singolare: la qualit espressiva il pi possibile insistente e lincertezza delleffetto il pi possibile accentuata, per cui la sua vibrazione rimane sospesa e ad essa si sostituisce unimpressione inquieta di esitazione e dattesa. Il motivo daltronde derivato dalla scultura con in pi le ombre fuse che, secondo Leonardo, aggiungono un fascino particolare al viso134. Il ritratto di Ginevra Benci e la Madonna Benois esageravano luno il riserbo, laltra la festosit. Nella Madonna dellAdorazione dei Magi e soprattutto nella Vergine delle rocce appare, come gi nelle figure di Desiderio e del Verrocchio, quel velo di tenera rassegnazione che si stender sul viso di Cristo nel Cenacolo. con la Gioconda (sia o no il ritratto di Monna Lisa) che il gioco dellespressioni contrarie tocca, grazie al sottile avvolgimento tonale, il punto dambiguit voluto da Leonardo; tale gioco sollecita e rende inutili gi in partenza gli innumerevoli commenti letterari che hanno accompagnato questo insidioso

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capolavoro135. Si trattava in fondo dellestensione in senso profano di un effetto calcolato che si trova con maggiore profondit nel cartone della SantAnna. Nessun altro elemento dellarte di Leonardo ha avuto pi successo: diventato come un marchio di bottega. Gi nelle figure dipinte dal Melzi e da Marco dOggiono si ridotto ad una sorta di piega mendace che rende il viso una maschera inerte: questo segno di maniera verr attenuandosi a poco a poco136.

3. La caverna e le lontananze. Leonardo , fra tutti i maestri fiorentini (tranne forse Piero di Cosimo, che tuttavia deve molto a lui) quello per il quale il paesaggio ha maggiore importanza. Ma ci che gli assicura una posizione ancora pi particolare, sono gli studi scientifici che in certa misura permettono di valutare le sue intenzioni artistiche. Anche in questo si tratta di un problema tipico delle botteghe fiorentine che stato risolto attraverso la lunga deviazione della speculazione, nella quale losservazione oggettiva ubbidisce ai movimenti della fantasia137. Una delle pagine pi famose di Leonardo quella del Codice Arundel che descrive la battaglia degli elementi: la tempesta sotto il vento del nord, le fiamme del vulcano che scagliano la terra e le pietre, e rendan il male tenuto elemento, rivomitandolo e spigniendolo alla sua regione138. Questa visione degli aspetti violenti della natura sembra propria del periodo 1480-1485; un prolungamento della meditazione sul discorso di Pitagora e annuncia i temi di catastrofe cosmica che verranno sviluppati trentanni dopo. Tuttavia il quadro viene bruscamente interrotto; allimmagine del cataclisma subentra una visione in cui Leonardo rappresenta se stesso:

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E tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura, raggiratomi alquanto in fra gli ombrosi scogli, pervenni allentrata duna gran caverna, dinanzi alla quale, restato alquanto stupefatto e igniorante di tal cosa, piegato le mie reni in arco, e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebre alle abbassate e chiuse ciglia, e spesso piegandomi in qua e in l per vedere dentro vi discernessi alcuna cosa, e questo vietatomi per la grande oscurit che l entro era. E stato alquanto, subito salsero in me due cose: paura e desiderio; paura per la minacciante e scura spilonca, desiderio per vedere se l entro fusse alcuna miraculosa cosa.

Questo testo di un notevole pregio letterario139 non il racconto di una spedizione speleologica cos come le descrizioni fantastiche del Monte Tauro non sono appunti di un viaggiatore. Questimmagine di Leonardo sulla soglia della caverna coglie un atteggiamento tipico: in certo senso un ritratto allegorizzato, lequivalente letterario di quegli schizzi in base ai quali si potrebbe tracciare una sorta di autobiografia ideale, e tra i quali uno degli ultimi rappresenta un vecchio malinconico inserito tra fogli pieni di turbini140. Il tema del personaggio curvo che si ripara gli occhi per meglio vedere appare nella tavola dellAdorazione dei Magi; ai lati del gruppo centrale un giovane e un vecchio fanno anchessi questo gesto dattenzione. la tensione dello spirito di fronte al mistero divino, e ugualmente, nel Codice Arundel, di fronte al mistero della natura. La luce che irraggia al centro dellEpifania si oppone alloscurit della grotta rocciosa; la tensione dello spettatore la stessa. Il tema della caverna non isolato negli scritti leonardeschi: ritorna pi volte nel Codice Atlantico a proposito delloro e dei metalli destinati a mettere in agitazione lumanit, che escono dalle

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oscure e tenebrose spelonche141. La grotta ha per lappunto il valore di un simbolo in questo passo che si conclude con lesclamazione: animale mostruoso, sarebbe meglio per gli uomini che tu tornassi nellinferno. Nei suoi appunti geologici Leonardo intuisce la circolazione di fiumi immensi nelle cave, late spelonche delle viscerali interiora dessa terra e parla del disseccarsi di ossami mostruosi per le cavernose e ritorte interiora142. La caverna il ricettacolo della vita geologica, dei movimenti enormi nello spazio e nel tempo che costituiscono il suo segreto; essa compendia lartifiziosa natura e il suo organismo gigantesco143. Tuttavia il testo del Codice Arundel insiste pi del solito sugli effetti dombra e di luce, sullo strano chiaroscuro della caverna; e si tentati di avvicinare questo alleffetto crepuscolare e umido della Vergine delle rocce. Latmosfera coperta che esalta e insieme addolcisce il rilievo delle forme viene ad accrescere lintensit della bellezza. Se il momento della grazia pi espressiva esige questo avvolgimento scuro, una grotta che crea un campo scuro intorno alla figura come una sede ideale in cui le figure assumono tutta la loro seduzione: collocando i personaggi divini in questo ambiente fantastico, Leonardo, per una di quelle risolute trasposizioni che gli sono abituali, conferisce alla scena tradizionale il valore di un simbolo pi generale. Sovrappone la sua visione allimmagine devota: la luce azzurrina che filtra attraverso i prismi minerali sembra suggerire una radura del mondo sotterraneo, pi che un libero orizzonte; i ghiacciai appaiono in lontananza e richiamano limmensit della natura. Il motivo della Madonna col Bambino daltronde complicato: il san Giovannino indicato dallangelo e accarezzato da Maria attira lattenzione sul Salvatore. La grotta, che non ha pi nulla in comune con il luogo della Nativit144, si giustifica piuttosto con il soggetto,

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venuto di moda da poco a Firenze, dellincontro di Ges Bambino e di san Giovannino. Nella seconda versione del quadro il san Giovannino reca gli attributi del precursore nel deserto: tunica di pelo di cammello, croce di canna, e langelo non ha pi bisogno di indicarlo col dito. Questa visitazione dei due bambini avveniva in un paesaggio di rocce e fonti a giudicare da un quadro attribuito al Ghirlandaio (Kaiser Friedrich Museum), a volte davanti una grotta (particolare dun San Girolamo attribuito al Perugino). Leonardo ha sviluppato a suo modo questa immagine di natura primitiva, cos come ha rinunciato al candore toccante della scena, per trasformarla in una immagine del mistero cristiano145. Il passo del Codice Arundel e la prima versione della Vergine delle rocce sono verosimilmente contemporanei e risalgono alla fine del periodo fiorentino. possibile chiedersi se non ci sia in questo interesse per la grotta tenebrosa, come fosse il ricettacolo di una sorta di rivelazione, qualcosa di pi che un incontro fortuito con lallegoria dei filosofi. Il mito che paragona la vita umana al soggiorno in una caverna della natura, da cui lo spirito deve emergere attraverso la contemplazione delle idee, una di quelle favole platoniche che colpiscono limmaginazione ma che sono difficili a interpretarsi. Adattandolo al suo programma pedagogico, nel libro VII della Repubblica, Platone aveva attribuito ad esso questo preciso valore: la caverna il regno dellillusione: non vi si scoprono che ombre, non si pu capire ci che vi avviene se non dopo esserne miracolosamente usciti. Il trattato della Filosofia dAristotele, conosciuto da Cicerone, aveva rovesciato il senso del mito. Se anchesso supponeva degli uomini che avrebbero sempre abitato sotto terra, era per far loro scoprire quando fossero emersi nei luoghi dove noi abitiamo, il cielo, i movimenti degli astri e la bellezza delluniverso sensibile, che costringe ad ammettere che gli dei esi-

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stono e che queste grandi cose sono opera loro. La caverna rappresenta quindi lesistenza dimidiata di coloro che non hanno scoperto la bellezza sublime del cosmo146. Ma una terza interpretazione aveva corso nellantichit, quella che faceva del mondo sotterraneo un luogo di meraviglie e di forme prodigiose che non si affrontava senza sgomento. Un curioso passo delle Questioni naturali di Seneca ricorda una spedizione inviata da Filippo di Macedonia (a seconda che si tratti di Filippo II o Filippo V lavventura sarebbe contemporanea o posteriore ad Aristotele) in certe miniere abbandonate per cercarvi dei tesori: Videro dei fiumi immensi, vaste distese dacque stagnanti simili alle nostre... con un grande spazio vuoto sopra... e tutto ci non videro senza un fremito dorrore. il terrore sacro che circondava gli antri nel mondo mediterraneo147. Porfirio potr cos trasformare la caverna di Platone, regno delle illusioni, in un luogo privilegiato, dove la divinit si rivela agli iniziati. Il suo Antro delle Ninfe precisa infatti che Platone, seguendo Empedocle, chiama il mondo un antro e una caverna e aggiunge:
Ci dimostra che i teologi hanno preso gli antri come simboli del mondo e delle forze chesso rinchiude, ma anche come simbolo dellessenza intelligibile... dato che gli antri raffigurano il mondo sensibile, poich sono oscuri, rocciosi e umidi... Ma essi simboleggiano anche il mondo intelligibile perch lessenza invisibile, stabile e fissa...148.

Il tema ha la stessa importanza nel Pimandro, la raccolta ermetica tradotta nel 1468 dal Ficino149; tutti i valori filosofici sono stati cos successivamente riferiti al motivo della caverna. Le pagine di Leonardo sulla visione nella grotta, in cui egli diviso tra il desiderio e lo sgomento perfino nella terminologia presentano analogie con queste favole dotte. Come per Aristotele,

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linvenzione mira a rivelare la bellezza delluniverso; ma come per i neopitagorici la scoperta avviene nella caverna stessa e la grotta un luogo ominoso e strano dove luomo non penetra se non tremando. Siamo alle soglie dellenigma universale. Tuttavia Leonardo sembra raccontare unesperienza personale. Anzich una favola utile alla pedagogia filosofica (come ancora nel Ficino) limmagine della caverna viene trasposta in una esperienza diretta, diviene un romanzo segreto; lelemento essenziale ora lesitazione dellartista e quei giochi dombra e di luce che egli osserva insieme da esploratore affascinato e da pittore. Ventanni dopo Leonardo risolver in modo diverso il legame tra figura e paesaggio cosmico. Egli disporr in lontananza gli stessi picchi, resi azzurri dallatmosfera e simili a ghiacciai, nel ritratto della Gioconda150 e nel cartone della SantAnna. La loro somiglianza palese; le due opere appartengono al secondo periodo fiorentino; Leonardo ha adattato al ritratto un motivo sviluppato in modo pi completo nella composizione sacra. Rendendo pubblico il cartone Leonardo ha voluto esporre, come gi nellEpifania, le sue soluzioni originali dei problemi dellarte151. Egli infatti accentua allestremo la torsione e lincastro delle figure e spinge a fondo lavvolgimento atmosferico152. Lo schema della composizione tende con molta fluidit alla piramide; i temi del dito levato e del sorriso ricompaiono nei punti sensibili, definiti dallintrecciarsi delle forme e dal chiaroscuro. I contemporanei hanno chiaramente avvertito la singolarit di unopera cos carica dintenzioni. Lagente di Isabella dEste insiste sul fatto che i personaggi sembrano sfuggire gli uni agli altri: il Bambino si protende fuori delle braccia della Madre, questa si solleva dalle ginocchia della santAnna che accenna a un movimento per trattenerla. Egli vi vede unallegoria della Chiesa che non pu permettere a Maria di impedire la passione di

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Cristo. Per quanto sottile appaia, linterpretazione non ha nulla di inverosimile: la Madonna del gomitolo, nota attraverso copie antiche, aveva anchessa per tema la gioia del Bambino e lorrore della Madre alla vista della Croce153. Leonardo era particolarmente incline a mostrare insieme lattrattiva profonda e lo sgomento che suscita il destino. La SantAnna assurge cos a simbolo universale tanto pi intenso in quanto lincatenarsi dei personaggi, che non riescono n a sfuggire gli uni agli altri, n ad unirsi, sembra fare di una stabilit instabile il fine stesso dellarte. La lunga prospettiva rialzata del paesaggio e il rapido scolorarsi dei piani remoti aggiungono a questaccordo preciso e sottile il rapporto armonico ocra e verde che suggerisce una natura concepita come regno delle metamorfosi della terra e dellacqua. Un particolare che appena si vede sembra mostrare chiaramente che Leonardo ha voluto andare pi lontano ancora: si intravede fra i ciottoli del terreno sotto lalluce del piede destro della santAnna un minuscolo embrione simile a un grumo di sangue154. Non sono pi le tre et tradizionali, ma le quattro et della vita che sono rappresentate dalla piramide della santAnna, della Vergine e di Ges. La legge organica, le forze della natura, le esitazioni dellanima di fronte al destino si trovano cos intimamente legate in un ritmo di forme e in gioco di valori luminosi senza precedenti, ad opera di colui che aveva preteso di fare della pittura lunica arte che possa tutto esprimere.

Lenorme bibliografia su Leonardo stata catalogata, daltronde in modo non del tutto soddisfacente, da e. verga, Bibliografia Vinciana, 2 voll., Bologna 1931, ed esaminata metodicamente nei volumi annuali della Raccolta vinciana. Saranno da tenere particolarmente presenti fra le pubblicazioni recenti: l. h. heydenreich, Leonardo da Vinci, 2 voll., Basel 1954 (rielaborazione dellopera in un volume pub1

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze blicata a Zrich nel 1943), e lopera miscellanea Leonardo. Saggi e ricerche, Roma 1954, nella quale lo studio di g. castelfranco, Momenti della recente critica vinciana, pp. 417-77, fa il punto della bibliografia ultima. Per lopera pittorica: k. clark, Leonardo da Vinci, an account of his development as an artist, Cambridge 1939, ried. 1952. Per i disegni: a. e. popp, Leonardo da Vinci, Zeichnungen, Berlin 1928; a. e. popham, The drawings of Leonard da Vinci, London 1946 (trad. fr., Bruxelles 1947). Per i testi: g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere, Firenze 1938, ried. 1952. Sui manoscritti: g. calvi, I manoscritti di Leonardo da Vinci dal punto di vista cronologico, storico e bibliografico, Bologna 1925.j. p. richter, The literary works ecc. cit. (nuova ed.), London 1939, vol. II, pp. 393 sgg. 2 Cfr. le nostre conclusioni a proposito delle manifestazioni leonardiane del 1952, in Humanisme et Renaissance, xiv (1952) e xvi (1954). Il programma delle ricerche delineato in modo esemplare da a. marinoni, Il Mito di Leonardo, in I rebus di Leonardo, Firenze 1954, p. 25: Riesaminare lattivit di Leonardo, i suoi pensieri e le sue opere, per sceverare ci che suo da ci che daltri, oppure frutto di nostre fantasie. Quindi ricostruire i legami che uniscono una produzione cos multiforme. Si vedr allora che non esiste, per esempio, una botanica o una anatomia di Leonardo, in senso moderno, ossia come scienza autonoma; ma solo la ricerca di un artista che, considerando la pittura una vera filosofia e una rappresentazione compiuta e profonda del reale, non poteva accontentarsi di riprodurre la superficie dei corpi ecc.. 3 La vita di Leonardo del Vasari stata commentata da g. poggi, La vita di Leonardo da Vinci, Firenze 1919, e tradotta nel nostro: Lonard de Vinci par lui-mme, Paris 1952. r. langton douglas, Leonardos Childbood, in Burlington Magazine, lxxxv (novembre 1944), raccoglie fatti relativi ai primi anni dellartista (che non fu affatto quel figlio illegittimo e infelice che ci descrivono le vite romanzate) traendo alcune conclusioni su linstabilit cronica di Leonardo e il suo interesse profondo per la maternit (p. 266). id., Leonardo da Vinci, his Life and his Pictures, Chicago 1944, capp. I e III. 4 Indicazioni in p. mller-walde, Leonardo da Vinci, Lebensskizze und Forschungen ber sein Verhltnis zur florentinischen Kunst und zu Raffael, Mnchen 1889-90, pp. 8-26. w. von seidlitz, Leonardo da Vinci, der Wendepunkt der Renaissance, Berlin 1909, ried. Wien 1935, capp. I e II. 5 e. solmi, Leonardo e Machiavelli, in Scritti vinciani, Firenze 1924, Cap. IX, ha riunito i fatti relativi ai rapporti tra Lorenzo e Leonardo.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. von fabriczy, in Archivio storico italiano, serie V, vol. VII (1891); e k. frey, Il codice magliabechiano, Berlin 1892, p. 110. 7 k. frey, Il codice magliabechiano cit., p. 64. Su tutti questi punti le discussioni degli storici sono riassunte da c. von seidlitz, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 74. 8 La frase misteriosa del Codice Atlantico: i medici mi crearono e mi destrurono allude forse ai benefici ricevuti in giovent e alle disillusioni della maturit: w. von bode, Studien ber Leonardo da Vinci, Berlin 1921, p. 73; g. calvi, Contributi alla biografia di Leonardo da Vinci, in Archivio storico lombardo, xi (1916), p. 419, ammette che sia possibile vedervi unallusione alla grande famiglia fiorentina (e non ai medici).w. r. valentiner, Leonardo as Verrocchios coworker, in The Art Bulletin, xii (1930), pp. 43-89, ripreso in Studies of italian Renaissance Sculpture, New York 1950, ha richiamato lattenzione sui lavori di Leonardo per i Medici. 9 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 29. 10 a. chastel, Lonard de Vinci par lui-mme cit., p. 65. 11 j. thiis, Leonardo da Vinci, the florentine Years of Leonardo and Verrocchio, trad. ingl., London 1910, ad esempio, giunge alla conclusione che Leonardo per una ragione o per laltra non stato apprezzato come meritava dal grande mecenate dellarte fiorentina. 12 Le ipotesi gi esaminate da e. solmi, Leonardo e Machiavelli cit., sono riprese e discusse da k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., pp. 37-39. 13 e. solmi, Leonardo e Machiavelli cit., per lallusione alla cerchia dei mistici savonaroliani (intorno al 1480) un singolare anacronismo. 14 j. thiis, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 53; nello stesso senso, m. reymond, Lducation de Lonard, in Conferenze fiorentine, Milano, 1910, pp. 50-79; l. planiscig, Verrocchio cit., p. 35. 15 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 5, insiste sullinteresse delle sculture pre-leonardesche del Verrocchio. 16 , in accordo con lorientamento vasariano, la tesi di e. mntz, op. cit., di w.von bode, Studien ber L. da V. cit., e di p. mllerwalde, Leonardo da Vinci ecc. cit.; questa tesi stata radicalmente confutata da j.thiis, Leonardo da Vinci ecc. cit., pp. 57-59. 17 w. r. valentiner, Leonardo as Verrocchios coworker cit., in The Art Bulletin, XII (1930), e in The Art Quarterly, IV (1941), pp. 3-31, ripresi in Studies cit., pp. 112-77. Lautore per tende troppo a rovesciare i termini del problema a favore del paradosso Leonardo, maestro del Verrocchio. 18 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 11. 19 o.g. von simson, Leonardo and Attavante, in Gazette des BeauxArts, novembre 1943, pp. 305 sgg. La prima miniatura quella del
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze messale di Thomas James, vescovo di Dol (Museo di Le Havre) gi segnalato da p. dancona, La miniatura fiorentina cit., vol. I, p. 91. La seconda si trova in un messale di Mattia Corvino (Biblioteca di Bruxelles): cfr. j. van den gheyn, Catalogues des manuscrits, Bruxelles 1901, t. I, p. 277. 20 b. berenson, nel suo celebre saggio, Leonardo, in The Study and Criticism of italian Art, vol. III, London 1916, pp. 1-37, stato il primo a insistere, perfino oltre il giusto, sulla tendenza accademica e linsincerit di Leonardo. k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 22. Per studiare da questo punto di vista le grandi opere occorre sempre rifarsi alle analisi di h. wlfflin, Die Klassische Kunst cit., cap. II. 21 k. clark, A Catalogue of the Drawings by Leonardo da Vinci, in the Collection of his Majesty the King at Windsor Castle, 2 voll., Cambridge 1935, n. 12 276. 22 j. mesnil, Botticelli cit., pp. 56 sgg. 23 I documenti sono stati pubblicati da b. becherini, ne La Rinascita, n. 17 (1941); cfr. anche e. magni-dufflocq, Leonardo e la musica, in Leonardo da Vinci, Novara 1939. 24 j. p. richter, The literary works ecc., ed. cit., n. 1439, II, p. 358; a. chastel, Lonard de Vinci par lui-mme cit., p. 48; g. calvi, Contributi cit., p. 432, in Raccolta vinciana, x (1919), p. 301. 25 Cfr. pi avanti. 26 e. mller, Leonardos Bildnis des Ginevra Benci, in Mnchner Jahrbuch der bildenden Kunst, xii (1937-38), pp. 175-209. 27 a. della torre, Storia dellAccademia platonica ecc. cit., p. 547. 28 Ibid., pp. 555 sgg. 29 Cfr. e. mller, Leonardos Bildnis ecc. cit., p. 202, n. 29; questa nota deve risalire allepoca maggio-luglio 1502. 30 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 27. 31 Le diverse opinioni si possono riunire in tre gruppi: 1) Leonardo positivista: Leonardo, precursore della scienza positiva, che rompe con la scienza medievale, non pu avere alcun contatto con le fantasticherie dellAccademia: g. sailles, Lonard de Vinci, lartiste et le savant, Paris 1892; E. solmi, Leonardo, Firenze 1900, ecc. La sua teoria dellarte puramente positiva e le idee della cerchia fiorentina non sono prese in considerazione in a. blunt, Artistic Theory in Italy, ried. London 1954, cap. II. Ci si rende conto dellinadeguatezza di questo punto di vista in uno studio come quello di a. konstantinowa, Die Entwicklung des Madonnentypus bei Leonardo da Vinci, Strassburg 1907. 2) Leonardo ermetico: Leonardo sia per il pensiero che per larte appartiene alla corrente mistica e occultistica che sandava diffondendo nellambiente dellAccademia fiorentina: pladan, La philosophie de Lonard de Vinci, Paris s. d.; paul vulliaud, La pense

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze sotrique de Lonard de Vinci, Paris 1910, ried. Paris 1945.Cos anche, f. brence, Lonard de Vinci ouvrier de lintelligence, Paris 1945, e, in modo pi sfumato, m. brion, Lonard de Vinci, Paris 1952.Linconsistenza delle interpretazioni esoteriche, nelle quali il Bacco del Louvre assume un valore eccezionale, si fa palese in opuscoli del genere di quello della mairot-dromard, Le fond de la Joconde et lesthtique de Lonard de Vinci, Besanon 1933. Sul piano dellestetica, r. bayer, Lonard de Vinci, la grce, riporta del tutto larte di Leonardo allestetica dello splendore derivata dal neoplatonismo. 3) Leonardo platonico suo malgrado: Il pensiero leonardesco permeato di elementi derivati dallumanesimo neoplatonico, contro il quale per altro egli ha di continuo attivamente polemizzato: l. olschki, Geschichte der neusprachlichen wissenschaftlichen Literatur, vol. I, Leipzig 1919, ha delineato questa interpretazione, ripresa come ipotesi di lavoro da a. e. popp, Leonardo da Vinci, Zeichnungen, Mnchen 1928, per lo studio dei disegni e da g. fumagalli, Leonardo, omo sanza lettere cit., ad esempio alle pp. 67-68. Cos anche j. von schlosser, Die Kunstliteratur cit., p. 152, chiama Leonardo der umgekehrte Platoniker (il platonico allopposizione); g. boas, The Mona Lisa in the History of Taste ecc., in The Journal of the History of Ideas, i (1940), 2, p. 212, nota: Even in Leonardo, whose interest in reproducing natural objects led to those amazing anatomical and botanical and geological drawings, there are neoplatonic elements. Il problema stato posto in questo stesso modo da e. garin, La cultura fiorentina nellet di Leonardo, in Belfagor, maggio 1952, pp. 27289, ripreso in Medioevo e Rinascimento, e a. chastel, Lonard de Vinci et la culture, nellopera miscellanea Lonard de Vinci et lexprience scientifique au XVIe sicle, Paris 1954. Ulteriori riferimenti nel capitolo seguente. Lopera recente di j. gantner, Leonardos Visionen, von der Sintflut und vom Untergang der Welt, Geschichte einer knstlerischen Idee, Bern 1958, insiste sullimportanza dello sviluppo interno delle idee e delle forme nella creazione leonardesca. Pur senza porsi il problema dei rapporti con il pensiero del tempo, lautore mette in luce gli aspetti della visione cosmica di Leonardo, in un senso che viene a coincidere con le osservazioni del nostro studio. 32 l. h. heydenreich, Leonardo da Vinci cit., p. 103; a. chastel, Lonard de Vinci par lui-mme cit. 33 a. chastel, Lonard de Vinci et la culture cit. 34 I testi di Leonardo sono stati raccolti da j.p. richter, The literary works of Leonardo da Vinci, 2 voll., ried.London 1939, opera che rimane fondamentale. Quella di mccurdy, The note- books of Leonardo da Vinci, New York 1939, trad. fr.: Les carnets de Lonard de Vinci, 2 voll., Paris 1943, meno sicura e la classificazione degli scritti incerta. Una scelta metodica stata apprestata da g. fumagalli, Leonardo,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze omo sanza lettere, 1a ed., Firenze 1939, ried. 1953. Una pubblicazione integrale stata iniziata da a. marinoni, Leonardo da Vinci, I (scritti letterari), Milano 1953. Noi abbiamo curato, in traduzione francese, unantologia essenziale: Lonard de Vinci par lui-mme cit., 1951. Cfr. anche a. m. brizio, Scritti scelti di Leonardo da Vinci, Torino 1952. In c. pedretti, Studi vinciani, Genve 1957, numerose osservazioni particolari e in appendice: cronologia dei foglietti del Codice Atlantico. Il Trattato della pittura una compilazione della met del Cinquecento tratta dagli scritti di Leonardo: pubblicato nel 1651, non sempre corrisponde esattamente al testo del manoscritto, dove questo conservato. Ledizione di h. ludwig, Il trattato della pittura, Wien 1879, accompagnato dalla traduzione tedesca; ledizione di p. mcmahon, Leonardo on Painting, 2 voll., Princeton 1956, riproduce il manoscritto che serv di base alledizione del 1651.Le scelte pubblicate in francese da pladan, Trait de la peinture, Paris 1910, e Morceaux choisis, Paris 1907, sono state fatte senza discernimento critico e presentano parecchie interpretazioni errate, ripetute poi nelle pubblicazioni di seconda mano. 35 Sulle opere recenti: g. castelfranco, Momenti della recente critica ecc. cit., (1954). La filosofia di Leonardo stata oggetto dei giudizi pi contrastanti. b. croce, Leonardo filosofo, in Conferenze fiorentine, Milano 1910, pp. 227-56, accusa Leonardo, naturalista e agnostico, di non aver avuto il senso della coscienza creatrice (p. 246); G. Gentile ha giustamente ricordato che c in Leonardo lidea di una ragione che si fa natura per giungere alla fine alla coscienza di s nelluomo e chiudere il cerchio delluniverso (p. 200), ed in questo che si accosta al platonismo del suo tempo e pu essere avvicinato a Galileo e Bruno. Scarso interesse ha la tesi rapidamente presentata da r. huyghe, Leonardo da Vinci et lhumanisme, in Actes du XVIIe Congrs dHistoire de lart (1952), LAja 1955, pp. 41-58, e La pense de Lonard appartientelle la Renaissance?, ne Lamour de lart, nn. 67-68-69 (1952), in cui Leonardo presentato come un pensatore del tutto estraneo alla sua epoca. Cos: Leonardo rifiuta di aderire alla corrente platonica che Leone X, un Medici, aveva posto al centro del secolo che porta il suo nome. Al contrario egli si ricollega a quel filone impetuoso sorto nel Medioevo, esattamente alla fine del xii secolo, in conseguenza dellurto provocato dalla conoscenza delle opere di Aristotele proprio allora riscoperte, e che nei secoli xiii e xiv si stacc dal filosofo, pur continuando ancora a sentirne limpulso, per giungere a intravvedere e addirittura a fondare, il metodo sperimentale, materialista e positivista, da cui uscir la scienza moderna..., pp. 49-50. Nessuna di queste affermazioni ci sembra accettabile: la corrente platonica nata almeno mezzo secolo prima non deve proprio nulla a

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Leone X; la corrente sperimentale della scolastica parigina non prepara lavvento della scienza moderna; le idee scientifiche dei Rinascimento italiano costituiscono una tappa distinta sia dalloccamismo del Trecento che dal cartesianesimo (cfr. gli studi di E. Cassirer e le osservazioni di g. sarton e e. panofsky, in The Renaissance, a symposium, New York 1952); lopposizione tra aristotelismo e platonismo del tutto relativa e non costituisce il problema pi interessante dellepoca (cfr. gli studi di E. Garin e P. O. Kristeller, citati in Marsile Ficin et lart cit., p. 21, n. 51: luso abusivo dellidea di aristotelismo stato notato da g. castelfranco, Momenti della recente critica ecc. art. cit., p. 446). Noi crediamo invece che 1) il pensiero scientifico di Leonardo appartenga chiaramente al suo tempo, e 2) che erroneo separare lartista dal dotto la cui attivit intellettuale va collocata nel quadro della cultura delle botteghe. 36 e. solmi, introduzione a Leonardo, Frammenti letterari, Firenze 1900, ha delineato le tappe delle ricerche scientifiche di Leonardo, ma non quelle del suo pensiero. Uno studio spesso appropriato quello di f. m. bongiovanni, Leonardo pensatore, Piacenza 1955. 37 j. gwyn griffiths, Leonardo ad the latin poets, in Classica et mediaevalia, xvi (Copenaghen 1955), pp. 268 sgg. 38 Nomi dingegneri: j.p. richter, The literary works ecc. cit., 1381; in solmi, Le fonti cit., p. 288. Su Archimede: j. p. richter, ibid., 879, 883, 1381, 1421, 1474, 1475, 1504. 39 a. marinoni, Gli appunti lessicali e grammatici di Leonardo da Vinci, vol. I, Milano 1943; id., Leonardo da Vinci. Scritti letterari, Milano 1952; g. fumagalli, Leonardo e Poliziano, in Poliziano e il suo tempo, Firenze 1957, pp. 131 sgg. 40 Io ho tanti vocavoli nella mia lingua materna chio mho piuttosto da doler del bene intendere le cose che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia (Qu. An., 16 r). 41 h. ludwig, 33, 1, pp. 68-70; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., pp. 47-49.(Le traduzioni fornite da pladan, Trait de la peinture, p. 10, sono costellate derrori; questo passo in lui frammentato e alterato). p. mller-walde, Lebensskizze ecc. cit., pp. 43 sgg. Sulla funzione del disegno: o. benesch, Leonardo da Vinci and scientific Drawing, in The American Scientist, xxxi (1943), pp. 31148. m. johnson, Art and scientific Thought, London 1944, cap. IV. 42 Non mi legga chi non matematico nelli mia principi (Qu. An., IV, 14 v); j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 3; fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 47, Trattato, ed. Ludwig, 1, trad. Pladan (con equivoco n. 27, p. 10); j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1157. 43 Manoscritto dellInstitut de France, G. 47 2; j.p. richter, The

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze literary works ecc. cit., n. 1151. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 44. 44 Codice Atlantico, 147 v-a; fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., pp. 44 sgg. 45 e. cassirer, Individuum u. Kosmos cit., p. 78; lautore aggiunge che Leonardo non , si pu dire, stato toccato dallo spirito del neoplatonismo, il che significa eludere il problema. 46 p. sergescu, Lonard de Vinci et les mathmatiques, in Lonard et lexprience scientifique cit., pp. 73 sgg. 47 Il magistrale studio di p. duhem Lonard de Vinci, ceux quil a lu, ceux qui lont lu, Paris 1900, deve essere utilizzato con precauzione, come suggerisce e. garin, La cultura fiorentina ecc., art. cit., in quanto non tiene conto delle dottrine del tempo di Leonardo. e. solmi, Studi sulla filosofia naturale di Leonardo da Vinci, Modena 1898, e id., Nuovi studi sulla filosofia naturale di Leonardo da Vinci, Mantova 1905, ha raggruppato le osservazioni di Leonardo sulla geologia, la fisica e lottica, prescindendo dalla prospettiva storica indispensabile. Egli osserva che mentre Marsilio Ficino costruiva con un sincretismo arbitrario una filosofia che non rispondeva a nessuno dei grandi interrogativi che si affacciavano agli spiriti usciti dalle lotte medievali, due spiriti completamente opposti per origine, educazione e circostanze della vita, il Cusano e Leonardo, rispondevano per la prima volta, in termini opposti, ai problemi della conoscenza. Essi sono, per lautore, i rappresentanti del razionalismo e dellempirismo moderni (sic).Cfr. ancora m. baratta, Leonardo da Vinci e i problemi della terra, Torino 1903, e ultimamente r. weyl, Die geologischen Studien Leonardo da Vincis ecc., in Philosophia naturalis, Meisenheim 1950. 48 g. gentile, Il pensiero di Leonardo, Firenze 1941, e e. garin, Storia della filosofia italiana, Milano 1940, vol. II, p. 96: Le ragioni matematiche che Leonardo vuol scoprire sono di sapore chiaramente platonico, e neoplatonica tutta la sua natura, viva per unanima di ragione che ne spiega lordine e la simmetria, che giustifica la nostra conoscenza. 49 a. m. brizio, Scritti scelti cit., p. 55. g. castelfranco, Momenti della recente critica ecc. cit., p. 476. 50 g. calvi, I manoscritti di Leonardo da Vinci cit., p. 49; c. pedretti, Studi vinciani cit., pp. 268 e 278. 51 Il Pitagora dOvidio espone in realt la dottrina di Anassimandro: g. de santillana, Lonard et ceux quil na pas lu, in Lonard de Vinci et lexprience scientifique au XVIe sicle, Paris 1951, p.52. 52 g. calvi, Contributi cit., p. 431 e n., ha rilevato in questo testo la radice di quella specie di pitagorismo che sembra trovarsi in certe idee del Vinci; ma egli cerca in direzione di Padova le fonti di un misticismo cosmico, che invece dorigine del tutto fiorentina,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze come ha messo in evidenza e. garin, La cultura fiorentina cit. Lumanesimo neoplatonico ne aveva colto gli aspetti essenziali; anche per esso lattivit della natura dimostrava la sua vita e la sua anima, anche per esso luomo partecipa essenzialmente di questo dispiegarsi cosmico. Il Ficino ricorda solo che lanima umana non determinata completamente dal mondo sublunare e dal regno del tempo, e che il suo destino non si intende solo a questo livello. Cfr. sopra. 53 a. chastel, Lonard par lui-mme cit., p. 147; g. bilancioni. Leonardo da Vinci e la dottrina del macro e microcosmo, in Miscellanea di studi in onore di E. Verga, Milano 1931, pp. 1 sgg., deve essere integrato con le osservazioni di e. garin, La cultura fiorentina ecc. cit., p. 15. 54 Theologia Platonica, IV, I, Opera, pp. 122-23: Terram vero videmus seminibus propriis generare innumerabiles arbores animantesque et nutricem augere. Augere etiam lapides, quasi dentes suos, et herbas quasi pilos, quamdiu radicibus haerent, quee si evellantur et extirpentur e terra non crescunt. Quis foeminae huius ventrem vita carere dixerit, qui tam multos sponte sua parit ftus? Cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 94. 55 m. johnson, Leonardos fantastic Drawings, in Burlington Magazine, 1942, pp. 141 sgg., 192 sgg. 56 Codice Atlantico, 203 r a; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 72; m. baratta, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 272. 57 Manoscritto F dellInstitut, 4 v e 5 v; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., pp. 67 sgg. pladan, Morceaux choisis cit., n. 253, pp. 118-19. Socrate citato per errore: la teoria che gli attribuita quella di Anassagora. Cfr. per altro recentemente: g. fumagalli, Leonardo e le favole antiche, in Atti del V Convegno di Studi sul Rinascimento (1956), Firenze 1958, pp. 111 sgg. La portata eccezionale di questo testo stata messa in evidenza da r. bayer, Lonard de Vinci, la grce cit., II, cap. V. 58 a. perosa, Studi sulla formazione di raccolte di poesie del Marullo, in Rinascimento, i (1950), pp. 125-56. 59 Marsile Ficin et lart cit., pp. 81 sgg. 60 g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., pp. 67-68. 61 m. johnson, Art and scientific Thought, London 1944, IV (Leonardo as scientist in art), conclude: Since we recollect that Copernicus and Kepler far later were pervaded by Neo-Platonic and Pythagorean survivals, these may even more probably have touched Leonardo empirical scientist though he was (p. 175). 62 Marsile Ficin et lart cit., I, i. Sulla portata di questo problema: p. o. kristeller, The modern system of the arts, in Journal of the History of Ideas, xii (1951), pp. 496-528, e xiii (1952), pp. 17-45.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Cfr. Paragone, A Comparison of the Arts by Leonardo da Vinci, ed. I. A. Richter, Oxford 1949, con introduzione; h. ludwig, ed. cit., I, 1-5, e mcmahon, ed. cit., 1-58. Questi testi sono posti nella opportuna visuale storica da w. k. ferguson, Humanist views of the Renaissance cit., pp. 25-26. Uninterpretazione complessiva in l. venturi, La critica e larte di Leonardo da Vinci, Bologna 1919. 64 Trattato, ed. Ludwig, 27 (in fine), I, p. 56; ed. McMahon, n.28, p. 17. 65 Trattato, ed. Ludwig, 28; ed. McMahon, n. 34. Lelogio metafisico della vista risale anche in questo caso alla celebre esposizione di platone, Timeo, 47; Marsile Ficin et lart cit., pp. 82-83. Tale elogio completato da studi fisiologici sullorgano, soprattutto nel manoscritto D; questi studi sono stati raccolti e tradotti da n. ferrero, Leonardo da Vinci on the eye, in American Journal of Archaelogy, xxxv (1952), 4. Il testo per la quale lanima specula il risultato di una correzione del Ludwig, generalmente accolta. Il manoscritto vaticano reca: per la quale la sua via specula. 66 Trattato, ed. Ludwig, 16, t. I, pp. 56-58; ed. McMahon, nn. 32 e 34. Nel passo scienze divine deve essere inteso come: scienze teologiche. 67 Trattato, ed. Ludwig, 23; ed. McMahon, 42. 68 Su questa discussione: Trattato, ed. Ludwig, n. 31 b, t. I, p. 62; ed. McMahon, 26. Su Leonardo e la musica: j.p. richter, The literary works ecc. cit., I, pp. 69 sgg.; e. magni dufflocq, Leonardo e la musica, in Leonardo da Vinci, Novara 1939. Sui due tipi di bellezza musicale e visiva: Marsile Ficin et lart cit., II, cap. II. 69 Trattato, ed. Ludwig, 27; ed. McMahon, 28; Paragone, ed. I. Richter, p. 68. 70 Manoscritto K dellInstitut de France, 49, citato in g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 53. 71 Trattato, ed. Ludwig, 13, I, p. 28; ed. McMahon, n. 35, p. 24; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., pp. 37-38. 72 e. solmi, Le fonti cit., p. 37 non ha avvertito come numerosi temi leonardeschi si leghino allAlberti. c. brun, Leonardo da Vinci und L. B. Alberti, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, 1892, p. 267, aveva gi segnalato tali rapporti, e l. venturi, La critica e larte di Leonardo da Vinci cit., I, cap. III, li conferma. Sul passaggio dallAlberti al Ficino, cfr. Marsile Ficin et lart cit., II, 4. 73 Trattato, ed. Ludwig, n. 68, I, p. 126; ed. McMahon, n. 280, p. 113; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 257. 74 Trattato, ed. Ludwig, 13, t. I, p. 18; McMahon, 35; g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 38. Anche: Trattato, ed. Ludwig, 56, t. I, p.110 ; ed. McMahon, 71.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Ibid., 60, t. I, p. 116, e ibid., 79 b, I, p. 138; ed. McMahon, 93 e 96. 76 Trattato, ed. Ludwig, 13; ed. McMahon, 35. questo che stato lasciato in ombra nellanalisi condotta da a. blunt, Artistic Theory cit., cap. II, della dottrina artistica di Leonardo. 77 s. esche, Leonardo da Vinci, das anatomische Werk, Basel 1954. 78 Ed. Richter, I, 488. g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 258. j. mesnil, Botticelli cit., p. 59. 79 Trattato, ed. Ludwig, 58 a, p. 114; ed. McMahon, 72; e. zilsel, Die Entstehung des Geniebegriffs, Tbingen 1926. 80 Trattato, ed. Ludwig, 65, I, p. 1118, dove materia tradotto con materielle Trgheit (inerzia materiale). La nota t. III, p. 233 commenta: Nach der Platonischen Lehre von der Unzulnglichkeit der Materie fr die Absichten der Seele (In base alla dottrina platonica dellinadeguatezza della materia alle intenzioni dellanima). Ma g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 252, n. 5, ritiene si tratti di cattiva lettura e propone miseria in luogo di materia. Ledizione McMahon, 78 mantiene la versione dei mss Urb. e traduce con what you are made of (ci di cui si fatti). 81 Trattato, ed. Ludwig, 108; ed. McMahon, 86. e. h. gombrich, Leonardos grotesque Heads, prolegomena to their study, nel volume collettivo Leonardo, saggi e ricerche, Roma 1954, pp. 199-219. Cfr. anche sopra. 82 Trattato, ed. Ludwig, 189; ed. McMahon, 261: e. h. gombrich, Conseils de Lonard sur les esquisses de tableaux, in Etudes dart, Alger 1953-54, n. 8-10, e sopra. 83 k. t. steinitz, A reconstruction of Leonardo da Vincis revolving stage, in The Art Quarterly, autunno 1944, ha messo i disegni Ar., 224 r e 231 v in rapporto con la festa del Paradiso del 1490; a. marinoni, Il regno e il sito di Venere, in Convivium, xxiv (1956) e Il Poliziano e il suo tempo cit., pp. 273-87, ha dimostrato che questi disegni si adattavano allOrfeo del Poliziano. Cfr. anche c. pedretti, Studi vinciani cit., pp. 90 sgg. 84 a. chastel, Lonard et la culture cit., III. 85 m. johnson, Art and scientific Thought cit. 86 g. fumagalli, Eros di Leonardo, Milano 1954; id., Leonardo omo sanza lettere cit., p. 344; e. garin, La cultura fiorentina cit., p. 13. 87 a. chastel, Lonard par lui-mme cit.; a. marinoni, Il regno e il sito di Venere cit., pp. 277 sgg. 88 Questo si il Piacere insieme col Dispiacere, e figurati binati, Richter, I, tav. lix; fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 335; popham, The Drawings cit., tav. cvii; c. pedretti, Studi vinciani cit., pp. 54 sgg., ha segnalato che questo motivo menzionato nel lomazzo, Trattato dellarte della pittura, Milano 1584, VI, 53.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Sopra lAmore, III, 1; n. ivanov, Remarques sur la Joconde, in Revue desthtique, 1952, ha rilevato il legame tra i due testi, senza notare che Leonardo rovescia la posizione del Ficino. 90 Il celebre passo sullanima-farfalla [che] non savede che desidera la sua disfazione, in j.p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1162. e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 182. 91 Trattato, ed. Ludwig, 139; ed. McMahon, 277. 92 Cfr. sopra. 93 r. langton-douglas, Leonardo da Vinci cit., p. 98. 94 r. bayer, Lonard de Vinci ecc. cit., p. 153.Trattato, ed. Ludwig, 61, p. 116; ed. McMahon, 94; e g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 274. 95 Ed. Ludwig, 547 e 548, t. II, pp. 2-3; ed. McMahon, 576 e 579.Passi del Ficino: Marsile Ficin et lart cit. II. r. bayer, Lonard de Vinci ecc. cit., pp. 77 sgg., ha insistito sul valore speculativo della luce in Leonardo e sul suo rapporto con la mistica neoplatonica che il Vinci trasformava in problema (p. 143). 96 Trattato ed. Ludwig, 412 e 549; ed. McMahon, 434 e 577. g. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere, p. 273. Da integrare con Ludwig, 93, p. 148; 137, 138, p. 182; ed. McMahon, 137 e 276. 97 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 174. 98 m. baratta, Curiosit vinciane, Torino 1905, cap. II (Leonardo enigmofilo); a. marinoni, I Rebus ecc. cit., pp. 120 sgg. 99 a. hind, Early Florentine Engravings, London 1939, vol. I; j. baltrusaitis, Le Moyen Age fantastique, Paris 1955. 100 a. della torre, Storia dellAccademia platonica ecc. cit., p. 153, n., ha confutato, sulla base dellUzielli, linterpretazione di e. mntz, op. cit., p. 229, che vedeva in questa accademia una vera e propria istituzione dotta. Sullambiente milanese: malaguzzi-valeri, La corte di Ludovico il Moro, Milano 1913, vol. I. 101 Cfr. pi avanti. 102 f. malaguzzi-valeri, Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna 1922. 103 Lettera di Leonardo ai fabbriceri del duomo: Lonard de Vinci par lui-mme cit., pp. 71 sgg. 104 l. h. heydenreich, Die Sakralbau-studien Leonardos da Vinci, Leipzig 1929. g. giovannoni, Bramante e larchitettura italiana, in Saggi sullarchitettura del Rinascimento cit., p. 72, ha gi insistito sul rapporto Leonardo-Bramante, seguendo il malaguzzi-valeri, La corte di Ludovico il Moro cit., vol. II, Milano 1915. 105 c. baroni, Elementi stilistici fiorentini negli studi vinciani di architettura a cupola cit., e sopra, sezione III, introduzione e cap. I. 106 Trattato, ed. Ludwig, 236, t. I, p. 262; ed. McMahon, 110.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Insieme a quella di j. thiis, Leonardo da Vinci ecc. cit., cap. IX, lanalisi pi completa dellopera quella di g. calvi, LAdorazione dei Magi di Leonardo da Vinci, in Raccolta vinciana, x (1919), pp. 1-44. 108 k. clark, Leonardos Adoration of the Shepherds and Dragon Fight, in Burlington Magazine, lxii (1933), pp. 21-26, sembra per spingersi troppo lontano ponendo a questa data a transition from realism to fantasy (p. 25). 109 n. hamilton, Die Darstellung der heiligen drei Knige cit., p. 108, e sopra, parte II, sezione I, cap. II, 2. 110 c. brun, Leonardos Anbetung der Magier im Lichte seines Trattato della Pittura, in Raccolta vinciana, x (1919), pp. 45-60. 111 k. clark, Leonardos Adoration ecc. cit., pp. 31-32, e r. langton-douglas, Leonardo da Vinci ecc. cit., pp. 74-75. n. ivanov, Remarques sur la Joconde cit., arriva a parlare di un principio eleatico e di un principio eracliteo combinati in questopera, quali si trovano al centro di tutta la riflessione di tipo platonico. 112 Trattato, ed. Ludwig, 368, I, p. 366 (ed. McMahon, 396). Ibid., 178, I, p. 214 (ed. McMahon, 270); cfr. anche ibid., 180, I, p. 216 (ed. McMahon, 248) e 362 sgg., t. I, parte III (ed. McMahon, 374). 113 Museo del Louvre; B. B. n. 1068; a. e. popham, The Drawings ecc. cit., n. 42. 114 Ecole des Beaux-Arts; B. B., n. 1081; popham, The Drawings ecc. cit., n. 48. g. calvi, LAdorazione dei Magi ecc. cit., ha notato linteresse che presenta questa figura di vegliardo che si fa schermo agli occhi colla mano, senza tuttavia indicare che luomo in meditazione (in basso a destra) e il vecchio dagli occhi cavi (al centro a sinistra) ne derivano. 115 British Museum; B. B., n. 1023; popham, The Drawings ecc. cit., n. 49. Ci si allontana cos dal San Giuseppe che forse stato il motivo iniziale e la cui figura appoggiata al bastone appare negli schizzi per lAdorazione dei pastori (B. B., n. 1010 B, 1109, popham, The Drawings ecc. cit., nn. 39 e 40 A). Nel disegno di Amburgo (B. B., n. 1021; popham, The Drawings ecc. cit., n. 41), la figura appare rivolta verso i due personaggi. 116 Museo del Louvre; B. B., n. 1065; popham, The Drawings ecc. cit., n. 42, (Oxford, Ashmolean Museum; B. B., n. 1058; popham, The Drawings ecc. cit., n. 52. Questo disegno non sembra rientrare fra gli studi eseguiti direttamente per lAdorazione dei Magi (Colonia, Museo Wallraf-Richartz; B. B., n. 1014; popham, The Drawings ecc. cit., n. 47). 117 j. thiis, LAdorazione dei Magi ecc. cit., e g. gronau, Leonardo da Vinci, London 1903, p. 91. 118 g. calvi, LAdorazione dei Magi ecc. cit., p. 31. 119 g. calvi, LAdorazione dei Magi ecc. cit., ha attirato lattenzio107

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ne su questo particolare e ha suggerito il richiamo al passo dantesco. 120 l. planiscig, Andrea del Verrocchios Alexander-relief, in Jahrbuch der kunst-historischen Sammlungen, Wien 1933, pp. 89 sgg., e il nostro studio Les capitaines affronts dans lart florentin cit., cfr. sopra. 121 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 8; a. e. popham, The Drawings ecc. cit., pp. 48 sgg.; e. h. gombrich, Leonardos grotesque Heads cit., p. 205. Secondo w. r. valentiner, The Art Quarterly, IV, 1941, il disegno di guerriero del British Museum sarebbe di mano di Leonardo (c. 1475), il Dario del Museo di Berlino del Verrocchio (c. 1480), lo Scipione di marmo del Louvre di Leonardo e lAlessandro di New York del Verrocchio. Leonardo cos avrebbe preceduto il suo maestro in tutti i punti (p. 22). unipotesi eccessiva e infondata: l. planiscig, Leonardo da Vinci ecc. cit., e r. langton-douglas, Leonardo da Vinci ecc. cit. Noi abbiamo dimostrato che lantitesi esiste gi nella Decollazione del Battista dellaltare dargento del Battistero, opera del Verrocchio. 122 h. mackowsky, Michelangelo, 4 ed., Berlin 1925. I disegni e le misure della statua sarebbero stati compiuti da Leonardo secondo il malaguzzi-valeri, Leonardo da Vinci e la scultura cit. Su questo problema, w. r. valentiner, Leonardo as Verrocchios coworker cit., in The Art Bulletin, XII, 1930, pp. 87-88; prudenti riserve di l. planiscig, op. cit. 123 e. h. gombrich, Leonardos grotesque Heads cit.; e. belt, The aging Process in the Work of Leonardo, Los Angeles 1950. 124 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 69; a. e. popham, The Drawings ecc. cit., pp. 49 sgg.; b. berenson, Drawings ecc. cit., nn. 1019, 141. Cfr. sopra. 125 Marsile Ficin et lart cit., p. 94; cfr. sopra. 126 Il bestiario del manoscritto H risulta compilato seguendo Il Fiore di virt fiorentino e la vecchia Acerba, ripubblicata a Milano nel 1484, opere entrambe pi o meno rinnovate sulla Historia Naturale di C. Plinio Secondo nella versione in volgare del Landino, Venezia 1474, e forse sugli Hieroglyphica Horapollinis: e. solmi, Le fonti cit., n. lxxviii e cl. b. berenson, Drawings ecc. cit., n. 1964; a. popp, Leonardo da Vinci ecc. cit., nn. 21 (datato 1482) e 110 a (datato circa 1494). 127 Codice Atlantico, fol. 370 v; j. p. richter, The literary works ecc. cit., II, p. 302 128 g. fumagalli, op. cit., p. 168; j. p. richter, The literary works ecc. cit., II, n. 602. 129 Sulla Battaglia dAnghiari: k. f. suter, Leonardos Schlachtenbild, Strasbourg 1937, e g. neufeld, in ab, xxxi (1949), pp. 170 sgg. 130 Come ha dimostrato e. h. gombrich, Leonardos grotesque Heads cit.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Lespressione artifiziosa natura viene dal ficino, Theologia platonica, XIV, 9, Opera, p. 319, riferita alla produzione delle specie animali: cfr. sopra. 132 meyer schapiro, a proposito delle sculture di Moissac, in The Art Bulletin, xiii (1931), pp. 485-86, e in Leonardo and Freud: an art historical Study cit., in Journal of the History of Ideas, xvii (New York 1956), p. 166. 133 Opera, p. 807; Marsile Ficin et lart cit., p. 94. 134 Cfr. sopra. 135 Cfr. r. bayer, Lonard de Vinci ecc. cit., p. 215; c. de tolnay, in Revue des arts, ii (1952), pp. 18 sgg. g. boas, The Mona Lisa in the History of Taste cit., in Journal of the History of Ideas, i (1940), 2. Le ragioni per cui si debba escludere lidentificazione (relativamente tarda) del Vasari sono state esposte da c. pedretti, in Humanisme et Renaissance, xviii (1956), ripreso in Studi vinciani cit., Storia della Gioconda, pp. 132 sgg. 136 r. langton-douglas, Leonardo da Vinci ecc. cit., pp. 55 sgg. 137 Su Leonardo e il paesaggio fiorentino: l. goldscheider, Leonardo da Vinci, Landscape and Plants, London 1952, e i riferimenti allegati, cfr. sopra. 138 Codice Arundel, 155 r (Londra, British Museum), ed. Vinciana, vol. Il, Roma 1930. g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., p. 35; j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1339; pladan, Morceaux choisis cit., n. 224 (traduzione confusa ed errata). 139 Giustamente si insistito sul valore degli aggettivi, il ritmo dei gerundi e le sonorit suggestive di questo testo di uno stile elaborato: la minacciante e scura spilonca...; g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., p. 35, n. 2. Il termine-chiave artifiziosa natura ritorna ancora nel Codice Atlantico, 86 r; g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., p. 45, n. 1. 140 k. clark, Drawings cit., n. 12 579; a. e. popham, The Drawings ecc. cit., tav. cclxxxii, contesta il rapporto tra le due parti del foglietto (figura e vortici) e lidentificazione con Leonardo. 141 Codice Atlantico, 57 v e 370 r; g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., pp. 193-94. 142 Codice Arundel, 234 r; j.p. richter, The literary works ecc. cit., n. 961; g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., p. 92; Codice Arundel, 156 r; g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., p. 158; j.p. richter, The literary works ecc. cit., n. 954. 143 Si ritrova per questa via lantro creatore rappresentato, ispirandosi a Claudiano, sul fregio di Poggio a Caiano: cfr. sopra. 144 Sul problema sollevato dalle due versioni: m. davies, Earlier italian Schools cit., pp. 204 sgg.; l. venturi, La critica e larte cit., pp. 188-89 avvicina la casa divenuta grotta al passo del Trattato, ed. Ludwig, 86 e 93; ed. McMahon, 137 e 140; g. fumagalli, Leo131

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze nardo ecc. cit., p. 276. Un disegno del Mantegna (noto da unincisione e riprodotto in l. goldscheider, Lonard de Vinci cit., fig. 61, p. 36), per il trittico degli Uffizi, presenta la Vergine col Bambino, circondata da angeli, sotto un arco di rocce. A proposito della versione posteriore dello stesso soggetto che si trova alla National Gallery di Londra, m. davies, The Virgin of the Rocks in the National Gallery, London 1947, ritiene che il ricordo della grotta della Nativit sia qui di scarsa importanza: such things would be at the most what put the idea or rocks into Leonardos head: their strange prominence in this picture is due to Leonardos original genius (p. 13). 145 m. a. lavin, Giovannino Battista ecc., in The Art Bulletin, xxxvii (1955), 2, pp. 96 sgg. 146 Sulla storia del tema nella filosofia antica: p.-m. schuhl, La fabulation platonicienne, Paris 1947: Autour de la caverne, pp. 45-74. cicerone, De natura deorum, cap. 37, citato in p.-m. schuhl, ibid., p. 66, n. 2. Il testo viene dal Per filosofaj, fr. 12; r. w. jaeger, Aristoteles, Grundlegung einer Geschichte seiner Entwicklung, Berlin 1923, pp. 167-68. 147 j. toutain, Les cavernes sacres dans lantiquit grecque, Bibliothque du Muse Guimet, XXXIX, Paris 1913, pp. 137-87. Una celebre pagina del geografo Pomponio Mela (secolo i d.C.), nella sua Corografia, descrive una visita allantro coricio di Cilicia; anche qui si passa dallesplorazione scientifica al rispetto religioso. Nel punto dove sprofonda la caverna lo spettacolo cos bello e meraviglioso che a prima vista turba lo spirito; un secondo antro si apre in fondo al primo, e qui si sentono rumori strani, un torrente scompare in un orrido: questo abisso reca unimpronta augusta e sacra, veramente degna degli dei che si crede abbiano fissato qui la loro dimora (pomponio mela, Chorographia, I, 13, ed. C. Frick, Leipzig 1880). 148 porfirio, Lantro delle ninfe, cap. IX, trad. fr. J. Trabucco (con un saggio di p. saintyves, su Les grottes dans les cultes magico-religieux), Paris 1916, p. 11. La basilica neopitagorica di Porta Maggiore stata pensata come una cappella sotterranea in modo che avesse laspetto di un adytum o cripta mistica: j. carcopino, op.cit., pp. 211 sgg. plotino, Enneadi, IV, 8, 1, fonde nellintuizione filosofica lidea di una evasione dalla caverna-illusione e quella dellilluminazione nella caverna-tempio. 149 Pimandro, VIII, ed. Nock, I, 89. Il Ficino tornato pi volte sul mito della caverna, in un capitolo della Theologia platonica, e in una lettera ad Angellerio Ricardo Anglariense (del 1477 circa), in cui ricopia un lungo passo della sua traduzione: Opera, ep. IV, pp. 773-74. La traduzione del libro VII della Repubblica preceduta da un commento che dichiara il significato del mito.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Secondo e. solmi, Le fonti dei manoscritti cit., n. cxlviii, Leonardo aveva lOpera omnia di Platone nella traduzione del Ficino. e. garin, Il Rinascimento italiano, Milano 1941, p. 135, ha indicato la possibilit di un accostamento di Leonardo al Ficino. 150 Nelle fantasticherie provocate da questopera spesso si insistito su queste implicazioni cosmologiche, n. ivanov, Remarques ecc. cit., vede nel ritratto femminile lincarnazione dellanima mundi, quale la concepiva il Ficino. 151 l. h. heydenreich, La Sainte Anne de Lonard de Vinci, in Gazette des Beaux-Arts 1933, II, pp. 205 sgg. Il cartone minuziosamente apprestato (Burlington House) non servito per il quadro del Louvre, che deriva da un secondo cartone noto da una descrizione del tempo: la lettera di frate Pietro de Nuvolaria a Isabella (aprile 1501) e dalla testimonianza del Vasari. possibile che siano trascorsi molti anni tra il cartone (perduto) e il quadro. Il testo della famosa lettera in l. beltrami, Documenti su Leonardo da Vinci, Milano 1919, e j. cartwright, Isabelle dEste, trad. fr., Paris 1912, p. 180. w. suida, A Leonardo profile ecc. cit., p. 131, ha negato che la descrizione di fra Pietro si riferisca al quadro del Louvre; necessario aderire alle conclusioni di l. h. heydenreich, La Sainte Anne ecc. cit., p. 212, accolte da a. e. popham, The Drawings ecc. cit., p. 73; cfr. anche Hommage Lonard de Vinci, Museo del Louvre, 1952, pp. 35 sgg. 152 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 112. 153 e. mller, Leonardos Madonna with the yarn winder, in Burlington Magazine, xlix (1926), pp. 11 sgg.; a. e. popp, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 18; r. langton-douglas, Leonardo da Vinci ecc. cit., p. 29 e tav. xlviii, la copia del Luini. Sulle riflessioni di Leonardo circa la necessit ineluttabile, g. fumagalli, Leonardo ecc. cit., pp. 338 e 341, e il saggio di m. johnson, Art and scientific Thought cit. 154 r. s. stites, More on Freuds Leonardo, in College Art Journal, viii (1948-49), 1, p. 40.

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Sezione quarta i cicli umbri

Tra il 1490 e il 1505, negli anni che corrono tra la crisi fiorentina e la fioritura romana sotto Giulio II, gli umbri occupano un posto notevole1. Le loro imprese colmano lintervallo storico che si verifica nel breve periodo in cui legemonia culturale di Firenze sindebolisce e il precipitoso sviluppo della potenza pontificale sotto Alessandro VI (1494-1503) viene a porre Roma al centro delle vicende politiche ma non della cultura. Sulla met del Quattrocento, tra la Toscana propriamente detta e il Lazio si era venuta costituendo, con Perugia al centro e propaggini verso Siena e Urbino, una provincia artistica che aveva seguito con una certa indipendenza il Rinascimento fiorentino; questa provincia non sopravviver alle divisioni territoriali del Cinquecento che assoggetteranno definitivamente Siena a Firenze e lUmbria a Roma. Questa provincia ha conosciuto la sua ora sullo scorcio del secolo XV col Perugino, il Pinturicchio, il Signorelli e gli artisti che gravitano intorno a loro. E si affermata con i grandi cicli degli appartamenti Borgia in Vaticano (1492-94), della cappella di San Brizio a Orvieto (1499-1504), della sala del Cambio a Perugia (1500-504). Se si toglie la cappella Strozzi in Santa Maria Novella (1498-1502), alla stessa data nessuna impresa italiana pu reggere il confronto con questi affreschi; essi saranno se non i modelli, almeno i precedenti immediati dei cicli romani di Giulio II.

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Il Pinturicchio deve soprattutto la sua importanza alle ricerche decorative; ma il Perugino e il Signorelli avevano lavorato alla cappella di Sisto IV. Il Signorelli era venuto a Firenze nel 1491-92; il Perugino esercit una influenza notevole sui pittori fiorentini nel periodo piagnone. Limportanza di questi due maestri tanto maggiore in quanto erano, tutto sommato, i maggiori eredi di Piero della Francesca e in quanto lo sviluppo del loro stile, sempre pi fermo nelluno, sempre pi morbido e facile nellaltro, usciva da quelli che erano i problemi dei fiorentini in questo momento. La loro importanza si attenuer rapidamente fino a sparire; la terribilit delluno trover in Michelangelo una pi alta realizzazione, mentre la soavit dellaltro la trover in Raffaello. Questo pi alto compimento essi lhanno preparato in due modi con la precisione delle forme e labilit nel costruire dei complessi didattici, aspetto questultimo che ci induce a studiare i loro rapporti con lumanesimo.

1. Gli appartamenti Borgia. Tra il 1492 e il 1494 il Pinturicchio aveva decorato gli appartamenti di Alessandro VI in Vaticano; egli era a capo di una importante bottega di artisti umbri. Per il pontefice spagnolo opulento e gaudente lartista ha superato se stesso in effetti bizzarri e preziosi: Il Pinturicchio non ha risparmiato nessuna sorta di spezie, n di droghe o di condimenti e non si rivedr tanto presto una damaschinatura e delle dorature, un lusso doltremare e delle sontuosit barbare come quelle che egli ha impiegato nella decorazione dellappartamento Borgia2. Gli stucchi, le borchie doro e le fioriture dei particolari, di cui si sarebbero fatti beffe i fiorentini del secolo successivo3, gli servirono spesso per mascherare la debolezza delle forme e lincertezza del disegno. La struttu-

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ra dellinsieme non presenta nulla doriginale e non segue nemmeno un pensiero esplicito4. i. sala delle Sibille (volta); ii. sala del Credo: Apostoli e versetti del Credo (volta); iii. arti liberali: allegorie delle sette arti (lunette); iv. sala dei Santi: quattro affreschi; storia dIside e Osiride (volta); v. sala dei Misteri: profeti (volta); i sette misteri cristiani; vi. sala dei Pontefici (rifatta sotto Leone X). Due sole delle sale presentano una decorazione completa, che si estende cio alle volte ed alle pareti. La successione dei temi banale e la loro combinazione confusa: anzitutto coloro che hanno annunciato lera sub lege, poi, tra i fondatori della chiesa e i loro successori storici, tre sale in cui sono celebrati i princip tradizionali del sapere, le figure dei santi ai quali il papa era devoto e i misteri della religione. Due sono gli aspetti che costituiscono loriginalit di questa decorazione: anzitutto le grottesche che sono qui usate per la prima volta sistematicamente in una decorazione moderna5: i fregi e gli ornati allantica sfruttati da Filippino sono superati qui grazie ad una distribuzione assai pi coerente e variata dei motivi, che prelude direttamente alla straordinaria utilizzazione che ne far il Signorelli ad Orvieto. Ma soprattutto questi motivi vanno insieme ad una curiosa rappresentazione delle storie di Osiride sulla volta della quarta sala. Il bue, simbolo dei Borgia, che viene ripetuto dovunque, induceva a rappresentare, come sua giustificazione esotica, il mito di Api; gli episodi di questo mito sono molto particolareggiati, con un evidente interesse per le meraviglie dellEgitto, i templi bizzarri, le palme e i riti pagani. Anche in questo Filippino superato; in questa decorazione equivoca legiptomania degli umanisti, nata dalla lettura di Giambli-

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co e dallossessione dei geroglifici, ha trovato la sua esplicazione pi audace grazie al programma elaborato da fra Giovanni Nanni da Viterbo, il pi immaginoso e il pi ingannevole degli archeologi del tempo6.

2. La sala del Cambio di Perugia. Quando Pietro Vannucci fu incaricato nel 1500 di decorare la sala del Tribunale della Mercanzia presso la Signoria di Perugia, la sua gloria era immensa: il meglio maestro dItalia, scriveva al padre Agostino Chigi7. Dopo i lavori di decorazione alla cappella Sistina era considerato almeno uguale ai maestri toscani, Botticelli e Filippino. Ma il suo stile facile mancava della dignit necessaria per dominare le grandi composizioni e per dar vita a un programma in s piuttosto scialbo. Il Maturanzio, modesto autore della Cronaca della citt di Perugia dal 1492 al 15038 ritenne di mettersi al passo coi tempi suggerendo un concetto di spirito ficiniano9: le virt morali sono illustrate mediante una serie di eroi derivati da Tito Livio e da Plutarco e le Virt teologali mediante la Trasfigurazione, lAdorazione dei Magi e la serie imponente dei Profeti e delle Sibille, in numero uguale alle figure antiche. Il complesso della decorazione corre al di sopra di un alto zoccolo in legno, ed completato da un bel soffitto dorato, in cui i pianeti sono rappresentati secondo i tipi diffusi dalle stampe del Baldini in accordo con quelli dellAstrolabium di Johannes Angelus, pubblicato di recente ad Augusta e a Venezia. Abbiamo cos uno stretto legame tra lelemento cosmologico posto in cielo, lallegoria morale e religiosa e i ritratti storici, cosa che era una delle maggiori preoccupazioni della fine del secolo. A questo proposito il programma del Cambio ha un significato abbastanza ampio; ma non vivificato dallimmaginazione.

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Laffinit fra il mondo pagano e quello dei moderni viene suggerita attraverso una simmetria elementare; gli Annunciatori dellAntico Testamento presentano gli stessi tipi, gli stessi costumi convenzionali, abbelliti dornamenti capricciosi, degli eroi; le figure sono allineate come nelle serie di uomini famosi della met del Quattrocento, ad esempio quella a Foligno10. Alcuni visi graziosi, alcune figure di un piglio pi delicato, sono state attribuite a Raffaello. Lurbinate aveva allora 17 anni; non c dubbio che egli ha visto e meditato lopera del Perugino; pu darsi anche che vi abbia lavorato come aiuto ma non si pu considerare ne la Fortezza ne le Sibille come opere di sua mano11. Il merito del Cambio sta soprattutto nellaver suggerito la sintesi ideale che era ancora da intraprendere.

3. La cappella di San Brizio a Orvieto. La decorazione della cappella era stata iniziata nel 1447 dallAngelico che aveva dipinto solo due vele della campata settentrionale e aveva lasciato i cartoni per le due ultime. Nella vela che sovrasta laltare la presenza del Cristo giudice sembrava dover decidere dellargomento generale della decorazione. I canonici della cattedrale si erano rivolti al Perugino nel 1490; il Pinturicchio, che fu proposto successivamente, non parve loro abbastanza famoso. Solo nel 1499 si pens al Signorelli, che frattanto si era imposto allattenzione generale con gli affreschi di Monteoliveto: questi fu incaricato di portare a termine la decorazione, che gli fu pagata generosamente12. Il cortonate dipinse il gruppo degli apostoli e degli angeli che recano gli emblemi della passione seguendo lAngelico, poi, sulle volte della seconda campata, i cori delle Vergini, dei Patriarchi, dei Dottori, dei Martiri13. Nel 1500 propose al capitolo un pro-

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gramma completo per le sei pareti della cappella sul tema, allora molto raro in Italia, dei Nuovissimi14. Gli ci vollero quattro anni per realizzarlo. Per ricordare che egli aveva continuato lopera iniziata dallAngelico, ebbe cura di porre leffigie del Beato accanto alla propria nellangolo sinistro del primo affresco. Questo omaggio e linsistenza nel presentarsi come continuatore del pittore di San Marco sono tanto pi significativi in quanto lopera piena di allusioni alla recente tragedia del Savonarola e del convento domenicano di Firenze. Sarebbe difficile spiegare la scelta del tema escatologico e il suo sviluppo inconsueto, con le tre scene dellAnticristo, della catastrofe ultima e della resurrezione, dipinte nella prima campata della cappella, senza tener conto degli avvenimenti della fine del secolo e dellatmosfera torbida che regnava nellItalia centrale15. Il Savonarola aveva annunciato la fine dei tempi e sciagure spaventose; la sua condanna e il suo supplizio nel maggio del 1498 erano apparsi a tutti i suoi avversari come la prova che la sua impresa era di carattere diabolico e una manifestazione dellAnticristo. cos che essa viene interpretata da Marsilio Ficino in una lettera esplicativa indirizzata al Sacro Collegio a nome dei canonici di Firenze. Ci si sforzati invano di dichiararla apocrifa16. Anche se lo fosse, fornirebbe ugualmente unindicazione fondamentale sullo stato danimo diffuso. Orvieto era sempre stata fedele alla causa di Alessandro VI e il Signorelli, che mai aveva cessato di essere fedele ai Medici, non poteva reagire al dramma dellepoca che con unepopea antipiagnona. Nel primo affresco gli avvenimenti annunciati dal Vangelo e descritti dagli eredi della tradizione apocalittica, cio Jacopo da Varagine e santa Brigida, sono trasposti in immagini attuali17: lAnticristo predica sulla piazza cittadina, circondato da monaci, borghesi e soldati. I costumi del tempo richiamano il significato attua-

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le della rappresentazione, tanto pi in quanto le scene della Resurrezione e del Giudizio non contengono alcuna allusione particolare. Le scene successive, accaparramento delle ricchezze, discussioni erronee delle Scritture, falsi miracoli, esecuzione capitale ecc., corrispondono agli atti dellAnticristo, ma in ognuna desse figurano dei frati domenicani e pu quindi riferirsi allattivit del Savonarola. Per di pi il simbolo della Superbia, il cavallo impennato, scolpito sul piedestallo del seduttore, , con il demonio che lo ispira, lunico segno della sua origine diabolica: tale appunto era per gli ambienti romani il caso del riformatore di San Marco, che era puro didee e di costumi, ma in rivolta contro la Chiesa. Se, come par certo, si tratta di una trasfigurazione in chiave antipiagnona degli avvenimenti fiorentini e delle angosce del tempo, lunit del complesso risulta pi chiara: la terribilit del Signorelli nutrita di elementi umanistici e conferisce particolare valore a tutto ci che il rigorismo domenicano aveva voluto eliminare. Il tema della Resurrezione esaltato grazie alluso del nudo di cui il pittore vuol dimostrare la dignit unica. E Michelangelo si ricorder di questo grande esempio. Soprattutto per il Signorelli ha legato, pi strettamente di quanto non si fosse fatto fino allora, i poeti del mondo pagano alla rappresentazione dei Nuovissimi. Lo zoccolo dipinto assume, nellequilibrio complessivo della decorazione, unimportanza notevole: regolarmente diviso da pilastri che determinano larghi riquadri. Sul fondo a grottesche, di una vivacit straordinaria, spiccano delle formelle quadrate, simili a nicchie scavate nel muro, e dei medaglioni tondi dipinti a monocromo si dispongono tutto intorno18. Ai due lati dellentrata grandi tondi sostituiscono le formelle quadrate; per creare delle nicchie daltare sono stati distrutti due riquadri e mutilati quelli attigui in modo che, in luogo dei dodici primitivi ne abbiamo solo dieci, e abbiamo otto figure di poeti,

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delle quali una ormai illeggibile, anzich le dieci primitive (nelle due specchiature ai lati della finestra mancavano i quadri dei poeti). Questa composizione introduce, come motivo secondario, una serie di poeti il cui collegamento con lepopea fantastica degno dattenzione. Sotto laffresco a semicerchio che rappresenta la fine del mondo si leva, con un effetto di rilievo eccezionale, un personaggio che porta in testa una berretta a punta: Empedocle, il saggio dAgrigento; egli ha previsto che il mondo, alla fine del ciclo attuale, sarebbe tornato al caos. Il filosofo un profeta pagano e la concordanza tra antichit e mondo cristiano vale anche per gli altri ispirati: (X), Omero, Empedocle, Orfeo, Lucano, (X), Orazio, Ovidio, Virgilio, Dante19. Non meno illuminante la scelta dei medaglioni. Lesecuzione indubbiamente stata affidata ad aiuti, ma questi monocromi mantengono del modello laccento vivo e robusto, che ne fa delle curiose visioni notturne20. Essi non sembrano essere stati ordinati in un legame diretto con ognuno dei poeti che accompagnano. Undici medaglioni illustrano gli undici primi canti del Purgatorio in un paesaggio di picchi e rocce sbiancate che costituiscono le prime visioni moderne del poema21. La maggior parte degli altri riprendono motivi mitologici suscettibili di una interpretazione infernale: ad esempio, sulla parete della finestra, Andromeda liberata da Perseo e, sotto il ritratto di Orazio, Orfeo che sottrae Euridice a Plutone, dove leroe musico avanza in mezzo ad una adunata di diavoli. Si tratta di immagini desunte da Ovidio; esse saccordano al tema principale che, per questo settore della decorazione, certamente il Purgatorio, unico regno che restava da illustrare tra lInferno e il Paradiso dei grandi affreschi22 e del quale, per lappunto, come aveva dimostrato il Ficino, la favola antica contiene lillustrazione allegorica. I poeti antichi sono cos, con Dante, i custodi del regno intermedio.

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Questa nobile dottrina subisce qui una interpretazione fantastica; lo zoccolo decorato di una trama singolare di grottesche, le pi pullulanti e frenetiche che mai siano state immaginate. I girali sono animati di mostri e di teschi, combinando i voli, gli strappi, i soffocamenti danimali e di larve; gli esseri pi stravaganti usciti dalla mitologia e dagli incubi sono trascinati da una energia divorante e vana: Tritoni, sfingi e cavalli marini assurgono a simboli di questa vitalit senza scopo che, secondo i platonici, fa il tormento dellanima presa fra limmaginario e il reale, allorch le precluso laccesso al mondo superiore23. Lornato supera cos la sua definizione facile: si accorda al programma della cappella. del resto evidenziato in modo abbastanza significativo dalla grandezza dello stile e nulla fa meglio sentire come leredit plastica del Quattrocento fiorentino restasse legata ad un ben definito orientamento spirituale24.

In termini pi generali, la parte avuta, tra Firenze, Roma e le Marche, dalla scuola umbra nellultimo terzo del secolo quanto mai degna dattenzione. Sono in essa molti gli artisti secondari, spesso leggermente caricaturali, come Niccol da Foligno, Matteo da Gualdo, il Boccati, il Bonfigli e il Caporali; ma vi sono anche maestri di alta qualit come lautore delle celebri tavole Barberini (New York e Boston) che forse umbro solo marginalmente, o lautore delle otto tavole della Vita di San Bernardino, datate 1473 (Perugia, Pinacoteca) e quello della Annunciazione (Boston, Collezione Gardner): f. zeri, Il maestro dellAnnunciazione Gardner, in Bollettino dArte, xxxviii (1953), pagine 125-39 e 233-49, propone di integrarne il catalogo con opere sottratte a quello di Fiorenzo di Lorenzo (che ne sarebbe solo uno sterile imitatore) e di identificarlo con Piermatteo di Amelia. Il problema rivela tutta la sua importanza allorch si tratta di giudicare lopera giovanile del Perugino: nato nel 1445, ricordato solo per laffresco di Cerqueto (1478) in data anteriore alla Sistina, dove la sua maturit ormai evidente. Partito da Piero della Francesca, come indica chiaramente il Vasari, ha avuto parte attiva nella bottega del Verrocchio, della quale gli rimasta lesecuzione tornita e la composizione equilibrata. Di qui lattribuzione della Madonna Jacquemart-Andr (B. Berenson),
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze del Tobia di Londra, delle Madonne di Berlino e di Londra, n. 296, (c. l. ragghianti, ne Larte, xxxviii [1935 ]; r. longhi, in Paragone, 35, p. 22). Lattivit di Antoniazzo Romano e di Bartolomeo della Gatta nellItalia centrale alla fine del Quattrocento si chiarisce partendo da questi dati generali: Perugia sostituisce veramente Firenze negli anni 1480-90, e non solo nel campo della pittura monumentale. 2 b. berenson, Les peintres italiens de la Renaissance. 3 vasari, Vita del Pinturicchio, ed. Milanesi, III, p. 498. c. ricci, Pinturicchio. f. ehrle e e. stevenson, Gli affreschi del Pinturicchio nellappartamento Borgia, Roma 1897. Descrizione sommaria in l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr., cit., VI, pp. 162 sgg. u. gnoli, Pittori e miniatori dellUmbria, Spoleto 1923, pp. 284 sgg. 4 Cfr. ora lo studio di f. saxl, The Appartamento Borgia, in Lectures, 2 voll., London 1957, vol. I, pp. 174-88. 5 a. schmarsow, Die Eintritt der Grotesken ecc. cit. (1881). 6 k. giehlow, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissance, in Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des K. H., xxxii (Wien 1915), pp. 43 sgg.; j. seznec, La survivance des dieux antiques cit., pp. 106 sgg. 7 u. gnoli, Pittori ecc. cit., p. 248. 8 f. canuti, Il Perugino, 2 voll., Siena 1931, p. 139, n. 1. La Cronaca della citt di Perugia dal 1492 al 1503 stata pubblicata nellArchivio storico italiano (Raccolta di opere e documenti), xv (Firenze 1851), 2. 9 r. schneider, Prouse, Paris 1914, p. 121. v. zabughin, Il Rinascimento cristiano cit., p. 293: F. Maturanzio, Segretario dei Dieci, aveva proposto quale tema delle istorie un soggetto nettamente ficiniano: luomo che sindia merc lincarnazione del Verbo, larmonia del mondo raggiunta con la conciliazione degli studi classici e della piet cristiana. 10 w. bombe, Geschichte der peruginer Malerei bis zu Perugino und Pinturicchio, Berlin 1912, pp. 267 sgg. 11 g. soulier, Raphal et les fresques du Cambio, in France-Italie, 7 (luglio-agosto 1913), riassume gli argomenti da contrapporre alla tesi di a. venturi, Storia cit., VII, 2, pp. 762-850 (ripresa in Raffaello, ried. Milano 1952), che assegnava a Raffaello le figure della Fortezza e della Temperanza, e alla tesi di u. gnoli, Raffaello, il Cambio di Perugia e i Profeti di Nantes, in Rassegna darte, 1913, p. 73, che gli assegnerebbe tutta la serie dei Profeti e delle Sibille, ritardandone smisuratamente la data desecuzione (fino al 1505-507). Ugualmente: C. Gamba (1932), S. Ortolani (1948), E. Camesasca (1957). 12 l. fumi, Il Duomo dOrvieto e i suoi restauri, Roma 1891, pp. 371 sgg. 13 l. dssler, Signorelli, coll. Klassiker der Kunst, vol. XXXI,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Berlin-Leipzig 1927, pp. xxxii sgg. riproduce in dettaglio ognuno degli affreschi. 14 a. chastel, LApocalypse en 1500: la fresque de lAntchrist la chapelle Saint-Brice Orvieto, in Humanisme et Renaissance, xiv (1952), pp. 124-40. Agli studi ricordati in questo scritto sono da aggiungere le osservazioni di E. Levi sulla leggenda dellAnticristo in Italia, apparse negli Studi critici in onore di G. A. Cesareo, Palermo 1924, e in Studi medievali, iii (1930), pp. 52-63.La nostra ipotesi stata accolta da m. salmi, Signorelli, Roma 1953, p. 57. 15 l. fumi, Orvieto, Bergamo s. d., indica lumanista Albero, arcidiacono, lettore alluniversit di Perugia, come uno dei probabili consiglieri del Signorelli. r. vischer, Luca Signorelli und die italienische Renaissance, eine kunsthistorische Monographie, Leipzig 1879, aveva raccolto tutti gli elementi per la soluzione, p. 183, ma senza avvertire lelemento antipiagnone dellopera. 16 Cos labate R. Marcel, che nella versione a stampa del suo Marsile Ficin cit., pp. 555 sgg. giunto a conclusioni non dissimili dalle nostre. 17 Su queste fonti, g. mancini, Vita di Luca Signorelli, Firenze 1903, pp. 106 e 110. 18 La descrizione particolareggiata ne stata data da l. luzi, Il duomo dOrvieto, Firenze 1866, pp. 59-200 19 luzi, Il duomo dOrvieto cit., p. 194.Sui tipi dei poeti: cfr. sopra, parte II, sezione I, cap.II, 3. 20 r. vischer, Luca Signorelli ecc. cit., p. 303. a. venturi, Luca Signorelli, Firenze 1921, p. 43, vede nella loro struttura possente una ragione per attribuirli al maestro. 21 Interpretazione particolareggiata del ciclo dei medaglioni in: luzi, Il duomo dOrvieto cit., pp. 59-200, e l. dssler, Signorelli cit., pp. 204-6. 22 a. venturi, Luca Signorelli cit., pp. 42-43. 23 Su questa decorazione: l. fumi, Orvieto cit., p. 147; a. venturi, Luca Signorelli cit., p. 44; e sopra, pp. 339-43. 24 Fra i complessi profani con un programma umanistico, concepiti in uno spirito ancora quattrocentesco, da citare il salone di palazzo Petrucci a Siena, dove si ritrovano alla fine della loro carriera il Pinturicchio e il Signorelli. La fastosa abitazione di Pandolfo Petrucci detto il Magnifico fu costruita tra il 1505 e il 1508, la sua decorazione compiuta nel 1513 (cfr. a. venturi, Storia cit., vol. IX, p. 5, figg. 339 e 340).Il salone aveva un soffitto decorato da piccoli riquadri del Pinturicchio (cfr. Bulletin of the Metropolitan Museum, xvi [1921 ], pp. 19 sgg.); i pennacchi della volta erano decorati di medaglioni con le muse e di cartelle (cfr. a. franchi, ne LArt, xxix [1882], 2, pp. 147-52 e 181-185).Sulle pareti infine un insieme di otto dipinti dovu-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ti al Pinturicchio e al Signorelli (o aiuti) su soggetti allegorici e storici, di cui alcuni sono ora alla National Gallery di Londra (catalogo di m. davies, The earlier italian Schools, London 1951). Tra gli altri: Ulisse e Penelope, La continenza di Scipione (del Pinturicchio), Coriolano, Il trionfo della Castit, La Calunnia di Apelle e la Festa di Pan (del Signorelli). Il legame tra queste opere si vede male. tuttavia degno di nota che il Signorelli abbia ripreso qui il tema dApelle, trattato dal Botticelli e il Trionfo di Pan trattato da lui stesso ventanni prima per Lorenzo (cfr. sopra, pp. 232-38).

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Sezione quinta le certezze romane: giulio ii e larte sacra

La repubblica fiorentina del 1494 diffidava della Santa Sede: la polemica anticuriale era compresa nella dottrina piagnona. Il rogo del maggio 1498 rappresent una vittoria della disciplina ecclesiastica, nonch la rivincita locale degli elementi favorevoli ai Medici. Il regime del gonfaloniere Soderini, che fu instaurato poco dopo, conserv alla Signoria le sue apparenze repubblicane, pur restando diffidente di fronte alle iniziative di Cesare Borgia (lalleanza francese obbligava a tollerarle), come anche di fronte alla potenza veneziana. Questo regime fece una politica di neutralit che spesso gli fu rimproverata; Firenze si chiudeva in prospettive municipali. Queste sul piano dellarte si manifestarono nelle decisioni importanti degli anni 1500-505: decorazione della sala del Gran Consiglio (con temi storici destinati ad esaltare la grandezza toscana), collocazione allingresso di palazzo Vecchio del David di Michelangelo, ritorno al progetto di completare la cattedrale almeno con grandi statue (furono commissionati a Michelangelo dodici Apostoli per i pilastri della cupola). In opposizione alla politica di Lorenzo, che disperdeva gli artisti fiorentini, ci si sforz di richiamarli, di trattenerli. Per cinque o sei anni tutte le vecchie glorie e quelle nuove si trovarono riunite nella citt: Leonardo sembrava definitivamente stabilito a Firenze e la Signoria

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si opporr, ma alla fine senza successo, alle richieste di Georges dAmboise che nel 1506 lo ricondusse a Milano. Egli recava in citt uno stile nuovo, che si sforzeranno di assimilare fra Bartolomeo, il giovane Raffaello e Andrea Del Sarto. Ma tutti i sopravvissuti dellepoca precedente, il Botticelli, Filippino Lippi, per non parlare del modesto David del Ghirlandaio, si trovavano in questo modo superati. Il rinnovamento fiorentino del 1500 avviene a spese dellarte quattrocentesca. Latteggiamento di Michelangelo laccentuava in modo clamoroso: egli metteva violentemente in ridicolo la maniera del Perugino che, tutto sommato, per dieci anni aveva sedotto Firenze e attratto lattenzione dei pittori. Lesigenza di rinnovare le formule era chiara nei maestri; ma i programmi fiorentini non aprivano nuovi orizzonti. Le botteghe tornavano ad essere attive, ma latmosfera intellettuale mancava di vita. Il destino aveva voluto che tutti coloro che davano lustro alla citt fossero scomparsi prima del 1500. Gli spiriti migliori, riuniti negli Orti Oricellari, ritornavano ai problemi di riforma sociale e morale1. Il Corsi si sforzava di tener viva la gloria del Ficino, il Crinito quella del Poliziano, Gianfrancesco della Mirandola quella di Pico. Si cominciava a riguardare con nostalgia lepoca di Lorenzo. Firenze non si presentava pi come una capitale della cultura; non era pi uno dei centri della vita politica; Roma le sottraeva tutti questi motivi di prestigio. Giulio II vi aggiungeva ancora quello di un mecenatismo principesco, che Firenze mai aveva conosciuto. Ci sono volute tutte queste circostanze perch il rinnovamento fiorentino degli anni 1500-505 si concludesse cos rapidamente. Michelangelo chiamato nel 1506 a Roma, dove Giuliano da Sangallo, architetto di Giulio II, si trova gi da tempo; Raffaello viene chiamato nel 1509 per assicurare un ricambio

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ai pittori umbri che hanno lavorato in Vaticano. I viaggi tra Roma e Firenze continueranno, ma in ultima analisi presso Giulio II che in qualche anno matureranno le novit decisive dellepoca, che Firenze invece si lasciava sfuggire. Il sostituirsi di Roma a Firenze come centro dellarte e della cultura in Italia (Venezia resta a s) il fenomeno essenziale del Rinascimento. Non tutti gli aspetti di questa egemonia, che nel 1510-20 si sar completamente affermata, sono facili da spiegare. Si tratta senza dubbio della conclusione di quella rapida evoluzione per cui lo Stato della Chiesa diviene una potenza politica attiva; tale evoluzione viene a interpretare audacemente le aspirazioni nazionali dellItalia a proprio completo beneficio. In questo senso i pontificati di Alessandro VI, Giulio II e Leone X si completano a vicenda: il primo ha spezzato le resistenze feudali ancora forti nella stessa Roma e ha tentato di riunire le province centrali approfittando degli sconvolgimenti provocati dalla invasione francese. La mancanza di misura di Cesare Borgia e i disordini del papa alla fine hanno seriamente compromesso liniziativa, ma con Giuliano della Rovere, che nellintrigo e nellesilio aveva maturato in s lidea di un grande pontificato, la monarchia fu definitivamente instaurata nella citt; e, attraverso un capovolgimento spettacolare dellalleanza con la Francia, la Chiesa trionf della situazione pi difficile che da tempo lItalia avesse attraversato, assumendo la direzione della guerra di liberazione nazionale. Infine nel 1513, con lavvento del cardinale Giovanni de Medici, lo stato venne ad essere ulteriormente consolidato e con esso lordine di Roma che sappoggiava su un nuovo ceto di banchieri, borghesi, diplomatici e uomini di governo; questa classe intraprendente e colta fondava il suo prestigio sul lusso e sulle manifestazioni brillanti, che nemmeno si sarebbero immaginate nel Quattrocento. La

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corruzione dei costumi e le indulgenze verso la cultura profana, che il Savonarola aveva denunciato nel piccolo mondo fiorentino del 1490, non erano nulla a confronto del clima di festa e di piacere che trentanni dopo instaurer a Roma il figlio di Lorenzo2. Tuttavia la cultura romana dellepoca di Leone X non deve essere confusa con quella della Firenze medicea: il Bibbiena, il Bembo e i loro amici avevano conosciuto il Poliziano e lAccademia, ma nella loro attivit letteraria presentano insieme una maggiore libert e una minore elevatezza. Limmenso lavoro archeologico compiuto dagli allievi di Raffaello e dalla famiglia dei Sangallo imprime una patina erudita assai caratteristica alle produzioni romane del tempo di Leone X; ma anche in questo si ha limpressione di una larghezza prossima alla retorica, in cui si dilatano e sfigurano abbastanza rapidamente le intenzioni pi complesse del periodo anteriore. al decennio dellenergico pontificato di Giulio II (1503-13) che si deve ricondurre la svolta decisiva; allora che la cultura fiorentina emigrata perdendo le sue angustie, ed divenuta una delle componenti essenziali della cultura romana. Questa articolazione storica rischia, vero, di sfuggire, dato lo stile di potenza adottato dal pontefice e la grandiosit stessa delle vicende politiche in mezzo alle quali sono state ideate le sue realizzazioni artistiche. Tutto sembra dominato dagli interessi secolari del papa guerriero. La storia sembra aver avuto per lui solo una dimensione temporale, come indica laneddoto, troppo spesso ripetuto, in cui egli pretende come emblema la spada piuttosto che il libro3. Ma come molte delle interpretazioni comunemente ammesse anche questa deve essere riesaminata. Per valutare in qual misura queste realizzazioni romane siano state preparate in Toscana e rappresentino un prolungamento delle prospettive della cultura umanistica, basta forse definire il modo in cui Roma fa proprio

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in questo momento il mito del Rinascimento. Infatti due delle idee fondamentali dellepoca trovano qui la loro ampiezza definitiva: la prima laspirazione a un ordine universale, sotto il segno della Chiesa, che realizzerebbe la plenitudo temporum e il rinnovamento del mondo. Il Savonarola questo rinnovamento laveva concepito come una tragedia dolorosa. Altri uomini di cultura interrogavano la Scrittura per trovarvi le date della grande pace, della conversione dIsraele, della sconfitta e sottomissione degli infedeli4. Lalternativa et doro o apocalisse non cessa di esser presente agli spiriti. Certamente mai come ora il sogno cattolico era stato tanto lontano dalla realt; ma gli stessi sconvolgimenti della guerra, lo scisma incombente per iniziativa francese, il pericolo turco, infine la terribile situazione del momento, apparivano come la crisi finale da cui sarebbe uscito un mondo migliore. Superando tutti questi ostacoli ci si avvicinava sempre pi a quello che era il fine stesso dellumanit moderna: era senza dubbio un confondere senza misura le vicende della storia e il rinnovamento degli spiriti. Ma questa appunto era leco che poteva suscitare liniziativa di Giulio II. Gli interpreti pi audaci del pensiero romano alzavano il tono: nel grande discorso inaugurale del Concilio Laterano Egidio da Viterbo dichiarava il 2 Maggio 1512, dopo la vittoria del pontefice, che avendo per venti anni predicato il Vangelo in quasi tutta Italia, interpretato gli oracoli dei profeti, illustrato secondo lApocalisse i destini della Chiesa, aveva spesso affermato che i suoi ascoltatori avrebbero visto sconvolgimenti tremendi e catastrofi inimmaginabili, ma anche il risorgere e la salvezza della Chiesa5. Questo motivo dei tempi nuovi andava unito allidea, anchessa derivata dalla speculazione umanistica, che lasse del mondo era di nuovo lItalia; la storia si compiva restituendo la sua autorit allUrbs aeterna,

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nella quale la sede dellimpero coincideva col centro stesso della Chiesa. Lesplorazione delle vestigia antiche, iniziata da qualche anno e che avrebbe rimesso in luce tante statue e creato la splendida decorazione del cortile del Belvedere in Vaticano, era uno degli aspetti della resurrezione di Roma. Dopo la restaurazione della monarchia ecclesiastica ad opera di Niccol V, le manifestazioni in questo senso non avevano cessato di moltiplicarsi. Gi Niccol V aveva intuito, con una larghezza di vedute che simpose a tutti i suoi successori e soprattutto a Sisto IV, la necessit di fare di Roma una citt grandiosa, con una struttura urbana convergente verso il Vaticano come verso una citt ideale, una sorta di nuova Gerusalemme6. La Roma Instaurata di Flavio Biondo aveva inserito il presente nelle pi illustri prospettive della storia. Nel 1498 Giovanni Nanni da Viterbo, domenicano famoso per la sua interpretazione avventurosa dellApocalisse (1480), pubblicava una falsa cronaca di Fabius Pictor: De aureo saeculo et origine urbis Romae, che ebbe un immenso successo tra il pubblico7. La politica artistica di Sisto IV merita desser considerata da questo punto di vista8. Il dono al popolo romano di statue famose come la lupa antica (completata con laggiunta dei gemelli leggendari) e la testa bronzea colossale che Sisto IV fece collocare anchessa sul Campidoglio, veniva a creare un nuovo museo, ma in funzione del mito di Roma. Il colle del Campidoglio assurge per tutto questo periodo a simbolo fondamentale9. La sistemazione della piazza con la collocazione della statua equestre di MarcAurelio al centro, nel 1538, e la ricostruzione degli edifici municipali verranno anchessi a mettere in evidenza la vocazione imperiale di Roma sotto il segno della libert popolare che il potere pontificio afferma di essere lunico in grado di mantenere10. La Roma imperiale restaurata allinterno della monarchia romana.

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Di fronte alla retorica romana lidealismo degli umanisti fiorentini appariva timido e delicato11. Per essi il rinnovamento universale e la restaurazione della cultura italiana non erano opera romana: la loro diffidenza verso la Curia (con la quale Pico e Ficino furono successivamente in difficolt, anche prima del Savonarola) e la loro insistenza sulloriginalit toscana (a volte simboleggiata dal ricordo etrusco), li portava a vedere in Roma il simbolo di un grande passato e non il luogo della renovatio. Con Giulio II Roma e la potenza papale sembrano essere al centro dellavvenire del mondo. Roma non era solo piena di prelati ambiziosi e di uomini daffari (ad esempio il senese Chigi che era banchiere del pontefice), ma di prelati e uomini daffari che erano anchessi suggestionati dal mito romano e che lo servivano con tutte le loro forze. Vi si trovano (e nello stesso Sacro Collegio) personalit rilevanti della cultura fiorentina, in grado di conservare, dellinsegnamento umanistico, motivi capaci di alimentare e giustificare ci che si faceva nella capitale. Dopo il 1502 sono loro che di solito si ritrovano dietro le grandi costruzioni e le commissioni importanti12. Egidio da Viterbo, generale degli Agostiniani, figura dominante nella Curia, era per alcuni ammiratori Platonicorum maximus: dopo il Ficino e Pico fu indubbiamente lo spirito pi intimamente interessato allesame delle concordanze che permettevano di unire ad esempio Proclo e santAgostino; egli adeguava alle prospettive della storia romana le teorie umanistiche ed ermetiche della generazione di Pico. Raffaele Riario, cardinale di San Giorgio, al quale si deve il Palazzo della Cancelleria, al tempo dei suoi studi a Pisa (1477-78) aveva frequentato lambiente mediceo e conosciuto il Ficino, che gli aveva indirizzato parecchie lettere.13 Il cardinale Grimani, patriarca dAquileia, che abitava in palazzo Venezia, dove Erasmo gli rese visita nel 1509, era noto

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per i suoi gusti di collezionista e le sue curiosit artistiche; era anche filosofo e teologo serio, legato a Francesco da Diacceto, lerede del Ficino, che si augurava di vederlo condurre a compimento ledificio lasciato interrotto dal nostro maestro Marsilio14. Un piccolo documento, che non se non una nuova versione delle guide e delle raccolte di Mirabilia medievali, lOpusculum de mirabilibus novae urbis Romae, compilato dal canonico fiorentino Francesco Albertini a cominciare dal 1506 e dedicato a Giulio II nel 1509, basta a suggerire unidea, ancor prima delle grandi realizzazioni del Vaticano, dellatmosfera romana al tempo del nipote di Sisto IV15. Il nuovo pontificato, che suggerisce il confronto con i regni di Domiziano e Giuliano, viene posto sotto il segno del trionfo: lo spettacolo che ha presentato, al suo ritorno da Bologna, la Curia con la sua folla di magistrati, cardinali e soldati variis armis exornati vestibusque sericeis auro contexto circumornati cum insignibus Ruereis, allorch ha attraversato gli archi di trionfo ed passata davanti alle facciate decorate con scritte esaltatorie. Questa festa ebbe luogo l11 novembre; la stagione fu piena di rose e di frutti e la gente di Bologna diceva che Giulio II era veramente il padre dei cieli e dei pianeti. Un secondo trionfo rappresentato dal ristabilimento dellordine nella citt per cui Giulio II viene chiamato liberator urbis et ampliator imperii conservatorque libertatis ecclesiae. Un ultimo trionfo, quod erit maximum, atteso per quando ci sar la vittoria sugli Infedeli. La descrizione dei lavori pubblici, delle chiese e dei palazzi nel nuovo stile, iniziati da Sisto IV e realizzati da Giulio II, tende a illustrare questa immagine definitiva della citt come aeterna urbs terrarum dea gentiumque Roma cui par est nihil et nihil secundum... cuius imperium occidentis oceano et transtygritanis regnis terminatum16. La famosa e mendace cronaca di

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Fabius Pictor, che era stata da poco inventata e pubblicata da Annius da Viterbo, viene citata come documento dappoggio. Un capitolo consacrato alle biblioteche. Quella di Sisto IV vi si trova ricordata, nonch il celebre dipinto di Melozzo che mostra Giuliano della Rovere accanto allo zio il giorno dellinaugurazione; e ancora due biblioteche che dnno sullo stesso cortile del Pappagallo, una detta greca, laltra nella quale ha visto un grande Virgilio e strumenti scientifici, le quali biblioteche risalgono entrambe alla stessa epoca. A queste sono da aggiungere le fondazioni recenti: una biblioteca nova secreta perpulchra (ut ita dicam) pensilis Iulia17, quelle di San Pietro, dei Santi Apostoli e di San Pietro in Vincoli, innalzate da Giulio II e parecchie altre, senza dimenticare quella di Giovanni de Medici, dove si trovano i manoscritti di Lorenzo. Lautore, buon fiorentino, preoccupato di mettere in luce i legami tra la sua citt e Roma, enumera i principali meriti di questa biblioteca medicea e i suoi ornamenti: manoscritti importati o trascritti a cura del Poliziano, numerose opere su Platone dovute a Marsilio Ficino di Firenze, trattati dellAlberti, soprattutto quel Trattato di architettura, pubblicato dal fratello Bernardo per suggerimento di Lorenzo e di recente offerto a Sigismondo de Conti, segretario del papa. LAlbertini compendia insomma con questi tre nomi lessenziale della cultura fiorentina come simponeva a Roma. Ricordando infine di aver imparato la pittura col Ghirlandaio e la poesia con Naldo Naldi, lautore alla fine della sua raccolta ha inserito un elogio di Firenze in cui insiste sullantichit della urbs inclita et nobilissima totius Etruriae nunc primaria, e sui numerosi legami che la citt toscana, ricca di santi, artisti e dotti, ha sempre mantenuto con la citt pontificia. Questa appare come il prolungamento e la conclusione moderna di Firenze. questa alleanza, caratteristica della

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nuova et, che verr resa esplicita, fin dagli inizi del pontificato di Leone X, attraverso le cerimonie in Campidoglio del settembre 1513 in onore di Giuliano de Medici18. Questi fatti ci consentono diremmo di ribattere alle riserve che certi storici hanno sollevato sul livello di cultura della corte di Giulio II e sul pontefice: la forma stessa dellelogio composto dallAlbertini dimostra che, se il pontificato guerriero di Giuliano della Rovere esige uno stile trionfale, ha per anche un altro volto. Cristallizzandosi a Roma, il mito del Rinascimento deve orientare il nuovo corso delle arti19. Non appena stabilita la sua autorit su Roma e sulla Chiesa, Giulio II infatti pens, nel periodo centrale del suo pontificato, tra il 1505 e il 1510, a un rinnovamento completo delle forme maggiori dellarte sacra: una nuova chiesa tipo per la cristianit, il San Pietro progettato da Bramante, la cui prima pietra viene collocata il 18 aprile 1506; un nuovo tipo di mausoleo, la tomba del pontefice, in un primo tempo legata al progetto del nuovo San Pietro e disegnata da Michelangelo nel marzo 1505; poi un nuovo speculum historiale con la volta dipinta della cappella Sistina commissionata a Michelangelo nel maggio del 1505, un nuovo speculum doctrinale con la stanza della Segnatura affidata a Raffaello nel 1509. Queste composizioni classiche hanno dominato il Cinquecento e definito lo stile romano: esse rappresentavano lamplificazione e la realizzazione grandiosa delle idee artistiche che Firenze non aveva sviluppato20.

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Capitolo primo Il nuovo San Pietro e il problema del mausoleo

Il brillante giubileo del 145o aveva ispirato a Niccol V grandi progetti di rinnovamento urbanistico e monumentale. Oltre alle quaranta chiese dette di stazione, normalmente visitate dai pellegrini, si era pensato ad una ricostruzione del quartiere del Borgo, cio i dintorni di San Pietro in direzione del Tevere, nonch alla trasformazione della basilica vaticana. Il progetto, che senza dubbio fu concepito dallAlberti e affidato a Bernardo Rossellino, prevedeva tre strade porticate che sarebbero sboccate su una vasta piazza donde una grande scala marmorea avrebbe condotto verso San Pietro21. Nella chiesa stessa il Rossellino gett le basi di un nuovo coro: le fondazioni includevano labside antica e avrebbero permesso di conservarla e di lasciarla in piedi fino a che lopera non fosse conclusa. Blocchi marmorei che il pontefice successivo, Pio II, pot comparare ai blocchi enormi delle fabbriche antiche, furono messi in opera; non si super laltezza di tre braccia, ma questa sfilata di blocchi bastava a suggerire lidea del complesso impressionante che la Santa Sede sembrava impegnata a realizzare. Il blocco di pietra sbozzata che Raffaello ha raffigurato nella zona destra della Disputa del Sacramento, unisce il ricordo di questa attesa (e unallusione alla grande impresa di Bramante che finalmente lavrebbe realizzata22) al simbolo della Chiesa militante.

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Egidio da Viterbo riferisce che, nei suoi studi iniziali, Bramante aveva pensato di spostare di 10 gradi lasse della basilica, in modo da collocarne il sagrato a nord per porlo in asse con lobelisco del circo di Nerone che la tradizione attribuiva a Giulio Cesare: cos il monumento del Giulio romano avrebbe segnato laccesso al monumento del Giulio cristiano e il fedele avrebbe realizzato questa coincidenza nel momento stesso in cui subiva limpressione grandiosa del superbo edificio in cui stava per entrare per compiere i suoi doveri religiosi23. Stando alla stessa testimonianza, il papa si oppose a questo sconvolgimento radicale del sito e dellorientamento tradizionale per rispetto alla tomba apostolica che non poteva essere rimossa. Una ricostruzione esatta del progetto iniziale di Bramante, che non fu approvato dal pontefice, non stata finora compiuta e certamente non potr mai esserlo. I documenti base (la pianta su pergamena degli Uffizi, la medaglia del Caradosso e la tavola del Serlio) portano a ricomporre un modello diverso da quello che stato messo in opera. Linstabilit di Bramante, o, come dice il Serlio nel suo commento, leccesso di animosit port a quei mutamenti continui, a quegli infiniti disegni che non arrivavano ad alcuna conclusione, per cui, come dice il Vasari, il suo modello rimase incompiuto in certi particolari24. Poich lopera era assai poco avanzata alla morte di Bramante, nel 1514, e fu successivamente modificata allinfinito per un secolo, quasi impossibile venire a capo di queste difficolt. Si rischia di attribuire a Bramante, gi nel 1506, una unit e chiarezza didee che non ha avuto; il nuovo San Pietro era per lui un problema da risolvere, non una formula belle fatta da applicare. Le sue concezioni han continuato a svolgersi nel tempo, stimolate dalle critiche, dagli studi e dai progetti concorrenti. La parte avuta da Giuliano da Sangallo (e dal fratello Antonio) nella primitiva elaborazione potrebbe cos chiarir-

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si un poco. Bramante ha soppiantato il maestro fiorentino; ma potrebbe benissimo aver conservato certi suggerimenti contenuti nei progetti di Giuliano, soprattutto per quanto riguarda ladozione della pianta centrale. Rimane lecito pensare che limpresa del nuovo San Pietro sia partita da una idea, cio da una concezione dinsieme, che fu accolta con entusiasmo, ma la cui articolazione concreta, e la definizione dei progetti relativi, sono poi risultate laboriose. Lidea consisteva nel valore della pianta centrale assoluta. Questa rappresentava la conclusione delle teorizzazioni di tutta una generazione sulle propriet artistiche e il valore simbolico del tempio ideale; per Roma questa idea era eccellente. Lo schema che viene ricostruito sulla base del disegno su pergamena parte dal quadrato; i quattro piloni destinati alla cupola creano un secondo quadrato al centro. Questa articolazione semplice sembra venire dal Sangallo. I quattro quadrati agli angoli sono trattati come croci greche secondarie, analoghe a quella che determina tutto ledificio. Si ottiene cos la possibilit di combinazioni pluricellulari, con la distribuzione di spazi subordinati attorno ad un ampio vuoto centrale, secondo una soluzione che era stata lungamente studiata da Leonardo. Il Manoscritto B contiene parecchie formule che sono vicine alla pianta bramantesca25. Numerosi aspetti della pianta del Bramante richiamano il San Lorenzo di Milano: le torri angolari nella medaglia del Caradosso; e perfino, in una variante, il deambulatorio attorno alle absidi. La grande architettura paleocristiana aveva attirato lattenzione di Leonardo e Bramante. Richiamandosi ad essa per il nuovo San Pietro, essi si richiamavano alla tradizione primitiva della chiesa per giustificare la vittoria della pianta centrale su quella basilicale. Si creava insomma per Roma ledificio che mancava alla citt. Le derivazioni dagli edifici romani si limitano a semplici particolari, come ad esempio la strut-

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tura dei pilastri. Il 1 marzo 1508 si ordina agli scalpellini di imitare, nei capitelli, le forme del Pantheon. In questo modo si veniva ad aggiungere una patina romana ad un monumento che, lungi dal tenersi ai modelli della capitale imperiale, tentava una sintesi di tutti i princip essenziali. Mirava a combinare insieme il prestigio della storia, quello della bellezza matematica e quello di un simbolismo universale: insomma a concludere le ricerche di una generazione26. Se si studia la situazione precisa del Vaticano immediatamente prima della decisione relativa alla nuova pianta di San Pietro, si nota che due fatti hanno potuto essere determinanti: il progetto del mausoleo di Giulio II e lesistenza del coro gi abbozzato allaltezza del suolo dal Rossellino27. Gli avvenimenti sono precipitati quando Giuliano da Sangallo, che da ventanni era al servizio del pontefice, gli sugger, nella primavera del 1505, di chiamare a Roma due maestri fiorentini della scultura, Michelangelo e il Sansovino. Il secondo fu impiegato per le tombe di Santa Maria del Popolo; il primo, incaricato del futuro mausoleo del pontefice, elabor, nel 1505-506, un progetto colossale; un edificio a quattro facce e tre piani sul quale andavano collocate quaranta statue. Dove si pensava di collocare questo monumento? Le fonti antiche dimostrano che c stata incertezza tra una parte libera della basilica (preferibilmente il nuovo coro che si veniva costruendo sul disegno del Rossellino) (Condivi, XXVII) e una cappella a s, soluzione questa proposta dal Sangallo (Vasari, Vite di Giuliano e Antonio da Sangallo). Michelangelo avrebbe preferito la prima soluzione; ma la seconda che sembra aver maggiormente interessato. La ragione che il Vasari mette in bocca al Sangallo assai interessante: Gli pareva che per quello edifizio si dovesse fabbricare una capella apposta senza porre quella nel vecchio San Pietro, non vi essendo luogo, percioch quella cappella

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renderebbe quella opera pi perfetta. Voleva cio costruire una cappella funeraria-mausoleo a s, e probabilmente la immaginava a pianta centrale secondo le forme antiche, un vero e proprio martyrium commemorativo. anche chiaro che un edificio a s, pensato come un involucro appropriato, avrebbe meglio valorizzato la struttura eccezionale del mausoleo. Ed lecito rifarsi ai precedenti di Sisto IV, la cui tomba bronzea realizzata da Antonio Pollaiolo preannuncia per molti rispetti il progetto del nipote28: non solo si trattava di un sarcofago che realizzava una composizione monumentale isolata, ma questa era stata posta in una cappella quadrata sporgente sul fianco sud della basilica ed elevata a cura del papa (col nome di cappella del choro sopravvisse fino al 1606). Fu il cardinale della Rovere, il futuro Giulio II, che, alla morte di Sisto IV, cur lesecuzione della tomba. Il programma di questa era lelogio del defunto condotto attraverso le arti; il panegirico di Sisto aveva insistito sul valore universale di Roma e della Santa Sede (solus humani generis universalisque orbis dux ac princeps)29; sono questi i precedenti diretti di cui si deve tener conto. La ricerca di una collocazione adeguata del mausoleo portava dunque sia a presupporre il completamento dellabside del Rossellino (stando al Condivi), sia a costruire una cappella a s (stando al Vasari). E questo fu, secondo il parere unanime degli storici, il punto da cui prese inizio la distruzione della basilica di Costantino. Nella prima ipotesi sarebbe stato necessario portare a compimento labside prevista da mezzo secolo; nella seconda si veniva ad aggiungere un elemento in pi ad un edificio che in linea di principio era gi condannato. Cos, per usare le parole del Vasari, si venne in tanta considerazione a poco a poco che, in cambio di fare una cappella, si mise mano alla gran fabbrica del nuovo San Pietro. In realt questa soluzione diveniva necessaria

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solo se si faceva intervenire una nuova idea, senza la quale la connessione logica dei progetti sintende male: per fondere in un unico progetto quello di portare a termine labside del Rossellino (cio trasformare la basilica) e quello di costruire il futuro mausoleo del pontefice, occorreva considerare che la basilica di Costantino gi di suo non era altro che un mausoleo, quello di San Pietro, e che il monumento funebre del suo successore non poteva trovare collocazione migliore che sopra la Memoria Petri30. Rifare la basilica e costruire la cappella della tomba di Giulio II diventava in questo modo una cosa sola. Pertanto la pianta ideale del nuovo San Pietro ha dovuto essere allora immaginata come una croce greca, dato che risultava dallintrodursi dellidea di una cappella-mausoleo nel problema della trasformazione del santuario. Era fatale che si prendesse in considerazione la possibilit della pianta centrale integrale, anche se la pianta basilicale, raccomandata dal ricordo di Costantino, continuava ad avere sostenitori e se parallelamente si facevano altri progetti per realizzarlo31. Lidea del doppio mausoleo allinterno della basilica portava un altro argomento a favore della pianta centrale, senza fare del nuovo San Pietro un immenso edificio funerario a cupola. Dal momento in cui la tomba di Giulio II viene collocata al di sopra di quella di San Pietro, il significato e, per cos dire, il centro di gravit dellinsieme sono mutati. La glorificazione del pontefice viene a coincidere con la celebrazione della chiesa universale. La pianta di Giuliano da Sangallo (Albertina), alla quale si deve forse riconoscere una sorta di preminenza, aveva previsto un vasto spazio al centro, formato da quattro pilastri che reggono unenorme cupola: si trattava della amplificazione romana delle concezioni fiorentine. Esso realizzava per la chiesa-tipo della cristianit una struttura deccezione32; complicata da Bramante, negata da fra Giocondo, stata, forse dallepoca di Bramante, legata alla

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pianta basilicale. E non a San Pietro che se ne trova lesempio pi riuscito. Il progetto della tomba di Giulio II rappresenta la prima cristallizzazione delle idee di Michelangelo al suo arrivo da Firenze. In questa composizione enorme e ambiziosa egli ha immaginato una specie di prototipo che ha dominato la sua opera33. La tomba, secondo il Vasari, di bellezza e di superbia e di grande ornamento e ricchezza di statue passava ogni antica e imperiale sepoltura. Nella sua versione primitiva presentava, in una forma monumentale e trionfale, il concetto che ritorner nella Sistina34. Al sommo della massa piramidale stava il pontefice sostenuto dagli angioli; pi in basso una piattaforma ai cui angoli si trovavano Mos e San Paolo, la Vita attiva e la Vita contemplativa; pi in basso ancora si alternavano gli Schiavi e le Vittorie. Putti e bucrani accompagnavano ad ogni piano le figure. Nella versione del 1513, redatta a richiesta degli eredi del papa, leffetto di verticalit e lo scalarsi dei piani risultano pi evidenti. Le tre zone, che richiamano la distribuzione della volta della Sistina, sono pi accurate, ma siamo di fronte ad un compromesso tra il mausoleo e la tomba parietale; e il motivo trionfale tende a scomparire a vantaggio di un ordine ascensionale35. Lordinamento trionfale del 1505 resta dunque a s: deve essere compreso come un aspetto della coincidenza del temporale e delleterno che domina la simbologia romana e lattivit di Giulio II. Le Vittorie del progetto iniziale difficilmente possono riferirsi, come dir pi tardi il Vasari, alle province sottomesse ed ai successi militari del pontefice, che allora stava semplicemente assediando Bologna. Il Condivi parler di Arti liberali, ma senza tener conto del numero delle figure; e verosimilmente si tratta semplicemente di una reinterpretazione convenzionale, a meno che non vi sia uneco di una trasformazione prevista in un secondo

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momento da Michelangelo. Forse si trattava allinizio dei nemici della fede dominati dalle forze della cristianit. Ma quale che sia stata lindicazione iniziale, Michelangelo voleva farne, come di tutto quanto il mausoleo, un complesso di simboli della vita dellanima. Il giovane Vincitore e i Prigioni, eseguiti per il progetto del 1532, conservano chiaramente il ricordo delle intenzioni primitive36. Si dovr giudicare di queste in base allopera che nel 1508 prese il posto del mausoleo e nella quale Michelangelo ha infine dispiegato luniverso di forme e simboli che era venuto maturando. Gli avvenimenti infatti precipitarono. Michelangelo aveva passato otto mesi a Carrara nel 1505 per raccogliere i blocchi necessari alla tomba. Nella primavera del 1506, avendo il papa deciso di consacrare tutti i suoi mezzi alla nuova basilica, furono sospesi i versamenti per i marmi del mausoleo. Il progetto della chiesa gigante aveva provvisoriamente eliminato quello della tomba. La crisi nota: la fuga di Michelangelo a Firenze, i progetti di partenza per la Turchia, la ripresa dei lavori di scultura per Santa Maria del Fiore37. Come il grande San Pietro del 1506, anche il grande mausoleo del 1505 non sarebbe stato realizzato cos come era stato concepito.

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Capitolo secondo Lo speculum historiale: la volta della Sistina

Tuttavia gi nel maggio del 1506 il papa sembra avere immaginato per Michelangelo un progetto che sostituisse quello abbandonato, cio la decorazione della volta della cappella Sistina38. Come sia nata lidea non sappiamo; ma quando, dopo la riconciliazione di Bologna, Michelangelo ritorn a Roma, firm il contratto relativo (10 maggio 1508) e si mise allopera, una nuova fase cominciava nelle imprese vaticane. Qualche mese dopo anche i lavori negli attigui appartamenti papali erano decisi. Laspetto sorprendente della volta della Sistina deriva dalla sua architettura ideale39. Grandi archi nascono dalla parete, reggono una sporgenza della trabeazione, infine sincurvano al centro della volta come lame tese creando un ritmo alternato con le zone libere del soffitto. Queste sono per cos dire contenute dalla lunga trabeazione che delimita lo spazio rettangolare in cui si trovano le storie della Genesi. La trama decorativa crea da s sola unimpressione di tensione e di sforzo. Questa impressione accentuata dalla suddivisione dei personaggi: mentre le dieci figure delle Sibille e dei Profeti, cui si aggiungono i Profeti delle due estremit, inserite nelle parti curvilinee pesano fortemente sullorganismo architettonico quasi per contenerlo, gli ignudi si agitano sciolti in movimenti esaltati. Come per risonanza i putti-cariatidi che stanno a fianco degli ispira-

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ti sul fusto delle arcate, si animano a loro volta; infine le cartelle su cui si leggono i nomi delle Sibille e dei Profeti sono sostenute da putti, pi gravi e talvolta mostruosi, quasi fossero dei sostegni divenuti vivi. Figure a monocromo si inseriscono nelle zone triangolari del muro arrampicandosi lungo i pennacchi coronati da bucrani. In questo universo di forze molteplici, la figura quasi dovunque ha sopraffatto la decorazione. Negli interstizi di questa struttura figurano delle istorie: nella parte centrale della volta nove scene tratte dalla Genesi, la cui scelta e successione non sono del tutto esplicite, nelle vele quattordici scene tratte dal Libro dei re, completate nelle lunette delle finestre da quattordici scene evocative, accompagnate da scritte. Il sistema architettonico e linsieme storico si intrecciano strettamente: sembrano articolarsi luno nellaltro grazie ai dieci medaglioni bronzei o scudi, anchessi ornati di scene della Bibbia che sono sorrette dagli ignudi. Questo sistema denso e serrato stato elaborato con una certa fatica. In una lettera spesso citata, della fine del 1523, Michelangelo racconta che fece diversi progetti e che alla fine Giulio II gli chiese di estendere la decorazione della volta fino alle storie di sotto (cio gli affreschi dellepoca di Sisto IV) lasciandogli facolt di fare come gli piacesse40. Di qui non lecito dedurre che Michelangelo non abbia tenuto conto di nessun concetto teologico, e che invece abbia inventato di suo lintero complesso e che ne rivendicasse la paternit. linsieme che conta non le singole figure (il numero dei Profeti e delle Sibille, ad esempio, stato fissato ad arbitrio) o le singole scene (la successione di queste registra anche una inversione nella successione del racconto: il Sacrificio di No, ad esempio, precede il Diluvio). Ci che anzitutto si impone la distribuzione dal basso allalto e leffetto di movimento determinato dalla disposizione architettonica e dal sovrapporsi delle figu-

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re. La scelta dei temi, il loro stesso colore e stile dimostrano che lartista ha concepito queste zone successive come dei domini spirituali che salgono dal meno luminoso al pi luminoso, dal pi confuso al pi puro. I quattro grandi pennacchi in cui sono rappresentati David, Giuditta, il castigo di Aman e il Serpente di bronzo rievocano la salvazione miracolosa dIsraele, simbolo della redenzione della umanit. Pi difficile giustificare nei termini delliconografia tradizionale la singolare galleria degli Antenati di Cristo che decora le vele sopra le finestre e le lunette. I nomi di questi personaggi regali, messi scrupolosamente in evidenza nei cartigli, sono quelli della Genealogia di Cristo secondo san Matteo (I, 1-16); ma le scene dimesse, le figure appesantite e smarrite vi sono numerose ed limmagine della sventura, della confusione e dellinerzia della natura che si associa al quadro dellumanit errante ante gratiam41. I troni dei Profeti e delle Sibille, che sono come le basi dellordine superiore (la zona piana della volta), si appoggiano sullordine inferiore, quello degli Antenati. Questi giganti, che in ultima analisi dominano lumanit, stanno a indicare lattivit specifica dellanima, tutte le fasi dellispirazione, dellemozione e della visione: ed questa larticolazione fondamentale della volta42. Su questo secondo ordine si appoggia il mondo superiore, quello delle forme primitive, degli archetipi che viene accompagnato e commentato in certo senso dagli ignudi. Cos si definiscono in tre ordini i tre regni della realt secondo lo schema neoplatonico delle tre zone: quella della materia e delle passioni, quella dellanima illuminata ma inquieta, quella della pura Intelligibilit43. La zona centrale della volta chiusa vigorosamente dalla cornice. Le dieci figure dei Profeti e delle Sibille sembrano gravitare intorno a questo cielo, in cui si succedono le scene della Genesi, dalla Creazione al Dilu-

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vio. Lesecuzione cominciata dalle scene di No e del Diluvio, sopra lingresso della cappella; lo stile michelangiolesco si a poco a poco trasformato. Particolareggiato e abbastanza secco allinizio adotta poi forme chiare con violetti e gialli irreali nelle scene della Creazione. Le storie si possono leggere sia seguendo lordine del racconto, sia seguendo quello inverso secondo il senso anagogico per cui dal peccato si risale alla felicit dellEden e allunit Divina. La rappresentazione di Dio e quella del Peccato rappresentano i due poli della visione; i nove riquadri contengono la spiegazione della storia universale. Michelangelo ha colto cos luno dentro laltro il dramma della caduta, della punizione e del sacrificio espiatorio, che il Savonarola aveva ricordato essere sempre attuale, e il mistero del ritorno a Dio che Pico svolgeva nellHeptaplus appoggiandosi ai termini misteriosi della Genesi, in cui tutto simbolo dellanima e di Dio. Allo stesso modo i Profeti della Bibbia e le Sibille non sono solo annunciatori dellera della grazia, testimoni della Fede cristiana; incarnano anche le reazioni dellanima a quel furor che il principio stesso della sua energia. Michelangelo ha individuato tutti i punti delliconografia biblica che coincidono con la teologia dei neoplatonici. Ed questo doppio senso che costituisce loriginalit dellopera. Essa compendia tutte le esperienze del Quattrocento fiorentino; tutto in essa deriva da quellepoca: i medaglioni, i putti, gli ignudi dellEros socraticus, ma tutti questi elementi sono risolutamente subordinati allinsieme. I tipi sono rielaborati a fondo e accordati alla solennit trionfale dellopera. La stessa unit senza fratture costituisce il pregio dellorganismo formale e del concetto umanistico.

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Capitolo terzo Lo speculum doctrinale: la stanza della Segnatura

La data e le circostanze in cui Raffaello intervenuto in Vaticano non sono state definite con assoluta esattezza44. Il Vasari parla di unimprovvisa partenza da Firenze provocata dallinvito di Giulio II: questi, su consiglio di Bramante, si sarebbe rivolto al giovane artista per decorare il suo nuovo appartamento, la serie delle stanze; ma questa versione probabilmente solo una versione semplificata dei fatti45. I documenti dimostrano che nellautunno del 1508, la decorazione dellappartamento era stata affidata al gruppo degli umbri e dei senesi: il Perugino, il Sodoma e il Pinturicchio46. Se a questa data Raffaello era gi arrivato a Roma non si sa dove lavorasse. agli inizi del 1509 che egli assume la direzione della Segnatura, e che autorizzato a rimaneggiare come crede meglio i lavori dei suoi predecessori. Non risulta per da nessun indizio che egli abbia modificato il loro programma. Che la stanza della Segnatura preceda le altre certo47. Terminata nel 1511, come dimostrano le iscrizioni dellaffresco del Parnaso e dellarchitrave della finestra delle Virt, essa fu seguita dalla stanza detta dEliodoro (1511-14), il cui programma consiste nella esaltazione, attraverso analogie bibliche, della politica di Giulio II, e dalla stanza dellIncendio (1514-17), dedicata alla glorificazione di Leone X. Il mutare di orientamento dopo il 1511 altrettanto chiaro che levolu-

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zione stilistica: i temi della storia ecclesiastica prendono il posto dellesposizione dottrinaria. La stanza della Segnatura costituisce dunque un complesso a s: dipende in modo pi stretto che non le altre stanze da direttive precedenti; ed stata dipinta in un momento in cui le esperienze umbre e fiorentine di Raffaello erano ancora molto recenti48. I lavori condotti tra il 1509 e il 1511 furono esattamente paralleli a quelli della volta della Sistina, che fu in parte scoperta nel settembre 1510, cosa che sugger a Raffaello in extremis certi particolari della sua opera, come la figura di Eraclito, il pensatore aggiunto in un secondo tempo, a tempera, sui gradini della Scuola dAtene49. Le polemiche che si sono avute circa la destinazione iniziale della stanza non hanno limportanza che si era creduto50. Il Palazzo di Giulio II aveva numerose biblioteche: quella ricordata dallAlbertini nel suo libretto del 1509 come Biblioteca Nova secreta perpulchra, non pu essere la stanza occupata allora dai primi palchi di Raffaello. probabile che si sia deciso luso a cui destinarla dopo il suo compimento nel 1511, allorch si decise di farne la sede del Tribunale della Signatura gratiae. Indubbiamente la divisione in: Teologi, Filosofi, Poeti e Giuristi figura gi nella biblioteca ducale dUrbino, ma si tratta di una ripartizione ideale della cultura che non ha un preciso riferimento ad una biblioteca. Ogni ambiente di soggiorno di una certa ampiezza poteva essere decorato con lo speculum doctrinale. Non cera alcuna biblioteca negli appartamenti Borgia, ma cera una sala delle Arti liberali e una sala dei Misteri cristiani; alle quali corrispondono laffresco della Scuola dAtene e quello della Disputa del Sacramento. La sistemazione della stanza della Segnatura non manca di rapporti con la sala del Cambio di Perugia: Giulio II aveva visitato la citt nel 1506, in un momento in cui questo complesso poteva passare per unopera molto avanzata

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dellarte moderna. In questo caso si trattava di un Tribunale della Mercanzia e solo la figura di Catone ne richiamava la destinazione. Nel nuovo appartamento di Giulio II la sala che divenne poi quella della Segnatura fungeva da studiolo; e a partire dal 1508 veniva abbellita, come il Cambio di Perugia e lo studiolo di Urbino di uno zoccolo a tarsie, che formava una sorta di plinto molto alto. Questa decorazione fu lopera del grande intarsiatore di Verona e di Monteoliveto, fra Giovanni da Verona: asportata ai tempi di Paolo III Farnese (1534-49), fu sostituita dai mediocri monocromi di Perin del Vaga. Non ne rimangono che le porte e le imposte, ma unimitazione dipinta di essa, ai due lati della finestra del Parnaso, ci conserva le proporzioni e i disegni della decorazione lignea. Vi si ritrovano i piccoli ripiani, i pilastri, la cimasa, le prospettive e gli armadi dello studiolo di Urbino. Sul pannello di destra, sotto il rilievo (dipinto) di Alessandro, tra due piccole vedute di Roma, un armadio si dischiude su un ottaedro e un dodecaedro, che richiamano i corpi geometrici di Luca Pacioli; a sinistra, sotto il rilievo di Augusto, tra due altre vedute in cui si perde il senso della tarsia, si vede, in cima a un quattro-punte, luovo, volume perfetto, che simboleggia in modo altrettanto esplicito lestetica pitagorica del Rinascimento51. Se qualcuno ha preteso vedere nella decorazione della stanza della Segnatura solo lillustrazione di un catalogo di libri medievale, perch ci si era dimenticati che esistevano una filosofia e una teologia originali del Rinascimento, e inoltre perch non si pensava che Giulio II e il suo ambiente avessero interessi intellettuali. Ora non pi lecito accettare queste semplificazioni52. La stanza della Segnatura per lappunto la manifestazione di un pensiero umanistico che si era proposto di superare e rifondere ledificio della scolastica. Di trecentesco in questo programma vi solo ci che sopravvive entro le

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dottrine fiorentine, di cui si ritrovano qui i princip fondamentali: il sapere dei Saggi non umiliato dalla Rivelazione, ma complementare di questa; la Poesia elevata fra le potenze superiori dello spirito e la Giustizia, cessando dessere una delle virt cardinali, trova posto, come voleva Platone, al vertice della gerarchia morale. Dovunque messo in evidenza laccordo fra mondo antico e spiritualit cristiana. Gli uomini famosi sono distribuiti nelle storie sotto una volta in cui, come nel cielo delle idee, appaiono i princip superiori del Vero Teologico, del Vero Razionale, del Bello e del Bene articolati in modo distinto. Nessun complesso didattico precedente presenta questa disposizione. Chi ne sia lautore ignoto; ma non il caso di accantonare alla leggera le indicazioni di Paolo Giovio secondo il quale lopera fu eseguita ad praescriptum Julii Pontificis53. La struttura generale della decorazione annunciata dai dipinti della volta54. Questi presentano un sistema ciclico di riquadri e medaglioni, la cui distribuzione corrisponde a quella delle storie sulle pareti: sopra la Scuola dAtene, la Filosofia (la cui veste a quattro colori simboleggia gli elementi); sopra il Parnaso, la Poesia (in figura di Polimnia incoronata di lauro); sopra la storia dove i Santi Dottori ordinano la Messa, la Teologia con libri e altre cose attorno; infine la Giustizia con le sue bilance sta sopra la storia relativa alla Giurisprudenza. Negli angoli della volta, succedendosi nello stesso ordine delle allegorie maggiori, delle scene in riquadri curvilinei che il Vasari dichiara tutte piene di senso e di affetto figurano successivamente: lAstrologia che pone le stelle, Marsia e Apollo, il Peccato originale e il Giudizio di Salomone. Si pu benissimo pensare che lo schema della decorazione, le grottesche e i riquadri curvilinei spettino, come affermava il Vasari, al Sodoma; Raffaello ha potuto completare i tondi allegorici e i riquadri, in particolare quelli di Salomone e di

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Adamo ed Eva55. I medaglioni allegorici presentano gi una notevole originalit: la Poesia coronata dalloro, con le ali spiegate, la lira ed il libro in mano insieme una musa e un angelo. Due putti reggono i cartigli che esprimono la sua legge: Numine afflatur (Eneide, VI, 50); un busto dOmero, in monocromo, appare tra le nubi del cielo56. Minuscoli riquadri curvilinei, che contengono una doppia scena, decorano gli intervalli e vengono ad accrescere questa ricca iconografia. Nella serie superiore limmagine tratta da fonti storiche, Tito Livio, in quella inferiore da una fonte mitologica: Igino. La prima illustra la forza della virt, la seconda quella dellamore, il che richiama lassociazione, nellordine cosmico e morale, delle potenze che il neoplatonismo compendiava nellopposizione di Marte e Venere57. Questi quattro temi doppi indicano inoltre laccordo tra gli elementi e le discipline rappresentate nei loro princip nellempireo e illustrate negli affreschi dellordine inferiore. Raffaello ha semplicemente sviluppato questa disposizione. Un particolare lo assicura: gli archi rappresentati al di sopra di ogni storia presentano nella chiave di volta un putto alato in monocromo. Ogni putto reca un emblema che ne fa il genio di uno degli elementi: sopra la Scuola lacqua (boccia); sopra le Virt, la terra (vaso); laria (colomba) sopra il Parnaso: il fuoco sopra la Disputa del Sacramento. Il tema degli elementi introduce cos un legame tra i due ordini della decorazione e viene a confermare la sua intima struttura che ha larticolazione seguente:
Terra Acqua Fuoco Aria Giustizia Filosofia Teologia Poesia

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Ma questa articolazione non si accorda con i simboli degli elementi negli scomparti della volta. I genietti degli archi dovrebbero riprodurre questa disposizione in questa forma:
Giustizia Filosofia Poesia Teologia (terra) (acqua) (aria) (fuoco) Virt Scuola dAtene Parnaso Disputa del Sacramento

Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura (schema degli affreschi).

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Ora il genietto del fuoco figura invece sopra la Poesia e quello dellaria sopra la Teologia: sono dunque invertiti. Si deve supporre una svista nel corso dellesecuzione; il che conferma un mutamento e esclude che Raffaello abbia potuto avere la responsabilit della volta. Limpronta del suo genio deve essere cercata nel modo in cui ha meditato questo programma culturale e ne ha tratto le conseguenze sul piano dellarte. Le storie delle pareti non sono state trovate immediatamente. La successione degli schizzi rivela una elaborazione faticosa: vi si coglie insieme la straordinaria capacit di assimilazione di Raffaello e la sua facolt unica di rendere sensibili le nozioni intellettuali attraverso procedimenti poetici58. Mai un pittore ha saputo con altrettanta naturalezza tenersi lontano dalle figure inespressive dellallegoria e dalle combinazioni artificiali che irrigidiscono, ad esempio, i personaggi del Cambio di Perugia. Loriginalit di Dante era consistita nel sostituire alle allegorie astratte dei personaggi della storia capaci di risvegliare sentimenti precisi, pur conservando loro lo stesso posto e la stessa funzione simbolica: questo che, tutto sommato, ha compreso Raffaello con quel senso della convenienza tra il gesto e il carattere che lo impose immediatamente come un maestro. Nei suoi disegni egli cerca di mettere a fuoco le particolarit fisiognomiche e gli atteggiamenti badando alla loro connessione e alla loro continuit espressiva: Il valore di questi affreschi risiede non nellinvenzione del particolare ma nella composizione dei gruppi59. Si tratta, come alla Sistina, dellesigenza classica di subordinare integralmente il particolare allinsieme, ma ci avviene qui in un modo quasi opposto. Lessenziale in Raffaello sta nel gioco dei rapporti: non c alcun elemento perduto, inattivo o isolato, ci che si vede una folla di bei motivi armonici legati tra di loro con una simmetria evidente o celata o per contrapposto60. Grazie alla sua

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formazione umbra (e a ci che il Perugino aveva ancora saputo trasmettergli dellampia distribuzione di Piero), Raffaello ha potuto trovare lorganizzazione adeguata per conferire ad ogni scena un carattere di necessit. Lo spazio il simbolo diretto delluniverso spirituale e la prospettiva un principio di gerarchia intelligibile. Le figure si distribuiscono quasi senza fatica in una costruzione il cui punto di fuga coincide con lelemento fondamentale da illustrare: lEucarestia nella Disputa, la coppia Platone-Aristotele nella Scuola dAtene, la figura dApollo nel Parnaso. Da questo vertice ideale, da questa punta di diamante della visione ognuna delle composizioni si rivolge con chiarezza. possibile che il Parnaso sia stato il primo degli affreschi ad essere eseguito, ma il senso impercettibile di goffaggine che suggerisce la sua struttura, la debolezza di certi temi derivano dai numerosi ritocchi a tempera; le incertezze dellartista non sono affatto una prova che egli fosse agli inizi. Generalmente si ammette che la decorazione sia cominciata con la Disputa, alla quale avrebbero fatto seguito la Scuola dAtene, il Parnaso e infine le Virt61.

Il trionfo del Sacramento. Nel Trionfo dellEucarestia le borchie doro disseminate nel cielo e i raggi dorati richiamano gli effetti sfarzosi e un po facili del Pinturicchio. La composizione dellaffresco non manca di richiami ai dipinti umbri e al Giudizio finale a due ordini sovrapposti di fra Bartolomeo. La descrizione precisa del Vasari ha fatto s che si chiami Disputa del Sacramento quella che in realt una esaltazione del Santissimo Sacramento presentato come il legame tra il cielo e la terra. Nella zona alta, nellordine celeste, la Chiesa trionfante, in cui si alternano figure dellAntico e del Nuovo Testamento, circonda la Tri-

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nit; nel semicerchio inferiore, che per cos dire la proiezione del primo sulla terra, sono i dottori e i santi della Chiesa Militante62. Questa disposizione stata elaborata con qualche fatica: abbiamo un numero molto alto di disegni preparatori, in cui si colgono le esitazioni, le improvvise trovate dellartista63. Dopo aver pensato ad una architettura a quinte laterali, che pu richiamare quella di Filippino alla cappella Carafa, Raffaello, cedendo allideale leonardesco, abbozza una vasta composizione a chiaroscuro. Nei disegni di Chantilly e di Oxford, il palpito della luce nelle ombre del terreno e la sua chiarezza che affiora dolcemente nelle alture, sono diventate il vero tema pittorico. Si pensa al Paradiso dantesco con i suoi cerchi luminosi e le metafore che suggeriscono alternativamente limpressione di oscurit e di luce. Lallegoria della Teologia allinizio stata pensata come una sorta di Paradiso dantesco nelle forme di Leonardo64. Un vecchio abbagliato che figura a destra, e la cui mimica stata smorzata nellesecuzione, deriva direttamente dallAdorazione dei Magi degli Uffizi. Ma Raffaello si lentamente liberato dalle ossessioni leonardesche, alleggerendo il chiaroscuro, distribuendo i personaggi secondo un ritmo pi libero, in una parola riducendo limportanza del principio luminoso in favore dello spazio. Il motivo di girali intrecciati che decora la fronte dellaltare stato trovato abbastanza tardi: non si vede nei primi schizzi. Allinizio era prevista uniscrizione; il motivo adottato successivamente assai vicino ai famosi nodi di Leonardo65. Tra i teologi che si rinunciato a identificare con precisione, si riconoscevano gi allepoca del Vasari, oltre a Dante e al Savonarola nel gruppo di destra, dei ritratti confusi nella folla dei santi, soprattutto a sinistra dove si trovano forse Bramante, Raffaello stesso ed altri personaggi della Curia papale66. Ma in ultima analisi lunit ottenuta attraverso uninvenzione semplice: lo

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stesso atto di fervore e dadorazione che risulta diverso da una figura allaltra. San Gregorio contempla, san Gerolamo medita, santAmbrogio pensa in estasi, santAgostino espone: una catena continua e fluida che si snoda come nel Cenacolo o nellAdorazione dei Magi di Leonardo. Il centro spirituale, costituito dallOstensorio, messo in evidenza dal convergere delle linee prospettiche dei due ordini. Il tutto si iscrive in un edificio ideale, in parte realizzato sulla terra e in parte invisibile, che rende con una chiarezza perfetta lorganizzazione della Chiesa attraverso i suoi fondatori divini e umani67. La Citt di Dio resa ancora pi presente dallenorme blocco di destra, che unisce al simbolo della pietra angolare unallusione alla ricostruzione di San Pietro, che era la grande impresa del pontificato68.

La Scuola dAtene. Laffresco della Teologia riprende il soggetto della sala del Credo degli appartamenti Borgia; quello della Filosofia il soggetto della sala delle Arti liberali. La trasformazione in questo caso ancora pi radicale. In modo pi palese dellaffresco che le fa riscontro, lopera appare piccola: presenta anchessa un bel pavimento a riquadri marmorei in primo piano, che crea una prospettiva infallibile e guida lo sguardo verso il fondo. Tuttavia il pavimento verso il centro non continuo, quattro gradini suggeriscono un dislivello; il ritmo nettamente scandito in modo da distinguere i tre gruppi di personaggi chiusi alla fine contro la maest dellarchitettura: il significato della composizione sta tutto in questa impressione iniziale di cui forse bisognerebbe contentarsi69. Un disegno conservato a Siena ci mostra un progetto che ben lungi dalla soluzione finale70. Vi si vede una

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composizione artificiosa che richiama Filippino. Su unalta piattaforma troneggia un filosofo, circondato da discepoli: ha una lunga barba e rappresenta indubbiamente Platone; al di sotto di lui stanno tre paggi. La folla sciama intorno ad essi in quel disordine che era proprio del pubblico nelle universit. Nel cartone dellAmbrosiana (un cartone definitivo e quadrettato, preparato ormai per lesecuzione vera e propria) lesatta distribuzione ormai trovata: i gradini del tempio sostituiscono la piattaforma; Aristotele figura accanto a Platone e i gruppi dei dotti sono legati come da un lavoro comune. Linvolucro architettonico manca ancora, ma i tracciati prospettici dimostrano che era previsto71. Linsieme era dunque completo nel momento in cui la serie degli uomini famosi, che sostituisce le figure astratte delle Arti, viene posta allinterno del gigantesco edificio, unico simbolo in grado di rappresentare il lavoro dellintelligenza. Il suo precedente remoto labbiamo nel rilievo del Trionfo di Minerva a Rimini72, e, pi alla lontana ancora, nel nobile castello dantesco, dove risiede llite intellettuale del mondo antico73. Il centro prospettico della composizione un punto ideale posto tra le teste dei due personaggi centrali: le loro figure sono esattamente inquadrate dallarcata di fondo che spicca contro il cielo e dallarco ripetuto nel procedere grandioso del portico centrale. Gli archi, chiusi da volte a pieno sesto, di questa luminosa prospettiva richiamano la basilica di Costantino e quindi il progetto bramantesco per San Pietro. Il Vasari fa capire che sarebbe stato Bramante a fornirne i disegni; lanalisi dellalzato e la ricostruzione in pianta dimostrano in realt luso di motivi bramanteschi74. Questo tempio decorato da nicchie, da bassorilievi e statue, che ne fanno unarchitettura parlante, come avviene nella Calunnia del Botticelli. La dimora del sapere interamente occupata da figure allegoriche. Le due statue

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simmetriche di Apollo e di Minerva dominano la composizione; richiamano le tarsie di Urbino, ma le due figure sono rielaborate sul modello antico: quella dApollo un ingrandimento monumentale della figura dellintaglio mediceo, e la Pallade si richiama al tipo delle Veneri classiche75. Il loro significato reso pi esplicito da bassorilievi. Ai piedi dApollo con la lira un rilievo a monocromo raffigura un combattimento di uomini nudi e un secondo rilievo un Tritone che rapisce una Nereide. Indubbiamente occorre vedervi unallegoria della potenza dApollo medico del genere umano, cio lautorit della ragione che deve tenere in freno gli stati inferiori dellanima dove regnano la violenza e gli appetiti76. Questi soggetti corrispondono ad una serie di disegni composti da Raffaello agli inizi del suo soggiorno romano su motivi di violenza: battaglie, rapimenti, nei quali si nota linfluenza di Leonardo77. Sotto Minerva allegorie meno chiare sembrano simboleggiare le operazioni dellintelligenza governata dalla divinit dAtene78. Le nicchie che si susseguono sui due lati della prospettiva e le loro corrispondenti recano anchesse delle statue (di divinit?) e dei medaglioni dove sembrano ripetuti i gesti delle due figure centrali. Nella strana descrizione in cui vede alcuni astrologi che hanno fatto figure sopra certe tavolette e caratteri in vari modi di geomanzia e dastrologia, ed ai vangelisti le mandano per certi angeli bellissimi, i quali Evangelisti le dichiarano, il Vasari indica giustamente Aristotele e Platone, luno col Timeo in mano, laltro con lEtica79; ma, preoccupato dei suoi astrologi, non fornisce alcunaltra indicazione dei due filosofi. Il gesto orizzontale di Aristotele simboleggia lorganizzazione del mondo attraverso lEtica e il gesto verticale di Platone il movimento del pensiero cosmologico che sinnalza dal mondo sensibile al suo principio ideale. lil-

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lustrazione pi immediata del principio ficiniano: i peripatetici forniscono le cause positive, i platonici le cause superiori80. In questa concordantia Aristotelis et Platonis la funzione superiore spetta a Platone e, se vero che il suo viso di vegliardo deriva dai ritratti ideali di Aristotele, Raffaello ha naturalmente trasferito il tipo del filosofo ideale della tradizione scolastica al maestro dellAccademia81. Da questo centro ideale deriva in certo senso tutta lattivit spirituale: Nella Scuola dAtene la rappresentazione delle Sette Arti liberali lordito, la glorificazione dei filosofi greci la trama82. Le numerose figure che ci si sforzava di identificare gi nel Cinquecento esprimono nella loro stessa posizione e nel loro atteggiamento il rapporto in cui stanno rispetto allinsegnamento dei due maestri: cos in pochi tratti viene ricostruito il quadro delle scuole filosofiche dellantichit, una specie di Diogene Laerzio figurato, molto divertente nei particolari83. Vi si riconoscono senza fatica dei gruppi che rappresentano la serie delle Arti liberali. In primo piano a sinistra: Grammatica, Aritmetica, Musica; a destra: Geometria e Astronomia, mentre nellordine superiore si trovano gli esponenti della Retorica e della Dialettica. Le discipline in primo piano sono caratterizzate con una precisione sufficiente a riconoscerle dal modo in cui lavorano e dai loro eroi, Pitagora a sinistra in mezzo ai calcolatori, a destra Euclide per la geometria, Tolomeo e Zoroastro per lastronomia. Ai piedi di Pitagora un bimbo solleva una tavola piena di segni simbolici, schema delle concordanze musicali, direttamente messo in evidenza nellaffresco, dove si pu vedere una sorta dimmagine emblematica, il motto di tutta la composizione84. Ci che il gruppo dei pitagorici trova attraverso le consonanze musicali, il gruppo simmetrico degli astrologi lo scopre dallo studio del cielo. Il dito alzato di Platone esprime lorientamento finale: dalla

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scienza dei numeri alla musica, dalla musica allarmonia cosmica, da questa allordine divino delle idee. A questo gruppo fa riscontro a destra unaccolta altrettanto attiva di cinque o sei personaggi che lavorano intorno ad Euclide piegato in avanti, e degli astronomi, cio Tolomeo e Zoroastro. Cos in primo piano vengono a trovarsi disposti simmetricamente i rappresentanti della scienza dei numeri sotto un aspetto musicale e astronomico. il primo grado del sapere, che necessario per accedere alla filosofia, cio le Arti liberali rinnovate dalla regola matematica. Anche la ricerca di ritratti dei contemporanei ha occupato gli amatori e gli eruditi, non meno della identificazione dei personaggi. Raffaello vi raffigurato allestrema destra, Platone sembra essere Leonardo ed Eraclito, il pensieroso aggiunto dopo il 1510, Michelangelo stesso. La categoria degli artisti, che normalmente non trovava posto nella gerarchia, entra cos nel coro dei filosofi e dei pensatori85.

Il Parnaso. Lincisione di Marcantonio, che il Vasari ha avuto il torto di utilizzare per aiuto della memoria, in quanto essa lo ha spinto a una descrizione in parte inesatta, corrisponde al primo stadio del progetto: fra i lauri del bosco sacro Apollo e le Muse, raccolti al sommo della collina sotto un volo damorini; questi recano le corone destinate ai poeti; alcuni di essi sono distribuiti sui pendii. La composizione inerte e senza legami: non trover la sua armonia definitiva se non dopo un doppio sviluppo86. Un disegno dOxford (copia di scuola) ci conserva un ricordo dello stadio in cui viene a definirsi la concatenazione delle figure che sembrano montare a sinistra fino al dio della poesia per allontanarsene gradualmente a destra.

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Questo sviluppo ondulatorio era indispensabile per creare una sorta di leggera gravitazione, il cui punto fisso rappresentato da Apollo e dalle Muse sedute. Al centro di questo coro, Apollo solo suona il suo strumento. Ci illustra la dottrina del cosmo musicale:
Mentis apollinea vis has movet undique Musas In medio residens complectitur omnia Phoebus87.

Unaltra trasformazione, che interessa gli strumenti musicali e gli emblemi delle Muse, si verifica nella seconda fase del progetto88. Allo stato testimoniato dallincisione sono quattro le figure munite di strumento: Apollo ha una lira, la musa che si vede a sinistra del dio una tromba, quella di destra una siringa e dietro ad essa unaltra musa anche essa con una lira. Si tratta di strumenti stilizzati pseudo-antichi. Nel disegno di Oxford essi sono scomparsi: Apollo, le due Muse sedute, e nello stato finale Saffo, alla base della composizione, appaiono muniti di strumenti nuovi. Il dio, con gli occhi levati al cielo, larchetto in mano, suona una lira da braccio, strumento a corde moderno sconosciuto nellantichit. Siamo di fronte ad un anacronismo voluto che non esisteva nel progetto iniziale. La musa di sinistra (Euterpe o Calliope) appoggia sul ginocchio non pi una tromba ma una tuba pi complessa munita alla base di quattro protuberanze che fanno pensare al flauto; la musa di destra (Erato) regge una doppia scatola sormontata da una serie di corde, una dotta cetra che troviamo gi definita in un disegno di Francesco di Giorgio89. Saffo infine appoggia la mano su una strana lira ondulata, fatta di un grosso guscio di tartaruga. Chiaramente Raffaello ha inserito nella scena strumenti autentici, controllati su modelli antichi; la fonte precisa il famoso Sarcofago delle Muse (Museo delle Terme), dorigine asiatica, spesso riprodotto in incisioni allepoca classica

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e in parte copiato in parecchi disegni della fine del Quattrocento fra i quali quelli di Francesco di Giorgio90. Facendosi pi organica, la composizione si anche arricchita di riferimenti archeologici pi precisi. Il sistema delle forme ripensato per aderire pi strettamente allintenzione umanistica. Attribuire ad Apollo la lira da braccio moderna, anzich lo strumento antico, significa accentuare il valore metastorico della figura mitica come richiedeva del resto la presenza dei moderni, e addirittura dei contemporanei, nella composizione. La fedelt archeologica non lunica regola; superiore ad essa , nonostante tutto, lapparato simbolico. Per questo, con una anomalia certo interessante, la lira dApollo ha nove corde anzich le sette usuali. Lo strumento, quale appare nellaffresco, falso e questa inesattezza si verifica contemporaneamente allo sforzo di precisione compiuto tra il primo progetto e la realizzazione. Il valore simbolico della lira sarebbe risultato egualmente anche con sette corde, ma Raffaello pone nove corde sulla lira del dio perch la sua musica celeste corrisponda alla serie delle muse che lo circondano91. Secondo uninterpretazione aneddotica nel secolo scorso, lartista avrebbe dato ad Apollo il viso del famoso musicista della corte di Leone X cio il San Secondo92. Limmagine del dio in realt ha le caratteristiche di un tipo e non di un ritratto, per cui la spiegazione non necessaria. Raffaello non ha introdotto fra i poeti le figure di musicisti contemporanei. La musica qui presentata sia come un supporto sia come un emblema della poesia: lo schema delle Arti liberali definitivamente superato. Il gruppo delle Muse, che costituisce la zona centrale delluniverso apollineo, rimane staccato da ogni contesto archeologico e anche da ogni classificazione esterna delle Arti. Esse non rappresentano se non i diversi modi dellatto poetico; come aveva detto il Ficino, sono Calliope e Urania, sedute a fianco del dio,

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che presiedono al loro coro. Il gruppo centrale si chiude in un triangolo che domina tutta la composizione. Questa trova cos un legame organico ed una dignit particolare accentuata dalle vesti solenni e dalla semplicit degli atteggiamenti, nonch dal fare antico. Anche qui la trovata stata di unire in una scena unica il principio ideale ed i suoi rappresentanti; Raffaello ha fuso nel suo Parnaso la serie delle Muse di Timoteo Viti e i medaglioni dei poeti illustri; la loro distribuzione sciolta nello spazio conferisce un valore convincente alla loro posizione e al loro gesto. Come i pensatori, cos anche i poeti si raggruppano per affinit naturali. Essi non costituiscono anche in questo caso due gruppi simmetrici, cosa che scoprirebbe in modo troppo accentuato lanalogia con lordine delle Muse; ma ci sono infine diciotto ispirati, dieci a sinistra, otto a destra, sulla collina dApollo. Il pi sorprendente Omero in piedi, con la testa cieca levata verso il cielo, in un atteggiamento simile a quello del dio; accanto a lui Dante e Virgilio. Le loro figure hanno fornito loccasione per disegni stupendi; Raffaello si preoccupato di dare una fisionomia pi sensibile ai tipi familiari della serie dUrbino, senza per arrivare alla tensione contratta delle figure dOrvieto. Confrontandolo col tipo di Dante che figurava nella tarsia di palazzo Vecchio a Firenze, si vede quanto Raffaello si sia preoccupato di raggiungere la sfumatura espressiva pi appropriata93. La grande figura di Saffo, panneggiata dazzurro, sdraiata sul colle, simile ad una musa terrestre e con in mano il cartiglio su cui scritto il suo nome, serve dappoggio al gruppo di sinistra. E Pindaro (se si tratta di lui) in mantello rosso, in atto di discutere con Ovidio ed Orazio, esercita unazione diretta sullo spettatore tendendo il dito come per designarlo direttamente. Queste due figure avanzate costituiscono con il gruppo centrale una sorta di grande triangolo che

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dilata lunit monumentale dellinsieme. Disponendosi intorno alla finestra, i gruppi compongono un arco di cerchio che corre lungo la collina ispirata e sembrano ubbidire a un doppio movimento che da un lato lattira verso Apollo, dallaltro lo riporta dal dio verso la sfera umana. La catena magnetica di cui parla lo Ione di Platone e che era stata commentata dal Ficino, viene cos ad essere trasposta in uno spettacolo completo. Ogni individualit rientra in un tipo ed ogni tipo nellordine universale in funzione del principio misterioso che lo nobilita. Raffaello ha posto nel Parnaso tutti gli atteggiamenti poetici cos come Michelangelo nella volta della Sistina aveva rappresentato tutti gli aspetti del furore che eleva lanima: ma i suoi tipi, pi vicini allumano, sono la trasfigurazione di ritratti. Il Vasari ha raccolto la tradizione secondo cui Raffaello avrebbe rappresentato ritratti di naturale tutti i pi famosi ed antichi e moderni poeti che furono e che erano fino al suo tempo; i quali furono cavati parte da statue, parte da medaglie, e molti da pitture vecchie, ed ancora di naturale, mentre che erano vivi, da lui medesimo. Lelenco che ne d, nomina Omero, Virgilio, Ennio (collocato, come Dante, vicino ad Omero), Ovidio, Catullo, Properzio e Saffo per gli antichi; Dante, Petrarca, Boccaccio, il Tebaldeo ed infiniti altri moderni. Si riusciti a identificare a sinistra, partendo dalle Muse, lAriosto, il Petrarca, il Boccaccio, il Tebaldeo, il Sannazzaro94. Ma il quadro completo non ancora stato ricomposto: si dovrebbe verosimilmente arrivare ad una corrispondenza esatta tra le nove Muse, nove poeti antichi e nove poeti moderni, corrispondenza che finora non risultata; essa comunque non esclude raggruppamenti pi generali a seconda dei generi: lirica, epica, bucolica, tragedia, il che accentuerebbe la distribuzione generale: cinque e cinque poeti a sinistra, quattro e quattro poeti a destra95.

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I due bassorilievi in monocromo posti al piede dellaffresco (sopra lo zoccolo di Perin del Vaga) sallineano esattamente con la parte inferiore della Scuola dAtene e della Disputa, ma non sono autografi: lo dimostra lesecuzione assai debole e lo conferma uno schizzo di bottega della scena di sinistra96. Essi introducono allusioni storiche e derivano direttamente dai tipi raffaelleschi. Secondo linterpretazione tradizionale si tratterebbe: a sinistra, di Alessandro che ordina di porre i canti dOmero nella tomba dAchille, e a destra, di Augusto che salva dal fuoco il manoscritto dellEneide97. La piet di Alessandro per Omero era stata celebrata in un testo famoso di Lorenzo de Medici e la gloria dAugusto, protettore dei poeti, celebrata in uno dei medaglioni della volta.

La Giustizia e le Virt. Sulla parete di fronte, la Giurisprudenza e stata trattata in modo pi frammentario: anzich una storia unica, vi sono due scene poste intorno alla finestra98: a sinistra: Triboniano che consegna le Pandette a Giustiniano; a destra: Gregorio IX che riceve le Decretali da Raimondo; e sopra, sotto larco della volta, le Virt cardinali, la Prudenza in verde e bianco con i suoi attributi tradizionali disposti con gusto, la Fortezza con in capo come elmo la testa di leone e il ramo di quercia pontificale, la Temperanza che regge la briglia. Perch solo tre delle quattro figure tradizionali? Il fatto che la Giustizia regna nella volta tra le allegorie maggiori. Conforme alla dottrina di Platone, ripresa da santAgostino, essa la radice delle Virt e le comprende tutte; gerarchicamente essa superiore alle sue tre sorelle, Iustitia non est nisi sit prudens, fortis et temperans99. Le Virt cardinali, ridotte a tre, hanno subito in qualche modo lattrazione del gruppo tradizionale delle virt

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teologali: esse dovevano in realt mettere in evidenza lequilibrio tra il mondo profano e lordine religioso; limmagine della Giustizia imperiale posta dal lato della Scuola dAtene e quella della Giustizia pontificale dal lato della Disputa. Per unificare questo doppio aspetto della Giustizia, i putti creano accanto ad ogni Virt una combinazione caratteristica: il primo, accanto alla Temperanza, ha il gesto della Speranza; quelli che accompagnano la Prudenza portano la fiamma e lo specchio della Fede; il putto che raccoglie i frutti lemblema della Carit100. La lunetta di una esecuzione straordinaria, trattandosi di un motivo tanto complicato e astratto: Raffaello piega le forme con una ampiezza degna di Michelangelo; nonostante il moltiplicarsi dei particolari, presenta una coerenza armoniosa il cui centro costituito dal curioso medaglione con la testa dangelo alata posto sul petto della Prudenza. I due riquadri sottostanti, pi secchi e artificiosi. hanno sofferto di ridipinture; il viso di Gregorio IX quello di Giulio II (la barba offre un indizio per datare lopera dopo lestate del 1511)101. Si tratta di una indicazione precisa: indica un mutamento di spirito. La celebrazione del pontificato comincia a diventare il soggetto della decorazione degli appartamenti. Il Concilio Laterano saprir il 3 maggio 1512. Lo spirito della stanza di Eliodoro, al quale ormai a quellepoca si lavorer, completamente diverso da quello della Segnatura. La fase propriamente umanistica delle imprese vaticane ormai superata.

Verso il 1502 lambiente riformatore e umanistico al quale fanno capo i vecchi amici del Ficino quello degli Orti Oricellari. P. Crinito descriver in una pagina ben nota del suo De honesta disciplina (1504), la sylva oricellaria, da cui, agli inizi del nuovo secolo, uscir tutto ci che conta a Firenze. Le riunioni avvenivano non
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze nel palazzo di via della Scala, ma in un parco sulle pendici di Fiesole sistemato a parterres di verde e a busti antichi (una parte di questi stata recuperata nelle collezioni medicee [e. mntz, Les collections des Mdicis au xve sicle, Paris 1888, p. 107; l. passerini, Curiosit storico-artistiche fiorentine, Firenze 1886]). Gli storici dei Settecento hanno ritenuto che questi convegni, di cui Bernardo Rucellai e i suoi figli erano gli ispiratori, fossero una continuazione dellAccademia di Careggi, pur notando che, mentre i temi propriamente platonici restavano un po marginali, si trattava soprattutto dei problemi delleloquenza, cio della letteratura italiana (Bandini, 1751, citato da a. della torre, Storia dellAccademia platonica di Firenze cit., p. 30). In realt il gruppo degli Orti Oricellari era essenzialmente nelle sue finalit un circolo politico e voleva trovare un rimedio al declino della repubblica, ma la sua cultura aperta, enciclopedica, percorsa da vene esoteriche, continuava incontestabilmente il movimento anteriore; cfr. soprattutto: f. gilbert, Bernardo Ruccellai and the Orti Oricellari, jwci, xii (1949), p. 114. 2 Nella sterminata letteratura sullargomento, le opere di j. klaczko, Jules II, Paris 1898; di l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr. cit., t. VI e VII; di m. creighton, A History of the Papacy from the great Schism to the Sack of Rom, ried. London 1919, vol. VI; di f. rodocanachi, Le pontificat de Jules II, Paris 1928, e i volumi recenti della Storia di Roma. 3 vasari, ed. Milanesi, vol. VII, p. 171. Lemblema del gladio richiama del resto quello del libro, in accordo con la formula: ex utroque Caesar (i. e. armis et litteris), che risale a Giustiniano, non ignota al medioevo e che rivivr nel Cinquecento: d. e e. panofsky, Pandoras Box, New York 1956, p. 40, n. 10. 4 f. da meleto, Convivio de Segreti della Scriptura (scritto agli inizi del secolo), fissa al 1517 la conversione degli ebrei, al 1536 al pi tardi quella dei mussulmani, al 1530 la riforma della Chiesa e lunione universale. s. bongi, F. da Meleto, un profeta fiorentino ai tempi del Machiavelli, in Archivio storico italiano, III (1889), p. 63. 5 c. j. hefele, j. hergenroether, h. leclercq, Histoire des Conciles, VIII, 1, Paris 1917, pp. 343-44. Sul significato di questo ventennio, cfr. sopra, pp. 350-51. 6 t. magnus son, The Project of Nicholas V for rebuilding the Borgo Leonino in Rome, in The Art Bulletin, xxxvi (1954). 7 l. thorndike, A History of Magic ecc., vol. IV, New York 1934, p. 263. 8 stato notato che la cappella Sistina stata elevata intorno al 1475 con le proporzioni del tempio di Salomone che la Bibbia (Re, III, 5) descrive come un parallelepipedo: e. battisti, Il Significato simbolico della Cappella Sistina, in Commentari, VIII (1957), 2. Uno studio

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze dinsieme di L. D. Ettlinger atteso sullargomento. Sulla tomba di Sisto IV: cfr. sopra, parte I, sezione III, cap. III, 2. 9 h. siebenhner, Das Kapitol in Rom, Idee und Gestalt (Italienische Forschungen ecc., III, serie I), Mnchen 1954, cap. III; w. s. hecksher, Sixtus IV aeneas insignes statuas Romanas populo restituendas censuit, LAja 1955. f. saxl, The Capitol during the Renaissance a symbol of the imperial idea, in Lectures cit., I, pp. 200-14. 10 c. de tolnay, Michel-Ange, trad. fr., Paris 1951; j. s. ackermann, Marcus Aurelius on the Capitoline Hill, in The Renaissance News, X (1957), pp. 69-75. 11 Bisognerebbe esaminare a questo punto (come promette di fare L. D. Ettlinger) la situazione della cultura romana al tempo di Sisto IV, favorevole, come si sa, allumanesimo di Platone, Pico ecc. con Innocenzo VIII (1483-94) che si nota una reazione di diffidenza verso la teologia degli umanisti, dalla quale si libera risolutamente il pontificato di Giulio II. 12 e. mntz, Raphal, 2 ed., Paris 1900, cap. IX (La cour de Jules II). j. burckhardt, Civilt ecc. cit., III, cap. II, ha insistito su Fabio Calvo, il latinista che traduceva a Raffaello le opere antiche. l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr. cit., VI, 6 ed., Paris 1932, pp. 506 sgg. 13 ficino, Opera, pp.829, 925. p. o. kristeller, Supplementum Ficianum cit., I, pp. 48-50. Questi legami con Firenze sono una ragione di pi per prendere in considerazione lipotesi di p. tomei, LArchitettura di Roma nel Quattrocento, Roma 1942, p. 292, secondo la quale autore del palazzo della Cancelleria potrebbe essere Antonio da Sangallo il Vecchio. Sulle collezioni del cardinale: p. g. hbner, Le statue di Roma, Leipzig 1912. Da una lettera di Michelangelo in data 2 luglio 1496 si sa che il giovane scultore si presentato al cardinale con una presentazione di Lorenzo di Pierfrancesco. possibile che egli abbia fatto lavorare lartista. Il Vasari e il Condivi hanno denigrato il cardinale immischiandolo, nella parte di chi truffato, nella storia del Cupido venduto come antico nel 1496; tuttavia la loro versione dei fatti contestabile: c. de tolnay, The youth of M. A. cit., pp. 25 e 202. 14 p. o. kristeller, Supplementum Ficinianum cit., II, p. 235; cfr. id., Studies cit., p. 321, e g. j. hoogewerf, La Stanza della Segnatura, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, XXIII-IV (1947-49), p. 337. 15 Ed. A. Schmarsow, Heilbronn, 1886. Lo stesso personaggio pubblic nel 1510 una guida utile di Firenze: ed. M. Jordan nella versione tedesca di crowe e cavalcaselle, Geschichte der italienischen Malerei, vol. II, Leipzig 1869, pp. 434 sgg. 16 Questo viene affermato anche in una pagina poco nota di Egidio da Viterbo, Historia Viginti saeculorum (Biblioteca Angelica, 502, fol. 267 v): Aedificandi studio non parum delectabatur nam praeter divi-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze nam templi molem, multa alia tum in Vaticano tum in caetera urbe erigere aggressus est: nam (ut de viis urbis taceam quas Bramantis architecti clarissimi consilio et rectas et latas fecit), duo illa inprimis accepit verius quam peregit quae cum Romanorum splendore contendant: ad Tyberis enim ripam levam ad divi Blasii sedem domus ingentis fundamenta fecit quem juris dicendi locum esse decreverat, ut qui causas agit aut litibus vacat non huc illuc concussare necesse esset; sed omnes qui daturi jura essent eodem simul loco invenirentur. Alterum est opus viae illius qua relaxandi animi gratia Pontifices magna domo egrediuntur et ad eam se conferunt quam pulchram speculam vocant: opus triplici testudine operatum quod veterum opera vel vincere vel certe (fol. 268) sumptu ac splendore aequare videatur. 17 Lubicazione di questa biblioteca, che non pu essere la stanza della Segnatura, non si potuta ritrovare. Uno degli elenchi dei libri posseduti dal papa stato pubblicato da l. dorez, La bibliothque prive du Pape Jules II, in Revue des bibliothques, vi (1936), pp. 97-121. 18 Cfr. sopra, pp. 74 sg. 19 g. toffanin, Storia dellUmanesimo, Napoli 1933, p. 285. 20 Le imprese di Giulio II sono state studiate da f. hartt, The Stanza dEliodoro and the Sixtine Ceiling, in The Art Bulletin, xxxii (1950), 2 e 3, con un metodo che ha suscitato molte perplessit, soprattutto in e. wind, Typology in theSixtine Ceiling: a critical statement, ibid., xxxiii (1951), 1. 21 t. magnusson, The Project of Nicholas V for rebuilding the Borgo Leonino in Rome cit. 22 La citazione di Enea Piccolomini in h. grimm, Aufstze zur Kunst, Berlin 1915, p. 91. 23 Historia viginti saeculorum, ms Biblioteca Angelica, Roma (ne annunciata la pubblicazione a cura di V. Massa). Il passo relativo a San Pietro, in l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr. cit., 6 ed., vol. VI, pp. 448-49. Ha richiamato lattenzione su questo testo e. h. gombrich, Hypnerotomachiana, in jwci, xvi (1953), p. 121. Esso merita dessere citato come un documento eccezionale per la psicologia dellarchitettura nel Rinascimento: Conatus Bramantes, architectus huius temporis princeps quo usus est Julius cum ad alia quae exstruxit aedificia quam plurima tam praecipue ad templum maximum divo Petro exedificandum, conatus inquam est ille persuadere Julio apostoli sepulchrum ut commodiorem in templi partem transferretur templi frons, non ad orientem solem, ut nunc vergit, sed uti in meridiem nothumque converteretur, ut obeliscus magna in templi area templum ascensuris occurreret; negare id Julius, immota oportere esse sacra dictitare, movere non movenda prohibere; contra instare Bramantes, rem omnium accomodatissimam futuram polliceri, si Julii pontificis templum augustissimum Julii Cesaris monumentum, (quod) vulgo putant,

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze in vestibulo et ipso templi aditu haberet, ad religionem facere ut templum ingressurus facturusque rem sacram non nisi commotus attonitusque novae molis aspectu ingrediatur; saxa montibus herentia difficile moveri; mota loca in ima facile ferri; animos quoque affectuum expertes immotos perstare, affectu concitos facile se ad templa arasque prosternere; tumuli proinde transferendi sibi curarn sumere; nihil motum iri, sed tumulum cum vicina soli parte quominus quicquam fatiscat integre se convecturum polliceri. Nihilo serius Julius in sententia perstat, nihil ex vetere templi situ inverti, nihil e primi pontificis tumulo attrectari se passurum dicit; quid Cesaris obeliscum deceat, ipse viderit, se sacra prophanis, religionem splendori, pietatem ornamentis esse praepositurum. aegidius viterbensis, Historia viginti saeculorum, Cod. C-8-19, fol. 245 (Biblioteca Angelica).(Si prov Bramante, architetto principe di questepoca, di cui si valse Giulio sia per la costruzione di altri edifici sia soprattutto per la costruzione del massimo tempio di San Pietro, si prov, dicevo, a persuadere Giulio a trasportare in una parte pi comoda del tempio la tomba dellapostolo e a trasferire la fronte del tempio in modo che non fosse pi, come attualmente, in direzione est, ma in direzione sud, per cui a chi saliva al tempio si presentasse lobelisco che si trova nella grande piazza del tempio; Giulio oppose un netto rifiuto affermando che le cose sacre dovevano essere inamovibili e che si doveva impedire che si rimuovessero le cose che non si devono muovere; al che Bramante insisteva promettendo che ne sarebbe risultata la cosa pi conveniente di questo mondo se il tempio di papa Giulio avesse laugustissimo monumento di Cesare [tale lo si crede comunemente] nel vestibolo e nello stesso accesso, e che avrebbe giovato alla devozione se chi si accingeva ad entrare nel tempio per dedicarsi a pratiche di devozione, vi fosse entrato, se non commosso, sorpreso dallaspetto della nuova mole; e argomentava ancora che le pietre si muovono difficilmente quando sono nel grembo della montagna, ma che una volta mosse si possono facilmente trasportare in basso; cos gli animi finch non sono tocchi da emozioni rimangono immoti, ma una volta scossi dallemozione si possono facilmente prosternare di fronte ai templi e agli altari; lui stesso si sarebbe assunto limpegno del trasferimento della tomba; non sarebbe stato toccato nulla, prometteva anzi di spostare la tomba insieme con il suolo adiacente in modo che nulla potesse andar guasto. Ciononostante Giulio rimane della sua opinione, che cio non si debba mutar affatto la posizione del vecchio tempio, e aggiunge che non permetter mai che si tocchi qualcosa della tomba del primo pontefice; che cosa sia opportuno fare dellobelisco di Cesare, lo vedr lui, e che comunque preporr sempre le cose sacre alle profane, la religione al fasto, la piet agli ornamenti). 24 c. baroni, Bramante, Novara 1942, p. 47. Le innumerevoli opere

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze sul nuovo San Pietro che si sono succedute dopo quella di H. von Geymller hanno lasciato ancora incerta la classificazione dei numerosi disegni: la cronologia di questi stata di recente sconvolta da o. frster, Bramante, Wien 1956. Lo studio di w. lotz, Das Raumbild in der italienischen Architekturzeichnung der Renaissance, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, vii (1956), pp. 193-226, riuscito a dimostrare come queste incertezze hanno anche portato al moltiplicarsi degli studi di bottega, che hanno condotto a nuove formule nel disegno architettonico. 25 Soprattutto fol. 18 v. l. heydenreich, Zur Genesis des St. PeterPlans von Bramante, in Forschungen und Fortschritte, x (1934), 20 ottobre, pp. 365-67. 26 Cfr. sopra, pp. 148-56; soprattutto p. 156. 27 Il problema stato riconsiderato da o. frster, Bramante und Michelangelo, Essen 1940, ed esposto in Bramante cit., pp. 212 sgg.; h. von einem, Michelangelos Juliusgrab, in Jantzen Festschrift, 1951, pp. 152-68. c. de tolnay, Michel-Ange (ed. fr. cit., 1951), pp. 100 sgg. e f. wolff-metternich, Gedanken zur Baugeschichte der Peterskirche im XV und XVI Jahrh., in Festschrift fr O. Hahn, Gttingen 1954-55. 28 Cos c. de tolnay, Michel-Ange cit., p. 101. 29 l. d. ettlinger, Pollaiuolos Tomb cit, ha definito tutti questi punti in base alla descrizione del Grimaldi. 30 h. von einem, Michelangelos Juliusgrab cit, e c. de tolnay, MichelAnge cit., p. 101. 31 Come pensa o. frster, Bramante ecc. cit, p. 214, che fa intervenire il progetto a croce latina con sette cupole di fra Giocondo (Uffizi, 6), su cui aveva insistito t. hofmann, Entstehungsgeschichte des St. Peter in Rom, Zittau 1928, p. 39. 32 In una pagina raramente citata Mme de Stal ha suggerito il significato di San Pietro in termini interessanti: San Pietro un tempio posato su una chiesa. C una sorta di alleanza tra le religioni antiche e il cristianesimo nelleffetto che produce sullimmaginazione linterno di questo edificio. Io vengo a passeggiarci spesso per rendere alla mia anima la serenit che talvolta essa perde. La vista di un tale monumento come una musica continua e fissa, che vi attende per farvi del bene allorch voi vi avvicinate (Corinne, Lib. IV). 33 Insieme con lo studio di k. a. laux, Michelangelos Juliusmonument, ein Beitrag zur Phnomenologie des Genies, Berlin 1943, quello di c. de tolnay, The Tomb of Julius II, Princeton 1954, costituisce una monografia praticamente esauriente sullopera. 34 vasari, ed. Milanesi, VII, p. 164. h. thode, Kritische Untersuchungen cit., I, pp. 127 sgg. e. panofsky, The first two Projects of Michelangelos Tomb of Julius II, in The Art Bulletin, xix (1937), pp. 561-79. id., Studies in Iconology cit., pp. 187 sgg.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. de tolnay, The Tomb of Julius II cit., p. 42. Ibid., cap. XIII. o. ollendorf, Michelangelos Gefangene im Louvre, in Zeitschrift fr bildende Kunst, ix (1898), pp. 273-81, ha avvicinato il tema della prigionia alle immagini platoniche sulla prigione del corpo ecc., che possono agevolmente sovrapporsi a simboli personali o storici. 37 c. de tolnay, The Tomb of Jiulius II cit., pp. 7-8. 38 c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., p. 3. Lidea sembra sia stata suggerita dagli amici di Michelangelo; il De Tolnay non accetta quindi la spiegazione degli intrighi di Bramante contro Michelangelo che stata posta innanzi dal Condivi, dal Vasari, e perfino dal Cellini. 39 h. wlfflin, Die Klassische Kunst cit., III, cap. II. c. de tolnay, La volta della Cappella Sistina, in Bollettino darte, xxiv (1936), pp. 389 sgg., ripreso in The Sistine Ceiling cit. (analizzato da a. chastel, Michel-Ange thologien, in Critique, 1948, n. 26 [giugno], e o. kurz, in Burlington Magazine, 1948, p. 33). 40 c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., p. 248 (doc. 90). 41 Descrizione in c. de tolnay, The Sistine Ceiling cit., pp. 75 sgg. e e. wind, Sante Pagnini and Michelangelo, in Gazette des Beaux-Arts cit., pp. 210 sgg. ha indicato un legame tra queste figure e i nomi stessi dei re come li citava san Gerolamo e come si trovano commentati, con valore allegorico, in trattati come le Isagogae ad mysticos sacrae scripturae sensus di Sante Pagnini, il domenicano amico di Giulio II, che fu priore del convento di San Marco tra il 1504 e il 1506 (e ancora dall11 al 13). 42 Cfr. sopra, pp. 241-45. 43 Cfr. sopra, pp. 209-10. 44 La migliore biografia di Raffaello rimane quella di h. grimm, Das Leben Raphals, 6a ed., Berlin 1927. Osservazioni generali in: v. wauscher, Raffaello Santi da Urbino, London 1921; c. gamba, Raphal, trad. fr., Paris 1932; o. fischel, Raphal, 2 voll., London 1948. Utili precisazioni cronologiche in e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello, 2 voll., Milano 1956. 45 Il 21 aprile 1508 Raffaello si trovava ancora a Firenze (lettera a Simone Ciarla). La lettera al Francia del 5 settembre che datata da Roma e nella quale il pittore si dice occupato in lavori importanti, non pi considerata autentica. 46 Note di pagamento del 13 ottobre 1508 a Ioannes de Bazis (cio il Sodoma) e a un certo Ioannes Ruysch, pittore olandese, per lavori in cameris superioribus; del 4 dicembre a Michele dImola e al Bramantino. Testo completo a cura di g. j. hoogewerf, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, xxi (1946), pp. 253 sgg. 47 Questi problemi di cronologia sono riassunti in: d. redig de campos, Le Stanze di Raffaello, Roma 1950, e e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello cit., vol. II, p. 11.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze Cfr. g. j. hoogewerf, Leonardo e Raffaello, in Commentari, III (1952). 49 d. redig de campos, Il Pensieroso della Segnatura, in Raffaello e Michelangelo, Roma 1946, cap. V. 50 La tesi affermata da f. wickhoff, Die Bibliothek Julius II, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, xiv (Berlin 1893), pp. 49-63, stata criticata nella Revue des Deux Mondes (1894) da J. Klaczko, che ha ripreso larticolo nel suo volume Jules II, Paris 1902, Cap. XII. 51 p. lugano, Fra Giovanni da Verona e i suoi lavori alla Camera della Segnatura, Roma 1908; b. c. kreplin, voce Giovanni da Verona, in thieme-becker, Knstler-Lexikon, t. XIV, Leipzig 1921, p. 149. 52 Sulla cerchia di Giulio II, cfr. sopra, pp. 467-74. j. klaczko, Jules II cit., p. 226, mostra di non essersi sufficientemente liberato su questo argomento delle idee del Wickhoff quando parla di: Una grande idea del Trecento realizzata con tutta la larghezza di vedute e la ricchezza di mezzi del pieno Rinascimento. j. von schlosser, Giustos Fresken in Padua und die Vorlufer der Stanza della Segnatura, in Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen, 1896, p. 96, va altrettanto errato allorch scrive: La stanza della segnatura dipende interamente, non per la forma ma per il contenuto, dal mondo di pensiero della scolastica, che si espresso in modo cos potente nei monumenti del Trecento, ed questo laspetto rivelatore. Il progesso spirituale non dipendeva dagli scritti dei filosofi umanisti, n da quelli del Ficino e di uomini del genere. Il giusto orientamento stato di recente definito da d. redig de campos, Il concetto platonico-cristiano della Stanza della Segnatura, ne Lillustrazione vaticana, ix (1938), pp. 101-5, ripreso in Raffaello e Michelangelo cit., cap. I. Cos anche g. j. hoogewerf, La Stanza della Segnatura, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, xxiii-xxiv (1947-49), pp. 317-56. h. hettner, in Italienische Studien ecc. cit. (1879), pp. 192 sgg., e e. kraus, La camera della Segnatura, s. l. n. d., avevano gettato, sia pure in una forma troppo rigida, le basi dellinterpretazione della Stanza in funzione dellopera di Pico e del Ficino. 53 p. giovio, Vita Raphaelis, citata da v. golzio, Raffaello nei documenti, Roma 1925, pp. 191-93. Si deve dunque pensare al papa e alla corte pontificia, di cui alcune personalit sono state ricordate pi sopra. 54 Lopuscolo, gi citato, di D. Redig de Campos (1950) contiene una descrizione precisa del complesso. 55 m. tensa tozzi, La volta della Stanza della Segnatura, ne Larte, xxx (1927), pp. 171-86. Lottagono centrale, dove ci si aspetterebbe unimmagine della divinit, presenta invece dei putti che reggono le armi del papa: A. Venturi li attribuisce a Bramantino.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze o. fischel, Raphals Zeichnungen, 7 voll., Berlin 1913-28, vol. V, nn. 225 e 228 indica che, stando ai disegni conservati, la Teologia era in un primo tempo una figura di Beatrice, la Poesia una musa. 57 Cfr. sopra, parte II, cap. 1, pp. 217 sg. e 221-24. e. wind, The four elements in Raphals Stanza della Segnatura, in jwci, ii (193839), pp. 75-79. Non altrettanto certo invece che dal fatto che tra i medaglioni si trovano inseriti i riquadri curvilinei e i riquadri dangolo si debba dedurre la presenza di una serie di doppie corrispondenze per ogni tema allintersezione delle due scienze. 58 Cfr. il notevole repertorio di: o. fischel, Raphals Zeichnungen cit.; lautore mostra chiaramente, vol. IV, p. 179, come nella lunga preparazione del disegno stia il segreto di Raffaello. 59 h. wlfflin, Die Klassische Kunst cit., trad. fr., p. 108. 60 w. dvork, Geschichte der italienischen Kunst cit., t. II, pp. 45 sgg. e la sua analisi dellideale delleffetto armonico. Cfr. anche h. focillon, Raphal, Paris 1926, pp. 115-16. 61 Sopra laffresco del Trionfo del Sacramento, col quale i lavori ebbero inizio, larco di sostegno non sporge di tutto il suo spessore; ci deve dipendere da un nuovo strato dintonaco condotto sulla parete che ora nasconde parte degli elementi della decorazione. 62 Una delle migliori analisi dellaffresco rimane quella di l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr., cit. pp. 526-42, nonostante linsistenza con cui cerca di eliminare ogni glorificazione delle idee di falso umanesimo a favore di una strettissima ortodossia (p. 551). 63 o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., vol. VI, nn. 258-59 e 260, e pp. 271-91, d un commento magistrale dei 45 disegni per la Disputa. 64 Cfr. Commedia, Paradiso, XXI, 122 sgg.; XXX, 115 sgg. Il proemium del Paradiso definisce il soggetto generale dellaffresco: Voi altri pochi che drizzaste il collo | Per tempo al pan degli angeli, del quale | Vivesi qui ma non sen vien satollo... (Paradiso, II, 10-13): cfr. sopra pp. 130 sg. 65 o. fischel, vol. VI, n. 267 (disegno del British Museum), mostra sulla fronte dellaltare una grande incorniciatura e una scritta. 66 e. mntz, op. cit., pp. 375 sgg. 67 cl. sommer, A new Interpretation of Raphals Disputa, in Gazette des Beaux-Arts, novembre 1945, pp. 289 sgg., tenta di esplicitarla sovrapponendo allaffresco la sezione della chiesa pensata allincirca nello stesso periodo da Bramante per il nuovo San Pietro. 68 lipotesi di h. grimm, Aufstze zur Kunst, ed. R. Staig, Berlin 1915, p. 91. 69 La messa a punto migliore quella di a. springer, Raffal und Michelangelo, Leipzig 1878, pp. 172-86, e soprattutto Raffals Schule von Athen, in Graphische Knste, v (1883), pp. 53-106, riassunta da l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr. cit., p. 520, n. 2, in una lunga
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze nota che fa la storia delle interpretazioni ma senza la necessaria energia. Dopo a. scherer e h. grimm il mntz, Raphal, Paris 1881, e crowe e cavalcaselle, Raphal, London 1885, sono, tranne per qualche dettaglio, daccordo sullessenziale. g. wickhoff, Die Bibliothek Julius II, art. cit., e j. von schlosser, Giustos Fresken ecc. cit., attribuiscono paradossalmente un contenuto scolastico alla composizione e, sotto la loro influenza, l. pastor, Geschichte der Ppste, trad. fr. cit., p. 523, scrive che se Raffaello per certi aspetti, specialmente per quanto riguarda la preminenza attribuita a Platone, si ispirato alle idee del Rinascimento [sic], per tutto il resto rimasto legato a quelle del Medioevo [sic]. Recentemente h. b. gutman, The medieval content of Raphals School of Athen, in Journal of History of Ideas, ii (1941), n. 4 (ottobre), pp. 420-27, ha tentato di rinnovare questa tesi asserendo che Raffaello segue esattamente le dottrine della filosofia francescana del Medio Evo (p. 424); da san Bonaventura, rimesso in onore sotto Giulio II, il complesso deriverebbe la sua struttura e il suo significato. Autore del programma potrebbe essere il cardinale Marco Vigerio, generale dei francescani. Questa interpretazione che si fonda sullavvicinamento, sempre specioso, di sentenze teologiche e di forme artistiche, viene estesa a tutta la stanza della Segnatura in un articolo pi recente dello stesso autore, Zur Ikonologie der Fresken Raffals, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte, xxi (1958), pp. 27-39. 70 g. j. hoogewerf, art. cit., p. 355. 71 l. beltrami, Il cartone di Raffaello Sanzio per laffresco della Scuola dAtene, Milano e Roma 1920, p. 17. 72 Il rapporto con la metafora degli umanisti stato notato da a. springer, Raffals Schule von Athen, art. cit., p. 97. Cfr. sopra, parte I, sezione III, cap. I, pp. 148 sg. Non il caso di considerare come una fonte di Raffaello larchitettura del tempio posto dal Ghiberti nel decimo riquadro della Porta del Paradiso nel Battistero fiorentino: mntz, Raphal cit., pp. 160 sgg. 73 Sui rapporti tra i Campi elisi e la Scuola dAtene, p. schubring, Illustrationen zu Dantes ecc. cit., introduzione. k. vossler, Die gttliche Komdie cit., vol. II, 1, p. 805. h. grimm, Raffaels Schule von Athen in Dantescher Beleuchtung, in Repertorium fr Kunstwissenschaft, xlvii (1926), pp. 94-112. 74 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 159; m. ermers, Die Architekturen Raffals in seinen Fresken, Tafelbildern, und Teppichen, Strassburg 1909. Le stesse osservazioni in m. rosenthal, Die Architekturen in Raffaels Gemlde, Strassburg 1909, pp. 34-53, e soprattutto la conclusione pp. 52-53. 75 Uno schizzo per la statua (Oxford) si ispira abbastanza direttamente alla Pallade dUrbino; cfr. o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., VII, n. 308.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze I disegni per il motivo del combattimento sono stati esaminati da o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., VI, n. 309, e k. t. parker, Some Observations on Oxford Raphals, in Old Masters Drawings, xiv (1939-40), pp. 34-43. Esiste uno schizzo a sanguigna (Ashmolean Museum) (considerato dal venturi, Storia cit., IX, 2, fig. 175 come uno studio per laffresco di Eliodoro) che rappresenterebbe lo schizzo primitivo; un altro schizzo abbastanza completo (gi Collezione Klinkosch) stato considerato a torto dal Fischel una copia dellaffresco: semplicemente uno studio pi avanzato che rientra per sempre tra il materiale preparatorio, in quanto contiene particolari che non si vedono nellaffresco, e mostra in particolare il personaggio centrale che brandisce unarma per colpire un vinto che giace ai suoi piedi; due altre figure fuggono a destra e sinistra. Il valore allegorico di questi riquadri indicato, tra gli altri, da hettner, Italienische Studien ecc. cit. 77 Cfr. o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., V, n. 222 ecc. La testa di medusa sullo scudo di Minerva riprende il motivo del guerriero che urla di Leonardo per la battaglia dAnghiari. Ibid., VII, n. 307. 78 Esiste una copia di bottega condotta su un disegno perduto: o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., VII, n. 309 a (riprod. 268, p. 342). Questo motivo, combinato con qualche altro elemento dellallegoria, servito come punto di partenza per lincisione di MarcAntonio: la Filosofia (B. 281), p. 343. 79 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 331. 80 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 15. Non si tratta dunque esattamente, come affermano d. redig de campos, op. cit., p. 14, e la maggior parte degli antichi esegeti, della scienza (Aristotele) che cede il passo alla saggezza (Platone); ma dello spirito positivo che trionfa nellordine pratico e della contemplazione delle idee. 81 La tavola trecentesca del Traini richiamata dal Wickhoff un termine lontano nello sviluppo dei tipi filosofici: cfr. sopra, pp. 253-55. Contraddicendo a A. Venturi e L. Planiscig, l. beltrami, Il cartone di Raffaello ecc. cit., p. 50, esclude ogni ricordo di Leonardo in questa figura. Tale ricordo vedrebbe piuttosto nel gesto di Aristotele che riproduce il movimento della mano del Cristo del Cenacolo. 82 a. springer, Raffal und Michelangelo cit., p. 98. 83 bellori, Descrizione delle immagini dipinte da Raffaello dUrbino nelle camere del Palazzo Apostolico Vaticano, Roma 1695; j.-d. passavant, Raphal, trad. fr. P. Lacroix, Paris 1860, t. II, e l. beltrami, Il cartone di Raffaello ecc. cit., pp. 18-23. 84 I particolari della spiegazione in e. steinmann, op. cit., p. 282; h. hettner, Italienische Studien cit., pp. 197 sgg., e e. naumann, Erklrung der Musiktafel in Raffaels Schule von Athen, in Zeitschrift fr bildende Kunst, xiv (1879), pp. 1-14. r. wittkower, Architectu76

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze ral Principles ecc., p. 85, n. 3, osserva che il famoso teorico zarlino, Institutioni Armoniche, Venezia 1558, riproduce lo stesso schema delle consonanze fondamentali. Raffaello vi compendia la stessa dottrina che espone Franchino Gafurio nella sua Practica musicae ritornando al modo despressione pi semplice, cio la formula ellenica; il simbolo infatti redatto in greco. La lira darmonia a quattro corde separata dagli intervalli musicali compresi nellottava: 1 - 4/3 (quarta) - 3/2 (quinta) - 2; essi sono espressi, secondo il modo antico, moltiplicandoli per 6, cio: 6-8-9-12. questo il compendio dei principali rapporti musicali universali. Sotto figurato il numero cosmico, la tetractys, somma dei quattro numeri primi e principio delle costruzioni cosmiche dato da Aristotele come il numero perfetto. La concordanza tra lo Stagirita e Platone cos esposta concretamente attraverso questo simbolo fondamentale. Il suo posto era gi previsto nel cartone dellAmbrosiana: l. beltrami, Il cartone di Raffaello ecc. cit., tav. xvii. I restauri posteriori al Bellori, che cita esattamente il numero, hanno modificato le cifre viii in v e viiii in viii. 85 d. redig de campos, op. cit., capp. I e V; sul posto fatto agli artisti: ibid., pp. 20-22. 86 d. redig de campos, Le Stanze di Raffaello cit.; o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., vol. V, p. 255. Gli studi per il Parnaso che ci rimangono, nn. 231-53. 87 gafurio, De harmonia musicorum instrumentorum, Milano 1512, p. 94; e gi prima p. tritonius, Melopoiae, 1507; Marsile Ficin et lart cit., p. 113, n. 25. 88 e. winternitz, Archeologia musicale del Rinascimento nel Parnaso di Raffaello, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia, xxvii (1952-54), pp. 359-88. 89 Uffizi, 326; a. r. a. s. weller, Francesco di Giorgio, Chicago 1943, p. 263, con un commento errato che corretto da e. winternitz, Archeologia musicale ecc. cit., p. 378, n. 24. 90 La raccolta dei Monumenta Methaeiana, tav. xvi. Due muse su un foglio del taccuino Wolfegg attribuito ad Amico Aspertini. Questa scoperta si deve a e. winternitz, Archeologia musicale ecc., cit. 91 Cfr. Marsile Ficin et lart cit., p. 54, n. 61. 92 la spiegazione di j. d. passavant, Raphal cit., II, 90, ripresa dal Burckhardt e ripetuta ancora da c. gamba, Raphal cit., p. 63. Il San Secondo, celebre alla corte dUrbino, lodato dal castiglione, Cortegiano, II, 45. 93 o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., V, n. 246. Sul tipo di Dante: cfr. sopra, pp. 117 sgg., 127, 130 sg.; sulle Muse, pp. 261-64. 94 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 335; per Ennio, d. redig de campos, op. cit., cap. III (Leffigie di Ennio nel Parnaso). Per il Tebaldeo e il Sannazzaro: id., Dei ritratti di Antonio Tebaldeo e di altri nel Parna-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze so di Raffaello, in Archivio della Societ romana di storia patria, lxxv (1952), pp. 52-58. 95 g. j. hoogewerf, La Stanza della Segnatura cit. pp. 322 sgg. 96 o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., V, p. 269, n. 231. 97 Per distruggere lidea che la stanza della Segnatura costituisca un complesso umanistico, F. Wickhoff aveva una diversa interpretazione: I consoli P. Cornelio e B. Panfilo che traggono i libri latini da unarca di pietra e Gli stessi che eliminano i libri greci facendoli gettare al fuoco, due scene che Francesco Maria della Rovere (il futuro Sisto IV) avevi riferito, traendole da Valerio Massimo, nel suo De potentia Dei, pubblicato nel 1471. Si sarebbe in questo modo voluto esprimere la necessit di scegliere tra i libri buoni e quelli cattivi. Questo concetto per estraneo allo spirito trionfale del Parnaso e unesegesi come questa falsa la lettura in quanto nel bassorilievo di destra il personaggio panneggiato, anzich volerlo gettare nel fuoco, allontana da questo il libro che vi si vuole gettare, e i personaggi importanti sono chiaramente un guerriero greco a sinistra e uno romano a destra. Lesatta interpretazione stata ristabilita da g. j. hoogewerf, Die Deutung der Grisaillen unter Raffaels Parnass, in Monatshefte fr Kunstwissenschaft, viii (1915), pp. 10-16, e A pie del Parnasso, in Bollettino darte, vi (1926-27), pp. 3-14. 98 ci che non ha compreso g. lafenestre, Saint Franois dAssise ecc. cit., p. 41, che colloca i riquadri di Giustiniano e Gregorio IX tra i temi del basamento. 99 platone, Repubblica, IV, 432 a, e santagostino, Epist., CLXVII, 5: Iustitia non est nisi sit prudens, fortis et temperans, citati da d. redig de campos, op. cit., p. 19. e. wind, Platonic Justice, designed by Raphael, in jwci, i (1937-38), pp. 69-70. 100 e. wind, The four elements ecc. cit., p. 70. 101 c. gamba, Raphal cit., p. 64.

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Conclusione Il genio e le regole

La gloria dei maestri e let delle accademie Nel primo terzo del Cinquecento domina nella cultura italiana la volgarizzazione del nuovo platonismo. Le opere dei filosofi hanno minor peso di quelle dei trattatisti che diffondono, in una forma piana, poetica ma spesso monotona, le idee fondamentali del Quattrocento1: il valore centrale delluomo nelluniverso, lideale della teologia poetica, la filosofia dellamore, il principio del simbolismo universale. Queste idee gi alla fine del Quattrocento avevano impresso un tono particolare allaristotelismo tradizionale degli ambienti padovani e veneziani, anchesso in pieno rinnovamento; e finiranno per entrare nelle universit2. Le posizioni del neoplatonismo fiorentino sono cos divenute patrimonio comune: forniranno materiali nuovi a tutto il pensiero occidentale3. Le stesse polemiche che, soprattutto alla vigilia della Controriforma, si accenderanno contro la poesia pagana o gli errori della dottrina platonica dellEros, non riusciranno a riaprire la crisi intellettuale della fine del secolo. Questo stato di cose si deve, almeno in parte, al fatto che le dottrine vengono scivolando verso i problemi particolari. Limpostazione umanistica si avverte allinterno di tutte le discipline e ne orienta la problematica: il pensiero religioso e la riflessione sulla diversit delle religioni, la pedagogia e la mora-

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le mondana, la scienza astrologica e pitagorica fondata sulle corrispondenze musicali, la teoria del cosmo, e infine la riflessione estetica, nella quale le posizioni dellidealismo vengono a incontrarsi con le articolazioni concrete della poetica aristotelica ritornata dattualit4. Il prestigio raggiunto dai maestri dellarte un altro elemento di importanza decisiva. La loro posizione nella cultura non pi discussa. Al pari dei pensatori della fine del Quattrocento, i grandi artisti del 1500 stabiliscono dei valori che pongono definitivamente le basi del gusto moderno. Si discute solo per accertare quale sia il maggiore e occorre riconoscere che il loro significato diverso: Nella pittura, dice il Castiglione, sono eccellentissimi Leonardo Vincio, il Mantegna, Rafaello, Michel Angelo, Georgio da Castel Franco; nientedimeno, tutti son fra s nel far dissimili, di modo che ad alcun di loro non par che manchi cosa alcuna in quella maniera, perch si conosce ciascun nel suo stilo esser perfettissimo5. Si pu solo constatare lirriducibilit dei geni. Ma da loro ci si attende sempre di pi: tutte le classi e tutti gli ambienti, la Chiesa e le corti, la folla e i mecenati li osservano e li cercano. Questa consacrazione dei maestri delle arti a fianco dei poeti e degli scrittori era gi preparata dalla fine del Quattrocento6: ma il culto dei maestri prende la forma di una sorta di deificazione sociale, in pieno accordo del resto con il nuovo tono della cultura. Rimane da chiedersi come le idee fiorentine, divenute ormai patrimonio comune, siano intervenute in questi sviluppi. La sensibilit collettiva segue sempre delle linee di forza: i suoi movimenti subiscono lazione di certe forme simboliche, che assumono il valore di archetipi, grazie ai quali lesperienza di alcuni si generalizza e diventa assimilabile da tutti. Le idee proposte

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dal platonismo fiorentino: Eros o principio dellentusiasmo creatore, Hermes o la propensione alle forme simboliche, Saturno o il dramma del genio, ebbero appunto questa funzione e determinarono in qualche modo la gloria dei maestri. Si deve solo precisare in che misura queste idee abbiano conferito un tono particolare alla fama di ognuno di loro, in altre parole come la loro personalit artistica sia stata compresa e definita. Ma, posto in questi termini, il problema fatalmente si ritorce su di s. Se le analisi che siamo venuti conducendo sono esatte, i temi dellumanesimo da tempo fornivano le linee maestre di una storia e di una teoria dellarte che gli artisti stessi non potevano ignorare. Alimentando certe inclinazioni della sensibilit, influenzavano non solo la scelta dei soggetti, ma anche i modi dellarte. I tre maestri che simpongono a Firenze e a Roma dopo il 1500, Leonardo, Michelangelo e Raffaello, hanno reagito tutti e tre alla cultura moderna. A seconda delle origini, della formazione, del temperamento e perfino dellet, ognuno dessi ne ha individuato e sviluppato un aspetto piuttosto che un altro; ha realizzato a suo modo una delle facce dellartista ideale, di quel genio invocato dallideologia del secolo, per riconoscersi in esso. La forma che la gloria dognuno dessi ha assunto non pu essere che il riflesso della sua personalit, laspetto esteriore e spettacolare dellorientamento da lui scelto. Se ognuno dei grandi ha una figura cos definita, perch ha coltivato in s e consapevolmente incarnato quello, tra i princip della vita dello spirito, che la sua gloria afferma. Con Leonardo, Raffaello e Michelangelo siamo di fronte a personalit che hanno realizzato in forma cos poderosa lidea dellartista, che hanno saputo assicurare ad essa un valore cos pieno, che il significato delle loro figure trascende il campo specifico dellarte. Forniscono dunque una giustificazione allestetismo cinquecentesco che preferisce riportare agli artisti,

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anzich ai filosofi e ai dotti, i princip della cultura. In ultima analisi ognuno di questi maestri non ha fatto altro, forse, che incarnare di preferenza linsieme dei problemi connessi a una certa prospettiva essenziale: Raffaello quella dEros, Leonardo quella dErmes, Michelangelo quella di Saturno7. Risulter pi facile in questo modo comprendere perch lestetica, liconologia e la storia artistica del Rinascimento finiscano per cristallizzarsi intorno a queste figure dominanti e intorno ai temi del neoplatonismo; e nello stesso tempo si potr intendere meglio il passaggio dal mito della renovatio umana a quello del fatto compiuto, e quel mutato atteggiamento, proprio dellet delle accademie, per cui si cercano nel passato prossimo i segni di unet doro ormai conclusa.

1. La gloria di Raffaello: il trionfo dEros.


Il mio cor dun amoroso velo A ricoperto tutti i miei pensier (raffaello, Sonetto III).

I lavori della stanza di Eliodoro durarono dal 1511 al 1514, quelli della stanza dellIncendio dal 1514 al 1517, con lintervento sempre pi largo della scuola8. Ma nel frattempo il maestro si era venuto assumendo incarichi sempre pi numerosi per Agostino Chigi, incarichi che si possono considerare come i pi significativi dopo il grande risultato della stanza della Segnatura9. Nel 1511 il banchiere del papa gli chiede di intervenire nella decorazione della grande loggia della Farnesina, la pi bella villa del mondo; poco dopo dipinge sulla parete sovrastante lingresso della cappella votiva dei Chigi a Santa Maria della Pace (1514) quattro Sibille intorno allarco centrale. Il Chigi infine gli commissiona il complesso

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della cappella funeraria di Santa Maria del Popolo, unopera che sta a s nella produzione di Raffaello. Infatti nessun particolare di essa stato direttamente eseguito dallartista, ma tutto sembra essere stato ideato da lui: larchitettura, i mosaici e le stesse sculture, come attestano i disegni di sua mano e le testimonianze degli storici10. Le nicchie, gli archi, le piramidi delle tombe, i marmi policromi conferiscono allopera ununit che non avr invece la cappella Medicea di Michelangelo. Sopra le statue dei profeti erano previste le figure delle stagioni, che verranno poi dipinte da Cecchino Salviati; pi sopra, tra le finestre del tamburo, sette scene della Genesi; infine la cupola che racchiude la visione del cosmo cristiano. Lartista e il committente morirono nello stesso anno (1520) e, stando al Vasari, la cappella fu finita da Sebastiano del Piombo. I mosaici della cupola erano stati eseguiti nel 1516 da Alvise del Pace. Ogni pianeta vi rappresentato dalla divinit da cui prende nome raffigurata a mezzo busto: larco di zodiaco che la incorona reca le stazioni corrispondenti ad ognuna; una figura celeste, con le ali spiegate, domina il campo superiore della composizione: un angelo sopra la luna, un arcangelo sopra Mercurio, un trono sopra Venere, fino al serafino che, con gli occhi levati verso il Signore, tiene tra le mani la sfera delle stelle fisse. unillustrazione della dottrina ficiniana per la quale la potenza degli astri era limitata dagli angeli che dirigono gli oggetti celesti11. La serie dei pianeti non solo corrisponde alla gerarchia degli spiriti superiori, ma ne subisce lazione moderatrice: langelo di Marte sembra trattenere la spada del guerriero, quello di Giove indica il vero signore del cielo al suo potente compagno. Il vertice della cupola coincide con la testa del Creatore, circondato dai suoi angeli: le sue braccia poderose, aperte in un gesto michelangiolesco sembrano aver lasciato in quel momento la totalit delluniverso ed egli domina,

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con la sua tesa energia, la creazione che si dispone negli spazi. La cupola interpretata in questo modo viene ad essere il corrispettivo sacro del soffitto della Farnesina, che recava un cielo astrologico di struttura interamente profana. La Farnesina rappresentava la piena realizzazione di quella villa classica di cui un preannuncio si era avuto con la costruzione di quella di Poggio a Caiano12. Nel salone dove Raffaello avrebbe dipinto la Galatea la volta reca una decorazione astrale; i vari riquadri, nei quali le figure delle divinit sembrerebbero composte liberamente, in realt realizzano un quadro organico della posizione dei pianeti e delle costellazioni. Riscontrando sulle tavole astronomiche si constata che si tratta della definizione per immagini di una data: il 1 dicembre 1466, giorno della nascita di Agostino Chigi13. Abbiamo qui un oroscopo molto particolareggiato: Mercurio nel primo grado del Sagittario sta ad indicare un mercante gioviano. Questa felice natura viene completata dalla rappresentazione di Venere nel primo grado dellAcquario, che indica un realista gaudente14. Alla base di questa volta dedicata alle sfere celesti, i tondi rappresentano i miti dellaria, mentre sulle pareti si dispiegano i miti dellacqua. qui che appare, in quanto divinit marina e in quanto vittima di Venere, Galatea come laveva descritta il Poliziano nella decorazione del palazzo di Cipro:
Due formosi delfini un carro tirano: Sopra esso Galatea che l fren corregge. (Stanze, I, st. 118).

Raffaello probabilmente non ha eseguito che la bella figura seminuda della ninfa in preda allestasi damore, che i cupidi si accingono a colpire con le loro frecce15. Nel 1518 egli dirigeva la decorazione della loggia nel

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giardino. Lintervento di numerosi allievi ha fatto s che la volta di Psiche abbia quellaspetto duro, troppo rosso nei nudi, troppo azzurro nei cieli, che ha: queste incongruenze, che provocarono gi al tempo della pubblicazione le critiche acerbe degli amici di Michelangelo, pi che attenuate, sono state piuttosto aggravate dal restauro del Maratta16. Fino allora il mito di Psiche non era stato rappresentato in opere di grande impegno. Esso poteva rappresentare il destino dellanima; fu preso invece come base per una celebrazione completa di Eros e dei suoi poteri 17: si tratta in pratica di un trattato sullamore realizzato per immagini, un trattato analogo alle opere di filosofia mondana che cominciavano allora a diffondersi. In uno scenario trionfale, lOlimpo in festa accoglie Psiche alla fine delle sue avventure. Nei pennacchi il ratto di Ganimede, la visita dAmore alle Grazie, per la quale si conosce un disegno pieno di fascino, e numerosi altri temi di uninventiva quanto mai graziosa, costituiscono un florilegio degli amori mitologici. Linsieme illustra, attraverso le favole antiche, i moti del desiderio e della volutt universale; il raggiare amoroso dellOlimpo quale laveva concepito gi il Poliziano18. Esso illumina il motivo profondo che aveva guidato, in modo alla fine quasi esclusivo, larte di Raffaello: lumanit sub specie amoris e il ricorso alle forme antiche come le pi indicate ad accoglierne limmagine19. Larte di Raffaello veniva cos a conferire dignit nuova allepicureismo della corte di Leone X. Con maggior maturit, e forse pi cinismo, questo ambiente gaudente e amabile tornava, quarantanni dopo, ai temi del Convito ficiniano, i quali descrivevano laccordo tra lamore divino e lEros terrestre. Questa felice evenienza della vita umana, favorita dalla rivelazione del Bello, diveniva realt. Il genio dellartista ora in grado di realizzare una nuova visione complessiva dellesperienza umana. Il suo disegno assimila tutte le forme senza

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lasciarsi dominare da nessuna; la sostanza stessa dellarte antica pu cos fondersi con la sensibilit moderna; e con ci stesso tutto ci che di delizioso esiste al mondo sar salvato e nobilitato20. Questa forza organizzatrice che non lascia pi nulla di inerte o inutile, non conosce alcun contrasto che sia irrimediabile e tende a cancellare ogni opposizione tra sensibile e intelligibile, tra terra e cielo. Di qui il moltiplicarsi dei soggetti nei quali si esprime la felicit dellanima riconciliata. La Santa Cecilia della Pinacoteca di Bologna (1516), secondo la leggenda, avrebbe provocato la meraviglia, la disperazione e quindi la morte del Francia allorch vide il quadro per la prima volta. La composizione su due ordini che Raffaello aveva utilizzato fin dalle sue prime opere e nella stanza della Segnatura, qui ricompare: la musica terrestre, impersonata da santa Cecilia, ha lasciato uno a uno tutti gli strumenti, rinuncia perfino allorgano che sta scivolando dalle sue mani e il cumulo degli strumenti inutili forma in un primo piano inerte una bella natura morta, che spetta a Giovanni da Udine21. Secondo la formula cara in questo momento a Raffaello, gli sguardi dei personaggi determinano le linee maestre della composizione. San Paolo meditativo (si ritrova in lui il tipo del filosofo che cos spesso i fiorentini introducevano nelle loro composizioni) considera i violini e i cembali abbandonati, la Maddalena fissa lo spettatore come se volesse a sua volta interrogarlo, santAgostino guarda san Giovanni evangelista, il cui biondo viso inclinato, con la sua aria sognante, molto giorgionesca, fa per un istante pensare al Concerto di Pitti. come una disputatio in atto sulla musica sacra. La scelta dei quattro santi non casuale: sono state qui riunite, in una sorta di compendio della mistica affettiva, le figure che pi vivamente richiamano la filosofia cristiana dellamore e lintensit dellestasi. Al centro di questi santi personaggi Cecilia rappresenta il passaggio alla

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musica superiore. La dalmatica e il turbante la fanno apparire come una maga che stia rinunciando ai suoi incantesimi: il suo sguardo attraversa lo spazio e contempla tra le nubi dischiuse la cantoria celeste dove non si trovano pi i fanciulli turbolenti di Donatello e i piccoli cantori del Quattrocento. Nel gruppo attento e ispirato, ravvivato da unonda bionda e leggera, traluce la volutt dellanima che ha trovato il suo bene. La Madonna eseguita per i monaci di San Sisto a Piacenza (e portata a Dresda nel Settecento) rivela pi dogni daltra opera del periodo maturo loriginalit di Raffaello; uno dei rari quadri da lui dipinti senza lintervento degli aiuti. La sua luce dolce e argentea si sottrae del tutto agli effetti singolari di Leonardo, come la sua serenit sfugge al pathos di Michelangelo22. Come nei mosaici e nelle sculture romaniche o bizantine, si ha un velario che si dischiude sulla visione celeste. Il pontefice, calvo, col viso butterato, non riesce pi a distogliere lo sguardo dalla mirabile apparizione; tiene una mano al petto e con laltra fa cenno allo spettatore. Santa Barbara, la figura pi pura e tenera di Raffaello, di contro allardore del santo papa, esprime la soavit dellestasi, ma in forma grave e contenuta. A fungere da intermediari che propongono al fedele laccesso alla divinit lartista ha posto la vergine pi pura e il vegliardo pi devastato dagli anni. Il Taine paragonava questo accento esatto e questi accordi infallibili allarte di Mozart. Quale sia il significato di questi esseri superiori, belli, sani, sereni, sublimi23, lo si pu intendere veramente, al di l dellangustia delle interpretazioni moderne, solo riportandoli alla metafisica della bellezza. Questa pervade larte di Raffaello come anima la morale del Cortegiano del suo amico Castiglione24. Ci che ha fatto il fascino maggiore di Raffaello stata la propriet del disegno nellespressione dei valori morali, quello che il Vasari e il Varchi chiameranno

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il costume25. Nelle opere della maturit infatti vibra una eccezionale capacit di simpatia per il vario atteggiarsi del sentimento umano. ci che gli consentir di essere un ritrattista senza pari, di contro a Michelangelo che respingeva questarte di convenienza e a Leonardo che cercava uno specchio pi personale. I ritratti di Raffaello tendono a creare dei tipi; soprattutto per ci che riguarda i poeti e gli uomini di cultura, chiaro che il pittore ha voluto imporre uno stile a un atteggiamento umano che gli era caro e di cui la sua arte poteva apparire come la superiore giustificazione. Si trovano, tra questi, tutti i poeti e i teorici della nuova cortesia. Il ritratto raffaellesco del Bembo perduto; un ritratto piccolo di m. Pietro Bembo, allora che giovine stava in corte del duca dUrbino segnalato da M. A. Michiel. Si tratterebbe dunque di unopera del 1506 circa, di poco posteriore al ritratto virile della Galleria Borghese, che stato in passato ritenuto il ritratto del Perugino, e allintenso autoritratto giovanile che si pu datare 1504-505 (Monaco)26. Una lettera del Bembo al Bibbiena, del 15 aprile 1516, annuncia il compimento di un ritratto del Tebaldeo. Il Bembo lo considera, almeno per la somiglianza, superiore a quello del Castiglione e ne fa lelogio con queste parole: tanto naturale che egli non tanto simile a se stesso, quanto gli quella pittura. Si deve intendere qui che nel ritratto in parola il carattere tipico del personaggio colto in pieno, come colta la cortesia compiuta in quello del Castiglione. Certamente in questa occasione il Tebaldeo scrisse un sonetto in onore di Raffaello27. Dellopera perduta possiamo farci un vaga idea attraverso una copia: un viso un po inerte si affaccia sotto una berretta nera; due occhi teneri e una bocca fine sono gli unici elementi che concorrono a dare espressione alla figura28. Questo viso sognante sembra tornare nel profilo di poeta coronato di lauro, dal naso sottile, la barba rada, che si vede a

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destra nel Parnaso. Tra gli abitanti del sacro monte il Tebaldeo lunico moderno espressamente ricordato dal Vasari29. Il Tebaldeo che, dopo essere stato a lungo alla corte di Ferrara, pass nel 1513 a Roma, dove il Colocci e Leone X pare labbiano apprezzato, non un poeta molto attraente; ma fu legato da una viva amicizia al Castiglione e a Raffaello, che trovavano in lui ragioni profonde di simpatia. Il suo epitaffio (mor vecchio e miserabile nel 1537) illumina sia sulla sua personalit un po debole che sul tipo di figura che egli doveva apparire agli occhi di Raffaello e dei suoi amici: Cunctarum ignarus rerum vixi: una posis atque amor; illa parum nota mihi, hic nimium. Lamore e la poesia erano le uniche occupazioni degne di questi intellettuali e dei gentiluomini nutriti della morbida letteratura neoplatonica. Il loro atteggiamento di fondo era una disinvoltura malinconica: i ritratti di Raffaello dovevano metterne in luce la dolcezza e il fascino30. Il ritratto del Castiglione ancor pi significativo. La lettera del Bembo, dellaprile 1516, ce ne fornisce la data. In una lettera a Alfonso dEste del settembre 1519 lambasciatore ferrarese informa il suo principe che Raffaello lavorava a una effigie del Castiglione: ma deve trattarsi, anzich di un secondo ritratto, di un modello per la medaglia dello scrittore. Questa presenta sul recto il profilo del Castiglione e sul verso la figura dApollo in atto di cacciare le ombre notturne, con la scritta: Tenebrarum et lucis31. Il quadro del Louvre non meno eloquente. Immediatamente celebre e pi volte copiato, uno dei ritratti pi compiuti del Rinascimento. Il giubbetto di velluto grigio, sul quale trascorrono alcuni lievi riflessi, fa da fondo a uno sparato a piegoline di un candore intatto. Il fondo indefinito, sul quale spicca una berretta allultima moda, schiarito da una macchia di luce sulla destra grazie alla

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quale, attraverso lievi contrasti, i valori assumono una giusta intensit. Le mani quasi sfuggono nella parte bassa della tela. Larbitro del gusto porta la barba, pi frequente sotto Leone X che sotto Giulio II. Uno sguardo calmo, giudizioso e sensibile, di cui Raffaello ha scrutato lintelligenza e il fascino, domina il quadro, cos discreto, cos sicuro nei suoi accordi aristocratici. Rubens lo copier e ne far uno schizzo. Mai forse laccordo tra elemento spirituale ed elemento fisico, che quasi sempre sfugge a Michelangelo, stato raggiunto con tanta convincente naturalezza32. Il fatto che Raffaello rappresenta un tipo dumanit che lo interessa attraverso il ritratto dun amico, che per lui rappresenta la cultura dUrbino, di Firenze e di Roma nel suo momento di piena maturit. Il Cortegiano stato scritto tra il 1514 e il 1518 (non fu pubblicato che nel 1528). Le conversazioni sul perfetto uomo di corte che esso contiene sono ambientate ad Urbino, al tempo di Guidobaldo, dopo la visita di Giulio II avvenuta nel settembre del 1506, al suo ritorno da Bologna33. Un quarto di secolo dopo le Disputationes Camaldulenses, cos indicative delle preoccupazioni fiorentine, queste disputationes urbinates delineano, facendo parlare il Bembo, il Bibbiena e i loro interlocutori, un ideale di perfezione umana, insieme estetica e morale, che rappresenta la piena secolarizzazione dei temi dellAccademia fiorentina. lideale neoplatonico senza la teologia del Ficino, la ricerca del gentiluomo che non pu giustificare le doti deleganza e cortesia alle quali aspira se non attraverso un principio metafisico, quello dellAmore. Nel libro IV il Bembo adegua ai problemi delleducazione mondana i temi ficiniani con una nobilt e un calore veramente eccezionali. La sintesi da lui proposta fissa tutta intera lattivit dellanima tra lamore che non altro che un certo desiderio di fruir la bellezza e la bellezza stessa di questo fluido che da Dio

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nasce. Si risale quindi ai termini stessi del Convito, di cui in questo modo si assicura la sopravvivenza nel Cinquecento34. Dopo lardente discorso del Bembo su il sacro furor amoroso, saccende una breve discussione sul problema se le donne possano essere abbastanza libere dalle passioni da accedere a un mistero celebrato da Platone, Socrate e Plotino e, tra i santi, san Francesco, san Paolo e santo Stefano. Uno degli interlocutori risponde che Socrate istesso confessa, tutti i misterii amorosi che egli sapeva, essergli stati rivelati da una donna, che fu quella Diotima e che langelo che ha trafitto del fuoco damore san Francesco, ha potuto innalzare anche certe donne, come santa Maria Maddalena. Non meno significativo il posto che si riconosce alle arti, strumenti della cultura superiore e veicoli dellamore: il perfetto cortigiano deve possedere larte della musica e aver cognizion dellarte propria del dipingere (I, 44). Nella discussione in cui si dibatte una sorta di paragone tra la pittura e la scultura, il conte Canossa definisce i fini della pittura avendo presente Raffaello e esalta esplicitamente la pittura, a scapito di Michelangelo tipico scultore, come larte universale per eccellenza grazie al chiaroscuro, alla prospettiva, al colore35. La concezione puramente imitativa dellarte, che sembra il presupposto di questa brillante perorazione, si inserisce in una successione deffetti di tono chiaramente neoplatonico e ficiniano:
un influsso della bont divina, il quale, bench si spanda sopra tutte le cose create, come il lume del Sole, pur quando trova un volto ben misurato, e composto con una certa gioconda concordia di colori distinti ed aiutati dai lumi e dallombre e da una ordinata distanzia e termini di linee, vi sinfonde e si dimostra bellissimo; e quel subietto ove riluce adorna, ed illumina duna grazia e splendor mirabile, a guisa di raggio di Sole che percuota in un bel vaso

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doro terso, e variato di preciose gemme; onde piacevolmente tira a s gli occhi umani e per quelli penetrando simprime nellanima, e con nova soavit tutta la commove e diletta, ed accendendola da lei desiderar si fa (IV, 52).

Siamo a un punto notevole dequilibrio tra la metafisica del bello e la coscienza delle sue condizioni fenomeniche36; ed esattamente la posizione di Raffaello. Lha esposta in una lettera famosa del 1516 al Castiglione: Per dipingere una bella donna mi occorrerebbe di vedere parecchie belle donne, e anche questo a condizione che voi maiutaste nella scelta. Ma essendo carestia e di buoni giudicij e di belle donne, io mi servo di certa idea che mi viene nella mente. Se questa ha in s alcuna eccellenza darte, io non so; ben maffatico daverla37. Lidea cos concepita unintuizione dellimmagine perfetta, che non contenuta nellesperienza. La distanza tra il mondo sensibile e quello delle idee superata dal fuoco dellamore. Questo intervallo, in cui lanima scossa da una sorta di profondo tremito, si accompagna in Michelangelo a una vera e propria angoscia, in Raffaello a una raggiante fiducia. Fra i disegni per la Disputa del Sacramento, che risalgono al 1509, egli ha tracciato anche la prima stesura di cinque sonetti petrarcheschi, che si pensa fossero destinati a una signora romana, forse la Fornarina38. Lamore sbocca allineffabile, ma per Raffaello il sacro illumina il profano senza dissolverlo:
Come non podde dir arcana dei Paul come disceso fu del cielo, Cos il mio cuor dun amoroso velo A ricoperto tutti i penser mei...

I deliziosi turbamenti dellamore umano non sono che una prefigurazione delle gioie dellamore divino. In una

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pagina illuminante il Bembo descrive queste come il consumarsi del corpo che compie la gaudiosa felicit dellanima, simile al rogo dErcole, al roveto ardente di Mos, al carro di fuoco dElia39. In Raffaello, nella vita come nellopera, sembrava realizzarsi il trionfo dellEros platonico. Ben presto la leggenda simpadron dei suoi amori40. Il Vasari dedicher molto spazio ad essi nella biografia del giovane eroe sul quale il cielo aveva riversato linfinite ricchezze de suoi tesori e tutte quelle grazie e pi rari doni che in lungo spazio di tempo suol compartire fra molti individui: Fu Raffaello persona molto amorosa ed affezionata alle donne e di continuo presto ai servizi loro. E attribuir la sua morte prematura allabuso di tali piaceri41. Ma lartista appare anche, per la sua gentilezza, la sua cortesia, la sua liberalit, lesempio compiuto di una sociabilit incantevole. Una vera e propria corte laccompagnava: In somma non visse da pittore ma da principe. Attorno a lui regnava unatmosfera insieme ispirata e serena: lavorando nellopere, in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale, che tutti i mali umori nel vedere lui si ammorzavano, ed ogni vile e basso pensiero cadeva loro di mente. Mai, aggiunge lo storico, si vide ununione cos armoniosa. Questo gruppo legato dallaffetto per il maestro e dallideale comune, come una seconda Accademia platonica, fondata anche questa sullamore e il consensus degli spiriti42. un fatto nuovo nella vita delle botteghe, come nuovo era stato il sodalizio di Careggi nella vita intellettuale. Lumanit di Raffaello era semplice, senza alcuna pretesa di mago n forma di alterigia. Il Vasari ricorda con ammirazione quanto rispetto mostrasse lallievo del Perugino per il suo vecchio maestro e per tutti coloro ai quali doveva qualcosa43. Lanalisi dello stile di Raffaello viene cos condotta sulla base delle successive tra-

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sformazioni della sua pittura, cio sugli incontri con Leonardo, e successivamente con Michelangelo (il Vasari tralascia i Veneziani), che hanno determinato le diverse forme di essa. Il genio di Raffaello consiste nella facolt di sintesi, nella capacit di assimilare quello che gli parve secondo il suo bisogno e capriccio, cio un modo mezzano di fare cos nel disegno come nel colorito; e mescolando col detto modo alcuni altri, scelti delle cose migliori daltri maestri, fece di molte maniere una sola, che fu poi sempre tenuta sua propria44. Siamo qui al centro del problema dellarte classica: il Vasari costretto ad ammettere che occorsa a Raffaello una grazia unica per riuscire a sintetizzare in certo senso tutti gli stili e coglierne lessenziale. Limpegno degli umanisti mirava ugualmente, sulla base dellipotesi del platonismo, a fare una summa del sapere umano e a ridurlo ad alcuni termini semplici ed evidenti; Raffaello per lappunto aveva compreso lesempio che questi gli offrivano e nello stesso tempo ne aveva realizzata limmagine nella stanza della Segnatura. La sua impresa artistica si svolge parallela a quella degli umanisti: e consiste nello sforzo di unificare la vita dello spirito attraverso la bellezza universale del disegno. Il Vasari dice in forma un po ingenua che essa presupponeva una costante assimilazione delle forme altrui: Era tanta la grandezza di questo uomo, che teneva disegnatori per tutta Italia, a Pozzuolo, e fino in Grecia; ne rest davere tutto quello che di buono per questa arte potesse giovare45. Si avuto il senso del miracolo: Raffaello trascendeva lumano per la sua perfezione duomo e dartista, per la perfezione dellarte e dei costumi insieme. Nacque la leggenda che il quadro destinato a Santa Maria dello Spasmo (ora al Prado) non giunse a Palermo se non dopo un salvataggio che aveva tutti i caratteri del miracolo. Allorch Raffaello mor, il venerd santo del 1520, lambasciatore della duchessa di Man-

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tova non esit a parlare di un segno del cielo simile a quello che accompagn la morte di Cristo: il palazzo del papa si squarci e per poco non croll46. Il Vasari non trover altra espressione per presentarlo che quella di dio mortale sceso in terra, il dio della grazia, Eros fatto pittore47.

2. La grandezza di Leonardo: il trionfo dHermes.


Imago veneranda del mio Vinci Che in Delo e in Creta e Samo mai non era. (giovanni nesi, Poema visione, canto XII).

Il fascino di Raffaello era fatto di grazia e di simpatia, quello di Leonardo somigliava piuttosto a un incantesimo intellettuale. Tutte le fonti lo attestano. Gi in giovent, cio prima della partenza per Milano, Leonardo stupiva i fiorentini con invenzioni inattese in tutti i campi: quadri che provocavano una sorta dallucinazione, progetti audacissimi per dominare la natura, spianare le montagne, regolare le acque, contrastare la forza di gravit. Aveva una tal forza nellargomentare, una demostrazione s terribile, che nessuno, dice il Vasari, sapeva resistergli. Tra laltro elabor un progetto per alzare il tempio di San Giovanni di Fiorenza, e sottomettervi le scalee senza ruinarlo. ... e con s forti ragioni lo persuadeva, che pareva possibile, quantunque ciascuno, poi che e si era partito, conoscesse per s medesimo limpossibilit di cotanta impresa48. Questo aneddoto ben noto non pu che riferirsi al secondo soggiorno fiorentino, dopo il 1501, al momento in cui il Soderini e i suoi amici avevano incaricato Leonardo di dirigere la canalizzazione dellArno e parevano disposti a seguirlo nelle sue idee pi incredibili. Gli esperimenti di volo a vela cadono forse in questo stesso perio-

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do. Leonardo rimase nel ricordo dei fiorentini luomo delle chimere, di quelle chimere per che danno valore allarte e alla vita. Il ritorno a Firenze, nel 1501, fa s che Leonardo riprenda i contatti, che gi aveva avuto in giovent, con gli amici dellAccademia e lambiente degli umanisti pi in vista. Certamente conosceva da lungo tempo Bernardo Rucellai, che era stato ambasciatore fiorentino in Lombardia nel 1481 e vi era poi tornato stabilmente nel 1484. Sotto il regime del Soderini Bernardo compendiava in s tutto ci che sopravviveva degli intellettuali medicei. Leonardo ha lavorato per lui: in una raccolta di macchine di Lorenzo della Volpaia si parla di uno strumento che mand Leonardo da Vinci a Bernardo Ruccellai e si trovata traccia della ruota idraulica di cui si tratta nel manoscritto G (circa 1510)49. Arrivando a Firenze nel 1508 Leonardo ospite di Piero di Braccio Martelli, che era il discepolo pi fedele di Francesco da Diacceto e, insieme al maestro, era uno dei frequentatori degli Orti Oricellari50. La gloria di Leonardo si creer negli ambienti colti e nello stesso tempo fra la folla. Pochi artisti riusciranno a sottrarsi al fascino delle sue opere e della sua personalit. Lunica opposizione risoluta che abbia incontrato stata quella di Michelangelo, che esplode, sembra, negli anni 1503504. Con unabilit tipicamente fiorentina il Soderini li aveva messi in concorrenza chiamando entrambi a collaborare alla decorazione del nuovo salone di palazzo Vecchio: a Leonardo fu commissionata la Battaglia dAnghiari, a Michelangelo la Battaglia di Cascina, e fu per entrambi il loro unico tentativo di pittura storica51. Leonardo era stato, insieme con Giuliano da Sangallo, membro della commissione incaricata di decidere della collocazione del David e un suo disegno riproduce lopera52. Michelangelo stesso ha seguito le lezioni danatomia di Leonardo allospedale di Santa Maria Nova53. Tuttavia

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gli storici del Cinquecento parleranno di una grande inimicizia tra Leonardo e Michelangelo. LAnonimo Gaddiano riferisce laneddoto della loro disputa a proposito di Dante, nel quale si intravvede una violenta animosit di Michelangelo54. Secondo il Vasari, il favore di cui godeva Michelangelo presso Leone X sarebbe stato un elemento decisivo per indurre Leonardo a lasciare nel 1516 lItalia e recarsi alla corte di Francesco I55. I fatti sono meno espliciti; per le annotazioni fortemente critiche di Leonardo sulla tecnica tutta materiale della scultura sembrano chiaramente scritte per reazione alle posizioni del giovane Michelangelo; e la risentita difesa dello scultore deve essere una replica al collega anziano56. Tutti questi elementi dimostrano che si trattava della rivalit di due personalit, non solo del contrasto di due temperamenti. Nel 1502-504 Leonardo era sulla cinquantina, Michelangelo non aveva ancora trentanni. Entrambi aspiravano a concludere let precedente. Tutti e due potevano considerarsi gli esponenti della pi alta cultura fiorentina; e il loro conflitto non faceva che meglio evidenziare le opposte aspirazioni che lalimentavano. Leonardo non si accontenta pi della tradizione del disegno, e sviluppa lidea di una scienza opposta alla sintesi umanistica. Michelangelo invece continua a credere nel primato del puro disegno e non riesce a immaginare unarte che rompa con lantico; ha reagito alla crisi piagnona che Leonardo invece sembra aver considerato con disprezzo, come una follia di frati57; saturo di poesia e didealismo platonico; partecipa di una spiritualit che altrettanto inconciliabile con lintellettualismo leonardesco quanto i suoi problemi di plastico lo sono con il luminismo del pittore della SantAnna. Ed tuttavia il momento in cui il non finito e le sue possibilit espressive lo interessano vivamente, come se i due geni contrari si fossero attentamente sorvegliati negli anni in cui si sono trovati vicini a Firenze58.

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Entrambi sono instabili: Leonardo ha cambiato parecchie volte protettore e Firenze non riuscir a trattenerlo dopo il 1506; Michelangelo passer a Roma. Eppure larte fiorentina dora in poi si svolger in funzione di queste due figure incompatibili tra di loro, entrambe complete e intimamente legate a tutta la sua storia. il secondo soggiorno fiorentino che impone Leonardo allattenzione generale59. allora che Raffaello lo conosce e vede i suoi prodigiosi ritratti, forse anche la SantAnna; i ritratti raffaelleschi ne recano il segno, soprattutto quello di Maddalena Doni (Uffizi). Allepoca della stanza della Segnatura i ricordi di Leonardo sono presenti allo spirito di Raffaello60; nel 1509 d al Platone della Scuola dAtene una statura imponente, una lunga barba, un gesto altamente espressivo, per cui da lunga data si pensato a Leonardo61. Se questa stata lintenzione del giovane Raffaello (in verit non c alcuna testimonianza antica che conforti lipotesi) come potuto arrivare a questa rappresentazione del filosofo antico? Che pu aver voluto dire, se non onorare un artista-filosofo degno dei pi grandi sapienti, ricordare cio che il pittore era uno dei maggiori ricercatori di tutti i tempi? Lambiguit di Leonardo diveniva sempre pi palese e destava una meraviglia sempre maggiore. La SantAnna richiama la folla; i lavori del salone di palazzo Vecchio sono cominciati; ma Leonardo si dedica, intorno al 1504, a ricerche sul volo degli uccelli, successivamente sulle sezioni coniche. Il pubblico, che losserva, sconcertato del suo modo di vita non meno che delle occupazioni cui si dedica: la sua originalit eccessiva. Secondo lagente dIsabella dEste: La vita di Leonardo discontinua e assai capricciosa: sembra vivere alla giornata. I segni dinquietudine nei suoi riguardi si fanno sempre pi numerosi. Ci si era spesso lagnati della sua disinvoltura, della sua incapacit a mantenere gli

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impegni, a portare a termine le opere; ora si comincia ad accusarlo di non amare pi larte, di trascurarla per gli studi scientifici: I suoi studi di matematica lhanno disgustato a tal punto che tollera appena di prendere un pennello. Il Castiglione si far eco di queste lagnanze e il Vasari pi tardi denuncer le idee capricciose dellartista che studiava il movimento degli astri anzich finire le sue tele62. proprio a Firenze che Leonardo sembra aver avuto chiara coscienza della dispersione della sua opera scientifica. In testa a un nuovo quaderno, iniziato in casa di Braccio Martelli, scrive il 22 marzo 1508 che si tratter di un racolto sanza ordine, tratto di molte carte le quali io ho qui copiate sperando poi metterle per ordine alli lochi loro, secondo le materie63. Spera dunque di organizzare le sue osservazioni in un sistema, ma la loro complessit e la loro eterogeneit non fanno che crescere; teme le ripetizioni, loscurit. La sintesi delle scienze necessarie sempre lontana. Gli elementi ereditati dal neoplatonismo fiorentino, lintuizione della vita cosmica, definita nel trattato sullacqua, quella della divinit della luce, definita nel Trattato dottica, hanno per lui un peso pi che mai forte. Dopo il secondo soggiorno fiorentino si avverte pi chiaramente nelle note di Leonardo il rifiuto dogni concessione, un abbandono pi completo alle sue curiosit personali e, nello stesso tempo, unamarezza crescente, una critica pi aspra dellimpotenza dello spirito e delle sue illusioni. Nel manoscritto F (1508-13), nelle pagine del Codice Atlantico che risalgono al soggiorno romano (1513-16), Leonardo si richiama ai sapienti autori che hanno trattato del cosmo, ma ha la sensazione che non abbiano detto nulla di certo su ci che lesperienza ci permette di conoscere e dimostrare64. I cataclismi e le furie della natura che annientano luomo, occupano tirannicamente la sua immaginazione insieme con lim-

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magine di un Nunzio androgino che col dito puntato verso le tenebre sembra pi invitare a partecipare del mistero che non rivelare un Dio65. Questimpressione di grandezza e insieme di distanza ha voluto rendere il poeta umanista Giovanni Nesi nel canto XII del suo Poema visione, scritto intorno al 1500, dove Leonardo compare tra i sette Saggi:
In carbon vidi gi con arte intera Imago veneranda del mio Vinci Che in Delo e in Creta e Samo me non era...66.

Questo confronto con Pitagora ha un preciso significato. Alla fine del secolo il Lomazzo sar non meno esplicito e con un altro paragone esprimer lessenza stessa di questa intuizione: Leonardo, scriver, ebbe la faccia con li capelli longhi, con le ciglia e con la barba tanto lunga che egli pareva la vera nobilt del studio, quale fu gi altre volte il druido Ermete o lantico Prometeo67. in realt limmagine che Leonardo stesso ha voluto dare ai suoi contemporanei. Il suo vestire, la sua lunga barba alla quale si mescolano i riccioli di una capigliatura tenuta anchessa lunga, sispirano al tipo dei saggi antichi. Il profilo disegnato da Ambrogio de Predis richiama lAristotele delle placchette bronzee che a sua volta ha costituito lesempio per la figura di Platone in certi manoscritti filosofici68. Si riconosceva in lui una reincarnazione dei Saggi tanto pi quanto pi esattamente assomigliava ai loro busti e ritratti. Lomaggio di Raffaello va inteso come una ripresa del modello lontano, reso per attuale mediante la generica somiglianza con Leonardo e il gesto del dito che si nota nelle figure del maestro fiorentino. Per il suo carattere e per il suo stesso aspetto Leonardo verso la fine della sua vita rientra in questo modo nella famiglia ideale dei Saggi e dei discepoli dErmete; si pre-

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senta come uno di quei filosofi del mistero universale di cui i filosofi di Careggi avevano popolato la storia69. Si tratta dunque di un nuovo Pitagora che il poeta neoplatonico saluta. Laspetto fisico di Leonardo che ormai toccava la cinquantina viene a costituire una conferma di questa trasfigurazione finale di Leonardo in una figura mitica. La sua bellezza era celebre: Egli con lo splendor dellaria sua, che bellissima era, rasserenava ogni animo mesto, dir il Vasari. LAnonimo Magliabechiano ricorda anche la sua bella statura, ben proporzionata, fatta di grazia e deleganza, e aggiunge: portava un corto mantello color rosa... che gli scendeva in mezzo al petto. Si tratta di un tocco di dandismo che deve risalire al suo primo periodo fiorentino: Leonardo amava apparire diverso dagli altri70. Molti suoi disegni fanno pensare ad autoritratti e autocaricature, nei quali, per tutta la sua carriera, ha scrutato la sua immagine e si assunto spesso, sembra, come tipo ideale71. intorno al 1500 che la fisionomia di Leonardo trova la sua forma definitiva ed esemplare: la sanguigna di Windsor, eseguita da Ambrogio de Predis sulla fine del Quattrocento, mostra il profilo nobile, la lunga capigliatura e la lunga barba che tanta impressione facevano sui contemporanei; lautoritratto di Torino (1512) di molti anni dopo, ne lo sviluppo attento e penetrante72. indubbio che Leonardo ha voluto offrire allOccidente una figura di Saggio di stile nuovo. ... Spesso passando dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandogli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che nera chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendoli la perduta libert. Questo aneddoto certamente non inventato; riprende per puntualmente un tratto tipico di Pitagora, al quale Plutarco attribuisce lo stesso amore per gli animali e la stessa preoccupazione di risparmiare loro la vita73. Si tratta di qualcosa di pi di una mera coincidenza, dato che abbiamo numerose

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prove dellinteresse che Leonardo nutriva per il Saggio di Samo. Nei testi conservati Pitagora menzionato una volta sola in una facezia sulla metempsicosi. Ma abbiamo visto quale importanza abbia avuto per Leonardo, a partire dal 1480, il discorso sul cosmo che Ovidio fa pronunciare a Pitagora74. Da lui ha derivato le sue polemiche contro la dieta carnea e laffermazione della legge dellarmonia nella natura che dovrebbe essere alla base della morale: la liberazione delluccello in gabbia deriva dalla stessa fonte. lecito dunque pensare che ci fosse in lui unimitazione cosciente di Pitagora o almeno di ci che la figura quasi mitica del maestro di Platone rappresentava. Lallusione del Nesi a Samo si giustifica cos da se. I contemporanei hanno sentito che loriginalit di Leonardo era un po ai margini delle abitudini occidentali. Un fiorentino paragona spontaneamente una setta, o una trib, vegetariana delle Indie al nostro Leonardo75. Via via che le notizie sullAsia si facevano pi precise, Leonardo ha mostrato interesse per le arti orientali: il gusto degli esotismi, che si affermava a Firenze intorno al 1470-80, e che dava una particolare sfumatura perfino allumanesimo dellAccademia, ha trovato in Leonardo piena risonanza. Il drago, la battaglia fantastica, il paesaggio visto dalla luna, i paesaggi geologici hanno equivalenti solo nella pittura cinese; lintreccio senza fine ha precisi rapporti con gli ornati mussulmani76. Ci troviamo qui di fronte a un aspetto della personalit di Leonardo difficile da precisare. Ma questa disponibilit agli esotismi77 appare come un estendersi delle sue curiosit giovanili; lidea di un universalismo di questo tipo si trova nelle correnti di pensiero pitagorica ed ermetica. in questo senso che Leonardo ha composto a poco a poco la sua figura e che la sua leggenda ha preso forma.

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3. La tragedia di Michelangelo: il trionfo di Saturno.


Molti lo tengono per orgoglioso, altri per eccentrico e pazzo. (condivi).

Michelangelo stato, in un certo senso, lultimo fiorentino. Egli compendia in s tutte le generazioni e tutti gli aspetti della citt toscana. Ne ha raccolto e vissuto le contraddizioni in tutti i campi78. Protetto dai Medici, rest tutta la vita legato a loro; Lorenzo di Pierfrancesco lo appoggiava intorno al 1500; Leone X e Clemente VII lo fecero lavorare per loro. Tuttavia egli nutriva un certo fanatismo repubblicano; torn a Firenze quando nel 1502 fu restaurata, a opera del Soderini, la Signoria ed ebbe una funzione politica di primo piano nella crisi finale degli anni 1528-30, che mise la Repubblica di fronte alle forze dellimpero e del papato79. Abbandon la citt natale quando questa ebbe perso del tutto la sua indipendenza. La sua cultura piena di elementi che difficilmente si riesce a conciliare. Uscito a quindici anni dalla bottega del Ghirlandaio, fu ammesso nella cerchia di Lorenzo, benvoluto da questi, e conobbe nel giardino di San Marco Bertoldo; alla tavola di palazzo Medici pot conversare con il Poliziano e il Landino. In pieno Cinquecento egli ha conservato i ricordi di unaltra epoca, in cui larte antica, Dante, lumanesimo neoplatonico erano fonti inseparabili. Aveva 20 anni al momento della crisi piagnona. La sua reazione fu quella di fuggire. Michelangelo non pu dunque passare per un seguace del frate, bench gli antichi storici abbiano rilevato limpressione provocata sul suo spirito dalla predicazione del Savonarola che egli ha potuto sentire prima del 1494 e poi per qualche mese nel 149680. Cinquanta anni dopo il martirio del frate seguir con interesse il movimento della riforma catto-

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lica nel circolo della marchesa di Pescara, dove riviveva qualcosa della mistica del riformatore81. Ma per tutto il periodo intermedio Michelangelo rester legato ai rappresentanti dellumanesimo platonico come gi era stato con il Poliziano e il Landino prima del 1494. Nel 1519 fu uno dei firmatari della petizione inviata a Leone X dallAccademia platonica rediviva per chiedere il ritorno delle ceneri di Dante a Firenze. Uno dei membri di questa istituzione era Francesco da Diacceto. Quando si fu definitivamente stabilito a Roma, dopo il 1534, lo scultore entr in contatto con vecchi allievi del Diacceto; nel dialogo del Giannotti, in cui figura come unautorit sui problemi danteschi, uno dei suoi interlocutori Francesco Priscianese, che nel 1544 pubblicher il Convito di Platone con il commento del Ficino82. Queste frequentazioni sono indizi sicuri. Nel 1519 il Diacceto era stato scelto dal cardinale Giulio de Medici per pronunciare lorazione funebre di Lorenzo duca di Urbino. Questo discorso, che ebbe un vivo successo, ci noto: richiama le orazioni devote degli umanisti di Careggi nelle confraternite quattrocentesche, almeno nel senso che unisce ad alcuni elogi personali unesposizione della dottrina platonica su luomo-compendio del mondo e sullimmortalit dellanima, cio lo stato di pura contemplazione raggiunto mediante la separazione finale dal corpo caduco83. Appare naturale ritrovare questi temi nel concetto della cappella Medici: la loro stessa combinazione e larticolazione che ad essi ha dato lartista rivelano la fonte umanistica. La tomba di Giulio II, come era stata concepita nel 1505, e la volta della Sistina erano, per cos dire, la dilatazione romana di questi temi. Nella cappella di San Lorenzo si avverte un ritorno ai tipi fiorentini e insieme laccentuazione del terna della Resurrezione84. Larchitettura riprende quella attigua del Brunelleschi, ma le membrature rinforzate e quelle rilevate dagli elemen-

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ti di pietra serena vengono ad accrescere la tensione dellorganismo. Le tombe parietali dei due duchi richiamano i monumenti parietali del Quattrocento, ma i vari piani diventano per cos dire delle zone distinte abitate da forze che le figure sovrapposte rendono esplicite. Secondo le convinzioni di Michelangelo i duchi dovevano essere innalzati a tipi: le armature richiamano indubbiamente il titolo di patrizi romani ottenuto dai capitani nel 1513, ma nellinsieme incarnano due forme ideali dellumanit: il gioviano attivo e il saturnino contemplativo. Al di sotto di loro le quattro allegorie del tempo conferiscono un valore universale allopera e scoprono nello stesso tempo gli atteggiamenti e i tormenti dellanima umana sottoposta al corso della durata. Per la prima volta il senso dellinfelicit e dellinquietudine umana si rivela nella torsione delle forme e nellinstabilit delle pose. Figure di fiumi erano previste sotto lo zoccolo delle tombe. I Prigioni del mausoleo di Giulio II hanno potuto essere considerati volta a volta come dei prigionieri o simboli delle Arti; analogamente ci si chiesto se i fiumi delle tombe medicee fossero allusioni ai fiumi dellAde (il che verrebbe a indicare in stile neoplatonico la zona inferiore del mondo, il regno infernale delle passioni al di sopra del quale si trovano i duchi) o invece se non rappresentassero semplicemente il Tevere e lArno, considerati come emblemi dellautorit temporale dei Medici. Questi valori simbolici forse non si escludono lun laltro e la pratica del doppio senso, consueta in Michelangelo, consiglia piuttosto di fondere le opposte interpretazioni che non di scegliere tra di esse. Al di sopra dei monumenti erano previsti dei dipinti, con una doppia figurazione del Serpente di bronzo e, in una terza lunetta, la Resurrezione di Cristo di cui rimangono dei superbi disegni85. Gli avvenimenti del 1527-30, la crisi politica, le difficolt della Chiesa, le sconfitte personali dovevano aggra-

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vare in Michelangelo il senso dellinfelicit della condizione umana e delle sue inesplicabili contraddizioni. Ma il desiderio di rappresentarne in qualche modo la totalit in unopera immensa lo sostiene ancora nel Giudizio finale. Il confronto con la volta della Sistina basta a dimostrare quanto Michelangelo abbia risentito del pessimismo del Rinascimento dopo averne magnificato le fiduciose aspirazioni. Come aveva fatto nel 1500 il Signorelli, egli issa lo spettacolo dei Nuovissimi al di sopra di una generazione inquieta. Ma conforme a un atteggiamento che, tutto sommato, deriva dalla sua formazione fiorentina e dai suoi legami con lumanesimo, laccento posto volta volta sulla universalit della tragedia (di qui la struttura cosmica dellopera) e sui movimenti particolari dellanima, di cui vengono rappresentati tutti gli aspetti, dallabbrutimento allestasi. La struttura architettonica della Sistina scompare. Le figure sono proiettate in uno spazio vuoto e senza profondit; sono prese in un vasto turbine circolare il cui centro rappresentato da Cristo86. Il movimento si impone nella forma elementare di un soffio vorticoso. La sua rotazione irresistibile trascina forme pesanti che sembrano ancor pi appesantite dai colori lividi e dai contrasti elementari dellaffresco. Tuttavia il motivo ascensionale, la liberazione dal peso assume tutto il suo valore poetico: portato al fortissimo, come in un canto corale al massimo della sua sonorit. Nella parte di sinistra lessere sfugge alle potenze del male che si vedono nella caverna centrale, nella parte bassa del dipinto: questa non la bocca dellinferno, ma lantro della materia e delle fatali illusioni terrestri. La gheenna infatti accennata a sinistra mediante il bagliore rossastro che appare al di l della palude che Caronte sta attraversando. Una delle figure pi belle e pi significative dellinsieme indubbiamente lanima ancora ripiegata sui suoi enormi muscoli, coi piedi legati che mirabilmente

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si leva verso lalto con il volto divorato e sbiancato dallestasi. Nella sua lunga e impressionante vecchiaia Michelangelo mostrer sempre pi chiaramente i due impulsi fondamentali del suo genio: il senso dellenergia celata nelle forme dellarte, che ispira la sua opera darchitetto, e lansia della salvezza eterna, volta a volta favorita e ritardata dalla passione per la bellezza, di cui traboccano le sue poesie. Nei progetti per la facciata di San Lorenzo, il cui punto di partenza erano i modelli del Sangallo, nel vestibolo della Laurenziana, nel complesso del Campidoglio, gi fino alla cupola di San Pietro, egli insiste in misura via via maggiore sugli elementi in contrasto e sulla tensione che ne deriva; larchitettura si carica di effetti drammatici nuovi, a volte anticlassici, mentre viene sempre pi ingigantendosi87. La sua poesia invece trae ispirazione quasi esclusivamente dal suo disagio interiore. Poesie ne aveva sempre scritte. Il Condivi racconta anche che per tutto un periodo non fece che leggere i poeti e fare sonetti88. Ma la sua attivit poetica si fa nutrita soprattutto dopo il 1534. Essa non deve essere considerata come una produzione a s stante. In pratica come il diario della vita affettiva dellartista in stretto rapporto con le ossessioni e le emozioni della sua vita creativa. Sonetti e madrigali sono pieni dechi della tradizione toscana, di Dante, Petrarca, Lorenzo, ma con un continuo sforzo verso unespressione nuda che si fa strada tra forme e immagini involute e spesso concettistiche89. Le antitesi convenzionali, ad esempio quella del fuoco e del ghiaccio, abbondano. Ma attraverso le formule, che Michelangelo non si preoccupa di rinnovare, si delinea un giro di idee chiave ben significativo. Locchio reca la folgorazione della bellezza, lo spirito ne attende la liberazione dai suoi tormenti, ma la mano deve mettersi allopera perch la materia ceda infine allideale90: questo in

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certo senso il segreto di tutto Michelangelo. Certe invenzioni burlesche rivelano una robusta vena dhumour, che contraddice e insieme completa quellangoscia della gravezza materiale e quellaspirazione alla resurrezione spirituale che sono per cos dire i dati immediati del pensiero dellartista. Si pertanto tentati di raccogliere i tratti fondamentali della sua personalit intorno a una confessione come questa:
Nemico di me stesso Inutilmente i pianti e sospir verso91.

che colloca immediatamente Michelangelo nella stirpe psicologica, nellethos della malinconia saturnina; egli per vi entra con lo stile eroico. La personalit di Michelangelo ha lasciato i suoi contemporanei pieni di incertezza e sorpresa92. Nessun artista pi di lui stato oggetto di commenti, n ha provocato nei suoi ammiratori pi impaccio. Tutti riconoscevano che superava la misura comune. Era considerato un autore difficile; poi che Michelangelo non vuole che le sue invenzioni vengano intese, se non da pochi e dotti, io, che di questi pochi e dotti non sono, ne lascio il pensiero a lui, scrive, non senza un sottinteso polemico, Ludovico Dolce nel dialogo LAretino93. Ben presto si introdurr Michelangelo come interlocutore di dialoghi, la cui fedelt certo relativa, ma dove brillano espressioni che non possono essere state inventate dai commentatori94. Il Vasari e il Condivi si contenderanno lonore di essere i suoi veri interpreti95 e forniranno spiegazioni diverse delle opere pi celebri. Lo storico deve tener conto di questa oscurit, spesso voluta, di Michelangelo: se limita le possibilit di una retta esegesi, essa offre per unindicazione preziosa per il suo ritratto. La bellezza era per Raffaello la promessa stessa della felicit, per Leonardo il segno del mistero; per Michelan-

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gelo diviene principio di tormento e sofferenza morale. Nessuno pi di lui ha portato alle ultime conseguenze lintuizione, affermata con tanta chiarezza dai neoplatonici fiorentini, che lattrazione della bellezza, grazie al movimento dellamore che si ripercuote in tutto lessere, lo stimolo creatore per eccellenza, lunico degno di unanima nobile. Ma nessuno pi di lui ha vissuto in modo pi doloroso la difficolt di disgiungere la bellezza dalle forme sensibili e di sublimare pienamente lamore96. Egli sa andare fino alle ultime conseguenze della regola che vuole che lopera darte risponda a un concetto elevato: donde lorrore per il paesaggio al modo fiammingo, ammasso di particolari senza ordine, senza musica, e il disprezzo per il ritratto che non si giustifica se non quando il modello limmagine stessa della bellezza97. Larte deve tendere unicamente alla manifestazione di questa; ogni altro scopo sarebbe unirrisione. Il lavoro ha senso solo quando aspira con una foga e una esaltazione incredibili alloggetto pi sorprendente. Ma, caduto il furor, sopravviene il dubbio e lartista sinterroga sulla purezza delle sue aspirazioni. Le stesse idee che alimentavano la sua fiducia possono ora fomentare il suo tormento. Ecco quindi lidea strana ma essenziale (lascito diretto dei neoplatonici fiorentini) che larte preesista non solo nel concetto che stimola e accende lartista, ma anche nella materia, nel blocco di marmo che rinchiude la statua. O almeno, il procedere dellartista tale che egli non pu concepire le cose altrimenti. ci che afferma la quartina tante volte illustrata:
Non ha lottimo artista alcun concetto Chun marmo solo in se non circonscriva Col suo soverchio, e solo a quello arriva La man che ubbidisce allintelletto98.

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Il Varchi nella sua esegesi si sforza di enucleare, in modo forse un po greve, il concetto: Tutte le cose che tutti gli artisti possono fare si trovano non solo in potenza nei... materiali con cui fanno le loro opere; esse vi sono anche nella forma pi perfetta che si possa immaginare. Egli vede il rapporto con la filosofia dellamore che proietta nellanima altrui la vita di colui che ama, ma non il punto di partenza filosofico dellidea che lega la liberazione della statua alla interiore dellartista99. Michelangelo non amava quelli che lavoravano troppo rapidamente, come se nella grande abilit ci fosse un segno irrimediabile di leggerezza. Egli faticava sul marmo: alcuni rari testimoni ci hanno informato della violenza spaventosa con cui laggrediva. Lideale della forma pura richiedeva che questa fatica non trasparisse e lartista si preoccupava di cancellarne tutte le tracce. In questo egli tornava allatteggiamento dellartigiano per cui loggetto deve essere finito, tornito, senza strappi, nonostante limpeto della sua natura. Insomma egli viveva nel suo lavoro tutte le contraddizioni: il concetto, una volta colto dallo spirito, richiederebbe una realizzazione immediata; in realt invece lopera non si realizza se non attraverso calcoli fastidiosi, fatica, riprese e uno snervante controllo dei mezzi; ma lo sforzo supremo dellarte richiede che venga cancellato il ricordo di queste difficolt100. In questo spirito Michelangelo distrusse periodicamente se stesso e fece bruciare poco prima di morire, nel 1564, una gran quantit di studi preparatori. I disegni di soggetti mitologici, destinati a amici, da lui realizzati tra il 1520 e il 1540, costituiscono una categoria a parte: sono opere complete in s. Dopo il 1540 egli ebbe sempre pi la tendenza a considerare alla stessa stregua i suoi disegni mistici101. Nelle botteghe esercitate alla pratica dellaffresco, era opportuno prepararsi lungamente con disegni precisi

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allesecuzione dellopera che doveva essere rapida. Ma esiste una differenza sostanziale tra la pittura e la scultura: la prima, una volta pensato il disegno, non offre la stessa resistenza diretta che presenta invece la scultura realizzata direttamente nella pietra. Si esige nei due casi unattenzione di carattere assai diverso: nel caso della scultura si ha un urto muscolare umiliante con la materia inerte. Ci si viene a trovare in una posizione insieme pi bassa e pi alta della condizione umana: n c posizione intermedia. A questa particolare situazione dello scultore ritornava di continuo la riflessione di Michelangelo: gli sembrava che ponesse lartista nel cuore stesso della realt. E da questo punto di vista si comprende meglio linteresse che Michelangelo nutriva per il non finito. Era troppo cosciente delle caratteristiche particolari del lavoro per non avvertire quanto il frammento allo stato dabbozzo valorizzi le parti finite. Ne aveva fatto lesperienza nel Tondo Doni: qui il particolare non finito sottolinea la perfezione delle forme realizzate a pieno. Ma rimaneva da scoprire la particolare risonanza delle parti non compiute. In un caso come il Crepuscolo un valore pi generale viene ad aggiungersi a quello puramente artistico del non finito: in base alla proiezione simbolica per la quale la statua come prigioniera del blocco, il lavoro dello scultore viene ad essere opera di liberazione. Lartista non ha ritenuto di tradire il suo concetto lasciando la figura a quello stadio imperfettamente svelato, che non fa che approfondire lidea102. In un Dialogo, scritto nel 1549 per sostenere la superiorit della scultura sulla pittura, un ammiratore di Michelangelo, Antonfrancesco Doni, descrive una figura meditativa e solitaria seduta fra i marmi, che fa immediatamente pensare alla Melancolia del Drer103. Michelangelo aveva fatto della sua arte una sorta dascesi, nella quale un lavoro ingrato esigeva ogni sacrificio e

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determinava a volte un comportamento fuori del comune. Tutti i contemporanei hanno notato il suo gusto della solitudine e del ripiegamento su di s: si difendeva dagli altri. Aveva orrore della conversazione degli importuni. La sua sferzante risposta a Leonardo allimbocco di Ponte Santa Trinit una tipica reazione di diffidenza. Anche Raffaello ebbe a lagnarsi delle sue insolenze impulsive e trov per lui lepiteto di solo come un boia, che venne a confermare la reputazione che gi Michelangelo aveva. Questi a volte se ne rallegrava, a volte se ne doleva: Sono sempre solo e non parlo ad alcuno, scrive a Leonardo Buonarroti104. Vi vede una fatalit che accetta. il comportamento tipico del vir melancolicus descritto dai medici ed elevato dal Ficino, nel suo De vita triplici al superiore livello dellantropologia, dato che, secondo lui, la condizione naturale del musarum sacerdos105. Michelangelo andava soggetto a fobie, a crisi di disperazione, a rivolte brutali, di cui tutti i cronisti ci hanno riferito i particolari. Aveva anche presentimenti e visioni106. Altro tratto tipico del saturnino la tendenza agli accessi di humour sarcastico, abituali in Michelangelo. Amava le enormi fantasie burlesche, come ad esempio quella del gigante a forma di torre da lui immaginato per Firenze e che sta sulla stessa linea dellaltra delle rocce di Carrara scolpite in forma di visi umani. Trattava anche se stesso con uno spirito feroce, come quando si descrive ingobbito dopo i mesi passati sui ponti della Sistina. E se raffigura il proprio viso, lo fa prestando la sua fisionomia alla testa di Oloferne o alla maschera caricaturale posta dentro la pelle vuota esibita da san Bartolomeo107. dunque lecito annettere un valore preciso alla poesia in cui Michelangelo esplora con una strana asprezza e grande abbondanza di immagini scatologiche, dorigine bernesca, il mondo desolato e grottesco di cui si sente prigioniero:

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I sto rinchiuso come la midolla Ne la sua scorza, qua povero e solo, Come spirto legato in unampolla...

Circondato da gigantesche lordure, un calabrone nel cranio, dei ragni negli orecchi, lanima inerte:
Di penne lalma ho ben tarpata e rasa

le sue poesie buone per servire da carta al droghiere o peggio ancora, egli si affida interamente allassurdo della sorte e non trova altra uscita che ruminare nella sua mente il sarcasmo e la disperazione:
La mia allegrezza la malinconia E il mio riposo son questi disagi108.

Siamo agli antipodi delle invenzioni formidabili come quella di scolpire le montagne e sfidare la natura. Lethos del saturnino ignora posizioni intermedie. su questi dati che si costituita la sua figura storica. Il Vasari lo presenta senza dubbi come lartista supremo inviato dalla Provvidenza sulla terra. Il biografo non ha esitato a cercare negli astri le cause di questa nascita quasi miracolosa: lesempio di Michelangelo ha rivelato in forma perentoria agli uomini del Rinascimento che il genio un dono del cielo109. Ma questi doni universali hanno come rovescio la solitudine interna e un drammatico isolamento. Allorch raccoglie lessenziale nei due concetti dei pensieri alti e della maniera difficile lo storico in pratica svolge la stessa idea. Sembra daltronde che Michelangelo sia stato assai presto raffigurato come un malinconico110. Unincisione attribuita a MarcAntonio lo rappresenta pressa poco allet di venti anni, seduto nel vano di una porta, dove spic-

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ca di profilo e addormentato, con la testa appoggiata sul braccio111. sotto le apparenze di Eraclito, il pensieroso, seduto su un masso, il viso appoggiato al pugno, che Raffaello lha inserito nella Scuola dAtene. Il Lomazzo gli riserver un posto privilegiato sotto il segno di Saturno nel suo Tempio della pittura. La terribilit di Michelangelo in tutte le sue manifestazioni risponde esattamente a quel quadro psicologico che il ricorso allidea del saturnismo, elaborata dallumanesimo platonico, permette di definire.

4. Let delle accademie. Alla fine del Quattrocento Firenze con i suoi storici, i suoi teorici, i suoi filosofi, o anche semplicemente con le consuetudini nate dalla discussione pubblica delle opere, aveva una sorta di critica darte pi progredita di quella delle altre citt italiane. Non sar pi cos nel Cinquecento; allora, a fianco dellopinione dei fiorentini, conta anche quella degli ambienti veneziani e romani, divenuti pi coscienti e avvertiti. Grazie alla cerchia di Bramante e di Raffaello, grazie al Castiglione e ai suoi amici, grazie agli archeologi vitruviani, la citt pontificia si assicurata, a partire dal 1515-30, una durevole autorit. Essa contende a Firenze il titolo e la funzione di capitale delle arti: Michelangelo insomma pu essere rivendicato da Roma; e alla sua morte, nel 1564, i fiorentini poterono temere di perdere, come gi era avvenuto per Dante, le spoglie del grande uomo. Di qui tutta la vicenda dei funerali del 1564 che segnarono la rivincita di Firenze su Roma112. Sulla met del secolo gli storici toscani si preoccuparono di riaffermare la priorit della loro citt in fatto darte e di cultura. Con lattivit di amatori come MarcAntonio Michiel e il gusto sicuro di personalit acute come lAretino, Vene-

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zia maturava dal canto suo un suo clima originale; la gloria dei suoi maestri sar validamente sostenuta non da storici, ma da trattatisti e polemisti. Questi difendono la poetica del colore contro il prestigio del disegno, come dono proprio di Venezia; ma per questa strada sono portati ad affermare il valore della grazia, della soavit, del non so che, che innalzano la pittura al livello della poesia. Infine la letteratura artistica di Venezia insister pi dogni altra sulla libert del genio contro la tirannia delle regole113. Si compie cos, a partire dal secondo quarto del secolo, una evoluzione in cui Firenze viene per un momento sopraffatta da Venezia. Ci si pu chiedere se questa ideologia avrebbe potuto costituirsi senza la diffusione dellumanesimo platonico, che alla fine del Quattrocento ha coinciso con il risveglio del mondo veneziano alle lettere e alle scienze114. Unopera come Il sogno di Polifilo, che ebbe una importanza decisiva per il maturarsi del gusto degli amatori di Bellini e di Giorgione, tutta piena di motivi toscani115. La funzione di Bernardo Bembo, ambasciatore di Venezia a Firenze nel 1475 e corrispondente degli umanisti toscani, i legami di Aldo Manuzio e del suo gruppo con il Ficino e la sua Accademia, sono ben noti. Tuttavia la letteratura veneziana rivela tendenze originali nel campo dellestetica e in quella che si continuato a chiamare la filosofia dellamore. In entrambi i casi i dotti e gli uomini di mondo si incontrano. Si costituiscono dei circoli che imitano alla lontana quello dellAccademia. Di qui, con gli Asolani di Pietro Bembo, pubblicati nel 1505, esce un tipo di trattato in cui alcuni concetti cortesi, alcuni elementi di pedagogia platonica danno forma a un mondo dominato dal sentimento e dal sogno. Le opere del Pacioli si pubblicano anchesse a Venezia, la Divina proportione nel 1509: esse rappresentano il punto di partenza per studi, che saranno numerosi, sulle proporzioni nella figura o nella architettura, ad esempio

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quello di F. Sansovino sullEdifizio del corpo humano (1550). Il De harmonia mundi totius di Francesco Zorzi Veneto (1525) rappresenta in questo processo la tappa indispensabile del pitagorismo pi deciso e astruso. La rivalit intellettuale tra Venezia e Firenze non d luogo solo alla concorrenza di certi gruppi, ma, cosa pi sostanziale, alla crescente opposizione di due sensibilit che orientano in modo diverso una cultura comune. Allepoca del granducato i fiorentini hanno scelto piuttosto la via di Roma. Il Vasari ad esempio scriver, non senza una punta di gelosia, nella Vita di Cristoforo Gherardi, che non conveniva fermarsi a Venezia, dove non si tenea conto del disegno, n i pittori in quel luogo lusavano: senza che i pittori sono cagione che non vi sattende alle fatiche dellarti, e che era meglio tornare a Roma, che la vera scuola dellarti nobili, e vi molto pi riconosciuta la virt che a Venezia116. In realt Firenze si era messa per una via nuova con listituzione dellaccademia, che sembrava ai fiorentini utile a sostenere la nobilt dellarte. Il termine accademia indicava in genere ogni accolta di belli spiriti: lo si trova per la prima volta, sembra, riferito a un gruppo di artisti in una incisione di Agostino Veneziano del 1531, intitolata Accademia dello Belvedere117. Nella seconda edizione delle sue Vite il Vasari nel 1568 user il termine, in modo del tutto anacronistico, a proposito della Scuola del Giardino di San Marco, alla quale aveva gi fatto cenno nella prima edizione del 1550. Il fatto che nel frattempo, nel 1563, era stata fondata, sotto legida del pittore-architetto-storico, lAccademia del Disegno, che riuniva tutti gli artisti di qualche nome del granducato, con intenti dottrinari e eruditi, analoghi, nel campo delle arti, a quelli dellAccademia fiorentina presieduta da Benedetto Varchi (1541) nel campo delle lettere118. Questa propugnava la difesa e illustrazione della lingua toscana, laltra quella delle arti. La conver-

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genza delle due istituzioni palese. Esse segnano la conclusione di un processo tendente ad assicurare agli artisti come ai letterati una sorta di stato sociale per sottrarli definitivamente al mondo delle arti meccaniche; esse assolveranno allesigenza di costituire in vera e propria dottrina i princip dellarte. E grazie a questo paziente lavoro, i grandi temi dellumanesimo platonico trovano la loro cristallizzazione dottrinaria. I princip della vita intellettuale e dellattivit artistica, propugnati in passato a Careggi, si affermano definitivamente nel clima del manierismo119. Cos avverr per i princip di Eros, di Ermete, di Saturno, che ormai sono divenuti correnti nel mondo delle arti. Le accademie sul genere dellAccademia fiorentina del 1541 non erano dei centri di studi filosofici, ma nei loro esercizi letterari, la dottrina dellamore e quindi i richiami platonici avevano un posto rilevante, soprattutto a Firenze. Fin dagli inizi ci si richiam a Dante, Petrarca, e i platonici. Benedetto Varchi pronunci nel 1541 una memorabile conferenza su un sonetto di Michelangelo120. Queste manifestazioni coincidono con la pubblicazione o la riedizione di opere come Sopra lo Amore del Ficino nel 1544. I fiorentini in certo modo tornavano alle loro fonti; in contrasto con gli scrittori veneziani, essi tenevano ancora a una certa elevazione intellettuale in questi argomenti facilmente equivoci. Verso il 1532 un amico fiorentino di Michelangelo, Bartolommeo Bettini, ottenne dallartista il cartone di una Venere ignuda con Cupido che la bacia che avrebbe dovuto dipingere il Pontormo. Si trattava di completare la decorazione di una sala dove il Bronzino aveva gi dipinto Dante, Petrarca e Boccaccio con animo di farvi gli altri poeti che hanno con versi e prose toscane cantato damore. Fu questa loccasione per il famoso disegno del 1532-33 (British Museum)121. Questi poeti in versi e prosa erano certamente gi quelli che elencher

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Benedetto Varchi nel suo trattato De amore (composto nel 1541): Platone, Dante, Petrarca, Ficino e i neoplatonici122. Lambiente al quale lopera era destinata era una sorta di santuario profano dedicato allAmore, e Michelangelo ha rappresentato la divinit crudele di cui parlano i poeti: Venere sta distesa fra gli emblemi dellardore, del piacere e dellillusione, come la potenza ambigua del desiderio prigioniera del suo proprio tormento. Questa figura ferita ha una gravit dolorosa che risponde allaccento patetico delle poesie damore dellartista. Sul fondo di paesaggio contro il quale spicca, essa appare come la versione toscana del tipo veneziano. Nel 1529 Michelangelo era fuggito a Venezia, poi si era rifugiato a Ferrara presso Alfonso dEste. Per lui aveva dipinto la voluttuosa Leda, che alla fine sarebbe stata regalata ad Antonio Mini. Nel corso di questo viaggio lartista aveva indubbiamente visto le Veneri di Tiziano e quella di Giorgione. Ed ha trattato il soggetto con uno spirito cos diverso che la sua reazione sembra avere il valore di una critica. Il valore simbolico delle immagini (altra preoccupazione costante dellumanesimo) si appesantisce e si arricchisce grazie al nuovo sviluppo che assumono le iconologie, nelle quali larte diviene un veicolo esplicito e agevole del sapere. Firenze non e pi nel Cinquecento quel centro di esegesi allegorica che era stata al tempo del Poliziano e del Ficino e di cui Rabelais parla ancora nel prologo del Gargantua. Linteresse per Ermete Trismegisto, i Magi e le speculazioni connesse, tenuto in vita, agli inizi del Cinquecento da un discepolo di Ugolino Verino e del Poliziano, cio Pietro Crinito, in seno al gruppo degli Orti Oricellari123. La sua raccolta di curiosit e notizie erudite viene pubblicata nel 1504. Ma nel 1505 Aldo Manuzio pubblicava gli Hieroglyphica, gi noti allAlberti e al Ficino, e di cui un altro allievo del Poliziano, Pierio Valeriano, era diventato lo specialista.

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Tutta liconologia del Rinascimento si muover sulla scia di questa scienza sacra capace di divinarum humanarumque rerum naturam aperire124. La moda dei trattati dotti sullesegesi figurata del mito e la moda parallela, degli emblemi, che sono dei concetti paradossalmente tradotti in figura, fioriscono irresistibilmente nella prima met del secolo sulla base di queste dottrine. Tuttavia si trattava di cose difficilissime da coordinare. La ricchezza e la confusione delle fonti divenivano inestricabili. La Genealogia deorum del Boccaccio si fondava ancora sui princip dellesegesi morale; i testi recati dal Ficino e dai suoi amici, Proclo o Giamblico, lavevano largamente superata. Era necessario qualcosa daltro. Il lavoro fu compiuto, sulla met del secolo, da un complesso dopere, tra le quali spiccano soprattutto lHistoria de deis gentium del Giraldi (1548), la Mithologia di Natale Conti (1551), e, in volgare, le Imagini di Vincenzo Cartari (1556), colui che il Lomazzo raccomander agli artisti. La loro influenza sulle feste, la moda, le comuni immagini religiose e profane fu senza limiti125. Nessuno di questi autori fiorentino. Tuttavia tutte le fonti che avevano eccitato limmaginazione degli amici di Lorenzo vi si ritrovano e anche queste opere rappresentano la conclusione delle loro iniziative126. La dottrina platonica conserva fino allet classica una idea astrusa dellimmagine-simbolo127. Ma lelemento scientifico che serviva a equilibrarla, legando le figure del mito alla struttura del cosmo o ai segreti matematici, quasi completamente scomparso. Lumanesimo fiorentino aveva scoperto la tragedia del genio. Il principio stesso per il quale la contemplazione non significa riposo, non poteva che alimentare linquietudine dellet manieristica. La teoria del genio saturnino viene sviluppata, partendo dal De vita triplici del Ficino, da Cornelio Agrippa, il cui De occulta philosophia appare nel 1531; questopera ha una diffusione

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vastissima128. Essa assilla innumerevoli artisti e tra questi il Pontormo non degli ultimi. Unillustrazione ossessiva di essa rappresentata dallesempio di Michelangelo; combinata con lidea dellispirazione, forza incontrollabile dello spirito, essa ricorda alle Accademie che esiste unintuizione superiore alle regole, un segreto che sfugge alle dottrine. Questo privilegio i veneziani laccorderanno spontaneamente allartista. Per essi costituir la sua autenticit; la maggior parte dei critici e dei dottrinari delle Accademie vi sono sensibili solo attraverso lidea del genio. Ne risultano curiosi equivoci di linguaggio. Lidea che un pratico non , in quanto tale, portato alle cose dellarte mai come ora ha avuto tanto seguito. Il Cellini scriver, a proposito di Antonio da Sangallo, che fatalmente inferiore a Bramante e Michelangelo: per non essere stato n scultore n pittore, anzi maestro di legname solamente; per non si vide mai di lui nelle sue opere di Architettura una certa nobil virt, come s vista nel nostro vero Terzo [dei maestri citati], qual si pu domandare primo di tutti, Michelagnolo Buonarroti. Ci che rimprovera a Sangallo insomma di essere stato solo un architetto129. Siamo cos nel cuore stesso della dottrina accademica. Essa spiega la vita dellarte attraverso la giustapposizione (e non la connessione organica) di due idee: quella di regola o legge, definita dai canoni e dalle prescrizioni oggettive, e quella di una facolt originale, di una capacit di formare concetti, che lanima stessa dellartista. Essa tende ad esagerare la razionalit della prima e lirrazionalismo della seconda. In questo senso si fonda su una cristallizzazione artificiale e pericolosa delle formule platoniche dellepoca precedente130. Ne abbiamo ancora la prova nella definizione filosofica del disegno come principio di tutte le arti, per cui giunge a identificarsi senza residui allidea. Questa con-

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cezione che viene a insistere sul valore mentale dellattivit artistica, viene posta solennemente dal Vasari allinizio della sua opera: essa deriva dal suo amico Borghini che ha steso questa pagina nelle sue note131. Essa ora una dottrina comune. per difficile svilupparla fino alle sue ultime conseguenze: infatti legata alla nozione aristotelica dellesperienza, ma chiaramente porta su un piano troppo astratto il processo artistico. E si avverte il carattere arbitrario di questa idea, ogni volta che si deve arrivare fino allarticolazione concreta dei problemi. Era il momento in cui cominciavano le discussioni sul finito e il non finito. Il Vasari fino ad allora vi aveva prestato scarsa attenzione. Nella Vita di Luca della Robbia credette opportuno introdurre, nel 1568, una digressione significativa, in cui oppone il finito inutile di Luca allo stile abbozzato, ma pi efficace di Donatello. Cercandone una conferma nella letteratura, fa coincidere lo stile libero di Donatello con quello dellispirato, il quale ha da principio, come si dee avere, nella idea quello che vuol fare: tuttavia deve riconoscere il valore dei maestri diligenti, il Bembo ad esempio, che si affaticano a lungo per un risultato impeccabile, e in questo modo lanalogia vien meno132. Ancor meglio si vede come un certo linguaggio filosofico tenda a mescolarsi al frasario delle botteghe, nella polemica scoppiata sulla met del secolo circa i meriti rispettivi, della pittura e della scultura. Nel 1546 Benedetto Varchi pubblic le sue Due lezioni sopra la pittura e la scultura, ripubblicate poi nel 1549 con i risultati di una inchiesta svolta tra gli artisti pi noti di Firenze sui meriti propri delle due arti. Mentre il Pontormo e Michelangelo esponevano le difficolt dellarte loro, il Vasari e il Cellini, che erano i principali protagonisti della polemica, si dilungavano compiaciuti, luno sullinfinit della pittura, laltro sulla superiorit della scultura: con le sue otto vedute (due principali, sei accesso-

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rie) sulloggetto, questultima come il sole, di cui la pittura sarebbe la luna133. Linchiesta rispondeva a un problema di attualit: Paolo Pino aveva affermato nel 1548 che la pittura, arte liberale, propria allintelletto e agli huomini liberi non dava solo alla figura la forma dellessere, come la scultura, ma vi aggiungeva lornamento del ben esser integramente; Giorgione daltronde aveva dimostrato, nel suo famoso San Giorgio, che un quadro poteva contenere tutte le vedute possibili delloggetto. Lanno successivo la risposta fiorentina era venuta da Anton Francesco Doni che aveva sostenuto una posizione ispirata da Michelangelo: la scultura e la pittura sono come la verit e lombra. Non si deve confondere quel che della natura con quello che dellarte; lallegoria della pittura sar una donna sorridente e agghindata, quella della scultura una figura solitaria e pensosa seduta tra i suoi utensili e i frammenti della sua opera, insomma la Malincolia del Drer134. Nel Proemio alle Vite, pubblicato lanno dopo, il Vasari si sforza di concludere la polemica sviluppando una teoria comprensiva del disegno che , insieme, forma e idea, e principio comune di tutte le arti. In realt le fonti di questa disputatio accademica (o paragone) si trovano negli scritti degli inizi del secolo, nei quali si nota gi linfluenza dellumanesimo platonico. La polemica letteraria era stata proposta nel primo libro del Cortegiano (capp. 50-54), dove il conte Ludovico Canossa si fa difensore della pittura, arte di un maggiore artificio, contro Gian Cristoforo Romano, per il quale la scultura un lavoro maggiore, di un artificio pi squisito della pittura; e il conte ammettendo che manca alla pittura la terza dimensione, insiste sul vantaggio che essa trae dalla luce, dalla prospettiva, e da una sorta di pienezza espressiva135. Dal punto di vista tecnico tutti gli aspetti del problema erano stati sollevati

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da Leonardo nelle note in forma di dialogo (in parte raccolte nel Trattato) che mirano a dimostrare la divinit della pittura: questa possiede gli stessi attributi della scultura, rilievo, luci, con per unapertura pi vasta sulla natura, e un maggiore sforzo mentale136. Il maggiore impegno teorico posto dagli esponenti fiorentini e veneziani dellaccademismo, tutto sommato, non aggiungeva nulla a ci che era stato detto trenta o quaranta anni prima. Lapporto essenziale della cultura accademica sta nel bilancio che essa ha compiuto della storia prossima e remota. Si aveva la sensazione che la Rinascita fosse ormai compiuta: si doveva dunque descriverla. Il Vasari ha raccontato che lidea delle sue Vite era nata da una serata in casa del cardinale Farnese, in cui Paolo Giovio aveva raccontato la storia dei pittori moderni. Il favorito di Leone X aveva abbozzato una sorta di museo ideale che poi lo storico fiorentino ha realizzato nella sua cronaca. Nella sua villa sul lago di Como Paolo Giovio aveva composto una galleria di ritratti e la descrizione che lui stesso ne aveva dato (1546) laveva resa celebre. Essa comprendeva quattro sezioni: i poeti, gli umanisti, gli artisti, gli uomini di stato e i guerrieri; elogi avrebbero dovuto accompagnarli; fra gli artisti, solo quelli di Leonardo, Raffaello e Michelangelo, sono stati scritti137. Limpresa del Vasari stata pensata con una ampiezza e una capacit di organizzazione che ancora sorprendono. Gli aneddoti trovano un loro posto grazie alle considerazioni generali che inquadrano ogni vita; la successione stessa delle biografie obbedisce a quella che la struttura generale della storia. Non meno artificiale dello sviluppo dialettico di un hegeliano, questa ha la capacit di rendere comprensibile la folla delle opere e dei fatti. Indubbiamente le intenzioni del Vasari non sono riuscite a fondersi in unit: le analisi del conoscitore si giustappongono alle costruzioni dello storico, che non sempre si adeguano agevolmente alle idee

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madri. Si nota un conflitto abbastanza palese tra lidea biografica, che insiste sul genio e linquadratura generale delle et e fasi successive, che dovrebbe ordinare il tutto. Ma anche con queste ineguaglianze il Vasari conclude in modo superlativo un secolo di cultura fiorentina. Era la rivincita di Firenze sui centri romani e veneziani. Il continuo elogio dellarte toscana non poteva che rinfocolare i sentimenti di rivalit e a Venezia la sfida fu prontamente avvertita. Il Vasari, si sa, non fu lultimo ad approfittarne; se la seconda edizione aggrava in pi di un punto il malinteso nato dalle pretese accademiche, presenta anche degli ammorbidimenti notevoli. Le ragioni dello stile veneziano non sono riconosciute esplicitamente; comunque almeno ammesso, a proposito di Michelangelo, che lideale del disegno e il rigore fiorentino non rappresentino gli unici princip immaginabili. Michelangelo, scrive il Vasari, si preoccup della perfetta e proporzionatissima composizione del corpo umano... [e] ha lassato da parte le vaghezze de colori, i capricci, e le nuove fantasie di certe minuzie e delicatezze, che da molti altri pittori non sono interamente, e forse non senza qualche ragione, state neglette138. Ma a parte queste precauzioni, lopera ubbidisce essenzialmente, nel suo orientamento generale, al sentimento della funzione storica e quasi provvidenziale di Firenze nel mondo moderno. Nella fase decisiva del passaggio dallet di preparazione (il Quattrocento) allet dei risultati definitivi (il Cinquecento), cade il momento in cui Firenze ha saputo in un modo mirabile riunire lelevatezza degli spiriti, stimolati dallumanesimo, e lardore degli artisti: lepoca di Lorenzo, il secol doro di cui gi e cominciata la leggenda139.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze g. toffanin, Il Cinquecento, Milano 1929; e. garin, La filosofia, vol. II, Milano 1947. 2 p. o. kristeller, Ficino e Pomponazzi (1944), in Studies, 14; e id., Renaissance Platonism, in The Classics and Renaissance Thought, Cambridge (Mass.) 1955, cap. III. 3 e. garin, La filosofia cit., vol. II: la filosofia ficiniana e pichiana... dominava intimamente le nuove ricerche come una posizione acquisita di cui si trattava ormai di sfruttare la fecondit... (p. 2). Una bibliografia di questi problemi si trover in h. hauser e a. renaudet, Les dbuts de lge moderne, 4a ed., Paris 1956, I, cap. IV, e II, cap. IV (bibliografie rifuse da A. Chastel). 4 g. highet, The classical tradition, Oxford 1949, cap. VII: As Aristotles authority as a moralist and philosophe fell, his prestige as a literary critic rose; gi k. borinski, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie, Leipzig 1914, vol. I, pp. 215 sgg.; sul problema letterario: g. della volpe, Poetica del Cinquecento, Bari 1954. Sullo sviluppo dei trattati: a. blunt, Artistic theory cit., capp. VI, VII, VIII, e le osservazioni di m. menendez y pelayo, Tratadistas de bellas artes en el Rinascimento espaol (discorso allAccademia di San Fernando, 1901), in Estudios de Critica leteraria, vol. IV, Madrid 1907. 5 b. castiglione, Il Libro del Cortegiano (I, 37). 6 Marsile Ficin et lart cit., conclusione. 7 Questo collegare ognuna delle grandi figure dellarte a un principio della vita dello spirito sar sviluppato alla fine del secolo dal Lomazzo nella sua Idea del Tempio della Pittura (1590); le analogie qui indicate vi ritornano con tutte le implicazioni astrologico-filosofiche del concetto, nel capitolo X, dove descritta la forma dei nostri governatori. Cos il simbolo della colonna di piombo (Saturno) viene attribuito a Michelangelo: quella del primo fatta di piombo con cui si viene a mostrare la salda e stabile contemplazione in Michel Angelo Buonarroto fiorentino, il quale fu pittore, scultore, statuaro, architetto e poeta imitatore di Dante... (Sul piedistallo i cattivi esempi dello stesso genere: melanconici, tristi, ostinati, rigidi, bugiardi...); il simbolo di rame spetta a Raffaello: quella del quinto formata di rame, con la quale si accenna la gentilezza, la venust, la grazia e lamabilit di Raffaello... A Leonardo spetta loro che dimostra lo splendore e larmonia dei lumi in Leonardo Vinci fiorentino. Questa qualificazione si spiega col fatto che veniva collegato con Leonardo il principio del chiaroscuro; la sua definizione psicologica data altrove, nel passo che verr citato pi avanti, p. 518, dove si dice che Leonardo ricorda lantico Trismegisto e Prometeo. 8 h. dollmayr, Raffaels Werksttte, in Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen, xvi (1895), pp. 231-63. f. hartt, Raphael and Giulio Romano, with notes on the Raphael School, in The Art Bulle1

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze tin, xxvi (1944), pp. 67-94. Bibliografia su Raffaello, sopra, parte III, sezione V, cap. III. 9 o. fischel, op. cit., cap. XI (Raphal and Agostino Chigi). 10 v. golzio, Raffaello nei documenti ecc., Citt del Vaticano 1936. t. hofmann, Raphael und seine Bedeutung als Architekt, 2 ed., vol. IV, Leipzig 1914. 11 ficino, Opera, p. 781 (Disputatio contra judicium astrologorum). 12 Cfr. sopra, pp. 160-66; a. von salis, Antike und Renaissance cit., cap. VII (Die Villa Farnesina). 13 f. saxl, La fede astrologica di Agostino Chigi, Roma 1931. 14 Questi riquadri non sono di Raffaello: f. hermanin, La Farnesina, Bergamo 1927. 15 c. gamba, Raphal cit., p. 70; sullinterpretazione e le fonti: a. von salis, Antike und Renaissance cit., pp. 210 sgg. 16 c. gamba, Raphal cit., p. 109. Vien fatto di chiedersi come e. mntz, Raphal cit., p. 291, abbia potuto definirla linsieme pi armonioso di Raffaello. 17 Le Metamorfosi di Apuleio, dove la storia di Amore e Psiche raccontata da IV, 28 a VI, 24, proprio allora erano state ripubblicate con commento da Beroaldus (1500). a. michaelis, Zu Raffaels Psychebildern in der Farnesina, in Kunstchronik, 1888-89, pp. 1-4; a. von salis, Antike und Renaissance, pp. 197 sgg. 18 Cfr. sopra, pp. 210-11 e 269-72. 19 In Vaticano stesso il famoso bagno, la stufetta del cardinal Bibbiena, al terzo piano delle Logge (cfr. e. rodocanachi, Le pontificat de Lon X, Paris 1931, p. 236 e riprod. tavv. xxxv, xxxvi, xxxvii) e la loggetta attigua che stata di recente scoperta e restaurata (d. redig de campos, op. cit., cap. II [Una loggetta di Raffaello ritrovata in Vaticano]) sono vere e proprie ricostruzioni in stile pompeiano, eseguite dalla scuola di Raffaello. In tutte queste cappelle umanistiche si trovano i temi della mitologia dellAmore: Pan e Siringa, la nascita di Venere accordata alle immagini della vita cosmica: stagioni, pianeti. I piccoli riquadri son circondati di grottesche, e questo tipo di decorazione appare usato qui con pi scioltezza e leggerezza che nei complessi umbri, e trionfa contemporaneamente nelle Logge. a. von salis, Antike und Renaissance cit., pp. 37 sgg. 20 Sul disegno di Raffaello, alle opere gi citate occorre aggiungere le pagine di h. focillon, Raphal, Paris s. d. (1926). 21 c. gamba, Raphal cit., p. 46; lopera ha sofferto del trasporto su tela avvenuto nel 1803: e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello cit., p. 58. Numerose le copie del Seicento. 22 Per le molte discussioni sulla data (1513 o 1516) e la ubicazione iniziale dellopera nella chiesa di San Sisto a Piacenza: cfr. recente-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze mente m. alpatov, La Madonna di San Sisto, ne Larte, lvi (1957), pp. 1-26. 23 h. taine, Voyage en Italie, Paris 1886, e Philosophie de lart, vol. II, parte V (De lidal dans lart). 24 g. de ruggiero, Rinascimento, Riforma e Controriforma, 2 voll., Bari 1930. A proposito di Leone Ebreo, stato giustamente scritto: Questa disposizione estetica, essenzialmente contemplativa, era la pi adatta a far apprezzare larte dun Ariosto e di un Raffaello. Linsegnamento di Leone Ebreo rappresenta lo sviluppo completo della dottrina di Eros, maestro di bellezza, enunciata dal Ficino, ed attraverso Leone che essa giunger al grande pubblico. 25 vasari, Proemio, III; varchi, Lezioni, IV, e le testimonianze raccolte da f. mazzini, Fortuna storica di Raffaello nel Cinquecento, in Rinascimento, iv (1953), pp. 6-68. 26 Anonimo Morelliano, ed. T. Frimmel, Wien 1888, p. 20; e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello cit., p. 72. Sul ritratto Borghese liberato dalle ridipinture nel 1911: Ibid., p. 36. Vi si riconosciuto da certuni il poeta Serafino dellAquila. Sul ritratto di Monaco: c. volpe, in Paragone, n. 75, marzo 1956. Del 1506 lautoritratto molto ritoccato degli Uffizi. c. ricci, Raffaello, Milano 1920, cap. II (Il volto di Raffaello), pp. 108-18, studia gli altri ritratti di Raffaello. 27 v. golzio, Raffaello nei documenti cit., pp. 43-44: tanto naturale che egli non tanto simile a se stesso, quanto gli quella pittura. Il sonetto del Tebaldeo in u. renda, ne Il giornale dItalia, 17 gennaio 1911. Raffaello ha fatto nel 1516 anche il ritratto del Navagero e di Agostino Beazzano, ritratti ricordati presso il Bembo a Padova dallAnonimo citato sopra; si ammette generalmente che sia questo il doppio ritratto conservato alla galleria Doria: e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello cit., p. 64. 28 c. gamba, Raphal cit., p. 103, ha proposto di ravvisare come una copia del quadro di Raffaello il ritratto supposto del Tebaldeo agli uffizi; d. redig de campos, Dei ritratti di Antonio Tebaldeo, 1952, ne ha pubblicato un altro. Lidentificazione del quadro di Raffaello con un ritratto virile del Museo di Budapest proveniente dalle collezioni estensi stata di recente ripresa dal garas, Acta Historiae Artium, Budapest 1953; tuttavia lattribuzione a Sebastiano del Piombo appare assai pi verosimile (r. pallucchini, Sebastian Viniziano, Milano 1944) e lidentit dei modello non nota. Un altro ritratto del Tebaldeo, opera del padovano Gerolamo Campagnola segnalato da u. renda, Gerolamo Campagnola e Antonio Tebaldeo, in Memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena, viii (1909), App., pp. 67-72. 29 d. redig de campos, Dei ritratti ecc. cit., p. 52, e cfr. sopra, p. 498. 30 o. fischel, Raphal cit., p. 296.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello cit., p. 75; v. cian, Nel mondo di Baldassare Castiglione, in Archivio storico lombardo, lxvii (1941-42), ha affacciato lipotesi della medaglia. 32 c. gamba, Raphal cit., p. 42; il partito del ritratto moderno, scrive h. focillon, Raphal cit., p. 133. 33 h. taine, Philosophie de lart, ried. Paris 1921, t. VII, pp. 133 sgg., ha fornito, seguendo il Burckhardt, un brillante riassunto dellopera come introduzione al gusto del Rinascimento: ma il suo metodo lo porta a trascurarne le ripercussioni nel campo artistico; cos anche e. mntz, Raphal cit., cap. V (Raffaello a Urbino [1504]). m. luzi, Lillusione platonica e altri saggi, Firenze 1941, pp. 17-38; sul Castiglione platonico: e. bianco di san secondo, B. Castiglione nella vita e negli scritti, Verona 1941. Lo studio di e. loos, Baldassare Castiglione. Libro del Cortegiano, Frankfurt am Main 1955, sforzandosi di raccogliere secondo un certo ordine le qualit morali raccomandate dal Castiglione, costretto a rilevare il vanificarsi delle virt teologali e lo scarso valore annesso alle altre. 34 Cos a IV, 57: Io non vorrei che col dir mal della bellezza, che cosa sacra, fosse alcun di noi che come profano, e sacrilego incorresse nellira di Dio; ... dico che da Dio nasce la bellezza, ed come circolo di cui la bont il centro, non pu esser bellezza senza bont, onde rare volte mala anima abita bel corpo, e perci la bellezza intrinseca vero segno della bont intrinseca, e nei corpi impressa quella grazia pi o meno quasi per un carattere dellanima, per la quale essa estrinsecamente conosciuta; come negli alberi, ne quali la bellezza dei fiori fa testimonio della bont dei frutti. Raffaello dovette cos accettare di fare il ritratto a Giovanna dAragona (cfr. sopra, parte II, sezione II, cap. I, p. 303), ma fu Giulio Romano a recarsi a Napoli; il viso fu solo finito da Raffaello che, secondo a. venturi, ne Larte, 1926, pu anche aver ideato la posa e la composizione. 35 Cfr. pi avanti, pp. 529-30 e 533. 36 e. panofsky, Idea cit., p. 95 e n. 138. 37 La lettera, citata da e. mntz, Raphal cit., pp. 283-84, riprodotta in f. berence, Raphal ou la puissance de lesprit, Paris 1936, p. 285; e. panofsky, Idea cit., pp. 32-33. 38 o. fischel, Raphals Zeichnungen cit., VI, nn. 277, 281, 286 ecc. a. zazzaretta, I sonetti di Raffaello, ne Larte, xxxii (1929), pp. 7778 e 97-106. h. grimm, Das Leben Raffaels, 6 ed., Berlin 1927, t. I, p. 373, ha rilevato che il primo verso ne ripete uno del pulci, Morgante Maggiore, II, 108: e se Paulo gia vide arcana Dei. La visione di san Paolo un motivo familiare ai fiorentini. 39 Il Cortegiano: Se adunque le bellezze, che tutto d con questi nostri tenebrosi occhi veggiamo nei corpi corruttibili, che non son per altro che sogni ed umbre tenuissime di bellezza, ci paion tanto
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze belle e graziose, che in noi spesso accenden foco ardentissimo e con tanto diletto, che riputiamo niuna felicit potersi agguagliar a quella che talor sentimmo per un sol sguardo che ci venga dallamata vista duna donna, che felice maraviglia, che beato stupore pensiamo noi che sia quello, che occupa le anime che pervengono alla visione della bellezza divina! che dolce fiamma, che incendio suave creder si dee che sia quello, che nasce dal fonte della suprema e vera bellezza!... come il foco materiale affina loro, cos questo foco santissimo nelle anime distrugge e consuma ci che v di mortale e vivifica e fa bella quella parte celeste che in esse prima era dal senso mortificata e sepulta. Questo il rogo, nel quale scrivono i poeti esser arso Ercule... (IV, 69). 40 o. fischel, Raphal cit., p. 311; la Fornarina della leggenda stata identificata dallAstolfi, in Nuova Antologia, 1952, in una senese, Margherita di Francesco Luti. Il ritratto della Galleria Borghese sarebbe solo opera (forse una copia) di Giulio Romano. e. camesasca, Tutta la pittura di Raffaello cit ., p. 70. Con maggior fondamento c. ridolfi, in Archivio storico dellarte, 1891, ha riconosciuto la Fornarina nella Donna velata della Galleria Pitti (c. 1516). 41 Si conosce la decorazione della sua piccola villa al Pincio oggi scomparsa da alcuni frammenti conservati alla Galleria Borghese. Soggetto ne era la celebrazione dellamore; lesecuzione non di Raffaello, sua pu essere stata la scelta dei motivi, come lordinamento allantica e forse anche i disegni. t. hofmann, Raphael als Architekt, t. II, Leipzig 1902, cap. VII (Villino Raffaello vor Porta Pinciana), p. 137; a. von salis, Antike und Renaissance cit., p. 48. Uno dei motivi, derivati direttamente dalla volta allora appena rimessa in luce della Domus aurea di Nerone, rappresenta in un medaglione ovale di stile pompeiano cinque arcieri che prendono di mira unerma. Era unallegoria del desiderio, concepita in termini neoplatonici come espansione dello spirito divino che dirige le creature, come un arciere, verso il bersaglio: Ficino, Theologia platonica, XIV, cap. VIII, Opera, p. 318. Il paragone ritorna di passata in una lettera allAlamanni, Opera, p. 717; pico, Comento ecc., II, 2; questultimo citato da e. panofsky, Studies in Iconology cit., p. 227, a proposito del disegno famoso di Michelangelo, i saettatori, dei quali il cupido addormentato a destra e gli altri due che soffiano sulla fiamma a sinistra mettono in evidenza il valore di allegoria erotica: r. frster, Tizianos himmliche Liebe und Michelangelos Bogenschtzen, in Neue Jahrb. fr dar klass. Altertum, xxxv (1915), pp. 573 sgg., ha indicato una fonte accessoria nel Nygrinus di Luciano. 42 Su questa forma dellamore, principio dellAccademia: p. o. kristeller, Volont e amor divino in Marsilio Ficino, in Giornale critico della filosofia italiana xix (1938), pp. 208-13. 43 o. fischel, Raphal cit., cap. XVI (Personality).

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vasari, ed. Milanesi, IV, p. 377. Ibid., p. 36. 46 Citato da u. middeldorf, Raphaels Drawings, New York 1945, p. 6, in unintroduzione che fornisce numerose indicazioni sulla gloria di Raffaello. w. wauscher, Raffaello Santi da Urbino, Kbenhavn 1919, trad. ingl., London 1926, cap. finale (Raphaels Name in History). 47 Nei medaglioni di un soffitto della via di Baldassare Turini, costruita a Roma allepoca stessa di Raffaello, o. fischel, Raphal cit., p. 300, segnalava Dante, Petrarca, Ficino e Raffaello; si tratta in realt di Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso (?), secondo t. steinby, Villa Lante, Helsingfors 1953, p. 62. 48 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 21; a. chastel, Lonard par luimme, Paris 1952, p. 23. La maggior parte dei fatti che riguardano i rapporti tra Leonardo e i fiorentini sono stati raccolti da c. pedretti, Leonardo e i suoi contemporanei, in Studi vinciant cit., pp. 11 sgg. 49 c. pedretti, Il Codice di Benvenuto di Lorenzo della Golpaia, e I progetti per la macchina idraulica di Bernardo Rucellai, in Studi vinciani cit., pp. 26 e 34; cfr. anche la Raccolta vinciana, xvii (1954), pp. 177 sgg. 50 p. o. kristeller, Studies cit., p. 322, n. 1. 51 Il parallelo tra Michelangelo e Leonardo, locus communis della storia dellarte italiana, abbozzato in g. seailles, Lonard de Vinci ecc. cit., pp. 124-25. Cfr. anche e. wind, Sante Pagnini cit., in Gazette des Beaux-Arts, luglio-dicembre 1944, p. 237. 52 a. e. popham, The Drawings ecc. cit., p. 65. 53 w. v. seidlitz, Leonardo da Vinci ecc. cit., data queste lezioni al 1507-508; secondo e. mller, Wie sah Leonardo aus? cit. (1906) esse possono risalire al 1501-502, ma lautore vede a torto un ritratto di Leonardo in una figura di re mago, cosa rilevata giustamente da l. goldscheider, Michelangelo Drawings cit., n. 14, p. 28. 54 Cfr. sopra, pp. 132 sg. 55 vasari, ed. Milanesi, IV, p. 47. 56 Trattato, ed. Ludwig, n. 36, I, pp. 74 sgg.; c. fumagalli, Leonardo omo sanza lettere cit., p. 245. La lettera di Michelangelo al Varchi nelled. Carabba 1913, II, n. 352. 57 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit, p. 35. 58 Cfr. sopra, p. 409. 59 b. berenson, Three essays in method cit., p. 109, che a proposito delle Sante Famiglie degli inizi del secolo parla delle posthypnotic: suggestions received from the inventive, inspiring, but mysteriously inhibited Etrurian mage. 60 Su questi rapporti g. j. hoogewerf, Leonardo e Raffaello, in Commentari, iii (1952), 3, pp. 173 sgg. 61 a. venturi, Storia dellarte italiana cit., vol. IX (1926), 2, p. 201,
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze fra i moderni colui che con pi decisione afferma tale somiglianza. C indubbiamente un rapporto tra il viso dellaffresco e lautoritratto di Torino. 62 Tutte queste testimonianze sono state spesso citate dai biografi. Esse si trovano raccolte in l. beltrami, Documenti e memorie riguardanti la vita e le opere di L. da V., Milano 1919, nn. 99-194. B. Castiglione: Un altro de primi pittori del mondo sprezza quellarte dove rarissimo ed essi posto ad imparar filosofia, nella quale ha cos strani concetti e nove chimere, che esso con tutta la sua pittura non sapria depingerle (Il Cortegiano, II 39). 63 j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 4, vol. I, p. 112; a. chastel, Lonard par lui-mme cit., p. 46. 64 e. solmi, Leonardo da Vinci, frammenti letterari e filosofici cit., p. xiii. a. chastel, Lonard et la culture Cit., pp. 261-62. 65 k. clark, Leonardo da Vinci ecc. cit., pp. 167 sgg. 66 e. solmi, Leonardo e Machiavelli cit. 67 lomazzo, Idea del Tempio della Pittura, Milano 1590, p. 58. e. solmi, Ricordi della vita e delle opere di Leonardo da Vinci raccolti da G. P. Lomazzo, in Archivio storico lombardo, xxxiv (1907). il tipo che si trova nellaffresco del Vasari nella sala di Leone X in palazzo Vecchio: c. pedretti, Documenti e memorie cit., Bologna 1953, p. 111. 68 l. planiscig, Leonardos Portrt und Aristoteles, in Festschrift fr Julius Schlosser, Wien 1927, pp. 137-44. 69 Marsile Ficin et lart cit., III, Herms, cap. III. 70 Anonimo Magliabechiano, ed. K. Frey cit., p. 112. 71 Le semplificazioni di e. mntz, op. cit., pp. 483 sgg. sono state facilmente criticate, in particolare da e. mller, Wie sah Leonardo aus? cit.; l. beltrami, Il volto di Leonardo, in Emporium, giugno 1919, pp. 3-17, ha riunito i disegni in cui Leonardo ha potuto utilizzare il suo tipo in studi di proporzioni. Lunico autoritratto autentico di Leonardo la sanguigna di Torino (si sono superati attualmente gli scrupoli dellipercritica morelliana a proposito di questo disegno). Esso servito al Luini per rappresentare Leonardo nel suo Eraclito e Democrito (tra il 1520 e il 1531), dove il maestro fiorentino presta naturalmente i suoi tratti al filosofo dello sdegno; il Luini li ripeter negli affreschi dello Sposalizio della Vergine a Saronno (Madonna dei miracoli, 1525): e. mller, art. cit. 72 a. e. popham, The Drawings cit., n. 154. 73 j. p. richter, The literary works ecc. cit., n. 1285; plutarco, De inimicorum utilitate, 91 b. 74 Cfr. sopra, pp. 425-26. 75 Lettera di Andrea Corsali a Giuliano, duca di Nemours (1516), citata da j. p. richter, The literary works ecc. cit., p. 103, n.: Alcuni gentili chiamati Guzzarati non si cibano di cosa alcuna che tenga san-

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze gue, ne fra essi loro consentono che si noccia ad alcuna cosa animata, come il nostro L. da V.. Il passo di Leonardo in cui manifesta il suo orrore per la dieta carnea accompagnato da una imprecazione celebre contro luomo: Il re degli animali - ma io meglio direi dicendo re delle bestie, essendo lui la maggiore. j. p. richter, ibid., n. 844 (cfr. sopra, parte III, sezione III, cap. III, 2, p. 444). Larticoletto di g. de lorenzo, Leonardo e lIndia, nella raccolta Per il IV Centenario della morte di Leonardo da Vinci (11 maggio 1919), Bergamo 1919, pp. 3338, si limita a rapporti vaghi, per i quali gli intermediari sarebbero Lucrezio (epicureismo contemplativo) e san Francesco. 76 c. sterling, Le paysage de la Renaissance et lart de lOrient, ne Lamour de lart, 1931; j. baltrusaitis, Le Moyen Age fantastique, Paris 1955, pp. 86 e 211. Si possono aggiungere anche certi aspetti della teoria artistica, il procedimento della macchia suggestiva, i consigli di cercare nella solitudine e nelle passeggiate la vera ispirazione, tutte cose che ritornano cos frequenti nei trattati orientali. La setta Zen in particolare rivela la stessa attenzione alle manifestazioni della vita e lo stesso riserbo interiore che sono propri del modo di procedere di Leonardo. r. berthelot, Goethe et Shakespeare cit. 77 Il Codice Atlantico contiene la descrizione e la pianta di un tempio indiano, quello di Elefanta: j. p. richter, The literary works ecc. cit., vol. II, p. 58 (con lo studio del Geymller), e e. solmi, Le fonti cit., n. lxvi. 78 Le opere passate sono state classificate in e. steinmann e r. wittkower, Michelangelo-Bibliographie, 1510-1926 (Rmische Forschungen der Bibliothek Herziana, 1, Leipzig 1927). Lopera monumentale di C. de Tolnay, Michelangelo, contiene una bibliografia critica per ogni periodo: dal 1474 al 1508, I, The youth of Michelangelo, Princeton 1943; dal 1508 al 1512, II, The Sistine Ceiling, Princeton 1945; dal 1512 al 1534, III, The Medici Chapel, Princeton 1948. Lultimo periodo, dal 1534 al 1564, sar trattato nei tomi IV e V di prossima pubblicazione. Ben note e di ineguale valore le biografie di j. a. symonds, The Life of Michelangelo Buonarroti, 3 ed., London 1901, di h. grimm, Leben Michelangelos, 19 ed., Stuttgart 1922, di R. Rolland, Paris 1906; tutte derivano direttamente dal testo del Vasari e da quello del condivi, La vita di Michelangelo, 1, ed., 1553, ed. annotata a cura di P. DAncona, Milano 1928. 79 c. de tolnay, Werk und Weltbild des Michelangelo, Zrich 1949, cap. I. Michelangelo aveva eseguito un busto di Bruto: c. de tolnay, Michelangelos Bust of Brutus, in Burlington Magazine, lxvii (1935), pp. 23-29. Il dialogo di Donato Giannotti gli attribuisce una serie di riflessioni sul tirannicida in cui egli cerca di giustificare la crudele condanna lanciata da Dante nellInferno contro gli uccisori di Cesare. 80 c. de tolnay, Michelangelo, cit., I, p. 24.

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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze c. de tolnay, Werk und Weltbild ecc. cit., cap. III (con bibliografia recente). 82 d. redig de campos, Francesco Priscianese stampatore e umanista fiorentino del secolo XVI, ne La bibliofilia, xl (1938), pp. 161-63, e p. o. kristeller, Francesco da Diacceto cit., ripreso in Studies cit., pp. 301 e 324. 83 f. da diacceto. Opera, Basel 1563, pp. 368-71. p. o. kristeller, Francesco da Diacceto cit., in Studies cit., p. 313. 84 h. thode, op. cit., I, pp. 428 sgg. c. de tolnay, Studi sulla Cappella Medicea, II, ne Larte, v (1934), pp. 281-307, ripreso in The Medici Chapel cit., la storia dei progetti, pp. 33-41. e. panofsky, Studies in Iconology cit., pp. 199 sgg Linterpretazione integralmente neoplatonica di C. de Tolnay stata contestata da f. hartt, The Meaning of Michelangelos Medici Chapel, in Beitrge fr Swarzenski, Berlin 1951, con argomenti di valore assai diverso. Le osservazioni sullarmatura allantica concordano con quanto stato detto sopra, pp. 74 sg., delle feste in Campidoglio del 1513. 85 Linsistenza sul serpente di bronzo (in un primo episodio si vedono gli ebrei assaliti dai rettili, in un secondo limmagine salvatrice: c. de tolnay, The Medici Chapel cit., p. 48) non pu spiegarsi solo con le allusioni al fatto biblico contenute nella bolla Exsurge Domine del giugno 1520 contro i nemici del papato, dato che il simbolo figura gi alla Sistina (ibid., vol. II, p. 97). 86 Lanalisi di h. wlfflin, Die Klassische Kunst cit., VII, 2, merita ancora dessere letta: c. de tolnay, Le Jugement dernier de MichelAnge, essai dinterprtation, in The Art Quarterly, 1940, pp. 125-147. d. redig de campos e b. biagetti, Il Giudizio Universale di Michelangelo, 2 voll., Roma 1943. Linterpretazione erronea della caverna centrale si trova in e. steinmann, Die Sixtinische Kapelle cit., p. 548, ed stata ripresa da e. cozzani, Il quarto centenario dei Giudizio Universale, ne LEroica, xxxi (1941), p. 72. 87 Tra gli studi su Michelangelo architetto: c. de tolnay, MichelAnge et la faade de Saint-Laurent, in Gazette des Beaux-Arts, xiii (1934), pp. 24 sgg.; e. panofsky, Die Treppe der Libreria di S. Lorenzo ecc., in Monatshefte fr Kunstwissenschaft, xv (1932), pp. 262-74; g. giovannoni, La Cupola di San Pietro, in Saggi sullarchitettura del Rinascimento cit.; c. de tolnay, Zu den spten architektonischen Projekten Michelangelos, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, li (1930), pp. 1-48, e liii (1932), pp. 231-53; r. wittkower, Michelangelos Biblioteca Laurenziana, in The Art Bulletin, xvi (1934), pp. 123 sgg. 88 Rimase un certo tempo senza nulla fare essendosi dato allo studio dei poeti e degli oratori in volgare e a fare dei sonetti (condivi, 23).
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze La prima edizione corretta quella di c. guasti, Le rime di Michelangelo Buonarroti, Firenze 1863, cui ha fatto seguito ledizione critica di k. frey, Die Dichtungen des Michelagniolo Buonarroti, Berlin 1897. Numerosi gli studi sulle fonti neoplatoniche di queste: f. rizzi, Michelangelo poeta, Milano 1924; c. g. ferrero, Il Petrarchismo del Bembo e le rime di Michelangelo, Torino 1935. t. parodi, Michelangelo Buonarroti, in Poesia e letteratura, Bari 1916, p. 185. Sui limiti della poesia di Michelangelo: b. h. summer, Michelangelo and Dante, in Italian Studies, i (Manchester 1937-38), pp. 15369, e soprattutto h. sckommodau, Die Dichtungen Michelangelos, in Romanische Forschungen, vol. LVI (1952), pp. 49 sgg. 90 r. i. clements, Eye, mind and hand in Michelangelos poetry, in Papers of the Moderne Language Association of America, lxix (1934), 3. 91 Ed. K. Frey, Die Dichtungen ecc. cit., p. 37, n. xlix, vv. 9-10. 92 e. steinmann, Michelangelo im Spiegel seiner Zeit, Leipzig 1930, e e. battisti, Note su alcuni biografi di Michelangelo, in Scritti in onore di Lionello Venturi, 2 voll., Roma 1956, pp. 321-39. 93 Ed. A. Eitelberger, Wien 1871, p. 77. Nelledizione del 1550 il Vasari conclude la biografia con questa celebre dichiarazione: Dopo tante fatiche, gi allet di lxxiii s condotto: e di continuo sino al presente con bellissime e savie risposte sha fatto conoscere comhuomo prudente. stato nel suo dire molto coperto e ambiguo, avendo le cose sue quasi due sensi. 94 intorno al 1540 che vanno collocati i Dialoghi di Donato Giannotti, ed. D. Redig de Campos, Firenze 1939, citati sopra, parte I, sezione II, cap. III, 6, p. 132. Il valore di testimonianza da attribuire ai Dialoghi michelangioleschi di Francisco de Hollanda (conversazioni del 1538 circa), stato recentemente messo in evidenza da r. j. clements, The Authenticity of Francisco de Hollandas Dialogos em Roma, in pmlaa, lxi (1946), pp. 1018-28. 95 schlosser-magnino, La letteratura artistica cit., pp. 358 sgg. 96 Michelangelo non ha avuto paura di affrontar le immagini esplicite della volutt: a. de rinaldis, Trasfigurazioni michelangiolesche, in Rassegna darte, v (1918), p. 200. 97 Cfr. sopra, pp. 320 sg., 324. 98 Ed. K. Frey, Die Dichtungen ecc. cit., p. 89, n. lxxxiii. Il sonetto appartiene alla serie delle poesie amorose dedicate a Vittoria Colonna. 99 e. battisti, Note ecc. cit.; c. de tolnay, Werk und Weltbild cit., p. 100; cfr. sopra, pp. 333-39. 100 j. r. clements, Michelangelo on effort and rapidity in art, in jwci, xvii (1934), pp. 301-10, ha raccolto tutte le testimonianze su questo problema. Ci sembra solo artificioso riportare a Michelangelo lideale della sprezzatura (pp. 309-10).
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze j. wilde, The Drawings of Michelangelo and his School, London 1949. l. goldscheider, Michelanglos Drawings cit. 102 Cfr. sopra, pp. 335-39. 103 Cfr. pi avanti, p. 534. schlosser-magnino, La letteratura artistica cit., p. 246, ha notato che il Doni possedeva effettivamente la stampa del Drer. 104 Lettera del marzo 1549, ed. M. Dormoy. 105 Marsile Ficin et lart cit., III, 3. 106 Un piagnone del Cinquecento, fra Benedetto, riferisce in un capitolo del suo Vulnera diligentis una visione che Michelangelo avrebbe avuto una sera del 1513 e che avrebbe fissato in un disegno dove si vedeva un segno triangolare con tre code: p. villari, La Storia di G. Savonarola cit., I, pp. lxxxix sgg. e a. monti, Una visione del Buonarroti, ne Il Buonarroti, i (1866), pp. 102-5. 107 f. la cava, Il volto di Michelangelo nel Giudizio Finale, Bologna 1925, discusso da c. angeleri, Lautoritratto di Michelangelo nel Giudizio Universale, in Miscellanea dellIstituto di Studi sul Rinascimento, Firenze, pp. 231-51, ma giustamente accolto da c. de tolnay, Werk und Weltbild ecc. cit., p. 49, n. 119. 108 Ed. K. Frey, Die Dichtungen ecc. cit., pp. 86 sgg., n. lxxxi (datato dal Frey al 1546 circa). 109 vasari, VII, p. 136. Su questa divinizzazione dellartista: e. kris e o. kurz, Die Legende der Knstler cit., p. 58. Il Condivi, ed. cit., pp. 32-33, fornisce anchegli un oroscopo di Michelangelo alla sua nascita, il 6 marzo 1474: una congiunzione di Mercurio e Venere nella seconda stazione di Giove, il che sarebbe lannuncio di un potere universale nelle arti. 110 e. steinmann, Die Portrtdarstellungen des Michelangelo, Leipiz 1913. 111 g. f. hill, Portrait Medals of italian Artists ol the Renaissance, London 1912, p. 61. e. steinmann, Die Portrtdarstellungen ecc. cit., tav. i a. 112 Le cerimonie in Santa Croce del 14 luglio 1564 furono loccasione per una serie di pubblicazioni (schlosser-magnino, La letteratura artistica cit., p. 375), il catafalco e la disposizione delle statue di una violenta disputa tra il Vasari e il Cellini: p. calamandrei, Sulle relazioni tra Giorgio Vasari e Benvenuto Cellini, in Studi vasariani, Firenze 1952. 113 schlosser-magnino, La letteratura artistica cit., pp. 214 e 239 sgg.; s. holt-monk, A Grace beyond the reach of art, in Journal of the History of Ideas, v (1944), pp. 131-50. 114 t. elwert, Venedigs literarische Bedeutung, in Archiv fr Kulturgeschichte, xxxvi (1954); v. cian, La cultura e litalianit di Venezia nel Rinascimento, Venezia 1905. 115 g. c. argan, Francesco Colonna e la critica darte veneta nel Quattrocento, Torino 1934.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze vasari, ed. Milanesi, VI, p. 226. Per lo sdegno mostrato da Michelangelo per i veneziani, ibid., VII, p. 199. 117 n. pevsner, Academies of art, past and present, London 1939, p. 39 sgg. 118 I documenti relativi a questa fondazione in Notizie letterarie e istoriche intorno agli uomini illustri dellAccademia Fiorentina, ed. J. Rilli, Firenze 1700. 119 i. l. zupnick, The aesthetics of the early Mannerists, in The Art Bulletin, xxxv (1953), 4. 120 p. o. kristeller, Francesco da Diacceto, in Studies cit., p. 294. 121 vasari, ed. Milanesi, VII, p. 277; Vita del Pontormo, VI, 277; c. de tolnay, The Medici Chapel cit., p. 194; il cartone originale perduto, ma noto da una copia del Museo di Napoli. 122 Citato in Marsile Ficin et lart cit., p. 127, n. 22. 123 pietro crinito (1475-1507), De Honesta Disciplina, ed. C. Angeleri, Roma 1955. Cos a IX, 11, a proposito di un passo di Ermete: in quibus [verbis] ipsa rerum veritas non edocetur modo, sed etiam explicatur, quod et mysteria illa atque arcana Pythagoreorum comprobant; cfr. anche XXIV, 3 ecc. 124 The Hieroglyphics of Horapollo, trad. G. Boas (Bollingen Series XXIII), New York 1950. Con larticolo di K. Giehlow (1915) gi citato, Die Hieroglyphenkunde ecc., l. volkmann, Bilderschriften der Renaissance, Leipzig 1923. e. iversen, Hieroglyphic studies of the Renaissance, in Burlington Magazine, c (gennaio 1958), pp. 15-20. Marsile Ficin et lart cit., III cap. II 125 Su tutti questi punti: j. seznec, La survivance des dieux antiques cit., ed. ingl., p. 229. 126 Cfr. sopra, p. 231. 127 e. h. gombrich, Icones symbolicae cit., in jwci. Il trattato pedante e bislacco Della nobilissima pittura di A. M. Biondo (1549), mostra che nemmeno Venezia immune da questi giochi allegorici. 128 Marsile Ficin et lart cit, III, 3. 129 b. cellini, Discorso dellarchitettura, Opera, Milano 1806-1811, vol. III, p. 249, citato da j. ackermann, Architectural practice cit., p. 10, n. 3. 130 e. panofsky, Idea cit., cap. IV. 131 u. scoti bertinelli, Giorgio Vasari scrittore, Pisa 1905, p. 82; cfr. sopra, pp. 328 sg. 132 vasari, ed. Milanesi, II, p. 171. l. venturi, Pietro Aretino e Giorgio Vasari, in Mlanges Bertaux, Paris 1924, pp. 323 sgg., ripreso in Pretesti di critica, Milano 1929, pp. 52 sgg. ha visto in questaggiunta un segno dellinfluenza dellAretino (rappresentante della tendenza libera di contro alla tendenza severa del Bembo) e dei soggiorni del 1541-42 e 1564 a Venezia; la cosa verosimile.
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Andr Chastel - Arte e umanesimo a Firenze g. bottari e s. ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura e architettura, Roma 1823; il Vasari, F. da Sangallo, il Pontormo, il Bronzino erano per la pittura; il Cellini, Michelangelo, il Tribolo, G. B. Tasso per la scultura. 134 p. pino, Dialogo della pittura, Venezia 1548; schlosser-magnino, La letteratura artistica cit., p. 239; a. f. doni, Dialogo del Disegno, Firenze 1549; ibid., p. 245. 135 Parvi poi che di poco momento sia la imitazione dei colori naturali in contraffar le carni, i panni, e tutte laltre cose colorate? Questo far non pu gi il marmorario, n meno esprimer la graziosa vista degli occhi neri, o azzurri, con lo splendor di que raggi amorosi. Non pu mostrare il color de capegli flavi, non lo splendor dellarme, non una oscura notte, non una tempesta di mare, non que lampi e saette, non lo incendio duna citt, no 1 nascere dellaurora di color di rose, con que raggi doro, e di porpora; non pu insomma mostrare cielo, mare, terra, monti, selve, prati, giardini, fiumi, citt n case; il che tutto fa il pittore (Cortegiano, I, 21). 136 Trattato, ed. Ludwig, 39-45; Paragone, ed. Richter, 40-46. 137 vasari, VII, 681. l. rosselli, Lopera storica ed artistica di Paolo Giovio comasco, Como 1928. schlosser-magnino, La letteratura artistica cit., pp. 195 sgg. 138 vasari, ed. Milanesi, VII, n., p. 210; su questaggiunta ha insistito l. venturi, Pietro Aretino e Giorgio Vasari cit., p. 337. 139 Questo sentimento della storia che giunta al suo termine viene spesso espresso nel Cinquecento. Baccio Valori che fu col Vasari uno dei membri attivi della nuova Accademia fece ornare la sua facciata con quindici ritratti di uomini scienzati e forma di termini, sia (come dice la guida di F. Bocchi) perch la forma quadrata significa la stabilit perfetta, secondo luso che fa Dante (Paradiso, XVII) del termine tetragono, sia per mostrare che essi hanno raggiunto il limite oltre il quale non si pu andare. Questi personaggi erano: Accursio, Torrigiani, Ficino, Donato Acciaiuoli, Amerigo Vespucci, L. B. Alberti, F. Guicciardini, Marcello Adriani, Vincenzo Borghini; infine in alto, Dante, Petrarca, Boccaccio, Giovanni della Casa e Luigi Alamanni: f. bocchi, Le Bellezze della citt di Firenze, ed. G. Cinelli, Firenze 1677, p. 361.
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Riferimenti bibliografici principali

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