Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
VASARI-LE VITE: nel proemio della terza parte delle Vite, Vasari aggiunge alle cartteristiche della seconda
maniera REGOLA, ORDINE, MISURA, DISEGNO E MANIERA che caratterizzano gli artisti della terzache
possono arrivare alla perferzione tramite questi 5 principi uniti dalla licenza, cioè la perseveranza della
bellezza.
Regola: nell'architettura è l'osservare le piante degli edifici antichi per le opere moderne;
Ordine: dividere un genere dell'altro. Es. dorico, ionico e corinzio;
Misura: fare corpi retti, dritti e con membra equilibrate;
Disegno: imitare il bello della natura;
Maniera: ritrarre le cose più belle per fare un'unica figura.
Gli artisti della seconda maniera usarono anch'essi questi principi ma in modo imperfetto: nella misura
mancavano figure equilibrate, nel disegno non c'era dolcezza e grazia, le cose non sembravao vive ma
"crude e scorticate"; mancava la varietà nei colori, nei paesaggi negli abiti ecc. Verrocchio, Pollaiolo e
altri iniziarono a voler fare figure migliori, ma mancarono anch'essi di perfezione, di dolcezza nei colori e
prontezza che usarono, invece, Bolognese e Perugino. Il primo a dare inizio alla terza maniera fu
Leonardo che rappresentò tutte le minuzie della natura con "buona regola, migliore ordine, retta misura,
disegno perfetto e grazia divina dando alle figure moto e fiato". Anche Raffaello arricchì l'arte con la
perfezione dei suoi panneggi che sembrano veri. Vasari ricorda anche Andrea Del Sarto in quanto raro
per le sue opere senza errori; anche Correggio entrò nella terza maniera soprattutto per i capelli nei suoi
quadri; allo stesso modo Parmigianino nelle cui figure si può "scorger il batter dei polsi". Gli altri che
diedero vita alle proprie figure sono il Rosso, Giulio Romano, Perin Del Vaga, ma soprattutto
Michelangelo il quale ebbe il primato su tutte e tre le arti: le sue sculture appaiono a Vasari superiori a
quelle antiche.
Il proemio si conclude con Vasari che spiega il limite dei moderni: essi combattono più con la fame che
con la fama; non sono degnamente riconosciuti e di conseguenza il loro ingegno viene bloccato.
CAVALCASELLE-PITTURA IN ITALIA
Afferma che fu per opera di Giotto che l'arte acquistò forme italiane e divenne nazionale perchè con lui
la composizione, il disegno e l'espressione formarono un insieme armonico; nelle sue opere tutto è
misurato e senza eccessi. Cavalcaselle, esaltando così Giotto, spiega poi che per farlo bisogna tener conto
del suo contesto (storicizzazione). L'influenza del Vasari su Cavalcaselle si nota nel passo del saggio in cui
si concentra sul fatto che Giotto seguì la maniera del suo maestro Cimabue. Egli fu il primo a dare un
punto di svolta agli sguardi dando agli occhi un taglio obliquo e correggendo la forma della pupilla, ma
forse cadde nel difetto opposto. = "occhi falsamenti angolari".
Continua a parlare poi dell'ingegno inventivo di Giotto che solo nel secolo successivo si ripresentò con
Ghirlandaio, Leonardo e Raffaello: anche se Giotto non condusse l'arte alla perfezione di sicuro diede
loro le basi per farlo.
Cavalcaselle poi si concentra sulle opere di Giotto nella chiesa inferiore di San Francesco che
rappresentano la vita di Cristo e in seguito sul dipinto che rappresenta Cristo che porta la croce: qui non
seppe non rappresentare il Cristo con le spalle gravate dalla croce. Quest'opera non lascia l'effetto
gradevole come in quella di Assisi: in quest'ultima il dolore è manifestato dal leggero abbandono del
corpo, dalla testa inclinata senza sforzo, dalla bocca semiaperta e dagli occhi infossati. L'insieme non è
volgare, non ha brutte espressioni e non è goffo: in Maria che sviene nelle braccia delle pie donne
prevalgono forme gentili come in San Giovanni e negli angeli.
In questa chiesa (?) abbiamo nell'abside un altro crocifisso in tavola che ricorda quello di Assisi che
mostra quiete e rassegnazione. Giotto lavorò su molti crocifissi come quello a Santa Maria Novella i cui
caratteri ci mostrano che forse è un lavoro dei suoi seguaci. Due veri crocifissi si trovano a Firenze, uno a
San Marco e l'altro in Ognissanti. Solo Beato Angelico, un secolo dopo, riuscì a dare al Cristo
un'espressione più mite secondo Cavalcaselle.
DONATA LEVI-CAVALCASELLE
Le relazioni personali di Cavalcaselle con l'ambito inglese e la nazionalità di Crowe spiegano perchè i 2
studiosi pubblicassero le loro opere da Murray e come mai i testi non fossero di argomento
esclusivamente italiano; viene spiegato quindi perchè le opere venissero redatte e pubblicate in lingua
straniera nonostante vi lavorasse un italiano (all epoca non era inusuale). Venturi, infatti disse che i
migliori autori italiani scrivono e scrissero in lingua straniera; la causa di ciò era che le voci italiane più
interessanti trovavano più accoglienza all estero poichè il loro panorama nazionale era povero nel campo
storico-artistico. La mancanza di nuove ricerche e l'insensibilità verso quelle straniere erano le accuse
degli italiani agli italiani come per esempio a Giovanni Rosini che pubblicò nel 1839 la storia della pittura
itlaiana esposta con i monumenti; sin dall'introduzione era chiara l'osservazione scarsa delle opere, il
lacunoso studio di documenti, termini ridotti a sigle prive di oggettività ecc. Di questi limiti si accorse
Pietro selvatico che sosteneva di doversi adattare alle nuove ricerche e ai metodi usati come le dottrine
estetiche nei paesi tedeschi. Selvatico considerava l'arte come lo specchio del pensiero di un epoca e
come qualcosa da cui trarre principi.
In Toscana prevaleva l'interesse per la ricerca documentaria in cui la tradizione del '700 veniva aggiornata
sui modelli europei; la novità fu verificare o correggere documenti e fonti. Tuttavia, nonstante il
progresso, la tradizione critica italiana restava legata al canone vasariano; all'Italia venia criticato lo
scarso o assente approfondimento a differenza della tradizone critica tedesca. Infatti il Milanesi avvertì
questo divario e fu costretto ad ammettere che la ricerca documentaria non bastava se non
accompagnata da una visione diretta delle opere. Questi pericoli saranno avvertiti negli anni '90 da
Venturi: mancava ancora l'indagine visiva da accompagnare all'erudizione. Le differenze dell'italia con
Inghilterra e Germania erano palesi anche nel mercato in cui la dispersione e la vendita all'estero erano
problemi quotidiani; oltre a ciò anche il collezionismo pubblico fu discriminante perchè quasi inesistente
in Italia. Ciò portò ad iniziative per l'ordinamento delle collezioni e sotto questo aspetto il museo di
Berlino divenne punto di riferimento.
La Levi parla poi della questione legata ai dipinti bizantini e al loro ordinamento nella galleria; Hirt voeva
collocarli all'inizio della collezione per dimostrare l'origine dell'arte italiana perchè non era importante se
si trattava di copie o no: servivano per documentare una situazione. Waagen voleva ribaltare la
situazione accusando Hirt di non aver studiato direttamente le opere. Dunque la polemica del '32 si basa
sugli strumenti necessari per gestire le gallerie: Studio diretto delle opere e analisi stilistica. In questi
riordinamenti si affermò così la figura dello storico dell'arte come nel caso di Kugler. I suoi manuali erano
il primo tentativo di chiarire una scienza, quella dell'arte, ancora in fase di evuluzione; l'insufficenza dei
suoi testi però era palese perchè l quantità di informazioni obbligava a censure e abbreviazioni. Nel 1849
pubblicò un dizionario che doveva servire ai collezionisti sul mercato ma anche ai conoscitori che, in
quanto viaggiatori, erano naturalmente legati al mercato.