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La Critica del Testo

Capitolo VIII – pagina 297

Critica del testo


La critica testuale ha come scopo il restauro dell’opera letteraria.
I risultati che si raggiungano nell’ambito della critica testuale sono di fran lunga maggiori di quelli
che si ottengono dal restauro artistico-archeologico: nel primo caso, infatti, recuperato il segno, è
recuperata l’opera d’arte; la scrittura è un mero tramite materiale cui viene affidato il contenuto,
che rappresenta la vera e propria opera. Nelle arti visive, al contrario, il segno è esso stesso
l’opera d’arte; in quest’ambito, i restauri contribuiscono a migliorare l’aspetto dell’opera, senza
tuttavia poter in alcun modo restituire l’originale, a meno di accontentarsi di un falso artistico.

Nessuna edizione critica può pretendere di essere


definitiva, di riprodurre con assoluta fedeltà il testo
originale, ammesso che sia legittima l’ipotesi di un
originale assolutamente perfetto e inequivocabile;
ma il tentativo di ricostruzione di un modello
attendibile e usufruibile è di certo praticabile.

Inoltre, per quanto riguarda i testi antichi, sebbene la distanza temporale che li separa dal presente
abbia contribuito in larga misura alla dispersione di gran parte del patrimonio letterario antico, la
ricostruzione filologica è supportata in modo determinante dalla salvaguardia testuale che
l’esperienza e la consapevolezza critica degli alessandrini rappresentò per le opere letterarie dal III
secolo a.C. in poi.
Per questo, a differenza di quanto accade, per esempio, in filologia romanza, i risultati della critica
del testi classici arrivano a garantire ben più che un’ipotesi di lavoro.

Il testo antico
Il corpus del testi letterari ereditati dall’antichità ha subito in larga parte un ridimensionamento
dovuto a molteplici cause, alcune delle quali possono essere chiamate in causa anche in relazione
al danneggiamento subito dai pochi esemplari pervenutici:
• la deperibilità del supporto scrittorio
• gli eventi storici catastrofici
• motivazioni di ordine culturale → i testi sopravvissuti sono in larga misura frutto di una
selezione che nel corso dei secoli gli amanuensi si trovarono a dover operare,
nell’impossibilità di salvare tutto il vastissimo repertorio testuale a loro disposizione
• l’evoluzione della tecnica libraria e scrittoria:
- codificazione (II-IV sec. d.C) → passaggio dal papiro in rotolo (volumen) alla
pergamena ripiegata in fogli (codex)
- traslitterazione (VIII-IX sec. d.C.) → passaggio dalla scrittura maiuscola alla grafia
carolina in corrispondenza con la rinascita culturale promossa da Carlo Magno
- avvento della stampa
La storia della critica testuale
Dall’antichità all’Ottocento
L’esigenza di procurare ai testi tramandati una forma corretta fu avvertita molto presto dagli
antichi. In sostanza, già la filologia degli antichi, e successivamente degli umanisti, costituiva e
adottava i due processi fondamentali della critica testuale, cioè la recensio e l’emendatio.

La filologia alessandrina
In particolare, vennero poste le premesse per lo sviluppo di un’autentica filologia solo quando
maturò un’inconsueta concezione della poesia nei poeti stessi, che portò al trattamento dotto dei
testi antichi.
Questo accadde al termine della parabola storica rappresentata dal dominio di Alessandro
Magno, quando cioè ci si accorse che l’epoca delle πολεις e dei particolarismi politici era finita
per sempre: in tale quadro storico-politico, la poesia avvertì l’esigenza di ancorarsi alla concreta
esplorazione del reale; nacquero così i poetae docti, figure che riunivano in se stesse l’essenza del
poeta e quella del grammatico: poeti-scienziati della lingua che, nella consapevolezza della
funzione storica della poesia e del proprio ruolo di custodi di una realtà in via di estinzione, si
adoperarono per la conservazione e la sistematizzazione dell’eredità culturale di cui Alessandria
era divenuta capitale e rappresentante.
Per farlo, nel III secolo a.C. essi furono gli iniziatori di quel metodo filologico che avrebbe
contribuito alla salvaguardia di buona parte della trasmissione dei testi classici. Questi poeti
contribuirono alla progressiva definizione del metodo e degli ambiti di interesse della disciplina:
- Filita di Cos
- Callimaco di Cirene
- Eratostene di Cirene
- Aristofane di Bisanzio
- Aristarco di Samotracia
Con loro ebbe inizio il processo di ricostruzione innanzitutto della poesia omerica, nonché della
lirica e della produzione comica greca, attraverso un procedimento di
1. Collazione, cioè confronto di manoscritti
2. Emendazione (scelta di una variante tra le altre)
3. Espunzione (o atètesi) del luoghi ritenuti spuri
4. Distinctio, cioè la divisione delle parole in scriptio continua e collocazione di spiriti e accenti
5. Adnotatio: apposizione di notae, segni diacritici opportuni e tipici della pratica filologica,
quali:
▪ L’obelo ( – ): usato da Zenodoto in poi, indica i versi spurii
▪ L’asterisco (*): usato da Aristofane per indicare il senso incompiuto o da Aristarco
per indicare i versi erroneamente ripetuti altrove
▪ Il κεραύνιον (T): usato per indicare la successione di versi spurii
▪ L’antisigma (una C ribaltata): usato da Aristofane per indicare la ripetizione erronea
o da Aristarco per indicare la l’ordine delle parole spostato
▪ La διπλή (>): segnalava elementi o passi degni di nota
La filologia pergamena
Nata per volere degli Attalidi nel II secolo a.C., fu meno impegnata nella critica testuale rispetto
agli alessandrini, ma sotto il segno della filosofia stoica fu più intesa a promuovere studi di filosofia
del linguaggio e di metodo interpretativo: fu pertanto più rivolta alla definizione della critica
letteraria, sebbene Cratete di Mallo, suo massimo esponente, si occupò anch’egli di Omero e di
stimolare a Roma un’intesa attività filologica.

La filologia a Roma
Nell’Urbe la filologia fu portata avanti:
• nel I secolo a.C. da Varrone
• successivamente, toccò il suo vertice alla fine del I sec. d.C. con Marco Valerio Probo che
procurò l’edizione di vari autori latini adottando il metodo di Aristofane e Aristarco, basato
sul motto emendare ac distinguere et adnotare
• nel II secolo d.C., con il rinnovato interesse per la letteratura di età arcaica, da Aulo Gellio,
che innova in due direzioni:
- attribuisce maggiore autorità ai testimoni più antichi in quanto più vicini
all’originale
- fa ricorso al criterio interno dell’usus scribendi in fase di emendazione, cioè si fa
riferimento alle peculiarità che definiscono l’uso linguistico di ogni scrittore

La filologia umanistica
Con l’Umanesimo non si verificano sostanziali innovazioni in quanto a metodologia filologica: la
prevalenza assoluta viene assegnata all’emendatio come sovrana manifestazione di iudicium e
senso critico. La recensio invece è limitata a una valutazione dei manoscritti a portata di mano.
Il processo di emendatio in età umanistica tende a considerare il codex vetustissimus anche codex
optimus, che viene quindi emendato:
- ope ingenii (con personale congettura)
- ope codicum (con il ricorso ad altri testimoni della tradizione manoscritta)
Il testo così costituito veniva quindi assunto come esemplare, e considerato quindi textus receptus
o vulgata, da diffondere nelle scuole. La sua prima edizione a stampa viene identificata come
editio princeps, che, con la moltiplicazione in grandi quantità del testo, lo consacra a versione
canonica.
Si trattava quindi di una tecnica filologica in larga misura condizionata dalla soggettività
dell’editore; per questo, qualcuno iniziò già in questo periodo a sentire l’esigenza di fondare criteri
oggettivi per la costituzione del testo
➢ Poliziano (XV secolo) e Pier Vettori (XVI secolo), affermando la necessitò di stabilire una
genealogia dei codici.
➢ Erasmo da Rotterdam introdusse il concetto di archetipo per intendere il codice capostipite
➢ Giuseppe Giusto Scaligero specifica il concetto di archetipo come fonte di errori comuni a
un determinato gruppo di codici
La filologia del Settecento
È il secolo della svolta decisiva per la filologia, operata da quattro filologi-teologi protestanti, cioè
Bentley, Bengel, Wetstein e Semler, che si occuparono dello studio del Nuovo Testamento greco
1(uno dei testi dotati di pù copiosa tradizione manoscritta e che, pertanto, offriva una grande

quantità di varianti).
Lo studio portò come risultato principale l’elaborazione della norma per cui l’operazione di
recensio deve necessariamente precedere qualsiasi tipo di emendatio.
La recensio avrebbe dovuto porre le basi per la successiva classificazione dei codici in famiglie,
permettendo quindi di giudicare la bontà di una lezione piuttosto che di un’altra in base alla sua
appartenenza a una famiglia più o meno degna di fiducia.
Solo in seguito, si poteva intervenire sul testo, operando eventualmente su di esso le congetture
necessarie all’emendatio.

La filologia dell’Ottocento
I principi elaborati nel secolo precedente trovano definitiva sistematizzazione e applicazione
anche in filologia classica nell’Ottocento, con Johann August Ernesti e Friedrisch A. Wolf.
Successivamente, la definitiva consacrazione delle regole della nuova critica testuale si ebbe in
particolare con Karl Lachmann, il quale:
- afferma con ulteriore forza la necessità di una ricostruzione genealogica della
tradizione manoscritta
- fissa il concetto di archetipo come perduto manoscritto medievale
- detta le norme per risalire con matematica certezza e quasi meccanicamente
dalle lezioni dei codici a quella dell’archetipo

La filologia oggi
Le regole di Lachmann non hanno tardato ad andare incontro a critiche di vario genere:
• Joseph Bedier: necessità di ritornare al metodo umanistico
• Henri Quentin: necessità di sostituire al giudizio di valore sulla tradizione i principi neutrali
della statistica
• Michele Barbi: necessità di riconoscere per ogni testo un individuale problema critico
• Paul Maas: codificatore della critica testuale more geometrico demonstrata → combina il
metodo rigoroso di Lachmann con la consapevolezza della relatività di tale metodo
• Alfred Housman: polemico e intemperante campione del iudicium
• Giorgio Pasquali: identifica critica del testo, storia della cultura, recensione ed esegesi
Oggi il metodo di Lachmann è assai meno applicabile, in quanto richiede la concomitanza di
troppi requisiti nella tradizione e troppo difficili da garantire.

1La scelta dell’oggetto di studio non mancò di sollevare polemiche, in quanto si trattava di un
testo sacro
Terminologia essenziale
Trasmissione testuale
Processo per mezzo del quale un testo sopravvive nel coso dei secoli alla corruzione del supporto
scrittorio su cui si conserva.
• Fino al XV-XVI secolo, questo processo conosceva come unica via la copiatura manoscritta
per mano di librarii (in antichità) o amanuensi (medioevo).
• Dal XV-XVI secolo, l’avvento della stampa ha velocizzato il processo di riproduzione testuale
e contribuito a ridurre drasticamente il numero di errori presenti in ogni copia

Tradizione testuale
Con tradizione testuale si intende:
1. il modo con cui un testo è stato trasmesso (trad. orale, manoscritta, stampata)
2. il mezzo di trasmissione (la forma di supporto scrittorio: papiri, codici, stampe, ostraka…)

La tradizione è:
• diretta, se il testo copiato dall’antigrafo viene riportato integralmente nell’apografo2.
• indiretta, se il testo in questione è testimoniato da opere non autoriali, e quindi da fruitori del
testo stesso.

Ecdotica (critica testuale)


La critica testuale, o ecdotica, è quella branca della filologia che opera con l’obiettivo di giungere
alla ricostruzione del testo (costituzione), dalla forma inquinata, spuria (cioè la forma che ci è
giunta come esito finale del processo di trasmissione testuale) a una forma depurata dagli errori
che il processo di trasmissione inevitabilmente comporta.
I momenti fondamentali della critica testuale sono:
➢ recensio (da recenseo, “ripercorrere, esaminare”), cioè il processo di esaminazione
condotto su una serie di documenti offerti dalla tradizione3
➢ emendazione: atto conclusivo del processo di critica testuale, con cui si procede a
depurare il testo da ogni forma di corruzione, lacuna o inquinamento.

Edizione critica
Al termine del procedimento ecdotico, il risultato che ne consegue è l’edizione critica, che
contiene:
• testo critico, cioè la versione del testo riportato alla forma che motivatamente si presume
non dissimile da quella originaria
• apparato critico, cioè una sezione appositamente dedicata a spiegare e motivare le
operazioni eseguite dal filologo (editore) sul materiale tràdito per giungere alla restituzione
del testo.

2 Il copista medievale generalmente lavora mandando a memoria una pericope dell’antigrafo


(cioè un tratto breve di scrittura del manoscritto da cui il testo era copiato) per poi trascriverlo sulla
pagina dell’apografo, o codex descriptus (cioè il testo derivato da copiatura)
3 ATTENZIONE: con il termine recensione si può indicare anche la tradizione stessa, o parte di essa,

quale risulta a recensione avvenuta. Ad esempio, si parla di recensio Sabiniana dell’opera di Persio
per indicare i codici derivati da un esemplare curato nel 402 da Giulio Trifoniano Sabino.
Genesi e tipologia dell’errore di copiatura
Un copista medio, che riproduca un testo mediamente alterato, si lascia sfuggire la
media di un errore a pagina. Gli errori si accumulano di copia in copia ma, via via
che il testo si modifica in peggio, gli errori di copia aumentano in proporzione
geometrica.
Alla fine del processo di copiatura, si ha pertanto a che fare con una sorta di piramide di errori; di
tale piramide, la parte superiore è troncata, dal momento che le copie di cui generalmente
disponiamo sono relativamente recenti (appartengono in gran parte agli ultimi sei-sette secoli di
trasmissione manoscritta, e sono perciò notevolmente inquinate)

Cos’è un errore?
In filologia, per errore generico si intende ogni deviazione dal testo copiato, sia esso fortuito o
intenzionale, migliorativo o peggiorativo del testo di partenza.

L’errore di copiatura
In particolare, invece, si intende errore di copiatura quell’errore fortuito e privo di consapevole
volontà di alterazione del modello. La causa di una tale tipologia di errore è stata attribuita alla
discontinuità dell’attenzione, cioè un difetto intrinseco, una condizione patologica ineliminabile dal
processo di copiatura.
L’errore che si genera dal processo di copiatura può essere spiegato in relazione a:
1. problemi di lettura del testo dell’antigrafo
• la qualità del supporto scrittorio: esso poteva presentarsi macchiato, lacerato, usurato, ecc.
• la grafia: troppo fitta, poco chiara, alterata da correzioni
• erronea divisione di parole in scriptio continua
• la presenza di glosse interlineari o marginali, che potevano pertanto essere confuse con il
corpo testuale. Un errore di questo tipo dà origine alle cosiddette interpolazioni, talvolta
molto difficili da riconoscere.

2. Problemi di attenzione del copista (dovute anche a condizioni psicofisiche del copista)
• Scambi con parole foneticamente affini (es. agmen – amen)
• Erronea interpretazioni delle abbreviazioni
• Errori di dettato interiore, cioè quel fenomeno per cui la memorizzazione della pericope è
influenzata dalle peculiarità fonetiche della lingua madre4

3. Problemi legati al continuo spostamento dell’occhio dall’antigrafo all’apografo


• Errori di omissione delle parole più brevi
• Reduplicazioni
• Saut de meme a meme: fenomeno per cui il copista, prendendo a riferimento l’excipit della
pericope, riprende la copiatura da un altro verso identico ma successivo, escludendo
conseguentemente dalla copiatura la sezione intermedia
• Omoteleuto: fenomeno analogo al precedente che descrive però l’omissione dei finali di
parola
• Omeoarto: fenomeno analogo al precedente che descrive però l’omissione della sezione
iniziale di parola

4 C’è chi ha ipotizzato anche la copiatura multipla, che avrebbe visto più copisti impegnati nella
trascrizione del medesimo testo letto a voce alta; la pronuncia del lettore avrebbe potuto
corrompere la forma del testo
Le correzioni erronee
Si tratta di errori più difficili da individuare, in quanto di natura non meccanica. Tale tipologia di
errori, infatti, è intenzionale, in quanto si genera a partire dall’iniziativa di copisti istruiti a sufficienza
per pensare di poter intervenire sul testo dell’antigrafo, ma non abbastanza per riconoscere la
particolarità che genera l’anomalia corretta.
Questi, infatti, individuando nel testo un’anomalia che non sono in grado di comprendere,
procedono a ricopiare nell’apografo la versione alternativa che ritengono corretta: e sebbene
nella storia della trasmissione di un testo si possano individuare casi di emendazione brillanti, di
norma tali correzioni provocano un male peggiore del rimedio che si è tentato di offrire, dal
momento che
a. spesso semplifica il testo senza migliorarlo realmente
b. sempre oscura il testo dell’antigrafo; la lezione5 del quale, nel caso in cui l’antigrafo vada
perduto, risulta ancora più complesso da ricostruire

Tanto maggiore è il grado di cultura del copista


tanto più è pericoloso il suo intervento sul testo
Il copista ideale, ai nostri occhi, è rappresentato da uno scriba privo di cultura che si fosse limitato
al lavoro pedissequo e pedantesco della copiatura; ma un tale amanuense non è mai esistito, in
quanto, anche se minimo, un qualche grado di cultura è connaturato al mestiere, dal momento
che saper scrivere implicava aver appreso.

Il cosiddetto originale
Si trova sull’ideale punta della piramide degli errori e rappresenta il manoscritto dell’autore, o
quello che comunque contiene il testo per come voluto e pensato dall’autore.

Così inteso, l’originale è una mera astrazione, in


quanto il concetto di originale deriva da una visione
statica, modellistica, dell’opera letteraria, mentre le
singole opere di uno scrittore costituiscono a rigore
una sezione a volte casuale e provvisoria di quel
flusso continuo di adattamenti e spostamenti
successivi attraverso cui si esprimono le tendenze
fondamentali di un sistema letterario. In altre parole,
bisogna fare i conti con un organismo dinamico, i
cui fermenti non si esauriscono nemmeno con la
pubblicazione.

5 Per lezione si intende la forma in cui si presenta (e quindi si legge) un certo passo del testo
Alcuni elementi praticamente constatabili ci permettono di suffragare questa posizione:
• non sempre la prima stesura autografa rappresenta la volontà definitiva dell’autore → gli
autografi delle cosiddette varianti d’autore di opere di scrittori contemporanei e moderni si
conservano tuttora; nulla ci impedisce di ipotizzarne l’esistenza anche per gli antichi
• anche il più diligente degli autori commette errori nella redazione dei propri manoscritti
• non sempre la prima stesura autografa rappresenta l’originale, ma è una copia di un testo
elaboratosi nella mente dell’autore
Per quanto riguarda l’antichità, poi, bisogna tenere in conto la condizione pratica con cui
un’opera letteraria giungeva a pubblicazione: presso i Romani, la copia che giungeva dall’autore
all’officina scrittoria per la sua riproduzione era già stata a sua volta trascritta calligraficamente.
Quindi, nel migliore dei casi, quella che noi chiameremmo la prima edizione di un’opera, era già al
terzo rado di copiatura.

La scomparsa dell’originale, però, o la sua sostanziale inesistenza, a seconda del


punto di vista che si vuole adottare, è di fatto una perdita meno grave di quanto si
possa credere
In epoca tardoimperiale la percentuale di errori di copiatura è molto più bassa che in epoca
medievale, complice la padronanze della lingua come lingua viva; gli esemplari in nostro possesso
risalenti al IV-V secolo restituiscono lezioni con un buon grado di verisimiglianza. Il periodo
veramente traumatico, invece, corrisponde al VI-VIII secolo, in corrispondenza del progressivo
successo del volgare a discapito del latino. Eventuali alterazioni del testo, nell’antichità,
avvengono piuttosto per altre cause, indipendenti dal lavoro di copiatura in sé: nel caso delle
commedie di Plauto, ad esempio, il testo effettivamente scritto dall’autore non ci è pervenuto; ciò
di cui invece disponiamo è rappresentato dal copione usato di teatranti delle generazioni
successive.

La critica testuale in definitiva si chiarisce come scienza impegnata nella storia dei
singoli testi e delle epoche che hanno attraversato, prima che nella storia della
tradizione in sé.

La tradizione indiretta
Categoria che comprende tutte le testimonianze concrete del contenuto delle opere rintracciabili
in testi di scrittori che le utilizzarono; si parla in questo caso di frammenti.6

Le citazioni
Specialmente copiose nelle opere di grammatici e lessicografi, per i quali rappresentano un
essenziale strumento di lavoro: da questi si ricava la testimonianza del costrutto, il cui trattamento
richiede comunque una certa cautela:
• possibilità che sia stato rimaneggiato dall’autore della citazione e adattato
• possibilità che si tratti di una citazione di secondo grado
• spesso decontestualizzato

I commenti
• glosse → note di commento sporadiche
• scholia isolati → note di commento meno sistematiche che nei commentari, più
sistematiche che le glosse, presenti talvolta a lato del testo o richiamate da lemmi
• commentum o commentarium → generalmente opera a sé stante e trasmessa
separatamente dal testo contenente note di commento estremamente sistematiche

6Altre tipologie di tradizione indiretta: le epitomi, le parafrasi, le imitazioni, le traduzioni, le allusioni, le parodie, i
centoni [opere costituite da versi o parti di verso di altro autore, ricuciti tra loro in modo da formare nuove
opere di contenuto e significato totalmente diversi]
Tradizione chiusa e aperta
Il metodo di Lachmann e la tradizione chiusa

Presupposti:
• che la recensione riesca a sistemare la tradizione manoscritta
in uno stemma (o albero genealogico) di assoluto rigore
• che la trasmissione del testo si sia verificata sempre e solo per
linee verticali, senza alcun tipo di contaminazione(linee
orizzontali) tra i vari codici.
• Che l’archetipo risulti ramificato in almeno tre subarchetipi7,
cioè α, β, Ε, tali per cui sia sempre possibile la scelta in base al
criterio della maggioranza: se, cioè, due famiglie presentano
una lezione contrastante con la terza, l’eventuale antichità di
quest’ultima non sarà criterio sufficiente a farla preferire → la
lectio singularis va eliminata

In queste condizioni ideali, lo stemma che viene a delinearsi consentirebbe di ripercorrere alla
rovescia il cammino della tradizione e il processo di corruzione del testo. Pertanto, la emendatio si
risolve automaticamente nella recensio; se infatti siamo in grado di ricostruire la genealogia delle
verisoni con estrema precisione, siamo anche in grado di stabilire il valore di ogni manoscritto in
relazione alla costruzione del testo: codici anteriori = codici migliori. Pasquali definì questo tipo di
schema come recensione chiusa, anche detta meccanica.

I PRINCIPIO DEL METODO DI LACHMANN: gli errori significativi

La parentela tra codici è basata sulla comunanza di errori cosiddetti significativi, la


cui genesi, cioè, non possa essere riconducibile a sorti indipendenti dei vari codici
(es. errore non significativo: scambi di lettere, ditttonghi erronei,…)
Gli errori significativi si dividono in:
a. Errori congiuntivi: permettono di ipotizzare la parentela, in quanto presenti in più manoscritti
b. Errori separativi: permettono di escludere la parentela, in quanto presenti in alcuni
manoscritti ma assenti in altri
Es. X, Y, Z presentano una serie di errori significativi comuni ma sono esenti da errori che
compaiono invece in A, B, C, D (e non in E) → X, Y e Z appartengono alla stessa famiglia, sulla base
degli errori congiuntivi, mentre E appartiene a una famiglia a parte in quanto presenta solo errori
separativi (non presenta né quelli della famiglia α né quelli della famiglia β)

II PRINCIPIO DEL METODO DI LACHMANN: l’eliminatio codicum descriptorum

Un codice B che presenti tutti gli errori di un altro codice A e in più aggiunga i
propri, va tralasciato in quanto mero apografo di A.

III PRINCIPIO DEL METODO DI LACHMANN: la presenza di codici intermediari

Se all’interno di un gruppo β si rivelano altri errori separativi, si deve concludere che


essi vengono da un perduto codice intermediario, e non direttamente dal
subarchetipo.

7 Tale ramificazione prende il nome di trifido


Le critiche al metodo di Lachmann:
a. Lo stemma trifido è estremamente raro
b. Gli stemmi bifidi non consentono di ricorrere alla legge di maggioranza
c. E’ estremamente improbabile il caso di una trasmissione esclusivamente verticale, dal
momento che si è dimostrato8 come gli amanuensi facessero spesso ricorso a più di un
antigrafo per colmare le lacune o sanare i dubbi che potevano sorgere in fase di
copiatura, attraverso quindi la collazione di più di un codice.
Quest’ultimo aspetto in particolare rende il metodo di Lachmann sostanzialmente impraticabile,
dal momento che anche i codices descripti, in un tipo di prospettiva come questo, possono essere
portatori di varianti autorevoli e sconosciute al resto della tradizione.

Il metodo della tradizione aperta


Si parla quindi di tradizione aperta, per la quale è indispensabile il ricorso allo iudicium
➢ Per la scelta della lezione da attribuire all’archetipo → scelta basata sul fondamento di
criteri interni tra due o più lezioni:
1. Usus scribendi: la versione che più rispecchia lo stile dell’autore ha maggiore
probabilità di essere autentica
2. Lectio difficilior: la versione di un testo che presenta un grado di difficoltà maggiore, ha
maggiore probabilità di essere autentica, in quanto è più probabile che si sia verificata
una correzione semplificativa durante la copiatura piuttosto che il contrario

➢ Per la fase di divinatio, cioè quel procedimento che prevede che il critico, attraverso
operazioni congetturali, possa risanare la corrutela cui il testo è andato incontro e che non
è possibile risolvere attraverso il ricorso ad altri codici.
L’opportunità della congettura, in quanto operazione profondamente dipendente
dall’iniziativa dell’editore, deve in larga misura i suoi tratti alla personalità dell’autore;
laddove questi rinunciasse ad essa, mantenendo nell’edizione il testo corrotto, è tenuto a
segnalarlo con le cosiddette cruces desperationis a delimitare la sezione di testo
interessata da corruttela.

Ad ogni modo, perchè la divinatio non sia gratuita deve comunque trovare
conferma nei criteri sopra citati

8Attraverso l’analisi delle soscrizioni, cioè annotazioni riportate a fine dell’opera copiata, o delle
note a margine/nell’interlinea del testo, dove venivano riportate le varianti tratte già da altri
esemplari (le cosiddette editio variorum)
L’edizione critica
Opera in cui l’editore presenta il frutto del suo lavoro

La Praefatio
Generalmente redatta in latino, considerata la lingua conosciuta da tutta la platea dei filologi e
degli specialisti in grado di consultare un’edizione critica; da qualche tempo si sta diffondendo
l’uso delle lingue nazionali.
Nella Praefatio si rende conto del materiale offerto dalla tradizione:
• Descrizione dei manoscritti
• Esposizione dei criteri adottati per la redazione dell’edizione
• Esposizione delle informazioni filologiche opportune sulla storia del testo (sia per quanto
riguarda la tradizione manoscritta, sia quella delle edizioni a stampa
• Facoltativo: si presenta l’elenco delle principali varianti ortografiche

Lo Stemma codicum
Può presentarsi anticipato già nella prefazione; costituisce la rappresentazione grafica della
genealogia dei codici cui si è fatto riferimento per l’edizione.

Il Conspectus siglorum o Sigla Codicum


Elenco e spiegazione delle sigle che nello stemma e in apparato designano i vari codici (di quelli
conservati si indica anche il secolo).
Inoltre, vi si trovano spesso
• le abbreviazioni sciolte, come:
- edd. Vett. → editores veteres
- recc. → recentiores
- add. → addidit o addidi
- del. → delevi o delevit
- om. → omisit o omisi
- vulg. → vulgata
• un’eventuale bibliografia delle opere citate in forma abbreviata
• le spiegazioni dei diacritici, i principali e più frequenti dei quali sono:
- Le parentesi uncinate < >: per le integrazioni, cioè lettere o parole aggiunte
- Le parentesi quadre [ ]: per indicare le espunzioni
- Le cruces desperationis ††: per indicare i passi corrotti che non si è potuto o
voluto correggere su base congetturale
- Gli asterischi ***: per le lacune

Il testo critico
Generalmente suddiviso in libri, capitoli, paragrafi, si usa poi numerarlo in versi per facilitare il
rimando al testo che si trova in apparato.
L’apparato critico
Sezione più delicata dell’edizione critica, si trova in calce al testo e documenta lo stato della
tradizione, giustificando le scelte dell’editore, ma allo stesso tempo offrendo al lettore la possibilità
di elaborare un proprio giudizio critico ed eventualmente dissentire dalla scelta dell’autore.
Per questo, in apparato non ci si limita a segnalare le discordanze della tradizione, ma si segnalano
anche dubbi, incertezze e talvolta possibili alternative proposte da altri filologi. Per farlo, si
adottano sigle e terminologie latine, tra le quali le più frequenti sono
• Fort[asse] recte → “probabilmente a ragione [ha proposto, ha congetturato ecc.]”
• Dub[itanter] → “in modo dubbioso [ha proposto, ha congetturato ecc.]”

In ogni caso, la somma di informazioni fornite dall’editore varia a seconda degli


scopi che l’editore stesso o la collana editoriale si propongono.
Per questo, si distingue generalmente9 tra:
a. Apparato positivo: raccoglie tutto il materiale paleografico
b. Apparato negativo: raccoglie solo gli elementi significativi per il testo, selezionando il puro
materiale semantico

L’Index nominum e l’Index rerum


Si tratta rispettivamente degli indici del nomi propri ricorrenti nel testo e dell’indice dei principali
argomenti trattati; se lo richiede la natura dell’opera, possono eventualmente essere aggiunti altri
indici.

9 Inoltre, si tende a distinguere anche tra apparati presentanti nel lemma il nome del codice da cui
proviene la lezione accettata nel codice; non essendo un presupposto obbligatoriamente
richiesto, suppone comunque in ogni pagina l’elenco dei codici su cui si fonda l’edizione.
Collane, sillogi e edizioni classiche notevoli
Edizioni antiche, edizioni nuove
Con il passare del tempo, è maturata la consapevolezza da parte degli studiosi e dei filologi della
sempre crescente necessità di consultare non solo manoscritti, ma anche le edizioni, non solo per
ricavare notizie sulla storia del testo, ma anche per recuperare le numerose congetture degli
umanisti, in quanto preziose di per sé o per evitare ai moderni di ripercorrere vie già battute.

La scarsa trasparenza degli apparati moderni


Inoltre, si riconosce ai commenti degli umanisti una chiarezza esegetica che nei moderni apparati
critici è andata perduta per via del linguaggio algebrico e criptico che li caratterizza, ormai
ingiustificabile con il pretesto di voler economizzare sul testo a stampa: si è parlato in questo senso
di un certo snob appeal che gli editori lasciano trasparire.
D’altra parte, rendere più leggibili gli apparati non significherebbe ritornare al commento fluido
degli umanisti; ciononostante, si sta in definitiva giungendo a consapevolezza dell’utilità di rendere
gli apparati più cordiali, discorsivi e meno avari di apporti esegetici.

Un linguaggio univoco
Un’altra criticità riscontrata dal confronto tra apparati è il ricorso non univoco ai diacritici, alcuni
dei quali sono tuttora lasciati al dominio dell’arbitrio individuale, abitudine che rischia di generare
confusione nel lettore.
A questa pluralità di usi suppliscono in parte le collane, all’interno delle quali i classici che vi si
raccolgono vengono editati con criteri uniformati.
La disorganicità del metodo si deve però solo in parte all’inesistenza di una collana unica per tutti
gli autori antichi; la principale causa va infatti individuata nella vastità del materiale da
sistematizzare, che pertanto non può essere raccolta in un’unica collana, né tantomeno essere
curato da un unico editore.
Le collane più celebri
BIBLIOTHECA SCRIPTORUM GRAECORUM ET ROMANORUM TEUBNERIANA

Casa editrice B. G. Teubner, Lipsia/Stoccarda (dal 1945)


Collana più antica e illustre, evolutasi dalle edizioni critiche con apparato nella praefatio a quello
in calce al testo, secondo il progredire della tecnica ecdotica. La praefatio è in latino.

Autore Editore Anno


Terenzio Wessner 1902-1908
Edizioni insostituite e
Nonio Lindsay 1903
insostituibili benchè datate
Paolo-Festo Lindsay 1913
Quintiliano Radermacher (cur. Buchheit) 1907-1935 Edizioni buone e
Carisio Barwick (cur. Kuenhert) 1925 successivamente
aggiornate mediante
aggiunte
Orazio Borzsak → sost. Klinger 1984
Orazio Shackelton Bailey → sost. Klinger 1985
I volume Shackelton Bailey → sost. Riese 1982
dell’Anthologia Latina
De Agricultura A. Mazzarino 1962; 1982
(Catone)
Metamorfosi (Ovidio) Andersone 1977
Macrobio Willis 1963 Edizioni nuove ed
Fasti (Ovidio) Alton – Wormell - Courtney 1978 eventualmente sostitutive di
Ammiano Marcellino Seyfart 18978 altre anteriori
Properzio Hanslik 1979
Properzio Fedeli 1984
Claudiano Hall 1985
Epistole (Frontone) Van den Hout 1988
Velleio Patercolo Watt 1988
Lucano Shackelton Bailey 1988
Marziale Shackelton Bailey 1990

SCRIPTORUM CLASSICORUM BIBLIOTHECA OXONIENSIS

Clarendon Press, Oxford


Volumi con prefazione in latino, estremamente ordinati.

Autore Editore Anno


Plauto Lindsay 1904-1905
Edizioni insostituite e
Etymologiae (Isidoro) Lindsay 1911
insostituibili benchè datate
Marziale Lindsay 1902; 1929
Terenzio Kauer-Lindsay (addenda di 1926 Edizioni buone e
Skutch) successivamente aggiornate
mediante aggiunte
Epistole (Cicerone) Purser → rif. Watt – Shack. Bail. 1958-82
Edizioni rifatte
Virglio Hirtzel → rif. Mynors 1969
Epistole (Seneca) Reynolds 1965
Dialoghi (Seneca) Reynolds 1977 Edizioni nuove ed
Gellio Marshall 1968 eventualmente sostitutive di
Tragedie (Seneca) Zwierlein 1986 altre anteriori
Sallustio Reynolds 1991
COLLECTION DES UNIVERSITES DE FRANCE, PUBLIEE SOUS LE PATRONAGE DE
L’ASSOCIATION “GUILLAUME BUDE”

Editrice Le Belles Lettres, Parigi


L’intento critico non è sempre rigorosamente perseguito, ma ad esso si accompagna un intento
divulgativo da non sottovalutare, evidente da
- traduzione con testo a fronte
- note di commento
- uso del francese in prefazione
- prefazione che supera le strette esigenze della critica testuale (può essere
equiparata a una vera e propria monografia)
Il carattere tipografico è in corsivo per quelle parole aggiunte o modificate rispetto alla tradizione,
in modo tale da far subito risaltare gli interventi dell’editore prima ancora di consultare l’apparato.
Autore Editore Anno
Cicerone Cur. Martha Dal 1921
Cicerone Cur. Laurand
Cicerone Cur. Constans
Cicerone Cur. Bayet
Cicerone Cur. Bornecque
Cicerone Cur. Cousin
Cicerone Cur. Grimal
Cicerone Cur. Wuilleumier
Plauto Ernout 1932-1940
Lucrezio Ernout 1920-1990
Petronio Ernout. 1923,1990
Terenzio Marouzeau. 1942-1949
Naturalis historia (Plinio) Ernout, Beaujeu, De St. Denis, Andrè 1949
Ammiano Marcellino Galletier, Fontaine, Sabbah, Marie 1968
Opere filosofiche (Apuleio) Beaujeu 1973
De Agri Cultura (Catone) Goujard 1975
Quintiliano Cousin 1975-80
Eneide (Virgilio) Perret 1977-80
Retorica ad Erennio Achard 1989

CORPUS SCRIPTORIUM LATINORUM PARAVIANUM

G.B. Paravia, Torino


Edizioni critiche con prefazione in latino:
1. la prima serie presentava solo una appendix critica
2. successivamente venne fatta seguire da una seconda serie con apparato in calce
3. di recente si sono avuti volumi accompagnati da commento in latino
Le pubblicazioni della collana si sono interrotte da quasi 30 anni

Autore Editore
Virgilio Castiglioni – Sabbadini → sost. Geymonat 1973
Ovidio Lenz
Ovidio Landi
Ovidio Castiglioni
Orazio Lenchantin de Gubernatis → sost. Bo 1959
Carmina ludicra Romanorum Cazzaniga
Dialogus de Oratoribus Bo
Tusculanae disputationes (Cicerone) Giusta
LOEB CLASSICAL LIBRARY

Heinemann, Londra e Harvard University press, Cambridge Mass.


Edizioni strutturate come le Budè, con un intento divulgativo ancora più accentuato e con minore
base critica (apparato ridotto a simulacro, segnalazioni di varianti e congetture estremamente
sporadiche) ma con un catalogo molto ricco di testi anche secondari, che rende molto utile la
collana.

Autore Editore
Silloge Warmington
De lingua latina (Varrone) Kent
Seneca retore Winterbottom
Fedro Perry
Manilio Goold
Minor latin poets Duff

CLASSICI LATINI

UTET, Torino
Sorta nel 1947 come collana di traduzioni accompagnata da brevi note esplicative, dal 1961
pubblica anche edizioni criticamente rivedute con traduzioni e note di commento

Autore Editore
Saturnalia (Macrobio) Marinone
Livio Cur. Fiore, Pascucci, Pecchiura, Perelli, Ramondetti,
Ronconi, Scardigli

SCRITTORI GRECI E LATINI DELLA FONDAZIONE LORENZO VALLA

Mondadori, Milano
Collana più recente, nata nel 1974 e che intende “fornire al pubblico italiano […] degli studiosi e
dei semplici lettori colti l’autorevole raccolta di classici che esso non ha mai posseduto”
E’ corredata di testo critico, traduzione a fronte e commento.

Autore Editore
Vite dei santi Mohrmann
Orosio Lippold
Catullo Della Corte
Tibullo Della Corte
Eneide (Virgilio) Paratore
Ars Amatoria (Ovidio) Pianezzola, Baldo, Cristante
Origo gentis Romane D’Anna

Altre collane circoscritte al settore della latinità cristiana


• Corpus scriptorum ecclesiasicorum Latinorum (CSEL) → pubblicato a Vienna, anche detto
corpus Vindoboniense
• Corpus Christianorum (CC) → pubblicato in Belgio dagli anni ‘50
• Sources Chretiennes (simile alla Budè come struttura)
• Corona Patrum (italiana, simile alla Budè come struttura)
• Biblioteca Patristica (italiana, simile alla Budè come struttura)

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