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CAPITOLO 1 – LA CRITICA TESTUALE

La critica testuale [ECDOTICA] è la disciplina che indaga la genesi e l'evoluzione di un'opera


letteraria, individuando le sue varie forme (in primis quella originale quando esiste, ma anche le
sue trasformazioni): il suo obiettivo e pubblicare un testo "affidabile" di un'opera.
A causa della produzione a stampa siamo abituati a pensare che ogni opera sia materialmente
sempre identica a sé stessa, ma - soprattutto prima l'invenzione della stampa - l'esistenza di
differenze tra un testo e una sua copia e normale: queste differenze riguardano sia gli elementi
esteriori (formato di carta o pergamena, impaginazione, numero di fogli, scrittura del copista) sia il
testo vero e proprio (il copista introduceva inevitabilmente delle modifiche al testo che voleva,
volontariamente o no, e col susseguirsi delle copiature il testo poteva diventare molto distante da
quello originale).
Quando l'opera è conservata solo in copie successive è necessario compiere una sorta di
ricostruzione per giungere all'originale: esempi ne sono la Divina Commedia (conserviamo un
centinaio di manoscritti dell'opera e altri sono andati perduti), e l'Eneide (i manoscritti conservati
sono ancora più numerosi, ma nessuno di questi è anteriore al IV secolo, cioè 300 anni dopo la sua
composizione).
Occorrerà dunque procedere a un esame dei documenti esistenti (i suoi testimoni), alla loro
valutazione, e al restauro del testo sulla base di essi: si tratterà di registrare le forme presenti nei
testimoni (le loro lezioni), confrontarne le differenze tra un testo e l'altro (le varianti), scegliere le
varianti che hanno più probabilità di essere originarie e procedere così a una ricostruzione.
Nella trasmissione dei testi, l'invenzione della stampa nel XV secolo crea uno spartiacque
fondamentale: la stampa di un'opera veniva effettuata a partire da una matrice in caratteri mobili:
le copie che derivavano dalla stessa matrice costituivano una tiratura. Spesso succedeva però che
le matrici venissero modificate in corso d'opera: in questi casi nella stessa tiratura si trovavano
copie diverse tra loro. Un discorso simile vale anche per le opere postume. Tutto questo illustra in
modo evidente che il testo di una determinata opera non è un dato immobile ma un processo.
Un’opera non nasce già adulta ma cresce progressivamente nelle mani del suo autore, subisce
revisioni, modifiche, riscritture, censure. Ma anche quando arriva alla forma definitiva con
l’autore, scrittori successivi possono modificarla.

La critica testuale si occupa quindi di esaminare i documenti che possediamo, individuare i vari
"testi" di una determinata opera, di comprenderne i rapporti, di stabilire quale/i meglio
rappresentino l'opera stessa o come essi possano essere utilizzati per ricostruirne la forma
originale.
Necessitano uno studio di critica testuale quindi:
 Le opere per le quali non esiste più l'originale;
 Le opere di cui esistono/esistevano più originali;
 Le opere di cui esiste l'originale ma l'autore non ne ha curato direttamente la
pubblicazione;
Rientrano nel campo:
 Tutte le opere prodotte prima e dopo dell'introduzione della stampa
 Le opere di cui l'autore ha curato più di un'edizione, introducendovi modifiche;
- Le opere per le quali le varie copie di una medesima edizione a stampa presentino differenze tra
loro;
1.2 L'EDIZIONE CRITICA
La conclusione di uno studio di critica testuale è la realizzazione di un'edizione critica. Essa è
un'edizione "scientifica" dell'opera, che possa essere utilizzata dal lettore come testo affidabile.
Essa può essere:
 La riproduzione dell'originale, se questo è conservato;
 Un'ipotesi di ricostruzione dell'originale, se questo non è conservato;
 Una pubblicazione comparativa di testi diversi;
Lo studioso che prepara un'edizione critica prende il nome di editore critico o editore. Chi invece la
prepara senza obiettivi critici ma solo di studio è chiamato curatore.

1.3 LA CRITICA TESTUALE E LE ALTRE DISCIPLINE


La critica testuale è uno dei campi di studio più tipici della filologia al punto che i due termini
vengono spesso usati come sinonimi. La filologia mira in realtà più in generale a un'esatta
comprensione dei testi letterari prodotti in una determinata epoca e cultura. Esistono infatti
diverse filologie specialistiche, che hanno per oggetto di studio lingue, letteratura e cultura di
popoli diversi. Di fondamentale importanza per la filologia è conoscere bene i testimoni dell’opera
studiata, ma soprattutto il contesto storico. Per questo il critico testuale si serve delle ricerche
della paleografia, la papirologia, la storia del libro.
1.4 LA FORMAZIONE DEL METODO FILOLOGICO
Già agli studiosi e ai letterati antichi era ben chiaro che i manoscritti contenenti una determinata
opera erano diversi l'uno dall'altro: questo diventava un problema soprattutto per le opere
considerate come auctoritates, cioè che venivano usate come modello di lingua e stile o di
insegnamenti teologici/morali/filosofici.
Del problema si aveva dunque da sempre piena coscienza, ma divenne particolarmente urgente
tra il Trecento e il Quattrocento, al sorgere dell'età umanistica: diveniva fondamentale recuperare
l'esattezza delle opere antiche, perché l'antichità classica venne assunta a modello. Gli umanisti
non elaborarono un vero e proprio metodo filologico, ma praticarono di frequente il confronto tra
diverse copie: si partiva da un manoscritto che si reputava superiore (o che era più accessibile);
questo manoscritto veniva corretto con l'aiuto di altri codici (emendatio ope codicum) o secondo
le congetture dell'erudito (emendatio ope ingenii); se ne traeva così un'ulteriore copia
manoscritta che valeva come "edizione" o testo ricostruito.

Quando un’opera medievale veniva per la prima volta pubblicata a stampa, questa prima edizione
(detto editio princeps, "prima edizione") tendeva ad assumere un'autorevolezza indipendente
dalla qualità del testo che riportava. Infatti, il tipografo dava alle stampe un manoscritto scelto
arbitrariamente, ignorando nella maggior parte dei casi i codici più antichi. Quest'edizione veniva
definito vulgata, cioè la forma comune del testo, la più diffusa.
In questo contesto, gli studiosi più accorti usavano il metodo di edizione del codex optimus, per cui
i vari manoscritti venivano esaminati e fra essi si sceglieva il "migliore" (per esempio il più antico o
il più completo). In questo caso erano pur sempre ammessi emendamenti ope ingenii o ope
codicum, ma solo quando il codex optimus risultasse palesemente scorretto.
Una svolta si ebbe tra ‘700 e ‘800 grazie ad alcuni filologi che si resero conto che non bisognava
confrontare le singole varianti dei manoscritti, ma bisognava capire preliminarmente quale fosse il
valore e l'affidabilità dei testimoni che le riportavano. Venne così elaborandosi un metodo
scientifico, noto come metodo Lachmann, dal nome di Karl Lachmann. Essendo però il contributo
di questo studioso solo parziale, il metodo prende anche il nome di metodo stemmatico. Il
metodo stemmatico rende la critica testuale una disciplina veramente scientifica. Si è così passati
da un approccio maggiormente interventista (che lasciava all'editore un ampio spazio per
modificare il testo) a una linea più conservativa (che rispetta maggiormente i documenti).

CAPITOLO 2 – L’ORIGINALE NON CONSERVATO


2.1 TRADIZIONE E TRASMISSIONE
Per tradizione di un'opera si intende il complesso dei documenti che riportano un determinato
testo o una parte di esso. Possiamo individuare due tipi di tradizione:
 DIRETTA  consiste in tutti i manoscritti conosciuti di un'opera e le edizioni a stampa
precedenti alle edizioni critiche;
 INDIRETTA  rifacimenti, riassunti, estratti, traduzioni, imitazioni, citazioni in altri test
Per trasmissione di un'opera invece si intende il processo attraverso il quale quell'opera è giunta
fino a noi a partire dal momento della sua elaborazione e attraverso tutte le tappe intermedie
successive (copiature, rifacimenti ecc.).
Nell'antichità il materiale scrittorio era in prevalenza il papiro, al cui uso venne progressivamente
affiancandosi e poi sostituendosi quello della pergamena (pelle di animale conciata): questo
comporto un cambiamento nella forma del libro. Nel mondo classico i libri consistevano in lunghi
rotoli continui; questi vennero sostituiti dal codice, fatto da fogli rettangolari che venivano piegati,
uniti in fascicoli e rilegati.
Preparare un codice comportava un notevole impegno economico: questo fu decisivo per una
selezione delle opere letterarie, in quanto molte non venero trascritte sul nuovo supporto.
Significativa per l'ulteriore selezione che subirono i testi classici è l'immagine dei palinsesti: i testi
giudicati di scarso interesse vennero cancellati (mediante raschiatura della pagina) per rendere
riutilizzabile la pergamena su cui erano trascritti. (Es: “De republica” di Cicerone).
Fino al XVII secolo la conservazione del materiale librario fu molto precaria; infatti, nessuna delle
grandi biblioteche dell'antichità è giunta fino a noi a causa di distruzioni o incendi.
Oltre che alla forma scritta, un testo si può conservare anche a voce: si parla di trasmissione orale.

2.3-4 TESTIMONI - COLLAZIONE


Ogni studio critico parte dalla ricerca dei testimoni.
La seconda operazione, dopo la ricognizione dei testimoni, è la loro collazione: il confronto di
ciascun testimone con gli altri, al fine di rivelarne le differenze. La collazione viene effettuata
prendendo come modello un testo-base e si registrano tutte le lezioni nelle quali il singolo
testimone diverge dal testo base.
2.5 RECENSIO E CONSTITUTIO TEXTUS
La denominazione invece di metodo Lachmann è più ampia perché comprende anche la
distinzione tra recensio e constitutio textus.
L'obiettivo del metodo stemmatico è ridurre al minimo la scelta soggettiva dell'editore nella
ricostruzione del testo e si basa su un principio chiave: il valore di una lezione tramandata da un
determinato testimone dipende dal valore del testimone che la riporta. Ogni lezione non va
dunque considerata giusta o sbagliata di per sé ma in rapporto al valore del testimone che la
tramanda. Sarà il valore del testimone (e non più l’opinione dell’editore) a dichiarare l’originarietà
di una determinata lezione.

Possiamo dunque individuare due fasi ben distinte e consecutive:


 RECENSIO  valutazione dei testimoni;
 CONSTITUTIO TEXTUS  formulare un'ipotesi di testo originale – ricostuire il testo
originale. Questa fase è a sua volta distinta in SELECTIO e EMENDATIO.
La recensio si propone quindi di formulare una valutazione dei testimoni di una determinata
opera. Questo si ottiene ricostruendone i reciproci rapporti.

[1]: tutte le volte che uno dei cinque manoscritti presenta una lezione diversa da quella comune
degli altri quattro, il manoscritto isolato ha torto.
[2]; in questo caso si potranno scartare tutte le lezioni che compaiono nel solo Z, ma anche tutte le
lezioni che si conservano solo in U, solo in V e solo in Y (e in Z, che ne dipende).
[3]: in questo caso si possono scartare tutte le lezioni riportate solo dal G, solo da F (e tutti i suoi
discendenti, ma non condivise da G e H).
Questi tre esempi dimostrano l'assunto che il valore di una determinata lezione è strettamente
dipendente dal valore del testimone che la riporta. Inoltre, il valore del singolo testimone e
l'affidabilità della sua testimonianza si determinano dunque in base ai rapporti che il testimone
medesimo ha con gli altri testimoni dell'opera.

Una volta elaborato lo stemma codicum, si passa alla ricostruzione del testo originario (constitutio
textus). Nel caso in cui però lo stemma non permette di ricostruire automaticamente il testo
originario, l'editore dovrà decidere il da farsi: questa operazione si definisce SELECTIO, ossia scelta
tra due o più lezioni alternative.
Può accadere che però neanche questo sia sufficiente, perché può risultare che tutti i testimoni
conservati non derivino dall'originale, ma derivino da un manoscritto che era già una copia: in
questo caso egli dovrà procedere a ripristinare il testo soltanto col proprio ingegno, basandosi su
ciò che sa della lingua, dello stile, delle fonti, dell'ambiente culturale, della situazione dell'autore
che sta studiando. Questa operazione si chiama EMENDATIO.

LA RECENSIO
Con la fase della recensio è dunque possibile tracciare uno stemma codicum.
Per la ricostruzione dello stemma, esistono però due problemi di notevole entità:
 In genere oggi si conserva soltanto una parte dei testimoni che esistettero di un'opera;
 Le relazioni tra i testimoni non sono in genere dichiarate dai testimoni stessi, e vanno
quindi ricostruite;

Il metodo più efficace per comprendere i rapporti tra i testimoni di un'opera è il metodo degli
errori-guida. Il principio su cui si basa il metodo degli errori-guida è che la parentela fra due o più
testimoni non è indicata dalla loro coincidenza in lezioni esatte ma dalla coincidenza in lezioni
erronee.
La novità del metodo stemmatico, dunque, sta nel fatto che si possono individuare relazioni fra i
testimoni solo in base alla presenza in essi di innovazioni comuni, e non in base alla comunanza di
lezioni esatte, cioè conformi all'originale.

ERRORI = INNOVAZIONI
Non tutte le innovazioni possono essere utilizzate come elemento-guida per la ricostruzione dello
stemma. Per avere tale valore, un'innovazione deve soddisfare congiuntamente due requisiti:
 Deve essere tale da potersi produrre una sola volta.
Non hanno perciò valore di guida le innovazioni poligenetiche, ossia che possono essersi
prodotte in linea indipendente in diversi testimoni.
ES: il salto di un verso perché inizia con la stessa parola, due parole uguali
 Deve essere tale da non poter essere stata successivamente eliminata da un copista per
via congetturale.
Non hanno valore di guida quindi le innovazioni reversibili.
ES: introduzioni di spiegazioni per chiarire concetti difficili poi eliminati dal copist

La ricostruzione dello stemma avviene in questo modo:


 Reperiti i testimoni si effettua la loro collazione, ovvero il confronto per evidenziarne le
reciproche varianti.
 Per una parte di queste varianti sarà possibile capire quale sia la forma originaria e quale
l'innovazione, mentre per un'altra parte no. Le lezioni concorrenti sulle quali non è
possibile formulare un giudizio vengono chiamate varianti adiafore, cioè indifferenti.
 I testimoni che presentano le medesime innovazioni vengono raggruppati in una stessa
famiglia;

Tipi di innovazioni:
1) Innovazioni involontarie e inconsapevoli: sostituzione, omissione, ripetizione,
trasposizione.
2) Innovazioni volontarie: riduzione, amplificazione, sostituzione.
3) Innovazioni forzose: quelle rese obbligate da guasti materiali (es: mancanza di una pagina).

2.6.5 eliminatio codicum descriptorum e eliminatio lectionum singolarium


Il testimone che deriva esclusivamente da un altro testimone conosciuto è chiamato descriptus.
Una volta riconosciuti, i descripti perdono valore ai fini della ricostruzione testuale: questa
operazione viene chiamata eliminatio codicum descriptorum.
Così come il termine apografo, anche il termine descriptus è un termine relazionale: quando un
testimone Z discende esclusivamente dal testimone conservato Y, si dice che Z è descriptus di Y. A
differenza del termine “apografo”, che indica una discendenza diretta e non presuppone
necessariamente che il suo antigrafo sia conservato, il termine “descriptus” richiede che il
testimone-fonte sia conservato.
L'eliminazione dei descripti costituisce un vantaggio di rilevo per l'editore, perché permette di
escludere a priori un numero consistente di varianti.
Per riconoscere un descriptus, si cercano delle prove basate in genere su caratteristiche materiali
dei due testimoni per i quali vi è il sospetto di dipendenza reciproca (es. parti del testo rovinate da
guasti materiali, correzioni introdotte da un lettore successivo, parole rese incomprensibili da un
difetto calligrafico).
I testimoni descripti, per quanto inutili alla ricostruzione dei livelli superiori dello stemma, possono
dare un'idea dei criteri di trascrizione di un determinato copista. Lo stemma permette dunque di
eliminare le lezioni che, data la posizione assunta dai testimoni che le riportano, sono riconosciute
come innovazioni. Questa operazione viene chiamata eliminatio lectionum singularium, cioè di
quelle attestate in singoli rami dei "piani bassi" che non possono essere originarie in virtù della
posizione dei loro testimoni nello stemma.

ARCHETIPO
Uno dei punti più delicati della ricostruzione dello stemma è costituito dall'individuazione di cosa
si trova al suo vertice. Ci sono due possibilità:
 La tradizione può partire direttamente dall'originale [1);
 La tradizione può partire da un testimone che era già una copia, distante dall'autore [2];

Questo testimone α, quando esiste, viene chiamato ARCHETIPO dell’opera. I primi discendenti
dell’archetipo, quando esistono, vengono chiamati SUBARCHETIPI.

LA CONSTITUTIO TEXTUS
Dopo l'elaborazione dello stemma codicum, la ricostruzione testuale (constitutio textus) si svolge
secondo un procedimento relativamente meccanico: le lezioni dei singoli testimoni sono di volta in
volta automaticamente eliminate o tenute in conto a seconda della posizione del loro testimone.
Le lezioni che rimangono dopo l'eliminazione, sono quelle attestate ai piani più alti dello stemma: i
subarchetipi. Se la lezione dei subarchetipi è concorde, essa corrisponde all'archetipo o
all'originale (se non è dimostrata l'esistenza di un archetipo); se la lezione dei subarchetipi diverge,
occorre procedere a una scelta (selectio) fra le lezioni attestate. Infine, se a monte della tradizione
c'è un archetipo bisognerà chiedersi se la lezione che tramanda sia quella originale: se non lo è
bisognerà procedere all'emendatio, cioè la correzione congetturale del testo.

SELECTIO
La selezioni tra varianti concorrenti procede in modo automatico se i subarchetipi sono tre o più di
tre (tradizione multipartita), non procede invece in modo automatico se è una tradizione biparita:
in quest'ultimo caso sarà l'editore a dover stabilire quale sia l'originale, attraverso i criteri della
SELECTIO (lectio difficilior, usus scribendi, loci paralleli, comportamento dei subarchetipi).

Lectio difficilior  Fra due lezioni concorrenti, viene considerata più probabilmente originaria
quella che, per ragioni linguistiche/stilistiche/di contenuto è più difficile rispetto all'altra
Questo criterio era motivato dal fatto che per i testi antichi (per cui il metodo è stato elaborato) si
presupponesse un modello di trasmissione per cui un testo originario di alto livello letterario
subisse una degradazione nel corso delle copiature.

Usus scribendi  Fra due varianti concorrenti, quella originaria sarà quella che risponde meglio
allo stile dell’autore o della sua epoca.

Loci Paralleli  Confronto con passi di altri autori o altre opere dove ricorrano espressioni simili a
quella indagata.
EMENDATIO
La presenza dimostrata di un archetipo a monte dell'intera tradizione autorizza l'editore a
emendare congetturalmente il testo, adeguandosi perfettamente a stile e lingua dell'autore. Per
effettuare buone congetture è fondamentale inoltre un'ottima conoscenza dell'autore, della
lingua, della materia e del contesto culturale.
La critica testuale nasce come emendatio fin dall'antichità e gli studiosi avevano emendato i testi
secondo due criteri:
 emendatio ope ingeni: con proprie congetture;
 emendatio ope codicum: mediante l'impiego di altri testimoni;
Oggi per emendatio si intende solo quella ope ingenii, in quanto quella ope codicum presuppone
l'esistenza di un codex optimus. Quando il testo tramandato è corrotto in modo insanabile, al
punto che nessuna ipotesi di congettura sembra risolvere la situazione, l'editore segnala
l'esistenza del problema con un segno diacritico, la CRUX, evitando di formulare ipotesi ulteriori.

2.8 CASI PARTICOLARI DI DOCUMENTAZIONE


Si parla di tradizione a testimone unico quando un'opera è conservata in un solo testimone.
Per tradizione indiretta si intende l'insieme di tutti i documenti che non sono esattamente
testimoni dell'opera che si vuole ricostruire, ma che ne riprendono delle parti inserendole in un
contesto differente. Ciò attraverso citazioni, estratti, riassunti, antologie, traduzioni, imitazioni,
parodie.

2.9 I LIMITI DEL METODO STEMMATICO


Il metodo stemmatico mira a ridurre al minimo l'arbitrio dell'editore e a favorire la ricostruzione
meccanica dell'originale. Tuttavia, l'intervento dell'editore è sempre ben presente.
Recensioni chiuse: le tradizioni manoscritte alle quali è possibile applicare in modo rigoroso il
metodo.
Recensioni aperte: quelle in cui l'editore è costretto a intervenire (o perché ci sono varianti
d'autore, o perché si è verificata contaminazione, o perché lo stemma è bipartito e quindi bisogna
procedere alle selectio). Essendo recensioni chiuse solo una parte minima dei casi, si preferisce
una divisione tra recensio cum stemmate e recensio sine stemmate.
 Le innovazioni irriconoscibili
Uno dei presupposti del metodo stemmatico è che tra un antigrafo e un apografo si producano
sempre delle innovazioni: il critico deve essere in grado di identificarle come tali. Esistono però dei
casi in cui il riconoscimento è problematico:
 per i testi antichi per i quali esistono innovazioni non prodottesi nel medioevo ma già in
epoca antica, anche se trasmesse soltanto da testimoni medievali.
 Per molti dei testi prodotti nel medioevo e copiato nel medioevo stesso per i quali la
distanza fra autore e copista è modesta.
 Per i testi di qualsiasi epoca scritti in una lingua poco stilizzata, non soggetta a regole
costanti; e quelli troppo stilizzati, che seguono regole compositive fisse.
 Testi classici che in età umanistica sono stati emendati da umanisti che hanno prodotto
congetture di ottimo livello;
In tutti questi casi il sistema linguistico e l'universo culturale dell’autore e del copista possono
essere molto simili, al punto da rendere dubbia o impossibile la ricostruzione dello stemma.
 La contaminazione
Quando nel corso della trasmissione di un testo sia avvenuto un contatto tra due o più testimoni
diversi che abbia prodotto una copia contenente alcune lezioni dell'uno e alcune lezioni dell'altro
testimone.

 L’originale molteplice
La critica testuale ottocentesca si è sempre mossa sulla certezza che la tradizione facesse sempre
capo a un solo originale ma ben presto si osservò invece che varie opere classiche potevano essere
prodotte in diverse edizioni antiche, forse tutte risalenti all'autore.
Nel caso di un'opera per la quale si registrano varianti d'autore, lo stemma è rappresentato da un
albero con più di una radice:

In questo caso l'opposizione tra le varianti non si colloca più sul piano sincronico (originale/non
originale) ma su quello diacronico (originale più antico/originale più recente).

2.10 METODI RICOSTRUTTIVI NON STEMMATICI


Nel caso di tradizioni contaminate e con varianti d'autore il metodo stemmatico non perde
completamente la sua utilità, in quanto può pur sempre permettere di isolare famiglie e gruppi di
manoscritti. Quando però lo stemma ai piani alti risulta in nessun modo ricostruibile, allora sarà
necessario a ricorrere a metodi diversi. Esistono altri metodi di ricostruzione dell’originale:
 Metodi tassonomici  Nel 1920 il francese Henri Quentin avanzò la prima proposta di un
metodo di ricostruzione testuale che partisse da una semplice classificazione delle varianti,
senza distinguerle in lezioni e innovazioni. Egli prendeva in considerazione tutte le varianti
attestate e raggruppava i testimoni in base alla presenza o assenza delle varianti. Si creava
così una catena di testimoni, di cui non veniva esplicitata una direzione.
 Il metodo delle aree geografiche  Questo metodo, teorizzato da Giorgio Pasquali,
prevede il confronto tra lezioni in diverse aree geografiche: la lezione più antica sarà
probabilmente quella periferica rispetto a quella della zona centrale perché si suppone che
l'innovazione attestata nella zona centrale si sarebbe prodotta solo una volta; quella
attestata nelle zone periferiche avrebbe dovuto prodursi indipendentemente tante volte
quanto sono queste aree.
 La ricostruzione eclettica  si usa quando lo stemma codicum non si riesce in nessun
modo a ricostruire e non si possono usare neanche i metodi tassonomici e delle aree
geografiche. In questo caso nella fase di ricostruzione testuale il critico dovrà giocare a
tutto campo, praticando la selectio e l'emendatio.
2.11 METODI NON RICOSTRUTTIVI
Ai metodi ricostruttivi si è obiettato che la ricostruzione peccherebbe dunque di astoricità: ne
uscirebbe un testo che non è mai esistito.
 Il codex optimus  L’editore fonda l'edizione di un'opera sopra un unico testimone,
definito come il migliore, distaccandosene evidentemente solo quando necessario. C’è
bisogno di un serio lavoro di recensio per eleggere un testimone davvero rappresentativo
del testo che si vuole pubblicare. Sotto questo punto di vista, il metodo del codex optimus
consiste nella costituzione di uno stemma che permette di individuare il testimone
potenzialmente migliore.
 La copia scribale  consiste nella forma che il testo assume nel manoscritto prodotto da
un particolare e individuale copista. Differentemente rispetto agli altri metodi di edizioni
che si pongono come obiettivo la rappresentazione dell'originale e pongono al centro il
momento della produzione dell'opera, questo metodo insiste sul momento della sua
fruizione: oggetto non è più un'ipotesi di originale o un testimone che lo rappresenti
meglio, ma il singolo e individuale manoscritto, in quanto storicamente esistito.
2.12 È SEMPRE ESISTITO UN ORIGINALE?
I limiti del metodo stemmatico emersero quando essi furono applicati non più all'antichità classica
ma alle opere del medioevo, che presentavano modalità di produzione e trasmissione non lineare.
Il concetto che per i testi medievali appare più ambiguo è quello di originale: per molto tempo era
stato considerato un concetto abbastanza intuitivo (testo creato dalla penna dell'autore) ma per
molti testi medievali la nozione perde univocità.
In effetti, molte opere medievali si basavano sul reimpiego e adattamento di testi preesistenti e
venivano modificati dal punto di vista linguistico o contenutistico, perché il copista poteva adattare
il testo alla sua parlata, o in base alla sua conoscenza della materia trattata, o per le diverse
aspettative del pubblico

Dunque le regole del metodo stemmatico possono essere più facilmente applicate alle opere
dell'antichità rispetto ai testi medievali (i quali hanno avuto modi di produzione e trasmissione in
parte diversi). Inoltre, molte opere classiche subivano meno modifiche intenzionali a causa della
loro valenza di autoritates, differentemente rispetto a opere medievali per cui modifiche da parte
dei copisti erano molto più frequenti.
È possibile dunque distinguere tra:
 tradizioni quiescenti, caratterizzate da:
scarsa mobilità testuale
numero limitato di interventi migliorativi
circolazione in prevalenza scolastica o erudita del testo
stabilità garantita dal nome dell'autore o dalla sacralità del testo
impiego di un registro linguistico precisamente codificato
 tradizioni attive, caratterizzate da:
forte mobilità testuale
tendenza dei copisti alla rielaborazione
circolazione non scolastica
impiego di un registro linguistico meno codificato
Il metodo stemmatico sembra potersi meglio applicare alle tradizioni quiescenti, mentre risulta più
difficilmente applicabile alle tradizioni attive.
Nel complesso, i metodi della critica testuale devono essere applicati con la necessaria elasticità.
Bisogna innanzitutto chiedersi quanto sia effettivamente necessaria la ricostruzione (che per alcuni
testi è necessaria, per altri è fuorviante o impossibile perché non è esistito un vero e proprio
originale), a cui seguirà la scelta della strategia e dunque del metodo di edizione, che dipenderà
dalla valutazione di vantaggi e svantaggi secondo un principio di economia.
CAPITOLO 3 – L’ORIGINALE CONSERVATO
Se di un’opera abbiamo l’originale, il compito del critico di certo non è concluso. Un originale pone
spesso problemi di descrizione, analisi e pubblicazione.
Quando di un’opera si possiede il manoscritto autografo, questo rappresenta indubbiamente la
volontà dell’autore e costituisce dunque l’originale. Ma il problema sta nel riconoscere
quell’autografo. Per i manoscritti moderni è facile perché c’è la firma, per i medievali no.
Soprattutto perché nel medioevo un testo non è sempre completamente autografo dato che veniva
spesso dettato oralmente e fatto scrivere da un segretario. In questo caso parliamo di idiografo e
in essi comunque possiamo trovare errori del copista e sfuggiti all’autore nella fase di controllo.
Un altro problema sta nella strategia editoriale. Il manoscritto autografo, per questioni di
omogeneità, verrà sempre sistemato dall’editore (scrivendo ogni intervento nell’apparato critico). Il
problema è che se si modifica troppo, l’editore finisce per sostituirsi all’autore.
Un ultimo caso è quello delle opere incompiute. Prima, sempre per questioni di omogeneità,
venivano completate, ora no.

Le VARIANTI D’AUTORE vengono chiamati quegli autografi di cui se ne conserva più di uno. La
molteplicità del testo rende più difficoltosa la pubblicazione di un’edizione unitaria ma comunque
si sceglierà, in base alle analisi che fa l’editore, di pubblicare quella “migliore” e che è più vicina
all’ultima volontà dell’autore. Anche quest’ultimo concetto è molto ambiguo perché quando i testi
sono incompiuti, essa non c’è, e talvolta anche quando il testo è intero, l’autore non sempre ha
controllato la sua opera prima di essere pubblicata quindi è capace che la casa editrice o il copista
abbiano comunque apportato modifiche.

Con filologia dei testi a stampa si designa lo studio critico delle edizioni a stampa. Essa nacque nel
‘900, stimolata dallo studio critico delle opere di Shakespeare. Essa indaga sempre sulla genesi di
un’opera, sfruttando conoscenze sulla storia del libro e della tipografia, e indaga i rapporti
intercorrenti fra un’edizione a stampa e l’altra (a differenza dei manoscritti dove lo stemma
codicum indaga le relazioni esistenti fra un testimone e l’altro).
CAPITOLO 4 – ANATOMIA DELL'EDIZIONE CRITICA

4.1 TESTO CRITICO E APPARATO CRITICO


Un'edizione critica è un'edizione di studio, non destinata alla divulgazione, ma alla ricerca. È
composta dal testo critico, oggetto della pubblicazione, e da un apparato critico, di solito collocato
al piede della pagina, in cui sono collocate le lezioni che l'editore ha classificato come innovazioni.
L'apparato critico ha una natura strettamente testuale: non comprende cioè annotazioni quali
commenti, spiegazioni o interpretazioni.
Nell'apparato critico, quindi, l'editore dà conto della ricerca da lui effettuata e fornisce gli
strumenti per la sua verifica.
È possibile distinguere tra:
 APPARATO CRITICO POSITIVO: riporta indicazione, oltre che dei testimoni che attestano la
variante scartata, anche di quelli che attestano quella accolta;
 APPARATO CRITICO NEGATIVO: sono indicati solo i testimoni della variante scartata, e
quelli della variante accolta si ricavano quindi per sottrazione;
L'apparato critico positivo è più completo ma può diventare sovrabbondante quando i testimoni
sono parecchi. La maggior parte degli editori tende a usare quindi un sistema misto.
In generale, dovranno sempre essere indicate:
- Le lezioni dell'archetipo che vengono rifiutate a vantaggio di emendamenti congetturali;
- Eventuali congetture che l'editore ritiene di non dover accogliere;
- Tutte le lezioni dei subarchetipi rifiutate in fase di selectio;
- Nel caso di opere a testimone unico, tutte le lezioni di questo testimone che l'editore ha
rifiutato;

4.2 EDIZIONI COMPARATIVE


Lo schema tipico di un'edizione critica si basa su una opposizione netta tra testo (che contiene le
lezioni conformi al testo che si vuole presentare, quelle “esatte”) e apparato (che contiene invece
le lezioni che non sono conformi ad esso, quelle “erronee”), che implica una gerarchia a vantaggio
del primo.
Quando però invece l'edizione ha l'obiettivo di presentare diversi testi a confronto, come per
opere conservate in redazioni diverse d'autore, è spesso impossibile istituire una gerarchia tra
lezioni esatte e non esatte. Le edizioni comparative hanno dunque una struttura più articolata: si
possono usare artifici tipografici come caratteri di stampa diversi o più colonne affiancate di testo
per evidenziare forme concepite come alternative.

Quando si vuole dar conto delle varie fasi attraverso le quali l'opera è giunta alla sua forma
definitiva si parla di edizione genetica: il testo principale sarà il più recente tra quelli predisposti
dall'autore.
Quando invece si vuole rappresentare l'evoluzione del testo dopo la sua prima elaborazione, si
parla di edizione evolutiva: il testo principale sarà il primo che l'autore abbia licenziato.
Le edizioni comparative di solito hanno lo svantaggio di essere di difficile lettura, ma oggi i supporti
informatici consentono un'ampia elasticità di fruizione. Le edizioni ipertestuali possono infatti
permettere rimandi da un testo all'altro e altri vantaggi al livello di layout.

[[Esempi di edizioni comparative sono l'Orlando furioso curato da Debenedetti e Segre (i quali ne
hanno fatto un'edizione genetica, perché il testo scelto per la pubblicazione è il più recente), i
Canti di Leopardi nell'edizione curata da De Robertis (che è di tipo evolutivo, in quanto il testo-
base scelto è la prima stampa)]].
4.3 EDIZIONI DIPLOMATICHE, FACSIMILI, EDIZIONI INTERPRETATIVE
Edizione diplomatica: ha l'obiettivo di fornire un'immagine fedele del testo riportato da un
determinato manoscritto. In un'edizione diplomatica non compariranno modifiche dell'editore.
Spesso le edizioni diplomatiche peccano di scarsa leggibilità, inoltre sono diventate sempre più
rare con il miglioramento dei procedimenti di riproduzione fotografica. Per questo si preferisce
spesso pubblicare un facsimile, ovvero una serie di fotografie dell'intero codice che può essere
eventualmente accompagnata da una trascrizione continua del testo.

Edizione interpretativa: Quando l'editore effettua interventi di carattere formale, come


l'introduzione di punteggiatura, regolarizzazione di alcune grafie o scioglie le abbreviature.

4.4 GLI ELEMENTI DI SUPPORTO: INTRODUZIONE E INDICI


INTRODUZIONE

INDICE

4.5 LO STEMMA CODICUM


Quando l'edizione critica porta alla ricostruzione di uno stemma codicum, questo va collocato
all'interno della tradizione. Questo è tradizionalmente rappresentato da un albero capovolto, le
cui ramificazione sono linee verticali e divergenti quando la trasmissione è normale, mentre si
usano linee orizzontali e convergenti in caso di contaminazione.

4.6 IL CONSPECTUS SIGLORUM


È un elenco delle sigle che, posto all'inizio dell'edizione, permetterà di associare le sigle con i
testimoni che da esse sono designati.
Lettere maiuscole per i testimoni esistenti (A,B,C), lettere minuscoli per i testimoni di secondaria
importanza (a,b,c), e lettere greche per i testimoni perduti (archetipi). Lettere parlanti = “P” indica
un manoscritto conservato a Parigi, “L” uno conservato a Londra.

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