Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
2.4 La collazione
La seconda operazione è la collazione, ovvero il confronto tra i testimoni e l’individuazione delle loro
differenze. Si fa prendendo un esemplare di collazione, un testo base e confrontandolo con gli altri. Questo
può essere una edizione critica precedente (il testo è già stato elaborato ma può essere contaminato da altri
testimoni o dalle congetture dell’editore), una edizione a stampa, l’editio princeps (maggiore leggibilità ma
non ha un valore maggiore rispetto agli altri manoscritti, dato che non è stata edita da un critico), il più antico
manoscritto esistente (il testo è difficile da leggere). L’esemplare di collazione è dunque quello che permetta
all’editore di lavorare meglio, evitando dunque testimoni imparziali. Se l’opera è inedita, il testo-base scelto
dall’editore non rappresenta comunque il testo più importante, mentre se l’opera è già stata pubblicata, non
è detto che le scelte del critico precedente siano necessariamente errate.
La possibilità di utilizzare elaboratori elettronici per la collazione è possibile solamente nel caso di testi molto
brevi, dato che ogni testimone deve essere trascritto da un operatore (le macchine non riescono a leggere
con esattezza la scrittura umana antica) con un elevato rischio di errori, ed è comunque impossibile codificare
tutte le differenze presenti. La collazione ottica è dunque possibile solamente per i testi a stampa.
2.6 La Recensio
2.6.1 Stemma storico e stemma ricostruibile
La trasmissione di un’opera è graficamente rappresentata attraverso uno stemma codicum o uno stemma
codicum et editionum, nel caso siano presenti anche le prime edizioni a stampa. Vengono spesso utilizzati
termini che indicano relazioni di parentela. Questo è chiamato stemma storico o stemma reale, poiché
rappresenta la trasmissione di un’opera per come è esattamente avvenuta. In una tradizione tripartita, la
ricostruzione sarà automatica nel caso tutti e tre i testi oppure due su tre presentino la stessa forma, mentre
sarà da selezionare la forma migliore nel caso tutti e tre riportino una lezione diversa. Lo stemma reale
permette poi di poter capire e lavorare unicamente sui piani alti dello stemma, eliminando le forme più
recenti. Il problema è che si conserva solamente una parte dei testimoni e che le relazioni tra questi non sono
spesso esplicitamente dichiarate o ancora un manoscritto può essere esito di collazione medievale o
umanistica da due testi, presentando dunque errori e congetture di un copista o di un altro. La ricostruzione
di uno stemma reale non è dunque quasi mai ricostruibile, e si deve ricorrere allo stemma ricostruibile.
2.6.2 La ricostruzione dello stemma: errori-guida
Il metodo più efficace per la ricostruzione dello stemma è quello degli errori-guida o Leitfehler, ovvero la
parentela fra due o più testimoni non è indicata dalla coincidenza delle lezioni esatte ma delle erronee. Se si
trova una alterazione Z, tutti i soggetti interessati da Z sono parenti, ma non lo sono tutti quelli che non
presentano Z. Si possono dunque individuare relazioni tra testimoni solo in base alla presenza di innovazioni
comuni. Spesso gli errori possono anche non essere inconsapevoli ma frutto di un’aggiunta di una spiegazione
o di un commento da parte di un copista colto, oppure una sua modifica di un tratto linguistico o stilistico
attraverso un aggiornamento. Si usa dunque il termine innovazione.
La ricostruzione avviene attraverso queste fasi:
- Si effettua la collezione tra i testimoni di un’opera;
- Per alcune varianti si capirà qual è la forma originale, mentre per altre il giudizio sarà impossibile
(varianti adiafore);ù
- I testimoni con le medesime innovazioni vengono raggruppati in una unica famiglia.
Di una sola tradizione possono dunque esistere numerose possibilità di
raggruppamento nelle diverse famiglie, e la ricostruzione è possibile
solamente attraverso lo studio delle varianti e delle innovazioni che si
sono prodotte nella trascrizione del testo.
2.6.3 Le innovazioni distintive
Per la ricostruzione di uno stemma le innovazioni devono soddisfare
congiuntamente due requisiti:
- Devono essere tali da potersi essere prodotte una sola volta, per cui non hanno valore le varianti
poligenetiche come il salto da pari a pari (due espressioni identiche a breve distanza per cui si salta
il testo tra le due o ancora il salto di un verso quando il verso precedente o successivo iniziano con la
stessa sillaba o parola). Queste innovazioni sono chiamate errori congiuntivi o Bindefehler, dato che
tutti i testimoni che presentano l’innovazione risultano uniti;
- Devono essere tali da non poter essere state successivamente eliminate da un altro copista, per cui
non hanno valore le innovazioni reversibili come gli errori grammaticali evidenti o l’introduzione di
glosse da parte di un copista colto. Queste innovazioni sono chiamate errori separativi o Trennfehler,
in quanto quelli che non le presentano non appartengono alla famiglia di quelli che la presentano.
Le innovazioni che permettono di ricostruire lo stemma sono dunque quelle che identificano i gruppi in modo
univoco e che soddisfano entrambi i requisiti. La maggior parte degli errori congiuntivi non hanno efficacia
separativa, e la maggior parte degli errori separativi hanno invece efficacia congiuntiva. Il caso più classico di
innovazione adatta alla ricostruzione è quella di una lacuna consistente ed insolubile.
2.6.4 Il procedimento di copiatura e la tipologia di innovazioni
Nel momento di copiatura di un testo si creano inevitabilmente delle modifiche che allontanano la copia
dall’originale. Quando un testimone di x viene usato per ricavarne una copia y, si dice che x è l’antigrafo e y
è l’apografo. Sono state studiate le tecniche e le condizioni di lavoro dei diversi scriptoria medievali, ovvero
sotto dettatura oppure un’operazione silenziosa: la prima produceva errori dovuti alla cattiva comprensione
dei suoni, la seconda dovuti a fraintendimenti analoghi. Le innovazioni potevano essere:
- Involontarie e inconsapevoli: errori di fraintendimento di una parte del testo, come la sostituzione di
una forma erronea rispetto a una esatta, l’omissione o la ripetizione di una parte del testo o la
trasposizione, l’inversione di due parti del testo. Un errore curioso è l’errore polare, in cui il copista
trascrive l’esatto opposto della forma presente nell’antigrafo; altri errori sono il salto da pari a pari o
l’omoteleuto (parole con uguali finali) o l’omoearco (parole con iniziali uguali). Un errore di
ripetizione è la dittografia, ovvero lo scrivere due volte la stessa sillaba o la stessa parola all’interno
di un elenco; o il salto di una o più righe o versi del testo, quando questo veniva copiato
meccanicamente, o il salto di un intero foglio quando venivano girate due pagine invece che una.
Le innovazioni involontarie sono facili da individuare quando producono un testo insostenibile, non
altrettanto quando il testo è apparentemente corretto;
- Innovazioni volontarie o interpolazioni, quelle più difficili a individuare dato che il copista ha
consapevolmente modificato l’antigrafo. Possono essere la riduzione (sintesi o eliminazione di parte
del testo dovuto alla scarsità di pergamena), l’amplificazione (l’aggiunta di materiale al testo
dell’antigrafo come glosse o citazioni), la rielaborazione stilistica (semplificazione di un testo
difficile), l’ipercorrettismo (la modifica di una forma che si crede scorretta ma in realtà non lo è) o la
sostituzione di contenuto. Nel commento all’Eneide di Servio viene citata l’orazione in frumentaria
di Cicerone, corretta in seguito da un copista con in Verrinis, dato che quello era il nome con cui
circolavano queste orazioni nel medioevo. In una orazione di Cicerone, la Pro Marcello, un copista
medievale aveva modificato una frase per darle un senso più cristiano (la vita si trova non nel corpo,
ma nello spirito). Numerosi epigrammi di Marziale vennero censurati nel medioevo o sostituiti con
espressioni più corrette.
Le innovazioni volontarie sono spesso difficili da individuare perché producono un testo accettabile
e sensato. Per gli autori classici, che rispettavano un certo canone stilistico, sono facili da individuare
le innovazioni in questa direzione; per gli autori medievali la cosa è più difficile in quanto il canone
stilistico era uniforme tra autore e copista.
- Innovazioni forzose, ovvero quelle che il copista non ha potuto privare perché rese obbligate da
guasti materiali dell’antigrafo, come la mancanza di un foglio; talvolta sono segnalate.
I copisti potevano avere strategie differenti: potevano semplicemente copiare l’antigrafo, per cui le loro
innovazioni saranno involontarie, oppure copiarlo con una copiatura critica, creando così innovazioni
volontarie. Spesso poi alla copiatura di un unico manoscritto potevano lavorare diversi scribi, attuando
ognuno la propria strategia di copiatura in base anche alle condizioni diverse di un unico antigrafo.
2.6.5 Utilizzo dello stemma: eliminatio codicum descriptorum e eliminatio lectionum singularium
Lo stemma permette di giudicare il valore dei testimoni conservati, per cui alcuni risultano privi di utilità. Un
testimone L che derivi da X presenterà delle innovazioni aggiuntive rispetto ad X e sarà dunque privo di utilità
al fine di ricostruire il testo. L si dice descriptus da X, e i descripti perdono il loro valore e non vengono
considerati attraverso l’eliminatio codicum descriptorum. I codici descritti non richiedono una discendenza
diretta, bensì che il testimone-fonte sia conservato. Per identificare L come codice descritto non basta che
presenti le innovazioni di X più alcune proprie, ma ci vuole l’assenza di prove che la situazione possa essere
diversa, arrivando così alla presunzione che L sia descritto, non alla certezza. I filologi più recenti cercano
evidenze materiali, come la mancanza di parti del testo o correzioni introdotte sull’antigrafo successivamente
alla copiatura dell’apografo: il guasto non riguarda dunque il testo di X, ma la sua materialità, una cosa
dunque non trasmissibile a L. Nel caso dell’opera storica di Arriano tutti i manoscritti hanno una vasta lacuna,
e nel più antico dei testimoni manca un foglio, per cui si può comprendere come tutti gli altri manoscritti
discendano dal manoscritto lacunoso. Gli Annali di Tacito sono conservati in un solo testimone antico, dal
quale vennero tratti numerosi descripti non utili alla ricostruzione; si è però ritrovato un manoscritto
cinquecentesco con innovazioni proprie, che è andato così a creare uno stemma di forma bipartita.
L’eliminazione dei descritti offre vantaggi nel lavoro editoriale: per il Bellum civile di Cesare, ad esempio, sono
stati eliminati oltre 160 codici, corrispondenti all’85% dei manoscritti esistenti.
I testimoni descripti possono avere utilità in quanto possibili portatori di buone congetture. Quando si
possiede l’antigrafo, l’analisi dell’apografo permette di studiare i metodi di trascrizioni di un determinato
scriptorium. Lo stemma permette di avere un criterio di valutazione oggettivo sulle lezioni presentate dai vari
manoscritti. Se tre manoscritti hanno lo stesso testo e un quarto una diversa, è più probabile che sia errata
quella del quarto manoscritto, dato che è difficile che uno stesso errore si sia prodotto in tre testimoni diversi
in linea indipendente. Questo processo è chiamato eliminatio lectionum singularium, ovvero l’eliminazione
delle forme attestate nei singoli rami dei piani bassi dello stemma. Questa è basata su un principio di
economia e di probabilità, facendo ovviamente eccezione per le innovazioni poligenetiche. La ricostruzione
e l’utilizzo dello stemma formano un circolo ermeneutico, poiché le innovazioni sicure permettono di
ricostruire lo stemma che diventa lo strumento attraverso cui si discriminano le varianti dubbie.
2.6.6 L’archetipo e i subarchetipi
Uno dei punti più delicati della ricostruzione dello stemma è l’individuazione di che cosa si trova al suo vertice:
la tradizione può infatti partire dall’originale oppure da un testimone che era già una copia distante
dall’autore o da lui non sorvegliata. Perché accada questo secondo caso è necessario che in tutta la tradizione
si verifichi una innovazione distintiva, che non possa essere originaria in alcun modo; in questo caso il
testimone primo viene chiamato archetipo. Se lo stemma è privo di archetipo, all’editore non sarà consentito
di emendare il testo tramandato; se lo stemma presenta l’archetipo, l’editore potrà emendare il testo,
supponendo che alcune innovazioni siano quelle introdotte dall’archetipo e non presenti nell’originale. I
primi discendenti dell’archetipo prendono il nome di subarchetipi e possono corrispondere ad esemplari
presenti o ricostruiti. Per i testi classici si è a lungo supposto che un archetipo dovesse essere esistito, per la
selezione della letteratura antica avvenuta nell’alto medioevo e il necessario passaggio dal papiro alla
pergamena; oggi invece la situazione viene valutata caso per caso. Le prove di carattere testuale per accertare
la presenza di un archetipo sono le più deboli, mentre quelle di carattere materiale le più forti.
Se l’esistenza di un archetipo può essere accertata, non può esserlo la sia assenza: esso potrebbe essere stato
opere di un copista molto colto che ha introdotto solamente innovazioni irriconoscibili. Quando si può
dimostrare che tutti i manoscritti risalgono a un archetipo ancora presente, allora l’editore dovrà emendarlo
per togliere le innovazioni aggiunte rispetto all’originale. Il caso più celebre è quello del De rerum natura di
Lucrezio nell’edizione curata da Lachmann, che analizzando i manoscritti ancora oggi presenti (l’oblongus e
il quadratus) è riuscito a dare una descrizione precisa e quasi esatta dell’archetipo perduto.
3. Filologia dell’originale
La conservazione dell’originale permette analisi approfondite sulla genesi dell’opera e sulle vicende
successive all’autore. Quando esistano poi diversi originali, bisognerà analizzare i rapporti tra loro e
descrivere il processo di elaborazione del testo. Questo è il campo della filologia d’autore.