Dottorato di Ricerca
in Filologia Greca e Latina
XXI ciclo
Dottorando: Coordinatore:
Michele Trizio Ch.mo Prof.
Luciano Canfora
Supervisore:
Prof.ssa Margherita Losacco
“A proposito di queste edizioni sia lecito esporre qui subito un criterio del
tutto personale. Ritengo preferibile giungere rapidamente ad edizioni serie
ed attendibili, anche se non rigorosamente critiche, piuttosto che lasciare
passare decenni per dare ad esse la perfezione che esige un testo critico nel
significato più severo della parola.”1.
1 Cfr. E. FRANCESCHINI, Ricerche e studi su Aristotele nel Medioevo Latino, in Aristotele nella
critica e negli studi contemporanei, «Rivista di Filosofia Neoscolastica (Supplemento speciale)»
58 (1956), pp. 377-408, p. 146.
iii
questi commenti figurano, oltre al già citato Franceschini, anche studiosi
del calibro del Mercken e, soprattutto, del p. Gauthier, autore di una
monumentale edizione dell’Ethica Nicomachea nell’ambito del progetto
editoriale dell’ Aristoteles Latinus e di uno studio, le cui conclusioni sono
ancora largamente condivise, sulla tradizione manoscritta della traduzione
di Grossatesta.
Nel mondo latino questi commenti, e in particolare i commenti di
Eustrazio ai libri I e VI dell’Ethica Nicomachea, riscossero un grande
successo, tanto da garantire al loro autore il prestigioso titolo di
Commentator, titolo che egli condivise con l’altro grande commentatore di
Aristotele che influenzò notevolmente la scolastica latina del XIII secolo, e
cioè Averroè. Proprio questo dato sembra rappresentare un elemento
significativo nella storia degli studi su questo autore. Infatti, da un punto di
vista quantitativo gli studi sull’Eustrazio latino superano di gran lunga
quegli sull’Eustrazio, per così dire, greco.
Di Eustrazio la bizantinistica ha considerato per lo più la produzione
teologica e le vicende, anch’esse teologiche, in cui questo autore fu
coinvolto. L’attenzione su Eustrazio è sempre stata legata alla figura di
Anna Comnena (†1153), e proprio gli studi su questa nota principessa
bizantina hanno garantito una certa “celebrità” al nostro autore. Tuttavia,
poco o nulla è stato scritto sulla sua attività di commentatore, nonostante
questo autore, assieme ai commentatori degli altri libri dell’Ethica
Nicomachea, abbia attratto l’attenzione anche dello Schleiermacher2. Ecco
perché nel presente lavoro il lettore troverà una sezione introduttiva
relativa alle fonti e alle principali caratteristiche del commento di Eustrazio
al VI libro dell’Ethica Nicomachea, oltre ad un apparato critico in cui figurano
non solo le fonti esplicitamente menzionate dall’autore, ma anche quelle
implicite.
Riguardo questo punto, il lettore potrebbe chiedersi se un simile
apparato non sia una scelta in qualche modo obbligata per chi intraprenda
un simile progetto di edizione. Tuttavia, la questione è tutt’altro che
scontata. Se si consultano le edizioni critiche dell’Aristoteles Latinus e delle
versioni latine dei commentatori greci di Aristotele («Corpus Latinum
Commentariorum in Aristotelem Graecorum») si noterà come l’apparatus
fontium si limiti a registrare le fonti esplicitamente menzionate dall’autore
nel testo, nella convinzione ormai consolidata che spetti all’editore del testo
greco, e non a quello della traduzione latina, il compito di rilevare e
annotare le fonti dirette e indirette del testo oggetto di edizione. A sostegno
della nostra scelta poniamo, da un lato, ancora la necessità di fornire uno
strumento per chi intenda effettuare ricerche sulla matrice dottrinale di
questo commento, dall’altro, il carattere lacunoso dell’edizione del testo di
2Si veda F. SCHLEIERMACHER, Über die Griechischen Scholien zur Nikomachischen Ethik des
Aristoteles, in Sämtlichen Werken, III,2, pp. 309-321.
iv
Eustrazio edita da Heylbut nei Commentaria in Aristotelem Graeca (vol. 20),
che oltre a presentare limiti filologici legati ai criteri editoriali adottati nel
corpus dei Commentaria, si caratterizza proprio per l’insufficienza dei
riferimenti alle fonti, non solo implicite (come noto del tutto assenti), ma
anche di quelle esplicite (mal segnalate da Heylbut).
Come detto, il testo greco dell’edizione Heylbut è alquanto lacunoso.
Esso sostanzialmente riproduce il testo dell’edizione Aldina, supportato da
un altro manoscritto recensito da Heylbut come il più antico testimone a
noi giunto. Il risultato è quello di un testo a volte poco leggibile, che
sicuramente necessita di una nuova edizione critica, e appare a volte
emendabile proprio sulla base della versione latina. Tuttavia, rispetto ai
tentativi di edizioni del testo latino già editi, abbiamo controllato
direttamente il manoscritto usato da Heylbut e il testo dell’Aldina, senza
limitarci come fatto dai precedenti editori dell’Eustrazio latino a
confrontare il testo latino con quello greco edito nei CAG. Il risultato è ci
sembra migliorare l’attendibilità dell’apparato greco, altrimenti
compromesso dai numerosi errori commessi da Heylbut nella fase di
collazione.
Cercheremo di fornire del testo di Eustrazio non solo un
inquadramento dottrinale di base, ma anche una ricostruzione essenziale
del contesto intellettuale in cui il commento fu composto. Anche in questo
caso il presente studio si caratterizza per essere il primo tentativo di
ricostruzione della biografia intellettuale di Eustrazio di Nicea. Di questo
autore abbiamo cercato di raccogliere tutte le testimonianze a noi giunte
relative a vita e opere, e le abbiamo messe in relazione alle principali
vicende dottrinali e politiche del tempo. Ad emergere in maniera
abbastanza chiara, a nostro parere, è il profilo di un autore che, seppur
meno prolifico dal punto di vista della produzione letteraria e meno
influente dal punto di vista politico di una figura quasi contemporanea
come quella di Michele Psello, sembra dare prova di grande erudizione e
competenza filosofica.
Il commento al VI libro dell’Ethica Nicomachea è ricco di citazioni dai
testi di Proclo, ora citato direttamente, ora liberamente usato come una
sorta di repertorio terminologico a partire dal quale costruire la propria
interpretazione dell testo aristotelico di volta in volta oggetto di commento.
In questo, Eustrazio sembra porsi nel solco della tradizione pselliana. Era
stato Psello ad eleggere Proclo, e in generale la letteratura neoplatonica, ad
emblema di una letteratura di alto rango, destinata a lettori di alto livello
sociale, i philologoi menzionati da Eustrazio con grande enfasi retorica come
destinatari dei suoi commenti, dietro i quali, probabilmente, si celavano i
membri di un circolo intellettuale vicino agli ambienti della corte comnena.
Proprio la presenza in Eustrazio di motivi neoplatonici sembrerebbe
essere alla base della fortuna latina dei suoi commenti ai libri I e VI
dell’Ethica Nicomachea. La risposta di Eustrazio alle critiche aristoteliche nei
v
confronti della dottrina platonica del Bene ideale presenti nel I libro
dell’Ethica è costituita da una lunga difesa di Platone espressa con termini e
dottrine di derivazione procliana. Nel mondo latino questa accorata difesa
verrà interpretata come una replica al tentativo aristotelico di negare la
trascendenza del Bene, ormai identificato dai maestri latini con il Dio
cristiano. Il commento al VI libro fornisce poi a importanti figure della
scolastica latina, come Alberto Magno, la possibilità di ritrovare una
dottrina dell’intelletto che, fortemente ispirata da dottrine procliane, viene
vista in convergenza con le teorie dell’intelletto ereditate dalle
interpretazioni arabe di Aristotele, anch’esse dai toni neoplatonizzanti. Il
Proclo bizantino di cui Eustrazio è testimone viene associato dai maestri
delle Università Occidentali del secolo XIII al Proclo rinvenibile nei testi
provenienti dalla tradizione araba, come quel Liber de Causis che, in quanto
compendio arabo dell’Institutio theologica di Proclo, eserciterà grande influsso
sulla scolastica latina.
Le citazioni da parte dei maestri latini da questo commento di
Eustrazio sono a tal punto numerose da rendere impossibile analizzarle in
dettaglio una per una. Basterà dire che tutti i commenti latini all’Ethica
Nicomachea si servono costantemente dei commenti ai libri I e VI di
Eustrazio per l’esegesi del testo aristotelico. Fino alla nuova traduzione
latina di questi commenti redatta nel XVI secolo da Bernardo Feliciano, la
traduzione di Grossatesta resterà influente e autorevole. Oltre alla dottrina
dell’intelletto rinvenibile nel commento di Eustrazio, occorre ricordare
come ogni opera latina riguardante la nozione di prudentia rechi citazioni dal
commento di Eustrazio al VI libro dell’opera aristotelica in questione,
dedicata come è noto proprio alla prudentia. Questo dato giustifica una volta
di più l’importanza e la necessità di rendere accessibile questo testo nella
forma di una moderna edizione critica, destinata a confluire nel lungo
periodo nel progetto editoriale del «Corpus Latinum Commentariorum in
Aristotelem Graecorum», promosdo dal De Wulf-Mansioncentrum frlla
Katholieke Universiteit Leuven.
vi
SEZIONE I
Eustrazio di Nicea
La vita e le opere
vii
1. Biografia intellettuale di un commentatore di corte
the Cambridge Philological Society», 188, n.s. 8 (1962), 1-12, in part. 6-7: Con qualche
modifica, senza tuttavia un sostanziale cambiamento delle motivazioni alla base della
critica dell’ipotesi di Dräseke, questo articolo è stato pubblicato nuovamente in R. SORABJI
(ed.), Aristotle Transformed. The Ancient Commentators and their Influence, London 1990, 393-
406.
6 NICETA SEIDAE, Νικήτα Σεΐδου Λόγο κατὰ Εὐστρατίου, ed. Th. N. ZÈSÈS, Thessalonike
viii
fino all’anno della sua morte, nel 1118. Di Eustrazio sappiamo infatti che
era Metropolita di Nicea, per quanto non conosciamo esattamente l’anno in
cui egli acquisì tale titolo. Prima ancora, vi sono alcuni elementi di grande
interesse che collocano questa figura all’interno di alcuni tra i più
importanti eventi della storia intellettuale di Bisanzio nel secolo XI. Il nome
di Eustrazio di Nicea compare infatti per la prima volta negli atti del
processo per eterodossia celebrato contro Giovanni Italo, il discepolo e
successore di Psello nella carica di console dei filosofi, il direttore della
scuola di filosofia che, apprendiamo dallo stesso Psello, doveva essere stata
costituita assieme alla scuola delle leggi – diretta inizialmente da Giovanni
Xifilino – grazie all’attività riformatrice dell’imperatore Costantino IX
Monomaco (†1055)7.
Il 20 e il 21 marzo 1082, preso atto del pittakion imperiale
(un’ordinanza con il quale l’imperatore, su richiesta del patriarca, entra
direttamente nella vicenda), la commissione giudicante si riunisce per
deliberare sui provvedimenti da adottare contro Italo8. La condanna,
soprattutto dopo il severo giudizio espresso da Alessio I (in cui l’imperatore
ricorda come Giovanni Italo avesse un grosso seguito di discepoli, benché
numerosi dei suoi insegnamenti avessero destato scandalo, in quanto
7 Sul rapporto tra Psello e Xifilino, si veda U. CRISCUOLO, Sui rapporti tra Michele Psello e
Giovanni Xifilino, «Atti dell’Accademia Pontaniana», XXIV (1975), p. 9; studi specifici sul
testo dell’epitafio e sulla corrispondenza tra Psello e Xifilino: R. ANASTASI, Sull'epitafio di
Psello per Giovanni Xiphilino, «Siculorum Gymnasium» 19 (1966), pp. 52-56; ID, Sulla fine
dell'epistola di Psello a Giovanni Xifilino, «Byzantion», 65 (1988); pp. 455-456 E. V. MALTESE,
Un nuovo testimone dell'epistola di Psello a Giovanni Xifilino (Paris, gr.1277), «Byzantion», 52/7
(1987), pp. 427-432; U. CRISCUOLO (ed.), Michele Psello, Epistola a Giovanni Xifilino, a cura di
Ugo Criscuolo. Seconda edizione riveduta e accresciuta («Hellenica et Byzantina
Neapolitana» 14), Napoli 1990. Non ci è giunto alcun documento ufficiale relativo alla
fondazione della scuola di filosofia di cui Psello sembra essere stato il primo direttore con
il titolo di “console dei filosofi”; per testimonianze su questa carica, si veda P. LEMERLE,
Cinq études sur le XIe siècle byzantin, Paris 1977, 224-225. Psello stesso ricorda la propria
nomina a console dei filosofi in un opuscolo databile attorno al 1156, ma riferentesi ad
eventi precedenti; cfr. MICHAEL PSELLUS, Orationes forenses et acta, or. 4,18-20 (ed. Dennis).
Riguardo invece la scuola di diritto, di cui Xifilino era nomofulax, “guardiano delle leggi”,
abbiamo una Novella promulgata dall’imperatore e redatta dal maestro di Psello, Giovanni
Mauropode. Per l’edizione del testo della Novella, si veda P. LAGARDE, Iohannis Euchaitorum
Metropolitae quae in codice Vaticano graeco 676 supersunt, Göttingen 1882. Il testo si trova
censito come documento ufficiale promulgato dall’autorità imperiale in F. DÖLGER,
Regesten der Kaiserurkunden des oströmische Reich von 565-1453, II Teil, Regesten von 1025-
1204, Munchen 1925, n. 863 (con riferimento alle altre edizioni del testo della Novella). Sul
testo della Novella, si veda anche R. ANASTASI, Filosofia e techne a Bisanzio nel XI secolo,
«Siculorum Gymnasium», 27 (1974), pp. 352-386; E. FOLLIERI, Sulla Novella promulgata da
Costantino IX Monomaco per la restaurazione della facoltà giuridica a Costantinopoli, in Studi in onore
di E. Volterra II, Milano 1971, pp. 647-664.
8
Cfr. J. GOUILLARD, Le Procès officiel de Jean l’Italien. Les actes et leurs sous-entendues, «Travaux
et Mémoires», 9 (1985), pp. 1-106; V. GRUMEL - V. LAURENT - J. DARROUZÈS, Les regestes
des actes du patriarchat de Constantinople, vol. I, fasc. III, Paris 1932, nn. 925, 926.
ix
manifestamente antitetici rispetto ai dogmi cristiani9) è particolarmente dura:
l’esilio e l’inserimento dei dieci articoli già condannati sotto Michele VII
Doukas, con l’aggiunta di un undicesimo ad opera dello stesso Alessio
Comneno, nel Synodikon dell’Ortodossia, a sancire un’eterna damnatio
memoriae10.
Delle vicende processuali che, come si è accennato, vedono un primo
intervento di Michele VII Doukas, e un successivo intervento del nuovo
imperatore Alessio I Comneno, daremo conto in seguito. Per il momento
può risultare di maggiore interesse notare come nei documenti relativi alla
seduta del 21 marzo 1082 si faccia riferimento all’estensione del
procedimento anche ai discepoli di Italo11. In un passo successivo vengono
riportati i nomi dei suddetti discepoli e il loro atteggiamento di fronte
all’inchiesta avviata nei loro confronti. I seguaci di Italo sono definiti
διάκονοι, il che mostra che tutti avevano già intrapreso una carriera
eclesiastica. Tra essi è menzionato un tale Eustrazio, già maestro della scuola
sita nel monastero di S. Teodoro nel quartiere di Τὰ Σφωρακίου12.
L’esplicito riferimento a Eustrazio ci permette di ricostruire qualche
notizia sulla figura del nostro autore; innanzi tutto, Eustrazio risulta
riconducibile all’insegnamento di Giovanni Italo, del quale dovette quindi
essere discepolo. Questo dato viene confermato dalla testimonianza
rinvenibile in uno scritto di Niceta, metropolita di Eraclea, datato
dall’autore dell’edizione critica del testo (Darrouzès) verso la metà del 1117
e relativo alla già citata partecipazione di Eustrazio alla delegazione
bizantina impegnata nel 1114 a Filippopoli in una disputa teologica con una
delegazione amena13. Niceta ricorda polemicamente, a riprova della
compromissione di Eustrazio con dottrine empie e eterodosse, il
precedente del processo di Giovanni Italo, quando l’ortodossia dell’allora
discepolo di Italo era stata posta al vaglio dell’autorità ecclesiastica14.
Questo dato, oltre a confermare che l’Eustrazio menzionato negli atti del
processo ai danni di Italo e l’Eustrazio metropolita di Nicea menzionato da
Niceta sono la stessa persona, testimonia che l’aver intrattenuto rapporti
con Italo doveva risultare compromettente, nonostante fossero passati
x
quasi quarant’anni dalle vicende relative al processo del successore di
Psello.
In secondo luogo apprendiamo che egli doveva essere stato in
passato, in quanto nel documento si trova il termine γεγονὼ, maestro
(proximos) presso la scuola sita nel monastero di S. Teodoro, nel quartiere di
Costantinopoli detto di Τὰ Σφωρακίου15. La scuola in questione doveva
essere piuttosto nota, se non rinomata, visto che alcune testimonianze
attestano la buona qualità dell’insegnamento ivi impartito, per quanto
questi documenti riguardino esclusivamente la pratica della schedografia,
che sappiamo essere parte dell’insegnamento di base16. In due
componimenti, Cristoforo di Mitilene sembra elogiare il proximos della
scuola di S. Teodoro, quello Stiliano menzionato in relazione alla
schedografia dalla stessa Anna Comnena17, e un maestro della stessa scuola,
tale Leone. Cristoforo di Mitilene sembra elogiare Stiliano per aver
garantito agli allievi della scuola la necessaria preparazione per affrontare
agoni grammaticali senza correre il rischio di essere sconfitti18.
Prima di seguire le vicende relative agli eventi successivi al processo
intentato contro Italo e, evidentemente, contro la sua scuola (se si tien conto
15
Su questa chiesa si veda R. JANIN, La géographie écclesiastique de l’empire byzantine. Première
partie: le siège de Constantinople et le Patriarcat Oecuménique. Tome III, Les églises et les
monastères (II ed.), Paris 1969, pp. 152-153.
16
Sulla schedografia a Bisanzio si veda S. G. MERCATI, Intorno agli σχδέη µυό, «Studi
Bizantini», 2 (1927), pp. 13-17, dove l’autore riporta il caso di due schede rinvenibili nel
manoscritto Vatic. Gr. 711, f. 80-82; ID., Giambi di Giovanni Tzetze contro una donna
schedografa, «Byzantinische Zeitschrift», 44 (1951), pp. 416-418; A. DEBIASI GONZATO ,
Osservazioni ad alcuni esercizi schedografici del cod. Marc. Gr. XI.16, f. 220, «Rivista di Studi
Bizantini e Neoellenici», 8-9 (1971-1972), pp. 109-125; L. MARCHESELLI-LOUKAS, Note
schedografiche inedite del Marc. Gr. Z 487=883, «Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici», 8-9
(1971-1972), pp. 241-260 (si tratta di una schedografia sul De natura animalium di Eliano);
sempre a proposito di un codice Marciano, R. BROWNING, (‘Ο Μαρκιανὸ ἐλληνικὸ
χώδικα XI, 31 καὶ βυζαντινὴ σχεδογραφία, «Παρνάσσο», 15 (1973), pp. 508-519. La
pratica schedografica viene stigmatizzata da Anna Comnena, che in Alexias, 15,7,9,21-
15,7,9,29 (ed. Leib): Ταῦτα δὲ λέγω ἀχθοµένη διὰ τὴν παντελῆ τῆ ἐγκυκλίου παιδεύσεω
ἀµέλειαν. Τοῦτο γάρ µου τὴν ψυχὴν ἀναφλέγει, ὅτι πολὺ περὶ ταὐτὰ ἐνδιατέτριφα, κἂν,
ἐπειδὰν ἀπήλλαγµαι τῆ παιδαριώδου τούτων σχολῆ καὶ εἰ ῥητορικὴν παρήγγειλα καὶ
φιλοσοφία ἡψάµην καὶ µεταξὺ τῶν ἐπιστηµῶν πρὸ ποιητά τε καὶ ξυγγραφέα ᾖξα καὶ τῆ
γλώττη τοὺ ὄχθου ἐκεῖ θεν ἐξωµαλισάµην, εἶ τα ῥητορικῆ ἐπαρηγούση ἐµοὶ κατέγνων
τῆ [τοῦ] πολυπλόκου τῆ σχεδογραφία πλοκῆ. [«Queste cose le dico a causa della
sofferenza per la completa non curanza per l’educazione primaria poichè molto mi sono
occupata di queste cose, e dopo aver terminato con la scuola per l’infanzia, mi sono data
alla retorica, mi sono accostata alla filosofia, per poi passare alle scienze, sono grata ai
poeti ed agli storiografi; mi si perdoni, anzi, l’improprietà del mio languaggio, poichè per
quanto richiami a me l’ausilio della retorica, ho già condannato l’infinità complicatezza
della schedografia.»].
17
ANNA COMNENA, Alexias, 15,7,9,14-18 (ed. Leib).
18
CHRISTOPHORUS MYTILENAEUS, Carmina varia, 9,6-8 (ed. Kurtz). Cristoforo di Mitilene
dedica ai maestri della scuola di S. Teodoro due distinti componimenti poetici: essi sono
editi in E. KURTZ (ed.), Die Gedichte des Cristophoros Mitylenaios, Leipzig 1903, n. 9 e 10.
xi
dell’estensione del procedimento anche ai suoi discepoli), può essere
interessante soffermarsi sul modo in cui i discepoli di Italo si discolparono
dall’accusa di aver seguito il maestro negli errori a lui imputati. Tutti e
cinque i personaggi chiamati a rispondere della loro frequentazione con
Giovanni Italo rinnegano il proprio antico maestro prendendone
nettamente le distanze. Addirittura Michele di Matzô, secondo il documento
in questione, avrebbe sostenuto la propria estraneità rispetto
all’insegnamento di Italo, ricordando di essere stato effettivamente suo
discepolo, ma di averlo seguito solo per quanto riguarda l’insegnamento di
logica, evidentemente ritenuta innocua rispetto alle ben più pericolose
dottrine platoniche che, come vedremo, costituiscono l’architrave degli
anathemata rivolti contro Italo Quanto a Eustrazio e agli altri discepoli, il
documento ufficiale in questione afferma la loro assoluta innocenza; non
sarebbero dunque essi i destinatari dell’anatema a cui fa riferimento
l’undicesimo articolo aggiunto da Alessio I a quelli redatti sotto Michele VII
Dukas, quando a essere condannati sono Italo e i suoi seguaci19. Al
contrario, tutti i discepoli di Italo posti sotto indagine sarebbero usciti dal
procedimento “puri e indenni” da ogni sospetto di aver condiviso
l’eterodossia del loro maestro20.
Abbiamo già ricordato come Eustrazio fosse diventato ben presto
uomo di fiducia di Alessio I Comneno, il quale lo portò con sé a
Filippopoli in qualità di teologo di corte per condurre una serie di incontri
di natura teologica con una delegazione armena. Già nel 1112, tuttavia,
Eustrazio aveva preso parte a un incontro ufficiale con una delegazione
latina guidata da Pietro Grossolano21. Una fonte ben più tarda, il Thesaurus
Orthodoxae fidei del già ricordato Niceta Coniate, riporta la notizia secondo
la quale Eustrazio avrebbe difeso la tesi greca della processione dello
Spirito a solo patre in maniera incerta e non appropriata22.
Al di là di questa testimonianza posteriore e forse legata alle
successive traversie di Eustrazio, è un fatto che il nostro Autore partecipi a
un incontro teologico con l’armeno Sergio23. Siamo, come detto a
Filippopoli, nel 1114. L’episodio viene anche ricordato da Anna Comnena,
19
Cfr. J. GOUILLARD, Le Synodikon de l'Orthodoxie, «Travaux et mémoires», 2 (1967), pp. 45-
107, 243-246: Τοῖ παρὰ τὴν χριστιανικὴν καὶ ὀρθόδοξον πίστιν εἰσαχθεῖ σι παρά τε τοῦ
Ἰ ταλοῦ Ἰ ωάννου καὶ τῶν µετασχόντων τῆ ἐξ αὐτοῦ λύµη µαθητῶν αὐτοῦ ἑλληνικοῖ καὶ
ἑτεροδόξοι δόγµασι καὶ διδάγµασιν ἢ καὶ τῇ καθολικῇ καὶ ἀµωµήτῳ τῶν ὀρθοδόξων πίστει
ἐναντίοι, ἀνάθεµα.
20 Cfr. GOUILLARD, Le Procès cit., 461.
21 Cfr. V. GRUMEL, Autour du Voyage de Pierre Grossolanus archevêque de Milan à Constantinople,
en 1112. Note d’histoire et de littérature, «Échos d’Orient», 32 (1933), pp. 22-33.
22 NICETAS CHONIATES, Ex libro XXIII Thesauri Orthodoxae fidei, PG 140, coll. 135-138,
col. 136.
23 La cosa appare chiara dalla testimonianza di Niceta di Seida in una denuncia inviata
all’imperatore contro Eustrazio nel 1116, edita da Darrouzès nel 1966 e da Zèsès (op. cit.)
nel 1976; cfr. DARROUZÈS, Documents inédits cit., pp. 307-309.
xii
che nella sua Alessiade ricorda come Eustrazio avesse appunto seguito
l’imperatore Alessio I a Filippopoli per prendere parte a delle dispute di
natura teologica con una delegazione armena24. Su quello che accadde a
seguito di questo incontro la storiografia risulta già più ricca e articolata25. I
due testi presentati da Eustrazio nell’occasione non furono ritenuti
perfettamente ortodossi. Lo scalpore per la loro presunta eterodossia fu
tale che il Patriarca Giovanni IX Agapeto (1111-1134) fu costretto a indire
un sinodo per dirimere la questione. A segnalare e denunciare il fatto che
Eustrazio avrebbe sostenuto dottrine empie e eterodosse sarebbero stati gli
stessi armeni, come ricordato da Niceta Coniata26. Il 27 aprile 1117, alla
presenza dell’imperatore Alessio I e dello stesso Patriarca Giovanni, venne
letta una confessione di fede redatta dallo stesso Eustrazio, in cui il nostro
autore abiurò ufficialmente27.
Nonostante il Patriarca avesse pubblicamente invocato clemenza per
Eustrazio, la maggior parte dei membri del sinodo si espressero contro il
Metropolita di Nicea. Ancora nell’ultima sessione del sinodo, alla presenza
ancora di Alessio I Comneno, Niceta di Eraclea tenne un discorso
durissimo nei confronti di Eustrazio. Non ci sono giunti tuttavia gli atti e i
documenti diretti relativi all’esito del processo, che dovette chiudersi con
una condanna. La sola fonte che di fatto testimonia tale esito è tuttavia
ancora una volta Niceta Coniata, il quale ricorda come al termine della sua
vita Eustrazio avrebbe composto un’altra dichiarazione di innocenza (a noi
non pervenuta) a conferma della propria precedente abiura28. Niceta
doveva disporre senz’altro di fonti a noi non note; egli infatti riporta due
anathemata del Synodikon relativi al caso di Eustrazio che non risultano
diversamente attestati29.
fasc. II-III, n. 1003. Le vicende relative al processo per eterodossia ai danni di Eustrazio
xiii
La condanna di Eustrazio venne comunque inserita nel testo del
Synodikon dell’Ortodossia. Sulle motivazioni reali che portarono alla
condanna possono essere fatte solo supposizioni; come spesso accade nella
storia ecclesiastica bizantina, tuttavia, le motivazioni dottrinali sono
difficilmente separabili da quelle politiche30. Sicuramente la rimozione di
Eustrazio dagli incarichi ecclesiatici, nonostante la sua abiura, nasconde una
questione tecnica di diritto canonico. Come ben ricostruito da Darrouzès
nell’introduzione all’edizione critica dell’atto d’accusa contro Eustrazio
redatto da Niceta d’Eraclea, l’imperatore e il Patriarca avrebbero
probabilmente preferito, nel caso di Eustrazio, una soluzione che
prevedesse il mantenimento della carica di Metropolita di Nicea, con una
sospensione temporanea dell’esercizio delle funzioni episcopali. Niceta fu
con ogni probabilità sostenitore di una posizione ancora più radicale, quella
della sospensione a vita dello stesso Eustrazio31. Sappiamo in effetti che, a
partire dal concilio di Costantinopoli del 787, le eresie inevitabilmente
comportavano la sospensione permamente dal sacerdozio. Tale posizione
più estrema deve alla fine aver prevalso, nonostante a rappresentare la
posizione più moderata vi fosse l’imperatore in persona; Coniata stesso per
altro riporta che anche l’imperatore avrebbe da ultimo ceduto, sostenendo
la condanna completa di Eustrazio32.
Non si può non notare come l’ultima delle 24 tesi attribuite ad
Eustrazio e condannate dal sinodo33 sia analoga a una proposizione
condannata nel processo di Giovanni Italo, di cui si dirà in seguito. In essa
viene condannata la pretesa di applicare i metodi della dialettica e della
logica alla spiegazione dei misteri della fede, i quali esulerebbero dalla
dimensione accessibile alle capacità argomentative propriamente umane. La
proposizione attribuita a Eustrazio e condannata consiste nell’affermazione
secondo cui nelle Sacre Scritture Cristo stesso si sarebbe espresso tramite
sillogismi aristotelici. Quello della possibilità e dei limiti
dell’argomentazione dialettica nella formulazione di un discorso teologico è
un problema di enorme portata all’interno della storia della teologia
bizantina, di cui non possiamo evidentemente occuparci in questa sede.
Nondimeno, viene alla mente come questa attitudine positiva nei confronti
della possibilità di costituire il discorso teologico su un impianto dialettico
sia attribuibile (o per lo meno tale risulta dalle fonti coeve) alla tradizione
sono riassunte in DARROUZÈS, Documents inédits cit., 57-60, con revisione della
ricostruzione data da Joannou nei contributi citati alla n. 23.
30 Si veda ad esempio JOANNOU, Le sort de l’évêques cit., p. 7, dove si suggerisce a titolo
xiv
pselliana, cui Eustrazio può essere riportato in quanto discepolo di
Giovanni Italo34.
La questione si fa molto più complessa allorquando si cerchi di
indagare le possibili motivazioni politiche del procedimento ai danni di
Eustrazio. Egli era sostanzialmente un protetto dell’imperatore, che su
Eustrazio aveva puntato come teologo ufficiale di corte, per cui un attacco
rivolto contro quest’ultimo non poteva non avere un significato politico
anche per quel che riguarda lo stesso Alessio I. Tuttavia, emerge anche la
possibilità che motivazioni più strettamente personali abbiano giocato un
ruolo nella vicenda: quel Niceta di Eraclea che guida la requisitoria finale
nel procedimento ai danni di Eustrazio viene segnalato da Browning
dapprima come proximos della scuola di Chalkoprateia, famosa come si è
visto per la schedografia35, e in seguito come didaskalos tou evangeliou, una
posizione all’interno di una istituzione come l’Accademia Patriarcale
preposta essenzialmente alla formazione teologica. Si può allora ipotizzare
che Niceta – un teologo di professione, si potrebbe dire – abbia voluto
rivendicare per sé una posizione di prestigio presso l’imperatore? Difficile
da dirsi; resta il fatto che, come mostrato da Joannou36, i testi di Eustrazio
destinati alle discussioni teologiche con gli Armeni sono colmi di citazioni
di Cirillo di Alessandria, una scelta di per sé imprudente se si considera la
fortuna che Cirillo aveva riscosso presso le varie tendenze monofisite. È
anche possibile, dunque, che in quella circostanza fosse realmente emersa
per lo meno una certa improprietà di linguaggio da parte di Eustrazio.
Quel che conta per la nostra indagine, tuttavia, è il fatto che la
carriera eccelsiatica e allo stesso tempo politica di Eustrazio termina con il
processo ai suoi danni e la relativa condanna. Né Anna Comnena, nella sua
Alessiade, né Giorgio Tornikès, nell’orazione funebre per la principessa,
parlano degli eventi che segnarono la fine delle fortune di Eustrazio;
probabilmente, come è stato sostenuto da Browning37, per il fatto che una
tale menzione sarebbe stata in qualche modo compromettente; tuttavia,
come è stato invece sostenuto da Darrouzès38, questo silenzio potrebbe
essere interpretato anche come il segno di un ipotetico disaccordo di Anna
34 Cfr. G. PODSKALSKY, Theologie und Philosophie in Byzanz. Die Streit um d. theol. Methodik in
d. spatbyzantin. Geistesgeschichte (14.-15. Jh.), seine systemat. Grundlagen u. seine histor. Entwicklung,
Munchen 1977 («Byzantinisches Archiv», 15), pp. 107-124.
35 Infatti molte delle testimonianze relative ad opere di Niceta di Eraclea sono di natura
grammaticale, cfr. R. BROWNING, The Patriarchal School at Constantinople in the 12th. Century,
«Byzantion», 32 (1962), pp. 167-202; 33 (1963), pp. 11-40, in part. pp. 15-16.
36 Cfr. JOANNOU, Eustrate de Nicée cit., p. 25.
37 Cfr. R. BROWNING, An Unpublished Funeral Oration on Anna Comnena, «Proceedings of the
Cambridge Philological Society», 188 (n.s. 8) (1962), pp. 1-12 (ristampato in R. SORABJI,
Aristotle Transformed. The Ancient Commentators and Their Influence, Ithaca (N.Y.) 1990, pp.
393-206.
38 DARROUZÈS, Documents inédits cit., pp. 61-62.
xv
con il padre a proposito della scarsa risolutezza con cui quest’ultimo
avrebbe difeso Eustrazio.
Resta comunque il fatto che è la stessa Anna Comnena a ricordare,
come si è già detto, l’episodio per cui Eustrazio avrebbe seguito a
Filippopoli l’imperatore per seguire quelle trattative teologiche che gli
sarebbero costate la carriera politica ed ecclesiastica. D’altra parte, Anna si
sofferma lungamente nella sua Alessiade sull’impegno dell’imperatore suo
padre nel combattere e contrastare le eresie. Nel resoconto di Anna del
processo e della condanna del bogomilo Basilio (attorno al 1099) 39,
leggiamo infatti che la Panoplia Dogmatica di Eutimio Zigabeno sarebbe stata
composta proprio su ordine di Alessio I Comneno40. La stessa spedizione a
Filippopoli, in riferimento alla quale Eustrazio viene esplicitamente
menzionato dall’Alessiade, non viene citata da Anna in maniera accidentale.
Di quanto accadeva infatti a Filippopoli e dello stato in cui versava la città,
letteralmente ricolma di eretici, Anna Comnena fornisce un lungo e
dettagliato resoconto in lunghe sezioni del libro XIV dell’Alessiade41.
La tesi di Browning secondo cui il nome di Eustrazio non
comparirebbe nel testo dell’orazione funebre per la principessa in quanto
un simile riferimento sarebbe stato compromettente, vista la condanna
subita dallo stesso Eustrazio, può in prima istanza essere considerata
sufficientemente plausibile42. Tuttavia, Browning non dà conto del fatto
che, come è stato appena ricordato, è proprio Anna Comnena a ricordare
Eustrazio e l’episodio di Filippopoli, senza evidentemente curarsi, in questa
circostanza, delle conseguenze che un simile riferimento poteva avere. E se
è vero che Anna omette di ricordare che a seguito di quella spedizione
Eustrazio sarebbe stato condannato per eterodossia, è anche vero che – per
portare alle estreme conseguenze le ipotesi di Browning – il nome di
Michele di Efeso che, come vedremo, compare a chiare lettere nel testo
dell’orazione funebre per Anna Comnena, non viene neanche citato nella
Alessiade, per quanto la più che probabile estraneità di questo personaggio
alle vicende politiche e dottrinali del tempo non avrebbe dovuto, almeno in
linea teorica, costituire alcun ostacolo per una sua menzione da parte di
Anna Comnena.
1.2. Le opere
39 Riguardo il caso del bogomilo Basilio, si veda A. RIGO, Il processo del bogomilo Basilio (1099
ca.): una riconsiderazione, «Orientalia Christiana Periodica», 58 (1992), pp- 185-211.
40 ANNA COMNENA, Alexias, XV,9,1 (ed. Leib).
41 ANNA COMNENA, Alexias, XIV,8,3-9,5 (ed. Leib).
42 Cfr. n. 35
xvi
divisione tra le opere a sfondo teologico, relative all’attività di Eustrazio
come teologo di corte, e le opere filosofiche, composte nella forma di
commenti o trattati su singole problematiche.
Le opere teologiche sono raccolte nella 'Εκκλησιαστικὴ Βιβλιοθήκη di
Demetracopoulos, pubblicata a Lipsia nel 1866, e riguardano diverse
questioni, come quelle relative all’iconologia, quelle relative alla cristologia e
connesse agli eventi di Filippopoli menzionati in precedenza e quelle relative
alla processione dello Spirito Santo ex solo Patre – una tesi difesa da
Eustrazio in occasione del soggiorno costantinopolitano dell’arcivescovo di
Milano, Pietro Grossolano, tra il 1112 e il 111343. Infine, si segnala un
trattatello che la tradizione manoscritta tramando sotto il titolo di
Definizione generale della filosofia di Platone, ma che in realtà tratta di
argomenti strettamente teologici, lasciando intravedere una forte dipendenza
dagli scritti di Giovanni Damasceno44.
Le opere filosofiche, come detto, si lasciano a loro volta dividere tra
commenti e trattati (in forma breve). Si segnala in quest’ultimo gruppo un
trattato di metereologia (edito dalla Schiavon) dedicato all’imperatrice Maria
di Alania (ca. 1050-1103), sposa dell’imperatore Michele VII Doukas
(†1090) e, successivamente, di Niceforo III Botaneiate (imperatore dal 1078
al 1081)45. Per quel che riguarda il primo gruppo, ci sono giunti invece i
commenti di Eustrazio al libro II degli Analitica Posteriora, e i commenti ai
libri I e VI dell’Ethica Nicomachea, tutti editi nella serie Commentaria in
Aristotelem Graeca46.
1892 («CAG», 20); M. HAYDUCK (ed.), Eustratii in Analyticorum posteriorum librum secundum
commentarium, Berlin 1907 («CAG», 21,1).
xvii
Non è possibile richiamare nel dettaglio, in questa sede, le vicende relative
al processo di Giovanni Italo47, su cui per altro possediamo già importanti
e dettagliati contributi come quelli di Gouillard e Clucas, che hanno
permesso di ricostruire l’intero iter processuale e le sue conseguenze sul
piano della storia intellettuale48. Tuttavia, è forse opportuno ricordare
almeno i principali aspetti storico-dottrinali relativi alle vicende in
questione, per cercare di descrivere il contesto in cui si inscrive l’attività di
Eustrazio come teologo e commentatore di opere filosofiche. La cosa
appare ancora più necessaria alla luce del fatto, già segnalato, che Eustrazio
sembra essere stato discepolo di Italo.
Un primo procedimento ai danni di Giovanni Italo era stato già
avviato negli anni 1076-1077, sotto il patriarcato di Cosma I (1075-1081) e
la reggenza di Michele VII Doukas, imperatore dal 1071 al 1078. Non
possediamo testimonianze relative a questo primo procedimento; ne
possediamo invece alcune relative alla prima fase, consistente in una
diagnosis preliminare49, di un secondo procedimento contro Italo iniziato tra
il febbraio e il marzo 1082, con Eustrazio di Garida patriarca (1081-1084) e
Alessio I Comneno imperatore. Di quest’ultimo procedimento possediamo
il pittakion di Alessio I Comneno: apprendiamo da questo documento che
l’inchiesta condotta su iniziativa dell’allora imperatore Michele VII sarebbe
sfociata in una sorta di compromesso. Infatti, nonostante la questione fosse
stata sottoposta all’attenzione del patriarca e di un sinodo appositamente
riunito, il procedimento si sarebbe concluso con un’ambigua condanna di
una serie di proposizioni senza alcun riferimento personale (ἀπροσώπω) né
alla figura di Giovanni Italo né a quella di un qualche suo discepolo.
Come detto, gli articoli condannati già durante il processo sotto
Michele VII furono tutti inseriti nel Synodikon dell’ortodossia, e risultano in
effetti privi di un qualsivoglia riferimento ad personam, eccetto l’ultimo, che
costituisce un’aggiunta successiva proprio su ordine di Alessio I Comneno,
al termine del processo del 1082. Gli articoli sono in tutto undici50. Essi
ripropongono in maniera generica, nella forma di undici anathemata, lo
stereotipo della filosofia come causa di ogni eresia (art. 5), come insieme di
verità antitetiche rispetto alla fede cristiana (ancita dai padri della Chiesa
(art. 4, 8). Le tesi condannate sembrano essere genericamente ascrivibili alla
tradizione platonica (art. 8), e rappresentano un insieme standard di
posizioni in evidente contraddizione rispetto agli assunti metafisici propri
del cristianesimo, come per esempio il riferimento all’eternità del mondo
(art. 4) o alla metempsicosi (art. 8, 10). La vera natura delle accuse sembra
47 Su Italo si veda A. RIGO, “Giovanni Italo”, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 56,
Roma 2001, pp. 62-67.
48 J. GOUILLARD, Le Procès cit., 133-174; L. CLUCAS, The Trial of John Italos and the Crisis of
xviii
tuttavia essere racchiusa principalmente nell’art. 7, dove viene
esplicitamente sostenuto che la causa dell’errore risiede nel non aver
circoscritto la considerazione di tali empie dottrine alla sola dimensione
dell’insegnamento/apprendimento.
Non è facile stabilire se Italo abbia o meno violato questo principio:
si tratta di una questione tuttora aperta. La storiografia moderna sembra
aver dato per scontato che sia così51, anche e soprattutto alla luce della
presenza di fonti neoplatoniche all’interno della serie di testi editi da
Joannou con il titolo, forse inappropriato (visto il riferimento chiaro alla
struttura di alcune dispute tipiche della scolastica latina del XIII secolo), di
Quaestiones quodlibetales, e che invece si trova tradito sotto il ben più
tradizionale titolo greco di Aporiai kai luseis52. L’attribuzione a Italo
dell’effettiva paternità, più ancora che delle tesi di stampo neoplatonizzante
presenti nel Synodicon, di un’attitudine generale nei confronti della filosofia
pagana non inscrivibile all’interno di una dimensione puramente
pedagogica né tanto meno all’interno di un tentativo di riconciliazione tra il
pensiero dei Padri e quegli aspetti della filosofia antica più in accordo con la
visione cristiana del mondo, è considerata dagli studiosi come parte di una
più generale tensione o polarizzazione tra i guardiani dell’ortodossia e chi,
dedicandosi allo studio dei saperi profani, avrebbe preteso per sé
prerogative indebite, pervenendo a invadere l’ambito delle verità di fede53.
Tracce di un simile fenomeno si ritrovano in diversi documenti di
questo periodo. Lo stesso maestro di Italo, Psello, aveva dovuto difendersi
dall’accusa di empietà e eterodossia con un’apologia (redatta attorno al
1055), che sembra poter essere messa in relazione ad un altro testo
composto da Psello proprio in difesa del suo discepolo Italo54. Che il nome
di Proclo, ma anche quello di Giamblico, fosse associato alla radice di ogni
eresia, sembra divenire nelle testimonianze anche di poco successive quasi
uno stereotipo generalmente accettato. Ne parlano gli atti del processo
contro Giovanni Italo, il quale viene ricollegato proprio a Proclo e
51
Gli esempi maggiormente rilevanti di questa tendenza storiografica sono i seguenti
studi: P. STEPHANOU, Jean Italos philosophe et humaniste, Rome 1949(«Orientalia Christiana
Analecta», 134); P. JOANNOU, Christliche Metaphysik in Byzanz I. Die Illuminationlehre des
Michael Psellos und Joannes Italos, Ettal 1956 («Studia Patristica et Byzantina», 3); J. GOUILLARD,
La religion des philosophes, in La vie religieuse à Byzance, London 1981, pp. 305-324.
52
JOHANNES ITALUS, Quaestiones Quodlibetales («Studia Patristica et Byzantina, 4»), ed. P.
Joannou, Ettal 1956 («Studia Patristica et Byzantina», 4).
53
Si veda ad esempio P. MAGDALINO, The Empire of Manuel I Komnenos, 1143-1180
Cambridge 1993, p. 386. La stessa dinamica, fondata sulla dialettica tra libertà intellettuale
e repressione, si trova già enucleata in R. BROWNING, Enlightenment and Repression in
Byzantium in the Eleventh and Twelfth Centuries, «Past and Present», 69 (1975), pp. 3-23.
54
L’autodifesa di Psello si trova pubblicata in A. GARZYA, On Psellos’Admission of Faith,
«EEBS», 35 (1966-1967), pp. 41-46. La difesa di Italo si trova in MICHAEL PSELLUS,
Oratoria Minora 19, ed. A.R. LITTLEWOOD, Michaelis Pselli oratoria minora, Leipzig 1985.
xix
Giamblico55, mentre un altro esempio rappresentativo di questo stereotipo
è costituito dall’orazione funebre scritta da Giorgio Tornikès per Anna
Comnena. Già quest’ultima, nell’incipit dell’Alessiade, aveva ricordato quasi
con fierezza la propria educazione filosofica fondata tanto sulle discipline
aristoteliche (ἀριστοτελικὰ τέχνα) quanto sui dialoghi di Platone (τοὺ
Πλάτωνο διαλόγου). Il testo dell’orazione fornisce chiarimenti su quale
fosse la reale attitudine della principessa nei confronti della filosofia. Che
ciò poi sia più frutto delle conoscenze dello stesso Giorgio, il redattore
dell’orazione, che della reale formazione di Anna Comnena, come
Browning sembra suggerire, poco toglie al significato generale di quanto si
può rinvenire nel testo in questione.
Con un abile stratagemma argomentativo, costituito dalla
contrapposizione tra due coppie di discepoli e maestri, il redattore
dell’orazione evidenzia come su problematiche quali la natura del Principio
Primo, l’anima e la provvidenza, Anna avrebbe preferito Dionigi e Ieroteo
a Proclo e Giamblico. L’assunto implicito è che vi sono degli aspetti della
tradizione filosofica greco-antica il cui insegnamento richiede una retta
disposizione d’animo da parte del discente, com’è ovviamente il caso di
Anna Comnena; senza tale disposizione, sembrerebbe suggerire Giorgio –
ovvero senza la consapevolezza dell’inconciliabilità di alcuni aspetti della
filosofia pagana con i dogmi cristiani – l’accesso ai testi filosofici non può
non venir visto con sospetto, come elemento di corruzione o addirittura
causa prima di ogni possibile eresia56.
Lo stesso zio di Anna Comnena, Isacco Sebastocrator, probabilmente
implicato nelle vicende legate al processo di Italo con l’intento di ottenerne
la condanna ufficiale, è autore di una rielabaorazione, dettata dall’esigenza
di corrispondere alle esigenze metafisiche proprie del contesto cristiano, di
uno dei cosiddetti Tria Opuscula di Proclo, il Περὶ τῆ τῶν κακῶν
ὑποστάσεω57. Questo movimento di opposizione e censura nei confronti
di indicazioni rinvenibili in testi propri della tradizione filosofica greco-
antica potenzialmente inconciliabili con la tradizione teologica cristiana che
sembra trasparire dagli articoli condannati nel 1076-1077 attribuiti a Italo,
trova forse la propria massima espressione nella confutazione
dell’Elementatio theologica procliana redatta da Nicola da Metone (†1166?)58.
55
Cfr. GOUILLARD, Le procès cit., 147,202.
56
GEORGIUS TORNICES, Orationes, 14,24-30, in J. DARROUZÈS, Georges et Dèmètrios Tornikès,
Lettres et Discours, Paris 1970.
57
Cfr. J. J. RIZZO, Isaac Sebastokrator’s Περὶ τῆ τῶν κακῶν ὑποστάσεω, Meisenheim am
Glan 1971.
58
Su Nicola da Metone, si veda J. DRÄSEKE, Nicholas von Methone, «Byzantinische
Zeitschrift», 1 (1892), pp. 438-478; ID., Zu Nicholas von Methone, «Zeitschrift für
wissenschaftliche Theologie, 41 (1898), pp. 402-411; G. PODSKALSKY, Nikolaos of Methone
und die Proklusrenaissance in Byzanz, «Orientalia Christiana Periodica», 42 (1976), pp. 509-
523; l’edizione della confutazione dell’Elementatio Theologica di Proclo è la seguente: Ath. D.
xx
L’opera di Nicola, pur in una prospettiva fortemente critica, offre una
preziosa testimonianza della rinnovata circolazione dei testi filosofici,
soprattutto neoplatonici, negli ambienti, ancora a noi poco noti, preposti
alla pratica dell’insegnamento superiore a Bisanzio; nulla di analogo a
quanto portato a termine da Nicola, e cioè una confutazione quasi letterale
del testo procliano, si era registrata dai tempi del De aeternitate mundi contra
Proclum di Giovanni Filopono. Sarà sufficiente richiamare solo alcuni
esempi della prospettiva da cui Nicola muove nella propria critica a Proclo.
Nel discutere la prop. 57 dell’Elementatio, in cui Proclo afferma il principio
della valenza demiurgico-produttiva del νοῦ nei confronti dell’Anima (la
quale risulta appunto causata dal νοῦ), Nicola restringe decisamente
l’ambito della potenza produttiva soo a Dio, sostenendo che, in termini
filosofici, si potrebbe al limite concedere all’Intelletto e all’Anima solo una
capacità produttiva nei confronti di realtà quali le virtù morali o il loro
contrario, che però non sono sostanze, ma solo determinazioni
accidentali59.
Non si tratta dell’unico segno dell’effetto negativo che la condanna di
Italo sembra avere sugli intellettuali bizantini che a diverso titolo si
occupano di testi filosofici; un contemporaneo di Nicola da Metone, e cioè
Teodoro Prodromo (commentatore di Aristotele), sente il bisogno di
inviare al patriarca Giovanni Agapeto una dichiarazione di intenti a scopo
precauzionale nei confronti di quella che era divenuta a tutti gli effetti una
prassi, quella dello studio della filosofia profana, giudicata evidentemente
pericolosa60. Teodoro Prodromo sembra qui cercare di dare prova in
anticipo della propria correttezza e coscienziosità nello svolgere tale attività;
ciò mostra chiaramente che vi erano aspetti della tradizione filosofica
greco-antica, come la teurgia (associata qui esplicitamente ai nomi di
Giamblico e Proclo), che non potevano non destare sospetto e diffidenza.
Teodoro, dopo aver dichiarato la propria estraneità e la propria purezza
rispetto agli aspetti maggiormente compromettenti degli oggetti del proprio
xxi
studio, invoca la benevolenza, la pietà e il sostegno del patriarca61.
Ancora Prodromo è autore di un componimento poetico a sfondo
satirico contro un certo Barys, reo di averlo definito eretico. A comparire in
questo caso sono i nomi di Platone e Socrate. Prodromo risponde
sarcasticamente a quella che viene presentata a tutti gli effetti come
un’accusa di eresia, sostenendo che se studiare Platone significa cadere
nell’eresia, allora egli stesso sarebbe certamente eretico, ma in compagnia di
Basilio, Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo e Massimo il Confessore, i
quali avevano attinto a piene mani dal platonismo per la costruzione della
dottrina cristiana62.
La medesima strategia era stata adottata, in toni certamente non
satirici, da Psello in una sua nota lettera a Xifilino63, redatta probabilmente
attorno al periodo in cui i due avevano entrambi preso i voti monastici,
poco prima della morte di Costantino IX Monomaco (1054). In essa,
l’autore reagisce con sdegno alle accuse di essere sostanzialmente un
platonico, prima ancora di un cristiano, ricordando come il suo interesse per
Platone non fosse da considerare una forma di militanza filosofica, ma
rientrasse solo in un ambito di studi eruditi. Una giustificazione per tali studi
viene rintracciata da Psello nell’affinità sussistente tra alcuni aspetti del
platonismo e gli scritti dei Padri, che proprio del platonismo si erano serviti
per costruire l’impianto dottrinale propriamente cristiano. Sarebbe così
piuttosto Xifilino, questo sembrerebbe essere il senso della replica di Psello
all’amico (la cui lettera a Psello non ci è pervenuta), a collocarsi fuori dalla
tradizione64.
La professione di fede operata da Prodromo, in cui l’autore si mostra
consapevole del corretto ambito entro il quale inscrivere la propria attività di
lettore e commentatore dei testi filosofici, e la strategia messa in atto nel suo
scambio polemico con Barys, ci rimandano ad uno degli articoli presenti
nell’elenco redatto sotto Michele VII Doukas nel 1076-1077. L’articolo (in
cui non si trova, almeno nella compilazione originaria, il nome di Italo o di
qualcuno dei suoi discepoli) è indirizzato, come visto in precedenza, contro
coloro i quali si sarebbero applicati alle discipline profane al di là delle sole
esigenze di insegnamento, trasferendo lo studio della filosofia dall’ambito
puramente pedagogico a quello della professione di fede.
61
K MANAPHES, (ed.), Θεοδώρου τοῦ Προδρόµου λόγο εἰ τὸν πατριάρχην
Κωνσταντινουπόλεω Ἰ ωἀννην Θ´ τὸν Ἀγαπητόν, «EEBS», 41 (1974), pp. 226-242. Su
Teodoro Prodromo commentatore di Aristotele, si seganala la recente edizione critica del
commento di Prodromo al libro II degli Analytica Posteriora : M. CACOUROS (ed.), Théodore
Prodrome, Le commentaire au seconde livre des Analytique Postérieurs d’Aristote, editio princeps du
texte, étude de la tradition manuscripte et des sources de Prodrome, Thèse Université Paris IV-
Sorbonne, Paris 1992.
62
Per questo opuscolo di Prodromo, si veda MAGDALINO, The Empire cit., 390-391.
63
CRISCUOLO (ed.), Michele Psello cit., in part. 191-203.
64
Cfr. CRISCUOLO (ed.), Michele Psello cit., 191-203.
xxii
Il problema sollevato dal testo in questione sembra essere quello della
mancanza, per così dire, di una corretta deontologia professionale nella
pratica della lettura-insegnamento dei testi filosofici profani: in altri termini,
il problema non sarebbe stato rappresentato in sé dall’insegnamento della
filosofia (anche per quel che riguarda testi giudicati pericolosi come quelli di
Proclo) ma dall’indebita utilizzazione di questi scritti, al di là
dell’insegnamento, anche nel campo della professione di fede.
A questo punto si pone il problema di vagliare se effettivamente Italo,
o altri, abbiano nei propri scritti realmente compiuto tale sconfinamento. In
questo senso, la lettura delle Quaestiones Quodlibetales sembra riservare più di
una sorpresa. Sulla base di ciò che il testo suggerisce, l’immagine di eroe
negativo tracciata dai documenti ufficiali dei procedimenti in cui il console
dei filosofi viene coinvolto dovrebbe essere, se non ribaltata, almeno
fortemente sfumata: in più punti, Giovanni Italo si mostra cosciente dei
limiti intrinseci della filosofia profana in merito a quegli asserti metafisici –
su tutti l’eternità della materia e la sussistenza dell’Anima del mondo –
assolutamente inconciliabili con quanto rinvenibile nelle Scritture.
In almeno due passi Italo torna sulla questione della “deontologia
professionale” di chi si occupa di filosofia. In primo luogo, nella q. 93 Italo
afferma che in tutte le opinioni dei filosofi sulla Natura, non vi è nulla di
veramente convincente; l’unica fonte di verità è necessariamente costituita
dai detti dei Padri65. Una seconda testimonianza, ancora più interessante, è
quella rinvenibile nella q. 7, in cui Italo discute dello statuto di una realtà che
sia auto-costituita. Particolarmente significativo è in questo caso già il modo
in cui Giovanni intende discutere la questione:
∆εῖ οὖν τὴν τοιαύτην σηµασίαν διελθεῖ ν εἰ ὅσα τοῖ Ἕ λλησιν
ἔδοξεν· οὗτοι γὰρ τῆ τοιαύτη ἐπιστήµη καθηγηταί· διὸ κατὰ δόξαν
ἐκείνοι τὰ ἀπορία λυτέον, εἰ καὶ πολλάκι τοῖ εὐσεβέσι δόγµασιν
66
ἐναντιοῦται τὰ ἐκείνοι .
Sembra che in questo passo Italo non stia facendo altro che rivendicare la
possibilità di discutere alcune questioni rinvenibili nelle fonti filosofiche
della tradizione greco-antica a partire dai criteri interni agli stessi testi
considerati, ovvero di considerare e trattare le discipline filosofiche in se
stesse, anche quando le dottrine che esse presentano appaiono contrarie ai
detti dei Padri della Chiesa e agli insegnamenti delle Scritture67.
Le cosiddette Quaestiones Quodlibetales di Italo non sembrano dunque
corrispondere pienamente alla tetra immagine dipinta dal Synodicon. La
xxiii
stessa struttura della serie di testi da cui le Quaestiones sono costituite
sembrerebbe lasciar pensare più a una raccolta di materiale per
l’insegamento che all’esposizione di opzioni filosofiche personali
riconducibili allo stesso Italo. Tale struttura trova infatti piena
corrispondenza nella serie di trattati editi in due volumi prima da O’Meara,
poi da Duffy68, sotto il titolo di Philosophica Minora. Si tratta di scritti
composti nella forma di compendi di vario soggetto e genere. Troviamo ad
esempio trattati di psicologia (O’Meara: 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11, 14, 16, 20, 20,
21, 23, 24, 27, 29), commenti a dialoghi o a dottrine platoniche (O’Meara:
4, 5, 6, 7, 33), trattati di etica (O’Meara: 32), testi relativi alla tradizione degli
Oracoli Caldaici (O’Meara: 38, 39, 40).
Il materiale impiegato da Psello consta di citazioni, ad esempio, tratte
da scritti di Aristotele (nel numero di 28), di Alessandro di Afrodisia (nel
numero di 22), di Giamblico (nel numero di 17), di Ammonio (nel numero
di 16), di Damascio (nel numero di 15), e in maniera ancor più massiccia di
citazioni tratte da Platone, Plotino e soprattutto Proclo. Minori per numero
sono quelle che potremmo considerare fonti più propriamente teologiche:
Dionigi viene citato solo otto volte, Gregorio di Nazianzo tre, Gregorio di
Nissa nove volte. Ancora troviamo affrontate da Psello questioni di fisica e
metereologia (Duffy: 16-31) e di logica (Duffy: 4-15), con riferimenti
prevalentemente, in questi due ultimi casi, a fonti aristoteliche e, per le
questioni di metereologia, al commento di Olimpiodoro ai Metereologica.
Il legame tra questa produzione pselliana e la prassi dell’insegnamento
appare chiaro allorquando si legge l’incipit di numerosi di questi trattati. A
conferma di una prassi didattica fondata sulle domande e sulle obiezioni
degli allievi troviamo numerose formule quali “mi domandi”, “a coloro che
hanno domandato” oppure “poiché mi hai domandato”, a cui segue la
trattazione dell’argomento, generalmente non troppo prolissa e mai
eccessivamente complessa, da parte di Psello. Questa stessa struttura
sembra, come si diceva, trovare riscontro nelle Quaestiones Quodlibetales
riconducibili a Giovanni Italo69.
Si tratta insomma di opuscoli in cui per ciascun argomento vengono
riassunte le opinioni filosofiche di maggior rilievo, spesso in ordine
cronologico. Scorgere in queste erudite e dotte dossografie le premesse per
un attacco al sistema dell’ortodossia appare eccessivo e non giustificato. A
ciò si potrebbero aggiungere alcuni elementi utili a comprendere il contesto
della condanna di Italo, rinvenibili per esempio nella Alessiade di Anna
Comnena, composta attorno alla metà del secolo XII. Anna non poté
essere testimone oculare degli eventi, essendo nata un anno dopo la
68
Per le moderne edizioni critiche di questi opuscoli pselliani, si faccia riferimento a D.
O’MEARA (ed.), Michael Psellus. Philosophica Minora, II, Leipzig 1989; J.M. DUFFY, Michaelis
Pselli philosophica minora, I, Leipzig 1992.
69
Cfr. supra n. 50.
xxiv
condanna definitiva di Italo (1082). Tuttavia, dell’affaire Italo l’Alessiade ci
offre un lungo e dettagliato resoconto, in cui il successore di Psello alla
carica di console dei filosofi viene presentato come una minaccia per l’unità
della chiesa, un individuo che, rispetto allo stesso Psello, possedeva una
formazione e una caratura intellettuale mediocre, di indole aggressiva e
astiosa, fino al punto da entrare in contrasto – ma di questo non abbiamo
altri riscontri – con lo stesso Psello70.
Di Italo ci viene detto che era di origine italica (normanna?), e che si
spostò in Sicilia assieme al padre per sostenere la rivolta antibizantina poi
sedata da Giorgio Maniace (1038-1041-1042)71; ripiegò nuovamente
nell’Italia meridionale bizantina per poi spostarsi – Anna non sa indicare
per quale ragione – a Costantinopoli72. La descrizione che segue dello stato
degli studi a Costantinopoli ai tempi di Italo sembra riecheggiare la
medesima descrizione operata da Psello, nella sua Chronographia,
relativamente al periodo di Romano III (†1034). Per di più, l’immagine
pselliana dei dotti del tempo di Romano III Argiro, incapaci di andare oltre
“l’anticamera di Aristotele”, ossia oltre quell’elementare livello
rappresentato dalle opere di logica dello Stagirita, viene in qualche modo
riferita da Anna allo stesso Italo, “incapace di penetrare la filosofia nella sua
profondità” 73.
L’immagine di Italo novello sofista, in grado di attrarre numerosi
studenti interessati all’insegnamento di Platone, Proclo, Porfirio e
Giamblico (e di Aristotele), pessimo maestro, tanto da aver lasciato
nell’ignoranza la maggior parte dei suoi allievi74 – alcuni dei quali Anna
sostiene di aver conosciuto di persona – riecheggia il pittakion di Alessio I
menzionato in precedenza. In questo passo dell’Alessiade compaiono inoltre
i nomi di alcuni esponenti del neoplatonismo pagano, la qual cosa
sembrerebbe mostrare che Anna ha qui come punto di riferimento testuale
gli atti del processo di Italo (senza dimenticare che, come detto in
precedenza, i nomi di Proclo e Giamblico compaiono nella stessa orazione
funebre per Anna Comnena, contrapposti ai nomi di Ieroteo e Dionigi
l’Areopagita).
Tra questi discepoli di Italo che dal maestro avrebbero ereditato la
vacuità del loro sapere, non doveva esserci Eustrazio di Nicea o, per meglio
dire, non era Eustrazio che Anna doveva avere in mente nel suo far
riferimento ai discepoli del successore di Psello alla cattedra di console dei
70
ANNA COMNENA, Alexias, V,8,3-4 (ed. Leib).
71
Su Giorgio Maniace si veda MICHAEL PSELLUS, Chronographia, VI,76-86 (ed. Renauld)
72
ANNA COMNENA, Alexias, V,8,1-2 (ed. Leib).
73
ANNA COMNENA, Alexias, V,9,4,12-13 (ed. Leib): ἦσαν γάρ τινε καὶ οὗτοι βραχεῖ , καὶ
οὗτοι µέχρι τῶν Ἀριστοτελικῶν ἑστηκότε προθύρων = MICHAEL PSELLUS, Chronographia,
III,3,1-3 (ed. Renauld): Βραχεῖ γὰρ ὁ τηνικαῦτα χρόνο λογίου παρέτρεφε, καὶ τούτου
µέχρι τῶν Ἀριστοτελικῶν ἑστηκότα προθύρων.
74
ANNA COMNENA, Alexias, V,9,1,1-2,11 (ed. Leib).
xxv
filosofi, allorquando questi prese l’abito monastico (attorno al 1054). Infatti
è la stessa Anna ad elogiare Eustrazio nella sua Alessiade, descrivendo il
metropolita di Nicea come “uomo sapiente sia nelle cose divine che nelle
discipline profane, esperto nell’arte dialettica più degli stoici e dei membri
dell’Accademia”75.
Il modello retorico della descrizione della caratura intellettuale di
Italo e degli eventi relativi al suo rapido affermarsi sulla scena intellettuale
constantinopolitana è stato ampiamente descritto da un recente contributo
di Arabatzis76. Converrà in questa sede ricordare come tuttavia il resoconto
di Anna dell’attitudine manifestata da Italo nella propria attività di
insegnamento risente profondamente della comprensione bizantina del
termine “filosofia”. Le formule che ritornano incessantemente per buona
parte della storia intellettuale di Bisanzio e che esprimono il modo in cui il
cristianesimo comprendeva se stesso rispetto all’eredità culturale del
mondo greco, sono tutte comunque interne all’area semantica dello stesso
termine φιλοσοφι´α: in altri termini, la contrapposizione tra cultura filosofica
greco-antica e cristianità viene presentata come un’alternativa tra una
filosofia “estranea” e la “vera” o “nostra” filosofia. Inoltre, lo statuto della
filosofia intesa come complesso di verità costitutive del cristianesimo
sembra essere essenzialmente di natura pratica, più che teoretica. Occorre a
questo riguardo ricordare come di fatto siano due le figure a cui,
tradizionalmente, il termine φιλοσοφία viene associato come tratto
identificativo della cristianità: i monaci e i martiri77.
Anna costruisce così un vero e proprio elogio dell’autentica filosofia
– in contrapposizione al modello rappresentato da Italo, quello di
un’attitudine quasi sofistica che avrebbe distolto lo studio della filosofia dal
suo proprio fine (l’adesione alla sapienza cristiana) – richiamando l’esempio
dei propri genitori, e in particolare della propria madre. Seguendo un
modello analogo a quello adoperato da Psello nell’encomio redatto per sua
madre78, la cui devozione viene ricordata dalla stessa Anna Comnena79, la
75
ANNA COMNENA, Alexias, XIV,8,9,10-13 (ed. Leib).
76
Cfr. G. ARABATZIS, Blâme du philosophe, éloge de la vraie philosophie et figures rhétoriques: le récit
d'Anne Comnène sur Jean Italos revisité, «Byzantinische Zeitschrift», 95 (2002), pp. 403-415.
77
Cfr. J. LECLERQ, Etudes sur le vocabulaire monastique du Moyen-Age, Roma, 1961; ID., Pour
l’histoire de l’expression “philosophie chrétienne”, in Mélanges de Science Religieuse, IX, 1952, p. 221-
226; G. PENCO, La vita ascetica come “filosofia” nell’antica tradizione monastica, Montserrat 1960;
A.-M. MALINGREY, “Philosophia”. Etude d’un groupe de mots dans la literature grecque, des
Présocratiques au IV siecle après J. C., Paris 1961; F. DÖLGER, Zur Bedeutung von filovsofoı und
filosofiva in byz. Zeit, in Byzanz u. die europ. Staatenwelt, Darmstadt 1964 ; G. PODSKALSKY ,
Theologie und cit., pp. 12-37. P. MAGDALINO, The Byzantine Holy Man in the Twelfth Century, in
S. HACKEL (ed.), The Byzantine Saint, London, 1981, pp. 51-66; A. KALDELLIS, Hellenism in
Byzantium, Cambridge 2008, pp. 253-255; 315.
78
Il testo dell’encomio è edito in U. CRISCUOLO, Michele Psello: Autobiografia (Encomio per la
madre), Napoli 1989. Per un’ottima analisi del testo, soprattutto dei modelli retorici, si veda
xxvi
principessa dipinge la figura della propria madre come devota e pia, al
punto da portare con sé a colazione i libri dei santi padri, e in particolare
quelli del “filosofo e martire Massimo”80.
Ciò che sembra esser menzionato quasi incidentalmente da Anna, e
che non è invece da sottovalutare, è il riferimento ad un’ambasciata presso i
normanni affidata proprio ad Italo dall’imperatore Costantino IX
Monomaco. Ci viene detto che Italo avrebbe tradito il mandato affidatogli
e sarebbe fuggito a Roma, da cui avrebbe inviato lettere di supplica
all’imperatore perché lo riaccogliesse presso le proprie fila. Anna ricorda
rapidamente come quelle suppliche furono accettate e come Italo fece
ritorno a Costantinopoli, dove risiedette presso il monastero sito nella
Chiesta dei Quaranta Martiri81. Alle possibili motivazioni dottrinali della
disgrazia di Italo vengono così aggiunte motivazioni più strettamente
politiche. È quanto sembra suggerire appunto l’episodio dell’ambasciata di
Italoo, assieme alla stessa collocazione nell’Alessiade del resoconto dell’affaire
Italo all’interno della narrazione relativa alla guerra normanno-bizantina. Se
si pensa poi al fatto che l’intervento diretto di Alessio I Comneno nel
procedimento dottrinale ai danni di Italo segue cronologicamente la
fallimentare spedizione militare di Alessio I per rompere l’assedio
normanno di Durazzo (ottobre 1081)82, appare per lo meno plausibile la
possibilità di rileggere le vicende relative alla condanna di Italo alla luce
delle vicende politiche del tempo, specie per quel che concerne le relazioni
normanno-bizanine.
Ovviamente non si vuole ridurre l’intero fenomeno della circolazione
dei testi filosofici pagani ai tempi di Psello, Italo e Eustrazio a una
questione puramente politica. Se vi sono infatti testimonianze relative alle
difficoltà sollevate dallo studio e soprattutto dall’utilizzazione di dottrine e
testi non cristiani, evidentemente il problema doveva avere anche una
portata puramente dottrinale legata alla conciliabilità di queste stesse
dottrine con i dogmi cristiani. Ma la valenza politica delle vicende in
questione appare altrettanto innegabile; nel caso di Italo, ad esempio, ci si
potrebbe chiedere per quale motivo una vera e propria condanna dottrinale
sia toccata solo a lui, e non a tutti gli altri lettori bizantini di Platone,
Giamblico e Proclo. Si pensi al carattere spesso meramente dossografico –
e dunque tale da non rappresentare una qualsiasi forma di immediata
minaccia dottrinale – dei testi di Italo, e lo si confronti con posizioni come
quella di Giovanni Mauropode, che Psello identifica come il proprio
A. KALDELLIS, Mothers and Sons, Fathers and Daughters: The Byzantine Family of Michael Psellos,
South Bend (IN) 2006, pp. 29-49.
79
ANNA COMNENA, Alexias, V,8,3,8-11 (ed. Leib).
80
ANNA COMNENA, Alexias, V,9,3,5-9 (ed. Leib).
81
ANNA COMNENA, Alexias, V,8,5,1-13 (ed. Leib).
82
Per un resoconto degli eventi si veda ANNA COMNENA, Alexias, IV,1-7 (ed. Leib).
xxvii
maestro83, il quale in un componimento poetico si era rivolto a Cristo
chiedendo di salvare Platone e Plutarco, in quanto non lontani dalla legge
cristiana84. Si avrà l’idea di un fenomeno che certamente non doveva
riscuotere particolare simpatia presso i cosiddetti “guardiani
dell’ortodossia” di cui parla Magdalino (da identificare probabilmente in
quei monaci costantemente obbiettivo di riferimenti sarcastici da parte – ad
esempio – di Psello85), ma che alla fine resta in bilico tra passione erudita,
se non di maniera, e pratica di insegnamento – proprio quella pratica
chiamata in causa dal Synodicon nella parte relativa alla condanna di Italo86.
Ogni tentativo di vedere nella polymatheia cui Psello, per citare ancora il caso
più rilevante, si riferisce in rapporto alla propria attività e al modo di
concepire il proprio interesse per la letteratura profana, un momento di
conciliazione tra fede cristiana e cultura profana, o ancora peggio un
tentativo di sostituire la prima con la seconda, si scontra con la mancanza
di elementi tali da permettere di suffragare un’ipotesi tanto impegnativa.
83
MICHAEL PSELLUS, Orationes Panegyricae, or. 17,6-7 (ed. Dennis).
84
JOANNES MAUROPUS, Epigrammata, 42 (ed. de Lagarde): Εἴπερ τινὰ βούλοιο τῶν
ἀλλοτρίων/τῆ σῆ ἀπειλῆ ἐξελέσθαι, Χριστέ µου,/Πλάτωνα καὶ Πλούταρχον ἐξέλοιό
µοι·/ἄµφω γὰρ εἰσὶ καὶ λόγον καὶ τὸν τρόπον/τοῖ σοῖ νόµοι ἔγγιστα προσπεφυκότε./εἰ δ'
ἠγνόησαν ὡ θεὸ σὺ τῶν ὅλων,/ἐνταῦθα τῆ σῆ χρηστότητο δεῖ µόνον,/δι' ἣν ἅπαντα
δωρεὰν σῴζειν θέλει. [«Se Tu volessi alcuni tra i pagani /della tua condizione degnare, mio
Cristo,/Platone e Plutarco scegli per me;/entrambi infatti sono sia nella parola che nel
costume/alle tue leggi assai vicini./E seppur ignorarono che Tu sei il Dio di tutte le
cose,/tuttavia solo occorre un gesto della tua benevolenza,/dono per il quale tutti gli
uomini desideri salvare.»].
85
Cfr. A. KALDELLIS, The Arguments of Psellos’ Chronographia, Leiden-Boston 1999, cap.
10-11. Una ricostruzione dell’opposizione antimonastica da parte di alcuni intellettuali
bizantini, si veda ID., Hellenism cit., cap. 4.
86
Sulla risemantizzazione del termine “filosofia” come “erudizione”, si veda J. DUFFY,
Hellenic Philosophy in Byzantium and the Lonely Mission of Michael Psellos, in K. IERODIAKONOU
(ed.), Byzantine Philosophy and its Ancient Sources, Oxford 2002, pp. 139-156, 151.
xxviii
In un articolo del 1926, L. Bréhier denunciava l’assenza di contributi
monografici relativi alla storia dell’insegnamento (e in particolare
all’insegnamento della filosofia) nei territori sotto la giurisdizione
dell’impero bizantino87. Nonostante già negli Anni Venti esistessero alcuni
interessanti monografie e articoli specifici sull’argomento, che lo stesso
Bréhier per altro cita, come quelli di Fuchs e di Andréadès (entrambi del
192688), e nonostante nei decenni successivi alcuni articoli e alcune opere
monografiche sull’argomento, come quelle di Hussey del 193789, di Lemerle
del 197190 e di Speck del 197491, abbiano gettato luce su numerosi aspetti
relativi alle istituzioni preposte all’educazione e alla formazione nell’Impero
bizantino, lo storico che volesse indagare i fenomeni intellettuali correlati
alla pratica dell’insegnamento, e in particolare allo statuto ed alla funzione
dello studio della filosofia all’interno di questo contesto, si trova di fronte
ad alcune difficoltà non facilmente aggirabili. Quella forse più delicata e
complessa è costituita dalla natura del materiale e delle fonti dalle quali
siamo costretti ad attingere notizie; non abbiamo un testo o una raccolta di
testi relativi allo statuto delle istituzioni culturali bizantine analogo, ad
esempio, al Chartularium dell’Università di Parigi92, e cioè a quel
fondamentale archivio documentario sulla base del quale è possibile
ricostruire nel dettaglio la storia della Facoltà delle Arti e di quella di
Teologia dell’Università parigina, i testi impiegati per l’insegnamento, le
norme che regolavano la vita accademica, i diritti e i doveri reciproci
sussistenti tra il corpo docente e gli studenti.
Una simile indagine di tipo archivistico appare perciò assai
problematica nel caso della storia della tradizione filosofica a Bisanzio.
Come avremo modo di verificare, il materiale disponibile a questo riguardo
appare profondamente disomogeneo. La questione è resa ancor più
complessa dal fatto che, nonostante abbiamo elementi che legano con
certezza Eustrazio ad una delle istituzione preposte all’insegnamento
pubblico, egli sembra aver operato anche all’interno di una dimensione per
così dire “privata”, legata a circoli di lettori eruditi. All’interno di questo
ambito possiamo collocare anche il cosiddetto “circolo filosofico” di Anna
Comnena, di cui cercheremo di analizzare da un lato le fonti e dall’altro le
principali interpretazioni storiografiche.
87
L. BRÉHIER, Notes sur l’histoire de l’enseignement supérieur à Constantinople, «Byzantion», 3
(1926), pp. 73-94.
88
F. FUCHS, Die höheren Schulen von Konstantinopel im Mittelalter, Berlin-Leipzig 1926
(«Byzantinische Archiv», 8); A. ANDRÉADÈS, Le recrutement des fonctionnaires et les universités
dans l’empire byzantine, in Mélanges de droit roman dédiés à Georges Cornil, Paris 1926, pp. 17-40.
89
J. M. HUSSEY, Church and Learning in the Byzantine Empire, Oxford-London 1937.
90
P. LEMERLE, Le premier humanisme byzantin. Notes et remarques sur l’enseignement et culture à
Byzance des origines au X siècle, Paris 1971(«Biblioteque Byzantine», 6).
91
P. SPECK, Die Kaiserliche Universität von Konstantinopel, Munich 1971.
92
Chartularium Universitatis Parisienis, ed. H. Denifle-E. Chatelain, I, Paris 1899.
xxix
Nel prologo al proprio commento al libro VI dell’ Ethica Nicomachea,
Eustrazio spende parole di encomio per una principessa, definendola “pia,
amante della ragione, del bene e della bellezza” (βασιλὶ θεοσεβή, βασιλὶ
φιλολόγε, βασιλὶ φιλάγαθε καὶ φιλόκαλε)93; quasi certamente la principessa
cui Eustrazio dedica queste parole altri non è se non la stessa Anna
Comnena. Eustrazio, che si dichiara vecchio e stanco, ricorda la protezione
garantitagli dalla principessa per aver atteso ai propri obblighi ed aver
corrisposto alle sue richieste; alcuni anni prima (πρὸ χρόνου τινὸ), ricorda
Eustrazio, la principessa destinataria di questo breve encomio introduttivo
aveva già fatto richiesta di un commento relativo al I libro dell’Ethica
Nicomachea94. È probabile che il progetto di produrre commentari ai libri I e
VI del testo di Aristotele non sia stato così organico come Eustrazio
vorrebbe farci credere nel prologo al commento al VI libro; come
Mercken95 ha mostrato in maniera convincente, il riferimento ad una
richiesta di commentare il I libro dell’Ethica Nicomachea costituisce in realtà
un’interpolazione. Prova ne sarebbe il fatto che tale riferimento, introdotto
93
EUSTRATIUS, In VI EN, 256,3-8 (ed. Heylbut): Εὖ σοι γένοιτο, βασιλὶ θεοσεβή, βασιλὶ
φιλολόγε, βασιλὶ φιλάγαθε καὶ φιλόκαλε, ὅτι ψυχὴν καὶ σῶµα παραθεῖ σα πρὸ ἄλληλα καὶ
τὴν τούτων διαφορὰν ἐξετάσασα προσετέθη τῷ κρείττονί τε καὶ ὑπερέχοντι καὶ καλλωπίζειν
τοῦτο προῄρησαι τοῦ ὑφειµένου καταφρονήσασα, διὰ τοῦτο τέχναι σοι λόγων καὶ ἐπιστῆµαι
καὶ ἀρεταί, ἐξ ὧν τὸ <τῆ> ψυχῆ κάλλο συνίστασθαι πέφυκε, περὶ πολλοῦ καὶ διὰ σπουδῆ.
«Possa il bene accompagnarti, pia principessa, principessa amante della ragione, amante
della bontà e della bellezza, che tra anima e corpo, dopo aver colto le rispettive differenze,
ti accostasti a ciò che migliore e supremo, e di questo scegliesti di fregiarti, guardandoti da
ciò che invece risulta essere di poco conto; e per questo ti applicasti alle discipline della
retorica, alle scienze ed alle virtù con massimo zelo».
94 EUSTRATIUS, In VI EN, 256,22-257,31 (ed. Heylbut). L’identificazione della principessa
in questione con Anna Comnena sembra essere l’ipotesi maggiormente convincente. Tale
tesi è stata avanzata per primo in maniera argomentata da Browning (cfr. supra n. 35). La
pubblicazione del testo della orazione funebre redatta da Giorgio Tornikès è stata curata
nel 1970 da Darrouzès. Un tale strumento ha permesso di corroborare in maniera
importante la tesi di Browning, tanto che essa è oramai accettata ampiamente dalla
comunità scientifica; cfr. ad esempio A. C. LLOYD, The Aristotelianism of Eustratius of Nicaea,
in J. WIESNER (ed.), Aristoteles Werk and Wirkung, Mélanges P. Moraux, t. II, Berlin 1987,
pp. 341-351. L’unica possibile alternativa è costituita dall’ipotesi secondo la quale la
principessa in questione sia la stessa principessa cui è dedicato un trattato di metereologia
attibuito da P. Polesso Schiavon ad Eustrazio (cfr. supra n. 43). Sappiamo per certo che la
principessa in questione è Maria d’Alania, moglie di Michele VII Doukas (1071-1078), e
successivamente di Niceforo Botaneiate (1078-1081). Tuttavia, tale ipotesi sembra poco
credibile, nella misura in cui porrebbe problemi con il riferimento alla propria anzianità da
parte di Eustrazio nel prologo al commento al VI libro. Se accettiamo l’ipotesi di Draeseke
per cui la data della morte di Eustrazio andrebbe collocata attorno al 1120, allora
dovremmo dedurre che in questa data o poco prima sia collocabile l’opera di Eustrazio in
questione, visto che egli ricorda la propria avanzata età. È verosimile pensare che sia
passato troppo tempo dal periodo della dedica a Maria d’Alania e dalla stesura dell’opera di
metereologia in cui essa è contenuta.
95 H. P. F. MERCKEN, The Greek Commentators on Aristotle’s Ethics, in Aristotle cit., pp. 407-
443, p. 415.
xxx
da un genitivo assoluto che di fatto sembra rompere bruscamente l’incipit
del prologo, manca nella traduzione del Grossatesta e quasi certamente
anche nel manoscritto o nei manoscritti, non pervenutici, che egli doveva
aver utilizzato per la versione latina96. Ciò significa che inizialmente, come
sembra potersi evincere dal prologo espungendone la probabile
interpolazione, Eustrazio avrebbe probabilmente dovuto commentare
l’intero corpus dei libri costitutivi dell’Ethica Nicomachea; per motivi che
ignoriamo, il suo ruolo si sarebbe poi ristretto ai commenti ai libri I e VI, e
l’interpolazione in questione non sarebbe altro che un modo per
conformare l’incipit del commento al I libro con quello relativo al VI. In
effetti, se si prende in considerazione l’incipit del commento di Eustrazio al
I libro dell’Ethica Nicomachea, il testo sembra fare riferimento ad un progetto
complessivo di cui Eustrazio sarebbe stato unico protagonista.
L’interpolazione, sempre che il responsabile di essa sia effettivamente
Eustrazio, avrebbe invece la funzione di restringere, nel caso del commento
al I libro, l’ambito della propria opera ad un solo libro, sfumando appunto
ogni riferimento al progetto di portare a termine un commento integrale di
tutti i libri dell’Ethica.
Riguardo al progetto complessivo di costituire un corpus di commenti
all’Ethica Nicomachea di Aristotele, il testo dell’orazione funebre di Anna
Comnena fornisce per altro numerose, ma anche problematiche,
informazioni. La difficoltà è data in questo caso dall’abbondanza di stilemi
e registri di natura retorica, che ci obbliga ancora una volta a decifrare
rimandi ed elementi utili ai nostri scopi tra le righe del testo; ma anche dal
fatto che, alla lettera, non vi è qui alcun riferimento alla figura di Eustrazio.
La grande importanza del testo in questione, redatto probabilmente attorno
al 1155 (e dunque molto dopo la morte di Eustrazio), è stata enfatizzata per
la prima volta da R. Browning in un articolo del 196297, che fornisce
elementi in grado di permetterci di ricostruire quale fosse la natura di quello
che è stato definito il “circolo filosofico di Anna Comnena”98. Il testo in
questione parla esplicitamente dell’intenzione, da parte della principessa, di
raccogliere l’eredità del progetto portato avanti già dal padre, l’imperatore
Alessio I, di raccogliere presso la propria corte i maggiori intellettuali del
96 Il passo mancante è il seguente; EUSTRATIUS, In I EN, 1,13-23 (ed. Heylbut): τινὸ τῶν
µάλιστα λόγου ἀξίων ἡµᾶ πρὸ τοὖργον ἀνερεθίσαντο καί τινα ἐκθέσθαι σαφήνειαν τοῦ
πρώτου τῶν Ἀριστοτέλου Ἠ θικῶν Νικοµαχείων ἐντειλαµένου, ὃν οὐκ ἦν παραιτεῖ σθαι <διὰ
τὸ ἐν πολλοῖ αὐτὸν ἀναγκαίοι εὑρεῖ ν ἡµᾶ εὖ ἐργασάµενονῥ ἀθετεῖ ν δὲ τὸν οὕτω πρὸ
ἡµᾶ διακείµενον καὶ παραιτεῖ σθαί> τι τῶν δυνατῶν ἐπιτάττοντα ἄγνωµον ἅµα καὶ
ἀφιλόσοφον. εἰ γὰρ τοὺ εὐεργέτα ἀξιοῦντα παραιτησόµεθα, πότε προῖ κά τισιν ὠφελεία
αἴτιοι φανησόµεθα, ἢ καὶ ἀγνῶτά τινα ὀνήσοµεν, τῆ θεία ἐντολῆ καὶ τοῖ βλάπτουσιν
ἀπαιτούση ἑτοίµου πρὸ ὄνησιν γίνεσθαι, ἵ ν οὕτω εἴη καθ' αὑτὸ τὸ φιλάνθρωπον
κατορθούµενον, ἅτε καὶ πρὸ τὸν αἴτιον φέρον µίµησιν, ὃ καὶ τῆ ἀληθοῦ φιλοσοφία
οἰκειότατον µάλιστα Siffatta interpolazione era già stata rilevata da V. ROSE, Ueber die
griechischen Kommentare zur Ethik des Aristoteles, «Hermes», 5 (1871), pp. 61-113, p. 70.
97 Cfr. BROWNING, An Unpublished cit.
98 Cfr. BROWNING, An Unpublished cit., p. 6.
xxxi
tempo, concedendo loro onori e posizioni di potere nei quadri
dell’apparato burocratico-amministrativo dell’impero. Due sarebbero state,
in particolare, le categorie di intellettuali che avrebbero composto
l’organigramma di questo progetto; il testo parla, come già visto, di “filosofi
tali per scelta di vita”, e di una categoria identificata dall’espressione
φιλοσόφου καὶ ἄµα πολιτικοὺ, ossia “filosofi ed al tempo stesso politici”.
Tale denominazione, che potrebbe essere tradotta anche come “filosofi e
allo stesso tempo uomini di mondo”, in antitesi proprio alla filosofia come
scelta di vita evocata poco prima dall’autore dell’orazione funebre99.
Ciò che segue è ancor più interessante. Citiamo direttamente il passo
in questione.
Partibus Animalium Commentaria), «Göttingische gelehrte Anzeigen», 168 (1906), pp. 861-
907. Per un elenco dei commenti tardo-antichi con relativa letteratura secondaria si veda J.
SELLARS, The Aristotelian Commentators: a Bibliographical Guide, in P. ADAMSON/H.
BALTUSSEN/M. STONE (ed.), Philosophy, Science and Exegesis in Greek, Arabic and Latin
Commentaries, v.1, London 2004, pp. 239-262; per un’elenco dei commenti bizantini ad
Aristotele si veda L. G. BENAKIS, Grundbibliographie zum Aristoteles-Studium in Byzanz, in J.
WIESNER (ed.), Aristoteles Werk und Wirkung, Mélanges P. Moraux, t. II, Berlin 1987, pp.
352-377; ID., Commentaries and Commentators on the Logical Works of Aristotle in Byzantium, in
R. CLAUSSEN/R. DAUBE-SCHACKAT, (ed.), Gedankenzeichen. Festschrift für Klaus Oehler,
Tübingen 1988, pp. 3-12; ID., Commentaries and Commentators on the Works of Aristotle (Except
the Logical Ones) in Byzantium, in B. MOJSISCH/B. PLUTA (ed.), Historiae Philosophiae Medii
xxxii
dunque, sembrerebbe venire attribuita ad Anna Comnena, la cui attività di
mecenate sarebbe stata finalizzata a coprire proprio la mancanza di
commenti alle opere di Aristotele appena menzionate. Il testo sembra
quindi farsi meno enigmatico; dopo una celebrazione della cultura libresca
– in cui Tornikès definisce i libri “monumento indistruttibile ed inviolabile
deposito”, mentre “la cultura orale è violata da oblio”102 – si assiste con un
abile artificio ad un cambiamento di registro. Prova di quanto appena detto
è il fatto che l’autore rimanda ad un proprio diretto ricordo personale:
Aevi: Festchrift für Kurt Flasch, Amsterdam 1991, pp. 45-54. Per completezza e precisione si
segnalano le notizie curate da autori vari in relazione ai commenti ad Aristotele rinvenibili
in R. GOULET, Dictionnaire des Philosophes Antiques, Supplementum, Paris 2003, pp. 108-654
(“Aristote de Stagire”).
102
GEORGIUS TORNICES, In mortem Annae caesarissae, p. 283,7-9.
103
GEORGIUS TORNICES, In mortem Annae caesarissae, p. 283,9-12.
104
Cfr. K. PRAECHTER, Michael von Ephesos und Psellos, «Byzantinische Zeitschrift», 31
(1931), pp. 1-12.
105
J. L. HEIBERG (ed.), Anonymi Logica et Quadrivium cum scholiis antiquiis, Copenhagen 1929.
xxxiii
antico è datato attorno al 1040, e il commento di Michele di Efeso ai
Sophistici Elenchi, edito da Wallis nei Commentaria in Aristotelem Graeca (2,3).
Nel 1981 Sten Ebbesen ha mostrato come l’idea di Praechter secondo cui
l’Anonymus dipenderebbe dal commento di Michele dovrebbe piuttosto
essere rovesciata: sarebbe il commento di Michele a dipendere
dall’Anonymus, o al limite entrambi si troverebbero a dipendere da una terza
fonte non pervenutaci. Ciò che la tradizione ha definito Ps-Alessandro 1 e
2 in realtà non sarebbero altro che due differenti redazioni dello stesso
testo operate da Michele di Efeso106. Quest’ultimo, che nel commento al X
libro dell’Ethica Nicomachea si definisce concittadino di Eraclito,
confermando la propria origine efesina107, ci ha lasciato una lista di opere
già commentate ed una lista di opere aristoteliche che avrebbe avuto in
progetto di commentare in futuro. Tale lista si trova in un commento ai
Parva Naturalia108; qui Michele sostiene di aver già commentato il De partibus
animalium, il De motu Animalium, il De generatione animalium, il De incessu
animalium e la seconda parte (E-N) della Metaphysica109, promettendo inoltre
un commento allo spurio De coloribus. Nondimeno, Michele di Efeso è
l’autore dell’unico commento bizantino alla Politica, pervenutoci solo nella
forma di scholia rinvenuti in un manoscritto conservato a Berlino ed edito
da Immisch in appendice dell’edizione Teubner della Politica di Aristotele110.
Nell’elenco che Michele riporta nel proprio commento ai Parva
Naturalia non sono menzionati commenti che invece lo stesso autore
dichiara di aver redatto in un analogo elenco rinvenibile nel proprio
commento ai Sophistici Elenchi. Qui Michele di Efeso dichiara di aver
commentato l’Organon aristotelico, la Physica e la Rhetorica. Probabile dunque
106 Cfr. S. EBBESEN, Commentators and Commentaries on Aristotle’s Sophistici Elenchi. A study of
Post-Aristotelian Ancient and Medieval Writings on Fallacies, vol. I: The Greek Tradition, v.14,
“Michael of Ephesus”, Leiden 1981 («CLCAG», 7,1), pp. 268-285.
107 MICHAEL EPHESIUS, In X EN, 570,21.
108 CAG 22, I,149,8-16.
109 I commenti al De incessu animalium, al De partibus animalium, ed De motu sono editi in M.
HAYDUCK (ed.), CAG XII, 2 Berlin 1904; i commenti di Michele a queste due ultime
opere sono stati tradotti in inglese da Preus, in A. PREUS, Aristotle and Michael of Ephesus.
On the Movement and Progression of Animals. Translated with an Introduction and Notes,
Hildesheim-New York 1981, mentre il commento al De motu animalium è stato oggetto di
uno studio ad opera di Martha Craven Nussbaum, la quale sottolinea come il commento di
Michele sia il commento più lungo (assieme al De principiis motus progressivi di Alberto
Magno) all’opera aristotelica in questione in M. C. NUSSBAUM, Aristotle’s De Motu
Animalium. Text with Translation, Commentary, and Interpretative Essays, Princeton
1987. Il commento ai Parva Naturalia in P. WENDLAND (ed.), CAG 22,1, Berlin 1891. Il
commento al De generatione animalium si trova edito in M. HAYDUCK (ed.), CAG 14, 3,
Berlin 1903 (attribuito erroneamente a Filopono). Il commento alla Metaphysica (E-N) è
stato edito (attribuito ad Alessandro di Afrodisia), ancora da Hayduck, in M. HAYDUCK,
CAG 1.
110 Cfr. ARISTOTELES, Politica, ed. O. IMMISCH, Leipzig 1909 (II ed.) pp. 294-329. Gli
scholia di Michele sono stati tradotti in inglese da Barker, in E. BARKER, Social and Political
Thought in Byzantium, Oxford 1954, pp. 136-141.
xxxiv
che il commento ai Sophistici Elenchi e l’elenco ivi compreso dei nuovi
commenti redatti rimandi ad un periodo successivo alla redazione del
commento ai Parva Naturalia e dunque alla redazione dei commenti che
Michele, in questo commento, dichiara di aver già operato. Non sembrano
esservi menzioni esplicite, invece, dei commenti all’Ethica Nicomachea e di
quello alla Politica.
Riguardo al commento a Metaphysica E-N, si possono avanzare
considerazioni simili a quelle suggerite in merito alla questione
dell’attribuzione a Michele delle due versioni di quello che è stato edito
come Ps.-Alessandro 1 e 2, relativamente al commento ai Sophistici Elenchi.
Anche qui vi è un commento, quello appunto a Metaphysica E-N, edito
come Ps.-Alessandro; su basi filologiche, già Ravaisson111, Rose112, lo stesso
Praechter113 e Brandis114 avevano intuito a diverso titolo come Michele
potesse essere coinvolto anche nella redazione di questo commento.
Tuttavia, recentemente Tarán115 ha cercato di fornire valide
argomentazioni contro l’attribuzione di questo commento a Michele,
rimandando ad una possibile fonte antecedente al V secolo, periodo in cui
Siriano scrive il proprio commento alla Metaphysica. Il nome di Siriano viene
asssociato a quello dello Pseudo-Alessandro per il fatto che i due testi
presentano effettivamente delle affinità e dei parallelismi tali da permettere
di descrivere la relazione tra il commento alla Metaphysica di Siriano e lo Ps.-
Alessandro nei termini di dipendenza del primo dal secondo116. Siffatte
osservazioni sono state confutate brillantemente in un recente saggio di C.
Luna117, la quale sembra aver al contrario corroborato su basi più solide
quella che era stata l’intuizione del Praechter. L’affinità tra Siriano e lo Ps.-
Alessandro si spiegherebbe a questo punto nei termini di una dipendenza
del secondo dal primo, e non viceversa; in altri termini, Michele di Efeso
sarebbe l’autore del commento in questione, mentre il commento di Siriano
sarebbe la sua fonte privilegiata.
111 Cfr. F. RAVAISSON, Essai sut la Métaphysique d’Aristote, t. I, Paris 1837, p. 65, n.1.
112 Cfr. V. ROSE, De Aristotelis librorum ordine et auctoritate commentatio, Berlin 1854, p. 147.
113 Cfr. PRAECHTER, Review cit.
114 Cfr. C. A. BRANDIS (ed.), Scholia in Aristotelem, Berlin 1936, p. 734. Brandis è anche
Alexander’s lost commentary on Metaph. E-N. For this commentary on books E-N
Syrianus made use of Ps.-Alexander’s commentary, wich he mistook for the work of
Alexander himself».
117 Cfr. C. LUNA, Trois études sur la tradition des commentaires anciens à la Métaphysique d’Aristote,
xxxv
Se riguardo ad alcuni aspetti filologici relativi all’attribuzione a
Michele di alcuni importanti testi, come il commento ai Sophistici Elenchi e
quello alla Metaphysica (continuazione dell’opera dello stesso Alessandro di
Afrodisia) sembrano essersi registrati negli ultimi anni significativi passi
avanti, appare ancora piuttosto complessa la questione del contesto
all’interno del quale l’attività di Michele si sarebbe collocata. Nei testi
riconducibili a Michele sembrano esservi tracce di un insegnamento orale,
cosa che lascerebbe aperta la possibilità che egli fosse di fatto un didaskalos
professionista presso una non identificabile istituzione preposta alla
formazione intellettuale118. Ciò potrebbe far pensare che almeno una parte
della produzione di Michele di Efeso rientri in un contesto diverso da
quello costituito dalla propria attività al servizio della principessa Anna
Comnena. Questa circostanza potrebbe essere confermata dal fatto che
l’autore dell’orazione funebre per Anna Comnena riferisce che Anna
avrebbe raccolto e messo insieme “i più eminenti rappresentanti delle
scienze logiche”, ed effettivamente alcune righe dopo viene citato proprio
Michele di Efeso e l’aneddoto relativo alla causa della sua prematura cecità.
Potrebbe darsi che Michele fosse già noto nell’ambito di una delle
istituzioni preposte alla formazione superiore, probabilmente nella stessa
Costantinopoli, e che abbia magari riutilizzato materiale già impiegato per
l’attività di insegnamento per la propria attività di commentatore ufficiale al
servizio della principessa.
L’altro grosso problema relativo alla comprensione dell’effettiva
dimensione del progetto attribuito ad Anna Comnena dall’autore
dell’orazione funebre è costituito dal fatto che questi, nel descriverne le
effettive proporzioni, parla di “numerose” personalità che avrebbero
operato al servizio di Anna Comnena; tuttavia, a fronte di questo
riferimento, il testo allude solamente a Michele di Efeso, come abbiamo già
visto, e ad una enigmatica “radiosa fiamma (φωστήρ) di Nicomedia”,
descritto come il mistagogo privato della principessa119. Come ricordato da
Browning, il termine “fiamma” associato ad un toponimo ne indica di
solito il metropolita120. A questo proposito, è interessante richiamare
l’attenzione su quanto riportato da un’importante personalità religiosa e
politica latina quale Anselmo di Havelberg121 a seguito di una sua visita a
Costantinopoli nel 1135 per prendere parte a discussioni di natura teologica
con una delegazione greca; il responsabile principiale (praecipuus) di tale
delegazione, composta da dodici didaskaloi, sarebbe stato un certo Niceta
118
Cf. PRAECHTER, Review cit., p. 903sq.
119
GEORGIUS TORNICES, In mortem Annae caesarissae, p. 299,30-301,2.
120
Cfr. BROWNING, An Unpublished cit., p. 8.
121 Su questo personaggio si veda: J.V. BRAUN, “Anselm von Havelberg”, in Lexicon des
xxxvi
arcivescovo di Nicomedia. Anselmo lo descrive come competente nelle arti
liberali e nelle Sacre Scritture, responsabile di studia, forse nella stessa
Costantinopoli122.
La descrizione di Anselmo prosegue con l’attribuzione a Niceta di
una buona competenza teologica, letteraria e retorica (acerrimus ingenio,
cautissimus in dando et accipiendo responso)123. Tutto sembrerebbe lasciar pensare
che il Niceta di cui parla Anselmo sia la stessa “fiamma” di Nicomedia cui
l’autore dell’orazione funebre attribuisce la funzione di mistagogo
personale di Anna Comnena. Alla testimonianza di Anselmo di Havelberg
si può aggiungere quella di Ugo Eteriano, il quale ricorda nel proprio De
haeresibus Graecorum come in occasione di analoghe trattative teologiche
relative allo spinoso problema del Filioque un praesul Nicomediae avrebbe
operato una confutazione di un sillogismo latino. Se, come sembra
probabile, il praesul in questione era il nostro Niceta, la sua figura
acquisterebbe ancora più interesse, nella misura in cui Ugo riporta la notizia
della presenza, accanto a lui, di un tale Nicolaus vescovo di Methone124;
costui altri non è se non il Nicola da Methone autore di quella che – come
detto – costituisce dai tempi di Filopono la più importante opera
interamente dedicata alla confutazione di un’opera di neoplatonismo
pagano, e cioè dell’Elementatio theologica procliana.
Sono queste le poche notizie che abbiamo sull’altra personalità
menzionata dall’autore dell’orazione funebre. Il tentativo da parte di
Browning di collocare Niceta all’interno di una delle istituzioni preposte
alla formazione teologica, la cosiddetta “Accademia Patriarcale”, a titolo di
oikumenos didaskalos, sembra basarsi sulla stessa testimonianza di Anselmo di
Havelberg, e come tale non può che considerarsi come una semplice, per
quanto affascinante, congettura125.
122 ANSELMUS HAVELBERGENSIS, Dialogi, Patrologia Latina (=PL), 188, coll. 1139A-1248B,
col. 1141AB: «Conservavi autem quantum memoria subministrabat, tenorem dialogi quem
cum venerabili ac doctissimo archiepiscopo Nicodemiae Nechite in publico convento
apud urbem Constantinopolitanam habui, addens quaedam non minus fidei necessaria,
quam huic operi congrua. Fuit autem idem archiepiscopus Nechites praecipuus inter
duodecim didascalos, qui iuxta morem sapientium Graecorum, et liberalium artium et
divinarum Scripturarum studia regunt, et caeteris sapientibus, tanquam omnibus
preeminentes in doctrina, praesunt, et ad quos omnes questiones difficillimae referuntur,
et ab eis solutae deinceps sine retractatione et pro confirmata sententia tenentur et
scribuntur.».
123Ibid., 1162CD: «Valet profecto ad evidentiam huius quaestionis, ut disputationem quam
ego habui in urne regia Constantinopoli cum Nechite archiepiscopo Nicomediae, in unum
colligam, et sub dialogo distinguam, quatenus lectori evidentius appareat, quid vel
Graecus, vel Latinus de processione Spiritus Sancti sentiat. Praedictus namque
archiepiscopus cum esset magnus apud illos religionis typo, et acerrimus ingenio. Et
eruditissimus Graecarum litterarum studio, et facundissimus eloqui, et cautissimus in
dando et accipiendo responso...».
124 HUGO ETERIANUS, De Haeresibus Graecorum, PL 202, coll. 227A-397D, col. 237AB.
125 Cfr. BROWNING, The Patriarchal cit., p.40.
xxxvii
Allo stesso modo sembrerebbe non più di un’ipotesi quanto suggerito
da Browning126 e cioè che uno dei personaggi vicini ad Anna Comnena ed
al progetto a lei attribuito dall’autore dell’orazione funebre sia stato
Giacomo da Venezia, Iacobus Veneticus, membro di una delegazione latina
giunta a Costantinopoli nel 1136 per discussioni di ordine teologico127. Non
sappiamo infatti per certo se Giacomo da Venezia abbia anche solo
conosciuto Michele di Efeso, nonostante lo stesso Giacomo sia l’autore
della versione latina del commento di Michele di Efeso agli Elenchi Sophistici
– una traduzione ora perduta e spesso considerata dai latini come la
versione di un commento di Alessandro di Afrodisia128. Oltre agli Elenchi
Sophistici129, Giacomo tradusse in latino anche gli Analytica Posteriora, la
Physica e la Metaphysica; sarebbe fondamentale capire dove Giacomo abbia
reperito i manoscritti relativi a queste opere oggetto delle proprie
traduzioni. Certo Michele di Efeso non potrebbe essere considerato l’unico
tramite per il reperimento di manoscritti di Aristotele nella Costantinopoli
del XII secolo; inoltre, quand’anche si riuscisse a stabilire un ponte tra
Michele e Giacomo, questo non generebbe automaticamente un legame
con Anna Comnena, visto che il rapporto tra i primi due avrebbe potuto
essere anche strettamente privato, legato ad esigenze di Giacomo che
Michele avrebbe soddisfatto secondo modalità a noi ignote130.
Come si può dunque vedere, le notizie relative al “circolo filosofico”
di Anna Comnena, della cui esistenza Browning è stato il primo (e più
convinto assertore)131, sono tutt’altro che omogenee. Abbiamo solo alcuni
nomi di autori e personaggi che gravitavano attorno alla corte imperiale,
senza che nulla nei documenti autorizzi lo storico a trarre conclusioni certe
sulla possibile connessione e sull’inquadramento di tali personaggi. Il
problema principale di fronte al quale ci si trova allorquando si parla di un
“circolo filosofico” di Anna Comnena, o di un progetto relativo alla
costituzione di un corpus di commenti alle opere di Aristotele meno
commentate o ancora non commentate, è proprio quello di comprenderne
le proporzioni e di valutare il ruolo dei pochi personaggi che sembrano
essere chiaramente coinvolti in esso. Non solo: anche ammesso che un
Version, «Cahiers de l’Institut du Moyen Age Grec et Latin», 66 (1996), pp. 253-312.
129 Ma i Latini preferiranno la versione di Boezio; cfr. S. EBBESEN, Greek-Latin Interaction,
in K. IERODIAKONOU (ed.), Byzantine Philosophy and its Ancient Sources, Oxford 2002, pp.15-
30.
130 Per un bibliografia complessiva su Giacomo da Venezia, si veda M. CACOUROS,
Théodore Prodrome, Robert Grosseteste, Jacques de Venise et l’histoire d’une erreur interprétative dans
l’exégèse des Seconds Analytique II, 1-2, «Cahiers de l’Institut du Moyen Age grec et latin», 66
(1996), pp. 135-155, in part. pp. 150-151.
131 Cfr. BROWNING, An Unpublished cit., p. 6.
xxxviii
vero e proprio circolo esistesse in forma più o meno istituzionalizzata, resta
da definire in maniera più precisa quello che potrebbe essere il terminus ante
quem per l’inizio di un tale progetto. La questione è così complessa, in virtù
della problematicità del materiale documentario a nostra disposizione, che
un articolo che avrebbe dovuto essere pubblicato sull’argomento ad opera
di Mercken e Preus non ha mai visto la luce, a causa proprio
dell’impossibilità di rinvenire punti di partenza stabili e comunemente
accettati per l’analisi del fenomeno o dei fenomeni intellettuali che ruotano
attorno alla figura della principessa Anna Comnena132, a partire dal terminus
ante quem. Un passo dell’orazione funebre per la principessa redatta dal già
menzionato Tornikès, la cui carriera è stata ben ricostruita da Browning133,
fornisce in realtà a questo proposito un interessante elemento:
132 Cfr. H. P. F. MERCKEN (ed.), The Greek Commentaries on the Nicomachean Ethics of Aristotle
in the Latin Translation of Robert Grosseteste, Bishop of Lincoln (†1253), Leuven 1991 («Corpus
Latinum Commentariorum in Aristotelem Graecorum», VI,3), p 18*.
133 Cfr. R. BROWNING, The Patriarchal cit., pp. 167-202. Tornikès fu didaskalos tou psalteros e
βασιλέω αὐτῇ καὶ πατρὸ τελευτὴ φιλοσοφία ἀρχὴ καὶ τελεωτέρα καὶ κρείττονο γίνεται,
οὐ τῆ ἐν λόγῳ µόνον καὶ περὶ τὴν θεωρίαν τῶν ὄντων καὶ ἐπιστήµην, ἀλλὰ καὶ ὅση
φιλόσοφον ἐξελέγχειν οἶ δεν ἦθο ἢ ἀφιλόσοφον καὶ ψυχῆ εὐγένειαν ἢ δυσγένειαν.
135 Cfr. BROWNING, An Unpublished cit., pp. 6-7.
xxxix
Quello di Anna non è in realtà un ritiro volontario; su questo il testo
dell’orazione funebre nasconde volutamente un retroscena che mal si
sarebbe conciliato con il genere encomiastico proprio dell’orazione in
questione. La cronaca di Giovanni Zonara, che fu redatta secondo
Browning intorno alla metà del XII secolo e che termina proprio nel 1118,
riporta alcuni particolari che ci aiutiamo a ricostruire i tormentati e convulsi
momenti seguiti alla morte di Alessio I Comneno136. Anna avrebbe ordito
un complotto contro il fratello Giovanni II, legittimo successore alla
dignità imperiale, al fine di favorire l’ascesa al trono del marito, Niceforo
Briennio. Il complotto, scoperto e sventato, segna la fine dell’attività
pubblica e di corte per la principessa, cui le sanzioni più severe vengono
evitate al prezzo, appunto, del ritiro a vita privata, che sappiamo aver
trascorso probabilmente presso il monastero tês Kekharitômenês137. Tornikès
sembra sorvolare sull’episodio, fornendo anzi un ritratto di Anna in
onorevole lutto138; anche a questo proposito però sembra emergere
qualcosa di interessante: il fratello di Anna viene dipinto come tutto intento
a garantire la continuità imperiale, già quando il padre, l’imperatore Alessio
I, ancora doveva esalare l’ultimo respiro. Egli sarebbe immediatamente
uscito da palazzo lasciando il lutto ad Anna, a suo marito, il già citato
Briennio, e alla loro prole. Tale atteggiamento viene apparentemente
descritto come normale in situazioni in cui la continuità imperiale viene
prima di ogni cosa.
Tuttavia, allorquando Tornikès passa in rassegna il comportamento di
Anna, introduce una clausola di comparazione-opposizione (ἡ δὲ),
prendendo immediatamente di mira le malelingue per le quali Anna sarebbe
stata rivale del fratello per la successione imperiale, che avrebbe voluto per
proprio marito Briennio. Forse Tornikès ha in mente lo stesso Zonara,
sempre ammesso che quest’ultimo avesse omposto la propria Historia già
intorno al 1155, data di composizione dell’orazione funebre per Anna.
Anna viene invece dipinta come indifferente a qualsiasi aspirazione al trono
imperiale, in lutto, seduta vicina al padre in agonia. Interessante resoconto:
Giovanni II, per quanto giustificato dal suo ruolo di legittimo successore a
garantire l’immediata continuità dell’autorità imperiale, viene presentato
come preso dalla smania del potere proprio a partire dal contro-esempio di
Anna, la quale, estranea a qualsiasi aspirazione a subentrare direttamente o
indirettamente al fratello, come invece suggerito da Zonara, priva di smanie
di potere e di interessi personali, viene presentata in lutto, seduta sul
pavimento, il capo spoglio, a vegliare gli ultimi attimi di vita del padre.
136 JOANNES ZONARAS, Historia, p. 18,28-29 (ed. Dindorf). Si veda anche BROWNING, An
Unpublished cit., p. 4.
137
Per un’analisi approfondita delle fonti relative all’uscita della principessa dalla vita di
corte ed alla conseguente fine delle ambizioni politiche di Anna, si veda BROWNING, An
Unpublished cit., p. 4-5.
138
GEORGIUS TORNICES, In mortem Annae caesarissae, p. 269,8-18.
xl
Niceta Coniate, la cui Historia si colloca all’inizio del XIII secolo, riporta la
stessa versione di Zonara, aggiungendo però che Giovanni II avrebbe
impiegato un anno a debellare il fronte di opposizione interna139; non
sappiamo se e quanto questo fronte fosse capeggiato dalla stessa Anna, ma
è chiaro che la motivazione del ritiro a vita privata della principessa è da
ricondursi proprio alla rivendicazione di prerogative imperiali per sé e per
proprio marito Niceforo Briennio ai danni di Giovanni II.
La considerazione che ci sembra necessario porre è la seguente: da un
lato, tutto lascerebbe pensare che Anna abbia iniziato a dare vita al proprio
progetto di mecenatismo allorquando le traversie di natura politica, a cui si
è appena fatto cenno, l’avevano costretta al ritiro a vita privata, ovvero
intorno al 1118; dall’altro, l’unica ipotesi di datazione relativa alla morte di
Eustrazio è quella già menzionata di Draeseke, ossia il 1120. Se prendiamo
in considerazione questi due dati, ci viene da chiedere come sia possibile
considerare come attendibile la tesi che Browning ha sostenuto ancora nel
1991, anno in cui il fondamentale articolo del 1962, An Unpublished Funeral
Oration on Anna Comnena, venne pubblicato per la seconda volta. Browning
deduce dal fatto che l’Ethica Nicomachea non sia stato oggetto di un
commento interamente redatto da un solo studioso il fatto che il progetto
di costituzione di un corpus di commenti all’Ethica Nicomachea sia stato di
natura collettiva. Di un tale progetto, Eustrazio sarebbe stato ispiratore e
coordinatore140. A ciò si può obiettare in primo luogo che in realtà Michele
di Efeso è autore di un “doppio”, nel senso che egli è autore di un
commento al libro V141 che si affianca agli anonimi scholia sullo stesso libro
dell’Ethica Nicomachea: entrambi i commenti al V libro fanno parte del corpus
di commenti oggetto della traduzione latina del Grossatesta142. Non
sappiamo se la circostanza per cui ci sia giunto un ulteriore commento al
libro V dell’Ethica Nicomachea sia da interpretarsi come un abbozzo da parte
di Michele di Efeso di un vero e proprio rimpiazzo dei commenti antichi
con commenti “moderni”, di cui egli avrebbe dovuto farsi carico e che per
motivi ignoti non sarebbe riuscito a portare a termine.
In secondo luogo, in questo quadro interpretativo non sembra
rientrare il caso dell’enigmatico commento al VII libro, difficilmente
riconducibile a qualcuno degli autori antichi e bizantini degli altri
139
NICETAS CHONIATES, Historia, I, 3 (ed. Van Dieten).
140 Cfr. BROWNING, An Unpublished cit., p. 400 (citiamo dalla ristampa del 1991): «No part
of the Ethics was the object of comment by more than one of these scholars. This suggests
that their commentaries were all prepared as part of the same co-operative enterprise. It
may well be that Eustratius was the real inspirer of the whole project.».
141 Il testo è edito in CAG 22,3, pp. 1-72.
142 Cfr. H. P. F. MERCKEN, The Greek Commentaries on the Nicomachean Ethics of Aristotle in the
Latin Translation of Robert Grosseteste, Bishop of Lincoln (†1253), Leiden 1973 («Corpus
Latinum Commentariorum in Aristotelem Graecorum», VI,1), p. 3*-4*.
xli
commenti. Mercken143 ha riscontrato la disorganicità e l’imperizia
dell’autore di tale commento, collocandolo a titolo di ipotesi tra la fine del
XII e l’inizio del XIII secolo144.
Di fronte a questi due elementi la tesi del carattere organico e
pianificato del progetto relativo ai commenti all’Ethica Nicomachea sembra
passibile di revisione. Un terzo motivo, a nostro parere decisivo, ci spinge a
questa conclusione; se il terminus ante quem è costituito dal 1118 e la morte di
Eustrazio è collocabile intorno al 1120, dovremmo dedurre che il ruolo di
Eustrazio non solo non sarebbe mai potuto essere quello di supervisore o
coordinatore di un tale progetto, ma che in generale l’attività del
commentatore in questione si sarebbe ridotta a circa due anni, forse anche
qualcosa meno se consideriamo attendibile la testimonianza di Coniate
secondo cui l’opposizione a Giovanni II Comneno si sarebbe protratta per
un altro anno, con Anna probabilmente ancora coinvolta. Questo
spiegherebbe a nostro parere la grande discrepanza nella mole dei
commenti tra Eustrazio e Michele di Efeso.
Nel proprio commento al II libro degli Analytica Posteriora, Eustrazio
si dichiara commentatore non professionista, autore di un commento solo
per attendere ad una richiesta di colleghi o discepoli145; questo sembrerebbe
legare tale commento ad esigenze didattiche, forse nell’ambito dell’attività
di Eustrazio presso una delle istituzioni scolastiche attive nella
Costantinopoli di inzio XII secolo. Di fatto, Eustrazio si dichiara anziano
già all’epoca del commento al VI libro, alludendo genericamente alla
richiesta di commentare il I libro avanzata dalla principessa qualche “tempo
addietro”146, il che non lascerebbe presumere un lasso temporale
eccessivamente ampio tra il commento al I libro e quello al VI. Se
accettiamo il 1120 come data di morte di Eustrazio, si può ragionevolmente
sostenere che il nostro autore abbia composto i suoi commenti ai libri I e
VI dell’Ethica Nicomachea tra il 1118 e il 1120.
Certo, si potrebbe obiettare, tutte queste indicazioni rappresentano
dei topoi comuni nella letteratura bizantina del tempo, e la retorica di cui
questi testi sono ricolmi non può fornire basi solide per una ricostruzione
storica attendibile e completa147. Il riferimento di Eustrazio alla richiesta di
143 Cfr. MERCKEN (ed.), The Greek Commentaries cit., VI, I, p. 28*.
144 Tuttavia Elisabeth Fischer, della George Washington University, ha recentemente
mostrato, nel corso del secondo workshop biennale di filosofia bizantina tenutosi presso
l’università di Notre Dame (Indiana, USA), come i latinismi presenti nel commento al VII
libro, motivo principale della presa di posizione di Mercken a favore dell’imperizia
dell’anonimo autore di suddetto commento, siano in realtà piuttosto comuni nell’ambito
della letteratura bizantina del XII secolo.
145 EUSTRATIUS, In II A.Po., p. 123,24-31 (ed. Hayduck).
146 EUSTRATIUS, In I EN, p. 257,1 (ed. Heylbut).
147 Questa obiezione è stata posta, in modo intelligente e erudito, da E. DE VRIES-VAN DE
VELDEN, Théodore Méthochite. Une réévaluation, Amsterdam 1987, p. 111, n. 10, proprio a
xlii
colleghi come motivo per la composizione del commento al libro II degli
Analitici Secondi, la dichiarazione relativa alla propria età avanzata, e perfino
il fatto che l’autore dell’orazione funebre per Anna Comnena faccia
coincidere la morte dell’imperatore suo padre (1118) con il momento di
inizio della vita filosofica della principessa, sono tutti elementi
corrispondenti a precisi canoni retorici comuni e ricorrenti all’interno della
cultura letteraria bizantina. Tuttavia, non si può non notare come tutti le
fonti a nostra disposizione seguano i medesimi canoni, dietro i quali
tuttavia occorre individuare informazioni e dati non altrimenti accessibili.
D’altra parte l’esistenza di cerchie erudite durante e dopo l’età dei Comneni
è un dato di fatto acquisito148, e l’enfasi e gli stilemi retorici non sono
sempre un ostacolo per gettare luce su questi fenomeni. Per esempio, il
riferimento spesso effettuato da Eustrazio ai philologoi, ai lettori eruditi cui
chiedere venia per il carattere per esempio eccessivamente prolisso o
intricato del testo149, rappresenta anch’esso uno stilema ben consolidato,
una captatio benevolentiae lectoris; tuttavia, non è illecito vedere dietro i philologoi
un’effettiva cerchia di lettori eruditi di alto rango, in grado di fruire di un
prodotto letterario complesso come i commenti ad Aristotele composti dal
nostro autore. La questione è piuttosto quella di comprendere quale forma
avesse la cerchia entro cui e per cui Eustrazio lavorava, se quella di un
theatron, circolo privato di lettori di alto rango sociale, o quella di un circolo
dalla forma istituzionale più definita, operante nell’ambito di una corte,
sotto il patronato di una figura come quella della principessa Anna
Comnena150.
A questo interrogativo è in realtà difficile rispondere. Possiamo solo
cercare di mettere insieme i dati a nostra disposizione al fine di produrre
supposizioni coerenti e ragionevoli. Per tornare alla questione della
cronologia relativa all’attività di Eustrazio come commentatore di
Aristotele, la morte – questa è la nostra ipotesi – potrebbe aver impedito al
nostro autore di proseguire ulteriormente la sua opera. Potrebbe anche
essere verosimile che Michele di Efeso abbia iniziato in parallelo con
Eustrazio la propria attività di commentatore, ma nondimeno il fatto che
tutto il carico di lavoro sia poi andato a gravare sul primo, con la lunga serie
di commenti ad opere di Aristotele in precedenza menzionate, lascerebbe
proposito della tesi di Browning relativa all’esistenza del cosiddetto “circolo filosofico” di
Anna Comnena.
148 Si veda ad esempio M. MULLETT, Patronage in action, in R. MORRIS, Church and people in
Byzantium, Birmingham 1990, pp. 125-150; ID., Aristocracy and Patronage in the Literary Circles
of Comnenian Constantinople, in M. ANGOLD, The Byzantine aristocracy, Edinburgh 1984, pp.
173-201.
149 Per esempio in EUSTRATIUS, In VI EN, 294,25-28 (ed. Heylbut).
150 Sui theatra, si veda MAGDALINO, The Empire cit., pp. 352-353; G. CAVALLO, Sodalizi
eruditi e pratiche di scritture a Bisanzio, in J. HAMESSE (ed.), Bilan et perspectives des études
médiévales (1993-1998). Euroconférence. Barcelone, 8-12 juin 1999, Actes du IIe Congrès
International des Études Médiévales (Louvain-la-Neuve 2003), pp. 645-665.
xliii
intendere che sia stato Michele il vero motore del cosiddetto “circolo
filosofico” di Anna Comnena, sempre ammesso che di un vero e proprio
circolo si sia realmente trattato.
Un ultima considerazione sulla possibile attività congiunta di
Eustrazio e Michele di Efeso: per quanto siamo stati in grado di riscontrare
da una prima analisi testuale comparata dei commenti di Eustrazio e di
quelli di Michele, non sembrano sussistere tra essi relazioni interne, nel
senso che non sembrano emergere dipendenze testuali del secondo dal
primo. Michele sembrerebbe aver operato in totale indipendenza, almeno
sotto il profilo della redazione dei commenti ai libri dell’Ethica che egli si è
trovato a commentare, rispetto al lavoro di Eustrazio; da una prima, ancora
approssimativa, analisi del commento di Michele al libro V e degli anonimi
scholia allo stesso libro sembrano emergere numerosi elementi che
suggerirebbero piuttosto la possibilità che il commentatore bizantino abbia
operato una sorta di rilettura degli scholia antichi151. Sembra che l’attività
promossa da Anna Comnena si situi a tutti gli effetti all’interno di una
dimensione prettamente privata152; nessuno dei personaggi coinvolti ricopre
più a qualsiasi titolo mansioni di natura pubblica, tanto laica, quanto
ecclesiastica. Forse questo spiega perché non si sappia quasi nulla di
Michele di Efeso; egli non compare in nessuna fonte come titolare di
incarichi in strutture legate alla formazione intellettuale né nei vari offikia
ecclesiastici o amministrativi della burocrazia imperiale.
Se dunque ha senso parlare di “circolo” o “progetto” filosofico legato
ad Anna Comnena, occorre sempre rimarcarne la natura ristretta e privata,
probabilmente estranea tanto alla pratica dell’insegnamento in una delle
scuole della Constantinopoli della prima metà del XIII secolo, quanto alle
sedi in cui veniva esercitato effettivamente il potere, fossero esse laiche o
ecclesiastiche. L’idea di “circolo” che si ritrova in toni entusiastici nei
contributi di Browning, rischia di essere fuorviante, non solo perché essa
risente di una nozione di “circolo” spiccatamente moderna, ovvero tale da
definire un gruppo di intellettuali operanti nell’ambito di un medesimo
intento ideologico, ma anche perché si scontra contro la penuria di notizie
e fonti che possano dare testimonianza di un simile fenomeno intellettuale.
Abbiamo solo qualche nome, come quello di Eustrazio e Michele di Efeso,
ma nessuna prova che questi due personaggi abbiano ad esempio mai
collaborato tra loro. L’uno è menzionato da Anna Comnena solo
relativamente alla più volte ricordata spedizione imperiale a Filippopoli
(1114), ed è ricollegabile ad Anna solo sulla base del prologo al commento
al libro VI dell’Ethica Nicomachea, in cui Eustrazio celebra le virtù di una
principessa pia e amante della ragione la cui identificazione con Anna è più
151 L’evenienza in questione era stata già suggerita in H. P. F. MERCKEN (ed.), The Greek
Commetaries cit., VI, I, 25*.
152 In questo senso la nostra tesi è vicina a quella di Eva de Vries; cfr. EVA DE VRIES-VAN
DER VALDEN, Théodore Métochite. Une réévaluation, Amsterdam 1987, 111, n.10.
xliv
che probabile, ma non certa in maniera assoluta. L’altro – Michele di Efeso
– è menzionato solo dal testo dell’orazione funebre per Anna Comnena, e
la quantità di commenti a lui ascrivibile è tale da suggerire che egli abbia
lavorato da solo piuttosto che in un rapporto di collaborazione con uno o
più soggetti. Di altri nomi non abbiamo notizia; Niceta di Nicomedia,
citato da Tornikés, sicuramente doveva esser stato un personaggio vicino
alla principessa, ma né lui né altri personaggi sembrano associabili alla
produzione di commenti ad opere di Aristotele.
L’interpretazione del fenomeno della produzione di commenti ad
Aristotele di cui si ha traccia già dall’inizio del secolo XII resta dunque
un’impresa complessa. Abbiamo visto che l’autore dell’orazione funebre
per Anna Comnena, non senza enfasi retorica, aveva parlato di due
tipologie di filosofi, una legata a un’attività professionale, l’altra
(evidentemente più vicina alla comprensione cristiana del termine
“filosofia”) associata all’idea di una scelta di vita ascetica. Già in Psello si
trovano chiare tracce di questa distinzione, allorquando ad esempio egli
ricorda come l’imperatore Michele IV fosse solito circondarsi di filosofi:
qui il termine “filosofo” non indicherebbe “coloro che investigavano la
natura degli esseri e i principi dell’universo e che rigettavano i principî della
propria salvezza, bensì coloro che rifiutavano la dimensione mondana per
vivere in compagnia degli esseri sovranaturali”, riferendosi evidentemente
ai monaci e in generale ad una caratterizzazione della filosofia in termini
non strettamente speculativi153. Avevamo già incontrato questa distinzione
tra filosofia intesa come speculazione sugli enti e filosofia come pratica di
vita moralmente giusta, se non ascetica, nel testo dell’orazione funebre per
Anna Comnena154.
Al di là degli stilemi retorici all’interno dei quali si collocano queste
testimonianze, non sarebbe azzardato sostenere come probabilmente
l’attività di Eustrazio di Nicea possa essere collocata all’interno della prima
categoria menzionata dal testo dell’orazione funebre, ossia quella dei
filosofi di professione, individui di alto rango sociale che producevano testi
letterari destinati ad individui del medesimo rango e che dividevano la
propria attività tra l’insegnamento pubblico e un’alta erudizione di cui dare
prova nei circoli privati dei filologoi. Sembrerebbe suggerirlo lo stesso
Eustrazio, i cui commenti sono ricchi di citazioni erudite all’interno di una
struttura complessa e ricercata, in cui l’autore affianca all’esplicazione
letterale del testo lunghe e personali digressioni. In queste ultime, la
terminologia aristotelica viene reinterpretata alla luce del pensiero
neoplatonico proprio di quel Proclo più volte menzionato da testi e
documenti come primo tra gli eresiarchi. Ma il contesto sembra comunque
quello dell’attività erudita di un commentatore di corte piuttosto che quella
153
MICHAEL PSELLUS, Chronographia, 4,34,1-8 (ed. Renauld).
154
DARROUZÈS, 271,18-21.
xlv
di un filosofo sovversivo intento a promulgare forme di paganesimo
militante. La riprova di ciò sta nei riferimenti operati dallo stesso Eustrazio
ai destinatari dei suoi commenti, in particolare dei commenti ai libri I e VI
dell’Ethica Nicomachea. Al termine di una delle tante digressioni erudite
presenti nel testo, Eustrazio si scusa per il carattere eccessivamente prolisso
di essa, giustificandola con la necessità che il proprio commento soddisfi i
gusti dei filologoi, ossia degli eruditi amanti delle lettere155. Proprio in questo
senso potrebbe essere interpretato più in generale il cosiddetto “circolo
filosofico” di Anna Comnena; non tanto come centro di promozione
dell’aristotelismo a Bisanzio, come entusiasticamente sostenuto da
Browning, quanto come circolo di lettori eruditi interessati alla letteratura
filosofica di alto livello (anche perché non abbiamo alcuna prova che
l’Ethica Nicomachea di Aristotele avesse una qualsivoglia collocazione
all’interno del cursus studiorum delle scuole di filosofia nella Bisanzio del
tempo).
Alla fine della propria carriera, tanto politica quanto intellettuale,
vecchio e ormai stanco, Eustrazio opera lontano dalle luci della vita
pubblica e dall’attività di insegnamento in una delle scuole della
Costantinopoli della prima metà del XII secolo. Al servizio privato della
principessa, anch’essa in disgrazia e impossibilitata ormai a far valere
qualsiasi pretesa o prerogativa di ordine politico, Eustrazio probabilmente
sembra godere di una certa libertà intellettuale, quella stessa libertà di cui
Italo non aveva goduto, per motivazioni complesse ed eterogenee; la
pretesa di Italo di poter adoperare fonti neoplatoniche per la didattica
relativa all’insegnamento delle discipline filosofiche, ossia di poter operare
impiegando criteri interni alle stesse discipline oggetto di insegnamento, era
stata pesantemente messa in discussione, come visto, dalle condanne del
1077-1078 e del 1082. In quell’occasione Eustrazio aveva preso le distanze
dal proprio maestro, per ovvio timore delle conseguenze; sarà solo sotto
l’ala protettrice di Anna Comnena che il nostro commentatore, lontano dai
pericoli degli intrighi di corte, in un circuito privato e probabilmente privo
di nessi con la vita pubblica e con la gestione del potere, offrirà i propri
servigi di attento lettore e conoscitore della letteratura neoplatonica alla
propria mecenate, ricorrendo a quelle stesse fonti procliane che l’autore
dell’orazione funebre per Anna Comnena, Giorgio Tornikès, aveva invece
indicato come quell’eredità intellettuale da cui Anna avrebbe preso le
distanze a favore delle dottrine cristiane.
155
EUSTRATIUS, In VI EN, 294,25-28 (ed. Heylbut).
xlvi
Il testo greco del commento di Eustrazio di Nicea al VI libro dell’Ethica
Nicomachea ha ricevuto l’attenzione dei filologi, ben prima dell’edizione di
Heylbut del 1892 nei Commentaria, per un riferimento (In VI EN, 320,30-
321,1) operato dall’autore al Margite, poema comico attribuito, come noto, a
Omero. A ben vedere, le ragioni per un simile riferimento erano state
fornite dallo stesso lemma aristotelico oggetto del commento. In effetti,
Aristotele (EN, VI, 7,1141a15-16), cita proprio un passo dal Margite, al fine
di meglio presentare il concetto popolare di sapienza (la semplice eccellenza
in un’arte), per poi contrapporre questa stessa concezione comune della
sapienza con quella tecnica di “più perfetta tra le scienze”. “Costui”, riporta
Aristotele, “gli dèi non lo fecero né zappatore né aratore né sapiente in
qualche altra cosa”. Dunque il Margite156 viene chiamato in causa come
testimonianza letteraria della sapienza come abilità o capacità in qualcosa.
Nel suo commento Eustrazio cita una serie di autorità a sostegno
dell’autenticità del Margite, ovvero della possibilità di attribuire l’opera allo
stesso Omero. In maniera diligente, Eustrazio rimanda al I libro della
Poetica di Aristotele, dove appunto il Filosofo attribuisce il poema ad
Omero157. Tuttavia, aggiunge poi che a sostenere la paternità omerica del
poema vi sarebbero “anche Archiloco, Cratino e Callimaco negli
epigrammi” (ἀλλὰ καὶ ̓Αρχίλοχο, καὶ Κρατῖ νο καὶ Καλλίµαχο ἐν τῷ
ἐπιγράµµατι). Se il riferimento a Callimaco non crea problemi158, più
complessa appare la questione del riferimento a Archiloco, che ha sollevato
dubbi sulla sua attendibilità, sulla base forse del pregiudizio diffuso
secondo cui un poeta arcaico non avrebbe potuto nominare Omero,
attribuendogli per giunta un’opera non autentica159.
In virtù probabilmente di una considerazione di questo tipo il testo di
Eustrazio ha subito emendazioni prima ancora dell’edizione Heylbut del
1892. In questo senso il Ruhnken aveva addirittura proposto di correggere
̓Αρχίλοχο con ̓Αριστοφάνη, sulla base dello scoliaste Ad Aves 913
156 Per l’edizione del Margite, giuntoci in forma frammentaria, si veda M.L. WEST, Iambi et
elegi Graeci, vol. 2. Oxford 1971, pp. 72-73; 75-76. Si veda anche il recente Margite. Omero.
introduzione, testimonianze, testo critico, traduzione e commento a cura di A. GOSTOLI ,
Pisa-Roma 2007.
157 ARISTOTELES, Poetica, I,4,1148b28-1149a2.
158 CALLIMACHUS, fr. 397 (ed. Pfeiffer).
159 Si veda tra i contributi più recenti F. BOSSI, Studio sul Margite, «Supplemento al
Giornale filologico ferrarese», a. IX, 1 (marzo 1986), p. 40. L’idea che Omero non potesse
essere citato da autori più antichi di Simonide si trova in primis in M. SENGEBUSCH,
Homerica dissertatio posterior, in G. DINDORF, Homeri Odyssea, Lispiae 1856, p. 9, e in forma
più cauta in J.A. DAVISON, Quotations and Allusions in Early Greek Poetry, «Eranos», 53
(1955), pp. 125-140; ID., From Archilocus to Pindar. The transmission of the Greek Text, London
1968, p. 80-81; R. FOWLER, The Nature of Early Greek Liric: Three Preliminary Studies,
Toronto 1987, p. 113.
xlvii
(Μουσάων θεράποντε ὀτρηροί)160. Non è il caso qui di entrare nel dettaglio
delle ragioni alla base dell’emendazione proposta dal Ruhnken. Sarà
sufficiente ricordare come già Meineke, seguito poi dalla maggioranza degli
studiosi, avesse ritenuto tale correzione ingegnosa, ma non
sufficientemente fondata161. Meineke non si limitò ad escludere il
suggerimento di Ruhnken, ma produsse egli stesso un’ipotesi di
emendazione. La presenza del nome di Cratino tra le autorità citate da
Eustrazio suggeriva in effetti un riferimento non già all’Archiloco storico,
bensì agli Archilochi dello stesso Cratino. “Cratinus Homeri Margitem
fortasse in Archilochis commemoraverat”, scriveva Meineke nei Fragmenta
Comicorum Graecorum (vol. II,1, p. 188). Si avrebbe dunque un’emendazione
di questo tipo, formulata dal Bergk e citata da Heylbut nell’apparato
dell’edizione di Eustrazio: ̓Αρχιλόχοι Κρατῖνο162.
Sembra che l’emendazione Meineke/Bergk abbia riscosso una buona
fortuna tra gli studiosi, anche se nella IV edizione dei Poetae lyrici Graeci il
Bergk annotava proprio in relazione a quella correzione: “sed nihil omnino
tentandum”. Certo, l’ipotesi di Bergk presupporrebbe un ordine diverso dei
termini, del tipo Κρατῖ νο ̓Αρχιλόχοι, anche se l’ordine ̓Αρχιλόχοι
Κρατῖ νο potrebbe essere giustificato proprio dalla variante ̓Αρχίλοχο,
che giustificherebbe la sequenza Archiloco-Cratino in ordine cronologico.
Ma non vogliamo addentrarci oltre, per non allontanarci
eccessivamente dal testo del commento di Eustrazio. Infatti, sia che la
correzione del Bergk sia valida, sia che Eustrazio risulti, in quanto
testimone tardo, inattendibile su questo punto – vittima forse del
fraintendimento denunciato da West163 e Bossi164, dovuto all’identità tra il
fr. 201 (West) di Archiloco e il fr. 5 del Margite165 –ciò che sembra emergere
chiaramente è il carattere erudito del commento redatto da Eustrazio.
Nondimeno, la ricostruzione del dibattito intorno alla testimonianza di
Eustrazio è utile anche al fine di comprendere quanto poco la storiografia
si sia soffermata sul testo del commento al VI libro in quanto tale. La
maggior parte dei contributi relativi a questo testo si concentra infatti
proprio sulla testimonianza relativa al Margite, tralasciando il resto. Nella
sua Introdució a la Ilíada, Pórtulas ricostruisce la questione delle
160 Scholia in Aristophanem, Scholia in Aves, in J.W. WHITE, Aristophanes. The Scholia on the Aves,
Boston-London 1914, p. 175.
161 Cfr. A. MEINEKE, Fragmenta Comicorum Graecorum, II,1, Berolini 1839, p. 188. Si veda
senza dimenticare che anche Davison (in From Archilocus cit., p. 81) si chiede, riferendosi al
fr. 368 di Cratino citato da Eustrazio: “But Cratinus must have had some reason for
thinking that Archilochus was interested in the Margites”.
xlviii
testimonianze relative al Margite riferendosi ad Eustrazio come un “obscur
(sic!) comentador byzantí”166, a testimonianza di quanta poca attenzione
questo autore abbia ricevuto.
Lo Hierosolymitanus Sti Sep. 106 (f. 7v), il Vaticanus gr. 421 (f. 63) e il
Marcianus gr. 203 (f. 230r) sono tre manoscritti contenenti, tra le altre cose,
tre distinte liste liste di opere aristoteliche e di relativi commenti tardo-
antichi e bizantini167. In tutte e tre queste liste il nome di Eustrazio compare
regolarmente accanto a quello dell’Ethica Nicomachea di Aristotele.
Evidentemente i suoi commenti dovevano avere una buona circolazione,
anche se solo uno studio dei manoscritti greci, che comunque non rientra
negli scopi del presente lavoro, potrebbe aiutarci ad avere un’idea più chiara
relativa alla tradizione greca dei commenti di Eustrazio. Qui converrà
invece fornire alcuni elementi, al di là della considerazione della sola
tradizione manoscritta, utili per iniziare a tracciare alcune linee guida per la
ricostruzione della ricezione bizantina dei commenti di Eustrazio.
Uno degli aspetti più interessanti legato all’erudizione di Eustrazio è
rappresentato dall’ampio e selettivo uso di fonti neoplatoniche rinvenibile
nei suoi commenti ai libri I e VI dell’Ethica Nicomachea. La storiografia
sembra aver iniziato a delineare questi elementi in relazione soprattutto al
commento di Eustrazio al I libro dell’Ethica, dove Eustrazio produce una
strutturata difesa della dottrina platonica del Bene ideale, contro la critica
aristotelica di questo stesso principio168. A ben vedere, tuttavia, i motivi di
interesse in relazione a questo autore e alle fonti impiegate nei suoi
commenti non si riducono, come fin qui evidenziato dai pochi studi
attualmente disponibili, al commento al libro I del testo aristotelico169.
Infatti, proprio il commento al VI libro dell’Ethica Nicomachea, di cui qui si
intende presentare l’edizione critica nella versione latina, presenta elementi
di forte interesse, legati alle fonti da cui l’autore sembra attingere le
soluzioni esegetiche di maggior rilievo rinvenibili nei suoi commenti, e cioè
i commentatori neoplatonici di Aristotele e Proclo.
Nel proprio commento al I libro dell’Ethica Nicomachea, di fronte alla
critica aristotelica della teoria platonica del Bene ideale, Eustrazio aveva
appassionatamente difeso Platone richiamandosi all’opinione dei “seguaci
166 Cfr. J. PÒRTULAS, Introdució a la Ilíada. Homer, entre la Història i la llegenda, Barcelona 2008,
p. 423.
167 Le liste sono edite rispettivamente in P. WENDLAND, Alexandri Aphrodisiensis in librum
Aristotelis De sensu commentarium, Berlin 1902, («CAG», 3,1) XVII; M. HAYDUCK, Stephani in
librum Aristotelis de interpretatione commentarium, Berlin 1885, V («CAG», 18,3); H. USENER,
Interpreten dea Aristoteles, «Rheinisches Museum für Philologie», 20 (1865), pp. 133-136.
168
ARISTOTELES, Ethica Nicomachea, I,4,1096a11-1097a14.
169 Si veda in particolare K. GIOCARINIS, Eustratios of Nicaea’s Defense of the Doctrine of Ideas,
«Franciscan Studies», 24 (1964), pp. 159-204; Cf also LLOYD, The Aristotelianism cit., p. 350;
C. STEEL, Neoplatonic Sources in the Commentaries on the Nicomachean Ethics by Eustratius and
Michael of Ephesus, «Bullettin de Philosophie Médiévale», 44 (2002), pp. 51-57.
xlix
di Platone e Parmenide”170. Come scoperto da Steel, questa espressione è
una perifrasi dietro cui si cela un rimando ai commentatori neoplatonici al
Parmenide platonico, e in particolare al commento procliano a questo
dialogo platonico da cui sembra dipendere tutta la risposta di Eustrazio alle
argomentazioni antiplatoniche di Aristotele171.
Il testo del commento al libro VI dell’Ethica Nicomachea sembra allo
stesso modo recare tracce consistenti della presenza di Proclo. Eustrazio
sembra poco interessato ad affrontare direttamente il vero e proprio tema
del VI libro dell’opera aristotelica in questione, ossia lo statuto della
φρόνησι, preferendo lunghe digressioni sulla natura dell’intelletto umano e
sul funzionamento del processo conoscitivo. Come anticipato, la presenza
di Proclo sembra emergere chiaramente dalla stessa terminologia impiegata
da Eustrazio. Vediamo alcuni esempi.
Sono almeno tre i passi di maggior rilievo in cui Eustrazio espone
quella che a tutti gli effetti può essere considerata una dottrina dell’intelletto
coerente e organica. Questi passi, molto simili tra loro, si trovano in
303,19-25 e in 314,8-18 del testo edito da Heylbut, che qui andiamo a citare
e analizzare.
In VI EN, 314,8-18: εἰ γὰρ καὶ νοερὰν λέγει τὴν ψυχὴν καὶ νοῦν ὑπάρχειν
φησὶν ἐν αὐτῇ, ἀλλ' οὐκ οὐσιωδῶ ὑπάρχειν ἐν αὐτῇ τὸν νοῦν τίθεται, ἀλλά γε
κτητὸν καὶ ὡ ἕξιν ἐπιγινόµενον, καθὰ καὶ πρότερον εἴ ρηται. διὰ τοῦτο καὶ
ταῖ ἀληθευτικαῖ ἕξεσιν αὐτὸν συνηρίθµησεν, ὁρῶν αὐτὸν καὶ κτώµενον
ἔξωθεν καὶ ἀποβαλλόµενον. καθαρὰ γὰρ γενοµένη καὶ ἐλευθέρα τῶν παθῶν ἡ
ψυχή, ἐλλάµπεται µὲν τῇ πρὸ νοῦν γειτνιάσει, δέχεται δὲ ἐκεῖ θεν τὸ νοερῶ
ἐνεργεῖ ν, καὶ οὕτω τὴν τῶν ὄντων προσλαµβάνει κατάληψιν ἁπλαῖ ἐπιβολαῖ
ἐφαπτοµένη αὐτῶν, οὐκ ἀθρόον ὡ ὁ κύριο νοῦ οὐδὲ πάντων ὁµοῦ, ἀλλὰ
καθ' ἓν ἕκαστον αὐτῶν τὸν νοῦν περιχορεύουσα καὶ ἐξ ἑτέρων τῶν ὑπ' αὐτοῦ
νοουµένων εἰ ἕτερον µεταβαίνουσα.
In VI EN, 317,19-27: ὁ µὲν γὰρ κατ' οὐσίαν νοῦ πάντα ἔχων ἐν ἑαυτῷ τὰ
γνωστὰ καὶ ἁπλαῖ ἐπιβολαῖ καὶ ἀθρόοι καταλαµβάνων αὐτὰ οὐδέποτε
ἐξίσταται ἀπ' αὐτῶν, ὁ δὲ ἐν ἡµῖ ν νοῦ καθ' ἕξιν ἔχων τὸ εἶ ναι, µόνα ἔχει ἐξ
ἀρχῆ τὰ κοινὰ ἐννοία οἰκεῖ α ἐνεργήµατα καὶ νοήµατα ἀπηχήµατά τινα ἐν
ἑαυτῷ τοῦ ἁπλῶ ὑπάρχοντο νοῦ, ὅταν δὲ τῆ τῶν παθῶν ἀπαλλαγῇ
συγχύσεω καὶ τῶν συνηρτηµένων ὑπεραρθῇ δυνάµεων καὶ τὸ τέλειον αὐτοῦ
170
EUSTRATIUS, In I EN, 49,8sq. (ed. Heylbut).
171
STEEL, Neoplatonic Sources cit., pp. 52-54.
l
ὑπολήψεται ἑαυτοῦ µόνου γενόµενο, τότε καὶ ἑκάστῳ τῶν νοητῶν ἁπλῶ
ἐπιβάλλειν δύναται, οὐκ ἀθρόον οὐδ' ἐν αἰῶνι ὡ ὁ κυρίω νοῦ
καταλαµβάνων αὐτὰ ἀλλὰ καθ' ἓν καὶ ἐν χρόνῳ καὶ µεταβαίνων ἀφ' ἑτέρου εἰ
ἕτερον, ὡ προείρηται.
172PROCLUS, In Tim., 2,313,1-4 (ed. Diehl): τριχῶ γὰρ ὁ νοῦ· πρῶτο µὲν ὁ θεῖ ο, οἷ ο δὴ
καὶ ὁ δηµιουργικό, δεύτερο δὲ ὁ µετεχόµενο ὑπὸ τῆ ψυχῆ, οὐσιώδη καὶ αὐτοτελή,
τρίτο δὲ ὁ καθ' ἕξιν, δι' ὃν ἡ ψυχὴ νοερά ἐστιν. Si veda anche In I Alc., 65,19-66,6 (ed.
Westerink).
173 EUSTRATIUS, In VI EN, 317,19-21 (ed. Heylbut). Fonti di questo passo sono PROCLUS,
li
Interessante è il modo in cui Eustrazio caratterizza l’intelletto per
disposizione, e cioè nella fattispecie l’intelletto umano. È un argomento
ancora ispirato da alcune formulazioni procliane: di per sé, in quanto anima
(ὡ µὲν ψυχὴ), esso opera all’interno della dimensione dianoetico-
discorsiva, all’interno cioè della dimensione dell’argomentazione sillogistica
(ἀνειλιγµένω), in cui si passa dall’ordine delle premesse a quello delle
conseguenze (συλλογιζοµένη καὶ µεταβαίνουσα εἰ συµπεράσµατα ἐκ
προτάσεων); ma quando l’anima partecipa dell’Intelletto (ὡ δὲ µετέχουσα
νοῦ), allora trascende la dimensione meramente discorsiva per accedere ad
una conoscenza diretta degli intellegibili, anche se solo in modo discreto
(uno alla volta) e senza la simultaneità che caratterizza invece la conoscenza
di cui gode l’Intelletto Supremo175.
Quest’ultima particolare condizione dell’anima, che di fatto la abilita
ad una dimensione conoscitiva puramente intellettuale, non sarebbe
secondo Eustrazio una condizione naturale (οὐ φύσι), né rappresenta il
possesso essenziale di un carattere o di una proprietà. Al contrario, si tratta
di una condizione di carattere disposizionale (ἀλλὰ ἕξι), ossia di un habitus
che sopraggiunge nell’anima dall’esterno (ὡ ἔξωθεν ἐπεισιοῦσα), un
qualcosa che viene acquisito (γινοµένη ἐπίκτητο)176.
La descrizione dell’intelletto umano come acquisito (ἐπίκτητο), nei
termini di una disposizione (ἕξι), potrebbe suggerire al lettore un rimando
ad un passo del De anima di Alessandro di Afrodisia, in cui i termini
ἐπίκτητο e ἕξι occorrono in relazione alla caratterizzazione di quella
disposizione intellettuale acquisita per apprendimento segnata dal possesso
degli intellegibili, senza che questi siano attualmente pensati in atto177.
Tuttavia non sembra essere questo il caso di Eustrazio, il quale
esplicitamente considera l’espressione καθ' ἕξιν, “per disposizione”, come
equivalente all’espressione κατὰ µέθεξιν, “per partecipazione”178. La
terminologia impiegata da Eustrazio per caratterizzare la cesura (tanto
nell’essere, quanto nell’operare) sussistente tra l’Intelletto Supremo, tale in
virtù della propria stessa essenza, e l’intelletto per disposizione, acquisito
175
EUSTRATIUS, In VI EN, 303,19-25. Fonti di questo argomento sono PROCLUS, In Tim.,
1,246,5-7 (Diehl) (distinzione tra il logos operante ὡ µὲν όγο e il logos operante ὡ δὲ
νοῶν , ossia in quanto operante in maniera intellettuale); PROCLUS, In Parm., 808,12-14 (ed.
Cousin); In Parm., 1165,24-25 (ed. Cousin). Cfr. anche un analogo argomento in
EUSTRATIUS, In VI EN, 314,14-18 (ed. Heylbut).
176 Cf. EUSTRATIUS, In VI EN, 303,25-26 (ed. Heylbut); si veda anche 314,10.
177 ALEXANDER APHRODISIENSIS, De anima, 81,26-82,1 (ed. Bruns). Cfr. H.A. DAVIDSON,
Alfarabi, Avicenna, & Averroes, on Intellect. Their Cosmologies, Theories of the Active Intellect. &
Theories of Human Intellect, New York-Oxford 1992, pp. 10-12, 20; Una simile
caratterizzazione dell’espressione ἐπίκτητο riferita all’intelletto si trova anche in
THEMISTIUS, In Aristotelis libros de anima paraphrasis, 95,30-31 (ed. Heinze); 98,21-24; 100,2-
3 e in JOAHNNES PHILOPONUS, In Aristotelis libros de anima commentaria, 490,27 (ed.
Hayduck), con alcune eccezioni elencate in DAVIDSON, Alfarabi cit., p. 10, n. 22.
178 Cfr. EUSTRATIUS , IN VI EN, 303,16-17 (ed. Heylbut).
lii
per partecipazione, è filologicamente riconducibile a Proclo. I termini κατ'
οὐσίαν e καθ' ὕπαρξιν, opposti da Eustrazio ai termini ἐπίκτητο, καθ' ἕξιν e
κατὰ µέθεξιν si trovano ampiamente attestati in Proclo all’interno di un più
generale iato metafisico tra ciò opera ed esiste in virtù di se stesso e ciò che
opera ed esiste in virtù di qualcos’altro179. Addirittura le due espressioni
impiegate da Eustrazio per descrivere il carattere partecipato e avventizio
della capacità nell’uomo di operare in maniera autenticamente intellettuale,
ossia ὡ ἕξιν ἐπιγινόµενον180 e ὡ ἔξωθεν ἐπεισιοῦσα181, occorrono assieme
in un passo del commento procliano al Parmenide – commento ampiamente
impiegato da Eustrazio nel corso del proprio commento al I libro
dell’Ethica Nicomachea182 – per connotare i due tipi di molteplicità
riscontrabile tra gli esseri: la prima sarebbe per l’appunto “essenziale”
(οὐσιῶδε) e rinvenibile nell’ambito delle Forme, la seconda sarebbe invece
“proveniente dall’esterno e avventizia” (ἔξωθεν ἐπιγινόµενον
καὶ ἐπεισοδιῶδε), tipica di ciò che si trova a sussistere nella materia183.
Eustrazio dunque declina in senso noetico un più generale schema
metafisico procliano, con toni a volte cristianizzanti, come quando la
necessità iniziale della dimensione discorsiva, e prima ancora induttiva,
della conoscenza dell’anima umana viene legata alla perdita della
condizione prelapsaria da parte dell’uomo e al tema della caduta, evento
che nell’argomento adoperato da Eustrazio avrebbe segnato l’uomo
innanzitutto e per lo più da un punto di vista epistemologico, piuttosto che
morale o escatologico184.
Tuttavia, questi accenti cristiani sporadicamente presenti nel testo si
trovano ad essere inclusi all’interno di un sistema continuo di riferimenti a
Proclo. Il commentatore letteralmente assembla le proprie argomentazioni
a partire da espressioni e formule prese dai diversi testi di questo pensatore
neoplatonico. Ad un passo del commento procliano all’Alcibiade è
riconducibile il riferimento di Eustrazio alla riscoperta del proprio
autentico sé nel passaggio tra conoscenza discorsiva e conoscenza non
discorsiva, che di fatto viene a connotarsi in termini chiaramente
neoplatonici185. Citando ancora Proclo, Eustrazio enfatizza la necessità per
l’intelletto umano di partecipare di un principio intellettuale ad esso
179 Si veda ad esempio PROCLUS, In Remp., 1,28,17-20 (ed. Kroll); PROCLUS, In Tim.,
1,352,19-22 (ed. Diehl).
180
EUSTRATIUS, IN VI EN, 314,10 (ed. Heylbut).
181
EUSTRATIUS, IN VI EN, 303.26 (ed. Heylbut).
182 Cf. STEEL, Neoplatonic Sources cit., pp. 52-53.
183 PROCLUS, In Parm., 1187,41-1188,3 (ed. Cousin).
184 EUSTRATIUS, In VI EN, 297,16-40 (ed. Heylbut).
185 Cfr. EUSTRATIUS, In VI EN, 317,24-26 (ed. Heylbut) = PROCLUS, In I Alc., 224,8-9 (ed.
Westerink); 20,15-14.
liii
sovraordinato, partecipazione che prende forma tramite “la vicinanza con
l’Intelletto”(τῇ πρὸ νοῦν γειτνιάσει)186.
Eustrazio inquadra i differenti casi del Nous e dell’intelletto umano, e
le rispettive modalità di possesso degli intellegibili, all’interno di una
cornice marcatamente procliana, evidenziabile nei riferimenti operati dal
commentatore ad un sistema causale di tipo gerarchico. La prossimità
all’Intelletto viene giustificata dal commentatore ricorrendo all’idea della
necessaria unitarietà delle processioni degli enti dalla Prima Causa e
dell’intero processo causale in generale: diversi passi procliani sono qui
pertanto riassemblati da Eustrazio all’interno di un autonoma struttura
argomentativa187.
3.2. Brevi note sulla fortuna bizantina del commento di Eustrazio ai libri I e
VI dell’Ethica Nicomachea.
186 Cfr. EUSTRATIUS, In VI EN, 317,28-30 = PROCLUS, Theol. Plat., 1,66,20-23 (ed. Saffrey-
Westerink).
187 Cfr. EUSTRATIUS, In VI EN, 317,30-32 (ed. Heylbut) = PROCLUS, El. Theol., 11,8; (ed.
Dodds); 21,15-18; 29,3-4; 132,29-30; PROCLUS, Theol. Plat., 5,103,5-6 (ed. Saffrey-
Westerink).
188 Cfr. E. MIONI, Bibliothecae Divi Marci Venetiarum codices graeci manuscripti I: Theaurus
liv
confuso con una sezione (libro XI) dell’opera di Pachimere tradita come
Philosophia190, che di fatto rappresenta una synopsis di filosofia aristotelica in
cui ciascun libro corrisponde al sunto di un’opera dello Stagirita191. L’incipit
del testo, di cui abbiamo consultato una versione in formato microfilm
presso la Katholieke Universiteit Leuven, è praticamente identico all’incipit
del commento di Eustrazio al I libro dell’Ethica Nicomachea192. La cosa è di
per sé indicativa di quanto sarebbe produttivo uno studio dettagliato delle
corrispondenze tra i due commenti. Un simile studio non rientra nei
propositi del presente lavoro, ma ci proponiamo di tornarci in seguito.
Sfortunatamente, e con ciò giustifichiamo almeno in parte la nostra scelta
di non approfondire il rapporto Eustrazio-Pachimere in questa sede, tutti i
manoscritti contenenti il commento di Pachimere si fermano all’inizio del
VI libro, per cui non avremmo comunque la possibilità materiale di vagliare
eventuali dipendenze testuali tra il commento di Pachimere e il testo del
commento al VI libro dell’Ethica Nicomachea di Eustrazio.
Un secondo caso di utilizzo dei commenti di Eustrazio, e questa volta
in particolare proprio del commento al VI libro, riguarda lo storico e dotto
Niceforo Gregora († ca. 1360). Nelle cosiddette Solutiones Quaestionum, edite
da Leone nel 1975193, Niceforo Gregora affronta, tra l’altro, la questione
della presenza o meno di sapienza negli animali non razionali. Gregora
sostiene che gli animali sembrano godere di una certa forma di razionalità,
per quanto essa sia di fatto solo apparente. Ciò che sembra poter essere
attribuito agli animali altro non è – per Gregora – se non l’azione causale
della provvidenza divina che agisce per tramite degli animali stessi, che di
fatto altro non sono se non suoi strumenti. Per esprimere questa idea
Gregora ricorre alla metafora dei marinai che, nel tentare di attraccare, per
quanto sembrino avvicinarsi al molo, in realtà sono mossi da altro, essendo
in balia delle onde194.
Παχυµέρη Πρωτέκδικο καὶ ∆ικαιοφύλαξ. Εἰσαγωγικὸ δοκίµιο, Athens 2004, p. 204 e 206.
Il fraintendimento nasce dal fatto che, come rilevato da D.B. BALTAS, Ἡ χειρόγραφη
παράδοση τῶν ἀνέκδοτων φιλοσοφικῶν ἔργων τοῦ Γεωργίου Παχυµέρη, «Ἑ ῷα καὶ
Ἑ σπέρια», 5 (2001-2003), pp. 63-67, che l’Escorialensis T. I. 18 contiene anche il libro XI
della Philosophia, dedicato all’Ethica Nicomachea.
192 Marcianus gr. 212, f.1r: Τῆ φιλοσοφία εἰ δύο διαρουµένη, εἴ τε θεωρητικὸν καὶ
πρακτικόν [...] Ἠ τικὴ δὲ κέκληται καὶ Νικοµάχεια ἡ αὐτή· Νικοµάχεια µὲν, διότι εἰ
Νικόµαχον τὸν ὑιὸν αὐτοῦ [...]. = EUSTRATIUS, In I EN, 1,5sq. (ed. Heylbut).
193 NICEPHORUS GREGORAS , Solutiones Quaestionum, in P.L.M. LEONE (ed.), Nicephori
Gregorae Antilogia et Solutiones Quaestionum, «Byzantion» 40 (1975), pp. 471–516.
194 NICEPHORUS GREGORAS, Solutiones Quaestionum, I, 490,65-69 (ed. Leone).
lv
Gregora non si limita solo a sostenere che la sapienza presente negli
animali altro non è se non un riflesso della provvidenza divina; egli opera
un paragone anche con il caso degli animali razionali, ovvero degli uomini.
Qui l’argomentazione di Gregora si tinge di pessimismo: rispetto agli
animali cosiddetti irrazionali, l’individuo umano dovrebbe per definizione
agire in maniera corrispondente alla propria essenza di animale razionale.
Eppure, a causa della sua debolezza e di un cattivo uso del proprio libero
arbitrio, egli si limita ad operare nell’ambito di quella che Gregora definisce
“vita secondo la sensazione”. In questo senso, gli animali sembrano essere
superiori agli stessi uomini; creati come irrazionali, essi agiscono almeno in
maniera corrispondente alla propria essenza, mentre nel caso degli individui
umani sembra darsi uno iato tra l’originaria essenza razionale e l’attuale
stato di degradazione in cui essi si trovano195.
Al fine di chiarire meglio il senso del proprio argomento, Gregora
fornisce una spiegazione di natura teologica, fortemente venata tuttavia di
elementi filosofici. L’argomento è in questo caso fondato su una particolare
interpretazione del tema della perdita della condizione adamica e della
successiva condizione post-lapsaria dell’uomo.
lvi
restare superiori agli uomini, “perché ciò che sussiste secondo natura e
sempre è comunque preferibile rispetto a ciò che sussiste contro natura,
proprio come la buona salute è preferibile alla malattia e la correttezza è
preferibile all’errore”198.
Questo argomento di Gregora sembra dipendere filologicamente da
un passo di Eustrazio, che presenta per altro motivi di assonanza con i tre
passi prima analizzati. Il passo è il seguente.
Il legame tra i due testi sembra evidente. La struttura è uguale, nella misura
in cui Gregora riprende da Eustrazio la formula del periodo ipotetico
(Eustrazio: εἰ µὲν οὖν µὴ τὴν τάξιν ἐκείνην καὶ τὸν θεσµόν [...] ἀλλὰ πρὸ τὴν
κρείττω ἑαυτὸ ἀνανεύων διέµεινε = Gregora: Εἰ µὲν γὰρ ἐµένοµεν
ἐµένοµεν εἰ ὅπερ
ἐπλάσθηµεν πρὸ Θεοῦ). La stessa forma ἐκπεπτώκαµεν, usata da Gregora
per esprimere l’evento della caduta e della perdita della condizione adamica,
riflette l’analoga forma ἐκπέπτωκε che occorre in Eustrazio per esprimere la
medesima idea. Ancora: la nozione di φυσικῆ τάξι, a significare “l’ordine
naturale” che l’uomo avrebbe perso con la caduta, occorre in entrambi gli
autori, cosa che contribuisce a corroborare la nostra ipotesi di dipendenza
del passo di Gregora da quello di Eustrazio.
In questo passo Eustrazio utilizza alcune fonti cristiane, anche se nel
complesso dei commenti redatti da questo autore tali fonti sono meno
rilevanti rispetto a quelle neoplatoniche. L’espressione τῆ παχυτέρα
σαρκὸ καὶ θνητῆ che s’incontra nel passo di Eustrazio appena citato per
descrivere la condizione mortale e carnale propria dell’uomo nella sua
attuale esistenza terrena, ricalca fedelmente un’analoga espressione
rinvenibile nelle Orationes di Gregorio di Nazianzo199, mentre sempre a
Gregorio può essere riconducibile il nesso tra τάξι e θεσµό presente nel
lvii
testo per descrivere la violazione dell’ordinamento e della legge divina
imposta all’uomo dal suo creatore200.
Resta così che una lettura attenta del testo di Eustrazio suggerisce
l’idea di un commento scritto per filolologoi e che nella posterità bizantina
esso circolò con ogni probabilità in circoli eruditi, passando per le mani di
altri filologoi, come il caso di Gregora sembra testimoniare. Se nel caso della
tradizione latina si può dire con certezza che i commenti di Eustratius cum
aliis circolarono in ambiente universitario, una nuova edizione critica del
testo greco di questi commenti, accompagnata da un dettegliato studio
paleografico, resta indispensabile per rispondere in maniera esaustiva alle
questioni relative alla circolazione di questi commenti nel mondo greco-
bizantino. Nel frattempo, i due casi di utilizzo di Eustrazio da noi
individuati possono contribuire, a titolo di esempi, a dare almeno un’idea
delle potenzialità di una simile prospettiva di ricerca.
par S. Thomas d’Aquin, «Revue Néo-Scholastique», 24 (1922), pp. 333-361 e pp. 479-520.
203
ALBERTUS MAGNUS, Super Ethica Commentum et Quaestiones, Lib. I, lectio VI,27,40-45
(ed. W. Kübel): «Et hac quidem rationes Aristotelis necessario concludunt contra
Platonem, si ponebat unam ideam omnium bonorum, quae sit forma generis vel speciei, ut
supra expositum est, ut dicit Aristoteles; si autem intellexerit ideam unam, secundum quod
omnia descendunt exemplariter ab uno primo, quod formaliter efficit omnia bona, ut dicit
Commentator, sic planum est, quod rationes nihil valent». = BONAVENTURA, Collationes
lviii
forme platoniche come contenuti noetici presenti nel Nous viene letta
nell’Occidente Latino come la difesa dell’esemplarismo divino di matrice
cristiana contro il paganesimo di Aristotele204.
Il testo dei commenti di Eustrazio ai libri I e VI dell’Ethica Nicomachea
di Aristotele era stato tradotto poco prima della metà del XIII secolo dal
filosofo e teologo inglese Roberto Grossatesta († 1253)205, nell’ambito dei
suoi interessi per i testi filosofici, letterari e teologici greci. Sulla conoscenza
del greco da parte di Grossatesta e sulle sue traduzioni, che spaziano dal
lessico Suda fino agli scritti dello Pseudo-Dionigi Areopagita, conviene
rimandare agli studi di studiosi particolarmente autorevoli quali il
Franceschini e la Dionisotti206. Qui preme solo ricordare come sull’attività
del Grossatesta quale traduttore e sulla sua biblioteca molti interrogativi
siano ancora senza risposta.
Intanto, non è chiaro tramite quale canale il vescovo di Lincoln abbia
avuto accesso ai manoscritti greci di cui si servì per le sue traduzioni207. Si è
fatta l’ipotesi di un canale “francescano”, legato cioè alla presenza
francescana in Grecia a partire dal 1204, anno della conquista latina di
Costantinopoli, ma per quanto verosimile questa ipotesi possa essere, resta
pur sempre una congettura208.
In secondo luogo, sussiste un problema legato alle motivazioni di
fondo alla base dell’attività di traduttore del Grossatesta. La diversità delle
opere tradotte, dal Lessico Suda a Dionigi, per passare appunto all’Ethica
Nicomachea, lascerebbe pensare all’assenza di un vero e proprio disegno
legato ad un’ispirazione unitaria. Si prenda ad esempio proprio il caso della
traduzione latina di Eustratius cum aliis. La differenti opinioni sulla datazione
di questa imponente traduzione, che comunque oscilla tra il 1240 e il
1247209, non cancellano il fatto che la traduzione dell’Ethica e dei commenti
in Hexaemeron, VI,2,361 (ed. Quaracchi): «unde illas ideas praecipuus impugnat Aristoteles
et in Ethicis, ubi dicit, quod summum bonum non potest esse idea, Et nihil valent
rationes suae, et Commentator solvit eas». Per il riferimento alla difesa di Platone dalle
critiche aristoteliche operata da Eustrazio cfr. supra nn. 168-169.
204 Cfr. K. GIOCARINIS, Eustratios of Nicaea’s Defense cit., pp. 159-164.
205 Sulla vita e l’opera di Grossatesta si vedano i seguenti fondamentali studi D.A. CALLUS,
Robert Grosseteste, Scholar and Bishop, Cambridge 1955; J. MCEVOY, The Philosophy of Robert
Grosseteste, Oxford 1982; ID., Robert Grosseteste, Oxford 2000; R. W. SOUTHERN, Robert
Grosseteste: The Growth of an English Mind in Medieval Europe, Oxford 1986.
206 Cfr. E. FRANCESCHINI, Roberto Grossatesta, vescovo di Lincoln, e le sue traduzioni latine, «Atti
del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti», 93,2 (1933-1934), pp. 1-138
(ristampato in Scritti di filologia latina medievale, II, Padova 1976, pp. 409-544); A.C.
DIONISOTTI, On the Greek Studies of Robert Grosseteste, in A.C. DIONISOTTI/A. GRAFTON/J.
KRAYE (eds.) The Uses of Greek and Latin. Historical Essays, London 1988, pp. 19-39. Ancora
attuale è tuttavia S. Harrison THOMPSON, The Writings of Robert Grosseteste, Cambridge 1940.
207 Sulla biblioteca di Grossatesta, si veda DIONISOTTI, On the Greek Studies cit., pp. 36-39.
208 Ibid., p. 31; MCEVOY, Robert cit., pp. 113-120.
209 Si veda A. PELZER, Les versions latines des ouvrage de morale conservés sous le nom d’Aristote en
lix
greco-bizantini, assieme poi al cosiddetto “corpus ethicum”210, si colloca
nell’ultima fase della vita di Grossatesta, quando egli doveva avere
all’incirca settant’anni. Cosa abbia portato il vescovo di Lincoln ad
imbarcarsi in un’impresa così ardua e imponente alla fine della propria vita,
è difficile da stabilire211. Ciò che è certo è che la sua versione latina del testo
di Aristotele e dei commentari greco-bizantini riscosse un grande successo,
praticamente immediato, come testimonia proprio il caso di Alberto Magno
citato in precedenza.
Se su Grossatesta e le sue traduzioni latine è stato scritto molto, nei
limiti comunque imposti dalla quantità e natura del materiale documentario
a noi giunto (manoscritti, testimonianze ecc.), la storia della ricezione della
traduzione latina dell’Ethica Nicomachea e dei commenti traditi assieme ad
essa è ancora tutta da scrivere. Più precisamente, sulla tradizione
rinascimentale si può in effetti disporre del monumentale studio del
Lines212, ma ancora manca uno studio che analizzi in maniera dettagliata e
complessiva la ricezione latina dell’Ethica e il ruolo dei commentatori greco-
bizantini, tra cui Eustrazio, per la formazione e costituzione dei dibattiti
propriamente medievali sulla morale aristotelica. Un aspetto legato alla
ricezione di Eustrazio è quello, a cui abbiamo fatto cenno in precedenza,
dell’interpretazione in chiave cristiana della sua replica alla critica di
Aristotele alla dottrina platonica del Bene ideale; esistono tuttavia altri
aspetti e temi su cui Eustrazio, in particolare proprio attraverso il
commento al libro VI dell’ Ethica Nicomachea, sembra aver esercitato
un’influenza piuttosto consistente. Ci limiteremo qui ad alcuni esempi.
Proprio alla dottrina dell’intelletto esposta nel commento di Eustrazio
al libro VI, di cui si è già parlato, sono legati alcuni motivi a base della
quella dei commenti greco-bizantini all’Ethica Nicomachea (libri I e VI di Eustrazio, libri II-
V dell’anonimo greco, libri V, IX e X di Michele di Efeso, libro VII dell’anonimo
bizantino, libro VIII di Aspasio), le notulae o marginalia dello stesso Grossatesta ai
commenti ora menzionati, la Summa ethicorum (un insieme di sunti capitolo per capitolo del
testo aristotelico dell’Ethica), la traduzione latina dello pseudo-aristotelico De virtute e,
infine, la traduzione latina del De passionibus dello pseudo-Andronico. Sul corpus delle
cosiddette “notulae” di Grossatesta alla propria traduzione del testo dell’Ethica e dei
commentari, si veda S. Harrison THOMPSON, The “Notulae” of Grosseteste on the
Nicomachean Ethics, «Proceedings of the British Academy», 19 (1938), pp. 195-218;
MERCKEN, The Greek Commentaries cit., vol. VI,1, pp. 45*-54*.
211 La questione è ricostruita in MERCKEN, The Greek Commentaries cit., vol. VI,3, pp. 40*-
45*.
212 D.A. LINES, Aristotle’s Ethics in the Italian Renaissance (ca. 1300-1650): The Universities and
lx
fortuna latina di questo commentatore. In particolare, il nome di Eustrazio
di Nicea – assieme a quello dell’altro grande commentatore dell’Ethica
Nicomachea, Michele di Efeso (XI-XII sec.), autore dei commenti ai libri V,
IX e X – è stato recentemente fatto oggetto di un rinnovato interesse
storiografico legato alla discussione del tema della felicitas speculativa, e cioè
della natura e della dimensione della felicità umana nella sua più alta
forma213. La bibliografia al riguardo è già copiosa214, e anche se non è
possibile ricostruire qui nella sua interezza questa problematica, sarà
sufficiente ricordare come il crescente interesse per la ricezione latina dei
commenti di Eustrazio e Michele di Efeso si sia tradotto nella
formulazione dell’ipotesi di una derivazione o di un’ispirazione greca, e non
più esclusivamente greco-araba, di alcuni testi riconducibili ad autori
cosiddetti “averroisti”, e più in generale dell’idea che la felicità consista nel
suo massimo grado nella congiunzione con le intelligenze separate e, da
ultimo, con Dio215.
Si tratta di una problematica derivante dalle interpretazioni greco-
arabe di alcune indicazioni rinvenibili nel X libro dell’Ethica Nicomachea,
dove Aristotele individua nella contemplazione o teoresi l’attività che più
corrisponde all’essenza umana, e che per questo risulta essere la più nobile
e la più “divina”216. L’interpretazione di questo noto passo aristotelico,
prima da parte dei neoplatonici greci, e poi dei loro lettori arabi, restituisce
alla scolastica latina l’idea di una risalita anagogica dalla realtà sensibile sino
alle sostanze separate, ripercorrendo quella che è la struttura gerarchica del
cosmo tipica del neoplatonismo fino all’unico principio causa del tutto217.
I maestri latini del XIII secolo si mostreranno interessati e
appassionati lettori di questi testi, assimilando il neoplatonismo greco-arabo
all’interno di una visione dell’universo tutta cristiana. In questa prospettiva,
i termini del problema posti da Aristotele vengono confrontati con le
213 Si veda ad esempio A.J. CELANO, Boethius of Dacia: “On the Highest Good”, «Traditio», 43
(1987), pp. 199-214, p. 206. L. BIANCHI, Felicità intellettuale, «ascetismo» e «arabismo», in M.
BETTETINI/F.D. PAPARELLA, Le felicità nel medioevo, Atti del Convegno delle Società
italiana per lo Studio del Pensiero Medievale (S.I.S.P.M.), Milano 12-13 settembre 2003,
Louvain-la-Neuve 2005, pp. 1-34.
214 Per una ricostruzione storiografica di questo dibattito cfr. G. FIORAVANTI, La felicità
philosophie, Paris 1990, pp. 246-251; ID., Albert le Grande le Platonisme. De la doctrine des Idées à
la theorie des trois états de l’universel, in E.O. BOS/P.A. MEIJER, On Proclus & His Influence in
Medieval Philosophy, Leiden-New York-Köln 1992, pp. 89-119, 105-106; C. STEEL, Medieval
Philosophy: An Impossible Project? Thomas Aquinas and the “Averroistic” Ideal of Happiness, in J.
AERTSEN/A. SPEER, Was ist Philosophie im Mittelalter? Akten des X Internationalen
Kongresses für mittelalterlichen Philosophie der Societé Internationale pour l’Étude de la
Philosophie Médiévale, 25 bis 30 August 1997 in Erfurt, voll. 2, Berlin-New York 1998
(«Miscellanea Mediaevalia», 26), p. 152-174, in part. 159;
216 Il riferimento è ad ARISTOTELES, Ethica Nicomachea, X,7,1177a13-1178a8.
217 Su questo punto si veda DAVIDSON, Alfarabi, Avicenna, & Averroes cit. (in toto).
lxi
esigenze tipiche della teologia cristiana. La stessa lettura della discussione
aristotelica sulla natura della felicità nel suo massimo grado viene
profondamente influenzata da questo processo interpretativo, in cui il
cristianesimo di fatto eredita e trasforma il patrimonio della filosofia greco-
araba. L’autore che più di tutti, anche in ordine cronologico, sembra
rendersi protagonista di tale processo è il già citato Alberto Magno. La
nozione chiave che Alberto eredita dalla speculazione peripatetica greco-
araba è quella di intellectus adeptus, quello stadio intellettivo raggiunto dopo
un lungo esercizio intellettivo (e pur sempre a partire dall’esperienza
sensibile) che permette all’individuo umano di elevarsi al rango delle delle
realtà più nobili, le sostanze separate e Dio218.
In due passi da due distinte opere, Alberto elenca una serie di
auctoritates a sostegno della nozione di “intellectus adeptus”. Oltre ai nomi
“classici” di pensatori arabi quali Avicenna e Averroè, compaiono anche i
nomi di Michele di Efeso e Eustrazio di Nicea. Alberto sostiene
esplicitamente che questi ultimi avrebbero coniato una nozione analoga a
quella di intellectus adeptus (associata in maniera esclusiva ai pensatori arabi)
che egli definisce “intellectus possessus”. Queste nozioni sono dette essere
equivalenti – adeptus, spiega Alberto, sarebbe il corrispondente “arabo” del
“greco” possessus – nella misura in cui significano il medesimo principio:
l’intellectus adeptus/possessus altro non è, in questo senso, se non una
disposizione proveniente dall’esterno (dallo stesso cosmo delle realtà
separate, da cui anche l’intelletto umano – neoplatonicamente – proviene)
in quegli individui che hanno già concluso un percorso di perfezionamento
intellettuale. Alberto può così esplicitamente sostenere che i commentatori
bizantini all’Ethica Nicomachea e gli interpreti arabi di Aristotele concordano
tra di loro nell’interpretazione della dottrina aristotelica dell’intelletto219.
Entwicklung und Stellung der Intellekttheorie im System des Albertus Magnus, «Archives d’Historie
doctrinale et littéraire du Moyen Age», 70 (2003), pp. 165-218; L. STURLESE, Vernunft und
Glück. Die Lehre vom „intellectus adeptus“ und die mentale Glückseligkeit bei Albert dem Großen,
Münster 2005 («Lectio Albertina», 7). Per una disamina sulle fonti greco-arabe della
dottrina albertina dell’intelletto, si veda D.N. HASSE, Das Lehrstück von den vier Intellekten in
der Scholastik: von den arabischen Quellen bis zu Albertus Magnus, «Recherches de Théologie et
Philosophie médiévales», 66 (1999), pp. 21-77.
219 I due passi sono ALBERTUS MAGNUS, De anima, III,3,11 («Et est digressio declarans
lxii
A nostro parere le motivazioni che spingono Alberto a ipotizzare
questa forma di concordismo tra commentatori arabi e commentatori
bizantini risiedono proprio nel retroterra procliano che caratterizza il
commento di Eustrazio ai libri I e VI dell’Ethica Nicomachea. Si può infatti
ben comprendere come alcuni degli argomenti elaborati da Eustrazio
possano aver attratto l’attenzione di Alberto e di altri lettori latini proprio
se si pensa alla convergenza tra la terminologia impiegata dal nostro
commentatore e quella rinvenibile in fonti provenienti dalla tradizione
araba e ugualmente tradotte in latino, come il Liber de Causis, anch’esso di
chiara ascendenza procliana220.
Ciò può apparire più evidente se si prendono in esame la versione
latina di due dei passi precedentemente analizzati relativi alla dottrina
dell’intelletto di Eustrazio e le relative fonti221. Dietro al riferimento operato
da Alberto all’intellectus possessus dei commentatori bizantini si cela infatti
proprio la nozione di “νοῦ ἐπίκτητο”, che nei due passi che andiamo a
citare di seguito viene resa da Grossatesta proprio con il termine possessus.
EUSTRATIUS LATINUS, Eton College 122, f 110 ra = 303,19-27 (ed. Heylbut): «Anima
enim ut quidem involute operatur, syllogizans et transiens in conclusiones ex
propositionibus, ut autem participans intellectu simpliciter apponit, habens quidem
et principia et definitiones ut intellectus, facta autem ultra haec, cum intellectualis
fiat, intellectualibus intellectualiter congruens, si et non repente et simul ut qui
secundum existentiam <...> ut ab extra superveniens et ingrediens et facta
possessa.»222.
et Michaeli Ephesio, qui fere in hoc sensu exponunt Aristotelem ibidem.» ; ALBERTUS
MAGNUS, De XV problematibus, edd. A. HUFNAGEL/B. GEYER/J. WEISHEPL/P.
SIMON, Opera Omnia XVII,1, Münster 1975, 32,62-71: «Hoc igitur omnium
Peripateticorum antiqua est positio, secundum quod eam Alfarabius determinavit. Ex qua
sequitur intellectum possibilem intellegibilium omnium esse speciem et non omnino
potentiam esse materialem ad ipsa. Post hoc Graeci sapientes, Porphyrius scilicet et
Eustratius, Aspasius et Michael Ephesius et quam plures alii venerunt praeter Alexandrum,
qui Epicuro consentit, qui omnes intellectum hominis intellectum possessum et non de
natura intelligentiae existentem esse dixerunt. Et quem Graeci sapientes possessum,
eundem Arabum philosophi Avicenna, Averroes, Abubacher et quidam alii adeptum esse
dicebant, quia id quod possessum est, aliud est et alterius naturae a possidente.».
220 Influenza della tradizione neoplatonica greco araba, in particolare dello spurio Liber de
Cuasis, si veda H. ANZULEWICZ, Die Emanationslehre des Albertus Magnus: Genese, Gestalt und
Bedeutung, in Via Alberti. Texte - Quellen - Interpretationen, hrsg von L. HONNEFELDER/H.
MÖHLE/S. BULLIDO DEL BARRIO, Münster 2009, pp. 219-242.
221 Cfr. supra pp. 49-52.
222 In tutti i manoscritti latini del commento di Eustrazio questo passo (303,19-27) è
segnato da una lacuna alle ll. 25-26 (διὸ καὶ ἡ τοιαύτη κατάστασι οὐ φύσι ἀλλὰ ἕξι τῆ
ψυχῆ ὀνοµάζεται) Il termine ἐπίκτητο si riferisce in questo caso alla condizione
(κατάστασι) per cui l’anima diviene intelligente, cosa che per Eustrazio equivale di fatto
all’espressione νοῦ ἐπίκτητο. Il femminile latino possessa si può spiegare o in quanto
riferito appunto a κατάστασι (conditio?) - sempre che la lacuna non si trovasse nello
lxiii
EUSTRATIUS LATINUS, Eton College 122, f 112 va = 314,4-18 (ed. Heylbut): «Etsi
enim intellectualem dicit animam et intellectum existere ait in ipsa, sed non
substantialiter existere in ipsa intellectum ponit, sed possessum et ut habitum
supervenientem, quemadmodum et prius dictum est, propter hoc et veridicis
habitibus ipsum conumeravit, videns ipsum et possessum ab extra et depositum.
Pura enim facta et libera a passionibus anima resplendet ea quae ad intellectum
vicinitate, recipit autem illinc intellectualiter operari, et sic entium assumit
comprehensionem simplicibus appositionibus contingens ipsa, non repente ut
proprie intellectus neque omnia simul, sed secundum unumquodque ipsorum
intellectum circumambulans et ex alteris quae ab ipso intellectu intelliguntur in
alterum transiens».
stesso manoscritto greco usato dal Grossatesta, come sembrerebbe probabile - o più
probabilmente riferito al termine anima.
223 L’espressione non compare in quanto tale nei commenti di Michele di Efeso ai libri V,
IX e X dell’Ethica Nicomachea.
224 Si veda il contributo di Hasse citato alla n. 216.
lxiv
propriamente etici, come quello delle virtù e quello del rapporto con le arti
e le scienze presenti proprio nel VI libro dell’Ethica Nicomachea.
lxv
SEZIONE II
lxvi
1. I manoscritti greci del corpus dei commenti greco-bizantini
all’Ethica Nicomachea: lo status quaestionis.
225 Cfr. G. MERCATI, Fra i commentatori greci di Aristotele, in Opere Minori, t.III, Roma 1937,
pp. 458-467 («Studi e testi», 78).
226 Cfr. DIONISOTTI, On the Greek Studies cit., p. 38.
227 Cfr. D. HARLFINGER, Die Textgeschichte der pseudo-aristotelischen Schrift Περὶ τῶν ἀτόµων
Corpus Aristtelicum du 14e siècle, «Revue des études byzantines», 56 (1998), pp. 193-212. Su
Neofito si veda GAMILLSCHEG/HARLFINGER/ELEUTERI Repertorium cit., t. 2, Handschriften
aus Bibliotheken Frankreichs, Vienne 1989, p. 153, n. 411.
lxvii
un certo monaco Malachia229, copista operante nel XIV secolo
riconducibile ad ambienti vicini all’imperatore Giovanni Cantacuzeno
(†1390). Questo manoscritto contiene il testo oltre che dell’Ethica
Nicomachea, anche dei magna Moralia, della Politica e della Metaphysica con
relativo commento. Heylbut ci dice (p. v) che il testo dell’altro testimone
usato per l’edizione CAG, ossia il testo dell’edizione Aldina (Venetiis 1536),
sarebbe lo stesso del Coislinianus, con tuttavia diverse varianti che
introducono di fatto ritocchi peggiorativi rispetto al testo contenuto nel
manoscritto. Heylbut non sembra soffermarsi ulteriormente sulla cosa;
eppure da un confronto tra le varianti presenti nel testo dell’Aldina e la
versione latina redatta dal Grossatesta da noi edita emergono numerose
convergenze tra le varianti, tutt’altro che casuali, quasi a segnalare che la
sbrigativa affermazione di Heylbut secondo cui l’Aldina conterrebbe lo
stesso testo del Coislinianus andrebbe profondamente rivista e
ricontestualizzata alla luce di qualche altro testimone da cui l’Aldina
dipenderebbe interamente o in parte.
Come detto in precdenza, un simile studio non spetta all’editore del
testo latino. Diremo tuttavia qualcosa sulle corrispondenze e gli eventuali
legami tra la tradizione greca dei commenti di Eustratius cum aliis e quella
latina a breve, mentre il lettore potrà rendersi conto della corrispondenza
tra numerosi varianti contenute nel testo greco dell’Aldina e il testo greco
che Grossatesta doveva avere di fronte come modello per la propria
traduzione consultando l’apparato greco nel testo edito nel presente lavoro.
Qui conviene solo ricordare come tali varianti siano piuttosto significative,
al punto da includere omissioni e lacune che porterebbero ad escludere che
sia il Coislinianus 161, o un manoscritto appartenente alla medesima classe di
manoscritti del Coislinianus, l’esemplare rappresentativo della tradizione
greca su cui Grossatesta verosimilmente si trovò a lavorare per la propria
tradzuine latina.
Tra i manoscritti segnalati da Heylbut nell’introduzione all’edizione
CAG, figurano tre manoscritti che tuttavia meritano una certa attenzione230.
Il Laurentianus 85,1 è un manoscritto studiato e datato da Cacouros attorno
al 1265-1270231, contenente numerosi commenti ad opere aristoteliche e
frutto dell’iniziativa di un letterato erudito buon conoscitore di Aristotele,
229 Cfr. B MONDRAIN, La constituion du corpus d’Aristote et de ses commentateurs aux XIIIe-XIVe
siècles, «Codices Manuscripti», 29 (2000), pp. 11-43, in part. pp. 19-21; ID., L’ancien empereur
Jean VI Cantacuzène et ses copistes, in A. RIGO, Gregorio Palamas e oltre. Studi e documenti sulle
controversie teologiche del XIV secolo bizantino, Firenze 2004 («Orientalia Venetiana», 16), pp.
249-296.
230 Segnaliamo alcuni manoscritti non recensiti da Heylbut catalogati da A. WARTELLE,
Inventaire des manuscrits grecs d’Aristote et de ses commentateurs, Paris 1963 come contenenti
231
Cfr. M. CACOUROS, Le Laur. 85, 1 témoin de l’activité conjointe d’un groupe de copistes
travaillant dans la seconde moitié du XIIIe siècle, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del
V Colloquio Internazionale di Paleografia Greca (Cremona, 4-10 ottobre 1998), a cura di
G. PRATO, Florence 2000, pp. 295-310 (et 3 pl) («Papyrologica Florentina», XXXI).
lxviii
forse occupante una cattedra in una delle istituzioni preposte alla
formazione intellettuale della Constantinopoli appena liberata
dall’occupazione latina. Come ricordato da Cacouros, si tratta di un
manoscritto di grande importanza, in quanto probabilmente questo
testimone è il più antico a noi giunto relativo al corpus dei commenti
greco-bizantini all’Ethica Nicomachea232.
Gli altri due manoscritti presentano motivi di forte interesse in
quanto testimoni di possibili punti di contatto tra la tradizione greca e
quella latina di questi commenti. Si tratta di due manoscritti copiati dalla
stessa mano (Oxoniensis Corporis Collegii Christi 106; Oxoniensis Collegi Novi
240/241), il noto copista greco di stanza in Inghilterra Giovanni
Servopoulos233. Prima di chiarire il motivo a base dell’importanza di questi
due manoscritti occorre operare alcune considerazioni preliminari sulla
composizione del corpus dei commenti greco-bizantini all’Ethica Nicomachea.
Non esiste una certezza assoluta sulla sua reale composizione. Per motivi
cronologici, i libri costitutivi della versione latina redatta da Grossatesta
poco prima della metà del XIII secolo possono costituire il modello base
per operare una classificazione dei manoscritti in base ai rispettivi contenuti
ed alle rispettive omissioni. Il contenuto risulta piuttosto etrogeneo;
abbiamo due commenti ai libri I e VI redatti da Eustrazio di Nicea,
anonimi scholia ai libri II-III-IV-V probabilmente risalenti al III secolo
d.c.234, i commenti ai libri V, IX e X redatti da Michele di Efeso (XII sec.),
un commento al libro VII anonimo, forse addirittura del tardo XII secolo,
infine un commento al libro VIII riconducibile al peripatetico del II secolo
d. c. Aspasio235.
232 Cfr. CACOUROS, “Eustrate de Nicée” cit., pp. 386-387.
233 Su Servopoulos si veda P. CANART, Scribes grecs de la Renaissance, Additions et corrections aux
répertoires de Vogel-Gardthausen et de Patrinélis, «Scriptorium», 16 (1963), n. 1, pp. 56-82, in
part p. 68; R. WEISS, Humanism in England during the Fifteenth Century, Oxford 1967, pp. 147-
148 ; HARLFINGER, Die Textgeschichte cit., p. 416; R.W. HUNT, The Survival of the Ancient
Literature, Oxford 1975, t. 52; I. HUTTER, Oxford Bodleian Library, III., Stuttgart 1982, p.
155; J. HARRIS, Greek Emigres in the West, 1400-1520, Camberley 1995, p. 148 ; ID.,
Greek Scribes in England: The Evidence of Episcopal Registers, in Through the Looking Glass:
Byzantium through British Eyes, ed. R. CORMACK and E. JEFFREYS, Ashgate 2000, pp. 121-6.
234 Su Aspasio si veda MERCKEN, The Greek Commentaries cit., VI,1, pp. *14-*22; VI,3, pp.
*8-*13. Gli scholia presentano sicuramente l’influenza di Adrasto di Afrodisia (I metà del II
secolo d.c.), cui Ateneo (Deipnosophistae, XV,15,12) attribuisce un commento all’Ethica
Nicomachea, ma non sono a lui attribuibili direttamente. Per una discussione di questi scholia
si veda P. MORAUX, Der Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von
Aphrodisias, vol. II: Der Aristotelismus im I. und II. Jh, n. Chr., Berlin-New York 1984.
235 Cfr. MORAUX, Der Aristotelismus cit., vol. II, pp. 226-293; cfr. MERCKEN, The Greek
Commetaries cit., VI,3, pp. *27-*33. Testo pubblicato in G. HEYLBUT (ed.), CAG 19,1,
Berlin 1889, 158-186. Recensione in G. MERCATI, Fra i commentatori greci di Aristotele, in
Opere Minori, t.III («Studi e testi», 78), Roma 1937, 458-467. Prima dell’edizione di Mercken
(1991), la versiona latina del Grossatesta relativa ai libri VIII e IX era stata edita in W.
STINISSEN, Aristoteles over de Vriendschap. Boeken VIII en IX van de Nicomachische Ethiek met de
commentatren van Aspasius en Michaël in de Latijnse verartaling van Grosseteste, Brussel 1963. Su
lxix
Gli unici due manoscritti greci che presentano esattamente la stessa
composizione rinvenibile nella versiona latina redatta da Grossatesta sono
proprio i due copiati da Servopoulos. I restanti manoscritti si dividono in
due classi: quelli che differiscono dal modello che Grossatesta doveva avere
di fronte per la sola omissione del commento anonimo al V libro, tra cui
proprio il Coisl. 161 collazionato da Heylbut; e quelli che presentano il
commento di Aspasio ai libri I-IV dopo il commento di Eustrazio al libro I,
in sostituzione degli scholia anonimi ai libri II-V, e il commento sempre di
Aspasio al libro VII subito dopo il commento dell’anonimo allo stesso
libro236.
Sulla base dell’identità tra la composizione del corpus dei commenti
all’Ethica Nicomachea presenti nei due manoscritti copiati da Servopoulos e e
la composizione dello stesso corpus presente in tutti (ed è bene precisarlo) i
manoscritti latini contenenti la versione redatta dal Grossatesta, una
studiosa del calibro della Dionisotti ha sostenuto la necessità di considerare
questi due manoscritti tanto come base per una futura edizione del testo
greco, quanto come base per implementare l’apparato greco nell’edizione
del testo latino237. Tuttavia, se è vero che la struttura della composizione
corrisponde, il testo resta differente, al punto da suggerire, pur con le
dovute cautele, che questi manoscritti non possano essere considerati
testimoni derivati direttamente dal modello di cui Grossatesta dovette
servirsi per la propria traduzione latina. Essi infatti contengono
quell’interpolazione precedentemente segnalata nella prefazione al
commento al I libro di Eustrazio (p. 1,13-23, ed. Heylbut) di cui si è parlato
in precedenza238. Inoltre, se in un certo senso l’assenza di quella prefazione
dedicatoria potrebbe essere spiegata (anche se in modo non convincente)
sulla base del fatto che Grossatesta potrebbe averla ritenuta superflua inn
quanto non di diretta pertinenza rispetto al testo aristotelico, una verifica di
questi manoscritti in formato microfilm da noi effettuata ha comunque
evidenziato altre lacune o varianti di una certa importanza rispetto al testo
tradotto da Grossatesta. Tra le più rilevanti, segnaliamo come in uno dei
passi del commento al VI libro di Eustrazio precedenetemente seganalati a
proposito del neoplatonismo di Eustrazio via siano due linee (303,25-26,
ed. Heylbut: ἀλλὰ καθ' ἓν περιεχοµένη τὰ πάντα καὶ νοοῦσα καθ' ἕκαστον,
διὸ καὶ ἡ τοιαύτη κατάστασι οὐ φύσι ἀλλὰ ἕξι τῆ ψυχῆ ὀνοµάζεται) che
lxx
invece mancano nella versione redatta da Grossatesta, a formare
evidentemente una lacuna239. Quelle linee sono invece presenti nei due
manoscritti copiati da Servopoulos, a testimonianza del fatto che l’identità
nella composizione del corpus dei commenti all’ Ethica Nicomachea non può
rappresentare da solo un elemento utile a rintracciare la classe di
manoscritti in cui sarebbe compreso il modello greco utilizzato dal
Grossatesta. Il confronto del testo, che comunque abbiamo effettuato sul
solo commento al libro VI, resta di fondamentale importanza.
Questi risultati, come detto, sono provvisori e comunque richiedono
uno studio non conciliabile con i propositi del presente lavoro. Nell’attesa
di una nuova edizione critica del testo greco, la versione redatta dal
Grossatesta può tuttavia contribuire, limitatamente a certe varianti e in
maniera comunque provvisoria, a correggere e emendare il testo greco
dell’edizione Heylbut, specie dove il testo è poco comprensibile, vuoi per
l’imperizia di Heylbut, vuoi per lacune presenti nel manoscritto. Nel
rinviare il lettore agli apparati critici per un confronto tra testo greco edito e
testo latino, ci apprestiamo ora a dare conto della storia delle tradizione
manoscritta della versione latina eseguita da Roberto Grossatesta.
lxxi
stati catalogati e descritti nel catalogo dei manoscritti latini di Aristotele e
dei commentatori nell’ambito dello stesso progetto241:
241 Si veda ARISTOTELES LATINUS, Codices, ed. G. LACOMBE, Pars Prior, Roma 1939; Pars
Posterior, Cambridge 1955.
242
Cfr. supra n. 1.
lxxii
L’appello del Franceschini venne raccolto da uno studioso operante
presso il De Wulf-Mansion-Centrum di Lovanio, lo Stinissen, il quale
pubblicò pochi anni dopo (nel 1963) un’edizione parziale dei commenti
greco-bizantini all’opera aristotelica in questione. Parziale perché ristretta ai
commenti ai libri VIII e IX, ad opera di Aspasio e Michele di Efeso, nella
forma, almeno nelle intenzioni dell’autore (come si evinc edal titolo della
pubblicazione di Stinissen), di fornire un contributo in qualche modo
esplicativo della dottrina aristotelica dell’amicizia, cui quei libri sono in
parte dedicati243.
In effetti il lavoro di Stinissen sembra accogliere in pieno l’appello di
Franceschini. La cosa è evidente se si consulta la (scarna) introduzione al
testo critico, redatta da Stinissen in fiammingo e latino, dove vengono
elencati i 22 manoscritti prima menzionati, senza che tuttavia vengano
chiariti in alcun modo i criteri secondo cui l’editore ha selezionato i
manoscritti da collazionare. Vengono collazionati 5 manoscritti (BCQTP),
senza che i criteri della selezione vengano chiariti; nella brevissima
introduzione, l’autore si riferisce genericamente a dei suoi studi senza
giustificarne in alcun modo i risultati, aggiungendo per giunta osservazioni
sulla difficoltà a giungere ad uno stemma codicum accurato (di cui infatti
questa edizione è privo)244.
Una svolta nella direzione di un’edizione accurata e fondata su criteri
critici moderni si registra nel 1973, quando Mercken pubblicò un’edizione
critica dei commenti ai libri I, II, III, IV all’interno della serie «Corpus
Latinum Commentariorum in Aristotelem Graecorum»245. La lunga introduzione
all’edizione costituisce un indispensabile strumento per la ricerca, oltre che
uno studio di valore sulla storia della tradzione manoscritta. I risultati
conseguiti da Mercken vengono confermati ed arricchiti da Gauthier, nel
1974, un anno dopo la prima edizione di Mercken, nell’ambito dell’edizione
della versione latina dell’Ethica Nicomachea per l’Aristoteles Latinus246. Questo
studio resta fondamentale per perizia e accuratezza. La tradizione latina del
testo viene ricostruita nella sua interezza. Viene prodotto un nuovo stemma
codicum che, pur non stravolgendo l’ipotesi di Mercken, aggiunge nuovi
preziosi elementi relativi alle relazioni sussistenti tra i manoscritti. Di
questo studio e dei risultati da esso conseguiti, Mercken si servirà in una
seconda edizione, questa volta relativa ai commenti ai libri VII, VIII, IX e
X, pubblicata per la stessa serie (Corpus Latinum Commentariorum in
Aristotelem Graecorum) nel 1991247.
243 Cfr. W. STINISSEN o.c.d., Aristoteles over de Vriendschap. Boeken VIII en IX van de
Nicomachische Ethiek met de commentaren van Aspasius en Michaël in de Latijnse vertaling van
Grosseteste, Brussel 1963.
244 Ibid., p. 12.
245 Per questa edizione cfr. supra n. 142 (Da ora solo MERCKEN, VI,1).
246 Per questa edizione cfr. supra n. 240 (Da ora solo MERCKEN, VI,3).
247 Cfr. supra n. 132.
lxxiii
Conviene ricostruire i risultati cui questi studiosi sono giunti sulla
base di una collazione di diverse e estese porzioni di testo. Nel 1973,
Mercken concluse che i diversi manoscritti non apparterrebbero di diverse
tradizioni, bensì ad una medesima tradizione unitaria caratterizzata da
diversi gradi di corruzione del testo. In questo senso, quattro sarebbero le
diverse famiglie in cui i manoscritti elencati in precedenza sarebbero
classificabili come BOV, DRW, FM, KT248. A queste quattro famiglie
Mercken affiancò quelle che egli considerò come testimoni indipendenti tra
loro, cioè i restanti manoscritti A, C, E, G, H, L, N, P, Q, S, U. Il Parisinus,
Bibl. Mazarinea, 3473 non è stato consierato da Mercken in quanto
contenente un frammento del testo di dimensioni eccessivamente ridotte
per permettere una sua collocazione precisa all’interno della tradizione
manoscritta249.
Lo studio di Gauthier del 1974, nell’ambito dell’edizione
dell’Aristoteles Latinus dell’Ethica Nicomachea, ha fornito maggiore
accuratezza all’individuazione delle famiglie operata da Mercken, tramite
l’eleborazione di uno stemma in cui appaiono molto più chiaramente i
rapporti di derivazione tra i manoscritti. Inoltre, lo studio di Gauthier evita
un inconveniente che, a nostro parere, segnava l’analisi delle varianti
operata dal Mercken; questi infatti ritenne in parte di poter determinare la
correttezza o meno di una variante sulla base della corrispondenza o meno
rispetto al testo greco dell’edizione Heylbut. Il problema è che, come si è
già ricordato, quel testo è fortemente deficitario e inattendibile, senza
dimenticare che probabilmente appartiene ad un ramo dela tradzione greca
del testo non correlato all’archetipo greco cui cui Grossatesta operò la sua
traduzione latina. Proprio per questo Gauthier evitò il confronto con il
testo greco, per concentrarsi più sulle relazioni tra i testimoni latini250. Le
conclusioni è giunto lo studio di Gauthier non invalidano quello di
Mercken, ma piuttosto lo corroborano su basi appunto più solide, come
evidente dalla circostanza per la quale tali conbclusioni sono esito di una
collazione ben più ampia di quella condotta dal Mercken e che era ristretta
a porzioni dai soli libri I-IV.
Dal fatto che i ventitre manoscritti in questione siano stati studiati da
Mercken e da Gauthier su diverse porzioni di testo relative a diversi libri
del corpus, e che i risultati cui i due studiosi sono giunti sono similari, si può
inferire che in generale il procedimento di collazione del testo sia per lo più
completo e approfondito. Vediamo nel dettaglio quali sono i risultati
conseguiti da questi due studiosi.
rispetto allo studio dei testimoni latini alcune corrispondenze con alcuni testimoni greci.
lxxiv
Mercken ha operato un sondaggio preliminare su tre sezioni del
commento anonimo al II libro dell’Ethica Nicomachea Esse corrispondono a
194,01-197,77; 207,73-209,15; 219,91-221,54 del testo edito da Heylbut
L’esito di questo sondaggio è stato il rinvenimento di quattro gruppi di
manoscritti accomunati da varianti comuni e di una serie di varianti
comuni. Un primo raggruppamento è costituito da quello che potremmo
chiamare gruppo BOV. Il sondaggio operato da Mercken sul II libro non
sembrerebbe evidenziare immediatamente l’esistenza di questo gruppo o
famiglia. Tuttavia tre varianti in particolare sembrano suggerirne l’esistenza
autonoma:
219,96 quidem multis] inv. BO.
220,45 sic] si BV.
233,92 observandum delectabile et delectationem] delectabile et
delectationem observandum O observandum] i.m. post delectationem V.
Queste tre “unità critiche” sembrano unire B con O, B con V e O con V251.
A corroborare questa intuizione subentra il fatto che in tutti e tre i
manoscritti in questione l’incipit presenta la medesima variante; mentre i
restanti manoscritti recano Philosophia in duas partes divisa, i manoscritti
raggruppati come BOV recano Philosophia in duas divisa partes. Un precedente
studio operato da Stinissen nel 1958 sul libro I sembra confermare
definitivamente i risultati cui Mercken è giunto a partire dallo studio di
dodici varianti rilevanti252:
82,8 quae ut] quae vel BOV
82,19 est eorum] eorum BOV
83,50 tributa est] tributa BOV
84,69 salvat] salvam BOV
84,86 mensura fit] fit BOV
87,83 antedantis] attendantis BOV
88,12 dat quod] dat quod non BOV
88,33 rebeneficationem] benefitationem BOV
88,39 quod] quae BOV
88,46 concedere] contradicere BOV
89,50 concedere] contradicere BOV
90,93 datione] donatione BOV
251
Per il termine “unità critica”, ossia la totalità di varianti relative ad una parola o ad un
gruppo di parole che costituiscono un’unità da un punto di vista critico, si rimanda a J.
BIDEZ – A. B. DRACHMANN, Emploi de signes critique. Disposition de l’apparat, Brusselles-Paris
1938, p. 28, n. 24.
252
Cfr. P. G. STINISSEN, Aspasius en Michael. Commentaar op de Nichomachische Ethiek (Boek
VIII en IX). Textuitgave met inleidende studie over de Expositio van Sint Thomas en zijn
verhouding tot de Griekse commentaren, Haasrode-Louvain, 1958; si tratta di una tesi di
dottorato pubblicata nel 1963 (cfr. supra n. 243).
lxxv
Gli studi di Stinissen e di Mercken sono stati corroborati dal sondaggio
operato da Gauthier sul testo della sola Ethica presente negli stessi
manoscritti collazionati e recensiti da Mercken. Riportiamo le varianti di
maggior rilievo:
142,18 autem] om. BOV
144,23 auditurum] auditarum BOV
145,1 in] et BV
145,4 autem dicamus] inv. BOV
145,5 vite] om. BOV
145,12-13 Adipiscuntur - Sardanapalo] vel sic: Sorciuntur – Sardanapalo
praem. BOV: Adipiscuntur autem racionem propter multos eorum qui in
potestate sunt similia paciuntur Sardanapalo.
145,14 Qui autem] Quia BV; Quia autem O.
146,8 quamvis] quam BOV
147,2 dieta] deita BV
147,8 in] et BOV
148,3 enim] autem BOV
149,27 et] om. BOV
150,9 felicitatem] facilitatem BV
150,19 est] et BOV
150,21 tectoris] + et OV
150,31 hoc] om. BOV
151,5 et] om. BOV
151,15 paucum] pactum BV
152,19 et] om. BV
153,2 enim] BOV secundum ipsam] BV Differt] Differet BOV
153,6 autem] +et BOV
153,8 non optimi et] et non optimi BOV
253
Cfr. GAUTHIER, CLXXXI-CLXXXII. L’autore ha anche segnalato la dipendenza del codice
Laudunensis 432 da BOV.
lxxvi
Stinissen si era limitato a rinvenire, su una base di un sondaggio
piuttosto limitato, l’affinità tra D e R:
141,10 in hiis+artificibus
155,6 optimum+ut felicitatem
165,9 stans+stabile
165,26 agrestes+rurali
170,3 proporcionem+non (ut Vind.) geometricam
174,15 in omnibus+curiose factis
174,25 bomolochos+bomos altare. lchos raptor. Ad similitudinem alius circa
(contra R) sacrificia rapit omnia verba.
175,1 agroicos+id est agresti
175,10 Nemesis+reprehensioris
181,18 operari+iram scilicet vel ebrietatem
183,1 cogitacionem+seu raciocinacionem
254
Cfr. MERCKEN, VI,1, *70-*71.
255
Cfr. GAUTHIER, CLXXVI-CLXXVIII.
lxxvii
241,12 pelicon+inperfectus
246,21 Iniustum pati+non habet principium activum in faciente
247,12 precipiente+domino
247,12-13 non iniustum (inv. Vind.) facit+quia principium accionis eciam in
ipso domino
248,4 conversus+fugiens
248,10 Hiis+scilicet virtutibus secundum Commentatorem
248,13 usque ad hoc+sunt (insunt D), scilicet alia utilia
252,8 aliis+est sciencialibus artificibus
255,3 Ilion+Troiam
255,6 Agathon+dixit
255,7 ingenita] non facta ingenita scilicet
lxxviii
148,3 persequimur] persecuntur
148,18-19 non utique] inv.
150,4 natura] naturale
151,24 subiectam] om.
lxxix
ricostruirne la tradizione, ricordiamo come anche i manoscritti FM formino
una famiglia o gruppo a se stante. Dal momento che questi manoscritti
sonoperò di minore interesse al fine della selezione dei manoscritti utili per
la collazione definitiva, ci appare inutile riproporre pe rintero la
dimostrazione dell’appartenza di Fe M ad una medesima classe di
manoscritti, per la quale rimandiamo volentieri il leottore allo studio ancora
dal Gauthier260.
Converrà invece ricordare, prima di presentare la proposta di stemma
codicum su cui si basa il presente studio, tra l’altro fondata sugli studi di
Gauthier e Mercken, che occorre distinguere tra il testo dell’Ethica e quello
dei commentari. Grossatesta non tradusse separatamente testo dell’Ethica e
quello dei commenti. Al contrario, Grossatesta quasi certamente operà le
due traduzioni simultaneamente, da un manoscritto greco contenente testo
greco dell’Ethica e commenti greco-bizantini. Sebbene dunque le tradizioni
dei due testi non siano separate, tuttavia, da buon traduttore medievale, nel
tradurre il testo dell’Ethica Grossatesta si servì di traduzioni precedenti, per
le quali rimandiamo ancora a Gauthier261. Questo vuol dire che per quanto
tanto il testo dell’Ethica quanto quello dei commentari appartenga ad una
medesima recensione, denominata da Gauthier “pura”, evidentemente i
due testi pongono problemi filologici differenti. Una seconda recensione
del testo dell’Ethica, senza commenti, compare all’incirca 30 anni dopo la
versione redatta dal Grossatesta. Essa è costituita da una revisione della
versione eseguita dal vescovo di Lincoln probabilmente ad opera del noto
traduttore medievale Guglielmo da Moerbeke262.
Presentiamo qui di seguito lo stemma su cui basiamo la nostra
edizione, che riprendiamo dalla proposta di Gauthier sui si è registrato negli
anni un ampio consenso.
lxxx
Come si può vedere, lo stemma in questione include anche manoscritti non
menzionati nell’elenco dei manoscritti censiti nel presente studio. Abbiamo
fatto menzione nello stemma di questi manoscritti per dovere di
completezza, nella misura in cui ci siamo proposti di riportare
integralmente lo stemma di Gauthier. Tuttavia, essi sono manoscritti
contenenti solo il testo dell’Ethica senza i commentari, e pertanto non sono
rilevanti per il presente lavoro di edizione.
Posto che, come detto, approntare l’edizione della versione latina del
commento di Eustrazio al libro VI dell’Ethica Nicomachea è un compito reso
agevole dagli studi fondamentali di filologi quali il Mercken e il Gauthier,
da noi ricostruiti nel dettaglio, passiamo ora a ricapitolare i risultati già
rqaggiunti da questi studiosi per poi trarre alcune conclusioni.
I ventitre manoscritti contenenti il testo latino dell’Ethica e dei relativi
commenti greco-bizantini sono stati recensiti e studiati da tre studiosi,
Stinissen, Mercken e Gauthier. Un primo studio di Mercken pubblicato nel
1973 giunse all’individuazioni di quattro famiglie o gruppi: BOV, DRW,
FM, KT e di tredici testimoni indipendenti. Tutti i manoscritti
testimoniano di una tradizione omogenea e unitaria, carraterizzata solo da
diversi gradi di corruzione. Nessuno dei manoscritti o delle diverse classi di
manoscritti sembra contenere un numero significativo di varianti
potenzialmente più vicine alle varianti originali rispetto invece alle varianti
presenti negli altri manoscritti o classi di manoscritti. Mercken produsse un
elenco dei manoscritti menzionati in base al numero di errori su una
lxxxi
determinata porzione di testo, giungendo alla conclusione che i manoscritti
CEGL si lasciano apprezzare per un numero minore di errori da un punto
di vista strettamente statistico. Proprio su CEGL Mercken condusse
l’edizione del 1973 relativa ai commenti ai libri I-IV.
Il successivo studio di Gauthier (1974) ha corroborato e precisato i
risultati ottenuti da Mercken. Intanto Gauthier ha precisato che DWR, cui
egli assegna la sigla Lp, dipenderebbero da un medesimo esemplare
parigino, come evidente dalla presenza su questi manoscritti della
medesima numerazioni in peciae in cui l’esemplare da cui BOV dipendeno
era diviso. Una simile precisazione viene operata dal Gauthier anche
relativamente alla stretta relazione sussistente tra CEGL, che Gauthier
ritiene provenienti da un medesimo archetipo, da cui si distanzierebbero
solo per diversi gradi di corruzione testuale. Mercken aveva considerato
invece CEGL come testimoni indipendenti selezionati per la collazione
definitiva sulla base del minor numero di errori emersi su base statistica.
CEGL, che anche Gauthier riconosce essere qualitativamente migliori dei
restanti manoscritti, proverrebbero dal medesimo scriptorium da cui
proviene E. Per questo Gauthier attribuisce a questa classe di manoscritti la
sigla L1. L’affinità tra CEGL era emersa nello studio di Gauthier sulla base
dell’estensione della porzione di testo collazionata da Mercken nel 1973
(relativa a porzioni tratte dai commenti ai libri I-IV).
Nel 1991 Mercken opera una scelta condivisibile ed adottata anche
per la presente edizione. Sulla scorta della precisazione operata dal
Gauthier, vengono tolti dai quattro manoscritti impiegati per la collazione
GL, e vengono inseriti KV, come migliori esemplari degli altri gruppi o
famiglie di manoscritti, nella prospettiva di ottenere un raggio
maggiormente rappresentativo delle varianti testuali e della tradizione
manoscritta, altrimenti ristretta (come nel caso dell’edizione di Mercken del
1973) ad un solo ramo della tradizione manoscritta263. Ci serviremo anche
noi dunque di CEVK, rispetto ai quali possiamo dire dalla nostra collazione
emergono gli stessi elementi segnalati dal Mercken e dal Gauthier.
Relativamente poco significative sono le varianti presenti nei quattro
testimoni selezionati per l’edizione, segno di una tradizione unitaria e
omogenea. Tra i quattro manoscritti appena menzionati, solo V si distingue
per un numero relativamente più alto di errori e fraintendimenti a volta
anche banali. Mai tuttavia la differenza nelle varianti sembra essere
realmente significativa e importante al punto da imporre un ripensamento
dei risultati su cui convergono Mercken e Gauthier, mentre E, per quanto
sia appartenente alla medesima classe di C, sembra presentare un numero
maggiore di errori indipendenti dallo stesso C. Una differenza rispetto ai
testi già editi da Mercken il lettore la potrà trovare relativamente
lxxxii
all’apparato greco, di cui ci apprestiamo a dare conto nell’esposizione dei
criteri editoriali adottati per la presente edizione.
lxxxiii
in Mercken (1991)265 si può trovare decipientes] despicientes per s pr. et ci
exp. atque ci. superscr. ante p K. L’intero processo di correzione da parte della
mano del copista viene dunque ricostruito in dettaglio. A questo abbiamo
preferito sostituire la semplice diciture ante (o post) corr. La motivazione è
semplice. Spesso infatti non è possibile ricostruire, se non in maniera del
tutto congetturale, il processo di correzione. Abbiamo personalmente
verificato molte delle ricostruzioni operate da Mercken nell’apparato latino
delle edizioni da lui curate, e spesso non abbiamo trovato conferma di
queste ricostruzioni nei manoscritti stessi, oppure tali ricostruzioni erano
poco chiare o, ancora, ad esse se ne sarebbero potute affiancare a titolo
ipotetico molte altre. Non nasconderemo, inoltre, che Mercken ha
commesso diversi errori di distrazione nel riportare nel dettaglio le
correzioni rinvenibili nei manoscritti impiegati per le sue edizioni, il che ha
contribuito ulteriormente a convincerci a desistere dal seguire questo
sistema, per attenerci ad uno molto più semplice (e comune), ancora nella
direzione di non compromettere eccessivamente la consultabilità
dell’apparato stesso.
Un discorso a parte merita l’inserimento nell’apparato latino dei
marginalia. Come già segnalato 266, Grossatesta aggiunse alla sua traduzione
del testo dell’Ethica Nicomachea e dei relativi commenti un imponente corpus
di annotazioni personali, le cosiddette “notulae”. Esse sono di diverso tipo,
da note puramente grammaticali e sintattiche, a note esplicative di un passo
o di una sezione dle testo aristotelico. Nessun manoscritto dei ventitre a
nostra disposizione contiene l’esatto corpus di notulae degli altri. La grande
quantità di di queste note marginali, e il loro carattere spesso prolisso, ci
hanno portato a scegliere di tenere fuori questo materiale dall’apparato
latino. Abbiamo comunque scelto di inserire quelle note marginali o
interlineari relative al solo lemma dell’Ethica Nicomachea oggetto di
commento da parte di Eustrazio, mentre ovviamente tutte le note a
margine dei manoscritti da noi collzionati relative a correzioni del testo da
parte del copista sono state comunque inserite in apparato.
Il terzo apparato è quello greco. Qui abbiamo operato delle scelte ben
precise rispetto alle edizioni già a disposizione di Eustratius cum aliis. Come
si è detto, una studiosa del calibro della Dionisotti aveva posto alcune
riserve sull’apparato greco dell’edizione di Mercken del 1973, sulla base del
fatto che alcuni manoscritti avrebbero rappresentato una base più solida
per il raffronto tra testo latino e testo greco. Alla base di quelle
considerazioni vi era, come già ricordato, l’identità nella composizione del
corpus dei commenti all’Ethica Nicomachea tra la versione del Grossatesta e
quella rinvenibile in due testimoni greci copiati a Oxford da Giovanni
Servopoulos. Il fatto che tali manoscritti fossero stati copiati ad Oxford
lxxxiv
aveva suggerito alla Dionisotti il legame con Grossatesta, che ad Oxford
visse e operò, e il testimone greco che dovette costituire il modello per la
versione latina. La questione, conviene ricordarlo, merita uno studio più
approfondito, ma pur con le dovute cautele abbiamo segnalato come i due
manoscritti copiati da Servopoulos presentino differenze importanti
rispetto al testo tradotto dal Grossatesta. Abbiamo pertanto scelto di non
confrontare il testo latino del vescovo di Lincoln con quello greco di questi
due manoscritti. A motivo di questa scelta adduciamo, oltre al fatto che una
simile operazione avrebbe basi troppo labili, visto che non siamo nelle
condizioni di poter stabilire con certezza i punti di contatto tra tradizione
greca e tradizione latina, anche la circostanza per la quale il testo latino non
sembra presentare differenze significative rispetto a quello greco del
Coislinianus 161 e dell’Aldina. Quasi sempre le varianti del testo latino
corrispondono al testo rinvenibile in uno dei due testimoni greci appena
menzionati. La mancanza di tale corrispondenza coincide quasi sempre con
piccole omissioni di proposizioni o congiunzioni, difficilmente con la
presenza di varianti maggiormente significative.
Tuttavia, a differenza di Mercken, che si limitò a confrontare il testo
di Grossatesta con l’apparato presente nell’edizione di Heylbut, abbiamo
scelto di collazionare direttamente il test del Coislinianus 161 (in formato
microfilm) e di consultare direttamente il testo dell’Aldina. Tali e tanti si
sono infatti rivelati gli errori di lettura da parte di Heylbut da rendere
l’apparato critico presente nell’edizione CAG assolutamente inaffidabile per
un raffronto tra testo latino e testo greco. Al contrario, la consultazione
diretta dei due testimoni greci usati da Heylbut per la propria edizione ha
permesso di migliorare notevolmente l’apparato greco rispetto ad esempio
alle due edizioni di Mercken. In questo senso, se in Mercken la dicitura om.
codd. significava semplicemente om. Heylbut, come giustamente segnalato
dalla Dionisotti, nell’apparato greco della presente edizione le due cose
sono evidentemente distinte. In questo senso om. Heylbut o scr. Heylbut
segnalano chiaramente due scelte ditoriali da parte dell’editore moderno, e
non varianti effettivamente presenti nei testimoni.
Qualche precisione è necessaria relativamente al raffronto tra il testo
greco dell’Ethica di Aristotele e quello latino da noi collazionato. Qui in
apparato abbiamo inserito anche le varianti presenti in altri manoscritti
greci contenenti il testo aristotelico. In questo senso ci siamo serviti
dell’edizione di Susemihl267, in virtù del fatto che essa contiene un più alto
numero di varianti rispetto ad ogni altra edizione. Utile si è rivelato anche
l’apparato greco presente nella già più volte citata edizione dell’ Ethica
curata da Gauthier per la serie dell’Aristoteles Latinus, strumento di cui ci
siamo serviti ampiamente.
lxxxv
Il testo edito è diviso in lemmata, in maiuscolo, e commento. Questa
divisione, è opportuno chiarirlo, è la stessa rinvenibile nei manoscritti latini.
Tutti i manoscritti da noi collazionati presentano la medesima divisione per
lemmata, tutti identici tra loro. Lo stesso discorso vale per la divisione in
capitoli del testo dell’Ethica, che di fatto abbiamo interamente e
integralmente riprodotto nel testo della presente edizione.
* * *
268 C.T. LEWIS/C. SHORT, A Latin Dictionary Founded on Andrews’ Edition of Freund’s Latin
Dictionary, Clarendon Press, Oxford 1879.
269 Cfr. DIONISOTTI, On the Greek Studies cit., p. 38.
lxxxvi
questo caso di un calco dal greco, abbiamo preferito evitare di rendere il
termine in questione con il latino oeconomia270.
Elenchiamo di seguito alcuni casi rappresentativi di forme rinvenibili
nei manoscritti latini da noi collazionati che nel testo edito abbiamo deciso
di riportare secondo l’ortografia classica. Talora diversi manoscritti
presentano diverse forme relativamente al medesimo termine, e spesso un
medesimo manoscritto presenta diverse forme dello stesso termine. Nel
presente elenco ometteremo di dare conto di tutte le diverse forme di un
medesimo termine nei diversi manoscritti per evitare di appesantire l’elenco
stesso271. In generale, conveniamo sul fatto che lo studio di questo tipo di
varianti può anche fornire informazioni utili sulla storia della tradizione
manoscritta di un testo, e finanche può risultare essenziale per lo studio, ad
esempio, di questioni come il processo di latinizzazione di termini tecnici
greci. Tuttavia, posto che nel nostro caso lo studio delle varianti testuali (e
non solo ortografiche) ci ha già permesso di delineare in maniera
attendibile le linee della tradizione manoscritta, e che lo studio dei processi
di latinizzazione dei termini greci non rientra strettamente nei propositi del
presente lavoro, ometteremo di elencare tutte la varienti ortografiche di un
termine riscontrate, attenendoci solo per ogni termine alla variante più
comune272.
abominans] abhominans
abscessio] abcessio
adeptio] ademptio
admoneo] ammoneo
adquiro] acquiro
aedifico] eddifico
annuntio] anuncio seu adnuncio
appretio] aprecio
arithmetica] arismetica
Aristoteles] Aristotiles
chorda] corda
columna] colupna
coexercito] coexcercito
coruscationes] choruscaciones
cyclops] ciclops
270 Per simili problematiche legate alla presenza del greco nei manoscritti latini si veda S.
RIZZO, Il lessico filologico degli umanisti, Roma 1973.
271 In MERCKEN (1973) queste varianti ortografiche sono state elencate nello stesso
lxxxvii
defectum] deffectum
deficio] defficio
definitio] diffinitio
dialecticus] dialeticus
difficillima] difficilima
dupliciter] duppliciter
exercito] excercito
factio] faccio
grammatica] gramatica
harmonia] armonia
hermeneia]Armenia (?)
homerus] omerus
imago] ymago
lydius] lidius
malevolus] malivolus
mathematica] matematica
oboedio] hoboedio
occupo] ocupo
orthogonium] ortogonium
oppugno] obpugno
peripateticus] peripatheticus
phantasia] fantasia
physica] phisica seu fisica
politeia] politia
politicus] polliticus
pulchrum] pulcrum
rhetoria] retoria
sphaera] spera
Stagirites] Stageirites
succumbens] subcumbens
syllogismus] sillogismus
terrestra] terestra
lxxxviii
Kb Laurentianus 81,11
Lb Parisinus, bibl. nat. gr. 1854
Mb Marcianus gr. 213
Nb Marcianus, gr. Class. IV, 53
Ob Florentinus, bibl. Riccard., 46
Pb Vaticanus gr. 1342
P2 (B)
codd. consensus Ba
Arist. consensus Kb Lb Mb Nb Ob Pb P2
lxxxix
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cx
SEZIONE III
Il testo
cxi
IN SEXTUM MORALIUM H. 256
116 rb Bene tibi sit, regina deo venerabilis, regina amatrix rationis, 97 va K 98 vb
C regina amatrix bonitatis et amatrix pulchritudinis, quoniam E
5 79 va V
animam et corpus comparans ad invicem et horum
differentiam perscrutans, apposita es meliori et
superexcellenti et pulchrificare hoc preelegisti, infimum
contemnens, propter hoc artes tibi sermonum et scientiae et
virtutes, ex quibus animae pulchritudo consistere nata est, de 10
multo et per studium. Colores autem circumpositi et
pigmenta et monilia et torques et vestimentorum
magnificentia et si quid superplasmabile aliud et naturali
plasmationi et colorationi a mulierum pluribus adinventa
sunt, haec omnia verecundia digna iudicans, animae 15
pulchritudinem primam et solam curasti, divinam
pulchritudinem desiderans, cuius hominis anima secundum
similitudinem a principio a Conditore facta est. Propter quod
et perscrutaris ubique et quaeris, quid tibi conferet ad
desideratum et quis afferet ad te non margaritam neque 20
lapidem pretiosum, neque vas aureum vel argentum, variam
habens artificiositatem, non pulchram, non pretiosam, non
delectabilem ad sensum telam, sed sermones (sive rationes)
animae tribuentes profectum vel mendacium redarguentes
vel constituentes veritatem vel virtutem artificiose 25
inducentes et qualis secundum naturam et pulchritudinem
est docentes et qualiter animabus hominum advenire nata
est, malitiam rursus ut turpem et nocivam et fugiendam
redarguentes et tradentes qualiter ipsam homo fugiet. Quare,
et de nobis aliquod suspicans bonum, temptasti et a nobis 30
tribui aliquid conferens ad profectum, quamvis nos paucae
disciplinae et debiles et senectute et aegritudinibus incurvati
et mentis angustia induti et aliquid excellens exponere et
116 va dignum studio non potentes. Igitur, quia ante tempus H. 257
C
I,7 es] est V 12 pigmenta] pingmenta V 14 a] et C 17 hominis
(ἀνθρώπου codd. graec.)coni. (omnis codd. lat.) 22 artificiositatem]
artificiositem ante corr. E 31 tribui] vel congregari add. EK congregari vel
praem. V
2 et] ἤτοi codd. 11 et non] inv. codd. 13 vel ut] inv. codd. 17 virtutem]
ἀρeτὰ B 31 aliquo] τούτοi a 34 meliora] κρeίττου B
4
114 tradens] habens scr. sed exp. K A,7 ratio rectainv. K 12 superabundans]
scilicet virtus add. s.v. CK i.m. E 14 fiunt] et dub. add. E 19 quos] quas K
anima] ama ante corr. V 20 aliquod] aliquid K
30 autem] igitur V 33 quae] quod ante corr. K 38 dictae] dce scr. sed exp. V
41 irrationalibus] irrationabilibus ante corr. V 46 irrationalibus]
irrationabilibus V 47 et1] om. V 49 in] add. i.m. E 50 hoc] om. C
14 patitur] πάσχῃ B
7
118 iuxtaponens] iuxta ponens E 121 autem utique] inv. V 123 boni]
bonum ante corr. V | abominanti] abominati C 127 multa2] operanti et add. K
131 in] ut V
135 hoc1] haec K 140 autem] quid K scripserit, non liquet | est] om. V
I,1 dictisscil. moralibus add. s.v. C 4 quodscil. signum add. i.m. CEV
5 quasmedietates add. s.v. C 11 nominate] operate scr. sed exp. V
21 exsuscitetur] exsucitetur V
Quia dixit quid recta ratio est, quam habens homo et utens
ipsa operationes mensurat (et moderatur) et motus
passionum et medium invenit et ipsum dirigit, utrimque 15
superabundantias et defectus abiciens, et sic sibi ipsi
circumdat (et induit) eos qui secundum virtutes habitus. Erat
autem confusum sic dictum, et nequaquam manifestum erat
quae recta ratio et qualiter utendum ipsa sicut mensura, ut
secundum signum (et intentionem) operantes medium 20
inveniamus. Oportuit autem dividere et quod dictum est
facere manifestius. Propter hoc ait quoniam sic dicere, ut
diximus, verum quidem, non autem et manifestum, quia et aliis
studiis, circa quaecumque ratio quaedam artificialis vel scientialis
est, verum sic dicere ut neque sit laborare vel desudare a 25
commensurato minora vel plura, sed incepta operatione 100 va E
venire usque ad medium, nihil deficientes, ultra autem
apponere nihil, et quia commune hoc omnibus studiis et
curis quae secundum operationem et his quae secundum
solum intellectum, confusum est propter communitatem et 30
immanifestum est ad unumquodque studium propter neque
118 rb unius proprium speculari medium et commensuratum ex
C
5
Et si verum, ait, sic dictum universaliter, sed quemadmodum
in exemplo secundum medicinalem non sufficit ad
medicinaliter operari dictum scire universaliter, sic neque in
animae habitibus non oportet solum scire quoniam verum
quod dicitur est, id est quoniam neque plura neque minora oportet 10
laborare neque negligere, hoc est remittere, sed media et ut recta
ratio, sed necessarium determinare et rectam rationem, quae
est assignantes, et quis terminus (id est quae definitio) ipsius.
118 va Hoc autem dupliciter est intelligere. Vel enim ut ex
C aequidistanti existens id ipsum ut idem existens scire et quae 15
recta ratio et quae definitio rectae rationis, vel hoc quidem
prius de recta ratione et definitione ipsius, hoc autem
secundo de medio, quod signum est (seu intentio) a recta 100 vb E
ratione assumpta et determinata. Et forte hoc utique
videbitur convenientius. Oportet enim, et rectam rationem 20
scire et medium quid est, utrumque in habitibus secundum
animam, sed et terminus quidam est intentio (et signum) ad
ipsum respicientis et circumterminans et statuens usque ad
se ipsum motum illius.
25
Cap. II ANIMAE AUTEM VIRTUTES DIVISIMUS, ET HAS
1138b QUIDEM ESSE MORIS DIXIMUS, HAS AUTEM
25-113 INTELLECTUS. DE MORALIBUS QUIDEM IGITUR
9a3 PERTRANSIVIMUS, DE RELIQUIS AUTEM, DE
ANIMA PRIMUM DICENTES, DICIMUS SIC. 5
5 animae] ψυχiκῶν codd. 6 neque2] om. codd. 8 ratio] om. codd. 11 id] τί
codd. 18 quidam] τί codd. 19 et1] ὡ B ὥσπeρ (+ὀρίζwν) a 20 illius]
ἐκeίνwν B 22 autemδὴ Mb | divisimus (δieίλοµeν κaὶ NbP2)δieλόµeνοi cett.
26 dicimusλέγwµeν Kb 28 Ante] ἢ add. B
13
61 haec] hoc K 62 autem] om. sed add. s.v. V | tradit] tradidit ante corr. K
66 ceu] seu V 71 enim] sunt add. K 87 incorporeis] incorpores C
corporeis ante corr. V 90 ordinamus] odinamus ante corr. C 92 prima … 94
entelecheia] om. sed add. i.m. V
12 ipsi aὐτῶν pr.m. aὐτοῖ cett. 22 simpliciter] om. a 24 ut1] om. codd.
necessarium] om. B 31 et] om. codd.
18
34 hoc] haec ante corr. K 37 ut] et praem sed exp. V 48 et] ad add. V
50 quidem enim] enim quidem ante corr. C 51 totalitatem] artotalitatem ante
corr. C 53 differentia] differentiae ante corr. V | Altera] aliter ante corr. V
90 vel] quid V scripserit, non liquet 96 Dividuntur] petitivas ante corr. V 97 et1]
autem V 98 voluntatem] coordinata K 101 quoniam] rationales E
irrationalibus] om. sed s.v. scr. V 102 communes] irrationabilibus V
147 effossis] effossos V 151 rationem] rationi K 152 in2] om. sed s.v. scr. E
153 sic] iter. ante corr. C 155 contrastante] contristante V 156 passionibus]
rationibus scr. sed exp. C | potente] potentiae K 168 virtutibus] virtutes ante
corr. V 170 et] om. sed s.v. scr. E om. V 171 cuius] om. E | cuius gratia] gratia
cuius ante corr. C 173 intensione] intencione V 176 respuentes] respuens V
178 et] om. V | decens] dicens V
27 et1] om. B
28
184 et2] om. V 194 rationem] relationem scr. sed exp. V 195 operationis]
operationes ante corr. V | superabundantia] et praem. sed exp. E 203 magis2]
malis C | intendi] ti praem. sed exp. E 204 in2] om. sed s.v. scr. C
209 per quod] quod per ante corr. E 241 melioribus] meliora ante corr. E
253 recipere] accipere scr. sed exp. et i.m. scr. C 257 cognationem]
cognitionem ante corr. V 260 enim] om. sed s.v. add. V
2 proprium sui] ἑaυτῶν codd. 4 ut fama est (ὡ θρυλeῖ τai)] θeηλάτw B
θρυλλᾶτai a 9 sufficientibus] ἱκaνῶ codd. 11 intentio] ante a principio B
Resumamus] ποiησόµeθa a 14 autem] δ' codd. sed δὴ scr. Bywater
32
h,13 consequi] sequi ante corr. V p,2 appetitui] appetitu sed appetitui in
comm.V
p,8 ratio] om. K 9 Ostendit autem] in fine V 11 causae] ratio scr. sed exp. V
15 fit] non V
23 ipsa] om. V 24 verum non] inv. V | ad] quidem praem. V 27 refert hoc]
adeo ante corr. K 32 ipsa] ipsas ante corr. K 36 ipsa] habens ante corr. V
43 ad] a C 45 inquinatum] in quantum V 46 nobilitatem] voluntatem V
53 apotelesma] opetelesma V 54 mortalis] moralis V
61 finem existentem] inv. sed corr. V 64 et] ex ante corr. V | utique] nocumenta
exterius add. V 67 Videamus … 1390 ipsam] om. K 69 quae] scr. s.v. K
86 enim] enit (?) ante corr. C 88 mens] om. C | est] esse ante corr. E
4 quod] ὧ B sed οὗ scr. Heylbut | est] eἶ νai codd. | est … dicitur] eἶ νai κaὶ
λέγeτai codd. sed. eἶ νai λέγeτai scr. Heylbut | illum] ἐκeίνου a 20 habens]
ἔχουσaν B 23 ad] ὡ a 25 ad] om. a
43
144 et2] om. VK n,1 nihil] id est aliquid, quia una negatio in more greco
superfluit i.m. CE s.v. K 11 quia] s.v. K 18 tale] aliquis K 19 neque] ibi K
p,8 dixit quoniam] inv. V 9 et] audire VK 12 et] causea ant corr. V
14 auferet] aufert V u,1 utrarumque] ‡utraque E 7 quidem] autem K
51 nunc] unum V | harum perfectione] inv. sed corr. V 52 et] est scr. sed. exp.
K s,2 vel] et C 9 perfectio] secundum praem. sed exp. V 10 secundum] a
praem sed. exp. V | reversionem … illam2] om. sed. i.m. add. K 12 secundum]
om. C 26 dividentibus] de videntibus V 29 practicum] in praem sed. exp. K
31 in1] om. sed. i.m. add. K | divisionem recipit] inv. K 32 sapientia] om. sed
i.m. add C 33 vocatur] nominatur V 36 Sint] sunt K 48 et] ut V 51 in
propria] scil. perfectione s.v. CEK 52 natum] nata ante corr. V | est] evum (?)
ante corr. C 54 vel] ex graec. suppl. 57 negare] id est negando dicere s.v. K
59 orationis] rationis ante corr. K
101 accidat] accedat ante corr. V 102 natura materialis] inv. sed corr. V
104 causatione] casationem ante corr. V 105 evenire] invenire C 108 utique
dices] inv. V 123 quando] quoniam ante corr. V 125 contrarie] contrarium
ante corr. V 130 ipsos] scil. habitus s.v. CE i.m. K
132 ipsi] ipsae V 134 e] scr. sed. exp. et in s.v. K | accidit] cadit K
s,9 ignoret] ignorans ante corr. K 12 enim] om. CEV 13 dicere idem] inv. K
15 si]‡ ex graec. suppl. 24 haec] b ante corr. K 25 autem] om. sed s.v. add. C
26 incepit] incipit V
i,3 ex] om. sed. add. s.v K 5 Differentiam] autem add. E | modi] quid V
scripserit, non liquet 12 ad … 13 aequalia] om. sed. add. i.m. K 15 cuicumque]
unicuique scr. sed. exp. V 18 distantia] 28 eius quod] iter. C 34 existente
inductione] inv. sed corr. K
127 rb Hoc est quod dicit, quoniam quia modus est et hoc fidei et 88 vb V
C certitudinis immutabilis ex inductione ire in
comprehensionem universalis et cognita sic principia fiunt,
ex necessitate utique et hoc scientia dicetur. H. 297
50 et] om. C 51 et1] iter. C 53 cecidit … substantiam] om. sed. i.m. add. K
55 in1] om. C | imperfectis] perfectis K 56 quae] qui C 57 intellectivi]
intellectui V | qui] quae K d,2 sit] scit ante corr. V 13 ostendens]
ostendemus V 19 haec1] hic K 21 arti] artui (actui?)ante corr. E
Aliud practica (id est activa) et aliud praxis (id est actio sive 5
actus) et aliud factiva et aliud factio. Practica enim et factiva
habituum nomina, actio autem et factio operationum (id est 109 ra E
motionum ab habitibus). Quia igitur operationes (id est ab
habitibus motiones) habitibus promptiores et paratiores et
manifestiores, propter hoc ex operationum (id est motionum 10
ab habitibus) alteritate alteros esse et habitus cognoscimus.
Operationes quidem enim manifestas existentes et 89 rb V
multitudines comprehendunt, et aliud dicunt esse actionem H. 299
et aliud factionem, et neque factum actum nominant, neque
actum factum, sed factionem et factum quod factum est, et 15
actionem et actum quod actum est. Ex his autem et habitus,
unde operationes proveniunt, alteros esse ab invicem
invenimus. Propter hoc et ut concludens inducit quod, quia
actio et factio altera, manifestum quoniam et cum ratione activus
alterum ab eo qui cum ratione factivo habitu. Oportet autem 20
subaudire habitum in utrisque. Assumpsit autem hoc scilicet
cum ratione in ambobus, ut enumeratione cum ratione
assumente habitus vel potentias. Non enim qualemcumque
a,5 confessum] effectum scr. sed exp. et concessum scr. V 6 firmat] affirmat V
7 credibilem] credibile V 9 rationalem] communem scr. sed exp. V
ratiocinalem ante corr. K q,6 et aliud2] sive V 9 paratiores] parationes E
10 manifestiores] manifestatiores E | operationum] actionum V
15 factum2] et add. V 22 enumeratione] e praem sed exp. E
24 activum … factivum] actum et factum V e,2 factio1] passio scr. sed exp. et
factio i.m. scr. V 6 contineat] contineant ant corr. V 8 superabundarent]
superabundarunt K 12 actionem] in praem. C q,2 quod] nominaliter i.m.
CK 14 quaedam est] inv. sed corr. C 20 ipsius] eius scr. sed. exp. V
29 et] ex graec. suppl. 31 cum] quae scr. sed. exp. V 32 ad] a ante corr. V | de]
et praem. V 35 utique erit] inv. V 37 et1] om. V 39 utique] om. K
43 habitus est] inv. V 49 aptitudo] appetitudo V e,2 artificiare] resume
circa s.v. CK
7 ipsi] ipso ante corr. E 9 ars] om. K | est] om. C 13 Artificiat] artificat VK
15 contingit] contincit ante corr. V 31 in2] et scr. sed exp. et in s.v. V 32 id est]
om. sed. s.v. add. V n,7 negotiari] negotari ante corr. C
1 qualia] οὐ praem. a | vel (ἢ NbP2 sed vide Eustratius, 303,36) vel] πρὸ Kb ἢ
πρὸ cett. 2 sed] ποῖ a add. MbPbKbOb | totum] ὅλw P2 (sed ὅλον in comm.
Eustratii) MbLb (vide Eustratius, 304,4-5) om. Kb 6 ipsis] τῶν codd.
25 intellectualibus] νοητοῖ (intelligibilibus) codd. 26 congruens
(ἐφaρµόζουσa) congruens] ἐπiβάλλουσa (apponens) codd. 27 secundum]
ἀλλὰ κaθ' ἓν πeρieχοµένη τὰ πάντa κaὶ νοοῦσa κaθ' ἕκaστον, δiὸ κaὶ ἡ
τοiaύτη κaτάστaσi οὐ φύσi ἀλλὰ ἕξi τῆ ψυχῆ ὀνοµάζeτai add. codd.
68
9 et1] om. K 10 bene] om. sed. s.v. add. V 20 facimus] faciamus ante corr. V
22 artificialibus] artifialibus V 24 iam] ex (?) ante corr. K c,2 impossibilibus]
impossibiliter ante corr. V 5 assignationem] assignandam ante corr. V
11 habere] haec praem. sed. exp. V 13 Simpliciter] alicui add. sed. exp. E
14 in2] et CV 17 Si] sic (sit?) E 21 ea] eam CEK q,4 et] om. V
7 prudentia scientia] inv. V 11 cum] in V 18 contingunt] contingit V
26 est demonstratio] inv. E 28 dicenti] dicentis ante corr. K
32 et] ante omnia V 37 et] om. sed. s.v. add. C s,5 activum] actvum ante corr.
V 17 est] om. K
1 ductivae] κaὶ <τῇ> τῆ οἰκονοµiκῆ (scr. Heylbut, sed οἰκοδοµiκῆ codd.)
κaὶ τῇ τῆ χρηµaτiστiκῆ ὁ πλοῦτο add. codd. 19 et] om. codd. 26 aliis]
ἀνθρώποi Arist. et codd. sed ἄλλοi (aliis) ἀνθρώποi in Eustratio, 308,13-14
29 quoniam (ὅτi) ὅτe a 30 honesta (κaλά)κaκὰ codd.
74
19 divinum] id est Deum s.v. CK i.m E | prudens nominant] inv. sed corr. K
h,13 phronHsis] phronisis V 15 sophrosinHnsophosinHn C talem
existimationem salvare solam add. sed exp. V (cf. ll. 5) | transumit] transeunt K
21 hoc] quod add. E
131 audaciae] bene ante corr. C 132 et] vale ante corr. C 140 operabile]
differentiam scr. sed. exp. V p,2 corrupto] corruptio V 18 apparentem]
appetentem C 19 Cui] cu ante corr. E
13 finis] τέλο a
80
s,5 prius] om. sed. s.v. add. K 6 dicit] dixit V 11 prudentiae] pudentia ante
corr. prudentia post corr. C 13 enim] om. sed. s.v. add. V 14 desidiam] desidam
E desidiem V 15 et] om. K 20 ut] et K e,7 Adhuc] ad hunc C
14 contemptive] conceptive K
15 scientia] id quod V scripsit, non liquet sed scientia add. i.m. 17 ut] om. K
20 sunt] sub V 22 imitationem] mitationem ante corr. V 28 scientia]
scientiae ante corr. C | autem] enim V 30 sensu] sensuo ante corr. V 32 Si …
singularia2] om. per homoiotel. K 35 perscrutetur] pescrutatur ante corr. V
36 vel … deficiunt2] om. per homoiotel. V 37 ut2] et add. V 38 demonstrato]
demonstratio E 43 immanifestum] manifestum C
85
107 ablatis] alblatis ante corr. V 108 ipsa] scil. anima s.v. C i.m EK 109 eis]
ipsis K 110 manifestationem] manifestatione E 112 in] ut C
115 quamdam] quemdam K | margiten] margeiten ante corr. E 117 primo]
poe scr. sed exp. V 120 sapientium] sapientiam K 125 sapientes] quid autem
ostendit ipsi add. sed. vacat s.v. | id … 127 sapientes] om. K 127 ipsi hic] inv. K
129 autem2] utique V 130 quid] om. E 135 circa2] ante alterum1 sed exp. C
q,4 est] om. V 10 verum] vere scr. sed exp. E 14 a] om. E 15 accipiunt]
accipiuntur V 25 autem tamen] inv. sed corr. K 26 assumenti] assumpti ante
corr. V 31 tamen] non C 34 studentes] studentis ante corr. E | in entium]
inventium (?) V 35 Ptolomaeus] ptbolomaeus V 36 signum] id est
punctum s.v. CK i.m. E
16 se] om. codd. 20 id est (ἤγουν B)id est] ἢ a 21 quia (ἐπeὶ B)quia]
ἐποίησeν a 27 sine magnitudine (ἀµeγέθου)sine magnitudine] µeγέθου B
95
33 quia] quid (?) K 36 et] om. sed. s.v. add. K 45 principia et] om. E | ea] eam
K 46 circa … quae2] om. E 53 ut] et scr. sed exp. et s.v. add. E 54 et2] om. V
ut principalissima] om. C 55 generationis] om. K 56 hominum operatio] inv.
K 57 illinc] illic K | in] ut scr. sed. exp. et s.v. add. E 58 comprehensione]
cognitione scr. sed. exp. V
105 est] ex nōo (?) corr. E | telam] araneam ante corr. E 107 scilicet1] om. C
M,13 politicus] om. sed. s.v. add. V 14 vel1] om. sed. s.v. add. V
17 unaquaeque] id quod V scripsit, non liquet
s,2 homine] hominum ante corr. V 7 enim] autem praem. sed exp. E 9 dicens]
om. sed. i.m. add. K 17 differre] differentiae K 21 esse] est E
22 animalibus] habitibus scr. sed exp. K 25 Dicit] dicitur V 30 secundum] d
scr. sed. exp. C 38 velut esse] supple verum sit CK scil. verum sit E
3 multum] τiνa P2
103
p,7 est non] inv. V 16 et1] om. K 19 aliter habens] inv. sed corr. E 24 ut] om.
V 25 enim] om. C 29 Hoc] haec E 30 sexqualteram] sexqualterara (?) C
35 Recte] id quod K scripsit, non liquet 37 adest] est scr. sed. exp. E 38 cui2] qui
ante corr. C n,9 ducere] id est conversari i.m. CE s.v. K 13 ut2] o praem. sed
exp. V 15 bellare] bella V
10
Construit et per haec quod dictum est, dico utique
prudentiam circa singularia maxime negotiari. Ex causato
autem construit causam, quia enim circa singularia magis
prudentia, propter hoc et quidam non scientes universalia, 112 va K
quod artis magis proprium, quibusdam scientibus universalia, 15
magis bene probati sunt in actionibus, experimentativi enim 117 vb E
ignorantes quidem universalia, pertranseuntes autem
singularia, magis activi sunt, id est magis concordes et
congruentes in actionibus. Scientes autem dixit rationales et
artifices, quia causas cognoscunt factorum, experimentativis 20
ignorantibus ipsas. Bene autem diximus ex causato causam
hic construi. Huius quidem enim scilicet quosdam non
scientium, id est experimentativorum, quibusdam scientibus, id
137 rb est universales rationes sine experientia habentibus, magis
C activos esse, causa hoc scilicet prudentiam circa singularia 25
fieri. Credere autem facit ex priori secundum propter ad nos
esse causatum causa manifestius, manifestum ens ex operatis
singularibus. Hoc autem scilicet et in aliis experti in
testimonium et fidem attulit, universale hoc credere faciens
quoniam omnino in actionibus magis necessaria experientia. 30
Bonum quidem enim ambo habere operari volentem, et cum
causa rationem, quae et universalis est, et experientiam
particularium et singularium, eorum autem qui habent
horum alterum experimentativus eligibilior. Deinde fert et
exemplum, non adhuc politicum sed medicinale, ostendens 35
non solum in prudentia, virtute existente politica, sed et in
omnium actione verum quod dicitur, dicens quoniam, si quis
sciat simpliciter quoniam leves carnes bene digestibiles et sanae, quales
autem leves ignorat, non faciet sanitatem, quoniam simpliciter
quidem novit sanas esse leves carnes, ignorans autem quales 40
leves, ignorat qualibus, ut levibus, ad sanitatem utetur. Et vel
neque totaliter utetur carnibus propter ignorantiam, timore
eius quod est non uti quibus non oportet, vel forte, ut leves
graves assumet, sed particularius ex experientia sciens, puta
quae volatilium leves et sanas, faciet sanitatem. Usque ad hoc 45
maior propositio, constituens ex singularibus quoniam
actionibus universali magis necessarium singulare, deinde
e,6 opus] ex graec suppl. | homini] hominis ante corr. V 8 ipsum] om. K
13 optima] optime K 16 coniectativus … ipsi2] om. per homoiotel. V
21 civibus] viribus scr. sed. exp. V e,9 specialem] communem E 11 in
universale] iter. C
2 hos] πaρὰ post corr. B 13 sibi ipsi (τὸ aὑτῷ P2PbKb pr.m Ob)τὸ τὰ aὑτῷ
Lb τὸ τὰ aὑτοῦ Mb τὸ aὑτὸν aὑτῷ Nb τὸ aὑτὸν Kba 15 circa] om. Ob
21 quidem] ἑκάστο B 27 quaerens] ἑaυτῆ a 30 habent] ante cognitiones
codd.
116
25 omnibus his] inv. sed corr. K 27 alia] aliia (aliis?) ante corr. V 31 Si … 32
cognitio] om. C 32 cognitio] o praem. sed exp. V 33 et2 … politicam2] om. K
43 ipsa] se praem. sed exp. E 46 enim] ut add. V 50 multa] om. K
p,1 euripides] eupides C euripedes ante corr. K
q,12 ens] eens scr. sed corr. E 15 procurare] procuratore K 16 et] ante ut ante
corr. V e,3 hoc ipsius] inv. C | oikonomia] oikonomica ante corr. K
4 urbanitate] seu politica i.m. C seu politia (politica ante corr.) s.v. K
10 manifestare] uti praem. sed. exp. V 11 oikonomia] oikonomica K 12 sine]
om. V 17 ipsorum … 18 eorum] om. V 18 eorum] ipsorum K
19 oikonomia] oikonomica K | politeia] politica C
21 politica] poletica ante corr. E 25 per1] hoc praem. sed. corr. K 29 ipsum …
32 ipsum] om. sed. i.m. add. V a,11 oikonomica] oikonomia V | politica]
politeia E 12 oikonomica] E S,7 dicimus] diximus C
7 qui (ἥ)ἢ (vel) codd. | existens] οὖσia B sed οὖσi scr. Heylbut 8 menti …
imaginationi] aὐτοῖ B aὐτaῖ a 9 figuras … ipsorum] τοὺ τύπου
aὐτῆ codd. | haec] ὁ B 19 et] om. a 32 propria (ἴ δia a)eἴ δη B
35 magnitudinem] µeγeθῶν codd.
124
100 et2] om. K 101 Propter] plane iter. sed. exp. V 104 intellectum] om. C
132 animas] id quod V scripsit, non liquet 133 in] ex graec. suppl.
158 speciebus] quod ut materia add. per homoiotel. sed exp. V
174 appetitivae] appetivae ante corr. V 176 abstractione] esse subiecta add.
sed exp. V 182 experientia] ex praem. E 184 attritionem] attractionem V
187 contradividitur … 188 cognitionem] om. per homoiotel. V 202 opinans]
opinanti CE 203 speculatum] speculativa K | articificiale] artificile ante corr.
V
208 Vel] velut scr. sed. corr. K 211 vel2] om. K 212 conservativum
conservato] om. sed. i.m. add. K 217 primo] in praem. sed exp. V
232 mathematicis] mathematis E 235 enim] quidem praem. V
240 iuventutem] invenientem C
18 oikonomici] κaὶ ἔτi τοῦ πολiτiκοῦ add. B 20 et] om. codd. 30 singulari]
κaθέκaστa B
130
25 circulus] cir scr. sed exp. et circulus scr. V 29 usque] utique scr. sed exp. V
30 specialius] ex speca corr. V 34 principia2] om. V 46 a] et V 47 esse] se
(ex sensu per homiotel.?) scr. sed corr. V 54 assumit] sumit scr. sed as s.v. add. K
pluraliter dixit, hic autem singulariter. Sensum autem, ait, non 121 vb E
qui propriorum, sed quali sentimus. Non sic, ait, sensum
dicimus operantem circa subiectum prudentiae, sicut dicimus 60
in unoquoque genere sensibilium proprium esse sensum
operantem circa ipsum, ut circa colores quidem visum, circa
sonos autem auditum, circa odores autem olfactum, circa
sapores autem gustum et tactum circa tangibilia, sed
simpliciter circa singularia et in quibus sensitiva cognitio 65
operari nata est. Si enim aliquis de hac aliqua pace vel hoc
141 va aliquo bello consiliatur si oportet fore vel non et, si erit,
C qualiter erit et propter quid erit et, si non erit, similiter, non
ut de proprio uni alicui sensuum consiliabitur, sed de
simpliciter et singulari sensibili. Ponit autem et exemplum 70
eius quod dictum est mathematicis extremum trigonum. Si enim
mathematicae scientiae est demonstrare de his quae
secundum se insunt trigono, et universalis demonstratio fit,
sed extremum trigonum, id est individuum et singulare
secundum quod tale est, non scientiae sed sensui supponitur, 75
non ut color neque ut sonus neque ut aliud aliquid quod ab
aliquo uno sensuum iudicatur, sed quoniam singulare.
Quoniam autem sensibile hoc ostendit ex eo quod dicit stabit
enim et illic. Quoniam enim, ait, sensibile extremun trigonum,
manifestum hinc. Descendens enim utique aliquis ab H. 352
universalibus et continentibus ad particularia et contenta
stabit ad extremum, ut et in aliis fit, quando aliquis ab
universalibus descendit. Stat enim descendens, veniens ad
ultima. Duo enim habitus cognoscibilium potentiarum
extremi, primi et ultimi. A deorsum quidem ascendentibus 85
nobis intellectus extremus (sive ultimus), quoniam usque ad
ipsum et ad ea quae ab ipso cognita ascensio, sensus autem 101 vb V
primus, quoniam ab hoc ascensum incipimus. Si autem a
superiori motum facimus et motionem ab intellectu primo, a
cognoscitivis incipimus habitibus, et prima et principia quae 90
ab ipso cognoscuntur ponimus, in extremum autem
obviamus sensum et ea quae ab ipso cognosci nata sunt.
Haec autem particularia et singularia. Et quando sic dicimus,
non unum aliquem assumimus eorum qui secundum partem
sensuum, puta visum vel auditum vel alium aliquem 95
coordinatorum, sed simpliciter communem. Opus est enim
60 sicut] sic C 67 fore] fieri K 68 si] non praem. sed exp. V 69 sed] et add.
V 79 enim1 … illic] illic et enim V
5 hominum] om. B 12 assignans] et praem. B 18 de] πaρὰ codd. sed πeρὶ scr.
Heylbut 32 assumere (δiaλaβeῖ ν NbP2Pb)λaβeῖ ν MbKb λaβeῖ ν κaὶ LbOb
34 vel eustochia] om. P2
135
5 docenti] bona consiliatione add sed del. K | eubulia] eubilia ante corr. K
8 eubulian] eubuliam K 10 decens] dicens ante corr. C s,3 consilium]
consilia E 6 eubulian] eubuliam K 11 ista ratio] est dicta scr. sed exp. V
12 consilium] consilia ante corr. E 13 consilium] consiliatio ante corr. K
buleusis] bulensis ante corr. K 15 Illic] id est voluntatis s.v. scr. C 18 eum]
om. sed s.v. add. C | Consilians] consiliatur per homoiotel. C 20 enim] solum scr.
sed exp. V
s,1 sine] dum (?) E 5 tarde] tade scr. sed exp. E 24 meditatus] medietatus
ante corr. K a,6 constitutionem] om. V
n,2 peccat … consiliatur] om. sed. i.m. add. V 3 recte consiliatur] inv. V
6 rectitudo] scil. eubulia s.v. C 7 peccatum] scil. in scientia s.v. C 13 est] est
scr. sed exp. V 27 ut] om. sed. s.v. add. K 28 in] om. E
46 consiliari] Bene autem consilians iter. per homoitel. sed del. (va-cat s.v.) C
48 ipsum] eum V | abscindat] abscindit V 54 ipsarum] ipsorum E 55 et]
om. V 56 autem] au scr. sed exp. V 59 visu] usque scr. sed exp. V
s,1 sine ratione] id est imperfecta s.v. C | intellectu] seu mente i.m. CEK
2 ipsa enim] scilicet eubulia s.v. C 4 iam] om. V 15 est] om. E 24 opinio
est] om. per homoitel. V c,1 et] om. sed. s.v. add. E
18 nihil minus] inv. sed corr. C 22 et pravo] om. E | dicet deinceps] inv. K
q,5 erit] rerit ante corr. C 8 convenientes] conveniens ante corr. V
9 differentias] om. E 10 confestim] om. K 18 et] ut ante corr. V
21 potiatur] patiatur V 27 ex] om. E
v,5 est] om. K | non] om. C s,3 medium terminum] inv. sed corr. K 10 sed] et
add. V 11 bono] bonae V 14 terminis] om. E 17 appetens] appedens V
ut] om. V
4 quoddam] eἶ νai add. LbOb 14 sortiri] τούτου add. LbOb 17 ipsa] aὕτη
MbKb 19 adipiscitur (MbPbKb)τυγχάνeiν cett. 32 falsum vel subiectm vel
praedicatum (ψeυδὲ ἢ ὑποκeίµeνον ἢ κaτηγορούµeνον)ψeυδὴ ἢ
ὑποκeίµeνο ἢ κaτηγορούµeνο B
144
25 ex] ex graec suppl. 27 utrique] utique V 29 autem] id quod E scr., non liquet
30 syllogismi] syllogismum E 32 medium] modum scr. sed. exp. V 36 huic]
de hoc scr. per homoiotel. sed exp. K 38 medium] modum K 39 operatum]
operatus ante corr. K 44 contentiva] contiva scr. sed exp. V 51 modum]
bonum per homoiotel. sed exp. V 55 prava] pura V
49 partem] saec (?) praem. sed exp. V 54 hac] ha scr. sed exp. V 56 adhuc] om.
sed add. s.v. K 59 ut] om. K 62 neque] om. E 63 eubulum] eubulia ante corr.
E 66 et1] iter. sed exp. E | et3 … 67 consiliari] om. sed i.m. add. V 69 pars]
autem add. sed exp. E 71 errore] erronee ante corr. C
45 est1] om. V 53 diaetis] diebus (?) scr. sed exp. C 54 talibus] talis ante corr.
E 63 manent] maneat ante corr. V 65 tetragonos] tretragonos E
66 superficiem] superficiam (?) ante corr. K 67 Tria] tertia ante corr. V 69 eo]
ante ipse sed exp. V 71 pyramides] pyramidis ante corr. V 73 profundum]
profundi V 74 similiter habere] inv. K | habere] enim add. sed exp. V
substantiam] substantia K 76 generabilibus] generalibus K
86 eusyneti] euseyneti ante corr. V 94 et] om. E 95 ex] om. V 96 ait igitur]
inv. E 97 utique aliquis] inv. K 98 aequaliter] qualiter K 101 communicat]
non praem. per homoiotel. sed exp. E 104 contingentibus] quibus add. V
106 si1] sic V | consilietur1] consiletur ante corr. E | quis … consilietur2] om. per
homoiotel. V 110 divinae] providentia praem. sed exp. C
113 talia] om. C | Sic] si V 114 habitibus] habentibus V 118 et1] om. VK
scientiis] sententiis V 120 autem] om. V 124 arithmetica … harmonica]
harmonica et arithmetica V 127 picturativa] puturativa V 133 scilicet]
habere scr. sed exp. K 134 operari] agere Arist. 135 quaesitione] quisitione V
142 comprehendentem] comprehendens scr. sed exp. V 147 kakobuliam]
continens add. per homoiotel. V
102 et2 … priora] om. per homoiotel. V v,1 gnome] gonome (?) V
7 quemadmodum] quemdamodum ante corr. V 8 Propter] prudentia scr. sed
exp. V 11 gnomen] gnome V 23 esse] est E 28 Assignat] scil. gnomae i.m.
C 29 quidem enim] inv. K
2 vel] om. codd. 6 convenienter et] om. codd. 8 circa] πaρὰ B 12 forte
(ἵ σw)om. B 19 et1] ὅτi add. B τὸ a 23 vel hoc] οὔ τουτέστiν B κaτά τi a
eἴ τi add. Heylbut 27 civium] om. a 32 ab alio] πeρiλaβόντwν B
προσλaβόντa τοὺ a πeρiλaβόντa τοὺ scr. Heylbut
160
39 nocte] note ante corr. C 42 eum] om. K 44 utuntur] utuntunr ante corr. V
46 alteris] his scr. sed exp. K 49 cum] om. C 56 epieikeian] epieikeiam V
epieikee] epieikec E 59 factum] factio ante corr. V
116 propositiones sunt] inv. sed. corr. K 117 ab] om. sed s.v. add. V
121 Horum] igitur (οὖν) add. Arist. 124 bona … iusta] iusta et bona V
126 ostensum] ostensam V 128 scitivumque] id quod E scr. ante corr., non
liquet 130 qui] id quod K scr., non liquet 135 multarum] iter. C 139 attente]
attende E 140 et2] iter. E
142 vel1 … negligentia] om. V 143 ex] in praem. sed exp. V | seu ineptitudine]
post inepte V | indigens] gens V 145 exposita] expositarum E
154 commune] et add. V 158 ut et] inv. V 162 aequilaterum] aequaliter scr.
sed exp. et aequilaterum i.m. add. (aequilataerum ante corr.) K 172 cognitione]
et add. E 173 factus] facta ante corr. E 174 intellectus] ve scr. sed exp. V
1 existentem] lac. praeb. codd. | ipsam] aὑτὸν coni. Heylbut | solam] κaτὰ praem.
codd. 17 ducens] ἐπάγwν B 21 uterque] ἐκaτέρου a
175
d,4 enim] om. V 22 persuaderi] persuadere ante corr. K 28 sapientia] ab. ca.
s.v. CK i.m. E 29 ipsa] ab. ca. s.v. CK | principatur] id quod V scr. ante corr., non
liquet 32 sapientia] sapientiae ante corr. V 33 est ipsarum] inv. V
45 ipsa] ipsarum ante corr. V 48 quid] quae scr. sed. exp. et s.v. add. K
49 horum] hominum C 51 enim] om. V 55 sapientia] in fe. scr. sed exp. V
59 circa] om. V 60 generationem] generationibus scr. sed exp. V 66 et2] om.
sed s.v. add. C 67 quemadmodum] et add. V 68 consuetudine] consunidine
(?) V 71 ambabus] amabamus V
114 necessaria … 6327 virtutem] om. per homoiotel. V 116 suaderi] persuaderi
Arist. | facientes] facientibus scr. per homoiotel. sed exp. V 117 sequentes]
sequentibus ante corr. K 121 virtutis] virtutes ante corr. E virtutes K
128 morale] meli scr. per homoiotel sed exp. E d,1 Nunc autem] alius liber nunc
quidem enim i.m. C s.v. K
24 autem (δὲ NbP2)δὴ cett. | autem2] µὲν γὰρ PbKbLbOb γὰρ NbP2Mb
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p,1 quidem] eadem (?) scr. sed exp. et s.v. add. K 2 eligibiles] eleigibiles ante
corr. V
120 ad] iter. EV 127 opus est] inv. sed corr. C 128 excidere] excedere V
indecentia] indentia V 137 possideat] resideat ante corr. K 140 nutritivae]
om. E 148 sensus] census ante corr. E | tristia] tristitia V corr. K
159 appetitus] no. ca. s.v. CE nominativus casus i.m. K 163 arbitrii] arbitris
V 164 Quartae] quare EV 167 fertilitas] felicitas K 178 nolentes] volentes
V
232 perfectus] perfectos E 235 id … appetiti] om. sed i.m. add. K 236 elegit]
eligit ante corr. V 239 quid] quidem V 244 facta] sunt add. V 251 deinotita]
deinotica V | est] om. E
303 inventiva] inventivum ante corr. E 322 subiectum] subiicere ante corr. K
336 et1] om. V
364 finale] et oportunum add. sed exp. K 365 cura] circa scr. sed exp. E
372 effectum est] inv. K
388 sed] et add. V 398 desideratur] desiderat V 412 non] ante esse sed exp. V
12 homini] ἀνθρώπου a 26 viso] κaὶ κaτὰ τὴν ἁφὴν add. B κaὶ κaτὰ τὴν
ἁφὴν τῆ τοῦ ὁρaτοῦ a 36 et de] πeρὶ Ob om. Lb 37 Et … similiter]
πaρaπλησίw γὰρ LbOb
190
426 autem] id quod E scr., non liquet 430 praeexistens] existens V 435 autem]
quidem scr. sed del. K o,7 modum existere] inv. V