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INTRODUZIONE ALLA LETTERATURA

Modulo A
CAPITOLO 1
L’istituzione Letteraria
La letteratura si presenta innanzitutto come un insieme di testi.
*TESTO: Il termine testo deriva dal latino “textum”, cioè tessuto.
Esso è composto da tante parti, che legate tra di loro, cioè tessute tra esse, danno
l’origine ad un testo con un significato doppio a quello dei singoli pezzi del testo.
In primo luogo, prima della nascita della letteratura come la intendiamo oggi giorno,
vi era la letteratura orale, recitata in pubblico. Secondo la filologia tradizionale e la
critica letteraria, ci hanno abituati, parlando della scrittura e della stampa, che tutto
ciò che si distoglie dal volere dell’autore è inutile, il suo statuto è immodificabile.
Solitamente il termine “testo” viene associato all’idea della copia corretta della
redazione definitiva curata dall’autore. Quest’idea non è però assoluta, in quanto
gran parte delle nostre letture è condotta su traduzioni che senza si allontanano
dall’originale ma sono necessarie alla comprensione
Chiarendo la definizione di testo, sorge un altro problema: perché i testi che
abbiamo classificato come “letterati” sono classificati sotto la voce di “letteratura”?
Perché proprio questi e non altri?
Trattandosi di prodotti linguistici, la risposta sarebbe che essi condividono alcune
caratteristiche di linguaggio. Ma bisogna considerare che la classificazione dei testi
varia nel tempo e a seconda del pubblico, ovvero noi lettori, che oggi leggiamo come
“letterati” testi destinati a tutt’altra forma di fruizione.
Quindi, affinché un testo sia letterario non basta che possegga determinate
caratteristiche: ma occorre anche che ci si accosti ad esso con un certo orizzonte
(abito) di attesa.
La letteratura non è semplicemente una collezione di testi, ma di “opere”: di testi
ricevuti, letti e tramandati secondo un complesso di regole. Inoltre, essa offre i suoi
testi alla lettura, di generazione in generazione, di un destinatario collettivo.
Un’opera letteraria, quindi, si presenta non come un “discorso di consumo” ma
come un “discorso di riuso”.
*Il discorso di riuso è un discorso che viene tenuto in tipiche situazioni (solenni,
celebrative) che mantiene la sua “usabilità” per dominare situazioni tipiche; anche
la letteratura rientra in questa categoria, in quanto è una forma istituzionalizzata di
comunicazione e di simbolizzazione.
Chiamiamo comunità letteraria quell’insieme di figure (autore, lettore, critico,
editore, traduttore, commentatore, docente) che stabilisce di volta in volta
l’orizzonte di attesa e le regole che permettono il riuso. È grazie a questa comunità
che il testo vive nel tempo e diventa opera.

La nozione di comunità letteraria rimanda a quella di comunità scientifica, ma


bisogna considerare alcune differenze notevoli:
 la comunità scientifica appare molto più compatta e non conosce la distinzione
fra “autori” e “pubblico”;

 la comunità letteraria risulta invece molto più differenziata e composita: in


quanto, i detentori della competenza attiva (gli scrittori) sono poco numerosi, ma
esiste un pubblico (noi lettori), detentore di una competenza passiva più
diffusamente acquisibile (la lettura).

 nella comunità scientifica non esistono figure di mediazione come gli editori;

 nella comunità letteraria le figure di mediazione hanno un ruolo di grande rilievo,


come quella degli editori o critici.
SCHEMA DI JACKOBSON
Come in ogni forma di comunicazione verbale, anche nella comunicazione letteraria
sono presenti alcuni “fattori” costitutivi.
Il linguista Roman Jakobson nel 1960 definì i fattori costitutivi della comunicazione
letteraria e non solo.

EMITTENTE= Autore

MESSAGGIO (CONTENUTO)= Testo

- CONTESTO= Ambiente costruito all’interno dell’opera (ambientazione)


Il contesto può essere inteso anche come il tempo storico in cui l’autore
vive e di cui condivide mentalità e abitudini, è inteso come il mondo
storico e culturale in cui l’autore è immerso.

- REFERENTE= Tema (ciò di cui si parla)


- CANALE= Supporto/mezzo fisico della comunicazione (libro, supporto
materiale)
- CODICE (LINGUAGGIO)= lingua con il quale viene comunicato il messaggio

DESTINATARIO/RICEVENTE= Lettore
AUTORE: Il termine “autore” (deriva da ago (dal latino agens, complemento
d’agente) oppure deriva da augeo (colui che accresce qualcosa al mondo reale che
prima non esisteva).
A lui è affidato il ruolo fondamentale della creazione, in quanto nel testo prendono
forma il suo disegno e la sua volontà, tant’è che noi lo accogliamo come un prodotto
“firmato” da un responsabile.
Egli sarebbe inimmaginabile o non efficace senza la presenza del pubblico, che
svolgono dei ruoli diversi dal suo. Esso è il creatore, infatti, le opere che leggeremo è
affidato proprio all'autore la descrizione letteraria e le modalità di lettura dei suoi
testi e elaborare i nuovi paradigmi di stile (dal latino stilus, cioè una caratteristica o
forma d’espressione dell’autore che sceglie di combinare una serie di elementi che
riguardano la lingua in tutti i suoi aspetti e temi, come la calligrafia, dunque, è una
caratteristica intima dell’autore, quanto la calligrafia, e può essere facilmente
replicabile) e di sensibilità.
Oltre ad essere, per nascita o educazione, membro di una classe, egli è uno scrittore,
un intellettuale e fa parte di un gruppo professionale specifico, da studiare nelle sue
peculiarità.
Per quanto riguarda la figura professionale dello scrittore, osserviamo che la
tipologia è varia: l’aedo omerico è un artista professionista, ma non autore in senso
proprio; il poeta cortigiano del Rinascimento è invece un autore a pieno titolo, ma il
suo ruolo professionale rimane oscuro. La letteratura può o meno essere il
mestiere di cui l’autore vive.
Tra i motivi che ci spingono alla lettura, troviamo la curiosità per l’esperienza umana
che ha ispirato l’autore e il cercare di interpretare il suo pensiero nel modo più
verosimile.
Il Romanticismo teorizza la figura del “genio” come portavoce inconsapevole del
Volk, cioè la voce del popolo-nazione. Inoltre, sono frequenti i casi in cui lo scrittore
si cela dietro pseudonimi o controfigure.
Sul piano teorico, occorre sempre distinguere l’autore in quanto soggetto empirico
(la persona di Alessandro Manzoni) dall’immagine che di lui ci trasmette l’opera,
immagine diversa, in genere più profonda e ambigua, da quella reale.
Si suole chiamare questa istanza “autore implicito”, un concetto viene a coincidere
con il narratore esterno o con quello interno.
Sul piano critico, è necessaria una seconda distinzione.
La critica psicoanalitica ci ha insegnato a distinguere ciò che è volontario e
intenzionale (il “contenuto manifesto”) da ciò che è inconsapevole e inavvertito (il
“contenuto latente”).
Dalla critica psicoanalitica resta però diffidenza verso le intenzioni d’autore.
Interpretare non vuol dire infatti ricostruire il programma originario dell’autore, sia
perché il testo si trasforma nel tempo, a seconda dei contesti e dei pubblici che lo
riattualizzano, sia perché la creazione artistica attinge dall’inconscio.

EDITORIA E PUBBLICO
A parte le recitazioni, raramente l’incontro tra autore e pubblico avviene oggi in
forma immediata e diretta.
Generalmente lo scrittore affida la sua opera a un editore, cedendogli i diritti di
pubblicazione e diffusione in cambio di una percentuale (diritti d’autore) sulle
vendite.
Sotto questo aspetto, la letteratura è anche un fatto economico e giuridico.

IL TESTO NEL TEMPO


Ogni messaggio verbale richiede una forma di contatto tra mittente e destinatario. Il
contatto un canale fisico, di qualunque natura, come ad esempio la voce umana o
una trasmissione via radio.
Ma come un canale radio può essere disturbato da interferenze (rumore) anche
nella scrittura possiamo incontrare errori nella trasmissione dei testi scritti.
La trasmissione dei testi letterari può essere più o meno complessa. Non è così
frequente avere un messaggio trasmesso direttamente, senza mediazioni, ad un
destinatario (il lettore).
L’originale è la copia autentica di un testo, un manoscritto, di cui dovremmo sempre
controllare che non presenti errori (guasti meccanici come macchie o lacerature) e
sia decifrabile.
La trasmissione può essere più o meno complessa.
Si può anzitutto dare il caso che ovviamente non è il più frequente, di un messaggio
trasmesso direttamente, senza mediazioni, da un mittente (l’autore) a un
destinatario intenzionale od occasionale (il lettore). Ci troveremo così davanti
all’originale.
Spesso nello scrivere commettiamo errori “di distrazione” che tradiscono il nostro
pensiero e dunque, paradossalmente, nemmeno l’originale può farci garanzie
assolute sulla correttezza del messaggio.
Se non possediamo l’originale, un testo potrà essere trasmesso da uno o più
testimoni (manoscritti o a stampa) che solo raramente sono esemplati sull’originale,
mentre più spesso ne dipendono attraverso un numero sconosciuto di copie
intermedie.
Per gli antichi manoscritti si aggiungono altri problemi: un amanuense, per esempio,
poteva rimediare di testa sua a un guasto meccanico; abbiamo anche dei casi in cui
un’opera era sottoposta a radicali rimaneggiamenti, tagli, ampliamenti, censure.
Fin dall’antichità ha preso forma una disciplina particolare, la filologia, che si è
dedicata alla cura e al restauro delle opere letterarie.

*FILOLOGIA: La filologia (in greco antico: φιλoλογία, philologhía («interesse per la


parola»), composto da φίλος, phìlos, "amante, amico" e λόγος, lògos, "parola,
discorso"), secondo l’accezione comune attuale, è un insieme di discipline che studia
i testi di varia natura (letterari, storici, politologici, economici, giuridici, ecc.), da
quelli antichi a quelli contemporanei, al fine di ricostruire la loro forma originaria
attraverso l’analisi critica e comparativa delle fonti che li testimoniano e pervenire,
mediante varie metodologie di indagine, ad un’interpretazione che sia la più
corretta possibile.

La filologia è sempre esistita ma ha avuto il suo sviluppo soprattutto in epoca


umanistica; tuttavia, i metodi seguiti non davano alcuna garanzia ai fini del
ristabilimento dell’originale.
Dall’800 la filologia testuale, o critica del testo, rivendica lo statuto di disciplina
scientifica col metodo Lachmann.
Il metodo si fonda anzitutto sul vaglio dell’intera tradizione manoscritta o a stampa,
mettendo a confronto i testimoni in modo da stabilire, sulla base degli errori, le
relazioni reciproche.
Una volta ricostruito il testo, si passa al suo esame per decidere se esso può o meno
coincidere con l’originale: in quest’ultimo caso, si postula l’esistenza di un
capostipite comune a tutti i testimoni che già conteneva degli errori, che poi si sono
trasmessi.
A questa entità virtuale, che si frappone tra l’originale e i codici superstiti, si dà il
nome di archetipo.
Un attento esame degli errori permette di capire se due testimoni sono apparentati,
cioè risalgono a uno stesso antecedente (errori cognitivi) oppure se un testimone
non può dipendere da un altro (errori disgiuntivi).
Dagli errori si stabiliscono le relazioni reciproche tra i codici rappresentarli in degli
schemi o alberi genealogici

*
CRITICA DELLE VARIANTI: è lo studio delle fasi preparatorie di un testo nelle sue
varie redazioni e correzioni dell’autore stesso

Un altro problema è quello della lingua e delle grafie: un classico latino non presenta
problemi di omogeneità perché il latino non cambia da codice a codice; ma non è
così per i testi volgari del Medioevo che ci sono conservarti da manoscritti
caratterizzati da specifiche patine linguistiche (dialettali).
Bisogna tenere presente, quindi, che ogni edizione, anche la più rigorosa, è
un’approssimazione a qualcosa, cioè all’originale, che per definizione resta
irriconoscibile.

LA COMPETENZA
Il pubblico, come la lingua, segue dei cambiamenti. Una lingua pur continuando ad
avere il suo nome (Inglese o italiano) è molte volte differente dalla lingua che si
parlava un secolo prima. Stessa cosa per la concezione e conoscenza del mondo
durante le epoche.
Un’opera quindi può avere diverse interpretazioni in base alle nostre capacità di
immedesimarci, ma anche in base alle nostre conoscenze, che sono:
● Competenze linguistiche: capacità, da parte del singolo parlante, di produrre
e di capire frasi grammaticali.

● Competenze letterarie: sono le competenze storico-culturali che ogni


individuo possiede.
È necessario un bagaglio di conoscenze storiche e teoriche, non tutte ricavabili
dai testi. Non
esiste pertanto una “competenza letteraria” generale, ma tante competenze
diverse per quanti sono gli aspetti in cui un testo letterario può essere
analizzato: componente retorica, metrica, narrativa, ecc.

LA TRADUZIONE
La traduzione significa “la stessa cosa dell’originale” e avviene tra due lingue
differenti ma anche tra i diversi stadi della stessa lingua (volgare e italiano
contemporaneo) o anche tra dialetti regionali (siciliano e italiano).
Quando le differenze tra una lingua e un'altra (scarto) non sono colmabili con delle
note si ricorre alla traduzione.
In ogni traduzione il testo scompare per essere sostituito da un “altro” testo, con
l’inevitabile perdita di una parte del messaggio.
Ogni testo, infatti, si può analizzare in:
 un piano dell’espressione (“come” qualcosa viene detto)
 un piano del contenuto (“che cosa” viene detto) detto contenuto denotativo,
il significato letterale delle cose.
Questi due piani messi insieme esprimono a loro volta un “che cosa”, un contenuto
connotativo che si compone da: metrica, arcaismi (parole o espressioni all’interno
del testo che sono ormai fuori uso rispetto alla lingua corrente dell’opera) e gli over-
tones letterari (è un’idea o qualità suggerita senza essere detta direttamente nel
testo).
Nella traduzione si riesce di solito a trasferire solo il contenuto denotativo, mentre il
piano dell’espressione e quello del contenuto connotativo vengono sostituiti.
La traduzione è dunque sempre una perdita, un’approssimazione, o una
sostituzione che compensa gli effetti dell’originale con altri nuovi.

Gli studiosi della traduzione si dividono fra quelli che sostengono:

 traduzione straniante: bisogna avvicinare il lettore al testo, cioè chi si fa


autore della letteralità come maniera di avvicinarsi a una lingua originaria

 traduzione naturalizzante: dà spazio alle esigenze del pubblico a cui si rivolge


la traduzione
Sembra preferibile la seconda posizione: la traduzione deve risultare alla fine
scorrevole e ben leggibile nella lingua d’arrivo.

LO STUDIO DELLA LETTERATURA


Dopo le oscure origini, la letteratura italiana giunge ben presto con Dante a
un’espressione suprema. Forma e contenuto trovano nella Commedia un punto di
equilibrio.

La letteratura italiana diventa via via una letteratura aristocratica, formalistica,


sempre più lontana dalle vicende della storia.
Con Ariosto esordisce un nuovo spirito critico che inaugura la coscienza moderna.
Tale processo sarà interrotto in Italia dalla Controriforma. Proseguirà in Europa con
l’Illuminismo.
Nessuna estetica novecentesca ha più avuto la forza d’attrazione che aveva
esercitato l’estetica romantica. Naturalmente, la storia della letteratura continua ad
esistere nella tradizione critica contemporanea, arricchendosi di nuovi riferimenti.

Oggi viene studiata dalla teoria dalla letteratura.


Mentre un tempo la critica normativa si occupava di stile, retorica e generi, oggi
il teorico porta a un’attitudine descrittiva.
In questo ambito si individuano, all’interno dei testi, le costanti che li accomunano
(tradizioni, tipologie, affinità strutturali), e le varianti che li contraddistinguono.

Capitolo 8
“Weltliteratur, cos’è la letteratura comparata, canone”
La teoria della letteratura: Nel dare una definizione di “letteratura”, il teorico
mostra un’attitudine descrittiva poiché egli individua le costanti che accumunano i
testi, oltre che le varianti che li contraddistinguono; e sono proprio le costanti che ci
fanno apprezzare meglio le particolarità dei testi. Nella critica contemporanea,
teoria e storia sono strettamente interconnesse, per questo si favorisce la ricerca
antropologica. Così facendo, tuttavia si rischia di definire la letteratura con la
nozione più generica di cultura. A questo punto, potremmo parlare di una
morfologia storica più che di una vera e propria teoria della letteratura.
Il ruolo del pubblico e l’importanza dell’interpretazione: Il pubblico è visto come
un’ “attesa”, un’ “ispirazione”.
In tal senso, l’opera si colloca come elemento dinamico e attivo, al centro della
relazione autore-pubblico, perno della comunicazione.
Particolare rilevanza ha il linguaggio scelto, poiché scegliere un linguaggio vuol dire
selezionare un destinatario che possieda la competenza per comprenderlo.
Ed è proprio qui che la strategia dell’autore e l’iniziativa del pubblico trovano il loro
punto d’equilibrio: l’oggettività linguistica che simboleggia il loro incontro e ne
garantisce la permanenza. Strettamente correlata al linguaggio è la traduzione: se il
testo non fosse continuamente tradotto (in termini culturali), il patrimonio letterario
cesserebbe di “parlarci”. Lo scopo della critica non è infatti “fissare”
un’interpretazione definitiva ma mutevole, così da favorire il dialogo infinito con il
testo.
Le letterature comparate e la “Weltliteratur”: Le letterature comparate consentono
di mettere in relazione testi diversi coinvolgendo concetti come: identità, diversità e
delimitazione.
Si cerca di delineare un denominatore comune tra le diversità privilegiando la
traduzione delle opere.
Per l’efficacia e la scientificità che lo contraddistinguono, il comparatismo è definito
come un “metodo potente”.
Le letterature comparate, dunque, sono una disciplina che confronta diverse
tradizioni letterarie, facendo sì che le letterature nazionali acquistino coscienza
nella loro autonomia (l’esigenza di confronto è intrinseca).
Nella prima fase, nonché quella della “scuola francese”, la comparatistica ha
studiato soprattutto i casi bipolari di influenze dirette (ad esempio il confronto tra
Boccaccio e Chaucer), con lo svantaggio, tuttavia, di limitarsi allo studio delle fonti.
Più avanti, con la “scuola americana” assistiamo all’evoluzione del modello di analisi,
che inizia a basarsi sulla dimensione sovranazionale della letteratura. Gli studi
iniziano dunque a porre l’attenzione su forme, temi, generi e movimenti letterari in
svariate tradizioni, al di là dei rapporti diretti.
Procedendo nel corso della storia, si inizia per la prima volta a parlare di “letteratura
universale”. Fu proprio Goethe, nel 1827, a scrivere: “il tempo delle letterature
nazionali è morto, inizia la Weltliteratur”.
Per “Weltliteratur” si intende una letteratura legata al concetto di
internazionalizzazione, per cui la traduzione è inevitabile.
Da allora la nozione è stata interpretata in diverse maniere:
 studio tendenzialmente illimitato (quindi utopico) di tutte le produzioni
letterarie;

 studio delle opere che hanno una circolazione internazionale (ma che non
sono le più significative);

 studio dei classici che sono alla base di tutta la tradizione europea (Omero,
Dante, Shakespeare, Cervantes, ecc.) il che equivale a parlare del canone.

*CANONE
Fin dall’età ellenistica si sono elaborate liste di autori considerati eccellenti. In età
moderna questa prassi viene designata dal termine canone, tratto dall’uso
ecclesiastico, dove indica la lista ufficiale e autorizzata dei libri che compongono la
Bibbia e dei testi dei Padri della Chiesa.

➔ Un canone è quindi una serie di testi che una determinata società considera
fondamentali per la propria cultura e tradizione, ed esemplari sotto ogni punto di
vista: il che equivale a dire che li considera dei classici.

Tuttavia, è un giudizio che per secoli ha anche influenzato la selezione e la


trasmissione dei testi: in quanto, si tramandavano solo gli autori, e solo alcune delle
loro opere, che si ritenevano degni.

La cultura dominante (occidentale) è inevitabilmente quella che ha prodotto più


testi, e può risultare più produttivo rileggere in chiave diversa le opere canoniche
piuttosto che ribaltare il canone (anche se è innegabile il grande valore conoscitivo
prodotto dalla riscoperta della letteratura femminile o di letterature non
occidentali).
Ma dall’altro lato, una riaffermazione acritica dei canoni tradizionali oggi non è
possibile.
Il canone, infatti, è un prodotto storico, che non può avere valore assoluto, e che è
sempre frutto di censura e gerarchie spesso arbitrarie.
Nell’analisi delle sue parole, possiamo cogliere l’intuizione di Goethe relativa
all’inizio della globalizzazione: le letterature comparate sono infatti coetanee della
globalizzazione, non a caso si basano sugli studi tematici, che consistono nello
studiare i testi alla ricerca del modo in cui un tema è stato trattato nel tempo in
tradizioni letterarie differenti.
La letteratura è vista come un fenomeno con radici profonde che presuppone il
“riuso” dei testi per adattarsi alle esigenze di un pubblico in costante evoluzione
senza offendere la specialità dei testi. Ogni testo è infatti concepito come un evento
singolo e unico.

L’insegnamento della letteratura: L’insegnamento della letteratura parte dalla


scuola, che acquista un ruolo decisivo nell’ambito della cultura giovanile.
Occorre precisare che la letteratura presenta una fruizione puramente estetica,
fondata sulla libera scelta. È proprio la scuola a tramutare la letteratura in dovere
(contraddizione necessaria), con lo scopo di creare un vero e proprio lettore.
La cultura umanistica, pone l’enfasi sulla lettura come fondamento dell’educazione,
ma paradossalmente viene impoverita poiché considerata mero esercizio di
esteriorità verbale.
Come sostiene Aristotele, se leggo solo per piacere, escludo una serie di conoscenze
necessarie. Per tale motivo, è compito della scuola “educare al piacere”.
L’esperienza in aula si dimostra infatti decisiva: vengono forniti gli elementi per una
comprensione letteraria consistente, viene insegnato a saper leggere e analizzare un
testo (prima fase di orientamento); in seguito, viene attenzionata la funzione
estetica, in modo da accrescere la curiosità intellettuale e conferire una maggiore
apertura mentale.
Dai saggi di ECO. A CHE COSA SERVE LA LETTERATURA?

1. TIENE IN ESERCIZIO LA LINGUA, che va dove vuole ma è sensibile ai suggerimenti


della letteratura: ad esempio, senza Dante non ci sarebbe stato un italiano
unificato, in quanto la comunità ha continuato a ispirarsi a quel modello.

2. Contribuendo a formare la lingua, CREA IDENTITÀ E COMUNITÀ.

3. CI OBBLIGA A UN ESERCIZIO DELLA FEDELTÀ E DEL RISPETTO NELLA LIBERTÀ


D’INTERPRETAZIONE: le opere letterarie ci invitano alla libertà d’interpretazione
ma occorre essere mossi da un profondo rispetto verso l’intenzione del testo.
L’universo di un libro ci appare come un mondo aperto, ma i testi letterari ci
dicono anche ciò che non possiamo prendere come spunto per libere
interpretazioni.
Ispirandoci la fiducia che ci sono alcune posizioni che non possono essere
revocate in dubbio, ci offre un modello di verità.

4. I PERSONAGGI MIGRANO: a certi personaggi letterari (non a tutti) accade che


escano dal testo in cui sono nati per migrare in una zona dell’universo che ci
riesce molto difficile delimitare.
Quando hanno fortuna, i personaggi narrativi migrano da testo a testo (Ulisse,
Artù, Pinocchio), diventano individui che vivono al di fuori delle partiture
originali, e su di essi anche persone che non l’hanno mai letta possono
pretendere di fare affermazioni vere.
Certi personaggi diventano quindi collettivamente veri perché la comunità ha
fatto su di essi degli investimenti passionali.

5. CI EDUCA AL FATO E ALLA MORTE: ci fa toccare con mano l’impossibilità di


cambiare il destino, contro ogni nostro desiderio.
Dai saggi di Steiner. LA COMPARATISTICA E LA WELTLITERATUR
Ogni atto di percezione di una forma significante nel linguaggio, nell’arte, nella
musica, è comparativo: cerchiamo di “situare” l’oggetto che sta davanti a noi (il
testo, il quadro, la sonata) nel dargli il contesto di esperienze già avvenute e a esso
correlate. Intuitivamente, cerchiamo l’analogia, il precedente, i tratti “familiari” che
riallacciano un’opera per noi nuova a un contesto riconducibile.
In questo procedimento dinamico, chiamato “ermeneutico” dal nome di Ermes, il
dio dei messaggi, la comparazione è implicita.
La parola Weltliteratur è un neologismo di Goethe, e in parte è rappresentata dallo
studio e la pratica della traduzione: questo suggerisce un’intuizione degli universali
che sottendono e generanno tutte le lingue e producono, persino tra quelle più
diverse a livello formale, delle affinità sommerse di struttura e di evoluzione. Queste
convinzioni formarono la base delle letterature comparate.
Le letterature comparate, quindi, sono un’arte della comprensione imperniata sulla
possibilità e sulle sconfitte della traduzione.
Tutto questo si collega al secondo punto focale della disciplina: la disseminazione e
la ricezione delle opere letterarie attraverso il tempo e lo spazio.

Dai saggi di Calvino. ALCUNI TENTATIVI DI CALVINO DI DEFINIRE UN CLASSICO:


1. Di un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
2. Di un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura.
3. Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
La lettura di un classico deve darci qualche sorpresa in rapporto all’immagine che
avevamo: nessun libro che parla di un libro dice più del libro in questione.
CAPITOLO 2
Stilistica e retorica
LINGUA, STILE, TOPOS,TEMA,MOTIVO, MACROTESTO E TESTO

LA LINGUA:
Tutte le lingue variano nel tempo, esistono:
 variazioni diacroniche: variazioni nel tempo, cioè i cambiamenti che una
lingua subisce; studiate dalla linguistica storica.
 variazioni sincroniche: variazioni osservabili in un momento preciso della
storia.
Queste possono essere:
- spaziali: varietà regionali, dialetti; studiate dalla dialettologia
- sociali: formalità, stratificazione sociale o regionale, scritto o parlato;
studiate dalla sociolinguistica.

Nella lingua si hanno vari dialetti, tra il dialetto e la lingua c’è una differenza di
status culturale e sociale, in quel punto l’italiano è uno status superiore.
Oltre ai dialetti possiamo dire che esistono varietà regionali e la lingua standard
(lingua priva di variazioni regionali es: L’italiano e diffusa maggiormente nello scritto
e meno nel parlato)
Accanto alle varietà regionali ci sono le varietà sociali che dipendono da diversi
fattori come: l’età, l’educazione, il sesso, e il tipo di professione
La sociolinguistica ha sottolineato l’esistenza di due tipi di stratificazioni:
1. verticale o sociale
2. orizzontale o regionale
Affermando che uno stesso parlante utilizza più varietà a seconda del contesto
(formale o informale).
Questo fenomeno viene denominato conversione di codice in cui il parlante è
soggetto a dover scegliere tra codici, varietà e stili e anche tra sottocodici o lingue
speciali (un lessico specifico, es. di una professione oppure dello sport, della
burocrazia, ecc.)
I GENERI DEL DISCORSO
I generi sono delle categorie testuali che hanno caratteristiche formali
tradizionalmente riconosciute (es: favola, l’articolo, la lettera, la barzelletta ecc...)
L’elenco dei generi è potenzialmente illimitato e comprende: sottogeneri e generi
composti (più generi messi insieme es: un'intervista al telefono, dove l’intervista è
un genere e anche la telefonata perché un genere orale).

I GENERI LETTERARI
I generi sono istituzioni letterarie date dall’incontro tra
 contenuto (sfera tematica);
 espressione (forma espressiva).
quindi tra materia e forma

Ogni genere letterario viene riconosciuto dal pubblico tramite le proprie


caratteristiche perché diverse tra un genere e l’altro, dove quest’ultime
rispondono alle attese del pubblico.
Il concetto di genere dimostra tutta la sua utilità, soprattutto sul piano descrittivo
per individuare le caratteristiche nelle varie epoche e movimenti letterari.
Grazie a ciò si può misurare l’innovazione letteraria che è possibile introducendo
alcuni cambiamenti su alcuni aspetti del genere.
Si può creare un genere nuovo anche mescolando un genere letterario già affermato
(es: romanzo) con un genere del discorso (es: lettera) ad esempio il romanzo
epistolare.
La combinazione tra i due generi può avvenire tramite:
1. riduzione (es: romanzo cavalleresco che accomuna epica e romanzo cortese)
quindi vengono condensati più generi.
Nel Novecento il processo di riduzione ha condensato un gran numero di generi
letterari, in pochi, ovvero: romanzo, racconto, poesia e teatro.
La mescolanza dei vari generi porta ad avere nei testi degli elementi riconducibili a
generi talvolta lontani.
Per esempio, il romanzo talvolta presenta tratti riconducibili alla lirica o alla
drammaturgia o la narrazione presenta come elementi il dialogo o il monologo,
soprattutto nel Novecento.
2. sul piano dell’espressione e del contenuto (es: verso nel racconto o della
prosa nella lirica)
Alcuni generi vengono detti di secondo grado e la maggior parte delle volte sono
parodici (da parodia quindi brutta copia) perché usano un linguaggio alto per
esprimere un contenuto basso o viceversa.
Tra i diversi generi esiste una disposizione gerarchica, che permette la definizione
di sottogenere o quella di macrogenere (che comprende più generi, es: romanzo
rosa, giallo, storico ecc.)

GRAMMATICA:
La grammatica fissa le regole sintattiche che regolano le combinazioni tra i simboli
di una lingua e i loro significati denotativi.
Seguendo la grammatica decodifichiamo o decifriamo un testo letterario, via via
che decifriamo il testo quelli che inizialmente ci sembrano solo simboli e suoni
assumono un significato che ha un ruolo importante nella comunicazione.
È necessario non limitarsi solo a decodificare il messaggio ma anche ad
interpretarlo poiché ogni messaggio è anche un’azione: un invito, una richiesta, un
ordine ecc..) che non sempre è comprensibile solo dalla sua forma linguistica (es: fa
freddo in questa stanza può essere inteso o come un’affermazione o come un
invito).
La linguistica contemporanea in passato ha definito la grammatica come un atto
locutivo (messaggio analizzato solo da un punto di vista grammaticale) mentre ora
lo definisce come atto illocutivo (di ogni messaggio viene vista anche l’azione che
esso ha sul mondo).
La grammatica incontra problemi dal punto di vista empirico (perché la grammatica
ha delle regole specifiche e rigide come la metrica, mentre l’interpretazione incontra
dei problemi dal punto di vista normativo perché non ha delle regole specifiche).
*STILE:
Dal latino stilo-stilus, cioè un’asticella utilizzata per incidere parole su una pietra
(strumento di scrittura).
Per stile si è sempre inteso, fino all’epoca moderna, l’adeguazione a norme
pubbliche, tradizionali, che a seconda dei casi lo definivano come umile, mediocre,
grave.
Queste norme non presupponevano, a loro volta, nessuna violazione del codice
linguistico, ma si aggiungevano ad esso come un “codice” supplementare, un
sistema di restrizioni.

Per le poetiche romantiche lo stile è il mezzo attraverso cui si manifesta la


creatività personale, il gusto, la visione generale del mondo dello scrittore,
ponendo quindi al centro l’individualità delle singole realizzazioni cioè delle opere.

Quando si decide di non seguire le norme, cioè si sceglie un’alternativa rispetto


all’ideale lo stile può essere considerato come uno scarto rispetto alle norme.
É il caso delle avanguardie che hanno tentato una consapevole violazione di un
sistema di norme tradizionali dello stile (si ritorna ai diversi tipi di stili mediocri, umili
o gravi).
Lo stile va visto come una strategia discorsiva e retorica che permette ai testi di
acquisire densità e coerenza.
Quando un sistema espressivo si è istituzionalizzato non ne percepiamo la presenza
come un valore stilistico.

*Su un piano analitico è importante tener conto della storia degli stili, possibile con
la sintesi di Auerbach sulla divisione e la mescolanza degli stili:
La divisione degli stili si basa su un'antica teoria dove le opere che trattavano la
realtà quotidiana e pratica doveva far parte solo degli stili umili o medi, vale a dire
dovevano essere scritte sotto forma grottesca e comica.
Ad essi viene contrapposto il realismo moderno, dove troviamo Stendhal e Balzac
che facevano della realtà quotidiana una rappresentazione seria, problematica o
addirittura tragica infrangendo così la regola classica della separazione dei livelli
stilistici.
*POETICA
Disciplina che ha per oggetto l’arte poetica, di cui si occupa sotto un profilo
prevalentemente teorico, eventualmente anche da un punto di vista descrittivo-
sistematico, storico-funzionale, ecc., non però al fine principale di fornire
determinate norme preferenziali per la produzione poetica (che pure possono
essere, implicitamente o esplicitamente, presenti).
È il modo con cui qualunque autore produce le sue opere/testi in prosa o versi
(coincide con la definizione di “stile”)

È la concezione personale dell’autore della letteratura (Cos’è la letteratura per


l’autore?)

Tiene insieme AUTORE- TESTO- LETTORE

La poetica si riassume con la formula: STILE+ TEORIA

*TOPOS/TOPOI
Tòpos [dal greco τόπος «luogo»] (pl. tòpoi, gr. τὸποι).
In italiano, il termine che corrisponde a topos è “loci communes” che sono
descrizioni o argomenti, di validità generale all’interno di una certa cultura.
*Il topos è un motivo ricorrente, in un’opera, nella tematica di un autore o di
un’epoca.
Es. il topos del viaggio (letteratura del viaggio): si ritrova nella la saga de “Il Signore
degli Anelli”, l’errare (perdersi) si ritrova nella “Divina Commedia”,
*NON è da confondere con il termine inglese di “topic”, che significa argomento/
ciò di cui si parla (trama/tema)
*TEMA
Termine che deriva dal latino “thema”, che significa “argomento”.
In letteratura il tema è l’argomento, soggetto trattato o da trattare in un discorso o
in uno scritto.
È la “macroarea” di un’opera (parla dell’argomento in generale senza entrare
troppo nei dettagli)
È possibile considerarlo come la “colonna vertebrale” di un’opera, che si ripete
da un autore all’altro con vari modi di elaborazione e sviluppi.

*MOTIVO
Il motivo può essere considerato come un sinonimo di topos, in tedesco infatti il
termine “LAITMOTIV” significa “motivo ricorrente”
Esso è ciò che costituisce il tema (movente)
Esso è il nucleo dell’idea, quindi del tema
Il motivo corrisponde al MODO e al CONTENUTO

STUDI TEMATICI
La critica tematica era stata accantonata per un certo periodo.
Oggi però possiamo parlare di una vera e propria sua rinascita.
La nuova tematologia intende analizzare le trasformazioni dei temi letterari
attraverso svariate epoche e culture, spesso allargando lo spettro di indagine fuori
dall’ambito occidentale.
La prima operazione è la delimitazione di campo.
Ciò che si deve evitare è il ricorso a grandi categorie, che per l’eccessiva ampiezza
finiscano per essere onnicomprensive: il tema perderebbe così il suo peso specifico
e diventerebbe una pura metafora.
È utile introdurre il concetto di campo tematico (o arcitema): un insieme,
tendenzialmente aperto, di temi apparentati fra di loro, che creano quindi una rete
di intersezioni.
Gli arcitemi ci svelano le dimensioni fondamentali di cui si è occupata la letteratura:
l’identità, l’alterità, la passione, il viaggio, e così via.
Si possono così distinguere i temi transculturali e di lunghissima durata, da quelli più
legati a singoli contesti, o da quelli strettamente connessi con movimenti letterari
specifici. Lo studio dei temi di lunga durata deve inevitabilmente misurarsi con il
variare dei contesti storico-culturali, dei generi e delle tradizioni letterarie.

ORALITÀ E SCRITTURA.
La storia della poesia, e la storia quindi della stessa letteratura, cominciano con la
poesia orale, composta nell’esecuzione da persona che non sanno né leggere né
scrivere.
Le sue caratteristiche sono:
1. è cantata o quantomeno cantilenata;

2. il tratto più caratterizzante è la fluidità del testo, cioè l’assenza di un testo


definitivo; si tratta di una tecnica di improvvisazione per mezzo di “formule”, cioè
sintagmi “stereotipati”;

3. il parallelismo (corrispondenza o ripetizione con leggere variazioni dello stesso


contenuto sintattico) e la paratassi (disegno sintattico che si serve
principalmente della coordinazione.

L’indistinguibilità tra composizione ed esecuzione fa sì che il testo non sia mai lo


stesso da esecuzione a esecuzione: avremo perciò tante “varianti” che possono
differenziarsi per aggiunta o soppressione di parti, per l’aggiornamento dei
contenuti in rapporto al mutare delle condizioni sociali, storiche e delle credenze
religiose di una certa comunità.
Questo comporta che l’atto della trascrizione di un testo orale, di una sua variante,
ne modifica la natura.

Quello che va notato è che i testi hanno una doppia forma di esistenza, scritta e
orale.
TRADIZIONE E AVANGUARDIA
La letteratura non è mai stata realmente un’istituzione unitaria.
In letteratura la divisione degli stili, la gerarchia dei generi e le leggi stesse della
metrica hanno un fondamento naturale: l’idea di un rapporto necessario tra forma
della rappresentazione e oggetto rappresentato.
Questa fiducia viene fortemente incrinata, anzitutto, dalla rivoluzione illuminista e
romantica.
La letteratura “moderna” si concepisce come diversa e distinta da quella del
passato. È questa una prima frattura, di ordine temporale, fra antico e nuovo.
La divaricazione viene ulteriormente approfondita nel momento in cui si
costituiscono le vere e proprie avanguardie.
Ciò a cui l’avanguardia si contrappone è solo a prima vista la tradizione, il passato,
l’antico: suo bersaglio viene identificato nella meschinità della vita borghese.

LETTERATURA E PARALETTERATURA
Un’opera si modella in base al pubblico a essa è riferita e a seconda delle sue
modalità di esecuzione rispetto alla tradizione, la destinazione è insomma un fattore
attivo.
La regolarizzazione intorno a degli standard definiti implica l’attribuzione di un ruolo
ad una cerchia di “detentori del gusto”, cui era riconosciuta un’autorità normativa
avevano il ruolo di sancire ciò che doveva e non considerarsi letterario.
Le tradizioni informali rimaste escluse dalle normalizzazioni continuavano
comunque a rimanere in vita nel folklore, potremmo parlare di:
letteratura marginale: fruita da classi che non facevano ufficialmente parte al
circuito della letteratura ufficialmente detta, ad essa s’intrecciano le oscillazioni
tra funzionalità estetica e quella extraestetica (morale, pedagogica, ecc)
L’esistenza di una letteratura marginale non costituiva un problema per chi
riteneva che l’unica, vera letteratura fosse l’altra, l’ufficiale.

Quando le rivoluzioni borghesi hanno posto lo scrittore europeo davanti a un


pubblico potenziale di dimensioni inedite, l’intero sistema letterario ne è uscito
radicalmente modificato.
Nasce l’editoria moderna, la gerarchia di generi è sconvolta dal trionfo del romanzo
e la stessa professione intellettuale si definisce in forme nuove, in rapporto a un
mercato non solo librario ma anche pubblicistico.

Si costituisce via via una nuova tradizione “popolare”: romanzi sentimentali e


lacrimevoli, al tempo stesso edificanti e pieni di brividi proibiti, cicli interminabili di
avventure pseudostoriche: si tratta di una letteratura “inferiore”, in parte ancora
destinata a ceti piccolo-borghesi e paragonabile alla letteratura marginale del
passato.

Del tutto distinta dalla “letteratura popolare” deve essere considerata la vera e
propria letteratura di massa.
Essa rivolge a un pubblico interclassista: è il moderno bestseller della società
industriale avanzata, che tende a una rinnovata unificazione dei lettori intorno a
prodotti largamente accessibili.
È intrinseca alla società di massa non solo una tendenza all’omogeneità dei
comportamenti, ma anche alla differenziazione dinamica di gruppi, funzioni.

Queste classificazioni non sono fondate su confini netti, e fungono piuttosto da


indicazioni approssimative.
Né vanno trascurate le differenziazioni funzionali dei generi (giallo, fantascienza,
rosa), solo in parte connesse a differenziazioni del pubblico.
Tantomeno a questi livelli corrispondono a ordini diversi di valori (un’opera
d’avanguardia può essere brutta).
Il criterio di demarcazione si rivela invece nei livelli di competenza che le opere
richiedono ai loro lettori.

RETORICA

La retorica ha a che fare con l’argomentazione, in qualsiasi sua forma, anche non
verbale.
Il “campo dell’argomentazione” coincide con l’intera nostra esperienza intellettuale.
L’ambito della retorica non è solo giuridico o letterario, né il suo fine solo la
persuasione o l’ ”abbellimento” del discorso.
I rapporti tra retorica e poetica sono sempre stati assai intricati e complessi e per
certi aspetti contraddittori, la retorica ad uso dei letterari è stata privata di aspetti
che in origine erano secondari, cioè della retorica è stato travisato lo spirito stesso.
La retorica nasce come disciplina teorica e nasce come arte, o scienza, o tecnica
della persuasione, che trova le sue applicazioni nell’ambito giudiziario e politico. In
sistemi dove il potere esecutivo o giudiziario è accentrato in mano di pochi, la
retorica perde la sua ragione di essere.

Secondo il canone classico, i tre generi della retorica sono;


1. genus iudiciale → impiegato per accusare o difendere in un processo;
2. genus deliberativum → mira a orientare le decisioni di un’assemblea;
3. genus demonstrativum → ha la funzione di lodare o biasimare una persona.

Le parti della retorica sono, cinque:


1- INVENTIO:
È la scelta degli argomenti che possono essere di tre tipi:
 etiche (per attirare la simpatia)
 patetiche (per suscitare commozione)
 logiche (di tipo razionale o apparente razionale).

2- DISPOSITIO:
Consiste nell’arrangiamento del materiale da parte dell’oratore o dello scrittore.

3- ELOCUTIO:
è la cura dell’espressione, e si suddivide in tre generi o stili, esemplificati dalle tre
opere di Virgilio:
 Stile basso (le Bucoliche)
 Medio (le Georgiche)
 Sublime (l’Eneide)
L’elocuzione deve osservare alcune virtù, come la purezza della lingua, la chiarezza,
l’adeguatezza della materia al pubblico e l’ornamento; quest’ultima virtù si serve
principalmente delle figure:
 di pensiero: regolano l’organizzazione del contenuto)
 di parola: riguardano la singola parola (tropi) o più parole; il tropo consiste
nello spostamento del significato della parola come avviene ad esempio nella
metonimia e nella metafora)
In particolare, a destare interesse sono le figure di significazione, altrimenti dette
tropi.
Τρόπος (trópos) in greco significa «direzione», ma il suo significato originario è
stato successivamente abbandonato per quello di «deviazione», «conversione».
Per tropo, infatti, si intende una variazione (mutatio) del significato di
un'espressione rispetto al suo significato originario.
I tropi sono figure retoriche che modificano alcune parole con il fine di
comunicare, e sono anche figure retoriche di sostituzione.

● METAFORA: una figura retorica che si basa su una similitudine per analogia. Si
ha quando, si sostituisce un termine con un altro la cui "essenza" o funzione
va a sovrapporsi a quella del termine originario creando immagini di forte
carica espressiva.
Esempio: il mare è come una tavola (il mare è calmo)

● SIMILITUDINE: è una figura retorica che consiste nel confrontare due identità,
in una delle quali si individuano proprietà somiglianti e paragonabili a quelle
dell'altra, facendo uso di avverbi quali: come, simile a, sembra, assomiglia,
così come, ecc.,
Esempio: «Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie»

● SINEDDOCHE: è una figura retorica che consiste nella sostituzione tra due
termini in relazione tra di loro.
Esempi: "Inghilterra" al posto di "Regno Unito”, “America” al posto di Stati
Uniti d’America”, “felino” per il “gatto”,
● METONIMIA: è una figura retorica che consiste nella sostituzione di un
termine con un altro che ha con il primo una relazione di vicinanza, attuando
una sorta di trasferimento di significato.
È il rapporto tra la parola usata e quella sostituita, c’è una sorta di rapporto
causa-effetto.
Esempio: "ha una buona penna" / sa scrivere bene
"è sbiancato in volto" / "si è spaventato"

● PERIFRASI: è una figura retorica che consiste nel sostituire una o più parole in
una frase con altre che ne richiamino il senso o lo veicolino in modo più
suggestivo o efficace.
Esempio: «re de l'universo»: per indicare Dio (Dante Alighieri, Inf. V, 91);

● RETICENZA: una figura di pensiero. Consiste in un'interruzione improvvisa del


discorso, per dare l'impressione di non poter o non voler proseguire, ma
lasciando intuire al lettore o all'ascoltatore la conclusione, che viene taciuta
deliberatamente per creare una particolare impressione.
Esempio: «E questo padre Cristoforo, so da certi ragguagli che è un uomo che
non ha tutta quella prudenza, tutti quei riguardi...»

● ANTONOMASIA: Attribuire delle caratteristiche adattabili ed estendibili ad


altri soggetti utilizzando il nome proprio di un determinato individuo, a partire
dalle qualità specifiche di quest'ultimo.
Esempio: Ad una persona aggressiva e distruttiva potremmo dire Sei un vero
Attila! con ciò intendendo che Attila è il distruttore per antonomasia.

Riferirsi a un individuo con un epiteto, che, sempre a partire dalle qualità del
soggetto, diviene un nome per indicarlo.
Esempio: il «pianeta rosso» sta per Marte.
● IRONIA: consiste nell'affermare il contrario di ciò che si pensa con lo scopo di
ridicolizzare o sottolineare concetti per provocare una risata.

● LITOTE: è una figura retorica che consiste nel dare un giudizio o fare
un'affermazione adoperando la negazione di un'espressione di senso
contrario. Si ha quando si sostituisce un'espressione troppo cruda con la
negazione del contrario. Può avere intento di attenuazione o enfasi, ma anche
di ironia.
Esempio: «Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con un
cuor di leone»

4- MEMORIA:
La memoria è la tecnica di apprendimento del discorso.

5- ACTIO O PRONUNTIATIO:
Si occupa dell’esecuzione (tono della voce, gesti ecc..) quindi tutta quell’area
dedicata alla performance che attinge ai linguaggi non verbali.
CAPITOLO 3
Modi della poesia
In letteratura i generi letterari adottano il verso o la prosa in base ad una
convenzione letteraria, data da una determinata cultura che ammette variazioni nel
tempo.
La lirica trova nel verso la sua espressione ideale, ma dal secondo ottocento ha
impiegato come veicolo anche la prosa, ne è un esempio Baudelaire con la raccolta
“Petits poemes en prose”.
Il romanzo e il racconto (la narrativa) hanno la loro origine in generi medievali in
versi, ma ai giorni nostri troviamo poemetti in versi e racconti in versi.
LIRICA E NARRATIVA/ POESIA E PROSA (DEFINIZIONE)
Discorso letterario: Per discorso letterario intendiamo qualunque testo letterario.
Discorso poetico: Il campo attribuibile a tali esperienze di poesia nell'ambito della
classificazione storica e filologica.
POESIA: termine che deriva dal latino “POESIS” e che a sua volta veniva dal greco
“poieis”, dal verbo “poiein” che significa “fare, creare” qualcosa che prima non
esisteva.
Per i greci, la poesia era oggetto estetico ed aveva delle caratteristiche tecniche ben
precise che la distinguevano dagli altri oggetti. La poesia veniva cantata dai greci con
l’accompagnamento del suono della lira (strumento a corde), da qui ne deriva una
prima definizione di poesia lirica.
Una seconda definizione di poesia lirica che nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio
dell’800 (periodo del Romanticismo) è intesa nel senso di poesia affettiva, nella
quale prevale l’espressione della pura soggettività del poeta (l’io lirico). La poesia
lirica è intesa come la libera e immediata espressione del mondo interiore
(sentimenti, passioni…) del poeta, cioè l’“io poetico” (io= autore).
La poesia è caratterizzata dalla composizione in versi ed è definibile come “un
discorso che ritorna sempre su sé stesso”, definizione che deriva dall’etimologia di
“verso”.
*VERSO: Il termine “verso” viene dal latino “VERSUS”, da “VERTERE/VERTOR” che
significa “voltare, tornare indietro”.
Il verso torna su sé stesso, nel senso di ripetere con variazioni la stessa figura
ritmica.
Esso può essere quindi:
● ripetizione dello stesso tipo metrico, es. sequenza di endecasillabi sciolti
● ripetizione ordinata di più tipi metrici all’interno di una sequenza di strofe, es.
strofa di una canzone
● ripetizione della rima o di figure opzionali, come l’allitterazione

Il verso può essere quindi considerato come un insieme di parole con una precisa
struttura ritmica, costituita da alcuni accenti fissi o strutture fisse. É una struttura
metrica di sillabe e accenti che si ripetono.
Nella poesia si ripete una struttura ritmica in maniera costante in due modi:
● la durata: è la quantità sillabica (metrica quantitativa)
● l’accento ritmico: è l’intonazione

NARRATIVA: Genere letterario che comprende, in senso ampio, tutti i testi di


carattere narrativo (dalla fiaba, alla biografia, al poema), ma comunemente
circoscritto ai soli testi in prosa d'invenzione come il racconto, la novella, il romanzo.
Con il termine si intende anche il complesso delle opere narrative di una lingua o
letteratura, di un periodo, di un movimento o di un gusto letterario, e anche le
opere di un singolo autore, o la sua arte narrativa.
PROSA: Etimologicamente prosa è l’opposto di verso. In latino era infatti un
aggettivo che significava “che va avanti diritto, senza interrompersi”.
La prosa è l’espressione linguistica orale o scritta, non vincolata dalle regole
metriche e ritmiche
A differenza della poesia, che è un discorso che torna su stesso, la prosa è un
discorso continuato.
Una definizione formale della poesia non potrebbe esistere senza considerare il
verso e dalla la componente metrica è quindi impossibile.
Possiamo dire che poesia e prosa vanno considerate come due forme autonome di
espressione, ciascuna delle quali corrisponde alle proprie forme e convenzioni.

CARATTERI DISTINTIVI DEL TESTO POETICO


All’interno di un testo poetico i versi sono segnalati da:
● artificio fonico (rima, assonanza, allitterazione) o ritmico
● modello ritmico: ricorrenza di un certo numero di accenti ritmici (detti ictus)
● modello metrico
● struttura sintattica: coincidenza dell’unità sintattica (frase o sintagma) con
quella metrica (verso)
● disposizione grafica (parole su uno spazio bianco)

IL METRO E IL RITMO
*METRICA: dal latino “metrum”, solo nel significato di “misura del verso”.
La tecnica della versificazione, cioè il complesso delle leggi che regolano la
composizione dei versi e delle strofe; lo studio delle forme attraverso cui si stabilisce
e si evolve la tecnica della poesia; e anche l’insieme dei vari sistemi metrici propri di
una lingua, di una letteratura, di un’epoca storica, o di un determinato poeta.
Il metro è la misura ritmica di un testo poetico ed è la combinazione di qualità
sillabica (la durata) e l’intonazione (gli accenti ritmici) in un verso. In sintesi, il metro
misura il verso e calcola il numero delle sillabe metriche.

*SCHEMA METRICO: Lo schema metrico è la descrizione in forma schematica,


mediante segni convenzionali, della struttura metrica di un componimento poetico,
indicandone le strofe, il tipo di versi e la disposizione delle rime.
Gli elementi costitutivi del verso italiano sono la posizione, ovvero la sillaba metrica,
e l’ictus cioè l’accento metrico.
Il numero delle posizioni determina la struttura metrica, mentre la struttura ritmica
è data dalla presenza di ictus in determinate posizioni, secondo uno schema fisso o
variabile in certi aspetti.
Chiamiamo forti le posizioni marcate da un ictus (P+), e deboli le altre (P-).

FIGURE METRICHE
Le figure metriche sono gli artifici che riguardano la costruzione del verso.
Esse regolano la divisione sillabica del verso e intervengono sulla configurazione
prosodica, cioè sulla distribuzione degli accenti.
Le figure metriche sono la sineresi e la dieresi, la sinalefe e la dialefe:
● SINERESI: è una figura metrica per cui due sillabe vicine formate da due vocali
vengono contate come se fossero una sola.
Esempio: il termine italiano parea conta tre sillabe grammaticali (pa-re-a) ma
spesso in poesia viene trattato come se contasse solo due sillabe metriche
(pa-rea).

● DIERESI (Ï): la scissione di un dittongo in modo che le due vocali appartengano


a due sillabe diverse. È quindi il contrario della sineresi.
Esempio: vi-si-o-ne

La sinalefe e la dialefe regolano gli incontri vocalici tra le parole.


● SINALEFE: la vocale finale di una parola e quella iniziale della successiva due
vocali che appartengono a due parole diverse ma vengono conteggiate come
un'unica sillaba.
Esempio: "mi ritrovai per una selva ^ oscura", vao conta come una sola sillaba.

● DIALEFE: la vocale finale di una parola e quella iniziale della successiva


rimangono separate nel computo metrico, appartengono a posizioni diverse.
Esempio: verso v Acheronte.

Sineresi e dieresi, sinalefe e dialefe sono quindi figure di segno opposto il cui
impiego varia a seconda del costume metrico dell’epoca e a seconda dello stile
individuale.
Queste incongruenze possono essere spiegate in termini di “memoria ritmica” se la
stessa figura metrica compare associata a determinati schemi grammaticali.

DENOMINAZIONI DEI VERSI


Le denominazioni tradizionali dei versi italiani sono formate da:
● numerale latino o greco+ -ario (es. settenario)
● numerale latino o greco+ -sillabo (es. decasillabo)
I versi prendono il nome dal numero delle sillabe (s) che li costituiscono:
es. trisillabo o ternario (3 s) endecasillbo (11 s)

L'accento dell'ultima parola del verso può modificare il conteggio delle sillabe:
● se è piana (accento sulla penultima sillaba), il verso ha il numero preciso di
sillabe indicato dal suo nome
esempio: in/ for/ma/ dun/que/ di/ can/di/da/ ro/sa : endecasillabo 11s

● se è sdrucciola (accento sulla terzultima sillaba), ha una sillaba in più


esempio: e/ co/me/ al/be/ro/ in/ na/ve/ si/ le/vò/ : endecasillabo sdrucciolo:
12s
● se è tronca (accento sull'ultima sillaba), ha una sillaba in meno
esempio: van / da / San / Gui / do in / du / pli / ce / fi / làr : endecasillabo
tronco 10s

ENDECASILLABO
Perché un endecasillabo sia tale occorre che la decima posizione sia marcata da un
ictus/accento metrico ai fini della struttura ritmica.
Esempio: Mi/ ri/tro/vai/ per/ u/na/ sel/va o/scù/ra : 11 sillabe, accento sulla decima
posizione (scù).

ENDECASILLABO A MAIORE/ A MINORE


Per motivi legati alla sua genesi, l'endecasillabo nasce infatti dalla fusione di un
quinario e di un settenario, l'endecasillabo "canonico" prevede un accento
secondario sulla quarta o sulla sesta posizione; nel primo caso l'endecasillabo si
definisce a minore (quinario), nel secondo caso si definisce a maiore (settenario).

L'endecasillabo A maiore è generalmente considerato più solenne:


«Nel/ mez/zo/ del/ cam/min/ di/ no/stra/ vi/ta»
(settenario) (quinario)

Mentre l'endecasillabo a minore è più calmo pacato ed intimista:


«Mi/ ri/tro/vai/ per/ u/na/ sel/va/ o/scu/ra»
(quinario) (settenario)
RIMA
È una figura di suono che consiste nella ripetizione in due o più versi successivi di un
suono a partire dalla vocale accentata (o sillaba accentata).
La rima è un accidente fonetico, che dipende dal fatto che le combinazioni dei
fonemi di una lingua producono la ripetizione di certe sequenze.
Alla rima possono essere affidate in un componimento diverse funzioni:
● demarca il verso, segnandone la fine.
Un cambiamento di rima coincide solitamente con l’inizio di un nuovo periodo
strofico;
● organizza le partizioni interna delle stanze della canzone;
● serve a mettere in evidenza, con la ripetizione fonica, la parola finale della
linea che è sottolineata dall’ultimo ictus (determinante dal punto di vista
ritmico) e dalla pausa che segue;
● stabilisce un rapporto tra le unità verbali coinvolte.

Possiamo individuare vari tipi di rima, sulla base di diversi criteri, distinguiamo:
● rima piana (fra parole con accento sulla penultima sillaba);
● rima tronca (fra parole con accento sull’ultima sillaba);
● rima sdrucciola (fra parole con accento sulla terzultima sillaba);
● rima bisdrucciola (fra parole con accento sulla quartultima sillaba).

*Riguardo alla disposizione delle rime, le forme più comuni sono:


● rima baciata, quando rimano due versi consecutivi, secondo lo schema AA
BB …
● rima alternata, quando rimano tra loro i versi pari e i versi dispari, secondo
lo schema AB AB …
● rima incrociata, quando il primo verso rima con il quarto e il secondo con il
terzo, secondo lo schema ABBA …
● rima incatenata (o terza rima), quando in una serie di terzine il primo verso
della prima terzina rima con il terzo, mentre il secondo dà la rima al primo
verso della terzina seguente, incatenandolo alla prima, secondo lo schema
ABA BCB CDC …
● rima ripetuta, quando la rima viene ripresa in un ordine costante, secondo
lo schema ABC ABC …
● rima interna (o rima al mezzo), quando un vocabolo rimante non si trova
alla fine del verso, ma al suo interno.

Esistono tipi di rima particolare:


● assonanza: si ha quando, in due o più versi, le parole terminali
contengono le stesse vocali a cominciare da quella accentata.

Troviamo tre tipi di assonanza:


- tonica: coincidono le vocali toniche (accentate)
Esempio: casi-mani

- atona: quando le consonanti e le vocali successive alla tonica sono


identiche
Esempio: prato- dito nuvola-tavola

- consonantica: quando la ripetizione riguarda solo le consonanti


successive alla tonica.
Esempio: ridente- amante

● allitterazione: consiste nella ripetizione di uno o più fonemi o sillabe in


modo da produrre un suono percepibile.
Esempio: bello e buono (ripetizione del fonema “b”)
treman le spaziose atre caverne (ripetizione della sillaba “tre”)

COMBINAZIONI STROFICHE
STROFA: è un gruppo di versi, di numero e di tipo fisso o variabile che vengono
organizzati secondo uno schema (in genere ritmico) seguito da una pausa. È nota
anche con il nome di stanza, termine preferito per le canzoni. Per poter definire i
vari tipi di strofe occorre prendere in considerazione sia la successione delle rime sia
il numero dei versi.
La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico che viene stabilito dalla
combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono.
Le forme più frequenti sono:
● il distico: coppia di versi a rima baciata
● la terzina: metro continuo in cui ogni unità è legata alla precedente
mediante rime incatenate (ABA.BCB.CDC.)
● la quartina: quattro versi a rime incatenate (ABAB) o abbracciate
(ABBA)
● la sestina: sei versi legati mediante lo schema ABABCC
● l'ottava: otto versi legati mediante lo schema ABABABCC

CANZONE
La stanza della canzone presenta una complessa articolazione interna data dallo
schema metrico e dall’organizzazione sintattica.
La prima parte della canzone è chiamata “fronte” e si divide in due “piedi” uguali, la
seconda parte invece è chiamata “sirma o coda” ed è a sua volta divisibile in due
“volte”.
Tra la fronte e la sirma può infiltrarsi un “verso di concatenatio”, che riprende
l’ultima rima della fronte e che può essere ripetuto alla fine o all’interno della sirma.

SONETTO
Il sonetto è tra le forme più antiche della letteratura italiana.
È un’invenzione siciliana che si deve al poeta Giacomo da Lentini.
É connesso alla canzone, in quanto viene interpretato come una stanza isolata di
canzone con fronte e sirma bipartite.
Il sonetto è formato da 14 versi endecasillabi e si articola in due serie di rime: due
quartine (o quadernari) e due terzine (o terzetti).
Le quartine sono a rime alterne (ABAB- ABAB), abbracciate (ABBA- ABBA) o
un’unione di rime abbracciate e alterne (ABBA- ABAB-).
Le terzine invece hanno maggiore libertà, possono avere le rime alterne (CDC- CDE)
o tre (ripetendo nel secondo terzetto le rime del primo: CDE-CDE) o inverso (CDE-
EDC).
Capitolo 4

MODI DELLA NARRATIVA

NARRATOLOGIA: Disciplina che analizza lo sviluppo delle forme e delle strutture


della narrazione per comprendere i suoi meccanismi.

*NARRAZIONE

La narrazione è l’organizzazione secondo l’ordine logico-cronologico di una serie di


fatti o eventi, possiamo definire quindi la narrazione come sinonimo di “storia”.
La narrazione si riferisce al CONTENUTO.

Una seconda definizione di narrazione è data in relazione ai personaggi di un


racconto: la narrazione è una serie di eventi che vengono compiuti o subiti da
diversi personaggi in una storia.

Una delle principali attività dell’uomo che sfrutta il mezzo del linguaggio è quella di
“raccontare”, tanto che una parte notevole di produzione linguistica può essere
considerata racconto.

La forma del racconto è per certi aspetti comune alla narrativa naturale, cioè al
racconto orale e improvvisato di cui struttura si divide in:

● prologo, dove il narratore anticipa il succo della storia;


● orientamento dove vengono presentati i personaggi, gli ambienti, le
situazioni;
● valutazione che consiste in una serie di enfasi, commenti, ripetizioni che il
narratore usa per giustificare il suo racconto;
● azione complicante e risoluzione contengono la narrazione vera e propria;
● coda è una breve conclusione in cui il narratore lascia capire che quanto è
eventualmente accaduto dopo non ha rilevanza sul fatto raccontato.
Fabula e intreccio

FABULA: in latino significa “storia”/ “narrazione”, quindi sequenza dei fatti.


La fabula è l’insieme dei fatti narrati secondo il più rigoroso ordine logico-
cronologico e secondo nessi causali (causa-effetto).
*IL FATTO PIÙ ANTICO HA PIÙ IMPORTANZA RISPETTO AGLI ALTRI.

INTRECCIO: è l’insieme dei fatti narrati in ordine logico-cronologico che non


segue necessariamente una logica causale-temporale.
È visibile alla lettura in quanto l’autore si serve dell’intreccio per presentare i fatti
al lettore.

Intreccio e Fabula coincidono nelle favole.

Fra i procedimenti più diffusi di incastro del passato nel presente c’è la tecnica
del flashback: è lo stesso personaggio che ricorda, o che racconta, vicende
passate.

Anticipazione/ Prolessi: ciò che l’autore anticipa, un fatto anticipato alla


narrazione di una storia, di fatti, di eventi.

*Intreccio e Fabula, Anticipazione e Flashback fanno parte dello stile

Tempo
Distingueremo il tempo della storia (quello in cui si suppone avvengano le vicende
raccontate) e il tempo del racconto (quella in cui la voce narrante ci viene riferendo
gli eventi e in cui ha luogo l’atto dell’ascolto o della lettura.

La successione degli eventi nella storia seguirà l’ordine lineare del prima e del dopo.
Nel frattempo, distingueremo:

● retrospezione (analessi) che a partire dall’avvenimento narrato ci informa


intorno a ciò che lo precede..
● dall’anticipazione (prolessi) che ci informa sul futuro..
● la portata dell’anacronia (intervallo di tempo che separa i due
avvenimenti) dalla sua ampiezza o estensione.
Un secondo tipo di relazione riguarda la durata.
Ad esempio, Balzac ci racconta in una pagina la vita di un personaggio anteriore
all’inizio dell’azione (qui parleremo di riassunto) che può essere progressivo,
nonché ridursi a una brevissima sintesi, fino a scomparire del tutto (avremo quindi
un’ellissi).

Molto più frequente la pausa: il tempo della storia si ferma del tutto, mentre il
racconto mette a fuoco il suo spazio o tramite similitudini o tramite descrizioni.
Un ultimo rapporto possibile tra il tempo del racconto e il tempo della storia è la
frequenza che Chatman così sintetizza:
● singolativo, ovvero una singola rappresentazione narrativa di un singolo

momento della storia;


● singolativo-multiplo cioè diverse rappresentazioni ciascuna delle quali

corrisponde a un diverso momento della storia;


● ripetitivo, molte rappresentazioni narrative dello stesso momento della

storia;

Voce
Chi legge un romanzo non si costituisce come soggetto dell’enunciazione bensì
configura nella propria mente qualcuno che gli sta parlando: costui è appunto il
narratore e sua è la voce immaginaria che articoliamo nella nostra mente.
Shakespeare anziché alternare la sua voce a quella dei personaggi, ha dato
direttamente loro la parola.

Chiameremo questo modo di rappresentare mimesi e diegesi (distinzione che risale


a Platone e Aristotele) che è stata poi riformulata da Henry James come showing e
telling.

*MIMESI (MIMESIS): “ciò che si vede nella scena teatrale”


Intendiamo il discorso diretto dei personaggi, la rappresentazione mimetica.
Corrisponde allo showing.

*DIEGESI (DIEGESIS): “ciò che non vedo”


Intendiamo il discorso indiretto (narrazione indiretta), cioè quello che l’autore
presenta
Corrisponde al telling
In genere sono i casi in cui il narratore ci dà informazioni su ambienti, personaggi
che rendono meglio comprensibile la scena in corso.
In un romanzo epistolare, i personaggi prendono direttamente la parola: anche qui
ci troviamo di fronte a pezzi di realtà e il narratore è tecnicamente assente.
Parleremo non più di narratore ma di autore implicito.
Il narratorio può essere palese ma esterno alla storia. In genere, il narratore che
spiega dà informazioni e interpreta – un narratore quindi con una forte funzione
ideologica caratterizzato da un’onniscienza editoriale.

*NARRATORE: [dal latino narrator -oris].


Il narratore è la persona che narra, oralmente o per scritto, vicende e fatti
realmente accaduti, o anche storie inventate

Nel linguaggio della critica letteraria, il narratore è il personaggio che racconta o


commenta gli avvenimenti narrati, talvolta restandone completamente estraneo,
talvolta prendendo parte ad essi; si identifica con l’autore soltanto nelle opere a
sfondo autobiografico.

Punto di vista
Quando ci occupiamo della voce ci domandiamo chi parla, quando ci occupiamo
della prospettiva ci domandiamo invece chi vede.

Distinguiamo tre casi:


● il caso di narratore onnisciente che racconta senza identificarsi con

nessun personaggio e conosce l’intero sviluppo sin dall’inizio;


● il narratore sa e dice solo ciò che sa il personaggio e si identifica con lui

(narratore interno);
● il narratore sa e dice meno di quello che sa il personaggio: è il racconto

“comportamentista”.

Tecniche narrative
Il narratore in un racconto può essere:

OMODIEGETICO → agisce come personaggio all’interno della storia.


A sua volta, può essere:
➢autodiegetico → racconta la propria storia
➢allodiegetico → racconta la storia di qualcun altro
ETERODIEGETICO → rimane al di fuori della sfera dell’azione non partecipa come
personaggio
A sua volta può essere:
➢ extradiegetico → narratore di primo grado, cioè il narratore così come noi
comunemente lo intendiamo
➢ intradiegetico → narratore di secondo grado: narrazione all’interno della
narrazione, personaggi che prendono parola iniziano a raccontare

PERSONAGGIO

Dal latino “persona” che significa “individuo”, “corpo”.


Il termine “persona” in etrusco significava “maschera teatrale”.

Protagonista dei fatti, può partecipare come personaggio attivo o passivo in


relazione alle vicende

Il personaggio letterario, non è un individuo della vita, ma è una maschera che


appartiene all’universo fittizio.

Il personaggio è descrivibile in:

Forma → aspetto fisico: il personaggio viene caratterizzato fisicamente


dall’autore tramite la descrizione fisica

Contenuto→ l’anima/ *carattere/morale: il personaggio viene caratterizzato


eticamente dall’autore tramite le azioni che compie o subisce, tramite le proprie
parole e passioni, la condizione sociale.

In sintesi, il narratore caratterizza fisicamente ed eticamente il personaggio

*Le parole, le azioni, la morale, la fisicità fungono da supporto per rendere il


personaggio “vivo”

*CARATTERE
Il termine inglese “character” proviene dal greco χαρακτήρ (kharaktḗr) che significa
“impronta”
Il carattere è l’insieme di quegli aspetti peculiari che danno forma all’anima
(impronta interiore), sono aspetti distintivi che ci aiutano a distinguere i vari
personaggi.

Tipologie del personaggio


“Homo fictus” è il termine con cui Forster denomina quella caratteristica specie
antropologica costruita dalla popolazione che abita e vive i romanzi e i racconti in
generale.
A differenza di “homo sapiens” (che ha un’esistenza ontologica riconducibile alle
relazioni in cui è immerso), il termine “homo fictus” esiste solo per quel che ci viene
raccontato.
Secondo Greimas per definire la sfera d’azione conviene usare il termine “attante” e
sarebbe strutturato così:
● Un soggetto desidera un oggetto

● Un destinatore ha destinato l’oggetto a un destinatario

● Il soggetto è coadiuvato da aiutanti e ostacolato da oppositori

Questo modello si incarna in attori che possono cumulare più ruoli e i diversi ruoli
possono anche essere assunti, anziché da essere animati, da entità astratte. Ogni
testo narrativo finisce per aver bisogno di un proprio sistema che tenga conto di
quei ruoli più tradizionali che vanno sotto il nome di protagonista, eroe...

Una classificazione che assume forma è quella proposta da Forster:

● Un primo tipo è quello dei personaggi “disegnati o piatti” che sono


costruiti attorno ad un’unica idea o qualità.

● I personaggi “modellati o a tutto tondo” appaiono invece disponibili per


una vita più larga e in grado di sorprenderci in modo convincente.

Epica e romanzo
*EPICA: EPOS

Narrazione (solitamente in versi) di gesta di eroi in cui si riconosce una comunità


più ampia (nazionale).
È un elemento di unificazione.
Esempio: I Greci si rispecchiavano nell’Odissea in quanto riportava i loro usi e
costumi

*L’eroe greco era al di sopra del lettore.


*L’Epos ha in comune con il Romanzo la narrazione.

L’Odissea diventa l’archetipo ideale del romanzo: questo sia per gli aspetti tematici
come il viaggio, l’avventura, l’esotismo sia per gli aspetti formali cioè una
strutturazione narrativa incentrata sul singolo eroe e più chiusa rispetto all’Iliade. La
critica contemporanea ha messo meglio a fuoco le complessità della poesia omerica,
riscuotendone idee che avevano dominato a lungo come l’oggettività

*ROMANZO

Il romanzo è la narrazione di imprese individuali, storicamente legato a situazioni


sentimentali.

Il romanzo nasce come intrattenimento, nasce in Grecia con il romanzo


alessandrino.
Il personaggio romanzesco non è al di sopra del lettore, ma allo stesso livello.

I primi esempi di romanzo si trovano nella letteratura latina con “La Metamorfosi”
(o L’asino d’oro) di Apuleio e il “Satyricon” di Petronio.
Il romanzo moderno nasce nel medioevo e rinasce nel ‘700, anche se alcuni
stimano che la rinascita del romanzo sia avvenuta con la pubblicazione del “Don
Chisciotte”.

Durante il medioevo si parlavano le lingue romanze (spagnolo, francese, il volgare


italiano…), ovvero lingue che derivano dal latino
Il tutto veniva riassunto con l’espressione:
ROMANICE LOQUI, che significa esprimersi come i latini (le lingue neolatine)
(alla romana) (parlare)

Dal termine “ROMANCE” derivano i termini “roman” (francese), romanzo (italiano),


romance (spagnolo, invariato).
I romance erano narrazioni che avevano come protagonisti eroi (Tristano, Orlando,
Lancillotto).
→ Erano ricche di elementi magici (filtro d’amore)
→ Tema amoroso e di avventure (gesta)
→ Personaggio principale =cavaliere

Epos e Romanzo sono due macrogeneri a loro volta suddivisi in vari generi e
sottogeneri che appartengono alla stessa tipologia espressiva.
Riguardo la loro evoluzione storica, l’epica è spesso il primo genere a sorgere, anzi
quello che inaugura il sistema letterario ma è anche quello di cui si lamenta ben
presto il declino.
La nascita tardiva del romanzo è invece un dato di fatto incontrovertibile, che ne ha
causato anche lo statuto marginale e poco ufficiale, conservato per secoli.
Gli ultimi decenni hanno sempre più riconosciuto il ruolo fondativo del romanzo
antico che è più vicino al concetto di novel per l’assenza di elementi fantastici.

Epica e romanzo non vanno dunque considerate due entità fisse e immutabili ma
due fasci di costanti transculturali.
È evidente come nell’epica sia più facile individuare costanti (narrazioni di imprese
eroiche, mitiche..), tòpoi e tecniche espressive mentre lo è meno per un genere per
lungo tempo marginale come il romanzo.
Dopotutto il romanzo è il genere più caratteristico della letteratura moderna sia per i
numeri di titoli pubblicati sia per le sue classifiche di vendita.

Questo processo graduale è stato interpretato come vera e propria nascita di un


nuovo genere, il novel.
Gli studi recenti tendono a contestare la novità del novel e l’equazione con la middle
class e a sottolineare gli elementi di continuità con la tradizione del romance
medievale e con il romanzo greco e bizantino.

L’antiromanzo convive con il romanzo fino ai grandi maestri dell’Ottocento come


Stendhal e Tolstoj. Il romanzo presuppone un meccanismo di attese del tutto
specifico. “L’interesse del seguito” e “L’interesse della fine” diventano un aspetto
significativo nel rapporto con il lettore.

Ma la crisi di fine secondo segna un distacco da questa fiducia e coinvolge il


romanzo nella tematica dell’avanguardia. Alla fine dell’Ottocento si pone in
discussione l’”immagine positivistica” della ricerca come accumulazione di fatti.
Nasce il “romanzo del Novecento”, nel postmodernismo supera la logica della
rottura avanguardistica, più in generale il ritorno alle tecniche narrative
ottocentesche nel mercato di oggi.

Il romanzo e il suo pubblico


Secondo molti, il romanzo si propone di soddisfare un bisogno emotivo e
sentimentale di evasione fantastica che ancora una volta contrasta con l’ideale
classico dell’arte come equilibrio.
Potremmo indicare due orientamenti fondamentali:
● Il primo di tipo ideologico sottolinea la capacità del romanzo di riflettere lo

sviluppo storico della società.


● Un secondo orientamento muove invece da una considerazione della

letteratura come “fatto sociale” anziché come rappresentazione di fatti


sociali.

È tipico di questo orientamento l’interesse per la letteratura di massa.


Le fortune del romanzo sono legate all’ingresso di un pubblico socialmente nuovo.
Non solo: diverse sono le stesse modalità materiali di lettura.
Il romanzo è destinato a una lettura silenziosa e individuale, mentre tutti i generi
precedenti erano nati in previsione di una lettura orale e pubblica.
Solo alla fine del Medioevo, il manoscritto era sempre stato il supporto per una
lettura ad alta voce; il romanzo nasce invece quando la solidarietà tra scrivere,
leggere e dire si è ormai spezzata.
Dal saggio di Bachtin. EPICA E ROMANZO

Lo studio del romanzo come genere letterario si distingue per particolari difficoltà.
Ciò che è determinato dalla natura specifica dello stesso romanzo: è l’unico genere
letterario in divenire e ancora incompiuto.
L’epopea (così come gli altri generi letterari) invece è un genere compiuto e
invecchiato, con un’ossatura ormai solida e con il suo canone.

Dei generi letterari solo il romanzo è più giovane della scrittura e del libro ed esso
soltanto è organicamente adatto alle nuove forme della lettura.
Ma soprattutto il romanzo non ha un canone come gli altri generi letterari. Possiamo
paragonare lo studio degli altri generi letterari a quello delle lingue morte, e lo
studio del romanzo a quello delle lingue vive.

➔ Questo crea la straordinaria di una teoria del romanzo.


Il romanzo è l’unico genere in divenire, procreato e nutrito dall’epoca moderna e
perciò ad essa profondamente affine, mentre gli altri grandi generi sono stati
ricevuti da essa in eredità in forma compiuta e non fanno che adattarsi alle nuove
condizioni di esistenza.
Nella letteratura di un dato periodo, i generi letterari interagiscono tra loro.
Il romanzo invece no, non partecipa all’armonia dei generi; conduce un’esistenza
non ufficiale al di là della soglia della grande letteratura.

Inoltre, nelle epoche di dominio del romanzo (dal XVIII secolo) quasi tutti gli altri
generi letterari si “romantizzano”: diventano più liberi e plastici, e il loro linguaggio
si rinnova grazie alla differenziazione interna della lingua extraletteraria.
In essi penetrano ampiamente il riso, l’ironia, lo humor, e infine il romanzo porta in
essi la problematicità, il vivo contatto con l’età contemporanea.
Il romanzo infatti è l’unico genere in divenire e quindi esso riflette il divenire della
stessa realtà.

Proviamo a definire alcune caratteristiche “con riserva” del romanzo:


1. è un genere a più piani, anche se esistono romanzi a un solo piano;
2. è un genere basato sull’intreccio intenso e sulla dinamicità, anche se
esistono romanzi puramente descrittivi;
3. è un genere problematico;
4. è una storia d’amore anche se esistono romanzi privi dell’elemento amoroso;
5. è un genere prosastico, anche se esistono romanzi in versi.
Vediamo invece le richieste poste al romanzo:
1. non deve essere “poetico” nel senso in cui lo sono gli altri generi letterari;
2. il protagonista non deve essere “eroico” ma deve unire in sé aspetti positivi e
negativi, bassi e alti, comici e seri;
3. il protagonista deve essere mostrato non come compiuto e immutabile, ma
come diveniente, mutante, educato dalla vita;
4. il romanzo deve diventare per il mondo moderno ciò che l’epopea era per il
5. mondo antico.

Vediamo infine le tre peculiarità che differenziano il romanzo da tutti gli altri
generi letterari, tutte determinate da un preciso momento di rottura nella storia
dell’umanità europea, la sua uscita da una condizione isolata e chiusa e il
passaggio a nuovi legami internazionali e interlinguistici:

1. la tridimensionalità stilistica del romanzo, legata alla coscienza plurilinguistica


che si realizza in esso;
2. il mutamento radicale delle coordinate temporali del personaggio letterario
nel romanzo;
3. la nuova zona di costruzione del personaggio letterario nel romanzo, zona che
è quella del massimo contatto col presente.

Le ultime due peculiarità si chiariscono nel modo migliore mediante un confronto


del romanzo con l’epopea.

Oggetto dell’epopea è il passato epico nazionale, il “passato assoluto”, il mondo


degli “inizi” e delle “vette”.
L’atteggiamento dell’autore è quello di un uomo che parla di un passato per lui
inaccessibile.
Il cantore e l’ascoltatore si trovano in uno stesso tempo e a uno stesso livello
assiologico (gerarchico) mentre il mondo raffigurato dagli eroi è a un livello
assiologico-temporale completamente diverso, separato dalla distanza epica.

Fonte dell’epopea è la tradizione nazionale (e non l’esperienza individuale): il


passato epico, che con un confine invalicabile delimita dai tempi successivi, si
conserva e si manifesta soltanto sotto forma di tradizione nazionale.
Il mondo epico del passato assoluto per sua natura è inaccessibile all’esperienza
personale e non ammette un punto di vista e una valutazione personali, mentre
invece l’esperienza, la conoscenza e la pratica (il futuro) formano il romanzo.
Il mondo epico è separato dal presente, è un mondo totalmente compiuto: non
lo si può mutare, né reinterpretare, né rivalutare.
È questo a determinare la distanza epica. Il mondo epico può solo essere accolto con
venerazione, ma non lo si può toccare, ed è fuori dalla sfera dell’interpretazione
umana.

Il romanzo è in contatto con l’elemento incompiuto del presente, con ciò che non
è ancora compiuto, il che non permette a questo genere letterario di cristallizzarsi. Il
romanziere può anche apparire nel campo di raffigurazione, raffigurare o alludere ad
alcuni momenti della sua vita, polemizzare con i suoi nemici letterari, ecc. L’autore
vero, formale, primario viene a trovarsi in nuovi rapporti reciproci col mondo
raffigurato: essi si trovano adesso nelle stesse dimensioni assiologico-temporali.
Questo nuovo statuto dell’autore è uno dei risultati più importanti del superamento
della distanza epica.

MODI DI LEGGERE/ANALIZZARE UN TESTO


PARAFRASI: si tratta di una riformulazione di un registro linguistico distante, sia
esso arcaico, elevato, poetico o riferito solitamente a diverso contesto.

Il fondamentale presupposto della parafrasi è rappresentato dalla esatta


comprensione del testo di partenza in tutti i suoi particolari e la capacità di
rendere comprensibile quel testo a un pubblico diverso da quello per il quale è
stato concepito → operazione più legata al testo

Il processo di parafrasi prevede dunque operazioni come la ricostruzione


sintattica, la sostituzione degli arcaismi, l'esplicitazione delle figure retoriche; nel
testo poetico, la struttura non deve esser alterata, mantenendo i versi della stessa
lunghezza.

Si caratterizza da due fasi:


1. Ristabilire l’ordine naturale in italiano delle parti di un discorso;
2. Sostituire le parole antiquate con dei sinonimi che si avvicinano alla lingua
attuale.

COMMENTO: è l'analisi critica di un testo, solitamente composta da un insieme di


note.
Spiegazione che si unisce al contesto storico, culturale…

INTERPRETAZIONE: è l'interpretazione critica di testi finalizzata alla comprensione


del loro significato.
L’interpretazione è definita dall’unione tra parafrasi e commento.

*Le interpretazioni sono infinite ma non illimitate

Veniamo attratti da un testo in due modi:

CATARSI: in greco significa “purificazione”.


Si fa riferimento ad Aristotele sul modo di fruire una tragedia greca, si prova
attrazione perché gli spettatori vedevano i loro mali rappresentati ma lontani da sé
in quanto rappresentati sulla scena.
Allo stesso modo succede in letteratura, leggendo un testo horror, per esempio, il
lettore prova sollievo, purificazione del mal di vivere.
EMPATIA: immedesimazione estrema.
Si ha una lettura mimetica, con molta immedesimazione da parte del lettore che
però impedisce di comprendere con chiarezza i meccanismi di un’opera.

Capitolo 7
LA LETTERATURA COME ESPERIENZA ESTETICA

- L’OPERA:

È impossibile identificare negli oggetti letterari o artistici proprietà specifiche che li


definiscono tali senza dare una definizione “empirica” o inevitabilmente soggettiva,
in quanto nessun oggetto può essere definito in sé un oggetto estetico.

Secondo Lotman un messaggio si può comunicare grazie a due sistemi: il sistema io–
egli ed il sistema io–io.
Nel primo caso il soggetto cambia (da io ad egli) mentre il codice il messaggio
rimangono invariati, nel secondo caso la situazione si ribalta (il soggetto è sempre io)
e il messaggio stesso diventa codice.

Se a una lettrice viene comunicato che una signora di nome Anna Karenina, a causa
di un amore infelice, si è gettata sotto un treno, ed essa, anziché aggiungere nella
sua memoria tale messaggio a quelli già in suo possesso, conclude: «Anna Karenina
sono io», e rivede la concezione che ha di sé, dei propri rapporti con certe persone,
e magari il proprio comportamento, allora è evidente che essa adopera il testo del
romanzo di Tolstoj non come un messaggio del medesimo tipo di tutti gli altri, ma
come un codice in un processo di comunicazione con se stessa.

La mobilitazione della soggettività è finalizzata alla penetrazione dell'oggetto, e


questa si risolve in una riaffermazione dell'identità, entro un nuovo equilibrio.

*Il carattere istituzionale dell'arte chiama in causa le responsabilità dei soggetti:


l'autore, che «crea» l'opera secondo un progetto, un'intenzione, uno scopo; il
lettore, che la fa vivere secondo le norme e le convenzioni che presiedono alla
comunicazione artistica, la «ricrea» nella propria mente e nella propria
immaginazione, la riconosce e la interpreta. 

- IL VALORE:
L'avanguardia ci ha insegnato che in pratica qualsiasi testo, se presentato all'interno
della comunicazione letteraria, è letteratura. 
Un'opera letteraria doveva essere al tempo stesso un modello di letteratura degno
di essere imitato, almeno sotto qualche rispetto, per la sua fedeltà alla norma o per
la libertà emblematica dalla norma.
Oggi, le stesse gerarchie interne del sistema letterario, come le antitesi tra alto e
basso, letteratura seria e letteratura di consumo, arte «vera» e arte di massa
risultano sempre più fittizie e inconsistenti. 

Proprio per le ragioni che si sono dette, è necessario procedere a un nuovo


ordinamento del patrimonio letterario a disposizione, non rinunciare a qualsiasi
ordina mento lasciandone l'incarico al determinismo spontaneo, alla coazione
incontrollabile dei fatti. 
Una volta accertato che sono tutte letterarie lo stesso titolo, a maggior ragione
avremmo bisogno di qualcuno che ci consigli questa piuttosto che quella.

Ciascuno di noi chiede alla letteratura di essere questa o quella cosa: e viceversa può
bastarci la pietas per il documento, infimo ma commovente, di una civiltà che
amiamo. Il lettore professionista può accontentarsi di molto poco: per lui la
letteratura ha comunque un significato, per quanto mediato culturalmente.

- L’INTERPRETAZIONE

L'interpretazione va contrapposta alla produzione, non alla creazione.

Potremmo indicare con il termine decodificazione le operazioni, vincolate e


obbligatorie, che obbediscono a codici forti, e riservare il termine interpretazione a
quelle che si misurano con gli aspetti non rigidamente strutturati. 

Noi dovremo comunque individuare significati che il resto denota veramente e che il
testo possiede veramente. 
I criteri che usiamo a questo scopo non sono necessari e sufficienti, tali da
consentirci decisioni univoche, ma sono pur sempre dei criteri, e le decisioni che
prenderemo saranno poi controllabili da ciascuno in base alla propria esperienza. 
Grazie a tutti e buono studio❤️

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