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Modulo A
CAPITOLO 1
L’istituzione Letteraria
La letteratura si presenta innanzitutto come un insieme di testi.
*TESTO: Il termine testo deriva dal latino “textum”, cioè tessuto.
Esso è composto da tante parti, che legate tra di loro, cioè tessute tra esse, danno
l’origine ad un testo con un significato doppio a quello dei singoli pezzi del testo.
In primo luogo, prima della nascita della letteratura come la intendiamo oggi giorno,
vi era la letteratura orale, recitata in pubblico. Secondo la filologia tradizionale e la
critica letteraria, ci hanno abituati, parlando della scrittura e della stampa, che tutto
ciò che si distoglie dal volere dell’autore è inutile, il suo statuto è immodificabile.
Solitamente il termine “testo” viene associato all’idea della copia corretta della
redazione definitiva curata dall’autore. Quest’idea non è però assoluta, in quanto
gran parte delle nostre letture è condotta su traduzioni che senza si allontanano
dall’originale ma sono necessarie alla comprensione
Chiarendo la definizione di testo, sorge un altro problema: perché i testi che
abbiamo classificato come “letterati” sono classificati sotto la voce di “letteratura”?
Perché proprio questi e non altri?
Trattandosi di prodotti linguistici, la risposta sarebbe che essi condividono alcune
caratteristiche di linguaggio. Ma bisogna considerare che la classificazione dei testi
varia nel tempo e a seconda del pubblico, ovvero noi lettori, che oggi leggiamo come
“letterati” testi destinati a tutt’altra forma di fruizione.
Quindi, affinché un testo sia letterario non basta che possegga determinate
caratteristiche: ma occorre anche che ci si accosti ad esso con un certo orizzonte
(abito) di attesa.
La letteratura non è semplicemente una collezione di testi, ma di “opere”: di testi
ricevuti, letti e tramandati secondo un complesso di regole. Inoltre, essa offre i suoi
testi alla lettura, di generazione in generazione, di un destinatario collettivo.
Un’opera letteraria, quindi, si presenta non come un “discorso di consumo” ma
come un “discorso di riuso”.
*Il discorso di riuso è un discorso che viene tenuto in tipiche situazioni (solenni,
celebrative) che mantiene la sua “usabilità” per dominare situazioni tipiche; anche
la letteratura rientra in questa categoria, in quanto è una forma istituzionalizzata di
comunicazione e di simbolizzazione.
Chiamiamo comunità letteraria quell’insieme di figure (autore, lettore, critico,
editore, traduttore, commentatore, docente) che stabilisce di volta in volta
l’orizzonte di attesa e le regole che permettono il riuso. È grazie a questa comunità
che il testo vive nel tempo e diventa opera.
nella comunità scientifica non esistono figure di mediazione come gli editori;
EMITTENTE= Autore
DESTINATARIO/RICEVENTE= Lettore
AUTORE: Il termine “autore” (deriva da ago (dal latino agens, complemento
d’agente) oppure deriva da augeo (colui che accresce qualcosa al mondo reale che
prima non esisteva).
A lui è affidato il ruolo fondamentale della creazione, in quanto nel testo prendono
forma il suo disegno e la sua volontà, tant’è che noi lo accogliamo come un prodotto
“firmato” da un responsabile.
Egli sarebbe inimmaginabile o non efficace senza la presenza del pubblico, che
svolgono dei ruoli diversi dal suo. Esso è il creatore, infatti, le opere che leggeremo è
affidato proprio all'autore la descrizione letteraria e le modalità di lettura dei suoi
testi e elaborare i nuovi paradigmi di stile (dal latino stilus, cioè una caratteristica o
forma d’espressione dell’autore che sceglie di combinare una serie di elementi che
riguardano la lingua in tutti i suoi aspetti e temi, come la calligrafia, dunque, è una
caratteristica intima dell’autore, quanto la calligrafia, e può essere facilmente
replicabile) e di sensibilità.
Oltre ad essere, per nascita o educazione, membro di una classe, egli è uno scrittore,
un intellettuale e fa parte di un gruppo professionale specifico, da studiare nelle sue
peculiarità.
Per quanto riguarda la figura professionale dello scrittore, osserviamo che la
tipologia è varia: l’aedo omerico è un artista professionista, ma non autore in senso
proprio; il poeta cortigiano del Rinascimento è invece un autore a pieno titolo, ma il
suo ruolo professionale rimane oscuro. La letteratura può o meno essere il
mestiere di cui l’autore vive.
Tra i motivi che ci spingono alla lettura, troviamo la curiosità per l’esperienza umana
che ha ispirato l’autore e il cercare di interpretare il suo pensiero nel modo più
verosimile.
Il Romanticismo teorizza la figura del “genio” come portavoce inconsapevole del
Volk, cioè la voce del popolo-nazione. Inoltre, sono frequenti i casi in cui lo scrittore
si cela dietro pseudonimi o controfigure.
Sul piano teorico, occorre sempre distinguere l’autore in quanto soggetto empirico
(la persona di Alessandro Manzoni) dall’immagine che di lui ci trasmette l’opera,
immagine diversa, in genere più profonda e ambigua, da quella reale.
Si suole chiamare questa istanza “autore implicito”, un concetto viene a coincidere
con il narratore esterno o con quello interno.
Sul piano critico, è necessaria una seconda distinzione.
La critica psicoanalitica ci ha insegnato a distinguere ciò che è volontario e
intenzionale (il “contenuto manifesto”) da ciò che è inconsapevole e inavvertito (il
“contenuto latente”).
Dalla critica psicoanalitica resta però diffidenza verso le intenzioni d’autore.
Interpretare non vuol dire infatti ricostruire il programma originario dell’autore, sia
perché il testo si trasforma nel tempo, a seconda dei contesti e dei pubblici che lo
riattualizzano, sia perché la creazione artistica attinge dall’inconscio.
EDITORIA E PUBBLICO
A parte le recitazioni, raramente l’incontro tra autore e pubblico avviene oggi in
forma immediata e diretta.
Generalmente lo scrittore affida la sua opera a un editore, cedendogli i diritti di
pubblicazione e diffusione in cambio di una percentuale (diritti d’autore) sulle
vendite.
Sotto questo aspetto, la letteratura è anche un fatto economico e giuridico.
*
CRITICA DELLE VARIANTI: è lo studio delle fasi preparatorie di un testo nelle sue
varie redazioni e correzioni dell’autore stesso
Un altro problema è quello della lingua e delle grafie: un classico latino non presenta
problemi di omogeneità perché il latino non cambia da codice a codice; ma non è
così per i testi volgari del Medioevo che ci sono conservarti da manoscritti
caratterizzati da specifiche patine linguistiche (dialettali).
Bisogna tenere presente, quindi, che ogni edizione, anche la più rigorosa, è
un’approssimazione a qualcosa, cioè all’originale, che per definizione resta
irriconoscibile.
LA COMPETENZA
Il pubblico, come la lingua, segue dei cambiamenti. Una lingua pur continuando ad
avere il suo nome (Inglese o italiano) è molte volte differente dalla lingua che si
parlava un secolo prima. Stessa cosa per la concezione e conoscenza del mondo
durante le epoche.
Un’opera quindi può avere diverse interpretazioni in base alle nostre capacità di
immedesimarci, ma anche in base alle nostre conoscenze, che sono:
● Competenze linguistiche: capacità, da parte del singolo parlante, di produrre
e di capire frasi grammaticali.
LA TRADUZIONE
La traduzione significa “la stessa cosa dell’originale” e avviene tra due lingue
differenti ma anche tra i diversi stadi della stessa lingua (volgare e italiano
contemporaneo) o anche tra dialetti regionali (siciliano e italiano).
Quando le differenze tra una lingua e un'altra (scarto) non sono colmabili con delle
note si ricorre alla traduzione.
In ogni traduzione il testo scompare per essere sostituito da un “altro” testo, con
l’inevitabile perdita di una parte del messaggio.
Ogni testo, infatti, si può analizzare in:
un piano dell’espressione (“come” qualcosa viene detto)
un piano del contenuto (“che cosa” viene detto) detto contenuto denotativo,
il significato letterale delle cose.
Questi due piani messi insieme esprimono a loro volta un “che cosa”, un contenuto
connotativo che si compone da: metrica, arcaismi (parole o espressioni all’interno
del testo che sono ormai fuori uso rispetto alla lingua corrente dell’opera) e gli over-
tones letterari (è un’idea o qualità suggerita senza essere detta direttamente nel
testo).
Nella traduzione si riesce di solito a trasferire solo il contenuto denotativo, mentre il
piano dell’espressione e quello del contenuto connotativo vengono sostituiti.
La traduzione è dunque sempre una perdita, un’approssimazione, o una
sostituzione che compensa gli effetti dell’originale con altri nuovi.
Capitolo 8
“Weltliteratur, cos’è la letteratura comparata, canone”
La teoria della letteratura: Nel dare una definizione di “letteratura”, il teorico
mostra un’attitudine descrittiva poiché egli individua le costanti che accumunano i
testi, oltre che le varianti che li contraddistinguono; e sono proprio le costanti che ci
fanno apprezzare meglio le particolarità dei testi. Nella critica contemporanea,
teoria e storia sono strettamente interconnesse, per questo si favorisce la ricerca
antropologica. Così facendo, tuttavia si rischia di definire la letteratura con la
nozione più generica di cultura. A questo punto, potremmo parlare di una
morfologia storica più che di una vera e propria teoria della letteratura.
Il ruolo del pubblico e l’importanza dell’interpretazione: Il pubblico è visto come
un’ “attesa”, un’ “ispirazione”.
In tal senso, l’opera si colloca come elemento dinamico e attivo, al centro della
relazione autore-pubblico, perno della comunicazione.
Particolare rilevanza ha il linguaggio scelto, poiché scegliere un linguaggio vuol dire
selezionare un destinatario che possieda la competenza per comprenderlo.
Ed è proprio qui che la strategia dell’autore e l’iniziativa del pubblico trovano il loro
punto d’equilibrio: l’oggettività linguistica che simboleggia il loro incontro e ne
garantisce la permanenza. Strettamente correlata al linguaggio è la traduzione: se il
testo non fosse continuamente tradotto (in termini culturali), il patrimonio letterario
cesserebbe di “parlarci”. Lo scopo della critica non è infatti “fissare”
un’interpretazione definitiva ma mutevole, così da favorire il dialogo infinito con il
testo.
Le letterature comparate e la “Weltliteratur”: Le letterature comparate consentono
di mettere in relazione testi diversi coinvolgendo concetti come: identità, diversità e
delimitazione.
Si cerca di delineare un denominatore comune tra le diversità privilegiando la
traduzione delle opere.
Per l’efficacia e la scientificità che lo contraddistinguono, il comparatismo è definito
come un “metodo potente”.
Le letterature comparate, dunque, sono una disciplina che confronta diverse
tradizioni letterarie, facendo sì che le letterature nazionali acquistino coscienza
nella loro autonomia (l’esigenza di confronto è intrinseca).
Nella prima fase, nonché quella della “scuola francese”, la comparatistica ha
studiato soprattutto i casi bipolari di influenze dirette (ad esempio il confronto tra
Boccaccio e Chaucer), con lo svantaggio, tuttavia, di limitarsi allo studio delle fonti.
Più avanti, con la “scuola americana” assistiamo all’evoluzione del modello di analisi,
che inizia a basarsi sulla dimensione sovranazionale della letteratura. Gli studi
iniziano dunque a porre l’attenzione su forme, temi, generi e movimenti letterari in
svariate tradizioni, al di là dei rapporti diretti.
Procedendo nel corso della storia, si inizia per la prima volta a parlare di “letteratura
universale”. Fu proprio Goethe, nel 1827, a scrivere: “il tempo delle letterature
nazionali è morto, inizia la Weltliteratur”.
Per “Weltliteratur” si intende una letteratura legata al concetto di
internazionalizzazione, per cui la traduzione è inevitabile.
Da allora la nozione è stata interpretata in diverse maniere:
studio tendenzialmente illimitato (quindi utopico) di tutte le produzioni
letterarie;
studio delle opere che hanno una circolazione internazionale (ma che non
sono le più significative);
studio dei classici che sono alla base di tutta la tradizione europea (Omero,
Dante, Shakespeare, Cervantes, ecc.) il che equivale a parlare del canone.
*CANONE
Fin dall’età ellenistica si sono elaborate liste di autori considerati eccellenti. In età
moderna questa prassi viene designata dal termine canone, tratto dall’uso
ecclesiastico, dove indica la lista ufficiale e autorizzata dei libri che compongono la
Bibbia e dei testi dei Padri della Chiesa.
➔ Un canone è quindi una serie di testi che una determinata società considera
fondamentali per la propria cultura e tradizione, ed esemplari sotto ogni punto di
vista: il che equivale a dire che li considera dei classici.
LA LINGUA:
Tutte le lingue variano nel tempo, esistono:
variazioni diacroniche: variazioni nel tempo, cioè i cambiamenti che una
lingua subisce; studiate dalla linguistica storica.
variazioni sincroniche: variazioni osservabili in un momento preciso della
storia.
Queste possono essere:
- spaziali: varietà regionali, dialetti; studiate dalla dialettologia
- sociali: formalità, stratificazione sociale o regionale, scritto o parlato;
studiate dalla sociolinguistica.
Nella lingua si hanno vari dialetti, tra il dialetto e la lingua c’è una differenza di
status culturale e sociale, in quel punto l’italiano è uno status superiore.
Oltre ai dialetti possiamo dire che esistono varietà regionali e la lingua standard
(lingua priva di variazioni regionali es: L’italiano e diffusa maggiormente nello scritto
e meno nel parlato)
Accanto alle varietà regionali ci sono le varietà sociali che dipendono da diversi
fattori come: l’età, l’educazione, il sesso, e il tipo di professione
La sociolinguistica ha sottolineato l’esistenza di due tipi di stratificazioni:
1. verticale o sociale
2. orizzontale o regionale
Affermando che uno stesso parlante utilizza più varietà a seconda del contesto
(formale o informale).
Questo fenomeno viene denominato conversione di codice in cui il parlante è
soggetto a dover scegliere tra codici, varietà e stili e anche tra sottocodici o lingue
speciali (un lessico specifico, es. di una professione oppure dello sport, della
burocrazia, ecc.)
I GENERI DEL DISCORSO
I generi sono delle categorie testuali che hanno caratteristiche formali
tradizionalmente riconosciute (es: favola, l’articolo, la lettera, la barzelletta ecc...)
L’elenco dei generi è potenzialmente illimitato e comprende: sottogeneri e generi
composti (più generi messi insieme es: un'intervista al telefono, dove l’intervista è
un genere e anche la telefonata perché un genere orale).
I GENERI LETTERARI
I generi sono istituzioni letterarie date dall’incontro tra
contenuto (sfera tematica);
espressione (forma espressiva).
quindi tra materia e forma
GRAMMATICA:
La grammatica fissa le regole sintattiche che regolano le combinazioni tra i simboli
di una lingua e i loro significati denotativi.
Seguendo la grammatica decodifichiamo o decifriamo un testo letterario, via via
che decifriamo il testo quelli che inizialmente ci sembrano solo simboli e suoni
assumono un significato che ha un ruolo importante nella comunicazione.
È necessario non limitarsi solo a decodificare il messaggio ma anche ad
interpretarlo poiché ogni messaggio è anche un’azione: un invito, una richiesta, un
ordine ecc..) che non sempre è comprensibile solo dalla sua forma linguistica (es: fa
freddo in questa stanza può essere inteso o come un’affermazione o come un
invito).
La linguistica contemporanea in passato ha definito la grammatica come un atto
locutivo (messaggio analizzato solo da un punto di vista grammaticale) mentre ora
lo definisce come atto illocutivo (di ogni messaggio viene vista anche l’azione che
esso ha sul mondo).
La grammatica incontra problemi dal punto di vista empirico (perché la grammatica
ha delle regole specifiche e rigide come la metrica, mentre l’interpretazione incontra
dei problemi dal punto di vista normativo perché non ha delle regole specifiche).
*STILE:
Dal latino stilo-stilus, cioè un’asticella utilizzata per incidere parole su una pietra
(strumento di scrittura).
Per stile si è sempre inteso, fino all’epoca moderna, l’adeguazione a norme
pubbliche, tradizionali, che a seconda dei casi lo definivano come umile, mediocre,
grave.
Queste norme non presupponevano, a loro volta, nessuna violazione del codice
linguistico, ma si aggiungevano ad esso come un “codice” supplementare, un
sistema di restrizioni.
*Su un piano analitico è importante tener conto della storia degli stili, possibile con
la sintesi di Auerbach sulla divisione e la mescolanza degli stili:
La divisione degli stili si basa su un'antica teoria dove le opere che trattavano la
realtà quotidiana e pratica doveva far parte solo degli stili umili o medi, vale a dire
dovevano essere scritte sotto forma grottesca e comica.
Ad essi viene contrapposto il realismo moderno, dove troviamo Stendhal e Balzac
che facevano della realtà quotidiana una rappresentazione seria, problematica o
addirittura tragica infrangendo così la regola classica della separazione dei livelli
stilistici.
*POETICA
Disciplina che ha per oggetto l’arte poetica, di cui si occupa sotto un profilo
prevalentemente teorico, eventualmente anche da un punto di vista descrittivo-
sistematico, storico-funzionale, ecc., non però al fine principale di fornire
determinate norme preferenziali per la produzione poetica (che pure possono
essere, implicitamente o esplicitamente, presenti).
È il modo con cui qualunque autore produce le sue opere/testi in prosa o versi
(coincide con la definizione di “stile”)
*TOPOS/TOPOI
Tòpos [dal greco τόπος «luogo»] (pl. tòpoi, gr. τὸποι).
In italiano, il termine che corrisponde a topos è “loci communes” che sono
descrizioni o argomenti, di validità generale all’interno di una certa cultura.
*Il topos è un motivo ricorrente, in un’opera, nella tematica di un autore o di
un’epoca.
Es. il topos del viaggio (letteratura del viaggio): si ritrova nella la saga de “Il Signore
degli Anelli”, l’errare (perdersi) si ritrova nella “Divina Commedia”,
*NON è da confondere con il termine inglese di “topic”, che significa argomento/
ciò di cui si parla (trama/tema)
*TEMA
Termine che deriva dal latino “thema”, che significa “argomento”.
In letteratura il tema è l’argomento, soggetto trattato o da trattare in un discorso o
in uno scritto.
È la “macroarea” di un’opera (parla dell’argomento in generale senza entrare
troppo nei dettagli)
È possibile considerarlo come la “colonna vertebrale” di un’opera, che si ripete
da un autore all’altro con vari modi di elaborazione e sviluppi.
*MOTIVO
Il motivo può essere considerato come un sinonimo di topos, in tedesco infatti il
termine “LAITMOTIV” significa “motivo ricorrente”
Esso è ciò che costituisce il tema (movente)
Esso è il nucleo dell’idea, quindi del tema
Il motivo corrisponde al MODO e al CONTENUTO
STUDI TEMATICI
La critica tematica era stata accantonata per un certo periodo.
Oggi però possiamo parlare di una vera e propria sua rinascita.
La nuova tematologia intende analizzare le trasformazioni dei temi letterari
attraverso svariate epoche e culture, spesso allargando lo spettro di indagine fuori
dall’ambito occidentale.
La prima operazione è la delimitazione di campo.
Ciò che si deve evitare è il ricorso a grandi categorie, che per l’eccessiva ampiezza
finiscano per essere onnicomprensive: il tema perderebbe così il suo peso specifico
e diventerebbe una pura metafora.
È utile introdurre il concetto di campo tematico (o arcitema): un insieme,
tendenzialmente aperto, di temi apparentati fra di loro, che creano quindi una rete
di intersezioni.
Gli arcitemi ci svelano le dimensioni fondamentali di cui si è occupata la letteratura:
l’identità, l’alterità, la passione, il viaggio, e così via.
Si possono così distinguere i temi transculturali e di lunghissima durata, da quelli più
legati a singoli contesti, o da quelli strettamente connessi con movimenti letterari
specifici. Lo studio dei temi di lunga durata deve inevitabilmente misurarsi con il
variare dei contesti storico-culturali, dei generi e delle tradizioni letterarie.
ORALITÀ E SCRITTURA.
La storia della poesia, e la storia quindi della stessa letteratura, cominciano con la
poesia orale, composta nell’esecuzione da persona che non sanno né leggere né
scrivere.
Le sue caratteristiche sono:
1. è cantata o quantomeno cantilenata;
Quello che va notato è che i testi hanno una doppia forma di esistenza, scritta e
orale.
TRADIZIONE E AVANGUARDIA
La letteratura non è mai stata realmente un’istituzione unitaria.
In letteratura la divisione degli stili, la gerarchia dei generi e le leggi stesse della
metrica hanno un fondamento naturale: l’idea di un rapporto necessario tra forma
della rappresentazione e oggetto rappresentato.
Questa fiducia viene fortemente incrinata, anzitutto, dalla rivoluzione illuminista e
romantica.
La letteratura “moderna” si concepisce come diversa e distinta da quella del
passato. È questa una prima frattura, di ordine temporale, fra antico e nuovo.
La divaricazione viene ulteriormente approfondita nel momento in cui si
costituiscono le vere e proprie avanguardie.
Ciò a cui l’avanguardia si contrappone è solo a prima vista la tradizione, il passato,
l’antico: suo bersaglio viene identificato nella meschinità della vita borghese.
LETTERATURA E PARALETTERATURA
Un’opera si modella in base al pubblico a essa è riferita e a seconda delle sue
modalità di esecuzione rispetto alla tradizione, la destinazione è insomma un fattore
attivo.
La regolarizzazione intorno a degli standard definiti implica l’attribuzione di un ruolo
ad una cerchia di “detentori del gusto”, cui era riconosciuta un’autorità normativa
avevano il ruolo di sancire ciò che doveva e non considerarsi letterario.
Le tradizioni informali rimaste escluse dalle normalizzazioni continuavano
comunque a rimanere in vita nel folklore, potremmo parlare di:
letteratura marginale: fruita da classi che non facevano ufficialmente parte al
circuito della letteratura ufficialmente detta, ad essa s’intrecciano le oscillazioni
tra funzionalità estetica e quella extraestetica (morale, pedagogica, ecc)
L’esistenza di una letteratura marginale non costituiva un problema per chi
riteneva che l’unica, vera letteratura fosse l’altra, l’ufficiale.
Del tutto distinta dalla “letteratura popolare” deve essere considerata la vera e
propria letteratura di massa.
Essa rivolge a un pubblico interclassista: è il moderno bestseller della società
industriale avanzata, che tende a una rinnovata unificazione dei lettori intorno a
prodotti largamente accessibili.
È intrinseca alla società di massa non solo una tendenza all’omogeneità dei
comportamenti, ma anche alla differenziazione dinamica di gruppi, funzioni.
RETORICA
La retorica ha a che fare con l’argomentazione, in qualsiasi sua forma, anche non
verbale.
Il “campo dell’argomentazione” coincide con l’intera nostra esperienza intellettuale.
L’ambito della retorica non è solo giuridico o letterario, né il suo fine solo la
persuasione o l’ ”abbellimento” del discorso.
I rapporti tra retorica e poetica sono sempre stati assai intricati e complessi e per
certi aspetti contraddittori, la retorica ad uso dei letterari è stata privata di aspetti
che in origine erano secondari, cioè della retorica è stato travisato lo spirito stesso.
La retorica nasce come disciplina teorica e nasce come arte, o scienza, o tecnica
della persuasione, che trova le sue applicazioni nell’ambito giudiziario e politico. In
sistemi dove il potere esecutivo o giudiziario è accentrato in mano di pochi, la
retorica perde la sua ragione di essere.
2- DISPOSITIO:
Consiste nell’arrangiamento del materiale da parte dell’oratore o dello scrittore.
3- ELOCUTIO:
è la cura dell’espressione, e si suddivide in tre generi o stili, esemplificati dalle tre
opere di Virgilio:
Stile basso (le Bucoliche)
Medio (le Georgiche)
Sublime (l’Eneide)
L’elocuzione deve osservare alcune virtù, come la purezza della lingua, la chiarezza,
l’adeguatezza della materia al pubblico e l’ornamento; quest’ultima virtù si serve
principalmente delle figure:
di pensiero: regolano l’organizzazione del contenuto)
di parola: riguardano la singola parola (tropi) o più parole; il tropo consiste
nello spostamento del significato della parola come avviene ad esempio nella
metonimia e nella metafora)
In particolare, a destare interesse sono le figure di significazione, altrimenti dette
tropi.
Τρόπος (trópos) in greco significa «direzione», ma il suo significato originario è
stato successivamente abbandonato per quello di «deviazione», «conversione».
Per tropo, infatti, si intende una variazione (mutatio) del significato di
un'espressione rispetto al suo significato originario.
I tropi sono figure retoriche che modificano alcune parole con il fine di
comunicare, e sono anche figure retoriche di sostituzione.
● METAFORA: una figura retorica che si basa su una similitudine per analogia. Si
ha quando, si sostituisce un termine con un altro la cui "essenza" o funzione
va a sovrapporsi a quella del termine originario creando immagini di forte
carica espressiva.
Esempio: il mare è come una tavola (il mare è calmo)
● SIMILITUDINE: è una figura retorica che consiste nel confrontare due identità,
in una delle quali si individuano proprietà somiglianti e paragonabili a quelle
dell'altra, facendo uso di avverbi quali: come, simile a, sembra, assomiglia,
così come, ecc.,
Esempio: «Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie»
● SINEDDOCHE: è una figura retorica che consiste nella sostituzione tra due
termini in relazione tra di loro.
Esempi: "Inghilterra" al posto di "Regno Unito”, “America” al posto di Stati
Uniti d’America”, “felino” per il “gatto”,
● METONIMIA: è una figura retorica che consiste nella sostituzione di un
termine con un altro che ha con il primo una relazione di vicinanza, attuando
una sorta di trasferimento di significato.
È il rapporto tra la parola usata e quella sostituita, c’è una sorta di rapporto
causa-effetto.
Esempio: "ha una buona penna" / sa scrivere bene
"è sbiancato in volto" / "si è spaventato"
● PERIFRASI: è una figura retorica che consiste nel sostituire una o più parole in
una frase con altre che ne richiamino il senso o lo veicolino in modo più
suggestivo o efficace.
Esempio: «re de l'universo»: per indicare Dio (Dante Alighieri, Inf. V, 91);
Riferirsi a un individuo con un epiteto, che, sempre a partire dalle qualità del
soggetto, diviene un nome per indicarlo.
Esempio: il «pianeta rosso» sta per Marte.
● IRONIA: consiste nell'affermare il contrario di ciò che si pensa con lo scopo di
ridicolizzare o sottolineare concetti per provocare una risata.
● LITOTE: è una figura retorica che consiste nel dare un giudizio o fare
un'affermazione adoperando la negazione di un'espressione di senso
contrario. Si ha quando si sostituisce un'espressione troppo cruda con la
negazione del contrario. Può avere intento di attenuazione o enfasi, ma anche
di ironia.
Esempio: «Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con un
cuor di leone»
4- MEMORIA:
La memoria è la tecnica di apprendimento del discorso.
5- ACTIO O PRONUNTIATIO:
Si occupa dell’esecuzione (tono della voce, gesti ecc..) quindi tutta quell’area
dedicata alla performance che attinge ai linguaggi non verbali.
CAPITOLO 3
Modi della poesia
In letteratura i generi letterari adottano il verso o la prosa in base ad una
convenzione letteraria, data da una determinata cultura che ammette variazioni nel
tempo.
La lirica trova nel verso la sua espressione ideale, ma dal secondo ottocento ha
impiegato come veicolo anche la prosa, ne è un esempio Baudelaire con la raccolta
“Petits poemes en prose”.
Il romanzo e il racconto (la narrativa) hanno la loro origine in generi medievali in
versi, ma ai giorni nostri troviamo poemetti in versi e racconti in versi.
LIRICA E NARRATIVA/ POESIA E PROSA (DEFINIZIONE)
Discorso letterario: Per discorso letterario intendiamo qualunque testo letterario.
Discorso poetico: Il campo attribuibile a tali esperienze di poesia nell'ambito della
classificazione storica e filologica.
POESIA: termine che deriva dal latino “POESIS” e che a sua volta veniva dal greco
“poieis”, dal verbo “poiein” che significa “fare, creare” qualcosa che prima non
esisteva.
Per i greci, la poesia era oggetto estetico ed aveva delle caratteristiche tecniche ben
precise che la distinguevano dagli altri oggetti. La poesia veniva cantata dai greci con
l’accompagnamento del suono della lira (strumento a corde), da qui ne deriva una
prima definizione di poesia lirica.
Una seconda definizione di poesia lirica che nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio
dell’800 (periodo del Romanticismo) è intesa nel senso di poesia affettiva, nella
quale prevale l’espressione della pura soggettività del poeta (l’io lirico). La poesia
lirica è intesa come la libera e immediata espressione del mondo interiore
(sentimenti, passioni…) del poeta, cioè l’“io poetico” (io= autore).
La poesia è caratterizzata dalla composizione in versi ed è definibile come “un
discorso che ritorna sempre su sé stesso”, definizione che deriva dall’etimologia di
“verso”.
*VERSO: Il termine “verso” viene dal latino “VERSUS”, da “VERTERE/VERTOR” che
significa “voltare, tornare indietro”.
Il verso torna su sé stesso, nel senso di ripetere con variazioni la stessa figura
ritmica.
Esso può essere quindi:
● ripetizione dello stesso tipo metrico, es. sequenza di endecasillabi sciolti
● ripetizione ordinata di più tipi metrici all’interno di una sequenza di strofe, es.
strofa di una canzone
● ripetizione della rima o di figure opzionali, come l’allitterazione
Il verso può essere quindi considerato come un insieme di parole con una precisa
struttura ritmica, costituita da alcuni accenti fissi o strutture fisse. É una struttura
metrica di sillabe e accenti che si ripetono.
Nella poesia si ripete una struttura ritmica in maniera costante in due modi:
● la durata: è la quantità sillabica (metrica quantitativa)
● l’accento ritmico: è l’intonazione
IL METRO E IL RITMO
*METRICA: dal latino “metrum”, solo nel significato di “misura del verso”.
La tecnica della versificazione, cioè il complesso delle leggi che regolano la
composizione dei versi e delle strofe; lo studio delle forme attraverso cui si stabilisce
e si evolve la tecnica della poesia; e anche l’insieme dei vari sistemi metrici propri di
una lingua, di una letteratura, di un’epoca storica, o di un determinato poeta.
Il metro è la misura ritmica di un testo poetico ed è la combinazione di qualità
sillabica (la durata) e l’intonazione (gli accenti ritmici) in un verso. In sintesi, il metro
misura il verso e calcola il numero delle sillabe metriche.
FIGURE METRICHE
Le figure metriche sono gli artifici che riguardano la costruzione del verso.
Esse regolano la divisione sillabica del verso e intervengono sulla configurazione
prosodica, cioè sulla distribuzione degli accenti.
Le figure metriche sono la sineresi e la dieresi, la sinalefe e la dialefe:
● SINERESI: è una figura metrica per cui due sillabe vicine formate da due vocali
vengono contate come se fossero una sola.
Esempio: il termine italiano parea conta tre sillabe grammaticali (pa-re-a) ma
spesso in poesia viene trattato come se contasse solo due sillabe metriche
(pa-rea).
Sineresi e dieresi, sinalefe e dialefe sono quindi figure di segno opposto il cui
impiego varia a seconda del costume metrico dell’epoca e a seconda dello stile
individuale.
Queste incongruenze possono essere spiegate in termini di “memoria ritmica” se la
stessa figura metrica compare associata a determinati schemi grammaticali.
L'accento dell'ultima parola del verso può modificare il conteggio delle sillabe:
● se è piana (accento sulla penultima sillaba), il verso ha il numero preciso di
sillabe indicato dal suo nome
esempio: in/ for/ma/ dun/que/ di/ can/di/da/ ro/sa : endecasillabo 11s
ENDECASILLABO
Perché un endecasillabo sia tale occorre che la decima posizione sia marcata da un
ictus/accento metrico ai fini della struttura ritmica.
Esempio: Mi/ ri/tro/vai/ per/ u/na/ sel/va o/scù/ra : 11 sillabe, accento sulla decima
posizione (scù).
Possiamo individuare vari tipi di rima, sulla base di diversi criteri, distinguiamo:
● rima piana (fra parole con accento sulla penultima sillaba);
● rima tronca (fra parole con accento sull’ultima sillaba);
● rima sdrucciola (fra parole con accento sulla terzultima sillaba);
● rima bisdrucciola (fra parole con accento sulla quartultima sillaba).
COMBINAZIONI STROFICHE
STROFA: è un gruppo di versi, di numero e di tipo fisso o variabile che vengono
organizzati secondo uno schema (in genere ritmico) seguito da una pausa. È nota
anche con il nome di stanza, termine preferito per le canzoni. Per poter definire i
vari tipi di strofe occorre prendere in considerazione sia la successione delle rime sia
il numero dei versi.
La strofa può quindi essere considerata un sistema ritmico che viene stabilito dalla
combinazione delle rime e dalla struttura metrica dei versi che la compongono.
Le forme più frequenti sono:
● il distico: coppia di versi a rima baciata
● la terzina: metro continuo in cui ogni unità è legata alla precedente
mediante rime incatenate (ABA.BCB.CDC.)
● la quartina: quattro versi a rime incatenate (ABAB) o abbracciate
(ABBA)
● la sestina: sei versi legati mediante lo schema ABABCC
● l'ottava: otto versi legati mediante lo schema ABABABCC
CANZONE
La stanza della canzone presenta una complessa articolazione interna data dallo
schema metrico e dall’organizzazione sintattica.
La prima parte della canzone è chiamata “fronte” e si divide in due “piedi” uguali, la
seconda parte invece è chiamata “sirma o coda” ed è a sua volta divisibile in due
“volte”.
Tra la fronte e la sirma può infiltrarsi un “verso di concatenatio”, che riprende
l’ultima rima della fronte e che può essere ripetuto alla fine o all’interno della sirma.
SONETTO
Il sonetto è tra le forme più antiche della letteratura italiana.
È un’invenzione siciliana che si deve al poeta Giacomo da Lentini.
É connesso alla canzone, in quanto viene interpretato come una stanza isolata di
canzone con fronte e sirma bipartite.
Il sonetto è formato da 14 versi endecasillabi e si articola in due serie di rime: due
quartine (o quadernari) e due terzine (o terzetti).
Le quartine sono a rime alterne (ABAB- ABAB), abbracciate (ABBA- ABBA) o
un’unione di rime abbracciate e alterne (ABBA- ABAB-).
Le terzine invece hanno maggiore libertà, possono avere le rime alterne (CDC- CDE)
o tre (ripetendo nel secondo terzetto le rime del primo: CDE-CDE) o inverso (CDE-
EDC).
Capitolo 4
*NARRAZIONE
Una delle principali attività dell’uomo che sfrutta il mezzo del linguaggio è quella di
“raccontare”, tanto che una parte notevole di produzione linguistica può essere
considerata racconto.
La forma del racconto è per certi aspetti comune alla narrativa naturale, cioè al
racconto orale e improvvisato di cui struttura si divide in:
Fra i procedimenti più diffusi di incastro del passato nel presente c’è la tecnica
del flashback: è lo stesso personaggio che ricorda, o che racconta, vicende
passate.
Tempo
Distingueremo il tempo della storia (quello in cui si suppone avvengano le vicende
raccontate) e il tempo del racconto (quella in cui la voce narrante ci viene riferendo
gli eventi e in cui ha luogo l’atto dell’ascolto o della lettura.
La successione degli eventi nella storia seguirà l’ordine lineare del prima e del dopo.
Nel frattempo, distingueremo:
Molto più frequente la pausa: il tempo della storia si ferma del tutto, mentre il
racconto mette a fuoco il suo spazio o tramite similitudini o tramite descrizioni.
Un ultimo rapporto possibile tra il tempo del racconto e il tempo della storia è la
frequenza che Chatman così sintetizza:
● singolativo, ovvero una singola rappresentazione narrativa di un singolo
storia;
Voce
Chi legge un romanzo non si costituisce come soggetto dell’enunciazione bensì
configura nella propria mente qualcuno che gli sta parlando: costui è appunto il
narratore e sua è la voce immaginaria che articoliamo nella nostra mente.
Shakespeare anziché alternare la sua voce a quella dei personaggi, ha dato
direttamente loro la parola.
Punto di vista
Quando ci occupiamo della voce ci domandiamo chi parla, quando ci occupiamo
della prospettiva ci domandiamo invece chi vede.
(narratore interno);
● il narratore sa e dice meno di quello che sa il personaggio: è il racconto
“comportamentista”.
Tecniche narrative
Il narratore in un racconto può essere:
PERSONAGGIO
*CARATTERE
Il termine inglese “character” proviene dal greco χαρακτήρ (kharaktḗr) che significa
“impronta”
Il carattere è l’insieme di quegli aspetti peculiari che danno forma all’anima
(impronta interiore), sono aspetti distintivi che ci aiutano a distinguere i vari
personaggi.
Questo modello si incarna in attori che possono cumulare più ruoli e i diversi ruoli
possono anche essere assunti, anziché da essere animati, da entità astratte. Ogni
testo narrativo finisce per aver bisogno di un proprio sistema che tenga conto di
quei ruoli più tradizionali che vanno sotto il nome di protagonista, eroe...
Epica e romanzo
*EPICA: EPOS
L’Odissea diventa l’archetipo ideale del romanzo: questo sia per gli aspetti tematici
come il viaggio, l’avventura, l’esotismo sia per gli aspetti formali cioè una
strutturazione narrativa incentrata sul singolo eroe e più chiusa rispetto all’Iliade. La
critica contemporanea ha messo meglio a fuoco le complessità della poesia omerica,
riscuotendone idee che avevano dominato a lungo come l’oggettività
*ROMANZO
I primi esempi di romanzo si trovano nella letteratura latina con “La Metamorfosi”
(o L’asino d’oro) di Apuleio e il “Satyricon” di Petronio.
Il romanzo moderno nasce nel medioevo e rinasce nel ‘700, anche se alcuni
stimano che la rinascita del romanzo sia avvenuta con la pubblicazione del “Don
Chisciotte”.
Epos e Romanzo sono due macrogeneri a loro volta suddivisi in vari generi e
sottogeneri che appartengono alla stessa tipologia espressiva.
Riguardo la loro evoluzione storica, l’epica è spesso il primo genere a sorgere, anzi
quello che inaugura il sistema letterario ma è anche quello di cui si lamenta ben
presto il declino.
La nascita tardiva del romanzo è invece un dato di fatto incontrovertibile, che ne ha
causato anche lo statuto marginale e poco ufficiale, conservato per secoli.
Gli ultimi decenni hanno sempre più riconosciuto il ruolo fondativo del romanzo
antico che è più vicino al concetto di novel per l’assenza di elementi fantastici.
Epica e romanzo non vanno dunque considerate due entità fisse e immutabili ma
due fasci di costanti transculturali.
È evidente come nell’epica sia più facile individuare costanti (narrazioni di imprese
eroiche, mitiche..), tòpoi e tecniche espressive mentre lo è meno per un genere per
lungo tempo marginale come il romanzo.
Dopotutto il romanzo è il genere più caratteristico della letteratura moderna sia per i
numeri di titoli pubblicati sia per le sue classifiche di vendita.
Lo studio del romanzo come genere letterario si distingue per particolari difficoltà.
Ciò che è determinato dalla natura specifica dello stesso romanzo: è l’unico genere
letterario in divenire e ancora incompiuto.
L’epopea (così come gli altri generi letterari) invece è un genere compiuto e
invecchiato, con un’ossatura ormai solida e con il suo canone.
Dei generi letterari solo il romanzo è più giovane della scrittura e del libro ed esso
soltanto è organicamente adatto alle nuove forme della lettura.
Ma soprattutto il romanzo non ha un canone come gli altri generi letterari. Possiamo
paragonare lo studio degli altri generi letterari a quello delle lingue morte, e lo
studio del romanzo a quello delle lingue vive.
Inoltre, nelle epoche di dominio del romanzo (dal XVIII secolo) quasi tutti gli altri
generi letterari si “romantizzano”: diventano più liberi e plastici, e il loro linguaggio
si rinnova grazie alla differenziazione interna della lingua extraletteraria.
In essi penetrano ampiamente il riso, l’ironia, lo humor, e infine il romanzo porta in
essi la problematicità, il vivo contatto con l’età contemporanea.
Il romanzo infatti è l’unico genere in divenire e quindi esso riflette il divenire della
stessa realtà.
Vediamo infine le tre peculiarità che differenziano il romanzo da tutti gli altri
generi letterari, tutte determinate da un preciso momento di rottura nella storia
dell’umanità europea, la sua uscita da una condizione isolata e chiusa e il
passaggio a nuovi legami internazionali e interlinguistici:
Il romanzo è in contatto con l’elemento incompiuto del presente, con ciò che non
è ancora compiuto, il che non permette a questo genere letterario di cristallizzarsi. Il
romanziere può anche apparire nel campo di raffigurazione, raffigurare o alludere ad
alcuni momenti della sua vita, polemizzare con i suoi nemici letterari, ecc. L’autore
vero, formale, primario viene a trovarsi in nuovi rapporti reciproci col mondo
raffigurato: essi si trovano adesso nelle stesse dimensioni assiologico-temporali.
Questo nuovo statuto dell’autore è uno dei risultati più importanti del superamento
della distanza epica.
Capitolo 7
LA LETTERATURA COME ESPERIENZA ESTETICA
- L’OPERA:
Secondo Lotman un messaggio si può comunicare grazie a due sistemi: il sistema io–
egli ed il sistema io–io.
Nel primo caso il soggetto cambia (da io ad egli) mentre il codice il messaggio
rimangono invariati, nel secondo caso la situazione si ribalta (il soggetto è sempre io)
e il messaggio stesso diventa codice.
Se a una lettrice viene comunicato che una signora di nome Anna Karenina, a causa
di un amore infelice, si è gettata sotto un treno, ed essa, anziché aggiungere nella
sua memoria tale messaggio a quelli già in suo possesso, conclude: «Anna Karenina
sono io», e rivede la concezione che ha di sé, dei propri rapporti con certe persone,
e magari il proprio comportamento, allora è evidente che essa adopera il testo del
romanzo di Tolstoj non come un messaggio del medesimo tipo di tutti gli altri, ma
come un codice in un processo di comunicazione con se stessa.
- IL VALORE:
L'avanguardia ci ha insegnato che in pratica qualsiasi testo, se presentato all'interno
della comunicazione letteraria, è letteratura.
Un'opera letteraria doveva essere al tempo stesso un modello di letteratura degno
di essere imitato, almeno sotto qualche rispetto, per la sua fedeltà alla norma o per
la libertà emblematica dalla norma.
Oggi, le stesse gerarchie interne del sistema letterario, come le antitesi tra alto e
basso, letteratura seria e letteratura di consumo, arte «vera» e arte di massa
risultano sempre più fittizie e inconsistenti.
Ciascuno di noi chiede alla letteratura di essere questa o quella cosa: e viceversa può
bastarci la pietas per il documento, infimo ma commovente, di una civiltà che
amiamo. Il lettore professionista può accontentarsi di molto poco: per lui la
letteratura ha comunque un significato, per quanto mediato culturalmente.
- L’INTERPRETAZIONE
Noi dovremo comunque individuare significati che il resto denota veramente e che il
testo possiede veramente.
I criteri che usiamo a questo scopo non sono necessari e sufficienti, tali da
consentirci decisioni univoche, ma sono pur sempre dei criteri, e le decisioni che
prenderemo saranno poi controllabili da ciascuno in base alla propria esperienza.
Grazie a tutti e buono studio❤️