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Introduzione 3
CAPITOLO PRIMO 5
Riferimenti generali per le teorie sul ricevente 5
CAPITOLO SECONDO 15
Hans Robert Jauss. La teoria della ricezione come base di una nuova Storia della Letteratura 15
CAPITOLO TERZO 22
Umberto Eco. Dall' Opera aperta al Lector in fabula 22
CAPITOLO QUARTO 29
"Le città invisibili" di Calvino in una lettura semiotica 29
Conclusioni 40
Ringraziamenti 43
Riferimenti bibliografici 45
1
Introduzione
Questo lavoro ha due soggetti: le così dette teorie della ricezione elaborate in modo
sistematico a partire dagli anni Sessanta - in particolar modo si parlerà di una parte del
pensiero Umberto Eco e di Hans Robert Jauss - e un romanzo di Italo Calvino, Le città
invisibili (1972).
Le teorie della recezione sono oggetto di interesse di varie discipline (se ne
occupano tra le altre, sia la critica letteraria che le letterature comparate) ma, da una
prospettiva semiotica, l'interesse maggiore è rivolto alla figura del Lettore. Questi non
è più visto come un semplice consumatore di prodotti letterari finiti, ma è considerato
parte stessa del processo letterario; egli infatti è visto come un elemento
fondamentale, senza il quale un'opera non può considerarsi tale, poiché è solo la
ricezione che egli ne fa a darle vita. Nel momento in cui l'opera viene letta, genera nel
suo destinatario un processo di interpretazione, il quale ridimensiona la stessa figura
dell'autore stesso.
Dalla convinzione della validità di tali considerazioni, è stata qui condotta
un'analisi avente per oggetto uno dei romanzi più complessi e ricchi di possibili
interpretazioni della letteratura del nostro Paese, e forse anche della letteratura
contemporanea, cercando di mostrare l'importanza della ricezione non tanto dal punto
di vista del critico letterario, e quindi dall’esterno dell’Opera, ma da quello del
processo generativo dell’Opera stessa.
Nel primo Capitolo, si è tentato di creare un quadro generale per tali teorie: dal
contesto storico - ideologico nel quale si sono diffuse, alle basi teorico - filosofiche a
partire da cui si sono generate.
Nel secondo Capitolo, il contributo di Hans Robert Jauss, fondatore della
cosiddetta “Scuola di Costanza”, è stato maggiormente approfondito al fine di mettere
in risalto un aspetto centrale della sua opera, ovvero la volontà di riscrivere la storia
della letteratura, facendo di questa una storia delle ricezioni.
Nel terzo Capitolo, vengono introdotti alcuni dei contributi di Umberto Eco, al
fine di introdurre alcuni concetti chiave, come Opera Aperta e Lettore Modello, che
torneranno a essere fondamentali anche nel quarto Capitolo, dedicato ad
un'interpretazione de Le città invisibili da una prospettiva semiotica che tiene conto
2
dell’apporto recato dal processo interpretativo e, a partire da certi indizi disseminati
all’interno del testo stesso lo ritiene fondamentale, poiché dà significato al testo,
destinato, senza l'intervento del Lettore, e del senso da lui generato a partire dal
risalto conferito a quegli indizi, a restare un enigmatico groviglio.
3
Capitolo I
Riferimenti generali per le teorie sul ricevente
1
S.Gensini, Manuale di semiotica, Roma, Carrocci Editore, 2004, p. 17.
2
G. Berruto - M. Cerruti, La linguistica. Un corso introduttivo, Torino, UTET, 2011 pp. 5-7.
3
C.Morris, Lineamenti di una teoria dei segni, Lecce, Editore Pensa Multimedia, 2009, p. 85.
4
Su di una posizione simile, Umberto Eco intende tutta la cultura, quindi tutta la
produzione umana, come segno se questa porta con sé significazione. Eco, a tal
proposito, sostiene che si verifica significazione ogni qual volta qualcosa sia fatto
oggetto di un processo interpretativo. L'attenzione ricade, da questa prospettiva, su
qualsiasi espressione umana capace di generare senso, come, ad esempio
l'organizzazione degli spazi e le arti4.
Seguendo ancora Eco, e tentando di chiarire ulteriormente quello che è
possibile definire come l'oggetto della semiotica, possiamo specificare:
Esiste una semiotica generale che non può e non intende investigare i meccanismi di
funzionamento di specifici processi di semiosi e che si preoccupa di porre filosofico
alcune categorie fondamentali, quali quella di semiosi, di segno, di rapporto di
significazione, d’inferenza interpretativa e così via. Questa semiotica generale ha per
scopo di mostrare la fondamentale unità di esperienze per altri versi assai diverse, per
quanto generalissimo sia il suo punto di vista, e lontano l'obiettivo con cui mette a
fuoco i dati molteplici delle nostre varie esperienze. Questa semiotica generale è una
branca della filosofia, o meglio è la filosofia intera in quanto impegnata a riflettere sul
problema della semiosi. Rispetto alla semiotica generale, esistono le semiotiche
specifiche, che sono lo studio di un determinato sistema di segni e dei processi che
esso può consentire: esempio principe di semiotica specifica è la linguistica. Ma è
5
semiotica specifica anche lo studio della segnaletica stradale .
A tal proposito, l'autore precisa che mentre le semiotiche generali hanno come
oggetto una categoria filosofica tutta da costruire, le semiotiche specifiche trovano i
loro oggetti come già esistenti.
È quindi chiaro perché, in tale disciplina, rientri anche l'interesse verso il testo.
Questo si configura infatti come un prodotto dotato di senso che è comunque
definibile come segno (o come insieme di segni). Bisogna, però, anche qui precisare
che in semiotica la definizione di testo va spesso al di là del senso comune. Se
considerassimo, ad esempio, il pensiero di Jurij Lotman dovremmo intendere come
testo non solo le produzioni scritte, ma, qualsiasi cosa abbia un ruolo significativo nella
cultura; i testi per Lotman sono l'elemento di base di una cultura, ed in qualche modo
la rappresentano e la condizionano. All'interno di tale categoria rientrano, per lo
studioso russo, finanche le bambole6.
4
S.Gensini, Manuale di semiotica, Carrocci Editore, 2004, p.43
5
U. Eco, Semiotica e Filosofia, reperibile presso:
http://www.umbertoeco.it/CV/Semiotica%20e%20Filosofia%20del%20Linguaggio.pdf, in data 11
gennaio 2013.
6
A.M. Lorusso, Semiotica della cultura, Roma-Bari, Laterza, 2010, pag. 71.
5
Possiamo, al fine di questa trattazione, dare una definizione di testo seguendo
quelle che sono le direttive dello studio della linguistica testuale. Tale disciplina si
dedica all'analisi dei testi e di come questi sono organizzati e strutturati, e come ogni
parte, poi, si ritroverà a formare una struttura globale. Possiamo distinguere tra tipi
testuali differenti: un articolo di giornale e una filastrocca sono entrambi testi ma con
caratteristiche differenti; ma nonostante ciò, tutti condividono il rispetto di sette
condizioni di testualità. Questi sette principi fanno sì che un testo comunichi un
messaggio, in modo più o meno chiaro e preciso, azionando così la funzione
comunicativa. Essi sono: coesione, coerenza, intenzionabilità, accettabilità,
informatività, situazionalità, intertestualità:
1. La coesione concerne la necessità delle parti del testo di essere collegate tra
loro e di avere, tra loro,una dipendenza. Ciò si verifica in base a convenzioni e
regole grammaticali
2. La coerenza riguarda la continuità di senso che bisogna rispettare, per garantire
una logica del testo. Ha per lo più a che fare con l'aspetto semantico, oltre che
sintattico.
3. L'intenzionalità ha a che fare, invece, con il “producente” e la sua volontà di
realizzare un testo coesivo e coerente, che abbia il fine di diffondere una
conoscenza o raggiungere un fine.
4. L'accettabilità ha a che fare con il ricevente del testo, che si aspetta un testo
coesivo e coerente capace di fornirgli nuove conoscenze.
5. L'informatività si riferisce molto spesso esclusivamente al contenuto, ed indica
la novità di informazioni che il testo dà al ricevente.
6. La situazionalità è inerente alla rilevanza e all'adeguatezza di un testo
all'interno di una situazione comunicativa (un contesto in cui avviene la
comunicazione).
7. L'intertestualità è il rapporto tra un testi aventi tra loro significative
connessioni. Inoltre permette di definire il testo in un genere preciso7.
Rispettando tali principi il testo risulterà riconoscibile come tale a qualunque categoria
esso appartenga, e, soprattutto, risulterà “funzionante” ovvero “funzionale”: assolverà
alla funzione di comunicare qualcosa ad un ricevente. Nel momento in cui una di
7
L.Cerrato, Uno sguardo alla linguistica testuale, reperibile presso:
http://www.speech.kth.se/~loce/old-publications.html in data 12 gennaio 2013
6
queste sette condizioni viene meno, avremo un testo con scarsa o senza funzione
comunicativa o un non testo8.
Ritengo che questa definizione sia ottimale ai fini dell'argomento che qui si è
deciso di trattare in quanto prende in considerazione alcune variabili determinanti,
spesso ignorate da altri tipi di analisi. Rilevante è a mio avviso in tale definizione la
necessità per il testo – per poter essere definito tale – di tenere conto del destinatario,
di dover fornire a questi un'informazione, come già precisato, coerente e logica.
Tutto ciò trova delle affinità con l'analisi che la semiotica affronta quando ci
troviamo a parlare, nello specifico, di testi letterari: un'analisi semiotica di un testo
letterario si differenzia da un'analisi di tipo linguistico per la priorità che acquisisce il
contesto entro il quale questo nasce, e dal quale non può prescindere9, e che si ritrova
preso in considerazione anche nella precedente definizione in termini di situazionalità.
Anche nei modelli utilizzati per tentare di spiegare i processi comunicativi, alla fine
della prima metà del secolo scorso, si è tentato di sottolineare il ruolo del destinatario.
Il modello di comunicazione, introdotto dal matematico statunitense Shannon, e
ripreso anche successivamente da Jakobson, è stato criticamente definito modello
elementare, poiché vede la comunicazione come un semplice scambio di un messaggio
tra due soggetti (emittente – ricevente) che usano un codice ed un canale].
Le varianti che il contesto può apportare (una su tutte, e molto banale,
l'esistenza di rumori), così come l'importanza del momento della ricezione non
vengono prese in considerazione in quel “modello elementare”. Un ricevente, infatti,
in base al contesto di ricezione dà al messaggio un'interpretazione che può far variare
il senso originario di quel messaggio10.
Ho riportato questo esempio apparentemente insignificante, inerente alla sfera
della comunicazione verbale umana, per dimostrare come il punto di vista del
ricevente, e con esso quello del contesto, sia stato messo in secondo piano da più
prospettive. Durante tutto il Novecento, le teorizzazioni da parte delle varie discipline
che incrociavano i loro interessi attorno al testo, si sono distinte in svariate correnti.
Per avere un quadro chiaro e lineare, V. Pisanty e R.Pellerey11, nel testo Semiotica e
8
R.A. De Beaugrande - W.U. Dressler, Introduzione alla linguistica testuale, Bologna, Il Mulino, 1994.
9
S. Gensini, Manuale di semiotica, Roma, Carocci Editore, 2004, cit.,pag. 138.
10
Ivi, pp. 51- 55
11
V. Pisanty - R. Pellerey, Semiotica e interpretazione, Milano, Bompiani, 2004 pag. 191
7
Interpretazione, ci indicano tre tendenze in base alle quali classificare il pensiero critico
e analitico di questo periodo: Autore, Opera e Lettore. Per il nostro lavoro sarà l'ultimo
filone, quello del lettore, ad essere centrale ma è opportuno capire che l'interesse
verso il fruitore e destinatario del testo apre una nuova ed innovativa prospettiva di
analisi, nata anche per contrasto a metodologie e teorie precedenti concentrate
soprattutto su aspetti che potremmo definire “tecnici”.
Mi riferisco, principalmente a quella articolata corrente definita formalismo. Al
suo interno possiamo riconoscere non un pensiero unitario, ma il confluire dell'attività
di due gruppi appartenenti ai due centri culturali maggiori della Russia del tempo: il
Circolo linguistico di Mosca, (fondato nel 1914-1915), uno dei cui massimi esponenti è
Roman Jakobson, semiologo e linguista, e l'OPOJAZ (la Società per lo studio del
linguaggio poetico) di Pietroburgo sorta, invece, nel 1917, dove spiccano le figure di
Viktor Sklovskij e Jurij N. Tynjanov. Il formalismo non si configurò come una
metodologia di analisi ma come un progetto il cui fine era quello di creare una scienza
letteraria. Nasce in questo modo la critica letteraria in quanto disciplina autonoma,
separata dall'estetica. L'attenzione del formalismo viene posta non tanto sull'aspetto
del contenuto di un'opera – e quindi anche del suo significato – quanto sull'aspetto
tecnico del linguaggio utilizzato12: procedimenti espressivi, metrica, ritmo, tecniche
narrative, sono alcuni dei temi cari agli studiosi russi. Per tanto, ritornando alla
divisione prima indicata, siamo all'interno del periodo in cui è sicuramente fulcro
dell'attenzione l'Opera. Ritroviamo qui, nella pratica, quella centralità nell'analisi del
contenuto già prima accennata.
La preoccupazione per il ricevente – quella inerente alla centralità del Lettore –
è cronologicamente ascrivibile agli anni Sessanta del secolo scorso, ma un'attenzione
in questa direzione, può essere rintracciata già nel passato. Un esempio riguarda la
Poetica di Aristotele13, dove il filosofo greco ci parla della katharsis un termine oscuro
che non è mai stato esplicato al meglio nemmeno all'interno della sua stessa opera. La
katharsis è un effetto provocato nello spettatore dalla partecipazione alla
12
A. Brettoni"Formalismo, strutturalismo, semiologia e critica stilistica" in E. Biagini - A. Brettoni - P.
Orvieto (a cura di), Teorie critiche del Novecento, Roma, Carocci, 2011 pag. 13.
13
C. Concina "Intertestualità, ricezioni, generi", in R. Bertazzoli (a cura di), Letterature comparate,
Brescia, Editrice La Scuola, 2010 pag. 67.
8
rappresentazione della tragedia. Qui egli riesce a liberarsi dalle passioni attraverso la
loro messa in scena. Siamo quindi di fronte ad una riflessione sulla fruizione dell'opera.
Ma per venire a epoche a noi più vicine, anche nelle teorizzazioni della
narratologia ritroviamo il lettore; Prince effettua una distinzione tra il narratario (colui
al quale l'autore si rivolge) e i lettori reali: tra i due esiste una differenza pari a quella
tra scrittore e narratore14. Sulla nuova importanza conferita al lettore da alcuni studiosi
e correnti di pensiero (si veda Eco o la Scuola di Costanza, a cui farò riferimento
successivamente), di sicuro non possono non aver influito, in questo senso, due
correnti filosofiche quali la fenomenologia e l'ermeneutica.
Husserl, appartenente alla prima corrente, sostiene ad esempio che la realtà è
solo quella percepita dalla nostra coscienza. Nello specifico, i testi letterari - sebbene
dotati di una propria struttura oggettiva, data dall'autore - prendono vita solo
attraverso la percezione del lettore 15 .Altrettanto importante ci appare l'influsso
dell'ermeneutica, intesa come filosofia dell'interpretazione. Secondo Heidegger, il
testo non ha più una sua struttura oggettiva dato che si realizza in ogni
interpretazione, basata su una pre-comprensione che fa sì che questo venga elaborato
da chi lo legge, sulla base di alcune idee già esistenti, frutto del tempo in cui il lettore
compie la sua azione. Sulla scia di Heidegger, anche Gadamer sottolinea come l'opera
sia determinata dalle sue interpretazioni che mutando, fanno mutare di volta in volta
l'opera stessa.
Il momento della centralità del lettore – la terza fase della nostra classificazione
– inizia a manifestarsi a partire dagli anni Sessanta, dopo cioè che la sfera semantica e
della ricezione si erano trovate escluse per molto tempo dall'attenzione. Sostiene
Tullio De Mauro al riguardo:
14
F. Bertoni,Il testo a quattro mani, Milano, Ledizioni, 2010 pag. 29.
15
P.Orvieto, "Dalla parte del lettore. Fenomenologia, ermeneutica, testualità e teorie della ricezione" in
E. Biagini - A. Brettoni - P. Orvieto (a cura di), Teorie critiche del Novecento, Roma, Carocci, 2011, cit.,pp.
199-200.
9
Mettersi «dalla parte del ricevente» significa inoltrarsi in un mondo ancora poco
16
esplorato .
16
T. De Mauro, "Introduzione" in T.De Mauro - S. Gensini, M.E. Piemontese (a cura di), Dalla parte del ricevente:
percezione, comprensione, interpretazione, Roma, Bulzoni, 1988 pag. 9.
17
V. Pisanty - R. Pellerey, Semiotica e interpretazione, Milano, Bompiani, 2004, cit., pag. 192.
18
G.W. Church, "The Significance of Louise Rosenblatt on the Field of Teaching Literature" in Inquiry, Volume 1,
Numero 1, 1977, reperibile presso: http://www.vccaedu.org/inquiry/inquiry-spring97/i11chur.html in data 14
gennaio 2013.
19
Ibidem.
10
Il pensiero di Louise Rosenblatt trovò un indirizzo specifico nell'analisi del
metodo di insegnamento della letteratura. Una distinzione formulata nel suo testo
The Reader, The Text, The Poem risalente ad un periodo successivo, verso la fine degli
anni Settanta(1978), era quella tra un approccio alla lettura definito efferente e un
altro definito estetico. L'approccio efferente è l'approccio del lettore che vuole solo
apprendere ciò che il testo sta dicendo per recepire determinate informazioni,
l'approccio estetico apre invece verso un'esperienza della lettura unica e molto più
profonda. La riflessione dell’Autrice virerà, quindi, verso la considerazione che
l'insegnamento della letteratura sarebbe stato, fino a quel momento, unicamente
efferente, mentre uno studio da una prospettiva estetica potrebbe apportare alla
letteratura una nuova ricchezza, generando per ogni opera una lettura diversa
dipendente dal contesto, dal tempo e da altri fattori. Alla luce di tale affermazioni,
l'autrice realizza una nuova lettura dell'Amleto di Shakespeare20.
Ritengo essenziale, al fine di una corretta ricostruzione dei tratti salienti delle
teorie orientate al lettore, citare la Rosenblatt nella misura in cui le sue riflessioni non
si discostano di molto dalle riflessioni di un altro studioso di rilievo, quale Hans Robert
Jauss, sulla necessità di riformare la storia della letteratura al fine di dare rilievo alle
letture fatte nel tempo21.
Prescindendo tuttavia da queste premature riflessioni, occorre aggiungere che
anche altri Autori si sarebbero in seguito interessati di questa nuova prospettiva.
Analizzare il loro lavoro ed il loro pensiero singolarmente sarebbe inappropriato per
questa sede. Mi limiterò a precisare che è possibile rilevare una sorta di comune
denominatore esistente fra loro, secondo cui esisterebbe all'interno del testo un
lettore ideale, che diverge da quello reale. Tale lettore ideale figura come un
costrutto, che ha come finalità quella di indirizzare l'attività interpretativa dei lettori
reali22. Sebbene in forme ancora “primitive”, con una terminologia ancora non del
tutto matura e tecnica, Walker Gibson è tra i primi ad elaborare questo concetto,
distinguendo tra un lettore in carne ed ossa - dedito alla lettura - e un mock reader,
ovvero un lettore implicito che esiste solo tra le pagine dell'opera stessa, come un
20
Ibidem.
21
Nei Capitoli successivi ci si soffermerà più approfonditamente su questo Autore.
22
V. Pisanty - R. Pellerey, Semiotica e interpretazione,Milano,Bompiani, 2004, cit., pag. 197.
11
concetto elaborato dallo scrittore per ancorare le interpretazioni possibili del lettore.
Scrive Gibson:
23
In J.P. Tompksin (a cura di), Reader – Response Criticism – From Formalism To Post-Structularism,
Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1980, pag.2.
24
V.Pisanty - R. Pellerey, Semiotica e interpretazione, Milano, Bompiani, 2004, pag. 197
25
Ibidem,cit., pp. 197-199.
26
R. Bertazzoli (a cura di), Letteratura Comparata, Brescia, Editrice La Scuola, 2010, pp. 73-74.
12
di queste letture tende a voler sottolineare l'importanza dell'attribuzione di significato,
che non risulta più essere affidato a quello creato dall'autore, ma piuttosto a tanti,
quanti sono i lettori empirici, che concretamente affrontano la lettura. Potremmo dire,
trasportando tutto in una dimensione semiotica che, a passare in primo piano è
fondamentalmente il significato, piuttosto che il significante. L'importanza della
struttura del testo perde ogni rilevanza così che anche una lettura che voglia avere una
prospettiva storica sarà teorizzata (ad esempio da Jauss) come lettura di significati
diversi attribuiti nel tempo.
C'è da sottolineare, però, che per molti tutto questo peso verso
l'interpretazione non ha comportato la perdita di un senso oggettivo del testo. Infatti,
si è soliti parlare di una sorta di “libertà controllata”27 del lettore, poiché l'autore dà
sempre delle coordinate all'interno delle quali è possibile per il lettore attribuire nuovi
significati.
Dopo queste coordinate di carattere generale, ci si dedicherà nei Capitoli
seguenti all'analisi dell'opera di due teorici che hanno sviluppato parte delle loro opere
in questa direzione. Ho scelto di rifarmi alle riflessioni teoriche di Umberto Eco e di
Hans Robert Jauss, nelle quali talvolta è possibile ravvedere alcuni punti di contatto,
come, ad esempio, l'idea di base dell'esistenza di una delimitazione delle
interpretazioni possibili, l'assenza di una totale anarchia semiotica, elaborata nei
rispettivi concetti di intentio operis e di orizzonte d'attesa28.
Inoltre, alcune delle loro opere in questo campo fondamentali, come Perché la
storia della letteratura? di Jauss e Lector in fabula di Eco, saranno da supporto
all'analisi che mi accingo a svolgere, nella parte finale di questo lavoro, riguardo a uno
dei testi letterari ritenuti tra i più significativi del Novecento: Le città invisibili di Italo
Calvino, al fine di recuperare l'importanza (anche sul piano critico-teorico)
dell'interpretazione e della sfera del significato.
Proverò a seguire Jauss soprattutto nella sua idea di riscrivere una storia della
letteratura che tenga conto delle interpretazioni dei testi, mentre parlerò di Eco per la
sua idea di Opera Aperta e di Lettore Modello, entrambe utili per far luce, tramite il
27
M. Fusillo, Estetica della letteratura, Bologna, il Mulino, 2009, pag. 91.
28
P. Orvieto, "Dalla parte del lettore. Fenomenologia, ermeneutica, testualità e teorie della ricezione", in E. Biagini -
A. Brettoni - P. Orvieto (a cura di), Teorie critiche del Novecento, Roma, Carocci, 2011, cit.,pp. 199-200.
13
pretesto dell'opera di Calvino, sulla possibilità del tutto valida di rileggere i testi da
questa prospettiva.
14
Capitolo II
Hans Robert Jauss. La teoria della ricezione come base di una nuova Storia della
Letteratura
29
H.R. Jauss, Estetica della ricezione, a cura di A. Giugliano, Napoli, Guida Editori, 1988, pag. 135.
30
V. Pisanty - R. Pellerey, Semiotica e interpretazione,Milano, Bompiani, 2004, cit., pag. 210.
15
Jauss evidenzia, comunque, come il formalismo russo attraverso la già
menzionata OPOJAZ abbia avuto anche dei meriti. Scrive Jauss rispetto a quelle che
potrebbero essere le innovazioni apportate da questa corrente:
La sua nuova proposta del formalismo si caratterizzava rispetto alla vecchia storia
letteraria per l'abbandono della concezione, in questa fondamentale, di un processo
rettilineo e continuo, perché al concetto classico di tradizione contrapponeva un
principio dinamico di evoluzione letteraria.[...]Lo 'spirito oggettivo' di epoche unitarie
viene rifiutato come speculazione metafisica.[...] Essa ha insegnato a vedere l'opera
d'arte in modo nuovo, cioè nel mutare dei sistemi dei generi e delle forme
letterarie[...]31.
Ma tali meriti non sono per Jauss sufficienti, in quanto il problema consiste nel
fatto che l'opera non sarebbe posta a confronto con la storia, intesa in senso ampio e
generale, ma raffrontata esclusivamente con la storia letteraria. Il formalismo ipotizza
ancora la storia della letteratura come un “elenco” di correnti ed autori avvicinati per
epoca o per somiglianza tematica. A necessitare di essere superata è quindi
l'attenzione posta unicamente alla forma letteraria del testo, isolandolo da tutti gli
elementi del contesto, e anche dalla tradizione in cui esso si inscrive.
D’altro canto, e giudicata altrettanto negativamente, è la posizione assunta
dalle teorie marxiste che appaiono concentrate sull'opera come un risultato di
dinamiche esterne all'individuo e invece quali espressione di determinati rapporti che
si manifestano all'interno della sfera sociale 32 . Bisognava perciò, al fine di una
comprensione “totale” porsi da una nuova prospettiva, una prospettiva che
permettesse una riforma dello studio della letteratura, e tale da discostarsi tanto dal
formalismo quanto dal marxismo, conducendo così alla risoluzione dei problemi da
questi posti:
Il mio tentativo di mediare la frattura tra letteratura e storia, fra conoscenza storica
e conoscenza estetica, può prendere l'avvio al limite dinanzi a cui ambedue le
scuole si sono fermate. I loro metodi concepiscono il fatto letterario nel circolo
chiuso di un'estetica della produzione della rappresentazione. Essi privano così la
letteratura di una dimensione che indiscutibilmente appartiene al suo carattere
estetico ed anche alla sua funzione sociale: quella della sua ricezione e della sua
efficacia. Lettore, ascoltatore e spettatore, il fattore pubblico insomma, giocano in
ambedue le teorie letterarie una parte straordinariamente modesta.[...] Ambedue i
metodi non attribuiscono al lettore il suo ruolo genuino, di importanza indiscutibile
31
H.R.Jauss, Perché la storia della letteratura, a cura di A. Varvaro, Napoli, Guida Editori, 1969 pag. 37.
32
Ivi, pag. 25.
16
sia per la conoscenza estetica che per quella storica: quello di destinatario cui
33
l'opera letteraria è diretta in primo luogo .
Ciò che viene radicalmente negato è il concetto di un'opera fermata nel tempo
dallo scrittore e sempre uguale a se stessa. L'opera è invece considerata –
condividendo il pensiero e la definizione di Umberto Eco “aperta”, e cioè un oggetto
mutevole che si presenta ogni volta sotto una forma diversa, una forma che cambia a
partire dalla effettiva e specifica lettura compiuta. Quello del lettore è un continuo
processo di attualizzazione dell'opera, e la dimensione della storia dovrà essere
definita proprio a partire da questo punto: ovvero una storia della sua ricezione. La
negazione di una storia letteraria tradizionale, basata su semplici sequenze
cronologiche, che accumunano gli autori tra di loro sulla base di somiglianze estetiche,
è molto forte, soprattutto poiché essa impone un canone estetico immutabile: le
opere incluse nelle letterature nazionali sono lo specchio di un gusto poetico e
letterario che tende ad essere sempre uguale a se stesso, e che non tiene conto della
sua storia effettiva, potremmo quasi dire del suo “vissuto”, in quanto opera che nel
tempo continua ad essere recepita entro differenti contesti storici e da nuove
sensibilità estetiche, ciò che contribuisce fortemente a modificare i “significati” di essa:
L'estetica della ricezione porta quindi ad una differenziazione rispetto alle teorie
letterarie del passato basate unicamente su un metodo descrittivo; si pone, infatti,
“come una scienza comprendente senso, quindi ermeneutica”35.
A questo punto è fuori dubbio che l'intera opera di Jauss si poggi sulla filosofia
di Gadamer, volta ad una nuova interpretazione dell'ermeneutica. L'ermeneutica (dal
33
Ivi, pag. 13.
34
Ibidem.
35
H.R. Jauss, Estetica della ricezione, a cura di A. Giugliano, Napoli, Guida Editori, 1988, pp. 137- 136
17
greco hermeneus), nasce come una tecnica adoperata in discipline come la teologia e
la filologia, per l'interpretazione dei testi, o in ambito giuridico come comprensione
delle leggi tramite l'adattamento al caso effettivo. Gadamer tenta di estrapolare tale
pensiero da questo circolo chiuso, definendo l'ermeneutica la koiné della filosofia
contemporanea, basata quindi sulla comprensione 36, da intendersi non come un
semplice procedimento ma come "l'inserirsi nel vivo di un processo di trasmissione
storica, nel quale passato e presente continuamente si sintetizzano”37. In questa sua
concezione, è di rilievo il posto che il filosofo tedesco dà al testo e alla sua
interpretazione:
Nello specifico, egli ritiene che il senso del testo vada oltre quello dato dal suo
autore, nel senso che questo dipende fortemente dall'interprete e dal momento
storico nel quale l’interprete è inserito. Pertanto Gadamer intende il comprendere
come un atto produttivo: produttore cioè di un significato, e non solo riproduttore di
questo.
Altro punto cruciale, ripreso quasi in toto da Jauss, riguarda il concetto di
orizzonte, che porta ad intendere il comprendere come processo difusione degli
orizzonti (Horizontenverschmelzung) – quello del passato con quello del presente,
quello dell'opera con quello del lettore - i quali vengono considerati appunto in una
relazione produttiva. Infatti la conoscenza viene da Gadamer considerata sempre
come il risultato di una pre – comprensione, un pre-giudizio maturato dal contesto in
cui viviamo: ciò che è auspicabile è una fusione di orizzonti dell'opera da interpretare e
del soggetto che la interpreta39. È quindi innegabile, come tale filosofia sia – anche
esplicitamente – alla base delle considerazioni di Jauss. Basti pensare proprio alla
36
H.R. Gadamer, Il cammino della filosofia, reperibile presso:
http://www.emsf.rai.it/gadamer/interviste/27_ermeneutica/ermeneutica.htm in data 12 febbraio 2013
37
H.G. Gadamer, Verità è metodo, Milano, Bompiani, 1994, pag. 340.
38
H. G. Gadamer, Il cammino della filosofia, reperibile presso:
http://www.emsf.rai.it/gadamer/interviste/27_ermeneutica/ermeneutica.htm in data 12 febbraio 2013
39
P.Orvieto, "Dalla parte del lettore. Fenomenologia, ermeneutica, testualità e teorie della ricezione", cit., pag. 207
18
categoria di orizzonte di attesa (Erwantunghorizont) che risulta prelevata
esplicitamente dall'ermeneutica di Gadamer.
Anche qui, infatti, comprendere risulta essere la fusione dei due orizzonti.
L'orizzonte del presente risulta sempre mutabile, ma in un certo senso ancorato nella
sua dimensione semantica all'orizzonte d'attesa, inteso come un sistema di aspettative
che si costruiscono di fronte ad un testo. Tali aspettative sono molto simili alla
definizione di “pre-giudizio” data precedentemente: infatti queste si possono
intendere come una griglia di riferimenti che l’interprete acquisisce in base al suo
rapporto con la letteratura. A partire da queste aspettative, egli giudicherà i testi
successivi in base a quanto da esse differiscono o quanto le confermano40.
L'orizzonte d'attesa, inoltre, si prefigura come un fattore per determinare la
validità o meno di un'opera: quanto più questa saprà rompere l'orizzonte d'attesa del
lettore tanto più potrà essere ritenuta un'opera valida, portatrice di un valore artistico:
La distanza tra orizzonte d'attesa ed opera stessa, tra ciò che è già familiare alla
precedente esperienza estetica ed il “mutamento di orizzonte” sollecitato dalla
ricezione dell'opera nuova, determina dal punto di vista dell'estetica della ricezione il
carattere artistico di un'opera letteraria: nella misura in cui questa distanza diminuisce,
e alla coscienza del ricettore non viene chiesto nessuno spostamento sull' orizzonte di
un'esperienza ancora ignota, l'opera si avvicina all'ambito dell'arte dozzinale o di
intrattenimento.[...] Se al contrario il carattere artistico di un'opera va misurato sulla
distanza estetica determinata dal suo andar contro alle aspettative del suo primo
pubblico, ne consegue che questa distanza, che all'inizio appare piacevole o anche
estraniante come un nuovo modo di vedere, per i lettori posteriori può scomparire
nella misura in cui l'originaria negatività dell'opera è divenuta ovvia ed è anzi entrata
41
nell'orizzonte della più tarda esperienza estetica come esperienza familiare .
Molto spesso accade che un'opera non incontri subito una ricezione positiva, e
venga accantonata, perché ha troppo violentemente rotto l'orizzonte d'attesa.
Quando, però, essa acquisirà un pubblico, accadrà che ciò che prima faceva parte di un
canone estetico, verrà ora rigettato. Solo prendendo in considerazione tale punto di
vista, è per Jauss possibile una storia della letteratura; una storia che prende in
considerazione il punto di vista del lettore attraverso la storia dei mutamenti di
orizzonti, ovvero la storia della ricezione di un'opera. Un esempio riportato è quello del
famoso romanzo Madame Bovary di Flaubert, oscurato inizialmente da un altro
romanzo contemporaneo e non molto dissimile per contenuti, Fanny dello scrittore
Ernest Feydeau. Il romanzo di Flaubert, considerato successivamente un capolavoro e
40
Bertazzoli R.(a cura di), Letteratura Comparata,cit., pag 71.
41
H.R. Jauss, Perché la storia della letteratura?, cit., pp. 61 – 62.
19
un punto di svolta nella storia del romanzo, era stato, al momento della pubblicazione
“scartato” dai lettori, in quanto troppo innovativo. Ma nel momento in cui Emma
Bovary entra nell'orizzonte d'attesa, Fanny sparisce del tutto, passando in ombra,
divenendo un successo del passato e oggi del tutto, o quasi, sconosciuta ai più42. Tutto
ciò evidenzia ulteriormente l'importanza del fattore semantico e del lettore che giunge
addirittura ad essere considerato come il co-autore del testo: la sua azione contribuirà
al compimento dell'opera:
Il soggetto rientra in campo per Jauss in una doppia forma, che è quella del ricevente
ma anche come co-autore, poiché sarà egli stesso a completare il senso di una
narrazione solo iniziata dall'autore. Come già detto, l'insieme di tutte le ricezioni dei
singoli lettori può decidere del valore storico di un'opera, considerando o meno la sua
efficacia.
Ripensare oggi a tali considerazioni è doveroso e più che naturale. La portata
semantica dei testi è qualcosa che di sicuro non è solo implicito al testo, ma anche
indotto da chi si ritrova a fruire l'opera. Interpretare la letteratura in questo senso è di
certo un atto molto più adeguato al panorama culturale che tende a sfatare il netto
confine tra discipline al fine di una comprensione migliore dell'oggetto che ci si pone
davanti. La storicizzazione di un'opera che si presenti dinanzi al suo pubblico attraverso
la cooperazione di varie discipline, è di sicuro un nuovo e più adeguato modo di
lettura.
Al contempo, nel capitolo finale, proverò a dimostrare cosa possa
comportare“attualizzare” la lettura di un'opera letteraria in base all'orizzonte d'attesa
nella misura in cui tale “attualizzazione” mette in rilievo questioni che, forse, al
momento della sua pubblicazione non erano considerate come rilevanti
42
Ivi, pp. 65 – 67.
43
Ivi, pag: 51.
20
Capitolo III
Umberto Eco. Dall'Opera aperta al Lector in fabula
Sarebbe molto difficile provare a sintetizzare e illustrare nel suo complesso l'intera
opera di Umberto Eco (Alessandria, 5 gennaio 1932) semiologo, scrittore e filosofo.
Rispetto al campo di interesse del presente elaborato, appare pertinente soffermarsi
almeno sulla riflessione iniziata a partire da Opera aperta su quella che potremmo
definire l'indefinitezza dell'opera. Il volume, pubblicato nel 1962, raccoglie una serie di
saggi, uno dei quali, che diede il titolo al testo in esame, venne presentato al XII
Convegno Internazionale di filosofia del 1958. Eco tiene a precisare come tali pagine
siano da considerarsi unicamente come spunti di riflessione e non come giudizi estetici
definitivi, che prendono tutti vita dalla reazione degli artisti di fronte alla “rottura di un
Ordine tradizionale, che l'uomo occidentale credeva immutabile e identificava con la
struttura oggettiva del mondo”44. È chiaro il riferimento alla configurazione di un
nuovo scenario storico, morale ed ideale, introdotto da una crisi della modernità e di
tutti quei valori culturali, e in particolare l’idealismo, il positivismo e come s’è visto
anche il formallismo, ritenuti fin ad allora come dei punti di riferimento. Da qui il
delinearsi di nuovi scenari culturali, quelli che fanno capo a ciò che si è soliti definire
postmodernità. La considerazione di un mondo in crisi o, parafrasando l'autore, un
mondo dove la nuova condizione di disordine (in quanto rottura di un ordine
precedente e non “disordine cieco") comporta anche una nuova espressione dell'arte,
e quindi un nuovo atteggiamento degli artisti, che tentano a questo di dare una forma:
44
U.Eco, Opera aperta, Milano, Bompiani, 2010, pag. 42.
45
Ivi, pag. 28
21
Eco sembra suggerire qui che la struttura dell'arte risulti essere ambigua ed
aperta a molteplici possibilità proprio come lo è il reale: “la nozione di opera aperta
non è una categoria critica, ma rappresenta un modello ipotetico”46 estendibile e
riscontrabile in varie poetiche, delle quali si propone come una delle possibili chiavi di
lettura in grado di scongiurare il pericolo di considerare l'arte nella sua sola, sterile,
dimensione della forma. Ritorna qui la volontà, già riscontrata in Jauss, di abbandonare
modelli e schemi rigidi.
Rimarcando diversi anni dopo tale forte contrasto tra un precedente
atteggiamento critico e la sua nuova prospettiva di analisi, l'autore riporta alcuni passi
di un'intervista fatta a Claude Lévi-Strauss, dove l'antropologo francese commentava
proprio il testo Opera aperta:
C'è un libro molto notevole di un suo compatriota, l'Opera aperta, il quale difende
appunto una formula che non posso assolutamente accettare. Quel che fa che
un'opera sia un'opera, non è il suo essere aperta, ma il suo essere chiusa. Un'opera è
un oggetto dotato di proprietà precise, che spetta all'analisi individuare, e che può
essere interamente definita in base a tali proprietà. E quando Jakobson e io abbiamo
cercato di fare un'analisi strutturale di un sonetto di Baudelaire, non l'abbiamo
certamente trattato come un'opera aperta in cui potessimo trovare tutto quello che le
epoche successive ci avessero messo dentro, ma come un oggetto che, una volta
creato dall'autore, aveva la rigidezza, per così dire, di un cristallo: onde la nostra
47
funzione si riduceva a metterne in luce le proprietà .
46
Ivi, pag. 18.
47
U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Milano, Bompiani, 2010, pag. 6.
22
Tra le recenti produzioni di musica strumentale possiamo notare alcune composizioni
contrassegnate da una caratteristica comune: la particolare autonomia esecutiva
concessa all'interprete, il quale non è soltanto libero di intendere secondo la propria
sensibilità le indicazioni del compositore (come avviene per la musica tradizionale), ma
deve addirittura intervenire sulla forma della composizione, spesso determinando la
48
durata delle note o la successione dei suoni in un atto di improvvisazione creativa .
48
U.Eco, Opera aperta, cit., pag. 25.
49
Ivi, pag. 35.
50
V. Pisanty - R. Pellerey, Semiotica e interpretazione,Milano, Bompiani, 2004, cit., pag 328.
51
U. Eco, Lector in fabula, cit., pag. 71.
52
Ivi, pag. 51.
23
Il lettore, infatti, deve mettere in gioco molte capacità, che non riguardano
esclusivamente il sapere decodificare il messaggio in base ad una lingua condivisa fra
un emittente ed un destinatario. Tali capacità, stimolate dal testo, fanno riferimento
ad una precisa tipologia di lettore in base al quale si costruisce la struttura narrativa;
nello specifico ogni testo prevede un suo Lettore Ideale:
Per organizzare la propria strategia testuale un autore deve riferirsi a una serie di
competenze (espressione più vasta che “conoscenza di codici”) che conferiscano
contenuto alle espressioni che usa. Egli deve assumere che l'insieme di competenze a
cui si riferisce sia lo stesso a cui si riferisce il proprio lettore. Pertanto prevederà un
Lettore Modello capace di cooperare all'attualizzazione testuale come egli, l'autore,
pensava, e di muoversi interpretativamente così come egli si è mosso
generativamente. […] Prevedere il proprio Lettore Modello non significa solo “sperare”
53
che esista, significa anche muovere il testo in modo da costruirlo .
Se un testo inizia con “C'era una volta”, esso lancia un segnale che immediatamente
seleziona il proprio lettore modello, che dovrebbe essere un bambino, o qualcuno
55
disposto ad accettare una storia che vada al di là del senso comune .
53
Ivi, pag. 56.
54
U. Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Bompiani, 2011, pag. 11.
55
Ibidem.
24
precisa Eco: “Ci sono delle regole del gioco, e il lettore modello è colui che sa stare al
gioco”56.
Abbiamo visto quindi alcuni dei modi, ma non ancora chi crea questo lettore
modello. Questo interrogativo porta a compiere una ulteriore distinzione, tra l'autore
empirico e l'autore modello. Proprio su quest'ultimo Eco fa ricadere la sua attenzione,
piuttosto che su quello empirico:
Secondo tale presupposto colui che all'interno del testo detta le regole ed
indirizza il nostro processo interpretativo, è l'autore modello, diverso sia dall'autore
empirico e sia da colui il quale narra la storia in prima persona, definito, con un
ulteriore distinzione narratore58. Eco chiarisce ulteriormente come segue:
56
Ivi, pag. 12.
57
Ivi, pag. 19.
58
Ibidem.
59
U. Eco, Lector in fabula, cit.,pag. 64.
60
Ivi, pag. 62.
25
scrittore. È proprio il testo, nella sua concretezza, a richiamare insomma alla
collaborazione. Eco, pertanto, ci indica quelle che potremmo definire le fasi del
processo semiosico del lettore, mettendo così in evidenza quanto rilevante sia il suo
ruolo, poiché è da ciò che è intorno e fuori di lui che dipende la dimensione semiosica.
Il testo è così rappresentato come un sistema di livelli (livelli che appaiono solo come
nozioni, come schemi metatestuali), i quali però non seguono un ordine fisso, possono
cioè nel momento dell'interpretazione essere raggiunti senza rispettare un ordine
preciso. L'unica gerarchia esistente ci dice che non si può attualizzare un testo senza
riempirlo di significato61, e che quindi gli unici livelli strettamente consequenziali
possono essere i due seguenti.
Attualizziamo un significato a partire dalla sua manifestazione lineare, ovvero
da un suo primo livello, e cioè “di superficie”, il significante. Tale livello viene
successivamente riempito “col sistema di codici e sottocodici provvisti dalla lingua in
cui il testo è scritto e dalla competenza enciclopedica a cui per tradizione culturale
quella stessa lingua rinvia” 62 .A partire da questa base, il lettore individua delle
proprietà semantiche di base, da collegare – come in un primo impatto – a questo
testo ancora vuoto. Entrano in gioco in questa fase, quelle che vengono definite leggi
di implicitazione:
Se si legge che |in un regno lontano viveva una volta una bella principessa chiamata
Biancaneve| si sa quasi automaticamente che «principessa» implicita «donna» e di
63
conseguenza «vivente, umano, femmina» .
A questo punto del percorso il lettore, però, ancora non ha deciso quali
contenuti attualizzare rispetto a questo o quel significante che un po' alla volta
acquisisce questo o quel significato; ad un determinato lessema, dato il mio bagaglio di
esperienze semiotico-linguistiche di lettore, io potrei attribuire una infinità di
significati. Ciò infatti richiama il concetto di semiosi illimitata, già espresso da Eco nel
Trattato di Semiotica Generale, per cui le possibilità di significazione sono virtualmente
illimitate, e tale illimitatezza è confermata se teniamo conto che dando ad un testo
significati illimitati, allora questo potrebbe generare ogni altro testo. È necessario
quindi fissare un limite, un argine verso questo processo, ed è a questo livello che
61
Ivi, pag. 69.
62
Ivi, pag. 77.
63
Ibidem.
26
entra in gioco il topic, uno strumento metatestuale che permette di orientarci verso
una possibilità interpretativa determinata, e che è definito grazie ad alcuni segnali
come il titolo, un'espressione particolare o delle parole chiavi che ci indirizzano verso
una determinato senso:
Finora ho tentato di illustrare alcune teorie che pongono al centro della loro
attenzione il processo della ricezione e quello della significazione: tali teorie, trasversali
a diverse discipline, rientrano anche nel campo di interesse della semiotica, nella
misura in cui consideriamo un testo – e in questo caso di genere letterario – come un
oggetto da dovere interpretare; tale interpretazione, come già s'è visto, pone il
ricevente in un ruolo decisivo in quanto, come afferma Eco: "[...] ogni testo è una
macchina pigra che chiede al lettore di fare parte del proprio lavoro"65. Proverò ora a
verificare tale impostazione con ad un testo letterario, al fine di dimostrare come la
letteratura sia un processo non una realtà statica, un processo che è capace di
compiersi solo nel momento in cui c'è fruizione ovvero interpretazione.
Sia Jauss che Eco si erano misurati con l'analisi di un testo letterario; in particolare Eco,
in Lector in fabula, dedicherà tutta l'ultima parte del suo lavoro ad una lettura
interpretativa di un testo francese, Un drame bien parisien (1890) di Alphonse Allais.
Sempre Eco, in un altro volume a cui ho già fatto riferimento nei capitoli precedenti,
Sei passeggiate nei boschi narrativi, introduce le sue lezioni con un riferimento a Italo
Calvino:
Vorrei iniziare ricordando Italo Calvino, che doveva tenere otto anni fa, in questo
stesso luogo, le sue sei Norton Lectures, ma fece in tempo a scriverne solo cinque,
e ci lasciò prima di poter iniziare il suo soggiorno alla Harvard University. Non
ricordo Calvino solo per ragioni di amicizia, ma perché queste mie conferenze
saranno in gran parte dedicate alla situazione del lettore nei testi narrativi, e alla
presenza del lettore nella narrazione è dedicato uno dei libri più belli di Calvino,
Se una notte d'inverno un viaggiatore. Negli stessi mesi in cui usciva il libro di
Calvino, usciva in Italia un mio libro intitolato Lector in fabula (solo parzialmente
simile alla versione inglese che si intitola The Role of the Reader). […] Chi
confrontasse oggi il mio Lector in fabula con Se una notte di inverno di Calvino,
potrebbe pensare che il mio libro sia un commento teorico al romanzo di Calvino.
Ma i due libri sono usciti quasi contemporaneamente e nessuno di noi due sapeva
che cosa l'altro stesse facendo, anche se eravamo evidentemente appassionati
entrambi dallo stesso problema.66 […]
In effetti, parlando del ruolo del lettore, sembra quasi scontato ripensare a
questo romanzo, pubblicato da Calvino nel 1979, e che potremmo definire un
65
U. Eco, Sei passeggiate nei boschi, Milano, Bompiani, 2011, cit. pag. 3.
66
Ibidem, cit. pag. 1.
28
metaromanzo contenente dieci incipit diversi di racconti che, puntualmente, si
interrompono, e con al centro, la storia di un Lettore e di una Lettrice.
Sono quindi evidenti, a partire da queste premesse, le possibilità di prendere in
considerazione il processo di significazione apportato dal lettore, e i possibili
collegamenti con le teorie già illustrate precedentemente. Scrive Calvino a proposito
del suo romanzo:
Egli ammette, quindi, di aver sempre scritto – e non solo in quel caso –
pensando al coinvolgimento del lettore: è da qui possibile considerare per la sua opera
una prospettiva di analisi che tenga conto del processo di significazione e del rilievo
che questo può avere nella complessa struttura del testo.
Il mio lavoro di analisi si sviluppa a partire da un testo dove l'attenzione verso il Lettore
può essere vista come meno immediata che in Se una notte di inverno un viaggiatore.
Ho scelto, infatti, Le città invisibili (1972). Il romanzo narra di Marco Polo, mercante
veneziano, il quale percorre le terre dello sconfinato impero del tartaro Kublai Kan, al
fine di poterne fare un rapporto per lo stesso imperatore: suddivise in 11 serie, di 5
racconti ciascuna, il testo riporta le descrizioni di città che sono "fuori dallo spazio e dal
tempo"68 luoghi che non hanno nulla di reale, e che e che, nel loro essere mondi
autosufficienti non devono entrare tra loro in relazione. Queste modalità narrative
hanno spinto negli anni la critica ad interessarsi al possibile significato celato dietro a
questa complessa struttura. Calvino definisce questo testo come “un ultimo poema
d'amore per le città"69, lasciandoci quindi intendere quale sia il tema portante. Ma il
carattere fortemente irreale di questi racconti ha dato l’avvio, come si diceva, a
sempre rinnovate interpretazioni. È possibile, a mio avviso, considerare tale romanzo
dimostrazione di quanto il ruolo del Lettore, come le teorie precedentemente esposte
supponevano, sia fondamentale quale ultimo tassello del compimento dell'opera
67
I.Calvino, Se una notte di inverno un viaggiatore, Milano, Mondadori, 2006, cit., pag. X.
68
I.Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Milano, Mondadori, 2001, cit., pag. 1485.
69
I.Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2006, cit., pag. IX
29
stessa e ciò attraverso il tentativo, questo sì esplicito, di mostrare, attraverso la
“fantasia” di Marco Polo che “crea” all’impronta mondi immaginari dando risalto a
dettagli ritenuti “invisibili”, il processo stesso della creazione letteraria,
coinvolgendone, appunto esplicitamente chi legge di questa narrazione, ma intanto
rivolgendosi al destinatario esplicito della sua narrazione, e cioè l’imperatore.
70
C.S. Peirce, Opere, a cura di M. Bonfantini, Milano, Bompiani, 2003, cit., pag. 147
71
I.Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2006, cit., pag. 13.
72
C. Segre, "«Le città invisibili» di Calvino e la vertigini epistemica", in "Strumenti Critici", 2004, XIX, cit., pag. 45.
30
cornice. In queste parti di testo, quello che possiamo identificare come lo spazio
riservato ad un Autore Modello, Calvino si sofferma su rapporto tra i due protagonisti.
Nella prima di queste cornici leggiamo:
73
I.Calvino, Le città invisibili, cit., pp. 21-22.
75
I.Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2006, cit., pag. 38.
31
come parte del proprio immaginario, e quindi a comprenderlo, attuando un processo
di significazione.
In più occasioni, Calvino si era ritrovato a sottolineare la complessità del suo
lavoro, tanto che in una delle innumerevoli lettere raccolte sull'argomento aveva
dichiarato di volere ritornare quanto prima alla stesura di argomenti più diretti ed
immediati76. Nel 1985, poco prima della sua morte, lo scrittore terrà presso l'università
di Harvard un ciclo di sei conferenze, i cui testi, verranno raccolti e pubblicati postumi
nel 1988 con il titolo di Lezioni americane. In una di queste sei conferenze, dedicate al
tema dell'Esattezza, Calvino si trova a parlare de Le città invisibili:
Il mio libro in cui credo d'aver detto più cose resta Le città invisibili, perché ho
potuto concentrare su un unico simbolo tutte le mie riflessioni, le mie esperienze,
le mie congetture; e perché ho costruito una struttura sfaccettata i cui ogni breve
testo sta vicino agli altri in una successione che non implica una consequenzialità
o una gerarchia ma una rete entro la quale si possono tracciare molteplici percorsi
e ricavare le conclusioni plurime e ramificate77.
Da qui mi sembra lecito riaffermare la validità di una lettura del testo che
ponga l'accento sul processo di significazione da parte del destinatario, e di
conseguenza allontanare l'idea di un'unica interpretazione. Quasi scontato appare,
quindi, il riferimento, al concetto di Eco di opera aperta:
[…] l'autore produce una forma in sé conchiusa nel desiderio che tale forma venga
compresa e così fruita così come egli l'ha prodotta; tuttavia nell'atto di reazione
alla trama degli stimoli e di comprensione della loro relazione, ogni fruitore porta
una concreta situazione esistenziale, una sensibilità particolarmente condizionata,
una determinata cultura, gusti propensi, pregiudizi personali, in modo che la
comprensione della forma originaria avviene secondo una determinata
prospettiva individuale. In fondo, la forma è esteticamente valida nella misura in
cui può essere vista e compresa secondo molteplici prospettive, manifestando
una ricchezza di aspetti e di risonanze senza mai cessare di essere sé stessa […] In
tal senso, dunque, un'opera d'arte, forma compiuta e chiusa nella sua perfezione
di organismo perfettamente calibrato, è altresi aperta, possibilità di essere
interpretata in mille modi diversi senza che la sua irriproducibile singolarità ne
risulti alterata. Ogni fruizione è così una interpretazione ed una esecuzione,
poiché in ogni fruizione l'opera rivive in una prospettiva originale78.
76
I.Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Milano, Mondadori, 2001, pag.1123.
77
I.Calvino, Lezioni americane, Milano, Mondadori, 2012, cit. pag.72.
78
U.Eco, Opera Aperta, cit., pag. 58.
32
L'Opera Aperta promuove per l'interprete atti di libertà cosciente 79 , che
sicuramente possiamo realizzare di fronte alle descrizioni realizzate per le città
invisibili. Leggiamo nel testo:
Entrato nel territorio che ha Eutropia per capitale, il viaggiatore vede non una
città ma molte, di eguale grandezza e non dissimili tra loro, sparse per un vasto e
ondulato altopiano. Eutropia è non una ma tutte queste città insieme; una sola è
abitata, le altre vuote; e questo si fa a turno. Vi dirò ora come. Il giorno in cui gli
abitanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, e nessuno sopporta più il
suo mestiere, i suoi parenti, la sua casa e la sua via, i debiti, la gente da salutare o
che saluta, allora tutta la cittadinanza decide di spostarsi nella città vicina che è lì
ad aspettarli, vuota e come nuova, dove ognuno prenderà un altro mestiere,
un’altra moglie, vedrà un altro paesaggio aprendo la finestra, passerà le sere in
altri passatempi amicizie maldicenze. Così la loro vita si rinnova di trasloco in
trasloco, tra città che per l’esposizione o la pendenza o i corsi d’acqua o i venti si
presentano ognuna con qualche differenza dalle altre. Essendo la loro società
ordinata senza grandi differenze di ricchezza o di autorità, i passaggi da una
funzione all’altra avvengono quasi senza scosse; la varietà è assicurata dalle
molteplici incombenze, tali che nello spazio d’una vita raramente uno ritorna a un
mestiere che già era stato il suo. Così la città ripete la sua vita uguale spostandosi
in su e in giù sulla sua scacchiera vuota. Gli abitanti tornano a recitare le stesse
scene con attori cambiati; ridicono le stesse battute con accenti variamente
combinati; spalancano bocche alternate in uguali sbadigli. Sola tra tutte le città
dell’impero, Eutropia permane identica a se stessa. Mercurio, dio dei volubili, al
quale la città è sacra, fece questo ambiguo miracolo80.
Nel momento in cui ci ritroviamo di fronte a queste righe siamo portati dal
testo ad avviare necessariamente un processo di interpretazione: superando la sua
prima manifestazione testuale, dobbiamo necessariamente accedere alla nostra
enciclopedia semantica81. Questo perché ritroviamo ad ogni narrazione un mix di
continui riferimenti all'esperienza reale (a un qualcosa che ci sembra conosciuto, che
sembra l'immagine della condizione della vita e della “morale” del tempo nostro e
dell'autore) tutti riferimenti poggiati però su una base di immaginario. L'incontro tra
questi due piani determina il senso ultimo del romanzo, che troveremo solo aprendo la
scatola dei possibili significati. Si potrà, per tanto, interpretare Eutropia sia come me la
si descrive, dando a tale narrazione il semplice significato di un racconto di fantasia,
ma Eutropia potrà essere anche metafora di un qualcosa di reale che può essere,
grazie all'esperienza, identificata dietro queste parole.
79
Ibidem, pag. 59.
80
I.Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2006, cit., pp. 64-65.
81
U.Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 2010, pag. 77.
33
Se qui è citato un unico passo, lo stesso discorso potrebbe farsi tuttavia per
l'intero testo, estremamente aperto, che utilizza come rafforzamento di questa
apertura il suo essere privo di riferimenti al reale, sicché diventa più che mai
necessario un atto di interpretazione.
Tuttavia tra lo scrittore e il lettore non c'è nessun patto autobiografico. Questo è
uno degli altri motivi dello spaesamento che produce il testo. Il lettore si rende
conto che il testo allude a qualcosa di biografico, ma in nessun luogo è dichiarato.
È impedito infatti ogni tipo di identificazione: dell'autore e del lettore con i
personaggi evocati[...]82.
Ma con queste notizie non ti direi la vera essenza della città […] La città ti appare
come un tutto in cui nessun desiderio va perduto e di cui tu fai parte, e poiché
essa gode tutto quello che tu non godi, a te non resta che abitare questo
desiderio ed esserne contento. Tale potere, che ora dicono maligno ora benigno,
ha Anastasia, città ingannatrice: se per otto ore al giorno tu lavori come tagliatore
d'agate onici crisopazi, la tua fatica che dà forma al desiderio prende dal desiderio
82
M.Belpoliti, "Città visibili e città invisibili", in Chroniques Italiennes, 2005, 75/76, pag. 79
34
la sua forma, e tu credi di godere per tutta Anastasia mentre non ne sei che lo
schiavo83.
Tutti i pronomi personali, (impliciti o espliciti) non indicano affatto una persona
chiamata Ludwig Wittgennstein o un lettore empirico qualsiasi: essi
rappresentano pure strategie testuali. L'intervento di un soggetto parlante è
complementare all'attivazione di un Lettore Modello il cui profilo intellettuale è
determinato solo dal tipo di operazioni interpretative che si suppone (e si esige)
che egli sappia compiere […]84.
Per tanto, possiamo supporre che l'uso del “tu”, ancor più perché posto tra le
prime pagine del testo, abbia la finalità di identificare non tanto il destinatario
finzionale, e cioè l'imperatore, quanto un destinatario più determinato: quello che ha il
compito di attualizzare il non detto, dando il via ad un processo di semiosi che darà la
possibilità di riempire un testo inizialmente vuoto, (così come vuoto è il deittico
pronominale di seconda persona a cui si riferisce Eco), eche si compirà, e si
determinerà, solo tramite l'apporto del processo di significazione attuato dal
Destinatario.
Rifacendosi agli studi di Eco in merito, l'analisi del testo da un punto di vista
della ricezione potrebbe anche fermarsi qui. Ma nel secondo capitolo si è fatto
riferimento anche a un altro autore, Hans Robert Jauss, che aveva ampiamente
anch'egli scritto sulla questione del ricevente, ponendo l'attenzione su un particolare
punto nelle sue teorie, quello che ricalca l'importanza di una storia della letteratura
che sia una storia delle ricezioni (riflessione portata avanti principalmente nel suo testo
Literaturgeschichte als Provokation der Literaturwissenschaft 85 ). Scrive Jauss a
proposito di una siffatta storia letteraria:
Fondata sull'estetica della ricezione, l'evoluzione letteraria non solo riacquista per
ciò stesso il perduto orientamento, in quanto la posizione dello storico della
83
I.Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2006, cit., pag. 12.
84
U.Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 2010, cit., pag.58.
85
Edizione italian: Perché la storia della letteratura?, Napoli, Guida Editori, 1969.
35
letteratura diviene il punto di fuga – non però il fine! - del processo: si apre così
anche lo sguardo sulla profondità temporale dell'esperienza letteraria, in quanto
tale estetica permette di osservare la distanza variabile fra il significato attuale e
quello virtuale di un'opera letteraria. Ciò significa che il carattere artistico di
un'opera, il cui potenziale significativo il formalismo riduce all'innovazione, come
unico criterio di valutazione, nell'orizzonte del suo primo apparire non deve in
alcun modo essere sempre immediatamente osservabile […]. La distanza fra la
prima ricezione reale ed il significato virtuale, ovvero, il altre parole, la resistenza
che la nuova opera oppone all'attesa del suo primo pubblico, può essere tanto
grande da render necessario un lungo processo di ricezione per riscattare ciò che
era inatteso e non usufruibile nel primitivo orizzonte. Così può accadere che il
significato virtuale di un'opera rimanga ignorato fintanto che l'evoluzione
letteraria non abbia raggiunto l'orizzonte rispetto al quale l'attualizzazione di una
forma più recente permette di trovare l'accesso alla comprensione di quella più
antica e disconosciuta86.
86
H.R.Jauss, Perché la storia della letteratura, a cura di A. Varvaro, Napoli, Guida Editori, 1969, cit., pp. 84-85.
87
I.Calvino, Le città invisibili, Milano, Mondadori, 2006, pag. IX.
36
impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro
compito di rimuovere i resti dell'esistenza di ieri è circondato d'un
rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché
una volta buttata via la roba nessuno vuole averci più da pensare. Dove
portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede.
Fuori della città, certo; ma ogni anno la città s'espande, e gli immondezzai
devono arretrare più lontano; l'imponenza del gettito aumenta e le
cataste s'innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più
vasto. Aggiungi che più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi
materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste mal tempo,
alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E' una fortezza di
rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovr asta da ogni lato come
un acrocoro di montagne. Il risultato è questo: che più Leonia espelle
roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza
che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta
se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che
s'ammucchiano sulle spazzature dell'altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni
e lustri. Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo
sterminato immomdezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo
crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé
montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è
ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in
eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono
bastioni infetti in cui i detriti dell'una e dell'altra si puntellano a vicenda,
si sovrastano, si mescolano. Più ne cresce l'altezza, più incombe il
pericolo delle frane: basta un barattolo, un vecchio pneumatico, un fisco
spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate,
calendari d'anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio
passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle città
limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena
montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a
nuovo 88.
Ecco come la realtà degli anni recenti si rispecchia in un racconto del 1972:
supponendo una storia della letteratura basata sulle ricezioni potremmo di certo
considerare diversamente Le città invisibili: la sua ricezione è di certo di certo
differente, ad esempio, da quella di un decennio fa. La letteratura è un fenomeno in
movimento, un processo, così come lo è la storia e la nostra società. Avere
considerazione per la ricezione e i processi di interpretazione di un romanzo e di
un'opera d'arte in generale, significa non leggere la realtà come un qualcosa di statico,
ma attribuirle un grado di veridicità maggiore.
88
Ibidem, pp. 113-114.
37
Conclusioni
L'attenzione verso il lettore - o ricevente - del testo, nasce storicamente, come detto in
precedenza, dalla volontà di rompere tanto con la critica di matrice marxista, tanto con
quella definita formalista, estremamente concentrata l'una sul contorno storico, l'altra
sulla forma del testo. Per molti decenni la critica letteraria si è mossa all'interno di
questi schemi senza che vi fosse altra possibilità di lettura. A partire dagli anni Sessanta
- Settanta (con dei precoci accenni già negli anni Trenta, come illustrato nel primo
Capitolo, attraverso il pensiero di Louise Rosenblatt) emerge una nuova prospettiva di
analisi, che si pone, quindi, dalla parte del lettore. A questa figura, nonostante la sua
importanza, era stata da sempre dedicata poca attenzione.
Ogni volta che parliamo di Lettore, a questi è strettamente connesso il discorso
del significato e dell'interpretazione e di qui, necessariamente, il coinvolgimento della
semiotica. Considerare il processo di significazione significa ammettere che un testo è
realmente finito solo nel momento in cui esso viene letto. Il ruolo dello scrittore viene
per tanto ridimensionato: egli non ha circoscritto completamente la sua opera, non ha
"chiuso" il suo testo nel suo discorso. Ad incrociarsi con la sua produzione, vi è la
lettura (nel senso di interpretazione) di tutti i Destinatari. È dalla valorizzazione di
questa lettura personale, nella quale sono coinvolte le proprie esperienze di lettura
precedenti, il proprio bagaglio culturale, etc..., che muovono tali teorie.
Per tali ragioni è stata qui posta l'attenzione su due degli studiosi che hanno
operato all'interno di questi schemi: Umberto Eco e Hans Robert Jauss. Sono stati scelti
perché nel raffronto concreto con il testo le loro idee erano di certo quelle che meglio
si prestavano per portare avanti un'analisi improntata sulla ricezione. Attraverso Eco, il
concetto di Opera aperta prima(aperta, ovviamente, a possibilità molteplici di
significazione da parte del Ricevente) e di Lettore Modello poi (strategia testuale a cui
il testo intende rivolgersi) sono stati rintracciati nel testo dei punti utili a porre in
risalto la possibilità, nonché la validità, di una prospettiva di analisi critica dei testi:
questo soprattutto perché, concordando con Jauss un discorso esclusivo sulla forma
del testo non può risultare esaustivo, non può servire a spiegare il testo stesso. Un
testo è realizzato per un "pubblico" ed è a partire dal punto finale di questo processo
38
che è utile ripartire se si vuole tenere conto di un'analisi che non sia unicamente
storicistica o tecnico-formale.
Si è così accennato al fatto che come la letteratura non sia un fenomeno statico
ma che è un processo a sua volta iscritto in un mondo e in una realtà in costante
movimento. Come ogni forma d'arte anch'essa è il prodotto della mente umana e in
quanto tale è oggetto, da parte di questa, di continue attenzioni, e quindi di continui
processi di significazione.
Il testo di Calvino, come si è tentato di dimostrare, ha una struttura aperta a infinte
letture; lascia campo libero al lettore, partendo da una scrittura che mostra il
movimento generativo della stessa “fantasia”, pur mantenendo continui rimandi
metaforici al reale. Ogni città è un simbolo da interpretare. Marco Polo narra
all'imperatore Kublai Kan prima attraverso gesti e urla, poi imparando la sua lingua le
terre dello sconfinato impero tartaro; l'Autore Empirico narra attraverso la strategia
testuale dell'Autore Modello di città che sa che non esistono ma a partire dalle quali
sono possibili infinite interpretazioni e quindi realizzazioni. E se l'imperatore
inizialmente non capisce il Veneziano, anche al lettore appare poco chiaro il senso
complessivo dell'opera, che l'autore spera si faccia via vi più chiaro, così come più
chiara e comprensibile dovrebbe via via apparire la lingua di Marco Polo. E magari lo
stesso Calvino avrà forse sperato che, entrando via via in un testo, enigmatico e poco
definito, e accettate le regole imposte dal genere, la narrazione, mettendo in gioco
l'interpretazione del lettore, giunga così ad una maggiore chiarezza.
La provocazione di Jauss, che suggeriva una riscrittura della storia della
letteratura a partire da una storia della ricezione dei testi, potrebbe portare
attualmente a più sensate "antologie". Di certo, prendendo in considerazione alcuni
testi divenuti best sellers sia ieri che oggi, e analizzando i significati che li hanno
storicamente condotti al successo, ci troveremo a fare i conti non solo più soltanto con
la letteratura in quanto tale , ma anche con una serie di fenomeni contestuali, tanto
della società quanto della storia.
Scriveva Italo Calvino: "Smontato e rimontato il processo della composizione
letteraria, il momento decisivo della vita letteraria sarà la lettura. In questo senso
anche affidata alla macchina, la letteratura continuerà a essere un luogo privilegiato
39
della coscienza umana, un'esplicitazione delle potenzialità contenute nel sistema dei
segni d'ogni società e d'ogni epoca".89
89
I.Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M.Barenghi, Milano, Mondadori, 1995, p.211.
40
Riferimenti Bibliografici
AA.VV.
Belpoliti, M.
Bertoni, F.
Calvino, I.
41
De Mauro, T.
1988: "Introduzione" a De Mauro T., Gensini S., Piemontese M.E. (a cura di) Dalla
parte del ricevente: percezione, comprensione, intrpretazione, Roma: Bulzoni.
Eco, U.
Fusillo, M.
Gadamer, H.G.
Gensini, S.
Jauss, H.R.
Morris, C.
2009: Lineamenti di una teoria dei segni, Lecce: Editore Pensa Multimedia.
Segre, C.
42
Tompksin, J.P. (a cura di)
43