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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

BIBLIOGRAFIA
La bibliografia tra passato e presente
(prof. Cesana Roberta)

LEZIONE 1 (20-09-22)
PRESENTAZIONE DEL CORSO
Peculiarità della bibliografia: studiare il libro come oggetto fisico/manufatto, a differenza della letteratura che lo studia come testo,
della storia che lo studia come veicolo di cultura, ecc. Ci sono molte opportunità interdisciplinari fra i 3 ambiti della bibliografia,
della storia e della letteratura.

LEZIONE 2 (22-09-22)
Modulo A: Le forme del libro
LA TERMINOLOGIA DELLA DISCIPLINA
Etimologia della parola bibliografia  dal greco biblio- + -grafia = trascrizione di libri, scrivere di libri.
Possiamo distinguere tra la bibliografia enumerativa e la bibliografia analitica:
 Bibliografia enumerativa/descrittiva/sistematica = elenco di libri o altre pubblicazioni, ad es. articoli di giornale,
fonti online (ebook, siti internet, ecc.), ordinati attraverso un criterio (senza ordine è solo una lista), perlopiù alfabetico
(se si fa in base all’autore si segue il cognome). Si può scegliere anche un ordinamento cronologico, obbligatorio quando
si usa il sistema autore-data, molto diffuso nelle materie scientifiche soprattutto in area anglofona: con questo metodo, a
seguito di una citazione si aprono le parentesi in cui si inseriscono nome dell’autore e data di riferimento, e poi nella
bibliografia si dovranno indicare alfabeticamente gli autori, con le varie opere di ognuno ordinate cronologicamente. La
bibliografia è posta in chiusura di un saggio, di una tesi, ecc.
 Bibliografia analitica o bibliologia = lo studio e la descrizione, secondo regole stabilite, delle caratteristiche fisico-
materiali dei libri e del processo di realizzazione dell’oggetto (e il modo in cui esso influenza la modalità di fruizione del
testo), includendo i materiali usati, la tecnica di stampa, la correzione delle bozze, ecc.  tutte queste fasi subiscono una
trasformazione intorno al 1830, dopo essere state eseguite manualmente a partire dal 1455, quando Gutenberg inventò la
stampa col torchio a mano e i caratteri mobili: fino alla rivoluzione industriale, le tecniche di stampa e quelle di
produzione della carta rimasero manuali, mentre successivamente (in maniere e tempi diversi per i vari Paesi europei) si
inizieranno a usare i macchinari al posto del lavoro manuale. La data 1830 mette d’accordo le situazioni di diversi Paesi,
facendo una sorta di “media” internazionale: questa data separa il libro antico e il libro moderno.

Entrambe le tipologie seguono regole diverse per libro antico e libro moderno: ad es. riguardo alle dimensioni del libro antico si
parlerà di formato in-folio, in quarto, in ottavo ecc., mentre per il libro moderno si parlerà di dimensioni in cm.
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Per il libro antico, le regole sono state fissate nel 1949 da Bowers nell’opera Principi della descrizione bibliografica.

Bibliografia storica (rientra in qualche modo nella bibliologia) = storia del libro, diverse edizioni di un libro, diversi titoli di una
collana, ecc.

Storia della bibliografia = opere dei maggiori bibliografi, che hanno stabilito criteri, principi, ecc.

LEZIONE 3 (27-09-22)
CONFERENZA “LIBRERIE E LIBRAI. UN MONDO IN TRASFORMAZIONE”

“Storia dei librai e della libreria dall’antichità ai giorni nostri” di J. Mollier


Tematiche trattate nel volume: Mollier ci racconta il mestiere del libraio guardando sul lungo periodo, mestiere che ha subito grandi
trasformazioni. Si sofferma sui passaggi epocali vissuti dal libro in tutte le sue forme. Per tempo, la vendita del libro è stata connessa
alla sua produzione: nelle botteghe dei cartolai, prima dell’arrivo della stampa, erano gli stessi cartolai a produrre i libri attraverso
gli scribi alle loro dipendenze. Proprio questi cartolai-librai portarono al successo del libro a stampa, che ancora non disponeva di
una propria rete commerciale efficace. La storia dei librai narrata nel volume parte da lontano individuando sia elementi di
continuità, sia grandi differenze.
Si coglie, sia nella parte di Mollier che nel saggio di Marazzi, che nell’antico regime tipografico c’erano differenze grandi tra i librai,
che potevano essere importantissimi nella loro corporazione oppure essere piccoli commercianti ambulanti. A lungo, il mestiere di
libraio è stato associato a quello dello stampatore o dell’editore: l’autonomizzazione del ruolo dell’editore, in Italia, giunge solo nel
corso del ‘900.
L’800, per il commercio del libro, conosce grandi trasformazioni: Mollier parla di “terza rete delle librerie”, cioè, verso la metà
dell’800, alle grandi librerie e ai commercianti ambulanti si aggiungono i chioschi (o biblioteche di stazione)  in Francia, a fine
‘800, ci sono più di mille chioschi e ciò contribuisce all’incremento dell’offerta dei libri a prezzo più basso rispetto a quello delle
librerie. Lo scenario rimane simile fino alla metà del ‘900, quando nascono le principali catene di vendite di libri. Dal libro emerge
la grande importanza della diversificazione del commercio librario.

INTERVENTO DI LAURA LEPRI


Venezia, tra fine 400 e inizio 500: a ridosso dell’invenzione di Gutenberg, si vira verso la modernità, quando Venezia diventa
repentinamente una stamperia a cielo aperto e il cuore della città ospita alcune decine di librerie. A fine 400, a Venezia si stampava
ben oltre la metà di tutti i titoli italiani: la città pullulava di stampatori e librai, i cui ruoli, spesso, si sovrapponevano, non essendo
ancora nati i marchi editoriali. Manuzio, insieme al socio finanziatore Torresani e ai fratelli Giunti, aveva una propria libreria. Si
stava delineando la nascita del marchio editoriale e con esso la necessità di promuoverlo e imporlo.

Di fronte alla nascita della stampa ci furono spinte e controspinte, quindi reazioni positive e reazioni contrarie: in ogni caso, essa
allargò il mercato dei libri e portò alle stelle “la perfida e rabbiosa concorrentia”: storici della lingua e filologi segnalano che le
prime testimonianze del termine concorrenza risalgono all’ambito editoriale, probabilmente proprio nella speranza di avere delle
misure di protezione per il mercato librario veneziano.

Le prime operazioni di pubblicità e promozione dei libri avvenivano nelle fiere di paese (una delle prime e più importanti è quella
di Francoforte), occasioni in cui i librai fornivano i loro dipendenti di volantini riportanti i cataloghi editoriali delle librerie, da
distribuire tra le persone.

Le librerie avevano all’esterno delle bancarelle in cui si esponevano i fascicoli in vendita, che sarebbero stati rilegati nel momento
in cui un acquirente avesse espresso interesse.

Storia del libraio e stampatore Moretto: era attivo in città come uomo di cultura e mercante nel campo della carta, nonché
libraio. In quanto libraio, doveva scegliere il catalogo editoriale, e questo lo faceva in collaborazione con un correttore di bozze o
editor, Squarzafico. Moretto si spostò poi a Brescia e Milano, dove aprì delle attività di tipo più commerciale e meno culturale.

INTERVENTO DI ALBERTO CADIOLI


Asse temporale e spaziale: questioni specifiche riguardo alla prima metà del XIX secolo a Milano, capitale della cultura e dell’editoria
italiana. Riflettiamo soprattutto sulla relazione che si instaura tra librai, letterati e collezionisti.
A Milano, a inizio ‘800, era usuale per gli impiegati del Regno di Italia avere dei libri: si sviluppano le attività degli stampatori e dei
librai, che si rivolgono a lettori colti interessati a possedere soprattutto i libri classici.
Per molte librerie milanesi, le vendite non riguardavano solo libri appena pubblicati ma erano molto richieste anche le edizioni
antiche: Milano era la migliore città italiana per chi volesse conoscere delle pregiate collezioni di libri.

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Nelle librerie erano importanti i cataloghi di vendita e le bibliografie, che permettevano agli acquirenti di sapere cosa avrebbero
trovato in negozio. Le migliori bibliografie davano informazioni riguardo agli autori, ai prezzi, ecc.

In questi anni, inizia la distinzione tra il libraio, lo stampatore e l’editore: molti continuano ad essere librai-editori, ma si va sempre
più definendo un’identità specifica. Chi sceglieva di fare il libraio iniziò a riflettere sulla propria professione: nel 1833, due librai
della stessa libreria di Milano decidono di scrivere un catalogo, nel quale c’era una precisazione: “Tipografo è quello che attende
esclusivamente e materialmente alla stampa. Editore è quello che pubblica o che fa stampare […] un’opera di cui non è autore.
Libraio è quello che attende allo spaccio dei libri”. Questo catalogo di 100 pagine era intitolato Cenni elementari di bibliografia e
voleva spiegare ai librai novelli come svolgere la professione. La strada del libraio richiedeva competenze, capacità e cultura, oltre
ad abilità commerciali.

Uno di questi due librai, Carlo Branca, ripubblicherà anni dopo un testo simile, intitolato Brevi cenni bibliografici.
Nell’introduzione si tratta della storia della stampa e della tipografia; ci sono poi un capitolo dedicato all’origine della stampa e altri
dedicati all’arte tipografica compresa tra il XV e il XVII secolo. Importanti gli aspetti culturali forniti.
Il libraio doveva essere conscio del fatto che il libro fosse un oggetto materiale, e bisognava dare importanza anche alla sua estetica.
Il libraio non doveva solo trascrivere un catalogo di commercio, ma doveva riportare anche la materialità dell’edizione che presenta,
per non essere solo classificatore di libri ma loro pieno conoscitore, e per poter esser definito bibliografo.
In una sezione intitolata Avvenimenti e dialoghetti per il novello libraio, Branca afferma che un libraio deve essere onesto nella
trattazione, diligente, scrupoloso, gentile coi clienti, obbediente alle leggi, attivo studioso: queste le caratteristiche del libraio ideale.
L’esempio del catalogo di Branca mostra il ruolo di mediatore del libraio, attribuitogli anche da Mollier: il libraio è al centro del
sistema. È un ruolo che deve nascere dalla consapevolezza dell’esistenza di un sistema integrato, nel quale si trova chi scrive,
pubblica, vende, acquista libri. Il libraio offre ciò che è necessario per conoscere il tempo presente e quello passato.

INTERVENTO DI IRENE PIAZZONI


A inizio 900, nonostante l’alto analfabetismo, è affermata anche in Italia una concezione industriale dell’editoria. La libreria è
diventata luogo per eccellenza della distribuzione libraria e la sua vetrina è una cartina al tornasole della salute dell’editoria del
Paese. Serra, alla vigilia della 1GM, scrive che la produzione letteraria è una parte notevole della vita nazionale, basta sostare di
fronte alla vetrina di un librario: Serra dice che prima erano pochissimi i nomi che comparivano in vetrina, di fianco a piccoli libretti,
libri scolastici e libri francesi, mentre nel momento in cui scrive c’è una grande varietà di prodotti. La vetrina era indizio del
commercio dei libri, era palcoscenico dei libri, intesi nella loro materialità (pov dei formati, dei colori, degli spessori, ecc.)  la
vetrina come indice del rapporto tra la vita dei libri e la vita pubblica. Le vetrine potevano parlare anche delle trasformazioni
culturali e politiche del Paese.

Il libro di Mollier porta grande attenzione sulle mappe del circuito librario. Nel ‘900, la distribuzione del libro in Italia non era
omogenea: in alcune province era difficile trovare librerie, specialmente al Sud Italia. I libri seguivano le strade degli ambulanti e
delle bancarelle, ma essi vendevano perlopiù libri di bassa cultura ed erano lo specchio della città, quindi non vi finiva di certo il
libro contemporaneo. Gli editori che vogliono vendere non puntavano perciò alle bancarelle.

La distribuzione rarefatta delle librerie in Italia è un ostacolo anche alla diffusione della lettura: ancora leggeva solo un pubblico
aristocratico. Nel 1939, Petroni scrive un articolo su Panorama in cui descrive i diversi tipi di clienti: il cliente occasionale, quello
abituale, le belle signore, quelli che cercano rarità, quelli che vanno a colpo sicuro, bibliografi, critici e scrittori  siamo ancora di
fronte a un pubblico colto o borghese.

Mondadori e Rizzoli, per sfondare, punteranno all’edicola, dove portano prodotti moderni e a basso prezzo, come i rotocalchi,
raggiungendo anche fasce più basse della popolazione: tra gli anni 30 e 60 sono le edicole e le cartolibrerie a portare alla
democratizzazione della lettura. L’edicola diventa la libreria di tutti. Così le librerie tradizionali sono spinte ad aggiornarsi e, negli
anni ’60, si perde la loro sacralizzazione: le librerie che diventano sempre più accessibili a tutti.

Qual è il nesso tra libreria e libertà? Mollier dedica molte pagine alle vetrine infernali: i libri proibiti/clandestini (per ragioni
politiche e non) circolavano grazie alle librerie, che, durante il fascismo, li vendevano di nascosto, diventando potenti centri
antifascisti.
E qual è il nesso tra libreria ed emancipazione? È sempre più crescente la femminilizzazione del mestiere del libraio. A Milano, nel
1975, nasce la Libreria delle donne, luogo di circolazione di libri delle donne, luogo di condivisione, incontro e cultura. Il libro
stesso sarà luogo di espressione della pratica politica delle donne.

INTERVENTO DI ELISA MARAZZI


La funzione sociale del libraio: i librai hanno smentito e stanno smentendo le previsioni catastrofiche sulla fine del libro a stampa.
La pandemia e il commercio online hanno messo a dura prova i librai, ma essi come persone e le librerie come luoghi hanno
caratteristiche che consentiranno un futuro a questa realtà. Non si tratta solo della materialità del libro, ma anche dello spazio della
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libreria, che è un’occasione di dialogo, sia tra intellettuali sia con il libraio stesso. Il confronto in presenza tra cliente e libraio è
qualcosa che è sempre avvenuto e che continuerà ad avvenire.

LEZIONE 4 (29-09-22)
VERSO UNA STORIA GLOBALE DEL LIBRO: INTRODUZIONE ALLE DISCIPLINE BIBLIOGRAFICHE
CONFINI DISCIPLINARI E OPPORTUNITÀ INTERDISCIPLINARI
Storia, letteratura e bibliografia sono discipline che si intrecciano per quanto riguarda il libro e la sua concezione: nel primo caso
si intende come operazione culturale, nel secondo come testo letterario e nel terzo come manufatto materiale.

COS’È UN TESTO E COS’È UN LIBRO


 Un testo è un’elaborazione concettuale che si manifesta per mezzo di segni alfabetici depositati su una forma fisica.
 Un libro è un oggetto fisico contenente il testo, la cui forma è mutata nel tempo per condizionamenti storici/tecnologici.
La domanda “cos’è un libro” pone un problema ontologico, quindi la risposta deve tener conto della duplice natura concettuale di
questo oggetto che è contemporaneamente supporto fisico (o interfaccia di lettura) di segni registrati e veicolo di
messaggi/idee/ecc.  noi per LIBRO intendiamo l’unione di questi due aspetti. Le discipline bibliografiche si concentrano
soprattutto sull’aspetto materiale e fisico.

EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA BIBLIOGRAFICA DAL 1950 AD OGGI


Fino alla metà del ‘900 l’attenzione ai libri è sempre stata focalizzata sul contenuto del testo o sull’antichità/pregio dell’oggetto. Ad
oggi, l’attenzione si pone soprattutto sul ruolo del libro come medium, cioè strumento della comunicazione.

La New Bibliography & la Bibliografia analitica/critica


Importante punto di partenza si colloca in UK intorno al 1950: si parla della corrente New Bibliography (McKerrow e Greg) inglese,
nata dagli studiosi di Shakespeare, in particolare riguardo alla raccolta First Folio (Londra, 1623, composta e pubblicata da due
suoi colleghi attori 7 anni dopo la sua morte), che contiene 36 opere dell’autore e che non è basata su manoscritti shakespeariani,
in quanto inesistenti. Nel 1950, il bibliografo inglese e studioso shakespeariano Walter Greg fondò il filone della bibliografia
critica/analitica, proponendolo come metodo di approccio allo studio bibliografico, nuovo perché si focalizza non più sul contenuto
o sull’antichità del libro ma sulla sua funzione di trasmissione dei testi; ci si occupa inoltre della traduzione letterale. Si vuole creare
un metodo per la soluzione di problemi testuali: questo metodo vuole ricostruire l’attendibilità dei testi puntando l’attenzione sulle
fasi del lavoro editoriale in tipografia  il testo è concepito come una serie di segni stampati, che sono il risultato di particolari
tecniche di produzione materiale. Si vuole ricostruire, a partire dallo studio del libro stampato, la forma del libro così come era stato
originariamente ideato dall’autore e dall’editore, quindi il libro nella sua edizione originale.
Edizione = tutte le copie prodotte a partire dalla stessa forma tipografica. All’interno di una stessa edizione ci possono essere più
emissioni: sono le copie prodotte con la stessa forma ma che presentano delle varianti di stato  si tratta di testi ricomposti solo
nelle parti errate. Tutti questi sono aspetti studiati dagli esponenti della New Bibliography.

Donald McKenzie
Donald McKenzie sarà uno dei critici della New Bibliography e arriverà a rivoluzionare il settore negli anni ’60, quando si aprono
nuove prospettive di ricerca, anche grazie alla maggiore conoscenza riguardo alla distribuzione del lavoro nelle tipografie e ai
processi di composizione e produzione del libro. Le idee di McKenzie si allontanano dai principi bibliografici di McKerrow e Greg:
egli propone un’estensione più ampia dei compiti della disciplina, in particolare, per la prima volta, propone di saldare tra loro il
campo della bibliografia e quello della storia del libro.
La prima critica mossa verso la New Bibliography riguarda il fatto che essa pensava che il testo fosse sempre prodotto dagli
stampatori secondo metodi di lavoro razionali, coerenti e ripetitivi: sostanzialmente, si critica l’ingenuità di aver ritenuto che la
produzione dei libri stampati fosse sempre uguale a se stessa. Inoltre, si criticava il fatto che la New Bibliography tenesse in conto
solo gli errori accidentali degli stampatori, senza considerare le innumerevoli variabili presenti nelle tipografie. McKenzie riesce a
dimostrare che la produzione materiale del testo dipendeva dalle condizioni in cui esso veniva realizzato: porta alla luce numerose
fonti che i New Bibliographers non avevano considerato, fonti primarie trovate direttamente nelle tipografie  si tratta ad es. di
lettere scambiate tra gli attori coinvolti, elenchi di stampa, libri mastri degli stampatori, ecc. McKenzie inizia a considerare il lavoro
in tipografia tenendo conto di tutte le sue complessità e del fatto che non fosse sempre sistematico e ordinato; egli arriva a parlare
di “produzione simultanea”, cioè i testi erano prodotti in parallelo tra più stampatori: un libro a stampa non era il risultato del
lavoro di un singolo stampatore ma spesso era il frutto delle attività concatenate di diversi professionisti che lavoravano
contemporaneamente, con metodi complessi e anche imprevedibili.
Con i suoi studi, McKenzie riesce ad allargare i confini della New Bibliography, anche oltre alla questione del lavoro in tipografia:
infatti, il suo libro più interessante si intitola Bibliografia e sociologia dei testi (1986), in cui afferma che “la bibliografia è la
disciplina che studia i testi come forme registrate e i processi della loro trasmissione, comprese produzione e ricezione”  si parte
dal testo come forma registrata, quindi dai segni già studiati dai New Bibliographers, allargando però la ricerca verso altri aspetti,
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come la produzione e la ricezione dei testi (quindi si prendono in considerazione anche i lettori, ultimo anello nella catena della
comunicazione). McKenzie critica anche il fatto che la New Bibliography non tenesse conto degli aspetti sociologici: dirà invece che
la bibliografia può essere anche considerata una “sociologia dei testi”.
Oltre ad esortare all’allargamento degli ambiti di questo studio, McKenzie esorta anche ad allargare il significato del termine “testo”:
si vogliono comprendere tutte le forme di testo e non soltanto i libri. L’autore afferma che le forme determinano il significato:
questa idea sarà ripresa e meglio spiegata da Chartier, studioso francese ancora operante che ha appunto ripreso gli studi di
McKenzie. Egli parla di “doppia storicità” del testo scritto: la prima storicità è quella del tempo di cui un testo è figlio, quindi la sua
storicità originaria (il momento in cui è concepito dall’autore e in cui è realizzato sul suo supporto); le altre storicità si riferiscono
alle varie forme in cui poi, nel tempo, lo stesso testo verrà riproposto.
Cosa intende McKenzie con “testi”?  «Nelle diverse specificità, comprende i testi non-libri, le loro forme materiali, le versioni
testuali, la trasmissione tecnica, il controllo istituzionale, i significati percepiti e gli effetti sociali che comportano (…) Con il termine
"testi" intendo i dati verbali, orali, visivi, numerici, sotto forma di carte geografiche, stampe e musica, di archivi di suoni registrati,
di film, video, di informazioni memorizzate nei computer. Tutto, insomma, dall'epigrafia fino alle più moderne forme di
discografia»
McKenzie sostiene che gli effetti della stampa nei luoghi diversi da quelli europei possono variare anche in base al contesto sociale
del dato luogo: sono quindi importanti le differenze tra le culture.

La scuola francese delle Annales & la Nouvelle Histoire du Livre


La sociologia dei testi di McKenzie, in realtà, si inserisce in un precedente movimento più ampio, cioè la scuola francese delle
Annales. Sono importanti le due opere Sociologie de la Littérature di Escarpit (1958) e L’apparition du Livre di Fèbvre e Martin
(1958), quest’ultimo tradotto con una prefazione di Petrucci, che contestualizza gli studi francesi inserendoli nella tradizione
italiana. Qui l’attenzione si punta verso una prospettiva più globale e anche verso gli aspetti economici, intellettuali, sociali, culturali
che influenzano la nascita del libro a stampa: si tratta di un’attenzione molto più ampia e di un approccio nuovo alla bibliografia.
Questo movimento francese condurrà poi alla corrente della Nouvelle Histoire du Livre (di cui Chartier fu uno dei capostipiti), che
si concentra soprattutto sul momento finale della ricezione dei testi.

Tutti questi studi condurranno verso la nascita della Storia della lettura.

Robert Darnton
L’approccio di McKenzie si salda con gli studi di Darnton; uno dei suoi saggi più importanti si intitola Che cos’è la storia del libro?
(1986), nella cui conclusione fornisce un modello interpretativo atto a studiare in generale la storia del libro (o bibliografia). Egli
ritiene che si debba parlare di “storia sociale e culturale della comunicazione per mezzo della stampa”; il suo obiettivo, nel formulare
questo circuito della comunicazione, sta nel capire come le idee siano state trasmesse attraverso la stampa e come il contatto con
essa abbia influenzato il pensiero degli uomini (ancora, attenzione verso la ricezione). Darnton richiama l’attenzione sulla miriade
di metodi di ricerca di fronte alla quale si trovavano gli studiosi di Storia del libro, da lui definita “intricata foresta tropicale”: ci
sono infatti diverse figure di studiosi che si cimentano in questo campo, e quindi ormai la storia del libro non è solo oggetto di studio
di letterati e storici ma anche di sociologi, economisti, ecc.  egli propone allora un modo generale, usabile da tutti, per spiegare
come si diffondono i libri nella società: si parla di circuito della comunicazione (dall’autore al lettore), per il quale sono importanti
due aspetti:
 Tutti gli attori del circuito, con le loro azioni, si influenzano a vicenda: ad es. i lettori possono influenzare la produzione
autoriale, i librai possono influenzare le scelte degli editori, ecc.
 La produzione dei testi va concepita come un’attività dalle molteplici sfaccettature e comprende anche fattori sociali,
economici, politici, intellettuali, ecc.

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LEZIONE 6 (04-10-22)
Il modello di Adams e Barker
Adams e Barker criticano il circuito della comunicazione di Darnton, proponendone un altro che vede 5 elementi al centro:
pubblicazione, produzione, distribuzione, ricezione, capacità di sopravvivenza nel tempo. Questi elementi sono condizionati dalle
4 sfere di influenza: intellettuale, politica/giuridica/religiosa, commerciale, sociale. Si prende meno in considerazione l’elemento
dei lettori e della loro interazione coi testi. Questo circuito comunque non va a soppiantare quello di Darnton.

Genette
Critico e teorico della letteratura francese, negli anni ’80 conia il termine paratesto (tradotto così in italiano da Einaudi). Il paratesto
è costituito dai dispositivi che determinano il modo in cui il lettore percepisce il libro: è il “vestito” messo dall’editore al testo. È
costituito da peritesto (= messaggi paratestuali localizzati nello stesso volume) ed epitesto (= messaggi all’esterno del volume;
interviste, recensioni, pubblicità, ecc. sono epitesto pubblico, mentre lettere, carteggi, ecc. sono epitesto privato). Genette vuole
studiare il modo in cui autore ed editore parlano con il pubblico.

Luigi Balsamo
Storico e bibliografo italiano, Balsamo, nell’89, sulla scia del lavoro dei vari pensatori sopracitati, scrive Verso una storia globale
del libro. Balsamo pensa che la storia del libro debba essere la storia del suo completo ciclo vitale, in tutte le fasi e in tutti gli aspetti
di una vicenda in cui l’abilità tecnica e creativa dell’uomo ha interagito con gli interessi culturali, economici, politici, religiosi del
momento. Anch’egli propone un circuito, che prende la forma di un elenco di 5 momenti nella storia del libro, i quali corrispondono
anche a 5 diverse discipline che guardano alla storia del libro:
1. STORIA DELL’EDITORIA  «Fase di progettazione del libro, vale a dire del programma editoriale. La storia dell'editoria
riguarda la prima fase del ciclo vitale del libro e studia sia le forme organizzative sia le motivazioni culturali ed economiche
che stanno alla base dei programmi editoriali nelle diverse aree geografiche e nelle diverse epoche storiche.»
2. BIBLIOLOGIA  «La produzione del libro tipografico va poi indagata negli aspetti strutturali del processo di stampa. A
questo riguardo risulta indispensabile l’analisi bibliologica applicata ai materiali (carta, filigrana, caratteri, inchiostri,
legatura) e alle modalità del loro impiego (tonnato, impaginazione, fascicolazione, tirature). Naturalmente va preso in
stretta considerazione anche il testo, indispensabile per una corretta descrizione del contenuto del libro e per
un'informazione più completa, a beneficio anche degli studiosi di filologia dei testi a stampa, al fine di poter indagare
modalità ed effetti della trasmissione dei testi, specialmente in rapporto alla volontà, cioè agli interventi diretti,
dell'autore.»
3. BIBLIOGRAFIA  «Con la tecnologia tipografica editori e stampatori si trovarono nella necessità di pubblicizzare i loro
prodotti, di informare il potenziale pubblico degli acquirenti-lettori circa le loro disponibilità. Ulteriore fase del ciclo di
vita del libro è perciò l'informazione bibliografica in quanto mediazione tra produttori e lettori, originata inizialmente da
interessi commerciali e attuata con l'impiego di avvisi, manifesti e cataloghi editoriali. Ben presto si ebbero altre forme di
mediazione dettate da intenti di natura culturale e scientifica attraverso elenchi di libri denominati inizialmente
bibliothecae e poi bibliografie.»  L’esigenza di informazione bibliografica nasce in concomitanza con la stampa; infatti,
quando il libro era manoscritto, i libri erano degli esemplari unici, mentre poi si andranno a produrre in serie i libri a
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stampa. C’è quindi l’esigenza di comunicare l’esistenza di questi numerosi libri stampati: sono questi gli interessi
commerciali di cui parla Balsamo. L’informazione viene fatta inizialmente con volantini e manifesti, si passerà poi a piccoli
cataloghi fino a giungere ai grandi cataloghi che conosciamo oggi. Sono queste le prime forme di informazione
bibliografica.
4. STORIA DEL COMMERCIO LIBRARIO  «Si apre così un altro settore di ricerca mirato alla valutazione degli effetti
dell'attività editoriale, ossia lo studio della disseminazione dei libri. Si tratta di individuare le forme e i modi in cui il libro
ha raggiunto i suoi destinatari, quindi le forme organizzative del commercio librario. La libreria è sempre stata il luogo
deputato per mettere in circolazione i libri ma accanto ad essa si pongono le fiere, locali e internazionali, nonché le vendite
all'asta. Esse hanno dato origine tra l'altro a forme particolari di informazione bibliografica mirate a offrire una particolare
mediazione, per motivi economici, questa volta tra i distributori dei prodotti e il pubblico (cataloghi di libreria, di fiere, di
vendite all'asta).»
5. STORIA DELLA LETTURA  «L'ultima fase del ciclo è quella della ricezione e fruizione da parte del pubblico dei lettori.
Qui ci troviamo davanti sia a una forma diretta, quella dei singoli individui che acquistano libri per uso personale e mettono
insieme raccolte private, sia alla forma mediata propria delle biblioteche.»

Alfredo Serrai
Serrai non è d’accordo con Balsamo, e ciò lo si evince nella sua opera Storia della bibliografia. Secondo lui, bisogna separare lo
studio del libro come oggetto dallo studio del libro come contenuto: si parla quindi di bibliologia/bibliografia analitica da un lato,
e di bibliografia dall’altro. Questa è la visione che lo porta a considerare la bibliografia come una “metadisciplina”, con il rischio di
considerarla una disciplina al servizio delle altre e senza dignità scientifica.
 BIBLIOLOGIA/BIBLIOGRAFIA ANALITICA  «si occupa del libro in quanto oggetto, dei suoi materiali, della sua
fabbricazione, della sua diffusione, del suo commercio» = LIBRO COME OGGETTO
 BIBLIOGRAFIA  «si occupa delle opere, ossia di quelle entità immateriali, linguistiche, logiche, informazionali, che
competono alla realtà letteraria e scientifica dei libri» = LIBRO COME CONTENUTO

L’INVENZIONE DELLA SCRITTURA


LE RIVOLUZIONI DELLA COMUNICAZIONE
Ricordiamo i tre autori McLuhan, Ong e Goody. Il modello previsto da tutti e tre gli autori comprende le 3 più importanti rivoluzioni
della comunicazione:
1. Passaggio dalla cultura orale alla cultura scritta = sviluppo dell’alfabeto, acquisizione del linguaggio, creazione di
strumenti commerciali, definizione di sistemi di scrittura.
2. Passaggio dalla scrittura manuale alla stampa = sviluppo della cultura manoscritta, nascita della scrittura e suo
radicamento nelle società, produzione di strumenti e materiali per il suo consumo di massa.
3. Passaggio dalla stampa al computer = comparsa delle nuove tecnologie digitali.
In generale, ci sono più rivoluzioni:
 tutte queste trasformazioni avvengono in modo molto graduale.

JACK GOODY
Secondo Goody la scrittura alfabetica combina 3 elementi:
1. La potenziale universalità e l’efficienza (numero di segni limitato)
2. La potenziale democrazia (ognuno può imparare a scrivere)
3. La possibilità di una vasta diffusione degli usi dello scritto e la costituzione di una vera e propria cultura scritta.

IL LIBRO NELL’ANTICHITÀ
IL VOLUMEN IN PAPIRO & GLI ALTRI SUPPORTI
La prima forma libraria è stata il volumen o rotulus, che veniva realizzato col papiro (cyperus papyrus). Il papiro veniva tagliato in
lamelle che venivano poi stese in due strati perpendicolari tra loro; infine i fogli ottenuti venivano incollati. Il papiro cresce in Egitto
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e viene importato a Roma, quindi aveva un prezzo elevato per chi operava al di fuori della valle del Nilo: ciò faceva sì che esistessero
molti altri supporti per la scrittura, ad es. gli ostraka, le tavolette di legno, terracotta, cera o argilla, ecc. Nel volumen il testo si
scriveva parallelo al lato lungo in vari paragrafi e lo svolgimento del rotolo avviene in orizzontale; mentre nel rotulus la scrittura
avviene parallelamente al lato corto e lo svolgimento avviene in verticale: in entrambi i casi, comunque, la scrittura era svolta sul
solo lato del recto. La fruizione della lettura non è semplice, ad es. non si potevano prendere appunti nel mentre della lettura
(entrambe le mani erano impegnate a sorreggere il rotolo) e non si potevano leggere più rotoli insieme; inoltre, la lettura era di tipo
consecutivo, non era quindi semplice cercare delle informazioni isolate all’interno dei rotoli  questo tipo di lettura è stato
recentemente paragonato a quello che si svolge col digitale. I rotoli erano poi chiusi con dei lacci e venivano conservati nelle
cosiddette capse, utili sia per la conservazione sugli scaffali sia per lo spostamento dei prodotti.

La Biblioteca di Alessandria
La Biblioteca di Alessandria è la più famosa biblioteca dell’antichità, forse anche di tutti i tempi, e spesso viene considerata come
un laboratorio della filologia (era un vero e proprio centro attivo di produzione); si arriva a parlare di 500mila rotoli qui conservati,
anche se in realtà non si hanno certezze assolute in quanto la biblioteca è andata distrutta e le tracce si sono completamente perse.
Risale all’epoca ellenistica e molto probabilmente fu voluta da Alessandro Magno, il quale però non ne vide mai la realizzazione,
essendo morto prima; come ideatore del progetto viene riconosciuto quindi Tolomeo d’Egitto, detto Tolomeo Sotere. L’obiettivo
della biblioteca era di raccogliere tutte le opere disponibili del mondo greco. Tolomeo ebbe un ruolo fondamentale, insieme a
Demetrio Falereo, personaggio di cerniera tra Atene ed Alessandria, il quale era stato allievo di Aristotele e conoscitore di
Alessandro Magno.
Si conosce anche il catalogo di questa biblioteca, una delle prime forme di bibliografia, compilato da Callimaco, altro studioso ed
erudito che ebbe il ruolo di bibliotecario ad Alessandria; nonostante non sia stato direttore, è il bibliotecario più famoso di tutti
proprio perché autore di queste tavole bibliografiche, dette pinakes. Dai frammenti è stato possibile appurare che in questo catalogo
si davano notizie sulle opere ma non si è mai trovata la loro collocazione: questo, quindi, fa tentennare nel definirlo un vero e proprio
catalogo, anche se Canfora lo dichiara tale senza indugi.
Canfora è tra i pochi a sottolineare il fatto che la biblioteca non fu distrutta in un unico momento, bensì in 4:
1. Incendio Cesariano, avvenuto quando Cesare, per interrompere l’assedio di Alessandria, diede fuoco al porto nel 47 a.C.:
qui, però, non c’era la biblioteca, bensì il serapeo, ovvero una piccola biblioteca dove si conservavano le copie dei libri e i
rotoli di papiro vergine.
2. Guerra di Aureliano contro Zenobia, quando viene raso al suolo il quartiere dove vi era appunto la biblioteca.
3. Il serapeo viene distrutto da Teofilo, un monaco cristiano tedesco, nel 391 d.C.
4. Conquista araba di Alessandria, nel 642 d.C.: Canfora sostiene che in questa occasione viene distrutto tutto ciò che restava
della biblioteca. Altri, tra cui uno studioso egiziano, si scagliarono contro di lui, affermando che questo evento non è mai
accaduto.

LEZIONE 7 (06-10-22)
LA PERGAMENA
In Anatolia, l’odierna Turchia, troviamo la Biblioteca di Pergamo, fondata probabilmente da Eumene II per rivaleggiare con la
Biblioteca di Alessandria; l’invenzione del nuovo supporto della pergamena sarebbe da attribuire al divieto di esportare il papiro a
Pergamo, e serviva quindi un nuovo materiale per scrivere. Si tratta probabilmente di una leggenda, il vero motivo sarebbe da
ricercare nell’alto costo del papiro per coloro che lavoravano fuori dall’Egitto.
La pergamena si associa alla nuova forma libraria, quella del codex: sarà dopo la sua invenzione che la pergamena si diffonderà
ampiamente e andrà lentamente a sostituire il papiro.
La pergamena si ottiene lavorando le pelli animali, tagliate in fogli poi cuciti insieme.

LE BIBLIOTECHE ROMANE
Le biblioteche private nascono prima di quelle pubbliche, infatti le prime collezioni note sono private. Si parla ad es. dei bottini di
guerra, che vanno a costituire le prime biblioteche private. Tutte le biblioteche, private e pubbliche, adottano la ripartizione tra libri
in greco e libri in latino. Nel 39 a.C. Pollione costruisce la prima biblioteca pubblica romana: tuttavia, si tratta ancora di una
collezione che risponde a canoni privati.

Il ruolo del libro nella Roma antica


 Importanza dei fenomeni di trasmissione culturale dalle sponde del Mediterraneo orientale, soprattutto dalla Grecia e dal
mondo ellenistico.
 Il ruolo delle biblioteche private, intese come luogo di lavoro e di socialità nonché come fattori di rappresentanza e
distinzione sociale.

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 Con l’avvento dell'Impero, i successori di Cesare finanziano i fora imperiali, nuovi complessi di edifici pubblici che
comprendono spesso una biblioteca.

IL CODEX
LA SCRITTURA MINUSCOLA CORSIVA – LA NASCITA DEL CODEX
Abbiamo due novità fondamentali intorno al I-II secolo d.C.:
1. Il codex
2. La scrittura minuscola corsiva: è molto più leggibile e permette una velocità di scrittura maggiore; facilita la lettura perché
l’occhio riconosce più facilmente le lettere.
La nuova forma del codex è destinata a tantissimi sviluppi; secondo molti, le potenzialità del codex non arriveranno alla loro piena
applicazione se non dopo alcuni secoli dall’invenzione della stampa.
Il suo supporto è la pergamena e si abbina alla scrittura minuscola corsiva.
L’antenato del codex è da ricercare nelle tavolette, tanto che il termine “codex” risale a molti secoli prima: si parla di gruppi di
tavolette legate insieme, che formano dittici, trittici, ecc. i quali sono proprio gli antenati del codex. Questi supporti ospitavano
soprattutto conti, scritture di poco valore intrinseco, ecc. e venivano usati per scopi quotidiani, umili e non destinati a sopravvivere
nel tempo.
Il codex, inizialmente, non si impone: pergamena e codex vengono inizialmente usati per lavori brevi e veloci, come appunti, brutte
copie, ecc.  questo perché il papiro, essendo caro, era ritenuto il miglior materiale esistente, e inoltre si apprezzava il lusso del
formato del rotolo, che dava l’idea di qualcosa di più solenne e ufficiale rispetto al formato del codex.
L’evento che maggiormente contribuisce all’affermazione del codex è l’avvento del cristianesimo, nel IV secolo d.C. Da questo
momento in poi, i rotoli di papiro verranno usati solo per scopi marginali.  Nel IV secolo d.C. si compie la prima metamorfosi
del libro = da rotolo a codex.

IL LAVORO DI FABBRICAZIONE DEL CODEX – I FORMATI


Fino all’XI secolo, la fabbricazione del codex si svolge quasi esclusivamente nei monasteri. Una volta trascritto il testo, la pergamena
viene piegata una o più volte, per andare a formare i fascicoli. Nei codici manoscritti, spesso, i fogli venivano piegati solo una volta,
ottenendo un piccolissimo fascicolo di sole 4 pagine, che prende il nome di formato in-folio: questa denominazione (in-folio, in
quarto, in ottavo, in sedicesimo, ecc.) si continua a utilizzare lungo tutto il periodo del libro antico, cioè fino al 1830 (fine dell’antico
regime tipografico).  Il formato del codice prendeva quindi il nome dal numero di volte in cui il foglio veniva piegato. Si usa questa
denominazione e non quella odierna che prende in considerazione i cm poiché si trattava di lavori artigianali: la dimensione poteva
variare da libro a libro, in quanto non esistevano ancora i formati standard come oggi (A4, A3, ecc.).
Parlando di manoscritti o libri antichi, si dice che il formato in-folio è costituito da 2 carte (non si parlava di pagine), ognuna
costituita da un lato verso e da un lato recto.
La questione del formato non è importante solo per il manoscritto ma lo sarà anche per i primi libri a stampa.  questo perché
esiste una connessione tra formato e tipologia del testo: ad es. i codici religiosi e giuridici venivano prodotti in formato grande, i
codici umanistici e universitari in formato medio/in quarto, ecc. Inoltre, il formato era sintomatico anche della classe sociale di
appartenenza dei proprietari dei libri: ad es. i formati grandi erano destinati a lettori importanti come i re, mentre i formati più
piccoli erano destinati ai lettori umili (questo fino al ‘500), si parla ad es. delle “Bibbie dei poveri”. Altro indice dell’appartenenza
sociale del proprietario del manoscritto sta nella sua legatura: ricordiamo sempre che i fascicoli venivano esposti nelle librerie senza
rilegatura, la quale doveva essere fatta poi a spese dell’acquirente  questo accadde anche in seguito per i primi libri a stampa.
Uno dei più antichi codex manoscritti in pergamena è il Codex Vaticanus Graecus; altro importante il Codex Sinaticus.
L’avvento del codex porta delle rivoluzioni anche nella fruizione del libro e nella lettura: ad es. si possono prendere appunti durante
lo studio, è possibile la consultazione e quindi il superamento della lettura consecutiva, si possono usare più codex
contemporaneamente, si può passare alla lettura silenziosa, ecc.

LA SCRITTURA MINUSCOLA CAROLINA


I monaci benedettini di Corbie (nord di Parigi), durante il regno di Carlo Magno, andarono a rivoluzionare la scrittura minuscola
corsiva: si parla di scrittura carolina o scrittura di cancelleria. Questa sarà molto leggibile e povera in abbreviazioni, e farà la
fortuna del codex, portandolo ad affermarsi in tutti gli ambiti.

LEZIONE 9 (11-10-22)
COMMENTARII O GLOSSE
Nascono dei modelli di codex che associano il testo a un commentario (o glossa), talvolta molto invasivo, che può essere:
 All’interno dei margini della pagina, scritto in modulo più piccolo: prende il nome di glossa marginale. A partire dal IX
secolo, moltissimi codex si presentano con questa forma.
 Intercalata al testo: prende il nome di glossa interlineare, e può servire ad es. per commentare delle singole parole.

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GLI INCIPIT & LE MINIATURE


Nel manoscritto medievale non esiste il frontespizio, che compare solo a fine ‘400. Spesso, inoltre, il codex medievale non menziona
l’autore, la data di copiatura, il copista, il miniaturista e il titolo: il testo comincia direttamente con la prima pagina, preceduto
dall’incipit. Allo stesso modo, alla fine compare l’explicit. Il titolo si può trovare ovviamente nell’incipit, con la dicitura “incipit
(=inizia) … nome del libro”. L’incipit è solitamente rubricato e può anche estendersi in caratteri ornati su tutta una colonna e
addirittura su tutta una pagina – questa cosa avviene anche nei capilettera, usati per indicare anche le divisioni interne del testo.
Nei laboratori più importanti, le miniature erano un ambito specializzato. L’immagine, nei manoscritti medievali, ha la doppia
funzione decorativa e informativa: la prima è riservata alle bordature e alle illustrazioni, mentre la seconda si ritrova nelle iniziali
e nelle lettere ornate, che costituiscono un ausilio alla lettura (individuano le parti più importanti del testo).

PRATICHE DI LETTURA
 Scriptio continua/minuscola carolina  la riforma della scrittura, intorno all’VIII secolo, sfocia nella scrittura
carolina, che porta ad una disposizione del testo più chiara e semplificata
 Lettura orale/lettura silenziosa  passaggio (prima rivoluzione della lettura) dovuto alla riforma della scrittura
sopracitata.

VERSO GUTENBERG
Per tutto il periodo di cui abbiamo parlato finora, i libri venivano prodotti solo presso i monasteri e quasi tutti erano scritti in latino;
la situazione muta intorno all’XI secolo, quando il libro esce dal mondo religioso per “entrare nel secolo”: tale passaggio è dovuto a
dei fenomeni essenziali, che tutti insieme formano quella che viene detta “età del trionfo del codice”:
1. Le università e il sistema della pecia
2. L’ascesa dei nuovi ceti sociali
3. Il mecenatismo
4. L’introduzione della carta
5. L’umanesimo
6. La xilografia

LE UNIVERSITÀ E IL SISTEMA DELLA PECIA


Si tratta del primo spostamento di produzione del libro: dai centri monastici alle città sedi di università. In Italia vediamo
l’importanza di Bologna, dove l’università nacque nel 1088. Presso gli atenei sorgevano gli stazionariati (affidati a librai detti
stazionari), che producevano i codici usati da studenti e professori universitari. Agli stazionari si deve un primo processo di
moltiplicazione delle copie e di standardizzazione dei testi. Gli stazionari suddividevano ciascun codex in fascicoli, ognuno dei quali
era chiamato pecia ed era commissionato a un copista diverso: ciò rendeva la produzione più rapida e i costi più contenuti. Notiamo
qui l’importanza dell’elemento della richiesta di mercato, una richiesta che è laica e standardizzata e che deve venir soddisfatta in
tempi rapidi. Il sistema della pecia è il primo segnale di una mentalità che porterà all’invenzione della stampa a caratteri mobili.

L’ASCESA DEI NUOVI CETI SOCIALI


Notiamo l’ascesa di nuovi ceti urbani: a un certo punto non saranno più i ceti ecclesiastici e universitari a commissionare i libri, ma
anche i centri urbani e mercantili  notiamo anche qui l’elemento della richiesta di mercato, infatti il libro non sarà più un prodotto
di lusso ma usato anche da queste realtà urbane, che necessitano di una produzione di libri più rapida e meno costosa.

IL MECENATISMO
Non dimentichiamo il ruolo dei principi e di altri personaggi di spicco che fondarono biblioteche con lo scopo del lavoro erudito da
un lato e del piacere della lettura dall’altro. Importanti i principi mecenati che mantengono gli autori e gli artisti, soprattutto in un
momento in cui non esistevano i diritti d’autore. Importanti anche i principi che collezionano i libri d’autore. Questo è un ruolo che
poi, per imitazione, si estende anche ad altri ceti sociali. Esempio lampante quello della corte palermitana di Federico II di Svevia.

L’INTRODUZIONE DELLA CARTA


Questo è stato un elemento tecnico di fondamentale importanza. La carta viene inventata in Cina nel III secolo e fino all’VIII secolo
la sua fabbricazione rimase di monopolio dell’Estremo oriente. Dal XII secolo, poi, l’Europa acquista la carta prodotta nei Paesi
arabi, e tuttavia essa rimane ancora un prodotto considerato inaffidabile rispetto alla pergamena. Nella prima metà del XIII secolo,
poi, nella piccola città di Fabriano, in Italia, si inizia a produrre la carta con un nuovo metodo, che usa come materia prima gli
stracci. Si inizia così a produrre della carta che si ritiene di migliore qualità rispetto a quella araba, nonché meno costosa e
“cristiana”: si andrà così a imporre, nel XV secolo, in tutta l’Europa occidentale.
Il metodo di produzione della carta cambierà solo nel XIX secolo con la Rivoluzione industriale; questo prevede 4 fasi:
1. cernita degli stracci

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2. lavorazione degli stracci per produrre la pasta (la sua quantità utilizzata determina la grammatura)
3. formazione dei fogli, con l’uso del telaio, le cui dimensioni determinano il formato del foglio stesso (i formati più diffusi
erano imperiale, reale, mezzano, comune)
4. fase di apparecchiatura del foglio, per farlo diventare supporto scrittorio.
Elemento importante la filigrana, una sorta di “timbro” che rimane impresso sul foglio e che indica il centro di produzione di quella
carta.

L’UMANESIMO
Abbiamo detto che la quantità di libri a disposizione aumenta; nel frattempo si manifesta uno dei fenomeni culturali più importanti
della nostra storia, appunto l’umanesimo. Importante Petrarca, figura che apre la fase dell’umanesimo, con la sua volontà di
riavvicinarsi al mondo degli antichi, che andava riscoperto e studiato attraverso le loro opere. L’umanesimo contribuì sicuramente
all’incremento della rapidità di produzione dei testi e alla loro grande diffusione.

LA LITTERA ANTIQUA
Ricordiamo la littera antiqua o minuscola umanistica rotonda, usata per copiare i testi umanistici e derivante dall’epoca carolingia;
nata la stampa, i tipografi copieranno questo carattere, andando a realizzare il cosiddetto carattere romano/tondo.

IL SISTEMA DI PUNTEGGIATURA
Già dal XII secolo, tende a svilupparsi un sistema di punteggiatura che prevede:
 scansione principale  .
 scansione secondaria  ;
 divisione della parola alla fine di linea  –
 punteggiatura debole  / (che diventerà poi la virgola)
 divisione in paragrafi  ¶ (detto piede di mosca)
 inizio della frase  iniziale evidenziata con il colore.

LA XILOGRAFIA
La xilografia, in Occidente, arriva dall’Oriente nel XIV secolo; sarà presente nel libro a stampa quasi fino all’epoca contemporanea,
in quanto si tratta di un modo economico per riprodurre in serie le illustrazioni: anziché rifare ogni volta manualmente il disegno,
si realizza una sorta di timbro incidendo sul legno, che poi viene inchiostrato e premuto sul foglio. È quindi un timbro che può
venire riusato più volte. In origine, la xilografia era usata per illustrare soprattutto i prodotti poveri ed economici, ad es. le cosiddette
“Bibbie dei poveri”, ricchissime di immagini, oppure anche calendari, almanacchi, santini, carte da gioco, ecc. Anche qui troviamo
la stessa esigenza che veniva soddisfatta col sistema della pecia, cioè quella di avere più copie in modo rapido.

LEZIONE 10 (13-10-22)
 Il primo libro stampato con la xilografia è giapponese e risale al 764-770 d.C. Comprende 4 testi in lingua sanscrita e si
pensa che il testo sia stato realizzato stampando carattere per carattere.
 In Cina viene stampato un libro con xilografia nell’868, chiamato Sutra del diamante; si tratta del primissimo libro che
riporta sui rotoli una data sicura e che è giunto a noi completo: infatti, i rotoli, costituiti di carta e seta, si sono
perfettamente conservati nei secoli. Il libro è composto da 7 sezioni, ognuna stampata con un unico blocco; queste sono
poi state unite per formare un unico rotolo, lungo più di 5 metri.
 In Corea viene stampato un libro con xilografia nel 1377, chiamato Jikji; il supporto è la carta e venne stampato con
caratteri mobili in metallo: si pone quindi un problema perché tali caratteri in metallo sono quelli che poi verranno usati
da Gutenberg circa un secolo dopo. I coreani sostengono quindi che questa sia in tutto e per tutto un’anticipazione della
sua invenzione; tuttavia, questi caratteri in metallo sono stati realizzati senza la procedura punzone – matrice – carattere,
ideata da Gutenberg, ed è questa la differenza fondamentale rispetto ai suoi caratteri. Non è stato usato nemmeno il torchio.
Altro elemento che mette a tacere queste rivendicazioni dei coreani sta nel fatto che, comunque, dopo il 1377, non avremo
la diffusione dei caratteri mobili coreani in Estremo Oriente, cosa che invece accadrà su larga scala dopo l’invenzione di
Gutenberg del 1455. Non si hanno certezze, inoltre, sulla conoscenza da parte di Gutenberg dell’esistenza di queste
pratiche orientali.

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JOHANN GUTENBERG & LA NASCITA DELLA STAMPA – GLI INCUNABOLI


LA NASCITA DELLA STAMPA: CONTINUITÀ O RIVOLUZIONE?
Quando nasce la stampa, avviene sicuramente una rivoluzione nel lavoro dei professionisti di settore, perché saranno necessarie
nuove competenze; tuttavia, per molti versi, possiamo parlare anche di continuità con il libro manoscritto, a partire proprio dalle
stesse professioni: ad es. rimarranno invariati i librai, i cartolai, i decoratori, i miniatori, i legatori (infatti, i primi libri a stampa
venivano comunque decorati a mano e rilegati solo una volta venduti). Inoltre, la continuità si ritrova anche a livello estetico: i primi
libri stampati, infatti, imitavano il più possibile i manoscritti, nei caratteri, nell’impaginazione, nei formati. Libro a stampa e libro
manoscritto continuarono a convivere molto a lungo, soprattutto perché i lettori abituali dei manoscritti erano molto legati a questa
tradizione: soprattutto i principi, gli ecclesiastici, ecc. ritenevano i manoscritti i libri più belli e più preziosi, e quindi volevano che
anche i libri stampati vi somigliassero.  Per questi motivi, i primi libri a stampa (quelli prodotti almeno fino al 1500) vengono
chiamati incunaboli, cioè “agli esordi”; le cose cambieranno soprattutto grazie all’arrivo di Manuzio, a partire dal 1494 e dai primi
anni del ‘500.

JOHANN GUTENBERG & LE SUE SOCIETÀ


Gutenberg nasce a Magonza fra il 1394 e il 1400; fra il 1434 e il ’44 lasciò Magonza per andare a Strasburgo, dove lavorò come
orafo, mestiere appreso dal padre. Il primo capitale che ebbe a disposizione dopo la morte della madre venne usato da Gutenberg
per fondare una società, nel ’38, insieme ai fratelli Dritzhen: lo scopo della società era primariamente la produzione di specchi,
informazione che abbiamo grazie a degli atti processuali.
Gutenberg ritornò poi a Magonza, probabilmente nel ’48: qui fondò una società col banchiere Fust (ruolo di finanziatore) e col
produttore di manoscritti Schöffer (ruolo di intellettuale-editor). Esiste un documento del ’52 nel quale viene menzionato l’oggetto
di questa società, cioè la fabbricazione di libri. Schöffer sposò la figlia di Fust e questo legame servirà una volta sciolta la società
con Gutenberg: i suoi ex soci rimasero infatti alleati dopo aver estromesso Gutenberg, a seguito di un processo a suo carico che lo
decretò colpevole. Nonostante la società ebbe vita breve, nell’arco di 10 anni la nuova tecnica della stampa iniziò a diffondersi a
livello europeo, probabilmente grazie ai proto-tipografi che si mossero a partire proprio dall’officina di Gutenberg.

La Bibbia a 42 linee
Dalla società Gutenberg-Fust-Schöffer emerge uno dei primissimi libri a stampa, la Bibbia a 42 linee o Bibbia Mazzarina; oltre a
questa, i tre soci stamparono anche altri prodotti, come opuscoli, volantini, grammatiche, ecc.  capiamo come lo scopo esplicito
dell’impresa fosse il guadagno.
La Bibbia a 42 linee venne prodotta fra il 1454 e il ’55 e fu messa in vendita nei suoi primi frammenti già a partire dal ’54, alla fiera
di Francoforte. Qui, suscitò l’interesse dell’umanista Piccolomini, il quale non si accorse del fatto che fosse un libro a stampa,
scambiandolo per un manoscritto: capiamo perciò quanto Gutenberg copiò minuziosamente l’aspetto dei manoscritti. A
Francoforte, Gutenberg portò in vendita solo i primi fogli (su 643 carte totali), per assicurarsi dei sottoscrittori: voleva assicurarsi
come delle “prenotazioni” per poter poi riuscire a vendere tutte le copie che aveva in mente di produrre, ovvero 180 (135 su carta e
45 su pergamena). Il formato di questa Bibbia era l’in-folio, così come era usanza per le sacre scritture. Gli esemplari a noi giunti
sono 48, di cui 12 su pergamena e 36 su carta.

LEZIONE 12 (18-10-22)
Il Salterio di Magonza (1457)
Oltre alla Bibbia a 42 linee, Gutenberg e i suoi soci guadagnarono anche attraverso altre opere. Nonostante il successo delle molte
copie vendute della Bibbia Mazzarina e delle altre opere, però, la società contrasse dei debiti, a causa dei quali si formò il dissidio
tra i collaboratori. Sommersi dagli oneri finanziari, sciolsero la società e colui che più ne risentì fu proprio Gutenberg: infatti, Fust
e Schöffer rimasero nell’attività di Magonza, andando a stampare, tra gli altri, il Salterio di Magonza, il primo libro a stampa datato
(1457). Nel ’62 stampano poi la Bibbia a 48 linee, nel ’65 il De Officiis di Cicerone, ecc.

LA PRODUZIONE DEI CARATTERI MOBILI


La produzione dei caratteri mobili è il vero colpo di genio di Gutenberg, soprattutto perché le altre cose già esistevano, come
l’inchiostro, la xilografia, ecc.  ciò che non esisteva era la combinazione degli elementi punzone, matrice, carattere e forma
(quest’ultima proprio non esisteva ed è l’elemento fondamentale della sua invenzione). La produzione dei caratteri avviene in questo
modo:
 Bisogna incidere sul punzone il disegno del carattere in rilievo
 Viene battuto a martello il punzone su un metallo più tenero, per ottenere la matrice in cavo (punzone in rilievo – matrice
in cavo)
 Si infila la matrice nella forma fonditrice, in cui si versa una lega di metalli (piombo + stagno + antimonio): si estrarrà così
il carattere ormai formato  si inserisce la matrice nella forma perché in questo modo si ottengono dei caratteri
“normalizzati”, cioè tutti allineati alla stessa altezza  si compongono così delle righe, e di conseguenza delle pagine,
sapendo esattamente lo spazio che si andrà ad occupare (parole in una riga, righe in una pagina).
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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

I caratteri venivano poi conservati nelle casse tipografiche; verranno poi affiancati dal compositore sullo strumento detto
compositoio, che ospita la linea di parole. Dopodiché, ogni singola linea di caratteri veniva raggruppata su un piano metallico detto
vantaggio, su cui si formava progressivamente l’incolonnamento della pagina: il vantaggio poteva ospitare un numero diverso di
pagine in base al formato del libro (ad es. Gutenberg, per la Bibbia Mazzarina, compose una pagina alla volta perché era in formato
in-folio). Completata la forma, il compositore doveva procedere con l’imposizione, cioè il controllo del giusto ordine e orientamento
delle pagine, in vista della successiva fascicolazione. I tipografi, una volta concluso il numero di copie desiderato, smontavano il
vantaggio, perché non ci si poteva permettere di lasciarlo composto con i caratteri in caso di evenienza: infatti, gli stampatori non
avevano mai un numero così ampio di caratteri, che richiedevano alti costi per essere prodotti.

IL TORCHIO TIPOGRAFICO
Il torchio era inizialmente fatto di legno e rimase lo stesso per molti secoli, almeno fino ai primi decenni dell’800 (subendo
ovviamente delle modifiche nel frattempo, ad es. dal ‘600 sarà fatto di metallo). Il torchio ha delle parti fisse:
 struttura portante (montanti verticali)
 platina = il pianale
 asse orizzontale.
E delle parti mobili:
 carrello
 rotaie
 timpano = telaio di pergamena su cui veniva fissato il foglio
 fraschetta = altro telaio di pergamena, di dimensioni uguali al timpano, dotato di riquadri vuoti in corrispondenza delle
aree di stampa: serviva per tener fermo il foglio e per evitare che si formassero macchie di inchiostro sui suoi margini
 vite = di grandi dimensioni, originariamente in legno e azionata con una leva atta ad abbassare ed alzare la platina, che
esercitava la pressione sulla carta.
Questo tipo di torchio era già usato per la spremitura dell’uva e si trovava praticamente ovunque: per questo i primi tipografi
“viaggiatori” potevano permettersi di portarsi dietro solo i caratteri, in quanto in ogni luogo avrebbero trovato un torchio
(adattandolo poi al loro scopo).

LE PROFESSIONI IN STAMPERIA
 Torcoliere o tiratore: si occupa del funzionamento del torchio, un ruolo molto faticoso
 Battitore: è l’addetto all’inchiostratura delle forme, operazione fatta originariamente con un tampone e successivamente
con un rullo
 Compositore: componeva i testi
 Correttore di bozze
 Punzonista
 Fonditore dei caratteri.

LEZIONE 13 (20-10-22)
PATERNITÀ DELL’INVENZIONE DELLA STAMPA
Ci sono pochissime notizie riguardo a Gutenberg ed è anche per questo che la paternità dell’invenzione della stampa è stata spesso
rivendicata da altre personalità tedesche e non: ad es. Fust e Schöffer (Magonza), Mentelin (Strasburgo), Coster (Haarlem),
Waldfoghel (Avignone), Castaldi (Feltre). Altri sostengono invece che sia stato proprio Gutenberg a inventare la stampa, solo non
a Magonza, bensì a Strasburgo.

LA DIFFUSIONE DELLA STAMPA A PARTIRE DALLA GERMANIA


In poco meno di una generazione, la stampa si era già diffusa in tutta l’Europa. I primi stampatori erano tutti tedeschi che si mossero
nelle altre parti d’Europa partendo da Magonza, seguendo uno schema di spostamento che contemplava 3 fattori:
1. La prossimità delle città
2. L’importanza delle città
3. La presenza di istituzioni (Parlamenti, vescovati, tribunali, ecc.) nelle città.
Uno dei più importanti stampatori tedeschi del XV secolo fu Koberger, che riuscì a pubblicizzare benissimo i suoi prodotti e a
venderli anche in diversi luoghi. Un es. di sua opera è il Liber Chronicarum del ’93, realizzato tutto con stampe xilografiche, che è
ritenuto quasi un “bestseller” degli incunaboli.

LA STAMPA IN ITALIA
Sweynheym e Pannartz a Subiaco e a Roma
Sweynheym e Pannartz sono i primi due stampatori tedeschi che giunsero in Italia, nel monastero benedettino di Subiaco, nel 1464.
Qui non stamparono testi liturgici, ma i classici della latinità, tra cui un Donato del ’65, opere di Cicerone, opere di Lattanzio, ecc.
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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

Successivamente, si trasferirono a Roma, per collaborare con i più importanti umanisti del tempo, tra cui il vescovo Bussi e
probabilmente il cardinale del Sarione. Sweynheym e Pannartz, nel 1467, stamparono anche il De Civitate Dei di S. Agostino,
riportante, in chiusura, quello che viene ritenuto il primo colophon a stampa (= questo riporta le note tipografiche, cioè la data di
produzione, il luogo, il nome dello stampatore, ecc.).

Le edizioni a stampa della Divina Commedia


Nel 1472, l’Italia conosce tre diverse edizioni della Divina Commedia: quella di Foligno, quella di Mantova e quella di Venezia 
gli studiosi si sono domandati per lungo tempo quale sia la prima in assoluto e ormai sono quasi tutti d’accordo nell’affermare che
sia quella di Foligno, stampata da Neumeister nel 1472.

Giovanni da Spira e Jenson a Venezia


A Venezia, la stampa arrivò grazie a Giovanni da Spira, che riuscì ad ottenere il primo privilegio di stampa: si tratta di un privilegio
che gli avrebbe garantito, per 5 anni, la facoltà esclusiva di stampare a Venezia. Tuttavia morì subito e non poté sfruttare il privilegio,
e questo non venne esteso per il fratello Vindelino, che portò avanti l’attività: è anche per questo che successivamente l’arte della
stampa a Venezia poté diffondersi e svilupparsi moltissimo. Esisteranno poi diversi altri privilegi, soprattutto legati a singole opere.
A Venezia troviamo anche Jenson, che era un esperto fonditore di metalli e che viene ritenuto l’ideatore del carattere Antiqua.

Milano
Fino a poco tempo fa, si pensava che i primi a stampare a Milano fossero stati Castaldi e Zarotto, mentre si è poi dimostrato che il
primo libro stampato a Milano è stato il Chronicon di Cesarea, che risale al 1468 ed è di Filippo Cavagni da Lavagna.

IN FRANCIA
In Francia, la stampa arriva prima di tutto alla Sorbona di Parigi, per volere del prof universitario Fichet. Il primo libro a stampa
francese sono le Epistolae di Barzizza del 1470.
Al secondo posto dopo Parigi troviamo Lione, città fondamentale per le fiere librarie (secondo posto dopo Francoforte).

IN INGHILTERRA
In UK troviamo Caxton, che in poco tempo diventa lo stampatore inglese più importante; nel 1473 stampa La storia di Troia con
il cosiddetto carattere bastardo. Sarà anche colui che produrrà la prima pubblicità editoriale.

VERSO IL ‘500: IL LIBRO ANTICO A STAMPA


DAL MANOSCRITTO AL LIBRO A STAMPA
Si parla di “libro antico” quando ci si riferisce alle opere stampate tra il 1455 e il 1830, anche se in realtà per i libri prodotti fino al
1500 si parla più propriamente di incunaboli.
Negli anni ’80 del ‘400 il manoscritto viene quasi del tutto sostituito dal libro stampato, il quale, da inizio ‘500, si libera
definitivamente della forma materiale propria del manoscritto (niente più imitazione). Per i libri stampati nel ‘500 si parla di
“cinquecentine”.
La nuova gamma di possibili letture e di tipologie librarie procede di pari passo con l’allargamento del pubblico, e questi elementi
sono quasi del tutto riconducibili al lavoro di Manuzio.

CONTINUITÀ FORMALI E DIFFERENZE TRA GLI INCUNABOLI E LE CINQUECENTINE


Tra le continuità troviamo il colophon, il cui uso si stabilizza in tutti i libri a stampa. Tra le novità del libro antico, invece, troviamo
la marca tipografica (logo della tipografia) e il frontespizio.

ALDO MANUZIO
Manuzio è considerato il primo editore della storia e la sua importanza è stata fondamentale per la diffusione del mestiere, poiché
portò enormi innovazioni nel settore. Manuzio nacque tra il 1449 e il ’52 nel Lazio e arrivò a Venezia intorno al ’90, dopo essersi
concentrato per tutta la vita sugli studi umanistici, in particolare quelli greci. Il programma di Manuzio era quello di dare alla stampa
le opere greche.  La prima opera da lui pubblicata a Venezia nel ’95 è una grammatica greca di Lascaris, cioè gli Erotemata; negli
anni successivi si dedicò alla pubblicazione dell’opera omnia di Aristotele. Per stampare queste opere, Manuzio si fece fondere un
carattere greco dall’abilissimo orafo Griffo.
Manuzio aveva due soci, cioè lo stampatore Torresani e il finanziatore Barbarigo.

Ricordiamo il legame tra Manuzio e l’umanista-autore Erasmo da Rotterdam, che stampò presso la sua tipografia molte opere, tra
cui gli Adagia. Erasmo apprezzava moltissimo il lavoro di Manuzio e arriverà a considerarlo l’umanista più importante del suo
tempo, poiché era stato in grado di immaginare una biblioteca che non avesse confini “se non quelli del mondo”.

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

Le opere di Manuzio erano stampate con un carattere molto chiaro, che è considerato l’antenato dell’odierno Garamond, cioè il
font con cui oggi sono stampati quasi tutti i libri italiani (con alcune eccezioni, ad es. Adelphi usa il font Baskerville). Manuzio portò
delle innovazioni anche nell’impaginazione.

Ricordiamo il Polifilo di Francesco Colonna stampato da Manuzio nel 1499, una sorta di proto-romanzo, considerato il libro più
bello di sempre. Si dice che le incisioni siano opera di un miniaturista padovano, Cordoni. Questo libro, da vari studiosi, viene
considerato lontano da quello che era il progetto culturale di Manuzio: probabilmente accettò questa produzione spinto dai soci,
nella speranza di guadagnare un buon profitto.

Altra invenzione di Manuzio è il carattere corsivo (che non a caso in inglese si dice Italic, in quanto inventato in Italia), introdotto
per la prima volta nelle Epistole devotissime di S. Caterina del 1500.

Altro progetto innovativo di Manuzio riguardava il formato dei libri, infatti cercherà di puntare sui libri tascabili, a partire da inizio
‘500, quando iniziò a produrre anche libri latini oltre che greci  da lui venivano chiamati “libri portatili che si tengono in mano”:
quello di rimpicciolire i libri sarà un vero colpo di genio di Manuzio. Si tratta di libri in formato in-ottavo, che permettono di
risparmiare carta e di condurre una nuova modalità di lettura, nonché di attirare un nuovo tipo di pubblico. Il primo autore
pubblicato in formato tascabile col carattere corsivo da Manuzio fu Virgilio.

LEZIONE 15 (27-10-22)
Lezione su invito di Giorgio Montecchi
“STORIA DEL LIBRO E DELLA LETTURA”
La lettura e il libro hanno sempre a che fare con lo sviluppo della società e della mente.

Le prime forme di comunicazione sono state quelle della parola, infatti qualsiasi cosa passa attraverso la parola, il verbo. La parola
fa sì che l’uomo si distingua dagli altri esseri viventi. La parola è sempre il punto di partenza.

Troviamo a un certo punto un passaggio fondamentale, nel momento in cui le parole prendono forma fisica, venendo scritte
anzitutto sottoforma di immagini. Abbiamo quindi le prime forme di scrittura, che fanno sì che il pensiero possa fisicamente fissarsi,
nello spazio e nel tempo: questi cambiamenti notevoli permettono la costituzione di una comunità di persone che parlano e
comunicano. Si affermano in alcuni casi le società della scrittura.

Un elemento di continuità all’interno della scrittura stessa è quello della ricerca della leggerezza, infatti si passa nel tempo a supporti
sempre più leggeri, che permettono una comunicazione più efficace. È così che prende importanza il papiro.

La parola “libro” indicava inizialmente una parte della pianta che veniva usata per formare il supporto, e quindi si indicava il
materiale, il supporto; lo stesso termine andrà in seguito a indicare anche un’unità bibliografica, cioè la dimensione di un testo, la
quantità di messaggio contenibile.

Passaggio da volumen a codex.  Per il codice si usa la pergamena, infatti il papiro non si prestava bene alle piegature. Inoltre,
il codice di pergamena può ospitare molto più testo rispetto al rotolo di papiro. La forma del codice prende lentamente il posto di
quella del rotolo.

Rapporto tra la nuova forma del libro e il cristianesimo.  Gli anni in cui si impone il cristianesimo (III-IV secolo) sono gli
stessi in cui i ceti militari, commercianti e mercantili (i più alti) iniziano a privilegiare la forma del codice sopra a quella del rotolo,
a differenza di quanto era accaduto fino ad allora. Le tre nuove grandi religioni (cristianesimo, ebraismo, islamismo) che si
impongono in questi anni sono dette anche “religioni del libro”, poiché hanno come punto fondamentale di sviluppo la
comunicazione che viaggia attraverso il libro.

Pratica della scrittura e della lettura.  La lettura è stata fatta per secoli ad alta voce, in quanto era semplicemente la
trasposizione in forma orale del testo scritto. Allo stesso modo, anche la scrittura non aveva un carattere autonomo, perché resta un
supporto per poter eseguire la lettura ad alta voce; solo in seguito la scrittura assumerà autonomia rispetto alla persona che esegue
la lettura.

L’autonomia del testo scritto.  Rinascita dell’XI-XII secolo. Verso l’anno 1000 abbiamo un momento di ripresa e rinascita, in
particolare a Parigi, dove sorgono degli eventi importanti. Ricordiamo Ugo di San Vittore, testimone di un fatto fondamentale: se
in precedenza la scrittura e il libro non erano autonomi rispetto alla lettura, Ugo di San Vittore riconoscerà invece la piena
autonomia del testo. Parlerà di 3 soggetti del dialogo universitario dell’insegnamento: docente, allievo e libro. Tutta l’attività di
insegnamento universitario dipende dalla lectio, il cui fulcro consisteva nella lettura di un testo, spiegato dal docente all’allievo: il

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testo prende piena importanza, diventando il terzo soggetto essenziale dell’insegnamento. Questo coincide quindi con la nascita
dell’Università (cfr. sistema della pecia). La lettura diventa l’elemento fondamentale, e poteva essere di 3 tipi: lettura del docente,
lettura del docente all’allievo, lettura dell’allievo in autonomia: per questo erano necessari i libri in gran numero. Giungeremo poi
a Gutenberg & co. che penseranno di moltiplicare il numero dei testi grazie alla stampa, una delle invenzioni tecnologiche più
importanti di tutti i tempi.

LEZIONE 21 (08-11-22)
DAL LIBRO ANTICO AL LIBRO MODERNO
Nel 1515 avviene la morte di Aldo Manuzio; nel frattempo vengono fondate diverse biblioteche, già dalla seconda metà del ‘400 (ad
es. la Biblioteca Vaticana, la Biblioteca Marciana di Venezia, ecc.), le quali contribuiscono allo sviluppo del lavoro culturale e
bibliografico. L’invenzione della stampa ha portato a una serie di elementi, quali la trasformazione dei modi di lettura,
l’allargamento del pubblico lettore (in cui iniziano a rientrare anche i più poveri), ecc. grazie all’effetto congiunto della
moltiplicazione delle copie, dell’abbassamento dei prezzi e dell’aumento delle tirature.

LA RIFORMA PROTESTANTE
Intorno al 1512, Lutero elabora la sua dottrina e la sua critica verso la Chiesa romana e le indulgenze; nel 1517 le sue 95 Tesi
vengono affisse a Wittenberg e conosceranno un’enorme diffusione. Fu un momento fondamentale, per il quale l’invenzione della
stampa ha rappresentato un elemento centrale: tra il 1522 e il ’34 Lutero porta la prima edizione della sua Bibbia tradotta in volgare
tedesco, della quale, fino alla sua morte avvenuta nel 1546, saranno pubblicate 445 edizioni; inoltre, tra il 1501 e il ’30, in Germania
vennero pubblicati 8000 documenti e fogli volanti  questi dati attestano il grande utilizzo della stampa da parte della riforma
come mezzo di propaganda.

LA RISPOSTA DELLA CHIESA: INQUISIZIONE E INDICI DEI LIBRI PROIBITI


Il Papato venne colpito improvvisamente dalla riforma: nel 1515 una bolla papale impose il regime della censura ecclesiastica in
una sua forma primitiva e inefficace, in quanto non esisteva ancora coordinazione tra le politiche e le azioni dei vari attori coinvolti.
Il clima cambierà nel giro di un ventennio, con Papa Paolo III, che nel 1542 istituì il tribunale dell’Inquisizione, che sarà la
principale autorità ecclesiastica di controllo. Nasceranno poi gli Indici dei libri proibiti dal 1558, cioè bibliografie “al contrario”,
“in negativo”, riportanti opere di cui erano vietate la stampa e la distribuzione. Questi indici erano redatti ed aggiornati dalle
autorità ecclesiastiche stesse: il sistema repressivo ruotava intorno all’attività dell’Inquisizione con conseguenze gravissime per tutta
la produzione in volgare, tanto religiosa (soprattutto le Bibbie, di cui era vietato stampare e distribuire edizioni in volgare) quanto
letteraria. Gli indici furono tre:
1. Indice Paolino del 1558, diviso in 3 classi:
 Autori di cui era proibita l’intera opera
 Autori di cui erano proibite solo alcune opere
 Opere anonime e senza indicazioni di stampatore, data, luogo, ecc.
L’indice era corredato anche di due liste, una riportante 45 Bibbie e Nuovi Testamenti proibiti e una riportante 61
tipografi la cui produzione era al bando.
2. Indice Tridentino del 1564, che attenuava il rigore del primo, ad es. spostando alcuni autori dalla prima classe alla
seconda. Venne inoltre introdotta la pratica dell’espurgazione.
3. Indice Clementino del 1596, riedito ed aggiornato almeno 20 volte fino al 1948, anno in cui verrà finalmente
abbandonato – e sarà poi soppresso nel ’66.
Venivano comunque concessi dei privilegi ad alcuni stampatori, soprattutto romani. Nonostante ciò, tutti questi eventi porteranno
degli sconvolgimenti nel mercato librario e nella geografia italiana del libro a stampa: Venezia inizia a perdere il suo ruolo di primato
e verrà quindi affiancata per importanza da altre città, come Roma, Torino, Bologna, Napoli, Firenze.

IMPORTANTI DINASTIE DI STAMPATORI


Anversa e Christophe Plantin
Nel ‘500 Anversa sarà capitale economica dell’Europa. Dal 1563 al ’67 si stabilisce qui lo stampatore Plantin, che in questi anni sarà
il più importante del mondo, con filiali anche altrove, come a Parigi, ecc. Nel 1570 Plantin ricevette il privilegio del Re di Spagna e
ciò gli assicurò il diritto di stampare libri religiosi nell’immenso regno spagnolo. Nel ’67 aprì una succursale nella città universitaria
di Leiden (Olanda), dove ottenne il ruolo di stampatore dell’Università.

L’Olanda e gli Elzevier


In Olanda, a partire dal ‘600, Amsterdam si afferma come centro economico europeo al posto di Venezia e di Anversa. Qui la
modernità della produzione libraria è rafforzata dall’inconsistenza della censura. Si data al 1599 la comparsa, in Olanda, della prima
vendita di libri all’asta: vendere una collezione o un’intera biblioteca all’asta prova la precoce esistenza di una società abbastanza
ricca e colta da alimentare addirittura questo nuovo ramo di attività di vendita. Elzevier aveva lavorato nell’officina di Plantin e si

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

trasferì poi a Leiden, entrando nel commercio dei libri usati, fino poi a rilevare egli stesso una tipografia e diventando a sua volta
stampatore ufficiale dell’Università di Leiden, intorno al 1620. Inizia qui l’epoca d’oro degli Elzevier, segnata soprattutto dalla
produzione di libri classici in formato in-dodicesimo, moderni, maneggevoli, di qualità, graficamente accurati.

Londra e la Stationers’ Company


Gli stampatori di questa società erano gli unici autorizzati a stampare a Londra, in una situazione in cui la monarchia inglese
sosteneva la propria politica con una vivace propaganda affidata alla stampa. Londra si trovava al centro di un grande giro di affari
e diventerà la maggiore capitale economica europea. Già nel 1557, Maria Tudor concedette il privilegio di stampa alla Stationers’
Company, per cui nessuno che non fosse membro della compagnia non poteva possedere una tipografia (con eccezione per le
Università di Oxford e di Cambridge).

L’America
Il primo libro stampato in America risale al 1640, venne prodotto nel Massachusetts e si trattava di un libro di salmi; dopodiché, la
stampa si diffuse rapidamente ed entro la fine del ‘700 si stimano 50mila titoli stampati.

LE SCOPERTE SCIENTIFICHE E LA CARTOGRAFIA


Le scoperte scientifiche portarono a innovazioni intellettuali importantissime, in particolare nella cartografia, di cui ovviamente la
stampa fu ancora una volta veicolo di diffusione. Saranno i Plantin a stampare il primo atlante ad Anversa e dopodiché sarà
Amsterdam ad affermarsi come maggiore produttrice di atlanti.

LE FIERE DEL LIBRO & I LIBRI DI LARGA CIRCOLAZIONE


In questo periodo presero enorme piede le fiere del libro, che in realtà esistevano già dal XII secolo. A partire dal XVI secolo, la
Fiera di Francoforte (fondata nel 1140) assumerà un ruolo fondamentale nella diffusione del libro a stampa: due volte all’anno
tantissimi stampatori si riunivano in questo evento con 4 obiettivi: far conoscere le novità editoriali, acquistare vario materiale,
reclutare personale, concludere le operazioni avviate nell’anno precedente.
Oltre alla Fiera di Francoforte, si afferma soprattutto la Fiera di Lipsia. Ricordiamo poi varie fiere generaliste in diverse città
europee, in cui si pubblicizzavano anche i libri: queste fiere generaliste erano il canale privilegiato per il commercio dei libri proibiti.
Questa ultima operazione era svolta anche dai librai ambulanti, i quali, nel frattempo, si specializzarono anche nella vendita di una
nuova tipologia editoriale più bassa e umile, i libri di larga circolazione, nata nel XVII secolo: si tratta di pubblicazioni di tipo meno
elegante rispetto al solito e che servivano agli stampatori per aumentare i loro guadagni vendendo anche al largo pubblico. Di questa
tipologia editoriale ricordiamo ad es. la Bibliotheque bleue, una raccolta di libriccini francesi: caratteristiche comuni di questi
volumi erano l’uso di una carta mediocre, la stampa di testi di tradizione medievale, l’uso delle calcografie, ecc. Questa stessa
tendenza si diffonde poi anche in Inghilterra. Tali libretti, oltre che dai librai ambulanti, erano venduti anche dai mercanti non
specializzati, come merciai, droghieri, ecc. Erano ovviamente libri molto economici.

LA STAMPA PERIODICA: AVVISI E GAZZETTE


Nel XVI secolo nasce anche la stampa periodica, che porta alla diffusione dell’informazione periodica di vario genere. Anche qui,
alle origini ci sono fogli volanti di notizie, definiti “avvisi”, che potevano essere anche manoscritti. Si diffondono poi degli opuscoli,
le “gazzette”, di poche pagine e in formato in-ottavo, riportanti notizie rivolte ad un pubblico ampio, al quale non era chiesto di
spendere grandi cifre per acquistare questi prodotti. Tali fogli rivestirono un ruolo di capitale importanza per la nascita
dell’informazione periodica. La diffusione di avvisi, gazzette, novelle favorì l’ampliamento del pubblico lettore e uditore, nonché
l’ammodernamento delle pratiche di lettura: queste produzioni contribuiscono a rendere ancora più familiare lo scritto presso i non
colti. Si passa da un’informazione bibliografica che era sempre stata solo retrospettiva (cioè per informare su quanto era stato
pubblicato in precedenza, il patrimonio letterario del passato che era a disposizione dell’umanità) ad una informazione bibliografica
che doveva rendere immediatamente conto delle produzioni contemporanee  non a caso, il termine “bibliografia” viene coniato
proprio in questi anni, nel 1633, ed andrà poi ad affermarsi con il significato di “bibliografia corrente” (= non più retrospettiva,
bensì con scopo di aggiornamento bibliografico immediato).

IL DIRITTO D’AUTORE
Ci spostiamo sempre di più dall’antico regime tipografico: questo però non può avvenire pienamente fino a quando non si affermerà
il diritto d’autore. Dal 1709 e per almeno un secolo questo sarà in vigore solo in Inghilterra, a seguito dell’emanazione del Copyright
Act, che tutelava gli interessi economici dell’autore, che poteva cedere il diritto d’uso dell’opera a un editore o a un libraio in cambio
di denaro, come riconoscimento del suo lavoro intellettuale. Tutto questo porta verso un’editoria moderna sia dal pov dell’autore,
che potrà così vivere della propria penna, e sia dal pov dell’investitore-editore, che può investire le somme di denaro necessario
all’edizione, decidendone le caratteristiche materiali, le dinamiche di lancio e distribuzione, i rapporti con i librai, ecc.  dalla
congiunzione di tutti questi elementi inizia a emergere la figura dell’editore moderno che conosciamo oggi.
In Italia il diritto d’autore arriverà solo nel 1840 e la Convenzione di Berna, che istituzionalizza il diritto d’autore a livello
internazionale, arriva solo nel 1886.

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

L’AVVENTO DEL LIBRO MODERNO


Il 1830 è stato scelto come anno convenzionale per segnare la fine dell’antico regime tipografico, e quindi la nascita del libro
moderno. Tuttavia, per i primi decenni dell’800 si parla ancora di economia “sottopotenziata”, per vari motivi:
 L’attività editoriale richiedeva enormi investimenti
 Con l’aumento delle tirature bisogna per forza aumentare le spese in modo proporzionale, e quindi i carichi finanziari
insostenibili inducevano a diminuire le tirature
 Il capitale fisso (= il materiale) investito non permetteva di stampare un volume di una certa mole tutto in una volta, e
quindi bisognava scomporre le forme dopo la tiratura di un certo numero di fogli.
Il mercato, in questa condizione, non permette quindi all’editoria di esprimere appieno le sue potenzialità. Il mercato potenziale è
disperso e minoritario rispetto alla popolazione complessiva e inoltre il prezzo dei libri, ad eccezione dei libretti di larga circolazione,
rimane alto: questo, di fronte alla crescente domanda di prodotti a stampa, porta alla diffusione di tutta una serie di espedienti e
surrogati messi a disposizione per i più poveri, ad es. la possibilità di prendere in prestito i volumi anziché comprarli.
Tutto ciò porta all’allargamento del pubblico lettore e alla rivoluzione della pratica di lettura (che diventa da intensiva a estensiva).
Come detto, poi, nel corso degli anni, in tutti i Paesi si affermerà il diritto d’autore (in Inghilterra nel 1709, in Francia tra il 1777 e
il 1793, in Italia tra il 1799 e il 1840), fino ad arrivare alla Convenzione internazionale del 1886.
In tutto ciò avviene anche la separazione tra stampatore, editore e libraio, i quali inizieranno a occuparsi solo del loro compito
specifico.
Cambiano anche le forme dello stampato, negli elementi dello stile tipografico, delle illustrazioni, delle decorazioni e delle strutture
del libro.
La rivoluzione riguarda anche i macchinari, in particolare viene stravolta la struttura complessiva del torchio: nel 1795 viene
realizzato il primo torchio interamente costituito di ghisa, il Torchio Stanhope, che poteva portare a 3000 tirature giornaliere.
Innovazioni ancora più radicali saranno portate dalle macchine a vapore, in particolare arriveranno la pressa piano cilindrica
doppia e la rotativa a quattro cilindri (la prima arriva al Times nel 1866 e permetteva di stampare insieme fronte e retro, e veniva
usata soprattutto per i quotidiani). Tra il 1886 e l’89 arriveranno poi la linotype e la monotype.
Si diffonderanno, nella seconda metà dell’800, le collane economiche, cioè pubblicazioni popolari che circolavano in alto numero
di tirature e che erano destinate ai lettori meno abbienti. Ricordiamo ad es. per l’esperienza italiana, la Biblioteca popolare di
Pomba e la Biblioteca Universale di Sonzogno. Si arriverà poi a parlare di bestseller e di feuilletton o romanzo d’appendice, che
compariva a puntate su riviste e periodici.
In Italia, ricordiamo Pomba, che fu il primo editore moderno che decise di vendere la sua stamperia per dedicarsi solo al mestiere
di editore; ricordiamo sicuramente Sonzogno e Treves, editori importantissimi per il nostro ‘800, che continuavano a pubblicare
sia romanzi e sia periodici presso la città di Milano. La loro eredità verrà poi raccolta da Rizzoli e Mondadori, che rappresentano la
piena realizzazione della figura dell’editore moderno.

LEZIONE 22 (15-11-22)
Modulo B: Storia della bibliografia
Sulla base del volume “La bibliografia. Storia di una tradizione” di Luigi Balsamo

INFORMAZIONE E CIRCOLAZIONE LIBRARIA DAL MEDIOEVO AL ‘500


GLI ALBORI DELLA BIBLIOGRAFIA
I Pinakes di Callimaco
Parlando della Biblioteca di Alessandria, abbiamo nominato i Pinakes di Callimaco: l’idea di informare sulla produzione
intellettuale in forma scritta risale già al tempo di queste Tavole, che descrivevano, classificandole, le opere degli scrittori greci
possedute dalla Biblioteca di Alessandria. Si tratta di elenchi di autori e opere, che vengono descritte, riassunte e commentate.

La diffusione del libro nel mondo antico


Nel mondo antico, anche se in forme semplici e limitate localmente, esisteva un tipo di informazione libraria, anzitutto di tipo orale.
Ad es. sappiamo che Cicerone affidò all’amico Tito Pomponio “la propaganda e la vendita” dei suoi libri; sappiamo anche che fuori
dalle tabernae librariae venivano esposti avvisi pubblicitari e a volte anche gli autori collaboravano nel far conoscere le loro opere,
tramite pubbliche letture.

I primi esempi di auto-bibliografie


Si tratta di bibliografie scritte dagli autori riguardo se stessi; due esempi:
 De propiis libris liber di Galeno del II secolo: scritta per elencare le sue opere e per denunciare il fatto che gli erano state
attribuite delle produzioni che in realtà non erano sue
 Notitia de se ipso et de libris suis del monaco inglese Beda il Venerabile dell’VIII secolo, inserita nella sua opera Historia
Ecclesiastica.

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I primi esempi di bio-bibliografie


In questo caso, viene presentata la narrazione di eventi biografici riguardanti uomini importanti e poi, come elemento di corredo,
vengono elencate le opere di tali personaggi. Esempi:
 De viris illustribus di San Girolamo del 392, opera poi proseguita da Gennadio di Marsiglia nel 480. I due volumi vennero
poi uniti in una singola opera nella biblioteca di Cassiodoro e da allora non sono più stati separati: in questo volume, gli
uomini presentati sono inseriti in ordine cronologico.
 De scriptoribus ecclesiasticis di Isidoro di Siviglia del 560 ca.
In teoria, queste opere non sarebbero ancora considerabili vere e proprie bibliografie, tuttavia diversi studiosi ritengono che si
possa collocare già qui l’inizio della storia della bibliografia. Infatti, nel lavoro di San Girolamo ci sono due novità, secondo lo
studioso e bibliografo Besterman:
1. L’attenzione si pone sugli scrittori
2. Lo scopo sta nell’elencare le opere degli autori e non tanto nel presentare le loro vite.

La biblioteca di Fozio
Si tratta di una rassegna di opere letterarie greche e bizantine, redatta dal patriarca di Costantinopoli Fozio I. Non si tratta
propriamente di una bibliografia, infatti raccoglie 280 recensioni o schede di lettura compilate da Fozio: oggi, circa la metà di questi
testi recensiti è scomparsa, quindi sarebbero rimasti sconosciuti se non fosse esistito questo volume di Fozio.

Il catalogo di Ibn Al-Nadim


Questo catalogo è stato redatto nel 987 da un libraio di Baghdad e contiene tutti i titoli arabi esistenti all’epoca: si tratta quindi di
un primo tentativo di biblioteca universale.

LE BIBLIOGRAFIE NEL MEDIOEVO


In tutto il medioevo, i vasti dizionari bibliografici narranti le vite delle grandi personalità iniziarono quindi a comprendere indici
delle loro opere; tuttavia, c’è una questione da ricordare: l’epoca era ancora quella del libro manoscritto, il quale ancora non aveva
quegli elementi di identificazione sicura che avrà invece il libro a stampa (frontespizio, colophon, incipit variabili, ecc.)  significa
che solo con l’invenzione della stampa si avrà la garanzia di uniformità per esemplari della stessa edizione. È per questo che la storia
della bibliografia inizia a essere studiata solitamente a partire dal ‘500.

I tre circuiti di informazione bibliografica prima della nascita della stampa


1. Ecclesiastico
2. Universitario
3. Privato (umanistico)  parliamo di notitia rei litterariae vs. notitia librorum. Per capire guardiamo l’esempio di Petrarca:
egli dice che, per svolgere ricerche bibliografiche, inizialmente si doveva far affidamento su altri libri e altre opere 
significa che l’autore veniva a conoscenza dell’esistenza di un’opera letteraria x leggendo di essa all’interno di un’altra opera
y: in questo caso parliamo di notitia rei litterariae, cioè Petrarca inizialmente si accontentava di sapere dell’esistenza di
tali opere senza averle tra le mani. Questo però cambierà, e si passerà allora alla notitia librorum, cioè Petrarca iniziò a
chiedere ai suoi amici di reperire le opere di cui veniva a conoscenza, per poterle avere tra le mani e sapere la loro locazione,
studiarne l’edizione, ecc. Il punto è che gli strumenti di informazione bibliografica, all’epoca di Petrarca, non esistevano e
quindi era difficile sapere dove fossero conservate le opere. Esistevano però cataloghi, biblioteche e inventari
patrimoniali: la notitia librorum poteva dunque essere rintracciata in questi luoghi.

Prima delle bibliografie: cataloghi, biblioteche e inventari


 Cataloghi, ad es. il Registrum Angliae de libris doctorum et autorum veterum  è un primo ed isolato esempio di catalogo
collettivo medievale, che fornisce elenchi delle opere possedute da biblioteche medievali di cattedrali e monasteri
dell’Inghilterra e della Scozia meridionale: sotto il nome di ogni autore erano elencate le rispettive opere disponibili, con
l’indicazione delle biblioteche in cui erano reperibili.
 Inventari  liste di libri compilate post-mortem a fini di accertamento patrimoniale, ad es. per allegarle ai testamenti.
Forniscono dati parziali e sintetici riguardo alle opere, mentre si trovava sempre l’ubicazione dei volumi per facilitarne il
reperimento. Il loro valore è stato importante perché tramite essi è stato possibile conoscere la consistenza di varie
biblioteche private, ad es. quella di Boccaccio.

Prima delle bibliografie: i canoni bibliografici


 Canone guariniano  redatto da Angelo Decembrio per la corte di Ferrara e il circolo letterario di Guarino Veronese e di
Leonello d’Este. Si tratta di un’operetta riportante un dialogo tra i membri del circolo, che discutono riguardo ai libri
posseduti: è quindi un trattatello redatto in forma dialogica e discorsiva e non vi si trovano propriamente degli elenchi. Si
tratta di un canone selettivo, significa che in tale discorso sono indicati sia gli autori da includere sia quelli da escludere,
con anche dei giudizi critici riguardo ad ogni autore, di cui vengono elencati pregi e difetti.
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 Canone parentuccelliano  redato da Tommaso Parentuccelli (futuro papa Niccolò V) su richiesta di Cosimo de’ Medici.
Esiste un solo manoscritto di questo codice, conservato a Firenze: si tratta dell’elenco delle opere di 98 autori, quindi non
vi troviamo discussioni, note critiche, giudizi, ma è solo una lista. Questo canone viene redatto con lo scopo pratico di
conoscere le opere contenute nella biblioteca San Marco di Firenze.

LE BIBLIOGRAFIE DOPO L’INVENZIONE DELLA STAMPA: I PRIMI CATALOGHI EDITORIALI A STAMPA


La moltiplicazione degli esemplari di una stessa opera e la disponibilità di più testi fecero crescere nei produttori l’esigenza di far
giungere al pubblico una adeguata informazione. I primi editori e stampatori si trovarono di fronte a problemi nuovi, tra cui il fatto
che servisse smerciare rapidamente le centinaia di esemplari prodotti e quindi trovare acquirenti in numero adeguato. Per ragioni
commerciali nacquero dunque nuovi strumenti di informazione: prospetti, volantini, bollettini delle opere pubblicate o in
preparazione, che nel tempo diverranno cataloghi veri e propri. Tutti questi prodotti appena nominati non venivano quasi mai
conservati e quindi la storia della bibliografia deve fronteggiare anche questa difficoltà: a lungo gli storici hanno ignorato questi tipi
di informazione bibliografica commerciale. Solo dal secolo scorso ci si è concentrati anche su questi prodotti.
I primi cataloghi editoriali a stampa potevano venire distribuiti tra i cittadini, affissi in città, ecc. Erano semplici avvisi pubblicitari
che informavano sulla disponibilità delle opere. Alcuni esempi:
 Catalogo di Eggstein, Strasburgo, 1466
 Catalogo di Fust e Schöffer, 1468
 Catalogo di Schöffer, Magonza, 1469
 Catalogo di Muller, Norimberga, 1474
 Catalogo di Roma, Milano, 1477
 Catalogo di Manuzio, Venezia, 1498 e 1503
 Catalogo della Fiera di Francoforte, 1564
 Catalogo della Fiera di Lipsia, 1594.
Questi cataloghi, come detto, spesso non vengono considerati nella storia della bibliografia, poiché di natura commerciale e
pubblicitaria, tuttavia hanno un’importanza non trascurabile perché comunque si tratta dei primi strumenti di informazione
bibliografica nati prima dei repertori eruditi (ad es. la Bibliotheca Universalis di Gessner, il quale peraltro dice di essersi servito di
tali cataloghi commerciali). Si tratta inoltre dei primi strumenti di bibliografia corrente.

LA PRIMA BIBLIOGRAFIA A STAMPA: IL “LIBER DE SCRIPTORIBUS ECCLESIASTICIS”


La prima bibliografia a stampa è il Liber de scriptoribus ecclesiasticis (1494) di Thritemius, erudito teologo e abate di un monastero
benedettino di Magonza. In questo monastero erano originariamente custoditi circa 50 libri, ma dopo l’arrivo di Thritemius questi
diventeranno diverse migliaia. Dal pov materiale, questa bibliografia ha dimensioni notevoli (formato in-folio); vi si trova l’elenco
cronologico di circa mille autori: significa che Thritemius usò ancora l’ordinamento cronologico che vigeva nelle auto-bibliografie
e nelle bio-bibliografie (mentre oggi questo è stato abbandonato e sostituito dall’ordinamento alfabetico). Si trova inoltre un indice
alfabetico secondo il nome degli autori (mentre oggi si fa per cognome): significa che Thritemius si era posto il problema
dell’accesso al repertorio (= nelle opere si dovrebbe sempre fornire il maggior numero di indici per poter facilitare lo studio ai
lettori). Di ogni autore si fornisce poi una rapida e succinta notizia biografica, a differenza delle descrizioni delle opere, che erano
dettagliatissime. Besterman definisce Thritemius il “padre della bibliografia” al posto di Gessner. L’abate redigerà poi altre opere
di carattere bibliografico.

LE BIBLIOGRAFIE SPECIALI O SETTORIALI


 Le bibliografie giuridiche
 Le bibliografie mediche
 Le bibliografie di scienze naturali

LA PRIMA BIBLIOGRAFIA UNIVERSALE: LA “BIBLIOTHECA UNIVERSALIS”


La prima bibliografia universale è la Bibliotheca Universalis di Gessner, nato a Zurigo nel 1516 e morto nel 1565. Egli si formò
come zoologo, botanico, medico, teologo e filologo; insegnò greco a Losanna, fu canonico di Zurigo e fu un instancabile viaggiatore.
Serrai dice che la sua opera è un unicum nella storia della bibliografia, perché nessuno dopo di lui è mai riuscito a costruire un
catalogo universale degli scrittori e delle loro opere. I detrattori di Gessner, tra cui Besterman, dicono che in realtà la Bibliotheca
Universalis non è davvero un repertorio universale che racchiude tutto il sapere, ma bisogna sempre considerare che si tratta del
lavoro di un singolo uomo: un lavoro immane e complessissimo che aveva lo scopo di raccogliere tutto il sapere, di ogni campo
culturale e scientifico, del mondo occidentale. Questa bibliografia venne pubblicata a Zurigo nel 1545 e riporta gli autori ordinati
alfabeticamente per nome ed anche un indice alfabetico secondo i cognomi: parliamo di 12mila opere latine, greche ed ebraiche
raccolte e ordinate da Gessner. Con l’appendice aggiunta nel 1555, verranno inserite altre 3000 opere. Nella premessa dell’opera,
Gessner descrive nel dettaglio tutte le fonti da lui utilizzate: quindi i cataloghi delle biblioteche, le bio-bibliografie, le bibliografie

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

speciali, i cataloghi editoriali, i rapporti epistolari, le visioni dirette nei suoi viaggi, ecc. Balsamo descrive questa opera come una
guida fondamentale per ogni studioso.

Biblioteca ideale e Biblioteca reale


Nell’idea di Gessner, la biblioteca ideale che aveva costruito sarebbe dovuta confluire in una biblioteca reale: il suo scopo era quello
di conservare e preservare i libri, temendone la distruzione, e per questo varie volte invocò la costruzione di biblioteche pubbliche
e private.

La descrizione bibliografica nella Bibliotheca Universalis


Gessner riteneva fondamentale raccogliere nella sua bibliografia tutti gli autori in cui si era imbattuto, anche quelli di minore
importanza; in vari casi, ritenne opportuno anche inserire dei giudizi e indicare l’opera migliore e quella peggiore di ogni autore.
Nella descrizione bibliografica, Gessner teneva conto di:
 Autore
 Titolo
 Note tipografiche
 Formato
 Numero di carte
 Prezzo.

Le Pandectae
Gessner pubblicherà poi una seconda parte della Bibliotheca Universalis, poiché non era soddisfatto di quanto eseguito con la
prima: con essa, infatti, egli aveva dato la possibilità di trovare le opere basandosi sul nome e cognome degli autori, mentre non
sarebbe stato possibile fare ricerche in base alla materia di interesse.  Questo sarà possibile nella seconda parte della Bibliotheca
Universalis, le Pandectae, cioè 21 libri ognuno corrispondente ad una materia, la quale ha poi ulteriori partizioni. Il primo volume,
del 1548, comprende i libri dal I al XIX; il secondo volume comprende solo il XXI libro, riguardante la teologia; il XX libro,
riguardante la medicina, non verrà mai pubblicato, in quanto Gessner morirà prima di riuscire a completarlo.

LEZIONE 26 (24-11-22)
Bibliografia & Biblioteconomia
La Bibliotheca Universalis è considerata da Balsamo il volume che dà il via non solo alla bibliografia ma anche alla biblioteconomia:
 Il repertorio bibliografico ha il compito di dare la notitia rei litterariae (= esistenza di una determinata opera)
 Il catalogo di biblioteca ha il compito di dare la notitia librorum (= segnalazione della reperibilità di determinate opere in
determinate sedi).
Infatti, Gessner fornisce anche la notitia librorum di certi volumi, cioè indica la loro locazione.

Le continuazioni della Bibliotheca Universalis


Gessner continuerà per tutta la sua vita a proseguire gli studi bibliografici, arrivando persino a pensare ad una riedizione della
Bibliotheca Universalis, cosa che poi non sarà realizzata. Fino al 1730, vennero pubblicate almeno 12 opere considerate epitomi
della Bibliotheca Universalis, di cui Gessner non era felice, poiché non erano ben fatte e costituivano un deterioramento
dell’informazione bibliografica; questo deterioramento si connette anche con i mutamenti ideologici, politici e religiosi di metà
‘500:
 Ci stiamo infatti avvicinando alla prima promulgazione dell’Indice dei libri proibiti, avvenuta nel 1559 con l’Indice
Paolino. Nella prima classe rientrava anche Gessner, con la sua Bibliotheca Universalis. Gli indici proibiti possono essere
considerati come dei canoni bibliografici “in negativo”, poiché segnalano autori ed opere rifiutati. Interessante l’uso che
gli inquisitori fecero del repertorio di Gessner: sarà proprio dal suo elenco di opere che prenderanno i titoli da vietare
(sostanzialmente Gessner “gli facilitò” il lavoro di censura).
 Inoltre, la Chiesa, per difendersi, cercava di mettere in campo un’editoria papale per contrastare l’editoria riformata.
 Terza linea di difesa è quella che si va svolgendo sul campo dell’informazione bibliografica: si tratta del tentativo di
contrapporre a quella di Gessner un’altra Bibliotheca, scientificamente non inferiore alla sua e in grado di esprimere
autorevolmente le posizioni dell’ortodossia cattolica.  si tratta della Bibliotheca Selecta.

LA “BIBLIOTHECA SELECTA” DI POSSEVINO


Il gesuita Possevino scrisse la Bibliotheca Selecta nel 1593, animato da principi contrari a quelli di Gessner, ossia da principi anti-
universalistici. Il suo canone non era costituito tanto dagli autori “migliori”, quanto più da quelli che risultavano adeguabili alle
diverse competenze delle diverse tipologie di lettori ai quali questo repertorio si rivolgeva. Questa opera è divisa in 2 parti:
1. Bibliotheca selecta  esce a Roma nel 1593. Questa parte fornisce una guida intellettuale e religiosa, critica e
ragionata, non è un elenco ma proprio una guida in cui i discutono le varie opere. Voleva avere un ruolo di orientamento
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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

culturale ed era destinata in primo luogo agli educatori: Balsamo la definisce “il programma organico di una cultura senza
alternative”. Era costruita come un “piano di studi”, nella forma del trattato, ordinato secondo uno schema articolato nella
rigida gerarchizzazione del sapere: i libri sono quindi selezionati secondo i vari tipi di lettori, secondo i destinatari (si
distinguono i libri adatti ai principi, i libri adatti ai diplomatici, i libri adatti agli educatori, ecc.). Balsamo dice che, in
questo modo, la bibliografia era usata come strumento per il controllo delle culture e dell’informazione bibliografica: si
parla di canone bibliografico “prescrittivo”, definito come “altra faccia” degli Indici  essi dicevano ai cattolici cosa non
dovessero leggere e la Bibliotheca Selecta cosa dovessero leggere.
2. Apparatus sacer  esce a Venezia in tre tomi tra il 1603 e il 1606. Offre un’esposizione dall’impronta didattica e la
correda di un vero e proprio apparato bibliografico (= elenchi), limitato alla letteratura religiosa. In questa sezione sono
riportati circa 8000 autori cristiani in ordine alfabetico: è quindi un repertorio di scrittori, di cui venivano presentati la
biografia, la bibliografia e talvolta dei giudizi. Possevino sottolinea che i 3 tomi dell’Apparatus non sono distinti dalla
Bibliotheca Selecta, quindi le due parti vanno considerate come opera singola.
Balsamo mette giustamente in fortissima opposizione Gessner e Possevino, tuttavia altri studiosi hanno sottolineato l’importanza
di ricordare il lasso di tempo passato tra le due opere: il mutato scenario religioso e politico ha sicuramente giocato un ruolo
fondamentale nella caratterizzazione delle due opere (sono opere figlie di due contesti diversi).

La Coltura de gl’ingegni di Possevino


Questa opera del 1598 è la traduzione in volgare del primo libro della Bibliotheca Selecta, nel quale, insieme ai criteri direttivi
dell’opera, sono illustrati i fini e i mezzi degli studi e la funzione delle scuole gesuitiche (“l’uso dei buoni libri e la correzione dei
cattivi”).

LE PRIME BIBLIOGRAFIE NAZIONALI


Le prime bibliografie nazionali volevano registrare le informazioni bibliografiche di aree circoscritte e quindi appartengono ai Paesi
che già avevano raggiunto l’unità politica.
 Inghilterra
 John Bale (1548)  repertorio bio-bibliografico con autori elencati cronologicamente, ma dotato di indice
alfabetico per cognome
 Andrew Maunsell (1595)  introduce il criterio di anteporre il cognome al nome dell’autore, nonché quello di
segnalare sotto il titolo le opere senza autore, rifiutando di usare il termine “anonimo”.
 Francia
 De La Croix Du Maine (1584)  è dedicata a Enrico III ed è proposta come base per la realizzazione del progetto
(irrealizzato) di una biblioteca reale. Erano previsti tre volumi, ma ne uscì solo uno.
 Du Verdier (1585)  ha intenti puramente repertoriali. L’interesse linguistico si estende anche ai dialetti, con
un supplemento per gli scritti latini e un seguito, mai pubblicato, dedicato ai libri italiani.
 Italia
L’Italia viene per ultima per via del frazionamento della nazione: la prima autentica bibliografia degli scrittori italiani
arriverà solo nel 1763 con Gli scrittori d’Italia di Mazzucchelli. Nel ‘500 possiamo vedere le Librarie di Doni:
1. La Libraria (Venezia, 1550), in cui elenca i libri italiani a stampa
2. La Seconda Libraria (Venezia, 1551), in cui elenca i libri italiani ancora manoscritti e mai dati alla stampa.
Queste due opere non erano per nulla affidabili, in quanto: nella prima mancano informazioni fondamentali come le date,
i luoghi di stampatura, i nomi dei tipografi, ecc.; nella seconda spesso Doni si inventa le cose scritte. Interessante la scelta
del termine “libraria”, che ci avvicina di più all’ambito della bibliografia, mentre tutti i repertori visti in precedenza erano
detti “biblioteche”.

BESTERMAN SUL XVI SECOLO


Sullo scorcio finale del XVI secolo, si chiuse la fase fondativa del pensiero della bibliografia, durante la quale, secondo Besterman,
se ne sono impostate le problematiche generali: dopo, “nulla si aggiunse ai principi stabiliti precedentemente”. Il XVI secolo ha
quindi posto quelli che saranno i principi della disciplina bibliografica, nonostante il termine “bibliografia” ancora non esistesse.
Ci saranno comunque, in seguito, vicende importanti che coinvolgeranno la disciplina, in particolare nella Francia del ‘700.

LA BIBLIOGRAFIA NEL ‘600


L’APERTURA AL PUBBLICO DELLE BIBLIOTECHE PRIVATE
All’inizio del ‘600 la fondazione delle prime grandi biblioteche moderne porta anche all’evoluzione della disciplina bibliografica.
L’apertura delle biblioteche private al pubblico porta alla diffusione del sapere a livelli ampissimi. Degli esempi sono la Biblioteca

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

Ambrosiana (aperta al pubblico nel 1607 per volere del cardinale Federico Borromeo), la Biblioteca Bodleiana e la Biblioteca
Angelica. Questi tre sono indicati da Gabriel Naudé come modelli fondamentali di biblioteca.

GABRIEL NAUDÉ
Naudé (nato nel 1600) fu un importante bibliotecario francese, che lavorò per Richelieu e per Mazzarino; lavorò poi anche per
l’Italia e per la Regina di Svezia. Ricordiamo due sue opere:
1. Istruzioni per allestire una biblioteca  opera pubblicata nel 1627, importante soprattutto per la storia delle
biblioteche: qui espone e discute tutti i motivi che devono indurre a costituire una biblioteca aperta al pubblico. Insieme,
spiega anche quali sono i principi di cui avvalersi per gestire le attività della biblioteca. Questo trattatello di
biblioteconomia, di cui esistono diverse traduzioni italiane, si occupa sia della teoria sia della pratica riguardante la
gestione delle biblioteche.
2. Bibliographia politica  opera pubblicata nel 1633, con il debutto del termine “bibliographia”: questa scelta di Naudé
deriva dal suo desiderio di distinguersi dall’utilizzo fatto fino a quel momento del termine ”biblioteca”. Gli venne chiesto
da un circolo di intellettuali di redigere un’opera riguardante la scienza politica: durante la sua realizzazione, però, Naudé
si trovava in viaggio per l’Italia e quindi non aveva con sé tutti i libri che avrebbe voluto consultare. Significa che non aveva
gli strumenti per comporre un’opera come quella di Gessner e volle quindi usare un termine diverso per indicare il suo
trattato. Non a caso, inoltre, sceglie il termine “bibliographia” per un trattato che riguardava una scienza agli esordi (quella
politica): si indicava perciò una bibliografia corrente e non retrospettiva, in quanto quelle studiate da Naudé erano opere
recenti. Il termine non ebbe immediati successo e diffusione: sarà solo nel 1645 la sua seconda comparsa e la sua
affermazione avverrà a partire dalla seconda metà del secolo.

LEZIONE 28 (29-11-22)
PHILIPPE LABBÉ
Nel 1664, Labbé pubblica la Bibliotheca Bibliothecarum, cioè una bibliografia delle bibliografie.

LA NASCITA DELL’INFORMAZIONE PERIODICA


In questi stessi anni, nascono i giornali periodici letterari: lungo tutto il XVII secolo si afferma fortemente il ruolo dei giornali
scritti nelle diverse lingue nazionali, ai quali è affidato il compito di comunicare le notizie di attualità e le novità editoriali, le notizie
bibliografiche. Questi periodici avevano lo scopo di diffondere in modo tempestivo le notizie librarie e spesso diventavano gli
strumenti primari di conoscenza in questo ambito di diversi lettori. I primi esempi:
 Les Journal des Scavans  nasce nel 1665 e tratta dei nuovi libri usciti nelle varie parti d’Europa
 Philosophical Transactions  nasce nel 1665 in UK.
In Italia abbiamo:
 Giornale dei letterati d’Italia
 Novelle letterarie
 La Frusta letteraria del Baretti
 Il Caffè del Verri.
In UK, i periodici erano fondati soprattutto da scrittori-politici, ad es. lo Spectator di Addison e il Tatler di Steele.

CORNELIUS VAN BEUGHEM


Balsamo ritiene Van Beughem il bibliografo più eminente del XVII secolo. Nel 1688, egli realizzò la prima bibliografia degli
incunaboli, i primi libri a stampa, chiamata Incunabola typograpghiae: si tratta quindi di una bibliografia specializzata;
pubblicherà poi altre bibliografie specializzate, ad es. storiche, geografiche, mediche, ecc.

ANTONIO MAGLIABECCHI
Magliabecchi era un erudito, bibliotecario del Granduca di Toscana e proprietario di una grande biblioteca personale, di circa
30mila volumi, aperta al pubblico nel 1747 e confluita nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze nel 1861.

LE DIFFICOLTÀ DELLA BIBLIOGRAFIA: IL “POLYHISTOR” DI MORHOF


Accresce la consapevolezza delle problematiche annesse alla bibliografia, le quali, a un certo punto, si vanno a saldare a questioni
ancora più ampie, riguardanti l’organizzazione del sapere in generale. Queste problematiche sono visibili nel Polyhistor (1688) di
Morhof, in cui coltiva l’ambizioso progetto di inserire in un modello unitario la totalità del sapere: decide che il campo entro cui
questo ordinamento va tracciato si deve chiamare Historia litteraria  non sta tuttavia pensando solo alla storia letteraria, ma a
tutto il sapere in senso lato. Morhof affida alla bibliografia il compito di organizzare l’informazione secondo regole precise.
Morhof dice che, per affrontare uno studio così vasto, bisogna possedere delle nozioni preliminari, di natura bibliografica. Il
Polyhistor è diviso in 7 libri: il primo, intitolato Bibliothecarius, tratta di questioni riguardanti le biblioteche e i bibliotecari, gli

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

pseudonimi, le opere anonime, ecc. Nel quinto libro, Morhof propone una rassegna analitica dei diversi modi di classificazione dei
libri.  L’opera assegna alla bibliografia il compito di sovrintendere all’organizzazione anche delle altre discipline.

STRUVE E TIRABOSCHI
Questa strada di Morhof, nel ‘700, viene seguita anche da Struve, che nel 1704 scrive un’opera (Introductio ad notitia rei litterarie
et usum bibliothecarum) in cui propone una distinzione destinata a conoscere ulteriori elaborazioni nel corso del secolo: egli dice
che, per quanto riguarda la conoscenza dei libri, bisogna distinguere la conoscenza dei librai da un lato e la conoscenza degli studiosi
dall’altro.  Viene teorizzata per la prima volta la distinzione tra chi studia il libro come oggetto (i librai) e chi studia il libro per il
suo contenuto (gli studiosi). Struve dice anche che le biblioteche non hanno una funzione meramente repertoriale, ma devono anche
occuparsi dell’ordinamento cronologico e concettuale del sapere.
Queste distinzioni tracciate da Struve sono riprese in Italia da Tiraboschi, nella Storia della letteratura italiana: il suo obiettivo
non era quello di elencare tutti gli autori italiani, il che avrebbe dato vita a una bibliografia, bensì quello di offrire “un esatto racconto
dell’origine, dei progressi, della decadenza, del risorgimento, di tutte le diverse vicende che le Lettere hanno incontrato in Italia”.

PELLEGRINO ORLANDI: “ORIGINE E PROGRESSI DELLA STAMPA”


Origine e progressi della stampa del 1722 è il primo volume dedicato alla storia della stampa. Orlandi rileva l’esistenza, tra i suoi
contemporanei, di una “nuova dilettazione” che li porta ad andare alla ricerca di libri antichi nella loro prima edizione: questo
volume testimonia il consolidarsi di interessi bibliofili e collezionistici da un lato e l’esigenza di effettuare ricerche storiche sulla
produzione libraria dall’altro.

LA BIBLIOGRAFIA DEI LIBRAI PARIGINI


La Bibliografia dei librai parigini è stato un movimento di inizio ‘700: questi librai, spesso, rilevavano delle grandi biblioteche
personali e dovevano quindi redigerne i cataloghi per descrivere i libri contenuti in esse, che sarebbero poi stati messi in vendita.
Questi librai hanno inventato dei metodi di classificazione delle biblioteche.

Gabriel Martin
Martin, libraio parigino, è il primo esponente del movimento della Bibliografia dei librai parigini: inventa il metodo “delle cinque
classi”, secondo il quale inserisce i libri nelle cinque categorie di Teologia, Giurisprudenza, Filosofia, Humanae litterae, Storia.

Prosper Marchand
Il suo metodo di classificazione prevedeva 3 categorie, cioè Scienza, Storia e Teologia. Marchand definisce la bibliografia come
“scienza del libro” che deve includere le pubblicazioni sui libri in generale, tutte le opere sulla scienza bibliotecaria e sulla
descrizione bibliografica, sulla descrizione e catalogazione, i repertori descrittivi dei libri, i sussidi bibliografici, ecc.

Guillame Francois De Bure, Jean-Baptiste Francois Née de La Rochelle, Gabriel Peignot


Le idee di Marchand vennero riprese da diversi librai francesi, come De Bure, che pubblicò il Trattato della conoscenza dei libri
rari e particolari, in 7 tomi. Questa opera conobbe diverse edizioni, alle quali fu poi anteposta un’introduzione, scritta da Née de
La Rochelle nel 1782: da allora in poi i due scritti vennero uniti e stampati insieme. Questi librai useranno il nuovo termine di
“bibliologia”.

Peignot, col suo Dizionario ragionato di bibliologia, voleva scrivere un testo utile a tutti coloro che avessero bisogno di nozioni
erudite o tecniche, comprendendo tutte le diverse professioni che rientravano nella gestione dei libri: in questo suo dizionario,
sottolineava anche l’importanza del ruolo del bibliotecario.  La bibliografia, come “nuova scienza del bibliotecario”, non era altro
che la scienza del libraio trapiantata in un campo limitrofo, infatti i due professionisti eseguono più o meno lo stesso lavoro
servendosi degli stessi strumenti: si tratta in entrambi i casi di possedere tutte quelle conoscenze storiche, letterarie, ecc. necessarie
per analizzare il libro che ci si ritrova per le mani.

LA RIVOLUZIONE FRANCESE E LA BIBLIOGRAFIA


Il rilievo del dibattito librai vs. bibliotecari vs. studiosi viene alimentato, in Francia, dalla Rivoluzione francese: fin dal 1789,
vengono confiscati vari libri e questi dovranno essere gestiti  i “beni librari” venivano trasferiti nei depositi letterari, i cui compiti
erano: scegliere i libri da destinare alle biblioteche pubbliche, scegliere quali libri andassero venduti, ecc. Di fronte a questi compiti,
le suddette competenze necessarie andavano messe in atto. Venne poi creato l’Ufficio Bibliografico Centrale, che doveva catalogare
i libri e quindi, ancora una volta, erano necessarie delle figure che fossero in grado di farlo.

BIBLIOGRAFIA DEI BIBLIOTECARI VS. BIBLIOGRAFIA DEI LIBRAI: BIBLIOGRAFIA & BIBLIOTECONOMIA
Rispetto alla Bibliografia dei bibliotecari, Ameilhon propone di:
 Rivedere le caratteristiche dei cataloghi delle biblioteche

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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

 Acquisire consapevolezza delle complesse competenze che dovevano avere i bibliotecari, le quali trovavano anche
fondamento nel modo in cui il bibliotecario era definito nell’enciclopedia di Diderot e D’Alembert: “colui che è addetto
alla custodia, alla cura, al buon ordine, all’accrescimento dei libri di una biblioteca”.
A questo punto, sia la bibliografia dei librai, sia quella dei bibliotecari, si affinano e si sviluppano, correndo parallele.  Il termine
“biblioteconomia” viene introdotto a Parigi nel 1839, atto a designare le diverse tipologie di competenze necessarie a gestire
correttamente una biblioteca.

LA BIBLIOGRAFIA TRA L’800 E IL ‘900


LA BIBLIOGRAFIA IN ITALIA
In Italia, la bibliografia si diffonde grazie alla traduzione dell’opera di Denis, un trattato di scienza del libro che tiene conto di una
accezione ampia del termine, anche se in italiano è tradotto come Bibliografia. La traduzione italiana di quest’opera di fine ‘700 è
del 1846, quindi in Italia abbiamo un certo ritardo nella diffusione della disciplina.
Giuseppe Mira, bibliografo e libraio, pubblicò nel 1861 il Manuale teorico-pratico di bibliografia; Tommaso Gar, nel 1868,
pubblicò Letture di bibliologia; Giuseppe Ottino, nel 1885, pubblicò il Manuale di bibliografia, importantissimo perché sarà la
base di altri libri pubblicati successivamente, come la sua riedizione fatta da Giuseppe Fumagalli nel 1916 (che pubblicò anche il
Vocabolario bibliografico nel 1940). Dopo di esso, il successivo manuale di bibliografia sarà quello del Balsamo, pubblicato per la
prima volta nel 1984.

L’ISTITUTO INTERNAZIONALE DI BIBLIOGRAFIA


Questo istituto venne fondato nel 1895 a Bruxelles, da parte di Otlet e di La Fontaine. L’obiettivo era quello di creare un nuovo
modello di organizzazione unitaria e integrata, universale, di tutto il sapere. Questo repertorio universale sarebbe dovuto essere
disponibile in un luogo fisico, quello che loro avevano immaginato dapprima come “Palais mondial” e poi come “Mundaneum”: gli
archivi di questo istituto comprendono oltre 15 milioni di schede. Il progetto venne poi abbandonato da Otlet e La Fontaine, ma le
linee teoriche della loro idea confluirono, nel 1934, nel Trattato di Documentazione di Otlet, che pose le basi della nuova disciplina
della documentazione, il cui oggetto sono le diverse tipologie di documenti. Otlet è riconosciuto anche come padre della scienza
dell’informazione.

LEZIONE 25 (22-11-22)
Lezione su invito di Teresa Franco, Iulia Cosma e Andrea Romanzi
Lecture: “LIBRI OLTRE CONFINE”
“WOMEN AND TRANSLATION IN THE ITALIAN TRADITION” a cura di HELENA SANSON
INTRODUZIONE DI TERESA FRANCO
Questo libro vuole raccontare la storia della traduzione al femminile. La Sanson utilizza nel suo saggio la parola “archeologia”: per
poter costruire un discorso sulla professione di traduzione femminile bisogna compiere un lavoro di scavo, dando un giusto peso ai
dati, riportando i nomi delle traduttrici, i titoli, le date, ecc. Nel corso della storia italiana, questa traduzione assume aspetti diversi:
il volume di Sanson si concentra su figure di traduttrici dagli ultimi decenni del ‘400 fino al dopoguerra, immaginiamo quindi
esperienze molto diverse in cui il significato stesso di traduzione si evolve. Si può parlare di una vera e propria professione a partire
dagli anni ’30 del ‘900, quando si sviluppa una moderna realtà editoriale. Il volume tenta di riportare delle periodizzazioni, infatti
la Sanson divide la storia della traduzione al femminile in tre periodi: il primo va dal ‘500 al ‘600, il secondo dal ‘700 all’’Unità
d’Italia (periodo in cui le donne assumono più importanza nella professione), il terzo dal post-Unità alla contemporaneità.

INTERVENTO DI IULIA COSMA


Cosma parla di donne che sono oggetto di un percorso traduttivo in Romania, il suo Paese di origine. Cosma è una critica della
traduzione, docente presso un’Università rumena, dove insegna Letteratura italiana e traduzione, e presso l’Università di Padova.
Oltre alla traduzione italiano-rumeno e viceversa, si interessa anche del pensiero critico che sta dietro a questo lavoro.
Per fare storia della traduzione si parte da dei problemi, a cui si cerca di dare delle risposte, seppur non esistano risposte assolute
ma solo ipotesi. Per fare questo, bisogna assumere un pov quasi interdisciplinare, quindi analizzare testi di storici della lingua,
storici della letteratura, critici, ecc.: questo perché un elemento che magari viene trascurato da uno storico della lingua, è invece
fondamentale per uno storico della letteratura.  Cercare di capire vari elementi ha fatto scoprire a Cosma che la maggior parte
delle donne che venivano tradotte erano venditrici di giornali: questo aspetto che sembra irrilevante porta l’interesse su altre
prospettive dell’800, un periodo particolare e fertile per chi si occupa di traduzione. La ricerca sulla storia della traduzione al
femminile è uno studio utile, perché, se fatto col tentativo di capire, può portare risultati estremamente rilevanti a livello culturale.
La cultura rumena, fino ai primi anni dell’800, è particolare rispetto a quella di altri Paesi europei. Un elemento fondamentale da
tenere in conto è la religione ortodossa, che ha impedito di usare il latino come lingua più diffusa, mentre era usato lo slavo antico.
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Bibliografia (2022/23) | Rosa Ginevra

Ad inizio ‘800, parte dell’intellettualità della Chiesa porta alla nascita di una Chiesa più orientata verso l’Occidente: i rumeni iniziano
quindi a studiare l’estero occidentale, scoprendo il latino  abbiamo a questo punto un riorientamento della cultura rumena, che
va verso l’italiano e il francese: la Romania visse una vera a propria rivoluzione culturale, anzitutto perché si aveva un antico alfabeto
cirillico e, scoprendo le opere latine, si dovette passare a un alfabeto completamente nuovo. In Romania si traduceva allora
tantissimo (si parla di 900 traduttori), in un contesto di frenesia in cui si voleva portare nel Paese tutto ciò che era sempre stato
fuori ed estraneo. Gli intellettuali rumeni erano bilingui o trilingui, e conoscevano, oltre al greco, anche il francese e l’inglese. La
cultura rumena è quindi molto composita, e il problema è che spesso la si interpreta con una prospettiva monolinguistica e
monoculturale.

INTERVENTO DI ANDREA ROMANZI


Il titolo Women and translation accosta due concetti che vanno a indicare due categorie purtroppo subordinate: la categoria del
traduttore è spesso relegata a un ruolo subordinato di “scribacchini” che devono solo traslare i testi da una lingua all’altra; la
categoria delle donne è spesso subordinata a quella degli uomini nella vita professionale. Nel volume si vuole mettere in luce
l’importanza fondamentale che hanno avuto le donne traduttrici a livello culturale.
Una traduttrice molto importante è stata Fernanda Pivano, la quale ha in realtà avuto molta visibilità: tuttavia, anche per lei si può
comunque parlare di invisibilità della figura traduttrice.
Entriamo nella branca dei translators studies, che mettono al centro dello studio il traduttore come individuo: questi ci fanno capire
quanto la macchina della traduzione sia strettamente connessa con le figure professionali che vi lavorano.  Il modo in cui i testi
vengono tradotti è molto influenzato dalla individualità del traduttore. Entrano in gioco moltissimi fattori, tra cui ad es. la questione
della legittimità e dell’autorevolezza di chi traduce. Un problema che si riscontra quando si studia il lavoro dei traduttori è la
cosiddetta “vaghezza delle competenze di traduzione”: a differenza di altre professioni, la traduzione ha delle scuole nate solo in
tempi recenti, quindi l’autorevolezza dei traduttori in passato non era associata alla formazione scolastica ma al loro ruolo/classe
sociale  ad es. viene attribuita più autorevolezza a Cesare Pavese piuttosto che a Fernanda Pivano, in quanto intellettuale di genere
maschile. Non ci sono studi approfonditi sulla Pivano, in quanto figura letteraria e intellettuale, seppur sia una traduttrice molto
visibile e nonostante l’enorme contributo che ha dato alla ricezione italiana di testi stranieri. Siamo chiaramente di fronte a problemi
di tipo sessista.
La Pivano nasce a Genova nel 1917 in una famiglia di rango abbastanza alto (padre broker finanziario e madre figlia di un console):
per questo aveva disposizione a casa moltissimi libri e studiò in una scuola internazionale genovese, e al liceo ebbe come docente
Cesare Pavese. Ricevette inoltre una rigida istruzione da parte del padre. Tutti questi elementi vanno a formare quella che può essere
l’inclinazione verso un certo tipo di lavoro da parte della Pivano. La sua prima traduzione (di L’Antologia di Spoon River) uscì nel
’43 presso Einaudi, grazie anche ai contatti che aveva con Pavese: non bisogna però pensare che la carriera di Pivano sia stata
possibile solo grazie a Pavese, il quale le ha sicuramente permesso di avviarsi, mentre poi il suo lavoro si sviluppò moltissimo dopo
la morte del suo mentore.
Nel ’56 Pivano visitò gli USA come traduttrice già conosciuta di tutti i grandi autori del ‘900, in particolare di Hemingway, con il
quale aveva stretto un profondo legame di amicizia (egli richiedeva espressamente all’Italia che fosse lei a tradurlo). Qui, Pivano
incontrò vari autori americani, tra cui Williams, dal cui sentì parlare del poeta Ginsberg, che tradurrà per la Mondadori: la
pubblicazione ebbe una gestazione complessa lunga 5 anni, fatta di varie controversie in cui la professionalità della traduttrice venne
messa in discussione anche dal pov del genere. Il problema principale era il problema della censura e del linguaggio: vi erano infatti
moltissimi termini dello slang americano, termini “queer” difficili da accettare da parte di una casa mainstream come la Mondadori,
che proponeva di stampare varie parti censurate, cosa non accettata dalla Pivano. La traduttrice riuscì poi a spuntarla soprattutto
grazie al grande rapporto di fiducia che instaurò con l’autore dell’originale, cosa che le conferì molta autorevolezza di fronte alla
Mondadori.

LEZIONE 30 (02-12-22)
Lezione conclusiva con recap del corso

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